The Seventh: 50 Shades of Grey(Raven)

di Evilcassy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shades of GreyWidow ***
Capitolo 2: *** Shades of Hawkwardness ***
Capitolo 3: *** Shades of Opera ***
Capitolo 4: *** Shades of FlatMating ***
Capitolo 5: *** Shades of Sleeping Beautyness ***
Capitolo 6: *** Shades of Mischievousness ***
Capitolo 7: *** Shades of Ships ***
Capitolo 8: *** Shades of PepperMafia ***
Capitolo 9: *** Shades of Small Banana and Tasty Muffin ***
Capitolo 10: *** Shades of Christmas Time ***
Capitolo 11: *** Shades of Christmas Eve ***



Capitolo 1
*** Shades of GreyWidow ***


The Seventh: 50 Shades of Grey(Raven)

 

 

The Seventh:  50 Shades of Grey(Raven)

 

PART: ORIGIN.

 

1 - Shades of GreyWidow.

 

Friendship is unnecessary, like philosophy, like art... it has no survival value; rather it is one of those things that give value to survival. [C.S. Lewis]

 

 

La prima volta che le ho rivolto veramente parola è stata la settimana successiva al mio arruolamento allo S.H.I.E.L.D.

Avevo appena finito la mia terza lezione di Aikido, e dopo essermi concessa una doccia gelata anestetizzante per i vari muscoli doloranti mi ero accorta di avere una gran fame e neppure uno spicciolo da cui rifornirmi alle macchinette.

Così, come un paio di pomeriggi prima avevo visto fare a Barton, mi sono diretta verso la sala mensa con l'intento di saccheggiarla. Avevo notato che fuori dagli orari di pasto è solitamente deserta e che la serratura della dispensa poteva essere tranquillamente forzata con mezzo giro di forcina per i capelli. Non che mi aspettassi granché: mi avevano già spiegato che la mensa segue rigidi dettami nutrizionistici, ed è il motivo principale per il fuggifuggi generale che si registra durante le ore pasti.

Ciò non mi sarei aspettata, era la compagnia con cui avrei condiviso il mio spuntino.

 

Natasha era seduta in un angolo del tavolo più lontano, braccio fasciato al collo, capelli raccolti sulla nuca da una matita e sguardo che annegava nel piatto di passato di verdure che muoveva appena con la punta del cucchiaio.

Quando entrai alzò appena un sopracciglio senza rispondere al mio saluto. Per chiunque con un briciolo di raziocinio, quello sarebbe stato un chiaro segnale: Non rompere le scatole, levati di torno. Ma ne ero priva, avevo troppa fame e, sinceramente, una curiosità matta verso quella donna che aveva cercato di strangolarmi nell'auto di Coulson otto giorni prima e che faceva così tanto la sostenuta snobbandomi indecorosamente.

E odio essere snobbata.

Ma chi cavolo ti credi di essere, gioia? Io ho il potere di evocare fiamme grigiazzurre dalle mani, sono una mezzodemone e mio cugino è il Re del Limbo. Se c'è una che ha il diritto di essere la primadonna, qua dentro, quella sono io.

 

Così, senza aggiungere nulla e con tutta la calma del mondo passai dietro al bancone di servizio canticchiando, mi diressi verso la dispensa, e quando tornai fuori avevo le braccia piene di carote, gallette di mais e marmellata senza zucchero e la forcina per capelli tra i denti.

Trotterellai verso il tavolo di Natasha e presi posto nell'angolo opposto al suo.

Neppure questo le fece alzare la testa dal piatto e smettere di disegnare cerchi nel minestrone, ma almeno si degnò di rivolgermi la parola: "Ci sono altri diciassette tavoli liberi."

"Non voglio sporcare altrove, il capocuoco è un tizio abbastanza irascibile e mi è stato sconsigliato di litigarci."

"Gli stessi che ti hanno istruita a scassinare la dispensa?"

"Perché, quel minestrone te lo sei portata da casa?"

"Il capocuoco me l'ha tenuto da parte" finalmente alzò gli occhi dal piatto per dedicarmi uno sguardo a metà tra l'annoiato ed il minaccioso: "Evidentemente, sono più temibile di lui." Aggiunse con un sopracciglio alzato. Alzai le spalle con aria noncurante e lei appoggiò il cucchiaio al bordo del piatto: "Hai una vaga idea di chi sono io?"

Oh, signorina, qui ce la tiriamo, eh?

"Una molto, molto cazzuta" risposi sarcastica.

"Bene, e..."

"Lo si capisce dal minestrone. Ci vuole fegato per mangiare quella brodaglia."

 

A distanza di sette anni, davvero non ho la più pallida idea da dove mi sia uscita quella risposta. Avventatezza giovanile, credo.

Delirio di onnipotenza, probabilmente, condito da strascichi di autolesionismo adolescenziale e/o manie suicide.

Non l'ho quasi vista saltare il tavolo.

So solo che il bavero della tuta mi si è improvvisamente stretto attorno al collo, i colori metallici della stanza si sono fusi in un unico vortice (pavimento -soffitto - soffitto - finestrioni- pavimento - tavoli bianchi) prima che la mia schiena impattasse contro la superficie del tavolo dalla parte opposta di quello in cui mi ero seduta prima, con il ginocchio di Natasha sullo sterno a bloccarmi con la stessa facilità di un fermacarte al centro di un foglio di carta velina.

Credo di aver boccheggiato inutilmente per tre buoni minuti, prima che i polmoni tornassero ad una funzionalità parziale che garantisse la mia soppravvivenza.

Senza togliermi gli occhi di dosso Natasha piegò leggermente la testa di lato, una singola sottilissima ciocca ondulata liberata dalla matita ad incorniciarle il sorrisetto sadico: "Dovresti mangiare più verdura" mi canzonò "Non vedi come rende forti?"

Lasciò scivolare il ginocchio via dal mio sterno permettendo ad un paio di organi interni di ritornare in sede e tornò con calma al tavolo, riprendendo la cena da dove l'aveva interrotta: un giro di cucchiaio a sinistra, due a destra, piccolo sorso di minestra, come se non fossi mai entrata dalla porta.

 

Mi rialzai dal tavolo con un leggero senso di nausea e la netta sensazione di avere un'emorragia interna in corso fatale da lì a pochi minuti.

Probabilmente è stata proprio questa convinzione a darmi la forza di alzare la testa, soffocare un paio di gemiti di dolore, ignorare la vertigine per tornare a sedere sulla sedia del tavolo e scartare una crostatina industriale con le mani magistralmente ferme.

Creperò, sì, ma con stile.

Natasha si concesse un sopracciglio alzato e un'occhiata che sembrava positivamente colpita.

Non parlai per il resto del pranzo.

 

Avventatezza giovanile? Predisposizione al suicidio?

Sicuramente qualcosa di molto simile mi ha portato nuovamente in sala mensa dopo l'ora di chiusura, circa un paio di settimane dopo.

Il punto è: adoro le sfide e non avevo la benché minima intenzione di mostrarmi intimorita nei confronti di chichessia. Nei miei 18anni scarsi, non riuscivo ancora a contemplare la differenza tra il Liceo e l'addestramento, volevo essere popolare come a scuola e la mia solita spacconeria mi impediva di lasciar perdere.

Sì, ero una deficiente.

 

"Ti hanno già tolto il gesso al braccio?"

Era notte inoltrata e avevo terminato l'ultima sessione al poligono. Lei era sempre davanti ad un piatto di minestra e mi sorse spontaneo il dubbio fosse lo stesso della volta precedente

"Evidentemente" disse con un sospiro scocciato.

Sì, in effetti questa è stata una CapitanOvvio tremenda.

Anche questa volta mi diressi alla dispensa, giro di forcina nella serratura e scelta di paio di merendine teoricamente scevre da additivi chimici e calorie in eccesso e una confezione di frutta secca.

Occhiata agli altri tavoli. E poi a quello di Natasha.

Lei alzò gli occhi nei miei: Non ne hai avuto abbastanza l'altra volta?

Sguardo di sfida: Oh no bella.

Appoggio lo spuntino al tavolo e le chiappe alla sedia: "Sai, tornando al discorso dell'altra volta..." Sopracciglio che scatta verso l'alto - non è un buon segno "... rubare dalla dispensa non è considerato un reato grave, qui dentro. Lo fanno un sacco di agenti, anche di alto livello. Tipo Barton, gliel'ho visto fare un paio di volte, ora che è sempre in giro per la base e..."

Oh - Oh, parolina magica. Natasha ha contratto quasi impercettibilmente la mascella rivolgendo le pupille gelide nella mia direzione senza spostare nessun'altro muscolo. "Deve essere periodo di magra lavorativa, qui allo S.H.I.E.L.D., per lasciare tempo alle reclute di spiare gli agenti attivi in cerca di spuntini."

"Oh no, direi proprio di no. Ma tra una lezione e l'altra mi piace cercare di fare amicizia" Cinguetto, mentre borbotta un 'purtroppo' di rimando:  "E Barton è veramente uno da seguire..." Ridacchiai maliziosa. Guizzo nella mascella: tavolata nella schiena tra tre... due...

uno degli uomini più in gamba di tutto lo S.H.I.E.L.D." Mi affretto ad aggiungere. "Per noi reclute è un modello da imitare, quasi una leggenda, tanto che la sua recente sospensione dal servizio attivo non ha intaccato minimamente la sua reputazione."

"È stato degradato?" Mi domanda. Scuoto la testa e spiego che è solo sospeso dal servizio e sotto inchiesta. Natasha brontola qualcosa in russo di cui chiedo traduzione: "Ho detto che è un idiota" quasi ringhia: "Trovo sia molto stupido proporlo come modello di comportamento, dopo la cazzata che ha fatto" poi aggiunge, sorridendo macabra nel chiaro intento di intimidirmi: "Sai, lavoravo per gente che infilava pallottole in testa per molto meno."

"Sì, ho sentito. Questa settimana ho cercato un paio di notizie su di te."

"Oh, ma che brava, sei già passata alla decriptazione dei file individuali..."

"Veramente ho chiesto alla guardia notturna in portineria. È un gran pettegolo, ha un turno lunghissimo e tanto bisogno di compagnia..."

Appoggia il cucchiaio e spinge il piatto mezzo pieno lontano. Finalmente mi rivolge uno sguardo pieno: ha gli occhi chiari, gelidi e bellissimi, mi fissano con l'intensità intimidatoria di chi è abituato a vedere la gente tremare in sua presenza e se ne fa vanto.

"E che ti ha detto, il tuo amico ficcanaso?"

"Che rischio la vita solo a rivolgerti la parola." Sorride soddisfatta: "Ed io gli ho risposto che ne ho avuto le prove qualche giorno fa. E poi mi ha spiegato che Barton ti ha salvato il culo, rischiando il suo, quando invece doveva solo farti fuori. E che ora sei qui grazie a lui."

"Lo S.H.I.E.L.D. sta solo valutando quanto possa essergli utile. Un giorno verrai qui per il tuo spuntino illegale e non troverai più questo tavolo occupato."

"E Barton degradato."

"Probabilmente."

"Sembra ti dispiaccia."

"È un idiota, ma è un idiota molto valido. Uno di quegli uomini che vale la pena uccidere."

"E tu?"

"Sono una donna che vale la pena uccidere." C'era orgoglio nella sua voce, eppure nel suo sguardo intravidi il velo opaco della rassegnazione; è una cosa che mi affascina tutt'oggi nella sua ambivalenza: come si può essere fieri e sdegnati di sé stessi nello stesso momento?

Finita la confezione di gallette di mais biologico raccolsi i rimasugli della merenda e mi alzai per buttarli nel sacco dell'immondizia: "Sai, per questo mondo sono una neonata, eppure credo di capire che ti ha salvato le chiappe per un motivo che neppure tu riesci ad afferrare in pieno, e forse è proprio questo che ti infastidisce maggiormente. Non si sarebbe esposto per portare a casa qualcuno in grado di fargli la pelle o per farlo ammazzare comunque. Quando dicono che Barton ci vede benissimo da lontano, credo si riferiscano anche a questo. Gli devi un gran favore, non c'è che dire." Lei alza le spalle come per minimizzare la cosa. "Se fossi nei tuoi panni, anche solo per ripagarlo in parte cercherei di convincere lo S.H.I.E.L.D. di essere una risorsa preziosa."

"Questo lo faresti tu, che come hai detto sei una neonata in questo mondo."

Ammisi la sconfitta con un "Già" e feci qualche passo verso l'uscita, prima di sentirmi fermare con un 'Hey!' Mi chiese se avrei visto Barton nei giorni successivi. Risposi "Probabilmente" e aggiunse di dargli un messaggio da parte sua. "Basta che non me lo incidi sulla pelle viva..." Piegò un angolo della labbra: più che un ghigno questo sembrò quasi un sorriso "D'accordo, dimmi pure"

Si umettò le labbra pensando a cosa dire, e quando finalmente si decise fu solo: "Spasiba".

 

 "Biscotti al kamut! Questa mensa si sta evolvendo!" cinguettai prendendo posto al tavolo, stessa sedia opposta alla sua delle volte precedenti. "Ne vuoi uno?" Natasha alzò un sopracciglio a domandarmi se stessi scherzando, prima di tornare a concentrarsi su un'insalata mista che mi confermò il buonumore del capocuoco.

Restammo un po' in silenzio, con lei che ogni tre forchettate si portava qualcosa alla bocca ed io che sgranocchiavo stancamente i miei biscotti. "Barton ci tiene a dirti che per lui va bene."

"Cosa?"

Allargai le braccia con ovvietà: "Spasiba."

La forchetta restò a mezz'aria mentre lei mi fissava attentamente: "Questa risposta è priva di senso logico. Devi spiegarti meglio."

"Beh, io ho detto Spasiba a Barton da parte tua e mi ha risposto che sì, un goccio se lo fa volentieri con te." Natasha tuffò il viso tra le mani e le chiesi cosa ci fosse di sbagliato.

"Hai una vaga idea di cosa significhi Spasiba in russo? Semplicemente GRAZIE. Come puoi essere tanto ignorante da non saperlo?"

"Hey! La maggior parte degli americani ce l'ha ancora con voi per quella faccenda comunista, che pretendi, che ci insegnino addirittura Russo al liceo? E poi prenditela con FalcoDiMondo Barton, non con una appena uscita da una scuola di provincia. Ma qual'è il problema, scusa? Sistemo tutto, non preoccuparti..."

Brontolò qualcosa in russo di cui non ebbi il coraggio di chiedere la traduzione e si alzò di scatto, scostando la ciotola dell'insalata in avanti e sibilare poi seccata che avevo fatto già abbastanza danni. Mortificata abbassai lo sguardo sul tavolo e lo tenni fisso tra le briciole dei biscotti e la carta ormai vuota finché non sentì i suoi tacchi allontanarsi nel corridoio.

Poi mi lasciai scappare un sorriso e pensai fosse il caso il caso di restare in luoghi illuminati e con molti muscolosi testimoni armati sino ai denti per la prossima decina d'anni.

 

 

Quella sera Barton era nel suo box al parcheggio interrato. In compagnia del suo mp3 attaccato ad una cassa rubata ad un addetto di plancia approfittava del tempo libero per mettere in sesto una vecchia moto acquistata a Cleveland quattro anni prima.

Per la cronaca, non è mai riuscito a farla funzionare e, dopo che neppure Stark era riuscito a saltarci fuori, l'ha venduta per cinque dollari a Steve, che l'ha messa in moto al primo colpo dopo aver semplicemente stretto una valvola con le dita. Per lo shock Tony non ha parlato per tutto il giorno. Impensabile.

Tornando al racconto, quando Clint sentì la musica dell'mp3 spegnersi pensò inizialmente alla batteria finita, voltandosi borbottando una mezza bestemmia solo per scoprire Natasha sulla soglia.

Poteva essere l'inizio del perfetto film porno: lui in pantaloni di tuta e canotta, con i bicipiti esposti e coperti di morchia si trova davanti lei, avvolta in una tuta nera attillata dal cipiglio da dominatrix.

Non lo fu, o almeno questo mi hanno raccontato, ma Natasha tempo dopo ha ammesso che Barton con canotta immorchiata è una visione ormonalmente disturbante.

E grazie tante, gli occhi ce li ho anch'io.

 

Inizialmente la VedovaNera lo affrontò diretta, che certe cose è meglio metterle in chiaro sin da subito: Gli diede dell'ignorante e gli ricordò di avere in attivo abbastanza cazzate con lei, quindi di smetterla di cercare di avere ulteriori contatti che la sua carriera si è già compromessa abbastanza. Smise solo quando si accorse dell'aria perplessa di Clint, seduto su uno sgabello con uno straccio a strofinarsi meccanicamente le mani sporche: "Hai capito a cosa mi riferisco?"

"No"

"Spasiba significa grazie"

"Lo so. Ed il 'Non c'è di Che', qui in America, è considerata una necessaria risposta educata. Pensavo fosse una cosa internazionale."

Natasha si irrigidisce; incrocia le braccia al petto e si mette a camminare per il box nervosamente; probabilmente questo l'aiutava a progettare un modo doloroso, umiliante e pubblico con cui farmi morire: qualcosa che comprendesse torture orribili come puntine da disegno nelle gengive, peli del naso strappati e varecchina negli occhi. Mentre stava per uscire Clint la fermò afferrandola per un polso, per lasciarla immediatamente scusandosi davanti al suo sguardo furibondo: "Voglio solo che tu sappia" quasi balbettò, mandando a monte tutta la fama da tombeur de femmes costruita in anni di onorato servizio "Che apprezzo molto che tu abbia deciso di essere come dire, collaborativa, con lo S.H.I.E.L.D.. Mi hanno anticipato oggi che probabilmente sarò reintegrato dalla prossima settimana, la Direzione ha accolto positivamente la tua decisione e le informazioni che ci hai fornito. Ecco. Ci tenevo a dirtelo di persona e non ne avevo ancora avuto l'occasione."

"Non avevo molta scelta. O così o spedita nel braccio della morte di un qualche carcere federale."

"A Budapest non sembrava importarti molto. Di vivere, intendo."

Natasha si buttò - manco a dirlo - sulla difensiva: "A che gioco stai giocando, Agente Barton? Al salvatore di anime? Hai mire da missionario, per caso?"

Clint scoppiò a ridere di gusto che - - le mire da missionario ce le aveva eccome con Natasha, ma non come stava intendendo lei in quel momento e cercò di calmarsi scotendo la testa mordendosi il labbro inferiore per riprendere la serietà che la situazione richiedeva: "Ho solo visto qualcosa in più di un obbiettivo da abbattere. Potenziale, chiamalo così."

"Potenziale" ripete lei, sciogliendo le braccia lungo i fianchi. "Potenziale bellico."

"Non necessariamente. È che... beh, è un po' difficile da spiegare. E poi è tardi e... e questa moto non si aggiusta da sola. Capirai presto cosa intendo."

"Sicuro" asserì, prima di salutarlo con un gesto del capo e andarsene.

 

Il giorno dopo Barton si presentò al poligono con un vistoso bernoccolo: aveva passato il resto della serata a tirarsi la chiave inglese in fronte come autopunizione per aver lasciato andare Natasha così, senza aggiungere altro. 

Quanto a lei... beh, entrò come una furia a lezione di Aikido quasi ultimata e mi afferrò per le spalle. E poi ci fu il nero doloroso di un violento colpo alla testa.

Trauma cranico frontale. Ne ebbi per una settimana.

 

Da quella volta non ci siamo più trovate in sala mensa, ed incontrate solo di passaggio negli spogliatoi o nei corridoi.

Poi mi hanno trasferito per dieci mesi alla base di addestramento in Nebraska e per un sacco ho solo avuto racconti delle prodezze di Barton e Romanoff, mentre mi addestravo con lo S.H.I.E.L.D. di giorno, imparavo ad usare i miei poteri di notte con Amon e studiavo addirittura psicologia nei ritagli di tempo libero. La mia vita sociale ne risentiva così tanto che quando dormivo sognavo di soccorrere camion di aitanti pompieri restati in panne nel deserto, che per ringraziamento si esibivano in bollentissimi striptease in mio onore invitandomi a giocare con loro sotto il getto degli idranti.

Possedere geni da demone ha i suoi bei vantaggi: oltre ad una forza e ad una rigenerazione decisamente sovraumane, le mie capacità di apprendimento sono nettamente migliori della media: neurotrasmettitori più veloci e memoria audiovisiva pressochè illimitata.

Averle scoperte prima, queste capacità, avrei evitato figure di merda durante le ore di matematica al liceo.

 

Poi in Nebraska arrivò l'ordine di una prima missione. Sulla carta niente di più che ricognizione e controllo ad Okinawa. Sono partita con altre tre reclute e due tutor con il sorriso stampato sulle labbra e lo sguardo emozionato dietro ai miei Rayban a specchio, che mi aspettavo di imparare il karate da Miyagi e mangiare Sushi leggendo manga sulla spiaggia.

Non andò esattamente così.

Anzi, per niente.

Fu un casino.

 

La Base venne attaccata da una sezione dell'esercito NordCoreano mentre finivo il mio spuntino di mezzanotte a base di carote insipide e insignificante tofu davanti al tomo di Psicologia Cognitivia II. In parte ne fui quasi sollevata, perché il tofu era davvero terribile e il libro di una noia mortale. E poi quella era l'occasione perfetta per scatenare i miei poteri da mezzodemone e dar sfogo a quelle fiamme grigiazzurre che ora riuscivo a padroneggiare e che avevo appena battezzato Fuoco Fatuo.

 

Vorrei poter raccontare di essere comparsa sul tetto dell'edificio sotto attacco, in controluce rispetto alle esplosioni, capelli al vento, occhi illuminati da un bagliore sinistro e guizzi grigiazzurri tra le dita. Mi piacerebbe davvero vantarmi di come ho fronteggiato il nemico, abbattuto un paio di elicotteri, scaravoltato un carroarmato e arrostito una decina di soldati, per poi essere portata in trionfo da commilitoni adoranti.

Potessi, racconterei tutto questo e lo ingigantirei pure.

Ma esistono i video di sorveglianza a smentirmi.

 

Quando arrivarono i rinforzi i miei compagni erano sparsi tra infermeria e macerie, per lo più salvi e in discreto stato. I NordCoreani ci avevano sottovalutati pesantemente, ma il merito della vittoria non era stato decisamente mio. Certo, avevo dato il mio contributo, ma quando ero riuscita a dar sfogo alla mia natura demoniaca e ai miei poteri, non avevo letto negli occhi dei miei compagni che timore e sgomento, non ammirazione.

Ora reagisco diversamente. Sono più adulta e so come gestire la paura della diversità che posso suscitare. Ora mi sono conquistata il mio posto allo S.H.I.E.L.D. l'approvazione, il rispetto e la fiducia dei miei colleghi.

Ma allora ancora no. E tutto quello che feci fu di infilarmi negli spogliatoi femminili con la testa che girava e le mani spellate per nascondermi dal mondo.

 

 

Sotto la doccia decisi di smettere di lottare contro le mie ginocchia tremanti e di lasciarle libere di cedere, le mani scoordinatamente lanciate in avanti e pronte ad impattare contro le piastrelle del pavimento.

Ad interrompere la mia caduta è stato un braccio attorno alla vita e una voce conosciuta: "Hey".

 

Girai mollemente la testa per scoprire un riccio rosso fuoco di Natasha Romanoff, intenta a chiudere il miscelatore della doccia, con un mio braccio attorno alle mie spalle per sollevarmi: "Hey, ci sei?" annuisco debolmente mentre mi aiuta ad arrivare alla panchina dello spogliatoio dove recuperò un salviettone e mi fece coricare posizionando qualcosa sotto le gambe per tenerle alzate ed agevolare la circolazione; dovevo avere davvero un aspetto spettrale per meritarmi quelle premure.

"Ho sentito cose curiose su di te. Tipo che sei una mezza piromane o qualcosa di simile."

"Si chiama FuocoFatuo. È un potere di origine demoniaca" spiegai "Mi sento a pezzi."

"Forse hai esagerato."

"Non posso conoscere la portata del FuocoFatuo se non conosco i suoi limiti".

"Giusto" Si appoggiò alla parete opposta della stanza con le braccia incrociate, studiandomi con lo sguardo. "Ti stavamo tutti sottovalutando, ed invece hai dimostrato di non essere solo un bel faccino ambizioso. Pare sia proprio vera la storia che Fury non sbagli un colpo."

Cercai di riaprire gli occhi, con scarso risultato: "Sono ancora troppo umana."

Storse la bocca in una smorfia di noncuranza, prima di alzare le spalle: "Non è necessariamente uno svantaggio."

"Lo è, quando sei circondato da umani che ti temono."

"Non è male, essere temuti."

"Ed isolati?" La domanda ed il mio sguardo annebbiato la colgono di sorpresa.

So che era una spia nemica e che agiva da sola: una singola mina vagante in grado di creare un gran casino, a quanto pare. Non so neppure cosa mi ha spinto a porre quella domanda, Natasha non ha l'aria loquace o amichevole, nulla che possa far intuire un bisogno di compagnia con cui condividere la propria giornata e le proprie missioni.

Eppure l'ho spiazzata, lasciandola per qualche secondo senza parole. Gira gli occhi su un punto imprecisato sul soffitto, alza le spalle e sospira leggermente prima di tornare a guardarmi: "Non sto qui ad elencarti gli innumerevoli vantaggi di non avere persone insulse tra i piedi."

Bella risposta, mi piace. Mi sforzai di piegare gli angoli delle labbra in un sorriso.

Incredibilmente, lei fece lo stesso.

 

Fu il primo passo. Il primo, piccolo grande passo sul primo gradino.

E poi ce ne è stato un altro, ed un altro ancora.

La vita è fatta a scale, ed è una gradinata lunghissima dagli scalini scoscesi e senza alcun corrimano. È decisamente più facile salire quando hai un'amica pronta a sorreggerti quando sei stanca e ti cedono le gambe, o ad afferrarti quando scivoli.

E questa è l'Origine della nostra amicizia. E da quel mezzo sorriso stanco, giorno dopo giorno, passo dopo passo, siamo diventate Due Occhi della stessa Faccia, Due braccia dello stesso Busto, Due Chiappe dello stesso Culo.

 

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Sì, sono ancora io.

Sì, sono ancora loro.

E' una scocciatura, lo so, e probabilmente qualcuno griderà allo scandalo e alla persecuzione. Mi dispiace, ma avevo troppo il bisogno di scrivere ancora.

Chiedo venia.

Allora: questo NON è un sequel di TS:W. E' semplicemente una raccolta 'disimpegnata' (che significa che l'aggiornerò più o meno quando ne avrò voglia) sul TheSeventhUniverse e tutti i personaggi (soprattutto Adie, of course, ma non solo loro e non solo dal suo POV)

Non è completamente necessario aver letto le due serie precedenti, perché saranno delle OS slegate tra loro e slegate (quanto è possibile) dalle serie. Tuttavia, se ancora non le conoscete e avete tempo che non sapete come impiegare, qui troverete tutto:

http://www.efpfanfic.net/viewseries.php?ssid=6910&i=1. Se vi va di lasciare un commento (anche critico, per carità!) fate pure. Se avete qualche curiosità o dubbio, sono attrezzatissima,  ho anche un Ask: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos.

Grazie per essere arrivati sino a qui e se vorrete lasciare un vostro parere, vi ringrazio in anticipo ancor di più.

PS: Checché si evinca dal titolo, non saranno 50 Os. No, non potrei farcela. Non garantisco, invece, sul 'candore' di tutte le storie. C'è GreyRaven di mezzo, che non è esattamente la castità fatta a persona.

 

Grazie,

EC.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Shades of Hawkwardness ***


The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

  • PART: ORIGIN.

 

  • Shades of Hawkwardness

 

Il lavoro consiste in qualsiasi cosa il corpo sia obbligato a fare... Giocare consiste in qualsiasi cosa che il corpo non sia obbligato a fare.[Mark Twain]

 

Prima di Budapest, la fama da cecchino di Barton era di poco superiore a quella di tombeur de femmes. O almeno così dicono. Conosco almeno quindici donne oltre a Natasha che si vantano di aver 'afferrato il falchetto al volo' , e mi è difficile spesso riconoscere le mitomani dalle 'afferratrici' reali.

Ad ogni modo, è risaputo che per un certo periodo OcchioDiFalco fosse seriamente impegnato con la Responsabile di Plancia, tale Agente Barbara Morse.

Lei è, ad onor del vero, una gran bella donna: Alta, bionda, gambe chilometriche, cipiglio serio e labbra perennemente arricciate in una moue concentrata. Però è anche una sacrosantissima rompicoglioni ed una stronza arrivista con le smanie da caporale verso i suoi sottoposti. E verso le Agenti Attive, come me e Natasha.

"Fa così perché è stata scartata dal servizio attivo" Coulson verso il quarto cocktail diventava un'adorabile portinaia: "Non aveva il sangue freddo necessario per stare sul campo, ha avuto buoni punteggi ai test, ma non abbastanza. Però come Responsabile di Plancia... oh, beh, è ineccepibile!"

Come Barton abbia fatto ad infatuarsi di una plancista pedante resta comunque un mistero, ma Coulson - il quinto cocktail era sempre un mojito - giurava che avesse già praticamente traslocato da lei. Nidificare in casa d’altri pare essere una fissa costante di Clint.

Insomma, le cose procedevano a gonfie vele, fino a Budapest.

 

A Budapest la Morse era troppo lontana e la Romanoff troppo vicina.

A Budapest, dopo una lotta serrata ed un inseguimento mozzafiato OcchioDiFalco aveva bloccato la VedovaNera, l'aveva ferita ma aveva agito diversamente rispetto all'ordine di eliminarla.

Tutto questo in diretta radio con la Plancia di Comando. Cuffiette nelle orecchie, Morse era passata da un'espressione di tronfio orgoglio per l'operato eccezionale del suo uomo ad una perplessa, per finire con una sconcertata e furibonda.

E quando fu chiaro l'interesse di Clint nei confronti di Natasha - si scorda spesso di spegnere l'auricolare, spesso ci tocca sentire imbarazzanti scrosci d'acqua dal wc o rumori digestivi - domandò un paio di giorni di permesso, prese quasi in prestito un elicottero per volare sino al suo appartamento di Boston e, dopo aver buttato nella vasca da bagno gli effetti personali di Clint, li inondò di alcol etilico e vi appiccò fuoco.

Neppure Fury trovò le parole adatte per commentare la vicenda.

 

Da allora l'astio nei confronti delle Attive è aumentato a dismisura. Non solo quello della Morse, ma anche del resto del personale di Plancia, che ci incolpa di aver reso la Responsabile ancora più insopportabilmente acida di quanto già non fosse.

Per non parlare del livore nei confronti di Natasha e di chi le gravita attorno.

Tipo Barton.

Tipo me.

E una volta pare che anche Coulson ci abbia quasi rimesso un dente, a tessere le lodi della VedovaNera in presenza della Morse.

 

Per queste ragioni l'ho evitata come la peste per ben due anni. E per non sbagliare, ho proprio evitato di uscire con qualche plancista.

Vabbè, quasi evitato. Un paio di loro me li sono impalmati nell’Armeria di Livello1 in una serata in cui non davano nulla in TV.

 

Finché un bel giorno Barton non entra come una furia nella Sala Ristoro gettandosi in ginocchio ai miei piedi, sguardo implorante e mani giunte: "Farò tutto quello che vuoi"

 La giornata prende una piega decisamente interessante, sorseggio il mio the freddo con un sopracciglio alzato: "Purché sia pressoché legale e non mi faccia degradare e/o finire in detenzione" aggiunge.

"Anche pagandomi?"

"Soprattutto pagandoti. Posso alzarmi da terra?"

"No, continua a startene in ginocchio ti prego, son cose che fan bene all'autostima. Parla pure."

"Ti chiedo di recuperare un file. Un filmato, ecco" Alzo le spalle: niente di più facile, non capisco neppure perché non l'abbia fatto da solo. Dove sta la fregatura? "È nel computer della Morse."

"Oh no, Barton, proprio no! Io sono ancora in fase di addestramento, precludermi ogni possibilità di carriera qua dentro va contro ogni senso logico! E tu non hai abbastanza soldi per comprarmi. No, non guardarmi così, non sei il Gatto di Shrek. Ti ho detto di no. E metti via quel portafogli!" Barton mi porge una Visa "Ha un credito di duemila dollari" pigola.

"Barton -"

"Ho anche un'American Express!"

Ha vinto: "Vedrò cosa posso fare..."

 

"Stai per cacciarti in un bel guaio"

Trasalgo voltandomi di scatto: Coulson è comparso - chissà da dove - mani in tasca e sorrisetto sardonico.

"Sospettavo. Ma sai com'è, ho già dato la mia parola..." sogghigno sventagliando le carte di credito.

"Quattromila dollari sono sufficienti per una carriera nel macero e una detenzione assicurata? Sai, è contro il regolamento hackerare i file privati di un agente, e si va incontro a pesanti sanzioni".

"Tsk! Devono prima prendermi!"

"Oh, non ho dubbi che darai ampio sfoggio di ciò che stai imparando nel training: dicono che tu sia un'ottima allieva. E sei anche dotata di una buona dose di inventiva, sicuramente avrai già in mente un ottimo piano."

"... modestamente..."

"Però ecco l'imprevisto, Borgo: io so. E come agente di livello superiore ho l'obbligo di denunciare le violazioni di regolamento, che siano lievi o gravi."

Oh, merda. "Dovresti prendertela con Barton! È lui che-"

"Ma sei tu che hai accettato. E poi Barton è già partito per la sua missione, Borgo. E tu no."

Sospiro e gli porgo le carte: "Visa o American Express?"

"Oh, Borgo, come sei ingenua!" Me le sfila entrambe dalle dita e davanti alle mie proteste - che fare il lavoro gratis non mi va – mi prende in giro con un: "Il mondo è davvero un posto ingiusto."

Allargo le braccia: "Beh pazienza, che se lo recuperi da solo il filmato!"

Coulson ha già una mano sulla maniglia della porta, si volta e mi rifila un tale sorriso da stronzo che se non fosse un mio superiore gli avrei già causato un trauma facciale con il tacco della scarpa: "Ma hai già dato la tua parola, Addison. E poi un così bel piano come quello che hai in mente non lo vuoi proprio usare?"

Odio essere una matricola.

 

In qualsiasi base S.H.I.E.L.D. vige la regola ferrea della partecipazione alle esercitazioni di evacuazione. Nessuno, neppure Fury, ne è esente: si dice che una volta interruppe pure una riunione con il Consiglio al suono dell'allarme. Più che rigore al dovere, direi che ha colto l’occasione al volo per togliersi di torno quelle piaghe poltronate che a suo dire ‘vorrebbero sapere anche quante volte viene tirato lo sciacquone qui dentro’.

Ad ogni modo, ogni volta che l'allarme suona e la voce dagli altoparlanti invita ad evacuare l'edificio che questa non è un'esercitazione tutte le postazioni vengono ordinatamente abbandonate e tutte le unità si dispongono nei propri ruoli per far tutto procedere senza intoppi.

Alla prima a cui ho partecipato una squadra di buontemponi aveva improvvisato una corsa tra i corridoi, armi in pugno ed urla a destra e a manca, per far salire un po' la tensione, rendendo il tutto più realistico. Finiti in prossimità della Hill, sono rimasti in detenzione per quarantacinque giorni.

Allo S.H.I.E.L.D. non hanno un gran senso dell'umorismo.

 

Tali esercitazioni vengono effettuate a sorpresa, ovviamente, ma hanno una frequenza statistica abbastanza puntuale: un paio a trimestre. L'anno scorso sono state tre, nel periodo natalizio, e di questa eccezione nessuno se ne è lamentato. Ed è per questo che nel mio piano bellissimo e perfetto ne prevista una.

 

C'è che la programmazione delle prove viene fatta dall'ufficio di Gestione Risorse, che è formato da tre ragazze più uno stagista.

C'è che questo stagista mi sbava dietro dalla prima volta che ci siamo incontrati nei corridoi.

C'è che le ragazze vanno sempre in pausa insieme lasciando l'ometto solo per quindici minuti buoni.

C'è che mi infilo tacchettando dentro all'ufficio mentre lo stagista è da solo, con la scusa ignobile che mi si è smagnetizzato il badge e ho bisogno di uno nuovo.

C'è che questa parte del piano è talmente semplice che fila tutto liscio come l'olio: davanti alla sottoscritta strizzata in una tuta di una taglia in meno, truccata e con quindici centimetri buoni di tacco, lo stagista va in agitazione si scorda dove sono i badge. Ne segue una breve ma intensa caccia agli oggetti smarriti, ed un suo momento di distrazione mi permette l'accesso al piccolo pannello di comando delle emergenze, aprirlo, girare la chiavetta nel quadrante e battere la difficilissima password: 0000.

Tutto il mondo è Paese, lo S.H.I.E.L.D. non ne è esente.

 

Quando l'allarme inizia a suonare fa un salto da terra e si volta verso di me sudato e balbettante, lasciando cadere una risma di moduli per richiesta di veicoli paramilitari. Sbattendo le ciglia con aria conciliante mi chino per aiutarlo a raccoglierli: "Credo che dovremmo rispettare il protocollo e abbandonare le nostre postazioni, che dici?"

"Ma... ma oggi non era prevista un'esercitazione..." balbetta.

Gli sollevo il mento con due dita - lo sguardo resta incollato alla mia scollatura e devo invitarlo a guardarmi negli occhi - ed aggiungo che la voce all'altoparlante parla chiaro: "Non so te, ma io non ho assolutamente intenzione di ricevere un'ammenda."

"Ha... ha... hai ragione Borgo!" Scatta in piedi con foga e spalanca la porta dell'ufficio, uscendo con passo svelto e le guance in fiamme.

Lo seguo, ma solo sino al primo bivio del corridoio. Poi a continuare è qualcosa che ha perfettamente le mie sembianze, mentre io prendo un'altra strada.

 

Si chiamano proiezioni astrali ed all'epoca non ne ero molto pratica, anche perché non avevo ancora Morrigan come catalizzatore di poteri:  sapevo crearle per una quindicina di minuti, impartirle l'ordine telepatico di camminare e muoversi, ma non di parlare o fare dell'altro.

Ora riesco a farle prendere direttamente il mio posto, a patto che non afferrino oggetti o non vengano toccate, che allora esplodono in tanti piccoli frammenti neri.

È un limite, come ce ne sono tanti nei miei poteri, ma riesco comunque a giocarmela bene.

 

Per l'appunto la mia proiezione segue la massa di personale S.H.I.E.L.D. nel punto di raccolta. Trova il mio caposquadra e si mette in prima fila mentre questo sciorina i nomi dell'appello: basta che alzi gli occhi un attimo per trovarmi lì davanti - lo sguardo un po' vago ed insolitamente silenziosa e tranquilla - e non c'è bisogno che urli 'presente' quando dice il mio nome.

 

Risalgo il condotto d'areazione sino alla Plancia di Comando, e prima di svitare il bocchettone per uscire infilo la lama di un coltello nella grata e controllo dal riflesso che sia deserto: perfetto.

Quindi tolgo la grata, assicuro la piccola carrucola con una ventosa alla superficie metallica del condotto e mi lascio scivolare giù.

Si inceppa mentre sono a mezzo metro da terra. Torco, tiro e strattono, che come sempre le attrezzature in dotazione per il training fanno sempre cilecca.

Al quarto strattone la carrucola riprende a funzionare tutto d'un colpo e sbatto la faccia sul pavimento.

Odio essere una matricola.

 

Mi concedo tre minuti buoni per crackare il pc della Morse. Smanetto come una forsennata e riesco ad evadere la password e trovare la cartella personale dove ha stipato un sacco di stronzate – e chi l'avrebbe detto che Barbara Morse avesse un debole per Nicholas Sparks? Si è scaricata tutti gli ebooks e pure la filmografia completa. Avessi tempo glieli sostituirei con omonimi porno, tipo 'Le Parole che Non ti Ho Detto... perché Ingoiavo' – mi restano 89 secondi e non posso far altro che recuperare il file incriminato, scaricarlo sulla chiavetta usb ad alta velocità, cancellarlo dal pc ed accorgermi che la Morse al momento dell'allarme era connessa a Facebook.

Alla faccia dell'impeccabile, severa professionalità.

Tocco di Classe, fotografo la mia scollatura con la Webcam, facendo ben attenzione che le protagoniste siano solo le gemelle e non altri dettagli, e gliela metto come foto nel profilo.

Peccato non avere il tempo per constatare quanti 'Like' possano raccogliere...

 

È l'una di notte passata quando termino il mio turno di guardia e mi avvio verso la zona degli alloggi sbadigliando sonoramente.

"'Notte Borgo."

"Oh, Coulson. ‘notte a te." Ricambio incrociandolo lungo il corridoio illuminato.

Indovino il sorrisetto beffardo mentre mi oltrepassa, così mi limito a fermarmi e a stiracchiarmi le braccia allungandole dietro le spalle attendendo la sua battuta.

"Non sai come saltarci fuori, vero?"

Reclino appena la testa all'indietro e gli restituisco l'occhiata sardonica: "Non mi piace essere sottovalutata, Coulson." Mi giro e muovo qualche passo felino per avvicinarmi a giocherellare con il lembo della sua cravatta. "È una cosa che mi irrita davvero tanto. Ma per la fortuna tua e di questa bella cravatta d'ordinanza sono molto di buon umore, stasera. Così di buon umore, che desidero concludere la giornata in un modo molto, molto, molto divertente nell'Armeria di 1° livello."

"...come hai...?"

"Non farti domande, Phil, non fartene mai su di me. Potresti ricevere risposte che non vuoi davvero sentire" mi pavoneggio con una mezza piroetta sui tacchi prima di riprendere ad ancheggiare per il corridoio.

 

Un leggero bussare: sblocco la serratura e ed apro, facendo scorrere la pesante porta di lato.

Coulson è impeccabile anche alle due e mezza di notte con gli occhiali scuri infilati nel taschino della giacca e due involucri in mano.

"PopCorn Normali e al Caramello" spiega indicando prima uno e poi l'altro abbozzando un sorriso: "Non sapevo quale scegliere."

Mi scosto per farlo entrare: " È per questo che ci hai messo così tanto?"

“Oh no, volevo farmi desiderare.” Attraversa l'armeria, si infila tra due grosse casse di munizioni e si accuccia per terra commentando positivamente la sistemazione che ho dato alla mia tana. "Oh, hai anche messo un frigobar!"

"C'era già prima, l'ho solo spostato di posizione." Spiego, sedendomi per terra tra i cuscini staccati ad una delle poltroncine della sala ristoro e gli lancio uno sguardo di sfida: "Pronto?" Annuisce. "Un po' agitato, immagino?"

"Sai, non ti nascondo che questa è la prima volta che..."

Gli appoggio un dito sulle labbra: "Sssssht. Non aggiungere altro" sussurro, picchiettando poi la tastiera del Pc portatile per togliere lo stand-by: "Lasciamo i commenti alla fine. Mi passi quelli al caramello?"

 

"Tu dici che sia un porno?"

"Uhm... conosco abbastanza bene Barton, direi che non gli avrebbe dato fastidio che la sua ex ragazza diffondesse un suo filmato hard. Anzi..."

"Magari è un filmato dove fa cilecca!"

"Potrebbe."

"Certo che, per spendere più di quattromila dollari per un recupero dev'essere davvero roba forte."

Coulson si infila un altro pop corn in bocca e alza un sopracciglio: "Non li ha spesi."

"Oh, ma che dolce, hai custodito le carte di credito gratuitamente!"

"Veramente ci eravamo messi d'accordo: te le avrebbe offerte come pagamento ed io le avrei sequestrate per ricatto. Su, Addison, non fare quella faccia! Davvero pensavi che Barton ti avrebbe pagato così tanto per un video? Non credo neppure che li abbia sul conto, quattromila dollari!" Un altro popcorn in sfregio alla mia espressione scandalizzata e fa partire il filmato.

 

È l'inquadratura, prima sfocata e poi più nitida, di Barton che si alza dal tavolo, attraversa la sala di un locale gremito di persone che mangiano e bevono sino a raggiungere un uomo che sta aggiustando un impianto audio su un piccolo palcoscenico. Si china verso di lui per accordarsi con qualcosa parlandogli all'orecchio. Chi tiene la videocamera ridacchia - una voce di donna, senza dubbio della Morse - ed aumenta lo zoom verso Clint, ora sul palco di fianco all'uomo che gli allunga qualcosa.

"Sbaglio è un microfono?"

"Oh cacchio, lo è."

"Sbaglio o sul cartello in alto a sinistra c'è scritto Karaoke Night?"

"Oh miseria!"

"E sbaglio o sta per cantare Suspicious Mind?"

Mollo il sacchetto di pop corn e mi premo le mani sulle orecchie: più che cantare Barton sta uggiolando. "E' agghiacciante!"

Coulson ha l'aria di divertirsi un mondo: "Clinton Barton: OcchioDiFalco, VoceDaStruzzo."

 

"Coulson."

"Barton. Ecco qui, ho pensato volessi distruggere le prove personalmente."

"Ti ringrazio." Clint fa oscillare la chiavetta USB sulla fiamma dell'accendino tenendola per il gancio con la punta delle dita, sino a far sciogliere la protezione causando lo sbuffo infastidito di Coulson, che agita la mano davanti al naso per togliere l'odore di plastica bruciata. "Hai verificato che...?"

"Ogni singolo sistema operativo dello S.H.I.E.L.D. e dei suoi dipendenti. Non esiste più nessuna copia del filmato, da nessuna parte." Barton sospira sollevato. "Oh, ed ecco le tue carte di credito. Intatte."

"Davvero Borgo non è riuscita a prelevare nulla?"

"Promette bene, ma ne ha ancora della strada da fare, e noi non siamo qui per renderle le cose più facili."

"Affatto. Però..."

"Uhm?"

"Mi sento un po' in colpa, tu no?"

"Uhm. Non è proprio senso di colpa è più... non saprei definirlo. Oh, beh, rimedierò comprandole un Chupa-Chups. Alle ragazze piacciono no?"

"Beh, sì. Direi che Borgo è proprio un tipo da Chupa-Chups.”

 

Il Direttore Fury difficilmente usufruisce della sala ristoro del primo livello durante l'orario di punta. Le poche volte che è in sede è talmente preso dai suoi doveri che difficilmente si ricorda di avere bisogni fisiologici umani come la necessità di mantenersi idratato e nutrito. Le rare volte che il suo stomaco pare reclamare, comunque, è notte fonda e i corridoi sono pressoché deserti.

Su quale fuso orario sia settato il bioritmo di Fury è uno dei tanti misteri che gravitano attorno alla sua persona, fonte di innumerevoli leggende metropolitane.

Ad ogni modo, puro caso vuole che quel giorno Fury sentisse il bisogno - quasi un richiamo del suo proverbiale sesto senso - di lasciare il comando per qualche minuto alla Hill (che dalla gioia suppongo abbia imitato DiCaprio sulla prua del Titanic) per concedersi il lusso di una bibita fresca ed un paio di barrette al caramello e nocciole di cui - leggenda vuole - pare esserne drammaticamente goloso.

Arrivato davanti alla porta della Sala Ristoro lo immagino storcere il naso davanti all'assembramento di plancisti, agenti attivi, piloti, paramedici e personale tecnico di vario genere davanti al distributore automatico.

Dico lo immagino perché il mio istinto di sopravvivenza mi ha portato a girare al largo da quella zona, ma ad ogni modo le mie fonti sono attendibili, quindi so per certo cosa sia accaduto.

Accade che, come sempre, il cicaleccio e le risate sguaiate terminarono immediatamente nell'esatto momento in cui l'anfibio destro del Direttore varca la soglia.

Gelo in Sala - si registrano un paio di malori a causa della forte tensione nell'aria.

"Lieto di constatare che l'umore delle truppe sia notevolmente alto." È il suo solo commento acido, mentre la piccola folla si apre per farlo passare in due ali simmetriche in stile Mosè al Mar Rosso.

McKenzie, Plancista di Quarto Livello addetto al funzionamento dei settori 3 e 4 nonché uno dei miei compagni di infrattamento, si schiarisce la voce prendendo il coraggio a due mani e spiega al Direttore che tutta quella confusione è data da un'anomalia nello schermo led del distributore. "Che genere di anomalia?" domanda Fury con la vena sulla fronte che iniziava a pulsare.

Pare che McKenzie sia così pallido da far temere un principio di infarto. Balbettando, riesce solo a spiegare che, quando si seleziona qualcosa, sullo schermo appare un filmato.

Probabilmente pensando all'ennesima pubblicità idiota di una qualche merendina e con l’aria a metà tra lo scettico ed il seccato, il Direttore infila il suo quarto di dollaro nella fessura e seleziona una lattina di CocaCola.

Ed il filmato appare.

La lattina scivola dalla sua casella e si posiziona con un tonfo sordo nella fessura per il ritiro senza che Fury riesca a degnarla di attenzione.

A filmato terminato, si fruga nella tasca del cappotto ed infila un altro quarto di dollaro nel distributore, selezionando le barrette al caramello e nocciole.

Il filmato ricomincia da capo.

 

Offre a McKenzie un pacchetto di patatine.

Ci sono testimoni pronti a giurare che alla terza visione del filmato stia sogghignando visibilmente e che alla quarta abbia il pugno premuto sulla bocca e fatichi a trattenersi dal ridere, con la testa imperlata di sudore.

La porta della Sala Ristoro si riapre un secondo prima che venisse infilato dentro il quinto quarto di dollaro: "Hey, quanta gente! Saldi alla macchinetta? Oh, Direttore, mi scusi, non l'avevo vista."

"Barton, vieni, vieni pure qui. Sei già tornato dalla tua missione, davvero lodevole."

"Grazie Signore, era una cosa di poco conto niente di che..."

"No, no, non sminuirti. Lasciati offrire qualcosa, vuoi?"

"Beh, sì, perché no..."

 

Sì, ho molto da imparare.

Tipo a nascondermi meglio.

Clint ci mette esattamente dodici minuti per recuperare arco e frecce e stanarmi, talmente infuriato da mandare a quel paese la Hill che, megafono in mano, lo rincorre ricordandogli la regola del Niente Frecce per i Corridoi.

 

Ma ne è valsa la pena.

 

 

E rieccomi a tempo di record! Non nascondo che non vedevo l’ora di rimettere in pista Phil Coulson!

Mi piace un sacco immaginarmi la vita all’interno dello SHIELD condita con un po’ di sano cameratismo e piena di situazione tragicomiche: molto lo devo a Vannagio e alla sua serie ‘Eliveivolo e Dintorni’ (http://www.efpfanfic.net/viewseries.php?ssid=6757&i=1) che vi consiglio caldamente.

Barbara Morse è nel Comic verse, Mockingbird, membro dei vendicatori sposata a lungo con Clint.

Spero di non trovarmela mai davvero nei film, e che il Clintasha continui ad imperare senza freno nel MovieVerse!

McKenzie, invece, l’ho inventato io.

Grazie a tutti per l’accoglienza di questa raccolta! Spero che vi piaccia, che non vi deluda e che vogliate lasciarmi un commentino.

Come dicevo, queste sono OS scritte ‘per divertimento’, ma non per questo cerco di metterci meno cura nello stile e nella trama.

Ad ogni modo, per qualsiasi evenienza o domanda, ecco il mio ASK: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos.

Alla prossima, se vorrete,

EC.

PS: parlo di Budapest, ed in Tv danno il GP d’Ungheria! XD

 

 

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Capitolo 3
*** Shades of Opera ***


The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

 

  • PART: ORIGIN.

 

  • Shades of Opera.

 

“- Lei crede all'amore a prima vista?
- Non so, ma certo fa risparmiare un sacco di tempo.”

[Mae West]

 

"Borgo, hai da fare stasera?"

Caspita, sono entrata nella sede Manhattan da meno di cinque minuti e già raccolgo una proposta di appuntamento. Stabilirei un nuovo record se la richiesta non provenisse da un mio diretto superiore con cui non mi impalmerei neppure dietro compenso: Coulson è un agente eccezionale, un superiore egregio, ed un collega piacevole ma no, decisamente non il mio tipo.

Tuttavia mi scosto una ciocca di capelli con fare civettuolo, sbatto le ciglia e pigolo un ironico "Ma non saprei…

Lui sogghigna: "No, non hai nulla da fare."

"Sono appena tornata in città, vorrei-"

"Oh, sì, tu vuoi."

Odio quando mi interrompe con quel suo sorrisetto infame quando non posso dirgli di no; soprattutto se mi sta sventagliando una busta bianca davanti al naso: la afferro, la apro e rimango a bocca aperta dalla sorpresa. "Coulson, allora questo è davvero un appuntamento!"

"Alla luce di tutti dovrà esserlo."

"Significa che la mia licenza di due giorni è appena slittata?"

"Di qualche ora, è una semplice ricognizione sotto copertura: dobbiamo tener d'occhio una persona che parteciperà a questa serata di gala al Metropolitan Opera House. Ecco il dossier" aggiunge porgendomi un tablet a cui do appena un'occhiata.

"E perché proprio me?"

"Perché sei l'unica agente che conosco, qui dentro, che se ne intende di Opera e quindi non faremo la figura dei completi allocchi a teatro. Per stasera sarai la mia fidanzata, appassionata di lirica, che mi ha trascinato a vedere la noiosissima prima della Tosca di Pussini."

"Puccini" correggo "E come fai a sapere che ho idea di cosa andremo a vedere?"

"Perché, primo, sei italiana."

"Sì, e di solito tra una spaghettata e una sonata di mandolino ci baciamo le mani, non andiamo a teatro.”

"Spiritosa. E secondo, per quasi tre anni sei stata affidata ad una coppia di musicisti di Portland. Anche solo per osmosi, qualcosa avrai pur imparato."

I Matthews, la famiglia con cui mi sono trovata meglio: Primo violino della filarmonica cittadina lui e arpista lei, portata via da un cancro a quarantatre anni. Me ne sono andata l'anno prima della sua morte, che preferivo lasciare Craig Matthew completamente libero di occuparsi di Simone nel decorso della sua malattia senza un'adolescente complicata con cui avere a che fare.

Scaccio via i pensieri tristi con un gesto della mano come se fossero un nugolo di mosche fastidiose: "Non mi pare di avertene mai parlato."

"Ho letto i tuoi file."

"Sei una portinaia infame. Passa a prendermi alle sei, non tardare."

 

"Rose? Davvero ?"

Coulson si è presentato alla mia porta più impeccabile del solito e con un mazzo di cinque rose rosse. "Ho pensato di aiutarti ad entrare meglio nella parte" spiega con un accenno di sorriso dietro ai soliti Rayban scuri. Ringrazio e volteggio per la casa, non trovando niente di meglio che infilarli nella boccia di Frankenstein il pesce rosso che li fissa perplesso, prima di ritornare sul pianerottolo con lui e chiudere la porta.

"Per essere più convincente, dovresti dirmi che sono una favola."

"Hai ragione, scusa: sei bellissima."

“Perché, gli altri giorni no?”

Sospira: “Sei addirittura più bella del solito, non so come tu ne sia capace.”

Oooh, Phiiiiiil! Così mi fai arrossire!”

 

Individuo il nostro uomo nella seconda fila di palchi, quasi opposto a noi e lo spio di sfuggita con il binocolo da teatro rubato ad un'allampanata signora del parterre - che ora fruga inutilmente nella microscopica borsetta perlata sibilando insulti al marito annoiato - portando poi il mio sguardo al palco.

Le luci sono ancora accese e dalla buca salgono le scale degli orchestrali intenti ad accordare e scaldare gli strumenti.

Al mio fianco, Coulson legge con aria perplessa il libretto: "Quindi è cantata interamente in italiano, giusto?"

"Esatto.”

"La capirai tutta?"

"Più o meno. Non credo che neppure un vero italiano capisca interamente un'opera, con tutti quei gorgheggi."

"Oh, è ambientata a Roma. Oh, toh! L'ultima scena è a Castel Sant'Angelo. Ci sono stato una volta."

"Ma almeno non ti ci sei lanciato come fa la Tosca alla fine."

"Cosa?” sfoglia velocemente le pagine sino all’ultima e la legge la colonna della traduzione: “Mi hai spoilerato il finale!"

Il Direttore sale sul piedistallo e picchietta la bacchetta e Coulson zittisce la sua indignazione.

 

Nell'intervallo tra il primo ed il secondo atto scendiamo nel foyer d'ingresso, sempre seguendo con discrezione il nostro Soggetto, concedendoci uno stuzzichino al bar come la maggior parte della gente e fingendo di flirtare in una maniera quasi indecorosa. Saremmo molto credibili, se Coulson la smettesse di lanciare occhiate sopra alla mia spalla sinistra.  Alla quarta volta piego appena di lato il viso e cerco con la coda dell'occhio la donna che sembra calamitare il suo interesse: è voltata, fisico magro fasciato da un abito da sera blu e nero con una generosa ma elegante scollatura sulla schiena ed i capelli castani legati in un morbido chignon.

"Accidenti, Phil, credo che inizierò ad essere gelosa."

"Non essere sciocca, lo sai che stasera ho occhi solo per te."

Il nostro uomo ci passa a fianco diretto verso i bagni, ed io lo seguo pigolando a Coulson la mia intenzione di recarmi 'Ad incipriarmi il naso'.

 

Il corridoio dei bagni è sospettosamente deserto. Rallento l'andatura guardandomi attorno, sempre a controllare la schiena dell'uomo che mi precede.

È questione di un attimo: le luci si spengono, sento un colpo attutito e l’uomo gemere nel cono d'ombra vicino alla porta.

Sbatto velocemente le palpebre: i miei occhi recuperano la visuale nel buio e la rendono chiara attraverso la mia vista dorata. Sono in tre, hanno visori notturi e sono vestiti di nero. Scatto in avanti, mi lascio scivolare sul pavimento di marmo e falcio con le gambe del primo che mi capita a tiro.

 

"Coulson, qui è Borgo! Il Soggetto è stato attaccato... sono in tre e..." BAM! "prenditiquestofigliodiputtana!"

"Oh, ma davvero? Quindi questa la può considerare una serata libera..."

"Serata libera? Serata libera un corno! Coulson, chiama rinforzi, ha preso un colpo alla testa e credo di aver rotto una vertebra ad uno degli assalitori."

"Sì, ha perfettamente ragione. Certi eventi sono nettamente migliori quando ci si può partecipare per piacere personale."

PUM! "Coulson, ma mi ascolti? Con chi-" CRACK! "Cazzo stai parlando?"

"Puoi scusarmi un attimo, sento il cellulare vibrare... chiedo scusa..." PUM! "... Borgo, che diavolo stai facendo?"

"...pant... pant... Arrivi tardi, collega. I tre sono a terra privi di sensi, e anche il nostro uomo è... sì, è ancora vivo ma abbastanza stordito. Ho..."

"Sai cosa fare. Blocca l'accesso a chiunque voglia entrare in quella zona e chiama immediatamente l'unità di recupero."

"...ma io..."

"Ah, e non affrettarti a correre qui."

"Coulson, ti perdono solo se è almeno il triplo più strafiga di me. Altrimenti giuro che ti lego ad un palo e ti costringo a guardare mentre parcheggio Lola."

"Chiama l'unità di recupero e falla finita, Borgo."

 

"Hill."

"Qui Borgo, chiedo l'intervento della squadra di recupero al Metropolitan Opera House, piano terra, secondo corridoio a destra dall'ingresso principale."

Davanti al monitor, McKanzie si affretta ad annunciare che ha localizzato Borgo all'interno dell'area descritta e la indica sullo schermo come un puntino rosso all'interno della piantina del luogo.

" È auspicabile in breve tempo un intervento discreto, consiglio anche personale paramedico. Una barella, forse." In sottofondo proviene un gemito lungo ed affaticato. "Sì, decisamente una barella, con questo ho esagerato un pochino."

"Hai bisogno di assistenza?"

"Per me? Negativo. Beh, a dire la verità ho rotto un tacco delle scarpe, se riesci a mandarmene un paio..."

 

I ragazzi della Sezione Recupero sono stati splendidi come sempre: entrati dalla porta di servizio più lontana dal passaggio pubblico, veloci ed efficienti hanno recuperato i quattro, rimesso in ordine il corridoio e riaperto la zona in meno di dieci minuti.

Quando riemergo poco dopo dal corridoio del bagno ho ai piedi un paio di scarpe di un dolorosissimo numero inferiore al mio e di un colore che fa a cazzotti con quello dell'abito, il trucco appena rifatto - ma comunque meno perfetto di prima - ed i capelli sciolti, che uno degli assalitori mi si era aggrappato all’acconciatura prima che riuscissi a farlo desistere con una manata sul naso e non sono riuscita a replicare quella fatta dal parrucchiere.

Ma come fa Natasha ad essere sempre impeccabile come se non le fosse capitato niente?

 

Oh toh, ecco Coulson. È appoggiato al bancone del bar e discorre amabilmente con un bicchiere in mano con la donna che occhieggiava anche in mia presenza e che vedo sempre di schiena.

Ora vado là, gli rifilo una sberla – vera - e gli faccio una scenata di gelosia - finta.

Mi vede, beve un sorso di champagne, seguita a mantenere il suo sorrisetto infame e con perfetta nonchalance si rivolge alla donna per presentarmi: "Oh, Claire, ecco la collega di cui ti parlavo..."

Ah, collega? Non è ancora finita la serata e sono già stata scaricata. Bell'appuntamento, non c'è che dire.

Mi spiaccico in faccia un sorrisetto forzato di circostanza e quando la donna si volta resto a bocca aperta.

"Signora Cabwell!"

Lei trasale e per poco non si fa andare di traverso lo champagne che sta bevendo: "Addison!"

Coulson è interdetto: "Signora Cabwell?"

"Sì, è...o, cavoli, quanto tempo è passato!" Sono davvero spiazzata. "Era un'amica dei Matthews, suonava il violoncello nell'orchestra di Portland e suo marito era il mio insegnante di chitarra..." spiego, subendo l'espressione delusa del mio collega. "Che piacere incontrarla, davvero! Come sta Frank?"

"Oh, beh, suppongo stia bene. Ora abita a Cleveland, con la nuova signora Cabwell." Scambia uno sguardo con l’espressione sollevata del mio superiore: "Abbiamo divorziato da ormai tre anni, pensavo che Craig te l'avesse detto..."

"Ho perso i contatti con lui. Ahem, sono un po' presa con il lavoro e sa com'è..."

"Sì, sì, capisco. Anche per noi è difficile."

Coulson decide che è il momento di intervenire e riportare la discussione in un ambito a lui congeniale: "Claire mi stava spiegando che si trasferirà a New York, a breve."

"Sì, ho accettato la proposta di lavorare qui al Metropolitan la prossima stagione per cui... beh, stasera mi trovo qui in veste non ufficiale, ecco."

"Oh, fantastico!"

Le luci del teatro si abbassano a segnalare l'inizio del secondo atto, e Claire si congeda per tornare al proprio posto.

"Il Soggetto ormai è allo S.H.I.E.L.D., sono stata costretta ad intervenire e..." spiego a bassa voce. Gli occhi di Coulson sono piantati sulla schiena abbronzata di Claire che si allontana verso il parterre e annuisce distrattamente: "Molto bene."

"Ho neutralizzato anche i tre aggressori..." Continuo, mentre allunga il collo per continuare a seguirla con lo sguardo. Uomini, che seccatura: "... ed ho usato le tue figurine di Captain America per tamponare le ferite che mi sono procurata."

"Hai fatto un lavoro egregio."

Gli schiocco le dita davanti agli occhi: "Coulson, ti prego, almeno fingi che ti importi qualcosa di me..."

"Ti sto ascoltando."

"Oh sì, vedo." Sospiro, guardando il Foyer svuotarsi velocemente. "Sarà il caso di tornare alla base e fare rapporto.”

"Borgo, spero tu stia scherzando." Mi scocca uno sguardo indignato e si aggiusta cravatta e giacca: "Sarebbe un peccato andarsene prima della fine e perdersi questi interpreti straordinari."

 

Dieci minuti dopo, con lo scroscio d'applausi che segue Vissi d'Arte a coprire le nostre parole, Coulson decreta che l'opera è una palla colossale e che davanti al teatro c'è un cocktail bar che vale la pena provare, con la musica blues che piace a lui e mojito fatti ad arte come piacciono a me.

"... e Claire? Mi sembravi interessato, non vorrai mica perdere un'occasione..."

"Appunto per questo andiamo nel bar qui davanti. Appena l'opera finirà torneremo nel foyer, la incontrerò di nuovo e ci scambieremo i numeri di telefono. Se chiederà qualcosa sull'opera saprò risponderle, perché tu mi avrai spiegato per filo e per segno tutta la vicenda." Storco il naso. "Offro io..." aggiunse invitante.

"D'accordo."

 

Il resto della serata è quasi scontato:

Il mojito è ottimo, il barman ancora di più, Coulson fa una splendida figura con Claire snocciolando aspetti dell'opera come l'intensità drammatica del crescendo dell'orchestra durante l'omicidio di Scarpia o l'assolo malinconico di clarinetto in 'E Lucean le Stelle' lasciandola estremamente colpita. L'ha accompagnata a casa e ha educatamente declinato l'invito di 'Salire a Bere Qualcosa' per non farle pensare ad una Toccata e Fuga avventurosa, lasciandole però il suo numero di telefono privato.

Io invece rimango sino a tardi al bar, accompagno a casa il barista accettando l'invito di un drink privato nel suo monolocale e me la squaglio al mattino lasciandogli un numero di telefono falso scritto sullo specchio con il rossetto.

Troppo presto perché si svegli, troppo tardi per tornare prima a casa e cambiarmi.

Sono costretta presentarmi alla base ancora in abito lungo e scarpe eleganti.

Della Hill, che ne pretende la restituzione immediata appena mi incontra sull'ascensore e si raccomanda di presentare il rapporto prima di mezzogiorno.

 

Beh, vabbé, non può filare tutto liscio no?

 

 

Ed eccomi di nuovo!

Claire è un’altra mia OC, comparsa brevemente anche nella OS della serie The Gushing Ledger ‘Life Thru a Lens’.

Era da un po’ che volevo presentarla ufficialmente… beh, ed eccola qui, insieme a Phiiiil!

La Tosca è una delle mie opere preferite (sono anche una melomane senza speranza)ed è quella con il mio Villain lirico preferito: Scarpia! Per ogni domanda o curiosità: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos per tutto il resto c’è MasterStark!

Grazie di tutto!

EC.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Shades of FlatMating ***


The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

 

 

  • PART: ORIGIN.

 

  • 4 – Shades of FlatMating.

 

 

Il privilegio di trovarsi dappertutto a casa propria appartiene solo ai re, alle puttane e ai ladri.

[Honoré de Balzac]

 

 

Da quel poco che ho capito di Natasha – lei non ama parlare del suo passato ed in genere preferisce definirsi un ‘punto e a capo’ – ha sempre vissuto nel più assoluto anonimato, preda e predatrice a sua volta di numerose fazioni.

Per la gente civile, per le persone comuni, Natasha Romanoff era solo un’ombra che sovente strisciava tra loro in occhiali scuri senza lasciare una minima traccia del suo passaggio. Indossava sempre guanti per non lasciare impronte digitali in pubblico e dopo aver bevuto da un qualsiasi contenitore passava la fiamma dell’accendino sul bordo, per cancellare tracce di saliva.

Nessuna interazione con estranei, se non strettamente necessaria o ordinata, nessun effetto personale, nessun documento a suo nome.

Prima di entrare nello S.H.I.E.L.D. non aveva neppure mai guardato un film al cinema, escludendo una volta in cui si era confusa tra la folla di un multisala per eliminare in tutta discrezione un obbiettivo durante la visione di Maid in Manhattan - decisamente uno di quei film che non puoi reggere sino alla fine uccidere qualcuno.

 

Il che la rende pressoché aliena a qualsiasi banale faccenda quotidiana che rientra nella sfera della normalità.

Insomma, potrebbe uccidere una persona decapitandola con lo sportello della lavatrice, peccato che non abbia la più pallida idea di come si faccia il bucato.

“ADDISON! Quest’affare è completamente rotto! Perde tintura rossa e mi ha rovinato tutto!”

“Sicura di aver tolto il cadavere all’interno?”

“Certo, per chi mi hai preso?” Aspetta, la mia era una battuta... “So riconoscere il sangue, e questo non lo è.”

Ispeziono il mucchio di vestiti umidi striati di rosa ed alzo una camicetta rossa: “Ed un capo che perde colore lo sai riconoscere?”

“Oh, è pure difettosa? Con quello che l’ho pagata!”

La studio passandomela tra le dita: questa è seta, andrebbe a malapena lavata a mano, che cavolo ci fa in lavatrice? “Nat… hai guardato l’etichetta?”

“Sì, costava 129 dollari, in saldo!”

…non quella.” Sbatte le palpebre cercando di dissimulare la perplessità. “L’etichetta cucita all’interno, quella che hai tagliato, a quanto vedo.”

Alza le spalle: “È scomoda, ingombrante ed esteticamente oscena, non capisco perché la mettano in tutti i vestiti. C’erano dei disegnini sopra, li ho trovati inutili e l’ho tagliata.”

“Sono le indicazioni per il lavaggio.”

“Oh.”

“Non preoccuparti, ci penso io a scrivere un reclamo alla casa produttrice: chiederò che sull’etichetta venga scritto ‘dallo alla tua coinquilina, lei sa come lavarlo’.

“Oppure ‘quando puzza gettala, che hai i soldi per comprarne uno nuovo’.

 

Decidere di condividere un appartamento con lei si è rivelata sin da subito una scelta abbastanza azzeccata quanto piena di insidie.

Anche solo a livello organizzativo, io e Nat siamo dovute andare incontro ad una serie di antipatici problemi logistici dati dal nostro lavoro.

Per esempio lo scoprire che la data di consegna del tanto agognato MegaDivano ExtraRelax coincideva con la data di partenza della sottoscritta per Puerto Quetzal, contemporanea a quella di Nat per l’Ucraina.

 

“E se chiedessi a Fury di farmi slittare la partenza di un giorno?” piagnucolo mentre cerca di chiudere il borsone delle attrezzature.

“Sono certa che accetterà: in genere i terroristi possono attendere di scaricare materiale radioattivo, se un divano deve essere consegnato.”

“Se sapessero quanto è comodo!”

“Ma non lo sanno. Hai visto il mio caricabatterie?”

“Cellulare o Morsi di Vedova?”

“Cellulare.” Ringrazia quando glielo porgo e poi suggerisce di cercare qualcuno che si faccia trovare da noi al momento della consegna: “Perché non chiedi a McKenzie?”

“Oh sì, ottima idea di dargli indirizzo e chiavi di casa: così al ritorno ce lo ritroviamo nudo nella vasca da bagno coperto solo di petali di rose rosse. Piuttosto, chiedilo a Barton, che muore dalla voglia di farti un favore!”

“Perché credi che si comporterebbe in modo diverso da McKenzie?”

“Qual è il problema di ritrovarsi Clint nudo nella vasca?”

Natasha apre la bocca per ribattere ma si rende subito conto che nessun argomento può essere considerato valido; perciò sbatte le palpebre, si gratta la testa, si massaggia una spalla e poi alla fine sospira un: “Evitiamo di comprometterci, d’accordo? Chiedilo alla Hill e basta, che di voci strane ne girano abbastanza su noi due.”

“D’accordo. Però Barton nudo sarebbe un ottimo complemento d’arredo. Davvero. Da appoggiare sul divano, tipo plaid, che ti saluta quando entri oppure sul tavolo come centrotavola che ti passa il sale durante i pasti e…

Le guance di Natasha sono in fiamme: “Finiscila” sibila.

 

Stranamente – avrei dovuto insospettirmi – Maria Hill non solo accetta di presenziare alla consegna al nostro posto, ma mostra addirittura un qualcosa di angosciosamente simile all’entusiasmo.

Mentre la sottoscritta rischia le penne in un paio di sparatorie in Guatemala e Natasha recupera dati e spezza ossa in Ucraina, la Hill a casa nostra si fa consegnare il MegaDivano ExtraRelax, controlla che non ci siano difetti ed una volta congedati i facchini decide che dato che le dobbiamo un favore lei può permettersi di fare tutto quello che vuole in nostra assenza: si prova tutto il nostro guardaroba, mi scorda la chitarra tentando di intonare Mrs Robinson’, si scola la riserva di Vodka personale di Natasha, le hackera il pc per chattare con un certo MegaPenis22’’ combinando un incontro al buio e dona gli avanzi del suo cheeseburger a Frankenstein Fish,  prima di addormentarsi seminuda e sbronza sull’ExtraRelax, dove la troviamo al nostro rientro.

“Io te l’avevo detto che era meglio chiamare Barton” sospiro laconica mentre Nat prova a svegliarla scuotendola piano, che è pur sempre una nostra superiore “Almeno lo scenario sarebbe stato di gran lunga più interessante.”

 

L’apice viene comunque raggiunto con gli acquisti.

Natasha ha un discreto disturbo della sfera affettiva, che esterna con lo shopping compulsivo delle cose più disparate. È una cosa normalissima per chi ha subito stress emotivi da apprendimento, trasferimento, modifica improvvisa dello stile di vita, e sono certa di questo perché l’ho studiata a lungo per esporla in un articolo che ho scritto per la mia laurea in psicologia.

A sua insaputa, ovviamente.

Ad ogni modo, Natasha con una carta di credito in mano può far più danni che con una Calibro 9.

Si limitasse a vestiti e scarpe, come tutte le donne normali, la cosa mi darebbe tutt’altro che fastidio.

Ma come ho già detto, Nat non è una donna normale. E ha scoperto le televendite.

 

Capelli legati con il – mio – mollettone verde, shorts rosa shocking ed inspiegabile maglia dei NYC Jets, Natasha divora lo schermo del televisore con gli occhi e con la bocca un barattolo di gelato da mezzo chilo, senza degnarmi di uno sguardo quando entro.

La Vedova Nera in modalità agghiacciante.

“Ciao, eh.”

Ao.” Biascica allungando la mano verso il telefono per comporre un numero.

Oh Oh. Ci risiamo. Fa che non sia un’altra stronzata tipo Inversion Table, che occupa spazio e mi ha fatto vomitare i burritos della sera prima.

Natasha è concentrata, se mi frappongo direttamente tra lei e la sua preda rischio come minimo una costola. Meglio andare per gradi, prenderla di lato e raggirare ostacolo, nervosismo e problema.

Lancio un’occhiata alla TV: uno Chef corpulento spiega gli innumerevoli pregi – e l’assenza di difetti – di una rivoluzionaria padella dal fondo in pietra.

“Oh, sembra interessante. Spero che all’altra nostra padella non vengano complessi di inferiorità” Cinguetto allegra.

“Non abbiamo più un’altra padella. Oggi ho provato a farmi qualcosa, ma ero in ritardo, così per ottimizzare i tempi di cottura l’ho infilata nel forno a microonde.”

“In che senso?”

“Nel senso che ho messo una bistecca nella padella e la padella nel microonde.”

Ma…” Tuffo la testa nella cucina.

Telefono all’orecchio, Natasha mi strilla a non fare tante storie “Che tanto il colore della cucina non ti è mai piaciuto.”

 

“Sì, è proprio quella che ci vuole.” Natasha alza il primo pezzo del set –non si è lasciata perdere l’occasione che dava, per soli 37 dollari in più, tutte e tre le padelle di diversa ampiezza più una pratica pinza per girare gli alimenti in cottura ed un trita cipolle a pressione – con un ghigno soddisfatto. “Potremo cucinare senza condimenti, ed i nostri piatti saranno più sani e manterranno tutte le proprietà organolettiche ed i sapori resteranno inalterati.”

Ormai la conosco, so che questo suo stadio di estremo compiacimento dura in genere mezza giornata – il tempo che si renda conto dell’inutilità dei suoi acquisti – e poi le ritorna l’adrenalina ad un livello accettabile e si tranquillizza, quindi annuisco con un mezzo sorriso incoraggiante e fingo interesse verso le spiegazioni che snocciola, imparate pari pari dalle televendite.

Per la Hill – nostra ospite per un paio di giorni dopo che metà degli alloggi della Base Manhattan è sotto ‘manutenzione straordinaria’ a causa di una granata sfuggita dal controllo di Barton – però no.

Guarda la scatola che il corriere ci ha portato giusto cinque minuti prima, studia l’imballo di pluriball, poi fissa Natasha e le chiede –per cortesia – di confermarle che intende usare quelle padelle come arma. “L’effetto sorpresa sarebbe garantito, chi potrebbe mai immaginare un attacco della Vedova Nera armata di padelle?” scherza ignorando lo sguardo assassino della mia coinquilina.

“Dovrebbe però cambiare nome, non credi? Che ne dici di Vedova Cuoca?” rincaro la dose.

“Casalinga Nera? Andiamo, Nat, cerca di capirci, quando mai avremmo pensato di vederti entusiasta dal maneggiare pentolame?”

“E soprattutto, perché dovremmo essere entusiaste di te in cucina, visto che l’hai appena carbonizzata?”

Natasha appoggia la padella sul tavolo accusandoci di essere delle guastafeste: “Però è vero. Il fondo di questa padella è molto spesso, come arma non sarebbe male.”

“Magari è anche antiproiettile.”

Ci scambiamo tutte e tre uno sguardo:

“Il poligono della base sarà libero a quest’ora?”

 

Natasha dorme circa 4 ore a notte. Ha attaccato un sacco da boxe in camera e se proprio non riesce a resistere a letto si mette a tirare qualche colpo.

Al sacco. Alle Tre circa di mattina.

La prima volta per poco non rischio l’infarto.

La seconda volta ho tentato di evocare le schiere infernali al servizio di Amon – che quella notte erano in sciopero.

La terza sono entrata in camera sua, canini sguainati e fiamme tra le dita, pronta per la spiegazione del proverbio non svegliar il mezzo demone che dorme. Son tornata guaendo al mio letto: è pur sempre la Vedova Nera.

La quarta volta decido di prenderla con la dolcezza che non mi è propria, di essere comprensiva e di sollecitarla ad esprimere verbalmente il suo disagio interiore.

Una gran palestra per la mia relazione futura con un semidio con giusto un accenno di disturbo borderline.

Quindi, entrata per trovarmela sudata in canotta e calzoncini – conosco gente che pagherebbe oro per vederla in quello stato – mi siedo sul letto sfatto, incrocio le gambe e le faccio cenno di sedersi di fianco a me.

“Non sono stanca” è la sua unica risposta secca.

“Ne sono sicura, a giudicare dal rumore dei tuoi pugni.”

Raccatta un asciugamano appoggiato sul cassettone e si terge il sudore dalla fronte: “Ti da così fastidio?”

“Sono le tre e mezza di notte. Cavoli, se mi da fastidio. A me e al resto degli inquilini di tutto l’isolato. Probabilmente qualcuno avrà già allertato la guardia nazionale.”

“Perdonami” replica ironica “Sono abituata a fregarmene degli altri abitanti.”

“C’è un valido e logico motivo per cui tu stai sfogando la tua rabbia contro un sacco da boxe reo di essere appeso nella tua stanza?”

“Non sono necessarie motivazioni per utilizzare un sacco secondo la sua natura. Che dovrei farci, usarlo come fioriera?”

“Sai, esistono certi programmi di bricolage che apprezzerebbero l’idea” ironizzo. “Tuttavia, ho notato che quando ci siamo salutate, ieri sera prima di andare a letto, eri tranquilla, stanca e con una vaga smorfia sul viso che mi ha fatto quasi pensare ad un… uhm, come lo chiamiamo noi esseri umani? Ah, sì, sorriso.

“Cambio umore molto facilmente. Sarà quel determinato periodo del mese.”

“E sempre di notte? Non è che fai degli incubi?”

Natasha si ferma definitivamente dal malmenare il sacco – è una mia impressione o gli inquilini del piano di sopra hanno sospirato di sollievo? – e mi rivolge un’occhiata in tralice che mi gela sin le budella: “E anche se fosse? A te cosa dovrebbe mai interessare?”

Improvvisamente mi trovo a corto di argomenti: ultimamente mi era parso che Natasha si stesse aprendo con me, che quella che era iniziata come una convivenza necessaria per la salvaguardia del portafoglio si stesse trasformando in un’amicizia confidenziale, sincera, a doppio senso di marcia; ed invece ora quel suo sguardo furente e distaccato mi spiazza completamente. “Beh, ecco… se tu avessi un problema potrei cercare di aiutarti, non credi?”

Si slaccia i guantoni e li getta sul letto: “Sì, io ho un problema, la mia coinquilina ficcanaso e rompicoglioni che cerca di dispensare consigli non richiesti. Stattene al tuo posto, se ti è cara la vita.”

Hey, rompicoglioni a me? E cosa dovrei dire, visto che sono stata svegliata nel cuore della notte dal tuo pum pum pum nevroisterico?”

“Hai ragione.” Ecco, qui si mette male, posso aspettarmi di tutto: “Tolgo il disturbo.”

È la frazione di un istante: Natasha Romanoff gira sui talloni ed esce dalla stanza.

La porta d’ingresso che sbatte sottolinea che ha lasciato l’appartamento.

 

Ma che si fotta, ‘sta cretina.

Una cerca anche di aiutarla, di mostrarsi amichevole nei suoi confronti e guarda che succede.

‘Stattene al tuo posto se ti è cara la vita’ , oh, non c’è problema, me ne starò tranquilla in camera mia.

Fatti pure il tuo giro da sociopatica per Harlem.

In canotta e calzoncini a gennaio si godrà tantissimo. Se non sbaglio era pure scalza.

Mi fermo alla finestra della camera e sbircio tra le tende: il vicolo è silenzioso e deserto. Dal cielo fiocca copiosa la neve e si deposita sul cemento e sui bidoni della spazzatura.

Oh beh, Natasha sarà pure abituata a questo clima. E anche se non lo è, che si fotta.

Dopo mezzo minuto meditativo seduta sul bordo del letto, infilo giacca e scarpe di Natasha in una borsa, mi vesto ed esco a cercarla.

 

La trovo mezz’ora dopo seduta su una panchina del Fred Samuel Playground di Lenox Avenue, e se non fosse per la mia vista dorata non sarei riuscita ad fendere il buio al di là del cancello chiuso e a vederla.

Scavalco la recinzione cercando di fare meno rumore possibile, la neve ad attutire i passi e a cristallizzare il piccolo parco giochi. Natasha si ritrova la sua giacca sulle spalle senza quasi rendersi conto del mio arrivo.

Gira la testa e mi fissa sorpresa, prima di alzarsi il cappuccio sui capelli bagnati ed infilarsi le maniche.

Le porgo le scarpe, si infila anche quelle.

“Posso sedermi?” domando. Lei fa solo un piccolo cenno affermativo con la testa, così spazzo via la neve che si è depositata sulla panchina e mi siedo accanto a lei.

Restiamo in silenzio.

Fuori dal piccolo rettangolo verde passa qualche macchina, un furgoncino della nettezza urbana ed un’ambulanza a sirene spiegate. Un gatto attraversa il campo da basket velocemente, lasciando dietro di sé le piccole orme. Il vento fa muovere i rami secchi degli alberi.

“Non sono incubi.” Dice improvvisamente Natasha, facendomi quasi trasalire. “Ma non saprei come definirli. Non riesco a capire se sto sognando fatti realmente accaduti o frutto della mia immaginazione, o di quella di altri. Non ricordo. Non riesco a ricordare.”

“Amnesie?”

Scuote la testa: “Qui dentro” si batte la tempia sinistra con l’indice “ci hanno giocato in tanti.” Si accomoda meglio sulla panchina e prende un respiro profondo che rilascia nella notte fredda una nuvoletta nebbiosa. “L’organizzazione che mi ha addestrato ci teneva ad avermi sotto il suo più completo controllo. Da quando agisco per mio conto e non ho più subito alcun tipo di trattamento mentale, mi vengono in mente tante cose, e non capisco quali siano reali e quali no. Credo di ricordare di essere stata una ballerina del Bolshoi – ma com’è possibile? Fanno allenamenti massacranti sin da bambine, come avrei potuto essere contemporaneamente addestrata? - e il balletto non so neppure se mi piaccia o no. Cerco di rimettere insieme le mie memorie, ma è come un puzzle con tanti, piccolissimi pezzi mancanti o doppi. È frustrante.”

“Capisco. Vuoi parlarmene?”

“No. Non voglio che tu sappia niente. Ho fatto cose orribili, Addison, cose per cui nessun essere umano mi assolverebbe, né desidero che ciò avvenga. Ma non voglio che tu mi guardi come il mostro che ho dimostrato di essere. Resta nella tua beata ignoranza per quanto riguarda il mio passato, e sappi solo che a te non farei mai del male.”

“Mai?”

Ecco, quello è un piccolo sorriso: “Mai. Non ho mai avuto una persona come te vicina. Per mia fortuna, in certi casi.”

Hey, stronzetta, guarda che mi riprendo giacca e scarpe e me ne torno a casa!”

Un movimento veloce e mi ritrovo una manciata di neve in faccia: “Prima me li devi prendere di dosso!”

Ribatto con un’altra pallonata, mentre Natasha si allontana veloce.

Non riesco a colpirla, lei ci riesce benissimo.

 

Neppure io ho mai avuto vicino una persona come lei.

Qualcuno la cui fiducia va conquistata giorno per giorno, frammento dopo frammento, passo dopo passo.

Conoscersi poco per volta e conoscere le piccole crepe quasi invisibili del nostro animo.

Non saperne la ragione, ma esserci per cercare di ripararle.

Tante piccole cose, gesti non plateali ma intimi e personali.

Si fa presto a chiamare amica qualcuno con cui trovi un’empatia immediata e travolgente. Ma è un fuoco che brucia e si consuma presto.

Noi siamo la brace che cova sotto la cenere.

Duriamo a lungo.

Forse in eterno.

 

 

 

E con la comodità che mi è propria aggiorno.

E’ un altro capitolo GreyWidow, qualcosa di inerente alla loro condizione di coinquiline non esattamente normali.

Ci tengo davvero a ringraziarvi per il seguito che state dando sia a questa raccolta e anche a questa saga. Presto (molto presto, forse troppo) ci troveremo anche ad avere a che fare con la parte ‘EVER AFTER’ ovvero quella relativa al ‘dopo’ degli avvenimenti di TS:W.

Grazie, Grazie, Grazie.

Solo due parole su Natasha: per costruire il suo personaggio ho preso spunto dal fumetto a lei dedicato, visto che purtroppo nei film abbiamo visto molto poco di lei, sino ad ora.

E’ un personaggio fortissimo quanto tormentato dal suo passato e più volte dimostra un attaccamento alle persone che la circondano quasi impensabile per la persona che è. (Algida, fredda, schiva, riservata, vendicativa, pericolosa.) Ho voluto dare a Nat queste caratteristiche, che in fondo un pochino rivedo anche nel film: non è emotiva, ma dimostra un sottilissimo strato di empatia con talune persone.

A nome mio, di Addison, di Nat e di Loki che non è ancora comparso ma è qui che saluta agitando la manina. Di Thor.

 

Grazie, Grazie Grazie!

EC

PS: come sempre, per ogni curiosità, replica o solo per far due chiacchiere, il mio ask è:

http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos

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Capitolo 5
*** Shades of Sleeping Beautyness ***


The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

 

  • PART: ORIGIN.

 

  • 5 - Shades of Sleeping Beautyness

 

I wake up every morning at nine and grab for the morning paper. Then I look at the obituary page. If my name is not on it, I get up.
[Benjamin Franklin]

 

“Borgo, mi sorge spontaneo un dubbio.”

Le porte dell’ascensore si richiudono e riparte verso l’alto, io mi volto verso la Hill alzando un sopracciglio ed invitandola a non essere timida. Scuote appena la testa, indecisa: “Da come l’hai salutato prima che scendesse, ho l’impressione che tu conosca l’agente Ward più di chiunque altro qui dentro.” .

“Grant?”

Sospira: “Appunto.”

“Ho dovuto fare una chiacchierata con lui: è in lizza per la promozione al livello 7, Fury mi ha chiesto di aggiornare il suo profilo psicologico.”

“Oh, bene! Se si tratta allora di mero rapporto lavorativo ti chiedo scusa, a volte sono un po’ prevenuta nei confronti dei rapporti che intrattieni con i colleghi maschi. Dunque, la tua opinione?”

“Professionalmente raccomandato per il servizio al livello 7, mantiene un profilo molto serio e riservato, non pare mostrare psicosi o disturbi compulsivi, attacchi di stress, ansie o panico.”

“Bene.”

“È molto monotono nella sua quotidianità, difficilmente interagisce con il resto del personale e il lavoro in team non sembra interessargli, ma è ligio al dovere e saprà adattarsi agli ordini.”

“Sì, non mi è mai sembrato molto loquace.”

“Affatto. E dimostra anche scarsa ironia e senso dell’umorismo.”

“Davvero? Che noia.”

“Già. E poi ha un pene piccolo. Io scendo all’ottavo, Coulson mi attende all’unità scientifica. Tu sali?”

 

 

“Guardalo, non è bellissimo?”

“Dillo un’altra volta e chiamo Claire. Avete indubbiamente un serio problema di coppia e dovete risolverlo prima che ti metta a leccarlo, quell’avanzo di un iceberg.”

Coulson stacca la faccia dal vetro che ci separa dal laboratorio e mi fissa imbronciato: “Come puoi non capire? Come puoi non percepire il grande momento che stiamo vivendo? Addison, abbiamo recuperato il primo vendicatore, il primo supereroe che il mondo intero abbia mai avuto!”

“Io vedo solo un blocco di ghiaccio vagamente colorato.”

“Il personale sta lavorando per liberarlo.”

“E come sarà questo Captain America, poi…

“Bellissimo, sarà bellissimo.”

“Ok, chiamo Claire.”

Il Direttore Fury che entra improvvisamente con il suo solito passo deciso mi fa scattare in piedi dal tavolo sul quale sono seduta a gambe incrociate, lasciando il pacchetto di patatine mezzo pieno che doveva essere il mio pranzo per cercare di darmi un tono. Coulson non fa neppure questo sforzo: naso spiaccicato contro il vetro, segue avido di novità il lavoro degli scienziati in tuta bianca; Fury lo deve chiamare un paio di volte prima che riesca a farsi degnare di un briciolo di attenzione: “Allora, l’hanno liberato?”

“Non ancora, il ghiaccio è piuttosto spesso, procedono per gradi per evitare uno shock termico. I parametri vitali sono comunque stabili, quel Siero del Supersoldato era davvero portentoso per aver potuto creare un simile miracolo.”

La testa di Fury si volta lentamente verso di me con una smorfia perplessa. Alzo le spalle: Se non ci può far niente lei, Signore, figurarsi la sottoscritta.

“Borgo, l’unità di Ricerca, Addestramento e Qualifica del Personale cosa propone riguardo al risveglio del bell’Addormentato nel Ghiaccio?”

“Abbiamo finito le principesse vergini, Signore, per tanto il rimedio del bacio lo dobbiamo accantonare. A meno che Coulson non voglia comunque provare.” Le labbra del Direttore si piegano leggermente verso l’alto; qualcosa di appena individuabile solo ad un occhio attento ed allenato a carpire le piccolezze al volo, che significa: Bella battuta ma ora torniamo seri, grazie, prima che firmi il tuo invio in Afghanistan.

Non mi faccio pregare, recupero un dossier cartaceo e lo porgo al Direttore: “Riteniamo sia opportuno rendere il risveglio il meno traumatico possibile. Il Capitano si risveglierà – se lo farà – in un mondo completamente alieno a ciò che ha sempre conosciuto: non avrà famiglia o amici a cui fare ritorno, non una casa pronta ad accoglierlo ad anche la sua città è cambiata radicalmente. Non troverà nessuna faccia conosciuta, né nessun luogo famigliare e neanche… vuoi un fazzoletto, Coulson?”

“Cosa? Oh, no no, grazie. Ho il mio.” Tira su con il naso e si preme velocemente il fazzoletto sugli occhi.

“Sei sicuro di star bene?”

“Sì, Direttore, chiedo scusa. È solo… toccante, non trovate?”

Io e Fury ci scambiamo uno sguardo preoccupato. Poi il Direttore individua il mio pacchetto di patatine, lo prende in mano e si serve senza far complimenti.

Faccia pure, ci mancherebbe. La vedevo sciupato, infatti, mi stavo giusto preoccupando per la sua salute.

“Dicevamo, Borgo?”

“È opinione condivisa che il processo di reintegro del Capitano dovrà avvenire in modo graduale.” Continuo a spiegare, mentre leggiucchia il rapporto nel dossier senza curarsi delle impronte di unto con cui impiastriccia i fogli: “Ci vorrà molto tempo.”

“Non possiamo fare altrimenti, nel 75% di pazienti risvegliatisi da stadi di coma molto lunghi i cambiamenti di spazi, luoghi e persone hanno portato a comportamenti psicotici cronici come ansie da prestazioni, disturbi nella sfera della comunicazione e manie di persecuzione. E questo parlando di persone restate in coma per dieci, quindici anni; immaginiamoci qualcuno rimasto in stasi per settanta! Soprattutto qualcuno con forza e poteri pari a quelli di Captain America. Con tutto il rispetto, Signore, ma abbiamo già il fiato sul collo di un bestione verde sovente in Berserk… metterci anche un’icona nazionale mi parrebbe un po’ troppo.”

“Non osare paragonare Captain America all’Hulk!” L’espressione di Coulson è più che oltraggiata: freme premendo le mani contro il vetro fulminandomi con lo sguardo. “Il Capitano è un eroe, un uomo con saldi principi morali, votato alla difesa della nazione e delle persone che la abitano. Non agirebbe mai per danneggiarla!”

Coulson, stai calmo. Borgo ha solo esposto la probabilità più remota e difficile, e sai bene che dobbiamo essere preparati al peggio. Buone queste patatine, continua pure.”

“Il Risveglio sarà la chiave di tutto: per le prime ventiquattro ore il Capitano dovrà essere circondato solo da oggetti a lui famigliari. In parole povere, dovremo costruire un piccolo set anni ’40, perfetto in ogni suo dettaglio. Anche le persone che entreranno nella sua stanza dovranno indossare abiti ed avere comportamenti consoni allo stile dell’epoca. Dopo le prime ventiquattro ore potremo introdurre le nozioni degli ultimi accadimenti: è importante che sia seguito passo dopo passo in questo processo. Un trauma da risveglio può davvero compromettere le sue capacità psicoreattive. Questa, ovviamente, è tutta teoria: magari il Soggetto è talmente eroico da prevaricare qualsiasi legge della psicologia moderna, purtroppo non esistono precedenti per un simile evento.”

“Se devo essere sincero, Borgo, tutto ciò mi pare una grandissima stronzata.

“Supponevamo che questa fosse la sua opinione, Direttore, per questo hanno mandato me a parlargliene: non so se è perché sono in genere abbastanza convincente o perché nessuno aveva intenzione di rischiare le chiappe.”

“Direi per la seconda. In ogni caso, se voi strizzacervelli pensate che possa essere di fondamentale importanza allora procedete pure. Di psicologia ed affini non me ne frega un cazzo.”

“Perfetto, Direttore. Può firmarmi il protocollo per accettazione, per favore? Ecco, qui in fondo…e poi qui e poi…

“Borgo, quella è una richiesta di licenza. Te la firmerò a risveglio positivamente concluso.”

E ti pareva? Storco le labbra. “Grazie, Direttore.”

 

 

“Quindi dovremo agghindarci come Pin Up anni ’40, anche solo per entrare dieci minuti?” Alla Hill proprio non va giù l’idea di dover rinunciare alla sua pratica tuta per vedere dal vivo Captain America.

“Pin Up? Il Capitano potrebbe trovare quanto meno fuori luogo la presenza di ragazze in costume da bagno in una stanza d’ospedale. Stando a quello che dice il suo biografo – Coulson - non era neppure un uomo molto di spirito, quindi non la prenderebbe sul ridere. Negli anni ’40 le donne avevano classe ed eleganza; avete presente Ingrid Bergman e Rita Hayworth? Ecco, quel genere di donna. Vestiremo vecchie uniformi militari femminili, molto semplici e di impatto famigliare per il Capitano Rogers. E staremo nella stanza solo per tre minuti, giusto perché lo possiate vedere da vicino.” Natasha mi domanda quanto ci sia stato Coulson. “Anche lui per non più di tre minuti. Ventisette volte, però.”

 

“Beh, in effetti è molto bello. Incarna la perfezione propagandistica del Sogno Americano, non trovi?”

“Sì, è superiore alle media. Ma non sarà lui a farmi diventare bisessuale.”

“Frenate l’entusiasmo, vi prego.” Commento sarcastica: “Posso ricordarvi, signorine, che il suo straordinario aspetto fisico è stato reso possibile da un siero? Se volete vedere il suo aspetto fisico prima del trattamento, ecco la foto del suo dossier.” Infilo la foto tra le due teste, piegate a studiare attentamente il Capitano Steve Rogers privo di sensi, e la Hill la prende tra le dita piegando la testa di lato per studiarla meglio ed increspando sopracciglia e labbra in una smorfia di disapprovazione: “È rachitico.”

“Non mi stupisce che abbia provocato una tale mutazione” asserisce Natasha: “il Siero del Supersoldato è tutt’ora il composto biochimico più avanzato che sia mai stato prodotto. Non è mai stata possibile conoscere la sua esatta formula, perciò tutti i tentativi di imitazione che ne sono seguiti sono stati nettamente inferiori di efficacia e qualità.” Hill ne è impressionata e commenta positivamente la cosa, ma Nat le restituisce un’occhiata gelida:“Nei vari tentativi di replicarlo, si stima che siano state sacrificate più di un centinaio di cavie umane da svariati laboratori presenti in numerose nazioni, e nella maggioranza dei casi non si trattava di volontari. Ed una percentuale composta da circa il 47% erano individui di sesso femminile di giovane età, considerati che i test primari avevano stabilito che i cromosomi femminili erano più adattabili ai rafforzamenti del siero.”

“Gran fregatura il multitasking femminile, lo dico sempre.” Sospiro sarcastica cercando di alleggerire il discorso. “Suvvia ragazze, ridatevi contegno e smettetela di mangiarvelo con gli occhi.”

“Senti chi parla!”

È vero, non riesco a smettere di fissarlo: la linea pura e solida delle spalle e dei bicipiti, la mascella volitiva; mantiene un’espressione seria e composta anche nel suo sonno decennale. “Però deve avere un gran bel sorriso.” Mi siedo sul bordo della brandina cercando di vincere la tentazione di allungare la mano e accarezzargli i capelli color del grano: “I parametri vitali sono ottimi e reagisce a stimoli neurologici. Lo staff del comparto medico –scientifico concorda sull'imminenza del risveglio. La domanda che mi pongo è solo una”

“Come reagirà?” suggerisce Natasha.

Scuoto la testa.

“Se soffrirà di amnesie?”

Scuoto di nuovo la testa: “Il Siero del Supersoldato avrà ingrossato tutti i muscoli?” Lancio alle mie compagne un’occhiata di intesa e loro se ne scambiano una allarmata. “Addison, no.”

Eddai! Hill, tu fai da palo sulla porta, tanto queste cose non ti interessano, mentre io e Nat…

Addison, NO.”

“Non ditemi che non siete curiose…

“ADDISON, NO!”

“Perché dovrei guardargli il pene a tradimento?” sbotta Natasha incrociando le braccia: “È considerato un reato sessuale, sai?”

Andiamo… hai mai sentito un uomo lamentarsi per questo?”

“No, ma se avessi il pene mi darebbe parecchio fastidio che una sconosciuta lo ammirasse mentre sono incosciente.”

“Questa sì che è empatia, brava Romanoff!”

“Grazie Hill.”  

“Ragazze, è il pene di Captain America… Quando ci capiterà un’occasione simile?”

“Un’occasione simile per cosa?”

 

Appunto. Coulson entra nella finta stanza d’ospedale con un mazzo di rose bianche in mano e l’aria da finto tonto: conoscendoci ha perfettamente capito l’argomento di conversazione eppure, stranamente, non ha cercato di aprire la gola di nessuna nel tentativo di preservare la purezza del suo idolo.

La superiorità numerica deve averlo scoraggiato.

Imita un sorriso innocente e mette i fiori in un vaso di ceramica sul cassettone.

Natasha trova la cosa decisamente divertente: gli angoli della bocca le si piegano appena all’insù. “Phil Coulson, sei un vero cavaliere, il Capitano Rogers è davvero un uomo fortunato.”

“Si fa quel che si può per rendere accogliente il suo rientro nel mondo.” Ribatte lui cercando di trattenere un sorrisetto nervoso: “Sarà un evento straordinario. Sarebbe bellissimo presenziare, non trovate? Ed invece pare che saremo tutti quanti fuori sede, tra poco.” Gli restituiamo uno sguardo interrogativo e Coulson finge infame sorpresa: “Ma come, Fury non vi ha ancora brieffato?”

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo guardando di sbieco la Hill, che alza le spalle e dichiara: “Momento di pausa finito, signorine. Torniamo ai nostri doveri e togliamoci questa roba di dosso: sa di naftalina da far schifo, un giro in lavatrice potevano almeno farcelo fare.”

“Non sono certa esistessero le lavatrici negli anni ’40.” Commenta laconica Natasha dirigendosi verso la porta.

Lancio un’ultima occhiata al Capitano, rialzandomi da letto. La prossima volta che lo vedrò sarà sveglio – di che colore ha gli occhi? Azzurri, no? – e probabilmente spaesato. Toccherà a me introdurlo a questo mondo?

Non sarà un’impresa facile, ma quasi quasi ci spero in questo incarico.

“Abbi cura di lui, Coulson” Ironizzo.

 

Coulson non resta che per quasi un minuto in più nella stanza. Sono certa che la contemplazione del suo idolo sia stata qualcosa di misticamente simile a quella di una qualsiasi reliquia di un santo miracoloso. Dopodiché si è girato e nell’uscire ha avuto cura di accendere la Remington rivestita di legno sul comò, vicina al vaso di rose bianche, in modo che il Capitano ritorni al mondo con la radiocronaca della gloriosa vittoria della terza National League dei Brooklyn Dodgers.

Datata 1941.

Che Steve Rogers aveva visto dal vivo.

E che ricordava perfettamente.

 

Se ci fossi stata io al suo risveglio, avrei avuto il sangue freddo di inventarmi una scusa plausibile sul momento: per esempio che la WNYC si era messa a trasmettere le repliche delle partite più importanti degli ultimi campionati.

Purtroppo io ero a Francoforte e per dargli il ‘Bentornato’ hanno fatto entrare per chissà quale motivo una cretinetta della cricca plancistica della Morse, con quel simpatico risultato a tutti noto.

Ad onor del vero, il Capitano non sembra aver riportato grossi traumi psicologici: articola parole di senso compiuto, a parte il primo e comprensibile attacco di panico al risveglio non ha più avuto scatti d’ira nei confronti di terzi e non soffre di cefalee o amnesie.

I primi report parlano di uno stato di malinconia reattiva che cerca di superare con le proprie forze, questo è un ottimo inizio e non vedo l’ora di conoscere il Capitano di persona.

Purtroppo questa analisi positiva del soggetto ha portato Fury ad avvalorare la sua tesi che ‘Le idee di noi strizzacervelli sono tutte una marea di cazzate’.

Niente giorni di licenza per la sottoscritta e fondi tagliati per il comparto di Ricerca, Addestramento e Qualifica del Personale.

Che si fotta quella stronza della Morse e le sue gallinelle insulse.

 

 

 

Ed eccoci di nuovo con una nuovissima stronzata! (Per dirla alla Fury).

Grazie ancora a chi, nonostante l’estate, ha il tempo e la voglia di seguire questa valanga di sciocchezze!

Grazie, Grazie, Grazie!

Teoricamente, la sezione ORIGIN finisce qui, ma non si può mai dire. Sono una cinna volubile, ahimè!

Due note: Grant Ward è uno dei protagonisti del telefilm SHIELD, che vedremo in autunno (Non vedo l’ora! Coulson LIVES!!!!)

La Terza Vittoria della League da parte dei Brooklyn Dodgers (Ora Los Angeles Dodgers) è avvenuta davvero nel 1941, e ho immaginato fosse questa la partita vista (e poi risentita alla radio nella scena finale del film) da Steve, visto che i Dodgers erano appunto la squadra di Brooklyn ed in quel periodo vivevano il loro momento di Gloria.

Non so se la Radio sia davvero una Remington, ho cercato e ricercato ma il modello del film non sono riuscita a trovarlo. Immagino che la marca sia quella perché era il brand più usato all’ora.

Grazie, Grazie Grazie ancora!

Alla prossima,

EC.

 

PS: come sempre, per ogni curiosità, replica o solo per far due chiacchiere, il mio ask è:

http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos

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Capitolo 6
*** Shades of Mischievousness ***


The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

 

PART: EVER AFTER

6 - Shades of Mischievousness

 

And evil takes a human form in Regina George. Don't be fooled because she may seem like your typical selfish, back-stabbing slut faced ho-bag, but in reality, she's so much more than that.

[Mean Girls]

 

Dire che l’ultima missione è andata di merda sarebbe un eufemismo, non vedo Loki da un mese, ho parcheggiato un elicottero da 15 milioni di dollari non equipaggiato per un ammaraggio nell’Atlantico – ma dico, 15 milioni e affondi più velocemente di un sasso? – quello stronzo del mio trombanemico non si fa vivo da un mese, e durante il successivo inseguimento tra le vie di Oporto mi si è rotto il tacco dei miei stivali preferiti e non c’era nessun semidio nei paraggi che posasse le fameliche labbra sulla mia caviglia storta.

La lavata di capo di Fury è stata e-po-ca-le. Una S-Fury-Ata simile non si vedeva da anni. Perché sì, capita che una missione possa non andare esattamente per il verso giusto e può benissimo succedere che sia necessaria una mini sparatoria tra gli strettissimi vicoli del Ribeira, ma fare inabissare un elicottero da 15milioni è troppo anche per un membro dei Vendicatori.

E sì che la mia fama di pessima pilota è ben nota, non capisco perché si sia scaldato tanto. In fondo ero anche senza carburante e non ho ammazzato nessuno!

L’apoteosi della Giornata di Merda Perfetta raggiunge il suo culmine alla sera, quando sono più stanca, vulnerabile e francamente scazzata.

Lascio Morrigan, il mio Corvo, a riposarsi nel mio alloggio dell’Helicarrier e mi concedo una doccia negli spogliatoi femminili sperando di incrociare la Hill o comunque un viso famigliare che mi faccia alzare l’umore e scordare di essere in Lokiastinenza.

 

Per la legge di Murphy, a cui pare che sia stata consacrata alla nascita, non faccio neppure in tempo ad asciugarmi che mi ritrovo praticamente circondata dalle Plancists, le cagnette della Morse in Sindrome Premestruale perenne. E, toh, ecco la testa di Regina George comparire nella sua sfavillante, bionda e gloriosa stronzaggine: Bobbi Morse si fa largo tra le sue amichette e mi fissa con un sorriso spudoratamente crudele avvolta nel suo accappatoio rosa.

Inizio a capire come ci si debba sentire ad essere un personaggio di The Walking Dead.

Ho anche un po’ nostalgia dei Chitauri.

 

Vesto la migliore e scocciatissima faccia di bronzo che due notti insonni, un livido sullo zigomo e la pelle secca posso donarmi e le restituisco lo sguardo con la schiena appoggiata alla fila di armadietti con le braccia conserte.

Il Liceo non finisce mai, già.

“Allora, Borgo, ho assistito in diretta alla tua ultima prodezza. Notevole” batte le mani perfettamente curate – fanculo, le mie unghie sono un macello – allargando il sorriso. “Ho diretto personalmente le operazioni di recupero: se le tue chiappe ora sono qui al sicuro lo devi a me, lo sai vero?”

“Hai fatto solo il tuo dovere. In ritardo, tra l’altro. Ho il sospetto che se la nave traino fosse arrivata mezz’ora prima si sarebbe potuto salvare anche l’elicottero. Ma immagino che lo smalto sulle unghie non si fosse ancora asciugato.”

Una Plancist asiatica fatica a trattenere una risata, la bionda alla sua destra la fulmina con lo sguardo; gli occhi della Morse diventano due fessure minacciose: “Sei una piccola stronzetta ingrata. Dovresti abbassare la cresta, signorina: non ti trovi in una posizione favorevole per un qualche merito o per una qualche tua capacità che hai sviluppato, ma perché sei un piccolo mostriciattolo dalla nascita, in cui Fury finge di avere fiducia solo ed esclusivamente perché sono di suo gradimento i fenomeni da baraccone e li reputa utili.”

Respira, Addison. La bastarda vuol vederti sbottare, non darle questa soddisfazione.

“Verrà il giorno che si stuferà di avere tra i piedi una piccola piattola logorroica e indisciplinata come te e ti farà toglierà di mezzo.”

Calma, Addison. Trova qualcosa di forte con cui ribattere, non permettere di farle vedere quanto ti abbia punta sul vivo. Ma perché proprio oggi dovevo trovarmela davanti?

Quando quel giorno arriverà, stai ben certa che sarò in prima linea per vedere la tua disfatta, GreyRaven. Chi chiamerai nel momento del bisogno? La tua amichetta con i braccialetti elettrici o il tuo fidanzato pluriomicida?”

D’accordo, Morse, ora hai esagerato.

Faccio un passo in avanti. Due. Tre.

Indietreggia senza abbassare lo sguardo.

Quattro, cinque.

Carico il pugno quando la sua schiena è appoggiata alla fila di armadietti, gli occhi sui miei a sfidarli ed il sorrisetto di chi ha salda la situazione.

Povera stronza illusa.

PUMM!

Il colpo buca lo sportello dell’armadietto.

Quello della Hill.

 

“Mi spieghi come mai hai sempre una scorta di banane lì dentro?”

“Perché in mensa non ci sono mai e sono un toccasana per la salute. Anche per l’umore, sai? Una ricerca ha dimostrato che dopo aver mangiato una banana, le persone che soffrono di depressione si sentono meglio.”

“Per me non è una novità. È che mi avevi convinto di essere dell’altra sponda…

“Cielo, Addison! Stai davvero scadendo!”

 

Estraggo il pugno dallo sportello restituendo alla Morse il sorriso e quando le prendo la mano inizialmente non capisce cosa le stia posando sul palmo; quando china lo sguardo e trova la banana la sua espressione risoluta e maligna si trasforma in una confusa e sbalordita. La mia, invece, è affabile e cordiale quanto la mia voce: “Prendine in abbondanza, è un toccasana per la salute fisica e mentale, soprattutto per l’umore. Una ricerca ha dimostrato che assumere banane– di qualsiasi genere ed in qualsiasi modo – migliora l’umore e riduce lo stress. Mi raccomando, tante e belle grosse, ne hai bisogno.”

Questa volta non è solo la Asian-F del gruppo a trattenere una risata.

Alzo la testa, scrollo fiera la chioma, recupero la borsa, ed esco gloriosamente dallo spogliatoio.

Solo dopo la prima curva mi rendo conto di essere ancora in accappatoio.

Porcamiseria!

 

 

“Sì, ti dico! Quello è stato un agguato premeditato in piena regola!” Sbuffo e mi lascio cadere sullo sgabello della cucina. Davanti a me, Natasha beve un altro sorso di birra e scuote la testa: “Dovresti fare rapporto a Fury.”

“Oh sì, certo! Vado a dirlo a ‘Paparino Nick’, così le manda a letto senza cena. Natasha, si vede che non hai frequentato il liceo, queste situazioni stupide erano all’ordine del giorno. Le bulle hanno la loro squadra? Ebbene, io sarò pur da sola, ma valgo più di tutte loro messe insieme!”

“Tu non sei da sola: Ci sono io. Lascia solo che i Morsi finiscano di caricarsi e…

“No, no. La violenza non serve, non ora almeno.” Passeggio per la cucina grattandomi il mento pensierosa, alla ricerca di una qualche idea eclatante e disarmante con cui colpire la Morse.

Alza le spalle: “Non capisco, l’hai già lasciata a bocca asciutta: hai vinto, no? Cosa vorresti fare?”

“Voglio schiacciarla. Voleva sferrare un colpo basso, ed io voglio restituirgli un gancio in pieno viso.”

“Guarda che è quello che hai fatto.”

Appoggio le mani sul tavolo, talmente risoluta che Natasha sposta la bottiglia di birra per salvarla da un sicuro rovesciamento: “Tenterà di farlo di nuovo! E questa volta alzerà la posta. Lei non si lascia sconfiggere tanto facilmente, è un osso duro. Ma finché c’è un’onesta competizione mi sta bene, sono gli attacchi infami che mi fanno andare fuori di testa.”

“Credi davvero che qualcuno ti reputi un mostriciattolo che non merita di essere nei vendicatori o nello S.H.I.E.L.D.

“Può essere.”

Addison, è solo invidia, la conosci…

“Voglio essere inattaccabile ai suoi occhi.

“Lo sei.”

“Non abbastanza!”

Rotea gli occhi e si abbandona allo schienale della sedia: “E sentiamo, che bel piano avresti in mente? Cospargerle di colla la sedia? Scrivere sui muri ‘Bobbi Morse puzza?’ Metterle il dado da brodo nella doccia?”

“Ammettilo, quella è stato un bello scherzo.”

“Sì, è vero, anche se per togliere l’odore di gallina dai capelli di Clint gli ho dovuto fare quattro shampoo. Oh, andiamo, sei solo stanca e un po’ arrabbiata. Ma se proprio vuoi fare qualcosa, potremmo provare a chiedere consiglio a qualche vulcano di idee. Tipo Stark.”

“Piuttosto che dovere un favore simile a Stark vado in giro con un cartello appeso al collo con scritto ‘Sono un piccolo mostriciattolo raccomandato’.”

“Oh allora chiedi pure al tuo tromba nemico caratteriale” sbotta ironica “Lui sì che ci sapeva fare con le rivincite!”

“Beh certo, come se bastasse inginocchiarsi a terra, alzare le braccia al cielo e gridare ‘Oh, potente Loki, Dio del Caos, ascolta la mia preghiera e vieni in mio soccorso!’”

La luce del lampadario sfarfalla.

Avverto una piccola vibrazione, la collezione di bicchieri di boccali di birra di Clint tentenna sulla mensola.

Sul suo trespolo, Morrigan se la fa addosso.

Poi le luci si spengono e la porta del frigorifero si spalanca.

 

Se l’interno è incendiato e una bestia chiama Zuul, giuro che mollo tutto e mi trasferisco ad Honlululu seduta stante, via teletrasporto.

 

Ho la mascella che praticamente tocca terra.

La bottiglia di birra di Natasha sfida la forza di gravità restandole in bilico tra l’anulare e il pollice.

Pensavamo di essere abituate a vedere qualsiasi tipo di cosa – alieni su navicelle fluttuanti, teletubbies sotto anfetamine, Na’vi surgelati e imbufaliti – ma la scena a cui stiamo assistendo è troppo anche per noi.

Tu…Nat è la prima che riesce ad articolare una parola di senso compiuto – seppure sia semplicemente un monosillabo: “Tu sei uscito dal nostro frigorifero”

 

Le labbra sottili di Loki si tirano in un sorriso di divertito. Getta un’occhiata di compatimento alla mia amica e poi si avvicina e mi appoggia l’indice sotto il mento, alzandolo delicatamente a chiudere la bocca: “Rispondo sempre alle accorate preghiere a me rivolte” sogghigna, gli occhi verdi e brillanti su di me ed il pollice fresco ad accarezzarmi la guancia.

“Dalla velocità con cui hai risposto, oserei dire che non sei esattamente oberato di lavoro” Oh sì, Nat si è proprio ripresa: alza la bottiglia di birra verso Loki, che la fulmina per un istante con lo sguardo, e poi chiude lo sportello del frigo lasciato aperto dall’improvvisa apparizione divina dopo di averci gettato un’occhiata dentro.

Romanoff, ci puoi scusare?” sibila Loki.

No

“Come, prego?”

“No, non vi scuso: siete nella mia cucina, ho intenzione di cenare ed esistono altre stanze per sbaciucchiarvi; ammesso che sia questo che facciate di solito e non, come temo, una partita a Risiko Live con l’Universo come posta.”

Ne approfitto del secondo di perplessità di Loki per prenderlo per mano e bofonchiare un “Seguimi”.

Mentre lo trascino quasi di peso fuori dalla cucina, mi pare di vedere con la coda dell’occhio Natasha alzare il medio.

 

Dietro alla porta chiusa della mia camera riesco finalmente a riprendere facoltà di parola: “Bastava questo per farti comparire?”

Loki annuisce compiaciuto nel suo sorrisetto sardonico: “Sinceramente non mi aspettavo un richiamo così sentito. Mi hai stupito ed ho ritenuto opportuno palesarmi a te nel minor tempo possibile, Addison.”

Oh cavolo, come mi mancava il modo in cui pronuncia il mio nome.

Non lo dice mai ad alta voce, è sempre un sussurro roco che mi fa rabbrividire. Posa le mani sul mio viso ed avvicina le labbra per un bacio, che schivo lasciandolo interdetto. Aggrotta le ciglia e poi rotea gli occhi quando ammetto che in realtà la preghiera accorata era una pantomima ironica che stavo inscenando con Natasha: “Non fraintendermi, sono più che felice di vederti qui, anche se potevi farti vedere un po’ prima. E senza violentarmi il frigorifero.”

“E se fossi comparso quando ne avevo intenzione mi avresti accusato di venire solo per mia comodità, magari scacciandomi dal letto.” Scusa? Quando mai l’ho fatto? “Smetti con lamentele e rimostranze.” Questa volta non scanso le sue labbra, le lascio libere di trovare e premere sulle mie. Mi cinge con le braccia ed io lo stringo a me, invitandolo ad appoggiarmi alla porta.

Eppure Loki pare indugiare.

Curioso. Solitamente a quest’ora mi ha già semistrappato i vestiti di dosso per cercare quanta più pelle possibile.

“C’è qualcosa che non va?” Scuote la testa. “Mi sembri… poco a tuo agio.”

Sbuffa: “Come fai tu ad esserlo con la tua amica che orecchia dall’altro lato del muro?”

Ah, ecco perché. Sì, Loki sa essere incredibilmente riservato per certe situazioni. “Guarda che non c’è problema.” Lo rassicuro. “Vuoi che se ne vada?” Annuisce. “Bene, allora stai a vedere.” Sbatto la schiena contro la porta ripetutamente, simulando gemiti accompagnati da gridolini di piacere.

Ci vogliono circa dieci secondi prima di sentire i passi di Natasha attraversare velocemente il corridoio e l'annuncio del proposito di andarsene in palestra.

Il tonfo della porta d’ingresso che si chiude sottolinea la sua uscita.

“È la sceneggiata più imbarazzante a cui abbia assistito” Borbotta Loki, le guance rosate. “Sei pregata di non inscenarla mai più, mi ha fatto passare qualsiasi appetito.” Alzo le spalle, prima di gettargli le braccia al collo, ma lui si scioglie dal mio abbraccio e si scosta dandomi la schiena: Quando si siede sul letto ha in mano un brick di the freddo e lo sorseggia dalla cannuccia.

E quello da dove viene? Ah, già, è vero: è uscito dal mio frigo.

“Allora, per quale motivo mi hai invocato?”

Alzo le spalle e mi siedo accanto, accavallando le gambe nella chiara intenzione di fargli passare il broncio: “Una sciocchezza” Spinge via la gamba che sfiora il suo ginocchio e continua a fissarmi in attesa di una mia risposta, deciso a farsi i fatti miei. Sospiro: “Io e Natasha stavamo parlando di una nostra collega che ha tentato di fare la bulla con me e…

“Vuoi che la uccida? Se l’offesa arrecata è stata grande, è tuo diritto chiedere di risolvere tramite un duello e…

“Non da queste parti. È pressoché illegale e sono quasi certa Fury si incazzerebbe parecchio – lo è già abbastanza con la sottoscritta – volevo solo… umiliarla un pochino, ecco. Ma sono un po’ stanca e a corto di idee.”

“Potresti uccidere la sua famiglia. Se l’offesa è stata davvero così grande…

Sospiro: “Qualcosa che non comprenda un omicidio, un genocidio o l’avvento di un’apocalisse ce l’hai nel repertorio? Escludi anche rasare i capelli, quella è vecchia.”

Loki incrocia le gambe sul materasso e si sorregge il mento con una mano, tamburellando pensieroso le dita della sinistra sul ginocchio, pensieroso. Dopo pochi secondi sbotta che i miei incomprensibili limiti tolgono gran parte del divertimento.

Cosa dovrebbe dire la sottoscritta, appena accusa di essere un’azzeralibido?

 

“Ciò che dovresti fare” Da come si è scofanato le alette di pollo in salsa di soia, più che alle mie di preghiere Loki deve aver risposto a quelle del suo stomaco. Non l’ho mai visto mangiare così di gusto, non ha neppure recriminato sul dover toccare il cibo con le mani come invece gli avevo visto fare su Asgard. “È sfruttare qualche tua competenza. Con il potere si può fare tutto, e se non ce l’hai, fai in modo di farle credere che tu ce l’abbia. Davvero, non vedo quale sia il problema. In genere hai una notevole fantasia per quanto concerne tiri mancini ed inganni, temo stia perdendo il tuo smalto, potrei preoccuparmi. Mangi anche quelle?”

“Lascia perdere, sono piccanti. L’ultima volta che Thor ha assaggiato cucina TexMex è stato male tutta notte e ha fatto precipitare mezzo metro di grandine a Midtown. Evidentemente voi asgardiani non siete abituati a questo genere di cibi.”

Scoppia a ridere ed allunga una mano in direzione del mio piatto: “Thor è un asgardiano. Io no” mi ricorda, rubandomi un’aletta ed addentandola con gusto.

 

Il mazzo di chiavi di Nat centra perfettamente la padella crivellata dai proiettili che usiamo come cestino porta oggetti: “Allora, se ne è andato?” domanda chiudendosi la porta alle spalle.

Scuoto la testa versando l'acqua calda del bollitore in una tazza ed aggiungendo la bustina della tisana alla menta che mi ha consigliato Bruce contro i bruciori di stomaco quando l'ho chiamato praticamente in panico mezz'ora prima. Mezzo cucchiaino di miele di castagno e fornisco anche una spiegazione a Natasha, che mi fissa scocciata sulla soglia della cucina: "Ha mangiato piccante."

Alza le braccia al cielo, impreca in russo, sospira e tira un piccolo calcio alla sedia: "Chiamo rinforzi?"

"Naah, è tranquillo" mi lancia un'occhiata perplessa "Beh, nel senso che non ha ancora ammazzato nessuno. Ora si prende questa tisanina e vedrai che passa. E magari si combina pure qualcosa, stasera."

"Perché non ci abbiamo pensato prima? Abbiamo lasciato che distruggesse Manhattan quando invece potevamo semplicemente accendere il bollitore." Ignoro il sarcasmo e le ricordo che le soluzioni più semplici in genere si rivelano le più efficaci. "E allora infilaci dell'arsenico, lì dentro."

"Nat, ricordo male o eri tu quella che mi aveva assicurato che non avrebbe intralciato la mia relazione trombanemichevole in corso?"

"Infatti sto solo proponendo soluzioni ottimali e definitive. Tutti hanno bisogno di sicurezze, a me le danno le soluzioni definitive. Quelle che poi si concludono con un corpo in rigor mortis a sei piedi sotto terra."

 

Loki è coricato sul letto, rannicchiato su se stesso con il cuscino stretto sulla pancia, più terreo del solito con la fronte imperlata di sudore sotto un casco di capelli arruffati. Senza casacca e stivali assomiglia più ad una rockstar in astinenza da droghe che ad una semidivinità caotica, terribilmente permalosa e delicata di stomaco.

Mi siedo sul bordo del letto e gli allungo la tazza di tisana che fissa sospettoso: "Niente veleno né cose piccanti, solo menta e miele di castagno: Banner mi ha assicurato che farà benissimo, e dato che ho evitato di fornirgli il nome del paziente sono sicura che mi abbia dato un buon consiglio." Si mette a sedere soffocando un piccolo gemito appoggiando la schiena contro la testiera del letto e prende la tazza dalle mani, soffiando per raffreddarla per poi sorseggiarla. "Buona?" Piega la testa di lato con una smorfia di sufficienza.

Getto via le pantofole e mi siedo al suo fianco a gambe incrociate. Dopo qualche minuto di silenzio gli chiedo se la situazione stia migliorando. Altra smorfia di sufficienza.

Tuttavia finisce la tisana e poi si accomoda sui cuscini, allungando un braccio per passarmelo attorno alle spalle ed attirarmi a sé. "Direi meglio, allora" concludo, stampandogli un bacio sulla guancia che gli fa piegare insù un angolo della bocca.

"Allora, sei giunta ad una conclusione?" Intercetta il mio sguardo dubbioso "Per il tuo proposito di vendetta."

Ah, già, è vero. "Me l'ero scordata" rispondo con un gesto di noncuranza. "Ero un po' troppo impegnata a cercare un rimedio contro il tuo pancino in fiamme."

Storce la bocca: "Prova a deridermi con i tuoi amici, e saranno guai seri per te."

"Tremo di paura!"

Rotola su un fianco e poi su di me, gli occhi e le labbra ad un millimetro dai miei: "Dovresti."

Uh, direi che la tisana alla menta ha fatto davvero un ottimo effetto "Tu dici, Loki?"

Da come noto, il modo in cui pronuncio il suo nome fa lo stesso effetto che fa su di me: da egocentrico qual'é, letteralmente adora sentirsi chiamare. Gli piace l'inflessione della L, liquida come quella di lecca lecca (Nabokov docet), come lo arrochisco nell'intensificare del piacere e come lo sospiro nella beatitudine assonnata del dopo.

Percorre la mia gola con un bacio, scivola lungo i miei seni ed il ventre.

Ah, la lingua d'argento di Asgard, un vero toccasana per la Lokiastinenza!

 

"Natasha, sei ancora qui?"

Il tapis roulant corre veloce e Natasha sopra alza una mano sudata come cenno di saluto. Pepper, in calzoncini e top da ginnastica, appoggia su una panca l'asciugamano nero ed attraversa l'Avenger Gym nella sua direzione. "Non dirmi che è ancora..."

"Già."

Alza gli occhi al cielo, poi chiede a J.A.R.V.I.S. di passargli i badge. "Immediatamente, Signora Stark."

"Grazie, J.A.R.V.I.S."

"Signora Stark... e manca ancora un mese!" commenta Natasha con un sorrisetto, senza diminuire l'andatura.

Pepper alza le spalle: "Intendo mantenere anche il mio cognome, ma sai quanto a Tony piaccia prendermi in giro." Un piccolo pannello scorre nella parete e ne estrae un badge che passa a Natasha: "Volevamo farvi una sorpresa durante la scorsa riunione nella Lounge, ma poi quella partita di Poker è andata per le lunghe, con Bruce che se l’è presa e quelle contorsioniste che sono entrate all’improvviso e..."

Natasha ferma il tapis roulant e studia il badge. C'è il suo nome, la sua foto ed il suo nome in codice: "...Sarebbe?"

"Livello Residenziale Nr 2, 97esimo piano, troverai il tuo logo e quello di Barton sulla porta. Vi abbiamo assegnato il loft più grande, visto che sarete in due. Jacuzzi con cromoterapia e aromaterapia e libero accesso alla selezione di vini di Tony. Buon Relax Natasha!"

 

"Loki..."

"Mmmm?"

"Ho pensato che non ho bisogno di vendicarmi per una simile sciocchezza."

"... Mmmmm..."

"Lei è una stupida bionda zitella inacidita, io una bomba sexy che va a letto con un semidio spaventosamente e lugubremente affascinante e di cui ne è immensamente soddisfatta."

".... Mm!"

"Io sono già superiore a lei, e lo dimostro ogni volta che quella gallina apre bocca. La sua è solo invidia, e allora sai che dico? Che mi invidi pure! Io merito di essere invidiata, io sono..."

"Logorroica. Decisamente."

 

Il mattino ha l'oro in bocca.

Ma io rifulgo d'oro, questa mattina.

Praticamente, è come se avessi la scritta COITO in tutte le lingue del mondo proprio sopra la mia testa. Atterrata nuovamente sull’Helicarrier, attraverso il corridoio ancheggiando spudoratamente nella mia tuta d'ordinanza e tacchettando nei miei stivali nuovi.

Mi tolgo gli occhiali da sole solo una volta entrata nello spogliatoio, dove mi sfilo anche il chiodo di pelle e lo appendo all'interno del mio armadietto.

"Non è possibile, NON E' POSSIBILE!!! NON ANCHE QUI, NON ANCHE QUI!"

Hey, sbaglio o questa è una crisi di nervi in corso? E a chi cavolo appartiene questa fastidiosa vocetta acuta?

"Ti prego, cerca di calm-"

"No, che non mi calmo, NO! Come posso calmarmi dopo TUTTO quello che mi sta capitando? Ho qualcosa che non va, lo sapevo, lo sapevo che a stare a contatto con simili scherzi della natura sarei diventata-"

"Bobbi, non dire sciocchezze, ti prego..."

Bobbi? Bobbi ovvero Bobbi Morse? Ovvero Barbara Morse? Oh no, questa non me la voglio perdere.

Mi avvicino alla zona docce dove provengono le voci, e mi appoggio al muro d'entrata: "Tutto questo baccano e non sono neppure le 9 di mattina. Si può sapere che sta succedendo?"

La Morse compare da sotto una doccia, cianotica nel suo accappatoio rosa. Mi punta il dito contro con occhi assassini iniettati di sangue: "TUUUUUUUUU!!!" Due sue bionde comari si lanciano per bloccarla, la Asian F del gruppo invece si allontana con me.

"È un po' sotto stress, ecco..." la giustifica. Poi getta uno sguardo dalle docce, mi fa cenno di seguirla verso un angolo più appartato e mi confida a bassa voce: "E' da questa mattina che le succedono di tutti i colori. Non può avvicinarsi ad un elettrodomestico che questo... impazzisce! La macchinetta del caffè in Sala Ristoro ha iniziato a spruzzare caffè dovunque, sembrava un geyser! E quando ha acceso il terminale della sua postazione è comparso il Marchio Nero... sì, quello di Voldemort - ed il monitor è esploso! E poi il ghiaccio nei corridoi... ed ora la doccia gelata...!"

"Oh, povera Bobbi" faccio fatica a trattenermi dalle risate. Da tanto che mi mordo il labbro inferiore devo essermelo tagliato: "Forse è il caso che segnali questo suo disagio al dipartimento di Ricerca, Addestramento e Qualifica del Personale, non trovi? Sarà il caso che ripeta i test psicoattitudinali e la prova da stress.”

“Hai ragione. Vado ad avvertire-”

“Se permetti ci penserò io. Dopotutto l’integrità psicofisica degli agenti attivi e del personale generico dello S.H.I.E.L.D. è anche di mia competenza. Avendo assistito in prima persona all’evento me ne farò carico io.”

Asian- F sospira un “Meno male che ci sei tu, Borgo” che mi fa arrossire di falsa modestia.

 

Meno male, davvero, che Loki di buon umore sia meno pericoloso del solito.

Devo ricordarmi di ringraziarlo per avermi servito questa ghiotta occasione su un piatto d’argento.

 

 

Ed ecco finalmente la parte EVER AFTER (Anche se questa è ambientata prima della Pepperonyata dell’Epilogo di TS:W – NO, non ditemi che questo era uno spoiler! XD) e la prima FrostRaven (Wow, come suona bene!) di questa raccolta!

Un paio di note: ovviamente il Frigo/portale è tratto da Ghostbusters, mio amatissimo film da che sono al mondo.

Il Termine Plancist richiama il gruppetto nominato Plastics nella versione originale di Mean Girls, di cui Regina George era la capa incontrastata e da cui è tratta la citazione in alto.

Povera Bobbi, che nel Comic!Verse è una buona persona e qui una stronza senza arte né parte!

Grazie, Grazie a chi sta seguendo, anche silenziosamente, questa raccolta insensata.

Grazie a chi la commenta, la inserisce tra preferiti/ricordate/seguite.

Insomma, grazie a tutti!

Per qualsiasi domanda o per fare due chiacchiere ecco il mio ask: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos. Purtroppo, a causa di un paio di episodi spiacevoli (più che altro, irritanti), ho tolto la possibilità (momentaneamente) di fare domande in anonimo. Ci tengo comunque a far sapere che NON mordo, NON picchio e NON mangio nessuno, quindi anche a fornirmi il vostro nickname non vi succederà nulla!

Bene, allora alla prossima, grazie.

EC.

 

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Capitolo 7
*** Shades of Ships ***


The Seventh:

The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

'Cause in the end it's only you and me and no one else is gonna be around

[The Veronicas - Untouched ]

 

 

 

PART: EVER AFTER

7 - Shades of Ships.

"HEY!" Strizzata in un tubino blu scuro,  scalza, scaramigliata e con le calze smagliate, Natasha gira l'angolo del corridoio e mi si para davanti. "Tutto bene?" domando salutandola.

"Sì, torno ora da una cena." Risponde vaga. "Tu? da Francoforte?"

"Sì, è stata una trasferta tranquilla."

"Ti va di mangiare qualcosa fuori?"

"Non sei tornata da una cena?"

Alza le spalle: "Oh, il servizio era penosamente lento ed io non volevo tirarla per le lunghe."

"Ok. Ti lascio il tempo di cambiarti e..."

Nat piega la testa di lato e mi rivolge uno di quei sorrisetti da Dolcezza, non hai ancora capito nulla che adoro. Si passa le dita nei capelli domando i ricci scomposti, poi si toglie le calze di nylon con due mosse che neppure Dita Von Teese sarebbe in grado di rendere più conturbanti e le getta nel cestino con studiata noncuranza. Infine si guarda attorno, sceglie una tra le due interne di basso livello che sono appena passate, la chiama e le fa cenno di avvicinarsi. Lei non se lo fa ripetere due volte: "Belle scarpe, dove le hai comprate?" domanda Natasha affabile.

"Da Macy's, in saldo, durante le svendite della scorsa primavera."

"Quindi sono della passata stagione?" La ragazza annuisce. "Ooooh, è un vero peccato, perché le vorrei davvero tanto."

La ragazza deglutisce. Guarda la sua collega e poi me, che annuisco appena per invitarla a non pensarci troppo che le scarpe son tante ma la vita è una sola e poi se le sfila, le porge a Natasha che gentilmente ringrazia e poi si eclissa in tutta fretta nel corridoio.

Nat se le infila, commenta che sono il suo numero e calzano alla perfezione e dichiara di essere pronta.

Tutto ciò è inumano, me ne rendo conto. Ma in fondo è Natasha, sa fare anche ben altre cose eccezionali.

"Anche la Hill è in sede, la chiamo?"

"Certo. Sentirò anche Pepper, è in città."

 

A Natasha Pepper è piaciuta ancora prima di conoscerla dal vivo. Non credo sia stata così esplicita da farglielo capire, in fondo è pur sempre Natasha ed era in missione sotto il nome di Natalie Rushman, ma già a studiarne il profilo aveva alzato un sopracciglio ed increspato le labbra: un inconfutabile segno di positivo interesse: "E' tenace e molto capace: se la Stark Industries è ancora in piedi lo si deve solamente a lei. Sopporta Stark e gli tiene testa: una donna del genere è solo da stimare."  Maria Hill aveva occhieggiato al Dossier da sopra una spalla: "Mi piacciono le donne forti." aveva ammesso. "E lei ha due gambe chilometriche."

"Vedrò di presentartela: sicuramente ci sono più probabilità che si metta con te che con quel pallone gonfiato di Tony Stark."

Beh, sì, ogni tanto anche Nat sbaglia.

 

Mrs Stark si presenta in tailleur panna e tacchi alti nel ristorante di Soho dove ci siamo date appuntamento, direttamente dall'ufficio. Si abbandona sul divanetto del tavolo sorridendo stanca e placca immediatamente un cameriere ordinando un Cosmopolitan raccomandandosi di non sprecare spazio con le olive: "Vengo da una riunione infinita, ho le batterie a terra." spiega.

"Figurati. Viviamo nel terrore che un giorno entrerai ordinando un cocktail Virgin perché non puoi bere alcool." Scherzo.

"Cercherei un modo un pochino meno banale per mettervi al corrente, ragazze. Ho sentito Jane, ma è a Tulsa ad un convegno. Un peccato, sarebbe stato bello riavere La Mafia di Pepper al completo."

"La cosa?"

"La Mafia di Pepper. Non ve l'avevo detto? Tony vi chiama così da quando Natasha ha detto quelle due paroline a Christine Everhart sul suo articolo 'Come Sposare un Milionario in 5semplici mosse' in cui mi aveva menzionata descrivendomi come una arrampicatrice sociale."

"Una furba e maliziosa arrampicatrice sociale" precisa Nat.

"Già. A proposito, non ti ho ancora ringraziato."

"Figurati, qualcuno doveva farle abbassare la cresta, l'ho fatto volentieri. Anzi, dovessi casomai avere bisogno..."

Pepper apre il menù ed inizia a studiarlo: "Credo sia appunto questo che Tony definisce 'Mafia di Pepper'."

"Baciamo le mani, donna Virginia." aggiungo in italiano.

 

La Hill ha praticamente lasciato raffreddare il suo risotto allo zafferano per rispondere ad una sequela di messaggi sul cellulare, e quando finalmente appoggia lo StarkPhone al tavolo e si dedica al suo piatto Pepper le domanda senza troppi giri di parole se fosse Darcy: "Sbaglio o è da un po' che non vi vedete?"

"Quasi due mesi, ormai." risponde con falsa noncuranza.

Mi intrometto: "Toglimi una curiosità: non vedi la tua ragazza da due mesi, hai quattro giorni di licenza e non fai neppure un salto da lei? Andiamo, è ad un'ora di aereo!"

"Non penserai mica che io la vada a trovare al college, vero?"

"E dove vuoi incontrarla, alla Casa Bianca?"

Anche Natasha sostiene la tesi che dovrebbe andarla a trovare e quando la Hill si rivolge a Pepper nella chiara speranza che dica qualcosa di sensato lei si dice d'accordo con noi. "Non capisco perché non ne approfitti. Sono sicura che a Darcy farebbe piacere, magari le manchi anche e..."

"Oh, andiamo! Va al college!"

"E quindi? Quando andavo ad Harvard avevo il ragazzo che frequentava la Stanford, e spesso mi sorprendeva venendomi a trovare. Era una cosa dolcissima, ne ero davvero felice. Finché non ho provato a ricambiare la sorpresa e l'ho trovato a letto con un'altra, ecco." Sospiriamo tutte e quattro e finiamo i nostri cocktails. "Già, ma ora ho imparato la lezione."

"Niente più visite a sorpresa?" domando sorseggiando il Mojito.

"No, imposto J.A.R.V.I.S. in modalità BabySitter che mi avvisi quando qualsiasi esponente femminile si avvicini nel perimetro di casa nostra."

"E funziona?"

"Fin troppo bene: ieri Ferrovecchio ha rincorso la colf con il bruciatore per la Creme Brulee."

Sospiriamo di nuovo. Poi placchiamo un cameriere per ordinare un altro giro di drink.

 

"Tornando al discorso principale... Hill, di cosa hai paura? Di trovarla a letto con qualcun'altra?" incalzo.

"Credo che stiate prendendo troppo sul serio la mia relazione con Darcy."

"Al nostro matrimonio mi parevate abbastanza serie."

La Hill appoggia sul tavolo il bicchiere di Long Island e scuote la testa: "Sentite, ha 24anni e va al college. È una ragazza estroversa, molto carina, molto socievole. Al college, sì sa, si fanno un mucchio di esperienze, ed io sono la prima ragazza con cui ha una storia: per quanto ne possiamo sapere, potrebbe essere una sbandata momentanea."

"Questo è vero, un sacco di gente ha esperienze omosessuali al college." Dico, senza poter fare a meno di notare un sopracciglio di Pepper alzarsi a parziale ammissione - Una cosa per volta, Adie, una confessione per volta.

"Appunto. E poi non mi piacciono le improvvisate."

"Ma a lei magari sì..."

"Oh, Addison! Al tuo carissimo trombanemico piacerebbero?"

Ci penso giusto un secondo. "Sì. Tanto. Farei in modo che gli piaccia tanto."

Natasha e Pepper storcono il naso e mi pregano di riportare la conversazione su un argomento di gradevolezza generale.

"E poi che farei? Andrei là a farmi presentare a tutti come 'una sua amica'?"

"Perchè non come la sua ragazza?"

"Perché, Nat, neppure i suoi genitori lo sanno e questo è un chiaro segno di come Darcy non voglia ufficializzare la nostra storia."

"Oooohhh! Ma che dolce che sei Maria! Hai paura che Darcyna ti spezzi il cuore...!"

"Dillo un'altra volta, Addison, e ti spezzo un osso."

"Povera piccola Maria non ricamb - AHIA!"

 

A Darcy Lewis secca molto che la petizione per aprire uno Starbucks nel college sia caduta a vuoto. Di cinque caffetterie non ce n'è una con dolci degni di questo nome, e ogni mattina Darcy non può fare a meno di rimpiangere il Cinnamon Roll del suo Starbucks abituale di New York o la Cheescake del Phoenix Bar con cui faceva colazione tutte le mattine.

Lei con il suo latte e Maria con la sua venti di Mocha.

"Hey, non è che a fissarle cambiano, eh!" sbotta la barista in attesa e Darcy reprime l'istinto di risponderle male immaginandosi la vetrina dei dolci come un'immensa immagine gif animata.

"Se eviti le ciambelle e la torta di mele, il resto dei dolci non è male." Suggerisce il compagno alla sua destra.

"Vada per il cinnamon roll, allora" sospira.

"Era ora!" esclama la barista, afferrandone uno con le pinze e porgendoglielo avvolto in un tovagliolo: "Se ci hai messo così tanto per scegliere lo spuntino, non oso pensare alla facoltà."

E pensi un po' che l'ho sbagliata in pieno.

 

Il suo gruppetto storico ormai si è decimato: chi si è laureato, chi ha cambiato università e chi ha abbandonato gli studi e vive sognando di essere il nuovo Steve Jobs. Un paio di sue compagne avevano scambiato delle mentine per pillole contraccettive ed ora sono impegnate a chiedere test dei DNA ai quattro angoli della nazione.

Sino allo scorso semestre dovevano raggruppare più tavoli per starci tutti, ora uno basta e avanza: lo PseudoEconomo del gruppo che nasconde le riviste d'alta moda dietro a The Economist non si deve neppure spostare per farle posto.

"Prima o poi, Darcy, dovrai spiegarmi come fai a non esserti ancora laureata con tutti i crediti da stage che hai." Ciarla quella che 25chilogrammi fa era la cheerleader del gruppo.

"Con la crisi che c'è la fuori, è meglio starsene qua dentro." Ribatte il suo compagno di fianco, facendole l'occhiolino.

E bravo Adam: ci prova spudoratamente con lei dal primo anno, ed è l'unico a cui non riesce neppure a dargli una possibilità.

Andiamo, e chi la darebbe al figlio di due dermatologi con lampanti problemi d'acne?

Darcy annuisce con l'aria di chi la sa lunga, aggiorna Instagram con un paio di foto della sua colazione e facebook con una considerazione simil-profonda sul futuro e poi apre il quaderno degli appunti per darsi un tono.

"Sai, mi rendevo conto ieri sera..." tentenna Adam "Che ti devo ancora una pizza per avermi dato quel passaggio, l'anno scorso."

"Quale passaggio?"

"Quello sino alla stazione, non ricordi?"

"Beh, non era proprio un passaggio, stavo andando là anch'io..."

"Però mi hai preso con te."

"Se è per questo ho anche caricato un cane abbandonato una volta, ma non per questo ho accettato di spartirci le crocchette."

L'ex-cheerleader ridacchia e lo PseudoEconomo chiude un attimo la rivista di copertura, lasciando scivolare appena la copertina di Vogue da sotto. Davanti alla faccia avvilita di Adam si sente allo stesso tempo sadicamente divertita e dispiaciuta. Gli da un buffetto sul braccio per stemperare la tensione e lui rincuorandosi abbozza un sorriso: il brufolo sullo zigomo sinistro vibra di rinnovato vigore.

Ugh.

 

"Darcy Lewis?"

Voce femminile, ferma e autoritaria, alle sue spalle. Davanti a sé Adam e lo PseudoEconomo hanno la mascella che sfiora il tavolo. Darcy piega il collo all'indietro.

Scarpe nere, tacco elegante ma non esagerato, gonna longuette grigia a vita alta, blusa di seta blu scuro, occhi azzurrissimi tra due ciocche scure sfuggite dallo chignon appena più morbido del solito.

Darcy scatta in piedi così velocemente da ribaltare la sedia: "Maria!" Si porta le mani alla bocca, saltella, prende contro al tavolo rovesciando i caffè di tutto il gruppo. "Cosa...Cosa ci fai qui!"

Lei scrolla le spalle: "Ritengo di poter evitare di rispondere a questa domanda, dato che la caffetteria universitaria è un luogo pubblico."

"Ma... ma come facevi a sapere che ero qui?"

Alza lo StarkPhone: sul display illuminato, la pagina del profilo Facebook di Darcy: "Non è che ti sei resa esattamente irrintracciabile."

Darcy smette di vibrare. Alza la sedia caduta con un piede e la sposta di lato. Poi si avvicina di un passo, le getta le braccia al collo e, tra gli applausi ed il boato di tutta la caffetteria, le stampa un bacio in bocca.

Il brufolo sullo zigomo di Adam si suicida dal dolore.

 

La stanza di Darcy è piccolissima e incasinata: una libreria è stracolma di fumetti, riviste, libri scolastici e dvd, la scrivania è invasa da resti di snack, appunti e cianfrusaglia sparsa, con il macbook in bilico tra un tomo di Geopolitica e una rivista di astrofisica, e sulla sedia troneggia una montagna di vestiti che Darcy cerca di infilare a mucchio nell'armadio sorridendo imbarazzata.

"Però potevi avvertirmi prima, avrei messo un po' in ordine tutto ‘sto casino"

"Oh, ma figurati" Maria prende in mano una action figures dell'Hulk straordinariamente somigliante e la studia: "Ho visto di peggio" la rassicura. "A dirti il vero temevo la tua compagna di stanza."

"Oh no, ora ho una singola. Ho impiegato tutti i crediti stage per averla, dopo che l'anno scorso mi sono trovata come compagna una biologa con l'abitudine a portarsi il lavoro a casa. Quando sono tornata da New York, dopo Natale, ho trovato sul mio letto il suo progetto sulle micro forme di vita naturale riprodotte artificialmente ed inserite in un ambiente inusuale: un tappeto di muffe, spore e funghi con un lunapark di cartapesta in miniatura – costruito molto bene, ad onor del vero. A suo dire non aveva fatto nulla di male perché era sicura che, freddolosa come sono, non ero sopravvissuta alla miniglaciazione dello scorso inverno."

"Gliel'hai detto che il problema non era il freddo, ma una bionda stronza con manie di possessione?"

"No. Le ho solo spiegato che mi sono salvata perché amorevolmente accudita dalla mia ragazza."

L’angolo sinistro della labbra si piega verso l’alto: Darcy lo prende come segnale ben chiaro e le getta di nuovo le braccia al collo tempestandola di baci.

“Hey, hey, quanto entusiasmo!”

“Non ti vedo da quasi due mesi, cosa ti aspettavi? C’è qualcosa che non va?”

“No, no. Affatto. Pensavo solo di uscire dal campus, che ti pare? Fare due passi, mangiare qualcosa …”

Darcy annuisce, si infila la giacca ed uno dei suoi cappellini estrosi e raccatta un ombrello, che fuori minaccia di piovere: “Potremmo andare da Arnold’s, qui vicino: fa degli hamburger eccezionali. Ci vado sempre con i ragazzi e…”

“Veramente pensavo a qualcosa di più…calmo, intimo, ecco.”

“Oh.” Esclama sorpresa. Si gratta il mento e sostiene di non avere la più pallida idea di che ristorante consigliarle.

“Fa lo stesso, cercheremo strada facendo.”

 

Aveva scelto quell’albergo controllando le recensioni sullo StarkPhone, che fosse carino ed alla mano e con una bella colazione, evitando accuratamente di scegliere un Motel da quattro soldi: lei e Darcy non erano amanti in fuga che se la spassavano un’oretta nell’ombra.

Darcy non si è espressa sulla camera o sul posto e probabilmente non ci ha neppure fatto troppo caso, troppo presa dall'entusiasmo. Ha piovuto per tutto il giorno, ed ora che la sera è scesa e lei si sta assopendo accanto il rumore della pioggia si affievolisce.

“Devi tornare nel dormitorio?”

“Mica è obbligatorio.” Bofonchia Darcy strofinando la faccia sulla sua spalla. “Non ho voglia di alzarmi, resto qui e domani uso il tuo spazzolino da denti.”

“Che cosa?”

Ridacchia: “Direi che dopo questo pomeriggio usare lo stesso spazzolino è una sciocchezza, vero? Una volta ho usato quello di Jane, senza aver condiviso null’altro, ovviamente.”

“E lei come l’ha presa?”

“Bene. Non gliel’ho mica detto.”

Ridono, insieme, che i racconti di Darcy e la sua risata sono irresistibili e contagiosi. La abbraccia e le stampa un bacio in fronte. “Volevo chiederti una cosa.”

“Dimmi pure.”

“I tuoi amici sapevano di noi prima di oggi?”

“Uhm… no.” Hill si puntella su un gomito e la guarda mordicchiarsi un labbro, incalzandola con lo sguardo. “È assurdo, vero? Passo le mie giornate con loro e non ho sentito il bisogno di dirgli che sto con te, né mi hanno chiesto qualcosa.”

“Per te è un problema farlo sapere in giro?”

“No! Che dici! È solo che… non me ne frega che lo sappiano. Mi interessa che lo sappia Jane – Prima mentre guidavi ti ho scattato una foto e gliel’ho mandata – ma non me ne frega nulla di loro. Le mie amiche di prima si sono già laureate e ora sono disperse tra stage mal pagati o lavori di bassa segreteria. Passo le mie giornate con gente di cui fondamentalmente non me ne frega assolutamente nulla. Non è triste?”

“No. È adulto.” Risponde Hill alzando le spalle. “Funziona così, le persone che ci circondano quotidianamente sono spesso quelle di cui ci interessa relativamente poco.”

“Andiamo, non può essere vero: lavori con delle tue amiche…”

“Per quel che ci vediamo! A volte passano settimane prima che possiamo prendere anche solo un caffè insieme. Stimo molto i miei colleghi, ma a parte Adie e Natasha con nessuno di loro – men che meno con il mio capo – uscirei una sera o racconterei del weekend che ho appena passato con la mia ragazza.”

“Quindi nessuno dello S.H.I.E.L.D. sa che stiamo insieme, Vendicatori a parte?”

“Beh, Fury sicuramente ne è a conoscenza, lui sa tutto. Il resto… no, credo di no. Come te, a me non interessa far sapere la mia vita privata a chicchessia.”

“Strano, pensavo che Addison avrebbe spettegolato furiosamente su di noi.”

“Nah, è troppo egocentrica: fa in modo che si parli su di lei, che sia sempre al centro del gossip e dell’attenzione. Di far sapere i fatti privati altrui interessa poco, per fortuna.”

Darcy sbuffa: "La vita da adulti mi sembra socialmente molto scarna. Non credo che mi piacerà."

"Beh, forse non è sempre così. Dipende da che carriera intraprenderai."

"Oh beh, allora sono a posto. Non ho la più pallida idea di cosa fare dopo l'Università. Mi sembra di aver vissuto sino a poco tempo fa in un'ampolla, a sguazzare nel mio liquido rosa senza rendermi conto del mare che c'era al di là del vetro."

"È una bella immagine."

"Grazie, spero renda l'idea. Immagino che tu alla mia età sapessi già quale fosse la tua strada."

"Beh, alla tua età ero già Agente di Settimo Livello e stavo per diventare Responsabile del Reparto Tattico-Logistico dello S.H.I.E.L.D. quindi... sì, avevo delle idee abbastanza chiare a proposito."

La ragazza aggrotta le soppracciglia in un modo che Hill trova irrimediabilmente buffo: "Deduco che tu non abbia fatto il college."

"No, mi sono arruolata molto giovane. Volevo intraprendere la carriera militare, ma poi si è presentata l'occasione di entrare nello S.H.I.E.L.D. e mi è sembrata un'opportunità di gran lunga più ghiotta, e con possibilità di carriera più tangibili che nell'Esercito."

"E ti sei mai pentita?"

Scoppia a ridere: "Ogni santo giorno che Fury mi si para davanti con le palle girate. Ultimamente abbastanza spesso."

"E come può una persona così cazzuta, sicura e integerrima come te essere interessata ad un disastro come me?"

Una ciocca di capelli le dondola davanti al viso: la scosta con la punta delle dita e le lascia indugiare sulla guancia morbida, a stuzzicare una piccola fossetta.

Domanda notevole: perché?

Ha sempre trovato deprorevole intrecciare relazioni sentimentali con civili: sono un bersaglio facile per ricatti e poco inclini a comprendere le difficoltà e l'impegno di un lavoro come quello di un Agente. La relazione tra Coulson e la violoncellista ne era stata un esempio lampante, con lei che aveva fatto le valige per tornarsene a Portland prima della scadenza del suo contratto con il Metropolitan.

E allora perché si è invischiata in quella storia con una studentessa poco più che ventenne?

Perché è bella.

Perché è morbida.

Perché è sveglia e irriverente, spontanea e sinceramente furba.

Perché non vive di ombre e bugie, di segreti e ricatti.

Perché Darcy ha una sua purezza reale che tiene stretta nonostante tutte le brutte avventure e i rischi che ha corso, e non deve scenere a patti con la sua coscienza o con i suoi ideali.

È una boccata d'aria fresca.

"Perché sei diversa da tutto ciò che mi circonda."

 

"E noi quando ci rivediamo?"

La macchina è ferma davanti al dormitorio, mancano pochi minuti all'inizio delle lezioni e Darcy si deve dare una sistemata, anche se sembra aver tutt'altra intenzione che scendere dall'auto.

"È un po' difficile per me fare delle previsioni."

"Già. Immagino. L'irritabilità aliena è imprevedibile, non si può mai sapere quando ad uno di quelli salta la mosca al naso e decida di impadronirsi della Terra. Però promettimi che se Jabba the Hutt mi prende come schiava verrai a salvarmi." Fa l'occhiolino e non riesce a trattenere una mezza risata: "Con quel bikini sarò un bel bocconcino da recuperare."

"Andiamo Damigella-Non-Ancora-In-Pericolo, o farai tardi a lezione."

"Non ne ho voglia di andarci, voglio restare con te."

"Niente broncio e niente capricci, ragazzina, con me non funzionano." Gli schiocca un bacio sulle labbra ed appoggia la fronte alla sua: "Appena posso vengo a trovarti, d'accordo?"

"E per il Ringraziamento?"

"Spero anche prima!"

"No, cioè... tieniti libera, d'accordo? Torno dai miei per il Ringraziamento, e vorrei che fossi a cena con noi."

Questo la sorprende, Hill resta per un attimo interdetta, poi sente le guance farsi calde e fatica a trattenere il sorriso: "Non ti garantisco niente, però farò il possibile."

Le labbra si toccano di nuovo, più a lungo.

Poi Darcy tira fuori il cellulare, imposta la fotocamera ed avvicina il viso al suo. Un paio di clic, promette di girarglieli subito.

Poi la bacia di nuovo, e deve fare appello a tutto il suo autocontrollo per staccarsi e salutarla.

Darcy scende dall'auto aggiustandosi il cappellino, ombrello chiuso in mano e camminata a zigzag per schivare le pozzanghere.

La segue con lo sguardo finché non entra nella facoltà.

Quando riparte si sente felice e un po' triste.

 

Il caffé della Sala Ristoro è quasi decente e la luce dei neon della base meno fastidiosa. Nessun rompicoglioni belligerante all'orizzonte ed è riuscita a farsi anche un'oretta di jogging per Central Park.

L'espressione di Hill pare concordare che sia una bella giornata e che ne seguano tante altre, che non ci sia nessuna crisi all'orizzonte e che si possa concede al più presto altri giorni di licenza.

Magari sta vagliando l'ipotesi di portare Darcy in una Spa, questa volta, è quasi sicura che potrebbe piacerle anche se è più probabile che si diverta ad un Comic-Con. Forse può informarsi, magari esiste un Hotel con Spa con un Comic-Con nelle vicinanze. Ad ogni modo, entro tacchettando nella Sala Ristoro occupata solo dalla Vice Direttrice, sospirando a gran voce: "Ahhh! L'aria beata che solo un paio di tette enormi possono regalare!"

Prendo la caraffa del caffè, me ne verso una tazza abbondante e poi mi appoggio al tavolino e la fisso in attesa: "Dunque?"

"Dunque è andata bene, ammetto che aveva ragione sul farle una sorpesa e che cercherò di fargliene più spesso. Sì, mi sbagliavo, quando credevo che Darcy prendesse sottogamba la nostra relazione: la vive solo in modo diverso, perché ha 24 anni ed è ancora una studentessa, ha un modo più leggero di vedere le cose e un po' più sentimentale, ma questo non è un problema perché a me piace così. E se non fosse così non sarebbe Darcy."

Sbatto le ciglia. Due volte: Veramente con il Dunque intendevo il 'Non noti niente di nuovo?' che segue una seduta particolarmente costosa dal parrucchiere, ma dissimulo con un sorriso placido.

Grazie di esserti confidata con me, ma davvero non si nota lo shatush?

"Quindi, quando vi rivedrete?"

Alza le spalle, soffiando sul caffé bollente: "Appena possibile. Altrimenti sono già prenotata per il giorno del Ringraziamento. Vuole presentarmi ai suoi." Il sorriso placido mi si gela sulla faccia. "Dimmi che quella non è disapprovazione ma colite"

"Non è disapprovazione e neppure colite, è solo che chiederò a Stark di impiantarti una microcamera in fronte: voglio seguire in streaming l'evento. Giuro. Ci scriverò la sceneggiatura di un film: Ti presento Lesbo, sarà un successone al cinema."

Poi la voce di Fury inizia a gracchiare il mio nome all'auricolare e la perdita di buona parte dell'udito nell'orecchio destro è una chiara dichiarazione della fine della pausa caffé.

"Un vero peccato, Hill: quando sei così rilassata è un piacere parlarti..."

"BOOORGOO!!!!"

"Dì un po, non è che la tua ragazza ha una compagna di pari circonferenza pettorale, libera, con un debole per gli uomini di polso?"

"BORGO! TI VOGLIO TRA QUINDICI SECONDI IN PLANCIA!"

"Arrivo, arrivo, Direttore. Scusa Hill, ma dal tono direi che il mio trombanemico si è ripresentato in pompa magna."

 

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Doveva essere un capitolo sulla 'Mafia di Pepper.' Diventò il capitolo DarcHill che mi riprometto di scrivere da metà TS:W.

Che dire, a parte che spero vi piaccia?

Come al solito, sono curiosa di sapere le vostre impressioni e vi ringrazio se vorrete lasciarle, ma vi ringrazio comunque per essere passati di qui.

Per qualsiasi tipo di domanda (purché si resti in un livello di conversazione civile), il mio ask è sempre: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos

Per tutto il resto c'è MasterStark.

 

Grazie, alla prossima

EC

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Shades of PepperMafia ***


The Seventh:

The Seventh:

50 Shades of GreyRaven.

 

PART: EVER AFTER.

8 - Shades of Mafia.

Gli farò un'offerta che non potrà rifiutare

[Il Padrino]

 

Piove. A catinelle.

Incolpo Jane del meteo accusandola di fingere mal di testa per evitare gli approcci di Thor ed entro nella Lounge incurante delle sue proteste e della spiegazione sull'inclinazione dell'asse terrestre che causa l'alternarsi delle stagioni. "È autunno, ed in autunno piove."

"E cadono le foglie" aggiunge Natasha, di buon umore per aver archiviato con successo un'altra missione e per essersi ripassata gustosamente Clint giusto un'oretta fa.

La Hill sospira, ha ancora in faccia l'espressione vagamente scema di una post- conversazione con Darcy: "Ricominciano le scuole".

Salutiamo Banner che dietro al bancone della lounge, si sta preparando la tisana serale e decide di partecipare al gioco: "Nell'arco dell'intera stagione autunnale abbiamo l'anniversario di data e di morte di Enrico Fermi."

Sbaglio o Jane sta rissando Bruce con occhi cuoriformi?

Oh, toh. Un lampo.

Uhnm...

"Io invece sono incinta di otto settimane."

No, non l'ha detto la Hill - il che sarebbe abbastanza improbabile - e neppure Natasha, che riveste quasi alla perfezione la sua maschera di imperturbabilità, ad eccezione di un sopracciglio che si muove a scatti ed una leggera tachicardia evidente nella vena che pulsa sulla fronte. Non l'ho detto neppure io - ci mancherebbe - e neanche Jane, che si copre la bocca con la mano e poi sorride apertamente e si complimenta con Pepper.

 

"Oddio, davvero?"

"Ma... come è stato possibile? No, scusate, questa era una domanda stupida, è che io non sono a rischio gravidanza e a volte mi scordo come succede."

"E tu, Bruce, sapevi tutto e non ci hai detto niente? Sei malvagio!" fingo di sgridarlo, abbracciando Pepper dopo Jane e la Hill. "Come si dice in questi casi? Congratulazioni o Condoglianze?"

"Un I miei omaggi, Donna Virginia andrà benissimo." ride lei. In effetti un accenno di pancia si vede, Jane la tocca con la punta delle dita e Pepper sostiene che porti fortuna.

Tra tutte, è Nat a starsene un pochino in disparte  - cosa strana, che a lei Pepper è sempre piaciuta tanto - e a congratularsi impacciata: "E Tony come l'ha preso?"

"Oh, molto bene!"

"Un po' agitato a dire il vero. E paranoico." Si intromette Bruce, muovendo la bustina di tisana Malva e Verbena nella tazza. "Si è presentato come una furia in laboratorio con il test di gravidanza in mano, straparlando con gli occhi fuori dalle orbite: non riuscivo a capire se l'aveva fatto Pepper, lui, o se dovevo farlo io."

Pepper alza gli occhi al cielo: "Vuole a tutti i costi farmi un'armatura su misura, la MarkMum, che mi protegga durante la gravidanza, in caso di attacchi. Inizio a credere che debba comunque incontrarsi con un analista..."

"Non guardare me, ho la specializzazione in semidei psicolabili, emotivamente instabili e socialmente pericolosi."

"Sì, e poi le sue sedute sono particolarmente rumorose." Aggiunge Natasha. "Sai com'è, la sessoterapia..."

"Ridi, ridi pure: intanto non ci ha più creato danni, quindi direi che funziona."

 

 

Tacco.

Tacco.

Tacco.

Tacco.

Passi brevi e decisi, appena attutiti dalla moquette porpora, che partono dall'ascensore aperto in fondo al corridoio dell'Hotel Carlton. Si sta annunciando con il rumore dei suoi tacchi. Molto femminile. Molto erotico. Molto professionale, nel suo caso.

Tacco.

Tacco.

Tacco.

Tacco.

Altri due e gira l'angolo. Preparo la mano sulla maniglia.

Tacco.

Tacco.

Apro la porta, l'agguanto veloce premendole una mano sulla bocca e la trascino dentro allo sgabuzzino. Le blocco la mano già sullo spray urticante e gliela torco finchè non lo lascia andare a terra e poi, tenendola ferma con l'avambraccio sulla clavicola contro il muro, le faccio segno di tacere. "Ora ti lascio andare: Se tenterai di urlare, o di scappare, o di reagire o se semplicemente avrai da ribattere su quello che ti dirò, farò in modo che il chirurgo plastico che ti ha regalato questi splendidi zigomi abbia tanto altro lavoro. Intesi?"

Annuisce. Allento la presa e tolgo la mano dalla bocca: le ho sbavato il rossetto, poco male tanto non le serve più. "Ti chiedo scusa per i modi, innanzitutto, so di non essere stata molto civile ma non potevo farne a meno."

Mi fissa sbalordita: "Chi diavolo sei?"

Diavolo, appunto. Sorrido rassicurante: "Per stasera, sarò te. Non fare quella faccia, ti ho appena concesso la serata libera ed ecco, in questa carta di credito prepagata troverai 3.000 dollari prelevabili da qualsiasi sportello ATM entro dodici ore: il pin è 12-34-56, non esageratamente difficile, so che te lo ricorderai."

"Avevo concordato 4.000 dollari"

"Non ci provare, bellezza: il tuo tariffario è di 1.000 l'ora e il nostro amico ne ha richieste tre, senza chiedere nessun extra aggiuntivo."

Spalanca bocca ed occhi: "Ma tu si può sapere chi sei?"

"Te l'ho detto: sarò te. Il corpetto di pelle è stato richiesto da lui, vero? Bene, farà un figurone su di me. E quel rossetto -"

"Ives Saint-Laur-"

Apro il palmo: "Beh, ora è mio."

 

 

I'm too sexy for my love,

too sexy for my love - Love is gonna to leeeave me!

 

Getto un'occhiata allo schermo dello StarkPhone, poi strappo un altro pezzo di nastro adesivo e lo pianto sulla bocca del pingue tirapiedi che mi sta dando tutte le informazioni che voglio. Si agita e suda ulteriormente, appeso con i polsi legati al piolo dell'attaccapanni della camera, è talmente basso che tocca per terra solo con le punte dei piedi: "Ora fai il bravo, stai zitto e non ti muovere." Mi raccomando, prima di accettare la chiamata: "Buon giorno, Donna Virginia, tutto bene?"

La voce di Pepper è poco più di un sussurro preoccupato: "Ciao Adie, scusa se ti disturbo, ma avrei bisogno di un favore urgente."

"Un secondo solo" copro il microfono con una mano e mi rivolgo alla gigantesca larva appesa che sta cercando di liberarsi: "Sei scomodo? Vuoi che ti trovi una posizione migliore?” annuisce grondando sudore: “Che ne dici di quella in cui sei riverso a terra con la testa fracassata contro il muro? Ah non ti piace? Bene, allora stai fermo e nessuno si farà male. Per ora. Dimmi pure, Pep.”

"Vorrei che tu mi cercassi delle informazioni su una persona: non posso parlare ad alta voce, è qui con noi ora."

"Dove sei?"

"A Malibù, a casa. Sai tutta la storia del Mandarino?"

"Oh sì, le interviste di tuo marito diventano sempre molto virali e cliccatissime in rete. A proposito, come sta Happy? Hill voleva andare a trovarlo in ospedale."

"È stabile, ma ancora in coma. Senti, qui da noi si è presentata questa donna e... ha accennato a delle informazioni che ci deve passare, ma poi ha iniziato a blaterare con Tony e - Sì, sì. Quel gigantesco coniglio è normale - dicevamo..."

"Il suo nome. E la spiegazione sul coniglio."

"Maya Hansen. Il coniglio è una storia troppo penosa e lunga per essere spiegata al telefono. - Quello cosa? Oh...! Ton-"

Il cuore mi manca di un battito mentre la telefonata si interrompe.

L'ultima cosa che ho sentito è il chiaro rumore di un'esplosione.

 

 

"Nat, sei libera?"

"Aspetta" Due colpi di pistola: "Ora sì.”

"Pepper mi ha appena chiamato. Ti sto passando l'audio della telefonata, si è interrotta e temo ci sia stata un’esplosione. Sta succedendo qualcosa da loro."

Taglio il nastro adesivo che appende il ciccione, lo faccio inginocchiare per terra ed appoggio il palmo della mano sul comodino che viene avvolto da fiamme grigiazzurre. Tenendolo per i capelli gli avvicino la faccia e poi gli tolgo il nastro dalla bocca con uno strappo secco che lo fa gemere mollemente: "Fine dei giochi: hai trenta secondi. Non sprecarli” gli intimo, decisa a portare a termine comunque il mio lavoro.

Natasha ha finito di ascoltare la registrazione che gli ho passato: "Avremo bisogno di un supporto logistico. Avviso la Hill."

 

 

"Ho richiesto la cena in camera. Meglio se non ci muoviamo di qui." Pepper si passa una mano tra i capelli impolverati e poi si lascia cadere sulla sedia di fronte a Maya, appoggiata alla testiera del letto che indica con lo sguardo i resti dell’armatura gialla e rossa che le ha portate via dalla Villa sulla Scogliera sparsi sulla moquette: “Quindi quella è…”

"Il  prototipo della MarkMom. O almeno era. Credo."

"E questo è catalogabile come normale?"

"Beh, considerato l'ideatore... beh sì. L'anormalità è così normale con Tony che quasi non ci si fa più caso."

Maya non le stacca gli occhi scuri di dosso, l’espressione tesa e quasi seccata: "Che donna fortunata" Quasi sibila.

Pepper decide di ignorare il palese sarcasmo. I suoi pensieri sono rivolti altrove, e deve cercare di starsene il più tranquilla possibile, che il bambino è già stato sconquassato troppo nelle ultime ore. Si passa una mano sulla pancia  - Tutto bene lì dentro, vero? - ed il gesto non passa inosservato a Maya, che si lascia scappare una smorfia. "È strano pensare a Tony come ad un premuroso futuro padre di famiglia."

"Non è così strano." Pepper cerca di abbozzare un sorriso, ma l'atteggiamento acido di Maya la sta infastidendo parecchio: " È solo... uhm, cresciuto."

"Immagino che l'avrai ben spronato a farlo."

"Il bambino è stato voluto da entrambi, se è questo che insinui. Non sono rimasta incinta ad ulteriore garanzia dell'inesistente contratto prematrimoniale che la stampa scandalistica ipotizza."

"Sei davvero molto fortunata."

Dillo un'altra volta con quel tono e ti scateno addosso la MarkMom in modalità cambio pannolino.

Qualcuno bussa alla porta. Pepper ipotizza sia il servizio in camera e si alza per aprire.

Il cameriere fa appena in tempo a spingere dentro il carrello che due mani gli torcono la testa a spezzargli il collo. Il corpo cade a terra ed è il volto mellifluo di a Aldrich Killian prende il suo posto.

Pepper urla e si allontana, il ghigno di Killian si fa più feroce.

E il destro di Natasha lo stende.

 

Si alza immediatamente e commenta con una smorfia di sfida l'assalto passandosi il dorso della mano sulla mandibola. Viene rispedito per terra da un calcio rotante e io gliene pianto uno ai testicoli.

Così, nel caso non si fosse già pentito di essersi alzato da letto stamattina.

Dopo un primo minuto di boccheggio in cui Pepper ci tranquillizza sulle sue condizioni, Natasha la rassicura che andrà tutto bene e Maya si prende quattro sberle volanti accompagnate da un 'Pepper poi ti spieghiamo' all'unisono, Killian si rialza nuovamente ridendo e spalanca la bocca.

SSSSSSSWAAAAAAMMMMMMM!!!!!!!

"Questo sì che è mangiare piccante!" La fiammata ci ha sfiorato di pochi centimetri, e solo i riflessi di Natasha hanno evitato il barbecue: "Nat, portale via, qui di penso io. Vediamo chi è più caliente tra me è questo stronzo."

 

Lo stronzo produce fuoco.

Lo stronzo brucia come l'inferno.

Lo stronzo però ha a che fare con una mezzodemone decisamente incazzata.

Lo stronzo si è rigenerato il braccio che gli ho staccato con due colpi d'ascia.

Porcaputtana!

Lo stronzo è più tenace del T-1000 in Terminator 2: Avanza inesorabile tra i corridoi e ha sembra voler solo giocare con la sottoscritta, bullandosi delle sue capacità. Riesce a rifilarmi un calcio in pieno petto che mi catapulta dall'altro lato della cucina dell'Hotel. Qualche persona che si era rifugiata lì dentro scappa urlando dalla porta sul retro.

Lo chef protesta in francese.

Io lo mando a quel paese in italiano.

Killian che per poco non lo incenerisce è reputabile come Esperanto.

Poi mi sorride mellifluo e domanda scusa: "Non posso proprio intrattenermi, spero che tu non ne abbia a male" Alza gli occhi da me e indica con lo sguardo una donna dai biondi capelli rasati ed il naso schiacciato che è appena entrata dalla porta di servizio: "Ad ogni modo, ti lascerò in ottima compagnia. La mia amica Megan è una pugile molto dotata."

Eh no bello mio, nessuno scarica GreyRaven al primo appuntamento. Mi lancio per trattenerlo, la donna mi afferra per la treccia e mi sbatte a terra.

Aldrich Killian saluta e se ne va fischiettando.

FiglioDiPuttana.

 

Un anello di FuocoFatuo ed è costretta a lasciarmi. Mi rialzo con un colpo di reni e carico roteando le asce. Schiva le lame e mi respinge con un diretto che mi manda a sbattere contro lo sportellone del frigorifero.

Ecco, questo sì che sarebbe il momento giusto per una bella comparsata in grande stile, che ne dici Loki?

 

La falcio con un colpo d'ascia alla caviglia e le pianto l'altra nel petto. Diciamocelo, questo un po' l'ha accusato. Poi però devo schivare una fiammata che appicca fuoco alla dispensa e alla tuta sul braccio.

Ah, ragazza, allora vuoi la guerra.

All'auricolare Natasha mi rassicura che sono sull'elicottero e a distanza di sicurezza. Bene. Il gioco è bello quando dura poco e detesto i toast.

In compenso, sono fortissima negli spezzatini.

Quando fermo le asce la cucina sembra più quella dell'Overlook Hotel più che di un Inn a quattro stelle.

"Qui GreyRaven, missione conclusa e troia OGM maciullata. Recupero Morrigan e arrivo. Tranquille, le ho staccato la testa, se ha funzionato con quella stronza dell'Incantatrice funzionerà anche con questa qui."

 

Considerando questa una missione di stampo prettamente privato (non è ancora ufficiale il pericolo di sicurezza nazionale e se anche lo fosse la Hill insiste che deve scendere in campo prima il pentagono che lo S.H.I.E.L.D.) non possiamo usufruire delle basi e delle attrezzature a parte l'elicottero che abbiamo preso in prestito registrandolo a nome di Barbara Morse, perciò abbiamo dovuto ripiegare su una vecchia base degli anni '50 vicina a Palo Alto, ora utilizzata come deposito armi, garage e probabilmente set per book fotografici post apocalittici di cosplayer sudaticce.

Io e Morrigan ci siamo dovute teletrasportare, cosa che mi fa passare i primi dieci minuti seduta per terra a riprendere fiato e tentare di farmi passare il giramento di testa tipico dello sforzo.

Hill mi passa una barretta energetica e poi recupera la dottoressa Hansen dall'Elicottero, incappucciata e ammanettata per scortarla dentro ad uno degli uffici.

"Ha detto qualcosa?" chiedo quando ritorna. Scuote la testa: "Non una parola da quando l'avete presa a sberle."

"Forse non avremmo dovuto" ipotizzo staccando un morso della barretta: "Ci siamo fatte prendere dalla foga."

"Non ha importanza. Tanto tra un po' la faremo parlare in un modo o nell'altro." La vedo prendere il notebook e appoggiarlo su un bidone di carburante vuoto ed accenderlo. "Preferisco avere però qualche informazione aggiuntiva, prima di iniziare l'interrogatorio."

"Chiesto a qualche smanettone fidato di crackare un paio di file?"

Annuisce e un angolo delle labbra si piega all'insù: "Oh sì, è una smanettona di graaande fiducia."

 

Il sorrisetto flirtante di Darcy è proiettato dal quadrato olografico dello StarkPhone a fianco del computer: Si aggiusta gli occhiali e poi saluta con un serafico "Ciao WonderWoman!" ad uso e consumo della Hill, che ha un moto di imbarazzo e l’avvisa che non siano sole.

Darcy arriccia le labbra quando la saluto agitando la mano davanti alla webcam. "WonderWoman? Ah però, siamo già alla fase giochi di ruolo? Ora voglio sapere il tuo, Darcy”

"Non. È .Il. Momento." Scandisce Hill, mentre l'immagine di Darcy si muove, un'ombra interferisce con la comunicazione e la voce di Jane raggiunge il microfono: " È Penelope Garcia!"

"Quella di Criminal Minds? Ma è bionda!" Hill mi incenerisce con lo sguardo, Darcy si riaggiusta la webcam e lancia qualcosa a Jane per farla allontanare.

"Dicevamo: ulteriori informazioni sulla dottoressa Hansen, a parte che è una simpatica stipendiata AIM?"

 

Pepper si è stesa su un vecchio divanetto di pelle nel corridoio mezzo buio, con le gambe alzate sopra il bracciolo e le dita che tamburellano sulla curva morbida della pancia.

Hey, tu, tutto bene lì dentro?

Ha controllato e non ci sono perdite, non sente nessun dolore sospetto, solo la stanchezza della giornata e della paura che scema sotto controllo.

Va tutto bene, piccolo, ora siamo al sicuro. Le amiche di mamma ci hanno salvato e ci proteggeranno, e papà si riorganizzerà presto e sistemerà il tutto.

Si impone di pensare leggero e sereno, di sorridere rassicurante quando Natasha entra con una bottiglietta d'acqua ed un paio di barrette energetiche. "Grazie! Avevo proprio un languorino!"

"Tutto bene? Se vuoi posso uscire e cercarti un ginecologo per un controllo."

"Non ci stavamo nascondendo?"

"Beh, ovviamente lo metterei KO e lo trascinerei qui incappucciato in modo che non veda la strada. E poi lo terrei bendato anche durante la visita, così non ti riconoscerebbe."

"Ti ringrazio, ma non è necessario. Sto bene, sono solo un po' stanca e affamata."

"D'accordo."

"Andrà tutto bene."

"Certo."

Pepper le restituisce uno sguardo pensieroso: "Sei sicura di star bene tu, piuttosto?"

"Come?"

"Niente è che... non so, ma non mi sembri nelle tue corde."

Lei piega la testa di lato e assume un'aria seccata e sospira, sedendosi a terra a gambe incrociate: "Un idiota mi ha appena vomitato addosso una lingua di fuoco degna del miglior Chili messicano, sfido chiunque ad averlo nelle proprie corde."

"Andiamo, sei abituata a ben peggio!"

"Sì, ma non al vomito infuocato di un tuo ammiratore respinto!"

Pepper fa una smorfia disgustata: "Avessi visto com'era ridotto... è rimasto viscido uguale, comunque. Anzi, oserei dire che è pure peggiorato." Si gira su un fianco e riappoggia la mano sulla pancia con un mezzo sorriso: "A volte se sono abbastanza rilassata mi sembra già di sentirlo sguazzare qui dentro."

"Non è un po' troppo presto?"

"Sì, lo è. Dovrei iniziare a sentirlo davvero verso la quattordicesima settimana. È solo una sensazione. Una bella sensazione."

Natasha ha una strana espressione assente dipinta in volto e gli occhi piantati in un qualche lato imprecisato del pavimento. "Immagino" mormora, prima di alzarsi lentamente e annunciare che raggiungerà le altre: "Quella stronzetta della Hansen non parlerà da sola. Ti lascio riposare.”

 

“La sua ultima pubblicazione ufficiale su una rivista di divulgazione scientifica risale a maggio del 2001. Da lì in poi non si hanno notizie accademiche delle ricerche della dottoressa Hansen” conclude Darcy, gli occhi ridotte a due fessure sottili e concentrate sullo schermo a fianco alla webcam. “Nessuna registrazione ad un convegno, nessuna lezione tenuta o assistita o altro.”

“Praticamente negli ultimi dodici anni è stata una scienziata fantasma?” domando.

“Non è così impensabile” si intromette Jane, smettendo di passeggiare nervosamente dietro le spalle di Darcy e avvicinandosi all’obbiettivo. “In genere si pubblica a ricerca conclusa, e comunque con lo scopo di divulgarne le conclusioni e le scoperte. Se lo sviluppo di Artemis – ”

“Extremis” corregge Darcy.

“Scusate, è che Artemis è il bolometro dell'APEX che... vabbé, è un'altra storia. Dicevamo: se lo sviluppo di Extremis è frutto di una ricerca finanziata e avvenuta in un laboratorio privato e con un fine non esattamente limpido come in questo caso… beh, è normale che la dottoressa Hansen non abbia voluto o potuto divulgarne le notizie!”

La Hill estrae dalla tasca un cartoncino rettangolare e lo mostra spiegando che gliel’abbiamo trovato addosso: sul davanti, sotto l'intestazione blu di una convention di Berna nel 1999, la scritta in pennarello indelebile nero recita “Sai Chi Sono”, mentre il retro è riempito da una sequenza di numeri, lettere e parentesi. Attraverso lo schermo Jane lo fissa a lungo: “È un’equazione differenziale; scommetto che è relativa ad una delle formule basilari di Artemis"

"Extremis!"

"Extremis, scusate, non mi entra in testa questo nome. Posso provare a risolverla, ma l’inchiostro è in parte sbavato e la biologia non è esattamente il mio settore.” Sospira “Ci vorrebbe Bruce.”

Uhm… a me questo attaccamento insospettisce molto. “Non importa. Le connotazioni scientifiche non ci servono ora. Sarebbe più utile sapere di chi è questa calligrafia.” Natasha è riemersa dalla zona degli uffici e si è avvicinata ad Hill, prende il cartoncino e lo guarda per qualche secondo, prima di storcere la bocca in una smorfia. “Tony, ne sono sicura. Se avete qualche dubbio, prelevate il campione del DNA da questa sbavatura: Ci scommetto uno stipendio che l’ha sbaciucchiata molto lascivamente per lasciarlo come buongiorno sul comodino prima di sparire.”

“Che cinismo!” protesta Jane.

Natasha fa spallucce: “Stiamo parlando del Tony Stark di tredici anni fa. È già tanto se non gliel’ha scritta su un sextoy.”

Darcy avvisa che ha esteso la ricerca anche in altri campi: “Ho i suoi movimenti con le carte di credito – cavoli, sono migliaia! – e al suo numero di previdenza sociale. Pare che la ragazza abbia una salute di ferro, in tutta la sua vita è stata ricoverata solo tre volte, riesco ad accedere ai referti.”

Natasha si complimenta e Hill si concede un sorrisetto orgoglioso.

“La prima volta è stata per togliersi le tonsille, ospedale pediatrico di Oklahoma City, anno 1979. Appendicectomia a Denver nel 1991 e… che strano! Non riesco ad accedere a quest’ultimo referto, è solo datato Marzo 2000, una clinica privata di Miami specializzata in ostetricia e ginecologia. Oh beh, pare che la nostra dottoressa abbia avuto un piccolo problemino intimo.”

“La collaborazione con la AIM è iniziata a Febbraio di quell’anno” ricordo guardando il biglietto - l’intestazione dell’Hotel di Berna, il nome del Convegno Scientifico e il piccolo slogan che invitava a portare la Scienza nel nuovo millennio festeggiando con loro - tamburellando le dita sulla superficie del bidone. Lascio che l'ipotesi che mi si è formulata in testa prenda forma ed esca: “E ha avuto quell’incontro ravvicinato con Tony per Capodanno. Due mesi dopo i fuochi d’artificio la dottoressa Hansen si fa ricoverare per un paio di giorni in una clinica di Miami specializzata in ginecologia.”

“Una brillante carriera scientifica non coincide esattamente con la vita di una madre single.” Conclude Hill.

Jane pigola ancora la sua accusa di cinismo, ma questa volta con meno convinzione.

 

“Che donna fortunata.”Pepper ci ha raggiunte, l’aria stanca e pensierosa, senza che ne rendessimo conto. “Continuava a ripetermelo.” Aggiunge.

"Mi dispiace che tu abbia dovuto sentire questo."

Pepper scrolla le spalle, prende il cartoncino dalle mani di Natasha e lo studia: “Mi ero laureata da poco e avevo appena iniziato a lavorare alla Stark Industries come assistente. Piani bassi, paga infame e capo schiavista. Il Signor Stark era una figura pressoché mitologica per noi neoassunti, non gli avevo neppure rivolto mai la parola. Poi mi incontrò sull’ascensore un giorno in cui avevo le scatole particolarmente girate. Tony fece una battuta irritante e io gliele cantai di santa ragione. Pensavo che sarei stata licenziata su due piedi. Il giorno dopo sono stata assegnata come sua assistente personale.” Sospira e restituisce il biglietto a Natasha: “In effetti sì, sono proprio una donna fortunata.” Jane domanda se crede che volesse prenderla in ostaggio per assicurarsi la collaborazione di Tony. “Forse. O forse voleva semplicemente vendermi a Killian.”

“E perché mai?”

Pepper alza gli occhi al cielo: “Perché lui è quel genere di viscido disadattato che non accetta i no tanto facilmente."

"Mi ricorda qualcuno" borbotta Natasha guardandomi di sottecchi. Le rifilo una gomitata nelle costole.

"E per lei io sono la rivale che ha vinto l’immaginaria partita contro l’uomo di cui si era – giustamente – invaghita. Ha abortito sicura che un Tony infantile ed egoista avrebbe scaricato il problema senza troppo pensarci ed ora si è ritrovata davanti la prova vivente che sa anche costruirsi una famiglia. In sé è una cosa davvero triste, vorrei provare pena per lei. Ma ha messo in pericolo la nostra vita, e questa è una cosa su cui non posso sorvolare.”

“Hai ragione, Donna Virgina, la famigghia viene sempre prima di tutto.” 

“Devo parlarle. Voi preparate un’auto.”

 

La stanza dove è stata portata Maya le ricorda il set di un film poliziesco: un tavolo di metallo con due sedie e una lampadina che pende dal soffitto. Maya è ammanettata ad una sedia; Pepper le sfila il cappuccio dalla testa e poi slega il bavaglio.

“Hai sete?” domanda mostrandole la bottiglietta d’acqua. Lei annuisce.

Pepper decide di concedersi una piccola cattiveria: svita il tappo, si infila il collo della bottiglietta in bocca e la tracanna tutta d’un fiato, poi la schiaccia e la getta in un angolo. “Beh, anch’io ne avevo.” Sogghigna, prendendo posto nella sedia di fronte. La fissa a lungo, le gambe accavallate e l’espressione calma. “A differenza di quanto pensi, dottoressa Hansen, io non sono solo una persona fortunata. Non si diventa CEO di un’azienda se non si posseggono determinate e spiccate capacità, né conquistare il cuore di Tony Stark facendo la furba e smaliziata arrampicatrice sociale. Posso capire che, non conoscendomi, tu possa aver covato una certa acredine nei miei confronti. So tutto. Tutto. Posso immaginare che per te sia stata dura, e che lo sia tutt’ora. Immagino che certe scelte non si possano del tutto archiviare, giusto?”

“Fortunatamente non sono così sentimentale da vederlo in modo diverso da quello che è stato: una bella notte di sesso seguita da un considerevole problema. Un errore a cui ho rimediato.”

Pepper lascia scivolare sul tavolo il cartoncino, lei guarda il ‘Sai Chi Sono’ e deglutisce: “E per una bella notte di sesso conservi un significativo souvenir? Andiamo, Maya, siamo donne. Possiamo essere determinate, tenaci, intelligenti e forti, ma i vizi di cedere per l’uomo sbagliato e idealizzare una relazione non lo abbandoniamo mai. Sia in campo sentimentale che in quello lavorativo.”

“Extremis non doveva essere utilizzato per scopi militari. Il progetto iniziale non lo prevedeva. Si è trattato di un raggiro di Killian, mi ci sono ritrovata in mezzo ma non sono riuscita ad uscirne. Extremis è la mia creatura, mi è costata anni di lavoro ed ancora non l'ho stabilizzata. Non potevo abbandonare la ricerca a metà, neppure dopo che è diventata un'arma: non dopo che avevo sacrificato tutto. ."

“Non ti giudico per questo, non dopo aver lavorato per anni per l’azienda leader nel settore delle armi. Ma hai portato la guerra a casa mia. Letteralmente. Hai messo a repentaglio la vita di mio figlio e di mio marito, oltre che alla mia. So che per te questa era solo una ghiotta opportunità; hai ideato anche un bel quadretto, un discreto piano per arrivarci. Con una significativa lacuna, che ti ha portata ad essere legata a quella sedia: hai calcolato Tony e la sua armatura, ma non hai fatto i conti con quella che indosso io. E ti posso assicurare, dottoressa Hansen, che è ben più pericolosa. Tuttavia, anche tu sei una donna fortunata: sono una donna poco incline alla vendetta e ai rimorsi che comporta. Ti farò un’offerta che non potrai rifiutare.”

“Sentiamo.”

“Le ragazze ti porteranno via di qui e ti lasceranno andare. E tu andrai dritta dritta da Killian e gli riferirai questo” Pepper volta il cartoncino: sul retro l’inchiostro dell’equazione è stato sostituito dallo scarlatto di un rossetto: Pepper Potts non è un trofeo da esposizione. Fottiti.

Maya piega la testa di lato: "Tutto qui? Un gran bel discorso minaccioso e poi mi lasci andare?"

"Il resto verrà da sé." Risponde Pepper con un sorriso.

 

"Fatto?"

Annuiamo: "L'abbiamo lasciata viva e vegeta nel parcheggio dello Stanford Shopping Center con un cellulare con la batteria ad una tacca ed il credito minimo per una telefonata."  Spiega Natasha.

"Potevi lasciarci almeno giocare un po' con lei. Che ne so, rasarla a zero."

"O tatuarle 'Stronza' in fronte."

"Riempirla di pece e piume."

"O gambizzarla."

"Ragazze, direi che farle fare trenta miglia chiuse nel baule di una macchina guidata da Addison con l'audio di Clint al Karaoke a tutto volume nello stereo direi che può bastare per essere denunciati ad Amnesty International."

"Se lo dici tu, Donna Virginia..."

 

"No, Tony, non credo sia una buona idea che tu costruisca un ecografo..."

"E perché no? Così potremmo controllare il bambino ogni giorno. Sai, ha preso una bella sballottata negli ultimi giorni, credo sia il caso di tenerlo sotto osservazione, vedere come reagisce al clima di New York. Era abituato al caldo californiano, magari si offende e..."

"TONY! Datti una calmata, per favore!" Pepper ride, lo prende per mano e lo guida a sdraiarsi sul divano accanto a lei. "Al momento le condizioni climatiche gli interessano poco. La temperatura qui dentro è sempre ottimale. Ho già fatto tutti i controlli e sta benissimo, direi che ha ereditato un consistente sangue freddo."

"Tipicamente Stark." Tony recupera le fotografie dell'ecografia dal tavolino e le osserva. "Comunque questo è un microscopico pisello, ne sono sicuro."

"Dici? La dottoressa non si è ancora sbilanciata."

"Credimi, è una forma che mi è famigliare."

"Sì, credo tu abbia ragione. Allora facciamo Howard?"

"Sei sicura di volerlo chiamare come mio padre? Insomma, siamo una dinastia importante, questo è vero, ma Howard è così vintage..."

"Il Vintage è di moda! E poi tutto lo chiameranno IronBoy, quindi..."

"Ha già un destino segnato."

"Incrociamo le dita." Pepper si fa seria e lo fissa negli occhi: "C'è una cosa che voleva chiederti. Su Maya e quello che è successo tra di voi. Con lei avresti...?"

"No." Risponde deciso: "Tredici anni fa ero un uomo decisamente diverso. Se mi avesse detto che era incinta le avrei staccato un cospicuo assegno e me ne sarei strafregato del resto. Un vero bastardo, già."

"Già."

"Ma ora sono cambiato, ed è merito tuo. Ed Howie non è il frutto di un preservativo rotto - o scordato, ero sbronzo e non ricordo. Tra me e Maya non avrebbe mai funzionato: ho bisogno di svegliarmi al fianco di una persona che abbia ancora degli ideali e che mi regali un po' di morale che non saprei davvero da che parte trovare altrimenti. Lei non era così."

"Mi sento in colpa. Non meritava di morire."

"No, non lo meritava. E mi rammarico di non essere riuscito ad evitarlo. Ma è andata così e non potevamo prevederlo. Ma ora abbiamo un'altra cosa da fare." Tony si alza, recupera uno StarkPad e appoggiando l'immagine dell'ecografia sullo schermo ne ordina la scannerizzazione. "Vorrei condividere anche con i ragazzi la splendida forma di Howie. Credo che alle tue picciotte faccia piacere sapere chi hanno salvato, no?"

 

Clint è stravaccato sul divano con lo StarkPad in mano e ci chiama: "Potete smetterla per un secondo di litigarvi i vestiti e venire a vedere?"

Mollo il corpetto di pelle di colpo e Natasha perde l'equilibrio cadendo all'indietro dentro al cesto dei panni sporchi. "Filmato di sorveglianza su Fury che rappa contro la macchina del caffé?"

"No, mail di Tony: guardate!"

Ci avviciniamo allo schermo. "Cos'è, l'ecografia di Pepper? Il bambino deve avere qualche problema, ha il culo enorme..."

"Adie, quella è la testa."

"Ah. Allora ha un testone enorme." Guardo meglio. "Sbaglio o ha qualcosa in faccia?"

"Sì, vedo qualcosa anch'io di anormale." ammette Natasha, mentre Clint allontana lo StarkPad dalla faccia - che lui vede meglio ad una certa distanza - e strizza gli occhi: "Sembrerebbe un pizzetto." Oh, cavoli. E' proprio un pizzetto, un'aggiunta disegnata con Paint sul faccino abbozzato del piccolo. "Beh, c'è da dire che Tony è sempre molto originale con gli annunci."

 

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TAAA-DAAAN!

Questo capitolo è stato una faticaccia, sia per la realizzazione della trama (come sempre parto con un'idea e concludo con un'altra) sia per la stesura in sé. Praticamente ho ripreso in mano la trama di IM3 e l'ho stravolta per inserire sia la gravidanza che la Mafia di Pepper.

Finalmente abbiamo introdotto il piccolo Howie! Patatino lui!

L'atteggiamento di Nat nei confronti di Pregnant!Pepper sono riconducibili al famigerato (E mai superato dalla sottoscritta) capitolo 13 di TS:W.

Dal canto suo, Maya Hansen è l'inutilità fatta a persona nel film, qui almeno è fastidiosetta.

Come sempre commenti, critiche e quant'altro sono sempre ben accetti.

As usual, per domande, curiosità o apatia da condividere, il mio Ask è: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos.

Alla prossima, se vorrete.

EC

 

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Capitolo 9
*** Shades of Small Banana and Tasty Muffin ***


The Seventh:

 

The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

9: Shades of Small Bananas and Tasty Muffin

 

Per certe persone avere tutto non è abbastanza, hanno anche bisogno di qualcuno che le invidi.

[Carrie - Sex and the City ]

 

 

Io e Natasha facciamo la nostra comparsa nella hall della Base Michigan di Chicago alle 7 e 32 di un giovedì mattina armate di tre bicchieri venti di doppio espresso di Starbucks e ci dirigiamo dritte verso gli ascensori per il nostro 'oroscopo quotidiano', in cui deduciamo l'andazzo della giornata dal primo incontro che facciamo sull'ascensore.

E quando le porte si aprono, capisco che le prossime ore saranno piacevoli quanto l'attacco di diarrea dopo quattro fette di cheesecake: "Agente Ward."

"Agente Romanoff, Agente Borgo. Vado al ventisettesimo. Voi?"

"Centodiciassette" Risponde atona Natasha, rifilandomi uno sguardo discreto.

Al quattordicesimo, le porte si riaprono per Maria Hill: "Agente Ward, Agente Romanoff, Agente Borgo."

"Vice Direttrice, Buongiorno."

Al ventisettesimo Ward saluta, scende e non si azzarda ad indugiare oltre su di me. Non posso alzare il dito medio perché ho entrambe le mani occupate dai bicchieri. "Hill, il tuo doppio espresso."

"Oh grazie." Senza rompicoglioni attorno, possiamo rilassarci. "Ho letto il tuo rapporto dalla Mongolia, Adie: mica male, davvero."

"Non mi aspettavo di trovarmi davanti ad una discendente di Gengis Kahn di centottanta chili, con una passione per il sumo proporzionale all'avversione per l'igiene personale. Lo sapevate che le popolazioni nomadi dei Gobi non conoscono l'utilizzo della carta igienica?"

Natasha sostiene che se lo sarebbe aspettato, Hill storce la bocca disgustata: "Tu? Vieni dall'Hub, vero? Non ci vado da secoli... qualche novità?"

"Oh, nessuna." Risponde Nat. "A parte la spocchia della Hand, come sempre."

La Hill per poco non stritola il bicchiere di carta: "La spocchia di Victoria Hand non è una novità. Miss Meches-In-Tinta-Con-Il-Rossetto, la Responsabile dei culi di tutti gli agenti operativi che non sa parcheggiare la macchina dentro le strisce, quella che 'Ohmiodio, che schifo il whisky di prima mattina' e poi si mangia la peperonata alle dieci e viene a 'salutarti', Lady 'Non mi piace la tua cicatrice da appendicite' che ha una tetta più piccola dell'altra."

Io e Natasha facciamo un passo indietro verso la parete del fondo e ci scambiamo uno sguardo: "Come ha fatto a sapere delle tette asimmetriche?"

"Nello stesso modo in cui hai scoperto che Ward è ipodotato."

"Hill, uno di questi giorni dovrai raccontarci un paio di tue avventure."

"Quando avrà tempo, forse e..."

PUM!

L'ascensore si blocca di colpo. Natasha bestemmia in russo, che si è rovesciata addosso mezzo bicchiere di caffè. Le luci sfarfallano e si spengono, sostituite dal neon di emergenza. La Hill si attacca all'auricolare per chiedere delucidazioni e fornire la nostra posizione e poi ci informa che pare trattarsi solo di un guasto tecnico: "Stanno lavorando all'ampliamento dei piani sotterranei, sembra che abbiano urtato l'impianto di trasmissione della corrente." Chiedo se non abbiamo un generatore di emergenza. "Sì, ma è solo di emergenza, un blackout parziale di origine certa che non avviene durante un assalto o una partita dei Chicago BlackHawks non è da considerarsi tale."

"Quindi siamo bloccate qui?"

"Certo che no: sappiamo tutte e tre scappare da un ascensore bloccato!"

"Sì, ma in casi di emergenza. Ed io non ho proprio voglia di aprire il portellone superiore e mettermi a scalare i cavi d'acciaio in  un caso come questo: non siamo sotto assedio e stasera non c'è Hannibal in Tv. Non vedo alcuna emergenza."

"A me scappa la pipì." Ammette piano Natasha.

 

"Beh, visto che siamo qui ad annoiarci e a piangere sul doppio espresso versato" Natasha smette di leccarsi l'avambraccio sporco di caffè e rifila alla Hill un'occhiataccia "Tanto vale che Addison ci racconti la storia del pisellino di Ward."

"Solo se tu racconti quella delle tette con conformi della Hand."

Scivolando a gambe incrociate sul pavimento e mettendosi comoda, Natasha dichiara che le sembra uno scambio equo.

 

"Allora, risale tutto alla prima volta che ho visto Ward dal vivo. Prima, durante l'addestramento e il tirocinio, lo conoscevo solo di fama. Un ottimo agente, sempre pronto all'azione: lo chiamavano Die Ward e finché non l'ho conosciuto fisicamente pensavo fosse una parodia di Die Hard. Poi ho scoperto che più che un soprannome, era un invito."

 

Avevo ottenuto la promozione a Livello 5 da meno di un mese, e appena finita una missione di raccolta informazioni a Vienna ero stata assegnata al volo ad una a Zurigo per attinenza di campo; neanche il tempo di gustarmi una fetta di Sacher che ho dovuto saltare sul primo treno per la Svizzera e studiarmi il report informativo durante il tragitto. La mia copertura - un'agente di borsa belga - avrebbe incontrato il suo ipotetico fidanzato banchiere alla stazione: studiando la foto di quello che mi era stato appena affidato come partner pensai mi fosse andata di lusso: Mascella volitiva e molto maschia, occhi scuri profondi e misteriosi e fisico palestrato: sulla carta l'Agente Ward - vero nome di quello che avrei dovuto chiamare Victor Laballe - era quel tipo di partner che ti capitano una sola volta nella carriera. Uno di quelli che a fine missione, cascasse il mondo, ti sbatti sul volo di ritorno.

 

"Non è poi così raro trovare un partner sbattibile. Guarda Natasha, ci ha pure costruito una relazione stabile."

"Appunto perché non è facile trovarne di che me lo tengo stretto" Gongola: "E vorrei farti notare che sono sul campo da che avevo dieci anni. Ho un'idea precisa delle statistiche di partner passabili."

Le ricordo che la mia prima missione è stata al fianco di Sitwell: "L'uomo che la forza di gravità ha fatto emigrare i capelli dalla testa alla schiena."

"Grazie, Addison. Mi hai spento il principio di fame."

"Io ho ancora voglia di fare pipì."

 

 

I miei entusiasmi si erano spenti alla stazione quando, scendendo dal treno leggera e leggiadra senza fare incastrare il trolley da nessuna parte, mi ero avvicinata a lui avvolgendolo tra le mie braccia. Avessi abbracciato una colonna di marmo, l'effetto sarebbe stato lo stesso: la solidità unita ad un'immobile freddezza.

"Mi sembri poco affettuoso, per essere il mio fidanzato." Gli ho sibilato morbida all'orecchio: Dopo una specie di convulsione mi sono ritrovata una sua mano sulla spalla. Ammazza che ardore!

"Lo sai, cherie, che sono poco propenso a mostrare sentimenti in pubblico. Ciò non toglie che sia immensamente felice di vederti."

"Tranquillo" Sorrisi sbattendo le ciglia aggiustandogli il collo della camicia con un gesto affettuoso "Non ho intenzione di saltarti addosso nel bel mezzo di una stazione!"

Ma sei hai una macchina spaziosa, qualcosa ci si potrebbe inventare...

 

La macchina era effettivamente spaziosa, ma appena salita Ward ha ingranato la marca ed è partito sparato, schivando il traffico in un'inutile e frenetica corsa e brieffandomi concitatamente sull'operazione. Guardandolo snocciolare informazioni ed elenco contatti mi sono resa conto conto che l'espressione che dalla foto mi sembrava un po' tenebrosa e concentrata in realtà era semplicemente stitica. Teneva le sopracciglia e la mascella sempre contratte, usava termini tecnici e formali, tipico di chi non si concede alcuna distrazione ed era abituato a lavorare al di fuori di una squadra fissa, insofferente alla presenza di altri colleghi.

Nah, GreyRaven: con questo qui non ci si caverebbe un ragno dal buco, figurarsi a metterlo dentro.

In parole povere: ho capito subito che l'Agente Ward sarebbe stato di una noia e una pedanteria mortali.

 

La situazione è peggiorata nettamente una volta individuato il nostro soggetto e il suo alloggio: il Sorell Hotel, un lussuoso albergo in centro a Zurigo, in cui sono riuscita ad infiltrarmi nella hall fingendomi una stagista alla ricerca di una stanza per il suo puntiglioso capo, arrivato improvvisamente in città. Mentre il receptionist cercava a terminale le camere libere, ho spiato il nome del soggetto nell'elenco di camere già occupate. Alla conferma che non vi erano più camere libere ho esalato un gemito disperato, e sono uscita con aria sconvolta fingendo di scordarmi di ringraziare.

Gli accordi erano di incontrarci nuovamente al Giardino Cinese, e quando l'ho individuato le braccia quasi mi sono cascate a terra: Ward si era cambiato i vestiti ed indossava una tuta da giardiniere, e con quella potava i rametti dei cespugli di una piccola aiuola. "Ward, siamo in centro a Zurigo: per 'non farsi notare' basta infilarsi dentro ad un bar a prendere un caffè, non mimetizzarsi tra i cespugli!"

"Non sono abituato a prendere pause dal mio lavoro. Un attimo di distrazione e può accadere qualsiasi cosa, Borgo. Qualsiasi."

"E tu sei certo che io non riesca a gestire una situazione d'emergenza?"

"Non per sminuirti, ma sei sul campo da troppo poco tempo per poter vantare una reale esperienza."

Per impedirmi di strozzarlo ho dovuto incrociare le braccia: se c'è una cosa che mi fa tutt'ora andare fuori di testa sono i maschi grandi e grossi che mi sottovalutano. Così ho deciso di aprire la borsetta ed estrarre il pacchetto di sigarette. "Fumi?"

"No." Mi ha risposto con voce ovvia.

"Immagino che quindi non avrai da accendere."

"Corretto."

"Io invece sempre." Schioccai semplicemente le dita davanti alla mia faccia: con la piccola fiammella grigiazzurra comparsa sulla punta del pollice mi accesi la sigaretta per poi espirare una nuvola di fumo sulla faccia sbalordita del collega: "Il nostro amico si è preso la suite A208. Ho gettato un'occhiata alla cartina del piano d'evacuazione mentre aspettavo: si trova all'ultimo piano e ha una terrazza molto spaziosa. Visto che sei così cavaliere da preoccuparti per me lascerò che mi regga la mano mentre entrerò dal tetto, questa notte. Intesi?

Ward serrava talmente forte la mascella che temevo la potesse spezzare. Con un sorriso mellifluo ho girato i tacchi e prima di andarmene gli ho fatto notare che aveva pestato una cacca di cane.

 

Natasha alza gli occhi al cielo: "Sempre queste pose da strafiga vissuta!"

"Oh, andiamo! E che dovevo fare, tirargli un calcio in faccia? In ogni caso, con il favore delle tenebre ci siamo appostati sul tetto e abbiamo atteso il momento giusto per entrare in azione. Il problema è che il Soggetto… beh, aveva intenzione di divertirsi."

"Oddio, li odio quelli che chiamano una squillo quando tu sei appostato con un fucile di precisione...!" mugola la Hill.

"Come quello che hai quasi grigliato su un comodino il mese scorso?"

"Era la stessa persona, erano anni che lo tenevamo sotto osservazione." Sospiro: "E magari ne avesse chiamata solo una: erano in sette. Ward era sconvolto. Così, per ammazzare il tempo - e non il mio collega - ho proposto di trovarci un passatempo anche noi."

Le ragazze tendono le orecchie.

 

"AL-BI-NO."

Ward ci ha pensato un attimo prima di ribattere: "NO-CE."

"CE-TRI-O-LO."

"LO-CUS-TA"

Mi grattai il mento: "Uhm... TA-SCA-PA-NE"

"Un momento, un momento! " Alzò la testa dal comignolo a cui era appoggiato e tese le orecchie: "Mi sembra che lui abbia finito."

"No." Un secondo gemito strozzato: "Ora lui ha finito."

Ward alza un sopracciglio: "Che udito da intenditrice..." commenta ò sarcastico

"A Rio de Janeiro lavoravo in un bordello"

"Davvero?"

"No."

Le ragazze escono dopo mezz'ora, il soggetto si accende la televisione per spegnerla poco dopo insieme alla luce. Ancora qualche minuto di attesa e poi siamo scesi sulla terrazza, aperto la porta finestra e scivolati all’interno della suite. La nostra visita è stata brevissima: quattro cimici piazzate nei luoghi giusti  - il Soggetto avrà sicuramente controllato di non essere spiato al suo arrivo, difficilmente ricontrollerà al mattino - un suo capello per il database del DNA dello S.H.I.E.L.D. e ce ne andiamo. Quando siamo di nuovo con i piedi a terra e con l'attrezzatura riposta in uno zaino dall'aria innocua, ci incamminiamo per la Bahnhofstrasse mano nella mano. Io vesto la mia migliore aria innamorata, lui quella di una colica in atto.

"Quindi, il nostro lavoro si può definire concluso, missione compiuta."

"La missione non è conclusa finché il sistema non lo dice. E non abbiamo ancora ricevuto nessun messaggio."

"Allora godiamoci questi pochi minuti di apparente calma. Agente Ward, ora che rivestiamo la nostra copertura puoi addirittura smettere di camminare come un automa. Un po' più fluido, d'altronde sono la tua dolce fidanzata che non vedi così spesso." Abbozzò una mezza smorfia che, con tutta la fantasia possibile, interpretare come sorriso sarebbe stato davvero difficile. "Immagino che non sia abituato a passeggiare mano nella mano della tua ragazza. Probabilmente il luogo più romantico in cui l'hai portata deve essere il Poligono di Tiro."

"Agente Borgo, ti prego. Sarebbe piuttosto sciocco per me cercare una relazione stabile a questo punto della carriera. Quanto alla mia andatura, sfortunatamente sono vittima di una contrattura muscolare a livello lombare dalla mia precedente missione.

"Oh! Ha provato con il taping? Se vuoi posso darti una mano con l'applicazione. Sono brava a curare i traumi muscolari e ho sempre un rotolo di cerotti con me."

 

"Sei. Una. Persona. Orribile." dichiara Natasha. "Il Taping? TU? L’unica volta che hai usato quei cerotti era per farti il costume da sexy mummia ad Halloween!”

"E chissenefrega! Ho colto al volo l'occasione per farlo spogliare!"

La Hill alza la mano: "Perché volevi a tutti i costi portartelo a letto se ti stava così tanto sulle palle?”

"A Zurigo non c’è vita il lunedì sera. E avevo voglia di qualcosa che mi rilassasse. Ad ogni modo, lo convinsi, e una volta arrivati nel nostro alloggio entrò in camera mia.”

 

Caro Die Ward,

sarai un gran rompicoglioni, una palla di dimensioni bibliche, un dito di traverso nel culo: ma senza camicia ti perdono qualsiasi cosa.

L'ho invitato a sdraiarsi sul letto: "Prono" è stata la mia inutile raccomandazione, che Ward sembrava propenso a tutto fuorché provarci con me.

Aspetta che ti metta le mani addosso...

Mi sono raccomandata di farmi sapere quando toccavo il punto dolente e appoggiando il palmo sulla sua zona lombare ho iniziato un leggero massaggio. "E avvertimi se ho le mani troppo fredde."

"Affatto, sono calde. Caldissime. Non è che stai cercando di farmi prendere fuoco?"

"È una battuta agente, Ward? Accidenti, se potessi togliere le mani dal lavoro che sto facendo me la segnerei da qualche parte. Comunque no, affatto. Ho una temperatura corporea naturalmente più elevata di un comune essere umano."

"Per questo che ti sei arruolata?" Certo che sa come frenare la libido, questo. In compenso, sussulta amabilmente quando premo sul gonfiore per punirlo.

"No, è perché volevo mettere la mia stronzaggine al servizio dell'umanità. Ora ti applicherò il cerotto, tienilo addosso per un paio di giorni e non lo strofinare quando ti lavi. Se ti lavi."

"Non intendevo dire che sei... "

"Lascia perdere. So benissimo che genere di insinuazioni girano sul mio conto, per questo mi prodigo per smentirle. Meglio quelle, comunque, che accusarmi di essere andata a letto con qualcuno per arrivare al mio Livello!"

Lo sbuffo ha emesso Ward era quasi divertito; ho fatto appena in tempo a finire l'applicazione plausibile dei cerotti che i cellulari di entrambi hanno squillato il segnale di messaggio. Allungandomi verso il comodino e recuperato il mio, ho letto il contenuto ad alta voce: "Missione conclusa. Mi hanno girato un biglietto aereo per New York domani pomeriggio. Tu?" Ward si è voltato supino e ha letto bene il messaggio, prima di spiegare di essere diretto a Londra con il primo volo del mattino.

Con finta casualità, ho sfiorato il suo braccio mentre riappoggiavo il cellulare e ho intercettato il suo sguardo. "Bene" dice.

"Bene" gli ho fatto eco.

 

"Certo che è bello sveglio il ragazzo, eh?"

"La tiriamo ancora per le lunghe?"

"D'accordo, d'accordo. Insomma, ho dovuto mettermi di impegno un po' di più ma alla fine..."

 

Non ho smesso di chiamarlo Ward neppure quando mi ha fatto saltare i bottoni della camicia: ho apprezzato l'impeto e l'ho spinto sul materasso, che avevo tutta l'intenzione di giocare con lui. Lingua sul collo, sui pettorali, lungo gli addomina... sguardo allusivo, elastico dei pantaloni tra i denti et voila! Glieli ho sfilati sino alle ginocchia.

Quando ritorno sulle mutande, però, non trovo nessun effetto 'Tenda Canadese'.

Eppure lui mi sembrava abbastanza eccitato.

Forse mi sbagliavo.

Così ho deciso di replaicare la mossa con l'elastico delle mutande  - Ward ha deglutito sonoramente e...

Oh.

"Sì, ti prego...!" Ha supplicato lui con gli occhi socchiusi.

Sì ti prego COSA? COSA?

Non c'è nulla da pregare, qui c'è solo da piangere!

 

"Ahm. Io... ecco..."

"Cosa?"

"Le mie cose. Mi sono venute. Ora. Meno male che me ne sono accorta...! È meglio che ti rivesti, sono molto irritabile quando sono mestruata io... ho delle vampate di calore e perdo il controllo del FuocoFatuo molto facilmente."

"Ma se fino ad un momento fa..."

"Il momento fa è passato. Il momento ora è adesso. Sono di umore instabile con il ciclo, ecco. Ti rialzo le mutande e facciamo finta che questo piccolo incidente non sia mai successo, d'accordo?"

 

 

 

"Quindi l'hai sbattuto fuori?" La mascella di Natasha sfiora terra, la Hill si sta rotolando dalle risate: "Non ci hai fatto nulla? Potevi almeno... almeno..."

"Almeno cosa?" Alzo il mignolo: "Come ci si pul divertire con un mezzo wurstel? Un cannoncino mignon, un aborto di tubero! E sì che non ero così ben abituata come lo sono adesso."

"Grazie per l'informazione non richiesta su Loki."

"Ragazze, voi non avete idea di com'era! Anche a prenderlo in bocca... aveva le dimensioni di un Marshmallows, l'avrei masticato di impulso! È stato un trauma. Non sono riuscita a chiudere occhio tutta notte, avevo la tachicardia, e per tutta la settimana successiva non ho avuto che incubi su piccoli piselli che mi inseguivano urlando sì ti prego!

Natasha ipotizza che probabilmente c'era solo freddo nella stanza. "Sai, quando ero con Clint in Tagikistan, mi ha proposto di  Scaldarci un po' come solo noi sappiamo fare  mentre aspettavamo l'alba in un tunnel sotterraneo. C'era così freddo che ho frugato per tre minuti, prima di trovarglielo!"

"OcchioDiFalco, PeneDaCanarino!" commenta ilare la Hill.

"È successo solo quella volta...!" Ringhia Nat. "E a proposito, ora è il tuo turno."

 

 

Victoria Hand le è sempre piaciuta, sin dal primo giorno che l’ha incontrata. Entrata nello S.H.I.E.L.D. da poco dopo un addestramento nei marines, la sua prima missione veramente difficile le è stata assegnata nell’Hub dall’allora direttore della base, mentre la Hand le ha fornito il primo brief logistico. Forse era per il caschetto che portava o per le gambe lunghe che spuntavano dalla gonna nera, fatto sta che la Hill l'avrebbe impalmata all’istante. E quando aveva incrociato i suoi occhi scuri dietro la montatura severa degli occhiali aveva letto lo stesso, identico desiderio.

 

“E poi l’antiromantica sarei io…”

“Sta zitta, Adie, la sua storia è più intrigante della tua.”

 

 

Come souvenir, la Hill si era portata a casa dalla missione una pallottola nella caviglia, ma la sua squadra non aveva subito perdite. Nel reparto di infermeria una delle prime persone ad andarla a trovare era stata proprio la Hand: si era semplicemente congratulata per l’esito dell’operazione e aveva lasciato una scatola di dolcetti di marzapane, prima di uscire di nuovo.

In una storia d’amore cinematografica, quei dolcetti sarebbero stati i preferiti dalla Hill e lei si sarebbe chiesta per tutta la vita come faceva la Hand ad avere indovinato i suoi gusti senza conoscerla. Nella realtà, il marzapane le fa schifo e aveva rifilato di buon grado la scatola a Sitwell, che è di bocca buona.

Dopodiché della Hand non aveva più saputo nulla, a parte qualche report o comunicazione ufficiale e formale.

Un paio d'anni più tardi era stata Victoria Hand ad uscire dall’Hub per andare al Triskelion. Il motivo era la gigantesca organizzazione logistica per un’operazione molto importante: la Hill nel frattempo era diventata un Livello 7, Capitano della sua squadra d’assalto ed aveva calamitato l’attenzione dei piani alti. La Hand era sempre più vicina, invece, ad occupare il posto da Responsabile dell’Hub al posto del suo capo ormai prossimo alla pensione.

Durante il briefing si scambiarono più e più occhiate. L’ultima, la più lunga, quando la Hill era già sull’elicottero che si stava alzando.

 

“La Tensione Sessuale è alle stelle” Commento rapita. “Quindi…?”

“L’Operazione era quella della Terra di Fuoco,dove ti sei guadagnata il livello 8 sul campo, giusto? Poteva essere una nuova guerra delle Falklands, se non fosse stato per lo S.H.I.E.L.D.” Spiega Nat ammirata: “Immagino che al ritorno non ti sia stato solo notificato l’ottavo livello.”

“No, non solo” Ammette, sorridendo compiaciuta. “Mentre ero sola sotto la doccia degli spogliatoi ho sentito un rumore e mi sono voltata e… Victoria era lì. Si è liberata dei vestiti uno dopo l’altro – dannazione, quella donna è davvero brava a spogliarsi – e mi ha raggiunta sotto la doccia.”

“E lì hai visto che le sorelle non erano gemelle.”

“A dire la verità in quel momento non ci ho fatto molto caso. Ero… come dire, distratta.”

 

 

Non era stata una toccata e fuga, ma neppure una relazione vera e propria. Entrambe votate prima di tutto alla loro carriera, ligie al dovere e al regolamento che ‘sconsigliava’ le relazioni tra colleghi, avevano mantenunto il riserbo e il distaccamento necessario per non destare sospetti. E ci riuscivano benissimo, anche se Sitwell, vedendo la fiancata della sua auto ammaccata, un giorno aveva commentato con un: “Sembra che te l'abbia parcheggiata la Hand.”

Nel frattempo,Victoria Hand era diventata direttrice dell’Hub e Maria Hill stava percorrendo una brillante carriera con un importante giro di responsabilità.

Un giorno, poi, era stata convocata da Nick Fury in persona per comunicarle che era una candidata più che adatta a ricoprire il ruolo vacante da Vice Direttore: “Sento ottime cose su di lei. Ed il suo rigore piace molto al Consiglio. A dire il vero, è stata più una decisione del Consiglio che mia quella di considerare la sua candidatura, ma siccome non la reputo una decisione esageratamente stupida, intendo tenerla in considerazione.”

“La ringrazio, Direttore.”

“Accetta, Agente Hill?”

"È un onore."

“Molto bene. Sa come sono queste cose: prima passi all’ufficio legale a discutere di cazzate burocratiche e poi tornerà qui da me e parleremo di cose serie. Ah, un’ultima cosa:” Fury si era avvicinato e le aveva piantato l’occhio addosso: “Lei ha delle spinte importanti, Agente Hill, ma sia ben chiaro che ciò non le permette di mettermi i bastoni tra le ruote, intesi? Tenga ben presente che se sono il Direttore di questa Organizzazione, un'idea limpida di cosa sto facendo ce l'ho. D’accordo?”

“Sissignore.”

Non ne aveva parlato apertamente con la Hand, ma le era sembrato di intuire che dietro quelle ‘spinte’ il Direttore alludesse a lei. Sapeva di aver lavorato duramente e di meritarsi quel posto, eppure non riusciva a togliersi dalla testa quella sensazione scomoda di essere in debito e che se era lì lo doveva principalmente alle sue conoscenze particolari con la Direttrice dell'Hub. Ciononostante si era intascata il plauso dei colleghi e anche un discreto numero di bizzarri gadgets ipertecnologici.

Victoria si era limitata ad accompagnare le sue congratulazioni con una scatola di dolcetti di marzapane.

Fury li aveva letteralmente divorati: “Non pensi di ingraziarsi il Direttore in questo modo: Muova il culo e faccia il suo dovere. E lasci qui questa scatola. Ah, Hill, domani dovrà farsi un giro all’Hub al mio posto. Solite procedure organizzative per le missioni ancora in fase di definizione. So che è una dannata seccatura ma…”

“Non lo è affatto, Signore.”

“Avere a che fare con la Hand? Non la conosce, vero?”

“Certo, signore: mi ha brieffato alla mia prima missione sul campo.”

“E non ha cercato di farla uccidere? Si reputi fortunata, allora. Ha cercato di far fuori ogni singolo Agente che ha mandato sul campo, me compreso. Anche Coulson si era trovato nella merda sino al collo, e non lo conosce neppure dal vivo. Barton tiene una foto nel suo armadietto con cui ci gioca a freccette nel tempo libero.”

“È comunque una delle più grandi strateghe dell’Organizzazione, Signore.”

“Assolutamente, niente da dire in contrario. Il successo della Terra di Fuoco e altre operazioni lo si deve principalmente a lei. Solo… non si sprechi di complimenti nei suoi confronti, non è che la stima sia esattamente ricambiata.” L’aveva vista alzare un sopracciglio sorpresa e aveva continuato nella spiegazione: “È stata una delle poche persone contrarie alla sua nomina a Vice Direttrice. Sosteneva che, oltre a non avere l’esperienza necessaria per quel ruolo, sia anche dispotica, poco zelante, arrogante e con tendenze ad addossare la colpa agli altri.”

Aveva faticato a nascondere un fremito di rabbia: “Le posso assicurare che Victoria Hand non mi conosce bene.”

“Lo so, lo so. Erano discorsi da primadonna. Mirava a questo posto quanto e più di lei, gli è bruciato non poco che le venisse soffiato via da un’Agente addirittura più giovane. Allora va lei domani all’Hub?”

“Sissignore. Le saluterò l’Agente Hand.”

 

“Sei. Una. Stronza.” Aveva scelto di affrontarla direttamente, prima della riunione, approfittando di un momento in cui la Hand era sola nella sala ristoro del piano. “Dispotica. Lavativa. Poco zelante. Potevi almeno sprecarti a trovare scusanti migliori per cercare di escludermi dalla carica.”

Lei sorseggiava il suo caffé senza dar segno di essere minimamente turbata, e quando lo finisce le chiede che cosa si aspettasse davvero: “Pensavi ti facessi trovare gli striscioni di congratulazioni, che mi mettessi a saltare e a strillare di gioia per poi regalarti la notte di sesso più infuocata della tua vita? Sono i tuoi otto anni di attività nello S.H.I.E.L.D. contro la mia esperienza ventennale, scherziamo?"

“Sei la direttrice dell’Hub!”

“Oh, scusa se ho ambizioni più alte che starmene sepolta per altri vent’anni qui dentro! Non mi fraintendere, adoro il mio lavoro e non vivrei un giorno senza. Ma ho la visione neccessaria delle cose per portare le migliorie al sistema che tu nemmeno puoi immaginare, e sicuramente mi farei valere su Fury più di quanto tu stessa stia facendo.”

“Fury non è il ragazzino indisciplinato che il consiglio crede sia.”

“Ah no, davvero? E il progetto Vendicatori? E il suo attorniarsi di scherzi della natura potenzialmente pericolosi per il genere umano? Non avrai mica cambiato improvvisamente la considerazione che avevi di lui, vero?”

“No. Ma almeno non è un figlio di puttana come chi dirige questo posto.” Ribatté girando i tacchi e dirigendosi verso la porta.

“Se esci di qui ora tra di noi è finita.” È stata la pacata minaccia della Hand, fatta con aria da chi ha il coltello dalla parte del manico e tutta l'intenzione di avere l'ultima parola."

L'occhiata che le ha rivolto la Hill era di puro compatimento: “Tanto odio i dolcetti di marzapane.”

 

 

Applaudiamo: Questa sì che è un'uscita di scena degna di questo nome.

"E quindi come è andata a finire?"

"I nostri successivi incontri sono stati puramente formali, non ci siamo rivolte la parola che per lo stretto necessario e solo in modo formale.

Però una volta, quando sono scesa a recuperare la mia auto ho trovato quattro graffi sulla portiera. Guarda caso, la Hand ha una ricostruzione unghie dall'aria piuttosto minacciosa. Pazienza, in fondo è colpa mia. Mi piaceva davvero, sa essere molto... molto intrigante. Mi piacciono le donne come lei."

"Stronze?" Chiede Nat.

"Determinate. E sexy. E, sì, anche stronze."

Le ricordo che ora ha Darcyna "Ed è meglio, no?"

"Uhm, è una cosa diversa, diciamo. Completamente diversa."

"A proposito, andrai poi a casa dei suoi per il Ringraziamento?"

La Hill sbuffa, alza le spalle, si gratta la testa e nel momento in sembra decidere a dare una risposta la luce ritorna e l'ascensore inizia a muoversi.

 

Ci rialziamo e ci riassettiamo, con Natasha che freme per il bagno. "Comunque, se la cosa ti può consolare, la Hand non assegna mai una squadra di recupero a me e Barton. Dobbiamo sempre salvarci le chiappe da soli."

"Potrebbe essere gelosia. Magari sospetta che tra noi due ci sia qualcosa."

"Non potresti farle crede di essere la ragazza della Morse? Non per lamentarmi, ma mi piacerebbe provare l'ebbrezza di un comodo viaggio di ritorno, almeno una volta nella vita."

 

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Ed abbiamo anche il CrossOver con Agent of S.H.I.E.L.D.! Era da un po' che non aggiornavo - chiedo venia, casomai qualcuno ne avesse sentito la mancanza - ma oltre a scribacchiare qua e la random sto lavorando al Threequel di The Seventh.

So che in pochi ne sentivano una reale necessità, ma avevo proprio intenzione di togliermi qualche sfizio, perciò lo sviluppare e seguire una trama sensata ha lasciato un po' in disparte le perle da pirla di questa raccolta.

Non è finita, assolutamente, perché ci sarà almeno un altro capitolo che dovrò scrivere per una continuità con TS3.

Il resto si vedrà.

Intanto vi ringrazio per aver riaperto questa raccolta, per averla letta e per aver commentato i capitoli precedenti. E anche questo, se ne avrete davvero voglia.

Grazie, alla prossima se vorrete.

EC

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Shades of Christmas Time ***


 

The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

10: Shades of Christmas Time.

 

Perdersi è l'unico modo per trovare un posto che sia introvabile altrimenti tutti saprebbero dove trovarlo. [Barbossa, Pirati dei Caraibi - Ai Confini del Mondo]

Il pancione di Pepper Potts sta iniziando a diventare piuttosto sporgente, tanto da far diminuire la capienza dell’ascensore: insieme alle sue assistenti ora possono entrare solo altre due persone. La sua Prima Assistente le passa uno StarkPhone, Pepper risponde brevemente ad una telefonata prima di restituirglielo. La Seconda le porge il Tablet ed il pennino, lei appone la firma (Virginia Potts- Starks ormai non le fa più impressione scriverlo) su un modulo mentre la Terza le ricorda un paio di impegni della giornata e le chiede se intende registrare il video di auguri di Natale per i dipendenti nel pomeriggio.

Oh, cielo. Pure quelli. Ha voglia di farlo come di correre la maratona di New York in tacchi a spillo, ma meglio togliersi il dente il prima possibile. "D'accordo, Avvisa Pierre, manda Happy a prenderlo e fallo arrivare qui per le due, questi capelli non ne vogliono sapere di stare a posto da quando sono entrata nel sesto mese. E poi chiama mio marito e chiedigli di essere qui per le due e mezza. Arriverà con almeno due ore di ritardo, quindi direi che le riprese possono iniziare alle quattro e quaranta." Pepper si gira per prendere un'altra cosa dalla Seconda Assistente ed il suo ombelico va a strofinarsi sul braccio dell'altro occupante dell'ascensore: "È un po' espansivo." Si scusa, accompagnando la battuta con un sorriso. L'uomo ne abbozza uno di rimando e chiede timidamente quanto manchi. "Ho il termine per il nove di Aprile" cinguetta. Le porte dell'ascensore si aprono e Pepper ed il suo drappello tacchettano lungo il corridoio della presidenza. Entra da sola nel suo ufficio e per prima cosa si toglie le scarpe lasciandosi scappare un gemito di dolore.

"Necessità di coccole?" Tony, in giacca e cravatta e con il pizzetto perfettamente modellato, si alza dal divano in pelle nera con una confezione di ciambelle dietetiche in una mano e un decaffeinato al latte e miele nell'altra. "Ho pensato di rimediare alla mia mancanza di tatto questa mattina, che mi ha impedito di presentarmi per colazione."

"Veramente ti eri presentato. Completamente avvolto di morchia, però..."

Tony appoggia la colazione sulla scrivania e le accompagna la sedia quando Pepper prende posto: "Sì, mi ci sono volute circa tre docce. Però ho tre buonissime notizie. Primo: ti ho migliorato la StarkMom, ora è la MomMarkIII. Ha delle cromature bellissime, l'opzione marsupio per tenere Howie quando sarà nato, e propulsori molto più potenti, in modo da agevolare una fuga precipitosa. Dato che non è della mia misura e mi sta un po' larga in petto la farò testare da Romanoff appena torneremo a New York."

Masticando un boccone di una deliziosa ciambella Pepper alza gli occhi al cielo: "Sei davvero troppo paranoico."

"Seconda buonissima notizia: questo pomeriggio lo dedicherò completamente a te." Scivola dietro alla scrivania e gli appoggia le mani sulle spalle per massaggiargliele. Pepper si lascia scappare un mugolio sommesso. "La mia mogliettina ha bisogno di un po' di relax. Ti sento tesa, tesoro."

"Sono un po' stanchina..." ammette. "Tenere i piedi dentro i tacchi tutto il giorno è uno strazio, ma non posso andare in giro in UGG. Jane li usa per tener lontano Thor: quando li indossa lui gira al largo.""

"Posso capirlo. Quei cosi sono lo ammazzalibido per eccellenza. Ma veniamo alla terza, splendida notizia: Vienna."

"Vienna?"

"Esatto." Tony smette di massaggiarle le spalle per toccare uno schermo olografico sulla scrivania e proiettare l'immagine della Cattedrale di Santo Stefano sfavillante di luci natalizie. "Non ci siamo mai stati, ed è spettacolare in questa stagione. Che ne dici?"

"Capodanno?"

"E non solo. Il Grand Hotel di Vienna ci attende a partire dal 23 di Dicembre ..."

"Tony..."

"Con trattamenti pre-maman nella loro Spa e..."

"Tony... "

"Due posti assicurati per il concerto di inizio anno nel Musikverein!"

"Tony! Non possiamo andarci per Natale, mia madre mi sta ancora rinfacciando la nostra assenza di quello scorso, e c'era una glaciazione in atto!"

"Ma, amore... ci siamo già stati per il Ringraziamento! Mi hai fatto rinunciare al nostro tradizionale viaggio del Ringraziamento per pranzare con la tua famiglia...!"

"Tradizionale? Ma se l'abbiamo fatto solo una volta!"

"Ma ti ho chiesto di sposarmi, quella volta! Pepper, amore, questo sarà l'ultimo Natale che passeremo da soli e..."

"Ed il prossimo anno mi dirai 'Questo è il primo Natale che passiamo in tre!' Tony, per favore: passeremo la vigilia ed il Natale con mia madre e le mie sorelle..."

"Tutte quante?"

"Tutte e due, con le rispettive famiglie. E poi, il 25 sera, se Happy è d'accordo prenderemo il Jet e ce ne andremo a Vienna. Faremo un Capodanno splendido, mi farò massaggiare il massaggiabile e ci gusteremo il concerto al Musikverein."

"Pepper, ti prego... pensa a me...!"

"Ci penso anche troppo a te!"

"Possiamo almeno prendere su Bruce? Per tua mamma, sai... al nostro matrimonio sembrava molto interessata. Dai, ti prego, Pep! Almeno non togliermi questo divertimento!"

 

 

 

"Cento dollari se salti sopra una palla di Natale urlando 'I came in like a Wrecking ball."

"Centoventi e lo faccio da nudo."

"Andata!"

Alla faccia della tanto paventata crisi, quest'anno la Hall del Triskelion è più decorata del solito: una decina di palle di plexiglass trasparente di diversa grandezza pendono dal soffitto. Con un alberello stilizzato di colore argento e oro dentro ad ognuna.

Sul bancone della reception è comparso il classico cestino con i biscottini al cioccolato e cannella, e il 'ding' che segnala l'arrivo degli ascensori è stato sostituito da uno scampanellio di sonagli. Anche allo S.H.I.E.L.D. il Natale si fa sentire: può sembrare fuori luogo, ma fa benissimo all'umore di truppe che non si fermano mai e rincuora un po' chi, come nella maggior parte di noi, identifica come 'famiglia' la propria squadra.

E poi c'è il Brindisi di Auguri la sera della Vigilia: quello da solo vale tutta la fatica di essere un Agente S.H.I.E.L.D.: banchetto sontuoso, musica, karaoke ubriaco a mezzanotte e scambio di regali. Fury indossa la sua benda rossa natalizia, Clint in genere si ubriaca talmente tanto da combinarne qualsiasi cosa, le planciste si vestono da SexyBabbe ed intonano 'Jingle Bells Rock' - Come in Mean Girls! puntualizzo indignata ogni anno  - io ballo sui tavoli e mi impalmo qualcuno, e Natasha sorride almeno una volta. È il 'Rompete le Righe' ufficiale, la nostra piccola folle festa: quello che capita al Brindisi di Natale non esce dal Brindisi di Natale.

E sarà il momento in cui Coulson mi mancherà di più. Dava il meglio di sé in questa festa, prendeva il microfono in mano ed improvvisava battute su tutti per mezz'ora buona. E poi faceva furore al Karaoke. La nostra interpretazione di 'I've Got you Baby', fatta impersonando Fury e la Hill resterà negli annali. In quell'occasione, il sorriso del Direttore fu meno inquietante del solito. Anche più sghembo, a dire il vero: nessuno sa quanti drink si sia scolato quella sera.

Bei tempi. Cerco lo sguardo di Clint per captare la stessa mancanza, trovandolo invece intento a calcolare che rincorsa dovrebbe prendere per saltare la balaustra ed afferrare la palla al volo senza sfracellarsi sette piani più sotto.

Non può non pensarci. È che lo nasconde bene, tutto qui. Mi riscuoto: "Pensato al regalo per Nat?"

"Assolutamente. In questo preciso istante Stark mi sta perfezionando i nuovi Morsi di Vedova. Spero mi faccia un po' di sconto da amico, nel preventivo costavano un occhio dalla testa..."

 

 

"J.A.R.V.I.S.: devo fare qualcosa ma non ricordo cosa, potresti erudirmi?"

"Non ha ancora assunto le sue vitamine del dopo pranzo, non ha oliato il braccio di Ferrovecchio, non ha controllato quel rumorino della E-Tron, non ha spostato la data di arrivo del soggiorno al Grand Hotel di Vienna, non ha chiuso il rubinetto del bagno al settantaseiesimo piano e non ha ancora iniziato a lavorare sul potenziamento dei Morsi di Vedova che l'Agente Barton intende regalare all'Agente Romanoff per Natale."

"Oh. Giusto. Beh, lo farò domani, ora vado a prendere lezioni di yoga da Banner: mi serviranno per la cena della Vigilia. Mandami l’armatura, J.A.R.V.I.S., sono curioso di testare i miei nuovi propulsori. Secondo i miei calcoli, dovrei arrivare a New York in tre ore e sedici minuti. Vediamo se riesco a fare di meglio.

 

 

"Quindi non ci sarai alla festa della Vigilia?" Caraffa del caffè in mano, Natasha riempie il suo bicchiere di carta e poi quello della Hill.

"Non sono potuta andare a casa di Darcy per il Ringraziamento e ci tiene a presentarmi ai suoi, quindi ha deciso che mi vuole lì a tutti i costi per Natale. Una relazione con una civile è ben più complicata di quanto immaginassi."

"Capisco. Beh, peccato, la festa non sarà la stessa senza i tuoi commenti acidi."

La Hill alza le spalle: "Non ti annoierai. Se Clint si concia come due anni fa..."

"Deve prima passare sul mio cadavere."

"Oh no, ti prego: è l'attrazione principale!" Natasha alza gli occhi al cielo. "Puoi minacciarlo di non consegnargli il suo regalo, se fa il cattivo bambino."

Natasha sbatte le palpebre. Una. Due. Tre volte.

"Nat, non ti sarai mica scordata di..."

Getta il bicchiere di caffè ancora pieno nel cestino ed esce come una furia imprecando in russo.

 

 

 

A Steve tutta la confusione prenatalizia non piace. Non gli piace la corsa ai regali, il modo in cui le persone arraffano oggetti qua e là contando sulla punta delle dita i regali che ancora mancano all'appello, non apprezza gli 'omaggi' natalizi che vengono dati con gli acquisti –  gli sembra una pubblicità più subdola ed invadente delle altre –  e l'aria stressata e nervosa della gente. Ai suoi tempi    se lo dice da solo, perché sa quanto possa essere irritante esprimere pensieri nostalgici ad alta voce –  a Natale il ritmo rallentava per tutti. Ci si prendeva più tempo per scambiarsi gli auguri per strada o nei bar. I regali erano pochi, ma personali, e si aveva sempre tempo per un punch caldo con gli amici e una fetta di torta fatta in casa.

L'unica cosa che lo fa sentire meglio è donare un paio di bigliettoni ad un'associazione benefica che si occupa di senzatetto. La donna al banchetto lo saluta con un 'Che Dio la Benedica' e mette le banconote in una cassetta di legno, prima di lasciargli una confezione di biscottini alla vaniglia e cannella. "Li abbiamo fatti nella cucina della nostra parrocchia questa mattina." Spiega. "Che Dio la benedica, signore. Le auguro un Sereno Natale!"

Steve sorride e si dirige verso il Phoenix Bar sgranocchiando i biscotti: non sono buonissimi, ma hanno il sapore genuino delle cose semplici.

Trovando il locale pieno si ricorda che le ragazze avevano organizzato una piccola lotteria di dolci, con l'incasso da devolvere ad un ospedale pediatrico. Beth gli passa di fianco con un vassoio colmo di tazze di cioccolata calda e ha solo il tempo di un occhiolino. Quando torna, scherza accusandolo di tradimento: "Quei biscottini da dove provengono? Spero non una delle tue migliaia di fan!"

"Assolutamente no!" Ride e poi aggiunge: "Sai, venendo qui pensavo che potrei fare qualcosa di importante per Natale. Che ne dici se mi vestissi da..." Si da un'occhiata intorno: gli avventori sono impegnati tra tablet e mezze conversazioni, lui mima uno scudo sull'avambraccio e Beth capisce: "E andassi a salutare i bambini in ospedale?"

"Sarebbe una splendida idea, tesoro!" Beth è entusiasta e gli schiocca un bacio a fior di labbra. "Anche se ho paura che dovrai rinunciare allo scudo: negli ospedali non si possono portare armi e ho paura che venga considerato tale..."

Steve alza le braccia: "Certo che non è neppure più facile fare della beneficenza...!"

"Oh, non me lo dire: per organizzare questa mini lotteria non hai idea di che burocrazia abbiamo dovuto smuovere!" Riempie il vassoio con bicchieri e piatti vuoti da un tavolo e torna al bancone per sostituirlo con un altro pieno di caffè e fette di torta. "Volevo chiederti una cosa: io e mia sorella torniamo a casa per Natale, ti piacerebbe passarlo al caldo del Mississipi?"

"Dici sul serio? Ma ai tuoi genitori non darà fastidio uno sconosciuto alla tavola di Natale?"

"Che? Sconosciuto tu? Parlo di te ogni volta che sento mia madre al telefono, e mio padre non ne sarà contrariato: Ragazzo americano, tradizionalista, credente e che lavora nelle forze armate. Tempesterà Jackson di manifesti pubblicitari! E poi ti ho già fatto il regalo, sarebbe stato un peccato lasciare quel pacchetto sotto l'albero. Sì, con le mie manine. Ci ho messo un mese intero! Allora, accetti?"

Sorridendo, Steve annuisce. E per la prima volta nell'arco di una settimana non vede l'ora che arrivi Natale.

 

 

Fulmine, Fulmine, saetta e.... SBAM!

Tuono.

"Jane, è per te!"

"Al telefono?"

Lasciando in pace per un secondo lo schermo dello StarkPhone, Darcy alza gli occhi al cielo: "Al balcone!"

"Perché non rispondi mai come voglio io?" Sbuffando, Jane riemerge dal bagno infilata in una tuta informe e con i capelli avvolti in un asciugamano bianco.

"Perché sono una stronza sincera."

Jane borbotta che si sarebbe fermata allo 'stronza', si toglie l’asciugamano dalla testa e glielo lancia addosso e poi attraversa la sala e fa scorrere il vetro della porta-finestra. "Almeno questa volta non ha fatto grandinare: due mesi fa ho dovuto cambiare il parabrezza dell'auto."

"Stai diventando davvero insopportabilmente acida, lo sai? Quel povero figo si spara un viaggio interstellare per venire a trovarti e riceve l'allegria di una visita esattoriale."

Thor compare dalla portafinestra sfiorandone il filo del telaio in altezza. Abbozza un sorriso, si pulisce diligentemente i piedi sullo zerbino, entra ed appende il Mjolnir al piolo dell'appendiabiti: "Salve Jane, come stai?"

" Tutto bene, posso offrirti una tazza di te?"

"Ciao Darcy. Tutto bene Darcy? Ti sta proprio bene quel paio di occhiali nuovi, Darcy e anche quel cappello, uaaaauuuu! Dove l'hai comprato, Darcy? Volevo fare un regalo di Natale a Xena e non sapevo cosa prenderle..."

Thor sposta lo sguardo da Jane alla sua stagista: "Fa sempre così?"

"No, solo quando la si ignora. Salutala e smetterà di blaterare per circa sette minuti."

Thor sorride e si appoggia al tavolo di fronte a Darcy: "Salve."

Lei finge di illuminarsi come se l'avesse visto entrare solo in quel momento: "Hey! Thor! Ma che bello vederti! Sei arrivato adesso?"

Lui torna a guardare di nuovo Jane: "Sei proprio sicura che stia bene?"

"Darcy, potresti per favore lasciarci soli un attimo?"

Fissa Jane come se l'aliena fosse lei e non Thor: "Ti posso ricordare che viviamo in un appartamento dalle dimensioni uterine? Per lasciarvi soli che faccio, mi metto nel ripostiglio?"

"Darcy... per favore...!"

"D'accordo, d'accordo!" Recupera il notebook e si infila la giacca:  "Me ne andrò in caffetteria. Mancano circa due ore alla chiusura, avete tutto il tempo per parlare, e magari ci scappa addirittura una scopatina."

Jane protesta e Thor ha l'aria di chi invece terrà in considerazione la cosa.

 

"Allora ci hai pensato?"

"Sì. Pensato e ripensato, Thor. Io..."

"Sì, ho compreso. Sappi solo che io rinuncerei a tutto, pur di stare con te.” Lo sguardo di Thor che si abbassa sulla tavola è una stilettata nel cuore di Jane: “Ma non posso."

Lei sospira e si passa una mano tra i capelli: "E io non ci riesco. Non è che non ti amo più, è che... evidentemente non ti amo abbastanza."

Thor appoggia la mano sulla sua imprigionandola tra le dita. La alza e se la porta alla bocca. La bacia a lungo, lentamente, risale il polso e prima che la razionalità di Jane prenda il sopravvento raggiunge la bocca. "Non è giusto fare così." La sua protesta è un sussurro: basterebbe solo una leggera spinta per scostarlo, basterebbe essere più forti e razionali . Più consapevoli e meno propensi all'illusione.

Ma Jane non ci riesce, e Thor fa di tutto per tenerla con sé.

Si lascia cingere dalle sue braccia forti ed insieme scivolano sul tappeto.

 

 

Natasha viene fermata dalla Hill sulla rampa di lancio, mentre sta salendo sull'elicottero preso in prestito a nome di 'Barbara Morse' e le passa lo StarkPhone. "Per te. Il Direttore." La guarda seria mentre Natasha annuisce pronta e porge la mano: "Non è una missione. Non è quello che pensi."

"E meno male, stavo pensando ad un maglione di cachemire..." Commenta portandosi il cellulare all'orecchio: "Qui Romanoff." .

"È un piacere sentirti, Tasha..." Per poco il cellulare non le cade di mano. Sgrana gli occhi e li punta sulla Hill, che non può far altro che muovere le labbra in un silenzioso scusa.

 

 

"Posizione della Gru, del Signore della Danza ed infine dell'Aratro. Visto? Sto imparando a riconoscerle tutte! Eppure continuo a preferire quella dell'Amazzone, del Missionario ed il 69, che i numeri mi sono sempre stati affini."

Ormai Bruce ha imparato a conviverci; apprezza che Tony non l'abbia interrotto durante la sua sessione di esercizi e si alza in piedi con un sorriso: "Evidentemente non conosci il Tantra."

"No, e mi perdonerai se non ti chiedo di fare da maestro a me o a mia moglie. Niente di personale, solo che abbiamo messo la testa a posto, ecco."

"Figurati, mai oserei tentarti. Per cosa mi cercavi?"

"Un paio di consigli su tecniche di rilassamento ed un invito." Tony si leva le scarpe lanciandole nella sabbia del giardino zen della "Relax Room" di Bruce, si siede su un materassino incrociando le gambe in un pallido tentativo di posizione del loto e lascia poi che Bruce gli corregga la postura: "Pepper vuole a tutti i costi andare dai suoi per Natale. Io le ho detto che non mi muovo senza di te."

"È molto romantico, Tony. Tuttavia vorrei farti notare che potrebbe essere motivo di divorzio."

"Macché, sei il pollo per sua madre. La vecchia ti apprezza, sai?"

Bruce piega la tesa di lato e si gratta il collo: "La signora Potts è una donna davvero adorabile e molto giovanile, vecchia non mi sembra esattamente il termine giusto per descriverla."

"Sì, è una cougar discretamente funzionante, hai ragione." Lo StarkPhone di Tony suona e lui chiude la conversazione senza guardare il mittente. "Allora?" Bruce tentenna, Tony incalza: "Ascolta, alla cougar farà molto piacere ritrovare la vecchia fiamma con cui ha danzato al nostro matrimonio, tu non passerai il Natale chiuso come un ratto qui dentro, ed io avrò qualcuno con cui avere conversazioni interessanti. I cognati di Pepper sanno solo parlare di sport. E non sport belli come..." Lo StarkPhone risuona, Tony tocca nuovamente il tasto olografico rosso senza guardare. "...come la lotta nel fango o il lancio del Chitauro o il Tiro con l'Arco al Napalm. Cose tipo Basket e Baseball e Football. Capisci?"

"Non sarebbe meglio rispondere al telefono?" Propone Banner, indicando di nuovo l'ologramma della chiama ricomparso a mezz'aria tra la mano di Tony e la sua spalla:

"Oh, è Fury: è tutta la mattina che mi cerca, deve essere per quei sensori di rilevazione audio che mi ha fatto preparare, probabilmente non sa come installarli. Lo ignorerò finché non si degnerà di comparire fuori dalla terrazza della Lounge, Pep gli ha preparato un pacco di Natale e mi ha chiesto di invitarlo per gli auguri, figurati se mi piego a tanto..."

"È un ottimo piano e lo appoggerei in pieno, se le continue chiamate non cominciassero a diventare - ahem - irritanti."

"Oh." Lo sguardo di Tony passa dallo StarkPhone a Bruce: "Dimmi di sì alla cena, ed io risponderò."

"Rispondi, e l'altro non ti concerà per le feste."

"Lei sì che sa trattare, dottor Banner, ma io lo prenderò per un sì. Sappilo." Finalmente Tony fa partire la videochiamata. "Direttore, è sempre un piacere."

"Addirittura Direttore? Signor Stark, non sono che un semplice Agente."

Tony sbianca.

Banner riprende velocemente gli esercizi di respirazione.

 

 

Maria Hill mi ha praticamente preso per un orecchio e trascinato nella rampa di lancio. "Fury vuole vederti alla Base Manhattan."

"Missione? A tre giorni dal Brindisi di Natale?" Piagnucolo strascicando i tacchi.

"Ha detto solo che vuole parlarti. Qualche idea sul perché?"

Mi gratto il mento ripensando agli ultimi avvenimenti. Niente di diverso dal solito, non credo che Fury possa farmi una S-Fury-Ata per qualcosa che non scinde dal mio solito modus-operandi. "Sono un po' indietro con la consegna dei rapporti scritti."

"Di quanto?"

"Da dopo la Battaglia di New York, più o meno..." La Hill sbuffa e mi precede sulla scaletta del Jet. "Ma Clint non li consegna dal 2010!"

Poco male, un po' di shopping natalizio a Manhattan non guasta mai.

 

 

"Borgo a rapporto, Signore."

"In ritardo di sole due ore, stai migliorando."

"La Hill ha tamponato due taxi sul ponte di Brooklyn." Fury gira l'occhio sulla Hill e lei alza le spalle. "Abbiamo avuto da discutere, la sua vice non ha spirito Natalizio."

"Neppure io." E mai avrei sospettato il contrario. "Briefing tra cinque minuti, dobbiamo pianificare le operazioni di Gennaio che sono sotto la tua tutela. Nel frattempo recuperami il tablet. L'ho scordato nella Sala Interrogatori Tre."

Ho forse scritto FedEx sul culo? "Certo, Direttore."

Mentre percorro il corridoio deserto mi infilo gli auricolari e mi sparo un po' di musica nel cervello per sbollire il nervoso. Sole due cazzo di ore di ritardo, Borgo! Stai migliorando! Scimmiotto. Vammi a prendere il mio fottuto tablet di merda!

 

Jingle bell, jingle bell, jingle bell rock
Jingle bells swing and jingle bells ring

Oh toh, la canzone delle Plancist. Forse dovrei rubargli la scena durante il Brindisi e lanciare la mia personale interpretazione.

Snowing and blowing up bushels of fun
Now the jingle hop has begun  

Inizierei con una moondance: sul pavimento liscio del corridoio mi viene alla perfezione. Piroetto, apro la porta della Sala Interrogatori Tre ed entro saltellando.

Jingle bell, jingle bell, jingle bell rock
Jingle bells chime in jingle bell time

Sposto una sedia e la uso da gradino per salire in piedi sul tavolo. Dallo specchio mi guardo chinarmi a prendere il tablet.

Dancing and prancing in Jingle Bell Square
In the frosty air.

Mi rialzo facendo vibrare le spalle e scuotendo il petto.
What a bright time, it's the right time
To rock the night away

Mi lancio addirittura nel playback, continuando a ballare.

Finché qualcuno non accende la luce dietro allo specchio.

Oh Merda. Ho dimenticato la regola NUMERO UNO delle Sale Interrogatori: Mai fare l'imbecille in una Sala Interrogatori. Non sai mai chi ci può essere dietro ad uno specchio.

E sì che i precedenti sono sulla bocca di tutti: McKenzie aveva beccato Natasha e Clint pomiciare pesantemente in Sala Interrogatori Uno - L'unica in cui, sino ad un paio di mesi fa, si poteva fumare liberamente - e la Hill racconta ancora con le lacrime agli occhi di quando, dietro allo specchio di Sala Interrogatori Due, aveva assistito a Fury che provava le varie espressioni allo specchio controllando che gli stesse bene il cappotto nuovo.

Questa volta pare che la mia performance sia addirittura stata immortalata da uno StarkPhone. Di qualcuno in giacca e cravatta che se la sta ridendo beatamente.

Qualcuno con una stempiatura famigliare.

Molto.

Troppo.

Quando il Qualcuno ferma il video ed abbassa lo StarkPhone che gli nasconde la faccia lo riconosco.

 

"CENTOCINQUANTA DECIBEL, SIGNORE!" McKenzie è scattato in piedi e togliendosi al volo le cuffie ed indicando eccitato lo schermo della sua postazione. "Il rumore di un caccia in decollo!"

"Cazzo, Borgo deve essere anche una fottuta Banshee!"

Maria Hill si sta ancora massaggiando un orecchio: "Probabile, Signore, è Irlandese... a proposito, i miei cinquanta dollari. Ha nettamente superato la soglia della sua scommessa."

Sbuffando, il Direttore fruga in una tasca e le passa la banconota arrotolata: "Non vorrei essere nei panni di Coulson, in questo momento."

"Oh, neppure io" si intromette McKenzie. "Borgo sta continuando a strillare come un'ossessa!"

 

 

Il Fantasma - o il poltergeist, o lo zombie, o il Risorto – si sta avvicinando con quel sorrisetto da stronzo che tanto mi era mancato, ma che ora non riesco proprio ad esserne felice: "Beh, Addison, la cosa positiva è che non mi hai ancora scaraventato addosso il tavolo..."

"Faccio ancora in tempo!" Devo essere sull'orlo di un collasso cardiocircolatorio. Coulson si avvicina e gli urlo di starmi lontano: "Come... cazzo... hai fatto a tornare indietro? Ci... a me... mi avevano detto che... noi... io...eravamo.... ero delle eccezioni, perché..."

Alza le mani e fa segno di calmarmi: "Non c'è stato nessun ritorno, Borgo. Io, in fondo, non me ne sono andato che per qualche secondo. Loro dicono otto, secondo me sono stati un po' di più ma..."

No, aspetta: "Cosa significa?"

"Che la mia morte è stata... abbastanza esagerata. Non prendertela con me, non è stata una mia idea."

Sono completamente stordita. Cerco di frugare nella memoria alla ricerca di un indizio che supporti quella tesi. La comunicazione radio, il sangue sul ponte:  "Coulson, è impossibile..."

"Avevate bisogno di uno stimolo. Fury ve l'ha dato."

Le figurine di Cap sporche di sangue. "No..."

Annuisce: "Io ero in terapia intensiva. Ci sono stato per un po', e poi mi hanno mandato a fare un riabilitazione - una bella vacanza, chiamiamola così - a Tahiti. È un posto magico."

Coulson sul tavolo operatorio della sezione ospedaliera dell'Helicarrier. Il tubo del respiratore ancora in bocca, il lenzuolo tirato sin sotto al mento. La Hill che mi stringe una spalla, i paramedici che finiscono di scrivere il referto. "È impossibile..."

"No, non lo è, altrimenti non sarei qui. Purtroppo non ho parentele infernali e le spalle coperte come le tue."

La zip che si inceppa e il paramedico che la strattona per chiuderla. Lo allontano delicatamente e chiudo io il sacco bianco. La barella, il piccolo corteo funebre, io che canto Auld Lang Sayne mentre il sacco bianco con il cadavere di Coulson scivola nella piccola cella frigorifera.

"Coulson, cantavo mentre il tuo corpo finiva dentro la cella frigorifera."

Mi appoggia le mani sulle spalle: "E ti ringrazio per questa tua delicatezza. Auld Lang Sayne, mi hai salutato come un vero scozzese! Ma in quel sacco non c'ero io."

"Sì, invece." Non me ne sono resa conto, ma il tono della mia voce si è abbassato sino quasi a diventare un sussurro: "Ho chiuso io il sacco. Ti ho visto!"

"Addison, dev'essere stato..."

"E che cos'era, allora? Una statua di cera di Madame Tussaud? E per essere davvero pignoli, Phil, non abbiamo una terapia intensiva a bordo, l'anno scorso eri stato tra quelli che aveva firmato la petizione per attivarne una!"

Il sorrisetto sereno e sicuro di Coulson si incrina. Avvicina ulteriormente il viso al mio, mentre i passi nel corridoio si avvicinano: "Ci deve essere una spiegazione logica, chiaro?" La porta si apre ed entra la Hill, fatica a mantenere il sorriso falsamente rassicurante. Coulson, invece, riprende il suo e mi cinge le spalle con un braccio. "Allora, quest'anno faremo furore al Brindisi di Natale? Vi sono mancato l'anno scorso, vero?"

Mi sciolgo dalla sua stretta e passo oltre alla Hill, che evita il mio sguardo. Solo Fury, in corridoio, ha il potere di trattenermi con un sorrisetto infame stampato sul viso e le braccia conserte: "Chi la fa l'aspetti, Borgo!"

Ma Vaffanculo, Direttore.

"Mi scusi, Signore, ma ho appena scoperto di dover comprare un altro regalo di Natale. Con permesso."

 

"Dai, l'ha presa meglio che Barton." Davanti a Fury e la Hill Coulson è pallido ma ostenta tranquillità: "Almeno lei non ha frecce al Napalm. Non preoccupatevi, la conosco, si riprende facilmente. E poi ho un sacco di cose da raccontarle di Ward: quello di quest'anno sarà un Brindisi molto divertente. Ora, se volete scusarmi, la mia squadra mi attende di sotto. Non voglio perdermi la scena di Simmons che incontra Sitwell dopo averlo messo KO all'Hub."

 

 

Invece di cercare un passaggio di ritorno per il Triskelion - un sacco di gente sta emigrando per il Brindisi di Natale - esco dalla Base Manhattan con il cellulare in mano.

Compongo alla svelta il numero di Natasha e dal tono con cui mi risponde capisco che non sta facendo shopping selvaggio: "Vengo fuori ora dalla Base Manhattan. Siediti, perché devo dirti una cosa assurda: Coulson..."

"Lo so. Mi ha chiamato prima. Pare che abbia chiamato tutti quanti per gli auguri..."

Darmi un colpo di telefono, magari? Avvisarmi, prepararmi allo shock? "Quindi sono stata l'ultima della lista?"

"...beh, ecco..."

"Grazie. Se eravate tutti d'accordo per farmi uno scherzo di merda beh... ce l'avete fatta. Grazie. Ora sto meglio."

"Addison, non -" Chiudo la conversazione. Avrei voluto spiegarle perché in questa messinscena non torna qualcosa, che Coulson era morto davvero e che se Amon non c'entra con il suo ritorno - non può c'entrarci, o anche mio cugino si è scordato di farmi un fischio? - c'è qualcosa sotto di non completamente limpido. Ma sono troppo irritata, troppo sotto shock e detesto essere presa per il culo. Mi infilo nella metro e vado a casa.

 

 

La luce della sala è accesa: "Oh, Natasha, la prossima bolletta te la paghi tu!" Impreco al nulla, buttando la borsetta sul divano e tirando un calcio ad un povero tavolino. Ma dal corridoio, completo elegante e sciarpa verdeoro di Hermés sulle spalle, compare Loki ed il suo sguardo annoiato.

Trasalgo. Poi mi ricompongo e sbotto: "Non ricordavo di averti dato le chiavi di casa."

"Grave mancanza la tua. Sono stato costretto a farmi aprire da Morrigan." A riprova delle sue parole, il Corvo compare dalla mia camera da letto e plana sulla sua spalla con un Craaa a metà tra il colpevole e il 'non potevo farne a meno'.

Alzo le mani in segno di resa: "Scusa, ma ho avuto una giornata pessima."

"In una scala che va da 'insulso mortale con ridicola arma' a 'corazzata aliena' che posto occupa?"

Sospiro e mi lascio cadere sul divano: "Non ci sono parametri per quantificarla." Appoggio i gomiti sulle gambe e mi prendo la testa tra le mani per massaggiarmi le tempie. Perfetto: il periodo Natalizio è il migliore per farsi prendere da ansie e sensi di colpa. Eccola lì, la mia colpa: mi fissa dallo stipite della porta con un libro in mano - Dracula, ma davvero Loki si è messo a leggere Stoker? - e la sciarpa che gli ho regalato addosso. La mia irrazionalità imperdonabile, la mia debolezza fatale.

Loki alza una spalla e dice che non ha problemi ad andarsene: "Se proprio non -"

Dovrei annuire e lasciarlo scomparire. Tagliare finalmente i ponti con lui e togliermi questo peso sullo stomaco: non rischiare di venire scoperta da qualcuno - oh,cielo, e se Coulson sapesse che ho una relazione con il suo assassino? Ma che mi dice la testa? - ed invece, anche questa volta, la razionalità se ne va a ramengo: "No, aspetta." Mi alzo dal divano e gli cingo la vita: "Ho solo avuto una giornata un po' pesante."

Loki ricambia la stretta e appoggia le labbra sulla mia testa regalandomi un brivido: "Così tremenda?"

"Assurda è il termine esatto."

"E la cagione?"

No, tesoro, è meglio che tu non lo sappia. Mi sforzo di sorridere, sfilo il libro tra le sue dita e glielo sventolo sotto il naso: "Questa è la cagione... questa è la cagione, anima mia... è Dracula! Il Non-morto!" Ecco, appunto.

"Ho iniziato a leggerlo mentre attendevo che ritornassi. L’ho trovato curioso. Su Asgard i libri i libri o contengono nozioni ed insegnamenti, o accennano a leggende o racconti di fatti realmente accaduti. Ma storie inventate no. Temo che le reputino troppo sciocche, per prendersi la briga di fissarle su carta.”

"Davvero? Mi stai dicendo che su Asgard non avete i romanzi?"

Le labbra sottili si piegano in un sorrisetto affilato: "Su Asgard non hanno romanzi." Mi corregge. "Quelle sono storie che si narrano a voce: nei racconti dei menestrelli, nelle fiabe di una madre ai suoi figli bambini, attraverso le sonate dei cantastorie." Lascia scivolare le labbra sulla mia fronte e poi lungo il naso e la mia bocca: "Talvolta le canzoni parlano d'amore. Ma sono sempre blandi ritornelli uno simile all'altro. Palpiti e sospiri e lunghe trecce bionde nel vento. Ciò che ho trovato in questo libro è diverso."

"Noi, siamo diversi."

Tuffa le mani tra i miei capelli: "Profondamente."

Ed il senso di colpa c'è ancora, come c'è sempre stato, e mi fissa scuotendo la testa dall'angolo buio in cui le mani di Loki lo spingono.

 

"Ti fermi a cena?" Al Triskelion ci tornerò domani. Ora è tardi e c'è Loki nudo sul divano, direi che sono due motivazioni molto valide per restarmene qui. Soprattutto la seconda.

Mugola un d'accordo alzando un braccio nella mia direzione per accarezzarmi la schiena ed io gli propongo una pizza. Annuisce: "Per me nulla di piccante."

"Oh! Ma che pancino delicato!" Lo derido, stampandogli un bacio sulla linea degli addominali strappandogli un sorriso. Poi però mi viene l'impulso di dirigermi più in basso e l'ordinazione della pizza viene rimandata.

 

Il campanello suona proprio mentre sto finendo di asciugarmi dopo la doccia. "Deve essere il ragazzo delle pizze." Urlo a Loki, finendo di vestirmi: "Puoi aprire? I soldi sono sul mobile della tv!"

"Stai dicendo che dovrei-"

"Sì, grazie." Aggiungo, massaggiandomi la crema idratante in faccia. Dal silenzio agghiacciante che proviene dall'altra stanza mi sorge il dubbio che il povero porta-pizze sia stato incenerito. O congelato. O soggiogato o... Beh, meglio controllare.

Con ancora le mani impiastricciate di crema esco dal bagno e per la seconda volta nell'arco di una giornata mi si ferma il cuore.

Perché sulla soglia della porta non c'è il facchino.

Ma Coulson.

E dal modo in cui fissa Loki e dal modo in cui Loki irrigidisce la schiena, oserei dire che siamo in tre, in questo momento, ad essere sull’orlo di un infarto.

È Loki il primo a parlare. Si volta, livido in volto, indica con l’indice Coulson e dice che è per me: "Un messaggio da Amon, sicuro: non c’è altra spiegazione, visto che l'ho mandato all'Inferno io stesso."

Coulson invece fa un passo indietro: "Cosa ci fa lui qui?"

Bene. Perfetto. Sono nella merda.

Ho le ginocchia che tremano:"Terapia?" Balbetto con un filo di voce. Tanto peggio di così...

Ma Phil ha già capito. Non che ci volesse granché, con Loki in camicia semi-sbottonata ed io appena uscita dal bagno: "Tu..."

"Phil, non "

"Tanto affranta dalla mia morte da arrivare a scoparti il Mussolini Asgardiano!"

"Tecnicamente non sono asgardiano." Mi sbagliavo. Non abbiamo ancora raggiunto il fondo.  "E cos'è un Mussolini?"

Lo sguardo di Coulson potrebbe incenerire tutto all'istante. A me, però, spezza solo il cuore. "Coulson, aspetta. Entra un attimo, dobbiamo parlarne. È  tutto tutto molto più complicato -"

"Sì, esatto, perché diamine sei ancora vivo? Io ti avevo ucciso. Ne sono certo. E, anzi, ho ancora in sospeso con te quel colpo a tradimento con il-"

"LO', NON E' QUESTO IL PUNTO!"

Oh no. Il punto è un altro. È la smorfia di profondo disgusto sul viso di Phil. Rabbia e delusione. Gira i tacchi e percorre il corridoio, e nell'attimo fatale in cui sono distratta si infila nell'ascensore senza che riesca a bloccarlo.

E so perfettamente dove si sta dirigendo. Se questo non è il fondo, non oso immaginarmi quale possa essere.

Loki è profondamente indignato: "Che cafone!" Protesta risentito. "Gli ho fatto due domande e non si è degnato di rispondermi! Ma chi si crede di essere!"

E ci mette un istante, un millesimo di secondo, per imboccare le scale all'inseguimento.

Ok. Questo. è. Il. Fondo.

Ora sì che ne nascerà un casino -un casino vero, verissimo di quelli da cui non ci si salta fuori vivi.

Rientro in casa come un automa e la prima cosa che mi pare più sensata fare al momento è scappare: è inutile che provi ad aggiustare la situazione, è più di un anno che cerco di mantenere le cose in equilibrio precario ed il risultato è questo. Ogni tentativo di riparazione non può che finire in un fiasco. Meglio scappare decisamente.  Preferibilmente a gambe levate. Chiamo Morrigan, che sta dormendo nel suo nido in camera mia, svegliandola prendendola in mano e agitandola. Mi risponde con un CRAAA!giustamente incazzato e una dolorosa beccata sul pollice.

Nel panico, la lancio in mezzo al letto decidendo che devo almeno prendermi su una valigia.

Apro l'armadio, prendo un borsone, lo riempio a caso di vestiti, lenzuola e credo anche l'abat-jour. Mi infilo di slancio una giacca che non credo sia esattamente la mia - forse è una di Clint, non lo so e non ho bisogno di saperlo - Se Morrigan la smette di gracchiare incazzata mi farò trasportare da Amon: passerò lì un po' di tempo in attesa che si calmino le acque poi tornerò a sondare il terreno.

Per come guida, a quest'ora Coulson sarà già da Fury a spifferare tutto. Mi ritroverò circondata da una squadra speciale armata sino ai denti in meno di mezz'ora. Arrestata per alto tradimento e trascinata per un orecchio davanti alla Corte Marziale. Non c’è tempo da perdere.

E Loki? Cazzo, dov'è Loki?

Sarà abbastanza lontano?

Oh, miseria, possibile che stia ancora pensando a lui, dopo che è colpa sua se mi ritrovo in un casino simile?

No, no. Non è colpa sua. La colpa è mia che mi ci sono lasciata trascinare. Di più, ci sono corsa incontro.

Ok, avrò tempo per rimediare. Forse. Ma ora...

PUM. PUM. SBAM!

Cazzo, le teste di cuoio sono state anche più veloci del solito!

 

Mi carico la borsa su una spalla, afferro Morrigan - altre cinque beccate furiose e credo mi stia sanguinando la mano - e scappo in corridoio.

La finestra del bagno, dove ci sono le scale antincendio.

Qualcuno però mi ha preceduta.

Loki, per la precisione, ha sfondato la finestra per entrare - ecco cos'erano quei rumori - ed è davanti a me che tiene sollevato per la collottola, con una sola mano, un Phil Coulson rigido ed immobile come uno stoccafisso congelato.

Non so se questo è un incentivo al peggio o un leggero miglioramento.

Sono ottimista, scelgo la seconda.

Anche perché a guardare la faccia immobilizzata di Coulson ne deduco che tra i due chi ha avuto la giornata più di merda non devo essere stata io.

Mollo il borsone a terra e lo faccio tornare in camera calciandolo con il tallone. Rilascio Morrigan – altra beccata sulla mano – che si dirige gracchiando arrabbiata verso il bagno ed esce dalla finestra rotta.

 

"Potresti metterlo giù, per favore?" Loki apre le dita. Coulson atterra sui piedi per poi stramazzare sul pavimento ritto e rigido come un fuso accompagnando la caduta con un gemito prolungato. "E togliere anche il Petrificus Totalus, già che ci sei."

Lui incrocia le braccia: "Lo preferisco così, se non ti spiace. Almeno non se ne andrà da nessuna parte."

"Loki, l'hai infilzato con lo Scettro... direi che gliene hai già combinate abbastanza."

Alza le spalle un uno sbuffo e Coulson riprende a muoversi di colpo. Gli tappo la bocca con la mano. "Ti prego, ti scongiuro: Devi starmi a sentire. Dopo, allora, potrai scegliere se chiamare Fury e denunciarmi o fidarti ancora – un pochino – di me." Tolgo la mano dalla bocca quando vedo lo sguardo e il respiro calmarsi e lo aiuto ad alzarsi.

Coulson si aggiusta la cravatta e si liscia la giacca, rifila il suo peggior sguardo a Loki che gli risponde con un sorrisetto sarcastico e gli consiglia di togliersi quel ghigno di dosso: "Che non mi hai ucciso."

"Appunto" Puntualizzo, trascinandolo sul divano: "Non per girare il coltello nella piaga ma –"

"O, meglio, lo scettro" Sogghigna Loki.

Lo ignoriamo, anche se la respirazione di Coulson è aumentata notevolmente: "Ma tutto questo non ha senso."

Coulson si lascia cadere sui cuscini: "Resta il fatto che tu mi credevi morto e non ti sei fatta remore a saltare addosso al mio assassino."

"Le remore se le è fatte eccome, ma il mio fascino ha prevalso."

Alzo gli occhi al cielo: "Loki, per favore..." Lui risponde con tono falsamente innocente che stava solo cercando di darmi una mano. Sì, come no. "Non è stato esattamente una cosa immediata ma... ammetto le mie colpe. Io e Loki abbiamo una relazione ed insieme ne abbiamo passate di cotte e di crude."

"E noi all'Inferno ci siamo finiti per davvero." Il campanello suona e Loki va ad aprire senza che lo inviti a farlo. Prende le pizze, rifila le banconote in mano al ragazzo e quando lui chiede la mancia si limita a sibilare uno 'sparisci' prima di chiudergli la porta in faccia.

"Appoggiale qui." Dico facendo posto sul tavolino davanti al divano e sedendomi per terra. Loki storce il naso, mi consegna il mio cartone di pizza, poi appoggia la sua sul tavolo della cucina. Cerca e trova coltello e forchette, un bicchiere, e si mette a tagliarla e a mangiarla seduto compostamente con la schiena dritta.

Coulson alza un sopracciglio ed io alzo le spalle con un gesto noncurante: "Odia toccare il cibo con le mani, dice che è da bifolchi. Guarda caso, Thor dimostra una certa allergia alle posate. Vuoi un pezzo della mia?"

"No, grazie. Non ho fame."

"D'accordo. Iniziamo a parlare del tuo ricovero. Dimmi qualcosa."

Coulson si sforza e si gratta una tempia: "Era tutto bianco."

"Tahiti?"

"È un posto magico." Risponde automaticamente. Poi si mordicchia il labbro inferiore, una ruga di preoccupazione sulla fronte ampia.

“Concorderai con me che questa risposta mi sembra un po’ forzata, no?  È già la seconda volta che te la sento dire.”

Lui alza le spalle: “Beh, è così. Chiunque non potrà che affermarlo.”

Vediamo. Prendo il cellulare e cerco il numero di Natasha. Mi risponde al terzo squillo: “Addison, io non –”

Imposto il viva voce: “Non importa. Se dico Tahiti, tu che mi rispondi?”

“… Dici che potrebbe piacere a Clint come regalo?”

“Sei stata abbastanza esaustiva, grazie.” Termino la chiamata.

“Oh, ma Romanoff non c’entra!” Esclama Coulson: “Lei è un caso a parte!”

“Allora dimmi qual è il tuo ultimi ricordo e qual è il primo.”

Non fa fatica a rispondere alla prima parte della domanda: “Il Direttore Fury.”

Loki scoppia a ridere: “Bella come ultima immagine prima di crepare!”

Loki, sta’ zitto.” Torno a concentrarmi su Coulson. “E poi?”

Lui sospira e si lascia andare sullo schienale del divano. Scuote la testa e poi pesca un trancio della mia pizza dal cartone. Ne mastica un altro boccone e poi scuote di nuovo la testa: “La prima cosa che ricordo è che mi risveglio in una capanna su una spiaggia con una massaggiatrice – una massaggiatrice in senso che massaggia, non che fa altro  - che si occupa della mia schiena. Ricordo il rumore delle onde ed il profumo del mare. I granelli di sabbia tra le dita dei piedi. I muscoli intorpiditi come se avessi dormito a lungo. Eppure quella donna mi assicurò che mi ero appena rilassato.” Mi fissa con uno sguardo assente e perso. Cerco la sua mano, appoggiata su un ginocchio e la stringo. Dopo un istante Coulson si affretta a toglierla.

“Sei sicura di quello che hai visto? Il mio… cadavere, intendo.” Annuisco. “E allora…?”

“Non ne ho idea. Siero del supersoldato, forse?”

“Lo escludo. Mi sento diverso ma non sino a quel punto. Un Life Model Decoy? Sono questo?”

“Respiri, emani calore, vedo la vena sul tuo collo pulsare: non puoi essere un androide.”

“Pochi giorni fa sono stato colpito e sanguinavo” Asserisce. “Sento i sapori, gli odori, il dolore fisico. Non posso essere un LMD.”

Loki si è alzato dalla sedia e si è appoggiato ad un mobile con aria svogliata ed un bicchiere di Coca Cola in mano: “Tahiti?” chiede improvvisamente.

“È un posto magico”

“No, è ipnosi.” Lo fissiamo entrambi e Loki raddrizza la postura e alza la testa con fierezza, abbandonando il bicchiere sul mobile. “Sei semplicemente ipnotizzato. E su di te ha operato qualcuno di molto bravo, se hai tutto sommato un aspetto sano ed uno sguardo presente. Immagino che la vostra tecnologia abbia sviluppato qualcosa di simile allo Scettro di Thanos: un dispositivo che può carpire e modificare la volontà e la mente altrui pienamente.”

“Dispositivi di induzione mnemonica: è un ramo della neuroscienza già molto avanzato. Natasha stessa ne è stata vittima, quando era nella Red Room. Le venivano tolti o modificati i ricordi secondo le necessità dei suoi superiori.” Spiego. “E anche lei a volte associa parole a risposte precise. Sono Word-up, parole in codice legate a una sensazione, o un ricordo che deve essere predominante e nascondere gli altri.”

Coulson scuote la testa di nuovo e tamburella le dita sul ginocchio. “Fury mi ha affidato una nuova squadra ed in discreto numero di attrezzature. Da che sono tornato in servizio, questa è la prima volta che rientro ad una base. Sono sempre stato fuori.”

“Quando Fury, in genere, preferiva tenerti sempre a portata di mano.”

Annuisce.

Loki fa una smorfia: “Se continua così, mi toccherà ammirarlo.”

“Non è stando qui che capirò cosa mi è successo.” Sbotta Coulson alzandosi. “Grazie per il trancio di pizza, era molto buono. E per la consulenza.” Si avvicina alla porta. “Tuttavia, Borgo, il mio dovere sarebbe fare rapporto a Fury.”

Loki sogghigna: “Fallo, e quando tu e la tua squadra tornerete a prenderla non la troverete più qui. Quanto a me, sarei alle tue spalle. E questa volta mi assicurerei di fare un lavoro definitivo.

Clima natalizio, proprio così lo immaginavo.

Coulson ha già una mano sulla maniglia della porta. “Tuttavia Fury non è esattamente limpido con me, ultimamente. Credo che omettere questa serata possa mettere un po’ in pari le cose.”

“Ti ringrazio.” Riesco solo a bisbigliare.

“Mi hai deluso molto, Borgo. Ti facevo più leale e più furba. Ed invece, hai un debole per il cattivo ragazzo come tutte quante. ” Si chiude la porta alle sue spalle.

Loki brontola una lamentela sulla sua cafonaggine: “Un paio di frasi così, ad effetto, per provare a farti sentire in colpa. Non dargli ascolto, non sei peggio di chiunque altro tu conosca.”

Annuisco piano, guardo la pizza ancora intatta sul tavolino e decido che improvvisamente ho sonno. Mi sfilo i vestiti di dosso e mi infilo sotto le coperte.

Dopo qualche minuto sento una pressione sul materasso e Loki coricarsi al mio fianco, vicinissimo a me ma senza sfiorarmi.

“Immagino il tuo rammarico.” Bisbiglia. “Per te tutto ciò deve essere fonte di angoscia.”

Vorrei annuire e spiegargli come sua assenza e la sua presenza si equivalgano: sollievo e tormento allo stesso tempo. Un continuo altalenarsi di emozioni. Quando non c’è lo vorrei al mio fianco, eppure capisco l’impossibilità della nostra relazione. Quando c’è vorrei che scomparisse per sempre e vorrei tornare la GreyRaven mangia uomini, eppure non posso che avere un tuffo al cuore quando lo vedo, e stare bene tra le sue braccia, e trovare così belli i suoi rari sorrisi, e perfette le carezze che mi regalano le sue dita lunghe e affusolate.

“Sarebbe tremendo.” Nell’oscurità la mia vista dorata cerca il suo profilo affilato nel cuscino accanto. Ha la mascella chiusa e contratta, e gli occhi chiusi, in attesa. “Se non pensassi che potrebbe valerne la pena.”

Resta un attimo immobile, poi respira profondamente come se si stesse rilassando. Cerco tra le lenzuola la sua mano, intreccia le dita con le mie e le stringe forte.

Ci addormentiamo insieme.

 

Al risveglio, però, mi ritrovo da sola: Loki se ne è già andato, detesto quando lo fa senza salutarmi e anche lui lo sa perfettamente. Poi però noto Dracula appoggiato sul cuscino su cui dormiva. È aperto su una delle pagine dedicate al Diario di Jonathan Harker. E c’è una frase, che mi colpisce, e di sicuro Loki non ha lasciato il libro aperto a caso su quella pagina:

Nessuno può sapere, se non dopo una notte di patimenti, quanto dolce e prezioso al cuore e agli occhi possa essere il mattino.

 

Piego l’angolo della pagina per tenere il segno. Richiudo il libro e vado alla finestra aprendo le tende.

Fuori il cielo è bianco, e nella luce opalescente piccoli fiocchi di neve danzano leggeri. Un paio si posano sul davanzale e si sciolgono al contatto con il cemento freddo.

Sette piani più sotto, le strade sono già affollate dal solito via vai di gente in preda alla frenesia degli acquisti. È Natale, di nuovo.

Devo comprare ancora dei regali e prepararmi al Brindisi.

Mi sento inconcepibilmente serena.

 

E’ Nataaaaaale ancora la graaaaande feeeeestaaaaa che saaaaa

Tutti conquiiiistaaaaaaaarrrr!

Ancora grazie, grazie e GRAZIE a chi sta seguendo questa solita ACCOZZAGLIA di inconcludenti storie.

E FINALMENTE ABBIAMO PHIL INDIEEEEETROOO!

Un po’ (tanto) confuso e giustamente abbastanza incazzato, ma meglio di niente.

Che altro dire? Anche questa raccolta volge al termine, visto che non prevedo di fare più di un altro capitolo…

Perché dai, alla fine il Brindisi lo vogliamo, no?

NO?

Quindi Grazie, Grazie e Grazie a chi ha supportato e SOPPORTATO GreyRaven e la sottoscritta.

Grazie di cuore.

EC

E dimenticavo, come sempre, di segnalarvi il mio ask, nel caso qualcuno avesse domande, curiosità o semplicemente volesse fare due chiacchiere: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos 

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Capitolo 11
*** Shades of Christmas Eve ***


 

The Seventh:

50 Shades of Grey(Raven)

 

 

11: Shades of Christmas Eves.

 

 

 

And the boys of the NYPD choir's still singing Galway Bay
And the bells were ringing out
For christmas day.

[The Pogues & Kristy MacColl – Fairytale of New York]

 

 

"Banner, togliti quel sorriso dalla faccia. Stiamo andando alla cena di Natale, non a divertirci." Brontola Tony controllando il sedile posteriore attraverso lo specchietto retrovisore. Resa un po' goffa dal pancione e dalla cintura, Pepper si volta per rassicurarlo: "Sorridi e sii sereno quanto vuoi, Bruce, Tony è solo un po' indispettito perché ho voluto prendere il SUV e non la sua nuova Jaguar. Lo sai com'è quando dici di no ad un suo capriccio...!"

"Mio capriccio? Lo facevo per Happy, che oggi l'ha fatta lucidare a specchio pronta per la sua entrata trionfale a Casa Potts. Sei tu la capricciosa."

"I miei sono ormoni, non capricci. E per la cronaca, ho voluto a tutti i costi prendere su il Suv perché sai cosa ne pensa mia madre delle auto sportive..."

Tony storce la bocca ed inizia a scimmiottare: "Non è un'auto sicura! È bassa e va troppo veloce! Mia figlia incinta non può sedere su una macchina così bassa, le parte la sciatica, l'ernia, le vena safena, le emorroidi!"

"Tony!" Protesta Pepper, ma con le labbra rosse stese in un sorriso.

"Ok, forse le emorroidi sono un po' esagerate." Ammette Tony: "Ma il succo è quello. Ed è tutta colpa dei tuoi cognati che hanno preso questi... questi... cosi come auto famigliari. Sono così in alto da pensare di guidare una gru! Come si fa a mantenere il controllo di stabilità e l'aderenza su strada da quest'altezza? Come...come puoi sentirti una persona di successo, un vero uomo, a pilotare una camionetta simile? Non si sente neppure il rumore del motore!"

"Oh, Tony, ti prego... è una Maserati! Farai comunque la tua bella figura!"

"I SUV non vengono comprati per la sicurezza della famiglia, ma come compensazione della propria virilità mancante! I tuoi cognati sono tutti dei tappetti comandati a bacchetta dalle loro mogli, abbastanza sfigatelli, stempiati, con la pancetta e con dei lavori ordinari, banali e dozzinali."

"Non sei esattamente uno spilungone..."

"Fai poco lo spiritoso là dietro, che ti si vedono le maniglie dell'amore da qui!"

"I miei cognati non hanno lavori dozzinali. Stiamo parlando di un avvocato e del chirurgo plastico a cui devi l'assenza di zampe di gallina attorno agli occhi!"

Bruce scoppia a ridere, Tony ringhia: "Quante volte te lo devo ripetere, Pepper: non davanti ai ragazzi. Ora Bruce manderà un messaggio a Barton e sarò lo zimbello dei Vendicatori!"

 

Barton è già al terzo giro di spumante e la festa vera e propria non è ancora iniziata. Ne ha fatto uno con la Congrega del Cecchino Perfetto, la piccola combriccola con cui si allena al poligono, e gli altri con il Club del Poker e la Squadra Artificieri, suoi colleghi prediletti che gli passano sottobanco gli esplosivi sequestrati che poi riutilizza per le sue munizioni o i petardi fai-da-te.

È abbastanza rilassato ma non ancora del tutto sciolto, eppure si sente abbastanza audace da catturare Natasha in mezzo al corridoio e costringerla ad un giro di tango con casqué e bacio finale.

Casualmente - o forse no - davanti a Bobbi Morse, che commenta con una smorfia disgustata. Natasha, invece con una manrovescio e l'espressione furente: "Ripigliati, ragazzo, sono appena le cinque. E non farlo mai più!"

"Di solito ti piace!" Borbotta massaggiandosi la guancia lesa.

"Non mi piace avere del pubblico, lo sai bene."

Clint alza gli occhi un po' appannati al cielo: "D'accordo. Come vuoi. Allora lo scambio di regali lo facciamo in privato?"

Natasha annuisce velocemente. "Non ora, devo passare in amministrazione. Ho un sacco di rapporti in arretrato da consegnare."

Quando le fa notare che l'amministrazione è chiusa da mezzogiorno, Natasha è già sparita nel corridoio.

 

In una stazione di servizio a 75 miglia da Hartford Darcy aveva insistito per un cambio guida, lamentandosi di annoiarsi a morte a fare sempre la parte del passeggero. Maria gli aveva lanciato le chiavi avvisandola di essere una pessima compagna di viaggio, se non era alla guida. "E che fai, ti addormenti? Non preoccuparti, ci penso io!"

Per questo erano ormai quaranta minuti che cantava Yankee Doodle. "Scommetto che non l'avevi mai sentita tutta intera, eh?"

"Già. E pensa che vivevo comunque bene!"

"È l'inno del Connecticut. Ed io sono del Connecticut. Ed indovina? Siamo in Connecticut. Ama questa canzone e lo stato che ti sta ospitando! Yankee Doodle went to town, a-riding on a pony, stuck a feather in his cap and called it macaroni! Non fare quella faccia! Se tu mi chiedessi di cantare Sweet Home Chicago lo farei!"

"Odio quella canzone..."

"Come si fa ad odiare il blues dell'Illinois?"

"Dopo che l'hai sentito sino allo sfinimento per tutta la vita..."

"Hey! Io ascolto Yankee Doodle da che sono nata, ma mica la odio!"

"... me ne ero accorta."

Darcy imbocca la Highway 91 in direzione di Windsor e la rassicura che manca poco: "Tra venti minuti verrai travolta dall'atmosfera natalizia della famiglia Lewis: mamma imbottita di xanax per combattere l'ansia da prestazione culinaria, fratello tredicenne in preda agli ormoni, padre mancato comico del Saturday Night Live, nonna completamente sorda e prozio Humbert completamente rimbambito: crede ancora di essere in Normandia, mamma dice che non si è più ripreso dal D-Day."

"Avremmo dovuto portarci dietro Cap."

"Hai ragione, avrebbero fatto faville quei due insieme."

"E... tutta questa bolgia famigliare come credi che la prenderà la nostra... uhm, notizia?"

Darcy storce la bocca: "Oh beh, l'unica cosa certa è che nonna non sentirà nulla."

 

Beth inspira profondamente quando la spia dell'allacciamento cinture si accende per l'atterraggio all'aeroporto di Jackson, Mississippi: "Allora: io ti avviso. Papà  un po'... come dire..."

"Repubblicano." Eliza finisce la spiegazione della sorella e si stiracchia dal posto accanto al finestrino, prima di spegnere l'e-reader ed infilarlo nella tasca della borsetta.

Beth scrolla le spalle e Steve fa segno di non capire. "Beh, la nostra è una grande nazione, e c'è libertà d'espressione, no?"

"Sì ma lui... è un po'... come dire..."

"Arretrato."

Steve scoppia a ridere: "Non credo che mi ruberà il primato!"

"Stevie, tesoro, cosa ne pensi della caccia?" Tenta Eliza.

"La troverei pari se anche gli animali avessero un fucile."

"Bella battuta, nel mondo civile. Ma siamo nel profondo sud, da nostro padre. La risposta giusta è: Il mio più grande sogno è un safari di caccia grossa in Africa. Ah, e ti prego, falli i complimenti per il suo dannatissimo pick up. E digli che ne hai uno: papà non concepisce come a New York la gente possa vivere benissimo senza un pick up con il paravacche davanti. Non avere un'auto grossa, per lui, non è da vero uomo."

 

 

Come Babba Natale sono davvero una mezzasega: Quando sono andata a salutare gli Stark prima della loro partenza mi sono scordata nella Tower i regali degli altri nel bel mezzo della Lounge. Mi materializzo con Morrigan, recupero le borse dei regali imprecando cercando di vincere i giramenti di testa – Teletrasporto e quattro bicchieri di spumante non sono esattamente un’accoppiata vincente –  e solo quando sono pronta a volatilizzarmi di nuovo mi rendo conto di non essere sola.

Vicino al caminetto acceso, con le mani appoggiate alle ginocchia ed i capelli biondi e sciolti ad evidenziarne l’ aspetto depresso, Thor fissa le fiamme con sguardo assente. Quando lo chiamo mi guarda con un piccolo, mesto sorriso.

Appoggio le borse sul divano e mi avvicino, sedendomi di fianco a lui: "Hey, Mr Tuono, che è successo?"

Scuote appena la testa: "Questo è per me un triste anniversario."

Oh già, cavoli, è vero. La Festa di Yule su Asgard deve aver assunto un tono decisamente diverso, da quando l'anno scorso Frigga è stata uccisa proprio durante il banchetto. Gli prendo la manona tra le mie e gliela stringo. "Mi dispiace."

"E con Jane è finita."

Certo che il tatto di quella ragazza è davvero notevole. Scosto una ciocca di capelli dalla faccia per passargliela dietro all'orecchio e mi fermo a guardare il viso di Thor, i suoi lineamenti scolpiti ed incorniciati dalla barba, gli occhi celesti...

Jane deve avere le pigne in testa, per scaricare uno così.

Ed io devo anche stare abbastanza attenta a quello che faccio, che Loki potrebbe non prendere esattamente bene certi complimenti nei confronti del fratello.

"E quindi, intendi passare questa serata da solo davanti al camino?"

Thor scrolla le spalle. "Non ho voglia di tornare su Asgard. Ma vedo che tutti questa sera avevate i vostri progetti. Mi sembra giusto. Non voglio attardarti oltre."

"Non meriti di passare la serata da solo."

"Non preoccuparti per me."

"Potresti venire con me. Teoricamente la festa a cui parteciperò sarebbe solo per gli agenti S.H.I.E.L.D. ma... diamine, credi davvero che qualcuno si lamenterebbe se portassi con me il possente Thor?"

 

Howie deve aver deciso che il Natale l'avrebbe passato sulla vescica di sua madre. È la quinta volta, nel tragitto tra Manhattan a Long Island, che devono fermarsi per far correre – per quanto ci riesca nelle sue condizioni – Pepper nel bagno di una stazione di servizio."Tesoro, tieni la macchina accesa, farò prestissimo: siamo già in ritardo, e Salty si incazza a morte quando facciamo tardi!"

"Salty?" Chiede Bruce. "Chi è Salty?"

Tony si volta: "Cosa ti ricordi delle sorelle di Pepper?"

"Uhm, quello che ho visto al matrimonio,cioè che insieme sembrano tre gemelle. Che altro dovrei sapere? Sino ad ora hai parlato solo di suo cognato!"

Roteando gli occhi, Tony si degna di spiegare: "Allora: Salty è Sarah, la sorella maggiore: avvocato dello studio rivale a quello di suo marito. Vittima di una perenne sindrome premestruale, possiamo definirla la 'Miranda Priestley' di Casa Potts. Credimi quando ti dico che il Cerbiatto Asgardiano è di gran lunga più simpatico di lei. Lei e suo marito hanno due gemelle, di cui non ricordo affatto il nome, che sembrano uscite direttamente dallo Shining di Kubrik. E ho detto tutto. Più piccola di Pepper, invece, è Ginger. È la più rossa di tutte,  vice capo redattrice del Wall Street Journal e ha conosciuto suo marito – il famoso chirurgo plastico – quando appunto si è fatta fare la mastoplastica additiva. Ora ha tette così grosse e sode che potrebbero essere usate come armi. Ginger sarebbe abbastanza simpatica, se non avesse un tono di voce da gallina strozzata. Per questo perde sempre sua figlia: la bambina scappa e si nasconde per non sentire la voce della madre."

Bruce sghignazza: "Pepper, Ginger e Salty. Certo che i signori Potts hanno avuto una bella fantasia con i soprannomi."

"Beh, sì. Il signor Potts pare fosse un uomo di spirito, e con una moglie di nome Olivia..."

"Oh, cielo. La famiglia Condimenti...!"

"Già."

 

Quando il padre di Beth ed Eliza le vede uscire dalla porta degli Arrivi all’aeroporto, le stritola in un abbraccio con un gran sorriso chiamandole 'Le mie bambine', prima di porgere la grossa mano a Steve e stringergliela con calore. "E quindi tu sei il Capitano Rogers! Ah-ha!" ride rumorosamente, puntualizzando la sua giovialità con una pacca sulla spalla. "Benvenuto a Jackson, ragazzo! Puoi chiamarmi Frank!"

"La prego, mi chiami Steve. La ringrazio dell'ospitalità, Frank, è davvero un piacere conoscerla."

"Il piacere è tutto mio, Steve, Ah-ha!" Apre il baule del pick up e Steve improvvisamente si ricorda dell'avviso di Eliza.

"Accidenti, ha davvero un bel macchinone, Frank!"

Dietro le spalle del padre, entrambe le ragazze alzano il pollice come Ok.

"Ah-ha! Lo considero il figlio maschio che non ho mai avuto! Anche tu ne hai uno? Non sarai mica uno di quei fighetti cittadini che vanno sui mezzi pubblici, vero?"

"Oh, nossignore, ho un Hummer nero. E la mia Har-" Beth ed Eliza si affrettano a scuotere la testa con occhi allarmati. "La mia Willys. La mia vecchia Jeep Willys da collezione. È della seconda guerra mondiale, ci sono molto affezionato."

"Per la miseria, ragazzo!" Altra pacca sulla spalla: "Finalmente una delle mie figlie mi porta a casa un uomo vero, non uno di quei colletti bianchi che frequenta Eliza! Ah-ha! Salite, salite: mia moglie non vede l'ora di conoscerti. Ah-ha!"

 

La Signora Lewis ha accolto Darcy sbaciucchiandola con foga. "La mia bambiiiiiiina è tornata a casa! Jaaack! JAAAAAAAAAACK!" Maria non è sicura che il timpano sinistro abbia retto alla chiamata. In compenso il Signor Lewis si è affacciato dalle scale senza scomporsi. "La nostra bambiiiiiiiiina!"

"L'ho vista, l'ho vista, sto arrivando a salutarla. Perdona tua madre, Darcy, ma quest'anno ha mandato giù lo xanax con un bicchiere di sherry."

"Accidenti, ci stiamo evolvendo. Beh, vi presento Maria, lei è... "

"La tua ammiiiiiiiiica!" La Hill si ritrova effettivamente travolta dalla sbaciucchiosa signora Lewis. "Sì, signora, è un piacere anche per me" Riesce solo a bofonchiare, reggendosi allo stipite della porta. Più composto è il Signor Lewis, che si esibisce in un galante baciamano accompagnato da un occhiolino.

Tim Lewis è invece comparso dalla porta del seminterrato e saluta la sorella con una pacca sulla schiena: "Ciao Da', meno male che sei arrivata, mamma era certa che ti saresti schiantata in autostrada."

"Non ho detto questo!" Protesta Mrs Lewis: "Solo che, conoscendo la guida di Darcy, e tutta la neve e le strade ghiacciate... beh, ero un po' preoccupata, ecco. Ma sono sicura che Maria sia stata un'ottima navigatriiiiiiice!"

"Oh, beh, Darcy non ne ha un reale bisogno."

Mrs Lewis esplode in una incomprensibile risata squillante e si dirige in cucina.

"Io sono Tim" Si presenta il ragazzino. La squadra da capo a piedi e poi si accarezza il mento come a lisciarsi un pizzetto inesistente. Tony Stark sta decisamente raccogliendo troppi improbabili proseliti. "Fai la modella, per caso?"

"Ahem, no. Io sono vice direttrice in un’agenzia per la difesa."

Tim scoppia a ridere: "Oh, non ho dubbi che tu debba difenderti, con il telaio che ti ritrovi!"

Fortunatamente per lui, Darcy interviene per prima rifilandogli solo un grosso pizzicotto sul collo spingendolo in sala. "Sparisci, verme. Scusalo. Lui è... beh, un cretino."

"No, è solo un maschio."

"Da quando le due cose non sono affini? Vabbè, non importa, vieni di sopra? Ti faccio vedere camera mia. Mamma ti ha preparato un letto lì, perché nella camera degli ospiti ci dorme nonna e nel seminterrato il prozio che... beh, gli ricorda la trincea e si sente al sicuro."

"Non vi dispiaaaaace, vero, condividere la stessa stanza?" Mrs Lewis è ricomparsa ondeggiando i boccoli freschi di permanente. "È che Nonna... beh, russa un po'."

"Chiamalo un po', un Natale i vicini hanno chiamato credendo che avessimo lasciato lo spazzaneve acceso in garage..."

Maria trattiene una risatina: "Non si preoccupi, non ho nessun problema a condividere la stanza con Darcy. Non russa!"

"Oh tesooooro! È una vera fortuna avere un'amica così delizioooosa!" Applaude Mrs Lewis: "Darcy, amore, non sai che sollievo sapere che frequenti persone così carine e non solo quella scontrosa raccattaguai della dottoressa Foster!"

 

 

 

" È davvero una bellissima casa." Per andare sul sicuro, Steve si è dimostrato interessato e meravigliato da qualsiasi cosa incontrasse per strada. La casa, comunque, merita davvero i complimenti: grande, in stile coloniale, spicca in mezzo ai campi appena fuori città. Sulla veranda, accucciati, i due grossissimi levrieri di casa attendono finché il loro padrone non gli da il via libera con un fischio per correre incontro alle due ragazze ed annusare il nuovo arrivato.

La madre di Beth ed Eliza, una donna biondo platino con il muso da carlino, stritola le figlie in un abbraccio per poi gettarsi – lacrime agli occhi dalla commozione – tra le braccia di Steve: "Cielo, caro, sei ancora più bello di quanto immaginassi!"

"Ah-Ha! Dovrò fare attenzione, altrimenti mi ruberai anche la moglie, ragazzo! E adesso entra in casa, ti mostro la mia collezione di fucili e di trofei, intanto che le donne sbrigheranno le loro faccende."

"Oh, beh, se in qualche modo posso essere d'aiuto...!"

"Non vorrai mica perderti in cose da donna, ragazzo! Ah-ha!"

 

Bobbie Morse si è sistemata trucco e capelli, infilata in un tubino stretto e nero e tacchettando sugli altissimi tacchi si è offerta per portare un paio di vassoi di tartine dall'aria deliziosa nell’atrio del settimo piano, adibito a sala buffet. Ridacchia un civettuolo 'non si tocca' picchiettando sulla mano di un McKenzie che tenta di rubarne una, ed imbocca il corridoio principale.

Quando svolta l'angolo e si ritrova davanti ad un alto, muscoloso, bellissimo dio nordico biondo dalle braccia scoperte, la forza le scivola completamente dalle mani insieme ai vassoi di tartine. Ne riesce a trattenere solo quella, al salmone, nell'angolo vicino al suo braccio. Le altre volano tutte a terra, più o meno allo stesso livello della sua dignità.

"Ed è questo il motivo per cui non hai passato i test per essere un'Agente Attiva." Sorrisetto mellifluo e striminzito maglioncino di lana color avorio a tema natalizio, Addison Borgo compare da dietro la possente schiena di Thor: "I tuoi nervi cedono facilmente. Però ne hai salvata una: stai migliorando." Agguanta la tartina prima che possa fermarla e se la infila tra le labbra scarlatte. Ne morde metà e l'altra la concede a Thor. Poi lo prende sotto braccio e, sculettando, lo guida sino al buffet ciacolando sulle varie usanze natalizie.

Puttana.

 

Salty apre la porta con la sigaretta elettronica tra le dita e la solita aria scocciata: "Siete in ritardo, come i veri VIPS!" Da dietro compare Ginger, che la scansa per gettarsi tra le braccia i Pepper e squittire: "Accidenti, Pep! Sei uno splendore! Guarda che bella pancia!"

Tony si massaggia un timpano. Bruce teme che quel tono di voce faccia lo stesso effetto, sull'Altro, di una quindicina di gessetti che stridono sulla Lavagna. Però al momento la situazione è ancora sotto controllo. "E tu sei Bruce, vero? Oh Cielo, con i capelli rasati sei quasi irriconoscibile!"

"Sì, sì, tutto quel pelo gli faceva surriscaldare il cervello." Si intromette Tony. "Ora, con permesso, Ginger, ma qui fuori si gela."

"Hey Tony, auguri!" Saluta il chirurgo estetico. "Sparito il gonfiore post botulino?" Sguardo inceneritore di Tony e il cognato se ne compiace. "Direi di sì! Hai ripreso la mobilità delle palpebre, ottimo. Vuoi del punch?"

Dopo un primo turbinio di saluti, convenevoli e abbracci, le quattro donne tornano a concentrarsi sulla gravidanza di Pepper: Mrs Potts continuando a sospirare e ad esprimere la sua preoccupazione circa il mancato riposo della figlia in un momento così delicato – Hai lavorato anche questa sera! Anche la sera della vigilia! - Salty minimizzando l'eccezionalità dell'evento - È una gravidanza ordinaria, non un parto gemellare come il mio! - e Ginger continuando a squittire con la sua vocetta acuta - Sei uno splendore, Pep, uno splendore. Ma guarda che glutei! Caro, CARO! Si può fare qualcosa per i miei di glutei?”

La testina rossa e riccia della figlia di Ginger compare da sotto una poltrona: si guarda attorno per assicurarsi che la madre sia fuori dalla portata delle sue orecchie, e poi si lancia su Bruce, cercando protezione tra le sue gambe. "Ciao!"

"Ciao."

"Sei il testimone di nozze dello zio Tony." Bruce annuisce e si china sui talloni per incontrare lo sguardo della bambina. "Sei un Vendicatore anche tu?"

Lui ride. "L'identità dei Vendicatori è segreta. A parte quella di Zio Tony, che è IronMan e può permetterselo."

"Beh, però tu li conosci, gli altri Vendicatori?"

"Certo."

"Allora puoi dare un disegno al mio preferito?"

"D'accordo. Chi è?"

"L'Hulk." Bruce strabuzza gli occhi: "Mamma dice che non dovrei, perché l'Hulk è pericoloso, spacca tutto, è perennemente sudato e quindi probabilmente puzza. Ma a me piace. Mette in disordine tutto, ma è abbastanza grosso perché nessuno lo sgridi. Allora, gli darai il mio disegno?"

"Ehm... certo. Sicuro. Sono certo che apprezzerà tantissimo. Lo appenderà in camera."

La piccola sospira sognante: "Vorrei tanto vedere la cameretta dell'Hulk... sono sicura che è così in disordine!"

Bruce si gratta la testa, e pensa che in effetti camera sua è un vero casino e che nessuno ha mai avuto da ridire per questo.

Mrs Potts ricompare dalla cucina invitando tutti quanti a sedersi a tavola: "Bruce, tu sei l'ospite, hai il posto d'onore a capotavola. Di fianco a me."

Tony per poco non si strozza con il punch.

 

 

"Nonna, ti presento Maria, la mia amica."

La vecchia fissa annuendo Darcy attraverso gli enormi e spessi occhiali d'osso e poi guarda la Hill: "La cugina Martha! Allora è tornata dal Canada!"

"Ehm, no, nonna. È Maria, Ma-ria. Una mia amica. A-mica!"

Per facilitare la presentazione la Hill le afferra la mano rugosa e la stringe abbozzando un sorriso a metà tra l’imbarazzante e il divertito: "Piacere. Pia-cere!"

La nonna la fissa, annuisce e ha un moto d'intuizione: "Ah! Sei il facchino! Puoi appoggiare la roba lì, cara. Darcy, la paghi tu?"

Ok, potrebbe andar peggio. Il prozio, da dietro al tavolo, ha apertamente dichiarato che non firmerà nessun trattato di pace e che i dannati tedeschi non avranno tregua dalle sue pallottole neppure a Natale.

Mr Lewis e Tim tentano di apparecchiare la tavola nonostante le intemperanze di Mrs Lewis, che continua a cambiare idea sulla disposizione del centrotavola e del candelabro, squittendo un inesorabile countdown alla cottura dell'arrosto.

Tim suggerisce infine al padre di usare altro Xanax. "Nah, ne ha già preso a sufficienza oggi: finirebbe con il collassare a terra. E chi la prepara poi la cena?"

"Pa', non è così brutti mangiarsi una pizza a Natale, eh!"

Nonna scatta in piedi: "Pizza! Oh sì, l'ha portata lei!" esclama indicando Maria. "Su', pagate questa povera Pony Express, è Natale e vorrà tornare a casa dalla sua famiglia!"

 

A parte la piccola scarica elettrica post sorpresa – pressoché innocua a parte due lampadine fulminate ed i miei capelli diventati un cespuglio elettrizzato – Thor ha preso il ritorno di Coulson abbastanza bene. Alterna pacche alla schiena – se continua così temo che Coulson non resterà ancora a lungo tra noi – a scrosci di risate e ad inviti a bere.

Comunque, il più eccitato della sua partecipazione alla festa, a parte lo stuolo di agenti femmine con evidenti problemi a tenere le mutande al loro posto, è senza dubbio Clint.

Non riesce a stare fermo un secondo, saltella come un bambino davanti all'Albero di Natale imbottito di regali, ride come uno scemo e continua a far bere tutti quanti. Natasha lo redarguisce: "Fai il bravo o disintegro il tuo regalo."

Lui, ormai evidentemente sciolto da ogni briglia comportamentale, si mette in ginocchio pigolando di essere stato tanto tanto buono quest'anno. Le ricorda chi ha fatto il bucato a casa, chi tira l'aspirapolvere e chi cucina. "Me la merito questa serata, sono proprio bravo!"

Il Direttore sceglie proprio questo momento per entrare nella Sala. Guarda Barton in ginocchio, Natasha livida in volto dalla vergogna, Coulson con il bicchiere in mano ed io abbracciata all'ospite d'onore. Infine squadra Thor, che lo saluta alzando la mano, e indica Clint con un cenno del mento: "Dimmi che sei qui per prenderti questo idiota e portartelo ad Asgard." Natasha si dichiara favorevole al trasferimento, io le ricordo che se non fosse per Barton a casa si mangerebbe molto poco e lei ribadisce che sarebbe comunque una controindicazione di poca importanza.

Thor scrolla la chioma bionda – due planciste che passavano poco casualmente nelle vicinanze accusano un malore – dichiarando la sua ferma intenzione di non tornare ad Asgard quella sera. Mi passa un braccio attorno alle spalle – bella cosa, eh, ma mi auguro caldamente che suo fratello non compaia da nessuna parte - e mi stringe: "Rendo onore all'offerta di ospitalità di Lady GreyRaven. Non è mia intenzione farla preoccupare ulteriormente per il mio umore, nevvero?"

Fury piega la testa, ci guarda insieme, e poi annuisce: "Sì, sì. Va bene così. Il codice dell'Armeria 1 lo conosci ancora, vero Borgo?"

Direttore, lei ha un posto assicurato nel girone degli stronzi.

Abbozzo un sorriso e cinguetto: "Volevo un Natale elettrizzante!"

Le labbra arricciate di sdegno di Nat si sciolgono appena in un sorrisetto, Thor esplode in una fragorosa risata e rifila l'ormai usuale pacca sulla schiena a Clint, che non ammortizza l'urto e rotola per terra. Coulson, invece, non incrocia il mio sguardo e anzi, con una scusa si allontana.

Non ha fatto che ignorarmi. Non ci siamo scambiati gli auguri né accordati su che canzone intonare durante il karaoke. Non siamo più niente, se non semplici colleghi, ed il problema è che non posso biasimarlo. Lo guardo allontanarsi, scambiare qualche convenevole con l’Agente Sitwell e poi tornare dal gruppetto che è la sua squadra. Riconosco l'Agente May, che non riesce a dissimulare completamente l'interesse nei confronti di Thor, e la Simmons, che a vedermi abbozza un sorrisetto e accenna ad un saluto con la mano. Una ragazza mora che non conosco le tira l'orlo del maglioncino e le bisbiglia qualcosa all'orecchio. Sembra eccitata.

Interpello Natasha: "La sciacquetta mora chi è?" Lei le getta uno sguardo alle sue spalle e poi aggrotta la fronte. Inaspettatamente, è Fury a fornirci il gossip: "Un problema che Coulson si tira dietro."

"Perché?"

"Perché gli piacciono le mocciose dal passato oscuro che creano casini." Il Direttore sceglie una tartina in un vassoio e se la infila in bocca. "Ogni riferimento è puramente casuale, Borgo."

Finisco lo spumante che ho nel bicchiere, lo appoggio, afferro uno dei pacchettini che sono stati messi come decorazione sui tavoli, e lo lancio oltre la balaustra dell’atrio, facendolo precipitare nella Hall: "Ops, Direttore, il suo regalo è appena caduto dall'ottavo piano."

Fury si avvicina ad un touch screen sul muro, digita qualcosa, e parlando mentre mastica esclama: "Ops, Borgo, il mio dito sporco di insalata russa è appena scivolato sulla tua promozione a livello Nove cancellandola!"

Tutti scoppiano a ridere, e anch'io, perché in fondo il spirito del Brindisi di Natale è proprio questo. Però non sono poi così sicura che sia stato solo uno scherzo.

Dannazione.

 

Nonostante detesti mentire, Steve è stato praticamente costretto a farlo per tutta la cena. Sì è congratulato con la madre di Beth per i suoi piatti pur non apprezzandoli – glassa, glassa agrodolce ovunque! –  cercando di rispondere in modo evasivo alle domande di Frank circa le sue esperienze da militare. Fortunatamente, Beth ed Eliza si sono dimostrate molto attente e capaci di reggergli il gioco. Se da un lato la cosa lo solleva da quasi ogni responsabilità morale nei confronti di Frank, d’altro canto la propensione alla bugia facile e di Beth lo inquieta. “Dopo io e te dobbiamo fare un discorsetto…” le sussurra approfittando di un momento in cui è Eliza a distrarre suo padre. La Signora, invece, ha intercettato la comunicazione e trattiene un sorrisetto eccitato.

Alzando un bicchiere di vino, Frank propone un brindisi: “A Steve, il Capitano Rogers. Non sai come possa rendere orgoglioso un padre come me, sapere che la propria adorata figlia frequenta un vero eroe americano.” Beve un sorso e poi continua: “Un vero eroe, non un pagliaccio come quel dannato miliardario che gioca a fare il cavaliere moderno e quella massa di idioti in tuta attillata che ci dicono abbiano salvato New York!”

A Steve va di traverso il vino. Beth ha appoggiato il bicchiere alle labbra ed è rimasta immobile così, agghiacciata dalla piega del discorso. Eliza tenta di sviare l’attenzione su un ipotetico vicino che è uscito in mutande. “Una parata di Halloween! Ecco cosa ci propinano in quella dannata televisione! Arrivano gli alieni a New York e ci vogliono far credere che la città è stata salvata da quattro checche mascherate e due spogliarelliste in tuta attillata!”

“Papà, andiamo… le immagine le abbiamo viste tutte ed io… io c’ero, ho visto tutto!”

“Una montatura, Beth! Ecco cos’è stata! Una montatura dei democratici per dimostrare che i tagli alla Difesa non influiscono sulla sicurezza della Nazione! Ah Steve! Non sai che dispiacere che ho provato, a vedere una simile messinscena… una di quelle checche andava addirittura in giro vestito con i colori degli Stati Uniti! Capitan America, si fa’ chiamare! E corre saltellando e sculettando nella sua tutina aderente!”

Per la prima volta in vita sua, a Steve manca Tony. Perché Tony, senza scomporsi, sarebbe capacissimo di trovare una battuta folgorante da spiazzare Frank.

O forse una battuta folgorante da spiazzare Frank, offendere sua moglie e decretare la fine della sua storia con Beth.

Però Eliza ha l’aria di chi vorrebbe davvero vederla, una scena così.

“Allora, Steve, che ne pensi di tutta quella dannata pagliacciata?”

Steve si passa il tovagliolo sulle labbra ed osserva Beth. Il velo di sudore che le imperla la fronte, le sue mani strette attorno alla forchetta e il suo sguardo atterrito. Vorrebbe essere saccente e stronzo come Tony, o poco propenso a mitigare come Thor, algido e pungente come Natasha oppure strafottente come Barton. O capace di convincere le persone come Addison. Invece è ancora più impacciato come Bruce e ci tiene troppo a Beth per piantare un casino alla cena di Natale a casa dei suoi genitori.

“In effetti il costume di Capitan America è davvero appariscente.” Bisbiglia con un filo di voce.

Ah-ha! Puoi ben dirlo! Più che una battaglia, quella era una sfilata del Gay Pride! Che se lo meriterebbero anche, quelle mezze seghe di yankee, ad essere salvati da simili pagliacci! Ah-ha!”

 

“Perché, Darcy, in fondo capisco che sei giovane… e che vuoi vedere il mondo e fare tante tante taaaaante cose!” Allo Sherry e allo Xanax Mrs Lewis ha abbinato anche dell’ottimo cabernet. Straparla da mezz’ora interrotta solo da qualche tentativo di battuta da parte del marito o di qualche exploit della nonna che ha capito come sempre pomo per pemo. Il prozio, invece, sta cercando di rianimare il cuscino falciato dalla mitraglia delle truppe di Rommel sul divano.

Una gabbia di matti. Questa casa è una gabbia di matti.

Darcy abbozza un sorrisetto di scuse e lei gliene restituisce un altro più convinto: può farcela. Ha combattuto sul campo, è sopravvissuta ad invasioni aliene e combattimenti a trecento piedi da terra, che è in confronto una cena al manicomio!

 “Però, ragazza mia, hai scelto dei capi pericolosi. Per cosa poi, che non ti pagano nemmeno! La Dottoressa Foster sembra una cara ragazza ma… ti prego! L’anno scorso ti ha trascinata nel bel mezzo di una glaciazione  e tu, piccolina miiiiia, stavi perdendo la vita!”

“Beh, mamma, se non fosse per quella glaciazione non avrei conosciuto Maria…”

“Oh, tesoro, rispetto la vostra amicizia e sono contenta che sia sbocciata e sia così forte, ma potrei capire questa tua affermazione se avessi incontrato –  che ne so – quel gran bel pezzo d’uomo di Thor…”

“Fatto.”

“O Capitan America o…”

“Figurati, è entrato seminudo nella Spa mentre ero svenuta…”

“O l’amore della tua vita ma…”

“È stato così infatti.”

La signora Lewis sorride ebbra. Suo marito solleva lo sguardo dell’arrosto di cui continua a tessere le lodi, Tim alza gli occhi al cielo e la nonna promette a Darcy le sue scarpette da ballo di quando era giovane per il ballo della scuola.

Darcy afferra la mano di Maria: “Ho incontrato l’amore della mia vita, infatti. Stiamo insieme da allora.”

Il sorrisetto ebbro della madre si incrina. La forchetta tra le mani del padre cade a terra. Tim spalanca la bocca. Il prozio riconosce nel portaombrelli il pezzo mancante per far ripartire il suo Sherman impantanato nell’Omaha Beach. Maria si porta in bocca un altro pezzo di carne: “Ha ragione, Mr Lewis, questo arrosto è davvero delizioso.”

La nonna alza le spalle: “Ma sì, hai ragione. In fondo gli uomini sono tutti dei mascalzoni. Fai bene a non averci a che fare.”

 

“È parte del piano.” Natasha è seria, serissima, mentre confabuliamo accanto al tavolo del buffet riempiendoci i piatti. “Lui mi vedrà irritata per il suo comportamento, berrà, farà ancora di più il deficiente e così potrò avere la scusa per non dargli il mio regalo.” Alzo un sopracciglio, le confido che il suo piano fa acqua da tutte le parti. Alza le spalle: “Non so cosa farci! Ho rivoltato ogni dannatissimo negozio di mia conoscenza, tartassato i call center di qualsiasi sito di shopping online, tentato di corrompere tutti gli addetti alle armerie del Triskelion. Niente. Nulla che sia adatto a lui. Ha mezza dozzina di orologi, Tra cui il Rolex che ho fregato a Stark quando gli facevo da assistente, detesta i maglioncini e non colleziona dischi. Che facevo, gli prendevo un robot da cucina?”

La guardo. Si batte la fronte con la mano: “Merda. Il Kitchen Aid. Me l’aveva chiesto quest’estate.”

“Rilassati, puoi sempre dirgli che te lo sei scordato a New York. Ci crederà. Oppure puoi continuare con il tuo piano, sperando che la situazione decolli e ci regali delle perle come quelle dei Natali scorsi. Ti ricordi quando è riuscito a chiamare la Casa Bianca? Se non fosse stato per Fury, avrebbe parlato con il Presidente da ubriaco.”

“Già che sta’ tagliando i fondi per la difesa, figurati che avrebbe fatto.”

“Ehm… scusate…” La sciacquetta mora che era con la Simmons si è staccata dal gruppo e ce la siamo ritrovate di fianco, piatto vuoto in mano e occhioni sgranati e lucidi come quelli di un manga giapponese. “Voi due siete la Vedova Nera e GreyRaven, giusto?”

“No, sono andate in bagno. La prima porta a destra, usano sempre quello degli uomini.” Lei ridacchia alla battuta e mi trattiene per un polso. Attenzione, tesoro, ne ho spezzati per molto meno. “Io… io volevo solo dirvi che… beh, vi ammiro molto. Ecco, per quello che siete. Siete così forti e così grandi e così cool e così fantastiche!” Beh, cara, se la metti sul piano dell’adulazione… “E, GreyRaven, volevo dirti che sono una tua grande fan e che… beh, mi vergogno un po’ ad ammetterlo ma… ho fatto il tuo cosplay una volta.” Oh, cielo.

Se muovo un muscolo della faccia esplodo a ridere.

Ma per fortuna Natasha sa essere molto più impassibile di me. Guarda la sciacquetta, le chiede il nome – Skye – e poi appoggia una mano al fianco: “E perché il suo cosplay e non il mio?”

“Beh… ecco perché tu sei rossa e… beh, io sono più simile a lei…”

“Cosa? Tu e lei simili? Ragazza, ma ti sei guardata allo specchio? O forse non mi giudichi all’altezza dell’onore di un cosplay?”

“Oh no, no affatto io non…”

“Sparisci, prima che mi offenda sul serio.”

Skye non se lo fa dire due volte: gira i tacchi e sparisce in un angolo a tutta velocità.

Una volta fuori dalla portata, ci concediamo di sghignazzare e ringrazio la mia chiappa per la performance: “Questo è decisamente il regalo di Natale che preferisco.”

Nat sospira: “Maria non sa che si perde, davvero.”

“Manca anche a me.”

 

“E’ stato orribile!” Piagnucola Skye, confortata dalla Simmons. “Io… io non volevo offenderle è che loro… Mi avevi detto che erano persone carine!”

“Beh, con me lo sono. Entrambe. Sono adorabili, davvero. È che sono anche un po’… non so come dire, non mi piace sparlare delle colleghe!”

Stronze?

“Beh, sì. Cattivelle, ecco.”

Mrs Lewis è piombata in camera di Darcy e ha invitato Maria con un gran sorriso a prendere posto nella camera degli ospiti: “Sarai sicuramente più comoda che qui!”

“Ma… non c’era la nonna?”

“Oh, nonna dormirà con Darcy. Dormivano sempre insieme quando era piccola!” Darcy protesta che non è vero, sua madre sibila che non importa. “Capite, ragazze, non è per cattiveria ma… ecco, in questa casa c’è anche un adolescente. E Tim è un ragazzo sensibile, non vorrei che fosse turbato da questa… questa faccenda, ecco.”

“Mamma, ascolta, parliamone con calma.”

“Sì, dovremmo farlo. Ma non ora. Non a Natale, cara. Hai già parlato anche troppo. Ed ora, se vuoi scusarmi, vado a dire a nonna dello scambio di letti. Sarò qui tra poco.”

Qualcuno bussa alla porta dopo neppure mezzo minuto. Darcy va ad aprire con un diavolo per capello e si ritrova davanti Tim: “Che vuoi?”

“Oh, niente, Da’. Voglio solo dirti – anzi, dirvi a tutte e due –  che a me non frega niente se siete lesbiche. Non giudico e non mi interessa. Sarai pur sempre mia sorella e per me questa cosa non cambierà. E che non sono per niente d’accordo con mamma e papà.”

Darcy ne è piacevolmente sorpresa: ringrazia Tim appoggiandosi una mano sul petto. Il ragazzino sorride: “Non c’è di che, Da’. Ora, però…” estrae il cellulare e lo punta su entrambe: “Non è che potreste baciarvi? Valgono un sacco di soldi le foto di due lesbiche gnocche!”

“BRUTTO PEZZO DI – ”

 

“No, grazie, basta così. Non si offenda, signora Potts…”

“Oh, per favore Bruce, chiamami Olivia!”

“Olivia, davvero. Il cibo è stupendo e il vino è ottimo…”

“Per forza! L’ho comprato io!” Si intromette Salty, riaccendendosi la sua fidata sigaretta elettronica.

“Ma sono davvero pieno, non mi ci sta neppure uno spillo.”

“OH, Bruce! Sono sicura che riuscirai a trovare un posticino per il mio dolcetto!”

Bruce getta uno sguardo implorante a Tony. Tony, offeso per la poca attenzione che gli ha rivolto, volta la testa ed ingaggia una gara di stuzzicadenti in equilibrio con la figlia di Ginger.

“Mamma, non insistere, Bruce non può mangiare zuccheri.”

“E perché?” La domanda esplicita dell’avvocato è quella implicita di tutti. Solo che per non perdere l’abitudine, Salty lo redarguisce per la sua curiosità inopportuna. “Scusa cara, ma era solo una domanda…!”

“Impara a farti gli affari tuoi. È per questo che il tuo dannato studio sta colando a picco. Perché ti fai gli affari degli altri quando non è necessario.”

“No, cara, il mio studio cola a picco perché qualche stronza ci mette i paletti tra le ruote. Qualcuno tipo tu ed il tuo socio”

“Non incolpare me per la tua inettitudine!”

“La mia inettitudine? Parliamo un po’ della tua infedeltà, Salty?”

“Cosa vorresti dire?”

“Che so che ti scopi il tuo socio!”

Salty si alza di scatto facendo rovesciare la sedia a terra. Le due gemelle smettono di giocare a carte sul tappeto del salotto e si voltano verso la tavolata in perfetta sincronia.

“Stronzate! Stronzate di un omuncolo! Senza di me sei nulla, nulla hai capito? A malapena ti prenderebbero a fare la controfigura a Danny DeVito!”

L’atmosfera si sta scaldando un po’ troppo: Bruce scappa in cucina con la scusa di aiutare Olivia e si barrica dietro lo portellone del frigorifero.

Tony, invece, si rammarica di non avere con sé il pacchetto di pop corno. Ginger e Pepper cercano invano di sedare la rissa: “Calma, calma ragazzi. È Natale, non è il caso di tirare fuori queste cose proprio questa sera…”

“Oh figurati! Sai che gliene frega a questa della cena di Natale? Svegliati, Pepper, se Sarah è qui è solo perché sperava di vederti sfigurata dalla tua gravidanza e con un paio di corna in testa più alte delle mie.”

Tony alza la mano: “Io conosco un tale con delle corna più alte delle tue! Però le ha su un elmo.”

“Oh, stai zitto, signor supereroe! Signor MiAlzoAlMattinoConIlMondoInMano!” Strilla Salty “Non hai mai mosso un dito in tutta la tua vita, e hai sempre fatto fare tutto a mia sorella. Il tuo successo lo devi a lei. Senza di lei non sapresti neppure allacciarti le stringhe delle scarpe!”

“Per questo ne indosso un paio senza.” Tony ha l’aria di chi si sta divertendo un mondo. Si scambia un’occhiata complice con la bambina rossa e prosegue: “Come vedi, hanno gli strass. Non voglio mica costringere mia moglie a chinarsi per allacciarmele, con quel pancione!”

“Tony!” Protesta Pepper “Non sei d’aiuto.”

“Né voglio esserlo.”

“Tony!”

“Basta, BASTA!” Salty ha afferrato pelliccia e borsetta e si dirige verso la porta scostando di peso la sorella minore accorsa a fermarla. “Mi avete stancato. Tutti quanti! ME NE VADO!”

“Esci da quella porta e tra noi è finita!” Le fa eco il marito. Sarah Potts si volta verso la mensola del camino, afferra un Elfo in ceramica e lo fa atterrare, con una parabola perfetta, sulla pelata del marito, prima di uscire sbattendo la porta.

Il chirurgo si affretta a tamponare la ferita. Le due gemelle riprendono a giocare come se nulla fosse successo, Banner  segue le indicazioni di Olivia per trovare la cassetta del pronto soccorso e Tony domanda a Pepper se è il caso di dargli il numero del loro avvocato. “Tesoro, lui è un avvocato, conoscerà i suoi colleghi meglio di chiunque altro. Non è vero? Ce l’avrai pure un tuo avvocato!”

Lui geme e abbassa gli occhi: “Mia moglie.”

“Bella mossa.” Commenta Tony.

 

Beth si è chiusa la porta dietro le spalle dopo averlo spinto dentro la camera e si mette le mani nei capelli, scompigliandosi l’acconciatura: “Non so cosa dire!”

“Beth, non- ”

“Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace! So come è fatto, ma non pensavo che arrivasse a questo punto!”

Sua madre bussa alla porta e la apre senza attendere il permesso: “Bettie, lo sai che non voglio porte chiuse quando ci sono dei ragazzi!”

“Mamma, stiamo parlando,  potresti…?”

“Accosto, tesoro, ma non chiudo. Niente segreti in questa casa!” Trilla euforica.

Steve abbassa la voce sino a farla diventare un sussurro: “Non ti devi scusare, assolutamente!” La abbraccia e la accompagna a sedersi sul letto di fianco a sé, tenendo le mani tra le sue: “A me importa quello che pensi tu.”

“Mi piaci in costume attillato. E non lo trovo affatto ridicolo.”

“Grazie, anche se tuo padre non è il primo a dirmi che sculetto mentre corro…” Beth scoppia a ridere e lo bacia.

“Non starli ad ascoltare, sono solo invidiosi!”

Steva la bacia di nuovo, Beth scivola sul suo grembo e…

La porta si apre di nuovo. La madre di Beth entra sorridendo e scuotendo l’indice come un no. “Niente cosacce in questa casa, Capitano!” Ridacchia stupidamente: “Avrai una camera comoda tutta per te, che Bettie deve meritarselo, il suo vestito bianco bianco!”

Esce ridacchiando – probabilmente per andare a spifferare tutto a Frank – e Beth sospira: “Quando fa così vorrei farle presente che il vestito bianco me lo sono giocato da un pezzo.”

“Beh, sino a qualche mese fa avrei potuto mettermelo io.”

“Oh, allora sì che papà sarebbe schiattato!Sposerei una checca attillata che vilipenda i colori degli Stati Uniti, in meringone bianco con velo!”

“Tesoro, una cortesia: Non dire mai queste cose davanti a Tony, d’accordo? Non dargli certe idee, per favore.”

 

 

“Maria? Maria, svegliati!” La Hill apre gli occhi gonfi di sono e si ritrova davanti Darcy, completamente vestita che si fa luce con il cellulare. “Andiamo, preparati. Voglio andarmene di qui.”

“Cosa?”

“Non è il caso di rimanere.” Accende l’abat jour ed inizia a raccogliere le cose di Maria ed infilarle nella borsa: “Mamma mi ha fatto un discorsetto: dice che è colpa sua perché mi ha sempre fatto delle pressioni per studiare e avere successo e non diventare una casalinga imbottita di Xanax come lei. Papà dice che la colpa è sua, invece, perché mi portava a giocare a calcio da bambina. Nonna –

Che per inciso, ci sente benissimo – è invece contenta perché non resterò incinta del primo stronzo che capita come mia zia. Tim si è vantato della cosa su almeno sette social network diversi. Qui sono tutti matti. Non che non lo sapessi ma pensavo che comunque lo spirito natalizio avrebbe prevalso su tutto, ed invece…!”

“Non mi sembra saggio scappare, comunque. Queste situazioni si devono affrontare. È la tua famiglia, dopotutto.”

“Beh, ma mi ritengo offesa da loro, capisci? Io… io finalmente ho trovato la persona giusta, che mi fa stare bene e mi completa e loro… loro reagiscono così! Neppure fossimo negli anni ’50! Non gli va bene quello che studio, non gli vanno bene le persone che frequento, non gli vanno bene i vestiti che indosso. Non gli va bene la mia vita, capisci? E a me, invece, la mia vita va fottutamente bene! Andiamo, vestiti. Cerchiamo un bell’hotel sull’Oceano e passeremo un Natale romantico io e te. Non dirmi che la cosa non ti alletta.”

“In effetti…”

“Bene, perfetto. Perché voglio vederti indossare il mio regalo.”

“…il costume di Wonder Woman?”

Darcy fa l’occhiolino: “E non dire che non vedi l’ora…”

 

L’aria della notte è gelida e Maria ci mette un bel po’ a sbrinare il vetro della macchina, il motore acceso al minimo per farlo scaldare. Un cespuglio del giardino di casa Lewis si muove ed i riflessi da Agente la fanno scattare: “Tim?”

Ad uscire, strisciando in pigiama sulla neve, è invece il prozio. “Non preoccupatevi, crocerossine, ci penso io a montare di guardia all’ospedale da campo stanotte. Voi occupatevi pure dei feriti.”

Darcy sospira e si gratta la testa. Guarda Maria e poi la casa: “Ma te dici che da vecchia sarò come loro?”

La Hill scuote la testa: “Sarai molto, molto peggio. Ma non preoccuparti, la mia assicurazione sanitaria copre anche le spese per le malattie mentali dei famigliari.”

“Come farei senza di te?”

 

Bruce è riuscito a dare un’occhiata al cellulare mentre la famiglia Potts è divisa tra il consolare Olivia e il medicare il suo prossimo ex-genero.

Ci sono due messaggi non letti: uno è di Addison, una foto sua e di Thor ed il commento Non sai che ti perdi ed uno di semplici auguri. È di Jane.

Bruce sospira, si chiude nel tinello, e fa partire la chiamata.

 

“Bruce?”

“Ciao Jane. Scusa se ti disturbo io volevo solo… volevo solo ricambiare gli auguri di Natale. Ti ringrazio.”

“Figurati! Non mi disturbi affatto. Ho avuto una Vigilia molto calma, stiamo già andando tutti a letto.”

“Noi invece un po’ meno…”

“Sei alla festa dello S.H.I.E.L.D.?”

“Oh, no. Pepper e Tony mi hanno invitato a casa Potts.”

“Oh, cielo!”

“Esatto. È proprio l’esclamazione esatta.”Ride. Ed improvvisamente parlarle diventa molto semplice.

 

 

Coulson è salito sul palchetto e si lanciato nel suo monologo natalizio. Qualche battuta brillante a cui i partecipanti applaudono e ridono. “Non che abbia da dire chissà che cosa, in fondo non sono stato molto presente nell’ultimo periodo. Risulterei abbastanza tedioso a rivangare storie vecchie, e poi non c’è neppure Maria Hill da tartassare! Oh, però vedo Victoria Hand! Buonasera, Agente, tutto bene? Tenetela buona, quella donna ha tra le mani la vostra sorte! La prego, prenda pure anche la mia fetta di torta!” La folla ride e la Hand gongola delle attenzioni affondando la forchetta nella glassa rossa del dolce. “Quindi lascerei spazio al Karaoke, che ne dite?”

Un sacco di gente risponde entusiasta. Tranne Clint, legato ed imbavagliato da me e Natasha ad una gamba di un tavolo.

“Se permettete, inizio io. Il duetto d’entrata, sapete quanto ci tengo. A proposito, dov’è la mia partner? HEY, BORGO? Ti sei improvvisamente intimidita?”

Il bicchiere di vino mi cade dalla mano e si frantuma a terra. Cammino instupidita tra due ali di gente verso il palchetto, mentre Coulson inizia ad interpretare i primi versi di Fairytale of New York.

Mentre prendo il microfono con le mani tremanti inizio a credere che si interromperà bruscamente e che rivelerà a tutti quanti la mia relazione con Loki.

Ed invece incrocia il mio sguardo cantando I can see a better time - Where all our dreams come true  e sorride appena quando rispondo They got cars big as bars - They got rivers of gold
But the wind goes right through you - It´s no place for the old.

La sciacquetta riprende tutto con lo StarkPhone, accompagnando la musica ondeggiando la testa. Fitz ha galantemente porto la mano a Simmons e lei, brilla, l’ha afferrata lasciandosi guidare in una goffissima danza simil-irlandese.

Ward prova ad invitare con lo sguardo la May, che gli risponde con un’occhiataccia e quando lui si allontana seccato lei prova a sondare il terreno attorno a Thor. Terreno un po’ affollato: per riprendersi dalla delusione amorosa, ha deciso di far ballare tutte le esponenti femminili del posto.

Clint riesce a sciogliersi dai lacci e a scappare quatto quatto senza farsi vedere da Natasha.

 

E quando le parole della canzone sono finite e la musica continua, getto un braccio attorno al collo di Coulson e piroettiamo tra gli altri: “Allora mi hai perdonato?” Gli sussurro all’orecchio.

Il sorriso di trionfo mi si gela in viso quando mi risponde no: “Solo, ho pensato che mi hai mentito, come tanti altri qua dentro. E chi sono io per interrompere il gioco? Senza contare che se mi dimostrassi ostile e furioso come sono, troverei tutte le porte sbarrate e non riuscirei mai a scoprire cosa mi è realmente successo. Sto al gioco, al loro gioco, fingo e mento come fanno tutti ed intanto mi muovo nell’ombra.”

Ho capito: “Se hai bisogno di qualcosa-”

“Oh no, Adie, tu hai già fatto abbastanza, ti ringrazio. Ed ora sorridi! Hai ritrovato il tuo caro collega e ti stai divertendo un mondo! Che altro manca per rendere questa festa migliore?”

 

“I CAAAAME IN LIKE A WREEEEECKING BAAAAAAALLLLLL!!!!!!” Clint, completamente nudo, si dondola su una delle sfere natalizie appese sopra la hall. La faccia di Natasha è impagabile: se da un lato era proprio quello che voleva, dall’altro la vergogna è più forte di lei: “Lo mando in bianco finché campa, giuro!” Mi sibila.

Fury si sporge dalla balaustra urlandogli di scendere subito, ma Clint scuote le spalle ed  invita Thor a lanciargli il martello: “Devo leccarlo, Thor!!! Capisci? Devo leccare il tuo marteeeeeelllo!!!!! Perché non mi fai leccare il tuo martello? I never hit so hard in love  - All I wanted was to break your walls  - All you ever did was wreck me  - Yeah, you wreck me !!!!!!!!!”

“Hey, sciacquetta, stai riprendendo, vero?” Skye annuisce: “Passamelo, devo inviarlo a Stark, non me lo perdonerebbe!”

 

 

 

 

ED è FINITAAAAA!!!

Sì, appena finita e fresca di testo la posto, con schifezze annesse e connesse. Non sono riuscita a fare altrimenti per starci con i tempi, quindi chiedo venia sin da subito.

Questa è l’ultima parte di 50 Shades of GreyRaven. D’ora in poi, grazie al PC nuovo che è sotto l’albero, mi dedicherò al Threequel e poi BASTA!

Direi che l’ho tirata anche troppo per le lunghe.

 

Non mi resta che augurare a tutti un BUONISSIMO NATALE! E vi ringrazio di essere arrivati sin qui, al secondo Natale passato nel TheSeventhUniverse!

Grazie, Grazie, Grazie a tutti!

 

EC

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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