What makes mothers all that they are

di TheComet13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mother's day ***
Capitolo 2: *** Linda Moore ***
Capitolo 3: *** Fever ***



Capitolo 1
*** Mother's day ***


NOTE DELL'AUTRICE: Evidentemente non so resistere all'idea di scrivere qualcosa su Vivien (la protagonista della mia long "You are my shining star", per chi non fosse familiare con i miei lavori). Stavo dando un'occhiata ai bandi di concorso sul forum di EFP e ho trovato questo contest intitolato "Cuore di mamma", indetto da Delirious Rose. E ho pensato "ma se invece di scrivere di una mamma sola, scrivessi delle diverse figure materne di una sola persona?" e inevitabilmente ho pensato a Vivien e alla sua situazione un po' particolare.
Questa storia è il risultato. Sono tre flashfic che analizzano le tre figure materne di questo personaggio: la nonna che l'ha cresciuta, la madre biologica, e la "matrigna" (sempre che la moglie del padre di Vivien possa essere considerata tale).
La storia è arrivata terza al concorso, e la seconda parte ha ricevuto anche il premio speciale "Cuore di piombo" (e chi è già familiare con quello che è successo tra Vivien e la sua madre biologica, capirà facilmente il perchè).


I - MOTHER'S DAY
 
Il concetto di "mamma" era stato estraneo nei primi anni della vita di Vivien, finchè non iniziò a frequentare l'asilo.

Certo, nei cartoni animati spesso si parlava di "mamma", ma Vivien aveva sempre dato per scontato che una mamma fosse semplicemente la donna adulta che viveva in casa con i bambini, che si prendeva cura di loro, che faceva da mangiare, esattamente come sua nonna faceva con lei. Insomma, Vivien considerava la parola "mamma" alla stregua di un nome proprio: suo papà chiamava la nonna "mamma", e il nonno la chiamava Hazel. Per Vivien non c'era differenza.

Fu durante il suo primo anno di asilo, quando la maestra radunò tutti i bambini e annunciò che avrebbero iniziato a preparare dei regalini fatti a mano per la festa della mamma, che Vivien si rese conto che c'era qualcosa di diverso nella sua famiglia. La maestra, dopo aver fatto l'annuncio, aveva guardato Vivien con tenerezza mista a compassione e le aveva detto che lei poteva mettersi a disegnare, o giocare con le bambole.

Vivien, inizialmente, non aveva capito il motivo di quel trattamento differenziato. Si era seduta vicino a quello che, ai tempi, era il suo fidanzatino, Jake, e invece di disegnare si era messa a osservare quello che il bambino stava facendo.

"Cos'è?" chiese, curiosa.

"La signorina Annie ci ha insegnato a fare una rosa di carta da regalare alla mamma domenica prossima."

"Perchè?"

"Perchè è la festa della mamma." rispose Jake, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Confusa, Vivien continuò a osservare il suo amico lavorare, chiedendosi perchè la maestra non aveva assegnato quel compito anche a lei.

Tornata a casa, Vivien trovò nonno Kenneth sul divano che leggeva il giornale. Il nonno sapeva sempre tutto, quindi avrebbe potuto aiutarla.

"Nonno, che cos'è una mamma?" chiese la bimba.

Kenneth scrutò la nipote, come per cercare di capire da dove fosse uscita quella domanda, e quando vide gli occhi marroni di Vivien che lo fissavano con serietà, si rese conto che era arrivato il momento di dire la verità alla bambina. Una verità addolcita, ma pur sempre la verità.

"La mamma è la donna che mette al mondo un bambino e lo cresce, si prende cura di lui." spiegò nel modo più semplice possibile, sperando che Vivien, che era fin troppo sveglia per la sua età, non gli chiedesse come venivano al mondo i bambini.

Ma Vivien era troppo concentrata su quella parola che le creava così tanta confusione. "Quindi la nonna è la mia mamma?" chiese.

Kenneth scosse la testa. "No, Principessa. La nonna è la mamma del tuo papà. Hazel è la tua nonna."

"E allora la mia mamma dov'è?"

Kenneth sospirò. "La tua mamma ti ha messo al mondo, ma non si può prendere cura di te e quindi la chiesto a me, a papà e alla nonna di farlo al posto suo."

Il giorno seguente, all'asilo, Vivien chiese alla maestra se esisteva una festa della nonna. Alla risposta negativa della maestra, Vivien chiese di poter costruire anche lei una rosa di carta.

"Io non so dove sia la mia mamma, ma la mia nonna si prende cura di me e mi vuole bene, e mi prepara sempre i biscotti che mi piacciono tanto. Non credo che il mio papà costruirà una rosa di carta per lei, e visto che non esiste la festa della nonna, voglio regalare la rosa alla nonna per dirle grazie e per farle vedere che le voglio tanto bene."

Quella domenica, quando Vivien si presentò a colazione tenendo in mano la rosa di carta e un biglietto che diceva "buona festa della nonna", Hazel pensò, con gli occhi lucidi, che quella donna che aveva abbandonato sua figlia solo poche ore dopo averla messa al mondo, non sapeva cosa si era persa. Vivien Reese era una bambina straordinaria, e sarebbe diventata una donna ancora più straordinaria, quella di cui ogni mamma sarebbe stata orgogliosa.

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Capitolo 2
*** Linda Moore ***


II - LINDA MOORE
 
Dopo diciassette anni passati a chiedersi chi fosse la donna che l'aveva messa al mondo, Vivien ora aveva un nome. Sua madre si chiamava Linda Moore.

Le ci erano voluti giorni e giorni di ricerche, ma finalmente, quel pomeriggio di aprile, Vivien si era diretta all'indirizzo che aveva trovato sulle Pagine Bianche e si era appoggiata contro il portone ad aspettare che Linda tornasse a casa.

Durante l'attesa, Vivien cercò di immaginarsi come sarebbe stato l'incontro, ma ancora di più come sarebbe stata quella donna che era stata estranea alla sua vita dal giorno in cui era nata. Suo padre aveva detto che le somigliava moltissimo, quindi Vivien si figurò una versione più cresciuta di se stessa, con meno trucco, ovviamente, e senza ciocche colorate tra i capelli. O chissà, forse Linda portava i capelli corti ora. Chissà se era una donna in carriera o se faceva la cameriera in qualche ristorante della zona. Ma la domanda che risuonava più forte delle altre nella mente di Vivien era: le piacerò?

"Forse avrei dovuto truccarmi meno. Forse avrei dovuto vestirmi meglio."

Vivien si guardò nello specchiettino che teneva sempre in borsa, cercando con le dita di togliere un po' dell'ombretto nero che aveva sugli occhi e si sfregò via il rossetto scuro con un fazzoletto. Per i vestiti non c'era molto da fare, pensò, ma in fondo, poteva essere vestita peggio: certo, i jeans erano lievemente strappati in più punti, e gli anfibi che portava ai piedi non urlavano sicuramente "signorina di buona famiglia", ma non era neanche così terribile. C'erano giorni in cui era vestita molto peggio, con qualche corsetto comprato al Dark Side e gonne così corte che chiamarle gonne era fare loro un complimento.

Come ultima cosa, Vivien cercò di legarsi i capelli in modo che le ciocche colorate fossero il più possibile nascoste. Si slacciò la giacca per mettere in mostra la maglietta dei Queen che indossava: in fondo, secondo i racconti di suo padre, lei era stata concepita proprio in seguito a un concerto dei Queen a Londra nell'ottobre del 1977. Per Vivien era stata una piacevole coincidenza il rendersi conto che aveva indossato quella maglietta proprio il giorno che avrebbe conosciuto sua madre.

Vivien lanciò uno sguardo all'orologio che portava al polso: era passata un'ora da quando era arrivata, e di Linda ancora nessuna traccia. Non le pesava aspettare. Aveva aspettato diciassette anni, quindi cos'erano poche ore in più? Avrebbe aspettato anche tutto il giorno per poter incontrare sua madre.

Una parte di lei provava un fortissimo risentimento verso quella donna, che l'aveva abbandonata e che mai una volta, in diciassette anni, si era interessata a lei, ma c'era un'altra parte in Vivien che smaniava dalla voglia di conoscere sua madre, di poter finalmente capire cosa volesse dire avere una madre. Ed era stata proprio quella parte ad aver vinto quel giorno, quando aveva deciso di andare a incontrare Linda.

Erano quasi le sei di pomeriggio ormai, e su Londra si erano radunate grosse nubi scure che presagivano pioggia. Vivien non aveva portato con sè l'ombrello, ma non si preoccupò più di tanto: chissà, magari lei e Linda sarebbero andate a cena insieme da qualche parte per poter parlare con calma, e poi Linda l'avrebbe riaccompagnata a casa. Gli occhi di Vivien brillavano a quella prospettiva.

Bastarono uno sguardo e poche parole da parte di Linda per smontare tutte quelle fantasie.

Mentre camminava verso casa, con la pioggia che la inzuppava e le lacrime che le annebbiavano la vista, nella mente le parole dure e fredde di Linda, che l'avevano definita "un errore di gioventù" e che le avevano ordinato di sparire per sempre dalla sua vita, Vivien si rese conto che, nonostante quella donna l'aveva messa al mondo, lei non aveva mai avuto una mamma e non l'avrebbe mai avuta.

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Capitolo 3
*** Fever ***


III - FEVER
 
Nei suoi trentacinque anni di vita, Vivien non era mai stata così tanto male (se si escludeva quella volta che era rimasta in coma quattro giorni dopo aver cercato di suicidarsi, ma lì non aveva sofferto...e in più non aveva assolutamente ricordi di quei giorni, quindi non contava).

Quella notte si era svegliata scossa da violenti brividi di freddo nonostante il riscaldamento fosse al massimo, e aveva passato ore seduta sul pavimento del bagno, vomitando anche l'anima. Ci voleva una bella sfortuna per ammalarsi proprio durante le vacanze di Natale, durante l'unica settimana in più di sei mesi che era a Londra, e non solo: anche sua nonna aveva la febbre in quei giorni, e suo padre era a girare delle scene in location, quindi Vivien era completamente sola.

Quella mattina, quando aveva chiamato sua nonna, aveva minimizzato le sue condizioni per non farla preoccupare, ma la realtà era che il termometro ora segnava 40.2, inoltre il suo stomaco non si era calmato abbastanza a lungo per permetterle di alzarsi dal pavimento del bagno e tornare a letto, e Vivien era abbastanza certa che stava iniziando ad avere delle allucinazioni.

Cos'altro poteva essere, se non un'allucinazione, quella donna che era entrata in casa e l'aveva praticamente raccolta da terra e portata a letto, e ora le stava passando una pezza bagnata sulla fronte, nel tentativo di farle scendere la febbre?

Vivien cercò di parlare, ma dopo aver passato buona parte della notte e un'intera mattinata a rimettere, la sua gola bruciava terribilmente se cercava di emettere un suono.

"Shhh, Viv, va tutto bene. Ci sono io a prendermi cura di te ora, e vedrai che starai meglio in pochissimo tempo." disse la donna, accarezzando i capelli rossi di Vivien madidi di sudore e completamente arruffati.

Nonostante stesse malissimo, Vivien sentì qualcosa dentro di sè, come una sensazione di gioia e di benessere che non aveva mai provato prima in vita sua. Quando da piccola si era ammalata, sua nonna si era presa cura di lei, e Vivien le sarebbe stata eternamente grata per quello, ma ora era diverso. La nonna era la nonna, mentre l'atteggiamento di quella donna, il modo di comportarsi, il tono della sua voce, era quello che Vivien avrebbe definito materno.

"Mamma?" mormorò Vivien con le lacrime agli occhi. Non importava che fosse un'allucinazione; Vivien voleva godersi il più possibile la sensazione di avere una mamma.

"Sì, tesoro. Va tutto bene, cerca di dormire ora." rispose la donna, cambiando la pezza che era diventata bollente nel giro di pochi minuti, vista l'altissima temperatura della febbre di Vivien.

"Rimani?" chiese Vivien, lottando contro il sonno. Non voleva addormentarsi, per paura che l'allucinazione fosse scomparsa al suo risveglio.

La donna sorrise e annuì. "Non vado da nessuna parte, Vivien. Sarò sempre qui per te."

Rassicurata da quelle parole, Vivien chiuse gli occhi, e finalmente si addormentò.

Dormì per sedici ore di seguito, e al suo risveglio le immagini della mattina prima erano sfuocate e confuse nella sua mente, ma Vivien si ricordava di quello che aveva provato quando aveva chiamato quella donna, quell'allucinazione, "mamma" e lei aveva risposto.

Quando cercò di muoversi, Vivien si rese conto che c'era qualcuno che dormiva con la testa appoggiata sul bordo del letto, una mano stretta nella sua e l'altra ancora appoggiata sulla pezza ormai asciutta sulla fronte della rossa.

Non era stata un'allucinazione: Addison, la moglie di suo padre, era venuta per prendersi cura di lei, ed era rimasta a vegliare su di lei per tutto il giorno, finchè non era crollata, esausta.

Addison aveva solo quattordici anni più di Vivien, e quest'ultima non l'aveva mai considerata una matrigna, ma un'amica, soprattutto considerato che Addison e suo padre si erano sposati che lei aveva già ventidue anni e non viveva più in casa con loro. Eppure, quel giorno, Addison si era presa cura di Vivien come se fosse stata sua figlia.

Insomma, nonostante l'avesse fatta stare malissimo, quell'influenza aveva portato qualcosa di estremamente positivo: per la prima volta in vita sua, Vivien aveva chiamato qualcuno "mamma", e, per la prima volta, aveva sentito che quella parola aveva un reale significato.

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