Waste of Time

di Walechu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima o poi cederà ***
Capitolo 2: *** Che intenzioni hai? ***
Capitolo 3: *** è dura essere innamorati. ***



Capitolo 1
*** Prima o poi cederà ***



Allora un dubbio lo assali all'improvviso, contorcendogli lo stomaco: perché era rimasta al suo fianco?

 


Aveva saltato gli allenamenti per l'ennesima volta. E per l'ennesima volta Momoi era andato a cercarlo sul tetto della scuola per la solita ramanzina. Ma stavolta era sgattaiolato via prima che arrivasse.
Ormai era diventata una routine: andava a scuola, dormiva in classe, saltava gli allenamenti e sopportava le lamentele di Momoi. Quando s'impuntava era davvero snervante.
Camminava svogliatamente per il parco, ruotando gli occhi attorno a lui. Non c'era nulla che lo attirava, che lo attraesse, che gli facesse venir voglia di vivere.

«chan!»

Una voce da lontano. Non ci fece subito caso, ma la cartella che gli arrivò in testa la notò eccome.

«DAI-CHAN!!»

Momoi se ne stava in piedi, le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, i capelli spettinati e arruffati a causa della corsa.

«Che cavolo... Pensi di poterti nascondere da me?!»

Alla fine ritrovò la sua compostezza portando le mani sui fianchi. Ed eccolo li; lo sguardo da maestrina.

«Tch... che palle. Uno non è più libero di fare una passeggiata? Devo dirti anche quando vado al cesso?»

«Non è questo il punto! Hai saltato gli allenamenti, sai benissimo che abbiamo un'importante partita tra una settimana!»

«E allora? Non ho bisogno di allenarmi... »Si massaggiò la testa, sbuffando e dandole le spalle.

«Dove stai andando!?? Non ho fini-»

«Non m'interessa quello che hai da dire. Piantala di comportarti come se fossi mia madre! E soprattutto piantala di starmi appiccicata! Ovunque vada ti ho sempre tra i piedi. Sei una rottura di palle, Satsuki...»

Rimase in silenzio, si aspettava una replica, un insulto. Invece non arrivò niente. Anzi quando si girò, Momoi era già lontana, con la sua cartella stretta tra le braccia. Era sorpreso e irrequieto. Che avesse esagerato?

 


Il giorno dopo arrivò tardi a scuola. Oltre alla predica del professore si aspettava anche quella di Momoi. Volse il viso verso il suo banco incrociando per un'istante lo sguardo di lei, che subito lo distolse. Sospirò rassegnato. Era chiaro che si era offesa per ieri. Si sedette al suo posto, una fila più dietro rispetto al banco di Momoi. Non c'è la faceva ad aspettare l'intervallo. Le lanciò una gomma ma lei ignorò completamente la sua richiesta di conversazione.
Il fatto di essere ignorato lo mandava in bestia.

Suonò la campanella svegliandolo dai suoi pensieri in elaborazione di una decente richiesta di scusa. La seguì uscire dalla classe. Usò il tono più cordiale che conosceva, ma la sua voce uscì come una presa in giro.

«Ehy Satsuki... »

La rosa lo ignorò, svoltando l'angolo e dirigendosi verso i bagni. Rimase lì, immobile. Quella sensazione di gelo lo fece rabbrividire. Scosse la testa: era tipico. Le sarebbe passato prima o poi.

Al suono della campanella tornò in classe e dormì fino alla fine delle lezioni. Ma al suo risveglio, Momoi non era lì ad aspettarlo.


Prima o poi cederà. Era una settimana che non si parlavano. O meglio, Momoi non parlava con lui.

Aveva provato ad avvicinarla con scuse banali, ma lei lo ignorava sempre e passava oltre.

Anche i suoi compagni di squadra si stavano incuriosendo alla faccenda.

«Ahahah! Finalmente ha capito che è meglio stare lontani da un pezzente come te, AHOmine!!- Wakamatsu, uno dei suoi senpai si asciugava le lacrime mentre rideva di gusto»

«Stai zitto...» si limitò a tagliare corto il capitano Imayoshi.

«Allora, devi averla combinata grossa eh?» Un sorrisetto dall'ambigua interpretazione illuminò il viso del moro.

«.. bah, le passerà!» Borbottò irritato. Si mise in un angolino della palestra a fissare gli altri allenarsi. Quel giorno pensava che se fosse andato agli allenamenti, Momoi si sarebbe ricreduta e lo avrebbe perdonato. Già, se solo fosse venuta.

Si alzò di scatto e si diresse verso casa sua. Era stufo di essere ignorato. Compose il suo numero di cellulare ma suonò a vuoto. Imprecò contro la noiosa vocina che lo invitava a lasciare un messaggio dopo il “bip”. Era furioso. Non sapeva nemmeno lui il perchè, ma voleva a tutti i costi vederla.

«Oh, Aomine-kun.»

Quella voce quasi priva di emozione lo fece fermare. Kuroko se ne stava in piedi vicino al semaforo, il solito vanilla shake in mano e nell'altra un libro dalla copertina azzurrina. Il suo sguardo indagatorio lo scrutava e Aomine si copriva il petto, come se potesse vedergli nell'anima.

«é successo qualcosa?»

Sussultò alla domanda. Come al solito andava al dunque senza tanti preamboli. Si passò un dito tra il collo e il colletto della camicia.

«Nulla.»

«Ah, capisco »Il semaforo cambiò in un accecante verde speranza e il ragazzo passò affianco a lui.

«Un'ultima cosa. Io e Momoi-san usciremo molto spesso insieme. Perciò lei passerà pochissimo tempo con te. Spero che questo non sia un problema, Aomine-kun.» Fece un inchino prima di proseguire la sua camminata.

Spalancò gli occhi, sorpreso dalla sua frase per poi sorride spavaldamente.

Un problema? E perché mai? Finalmente poteva stare solo, di certo lui non aveva bisogno di lei.

«...già, io non ho bisogno... » sussurrò per tentare di convincersi. Ma qualcosa dentro di lui cresceva. E lo faceva stare male.

 


Come aveva detto Kuroko, lui e Momoi non si erano ne parlati ne visti per una settimana intera. L'aveva notata di sfuggita alla partita, per poi tornare a casa senza di lui.

E la scena si ripeteva.

In fondo lei era innamorata di lui sin dalle medie. Finalmente verrà ricambiata e sarà felice, pensò.


Felice.

 

In quelle settimane aveva fatto tutto quello che voleva senza mai sentirsi rimproverare. Ma non era felice. Non lo era per niente. Le sue giornate erano più vuote di prima, non avevano senso.

Si sentiva come ai tempi delle medie, quando il suo talento sbocciò prima degli altri e si isolò da tutti. Lui e la sua forza. Lui e...

Lui non era mai stato solo. Nonostante tutto lei era sempre lì.

Allora un dubbio lo assali all'improvviso, contorcendogli lo stomaco: perché era rimasta al suo fianco?
 

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Capitolo 2
*** Che intenzioni hai? ***


NOTE:Ho divagato un pochetto, ma ci tenevo tanto a descrivere la parte di Kuroko e Momoi. E poi, conoscendo il carattere di Aomine, sarebbe stato troppo bello concludere subito con un “ho capito quello che prova, la ricambio, the end”. (Ho fatto un pò di pasticcio con i font e roba varia...).
Vorrà dire che la scena clou arriverà nel prossimo capitolo. Come sempre consigli/critiche sono ben accetti.

 

 

Erano così vicini ma allo stesso tempo così lontani.

 

 

Quel pensiero tanto improbabile lo aveva tormentato per tutto il fine settimana. Ogni giorno Momoi lo ignorava. Ogni giorno stava peggio.

Non capiva che cosa gli stesse succedendo, ma se lei era la causa allora le avrebbe parlato.

Aspettò il suono stridulo della campanella, raccolse la borsa e la seguì fino all'entrata del liceo Seirin dove Kuroko la stava aspettando.

Li osservava da dietro un muretto, fulminando con lo sguardo tutti quelli che guardavano nella sua direzione. Forse era meglio aspettare per parlarle.

Si meravigliò di quanto intensamente li stava fissando, di come fosse un fascio di nervi, di come doveva rimanere concentrato per reprimere la voglia di correre da lei. Si meravigliò ancora di più quando qualcuno gli mise una mano sulla spalla. Si girò di scatto, tirando una sgomitata ad un punto ben preciso.

 

«Ahio! Che cazzo fai AHOmine??!!»

Il ragazzo con la divisa del Seirin se ne stava seduto a terra, il mento arrossato per il colpo violento e lo sguardo confuso e irritato.

«Kagami...?»

«Che- la prossima volta tiro dritto, razza di deficiente...» si alzò in piedi, pulendosi i pantaloni e scrutandolo malissimo. «Che fai li appollaiato?»

«Non sono fatti tuoi»

«Ah? Che stronzo, prima mi assali poi mi rispondi pure male....»

«Sono qui per Satsuki.»

Il rosso interruppe ogni suo movimento per osservarlo.

«Avete litigato, vero?»

«Si... più o meno...»

«Lei e Kuroko non fanno altro che uscire insieme. Mi sembra più sorridente del solito da quando si frequentano.»

Lo sapeva. Fino ad allora, per rimanere al suo fianco, Momoi aveva sacrificato la sua felicità. E lui egoisticamente continuava a tenerla legata a se.

I suoi occhi blu elettrico, sempre colmi di spavalderia e arroganza si tinsero di grigio, lasciando trasparire un accenno di gelosia. Si massaggiò la nuca per poi superare il ragazzo e dirigersi verso casa.

«Dove stai andando?»

«Via. Se lei sta con Tetsu sarà più felice. Io l'ho sempre trattata come una nullità...»

Kagami rimase li da solo, sorprendendosi delle parole che erano appena uscite dalla sua bocca.

 


«Momoi-san...»

 

Kuroko alzò appena lo sguardo su Momoi, intenta a torturare i bordi della tovaglietta di carta. Da quando, una settimana prima, lei si era presentata da lui in lacrime uscivano tutti i pomeriggi. Non parlavano quasi mai, stavano seduti al solito tavolo del Maji-burger. La osservava accanirsi su quel pezzetto di carta, stringerlo tra le mani e guardarlo scivolare via dalle sue candide dita.

«Che intenzioni hai?»

A quella domanda s'irrigidì. Sapeva benissimo di non poter continuare quella farsa a lungo. Anche perchè sembrava che ad Aomine non importasse nulla. Glielo aveva anche detto in faccia.

«... non lo so.»

La voce le uscì come un rantolo. Un miscuglio di frustrazione e delusione. Non voleva cedere alle lacrime ma non riusciva a trattenerle. Si coprì il volto arrossato con le mani, soffocando qualche singhiozzo in gola.

Kuroko si sedette accanto a lei, passandole una mano sulle spalle e attirandola a se. Le sussurrava parole dolci, la tranquillizzava.

 

«Andiamo, ti accompagno a casa.»

 

 

 

Aomine aveva passato la maggior parte del tempo seduto davanti a casa sua, in attesa di qualcosa o di qualcuno. Giocherellava con i laccetti della felpa grigio fumo, la sua preferita.

Era passato davanti alla casa di Momoi, sbirciando dalla finestra. Ma poi aveva lasciato perdere e aveva tirato dritto. Non gli mancava il coraggio, semplicemente non si sentiva in colpa. Non capiva dove aveva sbagliato. Non capiva perchè lei l'aveva presa così male. Non capiva nulla che riguardasse lei.

 

Poi si accorse che stava sorridendo.

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Capitolo 3
*** è dura essere innamorati. ***


NOTE:The End. Direi che come finale non è ne troppo smielato ne troppo scontato. L'ho lasciato molto aperto, magari in futuro potrei scrivere un continuo -chissà-. Grazie mille a testuya_da96 per le recensioni e per aver letto la mia prima ff. E grazie a chi la leggerà *^* . Alla prossima!


Per lei valeva la pena sacrificare il suo orgoglio.

 

Quella mattina era uscito presto. Prima di andare a scuola aveva deciso di passare per una playground li vicino e fare un po' di tiri, per schiarirsi le idee.

Ci aveva riflettuto su tutta la notte e aveva capito che la prima mossa doveva farla lui.

Si tolse la giacca e la camicia dell'uniforme scolastica rimanendo a petto nudo. Prese la palla che si era portato con se e la fece roteare sulle dita. Era tutto così semplice nel basket. Prendi la palla, corri, vai a canestro e vinci.

Rimase a lungo a fissare le linee della palla sparire per la velocità con cui girava.

Se non fosse stato per il suono della sveglia del suo cellulare non avrebbe mai notato di essere osservato.

Momoi se ne stava in piedi poco distante da lui, la cartella abbracciata al petto e lo sguardo sorpreso .Rimasero in silenzio, distogliendo lo sguardo entrambi e cercando qualcosa di meglio da fissare.

Sentivano le gambe pronte per scappare, ma nessuno dei due si mosse.

Fu proprio lei a rompere quel silenzio imbarazzante.

«Mi dispiace di aver interrotto il tuo allenamento.»

«No, stavo solo... riflettendo.»

Il silenzio calò di nuovo. Lei giocherellava con una ciocca di capelli, attorcigliandola alle dita, sciogliendola e ricominciando da capo. Lui stringeva la palla, nervosamente.

Era già capitato che litigassero e, ogni volta, lui le chiedeva scusa e lei gli correva in contro sorridente. Ma allora erano bambini, non c'erano di mezzo cose complicate come i sentimenti.

«Riguardo a quello che è successo, al fatto che ti abbia risposto male, scusa...» Momoi lo interruppe.

«Non scusarti. A quello ci sono abituata.»

«E allora qual'è il problema? Spiegamelo perchè io non ci arrivo...»

«Lo immaginavo. Uno come te non può lontanamente capire come sia dura essere innamorati..»

Non continuò la frase, anche perchè lo sguardo di Aomine la fece arrossire.

Strinse la cartella ancora di più al petto, rendendole faticoso respirare normalmente. I suoi occhi lucidi e le sue labbra increspate in una smorfia.

«Sarà meglio che vada.» La voce tremante la tradì, facendola sentire vulnerabile e umiliata. Gli diede le spalle velocemente per andarsene.

Aomine rimase immobile a centro campo, il pallone fermo sulla mano destra. Per lei valeva la pena sacrificare il suo orgoglio.

«Non so cosa voglia dire innamorarsi, non so cosa stai provando. So solo che mi da fastidio vederti con Tetsu. E mi da ancora più fastidio tornare a casa da solo, senza essere assillato dalle tue continue ramanzine.»

Le sue parole arrivarono a Momoi come un ondata di calore. Schiuse appena le labbra tanto da pronunciare un lieve gemito mentre le lacrime le sfuggivano al controllo. Una perdita di tempo, ecco come definiva il suo amore a senso unico. Ma quelle parole le avevano fatto capire che non era solo lei ad amare.

Lasciò cadere la cartella e si portò le mani al volto, tentando in qualche modo di fermare tutta quella gioia e disperazione che le rigavano il viso.

«D-Dai-chan.... idiota...!» singhiozzò mentre un sorriso dolce si formava sul volto del ragazzo.

Rassegnato si avvicinò e l'avvolse in un abbraccio.

 

Ormai erano le otto passate e nessuno dei due era intenzionato ad andare a scuola.

 

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