Storia di un pozionista

di Aout
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Occhi di Doxy ***
Capitolo 2: *** Possibile? ***
Capitolo 3: *** Camminava ***
Capitolo 4: *** Ogni fibra ***
Capitolo 5: *** Alba ***



Capitolo 1
*** Occhi di Doxy ***


- Occhi di Doxy, scaglie di Erumpet, bava di Girilacco… ma quante cose belle che hai preso oggi, Piton… ho sentito che c’è una pozione che, se la bevi, ti fa diventare un inferius… - disse Occhio Monco, mentre fissava la sua unica pupilla bramosa nel saccoccio di tela scura che gli stava consegnando.
- Fatti gli affari tuoi. – irruppe lui, stizzito, prendendo con un gesto brusco i suoi preziosi ingredienti dalle mani luride di quell’idiota.
- Ehi, con calma, era così per dire! – rispose Occhio Monco, arretrando di qualche passo e con le mani alzate – Non avevo mica brutte intenzioni, io!
Piton uscì dalla catapecchia senza aggiungere altro, così che l’unica risposta che Occhio Monco ottenne fu lo sbattere della coda del suo lungo mantello nero sullo stipite della porta che, sibilante, si richiuse un attimo dopo dietro di lui.
Piton si mosse veloce per quei vicoli sporchi e stretti, senza girarsi mai indietro, senza alzare mai il volto. Attraversò piano il piccolo spiazzo in  pietra davanti a lui, girò a destra, poi di nuovo a sinistra, e continuò dritto.
Odiava fare quelle stupide commissioni, odiava farsi vedere, odiava zampettare per quelle vie neanche fosse un topo di fogna, ma più di tutto odiava gli idioti come Occhio Monco. Anche solo il pensiero che ci fosse stato, un tempo, un insegnante tanto folle da voler far imparare a uno come lui la nobile arte delle pozioni, gli faceva venire la nausea.
Si tirò un po’ più su il cappuccio del mantello sopra la testa per ripararsi da quella luna che, prepotente,  riusciva a sorpassare i comignoli, le finestre, sembrava addirittura capace di attraversare i muri, pur di venire a ferirgli lo sguardo.
Piton tentò di non badarci, ancora qualche passo e se ne sarebbe andato, ancora qualche passo e sarebbe sgusciato via per le strade maleodoranti di Londra come un serpente, per andare a rintanarsi nella sua odiosa casa babbana.
Superò una strega gobba che vendeva strani animaletti verdognoli al ciglio della strada, probabilmente lumache carnivore trasfigurate, che come amuleti sicuramente erano ben poco utili. C’era solo da chiedersi quali maledizioni sarebbero capitate a chi le avesse comprate…
Continuò imperterrito ignorando le sue strilla da pescivendola e si portò sulla destra, dove evitò per poco una pozzanghera putrida.
Quanto odiava Nocturn Alley.
Accelerò il passo, ancora più veloce, quasi stesse scappando da qualcuno.
Quanto avrebbe voluto semplicemente smaterializzarsi, punto e basta, uno schiocco di bacchetta e non sarebbe stato più lì. Ma solo un pozionista stupido e inesperto, e lui non era assolutamente nessuna delle due cose, avrebbe osato farlo con cose come le scaglie di Erumpet in tasca, così facili all’esplosione.
Perciò continuò per la sua strada, dritto verso il negozio di Sinister, a destra davanti all’insegna a forma di porco, ancora a sinistra per il…
Insegna a forma di porco?
Piton non poté fare a meno di fermarsi un attimo e tornare sui suoi passi. Erano anni che si riforniva lì, ma un’insegna del genere non l’aveva mai vista, non a Nocturn Alley.
Circospetto girò piano la testa e fissò lo sguardo su quel pezzo di legno tarlato, appeso a mezz’aria, che ritraeva un cinghiale stilizzato dalle lunghe zanne ricurve sopra un boccale di quella che doveva essere burrobirra.
Un cinghiale… non un porco, chiaro?
Ma anche fosse stato un porco… che cosa cambiava, eh? Che cosa gli stava succedendo?
Scosse la testa e riprese la sua strada.
Stava sorpassando un gruppetto di megere dai lunghi cappelli scarlatti quando sentii quella voce. Una voce roca, bassa e aspirata, una voce inconfondibile.
Ancora più stupito di qualche attimo prima si dovette fermare di nuovo, in ascolto.
Le megere, che evidentemente di lui non si erano accorte, stavano intrattenendo un mago piccolo, vestito con un panciotto giallo ocra e dai lunghi baffi grigi.
- Amore, soldi, fortuna… tutto questo e di più, molto di più… - eccola, era quella, ma non era affatto come la ricordava, non aveva nulla a che fare con quella voce maledetta che tanti anni prima aveva udito attraverso la porta della “Testa di Porco”.
Ci mise un secondo a realizzare che ciò che stavano intavolando le tre megere non era altro che una falsa profezia per ingannare gli idioti, proprio come quell’ometto grigio dalla faccia sorpresa e inebetita.
Perché, perché quei dettagli gli venivano in mente in quel momento? Perché proprio allora? Stava forse impazzendo del tutto?
Non volle più sentire niente, ascoltare niente, forse aveva paura che la sua testa gli facesse altri scherzi… se avesse riconosciuto gli occhi verdi di qualche passante, non sapeva per certo se avrebbe resistito.
Passò i minuti che lo separavano dalla porta di casa con la testa bassa, lo sguardo sempre e comunque fissato a terra, senza prestare attenzione a nulla di ciò che gli succedeva intorno.
Appena raggiunse la porta, quasi la divelse con un colpo di bacchetta. Entrò, appoggiò gli ingredienti sulla prima mensola che gli si parò davanti e si diresse nella camera padronale.
Un letto spoglio occupava il centro della stanza che, per il resto, era vuota, salvo un mobile antico, una cassettiera, che si stagliava sull’angolo destro.
Piton non aspettò nemmeno un secondo, nemmeno un attimo e già era lì davanti, a spostare le poche cose che lo separavano dalla scatoletta in metallo che stava cercando.
Era un cofanetto semplice, ma finemente intarsiato. Non ricordava nemmeno esattamente dove l’avesse preso, ma doveva fare parte della sua famiglia da parecchie generazioni.
Con la bacchetta ruppe il lucchetto, quello che tutte le volte sigillava giurando che non l’avrebbe mai più riaperto, e prese il primo foglio di carta all’interno.
Era una fotografia spezzata a metà: ritraeva una bellissima donna dai capelli rosso scuro, dal sorriso gioviale e dagli splendidi occhi verdi. Era mezza rannicchiata per terra e muoveva la mano in avanti, come ad incoraggiare qualcuno davanti a lei che si avvicinasse, qualcuno che occupava la parte della fotografia rimasta a Grimmauld Place.
– Mi dispiace. – lo sussurrò ancora, come faceva tutte le volte, come se servisse a qualcosa. Come se si potesse rimediare all’errore che aveva commesso tanti anni prima quando aveva rivelato al Signore Oscuro ciò che aveva udito da quella veggente.
Dopo un po’ ripose la fotografia spezzata lì dov’era, ma senza chiudere il lucchetto, quella volta, sapeva che ci sarebbe tornato presto.
 









 
Note: Dunque, iniziamo col dire che sono molto fiera di voi anche se solo siete arrivati fin qui, Severus non è un personaggio poi così apprezzato e sono contenta che abbiate voluto avventurarvi nella lettura di questa one-shot. Complimenti!
Per il resto… beh, è la prima volta che scrivo una fanfiction su di lui, uno dei miei personaggi preferiti oltre ogni possibile dubbio, e spero che sia piaciuto a voi leggerla come a me scriverla.
Se volete dirmi cosa ne pensate siete i benvenuti!
Adesso però vi saluto, non voglio annoiarvi oltre il necessario, alla prossima,
Aout ;)

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Capitolo 2
*** Possibile? ***


Ma… possibile?
No, no lo è. Insomma, è solo una babbana, no? Una normale e noiosissima babbana.
Eppure…
Come ci riesce? Se davvero fosse solo una babbana, insomma…
Oh, cavolo!
Severus si spostò sulla sinistra, veloce, per andare a nascondersi dietro i cespugli alla sua destra, e, accucciato a terra, attese.
Appena un attimo dopo le due bambine lo superarono e, a quanto pareva, di lui non si erano proprio accorte.
- Se lo rifai, giuro che lo dico alla mamma! – sbottò quella con i capelli neri.
- E tu diglielo, allora? Non faccio mica male a qualcuno… - rispose quella più piccola, con i capelli rossi e gli occhi verdi e grandi, il suo tono era un po’ insicuro.
- Bene! – disse allora la prima, accelerando subito il passo e superandola.
- Petunia, Petunia! Eddai, non fare così! Ma perché ti offendi sempre? – le chiese lei, per poi raggiungerla a passo svelto.
Appena sparirono alla sua vista, Severus uscì dai cespugli e si avvicinò, circospetto, al rametto che la rossa aveva appena abbandonato per terra.
Lo prese in mano e constatò che, beh, era solo un rametto di legno. Niente di eccezionale o particolare, solo uno stupido e immensamente banale rametto di legno.
Eppure, e di questo Severus era assolutamente certo, qualche minuto prima stava volteggiando in aria. Ma proprio volteggiando, il che, un babbano, non avrebbe mai potuto farlo.
Con le sopracciglia corrucciate e l’espressione perplessa, Severus lo lanciò in aria, appena qualche centimetro sopra la sua testa.
Passò un secondo in cui il legnetto parve deciso a seguire la normale forza di gravità, quando, improvvisamente, prese a librarsi, sospeso immobile giusto sopra la sua mano destra, tesa in avanti.
Severus sorrise.
Finalmente qualcuno di interessante.
Qualcuno come me.  
 
 
 
 
 
Note: Ho deciso di chiamarlo Severus perché in questa flashfic è solo un bambino, non so se seguirò sempre questo criterio…
Comunque, mie care estimatrici di Piton, che mi dite?

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Capitolo 3
*** Camminava ***


Camminava per quello studio in preda ad una sorta di rabbia assassina. Scintille poco accomodanti sprizzavano dalla bacchetta che teneva stretta nel pugno, tanto stretta che avrebbe persino potuto spezzarla.
- Dovresti fermarti, Severus.
- Non credo sia il caso! – disse, piuttosto irato, con un tono che usava raramente.
Poi, beh, si ricordò che era Albus Silente quello che gli sedeva dinnanzi, quello che lo fissava con quei brillanti occhi blu e con la sua solita, irritante espressione paziente.
Era il capo del Wizengamot, carica seconda solo a quella di Primo Ministro, il vincitore indiscusso della leggendaria battaglia contro Grindelwald, quella che aveva letteralmente salvato il c… futuro dell'intero mondo magico, il suo capo, punto questo sufficientemente importante, e, in ultimo, l’uomo che gli aveva salvato la vita. Più o meno.
- Chiedo scusa, non era mia intenzione. – si corresse – Ma questa è una situazione assolutamente, evidentemente e terribilmente assurda.
- Non ti fidi più di me, Severus? – disse, innocentemente, quasi dispiaciuto. A volte si chiedeva come si potesse essere così smaccatamente buoni, ma non riusciva davvero a rispondersi.
Non saprei, l’ultima volta che l’ho fatto, Lily è morta.
Quel pensiero si era insinuato nella sua mente senza che veramente l’avesse voluto.
Lo scacciò via.
- Ma almeno ti rendi conto che è un’idea assolutamente – folle, sciocca, senza possibilità di riuscita alcuna? – improbabile?
- Secondo il mio non modesto parere, Severus, funzionerà. Te lo assicuro, credimi. – gli sorrise e quel sorriso era dolce, quasi infantile, addirittura.
Strinse istintivamente i denti.
- Ma stiamo parlando del Signore Oscuro, se è vero ciò che dici, non del primo mago da strapazzo che passa per strada! – aveva usato ancora quel tono. Dov’era finita la sua proverbiale capacità di contegno?
Silente, al solito, non si scompose. Ecco, lui quella capacità pareva avercela scritta nel sangue.
- Proprio per questo, confido pienamente nelle capacità dello Specchio delle Brame. E confido, anche, che ti atterrai scrupolosamente a quanto abbiamo stabilito. Sai, temo mi faccia sempre un certo effetto sentirtelo chiamare così, ancora.
Piton finalmente si fermò e fissò i suoi occhi neri in quelli del Preside. Silente era seduto alla scrivania e, placidamente, stava accarezzando la sua fenice. Non era uno sguardo accusatore quello, no, anzi, pareva quasi stessero parlando della coppa del mondo di Quidditch piuttosto che della sua dannata vita da Mangiamorte.
Questo lo fece arrabbiare ancora di più, benché, comunque, in quel caso il senso di colpa superasse tutto.
Fece un respiro profondo: – Temo che ci sia qualcosa che non mi permette di dimenticarlo.– disse, mentre sollevava la manica del mantello indicando il marchio nero, ora più che altro di un grigio pallido.
- Dovresti smetterla di colpevolizzarti, Severus. - disse improvvisamente Silente.
Piton distolse lo sguardo, molti dei pensieri che aveva in mente in quel momento erano troppo rabbiosi o semplicemente troppo tristi per essere espressi a voce. Li spinse giù, in fondo alla sua coscienza, quello che di essa era rimasto almeno, come faceva sempre.
- Dicono che il tempo guarisce tutte le ferite. – a questa frase sentì che la frustrazione stava per scoppiare, mancava solo un’altra goccia e il vaso si sarebbe inevitabilmente rovesciato, con tutte le sue conseguenze. Tuttavia, Silente continuò: - Ma temo non sia affatto vero. Forse, forse basta imparare ad ignorare le cicatrici…
Il Preside aveva smesso di accarezzare Fanny e fissava un punto imprecisato della scrivania. A cosa stava pensando? A chi?
Ma quel momento passò veloce come era venuto.
- Tieni d’occhio Raptor, mi raccomando. – quando lo guardò nuovamente, era completamente scomparsa l’aria malinconica che vi aveva letto pochi secondi prima.
Quello era il segno del congedo.
Senza dire altro, benché fosse estremamente perplesso, Piton chinò educatamente la testa e uscì dall’ufficio.
Giunse nei sotterrai che aveva la testa colma di pensieri piuttosto irritanti.
In primo luogo, dove diamine era andato a nascondersi Raptor in quel momento? Gli conveniva andare a cercarlo al più presto, il prima possibile in effetti.
Poi, come poteva seriamente credere, Silente, che lo Specchio delle Brame avrebbe mai funzionato? Come? Come poteva la tecnica del “puoi prendere la pietra solo se non la desideri per tuoi scopi personali” essere utile contro qualcuno come il Signore Oscuro? Sempre che Silente avesse ragione… si diede dello sciocco, Silente aveva sempre ragione.
In ultimo, proprio mentre varcava la soglia del suo ufficio, una domanda scomoda, una curiosità che non lo riguardava, si insinuò subdola nella sua mente. Era quasi un pettegolezzo e lui, i pettegolezzi, li aveva sempre odiati a morte.
A cosa stava pensando Silente? Quale esperienza scomoda non riusciva a dimenticare?
Dopo un attimo si accorse che, veramente, quelli non erano affari suoi e chiuse quelle domande in un cassetto della sua mente, uno dei tanti.
 
 


 
Note (e chiarimenti vari):Allora, siamo al primo anno di scuola di Harry, Piton e Silente discutono riguardo alle protezioni da dare alla pietra per evitare che venga trafugata.
Ciò a cui sta pensando Silente è la morte di Ariana, quella per cui continua a colpevolizzarsi, proprio come fa Piton per Lily e la strada che ha scelto di percorrere.
Grazie e alla prossima,
Aout ;)

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Capitolo 4
*** Ogni fibra ***


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Ogni fibra del suo corpo gli urlava di non farlo. Ma aveva accettato… sì, l’aveva fatto, inutile negarlo. E poi, era necessario.
Necessario? Come poteva essere veramente necessario?
- Severus…
Ti prego, non supplicarmi di farlo Silente, non… non puoi.
Mille pensieri, gli uni contro gli altri, veloci, pesanti, gli riempivano la testa, tutti contemporaneamente, tutti in quel maledetto, misero istante.
La bacchetta si alzò davanti al suo sguardo, ma non pareva fossa davvero sua la mano che la reggeva. Sue le labbra che scandirono l’incantesimo, sussurrando.
Un incantesimo.
Un lampo.
Un tonfo.
E tutto finì.
Questa volta per sempre.

 

100 parole

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Capitolo 5
*** Alba ***


Nickname autore EFP sito: Aout
Titolo: Alba
Tipologia: Drabble
Generi: Introspettivo, Romantico, Malinconico
Avvertimenti: Nessuno
Rating: Verde
Introduzione: Quando ti svegli, c’è quell’attimo di smarrimento in cui ancora non hai realizzato dove ti trovi, perché sei lì o che cosa hai fatto la sera prima. Per la maggior parte delle persone, quello è un momento insignificante, bastano pochi secondi e ogni cosa ritorna alla mente, come se non fosse mai andata via.
Ma se tu non sai esattamente chi sei? Se vivi la tua vita recitando una parte, come ritrovi la via?
Forse, ti serve un’ancora.
Per Severus, quell’ancora è Lily.
Note: Nessuna

 
 
 

Alba

 
 
Il momento più difficile è quello appena prima dell’alba, quando apri gli occhi e ti ritrovi smarrito.
Alcune volte, ti risvegli convinto che quella donna dai capelli rossi che hai visto in sogno ti stia veramente vicino. Altre, per un momento ti domandi se sia mai esistita davvero.
Ancora confuso, ti chiedi distrattamente quale sarà la tua parte quel giorno, quali bugie dovrai raccontare, per chi e a beneficio di cosa. È il momento in cui sei più vulnerabile.
Ma poi, ecco che poi quel viso sorridente riappare. Ti basta ricordare che quello sguardo è esistito davvero una volta e allora capisci da che parte stare.

 

 
 
 
 
Nda: La drabble partecipa a questo contest: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=10650068&p=2&#idm123046114

Se vi va, ditemi cosa ne pensate :)

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