Il sesto membro

di Rictusempra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo incontro ***
Capitolo 2: *** Una chiamata inaspettata ***
Capitolo 3: *** Nella hall tra 5 minuti ***
Capitolo 4: *** Un nuovo 'amico' ***



Capitolo 1
*** Il primo incontro ***


E’ già passato un anno:  è passato esattamente un anno dall’audizione che Robin fece a X-Factor il 25 maggio 2013. Ricorda tutto, dal viaggio verso Roma (dove si tenevano i provini) ai 4 “sì” ottenuti da Simona, Morgan, Elio e Mika.

“Ah Mika ho bisogno di te” pensava spesso … gli mancava il suo caposquadra: per lui era come un fratello maggiore che lo aiutava a superare quei momenti di ansia che aveva ogni volta che doveva salire sul palco. Forse senza lui non sarebbe mai riuscito ad arrivare primo al talent show, garantendosi la partecipazione al festival di Sanremo: categoria BIG.
Durante il talent show anche un’altra persona si era accorta di lui: Luciano Ligabue. Robin adorava le sue canzoni e mai si sarebbe aspettato che il grande cantautore gliene scrivesse una per il festival.
“Non ho mai sentito un ragazzo di 19 anni cantare in questo modo. Ho scritto una canzone tempo fa … volevo inserirla nel mio nuovo album ma forse è più adatta a te.
Ligabue”
Quando lesse questa e-mail, Robin pensava fosse qualche stupido scherzo … neanche rispose.
Poi un giorno di gennaio,  entrando nella sede milanese della Sony (la sua casa discografica), si ritrovò “il Liga” davanti con un sorriso a 32 denti e uno spartito. La canzone si chiamava “Buongiorno alla vita” ed aveva un testo talmente toccante che la prima volta che Robin la cantò, dai suoi occhi verdi uscirono più lacrime.
Mai nessuna canzone gli aveva fatto questo effetto.
Anche al grande Luciano Ligabue scappò una lacrimuccia, ma smorzò subito il momento di commozione con un “Incassa questo Vasco, sono più bravo!”. Era ironico? Chi può dirlo.
Ad ogni modo Liga era sicurissimo, a differenza di Robin, che la canzone gli avrebbe fatto vincere il festival di Sanremo. E aveva ragione …
Ciò che non sapeva però è che Robin avrebbe ricevuto anche l’opportunità di rappresentare l’Italia all’ Eurovision Song Contest (una sorta di Sanremo a cui partecipano cantanti che rappresentano tutte le nazioni europee).
La gara durava 6 giorni (da lunedì 20 maggio a sabato 25) e, su 49 nazioni, partecipavano 40 artisti. Nei primi 5 giorni, 31 di questi si sfidano e a solo uno (scelto dal televoto) è garantito l’accesso alla finale di sabato; Altre 9 nazioni (tra cui l’Italia e l’Inghilterra), visti gli alti posti raggiunti negli anni precedenti, si esibiscono direttamente l’ultima sera.
Ed ecco … mentre Robin pensava al regolamento, a tutto ciò che ha passato nell’ultimo anno, si esibiva sul palco la boyband più famosa del momento: i One Direction.
Robin era una sorta di “directioner-boy”: come molti aveva pregiudizi su questi ragazzi, ma poi un’amica gli fece sentire svariate canzoni e lui si appassionò molto alla loro musica, che era forse un po’ commerciale sì, ma allegra e coinvolgente. E le loro voci poi erano davvero potenti, un po’ come la sua.
Vista questa passione avrebbe dovuto ascoltarli cantare, ma era troppo teso, più del solito. Non dormiva da giorni (lo dimostravano le sue occhiaia) e si era fatto talmente pallido, che sembrava un cadavere. Si sentiva un cadavere. Aveva milioni di pensieri per la testa: aveva paura di stonare, di dimenticare le parole della canzone (di cui non era neanche tanto sicuro; questa volta l’aveva scritta lui e non Ligabue. Era la prima volta che scriveva). Ma soprattutto continuava a chiedersi perché fosse lì. Tanto avrebbero vinto i One Direction, hanno fama internazionale, mondiale a differenza sua. Quasi non trovava giusto che loro partecipassero alla competizione.

Mentre era avvolto tra questi pensieri, sentì una voce che gli diceva (chiaramente in inglese visto che gli Eurovision si svolgevano proprio a Londra quell’anno)  “Ehy non senti gli addetti? Tra 5 minuti tocca a te”. L’accento era strano ma Robin capì lo stesso (amava l’inglese e lo comprendeva e parlava molto bene).
Si girò e ringraziò.
Era Niall Horan che gli aveva parlato. Il biondo fece una faccia strana quando vide Robin.
“E’ tutto ok? Hai una faccia orribile … sicuramente non sei così di solito. Spero … altrimenti conosco alcuni chirurghi plastici che fanno miracoli”.
Forse era la prima volta che Robin rideva da quando era a Londra.
“Non so se offendermi o prenderlo per un complimento” rispose.  “Sono solo nervoso, spero che una volta salito passi”.
“Passerà sicuro. Io sono come te e quando salgo sul palco mi sento subito meglio” disse un altro. Era Louis Tomlinson.
“E poi nella peggiore delle ipotesi vomiti sul palco. Anche io l’ho fatto e anche Justin Bieber” disse Harry Styles avvicinandosi.
“Ti stai paragonando a Bieber? Non permetterti!” continuò Horan.
“Fanno sempre così, mi fanno morire dal ridere” aggiunse Liam.
“Scommetto che ora distraendoti già ti senti meglio” disse Zayn.

Robin era così pensieroso che non si era reso conto che i One Direction avevano finito la loro esibizione ed erano tutti e 5 nel backstage, vicino a lui.
Dopo aver stretto la mano e essersi presentato a Niall, Liam, Zayn e Louis, Harry gli disse:
“Ti ho sentito durante le prove. Hai una voce stupenda e la canzone è proprio bella. L’hai scritta tu vero?
Ah comunque piacere di conoscerti, Harry Styles”.
Robin gli strinse la mano e per un attimo sentì il cuore battergli all’impazzata. Gli sembrò strano. Era confuso.
“Sarà che sono ancora in ansia per l’esibizione” pensò.

Piccola nota :3: E' la prima volta che scrivo una FF e sebbene abbia 38579537 di idee in testa, ammetto che è difficile svilupparle. Ammetto anche che non volevo dilungarmi così tanto nel parlare di Robin ma non potevo neanche introdurre un personaggio così, dal nulla, non credete? Io spero che questo capitolo vi piaccia, recensite e fatemi sapere qualcosa perché non ci metto niente a scrivere altro  ma se poi nessuno legge... fatemi sapere dai :D

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Capitolo 2
*** Una chiamata inaspettata ***


Robin salì sul palco dell’Eurovision tremante. Ma appena la musica partì si lasciò andare. A  metà della canzone stava anche ballando (beh, aveva studiato hip hop per anni, se non ballava lui sul palco chi avrebbe dovuto farlo?).
“I ragazzi avevano ragione” pensò alla fine dell’esibizione.
Scese dal palco sorridente come non mai.
“Allora avevo ragione, quella faccia orribile non era la tua” disse Niall.
“Hai una voce pazzesca” aggiunse Harry che lo guardava come incantato.
“Secondo me dovresti vincere tu la competizione, te lo meriti” concluse Liam.

Purtroppo le previsioni di quest’ultimo non furono esatte, e ovviamente a vincere furono proprio i One Direction. Robin riuscì però a ottenere il secondo posto. Gli andava benissimo … insomma arrivare subito dopo la boyband del momento non è mica roba da poco.
I giorni successivi furono per lui davvero pieni: interviste a destra e a manca. Nell’arco di una settimana il singolo portato alla competizione aveva ricevuto il disco multiplatino e il suo album (che tra l’altro non era ancora uscito) era già primo su Itunes grazie alle prevendite.
Questo periodo di grande gioia fu interrotto da una telefonata davvero inaspettata.
“Sono Simon Cowell, discografico e creatore del più importante talent show del momento (X-Factor).
La mia casa discografica, a cui i One Direction sono legati per contratto, vuole sapere se lei,Robin, è interessato ad aprire il concerto della boyband per i prossimi sei mesi. Ha 2 giorni per decidere”.

La richiesta avrebbe fatto saltare dall’eccitazione molte persone. Ma per Robin fu diverso: mancava poco all’uscita del suo album e all’inizio del suo tour. Era disposto a far saltare quest’ultimo solo per cantare 2 o 3 canzoni a concerti di altri?
D’altronde accettando questa occasione avrebbe potuto farsi conoscere anche all’estero. Ma se poi la sua musica all’estero non fosse piaciuta? Avrebbe rinunciato al suo tour, deluso i fan che aveva già … per nulla?
Per due giorni decise di non partecipare a ospitate varie o interviste: doveva riflettere bene sul da farsi. Inoltre non parlò della chiamata con nessuno perché non voleva essere influenzato.
Ma lo fu eccome.
In quei due giorni gli arrivarono più messaggi di Niall e Zayn.
Dicevano cose tipo “Accetta, ci divertiremo”, “Hai anche bisogno di pensarci?”.

Nessuno “sconosciuto” era mai stato così gentile come loro due. Arrivarono altri messaggi anche di Liam e Louis che lo incoraggiavano ad accettare la proposta.
“Ancora mi chiedo come abbiano avuto il mio numero” pensava ridendo, ogni volta che leggeva uno di questi sms.
L’ultimo che ricevette prima di dare la risposta definitiva fu quello di Harry, diceva solo “Il nostro tour sarebbe diverso se accettassi”.
“Ok. Questo è ambiguo come messaggio” disse tra sé e sé appena lo lesse. Del resto poteva essere diverso in modo positivo o in modo negativo. Davvero non capiva. Ma comunque aveva già deciso.
Il telefono squillò, la chiamata fu breve …
“Allora?”
“Accetto”.

P.S: HO AVUTO PROBLEMI "TECNICI" NELLA REALIZZAZIONE DI QUESTO CAPITOLO, MI SCUSO PER LA BREVITA'. GLI ALTRI SARANNO DIVERSI, TRANQUILLI :D Nota: cosa ne pensate di questo secondo capitolo? e' la prima FF che scrivo quindi avrei bisogno di un aiuto particolare. Pensate debba aggiungere/eliminare/dire/fare qualcosa per perfezionarla? Fatemi sapere :D

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Capitolo 3
*** Nella hall tra 5 minuti ***


Tutto era organizzato. Tutto era pronto: valigie fatte, scaletta preparata.
Le canzoni che Robin doveva cantare per aprire il “Where We Are Tour” dovevano essere cinque.  Sarebbe stato sul palco quindi per quanto?  15/20 minuti? Beh, in quel poco tempo  doveva brillare. Non poteva portare dei pezzi qualunque.
Decise che le canzoni non dovevano emozionare e divertire solo il pubblico, ma principalmente se stesso. Dovevano essere canzoni significative insomma.
Si sentì quindi di portare:
1) “Don’t stop believin’” nella versione di Glee. Stranamente la preferiva all’originale e senza dubbio quella canzone lo rappresentava in pieno: non bisogna mai smettere di crederci. Non bisogna mai fermarsi davanti a nulla, soprattutto davanti la paura (che assaliva spesso il povero cantante).
2) “Teenage dream” di Katy Perry. Non sapeva esattamente cosa gli stesse succedendo, ma da quando aveva accettato la proposta fatta da Simon Cowell, aveva un po’ la testa tra le nuvole e “sentiva” molto tutte le parole del testo.
3) “Someone like you” di Adele. E’ il suo cavallo di battaglia, la sua canzone portafortuna. L’ha cantata ai provini di X-Factor e anche alla finale. “Una ballad emozionante ci sta proprio bene a metà esibizione” pensò.
4) “Raise your glass” di P!nk.  E’ giusto anche far divertire il pubblico no? Dopo qualche lacrimuccia ci si scatena con la sua canzone preferita, che Robin ascoltava MINIMO una volta al giorno.

La quinta canzone è stata senza dubbio la più difficile da scegliere. Si era arrovellato il cervello per tanto: “concludo con un qualcosa di lento o di ritmato?” continuava a chiedersi.  Senza dubbio ALMENO l’ultima esibizione prima dell’arrivo dei ragazzi doveva rimanere impressa. IMPRESSA. Era questa la chiave. Quali sono le canzoni che sono rimaste impresse nella storia? Che a distanza di anni vengono ancora cantate e si canteranno? Gli venne subito in mente “I will always love you” di Whitney Houston. Grazie a lui la canzone sarebbe arrivata alle ragazzine più piccole che magari non l’avevano mai sentita.
E poi la sua sarebbe stata una delle prime interpretazioni della canzone fatta da una voce maschile. Del resto Robin era un baritono con un’estensione davvero impressionante e un graffio che su certe note poteva strappare qualche lacrima.
Unico problema? La canzone era davvero difficile e Robin l’aveva studiata “a pezzi”. E siccome aveva deciso di inserirla nella scaletta in ritardo, era partito per il tour senza mai provarla. Ergo mentiva a se stesso quando diceva che era tutto preparato.

Il tour partiva (ovviamente) da Londra: lo stadio si chiamava “Stramford bridge” e al solo pensiero di cantare davanti a chissà quante persone Robin si sentiva male. Forse in albergo avrebbe dovuto mangiare qualcosa, o sarebbe svenuto.
“Se svenissi sul palco sarebbe proprio un inizio di mer*a” pensò. “Anche se preferirei svenire in questo momento, piuttosto che cantare”. Ad un certo punto vide un biondino venirgli incontro. Subito scacciò i brutti pensieri .
“Finalmente, era ora che arrivassi” disse Niall abbracciandolo. Si erano visti una volta e sentiti tramite messaggi. Eppure già si stava dimostrando un grande amico.
Ma non era solo lui, anche Zayn, Liam e Louis lo strinsero. Davvero non se lo aspettava.
“Noi abbiamo già fatto le nostre prove”affermava Liam.
“Chiamale prove poi … abbiamo fatto i cretini per tutto il tempo” aggiunse Niall.
“Ma non è quello che facciamo sempre? Alla fine ci va sempre tutto bene” concluse Zayn.
“Ora tocca a te. Sappiamo quello che sai fare. Ci fidiamo di te e sappiamo che darai il meglio. Non pensare a nulla, semplicemente divertiti” gli disse Louis, trasmettendogli una sicurezza incredibile.
Provò le prime quattro canzoni senza alcun problema. Ma iniziò a perdere quella sicurezza datagli dall’amico giunto al quinto pezzo. Non solo perché appunto non l’aveva mai provato per intero, ma anche perché tutti, dagli addetti agli assistenti (oltre che chiaramente ai ragazzi) erano lì a sentirlo cantare. L’unico che non si sapeva dove fosse era Harry.
A Robin infastidiva che non fosse venuto a salutarlo e che non fosse lì a sentirgli cantare quella canzone. Ma non capiva proprio il perché.
Titubante iniziò a cantare quando a un certo punto, dal nulla, vide Harold raggiungere gli altri. Accennò un sorriso che subito nascose e continuò. All’ultimo ritornello la sua voce esplose come non mai. Chi l’ascoltava iniziò ad applaudire. Addirittura qualche bodyguard si lasciò sfuggire una lacrima.
Finito il pezzo Harry corse via, all’improvviso. Gli altri invece salirono sul palco, saltando e urlando cose tipo “Mio Dio, dovremmo essere noi ad aprire te”, “Sei stato fenomenale”, “La tua voce non è umana”.

Tutti e 5 (senza Harry, che dalla ‘fuga’ improvvisa non si era fatto vedere più) passarono il pomeriggio insieme. Giocarono a pallone, parlarono, si divertirono. A Robin sembrava conoscerli da sempre.
Alle 19:00 iniziarono però a prepararsi per lo spettacolo e alle 20:00 esatte Robin salì sul palco.
Mentre percorreva la strada dal palco al backstage, Robin sentì Niall dire “Harry finalmente. Si può sapere che fine avevi fatto?”.
“Cosa gli ho fatto? Perché mi evita?” continuava a chiedersi il cantante.
Queste furono le ultime domande che si pose. Iniziato il concerto non pensò ad altro che alla sua performance (quando doveva cantare lui) e a divertirsi (quando dovevano cantare i ragazzi).

“E’ stato un successone. Siamo stati grandi. TUTTI E SEI, vero?” disse Liam mentre tornavano in albergo.
“Assolutamente sì, credo sia stato uno dei nostri concerti migliori” aggiunse Zayn.
Robin non poté che essere d’accordo e andò a dormire con un sorriso a 32 denti.

Ma proprio mentre stava per spegnere la luce sul comodino e chiudere gli occhi gli arrivò un messaggio. Quando lesse il numero di Harry rimase veramente sorpreso. Diceva solo: “Vediamoci nella hall tra 5 minuti”.

Nota dell'autore: allora? cosa ne pensate di questo capitolo? Ho provato a farlo un po' più lunghetto (mi hanno suggerito così), non so se nel prossimo dilungarmi di più o mantenermi su questa lunghezza. Ma questo mi interessa relativamente. Preferirei sapere piuttosto se la storia vi sta piacendo ma soprattutto informarvi del fatto che questo capitolo è stato scritto piuttosto velocemente e rivisitato a stento. Mi scuso per eventuali errori e vi chiedo di segnalare le cose più gravi, così che io le possa cambiare :D
grazie a tutti per l'attenzione :)

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Capitolo 4
*** Un nuovo 'amico' ***


Questo tizio ha bisogno di rivedere le sue priorità. Ecco cosa pensò Robin appena lesse il messaggio. Come dargli torto? Non era necessario che Harry si complimentasse con lui per come era andata la tappa zero del tour, ma almeno un ‘in bocca al lupo’ poteva darglielo. Ma neanche, poteva almeno salutarlo. Non aveva fatto neanche quello. E ora cosa si aspettava? Che Robin scendesse alle due del mattino nella hall a parlare con lui come due vecchi amici?
Beh signore e signori... fu proprio quello che fece. La curiosità era troppa, non riusciva a dire di no.

Così saltò giù dal letto, si mise le ciabatte e uscì fuori dalla camera. Non era la prima volta che andava in tour e dormiva in hotel, ma era la prima volta che lasciava la sua suite nel cuore della notte e gli venne automatico accendere il flash dell’Iphone. Solo dopo aver chiuso la porta si rese conto di quanto fosse inutile. Percorse così il lungo corridoio –ovviamente illuminato- e iniziò a scendere le scale. Avrebbe potuto prendere l’ascensore –cosa saggia da fare visto che era al tredicesimo piano- ma odiava quella che si trovava in quell’albergo. Era una specie di “capsula trasparente” che permetteva di vedere chiunque stesse salendo e scendendo.
Inquietante, pensò quando la vide la prima volta. Ma era ancora più inquietante farsi tredici piani a piedi a notte fonda.
Ad ogni modo... giunto all’ultima rampa un’ansia assurda lo colpì. Non sapeva spiegarsela ma era come quella che aveva ogni volta che doveva salire sul palcoscenico. Così si fermò un attimo, fece un enorme respiro e continuò a camminare dirigendosi verso la hall. Quest’ultima era piuttosto chic, a partire dal bancone in legno sul fondo -in cui il proprietario faceva check-in e check-out-  sino ad arrivare al centro, in cui poltrone e divani color avorio si disponevo a formare un cerchio al centro del quale si trovava un tavolo di cristallo con sopra vasi –sempre in cristallo- pieni di rose bianche.
Attorno a questo tavolo gironzolava Harry che gesticolava e parlava tra sé in modo nervoso. Appena  vide Robin , si girò di scatto verso di lui facendo cadere, con quell’enorme mano che si ritrovava,  uno dei vasi. Robin scoppiò a ridere, ma a bassa voce: chissà come il portiere notturno non si era svegliato, certamente non voleva essere lui a destarlo dal sonno, mettendo nei guai Harry.

“Dovrebbero licenziarlo, non sorveglia un cazzo” disse, avvicinandosi a quel ‘vasomicida'.

Era la prima volta che se lo ritrovava in piedi vicino. Tutti gli dicevano che fosse alto tre metri, ma in realtà erano alti uguali. O tutti mentivano sulla sua altezza, o anche io sono alto tre metri, pensò subito.  Ma non avevano in comune solo questo. Entrambi avevano due occhi di un verde chiarissimo, tendente all’azzurro. Avevano entrambi un naso “pronunciato” e due fossette che uscivano fuori ogni volta che ridevano.
Persino il numero di scarpe -44- era lo stesso. Robin era solo un po’ più magro di lui, visto che il fisico se l’era fatto ballando e non andando in palestra.

“Tanto nei guai ci finisco sicuro. Se non stanotte domani. Ci sono telecamere ovunque qui” rispose Harry.
“Wow, il signorino qui parla? Però che sorpresa. Ad ogni modo io non voglio essere tuo complice eh!” continuò in modo ironico Robin.
“Credo di meritarmela questa frecciatina. E credo anche che io ti debba delle scuse. Ecco il perché del messaggio. E’ tardi, ma dovevo togliermi questo peso subito. Sai, oggi prima delle prove non sono venuto per salutarti perché ero convinto tu fossi arrabbiato con me”
“Non capisco”
“So che hai risposto a tutti i messaggi che ti hanno inviato i ragazzi in questo periodo. Ai miei no”
“Harry... mi hai mandato UN SOLO messaggio, e ad essere sincero era piuttosto confusionale”
“Lo so, lo so. I miei messaggi sono tutti cosi. Ma non so perché mi è venuta questa paranoia. Ti giuro non mi succede mai, forse qualche volta con le ragazze ma...” e non concluse. Si rese conto di aver detto una grandissima stupidaggine.
“Ho una voce bassissima e i capelli alla Zayn, come hai fatto a scambiarmi per una ragazza?” replicò Robin, prendendola sullo scherzo.
“Ignora l’ultima frase. Scusami, ti prometto che non mi perderò altre giornate in tua compagnia... e in compagnia degli altri. E a proposito, oggi durante il concerto, sei stato sbalorditivo. Mi hai fatto piangere durante “I will always love you”, come è successo durante le prove. Sì. E’ per questo che sono fuggito all’improvviso. Non volevo farmi prendere in giro dagli altri. Poi ho pensato che dopo essermene andato senza neanche averti salutato non fosse proprio carino. Quindi ho passato il pomeriggio in giro per la città insieme a Karen, la sorella minore di Lou*. Ha la mia età, è bella, intelligente...”.
“Uhm... non la conosco. Ma aspetta, qualcuno qui si è preso una cotta? Devi presentarmela”.

Queste ultime due parole gli uscirono fuori a malapena. Non sapeva chi fosse ma aveva la sensazione che non le sarebbe affatto piaciuta. Non aveva mai provato ‘odio’ per una persona che non aveva mai visto, e non capiva perché.

“Ehy, non farti film, non credo succederà nulla. Non credo di voler fare nulla di serio... con lei. Ma comunque è impossibile che tu non l’abbia mai vista, aspetta che ho una foto di lei con Lou sul cellulare, te la faccio vedere”.
Mentre tirava fuori l’iphone gli cadde la chiave della sua camera.
In quel momento Robin spalancò gli occhi e si rese conto di una cosa…
“Porca puttana. La chiave della suite. L’ho lasciata sul comodino e ho chiuso la porta. Mannaggia a te e i tuoi dannati messaggi, io non connetto la notte!” disse scherzando.
 “Qual è il problema? Svegliamo il portie...” Harry non finì neanche la frase. Si ricordò del vaso rotto e capì che non era una buona idea. Poi disse: “Aspetta, ma perché non sali da me? Ti faccio sentire una canzone che ho scritto e perdiamo un po’ di tempo”
“Ehm... effettivamente non è una cattiva idea ma…”
“Niente ma. Coraggio amico, saliamo”

Amico... finalmente Harry era suo amico, e ne era troppo felice.

Saliti da Harry, i ragazzi posarono i loro Iphone neri  sulla scrivania.
Robin si guardò intorno. La stanza era identica alla sua solo che era ordinata. Si ricordò effettivamente di aver letto articoli su un “Harry casalingo”. Su questo non si somigliavano per niente.
 Si sedettero sul letto e da una borsa  l’inglese tirò fuori dei fogli. Su questi era scritta la sua canzone, intitolata “Don’t let me go”. Il testo era intenso, commuovente. Harry iniziò a cantare, mostrando tutte le sfumature della sua voce. Robin ne era incantato, non si era mai reso conto di quella voce così... profonda. Poi su spinta di Harry, iniziò a cantare con lui. Venne fuori un duetto talmente perfetto che quando finirono entrambi erano senza parole. Si fissavano sorridendo ma nessuno dei due sapeva cosa dire finché...
“Tra poco i vicini verranno a sfondare la porta e a prenderci a calci” disse Robin.
“Immagini? Già per il vaso finirò in guai grossi. Ma tranquillo non c’è nessuno nelle stanze vicine. Mi faccio dare sempre una camera isolata perché ci sono dei momenti in cui ho bisogno di cantare da solo. Lo uso come sfogo”. Dio, un’altra cosa che abbiamo in comune, disse Robin tra sé e sé.
“Ti capisco meglio di quanto tu possa credere” rispose. Poi continuò dicendo: “Ad ogni modo la canzone è qualcosa di meraviglioso, se la pubblicassi con i ragazzi fareste un altro successone, ne sono sicuro”
“No, non voglio. E’ una canzone che ho scritto per me e solo per me. Ne vado fiero sai? Non è la prima volta che scrivo ma non mi era mai capitato di stendere un testo così emozionante. L’ho scritto dopo l’Eurovision, la sera in cui ti abbiamo conosciuto”.
Calò silenzio nella stanza. Dopo quella frase nessuno dei due sapeva più cosa dire. Non era imbarazzo era solo... beh nessuno dei due sapeva cosa fosse. Per un attimo lo sguardo di uno rimase fisso in quello dell’altro. Questa volta a Robin non  diede fastidio. Dovete sapere infatti che l’italiano era un ragazzo talmente timido e insicuro che per qualche strana ragione non riusciva a fissare una persona negli occhi; era come se dovesse sapere costantemente ciò che gli succedeva attorno.
Ma per quei cinque, dieci secondi non fu così. Non riusciva a distogliere gli occhi da quelle due gemme verdi. E neanche Harry lo faceva.

Quell’attimo che a entrambi parve perfetto, fu interrotto da un suono improvviso. Harry si alzò e andò a prendere il suo cellulare. Lo sbloccò e lesse un messaggio che diceva “Amore mi manchi tantissimo :( allora come è andata la prima tappa? So che è tardi ma sono appena rientrata e volevo inviarti la buona notte. Quindi fa sogni d’oro cucciolo, ti amo. Jamie”.
Non era il suo cellulare, era di Robin. Quelle parole... ‘amore’,’ ti amo’, gli fecero venire un magone immenso.Forse ci son rimasto male solo perché non mi ha detto di questa Jamie, pensò.  Cercava di auto convincersi di ciò, ma nel profondo sapeva che la sua tristezza non era altro che gelosia. Ad ogni modo, non l’avrebbe mai ammesso.
“Scusa se ho letto, pensavo fosse il mio... ma mi sbagliavo”.

Jamie era una ragazza simpaticissima che Robin aveva conosciuto in aereo tornando da Londra. Si erano scambiati i numeri di telefono ed erano usciti spesso. Lei lo faceva ridere ed era molto carina. Una cosa tira l’altra e in breve fecero coppia fissa.  In realtà per Robin era ancora un’altra ragazza a cui lui si legava ma che fondamentalmente non amava. Infatti quando, dopo un mesetto che si frequentavano, lei si lasciò sfuggire il ‘ti amo’, lui non rispose. Ma Jamie non se ne fece alcun problema. Disse solo: “Io ti ho detto ciò che provo perché ne avevo bisogno. Se tu non ti senti ancora pronto non fartene un problema, preferisco che tu sia sincero, così che quando me lo dirai sarà un momento fantastico perché saprò che lo pensi realmente”. Ma in cuor suo Robin sapeva che non le avrebbe mai detto quelle due fatidiche parole.
Il ragazzo lesse velocemente il messaggio e poi bloccò il telefono senza neanche rispondere. Aveva completamente dimenticato l’esistenza di Jamie in quella giornata, ma soprattutto in quello specifico momento. E quasi la odiò per averglielo rovinato.
Terra chiama Robin, terra chiama Robin. E’ la tua ragazza, dovresti essere felice di sentirla. Non viaggiare con la fantasia, non stava succedendo proprio nulla prima e anche se fosse, a te non piacciono i ragazzi idiota!, pensò.

“Tranquillo. E’ la mia ragazza, stiamo insieme da tantissimo tempo sai?” rispose Robin, cercando di convincere Harry –e soprattutto se stesso- di essere innamorato perdutamente di Jamie.
“Si? Beh perché non me l’hai detto prima? Magari qualche volta possiamo fare un’uscita a quattro io, tu, Jamie e Karen” replicò Harry. Le parole di Robin furono per lui come pugnalate al cuore. Ma poi anche lui pensò che forse non era il caso di farsi qualche film mentale e di ‘ricordarsi’ che a lui piacevano le ragazze. SOLO E UNICAMENTE quelle.  E quale era il modo per ricordarselo se non fidanzandosi con la sorella di Lou?
“Non vedo l’ora, soprattutto di conoscere Karen” rispose Robin con un sorriso falsissimo.
“Ma basta parlare di uscite e fidanzate. Parliamo d’altro! Tipo...  chi sono i tuoi cantanti preferiti?” continuò Harry, rendendo la conversazione meno sofferente per entrambi.

Rimasero a parlare del più e del meno per il resto della notte, facendo finta di niente, facendo finta che quegli sguardi non significassero nulla. Al mattino uscirono per andare a chiedere la copia della chiave della stanza di Robin al proprietario. Aprirono la porta e si ritrovarono Niall di faccia che stava venendo a svegliare Harry.
“Harry ti sei portato a letto tutte le ragazze del personale del tour e ora cominci con i ragazzi? Ti ho sempre detto che hai un problema chiamato NINFOMANIA” disse il biondo ridendo, appena li vide.
“1. Sei un’idiota, 2. Sai che in tutta la mia vita ho fatto l’amore solo due volte, 3. Tu non hai idea di cosa sia successo questa notte” rispose Harry che insieme a Robin raccontò delle ‘avventure’ della notte passata.
“Quindi ci aspetta da pagare una multa salatissima per il disastro che hai combinato, vero? Aspetta ma non mi avete detto perché vi siete incontrati nel cuore della no... ah lasciamo stare, andiamo a svegliare quel dormiglione di Zayn”.
 
*per chi non la conoscesse è l’hairstylist dei One Direction.

Nota dell'autore: allora? Cosa ne pensate di questo capitolo? Sono stato uno stronzo a mettere di mezzo le ragazze eh? AHAHAHAH 
Ho cercato di essere più descrittivo come molti di voi mi hanno suggerito, ma ancora una volta ricordo che questa è la mia prima FF e mi servono più consigli possibili.
Quindi... STRA RECENSITEEEE!!! e se volete lasciatemi le vostre storie, leggerò e recensirò anche io :D

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