Blue Lagoon

di Lovehope_
(/viewuser.php?uid=330892)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter one. ***
Capitolo 3: *** Chapter two. ***
Capitolo 4: *** Chapter three. ***
Capitolo 5: *** Chapter four. ***
Capitolo 6: *** Chapter five. ***
Capitolo 7: *** Chapter six. ***
Capitolo 8: *** Chapter seven. ***
Capitolo 9: *** Chapter eight. ***
Capitolo 10: *** Chapter nine. ***
Capitolo 11: *** Chapter ten. ***
Capitolo 12: *** Chapter eleven. ***
Capitolo 13: *** Chapter twelve. ***
Capitolo 14: *** Chapter thirteen. ***
Capitolo 15: *** Chapter fourteen. ***
Capitolo 16: *** Chapter fifteen. ***
Capitolo 17: *** Chapter sixteen. ***
Capitolo 18: *** Chapter seventeen. ***
Capitolo 19: *** Chapter eighteen. ***
Capitolo 20: *** Chapter nineteen ***
Capitolo 21: *** Chapter twenty. ***
Capitolo 22: *** Chapter twenty-one. ***
Capitolo 23: *** Chapter twenty-two. ***
Capitolo 24: *** Chapter twenty-three. ***
Capitolo 25: *** Chapter twenty-four. ***
Capitolo 26: *** Chapter twenty-five. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


ATTENZIONE
La storia è ispirata al romanzo 'Blue lagoon'  Henry De Vere Stacpoole.

Questo significa che prenderò solo alcuni tratti dalla storia originale, ma i personaggi e il contesto
sono creati da me.
I protagonisti, ovviamente sono due, ma non saranno gli unici a sbarcare sull'isola. Ma saranno ben sette di loro.

Ringrazio per il banner ehitommo c:




                                                         PROLOGO
                          






                         














E pensare che odiavo tutto di te.
Hai travolto la mia vita. Come una forte onda travolge una nave, come un forte vento travolge le foglie, come una forte pioggia travolge la città.
Eppure, ti vedevo soltanto come uno stupido ragazzo superficiale. In effetti, eri tra i più popolari e belli della scuola, nonché tra le persone più presuntuose che possano esistere. E’ facile giudicare dalla copertina, no? Ed ecco perché ti odiavo. Vedevo solo quello che tu volevi dimostrare alle persone, e non come eri veramente. Già, perché io ti ho conosciuto nel profondo e tu mi hai marchiata di te.
Ma io ti trovavo insopportabile e per me la tua bellezza esteriore non compensava neanche un po quella interiore.
Ed ora,eccomi quì. Seduta sulla sabbia, accanto a te, l’unico posto in cui vorrei stare.
Ed io ti osservo, mentre il sole illumina la tua pelle ormai dorata e asciuga le poche gocce ancora rimaste del bagno precedente, e penso che non ci sia cosa più bella.
E quando sorridi? Tu non hai idea di cosa scateni in me, quando sorridi.
Ora capisco cosa intendeva Ungaretti con la sua poesia ‘m’illumino d’immenso’.
Perché il tuo meraviglioso sorriso, m’illumina d’immenso.
Cavolo, ormai dipende tutto da te. La mia felicità, il mio umore, la mia voglia di vivere.
Ti ricordi per la prima volta, sempre su quella stessa spiaggia , mentre il tramonto faceva capolino, mi dicesti ‘ti amo’?
Non ci furono parole più belle. In tutta la mia vita, in tutti i miei diciassette anni, non ci fu suono più bello. E lì ho capito che ero definitivamente tua.
Il mio cuore e la mia vita sono tuoi, per l’eternità.
Mi ricordo ancora, i primi di giugno, quando sbarcammo su quell’isola sperduta.
Pensavo di morire, ma non sapevo ancora che la mia vera vita sarebbe incominciata da quel giorno. Non mi ero ancora accorta che sarebbe stato il dono più bello della mia vita.



____________________________AUTORE______________________________________

Salve a tutti,mi presento sono Marta.
Questa idea di creare questa storia è nata dal fatto che in una giornata sola mi sono vista tutti e tre i film di laguna blu. Amo l'ambiente in cui si svolgono i fatti, anche perché è vero, su un'isola ci si impara a conoscere meglio. E magari chissà, nasce l'amore.
Questo è solo il prologo, quindi lo so, non ho raccontato ancora niente di concreto. Ma tra massimo due giorni, vi pubblicherò il nuovo capitolo.
Vorrei almeno un commento da voi, sulla storia che ho deciso di trattare e magari un vostro suggerimento su cosa preferite accada.
Grazie anche solo per aver usato il vostro tempo per leggermi.
Un bacio, al primo capitolo.
-Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter one. ***


                                                            Chapter one.
 




                         





Erano i primi di Settembre.
La scuola era quasi finita, l’estate stava iniziando, così come i party sulla spiaggia o meglio ancora su quei cosi galleggianti chiamati ‘yacht’. Peccato che per me tutto questo era una seccatura.
Io avevo una paura tremenda del mare. Non riuscivo a dare una spiegazione logica a questa stupida fobia, ma da quando ero piccola, mentre tutti i bambini giocavano con i loro genitori in acqua, io restavo sulla spiaggia ad osservare e pensare quanto timore mi facesse il mare. Per me era un nemico di cui non ci si poteva fidare.
Tra le sue onde ti poteva portare lontano…
Proprio per questo, evitavo nettamente questi party estivi, in cui i bagni si facevano persino di notte.
Ma avevo dimenticato di avere una migliore amica che era l’esatto opposto della mia persona.
Jessica Bennet.
La tipica ragazza che amava divertirsi, che scappava di casa quando i genitori le imponevano qualcosa ed il suo pensiero fisso non erano altro che i ragazzi.
Ricordo ancora quando all’età di quattordici anni, perse la verginità con un ragazzo della squadra di football con ben quattro anni in più a lei. Sapeva che era solo sesso. Non mi aveva mai detto che la sua prima volta voleva che fosse speciale. Bhè, lei insomma, era un tipo che amava far eccitare i ragazzi e poi portarseli a letto per raccontare i dettagli della notte focosa proprio alla sottoscritta.
Da come ve l’ho descritta, di certo il vostro giudizio su di lei non è uno dei migliori. Anzi, vi sembrerà la puttana di turno che soddisfa le voglie dei ragazzi in piena crisi ormonale.
Ma io non la ritenevo così. Semplicemente, era una ragazza che voleva sfruttare i benefici della gioventù e fregarsene pienamente delle cosiddette ‘nominate’.
Inoltre, era bellissima e lei lo sapeva. Capelli lunghi ricci, occhi verdi e fisico da modella.
Eppure, la sua migliore amica ero io.
Io che avevo avuto pochi ragazzi. Io che non amavo le feste estive. Io che ero ancora vergine.
Sì, proprio così. Ero la solita ragazza che aspettava il momento giusto e che pretendeva che l’atmosfera fosse speciale.

Tornando a noi, proprio perché avevo come migliore amica Jessica Bennet, che mi ritrovavo ad un party con un abito verde smeraldo in tinta con i miei occhi, su uno yacht.
E credetemi, a momenti avrei vomitato.
Non potevo fare nulla, nemmeno conversare. Anzi, qualcosa potevo farlo. Per esempio, auto-convincermi che non mi trovavo su un coso galleggiante in mezzo all’oceano.
Ci voleva un drink, un drink molto forte. Così, a passi lenti, mi incamminai verso il tavolo delle bibite.

D’improvviso, la vista iniziò a sfocarsi, così come le voci diventarono sempre più nitide. Mi sentivo le gambe molli ed ero stanca da morire. La testa mi girava, talmente forte che inciampai in qualche aggeggio dello yacht. Mi preparai psicologicamente a ritrovarmi con il viso spiaccicato al suolo, quando una presa possente attorno alla vita mi sollevò prima dello schianto.
-Ehi, stai bene?-mi chiese una voce, sicuramente apparteneva a colui che mi aveva afferrato. Ma la testa continuava a girare e la vista era completamente annebbiata. -Ehi, mi senti?-questa voce, così familiare fu l’ultima cosa che sentii, prima di cadere nel nulla.
Bianco. Completamente bianco.
Ero in paradiso? No, impossibile. Avevo un mal di testa insopportabile e in paradiso non si dovrebbero provare ‘dolori’ del genere, no? -Jade!-sentii una voce lontana chiamarmi.-Jade!-il mio nome fu ripetuto almeno una decina di volte prima che il bianco iniziò a scurirsi ed innanzi a me intravidi due visi. Cavolo, che sensazione di stanchezza. -E’ sveglia-constatò una voce maschile. Quando ripresi meglio conoscenza, mi accorsi che quei due visi non erano altro che quello della mia migliore amica e quello di…DORIAN ANDERSON!
Cosa ci faceva quello schifoso maniaco vicino a me? Preferivo rimanere svenuta, per l’amore del cielo! Jessica iniziò a stringermi come si stringe un pupazzo appena regalato.-Oh,ho avuto tanta paura!-esclamò con il suo tono disperato che usava sempre quando il suo gattino Mel non riusciva a saltare dal parquet. Dopo che Jess finì di fare tutte quelle moine , mi alzai col busto a sedere. La faccia di quello stronzo di Dorian mi era proprio davanti. Era uno dei ragazzi più popolari –e odiati da me-della scuola. Aveva sempre quell’aria da figo, e per me risultava solo una persona altezzosa e superficiale. Si sentiva al di sopra di tutto e di tutti, solo per il fatto che molto ragazzine in calore gli morivano dietro appena si passava la mano tra i suoi voluttuosi capelli neri corvini.Insomma, non volevo mettere in dubbio che fosse un bel ragazzo, perché caspita lo era. Aveva un fisico snello e una tartaruga non troppo evidente che lo rendeva sexy al punto giusto. I suoi capelli neri erano lunghi fino alle orecchie, aveva labbra carnose e occhi di un grigio come l’asfalto. Già, i suoi occhi erano molto affascinanti e bastava un’occhiata maliziosa ad un’ochetta del gruppo delle cheerleaders che queste si ritrovavano nel suo letto. Ed ora era davanti a me. Disgusto totale.

Ma il peggio, venne quando mi accorsi che non mi trovavo più su uno yacht, ma bensì su un…gommone giallo galleggiante!
-Cosa ci faccio qui?!-urlai isterica contro Jess. -Ehi Jade, calmati! Fammi spiegare-mi rispose lei, come se la cosa fosse normale. -Cavolo,Jess! Hai idea di dove ci troviamo adesso!?Su un caspita di gommone!-Ormai ero su di giri e l’unica cosa che voleva fare era uccidere Jessica. Nel frattempo notai delle risatine soffocate da parte di altri ragazzi. Quindi non eravamo soli. Fortunatamente, qualcuno di loro conoscevo. Alla mia sinistra, David Parker. Era un ragazzo abbastanza carino. Occhi verdi, fisico snello e capelli ricci castani. Una volta mi chiese un appuntamento, ma non accettai perché piaceva alla mia migliore amica. Vicino a lui, c’era Tom Brown, il tipico nerd della scuola che dalla mattina alla sera non faceva che giocare ai suoi videogiochi. Aveva un fisico molto minuto e niente di particolare che lo caratterizzava. E poi, c’erano due ragazze-entrambe bionde-che non conoscevo. Avevano dei vestiti striminziti neri ed erano eccessivamente truccate.
-Vedi, è arrivata la polizia e l’unica cosa che potevamo fare per non farci beccare era salire su un gommone-mi spiegò Jess. Passarono un po’ di secondi, prima di elaborare ciò che aveva detto. -Mi stai dicendo-iniziai cercando di mantenere la calma-che era tutto illegale!?-la mia voce tremava per il nervosismo eccessivo. Non ottenni risposta da lei. -Avresti almeno potuto dirmelo-il mio tono doveva risultare calmo, ma era per lo più arrabbiato. -Non saresti mai venuta!-si giustificò Jess. -Ah, bene. Allora è stato giusto mentirmi!-dissi sarcastica prima di girarle le spalle. Sentì che iniziò a sbuffare. Poteva chiedermi almeno scusa.

Tutta la giornata, restai girata di spalle a Jess, guardando il mare che fortunatamente era calmo.
Ogni tanto mi perdevo ad ascoltare i discorsi che iniziavano gli altri. Inoltre,conobbi i nomi delle due biondine, Kelsey e Charlotte.
Da quanto avevo capito, i cellulari o erano scarichi oppure li avevano dimenticati sullo yacht.
D’istinto, cercai la mia borsa. Ma mi ricordai che ero svenuta e che la borsetta probabilmente l’avevano lasciata a bordo. Mi sembravano tutti allarmati per il fatto che ancora nessuno fosse venuto a cercarci, tranne Dorian.
Lui se ne restava lì, spaparanzato sul bordo del gommone, con la camicia metà aperta e i capelli arruffati.
-Dorian, tu non dici niente?-gli domandò Kelsey con una voce al quanto snervante. Lui in tutta risposta alzò le spalle, come segno di indifferenza. Semplice, gli era tutto indifferente. Come i cuori di molte ragazze che lui stesso spezzava.

Quando venne la sera, la paura e l’ansia iniziarono a girovagare dentro di me come un uragano. Eppure, la cosa più semplice che mi restava da fare, era guardare l’acqua mentre una piccola lacrima percorreva la mia guancia.
-Ci troveranno- mi rassicurò una voce calda. Mi girai di scatto e scoprii che a parlare era stato Dorian Anderson.
I suoi occhi mi guardavano attenti, mentre tutti gli altri già dormivano. -Perché non dormi?-mi chiese fissandomi ancora. -Non ci riesco-mi giustificai alzando le spalle. Lui mi guardò con uno sguardo interrogativo. -Ho paura del mare-confessai abbassando lo sguardo. Che poi, non capii nemmeno il motivo per cui confessai così facilmente questa mia fobia. Mi aspettai una risatina derisoria, un sorriso di scherno…qualsiasi cosa che comprendeva il prendermi in giro! -E allora cosa diavolo ci facevi su uno yacht?!-con il suo tono arrogante sembrava quasi mi stesse rimproverando. E’ ovvio che me lo chiedesse,dovevo aspettarmelo. -Sono stata costretta-risposi acida.
Non disse niente, semplicemente continuò a fissarmi con il suo ghigno divertito in faccia.
Poco dopo, la stanchezza prese il sopravvento e caddi tra le braccia di Morfeo.


-Cazzo! Un'isola! Ma quanto ci siamo allontanati?-la voce allarmata di David mi svegliò dal sonno in cui ero caduta. -Oddio,non ci troveranno mai!-mancava poco che la biondina iniziasse a piangere. Jess non diceva niente, se ne restava lì, con sguardo imbronciato a guardare davanti a sé. Ora voleva fare lei la parte dell’incazzata, incredibile! L’unica ad esserlo ero io. Mi sentivo tradita da colei che mi fidavo anche più dei miei genitori.
-L’unica cosa che ci resta da fare è cercare di raggiungere quell’isola-propose David guardando attentamente l’obbiettivo da raggiungere. -Non abbiamo nemmeno i remi!-esclamò Charlotte mentre si passava una mano tra i lunghi e lisci capelli biondi come segno di nervosismo. -E’ l’unico modo.-affermò Dorian,che per tutto il tempo era stato in silenzio ad osservare la scena.

Così, tutti iniziammo a remare con le nostre braccia. Fu abbastanza faticoso, inoltre eravamo tutti fradici. E poi, io avevo una paura tremenda e all’inizio esitai un attimo.
-Ehi Jade, se non vuoi non fa niente-mi assicurò Dorian. Forse,quella fu la spinta che mi diede il coraggio di remare. Il fatto che lui si preoccupasse per me, mi scosse abbastanza per darmi la forza di fare ciò che stavo facendo.
Ma dopo ci pensai su.
Cosa mi importava di lui? Cosa mi importava che lui si preoccupasse per me? Forse, perché era stato l’unico che su quel gommone giallo, era riuscito a calmarmi inconsapevolmente e nemmeno io riuscivo a trovare una spiegazione. Sapevo solo che tutti i nervi tesi si erano rilassati in un secondo.

-Basta sono esausto-disse Tom con il fiatone, come noi tutti d’altronde.
-Riposiamoci un minuto-disse Charlotte, smettendo di agitare le braccia nell’acqua. Così, ci fermammo per quei pochi minuti. Chissà a quanti metri di profondità ci trovavamo. Diamine, non dovevo pensarci proprio adesso!
-Jade, tutto bene?-mi chiese Jess. Non le risposi. Mi doveva ancora chiedere scusa e poi proprio lei me lo chiedeva quando per colpa sua mi trovavo su un coso giallo galleggiante. Non la vidi in viso, ma mi immaginava la sua espressione da cane bastonato.
-Hai un viso così pallido-mi disse David. In effetti, era già tanto che remavo con le braccia. Il mio viso pallido era il minimo. Pochi minuti dopo, iniziammo di nuovo a muoverci.L’isola non era tanto lontana.

-L’acqua non è profonda qui-affermò Dorian, scendendo dal gommone. Fecero la stessa cosa sia David che Tom. Iniziarono a trascinare il gommone-con quattro ragazze di noi a bordo-verso la riva. Appena il gommone arrivò a toccare la spiaggia, iniziammo a scendere anche noi ragazze. Il tacco affondò nella sabbia, impedendomi di camminare. All’improvviso,David si chinò e mi tolse le scarpe. -Non potrai mai camminare con questi-mi sorrise porgendomeli. -Grazie-risposi con un sorriso timido sul viso.
Appena alzai il viso verso l’isola su cui avevamo sbarcato, mi accorsi che eravamo su un paradiso terrestre in tutti i sensi. Chissà quanti milioni la gente pagava per usufruire di tutto questo e a noi era stato servito su un piatto d’argento. Inutile descrivere l’espressione di stupore che era presente sul volto di tutti noi.
-Cazzo!-esclamò Kelsey osservando tutto con molta attenzione. La sabbia era di un marroncino molto chiaro, il mare si poteva definire abbastanza trasparente da vedere persino i pesci all’interno. Ai lati,era delimitato da coste e scogli. Spostandoci verso la spiaggia, verso l’interno vi era un enorme foresta per lo più di palme.
-E’ bellissimo-la mia voce suonava incantata da tutto ciò.
David iniziò ad incamminarsi verso la foresta-andiamo a vedere!-ci invitò con un segno della mano a seguirlo. Gli alberi erano molto grandi, c’era una vasta varietà di cespugli e frutta. Ad un tratto, sentimmo il rumore dell’acqua che scorreva. -Oh,cavolo!-esclamò entusiasta Dorian dirigendosi da dove veniva quel rumore. Ci ritrovammo davanti ad un enorme cascata, circondata da bellissimi fiori ed erba. Intravidi Dorian levarsi la maglietta, scoprendo i suoi addominali, per poi fare la stessa cosa con i jeans e tuffarsi in quell’acqua così limpida. Inutile dire che rimasi letteralmente a bocca aperta, mancavano solo i rivoli di bava e potevo rinchiudermi per la mia dignità perduta.
Era bellissimo, cazzo.
In un attimo, tutti erano in biancheria intima e pronti per immergersi anche loro sotto il flusso continuo di acqua della castata.
Solo io, rimasi ancora con il vestito verde smeraldo della sera prima, fradicio per poterci spingere fin sopra quest’isola.
-Ehi! E tu non lo fai il bagno?-mi domandò euforico Dorian.
Potevo sembrare anche pesante, ma qualcuno qui doveva mantenere la testa sulle spalle e i piedi ben saldati a terra. Io volevo pensare solo ad un modo per tornare a casa, anche se significava abbandonare questo paradiso terrestre.
Ma dovevamo tornare a casa o io sarei letteralmente morta.
 
 



________________________________AUTORE___________________________________________

Salve!Ecco a voi il primo capitolo di questa storia.
Spero che non abbia deluso le vostre aspettative.Come vedete,ci sono piccole circostanze che fanno capire alla nostra Jade che in realtà Dorian non è poi così cattivo come crede.Ci sarà un'altra verità che ancora non sa e magari non sapete nemmeno voi se non avete colto il momento.Ovviamente,ci sarà tutto nel prossimo capitolo.Scusate per il mio ritardo,ma ho avuto un ustione,anzi,ho ancora un ustione e pregate insieme a me che non rimangano macchie.Questa è la seconda volta,cavolo!
Vabbene,spero che vi sia piaciuto.Aspetto da voi sia commenti negative che positivi.
E cercherò di continuare il prima possibile.
Baci,Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter two. ***


                                                                Chapter two.









                     











-Dai Jade vieni!-urlò Charlotte mentre l'acqua della cascata scorreva sul suo corpo.
Sbuffai scuotendo la testa. Eravamo bloccati su un'isola e invece di trovare un modo per andarcene preferivano divertirsi.
Per tutto il tempo ero rimasta seduta con le ginocchia al petto ad osservare come scherzavano e giocavano tra di loro.
Idioti.
Bene, non mi importava se non avessero voluto aiutarmi. Avrei incominciato io, da sola, a cercare qualcosa per portarci via da qui.
Mi alzai, spazzando via le foglie dal mio sedere con le mani, per poi guardarmi intorno e capire quale direzione avrei dovuto prendere. Decisi di perlustrare la spiaggia, per prima cosa. Il sole iniziava a picchiare sulla mia testa e probabilmente avrei iniziato anche a sudare. Perfetto.
Ogni tanto sentivo qualche fruscio. Chissà quante specie di animali esistevano in quella foresta. Perché io oltre ad avere la fobia del mare, avevo anche la fobia dei ragni.
Non solo mi facevano una certa impressione, ma avevo letteralmente paura .
Che ragazza problematica, vero? Se solo ne avessi visto uno, sarei scappata sicuramente a nuoto da quell'isola.
Da lontano, notai un barile piuttosto grande. Mi avvicinai velocemente e mi accasciai davanti ad esso. Notai che era pieno di qualche liquido. Vino, probabilmente. Non ero amante del genere, ma se era di buona qualità e stagionato lo avrei bevuto volentieri. Sicuramente quello era molto vecchio.
Dieci passi più avanti, trovai una specie di baule. L'aprii lentamente, alzando un velo di polvere che mi fece tossire pesantemente. Dopo essermi ripresa, iniziai a vedere cosa contenesse all'interno. C'erano molti oggetti e cose sicuramente utili. Ma sopra agli oggetti, notai un bigliettino.


'Lascio tutto quello che avevo ai prossimi che vivranno quest'isola'


Era firmato da un certo Jack Torres.

Per prima cosa, tirai fuori un paio di coperte di seta scure. Dalla stoffa sembravano molto ma molto vecchie. Ne uscirono molti utensili, utili a quanto pare sia per tagliare che per cucinare e persino per pescare. Trovai anche un rotolo di spago e delle corde.
Ed infine, in fondo alla cassa un fucile. La paura mi travolse.
A cosa poteva servire un fucile se non per uccidere? Di certo non avrei potuto trovare degli animali da caccia qui. Quindi, si doveva trattare di un oggetto a scopo difensivo. Il mio cuore iniziò a palpitare velocemente e il respiro a farsi sempre più affannato.
-Jade!-una voce alle mie spalle mi fece sussultare e risvegliare dalla situazione di panico di prima. -Cosa stai facen…-David si fermò di colpo, guardando ad occhi sbarrati ciò che avevo in mano. Io restai completamente immobile, spostando il mio sguardo dai suoi occhi al fucile.



-Secondo voi ci sarà qualcun altro su quest'isola?-chiese Kelsey. Eravamo tutti seduti a cerchio, intorno al fuoco che aveva acceso Dorian, cercando di schiarirci le idee.
-Può essere-rispose Tom-magari qualche tribù..-erano quasi le prime parole che gli sentii pronunciare. Era un tipo timido, si vedeva.
-Allora perché non abbiamo ancora visto niente?- ribatté in tono arrogante Dorian.
-Magari si troveranno nell'altra parte dell'isola-rispose prontamente Tom. La sua ipotesi non era poi così sbagliata. Se quel Jack Torres ci aveva lasciato il fucile, di qualcosa ci saremmo dovuti preoccupare.
-Ci troveranno mai?-chiese Jess titubante. Non avevamo più parlato dall'ultima volta su quel gommone. -Prima o poi..-rispose in modo vago David-magari il fucile ci servirà per dare un segnale alle navi di passaggio- constatò. In effetti, il rumore dello sparo sarebbe stato abbastanza forte da fare in modo che qualcuno si accorgesse di noi.
Incredibile, io che volevo trovare un modo per fuggire da quell'isola e l'unica cosa che ero riuscita a ricavarne era un baule con quasi il necessario per vivere qui.


Mi svegliai di soprassalto. Un rumore forte mi scosse dal sonno.
Mi alzai a sedere e notai le ragazze dormire, mentre i ragazzi erano già svegli a quanto pare. Mi strofinai con le dita gli occhi. Fortunatamente prima di andare alla festa avevo dimenticato di mettermi il mascara, altrimenti avrei preso sicuramente le sembianze di un panda.
Notai un po' più in là, Dorian con un ascia in mano che cercava di tagliare e raschiare un ramo piuttosto grosso. Mi alzai lentamente, ancora stordita dal sonno e mi avvicinai.
-Perché fai questo?-gli chiesi curiosa, osservando il modo in cui usava l'ascia e pensare che ci sapesse davvero fare.
Strano.
-Dobbiamo costruire un rifugio oppure preferisci dormire sempre sulla sabbia?- Il suo tono sarcastico mi faceva saltare i nervi. In risposta, lo fulminai con lo sguardo, incrociando le braccia al petto come una bambina a cui le è stato precluso di mangiare le caramelle. Scuotendo la testa fece una piccola risatina. Decisi di ignorarlo e passare alla prossima domanda. -Dove sono Tom e David?-
-Sono in cerca di qualcos'altro per costruire il rifugio.- Mi rispose, mentre colpiva in modo forte il ramo con l’ascia. In quel momento, non mi sembrava giusto che solo i ragazzi si sacrificassero. Insomma, mi sentivo inutile. -Posso aiutarvi in qualche modo?- Chiesi titubante. Si fermò di colpo, alzando il suo sguardo e guardandomi divertito prima di squadrarmi dalla testa ai piedi con un sorriso di scherno stampato in faccia.
-Non vorrai mica farti male, bambolina -disse in tono seducente che in quel momento non fece altro che innervosirmi. -Questi sono affari miei, Anderson!-ribattei in tono abbastanza acido. -Wow!-esclamò-perché il mio cognome suona come un insulto...Mills? -Niente da fare. Mi stava prendendo in giro. Probabilmente il mio sguardo arrabbiato lo stava bruciando vivo, perché decise di darmi, dopo aver fatto una piccola risatina, un lavoretto da fare.
Dovevo cercare della frutta. Iniziai ad incamminarmi all'interno della foresta, guardandomi intorno. Notai un bel po' di banane su un tipo di piante mai viste prima d'ora. Non ricordai il loro nome, ma sicuramente le avevo studiate. La nostra professoressa era molto appassionata di coltivazione, anche se non ne capivo il senso.
Dopo aver raccolto abbastanza banane, decisi di arrampicarmi sulle palme per raccogliere i cocchi. Non era la prima volta che mi arrampicavo e poi sembrava piuttosto facile dato che i rami erano molto bassi. Così, mi avvicinai ad uno di essi e con molta lentezza cercai di arrampicarmi. Prima una gamba poi l’altra, facile no? Peccato che io ero una di quelle imbranate colossali e non feci altro che cadere come un salame dal ramo, graffiandomi tutta la zona del polpaccio.
-Ahi!- Urlai forte dal dolore, accasciandomi a terra e mantenendo con le mani la zona ferita. Quando riuscii ad alzarmi, controllai il mio polpaccio. Mi scappò un piccolo urletto appena vidi l’enorme quantità di sangue che scorreva dai miei graffi. Continuai a guardare la mia ferita, ed ero spaventata anche se non sembrava nulla di grave.
-Ti avevo detto che ti saresti fatta male.- Una voce divertita mi fece sussultare. Mi girai di scatto e vidi Dorian davanti a me che ghignava divertito. Ma quanto poteva essere odioso?
-Fammi vedere. - Si piegò verso di me. Osservò per qualche secondo il mio polpaccio. - Quanto riuscirai a sopravvivere su quest’isola, Jade?- Mi chiese guardandomi in modo sornione, mentre la mia faccia era un velo di puro odio verso quel ragazzo che continuava a prendermi in giro. D’improvviso, sentii alzarmi da terra. Dorian mi aveva presa in braccio.
-Ma che fai?- Chiesi allarmata, allacciando le braccia attorno al suo collo per tenermi meglio. Non mi rispose. Continuò a camminare finché non mi adagiò a riva. Capii che voleva levare il sangue dalla mia ferita e disinfettarmi stesso con l’acqua salata del mare.
-Posso?- Chiese poggiando la mano a metà gamba. Annuii piano, quasi intimorita dal suo tocco. Come una carezza, alzò lentamente il vestito da metà polpaccio. Salì in modo cauto verso il mio ginocchio, arrivando alla mia coscia.
Un calore mi travolse e il respirò diventò improvvisamente spezzato.
Sentii il suo sguardo insistente sulla mia gamba.
Cavolo, sembravo una ragazzina in piena crisi ormonale!
Arrivò all’altezza del bacino, dove appoggiai la mia mano sulla sua per poterlo fermare. Dovevo assolutamente riprendere il controllo della situazione!
Lui alzò il viso verso di me. - Scusami, hai delle belle gambe. - Mi disse dolcemente, mentre sul suo viso aleggiava un piccolo sorriso.
Deglutii vistosamente, rispondendo con un alzata di spalle. Non era la prima volta che avevo complimenti sulle mie gambe. Erano magre e lunghe, anche se non ci vedevo niente di bello. Avvicinò il mio polpaccio all’acqua e con la mano versava l’acqua su di esso.
Feci una smorfia di dolore, mentre sentivo che i graffi iniziarono a bruciarmi, anche se lui era molto delicato e cauto.
Dire che non me lo aspettavo era poco. E così, mi persi ad osservarlo.
Osservavo il suo viso che guardava attento la ferita.
Le sue mani che si bagnavano di acqua salata e poi si posavano sul mio polpaccio. Il suo corpo, piegato sulle gambe mentre cercava di…farmi stare meglio.
In quel momento, non pensai a lui come il solito ragazzo con l’aria da figo.
Ma pensai solo a quanto fosse dolce.
-Sai che hai un debito in sospeso con me vero, Mills?- Mi sorrise voltandosi verso di me.
-Grazie. - Gli sorrisi timidamente, evitando il suo sguardo. Mi spostai più lontano dalla riva strusciando il sedere sulla sabbia, in modo che l’acqua non mi toccasse.
-Aspetterò che si asciughi.- Dissi, sedendomi a metà busto e sorreggendomi con le braccia.
Si mise proprio al mio fianco, imitando la mia posizione. -Non dovevi tagliare legna?- Gli chiesi, guardando il mare. In effetti, era davvero uno spettacolo ma la paura di certo non passava. Specialmente adesso, che mi trovavo su un’isola circondata dall’oceano. Sembravamo persi nel nulla. E questo mi faceva salire l’ansia.
-Ci andrò dopo.- Mi rispose alzando le spalle, anche lui con lo sguardo rivolto verso il mare. Voleva farmi compagnia? Stiamo parlando di Dorian Anderson. Lui non può essere un tipo dolce.Eppure io lo avevo pensato.
-Posso farti una domanda?- Mi chiese improvvisamente, voltandosi con il capo verso di me. Annuì incuriosita. Cosa poteva mai chiedermi?
-E’ un impressione o nutri un odio naturale verso di me?- Mi domandò, guardandomi attentamente. Era così chiaro che non lo sopportassi?
-Non è un impressione.- Ammisi sospirando e cercando di scampare al suo sguardo insistente. Si lasciò scappare una risatina scuotendo il capo.
-Ci saremmo scambiati si o no due parole e tu…mi odi?- Mi chiese con il suo tono incredulo mentre mi guardava divertito. -Incredibile.-Disse, voltandosi poi verso il mare.
Ci furono atti di silenzio in cui mi sentivo quasi in colpa. Mi aveva aiutato già un paio di volte da quando ci eravamo trovati in quella situazione e io non potevo fare a meno di discriminarlo.
-Non mi piacciono i tuoi atteggiamenti. -Ammisi con nonchalance. -Ossia?- Mi chiese con un tono di voce apparentemente indifferente ma con una nota di curiosità.
-Sei presuntuoso, arrogante e te la credi come non mai. - Risposi prontamente in modo acido. Non avevo paura di dire ciò che pensavo. Si lasciò scappare un risolino, girandosi verso di me con il suo solito e odioso ghigno stampato in faccia.
-Non mi conosci nemmeno!- esclamò incredulo - cosa ne sai di come sono fatto? - Mi domandò leggermente infastidito. -Si vede da come ti comporti. - risposi calma.
-Allora mi scusi Mrs Perfezione. - Sisse in modo sarcastico. Si era davvero offeso? Incredibile. Quella conversazione terminò lì, poiché mi alzai infastidita e andai a raccogliere altra frutta.



Arrivò subito la sera. Inutile dire che ero stanca morta. Certo, non avevo svolto il lavoro pesante dei ragazzi ma ero stata l’unica ragazza a non restare con le mani in mano.
-Questi dovrebbero bastare, no?- Chiese David portando una specie di cesta contenente tanti pesci. Odiavo il cibo di mare, ma mi sarei dovuta accontentare anche perché il mio stomaco brontolava. Ci sedemmo tutti intorno al fuoco, come la sera precedente.
L'aria era umida e tirava un leggero venticello, così mi portai le ginocchia al petto.
-Hai freddo?- Mi chiese Jess. Ancora non avevo chiarito e mi mancava da morire. Per quanto potessi essere orgogliosa, lei su quell’isola era l’unica persona di cui mi fidavo, anche dopo quella colossale bugia che mi aveva detto. Annuii tenendo lo sguardo sul fuoco innanzi a me. Mi sentii abbracciare-perdonami-mi disse. Non ci pensai due volte e ricambiai.
-Sono stata malissimo. - Mi confessò stringendomi più forte. Non dissi nulla. Restai in silenzio tra le braccia della mia migliore amica. Ricordai il nostro ultimo abbraccio sul letto di camera mia. Quanto poteva mancarmi la casa? E i miei genitori, cosa avrebbero detto? Erano sicuramente preoccupati a morte per me...



Anche se David cercò di cucinare quel pesce solo col fuoco, era davvero buonissimo.
Mi complimentai con lui che mi ringraziò con un dolce sorriso.
-Hai visto quanto è sfigato quel Tom? - Mi sussurrò Jessica all’orecchio. A me faceva solo tenerezza. Se ne stava lì, in disparte. Sembrava che pensava costantemente a qualcosa.
Era perso nel suo mondo. Ovviamente, Jessica non perdeva attimo per criticarlo.
-Penso che sia solo un tipo solitario. - Risposi facendo spallucce.
-Sarebbe carino se si sistemasse un po’... - Constatò Jess mantenendo un tono vago. In effetti, se avesse alternato le sue solite camicie a quadretti con una polo, oppure avesse indossato dei jeans nuovi e avesse cambiato il suo taglio di capelli, sarebbe risultato carino.
Accanto a lui era seduto Dorian. Mi soffermai ad osservarlo involontariamente.
Con un bastoncino, disegnava sulla sabbia dei segni. Sembrava parecchio sovrappensiero, finché Charlotte non gli toccò il braccio accarezzandolo. Era una gatta morta,si vedeva. Stranamente, mi sentivo parecchio osservata. Infatti, appena mi girai verso Jessica, notai che mi fissava con aria maliziosa. Le rivolsi uno sguardo stranito. Cosa le era preso?
-Dimmi un po’- incominciò a parlare, con un sorriso stampato in volto - cosa ci facevi seduta a riva con Dorian, stamattina?- Mi chiese. -Jess non iniziare a farti strane idee - sbuffai - lo sai cosa penso di lui! E’ solo un ragazzo presuntuoso e...- iniziai il mio solito monologo pur sapendo che sarei risultata solo ridicola.
-Sì, lo so! Presuntuoso, arrogante …egoista! - Mi interruppe bruscamente con aria scocciata.
-Ma ho dimenticato di dirti che quando sei svenuta sullo yacht, è stato lui a soccorrerti-
Dire che ero sbalordita era poco…Dorian mi aveva soccorsa?
D’istinto mi girai verso di lui, notai che mi stava fissando con aria pensierosa.
Gli rivolsi un sorriso. Un semplice sorriso.
Chissà perché, ma ormai mi stavo quasi arrendendo.
Avrei iniziato una nuova vita, su quell’isola.






__________________________________________AUTRICE_______________________________________________




Tadaaaaaan!Ecco con il mio nuovo capitolo!Ho fatto passare un pò di giorni è vero, ma spero possiate perdonarmi.
Tornando a noi, avrete sicuramente notato che Dorian ha soccorso Jade per la seconda volta nonostante per lei rimanga comunque odioso. Anche se, nell'ultima volta qualcosa cambia... 
Nei prossimi capitoli la storia si intreccerà visto che i personaggi ne sono ben sette. Ci saranno molti scoop soprattutto su Jessica e il nerd Tom.
Vabbè, sperio vi sia piaciuto.
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito.
Tutti quelli che hanno messo la mia storia nelle ricordate/seguite/preferite.
Tutti i lettori silenziosi.

Al prossimo capitolo.
Baci,Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter three. ***


                                                                          Chapter three. 
                  




                













-No, Jess! Non ho voglia, lasciami in pace.- Era da stamattina che cercavo di divincolarmi dalla presa della mia migliore amica che cercava insistentemente di farmi fare un bagno. -Non capisco perché tu ti ostini tanto!- Ribatté incrociando le braccia al petto- è una cascata non il mare!- Mi rimproverò.
Le rivolsi uno sguardo corrucciato per poi allontanarmi da lei. Mi avvicinai ai ragazzi che stavano costruendo il rifugio. Notai tanti grossi pezzi di legno e tante canne sul suolo.
-Posso aiutarvi?- Chiesi a David che era intento a raschiare un grosso ramo.
-Ehi, Jade!- mi sorrise -sì, certo! Vieni che ti mostro come fare.- Prese due canne in mano, per poi tirare dalla tasca un gomitolo di spago, sicuramente quello che ci aveva lasciato il misterioso Jack Torres, per poi legare prima uno, poi l'altro per fare la stessa cosa con il terzo e così via. Non sembrava né difficile né faticoso. Così, iniziai il mio lavoro, con estrema lentezza, ma lo iniziai.
-Io provo a pescare qualcosa.- Annunciò Tom, mentre si alzava da terra.
-E tu vorresti pescare qualcosa?- Insinuò quello sbruffone di Dorian. Stava facendo quasi il mio stesso lavoro, solo che lui si serviva di rami grossi. -Bhe...sì.- Rispose titubante Tom. Perché doveva trattarlo così? Che rabbia! Dorian scoppiò in una fragorosa risata seguita da quella di David.
-Perché non peschi tu allora?- Gli domandai acida, gettando le canne a terra.
Mi guardò stranito, per poi far comparire un sorriso lascivo sul suo viso.
–Nessun problema -disse avvicinandosi- mi aiuti tu?- Mi chiese con un tono di sfida e un'espressione alquanto sexy. -Serve aiuto qui. -Deglutii rumorosamente, abbassando lo sguardo.
Non ci sarei mai andata in mare a pescare. Lui lo sapeva ed adesso si stava solo prendendo gioco di me.
-Non è necessario - disse alzando le spalle - allora, vieni?- Mi chiese nuovamente, avvicinandosi ancora di più. Mi morsi il labbro ripetutamente, mentre l'ansia saliva. Non potevo rifiutare per una questione di orgoglio, ma non potevo nemmeno accettare perché solo l'idea mi spaventava.
-Paura, Mills?- Il mio istinto diceva di prendere una canna e spaccargliela sul cranio in modo da ucciderlo e poi nascondere il corpo dietro qualche cespuglio.
-Affatto.- Fu la mia risposta definitiva.
Vai al diavolo Jade!



-E da dove spunta fuori?- Chiesi stranita, guardando una piccola barca di legno adatta proprio per pescare. -Forse sarà qualche altro regalino di quel Torres- Rispose Dorian.
Magari Jack Torres non era altro che un pirata, siccome gli oggetti che ci ha lasciato appartenevano ad una generazione molto lontana. Oppure poteva essere un semplice pescatore, il quale come noi si era ritrovato per caso su quell'isola. Avrei continuato a vorticare insieme ai miei pensieri se la mia attenzione non fosse stata attirata da qualcos'altro, o meglio dire, qualcun altro.
Dorian si tolse la camicia scoprendo il suo petto delineato da qualche addominale, per poi liberarsi anche dei jeans mostrando le sue gambe sode. Fortunatamente non avevo uno specchio per vedere la mia faccia, ma immaginavo che espressione potessi avere.
-Mica vorrai salire con quel vestito, Jade?- Mi chiese Dorian, appoggiandosi alla barca - si rovinerebbe.- Dedusse in modo ovvio. In effetti, aveva ragione, ma non me la sentivo per niente di spogliarmi e rimanere in intimo davanti a lui.
-Non dirmi che hai vergogna!- si lamentò- è come vederti in costume!-
Tirai un lungo respiro, per poi farmi coraggio e prendere i lembi della gonna del vestito ed alzarli. Una volta tolto, lo gettai a terra ma mi pietrificai sul posto, quasi bruciata dallo sguardo di Dorian.
Era uno di quelli penetranti, uno sguardo liquido che percorreva tutto il mio corpo, mentre il mio viso andava in fiamme. -Andiamo?- Chiesi con voce strozzata. Annuì tenendo fermi gli occhi sul mio corpo, per poi indicare il posto. Mi porse la mano e mi aiutò a salire sulla barca, seguito da lui che con un balzo fu sopra dalla parte opposta di dove sedevo io. Iniziò a remare e io non potei fare almeno di guardarlo, o spogliarlo, con gli occhi. Era una visione tremendamente eccitante.
I muscoli delle braccia che si contraevano insieme agli addominali sull'addome, mentre il su viso era una smorfia di fatica. Le sopracciglia contratte, le sue labbra carnose schiuse. Mandai giù un bel po’ di saliva, cercando di darmi un contegno e muovendomi nervosamente sul posto.
-Tutto bene? - Mi chiese guardandomi in modo stranito.
-Lo sai che il mare mi dà una certa ansia- Sì, certo... il mare! Era l'unica cosa di cui non mi stavo preoccupando, troppo distratta dai suoi movimenti inconsciamente provocatori.
-Non andare troppo lontano.- Quasi gli pregai, appena mi accorsi di quanto ci fummo allontanati. Fermò subito le braccia, appoggiando i remi alla barca. Tirò fuori un'esca, sedendosi sul bordo. Mi limitai a guardarlo, cercando di non soffermarmi sul suo corpo, altrimenti sarei andata in iperventilazione.
-Non vuoi aiutarmi?- Mi chiese spavaldo. -Se prima nutrivo un odio naturale verso di te adesso voglio vederti solo morto.- Affermai fulminandolo con gli occhi.
Sorrise divertito -Sai, pensavo che non avresti accettato- ammise -mi hai spiazzato.- Disse poi.
-Non ti avrei mai permesso di prendermi in giro. - Ribattei fiera di me. Scosse la testa divertito -vieni qui. - Mi indicò con la mano il posto affianco a lui. Feci segno di no con la testa.
-Dai- insistette, girandosi verso di me -voglio farti vedere una cosa.- Disse guardandomi speranzoso.
-Lo sai che ho paura.- Dissi distogliendo lo sguardo e portandomi le gambe al petto.
-Non ti lascerò cadere, Jade.- Il suo tono dolce poteva sciogliere anche un iceberg nel bel mezzo dell'oceano atlantico. Esitai un po’, poi presi coraggio e mi avvicinai molto lentamente. Mi circondò la vita con un braccio e mi aiutò a sedermi accanto a lui. Sobbalzai a quel contatto, così delicato e premuroso.
-Vedi quello? - Mi indicò un punto in mare. Mi sforzai di guardare senza che la paura mi assalisse. Notai un pesce, di colore rosso a strisce bianche. Appena attivai il cervello, mi accorsi che era un pesce pagliaccio, proprio come quello del cartone di Nemo. -Il pesce pagliaccio.- Disse con un sorriso.
-Non ti azzardare a pescare quello!- Esclamai risoluta, puntando il mio sguardo nel suo.
-Tranquilla.- Rispose divertito alla mia minaccia. Dopo alcuni minuti, notai Dorian tirare l'esca.
-Hai preso qualcosa?- Chiesi elettrizzata. Non mi rispose, continuava a tirare forte -Ma cosa diamine è?!- Esclamò in tono arrabbiato. Dopo pochi secondi, riuscì a tirare il pesce a galla ma questo lo fece rotolare all'indietro. Nella sua caduta, la sua spalla aveva sbattuto contro la mia che mi riportò stesa sul suo corpo. Il pesce era enorme e appena arrivato sulla barca, risaltò in acqua molto facilmente.
Imbarazzata a livelli estremi, mi alzai velocemente dal suo corpo, posizionandomi nel lato opposto.
-Dove scappi?- Disse con tanto di voce suadente e sguardo da predatorie, alzandosi dal suo posto e avvicinandosi a gattoni. Deglutii non riuscendo a sostenere il suo sguardo di fuoco. Non sapevo che fare, il mio cuore batteva a mille e probabilmente tremavo pure.
Arrivò proprio sopra di me, sostenendosi sulle braccia per non farmi peso.
-Non ti preoccupare - la sua voce era così calda - non ti faccio nulla di male. -
Solo io potevo prenderla come una minaccia? -Allontanati.- Dissi con voce spezzata anche se in quel momento sembrava più un gemito. Avvicinò il suo viso al mio, sicuramente con l'intento di baciarmi.
Girai di scatto la testa di lato, rifiutando le sue labbra.
Rabbrividii di piacere, quando sentii sulla mia guancia qualcosa di morbido e bagnato.
Strusciò le sue labbra fino al mio collo, dove lasciò un piccolo morso. Strinsi il labbro inferiore tra i denti per trattenere un gemito, mentre Dorian iniziò a dedicarsi al mio collo alternando le sue labbra con piccoli colpetti di lingua. Cavolo se ci sapeva fare! –Dorian…- sospirai. Non andava per niente bene! Invece di allontanarlo lo stavo invogliando a continuare con i miei gemiti e sospiri.
Ad un tratto, sentii il calore avvolgermi. Il petto di Dorian era al contatto con il mio, tutto il corpo aderiva completamente al mio. Una sensazione a dir poco bellissima. Le sue mani raggiunsero lentamente i miei fianchi, mentre il mio respiro accelerava sempre di più.
–Jade…- Chiamò il mio nome come una preghiera, mentre scendeva verso il seno.
Fu quella scossa di brividi a risvegliarmi dal mio stato di shock in cui Dorian mi aveva avvolta.
–Dorian lasciami subito!- Urlai stizzita, cercando di divincolarmi dalla sua presa ma con scarsi risultati. Alzò il suo viso di scatto, puntando il suo sguardo stranito nel mio! –Ho detto lasciami!- Protestai ancora una volta, dando piccoli colpetti con le braccia al suo petto. Si alzò confuso dal mio corpo, sedendosi e guardandomi intensamente. Cercai di darmi una sistemata, sedendomi a mia volta.
–Scusami. - Disse fievolmente, forse accortasi della mia irritazione.
–No, Dorian!- urlai stizzita- non pensare neanche lontanamente che io sia come quelle sciacquette che ti porti a letto!- Ormai ero furiosa e non potevo fare altro che urlare per scaricare la mia frustrazione.
Ci furono pochi secondi di silenzio, finché non iniziò a parlare.
–Non l’ho mai pensato- disse con un’espressione da cane bastonato- credimi.- Concluse alla fine.
–E allora?! - Niente da fare, il mio tono rimaneva sempre acido.
-Jade, non so se mi spiego- mi disse calmo- ma sei intimo e sei davvero eccitante - ammise - scusami, ma non ho resistito. - Concluse come se la cosa fosse normale. Lo guardai torva, anche se sicuramente le mie guance erano diventate viola! – E allora vedi di calmare gli ormoni!- Non sapevo nemmeno io dove mi uscii quella frase alquanto imbarazzante, sapevo solo che gli provocò una risatina divertita.
–Come vuoi, Jade.- E mi sorrise, un sorriso bellissimo… luminoso. Forse mi incantai, o forse nella mia testa rimase fissa la sua immagine per parecchio tempo.
Se Dorian doveva calmare gli ormoni, io dovevo calmare la parte irrazionale di me che stava venendo fuori.
‘Tutta colpa sua’ pensai.
Mi stupii che per tutto il tempo, Dorian rimase seduto sul bordo della barca a pescare. Mentre io, ero di fianco a lui ed il mio sguardo finiva sempre sui suoi bellissimi addominali, sulle sue braccia muscolose al punto giusto o sulle sue gambe sode…BASTA JADE! BASTA!







Quando tornammo sulla spiaggia, mi aiutò a scendere e scherzando mi disse che il giorno dopo saremmo andati di nuovo. Sì, come no! E rischiare di farmi assalire di nuovo su quella barca!
Non mi conosceva affatto.
Mentre ero in cerca del mio vestito, notai che nel posto in cui l’avevo lasciato non c’era più.
–L’ho lavato. - Disse Jess che mi comparve proprio dietro. –E adesso cosa indosso?- Chiesi con voce stridula. Jess con aria scocciata, mi buttò addosso due straccetti. Uno di seta bianco, che serviva probabilmente per coprirmi il bacino ed una magliettina a maniche corte, che mi arrivava sopra l’ombelico.
–Io e le altre abbiamo deciso di darti qualcosa dai nostri vestiti siccome conosco bene il tuo pudore eccessivo.- Mi spiegò con calma.
Bene, adesso passavo io per l’anormale che si rifiutava di camminare mezza nuda per l’isola.
Non mi sforzavo neanche di capirle! Decisi di tornare dai ragazzi, per vedere a che punto fossero arrivati con il rifugio.
–Ehi, Jade!- Mi salutò un David sorridente. Ricambiai il saluto, mentre guardavo ciò che avevano costruito fino adesso. Tom mi spiegò la struttura del rifugio, in pratica sarebbe dovuta venire a due piani. Per adesso non avevano messo su nulla, perché per primo dovevano costruire i pezzi. Sarebbe stato difficile dato che il materiale non era altro che legno e canne, ma dicevano che avrebbero dovuto solo raddoppiare lo strato. Per il resto della giornata, continuai il lavoro che Dorian mi aveva interrotto proponendomi quell’inutile sfida. Passarono i giorni e il progetto si dimostrava sempre più concreto e realizzabile. A poco avremmo avuto un posto in cui dormire che non fosse la sabbia. Jess e le altre non facevano altro che divertirsi tutta la giornata come se stessero in vacanza. Non procuravano nemmeno del cibo, ma rimanevano sulla spiaggia stese al sole.
Ogni tanto Charlotte si avvicinava a Dorian che era intento a lavorare. A lui non sembrava che infastidisse la sua presenza anche quando era impegnato, perché mentre lei gli sussurrava chissà quali cose sconce all’orecchio, lui si limitava a ridacchiare. Una volta la portò con sé sulla barca, ed io sentivo la risatina da oca di Charlotte anche a metri di distanza. A me non chiese più di andare con lui, nonché mi desse fastidio, ma la mia presenza sarebbe stata più costruttiva di una sciatta bionda con le gambe perennemente aperte. Inoltre, non ci furono più incontri tanto ravvicinati con Dorian.
Ogni tanto, si limitava ad un saluto o ad un sorriso cosa che facevo anche io.
Qualche volta, lo sorprendevo a fissarmi, ma pensai che lo facesse per controllare se quello a cui stavo lavorando lo stessi facendo nel modo giusto.
Anche io, qualche volta, l’osservavo mentre si arrampicava sugli alberi per prendere la frutta.
Ma era impossibile non farlo.
Era impossibile non incantarsi a guardare quel corpo atletico muoversi e saltare da un ramo all’altro.
E poi, cercavo ancora il momento giusto per ringraziarlo per avermi aiutata nei primi giorni.
Io non ci avevo pensato molto, ma quando Jessica me lo fece notare capii che era giusto farlo.
– Dovresti ringraziarlo.- Mi disse Jess mangiando una mela, mentre eravamo seduti attorno al fuoco.
– Dici davvero? - Chiesi, osservando Dorian sussurrare qualcosa a Charlotte, che in risposta iniziò a ridere sguaiatamente. Qualcosa nello stomaco si contrasse. Non poteva di certo darmi fastidio! Non potevo essere gelosa! Mi chiedevo soltanto cosa Dorian ci trovasse in quell’oca senza cervello.
Ah, giusto. Lei gliel’avrebbe data facilmente.
– Cavolo, Jade! - Esclamò Jess in tono esasperato- è il minimo!- In effetti, non ero stata molta rispettosa nei suoi confronti. Potevo pensare che era insopportabile quanto volevo, ma restava il fatto che era stato comunque gentile con me.
– E poi, vi ci vedo bene insieme. - Quasi non soffocai il succo di cocco a quell’affermazione senza senso della mia migliore amica. Ma aveva il cervello?
Dorian e Charlotte stavano limonando proprio davanti ai nostri occhi e lei pensava ad un probabile innamoramento tra me e lui?
– Sì, infatti è molto preso da me tanto che sta dando attenzioni a Charlotte. - Risposi sarcastica.
Girò la testa di scatto verso di me per poi guardarmi in modo torvo.
– Sta cercando di entrare nelle sue mutande Jade! - mi disse- e lei non aspetta altro! - Continuò imperterrita.
– So come vanno a finire queste cose. - Concluse quasi con tono amareggiato. Sapevo che lei in quel momento si stesse considerando come Charlotte.
– Tu non sei così, Jess.- Le rassicurai abbracciandola. Restammo così, abbracciate per tutto il tempo.
E mi accorsi anche che Dorian e Charlotte non c’erano più, erano praticamente spariti dalla mia visuale. Chissà dov'erano andati...
















_________________________________AUTRICE________________________________



Hi guys!
Ecco pubblicato il terzo capitolo di questa storia!
Lo so che sono passati un po' di giorni, ma l'ho pubblicato appena ho trovato un po' di tempo per restare da sola.
Allora, come avete visto, Dorian propone una sorta di sfida a Jade, cosa che comprende salire su una barca nel bel mezzo delle acque dell'oceano atlantico. Cosa che Jade accetta per PURO orgoglio. Anche se io ho qualche dubbio in proposito...
In questo capitolo, si vedono anche piccole sfumature di gelosia da parte di Jade nei confronti di Dorian che dà più attenzioni a Charlotte che a lei. Inoltre, dopo quello che è successo sulla barca- mi riverisco ad un incontro ravvicinato fisicamente tra i nostri due protagonisti- Jade sembra quasi stordita da Dorian. Vedremo il seguito nel prossimo capitolo.
Ringrazio:

  • Chi recensisce sempre.
  • Chi recensisce ogni tanto.
  • Chi legge soltanto.



Al prossimo capitolo.
Baci, Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter four. ***


                                                                           Chapter four.




                      

























Il sole di prima mattina batteva forte sulle acque dell’oceano, dando vita a leggeri giochi di luce.
Il mare sembrava sereno, al contrario del mio animo.
Dentro di me c’era una tempesta. Malinconia, tristezza, nostalgia…
Nostalgia di casa, del ragù della mamma la domenica, del bacio del buongiorno di mio padre, dei continui lamenti di quella peste di Johnny.
Sarei mai tornata?
Eppure sembrava che fossi l’unica a soffrire di queste piccole mancanze. Forse nessuno si accorgeva della gravità della situazione o ero io a essere paranoica. Ma la cosa riuscivo a vederla più verso questo senso: non sarei più tornata a casa.
Sola su un'isola, con sei immaturi e incoscienti.
Come tutte le mattine, i ragazzi erano intenti a costruire il rifugio, quasi finito, mentre le altre ragazze non facevano altro che godersi la ‘vacanza’. Inoltre, non sapevamo nemmeno se quell’isola fosse disabitata o meno. Potevano esserci bestie, animali di ogni genere, o persino tribù di cannibali a noi sconosciuti. Ma ancora una volta sembravo l’unica a preoccuparsene. Forse, la sola volta in cui vidi un lampo di preoccupazione sui loro volti fu quando trovammo quel fucile. David sembrava l’unico maturo della situazione, anche se pensava solo a costruire il rifugio senza cercare un modo per andarcene a casa.
Quindi continuavo a pensare che tutti erano una massa di incoscienti, me compresa che non facevo altro che angosciarmi.




Sentivo la voce stridula di Charlotte anche a metri di distanza che commentava in modo molto delicato il lato B di Dorian. –Ogni giorno che passa la voglia di farmelo aumenta!- Oca in calore. Per non parlare degli schiamazzi della sua cara amichetta bionda Kelsey. Mi alzai velocemente e mi allontanai in modo da non sentire più la loro voce snervante e i loro discorsi poco casti.
Mi avviai all’interno della foresta, dove i ragazzi continuavano i lavori.
– Ehi, Jade! - Mi salutò un David tutto sorridente. Era strano che un ragazzo mi sorridesse sempre e mi salutasse anche più volte al giorno. Ricambia il saluto accennando un sorriso tirato. Mentre il mio sguardo vagava per la costruzione, mi accorsi che uno dei ragazzi mancava.
Dorian.
Dove cavolo si era cacciato? La curiosità mi invase, ma non avrei mai chiesto informazioni.
Sarei risultata troppo interessata ed era l’ultima cosa che volevo che pensassero.
Perché io odiavo Dorian, vero? A questo punto, non lo sapevo nemmeno io. Mi incamminai più all’interno. Sapevo che Dorian andava sempre a spezzare qualche ramo da quelle parti e decisi, lottando contro il mio orgoglio, di andare a cercarlo. Solo per curiosità, sia chiaro!
Mentre calpestavo le foglie e i rami secchi al suolo, vidi la sua figura in lontananza e notai che stava tagliando un ramo più grosso del solito. Mi avvicinai molto cautamente, forse anche troppo, perché nel momento in cui attirai la sua attenzione da dietro le spalle, lasciò accuratamente cadere il ramo sul piede. Cominciò a imprecare e a tenersi la gamba dondolando su stesso.
–Cavolo, Jade!- quasi urlò dal dolore. –Ma che ti prende?- Non riuscii a fare a meno di ridere, guadagnandomi una delle sue occhiate peggiori. –Che hai da ridere, eh?- Ormai ero diventato isterico, molto più di quanto lo fossi io normalmente - E' tutta colpa tua! - Mi accusò continuando a dondolarsi. Bloccai di colpo la mia risata appena notai quanto fosse profonda la ferita. Un grosso taglio rosso, abbastanza visibile, lampeggiava sul suo piede destro.
Mi abbassai alla sua altezza e iniziai a scrutare la ferita.
– Scusa. - Mormorai sinceramente, in preda alla preoccupazione. Lui continuava a stringere i denti mentre si teneva sugli avambracci. Toccai lievemente la ferita ma ritrasse bruscamente il piede facendomi sussultare.
– Lascia che ti aiuti. - Lo rassicurai, guardandolo in quelle pozze grigie che adesso esprimevano solo sofferenza. Ma un lampo passò attraverso i suoi occhi, rendendoli più vispi. Ero nei guai.
–Ti perdonerò ad una condizione- annunciò malizioso- sii la mia schiava per tutta la giornata.-
A quelle parole non potei fare altro che infiammarmi in un mix di rabbia e imbarazzo.
– Ma tu sei matto?! - Esclamai con voce stridula, alzandomi di colpo – non mi importa del tuo perdono- urlai allontanandomi da lui- se queste sono le tue condizioni, puoi restare anche lì.-
Sapevo di aver detto una cattiveria e soprattutto una bugia. Non lo avrei mai lasciato così.
La sua espressione era una maschera di divertimento anche se le sue labbra si tramutarono in un broncio.
– Sei sleale, Jade!- mi accusò- Io ti ho aiutata quando ne avevi bisogno. - Mi puntò un dito contro. In quello stesso attimo, le parole della sera prima di Jess mi ritornarono in mente.
‘-Dovresti ringraziarlo-’
In effetti, era vero. Mi aveva soccorso sullo yacht quando ero svenuta.
Mi aveva aiutata inconsapevolmente sul gommone, quando le mie crisi di ansia fecero la loro entrata.
Mi aveva aiutata quando mi graffiai il polpaccio cadendo dall’albero.
Ed io? Non solo non lo avevo ringraziato, ma mi permettevo anche di protestare.
Che persona insensibile che ero diventata.
Mi riavvicinai sospirando mentre i suoi occhi non si staccavano dai miei.
–Dorian, io…- la mia voce tremava di qualche tono –io volevo ringraziarti.- Non c’era bisogno di dire per cosa volevo ringraziarlo, dallo scintillio nei suoi occhi si capiva che avesse afferrato il concetto.
Accennò un sorriso. - Beh, quindi… - iniziò a parlare, ma qualcosa mi diceva che non avrebbe detto niente a mio favore - l’idea della schiava tutta per me non va sottovalutata.-
Ok, era praticamente da sopprimere questo ragazzo. Mi aspettavo un ‘figurati’ da parte sua come da ogni persona normale. Ma dimenticavo, Dorian non era una persona normale.
– Perché cavolo vuoi che faccia la tua schiava? - Quasi urlai dalla disperazione.
– Perché per una giornata non potrai contraddirmi né disubbidire - affermò con nonchalance - odio quando lo fai. -Ammise con un sorrisetto sfrontato in volto.
Perfetto, la situazione era peggio di come me la immaginassi. Mi rassegnai sbuffando sonoramente.
–Cosa vuoi che faccia razza di cavernicolo? - Chiesi portando le braccia al petto.
– Come mi hai chiamato? - Mi guardò in cagnesco, aggrottando le sopracciglia.
Sbuffai nuovamente, roteando gli occhi al cielo con aria afflitta. –Cosa vuoi che faccia, mio padrone?-
Mi costò parecchio pronunciare quelle parole, proprio ad un imbecille come Dorian!
– Per prima cosa- annunciò- aiutami ad alzarmi. - Disse con tono autoritario.
– Per favore non esiste? - Chiesi con aria acida. Mi guardò come se fossi un alieno prima di lanciare la botta finale per far saltare i miei nervi.
– No - il suo sorrisetto sfrontato fece capolino - sei una schiava.-



Lo aiutai a sedere lentamente a riva. Voleva che lo disinfettassi come lui aveva fatto con me precedentemente.
–Levami i jeans- ordinò sfacciatamente. La mia faccia doveva essere un misto di incredulità e imbarazzo, perché sentì un risolino da parte sua. –Allora? Muoviti.- Ok, me l’avrebbe pagata sicuramente.
Parola di Jade Mills.
Mi abbassai lentamente, deglutendo più volte rumorosamente, sotto il suo sguardo divertito.
Mi inginocchia accanto a lui, sempre con una lentezza estenuante. La mia mano si avvicinò tremante alla patta dei suoi jeans tagliati fino a metà ginocchio. Calma Jade, non è la prima volta che levi dei Jeans. Certo, è successo anche che l’abbia levati ad un maschio, ma non superiori ai dieci anni.
La mia mano si mosse da sola. Le mie dite afferrarono il bottone, per poi liberarlo e dedicarmi alla parte critica: la cerniera.
Alzai gli occhi imbarazzata verso di lui e mi accorsi che osservava il tutto con uno sguardo molto penetrante, si poteva dire anche eccitato.
In quell’istante sfiorai qualcosa che NON dovevo sfiorare. Cavolo, Jade! Non ne combini una giusta!
Mi girai di scatto dall’altra parte, mollando la presa dalla cerniera, mentre le mie guance andavano in fiamme. Dietro di me, sentii le risate di scherno da parte di quel decelebrato mentale. Il fatto era che non ero mai arrivata nemmeno ai preliminari con un ragazzo. Ero vergine e non avevo mai spogliato uno. E con questa figura, sicuramente lui se ne era accorto. Bene, motivo in più per prendersi gioco di me.
Maledetto!
Improvvisamente, sentii un tocco leggero sul dorso della mia mano.
–Jade…- chiamò la mia attenzione –non c’è motivo di vergognarsi- mi rassicurò, mentre mi voltavo verso di lui. I suoi occhi grigi sembravano più chiari e i suoi capelli disordinati lo rendevano alquanto sexy.
Con quella poca forza di volontà che mi era rimasta, mi avvicinai di nuovo a lui cautamente per finire il lavoro che avevo iniziato e poi lasciato a metà dato la mia inesperienza nel campo.
Portai le mani all’altezza dei fianchi cercando di sfilare il jeans, mentre lui mi assecondava alzando il bacino. Tentai in tutti i modi di non poggiare lo sguardo su quel rigonfiamento alquanto notevole.
Deglutii vistosamente, sfilandoli del tutto.
Ce l’avevo fatta! La mia espressione trionfante faceva pensare che avessi vinto appena un Nobel.
Alzai il mio sguardo soddisfatto verso di lui, notando il suo respiro affannato che cercava inutilmente di calmare. Non appena i nostri occhi si incontrarono, la mia attenzione fu presa dai suoi denti che morsero il suo labbro inferiore. Un gesto troppo eccitante e provocatorio per i miei gusti.
Dovetti combattere contro il mostro della lussuria che mi incitava a gesti poco casti, come assaggiare quelle labbra carnose.
Pochi secondi dopo, mi ripresi dal mio stato di ‘shock’ e mi diedi mentalmente della stupida per aver avuto certi pensieri.
Anche lui, poco dopo, sembrò riprendersi e schiarendosi la voce chiese- e la maglia?-
Sgranai gli occhi a quell’assurda richiesta. Voleva per caso morire? O farmi morire…
Jade ma a che cazzo vai a pensare? Bene, ora la mia mente faceva anche i doppi sensi.
–Dorian-iniziai schiarendomi la voce a mia volta- non mi sembra il caso…-
Con il mio tono gentile speravo di convincerlo a cambiare idea, ma dimenticandomi che stessi parlando con un Dorian senza scrupoli. La sua espressione mi fece capire che non voleva contradizioni.
E va bene, facciamolo questo sforzo!
Mi chinai di nuovo e afferrai i lembi della sua maglietta, per poi alzarli lentamente in modo che nessuna parte del mio corpo toccasse i suoi bellissimi addominali che si incominciarono ad intravedere man mano che facevo risalire la maglietta.
Addio ormoni…
Alla fine del tutto, mi ritrovai un Dorian quasi nudo se non per quei boxer striminziti che custodivano ciò che mi mandava in imbarazzo. Incontrai lo sguardo di Dorian ancora più penetrante e sfrontato di prima.
–Dobbiamo curare la ferita- annunciai con tono affievolito grazie agli episodi precedenti.
Lui si limitò ad annuire, portando lo sguardo davanti a sé, verso il mare.



Avevo appena finito di disinfettare la ferita che Dorian si era procurato a causa mia, quando un’altra delle sue richiesti fece capolinea.
-Voglio la frutta.- faccia da bastardo e tono da bambino. Cosa poteva innervosirmi di più?
–Vado.- dissi allontanandomi da lui, ed in quel momento non desideravo altro.
–Jade, oggi non ti ho visto alle prese con il rifugio, come mai?- Mi chiese David, una volta arrivata all’interno della foresta. –Chiedilo a Dorian.- Risposi in modo acido, sorpassandolo per arrivare all’albero di cocco. Sapevo di non essermi comportata in modo corretto con lui e non meritava la mia acidità, dato il fatto che era stato sempre gentile con me, ma con qualcuno dovevo sfogare…
Tornai da Dorian con in mano alcune banane e un cocco, ed un infinita voglia di spaccarglielo in quella testa vuota che si ritrovava. –Era ora.- sbuffò sonoramente mentre si alzava sugli avambracci.
Dovevo restare calma, punto.
–Tieni- dissi porgendogli la frutta. Mi guardò con aria spaesata, mentre le mie braccia restavano sospese a mezz’aria. -Beh?-mi chiese stranito. Non capivo cosa volesse intendere finché un ghigno malizioso non gli si piazzò in viso.
–Imboccami.- Sguardo da predatore e voce sensuale. Peccato che non ebbe nessun effetto provocante su di me se non quello di affogarlo io stessa con la banana che mi ritrovavo.
–Ma sei impazzito?- Urlai incredula verso quel che sembrava un ragazzino e non un liceale.
–Dai Jade! Quante storie!- Mi ammonì lui, sbuffando nuovamente. –Cosa ti costa?- Mi chiese con quella faccia da schiaffi. –La mia dignità! Ecco cosa mi costa!-Urlai ancora, mentre il mio viso diventava sempre più livido.
–Jade- iniziò a parlare con tono cauto e tranquillo, come se dovesse spiegare qualcosa di complesso ad una bambina-ti ho chiesto di essere la mia schiava e nel momento in cui tu hai accettato, hai anche approvato il fatto che tu facessi tutto quello che ti veniva chiesto da me.- affermò guardandomi seriamente negli occhi- quindi, imboccami.- Non potevo rispondere né reagire.
Aveva ragione e io non potevo fare altro che acconsentire.
Mi sedetti accanto a lui che sorrideva soddisfatto. Con un piccolo coltello, inizia a tagliare a fetta la banana dopo averla sbucciata. Presi un pezzo e lo avvicinai lentamente alle sue labbra.
Ero in imbarazzo totale e il suo sguardo liquido puntato su di me non faceva altro che peggiorare la situazione. Arrivata alla bocca aperta di Dorian, sfiorai con le dita le sue labbra umide e calde.
Un brivido scosse la mia schiena. E sembrò accorgersene perché accennò ad un piccolo sorrisino malizioso.
Continuai ad imboccarlo, cercando di ignorare il suo sguardo provocatorio e il contatto delle sue labbra con la mia pelle. Deglutivo ogni cinque minuti ed era inutile dire che non ero ammaliata da tutto ciò.
Dal suo masticare lentamente e dalla sua mascella che si contraeva ad ogni boccone che ingoiava. Stavo letteralmente impazzando e non volevo darlo a vedere. Anche se non mi riusciva bene visto che si faceva scappare un sorriso storto che lo rendeva ancora più sexy e bello del previsto.





Arrivò sera, da quell’ultima richiesta sull’essere imboccato la frutta, non arrivarono altre.
Restammo a guardare l’orizzonte e mi spiegò che ogni qualvolta che il sole si allineava con il piano del mare, emetteva un suono udibile solo alle anime più pure.
Ero curiosa di sentire quel suono, anche se quel pomeriggio o meglio dire al tramonto, ciò non successe. Parlammo della scuola e della nostra famiglia.
Mi raccontò di avere solo un fratello più grande che frequentava il college.
Mi disse anche che la sua famiglia non gli mancava. Non mi spiegò il perché, ma io non volevo crederci. L’amore della famiglia è un amore incondizionato, non nasce dal nostro volere ma nasce inconsapevolmente.
Quella giornata, oltre ad avermi fatta imbarazzare ed innervosire parecchie volte, avevo scoperto anche cose su di lui che non sapevo. Sapeva essere gentile e dolce quando voleva, sapeva essere comprensivo e non era poi così presuntuoso come credevo.
Adesso non lo odiavo più.
Anche se solo ora mi ero accorta di quanto fossi stata stupida. Potevo provare fastidio, ma non potevo provare odio per una persona che non conoscevo bene.


–Massaggiami i piedi- ed eccone un’altra delle sue stupide richieste. Era snervante più di quanto credessi, anche questo avevo scoperto di lui quella giornata.
–Vaffanculo!- Gli sputai praticamente contro tutta l’ira che mi ero tenuta dentro.
–Come sei irascibile, tigrotta!- Esclamò, inumidendosi le labbra e facendomi una carezza lieve sulla coscia. Eravamo seduti vicini, intorno al solito fuoco che David o Dorian accendevano quando calava il buio. Ormai non eravamo a conoscenza nemmeno dell’orario.
–Come mi hai chiamata?!- Urlai stridula mentre lui se la rideva sotto i baffi.
–Sembri tanto una tigre coraggiosa all’esterno, molto sicura e piena di sé, quando in realtà dentro sei fragile come una micia-annunciò soddisfatto-oggi ti ho fatta morire di imbarazzo!-
Ed ecco che alla sua risata si unì la mia.
Dorian diveniva sempre più sopportabile o forse ero io che ero sempre più imprevedibile.






______________________________________AUTRICE______________________________________

Hi guys! Ed eccomi con un altro capitolo, ovvero il quarto capitolo della mia storia!
Come vedete, le cose tra Jade e Dorian stanno cambiando. Jade sembra quasi piacerle la compagnia di Dorian ed inoltre ha appena amesso di non odiarlo più, rendendosi conto di quanto sia stata stupida a giudicare un libro dalla copertina. Ovviamente, il signorino non fa altro che stuzzicarla, forse ama tirar fuori il lato più fragile e debole della nostra Jade. 
Sarà l'inizio di una nuova storia? 
Amicizia o amore?
E' ancora presto, ma i prossimi capitoli saranno abbastanza intensi.
Ringrazio:

  • Chi recensisce.
  • I lettori silenziosi.
  • Chi ha messo la storia nelle preferite/ricordate/seguite.
Ringrazio la mia cara amica Mayra http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=225124  per avermi aiutata ad elaborare questo capitolo. Vi consiglio di passare dalla sua storia -anche se è appena iniziata- vi dico che sarà una di quelle originali, molto diverse dalle altre. 

Al prossimo capitolo.
Baci, Marta.
 P.S. Scusate il ritardo colossale, spero che il capitolo vi piaccia.



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter five. ***



LEGGIMI
Prima di tutto, mi scuso per la mia ENORME assenza.
Come vi ho detto ero in montagna, quando ad un certo punto mi era arrivata la notizia che la linea internet non c'era più. Volatizzata, proprio. Sono tornata da poco e mi sono subito messa a lavoro. Poi dovete anche contare che tra poco inizia la scuola quindi ho dovuto finire i stramaledetti compiti delle vacanze.Ok, basta, vi sto scocciando. 
Buona lettura.


 

                                                        Chapter five.





        










Un fruscio di foglie mi fece girare di scatto la testa verso la direzione del rumore. Silenzio.
Camminavo a passo lento, guardandomi in torno con attenzione.
Come una vittima, come un preda.
Un altro fruscio. Era vicino.
Deglutii rumorosamente con occhi sbarrati.
La foresta era molto grande, ma i rumori erano sempre vicini.
Un altro passo, e uno spostamento d'aria mi fece girare di scatto.
Silenzio.
Mi rigirai verso la direzione in cui mi stavo dirigendo poco prima, quando un rumore di un passo pesante sul suolo e un braccio possente non afferrassero la mia vita. Lanciai un urlo spaventata, anche sapendo chi fosse alle mie spalle.
Mi gettò per terra, mentre si posizionò sopra di me con un sorrisetto vittorioso stampato in faccia.
-Dorian, lasciami dai!- Era inutile riuscire a non ridere, nonostante avessi perso la corsa. Il cacciatore aveva vinto, di nuovo.
-Ti prenderò sempre, tigrotta!- Disse ridendo anche lui, mentre mi lasciò un morso non tanto leggero sul collo.
Un brivido mi percorse, portando la mia mente ai ricordi della mattina stessa.




-Smettila di chiamarmi così.- Mi lamentai per l'ennesima volta.
-A me piace chiamarti così, tigrotta.- Sottolineò di nuovo quello stupido nomignolo che mi aveva dato quella sera di due giorni fa. Osservai per un attimo i suoi occhi vispi, per poi rendermi conto che più facevo così, più lui si divertiva. - Come vuoi. - Risposi indifferente, forse lasciandolo spiazzato dalla mia risposta.
Lasciò andare l’asse di legno dove poco prima stava cercando di infilarlo al suolo, e si avvicinò cautamente a me con aria di scherno. Io ero seduta, intenta a tagliare la frutta. Lo guardai di traverso, pronta a qualche suo attacco.
Lui era imprevedibile. Questo avevo imparato di Dorian in quei giorni a stretto contatto con lui.
Si abbassò alla mia stessa altezza sulle ginocchia, e con un movimento fulmineo, afferrò un pezzo di frutta dalla ciotola di legno.
–Ehi!- Protestai guardandolo male. In cambio, ricevetti una risatina divertita.
–E’ solo un piccolo pezzo, tigrotta.- Voleva innervosirmi, era chiaro.-Dovresti rilassarti.- Disse con nonchalance, sedendosi di fronte a me.
Lo guardai torvo, mentre lui puntava i suoi occhi grigi nei miei.
–E tu dovresti smetterla!- Quasi urlai, con la mia solita voce stridula che tiravo fuori ogni qualvolta mi innervosivo.
–Di fare cosa?- Eh, no! L’aria da finto ingenuo non ti si addice proprio caro!
–Stai cercando di innervosirmi!- Sbottai alzandomi di scatto, presa da un’improvvisa crisi isterica. Si alzò a sua volta.
–Brutto egocentrico stupid…- prima che potessi finire il mio monologo, Dorian mi afferrò il braccio storcendolo in modo che mi trovassi con la schiena schiacciata contro il suo petto, mentre una sua mano la portò sulla mia bocca tappandomela.
–Certo che sei proprio isterica.- Sussurrò divertito al mio orecchio. Il mio corpo fu scosso da mille brividi a causa del suo alito caldo vicino al mio orecchio.
–Vedi, mi piace la ragazza aggressiva ma solo nei momenti intimi- annunciò sempre sussurrando, con un tono di voce abbastanza roco e sensuale- non so se mi spiego…- Appena mi ripresi dallo stato di 'shock' in cui ero caduta, cercai di divincolarmi indignata. Ma era tutto inutile. Così, decisi di lasciargli un morso abbastanza forte sulla mano, tanto che lo fece scostare da me e agitare la mano come a togliere il bruciore. Mi girai soddisfatta verso di lui, sfoggiando uno dei sorrisi derisori che rivolgeva spesso a me.
–Cavolo, sei proprio una tigre!- Disse con un gemito di dolore e una faccia contorta dal dolore. Ma che sarà mai! Forse non avevo ancora notato ciò che realmente avevo fatto con quel morso, ma appena me ne accorsi mi avvicinai immediatamente a lui preoccupata. Dalla sua mano usciva del sangue. Quando anche lui se ne accorse della piccola macchia rossa, mi rivolse uno dei suoi sguardi più raggelanti.
–Inizia a correre, Jade.- Una tono di voce abbastanza fermo e uno sguardo da predatore, mi fecero intendere che davvero avrei dovuto iniziare a correre.






-Ok, ok hai vinto!- Ammisi stremata dalla corsa.
Avevamo passato tutta la mattina a rincorrerci e a nasconderci nella foresta, ed adesso ero stanchissima anche se abbastanza divertita.
–Però, niente male.- Ammise con il fiatone. Lui era sicuramente più stanco di me.
Io per lo più mi nascondevo, a lui toccava cercarmi.
Si appoggiò con il capo sul mio petto e per una volta decisi di non contrastare. Eravamo distesi, nel bel mezzo della foresta, uno sopra l’altro.
Senza quasi accorgermene, immersi la mia mano nella sua folta chioma nera, massaggiandogli la cute con i polpastrelli e qualche volta tiravo leggermente le ciocche tra un’estremità e l’altra della dita.
Il mio cuore batteva in modo anormale, in modo troppo veloce, quasi temetti che Dorian potesse sentirlo. Non seppi spiegare il perché di questa cosa, magari fu la corsa…
Sentivo il suo respiro calmarsi gradualmente, mentre cadeva in uno stato di pura quiete. Cosa che successe anche me. Probabilmente, l’atmosfera che ci avvolse, emanava un turbine di tranquillità. Perché io mi sentivo bene, con la mano tra i suoi capelli e il suo corpo che aderiva al mio. Fu difficile ammetterlo persino a me stessa, ma con lui la vita su quell’isola sembrava in un certo senso alleggerirsi. Dorian mi prendeva continuamente in giro, ma mi distraeva in qualche modo. Mi difendevo e talvolta divertiva anche me. E poi, i suoi sguardi penetranti sembravano leggermi l’anima. Forse sapeva ciò che provavo, magari lo avevo scorto nei miei occhi. Perché spesso, incatenava i suoi ai miei. Poche persone lo fanno, ed alcune volte è inquietante. Ma con Dorian non era così. Amavo quando lo faceva.
Magari, voleva solo capirmi, attraverso gli occhi. Alcune volte mi perdevo ad osservarlo. Era così inconsapevolmente affascinante. I suoi movimenti forti ma cauti come un uomo vissuto. E lui non lo era per niente. Era un ragazzino che cercava di scoprire chiunque lo incuriosisse.
E adesso, mi chiedevo a cosa stesse pensando. Così assorto, con le palpebre chiuse e il respiro regolare. Le sue possenti braccia andarono a circondare la mia vita, rendendo la posizione più comoda, e ovviamente, piacevole. Ogni tanto, lasciava qualche mugolio di piacere, forse dovuto al ‘massaggio’ che stavo riservando accuratamente ai suoi capelli. Probabilmente, avevo trovato il suo punto debole. Questa cosa non fece che rendermi felice, perché adesso sapevo come rilassarlo. Non seppi nemmeno io perché questi pensieri mi vorticassero in testa, ma mi stavo affezionando a Dorian. Di questo ne ero consapevole. Non so dire in quanto, forse era passato un mese o magari di meno. Il tempo su quell’isola era ormai perso col vento. Ma ci era voluto davvero poco, rispetto alle mie solite prospettive, avvicinarmi ad una persona. Tra l’altro, lui per me non era un semplice ragazzo con cui fare amicizia. Lui era quello che fino a poco tempo fa odiavo. Era il ragazzo che ritenevo presuntuoso, arrogante ed egoista. Eppure mi divertiva, mi rilassava, mi …curava.
Ma non solo fisicamente, anche moralmente.
Soffrivo di meno la mancanza della mia famiglia. Ma non perché mi stessi dimenticando di loro, ma perché c’era Dorian a distrarmi. C’era lui che con il suo continuo provocarmi, faceva in modo che non mi perdessi nel turbine di pensieri che mi sovrastava ogni notte.
Eppure, osservando le acque dell’oceano al chiaro di luna, il viso dei miei genitori e di Johnny mi ritornavano in mente. E in quel momento una paura stravolgente mi avvolse, portandomi in un profondo buco nero. E se avessi dimenticato il loro viso? Il profumo di papà, la risata giocosa di Johnny o l’accento del sud della mamma? Una morsa stretta mi chiuse lo stomaco, impedendomi di respirare.
–Jade.- La voce di Dorian risuonò nella mia testa, quasi come un rimbombo. Non seppi dire da quanto tempo stesse seduto accanto a me ad osservarmi. Non mi vergognai, né mi imbarazzai quando le lacrime fecero capolino, inondando il mio orgoglio. Non piangevo mai davanti agli altri, sebbene volessi farlo, ma l’unica persona che mi avesse mai visto farlo era Jessica.
Ed ora, anche Dorian aveva visto la mia parte debole.
Eppure non ci fu nessuna risatina di scherno o presa in giro. Soltanto delle mani che mi accarezzavano delicatamente i capelli ed il suo solito sguardo penetrante. Probabilmente, capì il motivo del mio disagio, perché portò il mio viso al suo petto e avvolse le sue braccia intorno a me.
Mi strinse, forte.
Ed in quel momento iniziai a singhiozzare, sfogando la mia frustrazione di tutto quel tempo passato in questo posto.
–Torneremo a casa, dai nostri genitori.- Sussurrò lasciandomi un casto bacio sui capelli. –Ci troveranno e dopo tutto questo sarà solo un brutto ricordo.- Le sue parole confortanti erano un misto di tranquillante e rassicurazione.
Piansi per un po’, stretta e protetta dalle sue braccia muscolose, mentre il suo capo era appoggiato sul mio in un gesto di pura tenerezza. Quando mi calmai non persi occasione per ringraziarlo. Alzai il capo verso di lui, il mio viso bagnato dalle lacrime. Notai che mi stava osservando, mentre i suoi capelli erano stati disordinati da quel poco vento. Stavolta fui io ad inchiodare i miei occhi color verde smeraldo nei suoi grigi. Lo vidi leccarsi il labbro, senza accennare nessun sorriso come suo solito, ma restava immobile, qualche volta spostando il suo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.
–Grazie- sussurrai con quel poco di voce che mi era rimasta- di tutto. –
E a quel punto, mi sorrise. Un sorriso a trentadue denti, luminoso, scintillante.
Si avvicinò con il capo quel poco che poteva al mio viso. Non avevo per niente voglia di spostarmi o dire qualcosa che potesse allontanarlo da me.
Ero caduta semplicemente in trans. Stordita dal suo profumo e dal suo respiro dolce e caldo.
Appena i nostri nasi si scontrarono, chiuse delicatamente le palpebre.
Iniziò a giocare con il mio naso, spostando il suo ai lati del mio e accarezzandolo, mentre i nostri respiri si mischiavano.
Un secondo dopo, le sue labbra carnose erano unite alle mie.
Delicatamente, completamente… Erano morbide, più di quanto avessi immaginato. Un vortice di emozioni e sensazioni si insediò dentro di me, lasciandomi senza fiato, senza la capacità di parlare. Quel momento durò poco, quanto fu forte e bello. Si staccò nello stesso modo in cui si era avvicinato, lentamente e dolcemente. Ma restammo comunque pochi centimetri distanti l’uno dall’altra col viso. Mi sorrise, non come prima, ma fu un sorriso debole, che ricambiai nello stesso modo troppo scossa da quello che era successo poco prima e quello che era stato capace di provocarmi.
E ci addormentammo, io distesa al suo fianco, con la testa poggiata sul suo petto, mentre mi circondava la vita. Cullati dal rumore delle onde e illuminati dalla fioca luce della luna. Stavo bene, finalmente.



Da bambina ero bravissima ad arrampicarmi sugli alberi. Di solito, lo facevo dalla nonna che viveva in una piccola casetta in campagna. Per lo più, c’erano alberi da frutto, ma io mi divertivo un mondo a salirci sopra. La nonna si arrabbiava, non solo perché aveva timore che potessi cadere e procurarmi una ferita, ma perché avevano rami fini e potevano spezzarsi. Ma crescendo, mi ero allontanata dalla mia infanzia di campagna ed adesso mi trovavo in seria difficoltà. Non ero più brava ad arrampicarmi ed ora dovevo farlo, su un albero piuttosto alto.
Ci misi un po’ per prendere la frutta di cui avevo bisogno e ritornare dalle altre, che fortunatamente avevano preso a fare qualche ‘servizietto’. Come cuocere la carne di pesce o tagliare la frutta dove ero io l’unica a raccoglierla.
–Jess, ho trovato solo questa.- Indicai alla mia amica la poca frutta che ero riuscita a prendere. –Si accontenteranno.- Rispose indifferente, tagliando pezzi di cocco.
Era sempre più strana, ogni giorno che passava.
Di solito, la trovavo a parlare con Tom. Cosa alquanto inverosimile, dato il fatto che lo considerava uno sfigato e lei non voleva avere a che fare con questo tipo di ‘gente’. Eppure, io non ero una sfigata ma nemmeno una ‘popolare’ come lei.
Anzi, ero praticamente il contrario. In effetti, ero abbastanza convinta che se non fossimo state amiche dall’infanzia, non avremmo avuto niente in comune e di certo sarei stata disprezzata dalla mia attuale migliore amica.
–Jess, mi vuoi dire che hai?- Chiesi all’improvviso, afferrando le sue mani in modo che si fermasse. Mi guardò per un attimo, in uno stato confusionale per poi scrollare le spalle e rispondermi -niente di che-.
Ok, nulla da fare. Dovevo insistere e tirarle fuori il motivo che probabilmente la stava turbando. – Puoi smettere e venire un attimo con me?- Le chiesi gentilmente, guardandola fermamente negli occhi. Annuì piano, per poi lasciare tutto e seguirmi in un posto appartato.
–Hai litigato con le ragazze?- Sapevo che la risposta sarebbe stata negativa ma meglio partire da strade secondarie. Infatti, scosse la testa.
–Sai, ti vedo molto più con Tom che con loro.- Affermai, con finto tono vago.
Per un attimo deglutì. –Davvero?- Mi rispose agitata e sbarrando gli occhi.
–Già…- Bingo! Ora avevo capito quale fosse il problema.
–Jess è inutile che fingi con me! Ti conosco troppo bene. - Le dissi incrociando le braccia al petto e guardandola torva. –E’ che… non lo so!- Disse sedendosi e portandosi la testa fra le mani.
– Jessica, non c’è nulla di male a provare piacere nel passare del tempo con un ragazzo come Tom- Le disse prendendole gentilmente le mani nelle mie.
–Ma lui è così…- Sospirò pesantemente, non finendo la frase, forse avendo paura di offenderlo.
–Jess, lui è un ragazzo normale! Smettila di dare etichette senza senso!- Quasi la rimproverai. Mi dava così fastidio il modo in cui si comportava certe volte.
–Lui è molto più vero di quelle sciacquette.- Sbottai in un sussurro, con uno sguardo serio quanto il tono. Mi guardò per pochi secondi, prima di annuire e sorridere. –E’ davvero simpatico.- Ammise quasi imbarazzata. Era raro che Jessica parlasse dell’aspetto caratteriale di un ragazzo piuttosto di quello fisico.
–Anzi, in realtà è fantastico- Voce squillante, occhi sognanti… cosa diavolo le era successo? Quasi mi emozionai a quella vista. Tanti anni passati insieme e questa fu l’unica volta che vidi una cosa del genere succedere a Jessica. Non pensavo si fosse già innamorata. L’amore era troppo. Ma pensavo che fosse attratta dall’essere diverso di Tom dal suo ideale di ragazzo.
–Allora non vergognartene- dissi ritornando seria- non se lo merita.- Si morse il labbro per poi abbracciarmi e ringraziarmi.
–E’ successo qualcosa che dovrei sapere?- Chiesi dopo, ormai troppo curiosa di sapere.
–Ci siamo baciati- disse mentre arrossiva visibilmente- solo una volta, una settimana fa.- Cacciai un urletto stridulo, contenta per la mia migliore amica.
–Come è stato?- Le chiesi eccitata. I suoi occhi brillavano, incredibile!
– Vero.- Non ebbi bisogno di chiedere cosa volesse significare la sua risposta. Sapevo cosa intendeva. I suoi baci erano travolgenti quanto la voglia di fare sesso. Passionali, ma falsi.
–E tu con quel bel fusto di Dorian?-Mi chiese anche lei con tono abbastanza eccitato. Avvampai immediatamente –M-Ma nulla- balbettai inghiottendo un bel po’ di saliva. –Eravate così teneri abbracciati sulla spiaggia, quella sera.-
Un sorriso mi scappò a quel ricordo così bello e intenso.
Ritornammo soddisfatte e sorridenti come non mai, felici di aver scoperto l’una dell’altra.
Ma questo in me si spense appena non vidi né Dorian né Charlotte.
Capii tutto.








_______________________Autrice________________________

Ehilà! E' un bel po' che non pubblicavo il capitolo. Tutto bene?
Io penso che e questo sia uno dei capitolo più intensi che abbia mai fatto. Anche perché ne ho fatto solo sei, o meglio cinque levando il prologo, e quì vediamo Dorian e Jade parecchio vicini... Tanto che ci scappa un piccolissimo bacio! Jade è passata dall'odiarlo a come unica fonte di 'salvezza' su quest'isola. Dorian è davvero capace di capirla? Anche se, nell'ultima parte vediamo che non rinuncia alle sue piccole scappatella con Charlotte... Perché Jade ci stai male? Piccola cotta? Vedremo come reagisce nel prossimo capitolo...

Ringrazio chi:
  • Recensisce, sempre.
  • Recensisce.
  • La mette nelle preferite/ricordate/seguite.
  • Legge anche soltanto la storia.
​​
Baci, Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Chapter six. ***


                                                       Chapter six.





















Quella mattina mi alzai con i nervi a fior di pelle e delle occhiaie enormi, a causa della notte insonne appena passata. Mi misi a sedere, scrutando tutti gli altri che ancora dormivano beatamente, tra cui Dorian e Charlotte.
Quella notte non li vidi ritornare e potevo immaginare il perché.
Charlotte era distesa affianco a Dorian, in una posizione supina. Mentre lui, era stravaccato alla ben meglio a pancia sotto. Eppure, in quella posizione riusciva a sembrare ancora più sexy di come appariva normalmente.
Non riuscii a staccare gli occhi del suo corpo tonico. Il suo viso rilassato, un po' imbronciato si può dire, mentre il suo petto si alzava e abbassava al ritmo del suo respiro regolare. Mi immaginai tra le sue braccia forti, stretta al caldo...
Scossi velocemente la testa per rimuovere certi pensieri dalla mente. Ieri aveva passato la notte con quella bionda insopportabile di Charlotte, e a me questo infastidiva. Forse era stato anche uno dei motivi per cui non ero riuscita a chiudere occhio e motivo anche del mio male umore.
Era da un bel po' che non lo vedevo con Charlotte, la sera restava a punzecchiarmi come suo solito oppure restava a parlare con David o Tom.
Già, Tom era riuscito a diventare simpatico a tutti, specialmente a Jessica. Non avevo più neanche visto Dorian prenderlo in giro o quant'altro. Come accadde un po' di tempo fa, quando rise di lui pensando che non sarebbe stato capace di pescare.
E chi ci andò sotto? Io.
Fui costretta dall'orgoglio, che mi spinse a fare quel gesto 'folle' di salire sulla barca con Dorian, tra l'altro in intimo entrambi, e rischiare di essere assalita dai suoi ormoni ribelli. Eppure, i miei giudizi su di lui erano cambiati radicalmente.
Mi piaceva stare con lui. Quel continuo stuzzicarmi, mi portava anche all'esaurimento, ma mi divertiva. Ma non sopportavo assolutamente vederlo con quella finta bionda!
Non ero gelosa, non ancora almeno.
Ma lei mi era antipatica e non mi piaceva l'idea che molto probabilmente ci andasse anche a letto. Mi alzai di botto, innervosita e frustata come non mai.
Mi incamminai nella foresta, guardandomi le gambe e pensando che fortunatamente non ero pelosa. Avevo ereditato tutto il mio aspetto fisico da mia zia. I capelli che vanno nel rossiccio, il mio corpo esile, reso ancora più fragile dal malnutrimento dell'isola, e i miei occhi verde smeraldo. Non assomigliavo molto a mia madre, solo qualche tratto giusto per rivendicare il fatto che ero sua figlia e non di mia zia.

Arrivai vicino il rifugio, quasi del tutto finito, e restai lì alcuni minuti ad osservarlo. Erano riusciti a creare due piani, tutto con del legno e delle canne, aiutati da corde e spaghi. Avremmo dovuto ringraziare e fare una statua d'ora a quel Jack Torres.
Se fosse per me lo avrei venerato come un Dio. Avevano costruito scale sia per salire al primo piano, visto che non lo avevano costruito sul suolo ma rialzato, sia per salire al secondo.
-Ti piace?- La voce di David mi fece sobbalzare dallo spavento.
Deglutii e cercai di darmi un contegno per non inveirgli contro.
-Sì, ottimo lavoro davvero.- Dissi girandomi verso di lui e accennando un sorriso.
-Tra qualche settimana dovremmo finire.- Affermò sorpassandomi e dirigendosi sul retro del rifugio dove lo seguii anch'io. Dietro c'erano due grossi alberi posti vicini e questo non fece che ricordarmi quando a casa della nonna ce ne erano proprio due uguali, solo di dimensioni più piccole, dove avevamo costruito un'altalena sormontata sui rami dei due alberi. Una lampadina si accese nella mia testa.
-E se costruissimo un'altalena?- Proposi entusiasta. Mi rivolse uno sguardo stranito per poi guardare gli alberi, intuendo ciò che la mia testa stesse meccanizzando.
-Si potrebbe fare.- Affermò, tenendo lo sguardo fermo su dove avremmo dovuto montare l'altalena. Sul mio volto si illuminò un sorriso.
-Vogliamo costruirla insieme?- Mi chiese girando il capo verso di me e rivolgendomi un sorriso mozzafiato. Annuii ancora gioiosa, apparendo ai suoi occhi sicuramente come una bambina.
 


-Jade attenta!- Mi avvisò allarmato David, preoccupato dal modo in cui stavo cercando di tagliare la corda. Si accovacciò alla mia stessa altezza, fermò il mio lavoro appoggiando le sue mani sulle mie. Girai la testa di scatto verso la sua, incontrando i suoi occhi verdi come il prato.
–Puoi darmi un attimo il coltello?- Mi chiese gentilmente senza distaccare lo sguardo e protraendo le mani. Deglutii, e feci come mi chiese. Prese la corda e iniziò a tagliare. Intanto mi persi ad osservare i suoi movimenti precisi e determinati.
Osservai i suoi capelli tendenti al biondo ricadere sulla sua fronte con piccoli boccoletti.
Osservai la sua espressione corrucciata e le sue spalle larghe.
Era un bel ragazzo, il solito biondo con gli occhi chiari.
Non aveva niente di particolare come Dorian.
Lui possedeva fascino, dovuto al contrasto tra i capelli corvini e gli occhi grigi.
E non capivo cosa centrasse Dorian in quel momento! Stupido cervello, o dovrei dire… cuore?
–Hai capito, ora?- La voce di David mi riprese dai miei pensieri.
Lo guardai confusa prima di capire a cosa si stesse riferendo la sua domanda.
–Certo, certo!- Risposi prontamente, accennando un sorriso.
Oh, cavolo! Non lo avevo seguito per niente!
Ritornai al mio lavoro, un po’ imbarazzata perché molto probabilmente si sarebbe accorto che in realtà non avevo visto né ascoltato una parola. Dopo circa un quarto d’ora, Dorian ritornò con un tavoletta di legno, non ben raschiata perché era pur sempre un ramo originariamente.
–Come saliamo, adesso?- Chiesi guardando verso l’alto. Vidi David pensarci un po’ su, prima di legarsi la corda al piede ed arrampicarsi sull’albero.



Mi dondolavo come una bambina sull’altalena che avevamo costruito, anche se David aveva fatto il vero lavoro e io avevo contribuito solo ad una piccola parte.
–Vuoi che ti spinga?- Mi chiese un David tutto sorridente.
Annuii felice. Si mise dietro di me e appoggiò le sue mani sulla mia schiena, per poi iniziare a spingere.
–Quanti anni hai, David?- Domandai, colta da una curiosità improvvisa.
–Ne devo compiere diciannove a Gennaio.- Spiegò tranquillo, mentre iniziai a prendere velocità grazie alle sue spinte. Volevo proporgli di trovare un modo per festeggiare, ma nessuno di noi sapeva in che mese ci trovassimo.
–Tu ne hai diciassette o sbaglio?- Mi domandò a sua volta.
–Come fai a saperlo?- Chiesi a quel punto confusa. –Una volta lo chiesi ad un mio amico.- Mi rispose, con un tono indifferente.
–Come mai?- Chiesi senza pensarci. In fondo, non ero per niente ‘popolare’.
Quindi il dubbio mi sorse. –Sei una bella ragazza e volevo sapere più su di te.- Arrossii violentemente alla sua confessione. Risposi fievolmente un ‘grazie’ per poi rimanere tutti e due in un silenzio quasi imbarazzante.
-Andiamo a fare un bagno?- Mi propose ad un certo punto David, forse anche un po’ seccato per avermi spinto tutto quel tempo. Impallidii all’istante, pietrificandomi sull’altalena. Probabilmente se ne accorse, perché mi chiese subito se stessi bene.
–David…- iniziai con un po’ di voce, sotto il suo sguardo confuso a dir poco –vedi io…ho paura.- Ammisi infine, abbassando lo sguardo col timore di incontrare i suoi occhi sicuramente divertiti.
–Di cosa?- Mi chiese gentilmente e avvicinandosi di poco. –Del mare.- Risposi con vergogna. Non disse nulla per alcuni secondi, restando in silenzio prima di dirmi
–Io in realtà volevo andare a fare un bagno nelle cascate.- Mi sorrise radioso. Annuii, prima di alzarmi e seguirlo, quando mi prese per mano prendendomi alla sprovvista. Non seppi il perché di quel gesto, ma non lo rifiutai.
Anzi, potei dire che mi piaceva camminare in quel modo.
Arrivammo alle cascate.
Un panorama bellissimo.
Ricordai quando Dorian appena arrivati su quell’isola, mi chiese di buttarmi in acqua, mentre io rifiutai presa dall’ansia.
Perché avevo sempre lui in testa? Mi diedi mentalmente della stupida, prima di accorgermi di avere un David in mutande. Squadrai il suo corpo quasi involontariamente e saltai alla conclusione che avesse un fisico davvero bello. Non troppo palestrato ma con i muscoli al punto giusto.
Proprio come Dorian.
Cavolo, devo smetterla di paragonare David a quel… puttaniere! Ecco! Era un puttaniere per essersene andato con Charlotte più volte!
–Ehi, vieni?- Mi incitò David  già bagnato. Mi levai i vestiti frettolosamente.
Ormai non avevo più vergogna. Camminavo solo con piccoli straccetti addosso, e senza non faceva molta differenza.
Mi immersi nelle acque gelide della cascata, rinfrescandomi sia il corpo che la mente. Quando riemersi e aprii lentamente le palpebre, notai David guardarmi per poi sorridermi dolcemente. Con un gesto della mano, mi invitò a seguirlo e così feci. Mi portò sotto le acque che scorrevano irruenti e affluivano quella specie di sorgente che si era formata. Restammo tutto il tempo a divertirci e a parlare del più e del meno.
Finché David non mi chiese una domanda strana che mi fece sussultare all’istante. –Cosa c’è tra te e Dorian?- Mi girai di scatto verso di lui, puntandolo con il mio sguardo allarmato. –Niente, assolutamente niente!- Risposi in fretta e distogliendo lo sguardo. –Sai, non vorrei avere un concorrente.- Affermò. Rimasi spiazzata, totalmente.
Avevo sentito bene?
–Com…cosa..i-io…- Bene ora balbettavo anche. Bella figura Jade.
–Non voglio essere di intralcio.- Annunciò guardandomi serio negli occhi. Finché una voce alle mie spalle non mi fece sobbalzare dallo spavento.
–Ma tu sei di intralcio.-
Dorian? Da dove diavolo era uscito? E soprattutto, cosa diamine voleva?
–Ah, sì?- Ribatté prontamente David, con un tono infastidito.
–Ovvio.- Rispose l’altro, puntandolo con uno sguardo ghiacciante.
Era anche lui in mutande, con il petto muscoloso in bella vista.
Mi girai subito verso Dorian, fissandolo curiosa. Cosa stava cercando di dire? Era geloso per caso?
–Sei geloso? Davvero, Anderson?- Domandò con un’espressione di scherno David, proponendo la mia stessa domanda solo ad alta voce. Da parte di Dorian arrivò solo un risolino. –Io? Ma per favore!- Si difese, con un ghigno malefico stampato in volto.
–E allora cosa diavolo vuoi?- Domandò poi, David aggredendolo. Mi allarmai all’istante, sentendomi IO di intralcio.
–No, tu cosa diavolo vuoi!- Mi sentii davvero a disagio, quindi decisi di provare a fermare queste specie di discussione, avvenuta in gran parte per colpa mia.
–Ehi ragazzi smettetela, vi prego!- Dissi disperata, guardando sia uno sia l’altro. Loro si rivolgevano sguardo raggelanti, mentre in cuor mio speravo davvero finisse tutto. Il primo ad allontanarsi fu David.
–Ci vediamo dopo, Jade. - Mi salutò, ma non con lo stesso tono dolce di sempre, ma ancora gelido mentre i suoi occhi erano puntati dritti su Dorian.
Mi voltai velocemente verso di lui, appena la sagoma di David si fu allontanata.
–Mi dici che cavolo ti prende?- Dissi stizzita, stringendo i pugni per mantenere la calma.
–Cosa c’è Jade?- Chiese con un tono finto dispiaciuto - ho interrotto la tua quasi ‘pomiciata’ con quel cretino di David? - Ero pronta. Ero pronta a spaccargli quel bel faccino che si ritrovava. Non dovevo dargli corda, era peggio.
–E anche se fosse?- Risposi con un sorrisino strafottente stampato in viso mentre incrociai le braccia al petto.
–Allora sei davvero stupida.- Affermò, sostenendo il mio sguardo.
–E perché mai, sentiamo?- Alzai gli occhi al cielo esausta di quella sua ‘sceneggiata’, se vogliamo chiamarla così.
–Vuole solo portarti a letto, è chiaro.- Rispose con la sua aria da sapientino che mi infastidiva tanto. Gli scoppiai a ridere letteralmente in faccia, prima di sorpassarlo per uscire dall’acqua e dirigermi fuori dalla foresta, lontano da lui.
Ma non fu così.
Perché appena mi sedetti sulla spiaggia a riva, mi ritrovai Dorian accanto.
–Cosa vuoi?- Domandai con un tono scocciato, rivolgendo il mio sguardo davanti a me, all’orizzonte. Non mi rispose, ma notai con la coda dell’occhio, che si limitò ad osservarmi. –Cos’hai da guardare?- Chiesi ancora, girandomi verso di lui.
Ero arrossita sicuramente.
–Sei arrabbiata con me?- Mi chiese con finto tono da cucciolo smarrito.
Patetico.
–Da quando ti interessa?- Domandai a mia volta, con un tono da sbruffona.
–Smettila di comportarti così!- Mi rimproverò alzando di qualche tono la voce.
–Andavamo d’accordo mi pare!- Continuò puntando i suoi occhi nei miei. Deglutii velocemente, guardandolo a mia volta, per poi abbassarlo, non riuscendo più a sostenerlo. –Mi sei sempre stato antipatico, non ne vedo la differenza. - Risposi con strafottenza e cercando di mostrarmi più forte possibile, ovviamente senza guardarlo negli occhi.
–Mi pare ci fossimo baciati – disse posizionandosi innanzi a me e fronteggiandomi – sei abituata a baciare le persone antipatiche? – Mi schernì, sfidandomi con lo sguardo. – E stato solo un momento di debolezza. – Dissi, assumendo un tono e un’espressione di irremovibile freddezza. Il motivo per cui mi stavo comportando così? Era semplice. – Vai a slinguazzarti con Charlotte. – La maledetta gelosia.
– Sicuramente le sarai simpaticissimo, soprattutto nelle sue mutande. – Conclusi, tenendo sempre lo sguardo puntato di lato e non nei suoi occhi dove mi ci piaceva tanto perdermi.
Sentii un respiro profondo.
– Vaffanculo, Jade! – Si alzò velocemente dal suo posto, per poi sorpassarmi e allontanarmi. Come osava? Mi alzai anch’io in fretta, seguendolo con un passo stizzito e nervoso.
– Come ti permetti? – Urlai infuriata, afferrandolo per un braccio.
Fu un attimo. Si girò di scatto, afferrandomi i polsi e sbattendomi contro un albero talmente con tanta violenza che strinsi i denti dal dolore.
Il suo sguardo era infuocato, puntato dritto nel mio, per un attimo spaventato ma pur sempre offeso. Restammo così per un paio di secondi, con un respiro affannato e in silenzio, guardandoci in cagnesco l’un l’altro.
Finché non si decise a parlare. E quella fu la botta finale, che mi ferii più del dovuto.
– Hai ragione Jade – sbottò all’improvviso, con un tono carico di sdegno – sono un ragazzo egoista, presuntuoso e arrogante! – Continuò, mantenendo il suo sguardo fermo nel mio. –Ma non sono un tale stronzo come te! – Mi urlò praticamente in faccia, prima di ritirare il suo sguardo carico di odio dai miei occhi e lasciare la presa sui miei polsi ormai doloranti.
E se ne andò. Mentre io mi accascia a terra, strusciando la schiena lungo il tronco, ormai sconfitta. Portai le gambe al petto, dove un dolore vorticava all’interno, e ci poggiai sopra la testa.
Ci furono attimi, dove la mia mente rielaborò le sue parole.
Era una stronza, questo ero per lui. Ero distrutta, questo ero per me.





La sera, decisi di dirigermi verso l’altalena.
Non avevo fame, il mio stomaco era già pieno. Perché mi faceva così male?
Cosa mi importava di lui? E soprattutto cosa mi importava cosa pensasse di me?
La verità, era che non volevo perderlo. Non così. Aveva tutto il diritto di andarsene con Charlotte e io non potevo dirgli niente.
Non eravamo fidanzati, né uscenti e né amanti. Magari, eravamo amici.
Ora non eravamo niente.
Iniziai a dondolarmi con aria distratta sull’altalena. Avrei aspettato che tutti se ne fossero andati a dormire. Non avevo voglia di incontrare quegli occhi grigi, ormai solo pieni di odio per me. Anzi, la verità era che non ce la facevo.
Datemi anche della codarda. Ma non volevo scoppiare a piangere di nuovo.
Lui non aveva il diritto di offendermi in quel modo e specialmente di trattarmi in quel modo.
L’odiavo per davvero, adesso?
Un risolino da oca mi riscosse dai miei pensieri. – Dai, cucciolotto! – Ci mancava solo la voce di quella papera starnazzata di Charlotte.
– Non ho voglia ho detto! – Protestò quella voce, che poche ora fa, aveva inveito contro di me. – Ma perché? Che hai tesoro? – Tono da puttana. Era sicuro che adesso odiavo Charlotte. – Smettila ho detto! – Protestò ancora.
Quelle voci piano piano sembravano avvicinarsi, finché non spuntarono i proprietari da un cespuglio. Mi paralizzai sull’altalena. Oh, cazzo.
– Sei noioso stasera! – Si lamentò Charlotte sbuffando, mentre Dorian si sedeva a terra con un’espressione esasperata in volto. Non mi mossi. Ma molto probabilmente non servì a nulla, perché Charlotte si accorse di me, osservandomi con curiosità. Prima di far comparire sul suo volto un sorriso malizioso.
Cosa diavolo voleva? Si girò verso Dorian, intento a guardare con la fronte corrucciata di fronte a sé, in modo pensieroso. Non capii cosa intendesse fare, prima di vederla sedere sulle gambe di Dorian e prendergli il viso tra le mani.
Lui restava inerme, osservandola ma per lo più trapassandola con lo sguardo, perso in chissà quale mondo. Un conato di vomito mi assalii, alla vista di quella scena che tanto mi rodeva in corpo mio.
E poi, appoggiò le sue labbra su quelle carnose e morbide di Dorian, ricordandomi che un tempo erano state mie anche solo per pochi secondi.
Basta! Non riuscii a reggere più tutto questo.
Era troppo per me e non seppi nemmeno il perché di tutto quel ‘dolore’.
Mi lasciai sfuggire ad un gemito misto tra incredulità e tristezza, portandomi subito una mano alla bocca.
Si girarono tutti e due verso di me.
Gli occhi grigi di Dorian mi impuntarono. Prima sorpresi e poi più seri.
Persi un battito. Dovevo andarmene.
E così feci.
Sotto lo sguardo soddisfatto di Charlotte e quello tremendamente serio di Dorian, mi alzai e presi a correre.
Scappando da quel posto.
Scappando da loro.
 Scappando da lui.










____________________AUTRICE______________________



Ehilà ragazzi! Come va?
Siamo arrivati al sesto capitolo di questa storia e già le cose iniziano a complicarsi. Jade è tremendamente gelosa che Dorian dia delle attenzioni a Charlotte, ormai si è capito. Dorian non capisce il perché lei sia così distaccata, ma nemmeno lui è tanto diverso visto la sceneggiata con David. Hanno una specie di litigata violenta, dove Dorian le urla praticamente in faccia di quanto sia stata 'stronza'. Chi ha sbagliato? 
E poi, abbiamo un David tremendamente dolce....
Comunque, spero vi sia piaciuto questo capitolo.
Aspetto una vostra recensione, ne sarei davvero contenta.
Ringrazio:
  • Chi recensisce, sempre.
  • Chi ha recensito anche solo una volta.
  • I lettori silenziosi.
  • Chi ha messo la storia nelle preferite/ricordate/seguite.

Al prossimo capitolo.
Baci, Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Chapter seven. ***


      
 

                              Chapter seven.

 





                           



















Un dolore lancinante mi colpì il basso ventre.
Cazzo, il ciclo.
Mi era venuto solo tre volte da quando ero lì, e con quello era la quarta.
Magari, avrei potuto orientarmi attraverso le mestruazioni. Ma avevo dimenticato che le mie non erano regolari, anche questo ereditato da mia zia, siccome certe volte mi saltavano oppure mi venivano più volte in un mese.
Ovviamente, nessuno aveva degli assorbenti e pure se casualmente una delle ragazze ne avesse portati alcuni, sarebbero finiti in men che non si dica. Così, ci accontentavamo di alcune foglie, grandi più o meno quanto le mutande e simile al cotone. Non chiedetemi il nome, perché sinceramente non ne avevo mai vista una prima d'ora.


Ero nervosa, anzi nervosissima! Eppure era illogico che lo fossi per colpa sua, per colpa di Dorian. Non ci parlavamo più, da quel giorno in cui litigammo. Non mi guardava nemmeno più, come se fossi sparita dalla sua visuale, dalla sua vita. Ed io, non riuscivo più a guardarlo negli occhi. Non dopo quello che era successo, non dopo che mi aveva dato della 'stronza'. Era vero, avevo reagito d'impulso, come se la mia gelosia nei suoi confronti fosse ovvia, fosse naturale. Ma non mi aspettavo una reazione così eccessiva. Mi aveva quasi messo le mani addosso...
Una lacrima mi scappò al solo pensiero di quello che era successo. Non sapevo se sentirmi in colpa o meno, ero confusa. Avrei dovuto chiedere consigli alla mia migliore amica Jessica, ma la verità era che non mi fidavo di lei.
Non più.
Era da quando ci imbarcammo su quest'isola che non riuscii a vederla con gli stessi occhi di prima. Forse era un istinto, o forse mi ero semplicemente accorta che non era poi così differente da Charlotte e Kelsey.
Però, le volevo bene. Un bene dell'anima, costruito dalla nostra infanzia vissuta insieme.
Adesso che non c'era nemmeno più lui a stuzzicarmi, mi sentivo persa.
Ero ritornata ai primi giorni. Quando mi sentivo smarrita, malinconica, triste e vuota. Speravo solo di non entrare in depressione, cosa molto probabile visto il mio stato pietoso.
In più, a farmi pulsare i nervi, c'erano le mestruazioni, che mi venivano a trovare nei momenti più adatti.
Fottuta vita.
Rimaneva David, l'unico capace di sorridermi ancora sinceramente.
Anche se, mi sentivo terribilmente in colpa per come era stato attaccato da Dorian a causa mia.

- Jade, suoni qualche strumento? - Mi chiese, mentre eravamo seduti vicini sotto i rami di un albero. Scossi la testa cercando di stirare le labbra per farle sembrare vagamente un sorriso, anche con scarsi risultati. In verità ero proprio negata. Mi sarebbe piaciuto suonare il piano. Il nonno era appassionato di quello strumento e ci sapeva davvero fare. Mi aveva insegnato a suonare all'età di dieci anni, qualche canzoncina tipo 'tanti auguri a te'. Ma pian piano, avevo dimenticato le note e la composizione della canzone.
-Io suono la chitarra. - Mi confessò guardando innanzi a sé, per poi girare il capo verso di me e sorridermi. - Potrei insegnarti. - Propose arzillo, con uno strano scintillio negli occhi.
-Sarebbe bello.- Accettai ricambiando il sorriso. Non avevo mai pensato ad una possibilità di imparare a suonare la chitarra e mi avrebbe fatto davvero piacere saperlo fare. -Ti vedo nervosa. - Mi disse all'improvviso, appoggiando una mano sulla mia coscia e carezzandola dolcemente. Girai il capo verso di lui, guardandolo negli occhi con un'espressione amareggiata. Era il primo che si era accorto del mio fastidio. Il mio respiro iniziò a diventare pesante e la voglia di piangere era tanta.
- Non ho niente. - Dissi cercando di far sembrare che stessi davvero bene, anche se la mia voce strozzata dimostrò proprio il contrario. -E' successo qualcosa? - Mi chiese David preoccupato.
Mi prese il mento e mi costrinse a girare il volto verso di lui. Iniziai a lacrimare.
No, non potevo accettarlo.
Troppe persone mi avevano visto debole e adesso non mi sarei mai perdonata se abbattessi anche la mia barriera davanti a David. Nonostante fosse l'unico vicino in quel momento.
- Devo andare.- Dissi alzandomi frettolosamente e tirando su col naso. Mi voltai per andare via, ma la mano di David afferrò il mio braccio, impedendomi di camminare.
-Ti prego...- quasi piagnucolai - lasciami andare. - Supplicai senza guardarlo. La mia richiesta fu esaudita, perché sentii la stretta sul mio polso allentarsi.
In un attimo mi ritrovai a vagare per la spiaggia, sotto il sole cocente e dei dolori al ventre e al cuore.



Erano ormai un bel po' di minuti che vagavo senza una meta. Il sole picchiava in maniera violenta sul mio capo, mentre sudavo e perdevo man mano le forze. Camminavo e non ne sapevo il perché. Cercavo ogni fonte di distrazione per non piangere. Ma d'improvviso la vista si offuscò. Mi toccai subito le guance, con la paura che stessi piangendo senza accorgermene. Ma erano perfettamente asciutte. Prima di compiere qualsiasi altro movimento, la testa iniziò a vorticare, e caddi nell’immenso buio totale.


Uno schiaffo. - Jade!- Umido, troppo umido. -Jade!- Un altro schiaffo. -Jade cazzo, svegliati! - Qualcuno urlò il mio nome talmente forte da riscuotermi, e riuscii ad aprire gli occhi. Il primo colore che vidi, fu il grigio. Man mano che la vista iniziò a diventare più limpida, notai il viso di Dorian, così vicino al mio. La sua espressione era spaventata, forse. Era pallido e aveva gli occhi sbarrati.
- Ehi, sei sveglia? - Chiese con voce affaticata, regalandomi una carezza gentile e delicata sul viso. -S-sì.- Deglutii confusa e sentendo una fitta fortissima attanagliarmi la testa.
Si distese al mio fianco, cacciando fuori un grosso respiro. - Che ti è preso, Jade? - Domandò con finto tono gentile. Ma riuscivo a percepire il tremolio nel suo tono di voce.
Ci pensai un po' su. In realtà non lo sapevo nemmeno io. - Non lo so...- Risposi con voce spezzata, quasi lamentosa. Girò il capo verso di me, e dopo tanto tempo, riaffogai di nuovo in quel grigio che adoravo tanto.
- Mi hai fatto spaventare a morte, lo sai? - Il suo tono si era calmato e mi sciolse l'anima a quella confessione. Lo avevo fatto preoccupare davvero così tanto?
Un piccolo contentino per il mio cuore.
Mi fece scappare un piccolo sorriso che fortunatamente non notò, perché torno a guardare davanti a sé.
- Come mi hai trovata? - Chiesi incuriosita. Si mosse nervoso. -Io...- sembrava quasi imbarazzato
- ti ho seguita. - confessò con uno sguardo serio. Dire che rimasi scioccata dalla sua risposta era un eufemismo. –Perché? – Chiesi ancora, dando voce ai miei pensieri. Girò il capo verso di me, incatenandomi con i suoi occhi. –Perché volevo. – Rispose serio in un sussurro roco e sensuale.
Il mio cuore balzò fuori dal petto. Perché doveva farmi questo effetto?
Deglutii lentamente, tenendo testa al suo sguardo penetrante.
– Non fa bene camminare troppo tempo al sole. – Mi disse, come se stesse spiegando qualcosa di complicato ad una bambina. –Inoltre, hai anche il ciclo. – Mi alzai di scatto, offesa e imbarazzata da morire. –Cos..come?!- Quasi urlai, rossa in viso. Gli scappò un risolino divertito, prima di alzarsi anche lui. Indicò con lo sguardo il mio basso ventre. Abbassai prontamente il mio, ansiosa del fatto che avrei potuto sporcarmi. Appena notai la macchia rossa fare capolino dallo straccetto che mi copriva il bacino, sbiancai di colpo.
Non ero mai stata così imbarazzata in tutta la mia vita.
Lui mi guardava, senza ridere e senza un’espressione da presa in giro. Forse aveva capito il mio disagio, dato che il mio viso passava da un bianco pallido ad un color viola.
– Vai alle cascate- propose serio lui – vado a prenderti qualcosa di pulito. - Annuii senza guardarlo in viso, troppo sconvolta e imbarazzata. Mi accompagnò fino alle cascate, forse assicurandosi che stessi bene e che non svenissi di nuovo. Cercavo sempre di camminare dietro di lui, con la paura che potesse vedere il disastro che mi ero combinata. Anche se, aveva indubbiamente già visto tutto. Quando se ne andò, mi gettai nell’acqua togliendomi gli indumenti. Mi spostai in un posto più appartato, in modo che nessuno potesse notarmi. Cercai di pulirmi velocemente, mentre provai a non pensare alla terribile figuraccia fatta con Dorian. Volevo morire, anzi sotterrarmi. L’acqua intorno a me, iniziò a diventare di un colore rossastro. Scossi la testa disgustata, arricciando il naso. Vidi in lontananza Dorian poggiare degli indumenti puliti a terra e vicino, una delle foglie che mi ero applicata prima per non sporcarmi.
Sbiancai sul colpo.
Aveva visto la foglia.
Aveva visto la foglia?!
Aveva visto tutto, porca troia!
Aspettai che se ne andasse per avvicinarmi a quei nuovi straccetti. Cercai di infilarmi la mutanda, di non so chi, più in fretta che potessi e applicando la foglia velocemente per poi coprirmi con quello che sembrava un piccolo velo azzurro.

Andai velocemente verso il rifugio, che a poco avremmo dovuto abitarci, ma nel cammino mi accasciai a terra presa alla sprovvista da un colpo violento al basso ventre. Mi tenni la pancia, dondolandomi sul posto e mugolando dal dolore. Pochi secondi dopo, sentii uno spostamento più in là e la figura di Dorian avvicinarsi. – Che succede? – Chiese allarmato, piegandosi alla mia altezza e cercando di alzarmi. –No!- Protestai mantenendomi la pancia e strizzando forte gli occhi.
–Jade…- Cercò di chiamarmi, ma il dolore era troppo forte che anche solo ascoltarlo mi costava una gran fatica.
–Ho capito.- Affermò sospirando, prima di stendersi dietro di me. Circondò la mia vita con le braccia, mentre io ero accucciata su me stessa. Appoggiò il suo capo sul mio collo, così che potei sentire il suo fiato caldo su di esso e i suoi capelli corvini solleticarmi la guancia. Avvicinò le sue mani alle mie, artigliate violentemente sulla pancia. Pian piano, le infilò sotto i palmi delle mie mani e cercò di staccarle. Esitai all’inizio, presa dall’istinto, ma subito le allontanai obbedendogli a bacchetta. Iniziò a girare in senso orario e antiorario le sue mani sul mio ventre, sfregandole dolcemente. Sospirai di piacere, mugolando qualche volta, grata di quelle carezze. Oltre alle fitte, sentivo qualcosa svolazzare nel mio stomaco… erano farfalle? No, non poteva essere.
Continuò il suo massaggio ‘curatore’, mentre sentivo il dolore affievolirsi e il calore che mi donavano le sue mani che carezzavano la mia pancia. Mi calmai lentamente, e la mia espressione truce subito fu rimpiazzata da una tranquilla, in piena beatitudine.
– Ti senti meglio? – Chiese Dorian, in un sussurro dolce nel mio orecchio. Fui scossa da una violenta scarica di brividi. Brutto effetto che mi faceva. Annuii con il capo lentamente, mentre lui mi lasciò un piccolo bacio sulla tempia per poi mormorare un ‘bene’.
Sembrava anche lui rilassato, oppure ero io che ormai vivevo in un’atmosfera calma.
Da quanto non mi sentivo così… bene? Da quando Dorian se ne era andato. Questa era la verità.
– Dorian- Lo chiamai ad un certo punto.
– Dimmi.- Disse continuando a riservarmi quelle carezze.
– Mi odi, vero?- Chiesi con un tono che sembrava abbastanza deciso. Appunto, sembrava. Avevo una tremenda paura che la risposta sarebbe stata affermativa, che iniziai a tremare in modo incontrollabile. Probabilmente non se ne accorse, o magari fece finta di niente pensando che la causa fossero i dolori.
– Non posso odiarti, Jade. –Sussurrò rauco, stringendosi convulsamente a me, e arrestando il movimento delle sue mani sul mio ventre. – Ma tu…- Iniziai a chiedergli spiegazioni ma fui interrotta subito da lui. –Ero solo arrabbiato, scusami. – Mi aveva chiesto scusa? Prima che potessi ricominciare a parlare, lui fu più veloce di me, continuando il suo discorso.
–Mi sono affezionato a te. – Ammise quasi sconfitto. –E quando mi hai detto che per te ero sempre il solito antipatico, non ti nascondo che sono rimasto deluso e… - Aspettai che finisse di parlare con ansia, deglutendo nervosamente. - …e ferito.-
Io lo avevo ferito? Io? Pensavo che non gli importasse niente di me e invece?
Invece lo avevo ferito, inconsapevolmente, ma lo avevo fatto.
Ma restava il fatto che mi avesse dato della ‘stronza’. Lui mi aveva ferita molto di più.
Presi un respiro profondo, prima di esporre ciò che mi faceva male da tempo.
– Mi ha dato della stronza, Dorian – la mia voce tremava – Capisci? – Ero esausta. E glielo stavo facendo notare nel miglior modo. Ci furono attimi di silenzio, finché le sue mani non afferrarono la mia vita e mi girarono verso di lui. Adesso eravamo faccia a faccia, con alcune parti del mio corpo che sfioravano le sue.
Scusami.- Il suo sussurro era dolce ma anche sincero. –Ho reagito d’impulso. – Spiegò, guardandomi dritta negli occhi. Attraversandomi l’anima e bruciandola come se fosse neve al sole. Restammo in silenzio, occhi puntati negli occhi. Il mio orgoglio, come sempre, diceva di non perdonarlo. Ma la domanda era, l’avrei fatto? L’avrei perdonato davvero?
La risposta era semplicemente sì!
Avevo bisogno di lui su quell’isola che persino l’orgoglio, per quanto fosse una delle mie caratteristiche fondamentali, avrebbe perso la battaglia contro il mio istinto, almeno in quel posto e in quella situazione.
– Ti infastidisco davvero? – Chiese Dorian, rompendo il silenzio creatosi. La mia espressione si addolcii, prima di scuotere la testa. – Impossibile. – Mi spuntò subito un sorrisino. Dorian mi osservò stranito, sicuramente confuso dalla mia risposta poco chiara.
Mi avvicinai di poco, appoggiando la mia mano sulla sua guancia.
– Sto bene con te, davvero.- Non pensavo che l’avrei detto davvero, ma era la verità. Inutile nasconderlo. Inoltre lui si era esposto molto più di me, non potevo continuare a fare la parte dell’insensibile. Ricambiò il mio sorriso dolcemente, muovendo il viso contro la mia mano in un gesto di pura tenerezza. Ero diventata così indifesa. Dorian in poco tempo mi aveva disarmato da tutto ciò che mi rendeva forte e irremovibile. E proprio per questo, mi sentivo così scalfibile e impotente che la cosa mi urtava. Sì, perché era la prima persona che riusciva a farmi mettere al secondo posto l’orgoglio.
Mi girai di scatto verso l’altra parte, sentendomi spoglia e debole innanzi a lui.
Sicuramente, la sua espressione era confusa anche se io non lo ero da meno.
–Jade.- Mi posò una mano sul fianco.
– Tu e Charlotte siete fidanzati?- Chiesi freddamente, ignorando il suo richiamo. Non so cosa mi prese. Forse era il ciclo che mi rendeva così lunatica. – Perché me lo chiedi? – Domandò a sua volta, con un tono abbastanza serio. Non gli avevano insegnato che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda? Pazzesco.
–Tu rispondimi. – Dissi, girandomi di nuovo verso la sua parte e guardandolo in modo ghiacciante. Per pochi secondi, mi osservò con uno sguardo penetrante, come se volesse capire cosa mi fosse preso da un momento all’altro.
– Qual è il problema?- Sembrava quasi arrabbiato. – Sei gelosa? – Niente da fare. Voleva proprio innervosirmi. La verità era evidente persino a lui. Ma non gli avrei dato mai la soddisfazione di sapere quanto mi infastidisse l’intimità che si era creata con Charlotte. Il punto era: Perché ero gelosa? – Io? Ma come ti viene in mente? – La mia voce suonò stridula, cosa che lo avrebbe fatto insospettire di più sicuramente. –E allora? – Mi chiese di rimando, fronteggiandomi in tono di sfida. – Sono solo curiosa! – Esclamai come se la cosa fosse ovvia. Non mi rispose. Semplicemente restò a guardarmi, prima che la mia voce irruppe il silenzio in un sussurro.
– Vi ho visto baciarvi, quella sera. – Non era necessario precisare. Lui sapeva indubbiamente a quale sera mi stessi riferendo. Corrucciò la fronte, prima di sbuffare e girarsi a pancia in su, con lo sguardo verso l’alto. – Non stiamo insieme – ammise scocciato – mi diverto solo con lei – continuò portando le sue mani sotto il capo – è una ragazza facile.- Concluse, facendo spallucce. Avevo capito, ci faceva sesso. Adesso ero più calma visto che mi aveva rilevato che non provava nessun tipo di attrazione verso Charlotte? Sinceramente, no. Un fuoco divampava dentro al solo pensiero di saperli nudi, abbracciati, accaldati e sudati. Cercai di scacciare questa mia insensata ‘gelosia’.
– Come vi divertite? – Chiesi ingenuamente. Domanda stupida, Jade. E sicuramente, sarebbe stato un'altra risposta che ti avrebbe solo provocato quella fitta ‘misteriosa’ allo stomaco.
– Sai almeno che Babbo Natale non esiste? – Ecco, come volevasi dimostrare.
Mi prese in giro, con un ghigno odioso stampato in faccia.
–Sì, ma…- iniziai a parlare, un po’ imbarazzata dall’argomento. – Come…come fate?- Non ero stata molto chiara nella mia domanda, non si capiva a cosa mi stessi riferendo ma lui probabilmente acchiappò al volo cosa volessi intendere, perché mi rispose ammiccando – Ci sono tanti altri modi per farlo, tigrotta. –
OH.
MIO.
DIO.
















_______________________AUTRICE______________________


SCUSATE IL COLOSSALE RITARDO, DI NUOVO.
Stavolta non ho scusanti, davvero. La verità? E' iniziata la scuola e ho perso l'ispirazione. Ma non preoccupatevi, sto già lavorando per il prossimo. Vi prego di scusarmi ancora!
Allora, per quanto riguarda la storia, questo capitolo non racconta proprio un granché, ma i nostri protagonisti si sono chiariti. Non è bellissimo? 
Anche se nell'ultima parte, ho un po' di dubbio che la nostra gelosona di Jade gliela farà passare liscia. Come vedete, la nostra Jade ha il ciclo! E deve sopportare il sole, il caldo, la foglia (sicuramente fastidiosa) e il dolore! Quì entra in scena Dorian il 'curatore' che con un massaggino calma non solo il dolore ma anche i nervi tesi di Jade. Sicuri che è solo per il messaggio? 
Ormai abbiamo capito Jade, ma di Dorian rimane sempre qualche punto in sospeso...
Questo è tutto, alla prossima.

Ringrazio:
  • Chi recensisce sempre.
  • Chi recensisce.
  • I lettori silenziosi.
  • Chi ha messo la storia tra le ricordate/seguite/preferite.
     
    Grazie ancora.
    Baci, Marta.

    PS. Scusate ancora.


     


​​​

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Chapter eight. ***


 

                            Chapter eight




                            























































Giacevo a pancia in giù al fresco, sotto un albero abbastanza grande e ricco di foglie. La mia mano era tra il suolo ricoperto di paglia e la mia pancia, dolorante per la fine del ciclo.
L'altra mia mano, giocherellava con quello che trovava sul terreno e il viso era appoggiato con la guancia sulla paglia, e gli occhi puntati verso il mare molto più in là.
Ma in realtà il mio sguardo era perso nel vuoto, come la mia mente, ma persa nei miei pensieri. Dorian.
Ecco il centro dei miei pensieri.
Da quando l'avevo conosciuto era stato sempre un cubo di Rubik per me.
Difficile da risolvere ma lo stesso impaziente di farlo.
Ma da adesso più che mai, oltre alla sua figura e ai suoi occhi grigi, nella mia testa vorticava anche l'immagine di Charlotte. A volte insieme, a volte li pensavo uno per volta, ma per la maggior parte immaginavo i 'tanti modi per farlo' di Dorian.
Tanti modi di fare...
Avrei potuto benissimo pensare a dei rapporti SOLO orali, ma si sa, ce ne sono ECCOME di modi per fare sesso. E proprio ora nella mia testa, scorrevano come un film, le scene in cui si 'accoppiavano', proprio come un porno.
Chiusi gli occhi strizzandoli al massimo, cercando di cancellare quelle schifezze dalla mia mente. Basta, basta! Fa male, cavolo!
Fa male, perché mi piaceva la sua pelle al contatto con la mia! E mi dava tremendamente fastidio che quella biondina di Charlotte, o anche tutto il genere femminile, provassero gli stessi miei brividi.
Appunto, miei! Erano sensazioni che lui aveva regalato a me, ed erano solo mie.
Eppure, io avevo ottenuto solo quel tipo di contatto.
Solo una carezza e un bacetto, magari insignificanti per lui. Forse fu la pietà che provò per me in quel momento che lo portò a compiere quel gesto che non fece altro che creare un vero e proprio fuoco dentro me. E invece Charlotte l'aveva sicuramente visto nudo e il suo corpo era stato a contatto con TUTTO quello di Dorian. Per me era ormai impossibile non pensarci. L'aveva fatto per ben tre giorni di seguito, ossia da quando me ne ero andata via indignata da Dorian appena  accennò ai 'tanti modi di farlo'. La verità era che quelle parole mi avevano ferito più del dovuto.
Dovevo smetterla. Smetterla di disperarmi, soprattutto per lui.
Se avessi continuato a sbizzarrirmi per Dorian, mi sarei ritrovata dritta a letto con lui, passando per una delle tante conquiste.
E io non volevo essere così. Io avevo una dignità.
Per cui la mia prima volta doveva essere importante per me tanto quanto lo sarebbe stato per lui.
E per Dorian non sarebbe mai stato così.
Oddio? Ma ero pazza? Stavo pensando seriamente a dell'improbabile sesso con quello che occupava la mia mente costantemente e che non faceva altro che ferirmi? Stupida. Davvero stupida.
Come potevo sopportare lui se non riuscivo a sopportare neanche me stessa? Ci voleva pace.
Pace nella mia mente. Ma niente da fare, i miei pensieri vagavano sempre a lungo, finché qualcosa nel mio cervello si spense ed interruppe tutto.
Al mio risveglio, mi ritrovai nello stesso posto e nella stessa situazione. La mia mente si riattivò in pochi attimi e la sofferenza ritornò. Mi scoppiava la testa. Mi alzai cautamente, notando che il dolore lancinante era completamente scomparso. Almeno un po' di pace fisicamente. Mi incamminai verso il rifugio. Era finalmente finito e io avevo una stanza tutta mia. Piccolina ma almeno avevo molta più privacy rispetto agli altri che le avevano più grandi ma condivise. La mia aveva un piccolo letto, che non era altro che un ammucchio di paglia,
con un tendina intorno e accanto c'era una piccola finestra. L'avevo richiesta io, essendo abituata a guardare il cielo stellato di notte prima di cadere nelle braccia di Morfeo. E qui le stelle si notavano perfettamente. Erano enormi e la scia di quella cadente era tanto doppia quanto lunga e luminescente.
Mi capitava spesso di vederle ed esprimere un desiderio.
Come quello di risentire la folle risata di mio fratello. L'avevo sempre odiata, ma in quel momento l'amavo più che mai. Salii nella mia stanza, percorrendo prima una lunga pedana e poi salendo su delle canne dal busto doppio, posizionate verticalmente e parallele tra loro.
Mi venne quasi un colpo quando notai, in piedi con il volto riverso verso la finestra, il centro dei miei pensieri. Dorian. Rimasi immobile, mentre lui non era ancora al corrente che c'ero anch'io ora in quella stanza. Mossi un altro passo che fece girare di scatto il volto di Dorian.
Sussultò appena per lo spavento o sorpresa che sia per poi far addolcire il suo sguardo.
-Ciao.- La sua voce calda riscaldò il mio cuore, ormai infreddolito da tempo. Non ricambiai il saluto, semplicemente perché non ci riuscivo. I suoni erano bloccati in gola, la bocca serrata e il cuore palpitante. -E' la tua stanza vero?- Mi chiese esitante, abbassando appena lo sguardo. Annuii con il capo, in completo silenzio e imbarazzo. -Immaginavo. - Disse con un sorrisino accennato all'angolo destro delle labbra.
Cosa voleva dire?
- Come stai? - Era in piedi innanzi a me e si avvicinava man mano. Non risposi ancora. Magari il mio comportamento era da bambina immatura ma ero così.
La solita ragazza con il muso lungo.
-Intendo per i dolori alla pancia.- Continuò avvicinandosi pericolosamente.
Mantieni le distanze, Jade.
- Bene, bene.- Risposi prontamente, allontanandomi con i palmi alzati. Corrucciò la fronte riservandomi uno dei suoi sguardi più penetranti. Ma cosa cercava di fare? Sembrava volesse leggermi l'anima.
- So perché sei arrabbiata. - Affermò mantenendo i suoi occhi puntati nei miei.
Arrabbiata? Io direi più delusa, amareggiata, inoltrata, sopraffatta, gelosa da morire e costantemente confusa.
Da te, da me.
-Vai via.- Tono freddo, espressione glaciale. Ero ritornata la Jade prima di sbarcare su quell'isola. La solita apatica ragazza. -No.- Disse con lo stesso tono, avvicinandosi ancora di più e ritrovandoci faccia a faccia. Pochi centimetri distavano le sue labbra dalle mie.
- Voglio farti solo una domanda- disse alzando un dito all'altezza del suo viso - e tu mi risponderai, con le buone o con le cattive. - il suo tono autoritario non ammetteva repliche.
Deglutii mantenendo il suo sguardo ma pur sempre tremando.
Volevo essere forte, davanti ai suoi occhi, almeno una volta Jade, sii forte.
- Ti infastidisce vero, Jade? - Domandò con tono pacato. - Ti infastidisce che io frequenti Charlotte in quel modo? - Avrei voluto piangere. Avrei voluto urlare ai mille venti che se si fosse di nuovo permesso di andare da lei lo avrei distrutto.
Ma la mia risposta fu un semplice sussurro: -No.-
-E' la verità, Jade? - Chiese ancora, con un'espressione quasi addolorata in viso. Annuii girando il viso dal lato opposto, in modo che non potesse guardarmi negli occhi ma non servì a niente perché mi afferrò il mento con le mani e lo girò duramente verso il suo.
- Rispondi, cazzo - disse a denti stretti - mi basta una tua sola parola per finirla del tutto con Charlotte - annunciò serio - dilla e lo farò, Jade. -
Il mio cuore in un millesimo di secondo scoppiò di gioia.
Ma mi riscossi subito dopo, sapendo che dovevo tenere duro.
Nega Jade, nega.
- Non mi importa minimamente di quello che fai o non fai con Charlotte - mentii spudoratamente tenendolo testa - quindi non vedo dove sia il problema. - Conclusi fiera di me stessa per essere risultata semplicemente convincente. Alla mia risposta, Dorian scosse leggermente il capo divertito per poi incrociare le braccia al petto e guardarmi con un'espressione derisoria stampata sul viso.
- Jade, non mi parli da tre giorni - mi ricordò - e sei praticamente scappata quella sera quando ti avevo accennato a cosa io e Charlotte facevamo. - Terminò con uno sguardo torvo.
- Non sono scappata! - Mi difesi. - E non sono nemmeno arrabbiata, quindi smettila! - Dissi fingendomi esasperata e allontanandomi da lui per sedermi sul mio letto di paglia.
Si girò di scatto. -Ah, no? - Sopracciglio alzato e sguardo sospetto. -No.- Affermai con orgoglio.
Si morse il labbro - bene - disse - allora vieni qui e abbracciami!- Esclamò aprendo le braccia verso di me. Sbarrai di scatto gli occhi. Ma era per caso impazzito? - No! - Quasi urlai, guardandolo come se fosse un alieno.
-Lo vedi che sei arrabbiata, Jade?- Mi rimproverò lui alzando di poco la voce.
- Lasciami in pace, Dorian. - Tirai un forte sospiro perché ero stanca.
Stanca dei suoi giochetti.
Viene qui, pretende che io gli dica che sia gelosa e poi mi chiede un abbraccio come a confermare che in realtà lo sono! Esasperante lui e i suoi modi di fare!
–Jade, dimmelo una volta per tutte.- Disse sconfitto, cominciando a riavvicinarsi.
–Dimmelo, perché io non sopporto stare in collera con te!- Ammise con lo stesso tono supplichevole. Troppo disordine vorticava nella mia testa. Troppi pensieri fuori posto riempivano la mia mente. Non volevo più parlare. O magari, non ci riuscivo visto che una fitta mi colpì violentemente la testa e mi portò a un forte capogiro. Portai la mano alla fronte, come a voler fermare quel dolore sovrastante.
–Jade…- Perché la sua voce suonava così attutita? – Jade…- Sembrava quasi un sussurro.
– Jade! – Il mio corpo fu scosso violentemente da una presa sulle spalle tanto forte da riscuotermi. Sbarrai gli occhi e cominciai a trarre un forte respiro.
Probabilmente era stato solo un capogiro.
– Ehi che succede? – Dorian era seduto vicinissimo, e con una mano mi accarezzava i lunghi capelli rossicci. Restai in silenzio a guardarlo. Il petto nudo, uno straccetto che copriva solo le parti intime e i capelli neri arruffati.
Era uno spettacolo.
Mi soffermai più del dovuto sui suoi occhi grigio intenso, per poi scendere verso il naso non troppo grande e arrivare alle labbra schiuse. Deglutii vistosamente. Il mio sguardo continuò a scendere dal collo fino alla spalla, dove qualcosa attirò la mia attenzione. Una ferita profonda pulsava larga quanto la spalla.
–Dorian! – Esclamai preoccupata –Cosa hai fatto?!- Cercai di toccare con la punta delle dita la ferita, giusto per analizzarla. – No! Ferma! – Si scostò Dorian, alzando il tono di voce.
– Come hai fatto? – Domandai a bocca aperta.
–Con la canna da pesca –affermò – ma non è niente di grave. – Concluse.
Come non è niente di grave? – Dorian se non la disinfetti prenderai infezione!- Esclamai risoluta.
– E come faccio a disinfettarla? – Il suo tono incredulo coincideva strettamente con la sua espressione sul viso.
– Il mare, idiota.- Affermai seccamente, alzandomi dal letto e dirigendomi verso le ‘scale’.
Mi fermai di scatto quando mi accorsi che non mi stava seguendo.
–Allora? – Chiesi girandomi verso di lui. – Vieni o no? – Mi guardava sorpreso, con un sopracciglio alzato. Forse non si accorse che risultava tremendamente sexy.
Annuì piano, per poi alzarsi.



-Ahi… fai piano! – Si lamentò Dorian, seduto accanto a me sulla riva, mentre io ero intenta a ‘disinfettare’ la sua ferita con l’acqua del mare.
Era incredibile.
Ci curavamo a vicenda.
Lui mi aveva curato i graffi sul polpaccio, io la ferita sul suo piede destro. Lui mi aveva calmato i dolori causati dal ciclo e io adesso mi trovavo a curare il profondo graffio sulla spalla destra.
Ci aiutavamo l’un l’altro, e questo pensiero mi fece scappare un piccolo sorrisino.
– Ti piace tanto vedermi soffrire? – Mi accusò divertito Dorian, mentre mi fissava intensamente… in profondità.
– Sai Jade – disse attirando la mia attenzione, mentre continuavo ad occuparmi della sua ferita.
 – Sembra che su quest’isola ci fossimo solo io e te. – A questa affermazione  sollevai lentamente lo sguardo su di lui, sorpresa dalla veridicità delle sue parole. Sembrava davvero che ci fossimo solo io e lui su quell’isola. O almeno per me era così. Non facevo che pensare al ritorno a casa e a… lui. Questa stava a significare che anche per lui fosse lo stesso. Dei brividi percorsero la mia schiena.
Perché sei così triste? – Un altro brivido mi percorse, alla sua inaspettata domanda.
Cosa c’entrava? E si vedeva così tanto?
– Io…- Incominciai, o meglio, cercai di articolare qualche frase o giustificazione che sia.
Ma non uscì nessuna parola, soltanto un debole gemito e una lacrima.
Di nuovo.
Fino a pochi minuti fa, il mio orgoglio era riuscito a mantenermi forte e adesso mi ritrovavo a piangere.
Di nuovo.
Di fronte a Dorian.

– Dimmi cos’hai Jade..- mi pregò quasi – dimmelo, sfogati. – La sua voce era sempre calma, capace anche di tranquillizzarmi.
– Lo sai…- Dissi con la voce rotta dal pianto. Allungò una mano verso di me ma subito mi girai, dandogli le spalle. – Lo so, ma tu devi sfogare. Dimmi quello che ti passa per la testa, Jade. –
E io avrei voluto chiedergli perché tanto gli importava.
Ma non ebbi la forza, né di pensare né di formulare la domanda.
Volevo dirgli davvero tutte le mie paure?
Volevo davvero espormi così tanto?
La risposta era sì.
Avevo bisogno di lui, perché era l’unico che mi ascoltava.
– Vieni qui. – Mi invitò tra le sue braccia, con un sorriso debole stampato in viso.
Esitante, mi fiondai in quel barlume di sicurezza, che altro non era che un suo abbraccio.
Mi strinse, forte.
E io mi aggrappai, come una scialuppa di salvataggio.
– Jade, parla. – Mi esortò, sfregando i suoi palmi sulle mie braccia per infondermi calore.
Quel calore di cui avevo tanto bisogno.
Presi coraggio e parlai.
– Mi manca tutto, Dorian. – Iniziai con la mia voce tremante. – Mi manca la mia vita prima di sbarcare su quest’isola. – Trassi un profondo respiro, prima di continuare. – Non sai quanto desidero tornare a casa. Dalla mia famiglia. Voglio dormire nel mio letto morbido, indossare la mia camicia di velluto, vedere il mio telefilm preferito e leggere per la terza volta la saga de ‘Il Cavaliere D’inverno’. Voglio mangiare la lasagna della nonna la domenica. Voglio respirare ancora una volta l’odore di casa e passeggiare per i corridoi della mia scuola. Voglio abbracciare mio fratello, Dorian. – Dissi con voce straziante.
– Lo voglio da morire. – Conclusi, prima di scoppiare in un altro pianto isterico. Passarono attimi, minuti, ore… non ero certa nemmeno io quanto tempo era passato, dove regnò soltanto il silenzio interrotto dai miei singhiozzi.
Finché Dorian parlò, attraversandomi l’anima come un uragano.
–Voglio prendermi cura di te. –
Cinque parole che finalmente mi scaldarono, fin dentro le ossa.
Fin dentro il cuore.



- Mi vuoi spiegare di cosa hai paura, esattamente, del mare? – Mi chiese Dorian, impegnato a tagliare la legna per il fuoco.
– Perché vuoi saperlo? – Gli domandai curiosa a mio volta, mentre ero intenta a tagliare la frutta.
–Sono curioso. – Rispose con un’alzata di spalle. Feci una piccola risatina.
–Non credo voglia parlarne. – affermai – almeno non a te. – Conclusi convinta.
Il rumore dell’ascia che tagliava la legna si arrestò improvvisamente.
– Cosa? – La voce di Dorian era sorpresa. – Come fai a dire una cosa del genere? – Ora era direttamente incredula.
– Cazzo, Jade! Ti ho vista sporca di sangue! –
A quella constatazione balzai dal mio posto, avvampando, o meglio, infiammandomi dalla testa ai piedi. Aprii la bocca come per parlare ma il troppo imbarazzo non mi permise di fare nulla, a parte respirare con difficoltà.
– Jade, stai bene? – Mi domandò cautamente Dorian, come se quello che aveva detto fosse stata una cosa normale da dire ad una povera ragazza come me. Lo guardai ancora, incapace di emettere una sillaba e rossa al massimo.
– Sei incredibile. – Dissi alla fine, tornando a sedermi e tagliare la frutta. Sentii una piccola risatina. Maledetto bastardo.
- Allora? – Mi chiese all’improvviso.
In pochi secondi, mi ritrovai il suo fiato caldo sul collo. Rabbrividii.
– Non voglio, Dorian. – Ammisi con tono lamentoso.
Non capivo perché tutto quell'interessamento da parte sua.
–Jade…- Un sussurro e la sua mano si appoggiò sulle mie, giusto il tempo per sollevarle e farmi smettere di tagliare la frutta. Alzai il capo lentamente e mi ritrovai il suo a pochi centimetri dal viso. Potevo dire che mi mancò quasi l’aria nei polmoni, vista la sua vicinanza.
– Voglio saperlo davvero. – La sua voce rauca mandò in estasi i miei pensieri. – Ti prego. -
E per la seconda volta, quella giornata mi aprii a lui.
Senza confini, senza paura.




- Sono sempre stata una maniaca del controllo. – Iniziai a spiegare. – Sono sempre stata una persona che sa a cosa va incontro, ne è consapevole. – Ed ero anche consapevole che da adesso in poi, sarei stata un libro aperto per lui. – Nella mia vita è tutto prestabilito. Voglio un titolo di studio che mi soddisfi nel campo del lavoro un domani. –Dichiarai guardando innanzi a me, sempre all’orizzonte, sempre seduta sulla riva, sempre con Dorian accanto.
– E ogni giorno della mia vita, so a cosa vado e andrò incontro. E sono preparata. – I suoi occhi mi scrutavano attenti.
– E questo non succede con il mare. – Dissi alla fine, abbassando lo sguardo dalla vergogna, quasi. – E’ così bello ammirarlo, amo il mare in tempesta. Ma nel momento in cui ci sono dentro la paura mi assale. Cosa c’è sotto? E’ questo che comincio a chiedermi, Dorian. – Magari dopo questa mia confessione si sarebbe fatto una bella risata. – Cosa c’è sotto? Non posso saperlo e ho paura di scoprirlo. Non ho più il controllo e vado in panico. L’acqua per quanto possa essere cristallina non scoprirò mai cosa c’è veramente e questo mi innervosisce. –
Era una stupida fobia. Una stupida paura. Me ne ero resa conto, ma non passava.
Lui continuava a fissarmi, assorto. – Passerà. - 
Mi disse.
Ne era fermamente convinto, ma non capii il perché. I suoi occhi erano così determinati quanto la sua voce.


- Posso insegnarti a nuotare? – Se ne uscì bello come il sole, una sera stesi sulla riva del mare a contemplare l’orizzonte. Ero convinta che non ci fossero effetti stupefacenti su quell’isola, eppure Dorian mi sembrava che ne facesse largo uso visto la sua domanda spropositata.
– Smettila di dire cazzate. – Certe volte sapevo essere proprio fine.
– Perché? – Disse girandosi verso di me e guardandomi confuso.
– Perché lo sai! Idiota!- Quasi urlai a causa della sua eccessiva imbecillità.
Voglio insegnarti ad amare il mare. – Affermò sorridendomi.
Ogni volta che vedevo il suo sorriso, pensavo a quanto fosse bello.
– Vuoi fare troppe cose, Dorian. – Constatai, girandomi verso di lui e rivolgendogli lo stesso sorrisino che lui aveva rivolto a me.
–Dico davvero. – Sussurrò quasi dolcemente, avvicinando le sue dita alle mie braccia e carezzandole lentamente. Una scia di brividi lungo la spina dorsale mi riscosse.
Che bella sensazione.
– Sai che non posso farcela. – Dissi ritirando il sorriso e girandomi verso il mare.
Ero un’eterna fallita. Diciassette anni e avevo paura del mare.
Potevo capire la fobia dei ragni, diffusa quasi tra tutte le ragazze, ma il mare…
Era così affascinante, ma l’idea di entrarci dentro mi terrorizzava.
– Veramente io so il contrario. – Affermò tutto sorridente.
Mi morsi il labbro e sorrisi a mia volta. Nello stesso momento, notai i suoi occhi che seguivano il movimento dei miei denti mentre tiravano il mio labbro inferiore presa dalla sua dolcezza.
–Ascolta.- Disse all’improvviso parandosi di fronte.
– Ho un modo per aiutarti ma tu devi lasciarmelo fare, Jade. – Era così euforico che mi scappò un risolino.
– Sono serio, Jade – mi riprese sorridendo – sono serio. –
Iniziai a ridere come non facevo da tempo. Non so cosa mi portò ad una risata così aperta, così pura.
Sembrava fossi davvero felice.
Ma perché?
Solo perché sembrava che lui stesse prendendo la questione a cuore?
Solo perché, a differenza di altre persone, non aveva sorvolato sul problema e aveva cercato di aiutarmi? Solo perché il mio cuore scoppiò di gioia e l’unica modo per dimostrarlo era ridere.
Era questo che stavo facendo.
Ridere di gioia.

















_______________________AUTRICE_______________________

Ehilààààààà! 
Come va gente?
Scusatemi se ho fatto passare un po' di tempo, ma la scuola mi impegna tanto.
Allora, in questo capitolo vediamo una riappacificazione tra Dorian e Jade, di nuovo.
Certo che questi due non riescono proprio a stare lontani, eh?
E poi, Jade che si va a fare pensierini sconci su Charlotte e Dorian, ma ne vogliamo parlare? Ahahaha

Ora abbiamo capito tutti, quanto Dorian ci tenga seriamente a Jade.
Vuole aiutarla nella sua più grande paura: il mare.
A voi i commenti.
Ringrazio:
  • Chi recensisce sempre.
  • Chi recensisce.
  • I lettori silenziosi.
  • Chi mette la storia tra le preferite/seguite/ricordate.


    Grazie ancora, al prossimo capitolo.
    Baci, Marta.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Chapter nine. ***


 

                                                        Chapter nine





                 
















L'acqua era cristallina e leggermente fredda, tanto da farmi venire la pelle d'oca su tutto il corpo. Arrivava fin sopra il ginocchio e la paura mi rivestiva del tutto.
'Forza Jade, forza!'
Questo mi diceva papà quando andavamo in vacanza sulle coste di Miami con l’intera famiglia. Mamma era seduta sotto l'ombrellone con Johnny in braccio e papà mi portava in acqua.
O meglio dire, cercava di portarmi in acqua.
Osservavo il mare calmo, nelle tiepide giornate di settembre. Papà mi portava quasi alla fine dell'estate perché sosteneva che ci fosse più tranquillità, visto che i mesi di maggior numero di turisti erano finiti e la scuola era alle porte.
- Jade, entra! - Quasi mi sgridava, aprendo le braccia. - Non aver paura, figliola! - Anche se la sua voce volesse sembrare carezzevole, in realtà, il suo sguardo era abbastanza scocciato. Ma io me ne restavo a riva, con i piedi che venivano bagnati dall'acqua ogni qual volta una piccola onda si spingeva sulla sabbia, e lo fissavo. Non sarei mai entrata.
Cercavo il suo sguardo per dirgli 'scusa papà, sono una delusione. Ma ho paura.'
Sapevo di essere una tale delusione per lui. Tutti i papà con i rispettivi figli a giocare in acqua.
E lui, a guardarmi e ad implorarmi di entrare in acqua.
' Papà, non vengo'.

E adesso, dieci anni dopo, mi ritrovavo con l'acqua fin sopra il ginocchio. In un'isola sperduta e in un oceano immenso. E poi c'era Dorian, che si era già immerso ed ora stava riemergendo dopo un perfetto tuffo. I suoi addominali erano percorsi da milioni di piccole goccioline, illuminate dai raggi di prima mattina.
Sembrava un Dio greco. Muscoli perfetti, gambe sode e occhi penetranti.
- Vieni. - Disse quasi in un sussurro, allungando la mano verso di me.



Quella mattina presto, mi aveva svegliata con un piccolo e casto bacio sul collo.
Al contatto con le sue labbra umide, la mia pelle fu percorsa da brividi scostanti.
Le mie palpebre si alzarono lentamente, mentre sentivo il suo respiro caldo sulla mia spalla.
- Dorian...- Mugolai stiracchiandomi leggermente e accucciandomi di nuovo per riprendere a dormire. Ma quel ragazzo dietro di me, quella mattina decise che dovevo svegliarmi presto.
- Il mare ci aspetta. - Sussurrò intrappolandomi tra le sue braccia appoggiate ai lati della testa e le gambe ai lati delle mie. Scossi leggermente il capo ridendo nervosamente.
- Non ci pensare nemmeno, Dorian. - Avevo protestato per poi rannicchiarmi di lato.
- Lascia che ti aiuti, Jade. - Aveva sussurrato al mio orecchio, mentre la sua figura torreggiava ancora sul mio corpo. Mi alzai di colpo, facendolo scostare e risposi - Non voglio essere aiutata. - La mia acidità era dovuta anche all'orario. Si alzò sbuffando ed avvicinandosi alla finestra. Cercai di sistemare con le dita i miei capelli sicuramente scompigliati a causa dei diversi movimenti che facevo durante la notte. Si girò a fissarmi, con uno sguardo che poche volte avevo scorto sul suo viso.
- Ti fidi di me? - Mi chiese improvvisamente. Rimasi in silenzio. Si avvicinò e poggiò le braccia ai lati del letto, in modo da trovarmelo di fronte.
- Ho bisogno di saperlo. - Disse intrappolandomi con gli occhi. - Non posso far niente se non ti fidi di me - continuò con tono serio - quindi, ti prego di dirmi la verità. Ti fidi di me, Jade? -
Mi fido?
Mi aveva soccorso sullo yacht, mi aveva dato inconsapevolmente la forza di non sentirmi male sul gommone. Mi aveva curato i graffi al piede, mi aveva consolata quando sono scoppiata in lacrime.
Mi aveva calmato i dolori del ciclo e mi aveva ascoltata quando ne avevo bisogno.
- Sì. - Risposi decisa. - Mi fido, Dorian. -




Ed ora ecco che mi ritrovavo in acqua, con gli occhi di Dorian allegri puntati su di me.
Tremavo leggermente, ma non avevo ancora intenzione di uscire.
Era una bella sensazione.
Presi la mano che Dorian mi porse ma subito la ritirai appena la strinse. - Non aver paura. - Facile a dirlo! Non avevo nessuna intenzione di andare avanti, dove man mano l'acqua sarebbe salita di qualche centimetro. - Non andremo dove è fondo, te lo prometto. -
Aveva il timbro di voce doppio ma non troppo. La sua voce era un po' rauca, giusto per renderla più sensuale. - Dai, Jade. - Mi porse di nuovo la mano e stavolta l'accettai. Camminò a piccolissimi passi, con il busto girato verso di me e il viso che mi sorrideva leggermente. Lo guardavo sconcertata, mentre mi lasciavo pian piano trasportare. L'acqua arrivò fin sopra l'ombelico e la paura mi invase portandomi una fitta morsa allo stomaco.
- Basta!- Urlai. Non respiravo. Non riuscivo più a restare calma. Il controllo era sfuggito dalle mie mani ed adesso mi sentivo persa.
'Basta' urlavo nella mia testa.
Non riuscivo ad immergere nemmeno le mani nell'acqua e il mio corpo fu invaso da spasmi.
'Basta!' Portai le mani tremanti alla bocca e una lacrima percorse la mia guancia, seguita da tante altre.
'Basta!' Ero immersa in un pianto isterico.
 'Ho paura, papà!'
'Scusa papà, sono una delusione. Ma ho paura.' 

' Papà, non vengo'.
- Dorian! - Un urlo strozzato uscì dalle mie labbra trepidanti.
Ad un tratto, delle possenti braccia mi avvolsero e mi strinsero forte. Sentivo il suo addome a stretto contatto con il mio e il capo era appoggiato sul suo petto.
Tremavo ancora.
-Sshht- Sussurrava nel mio orecchio, cercando di calmarmi. Ma non ce la facevo, non riuscivo a sopportare altro. Mi aggrappai a lui con le mani tremanti e il corpo percorso da forti spasmi.
-Sssht, Jade. - Sussurrava ancora. - SShht, Jade. Ci sono io. -
Le sue mani scesero sulle gambe, per poi fermarsi entrambi sulle cosce e sollevarmi. Mi aggrappai prontamente a lui, ancora impaurita.
'Sssht' continuava a sussurrare. Le mie gambe avvolsero il suo bacino, tenendolo stretto e vicino il più possibile. - Ti prego, usciamo. - Riuscii a dire dopo aver ripreso lucidità. - Calmati. - Rispose tranquillo, continuando a stringermi.
'SShht' Mi cullò come si culla una bambina dopo un tremendo incubo.
Mi cullò come un padre culla sua figlia per addormentarla.
Mi cullò come un padre culla sua figlia per infondergli calore.

Il mio capo era appoggiato sulla sua spalla. Le mie mani strette alla sua schiena e le mie gambe avvolte sul suo bacino. Gli unici rumori che regnavano erano il mio respiro irregolare e l'acqua che circondava i nostri corpi avvinghiati in una morsa indistruttibile.
In quell'abbraccio sentivo l'amore, l'affetto e il bisogno.
Era una delle sensazione che erano arrivate fin dentro il cuore, segnando la mia anima.
Una delle sensazioni più belle che avessi mai provato in vita mia. 
Nonostante l'acqua piena di sale che gli scorreva sul corpo, sentivo l'odore della sua pelle: muschio, legna bagnata, odore di bucato e panna. Un odore che mi inebriò i sensi, arrestando ogni proposito di pensare. - Ecco, brava. Rilassati. - Mormorò stringendomi e oscillando leggermente a destra e a sinistra.
- Grazie. - Dissi piano, con voce debole.
- Vuoi provare a staccarti? - Mi chiese dolcemente. Deglutii vistosamente, cercando di aggrapparmi come una piovra più di quanto lo fossi già. -No, no! Ti prego Dorian! - Supplicai mentre il panico si impossessò di nuovo di me.
- Non agitarti, calmati!- Disse accarezzandomi la schiena. - Calmati. - Ripresi a respirare normalmente. Non potevo continuare a stare attaccata a lui in quel modo, non aveva senso.
Avevo accettato perché doveva aiutarmi, non perché dovessi stare tutto il tempo avvinghiata a lui. Magari lo stavo anche infastidendo.
- Ok, ci provo. - Dissi lentamente, allentando la stretta in cui io stesso lo avevo imprigionata.
Le sue mani scivolarono sui miei fianchi, dove li strinse delicatamente. Le mie mani si ritirarono ai lati del suo collo e le mie gambe pian piano iniziarono a scivolare lontane dal suo bacino.
Adesso mi teneva lui, galleggiante, ed i miei piedi non poggiavano ancora a terra.
- Posso? - Chiese guardandomi serio.
Ok, puoi farcela.
Annuii e in un attimo i miei piedi si ritrovarono sulla sabbia. Appena toccarono il fondo, l'acqua mi arrivò di nuovo sopra l'ombelico. E la mia mente iniziò ad inoltrarsi in pensieri orrendi.
Cosa c'è sotto? C'è qualcosa che nuota vicino le mie gambe?
- Non aver paura. - La voce calda di Dorian mi riprese, sicuramente si accorse del mio viso spaventato. - Non c'è niente di cui preoccuparsi sotto di noi. - Mi assicurò sorridendomi. - Guarda. - Disse immergendo la mano nell'acqua. - Ci sono solo piccoli pesci. - Agitò la mano ed alcuni pesci dalle dimensioni più grandi e di un color marrone scuro si avvicinarono alla sua mano.
- Sono innocui. - Continuò sorridendo.
I miei occhi si addolcirono.
Mi venne improvvisamente voglia di immergere la mano e di toccare quel pesciolino marrone.
La mia richiesta fu esaudita. Dorian fece riemergere la sua mano e prese la mia. Lentamente, la portò sotto la superficie dell'acqua ed altri pesci si avvicinarono. Mi scappò una risatina sorpresa appena la mia pelle andò al contatto con quella a scaglia del pesciolino giallo.







- Ho vinto! – Urlai di gioia alla mia seconda vittoria contro Dorian. Dopo essere usciti fuori dall’acqua eravamo rimasti a riva ad asciugarci al sole. Dorian mi aveva detto che il giorno dopo ci saremmo andati e che ero stata bravissima nonostante non fossi ancora arrivata nella parte profonda dell’oceano. Non avevo ancora il coraggio di immergermi del tutto, ma riuscivo a restare in acqua senza tremare, finché almeno una parte del busto rimanesse ancora fuori.
Quella giornata, appena entrai in mare, non mi ero ancora resa conto di niente, ma subito dopo, quando l’acqua iniziò ad arrivare sempre più su, la paura mi assalii. Ma bastò soltanto un suo abbraccio, soltanto essere stretta tra le sue forti braccia a calmarmi.
Forse, quando ero piccina, mi bastava un abbraccio caloroso che solo un padre sa regalare.
Proprio come aveva fatto Dorian.
In quel momento si stava lamentando per la sua seconda sconfitta. Avevamo giocato a tris sulla sabbia e lui non aveva mai vinto, per adesso.
–Sono troppo intelligente per essere battuta! – Scherzai ridendo. In risposta mi lanciò un’occhiata furtiva che dopo pochi secondi divenne seria.
– Ti è piaciuto? – Mi domandò. Anche se non specificò cosa, capii subito cosa volesse intendere. Essere immersa in quelle acque salate dell’oceano atlantico con lui al mio fianco, mi era piaciuto?
– Sì. – Risposi fissandolo intensamente. Avrei dovuto come minimo recargli una statua d’oro. Nonostante le mie crisi quasi isteriche dovute alla forte paura, lui era rimasto lì, accanto a me.





Osservavo attentamente Tom e Jessica farsi le coccole. Lui era decisamente più carino conciato in quel modo. Non indossava più la sua camicia a quadretti, ma era rimasto soltanto con i boxer. Era a petto nudo e anche se non era muscoloso risultava comunque guardabile. I capelli erano scompigliati alla bel meglio e questo gli dava un’aria abbastanza sbarazzina. Accarezzava dolcemente la guancia di Jess che sembrava ricambiare con delle fusa vere e proprie.
Lei era felice. Lo era davvero, nonostante fossimo sperduti su un’isola.
E nella mia testa vorticava una domanda: avevo la stessa espressione di Jess quando ero in compagnia di Dorian? Era così che mi sentivo: felice.
Mi alzai dal mio posto, dove poco prima ero intenta ad aprire un cocco, e mi diressi verso il rifugio. Salii nella mia stanza che solo allora mi accorsi che era proprio affianco a quella di Charlotte. Mi avvicinai alla piccola finestra, dove spesso ammiravo il panorama. Era un’atmosfera di tranquillità e pace quando all’improvviso dei singhiozzi abbastanza forti mi riscossero. Cercai di capire da dove provenissero e tendendo l’orecchio mi accorsi che i singhiozzi erano di Charlotte.
– Dai non fare così! – Un’altra  voce stridula si introdusse.
Sicuramente doveva essere Kelsey. I singhiozzi continuavano seguiti da gemiti strazianti.
– N-non ce l-la f-faccio! – Urlo Charlotte scagliando qualcosa al suolo. – Mi ha lasciata sicuramente per quella puttana! – Le sue urla erano diventate vere e proprie crisi nervose! Non capivo a cosa si riferisse in un primo momento. Ma quando mischiato al pianto uscì il nome di Dorian, capii tutto.
– Dai vedrai che cambierà idea! – Disse l’amica, magari cercando di calmarla. – Vedrai che Dorian si stancherà di quella sfigatella e tornerà da te! Dai non piangere! –
COSA?! Avevo dover assunto un colorito piuttosto rossastro visto che mi sentivo andare in fiamme. La sfigatella ero io? E Dorian avrebbe lasciato lei per me? Lasciato poi, aveva smesso di scoparsela tutto il blocco.
E per chi poi? Per me.
Il mio cuore smise di battere per un attimo interminabile.
Davanti ai miei occhi passarono mille immagini di lui e del suo sorriso.
Del mio sorriso quando c’era lui e dei suoi occhi grigi.
Tutto questo in un attimo, giusto il tempo in cui il cuore smise di battere e dopo iniziò a palpitare come una gazzella che fugge dal cacciatore.
Veloce e scattante.
Un urlo forte mi riscosse dai miei pensieri, dal mio stato di trance in cui ero caduto riportandomi alla realtà. – La distruggo! –  Ok, aveva ufficialmente perso la ragione. Decisi di uscire dal rifugio prima che scoppiassi a ridere in modo isterico.
Io ero una sfigata? Lei era patetica allora.
Insomma, la scelta l’aveva fatto lui, mica io! Lui aveva deciso di finirla con lei e anche se la causa potessi essere io, non aveva motivo di prendersela con me! Avevo sempre odiato le ragazze che si comportavano in questo modo. Lui era lo stronzo e la ragazza ci andava di mezzo. Ovviamente, sempre se questa non fosse di facili costumi.
Mi precipitai in riva alla spiaggia, dove i colori misti del tramonto si allineavano perfettamente all’orizzonte. Da lontano vidi una figura. Dai capelli ricci capii subito che si trattava di David.
Mi avvicinai e lentamente mi sedetti accanto a lui. Mi piaceva la sua compagnia, questo era evidente. – Ehi. – Dissi richiamando la sua attenzione. Si voltò di scatto verso di me.
– Ehi, ciao! – Aveva lo sguardo sorpreso, forse non si era nemmeno accorto che mi fossi seduta.
– Chi ci fai qui? – Domandò di getto.
– Non avevo niente da fare…- Risposi con un alzata di spalle.
Mi trattenni dal dire che accanto alla mia stanza c’era un’isterica, furiosa immotivatamente con me e che quindi l’unico modo per non litigare era andarmene subito da lì.
– E tu? – Chiesi a mia volta. – Mi annoio. – Sbuffò portandosi una mano nei capelli.
– Dove sono gli altri? – Con gli altri intendevo gli altri due ‘uomini’ dell’isola.
– Probabilmente staranno giocando a braccio di ferro. – Risi a quella constatazione.
– Dorian e Tom? Davvero? – Dissi sarcasticamente.
– Già. – Rispose in finto tono rassegnato. – Tom vuole farsi figo d’avanti a Jessica. – Continuò ridendo.
Per tutto il tempo restammo a parlare allegramente. Mi disse che aveva una sorella più piccola e gli mancava da morire. Mi raccontò del suo sogno, ossia diventare un musicista. Rimasi un po’ sorpresa da quella confessione. Sapevo che suonava la chitarra ma non pensavo volesse arrivare a quel punto. Era proprio una passione. Gli raccontai parecchie cose di me, ovviamente senza fare riferimento ai tasti dolenti. Non volevo iniziare a piagnucolare come una bambina anche davanti a David. Certo, lui non mi avrebbe mai preso in giro.
Ma non riuscivo a legarmi subito alle persone anche se con Dorian è stato praticamente il contrario. Lui sapeva tutto di me e io … e io non sapevo nulla di lui!
Era tarda sera e solo in quel momento mi accorsi che io di Dorian non sapevo assolutamente niente! Non era possibile.
Mi sono aperta ad una persona praticamente sconosciuta per me. Ed io avrei continuato a fidarmi, nonostante sapessi a malapena nome e cognome.
Perché?
Questa domanda vorticò nella mia testa per almeno un’ora buona.
Non ero innamorata.
Per lo meno non ancora! Ma prima di saltare alle conclusioni, la voce di David mi riscosse.
– Hai freddo? – Mi sussurrò abbracciandomi. Eravamo seduti vicino al fuoco e mancavano all’appello giusto Dorian e Tom. Jessica era intenta a cuocere il pesce. Era molto cambiata da quando si era avvicinata a Tom. Certo, era diventata una persona più altruista ma era come se io non esistessi. Volevo rispondere che non avevo freddo ma un brivido mi percorse a causa del leggero venticello e David lo prese come un sì. Mi abbracciò e avvolse intorno a noi un velo di grandi dimensioni. David riuscì a trasmettermi solo del semplice calore, giusto per far riscaldare il mio corpo infreddolito.
Niente in confronto a quello che provavo quando era Dorian a stringermi.
Come diceva il detto: parlando del diavolo spuntano le corna.
Ed ecco che arrivò un Dorian tutto sorridente seguito da Tom che appena vide Jessica si tuffò su di lei. Dorian si sedette dal lato opposto dove ci trovavamo io e David. Per un attimo si guardò intorno, sembrava stesse cercando qualcuno con lo sguardo, finché i suoi occhi non si posarono su di me. Il suo sguardo poi, passò a David incollato come una piovra al mio corpo, poi alle sue braccia che mi stringevano e poi a me.
I suoi occhi erano glaciali.
Solo con un’occhiataccia mi spaventò.
Mi raggelò fin dentro le ossa.
Avevo di nuovo freddo.
I suoi occhi non si mossero dai miei ed erano tremendamente seri.
Probabilmente come li avevo visti poco volte in vita mia. Ci furono altri secondi dove il suo sguardo era ancora incollato al mio, per poi ritirarlo come scottato.
Passarono alcuni minuti, dominati da assoluto silenzio.
Finché un singhiozzo di Charlotte, seduta insieme a Kelsey qualche metro lontano dal fuoco, ruppe quell’atmosfera strana. Dorian girò di scatto gli occhi verso Charlotte. Erano ancora freddi e pieni di rancore. La bocca era stretta e aveva un’espressione contorta in volto.
Si alzò velocemente dal suo posto e io sobbalzai quasi intimorita dal suo comportamento, ci fu un breve scambio di sguardi tra me e Dorian, sembrava passasse una tempesta infinita innanzi a noi. Dopodiché, si incamminò a passo svelto e deciso verso l’oscurità della foresta.
Rimasi letteralmente sconvolta e spiazzata. Non mi chiesi il perché del suo comportamento, ma benché del mio. Mi sentivo quasi in colpa se non del tutto. E questo era praticamente assurdo.
Io e lui non stavamo insieme, insomma, non stavo facendo niente di male ad abbracciare un mio carissimo amico.
Sembrava geloso e sbaglio? Geloso e frustato.
Magari avrei dovuto alzarmi dal mio posto, liberarmi dalle braccia di David e correre da lui per chiedergli spiegazioni. Perché sembrava lo avessi ferito e io non volevo farlo.
Ci tenevo e questo era chiaro.
Anzi, forse era la persona a cui tenevo di più su quest’isola.
Il suo sorriso rendeva felice la mia giornata e me.
E avrei dovuto alzarmi e andare a risolvere quel qualcosa che non quadrava.
Lo avrei dovuto fare.
Ma invece, restai lì.
Inerme nelle braccia di David.
Non che non volessi andarci, perché io avevo sempre voglia di andare da lui e restarci per tutto il resto dalla giornata, ma non avevo il coraggio.
Non avevo il coraggio di affrontarlo.
Non avevo il coraggio di affrontare quello che ci stava accadendo e che sicuramente stava sconvolgendo me.
Non avevo il coraggio di ammettere che lui era diventato qualcosa in più nella mia vita.
Stupida codarda che ero...



– Ho sonno. Scusa David, vado a dormire. – Annunciai alzandomi e lasciando le sue braccia che mi avevano riscaldato in quella fresca sera.
– Certo. – Disse alzandosi anche lui. – Buonanotte, Jade. – Si avvicinò e inaspettatamente mi lasciò un bacio all’angolo destro della bocca. Rimasi troppo sorpresa e stupita, tanto che dalle mie labbra non ne uscì nessun suono. Mi sorrise caloroso per poi incamminarsi verso il rifugio. Rimasi immobile, finché nella mia mente non si ricostruirono i pezzi.
Mi aveva quasi baciata.
L’idea che io piacessi a David non era poi così allettante. Certo, lui era bellissimo ed inoltre molto intelligente. Non era per niente presuntuoso nonostante mezza scuola ci andasse dietro, poteva essere proprio il mio tipo se non ci fosse stato qualcos’altro, o meglio, qualcun altro di mezzo.
Non c’era nessun cuore palpitante e rossore per David. Ne ero quasi dispiaciuta di questa cosa. Insomma, ero sicura che lui mi avrebbe reso felice.
Anche se, non sapevo perché stessi pensando a questo quando non ero nemmeno sicura che David avesse una cotta per me. Iniziai ad incamminarmi verso il rifugio con la testa che vorticava ancora in quei pensieri che di concreto avevano poco.
Ora ti butti anche nelle braccia di quel cretino? – Delle mani mi afferrarono bruscamente nell’oscurità e mi sbatterono contro un tronco di un albero.
Urlai sia dalla sorpresa che dal dolore.
Dorian ero di fronte a me, mi sovrastava con le sue potenti braccia ancorate strettamente ai miei polsi.
Il suo viso era cupo e la sua voce era rabbiosa.
Anche? Che intendeva dire con ‘anche’?
– Sei impazzito? – Quasi urlai stizzita. – Lasciami andare, immediatamente! – Adesso la mia voce si era ridotta ad un sussurro irritato. Lui continuò a fissarmi, con le ciglia aggrottate e i denti stretti.
– Ti piace David? – Pronunciò il suo nome così aspramente che lo fece sembrare veleno.
– Cosa? Vai via Dorian! – La mia calma era andata a farsi fottere. Cosa credeva di fare?
– Dimmelo. – Disse con tono deciso e glaciale, stringendo di più la presa ai polsi.
‘Ahi’ gemetti presa dal dolore che questo ragazzo mi stava affliggendo. Ed era strano, perché poco ore prima lui mi aveva solo fatto del bene. Anzi, più che bene!
– Ti prego… lasciami! – Non ce la facevo più a sopportare quel dolore sia fisico che morale.
Non capivo perché era così tanto crudele con me.
Non voglio vederti più con lui. – Il suo tono furioso mi spaventò al tal punto che iniziai a dibattermi contro la sua possente presa.
– Dorian! – Urlai isterica, mentre una lacrima salata scendeva lungo la guancia, amara.
A quel punto, qualcosa nello sguardo di Dorian cambiò.
Sembrava che stesse ritornando in sé, perché lasciò subito la presa e balbettò una ‘scusa’ con voce fievole. Deglutii vistosamente, accasciandomi a terra e massaggiando i miei polsi doloranti.
Avevo l’espressione contratta e riuscii ad emettere solo dei gemiti seguiti da sussulti.
– Scusami, Jade. – Si affrettò a dire Dorian con voce tremante e il respiro accelerato, abbassandosi alla mia altezza e prendendo i polsi nelle sue mani. Alzai piano la testa, puntando i miei occhi umidi nei suoi non tanto diversi dai miei in quel momento.
Erano spaventati e increduli. – Cosa ti prende? – Mormorai con voce fioca. 














_______________________AUTRICE______________________




Hi guuuys! 
Come va?
Ho cercato di pubblicare il capitolo il più in fretta possibile e sto cercando di farli anche più lunghi :)
Perdonatemi se trovate qualche errore e spero che vi sia piaciuto!
In questo capitolo, abbiamo un avvicinamento tra Dorian e Jade molto ma mooolto affiatato!
Dorian per quanto riguarda la paura di Jade è irremovibile e insiste affinché accetti di essere aiutata da lui, mettendo in mezzo il discorso della fiducia. Come già si sapeva, Jade accetta senza esitazioni. In un primo momento, ricorda il passato, quando era il padre che cercava di farla entrare in acqua ma dopo è come se esistesse solo Dorian e il loro abbraccio. E pure, in un attimo Jade pensa che forse il padre avrebbe dovuto comportarsi in quel modo. Regalarle un abbraccio magari...
Inoltre, pare proprio che Dorian abbia rotto quel tipo di 'rapporto' con Charlotte e sembra che lo abbia fatto proprio per Jade! 
Jade era proprio al settimo cielo, vero? Ma a quanto pare, Dorian ha perso punti attaccandola con quella sfuriata di... gelosia?
Vorrei tanto sapere i vostri commenti su questo capitolo, vi aspetto in tante!
Ringrazio:
  • Chi recensisce sempre.
  • ​Chi recensisce.
  • ​I lettori silenziosi.
  • ​Chi mette la storia tra le preferite/ seguite/ ricordate.

    Al prossimo capitolo.
    Baci, Marta.

     

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Chapter ten. ***



                                                                                Chapter ten



                           

















- Cosa ti prende? - Mormorai con voce fioca.
Si alzò di scatto, quasi ferito, quasi scottato e mi osservò dall'alto.
Ci furono attimi di silenzio, finché non iniziò a parlare con la sua voce afflitta. - Scusami... io... - sembrava faticasse a pronunciare le parole - io... sono nervoso in questi giorni. Scusami ancora. - Deglutì vistosamente per poi allontanarsi definitivamente da me, verso il mare.
Mi incamminai verso la mia stanza, stravolta e moralmente stanca. Nella mia testa scorrevano come un film l'immagine dei suoi occhi rabbiosi e della sua espressione agghiacciante. Non potevo pensare che il motivo di tanta avversità fosse la gelosia. Possibile che fosse così geloso da farmi del male soprattutto fisico? E lo era davvero? Avrei dovuto chiederlo, come avrei dovuto fare tante cose. Ma quando manca il coraggio e sei una codarda fallita, non puoi fare niente di queste cose.
Mi buttai sul letto di paglia a peso morto, come se non ci fosse nessun segno vitale dentro di me. Avevo ancora i polsi doloranti a causa della stretta possente di Dorian. I lividi erano evidenti e pulsavano da morire.
Sospirai forte socchiudendo gli occhi e cercando di rielaborare tutto quello che era successo in quella giornata.
Dorian che mi sveglia con un bacio sulla spalla.
Dorian che mi porge la mano per seguirlo nelle acque dell'oceano.
Dorian che mi stringe e mi sussurra parole tranquillizzanti.
Dorian che mi sorride sdraiato al sole mentre io urlo dalla vittoria.
Dorian che posa i suoi occhi spettrali su di me.
Dorian che mi sbatte contro un albero.
E Dorian che se ne va, via da me.

Di David non avevo quasi nulla, a parte una fioca immagine di un suo abbraccio.
Mi girai verso la finestra, osservando come ogni notte, le stelle che ornavano il cielo blu. Mi portai le mani sotto il viso e mi addormentai, con il ricordo del sorriso rassicurante di Dorian e del nostro abbraccio, caloroso e vitale.


Qualcosa di umido si appoggiò sulla mia guancia provocandomi piccoli brividi. Iniziai a sentire più caldo e quando cercai di muovermi notai qualcuno stringermi. Aprii gli occhi e mi ritrovai quelle stesse braccia che mi avevano stretto in acqua in preda alla paura, avvolte intorno al mio corpo.
Il petto di Dorian era a stretto contatto con la mia schiena come i nostri bacini. Le sue gambe erano tra le mie e il suo respiro nei miei capelli. In un primo momento, pensavo stessi sognando.
Ma appena girai di poco il capo verso la sua figura, notai che non era frutto della mia immaginazione.
Lui c'era, in carne ed ossa, ed era avvinghiato al mio corpo.
Era sveglio e i suoi occhi luccicavano al chiaro di luna. Mi scrutava attentamente e con risoluta dolcezza.
- Dorian...- Sussurrai il suo nome come fosse una preghiera.
Mi accarezzò delicatamente i capelli e mi lasciò un piccolo bacio sulla cute.
Mormorò uno 'scusami' e strusciò il suo capo sul mio.
Sprofondai nella sua tenerezza assoluta.
Gli sorrisi sinceramente, come poche volte avevo fatto. Si sentiva in colpa e stava trovando un modo per farsi perdonare . Mi rimisi composta e mi feci cullare dalle sue carezze gentili.
Mi addormentai così, spoglia dei miei pensieri e con Dorian accanto.  



– Che fai? – Mi chiese un David tutto sorridente mentre si sedeva accanto a me.
– Quello che faccio di solito. – Risposi abbozzando un sorriso anch’io, intenta a tagliare la frutta. Quella mattina ero particolarmente di buon umore.
Avevo dormito tutta la notte accoccolata a Dorian.
Mi sentivo riscaldata dentro e fuori.
Ogni tanto la sua mano mi accarezzava il ventre o mi lasciava un casto bacio sui capelli.
Mi sarebbe piaciuto dormire tutte le notti così, ero stata troppo bene per dire il contrario.
Il suo respiro caldo era un misto di tranquillante e sicurezza, e sapere le sue labbra poco distanti dalle mie mi fece venire una gran voglia di assaggiarle.
Non sapevo se quello a cui stavo pensando fosse sbagliato o meno, ma lo volevo da morire. Credevo di impazzire, ma il sonno prese il sopravvento e mi addormentai.
Ogni tanto mi svegliavo, giusto per sentire ancora le sue mani su di me e quel calore inconfondibile. Non se ne andò, restò tutta la notta al mio fianco. Ma all’alba, il suo tocco era sparito così come il suo respiro.
Non poteva restare ancora con me?
Mi ero accorta che dipendevo troppo dai suoi abbracci e questo non andava affatto bene.
– Posso aiutarti? – Propose David con il suo sorriso costantemente stampato in viso.
Scossi la testa ridendo leggermente. – Non ne ho bisogno. – Risposi girandomi verso di lui.
– Ma grazie lo stesso. –
Volevo essere dolce con lui perché in fondo era questo che mi ispirava: dolcezza.
Certo, non era mai stato all’altezza di Dorian ma con lui mi sentivo sicura. Non ne ero attratta, per niente. Ma oltre Dorian che era imprevedibile su tutto, lui era un punto fermo.
Non sai dove andare Jade? Ci sono io qui, sempre.
Sembrava mi dicesse questo ogni qual volta posava lo sguardo su di me.
Ed ora, eravamo faccia a faccia. Si avvicinò pian piano alle mie labbra.
Oh, no! Pochissimi centimetri ci dividevano fin quando un rumore di uno schianto non lo fece allontanare definitivamente da me. Girai di scatto la testa da dove era provenuto quel rumore assordante e alla mia destra vidi Dorian con un’ascia in mano e fermo immobile.
Erano gli stessi occhi della sera prima, colmi di odio e rabbia.
Notai che era nervoso da come stesse stringendo forte l’ascia con la mano.
Mi girai verso David che abbassò lo sguardo per poi guardare di nuovo Dorian. Senza proferire parola, si incamminò a passo deciso e lento verso la parte opposta della spiaggia.
E adesso?' Inutile che cominci ad elencare la lista delle cose che ‘dovrei fare’. ' Pensai.
Mi alzai velocemente e cercai di raggiungere Dorian, mentre lasciavo lì impalato un David abbastanza confuso. Quando finalmente gli fui abbastanza vicino mi appoggiai all’albero di fronte al suo. Avevo il fiatone per via della corsa e dovetti piegarmi sulle ginocchia per riprendere fiato.
Lui se ne restava lì impalato, appoggiato al tronco e mi squadrava severo. Quando finalmente riuscii a riprendere il respiro regolare, chiesi con pacatezza – Tutto bene? – Volevo avvicinarmi ma così potevo sembrare troppo oppressiva. Non mi rispose. Continuò ad osservarmi con un’espressione impassibile e imperscrutabile sul viso.
– Dorian… - Cercai di richiamare ancora la sua attenzione ma sembrava che stessi parlando praticamente al muro.
– Dor… - Provai nuovamente a richiamarlo ma la sua voce mi interruppe.
– Hai voglia di venire ancora al mare con me o devi spassartela con quel cretino? – Tono duro, sguardo duro.
Cos’hai Dorian?
Annuii lentamente cercando di capire cosa gli passasse per quella testolina. Sospirando si avvicinò a passi lenti. – Vuoi prima mangiare oppure vuoi andare subito? – Adesso la sua voce era calma e leggermente rauca.
Volevo andarci immediatamente. Volevo averlo di nuovo così vicino da sentirmi svenire.
– Subito. – Risposi riluttante alzando il mento e avvicinandomi a lui a mia volta. Sul suo viso si stampò un ghigno malizioso. – Andiamo. –
Mi prese la mano e ci incamminammo verso la riva. Vidi Dorian levarsi i pantaloni ormai stracciati e malandati per poi tuffarsi in acqua. Presi un grosso respiro e mi levai quel piccolo velo che mi copriva interamente il busto. Presi coraggio e mi incamminai verso il mare.
Guardai i miei piedi immergersi nell’acqua e a quel contatto freddo rabbrividii.
Quando alzai lo sguardo mi ritrovai Dorian tutto bagnato proprio di fronte.
Mi sorrideva languidamente e i suoi occhi brillavano. Portò una mano sul mio viso e in quel momento il mio cuore accelerò come una moto in corsa.
Calmati, Jade.
Le goccioline d’acqua scendevano dai suoi capelli corvini per poi scorrere sulla fronte e arrivare alla sua morbida e carnosa bocca. Mi morsi un labbro non per l’imbarazzo ma perché la sua bellezza era disarmante. Mi accarezzò la guancia con la sua grossa mano bagnata.
Si avvicinò lentamente con il viso al mio ed ora anche il mio respiro iniziò ad accelerare.
Era così vicino che sentivo il suo alito caldo sopra le labbra. I suoi occhi mi osservavano bramosi ed oscillavano dalla bocca ai miei occhi.
Per un momento, per un misero momento pensavo volesse baciarmi.
E io non lo avrei di certo rifiutato. Divampava una grande fiamma dentro me e credetti di andare a fuoco. Invece si spostò lentamente, carezzando la sua guancia con la mia finché sentii le sue labbra rosse sfiorare il mio orecchio. – Sei molto bella, Jade. – Deglutii lentamente e cercai di riprendere quello scarso autocontrollo che mi restava.
– Grazie. – Risposi con quella voce ormai ridotta ad un sussurro a causa sua. Presi la sua mano e la allontanai dolcemente dal mio viso per poi rivolgergli un mezzo sorriso vuoto.
Abbassò gli occhi come offeso per poi afferrarmi il polso e tirarmi delicatamente verso le acque dell’oceano. Man mano che il livello dell’acqua si alzava, contemporaneamente l’ansia saliva.
Ma quando i miei occhi notarono le nostre mani intrecciate, la tempesta che si stava formando dentro me si trasformò presto in una bellissima giornata di sole.
Non avevo paura.
Sorrisi a me stessa e continuai a seguire Dorian. Si fermò tutto d’un tratto e solo allora mi accorsi che ero sommersa completamente nell’acqua. Solo il capo restava fuori. Anche il corpo di Dorian era quasi completamente immerso, e siccome era più alto di me le spalle ne restavano fuori.
Tremai leggermente quando i pensieri orrendi di cui ero solita farmi mi inondarono la mente.
Mi mossi nervosamente e cercai di soffocare un gridolino alla base della gola.
– Non ce la faccio. – Quasi piagnucolai, restando immobile e cercando di non pensare a cosa potesse girare intorno al mio corpo.
– Jade…- Mormorò sommessamente afferrando la mia mano e intrecciandola nuovamente alla sua. – L’acqua è praticamente trasparente. Guarda cosa c’è sotto, puoi vedere. Abbassa gli occhi, Jade. – E feci come lui mi disse. Abbassai lo sguardo e notai che era praticamente limpida. Si vedeva qualche alga e qualche scoglio, ed ogni tanto passava qualche pesciolino curioso di varie dimensioni.
L’ansia scivolò via dal mio corpo come un fluido. Iniziai a muovere le gambe e le braccia, spostandomi leggermente dal posto in cui ero prima. Sorridevo felice sotto lo sguardo attento e penetrante di Dorian, che se ne restava in silenzio, semplicemente ad osservarmi scorrazzare nell’acqua come una bambina.
– Guarda Dorian! – Urlai allegra mentre nuotavo stile cagnolino. In quel momento dovevo sembrare davvero buffa visto che rise apertamente sfoderando uno dei suoi sorrisi più disarmanti. Si tuffò velocemente sott’acqua e lo vidi nuotare verso di me.
Mi piaceva come si muoveva. Il ritmo delle gambe e delle braccia era perfetto e metteva in risalto anche i suoi muscoli. Ad un tratto, sentii qualcosa toccarmi leggermente il piede. Abbassai di scatto il capo e vidi Dorian, sott’acqua, accarezzarmi la pianta del piede, per poi risalire lentamente verso la caviglia e facendo scorrere la sua mano gentilmente su tutta la mia coscia in modo lento. Respiravo a fatica e una fitta piacevole mi arrivò al basso ventre.
Man mano che la mano risaliva, anche lui si faceva più vicino alla superficie dell’acqua.
La sua mano si fermò sul mio sedere e Dorian riemerse con il fiatone.
Mi avvicinai a lui, spinta da una voglia improvvisa di accarezzargli i capelli. Con le punta delle dita massaggiai i suoi soffici capelli neri mentre la sua mano si muoveva dolcemente sulla mia coscia. Era tutto così intenso.
Questi contatti così intimi tra me e lui erano avvenuti avvolti nell’acqua salata.
E mi piaceva sentire quella sensazione di vuoto intorno a me.
Mi piaceva come il mio corpo si muoveva facilmente nell’acqua.
E ad ogni pensiero di questo tipo, affibbiavo il viso ed il sorriso di Dorian.
Si morse il labbro e chiuse gli occhi. Sapevo che i capelli erano il suo punto debole.
Così, iniziai a massaggiarli con la mia mano tirandoli leggermente tra un’estremità e un’altra delle mie dita. – Oh, Jade… - Sussurrò il mio nome con tale bisogno e urgenza che mi sentii venir meno. Mi avvicinò a lui portando le mani dietro la mia schiena e il viso a pochi centimetri dal mio, di nuovo. Le mie mani restarono paralizzate nei suoi capelli così come tutto il mio corpo.
Capii che stava per baciarmi, ma proprio in quel momento, da lontano si sentii un urlo sofferente. Di colpo Dorian si irrigidì. Tendendo l’orecchio notai altre urla ancora. Guardai Dorian terrorizzata che ricambiò lo sguardo con altrettanta paura.
– Dobbiamo uscire. – Disse serio. Lasciò la presa sulla mia schiena e afferrò la mia mano. Velocemente uscimmo dall’acqua e iniziammo a correre verso la direzione da dove provenivano quei lamenti. Si presentò uno scenario orribile davanti ai nostri occhi preoccupati.
Kelsey era a terra che urlava e tutti gli altri gli erano intorno.
Cercai di capire perché si dibatteva in quel modo, quando notai il suo braccio.
Era tutto ustionato.
I miei occhi si spalancarono alla vista di quell’arto ormai quasi nero e deformato.
Mi mancò l’aria nei polmoni e la vista si offuscò.
Oddio.
Fu l’ultimo mio pensiero prima di cadere nel buio totale. Un vociare di voce sfocate si insidiarono nella mia testa, colpita da una forte fitta. Non riuscivo ad aprire gli occhi e la gola era secca. Sentii un lieve contatto sulla mano che risaliva man mano verso il braccio. A quel punto, le palpebre si sollevarono e la prima persona che si presentò davanti fu Dorian.
– Sei sveglia! – Esclamò sospirando. – Mi hai fatto prendere un colpo… – Mi accarezzò il viso e mi sorrise scuotendo il capo. Non riuscivo a parlare a causa della bocca secca ed emessi solo un lieve gemito. Dorian si alzò dal suo posto e si allontanò da me.
Dove vai? Volevo urlare. Ma non ci riuscivo.
Dopo pochi minuti, lo vidi ritornare con una ciotola piena d’acqua.
– Ecco. – Sussurrò bagnando la sua mano nel recipiente e portandole sulle mie guance.
Mi rinfrescò per bene il viso e io stavo fremendo a causa del suo tocco delicato e caloroso.
– Vuoi bere, vero? – Annuii lentamente e l’osservai alzarsi di nuovo per poi ritornare con un altro recipiente d’acqua. Me lo appoggiò sulle labbra e iniziai a bere velocemente.
Era acqua delle cascate. Fresca e pura.
Con una mano dietro la schiena mi fece sedere dritta appoggiata al tronco di un albero.
– Dorian…- Lo richiamai con voce fievole. Finalmente riuscivo a parlare.
– Cosa…cosa è successo? – Chiesi con fatica. – Succede che svieni troppo spesso. – Affermò preoccupato e sedendosi accanto a me. Ad un tratto, mi ritornarono in mente le immagine di Kelsey ustionata prima di cadere nel vuoto.
– Come sta? – Mi portai una mano alle labbra per trattenere un gemito. Si girò di scatto verso di me. – Si è calmata rispetto a prima. – Disse rassicurandomi con una lieve carezza sulla spalla.
– Cosa le è successo? – Richiesi con la voce allarmata e alzandomi debolmente dal mio posto.
– Ha preso fuoco mentre cercava di accendere delle legna. – Rispose guardandomi serio dal basso. – Non chiedermi come abbia fatto perché non so cosa risponderti. – Sospirò frustato e alzandosi a sua volta.
– Dov’è? – La mia voce tremava. Dorian mi prese per mano e mi guidò verso il rifugio.
Salimmo fino alla stanza di Charlotte ed erano tutti lì dentro.
Deglutii e cercai di avvicinarmi a Kelsey che giaceva supina e con il braccio avvolto in un velo.
Era tutta sudata ed emetteva deboli gemiti.
Seduta al suo fianco, c’era Charlotte che ora mi stava riservando uno degli sguardi più gelidi che avessi mai visto. Mi avvicinai lo stesso, non mi importava di lei. Mi sedetti anche io accanto a Kelsey ma nel lato opposto di quella vipera.
Jessica e Tom erano vicino la finestra, David invece era affianco le scale.
– Cosa vuoi? – Sputò acida Charlotte guardandomi furiosa.
– Da te? Niente. – Ribattei decisa e cercando di mantenere la calma.
– Vai via. – Disse alzando di poco la voce. – Tu non meriti di stare qui! Troia! –
Mi alzai immediatamente furiosa con gli occhi infuocati.
A me troia? Non ero io che avevo aperto le gambe a Dorian!
– Come? – Urlai furibonda e balzando in avanti presa da un’ira improvvisa.
Delle muscolose braccia mi circondarono la vita portandomi dietro le sue spalle.

- Stai zitta puttana! – La voce di Dorian era ancora più spietata della mia.
Ero dietro le sue spalle e stringevo con le mani, in una forte morsa, la sua camicia di lino scolorata. – Perché la difendi? Eh? – Charlotte iniziò a piagnucolare puntando l’indice contro Dorian.
– Perché? Ti ho dato tutto, cazzo! E tu sei corso dietro quella stronza! Perché così puoi sbatterti anche lei! – Mi accorsi che la schiena di Dorian si era irrigidita, così come tutto il corpo.
Trasse un profondo respiro, probabilmente per calmarsi.
– L’unica troia che si sono scopati tutti sei tu – disse con estrema lentezza – quindi vedi di chiudere quella sporca boccaccia che ti ritrovi e di non rompere il cazzo come fai di solito! –
Ora stava decisamente urlando. Mi spostai alla sua destra e vidi Charlotte accovacciata su sé stessa percorsa da scosse a causa dei singhiozzi forti.
– Basta. - Sussurrai all’orecchio di Dorian. Mi faceva troppo pena.
– Puttana. – Sussurrò con risoluto disprezzo e con un tono marcato e serio.
Se ne andò con il viso contratto e il corpo intirizzito.
Mi lasciò lì. Ero in piedi, impalata come uno stoccafisso, e con tutti gli occhi su di me.
A rompere quel silenzio fu Jessica – Dovevi proprio svenire? -





- Dorian? – Lo cercai nella foresta al buio. Volevo parlargli, sentire la sua voce e dirgli grazie.
– Dorian? – Lo richiamai, ma nessuna risposta. Mi incamminai più all’interno, un po’ impaurita visto che era tutto scuro e con il timore che un ragno potesse camminarmi accanto.
Vidi una figura in lontananza muoversi. Con una certa esitazione mi avvicinai.
– Dorian? – Si girò di scappo e fece qualche passo verso di me.
– Che c’è? – Chiese in tono secco. Non eravamo molto distanti e potevo vedere il luccichio dei suoi occhi anche nel buio della notte.
– Sei arrabbiato? – Chiesi schiarendomi la voce. In effetti era una domanda abbastanza stupida. Certo che era arrabbiato, anzi, furioso! Sbuffò sonoramente passandosi una mano tra i capelli.
– Che vuoi, Jade? – Stavolta stava urlando. D’istinto feci un passo indietro.
Un po’ sorpresa per la sua reazione. Probabilmente se ne accorse perché subito dopo si affrettò a chiedere scusa.
– E che è tutto una merda. – Disse con tono più pacato, incamminandosi verso la spiaggia.
Lo seguii senza fiatare. Arrivò alla riva e si sedette portandosi le ginocchia al petto. Feci lo stesso anche io, accanto a lui.
– Mi dispiace per prima. – Disse tenendo lo sguardo fisso innanzi a sé.
– Non preoccuparti. – Feci un debole sorrisino.
– Intendo, mi dispiace per quello che è successo con Charlotte – i suoi occhi incontrarono i miei – tu non c’entri niente. –
Sospirai lentamente abbassando lo sguardo. – Non è nemmeno colpa tua. – Gli feci notare guardandolo serio.
Fece una risatina di scherno girandosi di nuovo verso il mare.
La luna sembrava sprofondare nell’orizzonte.
Ogni sera cercavo ancora di sentire quel rumore che solo le anime più pure potevano sentire.
Non riuscivo mai ad udire un bel niente.
Forse la mia anima non era pura?
- Jade, lei sa benissimo perché ho stroncato il nostro rapporto. – Si stese supino portandosi entrambe le braccia sotto il capo. Io restavo ancora seduta con le ginocchia al petto e con le orecchie tese e attente alle parole di Dorian.
– Sa che l’ho fatto per te. – A quella frase il mio sangue iniziò ad affluire velocemente creando uno stato di eccitamento nel mio corpo.
– Perché? – Chiesi titubante e deglutendo contemporaneamente.
Si mosse leggermente, forse stupito dalla mia domanda. Si girò con il busto verso di me, appoggiato su un fianco e con il capo sulla mano.
– Perché preferisco te a lei. – Sussurrò suadente, accarezzandomi con lo sguardo.
– E cosa centra? – Chiesi ancora, cercando di sfuggire ai suoi occhi tremendamente profondi e penetranti.
– Lo so che ti infastidisce che passi del tempo con Charlotte – sembrava quasi una provocazione, ma non lo era – almeno in quel senso. – Concluse continuando ad osservarmi quasi cercando di percepire ogni mia mossa.
Il mio orgoglio diceva di urlare un ‘NO!’ ai quattro venti.
Ma che senso aveva? Io non volevo che passasse del tempo con lui, questa era la verità.
Non risposi. E lui capii che il motivo del mio silenzio fosse il fatto che la costatazione appena fatta fosse vera. Girai il capo verso il mare, imbarazzata da morire ma finalmente libera.
Però, pensandoci bene, avevo anche io una domanda da fare.
– E tu? – Chiesi improvvisamente puntandolo con lo sguardo. Mi guardò spaesato.
– Qual è il motivo di tanta avversione contro David? –
Lo avevo colto di sorpresa, perché a quell’interpellanza si alzò di scatto a sedere.
Continuò a fissarmi con uno sguardo imperscrutabile sul viso.
– Beh? – Chiesi con un sorriso trionfante sul viso. Ci furono attimi dove i suoi occhi mi scrutavano silenziosi per poi ricomporsi e dichiarare – Non mi piace vederti con lui. -








__________________________AUTRICE_________________________


Eccomi qui! Come va?
Anche questa volta, ho cercato di pubblicare il capitolo più in fretta possibile. Ma non ha funzionato...
Comunque, mi scuso sempre se ci sono errori e spero che vi piaccia.
In questo capitolo abbiamo una Jade molto presa da Dorian anche rispetto alle altre volte. Lui dorme con lei per farsi perdonare e Jade ne resta quasi estasiata da quella notte. Inoltre, abbiamo un'altra scenata di gelosia da parte di Dorian anche perché David prova sempre a baciarla. Ma Jade stavolta, non resta al suo posto e gli corre dietro ma senza cercargli spiegazioni. Ma la sera coglie l'occasione e gli chiede il motivo di  tanta avversità contro David. E lui si svela, è geloso. 
Ringrazio: 
  • Chi recensisce.
  • Chi legge la mia storia.
  • ​Chi la mette nelle preferite/ seguite/ ricordate.

    Grazie ancora, alla prossima.
    Baci, Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Chapter eleven. ***


                                   Chapter ten




                                   




































Chapter ten
Ero distesa a riva, con l'acqua salata del mare che mi bagnava i piedi e i raggi del sole che illuminavano la mia pelle ormai abbronzata. Dorian mi diceva di stare attenta. Non avevamo la protezione solare e la nostra pelle non poteva restare esposta al sole per molto tempo.
Inoltre, da quando avevo imparato, o meglio, Dorian mi aveva insegnato che amare il mare era qualcosa di meraviglioso e sarebbe stato uno spreco averne paura, il sale avrebbe contribuito ad una probabile ustione.
Io e lui, insieme, tutti i giorni, ci immergevamo in quell'acqua limpida e fresca.
La maggior parte delle volte, andavamo al tramonto, quando il sole non bruciava e quella poca luce faceva da scena ai nostri soliti giochi e alle nostre risate felici.
Dorian mi alzava sulle spalle e mi portava nella parte più profonda dell'oceano. Le prime volte rimanevo appoggiata su di lui, ma pian piano mi aveva insegnato persino ad immergermi in quel 'vuoto' che più temevo al mondo.
- Jade, non aver paura. - Mi disse tenendomi le mani, mentre ero seduta sulle sue spalle possenti.
- Ci sono io, non ti lascerei mai affogare. - Questa volta gli scappò un risolino seguito da un 'fidati di me' che non era altro che una promessa sempre mantenuta.
Mi fidavo troppo di lui per non lasciarmi aiutare.
-Pronta? - Guardavo l'acqua con occhi spalancati e sicura di quel passo importante che stavo per compiere.
Grazie a Dorian.
In un attimo mi ritrovai immersa nel vuoto completo.
Non c'era nessun rumore e nessuna dimensione.
L'ignoto regnava intorno alla mia anima e respirare era al quanto fasullo.
Pareva un enorme turbine di libertà e niente aveva più importanza nella mia mente.
Completamente priva di qualsiasi forma di pensiero.
Non mi sarei mai mossa da lì se in quell'istante, in quel preciso istante, non comparì nella mia testa la figura di Dorian.
Dovevo risalire.
Con una spinta decisa di entrambe le braccia e le gambe risalii in superficie.
Dopo quella volta, quando mi portava sempre sulle sue spalle, riuscivo anche a tuffarmi da sola e ritornare ‘a nuoto ’, se così volevamo definire il modo in cui galleggiavo, nella parte dove riuscivo a fare piede. Le mie giornate erano piene di lui e dei suoi sorrisi.
Non c’era né David e né Jessica.
Li vedevo soltanto quando ci riunivamo tutti attorno a quel fuoco. Da quando Dorian mi confessò di non sopportare l’idea che passassi del tempo con David, cercai di sviarmi ogni qual volta mi si avvicinava o cercava di attaccare un discorso. Sapevo che non era giusto, infondo, era stato sempre il mio punto fisso.
Ma da quando avevo Dorian vicino, non avevo bisogno di nessun altro, se non della sua presenza. Ero innamorata? Troppo difficile da stabilire.
L’amore lo consideravo un alto scalino che una volta salito era difficile poter tornare indietro. In realtà l’amore lo consideravo come la cosa più intensa, e perché no, più cattiva di questo mondo. Desideravo di non innamorarmi mai nella mia vita, perché l’amore ti calpesta come una foglia secca in autunno. Forse ero l’unica che non era alla ricerca di quel fantomatico principe azzurro? A me bastava la mia vita, con le mie sicurezze e con i risultati dei miei studi.
Ma adesso? Adesso guardavo Dorian sorridere e ne dipendevo quasi.
Ed avevo paura, perché creare un legame così intenso era un orribile sbaglio. Ma non ne potevo fare a meno. Non potevo fare a meno di perdermi in quel grigio profondo e non potevo non toccare la sua pelle scura e liscia. Mi piaceva particolarmente il modo in cui pronunciava il mio nome. Sembrava insicuro e aveva quella nota di voce addolcita che mi riempiva l’anima ogni qual volta il mio nome usciva dalle sue labbra. Ed era strano, particolarmente strano che facessi quei pensieri. Io volevo vivere e non dipendere da nessuno. Ma la vita sull’isola aveva sconvolto quasi tutto il mio mondo. Aveva distrutto quelle mura che avevo costruito con gli anni, intorno a me.
Nessuno riusciva ad entrarci, io potevo guardare fuori e non permettere a quella realtà di entrare a far parte della mia.
Invece Dorian ci stava riuscendo.
Stava levando i mattoni, pian piano, senza fatica.
Mi guardava e mi rassicurava ‘mi prenderò cura io di te ’.
Perché non potevo prendermi cura di me stessa, da sola?
Non ero abbastanza forte al punto da voler qualcun altro al mio fianco?
O ero io a volerlo? La mia testa scoppiava di domande a cui non riuscivo a rispondere.
La realtà era che ero confusa da me stessa. Dalle mie azioni e da quello che volevo.
Quella giornata era trascorsa tranquilla, ma senza Dorian.
Oggi doveva aiutare i ragazzi a costruire un aggeggio per la pesca ed ero andata da sola in mare, quella mattina. Certo, quando lui non c’era, non osavo arrivare nel profondo.
Ecco dov’era lo sbaglio.
Dorian era la mia ancora di salvezza.
Dove potevo aggrapparmi quando la corrente marina poteva risucchiarmi?

Da lontano lo vidi arrivare, camminava in modo strascicato sicuramente a causa della stanchezza.
– Che ci fai qui stesa al sole? – Lo immaginavo.
–Voglio stare qui. – Risposi secca, mentre ero appoggiata sulla sabbia con gli avambracci.
– Sai bene che non puoi stare, ti brucerai. – Mi osservava dall’alto con uno sguardo accusatorio. Faceva anche la parte della mammina, incredibile! Sbuffai, ma prima che potessi dire altro, mi ritrovai in braccio a Dorian. – Ehi! – Urlai infastidita. Lui camminava senza alcuna fatica e con un’espressione neutrale sul viso. – Sei proprio una bimba. – La sua constatazione con quella nota di acidità mi fece innervosire più del dovuto. – Mettimi giù! – Sembravo una gallina starnazzata, senza dubbi. Ma certe volte non potevo fare a meno di reagire così a certi comportamenti fastidiosi di Dorian. – Subito, tigrotta. – Mi appoggiò delicatamente con la schiena all’albero per poi sedersi di fianco a me. Ero pronta ad inveire contro di lui ma la vista del suo volto stanco e del suo corpo afflosciato mi fece addolcire in un istante.
– Sono pesante, non c’era bisogno di prendermi in braccio. – Lentamente gli feci appoggiare la testa sulla mia pancia, per poi accarezzargli i capelli affettuosamente.
Uscì un sospiro di piacere dalle sue labbra. – Tu sei pesante? Sei magrissima Jade! –
In effetti mangiavamo molto poco qui, ma non eravamo proprio pelle ed ossa, sembravamo solo modelle di Victoria’s Secret. Con l’unica differenza che loro erano stupende e noi solo malnutrite. I ragazzi erano anche loro certamente dimagriti, ma con il lavoro che svolgevano riuscivano a mantenersi in forma. Anzi, erano anche più muscolosi. E poi, non erano tanto sghizzinosi come noi ragazze. Certe volte evitavamo di mangiare pesce, a causa della puzza e l’assenza di condimento. Loro non si facevano mai problemi di questo tipo. Avevo fame? Certo che ne avevo. Però, quando è così, è come se il tuo corpo si abituasse. Man mano l’appetito sparisce.
– Cosa avete fatto? – Gli domandai con voce fievole, mentre osservavo l’oceano ed aspiravo l’odore della natura. – Tante cose. – Era evidente che non aveva nemmeno la forza per raccontare, così lo lasciai in pace. Notai che poco dopo si addormentò, cullato dalla mia mano immersa nei suoi capelli. Io pensai ancora. Più che altro pensai se un giorno ci fossi ritornata a casa. Ma ormai era superfluo dirlo, lo pensavo tutti i giorni.


– Ehi, dormiglione! Sveglia! – Cercavo di smuovere il corpo di Dorian ma con scarsi risultati.
Saltai senza delicatezza sul suo corpo, prendendolo per le spalle e scuotendolo bruscamente.
– Jade, basta… - Mormorò in modo strascicato e aprendo lentamente gli occhi.
– Tu svegliati, allora. – Incrociai le braccia con uno sguardo corrucciato e osservando il viso di Dorian.
Possibile che anche appena sveglio era dannatamente bello?
Quando sollevò del tutto le palpebre, i suoi occhi sembravano dei grossi fari e io mi incantai, come sempre. – Mmm… Che bel risveglio. – La sua voce rauca e la sua mano che iniziò ad accarezzare la mia coscia mi incendiarono il corpo e persi ogni capacità di pensare. Si morse il labbro e la sua mano salì ancora più su, quasi sul mio sedere. Fu quel movimento a risvegliarmi dal mio stato di trans.
E solo in quel momento mi accorsi cosa intendesse dire sul ‘bel risveglio ’: ero seduta a cavalcioni sul suo bacino.
Cercai di svincolarmi in fretta e rossa in viso, ma le mani di Dorian mi afferrarono prima che potessi compiere alcun movimento. – Lasciami! – Mi lamentai, ma più mi divincolavo più lui mi stringeva a sé. E fu in quel modo che mi ritrovai sotto di lui a stretto contatto con tutto il suo corpo. – Perché mi hai svegliato? – Domandò bloccandomi i polsi sopra la testa e sorridendomi sornione. – Lo sai e ora levati! – Urlai di nuovo, provando a liberarmi dalla sua presa. Ma lui rideva.
– Sei venuta per fare l’amore con me? – Mi bloccai all’istante, mentre il sussurro di Dorian risuonava nella mia mente. Aveva appoggiato la testa tra l’incavo della mia spalla e il collo. Respiravo a fondo e cercavo di non immaginare me e lui, travolti dalla passione. Un bacio sulla clavicola mi riprese dai miei pensieri, al quanto proibiti ma completamente piacevoli.
– Sei venuta davvero per fare l’amore con me, Jade? – Un altro sussurro, ma stavolta riuscii a non cadere in quel turbine di confusione.
– Imbecille! Certo che no! – Questa volta Dorian allentò la stretta e io mi divincolai all’istante.
– Stavo solo scherzando, tigrotta. – Disse mentre mi alzavo e mi risistemavo quei pochi indumenti che mi ritrovavo.
– Certo, andiamo? – Sospirai mentre lo vedevo alzarsi. Mi puntò col suo sguardo penetrante e credetti di sciogliermi da un momento all’altro.
– Jade, ti ho già spiegato che la mattina non possiamo andare. – Si girò verso la finestra, e io ne approfittai per guardare il suo fondoschiena. Era tremendamente sexy, ed io dovevo finirla di pensarlo. – Sì, ma oggi non scotta tanto il sole. –
Cercai di convincerlo ma era irremovibile. Così uscii da quella stanza, sicuramente un po’ seccata.


Ero appoggiata al tronco dell’albero, annoiata al massimo e intenta ad osservare Dorian che rifiniva un grosso ramo.
– Ciao. – David si sedette affianco a me e sorridendomi come sempre.
–Ciao.- Risposi al saluto mentre giocavo con la sabbia.
– In questi giorni non ti ho vista per niente. – Mi disse, mentre mi osservava, forse troppo.
– Scusami, ma Dorian sta cercando di insegnarmi a nuotare. – Mi giustificai, girando il capo verso di lui e rivolgendogli un sorriso di scuse. – Ho visto. – Affermò in modo acido, come poche volte gli avevo visto fare. Alzai un sopracciglio stupita dal suo tono quasi arrabbiato.
Lui si girò di scatto e puntò il suo sguardo su Dorian. Sembrava volesse incenerirlo.
– David? – Lo chiamai. – Cazzo! Ma come fa a piacerti! – Sbraitò alzandosi all’improvviso e stringendo i pugni.
Era per caso impazzito? – David, calmati e non urlare! – Sussurrai arrabbiata e indicando il posto accanto al mio. Si sedette nervosamente e con un’espressione tesa in viso. Mi girai con tutto il corpo verso di lui e cercai di parlare chiaro.
– Primo: non mi piace per niente Dorian. Secondo: spiegami perché ti sei alterato in quel modo. – Mi guardò un po’ restio, stringendo i pugni.
– Vuoi sapere perché odio quel cazzone? – Il suo tono si alzò di nuovo. Annuii osservandolo attentamente.
– Perché mi piaci, cazzo! – Iniziò a gesticolare e disse quelle parole con rabbia.
– Perché ho una voglia di baciarti incredibile e non voglio che quello squilibrato ti porti via da me…- Il suo tono si addolcì man mano, mentre io iniziai a sentirmi a disagio.
–David…- Cercai di parlare ma con scarsi risultati. – No, ti prego. Non dire niente. – Aveva la voce leggermente incrinata. – Non dire niente, non posso sopportare. So bene cosa provi e soprattutto per chi provi qualcosa. Quindi, ti chiedo di non dire niente e magari fa anche finta di non aver sentito niente. – Non sapevo cosa dire e soprattutto cosa fare. In un certo senso aveva capito tutto e io non volevo farlo soffrire ancora. – Mi dispiace…- Deglutii con uno sguardo smarrito e triste.
– Posso chiederti una cosa? – Ero preoccupata per quello che stava per domandarmi ma annuii lo stesso. – Posso baciarti? Ti prego, solo una volta. – La sua richiesta non era poi tanto assurda, sapeva che per me quel bacio non sarebbe significato niente, ma era soltanto un piccolo contentino per lui. Stavo per rispondere quando una mano mi cinse il polso e mi alzò dal mio posto un po’ bruscamente.
– Lei non bacia proprio nessuno. – Il tono di Dorian era abbastanza gelido e forse anche minaccioso. – Non credi che debba decidere lei? – Certo che David sapeva come apparire calmo.
– Lei ha detto di no. – Perché sembrava volesse ucciderlo con lo sguardo?
– Sei tu che lo hai detto. Allora Jade? – Stavo di nuovo per rispondere ma Dorian mi caricò in spalla e mi portò a mare.

– Dorian ma che ti prende? – Stavolta non urlai, volevo solo capire il perché di quella sua intromissione. – Niente. – Mi rispose indifferente mentre avanzava verso di me.
– Come niente, Dorian? Aspettava a me rispondere. – Era di fronte a me e cercavo di perscrutare nei suoi occhi limpidi.
– Volevi anche rispondere? – Il suo tono gelido era ritornato. Lo guardai confusa e forse anche offesa.
– Spiegami qual è il tuo cazzo di problema. – Dissi con finta calma, avvicinandomi a lui a pugni stretti. Mi guardò con riluttanza e si fece ancora più vicino. Sentivo il suo respiro sul mio viso.
– Ti piace David? – Mi aspettavo questo tipo di domanda da lui. Di certo non gli avrei risposto subito un ‘no’. Mi aveva confessato che era geloso del rapporto mio e di David, quindi perché non giocare un po’?
– E se ti dicessi che sono pazza di lui? – Incrociai le braccia al petto con un sorrisetto di sfida stampato in volto. La sua espressione fu indecifrabile ma notai quel pizzico di sorpresa per poi diventare tremendamente serio.
– Beh, ti risponderei che sei una stupida! – Si allontanò di poco, evitando di guardarmi.
– Perché mai? E’ anche un bel ragazzo.- La mia voce era decisamente da gatta morta e forse fu quello a far infuriare Dorian, tanto che mi coricò di nuovo in spalla mentre io urlavo divertita. Arrivò in una parte dove sicuramente facevo piede anche io e mi buttò bruscamente in acqua. Riemersi con il fiatone. –Stronzo! – Iniziai a schizzargli mentre lui cercava di scansare i miei attacchi. – Ehi, basta! – Si lamentò avvicinandosi. Io continuavo a schizzarlo senza però allontanarmi. Quando mi fu abbastanza vicino mi bloccò i polsi mentre io mi dimenavo ridendo.
– Basta.- Disse tra i denti ma con un tono divertito. Avevo il fiatone ed ero stanca, così mi fermai. Aprii del tutto gli occhi e vidi quelli di Dorian puntati dritti su di me.
Così limpidi… così penetranti… così belli.
Avevo un sorriso da ebete stampato in volto mentre osservavo Dorian illuminato dalla luce rossastra del tramonto. Si immerse nell’acqua del tutto, lasciando solo il capo fuori e si avvicinò cingendo i miei fianchi con le sue mani. Quel contatto provocò una fitta piacevole al mio basso ventre e una scossa elettrica per tutta la mia spina dorsale. Lui continuava a scrutarmi, con un piccolo sorrisetto che man mano andava a scomparire, rimanendo con una semplice espressione neutrale sul viso.
– Non devi nemmeno guardarlo. – Sapevo a chi si riferisse, ma non riuscii a mantenere la mia sorpresa in quella specie di divieto.
– Solo me. – Il suo tono era così caldo e suadente che mi venne improvvisamente la pelle d’oca. Solo te? Oh, Dorian non credi che lo faccia già abbastanza? Cosa avrei dovuto rispondere?
Avrei dovuto tirarmi indietro facendo la parte della frigida o dovevo buttarmi in quel gioco troppo vicino alla realtà per i miei gusti?
– E tu devi guardare solo me. – Non sapevo nemmeno io dove trovai quella sfacciataggine e soprattutto quel tono di voce sensuale che non mi era mai capitato di sperimentare fino ad oggi.
 – Come faccio a guardare altro? – Arrossii violentemente mentre il suo sorriso era sempre più malizioso e le sue mani avevano cominciato ad accarezzarmi lievemente i fianchi.
Dio, Jade. Mi piaci troppo. – Sembrava quasi un’imprecazione.
Due dichiarazioni in meno di mezz’ora, era la realtà o stavo solo sognando? Ovviamente, quella che mi aveva colpita direttamente nella parte sinistra del petto, era quella di Dorian.
Ma ciò che mi sconvolse di più e che mi fece galoppare il cuore a kilometri orari fu il seguito. Attaccò le sue labbra con le mie, in modo possessivo e violento.
Chiusi gli occhi beandomi di quel contatto.
Le sue labbra erano sempre morbide e piene, e le farfalle nelle stomaco si erano raddoppiate.
Iniziò a muoverle in modo cauto, portando una sua mano sulla mia guancia.
Si staccò lentamente, senza levare la mano.
Mi guardò arditamente, sembrava stesse aspettando qualche reazione da me.
Abbassò quegli occhi brucianti sulle mie labbra, guardandole famelico, per poi ripassare ai miei occhi. Deglutii con la bocca leggermente dischiusa.
E fu un attimo.
Mi ritrovai di nuovo quelle labbra che tanto mi piacevano sulle mie.
E un’altra emozione indescrivibile sorpasso il mio cuore, e forse, anche la mia anima.
Stavolta, non si fermò al solito bacio a stampo. Insinuò la sua lingua tra la fessura delle mie labbra, spingendo leggermente e chiedendo l’accesso.
Come potevo negarglielo?
Dischiusi leggermente le labbra e in un attimo, la sua lingua e il suo sapore mi inondarono completamente.
Potevo morire? Potevo immortalare questo momento per sempre?
Sembrava un altro mondo quello in cui mi trovavo, fatto di Dorian e delle sue labbra.
Iniziò a muovere la lingua in modo delicato e cauto, e cavolo era indescrivibile ciò che sentivo. Prese con entrambi le mani il mio viso e si avvicinò ancora di più, attaccando i nostri corpi e senza smettere di baciarmi.
Terribile e bellissima tortura.
Le mie mani salirono tremanti a causa di quell’emozione sconosciuta, sul suo petto, accarezzandolo. Dorian continuava a baciarmi con devozione. Giocava con le mie labbra. Assaporandole, intrappolando il labbro inferiore tra le labbra e ogni tanto mordendole, regalandomi scosse piacevoli per tutto il corpo. Non ero molto partecipe perché cercavo di capire cosa mi stesse succedendo e perché fosse così bello baciare un ragazzo. Dorian aveva un sapore unico.
Forse il mio sapore preferito. Si staccò di pochi centimetri per riprendere fiato.
– Eh sì, mi piaci più del dovuto. – Sussurrò a fior di labbra e fu la goccia che mi spinse nell’orlo del precipizio.
Mi tuffai di nuovo sulle sue labbra, desiderosa di quel contatto e del suo sapore.
Immersi le mani nei suoi capelli e lo spinsi verso di me.
Sembravo un’assatanata, ma poco mi importava. Le mani di Dorian stavolta raggiunsero la mia schiena e mi strinsero forte contro il suo petto. Sentivo la leggera peluria contro il mio stomaco e questo non fece altro che farmi incendiare ancora più del dovuto. La sua lingua fu di nuovo a contatto con la mia e non c’era niente di più bello che sentire Dorian baciarmi con tanto desiderio. Avevamo il fiatone entrambi e sembravamo inarrestabili. Pareva che da un momento all’altro qualcuno ci avrebbe separati e io non avevo intenzione di lasciarlo andare. Adesso il bacio non era più delicato e dolce ma quasi l’opposto. Dorian mi stringeva passionalmente e le nostre lingue si muovevano in fretta e arditamente.
Mi morse il labbro superiore e dalla mia bocca uscì un piccolo gemito di piacere.
Questo non fece che altro che eccitare Dorian tanto che mormorò un ‘Oh, Jade’.
Salvatemi, finché potete.
Era sicuramente sera ed io cominciai a sentire freddo. Tremavo leggermente ma non mi importava niente di niente. Quel bacio mi stava risucchiando l’anima e io non volevo essere salvata. Dorian si accorse del mio tremolio e mi prese in braccio, annullando completamente quel bacio così perfetto. Iniziò a camminare frettolosamente, quasi con impazienza.
Appoggiai il capo sul suo petto e iniziai a pensare.
Fu quello il grande sbaglio.
Iniziare a pensare e permettere alla mente di girovagare nei pensieri.
Sapevo che mi sarei procurata inutili problemi e così fu.
Dorian era diventato troppo per me e forse io non ero troppo per lui.
Quel bacio mi stava bruciando viva e non potevo permetterlo. Non potevo permettere di farmi del male da sola. Perché quelle emozioni indescrivibili e mai provate erano così immense e infinite. C’era qualcosa di più bello? Adesso ero in cima ad una vetta ma sarei sicuramente precipitata nel burrone più profondo e oscuro. Dorian mi posò velocemente sul letto di paglia e salì altrettanto frettolosamente sul mio corpo.
–Dorian!- Appoggiai una mano sul suo petto allontanandolo, prima che intrappolasse di nuovo le mie labbra tra le sue. Si fermò di colpo e mi guardò spaesato.
– Dorian, non possiamo. – A quella frase vidi ogni parte del suo viso contrarsi.
E il suo corpo non fu da meno. Si irrigidì all’istante, continuando a guardarmi con quel pizzico di delusione e tristezza.
Scusami, ma non posso innamorarmi di te, avrei voluto dirgli.
Ma non potevo fare nemmeno questo. Si alzò di scatto e mi osservò dall’alto mentre io cercavo di ricompormi e di sedermi composta. I nostri corpi ancora bagnati e le nostre labbra ancora infiammate. Desiderose di sentire quel piacevole contatto, almeno per me.
– Dorian, ascolta… - Ma la sua voce arrabbiata mi bloccò. – E per David, vero? –
Rimasi scioccata da ciò che mi chiese.
Quel bacio mi ha dissetato mentre ero in un deserto senz’acqua per mesi e tu insinui ancora che David mi piaccia?
– Vieni qui, Dorian. Ti prego. – Sospirai battendo la mano accanto a me, facendogli segno di sedersi.
– Io… - Stava ricominciando ad attaccarmi ma lo fermai sul colpo. –Dai, vieni. –
Si avvicinò e si sedette accanto a me, con ancora un’espressione offesa sul volto.
–David non mi piace, posso giurartelo. E’ solo un amico, tutto qui. Smettila di tirarlo sempre in ballo. – Presi la sua mano tra le mie ma con un gesto brusco se ne liberò.
Ero rimasta ferita da quel gesto, era plausibile.
–E allora? – Incrociò le braccia e sbuffò pesantemente.
– E allora non possiamo, o almeno io non posso. – Affermai innervosendomi di poco.
– Non posso, forse un giorno capirai. – Continuai lasciandolo sicuramente confuso.
Si alzò di nuovo di scatto e prima di andarsene mi disse qualcosa che mi colpii come un fulmine a cielo aperto. – Sei soltanto una bambina, avrei dovuto saperlo. - 

















_______________________AUTRICE_______________________





Hi guys!
So benissimo che volete uccidermi tutte, ma almeno spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo...
INTENSISSIMO BACIO TRA DORIAN E JADE!
Non è quello che mi state chiedendo da moltissimo tempo? 
Spero davvero di cuore che vi sia piaciuto questo capitolo, perché non saprei nemmeno come farmi perdonare di questo enorme ritardo! Scusatemi, davvero.
Ritornando alla storia, Jade ha due dichiarazione in meno di mezz'ora! Ruba cuori, eh! 
David ovviamente viene rifiutato, così  come Dorian anche se lui ha avuto il suo bacio.
Vi avverto che si creerà un triangolo amoroso simile a quello di Beautiful :D
No, ok. Solo che la mia storia non durerà tipo 20 anni ahahaha
Il prossimo capitolo è gia pronto, babe!
Sarò felice delle vostre recensioni, sempre belle e piacevoli!
Al prossimo capitolo.
Ringrazio chi: 
  • Recensisce.
  • ​Recensisce sempre.
  • ​I lettori silenziosi.
  • Ha aggiunto la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate.


​Un bacio, Marta.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Chapter twelve. ***





                                                                          Chapter twelve.






                               












Dorian's part.


Sale.
Era tutto ciò che riuscivo ad odorare.
Il rumore delle onde.
Era tutto ciò che riuscivo a sentire.
Sole.
Era tutto ciò che sentivo costantemente sulla pelle.
La spiaggia.
Era tutto ciò che vedevo.
Jade.
Era tutto ciò che volevo toccare, o meglio ancora, baciare.
Era una tortura quell'isola.
Per molti può sembrare il paradiso terrestre ma credetemi, era al quanto faticoso sopravvivere.
Già... sopravvivere!Era  tutto ciò che dovevamo cercare di fare.
Trovare il cibo per il giorno dopo.
Trovare qualcosa per trovare il cibo per il giorno dopo.
Trovare qualcosa per trovare qualcosa per trovare il cibo per il giorno dopo.
La mia mente e il mio fisico erano esausti! Certo, avevo fatto dei muscoli che nella mia vita normale mi costavano tutti i giorni in palestra, ma avevo fame! E avevo nostalgia di casa.
Della mia camera, dei miei amici e... dei miei genitori. Strano, che degli esseri senza cuore potessero mancarmi anche solo un po'. Avevo vissuto sempre in una casa abbastanza lussuosa. Avevo tutto ciò che volevo. Giochi, caramelle e schifezze a volontà, piscina, tanti videogames e ragazze. Cosa poteva mancarmi se non mio padre seduto accanto a me sul divano mentre vedevamo ansiosi la partita? Cosa poteva mancarmi se non mia madre preparami il pranzo invece che esserlo preparato dalla prima sconosciuta pagata per passare 24 ore su 24 con me? Ed era pure apatica.
I primi anni della mia vita i miei genitori erano poco presenti, il resto non li vedevo proprio se non quando tornavano la sera.
Passavano e mi davano il bacino della buonanotte.
Ridicoli.
Non avevo molti amici della mia età quando ero più piccolo. Non potevo invitare nessuno e nessuno poteva invitare me. Regole stupide dettate dai miei genitori. Non gli avevo chiesto mai il perché, mi avrebbero dato solo risposte stupide. Crescendo imparai a fare amicizie. I primi anni del liceo, ero il solito ragazzo che si faceva trasportare dalla massa di coglioni in calore. Entrai persino a far parte di una confraternita nominata ‘StrangePeople’. Lì mi avevano insegnato di tutto. Tra le tante cose, anche a fumare. Canne a volontà, senza prendere mai il vizio. Forse ciò che fumavo in modo giornaliero erano le mie amatissime Winston Blue. E adesso, ripensandoci, ne avevo proprio voglia. Dopo un anno decisi di allontanarmi perché, da solo, capii che avrei preso sicuramente una brutta strada, anche se ormai la mia reputazione e la mia popolarità iniziarono a crescere. Una sera di novembre, in un bagno della scuola, persi la verginità con la più gettonata del posto.
Clarissa.
Clarissa aveva lunghissimi capelli biondi e un fisico da urlo. Chiunque, anche le ragazze, non riuscivano a staccarle gli occhi di dosso quando vi passava d’avanti. Certo, sembrava la solita figlia di papà che parlava con un’oca starnazzata, ma…una figa vale l’altra! E poi la sua era quella più desiderata. Ovviamente, lei non era vergine, sicuramente ero stato il trecentocinquantacinquesimo.
Ci fidanzammo persino.
In pratica andavo a casa sua solo per scoparmela. Ma, si sa. Dopo ti scocci e la lasci.
E così, diventai il più popolare della scuola. Amato dalla ragazze e invidiato dai ragazzi. Bastava posare gli occhi su qualcuna di loro e finivano nel mio letto, senza problemi.
Ma questo aveva anche dei lati negativi. La mia reputazione non era poi tanto bella.
Mi consideravano superficiale, senza avermi mai conosciuto. Mi consideravano montato e anche stupido. Sinceramente, non mi sentivo stupido e inoltre, avevo anche la media più alta della classe.
Voci idiote.
Ero soltanto un ragazzo che amava spassarsela. E avevo preso come punto in favore, la mancanza costante dei miei genitori. Minimo due volte a settimana organizzavo qualche festa, con tanto di alcolici e fighe da paura! Ovviamente, ripuliva tutto la governante. La pagavo di nascosto il doppio per farla tenere la bocca chiusa. Sicuramente un po’ mi adorava. Avevo una vita fantastica ma non ero per niente felice.
Cosa mi mancava? Non sapevo dare una risposta, non sapevo spiegarmelo.
L’amore? Nah, non mi era mai importato. Non avevo paura ma non mi interessava. E’ qualcosa di superficiale e grezzo nella vita, a che serve innamorarsi? Preferivo farmi una bomba del sesso piuttosto che cercare la ragazza che mi rapisse il cuore.
Ma l’isola mi aveva sconvolto tutta la vita.
Tutto il circolo in cui ero caduto, era scomparso.
Definitivamente, tutto ciò che faceva parte di me era stato inondato da un altro genere di vita.
Prima amavo giocare alla play tutto il giorno. Sull’isola mi impegnavo ad aprire il cocco e a pulire il pesce.
Prima mi impegnavo sullo studio, ed ora mi applicavo a catturare qualsiasi forma animale.
Prima mi piaceva fare sesso, ed ora mi piaceva osservare Jade.
Già…Jade.
Era stata una scoperta per me. Non sapevo se positiva o negativa. Ma una meravigliosa scoperta.
Qualche volta, a scuola, l’avevo notata nei corridoi oppure in mensa. Anche perché, l’avevo sempre considerata una bellissima ragazza ed era impossibile non notarla. Aveva quei capelli nel rossiccio e quegli occhi verdi smeraldo che incantavano chiunque. Per non parlare del fisico, cosi delicato e fine. Aveva un modo elegante di muoversi. Non ci avevo mai provato con lei perché si vedeva lontano un miglia che tipo fosse. Sicuramente la solita verginella con un odio represso per quelli popolari come me. A che serviva avvicinarsi? Quando il mio amico mi invitò al party sul suo yacht, già sapevo che sarebbe venuta con Jessica, un’altra bella ragazza ma abbastanza civettuola. Ero andato a letto con lei e dovevo dire che la tipa ci sapeva fare.
Alla festa le vidi arrivare insieme. Jessica che mi guardava in uno strano modo perverso e Jade, ovviamente, con un’espressione corrucciata. Le stava davvero bene quel vestito, le risaltava il colore smeraldo degli occhi, ma sicuramente non mi sarei né presentato né avvicinato.
Tranne se non l’avessi vista svenire d’improvviso nel bel mezzo della folla. Mi affrettai a soccorrerla e a chiamare la sua amica Jessica. Fin quando non arrivò la polizia e dovetti portarla su un gommone.
Mi persi ad osservarla ed ogni minuto che passava pensavo a quanto fosse bella, finché non aprì gli occhi e la sua espressione incupita fece capolino. Per tutto il tempo non fece altro che lamentarsi, mentre la sua amica cercava di scusarsi. Arrivammo a destinazione e lì ebbe inizio la fine della mia vita da adolescente popolare.
Adesso Jade non era bella, era splendida.
Certo, era dimagrita tantissimo, ma il suo corpo mi attirava tantissimo.
Inoltre, avevo gli ormoni in subbuglio ed ora che non c’era più Charlotte ad acquietarmi, il mio istinto animale a volte aveva la meglio. Ovviamente, non mi ero permesso mai di alzare un dito su di lei, ma quel fuoco ardeva ogni qual volta vedevo anche solo le sue spalle piccole e minute. I suoi occhi smeraldo si notavano di più, siccome la sua pelle abbronzata creava contrasto. Le sue labbra parevano ancora più gonfie poiché era dimagrita, e volevo tanto o forse troppo, assaporarle e gustarle. All’inizio il nostro approccio era stato difficile, ma man mano, la tigre era diventata un cucciolo di tigrotto. Mi piaceva stuzzicarla ma mi piaceva altrettanto farla sorridere. Quando mi avevo confessato la sua fobia per il mare, dal profondo dell’anima mi era partita la voglia di aiutarla. Volevo proteggerla e nello stesso tempo spingerla ad affrontare tutto ciò che temeva. Mi ero intestardito e così riuscii a convincerla. Le prime volte tremava e aveva crisi d’ansia, ma mai l’avrei lasciata sola. Sembrava una piccola bambina bisognosa d’affetto e io avevo tanto da darle. Pian piano, Jade aveva imparato ad amare il mare tanto quanto lo amavo io.
Mi svegliava ogni mattina, non in modo dolce, e mi portava a giocare in acqua con lei.
Amavo sfiorarla, guardarla, odorare il suo profumo e sentirla ridere.
La mia vita su quell’isola stava diventando meno faticosa e più piacevole, grazie alla sua presenza.
Anche se, qualche altra presenza mi infastidiva non poco. Quel maledetto idiota di David. Sbavava dietro la mia Jade come un San Bernardo in calore e ogni qual volta la vedeva, le sorrideva come un ebete.
E lei? Gli dava corda!
Non ero sicuro che le piacesse quel coglione, ma allora perché non mettere le cose in chiaro?
Cercavo il più possibile di allontanarla da David e tenerla tutta per me. Tutto ciò che mi azzardavo a fare era abbracciarla. Sentire la sua fragilità sotto il mio corpo muscoloso era qualcosa di estasiante per me. Perché in quel momento sentivo il legame forte e indistruttibile. Ed era strano, era maledettamente strano che una ragazza potesse farmi provare tutto ciò.
Ero innamorato? No, troppo presto e troppo poco.
Ma penso che mai nella mia vita avevo considerato una ragazza così seriamente.
A volte, vegliavo sulla sua stanza. Avevo paura di qualche attacco sia animale che umano. David non doveva permettersi di entrare in quella stanza e Charlotte, data la sua folle gelosia, poteva picchiarla in qualsiasi momento.
E nessuno doveva toccarla.
Avevo notato che Jessica, che si considerava la sua ‘migliore amica’, l’aveva in un certo senso abbandonata.
Jade rischiava di cadere ed io ero pronto a prenderla.
Mi rendeva felice guardarla divertirsi in acqua.
Era grazie a me? Certo che lo era, ma Jade aveva scelto di fidarsi e tutto il merito andava a lei. Avevo provato parecchie volte a baciarla, forse avevo anche azzardato troppo, ma la voglia era immensa.
Magari il mio unico pensiero fosse assaporare le sue morbide labbra…io volevo avere un rapporto carnale con lei! Mi eccitavo come un ragazzo nel pieno della crisi ormonale. Sapevo bene che non mi avrebbe mai permesso nemmeno di accennare a quel tipo di rapporto intimo eppure a volte fantasticavo. Di carezzarla per tutto il corpo, nelle zone più desiderate, in quella parte di puro piacere. Ma lei di certo non si perdeva in queste debolezza.
Lei voleva il ragazzo che le rubasse il cuore. Ed io non ero sicuro di farlo. Non ero sicuro di prenderla in giro solo per farci sesso. Avevo paura di farle del male, un tremendo timore di vederla piangere. A meno che non rubasse lei il mio cuore, ma cosa improbabile perché non mi sarei mai fatto ingannare da quell’emozioni.
E poi, era il mio tipo? Non credo.
Lei non era la tipica ragazza che amava divertirsi.
Lei era quella ragazza seria.
Lei era quella ragazza che non si faceva ammaliare da nessuno.
Era quella ragazza che aveva un unico obbiettivo nella sua vita.
E forse, era proprio quello che ammiravo di lei, oltre al suo corpo ovviamente.
Ogni giorno era una battaglia per me su quell’isola, ma passare del tempo con Jade era il mio premio.
A volte ne approfittavo per accarezzarle quelle meravigliose gambe lunghe. E lei non si lamentava, anzi, iniziava ad infilare le sue piccole dita nei miei capelli. La mia tigrotta aveva scoperto in fretta il mio punto debole. Certe volte guardavo troppo sfacciatamente il suo collo e desideravo solo di morderlo e leccarlo.
Ed ogni giorno mi ripetevo: ‘tieni a bada il tuo arnese, Dorian.’
La mia vita era decisamente cambiata. L’altra sera, ero riuscita a baciarla. In quelle onde, con il tramonto alle nostre spalle, avevo assaggiato il suo buon sapore. Così dolce e piacevole. Si era lasciata decisamente andare e io mi ero fatto prendere troppo. Al punto che, quando era ritornata la solita Jade distaccata, mi avevo respinto.
Ed io, giustamente, mi ero incazzato moltissimo. La paura più grande era stato il fatto che magari mi avesse respinto a causa di David. Diventai intrattabile ed in questo momento il nervosismo mi pervadeva ancora.
L’osservavo da lontano mentre preparava il pranzo. Tagliavo rabbioso la legna perché la voglia di prenderla e baciarla era troppa, ma ero troppo nervoso per farlo. Ero ancora incazzato perché lei doveva desiderare me, non lui. Perché lei non doveva pensare a nessun’altro se non me. Non doveva guardare nessun altro se non me. Questo ovviamente era solo quello che pensavo. Non le avrei mai imposto niente del genere. Come minimo mi avrebbe evirato in pochi secondi. Quindi non mi restava altro che osservarla da lontano e sperare che David non le si avvicinasse. Ad un tratto, i suoi occhi si posarono su di me, regalandomi una scarica elettrica.
Il suo sguardo era pieno di significati che non riuscivo a decifrare.
Scuse? Rabbia? Rancore? Tristezza? Sapevo solo che in quel momento volevo correre da lei e tenerla accanto a me, stretta e lontano dagli occhi di tutti. E invece, tutto quello che feci, fu girarle le spalle.
‘Jade, vieni da me.’ Avrei voluto dirle. ‘Jade, voglio stringerti ancora a me.’
Si alzò sbuffando e dirigendosi verso il rifugio. Spaccai in due il tronco che stavo tagliando.
Maledetto orgoglio.



– Sono preoccupato per te, Jade. – La voce di quel cretino di David mi era ancora più antipatica del solito.
Ero nascosto dietro la parete della stanza di Jade, mentre ero intento ad origliare la conversazione tra lei e David.
– Sto bene, non vedo perché tu debba preoccuparti. – Ci fu un piccolo sospiro. – Davvero. – Concluse.
Ma di cosa stavano parlando? – E allora perché hai questa faccia verde da due giorni? – Chiese ancora David. Esattamente due giorni fa avevamo litigato. Era per causa mia?
– Quale faccia? Credo tu ti stia impressionando. – Sapevo benissimo l’espressione di Jade quando mentiva.
–Ok, allora scusa. – La voce di David si era ridotta ad un sussurro.
Sentii uno spostamento e poi un ‘No, David.’ Cosa stava combinando?
Preso dalla paura che potesse toccarla o altro, balzai in avanti, spaventandoli entrambi.
Gli occhi di Jade erano spalancati, così come quelli di David, forse solo un po’ più rabbiosi.
– Stavi origliando!- Accusò subito quel coglione. – Cosa stavi facendo, Dorian?- Mi chiese Jade cercando di capire qualcosa. –Io…- Non sapevo che dire, perché in effetti stavo origliando. Lo sguardo di David era sempre più irritato e scocciato. – Io stavo soltanto… - Non sapevo che inventarmi. – Stavo…- Sembravo davvero un idiota completo, tanto che la voce cupa di David sovrastò la mia. – Non sai farti i cazzi tuoi, Dorian? O sei geloso per caso? –
Colto sul fatto. Non dissi nulla. Non sapevo come rispondere, non me ne sarei mai uscito.
Cercavo di evitare gli occhi di Jade che mi guardavano confusi.
– Sei solo un cazzone. – Sbottò alzandosi. Il mio nervosismo arrivò alle stelle. Ero pronto a farlo fuori quel figlio di puttana. – Vedi di calmarti, amico. – Dissi con tono minaccioso, avvicinandomi a lui e non vedendo l’ora di spaccare quel faccino che si ritrovava.
– Se no?- Alzò un sopracciglio a mo’ di sfida. Ora lo faccio fuori!
Non solo si permetteva di provarci con la MIA Jade, ma aveva persino il coraggio di sfidarmi!
Ero pronto per sferragli un cazzotto dritto sulla mascella, quando delle piccole mani delicate si appoggiarono sul mio petto, cercando di allontanarmi da David.
– Dorian…- Aveva la voce spezzata. Abbassai lo sguardo su di lei e la vidi così piccola e indifesa da addolcirmi in pochi attimi. Mi abbracciò di scattò e questo non fece altro che innervosire ancora di più David.
– Ma che cazzo fai, Jade?- Le urlò contro. Ma come si permetteva quello stronzo?
– Non…- Stavo per riaffrontarlo di nuovo, quando la voce ferma e decisa di Jade non gli chiese di andarsene.
– Scusami. – Gli disse infine, quando finalmente sorpassò la porta con un’espressione furiosa stampata in viso.
Jade si staccò di colpo. – Dimmi cosa cavolo ti prende!- Mi puntò un dito contro e alzò un sopracciglio, squadrandomi da capo a piedi. Era così tenera, inconsapevolmente.
– Stava cercando di baciarti? – Le domandai di getto, camminando a passi lenti verso di lei.
– E a te che importa? – La sua voce suonava un po’ insicura. – Lo sai bene che mi importa, Jade. –
Sicuramente la spiazzai.
– Quindi, evita di stargli vicino. Intesi? – Pessimo sbaglio. Non dare mai degli ordini a delle ragazze ribelli, o soprattutto, femministe come Jade.
– E tu chi cavolo sei? Mio padre? Il mio ragazzo? Sta lontano da me, Dorian. – Parlò velocemente e puntandomi con uno sguardo accusatorio. Era esattamente la reazione che mi aspettavo. L’abbracciai da dietro, accoccolandomela tra le mie braccia, anche se era un po’ rigida.
– Sai che non lo sopporto, Jade. Lo sai benissimo che mi fa incazzare un casino. – Le sussurrai queste parole al suo orecchio, mentre la vedevo rilassarsi tra le mie braccia. Era così morbida e piccola. Non abbracciavo mai le ragazze che mi piacevano, forse le amiche, ma non ricordavo fosse così bello.
– Allora, scusami. – Sussurrò di rimando, liberandosi dalla mia stretta e sedendosi sul letto di paglia.
– Cavolo, Jade!- Mi abbassai alla sua altezza e la presi per le spalle, scuotendola leggermente.
– Ti piace? Dimmi la verità! Perché se è così, ti lascerò in pace. Lo giuro. – Non sapevo se quel giuramento fosse vero o meno, ma volevo la verità. – Io devo sapere se appartieni a lui o… a me. – Il mio tono andò ad abbassarsi man mano che parlavo.
Mi osservò per qualche minuto, finché non parlò a bassa voce. – Devo appartenere per forza a qualcuno? –
Non sapevo dove volesse andare a parare.
– Insomma, sono una bambina, no? – Era ancora offesa per quello che le dissi l’altra sera. Non lo pensavo davvero, ma ero furioso e lo ero tutt’ora. – Ti sei comportata in quel modo, come volevi che reagissi?- Avevo leggermente alzato la voce. Speravo di controllarmi.
– Non ero pronta! – Adesso si era infuriata anche lei, tanto che mi urlò contro e si alzò dal letto.
– Pronta per cosa? – Gridai di rimando, alzandomi a mia volta e cercando spiegazioni.
Ad affezionarmi troppo a te, Dorian. – La sua voce divenne un sussurro impercettibile. Mi aveva completamente spiazzato.
Aveva forse paura di innamorarsi di me?
– Jade…- Cercai di parlare ma mi fermò subito. – Ti prego, vai via. – Eh no! Non poteva di certo cacciarmi così.
– Non me ne vado!- Il nervosismo si impossessò di nuovo di me. Si girò di scatto, guardandomi furiosa.
– VAI.VIA.- Lo disse tra i denti, sembrava volesse infuocarmi con lo sguardo.
– NO. – Risposi con altrettanta determinazione.
Tra di noi era fuoco.
Potente e amaro.
– Fanculo! – Urlò scagliandosi contro di me. Tenerla ferma non fu tanto difficile data la sua debolezza.
– Sei un maledetto stronzo! – Cercava ancora di attaccarmi ma a me sembrava solo un cucciolo di tigre.
– Zitta. – Sussurrai prima di sbatterla alla parete e avventarmi sulle sue labbra.
Erano morbide e terribilmente sexy.
All’inizio cercò di scacciarmi via, dimenandosi come un’anguilla. Cosa che non fece altro che eccitarmi ancora di più.
'Oh Dio, Jade. Tu non hai idea di cosa voglio farti.'
Appena notai che si era calmata, con la lingua tracciai la forma delle sue labbra e poi chiesi il permesso di entrare. Schiuse le labbra e assaporai il suo sapore. Così leggero e dolce, un miscuglio che mi fece letteralmente impazzire. Mi scappò un gemito e la strinsi ancora più a me, mentre lei alzava le gambe per potersi aggrappare a me.
Quel bacio era passionale e anche un po’ violento. Era un modo alternativo per non urlarci contro ma per scaricare tutta la rabbia repressa in un bacio. Mi azzardai ad appoggiare le mie mani sul suo sedere sodo, stringendolo leggermente e guadagnandomi un suo gemito che arrivò dritto nelle mie mutande.
Ecco l’istinto animale che mi diceva di strapparle quei pochi indumenti e sbattermela sul letto.
Ma lei non era una puttana.
Non era la solita ragazzina che mi scopavo il sabato sera in un locale qualsiasi.
 Lei era Jade.
La stavo letteralmente mangiando. Assaporavo e succhiavo le sue labbra con tanta avidità da farmi male.
La volevo così tanto che rischiavo di morire sul colpo. Ma non potevo fare altro, che baciarla e toccarla.
Le sue mani erano immerse nei miei capelli e brividi di piacere percorrevano tutto il mio corpo.
Ormai avevo perso la ragione.
Il mio istinto mi guidava o forse il mio cuore.
Era il mio cuore che mi portava da Jade? Ad inebriarmi di lei?
Non sapevo più cosa pensare, ma sapevo benissimo cosa fare.
Baciarla.
Perché cavolo mi piaceva da impazzire? Forse ero cambiato.
Forse era stata Jade a farlo.
Forse stavo conoscendo finalmente l’amore.











_______________________AUTRICE_______________________


Hi guys! 
SORPRESINA! Un pov di Dorian, vi è piaciuto?
Inoltre, ho aggiornato più presto del previsto... non merito un premio? 
L'ho fatto più corto del solito, lo so. Ma almeno è di Dorian, no?
Come vedete, ha raccontato tutta la sua vita. Quindi sapete cose che Jade ancora non sa! Attente che diventa gelosa!
Come vedete, Dorian è incuriosito da Jade, proprio per il fatto che è diversa. Nell'ultima parte abbiamo un'avvicinamento fosocoso, eh!
Comunque, aggiornerò presto anche il prossimo capitolo, ossia il tredicesimo, siccome già ce l'ho pronto!
Quindi, aspetto bellissime recensioni.


Ringrazio chi:
  • Recensisce.
  • ​Legge la mia storia.
  • L'aggiunge fra le preferite/seguite/ricordate.

​Alla prossima.
Baci, Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Chapter thirteen. ***


                                    Chapter thirteen.





                            

































Era geloso.
Era tremendamente geloso del rapporto tra me e David. Lo notavo dalla sua pressione sulle mie labbra. Una presa possente, calda e passionale. I miei polsi erano bloccati al muro in modo violento e la sua bocca divorava la mia.
Sarei svenuta a breve.
Non potevo fare altro che aggrapparmi a quel bacio focoso, attorcigliando le mie gambe ai suoi fianchi per tenermi meglio. Respiravo a fatica e a stento riuscivo a stare al suo ritmo così travolgente. Tutta la nostra rabbia si stava sfogando in quel modo. Stretti in una morsa potente e con entrambi il fiato corto. Dorian mi baciava con urgenza, mordicchiandomi le labbra e stampandomi baci sul collo.
Una scia calda e umida, capace di farmi rilassare ed eccitare nello stesso tempo. Ero così accaldata che tutto il nervosismo causato da Dorian stava svanendo.
Le sue offese e i suoi comportamenti da immaturo.
Anche se non potevo dimenticare tutto. Ma di certo, baciandolo avrei assunto almeno la metà delle colpe che gli stava dando. Probabilmente stufo di quella posizione un po' ingombrante, mi buttò non poco delicatamente sul letto di paglia, per poi ritrovarmelo sopra. Si rimpossessò di nuovo delle mia labbra, mentre io afferrai il suo capo e con rabbia lo tirai più vicino al mio.
'Più vicino, Dorian, più vicino.'
Si staccò dalle mie labbra per passare al mento, dove lasciò un piccolo morso per poi leccare la mia pelle fino al collo, dove si dedicò in modo dettagliato. Mordeva, leccava, succhiava e tutto ciò che potevo fare era trattenere quei gemiti di piacere, ma con scarsi risultati ovviamente. In una punto del collo in particolare, stette più del solito, creandomi sicuramente un segno violaceo. Scese fino alle clavicole e dei brividi percorse il mio corpo, come una scossa elettrica. Veloce, inaspettata e piacevole. Arrivò al petto, dove lasciò umidi e casti baci. Si fermò sulla sporgenza del seno. Sentii il suo respiro pesante sulla mia pelle.
Dovevo fermarlo? Perché mi ponevo quella domanda? La verità era che volevo che continuasse. Ero caduta in un vortice troppo lussurioso per ritornare indietro.
Dov'era la mia razionalità? Oh al diavolo, Jade!
Dorian non vedendomi protestare, come al solito, lo prese come una conferma, dato che, con delicatezza tolse quella maglietta stracciata e vecchia.
Ed eccomi qui.
Stesa su un letto di paglia, col seno scoperto, e con solo un pantaloncino leggermente invecchiato e mal ridotto.
E Dorian era sopra di me, col suo sguardo liquido, immobile.
Alzò i suoi occhi dal mio seno per posarlo sul mio viso ormai rosso, dato l'imbarazzo eccessivo.
Mi riservò uno dei suoi sguardi più penetranti, e non sapevo se fosse frutto della mia mente malata, ma notai quel pizzico di desiderio che mi accese ovunque. Si morse un labbro per poi abbassare lentamente il capo innanzi al mio seno, tenendo sempre lo sguardo fisso su di me. La sua bocca si poggiò delicata sul mio seno e una fitta piacevole attraversò il mio corpo concentrandosi per lo più nel basso ventre. I suoi occhi liquidi mi trasmettevano le sensazioni più erotiche, tanto che ebbi la pelle d'oca. Iniziò a lasciare piccoli baci attorno al capezzolo, alternando tra un seno e l'altro. Mi morsi il labbro per non urlare di piacere, strinsi forte tra le dita le ciocche di capelli di Dorian, lasciando qualche fievole gemito. Sentivo lo schiocco delle sue labbra sul mio seno, in modo così ardito e delicato nello stesso tempo, e le sue mani che iniziarono a massaggiarli lentamente e in modo rotatorio.
Era una tortura. E io rischiavo di sentirmi male dalle troppo sensazioni che stravolgevano sia il mio corpo che la mia mente. Dovevo riuscire a pensare, anche se le mani e la bocca di Dorian erano così propense a mettere in difficoltà la mia forza di volontà.
Mi morsi il labbro e il suo 'Jade' sussurrato tra un bacio e l'altro, riuscii a riscuotermi.
In quel momento mi sentii malissimo a causa dei pensieri che trapassavano la mia mente.
Mi stavo dando così facilmente ad un puttaniere.
Sei arrivata a livelli così bassi, Jade?
Qual' era il suo scopo se non questo?
Volevo piangere e il nervosismo prese a far parte di me spingendolo di scatto e urlando uno 'stronzo!'. Sarei sembrata isterica e pazza ai suoi occhi, ma non poteva permettersi di considerarmi una tale conquista facile.
Mi guardò per un attimo spaesato per poi mormorare -che cazzo ti prende?- Mi affrettai a prendere la mia maglietta buttata a terra, con uno sguardo affranto e irritato.
-Dimmi che cazzo ti prende?!- Urlò direttamente, alzandosi dal letto e guardandomi in cagnesco.
- Ti odio, Dorian! Ti odio! - La mia era una vera e propria crisi nervosa visto che urlai quelle parole con una certe voce stridula. Si portò le mani alla testa, scuotendola in segno di rassegnazione o forse nervosismo. - Cosa ti ho fatto stavolta, Jade?! - Urlava ancora, esasperato, ma stavolta non mi sarei fatta abbattere. - Tu sei un cazzo di stronzo, Dorian! - Gridai di rimando avvicinandomi a lui.
- Credi che per due paroline dolci ti avrei aperto le gambe?! - 
Continuai, mentre il mio tono risultava sempre più triste e bloccato dalla voglia di piangere.
- Ma cosa cazzo dici...? - Chiese arrabbiato, puntandomi con i suoi occhi di un grigio quasi sul nero. Era decisamente terrificante.
- Cosa dico? Mi hai dato della bambina giusto ieri solo perché non volevo continuare a baciarti ed adesso mi hai persino spogliata! - Ero indignata, e glielo feci notare in tutti i sensi.
- Tu non mi hai allontanato! - Si giustificò gesticolando irritato.
- Ti ripeto che non sono quelle sciacquette che ti porti a letto, Dorian. - Abbassai la voce per rendere e intensificare al meglio il significato delle mie parole.
- E io non ho mai detto il contrario, e anzi, non ti ho trattata mai come tale. - Disse queste parole tra i denti, quasi volesse farmi fuori da un momento all'altro.
- E allora perché? - La mia voce si era incrinata, tutto di un botto.
- Perché, cosa? - Calcò su 'cosa' e mi prese bruscamente per un braccio.
- Perché sembra sempre che in tutto quello che fai per me ci siano sempre secondi fini? -
A quella domanda mi scappò un lacrima e così decisi di allontanarmi da lui.
Mi divincolai dalla sua presa e iniziai a correre verso il mare.
Era notte ed era pericoloso camminare sulla spiaggia, dato le presunte tribù e gli animali che dominavano quell'isola.
Ma lo feci lo stesso.
Mi gettai a mare, senza esitare.
Infondo non avevo niente da perdere, no?
Non saremmo mai tornati a casa, di questo mi ero capacitata.
Niente più futuro, niente più famiglia, niente più scuola, niente più Dorian, niente di niente.
Ero convinta che lui fosse la mia ancora di salvezza, e invece, era ciò che mi trasportava giù, negli abissi di questo oceano che aveva bloccato le nostre vite per sempre.
Purtroppo le cose si erano complicate.
Dorian voleva secondi fini oppure ero io ad essere paranoica? Oh Dio, io non sopportavo nemmeno me stessa! La situazione era diventata troppo pesante. Era troppo tempo che ero lontana da casa. Troppo dalle braccia di mamma e dalla voce confortante di papà. Volevo rientrare nella mia camera e ritornare a studiare per il giorno dopo. Volevo mangiare i pop corn sul divano mentre guardavo un film strappalacrime.
Volevo leggere uno dei libri che mi aveva regalato zio Tom. Volevo cucinare per papà il sabato, quando mamma faceva l'orario prolungato a lavoro. Volevo sgridare Johnny per aver lasciato la camera in disordine e volevo guardare i suoi cartoni preferiti insieme.
Volevo tutto ciò che non potevo più avere: la mia vita.
Non avevo nessuno che poteva distrarmi siccome Dorian aveva deciso di appesantirmi la situazione. Forse ero troppo pessimista ed ero io che mi sentivo vittima, ma il fatto era questo: non stavo bene. Non mi sentivo più bene come prima, stava ritornando tutto dall'inizio. Quando il vuoto e la malinconia facevano parte di me. L'acqua era completamente fredda e non seppi nemmeno io dove trovai il coraggio di entrarci.
Era nera. Non ero mai entrata di notte e adesso eccomi qui.
Sola.
Fortunatamente il mare era molto calmo. Ma iniziai a tremare, sempre più forte. Avevo paura ma non volevo uscire. Così, mi distesi sul pelo dell'acqua, facendo il cosiddetto 'morto galleggiante'. Chiusi gli occhi e deglutii, ripensando al giorno in cui lo avevo imparato e soprattutto, a chi me lo aveva insegnato.


-Ascoltami bene, Jade. Ti ho già spiegato che è una cosa facilissima da imparare. -
Forse era l'ennesima volta che mi rispiegava la stessa cosa e io mi rifiutavo sempre di provare. Ovviamente, il motivo era la mia irrazionale paura.
- Dorian, per forza? - Lo guardai titubante mentre oscillavo con le braccia nell'acqua limpida di prima mattina.
- E' divertentissimo e anche molto rilassante. Fidati. - L'ennesimo sorriso e l'ennesimo sussulto al cuore. Non mi ero mai pentita di farmi aiutare da Dorian, quindi perché farlo adesso?
Annuii scuotendo il capo rassegnata, tanto mi avrebbe sempre convinto.
Sul suo viso si andò a designare un sorriso trionfante.
Tipico.
- Vieni qui. - Mi invitò con un gesto della mano ad avvicinarmi.
- Stenditi. - Mi disse tranquillo. Come? Lo guardai stranita e parecchio incredula.
- Beh? Che aspetti? - Sospirai fortemente e mi decisi a fare quello che mi aveva detto. Con un po' di titubanza, rilassai il mio corpo, mentre le mani di Dorian raggiungevano la mie gambe e la nuca. Mi alzarono lentamente e mi portarono proprio sulla superficie dell'acqua. A quel punto la voce sussurrata di Dorian mi arrivò sfocata all'orecchio.
- Ora, rilassati. Svuota la mente, Jade. - Come posso non pensare a niente se la tua voce accende ogni mio impulso? Ma meglio concentrarsi e fare quello che mi viene detto. Così, cercai di svuotare la mente, proprio come voleva. Man mano, riuscii a rilassarmi completamente, finché sentii le mani di Dorian staccarsi dal mio corpo. Mi sarei subito agitata se non fosse stato per la sua voce calda che mi sussurrò all'orecchio 'tranquilla'. E così mi rilassai di nuovo.
Sentivo il vuoto dappertutto: sopra, sotto e dentro di me.
Era una piacevole sensazione, aveva ragione Dorian.




Mi vennero inconsciamente brividi sulla pelle al ricordo della sua voce sommessa e cauta. E pensare che pochi minuti fa, la stessa voce stava inveendo contro di me, in un tono arrabbiato ed esasperato. Ed ecco di nuovo che le lacrime fecero capolinea.
Perché mi importa così tanto di te, Dorian? Possibile che pensi più a te che alla mia famiglia che mi manca da morire e che magari non rivedrò mai più? Basta, mi rifiuto di pensare.
Svuota la mente, Jade.



- Posso farti compagnia? - David era sempre più dolce ogni giorno che passava. Ed io sempre più apatica.
La colpa? C'era bisogno di dirlo? Io e Dorian non ci parlavamo forse da giorni ed io ne sentivo terribilmente la mancanza. Sicuramente non era lo stesso per lui, visto che quell'oca di Charlotte gli girava di nuovo intorno. La sera li vedevo sempre insieme e Dorian le sorrideva.
Già, come un tempo sorrideva a me.
Non mi guardava più, nemmeno di striscio.
Possibile fossi scomparsa da un momento all'altro per lui?
Allora era così, ero stata soltanto uno stupido giocattolino.
Non ti ho soddisfatto? Bene, non mi importa. Passiamo avanti.
La mia mente adesso elaborava solo quello e mi facevo del male da sola. David cercava sempre di starmi vicino ma io lo allontanavo con scuse banali. La verità che ero così nervosa che avrei potuto distruggere quello che si era creato tra me e David.
- Jade, mi aiuti? - Jessica mi riscosse dai miei pensieri.
Già, Jessica Bennet.
Vi ricordate, la mia migliore amica? Da quando Kelsey si era ustionata il braccio aveva iniziato a non calcolarmi, come se non esistessi. Non ero andata a chiederle spiegazioni sinceramente perché non ne vedevo il motivo. –Certo!- Risposi prontamente alzandomi e dirigendomi verso di lei.
Ci accordammo su come tagliare la frutta.
– Come va? – Una domanda che mi sorprese.
– Bene, te? – Non mostrai esitazione nella mia risposta, ormai ero brava a fingere.
– Bene. – Mi rispose a sua volta con un debole sorriso.
Calò il silenzio finché non decise di farmi altre domande. – Con Dorian? –
Quella domanda a bruciapelo mi prese di sorpresa.
– Vi vedo spesso insieme, ma in questi giorni sembrate distanti… - Già, distanti era la parola giusta. – E’ stata una coincidenza. – Risposi neutra non alzando gli occhi dalla ciotola. Sentii un sospiro e poi mi ritrovai il viso di Jessica vicinissimo al mio.
Sei innamorato di lui? – Mi sussurrò. Vorrei darmi anche io una risposta, Jess.
– No! – Risposi prontamente, riservandole un’occhiata incredula.
– Bene, allora levati di mezzo e lascia campo libero a Charlotte. –
Disse questa frase con molta calma e come se fosse una cosa ovvia.
Come? Rimasi spiazzata.
– Non mi sono mai messa in mezzo… - Ribattei assumendo un’espressione corrucciata.
Se di certo lui non voleva stare con lei la colpa non era mica mia!
– Non dire cazzate, Jade. – Mi riprese fermando il suo lavoro all’improvviso e portando le mani ai fianchi. – Dorian ha smesso di avere rapporti con lei a causa tua. - Non potei smentire siccome Dorian lo aveva detto esplicitamente sia a me che a tutti, ma di certo non gli avevo detto io di farlo. – Ok, e allora? Un motivo c’è, no? – Stavo iniziando ad innervosirmi, e non poco.
– Lei è innamorata di lui. – Affermò seria e guardandomi severa. – Sa bene che Dorian vuole solo sesso da lei, ma almeno lasciala godere anche solo quei momenti! –
La mia migliore amica che mi fa una partaccia… bene!
– Non posso passare del tempo con Dorian perché Charlotte ne è innamorata? Che discorso è? – Ok, era sicuramente anche la gelosia che mi stava portando a discutere.
– Levati.Dai.Piedi. – Lentamente disse quelle parole, mortificandomi.
– Jessica che ti succede? – Iniziarono a salire le lacrime agli occhi.
L’avevo persa davvero?
– Devi imparare a non pensare solo a te stessa. –
Fu una doccia fredda in pieno inverno. Stava forse scherzando?
– Io? Io penso solo a me stessa? Jessica ma che ti prende! – Stavo decisamente urlando, ma avevo il nervosismo alle stelle.
– Piangi e ti disperi da sola. Vuoi essere sempre al centro dell’attenzione, specialmente a quella di Dorian. Ti credi superiore, ma non lo sei. Fidati. – Una pugnalata al cuore sarebbe stata meno dolorosa e…cattiva. Cosa fare quando la tua migliore amica ti sputa delle parole così accusatorie? Mancava poco e sarei scoppiata a piangere.
– Va bene. – Annuii col capo, con la voce affievolita e gli occhi pieni di lacrime.
– Hai ragione. Sono pessima. Lascerò in pace Dorian come mi hai detto. –
E me ne andai, lontano dall’ennesima persona a cui credevo importassi. E invece è sempre la stessa storia. Ero così orribile? Chiunque trovava solo difetti in me. Mi ero scocciata di scappare. Mi sarei isolata da tutti, forse non mi meritavano o io non meritavo loro. Mi accucciai sul mio letto di paglia e iniziai a sfogare, ad urlare, a mettere in mostra tutte le mie debolezze. Piangevo come mai prima d’ora. Piangevo per farmi ascoltare da quei demoni che dominavano la mia vita. Piangevo per rompere il silenzio. Piangevo per riempire il vuoto immenso che si era creato nel mio cuore. Nessuno c’era più.



Una mano delicata accarezzava la mia guancia.
Era fredda, ma a contatto con la mia pelle era piacevole.
Sospirai perché dopo una notte insonne a piangere, quella carezza era un conforto per me. Sembrava che qualcuno si fosse accorto del burrone in cui ero precipitata.
Ora stava a lui decidere se tirarmi su o meno.
Aprii gli occhi lentamente, strofinandomeli e stiracchiandomi alla bel meglio. Abbassai gli occhi sulla mano che adesso era finita sulla mia coscia e alzai gli occhi trovandomi la figura di David.
Era raggiante, ma appena mi vide la sua espressione divenne seria.
– Hai pianto? – Odiavo questo tipo di domande, come odiavo piangere.
– No – Risposi prontamente, cercando di non guardarlo negli occhi
. – Jade, dimmi che è successo. – Mi fermò impedendomi di alzarmi.
– David, ti prego. Non voglio parlarne. – La mia voce risoluta fece intendere che davvero non avevo voglia di raccontare niente.
Sospirò e lasciò la presa. – Come mai sei qui? – Chiesi, una volta di fronte a lui.
– Niente, volevo svegliarti. Inoltre ho visto che tu e Dorian vi ignorate, quindi un motivo in più per stare con te. – Mi sorrise sincero mentre iniziai a rattristarmi di nuovo al suono di quel nome.
– E’ da quanto ho capito quel coglione è il motivo delle tue lacrime. – Continuò, accarezzandomi il viso. Chiusi gli occhi beandomi della sua ennesima carezza.
– Non merita le tue lacrime, Jade. – Mi sussurrò puntandomi con uno sguardo penetrante, come quelli di Dorian. – Sei una persona meravigliosa e lui non deve permettersi di distruggerti. Capito? – Si avvicinava sempre di più, mentre la sua voce diventava sempre più calda e roca.
Che belle parole, David! Peccato che la mia migliore amica ieri sera mi abbia fatto sentire l’opposto. Lo abbracciai di slancio, perché in quel momento era l’unica cosa di cui avevo bisogno. Non volevo sentirmi più sola.
Avevo deciso.
Avrei dato una possibilità a David.
Lui non se ne andava mai.




La giornata passò velocemente. David mi aiutò a raccogliere la frutta e la sera a cuocere il pesce. Adesso eravamo tutti intorno al fuoco, a riscaldarci e a finire la ‘cena’, se così volevamo definirla. Quella giornata mi ero divertita molto. David sapeva essere molto divertente ed era stato capace di non farmi pensare a quello che era successo con Dorian o con Jess. Aveva il senso dell’umorismo ed era una delle caratteristiche che guardavo di più in un ragazzo.
Era premuroso e gentile. Era un ragazzo d’oro ma non era Dorian.
Lui adesso era seduto dall’altra parte, con Charlotte stesa sulle sue gambe.
Ridacchiavano entrambi e sembravano felici insieme. Forse Jessica aveva ragione.
Dovevo levarmi di mezzo, così Dorian avrebbe ricambiato l’amore di Charlotte.
Ero sicura di volerlo? No che non lo ero.
Stavo morendo dentro ad ogni sorriso che Dorian regalava a Charlotte.
Stavo morendo dentro perché pensavo ad ogni loro bacio e chissà a quant’altro.
Sembrava si fosse scordato praticamente di me.
Non gli piacevo una volta? Mi aveva già dimenticato? Probabile.
Ma di che mi lamentavo, ero stata io ad allontanarlo. A pensare subito male e ad offenderlo.
Si sarà scocciato di me e tutti i torti non ha.
In fondo, lo ha fatto anche Jess. E magari, lo farà anche David.
– Domani posso portarti io in acqua? – Proprio in quel momento iniziò a giocare con la mia mano.
– Vuoi portarmi in acqua? – Gli sorrisi guardandolo. – Certo che voglio. Non deve farlo mica solo Dorian. – Certe volte sapeva essere davvero tenero e non resistetti dall’impulso di abbracciarlo.
Era una specie di ringraziamento.
– Certo che vengo, David. – Mi lasciò un bacio sulla guancia e mi appoggiò il capo sul suo petto.
– Sai, Jade. Ho sempre pensato dalla prima volta che ti ho vista che colui che ti avrebbe abbracciato sarebbe stato davvero fortunato. E ora guarda qui, sono o non sono il ragazzo più fortunato del mondo? – Queste parole nemmeno i miei ex me le avevano mai dette. Sembravano così sincere.
– Mi sopravvaluti. – Sussurrai giocando con la sua collanina al petto. Aveva il pendolo a forma di M, il nome della madre, ed era di oro bianco.
– Non è vero, Jade. Sono gli altri che non riescono a vedere il buono in te. – Affermò convinto, con tono deciso. – Io ti vedo sempre più bella. E intendo sia dentro che fuori. –
Ecco cos’era il mio punto fisso.
Quelle parole mi riscaldarono l’anima e riuscirono a sciogliere, anche solo un po’, quel ghiaccio che si era andato a formare a causa di Dorian.
– Lo pensi davvero? – La mia voce era incrinata. Per l’emozione e per il dolore.
– Davvero. – Mi lasciò un bacio sul capo e poco dopo mi addormentai con il ritmo del suo respiro. Prima o poi ti dimenticherò, Dorian Anderson.














_______________________AUTRICE________________________

Hi, guys! 
Eccomi qui, con un nuovo capitolo. Ovviamente, in ritardo.
Possibile che questi due litigano sempre? Secondo voi, è Jade ad essere troppo paranoica oppure i comportamenti di Dorian lasciano pensare? Sta di fatto, che la nostra protagonista non si sente affatto bene, almeno moralmente. Nessuno sembra importarsi di lei, solo David a quanto pare. Che ne pensate di questo personaggio?
Spero in vostre bellissime recensioni.
Comunque, per chi volesse vedere una foto dei protagonisti, può chiedermelo. Non le pubblico perché c'è a chi piace immaginarli a proprio piacimento.

Ringrazio chi:
  • Recensisce.
  • ​Chi ha aggiunto la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate.
  • ​Chi legge la mia storia.
Grazie mille, al prossimo capitolo.


-Baci, Marta.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Chapter fourteen. ***





                                            Chapter fourteen.



                      










- Allora, Jade? - David mi esortava ad entrare in acqua mentre sul suo viso si disegnava un sorriso radioso.
- Non vieni? – L’altra sera mi aveva chiesto di andare in acqua con lui ed io lo avevo accontentato. Ma adesso, non ero poi tanto sicura della decisione presa.
E sapete perché? Perché ero abituata ad entrarci con Dorian.
Sì, lo so. Sempre e solo Dorian.
Lui mi aveva insegnato ad amare il mare e nessun altro.
Solo lui mi portava tutte le mattine e nessun altro.
Solo lui giocava con me in acqua e nessun altro.
E questo era il problema: nessun altro se non Dorian.
E David di certo non era Dorian.
Lui era già un po' più avanti della riva ed io dovevo ancora immergere una punta delle dita dei piedi nell'acqua. Tremavo leggermente, e non seppi perché, ma la paura mi travolse improvvisamente. Come il primo giorno, quando Dorian mi accolse nelle sue braccia per poi calmarmi.
- Jade, che aspetti? - Probabilmente David era rimasto più che sorpreso dal mio comportamento, era una cosa inspiegabile anche a me.
 'Ok, Jade. Rilassati e provaci.' Mi dissi mentalmente.
Mi immersi fino alle cosce nell'acqua e mi paralizzai, completamente.
E ora? - Che ti succede? - David si avvicinò stranito...come biasimarlo!
- Niente. - Deglutii. - E' da un po’ che non entro in acqua, devo solo abituarmi di nuovo.
- Dopo questa confessione ero sicura che avrebbe ritenuto opportuno chiudermi in una clinica specializzata per malati mentali.
Oh Dio, aiutami!
- Ok. - Annuì, sorridendomi dolcemente. 'Ma che cosa mi succede? Perché ho paura?'
Alzai gli occhi verso l'orizzonte, lo facevo sempre. In un certo senso, mi tranquillizzava e mi emanava quel senso di serenità, nel modo più incerto possibile.
Ma non trovai nulla.
Con la sguardo cercai qualcosa su cui appigliarmi, su cui salvarmi.
E proprio in quel momento, d'avanti la mia visuale comparve la figura di un ragazzo.
Era Dorian.

Come non riconoscerla? Avevo visto talmente tante volte la sua figura in lontananza da imparare a memoria ogni contorno. Ero impazzita, decisamente.
Osservai ogni suo movimento. La mano che sommergeva dall'acqua e, gocciolante si poggiava sui capelli  altrettanto bagnati, portandoli indietro con un gesto sciolto. Amavo quella specie di abitudine che aveva ogni qual volta entravamo in acqua. Si girò lentamente verso la mia parte, con quel solito sguardo arrogante e provocante allo stesso tempo. Mi bruciai all'istante, appena i suoi occhi grigi asfalto si posarono sui miei occhi. E subito la sua attenzione fu colta da me.
Ed eccola lì.
La mia scialuppa. Immergermi in quei pozzi profondi era la mia salvezza.
Adesso ero capace di fare tutto. Persino nuotare fino a casa, velocemente. Come il mio cuore in questo momento. Troppi battiti al secondo per causa sua.
Lui era lì, inerme, e mi osservava attento, forse con quella nota di curiosità.
Ad un tratto, i suoi occhi guizzarono su David, proprio accanto a me. Quel color grigio parve diventar più scuro. Assottigliò la bocca e irrigidì la mascella.
- Che buffone. - Commentò il ragazzo di fianco a me. 'Che bello.' Avrei voluto ribattere.
- Allora vieni? - Mi chiese, puntando l’attenzione su di me. I miei occhi balzarono di nuovo in quelli di Dorian. Mi stavano sfidando, ed io ero pronta ad accettare quella sfida.
'Ce la faccio, con o senza di te, Dorian. '
Iniziai a camminare, andando sempre nella parte più profonda, ma senza mai distogliere lo sguardo dal mio nemico. Lui era impassabile, fermo, come i suoi occhi su di me. Una volta che mi accorsi che l'acqua mi arrivava fin sopra il collo, mi fermai.
E Dorian se ne andò.
Mi ritrovai innanzi il viso sorridente di David. Il mio coraggio svanì in pochi secondi, così com'era venuto. Ed ora avevo capito. Era stato ugualmente Dorian a darmi la forza per entrare.
Era stato lui che mi aveva sorretto col suo sguardo.
Volevo piangere.
Semplicemente perché mi ero appena accorta che Dorian non era altro che quel gommone giallo galleggiante.
Quel gommone che ci aveva inoltrato in questa realtà così diversa e oscura.
Quel gommone che ci proteggeva dall’acqua salata, ma allo stesso tempo, un’onda avrebbe potuto travolgere anche lui.
Dorian era colui che mi aveva cambiato la vita.





Gironzolavo per l’isola, annoiandomi a morte e cercando un passatempo. David era andato ad aiutare i ragazzi a trovare altro cibo, ossia non il solito pesce e frutta, anche perché, io sinceramente ero stufa di mangiare solo quello. Non sapevo cosa fare. Di solito andavo dove c’era l’altalena, ma un incontro spiacevole mi aveva fatto passare la voglia.
E sicuramente avrete intuito che tipo di incontro: Dorian che spingeva Charlotte sull’altalena mentre entrambi ridevano.
Cosa poteva esserci di più triste se non io, nascosta dietro un cespuglio e con lo sguardo inondato dallo sconcerto. Mi ero accorta di essere debole. Non riuscivo a sopportare di vedere quei due insieme, felici.
Adesso mi stavo incamminando verso la mia stanza, ed una volta salita, speravo di addormentarmi e di non svegliarmi più. Ma delle voci conosciute dalla stanza accanto alla mia richiamarono la mia attenzione. Non solo erano costantemente nei miei pensieri, ma adesso dovevo vederli materializzarsi anche d’avanti a me? Ero distrutta.
– Dorian mi aiuti a fare la treccia? – La voce insopportabile di Charlotte sovrastò le risate di Dorian. Perché rideva così tanto? – Certo, ci provo almeno. – Rispose scherzando lui. Sentii uno spostamento e mi permisi di spiare attraverso la parete fatta di canna. Cercai di guardare nelle fessura e, per mia sfortuna, ci vedevo chiaramente. Avrei desiderato non guardare niente, perché quella scena era troppo per me.
Troppo da sopportare.
Dorian era seduto dietro Charlotte, intento a farle una treccia. Ci metteva molto cura e un conato di vomito mi assalì. Ad un tratto, lei si girò sorridente verso di lui e gli stampò un bacio sulle labbra.
Il mio cuore sussultò in un istante. Dorian non rimase sorpreso, ma anzi, ricambiò il bacio approfondendolo.
Ora potevo anche direttamente vomitare quel poco cibo che avevo mangiato quel pomeriggio.
Tutte le sue parole, le sue carezze e i suoi baci.
Dovevo rimuovere tutto di lui perché la fase di distruzione all’interno di me stava già avvenendo.
Ed era colpa mia, solo colpa mia. Avevo io permesso di farmi schiacciare e lui non aveva esitato a farlo.
'Stupida, Jade. Adesso va ad affogarti nelle tue miserabili lacrime.'
Ero scappata via, come sempre. Mi faceva così male lo stomaco che non riuscii nemmeno a piangere. Mi isolai da tutti, andando nella parte più profonda della foresta, dietro un enorme albero. Mi appoggiai e il vuoto si espanse dentro me. Rimossi tutto in quel momento.
 ‘Non pensare a niente, Jade. ‘ Mi ripetevo. Non c’era nessun immagine che sorpassava la mia mente.
Nessun Dorian che rideva felice con Charlotte.
Nessun Dorian che le toccava i capelli.
Nessun Dorian che ricambiava il suo bacio.
Ero inerme, immobile e triste. Chiusi gli occhi e continuai a pensare al nulla totale. Non potevo distrarmi. Non potevo, per il mio bene. Così, dopo pochi minuti, caddi in un sonno profondo. Speravo fosse stato eterno.


Mi svegliai di colpo, presa da una strana sensazione. Il mal di testa non era per niente affievolito e sentivo qualcosa solleticarmi il braccio. Mi stropicciai gli occhi con la mano libera e girai lentamente il capo verso il punto in cui c’era quello strano fastidio.
Erano allucinazioni, vero? Non poteva essere vero.
Un velo di paura mi avvolse facendomi perdere qualsiasi capacità di ragionare.
Ero persa, aiuto.
 Un ragno enorme e peloso era sul mio braccio.
Camminava lentamente e si avvicinava alla spalla. Non avevo mai avuto un incontro ravvicinato con uno di questi animali, solo in sogno, quando ero nervosa e mi svegliavo nel cuore della notte, sudata e urlando.
Ed ora? Che potevo fare? Aprii la bocca per urlare ma la paura non me lo permise, mi sforzavo ma non potevo. Gridavo forte dentro di me, cercavo disperatamente aiuto ma la mia voce non ne voleva sapere di uscire. Il mio cuore iniziò a palpitare così velocemente che iniziò a farmi male. Di solito, la notte mi ritrovavo la mamma accanto al letto che cercava di calmarmi e di riprendermi. Poi, si stendeva affianco a me e ci addormentavamo insieme, mentre la paura si affievoliva man mano. Ma questa volta, ero praticamente in trappola. Rischiavo di svenire perché respiravo affannosamente mentre sentivo qualcosa all’interno di me lottare per uscire. Ero paralizzata.
A mala pena sentii uno spostamento e una voce preoccupata che mi chiamava. – Jade…-
Mi girai con gli occhi spalancati e la bocca aperta, dove in fondo la voce chiedeva di uscire. Negli occhi di David distinsi puro terrore, per me.
E in quel momento lanciai un urlo disumano. Così forte che David accorse al mio fianco, guardando il ragno e cercando di confortarmi con parole che nemmeno riuscivo a capire, decifrai solo ‘vado a chiamare gli altri’. Subito dopo spuntò Dorian affannato e dietro di lui tutti gli altri, tranne Kelsey visto che non poteva fare altro che stare distesa nella sua camera, lontana dal sole. Sentii degli urli e dei gemiti preoccupati, ma non riuscivo a vedere nessuno. Era come se improvvisamente la vista si fosse appannata.
Sarei morta sul colpo.
Dopo qualche attimo, qualcuno prese, non in modo gentile, il mio viso tra le mani e poco dopo sentii il dolce fiato di qualcuno sulla mia pelle. Chiusi gli occhi respirando affannosamente mentre la sua fronte entrò a contatto con la mia e il suo naso toccò il mio.
– Amore, resta calma. Ci sono io. – Quel suono e quelle parole sapevo benissimo a chi appartenessero. Nonostante la paura, riuscii a capire che non era altro che Dorian.
Aprii gli occhi di scatto iniziando a piangere a singhiozzi, mentre Dorian continuava a ripetermi
‘ Amore, ti prego. Calmati, ci sono io. ‘
Inginocchiato di lato, teneva ancora la mia testa tra le sue mani e a stretto contatto con la sua. I nostri visi erano praticamente vicinissimi. Ad un tratto, sentii uno spostamento sul braccio proprio dove c’era il ragno.
Jade, guarda amore, non c’è più niente, guarda. – Mi spronava Dorian girandomi il capo e cercando di rassicurarmi con un sorriso. Aveva ragione, sulla mia pelle non c’era più quell’esserino peloso che tanto mi terrorizzava.
Fu in quel preciso istante che mi lasciai andare. Svenni sul corpo di Dorian.
Ero aracnofobica e lui lo sapeva.



Mi alzai di colpo, col volto sudato e il respiro affannato.
– Mamma! – Urlai, in segno di aiuto. Per l’ennesima volta, delle mani si posarono sulla mia spalla, mentre cercavano di riportarmi giù. Avevo un forte mal di testa ed ero fisicamente e mentalmente stanca. Avevo molto freddo e sentivo costantemente la presenza di qualcuno accanto. Non riuscivo mai a capire chi fosse, sentivo solo dei fievoli ‘shh’. E poi delle braccia che mi circondavano e delle labbra umide che mi baciavano la fronte.
Era mia madre? Mi mancava tanto ma non ricordavo il perché. Desideravo così tanto vederla e sentire il calore del suo abbraccio, eppure mi sembrava di star con lei, anche in questo momento. Facevo continuamente sogni strani.
Sognavo spesso un ragazzo, con i capelli corvini e il viso d’angelo. E poi era tutto grigio. Sprofondavo in quel colore e amavo perdermici. Era tutto astratto e fuori dal comune.
In realtà, volevo capirci qualcosa di tutto questo. Ma era come se la mia mente fosse spenta e persa in un turbine di cose senza senso… Oppure un senso c’era.
Dorian! – Ad un tratto, gridai questo nome.
Dorian! – Sentivo che questa persona potesse aiutarmi.
Dorian! – Avevo bisogno di lui. Mi sveglia di nuovo, ma stavolta più lucida. Ero sopraffatta dalla tristezza ed ero terrorizzata. Mi alzai col busto e mi portai una mano al cuore, sentivo che stavo per piangere.
– Jade. – Qualcuno chiamò il mio nome e mi ritrovai Dorian seduto accanto. Deglutii vistosamente e iniziai a piangere. Singhiozzai e mi accoccolai su me stessa, mentre il calore di Dorian mi avvolgeva. – Dai, Jade. Dai… - Sussurrava al mio orecchio e sembrava che queste parole le avessi sentite tante volte… - Voglio tornare a casa. – Riuscii a dire tra un singhiozzo e l’altro.
– Ho paura, Dorian. Ho paura. – Mi portai le mani al viso e cercai di coprire il mio viso sommerso dalle lacrime. Avevo troppo dolore in petto e sembravo stessi sempre in procinto di vomitare.
– Ehi, ci sono io con te. – Continuava a sussurrare dolcemente al mio orecchio, baciandomi ogni tanto i capelli e accarezzando la mia schiena e le mie spalle.
– Voglio andare a casa. – Piagnucolai per l’ultima volta, prima di cadere di nuovo nel sonno, mentre Dorian mi stringeva sul suo petto e mi ripeteva ‘ ci sono io con te.’


Un leggero fruscio si insinuò nella mia testa e man mano divenne sempre più forte e chiaro. Il rumore delle onde era qualcosa di straordinario. Così puro e limpido, sarei rimasta per ore ad ascoltarlo. Ma qualcosa di freddo si posò sulla mia fronte, facendomi sobbalzare di colpo. Aprii gli occhi lentamente, mentre una fitta abbastanza potente colpì la mia testa. Mi scappò un gemito di dolore, mentre socchiudevo gli occhi e respiravo affannosamente. Cercai di guardarmi un po’ intorno e mi accorsi di essere seduta su un letto di paglia. Mi girai alla mia destra e notai la finestra che affacciava sul mare. Ero nella mia stanza. Sentii qualcosa toccarmi il braccio, un piccolo tocco leggero e piacevole. Girai il capo in quella direzione e vidi Dorian. Portava la camicetta aperta, ormai sporca e strappata ai lati, e dei jeans tagliati fin sopra le ginocchia. Aveva i capelli arruffati, scompigliati in modo selvaggio. Le labbra carnose leggermente screpolate, e aveva i lineamenti un po’ contratti.
– Dorian… - Sussurrai, con quel poco di voce che avevo. Mi sorrise lievemente, per poi accarezzarmi il palmo della mano. La mia pelle al suo contatto parve bruciarsi.
– Cosa è successo? – Chiesi con un filo di voce, mentre mi scappò una lacrima inconsapevolmente. – Shh – Mormorò, guardando intensamente la mia lacrima e portando un dito al mio viso per asciugarmela affettuosamente. – Non piangere. – Disse, puntando i suoi occhi preoccupati su di me. Istintivamente mi fiondai nelle sue braccia, mentre lui mi avvolgeva nel calore immenso.
– Shh – Ripeteva, accarezzandomi di tanto in tanto la cute. Dopo un po’, mi stacco delicatamente da lui, per poi portare la sua mano sulla mia fronte.
– Sembra esserti scesa la febbre. – Constatò, dopo qualche attimo. La febbre? Spalancai gli occhi a quelle parole. – Non ti preoccupare, Jade. Non ti preoccupare. – Mi sorrise ancora, prendendo entrambe le mani nelle sue. Riuscivo solo ad osservarlo e proprio in quel momento, mi accorsi delle grosse occhiaie che aleggiavano sotto i suoi occhi.
Era stata colpa mia? Iniziò ad accarezzarmi con cura ogni dito, per poi portarseli alle labbra e depositarvi un casto bacio sopra. Ero sorpassata da tremiti incontrollabili. Dopo aver baciato con cura ogni dito, appoggiò le labbra sul palmo della mia mano. Iniziò a baciarla calorosamente, mentre puntava i suoi occhi nei miei. Trasmetteva un’intensità tale da farmi rabbrividire. Ad un certo punto, sentii qualcosa di umido sulla pelle. La sua lingua carezzava gentilmente il mio palmo, rendendola bagnata della sua saliva. Deglutii abbondantemente, alla vista di quelle ‘coccole’ che Dorian mi stava riservando. Il mio cuore, come al solito, iniziò a galoppare in modo veloce, quando ad un certo punto, Dorian lasciò un piccolo morso che mi portò un fremito d’eccitazione dritto al basso ventre. Dopo qualche secondo, senza lasciare la presa sul mio polso, mi tirò a sé.
Appena mi scontrai con il suo petto, le sue labbra si posarono sulle mie, cogliendomi totalmente di sorpresa. Lanciai un gemito per lo stupore, mentre sentivo il contatto caldo e umido delle sue labbra. Spalancai gli occhi, ma non appena sentii la lingua di Dorian accarezzare il mio labbro inferiore, mi sciolsi completamente. Abbassai lentamente le palpebre, gustandomi quel momento come quando il venerdì pomeriggio mangiavo il gelato al caramello fuori al mio bar preferito. Le nostre lingue si intrecciarono, come non facevano da tempo. Mi strinsi a lui, bisognosa della sua vicinanza e del suo calore. Dorian appoggiò le sue mani alla base della schiena, muovendole su e giù e donandomi brividi sulla pelle. Era tutto estremamente dolce. Non passionale come l’ultima volta, forse anche un po’ troppo violento per la rabbia. Lui mi mancava, e tanto. Ed era per questo che cercavo di assaporare quel contatto solo per ricordarmi ogni dettaglio. Cercavo di imprigionare nella mia mente quei momenti, per la prossima sfuriata. Perché sicuramente io e Dorian avremmo litigato di nuovo, per poi allontanarci e per poi riprenderci più carnali di prima.
Mi sarebbe bastato questo prendi e lascia? In realtà, non lo sapevo.
Non sapevo finché a che punto avrei sopportato, ma di certo, non tolleravo più la sua distanza. Dorian mi spinse sul letto, sistemandomi sopra di me senza mai staccare le sue labbra dalle mie. Giocava con la mia lingua teneramente, alternando carezze al fianco, per poi salire, sfiorare il seno e arrivare al collo. Gli morsi il labbro inferiore, mentre lui rilasciava un sospiro rilassato. Interruppe quel bacio improvvisamente, aprendo piano le palpebre e puntando i suoi occhi colmi di desiderio e terribilmente penetranti.
Ho avuto molta paura. – Disse tutto ad un botto, con la voce spezzata e udibile in un sussurro. Cosa? Deglutii per il suo sguardo troppo intenso per me, e per le sue parole.
– Ho avuto paura. – Ripeté quasi a sé stesso, mentre i suoi occhi diventavano lucidi. Continuai a fissarlo, sconcertata e con una smorfia di dolore sul viso.
– Ti cacci sempre nei guai. – Disse, sorridendo debolmente e prendendo una mia ciocca di capelli fra le dita.
– Scusami. – Mi sentii in diritto di dire. Svenivo parecchie volte e lui mi era vicino. Piangevo e c’era lui a coccolarmi. Ero annoiata e c’era lui a farmi compagnia.
– Zitta. – Sussurrò scherzosamente per poi abbassarsi e stamparmi un semplice bacio sulle labbra che mi fece subito avvampare. Si stese al mio fianco e con un braccio attorno alla vita, mi attirò di nuovo pericolosamente vicino a sé. Mi ritrovai di nuovo ad un palmo dalla sue labbra e dai suoi occhi che mi osservavano dolcemente.
– Perché sei qui? – Mormorai, abbassando il capo e sottraendomi al suo sguardo.
– Non vuoi? – Chiese ironicamente di rimando, mentre mi stringeva ancora più a sé.
– Non dico questo. – Risposi prendendo a giocare con i bottoni della sua camicia. – Pensavo volessi stare con Charlotte. – Continuai, sentendomi davvero stupida perché avrebbe sicuramente intuito tutto. Mi girai di scatto, dandogli le spalle e accovacciandomi su me stessa.
– Voglio stare anche con te. – Ribatté, portando di nuovo il braccio alla vita e stringendomi al suo petto. Che bella sensazione. – Non sembrava così in questi giorni. –
Ero diventata improvvisamente acida, ma la vista di quei due mi nauseava.
– Che vuoi dire? – Sussurrò suadente al mio orecchio, strusciando impercettibilmente le labbra sul mio collo. Rabbrividii senza quasi accorgermene.
– Sembravate così affiatati voi due. – Spiegai con una punta di fastidio.
– Sei gelosa, Jade? – Ecco che ricominciava con quella stupida domanda. Stupida perché era semplicemente la verità ma non potevo di certo ammetterlo. Sospirai esasperata, allontanandomi da lui e portando le mani sotto il viso. Volevo solo dormire e sparire.
– Sei stata tu a mandarmi via. – Mormorò con voce decisa e con un pizzico di rabbia.
– Non ti ho mandato via. – Sbottai innervosita girandomi verso di lui e trovandolo disteso a pancia in su, con le mani dietro il capo mentre aveva lo sguardo rivolto verso l’alto. Era tremendamente bello, mi costava molto non guardarlo come una depravata.
– Non eri pronta, giusto? – Girò furioso la testa verso di me, puntandomi con lo sguardo.
– Cosa c’entra? – Domandai con voce stridula.
Io ero già pronto a tenerti con me, perché mi piacevi Jade, perché volevo soltanto tenerti accanto. Ma tu mi hai mandato via. – Ecco, appunto. Ti piacevo. Il mio cuore si frantumò in pochi istanti.
'Non farti abbattere, Jade. Non farlo.'
– Non sembravo piacerti tanto mentre ti strusciavi contro Charlotte. – Gli feci notare aspramente, mentre mi sedevo sul letto con uno sguardo glaciale.
Charlotte mi piace. – Gli piacevo, prima. Poi mi ha dimenticata ed adesso gli piaceva Charlotte. Semplice, no? Semplice come ormai mi ero disintegrata dentro.
– E allora vai da lei. – Sussurrai impercettibile, sull’orlo delle lacrime. Rimase lì, ad osservarmi con i lineamenti contratti. – Vai da lei. – Ripetei con un tono più alto e tremante. Sarei scoppiata di lì a poco. – Vai da lei! – Stavolta urlai con tutte le mie forze, il viso arrossato e le lacrime ormai sparse su tutto il viso. D’improvviso Dorian mi prese tra le sue braccia stringendomi forte mentre io cercavo di liberarmi.
– Lasciami! – Urlai ancora. – Lasciami! –
Mi dimenavo convulsivamente, mentre sentivo la stretta delle sue braccia sempre più forte, sempre più potente. Non sapevo a cosa fosse dovuta quella sfuriata. Alla gelosia, alla mancanza non solo di Dorian ma anche della mia vita, al brutto incontro con quell’animale peloso o magari ero troppo carica di emozioni. Iniziai a piangere, arrendendomi all’abbraccio di Dorian. Piangevo a singhiozzi mentre i capelli si attaccavano al viso. Mi stese sul letto, senza mai abbandonare la stretta delle sue braccia attorno al mio corpo.
Ero diventata troppo debole e sensibile.
Dovevo smetterla di piangere. Dovevo smetterla di pensare costantemente a Dorian.
Dovevo smetterla perché avrei perso sicuramente la testa.








__________________________AUTRICE___________________________

Hi, guys! Come va?

Avevo promesso di aggiornare oggi, così, nonostante sono PIENA di compiti, l'ho fatto. Chiedo scusa se non riesco ad avvertire dell'aggiornamente, ma molto probabilmente lo farò domani.
Allora, in questo capitolo abbiamo un avvicinamento tra Dorian e Jade, a causa del brutto colpo di quest'ultima. Ma Jade non può evitare di dimostrare la gelosia sotto forma di ira e attacca Dorian, che ovviamente non se lo tiene. Lo so, sono incorregibili. Sono fatti proprio per stare insieme.
Comunque, ringrazio chi: 
  • Recensisce sempre.
  • Chi legge la mia storia.
  • Chi la mette tra le preferite/seguite/ricordate.

Grazie ancora, un bacio!
- Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Chapter fifteen. ***





                                                                                   Chapter fifteen



 












Il rumore delle onde accompagnò il mio risveglio. Aprii gli occhi con fatica, a causa della luce del sole che penetrava attraverso la finestra. Mi alzai lentamente, stropicciandomi gli occhi e stiracchiandomi. Il dolore alla testa si era affievolito, mi sentivo solo parecchio debole.
Sentii un sospiro alla mia destra. Mi girai di scatto e trovai Dorian, in piedi accanto alla finestra. Socchiusi gli occhi.
Pensavo se ne fosse già andato.
Ricordavo solo di essermi abbandonata alle sue braccia, per poi ricadere nel sonno. Probabilmente avevo avuto una specie di crisi nervosa.
Che stupida. Dovevo smetterla di avere delle pretese su di lui. Se a Dorian piaceva Charlotte, io dovevo solo farmi da parte, proprio come mi aveva suggerito Jessica. Mi sentivo in colpa per averlo attaccato in quel modo, ma in realtà, stavo morendo dentro. Pensavo che fosse anche solo un po' mio, invece era stata solo una piccola illusione.
Come sempre.
Magari ora tutte quelle paroline dolci che mi aveva regalato, le riservava a quella biondina. Adesso lei poteva avere le palpitazioni ed emozionarsi ogni qual volta Dorian le si avvicinava. Tutto questo non apparteneva più a me. Io avevo deciso di dare una possibilità a David, e così avrei fatto.
Basta Dorian.
- Ben tornata. - La sua voce era fredda, stretta e glaciale.
'Non ricominciare a piangere, Jade.' Mi ripetevo.
Prima non piangevo quasi mai, si poteva dire. Adesso non facevo altro che piagnucolare.
Non risposi, abbassai solo lo sguardo. Sentii dei passi muoversi verso di me, finché non mi trovai Dorian, accovacciato vicino al letto mentre con una mano mi alzava il viso verso di lui.
- Vado a prenderti da mangiare. - Dichiarò, prima di alzarsi e lasciarmi sola nella stanza.
Mi buttai a peso morto sul letto, ripensando a tutto quello che era successo. Non potevamo continuare così, saremmo arrivati anche alle mani se lui non avesse avuto quel suo autocontrollo che tanto lo caratterizzava, e che io non avevo.
Nelle stanza entrò un'altra persona e distinto mi alzai a sedere.
- Jade, finalmente sei sveglia! - David parve illuminarsi quando mi vide. Sorrisi contenta innanzi al suo viso gioioso. - Come stai? - Si sedette al mio fianco, portando una mano sulla mia guancia e carezzandomela. - Bene. - Dissi in un sussurro, rassicurandolo. - Mi hai fatto preoccupare. - Affermò con un sospiro. - Hai fatto preoccupare tutti noi. -
Questa affermazione mi sorprese non poco. Pensavo che a nessuno più importasse di me, ormai.
- Non capisco ancora cosa mi sia successo, ricordo solo quel ragno peloso. - Dissi ridendo leggermente. - Hai avuto la febbre altissima e hai dormito per quattro giorni consecutivi. -
Mi irrigidii sul posto all'improvviso, scioccata dalle sue parole. - D-davvero? - Balbettai con occhi smarriti. David annuii, con uno sguardo triste. - Ma adesso stai bene. - Affermò, sorridendomi di nuovo. Ma tutto ad un botto, il suo volto divenne cupo. - Jade, anche se non sopporto per niente Dorian, devo dirti una cosa. - Dichiarò, allontanando la mano dalla mia guancia.
Lo guardai ansiosa, ma nello stesso tempo curiosa di quello che stava per dirmi.
- Vedi... - cominciò - quando sei svenuta, Dorian ti ha preso in braccio e non ha esitato a portarti subito nella tua stanza. - Non so perché, ma non ne rimasi stupita da quest'informazione.
Insomma, Dorian mi aiutava sempre.
– Ti è stato accanto, tutto il tempo. Non faceva avvicinare nessuno e si è preso cura di te. -
Mi accarezzava le mani, anche se lo vedevo parecchio cupo. - E posso giurarti che non ha chiuso occhio, Jade. - Il mio cuore saltò una corsia a quelle parole.
Dorian si era preso cura di me, proprio come mi aveva promesso.
Mi morsi il labbro perché al mio risveglio non avevo fatto altro che trattarlo male, spinta dall'assurda gelosia. - Volevo farlo io, ma non me lo ha permesso. - Grugnì, stringendo di colpo le mie mani. - Voleva esserci lui, non mi lasciava neanche toccarti. - David era arrabbiato nero e non mi spiegavo neanche io il comportamento assunto da Dorian.
- E' ovvio che gli piaci, Jade. - 'Gli piacevo', volevo correggerlo. Ma dovevo far finta di nulla.
- Ma io voglio sapere una cosa da te, a questo punto. - I suoi occhi balzarono sui miei.
- A te piace? -
Perché entrambi dovevano farmi queste assurde domande?
Non esitai prima di rispondergli un ‘no’ netto. Dovevo dare una possibilità a David, e Dorian doveva sparire dalla mia mente e dal mio cuore.
- Sicura? - Mi chiese ansioso. Annuii abbracciandolo.
Un colpo di tosse riscosse sia me che David. Dalla porta vidi entrare il diretto interessato, con uno sguardo corrucciato.
- Che ci fai qui? - Chiese a David, mentre si sedeva anche lui di fianco a me, ma dalla parte opposta a quella di David.
- Non posso? - Chiese di rimando, alzando un sopracciglio a mo' di sfida.
- No. - Rispose netto, girandosi verso di me e incitandomi a mangiare.
Che situazione assurda. Mi trovavo giusto in mezzo, tra il ragazzo che mi piaceva e tra quello a cui piacevo. Oh Dio, salvami!
- Io voglio restare. - Ribatté David, puntandolo con lo sguardo. Rimasi ammutolita, non sapendo come entrare in scena e calmare la tensione che si era andata a creare.
- E io ti ho detto che non puoi. - Parlò con estrema lentezza, ma vedevo la rabbia attraverso i suoi occhi che erano diventati quasi neri. David stava per scoppiare ma io lo fermai giusto in tempo.
- Ora, basta. Smettetela. - Dichiarai, alzando le mani e riferendomi ad entrambi.
- Sembrate due bambini. - Mi alzai dal mio posto e uscii dalla stanza.
Ero stufa, non riuscivo a sopportare più nulla. Mi sedetti a riva, respirando l’odore del mare. Mi portai le ginocchia al petto e appoggiai la testa su di esse. Dire che fossi confusa era poco, ma sapevo bene quale era la risposta giusta: lasciare perdere Dorian e concentrarmi su David. Questo era tutto quello che mi restava da fare, anche se era più facile a dirlo che a farlo. Sospirai godendomi il rumore delle onde e il debole venticello che mi scompigliava i capelli ormai lunghissimi. Sentivo la stanchezza su ogni parte del corpo, probabilmente perché non mangiavo da tempo. Ma stranamente, non avevo fame, volevo solo rilassarmi perché i miei nervi pulsavano.

Sentii delle piccole risatine gioiose che attirarono la mia attenzione.
Più in là, vidi Jessica e Tom. Sorridevano felici e si abbracciavano con calore. Ogni tanto Tom lasciava qualche bacio sul collo di Jessica, che rideva divertita.
Vedevo nei loro occhi l’amore. Ogni loro bacio era intenso e sembravano mangiarsi con gli occhi a vicenda. Nonostante tutto, ero felice per lei.

Dopo poco, una figura si sedette accanto a me, sospirando rumorosamente.
– Jade. – David aveva il viso preoccupato. Mi assicurai di non trovarci nessun livido o altro, temendo una lite fra lui e Dorian.
– Ehi. – Risposi, puntando lo sguardo verso l’orizzonte.
– Jade, devi fare una scelta. – Sussultai leggermente al suono di quelle parole.
– Come? – Chiesi sgranando gli occhi e girando di scatto il busto verso di lui.
– Devi fare una scelta – ripeté – me o Dorian. – Continuò. Era forse impazzito?
– E’ inutile che continui a negare, so che fra voi due c’è qualcosa. Ma so che c’è qualcosa anche fra me e te. – Gesticolava nervoso mentre mi parlava, io non potevo fare altro che deglutire spaventata. – E se vogliamo cominciare con il piede giusto, devi…devi finirla per sempre con Dorian. –
Mi paralizzai a quella richiesta perché la parola ‘finirla’ associata al nome di quel ragazzo che tanto tormentava le mie giornate, mi fece salire dei brividi forti.
Io non volevo perderlo. – David… - Cercai di parlargli, di fargli capire che per me era impossibile ma lui sembrava davvero convinto di quello che mi stava dicendo.
– Jade, no. – Mi bloccò. – Io voglio provarci seriamente con te e non puoi pensare ancora a lui. – Le sue parole erano tanto vere quanto dolorose. Non potevo dare una possibilità a David mentre nella mia testa vorticava il sorriso di Dorian.
Dovevo cambiare.
– Hai ragione. – Deglutii tenendo lo sguardo basso. – Devo…devo solo pensarci. – Dichiarai con voce fievole.
– D’accordo. – Sospirò carezzandomi la mano. – Sappi solo che io non sono come lui. Io non lascio subito la presa. – Le sue parole mi colpirono giusto in petto.
Intendeva dire, che qualunque cosa fosse successa tra di noi, lui non se ne sarebbe mai andato a spassarsela con un’altra ragazza, proprio come aveva fatto Dorian. O almeno, questa era l’impressione che le sue parole mi avevano dato.
– Lo so. – Gli sorrisi dolcemente.
Spesso, avevo reagito d’impulso, trattandolo male senza accorgermene. E lui era ancora lì, che mi chiedeva di restare, di aspettare, di provare.

Mi alzai e tornai in stanza, salutandolo e promettendogli che ci avrei pensato. O forse, la decisione era già presa.
Non scegliere lui. – Sobbalzai trovandomi Dorian ancora nella mia stanza. Era in piedi, accanto al letto e la sua voce era bassa e rauca.
– Come? – Chiesi stranita, mentre mandavo giù un groppo di saliva.
– Non scegliere David. – Ripeté, con voce più decisa e incendiandomi con il suo sguardo di fuoco. Probabilmente avevano parlato di questo quei due, durante la mia assenza.
– Dorian, per favore. – Lo pregai con voce incrinata. – Per favore. – Ero distrutta e troppo confusa, avevo bisogno di pace per pensare. Sapevo che la decisione giusta era dare una possibilità a David per lasciarmi alle spalle Dorian. Con quest’ultimo non facevo altro che sentirmi male e a pezzi. Forse era colpa mia o magari sua, ma non eravamo di certo compatibili.
– Non andare da lui. – Il suo tono era divenuto più basso e implorante, mentre si avvicinava a me.
– Dorian… - Sussurrai, indietreggiando – non fare così. – Perché doveva risultare tutto difficile? Avrei facilmente domato la situazione, ma doveva trovare sempre il modo di rovinare tutto, il modo di farmi ritornare da lui.
– Sai bene che non riuscirei mai a starti lontano. – Sembrava avermi sparato un petardo in petto. Ebbi l’impulso di svenire, dato le sue parole così forti e…intense.
– Bugiardo. – Mormorai con voce rotta, trattenendo a stento le lacrime. – Bugiardo. – Ripetei, sempre più affranta da lui e dalle sue cazzate. Io stavo male per colpa della sua lontananza e si permetteva anche di dirmi che non riusciva a farlo!
– Ti allontani, sempre – digrignai fra i denti – ogni qual volta puoi. – Continuai, con gli occhi infuocati e con una gran voglia di sputargli in faccia tutto ciò che mi faceva male.
– Io… - Cercò di ribattere, ma lo fermai sul nascere.
– Perciò non venirmi a raccontare stronzate, non a me. – Stavolta gli puntai un dito sul petto e dissi tutte quelle parole guardandolo in viso, come poche volte avevo fatto.
Lo vidi respirare profondamente, come a mantenere la calma.
– Sei stata tu ad allontanarmi! – Alzò di poco la voce, contraendo la mascella.
– E tu non hai esitato a farlo. – Urlai direttamente.
– Non sono un cagnolino, Jade. Ho un cazzo di orgoglio anche io! – Mi prese per le spalle, sbattendomi poco delicatamente mentre anche lui iniziava ad arrabbiarsi seriamente.
– Infatti, sei andato a consolarti subito da Charlotte, da come vedo. – Poco mi importava se risultavo gelosa, ma dovevamo pareggiare i conti. Se io ero stata impulsiva a cacciarlo via, lui aveva scelto di sostituirmi con quell’oca di merda. A quelle parole, lo ammutolii completamente. Mi sentivo quasi soddisfatta per quella piccola vittoria, ma avevo parlato troppo presto.
– Non hai capito un cazzo. – Sputò fuori, mentre mi voltava le spalle. Vedevo i muscoli della sua schiena guizzare in preda al nervosismo.
– Cosa dovrei capire? – Gridai stufa di quella situazione. Sembrava una presa in giro continua.
 
Cosa? – Ripetei, sempre urlando visto che il signorino non si decideva a rispondermi.
– Cosa? – Stavolta lo chiesi in un sussurro, rotto dalle lacrime che trapassavano la mia guancia. Lo sentii gemere frustato.
– Niente. – Rispose freddo, girandosi e incamminandosi verso la porta. Venni presa da un conato di vomito, a causa di tutte le mie paure, ma dovevo superare il tutto.
– Ho già fatto la mia scelta. – Affermai, riacquistando il mio tono di voce deciso. A quelle parole, sentii i suoi passi arrestarsi improvvisamente.
– Non ho nemmeno bisogno di pensarci su. – Decretai, girandomi verso di lui che mi dava le spalle. – Buonanotte. – Dissi infine, fiera per il coraggio 
che avevo finalmente preso.
Sentii solo uno spostamento d’aria, per poi ritrovarmi distesa sul letto, con Dorian che torreggiava su di me. Bloccò i polsi ai lati della mia testa, con una presa possente e anche un tantino dolorosa. Gemetti sorpresa. – Non puoi. – Mormorò frustato, la mascella contratta e gli occhi leggermente lucidi.
–  Perché non posso? – Sibilai fra i denti, sostenendo il suo sguardo cupo.
– Perché non te lo lascerò fare. – Odiavo chi cercava di avanzare delle pretese su di me e in quel momento, Dorian era nei guai seri.
– Cosa ti importa di me, eh? – Il mio tono era acido e arrabbiato. Un miscuglio davvero terrificante, quasi non mi riconoscevo. – A te piace Charlotte, cosa altro vuoi da me? – Stavolta alzai il tono di voce, cercando di liberarmi dalla sua presa.
Non mi rispose, continuava a sovrastarmi, mentre la stretta ai polsi si allentava man mano.
– Mi stai distruggendo, così. – Non sapevo nemmeno io dove trovai la forza per dirgli quelle parole così dolorose per me.
Perché era vero. Tutto quello che c’era fra me e Dorian, mi stava distruggendo.
Vidi per un momento lo smarrimento nei suoi occhi grigi, finché non si alzò di scatto e oltrepassò la porta, successe tutto velocemente, tanto che rimasi spiazzata.
Se ne era andato, di nuovo.




Camminavo a passi lenti a riva, beandomi dell’acqua salata che toccava ogni tanto le dita dei miei piedi. C’era un leggero venticello che scostava continuamente i capelli dal mio collo e dal mio viso. I miei occhi guizzavano di tanto in tanto verso il mare.
E avevo una tremenda nostalgia. Dopo tutto quello che era successo tra me e Dorian, non ero entrata più in acqua, eccetto con David quella volta. Ma alla successiva richiesta da parte di quest’ultimo, rifiutai nettamente, sapendo che non avevo Dorian accanto e per tanto non era possibile non avere paura del mare. Lo sapevo, avrei dovuto imparare ad amare ‘sul serio ‘ il mare, ma cosa potevo farci? Per adesso, dovevo solo evitarlo. Quando quel turbine di emozioni si sarebbe calmato dentro di me, allora sarei stata pronta ad immergermi in quell’acqua limpida.
Era ancora mattina, e mi era praticamente vietato espormi al sole. Tutti si trovavano in qualunque altro posto, ma a patto che si trovassero all’ombra.
L’unica idiota ero io.
Eccomi qua, io, Jade Mills, mentre mi sto bruciando sia dentro che fuori.'
Ero diventata anche patetica. Mi portai una mano alla fronte, avvertendo un leggero mal di testa. Non avevo visto né David né gli altri. Mi ero diretta al lato opposto dell’isola, siccome non ero nemmeno capace di sopportare le loro voci attutite.
Decisi di sedermi sotto un albero, non troppo lontano dalla riva. Mentre pensavo ad un finale ipotetico per la mia fiction preferita, presi a giocare con un foglia secca. Mi guardai ben attorno, giusto per essere sicura di non trovarci nessun animale o insetto che fosse. Il trauma subìto a causa di quel ragno enorme peloso adesso era impresso nella mia testa.
– Che ci fai qui? – La voce frustante di Dorian mi colpì al petto. – Sei forse impazzita? –
Mi chiedevo perché continuava a fare questo stupido giochetto: andava via e tornava, andava via e tornava, andava via e tornava…
- Smettila, non ho bisogno di altre tue prediche. – Sbuffai acida, con il tono glaciale che assumevo ogni qual volta volevo difendermi da qualcuno. E stavolta quel qualcuno era Dorian.
Mi raggiunse in tre falcate, mentre io mi alzavo dal mio posto, preparandomi alla nostra prossima litigata.
– E tu smettila di fare la bambina. – Quella frase mi fece infuriare più del dovuto.
– Vaffanculo! – Urlai a gran voce. – Io sono una bambina? E tu? E tu che vai via da me per ritrovarti tra le gambe di Charlotte! Dopodiché ritorni e avanzi anche delle pretese su di me! ‘Ti prego, non andare da lui.’- Lo scimmiottai, gesticolando. – Sai che ti dico? Sono troppo bambina per le tue fasulle stronzate! Troppo bambina per stare ai tuoi repentini cambi d’umore! Troppo bambina per sopportare tutta questa situazione! –
Avevo gli occhi infuocati d’ira e la voce stridula e piena di rabbia come non mai. Urlai quelle parole con tutto il fiato nei polmoni, dopodiché, di me non rimase più nulla. Presi un respiro profondo, innanzi al suo silenzio e al suo viso impassabile. Perché fai così?
– Sono troppo bambina per starti accanto. – Mormorai queste parole affranta, abbassando il capo e accasciandomi a terra, sulla sabbia. In quel momento, riuscii a decifrare il cambiamento d’espressione sul viso di Dorian.
– No, Jade, no. – Si inginocchiò alla mia altezza, prendendo le mie mani nelle sue. – Non voglio assolutamente che tu te ne vada da me, e non sei affatto una bambina. – Sussurrò stringendo morbosamente le mie mani. Non avevo più parole da buttar fuori, né fiato per sprecare.
Non riuscivo a guardarlo nemmeno in viso, per cui tenni la testa bassa tutto il tempo.
– Anzi, sei troppo matura per me. – Strinsi gli occhi a quell’affermazione, promettendo a me stessa di non sbriciolarmi nelle sue mani così forti ma morbide.
– Io non so come comportarmi a volte. – Decretò infine. Alzai finalmente il viso su di lui, incuriosita e colpita da quelle parole. – Sono abituato ad altri tipi di ragazze. Io non capisco quando ti faccio del male, Jade. Di solito sono loro a tornare da me, io mi sono comportato sempre da perfetto stronzo. – Scorgevo nei suoi occhi uno strano luccichio, e la sua mascella perfettamente squadrata era piuttosto contratta. – Pensavo che facendoti ingelosire con Charlotte, saresti ritornata tu da me. Ma posso giurarti, che non mi piace per niente Charlotte. –
In quel momento mi sembrava tanto un bambino. Di quelli che conoscono solo un modo per avvicinarsi a qualcuno. Beh, anche se il modo di Dorian era di fare la parte dello ‘stronzo’, sapevo bene che in realtà dentro di sé aveva un animo umile.
Io ci tengo a te. – Sbottai improvvisamente, rendendomi conto di quello che avevo detto solo una volta aver parlato. Ero per caso impazzita? Anche lui restò basito dalle mie parole, non tanto per il significato, ma non centravano affatto in quella circostanza. Ci furono attimi di silenzio, finché la sua voce non ruppe il silenzio.
– Tieni anche a David? – Domandò, sfiorandomi la guancia con una nocca.
Scossi la testa. – Non quanto a te. – Deglutii.
–E’ così frustante quando mi rifiuti e mi allontani, Jade. – La sua voce si era leggermente incrinata. – Forse perché non ti è mai capitato. – Ribattei, con voce convinta e forse con ancora una nota di rabbia.
– Essere rifiutato dai genitori, quello è stato il più duro. – Le sue parole mi spiazzarono sul posto. Cosa? Gli riservai un’occhiata stranita, per poi vederlo sospirare. Puntai i miei occhi nei suoi e in quel momento, in quel grigio che tanto amavo, scorsi una punta di tristezza e di delusione.
Oh, Dorian… Lo abbracciai d’istinto, sorprendendolo.
– Non ti chiederò di parlarmene, ma io…io sono qui. – Affermai infine, sentendo le sue possenti braccia avvolgermi calorosamente.
E poi mi strinse.
Mi strinse così forte da farmi mancare l’aria. Sentivo tutto il bisogno in quell’abbraccio e forse c’era quella nota di paura…paura di perdermi?
– Non andartene. – E capii tutto. Mi lasciai risucchiare ancora di più da lui e dal suo affetto, fino ad espirare il suo odore che tanto mi adulava. Portai le mani alla sua nuca e lo carezzai dolcemente. Non era pietà la mia. Volevo soltanto che non si sentisse solo. Volevo un po’ del suo dolore, così quei macigni sul suo petto potessero pesare di meno. Non avevo ancora capito completamente quale fosse il problema, ma avevo intuito che una parte importante della sua vita gli era andata a mancare. Improvvisamente si alzò, portando le mani sul mio sedere e tenendomi in braccio. Rimasi con la mani attorcigliate al suo collo e il capo appoggiato sulla sua spalla. Sentii quel lieve formicolio allo stomaco. Dorian mi portò senza difficoltà nella mia stanza, facendomi atterrare sul letto di piglia.
– Vieni qui. – Dissi aprendo le braccia e in un attimo mi ritrovai il suo capo sul mio petto, e tutto il suo corpo a stretto contatto con il mio. Ci distendemmo sul letto, abbracciati e avvolti in un calore nuovo. quello del bisogno. Dorian alzò lentamente il capo, posando un casto bacio sul mio petto. Una scossa di brividi mi invase. I suoi occhi incontrarono fugacemente i miei.
Erano così belli, lui era così bello.
Ad un tratto, si alzò di poco, posizionandosi sopra il mio corpo, mentre una sua gamba si infilava fra le mie.
Respira, Jade. Respira.
– Posso baciarti? – Chiese a bruciapelo. Mi morsi il labbro in evidente imbarazzo, e notai Dorian seguire il gesto con ardito desiderio. Non mi diede il tempo di rispondere che si fiondò sulle mie labbra.
Da quanto tempo non sentivo la sua bocca carnosa sulla mia? E da quanto non provavo quel bruciore intenso per tutto il corpo? Troppo.
Questa volta mi baciò con dolcezza, come pochissime volte aveva fatto. Lambì il mio labbro inferiore con la sua lingua, inumiinumidendomi le labbra.
Era così piacevole… Mi riempì le labbra di tanti baci a stampo, e subito dopo chiese l’accesso alla mia bocca, delicatamente e intensamente. Non esitai e in men che non si dica, assaporai il suo sapore così afrodisiaco. Quel sapore che mi scombussolava tutti i sensi.
Giocava in maniera sinuosa con la mia lingua, mentre le sue mani andarono ad accarezzare la schiena, poi fianchi e infine il sedere. Erano tutte piccole vibrazioni di piacere.
Lo sentii gemere quando un suo dito passò lentamente sull’orlo delle mutandine. A quel punto trattenni il fiato. Si fermò anche lui, senza però staccare la mano dalla stoffa di quell’unico pezzo che mi copriva.
– Posso toccarti? – Una richiesta che mi fece sussultare dalla sorpresa e dal…piacere.
Lui voleva toccarmi.
– Sì. – Risposi un attimo dopo.
Ero impazzita, lo ero per davvero. Ma non potevo rifiutare una cosa del genere, io avevo bisogno della sue mani sul mio corpo. Alla mia risposta, lo vidi accennare un sorriso storto.
– Sei sicura, Jade? Non voglio che dopo finisca male… - Disse, abbassando leggermente la voce e il capo. Si riferiva a quella volta in cui ci stavamo spingendo oltre e io avevo incolpato lui, credendo che mi stesse solo usando.
Annuii. – Sicurissima.- Sussurrai, guardandolo dritto negli occhi.
E fu così che si fiondò di nuovo sulle mie labbra, strusciando il suo corpo contro il mio, provocandomi mille brividi. Sensazioni così non le avevo mai provate prima. Sentii le sue mani dappertutto: sulla mia schiena, sulla pancia, sul fondoschiena, sulle cosce. Le accarezzava arditamente, come se fosse questione di vita o di morte. Gemetti piano, quando strinse il mio sedere. Cosa che non fece altro che eccitarlo ancora di più, dato che emise un grugnito roco dal basso della gola e mi morse un labbro rabbioso. Si stacco dalle mie labbra, per scendere sul petto. Lambì con la lingua l’insenatura tra i seni, lasciando una scia di saliva.
Oh, stavo andando a fuoco!
Levò quella maglietta stropicciata e in un attimo le sue labbra erano sui miei seni. Li divorava come se fossero frutti maturi, alternando con le mani che stringevano poco delicatamente ma senza mai farmi del male. In quel momento, non riuscii a trattenermi. Mi mordevo il labbro in continuazione e lasciavo lunghi sospiri di piacere.
Dopo alcuni minuti, la sua lingua scese più giù, precisamente sulla mia pancia. Lasciava piccoli morsi e io sussultavo ad ognuno. Arrivò all’ombelico, giocandoci un po’ e non potetti fare almeno di sussurrare il suo nome. Scese ancora più giù, sull’orlo delle mie mutandine dove prima aveva passato il suo indice.
Lo leccò lentamente, tirando con i denti le mutandine e facendomi inarcare involontariamente il bacino.
– Impaziente, Mills? – Mi provocò, alzando il suo sguardo tremendamente erotico sul mio viso.
Non riuscii a ribattere siccome mi sfilò con un gesto fluido il pezzo di stoffa e piano piano, mi fece aprire le gambe. Il battito cardiaco accelerò come mai prima d’ora. Temevo di svenire per la troppa eccitazione, anche se, ero piena d’ansia.
Insomma, nessun ragazzo era riuscito a toccarmi fino a quel punto. Vidi posare i suoi occhi liquidi sulla mia intimità, e iniziarono ad ardere. Quel grigio divenne così intenso che rilasciai un gemito involontariamente.
Ero tutto troppo piacevole.
Ma non riuscii a non urlare il suo nome quando le sue labbra si posarono proprio .
–Dorian! – Mi inarcai come una forsennata, mentre lui appoggiò le mani sulle mie cosce, piegandolo e tenendole ben salde sul letto.
Oh, cavolo. E lì iniziò, quella tortura piacevole e sconvolgente. Dorian ci metteva dedizione e io non riuscivo a non gemere. Erano sensazioni troppo eccitanti e la figura di Dorian chinata sul mio sesso, creò un accumulo di farfalle nel mio stomaco. Mugolavo ogni tanto, mentre lui mi baciava così in profondità. Le sue dita affusolate mi provocavano scosse di piacere mai provate prima, mentre mi esplorava. Notavo che rallentava il ritmo ogni qual volta gemevo di più, forse per portarmi all’estremo, visto che stavo già impazzendo. Ogni tanto alzava i suoi splendidi occhi su di me mentre io stringevo i suoi capelli così forte da farlo male, anche se lui non si lamentava o almeno, non lo dava a vedere. Non sapevo perché gli permettevo di conoscermi fino e in fondo, ma io lo volevo da matti. Non solo per il piacere fisico, ma perché desideravo sentirmi così accaldata e provare sensazione allo stato emotivo così elevato.
Improvvisamente, sentii montare in me una sensazione più grande delle altre.
Credetti di morire, quando esplose dentro di me un piacere immenso.
– Dorian! – Urlai di nuovo, mentre mi inarcavo e gemevo con tutta me stessa. L’aria nei polmoni sembrava esser sparita completamente e il cuore ormai aveva preso a correre come non mai.
Mi appoggiai sul letto, mentre sentii lo schiocco della labbra di Dorian sulla mia intimità.
Lo vidi sollevarsi lentamente, mentre puntava i suoi occhi nei miei. Così profondamente sconvolgenti, che provai altri brividi di piacere.
Perché Dorian era pura emozione, viva.
Si stesa accanto a me, mentre io ero ancora a pancia in su e respiravo affannosamente. Chiusi gli occhi quando la mano di Dorian afferrò il mio fianco e mi girò di lato, facendomi appoggiare la testa sul suo petto. Mi diede un piccolo bacio affettuoso sulle labbra e poi mi sorrise lievemente.
– Grazie. – Sussurrò.
'Grazie? Oh, Dorian. Mi hai portato in paradiso, sono io a doverti ringraziare.'
Immersi le mani nei suoi capelli e lo vidi mugolare. Strinsi la presa, avvicinando il capo al mio e baciandogli dolcemente le labbra. Amavo da impazzare quella morbidezza.
Ci baciammo a lungo, ed io non riuscivo a staccarmi da lui e dal suo sapore.
– Buonanotte. – Sussurrai infine, a fior di labbra, respirando il suo respiro così mascolino.
– Notte. – Ricambiò, chiudendo gli occhi e stringendomi più a sé. 









_________________________AUTRICE_________________________


Hi, guys! 
Finalmente un finale felice... ahahaha
Ok, parto con la mia giustificazione. Non ho aperto efp per quasi due mesi e ne ho approfittato per le vacanze pasquali, quindi scusatemi come sempre. 
Giuro che le cose non saranno sempre così incasinate, come vedete, i due si sono spinti abbastanza oltre... O almeno, Dorian. 
Vi ringrazio sempre, il capitolo successivo ce l'ho già pronto. 
Vi aspetto, e mi scuso in anticipo per qualche mio errore.
Alla prossima, un bacio.

- Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Chapter sixteen. ***



                                                           Chapter sixteen



     














Affondai la lama del coltello nel kiwi che stavo accuratamente tagliando. Quella mattina mi ero ritrovata sola nel letto, di Dorian nemmeno l'ombra. Non lo avevo visto più da ieri notte e la cosa mi preoccupava al quanto, semplicemente perché avevo paura di essere stata presa in giro.
Come non averne quando ti ritrovi ad avere a che fare con il tipico ragazzo figo e popolare?
Ma, d'altra parte, io dimenticavo di trovarmi su un'isola sperduta nell'oceano e ormai quella vita era passata e forse anche persa. Dorian si era dimostrato migliore di quello che sembrava in apparenza, ma non riuscivo a non avere sempre quelle stupide insicurezze che mi attanagliavano lo stomaco. Avrei voluto qualcuno con cui sfogarmi, ma chi? Non avevo una migliore amica, e probabilmente non ne avevo mai avuta una.
Jessica non si interessava più a me, ma anzi, mi offendeva e mi attaccava pure. Mi aspettavo di trovarla al mio fianco tutte quelle volte in cui mi ero sentita male, specialmente fisicamente, ma lei non c'era mai. Mi riteneva una vittima, desiderosa di attenzioni. E forse era questo che mi amareggiava più di tutto.

Vidi la figura di Dorian materializzarsi davanti i miei occhi e sussultai leggermente. Era andato a riva, si era chinato leggermente e in mano aveva un pezzo di stoffa che stava immergendo cautamente. Era così bello, con quegli addominali che risplendevano alla luce del sole.
Si piegava all’altezza delle onde e lavava accuratamente quell’ indumento.
Strano, da quando ero su quell’isola non lo avevo mai notato lavare o sciacquare qualche vestito… Cercai di scoprire cos'era, sporgendomi col busto e osservandolo attenta.
Quando capii di cosa si trattava rimasi sbigottita:
erano le mie mutande. Le mie mutande. Le mie mutande!
- Dorian! - Urlai fuori di me, alzandomi stizzita dal mio posto e avvicinandomi velocemente. Quest'ultimo, sobbalzò spaventato appena urlai il suo nome. Mi osservò con un cipiglio alzato e con una mano all'altezza del cuore, cercando di regolare il respiro.
- Dammele! - Gli strappai la mia mutanda dalla sua presa, con ancora quella voce indispettita e il volto arrabbiato. Solo allora Dorian capì il motivo del mio nervosismo. E infatti, sul suo viso si andò a designare un ghigno malizioso e poco promettente.

 - Ora fai la pudica, eh? - Quel tono di voce roco e arrogante non fece che farmi stizzire ancora più del dovuto. Arrossii violentemente a causa della sua sfacciataggine.
- Stronzo. - Digrignai fra i denti, dandogli le spalle e incamminandomi verso il rifugio, fumante di rabbia e imbarazzo. Ecco, dovevo aspettarmelo! Dovevo aspettarmi quella faccia da schiaffi e quel sorriso sfrontato. Dio! Volevo prenderlo a pugni dalla rabbia.
Ero furiosa! Non doveva toccarmi neanche più con un dito. Se ne approfittava, lo stronzo.
Sapeva bene come farmi innervosire e dopo avergli concesso di scoprirmi...fino e in fondo, mi aveva in pugno. Ormai si sarebbe preso gioco di 
me, ormai sapeva dove puntare la canna del fucile. Tremavo dal nervosismo, mentre ero seduta sul letto di paglia, con gli occhi fissi sulla mia mutanda. Quelle che poco prima Dorian stava sciacquando e le stesse che la sera prima mi aveva sfilato. Promisi a me stessa di mantenere la calma e uscii a passo felpato dalla stanza.
Cercai Dorian con lo sguardo e quando lo trovai mi avvicinai con tutta la sicurezza del mondo.
- Rimettile al loro posto. - Gli dissi, prendendo la sua mano e posando sul palmo le mie mutandine. Dorian aprì la bocca sconvolto, fissandomi con un'espressione stranita.
'Beccati questo!' Mio padre mi aveva sempre insegnato a non apparire debole innanzi agli occhi del tuo nemico e Dorian era il MIO di nemico.
Girai i tacchi e me ne andai, con un sorriso malefico e soddisfatto sul viso. 'Ben fatto, Jade!'



Ormai mi bruciava la pelle a causa di quello sguardo intenso e liquido proprio sulla mia schiena. Sbuffai, girandomi di colpo. - Smettila, Dorian! - Sbottai innervosita, mentre lui era stravaccato più in là, con quello sguardo impertinente puntato su di me. - Di fare cosa? - Chiese con quell'aria da finto innocente. Quanto avrei voluto levargli quel sorrisino fastidioso dalla sua faccia!
- Mi stai spogliando con gli occhi, maniaco! - Stavolta mi alzai in piedi, decisa a non tagliare più la frutta e ritornarmene nella mia stanza. - Ehi, tigrotta. Vieni qui. - La sua voce suadente mi accarezzò l'orecchio, dopo avermi afferrata e aver attaccato la mia schiena al suo petto.
- Lasciami! - Cercai di divincolarmi, mentre la rabbia aumentava sempre di più.
- Lasciami, ho detto! - Imprecai.
- Shh, calmati. - Il tono di Dorian era leggermente roco e divertito, mentre mi stringeva a sé prepotentemente. Ovviamente, il mio corpo fu trapassato da mille brividi. Maledetto traditore!



Dorian's part.





Guardavo le sue gote tingersi di un colore rosso fuoco, mentre cercava di divincolarsi dalla mia presa. Era arrabbiata, molto arrabbiata a causa dei miei stuzzicamenti continui. Ma non potevo fare a meno di vederla imbarazzata per poi tirare fuori quegli artigli da tigre combattiva.
Era buffa, ma estremamente attraente. Ignorai i suoi urletti infastiditi e la portai con me in acqua, tenendola saldamente in braccio.
– Smettila di dimenarti come un’anguilla! – L’ammonii con tono duro, ma in realtà ero davvero divertito da quella situazione.
– E io ti ho detto di lasciarmi! – Urlò per l’ennesima volta Jade, dimenandosi ancora di più.
– Come vuoi. – Lasciai la presa e lei si ritrovò immersa in acqua. Ritornò su, tossendo violentemente e riservandomi uno dei suoi sguardi omicidi.
– Ti odio. – Disse fra i denti, mentre si levava in modo stizzito ciocche di capelli bagnati dal viso. Ma io non potei fare altro che osservarla. Anzi, per lo più ammirarla.
Era bella, tanto bella.
Bagnata e illuminata da quei raggi del sole. Probabilmente mi ero incantato come un cretino, ma quello era l’effetto che Jade mi faceva. Una scossa forte mi percorse tutto il corpo, fino alla unghie dei piedi. I suoi occhi verdi, che adesso si notavano ancora di più, mi guardavano con fastidio e astio ma non potevo fare altro che rimanerne elettrizzato. Scesi con gli occhi un po’ più giù, sul suo esile collo abbronzato.
In quel momento non volevo fare altro che morderlo e tempestarlo di baci. Il mio sguardo si spostò sul suo seno, non troppo prosperoso. Ne ricordavo ancora la loro morbidezza, la loro consistenza… - Dorian. – Mi richiamò la sua voce sottile ma abbastanza profonda da riscaldarmi, proprio lì.
Mi avvicinai come un predatore, senza staccarle gli occhi di dosso. Il suo sguardo da furioso divenne improvvisamente terrorizzato. Schiuse le sue labbra carnose come a voler dire qualcosa, ma la mia presa ferrea sui suoi fianchi la zittì all’istante.
– Stai tremando. – Mormorai, mentre notavo i suoi denti affondare sul labbro inferiore.
Dio, Jade.
Con una mano le accarezzai la guancia liscia e posai le mie labbra al lato della sua bocca, in un bacio silenzioso e umido. La sentii rabbrividire. Era proprio l’effetto che desideravo.
– Che ne dici se andiamo al rifugio e… - lasciai la frase in sospeso, mentre la mia mano scese lenta sulla sua schiena, per poi posarsi sul suo sedere e stringerlo. – …ci riscaldiamo a modo nostro? – Sussurrai al suo orecchio, spingendo il suo bacino contro il mio, facendole sentire la mia erezione, solo per lei.
Avevo bisogno di quel corpo.
La sentii sospirare pesantemente, mentre il mio corpo aderiva completamente al suo. Ormai divampava un incendio dentro me. La vidi sussultare dalla sorpresa, per poi fissarmi in un modo al quanto strano…direi malizioso. Improvvisamente, il suo viso si avvicinò al mio, sfiorando le sue labbra carnose con il mio orecchio e le sue piccole mani si andarono a posare sul mio petto.
Ero pronto ad una sua proposta, qualsiasi, pur di sentirla contro di me.
– Evapora. – Mormorò, per poi allontanarsi da me e senza neanche guardarmi.
Rimasi imbambolato siccome non avevo recepito ancora la botta finale, mentre lei si dileguava con fare tranquillo ma allo stesso tempo stizzito fuori dall’acqua.
Sbuffai sonoramente, guardando il suo esile corpo allontanarsi.
Merda, stavo impazzendo!





- Credi che quando torneremo sarà tutto come prima? – Mi chiese sorridendo Charlotte, seduta al mio fianco.
– Che intendi? – Domandai distrattamente, mentre ero impegnato a rifinire un tronco. Io e i ragazzi stavamo cercando di ‘creare’ degli oggetti che potessero vagamente somigliare a delle posate, o magari, anche solo ad un piatto.
– Voglio dire, cambierà qualcosa? Insomma, avremo sempre gli stessi amici o si saranno dimenticati di noi? – Era difficile vedere Charlotte fare un ragionamento con un senso logico, oppure anche solo che non parlasse di sesso. Mi veniva quasi da ridere guardarla pensare e toccarsi i capelli biondo platino distrattamente. Era tenera, in un certo senso. Avevo imparato a conoscerla in tutto quel tempo passato sull’isola, almeno sapevo di più su di lei, e non solo tra le lenzuola.
– Non si saranno dimenticati di noi, non gli amici veri, credo. – E mi dispiacque un po’ dirlo, sicuramente lei non aveva amici che l’amavano e le volevano bene per com’era veramente. Charlotte si mostrava finta in tutto e per tutto, e per questo veniva giudicata. Sembrava che tutte le fossero amiche, ma in realtà non aveva nessuno. Lei era solo un mezzo per arrivare alla popolarità. – Secondo me, diventeremo più conosciuti di prima! – Esultò, battendo le mani come una bambina. Sorrisi divertito. Ovvio, sicuramente eravamo finiti su tutti i giornali e non potevamo essere più famosi di così. Era strano avviare una conversazione normale con Charlotte, in un certo senso, mi mancava quella sua determinazione e iniziativa a portarmi a letto. Non eravamo scopamici, no. Perché, non eravamo per niente amici, anche se nell’ultimo periodo qualcosa stava cambiando.
– Dorian. – Mi chiamò ad un tratto lei. – Quando mi porterai di nuovo con te sulla barca? –
Tono da civettuola e sguardo provocante.
Ora la riconoscevo.




Arrivai a riva abbastanza stanco per aver remato per mezz’ora buona, anche se, non avevo pescato nessun pesce ma anzi, era stata Charlotte a pescare il mio. Ovviamente, non aveva perso occasione per toccarmi e carezzarmi, sia con le mani, sia con la bocca. E io di certo non avevo rifiutato, ma non avevo intenzione di ricambiare il favore. Mi ero sinceramente scocciato di quel corpo, poteva essere ancora una bomba del sesso ma non mi interessava più di tanto, soprattutto da quando Jade mi aveva fatto notare il suo disagio.
La mia preda era qualcun’altra. La più difficile, probabilmente.
– Grazie mille. – Mormorò ad un certo punto Charlotte sulle mie labbra, prima di schioccarci sopra un volgare e rumoroso bacio. Sospirai esausto, vedendola allontanarsi da me. Per fortuna non dovevo più sentire la sua voce squillante e decisamente fastidiosa.
Mi inoltrai nella foresta, incamminandomi verso il rifugio. Mi serviva una bella dormita, avrei voluto risvegliarmi l’indomani mattina. Salii le scale velocemente e distrattamente passai per la camera di Jade. Ormai era un’abitudine controllare se ci fosse qualcosa che non andava, così, cercai di spiare nascondendomi.
– Suonavi davvero nella banda della scuola? – Chiese leggermente sorpresa Jade, mentre era in piedi d’avanti la finestra.
– Certo, perché ti sembra così strano? – La voce di David mi urtava leggermente i nervi, mentre lui se ne stava stravaccato tranquillo sul letto di paglia di Jade.
– Mah, non ti vedo per niente il tipo. – Rise lei, in risposta.
– Infatti me ne sono andato. – Affermò l’idiota. Vidi Jade continuare a sorridergli e lui fare lo stesso.
Jade stava davvero bene con lui? Era più felice quando passava del tempo con David piuttosto che con me?
Senza pensarci troppo, irruppi nella stanza senza far caso allo sbuffo di quell’imbecille.
Jade mi guardava con un cipiglio alzato, portando le braccia incrociate sotto il seno. Era ancora arrabbiata per la mia proposta indecente di stamattina.
– Jade, hai mangiato? – Dissi la prima cosa che mi venne in mente, non potevo fare la figura del cretino più di come la stessi già facendo. Ma mi interessava saperlo davvero, avevo notato che sveniva facilmente e quindi mi assicuravo che mangiasse sempre. Annuì sbuffando annoiata e alzando gli occhi al cielo.
– Che premuroso. – Sentii il sussurro ironico di David alle mie spalle e mi alterai ulteriormente.
Mi girai velocemente verso di lui. – Ah, Tom ti cercava. –
Balla. Ma dovevo trovare un pretesto per levarmelo dalle palle e, soprattutto allontanarlo dalla mia Jade.
– Che vuole? – Chiese. Oh, ma che cavolo!
– Vai tu e chiediglielo direttamente, no?! – Sbottai infastidito. Quell’imbecille mi era sempre stato antipatico. Mi lanciò uno sguardo di fuoco e, rigido si alzò dal letto. Finalmente!
Si avvicinò a Jade e le schioccò un bacio sulla guancia, per poi salutarla e andarsene. Cacciai un sospiro di sollievo, gettandomi a peso morto sul letto, stravaccandomi alla ben meglio e portandomi le braccia dietro il capo.
– Sei proprio antipatico. – Mi attaccò Jade, mentre chiudevo le palpebre rilassato e accennavo un piccolo sorrisetto.
– Mai quanto te. – La stuzzicai. Prevedevo già il fumo uscire dalle sue orecchie e io mi pregustavo il momento.
– Idiota. – Sbottò, chinandosi per sistemare alcuni oggetti nell’angolo e donandomi una splendida vista del suo lato B.
– Sei ancora arrabbiata per stamattina, lo so. – Dissi con un sorriso sfrontato in viso.
– Non mi importa. – Ribatté solamente, mentre la sentivo spostarsi. Aprii leggermente gli occhi, e la vidi appoggiata con i gomiti sulla finestra e il viso leggermente sporto fuori. I capelli spostati dal vento e gli occhi verdi chiusi, con una semplice espressione neutra.
– O forse sei solo imbarazzata per quello che è successo, ammettilo. – Imbarazzarla era il mio forte, anzi, farla incazzare era decisamente il mio gioco preferito.
– Non succederà più. – Mormorò con tono indifferente, continuando a tenere gli occhi chiusi.
– Mi sembrava strano di non avertelo ancora sentito dire. – Affermai risentito. Se io mi divertivo a stuzzicarla, lei si divertiva a farmi impazzire. Prima me la sbatteva in faccia, poi il giorno dopo faceva la pudica. Prima mi faceva persino le fusa per essere coccolata da me, poi si sentiva in colpa. Insomma, era un tira e molla tremendo!
– Beh, è colpa tua. – Disse, girandosi verso di me e fulminandomi con lo sguardo. Alzai un sopracciglio interrogativo, non riuscendo a capire perché la colpa fosse sempre e solo mia!
– Perché ti comporti da stronzo. – Rispose alla mia muta domanda. – Perché con quel tuo modo di fare, fai sembrare tutto sbagliato! – Continuò, alzando leggermente il tono di voce e corrugando la fronte.
– Oh, cavolo! Non mi va di parlarne. – Sbuffai frustato, portandomi un braccio sui gli occhi e desiderando dei tappi alle orecchie per non sentire le sue lamentele.
– Non ti ho mai dato motivo per farti sentire una poco di buono, sei tu che sei paranoica! –
Mi stavo innervosendo e con quella frase feci intendere che il discorso era chiuso. Mi ero stufato dei suoi inutili complessi e delle sue insicurezze. Facevo di tutto per dimostrarle il contrario, ma lei non ci faceva nemmeno caso, si soffermava solo sulle mie finte battute o altre cretinate. Insomma, non c’era verso di farle cambiare idea! Ed era già un enorme sforzo per me, visto che non avevo mai avuto a che fare con delle ragazze che assomigliassero caratterialmente a Jade.
Lei non era complicata, ma era alcune volte troppo, troppo persino per me. Jade era un miscuglio di tutto e aveva così tanto come persona, che alcune volte io mi ci perdevo.
La sentii avvicinarsi e poi sedersi sul letto accanto a me. Aprii gli occhi e me la trovai proprio di fronte.
– Sei stanco? – Chiese, con tono gentile e portando la mano tra i miei capelli.
Le donne, e chi le capiva!
Era estremamente lunatica.
Cambiava di umore da un secondo all’altro, senza neanche accorgersene. Tipo adesso.
Ma ormai, mi ero abituata a questi ripetitivi cambiamenti. Annuii stancamente, addolcendomi a quelle carezze.
– Sono andato in barca a pescare – dissi – con Charlotte. – Mi uscii, casualmente.
Ok, non casualmente. Lo avevo detto apposta per il semplice motivo che mi eccitava vederla gelosa. Oramai aveva dimostrato troppe volte di esserlo.
La vidi fare una smorfia per poi sussurrare fievolmente – contento tu! –
Beh, di certo non le avrei raccontato i dettagli, ma volevo un po’ giocare.
– Mi serviva qualcuno che mi tenesse compagnia. – Spiegai tranquillo, alzando le spalle in una scena teatrale. Si morse il labbro, fermando la carezza tra i miei capelli.
– Se quell’oca è capace anche di fare compagnia… - Si era infastidita, lo vedeva dal modo in cui si attorcigliava i capelli attorno al dito. Il suo solito tic nervoso.
– Oh, e che bella compagnia! – Esclamai troppo entusiasta, tanto che mi diede un colpetto al petto e si alzò, urlandomi indignata ‘porco!’ Mi sollevai anche io e le andai incontro, afferrandola per i fianchi.
– Acida. – Mormorai divertito, mentre lei si dimenava. La presi in braccio con un po’ di difficoltà, siccome continuava a sferrare pugni alla cieca cercando di farmi del male, ma la sua forza era pari a zero, data la sua corporatura piccola ed esile. L’adagiai poco delicatamente sul letto e mi fiondai su di lei, iniziando a farle il solletico ai fianchi e al collo. Mi bastava far questo, purché toccare la sua pelle liscia e morbida.
– B-basta t-ti p-prego! – Balbettò, tra un respiro e l’altro. Continuai ignorando le sue suppliche di smetterla, mentre lei si contorceva dal ridere e istintivamente faceva sorridere anche me. Le diedi un attimo di tregua, solo per farle riprendere il respiro. Vedere il suo corpo seminudo scosso da convulsioni, mentre respirava affannosamente, mi fece riaffiorare nella mia mente pensieri e immagini poco caste. Ero proprio in astinenza! – Idiota. – Sbottò con tono divertito, col suo sorrisino sulle labbra. Era distesa al mio fianco, mentre io ero seduto accanto. L’atmosfera iniziò a farsi pesante, Jade non stava più ridendo e nemmeno io. Eravamo diventati improvvisamente seri, e non sapevo il perché. Jade mi scrutava con i suoi occhi verde smeraldo, sembrava volesse leggere il filo dei miei pensieri. Deglutii per quello sguardo intenso e istintivamente portai una mano e l’immersi nei suoi capelli rossicci, li arrotolai attorno alle mie dita, tirandoli leggermente.
Jade chiuse gli occhi in un’espressione rilassata, la bocca carnosa semichiusa e un respiro mozzato. Mi avvicinai attirato come una calamita e mi distesi accanto a lei. Fu impossibile non prenderla tra le braccia, facendo aderire il suo corpo completamente al mio. Si rannicchiò contro il mio petto, sfregando il suo capo come una gattina desiderosa di attenzioni. Le mie mani le andarono a cingere i fianchi, mentre le lasciavo un bacio sul capo.
– Che cosa voleva David? – Le chiesi, spezzando quell’atmosfera tranquilla che si era andata a creare.
Sbuffò sonoramente. – Deve esserci per forza un motivo in particolare? –
Ecco la sua voce acida fare ritorno.
– No, ma spero che tu abbia messo in chiaro certe cose… - Dissi con voce stanca. Con ‘certe cose’ intendevo il fatto che non avrebbe dato nessuna possibilità a David, perché aveva scelto di restare con me. Lui la voleva per sé, senza me intorno. Non le avrei mai permesso di cacciarmi dalla sua vita per un imbecille come David.
– L’ho fatto. – 

- E lui? – Meglio informarsi.
– Niente, ha detto che mi aspetterà ancora. –
Mi uscii una risata di scherno, pensando a quanto potesse essere idiota e squallido quell’individuo. – Per il resto dei suoi giorni? – Domandai con una nota derisoria.
– Ha detto che presto mi accorgerò che tipo sei, Dorian. – Il suo tono era scocciato, anche se ormai avevo intuito quante pippe mentale Jade si stesse facendo in quel momento.
– Certo, ti accorgerai che tipo brillante hai d’avanti. – Scherzai, pavoneggiandomi e mostrando un sorriso sfrontato.
– Che egocentrico. – Jade alzò di scatto il capo e si appoggiò sui gomiti. I capelli erano disordinati e le coprivano metà faccia.
‘ Che selvaggia.’ Pensai, mordendomi un labbro. Risi spostandole i ciuffi di capelli dal viso.
– Credi alle parole di David? – Le chiesi, ritornando tutto ad un tratto serio.
– No. – Rispose velocemente. Ma sapevo che in fondo, c’era qualcosa che Jade non voleva dirmi. – Sicura? – Le sussurrai, guardandola dritto negli occhi. I suoi denti affondarono nel suo labbro inferiore, mentre abbassava il capo.
Dopodiché lo rialzò e disse solo – non deludermi, Dorian. – A quelle parole, l’abbracciai di slancio. Era un chiaro segno di promessa.
Non lo farò, Jade. – Mormorai, stringendola al mio petto. 









__________________________AUTRICE___________________________

Hi, guys!
Come sono andate le vacanze? A me tutto bene, sono stata in montagna e per questo non ho aggiornato prima. Ma adesso eccomi qui con il nuovo capitolo!
Spero vi piaccia, anche se è solo un capitolo di passaggio...  
Insomma, vi chiederete quando finirà questo stupido triangolo Dorian - Jade - David, vero? Presto...ve lo assicuro.
Credo che nei prossimi capitoli ci saranno delle svolte importanti, quindi spero che continuerete a leggere. 
Ringrazio sempre chi recensisce ma anche i lettori silenziosi. 
Ringrazio le 69 persone che hanno aggiunto la storia tra le preferite e le 178 che l'hanno aggiunta tra le seguite. 

Un bacio, alla prossima!

- Marta.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Chapter seventeen. ***



                                   Chapter seventeen



        







 

Un leggero venticello, fresco, levigava la costa, portandomi ad espirare quel delizioso profumo di mare, di libertà. Anche se non si poteva propriamente parlare di libertà quando ci ritrovavamo bloccati su un'isola. Ma io cercavo di vivere la vita ogni giorno come se fosse una particolare illusione: eravamo semplicemente sette amici che si godevano una vacanza su un'isola nel bel mezzo dell'oceano Atlantico, gratis tra l'altro, per un tempo illimitato. Già, eterno quasi. Avevo del tutto dimenticato i volti sorridenti dei miei familiari, anche se mi sforzavo di ricordarli, chiudevo forte le palpebre e mi ripetevo 'forza, forza, è solo un vuoto di memoria.'
Ma, in realtà, sapevo bene che il tempo stava portando via tutti i miei ricordi, lontano, in un posto dimenticato da Dio. Piangere? E a che serviva? Ne avevo versate anche troppe di lacrime al punto da disidratarmi, ormai avevo smesso anche di fare quello. Cercavo di trovare un appiglio in quell'assurda situazione, una stupida ragione per non perdere la testa definitivamente. E quando mi accorsi che, in realtà tutto ciò che definivo stabile nella mia vita era andato in fumo come la mia speranza di ritorno a casa, mi aggrappai a quell'unica cosa o meglio persona, che sembrava capirmi: Dorian.
Mi aveva accolta nella sua braccia quando avevo pianto in preda alla malinconia, mi aveva dato un piccolo bacio sulla fronte e mi aveva rassicurato. A quel punto che senso aveva chiedersi se ne valeva la pena di fidarsi o meno? Mi ero buttata a capofitto in un Dorian arrogante e presuntuoso all'apparenza, fregandomene delle conseguenze. E infatti, ero attirata da Dorian in entrambi i casi, sia fisicamente che emotivamente. E cercavo ancora di capire se tutto quello fosse sbagliato o meno, perché lui era imprevedibile, come tutto d'altronde.
E pensavo insistentemente a questo, mentre ero stesa accanto a lui all'ombra, sotto un grosso albero, con il viso rivolto verso il mare. Eravamo in un religioso silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri. Io in particolare, avevo una domanda che mi vorticava in testa da un bel po', e non avevo il coraggio di porgliela.



Quella mattina stessa, decisi di andare a far visita a Kelsey che non vedevo da tempo e non sapevo se fosse migliorata o meno con il braccio ustionato. Prima di entrare nella stanza, sentii delle voci, per lo più ovattate. Man mano che mi avvicinavo mi concentravo meglio per capire chi ci fosse insieme a lei nella stanza. Arrivai ad un passo dalla porta e mi accorsi di Charlotte. Ascoltai la loro conversazione, senza nemmeno farlo intenzionalmente.
- Oh, non sai quanto sono felice! - Affermò Charlotte. Felice?
- Davvero? - Rise Kelsey. - Forse immagino già il perché. - Disse entusiasta, con un tono abbastanza malizioso. Anche se mi ripetevo 'non ascoltare, entra o vattene', il mio istinto vinse sulla ragione e continuai ad origliare furtivamente. Charlotte rise di gusto. Sembrava un'anatra mentre le stavano tirando le penne.
- Dai, racconta. - L'esortò l'altra. ' Sì, racconta. Sono curiosa. ' Pensai.
- Io e Dorian siamo andati insieme in barca. - Affermò, e il mio cuore perse un battito.
Ah, davvero? Ora che avevo ascoltato poteva anche bastare. Dovevo solo girare i tacchi e andarmene, oramai la botta allo stomaco l'avevo ricevuta. Invece no, io ero una maledetta masochista e non mi allontanai per niente.
- E? - Kelsey sembrava parecchio eccitata quanto Charlotte.
– E gli ho fatto un...piccolo servizietto. - Entrambe scoppiarono a ridere, mentre io desideravo solo scoppiare a piangere.
Ora era davvero troppo.
Scappai senza voltarmi e per tutto il tempo in camera pensai solo a quello.






Mi aveva tradita? Certo che no, stupida. Lui ti ha promesso di starti accanto, non di diventare il tuo principe azzurro! Sì, ma io avevo rinunciato a David per lui…
Quando mi aveva chiesto di ‘scegliere lui ’ non aveva di certo specificato in che senso, e quindi non sapevo come interpretarlo. Perché avevo scelto lui? Per averlo vicino, specialmente quando ne avevo bisogno, perché lui sembrava la sola ed unica persona di cui veramente sentivo di potermi fidare. –
Ti vedo pensierosa. – Constatò proprio in quel momento Dorian, allungando una mano verso di me e accarezzandomi i capelli. Caspita, riusciva a capire tutto e subito.
– C’è qualcosa che non va? – Sussurrò, avvicinando il suo corpo al mio e continuando a squadrarmi in un modo per lo più strano.
– In verità, sì. – Risposi, spostando lo sguardo dal suo. Aspettò in silenzio che continuassi a parlare, mentre la sua mano vagava sul mio corpo, spostandosi dai capelli alla spalla, arrivando al braccio e carezzandolo dolcemente, scese in basso lentamente per poi intrecciare una mano con la mia.
– Sei ancora in buoni rapporti con Charlotte? – Mi vergognai un po’ a porgli quella domanda, ed infatti la voce mi tremava leggermente. Lui aggrottò le sopracciglia, e proprio mentre stava per rispondere lo bloccai sul nascere. – Non mentire. – Mormorai, puntando i miei occhi nei suoi grigi. Sospirò per poi dire – che intendi ‘in buoni rapporti’? – Beh, ora che c’ero, tanto dirgli la verità di tutto quello che avevo sentito quella mattina.
– Ho sentito Charlotte raccontare a Kelsey che siete andati in barca insieme ed avete avuto un rapporto…intimo. – Le mie guance avvamparono mentre dissi tutte quelle parole velocemente. Espirai nervosamente, mentre contavo i secondi alla sua risposta.
– E’ vero. – Affermò, tranquillamente.
– Io pensavo non la frequentassi più… - La mia voce era appena udibile.
Sembravo una bambina a cui le era stata infranta un promessa, una promessa a cui teneva a cuore.
– Ed infatti è così. – Sciolse la stretta alle mani – solo che ieri è stata un’eccezione. – Continuò, girandosi a pancia in su e portando i bracci sotto il capo. In quel momento il suo livello di arroganza era ai punti massimi e io stavo per scoppiare.
Proprio quando stavo per rinfacciargli che le mie ‘eccezioni ‘ con David a lui davano fastidio, si alzò di scatto, puntando lo sguardo in un posto particolare della foresta.
– Jade, guarda! – Indicò qualcosa più in là con il dito. Mi girai confusa, chiedendomi in quell’arco di secondo cosa ci potesse essere di così sorprendente da scattare in quel modo. Una piccola scimmietta, ma davvero piccola, era su due zampe e mangiava qualcosa che non riuscii ad identificare. Ci guardava curiosi e non presentava il minimo spavento innanzi alle nostre figure. Sorrisi divertita. Era davvero tenerissima. In tutto quel tempo non ne avevo mai vista una, non almeno così vicino e senza che scorrazzasse da un albero ad un altro. Aveva il pelo marrone, e un viso abbastanza piccolo e dolce. Mi intenerii davanti a quella creaturina. Dorian provò ad avvicinarsi lentamente, mentre un sorriso aleggiava sul suo viso. Io rimasi ferma sul posto, non volevo di certo spaventarla o vederla scappare. Una volta che Dorian gli fu abbastanza vicino, tese la mano sul suo capo e incredibilmente la piccola scimmietta si fece accarezzare, senza allontanarsi. Mi scappò un piccolo risolino, mentre lui cercava di prenderla molto cautamente in braccio. Si avvicinò a me, guardando la scimmietta con un sorriso, per poi spostare lo sguardo su di me.
– Incredibile, vero? – Dorian era eccitato e allo stesso tempo sorpreso quanto me. La scimmietta fissava incuriosita entrambi, spostando il capo in tutte le direzioni ma per nulla intimorita. Iniziai a carezzarle il capo, dopodiché, Dorian me la passo in braccio. La scimmietta si lasciò afferrare dalla mie mani e me l’appoggiai al petto. Dorian andò a prendere qualcosa da darle per mangiare, mentre io mi sedevo a terra con la scimmietta in grembo. Sembrava molto attiva, si muoveva a scatti sulle mie gambe, toccando e curiosando sul mio pezzo di stoffa, mentre io continuavo ad accarezzarle il capo. Dorian tornò con dei pezzi di cocco, li porse alla scimmietta che dopo un attimo di esaminazione, afferrò il cocco e cominciò a mordicchiarlo. Dorian si sedette accanto a me, poggiando il capo sulla mia spalla e osservando meravigliato come me la piccola creaturina.
– E’ una femmina o un maschio? – Chiesi incuriosita. Lui alzò le spalle distrattamente e si avvicinò alla scimmia. Cercò di stenderla supina, anche se risultava un po’ difficile, visto che poteva interpretare il gesto in modo negativo.
– Dai, fammi vedere! – Imprecò, mentre la scimmia si dimenava. Risi leggermente, afferrando la scimmietta e alzandola di poco, giusto per dare la visuale a Dorian.
– E’ un maschio. – Constatò, dopo aver fatto una smorfia di assenso.
– Voglio chiamarla Snooky. – Affermai poco dopo, guardando la scimmietta soddisfatta.
– Snooky? Sei seria? – Dorian mi guardava quasi come se fossi un alieno.
Cosa aveva tanto di strano il nome? - Certo, e allora? – Ringhiai.
– E’ buffo! – Esclamò, gesticolando.
– Ma lui è buffo! – Sorrisi contenta.







– Dorian… - Sussurrai. Un nome perso tra le nostre labbra, che in quel momento si muovevano sinuose. Scontrandosi, accarezzandosi…coccolandosi. Erano circa passati dieci minuti da quando Dorian aveva posato la sua mano sulla mia gamba, per poi farla salire e facendomi fremere toccandomi il ventre. Aveva avvicinato le sue labbra carnose alle mie, e lì era iniziato il gioco.
Non lo avevo respinto, no.
La verità? Assaggiare di nuovo il suo sapore era quello che volevo da tempo, forse troppo tempo. Mi prendeva e mi trasportava in un mondo parallelo, forse più bello ma sicuramente pericoloso. Spinse con cautela il mio corpo sotto il suo, accarezzandomi la guancia e afferrando i fianchi. Io, come sempre, strinsi i suoi capelli neri tra le mie mani. Tiravo leggermente, emozionata e tremante. Lui mi baciava con delicatezza, facendomi rabbrividire. I suoi denti, a tratti, intrappolavano il mio labbro inferiore, per poi passarci la lingua come a cancellare le sue stesse tracce. Ah, non mi sarei mai stancata di baciarlo.
– Dorian… - Lo richiamai, mentre il bacio si faceva più passionale.
– Mh? – Sembrava non riuscisse a staccarsi dalle mie labbra.
– Cosa siamo noi? – Era difficile formulare la domanda, con la sua bocca umida che scendeva lentamente dal labbro fino al collo.
– Quello che vuoi, Jade. – Mi rispose annaspando, mentre mi lasciava una carezza ardente sulla pancia. Lasciai un gemito quando sentii un morso sul mio seno, coperto solo da un piccolo straccio. Stavo impazzendo e non sapevo nemmeno dove saremmo arrivati con tutte quelle coccole e attenzioni.
– Rispondimi, Dorian! – Mi inarcai, marcando il tono sul suo nome quando mi lasciò una carezza allusiva in basso. Rimase in silenzio, continuando a lambire con ardore ogni centimetro di pelle sotto il seno.
– Perché Charlotte? – Ritentai, cercando di attirare la situazione e distrarlo. Non potevo allontanarlo io fisicamente, non ci sarei mai riuscita.
– Charlotte, cosa? – Finalmente rispose, dandomi piccoli e umidi baci dall’ombelico fino all’orlo delle mie mutandine.
– Perché hai ancora rapporti con lei? – Avevo gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro, mentre deglutivo.
– Non ho rapporti con lei. – Rispose fermandosi e alzando la testa di scatto.
– E’ successo solo ieri mattina. – I suoi occhi erano puntati nei miei e sembravano dirmi ‘credimi, ti prego. Credimi. ‘
Mi alzai a sedere, leggermente scossa e cercai di sistemare almeno in parte i miei capelli ormai in disordine. – Quando mi hai chiesto di scegliere te e non David…scegliere te per cosa? – La mia voce era appena udibile, ma era tutto troppo delicato, avevo paura di rompere tutto senza neanche accorgermene.
– Per starti accanto. – Rispose dopo minuti. – Potevi starmi accanto anche con David… - Constatai, abbassando il capo e aspettandomi una risposta diversa.
– Lui ha deciso di porti dei limiti. – A quell’affermazioni mi si offuscarono gli occhi.
Incoerenza.
Ipocrisia.
Incoerenza.
Ipocrisia.

Dorian non voleva che guardassi altri ragazzi al di fuori di lui. Me lo aveva espressamente detto e adesso voleva quasi farmi capire che non gli importava nulla se David mi si fosse avvicinato o meno.
– Anche tu. – Infatti, ribattei a testa alta. I suoi occhi scapparono al mio sguardo. Si trovava in difficoltà.
– Cosa vuoi sapere? -
- Lo sa già! – Risposi subito. – Cosa siamo io e te? – Non poteva di certo rispondere ‘amici’, perché gli amici non si baciano e odiavo quella definizione di ‘amici speciali’, così superflua e senza senso. Non rientri nella friendzone nemmeno quando c’è solo un’attrazione fisica. E io per Dorian provavo ben altro.
Si sedette accanto a me con un sospiro pesante, portandosi le ginocchia al petto e appoggiandoci il mento sopra. – Jade tu vuoi una risposta immediata e io non posso dartela. – Affermò guardando d’avanti a sé.
– Perché? – Chiesi subito dopo. Ormai ero arrivata a quel punto decisivo e avevo bisogno di sapere. Di sapere cosa intrappolava me e Dorian.
– Perché non lo so, Jade! Non lo so! – Rispose esasperato, portandosi una mano ai capelli. Odiavo essere presa così superficialmente, specialmente quando il fatto in questione era qualcosa di importante, almeno per me. Mi alzai, mentalmente ferita, incamminandomi verso l’interno della foresta.
Quell’isola aveva complicato le cose. Io ero una ragazza spensierata e felice, senza stupidi e insulsi problemi di cuore tipici di un’adolescente. Mi ero sempre considerata diversa da tutte le ragazze della mia età, sia per la mia mentalità che per i miei modi di affrontare la scuola e in generale la vita. Invece ero esattamente come loro. Una delusione in più per me stessa, perché probabilmente ero anche peggio di quelle con gli occhi a cuoricino e la bava alla bocca. Avevo bisogno di sfogare, ne avevo davvero bisogno. In conclusione avevo bisogno di qualcuno che potesse ascoltarmi, di un’amica. Ma qui erano tutte in complotto con Charlotte… Persino la mia ‘migliore amica’, anche se non capivo perché mi ostinavo a chiamarla ancora in quel modo. Si poteva dire che ero sola, completamente sola. Non riuscivo più a fidarmi di Dorian siccome non mi dava risposte concrete e non manteneva promesse. Ok, non era proprio un giuramento ciò che aveva fatto ma aveva chiaramente espresso che non avrebbe avuto più rapporti con Charlotte per me. Perché mi infastidiva. Mi infastidiva non poco. Decisi di fare l’unica cosa logica, o magari, quella con più senso: mi diressi da Kelsey. Era ancora l’unica persona con cui non avevo avuto un nessun tipo di approccio, né positivo né negativo, a parte Tom ma lui era nella bolla di Jessica. Arrivai nella sua stanza, trovandola seduta sul letto e appoggiata con il busto alla parete.
– Ehi – La salutai con un piccolo cenno della mano.
– Ehi – Kelsey mi guardava al quanto confusa.
– Come va? – Le chiesi un po’ imbarazzata dalla situazione stessa.
– Bene. Siediti. – Probabilmente stava ancora cercando di capire cosa ci stessi facendo in quella stanza. – Grazie. – Mormorai una volta seduta accanto a lei. Notai il braccio in pessime condizioni. Mi pianse il cuore a vedere quella scena…non lo avrei augurato a nessuno una simile cosa. Probabilmente avrebbe dovuto amputarsi il braccio, date le condizioni era irrecuperabile.
– Cosa ci fai qui? – Non esitò un attimo a pormi la domanda. Era una persona schietta, si vedeva.
– Ti infastidisce? – Le chiesi a mia volta. Inarcò leggermente le sopracciglia, formando una strana smorfia sul viso. – No, mi fa piacere che qualcuno oltre Charlotte venga a trovarmi. – Sorrisi a quella rivelazione. E forse mi sentivo anche un po’ stupida. Lei era davvero sola se non fosse stato per Charlotte. E quest’ultima si era comportata davvero da amica. Forse c’era del buono in lei, e forse ero io che non facevo altro che giudicarla a causa della mia inutile gelosia. – Allora? Come mai sei venuta qui? – Kelsey mi rivolse la stessa domanda di prima e decisi di essere sincera con lei. – Kelsey, ho bisogno di qualcuno. – La mia fu appena udibile. 
Lei in tutta risposta aggrottò la fronte. – Vuoi che sia io ad aiutarti? – Non capivo se il suo fosse solo un modo sarcastico per dirmi ‘stai scherzando, vero? ‘
– Voglio solo qualcuno con cui parlare. – Deglutii con la paura di apparire ridicola.
– Jessica probabilmente mi odia. – Affermai senza un motivo in particolare, o forse sì, giusto per farle capire la gravità della situazione.
– E Dorian? – Chiese, inarcando un sopracciglio. Portava una coda di cavallo alta, il colore dei capelli non era più biondo platino ma un colore indefinito mentre il viso era molto pallido e scarno. – E’ proprio di lui che voglio parlare. – Mi morsi il labbro, intimidita dal suo sguardo profondo e potrei dire severo.
– Charlotte viene qui a parlarmi di lui tutti i giorni, ne sei consapevole? – Suonava più come un’accusava, probabilmente avevo sbagliato a recarmi da lei.
– Hai ragione, scusa. Non voglio essere un problema, ne hai già abbastanza, scusami ancora. – Parlai velocemente mentre mi affrettavo ad alzarmi. Stavo per uscire quando la sua voce alle mie spalle non mi bloccò sull’uscio della porta.
– Jade, Dorian non sarà mai di Charlotte. – Mi girai di scatto a quelle parole. Lei era sempre nella stessa posizione, l’espressione neutra.
– Puoi fare di lui ciò che vuoi. Dorian farà sempre il finto arrogante, il finto stronzo, ma per lui tu sei la cosa più vera che gli sia mai capitata. Sta a te decidere. Dentro o fuori, Jade? -




“You got something I need,
In this world full of people, there’s one killing me
And if we only die once, I wanna die with you”
Non era da me canticchiare canzoni romantiche, non lo era per niente. Ma ero cambiata fin nel profondo, e la causa tormentava le mie giornate. Ero seduta su un ramo di un albero, oramai ci avevo fatto l’abitudine a salirci per tutte quelle volte che ero andata a raccogliere frutta. Avevo trovato un bel posticino in cui stare, con bella vista sul mare e non eccessivamente in alto, in modo da non risultare pericoloso. Volevo soltanto riflettere sulle parole di Kelsey ‘Tu puoi fare di lui ciò che vuoi’.
Addirittura? Probabilmente il messaggio era altro, ma quelle parole mi avevano scossa più del dovuto. Dentro o fuori la tua vita, Jade? Che domanda era, lui era dentro il mio cuore da un pezzo, inutile negarlo a me stessa. Non avevo visto più Dorian dopo quella specie di discussione, e forse era meglio, magari potevo trovarlo in ‘dolce’ compagnia ed io non ero ancora capace di affrontare il tutto. Parlare chiaro. Era semplice, no? Come no, a dirlo magari.
– Jade! Ehi! Scendi da lassù! – La voce di David mi fece sobbalzare, tanto che temetti di cadere in quel momento. Urlai spaventata maledicendo mentalmente quel ragazzo tanto imprudente.
– Sei impazzito? Mi hai fatto prendere un colpo! – Ringhia di rimando. Cercai lentamente di scendere senza farmi male e una volta a terra l’unica cosa istintiva che mi venne da fare fu spingere David tanto da farlo barcollare.
– Ma che ti prende?! – Urlò incredulo. Caspita, aveva anche da chiedere!
– Stavo quasi per cadere e tutto grazie a te! – Gli puntai un dito contro, forse in modo troppo scontroso ma avevo rischiato troppo a causa sua.
– Scusa. – Si affrettò a dire. – Non era mia intenzione. – Mi intenerii all’istante. Avevo sbagliato ad essere troppo aggressiva con lui, non era neanche abituato ai miei attacchi di ira. Solitamente li usavo contro Dorian, ma mai contro David.
– Non preoccuparti. – Sorrisi rassicurante. Ok, sicuramente mi stava prendendo per una pazza bipolare.
– Perché eri lì sopra? – Mi chiese, mentre ci incamminavamo verso la spiaggia.
– Mi piace. – Risposti semplicemente, facendo spallucce.
– Dorian ti cercava. – Disse David, dopo minuti di silenzio. Il cuore mi balzò in gola.
– Cosa voleva? – La voce mi tremava. – Non lo so. – Era parecchio infastidito, si notava.
Non volevo che David facesse parte della confusione in cui io e Dorian eravamo intrappolati, non lo meritava per niente. Quando arrivammo a riva, poco più in là, erano radunati tutti i ragazzi. Tom e Jessica rannicchiati vicini e Charlotte che guardava maliziosamente un Dorian abbastanza pensieroso. Era seduto con le gambe distese verso il mare, bagnate dall’acqua, mentre Charlotte gli era semplicemente vicina e in silenzio.
– Ehi, amico. L’hai trovata! – Esclamò Tom, accarezzando i capelli ricci e lunghi di Jess.
– Sì, era sopra un ramo. Incredibile. – Rise in risposta David, guadagnandosi una mia occhiataccia. Dorian si limitò solo a squadrarmi da capo a piedi, con quegli occhi più grigi del solito.
– Entriamo in acqua? – Propose David, rivolgendosi in particolare a me. Annuii con un sorriso appena accennato.
– Voglio prenderti un pesce, Jade. – Annunciò David, una volta in acqua. Risi leggermente.
– E perché? – Chiesi immergendo tutto il busto nell’acqua. Era una bella sensazione.
– Perché sono carini. – Affermò avvicinandosi. – Non vuoi? – In quei momenti appariva come un bambino. Mi ricordava tanto Jhonny quando con il retino cercava insistentemente di catturare dei piccoli granchietti.
– E’ indifferente! – Feci spallucce, ridendo. – Aspetta qui. – Disse per poi tuffarsi in acqua e allontanarsi verso il profondo. Bagnai i miei capelli reclinando la testa all’indietro lentamente e beandomi del rumore delle onde. Ma una presa ferrea sui miei fianchi mi fece sussultare dallo spavento.
– David! – Urlai con la mia solita e fastidiosa voce stridula. Non aveva neanche un minimo di tatto! – Non sono il tuo principe azzurro. – Sussurrò un’altra voce roca al mio orecchio, facendo aderire sempre più i nostri bacini.
– Dorian… - Mormorai quasi mugolando dal piacere quando iniziò ad accarezzare il mio basso ventre.
– Cosa stai facendo? – Chiesi, deglutendo in modo vistoso. I nostri corpi erano così attaccati e vicini da sembrar una cosa sola.
– Non abbiamo finito di parlare noi due. – La sua voce risultava quasi affannata mentre strusciava il suo bacino contro il mio. Mi morsi un labbro per non perdere il controllo.
– Ti aspetto dietro la foresta al tramonto. – Disse lasciandomi andare e allontanandosi, prima che arrivasse David ed esultando mi mostrò il pesce color giallo che aveva appena pescato.
Sorrisi con finto trasporto pensando all’appuntamento che Dorian aveva appena stabilito.
Il cuore mi batteva a mille. 











_____________________AUTRICE______________________



Di quanto sono in ritardo? 
Come sempre vi porgo le mie scuse, non ho proprio giustificazioni, davvero.
Ho appena iniziato a scrivere il diciottesimo capitolo, per la settimana prossima dovrebbe essere pronto. 
Ok, so che questo capitolo faccia leggermente schifo ma credo che il prossimo vi piacerà di sicuro. Ci sarà un graaan colpo di scena. Dorian non si è deciso ancora ad abbandonare del tutto la sua vita da 'donnaiolo' , non rispettando Jade se pur non sono in una relazione stabile. Lei, ovviamente, non sa come uscir fuori da questa situazione da sola e quindi fa l'unica cosa che le sembra logica e cioè andare da Kelsey. Quest'ultima non sembra molto disponibile ma le dice qualcosa che scuote molto la ragazza. Il punto di domanda è: cosa succederà all'appuntamente stabilito da Dorian? 
Tutto nel prossimo capitolo!

Ringrazio sempre chi recensisce, chi legge e chi aggiunge la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate.

Alla prossima, un bacio.


-Marta.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Chapter eighteen. ***


                                  Chapter eighteen




                         





















 

- Di cosa vuoi parlare? - La mia voce apparentemente sembrava calma e soprattutto decisa.
Volevo una volta per tutte chiarire con Dorian. Al tramonto avevo letteralmente scaricato David senza spiegazioni per recarmi dietro la foresta, proprio dove Dorian mi aveva dato appuntamento. Per tutto il tragitto il cuore mi pulsava nel petto in modo prepotente. In quel momento non avevo davvero idea di cosa potesse mai dirmi Dorian perché ormai non riuscivo più ad identificarlo. Non mi dava certezze, tutte promesse buttate al vento. Non esisteva una vera costante nel nostro rapporto ancora non definito. -Di quello che mi ha chiesto stamattina. - Era seduto quasi a riva, su un masso enorme. Si poteva dire che era nudo se non per quel pezzo di stoffa che gli copriva le parti intime.
Era abbronzatissimo, la pelle scura risaltava i suoi occhi chiari.
- E cosa ti ho chiesto? - Avevo un cipiglio alzato da impertinente e le braccia incrociate sotto il seno. Stavolta volevo tenere io le redini.
- Cosa siamo, Jade. Io e te cosa siamo. - Girò il viso verso di me, appoggiando il mento in modo stanco sulla mano. Lo disse tra i denti, puntando i suoi occhi nei miei, in modo così intenso che per un attimo barcollai sul posto.
- Hai paura? - La mia voce fredda e sarcastica nascondeva il fatto che in realtà quella davvero spaventata ero io. Si alzò lentamente, con la sua solita espressione neutra stampata in viso, avvicinandosi pericolosamente a me.
- . - Rispose, guardandomi dritta negli occhi. Mi pietrificai sul posto. Aggrottai la fronte, la mia faccia aveva assunto un tono per lo più sorpreso.
- Come? - Speravo di aver capito male.
- Ho paura, Jade. - La sua voce ora era calda.
- Perché? - Iniziai a tremare, non ce la facevo proprio a mostrarmi forte innanzi a lui.
Deglutì abbassando per un attimo lo sguardo. - Perché non so nemmeno io cosa siamo. -
Quando rialzò lo sguardo potetti giurare di vedere un lampo di dolore nei suoi occhi.  Dentro di me c'era un groviglio di emozioni che non riuscivo più a contenere. Scossi la testa, allontanandomi da lui. - Perché te ne vai? - Mormorò roco mentre io ormai già ero girata di spalle, intenzionata ad andarmene. Mi bloccai sul posto. - Non abbiamo più niente da parlare. - Affermai girandomi di scatto. La mia espressione era un sorta di smorfia.
- E' qui che ti sbagli. - Ribatté, avvicinandosi di nuovo. Mi prese la mano baciando il dorso e come conseguenza rabbrividii all'istante.
– Puoi spiegarmi cortesemente, cosa stai facendo Dorian?! – Liberai nervosamente la mano dalla sua presa, alzando la voce stizzita. Ero al limite.
– Jade, calmati. – Mi inchiodò con il suo solito sguardo autoritario e serio.
– Non dirmi calmati! – Stavolta urlai, avvicinandomi e puntandogli un dito contro.
– Sei un cazzo di enigma, Dorian! Non ne posso più! – Gesticolavo nervosamente mentre perdevo sempre di più la pazienza e la voglia di stare ad ascoltarlo. Mi abbracciò di slancio ridendo divertito.
Io ero stanca di lui e di noi, mentre lui era divertito?!
– Mi fai impazzire, Jade. – Soffocò una risata sopra la mia spalla.
Era tutto un gioco per lui? Ero questo io, Jade Mills, per il più gettonato della scuola Dorian Anderson?
– Cosa c’è di così divertente?! – La mia voce si incrinava sempre di più, stretta tra le sue braccia.
- Shh… - Mi cullava, cercando di calmarmi, sentivo il suo alito caldo sull’orecchio.
Jade non scappare da me. – Sussurrò quasi pregando, senza riguardo per me e per il mio povero cuore.
– E tu non prendermi in giro. – Una lacrima scese lenta, rigando la mia guancia. La mia voce risultava sempre più rotta, stava diventando faticoso parlare. In un attimo Dorian si staccò da me, prese il mio viso tra le sue mani e mi baciò. Proprio così, le sue labbra sfiorarono le mie in modo brutale, quasi animale. Sentivo una forte pressione sulla bocca e allo stesso tempo il suo sapore agrodolce che tanto mi piaceva. Stavo quasi per perdere il controllo, Dorian ormai mi attirava come le api col miele ed era del tutto impossibile sfuggirgli. Ma adesso avevo della dignità da difendere. Lui non poteva fare di me ciò che voleva. Io ero Jade Mills, non ero tutte.
Mi staccai di scatto, forse in modo troppo brusco ma era quel che meritava.
– Credo che tu abbia preso proprio un abbaglio, Dorian. – Ero agguerrita come non mai.
– Jade, per favore. – Cercava in tutti i modi di tranquillizzarmi, inutilmente.
– No, Dorian. Non riesco proprio a capire cosa sia io per te. – Avevo il viso bagnato dalle lacrime. Probabilmente sembravo anche ridicola ma non gli avrei mai lasciato prendersi gioco di me.
– Non mi importa delle etichette. – Aveva sempre quel sorrisino insolente stampato in viso.
Sembrava godere nel vedermi in quello stato a causa sua. – Ma io ho bisogno delle certezze, Dorian. Non puoi fare di me quello che vuoi. – La mia voce tremava ma mostrava determinazione. Io ero un’altra sua conquista ma almeno avrei messo fine a tutta quella storia in modo dignitoso.
– Quali certezze, Jade? – Man mano diventava sempre più serio. – Che impazzisco per te? Che penso costantemente a te e a quanto vorrei baciarti per ore e ore? – Si stava riavvicinando, con un cipiglio alzato e con la voce roca. Persi un battito mentre nel mio stomaco sentivo un piacevole formicolio.
– Ah, certo! Ti piaccio così tanto da andare da Charlotte appena ne hai la possibilità? – Questa era la domanda che tanto volevo fargli da tempo, quella domanda che mi vorticava in testa e che mi lasciava confusa.
– Non tocco Charlotte da mesi! Ieri mattina è stata lei a farlo, Jade! – Poteva quasi esserne felice di questa rivelazione, ma alcuni punti erano ancora in sospeso.
– Perché le hai permesso di toccarti? – La mia voce non tremava più, ero sempre più furiosa.
– Te lo dico io perché! Ti piace ancora oppure non hai alcun rispetto per me! – Urlai, sputando fuori parole che tenevo dentro da tempo, troppo tempo. Il suo viso divenne una sorta di smorfia di sorpresa e fastidio.
– Jade, non hai capito proprio niente. – Mormorò, sedendosi con aria sconfitta sul masso dove lo avevo trovato poco prima. – Allora illuminami, Dorian! Perché davvero non ci capisco un cazzo! –
Era raro che usassi parolacce ma ero al limite dell’esasperazione.
– E’ che mi piaci così tanto, Jade, da spaventarmi! Non mi è mai capitato prima pensare in modo continuo ad una ragazza, non è normale, NON PER ME! –
Adesso era lui che urlava, portandosi le mani alla testa in un gesto di esasperazione.
Cerco di non legarmi troppo a te, permetto ancora a Charlotte di avere rapporti con me in modo che tu non sia l’unico mio pensiero. – Rivelò il tutto in poche parole sussurrate. Dorian aveva paura. Aveva paura di innamorarsi. Il nervosismo che scorreva nelle vene in un attimo si placò.
Non mi aspettavo niente di tutto questo, non pensavo di essere entrata in modo così profondo nella sua testa. Mi avvicinai cautamente, per poi sedermi accanto a lui.
– Dorian… - La mia voce era appena udibile mentre la mia mano andava ad accarezzare la sua cute.
I suoi capelli erano sempre più lunghi e morbidi. Volevo davvero credere alle sue parole, ma proprio non ce la facevo, non riuscivo più a fidarmi di lui come una volta.
– Perché è tutto così difficile? – Sussurrai al suo orecchio, mentre lui aveva ancora il busto piegato in avanti. Scosse la testa portandosi una mano sugli occhi.
– E’ tutta colpa mia, ne sono cosciente. – Dorian che ammetteva di aver sbagliato era qualcosa di veramente raro. Era orgoglioso quanto me se non di più, e scusarsi non era quasi mai nei nostri intenti. Alzò il viso verso di me, incatenando i suoi occhi, così profondi…
- Credo dovremmo prendere una pausa. –











Era la decisione giusta, mi ripetevo. Dorian era stato più che chiaro ma io continuavo a cercare spiegazioni. Forse si era scocciato di me, aveva capito che tipo complicato fossi e non voleva avere più a che fare con me, o magari non voleva legarsi davvero troppo a me, perché non voleva innamorarsi. Ma, punto di domanda, chi poteva mai innamorarsi di me? Certo, lui mi aveva persino dichiarato quanto gli piacessi e su quanto fosse anormale, ma cosa ne potevo sapere io…
E se magari era soltanto una strategia per mollarmi senza farmi soffrire? Eppure lui non era il tipo a cui interessava lo stato d’animo delle ragazze che gli andavano dietro. E mi dispiaceva definirmi e includermi nel club delle ‘ Infatuate e Smollate di Dorian Anderson’, ma era così ed ero stata io a permettere che tutto questo accadesse. Ma continuavo a sperare che era soltanto una pausa e che prima o poi sarebbe tornato da me. Mi accorgevo ogni giorno di volerlo sempre di più, accanto a me, forse per sempre.
E mi addormentati così, con il volto di Dorian impresso nella mia mente, con il corpo steso sul letto di paglia nella mia stanza e i capelli arruffati.

Quando mi svegliai avevo il corpo intorpidito mentre i primi raggi del sole illuminavano la stanza. Mi alzai quasi controvoglia, non sapere che ora fosse mi infastidiva, forse proprio il fatto di non essere a conoscenza del tempo che avevamo passato su quell’isola. Sia maledetto l’amico di Dorian e Jessica che mi avevano costretto a salire su quello yatch. Dovevo trovare un modo per distrarmi, per non pensare a Dorian e siccome non avevo un libro in cui immergermi o una palestra per scaricare le mie frustrazioni, decisi di inoltrarmi nella foresta.
Nessuno di noi l’aveva mai visitata tutta, perché non essere io la prima? Correvo grossi pericoli ma ormai non avevo più niente da perdere. Così gonfiai il petto e con un enorme quantità di coraggio mi avviai all’interno della foresta. Cercavo di non graffiarmi le caviglie, scansando foglie o erbacce. Rimanevo sempre sull’attenti, casomai avessi visto un ragno o animaletti simili. Non avevo una meta se non continuare ad ‘esplorare’ in un certo senso anche se non notavo niente di diverso, se non un gran numero di alberi robusti e cespugli con fiori a me sconosciuti. Iniziai a sudare mentre le gambe cominciavano ad indebolirsi, ma ad un certo punto dei rumori sempre più vicini mi incuriosirono. Camminai velocemente verso quei suoni quando, spostando dei cespugli che mi coprivano la visuale, non vidi di fronte a me un gruppo di persone. Avevano la pelle scura con strani disegni sui loro visi e sul corpo.
Non erano indigeni, quelli? Spalancai gli occhi cercando di osservare meglio. Probabilmente vivevano lì da molto più tempo di noi anzi forse avevano sempre vissuto quell’isola. Parlavano una lingua che non riuscii a decifrare. Gli uomini avevano pezzi di stoffa che gli coprivano le parti intime ed il petto macchiato di pittura, mentre le donne avevano sia teli in testa che sul corpo.
Cercando di non attirare la loro attenzione mi diressi verso il rifugio.



– Sei sicuro di non star sognando, Jade? – David mi osservava con un cipiglio alzato mentre gli altri non mi davano molta attenzione.
– Vi giuro che li ho visti! – Urlai ormai al limite dell’esasperazione. Perché non mi prendevano seriamente?
– E’ impossibile, quest’isola era disabitata prima di noi. – Constatò Jessica portando un pezzo di cocco alla bocca. Era quello che credevo anche io finché quel gruppo di indigeni non mi fosse comparso davanti.
– Avevano strani disegni per tutto il corpo ed erano quasi nudi! – Gesticolavo nervosamente, cercando di farmi capire e soprattutto credere.
– Jade, basta. – Sbuffò Charlotte attorcigliandosi un ciocca bionda attorno al dito. Mi morsi il labbro quasi spaccandolo dalla rabbia. Non riuscivo a restare ferma per un attimo, forse l’euforia o l’ansia per quello che avevo visto.
– Ok, fate come volete! Io vi ho avvisato! – Girai i tacchi stizzita ma un presa sul polso mi fermò all’improvviso.
– Portami da loro. – David era davvero l’unico che mi ascoltava? Annuii intrecciando la mano alla sua.






– Mi spieghi cosa avevi in testa stamattina? – Era davvero faticoso camminare nel pieno della foresta e David me lo stava facendo notare…
- Perché sei andata così lontano, Jade? – Il suo tono era sempre più arrabbiato. Non risposi, cercando di ricordarmi per bene il percorso fatto la mattina.
– O mio Dio… - David si fermò di scatto accanto a me. Un rumore mi colse di sorpresa portandomi a girare la testa di scatto. Deglutii spaventata mentre vedevo quelle persone avvicinarsi sempre di più a noi.
– Ci hanno visto? – Sussurrai al ragazzo accanto a me. Iniziai a tremare impercettibilmente appena mi fui resa conto della gravità della situazione.
– Al mio tre, corri Jade. Corri più che puoi, capito? – Mormorò prendendomi la mano e stringendomela per un attimo come gesto di sicurezza.
– Sì. – Risposi con voce spezzata dalla paura.
– Uno… - Cominciò a contare David mentre faceva qualche passo indietro lentamente.
– Due… - Quel gruppetto era formato per lo più da ragazzini, forse della nostra età o forse più piccoli. Ci osservavano curiosi anche se erano comunque in una posizione di attacco o magari solo difesa.
– Tre! -
Iniziammo a correre in direzione opposta alla loro. David era molto più veloce di me e quindi mi tirava bruscamente per il polso. Dopo un po’ avevamo entrambi il fiatone, sentivo le gambe pesanti anche se non avevo intenzione di smettere di correre. Non avevamo controllato se ci avessero seguito o meno, il terrore di essere catturati era troppo. Passarono alcuni  attimi e David arrestò la sua corsa all’improvviso, impendendo anche a me di correre visto che mi bloccò il braccio.
Durante il tragitto non aveva mai lasciato la presa.
– Li abbiamo seminati. – Disse piegandosi su se stesso per prendere fiato.
Ci stavano seguendo, quindi?
– Ora mi credi? – Chiesi sarcastica sedendomi contro un albero.








La corsa ci aveva reso entrambi molto assetati, così decidemmo di dirigerci verso la cascata. Eravamo sempre sull’attenti, non si sapeva mai, qualche indigeno poteva comparire da un momento all’altro. Arrivammo alla cascata, grande fonte di energia che ci permetteva di dissetarci e quindi di sopravvivere. Mi piegai sulle gambe, accovacciandomi e sporgendomi verso l’acqua. David mi seguì a ruota, sedendosi accanto a me e versandosi dell’acqua sul capo.
– E ora che facciamo? – Domandai, osservandolo mentre si rinfrescava la gola.
– Non lo so, ma di certo non potremmo fare finta di niente. – Rispose passandosi stancamente le mani bagnate sul viso.
– Tipo? – Dal mio tono di voce si poteva capire perfettamente che ero preoccupata e non poco.
– Tipo che due o più di noi, a turno, dovranno restare di guardia specialmente durante la notte. – Non era certo male come idea, non serviva a risolvere un bel nulla ma almeno era un inizio. –
Secondo te ci cercheranno? – Trasudavo ansia da tutti i pori e neanche David poteva definirsi calmo in quel momento.
– Penso proprio di sì, Jade. – Rispose traendo un respiro profondo e voltando il capo verso di me.
– E probabilmente ci credono anche dei nemici. –






Quando arrivammo al rifugio era ormai il tramonto. Tutti erano giù, accanto all’altalena, tranne Kelsey che ormai perdeva segni di vita ogni giorno.
– Allora, ci sono o no questi indigeni? – Tom era stravaccato a terra, mentre Jessica e Charlotte erano sedute vicine intente a dirsi qualcosa.
– Ci sono, eccome. – Rispose David con una nota di nervosismo nella voce. Cercai Dorian con lo sguardo e lo trovai solo, nella parte più all’ombra, che mi fissava. Aveva le sopracciglia aggrottate e per lo più sembrava osservarmi quasi con astio. Dopodiché spostò lo sguardo su David seduto accanto a me, e si alzò allontanandosi da noi. Guardai le sue spalle grandi andare verso l’interno del rifugio e sospirai. Uno di quei sospiri stanchi.
In quel momento non era proprio il caso pensare a lui e a tutti i nostri problemi, non era rispettoso nemmeno nei confronti degli altri ma io volevo Dorian, lo volevo con tutto il cuore. Fanculo tutte le mie preoccupazioni, le mie paure, le mie insicurezze! Io volevo Dorian.
Ne avevo bisogno così tanto, la sua vicinanza mi mancava eppure non era passato molto tempo da quando lui mi aveva detto di prendere le distanze. E non chiedetemi perché proprio in quel momento mi venne tutta quella malinconia e tutta quella voglia di stare insieme a lui. Forse era l’accumulo di tutte quelle paure tra cui quella di non poter tornare a casa, di perdere Dorian e ora mancava solo un possibile attacco da quel popolo di indigeni. Avevo un profondo buco, proprio all’altezza del petto.
Ma non potevo correre da lui, almeno, non ancora. Mi aveva esplicitamente detto che voleva un pausa da tutto quello che ci era successo…da noi.
E mentre i ragazzi erano impegnati a discutere sulle nuove vicende, io ero inondata dai pensieri di me e Dorian. Invece di preoccuparmi della mia sopravvivenza su quell’isola, io mi applicavo a farmi mille problemi su un ragazzo. Oh, al diavolo tutto! Ero diventata una ragazzina superficiale e …innamorata? Quel punto interrogativo bloccò il flusso dei miei pensieri e mi costrinsi ad andare a dormire.

Sul mio letto di paglia mi girai e mi rigirai, cercando di prendere sonno, cercando di pensare al nulla totale. Mi svegliai di colpo, sentendo un rumore in lontananza. Mi alzai di scatto con un’espressione terrorizzata sul viso. Mi guardai intorno con gli occhi spalancati dalla paura, mentre deglutivo vistosamente. Quando mi accurai del fatto che non fosse accaduto nulla ma che era stata soltanto una mia impressione, mi ristesi sul letto e cercai di ritornare a dormire, chiudendo le palpebre. Ma il viso di Dorian mi ritornò improvvisamente in mente e Dio, se mi mancava! E avevo di nuovo gli occhi spalancati, a pensare e ripensare perché avevo paura.
Avevo paura che con quel ‘prendiamoci una pausa’ lo avrei perso per sempre. Si sarebbe dimenticato di me perché io ero una ragazza comune, niente di speciale. Ed io non volevo questo. Non ce l’avrei mai fatta. Ma ero troppo orgogliosa per correre da Dorian, per baciarlo, per unirmi con lui, anima e corpo. Però, ci trovavamo in un posto in cui ogni giorno si lottava tra la vita e la morte, bastava un minimo per finire tutto. Ed io non potevo di certo perdere occasioni che poi in futuro, se mai ci fosse stato, avrei rimpianto.
Ed ecco che con quest’ultimo pensiero, mi alzai dal letto e mi diressi da quello che da diversi mesi era al centro della mia attenzione.
Mi ero decisa. ‘O ora o mai più, Jade. ‘ Mi ripetevo mentre a passo deciso mi incamminavo verso la stanza di Dorian. Una volta arrivata sul mio viso si dipinse un’espressione confusa. La stanza era completamente vuota.
Era per caso nella camera di Charlotte? A quel pensiero mi rattristai all’istante e tutta l’energia che avevo accumulato pochi istanti prima andava man mano svanendo. Ma in quello stesso momento dalla parte opposta alla mia arrivò proprio lei: bionda, alta, finisco snello ed espressione da snob.
– Cosa ci fai qui, Jade? – La voce da oca di Charlotte era capace di istigarmi in un modo inimmaginabile. Cosa ci facevo io? Ma come si permetteva!
– Potrei farti la stessa domanda. – Ribattei incrociando le braccia al petto e inarco il sopracciglio.
– Dov’è? – Mi chiese infastidita, avvicinandosi. Non aveva bisogno di specificare, si era già capito chi fosse il soggetto in questione.
– Non lo so, in camera sua non c’è. – Appena terminai di dire quelle parole mi paralizzai all’istante. Se Charlotte era qui significava che Dorian non era nella sua stanza, e quindi…dov’era?
– E’ sicuramente notte fonda, dove potrebbe essere andato? – Chiese la ragazza accanto a me, mentre un lampo di preoccupazione le passo innanzi agli occhi.
Presa dalla forte paura scattai sul posto, iniziando a correre verso le scale e scenderle velocemente. La prima cosa che feci fu dirigermi verso la spiaggia. Dorian amava in particolare quel punto e avrei potuto trovarlo lì. Ma quando arrivai, trovai la spiaggia isolata e un conato di vomito mi assalii.
Dove diavolo era? Mi passai le mani nei capelli in un gesto carico di nervosismo e preoccupazione. Tremavo dalla paura e non sapevo cosa fare precisamente. Non sapevo dov’era Dorian e quel gruppo di indigeni poteva essere dappertutto. Feci l’unica cosa logica che potetti fare: corsi verso la foresta. Quando passai accanto al rifugio notai che anche gli altri erano scesi, probabilmente avvertiti da Charlotte della scomparsa improvvisa di Dorian, e mi guardavano ansiosi quasi impauriti da una mia particolare reazione. E non avevano tutti i torti. Sarei scoppiata a piangere da un momento all’altro. Per quanto ne sapevo Dorian poteva anche essere morto in quel momento, attaccato dagli indigeni o anche solo da un animale feroce. Non potevo urlare nemmeno il suo nome per richiamarlo perché avrei potuto catturare la loro attenzione. Quindi mi limitai a cercarlo furiosamente sia con lo sguardo che con il tatto , graffiandomi molto spesso sia le gambe che le braccia, mentre perdevo la condizione dello spazio. Dovevo restare lucida. Dorian era in pericolo.







Quando mi si presentò la scena di Dorian, accasciato al suolo, con una freccia scagliata sul petto mi sentii svenire. Mi avvicinai tremando e mentre lacrimavo, cercavo di capire se fosse morto o vivo, ma a stento riuscivo a muovermi. Fortunatamente arrivò David che appena accortosi del corpo di Dorian forse morto, lo prese subito in braccio e lo portò al rifugio.
Non ebbi mai così paura in vita mia come quella volta.




Si scoprii fortunatamente che Dorian era vivo, la freccia per un soffio aveva mancato il cuore, aveva perso i sensi probabilmente per il dolore. Tom era riuscito ad estrarre la freccia senza provocare danni e David disinfettò con dell’acqua la ferita al quanto profonda di Dorian. Io restai tutto il tempo accanto a lui, a tratti piangendo e a tratti sorridendo, sollevata dal fatto che Dorian stesse bene, che stesse ancora qui con noi, con me. Non sapevo che avrei fatto se mai fosse morto, probabilmente sarei stata capace di porre fine anche alla mia di vita, perché l’unico istinto di sopravvivenza in quel momento e in quel posto, era Dorian.


Ormai era l’alba e tutti erano andati a riposare, solo Charlotte aveva insistito per rimanere ma le avevo assicurato che ci sarei stata io, e non c’era bisogno di lei. Dopo un attimo di esitazione, stranamente, aveva acconsentito alla mia scelta ed era ritornata nella sua stanza. Guardavo fuori dalla finestra e di tanto in tanto mi assicuravo che Dorian respirasse regolarmente, ringraziando Dio per quella mira mancata. Ad un tratto, sentii un gemito di dolore e mi girai di scatto verso Dorian.
Alzò di poco le palpebre, aveva un’espressione strana sul viso. Mi avvicinai a lui, col cuore in gola.
– Dorian – Sussurrai sperando mi sentisse. Ma tutto quello che fece era leccarsi le labbra in continuazione, per umidificarle. Aveva sete. Così, gli presi una scodella e la riempii d’acqua. Appoggiai il suo capo sulle mie gambe e portai la scodella alle sue labbra. Bevve il tutto lentamente mentre io facevo attenzione a tenergli la testa alta, in modo che non si affogasse o altro. Appena finì di bere, si addormentò di nuovo.
Lo osservai intensamente, senza mai riuscire a dormire. Ero così elettrizzata e sconvolta che sentivo il sangue pompare in modo veloce nel mio corpo. Tremavo ancora. Guardavo il suo viso e pensavo ogni minuto che passava a quanto fosse bello. Anche con il viso scarno e pallido Dorian trasudava fascino da tutti i pori. La barbetta appena cresciuta, le labbra carnose e piene. Le ciglia lunghe, molto femminili. E quel neo appena sotto il labbro inferiore lo rendeva ancor di più sensuale.
Come facevo a piacere ad un essere così meraviglioso? Era troppo per me.
Non sfioravo neanche lontanamente la sua bellezza.
Appoggiai il capo alla parete dietro di me, mentre quello di Dorian giaceva sempre sulle mie gambe e finalmente mi addormentai. Era accanto a me, mi bastava. Mi svegliai a causa di un suono proveniente dall’esterno. Aprii gli occhi di scatto, emettendo un gemito di paura. Mi guardai attorno terrorizzata, ma quando sentii un peso sulle mie gambe e mi accorsi che Dorian dormiva ancora e stava bene, mi tranquillizzai all’istante. Lo fissai cercando traccia di qualche cambiamento. La ferita sembrava apposto e la sua espressione inoltre era molto serena.
Sorrisi e nello stesso momento Dorian alzò lentamente e a fatica le palpebre. I suoi occhi grigi puntarono una parte del soffitto mentre aggrottava le sopracciglia in un’espressione confusa.
Poi altrettanto cautamente girò il capo verso di me.
Quando incontrai il suo sguardo ebbi un balzo al cuore così forte che credetti di morire seduta stante.
– Ehi… - Mormorai sorridendo tra le lacrime. Finalmente era sveglio, era salvo! La sua espressione divenne ancora più confusa, probabilmente ancora doveva rendersi conto di essere stato ferito. Cercò di alzarsi ma con un gemito soffocato ritornò al suo posto, sicuramente a causa della ferita dolorante.
– Non muoverti, Dorian. – Dissi con una nota premurosa ma allo stesso tempo di ammonimento.
– Cosa…cosa è successo? – La voce era molto rauca e bassa, faceva fatica a parlarmi.
– Sei stato colpito da una freccia. – Spiegai mentre la mia mano iniziò ad accarezzargli i capelli.
– Da una freccia? – Chiese allarmato. – Chi è stato? – Non si era nemmeno accorto di essere stato colpito.
– Dorian, sono stati quel gruppo di indigeni di cui vi parlavo. Dal momento in cui hanno visto me e David, probabilmente ci staranno dando la caccia. – Risposi mordendomi un labbro, mentre notavo il viso di Dorian contrarsi in una smorfia. – Non allontanarti mai più dal rifugio, intesi? –
Sì, gli stavo imponendo di non rischiare di nuovo. Non sarei mai riuscita a sostenere un altro dolore del genere. Lo sentii sospirare.
– Come vi siete accorti della mia assenza? – Domandò ancora, mentre chiudeva gli occhi beandosi delle mie carezze ai capelli e al viso.
– Quando sono arrivata nella tua stanza verso notte fonda, non ti ho trovato e così sono venuta a cercarti. Dopo che anche gli altri si sono accorti della tua scomparsa, mi hanno seguita. –
Mi chinai all’altezza della sua fronte e depositai un bacio, respirando il suo odore.
– Che ci facevi nella mia stanza a notte fonda? – Chiese dopo un po’. Mi trovai subito in difficoltà perché a Dorian non sfuggiva mai niente, neanche quando era moribondo.
– Ehm… volevo… volevo… - Le mie guance si tinsero di un rosso porpora mentre lo vidi sorridere malizioso. – Volevo venire da te, Dorian. – Dissi infine, portandomi una cioccia di capelli dietro l’orecchio e mordendomi il labbro per l’imbarazzo.
– Perché? – Niente da fare, voleva per forza che io ammettessi tutto. E perché non farlo? Dopotutto non avevo niente da perdere.
Mi mancavi. – Sussurrai, per la prima volta sincera più che mai.
Guardai il suo viso, attenta ad una sua reazione. Vidi prima sorpresa nei suoi occhi, poi sorrise, non era né malizioso né di scherno. Uno di quelli semplici, naturali.
Quelli che avevo visto poche volte sulla faccia di Dorian.
Dammi un bacio. – Ordinò con la sua voce rauca, mentre si leccava il labbro inferiore, incitandomi a fare come aveva detto. Abbassai lo sguardo, affondando i denti per l’ennesima volta sul labbro inferiore, finché non sentii il tocco di Dorian che strappava la presa dalla mia bocca tenendo il mento tra il pollice e l’indice.
Baciami, Jade. – Alzai lo sguardo ed incontrai il suo, liquido e penetrante.
Senza pensarci due volte mi abbassai alla sua altezza, appoggiando una mano sul suo viso, e le mie labbra sulle sue. 










_________________________Autrice_________________________


Ciao, ragazze! 
Scusate la mia luuuunga assenza ma davvero non avevo più fantasia per scrivere e non sapevo più come continuare la storia. Ma una sera, rileggendo da capo la fanfiction, mi sono venute un milione di idee e cercherò di scrivere il tutto il più velocemente possibile. Non vi prometto che sarò costante perché adesso è iniziata la scuola e beh, sarò molto impegnata! Ma, comunque cercherò di esserlo, tranquille!
Allora, in questo capitolo abbiamo un gran colpo di scena. Dorian dopo aver esposto le sue debolezza a Jade decide che è troppo per lui così le comunica che vuole prendere una paura. Jade, d'altro canto, non la prende molto bene e si fa mille problemi, arrivando alla conclusione che tutto ciò di cui ha bisogno è Dorian. Quest'ultimo, viene colpito da una freccia degli Indigeni, rischiando la morte. Eh beh, Jade li aveva avvertiti e come al solito, l'unico a crederle è stato David. Jade si sente quasi svenire quando capisce le condizioni di Dorian ma questo sembra subito riprendere e Jade, ammette di aver sentito la sua mancanza e così...si baciano! 
Ringrazio chi recensisce e segue la mia storia, grazie mille!



Al prossimo capitolo, Marta.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Chapter nineteen ***





                                                               Chapter nineteen





      
























































































































































Probabilmente erano passati giorni, e le condizioni di Dorian miglioravano velocemente. Mi preoccupavo sempre di disinfettargli la ferita e di fasciargli il petto. Lui, d'altronde, non si lamentava mai. Continuava a ripetermi che in realtà non sentiva dolore ma poco gli credevo. La ferita era al quanto profonda e lui non voleva semplicemente farmi preoccupare.
Da quel bacio nella sua stanza ce ne furono molti altri. Il rapporto tra me e Dorian era migliorato notevolmente. Non parlammo più della faccenda 'etichette', cercammo di far finta di niente e di prendere ogni cosa così come ci venisse data. Se avevamo voglia di baciarci, lo facevano, così come se avevamo voglia di coccolarci. All'inizio non scambiavamo mai le nostre effusioni davanti agli altri, specialmente a causa di David e, ahimè, di Charlotte. Ma Dorian pian piano iniziò a provocarmi anche davanti a loro, sostenendo il fatto che io fossi sua, e che David doveva farsene una ragione. Ma io non riuscivo ancora a metabolizzare il tutto, come pretendere che lo facesse David? In effetti, quando Dorian, non di certo casualmente, iniziava a baciarmi il collo o le labbra innanzi a David, questo sbuffava rumorosamente o se ne andava quasi correndo. Non volevo farlo soffrire, era questo che cercavo di far capire a Dorian e alla sua stupida gelosia. Per me David era divenuto importante e non potevo sbattergli in faccia, in quel modo, la cruda verità. Ma Dorian non ne voleva sapere di ragionare ed ogni volta che ci trovavamo in una discussione riguardante i suoi attacchi possessivi, cominciava a provocarmi, e così finivamo per baciarci e coccolarci appassionatamente. In effetti era molto bravo a distrarmi. Ora che Dorian era ferito, toccava a me pescare. Non mi facevo di certo problemi visto che amavo immergermi in quelle acque limpide. Tornai a riva con la rete piena di pesci, non mi era mai capitato e soprattutto ero da sola, senza nessun aiuto. Uscii con un sorriso trionfante stampato in faccia e mi diressi da Dorian, seduto a riva, con il suo corpo abbronzato e la sua bellezza mozzafiato.
- Guarda qui! - Urlai, correndo verso di lui tutta bagnata. - Guarda quanti ne ho pescati, Dorian! - Buttai la rete sulla sabbia accanto a lui, mentre si lamentava del fatto che lo stessi schizzando. Saltellai sul posto contenta, congratulandomi con me stessa e iniziando a fare una specie di balletto al quanto strano. Dorian mi guardò con un cipiglio alzato, confuso dalla mia reazione, ma subito dopo scoppiò a ridere visto che dovevo apparire più che buffa ai suoi occhi. D'un tratto sentii qualcuno chiamarmi da lontano.
- Ehi, Jade! Vieni ad aiutarmi? - David stava trasportando dei rami posti sulla sua spalla.
- Certo! - Risposi, alzando la voce per farmi sentire.
- Puoi portali tu al rifugio? - Chiesi a Dorian. Annuii senza guardarmi, la sua espressione divenne improvvisamente cupa. Quando mi diressi da David, lo trovai intento a posare i rami a terra.
- Cosa devo fare? - Domandai, una volta arrivata alle sue spalle. Mi indicò con un gesto del braccio un mucchio di legna più in là. Acconsentii in silenzio affiancandomi a David.
- Ora sei diventata la sua ragazza? - Mi chiese lui, all'improvviso. Lo guardai interrogativa.
- Sei la ragazza di Dorian? - Riformulò la domanda, cercando di non incontrare il mio sguardo.
- No. - Risposi semplicemente. Ma non volevo giustificarmi di quello che stava accadendo tra me e Dorian. Non eravamo fidanzati ma pur sempre un 'coppia'. E questo lo capì anche David visto che non indagò oltre. Quando finimmo di trasportare il tutto, ci sedemmo uno di fronte all'altro e legammo con dello spago i vari rametti.
- Mi dispiace, David. Ma io provo qualcosa per Dorian e... ti voglio bene, molto bene... - Cercai di spiegare a David i miei sentimenti ma lui mi precedette, non facendomi completare la frase ma facendolo lui per me. - Ma mi vedi solo come un amico. Recepito. - Disse con una smorfia sul viso e col capo chino verso il lavoro che stava compiendo. Sospirai dispiaciuta, perché lo ero davvero, nonostante tutto. E, mi sembrava stupido pensarlo, ma David molto probabilmente mi avrebbe resa sicuramente felice. Ma io ero attratta dalla parte oscura.
- Ti farà soffrire. - Decretò alla fine, puntandomi i suoi occhi addosso.
- Lo so. - Risposi in un sussurro, scampando al suo sguardo.



La mia preoccupazione da quell'incidente accaduto con Dorian non era del tutto svanita. Come farlo, d'altronde, quando ci trovavamo sulla stessa isola abitata da popoli armati? A turno, a coppie sia la notte che il giorno, iniziammo a restare di guardia. Al primo avvistamento avremmo dovuto avvertire immediatamente anche gli altri e ci saremmo nascosti in una specie di capanna mimetizzata tra i grandi cespugli costruita da Tom, David e Dorian. Era quasi il tramonto, ed io e Dorian eravamo di turno. Eravamo seduti uno accanto a l'altro, a riva, dall'altra parte della spiaggia.
Dorian poggiò lentamente le sue labbra sulla mia spalla, sentii il rumore dello schiocco e l'umidità del bacio sulla pelle. Rabbrividii.
- Perché continua a gironzolarti intorno quell’idiota? - Mormorò roco all'orecchio, mentre con un dito spostava una mia ciocca di capelli.
- Volevo soltanto che lo aiutassi. - Risposi guardando innanzi a me e godendomi i suoi casti baci dietro l'orecchio.
- Poteva chiamare chiunque. - Ribatté, scendendo con le labbra verso il collo e strappandomi un mugolio. La sua gelosia era esasperante ma per un certo verso mi piaceva.
- Dorian, non hai niente di cui preoccuparti. - Affermai mordendomi un labbro mentre i baci e le carezze di Dorian iniziavano a farsi più profonde.
- Piantala, Jade. Quel cretino ti muore dietro. - Sussurrò, girandosi verso di me e intrappolando il busto fra le sue braccia, mentre iniziava a baciarmi l'altra parte del collo molto più insistentemente. Mi stesi portando Dorian completamente su di me, beandomi delle sue attenzioni.
- Non so per quanto tempo ancora riuscirò a sopportare. - Affermò infine, unendo le sue labbra alle mie. Quando infilò la sua lingua nella mia bocca fui invasa dal suo sapore e il cuore rischiò di uscirmi dal petto a causa della sua veloce corsa. Quel bacio era intenso, era capace di prosciugare tutte le mie forze. Pieno di significati. Dorian mi voleva. Lo capivo anche dal modo in cui mi stringeva i fianchi, in una presa di possessione quasi facendomi male. Mi morsicò il labbro inferiore prima di pormi una domanda assai sconvolgente per il mio povero cuore.
- Vuoi diventare completamente, anima e corpo, mia, Jade? - Mormorò quella richiesta sulle mie labbra facendomi impazzire quasi del tutto.
Dorian mi voleva sua. Sua e di nessun altro.
Ed io ero troppo scioccamente innamorata per poterglielo negare.
Annuii col capo lentamente, emozionata, tuffandomi di nuovo sulla sua bocca e torturandogliela di baci e morsi. Nel frattempo le sue carezze si erano fatte più ardenti, e iniziarono ad intensificarsi quando arrivarono sulla mia parte intima. Emisi un gemito di frustrazione piuttosto rumoroso. Questo non fece altro che eccitarlo di più, tanto che scese a lambirmi il mento, lasciando un lieve morso per poi arrivare al collo e baciarmelo arditamente. Intanto la sua mano scostò le mie mutandine, liberando definitivamente la mia parte intima e trovandomi esposta più che mai. Infilò un dito nella mia intimità e sobbalzai dal dolore.
- Shh... - Cercò di calmarmi tornando alle mie labbra. - Ora passa. -
Probabilmente era molto esperto di queste cose dato le sue innumerevoli esperienze, ma decisi di non pensarci. Quello era il nostro momento. Iniziò a compiere dei movimento col polso e man mano diveniva sempre più piacevole, fino a quando non lo supplicai di continuare mentre con l'altra mano mi toccava il seno con carezze ardenti.
- Dio, Jade. Sto impazzendo. - Emise un gemito soffocato mordendosi il labbro e guardandomi con uno sguardo liquido capace di farmi venire in un istante. Scoprì anche il seno e scese a baciarmelo come un frutto maturo, mentre tra sospiri e gemiti di piacere sentivo la sua erezione sulla mia gamba. Decisi che era il mio momento di agire. La prima volta avevo lasciato a lui tutto il lavoro, ma stavolta sentivo il bisogno di donargli piacere anche io. Così presi il suo viso tra le mani e lo baciai appassionatamente, mentre capovolgevo la situazione, sedendomi sul suo corpo. Gli lambii la pelle partendo dal collo, lasciando lievi morsi fino al petto. Sentii il suo cuore accelerare quanto il mio e sorrisi contenta della sua reazione. Accarezzai il suo petto, baciandoglielo a tratti e le mie mani scendevano sempre più giù, fino ad arrivare alla sua evidente erezione coperta dai boxer. Iniziai a tremare impercettibilmente per la mia mancata esperienza e infilai una mano al di sotto della stoffa. Sussultai al contatto con la sua asta, dura ed eretta.
- Jade! - Quasi gridò Dorian, sentendo la mia mano nelle sue parti basse. Alzai il capo verso di lui. Eravamo entrami eccitati e sorpresi, per la mia spiccata iniziativa. Non se lo aspettava, glielo si leggeva negli occhi.
- Accarezzami. - Sussurrò pochi attimi dopo, capendo la mia insicurezza nel compiere quel particolare 'lavoro'. Prese il viso tra le sue mani e iniziò a baciarmi, inondandomi del suo sapore. Una volta preso coraggio, iniziai a muovere la mano donandogli piacere, mentre lui emetteva sospiri sulle mie labbra, torturandole. Il suo modo di ansimare mi eccitava più del dovuto, era sinfonia per le mie orecchie. Ma, d'un tratto, Dorian capovolse di nuovo la situazione.
- Non ce la faccio più. – Mormorò sulle mie labbra, con una voce roca e soffocata, probabilmente al limite della sopportazione.
- Fidati di me. - Disse prima di sfilarsi le mutande ed entrare lentamente dentro di me. Un dolore acuto, come se fossi stata spezzata in due, attraversò il mio basso ventre. Mi artigliai alle sue spalle, stringendo gli occhi ed emettendo un mugolio di dolore. - Aspettavo da troppo tempo questo momento, Jade. - Era l'unico a parlare in tutta quella situazione. Forse ero troppo imbarazzata, o forse troppo impaurita, ma qualcosa di sicuro c'era: ero felice. Felice di fare l'amore con lui. Iniziò con spinte lente, muovendo il bacino avanti e indietro, mentre di tanto in tanto mi baciava il viso, le labbra. Cercava di tranquillizzarmi in tutti i modi possibili anche se continuavo a sentire quel dolore. Ma man mano iniziò ad affievolirsi lasciando posto al piacere puro. E Dorian lo capì dal fatto che iniziai a gemere, muovendo inavvertitamente il bacino verso lui, incitandolo a continuare. Si morse il labbro socchiudendo gli occhi in un'espressione di pura sensualità. E così velocizzò le spinte, portandomi ad attorcigliare le gambe attorno al suo bacino, artigliandogli la schiena e graffiandolo appena. Era tutto così surreale, tutto così bello. Se avessi saputo che l'unione dei nostri corpi fosse stata così intensa e meravigliosa avrei ceduto prima alle sue provocazioni. Ma quelli erano solo pensieri in preda al piacere. In realtà, quello era il momento giusto, era il vero momento. Quello che aspettavo da tempo. Perché non c'era sesso senza amore, ed io ero perfettamente innamorata di Dorian. Le sue labbra, le sue mani e il suo profumo erano dappertutto. Forse quello era il paradiso, chi lo sa. Ma non ero mai stata così bene in vita mia come quella volta.
- Ti amo. - Tre parole. Otto lettere. Un solo significato*. Ero immersa nel piacere intenso e probabilmente potevo dire di non essere molto lucida, ma io quelle parole le avevo sentite. Ero stata io a pronunciarle? No, impossibile. Le stavo solo pensando...
Dorian aveva sussurrato quelle parole in modo quasi impercettibilmente prima di venire, seguito da me che subito dopo, al suono di quella dichiarazione che mai mi ero sognata di sentire uscire dalla bocca di Dorian, raggiunsi il culmine, la vetta massima del piacere puro.






Appena entrambi ci fummo ripresi dallo stato di relax totale, Dorian mi prese per mano e ci dirigemmo verso il mare.
– Dobbiamo pulirci. – Spiegò tranquillo, accennando ad un sorriso mentre io divenni rossa dall’imbarazzo. Era pur sempre la prima volta per me! Lui invece sembrava molto sereno, non c’era traccia di vergogna o altro, al contrario di me. Insieme ci immergemmo in acqua, senza mai staccare la nostre mani intrecciate. Dorian mi trasportò nella parte più fonda, e una volta arrivati, mi prese per i fianchi avvicinandomi a lui. Una scossa elettrica percorse la mia colonna vertebrale appena avvertii il suo corpo praticamente appiccicato al mio. Nonostante fossimo in acqua, la sua pelle risultava sempre calda ed estremamente liscia e morbida. Mi diede un dolce bacio a stampo, guardandomi intensamente e appoggiando la sua fronte contro la mia.
– Ti è piaciuto? – Sentivo il suo alito caldo sulle mie labbra. Annuii nascondendo il mio viso in fiamme nell’incavo tra la sua spalla e il collo, mentre posai le mani sul suo petto, godendomi la sensazione di protezione che emanava. Inoltre eravamo ancora entrambi nudi. Non che mi mettesse a disagio perché ormai Dorian conosceva abbastanza bene il mio corpo, ma perché avevo timore che qualche potesse sbucare all’improvviso e vederci avvinghiati in quel modo.
– Hai sentito tanto dolore? – Chiese, avvicinandomi ancora di più a lui.
– Solo all’inizio. – Risposi con voce fievole aspirando il suo odore mischiato a quello del sesso.
– Ti era mai capitato prima di… di sverginare una ragazza? – Dovetti prendere una grande dose di coraggio per formulare quella domanda, ma avevo bisogno di sapere.
– No, era diciamo una specie di prima volta anche per me. – Rispose divertito, cominciando ad accarezzarmi dolcemente la schiena con le sue grandi mani. Mi morsi il labbro dalla vergogna. Probabilmente non era abituato a ragazze impacciate come me, sicuramente non gli era nemmeno piaciuto. Eppure aveva un’aria appagata, forse solo perché aveva rifatto sesso dopo molto tempo.
– A te è piaciuto? – La voce mi tremava. Cercavo di nascondermi sempre di più dai suoi occhi, girando la testa appoggiata sulla sua spalla al lato opposto. Mi strinse forte, forse capendo il motivo del mio disagio.
Fare l’amore con te per la prima volta è stato cento volte meglio del solito sesso. – Mormorò con voce roca, cullandomi fra le sue braccia e lasciandomi un bacio sul collo. Il fatto che anche lui distinguesse il sesso dall’amore mi fece emozionare a tal punto che credetti da un momento all’altro di piangere dalla felicità. Alzai il capo e presi la sua testa avvicinandola alla mia velocemente per poi baciarlo, appassionatamente…intensamente. Non mi stancavo mai di sentire il suo sapore, ero drogata di lui. Infilai la mia lingua nella fessura tra le sue labbra, iniziando una dolce danza con la sua. Arpionai le mie gambe al suo bacino mentre lui poggiò le sue mani alla base della mia schiena. Mi staccai dalla sue labbra iniziando a baciargli il mento, il collo, poi di nuovo il mento e dalla guancia arrivai dietro l’orecchio. Lo sentii trattenere un gemito e un suono gutturale uscii dalle sue labbra.
– Il fatto che tu abbia donato la tua verginità a me Jade, non sai quanto mi renda felice. – Ammise all’improvviso, con la voce rotta dal piacere.
– Appartengo a te. – Sussurrai sulle sue labbra, regalandogli uno sguardo intenso e pieno di significati. “E tu, Dorian, appartieni alla mia vita, per sempre.”






Dopo essere usciti dall’acqua, ci asciugammo e ci rivestimmo in fretta. Subito dopo tornammo al rifugio siccome il nostro turno era finito. Dorian insistette per farmi dormire nella sua stanza, accanto a lui.
– Guarda che non ci sarà una seconda volta, sono troppo indolenzita! – Lo avvisai scherzando mentre lo vedevo spaparanzarsi sul letto di paglia, portandosi le braccia dietro il capo.
– Per oggi. – Ammiccò, con un sorriso malizioso che mi provocò un piacevole formicolio al basso ventre.
– Dorian! – Esclamai con un’espressione falsamente indignata sul viso. Lo sentii ridere di gusto mentre mi stendevo accanto a lui. Mi appoggiai col capo sul petto, sentendomi avvolgere dalle sue braccia.
Adesso sei davvero completamente mia. – Mormorò con voce rauca. Sorrisi al massimo della contentezza addormentandomi poco dopo, cullata dal respiro regolare di Dorian.




Quando la mattina dopo mi risvegliai, lo trovai ancora a dormire. Aveva una mano sul mio fianco e l’altra era intrecciata alla mia mano, posata sul suo petto. Era uno dei miei risvegli più sereni. Ma quando mi ritornarono in mente le immagini della sera prima, una strana sensazione mi attanagliò lo stomaco. Non ero più vergine, avevo donato il mio corpo e la mia anima a Dorian. Questa consapevolezza mi rendeva felice ma non riuscivo più a vedere tutto rosa e fiori come la sera scorsa. Ero stata ubriacata dalle attenzioni di Dorian e in un certo senso, non ragionavo del tutto lucidamente. Ma quella mattina, mi resi conto che ormai non avevo più vie di scampo. Ero innamorata persa di Dorian. E questo mi bastò per capire che ormai ero legata per sempre a lui. Eppure non ci eravamo ancora definiti, non esisteva nessuna constante nel nostro rapporto ma io avevo dato ascolto solo al cuore. E come dimenticare del suo ‘ti amo’, un attimo prima di venire? Sicuramente gli era scappato di bocca, perché Dorian non era per niente il tipo. Magari lo aveva detto solo in preda al piacere…
Avrei dovuto chiederglielo ma la risposta mi faceva troppo paura.
Così, mi alzai dal letto e decisi di uscire fuori, solo per prendere aria, ma non prima di aver lasciato un casto bacio sulle labbra di Dorian che dormiva beatamente. Quando arrivai a riva, mi accorsi che qualcosa non quadrava. Quella mattina era il turno di guardia di David e Tom. Ma non c’erano lì. Mi allontanai di poco, e notai da lontano, quei due che parlavano gesticolando in modo evidente con un gruppo di indigeni. Sbarrai gli occhi cercando di capire cosa diavolo stessero facendo. Quelle persone erano pur sempre selvatiche e potevano attaccarli da un momento all’altro, come avevano fatto con Dorian. Quando finirono di ‘parlare’ li vidi tornare entrambi con un sorriso trionfante sul viso mentre io avevo uno sguardo spaventato ma per lo più arrabbiato.
– Ma che vi salta in mente? – Urlai una volta che si furono avvicinati del tutto. Non mi calcolarono per niente ma anzi, si batterono il cinque come due bambini.
– Ehi! Sto parlando con voi! – Gesticolai nervosamente puntando un dito contro David.
– Jade, io e il mio socio qui abbiamo fatto un grande affare! – Esclamo contento Tom dando una pacca amichevole sulla spalle di David. Li guardai stranita non riuscendo a decifrare quello che mi stavano dicendo.
– Quale sarebbe questo grande affare? – Chiesi con voce infastidita, mentre incrociavo le braccia al petto.
– Abbiamo in un certo senso stipulato una specie di patto. – Spiegò Tom. – Abbiamo stabilito quale fosse la nostra parte di territorio, possiamo usufruire della cascata perché ce l’hanno anche loro dall’altra parte dell’isola, inoltre possiamo pescare ma solo su questa parte di mare. – Disse indicando con le braccia la distesa di acqua dietro di noi. – E non possiamo assolutamente entrare nella loro parte di territorio. – Quando finì di parlare avevo voglia di pestarlo a sangue perché non vedevo nessun patto. Eravamo sempre in pericolo.
– Scherzi? – Chiesi spostando il peso da una gamba all’altra mentre sentivo il nervosismo salirmi a fior di pelle. – In cambio, però, non ci attaccano. – Concluse David. Beh, ora il patto era più plausibile.
– Ottimo lavoro. – Commentai rivalutando la situazione.
Quando spiegammo l’accaduto agli altri una volta intorno al falò tirarono tutti un sospiro di sollievo o quasi. – Chi ci dà la certezza che non ci stessero prendendo per culo? – Domandò giustamente Dorian, seduto accanto a me.
– Nessuno. Infatti dobbiamo rimanere sempre in allerta. – Rispose con un certa freddezza David, intento ad alimentare il fuoco. Niente da fare, i due si odiavano a prescindere. La situazione, comunque, iniziò ad acquietarsi, anche se solo in piccola parte. Tutti sembravano più tranquilli.
– Come mai sei scappata questa mattina, tigrotta? – Il soffio di Dorian all’orecchio mi fece rabbrividire inconsapevolmente.
– Non sono scappata. – Affermai, girando il capo verso di lui. – Volevo solo prendere aria. – Mi giustificai. Lo vidi sorridermi dolcemente per poi accarezzarmi la guancia. Chiusi gli occhi sospirando, sentendomi coccolata e per poco non iniziai a fare la fusa. Un attimo dopo, avvertii le labbra di Dorian sulle mie. Così calde, così morbide. E mi baciò, dolcemente e lentamente come poche volte aveva fatto.
Mi baciò lì, davanti a tutti.
E io per la prima volta non mi ribellai, troppo presa da Dorian e da quell’amore infinito che solo lui sapeva darmi.




































_____________________________AUTRICE_____________________________


* 'Ti amo' in realtà è detto in inglese, quindi risulta 'I love you', appunto otto lettere e tre parole.

Ehilà, ragazze!
Eccomi qua con un altro capitolo, spero di non aver fatto ritardo ma tra un impegno e l'altro ho trovato un 'buco' di tempo per pubblicarlo.
Bene, bene Jade ha perso definitivamente la verginità con Dorian, ora possiamo dire che è davvero innamorata la ragazza. E di Dorian cosa pensate? Anche lui prova lo stesso o è semplice attrazione? Mi piacerebbe sentire i vostri pensieri quindi sarei felice se lasciasse qualche recensione. 
Ringrazio chi recensisce e segue la mia storia!
Al prossimo capitolo,
Marta.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Chapter twenty. ***


                                                 Chapter twenty











Quella mattina mi svegliai particolarmente felice.
Mi sembrava di aver tutto dalla vita. Mi ero ambientata più che bene su quell'isola. Certo, all'inizio sembrava un vero e proprio incubo da serie TV, ma gradualmente tutti ci eravamo adattati.
Noi, 7 ragazzi del liceo di un piccolo paesino in America, avevamo imparato a convivere tra di noi, non solo supportandoci l'uno con l'altro ma anche collaborando e creando l'isola un posto vivibile. E forse, pensandoci, quel posto era anche migliore sotto certi versi rispetto ad un clima civilizzato. Ma era solo un mio punto di vista, non tutti la pensavano come me. Insomma, non si poteva dire lo stesso di Kelsey, con un braccio ustionato e con perenni infezioni. Avrebbe dovuto curarsi con opportune medicine che purtroppo qui non avevamo. A parte lei, tutti amavano quest'isola e la consideravamo un po' una vacanza estiva quasi eterna. Iniziavo a sperare che non ci trovassero mai perché vivere così, a contatto con la natura e lontano dalla tecnologia, era qualcosa di al quanto rilassante e tranquillo. Forse l'unica cosa che mi dispiaceva era non poter rivedere di nuovo i miei genitori. Mi mancava la mia famiglia, inutile negarlo. Mi sarebbe mancata sempre. Anche se, grazie alla presenza di Dorian, riuscivo a non pensarci. Quasi dimenticavo di avere ancora una famiglia che, sicuramente, aspettava con ansia il mio ritorno.
Ma io ero felice lo stesso, con o senza di loro, pensai mentre sistemavo il letto di paglia della mia stanza.
La notte prima, io e Dorian avevamo fatto di nuovo l'amore. Per la seconda volta.
Mi aveva presa così dolcemente che solo al ricordo tremavo di piacere. Certo, all'inizio del rapporto era stato comunque lievemente doloroso. Ma non si poteva dire nemmeno che ero costretta a sopportare quel dolore. Anzi, lo trovavo piacevolmente eccitante. Lo avevo sentito chiaramente quel ‘ti amo’ durante la nostra prima volta.
Mi amava. Dorian mi amava.
E io amavo lui, solo che non glielo avevo ancora detto. Non mi sentivo pronta e non sapevo spiegarmi il perché. Eppure, la prima ad innamorarsi ero stata sicuramente io ed ero anche quella che esternava più difficilmente i proprio sentimenti. Forse per questioni di insicurezza.
Insicurezza? Di cosa avevo paura?
Dorian mi aveva dato tutto se stesso, di quale altra conferma avevo bisogno?
Ero soltanto io ad essere paranoica e sicuramente egoista. Gongolavo per quella dichiarazione e non mi preoccupavo del fatto che forse Dorian aveva bisogno di sentirselo dire. Ovvio, di sentirselo dire, non di saperlo. Perché lui ne era sicuramente a conoscenza, impossibile non esserlo. Tutti lo avevano notato.
Mi destai dai miei pensieri, notando un piccolo quadernetto, proprio in un angolo accanto al letto di paglia. Lo afferrai subito, sedendomi e osservando la copertina completamente nera. Aprii il quadernetto, che pareva più un blocco appunti, e sulla pagina iniziale c’era scritto il nome Jack Torres, ‘colui che aveva lasciato tutti i suoi averi ai prossimi che avrebbero vissuto quell’isola’, cioè noi. Doveva essere il suo diario. Ma come aveva fatto Dorian ad averlo trovato? E dove? Sfogliai lentamente le pagine trovando alcuni appunti di Jack riguardo il cibo e avvistamenti di animali o indigeni. Ad un certo punto, su una pagina comparve il numero 9, segnato in grande, su tutta la pagina. Mentre in basso a destra, scritto in minuscolo ‘Settembre’. La calligrafia era abbastanza disordinata e probabilmente aveva usato qualche pietra visto che sembrava essere gessetto. Sulla pagina dopo c’era segnato il numero 10, sempre con la scritta ‘Settembre’ in basso. E così nelle pagine dopo, i numeri a seguire fino al 30 Settembre. Per poi ricominciare con il primo Ottobre e così via. Sulle ultime pagine segnate, vi era il numero 3 e il mese era Dicembre. Tutto ciò doveva essere per forza opera di Dorian. Aveva trascritto le date giorno per giorno, dal 9 Settembre, giorno in cui avevamo sbarcato su quest’isola dopo la festa sullo yacht, fino ad oggi ovvero 3 Dicembre. Incredibile, erano soltanto passati tre mesi e a me sembrava una vita. Ecco spiegato il perché non avevo ancora dimenticato il viso dei miei genitori. Sospirai pesantemente. Un giorno sarebbe successo, dovevo solo accettarlo. Stavo per chiudere il quadernetto quando qualcosa di strano attirò di nuovo la mia attenzione. Sulla terzultima pagina, esattamente l’1 Dicembre, in alto a sinistra c’era scritto il mio nome. A caratteri piccolissimi e con una scrittura in corsivo, diversa dalla solita in stampatello che aveva usato per tutte le altre parole. Perché c’era scritto il mio nome proprio su quella data?
– Adesso inizi a curiosare anche tra le mie cose? – Una voce derisoria mi fece sobbalzare costringendomi a portare una mano all’altezza del cuore per rallentare i suoi battiti. Le sue braccia mi circondarono la vita, mentre si sedeva dietro di me e iniziava a depositare baci umidi sul spalla. Istintivamente chiusi il diario di Jack Torres/Dorian mentre mi giravo di scatto per fulminarlo con gli occhi. – Ma dico, sei forse impazzito? – Domandai stizzita mentre lui si divertiva nel vedermi con il respiro affannato.
– Ti ho presa con le mani nel sacco, vero tigrotta? – Mi stuzzicò con un ghigno al quanto malizioso.
– Non stavo curiosando, l’ho trovato per caso! – Urlai indignata, alzandomi di scatto e incrociando le braccia al petto. Lo sentii ridere. Una risata così genuina… così cristallina. Si alzò in piedi anche lui, parandosi di fronte a me, con il solito sorrisino birichino. Mi afferrò per i fianchi, portandomi sembra più vicina e facendo in modo che i nostri corpi stessero a stretto contatto. Mi guardò intensamente prima di baciarmi in modo appassionato, tanto da levarmi il respiro. Un attimo dopo, mi ritrovai stesa sul letto appena rifatto, sotto il suo corpo caldo. I miei seni coperti da un sottile velo schiacciati contro il suo torace nudo e le mie gambe attorcigliate attorno al suo bacino. La sua lingua approfondì il bacio chiedendo accesso alla mia bocca. Le sue mani mi accarezzavano il fondo schiena, stringendolo e facendo uscire un mugolio di piacere dalle mie labbra umide e gonfie dei suoi baci. Scese a baciarmi il collo mentre con entrambe le mani gli scompigliavo i capelli, tirandoglieli a tratti. Lo amavo così tanto. Il mio corpo voleva il suo appena veniva sfiorato da quest’ultimo. Come una calamita, si avvinghiava a lui senza volersene mai separare.
– Dorian… - Lo richiamai con un gemito abbastanza roco, colpa dei suoi morsetti sul mio seno. Mugugnò in risposta, stringendo con una mano l’altro seno.
– Perché sulla pagina del primo Dicembre c’è scritto il mio nome? – Domandai sempre con quel tono da hot- line.
In risposta, l’altra mano libera si infilò nelle mutande, e con una carezza focosa mi fece inarcare il bacino in cerca di più attenzioni. Un gesto quasi involontario. – Perché Dorian, eh? – Ritentai, con gli occhi socchiusi, cercando di rimanere lucida.
– Abbiamo fatto l’amore… - Rispose sussurrando, mentre la sua lingua percorreva la zona intorno all’ombelico, per poi infilarla nel foro di quest’ultimo iniziando a giocarci e mimandomi in modo non poco casto un rapporto orale.
Oh, cielo… questo ragazzo mi farà morire dal piacere! Quelle parole, pronunciate con così tanto ardore, mi portarono quasi sull’orlo del precipizio. E non aveva ancora fatto nulla di particolare. Ogni suo gesto mi mandava in uno stato di iperventilazione. A volte pensavo di non riuscire a sopportare tutto quel piacere.
Era troppo. Dorian era troppo. Un forte uragano, pronto a distruggermi.
Le sue mani erano dappertutto, così come la sua bocca che adesso mi stava donando scosse di piacere leccando e baciando la mia zona intima. Gemevo, inarcavo i fianchi, stringendo i suoi capelli e sussurrando il suo nome quasi in segno di preghiera. Si fermò improvvisamente, posizionandosi sul mio corpo. Mi baciò, come per rassicurarmi, prima di entrare dentro di me e affondare in modo delicato. D’istinto, attorcigliai le gambe attorno al suo bacino e demmo inizio ad una danza frenetica. Corpi che si muovevano, sudati. Labbra che si cercavano, con il respiro affannato… Sussurri, mugolii e gemiti risuonavano all’interno della stanza.


– Oddio, hai idea di quanto tu sia fottutamente bella in questo momento? – Domandò Dorian, con il respiro mozzato, le labbra umide e gonfie. Il corpo sudato scosso ancora da alcuni brividi per aver raggiunto l’orgasmo, steso accanto al mio. Avevo il capo rivolto verso l’alto, gli occhi chiusi, la bocca semiaperta ed ero completamente nuda. Respiravo ancora a fatica mentre il mio corpo era ricoperto da un velo umido. L’amore è cosi bello e forte da non riuscire neanche a godertelo fino in fondo. L’amore è intenso. Non riuscivo a gestire tutti quei sentimenti. Mi girai verso di lui, mi guardava con uno sguardo quasi adorante, avrei voluto tanto dirgli di amarlo. ‘Dorian ti amo così tanto da star male’. Ma non avevo il coraggio perché ero soltanto una codarda. Già, una codarda senza speranze. Mi addormentai tra le sue braccia, cullata dal suo respiro regolare e dal calore che emanava il suo corpo. Nudi, senza intralci. Nessuno più ci avrebbe separati. Ero sicura che lo avrei amato per sempre.





Erano passati diversi giorni ormai, tutto procedeva per il meglio. La mia vita su quell’isola e con Dorian mi rendevano felice. Anzi, specialmente la sua presenza, il fatto che mi fosse accanto e che, molto probabilmente mi amasse davvero… Mi faceva sentire al settimo cielo. Facevamo l’amore ogni sera. Al tramonto, due corpi nudi si univano in modo passionale. Senza parole, ma soltanto sussurri e gemiti di piacere. Ed allo schiarire della giornata, alle prime luci dell’alba, capitava che Dorian mi svegliasse per prendermi di nuovo, intensamente. David ormai aveva capito che il mio cuore apparteneva ad un altro, che non poteva avermi se non come amica. Anche se, non mi rivolgeva nemmeno più la parola. Non sembrava arrabbiato con me, ma evitava accuratamente di starmi intorno. Sì, certo mi dispiaceva e alcune volte avvertivo la sua mancanza. Ma quando si è innamorati, gli altri pensieri sono quasi superflui.
Come si può pensare ad un’unica e sola persona tutto il giorno? Possibile che l’unico centro dei miei pensieri fosse Dorian e basta?
Per quanto potesse sembrare una cosa negativa, io la vivevo bene. Troppo bene.
Ma questo sicuramente perché per adesso non andava niente storto ma…appena fosse successo?
Già immaginavo la mia reazione da pessimista nevrotica e depressa. Mia madre aveva ragione, dovevo imparare a vivere le mie occasioni e momenti senza pensare alle conseguenze. Dovevo assaporare quelle sensazioni finché mi fosse permesso, finché fosse stato possibile.
– 8 Dicembre, dovremmo fare l’albero di Natale, Jade. – Dorian era disteso sulle mie gambe, mentre gli accarezzavo i capelli ed ero immersa nei miei pensieri.
– Jade, mi hai sentito? – Mi sfiorò con una mano il viso.
– Eh? Cosa? – Puntai i miei occhi nei suoi che mi guardavano attenta.
– Che pensavi? – Mi chiese incuriosito, mentre si alzava a sedere accanto a me.
– Nulla, dicevi? – Cercai di sviare il discorso, non volevo che Dorian venissi a conoscenza di tutti i miei pensieri. Volevo un po’ di privacy, per la miseria!
– Dicevo… - sospirò, facendomi capire che per questa volta me l’avesse data buona – oggi è l’8 dicembre, dovremmo fare l’albero di Natale. – affermò, sfogliando le pagine del diario che un tempo apparteneva a Jack Torres.
Lo guardai stranita. – E come hai intenzione di farlo, sentiamo? – Chiesi scetticamente incrociando le braccia al petto. Non avevamo palline. Né luci. Né albero. Né niente!
– Ci arrangeremo – rispose – ma io voglio farlo. – Asserì guardandomi serio negli occhi. – E tu mi aiuterai. – Concluse con un ghigno maligno in volto.
– Ma è tecnicamente impossibile! – Alzai le mani al cielo per la sua idea assurda. Ok, non era impossibile ma perché fare un albero di natale usando materiali lontani da quelli che in realtà ci servivano?
– Ma io adoro fare l’albero di Natale… - mormorò con un’espressione da cucciolo smarrito, sporgendo il labbro inferiore. Era bello, particolarmente bello. Ed era mio. Non riuscii a trattenermi nello sporgermi a dargli un semplice bacio a stampo. Lo sentii sorridere sulle mie labbra. Mi staccai e mi stesi sul letto, osservandolo mentre si risistemava i capelli arruffati con una mano.
–Era un sì? – Domandò speranzoso, levandosi la canotta forse per il troppo caldo e restando a petto nudo. Quanto poteva essere eccitante?
– No, era un no. – Decretai girandomi a pancia in giù, beandomi della morbidezza di quella specie di cuscino, fatto con non so che cosa.
Un bacio umido all’altezza delle spalle mi fece rabbrividire. – In realtà non ho mai fatto un albero di Natale e volevo farlo con te la prima volta. – Sussurrò sulla mia pelle.
– Dorian non cercare di intenerirmi. – Affermai con il viso schiacciato sul cuscino. – Qui non possiamo fare l’albero di Natale – dissi girandomi di colpo e trovandomi il suo viso a poca distanza dal mio – e comunque non avrei voglia. – Terminai con fare ovvio.
Anche a me sarebbe piaciuto fare un albero di Natale insieme, ma quando non avevamo materiali adatti e soprattutto quando non c’era lo spirito natalizio, era inutile.
– Non hai voglia? – Chiese, mettendo il broncio e abbassando lo sguardo.
– Esatto – annuii col capo – non ho voglia di fare un bel niente. – Decretai infine, guardandolo divertito.
D’un tratto, Dorian alzò le sopracciglia in un’espressione maliziosa. – Non hai voglia di fare nulla? – Chiese, imprigionandomi con i suoi gomiti ai lati della testa – proprio nulla? – Il suo tono aveva qualcosa di strano, mi stava nascondendo qualcosa.
Osservai le sue labbra carnose poco distanti dalle mie e desiderai assaporarle per poi morderle. D’istinto, inarcai la schiena per portare il capo alla sua altezza. Volevo baciarlo, volevo perdermi in quel sapore.
Ma prima che le nostre labbra potessero scontrarsi, Dorian si allontanò di qualche centimetro. – Io avrei voglia invece di fare qualcosa. – Asserì con un ghigno compiaciuto stampato in viso.
– Cosa? – Domandai deglutendo e aspettando ancora il mio bacio. – Oh, sarebbe vietato ai minori. – Mormorò con voce maligna, mentre alzava una sopracciglia mordendosi il labbro. Seguii quel movimento come incantata, avrei fatto tutto ciò che mi avrebbe chiesto ma doveva placare quella voglia smisurata che avevo di lui.
– Dimmelo. – Ordinai con voce ferma, senza staccare i miei occhi dai suoi. Accennò un sorriso malizioso, anzi, un sorriso consapevole dell’effetto disarmante che aveva su di me. Si sporse, avvicinando le sue labbra al mio orecchio per poi sussurrare parole che mi fecero arrossire ma allo stesso tempo infiammare, proprio lì, al basso ventre.
– E allora? Cosa aspetti? – Domandai con voce fievole allo stesso tempo eccitata. Le sue parole rimbombavano ancora nella mia testa, come una cantilena. ‘ Vorrei baciarti, dappertutto. E poi prenderti così intensamente da lasciarti senza fiato. Leccare ogni centimetro della tua pelle, perché tu sei mia Jade.’
– Dovresti preoccuparti. – Fiatò a pochi centimetri dalla mia bocca.
– Perché? – Domandai in un sussurro, mentre gli accarezzavo quel petto duro come il marmo.
– Perché non ti lascerò neanche un momento di pausa. – Detto questo, incollò in modo irruente le sue labbra alle mie. Le sue mani passarono ad accarezzare ogni centimetro del mio corpo. Non c’era delicatezza nei suoi gesti ma solo impazienza. Mi morse un labbro in modo violento, facendo in modo che lasciassi un gemito non poco rumoroso dalla mia bocca. Passò a leccarmi in modo suadente il collo, la sua mano corse a stringermi bruscamente il mio sedere e di conseguenza inarcai la schiena, desiderando più contatto. Andai a sfiorare, per sbaglio, la sua erezione ormai evidente. Lasciò un suono gutturale che mi fece infiammare in ogni parte del corpo.
– Dorian…- mormorai in preda al piacere. Ero così coinvolta in quelle sensazioni così sublimi, così piene di amore.
Vorrei restare così per sempre. – I suoi movimenti si addolcirono e la sua bocca iniziò a stampare baci casti e umidi sulla mia spalla. Pronunciò quelle parole con così tanto ardore… Era il momento giusto per dirgli quello che veramente sentivo per lui. Io lo amavo con tutta me stessa e quella era l’occasione giusta per dirglielo.
Ma proprio quando dalla mia bocca stavano per uscire quelle fantomatiche parole che dalla porta spuntò Tom seguito da Jessica.
– Dorian abbiam…oh cavolo! – La voce allarmata di Tom fece sobbalzare entrambi.
– Cosa ci fate qui? – Domandò stranito Dorian, alzandosi da sopra il mio corpo e passandosi imbarazzato una mano tra i capelli.
– Noi, ecco…scusa per il disturbo ma ci serve il tuo aiuto – la questione sembrava davvero seria – ora – anzi, serissima.
Dorian non perse tempo ad alzarsi e seguirlo, lasciando me e Jessica sole. Il viso di quest’ultima era cupo e direi abbastanza triste. Dopo quello che mi aveva fatto, dopo il trattamento che mi aveva riservato, l’unica cosa che dovevo fare e si meritava di ricevere era la totale indifferenza. Ma, purtroppo, su certe questioni ero troppo sensibile e Jessica era stata la mia migliore amica per troppo tempo.
– Cosa è successo? – Presi coraggio e mi decisi a porle quella domanda.
– Abbiamo trovato parte della capanna rotta e si pensa siano stati gli indigeni visto che…. – Parlò velocemente mentre continuava a tenere il capo chino.
– No, Jessica – la interruppi – intendevo…cosa è successo a te. – Affermai alzandomi e andandole incontro. La vidi deglutire mentre si portava una mano al viso. Gesto che faceva sempre quando si sentiva stanca.
– Cos’è? Perché ti comporti da amica? – Trasudava antipatia da tutti i pori e io non capivo ancora cosa avesse realmente contro di me. – Non posso? – Chiesi di rimando.
– Non è normale. – Scandì ogni parola acidamente, evitando continuamente di guardarmi in volto.
– Ti sto dando la possibilità di parlarne e sfogarti, nonostante tu mi abbia trattata di merda. Ok, non è normale. Ma a me interessa. – Decretai usando un tono pacato e cercando di mantenere la calma. – Ma fai quello che ti pare. – Ritornai a sedermi sul letto di paglia ma mi sorpresi quando notai che anche lei stava facendo lo stesso.
– Ho litigato con Tom. – Dichiarò con voce rotta, seduta affianco a me.
E per la prima volta dopo mesi, io e la mia migliore amica o ex, eravamo sedute una accanto all’altro. Ed io ero lì, ad ascoltarla e consolarla.

Dopo un’oretta buona in cui mi parlava della litigata tra Tom e Jessica, ormai ex coppia a causa delle stupide paure di quest’ultima, decisi di andare a vedere cosa era successo anche se prima Jessica mi aveva accennato qualcosa.
– Devi avere più fiducia in lui, sennò il vostro rapporto non andrà mai avanti. – Le diedi questo consiglio prima di dirigermi al piano di sotto e sentire un fievole ‘grazie’. Ero felice di aver recuperato anche in piccola parte i rapporti.
Quando arrivai a destinazione, mi pietrificai sul posto a causa dello scenario che mi si presentò davanti. Una parte buona dell’edificio a capanna che avevamo costruito, era distrutto. Compresa la mia stanza. Mi raggelai in piedi stante, solo il mio cuore galoppava in modo anormale. Troppo veloce. Appena mi ripresi dallo shock, subito notai che gli altri non erano lì. Così decisi di cercarli, probabilmente erano sulla spiaggia a cercare di risolvere questo problema, o meglio minaccia, che si era appena presentata.
– Sei un gran figlio di puttana! – Una voce agguerrita, arrabbiata fino al limite.
– Dorian, basta cazzo! Così lo ammazzi, basta! – La voce preoccupata di Tom e il fatto che avesse nominato Dorian, accese una lampadina di allarme nella mia testa. Corsi spaventata verso il luogo da dove provenivano quelle voci. Appena arrivata, scorsi subito la figura di Tom che si intrometteva tra due persone. O meglio, che cercava di allontanare Dorian da un corpo steso a terra. Era David, sanguinante e probabilmente senza sensi.
– Dorian! – Urlai disperata. Per un millesimo di secondo, quest’ultimo dopo avermi sentita urlare il suo nome, si girò verso di me. Un lampo d’ira gli accecò gli occhi e subito dopo, con un scatto rabbioso spinse Tom a terra, buttandosi di nuovo sul corpo inerme di David. Tom iniziò a tossire per il colpo ed io rischiavo di svenire. Più in là, notai Charlotte a terra. Piangeva a singhiozzi, coprendosi il volto con le mani. Stavo per sentirmi male e Dorian non si accorgeva di star per uccidere David. Così, con gli occhi appannati, mi avvicinai velocemente ai due e cercai di spingere Dorian.
– Basta, ti prego! Dorian! Basta! – Iniziai a piangere dal nervosismo e dalla paura, mentre quest’ultimo continuava a non ascoltarmi. Era una delle scene più brutte della mia vita e non riuscivo a capire come Dorian fosse capace di tanta brutalità. Così, non pensando alle conseguenze ma solo al fatto che dovevo salvare David, mi misi in mezzo tra i due. Un pugno violento mi arrivò in pieno viso, buttandomi rovinosamente a terra. Un dolore lancinante mi invase improvvisamente. Le voci erano ormai ovattate e tutto davanti ai miei occhi si presentava offuscato.
– No… - Un mormorio con voce rotta fu l’ultima cosa che sentii, prima di perdere completamente i sensi.



–No, non ti permetto di avvicinarti a lei! Vai via, Dorian! – Una voce arrabbiata mi svegliò di colpo. Il mio corpo era intorpidito, sentivo tutto pesante e faticavo persino ad alzare le palpebre.
– Jessica, ti prego… - Un sussurrò appena udibile. Il tono di voce era triste e lo riconobbi subito.
– Dorian… - Mormorai con la bocca impastata. Sentii un lieve spostamento e poi delle mani calde accarezzarmi il viso. Toccò il punto in cui mi doleva di più, il mio viso si contrasse in una smorfia di dolore. Ma non mi spostavo, volevo quel contatto.
Scusami... – Una voce rotta dal pianto e poi – devi andare via, Dorian. – Aprii gli occhi e la prima cosa che mi comparve davanti fu la figura di Dorian, intento a girarsi. Se ne andò via, lasciandomi di nuovo sola con Jessica. Quest’ultima si sedette al mio fianco.
– Perché lo hai mandato via? – Domandai con una voce appena udibile. Non mi ricordavo granché di quello che era accaduto prima. Soltanto Dorian che picchiava un David ormai sanguinante.
– David! – Sussultai all’improvviso. Era vivo?
– Riposati – mi ordinò Jessica – ti racconterò tutto al tuo risveglio. – Cercai di ribattere ma sentivo le palpebre chiudersi senza il mio volere. Così decisi di abbandonarmi nelle braccia di Morfeo.



– David era di guardia l’altra sera. Ma era andato a fare tutt’altro e gli indigeni, per non si sa quale motivo, hanno attaccato la nostra capanna. Hanno lanciato varie frecce, specialmente nella tua stanza e dopo l’hanno incendiata insieme a metà parte del capannone. – Ero ormai in piedi da parecchi minuti, avevo subito cercato spiegazione dell’accaduto a Jessica che senza esitare aveva iniziato a parlarmene.
– Il motivo per cui Dorian stava cercando di uccidere David? – Domandai, non arrivando alla soluzione più ovvia.
– Jade, gli indigeni hanno colpito la tua stanza. Se quella sera tu no fossi stata nella camera di Dorian, saresti morta. E questo solo perché David era andato a fare chissà cosa. Saresti morta a causa sua. – Ribadì Jessica, guardandomi seria e preoccupata negli occhi.
– Dorian è andato fuori di testa. – Sussurrò prendendomi la mano nella sua e carezzandomela.
– Non è comunque giustificabile. – Mormorai con la voce rotta. Quella scena raccapricciante di Dorian imbestialito e in procinto di uccidere una persona, mi inorridiva. E più ci pensavo, più mi piangeva il cuore.
– Punti di vista. – Decretò la ragazza affianco a me, sospirando e portando lo sguardo davanti a sé.
Mi diressi al piano di sotto, nella stanza di David. Era stato il mio primo pensiero appena sveglia. Dovevo sapere in che condizioni era. Entrai nella stanza, apparentemente vuota a causa del silenzio che regnava. Ma sul letto all’angolo, c’era la figura di David con gli occhi chiusi. Era ricoperto da fasciature, il suo respiro era tranquillo e accanto al letto vi era un secchio pieno di acqua. Mi sedetti su una sedia e iniziai ad osservarlo. Aveva molto ferite, alcune sembravano profonde. Aveva un occhio così gonfio da non riuscire nemmeno ad aprirlo.
– Jade… - Un sussurro fievole aleggiò nell’aria. Era sveglio e adesso mi stava guardando.
– Oddio, David… - mi portai una mano alla bocca tremante – cosa ti ha combinato. – Iniziai a piangere, dispiaciuta per le sue condizioni pessime.
– Perdonami, Jade. – Si sforzava di parlare, nonostante si vedeva palesemente che era difficile per lui farlo.
– Perdonare per cosa? – Chiesi con la voce tremante – non pensarlo neanche per scherzo. – Mi sporsi ad abbracciarlo per quel che potevo, singhiozzando e sperando che si sarebbe rimesso in forma presto. Ma, nel frattempo, mi sarei presa cura di lui.



– Ti ho cercata ovunque. – Dorian fece capolino nella mia stanza mentre mi accingevo a riordinare un letto di paglia ormai sfatto.
– Ora sono qui. – Decretai senza voltarmi. Sentii dei passi alle mie spalle.
– Lo vedo, ma prima no. – Ribatté, avvicinandosi pericolosamente.
– Giusta osservazione. – Commentai sarcastica. Con un gesto brusco, afferrò il mio braccio e mi girò. In pochi secondi, mi trovai faccia a faccia con lui. Il cuore mi balzò fuori dal petto a causa di tutta quella vicinanza.
– Cosa vuoi? – Chiesi acida. Ero arrabbiata con Dorian, forse anche troppo. Il modo in cui si era comportato era imperdonabile.
Mi guardò stranito. – Ora ce l’hai con me? – Mi chiese in modo incredulo. Evitai di rispondere e mi rigirai verso il letto, ritornando a sistemarlo.
– Jade, io… - Sapevo già cosa stava per dire e no, non avrei accettato nessun tipo di giustificazione da parte sua.
– Dorian mi hai profondamente delusa. – Decretai con voce seria. – Avresti potuto ucciderlo, te ne rendi almeno conto? – Alzai la voce in preda alla collera e al nervosismo, con gli occhi puntati sul suo volto coperto da una smorfia di disappunto.
E lo rifarei. – Affermò senza esitare. Rimasi a bocca aperta.
– Cosa? – Non potevo crederci. – Da quando sei diventato così cattivo? – Urlai d’un tratto, con la voce rotta dal pianto.
Ero rimasta basita dalla sua risposta senza un velo di pentimento.
Da quando si tratta di te. – Rispose duro. – Io non avrei sopportato l’idea di perderti. – Scandì quelle parole lentamente, tra i denti, con gli occhi lucidi. – E quando si tratta di te… - si fermò un attimo, la voce gli morì in gola. Sembrava voler piangere.
– E quando si tratta di te, vado fuori di testa. – Concluse, stringendosi in un gesto esasperato la testa fra le mani. Senza accorgermene le mie guance furono rigate da lacrime salate. Non sapevo cosa dire, né fare. Ero combattuta tra la voglia di abbracciarlo e stringerlo a me, e quella consapevolezza che ciò che aveva fatto era senza morale. Mi avvicinai, cercando un contatto con gli occhi che lui cercava di sviare.
– Scusati. – Sussurrai. – Dorian… - un singhiozzo mi interruppe – vai da David e chiedigli perdono. – Glielo stavo ordinando, perché doveva farlo.
Ti prego. – E lo stavo pregando perché in questo modo, se gli avesse chiesto scusa, avrei potuto convincere la mia coscienza a perdonare Dorian. Quest’ultimo si era irrigidito e provava a trattenere le lacrime con tutto sé stesso.
– Scordatelo. – Affermò in un sussurro tra i denti. Non ebbi nemmeno il tempo di replicare che scappò dalla stanza.


Passò qualche giorno, David iniziava a presentare dei segni di miglioramento. Restavo con lui giornate intere nella sua stanza. Gli curavo delicatamente le ferite e parlavamo quasi tutto il tempo, solo quando si addormentava decidevo di uscire da quella stanza e di aiutare anche gli altri. Jessica e Tom ancora non avevano chiarito, o almeno, Tom aveva dichiarato di non voler più ritornare con lei. Jessica dal suo canto, soffriva molto e passava intere giornate a piangere. Charlotte si era chiusa in una fase di mutismo assoluto. Era sempre seduta in una parte della spiaggia e guardava l’orizzonte, probabilmente sperando ancora che qualcuno venisse a salvarci. Aveva rinunciato persino a fare la civetta con Dorian. A proposito di lui, non si vedeva quasi mai. Capitava che qualche volta ci scontravamo mentre io tornavo nella mia camera e lui invece, andava nella sua. Non sapevo perché, ma cercavo il suo sguardo ogni volta mentre lui lo evita, come sempre. Evidentemente da quando gli feci quella proposta su David che lui rifiutò senza un minimo di esitazione, aveva capito che non ero pronta a perdonarlo. Ma, in cuor mio, sapevo che molto presto lo avrei fatto. Mi mancava e per quanto lo vedessi cattivo in quella situazione, ero in astinenza dei suoi abbracci e dei suoi baci.
Quella sera, dopo aver cambiato per la millesima volta la fasciatura al braccio di David mentre lui dormiva beatamente, decisi di ritornarmene in camera. Così, stanca mi avviai fuori da quella stanza. Non poco distanti da me, sentii delle voci. Cercai di ignorarle ma più mi avvicinavo alla camera di Jessica, che ormai era diventa anche la mia a causa di quell’incendio, più le sentivo chiare. Una volta arrivata all’entrata, capii che quelle voci non erano altro che quelle di Jessica e…Dorian. Dorian?
– Se Jade ti vede qui le verrà un colpo. – Disse tra le risate Jessica che era seduta accanto a lui, che in risposta fece spallucce e sorrise guardandola. Sorrise…
- Perché dovrebbe venire qui? – Domandò poi, aggrottando le sopracciglia.
– Lei ormai dorme qui con me. – Rispose Jessica, accarezzandosi il braccio e usando un tono di voce…strano. Anzi, non strano ma da civettuola. Cosa aveva intenzione di fare? Mi morsi il labbro evitando di non imprecare o saltarle addosso.
– Ah. – Fu l’unica risposta di Dorian che portò le gambe al petto, poggiando la testa sulle ginocchia. Jessica continuava a guardarlo, anzi, entrambi continuavano a guardarsi.
– Pensavo dormisse con David, ormai passa le giornate con lui. – Continuò lui, rompendo il silenzio. Una domanda mi sorse spontanea… Come faceva lui a sapere che io passavo il tempo in camera di David?
– Ti dispiace? – Chiese Jessica con un tono di voce impertinente.
– No. – Fu la risposta immediata e dura di Dorian.
– Bene…- Sospirò lei di rimando, leccandosi il labbro inferiore. Ma che diavolo stava facendo?
Entrai come una furia nella stanza, tossendo rumorosamente cercando di farli allontanare. E infatti, riuscii nel mio intento. Jessica si alzò di scatto, abbassando il capo.
– Dorian era venuto a vedere se anche la mia stanza presentava alcune crepe…- Una bugiarda patentata, ecco cos’era. E ci provava anche con i ragazzi altrui… Ma quali ragazzi altrui? Dorian ormai non era più mio, volevo persino marcare il territorio. Quest’ultimo uscì dalla camera senza dire niente, non prima di avermi guardata. I suoi occhi non si posavano su di me da giorni e quando lo fece per quei pochi attimi, mi mancò per qualche secondo il respiro. Mi ripresi da quel momento di trans e notai Jessica che faceva finta di essere impegnata ad aggiustare il letto.
– Quindi? Qualche crepa? – Domandai con un sorriso sarcastico. Risultavo gelosa e acida, ma non riuscii proprio a controllarmi.
– No, no. Tutto a posto. – Rispose continuando a fare l’ingenua. Quella notte non riuscii a chiudere occhio dalla stizza. Prima Charlotte, ora Jessica! Credevo di aver recuperato i rapporti con lei, pensavo di potermi fidare. E invece, sembrava aspettare solo il momento giusto per pugnalarmi di nuovo alle spalle. Oppure…oppure poteva essere soltanto una mia impressione. Sì, probabilmente era così ed io come al solito, ero pessimista e paranoica.

Quella mattina quando mi alzai, cercai di risultare più calma possibile e mi diressi, come ogni volta, nella stanza di David. Quel giorno, decise di cercare di mettersi in piedi. Lo aiutai con molto piacere e fortunatamente ci riuscì. Ero molto contenta per lui. Adesso poteva prendersi l’acqua e il cibo da solo. Non gli permettevo di uscire ancora dalla stanza, ovviamente.
– Jade, è sera ormai e sarai stanca. Vai a dormire. – Era appoggiato alla parete accanto a me e mi guardava sorridente. Annuii ricambiando il sorriso e mentre stavo per girarmi e uscire dalla stanza, mi bloccò trattenendomi per il braccio.
– Grazie di tutto quello che hai fatto per me e di quello che stai continuando a fare. – Decretò infine, con uno sguardo serio. I suoi occhi erano puntati nei miei e mi osservavano in modo intenso.
– Non preoccuparti. – Continuai a sorridere con calore. La sua presa era ancora salda sul mio braccio, non capivo perché non mi lasciasse andare. – David… - Sussurrai guardandolo stranita.
– Dormi con me stanotte. – Alzai gli occhi sul suo viso. Aveva gli occhi verdi che brillavano al chiarore della luna e i capelli ricci arruffati sul viso. Era indubbiamente un bel ragazzo.
– Non…è meglio di no. – Mormorai imbarazzata cercando di scappare ai suoi occhi.
– Ti prego, Jade. – Mi supplicò con uno sguardo afflitto. No, non avrei mai accettato. Avrebbe frainteso tutto e io non volevo ancora illuderlo.
– Buonanotte. – Affermai, sciogliendo la presa e girandomi con l’intento di uscire definitivamente da quella stanza. Ma mi afferrò nuovamente e stavolta, senza preavviso, incollò le sue labbra alle mie. Lo fece in modo così rude che mi diede fastidio. Tempo qualche attimo per capire che diavolo stesse succedendo che mi staccai bruscamente, allontanandomi da lui con gli occhi fuori dalle orbite. Lui aveva il respiro accelerato e continuava a guardarmi in modo intenso.
– Perché…? – Chiesi incredula, in un sussurro. Non rispose ma si limitò a stendersi sul letto, ignorandomi completamente. Non ci stavo capendo più nulla. Uscii frettolosamente e mi diressi a passi svelti nella camera di Jessica.
Quando ci entrai, ad aspettarmi non c’era quest’ultima, ma bensì Dorian. Era seduto sul letto di paglia, con la testa china e tra le mani. Ci fu un attimo di silenzio finché la sua voce tagliente non lo ruppe.
– Quindi è questo che fai tutto il giorno in camera sua? – Alzò la testa e puntò il suo sguardo glaciale su di me.
– Questo cosa? – Non riuscivo a capire a cosa si riferisse. Fece una risata fredda e piena di rabbia.
– Ti sei subito consolata con lui, complimenti! – Me lo trovai a pochi centimetri, mentre la sua voce si era alzata di qualche ottava.
Si riferiva al bacio. Ci aveva visti baciare.
– Stai fraintendendo. – Mi difesi. I suoi occhi grigi adesso emanavano scariche elettriche capace di uccidermi.
– Non raccontarmi stronzate, porca puttana! – Mi urlò contro così forte da farmi salire le lacrime agli occhi. – E io che pensavo a come ritornare da te e tu avevi già trovato qualcun altro! Addirittura David, quello che ha rischiato di farti uccidere! – Era in collera. Era arrabbiato e mi stava scaraventando addosso tutto quello che sentiva.
– Smettila, Dorian! Non è come credi! – Cercai di giustificarmi piangendo e gesticolando. La nostra storia stava diventando un inferno. – Ah no? – Domandò avvicinandosi. Gli occhi infuocati d’ira. – Ero venuto a cercarti, per chiederti scusa e per averti di nuovo con me! Ma io sono un coglione, un grandissimo coglione! – Si agitava sempre di più, aveva il viso in fiamme e avanzava verso di me incutendomi timore.
– Dorian… - Alzai le mani in segno di resa, non riuscivo più a sopportare le sue urla.
– No! Ora mi fai finire! – Mi portai le mani al viso, continuando a piangere interrottamente. – Sai perché sono un coglione? Perché ti ho dato troppa importanza! Perché mi sto rovinando la vita dietro le tue fottute stronzate mentre tu ti diverti e fai la sciacquetta con altri ragazzi! – Non potevo credere alle mie orecchie. Dorian stava diventando sempre più cattivo con me, il mio cuore era frantumato ormai in pezzi.
– E’ stato lui a baciarmi, io non ho fatto niente! – Stavolta gridai anche io, stanca di quelle sue insinuazioni.
– Quindi adesso vuoi farmi credere che in quei giorni passati nella sua stanza avete semplicemente parlato? – Sembrava non voler più sentire ragioni.
– Esatto! – Risposi con enfasi.
– Tutte stronzate! – Mi puntò il dito contro facendomi indietreggiare.
– Smettila di insinuare. Non sono una puttana, Dorian! – Ero arrivata con le spalle al muro, ma il mento alto in tono di sfida non lo abbassavo mai.
Io credo proprio che tu lo sia, invece. – Lo disse in modo pacato, con lentezza e tranquillità, ma soprattutto con voce sicura. Prima di scoppiare in un pianto sonoro e disperato, mi partì d’istinto uno schiaffo. Di tutta risposta, con il volto girato e arrossato, Dorian sferrò un pugno alla parete dietro di me.
– Sparisci! – Urlai tra i singhiozzi.
Quella notte credei di aver raggiunto il limite di sopportazione del dolore, ma ancora non sapevo cosa mi aspettasse.

La mattina seguente, non avrei voluto alzarmi più dal letto. Non volevo vedere nessuno. A fatica mi issai col busto e restai seduta. Dopo pochi attimi dove riuscii ad inquadrare meglio la situazione, notai che al mio fianco il letto non era per niente sfatto. Cosa strana, visto che mi svegliavo sempre prima di Jessica e non era possibile si fosse alzata prima e avrebbe rifatto il letto. Doveva essere mattina tardi, unica soluzione. Una volta uscita fuori dal capannone, sentii delle voci urlare. Corsi subito in spiaggia col cuore in gola, non avevo voglia di altre tragedie. Vidi Tom, Charlotte e David saltare ed urlare guardando verso l’alto. Alzai lo sguardo in cielo anche io e vidi un elicottero. Il mio cuore perse alcuni battiti.
– Oddio… - Sussurrai incredula. Potevamo salvarci!
– Jade, vai a chiamare Dorian! Io vado a prendere il fucile. Corri! – Tom era eccitato, tutti noi lo eravamo. Stavamo per tornare a casa. Non pensai minimamente al fatto che io e Dorian avessimo litigato pesantemente la sera prima, e così mi diressi da lui per avvertirlo. Avevo il fiatone e l’ansia fino al midollo.
– Dorian! – Urlai cercandolo nelle stanze. Ma di lui nessuna traccia.
– Dorian! – Gridai ancora più forte. Il mio cuore stava esplodendo di felicità. Nel capannone non riuscivo a trovarlo, così di tutta fretta corsi al retro. Una volta arrivata lì, non mi servii molto per capire ben la situazione.
Quegli attimi di felicità si trasformarono in quelli più dolorosi e brutti della mia vita.
Dorian era seduto, del tutto nudo, con uno sguardo confuso e i capelli scompigliati. Al suo fianco, Jessica. Era distesa e dormiva beatamente, nuda.
Il mio cuore era di nuovo a terra, rotto in mille pezzi. Irrecuperabile. 








________________________________AUTRICE_________________________________


Ciao a tutti! 
E' inutile che continua a scusarmi per il ritardo, ormai avete capito che non sono costante in queste cose... Ma, siccome manco esattamente dall'anno scorso, ho pensato di scrivere un capitolo luuuunghissimo. E infatti, questo è contiene la lunghezza di quasi due capitoli.
Come potete vedere, è pieno di scene e soprattutto cambiamenti! I 7 giovani dal prossimo capitolo faranno ritorno a casa. Dorian stavolta l'ha combinata grossa... 
Va bene, lascio a voi i commenti. Apprezzo se mi lasciate qualche recensione sia positiva che negativa.
Io inizio a scrivere il prossimo capitolo già da oggi, ma non so quando arriverà.
Alla prossima, un bacio!

- Marta

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Chapter twenty-one. ***


                                              Chapter twenty-one







































- Dammi la mano! - Un signore dall'elicottero si sporse, invitandomi a prendere la sua mano per poter salire. L'afferrai subito dopo e andai a sedermi accanto ad un Tom sorridente. C'era aria di felicità e di gioia, tutti noi stavamo ritornando finalmente a casa. Ma, dopotutto, Dorian mi aveva rovinato anche quel momento. Io non ero contenta, o forse sì, ma in quel preciso momento ero soltanto scossa. Scossa fin dentro le ossa. Charlotte era venuta a cercarmi siccome non vedeva ritornare né me né Jessica e Dorian, e una volta arrivata lì, sorpresa anche lei dalla situazione, mi portò semplicemente via prendendomi per le spalle. Informò gli altri due dell'arrivo di un elicottero e poi ci dirigemmo in spiaggia. Non piansi. Non versai nemmeno una lacrima, ormai non ci riuscivo neanche più. Non avvertivo il mio cuore battere e la vista era offuscata da un velo d'acqua di amara delusione. Per tutto il viaggio in elicottero, non sentii nulla e nessuno. Ero ferma, come in un black out. Guardavo fisso innanzi a me, anche se in realtà, non guardavo nulla. E non pensavo a nulla. Dopo un bel po' di tempo, non so di preciso quanto, distolsi gli occhi dal finestrino e attirata non so da cosa, li abbassai. Li puntai proprio di fronte a me e lì, c'era Dorian. Aveva le ginocchia leggermente piegate e le braccia poggiate sopra, mi osservava anzi mi trapassava con uno sguardo serio. In quell'arco di secondo in cui i nostri occhi si incontrarono, iniziai a sentire un bruciore all'altezza dello stomaco. Era doloroso. Deglutii vistosamente distogliendo lo sguardo e una lacrima sfuggì al mio controllo. Ero sicura mi amasse, eppure...mi ero sbagliata. Mi ero profondamente sbagliata. Dovevano essere passate delle ore. Minuti in cui cercavo di far finta di non sentire quei gli occhi grigi puntati costantemente su di me. Nessuno mi rivolgeva la parola, o forse ero io a non accorgermene di nulla. Ero così sopraffatta da tutto che non sapevo nemmeno come avrei fatto ad affrontare la mia famiglia una volta atterrata. Aspettavo quel momento da tantissimo tempo ma mi aveva colta impreparata. Più che impreparata, disinteressata. Sì, perché adesso l’unica cosa che mi veniva bene e che volevo fare era mettermi appartata in un angolino a sfogare le mie lacrime. E poi avrei trovato un modo per digerire il tutto. Ma così non ne avrei avuto il tempo e non volevo essere vista con le lacrime agli occhi da lui. Lui, la causa del mio dolore. Ma lo amavo. Lo amavo così tanto da odiarlo. Non volevo star male per lui eppure non riuscivo a non pensare a ciò che era accaduto. Dorian aveva fatto sesso con Jessica. Aveva fatto sesso con un’altra ragazza e non una qualunque, ma la mia migliore amica. Probabilmente avrei sofferto meno se fossero venuti a raccontarmelo. Ma vederli lì, nudi, uno accanto all’altro mi aveva spezzato letteralmente il cuore in due. Ora ero più che sicura che volevo una vita senza Dorian. Avevo chiuso con lui e con l’amore. Sarei stata una ragazza più forte, lo stavo promettendo a me stessa. Io, Jade Mills, avrei dato una svolta alla mia vita. L’elicottero si posò a terra. Un mormorio di voci proveniva dall’esterno. I signori che stavano con noi all’interno dell’elicottero ci diedero ad ognuno di noi delle coperte di lana. All’inizio non capii, ma subito mi ricordai che ormai era Dicembre. Sentivo i ragazzi emozionarsi guardando fuori dai finestrini e indicando probabilmente le loro rispettive famiglie. Io restavo comunque seduta. Una volta aperta la porta, sentii l’adrenalina salire man mano. Mi alzai prontamente di scatto e puntai il mio sguardo fuori. Il paesaggio era tutto innevato e un gelo mi arrivò dritto nelle ossa. Non ebbi la prontezza di scendere subito, visto il vento freddo che proveniva da fuori. Tom e Charlotte furono i primi a scendere, dopodiché sorpassandomi uscii anche David seguito da Jessica. Mi decisi a scendere anch’io dall’elicottero, iniziando ad avviarmi per le scale e sentendo degli urletti eccitati. Una volta a terra, alzai lo sguardo e vidi mia madre con enormi lacrime agli occhi corrermi incontro. Aprii d’istinto le braccia e mi tuffai nell’abbraccio di mia madre. Al primo impatto, sentii quel calore così familiare. Quel calore che mi era mancato per troppo tempo. Aspirai il suo odore…quello di casa. Iniziai a piangere a dirotto, mentre sentivo altre persone unirsi all’abbraccio. Erano mio padre e il mio piccolo fratellino John. Non ci furono parole, ma soltanto gesti che dimostrarono quanto fossi mancata a loro e quanto loro fossero mancati a me. La mia famiglia…amavo la mia famiglia. – Jade devi vedere cosa ho costruito a casa. – La voce squillante di mio fratello sovrastava quella dei miei genitori, che probabilmente cercavano di farmi domande. – Sembra una nave ma in realtà è una gigantesca casa! Devi assolutamente vederla! – Gesticolava emozionato mentre io gli sorridevo. Mi era mancato così tanto. Di slancio lo abbracciai, gesto che sorprese anche lui ma che ricambiò l’attimo dopo. Era cresciuto abbastanza, forse di qualche centimetro. Mia madre continuava ad osservarmi dal retrovisore della macchina. Sembrava dimagrita e meno curata. Probabilmente quei mesi della mia assenza erano stati terribili per lei. Un po’ iniziavo a sentirmi in colpa… Aver accettato quell’invito ad andare al party sullo yatch si era rivelato una tragedia. I miei genitori non sembravano arrabbiati con me, o almeno, per ora. Adesso c’era ancora la furia del momento. La loro figlia quasi diciottenne era viva e vegeta, di ritorno finalmente a casa. E mi sentii in colpa anche di non essere al massimo della contentezza. Ma ero distrutta dentro. L’amore mi aveva consumata fino a lasciarmi un vuoto incolmabile. E non un amore semplice, ma quello insano…quello che Dorian si era permesso di donarmi. Che poi, di quale amore stavamo parlando? Non si era posto nessun problema ad andare a letto con Jessica e dubitavo che quella fosse la prima volta. Forse mi aveva presa sempre in giro. Magari non ero mai stata niente di più serio per lui, al massimo un fottuto trofeo. ‘Jade Mills, la ragazza complicata da domare è caduta ai miei piedi come una pera cotta.’ Lo sentivo già beffarsi di me con gli altri suoi amici popolari e puttanieri della scuola. La cosa che più mi doleva dentro era il fatto che gli avessi donato la mia verginità. L’avevo custodita, riservandola alla persona che mi avrebbe poi amata, o anche solo tenuto a me. Ed io, da perfetta idiota, avevo avuto la prima volta con lui. Sentii che quello era stato lo sbaglio più grosso della mia vita. Anche se, io avevo dato tutta me stessa in quel rapporto. Per me era stato amore, puro e semplice amore. E forse di questo non dovevo pentirmene. – Jade siamo arrivati! – John esultò scendendo dall’auto e invitandomi a fare lo stesso. Mi era persino mancato l’asfalto sotto i piedi, pensai sorridendo. Alzai lo sguardo verso la mia casa, il mio dolce nido dalla nascita. Quasi non me la ricordavo… Era completamente bianca, un colore soffice e tenue, emanava ospitalità e quiete. Mio padre appoggiò un braccio sulle mie spalle e mi depositò un bacio sui capelli, mentre ci dirigevamo all’interno dell’edificio. C’era un silenzio carico di emozioni. Ognuno aveva paura di parlare, di dire troppo. Una volta entrata in casa, involontariamente aspirai sentendo quel profumo che tanto amavo, entrare nelle narici. Immediatamente un clima di tranquillità mi avvolse portandomi finalmente a sorridere felice. Gli occhi contenti dei miei genitori erano puntati su di me. Mi guardavano mentre io osservavo a mia volta tutto ciò che mi circondava. Fui avvolta in un abbraccio da entrambi. Cominciai a piangere, esternando quel dolore che mi aveva tenuta lontano dalla mia famiglia. E anche loro iniziarono a commuoversi. Vedere papà in lacrime, credetemi, era davvero raro. – Mamma ma perché piangete? – John cercò la nostra attenzione mentre si aggrappava alla sua maglia. – Niente, tesoro. Siamo contenti. – Riuscì a rispondere mamma con una voce rotta dal pianto. Quando salii nella mia camera mi sorpresi di trovarla intatta, così come l’avevo lasciata. C’erano ancora alcuni vestiti che avevo scelto in alternativa per quel maledetto party, buttati alla rinfusa sul mio letto ad una piazza e mezzo. La scrivania di legno scuro, era ovviamente, disordinata. Ricoperta da fogli e penne, e qualche libro scolastico. Anche le pareti della mia camera non erano per niente colorate, anzi anch’esse completamente bianche. Soltanto ricoperte da posters dei miei attori preferiti e delle mie band musicali preferite. Avevo una vecchia tv, posta su un mobile e un enorme armadio dove tenevo i miei vestiti. Accanto al mio letto dalle lenzuola grigie, c’era un piccolo comodino dove all’interno dei cassetti avevo la mia biancheria intima. All’improvviso mi ricordai del mio odore abbastanza puzzolente e del fatto che non mi lavassi da tre mesi. Mi diressi al bagno della mia camera e senza esitare, mi buttai sotto la doccia insaponandomi e beandomi di quei profumi che non sentivo da troppo tempo. Uscii dopo mezz’ora buona dalla doccia, passata a strofinarmi almeno due tre volte la pelle e il capo. Profumata e vestita, mi avvicinai al grande finestrone della mia camera, la parte che adoravo di più. Mi affacciai, notando il giardino sotto di me abbastanza trascurato. Emanava un’aria così nostalgica… D’un tratto, sentii la porta dietro di me venir aperta. Istintivamente mi girai di scatto e vidi mia madre entrare. – Non abbiamo avuto il coraggio di spostar nemmeno una virgola. – Commentò guardandosi intorno per poi sedersi sul letto. Con un gesto della mano mi invitò a prender posto accanto a lei. – Come stai? – Domandò poi, una volta che mi sedetti sul materasso morbido. – Bene. – Risposi immediatamente, accennando un sorriso. Non stavo poi così bene. – Non ne sarei così sicura… - Affermò guardandomi negli occhi ormai lucidi. – Jade, sai benissimo che mi accorgo subito di tutto. Non mentire, non a me almeno. – Una sua mano andò ad accarezzare la mia guancia umida, a causa delle lacrime che stavano scendendo. – So quando sei al massimo della felicità e quando invece, c’è qualcosa che non va. – Continuò a parlare, con quel tono comprensivo che solo lei riusciva ad avere. Non sapevo se parlarle o meno della faccenda. Perché se dovevo raccontarle di Dorian, non riuscivo a non dirle tutto. E lui era il ragazzo che mi aveva sverginato. Lui era la mia prima volta. Guardando mia madre negli occhi, mi accorsi che forse era lei la mia vera migliore amica. E se non mi fossi sfogata con lei, con chi l’avrei fatto? Ed io non ero per niente una persona che amava tenersi tutto dentro. Io dovevo esternare il mio dolore. Mamma doveva sapere e sicuramente con un suo consiglio, avrebbe saputo aiutarmi. Perché io avevo bisogno di aiuto, necessitavo di una soluzione per stare di nuovo bene. Mi sorpresi solo del fatto che mia madre non mi fece altre mille domande come mi aspettavo. Cose che riguardavano il party su uno yatch illegale, sulla mia sopravvivenza su un’isola e quant’altro. Mia madre voleva solo sapere cosa mi stesse turbando. Ed era solo quello che stavo aspettando. Così, iniziai a raccontarle della storia tra me e Dorian dall’inizio. Da quando svenni sullo yatch al tradimento con Jessica. Mi ascoltò fino alla fine, senza interrompermi e lasciandomi parlare. Non ci fu nessuna morale, non mi riprese su nessun errore. – Ascoltami figlia mia – iniziò accarezzandomi le mani – amare non è mai un errore. Non pentirtene mai. Hai provato delle emozioni fortissime e dovresti ritenerti fortunata. – Mi morsi il labbro per evitare di iniziare di nuovo a piangere. – La tua prima volta è stata letteralmente da film, queste sono parole tue. Ma sappi che nessuna storia d’amore è tutta rose e fiori. Perché quelle, mia cara, non sono vere. – Le parole di mia madre mi fecero riflettere molto, come sempre naturalmente. – Capisco che adesso hai il cuore spezzato in due. Il ragazzo che ami è andato a letto con la tua migliore amica, cavolo! Anche se, sono convinta, che lui sia innamorato di te. Ma devo conoscerlo di persona per poter capire com’è fatto… - Si portò un dito al labbro nella sua solita espressione pensierosa. Mi sfuggii una risatina. Una cosa certa era che io con Dorian non volevo più avere a che fare. Neanche le parole di mia madre mi avrebbero fatto cambiare idea. – E poi quella Jessica non mi è mai stata simpatica. – Commentò alla fine, con un cipiglio alzato. In effetti, mamma mi aveva sempre detto che non si fidava molto di Jessica. Ma non mi vietava niente, non voleva influenzarmi con ‘le sue stupide insinuazioni’ aveva detto. Una volta che mia madre uscì dalla mia camera, non persi tempo a buttarmi a perso morto sul materasso. Sentire quella magnifica morbidezza dopo mesi era una sensazione al quanto sublime. Così, di colpo, mi addormentai. Quando, ancora in dormi veglia, scesi in cucina, trovai entrambi i miei genitori seduti a tavola. Ci fu un attimo di silenzio finché mia madre non fu la prima a prender parola. – Jade, è vero che prima abbiamo parlato di tutt’altro ma è arrivato il momento di darci spiegazioni. – Anche se il suo tono risultava sempre comprensivo, in realtà era molto seria. Così come l’espressione di mio padre. In risposta, presi posto anche io su una sedia. – Da cosa volete che cominci? – Domandai guardandoli entrambi e pronta al loro interrogatorio. – Perché eri su uno yatch illegale? – Mio padre non perse tempo ad arrivare dritto al punto. – Perché non lo sapevo. – Risposi prontamente. Mio padre aggrottò le sopracciglia, per nulla convinto. – Jade, noi vogliamo solo sapere la verità…- Intervenne mia madre abbassando lo sguardo. – Mamma…- ero più che incredula, perché non mi credevano? – Ti posso giurare che è così! – Continuai, iniziando ad innervosirmi. Non potevano accusarmi in quel modo, quando davvero di tutta quella storia non ne sapevo niente! – Io non volevo nemmeno andarci a quella festa perché odio le feste sugli yatch, ma Jessica aveva insistito e così io ho accettato! Ma vi giuro che sull’illegalità di quell’aggeggio non ne sapevo niente… - Cercavo di guardarli entrambi negli occhi, per trasmettere quanta più sincerità possibile. – Sono addirittura svenuta e mi sono ritrovata su un gommone galleggiante… Sono stata davvero male. – Ammisi mordendomi il labbro inferiore. – Jade, tu non sai che inferno abbiamo passato qui… - La voce di mia madre si arrestò all’improvviso, interrotta dal suo pianto. Nonostante tutto, i sensi di colpa mi attanagliavano lo stomaco. I miei genitori avevano sofferto a causa mia. – Scusatemi. – Mi alzai con le lacrime agli occhi, pronta a ritornarmene in camera. Ma la voce di mio padre mi arrestò sul colpo. – Ci sei mancata, Jade. Credevamo fossi morta ma adesso che sei ritornata, ci scoppia il cuore di gioia. Siamo pronti ad andare avanti e a non pensare più a questa faccenda. – Mi girai verso di lui e d’istinto gli sorrisi. – Va bene, papà. – Quando la mattina dopo mi svegliai, quasi mi ero dimenticata di non ritrovarmi più su un letto di paglia mezza nuda ma nel mio bel lettone con tanto di piumone e pigiamone di flanella. – La colazione è pronta! – La voce di mia madre e il profumino di cornetto caldo mi invitarono a scendere giù in cucina. Sembrava strano, ma quello erano una delle cose che mi erano mancate di più. Mi sedetti al mio posto, non prima di aver baciato tutti sulla guancia e aver augurato loro un buongiorno. Mi sentivo di buon umore. – Mamma ma quante cose hai cucinato! – Esclamai incredula e divertita dalla quantità di cibo posta proprio innanzi al mio posto. – Jade ma ti sei vista? – Chiese mentre poggiava dell’omelette nel piatto di papà – sei pelle e ossa, dobbiamo rimediare! – Affermò convinta. Risi di gusto e cercai di non mangiare troppo velocemente tutta quella delizia. Quel gusto dolce quasi non lo riconoscevo più. Quando mio fratello John accese la televisione, proprio su quel canale andò in onda il telegiornale. La prima notizia che apparse fu ‘ritrovati i sette ragazzi dispersi tre mesi fa, a seguito di una festa su uno yatch illegale’. Il servizio mostrava varie foto e testimonianze dell’accaduto, menzionando ovviamente anche il mio nome. Si parlava soprattutto di Kelsey e del suo povero braccio ustionato. Mi bloccai sul posto. Non avevo per niente valutato che ora la notizia avesse fatto il giro dell’intera America se non del mondo, e che quindi avevamo creato un certo scalpore. Mi alzai di scatto dirigendomi alla finestra, scostando la tenda e subito mi paralizzai a quella vista. La casa era completamente circondata da giornalisti. – Oh mio Dio! – Mi portai d’istinto una mano davanti la bocca. – Vieni Jade, non ci pensare. – Mia madre mi tirò letteralmente via di lì, invitandomi di nuovo a finire la colazione. Notai subito che tutte le finestre di casa erano coperte da tende, proprio per non disturbare la nostra privacy. Cosa sicuramente impossibile, anche perché prima o poi sarei dovuta uscire da qui. Ero una studentessa e dovevo andare a scuola. A proposito, quando sarei dovuta ritornare? – Ma la scuola? – Domandai di getto, mandando giù l’ultimo boccone di quel gustoso cornetto con la cioccolata. – Avete una settimana a disposizione per riprendervi, dopodiché, verrete inseriti di nuovo. – Rispose mia madre. Avremmo sicuramente dovuto recuperare tutte le materie… La vedevo difficile. Quando mi guardai per la prima volta dopo tre mesi allo specchio, fu quasi agghiacciante la cosa. Ero diventata scura, molto scura di pelle. I miei occhi smeraldo risaltavano ancora di più e i miei capelli sembravano esser diventati ancora più rossicci. Avevo la pelle secca, forse anche troppo. Le labbra screpolate e le punte dei capelli erano tutte bruciate. Dovevo assolutamente tagliarli. Mi passai una mano tra i capelli accorgendomi che non erano più morbidi come una volta. Sospirai e mi vennero in mente ricordi che non volevo assolutamente rimembrare. – Le tue mani sono continuamente nei miei capelli, te ne rendi conto? – Sbottai, facendo il finto tono esausto. Dorian era girato su un fianco e disteso accanto a me. Mi sorrise e il cuore mi balzò in gola, come mi capitava ogni volta che incurvava le labbra mostrando la fila di denti perfetta. – Mi piace toccarli, sono morbidi. – Constatò, massaggiandomi la cute. – E poi sono miei. – Mormorò con voce suadente prima di schioccarmi un sonoro bacio sulle labbra. – No. – Dissi con aria di sfida. Gli occhi grigi di Dorian mi penetrarono l’anima. – Sì, invece – ribatté – sei tutta mia, Jade. – Quella settimana di “vacanza” dalla scuola fu disastrosa. Oltre al fatto che non riuscivo a mettere nemmeno un piede fuori casa, dato che sgorgavano giornalisti da ogni dove con le solite domande sulla sopravvivenza e su quel cavolo di yatch, la mia casa era infestata, ripeto, letteralmente infestata dai parenti. E le loro domande non erano tanto meglio di quelle dei giornalisti. Avrei preferito cento mille volte fare ritorno a scuola ma sicuramente nemmeno lì mi aspettava una vita facile. Adesso avevamo sicuramente raggiunto il culmine della popolarità. Ed era la cosa che temevo di più al mondo. Forse, Dorian e Charlotte erano già abituati così come Jessica e Kelsey. Ma per persone come me, David e Tom era sicuramente qualcosa di nuovo e non positivo, almeno parlavo per me. Dopo ben sette giorni di tortura, finalmente potevo ritornare a scuola. Quella mattina persi un po’ di tempo per decidere cosa mettere il primo giorno di scuola. Optai per un look abbastanza semplice, non volevo dare troppo nell’occhio di quanto già lo fossi. – Non prendere l’autobus, tesoro. Ti accompagnerà tuo padre. – Mia madre mi salutò con un bacio sulla guancia. – Non sarà sempre così. – Mi avvisò papa con un finto tono burbero. Sorrisi contenta ma anche un po’ in ansia. All’entrata della scuola, rimasi sbigottita dalla quantità di festoni ed enormi cartelloni che ci davano il benvenuto. Gli studenti erano tutti ammucchiati giusto all’entrata e il preside sugli scalini ci annunciava un buon ritorno al microfono. Pronunciò ognuno dei nostri nomi, attirando ancor di più l’attenzione su di noi. – E ora, un grande applauso per gli studenti sopravvissuti di questa scuola! – Disse, incitando tutti a voce alta. D’un tratto, mi sentii stritolare e poi abbracciare. Persone sconosciute mi stringevano e mi davano parole di conforto, con tanto di sorriso. Volevo scappare. L’idea di ritornare a scuola non mi sembrava più così entusiasmante. Spinsi l’ennesima ragazzina che mi era venuta vicino e iniziai a correre verso l’interno della scuola. Arrivai accanto al mio armadietto e proprio di fronte, c’era la porta dello sgabuzzino. Senza esitare, l’aprii e mi chiusi dentro. Mi appoggiai con il capo e i palmi contro di essa, iniziando ad ispirare ed espirare. – Davvero ottimo nascondiglio. – Una voce maschile a me sconosciuta mi fece sobbalzare. Mi girai di scatto, trovandomi di fronte un ragazzo. Aveva i capelli castani leggermente ondulati e corti, gli occhi di altrettanto colore. Era abbastanza alto e un fisico asciutto, doveva essere di poco più grande di me. – Ti ho spaventata? – Domandò sorridendo divertito dalla mia espressione sconvolta. Aggrottai la fronte innervosita. – Che dici? – Domandai retorica, con voce stizzita. – Sei tu che sei entrata improvvisamente. – Ribatté continuando a tenere quel ghigno derisorio stampato in viso. - Non avevo altra scelta. – Commentai sbuffando e incrociando le braccia al petto. – Piacere, Jason. – Mi porse la mano, con un sorriso spacciato in viso. – Jade. – Risposi riluttante, porgendogli a stento la mano. – Jade? – Domandò con una nota di disappunto. – Non sarai mica quella dispersa? – Continuò. – Sì, sono io. – Risposi subito accennando ad un’espressione sarcastica. – Ben tornata – affermò divertito – come mai qui dentro? – Mi appoggiai alla porta dietro di me. – Ho tutta la scuola dietro. – Risposi scocciata. – Ah, già…adesso sarai una delle ragazze più popolari! – Disse in tono sarcastico alludendo anche lui alla scocciatura che comporta l’essere popolari. Le persone stupide e fighe sono popolari. Non quelle come me. – Assolutamente. – Commentai, ridendo divertita per la situazione. – E tu che ci fai qui? – Domandai dubbiosa. Un ragazzo nascosto in uno sgabuzzino mentre tutti erano fuori. – Stalkerato. – Rispose solamente, spostando lo sguardo verso l’alto mentre si appoggiava al tavolo dietro di lui. – Da chi? – Domandai curiosa mentre continuavo a ridere. – Una psicopatica. – Disse accennando anche lui ad un sorriso. – Bene, Jade… - iniziò dopo un attimo di silenzio – saprai sicuramente che hanno organizzato un ballo per darvi il benvenuto. – Disse scrutandomi attentamente mentre si avvicinava. – Un ballo? – Domandai sgranando gli occhi. Questo dannatissimo benvenuto stava iniziando a farmi girare le scatole. Ero esausta. – Già. – Annuì. – Non lo sapevi? – Domandò ancora. Scossi la testa con aria amareggiata. – Quindi non avrai ancora un accompagnatore? – Mi osservava insistentemente. Scossi la testa, aggrottando le sopracciglia e non capendo dove volesse arrivare. – E se ti chiedessi di venire con me, al ballo? – Non era imbarazzato, né intimidito. Per lo più, molto sfacciato. – Non so se verrò. – Risposi soltanto. Io non volevo andarci per niente. – Ma è stata organizzata proprio per voi, come puoi non venire? – Ok, la cosa mi stava per lo più urtando. – Potrei sempre inventare una scusa. – Risposi sorridendo in modo maligno mentre Jason si avvicinava pericolosamente a me. – Prendi in considerazione la proposta. – Mormorò prima di ritrovarmelo completamente di fronte. Appoggiò la mano accanto al mio busto appoggiato alla porta e con un gesto secco, aprii la porta. Per poco non caddi all’indietro, ma fui presa prontamente da lui che con un occhiolino si dileguò tra la folla. La scuola si era riempita di studenti ed io non mi ero accorta di nulla chiusa in quello sgabuzzino. Le ore passarono velocemente tra una lezione e l’altra, anche se, ogni professore passava mezz’ora buona a farmi domande e a darmi il benvenuto. La vera tortura non era stata vivere su quell’isola, ma bensì il ritorno. Mi avviai in più fretta possibile verso l’uscita, scontrando accidentalmente studenti che si fermavano a parlare nei corridoi. Camminavo per lo più a testa bassa, non avevo voglia di salutare nessuno. Ma quando alzai il capo, la sfortuna mi piombò addosso. Notai subito Dorian appoggiato ad un armadietto. Capelli neri scompigliati, maglione grigio in tinta con i suoi occhi e jeans stretto che gli fasciava perfettamente le gambe. Era impossibile non guardarlo e non desiderare di baciarlo, soprattutto quando ti accorgevi che anche lui ti stesse guardando. Uno di quegli sguardi limpidi e penetranti, quelli che ti spogliavano di ogni tua sicurezza. Una scossa di brividi mi pervase. Oh diamine! Non poteva farmi sempre quell’effetto. Io dovevo andare avanti e dimenticarlo. Distolsi lo sguardo e raggiunsi l’uscita, dove mi aspettava mio padre con la sua auto. – Allora, Jade? Sai già cosa mettere per il ballo? – Quello che mi sorprese non fu tanto il fatto che quella persona stesse dando per scontato che andassi a quel maledetto festino di benvenuto, ma che a chiamarmi fosse stata Jessica. Per i primi secondi non seppi cosa dire, completamente scioccata da ciò che stava accadendo. – Jade? – Chiese non sentendo nessuna risposta da parte mia. La sua voce tremò per un attimo. – Con quale coraggio… - Sussurrai prima di attaccare. – Sì, mamma. Ha chiamato proprio lei! – Mia madre era diventata la mia nuova migliore amica. Si accorgeva di qualunque cosa e quel pomeriggio mi vide abbastanza scossa da capire che qualcosa non quadrasse. – Bene, allora vacci a quel ballo! – La sua voce era carica di emozione. – Mamma sei seria? – Domandai, guardandola stranita. Eravamo sedute sul mio letto, una di fronte all’altra. – Certo che lo sono! – Affermò – se non vai a quel ballo, darai solo soddisfazione ad entrambi. – Per entrambi intendeva Jessica e Dorian. Non aveva tutti i torti ma a me non fregava minimamente. Io non ne avevo voglia, come sempre per tutti gli anni scolastici. – E poi? Non avevi detto che volevi dimenticare Dorian? Quale occasione migliore per non andare al ballo con quel tizio e conoscerlo meglio? – Mia madre sembrava sempre più una ragazzina. Il giorno dopo quotava ancora per Dorian e adesso mi incitava a conoscere altri ragazzi. – Lui? – la fissai incredula – mamma è uno sbruffone! – Commentai, portandomi le braccia al petto. – Ma se nemmeno lo conosci. – Ribatté guardandomi severa. Sì, sicuro. Adesso stava per dirmi che non si doveva giudicar un libro dalla copertina. Solita sua frase. – Sei proprio stupida, cara. – Quella mattina svegliarsi fu traumatico. La notte prima non avevo per niente chiuso occhio, probabilmente ero troppo scossa dai continui avvenimenti dei giorni precedenti. – Non dimenticarti lo zaino. – Mi riprese mio padre. Mi diedi mentalmente della stupida e corsi a prendermi la cartella, per poi dirigermi in auto. – Sarete i protagonisti della serata! – Affermò emozionata, la mia nuova compagnia di mensa. – Melanie, questo lo so – dissi addentando il bacon – ma non so se sono pronta ad andarci. – Quella ragazza ormai sapeva tutto di quella storia. Aveva sentiti voci e quindi quando mi venne a chiedere ‘Com’è David Mc Cord a scopare?’ , mi resi conto che dovevo spiegarle meglio la situazione. – Oh mio dio, Jason in arrivo! – Urlò stridula. Ok, non era per niente il mio tipo Melanie ma forse era simpatica… - Buongiorno, signorina. – Mi salutò con un inchino ironico, prendendomi la mano e baciandole il dorso. – Idiota. – Sbottai, continuando a mangiare. – Cosa vuoi? – Gli chiesi acidamente quando notai che mi fissava insistentemente. – Uscire con te al ballo. – Rispose con voce calda, penetrandomi con gli occhi. Sentivo i cori di Melanie che urlavano a squarciagola un grosso ‘Sì’ . Un rumore metallico attirò la mia attenzione, portandomi a girare il capo verso la sua provenienza. Un vassoio ricolmo di cibo giaceva a terra e due ragazzi erano chini a raccogliere i pezzi. Si guardavano e sorridevano. Erano Dorian e Jessica. Un conato di vomito mi assalì totalmente. – Certo che vengo al ballo con te. – Risposi con le lacrime agli occhi.













_________________________________________AUTRICE_________________________________________

Mi rendo conto che è solo un piccolo capitolo di passaggio ma dovevo mettere distanza tra i due personaggi. Ho fatto più in fretta che potevo, quindi mi scuso in anticipo di eventuali errori. Ringrazio chi ha recensito recentemente, risponderò appena posso. Al prossimo capitolo, baci!
-Marta







 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Chapter twenty-two. ***


                          Chapter twenty - two





 

 20 Dicembre, giorno del ballo scolastico. L'intero corpo studentesco era impegnato ed eccitato da questo evento al quanto inutile, a parer mio. Quella settimana era stata abbastanza stressante per me. Cercavo in tutti i modi di riprendere gli studi di quasi tutte le materie, ma era mentalmente impossibile, anche se, ce la mettevo comunque tutta. E questo comportava il fatto che stessi tutti i giorni rinchiusa nella mia camera a studiare fino all'ora di cena. Non uscivo per niente, nemmeno il sabato sera. Preferivo rimanere a casa, sul divano ad ingozzarmi di cibo poco salutare e guardando un film che mi andava di vedere. No, non avevo una vita sociale e non ero interessata. Non mi sforzavo di farmi nuove amicizie né di conoscere qualche ragazzo. Mia madre mi aveva chiesto svariate volte di accompagnarla a fare del buon e sano shopping, ma rifiutavo ogni volta con estrema pigrizia. Ero entrata in uno stato di apatia assoluta. Verso il mondo, verso tutti.
- Allora, principessa, pronta per il ballo di stasera? - Jason spuntò alle mie spalle mentre io ero intenta a sistemare una pila di libri nel mio armadietto. In risposta, sbuffai girandomi verso di lui.
- Ciao, Jason. - Non potevo avere un tono più annoiato di quello.
- Non vorrei essere invadente, ma sai, la coppia dovrebbe essere sempre vestita del medesimo colore... Quindi, potresti fornirmi quest'informazione? - Dopo ben due settimane dalla richiesta di quell'invito al ballo, solo allora mi preoccupai del vestito.
- Il vestito? - Mi ero completamente dimenticata di comprarne uno.  Jason sembrò capirmi a volo e aggrottò le sopracciglia.
- Jade, dovrei arrabbiarmi per questa tua mancanza di rispetto nei miei confronti, ma ho già rimediato- Si avvicinò di due passi, appoggiando una mano all'armadietto dietro di me. - Cosa? - Domandai stranita cercando di capire cosa stesse dicendo.
- Esatto, avevo già previsto che te ne saresti dimenticata. Così, te ne ho comprato uno io. - Concluse facendo spalluce.
- M-mi hai comprato un vestito? A me? - Balbettai abbastanza scioccata. Non potevo crederci! Un vestito! Ma è completamente fuori di testa! - Sì, sono sicuro ti piacerà. - Mi fece l'occhiolino, e mi porse una busta con uno scatolone all'interno che prima teneva dietro la schiena e di cui non mi ero proprio accorta. - Mi ero reso conto del tuo disinteresse. - Continuò dopo, notando la mia espressione ancora sbalordita. Ok, questo Jason stava iniziando davvero a spaventarmi.
- Ah...io...grazie mille.- Non sapevo esattamente cosa dire, così mi limitai a sorridere, anche se non del tutto sinceramente.
- Alle otto sarò fuori il tuo vialetto. - Decretò dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante. - Sono sicuro che il verde smeraldo ti donerà tantissimo. - E con uno schiocco sonoro sulla guancia sinistra mi salutò, allontanandosi da me. Rimasi ancora per qualche minuto imbambolata, immersa nei miei pensieri. E' del tutto pazzo questo tizio, pensai sghignazzando tra me e me.
Ero sicura sarebbe stata una lunghissima serata.


Erano già le sei di sera ed io avevo appena finito di studiare fisica, anche se in modo del tutto superficiale. Sospirai pesantemente pensando che da lì a due ore sarebbe arrivato Jason. Mi trascinai con poca voglia all'interno della doccia e dopo circa 20 minuti uscii iniziando ad asciugarmi il corpo e i capelli. In seguito, mi infilai l'intimo e decisi di aprire quello scatolone e di vedere il vestito. Era di un verde smeraldo. Verde smeraldo simile ai miei occhi. Verde smeraldo come il vestito che indossai per quel party sullo yatch. Chissà che fine avrà fatto... Non lo ricordavo più. Jason aveva davvero un ottimo gusto, sempre se era stato lui a sceglierlo e non magari qualcuno a cui aveva chiesto aiuto. Il vestito non aveva spalline ma soltanto uno scollo a cuore. Un corpetto stretto sul busto e un'ampia gonna che arrivava fin sotto le ginocchia. Mi piaceva proprio tanto. Senza difficoltà lo indossai facendo attenzione comunque a non stropicciarlo. Mi guardai allo specchio e notai che mi stava a pennello. Chissà come avrà fatto ad indovinare la mia taglia, pensai. Guardai l'orologio e mi accorsi che mancasse solo mezz'ora alle otto. Così decisi di truccarmi, applicando dell'eyeliner sui miei occhi per delinearne meglio la forma e infine il mascara. Mi osservai allo specchio soddisfatta e dopo aver indossato delle semplici scarpe basse da sera e aver preso borsa e cappotto, scesi le scale. I miei genitori erano entrambi seduti sul divano e appena mi avvicinai alla porta, girarono la testa di scatto verso di me.
- Ballo? - Chiese soltanto mia madre. Annuii con la testa poggiando la mano sulla maniglia della porta, pronta ad aprirla.
- Non tornare tardi. - Decretò mio padre. - Sei stupenda, tesoro. - Disse infine mia madre, con uno sguardo caloroso. Sorrisi solamente prima di uscire fuori. Il freddo gelido fu il primo impatto sul mio viso e le gambe, le parti più scoperte. Mi guardai attorno per cercare Jason e più in là scorsi una macchina bianca parcheggiata. Così mi avvicinai e notai Jason all'interno. Aprii lo sportello e frettolosamente mi sedetti al posto accanto a quello del guidatore.
- Buonasera. - Mormorò Jason, con il suo solito sorrisetto. Mi girai verso di lui e sbarrai gli occhi.
Stava benissimo. Decisamente era uno schianto quella sera. Era vestito in modo classico, smoking nero con il papaillon color smeraldo che spiccava. I capelli tirati all'indietro ed un orologio abbastanza elegante sul polso.
- Buonasera. - Risposi poco dopo un’attenta analisi del diretto interessato. Il tragitto fu abbastanza silenzioso, anche se, mi sembrava strano che Jason non dovesse ancora aprir bocca. Ma all'improvviso mi sorse un dubbio.
- Jason. - Richiamai la sua attenzione. - Sì? - Rispose girando per pochi attimi il capo verso la mia direzione e poi riputandolo sulla strada innanzi a sé. - Come facevi a sapere dove abitassi? - Gli chiesi abbastanza sorpresa.
- So tutto di te, Jade. – Ammiccò scherzosamente, con un ghigno malizioso.
- Sono seria. - Decretai, incrociando le braccia al petto.
- Ti ho seguita. - Rispose semplicemente.
- Eh? - Pensai di aver capito male. Cos'era? Uno stalker per caso?
- Ero curioso di sapere dove abitassi. - Si giustificò facendo spallucce, dopo aver notato la mia bocca completamente spalancata.
- Non potevi chiedermelo?! - Quasi urlai dal nervoso.
- Mi andava di farlo. - Rispose semplicemente. Per ben 30 secondi tenni la bocca chiusa non sapendo cosa dire. Il ragazzo mi scioccava per la terza volta in una sola giornata.
- Sei strano. - Commentai infine, puntando gli occhi sulla strada. In risposta fece un sorriso storto e piombò di nuovo il silenzio. In dieci minuti ci trovammo alla festa e dopo aver parcheggiato, ci dirigemmo all'entrata. La sala era piena di studenti, tanta musica e cibo. Mi tolsi il cappotto che prontamente prese una ragazza dopo avermi chiesto il permesso, quando udii un fischio da parte di Jason. - Sapevo di aver fatto la scelta giusta, ma non pensavo ti andasse così a pennello. Perfetto per te. - Il commento di Jason non mi fece per niente arrossire né piacere. Ormai niente più mi toccava. Lo ringraziai solamente, aggiungendo il fatto che anche lui stesse molto bene quella sera. Ci guardammo un po’ intorno, quasi spaesati inizialmente. Sicuramente non mi sarei mai ambientata, quasi come ogni anno accadeva. Come accompagnatore avevo avuto sempre lo stesso per tre anni di fila, ovvero, il mio amicone gay che purtroppo aveva cambiato scuola. Io gli ero servita come copertura ma in realtà la sera del ballo la passava con il suo ragazzo. Sfortunatamente, l’intera scuola scoprì la loro relazione e a causa del continuo bullismo, fu costretto a cambiare istituto. Durante l’estate ci eravamo promessi di vederci ma la lontananza scemava il tutto, così avevamo perso man mano i contatti.
– Ehi, Jade! Che figa da paura! – Melania mi venne incontro, abbracciandomi vivacemente. Indossava un vestito color viola prugna. Le stava bene, tutto sommato. Per almeno mezz’ora, mi parlò dei pettegolezzi che solitamente le arrivavano all’orecchio. Ormai non l’ascoltavo nemmeno più. Mi girai verso Jason che per tutto il tempo era rimasto in silenzio accanto a me. I suoi occhi incontrarono i miei e mi sorrise. Sì, era proprio un bel ragazzo.
– Uh, guarda! Dorian sta appena entrando! – La voce stridula di Melanie mi costrinse a girare di scatto la testa verso l’entrata. Ed ecco che lo vidi entrare. Non feci nemmeno caso a cosa indossasse… I suoi occhi mi rapirono. Ci fu un lento ed intenso scambio di sguardi. – Che faccia tosta! – Commentò poi, sempre Melanie. Capii subito a cosa si riferisse. Accanto a Dorian spuntò la figura di Jessica. Mi girai di spalle a loro, incapace di continuare a guardare quel quadretto perfetto di squallore. Adesso stavano anche insieme… Dopo un po’ di tempo il mio cuore riuscì ad avvertire una scossa sussultoria dettata dalla delusione. Ed era incredibile che l’unico capace di scaturire in me qualche sentimento, fosse sempre e solo Dorian. L’odiavo immensamente per questo.
– Ti va di bere qualcosa? – Jason decise di farsi sentire, dato che lo stavo accuratamente evitando.
– Oh, certo. – Gli sorrisi, decisa a dargli le attenzioni che meritava. Insieme prendemmo una bevanda alcolica che lasciai decidere a lui, dato che non me ne intendevo affatto.
– Quello era il ragazzo con cui hai pomiciato sull’isola e che ne sta parlando tutta la scuola? – Eravamo appartati in un lato della sala, un po’ più isolato rispetto agli altri.
– Quello chi? – Domandai curiosa, inarcando le sopracciglia. Si leccò le labbra e riprese a parlare.
– Quello che aveva nominato Melanie appena era entrato… - Si passò una mano tra i capelli.
– Dorian? – Chiesi.
- Sì. – Rispose prontamente.
– Pomiciato in che senso? – In quella scuola ormai esistevano troppe voci diverse. Su me e Dorian. Su me e David. Su Dorian e David. – Quello con cui hai avuto una storia. – Affermò guardandomi dritta negli occhi. Non era esattamente di questo che volevo parlare con Jason, anzi, non volevo parlare per niente di quella faccenda con lui. Mi limitai ad annuire col capo.
– E poi? – Insisté, cercando il mio sguardo.
– E poi non hai sentito le voci? – Replicai decisamente acida.
– Non mi importa delle voci, vorrei sentire direttamente la tua versione. – Non demorse, aveva un tono di voce abbastanza risoluto.
– E poi è andato a letto con la mia migliore amica. – Pronunciai quelle parole in modo netto e tagliante. In quella frase c’era tutta la mia sofferenza patita in quelle ultime settimane. Ci fu un attimo di silenzio, in cui Jason non fece altro che guardarmi profondamente negli occhi. Non so cosa ci lesse perché cambiò prontamente argomento.
– Questa festa fa più schifo degli altri anni. – Decretò guardandosi attorno, con una finta espressione schifata.
– Decisamente! – Commentai ridendo.



La musica rimbombava in quella sala ed io me ne stavo seduta accanto ad una coppietta sconosciuta, mentre Jason era andato in bagno. I miei occhi vagarono svogliati per la stanza, quando qualcosa catturò la mia attenzione. Mi soffermai sulla figura di un ragazzo. Semplice smoking nero, capelli del medesimo colore portati alla rinfusa, e occhi color asfalto. Scossa elettrica. Era una scossa elettrica che mi trapassava le ossa ogni qual volta i nostri sguardi si incontravano.
– Jade. – Sobbalzai interrompendo il nostro contatto visivo. – Scusami se ci ho messo troppo. – Si giustificò Jason, appena tornato dal bagno.
– Non ti preoccupare. – Gli sorrisi, guardando un’ultima volta Dorian. I suoi occhi erano fissi su Jason, ma non riuscivo ad interpretare quello sguardo. Mi voltai, dandogli le spalle e insieme al mio accompagnatore mi incamminai verso il banco delle bibite. Purtroppo, accanto al tavolo, c’era proprio l’ultima persona che mi rifiutavo di vedere. Jessica Bennet. Indossava un tubino nero, abbastanza scollato, che le metteva in evidenzia tutte le forme. Aveva un fisico quasi perfetto.
– Jasooon caro! – Squittì, abbracciando di slancio il ragazzo affianco a me. Quest’ultimo, in risposta, le circondò i fianchi con un braccio.
– Ciao, Jessica! – La situazione iniziava già ad innervosirmi. Possibile che doveva provarci con qualsiasi ragazzo mi girasse intorno?
– Ehi. – Questa volta si rivolse a me, con un sorriso a trentadue denti stampato in volto. Non le risposi. La ignorai completamente, come se non avessi sentito praticamente nulla.
– Jade. – Mi richiamò stavolta, con voce più seria. Ma che diamine voleva?  Probabilmente Jason avvertì la tensione tra di noi e dopo avermi afferrata delicatamente per un braccio, mormorò uno ‘scusaci’ verso Jessica e mi trascinò letteralmente in uno spogliatoio.
– Era lei la tua migliore amica? Quella che è andata al letto col tuo ragazzo? – Mi domandò, una volta di fronte.
– Non li hai visti entrare insieme, scusami? – Chiesi di rimando, in modo brusco. Voleva il reportage di tutta la mia schifosa storia con Dorian?
– Non me ne ero accorto. – Esordì, appoggiandosi alla parete dietro di me. Adesso eravamo molto più vicini. – Ero pietrificato dallo sguardo che mi stava rivolgendo quell’idiota del tuo ex. – A quelle parole sussultai.
– Addirittura? – Mormorai, abbastanza perplessa.
– Credimi, Jade. Avevo paura che da un momento all’altro venisse a riempirmi di botte. – Decretò, mentre gli spuntava un sorriso sghembo sul viso. – Ecco perché dopo ti ho chiesto spiegazioni. – Continuò, notando che non accennavo a parlare. Abbassai il viso. In quelle settimane la situazione era stata abbastanza tranquilla e lineare, ed una stupida serata stava facendo sì che in me riemergessero di nuovo emozioni. – Che c’è? – Sussurrò, portando due dita sotto il mio mento e alzandomi il capo. I nostri sguardi si incontrarono.
– Mi dispiace. – Mormorò solamente.
– No, sono io che devo abituarmi. – Finalmente riuscii a dire qualcosa. – Adesso ritorniamo di là? – Domandai, abbozzando un sorriso palesemente falso.
Annuì col capo, porgendomi il braccio. – Io vado un attimo in bagno – dissi – ti raggiungo dopo. – E così mi incamminai verso la toilet. Il bagno delle ragazze era quasi del tutto isolato. Cosa molto strana, dato che erano i posti in cui meglio potevi imboscarti. Cinque minuti dopo, uscii da una cabina e dopo aver lavato le mani, d’istinto, fissai la mia immagine riflessa. Il mio viso era leggermente più tondo rispetto a quando ero appena ritornata a casa. Stavo riacquistando chili velocemente. Abbassai lo sguardo sulle mia mani che adesso stavo asciugando con un fazzoletto e, quando l’attimo dopo lo rialzai, sobbalzai presa alla sprovvista.
Carino il tuo nuovo ragazzo. – Sussurrò al mio orecchio una voce maligna che conoscevo troppo bene ormai. Dietro di me, alle spalle, con le mani poggiate ai lati del lavandino, c’era Dorian. Portai le mani al petto, avvertendo il battito cardiaco aumentare a causa dello spavento e anche della sua vicinanza improvvisa. Dal riflesso nello specchio, potevo notare il suo sguardo vagare ingordo lungo tutto il mio corpo.
– Cosa vuoi? – Mi girai di scatto verso di lui, con voce affannata. Madornale sbaglio, Jade. Adesso la situazione si complicava, avendolo ad una spanna dal viso. Casualmente, aspirai il suo odore, come facevo un tempo. E ciò mi riportò alla mente ricordi e di conseguenza, malinconia per ciò che ne era rimasto. Gli occhi di Dorian si alternavano dai miei occhi alle mia bocca. Mentre io ero paralizzata, e lo fissavo semplicemente negli occhi.
L’attimo dopo, mi ritrovai le sue labbra contro le mie. Fu un contatto violento, quasi irruento. Sentii una strana sensazione pervadermi. Era piacere. Quel dannatissimo piacere che solo Dorian era in grado di suscitarmi. Senza pensarci due volte, senza pensare a tutto il dolore che mi aveva causato ultimamente, presi il suo volto tra le mani. Volevo di più. Mi ero accorta di averne quasi bisogno. Invece, lui di rimando, dopo avermi dato un morso abbastanza rude sul labbro inferiore, infilò la sua lingua nella mia bocca inondandomi col suo sapore. Le sue braccia afferrarono la mia vita e mi portarono più a stretto contatto col suo corpo. Il bacio era quasi rabbioso mentre le sue mani erano ovunque. Mi toccavano avidamente. Dal punto vita al seno, dove mi lasciò una carezza abbastanza ardente. Inutile dire che ero completamente partecipe al bacio. Il mio corpo aveva una smisurata urgenza di essere appagato dal suo. Sentii stringermi con entrambe le mani il sedere, in modo quasi possessivo. Finché una sua mano non andò a posarsi su una coscia e, dopo averla accarezzata, fece pressione portandosela su un fianco. Di conseguenza, fece lo stesso anche con l’altra. Il mio petto si scontrò d’impeto contro il suo e lo sentii gemere sulle mia bocca. Dopo aver leccato passionalmente il mio labbro inferiore, con una scia di baci voraci passò al mento. Un morso, due morsi e le sue labbra furono poi sul mio collo. Lo torturò così tanto da lasciar segni, mentre io cercavo in tutti i modi di trattenermi dal gemere. Ero in una dolce ed irruenta agonia. D’un tratto, sentii il suo alito contro il mio orecchio.
– Sai che ti prenderei adesso, contro questo lavandino, Jade? – Mormorò roco, leccando con la punta della lingua il mio lobo. Mi morsi il labbro facendolo quasi sanguinare. Non risposi, lasciai che le sue mani vagassero sotto il mio vestito. La sua mano, lenta e possessiva, arrivò fino all’orlo delle mie mutandine.
– E’ già arrivato a questa meta? – Domandò in un sussurrò poco dopo. Il suo tono era diventato più cattivo. Si stava riferendo a Jason. Fu questo a risvegliarmi dallo stato di torpore in cui ero caduta, la lussuria a cui avevo ceduto a causa di Dorian. Con uno scatto, cercai di allontanarlo spingendo le sue spalle con le mie mani.
– Cosa c’è? – Domandò con voce maliziosa, puntandomi con uno sguardo divertito ma allo stesso tempo nervoso.
– Fammi scendere. – Affermai, cercando di non guardarlo negli occhi. Non mollò la presa, ma anzi, le sue mani si infilarono senza preavviso all’interno del mio intimo.
– Dorian! – Urlai stavolta, battendo un colpo contro il suo petto. Mi stavo leggermente spaventando. Nei suoi occhi non riuscivo a scorgere nient’altro che furia.
– Hai paura che il tuo nuovo fidanzatino si arrabbi? Eh? – Una carezza alle mie parti basse mi fece sussultare e in un attimo, in modo incontrollato, scesero delle lacrime dai miei occhi. Nello sguardo di Dorian sembrò cambiare qualcosa, perché d’improvviso lasciò la presa e io mi ritrovai con i piedi a terra. Mi schiacciai contro il lavello dietro di me, mentre lui continuava a starmi di fronte con il capo abbassato.
– Ti sei scopato la mia migliore amica, adesso cosa vuoi da me? – Il mio tono di voce era basso, ma rabbioso. Dissi quella frase tra i denti. Ero tutto così surreale. Mi stava facendo del male ed io non riuscivo a scappare da lui.
– Tu invece? – Domandò alzando di scatto la testa. – Hai scopato con David? O sei passata subito a quest’altro? – La cattiveria con cui lo disse, mi colpii letteralmente come un fulmine.
– Con David? – Domandai di rimando perplessa. – Sei forse impazzito? – In risposta, fece una risatina di scherno. – Ma cosa credi? – La mia voce si alzò di qualche ottava. Il mio nervosismo era alle stelle. – Io con David non ci ho mai fatto nulla!–
Ma, all’improvviso, sentimmo qualcuno chiamarmi.

- Jade! –Jason era fuori la porta del bagno. Di scatto Dorian si allontanò da me. – Jade! E’ successo qualcosa? Non tornavi più! – Corse verso di me, prendendomi per le braccia e scuotendomi leggermente. Cercavo di non guardarlo negli occhi, sapendo che a poco avrei sicuramente pianto.
– Ehi.– Sussurrò stranito dal mio silenzio. Mi girai nella direzione dove poco prima c’era Dorian e notai che era scomparso.
– Voglio andare a casa. – Dissi, risoluta come non mai. Ero troppo scossa, non riuscivo a fare nient’altro. Desideravo tornare a casa e rimboccarmi nel mio caldo letto.
– Va bene. – Asserì dopo qualche attimo.

Per tutto il tragitto in auto non volò una mosca. Nessuno dei due parlava ed era strano che lui non mi chiese spiegazioni su nulla.
– Ti richiamo, Jade. – Disse una volta fermi di fronte il viale di casa mia.
– Scusami. – Mormorai, dopo avergli stampato un bacio sulla guancia ed avergli sorriso tristemente.
Poco dopo ero già in camera mia. I miei genitori probabilmente già dormivano ed era sicuramente una fortuna. Una volta arrivata di corsa in camera, gettai svogliatamente la borsa ed il cappotto sul pavimento. Andai a sciacquarmi il viso e senza accorgermene, delle lacrime silenziose rigarono le mie guance. Quell’angosciosa consapevolezza dell’effetto che Dorian aveva su di me, mi distruggeva al punto da odiare quella parte del mio essere che lo amava ancora. Un rumore improvviso interruppe il flusso dei miei pensieri.
Di slancio, uscii dal bagno e cacciai un urlo spaventato.
Dorian era di nuovo di fronte a me.
La domanda che subito mi sorse alla testa era come fosse entrato nella mia camera quando non avevo sentito nessuna porta cigolare. Poi mi ricordai della finestra aperta.
– Sul serio? – Domandai acidamente. – Cos’altro vuoi da me? – La mia espressione esprimeva tutto il disgusto che provavo.
– Jade, ti prego, perdonami. – Pochi lunghi passi, e in un attimo il suo corpo era contro il mio, schiacciato contro le ante dell’armadio. Le sue mani bloccavano i miei polsi ai late della testa. Eravamo così vicini che riuscivo a sentire il suo fiato sul viso.
– Ho fatto un grosso errore, un enorme sbaglio, Jade. Ma… – aveva il tono di voce distrutto, arrochito – …pensavo ti fossi innamorata di David. Nella mia testa si era creata un’immagine di voi due insieme, e questa cosa assillava le mie nottate insonni. E Jessica mi dava quelle attenzioni che tu stessa mi negavi e così cercavo di legarmi a lei, per allontanarmi da te. – Le sue labbra tremavano leggermente. Inutile dire che le sue parole mi avevano scossa fin dentro le ossa.
Io ti amo Jade, non ho mai smesso di farlo. – Pronunciò quella frase ad occhi chiusi, la sua fronte contro la mia.
Il mio cuore scalpitava, le nostre dita intrecciate.
– Perché dirmelo soltanto ora? – Avevo il capo rivolto di lato, non volevo guardarlo. – Perché prima non facevi altro che accusarmi? – Sentivo il suo respiro caldo sulla guancia destra. Rabbrividii istantaneamente.
– Quando te ne sei andata, David probabilmente ha inteso qualcosa ed è venuto a parlarmi. – Sciolse la stretta delle mani e si allontanò da me, andandosi a sedere sul letto. Non feci domande, lo lasciai parlare. – Ti ha baciata sapendo che ero fuori la stanza a sbirciare. – Si passò una mano in modo stanco sul viso.
– Che senso ha? Perché farlo? – Chiesi altamente confusa. Non ci capivo niente di tutta quella situazione.
– Perché voleva distruggere tutto. – Affermò, alzando di scatto la testa verso di me. I suoi occhi erano glaciali così come la sua voce.
– E ci è riuscito. – Sussurrò subito dopo.
   Un freddo mi pervase fino alla punta dei capelli.
– E vuoi sapere il perché? – Si alzò dal letto, venendomi incontro. – Perché era geloso. Geloso dell’amore che tu gli avevi negato e così facendo, ha fatto sì che tu non lo provassi nemmeno verso di me. – Eravamo di nuovo uno di fronte all’altro, talmente vicini da sentire il suo profumo così dolce ma allo stesso tempo virile.
– Ma di tutto ciò che ti sto dicendo non ti frega più nulla, vero? – Puntai i miei occhi nei suoi. Cosa stava cercando di dirmi?
-  Adesso hai un nuovo ragazzo, eh Jade? – Sibilò aspramente. Notai le sue mani strette in un pugno, le nocche farsi man mano sempre più bianche. Non riuscivo a rispondergli, in realtà. Avevo il cuore così in subbuglio, da rimanere completamente paralizzata e inerme. Dorian mi amava. Dorian mi stava implorando perdono. Mi uscii un sorriso spontaneamente, da una parte all’altra del viso. Ero felice. – Levo il disturbo. – Lo vidi avviarsi velocemente verso la finestra, dopo avere usato un tono rigido. Appena misi a fuoco la situazione e mi svegliai dal mio shock dettato dalla gioia immensa, Dorian era ormai già sceso.
– Dorian! – Lo richiamai a gran voce, vedendolo camminare frettolosamente di spalle.
Come una stupida, sorrisi ancora. Perché lo avevo già perdonato? Aveva appena ammesso di aver sofferto anche lui. Pensava lo avessi tradito e così, quasi per vendetta, lo aveva fatto anche lui. Certo, non era qualcosa di giustificabile ma almeno adesso avevo delle risposte. E Dorian mi amava. Quel pensiero vorticava nella mia testa come impazzito. L’indomani avrei dovuto mettere in chiaro le cose, ovvero che non avevo nessun ragazzo e che anche io ero innamorata di lui. Eppure, tenerlo ancora sulle spine non mi dispiaceva. Alla fine era andato davvero a letto con Jessica, anche se per conseguenza di alcune cose. Cosa volevo? Vendetta? No, invece. Tutto ciò che volevo era stare accanto a lui ed essere felice. Mi addormentai pensando al fatto che il mattino dopo, a scuola, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata chiamare Dorian e parlargli. Finalmente vedevo innanzi a me qualcosa di concreto nascere.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Chapter twenty-three. ***


                                                   Chapter twenty-three










Ero leggermente in ritardo quella mattina ed il freddo di Dicembre non aiutava. Avevo perso il pullman come un'idiota, ed adesso mi ritrovavo a correre per le strade della mia città con l'ansia di non arrivare a scuola in tempo al suono della campanella. Camminavo tutta trafelata ed una volta all'interno dell'edificio, notai che già tutti gli studenti erano nelle rispettive classi. Merda. Mi diressi velocemente al mio armadietto, giusto per fare un cambio di libri e corsi in tutta fretta verso l'aula a cui era assegnata quell'ora.
- Jade Mills, non è da lei fare ritardi. - Il professore mi guardava sorpreso mentre io ero ferma sul ciglio della porta.
- Chiedo scusa. - Dissi con affanno. Ma quanto ci metteva a darmi il permesso? Diamine, che rottura di scatole!
Con un accenno mi invitò ad entrare e si girò verso la lavagna, continuando a spiegare.


Finalmente arrivò l'ora dell'intervallo.
Uscii a passo svelto dalla classe, superando le persone che si fermavano nel corridoio. Avevo bisogno di parlare con Dorian. Dovevo trovarlo. La prima cosa che feci fu dirigermi al suo armadietto. Una volta arrivata lì, non lo vidi ma subito notai passare accanto a me un tipo abbastanza palestrato. Lo avevo visto spesso insieme a Dorian, specialmente in mensa.
- Ehi! - Con una mano fermai il braccio del ragazzo, e senza aspettare che ricambiasse il saluto, andai dritta al punto. - Sai dov'è Dorian? - In un primo momento mi guardò perplesso, probabilmente per capire chi fossi e poi rispose - l'ultima volta l'ho visto in cortile. - Senza ringraziarlo, mi avviai nel posto da lui indicato.
La cosa sconcertante fu che lo trovai in dolce compagnia. Oh, sì. Ma non avevo poi il diritto di essere gelosa, dato che lui non era ancora mio. Appunto, non ancora, ma presto lo sarebbe diventato. Mi infilai giusto tra i due, ovvero, tra Dorian e la gallina di turno.
Sì, perché si vedeva dal modo in cui lo guardava che fosse soltanto una gallina.
- Dobbiamo parlare. - Esordii con un sorriso. Eravamo faccia a faccia, mentre davo le spalle alla gallina. Dorian, dal canto suo, spalancò prima gli occhi, probabilmente per la sorpresa e poi aggrottò le sopracciglia.
- Ah sì? - Domandò di rimando poi, con un fare altezzoso. Senza rispondere o ascoltare ciò che la gallina stesse farneticando, afferrai il braccio di Dorian e lo trascinai all'interno della scuola. Non avvertivo resistenza da parte sua, mentre io invece, sentivo bruciarmi solo per quel futile contatto. Una volta nel corridoio, mi guardai intorno e inquadrai una porta di uno stanzino poco distante da noi. E senza esitare, la raggiunsi in poche falcate, sempre tirandomi Dorian dietro.
Una volta dentro, spinsi all'interno anche lui e chiusi la porta velocemente, appoggiandomi poi con le spalle contro. Abbassai le palpebre e sospirai, quando le rialzai una scossa di pura elettricità mi pervase.
Lui era di fronte a me.
Maglietta a maniche corte bianca, che gli delineava meglio gli addominali, con sopra una felpa grigia e le gambe fasciate da una tuta del medesimo colore. E i suoi occhi. Oh cavolo, i suoi occhi mi stavano letteralmente infiammando. Il suo sguardo era scottante al tal punto da eccitarmi in così pochi secondi. Senza pensarci due volte, presi il suo volto tra le mani e lo avvicinai di scatto al mio, alzandomi sulle punte. Feci scontrare con foga le nostre labbra. Lui sembrava non aspettare altro, perché ricambiò subito, rispondendo con altrettanto ardore al bacio e afferrando i miei fianchi. In un attimo, mi ritrovai con le gambe attorcigliate attorno al suo bacino e con la sua lingua che inondava la mia bocca del suo sapore. Era tutto così passionale. I nostri respiri erano affannati mentre ci divoravamo a vicenda. La mia schiena andò a sbattere in modo indelicato contro la porta e le sue mani si infilarono al di sotto del mio maglione. Il contatto fu al quanto incandescente. Il freddo delle sue mani in contrasto col bollore della mia pelle. Gli morsi d'istinto un labbro e senza farlo casualmente, ma quasi mossa da qualcosa di follemente naturale, strusciai il mio bacino contro il suo. Lo trovai decisamente eccitato, a giudicare anche dal suono gutturale che uscì dalle sue labbra subito dopo. In un attimo, mi ritrovai distesa su una vecchia cattedra. Subito fu sopra di me, così come la sua bocca sul mio collo. Le sue mani toccavano ogni parte del mio corpo con urgenza. Sembrava aver perso il controllo. Sentivo le sue labbra e i suoi denti stuzzicarmi il collo, e poi l'anfratto di pelle fra quest'ultimo e la spalla. Portai le mie mani nei suoi capelli, come sempre, scompigliandoglieli. Mi morsi il labbro inferiore e poco dopo, la sua bocca mi raggiunse. E fu di nuovo un bacio dettato dalla foga del momento, dal bisogno spasmodico che avevamo uno dell'altro.
- Fermami ora o non sarò più in grado di farlo. - Sussurrò con un tono di voce talmente roco ed eccitato da non riconoscerlo quasi. Feci finta di non ascoltarlo e approfondii ancor di più il bacio, portando le mie mani sulle sue spalle e cercando di levargli la felpa.
- Jade. - Iniziò una scia di baci ardenti dal mento fino alla base del collo. - Io ti prendo qui sopra, hai capito? - Mormorò con una voce sofferente ma allo stesso tempo autoritaria. Stavo impazzendo. Come per fargli capire che aveva tutto il mio consenso, alzai leggermente il busto e mi tolsi in un unico movimento il maglione. Mi mancava fare l'amore con lui, ed anche se si trattava solo di una sveltina, mi sarebbe andata bene lo stesso. La sua bocca gonfia dei miei baci era ora sul mio seno che veniva di conseguenza scoperto dalle sue mani che frettolosamente sganciavano il reggiseno. Stuzzicò il mio seno con passione prima di abbassare la cerniera del mio jeans. In un attimo mi ritrovai in mutande e lui a petto nudo. La mia bocca era sui suoi addominali, i miei denti mordevano piano e le mie orecchie si beavano dei suoi gemiti. Si abbassò velocemente tuta e mutande insieme e dopo aver spostato le mie, senza sfilarle, in un solo colpo secco e profondo mi penetrò. Dalle mie labbra fuoriuscii un urletto di piacere misto a sorpresa. Mi eccitai ancora di più notando i suoi denti torturare il suo labbro inferiore in un disperato tentativo di trattenere i gemiti. Afferrai il suo viso e in un attimo le mie labbra erano sulle sue, di nuovo. Le nostre lingue giocavano in una danza sensuale e passionale. Lo sentii scendere dalla cattedra, senza mai interrompere il contatto tra le nostre intimità e mi trasportò col sedere sul bordo. Era in piedi di fronte a me, l'espressione trafelata, la bocca umida e i capelli scompigliati. E uno sguardo liquido.
- Dio, Jade. - Sussurrò con voce rotta. - Ti farei di tutto, giuro. - Detto questo, non mi diede neanche il tempo di elaborare che iniziò a muovere il suo bacino in modo frenetico. Le sue mani artigliavano il mio sedere in modo da aiutarsi con i movimenti. Oddio, rischiavo di morire per il troppo piacere. Avevo gli occhi dischiusi e le labbra semiaperte che emettevano continui gemiti. Mi sforzai di alzare le palpebre, giusto per contemplare il ragazzo che in quel momento mi torreggiava davanti. Torturava in continuazione le sue labbra, senza mai staccare il suo sguardo dal mio viso e dal mio corpo. Improvvisamente i suoi movimenti iniziarono a velocizzarsi e chiuse gli occhi, in una pura espressione di piacere immenso. Con due ultimi colpi finali raggiunse l'orgasmo, poco prima di uscire da me e qualche attimo dopo, lo raggiunsi anche io. Sentii il suo busto adagiarsi sul mio corpo. Il suo capo era appoggiato sul mio petto e i nostri respiri erano affannati. Ci fu qualche momento di silenzio e poi, lentamente, alzò il viso, puntando i suoi occhi grigio asfalto nei miei. Le farfalle iniziarono a svolazzare nel mio stomaco. La sua espressione era del tutto appagata, la sua fronte imperlata di sudore.
- Adesso cosa sono? - Mormorò a poca distanza dalla mia bocca. - Il tuo amante? - Chiese, fissandomi in modo serio. Oh, cavolo. Avevo praticamente accantonato il vero motivo per cui lo avevo chiamato in disparte. Lo avevo chiuso in quello stanzino e da lì il mio cervello era partito in quarta, dimenticandomi di parlargli. Anche se, in quel momento la voglia di giocare mi stuzzicava parecchio.
- Non ti piace la parte dell'amante? - Chiesi di rimando, cercando di usare un tono suadente. I suoi occhi saettarono sulle mie labbra, fissandole insistentemente per poi ritornare sui miei occhi.
- Oh, beh... - Si alzò dal mio corpo, issandosi sui gomiti. - Pensandoci sì. - Affermò, guardandomi con un'espressione da bambino cattivo. - A meno che non si tocchi... - le sue labbra iniziarono a baciare l'anfratto di pelle tra i miei seni - o baci – disse, lasciando una scia umida di saliva con la sua lingua lungo tutto il tratto fino all'inguine - questo corpo. - Sentii il suo fiato sul mio monte di Venere, ancora coperto dal tessuto delle mie mutandine. Tremai tumultuosamente, gemendo di conseguenza. Le sfilò lentamente, mentre io rischiavo di impazzire.
Alzò gli occhi di scatto e li puntò nei miei, mi morsi il labbro dal piacere mentre vedevo la sua lingua giocare con la mia intimità. Non interruppe mai il nostro contatto visivo. Il suo sguardo poteva esprimere tutto ciò di quanto più perverso esistesse. Vederlo lì, col viso immerso tra le mie gambe mi portò quasi ad urlare dal piacere. Le mie mani erano sul suo capo mentre continuava a torturarmi, portandomi poi, sull'orlo del precipizio.
– Hai capito? – Domandò con voce roca, poco dopo che venni sulla sua bocca.
Dopo qualche secondo in cui espirai, giusto per riprendermi, decisi di iniziare a stuzzicarlo.
– Mi stai chiedendo implicitamente se io faccia sesso con Jason? – Si alzò prontamente, appoggiando entrambe le mani ai lati della mia testa, il suo corpo mi sovrastava. – Anche. – Rispose serio, fissando subito dopo il mio seno scoperto.
– Voglio sapere se sei sempre rimasta mia. – Mormorò, riferendosi al fatto che era stato lui a prendersi la mia verginità e se fosse ancora l’unico con cui avessi fatto sesso. Stavo per rispondergli, quando qualcuno bussò alla porta.
Sobbalzammo entrambi anche se Dorian riuscì a mantenere la prontezza nel rispondere.
– Chi è? – Dall’altra parte udimmo una voce ovattata.
– Sono un’amica di Jade, dille che il professore Ronald ha richiesto di lei in segreteria. – Capii all’istante che fosse Melanie.
Ma il punto era, come faceva a sapere che Dorian fosse lì dentro?
Quest’ultimo si allontanò da me, cercando probabilmente la sua maglia ed indossandola mentre io scendevo dalla cattedra. Ci vestimmo in silenzio, ed io ero preoccupata del perché il professore Ronald mi cercasse.
Senza salutarmi né altro, Dorian uscì dallo stanzino, lasciandomi lì perplessa. Forse era arrabbiato, forse non voleva avere più niente a che fare con me. Ma non poteva farlo, non dopo che avevamo fatto l’amore dopo quasi un mese. Eppure non aveva tutti i torti, gli avevo fatto capire che ero fidanzata e nel frattempo facevo sesso con lui in uno stanzino della scuola. Chissà che idea si stesse facendo di me in quel momento. Varcai la porta della segreteria del tutto sovrappensiero.
– Signorina Mills, le chiedo di firmare questo modulo. – Fortunatamente non era niente di cui avrei dovuto preoccuparmi e in cinque minuti, dopo avermi fatto firmare un modulo riguardante la scuola, fui nell’aula di lezione. Le ore passarono velocemente fino all’ora di pranzo ed io sentivo continuamente l’odore di Dorian su di me. Amavo il suo profumo. Amavo tutto di lui e ancora dovevo dichiararmi. Arrivai in mensa insieme a Melanie e con lo sguardo lo cercai per i vari tavoli. Lo inquadrai seduto insieme ai suoi amici, ed anche una ragazza. La stessa gallina che quella mattina era con lui in cortile. Mi veniva voglia di andare lì e buttarle addosso tutto il vassoio pieno di cibo che stavo reggendo. Mi andai a sedere con stizza in un tavolo scelto da Melanie, dove c’erano anche alcune sue amiche. Mangiai tutto svogliatamente, i miei occhi saettavano sempre su Dorian che sorrideva a quella ragazza. Una fanciulla indubbiamente bella. Al diavolo lui e tutte le oche che gli stavano dietro!

Passai l’intero pomeriggio a cercare di studiare e la sera quando andai al letto, con i nervi ancora a fior di pelle, ci misi un po’ per addormentarmi. Forse era la paura di perderlo. Era praticamente scappato da me quel giorno e subito dopo lo ritrovavo in dolce compagnia di quella nuova fiamma. E se si stesse innamorando di lei? Magari aveva capito che anche io ero una sciacquetta che faceva sesso con altri ragazzi mentre era fidanzata. Dio, che macello che avevo combinato! Sempre perché ero curiosa delle sue reazioni. Mi stava dimostrando tanto in quel modo ed io avevo bisogno, dopo quasi un mese di estremo dolore, di tutte quelle attenzioni.

La mattina dopo, inutile dire che lo notai appoggiato al suo armadietto sempre con quella ragazza affianco. Stavo davvero pensando di averlo perso, ormai. Volevo parlargli, volevo capire. Ma non sapevo quando trovare l’occasione giusta per farlo. Insomma, lo trovavo sempre con quella!
Durante l’intervallo, abbastanza stanca per la notte insonne e per le intense ore di biologia, mi diressi al bar del primo piano. Ordinai un caffè, abbastanza amaro e in pochi sorsi lo finii. Stavo per andarmene in classe, quando alla mia destra notai proprio lui, Dorian. Ora o mai più, Jade! Mi ripetevo. Così, dopo aver preso una sana dose di coraggio, mi avvicinai a lui. Appena si accorse della mia vicinanza, girò il capo verso di me.
– Ehi – Sussurrai in completo imbarazzo.
– Ehi – rispose semplicemente di rimando. Non mi guardava, sembrava mi stesse ignorando di proposito.
– Dorian – lo chiamai seria, deglutendo vistosamente – guardami. – Era un ordine, ma detto da me in quel modo sembrava quasi che lo stessi implorando. O forse, era davvero così. Girò lentamente il capo verso di me, appoggiandosi col busto al bancone.
– Ti sto guardando. – Disse poi, sbattendo le palpebre in una pura espressione esausta.
– Io credo che dovremmo chiarire… - Sussurrai, improvvisamente intimidita dal suo sguardo nervoso e attento.
– Chiarire? – Sbottò di scatto, aggrottando le sopracciglia. – Io dovrei chiarire? – Si indicò con un gesto nervoso per poi passarsi la mano nei capelli in modo agitato. – Io sono stato fin troppo chiaro con te, Jade! – Il suo tono di voce iniziava a farsi più alto.
– Hai ragione – lo interruppi bruscamente – sono io che devo chiarire delle cose – puntai i miei occhi color smeraldo nei suoi – sempre se ti interessa ancora. – Finii la frase, con un’insinuazione abbastanza limpida.
– Che cosa stai cercando di dirmi? – Domandò con un’espressione stranita stampata in viso.
– Ah, non so… - feci vagare il mio sguardo, fingendo un certo distacco – sembri interessato totalmente ad un’altra ragazza, ora. –
Era palesemente un’accusa sotto forma di frecciatina. Dorian, dal canto suo, rise nervoso scuotendo la testa con un’aria incredula.
– Sei incredibile – mormorò sarcasticamente – ora fai anche la parte della gelosa? Complimenti! – Con le mani fece il segno dell’applauso, in una chiara presa in giro.
– Non faccio la… - Cercai di difendermi ma mi interruppe sul nascere.
– Sbaglio o sei te quella con un ragazzo? – Improvvisamente si fece più vicino. – Non hai proprio il diritto di fare certe insinuazioni. – Constatò, con uno sguardo severo. Iniziai a sudare freddo, le mani mi tremavano.
– E’ proprio di questo che voglio parlare. – Dissi con un filo di voce. Volevo arrivare al punto, ma le sue continue interruzioni non me lo permettevano.
– Io davvero non so cosa tu voglia da me, Jade. – Si girò verso il bancone, appoggiandosi entrambe le mani sotto il mento e puntando lo sguardo davanti a sé. – Ok, ho sbagliato. Sono andato a letto con Jessica. Ma mi pare di averti fatto capire che non lo avevo fatto perché volevo, ma perché pensavo di averti perso. – La sua voce divenne improvvisamente più calma. – Era un fottuto sfogo il mio. – Disse fra i denti. Nel frattempo, io mi limitavo ad osservare il suo profilo. I capelli abbastanza spettinati come sempre e la mascella contratta. – So che non è una giustificazione, ma sono venuto ad implorarti perdono. Mi sono dichiarato, mettendo da parte il mio orgoglio perché ti rivolevo con me. – Le sue pause erano seguite da brevi tratti di silenzio. Sembrava stesse facendo un monologo con sé stesso, cercava di trovare delle spiegazioni ai miei comportamenti. E i miei sensi di colpa iniziarono a riaffiorare. – Ma tu non ti sprechi a dire una parola, ti limiti a fare sesso con me mentre hai un ragazzo. Che intenzioni hai, Jade? Ti stai vendicando, per caso? – Si girò verso di me. Le sue pozze scure mi inghiottirono completamente. Forse, sì. Forse era una vendetta, anche se, lui l’aveva recepita in un altro modo. Pensava che lo stessi usando, che stessi giocando con i suoi sentimenti. In realtà, volevo solo tenerlo un po’ sulle spine. Non ebbi il tempo di rispondere che un braccio mi circondò le spalle e mi attirò verso il suo corpo.
– Principessa, cosa ci fai ancora in giro? – Jason bloccò la nostra discussione, irrompendo con le sue solite frasi ad effetto.
Mi rigirai verso Dorian ma lo vidi di spalle, allontanarsi a passo spedito. Senza dare spiegazioni al ragazzo accanto a me, strisciai via dalla sua presa e rincorsi Dorian che intanto era già dentro un altro corridoio. Quando lo raggiunsi, mi appigliai al suo braccio e pronunciai il suo nome.
– Dorian! – Senza girarsi, ma ancora tenendomi le spalle e camminando a grandi falcate, con un gesto secco si liberò della mia presa.
– Ehi! – Stavolta il mio tono di voce era quasi arrabbiato mentre riafferravo il suo braccio. Con uno scatto improvviso, si girò e prese velocemente entrambi i miei polsi, sbattendomi poco delicatamente al muro. Avevo le mani ai lati della mia testa, intrappolate nella stretta di Dorian sui miei polsi. Lui era di fronte a me, i nostri visi a pochissima distanza.
– Jade, smettila. Io non ce la faccio a vederti con un altro. - Sussurrò socchiudendo gli occhi e contraendo la mascella.
Il mio respiro era ancora affannato. – Sto seriamente impazzendo a saperti con quel ragazzo. – Appoggiò in un gesto disperato la sua fronte contro la mia, sembrava mi stesse praticamente pregando. – Smettila di giocare con me. – Chiusi gli occhi anche io, cullata dal suo respiro. Non potevo farlo ancora penare per molto, era arrivato davvero il momento di dichiararmi.
– Dorian – sussurrai il suo nome, con una cadenza quasi dolce – Dorian, vieni a prendermi oggi. – Aprì gli occhi lentamente, puntandoli nei miei, ancora con la fronte appoggiata alla mia.
– Io voglio solo parlarti. – Sciolse la stretta al mio polso e d’istinto attorcigliai le braccia intorno al suo collo. Lo sentii irrigidirsi istantaneamente mentre si leccava il labbro inumidendolo.
– Vienimi a prendere e portami ovunque tu voglia, ma fallo. Dammi un’altra possibilità, ti giuro che non te ne pentirai. – Parlavo sottovoce cercando di non ostruire l’atmosfera calma che si era appena andata a creare. Si sciolse completamente anche lui, portando le mani sui miei fianchi.
– Non sto giocando con i tuoi sentimenti, fidati di me. – Si scostò di poco, guardandomi intensamente. Dopodiché, si staccò dal mio corpo, allontanandosi in modo definitivo.
– Ci vediamo oggi. – Mormorò con voce roca, fissandomi un’ultima volta. Pochi secondi dopo, distogliendo lo sguardo da me, si infilò le mani nelle tasche e si incamminò a passo lento nel lato opposto al mio. Sospirai, abbassando lentamente le palpebre. Cercavo di rallentare i miei battiti accelerati, causati come al solito dalla sua vicinanza e dalle sue parole.

Per tutto il tempo a venire, rimasi agitata. Non sapevo perché avevo tutta quell’ansia. Insomma, avevo vissuto ogni giorno con Dorian su quell’isola e adesso un incontro mi faceva quasi paura. Probabilmente perché avrei dovuto mettere definitivamente a nudo tutti i miei sentimenti.
– Jade, non hai mangiato nulla. Sforzati almeno di finire il primo. – Mia madre mi invogliava a finire il cibo, ma avevo così lo stomaco in subbuglio da non riuscirci.
– No, mamma. Non ce la faccio. – Asserii, alzandomi subito dopo e correndo al piano di sopra, in camera mia. Mi buttai a capofitto sul letto e mi dimenticai persino di iniziare a studiare i compiti. Io e Dorian non ci eravamo dati un appuntamento preciso, sapevo solo che nel pomeriggio sarebbe venuto. Sicuramente non sarebbe entrato dalla porta, ma dalla finestra come la volta scorsa. Non mi bastava che aspettare, mentre il nervosismo mi tormentava. Rimasi distesa sul materasso, a pancia in su, a contemplare il soffitto. Spostai lo sguardo sull’orario: erano le quattro e mezza del pomeriggio. Chissà a che ora sarebbe venuto, chissà se fosse mai venuto. Passò un altro lasso di tempo e, stavolta, l’orologio segnava le sei in punto. Cominciavo a pensare che magari aveva cambiato idea e non voleva più parlarmi e di conseguenza, non voleva nemmeno più me. Ma, tutto d’un tratto, un rumore alla finestra mi fece sobbalzare. Cercando di mantenere la calma, mi avviai verso di essa e notai non ci fosse nessuno. Aggrottai le sopracciglia stranita, quando un altro colpo al vetro mi fece allontanare di scatto. Qualcuno stava lanciando dei sassolini contro di esso. Istintivamente capii che non era altro che Dorian e così, l’attimo dopo, aprii la finestra. Mi sporsi sopra di essa e lo notai giù. Aveva un cappotto nero pesante ed un cappello grigio di lana invernale, dei jeans chiari e le guance leggermente arrossate dal vento gelido.
– Ti aspetto. – Disse semplicemente, prima di avviarsi verso l’auto. In quel momento, non sapevo se essere felice o meno.
Ma Dorian c’era e mi stava aspettando. O forse io stavo aspettando lui.
Speravo solo che poi ci saremmo ritrovati, come su quel gommone galleggiante, come su quell’isola. Per sempre. 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Chapter twenty-four. ***


                                    Chapter twenty-four









Il vento freddo e gelido accarezzava i nostri corpi, posizionati uno accanto all'altro. Il rumore del mare, accompagnato da quello dei nostri piedi sulla sabbia prorompeva nel silenzio. Dorian mi aveva portata in una spiaggia non molto lontano da dove abitavamo. In auto non mi aveva accennato a nulla. In realtà, in quel lasso di tempo non c'era stato nessun tipo di dialogo. Non riuscivo a spicciare nemmeno una parola, forse l'imbarazzo o forse ero soltanto agitata. Mentre del motivo del suo mutismo non ne ero a conoscenza, ma molto probabilmente era ancora arrabbiato. E come biasimarlo. Quando scesi dall'auto, abbastanza costosa a parer mio, e mi ritrovai in spiaggia, rimasi basita per un attimo. Poi, capii all'istante. Ed infatti, non gli chiesi il motivo per cui avesse scelto proprio quello come posto. Dorian mi aveva portato in un luogo che potesse riavvicinarmi alle origini, anche se, solo attraverso ricordi. Anzi, che potesse riavvicinarci, entrambi, alle origini. Guardare il mare mi riportava alla mente momenti di nostalgia ma anche felicità che quell'isola mi aveva regalato, che Dorian stesso mi aveva donato. Inspirai l'odore che emanava la gelida brezza marina di dicembre e quasi mi rivedevo mezza nuda, riscaldata dai raggi solari, a piedi nudi sulla sabbia mentre guardavo l'orizzonte e speravo potessero trovarci. D'istinto mi girai verso Dorian, lo trovai intento a fissarmi. Così intensamente, così profondamente.  E subito ricordai anche quei momenti di estrema gioia, talmente tanta da non voler più far ritorno a casa. Da voler vivere una vita intera con lui, liberi da ogni bene materiale, su quell'isola.
- Posso baciarti? - Sussurrò con voce fievole, senza smettere di guardarmi. Annuii piano, aspettando che fosse lui ad avvicinarsi. Quando appoggiò le sue labbra sulle mie, fu un contatto totalmente naturale. Un bacio così vero, da lasciarmi dopo tanto tempo, con un senso di pienezza. Fu un contatto abbastanza breve e casto, ma in grado di rimembrare in un solo bacio, tutto ciò che bastava ricordare. Dorian non mi rendeva felice. La felicità parte dai noi stessi. Lui mi donava qualcosa di ancora più sublime, qualcosa di aldilà della felicità. Dorian mi regalava emozioni. E non c'era nulla di più perfetto.
- Se potessi ritornerei su quell'isola. - Affermò guardando l'orizzonte. Eravamo seduti uno accanto all'altro, su un masso lì vicino.
- Perchè? - Chiesi mormorando.
- Avevo tutto... - rispose girandosi verso di me - avevo anche te. – Accennò ad un sorriso triste. Il rumore delle onde faceva da sfondo alla nostra conversazione.
– Da quando siamo tornati, percepisco un qualcosa di diverso in te. – Affermò, guardandosi le mani.
– In che senso? – Chiesi subito dopo, sorpresa per quell’affermazione.
– Prima ti guardavo e il tuo corpo esile quasi mi chiedeva di essere protetto – sussurrava, girando il capo verso di me – sembravi così fragile. – Terminò il discorso lasciandomi per lo più basita.
Sì, ok che ero ingrassata ma non pensavo che questo potesse cambiare la visione delle cose!
– E non farti strane idee – mi riprese, notandomi probabilmente sovrappensiero – sei splendida comunque. – Mormorò, puntando le sue pozze grigie intense sui miei occhi. E non si accorgeva che guardandomi in quel modo, infiammava ogni parte del mio corpo. Sembrava mi stesse divorando.
– E ora? – Deglutii, cercando di non badare al suo sguardo insistente. Spostò i suoi occhi verso il mare e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, e il capo sulle mani.
- Ora ti guardo e ti vedo forte – disse con voce rauca – ti guardo e noto che non hai più bisogno di me, ma il contrario. – Constatò, inumidendosi le labbra con la lingua. Gesto che mi provocò un formicolio all’altezza dell’inguine. Maledetti ormoni!
– Il contrario? – Chiesi, aggrottando le sopracciglia in un’espressione totalmente confusa.
– Già – annuii – sono io che ho bisogno di te. – Sussurrò con una nota triste nella voce, forse la consapevolezza di appartenere a qualcuno lo faceva sentire debole. Il mio cuore, dopo quelle parole, prese a galoppare.
– Dorian, ho sempre bisogno di te. – Presi il volto fra le sue mani e lo girai verso il mio.
– No – scosse la testa in senso di diniego – tu adesso hai Jason. – Mormorò in tono glaciale.
– No, Dorian – cercavo di parlare in modo delicato – io non ho Jason, lui non è mai stato il mio ragazzo. – Finalmente lo avevo detto. Dal canto suo, Dorian sbatté le palpebre come sorpreso, preso alla sprovvista.
Senza aspettare una sua risposta, mi dichiarai.
– Io ti amo, Dorian – sussurrai vicinissima alle sue labbra – mi sono innamorata di te anche prima che lo facessi tu. – Il vento soffiava gelido, il mare era agitato. Ed il suo sguardo non era più sorpreso, ma serio…tremendamente serio. – Ma non te l’ho mai detto prima perché avevo paura delle conseguenze. – Ammisi, senza distogliere lo sguardo dal suo. Ma fu lui a farlo, voltandosi improvvisamente verso il mare.
– E Jason? – Chiese nervoso – sei andata al ballo con lui, ti sta sempre appiccicato. – Constatò, contraendo la mascella.
– Non c’è stato neanche un bacio con Jason – dissi – e anche tu all’inizio stavi sempre appiccicato a Jessica. Cosa dovrei pensare? – Chiesi, inarcando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto.
– Siamo rimasti amici. – Rispose prontamente, con una finta espressione altezzosa.
– O scopamici? – Ribattei pungente, sorridendo malefica.
– Jade – mi richiamò, portando gli occhi al cielo – credimi, Jessica si è pentita e tra di noi c’è sempre stato solo amicizia. E il fatto che abbiamo fatto sesso è perché io sono un coglione. –
Ogni qual volta accostava la parola sesso a loro due, sentivo sempre un fastidio all’altezza del petto. Non avevo digerito ancora del tutto la situazione.
– Ho perdonato te, ma non posso perdonare anche lei. – Sussurrai con uno strano amaro in bocca. Erano stati insieme e questo non si poteva cambiare. Era successo, spettava a me passarci sopra.
– Non mi hai perdonato, invece. – Sussurrò cercando di guardarmi negli occhi, che prontamente tenevo bassi. E forse avevo ragione, sentivo ancora un po’ di rancore verso di lui.
– Col tempo, lo farai. – Disse poi, alzandomi il mento con due dita. I nostri sguardi si incrociarono, pure scosse elettriche oltrepassarono la mia schiena.
– Mi farò perdonare, te lo prometto – mormorò con tono dolce, avvicinandosi sempre di più – se me lo permetti. – Senza aspettare che dicesse altro, mi fiondai tra le sue braccia. Ed ero al caldo, al protetto. Nell’unico posto in cui desideravo stare.
Purtroppo, però, il mio cellulare prese a squillare e la voce di mia madre arrabbiata mi ricordò che dovevo ritornare a casa.
– Da dove diavolo sei uscita? – Quasi urlò dal telefono, mentre Dorian si affrettava a mettere in moto l’auto.
– Dalla porta, voi stavate dormendo. – Cercavo di giustificarmi. Come avevo fatto a dimenticarmi di informare mia madre del fatto che stessi uscendo? Troppo presa dal ragazzo che adesso guidava ad alta velocità.
– Cosa?! Non stavo affatto dormendo, non mentirmi! – Mia madre era arrabbiata, anzi, era furiosa. Certo, non ritrovarsi improvvisamente la figlia a casa non era una cosa facile da accettare.
– Mamma, ne riparliamo appena torno a casa, scusa. – Sapevo che stavolta non l’avrei di certo passata liscia. Prima di scendere dal veicolo, però, una presa al polso mi tenne ferma sul posto. Appena mi girai di scatto verso di lui, questo mi afferrò il viso e subito partì un bacio abbastanza passionale. La sua lingua accarezzò il mio labbro inferiore, chiedendo accesso alla mia bocca. Mi beai del suo sapore così mascolino, mentre le nostre lingue si accarezzavano. Un ultimo schiocco, casto e dolce sulle mie labbra, prima di fissarci per qualche secondo e poi scendere dall’auto.


Inutile dire che ciò che mi accolse a casa fu una sfuriata bella e tosta.
– Mi hai fatto preoccupare tantissimo! – Gridò, per l’ennesima volta, mia madre.
– Sì, lo so. Ma avevo il cellulare, ti è bastato chiamarmi. – Ribattei, cercando di mantenere un tono pacato, cosa che a lei risultava difficile.
– E questa che giustificazione è? – Niente da fare. Non le andava proprio di calmarsi.
– Ti ho chiesto scusa, ho sbagliato. Che altro dovrei fare? – Domandai con tono esausto, portandomi le braccia al petto.
– Fila subito in camera tua! – Con un braccio indicò il piano di sopra. – Non uscirai per una settimana! – Mi diressi, roteando gli occhi al cieli, in camera mia.
Incredibile! 17 anni ed ero capace di farmi mettere ancora in punizione. Splendido, direi. Ma non mi interessava più di tanto, anzi, a dir la verità non mi importava per niente. Perché ero felice, perché finalmente io e Dorian avevamo chiarito e adesso stavamo insieme.
Insieme? Tutto d’un tratto mi sorse un dubbio. Io e Dorian stavamo insieme?


La mattina dopo arrivai puntuale a scuola, come raramente accadeva. Avevo tantissima voglia di rivedere Dorian. Ma non sapevo come comportarmi una volta che lo avrei avuto d’avanti. Baciarlo?
– Ehi! Sveglia! Ci sei? – Uno schiocco di dita mi riportò sul pianeta Terra, mentre un Jason abbastanza arzillo mi sorrideva.
– Ciao, Jason. – Risposi, sorridendogli a mia volta.
– Stamattina ti vedo meno amareggiata delle solite altre volte. – Constatò, appoggiandosi all’armadietto accanto al mio.
– Davvero? – Chiesi, posando dei quaderni e prendendone altri che mi sarebbero serviti per l’ora di matematica dopo.
– Già. – Affermò, stampandosi un ghigno malizioso sul viso. – Qualcosa mi dice che c’entra quel fantomatico Dorian. – Balzai al suono di quel nome.
– Eh? Perché? – Mi finsi disorientata, quando sapevo benissimo a cosa si riferisse.
– Ma dai, Jade! Ho già capitato tutto, non fare la finta tonta! – Rise, mentre il mio viso diventò rosso dall’imbarazzo. – E ho anche velocizzato un po’ il tutto. – Disse poi, con un tono di voce più basso.
Mi girai di scatto verso di lui, aggrottando le sopracciglia.
– Cosa hai fatto? – Domandai con una voce minacciosa mista a sorpresa.
– Ah, Jade. Ma non ti accorgi mai di niente? – Si stava beffando di me, il signorino.
– Jason! – Chiusi con violenza la porta dell’armadietto – cosa diamine hai fatto? – Mi stavo parecchio innervosendo, anche perché non avevo assolutamente idea di cosa avesse mai combinato. Lui continuava a ridere, soprattutto per la mia espressione arrabbiata che sicuramente appariva più che buffa ai suoi occhi. Ritornò improvvisamente serio, sotto il mio sguardo incandescente.
– Ho solo cercato di ingelosirlo in tutti i modi – affermò in modo ovvio – e ci sono riuscito. – Terminò con un sorriso vittorioso spiaccicato in viso.
– Cioè? – Domandai con le braccia conserte ed il piede che batteva impazientemente sul pavimento. Ancora non capivo il filo del discorso.
– Ogni qual volta ti era vicino o solo notavo che ti guardasse, spuntavo io – spiegò con nonchalance – e ovviamente facevo qualche gesto che sicuramente l’avrebbe infastidito. – Inutile dire che rimasi del tutto confusa, ancor più di prima. Insomma, Jason sembrava volesse provarci con me. Mi dava attenzioni che…
- So a cosa stai pensando. – Disse improvvisamente, puntandomi con lo sguardo. Alzai le spalle con fare disinteressato. – Sono sempre stato curioso di conoscerti – si fece più vicino – avevo anche intenzione di uscirci con te, in verità - ammise con un ghigno – ma quando ho capito a chi appartieni, o meglio, il tuo cuore a chi appartiene, ho deciso di esserti soltanto amico. – Concluse, stavolta accennando ad un sorriso gentile. – E da amico, avevo il dovere di dare una spinta alla situazione. – Disse poi, smorzando l’atmosfera che si era andata a creare e rimettendo tutto su un piano scherzoso. Mi faceva piacere avere come amico Jason. Forse era l’unico che potessi definire così. Sì, certo, c’era Melanie. Ma non potevo chiamarla amica dato che di me non le raccontavo nulla, tranne se era lei a chiedermi qualcosa.
– Ho fame. – Dichiarai subito dopo, evitando accuratamente il suo continuo prendermi in giro.
- Eh beh, cara. Mancano altre due ore all’ora di pranzo. - Puntualizzò, affiancandosi a me mentre mi incamminavo verso la mia aula di lezione.


Finalmente potevo mangiare!
Varcai la soglia dell’aula mensa con Jason e Melanie, e d’istinto, dirottai il mio sguardo ovunque cercando in particolare una persona. Lo notai in piedi, in fila. Parlava con una ragazza, non una qualsiasi, ma la stessa ragazza con cui lo vedevo spesso. Il mio stomaco si attorcigliò completamente, ed io avevo voglia di andare lì e prenderlo a cazzotti. Maledetto! Per tutto il tempo, decisi di non guardare più dalla sua parte. Non era degno nemmeno della mia attenzione! Mangiai tutto in modo vorace, presa dal nervosismo che quel troglodita mi procurava.
– Jade, vedo il fumo uscire dalle tue orecchie – constatò Jason, sghignazzando – che succede? – Domandò poi. Inspirai fortemente dalle narici, muovendomi sul posto con stizza.
– E’ sempre insieme ad una gallina! Sempre! Mai che lo trovassi a parlare con un suo amico, mai! – Stavo delirando e Jason se ne era accorto, a giudicare dal ghigno divertito sul suo viso.
– Vai da lui e diglielo. - Disse con fare ovvio, addentando una patatina.
– Scordatelo. – Liquidai la faccenda in un attimo. Jason, dal canto suo, sbuffò sonoramente.
– E dai, Jade! Se non gli fai capire che la cosa ti infastidisce, non la smetterà mai! – Jason cercava di farmi ragionare ma il mio orgoglio era troppo smisurato per far notare a Dorian una cosa del genere.
– Perché devo dirglielo io? Dovrebbe capirlo da solo. – Ribattei in modo deciso.
– Ma lui sta semplicemente parlando. – Mi stuzzicò Jason. Avrei voluto tanto strozzarlo!
– E poi perché non viene a salutarmi? – Chiesi con un tono di voce sempre più furioso.
– E perché non lo fai nemmeno tu? – Jason stavo superando ogni limite, mi stava provocando nel peggior modo possibile. O forse, stava solo cercando di farmi ragionare in modo maturo e lucido sulla situazione. Ma in quel momento ero furiosa, frustata dal fatto che Dorian non fosse accanto a me, ma vicino quella ragazza. Mi alzai di scatto dal mio posto e a passi veloci, raggiunsi il bagno delle ragazze. Mi appoggiai con le mani al lavandino e guardai la mia immagine riflessa nello specchio. Dovevo calmarmi, mi ripetevo. Stavo soltanto avendo un attacco di gelosia.
Passai ben cinque minuti pieni nel bagno, dopodiché, uscii.
Una presa salda sul mio polso mi trascinò contro la parete affianco alla porta del bagno e, istintivamente, urlai dallo spavento e dalla sorpresa.
– Shh – sussurrò sulle mie labbra. Dorian era a pochissimi centimetri dal mio viso, con il dito appoggiato sulle mie labbra, indicandomi di tacere. Fissò intensamente la mia bocca per poi fiondarsi sopra. Il mio cuore dopo un sussulto iniziale, cominciò la sua solita corsa inarrestabile. Mi baciava in modo famelico, mentre le sue mani artigliavano i miei fianchi con fare possessivo. La sua lingua esplorò la mia bocca così profondamente da arrivare quasi in gola. Non riuscivo a prendere nemmeno il tempo per respirare.
– Perché mi ignoravi, eh? – Fiatò sulle mie labbra, prima di lasciare un morso e subito dopo iniziare di nuovo a torturarle con i suoi baci. Le sue mani strinsero il mio sedere, mentre il suo corpo mi spingeva sempre di più verso la parete, schiacciandomi quasi. C’era foga nei suoi movimenti.
– Ti ho fissata tutto il tempo – mormorò, lasciando una scia ardente sul mio collo – nemmeno una volta ti sei girata a guardarmi. – Concluse, mordicchiando l’anfratto di pelle fra la spalla e il collo. Le sue mani si infilarono sotto la maglia, accarezzandomi la schiena e procurandomi dei brividi intensi.
– Eri occupata tutto il tempo con quel Jason. – Dissi con un tono velenoso, prendendomi entrambi i polsi e inchiodandoli al muro dietro di me, all’altezza della mia testa.
– Sicura che non è il tuo ragazzo? – Mi provocò, smettendo di baciarmi e puntandomi con il suo sguardo infuocato. Anche se averlo a pochi centimetri da me, mi faceva sconnettere da ogni tipo di pensiero e mi mandava nel pallone, decisi di giocare anche io.
– Perché vuoi saperlo? – Domandai di rimando, con una finta espressione sorpresa. Vidi i suoi occhi sbarrarsi. Probabilmente non si aspettava questa tipo di reazione da parte mia.
– Perché così lo ammazzo. – Ghignò malizioso, avvicinandosi ancor di più al mio corpo, per quel che poteva.
– Ah sì? – Sussurrai, fissandogli le labbra e desiderando soltanto di baciarle.
– Sì, sei mia Jade – sfiorò il suo naso con il mio – mettitelo bene in testa. – Mormorò lasciandomi un morso sul mento. Se mi avessero chiesto di descrivere Dorian in poche parole, avrei subito detto che era un tipo molto geloso e possessivo. Certo, non che non mi lasciasse la libertà di scegliere e decidere. Ma mi voleva per sé.
– E se Jason fosse il mio ragazzo? – Domandai, cercando di trattenere i gemiti mentre le sue labbra carezzavano il mio collo e le sue mani mi palpavano il sedere.
– Non è possibile. – Sussurrò, baciando la parte di dietro dell’orecchio.
– Perché? – Chiesi di rimando, socchiudendo le palpebre per il piacere.
– Sono io il tuo ragazzo. – A quelle parole, un gemito mi uscii dalle labbra. Mi provocarono una così profonda sensazione di beatitudine da lasciarmi senza fiato. Io e Dorian eravamo fidanzati. Anche se… - Non mi pare che tu me l’abbia mai chiesto. – Mormorai, mordendomi le labbra, avvertendo una carezza ardente sulla mia parte intima coperta dallo strato di stoffa delle mutandine. Si fermò di scatto. – Non c’è bisogno che te lo chieda – mi fissò serio – è un dato di fatto. – Concluse ovvio, con un ghigno cattivo.
– E perché il mio ragazzo è continuamente in compagnia di una gallina? – Inarcai il sopracciglio a mo’ di sfida. Avevo lanciato la bomba, lasciando di stucco Dorian. Per i primi secondi non parlò, poi si decise a farlo.
– Ti riferisci a Jacky? – Le sue mani erano ancora sotto i miei vestiti ed io ero abbastanza accaldata. Ma sentire pronunciare quel nome mi fece fumare dalla rabbia. Annuii, aspettando che continuasse a parlare.
– Non credo di star facendo nulla di male. Parliamo semplicemente. – Si giustificò, guardandomi negli occhi. In risposta, girai il capo di lato e incrociai le braccia al petto. Sembravo sicuramente una bambina capricciosa ai suoi occhi, ma ero troppo infastidita per curarmene.
– Cosa c’è? Sei gelosa? – Sussurrò in tono divertito, con un sorrisino appena accennato.
– Dai, Jade. Non tenermi il muso. – Cercava di girarmi il volto con le sue dita, mentre io continuavo ad opporre resistenza. – Amo solo te, nessun’altra. – Mormorò improvvisamente al mio orecchio. Per la seconda volta, quel giorno, Dorian mi fece morire dalla gioia. Mi scappò di conseguenza un sorriso, un gigantesco sorriso. Mi schioccò un bacio sulla guancia.
– Contenta adesso? – Mormorò sulla mia pelle. Mi girai verso di lui, incontrando subito dopo le sue labbra che furono intrappolate immediatamente dalle mie.
– Ti amo anche io. –


La giornata passò in modo tranquillo. Io e Dorian riuscimmo a vederci all’uscita di scuola direttamente, mentre io stavo per prendere l’autobus per ritornare a casa.
– Dove credi di andare? – Una presa ai fianchi mi spinse contro un corpo. – Ho un’auto io, se non te ne fossi accorta. – Disse, prima di schioccarmi un bacio sulla guancia.
– Mi dispiace che ogni volta tu debba accompagnarmi a casa. – Ammisi, una volta entrati entrambi in auto.
- La smetti di dire sciocchezze e prendi il CD nel cruscotto? – Aveva entrambi le mani sul volante, gli occhiali da sole e lo sguardo puntato davanti a sé. Non potevo fare altro che contemplarlo… Era dannatamente attraente e non se ne accorgeva nemmeno, o forse sì.
– Non mi guardare in quel modo o ti prendo adesso. – Il suo tono deciso rendeva tutto molto più minaccioso. Deglutii vistosamente, maledicendomi mentalmente solo per il fatto di aver pensato di fare l’amore con lui in quell’auto ed in quel momento. Presi il CD senza nemmeno leggere a quale cantante/band appartenesse e lo inserii nel lettore. Mi meravigliai nello scoprire che avevamo quasi gli stessi gusti musicali.
– Questo significa che andremo ad un concerto insieme. – Affermò, girando una curva particolarmente stretta. Il solo fatto di andarci con lui, con il mio ragazzo, mi elettrizzava tantissimo.

Una volta arrivata d’avanti casa, accostò e prima di salutarci con un bacio casto sulle labbra, parlò.
– Ti va se più tardi vieni a vedere le prove di football? – Quel giorno avevo molti compiti da fare, ma accettai lo stesso. Ero troppo curiosa di vederlo giocare.
– Alle 5 ti passo a prendere. – Detto questo, scesi dall’auto e subito dopo sfrecciò via.

Mentre rientravo in casa, mi accorsi il viso livido di mia madre… Era ancora arrabbiata. Ed io…io ero ancora in punizione! Dannazione! Ci tenevo davvero ad andare alle sue prove. Una volta in camera, lanciai la cartella e la giacca a terra, innervosita come non mai. Mi accostai alla finestra e subito un’idea al quanto malsana mi balenò in testa. Uscire di nascosto. Non mi era mai capitato di disubbidire ai miei genitori, ma ero troppo innamorata di Dorian per non farlo.
Cara finestra, sarai la mia più grande amica di avventure.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Chapter twenty-five. ***


                                                 Chapter twenty - five





- Da quale lato vieni? - Esordì Dorian, con un'espressione confusa, mentre io aprivo lo sportello della sua auto e mi sedevo sul sedile anteriore, accanto a quello del guidatore. - Da quello di dietro - accennai ad un sorriso mentre parlavo con il respiro leggermente affannato. – C’è qualcosa che non va? - mi chiese poi, riservandomi un'ultima occhiata - non me la racconti giusta - affermò in fine, mettendo in moto l'auto. Sfrecciammo verso la scuola e dopo aver regolato il respiro, decisi di rompere quei minuti di silenzio. - Quanto dura l'allenamento? - Dorian era concentrato sulla strada, le larghe spalle avvolte da un giubbino di pelle e una mano che si toccava il mento in modo pensieroso. - Due ore - rispose l'attimo dopo, non distogliendo gli occhi d'innanzi a sé. Qualche minuto dopo, ci ritrovammo nel parcheggio della scuola e appena spense l'auto, scendemmo entrambi. - Credo che l'allenamento sarà abbastanza duro visto che manca poco al giorno della partita finale - annunciò Dorian mentre camminavamo nel retro della scuola, per dirigerci in palestra. Chissà che ruolo avesse Dorian in campo... Arrossii d'un tratto di vergogna per il solo fatto che fossi la sua ragazza e non sapessi una cosa così importante per lui. Dopo una sana dose di coraggio, prima di entrare in palestra, gli posi quella domanda. - Sei tu il capitano? - Si fermò all'improvviso, appena pronunciai quelle parole. Ero accanto a lui ed ero rossa in viso. Quasi tremavo per la paura di una sua reazione delusa. Mi sorprese invece, quando mi ritrovai attaccata al muro, con lui di fronte. Le sue mani erano appoggiate ai lati della mia testa ed era vicinissimo. - Chi sennò? - Un ghigno malizioso aleggiava sulle sue labbra mentre poneva quella domanda retorica con una tono di voce misto tra il sensuale e il sarcastico. Deglutii vistosamente a causa del suo fiato sul mio viso e prima che potessi rispondere, le sue labbra catturarono d'impeto le mie. Il mio cuore scalpitava come sempre, ormai l'effetto che mi faceva Dorian non scemava mai. Presa dalla voglia di sentirlo ancora più vicino, attorcigliai le mani attorno al suo collo, cercando con la lingua di schiudergli le labbra e approfondire il bacio. Ma fu un attimo. Dorian si staccò da me e schioccò la lingua in segno di diniego. Mi morsi il labbro delusa e imbarazzata dal suo rifiuto, levando subito le mani dal suo corpo a dir poco sorpresa e sconcertata dalla sua reazione. Evitai di guardarlo in viso, mentre lo sentivo avvicinarsi di nuovo. Il mio respiro diveniva sempre più corto. Sentii il suo fiato stavolta vicino il mio orecchio e poi un sussurro. - Non posso permettermi di entrare in campo scombussolato ed accaldato - aveva un tono suadente - mi ecciti fino al midollo, bambolina - . A poco avrei preso completamente fuoco, ne ero sicura. Avrebbero dovuto procurarsi degli estintori per non permettere un incendio generale. Mi limitai a balbettare un fievole "scusa" da perfetta tonta quale ero. Le mie labbra furono catturate nuovamente in un bacio, stavolta a stampo e più casto, prima che Dorian si allontanasse da me, a passo sicuro con il borsone sulle spalle. Era dannatamente sensuale in ogni cosa che faceva, diamine! Avanzi verso gli spalti, sedendomi non troppo in alto né troppo in basso. Mi guardai intorno, mentre attendevo che il mio ragazzo si facesse vivo in campo. Notai che i posti a sedere erano del tutto vuoti, se non per qualche persona che, probabilmente come me, era venuto ad assistere agli allenamenti. Poco più avanti, osservai ci fosse un'altra ragazza. Non mi accorsi chi fosse da dietro, vedendo soltanto dei capelli ricci e neri. Ma appena si girò di lato, parlottando con una sua amica, capii di chi si trattasse. Sguardo smagliante, occhi da cerbiatta e capelli che la rendevano ancora più sensuale e in qualche modo 'selvaggia'. E, ovviamente, non ci misi molto a capire che l'amica non era altro che Charlotte. La dolce e amabile Charlotte, chiaro. I miei nervi erano già a fior di pelle, sentendo qualcosa attorcigliarsi all'altezza dello stomaco. Cosa ci facevano lì quelle due? Che fosse per Dorian? E se lui avesse invitato anche loro come aveva invitato me? 'Doppiogiochista bastardo senza ritegno', pensai digrignando i denti in un moto di stizza. Magari ero io che mi stavo impressionando, forse erano venute senza che lui  dicesse niente, probabilmente anche per qualche altro ragazzo. In fondo, Dorian mica era l'unico ad essere così dannatamente bello al limite dell'impossibile! Su via, Jade! Cercai quasi di autoconvincermi tra me e me, mentre la gelosia mi dilaniava in tutto il corpo. Ma i miei pensieri furono improvvisamente interrotti dall'entrata dei giocatori in campo. Scorsi Dorian all'ultimo mentre usciva dallo spogliatoio con sguardo concentrato. Indossava la tuta da basket che metteva in mostra il suo corpo tonico, le sue braccia e spalle possenti e le sue gambe muscolose. Un idillio per gli occhi, specialmente con quei capelli corvini scompigliati che stava volutamente scombinando passandosi una mano tra di essi, in un gesto del tutto abituale. Ero pronta a sorridergli appena avrebbe guardato dalla mia parte, ma il mio entusiasmo scemò in un attimo così com'era venuto. Aggrottai le sopracciglia appena lo notai posare gli occhi su quelle due galline innanzi a me, loro lo salutarono eccitate con un gesto della mano e lui in risposta fece un occhiolino che le fecero impazzire, a giudicare dalle loro risatine maliziose. E a me, nemmeno un miserabile sguardo. Nessuna considerazione. Cercai di deglutire a forza quel groppo in gola che si era formato, mentre gli occhi diventavano tutto ad un tratto lucidi. L'allenamento iniziò con dello stretching. Dorian sembrava non stancarsi mai mentre con delle posizioni evidenziava il corpo che madre natura gli aveva gentilmente donato. Fortunatamente, notai che nemmeno per un attimo guardò dalla parte di Charlotte e della sua amichetta Jacky. Ma, d'altronde, nemmeno dalla mia di parte. Sbuffai irrequieta sul posto, concentrandomi sulla partita che era appena iniziata. Dorian era sciolto, veloce...agile! Sembrava non riuscire mai a star fermo sul posto. Non ero di certo sorpresa dal fatto che lui fosse il capitano. I suoi occhi erano puntati attenti sulla palla, un attimo dopo scattava verso di essa, sottraendola con poca difficoltà al suo compagno di squadra per poi fare canestro. Per tutto il tempo fu una serie ripetitiva di queste azioni. Era invincibile a confronto con gli altri ragazzi, forse solo qualcuno era lontanamente paragonabile a lui. Notai il suo mister, un uomo sulla cinquantina abbastanza in forma, seduto su una delle sedie a lato, il quale guardava con occhi che brillavano e un sorrisino soddisfatto il capitano della squadra, ovvero Dorian. Dopo un tempo interminabile di allenamento, finalmente il mister annunciò la fine e li congedò tutti, i quali si affrettarono ad entrare negli spogliatoi del tutto sudati. Scesi dagli spalti, non sapendo precisamente cosa fare. Ero ancora abbastanza offesa da quell'occhiolino che Dorian aveva riservato a quelle due e dalla totale assenza di interesse nei miei confronti, quindi per un attimo pensai bene di andarmene a piedi senza avvisarlo giusto per fargli un dispetto. Ma subito ritornai lucida constatando che sarebbe stata un'azione abbastanza immatura e da bambina. Mi incamminai verso l’uscita quando la voce di Charlotte mi costrinse a fermarmi. – Ciao, Jade – mi sorrise – tutto bene? – mi chiese poi. Non sapevo come interpretare questo suo interesse particolare, ma dopotutto, non eravamo rimaste in cattivi rapporti. O almeno, era stata lei a portarmi via dalla vista di Dorian e Jessica nudi. Quindi, decisi di non sembrare acida e le risposi cordialmente. – Ciao, abbastanza bene e a te? – Parlammo per qualche minuto come se fossimo delle semplici conoscenti e come se non ci fossimo mai odiate prima. Era sempre un po’ tonta ma almeno non si mostrava antipatica ai miei occhi come prima! Probabilmente le era passata la cotta per Dorian e semplicemente non mi vedeva più come la ragazza da eliminare dalla faccia della terra. – Dovrei andare a comprare un regalo per mia madre ma se Jacky non si sbriga, rischio di fare tardi! – Si lamentò, sbuffando nervosa. – Ah, dov’è lei adesso? – La mia domanda era stata posta soltanto perché un campanellino di allarme si era acceso nella mia testa e un brutto presentimento aleggiava all’interno di essa. – Mi ha detto che doveva parlare un attimo con Dorian, credo sia nello spogliatoio con lui. – Ok, due erano le cose: o faceva la finta tonta e innescava quella finta conversazione amichevole solo per distrarmi in modo da dare campo libero alla sua amichetta, oppure era davvero scema da non rendersi conto che io era la ragazza di Dorian e che un’informazione del genere mi avrebbe sicuramente infastidita. – Vado a chiamarla io – affermai con un sorrisetto acido mentre mi dirigevo all’interno dello spogliatoio, senza aspettare una sua risposta. Probabilmente i capelli si erano rizzati dal nervosismo. Mi prudevano le mani e le gambe mentre entravo nello spogliatoio della squadra. Ero talmente arrabbiata e ansiosa da non accorgermi nemmeno delle frecciatine e degli schiamazzi degli altri ragazzi. Cercai con lo sguardo Dorian, infischiandomene di aver davanti adolescenti con un fisico mozzafiato mezzi nudi, se non del tutto. Non trovandolo, mi addentrai in una parte più appartata e subito scorsi due figure: Dorian e Jacky. Quest’ultima teneva in mano la maglia di Dorian e lui si sporgeva cercando di riprenderla, mentre entrambi si sorridevano in modo giocoso. Maledetti. – Dagli immediatamente la maglia – la mia voce partì per volontà propria, suonando glaciale e minacciosa. In realtà, ero così delusa e amareggiata che avevo trasformato quelle emozioni in rabbia e rancore. Il mio sguardo era furibondo, a poco li avrei sbranati. Jacky abbassò gli occhi imbarazzata e porse a Dorian immediatamente la maglia, mentre quest’ultimo aveva lo sguardo concentrato su di me. Adesso sì che mi dedichi attenzioni, eh? Mi voltai immediatamente con l’intento di uscire di lì, mentre le lacrime minacciavano di uscire. Ma una presa salda al polso mi tirò indietro. Mi girai spaesata e notai la mano di Dorian attorno al mio braccio. – Puoi uscire, per favore? – La sua voce era seria ma gentile mentre si rivolgeva a Jacky che, subito dopo, uscì dalla stanza non prima di avermi lanciato uno sguardo che non ero riuscita a decifrare. Improvvisamente mi sentii strattonare mentre venivo appoggiata con poca delicatezza contro un armadietto. I miei polsi incatenati dalle sue mani ai lati della mia testa e la sua bocca che aveva preso a baciare con foga il mio collo. Il mio respiro, così come il mio cuore, accelerò sentendo la sua bocca umida su di me. Ero confusa dal suo comportamento. Era palese che fossi arrabbiata e invece di chiedermi spiegazioni, e ovviamente scuse, lui mi baciava. – Ti ho mai detto che mi ecciti da morire quando ti incazzi? – Mormorò con voce roca e maliziosa sulle mie labbra. Le sue mani si inoltrarono al di sotto della mia maglietta e il contatto della mia pelle calda con le sue mani fredde, mi riportò alla realtà. – Spostati – dissi in modo distaccato – sei tutto sudato – continuai con sguardo freddo e schifato mentre appoggiavo le mani sul suo petto nudo per allontanarlo. Ma non si mosse di un millimetro, ma anzi, con una mano mi spinse malamente di nuovo contro l’armadietto, facendo cozzare la mia schiena contro di esso e avvicinando il suo viso al mio, mentre io cercavo di sviare il suo sguardo. – Perché? Ti fa schifo? – Domandò, provocandomi palesemente sia con la sua espressione che con il suo tono di voce, mentre con un braccio piegato sopra la mia testa si sporgeva verso di me. – Sì – risposi concisa, senza pensare davvero a cosa stessi rispondendo. Ma rimasi ancora più sorpresa quando si avventò di nuovo in modo frenetico sulle mie labbra, innescando un bacio profondo e passionale, al quale, ovviamente, non rifiutai. Ma anzi, con la mani mi ancorai alle sue spalle, beandomi della sensazione della sua pelle nuda e accaldata sotto i miei polpastrelli, appena la sua lingua venne a contatto con la mia. Un caldo improvviso mi avvolse portandomi istintivamente a farmi vento con una mano, sventolandola all’altezza del petto. Dorian se ne accorse e si distaccò dalle mie labbra, rimanendo però comunque ad una distanza minima. – Hai caldo? – Chiese con voce affannata e rauca – allora iniziamo a levare questa – enunciò, abbassando la cerniera della mia felpa mentre io, inerme e incantata dai suoi gesti, me la lasciavo sfilare. La buttò malamente a terra, mentre i nostri sguardi di fuoco erano incatenati. Guardarlo giocare e contrarre quei bellissimi addominali mi aveva portata inconsciamente ad un livello di eccitazione tale da farmi prendere anche lì, davanti a tutta la sua squadra. Distolse per un attimo i suoi occhi dai miei, puntandoli sulla scollatura che gli offriva la mia canotta. Lo sentii fare un borbottio di assenso mentre con la lingua tracciava una scia umida dalla gola al seno lasciato scoperto dalla stoffa. – Tutta mia – mormorò in un sussurro con cui esprimeva tutta la sua possessione nei miei confronti. Mi morsi il labbro inferiore cercando di trattenere un gemito e riprendendo tutta la lucidità di cui ero capace. Iniziai a stuzzicarlo, o meglio, a mettere carne sul fuoco. – Quante altre ragazze sono tue? – Sussurrai alzando un sopracciglio, guardandolo attentamente e aspettando una sua reazione che non tardò ad arrivare. Infatti, vidi la sua bocca intenta a baciarmi la spalla, fermarsi improvvisamente, distaccandosi dalla mia pelle e restando leggermente aperta. I suoi occhi si spalancarono sorpresi. – Com..cosa? – Balbettò soltanto, tornando alla mia altezza. – O non sei tanto furbo oppure hai poco rispetto per me, dato che la prima cosa che hai fatto entrando in campo è stato fare un occhiolino a quella Jacky! Ed io, la tua ragazza, ero seduta un po’ più dietro! – Avevo il viso in fiamme. Finalmente gli stavo dicendo ciò che volevo rinfacciargli per tutto quel tempo che ero stata seduta a vederlo giocare. Lo vidi spalancare le braccia e aggrottare le sopracciglia in una posa del tutto sbalordita e confusa. – Nemmeno un sguardo verso di me, nemmeno un accenno! – Alzai di poco la voce, esprimendo e concretizzando la mia collera. Dorian, dal canto suo, si distacco di poco da me abbandonando le braccia lungo il corpo. – A te avevo salutato prima di entrare nello spogliatoio, loro le ho viste soltanto una volta entrato in campo… - spiegò, sempre con tono incredulo, come se non potesse credere che dovesse giustificarsi su quello. In risposta, incrociai le braccia al petto. – Quando gioco sono concentratissimo, come non ho rivolto attenzioni a te non l’ho fatto nemmeno con loro durante l’allenamento – disse infine, cercando il mio sguardo. Non ribattei, ma anzi, mi limitai al silenzio, con il capo rivolto di lato e l’espressione ancora arrabbiata. Avvertii di nuovo le sue mani appoggiarsi ai lati della mia testa e intrappolando il suo corpo con il mio. – Sei per caso gelosa, tigrotta? – Chiese con tono stanco e ciò non fece che farmi innervosire ancora di più. –Voglio andare via – dissi solamente tra i denti, spostandolo stavolta e usando più forza. – Vieni a casa con me. Dobbiamo parlare. – Esordì serio, mentre mi chinavo a raccogliere la mia felpa. Ero uscita di nascosto, non potevo restare troppo fuori casa. Sicuramente mia madre ad un certo punto sarebbe passata per la mia camera e, anche se l’avevo chiusa a chiave, avrebbe comunque potuto bussare. E magari lo aveva già fatto, ed io ero nei guai. Dovevo ritornare subito a casa mia ma avevo vergogna di rivelare a Dorian il vero motivo. Insomma, mi imbarazzava raccontargli che a 17 anni venivo ancora messa in punizione! – No – mi girai di scatto verso di lui che era intento a spogliarsi – voglio andare a casa mia – la mia voce risultò ancora più dura di quanto avrei voluto che fosse. L’unico modo per mascherare la verità era quello: fingere di essere arrabbiata con lui. Che poi, anche se non gli portavo ancora rancore come prima, la rabbia non era del tutto scemata. – Jade, dai. Non fare la bambina – sbuffò, levandosi anche l’ultimo indumento e rimanendo completamente nudo. Era una tentazione assurda ai miei occhi. Deglutii vistosamente e chiusi gli occhi forzatamente cercando di mantenere il controllo. – Ho detto portami a casa – l’ansia che mia madre potesse scoprirmi mi portava a risultare ancora più acida, cosa che gli fece finalmente decidere di abbandonare l’ascia da guerra. – Come vuoi – allargò le braccia in un gesto stizzito mentre mi riservava uno degli sguardi più spazientiti che gli avessi visto mai fare, prima di vederlo dirigersi verso le docce.


In macchina il silenzio dominava la situazione. Avevo il capo rivolto verso il finestrino e quando mi girai verso Dorian intento a guidare, dal suo profilo potei scorgere la mascella contratta. Era lui ad essere arrabbiato? Prima che potessi infuriarmi di nuovo con lui, il mio cellulare squillò.
Oh, merda.
In un attimo sbiancai completamente mentre il mio cuore galoppava alla velocità della luce. Il nome di mia madre lampeggiava sul mio cellulare. Questo significava solo una cosa. – Pronto? – Risposi, con un tono di voce ansioso. Nel frattempo Dorian si era girato verso di me, incuriosito dalla mia reazione. – Perché cavolo non apri questa dannata porta, Jade?! – La voce di mia madre era furiosa mentre urlava attraverso il cellulare. Gridava così forte che molto probabilmente Dorian aveva sentito tutto. Ero entrata in una fase di agitazione, dovevo inventare una scusa al momento. – Ehm…io… - mi morsi le mani maledicendomi mentalmente per la mia poca esperienza nel raccontare frottole a mia madre, intanto Dorian aveva parcheggiato l’auto di fronte il mio viale. – Sono nella vasca! – Esclamai, alzando di poco la voce. Contenta per quel colpo di genio che mi aveva improvvisamente illuminato. – Mi sono addormentata nella vasca – spiegai meglio, scendendo dalla macchina senza salutare Dorian ma limitandomi a percorrere il mio vialetto fino al retro della casa. – E perché diavolo sei chiusa dentro, Jade? – Sicuramente adesso mia madre stava picchiettando in segno di nervosismo il piede per terra. – Il tempo che mi do una sistemata e vengo ad aprirti, così parliamo – chiusi la chiamata e subito dopo iniziai ad arrampicarmi lungo l’albero che mi avrebbe portato alla mia finestra. Cercai di non guardare a terra perché molto probabilmente la paura per l’altezza, anche se non era molta, mi avrebbe pietrificata sul posto. E non potevo permettermi di perdermi in quelle frivolezze, non in quel momento almeno. Scavalcai la finestra aperta e appena entrata nella stanza, mi levai scarpe e calzini restando a piedi nudi e presi in tutta fretta un asciugamano del bagno, avvolgendo i miei capelli all’interno. Ecco, così avrei dato l’impressione di essere appena uscita da una vasca. Aprii la porta, pronta alla sfuriata di mia madre. Il suo viso mi comparve davanti, rosso come i suoi occhi. – Allora? – Cercava di mantenere la calma, mentre incrociava le braccia al petto. – Avevo paura che John o papà potessero entrare in bagno, dato che ho perso la chiave – spiegai, congratulandomi con me stessa per la mia improvvisazione. – Sicura? Non è che mi nascondi qualcosa? – Chiese con un tono di voce indagatore. Mi affrettai a negare. – Sai che a me puoi dirmi tutto – la cosa che mi sorprese e che si calmò in un attimo, non c’era più rabbia nella sua voce. – Davvero? – chiesi sarcastica – mi metti in punizione ancora a 17 anni e pretendi che io ti dica tutto? – Mi allontanai dalla porta, buttandomi a peso morto sul letto. Ero stanca mentalmente. Tra mia madre e Dorian non sapevo chi mi scombussolava di più. Con mio grande stupore, non rispose. Sentii soltanto dei passi allontanarsi dalla stanza. Maledetto Dorian! Non solo ero uscita di nascosto per lui, rischiando di essere scoperta da mia madre, dovevo anche vederlo provarci con altre ragazze!

L’indomani mattina, mi affrettai ad alzarmi dal letto. Avevo già i nervi a fior di pelle, ancora arrabbiata per la sera prima. Quando entrai a scuola non salutai nessuno, lasciando un Jason sbigottito dalla mia reazione, tanto che, durante l’ora di chimica, mi arrivò un suo messaggio: “Spero che tu abbia il ciclo, non vorrei che il tuo principe azzurro ne abbia combinata un’altra delle sue. “
Sospirai, ringraziando il cielo di avermi donato quel ragazzo così da potermi sfogare e cercare di farmi calmare.
“In biblioteca, alla fine di quest’ora.” Gli inviai quel messaggio e riposi il cellulare in tasca.

– Credo solo che tu sia estremamente gelosa, Jade – constatò Jason, addentando un pezzo di cioccolato. Cosa?!
– Io? – mi indicai incredula – ho tutte le mie motivazioni per esserlo! – Esclamai, furiosa anche con lui adesso che invece di capirmi, mi accusava di star sbagliando. – Senti – si avvicinò a me, prendendomi per le spalle – devi andare da lui, ora. Parla, urlagli contro, prendilo a sprangate. Ma dovete chiarirvi, questa cosa non ha senso! –
E poi se ne andò, lasciandomi da sola e sbigottita.

Quando mi avvicinai all’armadietto del soggetto in questione, non mi stupii di ritrovarlo in compagnia di un’altra ragazza che non conoscevo. Parlottavano tra di loro, tranquilli. Il fumo che mi fuoriusciva dalle mie orecchie era visibile anche a chilometri di distanza. Finsi una tosse, giusto per avere la loro attenzione, che non tardò ad arrivare. Entrambi si girarono verso di me. La ragazza mi fissava con un punto interrogativo stampato in fronte, mentre Dorian, mi rivolgeva uno sguardo di sufficienza. – Hai qualche problema, Mills? – Si rivolse a me, con un finto tono esausto ma allo stesso tempo arrogante. Oh, adesso il signorino mi chiamava anche per cognome! – Sì – risposi solamente, abbozzando un sorriso palesemente falso. La ragazza guardava entrambi con un’espressione confusa. – Magari potrei anche esporti il mio problema, Anderson – calcai apposta sul suo cognome – ma avrei bisogno di privacy – terminai infine, facendo intendere ad entrambi che volevo restare da sola con lui. La ragazza si limitò ad alzare le mani, allontanandosi non prima di aver schioccato sulla guancia del MIO ragazzo, un bacio. – Sono tutte così dolci e carine – commentai, sbattendo le palpebre e trasudando acidità da tutti i pori. – Tutte, tranne una – ribatté Dorian, appoggiandosi all’armadietto accanto a sé. Ora eravamo uno di fronte all’altro e i nostri occhi bruciavano. Si stava palesemente riferendo a me. – Per fortuna il mondo è vario – alzai le sopracciglia in segno di sfida. Lo vidi muoversi irrequieto sul posto, come se si stesse trattenendo. – Ora, per favore, mi spieghi cosa diavolo stai combinando? – Incrociò le braccia al petto, con un’espressione che pretendeva spiegazioni. – Cosa stai combinando tu, vuoi dire! – Alzai di poco la voce, irritata di nuovo come non mai. – Io? – si indicò spalancando gli occhi – sei tu che ieri mi fai una sceneggiata per niente e dopo avermi snobbato, rifiutando il mio invito a chiarire e parlare da soli a casa, ti ostini a volertene andare. E quando esci dalla mia auto, non ti sprechi neanche a salutarmi! Te ne vai così, senza una minima considerazioni nei miei confronti! – Terminò quel suo monologo, urlato tra l’altro, gesticolando infuriato e attirando molti sguardi su di noi. Deglutii il sapore di bile che avevo in bocca, prima di iniziare a parlare. – Ah, certo! Perché il signorino pretende attenzioni quando lui stesso non le dedica alla sua fidanzata, ma ad altre ragazze! – Strillai, agitando il mio indice e spingendo sul petto di Dorian con stizza. – Stai forse delirando, Jade?! – si avvicinò pericolosamente a me, alzando la voce come poche volte aveva fatto – la gelosia ti sta appannando gli occhi mia cara! Non ti accorgi nemmeno di tutte le attenzione che ti do, troppo impegnata a farti film mentali su qualsiasi accenno o parolina che rivolgo ad altre ragazze! – I suoi occhi inferociti iniziavano quasi a spaventarmi. – Tutti i maledetti giorni ti vedo in compagnia di Jason e, nonostante so che quel tipo ci abbia provato con te, non ti vieto di parlargli né faccio scenate di gelosia! Perché, dannazione, io mi fido di te! – Scagliò un pugno pieno di ira contro l’armadietto, facendomi sobbalzare. Mi portai d’istinto le mani sul cuore, guardando il suo capo appoggiarsi in modo esausto contro lo sportello di metallo. Solo in quel momento, tutta la gelosia e la collera che avevo accumulato in quei giorni, si stava lentamente dissolvendo lasciando soltanto un forte senso di colpa. Io non mi fidavo di lui e questo faceva scattare, ogni qual volta lo vedevo in compagnia di una presenza femminile, un campanello di allarme che mi costringeva ad avere attacchi di gelosia ed a non ragionare lucidamente. Il corridoio era vuoto, segno che tutti gli studenti erano nelle rispettive classi. C’eravamo solo io e Dorian, ed i nostri respiri agitati. – Mia madre mi ha messa in punizione e sono praticamente uscita di nascosta per venire a vederti – parlai con voce fievole – non volevo dirtelo ed ecco perché ho insistito per ritornare a casa mia – il suo capo era di nuovo rivolto verso di me, prestando attenzione alle mie parole – e il motivo per cui me ne sono andata senza salutare è perché mia madre stava per scoprirmi – terminai il mio discorso, avevo le lacrime agli occhi. Mi dispiaceva per l’esasperazione che gli stavo procurando, lo stavo allontanando da me.
– Sicuramente ti sto scocciando con la mia stupida gelosia – ero sull’orlo delle lacrime – torno in classe – dissi soltanto, camminando dalla parte opposta alla sua. L’ultima cosa che vidi furono i suoi occhi pensierosi, puntati sul pavimento. Me ne andai con una tremenda paura di averlo perso e tutto per colpa mia.


Ero stesa sul mio letto supina, lo sguardo rivolto verso il soffitto e le lacrime che rigavano le mie guance. All’uscita mi ero diretta velocemente a casa, cercando di non incontrare nessuno per la mia strada. Il mio umore era abbastanza tormentato ed il motivo lo conoscevo bene. Non vidi più Dorian dopo quella discussione e questo mi fece rattristire ancora di più, confermando le mie supposizioni: si stava scocciando di me.
Improvvisamente, i miei pensieri furono interrotti da dei rumori proveniente dalla finestra.
Mi alzai di scatto incuriosita, avvicinandomi ad essa. Per poco non urlai dallo spavento quando notai una figura accovacciata fuori. Ma, un attimo dopo, scorsi il viso di Dorian e con un’espressione sorpresa aprii la finestra.
Dorian entrò con poca difficoltà nella mia stanza, abbassandosi il maglione che si era alzato probabilmente mentre era impegnato ad arrampicarsi. Mi girai verso di lui e lo trovai già intento a fissarmi.
I nostri sguardi si incrociarono.
Si incatenarono intensamente, togliendomi il respiro quando mi ritrovai le sue labbra sulle mie e il suo tocco sul mio corpo. Mi abbracciò, forte, mentre leccava le mie labbra con la sua lingua. Le sue braccia mi stringevano al suo petto e la sua bocca carnosa e umida mi regalava baci a stampo sparsi sul viso. Confusa da tutte quelle attenzioni ma abbastanza accaldata da non riuscire a formulare nessuna frase di senso compiuto, il mio cervello riuscì a farmi sussurrare solo il suo nome.
– Dorian… - Avevo un tono carico di emozioni. Lui forse non si accorgeva nemmeno della reazione che si innescava in me ogni qual volta mi sfiorava. Un attimo dopo, mi ritrovai stesa sul letto, denudata dalle mani Dorian. Quest’ultimo torreggiava su di me col suo corpo possente e con le sue labbra che baciavano con foga e passione le mie. Quando entrambi ci ritrovammo nudi e accaldati, Dorian non esitò ad entrare dentro di me delicatamente. Un sospiro tremulo uscì dalle mie labbra, sentendolo riempirmi completamente. Facemmo l’amore come se fosse la prima volta, assaporandoci lentamente. La stanza era gremita di gemiti di piacere e rumore di schiocchi di labbra.
Dorian mi dedicava attenzioni e mi venerava come se fossi una dea. Come avevo fatto a non accorgermene?
Un secondo dopo che entrambi raggiungemmo il culmine, Dorian, sfiorando le mie labbra, parlò.
– Non mi stancherò mai di amarti
-.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2012702