I'm still here, and I know everything -A

di I_am_a_liar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Salve a tutti! Questa è la mia prima storia su efp quindi siate buoni...
Spero vi piaccia e vi invito calorosamente a recensire!
I_am_a_liar


Correva. Correva nel buio, in mezzo agli alberi. Sapeva che qualcuno la stava inseguendo. Non riusciva a scorgerne il volto ma chiunque fosse, era sempre più vicino. A un tratto sentì un dolore lancinante alla gamba destra e in pochi secondi si ritrovò stesa a terra, terrorizzata. Una figura incappucciata le fu addosso in pochi secondi: stava per scorgere il suo volto ma proprio in quel momento aprì gli occhi.
– Em! Em! Svegliati! È stato solo un brutto sogno! –
Emily si ritrovò sdraiata per terra accanto al suo letto, davanti a lei Aria e Hanna con un’espressione spaventata sul volto; le ci volle più di qualche minuto per realizzare dove si trovasse, per far tornare normale il battito del suo cuore e rendersi conto che effettivamente era stato solo un brutto sogno. La gamba però le faceva male veramente così si fece portare dalle sue più grandi amiche un po’ ghiaccio da mettere sulla caviglia.
Dopo la morte di Spencer, i genitori delle tre ragazze avevano deciso di mandarle per un po’ di tempo lontane da Rosewood, per fargli cambiare aria e per tenerle al sicuro. Le tre amiche avevano quindi passato gli ultimi due mesi nella casa in campagna della nonna di Aria, lontano da cellulari, computer e qualsiasi tipo di oggetto elettronico. Hanna e Emily passavano il tempo a scrivere lunghe lettere a Caleb e Paige, mentre Aria, che poche settimane prima aveva lasciato il suo bel professore, non aveva nessuno con cui valesse la pena tenersi in contatto.
Per il resto le piccole bugiarde non avevano parlato con nessuno per tutta la loro permanenza in campagna, poiché, ancora terrorizzate dalla morte dell’amica, non avevano il coraggio di uscire di casa.
Poco prima di lasciare Rosewood avevano ricevuto un ultimo messaggio da –A:
 
Oggi è toccato alla vostra amica, ma mi piace terminare i lavori che inizio.
Non mi dimenticherò di voi, stronzette.
-A
 
dopo di che niente. Non avevano più ricevuto minacce e sapevano che non era solo a causa dell’assenza di mezzi informatici; se A avesse voluto raggiungerle l’avrebbe fatto senza problemi e questo lo sapevano tutte e tre. Fare ipotesi sul motivo per cui fossero state lasciate in pace così a lungo sembrava ormai inutile perché tanto lo sapevano fin troppo bene: A era sempre un passo avanti.
 
La caviglia le faceva ancora un po’ male; doveva averla urtata con forza cadendo dal letto. Così si stese sul divano, con una vaschetta di gelato e un cucchiaio, pronta per guardare l’ennesimo film e cercare di distrarsi dai pensieri che le frullavano in mente, ai quali si era aggiunto quel terribile incubo.
Aria si unì subito a lei, mentre Hanna stava chiusa in camera, le cuffie nelle orecchie e la musica a palla.
Sorprendentemente quella che era rimasta più segnata dalla morte di Spencer era proprio Hanna. Non si sentiva più al sicuro in nessun posto, sobbalzava a qualsiasi rumore, la notte non dormiva e quelle rare volte che riusciva a chiudere gli occhi, sognava Spencer, il suo corpo senza vita steso sul suo letto, quasi come se dormisse, ma non era destinata a svegliarsi mai più. Altre volte invece sognava di fare la sua stessa fine e raramente anche di voler fare la sua stessa fine. Questo però non l’aveva mai detto alle sue amiche, perché probabilmente non avrebbero capito.
A differenza dell’ultima volta che si era sentita sola, non aveva sfogato le sue frustrazioni nel cibo, anzi, aveva smesso quasi completamente di mangiare, dimagrendo in maniera esagerata, mostrando la forma di tutte le sue ossa. Aria e Emily erano molto preoccupate e si sentivano impotenti. Non sapevano cosa fare di fronte a ciò che stava succedendo ad Hanna; non sapevano come consolarla perché forse non vi era consolazione… A aveva rovinato le loro vite, gli aveva portato via molte persone care e minacciava di far fare la stessa fine anche a loro. Sapevano di non essere mai al sicuro e che qualsiasi cosa volesse fare A, la faceva, senza tener conto di nessuno. Loro stesse non sapevano come riuscivano a dormire la notte, ma forse ormai si erano rassegnate al fatto che la loro vita fosse totalmente controllata da A.
Era sempre stata Spencer a dare loro la carica, a dire di non arrendersi perché potevano riavere il controllo delle loro vite, ma ora che anche lei non c’era più, avevano smesso di crederci.
 
Ad un tratto qualcuno bussò alla porta. Aria e Emily si scambiarono un’occhiata interrogativa prima che Aria si alzasse per andare ad aprire. Con sua sorpresa si trovò davanti sua madre, la signora Marin e la signora Fields. Le tre donne la salutarono con un grande sorriso che Aria fu costretta a ricambiare, facendole accomodare.
Dopo i soliti convenevoli, Emily ebbe il coraggio di chiedere il motivo della loro visita. Le tre donne rimasero un po’ spiazzate da quella domanda. “Ma come? Non sapete perché siamo qui? Sono passati due mesi da… beh da quando avete lasciato Rosewood e lunedì dovete tornare a scuola.” Disse la signora Montgomery.
A quelle parole le tre ragazze –anche Hanna era scesa a salutare gli ospiti– rimasero di sasso. In quel posto avevano perso la cognizione del tempo e mai avrebbero immaginato che era già ora di tornare a casa, alla loro vita e a tutti quei luoghi che ricordavano la loro amica scomparsa. Hanna ebbe un cedimento e subito le tre donne furono su di lei con una pezza e un secchio d’acqua fredda, lasciando le altre due ragazze ai loro pensieri e timori.
Ad Emily venne subito in mente il suo sogno; forse voleva dire qualcosa, forse tornando a casa sarebbe rincominciato tutto e loro non erano di certo pronte a tornare in quell’inferno.
Anche Aria aveva lo stesso timore, la paura di rivivere tutto quello che avevano passato, o anche peggio, e la paura di non riuscire a superarlo.
Nonostante nessuna delle piccole bugiarde volesse tornare a casa, ormai era ora e, fatti i bagagli, presero il treno che le avrebbe riportate lì dove tutto sarebbe rincominciato.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Salve a tuuuutti! Ecco il secondo capitolo della ff.
Ci ho messo un po' per scriverlo, perchè cercavo di capire i personaggi che io stessa stavo creando
e spero di averli resi bene...
Datemi i vostri pareri e recensite in tanti!
I_am_a_liar

 

“Ehi Em!”
Una voce dietro di lei attirò la sua attenzione, facendole dimenticare per qualche secondo le paure che l’avevano tormentata per tutto il viaggio di ritorno.
Emily si girò lentamente, sperando di non sbagliarsi sull’identità della figura alle sue spalle. Non appena la vide, un enorme sorriso si formò sul suo viso e gli occhi le iniziarono a brillare.
Paige.
Era così bella, proprio come l’ultima volta che l’aveva vista. Un sorriso stupendo, il più sincero che Emily avesse mai visto, dominava il suo viso. I lunghi capelli castani erano raccolti come al solito in una coda di cavallo, mostrando ancora meglio il suo volto mozzafiato. Nei suoi occhi quasi neri Emily riuscì però a scorgere un dolore, una paura che l’aveva tormentata impedendole di dormire la notte, fin da quando Spencer era stata uccisa e Emily era dovuta partire.
La piccola bugiarda sapeva molto bene che Paige non era forte quanto lei, che le era sempre stato difficile affrontare A, le bugie, le minacce, che non erano mai state infondate.
“Avevo paura che non saresti mai tornata” disse Paige con un filo di voce, mentre una lacrima rigava la sua pelle morbida. A quelle parole Emily si avvicinò velocemente alla ragazza che le stava di fronte, non riuscendo a credere di poterla finalmente abbracciare. Le asciugò dolcemente la lacrima che le rigava il viso e le stampò un piccolo bacio sulle labbra. In quel momento si sentiva al sicuro, aveva dimenticato i suoi problemi e le sue preoccupazioni, perché tutto ciò di cui aveva bisogno era davanti ai suoi occhi. Non seppero per quanto tempo rimasero l’una tra le braccia dell’altra, ma in fine Emily si allontanò controvoglia da Paige, tenendo il suo sguardo fisso negli occhi profondi di lei. “Non ti lascerei mai”
Le due ragazze si sedettero sui gradini davanti a casa di Emily; lei appoggiò la testa sul petto della sua compagna, così da poter sentire il battito del suo cuore. Quel ritmo lento e costante la rilassava, facendole provare una sensazione che non ricordava nemmeno più.
Ad un tratto gli occhi di Emily si illuminarono alla vista di un ragazzo alto, muscoloso, con i capelli castano chiaro e gli occhi come il ghiaccio. Il suo migliore amico stava lì, seduto nella veranda della sua casa, con lo sguardo perso nel vuoto. Quando Paige intuì la causa del sorriso che era apparso sul volto di Emily, dovette frenare il suo entusiasmo.
“Toby è cambiato da quando te ne sei andata. Non è più il ragazzo solare e coraggioso che conoscevi, Em. La morte di Spencer lo ha segnato più di chiunque altro. Ora non parla con nessuno, non viene più a scuola e tratta male chiunque tenti di avvicinarlo. Caleb ha provato di tutto per farlo tornare in sé, ma dopo essere arrivato a fare a botte con lui, ha dovuto rinunciare.”
La piccola bugiarda alzò la testa dal petto della compagna, guardandola negli occhi come per cercare una conferma, non volendo credere a quello che aveva sentito.
“Mi dispiace Em, so quanto tenevi a lui…” Aggiunse poi con un filo di voce.
Emily non poteva credere a quanto aveva sentito. Non voleva crederci.
Si ritrasse, ponendo una certa distanza tra lei e Paige.
“No! Non è vero, non può essere vero! Sono sicura che con me parlerà, tu non conosci il legame che ci unisce!”
Emily urlò contro colei che pochi minuti prima l’aveva fatta sentire protetta dopo moltissimo tempo. La sua voce era rotta dal pianto e una lacrima scendeva lungo la sua guancia.
Paige fece per asciugarla ma la piccola bugiarda si ritrasse, alzandosi e dirigendosi verso la casa di Toby.
 

***

 
Aria scese dalla macchina, prese la sua valigia ed entrò in casa trascinandola con fatica dietro di sé.
Attraversò il salotto, cosciente che a quell’ora non avrebbe trovato nessuno in casa, e si apprestò a salire le scale per recarsi nella sua vecchia camera. Stava per salire il primo gradino quando sentì un rumore dietro le sue spalle. Le si ghiacciò il sangue in corpo, non sapendo cosa fare. Rimase completamente immobile per qualche secondo, poi afferrò la lampada che stava su un mobiletto davanti a lei, pronta a difendersi. Si girò di scatto, e si trovò davanti un ragazzo alto e muscoloso, che si stava trattenendo per non scoppiarle a ridere in faccia. Aveva le mani in alto, fingendo che aria lo avesse spaventato davvero. La ragazza si sentì una stupida, ma dopo quello che aveva passato, come biasimarla se aveva paura di un estraneo in casa sua? Poggiò la lampada al suo posto, tornando a guardare il ragazzo.
Solo ora si accorgeva che lo sconosciuto indossava solo un paio di boxer.
Senza sapere cosa le prendesse, si avvicinò velocemente allo sconosciuto, baciandolo con foga. Ovviamente il ragazzo non oppose resistenza, restituendo il bacio. Le loro lingue cercavano un contatto, proprio come i loro corpi. Lui si staccò dalla forte presa della ragazza, cercando di prendere fiato, poi disse con un filo di voce: “Piacere RJ”
“Aria” rispose la ragazza continuando a baciarlo. RJ la prese adagiandola sotto di sé sul divano. Le sue mani si muovevano avide sul corpo della ragazza, ma quando cercarono di infilarsi sotto la sua camicetta, Aria aprì gli occhi. Come se si fosse svegliata da uno stato di trans, realizzò quello che stava facendo, allontanò il ragazzo dal suo corpo e corse in camera sua, con le lacrime agli occhi.
Cosa le era preso? Lei non era quel tipo di ragazza. Aveva sempre riflettuto prima di agire, aveva sempre rispettato e fatto rispettare il suo corpo. Eppure tutto quel pensare dove l’aveva portata? Aveva perso il più grande amore della sua vita, due delle sue migliori amiche erano morte e un pazzo che si firmava –A la perseguitava, ormai, da quasi tre anni.
–A l’aveva portata a fare quello che aveva fatto. L’aveva cambiata.
Mentre le lacrime continuavano a rigare le sue guance, la piccola bugiarda si chiedeva se in quei tre anni fosse mai stata padrona della sua vita e delle sue scelte. Ormai non sapeva più chi fosse, e non aveva più nessuno a ricordarglielo.
In quel momento il suo cellulare vibrò, e sullo schermo apparve un messaggio da un numero privato:

Ti presento RJ, il migliore amico di tuo fratello.
Attenta piccola bugiarda!
Nessuno ama le troiette, se continui così ti resterò solo io.

                                                               Kisses
                                                               -A

 
Aria scaraventò il cellulare contro l’armadio. Proprio come temeva: era rincominciato tutto. Questa volta, però, si sentiva troppo debole per affrontare un’altra guerra.
 

***
 

Anche Hanna era tornata a casa. Ora stava stesa sul suo letto; era debole e non aveva la forza di alzarsi. Non aveva ancora chiamato Caleb perché in quel momento il suo pensiero fisso era un altro: Spencer.
Continuava a pensare a lei e a immaginarsi la sua morte. Voleva sapere chi fosse quel bastardo che le aveva portato via la sua migliore amica, ma non aveva la forza di reagire, trovarlo e fargliela pagare. L’unica cosa che riusciva a fare era starsene sotto le coperte, indossando le sue vecchie tute, che però ora le andavano larghe, e piangere.
Vicino al letto vi era la cena che sua mamma le aveva preparato con amore. Dopo una visita all’ospedale di Rosewood, Hanna aveva rincominciato a mangiare, anche se pochi bocconi. Non aveva ancora riacquistato le forze, ma il solo sentire qualcosa nello stomaco, riusciva a non farle perdere i sensi ogni volta che si muoveva troppo velocemente e la faceva sentire leggermente meglio.
Dopo ore passate a piangere decise di leggere un po’. Prese la prima rivista che trovò su comodino e fece per aprirla. In quel momento qualcosa cadde dalle pagine che stava sfogliando. Era una foto che risaliva a prima della morte di Alison. Hanna non aveva mai visto quella foto, e quasi non riconosceva le ragazze sorridenti che vi erano ritratte. Sé stessa per prima.
Aria la stava abbracciando, lasciandole un bacio sulla guancia. Alison era vicina a Emily, che la guardava con uno sguardo profondo, che allora nessuna di loro poteva comprendere.
E poi c’era anche lei: Spencer.
Sorrideva felice, i libri in mano come una Hastings che si rispetti, indosso una camicetta blu e un’immancabile giacca bordò.
Nessuna di loro a quei tempi poteva immaginare quello che le avrebbe aspettate. Il pensiero di come sarebbero state messe alla prova non sfiorava minimamente le loro menti: erano spensierate, come cinque liceali qualsiasi. Adesso però Hanna lo sapeva: non erano cinque liceali qualsiasi, e non spettava loro di vivere una vita normale.
Non sopportava più la vista di quella foto, così la girò, vedendo qualcosa che aveva sperato con tutto il cuore di non vedere mai più.
Sul retro della foto era stato lasciato un messaggio, scritto con della tempera rossa:
 

Ti mancano le tue amiche?
Non rincominciare ad abbuffarti, o potrei farti rimanere del tutto sola.

                                                                         -A

 
Hanna si sentì mancare il fiato.
–A minacciava di portarle via tutti e tutto, se solo non avesse fatto come diceva. Proprio ora che aveva trovato il coraggio di rincominciare a mangiare, doveva smettere di nuovo, entrando in un vortice senza uscita, che l’avrebbe portata, lo sapeva, a fare la stessa fine di Spencer. D’altronde però, non poteva permettere che –A facesse del male alle persone che amava. Meglio lei di tutti loro.
Così Hanna si alzò, cercando di resistere al capogiro che la stava facendo cadere, prese il vassoio con la cena e lo buttò via.
Non avrebbe perso altre persone, a costo di doversi consegnare totalmente al suo peggior nemico.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Buongiorno gente! Eccomi qui con il terzo capitolo!
Innanzitutto mi scuso per il ritardo, ma sono in vacanza e non ho avuto molto tempo per scrivere...
in secondo luogo ringrazio tutti coloro che hanno recensito i capitoli precedenti
e che vorranno recensire anche quest'ultimo.
Beh, che dire... buona lettura!
I_am_a_liar


Emily correva, correva nel bosco per l’ennesima volta. Qualcuno correva dietro di lei, ed era sempre più vicino. La mano del suo inseguitore, coperta da un guanto nero, le intrappolò il polso facendola cadere. La figura incappucciata le era ormai addosso, Emily poteva sentire il suo respiro affannoso. Provò a divincolarsi ma fu allora che lo vide. Il volto della figura incappucciata era un volto a lei ben noto; uno dei volti che le erano stati più cari, ma che forse ora non poteva più far parte della sua vita.

Toby.

Emily si svegliò, scoprendo il suo cuscino umido per le lacrime che lo avevano bagnato durante tutto il corso della notte.
Il suo incontro con Toby la sera precedente non era andato come sperava.
Vedendola arrivare, lui non si era mosso: era rimasto impassibile con lo sguardo puntato nel vuoto. Emily si era avvicinata a lui, con un barlume di speranza negli occhi che però si era spento al suono della voce del suo migliore amico.
“Vattene.” Aveva detto secco quando la ragazza aveva iniziato a salire gli scalini della veranda. Non l’aveva nemmeno guardata negli occhi, come se fosse solo un elemento di disturbo, del quale si voleva liberare al più presto.
Vedendo che la ragazza era rimasta immobile aveva ripetuto: “Vattene, non hai niente da fare qui.”
Quelle parole avevano colpito Emily come una freccia, dritta al cuore. La piccola bugiarda si era immobilizzata, non riuscendo ad aprir bocca. Le lacrime minacciavano di sopraffarla, ma con un profondo respiro riuscì ad evitare che iniziassero a scendere, facendole perdere il controllo di se stessa e delle sue azioni.
Sentendo la voce del ragazzo che le era stato accanto durante il periodo più difficile della sua vita, che l’aveva aiutata a trovare sé stessa, e che l’aveva sempre supportata e aiutata a combattere contro quel nemico invisibile che era dappertutto e da nessuna parte, Emily si era resa conto di averlo perso. Forse per sempre.
Era ancora lì, immobile, persa in quegli occhi color del ghiaccio che non accennavano a voler ricambiare lo sguardo, quando Paige, che aveva assistito a tutta la scena, l’aveva portata via, accogliendola tra le sue braccia e facendole versare tutte le lacrime che racchiudevano lo sconforto più totale e un senso di solitudine che nemmeno le parole di conforto della sua ragazza avrebbero potuto colmare.

Ora Emily stava nel suo letto, con gli occhi gonfi che portavano i segni di quella notte d’inferno, al pari delle notti che le avevano strappato le prime ragazze che avesse mai amato, e la ragazza più forte che avesse mai conosciuto, che pure non era stata abbastanza forte da sopravvivere alla morsa letale in cui -A le aveva imprigionate.
Con un grande sforzo si alzò dal letto e si guardò allo specchio. Non riconobbe ciò che vide davanti a sé: il suo volto era giallognolo, scavato, come segnato da una malattia. I suoi capelli erano arruffati e mentre li spazzolava non accennavano a voler collaborare. Emily si sentì a disagio con ciò che le stava difronte. Nonostante tutto ciò che aveva passato, lei era Emily Fields: capitano della squadra di nuoto, ragazza forte e determinata che non si era mai lasciata buttar giù da una sconfitta. Nonostante tutti gli infortuni, i complotti di –A, non aveva rinunciato a essere la migliore nello sport, e non avrebbe rinunciato a essere sé stessa nella vita di tutti i giorni.
Emily si spazzolò i capelli, quasi con rabbia; li raccolse in una coda alta e indossò la tuta. Erano circa le 6 di mattina, e aveva tempo prima di andare a scuola, così uscì per una corsetta che avrebbe rinvigorito i suoi muscoli. Tornata a casa fece una sessione di addominali, una di flessioni e si buttò sotto l’acqua fredda della doccia.

Come sempre l’acqua riusciva a lavar via tutti i pensieri, e, una volta uscita, Emily si sentì rinata, come se fosse tornata ad essere sé stessa. Si guardò allo specchio e questa volta si riconobbe. I capelli castani, ancora umidi, le incorniciavano il viso, scendendo sulle spalle robuste, da nuotatrice. I suoi occhi avevano riassunto un colore pieno, e cosa ancora più sorprendente, sul viso di Emily era comparso, per qualche secondo, un sorriso. Era un sorriso appena accennato, ma di quelli sinceri, che non hanno una ragione precisa; di quelli che compaiono sul volto di una persona, e lo rendono più bello, da togliere il fiato.


***

Arrivata a scuola, Emily si era trovata a dover sostenere gli sguardi indiscreti degli studenti. Anche quelli che una volta erano stati suoi compagni di classe, o di laboratorio, anche quelli che in passato al salutavano sempre nei corridoi, ora la evitavano. Al suo passaggio tutti si scansavano, e la guardavano dal più lontano possibile. Quegli sguardi esprimevano pena, ma allo stesso tempo paura.  E come biasimarli? Ormai era risaputo: chi si avvicinava alle piccole bugiarde rischiava la morte, e nessuno le riteneva degne di un tale rischio; nessuno tranne Caleb e Paige ovviamente.
Emily però, forte del cambiamento avvenuto poco prima nella sua camera, affrontava gli sguardi a testa alta, seppure con un po’ di malinconia nel cuore. Tutto in quella scuola le ricordava Spencer e quando giunse davanti al suo vecchio armadietto, dovette fermarsi e riprendere fiato. Non poteva però lasciarsi abbattere nuovamente, altrimenti non si sarebbe più ripresa. Doveva continuare a camminare ed essere forte.

Arrivata al suo armadietto incontrò Hanna: aveva sentito da sua madre che aveva rincominciato a mangiare, eppure era sempre più magra, seppure tentasse di nasconderlo con vestiti larghi. Anche lei aveva cercato di riprendersi prima di tornare a scuola: era stata a fare shopping e sfoggiava un nuovo paio di occhiali da sole firmati Prada, e una camicetta di chissà quale stilista emergente che Hanna riteneva un giorno sarebbe diventato famoso. Il suo volto ancora pallido era ricoperto di trucco, in modo da nascondere i segni evidenti che quel periodo aveva lasciato su di lei. Hanna era forte, lo era sempre stata, ma dalla morte di Spencer era tutto diverso. Aveva ceduto e ancora adesso, seppure in tiro, Hanna non mostrava segni di miglioramento.
Quando le due si incontrarono, Emily le fece un sorriso sincero, come d’incoraggiamento al quale Hanna non rispose che con una smorfia, che doveva assomigliare a un accenno di sorriso.
“Sono passata davanti al suo armadietto” disse Hanna, con una voce debole, come se non si rivolgesse a nessuno in particolare, ma volesse ricordare a sé stessa quel momento.
“Anche io” rispose Emily “Sapevamo che non sarebbe stato facile tornare a scuola, ma dobbiamo resistere. Spencer non avrebbe voluto che noi ci arrendessimo.”
La piccola bugiarda utilizzò quella frase come un’arma, una frase fatta che serviva solo a dare un po’ di speranza alla sua amica, ma non ci credette fino a che non la pronunciò. Mentre le parole uscivano dalla sua bocca, Emily si rendeva conto di quanto fossero vere: Spencer non aveva mai voluto che si arrendessero, le aveva sempre spinte a lottare, e così avrebbero fatto.
“Forse hai ragione” rispose Hanna poco convinta.
Poi le due si guardarono un po’ intorno, alla ricerca di qualcuno in particolare.
“Dov’è Aria?” chiese ad un tratto Emily. Nemmeno Hanna sapeva perché non fosse a scuola; forse non se l’era sentita di tornare ad affrontare i ricordi di Spencer e il ritorno di Ezra all’insegnamento tutti in una volta. Forse era stata male, e la sarebbero andata a trovare nel pomeriggio.

Il suono della campanella aveva segnato l’inizio delle lezioni e le piccole bugiarde si erano recate nell’aula di inglese, dove ad aspettarle c’era il professor Fitz.
Le ore passarono lente tra gli sguardi di compagni e professori, ma alla fine l’ora del pranzo arrivò. Emily si mosse alla ricerca di Hanna che però, ricordando gli avvertimenti di –A, era scappata via rifugiandosi sul tetto della scuola, dove Caleb l’aveva portata un paio di anni prima, quando si erano appena conosciuti.

Mentre stava lì seduta, nel silenzio più totale, un pensiero le invase la mente. Non aveva ancora parlato con Caleb da quando era tornata. Era stata così presa da –A e dai ricordi che si era dimenticata dell’unica persona che avrebbe voluto vedere tornando a Rosewood.
Proprio in quel momento, come se qualcuno avesse letto i suoi pensieri, la porta si aprì e un ragazzo alto, muscoloso, dagli occhi color nocciola e lunghi capelli castani, si avvicinò a lei. Hanna non poteva decifrare la sua espressione: di sicuro era felice di vederla, ma allo stesso tempo i suoi occhi incutevano timore, lasciando trasparire rabbia, ma soprattutto preoccupazione. Appena scorse i suoi capelli biondi dietro una pianta, Caleb corse ad abbracciarla; la strinse forte a sé, quasi spezzando quelle fragili ossa ormai in vista sotto la pelle. Hanna aveva bisogno di quell’abbraccio tanto quanto lui; così, nessuno accennò a volersi allontanare. Hanna cercò lo sguardo di Caleb, e quando i loro occhi si incontrarono, Caleb mostrò tutta la sua preoccupazione. Sapeva però ciò che la sua ragazza aveva passato, si sentiva impotente, ma almeno non voleva darle il peso di altre preoccupazioni. Così, pronunciò due semplici parole che al loro interno contenevano un significato enorme: “Sei bellissima.”
Una lacrima scese dagli occhi di Hanna, ma subito la ragazza l’asciugò. Sapeva cosa volessero dire quelle parole: la piccola bugiarda era cosciente di essere dimagrita troppo, il suo corpo non piaceva più nemmeno a lei, il suo viso era scavato, ma nonostante questo Caleb riusciva a dirle che era bellissima… voleva farle pesare di meno tutto quello che le era successo, voleva aiutarla a portare un carico troppo pensante per lei. Peccato però, che se Hanna si fosse fatta aiutare, tutti i suoi cari ne avrebbero pagato le conseguenze.
Caleb si sentiva sempre peggio, vedendo quella lacrima rigare il volto, una volta perfetto, del suo unico vero amore. Sapeva di non poter fare nulla per lei, se non starle accanto, perché il nemico che si trovavano ad affrontare era troppo grande.
Hanna vedeva il senso di impotenza negli occhi di lui, così si avvicinò e lo baciò. Fu un bacio lungo, tanto agognato; i loro corpi ritrovarono un contatto, che avevano aspettato per due mesi interi. In quel bacio ci furono molte parole non dette, fu espressa preoccupazione, rabbia, debolezza, ma soprattutto amore.

***

Aria nel frattempo stava a casa, chiusa in camera, a ripensare a quanto era successo poche ore prima nella sua cucina: era scesa per fare colazione, pronta per affrontare il primo giorno di scuola, nella speranza che suo fratello non sapesse niente di quanto accaduto la sera prima e nel tentativo di dimenticarlo il prima possibile. Scese le scale ma, voltato l’angolo, si trovò davanti qualcosa, o meglio qualcuno, che non si sarebbe mai aspettata. Seduto accanto a suo fratello Mike, stava RJ che la guardava con un sorrisetto malizioso. Il cuore di Aria si era fermato, e la piccola bugiarda aveva sentito le guance tingersi di rosso, alla vista del ragazzo al quale era saltata letteralmente addosso appena poche ore prima. Mike aveva fatto le presentazioni, ma Aria aveva sentito appena la sua voce, nel tentativo disperato di nascondere l’imbarazzo che la stava assalendo.
La ragazza aveva pronunciato alcune parole confuse, con le quali si era scusata, dicendo di sentirsi poco bene, ed era tornata in camera sua.

Poco prima che di riuscire a chiudersi la porta alle spalle, però, aveva sentito una presa sul suo polso, e la mano forte di RJ l’aveva tirata indietro. Sulla sua faccia non c’era più il sorrisetto malizioso di poco prima, anzi, i suoi enormi occhi verdi esprimevano un grande dispiacere.
“Scusa per ieri.” Aveva detto il ragazzo guardando Aria negli occhi “devo aver frainteso… non volevo approfittarmi di te, so che stai passando un brutto periodo.”
Era incerto su cosa dire, ma la sua voce appariva decisa, tanto che Aria era rimasta a dir poco sorpresa. Non si sarebbe mai aspettata delle scuse da lui! Dopotutto era colpa di Aria; era lei ad essergli saltata addosso, lei aveva fatto tutto, e RJ non sembrava il tipo da ammettere le sue colpe, anche quando nessuno se lo sarebbe aspettato.
Tuttavia la piccola bugiarda era ancora scossa, così aveva farfugliato un “grazie” ed era corsa nella sua stanza, chiudendo la porta a chiave.

Ora, ripercorrendo per la centesima volta i fatti avvenuti quella mattina, era arrivata a due conclusioni: fortunatamente Mike non sapeva nulla, e questo la rassicurava non poco.  A preoccuparla però, vi era il fatto che RJ si fosse trasferito da loro. Aria non sapeva ancora per quale ragione, ma il nuovo migliore amico di suo fratello viveva in casa sua, e questo non le avrebbe mai permesso di dimenticare il momento di debolezza della sera precedente.
Come conseguenza di questi fatti la piccola bugiarda non era andata a scuola quella mattina, facendo preoccupare le sue migliori amiche.

Immersa nei suoi pensieri non aveva sentito suonare alla porta, fino a che il campanello non si era fatto così insistente da attirare la sua attenzione.
“Ehi Aria! Come stai? Oggi non eri a scuola…”
Emily si trovava davanti alla porta con un sorriso che spiazzò un po’ Aria.
“Sì, non mi sono sentita molto bene.”
“Beh io ti ho portato i compiti, doveva venire anche Hanna ma penso sia scappata da qualche parte con Caleb…” Le due risero e la piccola bugiarda fece accomodare l’amica. Le due ragazze parlarono e scherzarono tutto il pomeriggio; Aria non accennò ad RJ e Emily non parlò dell’incontro con Toby. Sembrava che per qualche ora i problemi fossero svaniti del tutto, e che quello fosse un normale pomeriggio di due normali adolescenti.
Ovviamente, trattandosi di due piccole bugiarde e non di due normali adolescenti, la serenità che avvolgeva la casa era destinata a svanire, e ciò accadde quando il campanello suonò per la seconda volta.

Emily andò ad aprire, e con sua enorme sorpresa si trovò davanti il suo migliore amico.
I suoi occhi colore del ghiaccio erano lucidi, il ragazzo era terrorizzato anche se cercava di nasconderlo, e le sue mani tremavano mentre stringevano un foglietto bianco.
Toby non riuscì a dire nemmeno una parola, l’unica cosa che fece fu allungare la mano e mostrare il foglietto a Emily. La ragazza lesse e il suo cuore si fermò all’istante, mentre lei restava immobile, gli occhi sgranati e fissi sul pezzo di carta che teneva in mano.
Lesse ad alta voce:

“Vi sono mancata? Non temete, non sentirete la mia mancanza ancora per molto: io sono ancora qui stronzette e so tutto

                                                                                                                             –S”

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