La saga di Shampoo e Mousse (by Dr Facer)

di HacchanADL
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Drago di Giada - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Il Drago di Giada - Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Il Drago di Giada - Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Il Drago di Giada - Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Il Drago di Giada - Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Il Drago di Giada - Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Il Drago di Giada - Capitolo 1 ***


Questa fanfiction non è opera mia, ma è stata scritta da un autore di fanfiction.net, Dr Facer. Tutti i diritti appartengono a lui, compresi i personaggi di sua creazione. Il mio impegno è stato quello di tradurla per condividerla col pubblico italiano, ovviamente dietro suo consenso.
Qui potete trovare il primo capitolo in lingua originale: http://www.fanfiction.net/s/3217138/1/La-Saga-de-Shampoo-y-Mousse

Ranma ½ e tutti i suoi personaggi sono proprietà della Star Comics e di Rumiko Takahashi.
Nota: la prima parte di questa storia si colloca fra i volumi 35 e 36 del manga.
La maggior parte della storia si sviluppa in Cina e, pertanto, molti dei dialoghi sono in cinese e per questo motivo Shampoo quasi non utilizza il suo giapponese storpiato nel parlare.



- Prima Parte -
Il Drago di Giada
Capitolo 1
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Shampoo non era per niente felice; la lettera che la sua bisnonna aveva appena ricevuto… era terribile! E la cosa più brutta era che era arrivata nel peggior momento possibile. La giovane amazzone aveva escogitato di presentarsi alla madre di Ranma nei prossimi giorni, ma a causa di questa lettera i suoi piani erano andati in fumo.
«Temo che non ci sia modo di scamparla, bambina mia», disse Cologne a Shampoo, la quale era sul punto di arrampicarsi sulle pareti per la disperazione. «Voi due dovrete fare ciò che dice la lettera».
«No essere giusto!» piagnucolò la ragazza. «Shampoo no fare questo!».
«Si tratta di una petizione del consiglio delle anziane, non c’è modo di ignorare gli ordini».
«Perché Shampoo dovere fare questo?» domandò la giovane amazzone borbottando mentre cercava di pulire i tavoli del Neko Hanten.
Cologne chiuse gli occhi e sospirò; in realtà era sua la colpa se Shampoo si trovava in questo guaio. Se solo fosse stata più forte…
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…180 anni addietro…
Cologne, ancora un’incantevole e giovane donna, stava spazzando tranquillamente l’ingresso di casa sua. Era di ottimo umore ed aveva un valido motivo per esserlo. Quello era il suo ultimo giorno da donna nubile. Giusto una settimana prima era stata battuta da un affascinante soldato imperiale che formava parte della guardia privata dell’imperatore.
Vi era solo una nube che macchiava il suo orizzonte. L’uomo che la sconfisse prima del suo soldato: quell’uomo chiamato Happosai o Happy, come lei era solita chiamarlo. Però Cologne amava il suo soldato, doveva farlo però… Happosai era così… così incredibilmente sconsiderato. Così incredibilmente arrogante. Così incredibilmente stupido. Così incredibilmente attraente. Lei era cosciente che egli sarebbe stato sempre il suo unico errore dinanzi gli occhi del consiglio delle anziane.
Happosai era stato il primo uomo di Cologne in tutto. Sarà stato forse perché le attraevano gli uomini pericolosi e strampalati, però… Dio, Happosai era letteralmente un nano e anche abbastanza brutto! Ma anche in questo modo… quegli occhi da cane bastonato quando era triste e quel sorriso sbieco… ricordare ciò era tutto quello di cui lei aveva bisogno per sospirare mentre si domandava cosa stesse facendo Happosai in quel momento.
Improvvisamente, una pietra cadde ai suoi piedi. Vi era un biglietto attaccato. Cologne la raccolse e lesse il messaggio con rapidità e il suo cuore sussultò quando lesse chi glielo aveva inviato.
Happosai.
Il suo peccato.
Il suo errore.
Il suo primo amore.
La stava chiamando, chiedendole di incontrarsi per un’ultima volta. Ma non poteva andarci! Cologne non poté evitare di ricordarsi tutte le volte che aveva ignorato Happosai, tutte le occasioni nelle quali lo aveva cacciato a calci fuori dal villaggio e dalla sua vista, quante volte lo aveva piantato in asso, ma inutilmente. Non poteva resistergli. Quando ricordava le poche volte in cui era stata con lui, tutta la sua forza di volontà scompariva. Doveva incontrarlo per un’ultima volta e… magari, per un ultimo… bacio.
Più tardi quel giorno, Cologne entrò nel bosco che circondava Joketsuzoku. Sapeva che non avrebbe dovuto essere lì, ma non poteva evitarlo. Non aveva la forza di resistere all’incanto che egli aveva si di lei. L’incanto di tutto ciò che per lei era proibito.
La giovane amazzone sorrise quando lo sentì chiamare il suo nome; e incluso mantenne il suo sorriso quando vide che si avvicinava avvolto dalla sua aura di combattimento, quell’aura che era tanto travolgente e ammaliante per lei. Cologne lo amava davvero, ma lui era un pessimo uomo per il futuro del villaggio delle amazzoni; per questo doveva sposarsi con un uomo che totalmente l’opposto di Happosai.
«E così ti sposerai con un noioso soldato?» esordì Happosai avvicinandosi, a piccoli passi, «dopo tutto quello che abbiamo fatto, ti sposerai con un altro!» gridò. «Sai come mi fa sentire questo?».
«Posso immaginarlo» rispose Cologne.
«No, non puoi!» esclamò Happosai, la sua aura di combattimento che cresceva mentre parlava. «Non ne hai la minima idea!».
Cologne sospirò e chiuse fortemente gli occhi. «Happy, io amo soltanto te».
«Che cosa hai detto? Credo di non aver sentito».
«Ho detto che ti amo, idiota!» gridò Cologne. «Non ho mai voluto provare questo sentimento per te, ma non posso evitarlo!».
L’aura di combattimento di Happosai scomparve mentre si sedeva su una pietra. «Allora perché?» chiese, «perché ti sposerai con questo stupido soldato?».
«Perché lui è tutto ciò che mia madre e mia nonna hanno sempre voluto in un uomo».
«Come se davvero t’importasse quello che pensano tua madre e quella mummia pazza!» si lamentò Happosai.
«Mia nonna non è una mummia!» esclamò Cologne.
«Va bene, allora non lo è» disse lui. «Senti Cologne, questo non è importante adesso».
«Allora che cosa è importante?».
«Noi» rispose lui.
«Perché?» gli chiese lei.
«Perché…» cominciò Happosai, «ci sono occasioni in cui bisogna rompere le regole» disse il minuto artista marziale, «e già le rompesti con me una volta, perché non vuoi continuare?».
«Ho le mie ragioni» rispose Cologne, sedendosi vicino al giovane Happosai.
Cologne prese le mani al suo compagno e le strinse gentilmente. «Però… se lo dici e lo dici davvero, forse potrei farlo; forse potrei rompere le regole per te».
Happosai cominciò a sudare nervosamente, «te l’ho già detto prima…» le rispose. «Non lo ricordi, la notte nel granaio quando abbiamo fatto l’am…».
«Questo è stato una settimana fa!» lo interruppe Cologne. «Voglio sentirlo adesso».
Happosai sbatté le palpebre e cominciò a tremare come una foglia al vento. «Io… Cologne, io…».
«Sì?».
«Io… ti…».
«Dillo, su!» pensò Cologne, «il nostro futuro dipende da queste tre parole!».
«Nipote, fermati!».
Cologne e Happosai si allontanarono con un salto l’uno dall’altra. Cologne era spaventata e Happosai era in guardia, immaginando ciò che sarebbe successo, avrebbe ricevuto una sberla dalla bisnonna di Cologne.
«Ben fatto nipote, ti ringrazio di avermi portato dove si nascondeva questa sanguisuga!».
Happosai guardò Cologne senza poter credere a ciò che aveva appena ascoltato. «Mi hai teso una trappola?» chiese.
La bisnonna di Cologne rispose alla domanda. «Certo che l’ha fatto, dovevamo disfarci di te prima che la mia pronipote si sposasse!» gridò l’anziana. «Vattene di qui, peste!».
Il giovane Happosai era furioso, non c’era nulla che potesse fare; era ancora troppo debole per battere la vecchia amazzone e portare via Cologne. Aveva una sola possibilità: scappare e tornare al villaggio più tardi.
Girandosi per guardare Cologne, Happosai non cercò di nascondere la sua furia nel sentirsi tradito. «Dovevo saperlo che le tue stupide leggi t’importavano più di me!» gridò mentre correva a nascondersi nel bosco. «Ma il tuo prezioso villaggio sprofonderà molto presto nel caos più totale, lo giuro!» e questa minaccia furono le ultime parole di Happosai che sentì in molto tempo.
Cologne rimase immobile e, nonostante i suoi sforzi, cominciò a piangere. «Non ti ho teso una trappola… io non ti ho tradito» mormorò, «se me l’avessi detto prima… sarei venuta con te».
«Torniamo al villaggio, bambina mia. Abbiamo molte cose da fare» disse la bisnonna di Cologne. «La tua vita inizia ora».
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«Bisnonna, cosa pensare tu?» chiese Shampoo, guardando Cologne con grande curiosità. Non era solito per Shampoo vedere l’anziana tanto pensosa. «Tu avere piano per tirare fuori Shampoo da stupida missione?».
«No» replicò Cologne, «anch’io voglio che tu lo faccia, Shampoo, è molto importante».
Shampoo ringhiò il suo disappunto. «Perché dovere essere lui? No potere io andare con Lanma?».
Cologne saltò sul tavolo per poter guardare Shampoo dritto negli occhi. «No, deve essere lui» affermò l’anziana. «Ora va’ e incontra quell’inutile quattr'occhi, devo spiegargli di cosa si tratta tutto questo!».
Shampoo annuì e uscì dal Neko Hanten, però dalla sua espressione era facile riconoscere che non era felice di farlo, per niente.
«Perché diamine dovrei fare questa stupidaggine?» si domandò Shampoo mentre camminava lentamente per la strada. Dove diavolo si era cacciato Mousse?
Poco dopo, Shampoo riuscì a vedere Mousse saltando da un tetto all’altro trasportando qualcosa simile a una cassa. Il ragazzo si muoveva a una velocità incredibile. Shampoo aveva visto Mousse muoversi così rapidamente solo un paio di volte prima. La sua velocità la impressionava, solo un poco.
Accigliandosi, Shampoo saltò sul terrazzo più vicino e aspettò che Mousse si avvicinasse e allora, con un altro salto e una rapida capriola, la ragazza atterrò giusto difronte a lui.
«Altolà Mousse!».
«Shampoo!» gridò Mousse sorpreso, «che ci fai qui?».
«Bisnonna volere vedere te».
«M-m-me?» domandò lui leggermente spaventato. «Perché?… Non ho fatto nulla per farla infuriare ultimamente».
«Questo ora no importare!» disse Shampoo. «Lei volere solo dire te qualcosa su una missione».
Gli occhi di Mousse s’illuminarono. «Una missione? Avrà qualcosa a che vedere con questo?» disse mentre apriva la cassa affinché Shampoo potesse vedere il suo contenuto. «Me l’ha consegnata una donna un attimo fa, disse che era importante per una missione».
Shampoo guardò con curiosità cosa ci fosse nella scatola e la prese per esaminarla alla luce del sole.
Era un piccolo drago. Un drago fatto di giada che brillava meravigliosamente alla luce del sole. La statua, d’altronde, era in una strana posa, accovacciata come una sfinge, col suo lungo collo puntato verso il cielo e il volto del drago era abbastanza strano. Non sembrava il muso di un drago qualsiasi, assomigliava di più a quello di un lupo che sorrideva con malvagità. Fissare quel volto fece sì che a Shampoo venissero i brividi e, con un po’ di ribrezzo, rimise la statua nella scatola.
«Stavo seguendo la donna che mi ha dato la scatola quando tu sei arrivata, Shampoo» spiegò Mousse mentre si aggiustava gli occhiali, «però l’ho persa di vista».
«Silenzio, Mousse! Questo drago no essere statua normale» disse lei pensierosa, «no piacere me».
«Neanche a me» commentò Mousse mentre conservava la cassa in una delle sue maniche. «Perché mai lo avrebbero dato a me?».
«Bisnonna dovere sapere, meglio noi chiedere lei» disse Shampoo, che scese dal terrazzo e s’incamminò verso il Neko Hanten.
Mousse si limitò a seguirla, tutto ciò era molto misterioso e lui d’altro canto odiava i misteri. Con un po’ di fortuna, la vecchia mummia sarebbe stata capace di spiegar loro cosa stesse accadendo.
Di ritorno al ristorante, Mousse e Shampoo si sedettero in silenzio mentre osservavano Cologne bere il suo tè e fumare la sua pipa. Il Drago di Giada era posto su un tavolo vicino.
«Bisnonna, tu sapere cosa essere questa cosa?» chiese Shampoo indicando verso la statua di giada.
«Sì, lo so».
«Allora dicci di cosa si tratta!» pretese Mousse.
Cologne bevve un ultimo sorso del suo tè e sospirò. «Molto bene, ve lo spiegherò. La statua rappresenta il drago malvagio. Sicuramente voi due avrete sentito parlare di lui, no?».
Shampoo e Mousse assentirono.
«Bisnonna, tu parlare di malvagio drago di vecchio racconto di villaggio di amazzoni?» domandò Shampoo.
«È così, bambina mia» rispose Cologne, che con un salto giunse affianco al drago. «Il drago malvagio che possedeva tanta lussuria da tentare di sposarsi con tutte le donne del nostro villaggio».
«Shampoo ricordare resto di storia. Quando drago malvagio braccato e ferito da amazzoni, rubare tutto tesoro di Joketsuzoku per vendetta».
«Certo, anch’io ricordo questo racconto» intervenne Mousse. «Il drago scomparve in una colonna di fumo, lasciando al suo posto solo una statua identica a lui per burlarsi delle amazzoni» il ragazzo si fermò e sbatté le palpebre. «Tutto ciò significa che questa è la statua che il drago lasciò nel villaggio, secondo quanto dice la leggenda?».
L’anziana fece un cenno col capo. «Sì, e il consiglio delle anziane ha detto che abbiamo a che fare con lui».
«No potere Mousse fare lavoro da solo?» chiese Shampoo con la speranza di ricevere una risposta affermativa.
«No, anche tu dovrai cooperare nella missione, Shampoo. Se andrà a buon fine, ti accetteranno nella lista di futuri membri del consiglio delle amazzoni» spiegò l’anziana, «io, tua nonna e tua madre fallimmo questa prova» Cologne fissò Shampoo negli occhi, «adesso, bambina mia, è il tuo turno».
Mousse si grattò la nuca. «Cosa dovrà fare Shampoo? È tanto difficile?».
«Sì, è molto difficile» rispose Cologne. «Dovrà portare la statua fino al centro del Labirinto Spirale e tu dovrai aiutarla».
«Perché io?».
«Il drago l’hanno dato a te» replicò Cologne.
«Shampoo no volere fare questo con lui!» gridò la giovane amazzone sbattendo le mani sul tavolo.
«Devi farlo!» esclamò Cologne. «Se almeno non ci provi, sarai esiliata da Joketsuzoku!».
Shampoo si pietrificò. «E-esiliata?».
«È così» disse Cologne con espressione molto seria.
Shampoo tornò ad accigliarsi e chiuse le mani a pugno mentre respirava profondamente per controllare la sua crescente frustrazione; quando riuscì a calmarsi, parlò. «Bene, io fare ciò che consiglio chiedere… però no essere giusto! Mousse essere solo intralcio!».
«Fa parte del lavoro» disse Cologne. «Adesso vai in camera tua e preparati per il viaggio, si è fatto tardi ed entrambi dovrete partire domani».
L’anziana aspettò che i ragazzi la lasciassero sola e allora guardò il Drago di Giada. Lei conosceva la sua vera storia, poiché aveva avuto un ruolo molto importante in essa.
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…180 anni addietro… (un’altra volta)
Era il giorno del matrimonio di Cologne, si supponeva che dovesse essere felice, si supponeva che dovesse sorridere, ma non poteva farlo. Aveva passato la notte precedente domandandosi cosa stesse tramando Happosai. Non aveva idea della vendetta che aveva architettato, ma aveva la sensazione che si trattasse di qualcosa di molto crudele.
Alcune ore più tardi, Cologne, che ora vestiva il suo abito da sposa, aspettava l’arrivo del suo sposo. Era in piedi al centro della sala del consiglio e tutte le anziane la osservavano, molte di loro con sguardo perplesso. La sua piccola avventura con Happosai l’aveva coperta di vergogna e solo la parola della sua bisnonna, che aveva riferito alle anziane come Cologne avesse teso una trappola ad Happosai, fece sì che tornassero a fidarsi di lei, almeno in parte.
Fu allora che si levarono le grida, tutte le donne del villaggio gridavano e maledicevano. Cologne fece per uscire in strada, le anziane le ordinarono di fermarsi, ma non obbedì. Quello che Cologne vide fuori fu Happosai perseguire tutte le donne del villaggio, molestandole, tentando di toccar loro il seno e invitandole a uscire con lui. Era, proprio come egli aveva giurato, un caos totale. Ma questo non gli era bastato, giacché fece un’altra cosa. Rubò il tesoro delle amazzoni. TUTTO il tesoro.
Cologne prese parte all’orda delle furiose amazzoni che stavano inseguendo il ladro e, quando l’ebbero braccato, il giovane Happosai utilizzò una cortina di fumo per coprire la sua fuga, lasciando di fronte alle amazzoni soltanto quell’orribile Drago di Giada. Però questa non era tutta la verità. Happosai lasciò anche una donna incinta al villaggio delle amazzoni.
Il nome di questa donna?
Cologne.

 


Primo capitolo terminato! :D Spero proprio che vi sia piaciuto. Trovai per caso questa storia diversi mesi fa e me ne innamorai subito, tanto da arrivare al punto di volerla tradurre per farla conoscere a un pubblico più vasto. Certo, siamo ancora agli inizi, ma cercherò di mantenere un ritmo costante nella pubblicazione dei capitoli.
Devo dire che è stato alquanto difficile orientarmi sul tipo di parlata da dare a Shampoo; certo, nella versione animata i suoi difetti di pronuncia spariscono quasi del tutto dopo alcuni episodi, ma in questa storia questi assumono una certa importanza e ne viene fatto quasi un continuo riferimento. Sono stata sin da subito indecisa se usare la terza persona singolare o l'infinito, ma alla fine ho optato per quest'ultimo, per restare fedele alla versione originale ed evitare complicazioni con i tempi verbali. Ho tentato anche di trascrivere la sua "r" moscia alla cinese, ma le parole scritte risultavano molto spesso illeggibili, quindi vi ho rinunciato.
Grazie in anticipo a chi deciderà di seguire questa saga e anche a chi vorrà commentare (sono ben accette anche critiche negative, purché costruttive) e un caloroso saluto a tutti!

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Capitolo 2
*** Il Drago di Giada - Capitolo 2 ***


Questa fanfiction non è opera mia, ma è stata scritta da un autore di fanfiction.net, Dr Facer. Tutti i diritti appartengono a lui, compresi i personaggi di sua creazione. Il mio impegno è stato quello di tradurla per condividerla col pubblico italiano, ovviamente dietro suo consenso.
Qui potete trovare il secondo capitolo in lingua originale: http://www.fanfiction.net/s/3217138/2/La-Saga-de-Shampoo-y-Mousse
 
Ranma ½ e tutti i suoi personaggi sono proprietà della Star Comics e di Rumiko Takahashi.
La maggior parte della storia si sviluppa in Cina e, pertanto, molti dei dialoghi sono in cinese e per questo motivo Shampoo quasi non utilizza il suo giapponese storpiato nel parlare.
 


Capitolo 2
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Shampoo finì di preparare le sue cose e s’infilò il pigiama; la giovane era ancora infastidita a causa della missione che le aveva inviato il consiglio, ma doveva compierla affinché non venisse espulsa dal villaggio delle amazzoni. Dopo aver sfatto il suo letto, Shampoo cercò di calmarsi. Detestava andare a dormire irritata, le causava sempre degli incubi.
«Però quelle vecchiacce me la pagheranno per questo» mormorò la giovane amazzone prima di prendere sonno.
Mousse aveva preso la situazione molto meglio di Shampoo, dato che non solo aveva l’opportunità di trascorrere molto tempo da solo con la sua amata, ma sarebbero stati inoltre molto, molto lontani da Saotome e ciò significava che se avesse giocato bene le sue carte, avrebbe potuto finalmente dimostrare a Shampoo chi fosse in realtà l’uomo della sua vita!
«Alla fine, il destino mi ha dato l’opportunità di far sì che le cose siano come debbano essere, farò vedere a Shampoo che sono io l’uomo col quale dovrebbe sposarsi!».
Intanto, al piano di sotto, Cologne e il padre di Shampoo erano seduti insieme a un tavolo del ristorante e bevevano un po’ di sakè, come normalmente facevano tutte le notti della domenica.
«Non avrei creduto che la mia piccola ricevesse la sfida così prematuramente» disse il padre di Shampoo.
«Ha già sedici anni e presto compirà i diciassette, è ora che affronti la sfida» rispose Cologne, «sembra che ti sia dimenticato che tu e sua madre affrontaste questa prova quando avevate la loro stessa età».
«Questo fu parecchio tempo fa, Cologne».
L’anziana s’incupì. «Credo ancora che sia stata colpa tua se mia nipote fallì la prova».
«Ancora con questa storia?» esclamò lui. «Perché dice così?».
Cologne sospirò un po’ seccata dal ricordo. «Come se non lo sapessi» gli rispose. «La corteggiasti fino al punto che non accettò le tue avances mentre vi trovavate da soli nel labirinto. Non avevi pudore allora e non ce l’hai neanche ora».
«Sua nipote non si è mai lamentata di questo» replicò il padre di Shampoo dopo aver bevuto un sorso di sakè. «Difatti, credo che sia stata molto felice con me».
Cologne si limitò a borbottare la sua delusione.
«D’altronde, sono riuscito a vincere sua nipote in combattimento, Cologne; mi ci saranno voluti più di trecento tentativi, ma alla fine ce l’ho fatta».
Cologne tornò a borbottare la sua disapprovazione.
«Anche se…» cominciò lui, «non so che pensare. Mai avrei immaginato che la mia Shampoo avrebbe dovuto affrontare questa missione».
«La sfida del labirinto esiste per una ragione» affermò Cologne. «Il suo obiettivo è purificare il corpo e la mente di tutte le giovani amazzoni».
«Allora perché la nostra famiglia è l’unica di Joketsuzoku a doverla intraprendere?».
«Non sei ancora pronto per saperlo» rispose l’anziana che, dopo aver terminato il suo sakè, si diresse verso le scale. «Credo di aver bevuto a sufficienza per oggi, buonanotte!».
«Già, buonanotte» disse lui e cominciò a pulire i tavoli.
Il giorno seguente…
«Barca essere uno schifo!» piagnucolò Shampoo alla vista dell’imbarcazione sulla quale avrebbe viaggiato in rotta per la Cina.
«Certo appare molto squallida» aggiunse Mousse dopo aver inforcato i suoi occhiali.
«No potere Shampoo viaggiare in barca migliore?» domandò la ragazza.
«No, tutto questo fa parte della sfida» spiegò la vecchia amazzone.
«Però…» cominciò la giovane amazzone.
«Basta così, Shampoo! Andrai su questa barca e non si discute!» le urlò Cologne, cosa che l’anziana non faceva quasi mai. «Sali una buona volta!».
Imprecando silenziosamente, Shampoo salì sulla nave. Camminava lentamente e senza entusiasmo, ignorando le occhiate lascive dei marinai. Sospirando, la ragazza arrivò alla coperta e si sedette sulla sua valigia.
Mousse, che non stava indossando le sue lenti, finì per essere portato sull’imbarcazione dal padre di Shampoo; una volta a bordo, il ragazzo decise di incontrare la sua amata. Da quando la nave era salpata e Mousse cominciò ad ascoltare ciò che dicevano i marinai, non poté evitare di sentirsi furioso. La maggior parte dei membri della ciurma commentava quanto bella potesse essere Shampoo nuda. Al giovane maestro delle armi occulte non piaceva per niente, cosicché, controllando il desiderio di prendere a calci nel sedere tutti i marinai del vascello, continuò a cercare Shampoo.
Diverse ore più tardi Shampoo, che da allora era rimasta seduta sulla sua valigia, si domandò per prima cosa dove fosse Mousse; si sentiva annoiata e aveva voglia di chiacchierare con qualcuno, ma il suo compagno di viaggio non era nelle vicinanze. Senza niente di meglio da fare, Shampoo continuò a fissare le onde del mare. La ragazza era talmente seccata da non accorgersi neppure quando un gruppo di marinai, dodici in tutto, si avvicinò alle sue spalle.
«Ciao, bambolina» la chiamò uno dei marinai, utilizzando un rozzo dialetto mandarino. «Non ti senti sola soletta?».
Shampoo si girò è squadrò i marinai che la circondavano; la giovane sorrise maliziosamente, la situazione poteva farsi interessante.
«No, sto bene» rispose Shampoo passando dal giapponese al cinese. «Potete anche andare» disse loro tornando a rivolgere il suo sguardo al mare.
«Però, bambolina, volevamo solo farti compagnia» disse un altro marinaio.
«Sì, buona compagnia!» fecero eco gli altri uomini.
Shampoo incrociò le braccia. «Beh, io non voglio che voi mi stiate attorno».
«Non puoi rifiutarti» risposero i marinai che avanzarono verso la ragazza con occhi pieni di lussuria.
Shampoo rimase immobile, aspettando che i marinai facessero la prima mossa. Non dovette aspettare molto, il più audace del gruppo si avvicinò e tentò di toccarle il seno. Facendosi beffe della sua stupidità mentre schivava le mani del marinaio, la giovane amazzone colpì violentemente il petto dell’avversario col suo palmo, rompendogli tre costole e lasciandolo incosciente allo stesso tempo.
«Volete ancora farmi compagnia?» chiese loro Shampoo.
I marinai vacillarono un istante, non capendo come quella ragazzina fosse capace di fare qualcosa come quella appena vista.
«Che vi succede?» domandò Shampoo, «non volete più giocare?».
Uno degli uomini, quello che a prima vista sembrava il leader del gruppo, fece un passo avanti. «Ascoltate ragazzi, è solo una bimbetta, ha avuto solo fortuna, ecco tutto!».
«Certo!» gridarono gli altri.
«Non avrà possibilità contro tutti allo stesso tempo!» gridò il leader.
«Le daremo una lezione!» esclamarono i marinai.
«Prendetela ragazzi!» urlò il leader e attaccò Shampoo. Gli altri marinai seguirono l’esempio del loro capo e si lanciarono contro la giovane, alcuni brandendo coltelli, altri scope mentre uno di loro una fune.
«Ti insegneremo a non metterti contro di noi!» urlarono mentre attaccavano.
La giovane amazzone schivò la prima ondata di attacchi per poi saltare alle spalle dei marinai.
«Come siete lenti. Non siete altro che un branco di ubriaconi pervertiti!». La ragazza si prese gioco di loro e si mise in posizione d’attacco, aspettando il seguente assalto avversario, il quale arrivò immediato.
Alla fine, a Shampoo occorsero meno di trenta secondi per finire i suoi avversari; diversi calci, un paio di ganci e tre pugni furono tutto quello che le necessitarono per sbaragliare il gruppo di marinai. Quando la lite terminò, non aveva neppure sudato. L’unico marinaio rimasto in piedi era il leader del gruppo, poiché Shampoo lo aveva tenuto in serbo per il finale.
«Datti una calmata, reginetta! Volevamo solo giocare con te!».
«Ma davvero?» disse Shampoo mentre si avvicinava al marinaio, gli occhi pieni di furia.
«Per favore!» gridò lui. «Non farmi del male!».
Shampoo era giusto di fronte al marinaio e lo fissava tagliente. «E cosa pensavate di fare, tu e i tuoi amici ubriaconi, con me?» gli domandò. «Non credi che anche questo avrebbe potuto farmi male?».
«No… perché tu… tu sei una donna… questo dovrebbe piacerti e…!».
WHOK!
Il marinaio non poté finire la frase, che un poderoso calcio di Shampoo al suo inguine gli tolse le parole di bocca e lo lasciò raggomitolato al suolo. Senza poterlo evitare, l’uomo cominciò a piangere e urlare in preda al terribile dolore.
Shampoo afferrò il marinaio per il collo e lo sollevò per guardarlo negli occhi. «Sei un porco» sibilò, «dillo, di’ che sei un porco».
Nonostante il dolore fra le sue gambe e la mancanza d’aria, il marinaio s’infuriò. Come poteva una ragazzina trattarlo così? Chi si credeva di essere?
Shampoo strinse la presa e l’uomo sentì che il suo collo era sul punto di rompersi. «Di’ che sei un porco» gli ordinò.
«Chi… sei… tu?» domandò il marinaio.
«Sono un’amazzone e tu sei lurido porco» rispose lei aumentando la pressione sul suo collo. «Lo dici, sì o no?».
Il marinaio lottava per respirare e, come sentì pronunciare la parola “amazzone”, cominciò a tremare di paura. Aveva ascoltato storie terribili sulle amazzoni cinesi e ciò che erano solite fare con i loro nemici. Sudando freddo, cominciò a temere per la sua vita.
«Sono… un… porco…» riuscì a proferire e, quasi immediatamente, la pressione sulla sua gola scomparve. Senza forze, l’uomo cadde di schiena, tossendo come un disperato.
«Non era poi tanto difficile, no?» disse Shampoo mentre sollevava la sua valigia. «Non sottovalutare mai più una donna, non hai idea di quanto pericolose possiamo diventare» e con questo avvertimento la giovane amazzone lasciò la coperta.
Mousse riuscì finalmente a uscire dalla sala macchine, detestava quando i suoi gravi difetti visivi gli causavano questo tipo di problemi. Era finito per inseguire un marinaio dai capelli lunghi pensando che fosse Shampoo fino a quando non furono entrati nella sala macchine dove il marinaio, stanco di essere pedinato, domandò a Mousse se non avesse “particolari inclinazioni”. Mousse, allora, cercò di giustificare il suo errore con una scusa stupida che non fece altro che far infuriare il marinaio e ben presto tutto si risolse in una lotta che il giovane maestro delle armi occulte vinse facilmente.
«Sei lì!» gridò Mousse quando scorse qualcosa che gli sembrava la chioma di Shampoo. Il ragazzo corse in quella direzione e abbracciò con tanta forza ciò che aveva visto da romperlo con uno scricchiolio. Perplesso, Mousse si domandò come ci fosse finita una scopa rotta fra le sue mani.
Shampoo si portò una mano alla tempia quando avvistò Mousse. L’idiota aveva appena rotto una scopa e la cosa più offensiva era che sicuramente l’aveva confusa con lei. La ragazza gli si avvicinò e gli tirò una forte sberla sulla testa. «Credi forse che io somigli ad una scopa?!» gli urlò con rabbia.
Mousse si girò e s’infilò i suoi occhiali. «Shampoo!» esclamò lui. «Ero così preoccupato per te!».
«Giù le mani» disse Shampoo tirando una pedata in faccia a Mousse per evitare che la abbracciasse.
«Ma ti sto cercando da ore!» protestò il ragazzo.
«Probabilmente non ti sei sforzato molto!» ribatté lei ricordando l’incidente con i marinai. «Adesso seguimi e cerca di non perderti!».
«Per chi mi hai preso? Per Ryoga?» replicò Mousse cercando di fare una battuta.
Shampoo, tuttavia, non ne colse l’ironia. «Ryoga è un uomo molto migliore di te!», gli rispose senza contenersi.
Il giorno successivo fu Mousse a svegliarsi per primo; aveva dormito nella sua forma di papero dentro una gabbia in un angolo della cabina di Shampoo. Rivolgendo lo sguardo al letto, si rese conto che la sua amata dormiva ancora. Sospirando, il papero rovistò fra le sue piume finché non ne estrasse un grimaldello che usò per aprire la gabbia. Diversi minuti dopo, Mousse, ora nella sua forma umana, osservava la bellezza dormiente che era Shampoo. Per un istante, il ragazzo pensò di poterla svegliare con un bacio, ma presto scacciò via quell’idea; la possibilità di essere malmenato duramente già di prima mattina non lo attraeva molto. Di conseguenza, uscì dalla cabina e si diresse verso la coperta. Una volta giuntovi, indossò le sue spesse lenti e, proprio come si aspettava, riuscì a scorgere le coste della Cina all’orizzonte.
Guardandosi attorno, Mousse notò che molti dei marinai zoppicavano e uno di loro non smetteva di massaggiarsi il collo. Il ragazzo decise che qualsiasi cosa avessero fatto i marinai la notte scorsa non gli importava e preferì pensare che ben presto sarebbe stato da solo con Shampoo in un labirinto immenso. Sapeva che dovevano soltanto portarvi quella stupida statua al centro, ma, durante il cammino, molte cose fra loro potevano accadere.
Non molto tempo dopo che Mousse avesse cominciato a immaginare tutto ciò che poteva fare per impressionare Shampoo nel Labirinto Spirale, l’amazzone dai capelli azzurri uscì sul ponte, facendo sì che quasi tutti i marinai fuggissero alla sua vista. La ragazza sorrise, compiaciuta nel notare che quegli inutili ubriaconi avevano imparato la lezione. La giovane amazzone scorse Mousse e camminò fino a rimanergli affianco. Shampoo non disse nulla, dal momento che siccome il suo udito e il suo olfatto erano molto sensibili, Mousse aveva sempre avuto l’abilità di sapere quando lei gli si avvicinava anche se, sfortunatamente, lui non utilizzava mai questa capacità quando si trattava di cercarla.
«Buongiorno» salutò Mousse.
«Buongiorno» rispose lei.
«Presto saremo a casa» disse lui.
«Sì, ne è passato di tempo».
«Sarà fantastico poter rivedere tutti a Joketsuzoku».
«Non andremo al villaggio» puntualizzò Shampoo. «Andremo direttamente al Labirinto Spirale».
«Ma io voglio vedere i miei genitori!».
«Non abbiamo tempo per questo» gli ricordò lei. «Voglio farla finita con tutto questo il prima possibile, hai capito?».
«Sì, capisco».
«Bene» replicò Shampoo, che allora notò che la baia Tong Po era già ben visibile. «Ehi… sbaglio, o la nave si sta muovendo più rapidamente?».
«Così sembra» considerò Mousse. «Mi domando perché».
Nella sala macchine, dodici marinai stavano buttando carbone più veloce che potevano nella caldaia della vecchia macchina a vapore.
«Portate immediatamente più carbone!» ordinò un marinaio con un orribile livido sul collo. «Prima quest’amazzone scende dalla nave e meglio è!».
«Sì, signore!» risposero gli altri marinai.
 


E fuori due! :D Scusate l'attesa interminabile, ma è stato un periodo molto movimentato per me (compleanno mio e di altri, parenti in visita, gite, ecc..). Spero davvero di riuscire a scrivere gli altri capitoli in un tempo più breve e soprattutto con continuità.
In questo capitolo abbiamo visto una Shampoo molto simile a quella del manga, vendicativa e quasi sadica, abbastanza inquietante direi; giustifico il suo comportamento come tipico della stirpe amazzone di cui lei fa parte in una situazione di legittima difesa (o quasi). Mousse, invece, lo trovo molto romantico e sincero, direi quasi più profondo del solito. Del resto, siamo abbastanza lontani dalla comicità quasi demenziale di Ranma 1/2, nonostante non siano state apportate considerevoli modifiche alle personalità dei personaggi, mentre a mio parere l'atmosfera che si respira ricorda un po' quella di Inuyasha, senza però spargimenti di sangue inopportuni.
Un grazie a tutti coloro che hanno deciso di seguirmi e recensire la storia e in particolare all'autore di questa fanfiction, Dr Facer, per avermi dato il permesso di tradurla (olvidé de darte las gracias en el primer capitulo, asi' que estoy haciendolo ahora :) ).
Un abbraccio e al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Il Drago di Giada - Capitolo 3 ***


Questa fanfiction non è opera mia, ma è stata scritta da un autore di fanfiction.net, Dr Facer. Tutti i diritti appartengono a lui, compresi i personaggi di sua creazione. Il mio impegno è stato quello di tradurla per condividerla col pubblico italiano, ovviamente dietro suo consenso.
Qui potete trovare il terzo capitolo in lingua originale: http://www.fanfiction.net/s/3217138/3/La-Saga-de-Shampoo-y-Mousse

Ranma ½ e tutti i suoi personaggi sono proprietà della Star Comics e di Rumiko Takahashi.
 
 
Capitolo 3
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Il porto di Tong Po era, nonostante non fosse molto grande, un luogo molto frequentato; mercanti provenienti da molti villaggi vicini giungevano in questo luogo per rifornirsi di mercanzia: frutta esotica, pesce, pelli e altri beni importati. Mousse e Shampoo conoscevano bene il porto, giacché per tutta la loro infanzia lo avevano frequentato con i rispettivi genitori quando avevano la necessità di acquistare cose che non potevano reperire a Joketsuzoku.
«Mousse, guarda lì!» esclamò Shampoo, che indugiò fissando attentamente la folla. «L’hai visto?».
«Visto cosa?» domandò lui aggiustandosi le sue lenti.
«Dimenticalo» rispose lei, intuendo che era inutile che Mousse potesse vedere qualcosa. Ciononostante, quella piccola ombra che aveva appena visto guizzare con rapidità, le ricordava molto la sua bisnonna, ma questo era impossibile; Cologne si trovava in Giappone, però…
Mousse osservò Shampoo e si chiese perché si stesse comportando in maniera strana, guardando la moltitudine di gente come se cercasse di scorgere qualcuno. «Hai visto qualcuno di familiare?».
«Non ne sono sicura» disse lei, «in ogni modo, non importa. Sarà meglio mettersi in marcia, Mousse, compriamo dei viveri e andiamocene da qui».
Sopra i tetti scoloriti delle case che circondavano il porto, Cologne osservò Shampoo e Mousse mentre compravano alcuni pacchi di carne secca e riso. L’anziana si rese conto che Shampoo aveva deciso andare direttamente al labirinto. Si aggiustò il vestito e si diresse verso il bosco; doveva affrettarsi nel tornare al villaggio delle amazzoni. Voleva mettere in atto la sua strategia prima che la sua pronipote arrivasse al Labirinto Spirale.
Shampoo e Mousse, che erano già abbastanza avanti, finirono per sedersi vicino al sentiero dopo un paio d’ore di cammino. Entrambi mangiarono un po’ di carne secca mentre aspettavano che il riso fosse pronto. Non era certo la miglior colazione che avessero mai fatto, ma entrambi avevano fame e a uno stomaco affamato il sapore non importa molto.
«Quando arriveremo al labirinto…» disse Shampoo, «devi promettermi che non mi intralcerai… capito, Mousse?».
«Ma io voglio aiutarti!» replicò lui.
«Non metterti sul mio cammino sarà un aiuto sufficiente!».
«Come vuoi…» disse lui senza prestarle molta attenzione; proprio in quel momento, Mousse sentì la presenza di qualcuno che era appena passato vicino a loro e che si spostava a grande velocità.
«Mi stai ascoltando?» esclamò Shampoo.
«Qualcuno è appena passato di qui».
«Di che parli?» chiese lei guardando entrambi i lati della strada. «Io non vedo nessuno».
«No, da quella parte, verso il bosco» spiegò il ragazzo.
Shampoo sbatté le palpebre confusa, l’area del bosco che indicava Mousse era immersa nel silenzio e, se qualcuno fosse passato di lì, gli uccelli avrebbero fatto un gran frastuono. «Credo che tu abbia così tanta fame da immaginarti le cose» gli disse Shampoo con voce grave. «Prendi, mangia il tuo riso e non seccarmi più».
Sospirando, Mousse si limitò a prendere il suo piatto.
Saltando di ramo in ramo, Cologne si concentrava nel mantenere la calma; l’anziana era decisa a farla finita una volta per tutte con quella stupida sfida del Drago di Giada e così si sarebbe assicurata che Shampoo fosse l’ultima donna della sua famiglia obbligata ad affrontare questa missione, a costo che Mousse dovesse morire per realizzarlo. Naturalmente, attendeva aiuto per raggiungere il suo scopo. Cologne aveva fatto una chiamata a Joketsuzoku prima di usare la sua cesta di volatili per ritornare in Cina e aveva ordinato a sua figlia e a sua nipote di incontrare un certo ragazzo che sperava gli tornasse utile.
«Questa maledetta prova» borbottò Cologne. «Mai sono riuscita a capire perché il consiglio delle amazzoni avesse deciso di fare questo a tutta la mia discendenza». Ma la verità era che l’anziana lo capiva eccome. Era per colpa sua. L’anziana si corrucciò al ricordo di quel che successe…
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…180 anni addietro… (sì, un’altra volta)
La giovane Cologne stava in piedi, molto calma e attenta, al centro della sala del consiglio delle amazzoni. Solo una settimana prima era stata lì per il suo matrimonio, ma quel giorno era lì perché il suo matrimonio fosse annullato.
«Cologne!» la chiamò una delle anziane. «È vero ciò che ha raccontato il tuo consorte?».
«Sì, lo è» rispose lei evitando di guardare l’anziana.
Il suo sposo era venuto lì il giorno dopo la prima notte di nozze per denunciare il fatto che la sua sposa non fosse vergine. A Joketsuzoku, la verginità della donna era importante perché era considerato il regalo più importante che un’amazzone potesse offrire all’uomo che l’aveva vinta in combattimento.
«Chi è stato l’uomo che ti ha fatto questo?» domandò un’altra anziana.
Cologne non rispose, ma si limitò a chiudere gli occhi e si concentrò nel contenere le lacrime; non era giusto, non solo doveva sopportare le accuse delle anziane, ma doveva anche sopportare il modo in cui il suo ormai ex-marito, sua madre e la sua bisnonna la fissavano.
«Ma non è ovvio?» inveì un’anziana seduta in un angolo. «È stato quel ladro pervertito a farle questo!».
Tutti i membri del consiglio fulminarono la giovane Cologne con lo sguardo e, allora, una di loro parlò.
«Perché, Cologne?» chiese la vecchia donna. «Sei la migliore guerriera di questa generazione, perché hai fatto questo?».
«Io… non lo so!» gridò Cologne. «Semplicemente è successo!».
«Pertanto dovremo decidere il tuo destino, Cologne» dichiararono le anziane. «Per favore, resta dove sei e non muoverti».
Cologne tremò un poco, “decidere il tuo destino” le avevano detto. Alla giovane non piacevano quelle parole, né il modo in cui le avevano proferite. Cologne guardò la sua famiglia cercando conforto, ma negli occhi di sua madre incontrò solo tristezza. Negli occhi della sua bisnonna incontrò delusione e in quelli dell’uomo col quale si era sposata, soltanto odio. Fu allora che la giovane donna capì finalmente che era completamente sola.
Dopo aver discusso per quella che sembrò un’eternità, la leader del consiglio si alzò dal suo scranno e guardò con severità la giovane accusata.
«Amazzone Cologne» cominciò, «il tuo matrimonio è annullato a partire da questo istante».
Nell’udire quelle parole, l’uomo che era stato il marito di Cologne per meno di una settimana sorrise e uscì dalla sala udienze del villaggio. A lei non importò, non aveva mai amato davvero il soldato ed era più preoccupata per il castigo che il consiglio aveva escogitato per lei.
«In quanto a te…» disse la leader del villaggio, «ti elimineremo dalla lista dei futuri membri di questo consiglio».
«Questo non è giusto!» esclamò Cologne. «Madre, bisnonna, dite loro che non è giusto!» gridò guardando la sua famiglia; ma sua madre non le rispose, la donna chiuse semplicemente gli occhi e si sedette tremando per la vergogna.
«Silenzio!» ordinarono le anziane. «C’è dell’altro».
«Altro?» chiese Cologne.
«Ci hai disonorato, ragazza. Grazie alla tua relazione con un uomo senza onore abbiamo perduto gran parte del tesoro che fu realizzato da innumerevoli generazioni di amazzoni» disse la leader, «e per questo ci hai obbligato non soltanto a punire te, ma anche tutte le donne che formeranno parte della tua discendenza».
«Che tipo di punizione?» volle sapere la giovane Cologne.
«Se mai diverrai una delle anziane, ovviamente, non potrai mai essere membro di questo consiglio» puntualizzò la leader, «e in quanto alle donne che saranno tue discendenti, tutte loro dovranno provarci che sono degne di considerarsi guerriere del nostro villaggio, a cominciare dal frutto che porti nel ventre!».
Questa era la peggior penitenza che avessero mai potuto imporre a Cologne, che aveva lavorato tutta la sua vita per essere nella lista dei membri del consiglio. Poter essere un’anziana e non essere nel consiglio di Joketsuzoku era la peggior umiliazione per un’amazzone, ancora peggiore di essere sconfitta in battaglia da una donna straniera. Ma questo non fu ciò che la fece star peggio; la leader del consiglio le disse che era incinta e lei sapeva che il padre non era il suo consorte.
«Stupido Happosai, guarda in che razza di guai mi hai cacciato!» mormorò.
«Che hai detto, Cologne?» domandò una delle anziane.
La giovane Cologne sbatté le palpebre. «… che? Nulla, io… io solo volevo sapere perché pensate che io sia incinta».
La leader del consiglio incrociò le braccia. «Per caso non conosci tutti i rituali che facciamo quando una delle nostre amazzoni contrae matrimonio?».
«Sì, li conosco».
«Allora sicuramente saprai il perché facciamo il rituale del Sangue Ardente, o te lo sei forse dimenticato?» domandò la leader.
Quelle parole impressionarono fortemente Cologne; sapeva che il rituale del Sangue Ardente determinava quanto fosse fertile una donna, ma mai avrebbe immaginato che rivelasse anche la sua gravidanza alle anziane.
«Guarda questo, giovincella» disse un’altra delle anziane. «Lo riconosci?» le domandò sostenendo nelle sue mani il Drago di Giada.
«Sì» affermò Cologne.
«Perfetto» disse l’anziana, «perché questo drago rappresenterà la vergogna che hai causato alla tua famiglia e al nostro villaggio».
«Terremo noi la statua» spiegò la leader del consiglio, «ma quando tua figlia compirà i sedici anni…».
«Mia figlia?» chiese Cologne. «Come fate a sapere il sesso del bambino?».
«Il rituale del Sangue Ardente rivela molto di più della gravidanza» le rispose l’anziana nell’angolo. «Non è una sorpresa che una ragazzina come te non lo sapesse».
Malgrado la situazione, Cologne sorrise delicatamente. «Avrò una figlia» pensò felice. «Sarà la madre di una bambina!».
«… dovrà portare la statua al centro del Labirinto Spirale e… Cologne!» gridò la leader del consiglio. «Stai ascoltando?».
«Che?» esclamò la giovane, un po’ spaventata. «Mi perdoni, anziana, per favore, non stavo ascoltando».
La leader si grattò la fronte. «Fa’ attenzione!» la rimproverò e ripeté ciò che aveva appena finito di dire. «Però questo non è tutto».
«C’è ancora dell’altro?».
«Sì, tua figlia dovrà portare un uomo inadeguato per il nostro villaggio con sé» illustrò l’anziana. «Se tua figlia riuscirà a compiere il suo incarico senza mostrare alcun tipo d’interesse, che sia pietà o amicizia, per quest’uomo inadeguato, rimuoveremo il castigo che ti abbiamo imposto.
«E… se non dovesse riuscirci?».
«Se lei dovesse fallire, allora la figlia di tua figlia dovrà affrontare la prova» chiarì la leader. «Ma se anche la figlia di tua figlia dovesse fallire, allora una donna della generazione successiva dovrà affrontare la sfida; e questo continuerà finché una donna della tua famiglia non passerà la prova che le avremo imposto».
Cologne impiegò diversi minuti per capire appieno ciò che la leader le aveva appena detto e, nel farlo, s’infuriò come mai prima di allora.
«Questa è… una mostruosità!» urlò loro. «Perché dovete castigare tutta la mia discendenza solo perché ho fatto qualcosa che avevo deciso di fare con l’uomo che amavo?». La giovane donna gridò ancora più forte mentre faceva per proteggersi il ventre con le sue mani. «Mia figlia non entrerà nel Labirinto Spirale, non lo permetterò!».
«Stai affermando che preferiresti essere esiliata da Joketsuzoku?» le domandò la leader del consiglio.
«Cos’ha detto?».
«È un peccato» disse la leader. «Ma se non obbedirai dovremo cacciarti dal villaggio delle amazzoni per sempre. È questo quello che vuoi, Cologne?».
«… no» rispose lei, che per un istante considerò davvero di lasciarsi tutto alle spalle e abbandonare il villaggio per cercare Happosai ma, alla fine, non ebbe il coraggio di farlo. «Non voglio essere esiliata, io… adempirò gli ordini del consiglio».
«Sapevamo che alla fine avresti ascoltato la voce della ragione» dissero le anziane. «Amazzone Cologne, ora puoi ritirarti».
La giovane donna s’inchinò e uscì dalla sala del consiglio in silenzio. Nella sua mente, la ragazza giurò che, anche se non le avessero permesso di diventare un membro del consiglio, sarebbe divenuta più forte e più rispettata di una qualsiasi di quelle vecchie che l’avevano punita tanto ingiustamente. Sfortunatamente, Cologne mai poté immaginare che aveva appena stabilito il cammino che tutte le sue discendenti avrebbero dovuto affrontare. Tutte loro si innamorarono di uomini inadatti per Joketsuzoku.
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«Ma non Shampoo» pensò Cologne una volta arrivata al villaggio delle amazzoni. Shampoo aveva tutto il necessario per terminare quella prova: aveva le abilità, aveva un promesso sposo che era un eccellente artista marziale e, inoltre, Shampoo aveva anche la determinazione necessaria per vincere a qualunque prezzo. L’anziana era sicura che la sua pronipote sarebbe stata colei che avrebbe vinto la prova del Drago di Giada; tutto quello che Cologne doveva fare era disfarsi di Mousse prima che facesse a Shampoo ciò che Happosai le aveva fatto tanti anni addietro.
 

E via anche il terzo capitolo! ^-^ La storia sta cominciando a prendere finalmente forma... Scusate sempre per il ritardo assurdo, ma sono rientrata da poco da un viaggio e ho praticamente tradotto per due giorni di fila, tutto d'un fiato (spero, dunque, sia venuto bene, ahah). I capitoli sono davvero tanti e il tempo a disposizione non basta mai.
Devo dire che sono alquanto combattuta per quanto riguarda il personaggio di Cologne; se da un lato trovo che sia stata una ragazza formidabile per aver affrontato delle difficoltà come l'essere stata abbandonata dal proprio amato (per di più incinta) e la profonda umiliazione inflittale dal consiglio, dall'altro non sopporto come lei possa essere così menefreghista e cinica nei confronti del povero Mousse, già alle prese con quella simpaticona di Shampoo. Certo, ha paura per sua nipote, ma fra lui e Happosai c'è l'abisso e credo lo noterebbe anche una persona più cieca dello stesso Mousse. Ok, forse sono un po' troppo di parte...
Comunque sia, come sempre grazie a tutti quelli dotati di una pazienza cosmica per seguirmi e recensirmi nonostante i tempi mooolto lunghi. Spero che la storia vi stia appassionando sempre più e che sia così anche con i capitoli futuri.
A presto!!! :D

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Capitolo 4
*** Il Drago di Giada - Capitolo 4 ***


Questa fanfiction non è opera mia, ma è stata scritta da un autore di fanfiction.net, Dr Facer. Tutti i diritti appartengono a lui, compresi i personaggi di sua creazione. Il mio impegno è stato quello di tradurla per condividerla col pubblico italiano, ovviamente dietro suo consenso.
Qui potete trovare il quarto capitolo in lingua originale: http://www.fanfiction.net/s/3217138/4/La-Saga-de-Shampoo-y-Mousse


Ranma ½ e tutti i suoi personaggi sono proprietà della Star Comics e di Rumiko Takahashi.
 

Capitolo 4
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L’anziana sorrise nel vedere che sua figlia e sua nipote la aspettavano già all’entrata del villaggio e il suo sorriso crebbe ancor più nel vedere che il ragazzo che le occorreva per il suo piano si trovava anch’egli lì.
«Salve, figliuole. Mi fa piacere vedervi» salutò Cologne. «Vedo che siete state capaci di convincerlo a collaborare».
«Sì, ha fatto un po’ di resistenza» spiegò la madre di Shampoo, «ma alla fine ha accettato di aiutarci».
«Eccellente» disse Cologne mentre guardava il giovane. «Qual è il tuo prezzo, ragazzo?».
L’uomo che la madre e la nonna di Shampoo avevano portato rise fra sé e sé e scoprì il suo volto che aveva mantenuto nascosto sotto il cappuccio del suo mantello.
«So che lei ha molta influenza nei villaggi di questa regione. Se vuole il mio aiuto, deve promettermi che parlerà con il capo del mio villaggio in merito a una certa… faccenda».
«Questo sarà facile» rispose Cologne. «In effetti, posso immaginare cosa vuoi che io sistemi con lui. Vuoi un nuovo nome, non è vero?».
Il giovane annuì semplicemente.
«D’accordo. Ma non dimenticare che se fallirai non ti aiuterò» lo avvertì l’anziana. «Capito?».
«Capisco… e non fallirò» rispose lui, imboccando il sentiero verso il villaggio successivo. «Si affretti, vecchia, voglio che tutto questo termini il prima possibile».
Dopo aver rassicurato sua figlia e sua nipote che Shampoo avrebbe avuto successo nella prova, Cologne raggiunse il ragazzo e insieme si misero in cammino.
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«Senti, Shampoo, sei sicura che questo sia la via più breve per il labirinto?» domandò Mousse.
«Certo che sì, è scritto nella mappa che mi ha dato la mia bisnonna».
«Fammi vedere».
«Perché? Per caso vorresti dirmi che non sono in grado di leggere una mappa?» gli chiese un’offesa Shampoo.
«Certo che no!» replicò Mousse. «È solo che voglio vedere se esiste almeno una strada che ci permetta di risparmiare tempo».
«Una scorciatoia?».
«Esatto».
«Dunque… possiamo prendere il sentiero a sinistra al prossimo bivio» commentò Shampoo. «Sembra essere il percorso più breve».
«Mi sembra una buona idea».
Durante tutto il cammino, Mousse era stato tanto occupato a pensare in che modo impressionare Shampoo quando si sarebbero trovati dentro il labirinto da non cercare neanche di abbracciare la bella amazzone come sempre cercava di fare. Tutto ciò insospettiva molto Shampoo, portandola a pensare che lui stesse escogitando qualcosa, anche se non aveva la benché minima idea di cosa si trattasse. Per questo motivo, la giovane aveva deciso di restare all’erta, nel caso in cui Mousse tentasse di lanciarle qualche catena.
Diverse ore più tardi, Mousse e Shampoo finalmente riuscirono a scorgere in lontananza l’entrata dell’antichissimo Labirinto Spirale.
Il Labirinto Spirale di certo faceva onore al suo nome; costruito in una pianura nascosta nel profondo dei monti Bayankara, era una costruzione incredibilmente vecchia di alte pareti erette in forma circolare e piena di trappole. Dalla distanza in cui i due ragazzi lo osservavano, i muri coperti da una spessa vegetazione creavano una lussureggiante e magnifica vista.
A quei tempi non c’era nessuno che sapesse chi avesse costruito il labirinto o per quale ragione; allo stesso modo di Jusenkyo, il Labirinto Spirale si trovava lì moltissimo tempo prima che villaggi come Joketsuzoku o Yaocaicun e anche la Dinastia Musk apparissero.
«Siamo quasi arrivati!» esclamò Shampoo un momento prima di mettersi a correre giù per la collina. «Coraggio, Mousse!».
Con un sorriso, il ragazzo si affrettò a seguire la sua amata.
Shampoo e Mousse non tardarono molto nell’arrivare alla gigantesca entrata del labirinto e, una volta lì, non poterono evitare di sentirsi un po’ atterriti dinanzi all’enorme arco che formava la porta. Entrambi sapevano molto bene che una delle ragioni per la quale orientarsi in questa imponente costruzione a cielo aperto era tanto difficile era precisamente l’enorme altezza delle sue mura, senza contare la sua forma circolare o le sue numerose trappole.
«Finiamola una buona volta con quest’inutile missione» disse Shampoo facendo un lungo respiro. «Entriamo, Mousse! O per caso hai paura?».
«Certo che no, andiamo!» rispose lui. «Ma… dove ci conviene andare?» domandò, dato che, non appena furono entrati, si resero conto che vi erano tre percorsi: uno a sinistra, uno a destra e uno al centro, che si stagliavano davanti a loro.
Shampoo fissò i sentieri per un paio di minuti. «Prendiamo il cammino centrale» decise dopo averci ragionato. «Se questo luogo è soltanto una grande circonferenza, l’unico modo per raggiungere il centro dev’essere in linea retta».
«Spero che tu abbia ragione».
«Io ho sempre ragione» replicò lei prendendo il sentiero centrale.
«Va bene, però aspettami!» esclamò Mousse.
«E allora muoviti!» lo riprese la giovane amazzone. «Ho cose migliori da fare che aspettarti. Lumaca».
Nessuno dei due si rese conto di aver calpestato una fine matassa di filo argentato.
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Nel centro del labirinto, Cologne sentì che uno dei fili che sosteneva nella sua mano sinistra stava vibrando un po’ e sorrise leggermente. «Sono già qui» annunciò.
«Mi fa piacere, cominciavo già ad annoiarmi» commentò il ragazzo che camminava inquieto dietro Cologne. «Vado a prenderli».
«Ancora no» ripeté l’anziana mentre giocherellava con i fili nella sua mano. «Lascia che si addentrino ancora un po’ nel labirinto».
«Come vuole» rispose il giovane. «Posso attendere ancora un altro po’, però mi sto veramente annoiando. Speriamo che valga la pena di aspettare il papero».
«Senza contare le trappole, il labirinto in sé non è tanto complicato» affermò Cologne. «Se riescono a evitare di cadere nelle trappole, arriveranno al luogo indicato molto presto. Solo ricorda, non toccare la mia pronipote».
«Sì, lo so. Non otterrei un nuovo nome se lo facessi» ricordò lui e appoggiò la sua schiena sul piedistallo al centro della stanza circolare. Cercando di ingannare il tempo, il ragazzo prese a fissare le nuvole mentre canticchiava una canzone del suo villaggio.
Proprio in questo momento, Cologne si rese conto, grazie alle vibrazioni dei suoi fili, che Shampoo e Mousse avevano appena imboccato una strada con una trappola. «Fa’ attenzione, bambina mia» mormorò l’anziana, «fa’ molta attenzione».
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Shampoo non capì cosa accadde; un momento prima si trovava in piedi nel corridoio osservando le strane incisioni sulle pareti e subito dopo… si ritrovò appesa a testa in giù sopra una fossa piena di insetti! E la cosa peggiore era che la catena alla quale era attaccata scendeva lentamente e presto sarebbe finita a nuotare in un mare di insetti.
«MOUSSE!» gridò Shampoo. «Ma che stai facendo, stupido quattr’occhi? Aiutami a uscire!».
«Ci sto provando!» rispose il ragazzo. «Aspetta solo un momento».
«Come se potessi fare altro» disse lei mentre cercava di evitare che i suoi capelli restassero alla portata degli insetti.
Mousse era felice. Questa era la sua prima opportunità per dimostrare a Shampoo quanto poteva aiutarla. Il giovane maestro delle armi occulte analizzò il problema: la trappola si era attivata sicuramente a causa di qualche meccanismo nelle pareti, forse quando Shampoo le toccò, in questo modo si sarebbe assicurato di non fare lo stesso. Ora, per tirarla fuori dal pozzo, avrebbe potuto usare una corda, però lo spazio era molto ristretto per lanciarla bene…
«Qualsiasi momento in questo secolo può andar bene, Mousse!» strillò Shampoo, che già era abbastanza vicina agli insetti e poté notare almeno cento scarafaggi. E lei odiava gli scarafaggi!
«SBRIGATI!» ricominciò a gridare Shampoo. «Ci sono degli scarafaggi qui sotto!».
«Calmati, so come tirarti fuori di lì».
Shampoo era sul punto di rispondere quando si sentì trasportare fuori dal pozzo. Sollevata che nessuno di quei sudici insetti si fosse impigliato nei suoi capelli, l’amazzone si concesse di respirare tranquilla un'altra volta.
Quando Mousse riuscì a estrarla dal pozzo, la ragazza ruppe le catene che le legavano le caviglie e saltò all’indietro per atterrare affianco al suo compagno.
«Odio gli insetti!» piagnucolò Shampoo. «Mousse, ti ringra…».
La giovane si domandò com’era possibile che Mousse fosse tanto idiota. Il ragazzo era accovacciato difronte al suo zaino, declamando qualche stupidaggine sull’essere il suo nobile cavaliere e suo protettore. La giovane amazzone sospirò e gli scagliò in testa un pezzo della catena. «Sono qui, stupido».
«Come hai fatto a muoverti così rapidamente?» domandò lui.
«Dimenticalo» rispose Shampoo, «solo seguimi, va bene?».
«Sì, certo».
Mousse si sentì un po’ deluso; aveva appena mandato all’aria la sua prima opportunità di impressionare Shampoo, ma non si sarebbe arreso, il labirinto era grande e sicuramente avrebbe avuto presto un’altra opportunità.
«Un altro bivio lungo il cammino?» annunciò Shampoo. «Dovremmo andare a sinistra… o forse a destra?».
«Mi stai chiedendo aiuto?» domandò Mousse allegramente.
«Certo che no» rispose lei, «però è sempre utile avere una seconda opinione» chiarì la giovane dai capelli azzurri mentre si stiracchiava un po’. «Beh, destra o sinistra?».
«Dunque… andiamo a sinistra» decise Mousse.
«Lo stesso sentiero che avrei scelto io!» esclamò Shampoo. «Sembra proprio che ci troviamo sulla stessa lunghezza d’onda, Mousse. Questo è un bene!».
«Dici sul serio?».
«Certo che sì, andiamo!».
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I fili nella mano di Cologne ripresero a vibrare. «Sono quasi arrivati» disse al ragazzo. «Hanno preso la strada giusta».
«E io che avevo cominciato a pensare che non ce l’avrebbero mai fatta».
«Ricordati, concentrati solo su Mousse e… cerca di non ucciderlo se è possibile».
«Non posso garantirle nulla» rispose lui alzandosi.
«Recati al punto d’intersezione» gli ordinò l’anziana.
Il giovane non rispose e semplicemente fece ciò che gli fu chiesto… cose che avrebbe fatto solo per riuscire a farsi cambiare il suo nome.
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Altrove, Shampoo stava aiutando Mousse a rompere le sbarre di una vecchia gabbia arrugginita sorta intorno a loro.
«Questa è la numero venti» disse lei. «Siamo sicuramente sulla strada giusta».
«Come fai ad esserne sicura?» le chiese lui mentre scivolava fuori dalla gabbia.
«Perché questo corridoio è pieno di trappole, Mousse. Se tu costruissi un labirinto, non metteresti più trappole nel cammino corretto per cercare di scoraggiare le persone giunte nelle prossimità dell’uscita?».
«È un ottimo ragionamento» concordò il ragazzo, «ha senso».
«Ovvio che è un ottimo ragionamento» disse Shampoo con orgoglio.
Poco dopo, Mousse e Shampoo presero a camminare con cautela, le trappole erano diventate un po’ meno pericolose da quel momento, ma entrambi erano consci che probabilmente qualche trappola mortale li aspettava all’angolo.
«Mousse» chiamò Shampoo.
«Cosa?».
«Non mi sei stato tanto d’impiccio come credevo» gli rispose.
«Beh… figurati» disse lui. «Un grazie sarebbe stato sufficiente».
Shampoo si accigliò. «Non ho nulla di cui ringraziarti» ribatté mentre gli lanciò una polpetta di riso. «Mangia questo. Preferisco sprecare cibo piuttosto che ascoltare le tue lamentele».
«Quali lamentele?» domandò lui afferrando la polpetta di riso.
«Le tue».
«Sì… ed ero io quello che stava strillando in cerca di aiuto solo perché alcuni insetti mi si stavano impigliando fra i capelli».
«Non è vero! Gli scarafaggi non mi si sono infilati fra i capelli!» piagnucolò Shampoo. «E io non stavo gridando!».
«Fì, lo ftavi fafendo!» rispose Mousse parlando con la bocca piena di riso.
«Non farlo! È disgustoso!».
Il ragazzo ingoiò il boccone e sorrise un poco. «Me lo dici sempre, da quando eravamo bambini».
«Cos’altro vuoi che ti dica?» gli chiese lei senza poter evitare di sorridere un po’. «È disgustoso!».
Mousse e Shampoo proseguirono il cammino mentre ricordavano alcune delle cose che facevano quando erano piccoli. Poco dopo, arrivarono a una grande area rettangolare. Questa nuova stanza aveva una grande piattaforma quadrata nel centro e solo un’uscita dall’altro lato.
Shampoo si avvicinò alla piattaforma e vi salì tramite una consunta scala di marmo. «Che cos’è questo posto?» chiese una volta arrivata in cima.
«Non ne ho idea. Mi ricorda molto un’arena da combattimento, non ti pare?» commentò Mousse una volta dietro Shampoo. «Qualunque cosa sia, non mi piace».
Improvvisamente, le porte della sala si chiusero e forti getti d’acqua cominciarono a sgorgare da fori nelle pareti, inondando la stanza in pochi secondi.
«Che sta succedendo?» domandò Mousse preoccupato; ora, l’unico spazio non sommerso dall’acqua gelida era la piattaforma sulla quale si trovavano lui e Shampoo.
«È una trappola?» si chiese la giovane amazzone.
«Certo che è una trappola!» rispose una voce.
«Chi sei?» domandò Shampoo.
«Mostrati!» ordinò Mousse. «Dove sei?».
«Qui sopra» rispose la voce.
I due guardarono verso il luogo da cui proveniva la voce e scorsero un uomo in piedi sopra uno dei muri. Lo sconosciuto portava un mantello nero che lo copriva completamente, ma non ebbero problemi nel riconoscerlo. Shampoo si accigliò e Mousse impallidì.

 

Fuori quattro (ed era ora)!!! Con un mostruoso ritardo di due mesi eccovi finalmente il nuovo capitolo. L'avrete capito che non sono una persona molto puntuale e regolare nei tempi, quindi don't worry ^-^ la storia la continuerò sempre e comunque fino alla fine, sia perché non mi piace lasciare i lavori a metà (soprattutto quelli a cui tengo) e sia perché abbandonare tutto sarebbe una mancanza di rispetto per voi lettori e per Dr Facer che mi ha concesso di tradurre tutto questo po' po' di roba.
Ormai penso che abbiate già capito l'identità del "misterioso" uomo incappucciato che nel prossimo capitolo sfiderà il nostro ormai sempre più affiatato duo. Caratterino """dolce e simpatico""" a parte, Shampoo sembra finalmente mettere via gran parte del suo finto odio nei confronti dell'amico d'infanzia e cercare di fare gioco di squadra, mostrandosi più gentile e scherzosa (a suo modo); del resto anche Mousse, quando non si fa prendere dai suoi attacchi di romanticismo smelenso nei confronti degli oggetti che scambia per la sua amata o quando non segue un suo determinato piano, risulta un personaggio abbastanza arguto e riflessivo, riuscendo a farsi apprezzare (in parte) anche dalla bella amazzone. Tutto ciò credo sia anche dovuto all'assenza di Ranma in tutta la faccenda, che a mio parere (e involontariamente) altera gli abituali comportamenti e pensieri di entrambi i protagonisti. Del resto è stato anche dimostrato alcune volte, sia nel manga che nell'anime, come i due riescano ad andare d'accordo ed essere quasi in armonia quando si ritrovano a lottare per un comune scopo.
Un GRAZIE di cuore a tutti coloro che continuano a seguire la mia storia e uno in particolare a coloro che le recensiscono per condividere con me opinioni e supportarmi. Al prossimo capitolo!!! ;D

 

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Capitolo 5
*** Il Drago di Giada - Capitolo 5 ***


Questa fanfiction non è opera mia, ma è stata scritta da un autore di fanfiction.net, Dr Facer. Tutti i diritti appartengono a lui, compresi i personaggi di sua creazione. Il mio impegno è stato quello di tradurla per condividerla col pubblico italiano, ovviamente dietro suo consenso.

Qui potete trovare il quinto capitolo in lingua originale: https://www.fanfiction.net/s/3217138/5/La-Saga-de-Shampoo-y-Mousse

Ranma e tutti i suoi personaggi sono proprietà della Star Comics e di Rumiko Takahashi.


 

Capitolo 5
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L’uomo misterioso saltò verso la piattaforma e cadde giusto di fronte a Mousse. «Vedo che vi ricordate di me».
«Come potremmo dimenticarti… Taro?» disse un molesto Mousse. «Cosa ci fai qui?».
«E di che cosa si tratta tutto questo? Perché la trappola?» domandò Shampoo.
Collant Taro si tolse il suo mantello e lo gettò nell’acqua. «Questo ancora non posso dirvelo, dovrete battermi per ottenere questa informazione» disse loro con tono canzonatorio, «anche se certamente non avete alcuna opportunità di farcela».
«Chi lo dice?» esclamò la giovane amazzone. «Possiamo batterti facilmente!».
«Davvero?» rispose Taro, la gattina stava cominciando a farlo innervosire. «Non credo che un papero idiota con una pessima vista e una gatta goffa e con poca intelligenza come voi possano vincermi».
«A chi hai detto gatta goffa di poca intelligenza???» urlò una furiosa Shampoo.
«Aspetta» avvertì Mousse, prendendo Shampoo gentilmente per la mano. «Sta solo cercando di farti arrabbiare, ricorda che fa sempre così».
«Oh, sembrerebbe che il papero sia più intelligente di quello che appare!» lo schernì Taro. «Se non altro non hai tante piume nel cervello come pensavo».
Adesso era il turno di Mousse di irritarsi, non aveva gradito questo commento sulle piume nel cervello.
«Almeno io non mi chiamo Collant!» gli gridò «E a differenza tua, io non dipendo dalla mia forma maledetta per vincere i miei combattimenti!».
«Mousse ha ragione!» aggiunse Shampoo. «Sei un pessimo combattente, Collant, e inoltre sei racchio!».
La poca pazienza di Taro si estinse all’ascolto di quest’ultimo insulto; questi due idioti non solo avevano osato chiamarlo Collant, ma addirittura questa piccola sgualdrina amazzone si era permessa di chiamarlo racchio!
«Co-come ti permetti?» esclamò Taro. «Al diavolo quella vecchia strega e la sua promessa di cambiarmi il nome, vi ucciderò tutti e due!».
*SPLASH!*
«Credo che dargli del racchio sia stato un tantino estremo, Shampoo» commentò Mousse quando la mostruosa forma maledetta di Taro emerse dalle acque.
«Probabilmente hai ragione» convenne lei, «ma in ogni modo dobbiamo lottare!».
L’enorme bestia ruggì mentre cercava di schiacciare Shampoo con i suoi poderosi pugni, ma l’amazzone riuscì a saltar fuori dalla sua portata. Nel frattempo, Mousse si teneva occupato nello schivare alcuni dei tentacoli di Taro.
«Mousse, fa’ qualcosa!» gridò Shampoo.
«Ci provo!» disse Mousse che allora lanciò molte delle sue catene al mostro, ma tutte rimbalzarono sulla sua pelle dura. «Diavolo, non va bene!».
«Stupido» farfugliò Shampoo che, spiccando un gran salto per atterrare dietro Collant, aveva notato un punto scoperto sul dorso della bestia e aveva pensato di servirsene al massimo, giacché tutti i tentacoli erano occupati nel tentativo di catturare Mousse e l’enorme creatura era molto lenta da potersi girare e colpirla efficacemente.
La giovane amazzone sorrise e saltò per calciare con forza la schiena di Taro. La bestia ululò, più per la sorpresa di ricevere un colpo che per aver sentito dolore. Adirata, con rapidità la creatura lanciò all’indietro i suoi tentacoli, sperando di riuscire a schiacciare con essi la ragazza.
Shampoo riuscì a schivarne alcuni, ma proprio quando credette di averli schivati tutti, l’ultimo la colpì violentemente.
«AAAAAAHH!» Shampoo lanciò un grido carico di dolore quando si schiantò contro la parete, spaccandola per la forza dell’impatto. La giovane amazzone allora cadde nell’acqua ed emerse di nuovo trasformata in gatta, solo per affondare come pietra l’attimo successivo.
«NO!» esclamò Mousse, che lanciò velocemente una delle sue catene nell’acqua e immediatamente la ritirò. All’interno dell’artiglio d’acciaio all’estremità della catena vi era una gattina priva di sensi. Il ragazzo mise la gatta in una delle sue maniche, essendo il luogo più sicuro che fosse riuscito a trovare.
«Hai appena commesso un grave errore!» disse Mousse fronteggiando la bestia. «Te la farò pagare per questo!».
In tutta risposta, Taro si lanciò contro Mousse, cercando evidentemente di infilzarlo con le sue corna. Mousse aspettò che il mostro fosse abbastanza vicino e saltò sul suo dorso, impugnando la prima arma che trovò nelle sue maniche: una lunga spada. Il ragazzo sapeva che questo probabilmente non sarebbe servito a molto contro la bestia e, in quel momento, desiderò di aver avuto un’arma da fuoco.
Collant notò che Mousse era sul punto di conficcargli una spada abbastanza lunga e, prima che potesse farlo, la bestia lo avvolse con i suoi tentacoli. Il giovane maestro delle armi occulte si ribellò con disperazione cercando di liberarsi da quella presa mortale, ma non vi riuscì, il tentacolo era molto forte.
A peggiorare il tutto, Mousse aveva lasciato cadere la sua spada e aveva solo un braccio libero. Grugnendo, Taro sollevò il suo avversario e lo scagliò violentemente al suolo. Mousse gemette di dolore e, con un movimento disperato, lanciò al mostro una lancia dalla punta particolarmente affilata, sperando di riuscire a colpirlo da qualche parte.
Mousse ebbe fortuna; la lancia si conficcò nel collo di Taro.
Ruggendo, la bestia perse il coordinamento dei suoi tentacoli e Mousse si liberò. Il ragazzo cadde in un angolo della piattaforma e cercò di alzarsi, ma riuscì solo a mettersi in ginocchio respirando con difficoltà e fissando attentamente il mostro.
Collant aveva già estratto la lancia dal collo ma, sorprendentemente, sanguinava molto.
«La lancia deve averlo colpito a un’arteria o qualcosa di simile» pensò il ragazzo vedendo come il mostro cercava di tamponare l’emorragia con la sua mano sinistra. «Forse ho ancora un’opportunità di vincere».
Raccogliendo le forze che gli restavano, Mousse riuscì a mettersi in piedi. Collant grugnì e lanciò un pugno in direzione del suo avversario, cercando di prenderlo con un colpo mortale.
«Questo non funzionerà!» gridò Mousse saltando di lato. «Adesso pagherai per ciò che hai fatto a Shampoo!»
Taro cercò di colpire Mousse varie volte, ma non riusciva a centrarlo, il maestro delle armi occulte non smetteva di muoversi.
Tuttavia questo era il minimo: l’emorragia non si arrestava. Per caso la ferita era tanto grave? Il mostro si fermò un istante, la testa gli girava e non si sentiva bene, probabilmente a causa del sangue che stava perdendo.
Mousse approfittò della debolezza di Taro per rovistare nelle sue maniche finché non trovò ciò che stava cercando, qualcosa che pensava di utilizzare in una nuova tecnica che stava riservando a Ranma. Non voleva utilizzarla in quel momento ma, considerando la situazione, era la sua carta vincente per sconfiggere la bestia.
«Ehi, Collant!» gridò il ragazzo. «Cos’è, non mi ascolti, reginetta della biancheria?»
Il mostro grugnì e guardò Mousse con occhi iniettati di sangue, Taro non gli avrebbe mai perdonato di essersi preso gioco di lui.
Proprio come Mousse sperava, Taro lo attaccò con i suoi tentacoli. Il giovane maestro delle armi occulte aspettò fino all’ultimo secondo per schivarli con un gran salto e, raggiunto il punto più in alto in aria, lasciò cadere una pioggia delle sue bombe-uovo sulla creatura.
Una volta atterrato, Mousse cominciò a ridere trionfante ammirando come Collant fosse circondato da una densa nube di fumo causata dalle esplosioni. «Ci avrei scommesso che neanche tu avresti potuto resistere al mio Chou Keiran Ken!»
La risata del ragazzo, tuttavia, si spense quando il fumo si diradò, rivelando che il mostro era già in piedi e non sembrava particolarmente felice. Muovendosi con molta difficoltà, Taro finalmente riuscì a colpire il suo avversario.
«Questo farà male» mormorò Mousse giusto un attimo prima che la gigantesca mano lo schiacciasse.

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Shampoo aveva la nausea, era stata sballottolata senza sosta in quello strano luogo durante gli ultimi minuti e ciò non era certo di suo gradimento. Inoltre, non aveva la minima idea di dove si trovasse. La gatta sbatté le palpebre un paio di volte e cercò di fare mente locale, quel luogo assomigliava a un tunnel ma no, non poteva esserlo. Vi erano troppe armi per trattarsi di un tunnel. Shampoo si sedette per cercare di ricordare; stava combattendo contro… Collant Taro… aveva ricevuto un colpo e… dopo era caduta nell’acqua gelida. Era tutto quello che ricordava chiaramente però… sapeva che era stato Mousse a tirarla fuori dall’acqua e sapeva anche che dopo aveva fatto altro.
«Mi ha infilato nella sua manica…» pensò la gattina. «Devo assolutamente uscire di qui o Collant potrebbe uccidere Mousse se non lo aiuto!»
La gatta si domandò perché tutto apparisse più grande dentro le maniche di Mousse, come se lì dentro vi fosse un’altra dimensione.
«Come diavolo dovrei uscire di qui?» si domandò mentre faceva l’inventario di tutto ciò che trovava attorno: catene, spade, asce, yo-yo, lance, bombe, mazze, perfino un paio di galline! Improvvisamente, la gattina vide due cose che potevano tornarle utili: una era la tunica di ricambio di Mousse e l’altra era una teiera piena di acqua calda.
Shampoo miagolò felice, non importava come facesse Mousse ad avere tutto questo nelle sue maniche, l’importante era che poteva tornare ad essere umana e che la teiera poteva inoltre servirle per un’altra cosa. Sì, Shampoo aveva un’idea, un’idea molto valida su come sconfiggere Collant.

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Taro si mostrò compiaciuto quando tolse il pugno dal cratere che aveva formato nel suolo col suo ultimo colpo e fissò l’uomo schiacciato che tremava al suo interno. Lo stupido papero gli aveva causato più problemi del dovuto e, vederlo ridotto in poltiglia, era una gran vendetta. Ma ciò non era sufficiente. Taro sanguinava ancora molto e quelle maledette bombe gli avevano ferito quasi tutti i suoi tentacoli e le ali, sentiva molto dolore e voleva assicurarsi che quel miserabile papero pagasse mille volte il danno che gli aveva causato. Il mostro levò nuovamente il suo pugno e si preparò a uccidere Mousse una volta per tutte, ma si fermò quando la manica destra della tunica del papero letteralmente scoppiò in brandelli e la ragazza-gatto apparve, vestita con una tunica esattamente uguale a quella che l’inutile papero aveva indosso.
La ragazza aveva anche una teiera.
Shampoo si azzardò a lanciare un’occhiata a Mousse e rabbrividì, il suo amico aveva un aspetto terribile, molto peggio che nelle occasioni in cui Ranma lo aveva battuto. Furiosa, la giovane guardò il mostro dritto negli occhi.
«Non hai ancora vinto!» disse lei con furia. «Forse lui non può più combattere, ma io sì!»
La bestia lanciò un terribile sbuffo e Shampoo presunse che stava ridendo di lei.
«Ti insegnerò io a non metterti contro di me!» gli urlò, preparandosi a mettere in atto il suo piano. Facendo uno sforzo, la giovane si concentrò per far apparire la sua aura di battaglia che cominciò a brillare scarlatta attorno a lei.
Taro ruggì e attaccò con il paio di tentacoli che non erano stati danneggiati. Shampoo corse al di sotto di essi e, con un grido, si lanciò con tutte le sue forze  contro il petto della bestia. Sfortunatamente, Taro riuscì a bloccare l’attacco con le sue enormi braccia, fermando il missile umano che cercava di ferirlo.
Shampoo rimbalzò e cadde presso il margine della piattaforma; respirava con difficoltà e sudava abbondantemente. Aveva usato quasi tutto il suo potere in quest’ultimo attacco e quel maledetto mostro era riuscito a bloccarlo! Ora la sua unica opportunità era usare la teiera che ancora reggeva nelle sue mani.
La creatura tornò a sbuffare e preparò il suo contrattacco, ma il suo braccio si intorpidì quando cercò di muoverlo. Il mostro cercò di muovere l’altro braccio, ma anch’esso si intorpidì. Era tutta colpa della ragazzina, ma come? Quella stupida gatta non aveva mai mostrato questo tipo di abilità in passato. La bestia decise di smetterla di preoccuparsi; che importava se le sue braccia si erano indolenzite? Che importava dell’emorragia al suo collo? Aveva già vinto, il papero non poteva muoversi e la gatta stava solo leggermente meglio; doveva solo schiacciarli, come gli insetti che non erano altro! Disposto a farla finita con quelle pesti, Taro cominciò a camminare in modo minaccioso, preparandosi a schiacciare la giovane amazzone.
Shampoo aspettò quieta mentre la bestia avanzava verso di lei. Aspettò che la bestia fosse sul punto di pestarla e, allora, gli lanciò la teiera, bagnandogli gli zoccoli e le gambe con acqua calda.
La forma umana di Collant Taro non era per niente piacevole da guardare. Il suo corpo era bruciacchiato, il suo petto bagnato nel suo stesso sangue, che ancora fiottava abbondantemente dal suo collo e, aveva un’orribile ustione sulla schiena. Nonostante tutto, non si dava ancora per vinto.
«Maledetta mocciosa!» riuscì ad esclamare Taro che, barcollando, si diresse al bordo della piattaforma pianificando, ovviamente, di tuffarsi nuovamente in acqua.
Shampoo sospirò stanca, davvero quell’idiota pensava che gli avrebbe permesso di ritrasformarsi in un mostro? Senza perdere altro tempo, la giovane amazzone colpì Taro alla testa e lo osservò perdere i sensi e svenire.
«Sì, fai veramente schifo come lottatore nella tua forma umana» mormorò Shampoo che allora tornò a concentrare la sua attenzione su Mousse. La giovane sorrise nel vedere che il suo compagno era già riuscito a sedersi e si massaggiava la mascella.
«Come ti senti?» gli chiese.
«Sono stato meglio» rispose lui. «Dov’è Collant?»
«A nanna»
«Sei riuscita a sconfiggere quella bestia?» domandò Mousse sorpreso. «Come ci sei riuscita?»
«L’ho trasformato in umano» spiegò Shampoo, «pensavo che se la sua forma di mostro poteva resistere a tanti colpi, la sua forma umana non poteva farlo. Alla fine avevo ragione».
Mousse si alzò e poté constatare che, effettivamente, Taro era privo di coscienza al suolo. «Ci credo solo perché lo sto vedendo» disse attonito, «hai davvero sconfitto Collant!»
«Beh… tu mi hai aiutata un poco» ammise lei. «È stato un bel combattimento, non credi?»
«Già» rispose Mousse. «Non dovremmo fare qualcosa per quell’emorragia?»
Shampoo guardò il collo di Taro e alzò le spalle. «Certo, se avessimo qualcosa con cui aiutarlo».
«Ho alcune bende nel mio zaino» ricordò il ragazzo mentre cercava nel suo equipaggiamento. «Ho anche una coperta, non è il caso di lasciarlo nudo qui».
Mousse allora procedette nel realizzare un nodo stretto attorno al collo di Taro per poi coprirlo con la coperta.
«Per caso vuoi strangolarlo, Mousse?» chiese Shampoo.
«Certo che no, voglio solo bloccare la fuoriuscita di sangue e…»
«Dammi le bende» disse lei porgendo la mano, «sono capace di fare meglio di te».
«Come vuoi».
Qualche minuto più tardi, Shampoo aveva già arrestato l’emorragia e bendato il collo di Taro, anche se non aveva cucito la ferita non avendo l’occorrente.
«Ha sanguinato molto, ma pare che si rimetterà» disse al suo compagno che aveva appena terminato di legare le braccia e le gambe di Taro, nel caso si risvegliasse.
«Non credo abbia bisogno di altro» puntualizzò Mousse, «è un pessimo lottatore, ma è come l’erbaccia, non morirà tanto facilmente».
«Credo che un forte dolore al sedere sia il miglior modo di descrivere questo idiota».
Mousse sogghignò. «Sì, hai ragione».
«Bene, ora dobbiamo solo trovare un modo per uscire di qui» disse lei. «Qualche idea?»
«Dev’esserci un qualche meccanismo da queste parti» rispose lui, «forse nelle pareti».
«Non possiamo raggiungerle. Hai per caso dimenticato che siamo circondati da acqua?»
«Certo che sì, è questo il problema» replicò Mousse mentre si aggiustava gli occhiali.
«Ci sono!» esclamò Shampoo. «Se ti trasformi in papero potresti nuotare fino alle pareti per analizzarle!»
«Sai, la verità è che credo non sia una buona idea…»

 



... che dire... non credo si possa chiamare ritardo il mio. Direi che è più un assenteismo. E lasciamo stare che il 2014 per me è stato l'anno della maturità, di un grave lutto, di problemi familiari e sentimentali (per quelli, almeno, abbiamo risolto) e dell'inizio della mia carriera universitaria in ingegneria elettrica (me la sono scelta, la facoltà...), ma almeno il PC poteva evitare di rompersi facendomi perdere TUTTI i dati. Vi giuro, è stato un macello recuperare tutto, tra l'altro avevo il capitolo tradotto per metà e ho dovuto ritradurlo daccapo! Ma, finalmente, sono riuscita a postarlo intero intero e anche a ricavarmi un po' di tempo fra un esame e l'altro per dedicarmi a questo lavoro (che, pur essendo faticoso, è allo stesso tempo piacevole e soddisfacente).
Per quanto riguarda il famigerato capitolo... ricordate quando vi parlai di "lotte alla Inuyasha"? Ecco. Non vi sono armi o tecniche particolarmente buffe, anzi qualche scena è stata piuttosto forte (e sinceramente mi auguro che Taro non si sia lacerato davvero un'arteria, altrimenti sarebbe al campo Santo già da un po'). Nonostante la lotta si sia spesso mantenuta sull'1VS1, ogni singola azione di Mousse e Shampoo è stata decisiva per la vittoria. Dieci punti in particolare al giovane papero per la sua nobile impresa da "crocerossina", del resto gli aveva solo bucato la gola...
Vi anticipo anche che col prossimo capitolo verrà conclusa la parte relativa al Drago di Giada (forse la più povera di contenuti... sentimentali) e che, essendo relativamente breve, verrà tradotto e postato a breve.
Piccolo off topic (non saprei a chi chiedere altrimenti). Siccome in futuro mi piacerebbe postare una storia su The Legend of Zelda - Phantom Hourglass ma mancano i personaggi in lista, qualcuno saprebbe dirmi come posso fare in modo che vengano aggiunti?
Infiniti ringraziamenti a tutti voi che mi seguite con pazienza e costanza, mi scuso ancora per LO SCHIFO di ritardo e aspetto ansiosa i vostri commenti e recensioni. A prestissimo <3 

 

 

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Capitolo 6
*** Il Drago di Giada - Capitolo 6 ***


Questa fanfiction non è opera mia, ma è stata scritta da un autore di fanfiction.net, Dr Facer. Tutti i diritti appartengono a lui, compresi i personaggi di sua creazione. Il mio impegno è stato quello di tradurla per condividerla col pubblico italiano, ovviamente dietro suo consenso.
Qui potete trovare il sesto capitolo in lingua originale: https://www.fanfiction.net/s/3217138/6/La-Saga-de-Shampoo-y-Mousse

Ranma e tutti i suoi personaggi sono proprietà della Star Comics e di Rumiko Takahashi.
 


 

Capitolo 6

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Cologne aveva osservato tutto da un foro nella parete e, per un momento, aveva pensato di intervenire nello scontro. Ma, ora che era terminato, si sentì felice di non averlo fatto. Era orgogliosa di Shampoo e, doveva ammetterlo, anche di Mousse, dato che entrambi avevano sconfitto un avversario che solo pochi erano riusciti a battere prima. Tuttavia, non poteva evitare di sentirsi agitata; sapeva molto bene che anche i membri del consiglio avevano assistito al combattimento da nascondigli tra le pareti del labirinto simili al suo.
L’anziana Cologne era abbastanza sicura che il consiglio avesse già decretato il fallimento della prova di Shampoo. In fin dei conti, la sua pronipote sembrava aver aiutato Mousse a tirarsi fuori da varie trappole e addirittura aveva fatto squadra con lui per riuscire a vincere contro Taro. Tutto ciò che alla vecchia restava di buono per il futuro di Shampoo era Ranma però, chiaramente, doveva ancora “convincere” il giovane Saotome.
«A quanto pare è stato un errore usare Taro» sospirò Cologne mentre abbassava una leva; ormai non le serviva più a nulla trattenere Shampoo nella stanza rettangolare. Lievemente delusa per la non riuscita della sua idea, l’anziana si incamminò verso il centro del labirinto per cercare di favorire sua nipote di fronte ai membri del consiglio, i quali, probabilmente, si stavano dirigendo anch’essi lì.

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Intanto, Mousse e Shampoo cercavano ancora di mettersi d’accordo su come fare per uscire dall’arena di combattimento quando, all’improvviso, le porte si aprirono lentamente.
«Hai visto?» esclamò Mousse. «Le porte si sono aperte da sole!»
«Evviva, l’acqua si è svuotata!» aggiunse una felice Shampoo. «Ora possiamo proseguire!»
«Non ti sembra sospettoso?»
«Sì, però non abbiamo tempo per pensarci» replicò Shampoo mentre correva verso l’uscita della sala.
«Spero che non ci siano più trappole» mormorò Mousse, il quale si affrettò a raggiungere Shampoo.
La coppia entrò in un lungo corridoio pieno zeppo di fiori. Era uno spettacolo davvero incantevole e Shampoo non poté evitare di meravigliarsi dinnanzi a quella coloratissima vista.
Mousse semplicemente ignorò i fiori e continuò a camminare, il corpo intero doleva per i colpi ricevuti durante lo scontro e si domandava come facesse Shampoo a sembrare così fresca e piena di entusiasmo. Tuttavia c’era da aspettarselo, il giovane maestro delle armi occulte non aveva visto quando Shampoo uscì dalla sua manica, cosicché non aveva idea di come aveva affrontato Collant. Ciò che il ragazzo aveva certamente notato era che Shampoo in quel momento vestiva la sua tunica di riserva e che le donava molto. Mousse pensò di dirglielo, ma alla fine preferì non farlo, temeva di infastidirla e gli sembrò più sicuro proseguire in silenzio.
La giovane amazzone non tardò nell’arrivare a una camera circolare dalle alte mura di marmo nella quale vi era un enorme piedistallo giusto nel centro.
«Credo che questo sia il centro del labirinto» esordì Mousse.
«Sono d’accordo» confermò Shampoo. «Questo deve essere il piedistallo che menzionò la bisnonna».
«Non ci resta che metterci il Drago di Giada».
«Esatto, passami la statua» disse Shampoo. «Ce l’hai ancora, Mousse?»
«Proprio qui» rispose lui consegnando a Shampoo una scatola che tirò fuori dalla sua manica.
Nel prendere la scatola, Shampoo notò che produceva un rumore strano, simile a quello dei vetri rotti. La ragazza aprì la cassa molto lentamente, sperando che quella fosse solo la sua immaginazione.
«Mousse».
«Che succede, Shampoo?»
«Il drago è rotto!» gli gridò. «E adesso che facciamo?»
«Io…»
«È tutta colpa tua!» lo accusò. «Perché non l’hai protetto?»
«Io…»
«Mi cacceranno dal villaggio!» piagnucolò la giovane amazzone.
«Non ti preoccupare, Shampoo. Sono sicuro che non faranno nulla di simile, hai cercato di fare ciò che ti ha chiesto il consiglio» cercò di consolarla Mousse che timidamente appoggiò la sua mano sulla spalla della giovane. «Non è andata tanto male».
«Però ho fallito!» singhiozzò. «Che cosa ne penserà la bisnonna?»
«Penso che sia un’ottima cosa che il drago si sia rotto» sentenziò Cologne.

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Shampoo non poteva credere che la sua bisnonna fosse lì.
«Ma… tu sei qui?»
«Ci siamo anche noi» annunciarono i membri del consiglio delle amazzoni mentre entravano nella camera circolare. «Hai fatto un buon lavoro durante la prova, amazzone Shampoo» disse la nuova leader del consiglio, «ma nonostante tutto hai fallito».
«È riuscita a portare il drago fino al centro del labirinto!» la interruppe Cologne. «Penso che lei ci sia riuscita».
«Silenzio, amazzone Cologne» ordinò la leader del consiglio. «La vostra pronipote è riuscita a portare il drago fin qui, questo è vero; tuttavia ha aiutato l’uomo inadeguato che abbiamo scelto per lei. Per questo ha fallito».
«Uomo inadeguato?» domandò Shampoo. «Di cosa sta parlando?»
«La tua bisnonna commise un errore quando era giovane» spiegò un membro del consiglio, «è per questo che la tua famiglia ha dovuto affrontare la prova del Labirinto Spirale come castigo».
Shampoo guardò Cologne. «È la verità?»
«Sì, bambina mia» rispose Cologne e abbassò lo sguardo, «mi dispiace non avertelo detto prima».
«Nonostante tutto ti abbiamo osservato, amazzone Shampoo» aggiunse la leader del consiglio. «Ci hai dimostrato che hai la determinazione per vincere una battaglia che solo una vera amazzone può avere».
Shampoo era felice e, mentre Mousse la osservava con un sorriso, Cologne pensava compiaciuta che tuttavia il suo piano non era stato un fallimento.
«Il suo accompagnatore ha fatto un buon lavoro» proseguì la leader del consiglio. «È un peccato che tuo padre sia contro di noi, giovane Mousse, in altre circostanze ti avremmo ricompensato con qualunque cosa ci avessi chiesto».
«Qualunque… cosa?» chiese lui.
«Proprio così».
Mousse non rispose, era entrato in uno stato di shock, domandandosi perché capitavano tutte a lui.

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Cologne, Shampoo e Mousse passarono alcuni giorni nel villaggio amazzone e lì il consiglio annunciò che la famiglia di Cologne era stata sollevata dal castigo del Drago di Giada e che Shampoo era stata ammessa nella lista delle possibili candidate del futuro consiglio delle amazzoni.
La famiglia di Shampoo celebrò le buone notizie per quattro giorni, finché Cologne non decise che era giunto il momento di tornare in Giappone.

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Diversi giorni più tardi…
Era ormai tardi ed era ora di chiudere il ristorante. Dopo aver chiuso a chiave le porte del Neko Hanten, Shampoo entrò in cucina e si sedette affianco a Cologne.
«Bisnonna, che errore commettere tu da giovane?» le chiese.
«Non sei ancora pronta per saperlo» replicò l’anziana. «Ti dico solo che ha molto a che vedere con l’uomo che fu il mio primo sposo».
«Tu sposata due volte?»
«Una cosa del genere» disse Cologne mentre usciva dalla cucina.
«Bisnonna, aspetta!» esclamò Shampoo.
«Quando sarai più grande ti racconterò il resto».
La giovane amazzone sospirò infastidita mentre prendeva una soda dal frigorifero. «Lei sì sapere mantenere segreti» mormorò un po’ frustrata.
«Shampoo».
La giovane si voltò. «Mousse, essere ora che tu apparire».
«Ti avevo detto che volevo vedere i miei genitori».
«Tu restare due giorni in più in Cina!» lo accusò lei. «Spero che tu divertito».
«Sì, abbastanza» rispose il ragazzo. «Hai bisogno di una mano?»
«Sì, tu pulire pavimenti» ordinò Shampoo che allora lo lasciò solo nella cucina.
«Anch’io sono felice di vederti» disse Mousse alle pareti, vagamente pentito di aver fatto quella domanda.
«Mousse?» lo chiamò Shampoo che era ritornata e lo guardava dalla porta.
«Sì?»
«C’è qualcosa che avrei voluto dirti da quando abbiamo sconfitto Collant» disse Shampoo, cambiando da giapponese a cinese.
«Cosa?»
«Grazie» disse lei a bassa voce, affinché solamente lui potesse sentirla. «Hai fatto un buon lavoro nel labirinto. Mi congratulo».
Mousse sorrise e, senza dire altro, cominciò a pulire i pavimenti della cucina.

- Fine della Prima Parte –



Finalmente la prima parte della saga è stata portata a termine (quella, a parer mio, meno interessante rispetto alle altre).
Credo che fino alla settimana prossima, almeno, non posterò capitoli di questa storia (ma, tranquilli, non sparisco più).
Credo di poter definire questo improvviso moto affettivo di Shampoo nei confronti di Mousse come un preludio della prossima parte (la più breve, ma al contempo la più intensa e "teorica" di quello che è il rapporto della coppia all'interno del manga e dell'anime).
Vi annuncio che domani (salvo complicazioni) posterò il primo capitolo della mia vera e propria prima storia sull'universo di Zelda - Phantom Hourglass e incentrata sul personaggio di Linebeck (e siccome sono un'inguaribile romanticona sì, c'è il pairing anche lì).
Ringrazio di cuore Notteinfinita (alla quale dedico questo capitolo) per le belle recensioni e i consigli e anche tutti coloro che (ahimé) in passato mi hanno seguita. Ovviamente, mea culpa per lo stop improvviso.
Alla seconda parte della storia!

 

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