Revolution: The Next Generation

di RainySky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'ultimo rimasto ***
Capitolo 2: *** L'Albero Dorato ***
Capitolo 3: *** Un amore di famiglia ***
Capitolo 4: *** La festa alla Gakuen ***
Capitolo 5: *** Vietato andarsene ***
Capitolo 6: *** Don't leave me behind ***
Capitolo 7: *** Sognare di non avere sogni ***
Capitolo 8: *** Sapere non è conoscersi ***
Capitolo 9: *** Qualcuno che corre con te ***
Capitolo 10: *** Incertezze, dubbi, risposte. Paura ***



Capitolo 1
*** L'ultimo rimasto ***


PICCOLO RIASSUNTO DELLA FF PRECEDENTE: REVOLUTION TIME
 
Lens Ryuga era uno delle tante particolari persone in grado di controllare gli Alice ma aveva una marcia in più: era in grado di controllare a piacimento qualsiasi Alice purché prima ne apprendesse la tecnica e per far ciò gli bastava osservare. Era un ragazzo sveglio dopotutto.
Un giorno Galun, uno dell’Alice Academy, si presentò a casa sua e offrendogli un biglietto di sola andata per la prestigiosa accademia il quale ovviamente viene subito accettato.
In questo suo infelice soggiorno incontra Marin della quale dopo alcune vicissitudini si innamora e alla quale si dichiara dopo una sfortunata giornata dove Lupo, uno dei suoi tre animali del suo Alice principale, l’Alice della Metamorfosi, prende il sopravvento su di lui facendo rischiare la vita agli studenti dell’intera accademia.
Come se tutto questo non bastasse l’Action Shooter (A.S.) prese il controllo della Gakuen monopolizzando il Preside e ben presto prendendo il controllo anche su di lui costringendolo a far quello che desiderano e c’è solo una cosa che i 3 capi dell’Action Shooter vogliono: un aggeggino chiamato Monocolum che davvero non fa nulla di ché, permette soltanto, se chi lo indossa è la persona per cui è stato fatto, di controllare l’instabilità di Lupo; altrimenti se chi lo indossa è una persona a caso gli permette di controllare Lupo e muoverlo a marionetta, si in pratica Lens diverrebbe una persona inanimata controllata dai pensieri altrui.
Fortunatamente per Ryuga quando lo trova acquisisce anche dei rinforzi dai suoi genitori, che un tempo credeva morti, e grazie a loro riesce a respingere gli A.S. e a far fare una apparentemente brutta fine ai 3 capi: Ayano, Ryousuke e Kan.
Durante gli scontri si da per morto Lens il quale torna all’Accademia all’età di 20 anni per ritrovare le memorie perdute e anche Marin.
Il successore nonché figlio di Lens tuttavia da inizio ad una strage generale del gruppo degli A.S. che non si fermerà fino a dopo la sua morte.

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“Chi non ricorda le imprese di Lens Ryuga? Che ci crediate o meno, proprio oggi diversi anni fa ha liberato la GAC da una morsa tirannica e….”, spensero il televisore.
“Smettila di guardare ‘sta roba, c’è qui la tua amica. Esci e divertiti”. Quella bambina, amava passare del tempo con lei e forse il suo pensiero infantile gli fece credere che sarebbero stati insieme per sempre, ma le cose… cambiano.
 
Estratto da una pagina del diario:
Si, questo accadeva 10 anni fa quando i ribelli ancora non avevano sterminato tutti gli A.S., di cui sono l’unico rimasto, la parola odio forse non basta ma i Ryuga l’avrebbero pagata.
Io non rimasi ucciso (ma va?) ma in ogni caso fui gravemente ferito e miracolosamente salvato da un certo Dr.Raikou, che dopo avermi donato dei spaventosi miracoli di meccanica come arti al posto di quelli che avevo perso sparì così come era arrivato.
Ora ho 16 anni…. O meglio dovrei averne 16, non ricordo la data del mio compleanno ergo potrebbero essere benissimo 17.
Ho progettato quasi tutto alla perfezione, se non per il fatto che non ho un Alice e non so chi sia l’erede di Ryuga per compiere la mia vendetta, ma ad entrambe c’è soluzione. Sembra che alla GAC accettino tipi particolari quindi credo proprio di rientrare nella categoria giusto? E poi sangue di famiglia non mente, qualche sporco trucco magico lo conosco, allo stesso modo rintracciare l’erede sarà una scemata, basterà… Cercare fra i cognomi di tutti? Mi fa sembrare tanto uno stalker ora che ci penso.


“Rain. La cena”, Rain sono io o almeno era il nome inciso sull’avambraccio. Mi trovo in una specie di amabile orfanotrofio dove faccio la parte del fratellone grande, forte ma soprattutto figo (?).
Non sono un montato ma la mia autostima ogni tanto ha bisogno di uno sprint ed è già tanto che ogni tanto riesco a far ridere i piccoli con qualche orribile numero di comicità, uno triste come me, come può fare il comico?
Soprattutto triste se si avvicinano a dirmi che somiglio a Ryuga da giovane, oh santo Chanel!
Mi girano, non lo nego e quelle sono le mie imprecazioni, so che sono alquanto ridicole ma voi cosa fareste se per colpa della persona a cui venite paragonati non avete una famiglia, o almeno non più?
 
Mi alzai dalla scrivania chiudendo il diario, scesi le scale o feci per scendere le scale: uno dei bambini mi stava tirando la maglia, abbassai lo sguardo e vidi Lily.
Lily era forse la più sfortunata di tutti ed era anche la bambina che più adoravo, i genitori l’avevano scartata perché nata con una malformazione alle gambe che la costringeva a muoversi su una sedia a rotelle, mi ero solennemente incaricato di scarrozzarla ovunque volesse, tassista mode on!
“Pronta per le terribili pietanze di Mamma Hikari?” le chiesi prendendola in braccio e mettendo in un angolino la sedia a rotelle, la piccola Lily mi rivolse uno sguardo furbetto e complice.
“Ti ho sentito Rain!” sbraitò la cuoca quasi provetta e mi morsi la lingua, scendemmo al piano di sotto e feci accomodare la mia sorellina, mi guardai attorno: la casa era un disastro, i ragazzi sono dei terremoti quando s’impegnano per farci impazzire tutti.
“Morirai qui! Stupido stregone!” urlò Nikko, una peste su per giù di 10 anni. Sospirai e lo presi per il collo della camicia, delicatamente sia chiaro.
“Va bene piccolo Terminator, ma ora vai a sederti a tavola”, non appena Nikko obbedì lo seguì anche la sorellina: Hikari l’aveva soprannominata Astral, dicendo che era pura come un cristallo ma allo stesso tempo era terribilmente taciturna. Arrivarono poi anche Desy, Kakeru e Motomi in assoluto i più piccoli e paciocconi.
Presi posto a capotavola e guardai preoccupato la carne nel piatto che bhè.. aveva uno strano colore arancione fosforescente. Nikko mi guardò disgustato “Stai scherzando, vero?” gli feci cenno di parlar piano.
“Sono sicuro che sia squisita…”, il colore era anomalo, l’odore era vomitevole, cosa mai poteva andar storto? Ne tagliai un pezzo e lo mangiai, sentivo gli sguardi dei ragazzi addosso.
Sulle prime non era male ma non feci in tempo a dirlo che corsi fuori casa, fra le risate di tutti e gli urli spazientiti di Mamma Hikari.

_______

*SkySpace*
Oddio gira che ci rigira non posso credere di aver finalmente cominciato questa seconda serie O_O.
Bhè vediamo, sicuramente sono molto emozionata e devo ringraziare una mia amica (non registrata su EFP ma che legge la storia, quindi grazie u.u) per il riassunto della FF precedente, mi son presa l'ovvia (?) libertà di aggiungere l'ultimo pezzo di modo che tutto combaciasse.
Che dire probabilmente più avanti vi renderete conto che i caratteri di Ryuga Lens e Rain sono totalmente diversi così come le loro storie. Rain è un tantino della serie: più tragico è più carino apparirà agli occhi di *tossisce*.
Ora vi chiedo abbiate pietà, non perchè devo scrivere il secondo capitolo e non so da dove partire ma perchè devo trovare il tempo di trascriverlo da carta a computer XD.
Grazie per aver letto questo primo capitolo e alla prossima!
Bacione ^^

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Capitolo 2
*** L'Albero Dorato ***


Di solito, dopo cena sono solito suonare il piano, cosa che rallegra molto tutta la famiglia, d’altro canto è inutile dire che la nostra povertà ci sfianca senza esclusione di colpi, stare insieme è la migliore cura.
 
Ero già seduto in postazione, pronto a suonare. Solo che ero un tantino distratto… Scossi la testa e mi ripresi “Chi canta oggi?”, teoricamente si sarebbero contesi con forza questo onore ma sembravano giù di morale.
“Lo faccio io, posso?”. La signora Hikari era comparsa dal nulla, come fa sempre a comparire dal nulla poi, e mi chiedeva di cantare. “Sono tristi perché oggi Lily ha avuto un’altra ricaduta”, mi sussurrò. Lo sapevo bene, rendeva triste anche me e tutti sappiamo quanto la sua salute sia precaria. Fra i vari spartiti indicò quello dell’Albero Dorato, che era solito cantarmi da piccolo se ero depresso.
Iniziai con l’intro e quando lei cominciò a cantare mi bastò seguire le parole che conoscevo a memoria:
 
Là infondo al prato
C’è quell’albero dorato
Che dona la speranza
A chi più non ne ha.
Esprimi un desiderio e asciugati le lacrime
Altrimenti lo sai che non si avvererà.
Predi le tue cose e mettiti in marcia,
là in fondo al prato lui ti aspetta già.
 
 
Forse chi non ci conosce penserebbe che è una canzone terribilmente infantile e non posso biasimarlo ma per tutti noi ha un significato grandissimo e forse per loro ora anche più di quanto ne avesse avuto per me, tra l’altro non è una canzone inventata: c’è davvero un albero che al tramonto si tinge di un colore oro splendente e sta proprio dietro casa nostra.
Domani magari li porto, si meritano anche loro una carica.
“Ma esaudisce davvero i desideri?” mi domandò Desy, passai le dita sulle nocche dell’altra mano.
“Certo, bisogna provare per credere” rispose Hikari al posto mio, ero di nuovo perso nel fantastico mondo di cui parlavo prima.
Avevo chiesto all’albero i soldi che a Mamma Hikari mancavano, che a tutti noi mancavano e sempre senza successo, ma ero piccolo e non avrei fatto ancora lo stesso infantile errore. Meglio pensare ad altri desideri piuttosto.
Passato il momento di serietà cominciarono le canzoni gioiose che eravamo soliti strimpellare e solo per oggi avremmo continuato un po’ di più. (Per la felicità delle mie dita).
A mezzanotte circa avevo messo a letto quasi tutti. “Lil, è ora di andare a nanna”, era beatamente seduta sul divanetto con lo sguardo perso, ma per lo meno felice.
Credo che non mi abbia nemmeno sentito…
“Là infondo al prato c’è quell’albero dorato…”, stava sussurrando ancora quella canzone, su di lei aveva sempre un grande impatto. Sorrisi e mi sedetti accanto a lei mettendomela in grembo. Le accarezzai il capo “L’albero però non ti ascolta se prima non dormi sai?”, mi guardò con quel suo bel faccino spaventato e quasi scoppiai a ridere; chissà come mai volle subito andare a letto.
A volte, spero che non cambi mai nulla.

________
*SkySpace*
Eccomi con il nuovo capitolo XD. La volta scorsa nel capitolo primo, Lelly ha detto di non aver esattamente capito chi sia Rain.
E' questo il punto, Rain è il personaggio misterioso ^^ (non so a quante persone interessasse ma forse è meglio puntualizzare).
Poi vediamo.. Ci saranno altri capitoli così? Non tutti ovviamente, ci saranno gli eventi che spingeranno Rain ad andare alla Gakuen cosa che ovviamente non vorrebbe fare. Quindi vediamo, il prossimo capitolo e poi basta suppongo XD, poi si cambia u.u
Ora forse è meglio che mi fermo perchè non so davvero cosa altro dire e mi rendo ridicola XD.
PS: Ho ingrandito il carattere perchè mi sembrava piccolo O_O. Bho vedrò forse cambierò di nuovo XD
Un bacione <3

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Capitolo 3
*** Un amore di famiglia ***


“Guarda mamma! C’è un servizio su quella famosa accademia, l’Alice Academy. Dicono che stanno preparando una festa e tutti sono invitati, ci andiamo vero?” domandò Motomi che fino a poco fa stava giocando con Astral, la donna fece un sorriso e poi scosse la testa.
Mise nel lavabo il piatto che stava lavando e andò ad abbassare il volume della piccola televisione “L’unico che potrebbe portarvi è Rain, ma non credo lo farebbe mai”.
 
Rizzai le orecchie non appena sentì pronunciare il mio nome seguito da acuti urli di disappunto, anche se stavo tagliando la legna con tutto quel baccano me ne accorsi subito, ovviamente.
Misi l’accetta in spalla ed entrai “Perché mi chiamate in causa? Cosa non farei mai?”, la signora Hikari si giro per rispondermi ma appena mi vide con l’ascia dentro casa e oltretutto a dorso nudo andò su tutte le furie.
“Brutto idiota” Quante volte te l’ho detto di rimanere vestito? Se ci fosse stato un ospite?!” venendo come maneggiava lo straccio corsi fuori ridendo seguito dalle ragazze; conficcai l’accetta sul ceppo e mi sedetti per terra “Cosa vogliono le mie prime donne stavolta?”.
Motomi e Astral si guardarono fra di loro, mentre una folata improvvisa mi stava buttando addosso tutta la terra , “Ci… ci puoi portare all’Alice Academy?”; probabilmente divenni paonazzo, mi si sbarrarono gli occhi, iniziai a respirare con affanno e per fortuna non si scatenarono anche fulmini, lampi, uragani e tempeste…. D’altra parte non sono in un cartone, no?
“Come vi è venuta questa brillante idea?”, Astral si sedette affianco a me e rispettivamente Motomi si era accomodata sopra di me. Dovrò mettere una tassa per chiunque mi si piazza addosso. Motomi mi raccontò cosa avevano visto al telegiornale mentre Astral si limitava ad annuire, una festa? E per cosa poi?
Rimasi a lungo in silenzio, il biglietto del treno per 7 persone, siano esse bambini ed un adulto in ogni caso ci spelerebbe vivi e la signora Hikari ne ha già abbastanza di gatte da pelare.
“Devo pensarci”, risposi infine e decisi di concentrarmi sull’argomento il più tardi possibile, poi andai sopra da Lily.
Era accanto alla finestra e guardava i suoi fratellini e sorelle giocare in cortile, appena mi vide entrare le si stampò in volto un gran sorriso e mi corse incontro con la sedia a rotelle “Ciao principessa! Pronta per il desiderio?” lei annuì e si lasciò mettere in spalla. Una volta avvisata Hikari andammo sul retro e l’albero aveva già cominciato a tingersi d’oro.
 
Nikko agitatissimo mi saltellava attorno “Possiamo esprimerlo ora?” scossi la testa e dissi loro di cantargli la sua canzoncina, rimasi colpito quando anche Astral mi prese per mano e cantò, quasi mai avevo sentito la sua voce, posso commuovermi vero?
Quando ebbero finito tutti piombarono nel silenzio più assoluto, si tiravano frecciatine bizzarre ma dopo poco uno ad un espressero ad alta voce i loro desideri e rimasi sconvolto: nessuno dei desideri era egoistico, erano tutti rivolti al bene degli altri o della famiglia.
Mi girai per paura che qualcuno vedesse gli occhi lucidi, Lily si abbassò e appoggiò il mento sulla mia testa “Nii-san… Perché piangi?”… Diamine, che bambina sveglia.
“Scossi la testa “Non sto piangendo” quando mi voltai di nuovo mi guardavano tutti sorridendo, scossi la testa “Andiamo, forza”.
Ci fu uno strano silenzio poi tutti esordirono in coro “Nii-san si è emozionato!”, aumentai il passo ma in vano, mi correvano praticamente dietro.

_____________

*SkySpace*
Salve gente! Eccomi tornata dall'Irlanda! E' così strano *sob* là faceva un caldo assurdo e gli orari "della fame" erano così diversi <.< .
Detto questo sono felice di presentarvi il continuo e cercherò di essere il più veloce possibile a postare i nuovi capitoli, liceo permettendo ovviamente.. ^^
Un bacione e buona lettura!
PS: Scusate eventuali errori di scrittura.

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Capitolo 4
*** La festa alla Gakuen ***


Ero scettico quando mi parlarono per la prima volta della festa della GAC ma poi forse qualcosa si mise in moto e compresi che forse era un modo per rintracciare altri possessori di poteri Alice, per quanto ne so il ragionamento non fa una grinza.
 
Infatti ora eccomi qui, sul treno diretto a quel posto maledetto e ancora mi sentivo in colpa per la cifra sparata a mamma Hikari ma ormai ea fatta e ne ero certo, avrei sofferto da morire oggi. Avevo cercato di farli vestire con gli abiti migliori di cui potevamo disporre ma ciò che a noi pareva buono, fuori era il peggio del peggio, la gente sul treno li fissava con tale disgusto che mi sarei alzato volentieri a prenderli a calci nei loro regali fondoschiena.
“Nii-san ha 17 anni” esordì all’improvviso Kakeru e lo guardai con una faccia tipo < Come dici scusa? >, Nikko gli tirò un coppino per farlo stare zitto, si preparò a parlare al suo posto “A 16 anni non si ha una barba così” ed indicò il finestrino di modo che potessi vedermi.
Dio mio aveva ragione, stavo conciato proprio male e lo stesso valeva per i capelli di quel dannato color nero pece (ovvero molto sporco) sparati dappertutto quindi ora posso dire che con quell’acconciatura e i vestiti < sensuali > che indossavo forse stavano guardando pure me.
Non puoi farci nulla.
Vai con l’incoraggiamento; vorrei fosse un pessimo incubo, che non stessimo andando… lì.
 
“Salve e benvenuti a questa grande festa!, urlava un annunciatore servendosi, suppongo del suo Alice altrimenti senza casse e microfono una voce che si sente ovunque… Bhè, la vedo dura.
I bambini si stavano agitando come non mai, anche Lil senza guardarla potevo dire che stava metaforicamente scalciando.
Nikko mi tirò la maglia “Nii-san saliamo lì?” urlò, io ancora cercavo di capire come potessero esserci le montagne russe.
“No, no. Mai e poi mai”, insomma io soffro l’eccessiva velocità “Scordatelo”.
<< Grazie di essere saliti e tornate di nuovo >> disse una voce meccanica, come diamine è possibile che stiano tutti così bene? Quel coso è una macchina infernale! Mentre scendevamo dovetti tenermi alla ringhiera, il mondo aveva cominciato a fare balli strani, probabilmente stavano per chiedermi di fare un altro giro ma la mia espressione li fermò.
“Nii-san. I clown!” urlò Desy ed io pensai < No ti prego >, già mi schifava essere lì, figuriamoci essere lì e subire quest’altra tortura! Non feci in tempo a ribattere che erano già schizzati via e portavamo anche Lil per giunta teneri qualsiasi cosa pur di non ascoltarmi.
Rimasi a fissarli da lontano mentre loro si divertivano. Ah! Se solo avessi potuto bruciare tutto!
“Mi scusi!, sussurrò qualcuno come se potessi sentire  se sussurra, si fa fatica con questo baccano, non lo sa?
“Le è caduto il biglietto del treno” imprecando tastai le tasche e notai che aveva ragione mi girai: era una ragazza della scuola ed il mio schifometro salì a livello quasi massimo, poi iniziò a blaterare dicendo quanto fosse colpita da questo insolito gruppo, mi chiese se erano tutti fratelli fra loro e ovviamente, fratelli miei e poi inizio  a fare domande su Lil.
“Senta” dissi stizzito ed accentuando ogni singola lettera “Non vorrei nemmeno essere qui, dunque può smettere?”
Mi guardò con talmente tanto astio che non si trattenne ed urlò “Allora vada via! Qui non ci serve gente come lei!”; serve la parola magica, a loro le persone servono in qualità di oggetti.
Avevo ben notato che i bambini mi guardavano, sanno che se mi arrabbio divento pericoloso, i miei arti lo sono “Ci rimborsi tu il biglietto?”, cambiai da formale a strafottente per sembrare più < viperino >.
Sbarrò gli occhi e poi li ridusse a due fessure “Per 5 miseri solducci a testa andata e ritorno? Ah scusa, tu sei adulto no? Quindi 10” sputò lei portando le mani sui fianchi.
Non capivo cosa avesse trattenuto la mia mano fino a quel momento.
 
 
“Dov’è il ferro di Nii-san?” urlò Nikko “L’avete portato vero? Lil!”, stava armeggiando agitata nello zaino infine fortunatamente sorrise e passò a Nikko la lastra di ferro che erano nello zaino di Rain, gli corse incontro insieme agli altri e riuscii a parare il pugno del fratellone, prima che rompesse qualcosa/qualcuno.
La lastra si piegò paurosamente, ma Nikko sorretto dai fratelli riuscì a rimanere in piedi senza farsi male.
Intanto le ragazze si erano messe davanti a quella della Alice “Noi siamo tanto poveri. Quei soldi sono tanti per noi. Nii-san ha fatto i salti mortali per portarci qui oggi”, la studentessa guardò i 6 bambini e poi il cafone di prima che si era seduto contro ad un muro.
“Voi, parlate sempre troppo”, sospirò duro e distaccato.

___________

*SkySpace*


Provo a fare uno spazio autrice serio..
.
..
...
Ahahah ok come non detto XD, come dicevo ci sarebbero stati alcuni lievi stravolgimenti già a partire da questo capitolo e poi UUH se peggiora ahahah, ok ma non dico nulla.
Non voglio rovinare l'ipotetico divertimento.
Il fatto è che Rain verrà portato al limite immaginabile di pazienza e sarà dunque messo a dura prova, che dite, resisterà?
Alla prossima! <3

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Capitolo 5
*** Vietato andarsene ***


“E quindi voi vivete in queste condizione disastrose da sempre?” mi chiese la ragazza dell’Alice ed io mi misi seduto su una panchina non appena i bambini partirono di corsa verso un castello degli orrori.
Mi allungai a distendere i muscoli e per cercare di prendere una boccata d’aria in più dal momento che nei polmoni mi era rimasta una sensazione di vuoto indicibile.
La coda dell’occhio cadde su quella stupida staff “Certo.. O meglio, purtroppo è così” lei si strinse i lembi della gonna ed abbassò lo sguardo a terra, furba la giovane a cercare di non darmi ulteriormente sui nervi.
“Mi spiace per i ragazzi” sussurrò e mi scappò da ridere e ad alta voce per giunta, la ragazza portò il suo sguardo su di me e ricominciai a ridere ancora più forte.
“Seriamente potevi anche omettere le ultime tre parole! Sembra che io sia l’unico a stare bene se la metti così!” le dissi cercando di tornare ad un certo livello di compostezza “Piuttosto, come ti chiami?”.
Lei si alzò dalla sedia e mi rivolse un sorriso ambiguo come a dire < Chi lo sa? > se ne andò verso un edificio piuttosto lontano da quella che era la zona divertimento del momento.
La guardai stupidamente mentre si allontanava ma alzai le spalle e feci finta di niente cercando i miei fratellini fra la folla, stavano uscendo dal castello giusto in quel momento.
Mi alzai e gli andai incontro sperando di tornare a casa il più presto possibile.
 
 
“Signori del Consiglio, è quasi finita la giornata e dobbiamo prendere una decisione” disse il signore seduto in penombra davanti ad un computer “Nessuno ha notato niente di particolare?”.
Probabilmente iniziava a preoccuparsi per lo scarso successo di quella edizione del “Festival Alice” ma le sue speranze vennero riportate a galla dal provvidenziale intervento della ragazza del Consiglio Scolastico, che, intendiamoci, è tutta un’altra cosa.
Appena venne chiamata lei si alzò dirigendosi verso il computer e cercando le registrazioni dei video di sorveglianza, cercò la zona Clown e lì finalmente, dopo alcuni secondi di sclero totale, lo trovò, più incazzato di quanto si ricordasse.
Il signore alzò lo sguardo verso di lei, voglioso di chiedere spiegazioni ma dal momento che era l’unica ad aver portato dei potenziali candidati era il caso di non fare gli schizzinosi.
“Va bene allora, sarà lui”.
 
 
“Cosa succede Astral? Perché ti sei fermata?”.
Seriamente, perché mi fai questo ora? Stiamo finalmente per andare a casa, fallo per il tuo fratellone diamine!
Ecco cos’avrei voluto dire ma il mio buon senso me lo impediva, prima o poi manderò al diavolo questo “buon senso” ed il “pensiero razionale” che ne deriva.
Astral alzò la mano ed indicò degli uomini che ci venivano incontro, aguzzai la vista e mi parvero ragazzini, più che uomini a parte uno solo fra d’essi. Ebbi da subito un brutto presentimento e speravo davvero tanto di sbagliarmi ma quando mai, che io ricordi, la vita mi è stata a favore?
Il gruppo dei 6 dell’Alice mi si parò davanti e 3 di loro fecero allontanare i bambini e per loro fortuna lo fecero con talmente tanta grazia che non me la sentì di far loro del male, finché non fosse stato strettamente necessario.
“Ci spiace ma lei non può lasciare l’Accademia” tuonò l’uomo ed io tremai per il semplice fatto che riconoscevo viso e voce.
Ma poi.. Seriamente vi dispiace?

____________

*SkySpace*

Okkey anche stavolta sono un tantino fuori programma, ma d'altra parte fra malesseri e liceo vi chiedo di essere (o di avere) un minimo di pazienza. Speravo di poter diventare un tantino più veloce nel postare i capitoli dal momento che ho di nuovo la connessione internet al piano di sopra (dove ci sarebbe camera mia) ma evidentemente per ora non è così.
In ogni caso, ecco, questa volta ho fatto anche un po' più tardi perchè ho dovuto rivedere il capitolo numero 5 che avevo in precedenza scritto sul quaderno e lo stesso farò per il 6 e via dicendo (a meno che poi non mi quadrino).
Ma a proposito! Chi sarà quell'omone dalla voce tuonante?!
Nel 6° capitolo si saprà tutto :D
Sky!

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Capitolo 6
*** Don't leave me behind ***


Quel giorno la mia reazione non fu delle migliori, parlo di quando mi costrinsero a rimanere all’Alice Academy e a vedermi strappata via la mia famiglia per una seconda volta, di quando la rabbia mi pervase e prese il sopravvento.
Quando venni preso di peso e sbattuto a marcire in qualche posto in disuso dell’intera struttura.
Quando grazie al cielo qualcuno provava lo stesso a tenermi compagnia.
 
“Jerk-boy, la cena” sussurrò la ragazza dall’altra parte della serranda e fece passare da un minuscolo buco il vassoio, lo guardai con poca voglia, come al solito d’altronde. “Se non vuoi mangiare non m’importa..” continuò allora e non vedendomi rispondere andò su tutte le furie “Fai quello che ti pare!”.
Un sorrisetto strafottente comparve ai lati della mia bocca, involontariamente “Grazie visto che insisti così tanto forse dovrei proprio mangiare”, la staff notando il sarcasmo semplicemente sbuffò e si sedette su una sedia lì vicino.
Ormai non mi stupivano le sue reazioni, i suoi comportamenti, almeno non su questo frangente dal momento che tutti i giorni era la stessa storia. Presi saldamente il sandwich e lo addentai svogliatamente.
“Dì.. Quando viene il vostro grande capo a tirarmi fuori da qui?” chiesi e lei finalmente alzò lo sguardo su di me, s’inarcò sulla sedia appoggiandosi alle gambe con i gomiti per sorreggere a loro volta la testa. Chiuse gli occhi e cercò di pensare “Non ne ho la minima idea Jerky-boy”.
Indugiai sull’ultimo boccone di sandwich, poi lo deglutì e scoppiai a ridere “Davvero sei una delle persone più inutili che abbia mai conosciuto”, lei mi folgorò con un’occhiataccia storica e mi trattenni dal ridere anche su questo.
Con uno spintone le ripassai il vassoio che si fermò poco lontano da dove stava seduta, nonostante tutto il tempo passato “assieme” ancora non ero a conoscenza del suo nome e credo non l’avrei mai conosciuto continuando così.
Nel senso.. facendo la parte del ragazzo duro finirò sicuramente per farmi odiare per bene, non che la mia prima impressione con lei fosse stata delle migliori.
“Hai sete?” mi domandò poi notando che non aveva portato nemmeno un goccio d’acqua ed io annuì sussurrando < Un po’ >, fortunatamente lei afferrò anche senza che dovessi ripeterglielo.
Mi alzai da terra e andai ad appoggiarmi al muro accanto alla err.. porta? La staff tornò con in mano una bottiglietta d’acqua da mezzo litro e quando mi vide piazzato a quel modo un sorriso sconfitto comparve anche sul suo volto. Mi porse la bevanda e abbassando la testa sputò le parole in una volta sola “Domani sarai fuori Jerky-boy”, mi voltò le spalle ed uscì dalla logora struttura.
Rimasi fermo appoggiato al muro per diversi minuti, forse addirittura qualche ora.
 
“Ci spiace ma lei non può andare a casa”.
Ero sicuro di aver visto da qualche parte quell’uomo eppure la mia memoria faticava a riconoscerne il volto, probabilmente se avessi avuto l’opportunità di vederlo nuovamente, magari per più volte, di sicuro prima o poi mi sarebbe tornato alla mente qualcosa.
Qualsiasi cosa.
I sorridenti volti della mia famiglia, dei miei fratelli e sorelle adottivi cominciavano davvero a darmi nostalgia ma avevo poco da poter fare ormai, per lo meno con la mia “cattura” da parte dell’Alice Academy loro han ricevuto i soldi necessari per risistemare la casa e anche per aiutare Lil, questa era l’unica cosa a cui riuscivo ad aggrapparmi perfino in questi momenti di sconforto. Di sicuro ero stato utile ancora una volta nella mia vita, dopo.. parecchio tempo.
 
Sorseggiai con estrema calma e tranquillità l’acqua che mi aveva dato la ragazza, ed infine guardai alla porta da dove era uscita con un nuovo sorriso sul mio volto.


Spazio Autrice:
E' passato un bel po' di tempo mmh. Prima di tutto sono felice di essere tornata e, non mi ero dimenticata di questa storia, semplicemente il liceo non mi lascia un attimo di tregua (guarda caso ho scritto il capitolo giusto durante questo ponte).
Spero possiate avere un po' di pazienza ma è davvero stressante :)
In questo periodo di stacco ho avuto anche modo di trovare un rinnovato spunto (molto recente direi) che non mancherò di ringraziare a fine storia se continuerò su questa linea di "visione".
Riguardo alla storia il comportamento di Rain è un po' cambiato durante la sua permanenza in "gabbia" e viene definito dalla ragazza come un Jerky-boy, espressione molto usata e quindi da me ritrasportata qua (You're a jerk).

Sono già all'opera col prossimo capitolo e spero di farcela presto, prestissimo  ^^
Un bacione!

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Capitolo 7
*** Sognare di non avere sogni ***


Giocherellavo seduto sul pavimento con un sassolino che ieri notte mi era caduto in testa dalla piccola fessurina sulla parete, la stessa da dove ogni sera guardavo la luna e grazie alla quale ogni volta pensavo quante persone mi erano state strappate nel fragile corso della mia esistenza.
Nonostante mi fossi detto più volte che era stato d’obbligo e per fortuna d’aiuto alla mia sgangherata famiglia non potevo fare a meno di pensare alla signora che per tutti questi anni si era presa cura di me, ed io dei ragazzi e che ora dovrà fare tutto da sola.
 
Lanciai il sassolino contro al muro, fece uno strano rumore indegno di ogni altro sasso.
“Ora ti metti a fare anche commenti sui rumori che i sassi fanno?” sussurrai riprendendolo in mano poco dopo che fu rotolato indietro.
Lo rilanciai ma questa volta sentì più di un sol rumore, ve ne erano altri che si alternavano compostamente sul suolo, uno dietro l’altro senza nemmeno una sbavatura.
Alzai il viso e guardai fuori, un’ombra era proiettata sul pavimento e si avvicinava. La mia vista era un po’ annebbiata, così quando solo riuscì a capire che l’uomo (i passi erano troppo pesanti per essere di una donna) si era fermato davanti al mio luogo di estremo riposo presi il sasso e glielo tirai addosso, senza però riuscire a capire se l’avesse colpito o meno.
“L’educazione a quanto vedo manca totalmente, non giusto un po’” feci un mugolio di disappunto alle parole dell’uomo.
“I neuroni non son mai esistiti a quanto vedo, non erano solamente andati a farsi un giro”, l’uomo finse che la mia fosse un’affermazione divertente tanto da poterci evidentemente ridere sopra. Si sedette sulla stessa sedia dove ogni giorno stava lei e la cosa mi diede fastidio, bada, solo un pochetto però.
Probabilmente si accorse di quello che pensavo e decise bene di rendermi partecipe della sua opinione “Quella ragazza ti ha trattato troppo bene per i miei gusti” e il suo personalissimo pensiero si sentì preso in man forte dalla bottiglia d’acqua che occupava il suo posticino accanto a me. Dal momento che non mi offre tutti i giorni dell’acqua mi sembrava giusto non usarla tutta in un giorno, bensì con estrema calma.
Il silenzio si fece pesante e questi decise di alzarsi e venirmi ad aprire la porta fuori da quel buco, non certo verso la libertà.
Lo guardai rimanendo fermo dove ero prima, curandomi bene che non mi prendesse in giro “Anche se ti ha trattato piuttosto bene, non vuol dire che sarò da meno. Hai scontato quello che dovevi Rain”, mi lasciò la via libera.
Mi alzai cautamente e mi diressi verso la porta, passandogli di fianco provai un brivido prolungato fino alla base della spina dorsale.
“Ricordati che da qui non c’è via di fuga e giusto perché tu lo sappia, io ho in custodia tutte le memorie che tu non vorresti avere ragazzo”.
Detto questo il “grande boss” uscì dalla struttura 4 volte più velocemente di me, mentre io rimasi ad ingranare quanto aveva appena detto senza però capire molto.
Ripresi a camminare verso l’uscita più atterrito di quando stavo semplicemente accovacciato nel mio buco. Una volta fuori venni accolto da una scocciatissima Stupida-Staff che sicuramente non vedeva l’ora di andarsene ed invece mi era stata assegnata per l’ennesima volta. Diamine.. Il giro dell’Accademia già l’avevo fatto.
Presi a seguirla lungo un vialone immerso nel verde, senza che scambiassimo fra noi la minima parola, d’altra parte non ce n’era bisogno. Il vento mi carezzava i capelli, la sensazione più bella del mondo. Smisi di seguire la ragazza ed andai in mezzo al prato dove rimasi in silenzio a guardare il cielo, semplicemente, ad osservare.
Una farfalla mi passò davanti e la guardai un po’ nostalgico, era di un blu sgargiante di quelli che ti fan venire i groppi allo stomaco talmente son belli forse è proprio grazie a Lil che ho imparato a dar peso anche alle cose che sembrano più stupide.
Dietro di me avevo sentito i passi di lei ma non mi curai di girarmi “E’ libera” dissi con voce spezzata, la ragazza mi affiancò.
“Tutti quelli che sono qui, Rain, hanno imparato ad accettare l’inevitabile”, la scrutai con la coda dell’occhio: il suo viso si era improvvisamente incupito, cielo, non che prima fosse poi tanto solare con quella noia dipinta in volto.
Seguì con lo sguardo il tragitto della farfalla e quando fu scomparsa alla mia vista decisi di farle un’altra domanda “Come?”.
Notai le sue mani stringersi in pugni, abbassò lo sguardo a terra e prima di darmi una risposta, sempre che volesse darmene una, si girò incamminandosi nuovamente verso il viale “Smettendo di sognare..”.
 
Quella risposta era stata come una pugnalata alle spalle.
Mentre andava via alla velocità della luce le cadde un foglietto, che io ovviamente raccolsi. Gli diedi una veloce occhiata e vidi che sul fronte portava scritto il nome “Kagura”, lo ripiegai e lo misi in tasca.
“Anche tu hai smesso di sognare, Kagura?”


Spazio Autrice:
Eccomi, dati i mesi di assenza ho deciso di rimboccarmi le maniche e di postare quanti più capitoli in mio potere!
Anche questa volta mi sono avventurata nel clue della situazione, triste per altro ..
Abbiamo svelato che il nome della Stupida-Staff è Kagura, magari è banale ma mi piaceva davvero troppo (tantissimo!)
Detto questo, spero di postare al più presto un nuovo capitolo.
Baci!

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Capitolo 8
*** Sapere non è conoscersi ***


Le lezioni sono così noiose…
Durano all’infinito ed in ogni caso non imparo nulla di entusiasmante.
D’altra parte non sono mai andato a scuola, perché devo iniziare ora? Credo che da domani farò sciopero fino a quando il Grande-boss non si degnerà di togliermi dai corsi e mi mandi a fare qualcosa di meno istruttivo per la mia povera testolina.
 
Frequentavo la scuola da soli 2 giorni e avevo già ogni singolo ragazzo della classe contro, le ragazze per lo meno mi erano indifferenti.
Ogni tanto sentivo qualcuno fissarmi, ma dal momento che ero diventato il più odiato dell’intero istituto decisi semplicemente di non farci caso.
Alzai lo sguardo a guardare l’orologio: mancavano 5 minuti al termine. 5 infiniti minuti. Li occupai come potevo ovvero stracciando la carta e dondolandomi sulla sedia producendo fastidiosissimi rumori che nonostante tutto non impedivano al professore di continuare imperterrito la sua lezione.
 
Quando finalmente suonò la campana di fine lezioni fui il primo ad alzarmi e a sfrecciare fuori dall’aula mentre tutti gli altri raccoglievano le loro cose e chiacchieravano felici su poi chissà cosa.
Sarebbe bello se potessero imparare cosa vuol dire soffrire. Soffrire sul serio.
La solitudine (e la fame) mi portarono a lamentarmi senza motivo sul tetto della scuola. Andai a sedermi vicino alla balconata, distesi le gambe e sopportai la fame per quanto straziante fosse avrei sempre mangiato la sera ai dormitori, forse.
Chiusi gli occhi ed il mondo si spense con l’oscuramento della mia vista.
 
Dopo non so quanto tempo mi riaccesi, come se fossi rimasto spento troppo a lungo senza dare cenno di vita come se pensassi ci fosse qualcuno ad aspettarmi..
Stropicciai gli occhi contro voglia e mi stiracchiai per diversi istanti, quando infine mi accorsi che avevo del ramen proprio accanto a me. Lo guardai con l’acquolina in bocca, decisi a prenderlo e a saziare questa dannata fame, non potevo resistere fino a stasera contando che erano solo le 2 del pomeriggio.
Presi in mano le bacchette che erano state messe sopra la ciotola del ramen “Itadakimasu!” urlai felice come un bambino.
Finito il ramen lasciai a terra la ciotola e mi alzai a guardare il panorama che il tetto della scuola offriva: la vista era davvero bellissima, senza ombra di dubbio. La parte dove mi ero affacciato offriva la vista sulla parte opposta a quella dove dovrebbe esserci la cittadina, lì vi erano solo montagne e un lago più in là. Tutto quello era davvero mozzafiato, potevo tranquillamente paragonarlo al paesaggio di casa e ciò mi rendeva felice poiché potevo dire di aver trovato il mio angolo di paradiso in quello che per me si preannunciava l’inferno. Per la seconda volta in quei giorni mi passò davanti una farfalla blu sgargiante e di nuovo io la seguì con lo sguardo per vedere dove stavolta mi avrebbe portato.
Mi fece girare e fu così che la vidi, non mi ero accorto della sua presenza anche se al contrario credo fosse stata lei a portarmi il ramen.
Rimasi fermo incapace di non fissarla per un istante, l’istante in cui una folata di vento le mosse i lunghi capelli e lei chiuse gli occhi simultaneamente.
Scossi la testa dandomi dell’idiota e decisi semplicemente di andarmene da lì ma come le passai dietro questa mi guardò di striscio “Dovresti trovare un modo per procurarti da mangiare all’ora di pranzo”.
Mi fermai dietro di lei, senza però girarmi “Non c’è bisogno che sia tu a dirmelo”, parlai con una nota di acidità che mi sorprese letteralmente.
Kagura scoppiò a ridere “Figurati non c’è bisogno di ringraziare per il ramen, Jerky-boy”.
Sprofondai quando mi resi conto che aveva effettivamente ragione, mi aveva portato da mangiare e nemmeno l’avevo ringraziata ma non potevo né volevo lasciargliela vinta così, cambiai argomento.
“Kagura” dissi per attirare la sua attenzione e di fatto lei si girò con una nota di sorpresa in volto < Come fai a conoscere il mio nome? >, le diedi il foglio che le era caduto tempo addietro, non avendo occasione di rivolgerle la parole semplicemente non ho potuto restituirlo prima.
Lo prese e prima di metterlo nello zaino lo guardò con apprensione “Lo hai letto?”, scossi la testa ed in ogni caso mi squadrò da cima a fondo per cercare anche una minima traccia di menzogna ma per sua sfortuna doveva ammettere che avevo ragione io. Non mi sogno nemmeno di farmi gli affari suoi.
“Dì.. Tu hai smesso di sognare, Kagura?” chiesi facendo ritornare l’argomento alla stessa situazione di qualche giorno prima, mi guardò un po’ sorpresa, un po’ scioccata senza sapere cosa dire.
Alla fine si girò e guardò all’orizzonte “Non siamo dei bambini, su certe cose bisogna cercare di essere più realisti… Certe cose bisogna.. Smettere di sognarle. Perché se cerchi in fondo a te sai che non potranno mai accadere. Non ti verrà mai data l’opportunità di scappare da dove non puoi, né tanto meno ti diranno che puoi cambiare il passato o cambiare ciò che sei” e su quest’ultima frase diede molta enfasi, avrei voluto chiederle perché ma già avevo sentito la tristezza nella sua voce e lasciai perdere.
“Mi spiace. Non intendevo portare alla mente brutti ricordi” la stupida staff si mise a ridere flebilmente, portò una mano al viso e la strofinò a livello degli occhi. Stava piangendo?
“Sai non avrei mai pensato di sentirti chiedere scusa a qualcuno” bofonchiò cercando di trattenere un singhiozzo anche per una minima parte, mi avvicinai alla balconata guardando nella sua stessa direzione cercando il qualcosa che attirava la sua attenzione ma mio malgrado non trovai nulla.
“Non sono sempre stato così” risposi abbassando il tono di voce, quasi a non volermi far sentire quando, attualmente, era tutto il contrario.
Ero stranamente felice che Kagura mi avesse rivolto la parola, anche se per poco. Forse sarei stato felice indipendentemente da chi mi avesse parlato dal momento che a lungo andare la solitudine diventa pesante da sostenere, nonostante nei primi anni della mia vita io ve n’abbia avuto a che fare.
 
Rimanemmo in silenzio, di sottecchi ogni tanto guardavo Kagura, la quale era troppo impegnata ed immersa nei suoi pensieri per potersene accorgere. Io stesso mi riscossi dall’essere stato così sentimentale (?) e feci per andarmene.
“Grazie”.


Spazio Autrice:
Salve salve, ecco uscito il capitolo 8!
Mi sento in obbligo di dire che man mano che scrivo mi riscopro quasi a descrivere situazioni che conosco. Cosa intendo rimarrà un mistero :')
Questo capitolo è un po' più lungo rispetto ai precedenti, ma dal momento che avevo iniziato un discorso fra i due non mi andava di tagliarlo a metà. Son più per: "le cose vanno iniziate e finite! Cribbio" ^^.
Detto questo non c'è molto altro che io debba aggiungere, alla prossima =)
Un bacione!

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Capitolo 9
*** Qualcuno che corre con te ***


Quella stessa notte gli incubi mi fecero compagnia fino a quando non fui costretto a svegliarmi nel panico più totale.
Ansimavo sul letto, tenendo stretto il lenzuolo ed eventualmente facendomi male perfino al polso. Feci il respiro più profondo che potessi permettermi e mi alzai cautamente dal letto. Prima mettendo giù un piede e dopo 10 abbondanti minuti di esitazione misi giù anche l’altro, una volta in piedi avanzai traballante verso il bagno solo per vedere poi il mio volto completamente pallido ed esausto. Mi diedi una veloce sciacquata e tornai in camera.
Le tapparelle erano ancora tutte chiuse, non che avessi intenzione di aprirle in ogni caso era solo che non potevo vedere all’incirca che ore erano.. Raggiunsi a tentoni il comodino e presi in mano l’orologio cercando di trovare il pulsantino per farlo illuminare. Non sono mai stato un grande esperto di tecnologie.
Quando finalmente riuscì a vedere l’ora sobbalzai: erano le 11.47, avevo saltato alla grande le lezioni ma nonostante questo il mio stomaco si lamentava e non potei fare altro che scendere e assecondare i suoi bisogni, anche se voleva dire affrontare la vecchia signora che teneva a bada tutti i ragazzi del dormitorio, e se dico tutti intendo davvero TUTTI quanti senza eccezione. Che vecchietta arzilla, di sicuro.
Appena ebbi finito di vestirmi scesi giù, cercando di fare il meno rumore possibile e tentando di arrivare fino al frigorifero in cerca di cibo. Oh, cibo!
Fortunatamente per qualche strano miracolo la vecchia signora non era in giro, quindi riuscì a farmi un panino con la marmellata e a scappare fuori dal dormitorio prima che capisse cos’avevo fatto.
 
Tenevo la fetta di pane e marmellata fra i denti mentre saltellavo sul vialone cercando di sistemarmi i jeans che stamane proprio si rifiutavano di rimanere dove dovevano stare, ovvero sopra la vita e non alle mie ginocchia!
Sempre saltellando come un dannato, una volta sistemati i pantaloni cercai di mettervi dentro la canottiera ma dopo un paio di tentativi sfumati e dopo aver quasi rischiato di perdere la mia colazione decisi di rimanere così com’ero: un ribelle.
Avevo parecchia voglia di farmi un giretto dietro gli edifici scolastici, dove tutto era così dannatamente calmo ma per farlo ovviamente prima ci dovevo passare davanti. Fu quando lo pensai che mi prese un pensiero, mi prese dall’angolino più ignaro della mia povera testa.. Ebbene sì, davanti alla scuola c’ero già e tutto lo spettacolino del < Non riesco a vestirmi e sembro un cretino > è attualmente avvenuto davanti ad una schiera di ragazze che per un attimo si erano completamente che ero Rain – The hated One.
Sgranocchiai il panino intento a guardare alle finestre, dopotutto rimango un ragazzo e, dopotutto ho sempre il mio debole per le belle ragazze che qui non sembrano mancare. Sperai solo che contrariamente qualche ragazzo non decidesse di andare a dire ai professori che stavo benissimo ed avevo semplicemente marinato le classi.
Preoccupato mandai giù la mia colazione e mi incamminai verso la fine della struttura ma giusto un secondo prima che svoltassi l’angolo nella mia forsennata corsa i miei occhi incrociarono quelli di Kagura, doveva sicuramente essere lei. Come facevo a dirlo?
Attualmente, solo quella stupida staff era capace di guardarmi con così tanta esasperazione, no anzi, estrema delusione. Rende meglio l’idea.
Me ne infischiai letteralmente e proseguì per la mia strada.
Volevo svagarmi e l’avrei fatto, in un modo o nell’altro.
 
 
Fu poco dopo aver avuto questo pensiero che accadde qualcosa di estremamente bizzarro..
Mentre correvo a perdifiato verso il laghetto che avevo scorto il giorno prima mi parve che qualcuno o qualcosa stesse correndo insieme a me, affianco a me … Ma di rimando non vidi nessuno.
 


Spazio Autrice:
Essendo un po' tardi ed avendo domani una full immersion di ore, fra cui l'emozionantissimo DIRITTO, non posso stare tanto a dilungarmi sulla storia.
Però mmh vediamo.
Questa credo sia una classica scena che più o meno in ogni manga/anime del tipo school slice of life possiamo trovare.
Quando mai non abbiamo visto uno studente in ritardo correre in giro tutto scombussolato e con la fetta di pane della colazione in bocca? :D

Baci!

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Capitolo 10
*** Incertezze, dubbi, risposte. Paura ***


Kagura per me era, quel classico tipo di ragazza che pensava di poter risolvere ogni problema, quel tipo di ragazza che pensava di poter entrare di forza nelle vite di chi le stava attorno.
Non fraintendetemi, più imparavo a conoscerla, più mi piaceva quello che apprendevo su di lei. Era disponibile, comprensiva, ogni tanto, e altre volte sapeva quando imporsi. Anche se quell’ultima parte forse è quella che da un certo punto di vista odio: odio quando le persone cercando di imporsi su di me, o cercano di farlo in generale. Semplicemente non riesco a capire perchè qualcuno dovrebbe imporsi a forza su un’altra persona, è una cosa troppo da stronzi, non la concepisco.
In verità, nei primi giorni in cui sono arrivato alla Gakuen Alice, anche io tentai d’impormi sui miei compagni.
Ma semplicemente non riesco a inserirmi in una società di cui non faccio parte, ho sempre vissuto con la mia piccola famigliola, sperduti fra le campagne.
Quella è l’unica società che conosco, e non ho certo bisogno di impormi sui miei fratellini, o le mie sorelline.
 
Sospirai lanciando un sasso nel laghetto che si stanziava di fronte a me, lo guardai fare 4 rimbalzi sulla superficie, prima di scomparire nella parte più profonda di esso.
Presi un altro sasso, più piatto e tondo del precedente, e, prendendo bene la mira lo lanciai sull’acqua con tutta la forza che avessi nel braccio. Rimasi a guardarlo per diversi secondi.
1, 2, 3, 4, 5, 6. Il sasso fece sei balzi, si andò a scontrare contro uno scoglio e ricadde in acqua in un sommesso “plof”.
Quanto a me, beh, mi lasciai cadere sul prato ed alzai lo sguardo al cielo.
“Questo posto doveva essere un bel casino, ai tempi di Lens Ryuga”, mormorai sdraiandomi. Portai le braccia dietro la mia testa e sentì il quasi impercettible scricchiolio dell’erba, man mano che mi ci stendevo sopra.
“Lens Ryuga eh?”, ripetei ad occhi chiusi “Chissà perchè sono anche solo finito a pensare ad il suo nome. Lo odio”.
Aprì gli occhi, di poco, tenendoli socchiusi, giusto per catturare il movimento di una farfalla che stava passando. Rimasi affascinato dalla sua bellezza: sembrava essere dei colori dell’arcobaleno. Nè seguì l’intero tragitto con lo sguardo, fino a quando non fui costretto a lasciarla andare.
 
Mamma? Mamma! Dove sei?
Papà?
Dove siete tutti quanti?
Dove siete finiti?
Perchè fa.. così tanto caldo... Mamma, papà...
 
Ci misi poco ad accorgermi che delle lacrime avevano cominciato a solcarmi il viso, portai la mano agli occhi e strofinai via le gocce d’acqua, come se avessi paura che qualcuno mi potesse vedere; anche se fino a prova contraria, ero solo.
“Mamma.. Papà..”
Guardai su al cielo ancora una volta, portando in alto il mio braccio e aprendo completamente il palmo della mia mano, come se fossi davvero convinto di poterlo prendere, di poterlo toccare.
“Non meritavate una fine del genere..”
Lentamente iniziai a chiudere la mano ancora una volta, lasciandola comunque a mezz’aria.
“I Ryuga la pagheranno..”, con un colpo secco serrò la mano e tirò un pugno contro al terreno.
 
 
Kagura era dietro ad un’albero, poco lontano da Rain, ed osservava l’intera scena, con un po’ di stupore, un po’ di dolore, ed ora, dopo quella frase, si era aggiunta anche un’inarrestabile paura nei confronti del giovane ragazzo.
“I Ryuga la pagheranno” ?
Per cosa?
Cos’aveva fatto la famiglia di Kagura che lei non sapeva?
Cosa c’entravano i genitori di Rain? Aveva saputo che il ragazzo era orfano, ma detto a quella maniera.. sembrava proprio che, i responsabili della morte dei suoi, fosse proprio la famiglia Ryuga, questo spiegherebbe molte cose, molto astio.
L’unica cosa di cui era certa è che, nessuno davanti a Rain l’aveva mai chiamata con il suo cognome fino ad ora, e avrebbe anche fatto meglio ad avvertirli.
Fece per girarsi e correre via, ma il pesante sentimento di tristezza e paura non abbandonò la povera Kagura per nemmeno un’istante. C’era una cosa che Kagura non sapeva, una volta entrati alla Gakuen Alice, non c’è modo per uscirne, se  non la maturità..


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E' passato tantissimo tempo dall'ultima volta che ho aggiornato le mie storie, e mi scuso con voi, sto avendo quello che potremmo chiamare "Il blocco della scrittrice estivo", sapete no?
Con il caldo, le uscite con amici, i compiti di scuola, non sono più riuscita a fare nulla.
Questa storia in verità, non l'ho mai continuata più di tanto perchè i riscontri non erano esattamente fantastici, poche visualizzazioni e poche recensioni. Mi buttò veramente giù, e decisi di dedicarmi ad "Il suo nome è Paige" - Yuri.
Non ho molto da dire a riguardo di questo capitolo, e mi scuso se è corto ma non ho potuto fare di meglio, nè so quando il prossimo capitolo uscirà.
Vi chiedo la massima comprensione, e ancora una volta, grazie a tutti i miei sostenitori!
Vi adoro, siete unici.

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