Devils in my head.

di marta_smolder
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Limitless. ***
Capitolo 2: *** Noises. ***



Capitolo 1
*** Limitless. ***


-"Dean Winchester?"

Una voce squillante pronunciò il mio nome, irrompendo nel silenzio di un caldo pomeriggio estivo.
Non era un tono del tutto sconosciuto, riuscivo a distinguere qua e là note già familiari alle mie orecchie, anche se mettere a fuoco il volto del padrone di tale suono sembrava quasi impossibile.
Il mio indice non si fece pregare due volte e in breve si diresse verso l'alza cristalli elettrico, che fece scivolare giù in un batter d'occhio.
L'aria calda inondò la mia auto, lasciandomi in una bolgia di umidità per qualche istante.
Scrollai il capo, cercando di distrarmi e in tal proposito, mi affacciai dal finestrino, ormai aperto, sporgendomi il più possibile verso la fonte del suono, fino a quando ogni rumore attorno a me si arrestò, lasciando campo libero alla melodia del mio cuore, che per qualche ragione inspiegabile, cominciò ad accellerare i battiti, in un "boom, boom" che scandiva velocemente i secondi che sprecavo lontana da lei.

-"Caroline?"
Sussurrai, incredulo. Era lì, per davvero. I suoi occhi erano inconfondibili, colmi dei colori dell'oceano e del cielo, incorniciati da biondi capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle. Gli anni trascorsi, l'avevano solo resa più bella. 
Il suo viso si illuminò non appena pronunciai il suo nome e le nostre labbra si distesero nello stesso momento, come se fossero state sincronizzate. Vederla mi aveva riempito il cuore di felicità, era una conquista vedere ancora viva la gente che conoscevo. Affrontavo Morte ogni giorno e sapevo quanto fosse facile per il cavaliere recidere i fili delle vite umani.

Mi affrettai a posteggiare la macchina sul ciglio della strada, catapultandomi fuori, non appena spensi il motore. 
L'ultima volta che ci eravamo visti, avevamo poco più di sedici anni e non ci eravamo salutati esattatamente in buoni rapporti. Ma il suo sorriso sembrava aver rimosso tutto.
Ci eravamo conosciuti proprio lì, al liceo di Mystic Falls. 
Mio padre aveva mollato me e Sammy in quella città per qualche settimana, il tempo di concludere la caccia ad un paio di demoni e poi ripartire.

Caroline mi colpì subito.
Il suo viso angelico mi aveva incantato e non perdemmo tempo prima di cominciare a frequentarci e a rinchiuderci nello sgabuzzino del bidello, per baciarci e coccolarci di nascosto.
Poi però, un giorno cominciò a parlare di progetti su di noi, sul nostro fututro, a volermi presentare ai suoi, a immaginarci insieme per sempre. Ed io sapevo che tutto ciò sarebbe stato impossibile. Sarei rimasto a Mystic Falls per un paio di settimane e non potevo continuare ad illuderla così. 
Decisi quindi di lasciarla nel peggiore dei modi: mi feci trovare proprio lì, nel nostro sgabuzzino, con un altra ragazzina, distruggendole il cuore. Ma odiandomi, mi avrebbe dimenticato più facilmente.

- "Dio, quanto tempo è passato?"
Mi chiese poi, senza staccarmi gli occhi da dosso. 
Il mio stupido sorriso era rimasto lì. Continuavo a fissarla a bocca aperta senza riuscire a pronunciare una frase sensata con più di tre parole. Il mio sarcasmo e il mio carisma, erano andati a farsi fottere non appena i miei occhi avevano incrociato i suoi.
Così mi limitai a fare spallucce e a continuare a fissarla come un idiota.
- "Come mai da queste parti?"
- "Ho alcuni affari da sistemare."
Mormorai in fretta, aggrottando le sopracciglia. Di certo non potevo assolutamente dirle "un paio di piste da seguire sui vampiri" o roba simile.

Erano secoli che la mia famiglia ed io cacciavamo le creature dell'oscurità.
Avevamo definito questo compito come una sottospecie di impresa familiare, che avevamo ereditato dai nostri genitori. 
Eppure Sam aveva deciso di abbandonarmi. Aveva scelto di vivere una vita normale, lontana da demoni, fantasmi, vampiri e qualsiasi altro mostro che abitasse nel buio. Fin da piccolo rimpiangeva il giorno in cui nostro padre gli aveva dato una calibro 21 con pallottole al sale, insegnandogli a combattere e a difendersi. Lui detestava tutto questo, e finalmente aveva trovato la forza di mollare tutto - me compreso - e dedicarsi a se stesso. 
In fin dei conti lo capivo. Cacciare non era un semplice lavoro, ma uno stile di vita. Non come essere emo, punk o anticonvenzionale, per carità. Era un vero e proprio modo di affrontare la vita e di correre rischi continui ogni giorno.
Insieme a mio fratello mi sentivo al sicuro, ma anche più debole. Papà ci aveva insegnato a non affezionarci troppo agli altri, perchè sarebbero stati i nostri punti deboli. Quando combattevamo eravamo attenti a salvarci l'un l'altro la vita, ma ora, senza di lui, era tutto diverso. Ma di mollare tutto non se ne parlava. Sentivo addosso il peso di proteggere il mondo e niente mi avrebbe impedito di farlo. 

Beep. Beep. Beep.

Un nuovo suono comparì nella mia testa. Mi portai le mani alle orecchie, come per tapparle e capire da dove provenisse, ma questa volta non fu possibile. Chiusi momentaneamente gli occhi, fino a quando la suoneria di un cellulare non richiamò nuovamente la mia attenzione. "Fottuti rumori, oggi." pensai.

- "Oh, perdonami Dean. Chiamami per un caffè!"
Mi liquidò in fretta Caroline, mentre trafficava con le mani nella borsetta, rispondendo al cellulare. Mi diede un'ultima occhiata, lasciandomi in mano il suo biglietto da visita e agitando nervosamente la mano destra, salutandomi.
Rimasi qualche minuto lì, sull'asfalto a fissarla correre via verso la sua auto. Poi misi il biglietto in tasca, avviandomi verso l'impala ancora stordito.

 

La mia immagine

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Capitolo 2
*** Noises. ***


Richiusi lo sportello dell'auto, senza tante storie e imboccai la strada periferica della città: non avevo assolutamente nessun'intenzione di doverla attraversare per intero, prima di giungere al motel.
Gli alberi che costeggiavano la banchina, erano di un verde brillante, così accesi da sembrare vivi. L'aria era così piacevole da sentire sul proprio viso, che lasciai il finestrino spalancato, tra una frustata di vento e l'altra. Tutto attorno poi il silenzio, forse fin troppo per i miei gusti. Accesi la radio con un gesto automatico, che facevo ormai da anni: la musica era una mia vecchia amica, pronta a farmi compagnia in ogni momento.

Beep. Beep.

C'era qualcosa che non andava, forse un'interferenza o un rumore proveniente da fuori. Azzittì la radio e mi concentrai, per cercare di identificarne la provenienza.

Beep. Beep.
Dannazione, eccolo di nuovo. Scossi la testa infastidito da quello stupido rumore che si insinuava nelle mie orecchie. Non ci vollero molte altre bestemmie, prima di arrivare a destinazione, una mezz'ora di imprecazioni contro la città, e un quarto d'ora contro la radio.

- Buonasera, avevo prenotato una stanza a nome di Winchester, Dean Winchester. - dissi, aprendo la porta. La struttura era alquanto penosa. Una scritta luminosa e mezza fulminata, indicava da fuori il nome del motel. La tappezzeria interna aveva un non so che di inquietante e le rifiniture di legno marcio, non aiutavano affatto.
Il tipo dietro al bancone era altrettanto strano. Lunghi baffi bianchi, in tinta con i capelli. Una pancia pasciuta e dei vestiti immancabilmente neri. Si alzò un po' impacciato e mi accompagnò nella mia stanza, 21 C e una volta arrivati, se ne andò via leggermente stizzito, lasciandomi solo con i miei pensieri.
Mi tolsi un paio di coltelli dalla cintura e posai la Colt sul comodino. Dio, quanto adoravo quella pistola. Non era solo l'arma ereditata da mio padre, ma anche quello strumento che mi faceva sentire al sicuro più che mai.

Mi lanciai sul letto a peso morto, sollevando una nuvola di polvere veramente terrificante.
- Oh cristo. - Sussultai, cominciando a starnutire senza sosta. - Che schifo, che schifo, che schifo.

Afferrai il cellulare cercando di distrarmi e salvai in rubrica il numero di Caroline, indugiando sul contattarla o meno. Voglio dire, c'era una certa tattica nel parlare con le donne: bisognava farsi desiderare e comparire lì lì, proprio quando la bambolina stava per perdere le speranze, in modo da sorprenderla del tutto.
Mi rallegrai al solo pensiero di essere un così bravo "cacciatore... di donne". Erano da sempre il mio chiodo fisso e non perdevo assolutamente occasione per fare conoscenza (sì, conoscenza...). Mi definivo un fan delle donne, ecco come.
Certo però che non pensare a Caroline era difficile. Il suo visino continuava ad insinuarsi nella mia testa, e quei suoi occhioni oceano, erano fissi davanti ai miei. Avevano ben presto spazzato via ogni cosa, posizionandosi proprio al centro dei miei pensieri.
Mi assopì per un momento e immaginai il nostro prossimo incontro: caffettino seduti a un tavolo con dei fiori sopra, l'atmosfera romantica e magari le sue mani ancora incerte, che stringono le mie per un saluto ancora troppo formale.
Sorrisi in automatico, poi però, cominciai ad avvertire qualcosa di strano, come un senso di calore o di formicolio che si propagava per tutto il corpo. Era come se qualcuno mi stesse stringendo la mano destra, sempre più forte. Aprii gli occhi di scatto e una luce bianca mi accecò completamente. "Fantasma?!" Pensai immediatamente. Ma no, come potevano aver messo su questo teatrino?!

Dean!Dean! Grazie a dio. Infermieree!

Una voce conosciuta chiamava il mio nome. Voci, rumori, erano ovunque. Somigliava a quella di Sammy, ma era impossibile che fosse lì. Lì? Lì dove? Dov'ero?
Mi voltai velocemente, guardandomi in torno. Le mie pupille si dilatarono cercando di mettere a fuoco, ma fu tutto vano, non capivo nulla.
Provai a muovermi, ad alzarmi e a voltarmi, ma il mio corpo era così rattrappito e dormiente, che sembrava non rispondere ai miei comandi. "Fottuti fantasmi. Come diamine avranno fatto?"
- Signor Winchester, bentornato.
Sussurrò un'altra voce, distraendomi nuovamente, mentre un'ombra apparve alla mia destra. Era vestita di bianco e aveva qualcosa tra le mani, che somigliava ad una cartella.
Le mie idee erano sempre più confuse.
- Ora le controllo i valori e poi la lasciamo riposare.
Poi lo vidi, finalmente in modo chiaro e definito. Sammy era in piedi accanto a me, mentre mi stringeva la mano così forte da farmi guizzare fuori le pupille e un paio di donne vestite di bianco, girovagavano intorno a me, intente a svolgere il loro compito.
Respirai lentamente, cercado di raccogliere le forze e capire cosa diamine stesse accadendo.
- S...s...sam... C-c-cosa...- Mormorai a fatica, mentre la pelle secca delle mie labra, si disintegrava.
- Shh, Dean. Va tutto bene. Sono qui.

Poi deglutii e persi di nuovo conoscenza.

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