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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Shades of GreyWidow *** Capitolo 2: *** Shades of Hawkwardness *** Capitolo 3: *** Shades of Opera *** Capitolo 4: *** Shades of FlatMating *** Capitolo 5: *** Shades of Sleeping Beautyness *** Capitolo 6: *** Shades of Mischievousness *** Capitolo 7: *** Shades of Ships *** Capitolo 8: *** Shades of PepperMafia *** Capitolo 9: *** Shades of Small Banana and Tasty Muffin *** Capitolo 10: *** Shades of Christmas Time *** Capitolo 11: *** Shades of Christmas Eve ***
Friendship is
unnecessary, like philosophy, like art... it has no survival value; rather it
is one of those things that give value to survival. [C.S. Lewis]
La prima volta che le ho rivolto veramente parola è
stata la settimana successiva al mio arruolamento allo S.H.I.E.L.D.
Avevo appena finito la mia terza lezione di Aikido, e
dopo essermi concessa una doccia gelata anestetizzante per i vari muscoli
doloranti mi ero accorta di avere una gran fame e neppure uno spicciolo da cui
rifornirmi alle macchinette.
Così, come un paio di pomeriggi prima avevo visto fare
a Barton, mi sono diretta verso la sala mensa con l'intento di saccheggiarla.
Avevo notato che fuori dagli orari di pasto è solitamente deserta e che la
serratura della dispensa poteva essere tranquillamente forzata con mezzo giro
di forcina per i capelli. Non che mi aspettassi granché: mi avevano già
spiegato che la mensa segue rigidi dettami nutrizionistici, ed è il motivo
principale per il fuggifuggi generale che si registra durante le ore pasti.
Ciò non mi sarei aspettata, era la compagnia con cui
avrei condiviso il mio spuntino.
Natasha era seduta in un angolo del tavolo più
lontano, braccio fasciato al collo, capelli raccolti sulla nuca da una matita e
sguardo che annegava nel piatto di passato di verdure che muoveva appena con la
punta del cucchiaio.
Quando entrai alzò appena un sopracciglio senza
rispondere al mio saluto. Per chiunque con un briciolo di
raziocinio, quello sarebbe stato un chiaro segnale: Non rompere le scatole, levati di
torno. Ma ne ero priva, avevo troppa fame e, sinceramente, una curiosità
matta verso quella donna che aveva cercato di strangolarmi nell'auto di Coulson
otto giorni prima e che faceva così tanto la sostenuta snobbandomi
indecorosamente.
E odio essere snobbata.
Ma chi cavolo ti credi di essere, gioia? Io ho il
potere di evocare fiamme grigiazzurre dalle mani, sono una mezzodemone e mio
cugino è il Re del Limbo. Se c'è una che ha il diritto di essere la primadonna,
qua dentro, quella sono io.
Così, senza aggiungere nulla e con tutta la calma del
mondo passai dietro al bancone di servizio canticchiando, mi diressi verso la
dispensa, e quando tornai fuori avevo le braccia piene di carote, gallette di
mais e marmellata senza zucchero e la forcina per capelli tra i denti.
Trotterellai verso il tavolo di Natasha e presi posto
nell'angolo opposto al suo.
Neppure questo le fece alzare la testa dal piatto e
smettere di disegnare cerchi nel minestrone, ma almeno si degnò di rivolgermi
la parola: "Ci sono altri diciassette tavoli liberi."
"Non voglio sporcare altrove, il capocuoco è un
tizio abbastanza irascibile e mi è stato sconsigliato di litigarci."
"Gli stessi che ti hanno istruita a scassinare la
dispensa?"
"Perché, quel minestrone te lo sei portata da
casa?"
"Il capocuoco me l'ha tenuto da parte"
finalmente alzò gli occhi dal piatto per dedicarmi uno sguardo a metà tra
l'annoiato ed il minaccioso: "Evidentemente, sono più temibile di
lui." Aggiunse con un sopracciglio alzato. Alzai le spalle con aria
noncurante e lei appoggiò il cucchiaio al bordo del piatto: "Hai una vaga
idea di chi sono io?"
Oh, signorina, qui ce la tiriamo, eh?
"Una molto, molto cazzuta" risposi
sarcastica.
"Bene, e..."
"Lo si capisce dal minestrone. Ci vuole fegato
per mangiare quella brodaglia."
A distanza di sette anni, davvero non ho la più
pallida idea da dove mi sia uscita quella risposta. Avventatezza giovanile,
credo.
Delirio di onnipotenza, probabilmente, condito da
strascichi di autolesionismo adolescenziale e/o manie suicide.
Non l'ho quasi vista saltare il tavolo.
So solo che il bavero della tuta mi si è
improvvisamente stretto attorno al collo, i colori metallici della stanza si
sono fusi in un unico vortice (pavimento -soffitto - soffitto - finestrioni-
pavimento - tavoli bianchi) prima che la mia schiena impattasse contro la
superficie del tavolo dalla parte opposta di quello in cui mi ero seduta prima,
con il ginocchio di Natasha sullo sterno a bloccarmi con la stessa facilità di
un fermacarte al centro di un foglio di carta velina.
Credo di aver boccheggiato inutilmente per tre buoni
minuti, prima che i polmoni tornassero ad una funzionalità parziale che
garantisse la mia soppravvivenza.
Senza togliermi gli occhi di dosso Natasha piegò
leggermente la testa di lato, una singola sottilissima ciocca ondulata liberata
dalla matita ad incorniciarle il sorrisetto sadico: "Dovresti mangiare più
verdura" mi canzonò "Non vedi come rende forti?"
Lasciò scivolare il ginocchio via dal mio sterno
permettendo ad un paio di organi interni di ritornare in sede e tornò con calma
al tavolo, riprendendo la cena da dove l'aveva interrotta: un giro di cucchiaio
a sinistra, due a destra, piccolo sorso di minestra, come se non fossi mai
entrata dalla porta.
Mi rialzai dal tavolo con un leggero senso di nausea e
la netta sensazione di avere un'emorragia interna in corso fatale da lì a pochi
minuti.
Probabilmente è stata proprio questa convinzione a
darmi la forza di alzare la testa, soffocare un paio di gemiti di dolore,
ignorare la vertigine per tornare a sedere sulla sedia del tavolo e scartare
una crostatina industriale con le mani magistralmente ferme.
Creperò, sì, ma con stile.
Natasha si concesse un sopracciglio alzato e
un'occhiata che sembrava positivamente colpita.
Non parlai per il resto del pranzo.
Avventatezza giovanile? Predisposizione al suicidio?
Sicuramente qualcosa di molto simile mi ha portato
nuovamente in sala mensa dopo l'ora di chiusura, circa un paio di settimane
dopo.
Il punto è: adoro le sfide e non avevo la benché
minima intenzione di mostrarmi intimorita nei confronti di chichessia. Nei miei
18anni scarsi, non riuscivo ancora a contemplare la differenza tra il Liceo e
l'addestramento, volevo essere popolare come a scuola e la mia solita
spacconeria mi impediva di lasciar perdere.
Sì, ero una deficiente.
"Ti hanno già tolto il gesso al braccio?"
Era notte inoltrata e avevo terminato l'ultima
sessione al poligono. Lei era sempre davanti ad un piatto di minestra e mi
sorse spontaneo il dubbio fosse lo stesso della volta precedente
"Evidentemente" disse con un sospiro
scocciato.
Sì, in effetti questa è stata una CapitanOvvio
tremenda.
Anche questa volta mi diressi alla dispensa, giro di
forcina nella serratura e scelta di paio di merendine teoricamente scevre da
additivi chimici e calorie in eccesso e una confezione di frutta secca.
Occhiata agli altri tavoli. E poi a quello di Natasha.
Lei alzò gli occhi nei miei: Non ne hai avuto
abbastanza l'altra volta?
Sguardo di sfida: Oh no bella.
Appoggio lo spuntino al tavolo e le chiappe alla
sedia: "Sai, tornando al discorso dell'altra volta..." Sopracciglio
che scatta verso l'alto - non è un buon segno"... rubare dalla
dispensa non è considerato un reato grave, qui dentro. Lo fanno un sacco di
agenti, anche di alto livello. Tipo Barton, gliel'ho visto fare un paio di
volte, ora che è sempre in giro per la base e..."
Oh - Oh, parolina magica. Natasha ha
contratto quasi impercettibilmente la mascella rivolgendo le pupille gelide
nella mia direzione senza spostare nessun'altro muscolo. "Deve essere
periodo di magra lavorativa, qui allo S.H.I.E.L.D., per lasciare tempo alle
reclute di spiare gli agenti attivi in cerca di spuntini."
"Oh no, direi proprio di no. Ma tra una lezione e
l'altra mi piace cercare di fare amicizia" Cinguetto, mentre borbotta un 'purtroppo'
di rimando:"E Barton è veramente
uno da seguire..." Ridacchiai maliziosa. Guizzo nella mascella: tavolata
nella schiena tra tre... due...
"È uno degli
uomini più in gamba di tutto lo S.H.I.E.L.D." Mi affretto ad aggiungere.
"Per noi reclute è un modello da imitare, quasi una leggenda, tanto che la
sua recente sospensione dal servizio attivo non ha intaccato minimamente la sua
reputazione."
"È stato degradato?" Mi domanda. Scuoto la testa e spiego che è solo
sospeso dal servizio e sotto inchiesta. Natasha brontola qualcosa in russo di
cui chiedo traduzione: "Ho detto che è un idiota" quasi
ringhia: "Trovo sia molto stupido proporlo come modello di comportamento,
dopo la cazzata che ha fatto" poi aggiunge, sorridendo macabra nel
chiaro intento di intimidirmi: "Sai, lavoravo per gente che infilava
pallottole in testa per molto meno."
"Sì, ho sentito. Questa settimana ho cercato un
paio di notizie su di te."
"Oh, ma che brava, sei già passata alla
decriptazione dei file individuali..."
"Veramente ho chiesto alla guardia notturna in
portineria. È un gran
pettegolo, ha un turno lunghissimo e tanto bisogno di compagnia..."
Appoggia il cucchiaio e spinge il piatto mezzo pieno
lontano. Finalmente mi rivolge uno sguardo pieno: ha gli occhi chiari, gelidi e
bellissimi, mi fissano con l'intensità intimidatoria di chi è abituato a vedere
la gente tremare in sua presenza e se ne fa vanto.
"E che ti ha detto, il tuo amico ficcanaso?"
"Che rischio la vita solo a rivolgerti la
parola." Sorride soddisfatta: "Ed io gli ho risposto che ne ho avuto
le prove qualche giorno fa. E poi mi ha spiegato che Barton ti ha salvato il
culo, rischiando il suo, quando invece doveva solo farti fuori. E che ora sei
qui grazie a lui."
"Lo S.H.I.E.L.D. sta solo valutando quanto possa
essergli utile. Un giorno verrai qui per il tuo spuntino illegale e non
troverai più questo tavolo occupato."
"E Barton degradato."
"Probabilmente."
"Sembra ti dispiaccia."
"È un idiota, ma è un idiota molto valido. Uno di quegli uomini che vale la
pena uccidere."
"E tu?"
"Sono una donna che vale la pena uccidere."
C'era orgoglio nella sua voce, eppure nel suo sguardo intravidi il velo opaco
della rassegnazione; è una cosa che mi affascina tutt'oggi nella sua
ambivalenza: come si può essere fieri e sdegnati di sé stessi nello stesso
momento?
Finita la confezione di gallette di mais biologico
raccolsi i rimasugli della merenda e mi alzai per buttarli nel sacco
dell'immondizia: "Sai, per questo mondo sono una neonata, eppure credo di
capire che ti ha salvato le chiappe per un motivo che neppure tu riesci ad afferrare
in pieno, e forse è proprio questo che ti infastidisce maggiormente. Non si
sarebbe esposto per portare a casa qualcuno in grado di fargli la pelle o per
farlo ammazzare comunque. Quando dicono che Barton ci vede benissimo da
lontano, credo si riferiscano anche a questo. Gli devi un gran favore, non c'è
che dire." Lei alza le spalle come per minimizzare la cosa. "Se fossi
nei tuoi panni, anche solo per ripagarlo in parte cercherei di convincere lo
S.H.I.E.L.D. di essere una risorsa preziosa."
"Questo lo faresti tu, che come hai detto
sei una neonata in questo mondo."
Ammisi la sconfitta con un "Già" e feci
qualche passo verso l'uscita, prima di sentirmi fermare con un 'Hey!' Mi
chiese se avrei visto Barton nei giorni successivi. Risposi
"Probabilmente" e aggiunse di dargli un messaggio da parte sua.
"Basta che non me lo incidi sulla pelle viva..." Piegò un angolo
della labbra: più che un ghigno questo sembrò quasi un sorriso "D'accordo,
dimmi pure"
Si umettò le labbra pensando a cosa dire, e quando
finalmente si decise fu solo: "Spasiba".
"Biscotti
al kamut! Questa mensa si sta evolvendo!" cinguettai prendendo posto al
tavolo, stessa sedia opposta alla sua delle volte precedenti. "Ne vuoi
uno?" Natasha alzò un sopracciglio a domandarmi se stessi scherzando,
prima di tornare a concentrarsi su un'insalata mista che mi confermò il
buonumore del capocuoco.
Restammo un po' in silenzio, con lei che ogni tre
forchettate si portava qualcosa alla bocca ed io che sgranocchiavo stancamente
i miei biscotti. "Barton ci tiene a dirti che per lui va bene."
"Cosa?"
Allargai le braccia con ovvietà: "Spasiba."
La forchetta restò a mezz'aria mentre lei mi fissava
attentamente: "Questa risposta è priva di senso logico. Devi spiegarti
meglio."
"Beh, io ho detto Spasiba a Barton da
parte tua e mi ha risposto che sì, un goccio se lo fa volentieri con te."
Natasha tuffò il viso tra le mani e le chiesi cosa ci fosse di sbagliato.
"Hai una vaga idea di cosa significhi Spasiba
in russo? Semplicemente GRAZIE. Come puoi essere tanto ignorante da non
saperlo?"
"Hey! La maggior parte degli americani ce l'ha
ancora con voi per quella faccenda comunista, che pretendi, che ci insegnino
addirittura Russo al liceo? E poi prenditela con FalcoDiMondo Barton,
non con una appena uscita da una scuola di provincia. Ma qual'è il problema,
scusa? Sistemo tutto, non preoccuparti..."
Brontolò qualcosa in russo di cui non ebbi il coraggio
di chiedere la traduzione e si alzò di scatto, scostando la ciotola
dell'insalata in avanti e sibilare poi seccata che avevo fatto già abbastanza
danni. Mortificata abbassai lo sguardo sul tavolo e lo tenni fisso tra le
briciole dei biscotti e la carta ormai vuota finché non sentì i suoi tacchi
allontanarsi nel corridoio.
Poi mi lasciai scappare un sorriso e pensai fosse il
caso il caso di restare in luoghi illuminati e con molti muscolosi testimoni
armati sino ai denti per la prossima decina d'anni.
Quella sera Barton era nel suo box al parcheggio
interrato. In compagnia del suo mp3 attaccato ad una cassa rubata ad un addetto
di plancia approfittava del tempo libero per mettere in sesto una vecchia moto
acquistata a Cleveland quattro anni prima.
Per la cronaca, non è mai riuscito a farla funzionare
e, dopo che neppure Stark era riuscito a saltarci fuori, l'ha venduta per
cinque dollari a Steve, che l'ha messa in moto al primo colpo dopo aver
semplicemente stretto una valvola con le dita. Per lo shock Tony non ha parlato
per tutto il giorno. Impensabile.
Tornando al racconto, quando Clint sentì la musica
dell'mp3 spegnersi pensò inizialmente alla batteria finita, voltandosi
borbottando una mezza bestemmia solo per scoprire Natasha sulla soglia.
Poteva essere l'inizio del perfetto film porno: lui in
pantaloni di tuta e canotta, con i bicipiti esposti e coperti di morchia si
trova davanti lei, avvolta in una tuta nera attillata dal cipiglio da
dominatrix.
Non lo fu, o almeno questo mi hanno raccontato, ma
Natasha tempo dopo ha ammesso che Barton con canotta immorchiata è una visione
ormonalmente disturbante.
E grazie tante, gli occhi ce li ho anch'io.
Inizialmente la VedovaNera lo affrontò diretta, che
certe cose è meglio metterle in chiaro sin da subito: Gli diede dell'ignorante
e gli ricordò di avere in attivo abbastanza cazzate con lei, quindi di
smetterla di cercare di avere ulteriori contatti che la sua carriera si è già
compromessa abbastanza. Smise solo quando si accorse dell'aria perplessa di
Clint, seduto su uno sgabello con uno straccio a strofinarsi meccanicamente le
mani sporche: "Hai capito a cosa mi riferisco?"
"No"
"Spasiba significa grazie"
"Lo so. Ed il 'Non c'è di Che', qui in
America, è considerata una necessaria risposta educata. Pensavo fosse una cosa
internazionale."
Natasha si irrigidisce; incrocia le braccia al petto e
si mette a camminare per il box nervosamente; probabilmente questo l'aiutava a
progettare un modo doloroso, umiliante e pubblico con cui farmi morire:
qualcosa che comprendesse torture orribili come puntine da disegno nelle
gengive, peli del naso strappati e varecchina negli occhi. Mentre stava per
uscire Clint la fermò afferrandola per un polso, per lasciarla immediatamente
scusandosi davanti al suo sguardo furibondo: "Voglio solo che tu
sappia" quasi balbettò, mandando a monte tutta la fama da tombeur de
femmes costruita in anni di onorato servizio "Che apprezzo molto che
tu abbia deciso di essere come dire, collaborativa, con lo S.H.I.E.L.D..
Mi hanno anticipato oggi che probabilmente sarò reintegrato dalla prossima
settimana, la Direzione ha accolto positivamente la tua decisione e le
informazioni che ci hai fornito. Ecco. Ci tenevo a dirtelo di persona e non ne
avevo ancora avuto l'occasione."
"Non avevo molta scelta. O così o spedita nel
braccio della morte di un qualche carcere federale."
"A Budapest non sembrava importarti molto. Di
vivere, intendo."
Natasha si buttò - manco a dirlo - sulla difensiva:
"A che gioco stai giocando, Agente Barton? Al salvatore di anime? Hai mire
da missionario, per caso?"
Clint scoppiò a ridere di gusto che -sì - le
mire da missionario ce le aveva eccome con Natasha, ma non come stava intendendo
lei in quel momento e cercò di calmarsi scotendo la testa mordendosi il labbro
inferiore per riprendere la serietà che la situazione richiedeva: "Ho solo
visto qualcosa in più di un obbiettivo da abbattere. Potenziale,
chiamalo così."
"Potenziale" ripete lei, sciogliendo le
braccia lungo i fianchi. "Potenziale bellico."
"Non necessariamente. È che... beh, è un
po' difficile da spiegare. E poi è tardi e... e questa moto non si aggiusta da
sola. Capirai presto cosa intendo."
"Sicuro" asserì, prima di salutarlo con un
gesto del capo e andarsene.
Il giorno dopo Barton si presentò al poligono con un
vistoso bernoccolo: aveva passato il resto della serata a tirarsi la chiave
inglese in fronte come autopunizione per aver lasciato andare Natasha così,
senza aggiungere altro.
Quanto a lei... beh, entrò come una furia a lezione di
Aikido quasi ultimata e mi afferrò per le spalle. E poi ci fu il nero doloroso
di un violento colpo alla testa.
Trauma cranico frontale. Ne ebbi per una settimana.
Da quella volta non ci siamo più trovate in sala
mensa, ed incontrate solo di passaggio negli spogliatoi o nei corridoi.
Poi mi hanno trasferito per dieci mesi alla base di
addestramento in Nebraska e per un sacco ho solo avuto racconti delle prodezze
di Barton e Romanoff, mentre mi addestravo con lo S.H.I.E.L.D. di giorno,
imparavo ad usare i miei poteri di notte con Amon e studiavo addirittura
psicologia nei ritagli di tempo libero. La mia vita sociale ne risentiva così
tanto che quando dormivo sognavo di soccorrere camion di aitanti pompieri
restati in panne nel deserto, che per ringraziamento si esibivano in
bollentissimi striptease in mio onore invitandomi a giocare con loro sotto il
getto degli idranti.
Possedere geni da demone ha i suoi bei vantaggi: oltre
ad una forza e ad una rigenerazione decisamente sovraumane, le mie capacità di
apprendimento sono nettamente migliori della media: neurotrasmettitori più
veloci e memoria audiovisiva pressochè illimitata.
Averle scoperte prima, queste capacità, avrei evitato
figure di merda durante le ore di matematica al liceo.
Poi in Nebraska arrivò l'ordine di una prima missione.
Sulla carta niente di più che ricognizione e controllo ad Okinawa. Sono partita
con altre tre reclute e due tutor con il sorriso stampato sulle labbra e lo
sguardo emozionato dietro ai miei Rayban a specchio, che mi aspettavo di
imparare il karate da Miyagi e mangiare Sushi leggendo manga sulla spiaggia.
Non andò esattamente così.
Anzi, per niente.
Fu un casino.
La Base venne attaccata da una sezione dell'esercito
NordCoreano mentre finivo il mio spuntino di mezzanotte a base di carote
insipide e insignificante tofu davanti al tomo di Psicologia Cognitivia II. In
parte ne fui quasi sollevata, perché il tofu era davvero terribile e il libro
di una noia mortale. E poi quella era l'occasione perfetta per scatenare i miei
poteri da mezzodemone e dar sfogo a quelle fiamme grigiazzurre che ora riuscivo
a padroneggiare e che avevo appena battezzato Fuoco Fatuo.
Vorrei poter raccontare di essere comparsa sul tetto
dell'edificio sotto attacco, in controluce rispetto alle esplosioni, capelli al
vento, occhi illuminati da un bagliore sinistro e guizzi grigiazzurri tra le
dita. Mi piacerebbe davvero vantarmi di come ho fronteggiato il nemico,
abbattuto un paio di elicotteri, scaravoltato un carroarmato e arrostito una
decina di soldati, per poi essere portata in trionfo da commilitoni adoranti.
Potessi, racconterei tutto questo e lo ingigantirei
pure.
Ma esistono i video di sorveglianza a smentirmi.
Quando arrivarono i rinforzi i miei compagni erano
sparsi tra infermeria e macerie, per lo più salvi e in discreto stato. I
NordCoreani ci avevano sottovalutati pesantemente, ma il merito della vittoria
non era stato decisamente mio. Certo, avevo dato il mio contributo, ma quando
ero riuscita a dar sfogo alla mia natura demoniaca e ai miei poteri, non avevo
letto negli occhi dei miei compagni che timore e sgomento, non ammirazione.
Ora reagisco diversamente. Sono più adulta e so come
gestire la paura della diversità che posso suscitare. Ora mi sono conquistata
il mio posto allo S.H.I.E.L.D. l'approvazione, il rispetto e la fiducia dei
miei colleghi.
Ma allora ancora no. E tutto quello che feci fu di
infilarmi negli spogliatoi femminili con la testa che girava e le mani spellate
per nascondermi dal mondo.
Sotto la doccia decisi di smettere di lottare contro
le mie ginocchia tremanti e di lasciarle libere di cedere, le mani
scoordinatamente lanciate in avanti e pronte ad impattare contro le piastrelle
del pavimento.
Ad interrompere la mia caduta è stato un braccio
attorno alla vita e una voce conosciuta: "Hey".
Girai mollemente la testa per scoprire un riccio rosso
fuoco di Natasha Romanoff, intenta a chiudere il miscelatore della doccia, con
un mio braccio attorno alle mie spalle per sollevarmi: "Hey, ci sei?"
annuisco debolmente mentre mi aiuta ad arrivare alla panchina dello spogliatoio
dove recuperò un salviettone e mi fece coricare posizionando qualcosa sotto le
gambe per tenerle alzate ed agevolare la circolazione; dovevo avere davvero un
aspetto spettrale per meritarmi quelle premure.
"Ho sentito cose curiose su di te. Tipo che sei
una mezza piromane o qualcosa di simile."
"Si chiama FuocoFatuo. È un potere di origine demoniaca"
spiegai "Mi sento a pezzi."
"Forse hai esagerato."
"Non posso conoscere la portata del FuocoFatuo se
non conosco i suoi limiti".
"Giusto" Si appoggiò alla parete opposta
della stanza con le braccia incrociate, studiandomi con lo sguardo. "Ti
stavamo tutti sottovalutando, ed invece hai dimostrato di non essere solo un
bel faccino ambizioso. Pare sia proprio vera la storia che Fury non sbagli un
colpo."
Cercai di riaprire gli occhi, con scarso risultato:
"Sono ancora troppo umana."
Storse la bocca in una smorfia di noncuranza, prima di
alzare le spalle: "Non è necessariamente uno svantaggio."
"Lo è, quando sei circondato da umani che ti
temono."
"Non è male, essere temuti."
"Ed isolati?" La domanda ed il mio sguardo
annebbiato la colgono di sorpresa.
So che era una spia nemica e che agiva da sola: una
singola mina vagante in grado di creare un gran casino, a quanto pare. Non so
neppure cosa mi ha spinto a porre quella domanda, Natasha non ha l'aria loquace
o amichevole, nulla che possa far intuire un bisogno di compagnia con cui
condividere la propria giornata e le proprie missioni.
Eppure l'ho spiazzata, lasciandola per qualche secondo
senza parole. Gira gli occhi su un punto imprecisato sul soffitto, alza le
spalle e sospira leggermente prima di tornare a guardarmi: "Non sto qui ad
elencarti gli innumerevoli vantaggi di non avere persone insulse tra i
piedi."
Bella risposta, mi piace. Mi sforzai
di piegare gli angoli delle labbra in un sorriso.
Incredibilmente, lei fece lo stesso.
Fu il primo passo. Il primo, piccolo grande passo sul
primo gradino.
E poi ce ne è stato un altro, ed un altro ancora.
La vita è fatta a scale, ed è una gradinata
lunghissima dagli scalini scoscesi e senza alcun corrimano. È decisamente più facile salire
quando hai un'amica pronta a sorreggerti quando sei stanca e ti cedono le
gambe, o ad afferrarti quando scivoli.
E questa è l'Origine della nostra amicizia. E da quel
mezzo sorriso stanco, giorno dopo giorno, passo dopo passo, siamo diventate Due
Occhi della stessa Faccia, Due braccia dello stesso Busto, Due Chiappe dello
stesso Culo.
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Sì, sono ancora io.
Sì, sono ancora loro.
E' una scocciatura, lo so, e probabilmente qualcuno
griderà allo scandalo e alla persecuzione. Mi dispiace, ma avevo troppo il
bisogno di scrivere ancora.
Chiedo venia.
Allora: questo NON è un sequel di TS:W. E'
semplicemente una raccolta 'disimpegnata' (che significa che l'aggiornerò più o
meno quando ne avrò voglia) sul TheSeventhUniverse e tutti i personaggi
(soprattutto Adie, of course, ma non solo loro e non solo dal suo POV)
Non è completamente necessario aver letto le due serie
precedenti, perché saranno delle OS slegate tra loro e slegate (quanto è
possibile) dalle serie. Tuttavia, se ancora non le conoscete e avete tempo che
non sapete come impiegare, qui troverete tutto:
Grazie per essere arrivati sino a qui e se vorrete
lasciare un vostro parere, vi ringrazio in anticipo ancor di più.
PS: Checché si evinca dal titolo, non saranno 50 Os.
No, non potrei farcela. Non garantisco, invece, sul 'candore' di tutte le
storie. C'è GreyRaven di mezzo, che non è esattamente la castità fatta a
persona.
Il lavoro consiste in qualsiasi cosa il corpo sia
obbligato a fare... Giocare consiste in qualsiasi cosa che il corpo non sia
obbligato a fare.[Mark Twain]
Prima di Budapest, la fama da cecchino di Barton era di poco superiore a quella di tombeur de femmes. O
almeno così dicono. Conosco almeno quindici donne oltre a Natasha
che si vantano di aver 'afferrato il falchetto al volo' , e mi è difficile spesso
riconoscere le mitomani dalle 'afferratrici' reali.
Ad ogni modo, è risaputo che per un certo periodo OcchioDiFalco fosse seriamente impegnato con la
Responsabile di Plancia, tale Agente Barbara Morse.
Lei è, ad onor del vero, una gran bella donna: Alta,
bionda, gambe chilometriche, cipiglio serio e labbra perennemente arricciate in
una moueconcentrata. Però è anche una
sacrosantissima rompicoglioni ed una stronza arrivista con le smanie da
caporale verso i suoi sottoposti. E verso le Agenti Attive, come me e Natasha.
"Fa così perché è stata scartata dal servizio
attivo" Coulson verso il quarto cocktail diventava
un'adorabile portinaia: "Non aveva il sangue freddo necessario per stare
sul campo, ha avuto buoni punteggi ai test, ma non abbastanza. Però come
Responsabile di Plancia... oh, beh, è ineccepibile!"
Come Barton abbia fatto ad
infatuarsi di una plancista pedante resta comunque un
mistero, ma Coulson - il quinto cocktail era sempre
un mojito - giurava che avesse già praticamente
traslocato da lei. Nidificare in casa d’altri pare essere una fissa costante di
Clint.
Insomma, le cose procedevano a gonfie vele, fino a
Budapest.
A Budapest la Morse era troppo lontana e la Romanoff troppo vicina.
A Budapest, dopo una lotta serrata ed un inseguimento
mozzafiato OcchioDiFalco aveva bloccato la VedovaNera, l'aveva ferita ma aveva agito diversamente
rispetto all'ordine di eliminarla.
Tutto questo in diretta radio con la Plancia di
Comando. Cuffiette nelle orecchie, Morse era passata da un'espressione di
tronfio orgoglio per l'operato eccezionale del suo uomo ad una perplessa, per
finire con una sconcertata e furibonda.
E quando fu chiaro l'interesse di Clint nei confronti
di Natasha - si scorda spesso di spegnere
l'auricolare, spesso ci tocca sentire imbarazzanti scrosci d'acqua dal wc o
rumori digestivi - domandò un paio di giorni di permesso, prese quasi in
prestito un elicottero per volare sino al suo appartamento di Boston e, dopo
aver buttato nella vasca da bagno gli effetti personali di Clint, li inondò di
alcol etilico e vi appiccò fuoco.
Neppure Fury trovò le parole
adatte per commentare la vicenda.
Da allora l'astio nei confronti delle Attive è
aumentato a dismisura. Non solo quello della Morse, ma anche del resto del
personale di Plancia, che ci incolpa di aver reso la Responsabile ancora più
insopportabilmente acida di quanto già non fosse.
Per non parlare del livore nei confronti di Natasha e di chi le gravita attorno.
Tipo Barton.
Tipo me.
E una volta pare che anche Coulson
ci abbia quasi rimesso un dente, a tessere le lodi della VedovaNera
in presenza della Morse.
Per queste ragioni l'ho evitata come la peste per ben
due anni. E per non sbagliare, ho proprio evitato di uscire con qualche plancista.
Vabbè, quasi evitato. Un
paio di loro me li sono impalmati nell’Armeria di Livello1 in una serata in cui
non davano nulla in TV.
Finché un bel giorno Barton
non entra come una furia nella Sala Ristoro gettandosi in ginocchio ai miei
piedi, sguardo implorante e mani giunte: "Farò tutto quello che vuoi"
La giornata
prende una piega decisamente interessante,
sorseggio il mio the freddo con un sopracciglio alzato: "Purché sia
pressoché legale e non mi faccia degradare e/o finire in detenzione"
aggiunge.
"Anche pagandomi?"
"Soprattutto pagandoti. Posso alzarmi da
terra?"
"No, continua a startene in ginocchio ti prego,
son cose che fan bene all'autostima. Parla pure."
"Ti chiedo di recuperare un file. Un filmato,
ecco" Alzo le spalle: niente di più facile, non capisco neppure perché non
l'abbia fatto da solo. Dove sta la fregatura? "È nel computer della
Morse."
"Oh no, Barton, proprio
no! Io sono ancora in fase di addestramento, precludermi ogni possibilità di
carriera qua dentro va contro ogni senso logico! E tu non hai abbastanza soldi
per comprarmi. No, non guardarmi così, non sei il Gatto di Shrek.
Ti ho detto di no. E metti via quel portafogli!" Barton
mi porge una Visa "Ha un credito di duemila dollari" pigola.
"Barton -"
"Ho anche un'American Express!"
Ha vinto: "Vedrò cosa posso fare..."
"Stai per cacciarti in un bel guaio"
Trasalgo voltandomi di scatto: Coulson
è comparso - chissà da dove - mani in tasca e sorrisetto sardonico.
"Sospettavo. Ma sai com'è, ho già dato la mia
parola..." sogghigno sventagliando le carte di credito.
"Quattromila dollari sono sufficienti per una
carriera nel macero e una detenzione assicurata? Sai, è contro il regolamento hackerare i file privati di un agente, e si va incontro a
pesanti sanzioni".
"Tsk! Devono prima
prendermi!"
"Oh, non ho dubbi che darai ampio sfoggio di ciò
che stai imparando nel training: dicono che tu sia un'ottima allieva. E sei anche
dotata di una buona dose di inventiva, sicuramente avrai già in mente un ottimo piano."
"... modestamente..."
"Però ecco l'imprevisto, Borgo: io so. E
come agente di livello superiore ho l'obbligo di denunciare le violazioni di
regolamento, che siano lievi o gravi."
Oh, merda. "Dovresti prendertela
con Barton! È lui che-"
"Ma sei tu che hai accettato. E poi Barton è già partito per la sua missione, Borgo. E tu
no."
Sospiro e gli porgo le carte: "Visa o American
Express?"
"Oh, Borgo, come sei ingenua!" Me le sfila
entrambe dalle dita e davanti alle mie proteste - che fare il lavoro gratis non
mi va – mi prende in giro con un: "Il mondo è davvero un posto
ingiusto."
Allargo le braccia: "Beh pazienza, che se lo
recuperi da solo il filmato!"
Coulson ha già una mano sulla
maniglia della porta, si volta e mi rifila un tale sorriso da stronzo
che se non fosse un mio superiore gli avrei già causato un trauma facciale con
il tacco della scarpa: "Ma hai già dato la tua parola,Addison. E poi un così bel piano come quello che hai in
mente non lo vuoi proprio usare?"
Odio essere una matricola.
In qualsiasi base S.H.I.E.L.D.
vige la regola ferrea della partecipazione alle esercitazioni di evacuazione.
Nessuno, neppure Fury, ne è esente: si dice che una
volta interruppe pure una riunione con il Consiglio al suono dell'allarme. Più
che rigore al dovere, direi che ha colto l’occasione al volo per togliersi di
torno quelle piaghe poltronate che a suo dire ‘vorrebbero sapere anche quante volte viene tirato
lo sciacquone qui dentro’.
Ad ogni modo, ogni volta che l'allarme suona e la voce
dagli altoparlanti invita ad evacuare l'edificio che questa non è
un'esercitazione tutte le postazioni vengono ordinatamente abbandonate e
tutte le unità si dispongono nei propri ruoli per far tutto procedere senza
intoppi.
Alla prima a cui ho partecipato una squadra di
buontemponi aveva improvvisato una corsa tra i corridoi, armi in pugno ed urla
a destra e a manca, per far salire un po' la tensione, rendendo il tutto più
realistico. Finiti in prossimità della Hill, sono rimasti in detenzione per
quarantacinque giorni.
Allo S.H.I.E.L.D. non hanno
un gran senso dell'umorismo.
Tali esercitazioni vengono effettuate a sorpresa,
ovviamente, ma hanno una frequenza statistica abbastanza puntuale: un paio a
trimestre. L'anno scorso sono state tre, nel periodo natalizio, e di questa
eccezione nessuno se ne è lamentato. Ed è per questo che nel mio piano
bellissimo e perfetto ne prevista una.
C'è che la programmazione delle prove viene fatta
dall'ufficio di Gestione Risorse, che è formato da tre ragazze più uno
stagista.
C'è che questo stagista mi sbava dietro dalla prima
volta che ci siamo incontrati nei corridoi.
C'è che le ragazze vanno sempre in pausa insieme
lasciando l'ometto solo per quindici minuti buoni.
C'è che mi infilo tacchettando dentro all'ufficio
mentre lo stagista è da solo, con la scusa ignobile che mi si è smagnetizzato
il badge e ho bisogno di uno nuovo.
C'è che questa parte del piano è talmente semplice che
fila tutto liscio come l'olio: davanti alla sottoscritta strizzata in una tuta
di una taglia in meno, truccata e con quindici centimetri buoni di tacco, lo
stagista va in agitazione si scorda dove sono i badge. Ne segue una breve ma
intensa caccia agli oggetti smarriti, ed un suo momento di distrazione mi
permette l'accesso al piccolo pannello di comando delle emergenze, aprirlo,
girare la chiavetta nel quadrante e battere la difficilissima password: 0000.
Tutto il mondo è Paese, lo S.H.I.E.L.D.
non ne è esente.
Quando l'allarme inizia a suonare fa un salto da terra
e si volta verso di me sudato e balbettante, lasciando cadere una risma di
moduli per richiesta di veicoli paramilitari. Sbattendo le ciglia con aria
conciliante mi chino per aiutarlo a raccoglierli: "Credo che dovremmo
rispettare il protocollo e abbandonare le nostre postazioni, che dici?"
"Ma... ma oggi non era prevista
un'esercitazione..." balbetta.
Gli sollevo il mento con due dita - lo sguardo resta
incollato alla mia scollatura e devo invitarlo a guardarmi negli occhi - ed
aggiungo che la voce all'altoparlante parla chiaro: "Non so te, ma io non
ho assolutamente intenzione di ricevere un'ammenda."
"Ha... ha... hai ragione Borgo!" Scatta in
piedi con foga e spalanca la porta dell'ufficio, uscendo con passo svelto e le
guance in fiamme.
Lo seguo, ma solo sino al primo bivio del corridoio.
Poi a continuare è qualcosa che ha perfettamente le mie sembianze, mentre io
prendo un'altra strada.
Si chiamano proiezioni astrali ed all'epoca non
ne ero molto pratica, anche perché non avevo ancora Morrigan
come catalizzatore di poteri:sapevo
crearle per una quindicina di minuti, impartirle l'ordine telepatico di
camminare e muoversi, ma non di parlare o fare dell'altro.
Ora riesco a farle prendere direttamente il mio posto,
a patto che non afferrino oggetti o non vengano toccate, che allora esplodono
in tanti piccoli frammenti neri.
È un limite, come ce ne sono tanti nei miei poteri, ma
riesco comunque a giocarmela bene.
Per l'appunto la mia proiezione segue la massa di personale
S.H.I.E.L.D. nel punto di raccolta. Trova il mio
caposquadra e si mette in prima fila mentre questo sciorina i nomi
dell'appello: basta che alzi gli occhi un attimo per trovarmi lì davanti - lo
sguardo un po' vago ed insolitamente silenziosa e tranquilla - e non c'è
bisogno che urli 'presente' quando dice il mio nome.
Risalgo il condotto d'areazione sino alla Plancia di
Comando, e prima di svitare il bocchettone per uscire infilo la lama di un
coltello nella grata e controllo dal riflesso che sia deserto: perfetto.
Quindi tolgo la grata, assicuro la piccola carrucola
con una ventosa alla superficie metallica del condotto e mi lascio scivolare
giù.
Si inceppa mentre sono a mezzo metro da terra. Torco,
tiro e strattono, che come sempre le attrezzature in dotazione per il training
fanno sempre cilecca.
Al quarto strattone la carrucola riprende a funzionare
tutto d'un colpo e sbatto la faccia sul pavimento.
Odio essere una matricola.
Mi concedo tre minuti buoni per crackare
il pc della Morse. Smanetto come una forsennata e
riesco ad evadere la password e trovare la cartella personale dove ha stipato
un sacco di stronzate – e chi l'avrebbe detto che Barbara Morse avesse un
debole per Nicholas Sparks? Si è scaricata tutti gli ebooks e pure la filmografia completa. Avessi tempo glieli
sostituirei con omonimi porno, tipo 'Le Parole che Non ti Ho Detto... perché
Ingoiavo' – mi restano 89 secondi e non posso far altro che recuperare il
file incriminato, scaricarlo sulla chiavetta usb ad alta velocità, cancellarlo
dal pc ed accorgermi che la Morse al momento
dell'allarme era connessa a Facebook.
Alla faccia dell'impeccabile, severa professionalità.
Tocco di Classe, fotografo la mia scollatura con la
Webcam, facendo ben attenzione che le protagoniste siano solo le gemelle e non
altri dettagli, e gliela metto come foto nel profilo.
Peccato non avere il tempo
per constatare quanti 'Like' possano raccogliere...
È l'una di notte passata quando termino il mio turno
di guardia e mi avvio verso la zona degli alloggi sbadigliando sonoramente.
"'Notte Borgo."
"Oh, Coulson. ‘notte a
te." Ricambio incrociandolo lungo il corridoio illuminato.
Indovino il sorrisetto beffardo mentre mi oltrepassa,
così mi limito a fermarmi e a stiracchiarmi le braccia allungandole dietro le
spalle attendendo la sua battuta.
"Non sai come saltarci fuori, vero?"
Reclino appena la testa all'indietro e gli restituisco
l'occhiata sardonica: "Non mi piace essere sottovalutata, Coulson." Mi giro e muovo qualche passo felino per
avvicinarmi a giocherellare con il lembo della sua cravatta. "È una cosa
che mi irrita davvero tanto. Ma per la fortuna tua e di questa bella cravatta
d'ordinanza sono molto di buon umore, stasera. Così di buon umore, che desidero
concludere la giornata in un modo molto, molto, molto divertente nell'Armeria di 1° livello."
"...come hai...?"
"Non farti domande, Phil, non fartene mai su
di me. Potresti ricevere risposte che non vuoi davvero sentire" mi
pavoneggio con una mezza piroetta sui tacchi prima di riprendere ad ancheggiare
per il corridoio.
Un leggero bussare: sblocco la serratura e ed apro,
facendo scorrere la pesante porta di lato.
Coulson è impeccabile anche alle
due e mezza di notte con gli occhiali scuri infilati nel taschino della giacca
e due involucri in mano.
"PopCorn Normali e al
Caramello" spiega indicando prima uno e poi l'altro abbozzando un sorriso:
"Non sapevo quale scegliere."
Mi scosto per farlo entrare: " È per questo che
ci hai messo così tanto?"
“Oh no, volevo farmi desiderare.” Attraversa
l'armeria, si infila tra due grosse casse di munizioni e si accuccia per terra
commentando positivamente la sistemazione che ho dato alla mia tana.
"Oh, hai anche messo un frigobar!"
"C'era già prima, l'ho solo spostato di
posizione." Spiego, sedendomi per terra tra i cuscini staccati ad una
delle poltroncine della sala ristoro e gli lancio uno sguardo di sfida:
"Pronto?" Annuisce. "Un po' agitato, immagino?"
"Sai, non ti nascondo che questa è la prima volta
che..."
Gli appoggio un dito sulle labbra: "Sssssht. Non aggiungere altro" sussurro, picchiettando
poi la tastiera del Pc portatile per togliere lo
stand-by: "Lasciamo i commenti alla fine. Mi passi quelli al
caramello?"
"Tu dici che sia un porno?"
"Uhm... conosco abbastanza bene Barton, direi che non gli avrebbe dato fastidio che la sua
ex ragazza diffondesse un suo filmato hard. Anzi..."
"Magari è un filmato dove fa cilecca!"
"Potrebbe."
"Certo che, per spendere più di quattromila
dollari per un recupero dev'essere davvero roba
forte."
Coulson si infila un altro pop corn in bocca e alza un sopracciglio: "Non li ha
spesi."
"Oh, ma che dolce, hai custodito le carte di
credito gratuitamente!"
"Veramente ci eravamo messi d'accordo: te le
avrebbe offerte come pagamento ed io le avrei sequestrate per ricatto. Su, Addison, non fare quella faccia! Davvero pensavi che Barton ti avrebbe pagato così tanto per un video?
Non credo neppure che li abbia sul conto, quattromila dollari!" Un altro
popcorn in sfregio alla mia espressione scandalizzata e fa partire il filmato.
È l'inquadratura, prima sfocata e poi più nitida, di Barton che si alza dal tavolo, attraversa la sala di un
locale gremito di persone che mangiano e bevono sino a raggiungere un uomo che
sta aggiustando un impianto audio su un piccolo palcoscenico. Si china verso di
lui per accordarsi con qualcosa parlandogli all'orecchio. Chi tiene la
videocamera ridacchia - una voce di donna, senza dubbio della Morse - ed
aumenta lo zoom verso Clint, ora sul palco di fianco all'uomo che gli allunga
qualcosa.
"Sbaglio è un microfono?"
"Oh cacchio, lo è."
"Sbaglio o sul cartello in alto a sinistra c'è
scritto Karaoke Night?"
"Oh miseria!"
"E sbaglio o sta per cantare Suspicious
Mind?"
Mollo il sacchetto di pop corn
e mi premo le mani sulle orecchie: più che cantare Barton
sta uggiolando. "E' agghiacciante!"
Coulson ha l'aria di divertirsi un
mondo: "Clinton Barton: OcchioDiFalco,
VoceDaStruzzo."
"Coulson."
"Barton. Ecco qui, ho
pensato volessi distruggere le prove personalmente."
"Ti ringrazio." Clint fa oscillare la
chiavetta USB sulla fiamma dell'accendino tenendola per il gancio con la punta
delle dita, sino a far sciogliere la protezione causando lo sbuffo infastidito
di Coulson, che agita la mano davanti al naso per
togliere l'odore di plastica bruciata. "Hai verificato che...?"
"Ogni singolo sistema operativo dello S.H.I.E.L.D. e dei suoi dipendenti. Non esiste più nessuna
copia del filmato, da nessuna parte." Barton
sospira sollevato. "Oh, ed ecco le tue carte di credito. Intatte."
"Davvero Borgo non è riuscita a prelevare
nulla?"
"Promette bene, ma ne ha ancora della strada da
fare, e noi non siamo qui per renderle le cose più facili."
"Affatto. Però..."
"Uhm?"
"Mi sento un po' in colpa, tu no?"
"Uhm. Non è proprio senso di colpa è più... non
saprei definirlo. Oh, beh, rimedierò comprandole un Chupa-Chups.
Alle ragazze piacciono no?"
"Beh, sì. Direi che Borgo è proprio un tipo da Chupa-Chups.”
Il Direttore Fury
difficilmente usufruisce della sala ristoro del primo livello durante l'orario
di punta. Le poche volte che è in sede è talmente preso dai suoi doveri che
difficilmente si ricorda di avere bisogni fisiologici umani come la necessità
di mantenersi idratato e nutrito. Le rare volte che il suo stomaco pare
reclamare, comunque, è notte fonda e i corridoi sono pressoché deserti.
Su quale fuso orario sia settato il bioritmo di Fury è uno dei tanti misteri che gravitano attorno alla sua
persona, fonte di innumerevoli leggende metropolitane.
Ad ogni modo, puro caso vuole che quel giorno Fury sentisse il bisogno - quasi un richiamo del suo
proverbiale sesto senso - di lasciare il comando per qualche minuto alla Hill
(che dalla gioia suppongo abbia imitato DiCaprio
sulla prua del Titanic) per concedersi il lusso di una bibita fresca ed un paio
di barrette al caramello e nocciole di cui - leggenda vuole - pare esserne
drammaticamente goloso.
Arrivato davanti alla porta della Sala Ristoro lo
immagino storcere il naso davanti all'assembramento di plancisti,
agenti attivi, piloti, paramedici e personale tecnico di vario genere davanti
al distributore automatico.
Dico lo immagino perché il mio istinto di
sopravvivenza mi ha portato a girare al largo da quella zona, ma ad ogni modo
le mie fonti sono attendibili, quindi so per certo cosa sia accaduto.
Accade che, come sempre, il cicaleccio e le risate
sguaiate terminarono immediatamente nell'esatto momento in cui l'anfibio destro
del Direttore varca la soglia.
Gelo in Sala - si registrano un paio di malori a causa della forte
tensione nell'aria.
"Lieto di constatare che l'umore delle truppe sia
notevolmente alto." È il suo solo commento acido, mentre la piccola folla
si apre per farlo passare in due ali simmetriche in stile Mosè al Mar Rosso.
McKenzie, Plancista
di Quarto Livello addetto al funzionamento dei settori 3 e 4 nonché uno dei
miei compagni di infrattamento, si schiarisce la voce
prendendo il coraggio a due mani e spiega al Direttore che tutta quella
confusione è data da un'anomalia nello schermo led del distributore. "Che
genere di anomalia?" domanda Fury con la
vena sulla fronte che iniziava a pulsare.
Pare che McKenzie sia così
pallido da far temere un principio di infarto. Balbettando, riesce solo a
spiegare che, quando si seleziona qualcosa, sullo schermo appare un filmato.
Probabilmente pensando all'ennesima pubblicità idiota
di una qualche merendina e con l’aria a metà tra lo scettico ed il seccato, il
Direttore infila il suo quarto di dollaro nella fessura e seleziona una lattina
di CocaCola.
Ed il filmato appare.
La lattina scivola dalla sua casella e si posiziona
con un tonfo sordo nella fessura per il ritiro senza che Fury
riesca a degnarla di attenzione.
A filmato terminato, si fruga nella tasca del cappotto
ed infila un altro quarto di dollaro nel distributore, selezionando le barrette
al caramello e nocciole.
Il
filmato ricomincia da capo.
Offre a McKenzie un
pacchetto di patatine.
Ci sono testimoni pronti a giurare che alla terza
visione del filmato stia sogghignando visibilmente e che alla quarta abbia il
pugno premuto sulla bocca e fatichi a trattenersi dal ridere, con la testa
imperlata di sudore.
La porta della Sala Ristoro si riapre un secondo prima
che venisse infilato dentro il quinto quarto di dollaro: "Hey, quanta gente! Saldi alla macchinetta? Oh, Direttore,
mi scusi, non l'avevo vista."
"Barton, vieni, vieni
pure qui. Sei già tornato dalla tua missione, davvero lodevole."
"Grazie Signore, era una cosa di poco conto
niente di che..."
"No, no, non sminuirti. Lasciati offrire
qualcosa, vuoi?"
"Beh, sì, perché no..."
Sì, ho molto da imparare.
Tipo a
nascondermi meglio.
Clint ci mette esattamente dodici minuti per
recuperare arco e frecce e stanarmi, talmente infuriato da mandare a quel paese
la Hill che, megafono in mano, lo rincorre ricordandogli la regola del Niente
Frecce per i Corridoi.
Ma ne è
valsa la pena.
E rieccomi a tempo di record! Non nascondo che non vedevo
l’ora di rimettere in pista Phil Coulson!
Mi piace
un sacco immaginarmi la vita all’interno dello SHIELD condita con un po’ di
sano cameratismo e piena di situazione tragicomiche: molto lo devo a Vannagio e alla sua serie ‘Eliveivolo
e Dintorni’ (http://www.efpfanfic.net/viewseries.php?ssid=6757&i=1)
che vi consiglio caldamente.
Barbara
Morse è nel Comicverse, Mockingbird, membro dei vendicatori sposata a lungo con
Clint.
Spero di
non trovarmela mai davvero nei film, e che il Clintasha
continui ad imperare senza freno nel MovieVerse!
McKenzie, invece, l’ho inventato io.
Grazie a
tutti per l’accoglienza di questa raccolta! Spero che vi piaccia, che non vi
deluda e che vogliate lasciarmi un commentino.
Come
dicevo, queste sono OS scritte ‘per divertimento’, ma non per questo cerco di
metterci meno cura nello stile e nella trama.
Caspita,
sono entrata nella sede Manhattan da meno di cinque minuti e già raccolgo una
proposta di appuntamento. Stabilirei un nuovo record se la richiesta non provenisse
da un mio diretto superiore con cui non mi impalmerei neppure dietro compenso: Coulson è un agente eccezionale, un superiore egregio, ed
un collega piacevole ma no,
decisamente non il mio tipo.
Tuttavia
mi scosto una ciocca di capelli con fare civettuolo, sbatto le ciglia e pigolo
un ironico "Ma non saprei…”
Lui
sogghigna: "No, non hai nulla da fare."
"Sono
appena tornata in città, vorrei-"
"Oh,
sì, tu vuoi."
Odio
quando mi interrompe con quel suo sorrisetto infame quando non posso dirgli di
no; soprattutto se mi sta sventagliando una busta bianca davanti al naso: la
afferro, la apro e rimango a bocca aperta dalla sorpresa. "Coulson, allora questo è davvero un appuntamento!"
"Alla
luce di tutti dovrà esserlo."
"Significa
che la mia licenza di due giorni è appena slittata?"
"Di
qualche ora, è una semplice ricognizione sotto copertura: dobbiamo tener
d'occhio una persona che parteciperà a questa serata di gala al Metropolitan Opera House. Ecco il dossier" aggiunge
porgendomi un tablet a cui do appena un'occhiata.
"E
perché proprio me?"
"Perché
sei l'unica agente che conosco, qui dentro, che se ne intende di Opera e quindi
non faremo la figura dei completi allocchi a teatro. Per stasera sarai la mia
fidanzata, appassionata di lirica, che mi ha trascinato a vedere la noiosissima
prima della Tosca di Pussini."
"Puccini"
correggo "E come fai a sapere che ho idea di cosa andremo a vedere?"
"Perché,
primo, sei italiana."
"Sì,
e di solito tra una spaghettata e una sonata di mandolino ci baciamo le mani,
non andiamo a teatro.”
"Spiritosa.
E secondo, per quasi tre anni sei stata affidata ad una coppia di musicisti di
Portland. Anche solo per osmosi, qualcosa avrai pur imparato."
I Matthews, la famiglia con cui mi sono trovata meglio: Primo
violino della filarmonica cittadina lui e arpista lei, portata via da un cancro
a quarantatre anni. Me ne sono andata l'anno prima della sua morte, che
preferivo lasciare Craig Matthew completamente libero di occuparsi di Simone
nel decorso della sua malattia senza un'adolescente complicata con cui avere a
che fare.
Scaccio
via i pensieri tristi con un gesto della mano come se fossero un nugolo di
mosche fastidiose: "Non mi pare di avertene mai parlato."
"Ho
letto i tuoi file."
"Sei
una portinaia infame. Passa a prendermi alle sei, non tardare."
"Rose?
Davvero ?"
Coulson si è presentato alla mia porta
più impeccabile del solito e con un mazzo di cinque rose rosse. "Ho
pensato di aiutarti ad entrare meglio nella parte" spiega con un accenno
di sorriso dietro ai soliti Rayban scuri. Ringrazio e
volteggio per la casa, non trovando niente di meglio che infilarli nella boccia
di Frankenstein il pesce rosso che li fissa perplesso, prima di ritornare sul
pianerottolo con lui e chiudere la porta.
"Per
essere più convincente, dovresti dirmi che sono una favola."
"Hai
ragione, scusa: sei bellissima."
“Perché,
gli altri giorni no?”
Sospira:
“Sei addirittura più bella del solito, non so come tu ne sia capace.”
“Oooh, Phiiiiiil! Così mi fai
arrossire!”
Individuo
il nostro uomo nella seconda fila di palchi, quasi opposto a noi e lo spio di
sfuggita con il binocolo da teatro rubato ad un'allampanata signora del
parterre - che ora fruga inutilmente nella microscopica borsetta perlata sibilando
insulti al marito annoiato - portando poi il mio sguardo al palco.
Le
luci sono ancora accese e dalla buca salgono le scale degli orchestrali intenti
ad accordare e scaldare gli strumenti.
Al mio
fianco, Coulson legge con aria perplessa il libretto:
"Quindi è cantata interamente in italiano, giusto?"
"Esatto.”
"La
capirai tutta?"
"Più
o meno. Non credo che neppure un vero italiano capisca interamente un'opera,
con tutti quei gorgheggi."
"Oh,
è ambientata a Roma. Oh, toh! L'ultima scena è a Castel
Sant'Angelo. Ci sono stato una volta."
"Ma
almeno non ti ci sei lanciato come fa la Tosca alla fine."
"Cosa?”
sfoglia velocemente le pagine sino all’ultima e la legge la colonna della
traduzione: “Mi hai spoilerato il finale!"
Il
Direttore sale sul piedistallo e picchietta la bacchetta e Coulson
zittisce la sua indignazione.
Nell'intervallo
tra il primo ed il secondo atto scendiamo nel foyer d'ingresso, sempre seguendo
con discrezione il nostro Soggetto, concedendoci uno stuzzichino al bar come la
maggior parte della gente e fingendo di flirtare in una maniera quasi
indecorosa. Saremmo molto credibili, se Coulson la
smettesse di lanciare occhiate sopra alla mia spalla sinistra.Alla quarta volta piego appena di lato il
viso e cerco con la coda dell'occhio la donna che sembra calamitare il suo
interesse: è voltata, fisico magro fasciato da un abito da sera blu e nero con
una generosa ma elegante scollatura sulla schiena ed i capelli castani legati
in un morbido chignon.
"Accidenti,
Phil, credo che inizierò ad essere gelosa."
"Non
essere sciocca, lo sai che stasera ho occhi solo per te."
Il nostro
uomo ci passa a fianco diretto verso i bagni, ed io lo seguo pigolando a Coulson la mia intenzione di recarmi 'Ad incipriarmi il
naso'.
Il
corridoio dei bagni è sospettosamente deserto. Rallento l'andatura guardandomi
attorno, sempre a controllare la schiena dell'uomo che mi precede.
È questione
di un attimo: le luci si spengono, sento un colpo attutito e l’uomo gemere nel
cono d'ombra vicino alla porta.
Sbatto
velocemente le palpebre: i miei occhi recuperano la visuale nel buio e la
rendono chiara attraverso la mia vista dorata. Sono in tre, hanno visori notturi e sono vestiti di nero. Scatto in avanti, mi lascio
scivolare sul pavimento di marmo e falcio con le gambe del primo che mi capita
a tiro.
"Coulson, qui è Borgo! Il Soggetto è stato
attaccato... sono in tre e..." BAM! "prenditiquestofigliodiputtana!"
"Oh,
ma davvero? Quindi questa la può considerare una serata libera..."
"Serata
libera? Serata libera un corno! Coulson, chiama
rinforzi, ha preso un colpo alla testa e credo di aver rotto una vertebra ad
uno degli assalitori."
"Sì,
ha perfettamente ragione. Certi eventi sono nettamente migliori quando ci si
può partecipare per piacere personale."
PUM! "Coulson, ma mi ascolti? Con chi-" CRACK! "Cazzo
stai parlando?"
"Puoi
scusarmi un attimo, sento il cellulare vibrare... chiedo scusa..." PUM!
"... Borgo, che diavolo stai facendo?"
"...pant... pant... Arrivi tardi,
collega. I tre sono a terra privi di sensi, e anche il nostro uomo è... sì, è
ancora vivo ma abbastanza stordito. Ho..."
"Sai
cosa fare. Blocca l'accesso a chiunque voglia entrare in quella zona e chiama
immediatamente l'unità di recupero."
"...ma
io..."
"Ah,
e non affrettarti a correre qui."
"Coulson, ti perdono solo se è almeno il triplo più strafiga
di me. Altrimenti giuro che ti lego ad un palo e ti costringo a guardare mentre
parcheggio Lola."
"Chiama
l'unità di recupero e falla finita, Borgo."
"Hill."
"Qui
Borgo, chiedo l'intervento della squadra di recupero al Metropolitan
Opera House, piano terra, secondo corridoio a destra dall'ingresso
principale."
Davanti
al monitor, McKanzie si affretta ad annunciare che ha
localizzato Borgo all'interno dell'area descritta e la indica sullo schermo
come un puntino rosso all'interno della piantina del luogo.
"È auspicabile in breve tempo
un intervento discreto, consiglio anche personale paramedico. Una barella,
forse." In sottofondo proviene un gemito lungo ed affaticato. "Sì,
decisamente una barella, con questo ho esagerato un pochino."
"Hai
bisogno di assistenza?"
"Per
me? Negativo. Beh, a dire la verità ho rotto un tacco delle scarpe, se riesci a
mandarmene un paio..."
I
ragazzi della Sezione Recupero sono stati splendidi come sempre: entrati dalla
porta di servizio più lontana dal passaggio pubblico, veloci ed efficienti
hanno recuperato i quattro, rimesso in ordine il corridoio e riaperto la zona
in meno di dieci minuti.
Quando
riemergo poco dopo dal corridoio del bagno ho ai piedi un paio di scarpe di un
dolorosissimo numero inferiore al mio e di un colore che fa a cazzotti con
quello dell'abito, il trucco appena rifatto - ma comunque meno perfetto di
prima - ed i capelli sciolti, che uno degli assalitori mi si era aggrappato all’acconciatura
prima che riuscissi a farlo desistere con una manata sul naso e non sono
riuscita a replicare quella fatta dal parrucchiere.
Ma
come fa Natasha ad essere sempre impeccabile come se
non le fosse capitato niente?
Oh
toh, ecco Coulson. È appoggiato al bancone del bar e
discorre amabilmente con un bicchiere in mano con la donna che occhieggiava
anche in mia presenza e che vedo sempre di schiena.
Ora
vado là, gli rifilo una sberla – vera - e gli faccio una scenata di gelosia - finta.
Mi
vede, beve un sorso di champagne, seguita a mantenere il suo sorrisetto infame
e con perfetta nonchalance si rivolge alla donna per presentarmi: "Oh,
Claire, ecco la collega di cui ti parlavo..."
Ah,
collega? Non è ancora finita la serata e sono già stata scaricata.
Bell'appuntamento, non c'è che dire.
Mi
spiaccico in faccia un sorrisetto forzato di circostanza e quando la donna si
volta resto a bocca aperta.
"Signora
Cabwell!"
Lei trasale
e per poco non si fa andare di traverso lo champagne che sta bevendo: "Addison!"
Coulson è interdetto: "SignoraCabwell?"
"Sì,
è...o, cavoli, quanto tempo è passato!" Sono davvero spiazzata. "Era
un'amica dei Matthews, suonava il violoncello nell'orchestra
di Portland e suo marito era il mio insegnante di chitarra..." spiego,
subendo l'espressione delusa del mio collega. "Che piacere incontrarla,
davvero! Come sta Frank?"
"Oh,
beh, suppongo stia bene. Ora abita a Cleveland, con la nuova signora Cabwell." Scambia uno
sguardo con l’espressione sollevata del mio superiore: "Abbiamo divorziato
da ormai tre anni, pensavo che Craig te l'avesse detto..."
"Ho
perso i contatti con lui. Ahem, sono un po' presa con
il lavoro e sa com'è..."
"Sì,
sì, capisco. Anche per noi è difficile."
Coulson decide che è il momento di
intervenire e riportare la discussione in un ambito a lui congeniale:
"Claire mi stava spiegando che si trasferirà a New York, a breve."
"Sì,
ho accettato la proposta di lavorare qui al Metropolitan
la prossima stagione per cui... beh, stasera mi trovo qui in veste non
ufficiale, ecco."
"Oh,
fantastico!"
Le
luci del teatro si abbassano a segnalare l'inizio del secondo atto, e Claire si
congeda per tornare al proprio posto.
"Il
Soggetto ormai è allo S.H.I.E.L.D., sono stata
costretta ad intervenire e..." spiego a bassa voce. Gli occhi di Coulson sono piantati sulla schiena abbronzata di Claire che
si allontana verso il parterre e annuisce distrattamente: "Molto bene."
"Ho
neutralizzato anche i tre aggressori..." Continuo, mentre allunga il collo
per continuare a seguirla con lo sguardo. Uomini, che seccatura:
"... ed ho usato le tue figurine di Captain
America per tamponare le ferite che mi sono procurata."
"Hai
fatto un lavoro egregio."
Gli
schiocco le dita davanti agli occhi: "Coulson,
ti prego, almeno fingi che ti importi qualcosa di me..."
"Ti
sto ascoltando."
"Oh
sì, vedo." Sospiro, guardando il Foyer svuotarsi velocemente. "Sarà
il caso di tornare alla base e fare rapporto.”
"Borgo,
spero tu stia scherzando." Mi scocca uno sguardo indignato e si aggiusta
cravatta e giacca: "Sarebbe un peccato andarsene prima della fine e
perdersi questi interpreti straordinari."
Dieci
minuti dopo, con lo scroscio d'applausi che segue Vissi d'Arte a coprire
le nostre parole, Coulson decreta che l'opera è una
palla colossale e che davanti al teatro c'è un cocktail bar che vale la pena
provare, con la musica blues che piace a lui e mojito
fatti ad arte come piacciono a me.
"...
e Claire? Mi sembravi interessato, non vorrai mica perdere
un'occasione..."
"Appunto
per questo andiamo nel bar qui davanti. Appena l'opera finirà torneremo nel
foyer, la incontrerò di nuovo e ci scambieremo i numeri di telefono. Se
chiederà qualcosa sull'opera saprò risponderle, perché tu mi avrai
spiegato per filo e per segno tutta la vicenda." Storco il naso.
"Offro io..." aggiunse invitante.
"D'accordo."
Il
resto della serata è quasi scontato:
Il mojito è ottimo, il barman ancora di più, Coulson fa una splendida figura con Claire snocciolando aspetti
dell'opera come l'intensità drammatica del crescendo dell'orchestra durante
l'omicidio di Scarpia o l'assolo malinconico di
clarinetto in 'E Lucean le Stelle' lasciandola
estremamente colpita. L'ha accompagnata a casa e ha educatamente declinato
l'invito di 'Salire a Bere Qualcosa' per non farle pensare ad una Toccata
e Fuga avventurosa, lasciandole però il suo numero di telefono privato.
Io
invece rimango sino a tardi al bar, accompagno a casa il barista accettando
l'invito di un drink privato nel suo monolocale e me la squaglio al mattino
lasciandogli un numero di telefono falso scritto sullo specchio con il
rossetto.
Troppo
presto perché si svegli, troppo tardi per tornare prima a casa e cambiarmi.
Sono
costretta presentarmi alla base ancora in abito lungo e scarpe eleganti.
Della
Hill, che ne pretende la restituzione immediata appena mi incontra
sull'ascensore e si raccomanda di presentare il rapporto prima di mezzogiorno.
Beh,
vabbé, non può filare tutto liscio no?
Ed eccomi
di nuovo!
Claire è un’altra
mia OC, comparsa brevemente anche nella OS della serie The GushingLedger ‘Life Thru a Lens’.
Era da un
po’ che volevo presentarla ufficialmente… beh, ed
eccola qui, insieme a Phiiiil!
La Tosca
è una delle mie opere preferite (sono anche una melomane senza speranza)ed è
quella con il mio Villain lirico preferito: Scarpia! Per ogni domanda o curiosità: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidosper tutto il resto c’è MasterStark!
Il privilegio di trovarsi dappertutto a casa propria appartiene solo ai
re, alle puttane e ai ladri.
[Honoré de Balzac]
Da quel poco che ho capito di Natasha
– lei non ama parlare del suo passato ed in genere preferisce definirsi un
‘punto e a capo’ – ha sempre vissuto nel più assoluto anonimato, preda e
predatrice a sua volta di numerose fazioni.
Per la gente civile, per le persone comuni, NatashaRomanoff era solo
un’ombra che sovente strisciava tra loro in occhiali scuri senza lasciare una
minima traccia del suo passaggio. Indossava sempre guanti per non lasciare impronte
digitali in pubblico e dopo aver bevuto da un qualsiasi contenitore passava la
fiamma dell’accendino sul bordo, per cancellare tracce di saliva.
Nessuna interazione con estranei, se non
strettamente necessaria o ordinata, nessun effetto personale, nessun documento
a suo nome.
Prima di entrare nello S.H.I.E.L.D.
non aveva neppure mai guardato un film al cinema, escludendo una volta in cui
si era confusa tra la folla di un multisala per eliminare in tutta discrezione
un obbiettivo durante la visione di Maid in Manhattan
- decisamente uno di quei film che non puoi reggere sino alla fine uccidere
qualcuno.
Il che la rende pressoché aliena a qualsiasi banale
faccenda quotidiana che rientra nella sfera della normalità.
Insomma, potrebbe uccidere una persona decapitandola
con lo sportello della lavatrice, peccato che non abbia la più pallida idea di
come si faccia il bucato.
“ADDISON! Quest’affare è completamente rotto! Perde
tintura rossa e mi ha rovinato tutto!”
“Sicura di aver tolto il cadavere all’interno?”
“Certo, per chi mi hai preso?” Aspetta, la mia era una battuta... “So riconoscere il sangue, e
questo non lo è.”
Ispeziono il mucchio di vestiti umidi striati di
rosa ed alzo una camicetta rossa: “Ed un capo che perde colore lo sai
riconoscere?”
“Oh, è pure difettosa? Con quello che l’ho pagata!”
La studio passandomela tra le dita: questa è seta,
andrebbe a malapena lavata a mano, che cavolo ci fa in lavatrice? “Nat… hai guardato l’etichetta?”
“Sì, costava 129 dollari, in saldo!”
“…non quella.” Sbatte le
palpebre cercando di dissimulare la perplessità. “L’etichetta cucita
all’interno, quella che hai tagliato, a quanto vedo.”
Alza le spalle: “È scomoda, ingombrante ed
esteticamente oscena, non capisco perché la mettano in tutti i vestiti. C’erano
dei disegnini sopra, li ho trovati inutili e l’ho tagliata.”
“Sono le indicazioni per il lavaggio.”
“Oh.”
“Non preoccuparti, ci penso io a scrivere un reclamo
alla casa produttrice: chiederò che sull’etichetta venga scritto ‘dallo alla tua coinquilina, lei sa come
lavarlo’.”
“Oppure ‘quando
puzza gettala, che hai i soldi per comprarne uno nuovo’.”
Decidere di condividere un appartamento con lei si è
rivelata sin da subito una scelta abbastanza azzeccata quanto piena di insidie.
Anche solo a livello organizzativo, io e Nat siamo dovute andare incontro ad una serie di antipatici
problemi logistici dati dal nostro lavoro.
Per esempio lo scoprire che la data di consegna del
tanto agognato MegaDivanoExtraRelax
coincideva con la data di partenza della sottoscritta per Puerto Quetzal,
contemporanea a quella di Nat per l’Ucraina.
“E se chiedessi a Fury di
farmi slittare la partenza di un giorno?” piagnucolo mentre cerca di chiudere
il borsone delle attrezzature.
“Sono certa che accetterà: in genere i terroristi
possono attendere di scaricare materiale radioattivo, se un divano deve essere
consegnato.”
“Se sapessero quanto è comodo!”
“Ma non lo sanno. Hai visto il mio caricabatterie?”
“Cellulare o Morsi di Vedova?”
“Cellulare.” Ringrazia quando glielo porgo e poi
suggerisce di cercare qualcuno che si faccia trovare da noi al momento della
consegna: “Perché non chiedi a McKenzie?”
“Oh sì, ottima idea di dargli indirizzo e chiavi di
casa: così al ritorno ce lo ritroviamo nudo nella vasca da bagno coperto solo
di petali di rose rosse. Piuttosto, chiedilo a Barton,
che muore dalla voglia di farti un favore!”
“Perché credi che si comporterebbe in modo diverso
da McKenzie?”
“Qual è il problema di ritrovarsi Clint nudo nella
vasca?”
Natasha apre la bocca per ribattere ma si rende subito
conto che nessun argomento può essere considerato valido; perciò sbatte le
palpebre, si gratta la testa, si massaggia una spalla e poi alla fine sospira
un: “Evitiamo di comprometterci, d’accordo? Chiedilo alla Hill e basta, che di
voci strane ne girano abbastanza su noi due.”
“D’accordo. Però Barton
nudo sarebbe un ottimo complemento d’arredo. Davvero. Da appoggiare sul divano,
tipo plaid, che ti saluta quando entri oppure sul tavolo come centrotavola che
ti passa il sale durante i pasti e…”
Le guance di Natasha sono
in fiamme: “Finiscila” sibila.
Stranamente – avrei dovuto insospettirmi – Maria
Hill non solo accetta di presenziare alla consegna al nostro posto, ma mostra
addirittura un qualcosa di angosciosamente simile all’entusiasmo.
Mentre la sottoscritta rischia le penne in un paio
di sparatorie in Guatemala e Natasha recupera dati e
spezza ossa in Ucraina, la Hill a casa nostra si fa consegnare il MegaDivanoExtraRelax, controlla
che non ci siano difetti ed una volta congedati i facchini decide che dato che
le dobbiamo un favore lei può permettersi di fare tutto quello che vuole in
nostra assenza: si prova tutto il nostro guardaroba, mi scorda la chitarra
tentando di intonare ‘Mrs
Robinson’, si scola la riserva di Vodka personale di Natasha,
le hackera il pc per chattare
con un certo MegaPenis22’’ combinando
un incontro al buio e dona gli avanzi del suo cheeseburger a Frankenstein Fish,prima di
addormentarsi seminuda e sbronza sull’ExtraRelax,
dove la troviamo al nostro rientro.
“Io te l’avevo detto che era meglio chiamare Barton” sospiro laconica mentre Nat
prova a svegliarla scuotendola piano, che è pur sempre una nostra superiore
“Almeno lo scenario sarebbe stato di gran lunga più interessante.”
L’apice viene comunque raggiunto con gli acquisti.
Natasha ha un
discreto disturbo della sfera affettiva, che esterna con lo shopping compulsivo
delle cose più disparate. È una cosa normalissima per chi ha subito stress
emotivi da apprendimento, trasferimento, modifica improvvisa dello stile di
vita, e sono certa di questo perché l’ho studiata a lungo per esporla in un
articolo che ho scritto per la mia laurea in psicologia.
A sua
insaputa, ovviamente.
Ad ogni modo, Natasha con
una carta di credito in mano può far più danni che con una Calibro 9.
Si limitasse a vestiti e scarpe, come tutte le donne
normali, la cosa mi darebbe tutt’altro che fastidio.
Ma come ho già detto, Nat
non è una donna normale. E ha scoperto le televendite.
Capelli legati con il – mio – mollettone verde, shorts rosa shocking ed inspiegabile
maglia dei NYC Jets, Natasha
divora lo schermo del televisore con gli occhi e con la bocca un barattolo di
gelato da mezzo chilo, senza degnarmi di uno sguardo quando entro.
La Vedova
Nera in modalità agghiacciante.
“Ciao, eh.”
“Ao.” Biascica allungando
la mano verso il telefono per comporre un numero.
Oh Oh. Ci risiamo. Fa che non sia un’altra stronzata tipo InversionTable, che occupa
spazio e mi ha fatto vomitare i burritos della sera
prima.
Natasha è concentrata, se mi frappongo direttamente tra lei
e la sua preda rischio come minimo una costola. Meglio andare per gradi,
prenderla di lato e raggirare ostacolo, nervosismo e problema.
Lancio un’occhiata alla TV: uno Chef corpulento
spiega gli innumerevoli pregi – e l’assenza di difetti – di una rivoluzionaria
padella dal fondo in pietra.
“Oh, sembra interessante. Spero che all’altra nostra
padella non vengano complessi di inferiorità” Cinguetto allegra.
“Non abbiamo più un’altra padella. Oggi ho provato a farmi qualcosa, ma ero in ritardo,
così per ottimizzare i tempi di cottura l’ho infilata nel forno a microonde.”
“In che senso?”
“Nel senso che ho messo una bistecca nella padella e
la padella nel microonde.”
“Ma…” Tuffo la testa nella
cucina.
Telefono all’orecchio, Natasha
mi strilla a non fare tante storie “Che tanto il colore della cucina non ti è
mai piaciuto.”
“Sì, è proprio quella che ci vuole.” Natasha alza il primo pezzo del set –non si è lasciata
perdere l’occasione che dava, per soli 37 dollari in più, tutte e tre le
padelle di diversa ampiezza più una pratica pinza per girare gli alimenti in
cottura ed un trita cipolle a pressione – con un ghigno soddisfatto. “Potremo
cucinare senza condimenti, ed i nostri piatti saranno più sani e manterranno
tutte le proprietà organolettiche ed i sapori resteranno inalterati.”
Ormai la conosco, so che questo suo stadio di
estremo compiacimento dura in genere mezza giornata – il tempo che si renda
conto dell’inutilità dei suoi acquisti – e poi le ritorna l’adrenalina ad un
livello accettabile e si tranquillizza, quindi annuisco con un mezzo sorriso
incoraggiante e fingo interesse verso le spiegazioni che snocciola, imparate
pari pari dalle televendite.
Per la Hill – nostra ospite per un paio di giorni dopo
che metà degli alloggi della Base
Manhattan è sotto ‘manutenzione straordinaria’ a causa di una granata
sfuggita dal controllo di Barton – però no.
Guarda la scatola che il corriere ci ha portato
giusto cinque minuti prima, studia l’imballo di pluriball,
poi fissa Natasha e le chiede –per cortesia – di
confermarle che intende usare quelle padelle come arma. “L’effetto sorpresa
sarebbe garantito, chi potrebbe mai immaginare un attacco della Vedova Nera
armata di padelle?” scherza ignorando lo sguardo assassino della mia
coinquilina.
“Dovrebbe però cambiare nome, non credi? Che ne dici
di Vedova Cuoca?” rincaro la dose.
“Casalinga Nera? Andiamo, Nat,
cerca di capirci, quando mai avremmo pensato di vederti entusiasta dal
maneggiare pentolame?”
“E soprattutto, perché dovremmo essere entusiaste di
te in cucina, visto che l’hai appena carbonizzata?”
Natasha appoggia la padella sul tavolo accusandoci di
essere delle guastafeste: “Però è vero. Il fondo di questa padella è molto
spesso, come arma non sarebbe male.”
“Magari è anche antiproiettile.”
Ci scambiamo tutte e tre uno sguardo:
“Il poligono della base sarà libero a quest’ora?”
Natasha dorme circa 4 ore a notte. Ha attaccato un sacco da
boxe in camera e se proprio non riesce a resistere a letto si mette a tirare
qualche colpo.
Al sacco. Alle Tre circa di mattina.
La prima volta per poco non rischio l’infarto.
La seconda volta ho tentato di evocare le schiere
infernali al servizio di Amon – che quella notte
erano in sciopero.
La terza sono entrata in camera sua, canini
sguainati e fiamme tra le dita, pronta per la spiegazione del proverbio non svegliar il mezzo demone che dorme.
Son tornata guaendo al mio letto: è pur sempre la Vedova Nera.
La quarta volta decido di prenderla con la dolcezza
che non mi è propria, di essere
comprensiva e di sollecitarla ad esprimere verbalmente il suo disagio
interiore.
Una
gran palestra per la mia relazione futura con un semidio con giusto un accenno
di disturbo borderline.
Quindi, entrata per trovarmela sudata in canotta e
calzoncini – conosco gente che pagherebbe oro per vederla in quello stato – mi
siedo sul letto sfatto, incrocio le gambe e le faccio cenno di sedersi di
fianco a me.
“Non sono stanca” è la sua unica risposta secca.
“Ne sono sicura, a giudicare dal rumore dei tuoi
pugni.”
Raccatta un asciugamano appoggiato sul cassettone e
si terge il sudore dalla fronte: “Ti da così fastidio?”
“Sono le tre e mezza di notte. Cavoli, se mi da
fastidio. A me e al resto degli inquilini di tutto l’isolato. Probabilmente
qualcuno avrà già allertato la guardia nazionale.”
“Perdonami” replica ironica “Sono abituata a
fregarmene degli altri abitanti.”
“C’è un valido e logico motivo per cui tu stai
sfogando la tua rabbia contro un sacco da boxe reo di essere appeso nella tua
stanza?”
“Non sono necessarie motivazioni per utilizzare un
sacco secondo la sua natura. Che dovrei farci, usarlo come fioriera?”
“Sai, esistono certi programmi di bricolage che
apprezzerebbero l’idea” ironizzo. “Tuttavia, ho notato che quando ci siamo
salutate, ieri sera prima di andare a letto, eri tranquilla, stanca e con una
vaga smorfia sul viso che mi ha fatto quasi pensare ad un…
uhm, come lo chiamiamo noi esseri umani? Ah, sì, sorriso.”
“Cambio umore molto facilmente. Sarà quel
determinato periodo del mese.”
“E sempre di notte? Non è che fai degli incubi?”
Natasha si ferma definitivamente dal malmenare il sacco – è
una mia impressione o gli inquilini del piano di sopra hanno sospirato di
sollievo? – e mi rivolge un’occhiata in tralice che mi gela sin le budella: “E
anche se fosse? A te cosa dovrebbe mai interessare?”
Improvvisamente mi trovo a corto di argomenti:
ultimamente mi era parso che Natasha si stesse aprendo con me, che quella che era
iniziata come una convivenza necessaria per la salvaguardia del portafoglio si
stesse trasformando in un’amicizia confidenziale, sincera, a doppio senso di
marcia; ed invece ora quel suo sguardo furente e distaccato mi spiazza
completamente. “Beh, ecco… se tu avessi un problema
potrei cercare di aiutarti, non credi?”
Si slaccia i guantoni e li getta sul letto: “Sì, io
ho un problema, la mia coinquilina ficcanaso e rompicoglioni che cerca di
dispensare consigli non richiesti. Stattene al tuo posto, se ti è cara la
vita.”
“Hey, rompicoglioni a me?
E cosa dovrei dire, visto che sono stata svegliata nel cuore della notte dal
tuo pum pumpumnevroisterico?”
“Hai ragione.” Ecco, qui si mette male, posso
aspettarmi di tutto: “Tolgo il disturbo.”
È
la frazione di un istante: NatashaRomanoff gira sui talloni ed esce dalla stanza.
La
porta d’ingresso che sbatte sottolinea che ha lasciato l’appartamento.
Ma che si fotta, ‘sta cretina.
Una cerca anche di aiutarla, di mostrarsi amichevole
nei suoi confronti e guarda che succede.
‘Stattene
al tuo posto se ti è cara la vita’ , oh, non c’è problema, me ne starò tranquilla in
camera mia.
Fatti pure il tuo giro da sociopatica per Harlem.
In canotta e calzoncini a gennaio si godrà
tantissimo. Se non sbaglio era pure scalza.
Mi fermo alla finestra della camera e sbircio tra le
tende: il vicolo è silenzioso e deserto. Dal cielo fiocca copiosa la neve e si
deposita sul cemento e sui bidoni della spazzatura.
Oh beh,
Natasha sarà pure abituata a questo clima. E anche se
non lo è, che si fotta.
Dopo mezzo minuto meditativo seduta sul bordo del
letto, infilo giacca e scarpe di Natasha in una
borsa, mi vesto ed esco a cercarla.
La trovo mezz’ora dopo seduta su una panchina del
Fred Samuel Playground di Lenox Avenue, e se non
fosse per la mia vista dorata non sarei riuscita ad fendere il buio al di là
del cancello chiuso e a vederla.
Scavalco la recinzione cercando di fare meno rumore
possibile, la neve ad attutire i passi e a cristallizzare il piccolo parco
giochi. Natasha si ritrova la sua giacca sulle spalle
senza quasi rendersi conto del mio arrivo.
Gira la testa e mi fissa sorpresa, prima di alzarsi
il cappuccio sui capelli bagnati ed infilarsi le maniche.
Le porgo le scarpe, si infila anche quelle.
“Posso sedermi?” domando. Lei fa solo un piccolo
cenno affermativo con la testa, così spazzo via la neve che si è depositata
sulla panchina e mi siedo accanto a lei.
Restiamo in silenzio.
Fuori dal piccolo rettangolo verde passa qualche
macchina, un furgoncino della nettezza urbana ed un’ambulanza a sirene
spiegate. Un gatto attraversa il campo da basket velocemente, lasciando dietro
di sé le piccole orme. Il vento fa muovere i rami secchi degli alberi.
“Non sono incubi.” Dice improvvisamente Natasha, facendomi quasi trasalire. “Ma non saprei come
definirli. Non riesco a capire se sto sognando fatti realmente accaduti o
frutto della mia immaginazione, o di quella di altri. Non ricordo. Non riesco a
ricordare.”
“Amnesie?”
Scuote la testa: “Qui dentro” si batte la tempia
sinistra con l’indice “ci hanno giocato in tanti.” Si accomoda meglio sulla
panchina e prende un respiro profondo che rilascia nella notte fredda una
nuvoletta nebbiosa. “L’organizzazione che mi ha addestrato ci teneva ad avermi
sotto il suo più completo controllo. Da quando agisco per mio conto e non ho
più subito alcun tipo di trattamento
mentale, mi vengono in mente tante cose, e non capisco quali siano reali e
quali no. Credo di ricordare di essere stata una ballerina del Bolshoi – ma com’è possibile? Fanno allenamenti massacranti
sin da bambine, come avrei potuto essere contemporaneamente addestrata? - e il
balletto non so neppure se mi piaccia o no. Cerco di rimettere insieme le mie
memorie, ma è come un puzzle con tanti, piccolissimi pezzi mancanti o doppi. È
frustrante.”
“Capisco. Vuoi parlarmene?”
“No. Non voglio che tu sappia niente. Ho fatto cose
orribili, Addison, cose per cui nessun essere umano mi
assolverebbe, né desidero che ciò avvenga. Ma non voglio che tu mi guardi come
il mostro che ho dimostrato di essere. Resta nella tua beata ignoranza per
quanto riguarda il mio passato, e sappi solo che a te non farei mai del male.”
“Mai?”
Ecco, quello è un piccolo sorriso: “Mai. Non ho mai
avuto una persona come te vicina. Per mia fortuna, in certi casi.”
“Hey, stronzetta, guarda che mi
riprendo giacca e scarpe e me ne torno a casa!”
Un movimento veloce e mi ritrovo una manciata di
neve in faccia: “Prima me li devi prendere di dosso!”
Ribatto con un’altra pallonata, mentre Natasha si allontana veloce.
Non riesco a colpirla, lei ci riesce benissimo.
Neppure io ho mai avuto vicino una persona come lei.
Qualcuno la cui fiducia va conquistata giorno per
giorno, frammento dopo frammento, passo dopo passo.
Conoscersi poco per volta e conoscere le piccole
crepe quasi invisibili del nostro animo.
Non saperne la ragione, ma esserci per cercare di ripararle.
Tante piccole cose, gesti non plateali ma intimi e
personali.
Si fa presto a chiamare amica qualcuno con cui trovi
un’empatia immediata e travolgente. Ma è un fuoco che brucia e si consuma
presto.
Noi siamo la brace che cova sotto la cenere.
Duriamo a lungo.
Forse in eterno.
E con la comodità che mi è
propria aggiorno.
E’ un altro capitolo GreyWidow, qualcosa di inerente alla loro condizione di
coinquiline non esattamente normali.
Ci tengo davvero a ringraziarvi
per il seguito che state dando sia a questa raccolta e anche a questa saga.
Presto (molto presto, forse troppo) ci troveremo anche ad avere a che fare con
la parte ‘EVER AFTER’ ovvero quella relativa al ‘dopo’ degli avvenimenti di TS:W.
Grazie, Grazie, Grazie.
Solo due parole su Natasha: per costruire il suo personaggio ho preso spunto
dal fumetto a lei dedicato, visto che purtroppo nei film abbiamo visto molto
poco di lei, sino ad ora.
E’ un personaggio fortissimo
quanto tormentato dal suo passato e più volte dimostra un attaccamento alle
persone che la circondano quasi impensabile per la persona che è. (Algida,
fredda, schiva, riservata, vendicativa, pericolosa.) Ho voluto dare a Nat queste caratteristiche, che in fondo un pochino rivedo
anche nel film: non è emotiva, ma dimostra un sottilissimo strato di empatia
con talune persone.
A nome mio, di Addison, di Nat e di Loki che non è ancora comparso ma è qui che saluta agitando
la manina. Di Thor.
Grazie, Grazie Grazie!
EC
PS: come sempre, per ogni
curiosità, replica o solo per far due chiacchiere, il mio ask
è:
Le porte dell’ascensore si richiudono e riparte
verso l’alto, io mi volto verso la Hill alzando un sopracciglio ed invitandola
a non essere timida. Scuote appena la testa, indecisa: “Da come l’hai salutato
prima che scendesse, ho l’impressione che tu conosca l’agente Ward più di chiunque altro qui dentro.” .
“Grant?”
Sospira: “Appunto.”
“Ho dovuto fare una chiacchierata con lui: è in
lizza per la promozione al livello 7, Fury mi ha
chiesto di aggiornare il suo profilo psicologico.”
“Oh, bene! Se si tratta allora di mero rapporto
lavorativo ti chiedo scusa, a volte sono un po’ prevenuta nei confronti dei
rapporti che intrattieni con i colleghi maschi. Dunque, la tua opinione?”
“Professionalmente raccomandato per il servizio al
livello 7, mantiene un profilo molto serio e riservato, non pare mostrare
psicosi o disturbi compulsivi, attacchi di stress, ansie o panico.”
“Bene.”
“È molto monotono nella sua quotidianità,
difficilmente interagisce con il resto del personale e il lavoro in team non
sembra interessargli, ma è ligio al dovere e saprà adattarsi agli ordini.”
“Sì, non mi è mai sembrato molto loquace.”
“Affatto. E dimostra anche scarsa ironia e senso
dell’umorismo.”
“Davvero? Che noia.”
“Già. E poi ha un pene piccolo. Io scendo
all’ottavo, Coulson mi attende all’unità scientifica.
Tu sali?”
“Guardalo, non è bellissimo?”
“Dillo un’altra volta e chiamo Claire. Avete
indubbiamente un serio problema di coppia e dovete risolverlo prima che ti
metta a leccarlo, quell’avanzo di un
iceberg.”
Coulson stacca la faccia dal vetro che ci separa dal
laboratorio e mi fissa imbronciato: “Come puoi non capire? Come puoi non percepire il grande momento che stiamo
vivendo? Addison, abbiamo recuperato il primo vendicatore, il primo supereroe che il mondo intero abbia mai
avuto!”
“Io vedo solo un blocco di ghiaccio vagamente
colorato.”
“Il personale sta lavorando per liberarlo.”
“E come sarà questo Captain
America, poi…”
“Bellissimo, sarà bellissimo.”
“Ok, chiamo Claire.”
Il Direttore Fury che
entra improvvisamente con il suo solito passo deciso mi fa scattare in piedi
dal tavolo sul quale sono seduta a gambe incrociate, lasciando il pacchetto di
patatine mezzo pieno che doveva essere il mio pranzo per cercare di darmi un
tono. Coulson non fa neppure questo sforzo: naso
spiaccicato contro il vetro, segue avido di novità il lavoro degli scienziati
in tuta bianca; Fury lo deve chiamare un paio di
volte prima che riesca a farsi degnare di un briciolo di attenzione: “Allora,
l’hanno liberato?”
“Non ancora, il ghiaccio è piuttosto spesso,
procedono per gradi per evitare uno shock termico. I parametri vitali sono
comunque stabili, quel Siero del Supersoldato era davvero portentoso per aver
potuto creare un simile miracolo.”
La testa di Fury si volta
lentamente verso di me con una smorfia perplessa. Alzo le spalle: Se non ci può far niente lei, Signore,
figurarsi la sottoscritta.
“Borgo, l’unità di Ricerca, Addestramento e Qualifica
del Personale cosa propone riguardo al risveglio del bell’Addormentato nel
Ghiaccio?”
“Abbiamo finito le principesse vergini, Signore, per
tanto il rimedio del bacio lo dobbiamo accantonare. A meno che Coulson non voglia comunque provare.” Le labbra del
Direttore si piegano leggermente verso l’alto; qualcosa di appena individuabile solo ad un occhio
attento ed allenato a carpire le piccolezze al volo, che significa: Bella battuta ma ora torniamo seri, grazie,
prima che firmi il tuo invio in Afghanistan.
Non mi faccio pregare, recupero un dossier cartaceo
e lo porgo al Direttore: “Riteniamo sia opportuno rendere il risveglio il meno
traumatico possibile. Il Capitano si risveglierà – se lo farà – in un mondo completamente alieno a ciò che ha sempre
conosciuto: non avrà famiglia o amici a cui fare ritorno, non una casa pronta
ad accoglierlo ad anche la sua città è cambiata radicalmente. Non troverà
nessuna faccia conosciuta, né nessun luogo famigliare e neanche…
vuoi un fazzoletto, Coulson?”
“Cosa? Oh, no no, grazie.
Ho il mio.” Tira su con il naso e si preme velocemente il fazzoletto sugli
occhi.
“Sei sicuro di star bene?”
“Sì, Direttore, chiedo scusa. È solo…
toccante, non trovate?”
Io e Fury ci scambiamo uno
sguardo preoccupato. Poi il Direttore individua il mio pacchetto di patatine,
lo prende in mano e si serve senza far complimenti.
Faccia
pure, ci mancherebbe. La vedevo sciupato, infatti, mi stavo giusto preoccupando
per la sua salute.
“Dicevamo, Borgo?”
“È opinione condivisa che il processo di reintegro
del Capitano dovrà avvenire in modo graduale.” Continuo a spiegare, mentre
leggiucchia il rapporto nel dossier senza curarsi delle impronte di unto con cui
impiastriccia i fogli: “Ci vorrà molto tempo.”
“Non possiamo fare altrimenti, nel 75% di pazienti
risvegliatisi da stadi di coma molto lunghi i cambiamenti di spazi, luoghi e
persone hanno portato a comportamenti psicotici cronici come ansie da
prestazioni, disturbi nella sfera della comunicazione e manie di persecuzione.
E questo parlando di persone restate in coma per dieci, quindici anni;
immaginiamoci qualcuno rimasto in stasi per settanta! Soprattutto qualcuno con
forza e poteri pari a quelli di Captain
America. Con tutto il rispetto, Signore, ma abbiamo già il fiato sul collo di
un bestione verde sovente in Berserk… metterci anche
un’icona nazionale mi parrebbe un po’ troppo.”
“Non osare paragonare Captain
America all’Hulk!” L’espressione di Coulson è più che oltraggiata: freme premendo le mani
contro il vetro fulminandomi con lo sguardo. “Il Capitano è un eroe, un uomo con saldi principi morali,
votato alla difesa della nazione e delle persone che la abitano. Non agirebbe
mai per danneggiarla!”
“Coulson, stai calmo.
Borgo ha solo esposto la probabilità più remota e difficile, e sai bene che
dobbiamo essere preparati al peggio. Buone queste patatine, continua pure.”
“Il Risveglio sarà la chiave di tutto: per le prime
ventiquattro ore il Capitano dovrà essere circondato solo da oggetti a lui famigliari. In parole povere, dovremo
costruire un piccolo set anni ’40, perfetto
in ogni suo dettaglio. Anche le persone che entreranno nella sua stanza
dovranno indossare abiti ed avere comportamenti consoni allo stile dell’epoca.
Dopo le prime ventiquattro ore potremo introdurre le nozioni degli ultimi
accadimenti: è importante che sia seguito passo dopo passo in questo processo.
Un trauma da risveglio può davvero compromettere le sue capacità psicoreattive. Questa, ovviamente, è tutta teoria: magari
il Soggetto è talmente eroico da prevaricare qualsiasi legge della psicologia
moderna, purtroppo non esistono precedenti per un simile evento.”
“Se devo essere sincero, Borgo, tutto ciò mi pare
una grandissima stronzata.”
“Supponevamo che questa fosse la sua opinione,
Direttore, per questo hanno mandato me
a parlargliene: non so se è perché sono in genere abbastanza convincente o
perché nessuno aveva intenzione di rischiare le chiappe.”
“Direi per la seconda. In ogni caso, se voi
strizzacervelli pensate che possa essere di fondamentale importanza allora
procedete pure. Di psicologia ed affini non me ne frega un cazzo.”
“Perfetto, Direttore. Può firmarmi il protocollo per
accettazione, per favore? Ecco, qui in fondo…e poi qui e poi…”
“Borgo, quella è una richiesta di licenza. Te la
firmerò a risveglio positivamente concluso.”
E ti
pareva? Storco le labbra. “Grazie, Direttore.”
“Quindi dovremo agghindarci come Pin Up anni ’40, anche solo per entrare
dieci minuti?” Alla Hill proprio non va giù l’idea di dover rinunciare alla sua
pratica tuta per vedere dal vivo Captain America.
“Pin Up? Il Capitano potrebbe trovare quanto meno
fuori luogo la presenza di ragazze in costume da bagno in una stanza
d’ospedale. Stando a quello che dice il suo biografo – Coulson
- non era neppure un uomo molto di spirito, quindi non la prenderebbe sul
ridere. Negli anni ’40 le donne avevano classe ed eleganza; avete presente
Ingrid Bergman e Rita Hayworth? Ecco, quel genere di
donna. Vestiremo vecchie uniformi militari femminili, molto semplici e di
impatto famigliare per il Capitano Rogers. E staremo
nella stanza solo per tre minuti, giusto perché lo possiate vedere da vicino.” Natasha mi domanda quanto ci sia stato Coulson.
“Anche lui per non più di tre minuti. Ventisette volte, però.”
“Beh, in effetti è molto bello. Incarna la
perfezione propagandistica del Sogno Americano, non trovi?”
“Sì, è superiore alle media. Ma non sarà lui a farmi
diventare bisessuale.”
“Frenate l’entusiasmo, vi prego.” Commento sarcastica:
“Posso ricordarvi, signorine, che il suo straordinario aspetto fisico è stato
reso possibile da un siero? Se volete vedere il suo aspetto fisico prima del
trattamento, ecco la foto del suo dossier.” Infilo la foto tra le due teste,
piegate a studiare attentamente il Capitano Steve Rogers
privo di sensi, e la Hill la prende tra le dita piegando la testa di lato per
studiarla meglio ed increspando sopracciglia e labbra in una smorfia di
disapprovazione: “È rachitico.”
“Non mi stupisce che abbia provocato una tale
mutazione” asserisce Natasha: “il Siero del
Supersoldato è tutt’ora il composto biochimico più avanzato che sia mai stato
prodotto. Non è mai stata possibile conoscere la sua esatta formula, perciò
tutti i tentativi di imitazione che ne sono seguiti sono stati nettamente
inferiori di efficacia e qualità.” Hill ne è impressionata e commenta
positivamente la cosa, ma Nat le restituisce
un’occhiata gelida:“Nei vari tentativi di replicarlo, si stima che siano state
sacrificate più di un centinaio di cavie umane da svariati laboratori presenti
in numerose nazioni, e nella maggioranza dei casi non si trattava di volontari.
Ed una percentuale composta da circa il 47% erano individui di sesso femminile
di giovane età, considerati che i test primari avevano stabilito che i
cromosomi femminili erano più adattabili ai rafforzamenti del siero.”
“Gran fregatura il multitasking
femminile, lo dico sempre.” Sospiro sarcastica cercando di alleggerire il
discorso. “Suvvia ragazze, ridatevi contegno e smettetela di mangiarvelo con
gli occhi.”
“Senti chi parla!”
È vero, non riesco a smettere di fissarlo: la linea
pura e solida delle spalle e dei bicipiti, la mascella volitiva; mantiene
un’espressione seria e composta anche nel suo sonno decennale. “Però deve avere
un gran bel sorriso.” Mi siedo sul bordo della brandina cercando di vincere la
tentazione di allungare la mano e accarezzargli i capelli color del grano: “I
parametri vitali sono ottimi e reagisce a stimoli neurologici. Lo staff del
comparto medico –scientifico concorda sull'imminenza del risveglio.
La domanda che mi pongo è solo una”
“Come reagirà?” suggerisce Natasha.
Scuoto la testa.
“Se soffrirà di amnesie?”
Scuoto di nuovo la testa: “Il Siero del Supersoldato
avrà ingrossato tutti i muscoli?”
Lancio alle mie compagne un’occhiata di intesa e loro se ne scambiano una
allarmata. “Addison, no.”
“Eddai! Hill, tu fai da
palo sulla porta, tanto queste cose non ti interessano, mentre io e Nat…”
“Addison, NO.”
“Non ditemi che non siete curiose…”
“ADDISON, NO!”
“Perché dovrei guardargli il pene a tradimento?”
sbotta Natasha incrociando le braccia: “È considerato
un reato sessuale, sai?”
“Andiamo… hai mai sentito
un uomo lamentarsi per questo?”
“No, ma se avessi il pene mi darebbe parecchio
fastidio che una sconosciuta lo ammirasse mentre sono incosciente.”
“Questa sì che è empatia, brava Romanoff!”
“Grazie Hill.”
“Ragazze, è il pene di CaptainAmerica… Quando ci capiterà un’occasione simile?”
“Un’occasione simile per cosa?”
Appunto.Coulson entra nella finta stanza d’ospedale con un mazzo di
rose bianche in mano e l’aria da finto tonto: conoscendoci ha perfettamente
capito l’argomento di conversazione eppure, stranamente, non ha cercato di
aprire la gola di nessuna nel tentativo di preservare la purezza del suo idolo.
La
superiorità numerica deve averlo scoraggiato.
Imita un sorriso innocente e mette i fiori in un
vaso di ceramica sul cassettone.
Natasha trova la cosa decisamente divertente: gli angoli
della bocca le si piegano appena all’insù. “Phil Coulson,
sei un vero cavaliere, il Capitano Rogers è davvero
un uomo fortunato.”
“Si fa quel che si può per rendere accogliente il
suo rientro nel mondo.” Ribatte lui cercando di trattenere un sorrisetto
nervoso: “Sarà un evento straordinario. Sarebbe bellissimo presenziare, non
trovate? Ed invece pare che saremo tutti quanti fuori sede, tra poco.” Gli
restituiamo uno sguardo interrogativo e Coulson finge
infame sorpresa: “Ma come, Fury non vi ha ancora brieffato?”
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo guardando di sbieco
la Hill, che alza le spalle e dichiara: “Momento di pausa finito, signorine.
Torniamo ai nostri doveri e togliamoci questa roba di dosso: sa di naftalina da
far schifo, un giro in lavatrice potevano almeno farcelo fare.”
“Non sono certa esistessero le lavatrici negli anni
’40.” Commenta laconica Natasha dirigendosi verso la
porta.
Lancio un’ultima occhiata al Capitano, rialzandomi
da letto. La prossima volta che lo vedrò sarà sveglio – di che colore ha gli
occhi? Azzurri, no? – e probabilmente spaesato. Toccherà a me introdurlo a
questo mondo?
Non sarà un’impresa facile, ma quasi quasi ci spero in questo incarico.
“Abbi cura di lui, Coulson”
Ironizzo.
Coulson non resta che per quasi un minuto in più nella
stanza. Sono certa che la contemplazione del suo idolo sia stata qualcosa di
misticamente simile a quella di una qualsiasi reliquia di un santo miracoloso. Dopodiché
si è girato e nell’uscire ha avuto cura di accendere la Remington
rivestita di legno sul comò, vicina al vaso di rose bianche, in modo che il
Capitano ritorni al mondo con la radiocronaca della gloriosa vittoria della
terza National League dei Brooklyn Dodgers.
Datata 1941.
Che Steve Rogers aveva
visto dal vivo.
E che
ricordava perfettamente.
Se ci fossi stata io al suo risveglio, avrei avuto
il sangue freddo di inventarmi una scusa plausibile sul momento: per esempio
che la WNYC si era messa a trasmettere le repliche delle partite più importanti
degli ultimi campionati.
Purtroppo io ero a Francoforte e per dargli il ‘Bentornato’ hanno fatto entrare per chissà
quale motivo una cretinetta della cricca plancistica della Morse, con quel simpatico risultato a
tutti noto.
Ad onor del vero, il Capitano non sembra aver
riportato grossi traumi psicologici: articola parole di senso compiuto, a parte
il primo e comprensibile attacco di panico al risveglio non ha più avuto scatti
d’ira nei confronti di terzi e non soffre di cefalee o amnesie.
I primi report parlano di uno stato di malinconia
reattiva che cerca di superare con le proprie forze, questo è un ottimo inizio
e non vedo l’ora di conoscere il Capitano di persona.
Purtroppo questa analisi positiva del soggetto ha
portato Fury ad avvalorare la sua tesi che ‘Le idee di noi strizzacervelli sono tutte
una marea di cazzate’.
Niente giorni di licenza per la sottoscritta e fondi
tagliati per il comparto di Ricerca, Addestramento e Qualifica del Personale.
Che si
fotta quella stronza della Morse e le sue gallinelle insulse.
Ed
eccoci di nuovo con una nuovissima stronzata! (Per dirla alla Fury).
Grazie
ancora a chi, nonostante l’estate, ha il tempo e la voglia di seguire questa
valanga di sciocchezze!
Grazie,
Grazie, Grazie!
Teoricamente,
la sezione ORIGIN finisce qui, ma non si può mai dire. Sono una cinna volubile, ahimè!
Due
note: Grant Ward è uno dei protagonisti del telefilm
SHIELD, che vedremo in autunno (Non vedo l’ora! Coulson
LIVES!!!!)
La
Terza Vittoria della League da parte dei Brooklyn Dodgers
(Ora Los Angeles Dodgers) è avvenuta davvero nel
1941, e ho immaginato fosse questa la partita vista (e poi risentita alla radio
nella scena finale del film) da Steve, visto che i Dodgers
erano appunto la squadra di Brooklyn ed in quel periodo vivevano il loro
momento di Gloria.
Non
so se la Radio sia davvero una Remington, ho cercato
e ricercato ma il modello del film non sono riuscita a trovarlo. Immagino che
la marca sia quella perché era il brand più usato all’ora.
Grazie,
Grazie Grazie ancora!
Alla
prossima,
EC.
PS: come sempre, per ogni
curiosità, replica o solo per far due chiacchiere, il mio ask
è:
And evil takes a
human form in Regina George. Don't be fooled because she may seem like your
typical selfish, back-stabbing slut faced ho-bag, but in reality, she's so much more thanthat.
[MeanGirls]
Dire
che l’ultima missione è andata di merda sarebbe un eufemismo, non vedo Loki da un mese, ho parcheggiato un elicottero da 15
milioni di dollari non equipaggiato per un ammaraggio nell’Atlantico – ma dico,
15 milioni e affondi più velocemente di un sasso? – quello stronzo del mio trombanemico non si fa vivo da un mese, e durante il
successivo inseguimento tra le vie di Oporto mi si è rotto il tacco dei miei
stivali preferiti e non c’era nessun semidio nei paraggi che posasse le
fameliche labbra sulla mia caviglia storta.
La
lavata di capo di Fury è stata e-po-ca-le.
Una S-Fury-Atasimile non si vedeva da
anni. Perché sì, capita che una missione possa non andare esattamente per il verso
giusto e può benissimo succedere che sia necessaria una mini sparatoria tra gli
strettissimi vicoli del Ribeira, ma fare inabissare
un elicottero da 15milioni è troppo anche per un membro dei Vendicatori.
E
sì che la mia fama di pessima pilota è ben nota, non capisco perché si sia
scaldato tanto. In fondo ero anche senza carburante e non ho ammazzato nessuno!
L’apoteosi
della Giornata di Merda Perfetta raggiunge il suo culmine alla sera,
quando sono più stanca, vulnerabile e francamente scazzata.
Lascio
Morrigan, il mio Corvo, a riposarsi nel mio alloggio
dell’Helicarrier e mi concedo una doccia negli
spogliatoi femminili sperando di incrociare la Hill o comunque un viso
famigliare che mi faccia alzare l’umore e scordare di essere in Lokiastinenza.
Per la
legge di Murphy, a cui pare che sia stata consacrata alla nascita, non faccio
neppure in tempo ad asciugarmi che mi ritrovo praticamente circondata dalle Plancists, le cagnette della Morse in
Sindrome Premestruale perenne. E, toh, ecco la testa di Regina George comparire
nella sua sfavillante, bionda e gloriosa stronzaggine: Bobbi
Morse si fa largo tra le sue amichette e mi fissa con un sorriso spudoratamente
crudele avvolta nel suo accappatoio rosa.
Inizio
a capire come ci si debba sentire ad essere un personaggio di The Walking Dead.
Ho
anche un po’ nostalgia dei Chitauri.
Vesto
la migliore e scocciatissima faccia di bronzo che due
notti insonni, un livido sullo zigomo e la pelle secca posso donarmi e le
restituisco lo sguardo con la schiena appoggiata alla fila di armadietti con le
braccia conserte.
Il
Liceo non finisce mai, già.
“Allora,
Borgo, ho assistito in diretta alla tua ultima prodezza. Notevole” batte le
mani perfettamente curate – fanculo, le mie
unghie sono un macello – allargando il sorriso. “Ho diretto personalmente le
operazioni di recupero: se le tue chiappe ora sono qui al sicuro lo devi a me,
lo sai vero?”
“Hai
fatto solo il tuo dovere. In ritardo, tra l’altro. Ho il sospetto che se la
nave traino fosse arrivata mezz’ora prima si sarebbe potuto salvare anche
l’elicottero. Ma immagino che lo smalto sulle unghie non si fosse ancora
asciugato.”
Una Plancist asiatica fatica a trattenere una risata, la bionda
alla sua destra la fulmina con lo sguardo; gli occhi della Morse diventano due
fessure minacciose: “Sei una piccola stronzetta
ingrata. Dovresti abbassare la cresta, signorina: non ti trovi in una posizione
favorevole per un qualche merito o per una qualche tua capacità che hai sviluppato,
ma perché sei un piccolo mostriciattolo dalla nascita, in cui Fury finge di avere fiducia solo ed esclusivamente perché
sono di suo gradimento i fenomeni da baraccone e li reputa utili.”
Respira,
Addison. La bastarda vuol vederti sbottare, non darle
questa soddisfazione.
“Verrà
il giorno che si stuferà di avere tra i piedi una piccola piattola logorroica e
indisciplinata come te e ti farà toglierà di mezzo.”
Calma,
Addison. Trova qualcosa di forte con cui ribattere,
non permettere di farle vedere quanto ti abbia punta sul vivo. Ma perché
proprio oggi dovevo trovarmela davanti?
“Quando quel giorno arriverà, stai
ben certa che sarò in prima linea per vedere la tua disfatta, GreyRaven. Chi chiamerai nel momento del bisogno? La tua
amichetta con i braccialetti elettrici o il tuo fidanzato pluriomicida?”
D’accordo, Morse, ora hai
esagerato.
Faccio
un passo in avanti. Due. Tre.
Indietreggia
senza abbassare lo sguardo.
Quattro,
cinque.
Carico
il pugno quando la sua schiena è appoggiata alla fila di armadietti, gli occhi
sui miei a sfidarli ed il sorrisetto di chi ha salda la situazione.
Povera
stronza illusa.
PUMM!
Il
colpo buca lo sportello dell’armadietto.
Quello
della Hill.
“Mi spieghi come mai hai sempre una scorta di banane
lì dentro?”
“Perché in mensa non ci sono mai e sono un toccasana
per la salute. Anche per l’umore, sai? Una ricerca ha dimostrato che dopo aver
mangiato una banana, le persone che soffrono di depressione si sentono meglio.”
“Per me non è una novità. È che mi avevi convinto di
essere dell’altra sponda…”
“Cielo, Addison! Stai
davvero scadendo!”
Estraggo
il pugno dallo sportello restituendo alla Morse il sorriso e quando le prendo
la mano inizialmente non capisce cosa le stia posando sul palmo; quando china
lo sguardo e trova la banana la sua espressione risoluta e maligna si trasforma
in una confusa e sbalordita. La mia, invece, è affabile e cordiale quanto la
mia voce: “Prendine in abbondanza, è un toccasana per la salute fisica e
mentale, soprattutto per l’umore. Una ricerca ha dimostrato che assumere
banane– di qualsiasi genere ed in qualsiasi modo – migliora l’umore e riduce lo
stress. Mi raccomando, tante e belle grosse, ne hai bisogno.”
Questa
volta non è solo la Asian-F del gruppo a trattenere
una risata.
Alzo
la testa, scrollo fiera la chioma, recupero la borsa, ed esco gloriosamente
dallo spogliatoio.
Solo
dopo la prima curva mi rendo conto di essere ancora in accappatoio.
Porcamiseria!
“Sì,
ti dico! Quello è stato un agguato premeditato in piena regola!” Sbuffo e mi
lascio cadere sullo sgabello della cucina. Davanti a me, Natasha
beve un altro sorso di birra e scuote la testa: “Dovresti fare rapporto a Fury.”
“Oh
sì, certo! Vado a dirlo a ‘Paparino Nick’, così le manda a letto senza cena. Natasha, si vede che non hai frequentato il liceo, queste
situazioni stupide erano all’ordine del giorno. Le bulle
hanno la loro squadra? Ebbene, io sarò pur da sola, ma valgo più di tutte loro
messe insieme!”
“Tu
non sei da sola: Ci sono io. Lascia solo che i Morsi finiscano di caricarsi e…”
“No,
no. La violenza non serve, non ora almeno.” Passeggio per la cucina grattandomi
il mento pensierosa, alla ricerca di una qualche idea eclatante e
disarmante con cui colpire la Morse.
Alza
le spalle: “Non capisco, l’hai già lasciata a bocca asciutta: hai vinto, no?
Cosa vorresti fare?”
“Voglio
schiacciarla. Voleva sferrare un colpo basso, ed io voglio restituirgli un
gancio in pieno viso.”
“Guarda
che è quello che hai fatto.”
Appoggio
le mani sul tavolo, talmente risoluta che Natasha
sposta la bottiglia di birra per salvarla da un sicuro rovesciamento: “Tenterà
di farlo di nuovo! E questa volta alzerà la posta. Lei non si lascia
sconfiggere tanto facilmente, è un osso duro. Ma finché c’è un’onesta competizione
mi sta bene, sono gli attacchi infami che mi fanno andare fuori di testa.”
“Credi
davvero che qualcuno ti reputi un mostriciattolo che non merita di essere nei
vendicatori o nello S.H.I.E.L.D.”
“Può
essere.”
“Addison, è solo invidia, la conosci…”
“Voglio
essere inattaccabile ai suoi
occhi.”
“Lo
sei.”
“Non
abbastanza!”
Rotea
gli occhi e si abbandona allo schienale della sedia: “E sentiamo, che bel piano
avresti in mente? Cospargerle di colla la sedia? Scrivere sui muri ‘Bobbi Morse puzza?’ Metterle il dado da brodo nella
doccia?”
“Ammettilo,
quella è stato un bello scherzo.”
“Sì, è
vero, anche se per togliere l’odore di gallina dai capelli di Clint gli ho
dovuto fare quattro shampoo. Oh, andiamo, sei solo stanca e un po’ arrabbiata.
Ma se proprio vuoi fare qualcosa, potremmo provare a chiedere consiglio a
qualche vulcano di idee. Tipo Stark.”
“Piuttosto
che dovere un favore simile a Stark vado in giro con
un cartello appeso al collo con scritto ‘Sono un piccolo mostriciattolo
raccomandato’.”
“Oh
allora chiedi pure al tuo tromba nemico caratteriale” sbotta ironica
“Lui sì che ci sapeva fare con le rivincite!”
“Beh
certo, come se bastasse inginocchiarsi a terra, alzare le braccia al cielo e
gridare ‘Oh, potente Loki, Dio del Caos, ascolta
la mia preghiera e vieni in mio soccorso!’”
La
luce del lampadario sfarfalla.
Avverto
una piccola vibrazione, la collezione di bicchieri di boccali di birra di Clint
tentenna sulla mensola.
Sul
suo trespolo, Morrigan se la fa addosso.
Poi le
luci si spengono e la porta del frigorifero si spalanca.
Se
l’interno è incendiato e una bestia chiama Zuul,
giuro che mollo tutto e mi trasferisco ad Honlululu
seduta stante, via teletrasporto.
Ho la
mascella che praticamente tocca terra.
La bottiglia
di birra di Natasha sfida la forza di gravità
restandole in bilico tra l’anulare e il pollice.
Pensavamo
di essere abituate a vedere qualsiasi tipo di cosa – alieni su navicelle
fluttuanti, teletubbies sotto anfetamine, Na’vi surgelati e imbufaliti – ma la scena a cui stiamo assistendo
è troppo anche per noi.
“Tu…” Nat è la prima che riesce ad
articolare una parola di senso compiuto – seppure sia semplicemente un
monosillabo: “Tu sei uscito dal nostro frigorifero”
Le
labbra sottili di Loki si tirano in un sorriso di
divertito. Getta un’occhiata di compatimento alla mia amica e poi si avvicina e
mi appoggia l’indice sotto il mento, alzandolo delicatamente a chiudere la
bocca: “Rispondo sempre alle accorate preghiere a me rivolte” sogghigna, gli
occhi verdi e brillanti su di me ed il pollice fresco ad accarezzarmi la
guancia.
“Dalla
velocità con cui hai risposto, oserei dire che non sei esattamente oberato
di lavoro” Oh sì, Nat si è proprio ripresa: alza la
bottiglia di birra verso Loki, che la fulmina per un
istante con lo sguardo, e poi chiude lo sportello del frigo lasciato aperto dall’improvvisa
apparizione divina dopo di averci gettato un’occhiata dentro.
“Romanoff, ci puoi scusare?” sibila Loki.
“No”
“Come,
prego?”
“No,
non vi scuso: siete nella mia cucina, ho intenzione di cenare ed esistono altre
stanze per sbaciucchiarvi; ammesso che sia questo che facciate di solito e non,
come temo, una partita a Risiko Live con l’Universo come posta.”
Ne
approfitto del secondo di perplessità di Loki per
prenderlo per mano e bofonchiare un “Seguimi”.
Mentre
lo trascino quasi di peso fuori dalla cucina, mi pare di vedere con la coda
dell’occhio Natasha alzare il medio.
Dietro
alla porta chiusa della mia camera riesco finalmente a riprendere facoltà di
parola: “Bastava questo per farti comparire?”
Loki annuisce compiaciuto nel suo
sorrisetto sardonico: “Sinceramente non mi aspettavo un richiamo così sentito.
Mi hai stupito ed ho ritenuto opportuno palesarmi a te nel minor tempo
possibile, Addison.”
Oh cavolo, come mi mancava il
modo in cui pronuncia il mio nome.
Non lo
dice mai ad alta voce, è sempre un sussurro roco che mi fa rabbrividire. Posa
le mani sul mio viso ed avvicina le labbra per un bacio, che schivo lasciandolo
interdetto. Aggrotta le ciglia e poi rotea gli occhi quando ammetto che in
realtà la preghiera accorata era una pantomima ironica che stavo inscenando con
Natasha: “Non fraintendermi, sono più che felice di
vederti qui, anche se potevi farti vedere un po’ prima. E senza violentarmi
il frigorifero.”
“E se
fossi comparso quando ne avevo intenzione mi avresti accusato di venire solo
per mia comodità, magari scacciandomi dal letto.” Scusa? Quando mai l’ho
fatto? “Smetti con lamentele e rimostranze.” Questa volta non scanso le sue
labbra, le lascio libere di trovare e premere sulle mie. Mi cinge con le
braccia ed io lo stringo a me, invitandolo ad appoggiarmi alla porta.
Eppure
Loki pare indugiare.
Curioso.
Solitamente a
quest’ora mi ha già semistrappato i vestiti di dosso
per cercare quanta più pelle possibile.
“C’è
qualcosa che non va?” Scuote la testa. “Mi sembri…
poco a tuo agio.”
Sbuffa:
“Come fai tu ad esserlo con la tua amica che orecchia dall’altro lato del
muro?”
Ah,
ecco perché. Sì, Loki sa essere incredibilmente
riservato per certe situazioni. “Guarda
che non c’è problema.” Lo rassicuro. “Vuoi che se ne vada?” Annuisce. “Bene,
allora stai a vedere.” Sbatto la schiena contro la porta ripetutamente,
simulando gemiti accompagnati da gridolini di piacere.
Ci
vogliono circa dieci secondi prima di sentire i passi di Natasha
attraversare velocemente il corridoio e l'annuncio del proposito di andarsene
in palestra.
Il tonfo
della porta d’ingresso che si chiude sottolinea la sua uscita.
“È la
sceneggiata più imbarazzante a cui abbia assistito” Borbotta Loki, le guance rosate. “Sei pregata di non inscenarla mai
più, mi ha fatto passare qualsiasi appetito.” Alzo le spalle, prima di
gettargli le braccia al collo, ma lui si scioglie dal mio abbraccio e si scosta
dandomi la schiena: Quando si siede sul letto ha in mano un brick
di the freddo e lo sorseggia dalla cannuccia.
E
quello da dove viene? Ah, già, è vero: è uscito dal mio frigo.
“Allora,
per quale motivo mi hai invocato?”
Alzo
le spalle e mi siedo accanto, accavallando le gambe nella chiara intenzione di
fargli passare il broncio: “Una sciocchezza” Spinge via la gamba che sfiora il
suo ginocchio e continua a fissarmi in attesa di una mia risposta, deciso a
farsi i fatti miei. Sospiro: “Io e Natasha stavamo
parlando di una nostra collega che ha tentato di fare la bulla
con me e…”
“Vuoi
che la uccida? Se l’offesa arrecata è stata grande, è tuo diritto chiedere di
risolvere tramite un duello e…”
“Non
da queste parti. È pressoché illegale e sono quasi certa Fury
si incazzerebbe parecchio – lo è già abbastanza con la sottoscritta – volevo solo… umiliarla un pochino, ecco. Ma sono un po’ stanca e a
corto di idee.”
“Potresti
uccidere la sua famiglia. Se l’offesa è stata davvero così grande…”
Sospiro:
“Qualcosa che non comprenda un omicidio, un genocidio o l’avvento di
un’apocalisse ce l’hai nel repertorio? Escludi anche rasare i capelli, quella è
vecchia.”
Loki incrocia le gambe sul materasso
e si sorregge il mento con una mano, tamburellando pensieroso le dita della
sinistra sul ginocchio, pensieroso. Dopo pochi secondi sbotta che i miei
incomprensibili limiti tolgono gran parte del divertimento.
Cosa
dovrebbe dire la sottoscritta, appena accusa di essere un’azzeralibido?
“Ciò
che dovresti fare” Da come si è scofanato le alette
di pollo in salsa di soia, più che alle mie di preghiere Loki
deve aver risposto a quelle del suo stomaco. Non l’ho mai visto mangiare così
di gusto, non ha neppure recriminato sul dover toccare il cibo con le mani come
invece gli avevo visto fare su Asgard. “È sfruttare
qualche tua competenza. Con il potere si può fare tutto, e se non ce l’hai, fai
in modo di farle credere che tu ce l’abbia. Davvero, non vedo quale sia il
problema. In genere hai una notevole fantasia per quanto concerne tiri mancini
ed inganni, temo stia perdendo il tuo smalto, potrei preoccuparmi. Mangi anche
quelle?”
“Lascia
perdere, sono piccanti. L’ultima volta che Thor ha assaggiato cucina TexMex è stato male tutta notte e ha fatto precipitare
mezzo metro di grandine a Midtown. Evidentemente voi asgardiani
non siete abituati a questo genere di cibi.”
Scoppia
a ridere ed allunga una mano in direzione del mio piatto: “Thor è un asgardiano. Io no” mi ricorda, rubandomi un’aletta ed
addentandola con gusto.
Il
mazzo di chiavi di Nat centra perfettamente la
padella crivellata dai proiettili che usiamo come cestino porta oggetti:
“Allora, se ne è andato?” domanda chiudendosi la porta alle spalle.
Scuoto
la testa versando l'acqua calda del bollitore in una tazza ed aggiungendo la
bustina della tisana alla menta che mi ha consigliato Bruce contro i bruciori
di stomaco quando l'ho chiamato praticamente in panico mezz'ora prima. Mezzo
cucchiaino di miele di castagno e fornisco anche una spiegazione a Natasha, che mi fissa scocciata sulla soglia della cucina:
"Ha mangiato piccante."
Alza
le braccia al cielo, impreca in russo, sospira e tira un piccolo calcio alla
sedia: "Chiamo rinforzi?"
"Naah, è tranquillo" mi lancia un'occhiata perplessa
"Beh, nel senso che non ha ancora ammazzato nessuno. Ora si prende questa tisanina e vedrai che passa. E magari si combina pure
qualcosa, stasera."
"Perché
non ci abbiamo pensato prima? Abbiamo lasciato che distruggesse Manhattan
quando invece potevamo semplicemente accendere il bollitore." Ignoro il
sarcasmo e le ricordo che le soluzioni più semplici in genere si rivelano le
più efficaci. "E allora infilaci dell'arsenico, lì dentro."
"Nat, ricordo male o eri tu quella che mi aveva assicurato
che non avrebbe intralciato la mia relazione trombanemichevole
in corso?"
"Infatti
sto solo proponendo soluzioni ottimali e definitive. Tutti hanno bisogno di
sicurezze, a me le danno le soluzioni definitive. Quelle che poi si concludono
con un corpo in rigor mortis a sei piedi sotto
terra."
Loki è coricato sul letto,
rannicchiato su se stesso con il cuscino stretto sulla pancia, più terreo del
solito con la fronte imperlata di sudore sotto un casco di capelli arruffati.
Senza casacca e stivali assomiglia più ad una rockstar in astinenza da droghe
che ad una semidivinità caotica, terribilmente permalosa e delicata di stomaco.
Mi
siedo sul bordo del letto e gli allungo la tazza di tisana che fissa
sospettoso: "Niente veleno né cose piccanti, solo menta e miele di
castagno: Banner mi ha assicurato che farà benissimo, e dato che ho evitato di
fornirgli il nome del paziente sono sicura che mi abbia dato un buon
consiglio." Si mette a sedere soffocando un piccolo gemito appoggiando la
schiena contro la testiera del letto e prende la tazza dalle mani, soffiando
per raffreddarla per poi sorseggiarla. "Buona?" Piega la testa di
lato con una smorfia di sufficienza.
Getto
via le pantofole e mi siedo al suo fianco a gambe incrociate. Dopo qualche
minuto di silenzio gli chiedo se la situazione stia migliorando. Altra smorfia
di sufficienza.
Tuttavia
finisce la tisana e poi si accomoda sui cuscini, allungando un braccio per
passarmelo attorno alle spalle ed attirarmi a sé. "Direi meglio,
allora" concludo, stampandogli un bacio sulla guancia che gli fa piegare
insù un angolo della bocca.
"Allora,
sei giunta ad una conclusione?" Intercetta il mio sguardo dubbioso
"Per il tuo proposito di vendetta."
Ah,
già, è vero. "Me
l'ero scordata" rispondo con un gesto di noncuranza. "Ero un po'
troppo impegnata a cercare un rimedio contro il tuo pancino in fiamme."
Storce
la bocca: "Prova a deridermi con i tuoi amici, e saranno guai seri per
te."
"Tremo
di paura!"
Rotola
su un fianco e poi su di me, gli occhi e le labbra ad un millimetro dai miei:
"Dovresti."
Uh,
direi che la tisana alla menta ha fatto davvero un ottimo effetto "Tu dici, Loki?"
Da
come noto, il modo in cui pronuncio il suo nome fa lo stesso effetto che fa su
di me: da egocentrico qual'é, letteralmente adora sentirsi chiamare. Gli
piace l'inflessione della L, liquida come quella di lecca lecca (Nabokov docet), come
lo arrochisco nell'intensificare del piacere e come lo sospiro nella
beatitudine assonnata del dopo.
Percorre
la mia gola con un bacio, scivola lungo i miei seni ed il ventre.
Ah,
la lingua d'argento di Asgard, un vero toccasana per
la Lokiastinenza!
"Natasha, sei ancora qui?"
Il
tapis roulant corre veloce e Natasha sopra alza una
mano sudata come cenno di saluto. Pepper, in
calzoncini e top da ginnastica, appoggia su una panca l'asciugamano nero ed
attraversa l'AvengerGym
nella sua direzione. "Non dirmi che è ancora..."
"Già."
Alza
gli occhi al cielo, poi chiede a J.A.R.V.I.S. di
passargli i badge. "Immediatamente, Signora Stark."
"Grazie,
J.A.R.V.I.S."
"SignoraStark... e manca ancora un mese!" commenta Natasha con un sorrisetto, senza diminuire l'andatura.
Pepper alza le spalle: "Intendo
mantenere anche il mio cognome, ma sai quanto a Tony piaccia prendermi in
giro." Un piccolo pannello scorre nella parete e ne estrae un badge che
passa a Natasha: "Volevamo farvi una sorpresa
durante la scorsa riunione nella Lounge, ma
poi quella partita di Poker è andata per le lunghe, con Bruce che se l’è presa
e quelle contorsioniste che sono entrate all’improvviso e..."
Natasha ferma il tapis roulant e studia
il badge. C'è il suo nome, la sua foto ed il suo nome in codice:
"...Sarebbe?"
"Livello
Residenziale Nr 2, 97esimo piano, troverai il tuo
logo e quello di Barton sulla porta. Vi abbiamo
assegnato il loft più grande, visto che sarete in due. Jacuzzi con cromoterapia
e aromaterapia e libero accesso alla selezione di vini di Tony. Buon Relax Natasha!"
"Loki..."
"Mmmm?"
"Ho
pensato che non ho bisogno di vendicarmi per una simile sciocchezza."
"...
Mmmmm..."
"Lei
è una stupida bionda zitella inacidita, io una bomba sexy che va a letto con un
semidio spaventosamente e lugubremente affascinante e di cui ne è immensamente soddisfatta."
"....
Mm!"
"Io
sono già superiore a lei, e lo dimostro ogni volta che quella gallina apre
bocca. La sua è solo invidia, e allora sai che dico? Che mi invidi pure! Io
merito di essere invidiata, io sono..."
"Logorroica.
Decisamente."
Il
mattino ha l'oro in bocca.
Ma io rifulgo
d'oro, questa mattina.
Praticamente,
è come se avessi la scritta COITO in tutte le lingue del mondo proprio
sopra la mia testa. Atterrata nuovamente sull’Helicarrier,
attraverso il corridoio ancheggiando spudoratamente nella mia tuta d'ordinanza
e tacchettando nei miei stivali nuovi.
Mi
tolgo gli occhiali da sole solo una volta entrata nello spogliatoio, dove mi sfilo
anche il chiodo di pelle e lo appendo all'interno del mio armadietto.
"Non è possibile, NON E'
POSSIBILE!!! NON ANCHE QUI, NON ANCHE QUI!"
Hey, sbaglio o questa è una crisi di
nervi in corso? E a chi cavolo appartiene questa fastidiosa vocetta
acuta?
"Ti
prego, cerca di calm-"
"No,
che non mi calmo, NO! Come posso calmarmi dopo TUTTO quello che mi sta
capitando? Ho qualcosa che non va, lo sapevo, lo sapevo che a stare a contatto
con simili scherzi della natura sarei diventata-"
"Bobbi, non dire sciocchezze, ti prego..."
Bobbi? Bobbi
ovvero Bobbi Morse? Ovvero Barbara Morse? Oh no,
questa non me la voglio perdere.
Mi
avvicino alla zona docce dove provengono le voci, e mi appoggio al muro
d'entrata: "Tutto questo baccano e non sono neppure le 9 di mattina. Si
può sapere che sta succedendo?"
La
Morse compare da sotto una doccia, cianotica nel suo accappatoio rosa. Mi punta
il dito contro con occhi assassini iniettati di sangue:
"TUUUUUUUUU!!!" Due sue bionde comari si lanciano per bloccarla, la Asian F del gruppo invece si allontana con me.
"È
un po' sotto stress, ecco..." la giustifica. Poi getta uno sguardo dalle
docce, mi fa cenno di seguirla verso un angolo più appartato e mi confida a
bassa voce: "E' da questa mattina che le succedono di tutti i colori. Non
può avvicinarsi ad un elettrodomestico che questo... impazzisce! La macchinetta
del caffè in Sala Ristoro ha iniziato a spruzzare caffè dovunque, sembrava un
geyser! E quando ha acceso il terminale della sua postazione è comparso il
Marchio Nero... sì, quello di Voldemort - ed il
monitor è esploso! E poi il ghiaccio nei corridoi... ed ora la doccia
gelata...!"
"Oh,
povera Bobbi" faccio fatica a trattenermi dalle
risate. Da tanto che mi mordo il labbro inferiore devo essermelo tagliato:
"Forse è il caso che segnali questo suo disagio al dipartimento di Ricerca,
Addestramento e Qualifica del Personale, non trovi? Sarà il caso che ripeta i
test psicoattitudinali e la prova da stress.”
“Hai
ragione. Vado ad avvertire-”
“Se
permetti ci penserò io. Dopotutto l’integrità psicofisica degli agenti attivi e
del personale generico dello S.H.I.E.L.D. è anche di
mia competenza. Avendo assistito in prima persona all’evento me ne farò carico
io.”
Asian- F sospira un “Meno male che ci
sei tu, Borgo” che mi fa arrossire di falsa modestia.
Meno male, davvero, che Loki di buon umore sia meno pericoloso del solito.
Devo ricordarmi di ringraziarlo
per avermi servito questa ghiotta occasione su un piatto d’argento.
Ed ecco finalmente la parte EVER
AFTER (Anche se questa è ambientata prima della Pepperonyata
dell’Epilogo di TS:W – NO, non ditemi che questo era uno spoiler! XD) e la
prima FrostRaven (Wow, come suona bene!) di questa
raccolta!
Un paio di note: ovviamente il
Frigo/portale è tratto da Ghostbusters, mio
amatissimo film da che sono al mondo.
Il Termine Plancist
richiama il gruppetto nominato Plasticsnella
versione originale di MeanGirls,
di cui Regina George era la capa incontrastata e da
cui è tratta la citazione in alto.
Povera Bobbi,
che nel Comic!Verse è una buona
persona e qui una stronza senza arte né parte!
Grazie, Grazie a chi sta seguendo,
anche silenziosamente, questa raccolta insensata.
Grazie a chi la commenta, la
inserisce tra preferiti/ricordate/seguite.
Insomma, grazie a tutti!
Per qualsiasi domanda o per fare
due chiacchiere ecco il mio ask: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos.
Purtroppo, a causa di un paio di episodi spiacevoli (più che altro, irritanti),
ho tolto la possibilità (momentaneamente) di fare domande in anonimo. Ci tengo
comunque a far sapere che NON mordo, NON picchio e NON mangio nessuno, quindi
anche a fornirmi il vostro nickname non vi succederà nulla!
'Cause
in the end it's only you and me and no one else is gonna be around
[The
Veronicas - Untouched ]
PART: EVER
AFTER
7 - Shades of Ships.
"HEY!"
Strizzata in un tubino blu scuro,scalza,
scaramigliata e con le calze smagliate, Natasha gira l'angolo del corridoio e
mi si para davanti. "Tutto bene?" domando salutandola.
"Sì,
torno ora da una cena." Risponde vaga. "Tu? da Francoforte?"
"Sì,
è stata una trasferta tranquilla."
"Ti
va di mangiare qualcosa fuori?"
"Non
sei tornata da una cena?"
Alza
le spalle: "Oh, il servizio era penosamente lento ed io non volevo tirarla
per le lunghe."
"Ok.
Ti lascio il tempo di cambiarti e..."
Nat
piega la testa di lato e mi rivolge uno di quei sorrisetti da Dolcezza, non
hai ancora capito nulla che adoro. Si passa le dita nei capelli domando i
ricci scomposti, poi si toglie le calze di nylon con due mosse che neppure Dita
Von Teese sarebbe in grado di rendere più conturbanti e le getta nel cestino
con studiata noncuranza. Infine si guarda attorno, sceglie una tra le due
interne di basso livello che sono appena passate, la chiama e le fa cenno di
avvicinarsi. Lei non se lo fa ripetere due volte: "Belle scarpe, dove le
hai comprate?" domanda Natasha affabile.
"Da
Macy's, in saldo, durante le svendite della scorsa primavera."
"Quindi
sono della passata stagione?" La ragazza annuisce. "Ooooh, è un vero
peccato, perché le vorrei davvero tanto."
La
ragazza deglutisce. Guarda la sua collega e poi me, che annuisco appena per
invitarla a non pensarci troppo che le scarpe son tante ma la vita è una sola e
poi se le sfila, le porge a Natasha che gentilmente ringrazia e poi si eclissa
in tutta fretta nel corridoio.
Nat
se le infila, commenta che sono il suo numero e calzano alla perfezione e
dichiara di essere pronta.
Tutto
ciò è inumano, me ne rendo conto. Ma in fondo è Natasha, sa fare anche ben
altre cose eccezionali.
"Anche
la Hill è in sede, la chiamo?"
"Certo.
Sentirò anche Pepper, è in città."
A Natasha Pepper è piaciuta ancora prima di
conoscerla dal vivo. Non credo sia stata così esplicita da farglielo capire, in
fondo è pur sempre Natasha ed era in missione sotto il nome di Natalie Rushman,
ma già a studiarne il profilo aveva alzato un sopracciglio ed increspato le
labbra: un inconfutabile segno di positivo interesse: "E' tenace e molto
capace: se la Stark Industries è ancora in piedi lo si deve solamente a lei.
Sopporta Stark e gli tiene testa: una donna del genere è solo da stimare."Maria Hill aveva occhieggiato al Dossier da
sopra una spalla: "Mi piacciono le donne forti." aveva ammesso.
"E lei ha due gambe chilometriche."
"Vedrò di presentartela: sicuramente ci sono più
probabilità che si metta con te che con quel pallone gonfiato di Tony
Stark."
Beh, sì, ogni tanto anche Nat sbaglia.
Mrs Stark si presenta in tailleur panna e tacchi alti
nel ristorante di Soho dove ci siamo date appuntamento, direttamente
dall'ufficio. Si abbandona sul divanetto del tavolo sorridendo stanca e placca
immediatamente un cameriere ordinando un Cosmopolitan raccomandandosi di non
sprecare spazio con le olive: "Vengo da una riunione infinita, ho le
batterie a terra." spiega.
"Figurati. Viviamo nel terrore che un giorno
entrerai ordinando un cocktail Virgin perché non puoi bere alcool."
Scherzo.
"Cercherei un modo un pochino meno banale per
mettervi al corrente, ragazze. Ho sentito Jane, ma è a Tulsa ad un convegno. Un
peccato, sarebbe stato bello riavere La Mafia di Pepper al
completo."
"La cosa?"
"La Mafia di Pepper. Non ve l'avevo detto? Tony
vi chiama così da quando Natasha ha detto quelle due paroline a
Christine Everhart sul suo articolo 'Come Sposare un Milionario in 5semplici
mosse' in cui mi aveva menzionata descrivendomi come una arrampicatrice
sociale."
"Una furba e maliziosa
arrampicatrice sociale" precisa Nat.
"Già. A proposito, non ti ho ancora
ringraziato."
"Figurati, qualcuno doveva farle abbassare la
cresta, l'ho fatto volentieri. Anzi, dovessi casomai avere bisogno..."
Pepper apre il menù ed inizia a studiarlo:
"Credo sia appunto questo che Tony definisce 'Mafia di Pepper'."
"Baciamo le mani, donna Virginia." aggiungo
in italiano.
La Hill ha praticamente lasciato raffreddare il suo
risotto allo zafferano per rispondere ad una sequela di messaggi sul cellulare,
e quando finalmente appoggia lo StarkPhone al tavolo e si dedica al suo piatto
Pepper le domanda senza troppi giri di parole se fosse Darcy: "Sbaglio o è
da un po' che non vi vedete?"
"Quasi due mesi, ormai." risponde con falsa
noncuranza.
Mi intrometto: "Toglimi una curiosità: non vedi
la tua ragazza da due mesi, hai quattro giorni di licenza e non fai
neppure un salto da lei? Andiamo, è ad un'ora di aereo!"
"Non penserai mica che io la vada a trovare al
college, vero?"
"E dove vuoi incontrarla, alla Casa
Bianca?"
Anche Natasha sostiene la tesi che dovrebbe andarla a
trovare e quando la Hill si rivolge a Pepper nella chiara speranza che dica
qualcosa di sensato lei si dice d'accordo con noi. "Non capisco perché non
ne approfitti. Sono sicura che a Darcy farebbe piacere, magari le manchi anche
e..."
"Oh, andiamo! Va al college!"
"E quindi? Quando andavo ad Harvard avevo il
ragazzo che frequentava la Stanford, e spesso mi sorprendeva venendomi a
trovare. Era una cosa dolcissima, ne ero davvero felice. Finché non ho provato
a ricambiare la sorpresa e l'ho trovato a letto con un'altra, ecco."
Sospiriamo tutte e quattro e finiamo i nostri cocktails. "Già, ma ora ho
imparato la lezione."
"Niente più visite a sorpresa?" domando
sorseggiando il Mojito.
"No, imposto J.A.R.V.I.S. in modalità BabySitter
che mi avvisi quando qualsiasi esponente femminile si avvicini nel perimetro di
casa nostra."
"E funziona?"
"Fin troppo bene: ieri Ferrovecchio ha rincorso
la colf con il bruciatore per la Creme Brulee."
Sospiriamo di nuovo. Poi placchiamo un cameriere per
ordinare un altro giro di drink.
"Tornando al discorso principale... Hill, di
cosa hai paura? Di trovarla a letto con qualcun'altra?" incalzo.
"Credo che stiate prendendo troppo sul serio la
mia relazione con Darcy."
"Al nostro matrimonio mi parevate abbastanza
serie."
La Hill appoggia sul tavolo il bicchiere di Long
Island e scuote la testa: "Sentite, ha 24anni e va al college. È una
ragazza estroversa, molto carina, molto socievole. Al college, sì sa, si fanno
un mucchio di esperienze, ed io sono la prima ragazza con cui ha una storia:
per quanto ne possiamo sapere, potrebbe essere una sbandata momentanea."
"Questo è vero, un sacco di gente ha esperienze
omosessuali al college." Dico, senza poter fare a meno di notare un
sopracciglio di Pepper alzarsi a parziale ammissione - Una cosa per volta,
Adie, una confessione per volta.
"Appunto. E poi non mi piacciono le
improvvisate."
"Ma a lei magari sì..."
"Oh, Addison! Al tuo carissimo trombanemico piacerebbero?"
Ci penso giusto un secondo. "Sì. Tanto. Farei in
modo che gli piaccia tanto."
Natasha e Pepper storcono il naso e mi pregano di
riportare la conversazione su un argomento di gradevolezza generale.
"E poi che farei? Andrei là a farmi presentare a
tutti come 'una sua amica'?"
"Perchè non come la sua ragazza?"
"Perché, Nat, neppure i suoi genitori lo sanno e
questo è un chiaro segno di come Darcy non voglia ufficializzare la
nostra storia."
"Oooohhh! Ma che dolce che sei Maria! Hai paura
che Darcyna ti spezzi il cuore...!"
"Dillo un'altra volta, Addison, e ti spezzo un
osso."
"Povera piccola Maria non ricamb - AHIA!"
A Darcy Lewis secca molto che la petizione per aprire
uno Starbucks nel college sia caduta a vuoto. Di cinque caffetterie non ce n'è
una con dolci degni di questo nome, e ogni mattina Darcy non può fare a meno di
rimpiangere il Cinnamon Roll del suo Starbucks abituale di New York o la
Cheescake del Phoenix Bar con cui faceva colazione tutte le mattine.
Lei con il suo latte e Maria con la sua venti
di Mocha.
"Hey, non è che a fissarle cambiano, eh!"
sbotta la barista in attesa e Darcy reprime l'istinto di risponderle male
immaginandosi la vetrina dei dolci come un'immensa immagine gif animata.
"Se eviti le ciambelle e la torta di mele, il resto
dei dolci non è male." Suggerisce il compagno alla sua destra.
"Vada per il cinnamon roll, allora"
sospira.
"Era ora!" esclama la barista, afferrandone
uno con le pinze e porgendoglielo avvolto in un tovagliolo: "Se ci hai
messo così tanto per scegliere lo spuntino, non oso pensare alla facoltà."
E pensi un po' che l'ho sbagliata in pieno.
Il suo gruppetto storico ormai si è decimato: chi si
è laureato, chi ha cambiato università e chi ha abbandonato gli studi e vive
sognando di essere il nuovo Steve Jobs. Un paio di sue compagne avevano
scambiato delle mentine per pillole contraccettive ed ora sono impegnate a
chiedere test dei DNA ai quattro angoli della nazione.
Sino allo scorso semestre dovevano raggruppare più tavoli
per starci tutti, ora uno basta e avanza: lo PseudoEconomo del gruppo che
nasconde le riviste d'alta moda dietro a The Economist non si deve neppure
spostare per farle posto.
"Prima o poi, Darcy, dovrai spiegarmi come fai a
non esserti ancora laureata con tutti i crediti da stage che hai." Ciarla
quella che 25chilogrammi fa era la cheerleader del gruppo.
"Con la crisi che c'è la fuori, è meglio
starsene qua dentro." Ribatte il suo compagno di fianco, facendole
l'occhiolino.
E bravo Adam: ci prova spudoratamente con lei
dal primo anno, ed è l'unico a cui non riesce neppure a dargli una possibilità.
Andiamo, e chi la darebbe al figlio di due
dermatologi con lampanti problemi d'acne?
Darcy annuisce con l'aria di chi la sa lunga,
aggiorna Instagram con un paio di foto della sua colazione e facebook con una
considerazione simil-profonda sul futuro e poi apre il quaderno degli appunti
per darsi un tono.
"Sai, mi rendevo conto ieri sera..."
tentenna Adam "Che ti devo ancora una pizza per avermi dato quel passaggio,
l'anno scorso."
"Quale passaggio?"
"Quello sino alla stazione, non ricordi?"
"Beh, non era proprio un passaggio, stavo
andando là anch'io..."
"Però mi hai preso con te."
"Se è per questo ho anche caricato un cane
abbandonato una volta, ma non per questo ho accettato di spartirci le
crocchette."
L'ex-cheerleader ridacchia e lo PseudoEconomo chiude
un attimo la rivista di copertura, lasciando scivolare appena la copertina di
Vogue da sotto. Davanti alla faccia avvilita di Adam si sente allo stesso tempo
sadicamente divertita e dispiaciuta. Gli da un buffetto sul braccio per
stemperare la tensione e lui rincuorandosi abbozza un sorriso: il brufolo sullo
zigomo sinistro vibra di rinnovato vigore.
Ugh.
"Darcy Lewis?"
Voce femminile, ferma e autoritaria, alle sue spalle.
Davanti a sé Adam e lo PseudoEconomo hanno la mascella che sfiora il tavolo.
Darcy piega il collo all'indietro.
Scarpe nere, tacco elegante ma non esagerato, gonna
longuette grigia a vita alta, blusa di seta blu scuro, occhi azzurrissimi tra
due ciocche scure sfuggite dallo chignon appena più morbido del solito.
Darcy scatta in piedi così velocemente da ribaltare
la sedia: "Maria!" Si porta le mani alla bocca, saltella, prende
contro al tavolo rovesciando i caffè di tutto il gruppo. "Cosa...Cosa ci
fai qui!"
Lei scrolla le spalle: "Ritengo di poter evitare
di rispondere a questa domanda, dato che la caffetteria universitaria è un
luogo pubblico."
"Ma... ma come facevi a sapere che ero
qui?"
Alza lo StarkPhone: sul display illuminato, la pagina
del profilo Facebook di Darcy: "Non è che ti sei resa esattamente
irrintracciabile."
Darcy smette di vibrare. Alza la sedia caduta con un
piede e la sposta di lato. Poi si avvicina di un passo, le getta le braccia al
collo e, tra gli applausi ed il boato di tutta la caffetteria, le stampa un
bacio in bocca.
Il brufolo sullo zigomo di Adam si suicida dal
dolore.
La stanza di Darcy è piccolissima e incasinata: una
libreria è stracolma di fumetti, riviste, libri scolastici e dvd, la scrivania
è invasa da resti di snack, appunti e cianfrusaglia sparsa, con il macbook in
bilico tra un tomo di Geopolitica e una rivista di astrofisica, e sulla sedia
troneggia una montagna di vestiti che Darcy cerca di infilare a mucchio
nell'armadio sorridendo imbarazzata.
"Però potevi avvertirmi prima, avrei messo un
po' in ordine tutto ‘sto casino"
"Oh, ma figurati" Maria prende in mano una
action figures dell'Hulk straordinariamente somigliante e la studia: "Ho
visto di peggio" la rassicura. "A dirti il vero temevo la tua
compagna di stanza."
"Oh no, ora ho una singola. Ho impiegato tutti i
crediti stage per averla, dopo che l'anno scorso mi sono trovata come compagna
una biologa con l'abitudine a portarsi il lavoro a casa. Quando sono tornata da
New York, dopo Natale, ho trovato sul mio letto il suo progetto sulle micro
forme di vita naturale riprodotte artificialmente ed inserite in un ambiente
inusuale: un tappeto di muffe, spore e funghi con un lunapark di cartapesta in
miniatura – costruito molto bene, ad onor del vero. A suo dire non aveva fatto
nulla di male perché era sicura che, freddolosa come sono, non ero
sopravvissuta alla miniglaciazione dello scorso inverno."
"Gliel'hai detto che il problema non era il
freddo, ma una bionda stronza con manie di possessione?"
"No. Le ho solo spiegato che mi sono salvata
perché amorevolmente accudita dalla mia ragazza."
L’angolo sinistro della labbra si piega verso l’alto:
Darcy lo prende come segnale ben chiaro e le getta di nuovo le braccia al collo
tempestandola di baci.
“Hey, hey, quanto entusiasmo!”
“Non ti vedo da quasi due mesi, cosa ti aspettavi?
C’è qualcosa che non va?”
“No, no. Affatto. Pensavo solo di uscire dal campus,
che ti pare? Fare due passi, mangiare qualcosa …”
Darcy annuisce, si infila la giacca ed uno dei suoi
cappellini estrosi e raccatta un ombrello, che fuori minaccia di piovere:
“Potremmo andare da Arnold’s, qui vicino: fa degli hamburger
eccezionali. Ci vado sempre con i ragazzi e…”
“Veramente pensavo a qualcosa di più…calmo, intimo,
ecco.”
“Oh.” Esclama sorpresa. Si gratta il mento e sostiene
di non avere la più pallida idea di che ristorante consigliarle.
“Fa lo stesso, cercheremo strada facendo.”
Aveva scelto quell’albergo controllando le recensioni
sullo StarkPhone, che fosse carino ed alla mano e con una bella colazione,
evitando accuratamente di scegliere un Motel da quattro soldi: lei e Darcy non
erano amanti in fuga che se la spassavano un’oretta nell’ombra.
Darcy non si è espressa sulla camera o sul posto e
probabilmente non ci ha neppure fatto troppo caso, troppo presa
dall'entusiasmo. Ha piovuto per tutto il giorno, ed ora che la sera è scesa e
lei si sta assopendo accanto il rumore della pioggia si affievolisce.
“Devi tornare nel dormitorio?”
“Mica è obbligatorio.” Bofonchia Darcy strofinando la
faccia sulla sua spalla. “Non ho voglia di alzarmi, resto qui e domani uso il
tuo spazzolino da denti.”
“Che cosa?”
Ridacchia: “Direi che dopo questo pomeriggio usare lo
stesso spazzolino è una sciocchezza, vero? Una volta ho usato quello di Jane,
senza aver condiviso null’altro, ovviamente.”
“E lei come l’ha presa?”
“Bene. Non gliel’ho mica detto.”
Ridono, insieme, che i racconti di Darcy e la sua
risata sono irresistibili e contagiosi. La abbraccia e le stampa un bacio in
fronte. “Volevo chiederti una cosa.”
“Dimmi pure.”
“I tuoi amici sapevano di noi prima di oggi?”
“Uhm… no.” Hill si puntella su un gomito e la guarda
mordicchiarsi un labbro, incalzandola con lo sguardo. “È assurdo, vero? Passo
le mie giornate con loro e non ho sentito il bisogno di dirgli che sto con te,
né mi hanno chiesto qualcosa.”
“Per te è un problema farlo sapere in giro?”
“No! Che dici! È solo che… non me ne frega che lo
sappiano. Mi interessa che lo sappia Jane – Prima mentre guidavi ti ho scattato
una foto e gliel’ho mandata – ma non me ne frega nulla di loro. Le mie amiche
di prima si sono già laureate e ora sono disperse tra stage mal pagati o lavori
di bassa segreteria. Passo le mie giornate con gente di cui fondamentalmente
non me ne frega assolutamente nulla. Non è triste?”
“No. È adulto.” Risponde Hill alzando le spalle.
“Funziona così, le persone che ci circondano quotidianamente sono spesso quelle
di cui ci interessa relativamente poco.”
“Andiamo, non può essere vero: lavori con delle tue
amiche…”
“Per quel che ci vediamo! A volte passano settimane
prima che possiamo prendere anche solo un caffè insieme. Stimo molto i miei
colleghi, ma a parte Adie e Natasha con nessuno di loro – men che meno con il mio
capo – uscirei una sera o racconterei del weekend che ho appena passato con la
mia ragazza.”
“Quindi nessuno dello S.H.I.E.L.D. sa che stiamo
insieme, Vendicatori a parte?”
“Beh, Fury sicuramente ne è a conoscenza, lui sa
tutto. Il resto… no, credo di no. Come te, a me non interessa far sapere la mia
vita privata a chicchessia.”
“Strano, pensavo che Addison avrebbe spettegolato
furiosamente su di noi.”
“Nah, è troppo egocentrica: fa in modo che si parli
su di lei, che sia sempre al centro del gossip e dell’attenzione. Di far sapere
i fatti privati altrui interessa poco, per fortuna.”
Darcy sbuffa: "La vita da adulti mi sembra
socialmente molto scarna. Non credo che mi piacerà."
"Beh, forse non è sempre così. Dipende da che
carriera intraprenderai."
"Oh beh, allora sono a posto. Non ho la più
pallida idea di cosa fare dopo l'Università. Mi sembra di aver vissuto sino a
poco tempo fa in un'ampolla, a sguazzare nel mio liquido rosa senza rendermi
conto del mare che c'era al di là del vetro."
"È una bella immagine."
"Grazie, spero renda l'idea. Immagino che tu
alla mia età sapessi già quale fosse la tua strada."
"Beh, alla tua età ero già Agente di Settimo
Livello e stavo per diventare Responsabile del Reparto Tattico-Logistico dello
S.H.I.E.L.D. quindi... sì, avevo delle idee abbastanza chiare a
proposito."
La ragazza aggrotta le soppracciglia in un modo che
Hill trova irrimediabilmente buffo: "Deduco che tu non abbia fatto il
college."
"No, mi sono arruolata molto giovane. Volevo
intraprendere la carriera militare, ma poi si è presentata l'occasione di
entrare nello S.H.I.E.L.D. e mi è sembrata un'opportunità di gran lunga più
ghiotta, e con possibilità di carriera più tangibili che nell'Esercito."
"E ti sei mai pentita?"
Scoppia a ridere: "Ogni santo giorno che Fury mi
si para davanti con le palle girate. Ultimamente abbastanza spesso."
"E come può una persona così cazzuta, sicura e
integerrima come te essere interessata ad un disastro come me?"
Una ciocca di capelli le dondola davanti al viso: la
scosta con la punta delle dita e le lascia indugiare sulla guancia morbida, a
stuzzicare una piccola fossetta.
Domanda notevole: perché?
Ha sempre trovato deprorevole intrecciare relazioni
sentimentali con civili: sono un bersaglio facile per ricatti e poco inclini a
comprendere le difficoltà e l'impegno di un lavoro come quello di un Agente. La
relazione tra Coulson e la violoncellista ne era stata un esempio lampante, con
lei che aveva fatto le valige per tornarsene a Portland prima della scadenza
del suo contratto con il Metropolitan.
E allora perché si è invischiata in quella storia
con una studentessa poco più che ventenne?
Perché è bella.
Perché è morbida.
Perché è sveglia e irriverente, spontanea e
sinceramente furba.
Perché non vive di ombre e bugie, di segreti e
ricatti.
Perché Darcy ha una sua purezza reale che tiene
stretta nonostante tutte le brutte avventure e i rischi che ha corso, e non
deve scenere a patti con la sua coscienza o con i suoi ideali.
È una boccata d'aria fresca.
"Perché sei diversa da tutto ciò che mi
circonda."
"E noi quando ci rivediamo?"
La macchina è ferma davanti al dormitorio, mancano
pochi minuti all'inizio delle lezioni e Darcy si deve dare una sistemata, anche
se sembra aver tutt'altra intenzione che scendere dall'auto.
"È un po' difficile per me fare delle
previsioni."
"Già. Immagino. L'irritabilità aliena è
imprevedibile, non si può mai sapere quando ad uno di quelli salta la mosca al
naso e decida di impadronirsi della Terra. Però promettimi che se Jabba the
Hutt mi prende come schiava verrai a salvarmi." Fa l'occhiolino e non
riesce a trattenere una mezza risata: "Con quel bikini sarò un bel
bocconcino da recuperare."
"Andiamo Damigella-Non-Ancora-In-Pericolo, ofarai tardi a lezione."
"Non ne ho voglia di andarci, voglio restare con
te."
"Niente broncio e niente capricci, ragazzina,
con me non funzionano." Gli schiocca un bacio sulle labbra ed appoggia la
fronte alla sua: "Appena posso vengo a trovarti, d'accordo?"
"E per il Ringraziamento?"
"Spero anche prima!"
"No, cioè... tieniti libera, d'accordo? Torno
dai miei per il Ringraziamento, e vorrei che fossi a cena con noi."
Questo la sorprende, Hill resta per un attimo
interdetta, poi sente le guance farsi calde e fatica a trattenere il sorriso:
"Non ti garantisco niente, però farò il possibile."
Le labbra si toccano di nuovo, più a lungo.
Poi Darcy tira fuori il cellulare, imposta la
fotocamera ed avvicina il viso al suo. Un paio di clic, promette di girarglieli
subito.
Poi la bacia di nuovo, e deve fare appello a tutto il
suo autocontrollo per staccarsi e salutarla.
Darcy scende dall'auto aggiustandosi il cappellino,
ombrello chiuso in mano e camminata a zigzag per schivare le pozzanghere.
La segue con lo sguardo finché non entra nella
facoltà.
Quando riparte si sente felice e un po' triste.
Il caffé della Sala Ristoro è quasi decente e la luce
dei neon della base meno fastidiosa. Nessun rompicoglioni belligerante
all'orizzonte ed è riuscita a farsi anche un'oretta di jogging per Central
Park.
L'espressione di Hill pare concordare che sia una
bella giornata e che ne seguano tante altre, che non ci sia nessuna crisi
all'orizzonte e che si possa concede al più presto altri giorni di licenza.
Magari sta vagliando l'ipotesi di portare Darcy in
una Spa, questa volta, è quasi sicura che potrebbe piacerle anche se è più
probabile che si diverta ad un Comic-Con. Forse può informarsi, magari esiste
un Hotel con Spa con un Comic-Con nelle vicinanze. Ad ogni modo, entro
tacchettando nella Sala Ristoro occupata solo dalla Vice Direttrice, sospirando
a gran voce: "Ahhh! L'aria beata che solo un paio di tette enormi
possono regalare!"
Prendo la caraffa del caffè, me ne verso una tazza
abbondante e poi mi appoggio al tavolino e la fisso in attesa:
"Dunque?"
"Dunque è andata bene, ammetto che aveva ragione
sul farle una sorpesa e che cercherò di fargliene più spesso. Sì, mi sbagliavo,
quando credevo che Darcy prendesse sottogamba la nostra relazione: la vive solo
in modo diverso, perché ha 24 anni ed è ancora una studentessa, ha un modo più
leggero di vedere le cose e un po' più sentimentale, ma questo non è un
problema perché a me piace così. E se non fosse così non sarebbe Darcy."
Sbatto le ciglia. Due volte: Veramente con il Dunque
intendevo il 'Non noti niente di nuovo?' che segue una seduta
particolarmente costosa dal parrucchiere, ma dissimulo con un sorriso placido.
Grazie di esserti confidata con me, ma davvero non
si nota lo shatush?
"Quindi, quando vi rivedrete?"
Alza le spalle, soffiando sul caffé bollente:
"Appena possibile. Altrimenti sono già prenotata per il giorno del
Ringraziamento. Vuole presentarmi ai suoi." Il sorriso placido mi si gela
sulla faccia. "Dimmi che quella non è disapprovazione ma colite"
"Non è disapprovazione e neppure colite, è solo
che chiederò a Stark di impiantarti una microcamera in fronte: voglio seguire
in streaming l'evento. Giuro. Ci scriverò la sceneggiatura di un film: Ti
presento Lesbo,sarà un successone al cinema."
Poi la voce di Fury inizia a gracchiare il mio nome all'auricolare
e la perdita di buona parte dell'udito nell'orecchio destro è una chiara
dichiarazione della fine della pausa caffé.
"Un vero peccato, Hill: quando sei così
rilassata è un piacere parlarti..."
"BOOORGOO!!!!"
"Dì un po, non è che la tua ragazza ha una
compagna di pari circonferenza pettorale, libera, con un debole per gli uomini
di polso?"
"BORGO! TI VOGLIO TRA QUINDICI SECONDI IN
PLANCIA!"
"Arrivo, arrivo, Direttore. Scusa Hill, ma dal
tono direi che il mio trombanemico si è ripresentato in pompa magna."
Incolpo
Jane del meteo accusandola di fingere mal di testa per evitare gli approcci di
Thor ed entro nella Lounge incurante delle sue proteste e della spiegazione
sull'inclinazione dell'asse terrestre che causa l'alternarsi delle stagioni.
"È autunno, ed in autunno piove."
"E
cadono le foglie" aggiunge Natasha, di buon umore per aver archiviato con
successo un'altra missione e per essersi ripassata gustosamente Clint giusto
un'oretta fa.
La
Hill sospira, ha ancora in faccia l'espressione vagamente scema di una post-
conversazione con Darcy: "Ricominciano le scuole".
Salutiamo
Banner che dietro al bancone della lounge, si sta preparando la tisana serale e
decide di partecipare al gioco: "Nell'arco dell'intera stagione autunnale
abbiamo l'anniversario di data e di morte di Enrico Fermi."
Sbaglio
o Jane sta rissando Bruce con occhi cuoriformi?
Oh,
toh. Un lampo.
Uhnm...
"Io
invece sono incinta di otto settimane."
No,
non l'ha detto la Hill - il che sarebbe abbastanza improbabile - e neppure
Natasha, che riveste quasi alla perfezione la sua maschera di imperturbabilità,
ad eccezione di un sopracciglio che si muove a scatti ed una leggera
tachicardia evidente nella vena che pulsa sulla fronte. Non l'ho detto neppure
io - ci mancherebbe - e neanche Jane, che si copre la bocca con la mano e poi
sorride apertamente e si complimenta con Pepper.
"Oddio,
davvero?"
"Ma...
come è stato possibile? No, scusate, questa era una domanda stupida, è che io
non sono a rischio gravidanza e a volte mi scordo come succede."
"E
tu, Bruce, sapevi tutto e non ci hai detto niente? Sei malvagio!" fingo di
sgridarlo, abbracciando Pepper dopo Jane e la Hill. "Come si dice in
questi casi? Congratulazioni o Condoglianze?"
"Un
I miei omaggi, Donna Virginia andrà benissimo." ride lei. In effetti
un accenno di pancia si vede, Jane la tocca con la punta delle dita e Pepper
sostiene che porti fortuna.
Tra
tutte, è Nat a starsene un pochino in disparte- cosa strana, che a lei Pepper è sempre piaciuta tanto - e a
congratularsi impacciata: "E Tony come l'ha preso?"
"Oh,
molto bene!"
"Un
po' agitato a dire il vero. E paranoico." Si intromette Bruce, muovendo la
bustina di tisana Malva e Verbena nella tazza. "Si è presentato come una
furia in laboratorio con il test di gravidanza in mano, straparlando con gli
occhi fuori dalle orbite: non riuscivo a capire se l'aveva fatto Pepper, lui, o
se dovevo farlo io."
Pepper
alza gli occhi al cielo: "Vuole a tutti i costi farmi un'armatura su
misura, la MarkMum, che mi protegga durante la gravidanza, in caso di attacchi.
Inizio a credere che debba comunque incontrarsi con un analista..."
"Non
guardare me, ho la specializzazione in semidei psicolabili, emotivamente
instabili e socialmente pericolosi."
"Sì,
e poi le sue sedute sono particolarmente rumorose." Aggiunge Natasha.
"Sai com'è, la sessoterapia..."
"Ridi,
ridi pure: intanto non ci ha più creato danni, quindi direi che funziona."
Tacco.
Tacco.
Tacco.
Tacco.
Passi
brevi e decisi, appena attutiti dalla moquette porpora, che partono
dall'ascensore aperto in fondo al corridoio dell'Hotel Carlton. Si sta
annunciando con il rumore dei suoi tacchi. Molto femminile. Molto erotico.
Molto professionale, nel suo caso.
Tacco.
Tacco.
Tacco.
Tacco.
Altri
due e gira l'angolo. Preparo la mano sulla maniglia.
Tacco.
Tacco.
Apro
la porta, l'agguanto veloce premendole una mano sulla bocca e la trascino
dentro allo sgabuzzino. Le blocco la mano già sullo spray urticante e gliela
torco finchè non lo lascia andare a terra e poi, tenendola ferma con
l'avambraccio sulla clavicola contro il muro, le faccio segno di tacere.
"Ora ti lascio andare: Se tenterai di urlare, o di scappare, o di reagire
o se semplicemente avrai da ribattere su quello che ti dirò, farò in modo che
il chirurgo plastico che ti ha regalato questi splendidi zigomi abbia tanto
altro lavoro. Intesi?"
Annuisce.
Allento la presa e tolgo la mano dalla bocca: le ho sbavato il rossetto, poco
male tanto non le serve più. "Ti chiedo scusa per i modi, innanzitutto, so
di non essere stata molto civile ma non potevo farne a meno."
Mi
fissa sbalordita: "Chi diavolo sei?"
Diavolo,
appunto.
Sorrido rassicurante: "Per stasera, sarò te. Non fare quella faccia, ti ho
appena concesso la serata libera ed ecco, in questa carta di credito prepagata
troverai 3.000 dollari prelevabili da qualsiasi sportello ATM entro dodici ore:
il pin è 12-34-56, non esageratamente difficile, so che te lo ricorderai."
"Avevo
concordato 4.000 dollari"
"Non
ci provare, bellezza: il tuo tariffario è di 1.000 l'ora e il nostro amico ne
ha richieste tre, senza chiedere nessun extra aggiuntivo."
Spalanca
bocca ed occhi: "Ma tu si può sapere chi sei?"
"Te
l'ho detto: sarò te. Il corpetto di pelle è stato richiesto da lui, vero? Bene,
farà un figurone su di me. E quel rossetto -"
"Ives
Saint-Laur-"
Apro il palmo: "Beh, ora è mio."
I'm
too sexy for my love,
too
sexy for my love - Love is gonna to leeeave me!
Getto
un'occhiata allo schermo dello StarkPhone, poi strappo un altro pezzo di nastro
adesivo e lo pianto sulla bocca del pingue tirapiedi che mi sta dando tutte le
informazioni che voglio. Si agita e suda ulteriormente, appeso con i polsi
legati al piolo dell'attaccapanni della camera, è talmente basso che tocca per
terra solo con le punte dei piedi: "Ora fai il bravo, stai zitto e non ti
muovere." Mi raccomando, prima di accettare la chiamata: "Buon
giorno, Donna Virginia, tutto bene?"
La
voce di Pepper è poco più di un sussurro preoccupato: "Ciao Adie, scusa
se ti disturbo, ma avrei bisogno di un favore urgente."
"Un
secondo solo" copro il microfono con una mano e mi rivolgo alla gigantesca
larva appesa che sta cercando di liberarsi: "Sei scomodo?
Vuoi che ti trovi una posizione migliore?” annuisce grondando sudore: “Che ne
dici di quella in cui sei riverso a terra con la testa fracassata contro il
muro? Ah non ti piace? Bene, allora stai fermo e nessuno si farà male. Per ora.
Dimmi pure, Pep.”
"Vorrei che tu mi cercassi delle informazioni su
una persona: non posso parlare ad alta voce, è qui con noi ora."
"Dove sei?"
"A Malibù, a casa. Sai tutta la storia del
Mandarino?"
"Oh sì, le interviste di tuo marito diventano
sempre molto virali e cliccatissime in rete. A proposito, come sta Happy? Hill
voleva andare a trovarlo in ospedale."
"È stabile, ma ancora in coma. Senti, qui da noi si
è presentata questa donna e... ha accennato a delle informazioni che ci deve
passare, ma poi ha iniziato a blaterare con Tony e - Sì, sì. Quel gigantesco
coniglio è normale - dicevamo..."
"Il suo nome. E la spiegazione sul
coniglio."
"Maya Hansen. Il coniglio è una storia troppo
penosa e lunga per essere spiegata al telefono. - Quello cosa? Oh...!
Ton-"
Il cuore mi manca di un battito mentre la telefonata
si interrompe.
L'ultima cosa che ho sentito è il chiaro rumore di
un'esplosione.
"Nat, sei libera?"
"Aspetta" Due colpi di pistola: "Ora
sì.”
"Pepper mi ha appena chiamato. Ti sto passando
l'audio della telefonata, si è interrotta e temo ci sia stata un’esplosione.
Sta succedendo qualcosa da loro."
Taglio il nastro adesivo che appende il ciccione, lo
faccio inginocchiare per terra ed appoggio il palmo della mano sul comodino che
viene avvolto da fiamme grigiazzurre. Tenendolo per i capelli gli avvicino la
faccia e poi gli tolgo il nastro dalla bocca con uno strappo secco che lo fa
gemere mollemente: "Fine dei giochi: hai trenta secondi. Non sprecarli”
gli intimo, decisa a portare a termine comunque il mio lavoro.
Natasha
ha finito di ascoltare la registrazione che gli ho passato: "Avremo
bisogno di un supporto logistico. Avviso la Hill."
"Ho
richiesto la cena in camera. Meglio se non ci muoviamo di qui." Pepper si
passa una mano tra i capelli impolverati e poi si lascia cadere sulla sedia di
fronte a Maya, appoggiata alla testiera del letto che indica con lo sguardo i
resti dell’armatura gialla e rossa che le ha portate via dalla Villa sulla
Scogliera sparsi sulla moquette: “Quindi quella è…”
"Ilprototipo della MarkMom. O almeno era.
Credo."
"E
questo è catalogabile come normale?"
"Beh,
considerato l'ideatore... beh sì. L'anormalità è così normale con Tony che
quasi non ci si fa più caso."
Maya
non le stacca gli occhi scuri di dosso, l’espressione tesa e quasi seccata:
"Che donna fortunata" Quasi sibila.
Pepper
decide di ignorare il palese sarcasmo. I suoi pensieri sono rivolti altrove, e
deve cercare di starsene il più tranquilla possibile, che il bambino è già
stato sconquassato troppo nelle ultime ore. Si passa una mano sulla pancia- Tutto bene lì dentro, vero? - ed il
gesto non passa inosservato a Maya, che si lascia scappare una smorfia. "È
strano pensare a Tony come ad un premuroso futuro padre di famiglia."
"Non
è così strano." Pepper cerca di abbozzare un sorriso, ma l'atteggiamento
acido di Maya la sta infastidendo parecchio: " È solo... uhm,
cresciuto."
"Immagino
che l'avrai ben spronato a farlo."
"Il
bambino è stato voluto da entrambi, se è questo che insinui. Non sono rimasta
incinta ad ulteriore garanzia dell'inesistente contratto prematrimoniale che la
stampa scandalistica ipotizza."
"Sei
davvero molto fortunata."
Dillo
un'altra volta con quel tono e ti scateno addosso la MarkMom in modalità cambio
pannolino.
Qualcuno
bussa alla porta. Pepper ipotizza sia il servizio in camera e si alza per
aprire.
Il
cameriere fa appena in tempo a spingere dentro il carrello che due mani gli
torcono la testa a spezzargli il collo. Il corpo cade a terra ed è il volto
mellifluo di a Aldrich Killian prende il suo posto.
Pepper
urla e si allontana, il ghigno di Killian si fa più feroce.
E il
destro di Natasha lo stende.
Si
alza immediatamente e commenta con una smorfia di sfida l'assalto passandosi il
dorso della mano sulla mandibola. Viene rispedito per terra da un calcio
rotante e io gliene pianto uno ai testicoli.
Così,
nel caso non si fosse già pentito di essersi alzato da letto stamattina.
Dopo
un primo minuto di boccheggio in cui Pepper ci tranquillizza sulle sue
condizioni, Natasha la rassicura che andrà tutto bene e Maya si prende quattro
sberle volanti accompagnate da un 'Pepper poi ti spieghiamo' all'unisono,
Killian si rialza nuovamente ridendo e spalanca la bocca.
SSSSSSSWAAAAAAMMMMMMM!!!!!!!
"Questo
sì che è mangiare piccante!" La fiammata ci ha sfiorato di pochi
centimetri, e solo i riflessi di Natasha hanno evitato il barbecue: "Nat,
portale via, qui di penso io. Vediamo chi è più caliente tra me è questo
stronzo."
Lo
stronzo produce fuoco.
Lo
stronzo brucia come l'inferno.
Lo
stronzo però ha a che fare con una mezzodemone decisamente incazzata.
Lo
stronzo si è rigenerato il braccio che gli ho staccato con due colpi d'ascia.
Porcaputtana!
Lo
stronzo è più tenace del T-1000 in Terminator 2: Avanza inesorabile tra i
corridoi e ha sembra voler solo giocare con la sottoscritta, bullandosi delle
sue capacità. Riesce a rifilarmi un calcio in pieno petto che mi catapulta
dall'altro lato della cucina dell'Hotel. Qualche persona che si era rifugiata lì
dentro scappa urlando dalla porta sul retro.
Lo
chef protesta in francese.
Io lo
mando a quel paese in italiano.
Killian
che per poco non lo incenerisce è reputabile come Esperanto.
Poi
mi sorride mellifluo e domanda scusa: "Non posso proprio intrattenermi,
spero che tu non ne abbia a male" Alza gli occhi da me e indica con lo
sguardo una donna dai biondi capelli rasati ed il naso schiacciato che è appena
entrata dalla porta di servizio: "Ad ogni modo, ti lascerò in ottima
compagnia. La mia amica Megan è una pugile molto dotata."
Eh
no bello mio, nessuno scarica GreyRaven al primo appuntamento. Mi lancio per trattenerlo, la donna
mi afferra per la treccia e mi sbatte a terra.
Aldrich
Killian saluta e se ne va fischiettando.
FiglioDiPuttana.
Un
anello di FuocoFatuo ed è costretta a lasciarmi. Mi rialzo con un colpo di reni
e carico roteando le asce. Schiva le lame e mi respinge con un diretto che mi
manda a sbattere contro lo sportellone del frigorifero.
Ecco,
questo sì che sarebbe il momento giusto per una bella comparsata in grande
stile, che ne dici Loki?
La
falcio con un colpo d'ascia alla caviglia e le pianto l'altra nel petto.
Diciamocelo, questo un po' l'ha accusato. Poi però devo schivare una fiammata
che appicca fuoco alla dispensa e alla tuta sul braccio.
Ah,
ragazza, allora vuoi la guerra.
All'auricolare
Natasha mi rassicura che sono sull'elicottero e a distanza di sicurezza. Bene.
Il gioco è bello quando dura poco e detesto i toast.
In
compenso, sono fortissima negli spezzatini.
Quando
fermo le asce la cucina sembra più quella dell'Overlook Hotel più che di un Inn
a quattro stelle.
"Qui
GreyRaven, missione conclusa e troia OGM maciullata. Recupero Morrigan e
arrivo. Tranquille, le ho staccato la testa, se ha funzionato con quella
stronza dell'Incantatrice funzionerà anche con questa qui."
Considerando
questa una missione di stampo prettamente privato (non è ancora ufficiale il
pericolo di sicurezza nazionale e se anche lo fosse la Hill insiste che deve
scendere in campo prima il pentagono che lo S.H.I.E.L.D.) non possiamo
usufruire delle basi e delle attrezzature a parte l'elicottero che abbiamo
preso in prestito registrandolo a nome di Barbara Morse, perciò abbiamo dovuto
ripiegare su una vecchia base degli anni '50 vicina a Palo Alto, ora utilizzata
come deposito armi, garage e probabilmente set per book fotografici post
apocalittici di cosplayer sudaticce.
Io e
Morrigan ci siamo dovute teletrasportare, cosa che mi fa passare i primi dieci
minuti seduta per terra a riprendere fiato e tentare di farmi passare il
giramento di testa tipico dello sforzo.
Hill
mi passa una barretta energetica e poi recupera la dottoressa Hansen
dall'Elicottero, incappucciata e ammanettata per scortarla dentro ad uno degli
uffici.
"Ha
detto qualcosa?" chiedo quando ritorna. Scuote la testa: "Non una
parola da quando l'avete presa a sberle."
"Forse
non avremmo dovuto" ipotizzo staccando un morso della barretta: "Ci
siamo fatte prendere dalla foga."
"Non
ha importanza. Tanto tra un po' la faremo parlare in un modo o
nell'altro." La vedo prendere il notebook e appoggiarlo su un bidone di
carburante vuoto ed accenderlo. "Preferisco avere però qualche
informazione aggiuntiva, prima di iniziare l'interrogatorio."
"Chiesto
a qualche smanettone fidato di crackare un paio di file?"
Annuisce
e un angolo delle labbra si piega all'insù: "Oh sì, è una smanettona di
graaande fiducia."
Il
sorrisetto flirtante di Darcy è proiettato dal quadrato olografico dello StarkPhone
a fianco del computer: Si aggiusta gli occhiali e poi saluta con un serafico
"Ciao WonderWoman!" ad uso e consumo della Hill, che ha un moto di
imbarazzo e l’avvisa che non siano sole.
Darcy
arriccia le labbra quando la saluto agitando la mano davanti alla webcam.
"WonderWoman? Ah però, siamo già alla fase giochi di ruolo? Ora
voglio sapere il tuo, Darcy”
"Non.
È .Il. Momento." Scandisce Hill, mentre l'immagine di Darcy si muove,
un'ombra interferisce con la comunicazione e la voce di Jane raggiunge il
microfono: " È Penelope Garcia!"
"Quella
di Criminal Minds? Ma è bionda!" Hill mi incenerisce con lo
sguardo, Darcy si riaggiusta la webcam e lancia qualcosa a Jane per farla
allontanare.
"Dicevamo:
ulteriori informazioni sulla dottoressa Hansen, a parte che è una simpatica
stipendiata AIM?"
Pepper
si è stesa su un vecchio divanetto di pelle nel corridoio mezzo buio, con le
gambe alzate sopra il bracciolo e le dita che tamburellano sulla curva morbida
della pancia.
Hey,
tu, tutto bene lì dentro?
Ha controllato
e non ci sono perdite, non sente nessun dolore sospetto, solo la stanchezza
della giornata e della paura che scema sotto controllo.
Va
tutto bene, piccolo, ora siamo al sicuro. Le amiche di mamma ci hanno salvato e
ci proteggeranno, e papà si riorganizzerà presto e sistemerà il tutto.
Si
impone di pensare leggero e sereno, di sorridere rassicurante quando Natasha
entra con una bottiglietta d'acqua ed un paio di barrette energetiche.
"Grazie! Avevo proprio un languorino!"
"Tutto
bene? Se vuoi posso uscire e cercarti un ginecologo per un controllo."
"Non
ci stavamo nascondendo?"
"Beh,
ovviamente lo metterei KO e lo trascinerei qui incappucciato in modo che non
veda la strada. E poi lo terrei bendato anche durante la visita, così non ti
riconoscerebbe."
"Ti
ringrazio, ma non è necessario. Sto bene, sono solo un po' stanca e
affamata."
"D'accordo."
"Andrà
tutto bene."
"Certo."
Pepper
le restituisce uno sguardo pensieroso: "Sei sicura di star bene tu,
piuttosto?"
"Come?"
"Niente
è che... non so, ma non mi sembri nelle tue corde."
Lei
piega la testa di lato e assume un'aria seccata e sospira, sedendosi a terra a
gambe incrociate: "Un idiota mi ha appena vomitato addosso una lingua di
fuoco degna del miglior Chili messicano, sfido chiunque ad averlo nelle proprie
corde."
"Andiamo,
sei abituata a ben peggio!"
"Sì,
ma non al vomito infuocato di un tuo ammiratore respinto!"
Pepper
fa una smorfia disgustata: "Avessi visto com'era ridotto... è rimasto
viscido uguale, comunque. Anzi, oserei dire che è pure peggiorato." Si
gira su un fianco e riappoggia la mano sulla pancia con un mezzo sorriso:
"A volte se sono abbastanza rilassata mi sembra già di sentirlo sguazzare
qui dentro."
"Non
è un po' troppo presto?"
"Sì,
lo è. Dovrei iniziare a sentirlo davvero verso la quattordicesima settimana. È
solo una sensazione. Una bella sensazione."
Natasha
ha una strana espressione assente dipinta in volto e gli occhi piantati in un
qualche lato imprecisato del pavimento. "Immagino" mormora, prima di
alzarsi lentamente e annunciare che raggiungerà le altre: "Quella
stronzetta della Hansen non parlerà da sola. Ti lascio riposare.”
“La
sua ultima pubblicazione ufficiale su una rivista di divulgazione scientifica
risale a maggio del 2001. Da lì in poi non si hanno notizie accademiche delle
ricerche della dottoressa Hansen” conclude Darcy, gli occhi ridotte a due
fessure sottili e concentrate sullo schermo a fianco alla webcam. “Nessuna
registrazione ad un convegno, nessuna lezione tenuta o assistita o altro.”
“Praticamente
negli ultimi dodici anni è stata una scienziata fantasma?” domando.
“Non
è così impensabile” si intromette Jane, smettendo di passeggiare nervosamente
dietro le spalle di Darcy e avvicinandosi all’obbiettivo. “In genere si
pubblica a ricerca conclusa, e comunque con lo scopo di divulgarne le
conclusioni e le scoperte. Se lo sviluppo di Artemis – ”
“Extremis”
corregge Darcy.
“Scusate,
è che Artemis è il bolometro dell'APEX che... vabbé, è un'altra
storia. Dicevamo: se lo sviluppo di Extremis è frutto di una ricerca finanziata
e avvenuta in un laboratorio privato e con un fine non esattamente limpido come
in questo caso… beh, è normale che la dottoressa Hansen non abbia voluto o potuto divulgarne le notizie!”
La
Hill estrae dalla tasca un cartoncino rettangolare e lo mostra spiegando che
gliel’abbiamo trovato addosso: sul davanti, sotto l'intestazione blu di una
convention di Berna nel 1999, la scritta in pennarello indelebile nero recita “Sai
Chi Sono”, mentre il retro è riempito da una sequenza di numeri, lettere e
parentesi. Attraverso lo schermo Jane lo fissa a lungo: “È un’equazione
differenziale; scommetto che è relativa ad una delle formule basilari di
Artemis"
"Extremis!"
"Extremis,
scusate, non mi entra in testa questo nome. Posso provare a risolverla, ma
l’inchiostro è in parte sbavato e la biologia non è esattamente il mio
settore.” Sospira “Ci vorrebbe Bruce.”
Uhm…
a me questo attaccamento insospettisce molto. “Non importa. Le connotazioni
scientifiche non ci servono ora. Sarebbe più utile sapere di chi è questa calligrafia.”
Natasha è riemersa dalla zona degli uffici e si è avvicinata ad Hill, prende il
cartoncino e lo guarda per qualche secondo, prima di storcere la bocca in una
smorfia. “Tony, ne sono sicura. Se avete qualche dubbio, prelevate il campione
del DNA da questa sbavatura: Ci scommetto uno stipendio che l’ha sbaciucchiata
molto lascivamente per lasciarlo come buongiorno sul comodino prima di
sparire.”
“Che
cinismo!” protesta Jane.
Natasha
fa spallucce: “Stiamo parlando del Tony Stark di tredici anni fa. È già tanto
se non gliel’ha scritta su un sextoy.”
Darcy
avvisa che ha esteso la ricerca anche in altri campi: “Ho i suoi movimenti con
le carte di credito – cavoli, sono migliaia! – e al suo numero di previdenza
sociale. Pare che la ragazza abbia una salute di ferro, in tutta la sua vita è
stata ricoverata solo tre volte, riesco ad accedere ai referti.”
Natasha
si complimenta e Hill si concede un sorrisetto orgoglioso.
“La
prima volta è stata per togliersi le tonsille, ospedale pediatrico di Oklahoma
City, anno 1979. Appendicectomia a Denver nel 1991 e… che strano! Non riesco ad
accedere a quest’ultimo referto, è solo datato Marzo 2000, una clinica privata
di Miami specializzata in ostetricia e ginecologia. Oh beh, pare che la nostra
dottoressa abbia avuto un piccolo problemino intimo.”
“La
collaborazione con la AIM è iniziata a Febbraio di quell’anno” ricordo
guardando il biglietto - l’intestazione dell’Hotel di Berna, il nome del
Convegno Scientifico e il piccolo slogan che invitava a portare la Scienza nel
nuovo millennio festeggiando con loro - tamburellando le dita sulla superficie
del bidone. Lascio che l'ipotesi che mi si è formulata in testa prenda forma ed
esca: “E ha avuto quell’incontro ravvicinato con Tony per Capodanno. Due mesi
dopo i fuochi d’artificio la dottoressa Hansen si fa ricoverare per un paio di
giorni in una clinica di Miami specializzata in ginecologia.”
“Una
brillante carriera scientifica non coincide esattamente con la vita di una
madre single.” Conclude Hill.
Jane
pigola ancora la sua accusa di cinismo, ma questa volta con meno convinzione.
“Che
donna fortunata.”Pepper ci ha raggiunte, l’aria stanca e pensierosa, senza che
ne rendessimo conto. “Continuava a ripetermelo.” Aggiunge.
"Mi
dispiace che tu abbia dovuto sentire questo."
Pepper
scrolla le spalle, prende il cartoncino dalle mani di Natasha e lo studia: “Mi
ero laureata da poco e avevo appena iniziato a lavorare alla Stark Industries
come assistente. Piani bassi, paga infame e capo schiavista. Il Signor Stark
era una figura pressoché mitologica per noi neoassunti, non gli avevo neppure
rivolto mai la parola. Poi mi incontrò sull’ascensore un giorno in cui avevo le
scatole particolarmente girate. Tony fece una battuta irritante e io gliele
cantai di santa ragione. Pensavo che sarei stata licenziata su due piedi. Il
giorno dopo sono stata assegnata come sua assistente personale.” Sospira e
restituisce il biglietto a Natasha: “In effetti sì, sono proprio una donna
fortunata.” Jane domanda se crede che volesse prenderla in ostaggio per
assicurarsi la collaborazione di Tony. “Forse. O forse voleva semplicemente
vendermi a Killian.”
“E
perché mai?”
Pepper
alza gli occhi al cielo: “Perché lui è quel genere di viscido disadattato che
non accetta i no tanto facilmente."
"Mi
ricorda qualcuno" borbotta Natasha guardandomi di sottecchi. Le rifilo una
gomitata nelle costole.
"E
per lei io sono la rivale che ha vinto l’immaginaria partita contro l’uomo di
cui si era – giustamente – invaghita. Ha abortito sicura che un Tony infantile
ed egoista avrebbe scaricato il problema senza troppo pensarci ed ora si è
ritrovata davanti la prova vivente che sa anche costruirsi una famiglia. In sé
è una cosa davvero triste, vorrei provare pena per lei. Ma ha messo in pericolo
la nostra vita, e questa è una cosa su cui non posso sorvolare.”
“Hai
ragione, Donna Virgina, la famigghia viene sempre prima di
tutto.”
“Devo
parlarle. Voi preparate un’auto.”
La
stanza dove è stata portata Maya le ricorda il set di un film
poliziesco: un tavolo di metallo con due sedie e una lampadina che pende dal
soffitto. Maya è ammanettata ad una sedia; Pepper le sfila il cappuccio dalla
testa e poi slega il bavaglio.
“Hai
sete?” domanda mostrandole la bottiglietta d’acqua. Lei annuisce.
Pepper
decide di concedersi una piccola cattiveria: svita il tappo, si infila il collo
della bottiglietta in bocca e la tracanna tutta d’un fiato, poi la schiaccia e
la getta in un angolo. “Beh, anch’io ne avevo.” Sogghigna, prendendo posto
nella sedia di fronte. La fissa a lungo, le gambe accavallate e l’espressione
calma. “A differenza di quanto pensi, dottoressa Hansen, io non sono solo una
persona fortunata. Non si diventa CEO di un’azienda se non si posseggono
determinate e spiccate capacità, né conquistare il cuore di Tony Stark facendo
la furba e smaliziata arrampicatrice sociale. Posso capire che, non
conoscendomi, tu possa aver covato una certa acredine nei miei confronti. So
tutto. Tutto. Posso immaginare che per te sia stata dura, e che lo sia
tutt’ora. Immagino che certe scelte non si possano del tutto archiviare,
giusto?”
“Fortunatamente
non sono così sentimentale da vederlo in modo diverso da quello che è stato:
una bella notte di sesso seguita da un considerevole problema. Un errore a cui
ho rimediato.”
Pepper
lascia scivolare sul tavolo il cartoncino, lei guarda il ‘Sai Chi Sono’ e
deglutisce: “E per una bella notte di sesso conservi un significativo
souvenir? Andiamo, Maya, siamo donne. Possiamo essere determinate, tenaci,
intelligenti e forti, ma i vizi di cedere per l’uomo sbagliato e idealizzare
una relazione non lo abbandoniamo mai. Sia in campo sentimentale che in quello
lavorativo.”
“Extremis
non doveva essere utilizzato per scopi militari. Il progetto iniziale non lo
prevedeva. Si è trattato di un raggiro di Killian, mi ci sono ritrovata in
mezzo ma non sono riuscita ad uscirne. Extremis è la mia creatura, mi è costata
anni di lavoro ed ancora non l'ho stabilizzata. Non potevo abbandonare la
ricerca a metà, neppure dopo che è
diventata un'arma: non dopo che avevo sacrificato tutto. ."
“Non
ti giudico per questo, non dopo aver lavorato per anni per l’azienda leader nel
settore delle armi. Ma hai portato la guerra a casa mia. Letteralmente. Hai
messo a repentaglio la vita di mio figlio e di mio marito, oltre che alla mia.
So che per te questa era solo una ghiotta opportunità; hai ideato anche un bel
quadretto, un discreto piano per arrivarci. Con una significativa lacuna, che
ti ha portata ad essere legata a quella sedia: hai calcolato Tony e la sua armatura,
ma non hai fatto i conti con quella che indosso io. E ti posso assicurare,
dottoressa Hansen, che è ben più pericolosa. Tuttavia, anche tu sei una donna
fortunata: sono una donna poco incline alla vendetta e ai rimorsi che comporta.
Ti farò un’offerta che non potrai rifiutare.”
“Sentiamo.”
“Le
ragazze ti porteranno via di qui e ti lasceranno andare. E tu andrai dritta
dritta da Killian e gli riferirai questo” Pepper volta il cartoncino: sul retro
l’inchiostro dell’equazione è stato sostituito dallo scarlatto di un rossetto: Pepper
Potts non è un trofeo da esposizione. Fottiti.
Maya
piega la testa di lato: "Tutto qui? Un gran bel discorso minaccioso e poi
mi lasci andare?"
"Il
resto verrà da sé." Risponde Pepper con un sorriso.
"Fatto?"
Annuiamo:
"L'abbiamo lasciata viva e vegeta nel parcheggio dello Stanford Shopping
Center con un cellulare con la batteria ad una tacca ed il credito minimo per
una telefonata."Spiega Natasha.
"Potevi
lasciarci almeno giocare un po' con lei. Che ne so, rasarla a zero."
"O
tatuarle 'Stronza' in fronte."
"Riempirla
di pece e piume."
"O
gambizzarla."
"Ragazze,
direi che farle fare trenta miglia chiuse nel baule di una macchina guidata da
Addison con l'audio di Clint al Karaoke a tutto volume nello stereo direi che
può bastare per essere denunciati ad Amnesty International."
"Se
lo dici tu, Donna Virginia..."
"No,
Tony, non credo sia una buona idea che tu costruisca un ecografo..."
"E
perché no? Così potremmo controllare il bambino ogni giorno. Sai, ha preso una
bella sballottata negli ultimi giorni, credo sia il caso di tenerlo sotto
osservazione, vedere come reagisce al clima di New York. Era abituato al caldo
californiano, magari si offende e..."
"TONY!
Datti una calmata, per favore!" Pepper ride, lo prende per mano e lo guida
a sdraiarsi sul divano accanto a lei. "Al momento le condizioni climatiche
gli interessano poco. La temperatura qui dentro è sempre ottimale. Ho già fatto
tutti i controlli e sta benissimo, direi che ha ereditato un consistente sangue
freddo."
"Tipicamente
Stark." Tony recupera le fotografie dell'ecografia dal tavolino e le
osserva. "Comunque questo è un microscopico pisello, ne sono sicuro."
"Dici?
La dottoressa non si è ancora sbilanciata."
"Credimi,
è una forma che mi è famigliare."
"Sì,
credo tu abbia ragione. Allora facciamo Howard?"
"Sei
sicura di volerlo chiamare come mio padre? Insomma, siamo una dinastia
importante, questo è vero, ma Howard è così vintage..."
"Il
Vintage è di moda! E poi tutto lo chiameranno IronBoy, quindi..."
"Ha
già un destino segnato."
"Incrociamo
le dita." Pepper si fa seria e lo fissa negli occhi: "C'è una cosa
che voleva chiederti. Su Maya e quello che è successo tra di voi. Con lei
avresti...?"
"No."
Risponde deciso: "Tredici anni fa ero un uomo decisamente diverso. Se mi
avesse detto che era incinta le avrei staccato un cospicuo assegno e me ne
sarei strafregato del resto. Un vero bastardo, già."
"Già."
"Ma
ora sono cambiato, ed è merito tuo. Ed Howie non è il frutto di un preservativo
rotto - o scordato, ero sbronzo e non ricordo. Tra me e Maya non avrebbe mai
funzionato: ho bisogno di svegliarmi al fianco di una persona che abbia ancora
degli ideali e che mi regali un po' di morale che non saprei davvero da che
parte trovare altrimenti. Lei non era così."
"Mi
sento in colpa. Non meritava di morire."
"No,
non lo meritava. E mi rammarico di non essere riuscito ad evitarlo. Ma è andata
così e non potevamo prevederlo. Ma ora abbiamo un'altra cosa da fare."
Tony si alza, recupera uno StarkPad e appoggiando l'immagine dell'ecografia
sullo schermo ne ordina la scannerizzazione. "Vorrei condividere anche con
i ragazzi la splendida forma di Howie. Credo che alle tue picciotte faccia
piacere sapere chi hanno salvato, no?"
Clint
è stravaccato sul divano con lo StarkPad in mano e ci chiama: "Potete
smetterla per un secondo di litigarvi i vestiti e venire a vedere?"
Mollo
il corpetto di pelle di colpo e Natasha perde l'equilibrio cadendo all'indietro
dentro al cesto dei panni sporchi. "Filmato di sorveglianza su Fury che
rappa contro la macchina del caffé?"
"No,
mail di Tony: guardate!"
Ci
avviciniamo allo schermo. "Cos'è, l'ecografia di Pepper? Il bambino deve
avere qualche problema, ha il culo enorme..."
"Adie,
quella è la testa."
"Ah.
Allora ha un testone enorme." Guardo meglio. "Sbaglio o ha qualcosa
in faccia?"
"Sì,
vedo qualcosa anch'io di anormale." ammette Natasha, mentre Clint
allontana lo StarkPad dalla faccia - che lui vede meglio ad una certa distanza
- e strizza gli occhi: "Sembrerebbe un pizzetto." Oh, cavoli. E'
proprio un pizzetto, un'aggiunta disegnata con Paint sul faccino abbozzato del
piccolo. "Beh, c'è da dire che Tony è sempre molto originale con gli
annunci."
Questo
capitolo è stato una faticaccia, sia per la realizzazione della trama (come
sempre parto con un'idea e concludo con un'altra) sia per la stesura in sé.
Praticamente ho ripreso in mano la trama di IM3 e l'ho stravolta per inserire
sia la gravidanza che la Mafia di Pepper.
Finalmente
abbiamo introdotto il piccolo Howie! Patatino lui!
L'atteggiamento
di Nat nei confronti di Pregnant!Pepper sono riconducibili al famigerato (E mai
superato dalla sottoscritta) capitolo 13 di TS:W.
Dal
canto suo, Maya Hansen è l'inutilità fatta a persona nel film, qui almeno è
fastidiosetta.
Come
sempre commenti, critiche e quant'altro sono sempre ben accetti.
Capitolo 9 *** Shades of Small Banana and Tasty Muffin ***
The Seventh:
The
Seventh:
50
Shades of Grey(Raven)
9: Shades of Small Bananas and Tasty
Muffin
Per
certe persone avere tutto non è abbastanza, hanno anche bisogno di qualcuno che
le invidi.
[Carrie
- Sex and the City ]
Io
e Natasha facciamo la nostra comparsa nella hall della Base Michigan di Chicago alle 7 e 32 di un giovedì mattina armate
di tre bicchieri venti di doppio espresso di Starbucks e ci
dirigiamo dritte verso gli ascensori per il nostro 'oroscopo quotidiano', in
cui deduciamo l'andazzo della giornata dal primo incontro che facciamo
sull'ascensore.
E
quando le porte si aprono, capisco che le prossime ore saranno piacevoli quanto
l'attacco di diarrea dopo quattro fette di cheesecake: "Agente Ward."
"Agente
Romanoff, Agente Borgo. Vado al ventisettesimo. Voi?"
"Centodiciassette"
Risponde atona Natasha, rifilandomi uno sguardo discreto.
Al
quattordicesimo, le porte si riaprono per Maria Hill: "Agente Ward, Agente
Romanoff, Agente Borgo."
"Vice
Direttrice, Buongiorno."
Al
ventisettesimo Ward saluta, scende e non si azzarda ad indugiare oltre su di
me. Non posso alzare il dito medio perché ho entrambe le mani occupate dai
bicchieri. "Hill, il tuo doppio
espresso."
"Oh
grazie." Senza rompicoglioni attorno, possiamo rilassarci. "Ho letto
il tuo rapporto dalla Mongolia, Adie: mica male, davvero."
"Non
mi aspettavo di trovarmi davanti ad una discendente di Gengis Kahn di
centottanta chili, con una passione per il sumo proporzionale all'avversione
per l'igiene personale. Lo sapevate che le popolazioni nomadi dei Gobi non
conoscono l'utilizzo della carta igienica?"
Natasha
sostiene che se lo sarebbe aspettato, Hill storce la bocca disgustata:
"Tu? Vieni dall'Hub, vero? Non ci vado da secoli... qualche novità?"
"Oh,
nessuna." Risponde Nat. "A parte la spocchia della Hand, come
sempre."
La
Hill per poco non stritola il bicchiere di carta: "La spocchia di Victoria
Hand non è una novità. Miss
Meches-In-Tinta-Con-Il-Rossetto, la Responsabile dei culi di tutti gli
agenti operativi che non sa parcheggiare la macchina dentro le strisce, quella
che 'Ohmiodio, che schifo il whisky di
prima mattina' e poi si mangia la peperonata alle dieci e viene a
'salutarti', Lady 'Non mi piace la tua
cicatrice da appendicite' che ha una tetta più piccola dell'altra."
Io
e Natasha facciamo un passo indietro verso la parete del fondo e ci scambiamo
uno sguardo: "Come ha fatto a sapere delle tette asimmetriche?"
"Nello
stesso modo in cui hai scoperto che Ward è ipodotato."
"Hill,
uno di questi giorni dovrai raccontarci un paio di tue avventure."
"Quando
avrà tempo, forse e..."
PUM!
L'ascensore
si blocca di colpo. Natasha bestemmia in russo, che si è rovesciata addosso
mezzo bicchiere di caffè. Le luci sfarfallano e si spengono, sostituite dal
neon di emergenza. La Hill si attacca all'auricolare per chiedere delucidazioni
e fornire la nostra posizione e poi ci informa che pare trattarsi solo di un
guasto tecnico: "Stanno lavorando all'ampliamento dei piani sotterranei, sembra
che abbiano urtato l'impianto di trasmissione della corrente." Chiedo se
non abbiamo un generatore di emergenza. "Sì, ma è solo di emergenza, un blackout parziale di
origine certa che non avviene durante un assalto o una partita dei Chicago
BlackHawks non è da considerarsi tale."
"Quindi
siamo bloccate qui?"
"Certo
che no: sappiamo tutte e tre scappare da un ascensore bloccato!"
"Sì,
ma in casi di emergenza. Ed io non ho
proprio voglia di aprire il portellone superiore e mettermi a scalare i cavi
d'acciaio inun caso come questo: non
siamo sotto assedio e stasera non c'è Hannibal
in Tv. Non vedo alcuna emergenza."
"A
me scappa la pipì." Ammette piano Natasha.
"Beh,
visto che siamo qui ad annoiarci e a piangere sul doppio espresso versato" Natasha smette di leccarsi
l'avambraccio sporco di caffè e rifila alla Hill un'occhiataccia "Tanto
vale che Addison ci racconti la storia del pisellino di Ward."
"Solo
se tu racconti quella delle tette con conformi della Hand."
Scivolando
a gambe incrociate sul pavimento e mettendosi comoda, Natasha dichiara che le
sembra uno scambio equo.
"Allora, risale tutto alla prima
volta che ho visto Ward dal vivo. Prima, durante l'addestramento e il
tirocinio, lo conoscevo solo di fama. Un ottimo agente, sempre pronto
all'azione: lo chiamavano Die Ward e
finché non l'ho conosciuto fisicamente pensavo fosse una parodia di Die Hard. Poi ho scoperto che più che un
soprannome, era un invito."
Avevo ottenuto la
promozione a Livello 5 da meno di un mese, e appena finita una missione di raccolta
informazioni a Vienna ero stata assegnata al volo ad una a Zurigo per attinenza
di campo; neanche il tempo di gustarmi una fetta di Sacher che ho dovuto saltare sul primo treno per la Svizzera e
studiarmi il report informativo durante il tragitto. La mia copertura -
un'agente di borsa belga - avrebbe incontrato il suo ipotetico fidanzato
banchiere alla stazione: studiando la foto di quello che mi era stato appena
affidato come partner pensai mi fosse andata di lusso: Mascella volitiva e
molto maschia, occhi scuri profondi e misteriosi e fisico palestrato: sulla
carta l'Agente Ward - vero nome di quello che avrei dovuto chiamare Victor Laballe - era quel tipo di
partner che ti capitano una sola volta nella carriera. Uno di quelli che a fine
missione, cascasse il mondo, ti sbatti sul volo di ritorno.
"Non è poi così raro trovare un
partner sbattibile. Guarda Natasha, ci ha pure costruito una relazione
stabile."
"Appunto perché non è facile
trovarne di che me lo tengo stretto" Gongola: "E vorrei farti notare
che sono sul campo da che avevo dieci anni. Ho un'idea precisa delle
statistiche di partner passabili."
Le ricordo che la mia prima missione è
stata al fianco di Sitwell: "L'uomo che la forza di gravità ha fatto
emigrare i capelli dalla testa alla schiena."
"Grazie, Addison. Mi hai spento il
principio di fame."
"Io ho ancora voglia di fare
pipì."
I
miei entusiasmi si erano spenti alla stazione quando, scendendo dal treno
leggera e leggiadra senza fare incastrare il trolley da nessuna parte, mi ero
avvicinata a lui avvolgendolo tra le mie braccia. Avessi abbracciato una
colonna di marmo, l'effetto sarebbe stato lo stesso: la solidità unita ad
un'immobile freddezza.
"Mi
sembri poco affettuoso, per essere il mio fidanzato." Gli ho sibilato
morbida all'orecchio: Dopo una specie di convulsione mi sono ritrovata una
sua mano sulla spalla. Ammazza che
ardore!
"Lo
sai, cherie, che sono poco propenso a
mostrare sentimenti in pubblico. Ciò non toglie che sia immensamente felice di vederti."
"Tranquillo"
Sorrisi sbattendo le ciglia aggiustandogli il collo della camicia con un gesto
affettuoso "Non ho intenzione di saltarti addosso nel bel mezzo di una
stazione!"
Ma sei hai una macchina spaziosa,
qualcosa ci si potrebbe inventare...
La
macchina era effettivamente spaziosa, ma appena salita Ward ha ingranato la
marca ed è partito sparato, schivando il traffico in un'inutile e frenetica
corsa e brieffandomi concitatamente sull'operazione. Guardandolo snocciolare
informazioni ed elenco contatti mi sono resa conto conto che l'espressione che
dalla foto mi sembrava un po' tenebrosa e concentrata in realtà era
semplicemente stitica. Teneva le sopracciglia e la mascella sempre contratte,
usava termini tecnici e formali, tipico di chi non si concede alcuna
distrazione ed era abituato a lavorare al di fuori di una squadra fissa,
insofferente alla presenza di altri colleghi.
Nah, GreyRaven: con questo qui non ci si
caverebbe un ragno dal buco, figurarsi a metterlo dentro.
In
parole povere: ho capito subito che l'Agente Ward sarebbe stato di una noia e
una pedanteria mortali.
La
situazione è peggiorata nettamente una volta individuato il nostro soggetto e
il suo alloggio: il Sorell Hotel, un lussuoso albergo in centro a Zurigo, in
cui sono riuscita ad infiltrarmi nella hall fingendomi una stagista alla
ricerca di una stanza per il suo puntiglioso capo, arrivato improvvisamente in
città. Mentre il receptionist cercava a terminale le camere libere, ho spiato
il nome del soggetto nell'elenco di camere già occupate. Alla conferma che non
vi erano più camere libere ho esalato un gemito disperato, e sono uscita con
aria sconvolta fingendo di scordarmi di ringraziare.
Gli
accordi erano di incontrarci nuovamente al Giardino Cinese, e quando l'ho
individuato le braccia quasi mi sono cascate a terra: Ward si era cambiato i
vestiti ed indossava una tuta da giardiniere, e con quella potava i rametti dei
cespugli di una piccola aiuola. "Ward, siamo in centro a Zurigo: per 'non farsi notare' basta infilarsi dentro
ad un bar a prendere un caffè, non mimetizzarsi tra i cespugli!"
"Non
sono abituato a prendere pause dal mio lavoro. Un attimo di distrazione e può
accadere qualsiasi cosa, Borgo.
Qualsiasi."
"E
tu sei certo che io non riesca a gestire una situazione d'emergenza?"
"Non
per sminuirti, ma sei sul campo da troppo poco tempo per poter vantare una
reale esperienza."
Per
impedirmi di strozzarlo ho dovuto incrociare le braccia: se c'è una cosa che mi
fa tutt'ora andare fuori di testa sono i maschi grandi e grossi che mi
sottovalutano. Così ho deciso di aprire la borsetta ed estrarre il pacchetto di
sigarette. "Fumi?"
"No."
Mi ha risposto con voce ovvia.
"Immagino
che quindi non avrai da accendere."
"Corretto."
"Io
invece sempre." Schioccai semplicemente le dita davanti alla mia faccia:
con la piccola fiammella grigiazzurra comparsa sulla punta del pollice mi
accesi la sigaretta per poi espirare una nuvola di fumo sulla faccia sbalordita
del collega: "Il nostro amico si è preso la suite A208. Ho gettato un'occhiata
alla cartina del piano d'evacuazione mentre aspettavo: si trova all'ultimo
piano e ha una terrazza molto spaziosa. Visto che sei così cavaliere da
preoccuparti per me lascerò che mi regga la mano mentre entrerò dal tetto,
questa notte. Intesi?
Ward
serrava talmente forte la mascella che temevo la potesse spezzare. Con un
sorriso mellifluo ho girato i tacchi e prima di andarmene gli ho fatto notare
che aveva pestato una cacca di cane.
Natasha alza gli occhi al cielo:
"Sempre queste pose da strafiga vissuta!"
"Oh, andiamo! E che dovevo fare,
tirargli un calcio in faccia? In ogni caso, con il favore delle tenebre ci
siamo appostati sul tetto e abbiamo atteso il momento giusto per entrare in
azione. Il problema è che il Soggetto… beh, aveva intenzione di
divertirsi."
"Oddio, li odio quelli che chiamano
una squillo quando tu sei appostato con un fucile di precisione...!"
mugola la Hill.
"Come quello che hai quasi grigliato
su un comodino il mese scorso?"
"Era la stessa persona, erano anni
che lo tenevamo sotto osservazione." Sospiro: "E magari ne avesse
chiamata solo una: erano in sette.
Ward era sconvolto. Così, per ammazzare il tempo - e non il mio collega - ho
proposto di trovarci un passatempo anche noi."
Le ragazze tendono le orecchie.
"AL-BI-NO."
Ward
ci ha pensato un attimo prima di ribattere: "NO-CE."
"CE-TRI-O-LO."
"LO-CUS-TA"
Mi
grattai il mento: "Uhm... TA-SCA-PA-NE"
"Un
momento, un momento! " Alzò la testa dal comignolo a cui era appoggiato e
tese le orecchie: "Mi sembra che lui abbia finito."
"No."
Un secondo gemito strozzato: "Ora lui ha finito."
Ward
alza un sopracciglio: "Che udito da intenditrice..." commenta
ò
sarcastico
"A
Rio de Janeiro lavoravo in un bordello"
"Davvero?"
"No."
Le
ragazze escono dopo mezz'ora, il soggetto si accende la televisione per
spegnerla poco dopo insieme alla luce. Ancora qualche minuto di attesa e poi
siamo scesi sulla terrazza, aperto la porta finestra e scivolati all’interno
della suite. La nostra visita è stata brevissima: quattro cimici piazzate nei
luoghi giusti- il Soggetto avrà
sicuramente controllato di non essere spiato al suo arrivo, difficilmente
ricontrollerà al mattino - un suo capello per il database del DNA dello
S.H.I.E.L.D. e ce ne andiamo. Quando siamo di nuovo con i piedi a terra e con
l'attrezzatura riposta in uno zaino dall'aria innocua, ci incamminiamo per la
Bahnhofstrasse mano nella mano. Io vesto la mia migliore aria innamorata, lui
quella di una colica in atto.
"Quindi,
il nostro lavoro si può definire concluso, missione compiuta."
"La
missione non è conclusa finché il sistema non lo dice. E non abbiamo ancora
ricevuto nessun messaggio."
"Allora
godiamoci questi pochi minuti di apparente calma. Agente Ward, ora che rivestiamo
la nostra copertura puoi addirittura smettere di camminare come un automa. Un
po' più fluido, d'altronde sono la tua dolce fidanzata che non vedi così
spesso." Abbozzò una mezza smorfia che, con tutta la fantasia possibile,
interpretare come sorriso sarebbe stato davvero difficile. "Immagino che
non sia abituato a passeggiare mano nella mano della tua ragazza. Probabilmente
il luogo più romantico in cui l'hai portata deve essere il Poligono di
Tiro."
"Agente
Borgo, ti prego. Sarebbe piuttosto sciocco per me cercare una relazione stabile
a questo punto della carriera. Quanto alla mia andatura, sfortunatamente sono
vittima di una contrattura muscolare a livello lombare dalla mia precedente
missione.
"Oh!
Ha provato con il taping? Se vuoi
posso darti una mano con l'applicazione. Sono brava a curare i traumi muscolari
e ho sempre un rotolo di cerotti con me."
"Sei. Una. Persona. Orribile."
dichiara Natasha. "Il Taping? TU? L’unica volta che hai usato quei cerotti
era per farti il costume da sexy mummia ad Halloween!”
"E chissenefrega! Ho colto al volo
l'occasione per farlo spogliare!"
La Hill alza la mano: "Perché volevi
a tutti i costi portartelo a letto se ti stava così tanto sulle palle?”
"A Zurigo non c’è vita il lunedì
sera. E avevo voglia di qualcosa che mi rilassasse. Ad ogni modo, lo convinsi,
e una volta arrivati nel nostro alloggio entrò in camera mia.”
Caro Die Ward,
sarai un gran rompicoglioni, una palla di
dimensioni bibliche, un dito di traverso nel culo: ma senza camicia ti perdono
qualsiasi cosa.
L'ho
invitato a sdraiarsi sul letto: "Prono" è stata la mia inutile
raccomandazione, che Ward sembrava propenso a tutto fuorché provarci con me.
Aspetta che ti metta le mani addosso...
Mi
sono raccomandata di farmi sapere quando toccavo il punto dolente e appoggiando
il palmo sulla sua zona lombare ho iniziato un leggero massaggio. "E
avvertimi se ho le mani troppo fredde."
"Affatto,
sono calde. Caldissime. Non è che stai cercando di farmi prendere fuoco?"
"È
una battuta agente, Ward? Accidenti, se potessi togliere le mani dal lavoro che
sto facendo me la segnerei da qualche parte. Comunque no, affatto. Ho una
temperatura corporea naturalmente più elevata di un comune essere umano."
"Per
questo che ti sei arruolata?" Certo
che sa come frenare la libido, questo. In compenso, sussulta amabilmente
quando premo sul gonfiore per punirlo.
"No,
è perché volevo mettere la mia stronzaggine al servizio dell'umanità. Ora ti
applicherò il cerotto, tienilo addosso per un paio di giorni e non lo
strofinare quando ti lavi. Se ti lavi."
"Non
intendevo dire che sei... "
"Lascia
perdere. So benissimo che genere di insinuazioni girano sul mio conto, per
questo mi prodigo per smentirle. Meglio quelle, comunque, che accusarmi di
essere andata a letto con qualcuno per arrivare al mio Livello!"
Lo
sbuffo ha emesso Ward era quasi divertito; ho fatto appena in tempo a finire
l'applicazione plausibile dei cerotti che i cellulari di entrambi hanno
squillato il segnale di messaggio. Allungandomi verso il comodino e recuperato
il mio, ho letto il contenuto ad alta voce: "Missione conclusa. Mi hanno girato un biglietto aereo per New York
domani pomeriggio. Tu?" Ward si è voltato supino e ha letto bene il
messaggio, prima di spiegare di essere diretto a Londra con il primo volo del
mattino.
Con
finta casualità, ho sfiorato il suo braccio mentre riappoggiavo il cellulare e
ho intercettato il suo sguardo. "Bene" dice.
"Bene"
gli ho fatto eco.
"Certo che è bello sveglio il
ragazzo, eh?"
"La tiriamo ancora per le
lunghe?"
"D'accordo, d'accordo. Insomma, ho
dovuto mettermi di impegno un po' di più ma alla fine..."
Non
ho smesso di chiamarlo Ward neppure
quando mi ha fatto saltare i bottoni della camicia: ho apprezzato l'impeto e
l'ho spinto sul materasso, che avevo tutta l'intenzione di giocare con lui.
Lingua sul collo, sui pettorali, lungo gli addomina... sguardo allusivo,
elastico dei pantaloni tra i denti et
voila! Glieli ho sfilati sino alle ginocchia.
Quando
ritorno sulle mutande, però, non trovo nessun effetto 'Tenda Canadese'.
Eppure
lui mi sembrava abbastanza eccitato.
Forse
mi sbagliavo.
Così
ho deciso di replaicare la mossa con l'elastico delle mutande- Ward ha deglutito sonoramente e...
Oh.
"Sì,
ti prego...!" Ha supplicato lui con gli occhi socchiusi.
Sì ti prego COSA? COSA?
Non c'è nulla da pregare, qui c'è solo da
piangere!
"Ahm.
Io... ecco..."
"Cosa?"
"Le
mie cose. Mi sono venute. Ora. Meno male che me ne sono accorta...! È meglio
che ti rivesti, sono molto irritabile quando sono mestruata io... ho delle
vampate di calore e perdo il controllo del FuocoFatuo molto facilmente."
"Ma
se fino ad un momento fa..."
"Il
momento fa è passato. Il momento ora è adesso. Sono di umore instabile con il
ciclo, ecco. Ti rialzo le mutande e facciamo finta che questo piccolo incidente non sia mai successo,
d'accordo?"
"Quindi
l'hai sbattuto fuori?" La mascella di Natasha sfiora terra, la Hill si sta
rotolando dalle risate: "Non ci hai fatto nulla? Potevi almeno...
almeno..."
"Almeno
cosa?" Alzo il mignolo: "Come ci si pul divertire con un mezzo
wurstel? Un cannoncino mignon, un aborto di tubero! E sì che non ero così ben abituata come lo sono adesso."
"Grazie
per l'informazione non richiesta su Loki."
"Ragazze,
voi non avete idea di com'era! Anche a prenderlo in bocca... aveva le
dimensioni di un Marshmallows, l'avrei masticato di impulso! È stato un trauma.
Non sono riuscita a chiudere occhio tutta notte, avevo la tachicardia, e per
tutta la settimana successiva non ho avuto che incubi su piccoli piselli che mi
inseguivano urlando sì ti prego!
Natasha
ipotizza che probabilmente c'era solo freddo nella stanza. "Sai, quando
ero con Clint in Tagikistan, mi ha proposto diScaldarci un po' come solo noi
sappiamo fare mentre aspettavamo
l'alba in un tunnel sotterraneo.C'era
così freddo che ho frugato per tre minuti, prima di trovarglielo!"
"OcchioDiFalco,
PeneDaCanarino!" commenta ilare la Hill.
"È
successo solo quella volta...!" Ringhia Nat. "E a proposito, ora è il
tuo turno."
Victoria
Hand le è sempre piaciuta, sin dal primo giorno che l’ha incontrata. Entrata
nello S.H.I.E.L.D. da poco dopo un addestramento nei marines, la sua prima
missione veramente difficile le è stata assegnata nell’Hub dall’allora
direttore della base, mentre la Hand le ha fornito il primo brief logistico.
Forse era per il caschetto che portava o per le gambe lunghe che spuntavano
dalla gonna nera, fatto sta che la Hill l'avrebbe impalmata all’istante. E
quando aveva incrociato i suoi occhi scuri dietro la montatura severa degli
occhiali aveva letto lo stesso, identico desiderio.
“E poi l’antiromantica sarei io…”
“Sta zitta, Adie, la sua storia è più
intrigante della tua.”
Come
souvenir, la Hill si era portata a casa dalla missione una pallottola nella
caviglia, ma la sua squadra non aveva subito perdite. Nel reparto di infermeria
una delle prime persone ad andarla a trovare era stata proprio la Hand: si era
semplicemente congratulata per l’esito dell’operazione e aveva lasciato una
scatola di dolcetti di marzapane, prima di uscire di nuovo.
In
una storia d’amore cinematografica, quei dolcetti sarebbero stati i preferiti
dalla Hill e lei si sarebbe chiesta per tutta la vita come faceva la Hand ad
avere indovinato i suoi gusti senza conoscerla. Nella realtà, il marzapane le
fa schifo e aveva rifilato di buon grado la scatola a Sitwell, che è di bocca
buona.
Dopodiché
della Hand non aveva più saputo nulla, a parte qualche report o comunicazione
ufficiale e formale.
Un
paio d'anni più tardi era stata Victoria Hand ad uscire dall’Hub per andare al
Triskelion. Il motivo era la gigantesca organizzazione logistica per
un’operazione molto importante: la Hill nel frattempo era diventata un Livello
7, Capitano della sua squadra d’assalto ed aveva calamitato l’attenzione dei
piani alti. La Hand era sempre più vicina, invece, ad occupare il posto da
Responsabile dell’Hub al posto del suo capo ormai prossimo alla pensione.
Durante
il briefing si scambiarono più e più occhiate. L’ultima, la più lunga, quando
la Hill era già sull’elicottero che si stava alzando.
“La Tensione Sessuale è alle stelle”
Commento rapita. “Quindi…?”
“L’Operazione era quella della Terra di Fuoco,dove ti sei guadagnata il
livello 8 sul campo, giusto? Poteva essere una nuova guerra delle Falklands, se
non fosse stato per lo S.H.I.E.L.D.” Spiega Nat ammirata: “Immagino che al
ritorno non ti sia stato solo notificato l’ottavo livello.”
“No, non solo” Ammette, sorridendo
compiaciuta. “Mentre ero sola sotto la doccia degli spogliatoi ho sentito un
rumore e mi sono voltata e… Victoria era lì. Si è liberata dei vestiti uno dopo
l’altro – dannazione, quella donna è davvero brava a spogliarsi – e mi ha
raggiunta sotto la doccia.”
“E lì hai visto che le sorelle non erano
gemelle.”
“A dire la verità in quel momento non ci
ho fatto molto caso. Ero… come dire, distratta.”
Non
era stata una toccata e fuga, ma neppure una relazione vera e propria. Entrambe
votate prima di tutto alla loro carriera, ligie al dovere e al regolamento che
‘sconsigliava’ le relazioni tra colleghi, avevano mantenunto il riserbo e il
distaccamento necessario per non destare sospetti. E ci riuscivano benissimo,
anche se Sitwell, vedendo la fiancata della sua auto ammaccata, un giorno aveva
commentato con un: “Sembra che te l'abbia parcheggiata la Hand.”
Nel
frattempo,Victoria Hand era diventata direttrice dell’Hub e Maria Hill stava
percorrendo una brillante carriera con un importante giro di responsabilità.
Un
giorno, poi, era stata convocata da Nick Fury in persona per comunicarle che
era una candidata più che adatta a ricoprire il ruolo vacante da Vice
Direttore: “Sento ottime cose su di lei. Ed il suo rigore piace molto al
Consiglio. A dire il vero, è stata più una decisione del Consiglio che mia
quella di considerare la sua candidatura, ma siccome non la reputo una
decisione esageratamente stupida, intendo tenerla in considerazione.”
“La
ringrazio, Direttore.”
“Accetta,
Agente Hill?”
"È
un onore."
“Molto
bene. Sa come sono queste cose: prima passi all’ufficio legale a discutere di
cazzate burocratiche e poi tornerà qui da me e parleremo di cose serie. Ah,
un’ultima cosa:” Fury si era avvicinato e le aveva piantato l’occhio addosso:
“Lei ha delle spinte importanti, Agente Hill, ma sia ben chiaro che ciò non le
permette di mettermi i bastoni tra le ruote, intesi? Tenga ben presente che se
sono il Direttore di questa Organizzazione, un'idea limpida di cosa sto facendo
ce l'ho. D’accordo?”
“Sissignore.”
Non
ne aveva parlato apertamente con la Hand, ma le era sembrato di intuire che
dietro quelle ‘spinte’ il Direttore alludesse a lei. Sapeva di aver lavorato
duramente e di meritarsi quel posto, eppure non riusciva a togliersi dalla
testa quella sensazione scomoda di essere in debito e che se era lì lo doveva principalmente
alle sue conoscenze particolari con la Direttrice dell'Hub. Ciononostante si
era intascata il plauso dei colleghi e anche un discreto numero di bizzarri
gadgets ipertecnologici.
Victoria
si era limitata ad accompagnare le sue congratulazioni con una scatola di
dolcetti di marzapane.
Fury
li aveva letteralmente divorati: “Non pensi di ingraziarsi il Direttore in
questo modo: Muova il culo e faccia il suo dovere. E lasci qui questa scatola.
Ah, Hill, domani dovrà farsi un giro all’Hub al mio posto. Solite procedure
organizzative per le missioni ancora in fase di definizione. So che è una
dannata seccatura ma…”
“Non
lo è affatto, Signore.”
“Avere
a che fare con la Hand? Non la conosce, vero?”
“Certo,
signore: mi ha brieffato alla mia prima missione sul campo.”
“E
non ha cercato di farla uccidere? Si reputi fortunata, allora. Ha cercato di
far fuori ogni singolo Agente che ha mandato sul campo, me compreso. Anche
Coulson si era trovato nella merda sino al collo, e non lo conosce neppure dal
vivo. Barton tiene una foto nel suo armadietto con cui ci gioca a freccette nel
tempo libero.”
“È
comunque una delle più grandi strateghe dell’Organizzazione, Signore.”
“Assolutamente,
niente da dire in contrario. Il successo della Terra di Fuoco e altre operazioni
lo si deve principalmente a lei. Solo… non si sprechi di complimenti nei suoi
confronti, non è che la stima sia esattamente ricambiata.” L’aveva vista alzare
un sopracciglio sorpresa e aveva continuato nella spiegazione: “È stata una
delle poche persone contrarie alla sua nomina a Vice Direttrice. Sosteneva che,
oltre a non avere l’esperienza necessaria per quel ruolo, sia anche dispotica,
poco zelante, arrogante e con tendenze ad addossare la colpa agli altri.”
Aveva
faticato a nascondere un fremito di rabbia: “Le posso assicurare che Victoria
Hand non mi conosce bene.”
“Lo
so, lo so. Erano discorsi da primadonna. Mirava a questo posto quanto e più di
lei, gli è bruciato non poco che le venisse soffiato via da un’Agente
addirittura più giovane. Allora va lei domani all’Hub?”
“Sissignore.
Le saluterò l’Agente Hand.”
“Sei.
Una. Stronza.” Aveva scelto di affrontarla direttamente, prima della riunione,
approfittando di un momento in cui la Hand era sola nella sala ristoro del
piano. “Dispotica. Lavativa. Poco zelante. Potevi almeno sprecarti a trovare
scusanti migliori per cercare di escludermi dalla carica.”
Lei sorseggiava
il suo caffé senza dar segno di essere minimamente turbata, e quando lo finisce
le chiede che cosa si aspettasse davvero: “Pensavi ti facessi trovare gli
striscioni di congratulazioni, che mi mettessi a saltare e a strillare di gioia
per poi regalarti la notte di sesso più infuocata della tua vita? Sono i tuoi
otto anni di attività nello S.H.I.E.L.D. contro la mia esperienza ventennale,
scherziamo?"
“Sei
la direttrice dell’Hub!”
“Oh,
scusa se ho ambizioni più alte che starmene sepolta per altri vent’anni qui
dentro! Non mi fraintendere, adoro il mio lavoro e non vivrei un giorno senza.
Ma ho la visione neccessaria delle cose per portare le migliorie al sistema che
tu nemmeno puoi immaginare, e sicuramente mi farei valere su Fury più di quanto
tu stessa stia facendo.”
“Fury
non è il ragazzino indisciplinato che il consiglio crede sia.”
“Ah
no, davvero? E il progetto Vendicatori? E il suo attorniarsi di scherzi della
natura potenzialmente pericolosi per il genere umano? Non avrai mica cambiato
improvvisamente la considerazione che avevi di lui, vero?”
“No.
Ma almeno non è un figlio di puttana come chi dirige questo posto.” Ribatté
girando i tacchi e dirigendosi verso la porta.
“Se
esci di qui ora tra di noi è finita.” È stata la pacata minaccia della Hand, fatta con aria da
chi ha il coltello dalla parte del manico e tutta l'intenzione di avere
l'ultima parola."
L'occhiata che le ha rivolto la
Hill era di puro compatimento: “Tanto odio i dolcetti di
marzapane.”
Applaudiamo:
Questa sì che è un'uscita di scena degna di questo nome.
"E
quindi come è andata a finire?"
"I
nostri successivi incontri sono stati puramente formali, non ci siamo rivolte
la parola che per lo stretto necessario e solo in modo formale.
Però
una volta, quando sono scesa a recuperare la mia auto ho trovato quattro graffi
sulla portiera. Guarda caso, la Hand ha una ricostruzione unghie dall'aria
piuttosto minacciosa. Pazienza, in fondo è colpa mia. Mi piaceva davvero, sa
essere molto... molto intrigante. Mi piacciono le donne come lei."
"Stronze?"
Chiede Nat.
"Determinate.
E sexy. E, sì, anche stronze."
Le
ricordo che ora ha Darcyna "Ed è meglio, no?"
"Uhm,
è una cosa diversa, diciamo. Completamente diversa."
"A
proposito, andrai poi a casa dei suoi per il Ringraziamento?"
La
Hill sbuffa, alza le spalle, si gratta la testa e nel momento in sembra decidere
a dare una risposta la luce ritorna e l'ascensore inizia a muoversi.
Ci
rialziamo e ci riassettiamo, con Natasha che freme per il bagno.
"Comunque, se la cosa ti può consolare, la Hand non assegna mai una
squadra di recupero a me e Barton. Dobbiamo sempre salvarci le chiappe da
soli."
"Potrebbe
essere gelosia. Magari sospetta che tra noi due ci sia qualcosa."
"Non
potresti farle crede di essere la ragazza della Morse? Non per lamentarmi, ma
mi piacerebbe provare l'ebbrezza di un comodo viaggio di ritorno, almeno una
volta nella vita."
Ed abbiamo anche il CrossOver con Agent
of S.H.I.E.L.D.! Era da un po' che non aggiornavo - chiedo venia, casomai
qualcuno ne avesse sentito la mancanza - ma oltre a scribacchiare qua e la
random sto lavorando al Threequel di The Seventh.
So che in pochi ne sentivano una reale
necessità, ma avevo proprio intenzione di togliermi qualche sfizio, perciò lo
sviluppare e seguire una trama sensata ha lasciato un po' in disparte le perle
da pirla di questa raccolta.
Non è finita, assolutamente, perché ci
sarà almeno un altro capitolo che dovrò
scrivere per una continuità con TS3.
Il resto si vedrà.
Intanto vi ringrazio per aver riaperto
questa raccolta, per averla letta e per aver commentato i capitoli precedenti.
E anche questo, se ne avrete davvero voglia.
Perdersi è l'unico modo per trovare un posto che sia introvabile altrimenti tutti saprebbero dove trovarlo. [Barbossa, Pirati dei Caraibi - Ai Confini del Mondo]
Il pancione di PepperPotts sta iniziando a diventare piuttosto sporgente,
tanto da far diminuire la capienza dell’ascensore: insieme alle sue assistenti
ora possono entrare solo altre due persone. La sua Prima Assistente le passa
uno StarkPhone, Pepper
risponde brevemente ad una telefonata prima di restituirglielo. La Seconda le
porge il Tablet ed il pennino, lei appone la firma (Virginia Potts-Starksormai non le fa più impressione scriverlo) su un
modulo mentre la Terza le ricorda un paio di impegni della giornata e le chiede
se intende registrare il video di auguri di Natale per i dipendenti nel
pomeriggio.
Oh,
cielo. Pure quelli.
Ha voglia di farlo come di correre la maratona di New York in tacchi a spillo,
ma meglio togliersi il dente il prima possibile. "D'accordo, Avvisa
Pierre, manda Happy a prenderlo e fallo arrivare qui per le due, questi capelli
non ne vogliono sapere di stare a posto da quando sono entrata nel sesto mese.
E poi chiama mio marito e chiedigli di essere qui per le due e mezza. Arriverà
con almeno due ore di ritardo, quindi direi che le riprese possono iniziare
alle quattro e quaranta." Pepper si gira per
prendere un'altra cosa dalla Seconda Assistente ed il suo ombelico va a
strofinarsi sul braccio dell'altro occupante dell'ascensore: "È un po'
espansivo." Si scusa, accompagnando la battuta con un sorriso. L'uomo ne
abbozza uno di rimando e chiede timidamente quanto manchi. "Ho il termine
per il nove di Aprile" cinguetta. Le porte dell'ascensore si aprono e Pepper ed il suo drappello tacchettano lungo il corridoio
della presidenza. Entra da sola nel suo ufficio e per prima cosa si toglie le
scarpe lasciandosi scappare un gemito di dolore.
"Necessità di coccole?"
Tony, in giacca e cravatta e con il pizzetto perfettamente modellato, si alza
dal divano in pelle nera con una confezione di ciambelle dietetiche in una mano
e un decaffeinato al latte e miele nell'altra. "Ho pensato di rimediare
alla mia mancanza di tatto questa mattina, che mi ha impedito di presentarmi
per colazione."
"Veramente ti eri presentato.
Completamente avvolto di morchia, però..."
Tony appoggia la colazione sulla
scrivania e le accompagna la sedia quando Pepper
prende posto: "Sì, mi ci sono volute circa tre docce. Però ho tre
buonissime notizie. Primo: ti ho migliorato la StarkMom,
ora è la MomMarkIII. Ha delle cromature bellissime,
l'opzione marsupio per tenere Howie quando sarà nato,
e propulsori molto più potenti, in modo da agevolare una fuga precipitosa. Dato
che non è della mia misura e mi sta un po' larga in petto la farò testare da Romanoff appena torneremo a New York."
Masticando un boccone di una
deliziosa ciambella Pepper alza gli occhi al cielo:
"Sei davvero troppo paranoico."
"Seconda buonissima notizia:
questo pomeriggio lo dedicherò completamente a te." Scivola dietro alla
scrivania e gli appoggia le mani sulle spalle per massaggiargliele. Pepper si lascia scappare un mugolio sommesso. "La mia
mogliettina ha bisogno di un po' di relax. Ti sento tesa, tesoro."
"Sono un po' stanchina..." ammette. "Tenere i piedi dentro i
tacchi tutto il giorno è uno strazio, ma non posso andare in giro in UGG. Jane
li usa per tener lontano Thor: quando li indossa lui gira al largo.""
"Posso capirlo. Quei cosi sono
lo ammazzalibido
per eccellenza. Ma veniamo alla terza, splendida notizia: Vienna."
"Vienna?"
"Esatto." Tony smette di
massaggiarle le spalle per toccare uno schermo olografico sulla scrivania e
proiettare l'immagine della Cattedrale di Santo Stefano sfavillante di luci
natalizie. "Non ci siamo mai stati, ed è spettacolare in questa stagione.
Che ne dici?"
"Capodanno?"
"E non solo. Il Grand Hotel di Vienna ci attende a partire dal 23 di Dicembre
..."
"Tony..."
"Con trattamenti pre-maman
nella loro Spa e..."
"Tony... "
"Due posti assicurati per il
concerto di inizio anno nel Musikverein!"
"Tony! Non possiamo andarci per
Natale, mia madre mi sta ancora rinfacciando la nostra assenza di quello scorso,
e c'era una glaciazione in atto!"
"Ma, amore... ci siamo già
stati per il Ringraziamento! Mi hai fatto rinunciare al nostro tradizionale viaggio del Ringraziamento
per pranzare con la tua famiglia...!"
"Tradizionale? Ma se l'abbiamo fatto solo una volta!"
"Ma ti ho chiesto di sposarmi, quella volta! Pepper,
amore, questo sarà l'ultimo Natale che passeremo da soli e..."
"Ed il prossimo anno mi dirai
'Questo è il primo Natale che passiamo in tre!' Tony, per favore: passeremo la
vigilia ed il Natale con mia madre e le mie sorelle..."
"Tutte quante?"
"Tutte e due, con le rispettive
famiglie. E poi, il 25 sera, se Happy è d'accordo prenderemo il Jet e ce ne
andremo a Vienna. Faremo un Capodanno splendido, mi farò massaggiare il
massaggiabile e ci gusteremo il concerto al Musikverein."
"Pepper,
ti prego... pensa a me...!"
"Ci penso anche troppo a
te!"
"Possiamo almeno prendere su
Bruce? Per tua mamma, sai... al nostro matrimonio sembrava molto interessata.
Dai, ti prego, Pep! Almeno non togliermi questo divertimento!"
"Cento dollari se salti sopra
una palla di Natale urlando 'I came in like a Wrecking ball."
"Centoventi e lo faccio da
nudo."
"Andata!"
Alla faccia della tanto paventata
crisi, quest'anno la Hall del Triskelion è più
decorata del solito: una decina di palle di plexiglass trasparente di diversa
grandezza pendono dal soffitto. Con un alberello stilizzato di colore argento e
oro dentro ad ognuna.
Sul bancone della reception è
comparso il classico cestino con i biscottini al cioccolato e cannella, e il 'ding' che segnala l'arrivo degli ascensori è
stato sostituito da uno scampanellio di sonagli. Anche allo S.H.I.E.L.D.
il Natale si fa sentire: può sembrare fuori luogo, ma fa benissimo all'umore di
truppe che non si fermano mai e rincuora un po' chi, come nella maggior parte
di noi, identifica come 'famiglia' la
propria squadra.
E poi c'è il Brindisi di Auguri la
sera della Vigilia: quello da solo vale tutta la fatica di essere un Agente S.H.I.E.L.D.: banchetto sontuoso, musica, karaoke ubriaco a
mezzanotte e scambio di regali. Fury indossa la sua
benda rossa natalizia, Clint in genere si ubriaca talmente tanto da combinarne qualsiasi
cosa, le planciste si vestono da SexyBabbe
ed intonano 'Jingle Bells Rock' - Come in MeanGirls! puntualizzo indignata ogni anno - io ballo sui tavoli e mi impalmo qualcuno, e
Natasha sorride almeno una volta. È il 'Rompete le
Righe' ufficiale, la nostra piccola folle festa: quello che capita al Brindisi
di Natale non esce dal Brindisi di Natale.
E sarà il momento in cui Coulson mi mancherà di più. Dava il meglio di sé in questa
festa, prendeva il microfono in mano ed improvvisava battute su tutti per
mezz'ora buona. E poi faceva furore al Karaoke. La nostra interpretazione di 'I've Gotyou Baby', fatta impersonando Fury
e la Hill resterà negli annali. In quell'occasione, il sorriso del Direttore fu
meno inquietante del solito. Anche più sghembo, a dire il vero: nessuno sa
quanti drink si sia scolato quella sera.
Bei
tempi.
Cerco lo sguardo di Clint per captare la stessa mancanza, trovandolo invece
intento a calcolare che rincorsa dovrebbe prendere per saltare la balaustra ed
afferrare la palla al volo senza sfracellarsi sette piani più sotto.
Non può non pensarci. È che lo
nasconde bene, tutto qui. Mi riscuoto: "Pensato al regalo per Nat?"
"Assolutamente. In questo
preciso istante Stark mi sta perfezionando i nuovi
Morsi di Vedova. Spero mi faccia un po' di sconto da amico, nel preventivo
costavano un occhio dalla testa..."
"J.A.R.V.I.S.:
devo fare qualcosa ma non ricordo cosa, potresti erudirmi?"
"Non ha ancora assunto le sue
vitamine del dopo pranzo, non ha oliato il braccio di Ferrovecchio, non ha
controllato quel rumorino della E-Tron, non ha
spostato la data di arrivo del soggiorno al Grand
Hotel di Vienna, non ha chiuso il rubinetto del bagno al settantaseiesimo piano
e non ha ancora iniziato a lavorare sul potenziamento dei Morsi di Vedova che
l'Agente Barton intende regalare all'Agente Romanoff per Natale."
"Oh. Giusto. Beh, lo farò
domani, ora vado a prendere lezioni di yoga da Banner: mi serviranno per la
cena della Vigilia. Mandami l’armatura, J.A.R.V.I.S.,
sono curioso di testare i miei nuovi propulsori. Secondo i miei calcoli, dovrei
arrivare a New York in tre ore e sedici minuti. Vediamo se riesco a fare di
meglio.
"Quindi non ci sarai alla festa
della Vigilia?" Caraffa del caffè in mano, Natasha
riempie il suo bicchiere di carta e poi quello della Hill.
"Non sono potuta andare a casa
di Darcy per il Ringraziamento e ci tiene a
presentarmi ai suoi, quindi ha deciso che mi vuole lì a tutti i costi per
Natale. Una relazione con una civile è ben più complicata di quanto
immaginassi."
"Capisco. Beh, peccato, la
festa non sarà la stessa senza i tuoi commenti acidi."
La Hill alza le spalle: "Non ti
annoierai. Se Clint si concia come due anni fa..."
"Deve prima passare sul mio
cadavere."
"Oh no, ti prego: è
l'attrazione principale!" Natasha alza gli occhi
al cielo. "Puoi minacciarlo di non consegnargli il suo regalo, se fa il
cattivo bambino."
Natasha sbatte le palpebre. Una. Due. Tre
volte.
"Nat,
non ti sarai mica scordata di..."
Getta il bicchiere di caffè ancora
pieno nel cestino ed esce come una furia imprecando in russo.
A Steve tutta la confusione
prenatalizia non piace. Non gli piace la corsa ai regali, il modo in cui le
persone arraffano oggetti qua e là contando sulla punta delle dita i regali che
ancora mancano all'appello, non apprezza gli 'omaggi' natalizi che vengono dati
con gli acquisti –gli sembra una
pubblicità più subdola ed invadente delle altre –e l'aria stressata e nervosa della gente. Ai
suoi tempi –se lo dice da solo, perché sa quanto possa
essere irritante esprimere pensieri nostalgici ad alta voce – a Natale il ritmo rallentava per tutti. Ci si prendeva più tempo per scambiarsi gli
auguri per strada o nei bar. I regali erano pochi, ma personali, e si aveva sempre
tempo per un punch caldo con gli amici e una fetta di torta fatta in casa.
L'unica cosa che lo fa sentire
meglio è donare un paio di bigliettoni ad un'associazione benefica che si
occupa di senzatetto. La donna al banchetto lo saluta con un 'Che Dio la Benedica' e mette le banconote
in una cassetta di legno, prima di lasciargli una confezione di biscottini alla
vaniglia e cannella. "Li abbiamo fatti nella cucina della nostra
parrocchia questa mattina." Spiega. "Che Dio la benedica, signore. Le
auguro un Sereno Natale!"
Steve sorride e si dirige verso il
Phoenix Bar sgranocchiando i biscotti: non sono buonissimi, ma hanno il sapore
genuino delle cose semplici.
Trovando il locale pieno si ricorda
che le ragazze avevano organizzato una piccola lotteria di dolci, con l'incasso
da devolvere ad un ospedale pediatrico. Beth gli
passa di fianco con un vassoio colmo di tazze di cioccolata calda e ha solo il
tempo di un occhiolino. Quando torna, scherza accusandolo di tradimento:
"Quei biscottini da dove provengono? Spero non una delle tue migliaia di
fan!"
"Assolutamente no!" Ride e
poi aggiunge: "Sai, venendo qui pensavo che potrei fare qualcosa di
importante per Natale. Che ne dici se mi vestissi da..." Si da un'occhiata
intorno: gli avventori sono impegnati tra tablet e
mezze conversazioni, lui mima uno scudo sull'avambraccio e Beth
capisce: "E andassi a salutare i bambini in ospedale?"
"Sarebbe una splendida idea,
tesoro!" Beth è entusiasta e gli schiocca un
bacio a fior di labbra. "Anche se ho paura che dovrai rinunciare allo
scudo: negli ospedali non si possono portare armi e ho paura che venga
considerato tale..."
Steve alza le braccia: "Certo
che non è neppure più facile fare della beneficenza...!"
"Oh, non me lo dire: per
organizzare questa mini lotteria non hai idea di che burocrazia abbiamo dovuto
smuovere!" Riempie il vassoio con bicchieri e piatti vuoti da un tavolo e
torna al bancone per sostituirlo con un altro pieno di caffè e fette di torta.
"Volevo chiederti una cosa: io e mia sorella torniamo a casa per Natale,
ti piacerebbe passarlo al caldo del Mississipi?"
"Dici sul serio? Ma ai tuoi
genitori non darà fastidio uno sconosciuto alla tavola di Natale?"
"Che? Sconosciuto tu? Parlo di
te ogni volta che sento mia madre al telefono, e mio padre non ne sarà
contrariato: Ragazzo americano, tradizionalista, credente e che lavora nelle
forze armate. Tempesterà Jackson di manifesti pubblicitari! E poi ti ho già
fatto il regalo, sarebbe stato un peccato lasciare quel pacchetto sotto
l'albero. Sì, con le mie manine. Ci ho messo un mese intero! Allora,
accetti?"
Sorridendo, Steve annuisce. E per la
prima volta nell'arco di una settimana non vede l'ora che arrivi Natale.
Fulmine, Fulmine, saetta e.... SBAM!
Tuono.
"Jane, è per te!"
"Al telefono?"
Lasciando in pace per un secondo lo
schermo dello StarkPhone, Darcy
alza gli occhi al cielo: "Al balcone!"
"Perché non rispondi mai come
voglio io?" Sbuffando, Jane riemerge dal bagno infilata in una tuta
informe e con i capelli avvolti in un asciugamano bianco.
"Perché sono una stronza
sincera."
Jane borbotta che si sarebbe fermata
allo 'stronza', si toglie l’asciugamano dalla testa e glielo lancia addosso e
poi attraversa la sala e fa scorrere il vetro della porta-finestra.
"Almeno questa volta non ha fatto grandinare: due mesi fa ho dovuto
cambiare il parabrezza dell'auto."
"Stai diventando davvero
insopportabilmente acida, lo sai? Quel povero figo si
spara un viaggio interstellare per venire a trovarti e riceve l'allegria di una
visita esattoriale."
Thor compare dalla portafinestra
sfiorandone il filo del telaio in altezza. Abbozza un sorriso, si pulisce
diligentemente i piedi sullo zerbino, entra ed appende il Mjolnir
al piolo dell'appendiabiti: "Salve Jane, come stai?"
" Tutto bene, posso offrirti
una tazza di te?"
"Ciao Darcy.
Tutto bene Darcy? Ti sta proprio bene quel paio di
occhiali nuovi, Darcy e anche quel cappello, uaaaauuuu! Dove l'hai comprato, Darcy?
Volevo fare un regalo di Natale a Xena e non sapevo
cosa prenderle..."
Thor sposta lo sguardo da Jane alla
sua stagista: "Fa sempre così?"
"No, solo quando la si ignora.
Salutala e smetterà di blaterare per circa sette minuti."
Thor sorride e si appoggia al tavolo
di fronte a Darcy: "Salve."
Lei finge di illuminarsi come se
l'avesse visto entrare solo in quel momento: "Hey!
Thor! Ma che bello vederti! Sei arrivato adesso?"
Lui torna a guardare di nuovo Jane:
"Sei proprio sicura che stia
bene?"
"Darcy,
potresti per favore lasciarci soli un attimo?"
Fissa Jane come se l'aliena fosse
lei e non Thor: "Ti posso ricordare che viviamo in un appartamento dalle
dimensioni uterine? Per lasciarvi soli che faccio, mi metto nel
ripostiglio?"
"Darcy...
per favore...!"
"D'accordo, d'accordo!"
Recupera il notebook e si infila la giacca:"Me ne andrò in caffetteria. Mancano circa due ore alla chiusura,
avete tutto il tempo per parlare, e
magari ci scappa addirittura una scopatina."
Jane protesta e Thor ha l'aria di
chi invece terrà in considerazione la cosa.
"Allora ci hai pensato?"
"Sì. Pensato e ripensato, Thor.
Io..."
"Sì, ho compreso. Sappi solo
che io rinuncerei a tutto, pur di stare con te.” Lo sguardo di Thor che si
abbassa sulla tavola è una stilettata nel cuore di Jane: “Ma non posso."
Lei sospira e si passa una mano tra
i capelli: "E io non ci riesco. Non è che non ti amo più, è che...
evidentemente non ti amo abbastanza."
Thor appoggia la mano sulla sua
imprigionandola tra le dita. La alza e se la porta alla bocca. La bacia a
lungo, lentamente, risale il polso e prima che la razionalità di Jane prenda il
sopravvento raggiunge la bocca. "Non è giusto fare così." La sua
protesta è un sussurro: basterebbe solo una leggera spinta per scostarlo,
basterebbe essere più forti e razionali . Più consapevoli e meno propensi
all'illusione.
Ma Jane non ci riesce, e Thor fa di
tutto per tenerla con sé.
Si lascia cingere dalle sue braccia
forti ed insieme scivolano sul tappeto.
Natasha viene fermata dalla Hill sulla
rampa di lancio, mentre sta salendo sull'elicottero preso in prestito a nome di
'Barbara Morse' e le passa lo StarkPhone. "Per
te. Il Direttore." La guarda seria mentre Natasha
annuisce pronta e porge la mano: "Non è una missione. Non è quello che
pensi."
"E meno male, stavo pensando ad
un maglione di cachemire..." Commenta portandosi il cellulare
all'orecchio: "Qui Romanoff." .
"È un piacere sentirti, Tasha..." Per poco il cellulare non le cade
di mano. Sgrana gli occhi e li punta sulla Hill, che non può far altro che
muovere le labbra in un silenzioso scusa.
"Posizione della Gru, del
Signore della Danza ed infine dell'Aratro. Visto? Sto imparando a riconoscerle
tutte! Eppure continuo a preferire quella dell'Amazzone, del Missionario ed il
69, che i numeri mi sono sempre stati affini."
Ormai Bruce ha imparato a conviverci;
apprezza che Tony non l'abbia interrotto durante la sua sessione di esercizi e
si alza in piedi con un sorriso: "Evidentemente non conosci il
Tantra."
"No, e mi perdonerai se non ti
chiedo di fare da maestro a me o a mia moglie. Niente di personale, solo che
abbiamo messo la testa a posto, ecco."
"Figurati, mai oserei tentarti.
Per cosa mi cercavi?"
"Un paio di consigli su
tecniche di rilassamento ed un invito." Tony si leva le scarpe lanciandole
nella sabbia del giardino zen della "Relax Room"
di Bruce, si siede su un materassino incrociando le gambe in un pallido
tentativo di posizione del loto e lascia poi che Bruce gli corregga la postura:
"Pepper vuole a tutti i costi andare dai suoi
per Natale. Io le ho detto che non mi muovo senza di te."
"È molto romantico, Tony.
Tuttavia vorrei farti notare che potrebbe essere motivo di divorzio."
"Macché, sei il pollo per sua
madre. La vecchia ti apprezza, sai?"
Bruce piega la tesa di lato e si
gratta il collo: "La signora Potts è una donna
davvero adorabile e molto giovanile, vecchia non mi sembra esattamente il
termine giusto per descriverla."
"Sì,
è una cougar discretamente funzionante, hai
ragione." Lo StarkPhone di Tony suona e lui
chiude la conversazione senza guardare il mittente. "Allora?" Bruce
tentenna, Tony incalza: "Ascolta, alla cougar
farà molto piacere ritrovare la vecchia fiamma con cui ha danzato al nostro
matrimonio, tu non passerai il Natale chiuso come un ratto qui dentro, ed io
avrò qualcuno con cui avere conversazioni interessanti. I cognati di Pepper sanno solo parlare di sport. E non sport belli
come..." Lo StarkPhone risuona, Tony tocca
nuovamente il tasto olografico rosso senza guardare. "...come la lotta nel
fango o il lancio del Chitauro o il Tiro con l'Arco
al Napalm. Cose tipo Basket e Baseball e Football. Capisci?"
"Non
sarebbe meglio rispondere al telefono?" Propone Banner, indicando di nuovo
l'ologramma della chiama ricomparso a mezz'aria tra la mano di Tony e la sua
spalla:
"Oh,
è Fury: è tutta la mattina che mi cerca, deve essere
per quei sensori di rilevazione audio che mi ha fatto preparare, probabilmente
non sa come installarli. Lo ignorerò finché non si degnerà di comparire fuori
dalla terrazza della Lounge, Pep
gli ha preparato un pacco di Natale e mi ha chiesto di invitarlo per gli
auguri, figurati se mi piego a tanto..."
"È
un ottimo piano e lo appoggerei in pieno, se le continue chiamate non
cominciassero a diventare - ahem - irritanti."
"Oh."
Lo sguardo di Tony passa dallo StarkPhone a Bruce:
"Dimmi di sì alla cena, ed io risponderò."
"Rispondi,
e l'altro non ti concerà per le feste."
"Lei
sì che sa trattare, dottor Banner, ma io lo prenderò per un sì. Sappilo."
Finalmente Tony fa partire la videochiamata. "Direttore, è sempre un
piacere."
"Addirittura
Direttore? Signor Stark, non sono che un semplice Agente."
Tony
sbianca.
Banner
riprende velocemente gli esercizi di respirazione.
Maria Hill mi ha praticamente preso
per un orecchio e trascinato nella rampa di lancio. "Fury
vuole vederti alla Base Manhattan."
"Missione? A tre giorni dal
Brindisi di Natale?" Piagnucolo strascicando i tacchi.
"Ha detto solo che vuole
parlarti. Qualche idea sul perché?"
Mi gratto il mento ripensando agli
ultimi avvenimenti. Niente di diverso dal solito, non credo che Fury possa farmi una S-Fury-Ata
per qualcosa che non scinde dal mio solito modus-operandi. "Sono un po'
indietro con la consegna dei rapporti scritti."
"Di quanto?"
"Da dopo la Battaglia di New
York, più o meno..." La Hill sbuffa e mi precede sulla scaletta del Jet.
"Ma Clint non li consegna dal 2010!"
Poco male, un po' di shopping
natalizio a Manhattan non guasta mai.
"Borgo a rapporto,
Signore."
"In ritardo di sole due ore,
stai migliorando."
"La Hill ha tamponato due taxi
sul ponte di Brooklyn." Fury gira l'occhio sulla
Hill e lei alza le spalle. "Abbiamo avuto da discutere, la sua vice non ha
spirito Natalizio."
"Neppure io." E mai avrei sospettato il contrario. "Briefing
tra cinque minuti, dobbiamo pianificare le operazioni di Gennaio che sono sotto
la tua tutela. Nel frattempo recuperami il tablet.
L'ho scordato nella Sala Interrogatori Tre."
Ho
forse scritto FedEx sul culo? "Certo, Direttore."
Mentre percorro il corridoio deserto
mi infilo gli auricolari e mi sparo un po' di musica nel cervello per sbollire il
nervoso. Sole due cazzo di ore di
ritardo, Borgo! Stai migliorando! Scimmiotto. Vammi a prendere il mio fottuto tablet di
merda!
Jingle bell, jingle bell, jingle
bell rock
Jingle bells swing and jingle bells ring
Oh toh, la canzone delle Plancist. Forse dovrei rubargli la scena durante il
Brindisi e lanciare la mia personale interpretazione.
Snowing and blowing
up bushelsoffun Now the jingle hop hasbegun
Inizierei con una moondance: sul pavimento liscio del corridoio mi viene alla
perfezione. Piroetto, apro la porta della Sala Interrogatori Tre ed entro
saltellando.
Jingle
bell, jingle bell, jingle bell rock
Jingle bellschime in
jingle belltime
Sposto una sedia e la uso da gradino per salire in piedi sul tavolo. Dallo
specchio mi guardo chinarmi a prendere il tablet.
Dancing
and prancing in Jingle Bell Square
In the frosty air.
Mi rialzo facendo vibrare le spalle
e scuotendo il petto. What a
bright time, it's the right time
To rock the night away
Mi lancio addirittura nel playback,
continuando a ballare.
Finché qualcuno non accende la luce
dietro allo specchio.
Oh
Merda.
Ho dimenticato la regola NUMERO UNO delle Sale Interrogatori: Mai fare l'imbecille in una Sala
Interrogatori. Non sai mai chi ci può essere dietro ad uno specchio.
E sì che i precedenti sono sulla
bocca di tutti: McKenzie aveva beccato Natasha e Clint pomiciare pesantemente in Sala
Interrogatori Uno - L'unica in cui, sino ad un paio di mesi fa, si poteva
fumare liberamente - e la Hill racconta ancora con le lacrime agli occhi di
quando, dietro allo specchio di Sala Interrogatori Due, aveva assistito a Fury che provava le varie espressioni allo specchio
controllando che gli stesse bene il cappotto nuovo.
Questa volta pare che la mia
performance sia addirittura stata immortalata da uno StarkPhone.
Di qualcuno in giacca e cravatta che se la sta ridendo beatamente.
Qualcuno con una stempiatura
famigliare.
Molto.
Troppo.
Quando il Qualcuno ferma il video ed abbassa lo StarkPhone
che gli nasconde la faccia lo riconosco.
"CENTOCINQUANTA DECIBEL,
SIGNORE!" McKenzie è scattato in piedi e
togliendosi al volo le cuffie ed indicando eccitato lo schermo della sua
postazione. "Il rumore di un caccia in decollo!"
"Cazzo, Borgo deve essere anche
una fottuta Banshee!"
Maria Hill si sta ancora
massaggiando un orecchio: "Probabile, Signore, è Irlandese... a proposito,
i miei cinquanta dollari. Ha nettamente superato la soglia della sua
scommessa."
Sbuffando, il Direttore fruga in una
tasca e le passa la banconota arrotolata: "Non vorrei essere nei panni di Coulson, in questo momento."
"Oh, neppure io" si
intromette McKenzie. "Borgo sta continuando a
strillare come un'ossessa!"
Il Fantasma - o il poltergeist, o lo
zombie, o il Risorto – si sta avvicinando con quel sorrisetto da stronzo che
tanto mi era mancato, ma che ora non riesco proprio ad esserne felice:
"Beh, Addison, la cosa positiva è che non mi hai
ancora scaraventato addosso il tavolo..."
"Faccio ancora in tempo!"
Devo essere sull'orlo di un collasso cardiocircolatorio. Coulson
si avvicina e gli urlo di starmi lontano: "Come... cazzo... hai fatto a
tornare indietro? Ci... a me... mi avevano detto che... noi... io...eravamo....
ero delle eccezioni, perché..."
Alza le mani e fa segno di calmarmi:
"Non c'è stato nessun ritorno, Borgo. Io, in fondo, non me ne sono andato
che per qualche secondo. Loro dicono otto, secondo me sono stati un po' di più
ma..."
No,
aspetta:
"Cosa significa?"
"Che la mia morte è stata...
abbastanza esagerata. Non prendertela con me, non è stata una mia idea."
Sono completamente stordita. Cerco
di frugare nella memoria alla ricerca di un indizio che supporti quella tesi. La comunicazione radio, il sangue sul
ponte:"Coulson,
è impossibile..."
"Avevate bisogno di uno
stimolo. Fury ve l'ha dato."
Le
figurine di Cap sporche di sangue. "No..."
Annuisce: "Io ero in terapia
intensiva. Ci sono stato per un po', e poi mi hanno mandato a fare un
riabilitazione - una bella vacanza, chiamiamola così - a Tahiti. È un posto
magico."
Coulson sul tavolo operatorio della sezione
ospedaliera dell'Helicarrier. Il tubo del respiratore
ancora in bocca, il lenzuolo tirato sin sotto al mento. La Hill che mi stringe
una spalla, i paramedici che finiscono di scrivere il referto. "È impossibile..."
"No, non lo è, altrimenti non
sarei qui. Purtroppo non ho parentele infernali e le spalle coperte come le
tue."
La
zip che si inceppa e il paramedico che la strattona per chiuderla. Lo allontano
delicatamente e chiudo io il sacco bianco. La barella, il piccolo corteo
funebre, io che canto AuldLangSayne mentre il sacco bianco con il cadavere di Coulson scivola nella piccola cella frigorifera.
"Coulson,
cantavo mentre il tuo corpo finiva dentro la cella frigorifera."
Mi appoggia le mani sulle spalle:
"E ti ringrazio per questa tua delicatezza. AuldLangSayne, mi
hai salutato come un vero scozzese! Ma in quel sacco non c'ero io."
"Sì, invece." Non me ne
sono resa conto, ma il tono della mia voce si è abbassato sino quasi a
diventare un sussurro: "Ho chiuso io il sacco. Ti ho visto!"
"Addison,
dev'essere stato..."
"E che cos'era, allora? Una
statua di cera di Madame Tussaud? E per essere
davvero pignoli, Phil, non abbiamo una terapia intensiva a bordo, l'anno scorso
eri stato tra quelli che aveva firmato la petizione per attivarne una!"
Il sorrisetto sereno e sicuro di Coulson si incrina. Avvicina ulteriormente il viso al mio,
mentre i passi nel corridoio si avvicinano: "Ci deve essere una
spiegazione logica, chiaro?" La porta si apre ed entra la Hill, fatica a
mantenere il sorriso falsamente rassicurante. Coulson,
invece, riprende il suo e mi cinge le spalle con un braccio. "Allora,
quest'anno faremo furore al Brindisi di Natale? Vi sono mancato l'anno scorso,
vero?"
Mi sciolgo dalla sua stretta e passo
oltre alla Hill, che evita il mio sguardo. Solo Fury,
in corridoio, ha il potere di trattenermi con un sorrisetto infame stampato sul
viso e le braccia conserte: "Chi la fa l'aspetti, Borgo!"
Ma
Vaffanculo, Direttore.
"Mi scusi, Signore, ma ho
appena scoperto di dover comprare un altro regalo di Natale. Con
permesso."
"Dai, l'ha presa meglio che Barton." Davanti a Fury e la
Hill Coulson è pallido ma ostenta tranquillità:
"Almeno lei non ha frecce al Napalm. Non preoccupatevi, la conosco, si
riprende facilmente. E poi ho un sacco di cose da raccontarle di Ward: quello di quest'anno sarà un Brindisi molto
divertente. Ora, se volete scusarmi, la mia squadra mi attende di sotto. Non
voglio perdermi la scena di Simmons che incontra Sitwell dopo averlo messo KO all'Hub."
Invece di cercare un passaggio di
ritorno per il Triskelion - un sacco di gente sta
emigrando per il Brindisi di Natale - esco dalla Base Manhattan con il
cellulare in mano.
Compongo alla svelta il numero di Natasha e dal tono con cui mi risponde capisco che non sta
facendo shopping selvaggio: "Vengo fuori ora dalla Base Manhattan.
Siediti, perché devo dirti una cosa assurda: Coulson..."
"Lo so. Mi ha chiamato prima.
Pare che abbia chiamato tutti quanti per gli auguri..."
Darmi
un colpo di telefono, magari? Avvisarmi, prepararmi allo shock? "Quindi sono stata l'ultima
della lista?"
"...beh, ecco..."
"Grazie. Se eravate tutti
d'accordo per farmi uno scherzo di merda beh... ce l'avete fatta. Grazie. Ora
sto meglio."
"Addison,
non -" Chiudo la conversazione. Avrei voluto spiegarle perché in questa
messinscena non torna qualcosa, che Coulson era morto
davvero e che se Amon non c'entra con il suo ritorno
- non può c'entrarci, o anche mio cugino
si è scordato di farmi un fischio? - c'è qualcosa sotto di non
completamente limpido. Ma sono troppo irritata, troppo sotto shock e detesto
essere presa per il culo. Mi infilo nella metro e vado a casa.
La luce della sala è accesa:
"Oh, Natasha, la prossima bolletta te la paghi
tu!" Impreco al nulla, buttando la borsetta sul divano e tirando un calcio
ad un povero tavolino. Ma dal corridoio, completo elegante e sciarpa verdeoro di Hermés sulle spalle,
compare Loki ed il suo sguardo annoiato.
Trasalgo. Poi mi ricompongo e
sbotto: "Non ricordavo di averti dato le chiavi di casa."
"Grave mancanza la tua. Sono
stato costretto a farmi aprire da Morrigan." A
riprova delle sue parole, il Corvo compare dalla mia camera da letto e plana
sulla sua spalla con un Craaaa metà tra il colpevole e il 'non
potevo farne a meno'.
Alzo le mani in segno di resa:
"Scusa, ma ho avuto una giornata pessima."
"In una scala che va da 'insulso mortale con ridicola arma' a 'corazzata aliena' che posto
occupa?"
Sospiro e mi lascio cadere sul
divano: "Non ci sono parametri per quantificarla." Appoggio i gomiti
sulle gambe e mi prendo la testa tra le mani per massaggiarmi le tempie. Perfetto: il periodo Natalizio è il migliore
per farsi prendere da ansie e sensi di colpa. Eccola lì, la mia colpa: mi
fissa dallo stipite della porta con un libro in mano - Dracula, ma davvero Loki si è messo a leggere
Stoker? - e la sciarpa che gli ho regalato addosso. La mia irrazionalità
imperdonabile, la mia debolezza fatale.
Loki alza una spalla e dice che non ha
problemi ad andarsene: "Se proprio non -"
Dovrei annuire e lasciarlo
scomparire. Tagliare finalmente i ponti con lui e togliermi questo peso sullo
stomaco: non rischiare di venire scoperta da qualcuno - oh,cielo, e se Coulson sapesse che ho una
relazione con il suo assassino? Ma che mi dice la testa? - ed invece, anche
questa volta, la razionalità se ne va a ramengo: "No, aspetta." Mi
alzo dal divano e gli cingo la vita: "Ho solo avuto una giornata un po'
pesante."
Loki ricambia la stretta e appoggia le
labbra sulla mia testa regalandomi un brivido: "Così tremenda?"
"Assurda è il termine esatto."
"E la cagione?"
No,
tesoro, è meglio che tu non lo sappia. Mi sforzo di sorridere, sfilo il libro tra le sue dita e
glielo sventolo sotto il naso: "Questa è la cagione... questa è la
cagione, anima mia... è Dracula! Il Non-morto!" Ecco, appunto.
"Ho iniziato a leggerlo mentre
attendevo che ritornassi. L’ho trovato curioso. Su Asgard
i libri i libri o contengono nozioni ed insegnamenti, o accennano a leggende o
racconti di fatti realmente accaduti. Ma storie inventate no. Temo che le
reputino troppo sciocche, per prendersi la briga di fissarle su carta.”
"Davvero? Mi stai dicendo che
su Asgard non avete i romanzi?"
Le labbra sottili si piegano in un
sorrisetto affilato: "Su Asgard non hanno romanzi." Mi corregge.
"Quelle sono storie che si narrano a voce: nei racconti dei menestrelli, nelle
fiabe di una madre ai suoi figli bambini, attraverso le sonate dei
cantastorie." Lascia scivolare le labbra sulla mia fronte e poi lungo il
naso e la mia bocca: "Talvolta le canzoni parlano d'amore. Ma sono sempre
blandi ritornelli uno simile all'altro. Palpiti e sospiri e lunghe trecce
bionde nel vento. Ciò che ho trovato in questo libro è diverso."
"Noi, siamo diversi."
Tuffa le mani tra i miei capelli:
"Profondamente."
Ed il senso di colpa c'è ancora,
come c'è sempre stato, e mi fissa scuotendo la testa dall'angolo buio in cui le
mani di Loki lo spingono.
"Ti fermi a cena?" Al Triskelion ci tornerò domani. Ora è tardi e c'è Loki nudo sul divano, direi che sono due motivazioni molto
valide per restarmene qui. Soprattutto la seconda.
Mugola un d'accordo alzando un braccio nella mia direzione per accarezzarmi
la schiena ed io gli propongo una pizza. Annuisce: "Per me nulla di
piccante."
"Oh! Ma che pancino
delicato!" Lo derido, stampandogli un bacio sulla linea degli addominali
strappandogli un sorriso. Poi però mi viene l'impulso di dirigermi più in basso
e l'ordinazione della pizza viene rimandata.
Il campanello suona proprio mentre
sto finendo di asciugarmi dopo la doccia. "Deve essere il ragazzo delle
pizze." Urlo a Loki, finendo di vestirmi:
"Puoi aprire? I soldi sono sul mobile della tv!"
"Stai dicendo che dovrei-"
"Sì, grazie." Aggiungo,
massaggiandomi la crema idratante in faccia. Dal silenzio agghiacciante che
proviene dall'altra stanza mi sorge il dubbio che il povero porta-pizze sia
stato incenerito. O congelato. O soggiogato o... Beh, meglio controllare.
Con ancora le mani impiastricciate
di crema esco dal bagno e per la seconda volta nell'arco di una giornata mi si
ferma il cuore.
Perché sulla soglia della porta non
c'è il facchino.
Ma Coulson.
E dal modo in cui fissa Loki e dal modo in cui Loki
irrigidisce la schiena, oserei dire che siamo in tre, in questo momento, ad
essere sull’orlo di un infarto.
È Loki il
primo a parlare. Si volta, livido in volto, indica con l’indice Coulson e dice che è per me: "Un messaggio da Amon, sicuro: non c’è altra spiegazione, visto che l'ho
mandato all'Inferno io stesso."
Coulson invece fa un passo indietro:
"Cosa ci fa lui qui?"
Bene.
Perfetto. Sono nella merda.
Ho le ginocchia che
tremano:"Terapia?" Balbetto con un filo di voce. Tanto peggio di così...
Ma Phil ha già capito. Non che ci
volesse granché, con Loki in camicia semi-sbottonata
ed io appena uscita dal bagno: "Tu..."
"Phil, non "
"Tanto affranta dalla mia morte
da arrivare a scoparti il Mussolini Asgardiano!"
"Tecnicamente non sono asgardiano." Mi
sbagliavo. Non abbiamo ancora raggiunto il fondo."E cos'è un Mussolini?"
Lo sguardo di Coulson
potrebbe incenerire tutto all'istante. A me, però, spezza solo il cuore. "Coulson, aspetta. Entra un attimo, dobbiamo parlarne.
Ètutto tuttomolto più complicato -"
"Sì, esatto, perché diamine sei
ancora vivo? Io ti avevo ucciso. Ne sono certo. E, anzi, ho ancora in sospeso
con te quel colpo a tradimento con il-"
"LO', NON E' QUESTO IL
PUNTO!"
Oh
no. Il punto è un altro.
È la smorfia di profondo disgusto sul viso di Phil. Rabbia e delusione. Gira i
tacchi e percorre il corridoio, e nell'attimo fatale in cui sono distratta si
infila nell'ascensore senza che riesca a bloccarlo.
E so perfettamente dove si sta
dirigendo. Se questo non è il fondo, non
oso immaginarmi quale possa essere.
Loki è profondamente indignato:
"Che cafone!" Protesta risentito. "Gli ho fatto due domande e
non si è degnato di rispondermi! Ma chi si crede di essere!"
E ci mette un istante, un millesimo
di secondo, per imboccare le scale all'inseguimento.
Ok.
Questo. è. Il. Fondo.
Ora sì che ne nascerà un casino -un
casino vero, verissimo di quelli da cui non ci si salta fuori vivi.
Rientro in casa come un automa e la
prima cosa che mi pare più sensata fare al momento è scappare: è inutile che provi ad aggiustare la situazione, è più di
un anno che cerco di mantenere le cose in equilibrio precario ed il risultato è
questo. Ogni tentativo di riparazione non può che finire in un fiasco. Meglio
scappare decisamente.Preferibilmente a
gambe levate. Chiamo Morrigan, che sta dormendo nel
suo nido in camera mia, svegliandola prendendola in mano e agitandola. Mi
risponde con un CRAAA!giustamente
incazzato e una dolorosa beccata sul pollice.
Nel panico, la lancio in mezzo al
letto decidendo che devo almeno prendermi su una valigia.
Apro l'armadio, prendo un borsone,
lo riempio a caso di vestiti, lenzuola e credo anche l'abat-jour. Mi infilo di
slancio una giacca che non credo sia esattamente la mia - forse è una di Clint,
non lo so e non ho bisogno di saperlo - Se Morrigan
la smette di gracchiare incazzata mi farò trasportare da Amon:
passerò lì un po' di tempo in attesa che si calmino le acque poi tornerò a
sondare il terreno.
Per come guida, a quest'ora Coulson sarà già da Fury a
spifferare tutto. Mi ritroverò circondata da una squadra speciale armata sino
ai denti in meno di mezz'ora. Arrestata per alto tradimento e trascinata per un
orecchio davanti alla Corte Marziale. Non c’è tempo da perdere.
E
Loki? Cazzo, dov'è Loki?
Sarà
abbastanza lontano?
Oh, miseria, possibile che stia ancora
pensando a lui, dopo che è colpa sua se mi ritrovo in un casino simile?
No,
no. Non è colpa sua. La colpa è mia che mi ci sono lasciata trascinare. Di più,
ci sono corsa incontro.
Ok, avrò tempo per rimediare. Forse.
Ma ora...
PUM.
PUM. SBAM!
Cazzo,
le teste di cuoio sono state anche più veloci del solito!
Mi carico la borsa su una spalla,
afferro Morrigan - altre cinque beccate furiose e
credo mi stia sanguinando la mano - e scappo in corridoio.
La finestra del bagno, dove ci sono
le scale antincendio.
Qualcuno però mi ha preceduta.
Loki, per la precisione, ha sfondato la
finestra per entrare - ecco cos'erano quei rumori - ed è davanti a me che tiene
sollevato per la collottola, con una sola mano, un Phil Coulson
rigido ed immobile come uno stoccafisso congelato.
Non
so se questo è un incentivo al peggio o un leggero miglioramento.
Sono
ottimista, scelgo la seconda.
Anche perché a guardare la faccia
immobilizzata di Coulson ne deduco che tra i due chi
ha avuto la giornata più di merda non devo essere stata io.
Mollo il borsone a terra e lo faccio
tornare in camera calciandolo con il tallone. Rilascio Morrigan
– altra beccata sulla mano – che si dirige gracchiando arrabbiata verso il
bagno ed esce dalla finestra rotta.
"Potresti metterlo giù, per
favore?" Loki apre le dita. Coulson
atterra sui piedi per poi stramazzare sul pavimento ritto e rigido come un fuso
accompagnando la caduta con un gemito prolungato. "E togliere anche il PetrificusTotalus, già
che ci sei."
Lui incrocia le braccia: "Lo
preferisco così, se non ti spiace. Almeno non se ne andrà da nessuna
parte."
"Loki,
l'hai infilzato con lo Scettro... direi che gliene hai già combinate
abbastanza."
Alza le spalle un uno sbuffo e Coulson riprende a muoversi di colpo. Gli tappo la bocca
con la mano. "Ti prego, ti scongiuro: Devi starmi a sentire. Dopo, allora,
potrai scegliere se chiamare Fury e denunciarmi o
fidarti ancora – un pochino – di me." Tolgo la mano dalla bocca quando
vedo lo sguardo e il respiro calmarsi e lo aiuto ad alzarsi.
Coulson si aggiusta la cravatta e si liscia
la giacca, rifila il suo peggior sguardo a Loki che
gli risponde con un sorrisetto sarcastico e gli consiglia di togliersi quel
ghigno di dosso: "Che non mi hai ucciso."
"Appunto" Puntualizzo,
trascinandolo sul divano: "Non per girare il coltello nella piaga ma –"
"O, meglio, lo scettro"
Sogghigna Loki.
Lo ignoriamo, anche se la
respirazione di Coulson è aumentata notevolmente:
"Ma tutto questo non ha senso."
Coulson si lascia cadere sui cuscini:
"Resta il fatto che tu mi credevi morto e non ti sei fatta remore a
saltare addosso al mio assassino."
"Le remore se le è fatte
eccome, ma il mio fascino ha prevalso."
Alzo gli occhi al cielo: "Loki, per favore..." Lui risponde con tono falsamente
innocente che stava solo cercando di darmi una mano. Sì, come no. "Non è stato esattamente una cosa immediata ma...
ammetto le mie colpe. Io e Loki abbiamo una relazione
ed insieme ne abbiamo passate di cotte e di crude."
"E noi all'Inferno ci siamo
finiti per davvero." Il campanello suona e Loki
va ad aprire senza che lo inviti a farlo. Prende le pizze, rifila le banconote
in mano al ragazzo e quando lui chiede la mancia si limita a sibilare uno 'sparisci' prima di chiudergli la porta
in faccia.
"Appoggiale qui." Dico
facendo posto sul tavolino davanti al divano e sedendomi per terra. Loki storce il naso, mi consegna il mio cartone di pizza,
poi appoggia la sua sul tavolo della cucina. Cerca e trova coltello e
forchette, un bicchiere, e si mette a tagliarla e a mangiarla seduto
compostamente con la schiena dritta.
Coulson alza un sopracciglio ed io alzo le
spalle con un gesto noncurante: "Odia toccare il cibo con le mani, dice
che è da bifolchi. Guarda caso, Thor dimostra una certa allergia alle posate.
Vuoi un pezzo della mia?"
"No, grazie. Non ho fame."
"D'accordo. Iniziamo a parlare
del tuo ricovero. Dimmi qualcosa."
Coulson si sforza e si gratta una tempia:
"Era tutto bianco."
"Tahiti?"
"È un posto magico."
Risponde automaticamente. Poi si mordicchia il labbro inferiore, una ruga di
preoccupazione sulla fronte ampia.
“Concorderai con me che questa
risposta mi sembra un po’ forzata, no?È
già la seconda volta che te la sento dire.”
Lui alza le spalle: “Beh, è così.
Chiunque non potrà che affermarlo.”
Vediamo. Prendo il cellulare e cerco il
numero di Natasha. Mi risponde al terzo squillo: “Addison, io non –”
Imposto il viva voce: “Non importa.
Se dico Tahiti, tu che mi rispondi?”
“… Dici che potrebbe piacere a Clint
come regalo?”
“Sei stata abbastanza esaustiva,
grazie.” Termino la chiamata.
“Oh, ma Romanoff
non c’entra!” Esclama Coulson: “Lei è un caso a
parte!”
“Allora dimmi qual è il tuo ultimi
ricordo e qual è il primo.”
Non fa fatica a rispondere alla
prima parte della domanda: “Il Direttore Fury.”
Loki scoppia a ridere: “Bella come
ultima immagine prima di crepare!”
“Loki,
sta’ zitto.” Torno a concentrarmi su Coulson. “E
poi?”
Lui sospira e si lascia andare sullo
schienale del divano. Scuote la testa e poi pesca un trancio della mia pizza
dal cartone. Ne mastica un altro boccone e poi scuote di nuovo la testa: “La
prima cosa che ricordo è che mi risveglio in una capanna su una spiaggia con
una massaggiatrice – una massaggiatrice in senso che massaggia, non che fa
altro- che si occupa della mia schiena.
Ricordo il rumore delle onde ed il profumo del mare. I granelli di sabbia tra
le dita dei piedi. I muscoli intorpiditi come se avessi dormito a lungo. Eppure
quella donna mi assicurò che mi ero appena rilassato.” Mi fissa con uno sguardo
assente e perso. Cerco la sua mano, appoggiata su un ginocchio e la stringo.
Dopo un istante Coulson si affretta a toglierla.
“Sei sicura di quello che hai visto?
Il mio… cadavere, intendo.” Annuisco. “E allora…?”
“Non ne ho idea. Siero del
supersoldato, forse?”
“Lo escludo. Mi sento diverso ma non
sino a quel punto. Un Life ModelDecoy?
Sono questo?”
“Respiri, emani calore, vedo la vena
sul tuo collo pulsare: non puoi essere un androide.”
“Pochi giorni fa sono stato colpito
e sanguinavo” Asserisce. “Sento i sapori, gli odori, il dolore fisico. Non
posso essere un LMD.”
Loki si è alzato dalla sedia e si è
appoggiato ad un mobile con aria svogliata ed un bicchiere di Coca Cola in
mano: “Tahiti?” chiede improvvisamente.
“È un posto magico”
“No, è ipnosi.” Lo fissiamo entrambi
e Loki raddrizza la postura e alza la testa con
fierezza, abbandonando il bicchiere sul mobile. “Sei semplicemente ipnotizzato.
E su di te ha operato qualcuno di molto bravo, se hai tutto sommato un aspetto
sano ed uno sguardo presente. Immagino che la vostra tecnologia abbia
sviluppato qualcosa di simile allo Scettro di Thanos:
un dispositivo che può carpire e modificare la volontà e la mente altrui
pienamente.”
“Dispositivi di induzione mnemonica:
è un ramo della neuroscienza già molto avanzato. Natasha
stessa ne è stata vittima, quando era nella Red Room.
Le venivano tolti o modificati i ricordi secondo le necessità dei suoi
superiori.” Spiego. “E anche lei a volte associa parole a risposte precise.
Sono Word-up,
parole in codice legate a una sensazione, o un ricordo che deve essere
predominante e nascondere gli altri.”
Coulson scuote la testa di nuovo e
tamburella le dita sul ginocchio. “Fury mi ha
affidato una nuova squadra ed in discreto numero di attrezzature. Da che sono
tornato in servizio, questa è la prima volta che rientro ad una base. Sono
sempre stato fuori.”
“Quando Fury,
in genere, preferiva tenerti sempre a portata di mano.”
Annuisce.
Loki fa una smorfia: “Se continua così,
mi toccherà ammirarlo.”
“Non è stando qui che capirò cosa mi
è successo.” Sbotta Coulson alzandosi. “Grazie per il
trancio di pizza, era molto buono. E per la consulenza.” Si avvicina alla
porta. “Tuttavia, Borgo, il mio dovere sarebbe fare rapporto a Fury.”
Loki sogghigna: “Fallo, e quando tu e la
tua squadra tornerete a prenderla non la troverete più qui. Quanto a me, sarei
alle tue spalle. E questa volta mi assicurerei di fare un lavoro definitivo.”
Clima
natalizio,
proprio così lo immaginavo.
Coulson ha già una mano sulla maniglia
della porta. “Tuttavia Fury non è esattamente limpido
con me, ultimamente. Credo che omettere questa serata possa mettere un po’ in
pari le cose.”
“Ti ringrazio.” Riesco solo a
bisbigliare.
“Mi hai deluso molto, Borgo. Ti
facevo più leale e più furba. Ed invece, hai un debole per il cattivo ragazzo
come tutte quante. ” Si chiude la porta alle sue spalle.
Loki brontola una lamentela sulla sua
cafonaggine: “Un paio di frasi così, ad effetto, per provare a farti sentire in
colpa. Non dargli ascolto, non sei peggio di chiunque altro tu conosca.”
Annuisco piano, guardo la pizza
ancora intatta sul tavolino e decido che improvvisamente ho sonno. Mi sfilo i
vestiti di dosso e mi infilo sotto le coperte.
Dopo qualche minuto sento una
pressione sul materasso e Loki coricarsi al mio
fianco, vicinissimo a me ma senza sfiorarmi.
“Immagino il tuo rammarico.”
Bisbiglia. “Per te tutto ciò deve essere fonte di angoscia.”
Vorrei annuire e spiegargli come sua
assenza e la sua presenza si equivalgano: sollievo e tormento allo stesso
tempo. Un continuo altalenarsi di emozioni. Quando non c’è lo vorrei al mio
fianco, eppure capisco l’impossibilità della nostra relazione. Quando c’è
vorrei che scomparisse per sempre e vorrei tornare la GreyRaven
mangia uomini, eppure non posso che avere un tuffo al cuore quando lo vedo, e
stare bene tra le sue braccia, e trovare così belli i suoi rari sorrisi, e
perfette le carezze che mi regalano le sue dita lunghe e affusolate.
“Sarebbe tremendo.” Nell’oscurità la
mia vista dorata cerca il suo profilo affilato nel cuscino accanto. Ha la
mascella chiusa e contratta, e gli occhi chiusi, in attesa. “Se non pensassi
che potrebbe valerne la pena.”
Resta un attimo immobile, poi
respira profondamente come se si stesse rilassando. Cerco tra le lenzuola la
sua mano, intreccia le dita con le mie e le stringe forte.
Ci addormentiamo insieme.
Al risveglio, però, mi ritrovo da
sola: Loki se ne è già andato, detesto quando lo fa
senza salutarmi e anche lui lo sa perfettamente. Poi però noto Dracula appoggiato sul cuscino su cui
dormiva. È aperto su una delle pagine dedicate al Diario di Jonathan Harker. E c’è una frase, che mi colpisce, e di sicuro Loki non ha lasciato il libro aperto a caso su quella
pagina:
Nessuno
può sapere, se non dopo una notte di patimenti, quanto dolce e prezioso al
cuore e agli occhi possa essere il mattino.
Piego l’angolo della pagina per
tenere il segno. Richiudo il libro e vado alla finestra aprendo le tende.
Fuori il cielo è bianco, e nella
luce opalescente piccoli fiocchi di neve danzano leggeri. Un paio si posano sul
davanzale e si sciolgono al contatto con il cemento freddo.
Sette piani più sotto, le strade
sono già affollate dal solito via vai di gente in preda alla frenesia degli
acquisti. È Natale, di nuovo.
Devo comprare ancora dei regali e
prepararmi al Brindisi.
Mi sento inconcepibilmente serena.
E’
Nataaaaaale ancora la graaaaandefeeeeestaaaaa che saaaaa
Tutti
conquiiiistaaaaaaaarrrr!
Ancora
grazie, grazie e GRAZIE a chi sta seguendo questa solita ACCOZZAGLIA di
inconcludenti storie.
E
FINALMENTE ABBIAMO PHIL INDIEEEEETROOO!
Un
po’ (tanto) confuso e giustamente abbastanza incazzato, ma meglio di niente.
Che
altro dire? Anche questa raccolta volge al termine, visto che non prevedo di
fare più di un altro capitolo…
Perché
dai, alla fine il Brindisi lo vogliamo, no?
NO?
Quindi
Grazie, Grazie e Grazie a chi ha supportato e SOPPORTATO GreyRaven
e la sottoscritta.
Grazie
di cuore.
EC
E dimenticavo, come sempre, di segnalarvi il mio ask, nel caso qualcuno avesse domande, curiosità o semplicemente volesse fare due chiacchiere: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos
And the boys of the NYPD choir's still singing Galway
Bay
And the bells were ringing out
For christmas day.
[The Pogues & Kristy MacColl – Fairytale of New
York]
"Banner,
togliti quel sorriso dalla faccia. Stiamo andando alla cena di Natale, non a
divertirci." Brontola Tony controllando il sedile posteriore attraverso lo
specchietto retrovisore. Resa un po' goffa dal pancione e dalla cintura, Pepper
si volta per rassicurarlo: "Sorridi e sii sereno quanto vuoi, Bruce, Tony
è solo un po' indispettito perché ho voluto prendere il SUV e non la sua nuova
Jaguar. Lo sai com'è quando dici di no ad un suo capriccio...!"
"Mio
capriccio? Lo facevo per Happy, che oggi l'ha fatta lucidare a specchio pronta
per la sua entrata trionfale a Casa Potts. Sei tu la capricciosa."
"I
miei sono ormoni, non capricci. E per la cronaca, ho voluto a tutti i costi
prendere su il Suv perché sai cosa ne pensa mia madre delle auto
sportive..."
Tony
storce la bocca ed inizia a scimmiottare: "Non è un'auto sicura! È bassa e
va troppo veloce! Mia figlia incinta non può sedere su una macchina così bassa,
le parte la sciatica, l'ernia, le vena safena, le emorroidi!"
"Tony!"
Protesta Pepper, ma con le labbra rosse stese in un sorriso.
"Ok,
forse le emorroidi sono un po' esagerate." Ammette Tony: "Ma il succo
è quello. Ed è tutta colpa dei tuoi cognati che hanno preso questi... questi...
cosi come auto famigliari. Sono così
in alto da pensare di guidare una gru! Come si fa a mantenere il controllo di
stabilità e l'aderenza su strada da quest'altezza? Come...come puoi sentirti
una persona di successo, un vero
uomo, a pilotare una camionetta simile? Non si sente neppure il rumore del
motore!"
"Oh,
Tony, ti prego... è una Maserati! Farai comunque la tua bella figura!"
"I
SUV non vengono comprati per la sicurezza della famiglia, ma come compensazione
della propria virilità mancante! I tuoi cognati sono tutti dei tappetti
comandati a bacchetta dalle loro mogli, abbastanza sfigatelli, stempiati, con
la pancetta e con dei lavori ordinari, banali e dozzinali."
"Non
sei esattamente uno spilungone..."
"Fai
poco lo spiritoso là dietro, che ti si vedono le maniglie dell'amore da
qui!"
"I
miei cognati non hanno lavori dozzinali. Stiamo parlando di un avvocato e del chirurgo plastico a cui devi l'assenza di zampe di gallina
attorno agli occhi!"
Bruce
scoppia a ridere, Tony ringhia: "Quante volte te lo devo ripetere, Pepper:
non davanti ai ragazzi. Ora Bruce manderà un messaggio a Barton e sarò lo
zimbello dei Vendicatori!"
Barton è
già al terzo giro di spumante e la festa vera e propria non è ancora iniziata.
Ne ha fatto uno con la Congrega del Cecchino Perfetto, la piccola combriccola
con cui si allena al poligono, e gli altri con il Club del Poker e la Squadra
Artificieri, suoi colleghi prediletti che gli passano sottobanco gli esplosivi
sequestrati che poi riutilizza per le sue munizioni o i petardi fai-da-te.
È
abbastanza rilassato ma non ancora del tutto sciolto, eppure si sente
abbastanza audace da catturare Natasha in mezzo al corridoio e costringerla ad
un giro di tango con casqué e bacio finale.
Casualmente
- o forse no - davanti a Bobbi Morse, che commenta con una smorfia disgustata.
Natasha, invece con una manrovescio e l'espressione furente: "Ripigliati,
ragazzo, sono appena le cinque. E non farlo mai più!"
"Di
solito ti piace!" Borbotta massaggiandosi la guancia lesa.
"Non
mi piace avere del pubblico, lo sai bene."
Clint alza
gli occhi un po' appannati al cielo: "D'accordo. Come vuoi. Allora lo
scambio di regali lo facciamo in privato?"
Natasha
annuisce velocemente. "Non ora, devo passare in amministrazione. Ho un
sacco di rapporti in arretrato da consegnare."
Quando le
fa notare che l'amministrazione è chiusa da mezzogiorno, Natasha è già sparita
nel corridoio.
In una
stazione di servizio a 75 miglia da Hartford Darcy aveva insistito per un
cambio guida, lamentandosi di annoiarsi a morte a fare sempre la parte del
passeggero. Maria gli aveva lanciato le chiavi avvisandola di essere una
pessima compagna di viaggio, se non era alla guida. "E che fai, ti
addormenti? Non preoccuparti, ci penso io!"
Per questo
erano ormai quaranta minuti che cantava Yankee
Doodle. "Scommetto che non l'avevi mai sentita tutta intera, eh?"
"Già.
E pensa che vivevo comunque bene!"
"È l'inno
del Connecticut. Ed io sono del Connecticut. Ed indovina? Siamo in Connecticut.
Ama questa canzone e lo stato che ti sta ospitando! Yankee Doodle went to town, a-riding on a pony, stuck
a feather in his cap and called it macaroni!Non fare quella faccia! Se tu mi
chiedessi di cantare Sweet Home Chicago
lo farei!"
"Odio
quella canzone..."
"Come
si fa ad odiare il blues dell'Illinois?"
"Dopo
che l'hai sentito sino allo sfinimento per tutta la vita..."
"Hey!
Io ascolto Yankee Doodle da che sono
nata, ma mica la odio!"
"...
me ne ero accorta."
Darcy
imbocca la Highway 91 in direzione di Windsor e la rassicura che manca poco:
"Tra venti minuti verrai travolta
dall'atmosfera natalizia della famiglia Lewis: mamma imbottita di xanax per
combattere l'ansia da prestazione culinaria, fratello tredicenne in preda agli
ormoni, padre mancato comico del Saturday Night Live, nonna completamente sorda
e prozio Humbert completamente rimbambito: crede ancora di essere in Normandia,
mamma dice che non si è più ripreso dal D-Day."
"Avremmo
dovuto portarci dietro Cap."
"Hai
ragione, avrebbero fatto faville quei due insieme."
"E...
tutta questa bolgia famigliare come credi che la prenderà la nostra... uhm, notizia?"
Darcy
storce la bocca: "Oh beh, l'unica cosa certa è che nonna non sentirà
nulla."
Beth
inspira profondamente quando la spia dell'allacciamento cinture si accende per
l'atterraggio all'aeroporto di Jackson, Mississippi: "Allora: io ti
avviso. Papàun po'... come
dire..."
"Repubblicano."
Eliza finisce la spiegazione della sorella e si stiracchia dal posto accanto al
finestrino, prima di spegnere l'e-reader ed infilarlo nella tasca della
borsetta.
Beth
scrolla le spalle e Steve fa segno di non capire. "Beh, la nostra è una
grande nazione, e c'è libertà d'espressione, no?"
"Sì
ma lui... è un po'... come dire..."
"Arretrato."
Steve
scoppia a ridere: "Non credo che mi ruberà il primato!"
"Stevie,
tesoro, cosa ne pensi della caccia?" Tenta Eliza.
"La
troverei pari se anche gli animali avessero un fucile."
"Bella
battuta, nel mondo civile. Ma siamo nel profondo sud, da nostro padre. La
risposta giusta è: Il mio più grande
sogno è un safari di caccia grossa in Africa. Ah, e ti prego, falli i
complimenti per il suo dannatissimo
pick up. E digli che ne hai uno: papà non concepisce come a New York la gente
possa vivere benissimo senza un pick up con il paravacche davanti. Non avere
un'auto grossa, per lui, non è da vero
uomo."
Come Babba
Natale sono davvero una mezzasega:
Quando sono andata a salutare gli Stark prima della loro partenza mi sono
scordata nella Tower i regali degli altri nel bel mezzo della Lounge. Mi
materializzo con Morrigan, recupero le borse dei regali imprecando cercando di
vincere i giramenti di testa – Teletrasporto e quattro bicchieri di spumante
non sono esattamente un’accoppiata vincente –e solo quando sono pronta a volatilizzarmi di nuovo mi rendo conto di
non essere sola.
Vicino al
caminetto acceso, con le mani appoggiate alle ginocchia ed i capelli biondi e
sciolti ad evidenziarne l’ aspetto depresso, Thor fissa le fiamme con sguardo
assente. Quando lo chiamo mi guarda con un piccolo, mesto sorriso.
Appoggio
le borse sul divano e mi avvicino, sedendomi di fianco a lui: "Hey, Mr
Tuono, che è successo?"
Scuote
appena la testa: "Questo è per me un triste anniversario."
Oh già, cavoli, è vero. La Festa di Yule su Asgard deve
aver assunto un tono decisamente diverso, da quando l'anno scorso Frigga è
stata uccisa proprio durante il banchetto. Gli prendo la manona tra le mie e
gliela stringo. "Mi dispiace."
"E
con Jane è finita."
Certo che il tatto di quella ragazza è davvero notevole. Scosto una ciocca di capelli dalla
faccia per passargliela dietro all'orecchio e mi fermo a guardare il viso di
Thor, i suoi lineamenti scolpiti ed incorniciati dalla barba, gli occhi
celesti...
Jane deve avere le pigne in testa, per scaricare uno così.
Ed io devo
anche stare abbastanza attenta a quello che faccio, che Loki potrebbe non
prendere esattamente bene certi complimenti nei confronti del fratello.
"E
quindi, intendi passare questa serata da solo davanti al camino?"
Thor
scrolla le spalle. "Non ho voglia di tornare su Asgard. Ma vedo che tutti
questa sera avevate i vostri progetti. Mi sembra giusto. Non voglio attardarti
oltre."
"Non
meriti di passare la serata da solo."
"Non
preoccuparti per me."
"Potresti
venire con me. Teoricamente la festa a cui parteciperò sarebbe solo per gli
agenti S.H.I.E.L.D. ma... diamine, credi davvero che qualcuno si lamenterebbe
se portassi con me il possente Thor?"
Howie deve
aver deciso che il Natale l'avrebbe passato sulla vescica di sua madre. È la
quinta volta, nel tragitto tra Manhattan a Long Island, che devono fermarsi per
far correre – per quanto ci riesca nelle sue condizioni – Pepper nel bagno di
una stazione di servizio."Tesoro, tieni la macchina accesa, farò
prestissimo: siamo già in ritardo, e Salty si incazza a morte quando facciamo
tardi!"
"Salty?"
Chiede Bruce. "Chi è Salty?"
Tony si
volta: "Cosa ti ricordi delle sorelle di Pepper?"
"Uhm,
quello che ho visto al matrimonio,cioè che insieme sembrano tre gemelle. Che
altro dovrei sapere? Sino ad ora hai parlato solo di suo cognato!"
Roteando
gli occhi, Tony si degna di spiegare: "Allora: Salty è Sarah, la sorella maggiore: avvocato dello studio rivale a quello di suo marito. Vittima di
una perenne sindrome premestruale, possiamo definirla la 'Miranda Priestley' di Casa Potts. Credimi quando ti dico che il
Cerbiatto Asgardiano è di gran lunga più simpatico di lei. Lei e suo marito hanno
due gemelle, di cui non ricordo affatto il nome, che sembrano uscite direttamente
dallo Shining di Kubrik. E ho detto tutto. Più piccola di Pepper, invece, è Ginger. È la più rossa di tutte, vice capo redattrice del Wall Street Journal e
ha conosciuto suo marito – il famoso chirurgo plastico – quando appunto si è
fatta fare la mastoplastica additiva. Ora ha tette così grosse e sode che
potrebbero essere usate come armi. Ginger sarebbe abbastanza simpatica, se non
avesse un tono di voce da gallina strozzata. Per questo perde sempre sua
figlia: la bambina scappa e si nasconde per non sentire la voce della
madre."
Bruce
sghignazza: "Pepper, Ginger e Salty. Certo che i signori Potts hanno avuto
una bella fantasia con i soprannomi."
"Beh,
sì. Il signor Potts pare fosse un uomo di spirito, e con una moglie di nome
Olivia..."
"Oh,
cielo. La famiglia Condimenti...!"
"Già."
Quando il
padre di Beth ed Eliza le vede uscire dalla porta degli Arrivi all’aeroporto,
le stritola in un abbraccio con un gran sorriso chiamandole 'Le mie bambine',
prima di porgere la grossa mano a Steve e stringergliela con calore. "E
quindi tu sei il Capitano Rogers! Ah-ha!"
ride rumorosamente, puntualizzando la sua giovialità con una pacca sulla
spalla. "Benvenuto a Jackson, ragazzo! Puoi chiamarmi Frank!"
"La
prego, mi chiami Steve. La ringrazio dell'ospitalità, Frank, è davvero un
piacere conoscerla."
"Il
piacere è tutto mio, Steve, Ah-ha!"
Apre il baule del pick up e Steve improvvisamente si ricorda dell'avviso di
Eliza.
"Accidenti,
ha davvero un bel macchinone, Frank!"
Dietro le
spalle del padre, entrambe le ragazze alzano il pollice come Ok.
"Ah-ha! Lo considero il figlio maschio
che non ho mai avuto! Anche tu ne hai uno? Non sarai mica uno di quei fighetti
cittadini che vanno sui mezzi pubblici, vero?"
"Oh, nossignore, ho un Hummer nero. E la mia
Har-" Beth ed Eliza si affrettano a scuotere la testa con occhi allarmati.
"La mia Willys. La mia vecchia Jeep Willys da collezione. È della seconda
guerra mondiale, ci sono molto affezionato."
"Per
la miseria, ragazzo!" Altra pacca sulla spalla: "Finalmente una delle
mie figlie mi porta a casa un uomo vero, non uno di quei colletti bianchi che
frequenta Eliza! Ah-ha! Salite,
salite: mia moglie non vede l'ora di conoscerti. Ah-ha!"
La Signora
Lewis ha accolto Darcy sbaciucchiandola con foga. "La mia bambiiiiiiina è
tornata a casa! Jaaack! JAAAAAAAAAACK!" Maria non è sicura che il timpano
sinistro abbia retto alla chiamata. In compenso il Signor Lewis si è affacciato
dalle scale senza scomporsi. "La nostra bambiiiiiiiiina!"
"L'ho
vista, l'ho vista, sto arrivando a salutarla. Perdona tua madre, Darcy, ma
quest'anno ha mandato giù lo xanax con un bicchiere di sherry."
"Accidenti,
ci stiamo evolvendo. Beh, vi presento Maria, lei è... "
"La
tua ammiiiiiiiiica!" La Hill si ritrova effettivamente travolta dalla sbaciucchiosa signora
Lewis. "Sì, signora, è un piacere anche per me" Riesce solo a
bofonchiare, reggendosi allo stipite della porta. Più composto è il Signor
Lewis, che si esibisce in un galante baciamano accompagnato da un occhiolino.
Tim Lewis
è invece comparso dalla porta del seminterrato e saluta la sorella con una
pacca sulla schiena: "Ciao Da', meno male che sei arrivata, mamma era
certa che ti saresti schiantata in autostrada."
"Non
ho detto questo!" Protesta Mrs Lewis: "Solo che, conoscendo la guida
di Darcy, e tutta la neve e le strade ghiacciate... beh, ero un po'
preoccupata, ecco. Ma sono sicura che Maria sia stata un'ottima
navigatriiiiiiice!"
"Oh,
beh, Darcy non ne ha un reale bisogno."
Mrs Lewis
esplode in una incomprensibile risata squillante e si dirige in cucina.
"Io
sono Tim" Si presenta il ragazzino. La squadra da capo a piedi e poi si
accarezza il mento come a lisciarsi un pizzetto inesistente. Tony Stark sta decisamente raccogliendo
troppi improbabili proseliti. "Fai la modella, per caso?"
"Ahem,
no. Io sono vice direttrice in un’agenzia per la difesa."
Tim
scoppia a ridere: "Oh, non ho dubbi che tu debba difenderti, con il telaio che ti ritrovi!"
Fortunatamente
per lui, Darcy interviene per prima rifilandogli solo un grosso pizzicotto sul collo spingendolo in sala.
"Sparisci, verme. Scusalo. Lui è... beh, un cretino."
"No,
è solo un maschio."
"Da
quando le due cose non sono affini? Vabbè, non importa, vieni di sopra? Ti
faccio vedere camera mia. Mamma ti ha preparato un letto lì, perché nella
camera degli ospiti ci dorme nonna e nel seminterrato il prozio che... beh, gli
ricorda la trincea e si sente al sicuro."
"Non
vi dispiaaaaace, vero, condividere la stessa stanza?" Mrs Lewis è
ricomparsa ondeggiando i boccoli freschi di permanente. "È che Nonna...
beh, russa un po'."
"Chiamalo
un po', un Natale i vicini hanno chiamato credendo che avessimo lasciato lo
spazzaneve acceso in garage..."
Maria
trattiene una risatina: "Non si preoccupi, non ho nessun problema a
condividere la stanza con Darcy. Non russa!"
"Oh
tesooooro! È una vera fortuna avere un'amica così delizioooosa!" Applaude
Mrs Lewis: "Darcy, amore, non sai che sollievo sapere che frequenti
persone così carine e non solo quella scontrosa raccattaguai della dottoressa
Foster!"
" È davvero
una bellissima casa." Per andare sul sicuro, Steve si è dimostrato
interessato e meravigliato da qualsiasi cosa incontrasse per strada. La casa,
comunque, merita davvero i complimenti: grande, in stile coloniale, spicca in
mezzo ai campi appena fuori città. Sulla veranda, accucciati, i due grossissimi
levrieri di casa attendono finché il loro padrone non gli da il via libera con
un fischio per correre incontro alle due ragazze ed annusare il nuovo arrivato.
La madre
di Beth ed Eliza, una donna biondo platino con il muso da carlino, stritola le
figlie in un abbraccio per poi gettarsi – lacrime agli occhi dalla commozione –
tra le braccia di Steve: "Cielo, caro,
sei ancora più bello di quanto immaginassi!"
"Ah-Ha! Dovrò fare attenzione, altrimenti
mi ruberai anche la moglie, ragazzo! E adesso entra in casa, ti mostro la mia
collezione di fucili e di trofei, intanto che le donne sbrigheranno le loro
faccende."
"Oh,
beh, se in qualche modo posso essere d'aiuto...!"
"Non
vorrai mica perderti in cose da donna, ragazzo! Ah-ha!"
Bobbie
Morse si è sistemata trucco e capelli, infilata in un tubino stretto e nero e
tacchettando sugli altissimi tacchi si è offerta per portare un paio di vassoi
di tartine dall'aria deliziosa nell’atrio del settimo piano, adibito a sala
buffet. Ridacchia un civettuolo 'non si
tocca' picchiettando sulla mano di un McKenzie che tenta di rubarne una, ed
imbocca il corridoio principale.
Quando
svolta l'angolo e si ritrova davanti ad un alto, muscoloso, bellissimo dio
nordico biondo dalle braccia scoperte, la forza le scivola completamente dalle
mani insieme ai vassoi di tartine. Ne riesce a trattenere solo quella, al
salmone, nell'angolo vicino al suo braccio. Le altre volano tutte a terra, più
o meno allo stesso livello della sua dignità.
"Ed è
questo il motivo per cui non hai
passato i test per essere un'Agente Attiva." Sorrisetto mellifluo e
striminzito maglioncino di lana color avorio a tema natalizio, Addison Borgo compare
da dietro la possente schiena di Thor: "I tuoi nervi cedono facilmente.
Però ne hai salvata una: stai migliorando." Agguanta la tartina prima che
possa fermarla e se la infila tra le labbra scarlatte. Ne morde metà e l'altra
la concede a Thor. Poi lo prende sotto braccio e, sculettando, lo guida sino al
buffet ciacolando sulle varie usanze natalizie.
Puttana.
Salty apre
la porta con la sigaretta elettronica tra le dita e la solita aria scocciata:
"Siete in ritardo, come i veri VIPS!" Da dietro compare Ginger, che
la scansa per gettarsi tra le braccia i Pepper e squittire: "Accidenti,
Pep! Sei uno splendore! Guarda che bella pancia!"
Tony si
massaggia un timpano. Bruce teme che quel tono di voce faccia lo stesso
effetto, sull'Altro, di una quindicina di gessetti che stridono sulla Lavagna.
Però al momento la situazione è ancora sotto controllo. "E tu sei Bruce,
vero? Oh Cielo, con i capelli rasati sei quasi irriconoscibile!"
"Sì,
sì, tutto quel pelo gli faceva surriscaldare il cervello." Si intromette Tony.
"Ora, con permesso, Ginger, ma qui fuori si gela."
"Hey
Tony, auguri!" Saluta il chirurgo estetico. "Sparito il gonfiore post
botulino?" Sguardo inceneritore di Tony e il cognato se ne compiace.
"Direi di sì! Hai ripreso la mobilità delle palpebre, ottimo. Vuoi del
punch?"
Dopo un
primo turbinio di saluti, convenevoli e abbracci, le quattro donne tornano a
concentrarsi sulla gravidanza di Pepper: Mrs Potts continuando a sospirare e ad
esprimere la sua preoccupazione circa il mancato riposo della figlia in un
momento così delicato – Hai lavorato
anche questa sera! Anche la sera della vigilia! - Salty minimizzando l'eccezionalità
dell'evento - È una gravidanza ordinaria,
non un parto gemellare come il mio! - e Ginger continuando a squittire con
la sua vocetta acuta - Sei uno splendore,
Pep, uno splendore. Ma guarda che glutei! Caro, CARO! Si può fare qualcosa per
i miei di glutei?”
La testina
rossa e riccia della figlia di Ginger compare da sotto una poltrona: si guarda
attorno per assicurarsi che la madre sia fuori dalla portata delle sue
orecchie, e poi si lancia su Bruce, cercando protezione tra le sue gambe.
"Ciao!"
"Ciao."
"Sei
il testimone di nozze dello zio Tony." Bruce annuisce e si china sui
talloni per incontrare lo sguardo della bambina. "Sei un Vendicatore anche
tu?"
Lui ride.
"L'identità dei Vendicatori è segreta. A parte quella di Zio Tony, che è
IronMan e può permetterselo."
"Beh,
però tu li conosci, gli altri Vendicatori?"
"Certo."
"Allora
puoi dare un disegno al mio preferito?"
"D'accordo.
Chi è?"
"L'Hulk."
Bruce strabuzza gli occhi: "Mamma dice che non dovrei, perché l'Hulk è
pericoloso, spacca tutto, è perennemente sudato e quindi probabilmente puzza.
Ma a me piace. Mette in disordine tutto, ma è abbastanza grosso perché nessuno
lo sgridi. Allora, gli darai il mio disegno?"
"Ehm...
certo. Sicuro. Sono certo che apprezzerà tantissimo. Lo appenderà in
camera."
La piccola
sospira sognante: "Vorrei tanto vedere la cameretta dell'Hulk... sono
sicura che è così in disordine!"
Bruce si
gratta la testa, e pensa che in effetti camera sua è un vero casino e che
nessuno ha mai avuto da ridire per questo.
Mrs Potts
ricompare dalla cucina invitando tutti quanti a sedersi a tavola: "Bruce,
tu sei l'ospite, hai il posto d'onore a capotavola. Di fianco a me."
Tony per
poco non si strozza con il punch.
"Nonna,
ti presento Maria, la mia amica."
La vecchia
fissa annuendo Darcy attraverso gli enormi e spessi occhiali d'osso e poi
guarda la Hill: "La cugina Martha! Allora è tornata dal Canada!"
"Ehm,
no, nonna. È Maria, Ma-ria. Una mia amica. A-mica!"
Per
facilitare la presentazione la Hill le afferra la mano rugosa e la stringe
abbozzando un sorriso a metà tra l’imbarazzante e il divertito: "Piacere. Pia-cere!"
La nonna
la fissa, annuisce e ha un moto d'intuizione: "Ah! Sei il facchino! Puoi
appoggiare la roba lì, cara. Darcy, la paghi tu?"
Ok,
potrebbe andar peggio. Il prozio, da dietro al tavolo, ha apertamente dichiarato
che non firmerà nessun trattato di pace e che i dannati tedeschi non avranno tregua dalle sue pallottole neppure a
Natale.
Mr Lewis e
Tim tentano di apparecchiare la tavola nonostante le intemperanze di Mrs Lewis,
che continua a cambiare idea sulla disposizione del centrotavola e del
candelabro, squittendo un inesorabile countdown alla cottura dell'arrosto.
Tim
suggerisce infine al padre di usare altro Xanax. "Nah, ne ha già preso a
sufficienza oggi: finirebbe con il collassare a terra. E chi la prepara poi la
cena?"
"Pa',
non è così brutti mangiarsi una pizza a Natale, eh!"
Nonna
scatta in piedi: "Pizza! Oh sì, l'ha portata lei!" esclama indicando
Maria. "Su', pagate questa povera Pony Express, è Natale e vorrà tornare a
casa dalla sua famiglia!"
A parte la
piccola scarica elettrica post sorpresa – pressoché innocua a parte due lampadine
fulminate ed i miei capelli diventati un cespuglio elettrizzato – Thor ha preso
il ritorno di Coulson abbastanza bene. Alterna pacche alla schiena – se
continua così temo che Coulson non resterà ancora a lungo tra noi – a scrosci
di risate e ad inviti a bere.
Comunque,
il più eccitato della sua partecipazione alla festa, a parte lo stuolo di
agenti femmine con evidenti problemi a tenere le mutande al loro posto, è senza
dubbio Clint.
Non riesce
a stare fermo un secondo, saltella come un bambino davanti all'Albero di Natale
imbottito di regali, ride come uno scemo e continua a far bere tutti quanti.
Natasha lo redarguisce: "Fai il bravo o disintegro il tuo regalo."
Lui, ormai
evidentemente sciolto da ogni briglia comportamentale, si mette in ginocchio
pigolando di essere stato tanto tanto buono quest'anno. Le ricorda chi ha fatto
il bucato a casa, chi tira l'aspirapolvere e chi cucina. "Me la merito
questa serata, sono proprio bravo!"
Il
Direttore sceglie proprio questo momento per entrare nella Sala. Guarda Barton
in ginocchio, Natasha livida in volto dalla vergogna, Coulson con il bicchiere
in mano ed io abbracciata all'ospite d'onore. Infine squadra Thor, che lo
saluta alzando la mano, e indica Clint con un cenno del mento: "Dimmi che
sei qui per prenderti questo idiota e portartelo ad Asgard." Natasha si
dichiara favorevole al trasferimento, io le ricordo che se non fosse per Barton
a casa si mangerebbe molto poco e lei ribadisce che sarebbe comunque una
controindicazione di poca importanza.
Thor scrolla
la chioma bionda – due planciste che passavano poco casualmente nelle vicinanze
accusano un malore – dichiarando la sua ferma intenzione di non tornare ad Asgard
quella sera. Mi passa un braccio attorno alle spalle – bella cosa, eh, ma mi auguro caldamente che suo fratello non compaia da
nessuna parte - e mi stringe: "Rendo onore all'offerta di ospitalità
di Lady GreyRaven. Non è mia intenzione farla preoccupare ulteriormente per il
mio umore, nevvero?"
Fury piega
la testa, ci guarda insieme, e poi annuisce: "Sì, sì. Va bene così. Il
codice dell'Armeria 1 lo conosci ancora, vero Borgo?"
Direttore, lei ha un posto assicurato nel girone degli
stronzi.
Abbozzo un
sorriso e cinguetto: "Volevo un Natale elettrizzante!"
Le labbra
arricciate di sdegno di Nat si sciolgono appena in un sorrisetto, Thor esplode
in una fragorosa risata e rifila l'ormai usuale pacca sulla schiena a Clint,
che non ammortizza l'urto e rotola per terra. Coulson, invece, non incrocia il
mio sguardo e anzi, con una scusa si allontana.
Non ha
fatto che ignorarmi. Non ci siamo scambiati gli auguri né accordati su che
canzone intonare durante il karaoke. Non siamo più niente, se non semplici colleghi,
ed il problema è che non posso biasimarlo. Lo guardo allontanarsi, scambiare
qualche convenevole con l’Agente Sitwell e poi tornare dal gruppetto che è la
sua squadra. Riconosco l'Agente May, che non riesce a dissimulare completamente
l'interesse nei confronti di Thor, e la Simmons, che a vedermi abbozza un
sorrisetto e accenna ad un saluto con la mano. Una ragazza mora che non conosco
le tira l'orlo del maglioncino e le bisbiglia qualcosa all'orecchio. Sembra
eccitata.
Interpello
Natasha: "La sciacquetta mora chi è?" Lei le getta uno sguardo alle
sue spalle e poi aggrotta la fronte. Inaspettatamente, è Fury a fornirci il
gossip: "Un problema che Coulson si tira dietro."
"Perché?"
"Perché
gli piacciono le mocciose dal passato oscuro che creano casini." Il
Direttore sceglie una tartina in un vassoio e se la infila in bocca. "Ogni
riferimento è puramente casuale, Borgo."
Finisco lo
spumante che ho nel bicchiere, lo appoggio, afferro uno dei pacchettini che
sono stati messi come decorazione sui tavoli, e lo lancio oltre la balaustra
dell’atrio, facendolo precipitare nella Hall: "Ops, Direttore, il suo
regalo è appena caduto dall'ottavo piano."
Fury si
avvicina ad un touch screen sul muro, digita qualcosa, e parlando mentre
mastica esclama: "Ops, Borgo, il mio dito sporco di insalata russa è
appena scivolato sulla tua promozione a livello Nove cancellandola!"
Tutti
scoppiano a ridere, e anch'io, perché in fondo il spirito del Brindisi di
Natale è proprio questo. Però non sono poi così sicura che sia stato solo uno
scherzo.
Dannazione.
Nonostante
detesti mentire, Steve è stato praticamente costretto a farlo per tutta la
cena. Sì è congratulato con la madre di Beth per i suoi piatti pur non
apprezzandoli – glassa, glassa agrodolce ovunque! –cercando di rispondere in modo evasivo alle
domande di Frank circa le sue esperienze da militare. Fortunatamente, Beth ed
Eliza si sono dimostrate molto attente e capaci di reggergli il gioco. Se da un
lato la cosa lo solleva da quasi ogni responsabilità morale nei confronti di
Frank, d’altro canto la propensione alla bugia facile e di Beth lo inquieta.
“Dopo io e te dobbiamo fare un discorsetto…” le sussurra approfittando di un
momento in cui è Eliza a distrarre suo padre. La Signora, invece, ha
intercettato la comunicazione e trattiene un sorrisetto eccitato.
Alzando un
bicchiere di vino, Frank propone un brindisi: “A Steve, il Capitano Rogers. Non
sai come possa rendere orgoglioso un padre come me, sapere che la propria
adorata figlia frequenta un vero eroe americano.” Beve un sorso e poi continua:
“Un vero eroe, non un pagliaccio come quel dannato miliardario che gioca a fare
il cavaliere moderno e quella massa di idioti in tuta attillata che ci dicono
abbiano salvato New York!”
A Steve va
di traverso il vino. Beth ha appoggiato il bicchiere alle labbra ed è rimasta
immobile così, agghiacciata dalla piega del discorso. Eliza tenta di sviare
l’attenzione su un ipotetico vicino che è uscito in mutande. “Una parata di
Halloween! Ecco cosa ci propinano in quella dannata televisione! Arrivano gli
alieni a New York e ci vogliono far credere che la città è stata salvata da
quattro checche mascherate e due spogliarelliste in tuta attillata!”
“Papà,
andiamo… le immagine le abbiamo viste tutte ed io… io c’ero, ho visto tutto!”
“Una
montatura, Beth! Ecco cos’è stata! Una montatura dei democratici per dimostrare
che i tagli alla Difesa non influiscono sulla sicurezza della Nazione! Ah
Steve! Non sai che dispiacere che ho provato, a vedere una simile messinscena…
una di quelle checche andava addirittura in giro vestito con i colori degli
Stati Uniti! Capitan America, si fa’ chiamare! E corre saltellando e
sculettando nella sua tutina aderente!”
Per la
prima volta in vita sua, a Steve manca Tony. Perché Tony, senza scomporsi,
sarebbe capacissimo di trovare una battuta folgorante da spiazzare Frank.
O forse
una battuta folgorante da spiazzare Frank, offendere sua moglie e decretare la
fine della sua storia con Beth.
Però Eliza
ha l’aria di chi vorrebbe davvero vederla, una scena così.
“Allora,
Steve, che ne pensi di tutta quella dannata pagliacciata?”
Steve si
passa il tovagliolo sulle labbra ed osserva Beth. Il velo di sudore che le
imperla la fronte, le sue mani strette attorno alla forchetta e il suo sguardo
atterrito. Vorrebbe essere saccente e stronzo
come Tony, o poco propenso a mitigare come Thor, algido e pungente come Natasha
oppure strafottente come Barton. O capace di convincere le persone come
Addison. Invece è ancora più impacciato come Bruce e ci tiene troppo a Beth per
piantare un casino alla cena di Natale a casa dei suoi genitori.
“In
effetti il costume di Capitan America è davvero appariscente.” Bisbiglia con un
filo di voce.
“Ah-ha! Puoi ben dirlo! Più che una
battaglia, quella era una sfilata del Gay Pride! Che se lo meriterebbero anche,
quelle mezze seghe di yankee, ad essere salvati da simili pagliacci! Ah-ha!”
“Perché,
Darcy, in fondo capisco che sei giovane… e che vuoi vedere il mondo e fare
tante tante taaaaante cose!” Allo Sherry e allo Xanax Mrs Lewis ha abbinato
anche dell’ottimo cabernet. Straparla da mezz’ora interrotta solo da qualche
tentativo di battuta da parte del marito o di qualche exploit della nonna che
ha capito come sempre pomo per pemo. Il prozio, invece, sta cercando di
rianimare il cuscino falciato dalla mitraglia delle truppe di Rommel sul
divano.
Una gabbia di matti. Questa casa è una gabbia di matti.
Darcy
abbozza un sorrisetto di scuse e lei gliene restituisce un altro più convinto:
può farcela. Ha combattuto sul campo, è sopravvissuta ad invasioni aliene e
combattimenti a trecento piedi da terra, che è in confronto una cena al
manicomio!
“Però, ragazza mia, hai scelto dei capi
pericolosi. Per cosa poi, che non ti pagano nemmeno! La Dottoressa Foster
sembra una cara ragazza ma… ti prego! L’anno scorso ti ha trascinata nel bel
mezzo di una glaciazionee tu, piccolina
miiiiia, stavi perdendo la vita!”
“Beh,
mamma, se non fosse per quella glaciazione non avrei conosciuto Maria…”
“Oh,
tesoro, rispetto la vostra amicizia e sono contenta che sia sbocciata e sia
così forte, ma potrei capire questa tua affermazione se avessi incontrato
–che ne so – quel gran bel pezzo d’uomo
di Thor…”
“Fatto.”
“O Capitan
America o…”
“Figurati,
è entrato seminudo nella Spa mentre ero svenuta…”
“O l’amore
della tua vita ma…”
“È stato
così infatti.”
La signora
Lewis sorride ebbra. Suo marito solleva lo sguardo dell’arrosto di cui continua
a tessere le lodi, Tim alza gli occhi al cielo e la nonna promette a Darcy le
sue scarpette da ballo di quando era giovane per il ballo della scuola.
Darcy
afferra la mano di Maria: “Ho incontrato l’amore della mia vita, infatti. Stiamo
insieme da allora.”
Il
sorrisetto ebbro della madre si incrina. La forchetta tra le mani del padre
cade a terra. Tim spalanca la bocca. Il prozio riconosce nel portaombrelli il pezzo
mancante per far ripartire il suo Sherman impantanato nell’Omaha Beach. Maria si porta in bocca un altro pezzo di carne: “Ha
ragione, Mr Lewis, questo arrosto è davvero delizioso.”
La nonna
alza le spalle: “Ma sì, hai ragione. In fondo gli uomini sono tutti dei
mascalzoni. Fai bene a non averci a che fare.”
“È parte
del piano.” Natasha è seria, serissima, mentre confabuliamo accanto al tavolo
del buffet riempiendoci i piatti. “Lui mi vedrà irritata per il suo comportamento,
berrà, farà ancora di più il deficiente e così potrò avere la scusa per non
dargli il mio regalo.” Alzo un sopracciglio, le confido che il suo piano fa
acqua da tutte le parti. Alza le spalle: “Non so cosa farci! Ho rivoltato ogni
dannatissimo negozio di mia conoscenza, tartassato i call center di qualsiasi
sito di shopping online, tentato di corrompere tutti gli addetti alle armerie
del Triskelion. Niente. Nulla che sia adatto a lui. Ha mezza dozzina di
orologi, Tra cui il Rolex che ho fregato a Stark quando gli facevo da
assistente, detesta i maglioncini e non colleziona dischi. Che facevo, gli
prendevo un robot da cucina?”
La guardo.
Si batte la fronte con la mano: “Merda. Il Kitchen Aid. Me l’aveva chiesto
quest’estate.”
“Rilassati,
puoi sempre dirgli che te lo sei scordato a New York. Ci crederà. Oppure puoi
continuare con il tuo piano, sperando che la situazione decolli e ci regali
delle perle come quelle dei Natali scorsi. Ti ricordi quando è riuscito a
chiamare la Casa Bianca? Se non fosse stato per Fury, avrebbe parlato con il
Presidente da ubriaco.”
“Già che
sta’ tagliando i fondi per la difesa, figurati che avrebbe fatto.”
“Ehm…
scusate…” La sciacquetta mora che era con la Simmons si è staccata dal gruppo e
ce la siamo ritrovate di fianco, piatto vuoto in mano e occhioni sgranati e
lucidi come quelli di un manga giapponese. “Voi due siete la Vedova Nera e
GreyRaven, giusto?”
“No, sono
andate in bagno. La prima porta a destra, usano sempre quello degli uomini.”
Lei ridacchia alla battuta e mi trattiene per un polso. Attenzione, tesoro, ne ho spezzati per molto meno. “Io… io volevo
solo dirvi che… beh, vi ammiro molto. Ecco, per quello che siete. Siete così
forti e così grandi e così cool e così fantastiche!” Beh, cara, se la metti sul piano dell’adulazione… “E, GreyRaven,
volevo dirti che sono una tua grande fan e che… beh, mi vergogno un po’ ad ammetterlo
ma… ho fatto il tuo cosplay una volta.” Oh,
cielo.
Se muovo
un muscolo della faccia esplodo a ridere.
Ma per
fortuna Natasha sa essere molto più impassibile di me. Guarda la sciacquetta,
le chiede il nome – Skye – e poi appoggia una mano al fianco: “E perché il suo
cosplay e non il mio?”
“Beh… ecco
perché tu sei rossa e… beh, io sono più simile a lei…”
“Cosa? Tu
e lei simili? Ragazza, ma ti sei guardata allo specchio? O forse non mi
giudichi all’altezza dell’onore di un cosplay?”
“Oh no, no
affatto io non…”
“Sparisci,
prima che mi offenda sul serio.”
Skye non
se lo fa dire due volte: gira i tacchi e sparisce in un angolo a tutta
velocità.
Una volta
fuori dalla portata, ci concediamo di sghignazzare e ringrazio la mia chiappa
per la performance: “Questo è decisamente il regalo di Natale che preferisco.”
Nat
sospira: “Maria non sa che si perde, davvero.”
“Manca
anche a me.”
“E’ stato
orribile!” Piagnucola Skye, confortata dalla Simmons. “Io… io non volevo
offenderle è che loro… Mi avevi detto che erano persone carine!”
“Beh, con
me lo sono. Entrambe. Sono adorabili, davvero. È che sono anche un po’… non so
come dire, non mi piace sparlare delle colleghe!”
“Stronze?”
“Beh, sì. Cattivelle, ecco.”
Mrs Lewis
è piombata in camera di Darcy e ha invitato Maria con un gran sorriso a
prendere posto nella camera degli ospiti: “Sarai sicuramente più comoda che
qui!”
“Ma… non
c’era la nonna?”
“Oh, nonna
dormirà con Darcy. Dormivano sempre insieme quando era piccola!” Darcy protesta
che non è vero, sua madre sibila che non importa. “Capite, ragazze, non è per
cattiveria ma… ecco, in questa casa c’è anche un adolescente. E Tim è un
ragazzo sensibile, non vorrei che fosse turbato da questa… questa faccenda,
ecco.”
“Mamma,
ascolta, parliamone con calma.”
“Sì,
dovremmo farlo. Ma non ora. Non a Natale, cara. Hai già parlato anche troppo.
Ed ora, se vuoi scusarmi, vado a dire a nonna dello scambio di letti. Sarò qui
tra poco.”
Qualcuno
bussa alla porta dopo neppure mezzo minuto. Darcy va ad aprire con un diavolo
per capello e si ritrova davanti Tim: “Che vuoi?”
“Oh,
niente, Da’. Voglio solo dirti – anzi, dirvi a tutte e due –che a me non frega niente se siete lesbiche.
Non giudico e non mi interessa. Sarai pur sempre mia sorella e per me questa
cosa non cambierà. E che non sono per niente d’accordo con mamma e papà.”
Darcy ne è
piacevolmente sorpresa: ringrazia Tim appoggiandosi una mano sul petto. Il
ragazzino sorride: “Non c’è di che, Da’. Ora, però…” estrae il cellulare e lo
punta su entrambe: “Non è che potreste baciarvi? Valgono un sacco di soldi le
foto di due lesbiche gnocche!”
“BRUTTO
PEZZO DI – ”
“No,
grazie, basta così. Non si offenda, signora Potts…”
“Oh, per
favore Bruce, chiamami Olivia!”
“Olivia,
davvero. Il cibo è stupendo e il vino è ottimo…”
“Per
forza! L’ho comprato io!” Si intromette Salty, riaccendendosi la sua fidata
sigaretta elettronica.
“Ma sono
davvero pieno, non mi ci sta neppure uno spillo.”
“OH,
Bruce! Sono sicura che riuscirai a trovare un posticino per il mio dolcetto!”
Bruce
getta uno sguardo implorante a Tony. Tony, offeso per la poca attenzione che
gli ha rivolto, volta la testa ed ingaggia una gara di stuzzicadenti in
equilibrio con la figlia di Ginger.
“Mamma,
non insistere, Bruce non può mangiare zuccheri.”
“E
perché?” La domanda esplicita dell’avvocato è quella implicita di tutti. Solo
che per non perdere l’abitudine, Salty lo redarguisce per la sua curiosità
inopportuna. “Scusa cara, ma era solo una domanda…!”
“Impara a
farti gli affari tuoi. È per questo che il tuo dannato studio sta colando a
picco. Perché ti fai gli affari degli altri quando non è necessario.”
“No, cara, il mio studio cola a picco perché
qualche stronza ci mette i paletti
tra le ruote. Qualcuno tipo tu ed il tuo socio”
“Non
incolpare me per la tua inettitudine!”
“La mia
inettitudine? Parliamo un po’ della tua infedeltà, Salty?”
“Cosa
vorresti dire?”
“Che so
che ti scopi il tuo socio!”
Salty si
alza di scatto facendo rovesciare la sedia a terra. Le due gemelle smettono di
giocare a carte sul tappeto del salotto e si voltano verso la tavolata in
perfetta sincronia.
“Stronzate!
Stronzate di un omuncolo! Senza di me sei nulla, nulla hai capito? A malapena ti prenderebbero a fare la
controfigura a Danny DeVito!”
L’atmosfera
si sta scaldando un po’ troppo: Bruce scappa in cucina con la scusa di aiutare
Olivia e si barrica dietro lo portellone del frigorifero.
Tony,
invece, si rammarica di non avere con sé il pacchetto di pop corno. Ginger e
Pepper cercano invano di sedare la rissa: “Calma, calma ragazzi. È Natale, non
è il caso di tirare fuori queste cose proprio questa sera…”
“Oh
figurati! Sai che gliene frega a questa della cena di Natale? Svegliati,
Pepper, se Sarah è qui è solo perché sperava di vederti sfigurata dalla tua
gravidanza e con un paio di corna in testa più alte delle mie.”
Tony alza
la mano: “Io conosco un tale con delle corna più alte delle tue! Però le ha su
un elmo.”
“Oh, stai
zitto, signor supereroe! Signor
MiAlzoAlMattinoConIlMondoInMano!” Strilla Salty “Non hai mai mosso un dito
in tutta la tua vita, e hai sempre fatto fare tutto a mia sorella. Il tuo
successo lo devi a lei. Senza di lei non sapresti neppure allacciarti le
stringhe delle scarpe!”
“Per
questo ne indosso un paio senza.” Tony ha l’aria di chi si sta divertendo un
mondo. Si scambia un’occhiata complice con la bambina rossa e prosegue: “Come
vedi, hanno gli strass. Non voglio mica costringere mia moglie a chinarsi per
allacciarmele, con quel pancione!”
“Tony!”
Protesta Pepper “Non sei d’aiuto.”
“Né voglio
esserlo.”
“Tony!”
“Basta,
BASTA!” Salty ha afferrato pelliccia e borsetta e si dirige verso la porta
scostando di peso la sorella minore accorsa a fermarla. “Mi avete stancato.
Tutti quanti! ME NE VADO!”
“Esci da
quella porta e tra noi è finita!” Le fa eco il marito. Sarah Potts si volta
verso la mensola del camino, afferra un Elfo in ceramica e lo fa atterrare, con
una parabola perfetta, sulla pelata del marito, prima di uscire sbattendo la
porta.
Il
chirurgo si affretta a tamponare la ferita. Le due gemelle riprendono a giocare
come se nulla fosse successo, Bannersegue le indicazioni di Olivia per trovare la cassetta del pronto
soccorso e Tony domanda a Pepper se è il caso di dargli il numero del loro
avvocato. “Tesoro, lui è un avvocato, conoscerà i suoi colleghi meglio di
chiunque altro. Non è vero? Ce l’avrai pure un tuo avvocato!”
Lui geme e
abbassa gli occhi: “Mia moglie.”
“Bella
mossa.” Commenta Tony.
Beth si è
chiusa la porta dietro le spalle dopo averlo spinto dentro la camera e si mette
le mani nei capelli, scompigliandosi l’acconciatura: “Non so cosa dire!”
“Beth,
non- ”
“Mi
dispiace, mi dispiace, mi dispiace! So come è fatto, ma non pensavo che
arrivasse a questo punto!”
Sua madre
bussa alla porta e la apre senza attendere il permesso: “Bettie, lo sai che non
voglio porte chiuse quando ci sono dei ragazzi!”
“Mamma,
stiamo parlando,potresti…?”
“Accosto,
tesoro, ma non chiudo. Niente segreti in questa casa!” Trilla euforica.
Steve
abbassa la voce sino a farla diventare un sussurro: “Non ti devi scusare,
assolutamente!” La abbraccia e la accompagna a sedersi sul letto di fianco a
sé, tenendo le mani tra le sue: “A me importa quello che pensi tu.”
“Mi piaci
in costume attillato. E non lo trovo affatto ridicolo.”
“Grazie,
anche se tuo padre non è il primo a dirmi che sculetto mentre corro…” Beth
scoppia a ridere e lo bacia.
“Non
starli ad ascoltare, sono solo invidiosi!”
Steva la
bacia di nuovo, Beth scivola sul suo grembo e…
La porta
si apre di nuovo. La madre di Beth entra sorridendo e scuotendo l’indice come
un no. “Niente cosacce in questa casa, Capitano!” Ridacchia stupidamente: “Avrai
una camera comoda tutta per te, che Bettie deve meritarselo, il suo vestito
bianco bianco!”
Esce
ridacchiando – probabilmente per andare a spifferare tutto a Frank – e Beth
sospira: “Quando fa così vorrei farle presente che il vestito bianco me lo sono
giocato da un pezzo.”
“Beh, sino
a qualche mese fa avrei potuto mettermelo io.”
“Oh,
allora sì che papà sarebbe schiattato!Sposerei una checca attillata che
vilipenda i colori degli Stati Uniti, in meringone bianco con velo!”
“Tesoro, una
cortesia: Non dire mai queste cose davanti a Tony, d’accordo? Non dargli certe
idee, per favore.”
“Maria?
Maria, svegliati!” La Hill apre gli occhi gonfi di sono e si ritrova davanti
Darcy, completamente vestita che si fa luce con il cellulare. “Andiamo,
preparati. Voglio andarmene di qui.”
“Cosa?”
“Non è il
caso di rimanere.” Accende l’abat jour ed inizia a raccogliere le cose di Maria
ed infilarle nella borsa: “Mamma mi ha fatto un discorsetto: dice che è colpa
sua perché mi ha sempre fatto delle pressioni per studiare e avere successo e
non diventare una casalinga imbottita di Xanax come lei. Papà dice che la colpa
è sua, invece, perché mi portava a giocare a calcio da bambina. Nonna –
Che per
inciso, ci sente benissimo – è invece
contenta perché non resterò incinta del primo stronzo che capita come mia zia.
Tim si è vantato della cosa su almeno sette social network diversi. Qui sono
tutti matti. Non che non lo sapessi ma pensavo che comunque lo spirito
natalizio avrebbe prevalso su tutto, ed invece…!”
“Non mi
sembra saggio scappare, comunque. Queste situazioni si devono affrontare. È la
tua famiglia, dopotutto.”
“Beh, ma
mi ritengo offesa da loro, capisci? Io… io finalmente ho trovato la persona
giusta, che mi fa stare bene e mi completa e loro… loro reagiscono così!
Neppure fossimo negli anni ’50! Non gli va bene quello che studio, non gli
vanno bene le persone che frequento, non gli vanno bene i vestiti che indosso.
Non gli va bene la mia vita, capisci? E a me, invece, la mia vita va
fottutamente bene! Andiamo, vestiti. Cerchiamo un bell’hotel sull’Oceano e
passeremo un Natale romantico io e te. Non dirmi che la cosa non ti alletta.”
“In
effetti…”
“Bene,
perfetto. Perché voglio vederti indossare il mio regalo.”
“…il
costume di Wonder Woman?”
Darcy fa
l’occhiolino: “E non dire che non vedi l’ora…”
L’aria
della notte è gelida e Maria ci mette un bel po’ a sbrinare il vetro della
macchina, il motore acceso al minimo per farlo scaldare. Un cespuglio del
giardino di casa Lewis si muove ed i riflessi da Agente la fanno scattare:
“Tim?”
Ad uscire,
strisciando in pigiama sulla neve, è invece il prozio. “Non preoccupatevi,
crocerossine, ci penso io a montare di guardia all’ospedale da campo stanotte.
Voi occupatevi pure dei feriti.”
Darcy
sospira e si gratta la testa. Guarda Maria e poi la casa: “Ma te dici che da
vecchia sarò come loro?”
La Hill
scuote la testa: “Sarai molto, molto peggio. Ma non preoccuparti, la mia
assicurazione sanitaria copre anche le spese per le malattie mentali dei
famigliari.”
“Come
farei senza di te?”
Bruce è
riuscito a dare un’occhiata al cellulare mentre la famiglia Potts è divisa tra
il consolare Olivia e il medicare il suo prossimo ex-genero.
Ci sono
due messaggi non letti: uno è di Addison, una foto sua e di Thor ed il commento
Non sai che ti perdi ed uno di
semplici auguri. È di Jane.
Bruce
sospira, si chiude nel tinello, e fa partire la chiamata.
“Bruce?”
“Ciao
Jane. Scusa se ti disturbo io volevo solo… volevo solo ricambiare gli auguri di
Natale. Ti ringrazio.”
“Figurati! Non mi disturbi affatto. Ho avuto una Vigilia
molto calma, stiamo già andando tutti a letto.”
“Noi
invece un po’ meno…”
“Sei alla festa dello S.H.I.E.L.D.?”
“Oh, no.
Pepper e Tony mi hanno invitato a casa Potts.”
“Oh, cielo!”
“Esatto. È
proprio l’esclamazione esatta.”Ride. Ed improvvisamente parlarle diventa molto
semplice.
Coulson è
salito sul palchetto e si lanciato nel suo monologo natalizio. Qualche battuta
brillante a cui i partecipanti applaudono e ridono. “Non che abbia da dire
chissà che cosa, in fondo non sono stato molto presente nell’ultimo periodo.
Risulterei abbastanza tedioso a rivangare storie vecchie, e poi non c’è neppure
Maria Hill da tartassare! Oh, però vedo Victoria Hand! Buonasera, Agente, tutto
bene? Tenetela buona, quella donna ha tra le mani la vostra sorte! La prego,
prenda pure anche la mia fetta di torta!” La folla ride e la Hand gongola delle
attenzioni affondando la forchetta nella glassa rossa del dolce. “Quindi
lascerei spazio al Karaoke, che ne dite?”
Un sacco
di gente risponde entusiasta. Tranne Clint, legato ed imbavagliato da me e
Natasha ad una gamba di un tavolo.
“Se
permettete, inizio io. Il duetto d’entrata, sapete quanto ci tengo. A
proposito, dov’è la mia partner? HEY, BORGO? Ti sei improvvisamente
intimidita?”
Il
bicchiere di vino mi cade dalla mano e si frantuma a terra. Cammino instupidita
tra due ali di gente verso il palchetto, mentre Coulson inizia ad interpretare
i primi versi di Fairytale of New York.
Mentre
prendo il microfono con le mani tremanti inizio a credere che si interromperà
bruscamente e che rivelerà a tutti quanti la mia relazione con Loki.
Ed invece incrocia il mio sguardo cantando I can see a better time - Where all our
dreams come true e sorride appena
quando rispondo They got cars big as bars
- They got rivers of gold
But the wind goes right through you - It´s no place for the old.
La
sciacquetta riprende tutto con lo StarkPhone, accompagnando la musica
ondeggiando la testa. Fitz ha galantemente porto la mano a Simmons e lei,
brilla, l’ha afferrata lasciandosi guidare in una goffissima danza
simil-irlandese.
Ward prova
ad invitare con lo sguardo la May, che gli risponde con un’occhiataccia e
quando lui si allontana seccato lei prova a sondare il terreno attorno a Thor.
Terreno un po’ affollato: per riprendersi dalla delusione amorosa, ha deciso di
far ballare tutte le esponenti femminili del posto.
Clint
riesce a sciogliersi dai lacci e a scappare quatto quatto senza farsi vedere da
Natasha.
E quando
le parole della canzone sono finite e la musica continua, getto un braccio
attorno al collo di Coulson e piroettiamo tra gli altri: “Allora mi hai
perdonato?” Gli sussurro all’orecchio.
Il sorriso
di trionfo mi si gela in viso quando mi risponde no: “Solo, ho pensato che mi
hai mentito, come tanti altri qua dentro. E chi sono io per interrompere il
gioco? Senza contare che se mi dimostrassi ostile e furioso come sono, troverei
tutte le porte sbarrate e non riuscirei mai a scoprire cosa mi è realmente
successo. Sto al gioco, al loro gioco, fingo e mento come fanno tutti ed
intanto mi muovo nell’ombra.”
Ho capito:
“Se hai bisogno di qualcosa-”
“Oh no,
Adie, tu hai già fatto abbastanza, ti ringrazio. Ed ora sorridi! Hai ritrovato
il tuo caro collega e ti stai divertendo un mondo! Che altro manca per rendere
questa festa migliore?”
“I CAAAAME
IN LIKE A WREEEEECKING BAAAAAAALLLLLL!!!!!!” Clint, completamente nudo, si
dondola su una delle sfere natalizie appese sopra la hall. La faccia di Natasha
è impagabile: se da un lato era proprio quello che voleva, dall’altro la
vergogna è più forte di lei: “Lo mando in bianco finché campa, giuro!” Mi
sibila.
Fury si
sporge dalla balaustra urlandogli di scendere subito, ma Clint scuote le spalle
edinvita Thor a lanciargli il martello:
“Devo leccarlo, Thor!!! Capisci? Devo leccare il tuo marteeeeeelllo!!!!! Perché non mi fai leccare il tuo martello? I never hit so hard in love- All I wanted
was to break your walls- All you ever
did was wreck me- Yeah, you wreck me !!!!!!!!!”
“Hey, sciacquetta, stai riprendendo,
vero?” Skye annuisce: “Passamelo, devo inviarlo a Stark, non me lo
perdonerebbe!”
ED
è FINITAAAAA!!!
Sì,
appena finita e fresca di testo la posto, con schifezze annesse e connesse. Non
sono riuscita a fare altrimenti per starci con i tempi, quindi chiedo venia sin
da subito.
Questa
è l’ultima parte di 50 Shades of GreyRaven. D’ora in poi, grazie al PC nuovo
che è sotto l’albero, mi dedicherò al Threequel e poi BASTA!
Direi
che l’ho tirata anche troppo per le lunghe.
Non
mi resta che augurare a tutti un BUONISSIMO NATALE! E vi ringrazio di essere
arrivati sin qui, al secondo Natale passato nel TheSeventhUniverse!