Il Diavolo Nero

di TheBlackWolf97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11- Prima Parte ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11- Seconda Parte ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 

 

 

 

 

 

La signora Lovenly, direttrice dell’unico orfanotrofio della città, era una donna dal cuore d’oro, che amava il suo lavoro più della sua stessa vita.

Poter aiutare i bambini che ne avevano bisogno dandogli una casa era sempre stato lo scopo della sua vita, fin da quando era giovane.

Forse perché lei stessa era una persona cresciuta senza l’affetto dei genitori, e quindi capiva perfettamente quanto un aiuto possa scaldare il cuore.

Quella sera, come tutte le altre sere da molti anni, la signora Lovenly aveva aspettato che tutti i suoi bambini (perché questo erano quelle povere creature, i suoi bambini) e poi si era ritirata nella sua camera, al secondo piano della grande casa.

Era seduta sulla vecchia poltrona di velluto rosso e sorseggiava un bicchiere di vino rosso, contemplando il paesaggio fuori dalla finestra.

Era una sera splendida, il cielo era puntellato da miliardi di piccole stelle luminose e la luna irradiava il paesaggio con la sua luce argentata.

La signora Lovenly ingoiò l’ultimo sorso di vino, poi si alzò e appoggiò il bicchiere sul mobile di legno scuro accanto alla finestra.

Lanciò un’occhiata all’orologio. Le undici e mezza.

Credo sia ora di andare a letto.

Il pensiero non fece in tempo a formarsi nella sua mente, che un suono improvviso e inaspettato la fece sobbalzare.

Era il verso di un cane, un lamento basso e continuo. Sembrava persino malinconico.

La signora Lovenly, dopo essersi ripresa dalla sorpresa, uscì rapidamente dalla sua camera e scese in fretta le scale, fermandosi nell’ingresso dell’orfanotrofio.

Aguzzò le orecchie.

Il lamento si ripeté, e lei poté constatare che arrivava da fuori.

La direttrice dell’orfanotrofio si avvicinò alla grande porta di legno dell’edificio e la aprì con un sospiro, pronta a scacciare (anche se a malincuore) il cane.

Appena la porta fu aperta del tutto, la signora Lovenly strabuzzò gli occhi.

Davanti a lei non c’era un cane randagio, bensì due bambini.

La donna li guardò attentamente, e si rese conto di non averli mai visti.

Erano un maschio e una femmina, ed entrambi avevano i capelli nerissimi e il viso coperto di lentiggini.

Potevano essere scambiati per due gemelli, se non fosse stato per il fatto che il bambino dimostrava un anno o due in più della sorella.

La piccola aveva gli occhi bassi e si teneva aggrappata alla mano del fratello come se lui fosse stato l’unico in grado di aiutarla.

Alla signora Lovenly si strinse il cuore quando incrociò gli occhi verdi e impauriti del bambino, che sembravano gridare aiuto.

- Ciao, piccoli. E voi da dove saltate fuori?

Nessuno dei due rispose, ma la bambina sollevò lentamente gli occhi sull’anziana donna.

La direttrice dell’orfanotrofio rimase letteralmente fulminata da quello sguardo.

L’occhio destro della piccola era di un bellissimo blu cobalto, che ricordava le profondità oceaniche, mentre il destro era color ambra e brillava alla debole luce della luna.

In tutta la sua vita, la signora Lovenly non aveva mai visto niente del genere. Quella bambina, che sembrava così fragile e indifesa, avrebbe potuto stendere chiunque con una semplice occhiata.

Quelli erano due occhi che scavavano nell’anima di chi li osservava.

La signora Lovenly sorrise dolcemente.

- Venite, cari. Entrate, altrimenti rischiate di prendere un raffreddore.

E dicendo ciò, si fece da parte, indicando l’interno dell’orfanotrofio.

I due fratelli esitarono, poi lentamente il bambino fece qualche passo e superò la soglia, seguito a ruota dalla sorella.

La direttrice dell’orfanotrofio si richiuse la porta alle spalle, inconsapevole che, da qualche parte nell’oscurità, un paio di occhi color sangue avevano osservato tutta la scena, iniettati di odio.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


1

 

 

 

 

 

 

L’allarme del negozio ruppe il silenzio della notte in modo assordante.

I due ladri che lo avevano fatto scattare uscirono correndo dalla gioielleria appena rapinata, con un sacco nero stretto nelle mani.

- Sbrighiamoci, idiota, altrimenti arriverà la polizia- sbraitò uno dei due, notando che il compagno si era fermato.

Corsero per le strade poco illuminate della periferia della città, fino a raggiungere un incrocio con una delle vie principali.

- Raggiungiamo il furgone e andiamocene- disse uno dei due uomini, con un sorriso beffardo.

L'altro annuì, imitando il sorriso.

Fecero ancora qualche passo verso un furgone bianco, ma poi furono costretti a fermarsi.

Un ringhio minaccioso e infuriato li inchiodò sul posto, mentre i loro occhi incontravano quelli di un grosso cane.

Erano gli occhi più strani che avessero mai visto.

Il sinistro era di un blu intenso, mentre il destro era dorato.

L'animale si piazzò davanti al furgone, le orecchie basse e il pelo ritto.

Dalla bocca spuntavano affilate e mortali zanne bianche e lucenti.

I due uomini furono improvvisamente invasi dal terrore.

- Bill... Quegli occhi...

- Si. È lui.

L'uomo che aveva parlato per primo soffocò un gemito.

Sapeva molto bene che l'animale che si trovava davanti non era un cane normale. Negli ultimi tempi, tra le bande della città si era diffusa la notizia di un lupo che bloccava i ladri e che li faceva arrestare dalla polizia.

Il pelo nero dell'animale scintillò sotto la luce dei lampioni quando si avventò contro Bill.

L'uomo non fece neanche in tempo a rendersi conto di quello che stava succedendo.

In una frazione di secondo si ritrovò a terra, sormontato dal grosso animale che gli ringhiava contro.

Le sue zanne erano a pochi centimetri dal viso di Bill, che ne sentiva l'alito caldo su di se.

- Maledetto bastardo!- gridò l'uomo, dibattendosi per cercare di scrollarsi di dosso il suo assalitore.

Il lupo nero alzò gli occhi fino ad incontrare quelli del secondo uomo, che ebbe un sussulto.

L'animale poggiò una zampa sul petto di Bill, gettò la testa all'indietro e ululò.

Nello stesso istante, l'uomo a terra lanciò un urlo.

 

 

La ragazza osservava da dietro un palazzo la volante della polizia che caricava i due ladri.

I due uomini erano in stato di choc e continuavano a ripetere sempre la stessa frase.

- Ve lo ripeto, era lui. Non è un'invenzione- disse uno dei due, quello che doveva chiamarsi Bill.

- Il Diavolo Nero- assentì il secondo uomo, con lo sguardo perso nel vuoto.

La ragazza sorrise tra se. Quel soprannome le piaceva.

Si voltò e iniziò a percorrere una delle strade principali della città, deserta a quell'ora della notte.

Il suo occhio destro, quello dorato, brillava riflettendo la luce dei lampioni, mentre il sinistro si confondeva con il buio della notte.

I capelli ricci e neri le ondeggiavano dietro le spalle, a tempo con i suoi piedi.

La ragazza affrettò il passo.

Doveva sbrigarsi a tornare all'orfanotrofio.

Ryan si arrabbierà di nuovo, pensò, e questo la fece nuovamente sorridere.

Il fratello maggiore era sempre iperprotettivo nei suoi confronti, e lei si divertiva un mondo a farlo arrabbiare.

Camminava ormai da diversi minuti, eppure le sembrava di essere ancora al punto di partenza. Anche se le sue gambe erano lunghe, quel corpo umano era terribilmente lento e impacciato.

La ragazza si guardò intorno e fiutò l'aria intorno a se per essere sicura di essere davvero sola.

La sua figura tremolò leggermente, come se d'improvviso non avesse contorni ben definiti, e pochi istanti dopo al suo posto c'era la lupa nera.

L'animale partì a razzo lungo la via, con le quattro zampe robuste che disegnavano ampie falcate sull'asfalto.

L'olfatto acuto del lupo gli mandava odori quasi impercettibili alle narici, e le sue orecchie lunghe e dritte percepivano anche il più piccolo suono.

Man mano che avanzava, il paesaggio intorno a lei cambiò.

Le belle ville dal tetto rosso del centro della città cedettero il posto alle case vecchie e alle stradine buie della periferia, e la lupa svoltò a destra, imboccando una piccola via avvolta nella penombra.

Seppur vecchie, quelle case avevano un fascino molto particolare, donato dall'architettura pittoresca e lo stile antico.

La lupa nera si fermò davanti all'ultimo edificio che sorgeva in fondo alla via, sulla sinistra.

Assomigliava più a un vecchio castello, piuttosto che a una casa, con una bassa torretta adiacente al muro di destra e la vecchia struttura interamente fatta di legno scuro.

L'animale annusò l'aria, e subito l'odore del legno vecchio le inondò le narici.

Le molte finestre dell'orfanotrofio erano tutte oscure, segno che gli altri bambini erano andati a dormire, ma la lupa nera si diresse a passo sicuro sul retro dell'edificio.

Il suo pelo scuro si confondeva perfettamente con il buio intenso che la avvolgeva e lei si accucciò accanto ad un folto cespuglio di rose.

Aveva gli occhi fissi su una porta chiusa, che solitamente usava la donna delle pulizie per uscire.

La lupa rimase immobile per qualche istante, poi lentamente la porta si aprì.

La luce dell'interno disegnò un cerchio sull'erba davanti all'uscio, e poco dopo un ragazzo alto e snello, con i capelli neri e gli occhi di un verde intenso fece capolino dalla soglia.

La lupa nera si alzò e trotterellò verso il fratello, che tirò un sospiro sollevato appena la vide.

- Sei in ritardo, Kane.

Ryan appoggiò una mano sulla testa pelosa dell'animale, che ricambiò con una scodinzolata.

Pochi secondi dopo, al posto della lupa nera c'era di nuovo a ragazza dai capelli neri.

Sorrise al fratello con un sorriso malizioso.

- Eri in pena, Ryan?

L'altro sbuffò fingendosi seccato. - Neanche un po'.

Kane lo superò e si infilò all'interno dell'orfanotrofio, ritrovandosi nell'atrio dell'edificio.

Essendo antico, era stato creato secondo lo stile dell'epoca, che adesso poteva risultare alquanto insolito.

Eppure, anche quello contribuiva ad accrescere il fascino quasi misterioso dell'orfanotrofio, e Kane ci era ormai abituata.

Si fermò davanti all'ampia rampa di scale che conduceva al piano di sopra e attese che Ryan la raggiungesse.

Salirono insieme i gradini, che al loro passaggio emisero un leggero gemito di protesta, e si incamminarono lungo il corridoio in penombra sul quale si trovavano le porte delle camere.

Una volta giunti a metà dello stretto corridoio, sulla destra si aprì un grande arco di legno che introduceva alle scale a chiocciola che permettevano di accedere alla torre del lato destro.

I due fratelli iniziarono la salita, contando il numero di gradini che ormai conoscevano a memoria.

La loro camera era la sola che si trovasse nella torre, proprio in cima.

Era una stanza piccola, centravano a malapena i loro due letti e una piccola abat-jour, ma loro la adoravano.

Kane aprì con decisione la porta della camera e si diresse subito verso il suo letto, quello più vicino alla parete. Il letto di Ryan, invece, si trovava proprio sotto la finestra.

La ragazza si tolse i pesanti anfibi e i jeans attillati che indossava e si rannicchiò con la schiena contro la parete.

Ryan la osservò dall'altro lato della stanza.

Sua sorella, lo notava solo adesso, aveva l'aria davvero sfinita.

Il ragazzo sospirò. Fin da quando erano bambini, lui si era sempre sentiti responsabile di quello che accadeva alla sorella minore, e aveva cercato di proteggerla.

Ma si era presto reso conto che lei non aveva bisogno di protezione. Era un lupo, e sapeva badare a se stessa meglio di chiunque altro.

Eppure, Ryan non poteva fare a meno di preoccuparsi.

Lui aveva diciotto anni, e l'anno prossimo avrebbe dovuto lasciare l'orfanotrofio.

Quello era il regolamento, e per quanto alla signora Lovenly piangesse il cuore, non poteva ignorarlo.

Ryan sapeva che gli restava solamente un anno in quell'edificio che era sempre stato la sua casa, e questo pensiero pesava su di lui come un macigno.

- Ryan- sussurrò Kane, senza aprire gli occhi, - c'è qualcosa che non va?

Il ragazzo scosse la testa con un sorriso. - Sto bene. Adesso dormi, però.

E dicendo questo si distese sul suo letto e chiuse gli occhi, abbandonandosi alla stanchezza.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


2

 

 

 

 

 

 

Quando Kane si svegliò, notò subito che il fratello era già uscito.

Si tirò su a sedere e si stropicciò gli occhi con i palmi delle mani.

Ryan è sempre mattiniero, si disse e sbuffò divertita.

Quando si alzò dal letto, la luce del sole le fece strizzare gli occhi e Kane capì che dovevano essere circa le otto.

La scia dell'odore del fratello era ancora presente nella stanza, quindi il ragazzo non doveva essere uscito da molto.

Kane sbadigliò mentre si infilava gli stessi jeans e gli stessi anfibi che indossava la sera precedente.

Se anche lui andasse a caccia di ladri tutte le notti, non sarebbe certo così mattiniero.

Kane aprì la porta della stanza e iniziò a scendere controvoglia le scale a chiocciola.

Le sue orecchie ricevevano chiaramente il rumore della signora Lovenly che preparava la colazione in cucina e, mentre attraversava il corridoio, i respiri regolari degli altri bambini che dormivano ancora nelle loro camere.

Si fermò a contemplare il grande tappeto rosso che nascondeva per intero il pavimento dell'atrio. La signora Lovenly aveva un particolare attaccamento per quel vecchio tappeto, perché era quello che suo marito le aveva regalato di ritorno da uno dei suoi viaggi in India.

L'anziana donna parlava spesso del marito con i bambini dell'orfanotrofio, e raccontava loro storie non troppo inventate di inseguimenti nella giungla e di spedizioni segrete nel deserto.

La ragazza seguì l'odore del fratello fino a fermarsi davanti alla porta che dava sul giardino, e li lo vide attraverso il vetro.

Ryan era seduto su una delle panche che la signora Lovenly aveva sistemato nel grande giardino dietro la casa, che era anche adibito come “Parco Divertimenti” dei bambini.

Il ragazzo dava le spalle all'orfanotrofio e l'ombra di un imponente pino lo proteggeva dai raggi solari.

Kane si avvicinò senza fare rumore e lanciò uno sguardo oltre le spalle di Ryan.

Il suo cuore accelerò i battiti quando vide la foto che il fratello maggiore stava fissando.

Conosceva benissimo quella fotografia, perché Ryan la portava sempre con se come un portafortuna.

Era l'unica immagine della loro famiglia, tutta unita e in posa per la foto.

Sul lato più a sinistra c'era suo padre, un uomo alto con i capelli neri e ricci come quelli dei figli e gli occhi blu.

L'uomo aveva un braccio avvolto intorno alle spalle della moglie, una donna bionda dagli occhi ambrati e lucenti, e con l'altra mano reggeva un Ryan bambino, di circa quattro anni, che gli era seduto sulle spalle.

Kane era in braccio alla mare, e la donna la teneva appoggiata su un braccio e aveva il viso accanto al suo in un gesto affettuoso.

- Ryan?

Il ragazzo sobbalzò e si voltò di scatto.

-Kane! Buongiorno. Da quanto tempo sei qui?- balbettò, nascondendo in fretta la fotografia nella tasca del giubbotto.

Kane sorrise, ma in quell'espressione si leggeva chiaramente la sua tristezza.

- Mi mancano, fratellone. Ogni giorno.

L'altro annuì, incupendosi e facendole segno di sedersi accanto a lui.

I due fratelli rimasero in silenzio, assaporando uno la presenza dell'altra, senza bisogno di parole per capirsi.

Da che Kane ne aveva memoria, il loro rapporto era sempre stato così. Ryan la capiva, a volte, meglio di quanto facesse lei stessa e si era sempre preso cura di lei, dimostrandosi forte anche quando le circostanze erano difficili.

Un giorno, si ripeteva spesso, sarò in grado di ricambiare il favore, Ryan. Un giorno sarai tu ad essere in difficoltà, e puoi stare certo che io sarò li per difenderti come tu hai sempre fatto con me.

È una promessa.

 

 

- Cosa?

Kane spalancò gli occhi, sinceramente sorpresa.

La signora Lovenly, seduta davanti a lei nella grande sala adibita come mensa, le rivolse uno sorriso a trentadue denti.

- Non è magnifico, cara? Una coppia ha deciso di venire a farci visita e credo proprio che siano intenzionati ad adottare un bambino.

Kane annuì, lo sguardo perso oltre le spalle della donna.

Come sempre, la notizia che una coppia sarebbe presto venuta all'orfanotrofio le fece provare una stana emozione che le scosse il cuore.

Oramai si era rassegnata all'idea che lei non sarebbe mai stata adottata.

In primo luogo, una ragazza di diciassette anni non poteva assolutamente reggere il confronto con un bambino di tre o quattro anni, e poi lei non avrebbe certo permesso che la separassero da Ryan.

Se dover restare in orfanotrofio fino ai diciotto anni significava però poter stare al fianco di suo fratello per sempre, Kane lo avrebbe sopportato.

Di questo era sempre stata convinta, fin da bambina.

Eppure, un'ombra di tristezza si espandeva dentro di lei ogni volta che una coppia si portava via un altro bambino.

- Hanno telefonato dicendomi che sarebbero passati nel pomeriggio, per cui dobbiamo darci da fare per far splendere questo posto- stava dicendo la signora Lovenly, in un evidente stato di eccitazione.

Non c'era niente al mondo che la mettesse di buon umore come sapere che, forse, presto un altro dei suoi bambini avrebbe trovato una famiglia.

Così, mentre la direttrice e le altre signore del volontariato si davano da fare con scopa e piumino per spolverare, Kane si rifugiò all'ombra del grande pino che sorgeva in giardino.

Una parte di lei sentiva l'impellente bisogno di trasformarsi in lupo.

A dispetto di quello che le persone avrebbero potuto pensare, non le occorreva né la notte né tanto meno la luna piena.

Kane non era un lupo mannaro, o licantropo, come spesso veniva chiamata quella creatura, ma un normalissimo lupo.

Un lupo che aveva imparato, come sua madre prima di lei, ad ingannare gli esseri umani confondendosi in mezzo a loro.

E spesso, quando era agitata o impaurita, il lupo dentro di lei sembrava premere contro le sue ossa per liberarsi dallo spazio angusto in cui era stato rinchiuso.

Kane scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri.

Sapeva bene che trasformarsi in pieno giorno era troppo rischioso, e decise di rientrare per tenere la mente occupata.

In realtà, non era preoccupata che la signora Lovenly o le altre volontarie dell'orfanotrofio potessero scoprire la verità.

Si fidava di loro tanto quanto si fidava di Ryan, ed era sicura che nessuna di loro l'avrebbe denunciata alla polizia.

In fin dei conti, le volevano bene come se fosse una figlia.

Kane, anzi, sarebbe stata sollevata se anche loro avessero saputo tutta la verità.

Non avrebbe più avuto bisogno di nascondersi e sarebbe stata senz'altro meno tesa durante il giorno.

La ragazza sospirò mentre avanzava su per le scale, diretta in camera sua.

Nell'aria si sentiva il dolce suono di una melodia suonata al pianoforte,

e a Kane bastarono pochi secondi per capire che era suo fratello che suonava.

Fin da piccolo, Ryan aveva sempre manifestato la sua passione per la musica, e suo padre aveva insistito perché prendesse lezioni di pianoforte.

A diciotto anni, Ryan era diventato un vero mago dello strumento, e spesso le signore dell'orfanotrofio gli chiedevano di suonare qualcosa.

Kane svoltò a sinistra lungo il corridoio del piano di sopra e contò cinque passi.

Alla sua destra si presentò la piccola stanza dove si trovava il pianoforte e altri strumenti musicali.

Era un locale angusto, e Kane si era chiesta più volte come avevano fatto a farci entrare un piano.

Sulla parete opposta alla parete erano appoggiate una chitarra e un violino dall'aria consumata, e il pianoforte sorgeva al centro della stanza.

Ryan voltò lo sguardo appena sentì i passi avvicinarsi e sorrise alla sorella.

- Hai saputo la notizia? Una coppia verrà a farci visita tra poco.

Kane annuì e un'ombra le si insinuò negli occhi, senza che lei potesse fermarla.

- Spero che trovino il bambino che fa per loro- mormorò la ragazza, e nella sua voce c'era però traccia della tristezza che la invadeva

- Ehi- disse il fratello, pacatamente, - stai bene?-

Kane non rispose. Mosse qualche passo e pochi istanti dopo la lupa nera appoggiò la grossa testa pelosa sulla gamba di Ryan.

Il ragazzo sorrise e le mise una mano in mezzo sulla fronte accarezzandola lentamente, come per assaporare il contatto con la pelliccia morbida.

Una macchina che frenava davanti all'orfanotrofio attirò l'attenzione di Kane, che fece guizzare le orecchie per sentire meglio.

Udì il citofono del portone trillare rompendo il silenzio e i passi frettolosi della signora Lovenly.

Sono arrivati.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


3

 

 

 

 

 

 

Prima di scendere a conoscere i nuovi arrivati, Kane si chiuse in bagno.

Aprì un cassetto del piccolo mobile bianco e ne tirò fuori la scatola delle lenti a contatto colorate.

Ogni volta che qualche potenziale genitore veniva in visita all'orfanotrofio, Kane doveva ricorrere a questo espediente. Era consapevole che i suoi occhi, così diversi e strani, avrebbero potuto attirare attenzioni indesiderate su di lei, sopratutto considerando che oramai quasi tutti i malviventi della città erano a conoscenza di questo particolare.

Il Diavolo Nero era famoso sopratutto per quegli occhi che mettevano così paura alle persone.

Dopo aver applicato le lenti, osservò il risultato allo specchio.

Quest'ultimo le restituì l'immagine di una normale ragazza di diciassette anni con i capelli neri e ricci e gli occhi color cioccolato.

In quel modo, non si sarebbe certamente fatta notare.

Kane sospirò. Era pronta.

Uscendo dal bagno, trovò Ryan ad aspettarla, appoggiato al muro del corridoio.

Il fratello la guardo con una strana espressione, tra il diffidente e il malinconico.

- Sai, detesto quelle lenti a contatto.

Kane rimase colpita da quella frase.

Non era lui quello terrorizzato dal fatto che qualcuno potesse scoprire la verità? Dovrebbe essere sollevato nel vedermi così uguale agli altri.

- Perché?

Ryan sorrise. - Mi piacciono i tuoi occhi.

La sorella gli assestò una gomitata affettuosa nello stomaco, cercando di mascherare l'emozione che si era fatta strada sul suo viso, e insieme si diressero in giardino.

Era li che, di solito, la signora Lovenly faceva accomodare le coppie, mentre i bambini erano liberi di giocare.

Quando i due fratelli arrivarono davanti alla porta-finestra, la prima cosa che attirò l'attenzione di Kane fu una chioma di folti capelli rossi che spiccava in mezzo alla folla di bambini.

Man mano che si avvicinava, la ragazza percepì un intenso profumo di gelsomino misto a un pizzico di cannella, e poi udì una voce pacata e musicale.

- Questo posto è davvero meraviglioso- stava dicendo la donna dai capelli rossi alla direttrice dell'orfanotrofio, tenendo una mano intrecciata a quella del marito.

Kane e Ryan si fermarono accanto alla signora Lovenly, che appena li vide gli rivolse un ampio sorriso.

- Bene ragazzi, eccovi qui! Volevo presentarvi i signori Milton, Graham e Teresa.

Kane spostò lo sguardo sull'uomo, che la osservava con sguardo sorridente.

Aveva i capelli marrone scuro e gli occhi neri e profondi, e una leggera barba gli incorniciava le labbra sottili.

Guardandolo, Kane pensò che era davvero un bell'uomo.

E sua moglie non era certo da meno, con quella chioma rossa e gli occhi verdissimi.

Entrambi indossavano vestiti semplici, lei una camicetta bianca e una gonna azzurra e lui una camicia e un paio di pantaloni scuri.

Non erano diversi da altre coppie che erano venute in visita all'orfanotrofio, eppure Kane si sentì stranamente attratta da quelle due persone.

- Piacere di conoscervi- disse Teresa, riscuotendo la ragazza dai suo pensieri.

- Piacere mio- rispose educatamente Ryan. Poi scoccò un'occhiata alla sorella e si corresse: - Cioè, piacere nostro.

Moglie e marito sorrisero.

- Ryan e Kane sono gli ospiti più grandi dell'orfanotrofio e, mi dispiace dirlo, presto dovranno lasciare l'istituto- continuò la signora Lovenly con passione.

- È la regola dell'orfanotrofio. Raggiunti i diciannove anni, si deve proseguire per la propria strada.

A quelle parole sembrò che il viso delicato della donna dai capelli rossi si incupisse.

Tornò a guardare i ragazzi, ma il suo sorriso era scomparso.

- E dove andrete?

Per un minuscolo istante, Kane pensò che fosse veramente preoccupata per loro.

Ma poi abbandonò quell'assurda ipotesi.

Lo chiede solo per cortesia, non certo perché è preoccupata. Perché dovrebbe esserlo? Loro non sono qui per voi, Kane. Quello che vogliono è un bambino grazioso e piccolo, non due adolescenti.

La ragazza spostò il peso da una gamba all'altra, turbata.

Che le stava succedendo? Perché si interessava tanto a quella coppia?

Kane sentì che il lupo dentro di lei iniziava ad agitarsi, scalpitando per essere liberato.

- Ehi, Kane giusto? Qualcosa non va?

La ragazza si accorse appena delle parole pronunciate da Graham.

Ryan balbettò qualche parola di scusa e, afferrata la sorella per un braccio, la trascinò di nuovo dentro la casa, chiudendosi la finestra alle spalle.

- Kane, che ti succede?

La ragazza fece un lungo respiro e il profumo del fratello maggiore sembrò calmare anche il lupo.

- Niente, Ryan. Sto bene, davvero.

Cercò di sorridere al ragazzo, ma lui non sembrava convinto.

- Eri sul punto di trasformarti, la fuori-. Era una certezza, non una domanda. Kane sospirò, fissando lo sguardo in quello verde di Ryan.

- Si. Ma non è successo, quindi è tutto a posto.

Non fu facile convincere Ryan a tornare in giardino, ma alla fine Kane si avviò da sola nella Sala dei Giochi, al piano terra dell'edificio.

Quello era, dopo il giardino, il posto preferito da tutti i bambini dell'orfanotrofio.

Era una stanza ampia con il soffitto alto, le cui pareti erano tappezzate dai disegni dei piccoli.

C'erano giochi seminati ovunque, e ampie librerie colme di volumi.

Kane ricordava che da bambina si divertiva spesso a prendere di nascosto uno dei libri e poi a leggerlo insieme al fratello, nascosti nel piccolo spazio che c'era tra la fine della libreria e la parete.

La ragazza si sedette su una sedia di paglia accostata alla finestra della stanza, e il sole le inondò il viso.

Kane chiuse gli occhi, facendo ampi respiri. Non si era ancora ripresa dalla stranissima sensazione che l'aveva pervasa poco prima.

Era la prima volta che le succedeva una cosa del genere.

Qualche volta sentiva il bisogno di trasformarsi in lupo, ma riusciva a reprimerlo senza problemi.

In giardino, invece, aveva quasi rischiato di mutare forma.

E la cosa che più la preoccupava era che erano stati quei due a provocarle una reazione così inaspettata. Graham e Teresa.

Kane rivedeva i loro volti davanti a se, come se la sua mente avesse voluto imprimerglieli bene nella memoria.

Devo tenermi lontana da loro.

Dei rumori fuori dalla porta la fecero sobbalzare, e quando incontrò i profondi occhi neri di Graham ci mancò poco che cadesse dalla sedia.

Kane sentì il suo corpo irrigidirsi, mentre l'uomo avanzava verso di lei con un sorriso.

- Scusa, non volevo spaventarti. Tutto a posto? Fuori sembrava che stessi male...

- Era solo un capogiro- riuscì a rispondere lei, la voce tremante.

Per qualche istante Graham osservò la stanza, facendo scorrere lo sguardo tutt'intorno a se.

Il silenzio iniziò ben presto a diventare imbarazzante, quindi Kane si azzardò a fare una domanda.

- Cosa vi ha portato a voler adottare un bambino?

L'uomo si voltò a guardarla, serio, e i suoi occhi profondi come pozzi oscuri si impressero in quelli di Kane.

Per un attimo interminabile la ragazza credette che Graham non le avrebbe risposto.

- Teresa e io abbiamo sempre sognato una famiglia numerosa, fin dall'inizio del nostro matrimonio. La nascita di Colin, nostro figlio, doveva essere solamente l'inizio- disse l'uomo, e mentre parlava la sua espressione mutò.

Sembrava persa nel vuoto, come se non vedesse veramente quello che aveva davanti.

- Ma durante la gravidanza ci furono dei problemi, e dopo il parto il dottore disse a Teresa che non avrebbe più potuto avere figli.

Kane trattenne il fiato.

Riusciva a sentire perfettamente la tristezza che avvolgeva l'animo dell'uomo, le sembrava quasi di poterla toccare con mano.

E in quel momento se ne sentì partecipe.

- Mi dispiace- mormorò. Ed era sincera.

Graham sorrise. - Credo che questa storia deprimente sia una buona risposta, non ti pare?

Qualche ora dopo, la coppia lasciò l'orfanotrofio con la promessa di tornare presto a trovarli.

 

 

Quella notte, la lupa nera aveva avuto ben poco da fare.

Sembrava che tutti i criminali fossero andati a nascondere da qualche parte, e nelle strade non c'era anima viva.

Kane si aggirava per la città come un fantasma silenzioso, evitando la luce dei lampioni e confondendosi nell'ombra.

Solo il suo occhio dorato ne tradiva la presenza, brillando come un piccolo tizzone ardente.

Stava quasi per tornare all'orfanotrofio, quando qualcosa attirò la sua attenzione.

Aveva appena svoltato l'angolo di un vicolo, e si trovò improvvisamente davanti a due uomini.

Erano appoggiati alla parete opposta a quella dove si trovava lei, e cercavano inutilmente di mascherare la tensione che era dipinta sui loro visi.

Kane rimase immobile, e il suo pelo nero era perfettamente mimetizzato con l'ombra del muro accanto lei.

Uno dei due uomini, un tizio dall'aria feroce con una testa di capelli rossi e scompigliati, si infilò la mano nella tasca del cappotto e ne estrasse un sacchetto bianco.

Kane non ebbe dubbi sul suo contenuto. La puzza che giungeva da quel piccolo involucro non mentiva.

L'uomo dai capelli rossi si avvicinò maggiormente al compagno e gli passò il pacchetto con la droga.

La lupa nera si accucciò, pronta a balzare addosso agli spacciatori.

Nell'istante in cui l'altro uomo afferrava la droga, però, una luce accecante li investì, facendoli trasalire.

La lupa nera guardò attonita le due volanti della polizia, sbucate dalla fine della strada silenziose come gatti, frenare proprio davanti agli spacciatori, inchiodandoli con le spalle al muro.

I poliziotti scesero in fretta dalle macchine, le pistole alzate, e intimarono ai due uomini di alzare le mani.

- Stasera abbiamo fatto una pesca fruttuosa, sergente- disse uno degli agenti, afferrando il braccio del malvivente e rinchiudendone i polsi all'interno delle manette.

Da una delle volanti scese un uomo che indossava un lungo cappotto chiaro.

Il cuore di Kane mancò due battiti.

- Pare proprio di si- rispose Graham, con un sorriso soddisfatto.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


4

 

 

 

 

 

 

- Dici davvero?

Ryan sembrava più sconvolto di Kane.

Dopo aver scoperto che Graham era un sergente della polizia, la lupa nera era tornata di corsa all'orfanotrofio, e adesso lei e suo fratello erano seduti sui rispettivi letti.

Kane aveva le ginocchia appoggiate al petto e la schiena contro il muro, e i suoi occhi, liberati dalle lenti a contatto, erano fissi in quelli del ragazzo.

- Si. Anche io sono rimasta davvero sorpresa.

Ryan sbatté violentemente un pugno sul materasso, e le molle scricchiolarono. - Maledizione! Questa non ci voleva!

- Non mi hanno visto, Ryan. È tutto a posto, sono stata attenta- ribatté la ragazza, pacatamente.

Il fratello maggiore non sembrò rilassarsi.

- Non è tutto a posto, Kane. Quel poliziotto tornerà di sicuro altre volte qui, e rischia di far saltare la tua copertura! Ricordi come hai reagito la prima volta che lo hai visto?

Kane rifletté su quelle parole. Ryan aveva ragione.

Il fatto che quel pomeriggio, in giardino, fosse riuscita a controllarsi, non escludeva che in una seconda occasione il lupo dentro di lei potesse prendere il sopravvento.

La ragazza fece scorrere lo sguardo sulle pareti della stanza per poi soffermarsi sul piccolo orologio appeso sopra la porta.

Erano le due e trenta.

Gli altri bambini dell'orfanotrofio erano andati a letto da tempo, e oramai anche la signora Lovenly doveva essersi ritirata nella propria stanza.

Non credo che questa notte chiuderò occhio.

-Che si fa adesso?- domandò Kane, la voce ridotta in un sussurro.

Il fratello rimase in silenzio per alcuni istanti, poi emise un sospiro.

-Non lo so, sorellina. Non lo so proprio.

Kane tornò a guardare il fratello. Nella sua voce c'era una tale tristezza che la ragazza avvertì una stretta al cuore, e gli occhi verdi di Ryan, di solito così accesi, sembravano aver perso quella luce che li contraddistingueva.

Kane sapeva che in quel momento suo fratello stava cercando disperatamente una soluzione per sfuggire a quel grosso pasticcio, ma la sua espressione tormentata suggeriva che non ci era ancora riuscito.

La ragazza si alzò lentamente dal letto e andò ad accucciarsi accanto al fratello.

Si trasformò in lupo e appoggiò la testa pelosa sulle gambe incrociate di Ryan.

Lui la osservò per qualche istante, poi prese ad accarezzarle la pelliccia della schiena.

-Devi stare lontana da lui, Kane. Almeno per un po'.

La lupa, però, non lo sentì.

A dispetto di quello che pensava, la stanchezza della giornata l'aveva vinta e Kane era crollata in un sonno profondo.

 

 

Un uomo completamente vestito di nero camminava a passo svelto lungo il corridoio di una grande villa.

Dalle finestre arrivava la fioca luce della luna, che diradava l'oscurità quel tanto che bastava per permettergli di vedere.

L'uomo aveva un cappotto di pelle che gli arrivava fino ai piedi e gli svolazzava intorno ad ogni passo, e su una spalla portava un lungo fucile da caccia.

La sua espressione tesa suggeriva che in quel momento avrebbe voluto trovarsi in tutt'altro posto, magari in compagnia di una bella donna, tuttavia avanzava a passo deciso.

Non aveva intenzione di mostrarsi intimorito dalla persona che stava per incontrare.

Si fermò davanti ad una grande porta di legno scuro, decorata con complicati ricami dorati, e con due maniglie argentate.

Inghiottendo rumorosamente, l'uomo ne afferrò una e spinse lentamente la porta, che si aprì ubbidiente.

La stanza era illuminata unicamente dal fuoco che scoppiettava nel camino in pietra, e le pareti erano ricoperte da innumerevoli trofei consistenti in teste di animali impagliati.

L'uomo avanzò, e il suo passo si fece meno sicuro man mano che si guardava intorno.

Tutte le teste erano di lupo.

Gli occhi degli animali erano vitrei, spenti, senza più la loro espressione intelligente e viva che dovevano aver avuto da vivi.

Alcune teste avevano le bocche spalancate a mostrare le zanne, come in ultimo ringhio inferocito.

- Ben arrivato, caro Jude.

L'uomo trasalì. La voce proveniva da una poltrona davanti al camino, ma lui non poteva vedere la persona che aveva parlato.

Jude si affrettò a fare un piccolo inchino.

- Mi ha fatto chiamare, signore.

- Si, Jude. Ho bisogno che tu faccia una cosa per me.

La voce dell'uomo seduto sulla poltrona era decisa, dura, quasi metallica.

Sembrava affilare l'aria intorno a se come un coltello, e Jude fu scosso da un leggero tremito.

Senza aspettare una sua risposta, l'altro continuò. - Voglio che tu vada in città e che ti metta sulle tracce di un lupo.

Suo malgrado, Jude emise un sospiro di sorpresa.

- Un lupo, signore? In città? Ne siete certo?

L'uomo in poltrona sembrò ridere di quella affermazione.

- Mi sono mai sbagliato sul posto in cui cercare una preda?

Jude lanciò un'occhiata ai molteplici trofei che adornavano la stanza e un nuovo brivido lo pervase.

- Non devi ucciderlo, Jude. Voglio che tu lo affronti e valuti la sua capacità di combattere, che poi mi riferirai. Hai capito bene?

L'uomo con il cappotto nero emise un lamento soffocato, sperando che l'altro non l'avesse sentito.

- Ma, signore, affrontare un lupo non avendo l'intenzione di ucciderlo è...- balbettò Jude, improvvisamente impaurito.

- Troppo pericoloso?- lo interruppe l'altro, duramente, - È proprio questo il motivo per cui ho voluto te, Jude. Sei il miglio Cacciatore sulla piazza. Sono sicuro che non mi deluderai.

Dopo essere stato congedato, Jude si affrettò ad andarsene.

Pur considerando un'autentica pazzia quello che gli era stato chiesto, avrebbe eseguito gli ordini.

Dopotutto, l'ira di quell'uomo dalla voce spettrale era molto più terrificante delle zanne di un lupo.

 

 

Rimasto solo nella stanza, l'uomo si alzò dalla poltrona e andò ad un vecchio mobile.

Aprendo l'anta superiore, prese una bottiglia di vino e un bicchiere di cristallo.

Si versò un po' di succo rosso e poi ripose la bottiglia.

Tornando verso la poltrona, il suo sguardo fu catturato dalla testa di un dei lupi che abbellivano le pareti.

L'animale in questione aveva il pelo grigio scuro, con morbide striature marroncine, e le orecchie tese in avanti.

Gli occhi erano morti come quelli degli altri lupi, ma le sue zanne erano ancora sguainate contro il nemico.

L'uomo tornò a sedersi sulla poltrona, e il fuoco ne accarezzò il profilo.

-Finalmente potremmo incontrarci, lupa. È da tanto che aspetto questo momento. Tra poco la mia vendetta sarà completa.

E sotto la luce delle fiamme, gli occhi color sangue dell'uomo brillarono di rabbia e odio.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


5

 

 

 

 

 

 

Come Ryan aveva detto, Graham e Teresa si ripresentarono in orfanotrofio tre giorni dopo la loro prima visita.

La signora Lovenly li accolse calorosamente e li fece accomodare nuovamente in giardino.

I due fratelli li osservarono dalla finestra della loro stanza, indecisi sul da farsi.

- Non credo sia il caso che tu li vada a salutare, Kane. Meglio non rischiare.

La ragazza annuì, senza staccare lo sguardo dalla figura di Graham che parlava animatamente con la direttrice dell'orfanotrofio.

Quando, però, le braccia di Ryan la avvolsero, Kane trasalì.

Ricambiò quell'abbraccio inaspettato, eppure così spontaneo.

- Ehi. Andrà tutto bene. Ne abbiamo passate tante, ma siamo sempre usciti vittoriosi dalle nostre battaglie. Supereremo anche questa. Insieme.

Il respiro di Kane si fece più affannoso, mentre suo malgrado le lacrime iniziavano a bagnarle gli occhi.

- Grazie, fratellone.

Ryan si staccò dall'abbraccio, sorrise teneramente alla sorella e uscì lentamente, lasciando Kane sola nella camera.

La ragazza si passò frettolosamente una mano sul viso per far sparire le lacrime, mentre le parole di Ryan continuavano a rimanerle attaccate nella mente.

Siamo sempre usciti vittoriosi dalle nostre battaglie.

Supereremo anche questa, insieme”.

Io e Ryan siamo sempre stati insieme. Fin da quel maledetto giorno. Quel giorno di dodici anni fa, quando tutto quello che avevamo è scomparso.

Nella mente di Kane si affollarono tante immagini, frammenti nitidi di ricordi che aveva cercato per tanto tempo di nascondere.

Una foresta che brucia, degli ululati impauriti in lontananza.

E poi, rapida come un fulmine, la voce di sua madre che le urla di scappare.

Kane si premette le mani sulle orecchie, come per far smettere quelle grida terrorizzate.

Si ricordava tutto, ogni particolare, come se fosse successo il giorno prima. E sapeva che anche per Ryan era così, anche se i due fratelli evitavano di parlarne.

- Sarebbe inutile rivangare il passato, ci farebbe solo stare male- le aveva detto una volta Ryan, tristemente.

Ha ragione. È inutile. Ma allora perché non riesco a lasciar andare queste voci maledette?

Kane guardò nuovamente fuori dalla finestra, verso Teresa e il marito.

La voglia di trasformarsi in lupo riaffiorò in lei, ma stavolta riuscì a controllarla.

Dopo aver scoperto che Graham faceva parte della polizia, e vista la sua reazione in giardino alla sua prima visita, Ryan aveva pregato Kane di rimanere in orfanotrofio anche la notte, quindi erano tre giorni che la ragazza rimaneva confinata tra quelle mura.

Aveva voglia di uscire, di correre per le strade della città, e di ululare.

Avrò anche le sembianze di una ragazza, ma resto pur sempre un lupo.

I miei istinti sono troppo forti per riuscire a controllarli a lungo.

In giardino, Teresa stava gesticolando con foga e la signora Lovenly la ascoltava rapita, completamente persa nelle parole dell'altra donna.

Kane sospirò rassegnata e si sedette sul letto, incrociando le gambe.

Si sporse in avanti fino a raggiungere la abat-jour e, aprendo il cassetto del comodino, ne tirò fuori un grosso album fotografico.

La copertina era ingiallita dal tempo, ma conservava ancora il profumo naturale del cuoio.

Kane aprì l'album e la prima foto che le si presentò fu quella scattata pochi gironi il loro arrivo all'orfanotrofio, in cui lei e Ryan erano affiancati dalla signora Lovenly.

Kane osservò quella versione in miniatura di se stessa, con i capelli che formavano una riccioluta aureola intorno alla sua testa.

La mano piccola e paffuta di Ryan era stretta intorno alla sua, come in un tacito gesto di protezione.

La ragazza voltò la pagina e osservò la seconda fotografia, che ritraeva il fratello intento a suonare il pianoforte.

Kane si ricordava bene di quel giorno.

Le signore dell'orfanotrofio erano rimaste davvero impressionate dal talento del bambino, e avevano deciso di stimolare questa sua passione spostando il pianoforte nella stanza dove si trovava ora, dandogli uno spazio tutto suo dove poter suonare.

Mentre Kane stava ancora osservando le foto, la porta della stanza si aprì a causa di una folata di vento.

La ragazza trasalì, svegliata così all'improvviso dai suoi pensieri, e lentamente si alzò per richiuderla.

Aveva già afferrato la maniglia quando qualcosa la trattenne.

Dal piano inferiore giungeva distintamente la voce di una donna.

- L'assassino, stando al referto della polizia, deve aver sorpreso la sua vittima mentre questa rientrava in casa, e dopo aver cercato di portarle via la borsa e vedendo che la donna non era intenzionata a consegnarla, ha aperto il fuoco uccidendola. Un caso che la polizia ha dichiarato essere l'ennesimo tentativo di rapina finito male. Il criminale non è ancora stato arrestato, e le forse dell'ordine hanno intensificato le ricerche.

Dopo di che, la colonna sonora del telegiornale annunciò l'inizio delle pubblicità.

Kane si accigliò.

Tre giorni senza uscire in pattugliamento e guarda cosa succede.

Stanotte niente riuscirà a tenermi chiusa qui dentro, neanche un intero esercito di poliziotti.

Tornando al letto, Kane lanciò uno sguardo fuori dalla finestra per vedere Graham e Teresa.

Lui era in piedi, girato di spalle rispetto alla finestra, e parlava al telefono. La moglie, invece, era ancora seduta sulla poltroncina a conversare con la signora Lovenly.

Adesso Kane riusciva a vedere anche Ryan, accomodatosi come suo solito sotto il pino.

Aveva gli occhi chiusi, tuttavia qualcosa nella sua espressione trasmetteva alla ragazza un senso di ansia.

Ryan aveva le labbra contratte, la fronte corrugata, come se qualcuno gli avesse appena dato una brutta notizia.

Dopo qualche secondo, Graham si voltò velocemente e ripose il cellulare nella tasca della giacca.

Anche lui, notò Kane, sembrava preoccupato, e si affrettò ad avvicinarsi alla moglie per dirle qualcosa.

La ragazza osservò Teresa alzarsi in fretta e salutare la signora Lovenly, che li accompagnò alla porta con un gran sorriso.

 

 

Quella sera, durante la cena, Ryan si sedette di fianco alla sorella e si avvicinò a lei, parlando a voce bassa.

- Oggi pomeriggio, mentre Graham era qui insieme alla moglie, ha ricevuto una telefonata. Dopo aver risposto, in pochi istanti la sua espressione è cambiata.

Kane continuò a mangiare, facendo finta di nulla per non insospettire nessuno, ma in realtà tutta la sua attenzione era rivolta al fratello.

- Da quanto ho capito, sembra che ci sia un criminale pericoloso che gira per la città e che loro, la polizia intendo, non riescono a prendere- continuò il ragazzo, scostandosi leggermente da Kane.

Ecco perché avevano quell'espressione tesa, si disse lei.

La ragazza guardò il fratello negli occhi, così verdi e limpidi.

- Lo so, Ryan. Ho sentito la notizia alla televisione. E sappi che stanotte io andrò a cercarlo. Non ne posso più di stare qui dentro. Quindi, se avevi intenzione di chiedermi di rimanere all'orfanotrofio, la risposta è no- disse Kane, in un tono che non ammetteva repliche.

Ryan la guardò intensamente per alcuni secondi, poi sospirò, quasi rassegnato.

- Va bene. Sta attenta, però.

Kane sorrise maliziosamente. - Io lo sono sempre.

 

 

La lupa nera non dovette cercare molto.

Non appena imboccò la strada principale della città, si trovò davanti un uomo vestito di nero che le puntò addosso un lungo fucile.

Aveva un aspetto robusto, duro, e teneva l'arma ben sollevata.

Kane si fermò di colpo e appiattì le orecchie alla testa, scoprendo i denti.

La lupa nera ringhiò minacciosa contro il nemico, sentendo l’adrenalina che faceva tremare ogni muscolo del suo corpo.

- Alla fine hai deciso di farti vivo, sacco di pulci. Confesso che iniziavo a perdere le speranze.

Kane sentì che quell’uomo portava addosso una puzza insopportabile.

Odorava di morte.

Qualcosa scattò nella sua mente e un pensiero la fece, suo malgrado, rabbrividire.

Quest’uomo ha ucciso molti lupi. Ne porta addosso l’odore e la rabbia.

- Così tu sei il famoso Diavolo Nero. Tutti parlano di te, negli ambienti poco raccomandabili. Ho sentito dire che hai fatto arrestare un sacco di gente- continuò lui, e Kane si accucciò a terra, continuando a ringhiare.

- Magari la gente di questa città inizierà a considerarti un eroe, una specie di protettore, ma io so cosa sei in realtà. Sei solo un ignobile cane bastardo.

A quel punto, la lupa nera scattò in avanti, facendo un salto e spalancando le fauci all’altezza della gola dell’uomo.

Ma questi, con un gesto più rapido del normale, scartò di lato ed evitò il colpo.

Kane girò su se stessa, ancora in aria, e atterrò con il muso rivolto verso l’uomo, ringhiando sempre più forte.

Fece appena in tempo a sentire il colpo di fucile, che un dolore lancinante alla spalla le provocò un guaito sofferente.

Il contraccolpo la sbatté all’indietro, rischiando di farle perdere l’equilibrio.

La lupa, tuttavia, rimase ferma sulle quattro zampe, mentre guardava con odio il suo nemico che ricaricaval’arma.

Questa volta, però, la pallottola si conficcò nell’asfalto a pochi centimetri dalla sua zampa anteriore destra, perché Kane scartò di lato e si lanciò nuovamente sull’uomo in nero.

E quest’ultimo, colto di sorpresa, cercò di indietreggiare, ma senza successo.

La lupa nera lo atterrò, finendogli addosso con tutto il suo peso, e subito tentò di azzannargli la gola.

Normalmente non era così aggressiva, ma quello non era un criminale come gli altri.

Ha ucciso dei lupi, dei miei simili, a sangue freddo. E ha eliminato quella donna solo per farmi uscire allo scoperto. Non merita la mia pietà.

- Bastardo!- gridò l’uomo, tentando di divincolarsi.

Poi, rapido come un fulmine, fece scivolare le gambe sotto al corpo della lupa e diede una forte spinta.

Kane balzò indietro, mentre una nuova fitta di dolore le attraversava le ossa, propagandosi dalla spalla ferita.

Appena si fu spostata, l’uomo in nero si alzò agilmente. Aveva la giacca macchiata di sangue e strappata nei punti in cui gli artigli di Kane l’avevano toccata.

La lupa rimase ferma, guardando il suo assalitore con odio, mentre il sangue colava copiosamente dalla ferita, imbrattandole la pelliccia.

- Sei più tosto di quanto pensassi.

La lupa nera arricciò le labbra in un ringhio.

Ma prima che l’altro potesse raccogliere il fucile da terra, il suono assordante della sirena della polizia immobilizzò entrambi.

L’uomo in nero fece scivolare lo sguardo oltre la lupa, fissando la macchina che si avvicinava di corsa.

Poi tornò a guardare Kane, e sul viso aveva un sorriso beffardo.

- Per adesso la nostra lotta si conclude qui. Ma credo che ci rivedremo. Il mio signore sembra essere molto interessato da te.

E, detto questo, l’uomo si voltò e prese a correre lungo la strada.

In breve tempo fu inghiottito dall’oscurità, ma la lupa non abbassò la guardia fino a quando anche il suo odore nauseante non fu scomparso.

Solo allora, Kane si voltò a guardare la volante della polizia che, ormai, era molto vicina e che stava rallentando.

Ne uscirono due agenti, le pistole ben in vista e i volti contratti.

Guardavano la lupa con occhi smarriti, fissando quello sguardo bicolore che gli impediva di fare un passo.

Dalla portiera posteriore, poi, smontò Graham.

Kane si aspettava di vederlo, eppure incrociare il suo sguardo la fece sobbalzare.

Per un attimo, un brevissimo lasso di tempo, lui la guardò come se l’avesse riconosciuta.

Alla lupa parve persino di vedere un sorriso sporgere dalle sue labbra.

Ma si sbagliava.

L’uomo aveva gli occhi spalancati e un’espressione perfettamente identica a quella degli altri agenti.

Ammettilo, Kane, tu volevi vedere quell’espressione.

Una nuova fitta dolorosa interruppe quello scambio di sguardi, e la lupa nera partì a razzo verso il buio della strada, mentre sentiva le imprecazioni dei poliziotti dietro di lei.

Tuttavia, non la seguirono.

 

 

La strada per arrivare all’orfanotrofio le parve infinita.

Il dolore alla spalla aumentava ad ogni passo che faceva, e la lupa correva in modo irregolare, zoppicando e saltellando.

Finalmente, la grande casa apparve alla sua vista, e con un ultimo sforzo Kane si trascinò fino alla porta sul retro.

Semi nascosta da un cespuglio, si trasformò e si premette una mano sulla spalla ferita.

Il sangue le scivolò tra le dita, macchiando l’erba su cui era accasciata.

La porta si aprì lentamente e, come al solito, la testa di capelli neri di Ryan sbucò dal buio.

Ma quando il ragazzo vide la sorella, lanciò un urlo mal trattenuto.

Con un solo passo le fu accanto, inginocchiandosi ed aiutandola ad alzarsi, sorreggendola con le braccia.

- Kane! Che cosa è successo?

- Ho… ho trovato l’assassino…- balbettò la ragazza, con voce stanca.

Ryan aveva uno sguardo terrorizzato, e fissava inorridito l’ampia macchia di sangue sulla maglia della sorella.

- O Dio, Kane, ti ha sparato?

Lei annuì, gemendo.

Il fratello la sollevò e, tenendola amorevolmente contro il suo petto, si infilò dentro l’edificio.

La adagiò sul suo letto, e poi passò ad esaminare la ferita.

Non sembrava molto profonda, probabilmente il proiettile si era fermato in superficie.

Ma allora perché Kane era così pallida?

Ryan iniziò a tremare, mentre dei pensieri terribili iniziavano a vorticargli in testa, senza che lui riuscisse a fermarli.

Ma solo uno lo ferì veramente, e Ryan sobbalzò come se avesse ricevuto uno schiaffo.

Sta perdendo troppo sangue. Se continua così…

Scosse la testa, rifiutandosi di andare oltre.

Scostò gentilmente i capelli dalla fronte sudata di Kane, e la ragazza aprì gli occhi.

- Ryan… non preoccuparti, io… i lupi sono più forti degli esseri umani, posso guarire facilmente.

Gli occhi verdi del fratello si appannarono.

Kane allungò una mano tremante e gli sfiorò la guancia, asciugando una piccola lacrima.

- Ryan, devi estrarre il…

- No!- gridò il ragazzo, tremando violentemente, -No, Kane, io… non ce la faccio…

La sorella fece una smorfia di dolore e la sua mano sulla guancia di lui si irrigidì.

- Ti prego, fratellone… posso guarire, ma tu devi estrarre il proiettile e fasciarmi la spalla.

Ha ragione, Ryan. Devi farlo, altrimenti starà ancora peggio. Se vuoi che stia bene dopo, devi farle male adesso.

- Ma, io non ho idea… e se poi sbaglio? Kane, io…

- Ryan- lo interruppe la ragazza, puntando gli occhi in quelli disperati del fratello.

Un sorriso stanco le illuminò il viso.

- Io mi fido di te.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


6

 

 

 

 

 

 

Quando Kane si svegliò, il sole era già alto e illuminava tutta la stanza.

Sbatté gli occhi un paio di volte, per mettere bene a fuoco, poi si tirò su lentamente, puntellandosi sui gomiti.

Ryan si era addormentato con la testa sulle braccia, accanto a lei, e dormiva ancora.

Kane si guardò la spalla sinistra e la trovò avvolta da una benda leggermente macchiata di rosso.

Cautamente provò a muoverla, e si rilassò quando non sentì che un leggero fastidio.

Non ricordava molto di quello che era successo la notte prima, solo il viso contratto di Ryan sopra di lei e un forte dolore che dalla ferita di propagava per tutto il corpo.

Ma a un certo punto doveva essere svenuta, perché la sua mente era ancora intorpidita.

- Ryan- chiamò, chinandosi sul fratello e accarezzandogli i capelli.

Notò con una fitta al cuore che il suo viso era ancora umido di lacrime.

Mi dispiace, Ryan. Ti ho fatto preoccupare molto, vero?

Il ragazzo si mosse con un grugnito e aprì svogliatamente un occhio assonnato, ma scattò in piedi non appena incrociò lo sguardo della sorella.

- Buongiorno, fratellone- lo salutò Kane, allegramente.

Il ragazzo si buttò su di lei e la abbracciò stretta, affondando il viso nei suoi capelli ricci.

- Kane! Allora stai bene! Ero così preoccupato! Quando ieri notte sei svenuta, dopo che avevo estratto il proiettile, ho creduto… Dio, eri così pallida…

Kane lo lasciò sfogare, accoccolandosi contro il suo petto e inspirando boccate del suo profumo.

I due fratelli rimasero abbracciati a lungo, senza muoversi, e poi si separarono lentamente, guardandosi negli occhi.

- Allora, cosa è successo esattamente?- chiese Ryan.

Kane sospirò.

- Ho trovato quell’uomo, l’assassino della donna. Ma lui si aspettava il mio arrivo, anzi ha ucciso la donna per farmi uscire allo scoperto. Aveva un fucile e mentre lottavamo mi ha sparato.

- Vuoi dire che ti ha teso una trappola?

La ragazza annuì, seria.

Ryan si portò una mano al mento, pensoso. - E perché l’avrebbe fatto?

- Questo non lo so. Ma ha detto qualcosa riguardo al suo capo, credo. Ha detto che il suo “signore” era interessato a me.

A Kane non sfuggì il fremito che attraversò il fratello, ma non seppe dire se fosse causato dalla paura o dalla rabbia.

- Comunque, ormai il peggio è passato- si affrettò a dire, sperando si sembrare convincente.

Tentativo fallito. Il viso di Ryan era sempre più teso.

- Non credo. Anzi, penso che questo sia solo l’inizio.

I due fratelli si guardarono, e non ci fu bisogno di parole per capire l’uno i sentimenti dell’altra.

Prima di scendere, la ragazza si cambiò la maglietta, indossandone una rossa a maniche lunghe, sperando che se la ferita avesse sanguinato non sarebbe stata notata.

Ryan, seduto sul letto, osservava ogni singolo movimento della sorella minore, come se quello sguardo insistente potesse impedirle di sentire dolore alla spalla.

- Hai estratto il proiettile, alla fine?- chiese improvvisamente Kane, curiosa.

- Si- rispose Ryan, - E non voglio farlo mai più.

La ragazza fece un mezzo sorriso, giurando a se stessa che sarebbe stata più attenta.

Arrivati in cima alla rampa di scale che conduceva all'ingresso, i due fratelli si fermarono.

La stanza era affollata di bambini vestiti in modo sportivo, come qualcuno pronto per andare a fare una camminata in montagna.

Anche le signore dell'orfanotrofio, e persino la signora Lovenly, indossavano abiti comodi e scarpe robuste.

- Ah, Kane e Ryan! Eccovi qua!

I due raggiunsero la direttrice, guardandola perplessi.

- Cari, visto che è una bellissima giornata, abbiamo deciso di andare a fare una gita. Qui ho tutto l'occorrente per un delizioso pranzo al sacco, e abbiamo prenotato un pulman che ci porti fino al bosco fuori citta.

La signora Lovenly era visibilmente emozionata, e il suo entusiasmo strappò un sorriso a Kane, ma in realtà la ragazza era preoccupata.

Certo, la spalla non le faceva più male, ma non era ancora pronta per una gita, che sicuramente avrebbe comportato una lunga camminata.

Uno sguardo al fratello le disse che anche lui aveva pensato la stessa cosa, così Kane cercò di inventare una scusa, dicendo che non aveva dormito molto bene ed era molto stanca.

- Ma sono sicura che una giornata di riposo mi rimetterà in forse- aggiunse subito, quando la direttrice dell'orfanotrofio la squadrò allarmata.

- Signora Lovenly, se non le dispiace vorrei rimanere qui con Kane. E poi, qualcuno deve badare alla casa, giusto?- si intromise Ryan, appoggiando una mano sulla spalla dell'anziana donna.

La direttrice ci pensò su, e alla fine acconsentì.

Prima di seguire il gruppo di bambini e volontarie fuori, però, diede a Ryan un foglietto con su scritto un numero di telefono.

- Per qualsiasi cosa, chiamatemi.

- Lo faremo, signora Lovenly- rispose Kane con un sorriso, - divertitevi.

 

La giornata passò lentamente, senza il frastuono dei bambini che giocavano e le urla di rimprovero delle signore.

Ryan, dopo aver pranzato, si era ritirato nella Sala della musica, esercitandosi con il pianoforte, mentre Kane dormiva, in forma di lupo, accocolata accanto a lui.

Dato che in casa c'erano solo loro, la ragazza si concesse quel piccolo sgarro alla regola, e questo la fece sentire meglio.

- Sono preoccupato, Kane- sussurrò Ryan, mentre le sue dita scivolavano sui tasti del pianoforte. -Per quello che ha detto quel tizio.

La lupa aprì un occhio, quello blu, e fisso intensamente il fratello.

- Non riesco a togliermi dalla testa le sue parole. Il suo signore è interessato a te.

L'animale non si mosse, ma il suo sguardo parlava da solo.

Fissando quell'occhio limpido e rotondo, il ragazzo si sentì un poco sollevato.

- Sai, prima dell'incendio, nostro padre mi ha fatto promettere una cosa.

Kane sollevò il muso e osservò Ryan con una nuova curiosità negli occhi.

Era molto raro che lui parlasse del “prima”, come lei definiva la sua vita

quando vivevano con i genitori.

Lo sguardo di Ryan si fece malinconico e il ragazzo voltò il viso per guardare meglio la sorella.

Adesso i loro occhi si specchiavano gli uni negli altri, il verde limpido contro il blu intenso e il dorato brillante.

- Mi disse: Ryan, promettimi che proteggerai sempre tua sorella, qualsiasi cosa accada. Lo disse con tono fermo, come suo solito, e sembrava che sapesse già quello che sarebbe successo di li a pochi giorni.

La lupa nera si alzò e si avvicinò al fratello. Si sorresse con le zampe posteriori e puntellò quelle anteriori sulla gamba di Ryan, facendo avvicinare il più possibile il suo muso al viso di lui.

Gli strofinò il naso umido sulla guancia e scodinzolò.

Rimase immobile quando sentì le braccia del ragazzo avvolgerla e una delle sue mani accarezzarle dolcemente il pelo sulla schiena.

- Ammetto di non essermi ancora ripreso dallo spavento di ieri notte.

Non farmi mai più una cosa del genere, sorellina. Promettimelo. Promettimi che starai lontana dai guai, Kane.

Kane guaì leccandogli la guancia.

Te lo prometto, fratellone.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


7

 

 

 

 

 

 

La lupa nera fece guizzare le orecchie.

Il rumore che l'aveva attirata era uno stridio di gomme, molto vicino.

Scostò il muso da Ryan, tendendo in avanti le orecchie per sentire meglio.

Riuscì a sentire un leggero profumo di gelsomino e poco dopo il campanello del portone dell'orfanotrofio trillò.

Kane tornò ragazza e si rivolse al fratello, visibilmente agitata.

- Sono Teresa e Graham.

Il ragazzo si alzò, uscendo a grandi passi dalla stanza, mentre lei si infilava in bagno.

Ryan arrivò alla porta mentre risuonava un secondo squillo.

Aprendo la porta, si trovò davanti i volti sorridenti e sorpresi della coppia.

- Ciao! Ryan, giusto? Non c'è la signora Lovenly?- chiese Teresa, sporgendosi un poco per guardare oltre la spalla del giovane.

- No, mi dispiace. I bambini e la direttrice sono andati a fare una gita.

Graham allargò gli occhi, visibilmente deluso.

- Peccato! Eravamo venuti per scusarci della fretta con cui siamo andati via l'altro giorno, e poi fermarci per... sai, i bambini.

- Purtroppo credo che saranno di ritorno solo nel tardo pomeriggio.

Era stata Kane a parlare, dalla cima delle scale.

Scese i gradini lentamente, gli occhi cammuffati dalle lenti colorate, e lo sguardo fisso sull'uomo.

- Come mai voi siete rimasti qui?- volle sapere Teresa, curiosa.

Kane sorrise. - Facciamo la guardia.

- Perché non entrate? Possiamo offrirvi una tazza di the?

Ryan si stupì delle sue stesse parole. Erano state così spontanee che non era riuscito a trattenerle.

La verità era che voleva che Teresa e Graham rimanessero.

Magari, dopo tutto, non è solo Kane ad essere attratta da questi due.

Anche la coppia sembrò sorpresa da quell'invito, ma alla fine accettarono con gioia.

I quattro si riunirono in cucina, mentre Kane riempiva la teiera e accendeva il fuoco del fornello.

- Vi hanno lasciato qui perchè siete i più grandi, eh?- chiese Graham, in tono scherzoso.

- Già- fece distrattamente Ryan.

Teresa lo osservò a lungo. - La direttrice ci ha detto che l'anno prossimo dovrai lasciare l'orfanotrofio.

Kane si bloccò, le mani sospese sulle tazze che stava disponendo su un vassoio.

Quello era un argomento delicato, e non le piaceva affatto doverlo affrontare, anche se sapeva perfettamente che quel momento sarebbe arrivato molto, troppo presto.

- Infatti. È la regola.

- E dove andrai a...

Prima che Graham potesse terminare la domanda, il telefono dell'orfanotrofio, collocato su un vecchio mobile dell'ingresso, squillò.

Kane fece per muoversi, ma Ryan fu più veloce e in pochi passi fu fuori dalla cucina.

- Pronto? Signora Lovenly! Dove siete?

Kane afferrò il pesante vassoio di porcellana e lo poggiò sul tavolo della cucina, di fronte ai due ospiti.

Entrambi presero una tazza piena di the fumante e se la avvicinarono.

- Mi dispiace che siate venuti qui per niente.

Teresa fece un gesto sbrigativo con la mano. - Non importa. E poi, stiamo prendendo un the insieme, no? Non lo definirei “niente”.

La ragazza si sedette, sentendo il nodo dell'emozione serrarle lo stomaco.

- Qualunque bambino sceglierete, sarà molto fortunato ad avere genitori come voi.

Fu più forte di lei.

Le parole le erano salite da sole alle labbra, e le sue corde vocali gli avevano dato suono prima che lei potesse rendersene conto.

Abbassò gli occhi, arrossendo lievemente.

Sentiva su di se gli sbuardi intensi della coppia, ma non aveva il coraggio di incrociarli.

- Sapete, prima di vivere qui all'orfanotrofio, io e mio fratello vivevamo in una bella casa in una grande foresta, insieme ai nostri genitori.

Avevamo molti amici e ci divertivamo molto. Siamo cresciuti in mezzo alla natura ed eravamo felici. Però poi tutto è cambiato.

Nella stanza piombò il silenzio, e a romperlo erano solo il ticchettio dell'orologio appeso al muro e la voce pacata di Ryan in corridoio.

- Ricordo tutto come se fosse successo ieri. La foresta è bruciata, insieme alla nostra casa. Siamo scappati, ma io e Ryan siamo rimasti da soli.

I nostri genitori sono morti in quell'incendio.

I ricordi scorrevano nella mente di Kane come un fiume in piena, e ancora una volta la ragazza non riusciva a controllare le parole che pronunciava.

Suo fratello si era raccomandato tante volte di non raccontare a nessuno quella storia, eppure Kane non si sentiva in colpa.

In quel momento, aveva solamente il cuore più leggero.

 

 

- L'hai piazzata?

- Si, mio signore. Come ha ordinato.

L'uomo sorrise. -Ben fatto, caro Jude.

Jude rimase con il capo chino, in segno di rispetto, finché il collo iniziò a dolergli.

- Dove si trova, allora?

La voce del suo signore era dura, e l'uomo vestito di nero ebbe un tremito di timore.

- Il radar segnala la sua presenza in un edificio nella periferia della città. Ho controllato. Si tratta di un orfanotrofio.

- Bel lavoro, Jude. Riuscire a piazzare una ricetrasmittente mentre le zanne di un lupo sono a pochi centimetri dalla tua faccia non è una cosa da poco.

L'uomo dagli occhi rossi sorrise, malvagio e beffardo.

- Voglio divertirmi con te, lupa. E ho in mente un gioco assai divertente.

 

 

Kane aveva visto giusto.

La signora Lovenly e i bambini tornarono dalla loro gita nel tardo pomeriggio, e oramai i signori Milton se ne erano andati da un pezzo.

La notizia adombrò la direttrice.

- A quest’ora avrebbero potuto aver adottato un bambino- borbottò filando in cucina per preparare la cena.

Ryan la tranquillizzò dicendo che sarebbero sicuramente tornati, e che non avevano affatto cambiato idea.

Lui e Kane però, anche se involontariamente, avevano gioito del fatto che non avessero ancora preso una decisione definitiva.

È inutile negarlo, si disse la ragazza mentre si liberava delle lenti a contatto, speri che scelgano te e Ryan.. Ma sai per certo che non faranno.

La cena consistette in un vistoso piatto di pasta, che Kane sbocconcellò controvoglia, e di insalata.

La ragazza si sforzò di mangiare, ma si sentiva lo stomaco contratto.

Aveva una strana sensazione, come se sapesse che qualcosa di brutto stava per accadere.

Fece scivolare lo sguardo intorno a se, cercando eventuali anomalie, ma tutto quello che vide erano le teste dei bambini chini sui rispettivi piatti e le signore del volontariato chiacchierare tra loro.

Tutto normale.

Eppure, ogni suo muscolo era teso, pronto a scattare come se stesse per saltare addosso ad una preda.

Una leggera pressione sul braccio la fece trasalire.

- Ehi, che hai? Mi sembri agitata.

Lo sguardo verde di Ryan studiò a lungo il suo viso, fino a fermarsi negli occhi della sorella.

- Niente. Solo… credo che qualcuno ci stia spiando.

Il fratello si fece serio e le si avvicinò.

- Sicura?- mormorò, guardandosi intorno.

Kane annuì.

- Non so dove sia, ma sono sicura che ci osserva. Sento i suoi occhi.

Quel presentimento non abbandonò Kane nemmeno quando salì in camera sua insieme a Ryan.

Era come se il lupo dentro di lei volesse metterla in guardia, lanciandole un segnale di pericolo.

La ragazza si accostò alla finestra, fendendo il buio con lo sguardo bicolore.

L’occhio dorato rifletteva la debole luce della luna, brillando come un piccolo faro.

La città era immobile, e l’unica cosa a muoversi erano le foglie degli alberi sotto le spinte leggere del vento.

Kane cercava di guardare negli angoli più bui, dove qualcuno avrebbe potuto nascondersi facilmente.

E poi, finalmente, lo vide.

L’uomo vestito di nero emerse dall’angolo di una strada laterale, come se sapesse che lei lo stava cercando, e guardò nella sua direzione.

I loro occhi si incrociarono per pochi secondi, prima che lui si voltasse e iniziasse a correre verso il centro della città.

Kane rimase immobile per qualche secondo e poi, come se si fosse appena risvegliata da un trance, scattò verso la porta.

- Kane! Dove vai?

La voce di Ryan era sorpresa e preoccupata, ma la ragazza non si fermò.

Si precipitò giù per le scale, raggiunse in fretta la porta sul retro e si lanciò in strada.

Si trasformò in corsa, e le zampe robuste della lupa nera disegnarono ampie falcate mentre l’animale seguiva la scia dell’odore della sua preda.

Mantenne quell’andatura finché non avvistò i primi palazzi.

A quel punto, l’odore dell’uomo si fece più intenso, segno che non era lontano.

La lupa nera si fermò e, alzando il muso, annusò l’aria.

La sua preda non era sola.

Al suo odore se ne mischiarono altri, sconosciuti e inebrianti, che le invasero le narici.

In quel mix maleodorante, Kane ne riconobbe solo uno.

Un profumo che aveva imparato a riconoscere e ad apprezzare.

Graham.

La lupa si guardò intorno, le orecchie tese in avanti e il pelo diritto.

Poi, improvvisamente, scattò in avanti con un balzo e il proiettile si conficcò nella strada.

Kane atterrò sulle quattro zampe e con una rapida torsione puntò gli occhi sull’uomo vestito di nero.

Aveva il fucile alzato e un sorriso beffardo sulle labbra, e come Kane aveva intuito non era solo.

Accanto a lui, dal buio del vicolo, arrivò un altro uomo, e poi un terso.

Anche i due nuovi arrivati vestivano abiti scuri, e imbracciavano un fucile identico agli altri.

- Ci rincontriamo, lupa. Stavolta, però, ho portato qualche amico. Il nostro ultimo incontro mi ha lasciato qualche acciacco.

Kane ringhiò, accucciandosi a terra, preparandosi per la lotta.

Si lanciò in avanti, correndo a zig zag ed evitando così i colpi di fucile, e balzò su uno degli uomini.

Questi, però, sollevò il fucile e colpì Kane sul muso con violenza, facendola finire a terra.

La lupa scosse la testa, intontita, ma fu in piedi in pochi secondi.

Girò la testa di scatto e azzannò la gamba del suo assalitore, e lui lanciò un urlo.

Il sapore del sangue inebriò la mente di Kane, e le sue mascelle si serrarono sul polpaccio dell’uomo fino a che non sentì le ossa rompersi sotto i suoi denti.

A quel punto la lupa mollò la presa e fece un balzò indietro, evitando di un soffio il colpo di fucile del secondo uomo.

Questi si voltò brevemente per osservare le condizioni del compagno, ma poi lo ignorò e si concentrò su Kane.

Sollevò il fucile e sparò, ma il proiettile non raggiunse mai l’obiettivo.

La lupa nera scartò di lato, agile e determinata, e si avventò contro il secondo uomo.

Le zanne bianche di Kane si chiusero intorno all’arma dell’uomo, e i due iniziarono un tiro alla fune in cui una sola mossa falsa sarebbe costata la vita.

- Maledetto bastardo!- imprecò l’uomo, strattonando il fucile dalla sua parte.

La lupa continuava a ringhiare, le orecchie appiattite alla testa e i muscoli tesi, e non lasciò andare la canna dell’arma.

Alla fine, con uno scatto di mascelle, il fucile si spezzò emettendo un sibilo metallico.

Kane abbassò la testa e caricò l’uomo, travolgendolo e facendolo cadere a pancia in su.

Ma quando le sue zanne furono a pochi centimetri dalla sua gola, uno sparo riecheggiò nelle sue orecchie e la lupa nera fu costretta a staccarsi dalla sua preda.

- Vedo che non hai intenzione di farti sparare di nuovo- la derise il capo dei malviventi, con un ghigno.

Kane lo osservò con gli occhi iniettati di sangue e il liquido scarlatto che colava dalle labbra.

La lupa nera ringhiò e si preparò al balzo.

In quel momento, però, una scia di profumo familiare invase l’aria, precedendo un altro uomo che poco dopo comparve alla vista.

- Polizia, la dichiaro in arresto!

L’uomo vestito di nero girò su se stesso e mirò al petto di Graham.

La rabbia esplose nella mente di Kane, e la lupa si gettò sul nemico, azzannandolo alla gola.

Un fiotto di sangue caldo schizzò sul suo muso mentre l’uomo si accasciava a terra con un lamento.

Graham rimase immobile, il volto contratto dalla paura e la pistola stretta nella mano tremante.

Kane alzò lo sguardo su di lui e la sua espressione divenne infinitamente triste.

Abbassò e orecchie e fece una leggera scodinzolata.

Non avere paura di me, Graham.

Per un attimo i due rimasero fermi, senza quasi osare respirare, gli occhi di uno che si specchiavano in quelli dell’altra.

Lentamente, il sergente di polizia abbassò la pistola.

Sotto di lei, l’uomo vestito di nero emise un rantolo di agonia.

La lupa nera abbassò la testa e ringhiò piano.

- Sei caduta… nella nostra trappola… lupa… Il mio signore… ti sta aspettando…

Dopo di che emise il suo ultimo respiro, e poi il suo petto si fermò.

Quelle parole rimbombarono nella mente di Kane come se qualcuno le avesse urlate nelle sue orecchie.

Trappola. Sei caduta nella nostra trappola.

Il mondo intorno a lei si fermò.

Kane non si accorse ne dei poliziotti che invadevano la strada e arrestavano i due criminali ne dei passi incerti con cui Graham le si stava avvicinando.

La sua mente ragionava ad una velocità incredibile, unendo i pensieri come pezzi di un puzzle e formando una terribile verità.

Era tutto programmato. L’uomo in nero mi ha attirato apposta fuori dall’orfanotrofio. Ma perché? Perché?

E, nonostante si sforzasse di trovare un’altra risposta plausibile, riusciva a trovare una sola motivazione.

Sbatté gli occhi e tornò improvvisamente al presente.

Graham era a pochi passi da lei e le tendeva una mano gentile.

Forse, in un altro momento, avrebbe accettato quella carezza tanto desiderata. Ma adesso era la paura a guidare le sue azioni.

Ringhiò in segno di avvertimento e lui si ritrasse con uno scatto, poi Kane si voltò e partì a razzo verso l’orfanotrofio.

In testa aveva un unico, martellante pensiero.

Ryan è in pericolo.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


8

 

 

 

 

 

 

Pochi minuti dopo che Kane era uscita di corsa, la signora Lovenly era salita in camera dei due fratelli per la buona notte, come tutte le sere.

Ma aveva visto che Kane non c’era e che Ryan era agitatissimo, come se avesse appena visto un fantasma.

- Ryan, che succede? Dov’è Kane?

Il ragazzo non le rispose, camminando avanti e indietro per la camera, lo sguardo allucinato.

- Ryan! Mi vuoi dire che ti è successo?- esclamò la signora Lovenly, visibilmente agitata.

Il giovane alzò il viso e la fissò senza vederla.

- È uscita.

L’anziana donna spalancò occhi e bocca. - Cosa? A quest’ora? Per andare dove?

Ryan fece una risata isterica. - A farsi ammazzare.

Prima che la signora Lovenly potesse ribattere, un rumore di pesanti colpi giunse violentemente dal piano terra.

I due scesero le scale quattro gradini alla volta e spalancarono il portone contemporaneamente, cercando con gli occhi un paio di occhi bicolore.

Ma quelli che si trovarono davanti non erano blu e dorato, bensì rosso sangue.

La signora Lovenly fece istintivamente un salto indietro, cacciando un urlo sorpreso e impaurito.

L’uomo, comunque, non la degnò di uno sguardo.

Tutta la sua attenzione era puntata su Ryan.

- Caro Ryan, quanto tempo. L’ultima volta che ti ho visto, eri solamente un bambino spaventato.

Il ragazzo avrebbe voluto sottrarsi a quegli occhi, ma le sue gambe erano diventate di piombo.

E inoltre, lui conosceva quello sguardo.

Lo aveva già visto, tanto tempo prima, ma era sempre rimasto ben chiuso nell’angolo più inaccessibile della sua memoria.

Ma adesso, trovandoselo davanti, aveva improvvisamente ricordato.

- Tu… tu sei…

La frase gli morì in gola. Gli si annebbiò la vista e un ronzio insistente gli perforò i timpani.

L’ultima cosa che sentì fu l’urlo terrorizzato della signora Lovenly alle sue spalle.

Poi, buio. Buio e silenzio.

 

 

Non ho mantenuto nessuna delle promesse che ho fatto a Ryan.

Questo pensava Kane mentre correva disperatamente verso l’orfanotrofio.

Aveva promesso al fratello che l’avrebbe protetto, che sarebbe stata lontano dai guai. Gli aveva promesso che sarebbe stata attenta.

Sei una bugiarda. Solo una maledetta bugiarda.

Il suono della sirena della polizia la strappò da quei pensieri lugubri.

La lupa nera balzò di lato, evitando di poco i fari della macchina che la superavano lungo la strada.

Kane pregò che svoltassero in una delle altre strade, pregò che facessero dietro front e se ne andassero.

Invece, la volante della polizia correva nella stessa direzione in cui andava lei.

Stanno andando all’orfanotrofio.

Scollandosi di dosso la fatica e la paura, ripartì, correndo più veloce di prima.

Quando si fermò di nuovo, la vecchia casa era poco lontana e Kane vide la volante della polizia parcheggiata li davanti, con le sirene ancora in funzione.

Un’ampia folla di persone era raggruppata intorno al portone, e gli agenti stavano parlando con una signora Lovenly dall’aspetto sconvolto.

La lupa si avvicinò furtivamente, trasformandosi per confondersi con le altre persone e avvicinandosi il più possibile.

La direttrice stava parlando con Graham e aveva le guance solcate dalle lacrime.

Il cuore di Kane mancò due battiti e la ragazza trattenne il fiato.

- Quindi, il ragazzo è stato rapito da un uomo… con gli occhi rossi?- chiese un agente, dando un’occhiata dubbiosa agli appunti su un grosso blocco.

Qualcosa si spezzò nell’anima e nel cuore di Kane, che rimase immobile, non osando respirare.

Le parole dell’uomo si amplificarono nella sua testa fino a diventare insopportabili.

È stato rapito. Occhi rossi.

E, improvvisamente, un ricordo emerse dalla sua memoria, e la verità la colpì in faccia come uno schiaffo.

L’uomo con gli occhi rossi. L’assassino dei suoi genitori.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


9

 

 

 

 

 

 

Kane aveva bisogno di riflettere.

Ma non poteva tornare all'orfanotrofio, era pieno di poliziotti.

Senza farsi notare, si incamminò sulla strada che portava in città, camminando lentamente.

Ogni passo le costava un enorme sforzo di volontà, e lei ce la metteva tutta per non crollare.

Avrebbe voluto lasciarsi cadere a terra e piangere, ma trattenne le lacrime.

Sapeva che in quel momento doveva essere lucida, se voleva salvare suo fratello.

Per prima cosa, si chiese come avessero fatto a rintracciarla.

Era sicura che nessuno l'avesse seguita quando tornava all'orfanotrofio tutte le notti.

Se avessero saputo dove abitavo avrebbero colpito prima. Deve essere successo qualcosa durante la prima lotta con l'uomo in nero.

E poi, come se qualcuno le avesse suggerito la risposta, la ragazza si illuminò.

Una ricetrasmittente.

Quell'uomo doveva averle piazzato una cimice da qualche parte, magari in mezzo alla pelliccia, e lei non se ne era accorta.

Probabilmente era successo quando l'aveva atterrato saltandogli addosso.

Accidenti! Quindi loro si accorgeranno in anticipo del mio arrivo!

Non poteva andare a salvare Ryan senza contare sul fattore sorpresa.

Anche se, in realtà, loro si aspettavano che Kane accorresse a cercare il fratello.

Rintracciarli non sarebbe stato un problema per Kane.

L'odore inconfondibile del fratello era chiaro, e la ragazza aveva già individuato la sua scia che si allontanava verso il bosco.

Ma un fattore importante la tratteneva, facendola sbilanciare sul da farsi.

Saranno tanti, e ho notato che sono ben addestrati per affrontare un combattimento con un lupo. Non ce la farò mai da sola.

Nonostante i suoi sforzi, le lacrime le appannarono gli occhi e Kane dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non lasciare che scendessero.

Stava succedendo quello che aveva sempre temuto.

Ryan era in pericolo, ma lei non sapeva come aiutarlo.

Ed era colpa sua.

La ragazza si fermò, la città ormai era in vista.

E li, sotto la luce rassicurante della luna, prese una decisione che mai avrebbe preso in considerazione, in situazioni normali.

Si incamminò a passo svelto, il cuore colmo di una nuova speranza, apprestandosi ad infrangere nuovamente una promessa fatta al fratello.

Ma, questa volta, lo faceva per salvarlo.

Promettimi che starai lontana dai poliziotti, Kane.

 

 

Le palpebre di Ryan sembravano riluttanti ad alzarsi.

Il ragazzo tentò di aprire gli occhi più volte, e quando finalmente ci riuscì gli sembrò di non averlo fatto.

Intorno a lui c'era il buio più totale.

Si mosse lentamente, aspettando che la sua mente si risvegliasse dal torpore, e si rese conto che aveva le mani legate dietro la schiena.

Di colpo fu lucido, e il ricordo delle ultime ore gli piombò addosso come un macigno.

Rivide davanti a se gli occhi color sangue di quell'uomo, e ricordò l'urlo impaurito della signora Lovenly.

E poi? Che cosa era successo dopo?

Doveva essere svenuto.

Non appena i suoi occhi si abituarono un poco all'oscurità che li circondava, Ryan poté vedere che si trovava in una cella angusta, con una pesante porta di metallo che lo imprigionava al suo interno.

Tentò di nuovo di muoversi, e le braccia gli mandarono una scossa di dolore.

Ryan si bloccò con un gemito, ma non riusciva a rimanere fermo.

Doveva provare ad alzarsi.

Con un sospiro di sollievo, notò che le gambe erano libere da catene, così si diede una spinta con il bacino e si mise seduto, allungandole davanti a se.

Appoggiò la schiena al muro della cella e rimase in quella posizione per alcuni secondi, ansimando.

Poi piegò le gambe e tentò di alzarsi, senza successo.

- Dannazione!- esclamò sommessamente, pieno di frustrazione.

Sollevò il viso di scatto, attirato da un rumore di passi fuori dalla cella.

Sulla porta di metallo si aprì un piccolo spiraglio, e una debole luce penetrò nella piccola stanza.

- Vedo che ti sei svegliato.

Il ragazzo puntò gli occhi in quelli rossi del suo aguzzino.

- Dove sono?

Il sopracciglio dell'altro si sollevò, donando all'uomo un'espressione derisoria.

- Legittima curiosità. Ma credo di non poterti dare la risposta. Sappi soltanto che non uscirai di li per molto, molto tempo.

Ryan ebbe un tremito, ma non seppe dire se fosse rabbia o paura. Cercò di ignorarlo.

- Sei un lurido verme.

Ryan non lo disse solo per quello che stava facendo a lui e a Kane.

Tutta la rabbia che aveva serbato nel cuore verso l'assassino dei suoi genitori aveva lentamente cominciato a liberarsi.

L'uomo sorrise beffardo.

- Mi ricordi tuo padre. Sprezzante del pericolo e molto, molto stupido.

Era troppo.

Ryan fece uno scatto in avanti, portando le gambe sotto di se e cercando di alzarsi.

Riuscì solamente a mettersi in ginocchio, e da quella posizione alzò gli occhi colmi di rabbia sul suo aguzzino.

- Mio padre era un grand'uomo. E tu non hai il diritto di parlare di lui. Non vali nemmeno la metà di quanto valeva mio padre.

Qualcosa si accese nello sguardo scarlatto dell'altro uomo. Una fiamma di puro odio.

La porta si aprì con uno scricchiolio metallico, illuminando Ryan in pieno viso.

Il ragazzo dovette socchiudere gli occhi, accecato, ma riuscì ugualmente a intravedere la figura dell'uomo che avanzava.

Ryan si ritrovò una pistola dalla canna argentata puntata a pochi centimetri dalla fronte e lo sguardo colmo d'odio dell'uomo dagli occhi rossi fisso sul suo viso.

Tuttavia non chiuse gli occhi. Sarebbe stato come arrendersi, e lui non voleva farlo.

Così come suo padre, voleva morire guardando in faccia il suo assassino.

Trattenne il respiro in attesa dello sparo, ma quello non arrivò.

- Tuo padre era un debole. Lui era convinto che i lupi e gli esseri umani avrebbero potuto vivere in pace, insieme. Era solo un illuso che inseguiva un'idea inutile.

- E la sua debolezza ha portato il suo branco alla morte. Quando c'è stato bisogno di combattere contro gli uomini, lui si è tirato indietro. Ma io no.

Ryan deglutì rumorosamente, incapace di distogliere lo sguardo dalla pistola.

- Se odi gli umani per quello che hanno fatto, perché ti sei alleato con loro? Perché date la caccia ai lupi?

L'uomo dagli occhi rossi premette la canna dell'arma sulla fronte imperlata di sudore del ragazzo, che rimase perfettamente immobile.

- Perché anche i lupi sono diventati deboli. Si nascondono alla vista degli uomini, rintanandosi nell'ombra come cani impauriti. I Cacciatori, l'oranizzazione di cui sono a capo, mi permette di rintracciare i lupi e di proporgli un patto.

- Un patto?

- Esatto. Se si uniranno a me, presto saremo in grado di schiacciare gli uomini e imporre il nostro dominio. Ma fino ad ora, sfortunatamente, nessuno dei lupi che ho incontrato ha accettato la mia offerta.

In quel momento, Ryan capì tutto, come se nella sua mente fosse scattato qualcosa.

- Vuoi che Kane si unisca a te!- urlò.

Il capo dei Cacciatori annuì soddisfatto.

- Non lo farà mai, scordatelo!- La voce di Ryan fu incrinata da una sfumatura di terrore nell'istante in cui realizzava una terribile verità.

Una verità che l'uomo dagli occhi confermò con un ghigno.

-A no? Io non credo che abbia altra scelta, dato che il suo amato fratello è in pericolo. Sappiamo entrambi che verrà a salvarti, e io sarò pronto ad accoglierla.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


10
 
 
 
 
 
 
Kane entrò alla centrale di polizia di corsa, senza fermarsi a riflettere su quello che stava per fare.
Sapeva che se avesse titubato in quel momento, non sarebbe più stata capace di entrare.
La lupa nera si fermò nel bel mezzo di un’ampia stanza dal soffitto alto e illuminata da delle lampade a neon.
C’erano alcune scrivanie sparse qua e la, e su ognuna c’era un computer acceso con un poliziotto davanti, indaffarato nel proprio lavoro.
Kane udì un urlo sorpreso, e poco dopo tutti gli occhi erano puntati su di lei.
Anche gli agenti che andavano e venivano dagli altri uffici si bloccarono sul posto, come se il tempo si fosse fermato improvvisamente.
Da ogni direzione provenivano mormorii di sorpresa.
- Ma che diavolo…?
- Quello non è il…
- Ma che ci fa qui?
La lupa nera voltò la testa pelosa da una parte e dall’altra, scorrendo con lo sguardo i volti dei vari poliziotti. Lei ne cercava uno in particolare.
E infatti, dall’ufficio in fondo alla stanza fece capolino la testa castana di Graham.
L’uomo avanzò qualche passo titubante, senza smettere di guardare stupefatto l’animale che aveva davanti.
Scambiò un’occhiata con uno degli agenti, poi tornò a incrociare lo sguardo di Kane.
Adesso o mai più, pensò lei, facendosi coraggio.
Sapeva bene quello che doveva fare, ma era come se il suo corpo si rifiutasse di obbedire.
Stava per infrangere la promessa fatta non solo a Ryan, ma anche ai suoi genitori, tanto tempo prima.
Gli uomini non devono sapere tutto questo. Sarebbe la fine, per la nostra razza.
La lupa nera fece guizzare le orecchie e la coda, in un gesto impaziente.
Tutti i poliziotti trattennero il fiato, e qualcuno fece scivolare furtivamente la mano sulla pistola che portava alla cintura.
Coraggio, Kane, devi farcela. Per Ryan.
Il corpo dell’animale tremolò leggermente, e pochi secondi dopo gli agenti e Graham si ritrovarono a fissare senza parole una ragazza dai capelli ricci e neri.
Il sergente di polizia si sentì mancare. Non poteva credere a quello che stava succedendo.
Davanti a lui c’era la ragazza dell’orfanotrofio, quella che, oramai, aveva lasciato un segno nei suoi ricordi.
Ma in quel momento era diversa.
Il suo aspetto fisico era sempre lo stesso, ma gli occhi non erano più color cioccolato.
Adesso, il suo occhio destro era dorato e lucente, mentre il sinistro era di un blu intenso.
Non c’erano dubbi. Quelli erano gli occhi del Diavolo Nero.
- K…Kane? Ma che cosa…
La ragazza scosse la testa e Graham si bloccò.
- Credimi, Graham, ti darò delle spiegazioni, ma non adesso.
Il viso di Kane era teso e la sua voce dura.
Gli agenti di polizia erano ancora più confusi. Facevano saltare lo sguardo dalla ragazza al loro sergente, chiedendosi perché l’uno sapesse il nome dell’altra.
- Lei la conosce, sergente?- chiese uno dei poliziotti, un giovane dall’aria spaesata con i capelli color carota e la carnagione abbronzata.
- Si. È una lunga storia- fece Graham, sbrigativo.
-Ho bisogno dell’aiuto della polizia- continuò Kane, mentre l’attenzione dei presenti si rivolgeva nuovamente a lei.
- L’assassino della donna, l’uomo che ho… ucciso ieri sera, lavorava per un criminale che ha rapito mio fratello.
Alla ragazza non sfuggì il sussulto che fece il sergente, e una strana gioia le si insinuò nel cuore.
Ci tiene veramente a noi, allora.
- So dove si trova il luogo dove tengono Ryan, ma non posso andarci da sola. Ci saranno sicuramente molti uomini armati e addestrati per uccidere i lupi.
- Aspetta un minuto- disse un agente in borghese, alto e robusto, con la voce cavernosa e il volto contratto.
- Perché dovremmo aiutarti?
Tra tutte le domande, quella era l’unica che Kane non si aspettava di sentire.
Spalancò gli occhi, non riuscendo a nascondere la sorpresa. - Come?
L’agente che aveva parlato si schiarì la gola, ma non si rivolse a lei, bensì a Graham.
- Insomma, non è diversa da altri che credono di poter fermare i criminali della città giocando agli “eroi notturni”. Se adesso aiutassimo lei, non crede che anche gli altri si sentirebbero autorizzati ad andarsene in giro rischiando la pelle per arrestare ladri ed assassini?
Kane arricciò le labbra in un ringhio.
- Non paragonarmi a uno di quegli stupidi egocentrici, umano.
Perfino lei si stupì di quella reazione così aggressiva, ma non addolcì la sua espressione.
La tensione nella stanza era palpabile, e la ragazza iniziò a chiedersi se quella fosse stata effettivamente una buona mossa.
Graham aveva le sopracciglia inarcate e gli occhi strizzati, lo sguardo assorto.
- Capo, se posso- mormorò il giovane con i capelli color carota, appoggiando timidamente una mano sulla spalla di Graham.
L’uomo si riscosse e fece un cenno col capo.
- Io sono appena arrivato, e non conosco certo la situazione in città come gli altri, però secondo me il Diavolo Nero sarebbe un valido aiuto per noi.
Kane si sentì risollevata nel realizzare che quel giovane agente era dalla sua parte. Almeno non avrebbe lottato da sola.
Graham lo guardò intensamente per qualche minuto, analizzando le sue parole.
Tra gli altri poliziotti correvano mormorii confusi, ma lei non ci fece caso.
La sua attenzione era rivolta tutta al viso del sergente, aspettando con ansia la sua decisione.
L’uomo si passò una mano sul viso, fissando lo sguardo in quello della ragazza.
Si lasciò catturare da quegli occhi magnetici, così diversi tra loro, come il giorno e la notte.
- Kane, chi è l’uomo che ha rapito tuo fratello?  
-Non so come si chiama. So solamente che è il responsabile della morte dei miei genitori e che adesso ha rapito mio fratello. Ho l’impressione che sia una trappola per attirarmi nella sua tana, ma che importa? Il suo “invito” è stato piuttosto convincente.
Nella centrale di polizia calò il silenzio, mentre ognuno rifletteva su quella situazione apparentemente assurda.
Kane, però, iniziò presto a dare segni di impazienza.
Nelle ultime ore le sembrava che il tempo scorresse troppo in fretta, che i minuti le sfuggissero tra le dita senza che lei potesse fare nulla per trattenerli.
Doveva andare a salvare il suo fratellone, e aveva già perso troppo tempo.
- Sentite, so che siete riluttanti ad aiutarmi, e lo posso capire, ma vi assicuro che, quando questa storia sarà finita, non mi farò più vedere.
Sparirò dalla circolazione, e il Diavolo Nero diventerà presto solo un ricordo.
La ragazza sentiva molte paia di occhi che la fissavano, e cercò di trattenere le lacrime che minacciavano di sgorgarle dagli occhi.
- L’unico motivo per cui ho iniziato a dare la caccia ai criminali è che volevo proteggere questa città. Ho già perso la mia casa una volta. Volevo evitare a tutti i costi che succedesse di nuovo.
- Non mi importa di essere trattata come un’eroina, volevo solo… sentirmi utile. Lo dovevo a questa città e ai suoi abitanti.
Kane fissò Graham con sguardo supplichevole, e gli occhi le si appannarono di lacrime.
- Vi prego, aiutatemi a salvare mio fratello. È tutto quello che mi rimane.
Il sergente di polizia le si avvicinò e, come se l’avesse fatto mille altre volte, la strinse in un abbraccio.
Lei rimase immobile, senza osare respirare per paura di rompere quell’incantesimo.
Iniziò a singhiozzare quando l’uomo, delicatamente, le sussurrò in uno orecchio: -Ti aiuteremo, piccola. Salveremo Ryan, te lo prometto. 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11- Prima Parte ***


11
 
 
 
 
 
 
La scia dell’odore di Ryan portò Kane e tre volanti della polizia lungo una stradina che attraversava il bosco.
La lupa nera correva in testa al gruppo, le orecchie tese in avanti e la coda diritta, mentre le tre macchine la seguivano a breve distanza, illuminando il suo cammino con i fari.
Gli alberi formavano una coltre impenetrabile di buio su entrambi i lati e la luce della luna non bastava per illuminare l’interno del bosco.
Il profumo di Ryan era mischiato con una puzza simile a quella che aveva addosso l’uomo in nero, ma più marcata.
Kane correva più veloce che poteva, e il suo sangue ribolliva di rabbia. Non le importava se per salvare suo fratello avrebbe corso dei rischi. Avrebbe combattuto contro un intero esercito di Cacciatori armati fino ai denti, se fosse stato necessario.
Inoltre, la presenza di Graham in una macchina alle sue spalle le dava sicurezza.
La strada si divideva in due, diramandosi sempre più in mezzo agli alberi dai tronchi scuri.
La lupa nera si fermò per qualche minuto, sollevano il muso per fiutare l’aria, consapevole che anche solo un piccolo errore avrebbe ritardato ulteriormente il salvataggio di Ryan.
Poi lanciò un’occhiata alle sue spalle, verso le tre volanti della polizia, e imboccò il sentiero di destra.
Dall’incrocio percorse ancora qualche centinaio di metri, e poi Kane si fermò.
Il profilo di una grande villa era apparso da dietro gli alberi, silenzioso e minaccioso.
Come stile architettonico non era molto diverso dall’orfanotrofio, ma era assai più grande.
Sembrava il classico castello delle streghe che si trovano nelle favole per bambini.
La lupa voltò la testa dietro di se quando sentì dei passi che le si avvicinavano.
- Dunque è li che si trova Ryan, eh?
Anche Graham studiò a lungo l’edificio, prendendo mentalmente nota di ogni dettaglio.
Gli altri poliziotti, come stabilito alla centrale, avevano già iniziato a spargersi intorno alla villa, nascosti perfettamente dall’oscurità.
Kane fiutò l’aria in cerca di eventuali uomini nemici appostati li intorno, ma non c’era nessuno.
Evidentemente non si aspettavano la presenza della polizia. Meglio così.
Il sergente di polizia allungò una mano, dapprima titubante ma alla fine decisa, e la appoggiò sulla testa pelosa della lupa nera.
Kane appiattì le orecchie alla testa e si godette quella carezza tanto desiderata.
- Kane, quando sarà finito tutto, magari…
 La frase si disperse nell’aria, rimanendo sospesa tra la lupa e l’uomo.
Kane si ritrasse dolcemente dal tocco di Graham e, prima di dirigersi verso la casa, gli leccò le dita.
 
 
Il capo dei Cacciatori aveva mandato via tutti i suoi uomini. Non li voleva tra i piedi.
Avrebbe affrontato quella lupa da solo, ed era certo che avrebbe vinto.
Si trovava nella sua stanza e rimirava il fuoco che scoppiettava nel camino e lanciava piccole scintille di luce sulle pareti.
Voltandosi lentamente, tornò ad ammirare le teste impagliate dei lupi che decoravano i muri.
Quelli erano i suoi trofei, il ricordo di molte battaglie vinte.
- Non verrà.
L’uomo dagli occhi rossi si voltò e incontrò lo sguardo carico di odio del suo prigioniero.
Aveva legato il ragazzo ad una sedia e l’aveva sistemato al centro della stanza, proprio davanti alla porta.
- Io non la penso così.
L’uomo si portò alle labbra un bicchiere di cristallo e sorseggiò un abbondante goccio di vino rosso.
- E se non dovesse arrivare oggi, vorrà dire che la aspetteremo anche domani. La vendetta, come si dice, è un piatto che va gustato freddo.
Ryan era disperato.
Sapeva che il suo aguzzino aveva ragione, sapeva che sua sorella sarebbe venuta per cercare di liberarlo.
Ma lui non voleva che Kane venisse.
Sua sorella avrebbe dovuto affrontare quell’uomo spregevole da sola, e lui sembrava così sicuro di se.
Ryan aveva paura.
Il dolore fisico non lo spaventava, e nemmeno la morte, ma il pensiero di dover vedere la sua sorellina uccisa da quel demonio lo terrorizzava.
Ti prego, Kane, stai lontana. Io me la caverò. Non so come ne quanto ci vorrà, ma riuscirò a tornare da te. Te l’ho promesso.
Il ragazzo sussultò improvvisamente, risvegliato dai suoi pensieri da un suono basso e feroce.
L’uomo dagli occhi rossi sorrise, malvagio, mentre l’ululato si estendeva nell’aria.
- Ci siamo- sussurrò.
 
 
La grande casa era completamente deserta.
Gli unici volti che Kane vide furono quelli dei vari personaggi raffigurati nei quadri appesi alle pareti.
Le stanze erano infestate dalla puzza terribile dei Cacciatori, un odore di morte e dolore.
La lupa nera faticò non poco per riuscire a distinguere il profumo del fratello in mezzo a quel miscuglio di tracce olfattive, ma alla fine si fermò davanti ad una grande porta.
L’odore di Ryan veniva da li dentro.
Kane fece un lungo sospiro, poi si trasformò e afferrò la maniglia.
Era fredda e le provocò un brivido lungo la schiena.
Con un colpo deciso, la ragazza spalancò la porta.
La prima che vide fu suo fratello, girato di schiena, legato da una spessa corda ad una sedia.
Il ragazzo sussultò e tentò di voltare la testa nella sua direzione.
- Ryan!- gridò lei, con tutta la gioia che aveva in corpo.
La felicità di vedere che stava bene fu più forte di tutto, ma il sollievo durò poco.
Il suo sguardo vagò nella stanza fino ad incontrare una testa di lupo. Impagliata.
Gli occhi vitrei, persi nel vuoto, derubati della loro scintilla di vita.
Il pelo increspato e le orecchie dritte, come a voler captare ancora i rumori intorno a se.
A Kane iniziò a girare la testa, mentre un ronzio si faceva strada nelle sue orecchie.
Accanto alla prima testa, ne vide un’altra e poi un’altra ancora.
Si rese conto con orrore che tutte le pareti della stanza erano ricoperte di teste di lupi, e dovette controllarsi per impedirsi di vomitare.
- Benvenuta, lupa.
La ragazza si voltò di scatto, e incontrò un paio di occhi color sangue.
Il suo cuore si fermò. Era lui.
L’assassino dei suoi genitori.
L’uomo aveva un cappotto di pelle nera lungo fino ai piedi e stava in piedi accanto ad un caminetto.
Il fuoco al suo interno lo illuminava, facendo risaltare il colore dei suoi occhi.
I lineamenti del viso erano taglienti, duri, e i capelli nerissimi gli ricadevano ordinatamente sulla fronte.
- Kane! Stai lontana da lui!
Lei sentì a malapena la voce supplicante di Ryan. Tutti i pensieri che affollavano la sua mente, le sue preoccupazioni, erano scomparse.
Adesso rimaneva solo una cosa.
Un sentimento talmente profondo che niente avrebbe potuto sradicarlo.
Vendetta. 

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Capitolo 13
*** Capitolo 11- Seconda Parte ***


11

Seconda Parte

 

 

 

 

 

 

- Finalmente ti sei decisa, lupa. Ti stavamo aspettando.

- Lascia andare mio fratello.

Il capo dei Cacciatori scosse la testa con un sorrisino beffardo.

- Mi dispiace, temo di non poterti accontentare. Vedi, lui mi è utile. È la garanzia che tu farai quello che voglio.

Kane non si scompose, rimanendo immobile e scoprendo i denti, appuntiti anche in forma umana.

- Kane, ti prego, va via- la implorò Ryan, dibattendosi sulla sedia.

La ragazza gli sorrise con l’espressione più rilassata che riuscì a fingere.

- Ryan, va tutto bene. Ti tirerò fuori di qui, te lo prometto.

E questa è una promessa che manterrò, qualsiasi sia il prezzo da pagare.

L’uomo dagli occhi rossi rise amaramente, e Kane riportò l’attenzione su di lui.

Aveva tutto il corpo in tensione, pronto alla trasformazione.

- Ah, l’amore! Un sentimento così potente ma anche così fragile. Che si tratti di amore fraterno o amore tra una coppia, non è che un ostacolo al potere!

- Che cosa ne sai, tu? Che cosa ne sa un mostro dell’amore?- ribatté Kane, acida.

Una nuova espressione si fece largo negli occhi dell’uomo.

Qualcosa che assomigliava molto alla tristezza.

- Più di quanto tu non creda, lupa. Forse non ci crederai, ma anche io sono stato innamorato, una volta.

Il capo dei Cacciatori distolse lo sguardo, facendolo volare fuori dalla finestra della stanza, e perdendosi nei suoi pensieri.

In quel momento, a Kane non sembrò poi così pericoloso.

Tuttavia, non abbassò la guardia.

- Hai ragione, infatti. Non ti credo.

Un sorriso increspò le labbra dell’altro. - Fa come ti pare. Ma forse dovrebbe interessarti, visto che la donna che amavo è stata uccisa a causa di tuo padre.

Questa volta fu Kane a tentennare. Il suo sguardo, fino ad ora così saldo, vacillò e l'uomo se ne accorse.

Fece un passo avanti, ma Kane gli ringhiò contro.

- Tuo padre era un debole. Non meritava di essere il maschio alfa del nostro branco. E quando i Cacciatori ci trovarono e iniziarono a distruggere la nostra foresta, lui non volle combattere.

- Quegli stupidi umani uccisero tutti i lupi del branco, compresa la mia Irina. Ma tuo padre, nonostante questo, riponeva ancora delle speranze negli uomini, e si tirò indietro. Non si vendicò. Non combatté contro i Cacciatori.

Kane poteva sentire l'immenso odio che avvelenava l'anima di quell'uomo, e il suo corpo fu scosso da un brivido.

In quel momento la ragazza si rese conto che quello sarebbe stato un avversario difficile.

- Comunque, io ho avuto la mia vendetta. Ho eliminato quel traditore con le mie mani. E adesso, il mio scopo è distruggere i Cacciatori. Questi stupidi non si rendono conto che la minaccia più grande, per loro, arriverà proprio da quello che loro chiamano “signore”.

Una vocina, nella mente di Kane, le urlava di non ascoltarlo.

I ricordi di quella terribile notte, la foresta che bruciava, la voce disperata della madre, le affollavano la mente minacciando di farla esplodere.

- Ma per fare questo, mia cara- continuò l'uomo dagli occhi rossi, - ho bisogno del tuo aiuto. Unisciti a me, lupa, e insieme formeremo l'impero dei lupi.

Nonostante il costante ronzio che le affollava le orecchie, Kane riuscì a sentire il lamento sommesso uscito dalle labbra di Ryan, poco distante da lei.

Fu quel suono, come una secchiata d'acqua gelida, che la riportò alla realtà.

La ragazza alzò gli occhi e li puntò in quelli del capo dei Cacciatori, e la sua espressione non era mai stata così igniettata di rabbia.

- Sei un pazzo- disse, la voce dura e ferma. - Non è stato mio padre a tradire la nostra razza. Lui ha sempre creduto nella pace e nella libertà, e ha continuato a sognare per noi lupi un mondo migliore. È morto per difendere questi ideali, e io sono orgogliosa di lui.

- Sei tu il traditore. Hai ucciso il tuo alfa, e anche molti altri lupi innocenti. Sei solo un lurido cane.

L'uomo e la ragazza scattarono in avanti nello stesso istante, trasformandosi a metà del balzo e azzannandosi a vicenda.

La lupa nera atterrò e con una rapida torsione del corpo tornò a ringhiare contro il suo avversario.

Il capo dei Cacciatori era un grosso lupo rossiccio, con il mantello striato di nero e gli occhi rossi che spiccavano in mezzo al muso.

Aveva le labbra arricciate in un ringhio e la coda ritta.

Kane si lanciò nuovamente in avanti, mirando alla gola del lupo, ma questi si ritrasse con uno scatto e subito dopo caricò contro di lei, le zanne sguainate.

Il morso raggiunse il petto di Kane, lacerando un lembo di pelle e lasciando una grossa ferita sanguinante.

La lupa nera guaì e fece un salto all'indietro, atterrano qualche passo più in la.

Il dolore della ferita lasciò subito spazio alla rabbia, e la lupa ripartì all'attacco.

Questa volta, le sue zanne riuscirono ad arrivare alla spalla del nemico, e Kane affondò i denti fin quando sentì la resistenza solida delle ossa.

Prima che potesse spezzarle, però, il lupo rosso fece guizzare il muso di lato e le morse un fianco con la potenza che solo la rabbia e l'odio potevano dare.

Un dolore lancinante percorse il corpo della lupa nera, che fu costretta a mollare la presa.

Le zampe posteriori cedettero sotto le zanne dell'avversario e Kane finì a terra, il mantello macchiato dal suo sangue scarlatto.

Il lupo dagli rossi la sovrastava, le zanne sguainate in un ringhio e gocciolanti di liquido rosso.

- Kane! NO!

Il grido di Ryan esplose nella mente di Kane, donandole nuova forza, spronandola a reagire.

Ti ho promesso che ti avrei salvato, Ryan. E lo farò, lo giuro.

La lupa nera scattò, e poco dopo sentì il sapore dolce del sangue scorrerle lentamente giù per la gola.

Aveva afferrato la pelle morbida del fianco del lupo rosso, e quello emise un guaito di puro dolore.

Cercò di sottrarsi a quel morso, ma Kane non mollò la presa, mentre l'adrenalina sembrava rinforzarle le mascelle.

Era talmente concentrata sulla lotta che udì a malapena il rumore sordo della porta che si spalancava.

Ma la voce che sentì in seguito sembrò farla rinascere.

- Kane! Ryan!

La lupa nera lasciò andare il fianco del nemico e voltò la testa, incontrando gli occhi di Graham.

Il sergente di polizia e la lupa si guardarono, e lui non ebbe dubbi su quello che doveva fare.

Afferrò la pistola, la puntò contro il lupo rosso e premette il grilletto.

 

 

La signora Lovenly stringeva Ryan e Kane in un abbraccio commosso.

Il viso arrossato e solcato da lacrime era increspato da un sorriso, e i due ragazzi si stringevano a lei più che potevano.

Graham osservava la scena in disparte e in rispettoso silenzio. Aveva lasciato i suoi uomini ad occuparsi della carcassa del lupo e si era offerto di accompagnare Ryan e Kane all'orfanotrofio.

La direttrice si scostò dai due fratelli per osservarli con attenzione, e il suo sorriso si incrinò quando vide la ferita sul petto di Kane.

- O mio Dio, che cosa ti è successo?

La ragazza sorrise e le prese la mano. - È tutto a posto, signora Lovenly. Sto bene.

L'anziana donna deglutì rumorosamente, senza riuscire a staccare gli occhi dalla grossa cicatrice.

Kane capì che la sua mente si stava sforzando per assimilare tutto quello che era successo.

Alla fine, le aveva raccontato tutto.

Non ce la faceva più a fingere, e dopo il rapimento di Ryan era diventato praticamente impossibile.

- Il Diavolo Nero... non avrei mai immaginato di poterlo conoscere.

Ryan sorrise stancamente, ma Kane si irrigidì.

- Non credo che sarò più il Diavolo Nero- sussurrò abbassando gli occhi.

Sapeva bene quello che doveva dire, ma le parole sembravano essere incastrate nella sua gola e riluttanti ad uscire.

Fece un respiro profondo.

- Non posso restare qui. Ormai troppa gente è a conoscenza del mio segreto.

La signora Lovely strabuzzò gli occhi.

- Ma che dici, Kane? Oramai il capo di questi Cacciatori è stato sconfitto, non devi più preoccuparti!

La ragazza sorrise amaramente. - È proprio per questo che devo andarmene. È vero, il loro capo è morto, ma i Cacciatori sono ancora nascosti da qualche parte. Quanto ci metteranno a trovare il lupo che ha ucciso il loro signore? La mia presenza è diventata troppo pericolosa per voi.

Kane cercò lo sguardo del fratello, ma Ryan teneva gli occhi inchiodati al terreno, le mani strette a pugno.

- Ma... questa è casa tua.

Nuove lacrime appannarono gli occhi tristi della direttrice dell'orfanotrofio, e a Kane si spezzò il cuore nel vederla così.

- Kane ha ragione.

Tre paia di occhi si puntarono su Graham, che aveva fatto qualche passo in avanti e si era affiancato alla ragazza.

L'uomo teneva gli occhi fissi in quelli di Kane, che lo guardava con un misto di stupore e paura.

- La sua presenza nell'orfanotrofio è diventata troppo pericolosa, oramai i Cacciatori sanno che si trova lì.

Kane abbassò lo sguardo.

Anche se erano vere, quelle parole facevano male. Specialmente se dette da lui.

- Ecco perché lei e Ryan verranno a vivere da me.

Il cuore della ragazza eseguì una perfetta capriola nel suo petto.

Kane attese qualche secondo e poi, con una lentezza che non credeva possibile, sollevò la testa.

Graham le stava sorridendo radioso, come se avesse detto la cosa più naturale del mondo.

- Come?- dissero contemporaneamente la direttrice dell'orfanotrofio e Ryan, altrettanto stupiti.

Nel rispondere, tuttavia, il sergente di polizia si rivolse solo alla ragazza.

- Io e Teresa ne abbiamo parlato a lungo, e siamo giunti alla medesima conclusione. Abbiamo trovato il figlio, o meglio i figli che cercavamo. Voi due, Kane e Ryan, siete due ragazzi speciali.

- Inoltre, se Kane ha bisogno di un nuovo posto dove vivere, saremo felici di offrirvi la nostra casa. Insomma, vi sto dicendo che io e mia moglie vogliamo adottarvi.

Kane non riusciva a credere alle proprie orecchie.

Quante volte aveva sognato di sentirsi dire quelle parole? Forse anche quello era un sogno?

Se lo è, non voglio svegliarmi.

Senza farsi notare, si diede un pizzicottò sul braccio, aspettando di aprire gli occhi e ritrovarsi nella sua camera.

Ma non successe. Era tutto reale.

- Graham... io...

Persino Ryan era esterrefatto. La sua voce era titubante, come se le sue parole potessero rompere quell'incantesimo.

Ma Graham si rivolse alla signora Lovenly. - Immagino che ci siano delle carte da firmare per l'adozione.

La direttrice sobbalzò, come se si fosse appena risvegliata da una trance.

- Si, certo. Mi segua- E si diresse dentro l'orfanotrofio con passo tremante.

Prima che l'uomo potesse seguirla, Kane riuscì a trovare la forza per dire: - Graham, grazie.

Lui le sorrise e si infilò dietro la signora Lovenly, ma sulla soglia del portone si fermò di nuovo.

Si voltò e guardò i due fratelli con un sorriso.

-Ah, un'altra cosa. Da questo momento chiamatemi papà.

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


EPILOGO
 
 
 
 
 
 
Kane fece un lungo respiro e sentì la mano di Graham stringerle affettuosamente una spalla.
- Sei pronta?
La ragazza annuì, anche se era poco convinta.
Erano davanti alla porta dell’ufficio del capo del distretto di polizia, e Kane sentiva le occhiate degli altri agenti perforale la schiena.
- Coraggio, Kane, il Capo non morde mica- scherzò Tyler, il poliziotto con i capelli rossi.
- Almeno fino ad adesso- commentò un altro agente, la voce sarcastica.
Graham gli scoccò un’occhiataccia e quello abbassò gli occhi.
Poi il sergente si rivolse nuovamente alla figlia adottiva.
- Senti tesoro, non so perché il Capo ti abbia convocato, ma qualsiasi cosa sia io sarò al tuo fianco. Te lo prometto.
- Lo so. Grazie, papà- mormorò Kane, calcando bene l’ultima parola.
Le faceva ancora uno strano effetto.
Graham aprì la porta dell’ufficio e i due entrarono.
La stanza era tappezzata di articoli di giornale, coppe di gare vinte in passato, medaglie e fotografie della famiglia.
Al centro c’era una grossa scrivania di legno scuro e seduto dietro di essa, con la schiena appoggiata alla poltrona, c’era il “Capo”.
Kane lo osservò attentamente, e tutto nella sua figura trasudava forza e determinazione.
I capelli argentati pettinati in modo impeccabile, lo sguardo sicuro e affilato, le spalle larghe.
L’uomo fissò la ragazza per un tempo che le sembrò infinito, poi si voltò verso il sergente.
- Complimenti, Milton, tua figlia è davvero una bella ragazza.
Graham annuì orgoglioso e Kane si sentì avvampare.
- E scommetto- proseguì il Capo, con un sorriso rilassato, -che è anche in gamba. D’altro canto, se non lo fosse, non sarebbe riuscita ad ingannare la polizia per così tanto tempo.
Una fitta di nostalgia si insinuò nell’animo di Kane.
Era passato un mese da quando lei e Ryan erano stati adottati dalla famiglia Milton, e come aveva promesso il Diavolo Nero non si era più fatto vedere.
Ma qualche volta la ragazza sentiva la mancanza di quelle corse notturne e dell’adrenalina che le scorreva in corpo ogni volta che riusciva ad arrestare un criminale.
Il Capo si sporse in avanti, prendendo un fascicolo dalla scrivania.
- Ti ho chiamato, Kane, perché la polizia ha ancora bisogno del Diavolo Nero.
Il cuore della ragazza mancò un battito.
Cosa?
Anche Graham fu sorpreso. - Perché?
L’uomo seduto alla scrivania sospirò e con un gesto della mano li invitò a sedersi.
- Da un po’ di tempo diamo la caccia ad un ladro, uno che si firma con il nome di “Mercurio”, il dio del ladri. Un tipo originale, no? Bhe, questo Mercurio commette i suoi furti di notte, e riesce a scomparire senza lasciare la minima traccia. Non riusciamo a prenderlo.
 Mentre Kane si accomodava su una piccola sedia davanti alla scrivania sentì un formicolio che le correva su per la schiena.
La speranza di poter tornare ad essere il Diavolo Nero era oramai rinata in lei, ed era pervasa dall’emozione.
- Si, confermo- annuì Graham, seduto accanto a lei, - Questo è un caso davvero strano e complicato.
Il Capo spostò lo sguardo su Kane.
- Ecco perché vorrei che tu ci aiutassi. Sei sicuramente un segugio migliore di noi.
La ragazza accarezzò l’idea di poter lavorare insieme alla polizia, accanto a suo padre, e rendersi utile per la città ancora una volta.
Ma cosa avrebbe detto Ryan? Sarebbe stato d’accordo?
Perché non dovrebbe esserlo? Dopo tutto, è stato il Capo del distretto in persona a chiedermi di aiutarlo!
Kane lanciò un’occhiata a Graham, e lui le sorrise.
- Allora- fece l’uomo dall’altra parte della scrivania, - possiamo contare sull’aiuto del Diavolo Nero?
Kane non rispose.
Ma poco dopo, la lupa nera gettò il muso all’indietro ed ululò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Graham sorrise. - Lo consideri un si, signore.
 
 
 
 
_____Tana dell’Autrice____
Ed eccoci all’ultimo capitolo! Che emozione!! Spero che questa storia sia piaciuta, e vorrei ringraziare quelli che hanno letto e lasciato un commento! Spero di pubblicare presto un’altra storia, ciao!!!! =) 

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