The Open Door. La porta aperta per l'inizio di una nuova vita

di Angelo Osaki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The last song I'm wasting on you ***
Capitolo 2: *** Sweet sacrifice ***
Capitolo 3: *** Call me when you're sober ***
Capitolo 4: *** Your Star ***



Capitolo 1
*** The last song I'm wasting on you ***


1
The last song I’m
wasting on you

 

Quella mattina Amy si svegliò presto, con un ingombrante senso d’inquietudine che credeva non se ne sarebbe mai andato.  Il tour mondiale per la promozione di Fallen- il primo album degli Evanescence pubblicato a livello mondiale- era quasi giunto alla conclusione e per la band si prospettava un periodo tranquillo, superata la tempesta causata dall’abbandono del chitarrista.
Amy però ne soffriva ancora. Conosceva Ben praticamente da una vita, avevano anche avuto una relazione, travagliata quanto felice, e non riusciva ancora a capacitarsi che fosse tutto finito, che quel ragazzo che tanto l’aveva fatta soffrire  non facesse più parte della sua vita.
Lei credeva di odiare Ben, ne era quasi convinta, ma in fondo gli voleva ancora bene; semplicemente, non voleva ammetterlo a se stessa, perché significava scavare dentro una ferita non ancora del tutto rimarginata. Lui l’aveva fatta soffrire, sentire una nullità! Per tutti quegli anni era stata usata dalla persona che credeva essere il proprio migliore amico. E lei l’aveva accettato, perché amava Ben e avrebbe fatto di tutto pur di aiutarlo; ma Amy non avrebbe mai potuto fare qualcosa per lui, se n’era resa conto appena in tempo per poter recuperare e salvare la sua vita. Perché, diciamocelo, lei avrebbe dovuto tenere di più alla propria piuttosto che alla vita di Ben, e non si sarebbe dovuta sacrificare per lui, per qualcosa di irrealizzabile.
E adesso se ne era andato dalla band- il loro “figlio”, il progetto al quale si erano dedicati fin da quando si erano incontrati a quel campo estivo e per il quale davano il meglio di sé, che era diventato un pilastro centrale delle loro vite- e non sarebbe mai più tornato, né negli Evanescence né  nella vita di Amy.  Era giunto il momento per la cantante di iniziare un nuovo capitolo.
Eppure lei non riusciva a recuperare i pezzi del proprio passato e incastrarli in armonia con il presente, per creare il suo futuro. Tutta colpa di Ben! Se lei soffriva e stava andando in depressione, era tutta colpa sua, di quel chitarrista che aveva deciso di rovinarle la vita. 
Amy si sfogava componendo e scrivendo brani al pianoforte, lo strumento che più rappresentava il suo spirito musicale. Per la maggior parte delle volte ne venivano fuori note aggressive e addolorate, che cercavano di esprimere il suo stato d’animo. Il tutto non la soddisfaceva poi molto: di solito, dopo aver tirato fuori e trasformato in melodia i suoi sentimenti, si sentiva più libera e le si apriva un nuovo scenario, una via che prima non riusciva a intravedere, accecata da quei determinati sentimenti.
Questa volta  tutto questo non era ancora successo e Amy cominciava a preoccuparsi: significava forse che sarebbe rimasta bloccata in quella situazione ancora per molto tempo? Lei non voleva. No, doveva andare avanti, continuare a vivere, magari più forte e determinata di prima.
All’improvviso balzò giù dal letto- dalle lenzuola bianche e profumate di lavanda- e si sedette davanti al pianoforte. 
L’alba rischiarava l’interno della stanza, proiettando giochi di ombre sui muri color avorio. Dalla scogliera arrivava profumo di salsedine, che le piaceva tanto e rievocava nella sua mente i luoghi di mare in cui, quando era bambina, andava in vacanza con la famiglia. Si lasciò trasportare dai ricordi- della sua infanzia, dell’adolescenza, di quando aveva incontrato Ben, fino alla pubblicazione di Origin, poi Fallen e al tour mondiale.
Tutti quei ricordi, tutte quelle emozioni fluirono in lei, nelle sue mani e come vittima di un incantesimo, senza rendersene conto, cominciò  a suonare. Le note vennero senza fretta, con perfetto ordine, suonando le emozioni di Amy, in una melodia capace di commuovere anche la persona più insensibile.
Iniziò anche a cantare, con le parole che le uscivano di bocca involontariamente, come dotate di volontà propria.
Quella canzone parlava di Ben e sarebbe stata l’ultima che Amy avrebbe scritto su di lui.
L’ultima, perché lei non sarebbe più stata condizionata da lui;
L’ultima, perché avrebbe continuato a vivere portando Ben nel suo cuore, ricordandolo come qualcosa che è servito a farla diventare ciò che era adesso;
L’ultima, perché lei aveva trovato una via d’uscita;
L’ultima, perché Ben non le avrebbe mai più fatto del male.
L’ultima, perché la sua vita sarebbe andata avanti, senza guardare più indietro.
E forse un giorno avrebbe perdonato Ben, ed entrambi sarebbero diventati di nuovo musica e amicizia, fratello e sorella.
A  Amy parve di suonare e cantare per ore, mentre passarono solo alcuni minuti. Ma in quei pochi minuti si liberò da quel peso che le opprimeva il cuore e si sentì infinitamente in pace con se stessa, perché di quello che era diventato Ben lei non aveva colpa.
Le persone cambiano, seguono nuove vie, e tutto quello che possiamo fare noi è provare ad accompagnarle durante il loro viaggio, avendo una nostra parte nella loro vita, oppure intraprendere una nuova via anche noi, sperando di rincontrarle in un luogo in cui le nostre strade si incrociano.
Just get through this day

Give up your way
You could be anything
Give up my way 
And lose myself
Not today
That's too much guilt to pay
Sickened in the sun
You dare tell me you love me
But you held me down and screamed you wanted me to die
Honey you know
You know I'd never hurt you that way
You're just so pretty in your pain
I found my way out
And you'll never hurt me again

 

 L'angolo dell'autore
 
L'idea per questa fan-fiction mi venne un paio di mesi fa, mentre, chiuso nella mia stanza, ascoltavo The Open Door con lo stereo a tutto volume.
Mi chiesi: "cosa può aver provato Amy mentre scriveva le canzoni che avrebbero composto l'album?" "Come le è venuta l'ispirazione per ogni canzone?"
Io vedo quest'album come la storia di una vita, una vita che cambia, e queste canzoni sono la colonna sonora, le emozioni, di questo cambiamento. 
Scrivere questo primo capitolo, dedicato a "The last song I'm wasting on you", non è stato facile, a volte ho pensato di lasciare perdere questa raccolta. Ho riletto e riscritto questo piccolo capitolo tante volte e anche questa volta non sono sicuro che sia venuto quantomeno accettabile, ma mi sono detto che è ora di pubblicarlo e vedere cosa ne pensate voi lettori, perché io sarei in grado di riscriverlo altre tremila volte e non essere contento del risultato neanche mezza.
Buona lettura!

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Capitolo 2
*** Sweet sacrifice ***


2
Sweet Sacrifice

Amy poggiò la penna nera sul tavolo: Non stava concludendo niente, di nuovo. Da mesi lei e Terry stavano lavorando su un brano, chiamato “Sweet Sacrifice”,  ma il lavoro risultava sempre più difficile. Ad un certo punto  la cantante aveva deciso di lasciar perdere, perché c’era qualcosa che non le era comprensibile riguardo al significato che avesse questa canzone. Se non era chiaro per lei, cosa ne avrebbero pensato le persone che l’avrebbero ascoltata? Semplice: un'accozzaglia di parole che anche per la compositrice restavano un mistero inafferrabile. Amy considerava Sweet Sacrifice il brano più vicino a Fallen, sia per sound che per il tema trattato. L’argomento  era la paura. La paura nel continuare una relazione difficile e tormentata; la paura nel compiere le proprie azioni, di restare soli.  Eppure non era abbastanza! Le sembrava che ci fosse qualcosa che il testo stesso volesse dirle, come se il pezzo fosse dotato di volontà propria  e si rendesse conto che il proprio interlocutore si trovava in difficoltà nel comprendere ciò che voleva esprimere. Doveva scoprire il perché di questo suo non riuscire a completare la canzone. Mai scrivere un brano era stato così arduo per lei; Però si ricordò che prima o poi arriva sempre la prima volta, quindi decise che per il momento necessitava di una pausa, pertanto si alzò dalla scrivania e si avviò fuori dallo studio: doveva sbrigare tante commissioni, tra cui comprare il cibo per il povero Shermie.
Amy sorrise ricordando un sogno strambo che aveva fatto la notte precedente.
Si trovava nel suo studio, intenda a lavorare sul materiale del nuovo album. Era notte fonda. All’improvviso sentì un miagolio e si accorse che Shermie era entrato dalla finestra che aveva dimenticato aperta e stava avanzando verso di lei. C’era qualcosa di strano in quel gatto: mentre avanzava cominciò a parlare. Parlare in inglese.  Un gatto che mette insieme frasi di senso compiuto in una lingua di cui non dovrebbe essere in grado di comprenderne le parole!
-Passi tutto il giorno a scrivere, cara Ames. Prima o poi mi lascerai morire di fame, eh? E scommetto pure che ci scriverai sopra una canzone! Vediamo…il titolo potrebbe essere “The last song I’m wasting on my cat( Anything for you, Sharmie)-
Amy non sapeva se ridere per il tentativo di battute del suo gatto e temere di essere uccisa da un felino affamato, ma non ebbe molto tempo per pensarci su, visto che la sveglia delle sei e quarantacinque suonò come ogni mattina e lei si svegliò, sorridendo al pensiero del sogno che era appena stato interrotto.
Mentre usciva dallo studio scoppiò a ridere e pensò che doveva subito andare a comprare de cibo per il suo piccolo figliolo o nel prossimo album ci sarebbe stata davvero una  “The last song I’m wasting on my cat( Anything for you, Sharmie)”, magari seguita da “Where will the cat gone?”



 La dolce e aggressiva cantante degli Evanescence camminava sul marciapiede, tenendo con la mano sinistra una busta di gustosi croccantini di carne per gatto e nella mano destra stringeva, nonostante il gelo di quel giorno, un bel cono di gelato alla nocciola, il gusto che più amava. I suoi nonni, molti anni prima, durante la sua infanzia, abitavano in una casa circondata da un ampio terreno fertile,  in cui, proprio di fronte la camera dell’allora piccola Ames, cresceva un albero di nocciole. Nonno e nipote andavano sempre a raccoglierle e il signor Lee le preparava sempre della cioccolata con le nocciole.
Amy ricordava spesso con malinconia i momenti felici del suo passato, quando la speranza  regnava sovrana nel suo animo; poi, crescendo, la paura della crudeltà del mondo, di non essere mai all’altezza, di non poter realizzare i suoi sogni aveva cercato di prendere il sopravvento e la ragazza era cambiata. Da bambina fragile e docile era diventata una donna determinata e all’altezza delle aspettative che chi contava su di lei nutriva nei suoi confronti. Aveva imparato a convivere con essa, imparando a sue spese che, se la si sa tenere a bada per bene, impedendogli di prendere il sopravvento, si può rivelare un’amica molto utile.
“La paura è parecchio strana! È in grado di far apparire ciò a cui miriamo molto più irraggiungibile di quanto in effetti sia. Allo stesso tempo, ci aiuta ad essere umani, perché un essere umano senza la paura non è niente.
Essa è un dolce sacrificio che tutti noi compiamo ogni giorno, vivendo.” Questo pensiero fece sorridere Amy: all’improvviso si sentiva più vicina alla vera essenza di “Sweet Sacrifice” e la canzone appariva più limpida nella sua mente; mancava solo una cosa: Terry.
La cantante si fermò di fronte alla fermata del tram, estraendo il cellulare dalla tasca del giubbotto invernale che indossava- faceva proprio freddo quel pomeriggio!- e digitò sulla tastiera il numero del chitarrista che ormai da mesi era diventato  il nuovo co-scrittore degli Evanescence.
-Pronto, Terry?-
-Amy, buon pomeriggio!- Dal tono di voce dell’uomo  capì che si doveva essere svegliato da poco. – Hai dormito? Terry caro, fattelo dire: ultimamente dormi troppo.  Se continui così come ultima traccia del nuovo album inseriremo una ninnananna: Terry’s Lullababy.-
Terry scoppiò  a ridere.  Sempre scherzosa e pronta al buon umore, quella donna!
-Comunque- proseguì  Amy, salendo sul tram, tra la folla snervante che spingeva irrequieta- ti ho chiamato a proposito di “Sweet Sacrifice”: credo di essere improvvisamente arrivata a buon punto. Sto venendo da te.-
-Bene, tra un paio d’ore ti avrei chiamato io; ho avuto qualche idea sulle parti di chitarra da usare in questo brano e anche sulla storia del senso che le parole sembravano sussurrarti, come mi dicevi ieri. Comunque, che ne dici se ci vediamo nel bar sotto casa mia?-
- Ci vediamo al bar, allora!-
Amy chiuse la conversazione, lasciando il chitarrista con un sorrisetto stampato sulle labbra. Quella donna non smetteva mai di stupirlo, era proprio una miniera piena zeppa di talento e idee.


Il bar sotto casa di Terry era un locale abbastanza austero: un bancone dietro il quale Jack il barista serviva i clienti, i quali sedevano a dei tavoli rotondi, circa dieci, sparsi nel piccolo locale dalle pareti azzurre piene di copie di opere di Picasso e Manet. Tutto sommato era un luogo accogliente e famigliare e ai componenti della band faceva sempre piacere ritrovarsi lì per chiacchierare o anche per discutere del loro lavoro discografico.
Terry stava seduto a un tavolo vicino all’entrata, che era l’unico libero che aveva trovato. Il chitarrista indossava un paio di jeans chiari, una felpa azzurra e i dreadlocks castani erano coperti da un capello nero di lana. Amy quando lo vide pensò che fosse proprio un tipo dalle mille sfaccettature: dal metallaro vestito di nero e pieno di catene al giocatore di tennis senza speranze.
Amy salutò Terry con un abbraccio e si sedette al tavolo.
-Ti dicevo prima- cominciò costui- che ho avuto una sorta di intuizione: tu dici che “Sweet sacrifice parla della paura e si ricollega a “Fallen”.-
-Certo.- annuì la ragazza.
-Leggendo leggendo e rileggendo il testo che tu hai scritto e ascoltando l’album precedente, sono giunto alla conclusione che, sì, il tema è la paura. Ma Il messaggio dice: “Sono spaventata a morte, ma non aspetterò che qualcuno venga a salvarmi. Mi salverò da sola!”
-Riflettendoci su, potresti avere ragione! Ci pensavo venendo qui e mi sa che il messaggio che la canzone vuole trasmettere è questo e io non riuscivo a incanalarlo attraverso le mie parole. E dubito di riuscirci ora. Sono perplessa.-
-Ogni tanto a noi artisti succede.- sorrise il chitarrista.- le canzoni si impossessano di noi e decidono tutto esse stesse, mentre noi siamo solo il mezzo che hanno a disposizione per farsi conoscere dal mondo.-
-Fortunatamente per me, ci sei tu a impedirmi di buttar via una canzone che potrebbe dare degli ottimi risultati.-
-Beh, sarò pure penoso a tennis, ma con la musica me la cavicchio meglio.-
-Decisamente molto meglio, Terry caro!- Amy Scoppiò a ridere.
Il nuovo album sarebbe stato grandioso, ne era assolutamente certa.

L'angolo dell'autore
Finalmente ( e duramente) il nuovo capitolo è stato finito e pubblicato. Anche se a me fa schifo. Yeap.
Non mi piacerà mai ciò che scrivo, ormai ne sono sicuro. Beh, buona lettura e a presto-I hope- con il terzo capitolo!

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Capitolo 3
*** Call me when you're sober ***


3
Call me when you’re sober

 

Shaun non era ancora rientrato, per fortuna. Amy posò le chiavi di casa sul tavolo e aprì il frigo, prendendo una bottiglia d’acqua. 
Shaun continuava a portare avanti la sua vita da alcolizzato e lei ne pagava le conseguenze; ormai non era più sicura che nella loro relazione ci fosse qualcosa di buono: forse, si diceva, doveva lasciarlo. Lui non voleva farsi aiutare;  gli aveva anche consigliato di ricoverarsi in un centro di disintossicamento. Amy l’avrebbe aspettato, se ci fosse andato,  e dopo avrebbero continuato la loro vita insieme.  Però Shaun era una testa dura, ormai considerava l’alcool una parte necessaria di sé, non capendo che così stava distruggendo se stesso e chi l’amava. Amy ci pensava da molto, e ormai aveva capito che l’unica soluzione possibile consisteva nel rompere la loro relazione, perché lei non ce la faceva più. Era sull’orlo di una crisi nervosa.
Quando Shaun sarebbe rientrato a casa, gli avrebbe comunicato la sua decisione.
Ormai aveva sprecato inutilmente troppo tempo dietro una persona così egoista e cieca di fronte alla realtà.
La porta di casa si aprì lentamente ed Amy sobbalzò. Lui stava rientrando.
Non doveva assolutamente far prendere il controllo alla paura, doveva stare calma, far vedere a quell’uomo ubriaco che lei non lo temeva.
-Amy, ci ritroviamo a casa.- disse Shaun, barcollando ubriaco verso il divano.
Come sempre: avrebbe acceso la televisione, aperto un’altra bottiglia di birra e sputato insulti sulla povera donna, che sopportando tutto in silenzio,  si ripeteva  che non era in sé: era l’alcool a parlare, non lui.
Ma questa volta non sarebbe andata così. No, Amy aveva preso una decisione quella mattina, prima di uscire.
Adesso, proprio sul tavolo vi erano poggiati due borsoni neri dell’Adidas, il cui contenuto non erano nient’altro che gli effetti personali di Shaun.  Si, quella sera il gioco lo dirigeva Amy, che aveva finalmente capito di non poter rovinarsi dietro quell’uomo schifoso ma allo stesso tempo fragile.
-Shaun- cominciò la donna- da stasera la mia vita cambierà.-
-Cosa stai blaterando, piccola puttanella?- l’uomo seduto sul divano allontanò le labbra dalla bottiglia di birra e la fissò, scoppiando a ridere.
-Dico che tu non sei più il benvenuto nella mia casa. Le nostre vite si dividono.-
-Come ti permetti di rivolgerti  a me in questo modo, brutta stronza!- Shaun scattò in piedi, riuscendo a non scivolare sul pavimento, e si diresse verso Amy.
“ Deve solo provare a picchiarmi! Stavolta sono più forte, non me ne starò ferma a singhiozzare mentre lui alza le mani sul mio corpo!”
-Non provare a toccarmi, Shaun! Mi difenderò, ti ucciderò se sarà necessario!-
-Non fai sul serio…-
-Si che faccio sul serio!- urlò Amy, andando ad aprire la porta.
-Io ti amo, Amy. Lo sai che ti voglio bene, che vivo per te.- Il cantante dei Seether scoppiò a piangere, ma lei sapeva che questo era dovuto solo al veleno che egli ingeriva ogni giorno e che ormai aveva preso il controllo della sua mente.
-Dici questo solo perché ti sei reso conto che le cose stanno cambiando, vero?- Amy afferrò i borsoni e li buttò fuori, nelle scale.
-Prendi le tue cose e basta. Ho deciso io per te!-
Shaun la fissò adirato. Gli tremavano le mani.
-Te ne pentirai, sporca puttanella, te la farò pagare. Un giorno morirai sotto la mia stretta mortale!-
Amy scoppiò a ridere al suono sciocco e senza speranza di quelle parole.- Vai via, subito!- gli urlò.
Shaun uscì fuori da quella che nell’ultimo anno era diventata la loro casa e recuperò i proprio bagagli,
-Io non me ne vado, puttana!- disse, sedendosi sui borsoni e continuando a bere la birra.
-Si che te ne vai. Puoi restare li fuori tutto il tempo che vuoi, ma non provare a infastidirmi e sparisci non appena passa la sbronza, altrimenti chiamo la polizia.-
Shaun scoppiò a piangere all’improvviso, di nuovo.- Non puoi lasciarmi, Ames, io ti amo, per favore aiutami a entrare a casa, non mi reggo in piedi…-
-E’ finita, amore.-
Amy chiuse la porta e si appoggiò ad essa, scivolando sul freddo pavimento.  Delle lacrime gli rigavano il viso.
Era finita,  questa volta per davvero, e si sentiva libera, ma le dispiaceva enormemente per quell’uomo che stava cominciando a odiare. Cosa avrebbe fatto ora che gli era rimasto solo l’alcool?  Sperava per lui che gli altri membri della band gli avrebbero offerto aiuto. Magari un giorno sarebbe tornato lo Shaun di sempre.
Intanto lei avrebbe ripreso in mano la sua vita,  tornando più forte di prima.
Il cantante dei Setheer era ancora sul pianerottolo e piangeva, chiamandola.
Fu tentata di aprire la porta e provare a salvarlo, ma si disse che doveva smetterla di sacrificarsi per lui. Nella sua vita non c’era più spazio per Shaun.

L'angolo dell'autore

Questo capitolo  mi piace di meno, rispetto agli altri due. Mi sembra di non essere riuscito a scrivere bene ciò che volevo esprimere. 
Booh, comunque sia, buona lettura :)

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Capitolo 4
*** Your Star ***


 
4
Your Star

 

 
Seduta sul davanzale della finestra, Amy scrutava attentamente il cielo alla ricerca di una sola stella: le sarebbe bastato vederne una, anche solo per una frazione di secondo, per sentirsi di nuovo a casa. Nell’enorme distesa nera che era il cielo di Lisbona non vi era nessuna traccia delle stelle: le luci artificiali costruite dall’uomo le avevano cacciate via e lei ora vagava nel buio. Un paio di settimane prima la band si era presa una pausa dal tour e Amy era tornata a Little Rock, dalla sua famiglia, dove ogni notte poteva ammirare le stelle brillare nel cielo.  Da ragazzina, quando ancora gli Evanescence erano solo un sogno irrealizzabile, ogni notte, prima di andare  a letto si sedeva sul davanzale della sua finestra e dalla sua cameretta al secondo piano fissava il cielo, ammaliata dalla bellezza dell’infinito. Adesso invece anche le stelle l’avevano abbandonata a se stessa e l’oscurità era ovunque.
-Niente brilla nel cielo, stanotte.-
Amy sentì ritornare quella voce famigliare che per tutta la sua vita le parlava nei momenti più difficili; credeva che fosse sparita, durante gli ultimi due anni.
-Sei tornata.-
-Non me ne sono mai andata, sei tu che hai smesso di cercarmi.-
-Certo,  ovviamente sono sempre io a lasciare andare gli altri.-
-Ben..-
-Non nominarlo, per favore, non mettere il dito in una piaga già abbastanza profonda.-
-Io do voce ai tuoi pensieri, Ames.-
-Insonorizzali, per favore.-
-Lo vuoi davvero?-
-Quello che voglio ora è vedere una stella, perché i ricordi non bastano. Non più.-
-Colei che brilla nel cielo ha combattuto la sua ultima guerra e ha perso! Ma allo stesso tempo sta rinascendo-
-Rinascendo per morire di nuovo - sorrise amaramente Amy.
-Tu brilli ancora, mia cara, ma se continui così ti spegnerai presto.-
-Dimmi, a questo punto del tour come devo tornare a brillare? Siamo persi, stiamo vagando ed è come se tutte le vie d’uscita fossero state spazzate via.-
-Siete troppo ciechi per vederle.-
-Gli Evanescence sono finiti, ormai.-
-Ogni fine rappresenta un nuovo inizio, tu hai solo paura.-
-Paura e rabbia, a essere sinceri.-
-E silenzio.-
-Già.-
-Tutti mezzi che possono riportarti in superficie.-
-Come?-
-Accendi la luce.-
-Ma non trovo l’interruttore!-
-Bambina mia, l’interruttore sei tu!-
-Io? Qui è tutto freddo e io chiamo ma non mi sovviene risposta.-
-Non ascolti bene, Ames.-
-Come devo fare?- le lacrime ormai le bagnavano il viso, copiose.
-Riunisci i pezzi! Tu sei la colla, ma sei anche il martello.-
-Non capisco.-
-Riflettici, capirai molte cose. C’è una porta aperta che ti aspetta, oltre questo hotel.-
-Te ne stai andando?-
-Bambina mia, io sono sempre qui, se solo tu volessi ascoltarmi ogni volta che parlo.-
-Ti ascolto sempre!-
-A volte mi soffochi, sai? Ma io sono sempre qui, perché sono parte di te.-
-Parte di me...-
-Ricomponi i pezzi, piccola mia. La tua stella è ancora lassù, in alto, che brilla, ma al momento è oscurata da una nube.  Questo non significa che la sua luce è meno abbagliante, Ames. Splende  più di prima, ma tu continui a ostinarti nel chiudere i tuoi occhi.-
-La porta aperta..-
-Sei tu.-
-Sono io…-
-Accendi la luce, bambina mia.- 

Angolo dell'autore
Ho pochissimo da dire su questo capitolo: a me piace, adoro scrivere introspezioni interiori e trovo che questo fosse l'unico modo per me di scrivere di "Your Star". Con questo capitolo chiudo la raccolta, ma, ispirazione concedendo, non escludo di tornare a scriverci su in futuro. Ringrazio voi per averla letta e aver lasciato un vostro commento. Mi avete reso molto felice :)

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