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di Nollie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Choice ***
Capitolo 2: *** Inferiority ***



Capitolo 1
*** The Choice ***


Si appoggiò allo stipite della porta, si passò una mano tra i capelli e a braccia conserte restò a fissare la scrivania della sua camera. Della camera di sua moglie, la sua e del piccolo bambino che in quel momento dormiva nella culla. Le pupille passavano dalla scrivania al piccolo, tormentando la mente dell’uomo. L’avrebbe abbandonato, avrebbe abbandonato lei, la donna con cui l’aveva messo al mondo e con cui aveva messo al mondo anche il fratellino maggiore.  Avrebbe abbandonato tutto, non come suo solito, quando si lasciava alle spalle la vita, quando non prendeva di petto le situazioni, tranne se si trattava di combattere un demone, bensì un’assenza molto differente. Sin da adolescente si era preparato a questa scelta, nonostante i primi mesi quel suo allenamento, se così lo si poteva chiamare, era iniziato per motivazioni futili. Forse tutte le sue scelte furono sbagliate e anche quest’ultima, ma Ivan Oliver Knight aveva quel suo modo strano di vedere la vita, che molti non comprendevano, e per quanto molti ancora credono sia un confusionario senza un’idea al posto giusto, lui possedeva il suo ordine e presto avrebbe compiuto il suo ultimo passo verso il restante pezzo da incastonare per completare la sua piccola opera.
Si staccò dallo stipite, chiuse la porta e camminò verso la sedia della scrivania, si sedette e fissò il blocco di fogli bianchi, che si era preparato la mattina, pronto per quella serata lunga di parole. Quella scrivania in realtà apparteneva alla moglie, sempre lì intenta a scrivere, cose di cui lui, nonostante fosse la persona a lei più vicina, non si era mai impicciato. Solo qualche notte la donna, in vestaglia, allegra prendeva un foglio e gli leggeva qualche verso delle sue poesie preferite o  da lei create. Altre notti, con la stessa allegria, guardavano i disegni di lei, in bianco e nero e lui continuamente, ogni volta, le ripeteva che avrebbe dovuto colorarli, ma lei rifiutava tutte le volte. Più volte Ivan aveva pensato che in fondo loro due non si capissero, essendo così diversi, opposti. L’amore, almeno dalla sua parte, l’aveva colpito e nonostante le dolci parole, lui continuava ad essere quel ragazzo insicuro, che credeva di non essere apprezzato, amato. Come se quel matrimonio, quella famiglia, fossero frutto di classici eventi che costituiscono la vita. L’uomo si riproduce per la continuità della specie, ecco perché la sua famiglia esisteva, non perché qualcuno ci tenesse a vivere quel sogno con lui.
Analizzò ogni singola penna ben curata e custodita nell’apposito contenitore, pensò di doverne scegliere una speciale, ma alla fine, non essendo il tipo che perde molto tempo, ne prese una a caso nera dentro e fuori, con la parte superiore argentea.  Fece scattare la punta, trascinò vicino a sé un foglio dal blocco e poggiò la sfera di ottone sulla carta, in alto a sinistra.
 
Ivan Oliver Knight.
Iniziò con il suo nome, come se potesse confermare, anche a se stesso, che veramente fossero parole sue.
16 Maggio 2019
Caro… a chi dovrei dedicare queste parole? A mia moglie? A mio figlio Benjamin? A mio figlio Nathan?
Caro.
Dovrei lasciare in mano al vento questi fogli, saprà lui a chi consegnarli? A costui, importerà mai delle mie parole?
Caro, spendo, per te che leggi, queste parole, magari non te ne farai nulla, dato che la mia vita non è poi così speciale, ma a qualcuno voglio lasciarla. Non ricordo benissimo i miei primi anni, come molti altri adulti, ovviamente, ma tenterò di rievocare i ricordi. Hai presente quando pensi a qualcosa ma non sei proprio sicuro che abbia fatto parte della tua vita, se è stato qualcuno a raccontartelo o è stato un sogno lontano? Be’, potrei confondermi in questo modo, ma non credo tutto ciò che ricordo sia stato un sogno e se lo fosse vorrei tanto che qualcuno mi svegliasse, raccontandomi cosa realmente ho fatto, cosa realmente è successo, se sono una persona migliore o se lo sono stato.
La vita inizia nascendo, poi si cresce, ci si riproduce e poi si muore, almeno così dicono.
Partiamo dalla mia nascita.
Sarà assurdo per voi credere che io vi parli veramente della mia nascita, ma ve ne voglio parlare perché il mio falso ricordo è speciale.
Io sono figlio di Natalie e Anthon Knight, due persone straordinarie, come dicono tutti dei propri genitori. Scelsero per me il nome di Ivan Oliver Knight, non so bene perché, ma mi hanno sempre ricordato il cavaliere della Tavola Rotonda, Sir Ivano, conosciuto grazie a Chrétien de Troyes, con l’opera Yvain il cavaliere del leone. Credo che mia madre studiasse tanto sui cavalieri solo per far colpo su mio padre, per il suo cognome.
Non cercare di immaginare una famiglia comune, perderesti tempo, mio lettore.
Chissà perché Yvain non torna dalla moglie dopo un anno, come promesso. Ma nonostante tutto Yvain poi viene accolto alla fortezza insieme al leone, non è di certo il mio caso.
Ritornando a me.
Sono nato il 9 Febbraio del 1995 e, sì, ho un ricordo strano della mia nascita, è più un’immaginazione della mia nascita, più che un ricordo. Nella mia mente alla mia nascita il viso che mi sorride non è quello di mia madre, né quello di mio padre, bensì quello di Nathan.
No, non mio figlio. Nathan Gregory Wilson, figlio del parabatai di mio padre.
Forse tutto è dovuto dalla mia fissazione sulla nostra amicizia, l’amicizia tra me, Nathan, Shane e mia sorella Eveleen. Nathan è nato un anno prima di me, questo mi fa credere che ci sia stata subito una scintilla tra noi, qualcosa che non ci avrebbe mai separati. La particolarità di questa immagine, però, è che non immagino un infante Nathan, bensì un ventenne, e non saprei darti la motivazione. So solo che quell’immagine mi da ogni giorno conforto, credendo sempre nella sua presenza nella mia vita e che sin da quel giorno, nonostante avesse un anno, era pronto a proteggermi come un grande ometto.
Crederai sia una gran perdita di tempo che io ti parli di un ricordo falso, ma quella figura è un minuscolo tassello di cosa c’è di più vero nel mio cuore. Nathan mi osservava, mi osserva e mi osserverà, è parte di me, parte della mia vita, è parte di tutto ciò che mi circonda.
 
Avrebbe voluto continuare e continuare, a parlare di quella persona, che gli aveva lasciato una lacrima sul viso, al sol raccontare una falsità che per anni vagava sotto forma di immaginazione nel suo spirito, ma lo interruppero.  La porta della camera, che prima si era ben curato di chiudere, si era spalancata, con un piccolo Benjamin in corsa, trattenuto subito dopo dalla madre. Ivan si voltò e velocemente nascose il foglio sotto la pila di quelli bianchi, lasciò la penna sulla scrivania incustodita e osservò la madre e il figlio.
– Papà! Papà! – Urlava il bambino.
Ivan fece quasi per rispondere che la moglie gli diede le spalle, si accovacciò davanti al figlio e gli disse: – Se urli ancora Nate si sveglierà, quindi poi non lamentarti se piange. –
Il padre fece un mezzo sorriso e iniziò a guardare il piccolo Nate - che in fondo non piangeva poi così tanto durante il giorno - con amore. 
– Ma devo parlare con papà! – Si giustificò Benji, ma la madre lo girò e con una piccola pacca sul sedere lo spinse verso l’uscita della camera. La donna si avvicinò al marito e gli chiese: – Come mai seduto qui? –
– Volevo chiederti di farmi sentire le tue nuove invenzioni. – Le disse con un sorriso un po’ più malinconico del solito. La moglie, come se avesse appreso l’angoscia del marito, gli baciò la fronte e poi ricambio il suo sorriso, con uno ancor più allegro e pieno di vita, dimostrando di esser pronta a far vedere l’incantevole che riusciva a far uscire dalle proprie mani.

Ringraziamenti
Beta-reading: mael_

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Capitolo 2
*** Inferiority ***


17 Maggio 2019
Eccoci. Un altro foglio, un altro giorno, un altro evento della mia vita, o forse due.
Penserai che con la mia nascita si debba subito passare alla crescita, la mia infanzia, la mia adolescenza, ma.
Ma.
Ti hanno mai detto che la venuta al mondo delle persone più importanti della tua vita, o che l’hanno particolarmente condizionata, in certi casi, è anche più importante della tua? Oserei dire che senza la mia nascita non sarebbe mai esistito Nathan Gregory Wilson e io, senza Shane Xavier Wilson e Eveleen Arya Knight, nemmeno. Crediamo di essere i protagonisti, di essere il fattore più importante della nostra vita, in realtà siamo solo un piccolo ingrediente, magari sarà di base, ma da solo non è nulla.
 
Non è nelle capacità di Ivan, ma avrebbe tanto voluto spiegarlo in questi termini: un atomo in sé da solo non serve a molto, deve legarsi, fare una molecola. La molecola è la vita. Possiamo vederlo come un atomo di carbonio, che grazie all’ibridazione può fare quattro legami. Legato a Nathan, legato a Shane, legato ad Eveleen e legato ad Heavenly. Senza quei legami non è una molecola, non è vita.
 
Shane nacque sei mesi e tre giorni dopo di me. Ti chiederai: chi è Shane? Shane lo definirei: l’amico che avrei tanto voluto odiare. Purtroppo questo ti devi far bastare, avremo tempo di parlarne.
No, ti consiglierei di non saltare le righe che sto scrivendo per passare subito a quello che volevo dire su Shane.
Undici mesi e due giorni, sempre dopo di me, nacque Eveleen, purtroppo. Chi è Eveleen? Ti ho già accennato che è mia sorella, ma adesso posso completare: la sorella che non doveva nascere. Simpatico da parte mia vero?
Iniziò a squillare il telefono fisso, lo prese e dalla schermata della base vide il numero di Eveleen. Lo lasciò lì, fissandolo, aspettando che quel rumore fastidioso cessasse, così da poter riprendere a scrivere.
‘Basta anche solo scrivere il suo nome per essere condannati, si sarà sentita al centro dell’attenzione e voleva completare l’opera.’ Pensò.
Il telefono smise di squillare e partì la segreteria telefonica, premé il pulsante e ascoltò quel poco che aveva lasciato la sorella.
­­Un grugnito e un: –– Ci rinuncio! –– .
‘Sono ventitré anni che rinunciamo’.
La mia infanzia. Non so se ridere o piangere, non so nemmeno come iniziare. Credo di aver vissuto una bellissima infanzia, non sto scherzando, per quanto io potrò lamentarmi nelle prossime righe, è stata una bellissima infanzia. Ci sono state delle piccole particolarità che mi hanno solo fatto sentire… inferiore, ecco.
Continuo a sentire una voce, la voce di mia sorella, dire: –– Tu sei inferiore. –– con uno dei suoi sorrisi, che rivolgeva solo a me, in volto.
Partiamo dalla cosa più semplice: mai avere un’amicizia di gruppo, se così la si può definire.
 
La scrittura del ragazzo  iniziò a prendere una forma più grossolana, poco curata. Il nervosismo già si stava prendendo gioco di lui.
 
Più elementi ci sono peggio è. L’essere coscienti che ci siano più componenti fa nascere la speranza.
Prendi un’amicizia tra tre persone, è inevitabile che due di loro siano più legate, nonostante il legame a tre sia pur sempre forte.
Adesso aggiungi un’altra persona. Come ti sentiresti se nemmeno quella è disposta a condividere un legame speciale con te? Ti chiederai: –– Perché loro in tre vanno bene, ma quando io ero il terzo, in realtà, si trattava solo di due? ––
Eveleen, dulcis in fundo. L’ultima arrivata, il centro di tutto. Eveleen, Eveleen. Sempre Eveleen.
Vogliamo parlare dei parabatai? Shane sceglie Eveleen, ma va bene. Nathan sceglie Diana.
Congratulazioni, Ivan, hai appena ricevuto il premio per il più adorato dell’Istituto.
 
Cercò di disegnare dei fuochi d’artificio attorno all’ultima frase, ma quando prese coscienza di quello che stava facendo si schioccò il palmo della mano sinistra in fronte e riprese.
 
Adesso come adesso, per Nathan, non me ne importerebbe nulla, ma come vuoi che prenda una cosa del genere un bambino? Vedere che le persone più importanti, coloro che lo hanno reso felice, vanno altrove per un rito di tale importanza.
Ho sempre vissuto dietro mia sorella, la figlia più bella, più intelligente e più simpatica. Se qualcuno, conosciuto tanti anni fa,  ci rincontrasse entrambi, sono più che sicuro che ricordi più vividamente lei rispetto a me. Eveleen è quella che ti rimane impressa, che vuoi ricordare, con cui vuoi stare, con cui vuoi fare ciò  che di più piacevole c’è al mondo. A nessuno passa per la testa il mio nome o il mio volto. Io sono la seconda scelta, la riserva, ma non ho mai accettato di stare in panchina. La gente guarda Eveleen e ha gli occhi che brillano, la gente guarda me ed è come se guardasse altrove. Ivan c’è per la battutina, per la critica, per i difetti. Eveleen c’è per… per tutto, basta che sia una cosa positiva. Avrei tanto voluto non fosse nata e rimanere al centro dell’attenzione, anche solo perché ero l’unico figlio e non c’era nient’altro da  guardare, e se proprio doveva nascere almeno avrei preferito fosse una persona peggiore di me. Non è semplice gelosia, invidia, come crederai. Mi ha rubato un posto nel mondo, io non ho un posto da nessuna parte, perché basta già lei per tutto, io sono stato una sorta di errore, un esperimento andato a male. Sono il primo figlio, la prima esperienza dei miei genitori, sbagliando s’impara ed ecco Eveleen.
 
Un rumore in lontananza all’interno dell’abitazione lo distrasse e il telefono ripartì a suonare, esasperato  tra una cosa e l’altra, aggiunta all’argomento poco gradito appena trattato, lasciò la penna sulla scrivania, facendola rotolare e si diresse verso l’origine del rumore.
– Benji? – Urlò.
‘A suo tempo, però, Hugh era stato un’idea sua. Quel micione dal corpo forte e robusto, la coda di otto centimetri circa, col muso allungato e le guance piene, le orecchie alte e gli occhi a mandorla. Aveva il pelo semi-lungo, sotto bianco e sopra come una tigre, e non riuscivi a non abbracciarlo. La mia reazione effettivamente appena lo vidi fu proprio quella di un abbraccio e pensai di chiamarlo Hug. Eveleen aveva avuto questa brillante idea, avrei da contestare anche su questo, dato che il regalo perfetto sia venuto in mente proprio a lei. Eveleen, Eveleen…’ Pensò, nonostante non stesse scrivendo più, appena vide il figlio dilettarsi con un gatto randagio in giro per la cucina. Trovò stoviglie a terra e Benjamin sporco di latte, con la bottiglia vuota e la ciotola pure.
– Vedo che hai centrato la ciotola, figliolo. – Rise, facendo un sorriso sarcastico. Il piccolo fece una smorfia e mentre lui lo puliva lo guardava con occhi sognanti, non sapendo in quale momento dovesse dire ‘Possiamo tenerlo?’
– Vatti a lavare, dai, ci penso io. – Gli fece l’occhiolino e il ragazzino era un po’ tentennante sull’andare via, infatti, per un po’ restò a fissare il padre da dietro la porta. Ivan fece le pulizie un po’ come veniva prima, non le aveva mai fatte e mai avrebbe capito da dove iniziare, si limitò ad asciugare il latte per poi passare dell’acqua a terra. L’acqua gli ricordò la morte di Hug.
‘Eveleen e Shane. Lago Lyn.
– I gatti hanno veramente paura dell’acqua? – Si chiesero.
– E’ sparito, andato via, si sarà perso. – Mi dissero.
Mi chiedo ancora come si possa buttare un gatto nel lago Lyn per un’idiozia simile.
L’ho scoperto dopo undici anni e mi sono sentito molto inutile, dato che io in quell’istante in cui lui moriva mi strafogavo di crostata ai lamponi con i miei genitori e Nathan.’ Pensò fissando il gatto che si occupava di leccare i piedi del tavolo. Lo guardò sconcertato.
– Però questo non è tanto normale. – Borbottò. – Ti chiamerò comunque Hugh Jr. – 

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Volti

Ivan Oliver Knight.


Jake Abel.

Nathan Gregory Wilson.


Sam Claflin.

Shane Xavier Wilson.


Max Irons.

Eveleen Arya Knight.


Jennifer Lawrence.

Moglie. (E' provvisorio e non è detto che sia una cosa ufficiale dato che Elisabeth Dahlia Walsh ha lo stesso volto, semplicemente io la vedo così e per questo non ho fatto nomi).


Emilia Clarke.

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