welcome to california
WELCOME TO CALIFORNIA
“Mi sono rotto! Avevi detto che sarebbero state due ore di
viaggio, ne sono passate già cinque! Sono sempre più convinto che dovevamo
rimanere a New York!”
“Aaaah sembri un
bambino Mike!”
A quanto pare il
viaggio si era allungato. Io e i miei figli stavamo per trasferirci ad Huntington Beach in California.
Avevo scelto quella città perché volevo trovare pace. Vivere vicino al mare era
da sempre stato il mio sogno, fin da piccino.
Ovviamente, come in
tutte le famiglie, un componente non era d’accordo. Mio figlio Michael, il più
grande dei due, aveva 16 anni. Era un ragazzo ribelle e fingeva di essere un
duro, quando sotto sotto era più dolce del miele. Non avevamo mai avuto un
grande rapporto, a differenza del più piccolo, Matthew, di 14 anni, con il
quale riuscivo a condividere anche le stesse passioni.
Entrai in un vialetto ricoperto di sassi bianchissimi,
affiancato da piante e fiori meravigliosi. Sì, il mio reddito era alto, anche
se da circa un anno non lavoravo più, riuscivo comunque a portare avanti la mia
famiglia ed ero riuscito addirittura a comprarmi questa casa meravigliosa
proprio in riva al mare.
Parcheggiai di fronte al garage, inchiodai con il mio Suv
tanto che feci alzare un polverone. “Finalmente, siamo arrivati!”, dissi
voltandomi verso i miei figli. Matt saltò giù in un battibaleno, mentre Mike
con calma, rimise l’iPhone nella tasca dei pantoloni . “Allegria portami via!”,
commentai.
Mio figlio mi lanciò un’occhiataccia, dopodiché aprì la
portiera e scese dalla macchina. Mi accertai di aver spento i fari e raggiunsi
i miei figli. Matt corse subito sul ponticello che portava sul terrazzino di
casa nostra. Era felice.
Mi limitai ad appoggiarmi al Suv ed osservare la scena,
quasi dimenticandomi di avere un altro figlio a cui badare. Sentii la macchina
dondolare piano e voltandomi mi accorsi della presenza di Mike appoggiato di
fianco a me. D’istinto, appoggiai il braccio sulle sue spalle, che lui non
esitò a scansarmi infastidito. “Andiamo, casa nuova, vita nuova…”, gli dissi.
“Fa schifo. Dove sono i negozi? E il campo da basket? Le ragazze? Le auto belle
e lussuose?” si lamentò lui. “Andiamo, qua ci sono ragazze a volontà, siamo in
California baby! Donne, surf, falò e party sulla spiaggia. Diventerà tutto più
facile”.
“E’ la tua presenza
che rende tutto più difficile..”, rispose spostandosi e andandosene
verso l’entrata di casa. Matt gli corse incontro e lui lo evitò. Non ci rimasi
male alla reazione di mio figlio, ormai avevo imparato a farci l’abitudine perché solo un miracolo l’avrebbe cambiato: Il ritorno della madre.
Chiusi la macchina a chiave e corsi dentro la nuova casa.
Quando aprii la porta mi soffermai e annusai l’aria. Riuscivo a captare ancora
l’odore di vernice fresca, e vedere ancora i mobili imballati mi dava un senso
di tristezza. Sì, quella casa l’avevo sempre sognata, ma abitarci senza la
presenza di mia moglie, era tutta un’altra cosa. C’era un vuoto in me, un buco
nero. Era tutto ciò che desideravamo avere: una famiglia e una casa grande.
Avevamo anche pensato di comprare un cane, e il nome l’avevamo già deciso,
l’avremmo chiamato… “KELAN! VIENI SUBITO QUI!”. Kelan, esatto. L’avremmo
chiamato così. Un piccolo cane entrò velocemente in casa mia e me lo ritrovai
addosso. Scodinzolava felice, come se avesse appena fatto una marachella e
godeva nel vedere la propria padrone corrergli dietro.
“Permesso, scusatemi. Mi è scappato il cane…”, una giovane
donna dalla media altezza, con capelli castani, corti e mossi ed una tuta da
ginnastica sbucò da dietro la porta. Presi in braccio il cane e glielo consegnai:”Dovrebbe
legarlo….”, dissi.
“Mi dispiace, lo porto qui tutti i giorni a correre sulla
spiaggia, l’ho sempre tenuto slegato e non ha mai avuto una reazione del
genere, a dir la verità non pensavo che questa casa fosse abitata…”
“Lo è da oggi, ci siamo appena trasferiti…”.
La donna a vederla in
viso sembrava molto stanca, aveva gli occhi gonfi ed era magrissima.
“Beh, piacere, io sono Joel…” dissi allungando la mano.
Lei rimase sorpresa dalla mia reazione, come se non avesse
mai incontrato un uomo garbato come me. “Joel Sullivan? Dei Breaking Dawn?”,
ecco il perché di quella reazione.
“Presente…”, confermai.
“Accidenti, non l’avevo riconosciuta, è un anno che non si
fa vedere, dopo quello che è successo a… - accorgendosi della gaffe si fermò –
insomma, lei è sparito così nel nulla, ha cambiato taglio di capelli. Non li ha
più lunghi alla Kurt Cobain, ora sembra Robert Pattinson”, si grattò la testa
imbarazzata.
La fissai per qualche secondo poi scoppiai in una forte
risata:”Mi sta paragonando ad un vampiro?” – “Solo per il taglio, ecco…e anche
il colore di capelli…accidenti, ma perché non imparo a starmene un po’
zitta?!”.
Tutto d’un tratto fummo interrotti dalle grida di mio figlio Matt provenire dal piano
superiore, senza badare alla presenza della donna con scatto veloce mi
precipitai di sopra e una volta entrato nella stanza dei miei figli, vidi Michael
con un braccio attorno al collo di suo fratello minore.
“Michael lascialo immediatamente!”, urlai.
Il maggiore dei due lanciò il più piccolo sul letto che
appena si ricompose non esitò a rialzarsi e correre da me:”Lo vedi come fa?!
Non lo sopporto più!”, mi urlò.
”Si può sapere cosa è
successo?!” chiesi infuriato. Matt cercò di spiegarmi l’accaduto:”Voglio questa
stanza, ma lui dice che è sua…”. A volte mi domandavo se avessero veramente 14
e 16 anni. “Mike, lascia questa stanza a tuo fratello. Forza, prendi la tua
roba e portala nell’altra qui di fianco…”
“Cosa?! Ho messo io per primo il
piede qua…e qua resto!”.
Sbuffai:”Smettila di comportarti come un bambino. Prendi la
tua roba e spostati nell’altra stanza, SUBITO!”.
“Oh bene, finalmente ti sei svegliato. E’ un anno che dormi
e non fai altro che startene seduto su quella cazzo di poltrona blu a
strimpellare la chitarra. Improvvisamente ti sei ricordato di avere due figli?
Ti senti in colpa? Pensi che mamma possa rimanere delusa da te?!”, non ci vidi
più e schiaffeggiai mio figlio. Non era mai accaduta una cosa del genere, ma
dicendomi tutto ciò mi ferì.
“Se non vuoi stare alle mie regole, quella è la porta…”
dissi indicando l’uscita della sua stanza. Il ragazzo mi fissò per qualche
istante negli occhi, uguali ai miei, verdi come l’acqua di una laguna, poi prese
il borsone e uscì dalla stanza. Lo bloccai per il braccio, mi accorsi di essere
stato troppo severo:”Dove vai?” chiesi.
“Dallo zio Chase, a Los Angeles, lui..mi vuole bene…” ,
strattonò il braccio e si liberò dalla presa, lo osservai scendere le scale:”Michael
se esci da quella porta io…io…”, il ragazzo si bloccò dal fondo della scala:”Tu
cosa? Se prima mi hai tirato uno schiaffo ora cosa fai? Non me ne fotte un
cazzo se sei Joel Sullivan dei Breaking Dawn, io di certo non ti do il
contentino in tutto solo perché sei ricco e famoso…”, dopodiché si rivoltò e
uscì di casa.
Sentii una presenza di fianco a me, vidi Matt preoccupato:”Tornerà?”,
gli misi un braccio sulle spalle:”Certo, quando la rabbia gli sarà passata!”
“Non voglio perdere
anche lui!”, lo strinsi a me:”Non succederà, te lo prometto”.
Lo lasciai solo e scesi a chiedere scusa alla signora per il
comportamento scortese, ma di lei nemmeno l’ombra.
***
Ciaoooo
:D eccomi alla prova con la mia prima FF sugli Emblem3, vi avverto che
prima di incontrarli ci vorrà un po', volevo solo rendere la
storia diversa dalle altre. Spero vi piaccia il banner con tutti i
personaggi, l'ho fatto così potete farvi un'idea di come sono i
personaggi, gli Emblem3 non ci sono perchè sapete già
come sono fatti ahah
Come potete vedere nel banner non c'è il fratello Matthew
perchè mi sembra un personaggio irrilevante, se poi
capiterà di usarlo un po' più spesso di quel che ho in
mente metterò una fotografia più avanti.
Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo!!
Alla prossima!
Mony
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