Shot, shot, shot, love. This is the Clique, tho!

di InspiredByBieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** I wanna kill my bestfriend! ***
Capitolo 3: *** P-A-R-T-Y ***
Capitolo 4: *** Crushes. ***
Capitolo 5: *** Tequila? ***
Capitolo 6: *** More than friends. ***
Capitolo 7: *** What is going on? I am so confused. ***
Capitolo 8: *** Memories. Choices. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***



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Valigie. Libri. Soldi. 
Che cosa credete che sia?
 

Amie McKenzie vuole fuggire da tutta questa vita. Vuole scappare.

E quale momento migliore per andarsene? Il college la può finalmente e meritatamente accettare e adesso è pronta a nuove avventure. La sua borsa di studio le coprirà la maggior parte delle spese, ma non tutte.
Acacia le aveva detto solennemente di non preoccuparsi di niente, dal momento che si era occupata lei di tutto ciò. Quindi con un sospiro acchiappa i bagagli e scende le scale di casa sua quando sente la sua migliore amica suonare il clacson.
 
È ora.
 
«Muovi quel culo, tesoro! Il college ci aspetta!» urla Acacia, facendo capolino dal finestrino della sua macchina.
 

D’altronde... CHE VI ASPETTAVATE?
 
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Eccomi di nuovo qua, con un’altra fanfiction!
Spero che non mi sia fatta odiare da come ho terminato l’altra.
Ma sappiate che pubblicherò a breve il continuo.

ANYWAY!
Spero che anche quest’altra fanfiction vi appassioni
e che riceva molte recensioni perché ci tengo tantissimo.

SIETE PRONTE?
SIETE PRONTE A BUTTARVI NEL NUOVO MONDO DI
AMIE MCKENZIE?


Pubblico il primo capitolo non appena ricevo abbastanza recensioni.
                                                         I love you. x

 
Mi potete trovare qua.

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Capitolo 2
*** I wanna kill my bestfriend! ***


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Scrutai perplessa la mano di Acacia che stringeva la mia.
«Andrà tutto bene, Amie»
«Come fai ad esserne così certa? Possiamo incontrare chiunque in quella casa!»
«Che melodrammatica che sei!» 
 
Stralunai gli occhi.
 
Me l’ero già presa con lei per non avermelo detto prima, ma in quel momento non ero in vena di altre discussioni. Non mi aveva detto che saremmo venute qua con l’intento di condividere casa con altri ragazzi e di passare assieme a loro il tempo necessario fino a quando non avremmo finito le lezioni del college. Pensai da subito che fosse una decisione troppo da incoscienti. La casa poteva venire affittata da chiunque, anche da malati di mente e da pedofili. Non volevo pensare ad altre tipologie di persone, ma lei continuava a ripetermi che non c’erano malati che avrebbero speso soldi in quel modo, ma soprattutto che per una percentuale molto alta, i ragazzi che avrebbero diviso la casa assieme a noi sarebbero stati studenti.
 
Durante il tragitto continuavo a ripetermi queste parole nella mente, in modo da farmi rasserenare.
Sospirai e mi rivolsi verso il finestrino scrutando ciò che aveva da offrirmi la Florida: era bellissima come me l’aspettavo e soprattutto stupenda come la descrivevano negli opuscoli. A fermare la scia di pensieri che avevo in testa fu Acacia che vedeva l’espressione nel mio viso ancora un po’ agitata.
 
«Le tasse dei dormitori del college erano troppo care, scommetto che ci troveremo meglio qua. Avanti, Amie!»
«Se ci succede qualcosa mi avrai sulla coscienza, sappilo» le misi l’indice contro come per chiarire il concetto.
Acacia scoppiò a ridere e scosse la sua chioma di capelli biondi-castano chiaro «Non ti fidi ancora di me? Andiamo, lo ritengo molto offensivo da parte tua» 
 
Acacia era la mia migliore amica ormai da più di cinque anni. Avevamo due anni di differenza, ma ci trovavamo comunque bene insieme soprattutto per il fatto che io preferissi da sempre stare con le persone un pochettino più grandi di me e a lei non dispiaceva affatto. Forse ciò che ci distingueva più di tutto era il fatto che lei fosse più iperattiva ma anche molto più maliziosa. Non sapevo se fosse l’età, ma era la mia migliore amica perché era diversa e unica in tutto. Anche se in situazioni come quelle, l’avrei voluta uccidere.
 
Sbuffai e scrollai le spalle.
«Adesso capisci perché ho preferito dirtelo solo quando siamo arrivate qua, riguardo ai nostri coinquilini?» mi chiese divertita, posandosi gli occhiali da sole sulla punta del naso. 
«Non è necessario ricordarmelo» presi una bottiglietta di acqua e la svuotai in un sorso «non riesco ancora a capacitarmi che tu mi abbia fatto questo!» feci cadere le braccia sul sedile e lei ridacchiò.
«Bene» disse eccitata «siamo arrivate, mamacita!»
Mi sollevai dal sedile per intravedere la casa davanti alla quale Acacia si era accostata.
 
«Oddio, è meravigliosa» mi sgranai gli occhi «come sei riuscita a trovarne una ad un prezzo così basso?»
«Tesoro, te l’ho già detto. Siamo con altri ragazzi, precisamente altre sei persone. E poi è in affitto!» non la smetteva di sorridere e io annuii, scacciando via il pensiero che qualcuno dovesse condividere realmente quella casa con noi.
 
Entrammo dentro quella dimora con una parte delle nostre borse e rimasi stupita dalla bellezza con cui il salone era decorato e arredato.
 
«Buone notizie, siamo le prime! Possiamo sceglierci la stanza migliore» batté le mani facendo cadere le borse che aveva in mano e le riprese subito dopo per andare a controllare tutte le stanze. Io rimasi, invece, nel salotto ad osservare le pietre di tutti i generi attaccate alla parete. Era tutto veramente magnifico.
 
«L’ho trovata!» esultò Acacia dal secondo piano «Questa è perfetta!»
In quel preciso istante la porta si spalancò, facendomi fare un balzo all’indietro e facendomi quasi urlare. Non me lo aspettavo, ed era stupido da sentire dal momento che sapevo che qualcuno sarebbe arrivato prima o poi. Forse ero ancora sconvolta dal fatto che potesse entrare qualche bisbetico.
 
«Scusami, credo di averti spaventata a morte» un ragazzo di statura abbastanza alta, con occhi azzurri e capelli neri, stava sghignazzando. Entrò dentro casa con una valigia e un borsone che poggiò sul pavimento.
«Posso intuire che tu sia una delle mie coinquiline, o mi sbaglio?»
Scossi la testa «No, non ti sbagli»
«Allora piacere, io sono Jake Scarlett» mi porse dolcemente la mano.
«Piacere mio, Amie McKenzie. E…»
«E io sono la sua migliore amica, Acacia Patel» Acacia sbucò dal nulla porgendo medesimamente la mano a quel ragazzo, che se la mangiò con gli occhi.
 
Non c’era da stupirsi, Acacia era una ragazza bellissima. Aveva i capelli tra il castano chiaro e il biondo, gli occhi celesti chiari quasi grigi, ed era alta e magra il tanto giusto. Riusciva a conquistare qualsiasi tipo di persona. Era una ragazza particolare e non per questo eravamo diventate molto amiche. 
Mi sentivo molto spesso svalorizzata accanto a lei, anche se non eravamo tanto differenti a parte per gli occhi del mio color cangiante tra il marrone chiaro e verde smeraldo; ma non avevo niente in più che lei non avesse.
 
«Abbiamo già scelto la nostra camera, se non vi dispiace» cantilenò Acacia.
«Oh n-no, nessun problema» rispose Jake senza smettere di fissarla neanche per un secondo.
Lei sorrise in modo malizioso e mi acchiappò dal polso trascinandomi con lei fuori per prendere il resto delle valigie dalla macchina.
 
«Sei perfida!» esclamai quando fummo fuori di casa.
«Ci dovrò lavorare sopra. È sexy!» sospirai e mostrai un’espressione tra il disgusto e il divertimento, sapendo che cosa intendesse con ciò. 
 
Quando salimmo le scale con le valigie, incrociammo Jake che stava scendendo «Mi sono preso la briga di prendere una delle camere vicino alla vostra per impedire ai prossimi ammiratori di farlo al posto mio» ammiccò e Acacia ricambiò in qualche modo.
Io fissai prima uno e poi l’altra con faccia nauseata e poi superai entrambi, salendo con agitazione le scale. «Per me non sarà necessario» dissi, intuendo e cercando di evitare l’incrocio di qualche sguardo torvo – e quando intendo torvo, mi riferisco a quello di Acacia. La camera che aveva scelto Acacia era la più grande e spaziosa, ma soprattutto quella che si affacciava alla strada principale.
 
Continuai a trafficare la mia roba, mentre Acacia e Jake si erano seduti a bere qualcosa e chiacchieravano riguardo alla loro vita e le cose su cui solitamente si parla al primo appuntamento. Afferrai l’ultima valigia dalla macchina, sospirando sollevata. Però non cantai vittoria a lungo: quella valigia era in assoluto la più pesante e non avevo più forze. E prima che potessi pensare a qualche altra seccatura, si ruppe il manico, rimanendo incastrato tra le mie dita.
 
Imprecai così tanto che alcuni vicini si affacciarono.
«Hai bisogno d’aiuto?» un ragazzo con i capelli color cenere mi guardava di sottecchi tra una sghignazzata e l’altra.
«Penso di riuscire a cavarmela da sola» pronunciai le parole con irritazione. Mi stava per caso prendendo in giro? Pensai che la risposta fosse sì.
Incrociò le braccia, aspettando allora che riuscissi a fare tutto da sola.
Sbuffai quando anche il mio decimo tentativo fallì. Quel ragazzo continuava a ridere di me e dei miei inutili sforzi.
«Ti diverte così tanto?»
Lui scrollò le spalle con sorriso malizioso e afferrò la valigia tranquillamente, senza un minimo sforzo.
Mi sbigottii e lo seguii, indicandogli la porta «Da questa parte»
«Lo so» mi disse quando raggiunse la porta «presuppongo che tu sia una delle ragazze con cui dovrò condividere la casa» estrasse delle chiavi e le fece penzolare davanti a me.
«Sì, sei la seconda persona che me lo dice. Siete tutti così fastidiosi qua?»
Lui scoppiò in una risata fragorosa ed entrò dentro casa con ancora la mia valigia tra le mani.
 
«Amico, ce l’hai fatta finalmente!» Jake alzò il suo bicchiere di non-so-che-cosa e salutò il ragazzo che mi aveva aiutato pochi istanti prima. Acacia mi lanciò un’occhiata curiosa, come per chiedermi perché fossi con lui. Presi la valigia e la spinsi verso le scale.
«Faccio io» il ragazzo dai capelli color cenere afferrò nuovamente la valigia «dubito che tu riesca a portarla lassù» sorrise e io lanciai gli occhi al cielo.
 
«Comunque io sono Acacia» si mise in mezzo tra me e il biondino la mia migliore amica.
Lui ricambiò la stretta di mano «Justin» poi guardò me «tu non hai un nome?» aveva ancora quel sorrisetto in faccia che mi faceva innervosire.
«Amie» rispose al posto mio Acacia, notando che se avessi aperto bocca, avrei detto qualche cattiveria.
La porta si aprì di nuovo, facendo entrare un ragazzo e una ragazza: entrambi mori e ridevano e scherzavano senza tregua. Si presentarono e ci spiegarono che si erano conosciuti in aeroporto e che per loro coincidenza, entrambi dovevano venire proprio nella stessa casa. Il ragazzo si chiamava Cory Brown, mentre la ragazza Angie Clark. Erano molto simpatici e divertenti.
 
Justin mi accompagnò a portare la valigia in camera e decise di prendere la camera di fianco a quella di Jake: la parallela alla nostra.
Chiacchierammo tutta la sera, bevendo qualche drink e mangiando salatini a volontà. Due suoni di campanello ci distrassero e Cory andò ad aprire. Due gemelle con un ragazzo salutarono tutti. Le ragazze – che avevano dei capelli molto lunghi color ambra – avevano un accento britannico e si chiamavano Hilda ed Hebe White; era buffo perché il loro cognome rispecchiava la loro carnagione. Il ragazzo si chiamava Jamie e rispecchiava tutte le caratteristiche di un ragazzo per bene.
 
Le gemelle presero la camera al piano di sopra, mentre Jamie rimase giù affiancato da Angie e Cory.
 
«La nostra vacanza, allora, inizia!» esultò Cory e Jamie si corruciò.
«Pensavo fossimo qui per studiare» disse divertito e Jake gli lanciò contro dei salatini che però riuscì a schivare.
«Ai più fighi della Florida!» urlò Angie senza preoccuparsi di disturbare i vicini. Tutti brindammo e capii che quello era il posto perfetto che mi avrebbe accompagnata fino al termine dell’anno.

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LEGGETEMI!

Allllllora, che ne dite?
Questo capitolo è sopratutto una presentazione
dei personaggi, ma dal prossimo inizierà tutto.
Spero vi abbia fatto incuriosire.
Alle 5 recensioni pubblico subito. 

Un bacione!


 
Mi potete trovare
qua, oppure qua.

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Capitolo 3
*** P-A-R-T-Y ***


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«Dove diamine sono i miei costumi?!» Acacia sbraitava per tutta la stanza lanciando di qua e di là tutto il contenuto delle scatole, delle buste, delle valigie e delle borse.
«Cacia, smettila, ti prego!» farfugliai da sotto i cuscini che misi davanti al viso per coprirmi dai raggi del sole che entravano dalle finestre.
«Svegliati Amie, è tardi!» mi rimproverò Acacia «Dobbiamo andare al college a prendere gli orari delle lezioni e tutto il resto!»
«Ehi, calma. Posso andare anche dopo» mi sedetti sul letto e mi feci una crocchia alta con i capelli, abituandomi ancora alla luce del sole «e poi a che cosa ti serve il costume se devi andare al college?»
«Io e Jake abbiamo deciso di andare al mare dopo che passiamo a prendere gli orari. Vieni?»
«No, grazie. Ho tanta roba da mettere a posto, sarò impegnata tutto il giorno»
Acacia sbuffò a mo’ di rimprovero «Come vuoi, se vuoi venire sai il mio numero» afferrò la sua borsa e poi uscì con un balzo con un costume che aveva trovato in quel momento in mano.
 
Caddi nuovamente sui cuscini morbidi e mi chiesi come Acacia facesse ad avere così tanta energia di primo mattino. Mi alzai definitivamente, presi la mia trousse e andai in bagno. Dopo essermi preparata al meglio, frugai dal mio cellulare Google Maps. Pensai subito che il mio primo giorno in Florida sarebbe stato un bordello. Non ero mai stata brava nell’orientarmi e mi maledissi mentalmente per non aver accettato di essere andata al college con Acacia. D’altronde dovevamo andare nello stesso.
 
«Buongiorno a tutti» proclamai il mio ingresso in sala.
«Buongiorno Amie, tutto a posto?» mi chiese Cory mentre preparava delle uova fritte per lui ed Angie.
«Per niente. Sono incasinatissima!»
 
Cory leccò la paletta e poi la poggiò nel lavandino. «Vuoi?»
Feci cenno di no e buttò le uova sopra i piatti «Che succede?»
«Non so se riuscirò a trovare il college, sono una frana in queste cose» gli feci vedere le cartine che stavo esaminando da ben quindici minuti per enfatizzare.
«College? Ci dobbiamo andare anche noi, potremmo andarci assieme»
«È lo stesso in cui devo andare io?»
«Amie, se siamo venuti qua c’è un motivo! Penso che tutti noi abbiamo presa la casa più vicina alla nostra università» mi chiarì le idee Angie.
Annuii e ci dirigemmo verso la University of Central Florida College.
Ero eccitatissima al pensiero che sarei andata veramente al college che era una cosa da non credere. Cory ed Angie sembravano tranquillissimi, mentre le mie mani iniziavano a tremare man mano che ci avvicinavamo all’edificio.
 
Respirai a fondo.
«Stai bene, Amie?» mi chiese Cory preoccupato.
«Tutto okay, solo che non vedo l’ora di prendere gli orari»
Mi sorrisero ed entrammo.
 
Bussammo alla porta della segreteria e richiedemmo tutto il necessario. Le segretarie erano disponibilissime a darci tutte le informazione di cui avevamo bisogno per farci liquidare in breve senza creare una coda troppo lunga.
 
«Pensavo peggio» affermò Angie.
Feci una smorfia «Che corsi hai scelto?»
«Per ora quelli di design e architettura, tu?»
Mi mordicchiai il labbro «Sono sempre più confusa. Per adesso ho deciso di frequentare quelli di ingegneria e medicina»
«Woah! Ci vai sodo, ragazza» ci scherzò su Cory.
«Tu cos’hai scelto?» 
«Logistica, ho il mio futuro in mano»
«Sei deciso su quello che fai» dissi insicura.
«Già, è l’unica cosa che posso fare, Amie»
 
Continuammo a chiacchierare e parlare di tutto. Con loro riuscivo ad avere conversazione facile e mi veniva spontaneo dire qualche cavolata e ridere come dei pazzi. Quando arrivammo a casa, Hilda, Hebe e Jamie stavano guardando la televisione.
 
«Ehi ragazzi!» esclamammo all’unisono quando entrammo.
«Ciao, eravate al college?»
Annuimmo e loro ci dissero che c’erano già stati: le gemelle avevano deciso di seguire i corsi di moda, Jamie invece aveva stranamente i miei stessi corsi, soltanto che lui aveva in più anche quelli di informatica.
 
«Che ne dite se stasera andiamo un po’ a divertirci?» propose Cory.
«Buona idea. Questo ambiente per noi è completamente nuovo, sarebbe fantastico!» dissero eccitate le gemelle. Angie esultò e invece Jamie sembrava insicuro, ma alla fine riuscii a convincerlo.
 
Salii in camera decisa a disfare tutte le valigie e riporre tutti i vestiti nell’armadio per cercare qualcosa da mettere la sera. Il bussare della porta mi interruppe.
 
«Posso?» era Justin.
«Justin? Che ci fai qui?» chiesi corrucciata, incuriosita dalla sua visitina.
Entrò in camera con aria disinvolta. Aveva una canottiera bianca attillata che gli metteva in risalto tutti i pettorali, un paio di pantaloni da tuta e un cappellino che gli copriva gran parte dei capelli. I suoi occhi color nocciola osservarono attentamente tutta la camera, poi caddero sui miei «Sbaglio o vi siete prese la camera più grande?»
Sorrisi e scrollai le spalle «Chi prima arriva, meglio alloggia»
Lui ricambiò «Non saresti neanche arrivata qua senza il mio aiuto» disse con tono giocoso e altezzoso.
Incrociai le braccia al petto «Avrei trovato qualche altro gentiluomo disposto ad aiutarmi» risposi a tono.
«Come vuoi» alzò le spalle «sei già andata al college?»
«Sì. Tu no?»
Arricciò il naso «Ci faccio un passo dopo magari»
Presi delle felpe dalla mia valigia e le appesi «Che corsi hai deciso di seguire?»
«Non so, sceglierò là»
Mi voltai verso di lui e aggrottai le sopracciglia «Non hai la minima idea di che cosa fare?»
Lui annuì «Il destino farà da sé»
Scoppiai a ridere «Almeno sei ottimista. Comunque mi dovevi chiedere qualcosa?» continuai a piegare la roba e non mi accorsi che si era seduto sul mio letto e osservava le foto di Acacia sul suo sopramobile.
 
Niente che mi stupisca, pensai.
 
«Justin?» lo richiamai e lui scosse la testa, poi si voltò verso di me. 
Mi sentii improvvisamente a disagio.
«Oh, sì. Avete carta igienica?»
Inarcai un sopracciglio, però lui rimase indifferenze alla mia espressione «Prendila dalla mia valigia. Lasciala in bagno» prese il rotolo e andò verso la porta «Grazie, dolcezza» mi fece l’occhiolino e sentii una sensazione strana allo stomaco.
 
Dopo aver terminato di mettere in ordine tutta la roba, pensai che la mia giornata fosse terminata, e invece…
 
«Amie!» Acacia entrò in camera e mi saltò letteralmente addosso.
Mi divincolai dalla sua presa «Che succede?» notai nel suo viso un sorriso a trentadue denti.
«Jake» sospirò eccitata «è dolcissimo!»
Non riuscii a non sorridere vedendola così entusiasta. 
«Mi ha offerto il pranzo in spiaggia, abbiamo parlato tantissimo e mi ha riempito di complimenti! È un ragazzo che, oltre ad essere fottutamente bello, ha un carattere fantastico!»
Era il primo ragazzo che aveva incontrato che era in grado di trattarla nel modo che meritava e questo mi rendeva estremamente felice.
«Sono felice per te, Cacia»
«Grazie baby, lo sono anch’io»
 
Mi raccontò tutto nei minimi dettagli e mi mettevo a ridere ogni volta che mi esponeva i suoi pensieri in diverse occasioni, poi le dissi della serata che ci avrebbe attese.
«Io amo questi coinquilini!» batté le mani, prese al volo un vestitino e dell’intimo e corse verso il bagno.
 
Sospirai distrutta. Ci dovevo necessariamente andare? Ore prima quella decisione suonava più elettrizzante, ma non ero stanca come lo ero in quel momento.
Urlai contro il cuscino frustrata e poi scesi le scale.
Erano quasi tutti pronti. Bevevano qualche aperitivo e scherzavano. Quando mi videro con ancora la roba della mattina stessa, mi sguardarono straniti. «Amie, non ti sei ancora cambiata?»
«Ragazzi, vi offendete se non vengo? Non penso che…»
«Io mi offenderei molto» replicò per primo Jamie non lasciandomi neanche il tempo di terminare la frase «se non sbaglio io sono vestito in questo modo solo perché mi hai convinto tu!» mi fece vedere il gilet che indossava facendo una giravolta intorno a sé.
 
«Ma che diavolo stai dicendo?» apparse inaspettatamente Acacia che stava cercando di mettersi gli orecchini. Tutti rimasero colpiti dalla sua bellezza e dal suo corpo che entrava perfettamente in quel tubino «Vieni immediatamente al piano di sopra!» goffamente, mi prese e mi tirò su per le scale come se lei fosse mia madre e io fossi sua figlia. Tutti si misero a ridere mentre soffrivo moralmente.

«Forza, mettiti questi velocemente!» ordinò Acacia autoritaria «Non ti lascio qua neanche se il nostro viaggio dopo di questo dovrà terminare, quindi muovi il culo!»
Il mio sguardo andò a cadere sul vestito che mi stava porgendo abbinato alle scarpe col tacco che poggiò a terra. Prese dalla sua valigia un reggiseno fatto in gel e me lo lanciò.
«Un paio di jeans e una maglietta in cotone non sarebbero male» osservai.
«MUOVITI!» mi rimproverò e fui costretta ad andare in bagno e prepararmi in poco tempo.
Il risultato era notevole: il vestito per quanto odiassi dirlo, mi stava veramente bene e i capelli che cadevano delicatamente sulle spalle mi piacevano. Mi truccai con delle sfumature fatte di beige e marrone e fui finalmente pronta.
 
Incrociai nell’andito Jake che mi guardava con occhi beati «Sei bellissima, Amie»
Quasi non caddi, ma Jake mi afferrò da un braccio «Grazie» sussurrai imbarazzata.
«Sai se Acacia è giù?»
Sorrisi, soddisfatta dell’effetto che gli aveva causato la mia migliore amica «Si, ed è meravigliosa»
Lui annuì «Non ne dubito»
 
Con un braccio incrociato a quello di Jake, riuscii a scendere le scale. Mi staccai dalla presa quando trovai un minimo di equilibrio. Appena tutti mi videro, iniziarono a fischiare e io mi sentii avvampare.
Uscimmo per andare a mangiare cinese.
Durante tutta la sera fummo molto chiassosi e avevo come l’impressione che gli altri avessero già bevuto abbastanza. Diciamo il tanto giusto per andare su di giri.
 
Io ed Angie non riuscimmo più a tenere d’occhio Cory e ci imbattemmo in una sfida a breve termine: chi riusciva a raggiungere prima l’altro, ma cademmo quasi tutti dopo pochi minuti. Era straziante e imbarazzante allo stesso tempo, ma in fin dei conti, non ci importava veramente di niente. Non in quel momento.
 
Giungemmo a casa sana e salvi, anche se l’alcol che scorreva nel nostro corpo era veramente abbondante. Ognuno di noi si era fatto fuori all’incirca cinque bottiglie di birra se non di più mischiate a una vasta gamma di liquori. La faccia di Jamie mi sembrò eccessivamente rossa e il suo sguardo era assonnato: pensai che non avesse mai bevuto così tanto. Io e Acacia eravamo in parte abituate a tutto quell’alcol. Facevamo a gara a chi bevesse di più fino a quando l’altra vomitava; il record era quello di dieci bottiglie di birra sfondato dalla sottoscritta. Era stupido, ma anche buffo.
 
«Noi andiamo a letto» annunciò Hilda, trascinando Justin verso le scale.
Cory non perse l’occasione e urlò «Usate le precauzioni, ragazzi!» tutti ci mettemmo a ridere e loro fecero finta di niente. 
«Io sono stanco. Tu?» Jake si rivolse ad Acacia che annuì, esausta. Poi salirono anche loro.
«Io… io… io ho paur-pau-paura d-di dover vo-vomi-vomitare» singhiozzò Jamie. Hebe si prese la briga di accompagnarlo velocemente in bagno.
 
In salone rimanemmo solo io, Cory ed Angie.
«Andiamo ragazzi, siete tutte delle vecchiette!» urlò Cory che non riuscì a controllare il suo tono di voce. Io ed Angie ci guardammo e scoppiammo a ridere senza motivo. Poi Cory si alzò e andò a prendere della vodka e della tequila «FESTA!» esultò aprendo le bottiglie e io mi affrettai a trovare dei bicchieri. 
 
Mi tolsi i tacchi e li lanciai da qualche parte; lo stesso fece Angie. Euforici, tracannammo il tutto in pochi minuti. Accendemmo la televisione e mettemmo musica. Ballammo strascicandoci gli uni con gli altri e i nostri movimenti sembravano coordinati, oppure era solo un’impressione causata dall’effetto dell’alcol. Cantammo a squarciagola e ridemmo come non ebbi fatto da molto tempo, fino a quando Hebe uscì dalla camera e ci rimproverò, ma nonostante ciò continuammo e tutti iniziarono a lamentarsi. Poi l’ultima cosa che ricordai fu il buio più totale.



 
***


 
Mal di testa.
Vaghi ricordi.
Hangover.
 
Con gli occhi ancora semichiusi, mi massaggiai le tempie e mi guardai intorno: bicchieri di plastica dappertutto, scarpe con i tacchi e cuscini sparsi in tutto il pavimento. Sobbalzai vedendo Justin seduto nell’isola della cucina, masticando dei cereali.
 
«Buongiorno. Nottata pesante, eh?»
«Questo non è un buongiorno… che è successo?»
Acacia scese le scale di corsa sentendo la mia voce «Cosa è successo?! Avete incasinato tutta la casa, ecco che cosa è successo!»
Justin sembrò divertirsi davanti a quella scena.
«Dovete ritirare la casa»
«Lo faremo… dammi soltanto il tempo di cambiarmi e di far svegliare Cory e Angie»
«Ci penso io» affermò Justin, prendendo due padelle dalla credenza. Andò verso di loro e le sbatté una contro l’altra facendo un caos assurdo. I due sobbalzarono e si svegliarono storditi e incoscienti anche loro di tutto quel macello.

Dopo che ci fummo cambiati e lavati, ritirammo tutto il salone e la cucina.
L’orario delle lezione era ben chiaro: alle 16.00 puntuali, tutti dovevano essere nelle rispettive classi. Io e Jamie andammo a medicina e gli altri nei loro corsi. 
 
Decidemmo di incontrarci dopo le lezioni per andare a fare una partita di bowling. E così fu.
 
«Fate veramente schifo» borbottai dopo aver compiuto il mio terzo strike di seguito.
Cory emise un ruggito. Aveva il turno dopo il mio e diceva che lo facevo risultare una schiappa – cosa che era – e che quindi dovevo smetterla. Naturalmente scoppiai a ridere. Il fatto di vederlo distrutto moralmente per la sconfitta che stava subendo, mi rendeva ancora più eccitata al pensiero di poterli battere tutti.
 
Nell’altra corsia c’erano Justin, Acacia, Hilda e Jamie. 
Justin se la cavava, non per questo era primo. Acacia non era mai stata veramente brava. Hilda pensava di essere in una palestra di ginnastica artistica e Jamie… be’, Jamie non ero convinta neanche che avesse capito bene lo scopo del gioco. Buffo quanto una persona possa essere intelligente, ma non capire cose così semplici: far cadere tutti i birilli.
 
«Hai capito che lo scopo del gioco è colpire i birilli e non mandare la palla nelle altre corsie?» gli chiarì le idee Acacia, sfacciata come sempre.
«Forse dovresti impararlo anche tu!» dissi per placare quel momento. Ammiccai e acchiappai una palla.
«Otto kili, McKenzie? Fai sul serio?» Justin fece una smorfia verso la mia direzione e mi misi una mano sul petto, come se mi avesse appena ferita.
«Cinque birilli non buttati giù? Fai sul serio, Bieber? Sono estremamente delusa»
«Oh, non scommettere contro di me, biondina»
Mi corrucciai «Biondina? Non scommetto contro i ragazzi così spudorati!»
«Hai paura?» mi si avvicinò così tanto che potei sentire il suo profumo. Non seppi riconoscerlo, ma era così tanto bello da farmi oscillare per alcuni attimi «Allora?» aveva un sorrisino malizioso in viso.
 
«La sfida non è solo tra voi due» Hebe fece il broncio e Jamie non riuscì a fare a meno di stringerla a sé.
 
«Cosa vuoi mettere in gioco Amie?» mi chiese, ignorandola, Justin.
«Ciò che vuoi, mettimi alla prova» mi riempii i polmoni così tanto da sembrare ancora più sicura di me stessa e lui mi sorrise, divertito.
«Se vinco io, mi devi una cena. Se vinci tu, te la devo io»
«Che problemi hai?» appoggiai la palla e incrociai le braccia «Se vinco io, mi dovrai fare il bucato per almeno un mese»
«Ma che razza di scommessa è?»
«Sicuramente più ragionevole della tua. Prendere o lasciare, amico» gli diedi un pugno sul petto come per fare la parte dell’amico maschio e lui scosse la testa sorridendo.
«Ci sto»  
 
Ritornammo nella pista e partimmo insieme.
 
Strike!
Strike!
 
I tiri seguenti furono quasi simili. Se uno faceva spare, casualmente anche l’altro lo faceva.
 
L’ultimo tiro doveva essere quello vincente.
 
«Che avete scommesso, brutta traditrice?» Acacia mi stuzzicò dandomi delle gomitate.
«Se vince lui, gli devo una cena. Se vinco io, mi lava la roba per un mese» scrollai le spalle.
«Ma una cena in che senso? Che devi cucinare tu? O che ti porta fuori a cena?» i suoi occhi iniziarono a illuminarsi e potevo vedere i suoi ingranaggi lavorare.
«Importa?»
«Certo che importa! E se vince?»
«Oh, non succederà» strabuzzai un occhio e vidi Justin che aveva appena buttato tutti i birilli a terra.
«Lo farai veramente?» cantilenò maliziosa.
«Una scommessa è una scommessa, signorina! Ti sei cacciata proprio nei guai, eh?» intervenne Angie.

Stralunai gli occhi.

«Sentite, perché vi state preoccupando così tanto?» poi le immagini del giorno prima, quando Justin salì le scale con Hilda per andare in camera assieme mi tempestarono la testa «Oh, merda» tutte e due mi guardarono con punti di domanda stampati in viso.
«Se perdo, Hilda mi ucciderà!»
Angie e Acacia si scambiarono un’occhiata.
«Perché quelle espressioni?»
Acacia si guardò intorno e poi mi bisbigliò «Te lo dovevo dire dopo. È un pettegolezzo che…»
 
«Parlare con le tue amiche per evitare la scommessa, non è un buon modo per scampartela» Justin si avvicinò e sia Angie che Acacia sobbalzarono e poi iniziarono a fare le indifferenti, soprattutto Acacia che spezzò quel momento con una delle sue solite affermazioni.
 
«Vuoi perdere proprio subito, eh?» mi incamminai e riuscii a fare un altro strike seguito dalla caduta di otto birilli. Saltai e improvvisai uno dei miei soliti balletti con Acacia e poi scoppiammo a ridere. Ero già in vantaggio, e dopo ciò la mia vittoria era assicurata.
 
Mentre ritornavamo a casa, dissi a Justin di non preoccuparsi delle conseguenze della scommessa, perché non gli avrei mai fatto toccare la mia roba. E nel mentre decidemmo di stabilire dei turni per cucinare e pulire.
 
• Acacia, Jamie ed io
• Hilda, Hebe e Angie
• Justin, Jake e Cory

Dopo aver attaccato il post-it dei turni sopra il frigo, andai in salone dagli altri.

«Stasera volevo andare in qualche discoteca» borbottò Justin appena arrivai, profondando sul divano.
«Sarebbe un’idea grandiosa!» esultarono le gemelle.
«Io ho da studiare» rispose, invece, Jamie, a cui lanciai un’occhiata d’assenso «Quoto. Studiamo assieme?» gli chiesi e lui annuì.
«Smettetela di fare i secchioni!» sospirò Acacia.
«Non voglio rimanere in arretrato con lo studio già dai primi giorni» ammisi, un po’ infastidita dal suo tono di voce.
«Avanti Amie, è soltanto per stasera. Domani avrai tutto il tempo per studiare e lo stesso sarà per te Jamie!» si aggiunse Jake affiancando Acacia.
 
Non li detestavo più insieme.
 
«Non lo so…» mormorò Jamie. Però Hebe gli saltò addosso e riuscì a convincerlo. A quel punto tutti guardarono verso la mia direzione. Esausta da tutte quelle occhiate, decisi di accettare.
 
Io e Acacia ci preparammo insieme e mi raccontò tutte le vicende che erano successe durante quelle poche ore e di quanto fosse carino Jake e tutto il resto. 
 
Alle 22.00 precise, tutti eravamo in cucina a bere qualche aperitivo e ridere come sempre.
Uscimmo di casa per andare a mangiare velocemente qualcosa e andare poi in discoteca. Il tempo passò velocemente.
Il locale era colmo di ragazzi che bevevano, ballavano e si strusciavano lascivamente tra di loro. Io, Acacia, Jake e Justin inizialmente rimanemmo nella zona bar a bere qualche drink e conversare.
 
«Jake, voglio andare a ballare» disse Acacia facendo gli occhi da cucciola.
Io mi voltai verso il barman a cui chiesi un altro drink colorato, tentata di evitare gli sguardi di tutti e tre.
«Amie?» mi richiamò Justin.
Mi voltai «Si?» buttai il drink nello stomaco in due sorsi e poi mi asciugai la bocca, soddisfatta.
«Vieni a ballare?»
«No, grazie. Preferisco rimanere qua»
Lui annuì deluso e andò in mezzo alla pista seguendo a ruota alcune ragazze che gli stavano volando attorno durante tutta la serata come avvoltoi. Stralunai gli occhi. Si era già fatto una certa fama al college e ce le eravamo ritrovate nel bel mezzo di una serata nello stesso locale in cui ci trovavamo noi.
 
«Serata no?» un ragazzo si infilò tra me e il barman e ordinò due drink.
«Molto più che no» risposi con la testa che mi girava.
«Dovresti buttarti in mezzo alla folla come fanno tutti!» indicò con i pollici le ragazze sopra il cubo e mi misi a ridere.
«Non è il genere di cosa che mi piace fare» mentii.
«Non dirmi»
«Scusa, non so come divertirmi» alzai le spalle con aria innocente.
Scoppiò a ridere «Mi sorprendi. Non sembravi questi genere di ragazza al bowling» arricciò il naso beffardo.
Aggrottai la fronte «Mi sono persa qualcosa?»
 
Scoppiò nuovamente a ridere, questa volta più forte e per il poco che riuscivo a mettere a fuoco vidi il suo sorriso, perfetto. «Non fraintendermi, non sono uno stalker. È solo che ti ho vista al bowling l’altro giorno e i tuoi balletti ad ogni tuo strike o spare mi hanno incuriosito. Me li dovresti insegnare» alzò uno dei drink che il barman gli aveva servito e mi fece l’occhiolino.
«Ti potresti sbagliare e capire che non sono la ragazza che ballava in quel modo ridicolo» obbiettai, cercando di nascondere il mio imbarazzo. Accidenti a me e i balletti stupidi che mi saltano in testa!
 
«I tuoi capelli e il sorriso»
«Che cosa?»
«Mi ricordo i tuoi capelli e la tua risata. Mi piacciono»
Sorrisi e mi sentii le orecchie andare in fiamme. Poi sorse dalla folla Cory «Amie, vieni a ballare!»
«No, Cory, non sono in vena»
Lui non mi ascoltò e mi trascinò in mezzo alla pista. Prima che mi allontanassi lanciai uno sguardo imploratore al ragazzo al bar che scrollò le spalle e mi sorrise.
Cory era super elettrizzato. Saltava, cantava e improvvisava qualche mossa di danza. Mi chiesi se anche l’altro giorno fosse così, però poi decisi di farmi trascinare dalla musica e di ballare. Risi senza motivo, magari per colpa dell’alcol, ma continuai a muovermi comunque a ritmo anche se ad ogni passo rischiavo di cadere.
 
Riuscii a vedere Acacia e Jake che ballavano in un modo forse troppo privato per essere in una discoteca pubblica e lo stesso Justin, che era affiancato a una ragazza bionda, alta, bellissima. Angie, Jamie e le gemelle si stavano divertendo tra di loro, anche se Hilda, ogni volta che le era possibile, scambiava qualche bacio con ragazzi che si trovavano intorno a loro.
 
Io e Cory eravamo quelli più al centro della pista. Eravamo vicinissimi. Così vicini che sarebbe potuto scattare qualcosa. In quel momento vidi Cory con occhi diversi rispetto ad un amico e le sue mani nei miei fianchi non mi fermarono quasi la sua bocca sfiorò la mia. Le sue labbra si fecero più svelte e la sua lingua chiese permesso di entrare nella mia bocca. Ci muovevamo a ritmo di musica e diventò tutto più eccitante. Quando ci staccammo, tutto sembrava diverso. Poi arrivarono gli altri che ci dissero che era tardi, che dovevamo andare.
 
Quando fummo finalmente in macchina, feci un lungo e profondo respiro.

Spalancai gli occhi, ancora scossa.
Che diamine avevo combinato?


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LEGGETEMI!

Eccomi qua, bellissime. skjdf
che pensate di questo capitolo?
Spero vi piaccia.
Sono felicissima delle vostre recensioni
nel primo capitolo e mi piacerebbe vedervi
anche in questo. 


Buona lettura, fatemi sapere :)
5 RECENSIONI
e pubblico subito!


 
 
Mi potete trovare
qua, oppure qua.

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Capitolo 4
*** Crushes. ***


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Mi guardai allo specchio e continuai a ripetermi mentalmente “fai finta di non ricordare, agisci come se niente fosse, d’altronde non è la prima volta che dimentichi tutto” ma l’altra parte di me diceva “cavolo, l’hai combinata davvero grossa!” non era questa la mia intenzione. Non avevo in mente di relazionarmi con nessun nostro coinquilino: dovevamo vivere assieme per quasi un anno e se le cose non fossero andate bene, be’ vivere in quel modo non sarebbe stato semplice. E poi la cosa più importante da specificare era che Cory non mi piaceva da quel punto di vista.
 
Sobbalzai quando due colpi secchi nella porta del bagno chiesero il permesso di entrare.
«È occupato» risposi con voce roca, e mi sbalordii da come mi uscirono le parole.
«Jake, aprimi! L’avrò visto un milione di volte il tuo uccello, cazzo!» era Justin.
Non seppi se ridere o meno, quindi soffocai una risata cercando di non farmi sentire «Potevi risparmiarmi questi piccoli dettagli della vostra “amicizia” se la vogliamo chiamare in questo modo» non sentii risposta e dopo aver terminato con le mie cose, aprii la porta.
«Potremmo passarli anche noi momenti come quelli» Justin era ancora fuori dalla porta e aveva tutti i capelli arruffati e indossava solo dei pantaloncini da basketball. Il suo torace muscoloso e scolpito mi fece andare in tilt per qualche secondo, poi riuscii a concentrarmi sulla sua faccia e i suoi occhi che mi osservavano.
«Non dovevi entrare in bagno?» chiesi, scettica.
«Puoi entrare anche tu, se vuoi» il suo sorriso malizioso non smetteva di luccicare tra le sue labbra e io mi stufai. Non mi era mai capitato di svegliarmi di buon umore, figuriamoci se l’avrei fatto proprio nel momento in cui mi si presentava davanti lui… con i capelli disordinati e dei pantaloncini che… NO.
«Sei disgustoso, giuro» mi scansai e mi diressi verso camera mia, sotto il suo sguardo attento.
 
Decisi di cambiarmi velocemente e di andare a correre. Mi avrebbe aiutata a conoscere meglio i dintorni. D’altronde la zona mi piaceva: era tranquilla, pulita, con alberi e piante dappertutto.
Mi misi un paio di pantaloncini e una canottiera, delle scarpe da tennis e presi l’iPod. Guardai l’ora e facendo dei calcoli matematici mentalmente, arrivai alla conclusione che potevo tranquillamente passare due ore fuori, senza preoccuparmi di niente. Il pranzo oggi toccava a Hilda, Hebe e Angie, quindi non ci sarebbero stati problemi per quello.
 
Non c’era nessuno in giro per casa e anche Justin era ritornato a letto. Gli unici svegli erano Jake e Acacia, i quali avvisai prima di uscire. Stavano giocherellando tra di loro e stroncai la conversazione il prima possibile per lasciarli da soli. Erano solo le otto del mattino ed era anche un record che io mi fossi alzata così presto.
Quando chiusi la porta, silenziosamente per non svegliare quelli al piano di sotto, notai con discrezione che gli annaffiatoi avevano deciso di mettersi in funzione nel momento stesso in cui percorsi il prato.
 
CAZZO.
 
Mi bagnai tutta e fu un’impresa non farmi notare da tutti. I vicini fuori, che annaffiavano da sé i loro giardini, si misero a sghignazzare.
Umiliata, iniziai a correre verso qualsiasi marciapiede che fosse esposto al sole. Pregai che nessuno mi vedesse in quello stato, ma… tempismo perfetto.
 
«Ehi!» qualcuno mi chiamò da dietro e mi voltai. Doveva ringraziare che non avessi musica nelle cuffie.
 
Oh, mio, dio.
 
«Ciao» risposi sorpresa ed esitante, togliendomi le cuffie.
«Pensavo non mi avresti sentito»
«Avevo l’iPod spento, anche se dubito funzioni ancora» osservai ricordando l’aneddoto di quella mattina.
 
Il ragazzo che la notte prima incontrai in discoteca era davanti a me e alla luce del sole era ancora più bello.
 
Sogghignò. «Sei andata al mare?» scrutò il mio abbigliamento stranamente fradicio continuando a sorridere.
«Non proprio» giocherellai con le mani per l’imbarazzo «diciamo che ho avuto un incontro ravvicinato con gli innaffiatoi di casa mia… spero che tu abbia afferrato il concetto perché non voglio ridirlo per continuare ad umiliarmi ancora di più»
Lui iniziò a ridere e il sorriso che avevo definito bellissimo, era realmente così. Non ero abbastanza ubriaca per non notarlo anche al buio.
«Sei una ragazza con mille sorprese»
Mi volli sotterrare, ma la mia corporatura – a meno che non diventassi in una frazione di millesimo di secondo una formica – me lo impediva. Cercai di cambiare argomento.
 
«Che ci fai da queste parti? Vivi nei dintorni?»
Lui annuì facendo una smorfia molto buffa «Non precisamente. Ho affittato una casa insieme a mio fratello alcuni isolati da qua. Sono venuto solo per comprarmi un caffè. Non ci hanno portato ancora la caffettiera» indicò il bar dietro di lui.
Sorrisi annuendo e pensai a come fosse la loro casa, dal momento che l’avevano affittata solo in due. Erano costose da quelle parti, ne avevamo discusso con gli altri proprio l’altro giorno, ma lasciai perdere, e pensai che fosse giusto non sembrare troppo evasiva. «Tu invece?»
Io alzai le spalle «Sono qua per studi, ho affittato casa con altri studenti e la mia migliore amica. E stamattina mi sono svegliata con l’intenzione di fare una corsetta, anche se gli innaffiatoi sembravano esserne contrari» sghignazzò «e sinceramente non so neanche dove stia andando, ma voglio conoscere un po’ la zona»
«Ti aiuterei se ne fossi capace… ma potremmo farlo insieme se vuoi»
 
Un senso di piacere mi avvolse lo stomaco.
Si, si, si, si e ancora si!
 
«Con piacere»
«Che ne dici di stasera?»
Arricciai il naso «Ho lezione, non penso che faccia»
«Domani mattina?»
«Domani mattina è perfetto»
 
Ci scambiammo i numeri e mi trattenni, dopo averlo lasciato, nell’evitare di fare qualche balletto strambo. Si chiamava Eric Nicolson e si fece addirittura una foto con il mio cellulare da mettere nell’ID.
 
Quando rientrai a casa, tutti erano svegli e guardavano la televisione, mentre altri cucinavano uova oppure pancakes.
«Ciao Amie, com’è andata la corsetta?» mi chiese Cory mettendoci tutto se stesso per non scoppiare a ridere.
«È vero che ti sei bagnata tutta con gli innaffiatoi e hai preso a parolacce il postino?» tagliò corto Angie, con espressione incredula.
 
Che pettegoli.
 
«Cosa? No!» risposi sulla difensiva «Prima di tutto non ho preso a parolacce nessuno e come seconda cosa, come fate a saperlo?»
«Lo sa tutto il vicinato. Hanno detto quelli a fianco che è stato ciò che li ha fatti più ridere durante questi ultimi anni» aggiunse Jake.
 
Lanciai un’occhiata ad Acacia, pregando di farli smettere tutti ma anche lei rideva.
 
«Okay, adesso mi tocca trasferirmi un’altra volta!» dissi lamentosa dirigendomi con passo pesante verso le scale. Tutti si misero a ridere.
Quando piombai in camera, sentii subito la presenza di qualcuno dietro di me.
«Scusami tesoro» disse Acacia, tentando di evitare di ridere «mi sembrava una cosa così buffa! Solitamente queste cose capitavano quando eravamo sempre assieme, ma adesso capisco che sia tu quella che le faceva capitare» stavolta non riuscì a trattenersi e si accasciò sopra il letto.
«Grazie, la mia dignità è già andata a quel paese»
«Com’è il quartiere?» mi chiese, gingillando con una sveglia.
«È tutto il contrario del Bronx, se è questo che vuoi sapere»
 
Lei sbuffò e mi sentii in colpa per aver aperto quell’argomento. Cercai di rimediare. 
«Potremmo andare a fare una corsa assieme uno di questi giorni, come i vecchi tempi»
«D’accordo. Domani?»
Mi mordicchiai il labbro inferiore e lei si corrucciò «Che c’è? Hai lezione?»
«Ehm no, è solo che un ragazzo mi ha proposto di…»
«Cosa?!?» lo strido di Acacia mi trapassò i timpani «E quando pensavi di dirmelo?» la sua espressione era sia risentita che eccitata, ma non riuscì a resistere, perciò si alzò e mi fronteggiò «Chi è? Com’è successo? Raccontami tutto!»
«Magari dopo Cacia, adesso voglio andare a farmi una doccia»
Lei si corrucciò «Sei la peggior migliore amica di sempre!» sospirò «Dopo, però, non te la scampi»
Sorrisi «Va bene»
 
Le lezioni iniziarono e mi mollai con Acacia dopo gli altri, poiché le dovessi raccontare tutto ciò che era successo quella mattina.
Il suo nome in rubrica era forse il più visualizzato durante quelle poche ore, se non giorni o mesi. Non toccavo il cellulare da tantissimo tempo in quel modo, aspettando la chiamata di qualcuno. Acacia non la smetteva di agitarsi e urlare da quando le ebbi raccontato di come ci eravamo incontrati per la prima volta, la notte precedente.
 
Era più entusiasta di me.
 
Le lezioni erano più difficili del previsto, ma non mi aspettavo niente di semplice. Almeno per due ore al giorno avevo intenzione di studiare il programma che stavamo svolgendo. Qualche volta – anzi, molto spesso – utilizzavo gli appunti di Jamie per completare i miei e lui, oltre che studiare per conto suo, riusciva anche ad aiutarmi ogni volta che ne avevo bisogno. Era pazzesco quel ragazzo. Un cervello vivente.
 
«Stanca?» mi chiese Justin quando feci cadere il mio corpo sul divano con un tonfo sordo.
«Di più. Medicina mi sta sfinendo»
Justin sgranocchiava delle patatine e accese la televisione, selezionando un canale dedicato esclusivamente all’hockey. Per il poco che lo conoscevo, mi sembrava uno appassionato a tutti gli sport possibili e immaginabili, ma più di tutto, all’hockey. 
«Eddai, muovete quel culo!» sbraitò come un pazzo contro la tele lanciando qualche patatina, anche se consapevole che nessuno lo avrebbe mai sentito.
«Gesù Cristo, Justin, stai urlando!» 
«Sh!» mi zittì.
«Perché così tanto entusiasmo per uno sport come questo?»
Mi fulminò con lo sguardo.
«Avanti, è uno sport in cui i giocatori si divertono a far entrare dentro una porta un disco e che si picchiano affinché il loro obbiettivo non è andato a fine» agitai la mano con nonchalance e lui continuò a guardarmi in modo torvo. 
«Sono canadese, cazzo, non puoi dire certe cose davanti a me»
«E io sono newyorkese, non posso dirti che l’hockey è meglio del basketball!»
 
Lui inarcò un sopracciglio «Okay» si sollevò dal divano e mi fece sprofondare «andiamo, allora»
«Andiamo dove?»
«Ad insegnarti le buone maniere, newyorkese» enfatizzò l’ultima parola sollevano un angolo della sua bocca.
 
«Non ci credo che Justin sia riuscito a farti indossare una tuta del genere» Acacia non la smetteva di prendermi in giro.
«Abbiamo fatto una scommessa, e sai che sono una persona di parola»
«Che avete scommesso?»
Esitai, confusa «A dire la verità, non lo sappiamo ancora» 
«Minaccialo di andare per tutto il vicinato correndo nudo, se riesci a batterlo. Almeno avrai concorrenza» arrivò Jake che posò le mani sulle spalle di Acacia.
Sospirai «Grazie, Jake»
Entrambi si misero a ridere «Lo sai che scherziamo»
Stralunai gli occhi sorridendo e mi guardai per un’ultima volta allo specchio. Come aveva detto Acacia… lo stavo realmente facendo? Mi stavo veramente vestendo come un vero e proprio giocatore di basket? Mi sentii offesa dallo specchio.
 
«Bene» batté le mani Cory per poi strofinarsele, entrando inaspettatamente in camera «vedo che sei pronta per una sfilata di Dolce&Gabbana» mi lanciò un’occhiata indescrivibile.
 
Non avevamo ancora parlato di ciò che era successo la scorsa notte ed era abbastanza imbarazzante averlo davanti a me, ma ringraziai il cielo che ci fossero anche Jake e Acacia.
«Zitto Cory! Dolce&Gabbana farebbe a botte per averla come una delle sue modelle!» Acacia gli lanciò un cuscino contro e mi strabuzzò l’occhio.
Poi arrivò Justin che si poggiò contro lo stipite della porta «Sei pronta?»
«A batterti? Certo, amico» tentai di avere l’aria più minacciosa del mondo, ma sembrò non funzionare.
 
Per niente.
 
Le due ore di medicina mi avevano sfinita non solo moralmente ma anche fisicamente.
Perché avevo accettato di fare una partita di basket contro di lui? Non riuscivo ancora a capacitarmene.
 
«Pappamolla» mi passò di fianco e andò dritto a canestro. Altri due punti a suo favore.
«Non vale, stai barando! Stai facendo passi, non il terzo tempo!» lo accusai.
«Zitta e gioca, McKenzie» in quello stesso istante riuscii a rubargli palla e a palleggiare lontana dalla sua traiettoria. Me la cavavo, a New York giocavo sempre insieme al gruppo di ragazzi ai campi, ma se la cavava anche Justin e mi ci volle tutta la forza necessaria per sfilarmelo di dosso.
Ad un certo punto trasalii, sentendo delle mani calde toccarmi i fianchi scoperti e sollevarmi da terra. Era come sentirsi in apnea.
«Mollami!» mi lamentai mentre lui mi mise sopra le sue spalle e mi fece il solletico. Non riuscivo più a parlare da quanto stessi ridendo. Ridevo e non riuscivo a fare altro, poi mi decisi a lasciare il pallone e Justin corse subito verso la panchina e mi fece coricare sopra di essa, poi corse verso il pallone e fece canestro. Esultò.
 
«Sei un imbroglione!»
«Non ti piace perdere?»
Gli feci la lingua e lui mi sorrise quasi dolcemente.
Mi alzai e lo raggiunsi, saltandogli sopra. Mi ritrovai sopra le sue spalle, con le mani attorno al suo collo. «Dammi la palla»
«Prendila se ci riesci» mi disse con tono di sfida. Io gli tappai gli occhi e gli feci perdere l’equilibrio. Cademmo a terra. Io sopra di lui. 
Poi mi alzai, illesa da quella caduta e iniziai a segnare un canestro dopo l’altro, ma dopo che Justin si fu ripreso, mi fece traballare ogni volta che prendevo palla, facendo così rimanere la palla tra me e lui: lui era impegnato maggiormente a tenermi lontana dalla palla che prenderla, mentre io a slacciarmi dalle sue prese.
 
Il tutto terminò quando chiesi tregua. Ritornammo così a casa.
 
«Credo proprio di aver vinto, tu hai barato»
«Piccola, non hai vinto proprio niente»
«Com’è il bruciore della sconfitta, Bieber?» lo stuzzicai.
«Sei stata a ridere tutto il tempo. Mi stai dicendo di sapere quanti canestri hai segnato?»
«Secondo te di chi è la colpa?»
 
Si toccò i capelli biondo cenere e li agitò, poi mi sorrise in un modo che, giuro, mi fece impazzire.
Fa questo effetto a tutte? Mi chiesi.
 
«Non ha vinto nessuno dei due»
Feci il broncio ma accettai il patto. Se solo me l’avesse detto prima, mi sarei tolta dalla testa la voglia di umiliarlo e mi sarei risparmiata tutta quella fatica.
 
«Be’ chi è che deve andare a dormire nello sgabuzzino? È già pronto per l’uso» Cory ci aprì la porta e poi fece cadere i suoi occhi su Justin «diamine, amico, ti ha ridotto proprio male» ci scherzò su.
In effetti la sua canottiera bianca era in alcuni punti nera e sporca per la caduta. 
 
Dopo essermi fatta la doccia, decisi di coricarmi due minuti. Due minuti soltanto… ma i due minuti si trasformarono in dodici ore.
La sveglia con cui Acacia il giorno prima stava giocherellando, suonò, svegliandoci da quel sonno profondo. Mi lamentai contro il cuscino.
«Spegnete quella dannata sveglia!» urlarono all’unisono Justin e Jake. Mi alzai controvoglia e la spensi. Diedi un’occhiata al cellulare e mi raggela quando vidi due chiamate perse e un messaggio da parte di Eric.
 
Da: Eric Nicolson
      Non rispondi alle chiamate, quindi penso che tu stia già dormendo.
      Domani mattina ti aspetto alla 
caffetteria alle 11.00, d’accordo? A domani, Amie. :)
 
Vidi l’orologio segnare le 10.30: ero in ritardissimo!
Aprii la porta del bagno senza bussare e strillai, quando mi accorsi che dentro c’era Justin che stava facendo i suoi bisogni. Corsi subito al piano di sotto, pensando che Angie, Cory e Jamie non si sarebbero lamentati della mia visitina.
 
Alle 10.58 ero pronta. Almeno così sembrava. Corsi fuori dalla porta, facendo attenzione che nessun getto d’acqua mi attaccasse.
Primo intralcio: evitato con successo.
Non guardai neanche l’ora, ma notai subito che Eric era già nella caffetteria.
«Ciao, scusami per il ritardo» arrivai affannando e lui scosse la testa.
«Pensavo mi avresti dato buca, è un sollievo sapere che sei qua. E poi sono appena arrivato»

Sapevo che non era vero perché teneva in mano due bicchieri di caffè. Me ne porse uno.
«Ho preso del caffè, così possiamo andare già da qualche parte» 
Feci una smorfia «Non sei bravo a inventare bugie, eh?»
«Dato che ti senti così in colpa…» acchiappò il cellulare e digitò qualcosa. Poi alzò lo sguardo mettendosi il cellulare nella tasca posteriore. Aspettò qualche secondo e poi mi arrivò un messaggio che lessi a voce alta «Alle 11.15 davanti alla caffetteria, d’accordo? A tra poco. Oh, aspetta…» alla fine del messaggio c’era uno smile.
«Sei arrivata in anticipo di qualche minuto, eri veramente eccitata della nostra uscita!»
Io non riuscii di fare a meno di ridere e iniziammo a camminare.
 
«Che cosa studi
«Sto seguendo i corsi di medicina e ingegneria per adesso. Tu invece? Stai studiando?»
«Sì. Mi sto specializzando in architettura. Credo che il mio destino sia già stato progettato» fece un’espressione come per farmi capire il gioco di parole.
«In che senso?»
«I miei genitori possiedono una società, sai… quelle cose lì» lo disse come se fosse una cosa da niente «dovevo scegliere tra quello o cucina, ma sono una frana in quelle cose!»
«Possiedono anche un ristorante?» chiesi, sbigottita.
«Cinque, per la precisione» sorrise, ma non lo fece per vantarsi, anzi, sembrava che tutta quel discorso lo indignasse.
«Wow, si danno da fare»
«Già, i tuoi invece?»
Mi raggelai.
«Nulla di che. Vivono a New York e ricevono uno stipendio mensilmente come molte altre persone. Niente in confronto ai tuoi genitori»

Pensai che avrebbe iniziato a guardarmi con espressione di pena, di disgusto; invece non cambiò niente. Rimase come affascinato dalle mie parole. La giornata continuò in questo modo e la passai veramente bene.
Eric era un ragazzo con cui si poteva parlare in modo piacevole e non ti stancava mai con i suoi discorsi. Mi offrì il pranzo e mi accompagnò fino a casa.
 
«Ecco la tappa più importante della città» fece un mezzo inchino che mi fece ridacchiare.
«Naturalmente» congiunsi le mani e simulai una visita guidata «alla vostra destra, signori e signore, potete osservare attentamente il macello che i coinquilini della sottoscritta hanno combinato tentando di piantare dei fiori, mentre se guardate proprio davanti a voi potete ammirare la dimora in cui la regina dei balletti post-ho-fatto-strike-vi-prego-inginocchiatevi-ai-miei-piedi dorme tutti i giorni»
«Oh, potrei chiederle un secondo appuntamento? Sa, ha promesso di darmi delle lezioni private per imparare le sue mosse di ballo»
Sorrisi, vedendo come reggeva il gioco e mi sentii il viso accaldarsi.
«Sono onorata di dirle, signore, che la regina accetterà volentieri il suo invito»
«Le dica che sabato la vuole con lei, allora» mi stampò un baciò sulla guancia «sarà felice di poterla rincontrare»
«Grazie per la bellissima giornata, Eric» diventai seria. Lui mi accarezzò la guancia e con l’altra mano strinse dolcemente la mia. La mollò quando entrai in casa.
 
Chiusi la porta dietro di me e iniziai a improvvisare qualche balletto e canticchiare allegramente.
 
«Amie?» qualcuno mi fece sobbalzare.
«Mi hai fatto prendere un colpo, Justin!»
«Chi era quel tizio?»
«Un ragazzo che ho conosciuto l’altro giorno in discoteca» dissi, togliendomi le scarpe e dirigendomi verso le scale.
«Era un balletto, quello?» mi chiese intendendo ciò che stavo facendo momenti prima.
«Mmh, possibile?»
Sospirò sorridendo e io ricambiai.
 
Jake e Acacia erano in camera mia e mi spaventai quando notai che erano sotto il letto. Le lenzuola si muovevano ritmicamente e per poco non sudai freddo.
 
Ti prego Cacia, no. Solo… ti prego, fai che non sia ciò che sto pensando.
 
«Oh, ciao Amie» sbucò da una parte Jake. E io feci una mossa strana per non far capire che stessi cercando di scappare dalla stanza. Si tolse le lenzuola di dosso, facendomi vedere che erano completamente vestiti.
«Oddio, avevo paura… di fermare qualcosa, ecco»
Tutti e due si misero a ridere e Jake diede un bacio sulla bocca di Acacia. Poi lasciò la stanza.
«Non era ciò che pensavo, vero?» chiesi ad Acacia, quando fui sicura che Jake fosse sceso.
«Ma cosa dici, mamacita!» si alzò e si sedette sul mio letto «Be’, come è andata? Come si è comportato? Non devo intervenire, vero? Allora, non mi racconti niente?»
«Cacia, prendi aria!» le dissi ridendo «Non mi stai neanche dando il tempo di respirare tra una domanda e l’altra»
 
Lei alzò le spalle come per giustificarsi e poi le raccontai tutto. Mi faceva almeno dieci domande tra una frase e l’altra e non mi lamentai. In fondo, era sempre stata così.
 
«È stato dolcissimo!» batté le mani a fine conversazione. Poi andò a coricarsi nel suo letto.
 
«Per caso sai se Cory si sia fatto qualcuna della casa?» mi chiese distrattamente.
Il cambiamento radicale di quella conversazione mi prese completamente alla sprovvista.
Sperai che non notasse il mio nervosismo che iniziò a farmi strisciare a terra come un verme. Perché in quel momento mi sentivo proprio così. Un lurido verme.
 
«No, perché me lo chiedi?»
«Sai, quell’aria che si dà da BIGBOY» disse in tono malizioso «Peccato però, volevo sapere degli scoop» sbuffò, ancora distrattamente.
Il fatto che mi avesse chiesto solo di Cory, inizialmente, mi fece intendere che lei sapeva. E invece non fece nessun commento.
«Bene. Io vado a farmi una doccia»
«Dopo andiamo al biliardo?»
«Magari un altro giorno, Cacia. Oggi devo studiare»
Sembrava indispettita, ma infine annuì «Solo perché sei tu»
 
Le giornate iniziavano a prendere un ritmo leggere e mi abituai al nuovo stile di vita in pochi giorni. Conobbi diversi ragazzi al college, principalmente feci molto amicizia con tre ragazzi che frequentavano il mio stesso corso di ingegneria: Luke, Bryan e Vanessa.
Gli studi stavano andando alla grande a tutti e avevamo iniziato col piede giusto e con l’entusiasmo corretto.
 
Passò una settimana, dopo di che la nostra Clique – così ci avevano denominato quelli del college, ormai abituati a vederci sempre insieme – aveva deciso di prenderci almeno due serate a settimana piene di divertimento e svago.
 
Per diversi motivi mi sentivo sempre la guastafeste perché ero quella che molte volte non voleva uscire. Però quando decidemmo di andare al biliardo, non potevo di certo rifiutare. Tutti erano euforici al pensiero che ci stavamo finalmente preservando ad una serata basata soltanto sul divertimento e non sui libri, come avevamo fatto durante tutta la settimana. Ci eravamo adattati agli orari, allo studio e molto spesso ci eravamo presi compiti extra, giusto per guadagnare qualche credito. I professori ci adoravano per questo.
 
Noi ragazze decidemmo di vestirci seguendo uno street style, mentre i ragazzi si vestirono casual. Fu per tutti un colpo vedere Justin con un paio di jeans. Da quando lo conoscevamo non li aveva mai portati.
 
«Questo è un giorno da immortalare» commentò Jake, che, con la nostra stessa sorpresa, era rimasto a bocca aperta.
 
La sala da biliardo non era distante da casa, quindi ci mettemmo poco ad arrivare. Giocammo tutti tranne Hilda che decise di rimanersene da una parte e fare – come aveva detto lei – la cheerleader. Durante quegli ultimi giorni avevamo imparato a conoscerla meglio e non era una ragazza che si poteva categorizzare come “tranquilla” perché, appunto, era l’esatto contrario. 
Decidemmo di fare un mini torneo a squadre: io e Acacia, Jake e Justin, Jamie ed Hebe e Cory ed Angie. Io e Acacia eravamo sicure che li avremmo battuti tutti, perciò proponemmo di scommettere qualcosa. L’unica scommessa che ci venne in mente fu quella di giocare per i turni dei pranzi e delle pulizie.
Tutti accettarono.
Hilda diede il via e iniziammo tutti a giocare.
In pochi turni io e Acacia avevamo la vittoria in mano. Avremmo spudoratamente mentito se non avessimo detto che Jamie ed Hebe erano una frana con quelle stecche in mano. Non riuscivano a maneggiarla correttamente ed era divertentissimo vederli così impacciati. 
 
«Jamie, credo che ci dovremmo scordare il trofeo» disse distrutta Hebe.
Scoppiammo a ridere «Dovevate pensarci due volte, forse»
«Ricordatevi di pulire anche il garage, la macchina si sta sporcando troppo spesso» ridacchiò Acacia.
«Tu ti potrai scordare i miei appunti, sapientona!» mi disse Jamie, falsamente indignato.
«Jamie, lo sai che ti voglio bene, ma mettersi contro me e Acacia è stata una vera follia» quando l’ultima parola uscì dalla mia bocca, feci entrare l’ultima pallina nella buca, facendo esultare così Acacia.
Afferrai la mia birra e ne bevvi un sorso. I volti cupi per la sconfitta subita nelle facce di Jamie ed Hebe erano palesi.
 
Scostai lo sguardo nella tavolata di Jake, Justin, Cory ed Angie.
 
«Come state procedendo?» chiesi arrampicandomi alla spalla di Justin. Lui non obbiettò e mi cinse la vita con il suo braccio destro.
«Woaaah! Vi stanno facendo il culo!» urlò Acacia, dopo aver notato le palle sopra il biliardo «Sento odore di sconfitta, Cory ed Angie, eh?»
«Tesoro, quelle che vedi non sono le nostre palle. Sono le loro» precisò Angie.
«Allora immagino che toccherà anche a voi pulire il garage e fare i lavori extra» scherzai rivolgendomi a Jake e Justin.
«Cosa te lo fa pensare?» mi chiese con un sussurro Justin.
«Andiamo, vedere come siete messi credo che sia sufficiente» 

Justin mi strappò dalle mani la mia bottiglia di birra e ne fece un sorso «Hanno perso dall’inizio» continuava a sussurrare, in modo che nessun altro oltre me potesse sentire.
«Justin, l’umiliazione non è il tuo forte»
«Vuoi che ti ricordi come hai perso alla partita di basket?»
Gli diedi una piccola spinta, abbastanza per farlo allontanare da me «Stai zitto»
«Okay» si riavvicinò mettendosi le mani in tasca «quanto vuoi scommettere?»
«Non ci casco, grazie. E poi non dobbiamo fare una scommessa per ogni cosa che facciamo. Inoltre, siamo nel bel mezzo di un’altra scommessa»
«Questa è solo tra me e te. Ma non è che lo dici perché sai di perdere?»
Mi allontanai «No e smettila, sei fastidioso»
«Allora scommetti»
Sospirai distrutta «Sentiamo, che cosa vuoi scommettere?»
Esitò per qualche istante guardando oltre le mie spalle, dove Cory buttava l’ennesima pallina nella buca. «Mi devi ancora una cena, no?»
«Non te la devo per niente. E poi vuoi veramente che cucini per te?» chiesi allibita.
«No, intendo una cena. Un appuntamento vero e proprio»

Lo fissai corrucciata ma lui non cambiò espressione. Sembrava serio.
«Non sono una delle tue troiette, Justin» finii col dire.
Scoppiò a ridere «Te l’ho mai detto? Ti sto chiedendo solo una cena, andiamo»
«Non voglio andare a cena con te!»
«Per celebrare la nostra amicizia» fece con finto orgoglio.
Alzai gli occhi al cielo.
«Lo prendo come un sì» andò prima che potessi replicare di fianco a Jake, che aspettava impaziente.
 
Io andai da Acacia che fissava attentamente il biliardo, come se fosse lei una delle giocatrici a cui sarebbe toccato il turno poco dopo. Prima che si potesse mettere in posizione per colpire la pallina, Justin mi lanciò un’occhiata zelante.
Sorrise.
 
Due in un colpo solo.
 
Jake sembrava aver capito qualcosa da ciò e quando fu il suo turno, ne mise addirittura tre dentro. Tutti rimasero sbigottiti da ciò che era appena successo.
 
«Ho come l’impressione che voi due abbiate barato» si lamentò Angie dopo che furono sconfitti.
Blaterarono altre cose, ma io mi allontanai e mi direzionai verso il bar. Chiesi un’altra birra. Scrutai Hilda che stava spudoratamente flirtando con un ragazzo appena conosciuto. Sembrava che gli stesse lanciando dei segnali perché questo accettasse il suo invito per andare a letto con lei. Jamie con Hebe, invece, mi fecero tenerezza: si stavano coccolando e si davano delle carezze fugaci. Era evidente che tra i due stesse nascendo qualcosa. Hebe era la più tranquilla tra le due gemelle ed era quella che andava bene a Jamie. Mi immaginai due marshmallow al posto delle loro teste e quasi non risi da sola per quell’immagine così stupida.
 
Trasalii quando una mano mi toccò la schiena, facendomi andare la birra di traverso.
«Stavi ridendo oppure sgozzandoti ancora prima che arrivassi?» Cory si affiancò a me.
Era la prima volta che rimanevamo da soli, dopo quella notte.
 
«Mi hai spaventata, Cory!» mi asciugai con un fazzoletto e mi ripresi «Comunque bella giocata» sorrisi.
«Stronzi» fu l’unica parola che riuscì a dire lui.
«Andrà meglio la prossima volta. O forse no, magari sarò io quella a farti il culo»
Ridacchiammo.
«Senti… riguardo alla scorsa settimana…»
«Cory, tranquillo. È tutto okay» dissi disinvolta. Non volevo veramente che la conversazione si appesantisse. 
«No, ascoltami Amie. Voglio solo dirti che non ho fatto niente per caso, non ho fatto niente di forzato oppure perché forse ero un po’ ubriaco… perché non lo ero quel tanto. Ho solo fatto ciò che desideravo, e lo desideravo tanto» fece sgorgare tutte quelle parole come un fiume, come una cascata. Non ebbi neanche il tempo di fermarlo oppure di fargli capire che stavo iniziando a sentirmi a disagio.
«Senti Cory…» finalmente lo notò.
«Capisco, forse devo farmene una ragione»
Mi sentii così in colpa che quasi non cambiai idea, ma…
 
«Amie!» la voce di Acacia fu il salvagente che mi portò via da quella situazione così imbarazzante. Sospirai e mi voltai verso la sua parte, con occhi pieni di gratitudine. Stava scuotendo il braccio per attirare la mia attenzione «Vieni, tocca a noi!» tutti aspettavano una mia reazione. Guardai di sfuggita Cory, mi voltai verso la bottiglia di birra e la terminai tutta. 
«Scusa Cory. Ne parliamo in un altro momento, va bene?» gli stampai un bacio sulla guancia «Adesso devo andare a giocare» mi alzai dallo sgabello e raggiunsi Acacia che mi protese la stecca di legno.
 
«C’è qualcosa che non va?»
«Nulla»
 
Ero grata che quella partita mi avesse trascinato fuori da una situazione come quella.
 
«Sei pronta tesoro?» chiese Jake in tono competitivo ad Acacia.
«Tesoro io ed Amie siamo una squadra imbattibile» mi lanciò un’occhiata e io annuii, fiera.
Però non dissi neanche mezza parola. Justin continuava a fissarmi e questo mi mise in soggezione.
 
Gli dovevo una cena, dannazione.
 
Poi mi passò a fianco posando di sfuggita per alcuni secondi la sua mano sul mio fianco «Prima scommessa vinta. Per quanto riguarda la seconda, buona fortuna dolcezza, ne avrai bisogno»

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LEGGETEMI!

Mi avete fatto avere le recensioni per il primo giorno.
Posso dire ufficialmente che vi amo!

Ecco un altro capitolo e sappiate che non
è da me pubblicarli così lunghi, ma ecco a voi.
Spero che vi piaccia :)

Cosa ne pensate di Amie e Eric, insieme?
Cory dovrebbe farsene una ragione o dovrebbe continuare
a combattere per ottenerla?
E cosa più importante:
Justin potrà mai provare qualcosa per lei?

Questa volta sono cattiva e vi chiedo
7 RECENSIONI
per avere immediatamente il capitolo.

Un bacione, vi voglio benissimo!
*non odiatemi*
Mi potete trovare
qua, oppure qua.

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Capitolo 5
*** Tequila? ***


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Facemmo almeno quattro partite per stabilire chi fosse il vincitore, ma poi tutti e quattro ci stancammo e finimmo la sfida 2 a 2.
Eravamo esausti e i miei occhi dolevano a causa delle luci che illuminavano il biliardo. Era quasi peggio di quando studiavo per circa quattro o cinque ore di seguito.
I patti, quindi, terminarono in questo modo: nessun lavoro extra per nessuno.
 
Durante quell’ultimo periodo iniziai ad essere agitata e la nottata che passammo in discoteca mi fece tornare il buon umore. Rividi Eric dopo quasi quattro giorni e fu un gran sollievo parlare con lui riguardo ai futuri esami, la mia ansia e tutto il resto. Riusciva sempre a farmi tranquillizzare. Inoltre, lui, iniziò a raccontarmi più chiaramente riguardo alla sua famiglia e scoprii che aveva origini Italiane.
 
«Dimmi che non passerà più così tanto tempo prima che riusciremo a vederci di nuovo» sbuffò Eric, tenendomi in mezzo alle sue gambe.
«Lo sai che se fosse per me non sarebbe tutto così complicato vederci»
Fece diventare le sue labbra una linea sottile e poi mi accarezzò il collo con le labbra, senza però baciarlo. Era una sensazione piacevolissima.
Iniziò a stampare piccoli bacetti su tutto il mio collo, fino a raggiungere la mia bocca. Era incredibile quanto mi facessero sentire bene le sue labbra sulle mie.
 
«Volevo portarti a cena fuori, uno di questo giorni»
«Mmh, ci sto» gli scossi giocosamente il colletto della camicia e sorrise compiaciuto.
 
«Amie, dobbiamo andare via!» Acacia sbraitò, fuoriuscendo dalla porta per accedere al terrazzo. Dietro di lei c’era Jake che le faceva il solletico e per questo motivo ad ogni parola che echeggiò, sentivamo un suo piccolo gridolino causato da una risata isterica.
 
«È già ora?» Eric guardò il suo orologio con delusione.
«Già»
«Ti chiamo domani» mi abbracciò quando fummo arrivati alla porta e mi baciò delicatamente sulle labbra «buonanotte bellissima» mi accompagnò al piano di sotto e poi Acacia mi trascinò assieme a lei per raggiungere gli altri.
 
«Mi stavo trattenendo dall’esultare!» esclamò Acacia sfacciatamente eccitata.
«Posso immaginare» dissi ridacchiando.
 
Solo quando salimmo in macchina notai che Justin aveva incollato al collo una ragazza con i capelli rosso fuoco e con una voglia matta negli occhi. Era in cerca di qualcosa… una notte piena di piaceri. Justin le sussurrava parole all’orecchio che la facevano ridere ogni secondo. Pensai che fosse l’alcol ma poi rivalutai e optai per il fatto che fosse solo stupida. Solo per essere una della lista di Justin Bieber. Patetiche. 
 
Quando arrivammo a casa mi fiondai sotto il getto della doccia e poi scesi giù per sgranocchiare qualcosa. Avevo lo stomaco vuoto. Ero rimasta tutta la sera con Eric e non ci eravamo neanche accorti di come era passato il tempo. Non ci eravamo concessi nemmeno un minuto di tregua per mangiare o bere mentre parlavamo, ed era sempre così insieme a lui. In un certo senso lo adoravo. 
 
Mangiavo un’intera ciotola di cereali davanti alla televisione quando sentii qualcuno piangere. 
Chi diamine poteva essere? 
Aprii senza indugiare la porta del bagno e vidi la ragazza con la chioma rossa piangere come una bambina. Aveva tutto il trucco colato e gli occhi gonfi.
«Che cosa sta succedendo?» chiesi allarmata.
«J-Justin m-mi ha d-det-detto di a-anda-andare a casa» puzzava di vodka e fumo e questa volta capii che era sotto l’effetto dell’alcol e che non riusciva a pensare razionalmente. Piangere perché Justin l’aveva mandata via? Ci avrebbe ripensato una seconda volta prima di farlo da sobria.
Fui travolta da un’ondata di ostinazione nei confronti di Justin, più di quanto potessi mai pensare di fare. 
 
«Senti, non piangere. Se vuoi adesso ti chiamo un taxi e ritorni a casa. Forse è il caso che vai a farti una bella dormitina»
Lei annuì. Il taxi arrivò dopo cinque minuti. Salutai la ragazza – che si chiamava Marilyn – e poi mi issai furiosa contro la porta di Justin.
 
«Ti si sta fondendo il cervello, per caso?» sbottai, con le mani che fremevano dalla voglia di prenderlo a schiaffi.
Lui era disteso sul letto con le cuffie nelle orecchie. Se le tolse quando mi vide spalancare violentemente la porta. Era tranquillissimo, come se non fosse successo niente. 
Se non avessi visto la ragazza piangere in quel modo, avrei scommesso che l’avessero finita in pace, ma invece.
 
«Che ti prende?»
«Cosa mi prende? Ho appena visto una ragazza ubriaca fradicia piangere nel nostro bagno per causa tua. E adesso hai le palle di chiedere che cosa prende a me? Sei uno stronzo!»
«Ehi, con calma» si sedette sopra il suo letto e buttò il suo iPod sopra il comodino con noncuranza «prima di tutto non penso che siano affari tuoi ciò che faccio con le ragaz–»
«Stai insinuando dire che prima te la sei portata a letto e poi l’hai mandata via in quel modo?» chiesi, con gli occhi rossi di rabbia «Sei un lurido verme!»
«No» Justin si alzò fronteggiandomi «era troppo ubriaca per venire a letto con me. Ho preferito non farle fare niente se non era cosciente almeno di ciò che stavamo per fare. Non le avevo promesso un bel nulla»
La sua tranquillità mi fece innervosire ancora di più.
«Credi che se lo sapesse in questo momento starebbe piangendo? Sei assurdo!»
 
Acacia e Jake accorsero alle mie spalle e vedendomi così furibonda mi chiesero delle spiegazioni. Ma credo che l’avessero già capito. Avevano sentito la litigata pure le gemelle, che si erano affacciate dalla loro stanza. 
 
«Amie mi stava facendo una ramanzina da amica, ma adesso siamo a posto. Pace?» mi porse una mano. Stava facendo di nuovo lo stronzo. Sapeva che non avrei continuato con la sceneggiata, ma non lo assecondai e mi voltai senza neanche degnarlo di uno sguardo. Chiusi la porta di camera mia con tanta di quella forza che pensai che il muro sarebbe crollato da un momento all’altro. Presi la chiave e la chiusi, consapevole che Acacia sarebbe andata a dormire con Jake. Dopo di che mi addormentai con ancora l’adrenalina in corpo. Quando aprii gli occhi sembravano passati pochi minuti, invece era già mattina e le urla di almeno tre persone dietro la porta mi fecero cadere dal letto.
 
«Amie, rispondi!»
«Amie, sei là?»
«Amie, stai bene?»
«Chiamate l’ambulanza!»
 
Spalancai la porta e mi ritrovai Acacia quasi sul punto di piangere. Angie ed Hebe, invece, si risollevarono vedendomi.
 
«Ma che vi prende?» Acacia mi abbracciò così forte che mi risultò difficile respirare.
«Pensavo che ti fosse successo qualcosa!»
«Stava per chiamare la polizia, l’ambulanza e anche i vigili del fuoco» aggiunse Jake, con voce sollevata come gli altri «anche se le dicevo che magari stavi solo dormendo e che forse eri stanca da ieri»
 
«È tutto okay, ragazzi!» urlarono in coro Angie ed Hebe rivolgendosi verso gli altri al piano di sotto, armati di cellulare, telefoni, in procinto di chiamare qualsiasi numero.
«Amie, sei andata fuori di testa? Ci hai fatto spaventare!» arrivò Cory che mi abbracciò.
«Ragazzi, adesso siete voi che mi state facendo preoccupare. Mi sento come se fossi appena uscita da un coma» 
«Lo credevamo. Sono almeno dieci o quindici minuti che non rispondi. E la vedevamo molto difficile dal momento che stavamo facendo un baccano assurdo»
«Già, i vicini ci chiederanno i danni»
 
Intravidi delle pentole per terra e lanciai gli occhi al cielo «Siete premurosi, ma avete esagerato. Sto bene» in quel momento si aggiunse anche Justin e incrociando il suo sguardo mi ricordai il motivo per cui andai a letto così arrabbiata e furiosa. Quasi non gli sputai in faccia.
 
«Adesso è meglio che ci prepariamo. Tutti al mare, mis amores!» esultò Acacia.
«Io credo che rimarrò a casa. Dopo devo vedere Eric»
Tutti mi lanciarono un’occhiata accigliata.
«Che c’è?»
«Da quando stai frequentando Eric ci stai lasciando da parte, e quando lo dico, intendo soprattutto me» disse Acacia a nome di tutti.
Scoppiai in una risata isterica e le poggiai una mano sopra la spalla «Cosa ti sta frullando dentro quella testa? Lo sai che non è vero, non penso che i nostri rapporti siano cambiati. È solo che oggi non me la sento» cercai di farle capire; però al contrario, stette zitta e tutti gli altri insieme a lei, come per negare ciò che avevo appena detto. 
«Ehi ragazzi, non penserete davvero che la mia relazione con Eric intralci il legame che abbiamo costruito, perché io personalmente non la vedo così» incrociai le braccia al petto, aspettando una loro risposta o qualsiasi accenno che mi potesse far capire qualcosa, ma tutti guardarono il pavimento. Tutti tranne Justin.
 
«La pensiamo in questo modo» pronunciò.
«Scusa? E tu chi saresti per dire questo?» mi sentii rossa di rabbia.
«Amie, forse hai bisogno di calmarti…»
«Non lo pensate sul serio, vero?» lasciai perdere Justin e mi voltai verso gli altri ma tutti continuarono a non rispondere.
 
«Bene, questa era la vostra battuta d’uscita. Grazie tante» mi scostai ed entrai in camera con uno scatto in modo che nessuno mi potesse fermare. Mi preparai velocemente ed uscii dopo cinque minuti per andare a correre in modo da scaricare tutta l’adrenalina che avevo in corpo. Evitai qualsiasi occhiata o incontro durante il percorso fino alla porta e ci riuscii con successo: tutti erano in camera oppure in bagno a prepararsi.
 
Io ed Eric ci dovevamo incontrare verso le 11:00 ma l’appuntamento sembrava essersi anticipato senza che entrambi ne fossimo al corrente.
 
«Amie!» un urlo pieno d’energia mi fece arrestare e voltare di scatto.
«Eric, che ci fai qua? Pensavo fossi a lezione» affannavo.
«Non proprio» posò lo sguardo sul mazzo di fiori e rose che aveva in mano «queste sono per te, volevo farti una sorpresa e portartele a casa in modo da svegliarti con queste ma vedo che il mio piano non abbia funzionato»
Rimasi in silenzio assaporando il profumo delizioso dei fiori di tutti i colori.
«Credi che stia correndo troppo?» fece una smorfia.
«No, credo che non avresti dovuto… ed è solo che sono felice di averti incontrato adesso. Non era il caso che venissi a casa stamattina»
Si corrucciò «Perché mai?»
Gli spiegai tutto mentre iniziammo a camminare verso mete sconosciute e infine mi propose di andare al mare e chiarire le cose con gli altri.
 
«La cosa che mi fa infuriare di più è il fatto che sembra che gli dia fastidio vedermi… non so, vedermi felice con qualcuno!» alla mia affermazione vidi un sorrisetto appagato spuntare dalle labbra di Eric «E odio il fatto che non capiscano quanto per me sia frustrante stare un giorno intero con Justin in spiaggia dopo quello che è successo. Speravo che almeno la mia migliore amica lo capisse…»

«Non prendertela con Acacia, forse voleva solo che stessi con lei. Forse le manchi veramente, Amie»
«Io la lascio rimanere con Jake quanto tempo vuole senza ossessionarla riguardo a tutto questo» protestai.
«Ma forse ha bisogno della sua migliore amica più di quanto tu lo necessiti» cercò ci farmi capire Jake con una gomitata che mi sembrò più una carezza «non sono l’unico a non fare a meno di te» sorrise beffardo.
«E se ti dicessi che è sempre stata lei quella indipendente e non io? Cambieresti opinione?»
«E se ti dicessi che forse venendo qua siano cambiate un paio di cose? Forza, andiamo in spiaggia e parliamone con loro. Non voglio che pensino che tu li stia trascurando per colpa mia. Mi prenderò io tutte le colpe» mi diede un bacio sulla guancia.
Ridacchiai «Sei splendido Eric, ma credo che sia compito mio risolvere questa faccenda»
 
Quando arrivammo in spiaggia, tutti mi intravidero arrivare con Eric da quando misi piede sulla sabbia. Eric continuava a stringermi la mano come per rassicurarmi.
Acacia ed Angie arrivarono immediatamente e io mi voltai verso Eric come per fargli capire che fosse tutto okay. Lui annuì, mi diede un bacio e se ne andò via.
 
«Amie, senti, scusaci per stamattina, scusaci se abbiamo pensato che…»
«Cacia, Angie è tutto a posto. Solo che non volevo che saltasse fuori in questo che voi pensavate che la mia relazione con Eric…»
«Non è così, ci siamo fatte prendere dal momento e sai, un pensiero tira l’altro e abbiamo reso tutto troppo… eccessivo. Non lo pensiamo realmente e lo dico a nome di tutti» mi disse Angie. Aveva gli occhi imploranti.
Sorrisi e le abbracciai senza ripensamenti «Oggi abbiamo imparato qualcosa tutti»
 
Andammo dagli altri prese a braccetto e ridendo come se niente fosse successo, fino a quando incrociai lo sguardo di Justin.
«E io pensavo che avessi deciso di lasciarlo» increspò le labbra, in segno di delusione «cacchio Luke, ti devo 5$»
Feci una smorfia di disgusto «Mi dispiace di aver deluso le tue aspettative, ma credo di essere abbastanza matura e cosciente. Usare le persone non è il mio forte, a differenza tua, o mi sbaglio?»
«Ehi, ehi, ehi» si intromise Cory «abbiamo risolto una situazione e ne stiamo già creando un’altra. Siamo qua per divertirci, ragazzi. Avanti!»
«Ha ragione Cory» alzò una birra Jamie «all’amicizia!»
«Oh mio dio, Jamie. Ti senti bene?» chiesi sogghignando vedendo i suoi occhi annebbiati «Siete pazzi? Dov’è Hebe? Non voglio assistere a nessuna catastrofe, perciò qualcuno lo sorvegli!» tutti si misero a ridere e due ragazze del nostro corso accorsero.
 
Justin si avvicinò a me con un panino in una mano e una birra nell’altra. Incrociai le braccia pronta allo scontro.
«Che diamine vuoi ancora Justin? Vuoi fartela a pugni?»
Lui scoppiò in una risata fragorosa «No, grazie. Non vorrei che mi mettessi K.O., sai ho una reputazione da difendere»
Feci uno strano verso con la bocca, come per prenderlo in giro.
«Credo di doverti delle scuse» diventò serio.
«Non le devi a me le scuse. Sai cosa mi ha fatto incazzare»
Lui annuì. 
«Ho esagerato e ho sbagliato con la ragazza, ma non rimpiango di averlo fatto»
«Aver fatto che cosa?»
«Di non esserci andato a letto… ma forse di averla portata a casa si»
«Almeno un neurone che lavora in quella testolina, ce l’hai» feci roteare l’indice nella sua tempia «mettilo in funzione qualche volta quell’ingranaggio, non sei tanto male quando pensi. E sembra la stessa cosa per il buon senso»
Scrollò le spalle e si voltò verso di me «E sono felice per te, Amie. Eric per quanto possa essere uno sfigato se la sa cavare riguardo alle pollastrelle»
Per qualche secondo sentii il cuore battermi a mille e poi mi capacitai del fatto che Justin si fosse allontanato facendomi l’occhiolino. 
 
Acacia mi prese e mi portò in acqua. 
 
E fu la battaglia d’acqua più lunga, divertente, stancante e affannosa che ebbi mai fatto.
 
Durante il periodo seguente tutto si era calmato, soprattutto con Justin: eravamo diventati molto amici nel giro di un paio di giorni. Parlavamo di tutto e passavamo la maggior parte del tempo assieme, a guardare partite di basketball, rugby, hockey, football e lanciarci pop corn a vicenda che durante i nostri turni di pulizie dovevamo raccogliere da mezzo i divani.
 
Jamie e Hebe si erano impegnati e iniziarono a formare una coppia, mentre Jake e Acacia lo erano già da un bel po’ di tempo e per ufficializzare il tutto, Jake aveva comprato ad Acacia una collana molto graziosa. Per quanto riguarda a me, Eric riuscivo a vederlo di rado per colpa degli esami e dello studio: non riuscivamo a far combaciare molto spesso gli orari e la maggior parte del tempo lo passavamo a casa mia per massimo una o due ore. Hilda credeva fosse una cosa troppo da masochisti stare insieme in un periodo del genere, ma non la volevo sentire. Sapevo che sarei riuscita a stare con Eric nonostante questi problemi. Mi piaceva e io piacevo a lui.
 
«Mi arrendo» alzò le braccia in segno di resa Justin.
«Chi è il perdente ora?» risi mettendomi dei nachos in bocca.
«Il tuo caro amichetto» mi strappò dei nachos dalla mano e se li mangiò in un boccone.
Alzai gli occhi al cielo «Sei nauseante da quanto lo menzioni e lo giudichi perdente, sfigato e tutto il resto! Non mi dovrò preoccupare mica?»
«Che razza di discorsi sono? Lo sai quanto io sia etero» prima che potesse fare un qualsiasi gesto mi azzardai a fargli capire di non fare niente per cui si sarebbe pentito dopo aver ricevuto una sberla da parte mia.
«È il caso che mi vada a preparare»
«Dove vai?» sgranocchiai altri nachos mentre riniziai a guardare la replica della partita dei Lakers contro i Bulls.
«Devo uscire con Viola»
«Justin, mi sembra troppo pura per te. Non sacrificarla e prendi una iena invece che un agnello» ridacchiai.
«E chi sarebbe la iena? Tu?»
Quasi non sputai tutto quello che avevo in bocca «Cosa? No!» mossi la mano con frenesia «Non sono come le ragazze impudiche con cui esci. Credo che debba trovarti la copia spiaccicata di Pamela Anderson e sei a posto»
 
Si alzò dal divano con un sospiro, si tolse la maglietta e la lanciò dentro la cesta della roba da lavare vicino alla stanza di Cory, nella lavanderia. 
 
«E ricordarti che mi devi una cena, iena»
 
Potei vedere i suoi muscoli scolpiti partendo dalle spalle a poco sopra del suo lato B. Si girò improvvisamente cogliendomi in pieno. Sorrise maliziosamente.
 
«Mi hai sentito?» 
 
Guardando il suo petto, poi, notai un nuovo tatuaggio: una corona tra la spalla e il petto.
 
«Quando diamine ti sei fatto quel tatuaggio?» chiesi, scuotendo la testa e facendo cadere così tutti i pensieri perversi di poco prima e ignorando la sua domanda.
«L’altro giorno»
«E ti sei già tolto la garza?!» chiesi con voce gracchiante.
«Non è la prima volta, non mi succederà niente» ritornò indietro a prendere una Red Bull dal frigo e poi andò verso le scale «poi fammi sapere come finisce la partita»
 
 
 
«Finch fa una festa? Da quando ne organizza?» sghignazzò Hebe.
«Da venerdì, a quanto pare» dissi.
«Dev’essere una bomba! Ha una casa eccezionale!» saltò Hilda. 

Io, Angie, Jamie ed Hebe le lanciammo un’occhiata.

«Okay, ci sono stata una volta. Una sola volta» sottolineò «perché mi aveva chiesto di andare a cena fuori con lui, e sapete…»
«Okay, abbiamo capito» la interruppe Angie alla quale fui grata per averla fermata prima che lo facessi io.
«Fighe da paura dappertutto!» Cory come sempre, arrivò alla sprovvista «E non può mancare la Clique, fottuti stronzi!» alzò un pugno in aria.

«Pensate che possa portare anche Eric?» mi chiesi se gli avrebbe fatto piacere.
«Non è della confraternita» arrivarono Jake e Acacia.
«Be’, se per questo neanche noi!» Hilda si alzò e mise un gomito sopra la spalla di Cory.
«Portalo, ci penserò io a Finch»
«Sei disgustosa ma ti ringrazio, Hilda» mi alzai anch’io e feci alzare con me anche Angie «Eric te ne sarà grato ancor più di me»
«Chi non lo è?» ammiccò.
 
Io ed Angie andammo a controllare qualche vestito in giro per il centro commerciale, fino a quando lei non incontrò alcune sue compagne di corso.
«Devi assolutamente provare questo trattamento alle alghe!» esclamò entusiasta una di loro. Io le dissi di andare con loro che avrei fatto da sola. Un po’ di tempo da sola non mi avrebbe di certo fatto male.
Però quando rovistai in mezzo all’intimo, vidi Justin con due ragazzi.
 
«Ciao, dolcezza» Justin si mise davanti a me sporgendosi dal bancone.
«Nuovo intimo per sesso selvaggio?» azzardai scherzosamente.
Lui ridacchiò «Non per me» indicò i suoi due amici «Brad, Ian, lei è la mia coinquilina Amie»
Loro mi sorrisero e mi strinsero la mano «Lo sappiamo, amico»
«Ragazzi siete proprio a terra per prendere consigli da Justin» ammisi.
«Ti piace digrignare?»
«Non sai quanto e non puoi immaginare quanto mi piacerebbe rimanere e continuare, ma devo andare a prepararmi. Eric finalmente si è deciso a portarmi a cena fuori»

Justin sembrò irrigidirsi e il suo giubbotto in pelle sembrò restringersi.
«Esci con Eric Nicolson?» mi chiese Ian «È un figo, mi piace quel ragazzo»
«Non dire stronzate, coglione» disse Justin con disprezzo mentre Brad gli diede una gomitata in segno di dissenso «è un figlio di papà ed è uno sfigato che si diverte a fare il sapientone»
«Justin» lo rimproverai stralunando gli occhi «adesso vado, è stato un piacere conoscervi Brad e Ian, ci si vede in giro» salutai tutti e tre e ricambiarono anche se Justin sembrava essere scosso da qualcosa. Ritornai a casa e mi preparai.
 
Alle 20:00 puntuale suonò il campanello.
«Come siamo belle» cantilenò Eric dalla porta.
«Vado a prendere la giacca e arrivo subito, vieni dentro» mi stampò un bacio e poi salii di corsa le scale, per quanto i tacchi me lo potessero permettere.
 
Sentii farfugliare qualcosa dalla cucina e quando scesi vidi Justin ed Eric parlare. Mi sentii in dovere di portare via Eric da là prima che potesse succedere qualcosa.
 
«Eric» dissi «sono pronta»
Entrambi mi guardarono per qualche istante con aria adorante, poi Eric annuì e mi prese per mano.
Mi avvicinai a Justin «Non so a che ora rientro, ma non aspettatemi, dillo anche agli altri. Ci vediamo domani mattina, ‘notte J.» gli stampai un bacio sulla guancia e uscii di casa con Eric.
 
«Stavi parlando con Justin prima che scendessi?» chiesi allacciandomi la cintura.
«Sì, sembra un ragazzo a posto»
«Davvero?» chiesi con un tono di voce inadatto alla domanda e alla situazione.
«Non dovrebbe?»
«No… è solo che… niente. Che vi siete detti?»
«Di cosa ti stai preoccupando, piccola?» mi chiese accostando in un ristorante vicino a casa «Questa è una serata dedicata solo a noi due, giusto? Ho aspettato così a lungo questo momento e me lo voglio godere»
«Allora siamo in due» sorrise e mi diede un bacio quando venne ad aprirmi la portiera.
 
La serata era romantica e divertente allo stesso tempo. Ridemmo molto ed Eric non mancava un minuto per dirmi qualcosa di dolce e tenero. Si fecero le 00:00 e non ce ne accorgemmo neanche.
 
«Amie…» Eric quando giungemmo davanti al parcheggio di casa, mi strinse la mano dolcemente incrociando le nostre dita «ti volevo parlare riguardo a una cosa»

Io annuii, in ansia di sapere ciò che stesse per dire.

«Sai… durante questi giorni ci ho pensato tantissimo… intendo… ho pensato tantissimo a te. E sono arrivato alla conclusione che voglio far sapere a tutti che sei mia» mi sorrise aspettando una qualsiasi espressione di assenso, ma l’unica cosa che riuscii a fare fu aggrottare le sopracciglia.
«Eric, tutti sanno già che usciamo»
«Non intendo quello, Amie» sospirò e si voltò verso di me, accorciando la distanza tra noi due «ti sto chiedendo di ufficializzare la cosa. Tu mi piaci da morire e non penso ad altro che a te. Non sai quanto vorrei che tutti i giorni fossero così e…»

«Eric» feci una breve paura prima di continuare. In quel momento ebbi in mente solo le parole di Hilda, riguardo al fatto che passare così poco tempo assieme non agevolasse la nostra relazione e fui pienamente d’accordo con lei… durante quella fottutissima nottata passata insieme «credo che prima di ufficializzare la cosa, dovremmo regolarci un pochettino»
«Che intendi?» potevo sentire preoccupazione nel suo tono di voce.
«Non ci vediamo molto spesso, non abbiamo mai quasi tempo per rimanere da soli e passare serate come queste…»
«Aspetta, vuoi dire che non vuoi che… ci frequentiamo più?» i suoi occhi iniziarono a confondersi attaccati ai miei e sentii come il presentimento che quella conversazione stesse iniziando a prendere una brutta piega.

«No!» rimediai «Non pensare questo, io amo stare con te e ho passato una serata magnifica. Sto solo dicendo che vorrei che fossero più frequenti, solo questo. E prima che la nostra relazione, sai… diventi più seria, vorrei che anche questo lo diventasse…»
«Quindi non ti va che ci vediamo così poco? O che cosa? Non riesco a capire, Amie»
«Tu hai i tuoi esami, io ho i miei. Tu hai i tuoi impegni ed io i miei e i nostri incontri stanno diventando sempre più rari»
«Forse ho capito» si allontanò di qualche centimetro da me «stai dicendo che durante questo periodo, fino a quando non terminiamo gli esami, forse è meglio prenderla alla leggera?»
«Se a te sta bene… non voglio interferire con lo studio e la tua amissione all’università»
«Non lo stai facendo» mi sorrise, cercando di incoraggiare più lui che me e mi si avvicinò di nuovo «sto meglio sapendo che stai con me»
«Allora non cambiamo niente» mi slegai la cintura e gli diedi un bacio a fior di labbra «adesso forse è meglio che vada, Acacia si preoccuperà»
Eric lanciò gli occhi al cielo «Una ragazza che si preoccupa della sua amica maggiorenne» enfatizzò «perché rientra poco dopo mezzanotte, da non credere»
Sghignazzai «Lo sai come è fatta»
 
Lui annuì quasi distrutto e si alzò dalla macchina raggiungendomi nell’uscio della porta.
«Ti proverò che la nostra relazione potrà funzionare. Domani andiamo al biliardo?»
Feci una smorfia «Domani sono con gli altri»
«Non importa, semmai stiamo tutti insieme. Come ti ho già detto sono in conflitto con il tuo pensiero e la mia voglia di starti più vicino possibile»
Ridacchiai «Non ce n’è bisogno, posso aspettare che finiscano gli esami, sai»
«Ma io no. Ti chiamo domani, buonanotte piccola» mi strizzò la mano e mi diede un bacio sulla fronte. 
 
Entrai in casa e prima che potessi cacciare un urlo dallo spavento, Justin mi tappò la bocca.
 
«Scusami, stavo guardando chi ci fosse dietro la porta» sogghignò mangiando qualche salatino.
«Sorpresa!» feci con sarcasmo e ritornando seria un secondo dopo «Chi diamine pensavi che fosse?» mi tolsi i tacchi e notai che tutti fossero in salone.
«Che succede?»
«Stiamo guardando un film»
Entrai in sala e tutti mi salutarono.
«Come è andata?» mi chiese Acacia.
«Non lo so, non è finita tanto bene»
Spiegai tutto e tutte le ragazze mi ascoltarono, dicendomi che avessi fatto la scelta migliore e che non dovevo sentirmi in quel modo.
 
Sospirai, sollevata dalle loro parole e andai a dormire.
 
Le lezioni di storia erano quelle più faticose con quei nomi, quelle date e il resto. Medicina mi piaceva, per quanto tutti lo trovassero strambo, mi piaceva in qualche modo perverso studiarla e per questo motivo mi veniva meno pensante… ma la storia era tutt’altra cosa! 
 
Eravamo tutti in salone studiando e facendo disegni – le gemelle soprattutto – e buttammo tutto quando si fecero le 19:00 per prepararci. Eric sarebbe passato alle 22:00 e dopo di che saremmo andati tutti al biliardo per dare la rivincita a chi la desiderava. 
Eric arrivò in perfetto orario e arrivammo nel locale in cui all’interno vi era una marea di persone in fila per andare nella pista da ballo, dove c’era una band che suonava. Li vidi più approfonditamente e notai che fossero Brad, Ian e altri due ragazzi. 
«Non sono i tuoi amici quelli?» chiesi a Justin. Lui annuì e basta.
 
«Le squadre dell’altra volta non erano equilibrate, questa volta cambiamo» si lamentò Angie.
«Tu sei bravo?» chiesi ad Eric con un sorriso.
«Penso di cavarmela» continuai a fissarlo e cedette «d’accordo, non so giocare»
«Allora stai con me in squadra»
 
Alla fine le squadre furono:
• Io ed Eric
• Acacia e Jamie
• Justin e Hilda
• Hebe e Cory
• Jake e Angie
 
Durante le pause, io e Acacia andavamo in pista e ballavamo. Si unirono anche Jake e Justin stringendoci ai fianchi, ma poi mi spostai decisa a raggiungere Eric.
 
«Forza, vieni a ballare!»
«Non penso sia una buona idea»
«Allora rimango qua con te» 
«No, stai tranquilla. Sto qua con Jamie, tu puoi andare»
«Già, tu puoi venire» Justin arrivò porgendomi una birra «vieni, Amie»
Eric mi sollecitò ad andare anche se non sembrava tanto convinto e mi sentii una stronza a lasciarlo là da solo, dal momento che anche Jamie si era alzato.
«Grazie Justin, ma rimango qua» mi sedetti vicino ad Eric «magari gli svelo qualche trucco da sfoggiare dopo durante la prossima partita» civettuolai.
«Non credo possano funzionare comunque, ma non mi lamenterò» ammise Eric sghignazzando.
Justin scrollò le spalle «Divertitevi»
 
I vincitori del torneo fummo io ed Eric, anche se ebbi fatto tutto io. Eric colpiva male le palline, ma riuscivo sempre a salvarci le penne. Acacia era furiosa con Jamie e conoscendo quanto fosse anti-sportiva, capii tutta quella rabbia.
 
«Ti ho detto di scusarmi!» disse esasperato lui per la decima volta in pochi minuti.
«Tesoro, calma. Era solo una partita» disse Jake stringendola dalle spalle.
«La prossima volta voglio di nuovo Amie in squadra con me» sbuffò e tutti ridemmo, Jamie compreso, consapevole di quanto fosse scarso.
 
Gli altri entrarono in casa mentre io rimasi pochi minuti fuori con Eric nei gradini davanti alla porta.
«Stasera è stata la dimostrazione di quanto noi due formiamo una squadra» sussurrò Eric al mio orecchio, per poi baciarmi la tempia.
«O di quanto tu fossi una schiappa al biliardo. Perché mi hai chiesto di andarci se sapevi di non saperci giocare?» chiesi divertita.
«Speravo me lo insegnassi»
«Hanno funzionato le mie lezioni, allora?»
«Eccome» mi baciò di nuovo, ma questa volta in bocca, con tanta di quella foga che mi fece mancare il fiato. A fermarci fu lo spalancarsi della porta.
 
«Scusate se ho interrotto qualcosa» Justin con la busta dell’immondezza era nell’uscio della porta.
«Oh, tranquillo. Intanto stavo andando via» Eric si alzò, quasi in imbarazzo e mi diede la buonanotte prima di accendere il motore e andarsene mandandomi un altro bacio dalla macchina.
 
«Stasera è stata la dimostrazione di quanto noi due formiamo una squadra» cantilenò Justin dopo che buttò la spazzatura «e poi dici che mi sbaglio quando dico che è uno sfigato»
«Justin, essere romantici non significa essere sfigati. È la tua umiliazione per essere stato sconfitto a biliardo a parlare?» lo presi in giro.
«Fortuna» borbottò facendomi entrare in casa.
 
Il giorno della festa arrivò velocemente e con gli studi procedevo più che bene. Gli esami si stavano avvicinando drasticamente e la mia ansia diminuiva ogni volta che Jamie mi rassicurava dicendomi che ero la ragazza più intelligente del corso e che sarei riuscita a batterle tutte. Ma non era un buon motivo per rimanere tranquilla.
 
«Non essere sciocco, Jake. Nessuno ci proverà con me stasera se sanno che sono fidanzata con te. Mi posso mettere quel che mi pare!»
«No, eccome se ci proveranno! Credi che il fatto che stiamo insieme li possa fermare? Andiamo piccola, mettiti solo dei jeans e una maglietta. Sarai stupenda in ogni caso»
«Neanche Eric fa così tante storie!» Acacia mi indicò e mi sentii avvampare «E neanche Jamie!»

«Ragazzi, state prendendo questa conversazione troppo pesantemente» decisi di smettere di cercare qualcosa nell’armadio «Jake, devi fidarti di Cacia» acchiappai la mia trousse con l’intimo e mi diressi verso il bagno. Sentivo ancora Acacia e Jake discutere e pensai che avrebbero continuato anche alla festa. Quando iniziavano, non la smettevano più.
 
Io decisi di mettermi un vestitino a monospalla grigio e delle scarpe col tacco blu. Acacia, alla fine riuscì a convincere Jake e mettersi un vestitino verde con delle scarpe col tacco nere. Anche i ragazzi si erano fatti belli, soprattutto Cory che voleva fare colpo su qualcuna, sicuramente.
 
Quando arrivammo a casa di Finch, dei ragazzi ci ondeggiarono intorno e non riuscii a fare a meno di ridergli in faccia. Io ed Angie rimanemmo attaccate per non perderci, mentre gli altri a parte Cory che sceneggiava davanti a tutti senza pudore erano già in compagnia. Finch ci strinse le spalle.
«Ciao ragazze, impossibile non riconoscervi anche da lontano, siete impeccabili come sempre!»
«Ciao anche a te, Finch» mi spostai da un piede all’altro.
«Vi state divertendo?»
«In realtà siamo appena arrivate» precisò Angie «ma penso che sarà una serata stupenda»
«Lo sarà eccome!» mollò la presa e ci sorpassò «Tutti i bicchieri in aria, stronzi!» andò dalla squadra di football e baseball: si poteva riconoscerli dal baccano e dalle loro giacche inconfondibili con il simbolo della loro confraternita.
 
«Eri sincera quando l’hai detto?»
«Non tanto, ma lo spero veramente» Angie incrociò le dita «sto cercando il mio principe azzurro dappertutto. Dovrò farmene una ragione se non lo troverò entro stanotte»
«Chi lo sa, magari oggi risorgerà la nuova Cenerentola» strabuzzai l’occhio e lei si mise a ridere.
 
Incrociai lo sguardo di Brad e subito mi sorrise, facendomi cenno di avvicinarmi. Trascinai Angie con me.
 
«Ciao» salutai appena fui abbastanza vicino.
«Ciao, non pensavo di trovarti qua»
«Mmh, pensavi male» sorrisi.
«Ma è un piacere» aggiunse afferrando una birra «vuoi?»
«La gradirei molto, grazie. Comunque lei è una delle mie coinquiline, Angie» si presentarono e in quell’istante arrivò Ian. Si presentarono ugualmente e Angie sembrò infatuata dalla visione del ragazzo di fronte a lei.
 
«Ti va di andare a ballare?» le chiese Ian e lei accettò senza ripensamenti.
«Non ti dispiace, vero?» mi chiese prima di andare.
«Per niente, vai e divertiti»
 
Rimasi a guardare la pista per alcuni istanti dalla cucina ed era tutto così vivace, cosa che mi mancava vedere.
 
«L’altro giorno ti ho vista» mi diede una piccola gomitata Brad, voltandosi verso di me.
«Alla sala da biliardo? Anche io, sai, non era tanto difficile non notarti»
«Ti stavi divertendo?»
«Sì, se vuoi che ammetta che fate della musica veramente forte, va bene, lo faccio» alzai le mani in segno di resa.
Lui ridacchiò e mi porse una cassetta «Fammi sapere che cosa ne pensi»
Aggrottai leggermente le sopracciglia, ma accettai e la presi «D’accordo, lo farò»
«Ti va di andare a balla…»
 
«Amie!» Eric sbucò dal nulla e agitò la mano in modo da farsi notare.
«Eric, ce l’hai fatta!» apparve di fianco a me e mi stampò un bacio sulle labbra.
Brad sembrò imbarazzarsi, mentre Eric non notò neanche la sua presenza.
 
«Be’ io vado Amie, ci si vede in giro» mi salutò Brad.
«Certo, ci vediamo» sorrisi e se ne andò via.
 
«Chi era?»
«Un amico di Justin, era il ragazzo che stava cantando l’altra sera al biliardo»
«Capisco. Hai combinato qualcosa prima che arrivassi io?» mi chiese e scossi la testa quasi divertita dalla sua domanda.
«Ti va di andare a ballare? Non posso restare a lungo»
«Perché?» chiesi, delusa.
«Mio fratello sta male, non voglio lasciarlo da solo tutta la notte, sai»
Annuii e andammo nella pista da ballo.
 
Acacia e Jake erano già là e appena Acacia mi vide, mi prese le mani e iniziò a ballarci. Risi per come si muoveva e si contorceva ma capivo che lo stesse facendo apposta. Jake la teneva sempre vicina a sé, pronto ad azzannare chiunque si avvicinasse.
 
Passammo un’ora tra drink e musica e sentii un caldo quasi soffocante, ma volevo continuare a divertirmi con Acacia. Poi dopo tanto, finalmente, Eric mi cinse i fianchi e si mosse in modo sensuale nella mia schiena, come mai aveva fatto. Io lo assecondai muovendomi a ritmo, ma quando mi voltai non vidi il viso di Eric ma bensì quello di Justin.
 
«Dov’è Eric?» chiesi, confusa e disorientata.
«È andato via, mi ha detto di dirti che era tardi e che doveva assolutamente andare»
«Era dietro di me, me lo poteva semplicemente dire lui!» mi chiesi perché non l’avesse fatto e da quanto tempo mancava.
«Non importa, adesso se n’è andato, giusto?»

Alzai gli occhi al cielo e mi voltai di nuovo verso Acacia, che si stava baciando con Jake. Mi sentii in imbarazzo. Non potevo continuare a fissarli, perciò fui costretta a voltarmi nuovamente verso Justin che mi sorrideva. Mi strinse con un braccio in un fianco e mi trascinò fino alla cassa del deejay chiedendo al ragazzo di mettere un lento. Il tizio fece un gesto e subito dopo fummo trascinati dal suono della canzone del Tempo Delle Mele.
 
«Ti prego, perché mi stai facendo questo!» esclamai ridendo.
«Zitta e segui i miei passi» mi fece mettere le mani sopra la sua nuca e lui mi strinse nei fianchi.

Ballammo in silenzio, in mezzo a tutte quelle coppie che iniziarono a baciarsi fino a quando la canzone non terminò.

«Era una dimostrazione per farmi capire che sai ballare, Bieber?»
«Perché mi pensi così manipolatore e così lurido? Hai delle brutte idee sul mio conto, per quanto mi riguarda»
«Hai ragione, dovrei smetterla»
«Sarebbe il caso, non sono la bestia che credi» mi baciò delicatamente la guancia e sorrisi.
«Non so se questa cosa mi rassereni»
«Non importa. L’importante è che adesso sei qua con me»
«Sono con te ventiquattro ore su ventiquattro, Justin. Che cosa stai dicendo?» ridacchiai.
«Intendo tra le mie braccia… non lo so, ma è rassicurante» mi strinse ancora di più e mi accorsi che la musica era cambiata e che le persone intorno a noi avevano iniziato a ballare con grinta ad ogni loro movimento.
 
«Ti va di ballare ancora?» 
«Se ti va di sfigurare!»
 
Ci immergemmo più a fondo, fino a quando fummo schiacciati dalla massa di persone che si agitavano. Poi la voce di Finch fermò il tutto.
 
«Okay, adesso che vi siete divertiti abbastanza, si passa alla sfida dell’alcol, puttanelle!»
I ragazzi esultarono e tutti i miei coinquilini mi lanciarono un’occhiataccia quando chiesi di che cosa si trattasse.
«Non ho intenzione di partecipare, non c’è bisogno di allarmarsi in questo modo» sbuffai, frustrata.
«Però io si» Justin andò in cucina e si mise davanti a dei bicchierini di un qualcosa di colorato. Non capii che cosa fosse.
«Che ne dici, Bieber? Un’ultima sfida» DJ si mise davanti a lui.
«Perché no» afferrò il primo bicchierino e lo scolò senza problemi.
I bicchierini posizionati erano trenta: sarebbero potuti andare in coma etilico per berli tutti. Misi una mano sul braccio di Justin «Non farlo. Per caso stai impazzendo?»
«Amie, tranquilla»
«Dici a me di non bere, ma sei il primo a farlo!»
 
DJ bevve il suo terzo bicchierino. Justin se ne fece fuori quattro e questo non mi fece rilassare. Al decimo, sembrava già oscillare. Bevevano come se niente fosse, ma si vedeva che da un momento all’altro si sarebbero sentiti male.
 
«È pericoloso, rischi di andare all’ospedale, Justin!» sbraitai ma Jake mi tirò indietro. Mi scostai e andai di nuovo da Justin che continuava a bere. Mancavano altri otto bicchierini, ma DJ la fece finita, vomitando sopra le scarpe di una ragazza vicino a lui. A seguirlo furono le urla di quest’ultima e le risate di tutti i ragazzi.
Presi Justin e lo portai in bagno, avendo paura che anche lui potesse vomitarmi addosso, però sembrava solo assonnato, non sembrava avesse bisogno di rigettarci la cena.
 
«Sto bene, Amie. Veramente, sto bene»
«Certo, stai bene se fossimo in una sala di riabilitazione per alcolisti. Ma aspetta, neanche quello» sospirai.
«Rimarrai con me, vero?»
«Sono qua, Justin. Smettila di dire sciocchezze»
«Non dico solo adesso» la sua voce era quella di uno sbronzo. Non era in lui.
«Io dico che adesso andiamo a casa e te ne vai a letto!»

Lo presi dalle braccia, ma lui mi portò vicino a lui.

«Ti devo parlare, Amie»
«Justin, possiamo parlare a casa, adesso voglio andarmene da qua e voglio che tu stia in un posto tranquillo. Non sei in te»
«Hai ragione»
«Certo che ho ragione!» pronunciai le parole come per fargli capire che fosse la cosa più logica al mondo.
«Ma non è così»
«Cosa?» stava dicendo cose senza senso.
«Non lo so… è tutto così… confuso, non lo so. So soltanto che io… che io… che io» non terminò la frase che vomitò improvvisamente dentro il gabinetto. Mi misi alle sue spalle, avendo paura che l’immagine del vomito, potesse far vomitare anche me, anche se ero già abituata ai conati continui di Acacia, prima di arrivare in Florida.
 
Arrivammo a casa e feci coricare Justin sul suo letto: mi sembrava un bambino.
Non la smetteva di tenermi stretta a lui, anche quando fu disteso sopra il suo materasso.
«Dormi adesso, ci vediamo domani»
«Ti voglio bene anch’io Amie» 
Sorrisi e andai a letto.
 
Il mattino seguente fu traumatizzante: un baccano assurdo tempestava la casa.
 
«Muovetevi, cazzo!»
 
Chi diamine era?
 
«Finch vi vuole a casa sua, ora»
«Diamine, eravamo da lui fino a poche ore fa!» sbraitò Acacia «Che cazzo volete adesso? Dylan, sono le otto del mattino!»
 
Dylan sospirò. C’era qualcosa che non andava.
 
«Ieri notte hanno arrestato DJ»
 

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LEGGETEMI!

Allora, ho molto per cui scusarmi.
Prima di tutto scusatemi perché ho sto pubblicando
il capitolo con un ritardo bestiale, non volevo!
Ma siccome ero partita per un paio di giorni e ieri il computer
mi ha cancellato tutto, ho potuto pubblicarlo solo adesso.

Come seconda cosa,
spero che mi perdoniate!

Che ne dite di tutta questa situazione? Sta arrivando il bello, bitchies.

8 RECENSIONI
e aggiorno subito!

Ah e ho anche qualcosa da dirvi al prossimo capitolo :)


Mi potete trovare
qua, oppure qua.

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Capitolo 6
*** More than friends. ***


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Finch era disperato, non la smetteva di prendere a calci qualcosa, o di mettersi le mani sul viso. Chi non poteva biasimarlo, era il suo migliore amico, come un fratello per lui.
 
«Forse hanno sbagliato, Finch, forse può ancora essere fuori pericolo» suggerì Jake.
«Lui trafficava quella merda di droga, Jake!»
 
Hilda era irritata ed esausta allo stesso tempo. Si stava comportando come una bambina fastidiosa. «Ma non capisco, perché ci hai voluti a casa tua adesso?» chiese sbuffando.
«Perché vogliono fare ricerche più approfondite, vogliono sapere se ieri c’era qualcun altro che stava trafficando cocaina o qualsiasi altra cosa. Vogliono tenere d’occhio Justin»
«Cosa?» chiesi acutamente «Cioè, andiamo. Per quanto possa essere dannato, non spaccia!»
«Lo sappiamo, ma abbiamo voluto avvisarvi perché metteranno in mezzo voi tutti perché abitate insieme a lui. Sarete controllati per un po’»
 
Sospirai quasi angosciata.
 
«Grazie, Finch. Spero che andrà tutto bene con DJ. Se hai bisogno di qualcosa, facci sapere»
«Anche io e grazie, ma credo che riuscirò a pagargli la cauzione per conto mio»
«E chi stava parlando di soldi?» Cory fece ridere tutti e ci distaccò per pochi attimi da quella situazione che stava risultando quasi critica. Essere circondati dalla polizia giorno e notte? No, grazie.
 
Il tragitto verso casa fu un mortorio, tutti eravamo agitati all’idea che ci avrebbero perseguitati. Cory qualche volta apriva la bocca per borbottare qualcosa, ma per il resto tutti rimasero zitti, compresa Acacia. Ed era una cosa veramente strana.
 
Dopo cinque minuti che fummo a casa, qualcuno bussò la porta.
 
«Agenti di polizia, aprite!»
Tutti trasalimmo. Hebe andò ad aprire e scoprì tre agenti di polizia, il primo con le mani sui fianchi come se volesse dimostrarci tutta l’autorità di cui disponeva.
«Buongiorno, giovanotti» si rivolse a tutti.
«Non possiamo dire lo stesso…» mormorò silenziosamente Acacia e le diedi una gomitata.
«Credo che sappiate già il motivo per cui ci troviamo qua in questo momento»
«Probabile» annuì Cory.
«Quindi non vi dispiace se daremo un’occhiata a tutta la casa?»
«Per niente. L’unica cosa che potrete trovare se siete fortunati sono dei calzini sporchi» rispose infastidito Jake.
 
Controllarono in ogni angolo della casa, senza risparmiare neanche il bagno e addirittura l’interno degli assorbenti e dei preservativi, cosa che fece imbarazzare la maggior parte di noi.
 
«Voglio essere risarcito dopo tutto questo» borbottò Cory quando anche il suo ultimo pacco di profilattici venne analizzato.
«Ragazzino, non ti conviene continuare a fare così tanto lo sbruffone»
«È cosa sacra per lui scopare, non sta facendo il gradasso» intervenimmo noi tutti.
 
Le ricerche terminarono e l’unica cosa che trovarono furono due pacchetti di sigarette. Nient’altro.
 
«Grazie per la collaborazione» disse uno degli agenti «ci vedremo presto»
«Perché?» chiese incredula Acacia «Non avete trovato niente, perché dovreste continuare a perseguitarci?»
«Qualche problema in considerazione?» puntigliò un altro.
 
Cacia alzò gli occhi al cielo. «È angosciante»
«A presto» affermò più fermamente il primo agente chiudendo la porta dietro di sé.
 
 
 ***
 

«Tesoro, ho saputo la storia con gli agenti, DJ e il resto. Mi dispiace tantissimo» Vanessa si sedette a fianco a me in mensa, posando il suo vassoio accanto al mio.
 
«Stai tranquilla, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Non troveranno niente, tanto vale prenderla alla leggera» nonostante ciò, non riuscivo a smetterla di rimanere in pensiero per Justin e per tutti noi.
 
Arrivarono tutti e il chiasso delle loro chiacchiere divenne fastidioso come un insetto. Non riuscivo a starci. Avevo bisogno di rimanere in silenzio e tranquillizzarmi, perciò presi tutta la mia roba e dissi a tutti che avevo bisogno di ripassare per la lezione successiva.
 
«Dove stai scappando?» Justin mi raggiunse inaspettatamente, facendomi gettare quasi un urlo.
«Tu sei pazzo! Mi volevi per caso far venire un attacco al cuore?»
«Non ne avevo le intenzioni, scusami» mi prese una mano e sospirai.
 
«Che succede?» corrugò la fronte in modo sexy, con i suoi occhi color nocciola che continuavano a fissarmi. Il suo sguardo si posò sulle mie labbra e questo mi fece sentire in imbarazzo.
«Sono solo… non lo so, mi sento stressata, tutto qui» mi voltai verso l’andito, per evitare che Justin continuasse ad osservarmi in modo così accurato e per vedere se qualcuno ci stesse guardando, ma era tutto deserto. Tutti erano ancora in mensa.
 
«Non voglio che tu ti senta così per colpa di questa situazione» mi fece poggiare ad un armadietto e quasi gemetti quando mi fece aprire le gambe, posizionandosi in mezzo ad esse. Fui travolta da un milione di pensieri ed emozioni. Mi tremavano le ginocchia.
 
«Justin, che diamine stai facendo?» stentavo a mantenere un tono di voce calmo.
«Sto cercando di aiutarti. Ti senti ancora agitata?» mi spinse ancora un pochettino con il suo peso e lo spinsi improvvisamente. Non avrei resistito, e lo sapeva.
 
«Sei un pervertito!» mi ricomposi ed evitai i suoi occhi. Sicuramente stava pensando a qualcosa, ma non immaginai neanche a quale pensiero erotico.
 
Ma no, non stava pensando a qualcosa del genere. Stava pensando a qualcosa di più serio, gli si poteva leggere negli occhi.
 
«Ti ricordi la notte al biliardo?»
Non era ciò che mi aspettavo di sentire.
«No» armeggiai con la mia pinza e mi tirai su i capelli castano chiaro.
«Sì che te la ricordi» mi accusò e io alzai gli occhi al cielo.
«E allora?»
«Mi devi una cena, ricordi?»
 
Indugiai, poi strabuzzai gli occhi. «Fai sul serio?»
«Non sono mai stato più serio di così. Che ne dici di stanotte?»
Non risposi e pensai che l’avesse presa come un assenso perché se ne andò dicendomi di essere pronta per le 7.
 
 
 
 
«Cosa mi avevi proposto, Justin? Me lo puoi ricordare?» chiesi guardando i finestrini della macchina.
«Lasciami fare. Ti ho chiesto di passare una serata con me; non puoi solo farlo?»
«Mi hai chiesto una cena, non una serata!» lo accusai ridendo.
«Facciamo che oggi stai con me e basta»
 
Eravamo usciti di casa non appena fui pronta e stavamo facendo più tragitto del solito. Poi capii che stavamo andando a Miami.
 
«Perché stiamo andando a Miami?!»
«Ti ho detto di lasciarmi fare o sbaglio?» si voltò verso di me e annuii, cercando di stare calma.
 
Scesi dalla macchina e vidi lo stadio dei Miami Heat. Cazzo me n’ero scordata: quel giorno c’era la sfida contro i Chicago Bulls.
 
«Forza, andiamo» mi prese per mano, tenendomi sempre vicina a lui e andammo a comprare cose stupide come i guanti con i pollicioni a favore sia dei Miami Heat che dei Chicago Bulls.
«Temo che non potremmo stare più insieme» intuii.
«Perché?»
«Io tifo per i Chicago Bulls, tu per i Miami Heat. Le nostre tribune dovranno essere diverse»
«Ma noi non staremo nelle tribune»
 
Comprò due hot dogs più grandi delle mie due mani attaccate e delle noccioline con due birre, poi salimmo di corsa delle scale fino a quando non arrivammo in cima allo stadio. Mi fece cenno di sedermi per terra, in modo da far penzolare le gambe e attaccarmi con le braccia e il busto alle ringhiere.
 
«Non so che cosa abbia fatto venire quest’idea a quella tua mente contorta… ma io cadrò di certo, Justin»
«Fidati di me, siediti» si sedette e mi diede una mano. Così feci e subito dopo mi mise una cintura attaccata al soffitto intorno alla vita, simile ad una di quelle che si mettono quando devi fare bungee jumping o che gli attori si mettono per fare film d’azione. Mi guardò per qualche istante dritto negli occhi, poi mi stampò un bacio sul naso, si allontanò e vidi che mi aveva legato perfettamente la cintura. Fece lo stesso con lui.
 
«Si vede perfettamente» dissi entusiasta.
«Lo so»
«Come ha fatto ad avere questi “posti”?»
«Non l’ho fatto. Se ci trovano, siamo morti»
 
Lo guardai con occhi scioccati.
 
«Scherzo. Ho un amico che lavora qua, mi ha riservato questi posti anche se è vietato rimanere qua» mi diede un hot dog e lo addentai senza pietà.
«Forse dovresti lasciarne un po’ anche per quando inizia la partita»
«No, durante la partita dovrò esultare»
 
Lo finii dopo poco e poi Justin mise le labbra in modo strano, come se stesse trattenendo una risata.
 
«Che c’è?»
«Non ti chiederò mai più di passare una serata con me» mi posò le sue dita sulle labbra, togliendomi tutto il ketchup e avvampai.
«Chi non lo avrà mai fatto?»
«Sei la prima e spero anche l’ultima» ridacchiò.
«Chi non è mai risultato sexy con del ketchup sulle labbra? Avanti, Justin, pensavo fossi un po’ più stile camionista non rose e fiori!»
 
La partita iniziò e utilizzai il mio guanto rosso per tifare i Chicago Bulls e quando ne ebbi l’occasione ne diedi un colpo a Justin e iniziò una mini-lotta. Ci lanciammo addirittura gli arachidi, poi gliene lanciai un paio in bocca e la maggior parte del tempo lo passammo a scherzare e ridere, senza badare tanto alla partita. Dopo il terzo tempo, chiesi a Justin di accompagnarmi in bagno.
 
Il bagno era vuoto e Justin mi aspettava fuori. Avevo un aspetto orrendo, ma continuavo a sorridere come un’ebete, nonostante avessi degli arachidi impigliati tra i capelli. Me li tolsi e uscii dal bagno dopo circa venti minuti. Justin stava parlando con una ragazza con un paio di tacco 12, dei capelli lunghissimi castano scuro e una maschera di trucco in viso che poteva far concorrenza ad una Barbie.
Justin mi vide uscire e liquidò la ragazza.
 
«Non perdi l’occasione per far colpo, eh?»
«Mi ha chiesto se avessi un accendino e una parola ha tirato l’altra. Non volevo neanche parlarle, Amie»
Corrugai la fronte «Perché ti stai scusando? Non credo che ci siano problemi, puoi fare quello che vuoi per quanto mi riguarda, o no?» in realtà vederlo parlare con quella ragazza mi aveva in un certo senso irritato, ma non volevo rompergli le scatole: d’altronde non ero nessuno per impedirgli di parlare con qualsiasi ragazza intorno a lui.
 
«Ritorniamo a guardare la partita?» si mise le mani in tasca e dondolò.
Sorrisi «Sei convinto che se andiamo, la guarderemo seriamente?»
Scrollò le spalle e avanzò «Nah»
«Ritorniamo a casa»
Fece una smorfia «Adesso?»
«Sono stanca, Justin»
Lui annuì e mi prese la mano. Il tragitto verso casa lo passammo a cantare in macchina a squarciagola e ridere ad ogni parola sbagliata e ad ogni urlata forzata.
Quando ci trovammo nel parcheggio di casa, mi obbligai a farci zittire per non svegliare tutto il vicinato.
 
«Sono stata bene stasera» ammisi, togliendomi la cintura «grazie, J.»
«Sono stato più bene io di te» mi aprì la portiera e mi cinse un fianco.
Aprì la porta e trovammo tutti in cucina a discutere su qualcosa. Quando io e Justin chiudemmo la porta, tutti rimasero a bocca aperta vedendoci attaccati in quel modo.
 
«Se non fosse perché sei una mia amica, penserei che ti stai mettendo in mezzo ad una storia a tre» borbottò Angie, infastidita.
Trasalii, ma subito dopo la rabbia prese la meglio.
«Grazie per il pensiero, ma l’hai appena fatto» dissi a denti stretti «e non è così»
 
«Ah no?»
«Chiudi il becco, Angie! O solo Dio saprà che cosa ti succederà!» Acacia accorse in mia difesa e la sua minaccia sembrò intimorirla.
Angie se ne stette zitta e Hilda invece sbuffò.
«Che cosa vi prende?» chiesi, impaziente e nervosa.
«Che cazzo ci facevate insieme?» Hilda era irritata dall’immagine mia e di Justin attaccati in quel modo. Justin mantenne la sua posizione, lasciando il suo braccio intorno alla mia vita.
 
«Siamo andati a guardare la partita dei Chicago Bulls e i Miami Heat» sussurrai quasi in segno di scusa, districandomi i capelli.
Hilda fulminò Justin con lo sguardo che sostenne i suoi occhi furiosi. Che cosa stava succedendo?
 
«Smettila, Hilda. Solo questo» Justin mantenne la calma.
«Lei non…» fece crollare la frase lasciandomi cadere nell’oblio più totale.
«Lei che cosa?» azzardai.
«Sei una fottuta stronza!» mi disse scandendo ogni parola, poi salì le scale lasciandomi confusa davanti agli occhi di tutti, che man mano andarono nelle loro rispettive camere.
 
«Io… non capisco» riuscii a dire quando fummo soltanto io, Justin, Acacia e Jake.
Mi resi conto che Jake stava impedendo ad Acacia di muoversi, però poi riuscì a liberarsi dalla presa e andò correndo al piano di sopra.
 
«Come cazzo ti permetti di dire alla mia migliore amica di essere una stronza?» Acacia era furiosa e chiesi apertamente a Justin di accompagnarmi fuori. Iniziai a piangere.
 
Justin mi abbracciò.
La sua pena risultava peggio delle parole di Hilda e Angie. Mi slacciai dal suo abbraccio e con gli avambracci mi asciugai le lacrime. Inspirai ed espirai vivamente.
«Sto bene» ammisi, fingendo.
«Non è così»
«Perché Hilda era così… incazzata?» chiesi, incapace di capirlo.
 
In quel momento si spalancò la porta.
 
«È meglio che vada dentro. Devo sbrigare delle cose» borbottò Justin con tono serio. Mi baciò sulla fronte. «Rimani sveglia, dopo ti devo parlare»
 
Annuii e poi notai che la persona che aveva aperto la porta era Acacia.
 
«Amore» mi abbracciò come fa una madre con una figlia e mi strinse così forte da non farmi neanche respirare «la cancello dalla faccia della terra se continua…»
«Sto bene, davvero. È tutto okay»
 
Acacia si distaccò il tanto giusto per guardarmi negli occhi e rendendomi visibile una delle sue espressioni da le-cazzate-dille-ad-un’altra-persona-perché-io-non-ci-casco.
 
«Però ancora non capisco…»
«Scusami, te l’avrei dovuto dire prima» Acacia sospirò e si sedette sul gradino davanti alla porta. Io feci lo stesso.
«Che cosa?»
Lei sbuffò, stressata.
«Non so perché non te l’abbia detto… forse mi è sfuggito… non…»
«Acacia!» la rimproverai. Adesso era lei quella ad andare fuori di testa «Che cosa non mi hai detto?»
 
«Hilda e Justin sono nel bel mezzo di una storia complicata…»
«Che? Intendi con altre due persone? Che cosa c’entra tutto questo? Non ha senso…»
«Non essere sciocca!» alzò gli occhi al cielo «Tra di loro, Amie. Tra di loro!» ripeté con enfasi.
 
La fissai per alcuni attimi e poi scoppiai in una risata isterica. «Justin e Hilda? Ma non diciamo sciocchezze!» parlavo senza ragionare. Un senso di umiliazione mi scorreva nelle vene. Non capivo bene… non li avevo mai visti insieme… a parte…
 
«Amie, secondo te cosa stavano a significare quelle urla durante la notte?» inarcò le sopracciglia come per farmi ragionare «Oppure il fatto che Hilda flirti con altri ragazzi solo davanti a Justin?»
«Che vuole uscire con qualcuno?» osai ma lei scosse la testa, con disapprovazione.
«Certo che sei veramente tonta! È per farlo ingelosire!»
«Mi spieghi perché non ho mai notato niente del genere?» giocherellai nervosamente con la manica della mia felpa.
 
Acacia alzò le spalle con disinvoltura e si mise in piedi. «Non lo so, ma io pensavo l’avessi capito. Andiamo, si vede lontano un kilometro che Hilda è pazza di Justin» si pulì i pantaloni da tutta la polvere e poi sospirò veemente «spero che la smetta. Comunque entriamo?»
Annuii e ci dirigemmo verso le nostre camere.
 
 
 
 
La mattina mi svegliai con un mal di testa assurdo e la prima cosa che vidi fu… Hilda che si limava le unghie in camera mia?!?!?
 
«Buongiorno» sbatté la lima sulla scrivania, scocciata.
Mi stiracchiai e mi strofinai gli occhi. Non ero ancora abituata alla luce del sole.
 
«Che ci fai in camera mia, Hilda?» chiesi con tono fermo. Non dovevo perdere le staffe e non era mia intenzione, a meno che non si comportasse in quel modo…
 
«Senti, le cose sono chiare: stai lontano da Justin» si alzò dalla sedia facendola strisciare sul pavimento e lanciandomi contro l’indice, con fare minaccioso. Scandì tutte le parole con aggressione, come se fosse pronta a saltarmi addosso come se fossi una sua preda.
 
«Justin è un mio amico, non puoi ordinarmi di non frequentarlo più» scossi la testa, quasi divertita mentre lei continuava a ribollire di rabbia. Aveva gli occhi rossi, e io senza badarci tanto, mi legai i capelli e uscii dal letto soltanto con delle mutande e una maglietta extra-large senza reggiseno. Stavo eseguendo la mia solita routine, come tutte le mattine, soltanto che cercavo di evitare qualsiasi contatto con Hilda per il fatto che era molto possibile che tutto si sarebbe trasformato in una lite furibonda. E non volevo. Era l’ultima cosa a cui puntavo.
 
«Justin non…» Hilda balbettava, come se non trovasse le parole giuste per “ferirmi” ma qualcuno fece capolino dalla porta ed entrambi trasalimmo.
 
«Qualcuno mi ha chiamato?» era Justin con gli occhi leggermente gonfi e la faccia ancora assonnata. I capelli color cenere erano sparpagliati dappertutto ma continuava ad avere un aspetto super sexy.
 
«Hilda mi stava giusto…»
«Dicendo che tu hai la massima libertà di capire le cose da solo e di determinarle, no?» aveva una voce ed espressione così ipocrita che mi venne voglia di riderle in faccia.
«Non so di che cosa stia parlando» alzai le spalle, divertita rivolta verso Justin che ammiccò.
 
«Fate da brave» strabuzzò un occhio e poi se ne andò seguito da Hilda che lo inseguì come una disperata. 
 
Aveva ragione Acacia: come ero riuscita a non capirlo prima? Hilda era super cotta di Justin.
 
Scesi al piano di sotto dopo essermi preparata per bene e presi le chiavi della macchina.
«Io vado a fare la spesa»
Prima che potessi entrare in macchina, mi capacitai del fatto che qualcuno mi stesse tallonando, in silenzio.
 
«Justin, per l’amor del cielo!» feci un salto dallo spavento «Non è divertente!»
Sghignazzò ed entrò in macchina, posizionandosi sul sedile del passeggero. Si allacciò la cintura mentre lo guardai da alto in basso con riluttanza.
 
«Che ci fai ancora lì? Avanti, ti accompagno»
Entrai agilmente in macchina, dalla parte del guidatore sospirando.
«È anche vero che mi sia rifiutata di ascoltare le minacce di Hilda, ma non mi sembra comunque giusto farci vedere assieme in questo modo» appoggiai le mani sul volante.
«La relazione che c’è tra me e te, non c’entra un emerito cazzo con quella che ho con Hilda» aggrottò le sopracciglia, sorpreso.
 
In un certo senso mi sentii offesa. Intendeva dire che non fossi nei suoi standard di “ragazza perfetta” con cui avere una relazione? Hilda era una bella ragazza, ma accennandomi il fatto che fosse migliore di me, mi faceva ripensare a tutto. A lui, a lei, alla discussione… a tutto.
 
Accesi la macchina inserendo la chiave nel nottolino e feci stridere il motore così tanto forte da far rumore ai miei pensieri. Iniziai a diventare furiosa, proprio quando avevo meno motivazioni per esserlo. Perché?
 
«Stai andando oltre il limite di velocità, non credi di dover rallentare?» Justin non sembrava convinto delle sue parole. Leggevo un altro significato nel suo tono di voce.
 
«Mi piacciono le sfide» dissi, secca.
 
«Che?» Justin stava strozzando una risata.
 
Sbuffai.
 
«Scusami, piccola»
Mi voltai e incrociai il suo color caramello. Lo fulminai, ma lui sorresse la mia espressione.
«Non chiamarmi piccola» ringhiai.
«Ho detto che dovevo sbrigare delle cose ieri. L’ho fatto» sospirò voltandosi verso la strada. Si mise a posto il cappellino e io lo fissai, aspettando di sentire altro, ma la vista di una Chevelle a fianco a noi, mi fece illuminare in viso. Justin se ne accorse e si voltò.
 
Un ragazzo dell’età di circa venticinque anni, mi stava strabuzzando l’occhio. Attirò la mia attenzione e abbassò il finestrino, invitandomi a fare lo stesso.
 
«Ma lo vede che ci sono anch’io in macchina questa testa di cazzo?» borbottò Justin. Si mise tra me e il ragazzo che si corrucciò.
«Justin!» lo ammonii scostandolo.
 
«Ehi baby» fece il ragazzo «non mi aspettavo di vedere in giro una bellezza del genere» sorrise con uno dei suoi migliori sguardi.
«Allora per rivederlo ti conviene riuscire a starmi alle calcagne» lo sfidai facendo ruggire il motore. Il ragazzo sorrise maliziosamente e fece lo stesso.
 
Quando il semaforo scattò, partii a tutta velocità.
Arrivai al supermarket con una sgommata e sorrisi, compiaciuta. Non era riuscito a sorpassarmi e tanto meno a starmi dietro. Lo sapevo.
 
«Non so che cosa avessi in mente» Justin uscì dalla macchina «ma non mi è piaciuto»
Lanciai gli occhi al cielo. «Neanche mia madre mi fa così tante prediche, quindi tronca questa ramanzina sul nascere» presi una monetina dalla borsa e presi un carrello.
 
Justin me lo rubò dalle mani e mi fece spostare.
 
Andai nel reparto “CARNE” e presi alcune scatole di carne e pollo. Mi accorsi che Justin non era più dietro di me ma bensì nel reparto “CHIPS & SALATINI”
 
«Certo, è questo ciò di cui abbiamo bisogno: patatine e salatini» dissi sarcasticamente mettendo tutto dentro il carrello «da annotare: mai mandare Justin a fare la spesa da solo»
Lui acchiappò altri pacchetti di patatine e li buttò dentro il carrello «Non dovresti parlare, e lo sai»
Scrollai le spalle «Hai ragione, cercavo solo di essere genuin
Lui mi guardò con aria divertita «Non sei affatto convincente, dovresti lavorarci sopra»
«Non dormirò la notte» tentai di non ridere, ma lui mi posò la sua mano calda sopra la pancia e poi passò alla vita, alla quale diede una strizzatina e io risi per la sensazione di solletico. Andò oltre e passò alla parte farmaceutica.
 
Mi fermai.
 
«Dove diamine stai andando?»
«Vieni»
 
Dopo un attimo di esitazione, lo seguii e lo vidi attraversare il piccolo corridoio come se fosse casa sua. Poi si fermò davanti allo scaffale dedicato esclusivamente ai preservativi e mi passò il carrello.
 
«Mettili dentro» mi porse almeno cinque confezioni di profilattici tutte con grandezze XXL e diventai paonazza. Justin si accorse dell’improvvisa colorazione del mio viso.
 
«Sono dei preservativi, Amie» lo disse come se volesse rincuorarmi «mai visti prima?»
Cosa intendeva dire con questo? Che nessuno mi trovava così attraente da potermi portare a letto?
«Non dire scemenze» evitai i suoi occhi e li misi dentro il carrello «io sono abituata ad altre cose»
 
Justin inarcò un sopracciglio.
 
«Perché fai quella faccia?» risposi avvicinandomi allo scaffale. Esaminai velocemente tutte le targhette deglutendo e notando quelli più costosi, li presi. Ma la confezione aveva una forma strana…
 
«Ecco, è che io sono abituata a questi…»
«Amie, quello è lubrificante»
 
Assunsi un colore rosso quanto un peperone. Justin stava per scoppiare a ridere fragorosamente, ma prima che potesse farlo, mi voltai per nascondermi e scappare, ma una coppia di anziani mi stava fissando incredula.
 
Ah bene, non bastava una figura di merda.
 
«Amie, sei tu?» prima che potessi virare verso un’altra direzione, mi raggelai.
«Sì?»
«Oh, la piccolina Amie!» l’anziana mi venne incontro e mi abbracciò calorosamente «Quanto sei cresciuta!»
 
E tu chi sei?
 
«Ehm… già…»
«Immagino che tu non ti ricordi di me» mi accarezzò i capelli «sono amica di tua zia Ellen»
 
Cazzo.
 
«Oh, mi dispiace di non averla riconosciuta prima…»
 
Signora… amica-di-zia-Ellen? Perché devo fingere di conoscerla?
 
«No, scusami tu. Forse eri impegnata col tuo ragazzo in alcune spesuccie…»
 
Io e Justin ci scambiammo un’occhiata e lui si mise una mano in bocca per non scoppiare a ridere. Me l’avrebbe pagata.
 
«Oh, lui non è il mio ragazzo…»
«Non ti devi preoccupare, non dirò niente a nessuno!» mi fece l’occhiolino e mi diede piccole gomitate, come per farmelo capire. Non avrei mai pensato che una donna così anziana potesse essere così... pervertita?
 
«Oh, grazie. Sa, queste cose private… come la candida nei punti bassi di Amie…» Justin si aggiunse alla conversazione e tutti rimanemmo fermi, immobili, mentre lui si divertiva. Porse la mano per presentarsi e poi mi cinse con un braccio.
 
«Tesoro, sei hai problemi nei piani bassi, dovresti consultarti con un…»
«Non ho nessun tipo di problema!» gracchiai. Mi ricomposi. «È che stava scherzando, gli piace fare così» sorrisi falsamente nella direzione di Justin, tentando di stare al gioco.
«Però adesso è meglio che andiamo, si sta facendo tardi» ammisi «mi ha fatto piacere incontrarla…» mi ricordai di non sapere il suo nome, perciò non aggiunsi altro e li salutai educatamente. Lo stesso fece Justin.
 
«Io ti ammazzo! La candida? Tu sei completamente fuori di testa!» gli dissi quando fummo abbastanza lontani. Justin continuava a sghignazzare.
«Stavo scherzando. Credevano veramente che fossimo fidanzati…»
Incrociai le braccia al petto.
«Molto divertente, devo dire»
«Non era così male, dai» parcheggiò il carrello e mi si avvicinò. Mi baciò sulla guancia e sorrisi.
 
«D’accordo, adesso andiamo» mi allontanai e andammo a pagare tutto.
 
 
 ***
 
 
15 chiamate perse.
10 messaggi in segreteria.
 
«Rispondi a quel cavolo di telefono!» si lamentò Acacia sotto i cuscini.
 
Ero seduta sopra la scrivania, con il Mac davanti, tentando di fare un saggio di storia. Mi sentivo oppressata.
Tolsi la suoneria e proseguii, ma le chiamate continuarono, più frenetiche che mai.
 
«Pronto» mi decisi a rispondere. Uscii dalla stanza per non far troppo rumore e mi tolsi gli occhiali da vista, posandoli sopra la testa.
«Amie» era Eric «finalmente»
«Che cosa c’è, Eric? Sono impegnata» ero stizzita.
 
Durante l’ultimo periodo non la smetteva di perseguitarmi e starmi continuamente alle calcagne. I suoi tentativi di aggiustare la nostra “relazione” lo stavano portando a dargli false speranze. Mentre prima sarei stata disposta anche a stare giorno e notte con lui, in quei giorni avrei pagato chiunque per tenermelo lontano.
 
«Ti vengo a prendere alle 10 e andiamo a fare colazione insieme?» nel suo tono di voce c’era tanta di quella speranza che mi sarebbe bastata per darmi alla recitazione… nonostante non fossi per niente in grado di recitare.
«Sto studiando, non penso che faccia» guardai l’orologio che segnavano le 9.
«Per pranzo?»
«Oggi tocca a me cucinare, quindi a meno che me la svigni, nessuno mangerà oggi»
«A cena?»
 
Alzai gli occhi al cielo. Non si dava mai pace?
 
«Va bene, a cena è…» non volli dire la parola “perfetto” «fattibile» feci una smorfia allontanandomi il telefono dal viso e in quel momento vidi Justin uscire dal bagno.
 
Eric stava parlando, ma non ne fui tanto preoccupata. Sospirai sotto lo sguardo divertito di Justin e decisi di rispondere.
 
«Amie?» Eric si era accorto della mia mancanza. Cacchio!
«Sì, ho sentito. Quindi alle 8 da me»
«In realtà ti ho chiesto se andava bene alle 7»
 
Merda.
 
«Oh… facciamo 7.30?»
«Allora alle 7.30 sono da te, non vedo l’ora»
 
Annuii e riagganciai.
 
«Non dire neanche una parola» sospirai «lo so cosa pensi»
«Tu non sei fatta per un Eric Nicolson» rispose Justin, quasi seccato.
«È uno dei migliori ragazzi che abbia mai conosciuto… ma detesto dire che hai ragione. Non sono fatta per lui e lui non è fatto per me» scrollai le spalle.
 
«Quindi puoi rifiutare l’invito per uscire a cena con me» disse, sicuro di sé.
Lo spinsi fino a quando fu dentro la sua stanza «Torna a dormire, Bieber» sogghignammo e chiusi la porta.
 
 
 
Durante il pranzo continuava a sentirsi la tensione tra me, Hilda e Angie, ma francamente non mi importava tanto. Pensavo alle mie cose, alle mie faccende da sbrigare e tutto il resto. Gli esami si stavano avvicinando drasticamente e dopo una settimana tutti sarebbero partiti.
 
Tutto si sarebbe sistemato col passare del tempo.
 
Dopo pranzo decidemmo di andare tutti ad affittare dei DVDs vicino a casa. Però Angie e Cory si rifiutarono di venire con noi perché dicevano di essere stanchi.
Per che cosa?
Lasciai perdere. D’altronde del sonno extra non fa male a nessuno, no?
 
«Aspettate» avvertii, prima che potessero partire con la macchina «mi devo assolutamente cambiare la maglietta! Sono sporca di sugo!»
 
Corsi dentro casa e senza fare nessun tipo di baccano per non disturbare, salii le scale, cambiandomi velocemente. Quando scesi le scale, sentii gemiti e qualcuno che ansimava. Forte.
Rimasi con le pupille dilatate e bocca aperta per secondi interminabili.
 
Cory ed Angie?!
 
No, forse Cory aveva invitato una ragazza, forse… no.
Angie non si trovava nella sua stanza ma bensì in quella di Cory. Con aria ancora sbalordita, decisi di uscire di casa e salire in macchina.
Acacia fu l’unica che si accorse che avevo qualcosa. Le feci cenno di un “dopo ti spiegherò”.
 
Arrivati al negozio, tutti ci spargemmo in ogni reparto per cercare qualsiasi tipo di film. Io e Acacia ne cercammo alcuni horror e d’azione, mentre le gemelle d’amore e gli altri… be’, i ragazzi di tutto. Compreso il porno.
 
Quando andai a vedere alcuni film d’azione, vidi Hilda e Justin intrecciati tra di loro. Dopo qualche attimo, lei si sporse verso di lui assaggiando le sue labbra. Lui non si ritrasse ma le strinse le natiche con foga, mentre lei gemeva e si rendeva quasi ridicola, incitandolo a farlo ancora se non a spingersi oltre.
 
«Disgustoso» commentò Acacia, prendendomi alla sprovvista.
«Già»
«Ehi, ma perché hai quell’espressione?» mi guardò con sguardo indagatore e poi si rivolse di nuovo verso Justin e Hilda «Non è che…»
«Non dire sciocchezze!» feci quasi una risata isterica.
«La tua non mi sembra un’espressione disgustata… sembra quasi di gelosia» Acacia sorrideva malignamente, come se avesse appena risolto un quesito complicatissimo.
 
«Chi? Io? Di loro? Ma per favore!»
«So che cosa ti sta frullando per la testa!»
«Non importa, perché non è così. E poi… dobbiamo prenderli o no questi dannati DVD?»
 
Appena ritornati a casa, Angie e Cory erano seduti sopra il divano guardando la tv con tanta di quella disinvoltura che mi stavano facendo girare la testa. Come facevano a comportarsi in quel modo dopo essere andati a letto?
 
«Stanotte non ci sono per cena» dissi sospirando ad Acacia mentre ritiravamo il grumo di roba sopra le sedie di camera nostra «Eric non si dà pace e mi sta continuamente chiedendo di vederci»
«Non capisco perché continui a rispondergli alle chiamate e parlarci!» Acacia sembrava sconvolta.
«Non voglio… perderlo come persona. Gli voglio bene. Ma stanotte gli dirò tutto. Non ho intenzione di continuarla in questo modo»
«Amen!» urlò, lanciando occhi e braccia al cielo.
 
Ridacchiai e Jake entrò dentro la camera.
 
«Ragazze?»
«Sì, amore?» Acacia cambiò tono di voce improvvisamente.
«Guarderemo tutta la notte film, ci state?»
 
Lanciai un’occhiata ad Acacia e lei capì.
 
«Certo. Però prima Amie deve passare a prendere degli appunti da Vanessa»
«Ci sarò di sicuro!»
 
 
 
«Mi sei mancata tanto» Eric mise la mano sopra la mia, sorridendomi innocentemente.
Ogni secondo della serata rimodellavo il discorso che avevo intenzione di fargli, rimandando ogni tentativo di spiegargli tutto per paura di poterlo ferire.
Non avrei mai pensato di arrivare ad un punto del genere. Non con Eric.
Scossi la testa, scacciando via tutti quei pensieri.
 
«Non ti piace?» Eric aveva un’aria corrugata.
«Ehm, che?»
«Hai scosso la testa. Non ti piace l’aragosta?»
 
Feci cadere lo sguardo sopra la grande aragosta sul mio piatto.
 
«No, è deliziosa!»
«Sei molto distratta, stanotte» aveva un’aria colpevole.
«Senti Eric…» masticai il boccone e lo inghiottii «ti devo parlare»
Lui diventò pallido e prese il vino. «Ne vuoi altro?»
Glielo presi e lo posai sopra il tavolo.
«Eric, ti devo veramente parlare»
 
Lui sospirò e si sporse dalla sedia. «D’accordo, ti ascolto»
«Non è semplice» mi pulii la bocca «ma te lo voglio dire perché mi sembra giusto farlo» chiusi gli occhi, poiché non volessi vedere la sua espressione, ma capii che fosse necessario farlo.
 
«Le cose non stanno andando tanto bene con noi…»
«Solo perché tu non collabori» aggiunse, cupo.
«Non è quello. Credo che ci sia qualcos’altro che non va. Non possiamo continuarla in questo modo!»
«Vuoi troncare i contatti con me, dico bene?»
 
Scossi la testa sbigottita.
«Certo che no! Non lo voglio per niente. Io ti voglio bene, Eric» appoggiai la mano sopra la sua e lo guardai con occhi sinceri.
«Tu mi piaci, Amie»
«E tu piaci a me. Soltanto che ti vedo come un amico e non come niente di più come prima… possiamo non terminare tutto in questo modo, potremmo uscire qualche volta…»
 
«No» sbottò a denti stretti «tu mi piaci come qualcosa di più. Io non cerco un’amica in t
Le sue parole in un certo senso mi ferirono. Non sapevo che rispondere.
«Che ne dici se ritorniamo a casa?»
Lui annuì, ancora scosso dalla conversazione.
 
Arrivati al vialetto davanti a casa, rimanemmo fermi e fui fermamente convinta che quella sarebbe stato l’ultima possibilità di parlargli.
 
«Te l’ho detto per ri–»
«Questa è la fine, quindi?»
Il suo tono di voce mi fece irritare.
 
La fine di che cosa? Non eravamo niente.
 
«Ti ho già detto tutto quello che ti dovevo dire»
«Puoi andare, allora»
 
Le sue parole mi ferirono una seconda volta nel giro di una mezz’ora. Mi sentii in colpa: anche lui probabilmente ci era rimasto male alle mie parole.
 
«Scusami, Eric. Volevo solo essere sincera» mi sporsi per stampargli un bacio sulla guancia ma si voltò appena in tempo. Sospirai e scesi dalla macchina.
 
Entrai in casa senza guardarmi alle spalle.


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LEGGETEMI!

Mi devo scusare per il ritardo colossale, lo so.
Sono stata molto impegnata e non ho avuto occasione di aggiornare,
in più mi si era cancellato tutto il capitolo e ho avuto istinti omicidi, ajshd.

ANYWAY

1) Che ne dite del capitolo? Voglio tutti i vostri commenti e recensioni!
2) Non so se qualcuna di voi stesse seguendo la mia vecchia
fanfiction (x) ma ho intenzione di continuarla uno di questi giorni.
Ho già scritto un paio di capitoli ma non so se pubblicarli
come sequel oppure continuare. 

In ogni caso, spero di trovare tante recensioni!
8 RECENSIONI
e aggiorno subito. x

 


Mi potete trovare
qua, oppure qua.

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Capitolo 7
*** What is going on? I am so confused. ***


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Aprii la porta e tutti mi accolsero con dello spumante.
 
«Quanto può essere dura lasciarsi?» Justin mi prese in braccio e mi fece fare una giravolta.
«Justin, fammi scendere. Ho bisogno di un drink!» biascicai, cercando un bicchiere.
 
«Non hai una bella faccia» disse Cory porgendomi direttamente la bottiglia. Ne bevvi almeno cinque sorsi belli e buoni.
 
«Non è finita come speravo. Adesso mi odia» mi feci scappare un borbottio.
«Non può odiarti, sei troppo bella!» Acacia arrivò e mi abbracciò: era ubriaca fradicia.
Mi voltai con fare accusatorio verso Jake «L’hai fatta ubriacare?»
«L’ha fatto prima che potessi fermarla, Amie. Fidati, non l’avrebbe fatto» si morse il labbro in segno di rimorso.
 
«È tutto okay, come è andata a te?» mi chiese, mangiandosi tutte le parole.
«Cacia, dovresti andare a letto!»
«No, stavamo guardando… un… film!»
 
Alzai gli occhi al cielo e salii al piano di sopra e la gettai sopra il letto.
«Non alzarti di qui prima di domani mattina, siamo chiare Acacia Patel?»
«Non mi piace quando mi chiami per nome e cognome!» si lamentò come una bambina.
«Buonanotte tesoro, ci vediamo domani» la coccolai sorridendo e la coprii. Dopo pochi secondi stava già russando.
 
«Bel lavoro mamma!» Justin mi aspettava fuori dalla porta.
«Ci manca proprio questo: diventare mamma» aggrottai la fronte e lui mi cinse i fianchi, baciandomi la punta del naso.
«Che stai facendo?» chiesi ridacchiando. Sentii l’alcol iniziare a farmi girare leggermente la testa. Lui mi condusse in camera sua e io lo seguii senza indugi. Ci coricammo sul suo letto.
 
«Voglio dormire» mugugnai a contatto con il suo cuscino.
«Allora dormiamo» disse.
 
Chiusi gli occhi e quando li aprii era già mattina.
 
Cazzo.
 
Justin aveva un braccio intorno a me e io avevo una gamba sopra il suo fianco. Ci eravamo veramente addormentati.
 
«Amie, smettila di muoverti, sto dormendo…»
«Bene, allora spostati così posso andarmene!»
 
Aprì gli occhi e si alzò, facendo cadere poco dopo la testa sulla testiera. «Che cosa è successo?»
«Ieri mi sono addormentata qua!» lo guardai corrucciata «Aspetta… eri ubriaco anche tu ieri notte?»
Mi guardò con occhi stanchi e scosse la testa, come per dimenticare.
 
«Possibile»
«Ma che diamine avete in quel cervello?» mi alzai irritata e presi la mia giacchina dal pavimento.
«Aspetta, Amie…»
«Justin, torna a dormire»
 
Andai nella mia stanza e Acacia era ancora nel mondo dei sogni. Mi cambiai e scesi al piano di sotto. C’era Jamie.
 
«Ieri notte non siete riusciti a fare a meno di ubriacarvi con spumante e vino?» chiesi seccata dal loro comportamento.
«Forse volevamo tutti dimenticare…» si grattò la nuca e sbadigliò «non è stata una delle serate migliori che abbiamo passato in casa, ecco»
Sgranocchiai dei cereali «Che cosa è successo?»
Jamie mise la sua scodella a lavare e scosse la testa «Fattelo spiegare dagli altri. Non ricordo neanche tanto bene… mi pare che fosse tutto iniziato da una lite tra Acacia, Hilda ed Angie… poi Justin era arrabbiato per fatti suoi e poi tutti sono esplosi… compreso me» sospirò «forse»
 
«Jamie, credo che sia il caso che tu ritorni a dormire. Hai due occhiaie grandi così!»
«Anche tu non sembri okay» mi voltai verso lo specchio: avevo ancora il trucco sbavato dalla notte precedente ed ero veramente impresentabile.
«Bene, siamo in due» lui ridacchiò e andò in camera sua.
 
Ero rimasta in cucina da sola ed erano solo le 7 del mattino. Che cosa potevo fare?
 
Come prima cosa mi lavai e mi cambiai completamente, poi decisi di mettere in ordine il macello che avevano combinato tutti la notte prima.
 
Dopo circa un’ora la casa era come nuova. Passai ai piatti che misi in lavastoviglie e poi potevo iniziare a prepararmi per la lezione. Uscii di casa due ore prima, decisa di passare a far colazione da Starsbucks.
 
La campanellina suonò appena misi piede dentro e un gruppo di ragazzi fischiò. Arrossii in un modo allucinante. Cercai un tavolo nascosto da tutto e da tutti e ordinai un cappuccino con due muffin ai mirtilli. Ripassai alcuni concetti e feci colazione in santa pace, fino a quando vidi Brad e Ian avvicinarsi al mio tavolo.
 
«Hey!»
«Oh, ciao ragazzi» chiusi i libri.
«Che ci fai qua tutta sola?» mi chiese Ian.
 
Ebbi un sussulto. Angie stava ancora frequentando Ian dopo aver ballato con lui dopo la festa? Non ebbi avuto l’occasione di saperlo.
 
«Volevo rimanere da sola. Ne ho bisogno qualche volta» scrollai le spalle.
«Oh, capisco. Quindi ti abbiamo disturbato…»
«Oh, certo che no!» cercai di non farli sentire di troppo «Mi fa piacere rincontrarvi»
 
Continuavo a guardare Ian, come se riuscissi a vedere nei suoi occhi la risposta alle mie domande. Dai, cazzo, dimmi qualcosa a riguardo!
 
«Abbiamo saputo che hai rotto con Eric, ci dispiace» Brad mi prese alla sprovvista. Come faceva a saperlo? Era successo solo un paio di ore prima.
«Come lo sai?»
Scrollò le spalle «Facciamo parte della stessa confraternita. Ieri notte sembrava disperato. Diceva che aveva bisogno di andare a bere e di organizzare qualche festa»
Lanciai gli occhi al cielo ed entrambi ridacchiarono.
«Comunque il prossimo week-end dobbiamo andare a suonare al solito posto. Possiamo contare sulla tua partecipazione?» un lampo di speranza nacque negli occhi di Brad.
 
«Non saprei…»
«Potresti venire con Angie» suggerì Ian «mi ha detto che sarebbe venuta» sembrava entusiasta e io lo fui ancora di più.
 
Quella stronza mi stava criticando nonostante lei stesse facendo di peggio: frequentava Ian e nel mentre scopava con Cory. Che razza di ragazza poteva mai essere?
 
«Oh, allora va bene. Ci saremo di sicuro!»
 
Li salutai e se ne andarono.
 
Bene. La vendetta va servita fredda, o sbaglio?
 
Dopo la lezione ritornai a casa. Jamie non si era presentato per la troppa stanchezza e tutti stavano ancora dormendo. Erano assurdi!
Acacia era ancora K.O. e l’unica cosa che potei fare fu quella di mettermi davanti al computer a verificare per la terza volta il mio saggio di storia prima di consegnarlo al professore.
 
Una nuova e-mail.
 
Da: caroline19847@live.com
 
      Salve. Il professor Scott mi ha proposto di rivolgermi a lei per lezioni di tutoraggio di economia.
      Le dispiacerebbe farmi sapere qualcosa di più? Grazie mille e mi scusi per il disturbo. A presto!

 
Aggrottai le sopracciglia. Cosa?
 
A: caroline19847@live.com
 
      Salve. Mi dispiace di informarla che io non faccio alcun tipo di lezioni di tutoraggio.
      Forse ha sbagliato e-mail. Mi scusi.

 
Dopo pochi minuti arrivò la risposta.
 
Da: caroline19847@live.com
  
      No, sono abbastanza sicura di non aver sbagliato proprio niente.
 
Chiusi il computer con rabbia e Acacia si svegliò facendo un balzo.
 
«Che succede, mamacita?» mi chiese con voce roca e con aria stanca.
«Il professore Scott mi ha assegnato il compito di tutor senza neanche prendere in considerazione la mia opinione. È assurdo!»
«Mmh… capisco» riuscì a dire per poi girarsi verso l’altra parte. Era ancora fuori.
 
Mi alzai dalla sedia, nervosa e scesi le scale. Justin e Hilda stavano facendo colazione. Un altro motivo per cui diventare più furibonda e chiudermi la porta alle spalle in quel modo. Per alcuni istanti pensai di rompere tutta la casa. Aprii la macchina e andai nei dormitori del college in cui era stanziata Vanessa.
 
«Perché tutti ce l’hanno con me durante questi giorni?» sbottai entrando in camera sua.
«Okay, che succede?» Vanessa fece un balzo dallo spavento ma dopo essersi ripresa, si mise di nuovo composta sulla sua sedia.
«Prima Angie e Hilda, poi Hilda e Justin, poi Justin e basta, poi tutt’e tre assieme e infine il professor Scott! Ma che diamine?» feci avanti e indietro e poi alzai una mano con enfasi «Oh, senza dimenticarci di Eric!»
 
«Tesoro, tesoro, respira» Vanessa si alzò e mi venne incontro, stringendomi le spalle. «Adesso siediti e mi racconti tutto»
 
Le raccontai tutto, giusto per sfogarmi e dopo mezz’ora mi sentivo già molto meglio, anche se la necessità di spaccare qualcosa mi fremeva ancora in tutto il corpo.
In quel momento odiavo tutti, compresa la mia migliore amica che si era ubriacata e mi aveva lasciata da sola, senza nessuno con cui parlare e sfogarmi. Ero infuriata ancora con Justin e Hilda, con… Angie!
 
«Siete matti!» fece infine Vanessa «Se non lo capite adesso, sarà troppo tardi!»
 
Ma di che diavolo stava parlando?
 
«Vanessa, non ti seguo…»
 
La porta in quell’esattissimo momento venne spalancata e un ragazzo dal sorriso angelico sporse la testa. Chi sei brutto impostore?
 
«Oh, Julian, eccoti qua!»
 
Ah, Vanessa lo conosceva.
 
«Momento… sbagliato?»
«Oh, no. Stavo giusto andando via…»
«Già» sorrise a trentadue denti Vanessa.
 
Cosa?!
 
«Anzi, forse no» dissi, guardandola in modo torvo.
«O forse si. Ti chiamo dopo, okay?» una supplica era palese nei suoi occhi quando si rivolse direttamente a me, stringendomi una mano. Le feci allentare la presa e andai via, sospirando.
 
Adesso anche l’unica amica che mi era rimasta, mi aveva lasciata. La rabbia fece spazio alla delusione e tristezza.
 
Ma no, io non potevo farmi buttare giù da tutte queste persone. Dovevo in qualche modo reagire e giusto perché la sfiga non arriva mai da sola… il professor Scott mi apparve davanti.
Non mi ero ancora preparata alcun tipo di discorso e in quelle condizioni non ero capace di sopportare un’altra discussione.
 
«Buongiorno signorina McKenzie, la vedo un po’ giù di morale»
«Mi ha assegnato il titolo di tutor?» chiesi, imperturbabile.
«Oh, giusto…» esortò il professore, inforcandosi gli occhiali. «Volevo parlarle giusto di questo. In realtà non ho voluto affidarle nessun incarico se lei non fosse d’accordo» aprì più del necessario gli occhi per rendermi il concetto e annuii. «Ma un ragazzo molto insistente mi ha chiesto se…»
«Un ragazzo? Ma l’e-mail era di una certa Carolina»
Il professore si mise a ridere in modo sguaiato. Gli potei vedere addirittura il pancreas. «Ma dimmi un po’ tu i ragazzi d’oggi!»
 
Aspettai che aggiungesse altro ma se ne andò via lasciandomi nei corridoi da sola.
Ecco, un’altra persona da aggiungere alla lista del “Le persone che si prendono gioco di me”.
 
Sospirai e ritornai a casa.
 
«Ti devo parlare» non feci in tempo neanche ad entrare in casa che Justin balzò fuori dalla porta. Aveva un’espressione irriconoscibile.
«Non adesso, non mi va» sbottai, sorpassando la porta e incrociando gli sguardi di tutti i miei coinquilini. Avrei voluto urlare ad ognuno di loro una cattiveria diversa, ma lasciai perdere e con una smorfia, mi liquidai salendo le scale in fretta e furia. Justin nonostante le mie parole mi seguì fino a camera mia, ma gli chiusi la porta in faccia e afferrai subito la chiave per blindarla.
 
Sospirai, sollevata. Tutto ciò di cui avevo bisogno era di dormire. Di dormire e basta.
 
Mi svegliai a causa dei battiti alla porta e della voce di Acacia. «Amie, aprimi per favore!»
 
Mi alzai controvoglia e così feci. Mi aspettavo che mi dicesse qualcosa di pungente, invece mi abbracciò con tutta la sua forza. «Scusami»
«Mi devi molte spiegazioni»
«Hai ragione, ma ti spiegherò dopo. Adesso dobbiamo prepararci per andare al biliardo»
 
Oh, merda. È vero, il concerto di Brad e Ian.
 
La tensione era palpabile tra di noi e anche in macchina tutto sembrava diverso. Justin dava l’idea di essere stufo, Hilda scocciata dalla mancanza di attenzioni di Justin, Angie super eccitata al pensiero di vedere Ian (o dell’immagine del corpo nudo di Cory?) e gli altri assecondavano o facevano gli indifferenti. So soltanto che io non facevo parte di questi ultimi.
 
«Finalmente vi fate vivi!» arrivò Bob con una birra in mano e ci accolse alla sua maniera: ammiccando esageratamente a noi ragazze e insultando i ragazzi. «Siete venuti proprio in tempo: tra poco iniziano con alcuni giochini» ammiccò e poi se ne andò. Ci scambiammo tutti un’occhiata perplessa. Giochini?
 
«Non dovevano suonare, oggi?» chiese Hebe e tutti annuimmo.
Avanzammo, sedendoci in uno dei tavoli vicino al palco. Poco dopo sentii qualcuno dire: “Chiamate la Clique!” non fui l’unica a sentirlo, di fatti Jamie si girò nella direzione da cui proveniva la voce, ma le luci si spensero e Bob arrivò da noi con un paio di birre.
 
«Venite ragazzuoli. Prendete una birra e salite con me sul palco»
«Cosa?» sbottò Acacia.
«Avanti, non ve ne pentirete»
 
Circa sei ragazzi arrivarono e ci fecero salire sul palco. Quando fummo ormai sopra, incrociai lo sguardo con Justin, il quale mi stava fissando. Non so perché ma mi sentii più imbarazzata in contatto con quegli occhi color caramello che davanti a tutti quelli davanti a me. Tutti fischiarono e Cory li fece zittire. Poi esultò e tutti gli fecero d’eco in modo giocoso.
 
«Cory, dacci un taglio se vuoi rimanere con quel pene ancora a lungo!» ci scherzai su io e tutti si misero a ridere.
«Se me lo strappi tu, ci credo!» altre risate.
 
Qualcuno mi prese per un fianco e mi capacitai del fatto che fosse Justin.
 
Un unisono di “OOOOOH” si fece spazio tra tutti gli sghignazzi e io avvampai. Acacia mi prese e mi mise dietro le sue spalle, come se mi dovesse far da scudo. Perché?
 
Hilda mi stava macellando viva con lo sguardo e io non feci altro che mostrare quasi indifferenza, fino a quando divenne più difficile del previsto dal momento che apparve sopra il palco anche Eric. Ma che cazzo stava succedendo?
 
«Oh, non provare ad avvicinarti o all’università ci dovrai andare in stampelle caro mio!» Acacia mi tenne sempre stretta a lei e quando mi strattonarono da una parte all’altra mi sentii come una bambola con cui le bambine giocano, si divertono e lasciano da una parte qualche minuto dopo.
 
Fu un miracolo che riuscimmo ad arrivare a casa sana e salvi… senza ucciderci prima tra di noi.


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LEGGETEMI!

Lo so, è un capitolo corto, ma almeno sono riuscita ad aggiornare.
Finalmente!
Che cosa ne pensate?
Voglio tantissime recensioni, mi raccomando.

8 RECENSIONI
e aggiorno subito!


Mi potete trovare
qua, oppure qua.

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Capitolo 8
*** Memories. Choices. ***


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Mi alzai strisciando dal letto, con la sbronza ancora in circolazione. Mi sentivo affaticata come mai mi ero sentita e soprattutto mi sentivo un viscido verme.
 
«Vai un po’ più in là» dissi ad Acacia. Lei si lamentò e borbottò qualcosa che non capii, poi mi fece spazio nel suo letto. Ci entrai e sospirai.
«Che ti prende, mamacita?»
«Non lo so, ma ho come l’impressione che sia successo qualcosa» fissai il soffitto e immaginai diverse congetture riguardo alla notte precedente… ma perché mi veniva in mente tutto questo? Non ricordavo veramente niente.
«Eri veramente fradicia» sghignazzò.
«Cosa?» sbottai, voltandomi verso di lei. Teneva ancora gli occhi chiusi e sorrideva. Improvvisamente il suo respirò ritornò regolare e profondo. Si era riaddormentata.
 
Mi alzai e scesi per andare in camera di Jamie. Era sveglio che frugava nel suo armadio.
 
«Ciao macho, ho bisogno che tu mi dica qualcosa» entrai e mi buttai sopra il suo letto.
«Dimmi, Amie»
«Non ricordo che cos’è successo ieri…»
«Be’» si schiarì la voce «ieri abbiamo bevuto un po’ troppo tutti»
«Voglio sapere se qualcuno ha combinato qualcosa»
«Tu?» decise di mollare ciò che stava facendo e mi rivolse il suo sguardo leggermente assonato «Tu di sicuro. Spero che vada a scusarti con tutti»
 
Cosa?
«Jamie, dimmi che casino ho combinato» sbiancai.
«Amie, non so che cosa ti stesse bighellonando in quella testa stramba e contusa, ma hai fatto litigare Cory con Justin, mentre Eric è stato attaccato. Come se non bastasse Ian era incazzato nero con Angie e Hilda ti stava per attaccare al muro»
Trasalii.
«Scherzo, ho reso le cose troppo morbose» ridacchiò «ma hai combinato veramente un disastro»
Riuscii di nuovo a respirare.
«Non è divertente, Jamie»
 
«Lo so, scusami… ma Amie, non hai nessuna motivazione per cui incazzarti dopo quello che hai combinato»
«Non mi servi tu per farmelo capire» risposi, irritata.
«Non ti capisco…» svuotò l’armadio e fece cadere tutto a terra. Lo guardai stupefatta. «hai miliardi di scelte… hai il catalogo di ragazzi che ti vuole, ma non riesci a deciderti»
Aggrottai la fronte. «Prima di tutto, non è questione di avere cataloghi, perché non è così. Come seconda cosa, che cosa dovrei decidere? Siete tutti così ambigui che mi sta venendo il mal di testa»
 
Sbuffò.
«Non sono io che ti devo dire tutto, lo capisci vero?»
«Chi mi dovrebbe dare le risposte, allora?»
Fissò qualcosa dietro le mie spalle. «Guardati dietro, eccoti le risposte» sussurrò e mi voltai come se ci fosse un mostro.
 
Sulla soglia della porta c’era Eric. Che cosa c’entrava Eric in tutta quella situazione?
Oh, no…
 
«Scusami» si inginocchiò. «sono un incosciente, ma ho bisogno che tu ritorni con me»
«Eric, che cosa sta succedendo?» chiesi, alzandomi e facendolo alzare da terra.
«Io…» si alzò con un sospiro «credo di essere innamorato di te e non voglio che termini tutto così»
«Non dire sciocchezze!» lo portai in salone. Per fortuna nessuno era ancora sveglio. «Per caso hai bevuto?»
«No, Amie. Non ho bevuto» si mise il viso tra le mani.
Deglutii rumorosamente.
«È la situazione che ti sta confondendo… tu non sei innamorato di me. È una cosa impossibile! Mi conosci solo da poco tempo e non…» mi stavo contorcendo tutta per spiegarglielo. Per spiegarlo più a me che a lui e lo shock per la scoperta di quello mi fece impazzire.
 
Sentii dei passi e poi una porta chiudersi.
 
«Amie…» Eric mi guardò dritto negli occhi. «Non sarei venuto qua, rischiando la mia sicurezza, se non fosse così»
«Ma che diavolo stai farneticando?» stava esagerando.
«Justin e Cory mi ammazzano se mi vedono qua… ma credo che ne valga la pena» mi si avvicinò e mi cinse dai fianchi. «Io, Amie McKenzie, ti amo»
Sospirai e incrociai i suoi occhi. «Non ti aspetterai mica che ti dica lo stesso?» ridacchiai, non potendo fare altro.
Lui scosse la testa sorridendomi. «No, non te lo sto dicendo perché voglio che tu ricambi… lo so che non sei ancora pronta»
«È stato veramente pericoloso, sai» ammisi, scherzando. «una padellata in testa non ti avrebbe fatto male, però»
 
Gli si aprì un sorriso più grande del viso, capendo la mia intenzione e mi strinse ancora di più. Non potei fare altro che ricambiare e capire che non sarebbe stato veramente un male ritentarci. D’altronde Eric mi era piaciuto tanto, non mi costava nulla.
 
«Però» aggiunsi, slegandomi dal suo abbraccio. «Non voglio che tu ti faccia illusioni su nulla. Ci riproviamo, ma io non voglio che si creino situazioni strane, d’accordo?» nonostante tutto, però, c
’era qualcosa che probabilmente non andava. Non andava bene.
«Potrò attendere» ammiccò.
«Okay, allora questo è il momento in cui te ne vai altrimenti verrai mangiato dalle bestie»
«Non ho più paura» mi baciò sulla guancia «ma devo andare perché i miei genitori devono venire a casa per pranzo. Devo preparare tutto»
Ero felice che almeno non mi avesse chiesto di andare, rendendo le cose ancora più complicate di quanto si stavano dimostrando.
«Allora buona fortuna»
«Ne avrò proprio bisogno» mi stampò un altro bacio sulla guancia «ti chiamo dopo»
«A dopo, allora» lo accompagnai alla porta e se ne andò via continuando a salutarmi anche quando fu in macchina.
 
Entrai con ancora il sorriso in viso e corsi in bagno a lavarmi. Ci misi solo dieci minuti e cercai di fare tutto il più in fretta possibile in modo da non fermarmi a pensare. Mi avrebbe rovinato tutto.
Uscii dal bagno, con Acacia che bussava la porta, ma quando aprii non fu proprio lei che bussava, ma bensì Justin. Si era appena svegliato.
 
«Buongiorno» azzardai.
«Hai finito?» mi chiese, senza mostrare nessun tipo di emozione.
 
Rimasi zitta per alcuni istanti e ci guardammo negli occhi.
«Devo entrare» disse, infine lui con un sospiro.
Mi spostai e lo lasciai passare. Non ero riuscita a dirgli nulla. Bene.
 
«Non è questa la questione!» sentii «Adesso Ian mi odia per colpa sua! Per aver detto una stupidissima cazzata!»
«Lo sai che non è una cazzata»
«E dopo? Non doveva succedere! Non dovevo accettare, cazzo!»
Cory ed Angie stavano discutendo al piano di sotto.
 
Rimasi ancora qualche istante nel pianerottolo, ascoltando la loro conversazione ma Hebe arrivò da dietro facendomi saltare dallo spavento.
«Ehi, calma» disse, divertita «che cosa stai facendo? Non è una buona cosa origliare le conversazioni degli altri, lo sai?»
«Lo so» ammisi quando mi ripresi. «Ma ho il bisogno di mettere in chiaro ciò che è successo ieri, capisci?»
Si accigliò «Basta chiedere, no? Non sei mica un’investigatrice»
Alzai gli occhi al cielo. «Non credi che lo abbia già fatto?»
«Allora, non voglio che duri ancora per molto tutta questa situazione perciò ascoltami bene e basta.»
 
Io annuii e mi tenni pronta a qualsiasi cosa che mi stava per dire.
 
«Justin e Cory hanno litigato perché si presumeva che Cory provasse qualcosa per te. Eric è apparso dal nulla e da lì tutto è iniziato. Hilda e Angie hanno iniziato a darti le colpe di tutto, allora tu hai insultato mia sorella – che, francamente se lo meritava, e riguardo a questo non ho niente da dirti – mentre a Angie, l’hai conciata per le feste, scoprendo la sua “storiella” con Cory mentre Ian era lì che ascoltava tutto»
 
Oh…
 
Non seppi che cosa dire, perciò lei mi abbracciò e poi se ne andò. Oltre il fatto che le parole non riuscivano ad uscire dalla mia bocca, non sapevo neanche che cosa pensare dal momento che avevo scoperto che non ero stata soltanto io a combinare tutto quello. Dovevo ancora assorbire pienamente tutte le parole di Hebe.
 
Justin uscì dal bagno e io sussultai.
«Che ti prende?» mi chiese, quasi preoccupato.
«Nulla, perché?»
«Sei bianca in viso…»
Entrai subito in bagno e vomitai. Vomitai tantissimo e Justin accorse subito mantenendomi i capelli indietro.
 
«Cazzo!» imprecò e fu un altro conato da parte mia.
Mi sentivo la testa girare leggermente e poi smisi di far fuoriuscire tutte le schifezze che avevo ingoiato la notte prima. Justin, per paura che vomitassi di nuovo, acchiappò alla velocità della luce un asciugamano e lo bagnò, costringendomi a sciacquarmi la faccia e pulirmi per bene.
Mi alzai, dicendogli di stare tranquillo e mi lavai i denti.
 
«Come ti senti?» adesso non sembrava più arrabbiato, ma piuttosto comprensivo.
«Bene, ho solo un po’ di mal di testa, ma è tutto okay»
Lui si morse il labbro e mi prese in braccio come se fossi una bambina e mi portò nel mio letto, facendomi accoccolare tra le lenzuola.
«Justin?»
«Stai di nuovo male?» mi chiese timoroso.
«No!» sbottai prima che mi prendesse di peso come poco prima per trainarmi in bagno «Solo… che…» non mi uscivano le parole dalla bocca «vieni qua con me?» chiesi infine, mostrandomi una bambina indifesa.
 
Lui esitò, ma poi si sdraiò di fianco a me e mi strinse a sé.
Mi sentivo molto meglio.
 
«Non so se ti abbia fatto qualcosa ieri notte, ma qualsiasi cosa sia successa, mi dispiace. Sul serio» sussurrai dopo alcuni minuti di totale silenzio.
«Non mi hai fatto nulla, Amie» sospirò.
«E allora perché ce l’hai contro di me?» allusi al comportamento di quella mattina… era risultato deluso da me e non capivo perché lo facesse se – come ha detto lui – non gli avevo fatto nulla.
«Io non ce l’ho contro di te, piccola» mormorò nelle mie orecchie e mi sentii invadere da un calore inimmaginabile. «io ho solo paura di te»
Arricciai il naso «Che scusa del cazzo»
Lui scoppiò a ridere. Mi mise delle ciocche di capelli dietro le orecchie e mi baciò la fronte. «Sono serio, sei una belva mangia organi»
«Io non li vorrei i tuoi organi, però»
Lui espirò con insistenza e stette zitto, si stava accingendo a replicare, ma fece scivolare nell’abisso per quel momento che era scherzoso per entrambi… fino ad adesso.
 
«Ehi, stavo scherzando… non dirmi che ti sei offeso» gli posai una mano sul petto e lui mi abbracciò così forte che mi fu difficile respirare, ma non mi lamentai di questo perché in quel modo mi sentivo fastidiosamente bene e ricambiai, toccandogli i capelli. Allentò la presa e dopo di che ci allontanammo il tanto giusto per guardarci negli occhi. Fu uno sguardo intenso e pieno di significato, che entrambi non volevano mollare e quindi abbassare lo sguardo per primi. Durammo per almeno cinque minuti, poi la porta si aprì e Acacia entrò in camera. Non mi ero neanche accorta che non ci fosse. In realtà non mi ero preoccupata di quello nell’istante in cui Justin mi aveva portata a letto.
 
«Oh merda, scusatemi!» uscì subito fuori e riuscii di nuovo a respirare, anche se ero inconscia del fatto che lo stessi trattenendo. Un secondo di più e i sensi di colpa mi scivolarono come una pioggia di meteoriti: pericolosi.
«Senti…» tentai di non far tremare la mia voce, ma Justin non mi diede neanche il tempo di continuare che mi bloccò le braccia e si mise sopra di me.
 
Oh santo cielo…
 
«Sentimi tu, stavolta, d’accordo?»
Annuii, non sapevo che cos’altro fare. E non volevo neanche declinare la sua proposta.
«Io…» sospirò voltandosi verso la finestra e poi di nuovo dentro i miei occhi. «io provo un sentimento per una persona che non ho mai provato per nessuno. Nessun’altra persona in questo mondo potrebbe mai colmare la sofferenza che provo quando lei non è con me, quando lei non pensa a me quanto lo faccio io, oppure quando lei non sceglie me come potrei fare io. È inutile dirlo, perché so che tu sai che quella persona sei tu, Amie» sospira «ma la cosa peggiore, sai qual è? Che mi fa ancora più rabbia che tu possa scegliere una persona che non ci terrà mai tanto a te come lo potrò fare io, perché è questo che mi fa incazzare più di tutto. Il fatto che tu non capisca quanto tengo a te»
 
Ogni singola parola era come una pugnalata allo stomaco e una martellata al muro che avevo costruito intorno al mio cuore. Ogni singolo sguardo ad ogni singola sillaba era come un respiro in più e un senso di piacere immensamente paradisiaco da farmi affogare in questo mare di dolcezza.
 
Io non volevo Eric… io volevo Justin. Che io lo volessi ammettere o meno, tutto ciò che avevo desiderato fino a quel momento era lui. Il fatto che fossi troppo testarda per non ammetterlo mi aveva fatta risultare menefreghista quando l’unica cosa che mi faceva star bene era il calore del suo corpo, i suoi occhi sui miei e le sue braccia intorno a me come uno scudo da tutte le incertezze che mi colpivano una dopo l’altra. Justin mi aspettava e io invece cercavo di scappare da lui. Era una corsa in cui lui mi correva incontro mentre io rimanevo ferma dov’ero, a meditare su ciò che sarebbe successo quando mi avrebbe raggiunta. Ma ora lo sapevo. Sapevo che lui era la mia scelta. Non era nessun altro. Era lui.
 
Non c’era bisogno di parole, ma di sentimenti buttati in faccia e di fatti presentati all’istante prima che tutto potesse andare disperso.
Gli presi il viso tra me mani e prima che potessi rifiutarmi del mio stesso impulso, lo baciai. Lo baciai con passione, facendogli percepire ogni singola cellula del mio corpo che lo desiderava. Lo baciai ancora e ancora e lui non aveva intenzione di mollare. Mi strinse così forte che pensai potessimo diventare un corpo solo. Ci provammo con un singolo bacio tutto ciò che c’era da dire, pensare o fare.
 
Io stavo diventando l’eccezione alla regola di lui, mentre lui per me stava diventando la regola in persona.

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LEGGETEMI!

Eccomi qua, bellissime.
Sono in ritardo, lo so, lo so. Non fatemi sentire ancora più in colpa.
Sono indietro in entrambe le mie fanfiction {x}
ma ho intenzione di farmi perdonare e con questo capitolo spero di averlo fatto!
Spero che vi piaccia perché ci ho messo tanto a capire che questi due
dovessero stare insieme *nooooooooooo* e creare questa situazione.

Sarebbero gradite delle belle recensioni, altrimenti capisco che non apprezzare la coppia Jamie!
A presto bellissime!



 


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