Quella strana avventura che è il nostro amore di Bab1974 (/viewuser.php?uid=181083)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga dall'amore ***
Capitolo 2: *** Malinconia ***
Capitolo 3: *** Scontro sotto la pioggia ***
Capitolo 4: *** Come ti rubo un bacio ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Fuga dall'amore ***
Quella strana avventura che è il nostro amore
Fuga dall'amore
"Ormai non so che farmene di lui... Basta non voglio più neanche vedere la sua faccia." sbottò Ranma, che aveva lasciato il suo ragazzo per l'ennesima volta. Era
al ristorante di Shampoo, attorniato da quelle che un tempo erano le
ragazze che combattevano per il suo amore, e che ora erano le sue
migliori amiche. Oltre
alla cinesina erano presenti Ukyo e Akane.
Delle spasimanti mancava solo Kodachi, che ancora attentava alla sua
virtù, non essendosi arresa all'evidente omosessualità del ragazzo.
Come ultima partecipante c'era Lin Chan, nuova cameriera del locale,
che si era aggregata volentieri al gruppo. "Pensavo
che avessi imparato a conoscere Kuno." fu il commento di Akane "Lo sai
che non è un genio, anche se ammetto che mi ha stupito quando ha capito
che tu eri la Ragazza con il codino." "Vuole solo dire che anche la sua
stupidità non è infinita." rimarcò Ranma, che non riusciva a
trattenere offese nei confronti del suo ragazzo, quando era arrabbiato.
"In pratica mi sono trasformato davanti a lui. Dovevate vedere la sua
faccia, sembrava che avesse visto un fantasma. L'ho osservato rabbuiarsi,
cominciare a pensare per cercare una soluzione e poi andarsene chissà
dove a rimuginare. Te la ricordi la scenata che mi ha fatto, dopo due
settimane che nessuno lo vedeva?" "E come potrei scordarla!" rise Akane
"Mi ha quasi rovinato la festa di compleanno. Per fortuna alla fine le cose sono evolute al meglio "Me lo ricordo pure io." ridacchiò Ukyo. "Però non mi sembrava che le cose tra di voi andassero così male." disse Shampoo. "In
realtà la colpa è del signor Kuno e di Kodachi." ammise Ranma, triste
"Non mi lasciano in pace un solo istante, nonostante Take-chan si arrabbi
molto. Il preside continua ad attentare alla mia vita,
Kodachi alla mia virilità. Per fortuna, essendo propositi
opposti, spesso s'intralciano fra loro." Seguì
un attimo di silenzio, durante il quale ognuno sembrava pensare a una
soluzione per il problema del ragazzo: non poteva continuare a
difendersi dagli attacchi di chi abitava con lui. "Senti,"
intervenne Akane "perché non torni a vivere alla palestra con noi. Papà non è
più così arrabbiato, sono certa che se glielo chiedo per favore,
accetterà. Magari così potremmo richiamare anche Genma, credo sia
stanco di dormire nella sala d'aspetto dello studio del dottor Tofu." Ranma scosse la testa, risoluto. "Mi
dispiace Akane ma ho un minimo d'orgoglio. Tuo padre ci ha cacciati su
due piedi, senza darci la possibilità di trovarci prima un posto dove
andare. Non me la sento proprio di elemosinare alla sua porta."
Oltretutto Ranma era certo che fosse ancora fuori di sé, ma non lo
disse all'amica, che lo venerava essendo il suo unico parente in vita,
oltre le sorelle. "Sono certo che mio padre accetterebbe, però, come
esperto di arti marziali di orgoglio ne ha davvero poco." "E tornare da tua madre?" propose Ukyo "Alla fine, nonostante la promessa
di harakiri, è l'unica che ti abbia accettato per quello che sei fino
in fondo." "Uhm, potrei, ma dovrei cambiare ancora scuola e non me
la sento. Mi sono accorto di avere dei voti più decenti da quando
frequento regolarmente le lezioni, senza correre dietro a quel demente
di mio padre. E poi vedrei Kuno troppo poco." rispose. "Ma che te ne importa se non vuoi stare con lui?" lo riprese Shampoo, facendo ridere le altre. -Maledetta
linguaccia.- pensò Ranma, arrabbiato con se stesso -E maledetto Kuno,
nonostante tutto non riesco a fare a meno di pensare a lui.-
"Scusa,
posso chiedele una cosa?" intervenne Lin Chan, che era da poco in
Giappone e non aveva ancora perso l'accento. "Come gestite tu e Kuno le
tlasfolmazioni in lagazza? Tu dice che lui è innamolato di Lanma
maschio, o ho capito male?" "Diciamo, che al contrario di quando
abitavo dai Tendo, passo meno tempo possibile trasformato in ragazza."
ammise Ranma "Non per pudore, ma non sono ancora certo che gli altri
due sveglioni abbiano capito che sono sempre io, in fondo i geni sono
sempre quelli, e non vorrei che cambiassero atteggiamento. Tipo Kodachi
che tenta di uccidermi e il preside di violentarmi." "Non pensavo
certo al pudore, voi maschi non conoscete il significato della parola,
tu meno degli altri." lo apostrofò Akane, memore delle scene che aveva
fatto alla palestra Tendo, mettendo in imbarazzo soprattutto suo padre Soun. "Pensi mai di
andare in Cina per tornare normale?" "In un futuro lo farò di certo.
In realtà Kuno me l'ha promesso come regalo se sarò promosso all'ultimo
anno di liceo." rivelò Ranma. "Uhm, ora capisco perché sei migliorato tanto." ridacchiò Akane "Temi che si possa rifiutare se non passi?" "Kuno
ha una certa idea dell'onore. Se fa una promessa, la mantiene, ma
seguendo le regole. In caso contrario faccio prima ad andarci a
nuoto, poiché non me lo posso permettere." sbuffò Ranma. Le ragazze risero ancora: trovavano divertente il ragazzo arrabbiato. "Addirittura
pensa che prima di partire mi possa iscrivere all'università. Per
fortuna che non l'ha messo come obbligo per la promessa, altrimenti
sarei sistemato." Un bussare alla porta, lo fece sobbalzare "Non aprite
deve essere lui, non me la sento di tornare con lui al momento." Il bussare alla porta si ripeté, questa volta seguito da preghiere per farsi aprire. Nessuna risposta ancora. "Shampoo, lo so che Ranma è lì, perciò, se non vuoi che sfondi la porta, aprimi." minacciò. La ragazza guardò un attimo l'amico, poi s'inchinò davanti a lui. "Perdono, mia nonna mi lincia se lui distrugge il locale, perché lo usi per nasconderti." disse. "Va pure, non voglio che la vecchiaccia se la prenda con te." accordò Ranma. Un
attimo dopo Shampoo aveva aperto la porta del locale e dopo un paio di
giorni, in cui Ranma non era tornato alla villa dei Kuno, i due
fidanzati si ritrovarono l'uno di fronte all'altro.
Kuno, al
contrario del solito, non aveva la sua divisa di Kendo, era vestito
in pantaloni e camicia. Le ragazze allargarono gli occhi: non era
niente male vestito in borghese, per non parlare di quell'espressione
contrita e imbarazzata che aveva sul volto! Sembrava che avesse sulle
spalle tutti i problemi del mondo e che cercasse di impegnarsi per
risolverli. Dopo aver salutato la padrona di casa e le altre ragazze,
si rivolse a Ranma, che dal canto suo aveva deciso di mostrargli le
spalle. "Ranma, tesoro, torna a casa con me, non puoi vivere in
mezzo alla strada." lo implorò. Purtroppo sapeva di aver torto,
nonostante la colpa non fosse sua ma dei congiunti. "Ho più
possibilità di sopravvivere, tuo padre continua a trovare delle
maniere sempre più sofisticate e fantasiose per eliminarmi fisicamente e, anche se
non riesce a scalfirmi, è fastidioso vivere in continuazione con il timore di
essere attaccati." rimbottò Ranma "Per non parlare di Kodachi." disse
voltando la testa all'indietro "Saresti contento se cedessi alle
avances della tua sorellina?" Kuno scosse la testa, impallidendo al pensiero. "Temo di perderti se dovessi starmi troppo lontano." confessò ricambiando di nuovo colore e diventando rosso fiamma. A
quella confessione, fatta davanti a degli estranei, Ranma sentì un
brivido alla schiena. Kuno non era facile ad effusioni in pubblico e
doveva essere stato difficile per lui aprirgli il cuore in quel
momento. Decise di non dargli comunque corda, ma si era commosso. Kuno,
che si aspettava una risposta, rimase un attimo in attesa. Shampoo,
vedendolo in difficoltà, gli accennò di continuare, facendogli
capire che era sulla buona strada. "Ranma, resisti solo qualche
mese. Quest'anno mi diplomerò e poco dopo diventerò maggiorenne. Allora
potremmo andarcene entrambi da quella casa." propose. Allora il ragazzo si voltò e guardò per la prima volta il fidanzato in volto. "Ma... Take-chan?! E l'università? Ci tenevi così tanto." gli fece notare Ranma, con un tono già meno scontroso. "L'unica
cosa cui tengo sei tu." rispose Kuno, scuotendo la testa e beccandosi
l'ammirazione delle ragazze "Mio padre ha sempre voluto che studiassi
ma, se non accetta te, non mi sento più obbligato a seguire le sue
direttive. Ran-chan, verresti a vivere con me appena potrò lasciare la
casa di mio padre?" Ranma
era davvero rimasto senza parole ma il suo
volto parlava per lui. Sapeva quanto lo studio contasse per Kuno e il
fatto che lui rinunciasse a tutto per amor suo lo faceva commuovere e
si rendeva conto che sarebbe stato infelice a rinunciarvi. Non poteva
permetterglielo. "Io
non posso negarti il sogno di studiare e di costruirti una carriera."
le parole gli uscivano dalla bocca a fatica "Forse questo è un motivo
in più per chiudere la storia qui. Non abbiamo speranze di essere
felici in futuro, perciò fattene una ragione." "Ma Ranma..." cercò di dire Kuno. "Niente
ma, vuoi la verità?" rimarcò il ragazzo, per cercare di convincerlo "Io
non ti amo, anzi credo di non averti mai amato. Probabilmente mi
piaceva il fatto che fossi ricco, anche mio padre mi ha spronato per
questo motivo a stare con te, ma la tua famiglia di merda non la sopporto per tutto
l'oro del mondo." Ranma
ci aveva messo tutto l'impegno che poteva per apparire crudele e
canzonatorio. Ogni parola di quel breve discorso aveva fatto male a
Kuno, che in un'occasione normale avrebbe impugnato la sua spada di
legno e invitato l'avversario a una lotta l'ultimo sangue. Ma
non aveva la spada e comunque non sarebbe mai riuscito a battersi
contro il ragazzo di cui era innamorato. Scelse allora di fuggire,
cercando di nascondere tutto il dolore che aveva dentro.
"Sei stato molto convincente, direi." l'informò Akane, nel caso lui stesso non se ne fosse accorto. "Non
è difficile ingannare quel credulone. Con il tempo capirà che è
stato meglio così." disse, tristemente Ranma "Non potevo permettergli
di rinunciare a tutto per me. Un giorno me l'avrebbe rinfacciato." "Ma
che farai ora? Devi decidere dove andare a stare." gli ricordò Akane
"Convengo anch'io che sotto i ponti non staresti comodo." "Puoi
stare da me quanto ti pare." propose Ukyo "Dove si mangia in due si può
mangiare anche in tre, e poi mi potresti aiutare con il locale, quando
hai tempo. Da ragazza attiri un sacco di clienti." "Potrei venire da
te per qualche giorno, finché non mi sono messo d'accordo con mia madre
per tornare da lei." accettò il ragazzo. "Alla fine te ne vai." Ukyo era triste e quasi dispiaciuta di essere lei ad avere avuto quell'idea: le sarebbe mancato. "Mi
dispiace, andavi così bene a scuola, temo che senza lo sprone del
viaggio in Cina ritornerai il solito somaro." aggiunse Akane. "Grazie
per la fiducia, sei davvero un'amica. Comunque sono certo che la
lontananza farà bene a entrambi per dimenticarci l'uno dell'altro."
sentenziò Ranma, cercando di essere convincente con gli altri, anche se
non lo era con se stesso.
Note: ho usato il Prompt Una Frase/Citazione - Ormai non so che farmene di lui... Basta non voglio più neanche vedere la sua faccia. (Si vede che ho usati il copia/incolla?) |
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Capitolo 2 *** Malinconia ***
Malinconia
Malinconia
Ranma
era alloggiato presso la madre da tre mesi, quando cominciarono a
fiorire gli alberi di pesco. Erano uno spettacolo splendido ed erano
l'anticipo di una primavera perfetta. L'umore del ragazzo, però, era nero come
la notte più profonda e non riusciva a dimenticarsi di Kuno. Aveva
fatto di tutto per non pensare più a lui: si era iscritto a una
palestra e aveva tentato approcci con altri ragazzi ma, ogni volta che
qualcuno si avvicinava con intenzioni chiare e maliziose, si ritirava
senza dare troppe spiegazioni. Passava il tempo da solo a pensare
ancora a lui, e a sospirare. Perciò era sempre perso dentro se stesso, a
cercare di convincersi di aver fatto la cosa giusta.
Nodoka Saotome, la madre di Ranma, era passata dalla versione ti sventri perché non sei abbastanza uomo a mamma amorevole e preoccupata solo per la felicità del figlio. Una
volta scoperto che poteva cambiare sesso con l'acqua fredda, ci era
rimasta malissimo e il primo istinto era stato di costringere lui e il
padre di fare sepukku. Poi, capito che quell'incantesimo non avrebbe
cambiato nulla, se Ranma non aveva tendenze anomale, ci aveva fatto il
callo. L'importante era che, una volta ritornato per sempre uomo, si
sposasse e continuasse a insegnare i principi della scuola di Lotta Indiscriminata Saotome. Ora nulla importava, se suo figlio era triste, e aveva accettato qualsiasi cosa venisse da parte sua. Era gay? Non le importava. Viveva con un uomo? Tanto meglio così. Lo voleva felice. Dopo aver lasciato Kuno, per un motivo che non le aveva voluto
spiegare, era depresso, e non erano stati sufficienti tre mesi per
farlo tornare il solito Ranma, sbruffone e gentile allo stesso tempo. Doveva
scoprire cos'era successo, perché era in quello stato. Era certa che
Akane, con cui aveva mantenuto un ottimo rapporto, sapesse qualcosa, ma
non era riuscita a farla parlare. Ora,
sotto i peschi in fiori,
Nodoka promise che avrebbe dato l'anima per rendere il figlio felice.
Per proseguire nelle sue intenzioni era pronta a tutto e decise che la
prima mossa da fare era di chiedere informazioni direttamente a Kuno.
Decise di partire, come scusa disse che andava a trovare Genma, che non era più
voluto tornare a casa, preferendo la libertà, per vedere come stava.
Era un'ottima idea, lo faceva di tanto in tanto, da buona moglie. "Vuoi che dia qualche messaggio ai tuoi amici?" chiese a Ranma. Lui scosse la testa e Nodoka se ne andò: non sarebbe tornata senza una risposta.
Dopo
qualche ora di viaggio, durante le quali aveva ragionato su come
approcciarsi con il ragazzo, la donna si fermò alla stazione. Entrò in
un taxi e diede l'indirizzo della villa dei Kuno. Il tassista osservò
preoccupato l'enorme spadone da cui la donna non si separava mai.
Akane, vedendo di
sfuggita la donna, decise d'inseguirla, per salutarla. Quando, dopo un
breve tragitto, la vide fermarsi nella casa che Ranma aveva abitato per
quasi un anno, si chiese il perché e decise di spiarla. Nodoka suonò
al campanello: un servitore venne a vedere e gli chiese se poteva
incontrare Takewaki Kuno, pur non avendo un appuntamento. L'uomo, dopo
essersi fatto dare il suo nome, rientrò e dopo pochi minuti, la fece
passare. All'interno Kuno l'aspettava, con la sua divisa da kendo e la spada di legno in vista: sembrava pronto a un combattimento. "Signora
Saotome, a cosa debbo l'onore di questa visita?" chiese. Nonostante
l'aspetto battagliero, l'accoglienza fu molto educata e pacata. "Vi
ringrazio per aver accettato di vedermi senza nessun avviso." disse
Nodoka, abbassando graziosamente la testa. "Forse potrebbe immaginare
il motivo per cui sono qui, ma se preferisce che glielo dica, lo farò." "Comunque preferirei che mi desse del tu, mi fa sentire in imbarazzo." la invitò. "Come
preferisci." accordò la donna "Comunque non so se sei al corrente che
Ranma da tre mesi è alloggiato presso di me. Non che mi dispiaccia
avere mio figlio accanto dopo tanto tempo, ma è molto triste e vorrei
sapere che cosa è accaduto di preciso fra voi, giacché lui si
rifiuta di parlarmene. Spero di non essere troppo invadente." Kuno, dopo aver ascoltato senza interrompere quello che Nodoka aveva da dire, diede la propria versione. "In
realtà è stato Ranma a lasciarmi, e in maniera piuttosto brusca." le
disse le parole esatte che aveva usato nel descrivere la sua famiglia e
il fatto che avesse deciso di stare con lui solo per i soldi. Nodoka
stava cominciando a difendere a spada tratta il figlio, mettendo a sua
volta sul tavolo lo spadone, da cui non si separava mai, forse per
abitudine quando, con uno slancio da campionessa, furono raggiunti da
Akane, spaventando i due. "Kuno," esordì la ragazza "sei il solito
scemo. Non vedi più in là del tuo naso e non capisci le cose se non te le
spiegano come a scuola." La ragazza era arrabbiata: Ranma era suo
amico, suo ex fidanzato e, anche se la cotta che aveva per lui era
passata da tempo, gli voleva ancora molto bene e non sopportava che fosse maltrattato in quella maniera. "Akane, allora vuoi dirmi,
finalmente, perché è accaduto tutto ciò?" chiese Nodoka "Se lo avessi
fatto prima, mi avresti risparmiato questo viaggio." Alle loro spalle si aprì una porta e quattro servitori, trafelati, si scusarono per aver permesso l'intrusione della ragazza. "Non
preoccupatevi, tornate ai vostri posti." disse Kuno con decisione. Poi
guardò Akane con uno sguardo meno stupido del solito, forse perché
anche lui era parecchio irritato di essere sempre preso per quello che
non capiva niente, anche se spesso era vero, e ci metteva del tempo,
più degli altri, ad accorgersi delle cose. "Giacché sono così ottuso,
spiegami tu, con parole semplici, cos'è successo." la sfidò. La
ragazza ignorò completamente l'invito di Kuno e si rivolse direttamente
a Nodoka, anche se il ragazzo si era messo ad ascoltare, cercando di
stare più attento possibile, per evitare che gli sfuggisse qualche
particolare importante. La sua espressione concentrata era davvero
comica e Akane fece fatica a ricordarsi che doveva essere seria e a non
ridere. "Ora le spiego tutto, signora Saotome. Avrei voluto farlo
prima ma Ranma mi aveva fatto promettere che mi sarei tenuto tutto per
me. A questo punto però mi sembra una promessa inutile." esordì Akane
"Il problema principale sono il padre di Kuno, che ha attentato più di
una volta alla vita di Ranma, non accettando la relazione del figlio
con lui, e la sorella Kodachi, che è innamorata di lui e vorrebbe
attentare alla sua virilità. Insieme, nonostante non siano un pericolo,
rendono impossibile la vita di suo figlio e così ha deciso di
andarsene." Nodoka ascoltò la verità a bocca aperta. Non riusciva a credere che il problema non fosse Kuno ma i parenti. "Akane
sta dicendo la verità, Kuno?" chiese al ragazzo, che era imbarazzato
"Davvero i tuoi congiunti lo trattano in questa maniera? Non mi
stupisce che lui se ne sia andato." "È vero, ma Akane sta
dimenticando un particolare." puntualizzò il ragazzo "Avevo proposto a
Ranma di andare a vivere da soli una volta che io fossi stato
maggiorenne, ma lui ha rifiutato e mi ha offeso." Nodoka guardò
verso Akane, per sapere se era tutto vero. La ragazza, tenendo stretti
i pugni, era pronta a spiegare anche il resto, ma venne interrotta da
una risatina sboccata e irritante. Poi, una ragazza con l'abito di una
scuola privata, si aggiunse alla compagnia. "Ehi, Akane, che ci fai
qui?" chiese senza salutare "Forse non lo sai, ma Ranma, il mio
fidanzato, non abita più qui da un pezzo." notò poi Nodoka "Ehm,
buongiorno, signora, ci siamo già incontrate?" le chiese. "Nodoka Saotome." si presentò, inchinando la testa. Lo sguardo, intelligente quanto quello del fratello, s'illuminò alla notizia. Prese la mano di Nodoka e la fissò intensamente. "Lei...
lei è la madre di Ranma, la mia futura suocera?" chiese, anche se non
attese risposta "Sono davvero felice di conoscerla, finalmente." -Questa è pazza! Non mi stupisce che Ranma sia fuggito, poveretto.- pensò la donna. -Mi fa quasi paura, ha gli occhi spiritati.- Non aveva fatto ancora in tempo ad abituarsi alla ragazza, che arrivò uno strano uomo con un abito Hawaiano e occhiali scuri. "Il matrimonio con quel mezz'uomo non lo posso accettare." disse. Allora
Nodoka ricordò che era il padre di Kuno e il preside del liceo
Furinkan. Piuttosto eccentrico per essere addetto all'istruzione di
ragazzi di quell'età. Padre e figlia si misero a litigare, come
facevano ogni volta che si parlava di lui. Pensare che lui l'adorava,
ma forse era proprio per quello che non voleva che soffrisse. Akane si guardò attorno esasperata. "Ranma
non ne poteva più. Ogni giorno questa storia. Non che li temesse, ma li
trovava noiosi e non se la sentiva di continuare." continuò, cercando
di non farsi distrarre dai due "Quando Kuno gli ha detto che era
disposto ad andare a vivere con lui, anch'io ci rimasi male per
la risposta ma, appena Kuno scappò, ci spiegò perché lo aveva fatto. Il
prossimo anno dovrebbe andare all'università ed era certo che il padre
si sarebbe rifiutato di pagargli le lezioni e una casa, perciò avrebbe
dovuto rinunciarvi. Kuno, Ranma ti ha lasciato perché non dovessi
pentirti in un futuro di aver scelto lui, abbandonando gli studi." Kuno
era rimasto a bocca aperta, dopo aver tenuto il muso per tutto il
tempo. Non riusciva a crederci: Ranma l'amava al punto di pensare prima
alla sua felicità che alla propria. "Scemo!" esclamò ad alta voce "Non si rende conto che la mia vita non ha più senso senza di lui?" Akane
e Nodoka si scambiarono uno sguardo e poi un sorriso: in quel caso, se
davvero i due si amavano ancora, poteva esserci qualche possibilità. Kuno
accompagnò le due donne alla porta e promise che avrebbe pensato di
tentare di riconquistare Ranma, con il loro aiuto. Poi osservò gli
alberi di pesco in fiore nel suo giardino e chiuse gli occhi: pregò che
ci fosse ancora una speranza per loro.
Note: ho usato il Prompt Un'immagine - 5- www.google.it/search?q=fiori+di+pesco&client=safari&hl=it&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ei=PxH4UZCLBcXY4QS3pYHwBw&ved=0CAkQ_AUoAA&biw=1024&bih=672#biv=i%7C21%3Bd%7CnWNWKvcen... Non metto il banner, sono negata, comunque si tratta di fiori di pesco. |
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Capitolo 3 *** Scontro sotto la pioggia ***
Incontro sotto la pioggia
Scontro sotto la pioggia
Nodoka tornò a casa con il cuore più leggero e una lettera per Ranma da parte di Kuno. Assieme
a lui, la donna e Akane, avevano studiato una maniera per intenerire il
ragazzo. Avevano chiesto a Kuno di ricordare qualcosa che per loro
avesse una particolare importanza e lui, dopo averci pensato un po, disse
che ogni volta che passavano nell'angolo di strada in cui lui aveva capito il suo segreto, lo canzonava e lo baciava.
Era
stato un pomeriggio di quasi due anni prima, in una giornata piovosa.
Il tempo minacciava pioggia e Ranma era ancora lontano di casa: anche
se avesse corso alla massima velocità non sarebbe mai arrivato a casa
in tempo. Per fortuna lo studio del dottor Tofu era dietro l'angolo ma, al primo incrocio, andò a sbattere
contro qualcuno ed entrambi caddero rovinosamente a terra. "Stia attento a dove mette i piedi!" dissero quasi all'unisono. Poi si videro in faccia e, riconoscendo Kuno, si sentì pieno di rabbia e pronto a menare le mani. "Solo un'idiota come te poteva venirmi a sbattere addosso." lo rimproverò Ranma, con poca grazia. "Sei tu che mi hai urtato, tieni la sinistra, fesso di un Saotome." aveva ribattuto Kuno, mantenendo lo stesso tono. Si
erano guardati in cagnesco per un lungo istante, poi aveva cominciato
il diluvio. In un attimo Ranma si era ritrovato zuppo d'acqua e si era
trasformato in ragazza davanti a Kuno. "Accidentaccio." aveva
sbottato Ranma, con la sua voce da ragazza e con i vestiti che gli si
appiccicavano addosso, mettendo in mostra le forme generose. "Tutta colpa
tua, idiota. Se non mi avessi bloccato almeno avrei raggiunto lo studio
del dottor Tofu, prima di bagnarmi." Ranma odiava trasformarsi in
ragazza se non ne aveva una convenienza, soprattutto per farsi regalare
del cibo, sbattendo le ciglia e facendo delle mossettine sceme. Kuno,
che per la prima volta vedeva in faccia la trasformazione di Ranma,
rimase come un ebete a bagnarsi sotto l'acqua. Farfugliava cose con
poco senso. "Non ho visto quello che ho visto. Si tratta di un'allucinazione dovuta alla stanchezza. Sto studiando troppo..." Ranma
capì che se non l'avesse scosso sarebbe rimasto lì in eterno. Lo aveva
preso per mano ed era entrato assieme a lui nello studio di Tofu. Ad accoglierli, con un verso animalesco, Genma, in versione Panda. "Papà, mi dai dell'acqua calda?" chiese Ranma all'animale, che fece un verso. Il Panda, invece di rispondere, scrisse uno dei suoi cartelli. << Perché stai mano nella mano con questo? >> Solo allora Ranma si rese conto di stare tenendo ancora la mano di Kuno e la ritirò come se avesse preso la scossa. "Kuno
ha visto la mia trasformazione in ragazza e ne è rimasto
sconvolto." si giustificò Ranma "Se non lo trascinavo fino a qui,
sarebbe rimasto come un fesso sotto l'acqua a raffreddarsi." Kuno, che ormai era fuori di testa, cercava di ragionare su quello che stava succedendo. "Ehm,
se non ho capito male, tu hai chiamato quel Panda papà." gli fece
notare "Com'è possibile?" Il suo sguardo, fisso negli occhi della
ragazza, era assolutamente idiota. "Voglio vedere se capisci ora." disse Ranma. "Non sbattere neppure le ciglia, potresti perderti qualche passaggio." Ranma
ragazza prese la teiera e se la rovesciò addosso, non prima di aver
controllato che l'acqua non fosse eccessivamente bollente. Ranma cambiò
forma davanti a Kuno, che lo fissava senza staccargli gli occhi di
dosso. La sua faccia prese un'espressione disgustata. "Tu... tu sei
Ranma!" esclamò a tutta voce, prendendo la spada di legno, pronto a
usarla per difendersi "Tu e la Ragazza col codino siete la stessa
persona. Come hai fatto a ingannarmi per tutto questo tempo?" "Idiota!" sbottò Ranma "Tu sei l'unico che non lo sa. Gli altri lo hanno capito da ere e senza troppe spiegazioni." Kuno
cercò di concentrarsi su quello che era successo. Era una cosa
difficile, non era abituato a pensare a qualsiasi cosa che non fossero
il kendo e le ragazze. "Ok, facciamo finta che io abbia capito quello
che è accaduto." propose Kuno "Perché hai chiamato papà quel panda?"
chiese, riproponendo la domanda che aveva fatto alla Ragazza col codino. Ranma sospirò: quel ragazzo non riusciva proprio a fare due più due. "Ops,
è rimasta un po' d'acqua calda nella teiera." notò Ranma e la gettò sul
padre, che apparì, nudo come mamma l'aveva fatto. Genma ci rimase di
sasso, coprendosi alla meno peggio le parti intime con le mani. "Oddio,
signor Saotome, ma lei è... è...." gridò Kuno, senza riuscire a
concludere la frase, e fuggì sotto la pioggia, per andarsene chissà
dove. "Ranma!" urlò Genma "Recuperami dell'acqua fredda, non posso certo andare in giro nudo." "Ok." rispose calmo il ragazzo "Spero che questa volta abbia capito."
Ranma rilesse la lettera che Kuno gli aveva spedito. "Ranchan, non posso stare senza di te. Ti aspetterò nell'angolo in cui ho scoperto il tuo segreto e in cui ho capito di amarti. Non me ne andrò finché non mi avrai raggiunto per parlare. Tuo Takechan." Ranma
sospirò profondamente: Kuno non riusciva proprio a capire. Inoltre non
poteva credere che avesse avuto un'idea del genere tutto da solo.
Sospettò che ci fosse lo zampino della madre e magari pure di qualcuna
delle sue amiche. Quando lo aveva lasciato era certo che lui non avesse
capito che stava bleffando: ci era rimasto troppo male e l'aveva capito
per come era fuggito. Si era stupito che non fosse tornato subito con
la spada di legno e la sua divisa da kendo, per difendere l'onore della
sua famiglia. Almeno, una volta, l'avrebbe fatto, prima che s'innamorassero disperatamente l'uno dell'altro.
"Madre, tu c'entri qualcosa con questa faccenda?" chiese a Nodoka. La donna, che si stava affaccendando in cucina, finse di non sapere quello che il figlio diceva. "Ho
solo incontrato Kuno e mi ha chiesto come stavi." rispose
innocentemente "Gli ho semplicemente detto la verità, cioè che eri un
po' depresso. Probabilmente il resto l'ha capito da solo." Ranma
alzò un ciglio, chiedendosi se la madre pensava che ci credesse sul
serio, o fregandosene che avesse capito che era tutta una cospirazione
ordita per danneggiarlo. "Per
chi mi hai preso?" insistette il ragazzo "Ho forse scritto in fronte
'Scemo del villaggio'? Quella frase è stampata a caratteri cubitali e
luminescenti in faccia a Takewaki. Ho imparato a volergli bene ma
questo non toglie che sia uno scemo oceanico e che non arriverebbe mai
a fare un ragionamento del genere se non aiutato da qualcuno. Il fatto
che tutto questo sia avvenuto proprio durante la tua visita a papà, mi
fa venire dei dubbi profondi." Il discorso ironico di Ranma non
smosse d'un filo la donna, che voleva convincere il figlio a seguire la
felicità, piuttosto che una comoda tristezza. "Oltretutto sono certo
che al massimo entro due giorni, esagerando, ritornerà da papino con la
coda fra le gambe." l'assicurò "Quando si è serviti e riveriti, non si
possono fare certi sacrifici, per nessun motivo." "Se ne sei certo,
non c'è problema." Nodoka lo guardò dritto in faccia per la prima volta
"Se sei davvero convinto che quello sciocco non ti ami a sufficienza
per fare un sacrificio del genere, non avrai nessun problema." Nodoka tornò alle sue faccende, Ranma, invece, rimase affogato nei propri pensieri, e non era certo di non rimanerne soffocato.
Cercò
di non pensarci, anche se era difficile, e si concentrò sulla scuola
come non aveva mai fatto prima. Nodoka cominciò a pensare che non fosse
stata una buona idea, poiché si rischiava che Kuno s'ammalasse per
nulla. Per fortuna, una giornalista d'assalto s'occupò della faccenda e
le foto del ragazzo con un cartello, la barba incolta e circondato da
alcuni ammiratori, furono pubblicate. Ranma, due settimane dopo che
era cominciato tutto, si rese conto che quel folle sembrava davvero
essere disposto a tutto per lui. Vedere il cartello in cui era segnato
il suo nome, notare le persone che gli portavano da mangiare e da bere
(per non parlare di un piccolo angolo coperto in cui faceva i suoi
bisogni), lo commosse. Capì che non poteva lasciarlo là, da solo, e
corse a prendere il treno, senza avvertire nessuno. Nodoka, vedendo che
non c'era più, non si preoccupò. Sapeva già dov'era andato suo figlio.
Note: ho usato il Prompt Una Canzone - The man who can't be moved. The Script |
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Capitolo 4 *** Come ti rubo un bacio ***
Quarto capitolo
Come ti rubo un bacio
Durante il viaggio per raggiungere Kuno, Ranma ricordò a com'era nata la loro storia.
Erano
passate due settimane da quando era fuggito dallo studio del dottor
Tofu,
durante le quali non aveva
pensato una sola volta a lui. Non si era reso conto che non era mancato
anche da scuola. Una domenica mattina si stavano organizzando per
il compleanno di Akane. Nel giro di poco sarebbero arrivati compagni
di scuola e amici:
all'improvviso, quando se lo ritrovò davanti a casa Tendo, pensò che
fosse per
dichiararsi ad Akane. Notarono tutti che
non aveva la solita divisa da kendo, ma un kimono molto più elegante, e
si sarebbero chiesti il motivo,
se non avesse avuto un enorme mazzo di rose rosse in mano. In realtà
anche a lui era stato spedito l'invito alla festa, ma i Tendo non
avevano ricevuto risposta e pensavano non si sarebbe presentato. "Akane, hai visite." chiamò Ranma, ridacchiando. La ragazza, che era già irritata di suo, diede una botta in testa al ragazzo. "Come fai a sapere che non è venuto a cercare la Ragazza col Codino?" chiese scocciata. "Ha capito che sono io, perciò di certo sarà qui perché non ha più bisogno di scegliere." disse Ranma, massaggiandosi la nuca. "Non riesco a credere che quell'ottuso abbia capito tutto." dichiarò Akane. "Senti
chi parla!" esclamò Ranma, indicando il porcellino nero che aveva in
braccio "Dovrei raccontarti di una cosa di cui non ti sei mai accorta,
nella tua grande intelligenza." P-Chan gli morse un dito, irritato:
non voleva che Akane sapesse che in realtà era Ryoga, un ragazzo, e
che aveva dormito più volte con lui, ignara della cosa. "Di cosa
stai parlando?" chiese curiosa "Non sopporto essere paragonata a Kuno,
senza motivo. Dimmi quello che devi, senza fare troppo il misterioso,
oppure taci." "C'è tempo, c'è tempo" disse muovendo la mano "A proposito hai ricevuto la risposta da parte di Ryoga?" chiese malizioso. P-chan grugnì alla volta di Ranma che alzò le spalle. "In
realtà, sì. Come ogni anno mi promette grandi cose, mentre a me basterebbe la
sua presenza. Speriamo che non si sia perso di nuovo."
Intanto Kuno si era presentato davanti a Soun. "Signor
Tendo, avrei bisogno di parlarle. Si tratta di Akane e Ranma e del loro
fidanzamento. Lei avrebbe da discutere molto se m'intromettessi fra i
due?" chiese alla fine. Soun
aveva preso la cosa con molta filosofia e decise di non cacciare subito
il ragazzo. In fondo, anche se non era una cima, era un ragazzo di
buona famiglia e poteva traviarlo per fargli sposare un'altra delle sue
figlie. "Non posso darti Akane, è promessa a Ranma dalla nascita."
esordì Soun, fumando la sua pipa "Ma anche le mie due figlie maggiori
sono molto carine. Soprattutto Nabiki credo sia adatta a te, comunque,
se preferisci le ragazze più grandi, anche Kasumi è disponibile." Le due ragazze s'avvicinarono stupite. "Papà, anche lui è troppo piccolo per me." disse imbarazzata Kasumi. "Per me ci starebbe come età." s'intromise Nabiki "Spero che tu non sia tirchio, voglio libero accesso ai tuoi soldi." Kuno arrossì insoddisfatto: non era facile dire quello che voleva e gli stavano rendendo le cose ancora più difficili. "In
realtà non era ad Akane che volevo fare la corte." annunciò con un
respiro profondo "E a nessun'altra delle sue figlie, non che non
meritino, s'intende." Soun era davvero stupito: che c'entravano
Akane e Ranma se lui non voleva fidanzarsi con nessuna delle figlie? Cominciarono
ad arrivare i primi invitati alla festa di Akane e decise che ci
avrebbe ragionato su, mentre tutti si divertivano. "Kuno, perché non ti unisci ai festeggiamenti, intanto?" propose Soun "Poi ne riparleremo con calma." Il
ragazzo, che non trovava facile dire al signor Tendo che aveva
intenzione di rubare il fidanzato a sua figlia, accettò. Nel frattempo
avrebbe cercato di approcciarsi con Ranma, anche se non sarebbe stata
una passeggiata. Kuno,
che si era dimenticato che quel giorno era il compleanno di Akane,
decise di regalarle il mazzo di rose tanto, col senno di poi,
sospettava che Ranma non lo avrebbe gradito. "Buon compleanno, spero che queste ti piacciano." disse, porgendole il mazzo. Akane
le prese ringraziandolo e temendo il momento in cui lui le avrebbe
fatto la corte. Non arrivò, con suo grande stupore, anzi si mise a
parlare con lei pacatamente, come non era mai accaduto. Le sembrava
strano, nonostante si fosse arrabbiata con Ranma, era certa anche lei
che il ragazzo avrebbe rinnovato i suoi sentimenti. Era sollevata, ma
anche delusa, come se le mancasse qualcosa: era preoccupata per la sua salute. -Ho
come la sensazione che questi fiori non fossero per me.- pensò,
posandoli sul tavolo, e andando a cercare un vaso per metterli. Non
ebbe molto tempo per ragionarci, gli invitati alla sua festa arrivarono,
portando ognuno un regalo. Akane accettò tutti con un sorriso, mentre
Kasumi faceva gli onori di casa. Era quello il regalo per la
sorella: impedirle di fare danni, poiché con le faccende di casa
era davvero un disastro. Per l'occasione Soun aveva accettato che si
usasse la palestra, che era stata agghindata apposta.
Ranma, che aveva seguito la breve
discussione di Akane e Kuno, si chiese cosa girava in testa al ragazzo.
Prima di allora non aveva mai perso occasione per corteggiare quel
maschiaccio che era la sua fidanzata. Ora che aveva capito che lui era
la Ragazza col Codino, sembrava che il suo cervello fosse andato in
pappa, e non riuscisse a comprendere nulla. Vide che Kuno si guardava
attorno, come se cercasse qualcosa o qualcuno. Decise di investigare e
si avvicinò lentamente alle sue spalle. Poi si arrampicò sulle
strutture della casa e gli calò davanti, spaventandolo. "Ranma Saotome, da dove diavolo spunti?" chiese Kuno, toccandosi il petto all'altezza del cuore. "Mi hai spaventato a morte" Ranma,
continuando a stare a testa in giù, incrociò le braccia sul petto e lo
fissò serio. Poi mosse una mano per sentirli la fronte con un palmo. "Uhm, la febbre non l'hai. Allora non sei malato." commentò. "Io
sto benissimo, come ti saltano in mente certe cose." disse Kuno
"Piuttosto stavo cercando proprio te. Ho pensato molto a quello che è
accaduto qualche settimana fa." L'altro scosse la testa, smuovendo il codino che gli spenzolava al contrario. "Non
dovresti, Kuno." lo canzonò "Fa male impegnarsi tutto insieme in
attività in cui non si è abituati. Oltretutto speravo che il discorso
fosse chiuso e che finalmente ti fossi reso conto che io e la
Ragazza con il Codino siamo la stessa persona. Dovresti passare oltre e
cercarti una ragazza vera." Kuno inaspettatamente sorrise. "In
realtà mi sono reso conto di cose che aveva già dentro ma che non avevo
il coraggio di tirare fuori." disse, poi, senza aspettare oltre, prese
saldamente la coda di Ranma e si avvicinò a lui, sfiorando le sue
labbra con le proprie, baciandolo al contrario. Ranma, colto di
sorpresa, perse la presa al soffitto e cadde a terra. Si alzò
massaggiandosi la nuca: non era vero! Non poteva essere accaduto di
nuovo. Un ragazzo l'aveva baciato e lui non era riuscito a evitarlo. "Ma sei pazzo?" gli urlò in faccia "Allora non hai capito niente. Io non sono una ragazza, sono un ragazzo." Kuno non si scompose e gli prese le mani. "E
invece ho capito benissimo." confessò "Mi sono reso conto che mi
piacciono i ragazzi, non le ragazze. Ranma Saotome, vuoi essere il mio
fidanzato?" Ranma
lo fissò, credendo che lo prendesse in giro, poi rammentò che l'aveva
appena baciato e, nonostante si sentisse offeso, si rese conto di non
esserne affatto dispiaciuto. Cercò di soffocare la voglia di picchiarlo e
stava per allontanarsi, senza rispondere, ma Kuno non sembrava
intenzionato a lasciarlo andare. Non rinnovò la proposta, non lo
ritenne necessario. Già il fatto che Ranma non l'avesse pestato a
sangue era un punto a suo favore. Lo trattenne per un braccio e si
riavvicinò per baciarlo ancora. La testa del ragazzo con il
codino era piena di idee alquanto violente nei confronti di Kuno ma non
le mise in atto. Lasciò che l'altro lo abbracciasse, sentendo un brivido che gli correva lungo la schiena. "Kuno, io..." sussurrò, alzando lo sguardo verso l'altro. Era confuso, non era normale quello che stava accadendo. "Sssht, non
dire nulla." lo pregò Kuno, posandogli un dito sulla bocca. Poi si abbassò
verso di lui e prese possesso delle sue labbra, succhiandole e
mordendole. Ranma perse subito la cognizione di ciò che stava
succedendo. La situazione gli ricordava l'inizio della sua conoscenza
con il ragazzo quando, ossessionato dalla sua corte, faceva incubi
tremendi. -Un
incubo, ecco cos'è!- pensò -Non può essere altro. A Kuno piacciono le
donne, e pure a me, anche se non sono un maniaco come lui. Beh,
pensandoci meglio io non mi sono mai sentito attratto davvero da
nessuna ragazza, ma di certo Kuno è uno sciupafemmine. Incubo, incubo,
incubo, incubo..." La mente di Ranma recitava la parola come fosse
sufficiente per renderla reale, mentre in verità stava limonando alla
grande con un ragazzo che aveva sempre disprezzato. A spezzare
l'incantesimo furono un paio di ragazzi, suoi compagni di classe, che
li beccarono in atteggiamenti intimi. "Oh, cavolo! Ranma, Kuno, che diavolo state facendo?" chiesero quasi in coro. I
due ragazzi si voltarono: Ranma fece uno scattò e corse via, Kuno cercò
di raggiungerlo ma travolse in pieno Soun Tendo, che si chiese cosa
stesse succedendo. Purtroppo lo perse di vista e si preparò a una lunga
ricerca.
Soun, che essendo un uomo di mondo cominciava a
trovare un senso nelle parole di Kuno, chiese ai due ragazzi che
avevano visto. Questi ultimi, avrebbero voluto tacere, per non causare
danni a Ranma, ma dopo aver visto lo sguardo furente del padrone di
casa, cominciarono a snocciolare tutto ciò che credevano fosse la
verità: Ranma e Kuno, secondo la loro impressione, si stavano baciando
appassionatamente. Uno di loro ricordò che le mani del Senpai
avevano cominciato ad avventurarsi sotto la camicia di Ranma. Lo
sguardo di Soun mandava fiamme, ma tenne una calma apparente. Non
voleva giudicare prima di aver parlato al diretto interessato ma, se
fosse stato vero, era pronto a cacciare i due Saotome su due piedi. Non
avrebbe continuato a dare da mangiare gratis a due traditori. Si ritirò, pregando i due ragazzi di non raccontare nulla a nessuno, almeno finché non fosse stato sicuro.
Note: ho usato il Prompt Situazione/Luogo/Sentimento - durante una festa.
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Capitolo 5 *** Epilogo ***
Quinto capitolo
Epilogo
Ranma
era fuggito senza sapere dove nascondersi. L'unica cosa di cui era certo era di
voler sparire dalla faccia della terra. Aveva visto Kuno che gli
correva dietro e, probabilmente, gli avrebbe dato del filo da torcere se
non avesse investito Soun in pieno. Girovagò
per la città fintanto che non incontrò Kodachi. La ragazza, visto il
suo amato, gli corse dietro e Ranma, per sfuggirle, si gettò in una
fontana, trasformandosi in ragazza. "Tu sei la Ragazza col codino!" lo apostrofò irritata "Come avrò fatto a scambiarti per il mio adorato Ranma." "Non lo so." le disse "Forse è ora che ti compri un paio di occhiali." -O un cervello.- aggiunse mentalmente -Quando Dio ha distribuito l'intelligenza, tu e Kuno eravate al mare?- Poi
si mise seduto sul marciapiede, aspettando qualcosa. Non sapeva neppure
che cosa, almeno finché non sentì una voce alle spalle. Sentì un
brivido e si preoccupò per la propria salute mentale. "Come mai ti sei trasformato in ragazza?" Aveva chiesto Kuno "Eppure non ha piovuto. Non ci starai prendendo gusto?" "Idiota!
Non osare pensare nulla del genere." bofonchiò Ranma "Ho dovuto farlo
per sfuggire da quella pazza di tua sorella Kodachi. Così me ne sono
liberato in fretta." "Non ti è mai piaciuta Kodachi?" chiese Kuno. "Troppo folle per i miei gusti." commentò l'altro. Kuno decise di sedersi accanto a lui. Ranma si ritirò, terrorizzato. "Non è necessario che scappi. Non voglio baciarti." lo rassicurò Kuno "Almeno non finché sarai trasformato in ragazza." Un altro brivido gli percorse la schiena. "Uhm,
sto meditando di rimanere così per un bel po'." ragionò Ranma "Come
ragazza ho meno pretendenti, e meno problemi, che come ragazzo." "Non capisco proprio come sia possibile." Kuno era stupito. "Te
lo devo ripetere che tu e tua sorella siete gli unici che non sapevano che io in realtà io
sono un maschio?" Ranma era esasperato di dover ripetere sempre le
stesse cose, era convinto che anche la stupidità di Kuno dovesse avere
una fine, solo che non l'aveva ancora trovata. Vide che pensava ed era
davvero comica la sua espressione mentre cercava di ragionare su ciò
che era successo. "Ok, poiché non hai voglia di baciarmi, possiamo parlare." accordò Kuno. Ranma
si stupì ma accettò. Era la prima volta che parlava in maniera civile
con lui e si rese conto che poteva ragionarci in maniera abbastanza
tranquilla, senza le esagerazioni classiche che erano insite nel suo
carattere. Mentre parlavano, furono notati dal dottor Tofu. "Ranma, perché non sei venuto al mio studio a prendere l'acqua calda?" chiese l'uomo sorridendo. Il ragazzo gli raccontò che era successo. "Uh,
ma ormai Kodachi non è più in vista." notò Tofu "La sala d'aspetto è
sempre aperta e si fa presto a scaldare un po' d'acqua." "Grazie, provvederò. Ma lei non era alla festa di Akane?" chiese Ranma. "Sì,
mi ero preso un giorno di riposo per lei, ma c'è stata un'urgenza e ho
dovuto correre via. Ciao Ranma, ciao Tatewaki." E corse via.
Ranma
si diresse di malavoglia verso lo studio di Tofu, spesso rifugio nelle
giornate di pioggia e si avvicinò alla stufa, in cui c'era qualche
tizzone. Ravvivò il fuoco, mise su la teiera e attese. In tutto questo
sempre seguito da Kuno che gli stava sempre appiccicato. "Non hai proprio altro da fare oggi, che rompermi le scatole?" Ranma era piuttosto irritato. "No, mi sono tenuto la giornata solo per stare con te." Kuno, invece, era serio. Appena
l'acqua fu calda a sufficienza se la gettò addosso, poi buttò quel poco
che rimaneva nella stufa, perché non bruciasse troppo. "Torno alla
festa di Akane. Magari quei ragazzi non hanno detto nulla o hanno
capito male." ragionò Ranma. "O potrei trovare qualche scusa." "Già, potresti dire che ti stavo levando le tonsille con la lingua." consigliò Kuno. L'altro
finse di non avere capito e uscì dallo studio, per poi tornare alla
palestra Tendo, dove Soun lo attendeva con ansia per discutere con lui. Durante
la strada incrociò un bel gattone persiano, che lo trovò simpatico (o
forse aveva fame) e cominciò a strofinarsi addosso alle sue
gambe. Ranma, preso dal terrore più assoluto, fece qualche passo
indietro, andando a sbattere nell'immancabile Kuno, che continuava a
tallonarlo senza arrendersi. "Ranma, che ti succede?" chiese preoccupato dalla sua reazione. Poi vide il gatto e ricordò che aveva paura dei felini. "C'è un gatto!" gridò il ragazzo, come se stesse parlando a un demente (beh, trattandosi di Kuno, poteva pensarlo davvero). "L'ho
visto, non sono cieco, è che ancora non credo che un combattente come
te abbia paura di un esserino così indifeso." Kuno era davvero stupito.
Ranma, senza volerlo, cominciò a fissarlo con lo sguardo pieno di
terrore e i goccioloni agli occhi. "Ti prego, caccialo." disse al
ragazzo, che non credeva che gli facesse una richiesta del genere.
Ranma sentì che la belva gli stava toccando le gambe e al limite, o
quasi, della paura, gettò le braccia al collo di Kuno e sollevò gli
arti inferiori, avvinghiandoglieli alla vita. Affondò il viso sul suo
collo. "TI PREGO, CACCIALO!" ripeté, alzando ancora di più la voce. Kuno perse la maggior parte del controllo, scansò il gatto e corse in una zona dove non c'era traccia di nessun animale.
Kuno si era fermato su un marciapiede con Ranma ancora avvinghiato. "Ora sei in salvo." gli disse senza, però, accennare a lasciarlo andare. Ranma
sollevò la testa e si rese conto solo in quel momento di cos'era
successo. Era tutto rosso per la vergogna e anche perché sapeva che
Kuno desiderava quel contatto. -Tu no, Ranma?- pensò, non certo di voler sapere la risposta. "Ehm, allora puoi mettermi giù." ricordò, poiché l'altro lo teneva ancora stretto. Kuno
lo depositò con grazia a terra, aiutandolo a mettersi in piedi. Ranma
era davvero imbarazzato: sapeva di dover dire qualcosa ma allo stesso
tempo avrebbe voluto fuggire, di nuovo. "Ehm, grazie, sono stato preso dal panico." disse sentendo le guance in fiamme. Non sapeva che fare per spegnersi. Kuno
gli accarezzò le labbra con un dito e Ranma tremò ma non si ritirò.
Senza aggiungere altro, il Senpai avvicinò le labbra a quelle del
ragazzo e cominciarono a baciarsi in mezzo alla strada, e sarebbe
durato molto, se non avessero sentito qualcosa cadere dall'alto sulle
loro teste. Ranma
si guardò, temendo di essersi trasformato in donna nel momento
sbagliato: il liquido bianco che gli era caduto in testa non era
acqua, ma era parecchio puzzolente. Da sopra la voce di un uomo disse: "La vuoi smettere di tirare roba dalla finestra, prima o poi qualcuno ci denuncia." Una donna rispose: "Non c'era nessuno, e che vuoi che sia per un po' di latte scaduto." Ranma e Kuno fecero delle smorfie schifate e corsero a casa Tendo. Tutti, impegnati nella festa, li fissarono disgustati. "Che fine avevate fatto? E cos'è questa robaccia?" chiese Kasumi. "Dovremmo fare un bagno." disse Ranma, senza rispondere a nessuna delle due domande. La ragazza sorrise dolcemente. "Andate pure, faccio avere degli abiti puliti a te e un kimono per Kuno. Intanto gli lavo il suo." propose. Kuno tentò di abbracciare Ranma. "Andiamo a fare il bagno insieme, tesoro." Ranma lo colpì in pieno volto con il piede. "Non ci pensare neppure, maniaco!" lo accusò. Kasumi ridacchiò. "Avanti,
Kuno, entra e dammi i tuoi vestiti. Tu intanto, Ranma, ti puoi godere
uno dei cocktail analcolici che sta facendo Ryoga. Sono davvero
buonissimi." "Allora è arrivato il porcellino." disse ironico. Ricevette un mixer in pieno volto. Ne bevve direttamente. "Davvero
buono, P-Chan." disse ritirandoglielo indietro. Poi fuggì all'esterno,
attendendo che fosse il suo turno di fare il bagno.
Era
in giardino a pensare a quella situazione assurda. Era finito due
volte, nel giro di poche ore, a baciare un ragazzo di cui aveva
pochissima stima, carino ma assolutamente scemo. Un getto di acqua freddissima lo travolse. "Ma che...?" gridò, prima di vedere Ryoga con un secchio vuoto in mano. "Questa la chiami vendetta? Sei davvero infantile." L'altro rise. "Ho appena visto Kuno uscire dal bagno, appena ti vedrà ti salterà addosso." -Uh, Ryoga non può immaginare che le cose sono cambiate.- pensò. Alzò le spalle come se la cosa non gli interessasse. "Non
ha importanza, non gli interesso più come donna. Ha capito che in
realtà sono un maschio." rivelò Ranma. -E ha scoperto che gli piaccio
di più come maschio.- pensò. "Non è possibile che quel tonto abbia capito qualcosa." sbottò Ryoga. "Tonto
a chi?" disse Kuno, prima di scaraventarlo nell'acqua del laghetto con
un calcio. Indossava un kimono molto classico datogli da Kasumi. Un attimo dopo, nel punto in cui era caduto, apparve un porcellino nero. "Ma questo non è il porcellino di Akane?" chiese Kuno "Dov'è finito Ryoga?" "Voglio vedere se ci arrivi tutto da solo." ridacchiò Ranma. Kuno lo fissò serio. "Se indovino mi baci?" chiese. "Maniaco, ma non pensi ad altro?" sbottò Ranma ragazza. "Sono almeno due settimane che non riesco a pensare che a te." Il grugnito del porcellino sembrava voler chiedere spiegazioni. "Allora, mi baci se indovino?" insistette Kuno. Ranma sbuffò. "Ok,
tanto credo sia troppo per la tua zucca vuota." Il porcellino assentì,
pur essendo stupito della concessione fatta al ragazzo. Kuno, si
mise in un angolo a pensare, intanto faceva disegnini a terra, per
concentrarsi. Passarono una decina di minuti, dopo i quali Ranma decise
che era il caso di andare a fare il bagno. P-Chan lo seguì.
"Mi
spieghi che sta succedendo?" chiese Ryoga, mentre si godeva i fumi del
bagno bollente "Ho notato uno strano comportamento in Kuno. In primo
luogo, non ha sfiorato Akane nemmeno con lo sguardo, anche se devo
ammettere che la cosa non mi dispiace, e poi si è appiccicato a te ma
non ti ama più. Allora?" Ranma, che si sentiva le guance arrossarsi, immerse la testa sott'acqua. Ryoga lo prese per la treccia, ritirandolo su. "Voglio delle spiegazioni." insistette. In quel momento la porta del bagno si spalancò. "Ho capito quello che è succ..." Kuno, appena vista la scena s'interruppe e cominciò a fissare Ryoga in maniera omicida. "Stai... lontano... dal... mio... ragazzo." sillabò, con voce minacciosa. "Tuo... cosa?" chiese Ryoga, non certo di avere capito. Kuno si stava avvicinando alla vasca, con cattive intenzioni, quando venne piegato a metà da un peso sopra la testa. "Ehi, avete spostato la festa in bagno?" chiese Ukyo "Vengo anch'io." Si
liberò velocemente dei vestiti, si gettò in acqua nuda avvinghiandosi a
Ranma. Kuno nel vederli stava per intervenire quando si ritrovo in
testa un gatto che, gettandosi in acqua si trasformò in Shampoo, e da
un'anatra, che divenne Mousse. Shampoo a sua volta abbracciò Ranma,
che, dopo un primo momento di terrore per aver visto il gatto, si stava
rilassando, mentre Mousse cercava di staccarla da lui. Questo era troppo per la povera mente di Kuno, che svenne, sbattendo violentemente la testa a terra.
"Vedete, si sta riprendendo." disse Kasumi. Era
entrata per recuperare i vestiti puzzolenti di latte scaduto e si era
ritrovata con la porta del bagno aperta, Kuno svenuto a terra e tutti
che lo circondavano. Recuperò un kimono pulito per ognuno, poi assieme
lo trasportarono in cucina, dove ora stava per recuperare i sensi. Kasumi cominciò a medicare la piccola
ferita, mentre Kuno fissava con aria omicida Ranma, al quale Shampoo e
Ukyo continuavano a stare appiccicate. Stava fermo solo per rispetto
alla ragazza che lo stava curando, pronto a scattare appena avesse
finito. Oltretutto aveva notato che il ragazzo si sentiva parecchio a
disagio in quella situazione e, senza volere fare del male alle due,
cercava di tenerle il più lontano possibile. "Ahi!" si lamentò verso la fine, con una lacrima nell'occhio. "Ops, scusa, comunque ho finito." disse, alzandosi e portando via il necessario per il pronto soccorso. Gattonò poi da Ranma. "E il mio premio?" chiese, guardandolo dritto negli occhi. "Per cosa? Non mi hai detto nulla, ancora." gli ricordò l'altro. "Hai ragione ora rimedio." "No, non lo fare." lo implorò Ranma, che aveva visto Akane con la coda dell'occhio. "Perché?" proseguì imperterrito Kuno "C'è ancora qualcuno che non sa che Ryoga e P-Chan, sono la stessa persona?" Un
singhiozzo spezzò il momento di gloria di Kuno: Akane, dritta sulla
porta, aveva sentito tutto, e stava pensando a quanto era stata ottusa.
Quante volte aveva dato dello scemo a Kuno, quando in realtà la vera
stupida era lei? Se ne andò, silenziosamente, il cuore spezzato in
mille briciole, con Ryoga che non sapeva come reagire. "Beh, ti
è andata bene Ryoga." lo canzonò Ranma "Mi stupisco, anzi, che non ti
abbia sbattuto il tavolo in testa, sarebbe stato più nel suo stile." "Lo avrei preferito mille volte, piuttosto che vederla piangere." Le ultime parole famose! Con uno scatto felino, Akane tornò indietro, sollevò di forza la pesante tavola e la sbatté in faccia a Ryoga, che svenne. "Spero che tu sia soddisfatto, P-Chan." disse Ranma che, assieme agli altri si era allontanato. "Adesso me lo merito il premio?" chiese ancora Kuno. "Non saprei, per colpa tua Akane ha quasi ucciso Ryoga." "Le bugie vengono sempre al pettine, spero che ora lo abbia capito." "Che
avete scommesso?" chiesero all'unisono Ukyo e Shampoo, pronte a
buttarsi ancora fra le sue braccia. Ranma le guardò terrorizzato, però
deciso a liberarsi di loro e, allo stesso tempo, tirare fuori una parte
di sé che era stata sempre lì e che solo ora veniva fuori. "Beh, in
fondo te lo sei meritato." disse, sorridendogli. Si mise in punta di
piedi, gli gettò le braccia al collo e cominciò a baciarlo, sotto lo
sguardo atterrito delle due contendenti, che fuggirono piangendo pure
loro. Fra le lacrime spiegarono agli altri quello che stava succedendo
e quando tutti apparvero in cucina, Ryoga era ancora svenuto e Kuno e
Ranma erano seduti con i piedi penzoloni nel buco sotto il tavolo,
che era gettato di un lato, continuando a baciarsi imperterriti.
Ranma
sorrise ripensando a quel momento: non si era mai sentito più leggero
in vita sua. Sentiva la lingua di Kuno danzare con la propria e sapeva,
per istinto, che stava facendo la cosa giusta. Non gli importava che
gli altri lo vedessero, si era accorto della loro presenza nella
stanza, e neppure che Soun lo cacciasse da casa. In quel momento
l'unica cosa che contava era quella bocca, che gli regalava sensazioni
mai provate prima, e quelle mani, che percorrevano il suo corpo,
dandogli i brividi. Sentiva la voce di Soun, tremenda, chiamarlo, ma non rispondeva. Akane
lo riportò alla ragione e gli disse qualcosa all'orecchio. La faccia
dell'uomo assunse un'espressione, se possibile, più violenta, mentre la
sua voce tuonava come non mai, mentre chiamava Ryoga. Gli gettò un
secchio d'acqua fredda per farlo rinvenire e il ragazzo, o meglio il
porcellino, dopo un attimo di smarrimento, capì che era arrivata la sua
ora. Vedendo il porcellino che stava per essere colpito, Akane intervenne. "Ti sembra giusto combattere con lui in queste condizioni." lo difese "Aspetta almeno che torni umano." Alla
fine non accadde nulla sennonché sia i due Saotome che Ryoga furono
banditi dalla Palestra Tendo. Ryoga, pian piano era rientrato nelle
grazie di Soun, dimostrando di essere davvero innamorato di Akane e
bravo con le arti marziali. Ranma, nonostante le preghiere del padre,
che avrebbe voluto abitare ancora con loro e mangiare gratis, si era rifiutato, preferendo dormire all'aperto, piuttosto.
Arrivato
all'incrocio dove era cominciata quell'avventura
assurda, vide Kuno che mostrava, senza vergogna, ai
passanti, il cartello con il suo nome e la dichiarazione dei sentimenti
che provava per lui. Era così testardo, ostinato, stupido... e bello, tenero, gentile, innamorato. Ranma
sorrise, ancora più colpito di quando lo aveva visto in tv. Si avvicinò
lentamente alle sue spalle e lo abbracciò da tergo. Kuno si scosse un
attimo, stupito, poi si accorse che era lui e gli cinse le braccia. "Sapevo che saresti arrivato, prima o poi." disse semplicemente. "Quanto tempo avevi intenzione di stare qui? Potevi prenderti un malanno!" lo rimproverò Ranma. "No,
non credo, è stata la primavera più calda e asciutta degli ultimi
anni." Appena dette queste parole si sentì tuonare e cominciarono
a cadere le prime gocce di pioggia. Ranma stava per correre per raggiungere lo studio del dottor Tofu, quando Kuno tirò fuori un ombrello e glielo porse. "Mi sono organizzato, poteva anche diluviare in queste settimane." Ranma
si strinse con lui sotto l'ombrello, mentre la maggior parte di chi li
seguiva era rimasto a bocca aperta. Pioveva a dirotto, come non era mai
accaduto in quella stagione. "Te l'ha mai detto nessuno che attiri l'acqua?" chiese Kuno. "No, ma ora che mi ci fai pensare il dubbio mi viene." "Torni a casa con me?" Ranma scosse la testa. "Non posso, non costringermi a vivere con quei pazzi dei tuoi parenti." "Allora torni da tua madre?" "Certo che torna con me. Vieni Ranma, andiamo a casa." intervenne Nodoka, apparsa alle loro spalle. "Sono solo due passi." Kuno guardò la donna come se fosse folle. "Ma non abitate a duecento chilometri di distanza?" mormorò all'orecchio del proprio fidanzato. Ranma alzò le spalle ma preferì tacere. Dopo pochi metri si fermarono davanti a una palazzina. "Eccoci siamo arrivati." annunciò la donna. "Ma che dici?" Ranma ancora non capiva. Nodoka diede una chiave al figlio. "Ho
comprato casa qui. Così potrai continuare a vedere Kuno quanto ti pare ed
io non sarò più sola." poi abbassò la voce "Per fortuna la casa è
sempre stata intestata a me, altrimenti tuo padre se la sarebbe
venduta da tempo." Ranma e Kuno avrebbero potuto vedersi quasi ogni giorno, senza problemi o altro. "Beh,
vi lascio soli. Intanto vado a dare una copia di chiavi anche a tuo
padre così, se vuole, può venire a dormire qui." e si allontanò
lasciando due ragazzi stupiti, innamorati e felici.
THE END?
Note: ho usato il Prompt Tre Oggetti - latte scaduto, gatto persiano, cocktail analcolico.
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