Drowning lessons

di Idra_31
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Today I just don't give a fuck ***
Capitolo 3: *** Family troubles ***
Capitolo 4: *** October rain ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


pppppp
PROLOGO

Nei suoi occhi solo rosso. Le mani annegate nel sangue, sangue sui vestiti, impregna i capelli, macchia la  faccia.
Gerard ha la bocca aperta ma non ne esce alcun suono. Forse non riuscirà più a parlare, forse smetterà di respirare, forse vuole dormire col capo annegato nel sangue, perchè da lì non si vuole muovere.
"Tu, alzati! Che ci fai ancora lì?"
Come se non avesse parlato nessuno Gerard continua a guardarsi le mani.
"Dobbiamo andare, devi uscire da qui"
L'uomo è costretto ad afferrare Gerard per il braccio. Questi si scosta, scuote il capo, lo caccia via.
"Sono tutti fuori. La polizia deve entrare e fare i primi sopralluoghi. Alzati."
Perchè dovrebbe alzarsi? Gerard è troppo stanco, una stanchezza scesa di botto su di lui. Vuole che lo lascino lì, vuole restare lì, sempre lì. Con lui tra le braccia.
"Chiamo qualcuno per portarti fuori."
Gerard chiude gli occhi, punti colorati sotto le sue palpebre.
"Buonanotte." Pensa, ma non lo dice. Chiude nel suo cuore quell'addio.

Frank non tornerà mai più.




NOTE: non si capisce nulla, vero???
Questo è un prologo che è anche epilogo, nel senso che dal prossimo capitolo inizia la storia vera e propria, che è un preludio alla situazione qui descritta. Tutti i capitoli, alla fine, condurranno a questo. In seguito si capirà cosa è successo qui.
Help, mi sono incasinata. Avete capito, vero???

Al prossimo capitolo (recensite please, così sono motivata ad andare avanti! *_*).
Grazie,
Idra.

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Capitolo 2
*** Today I just don't give a fuck ***


ooooooooo  DISCLAIMER: I MyChem non mi appartengono, quello che scrivo non corrisponde a verità e non sribacchio a scopo di lucro.

Sottolineo che questa fanfic è un AU. Molte cose non combaceranno con la realtà, tipo le età, e alcuni fatti saranno anacronistici.

CAPITOLO PRIMO


Entro con il mio vecchio fuoristrada, rombando, nel parcheggio della "Belleville High School" . Scendo dall'auto, accarezzo con le dita la scritta nuova di zecca, in vernice, che campeggia sulla fiancata sinistra, e mi sfilo gli occhiali da sole che sono stati come uno schermo per me per tutto il tragitto da casa a scuola, come se con questi la gente potesse non vedermi, non notarmi. Non si tratta di vergogna, ma di pudore.
"Quando si stancheranno di farlo?"
Il mio secolare amico Matt, il mio fidato e inseparabile compagno di scuola dalle elementari, si avvicina indicando il lato dell'auto dove si era poggiata prima la mia mano.
"Presumo mai. Almeno questa volta non hanno fatto nessun errore ortografico." Ironizzo.
"Sì, mi ricordo di quando sei andato in giro con la scritta FAGOT sulla fiancata."  Ribatte, prendendomi sottobraccio.Ci dirigiamo insieme all'entrata di scuola.
"Mikey?"  Mi chiede.
 Inserisco alcuni centesimi nel distributore del caffé e attendo di ritirare il carburante per la mia prima ora di scuola. Senza non parto. Capisco che è un vizio che mi consumerà il fegato, ma l'uomo non sarebbe quello che è se non si facesse distruggere dai vizi. Filosofia mattutina pre-caffeina.
"Il cagasotto ha preferito prendere l'autobus." Rispondo. Alcune volte ho la sensazione che mio fratello si vergogni di me.
"Gee, oh Gee, com'è fashion la tua auto!" L'idiota più idiota di tutti in questa scuola di idioti, con i suoi due compari, avanza verso di noi.
"Sparisci, Jess del cazzo!" Sputo.
"Cosa hai detto, finocchio?" Mi punta un dito contro.
“Ha detto di toglierti dai piedi. Quale parte di sparisci non ti è chiara?” Interviene Matt. Questi qua non hanno capito un cazzo se credono ancora di intimorirci.
“Audaci, i frocetti!” Dice ai suoi amici.
“Forse è da un pò che non assaggiano i tuoi pugni.” Lo esorta uno di loro, quello più brutto e sfigato, col ghigno idiota perennemente stampato sul volto.
“Infatti, mi pare proprio che sia passato troppo tempo dall’ultima volta. Che ne dici  se ti rinfrescassi la memoria?”
“Che ne dici di andare a fare in culo?!”
 Scatta in avanti verso di me, ma prima che possa fare qualunque cosa schizzo il mio caffé bollente sulla sua faccia.
“Ahia, stronzetto, sei morto!” Indietreggio nello stesso momento in cui un ragazzo alto e robusto afferra Jess per la collottola.
“Chi caz-Bryar!” Il mio amico Bob gliel’ha fatta fare più volte nei pantaloni a questo playboy.
“Che intenzioni hai?” Gli sussurra in un orecchio. Jess tenta di liberarsi dalla presa dell'altro.
"Io non ho nessuna intenzione..." Risponde divincolandosi.
"Stavi scambiando quattro chiacchiere amichevoli allora?"
"Io, sì." Balbetta Jess. Bob lo molla, senza smettere di fissarlo, minaccioso quanto basta a spingere Jess a battere in ritirata.
"Ragazzi, andiamo!" Il coglione chiama i suoi a raccolta e inciampando sui suoi stessi piedi si immerge nel flusso degli studenti che si accingono a raggiungere le proprie classi.
"E bravo il nostro body-guard!" Fa Matt dando pacche sulla spalla ad un accigliato Bob.
"Arriverà il giorno che le prenderà quel cretino. Per adesso è solo un assaggio." Borbotta.
Sbuffo, imprecando contro il mondo per il mio caffè mancato.
"Come faccio a seguire matematica senza caffeina in circolo?!"
"Gerard, devi d-i-s-i-n-t-o-s-s-i-c-a-r-t-i." Mi rimprovera Matt.
Il mio insulto viene soffocato dal trillo della campana.




Una pallina di carta colpisce la mia nuca. Mi volto infastidito, massaggiandomi la parte offesa, per scoprire l'identità del mittente.
Un ragazzo occhialuto, due banchi più indietro, mi fa ciao ciao con la mano.
"Che vuoi?" Sillabo muovendo solo le labbra.
"Ho saputo di stamattina." Ghigna."Jess ha già raccontato a mezza scuola che gli hai ustionato la faccia."
"Non ho fatto nulla del genere. Jess ha la tendenza ad esagerare." Borbotto.
"Lo s-"
"Signor Way e Signor Toro, finito di fare salotto?" Il professare ci guarda truce dal suo posto alla cattedra.
"Scusi." Biascica Ray, mentre io torno all'attività dalla quale il mio amico mi aveva distolto. Scrivere ipotetici testi di ipotetiche canzoni per un ipotetica band.
"And you can't keep my brother and you won't fuck my friends..." Imbratto sul foglio con la mia calligrafia incerta e tremolante di adolescente liceale turbato e depre- una melodia mi esplode in testa e comincio a canticchiare.
"Signor Way, parla anche da solo adesso? Vada a farsi un giro fuori e a parlare coi muri se le pare!"
Mi alzo strisciando la sedia sul pavimento il più possibile ed esco dalla soffocante aula di matematica. Mi dirigo al mio armadietto e lo apro con tanta foga da far rovinare tutti i libri e i quaderni al suo interno per terra.
"Alla faccia del professore!" Impreco.
"Vuoi una mano per caso?"
"Non ho bisogno di nulla, grazie!" Replico acidissimo non riconoscendo nella voce di chi ha parlato quella di qualcuno dei miei 4 amici.
"O-ok, volevo solo sapere se-ecco io.." Pigola lo sconosciuto.
Alzo gli occhi verso di lui dopo aver raccattato la mia roba. Lo squadro da capo a piedi e un sorrisino si fa strada sul mio volto. Sarà poco più alto di un metro e sessanta, è decisamente più magro di me, ha l'espressione più dolce che abbia mai visto sul volto di un essere umano, due occhi nocciola sgranati e una boccuccia tutta da baciare. Mi pento subito di avergli risposto male.
"Tranquillo, è colpa mia."
Mi sorride imbarazzato.
"N-no, non cre-"
"Come ti chiami?" Gli domando a bruciapelo senza farlo finire di parlare.
"Sono Frank, Frank Iero."
"Sei nuovo?" Continuo imperterrito.
"Veramente no" Mormora, mordendosi un labbro. Dove ti sei nascosto tutto questo tempo, santodio?!?
"Io sono Gerard Way." Gli allungo la mia mano, guardandolo dritto negli occhi.
"Sì, lo so chi sei." Dice afferrando la mia mano.
"E nonostante ciò mi stringi la mano?" O non conosce per intero la mia fama o a differenza di mezza scuola ha un pò di sale in zucca.
"Io non ho pregiudizi" Mi fa, scuotendo il capo.
"Mi fa piacere. Sei di una specie rara allora!" Le sue guance si tingono di nuovo di rosso. Questo ragazzo avrà una malattia congenita che lo porta ad arrossire ogni volta che apro bocca. "Senti...Ti offro un caffé per farmi perdonare di essere stato sgarbato con te prima."
Lui annuisce e mi segue silenzioso.
"Quanto zucchero?" Domando mentre inserisco gli spiccioli nel distributore.
"Il più possibile"
Gli porgo il bicchiere col caffé e scelgo il mio.
"Non ti avevo mai visto prima d'ora." Dico. Frank si agita affianco a me.
"Non che mi faccia notare." Mormora.
"Con questo non intendo dire che sei un tipo anonimo." Anzi.
"Non sono preso molto in considerazione in questa scuola." Afferma, muovendosi nervosamente sul posto.
"Tu pensi sia meglio essere ignorato o essere umiliato? Perchè se dici facciamo a cambio." Il mio tono esce più graffiante di quello che intendevo. Ho pure sbagliato caffé mettendoci tre chili di zucchero e sono costretto a mandare a puttane pure il secondo caffé di questa giornata.
"Scusa non volevo essere di nuovo scortese. Scusa." Cerco di riparare, mentre tento di fare canestro nel cestino dell'immondizia col mio bicchiere. Non faccio centro. Sono negato per gli sport. Ecco un'altra cosa che ha contribuito a rendermi impopolare precludendomi inoltre l'ingresso alla cerchia dei quarterback e delle cheerleader.
"Fa niente. Come mai girovaghi per scuola?" Mi chiede d'un tratto, mentre ci spostiamo in cortile.
"Il professore non tollera tanto a lungo la mia presenza in classe. E tu?"
"La professoressa mi ha sorpreso a leggere Superman. Sì, lo so che è da sfigati però-"
"Vedi che leggo la Marvel da quando avevo 5 anni!" Ribatto, con una voglia sempre maggiore di sorridere. Non ho avuto niente di cui sorridere per giorni.
"Uhm, in effetti lo immaginavo."
Studio il suo profilo alla luce del mattino. è adorabile come concentra la sua attenzione, assottigliando gli occhi, mentre si accende una sigaretta. Non riesco a non rimanere affascinato dalla forma delicata delle sopracciglia o del naso. Sposto il mio sguardo alle mani, callose e dalle unghie mangiucchiate e sui polsi sottili. Attorno al polso destro è tatuata una scritta in rosso, non riesco a capire cosa dica.
"Vuoi una sigaretta?" Mi domanda. Accetto volentieri, non è ho fumata neanche una oggi.
"Sei del secondo anno?" Chiedo.
"Sì, sono compagno di Mikey."
"Davvero? Siete amici?" Non riesco a camuffare la speranza nella mia voce. Magari viene a studiare a casa mia.
"Non molto, a dire la verità."  Peccato.
Getta via la sigaretta facendole fare tre giri in aria.
"Ora torno in classe. Se la prof mi fa entrare." Dice, scostandosi un ciuffo di capelli dall'occhio. Aww.
"Ok, è stato un piacere, Frank."
"Grazie per il caffé."
Mentre si allontana mi godo la visuale del suo fondoschiena, che non avevo ancora visto.
Mi rendo conto di non aver più bisogno di prendere quella cosa dal mio armadietto. Sto già bene così, per ora.



"Gerard." Matt mi affianca col suo vassoio in fila a mensa.
"Matthew".
"Quel pallone gonfiato di Jess sta mettendo in giro voci non del tutto vere."
"Lo so." Biascico.
"E...?"
"E non mi interessa. Che dica quel che vuole."
"Cosa ti do, ragazzo?" Mi chiede la donna della mensa.
"Patate, pollo, e ancora patate. E una mela."
" E a te?" Chiede a Matt, che non le presta attenzione, blaterando ancora su Jess e la sua idiozia.
"Ragazzo?!" Sbuffa la donna infastidita.
"Del pollo. E una pera." Rispondo io per lui.
"Perchè, è a dieta?" Commenta servendolo.
"No, ma dovrebbe. Grazie."  Matt mi molla una gomitata, mentre cerchiamo posto per sederci. Ci uniamo come di consueto a Ray, Bob e Mikey.
"Ciao, fratellone." Mi saluta Mikey.
"Con te non ci parlo. Non sei voluto salire in macchina con me stamattina."
"Sì, ma lo sai il perchè-"
"Taci, fedifrago." Lo zittisco. Improvvisamente noto davanti a me, al tavolo dei secchioni, nerd e geeks vari, Frank. Mi stava guardando e adesso ha distolto lo sguardo. Non riesco a impedirmi di pensare che sia tenero, in ogni cosa che fa.
"Gee, Gerard, tu?" Ray sventola una mano davanti a me. "Ti stavo parlando."
"Eh? E che dicevi?" Frank mi aveva assorbito.
"Se si può fare oggi a casa tua quella cosa."
"Cosa? Quale cosa?" Chiede mio fratello, due patate in bocca e lo sguardo corrucciato.
"Fatti nostri" Rispondiamo in coro io e Ray. "Comunque sì, penso di sì. Facciamo alle cinque?" Ray annuisce.
"Per voi va bene?" Domando a Matt e Bob.
"Io devo studiare." Replica Bob.
"Io no" Fa invece Matt, un sorriso a trentadue denti. Bob lo guarda male. Prevedo aria di scazzi tra questi due.
"Allora facciamo domani." Concludo.
"Mi dite cosa..?!" Piagnucola Mikey.
"Stai sempre a frignare, Way?!"
Un altro degli idioti fotocopia di Jess passa dal nostro tavolo a lanciare frecciatine.
"Guarda come piange il tuo spasimante, Alicia?!"
Mikey diventa di un rosso acceso, non saprei dire se più per la rabbia o per l'imbarazzo.
"Piantala, Brian. Non sei più divertente." Commenta la ragazza chiamata Alicia, lanciando occhiate di scusa al nostro tavolo.
"Lo detesto. Se continua così lo uccido, giuro che lo uccido." Brontola Mikey.
"Calmati, Mikes. Non ne vale la pena." Gli intimo.
"Non si può sempre subire. Non possiamo sempre tacere davanti ai loro soprusi. Questa si chiama debolezza, Gee."
"Io la chiamo superiorità. Tu fai come ti pare."


NOTE
L'idea della scritta FAGGOT sul lato dalla macchina l'ho chiaramente presa in prestito da "Queer as Folk"( Aww *ç*).----------> ho contagiato le mie due migliori amiche con questo telefilm (vero Blaise???)
Per quanto riguarda l'aspetto di Ray, il nostro chitarrista è senza afro e porta gli occhiali perchè alcune foto del liceo lo ritraggono così.
Non so che altro aggiungere, se non grazie a:
Gufo, FaKe_RoMaNcE, blaise_sl, chemical_kira, vampirejunkie, Mcr_girl, Super_nacho_girl, blinka.
Spero che la storia non vi deluda, care ragazze! Fatemi sapere che ne pensate di questo primo capitolo, pliiiz. E sì, il Franco è proprio dead, questa storia è una tragedia.
Baci,
Idra.

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Capitolo 3
*** Family troubles ***


ololo "I don't care  if I'm old I don't mind I if I don't have a mind get away, get away from your home I'm afraid, I'm afraid of a ghost even if you have even if you nee- Nonna..!"
Stacco gli auricolari dalle orecchie, mettendo da parte Kurt per ascoltare mia nonna, che, mani sui fianchi, se ne sta a fissarmi sull'uscio della mia camera.
"Che c'è?"
"Punto primo, non devi studiare? Punto secondo, perchè la tua auto è di nuovo imbrattata?!"
"Punto primo, non ho nulla da studiare. Punto secondo, io non posso farci niente se la mia auto è di nuovo imbrattata!"Borbotto  in tono conciliatorio.
"Punto primo, ma non fate un cavolo in questa scuola? Punto secondo, chi diamine ti scrive quella roba sulla macchina?!"
"Punto primo, no non-"
"Smettila di parlare per punti, Gerard!" Ma se ha iniziato lei?!
"Senti, nonnina cara, perchè non mi lasci in pace? Sono sempre gli stessi a scrivermi la macchina, ormai ci ho fatto l'abitudine..."
"Sempre loro? Sempre i figli della vicina?" Il suo sguardo è a metà tra lo sconfortato e l'arrabbiato.
"E chi se no?!"
"Io gliene dico quattro a questi, Gerard, e li denuncio se lo fanno di nuovo!" Ecco mia nonna in versione Paladina della Giustizia.
"Sì, nonna, fà ciò che vuoi, ora però-"
"Gerard Way! Ma ti sembra normale che due idioti debbano scriverti finocchio sulla fiancata dell'auto?!"
"Dal momento che sono idioti, sì, mi sembra perfettamente normale." Faccio tranquillo, aspettando che giri i tacchi e mi lasci ascoltare il mio lettore in santa pace di Dio!
"Tu" E mi punta il dito contro, in procinto di infuriarsi "Tu non puoi sopportare tutto questo! Devi fare qualcosa!"
"Cosa? Incendiare la loro bella casa col giardinetto ben curato? No, nonna, io sono stoico."
Mi guarda con gli occhi fuori dalle orbite a lungo, poi sbuffa.
"Almeno passa una mano di vernice sullo sportello, e cancella quella cosa."
"Sì, nonnina cara, quando ho tempo. Ora vai, Kurt mi aspetta."
Continua a fissarmi, non accennando a muoversi.
"Chi? Hai un appuntamento?"
"Che? Kurt il cantan-niente, nonna. Non ho nessun appuntamento. Te lo direi altrimenti."
"Certo, come ogni altra cosa."
Finalmente se ne va, agitando in segno di saluto la pezzuola che usa per spolverare.


Mia nonna è la donna che più amo e stimo al mondo. Forse l'unica donna che amo e stimo al mondo.
Mia madre è una pazza isterica, senza esagerare. Ricordo ancora, come fosse ieri, quando mi buttò fuori di casa, arrivederci e tante grazie! Successe quattro anni fa.
Aveva sorpreso suo figlio, il suo primogenito, a farsi le seghe su un giornaletto porno. Per omosessuali. Mai disgrazia più grande poteva abbattersi sulla sua famiglia.
"Sei un deviato! Mi fai schifo!" Mi urlò, lanciandomi addosso i miei vestiti. "Non farti più vedere a casa mia!"
"E dove cazzo pensi che possa andare?!" Le risposi di rimando, le lacrime agli occhi e una voglia insana di ucciderla spaccandole il cranio contro il muro.
"Non mi riguarda, a casa mia non puoi stare! Che vergogna..." Poi svenne, molto teatralmente. Raccattai tutto quello che a casa era veramente mio e facendone fagotto, me ne andai, rispettando la sua volontà. A quattordici anno non è che sia facile trovarti un posto dove stare, e non è neanche tanto sicuro girare da solo per Newark. Pensai di prendere una corriera per Belleville e trasferirmi per un pò a casa del mio amico Matt, che da poco aveva traslocato. Ma non avevo il becco di un quattrino e decisi di passare quella notte, intanto che mi facevo venire un'idea, in mezzo ai barboni. Non fu un'esperienza esaltante, nè tanto meno educativa. Piansi tutta la notte imprecando contro la madre psicopatica che avevo e contro il freddo cane che mi stava ghiacciando il culo. Tra un improperio e l'altro mi ricordai che a Belleville avevo una nonna molto disponibile e molto sola. Ma restava il problema di come raggiungere quella cazzo di città. Il pomeriggio seguente mi trascinai a casa mia, ma non per restarci, bensì per fottere più soldi possibile alla mia mammina che era fuori a lavoro. Trovai mio fratello in uno stato d'ansia inaudito.
"Gee, dove sei stato stanotte?!"
"Mamma ti ha detto che mi ha diseredato?
"Mi ha accennato. Ma che le hai fatto?!"
"Niente, ha scoperto che sono frocio. Sai dove la mamma tiene i risparmi?"
"Frocio?! Risparmi?!"
Presi tutto il denaro che poteva servirmi e salutai mio fratello. Lui sì che mi sarebbe mancato.
"Dove vai, Gee? Parti?"
"Vado a Belleville."
"Da Matt?"
"Forse sì forse no." Lo baciai in fronte. "Scappa anche tu il prima possibile da qui." Gli raccomandai.
"Se ci fosse stato papà tutto questo non sarebbe successo." Mi disse, piangendo.
"Ma papà non c'è, Mikes. C'è solo quella donna drogata di psicofarmaci che un giorno ebbi la sfortuna di chiamare mamma. "
Scappai lontano da quel posto, sperando di trovare l'Helena che ricordavo, gentile e comprensiva. Così fu, per mia fortuna.
Mio fratello mi raggiunse, armi e bagagli, due anni dopo. Non sopportava più di convivere con una psicolabile.
"Spero la rinchiudano, Gee." Mi disse, quando me lo ritrovai sulla porta di casa Rush.
"Cos' è? Sei gay anche tu?" Gli domandò mia nonna.
"No, ho solo le palle piene."
E così sono quattro anni che vivo con Helena, mio fratello e la mia gatta, Enigma, a Belleville. Lei ci mantiene, noi cerchiamo di ripagarla con qualche lavoretto estivo.



"Perchè non sei venuto a scuola oggi?" Mi domanda Ray, scaricando dall'auto la sua chitarra e l'amplificatore.
"Non avevo studiato nulla"
Poco dopo arriva Matt, col suo mini van.
"Chi mi aiuta a portare dentro la batteria?"
Io, Ray e Matt trasportiamo la batteria, a pezzi, dentro il mio garage.
"Quando viene Bob?" Chiede Ray.
"Perchè, viene?" Replica Matt.
"Certo" Rispondo io, proprio mentre Bob picchia le dita contro il garage per annunciare la sua presenza. "Salve"
"Ciao, Bobbie."
"Ciao, amico"
"Ciao"
"Quando iniziamo?" Il nuovo arrivato si accende una sigaretta, guardando Matt alle prese con il montaggio della batteria.
"Vuoi che ti aiuti?" Fa, quasi sarcastico, a mio parere.
"No." Matt non riesce ad avvitare bene il raid, ma probabilmente è solo nervoso. "Ho quasi finito."
"Gerard?" Mio fratello sbuca dalla porta del garage. "La nonna mi ha chiesto di vedere se avevate bisogno di qualcosa."
Lo guardo infastidito.
"La nonna non ti ha chiesto proprio nulla. Sei tu che sei venuto a rompere le palle!"
Mikey arriccia le labbra. "Sapevo che stavate mettendo sù una band." Dice petulante.
"E se lo sapevi c'era bisogno di venire quà sotto a controllare? Smamma!"
"Secondo me vi manca qualcosa." Commenta guardandosi intorno. "E invece avete qualcosa in più" Indica con il mento Bob, che fà fare alle bacchette delle evoluzioni in aria e Matt, che calcia, forse con più forza del dovuto, la grancassa.
"Se alludi all'assenza di un bassista e alla presenza di due batteristi, ci stiamo lavorando. Ora vai”
Mio fratello mi guarda scettico, ma invece di togliersi dai piedi si siede per terra, in un angolo del garage.
“Non disturbo mica”
“Bene, ragazzi! Possiamo cominciare.” Mi tolgo il maglione, che sento di troppo, e mi sgranchisco il collo. Da dietro le mie spalle provengono dei borbottii. Bob e Matt si stanno litigando lo sgabello.
“Bob, tu non sei portato per il punk!”
“Perchè, dovete suonare punk?!”
“Certo, abbiamo pure deciso alcuni pezzi. Visto, non ti piace..!”
“Non ho detto che non mi piace!”
“Allora cosa hai detto?”
“Ragazzi!” Attiro la loro attenzione, scaraventando il microfono a terra per la frustrazione. Perchè non deve funzionare niente nella mia vita?!
“Io me ne vado.” Matt decide di abbandonare il campo. “Non toccare la mia batteria!” Minaccia Bob. “Gerard, vengo a prenderla domani. Sono troppo nervoso.”
“Ma Matt...”
“Ciao a tutti.”
"Forse è meglio che vada anch'io"
Anche Bob se ne va, lasciando me e Ray a raccogliere i cocci di un’illusione che avevamo alimentato da tempo.
“Dobbiamo decidere chi deve stare dentro e chi no.”
“Come facciamo a decidere? Matt è il mio migliore amico.” Mi lamento.
“E se Bob fosse più bravo?”
“Non potete tenerli tutti e due?” Si intromette Mikey.
“Tu stà zitto!” Gli intimo.
“Cazzo, è un bel problema. Due amici batteristi, e neanche uno bassista.” Ray stacca il filo dall’amplificatore e se lo avvolge attorno alla mano. “Ne riparliamo, comunque, con più calma ”
“Certo, certo.”
Aiuto Ray a posare l’amplificatore in macchina, poi torno in garage e trovo mio fratello che gira in tondo intorno all’asta del microfono.
“Che cavolo fai? Sei impazzito?”
“E così siete dei punkettoni?” Domanda, con un’espressione idiota.
“Sì, qualunque cosa significhi per te, cervellino bacato.”
Afferro una sigaretta dal pacchetto, ma ne spezzo altre due nella foga.
“Potrei essere io il vostro bassista.”
“Cazzo..” Che ha detto quell’imbecille. “Cosa?”
“Ho detto: potrei essere io il vostro bassista.”
“Da quando sai suonare il basso, di grazia?”
“Posso imparare. Tanto siete una band alle prime armi, un dilettante in più non sarebbe d’impiccio.”
“Mikey, non ti piacerà suonare il basso.”
“E perchè? Sai che anche Alicia suona il basso?”
Ecco svelato l’arcano. Mio fratello vuole imparare a suonare per correre dietro a una ragazza. No, non è così che si diventa musicisti. No, bisogna amarla la musica, e fare sacrifici per lei.
“Non mi pare il caso. E poi non hai neanche un basso.”
“Ho dei risparmi da parte, potrei comprarlo. Dai, Gee, sono determinato!”
“Vedremo quanto sei determinato..! Adesso andiamo a mangiare!”
“Ma non è ancora ora di cena!”
“Io ho fame lo stesso!”


NOTE:
la canzone che Gerard canta all'inizio del capitolo è "Breed" dei Nirvana, la mia preferita di "Nevermind"(in realtà non so se al Gerard reale piacessero i Nirvana, però a quello della mia storia sì u.u).


Passiamo a ringraziare voi splendide lettrici e recensitrici, vi amo <3 Soprattutto:
chemical_kira
SadSong
FaKe_RoMaNcE
XanaX
Chrystal
Super_nacho_girl
_Purple_
blaise_sl
Isult


E che bello che ci sono tante fan di Queer as Folk( oggi sono andata in giro per scuola con "Brian e Justin" scritto sulla mano *_* )

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Capitolo 4
*** October rain ***


llllllllllllllllllllllll Stamattina il sole ha deciso di non fare capolino su Belleville. Scosto l'adorabile tendina a fiori della nonna e guardo la pioggia che scroscia giù per strada. Un sospiro sfugge dalle mie labbra.
“Se tra cinque minuti non ha smesso io non mi muovo di casa.” Borbotto, soffiando sulla tazza di caffé che stringo tra le mani.
“Neanche io.” Mi fa eco mio fratello, sbriciolandosi un biscotto della colazione addosso.
“Avete già saltato la prima ora, non vi permetto di restare a casa tutto il giorno!” Ecco mia nonna a rovinare i nostri piani.
“Ma nonna, se ne sta venendo giù il cielo!”
Lei scuote il capo.
“Un pò di pioggia non ha mai ucciso nessuno. Ora filate a scuola!”
Mi alzo da tavola di malavoglia, ingollando gli ultimi sorsi di caffé in fretta e furia.
Io odio quando piove, odio uscire quando la città è allagata e rischi di inzupparti i vestiti, odio che tutto debba essere interrotto e che tutto collassi a causa della pioggia. Frena la mia già compromessa voglia di vivere, rendendomi apatico e facilmente irritabile.
“Oggi devo dartelo per forza il passaggio a scuola, eh Mikey? A meno che tu non voglia farti una salutare passeggiata sotto la pioggia battente...”
Mio fratello mi fa una linguaccia ma entra in auto senza opporre resistenza.
“Posso accendere la radio?”
“No”
“Perchè?”
“Perchè non mi và”
“A me sì, invece.”
“Ti ricordo che la macchina è mia.”
“Sei stato tu a insistere a darmi un passaggio...!”
Freno di botto, senza preavviso, e mi volto verso mio fratello.
“Preferisci prenderti una bronchite? Perchè se è così basta che tu lo dica e ti scarico qui in mezzo la strada.”
“Io....io, no.” Bofonchia.
Quando arriviamo a scuola la pioggia ha finalmente smesso di cadere. Posteggio la mia auto nel parcheggio e mi dirigo verso l’entrata, con mio fratello alle calcagna.
"Dove credete di andare voi due?" Ci ammonisce il bidello, una sentinella all'ingresso, scopa alla mano.
"In classe...?"
"Non se ne parla!" Scuote la testa, gesto che mi fa saltare i nervi.
"Ma è impazzito o cosa?!"
"Avete le scarpe fradice. Ho appena finito di lavare via le impronte dei vostri compagni e se voi entraste mi toccherebbe ricominciare."
"Ma il preside dov'è l'ha pescato lei? Al manicomio? Devo andare in classe!"
"Signor Way, porti rispetto agli inservienti. E lei, signor Cooke, li faccia entrare per favore." Sia benedetto il preside, che ha messo termine a questa farsa.
Corro verso la mia classe, salutando frettolosamente mio fratello e sperando di non scivolare sul pavimento. Entro in aula e come previsto anche la professoressa si mette d'impegno di prima mattina  a scartavetrare i cosiddetti.
"Way, sei in ritardo."
"Me ne ero accorto." Scorgo Matt in fondo all'aula e faccio per raggiungerlo, ma lei fa saltare il mio progetto.
"Way, siediti il più lontano possibile da Pellissier."
Fanculo, mi tocca sedermi affianco a quel coglione di Jess. Comincia bene la giornata. Davvero bene.



"Ma tu te ne rendi conto, Matt? La stronza mi ha messo una E nel tema di letteratura!"  Io e Matt siamo appena saliti sul tetto della scuola, a passare la ricreazione lontano dall'orda di studenti che frequentano l'istituto. " Fai voli pindarici, mi ha detto, esci fuori dal seminato"  
"In effetti..." Bofonchia il mio amico, sedendosi per terra.
"In effetti cosa?!" Lo aggredisco. Oggi il mio nervosismo è alle stelle. Colpa di questo tempo del cazzo. Nonostante alcuni raggi di sole penetrino attraverso le nuvole, riscaldandoci debolmente, l'aria è ancora tersa e satura di pioggia, tanto che se ne avverte ancora l'odore. L'odore è l'unica cosa della pioggia che mi piace. Lo inalo a pieni polmoni.
"Se il tema era - 1984- di Orwell e tu hai sproloquiato, è ovvio che ti rimprovera di non aver rispettato la traccia!"
"Ma ho parlato di come gli altri ci impongano di fare cose che non vogliamo fare, di come la società pretenda da noi cose che non corrispondono alla nostra volontà, di come ci faccia violenza e ci uniformi al suo volere. Dove ho sbagliato?" Protesto, agitato anche perchè non riesco a trovare l'accendino.
"Evidentemente quello che hai scritto non era pertinente. Tieni." Mi offre quello che stavo cercando."Devi imparare ad essere meno polemico, Gee."
"Ma se sono fatto così? Il problema è che lei è una bigotta, una stronza bigotta."
"Ma se il tuo tema era sbagliato-"
"Oh, ma da che parte stai?" Non sopporto quando deve fare il saccente. Non è un fatto obiettivo che la professoressa ce l'abbia con me e le mie idee? "Con questi voti rischio di non poter fare domanda alle Università che vorrei, e non per mia mancanza, ma a causa di un'incompetente imparziale!"
“Ok, come vuoi. “ Scaraventa la sigaretta giù dal terrazzo. “Ce l’hai?” Mi chiede poi, con fare cospiratorio.
“Sì.” Infilo una mano nella tasca ed estraggo una boccetta con della polverina. “Cos’ hai a portata di mano per...?”
“Ho un coltellino. Dà qua.” Mette la coca sulla lama e poi tira. “Fai tu, ora.”
Tiro anch’io, ma mi becco un mezzo infarto quando la porta del terrazzo si apre d’improvviso.
“Matt! Gee! Sapevo di trovarvi qui!”
“Mikey, cazzo vuoi?!”
“Parlarti.” Si siede a gambe incrociate di fronte a me. “Cos’ hai sul naso?” Merda. Lo strofino con violenza.
“Nulla. Che vuoi?”
Ridacchia. “Ho parlato con Alicia-”
“Santi Numi, Mikey!  Vieni fin qua su per dirmi questo?!”
“No, idiota d’un fratello. Se non mi fai finire! Dicevo, ho parlato con Alicia e abbiamo concordato che lei mi vende il suo vecchio basso a metà prezzo, amplificatore compreso. Non è magnifico?” Batte le mani.
“Piantala, sembri un a foca!”
“Gee, non mi dici nulla?” Piagnucola.
Matt tossicchia. Mi giro a guardarlo. Ha la fronte imperlata di sudore.
“Mio fratello si è messo in testa di suonare il basso per noi.” Lo informo.
“Ah, perfetto.”
“Come perfetto?”
“Tanto facciamo già schifo.” Si alza e scompigliandomi i capelli se ne va.
“Per caso è incazzato per ieri?” Domanda mio fratello.
Scrollo le spalle. “Può darsi.”



"Gerard, vado a studiare da Andrew. Dillo tu alla nonna, ok?"
"Certo, il lavoro sporco devo farlo io!"
"Grazie, Gee. Sei un tesoro!" Mio fratello mi soffia un bacio prima di salire in macchina col suo amico. Mi dirigo alla mia di auto, mentre qualche goccia bastarda di pioggia mi sferza il viso. Di nuovo!
Accendo il motore e cerco di fare retromarcia evitando di mettere sotto qualcuno. Non che mi dispiacerebbe, attenzione.
Quando sono riuscito finalmente a uscire dal parcheggio, noto un ragazzo che litiga col proprio ombrello. Lo fiancheggio con l'auto e abbasso il finestrino.
"Vuoi una mano, Frank?" Alza la testa. Ha le guance arrossate e le labbra imbronciate per il fastidio.
"Sì. No. Al diavolo." Schiaccia l'ombrello, ormai irreparabilmente inutilizzabile, sotto i piedi. Non ero preparato a questo attacco d'ira.
"Ora sono a posto." Mi sorride.
"Oh, bene. Sali in macchina dai, che senza ombrello non vai da nessuna parte."
"No, io non voglio crearti alcun disturbo. Prendo l'autobus e arrivo a casa asciutto."
"Non fare l'idiota, sali!" Gli apro lo sportello proprio quando il proprietario della macchina dietro di me suona il clacson, esortandomi a muovere il culo.
Frank si decide a prendere posto in auto.
"Uhm, grazie."
"Figurati. Dove ti accompagno?"
"L'hai presente il ristorante italiano?" Annuisco, osservando con la coda dell'occhio quanto gesticoli mentre parla. "Abito lì, è dei miei."
"Davvero? Non ci ho mai mangiato."
"Spero tu ci venga presto allora."
"Senz'altro."
Piove più forte, maledetto cielo che non smette di pisciarci addosso. Il traffico è in tilt, ma il lato positivo è che sono bloccato in macchina con Frank.
"Che dice il tatuaggio che hai sul polso?" Mi aveva incuriosito già la prima volta che lo avevo visto. Impazzisco per le scritte sul corpo.
"Qui? I wish I were a ghost." Risponde.
"Interessante. Da fantasma avresti il privilegio di non essere visto, giusto?"
"O quello di essere morto." Chissà che storia c'è dietro quel tatuaggio, storia che comunque non voglio sentire. O magari dietro non c'è proprio niente se non la voglia di un ragazzino di scomparire. Ce l'abbiamo tutti, no?
"Tu non hai nessun tattoo?"
"Chi io? No!"
"Come mai?"
Scuoto la testa.
"Io, io....sono completamente terrorizzato dagli aghi. Ecco." All'ultimo vaccino che ho fatto prima ho tentato di scappare dalla finestra  poi mi hanno dovuto afferrare per le braccia due infermieri.
"Che strana fobia." Mormora, giocherellando con l'orlo del maglione.
"Dai, dillo che è una fobia stupida."
"No, no." Si precipita a scusarsi. "Non è stupida, nessuna fobia lo è. Mi sembra solo strano che qualcuno abbia paura degli aghi, piuttosto dei, che ne so, lupi mannari, per esempio. Quelli ti sbranano."
Scoppio a ridere incontrollabilmente. Lui arrossisce subito. Dio, dimenticavo questo suo problema.
"E perchè no dei vampiri?”
“Eh? No, i vampiri sono dei tipi gentili.”
“Forse un pò freddi.”
Stavolta ridiamo tutti  e due, anche se lui cerca di contenersi.
“Secondo me dovresti superare questa paura degli aghi.”
“Dici? A me va bene così.”
Finalmente il cordone di macchine si smuove, anche se le auto procedono a tentoni.
“Tu di cosa hai paura, Frank?”
“Io? Dei cimiteri, credo. Li evito come la peste. Mi fanno stare male.”
Io in un cimitero ci vivrei, tanto spazio e tanto silenzio. Nessuno verrebbe a rompermi le palle. Nessuna nonna che strilla, nessun fratello zecca.
“Frank, apri quello sportellino per favore? Ci sono le sigarette.”
Fa come gli ho chiesto, poi mi porge il pacchetto. Nel passarmelo le nostre dita si sfiorano, io rimango un attimo incantato a guardarlo negli occhi per leggervi cosa gli passa e per poco non tampono la macchina davanti.
“Vu-vuoi una sigaretta?” Lui annuisce. Abbasso il finestrino, la pioggia adesso cade lieve e tra poco smetterà del tutto. Spero.
“Gira a sinistra.”
Imbocco la strada che mi ha indicato e percorsi pochi metri freno.
“Stai qui?”
“Sì.” Getta la sigaretta dal finestrino e si volta verso di me. “Non so come ringraziarti, Gerard.”
“Non ti preoccupare, Frank.”
“Ci vediamo, no?”
“Uh? Sì, certo.”
Quando la sua mano è sulla maniglia lo richiamo.
“Frank?”
Ho fatto poche cose avventate nella mia vita, ho colto poche occasioni che mai più si ripeteranno. Ho collezionato rimpianti, per così dire. Quindi, o la va o la spacca. La fortuna aiuta gli audaci, vero caro Virgilio?
“Un modo per ringraziarmi ci sarebbe. Che hai da fare domani?”
Ci pensa un attimo su, mentre io me la faccio nei pantaloni.
“Niente, presumo.”
“Niente catechismo, allenamenti, o che ne so, volontariato?”
“Io? No, perchè?”
“Usreticnme?”
“Cosa? Mi sono perso qualche vocale.”
Cazzo. Training autogeno.
“Usciresti con me?” Chiudo gli occhi per un attimo. Dio, quanto sembrerò ridicolo. La risposta non arriva. You lose.
“Senti, lascia perdere, era una caz-”
“Sì”
“-zata, non avrei dovuto chieder-”
“Sì, Gerard.”
“-telo, sono stato un’idiota, e colp-”
“Ho detto sì, ci senti?”
“-a mia. Cosa?!” Ho il magone allo stomaco come una ragazzina. Sono un maschio, io, diamine!
“Per me va bene. A che ora?”
“Alle 7, no alle 5. Alle 6, alle sei va bene?”
“Sì” Sta sorridendo. Come faccio a resistere fino a domani?
“Ma non è un appuntamento, tranquillo. Ok?”
“Ok? Ci vediamo domani per il nostro non-appuntamento. Passi tu?”
“Sì, certo. A domani.” Scende dall’auto e lo seguo con gli occhi fino a quando non arriva alla porta di casa. Faccio marcia indietro con la speranza di non abbattere nessun cassetta delle lettere o nessun nano da giardino.
Accendo la radio e guido alla volta di casa, canticchiando, fuori tempo rispetto a Billie,  I’m just paranoid I’m just stoned.
Nessuna giornata uggiosa mi ha mai portato tanta fortuna.




Che orario balordo per pubblicare. Le 2 e 30 AM (passate). Se questo capitolo fa schifo è colpa dell’ora(sese), l’ho finito adesso.
Non me ne voglia nessuno se non ringrazio singolarmente, ma dovrei andare a dormire. Domani(?) ricomincia la scuola (Bleuh..!).
Grazie a chi ha recensito, a chi ha messo la mia storia tra i preferiti, a chi ha letto. Vi amo tutti, uno per uno.
(La prossima volta ringrazio per bene, mi sento in colpa...!)
Alla prossima,
Idra.
<333

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