Human Touch

di MagicRat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Zoe stava correndo lungo una strada sterrata che costeggiava una piccola foresta quando sentì dei passi alle sue spalle. Sapeva che sarebbe arrivato, prima o poi. La ragazza abbassò il volume dell’ipod e si concentrò sul rumore dei passi. Presto l’andatura regolare divenne più veloce. Sempre più veloce. Ad un tratto Zoe sentì una pacca sulla spalla e qualcosa le sfrecciò di fianco urlando “È tua!
Zoe iniziò l’inseguimento, ma l’altro l’aveva distanziata di alcuni metri. Imprecò quando lo vide abbandonare il sentiero per tuffarsi in una corsa sfrenata all’interno del bosco. Qui, però, a causa del terreno ricoperto di radici e arbusti rallentò la corsa, così Zoe riuscì finalmente a raggiungerlo e a toccargli la spalla.“Adesso è tua!” disse, allontanandosi nella direzione opposta.
Lo sentì borbottare qualcosa mentre frenava e, voltandosi, ricominciava a correre.
Ora correvano fianco a fianco, ma in mezzo a loro c’era una fila di bassi cespugli.
Zoe lo vide mentre la superava e si aggrappava ad un ramo con entrambe le mani per aiutarsi a saltare oltre i cespugli. La ragazza ebbe solo il tempo di rendersi conto che stava per finire dritta tra le sue braccia prima di riuscire a svoltare in uno stretto sentiero che portava al fiume.
Presto il terreno divenne sabbioso e gli alberi iniziarono a diradarsi.
Alla fine, quando Zoe raggiunse la piccola spiaggia si fermò, ansimando esausta.
“Basta! Non ce la faccio…”
Non riuscì a terminare la frase, perché l’altro le si avventò contro, prendendola fra le braccia.
Caddero tutti e due, rotolando sulla sabbia soffice.
Quando si fermarono, Zoe si trovava a pochi centimetri dal viso dell’uomo, che sorridendo disse “È tua”
“Ma dai Bruce? Non l’avrei mai detto”
Bruce si distese a fianco della ragazza, e per un po’ restarono fermi a recuperare fiato. Dopo un paio di minuti l’uomo si rimise in piedi e tese la mano a Zoe per aiutarla ad alzarsi.
“Non ho più l’età per queste cose” si lamentò la ragazza.
“Ti ricordo, giovane fanciulla, che qui quella che ha 25 anni sei tu, non io. Io ne ho 60, sono io quello vecchio”
“Non è vero. Ne hai solo 59” replicò Zoe
“Anche questo è vero” dovette ammettere Bruce mentre toglieva un po’ di sabbia dalla maglietta. “Comunque sono contento di rivederti”.
Andarono a sedersi in riva al fiume.
“C’è anche Andy con te?” chiese Bruce.
Zoe scosse la testa “No…lui…ci siamo lasciati la scorsa settimana. Cioè, lui ha lasciato me, per essere precisi”. Appena terminò la frase, Zoe si morse la lingua. Alcuni mesi prima la notizia principale che tutti i giornali avevano riportato era stata quella riguardante il divorzio di Bruce e Patti.
L’uomo infatti fece un sorriso amaro e disse “Bé, lo sai che ti capisco. Mi dispiace.”
“Già. Dispiace anche a me.”
Bruce raccolse dei sassolini e iniziò a gettarli nell’acqua.
“Quindi siamo stati scaricati tutti e due”
“A quanto pare”
“Siamo soli”
“Siamo soli”
Bruce lanciò l’ultimo sassolino “Pizza e film?”
Zoe lo guardò sorridendo “Ovviamente” .

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Prima di andare a casa di Bruce per la cena, Zoe tornò a casa sua per fare una doccia e cambiarsi i vestiti.
Non era la prima volta che passavano una serata insieme. Nonostante la grande differenza di età avevano scoperto di andare d’accordo. In particolare, avevano gli stessi gusti in fatto di film.
Zoe ricordava ancora la prima volta che lei e Bruce si erano incontrati, tre anni prima. Era stato un incontro piuttosto alternativo.
 
La luna era piena. Era enorme.
Faceva così tanta luce che Zoe non aveva neanche bisogno della torcia per vedere il sentiero.                
Era la prima volta che andava a stare nella nuova casa di suo padre.

“Sono il vicino di Bruce Springsteen!” le aveva detto per telefono, anche se quando Zoe aveva visto la distanza tra le due case aveva pensato che di vicino non avevano praticamente nulla.
Non riusciva a dormire quella notte. Solita litigata con il suo ragazzo, Andy. Solita conseguente sensazione di schifo.
Così aveva deciso di fare una passeggiata lungo il fiume, nonostante fosse notte fonda. Non aveva paura, di sicuro non avrebbe incontrato nessuno in quel posto, a quell’ora.
Dovette ricredersi appena arrivò alla piccola spiaggia. C’era un uomo poco più avanti, riusciva  a vedere chiaramente la sua sagoma scura alla luce della luna.
Stava per voltarsi e tornare sui indietro, ma con un piede spezzò un ramo producendo un rumore secco.
L’uomo si girò di scatto.
“Heyi!”
L’uomo le si avvicinò e istintivamente Zoe fece alcuni passi indietro.
“Tranquilla, tranquilla. Non ti faccio niente”. Gli occhi scuri dell’uomo luccicavano grazie al riflesso della luna. Zoe restò zitta, con ogni singolo muscolo del suo corpo teso.
L’uomo si chinò leggermente verso di lei, strizzando gli occhi per vedere meglio.
“Ma tu sei la figlia di…come si chiama…insomma, del tizio che ha comprato la casa vicino alla mia”
In quel momento Zoe riconobbe l’uomo che aveva davanti e si rilassò
“Si. Sono la figlia di Sean”
“Sean. Giusto. E cosa ci fai da queste parti a quest’ora?”
“Non riuscivo a dormire”
“Nemmeno io” nella luce della luna, Zoe vide le labbra dell’uomo incurvarsi in un sorriso “Ti ho spaventata?”
“Solo un pochino” rispose Zoe sorridendo a sua volta.
“Mi dispiace, non volevo”. L’uomo le porse la mano “Comunque io sono Bruce Springsteen. Piacere di conoscerti”.
 
Quando entrò in casa Zoe scalciò via le scarpe da ginnastica e appoggiò le chiavi su un mobile.
“Salve!” disse ad alta voce alle stanze vuote. Non c’era nessuno oltre a lei: suo padre, come al solito, era via per lavoro e sua madre non viveva con loro da tanto tempo.
Entrò in bagno, tolse i vestiti sudati e si infilò sotto la doccia. Si sfregò delicatamente la pelle chiara e i capelli corti e una volta che ebbe finito si rivestì. Indossò una maglietta dei Green Day, sapendo benissimo che Bruce l’avrebbe criticata.
E infatti, la prima cosa che Bruce disse quando vide la maglietta fu “Ancora con questi Green Day? I Creedence devi ascoltare!”
“Tranquillo, ascolto anche loro. Invece quell’altro tizio…Bruce Springsteen…quello non mi piace proprio”
Bruce si mise a ridere e le fece segno di entrare.
Aveva già portato le pizze su un tavolino del soggiorno, davanti alla televisione.
“Ti piace il vino, Zoe?” domandò Bruce prendendo una bottiglia appoggiata su un mobile.
“Vino e pizza?”
“Si, perché? Me l’ha portata un amico dall’Italia…”
“E dici che un italiano approverebbe questo abbinamento?”
“Bho, non saprei” Bruce sollevò un sopracciglio “E sinceramente me ne frego. Comunque ho preso i bicchieri adatti.”
Ridacchiando Zoe si lasciò cadere sul divano “Allora immagino che non ci sia problema. Cosa guardiamo?”
“Taxi driver” rispose Bruce e si puntò l’indice alla tempia a mo’ di pistola. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 Finirono la pizza e finirono il film.
Finirono anche la bottiglia di vino.
Bruce riempì per l’ultima volta i bicchieri e rimase ha fissare la bottiglia.
“È finita” disse con voce quasi stupita.
Non ottenne risposta dalla ragazza. Zoe si era appena accorta che la camicia a quadri di Bruce era sbottonata abbastanza da lasciar intravedere i suoi pettorali.
Appena si accorse che li stava osservando in maniera parecchio eloquente, la ragazza distolse lo sguardo.
“Eh, già” disse schiarendosi la voce “È finita”
Erano entrambi piacevolmente alticci.
Bruce fece roteare il vino nel bicchiere “Come mai tu e Andy vi siete lasciati?” domandò ad un tratto.
“Era convinto che lo tradissi con un nostro amico”
“Ed era vero?”
“No, non era vero. Ma lui continuava a ripeterlo. Ogni volta che uscivo con le mie amiche, lui pensava che andassi a tradirlo. Me l’ha ripetuto così tante volte che… beh, che alla fine è diventato realtà”. Buttò giù un altro sorso di vino “E quello che hanno scritto su di te era vero?”
Su tutti i giornali Zoe aveva letto che la causa del divorzio tra Patti e Bruce era stata un tradimento -che in alcuni casi era diventato addirittura una relazione- del cantante.
“Diciamo che hanno ingrandito un po’ la cosa. Comunque si, il succo è quello”
Zoe terminò il suo vino e appoggiò il bicchiere sul tavolo.
“Merda, credo di aver bevuto troppo”
Bruce la aiutò ad alzarsi dal divano “Vieni, andiamo fuori. Ti farà bene prendere un po’ d’aria”
Andarono a sedersi sotto il portico. La notte era rinfrescata da una piacevole brezza.
Zoe prese il pacchetto di sigarette che teneva in tasca e ne mise una tra le labbra. Era l’ultima.
Non riuscì neanche ad accenderla, perché appena la vide Bruce scattò in piedi e gliela strappò via.
“Hey!” protestò la ragazza “Che cazzo fai?”
“Che cazzo fai tu! Ti fa male fumare!”
“Oh, ma per favore! Ridammela”
“No”
Zoe si alzò, barcollando leggermente a causa del vino “Bruce. Ridammi. La. Sigaretta”
Bruce fece un sorrisetto scemo “Dai, prendila se ci riesci” disse sollevando la mano sopra la sua testa. Adesso era fuori dalla portata di Zoe, che non era molto alta.
Fece qualche salto per cercare di raggiungere la sigaretta , ma l’unico risultato che ottenne fu quello di avvicinarsi sempre di più a Bruce.
Quando se ne accorsero smisero di ridere e si fermarono tutti e due.
Bruce abbassò la mano e fissò gli occhi della ragazza, accarezzandole delicatamente la guancia.
Alla fine si chinò verso di lei è la baciò delicatamente.
O meglio, al principio fu un bacio dolce, ma presto divenne sempre più appassionato.
Dopo alcuni istanti , le loro labbra si staccarono.
“Scusami” disse Bruce.
“È ok…”
Zoe si sentiva piacevolmente confusa.
Bruce le scostò un ciuffo di capelli dalla fronte, aveva un’espressione strana.
“Resta con me” disse “Resta qui con me questa notte” La sua voce era bassa e roca.
Zoe non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi scuri e profondi di Bruce.
“Va bene” disse in un sussurro.
Bruce la prese per mano e rientrarono in casa. La guidò fino alla camera da letto, dove Zoe non era mai stata e dove ricominciarono a baciarsi.
Lentamente, Bruce sfilò la maglietta alla ragazza e la lasciò cadere a terra.
Poi si accorse che la ragazza gli stava tirando la camicia e capendo quello che voleva dirgli, se la tolse.
Bruce si sedette sul bordo del letto e Zoe si posizionò sopra di lui a cavalcioni, baciandolo.
Con poche mosse rapide, Bruce le slacciò il reggiseno.
“Andy ci metteva sempre delle ore” commentò Zoe.
“Dilettante”
Bruce le afferrò saldamente le cosce, si girò  e la fece stendere sul letto. Iniziò a baciarla sul collo, facendole solletico con il pizzetto di barba che aveva sul mento.
Dopo alcuni istanti si mise in ginocchio tra le gambe di Zoe e le sfilò i jeans.
Solo in quel momento la ragazza si ricordò che, non pensando di approfondire così tanto la sua conoscenza con Bruce, aveva indossato delle mutande con delle tartarughe stilizzate disegnate sopra.
“Sexy…” fu il commento di Bruce quando le notò.
“Sono le mie preferite” disse Zoe.
Bruce la baciò ancora e quando fu nudo anche lui, tornò a distendersi sopra Zoe.
 
 
Zoe si era addormentata con la schiena contro il petto di Bruce.
L’uomo pensò che, se possibile, la pelle della ragazza sembrava ancora più bianca quando era illuminata dalla luna.
Le accarezzò i capelli.
Sapeva che presto sarebbero arrivati i sensi di colpa per quello che aveva appena fatto, ma adesso si sentiva bene. Per la prima volta da quando Patti era andata via, Bruce sentiva la sua testa libera da brutti pensieri, da qualsiasi pensiero.
Avvicinò il viso al corpo della ragazza per sentire ancora il suo profumo.
In quel momento, Zoe si svegliò, sbattendo ripetutamente le palpebre. Si girò sull’altro fianco e per un attimo i loro sguardi si incontrarono.
Lei fece un debole sorriso prima di tornare a dormire tranquillamente.
Bruce la baciò sulla fronte prima di addormentarsi a sua volta.  

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Zoe sospirò rassegnata, cercando una posizione più comoda sulla sedia.
Quel professore era riuscito a fare una cosa che Zoe aveva sempre ritenuto impossibile: rendere noiosa una lezione sui principali serial killer degli anni Ottanta.
Aveva un blocco per gli appunti sul banco, ma la prima pagina era ricoperta da tanti piccoli disegni.
Non riusciva a concentrarsi, né a prendere appunti.
Riusciva soltanto a pensare a quello che era successo tra lei e Bruce quasi tre giorni prima, ormai.
Quando si era risvegliata a casa di Bruce, lui non era più nel letto al suo fianco.
Le aveva lasciato un biglietto sul tavolo della cucina con cui le diceva che era dovuto andare via presto per un impegno e che poteva prendere tutto quello che voleva per colazione.
Non si erano più visti né sentiti. Del resto non avrebbero potuto: non si erano mai scambiati i numeri di cellulare e Zoe era dovuta tornare a New York per terminare i corsi all’università prima delle vacanze. Dal giorno seguente sarebbe stata libera.
Zoe non sapeva se quella mattina Bruce era andato via prima che lei si risvegliasse perché aveva realmente degli impegni o solo perché non voleva parlare con lei di quello che era successo. In ogni caso si era sentita profondamente sollevata quando si era accorta di essere sola.
Quello che avevano fatto le era piaciuto, non poteva negarlo. Le era piaciuto parecchio.
Ma una volta  passata “l’euforia” del momento – e l’effetto del vino – non avrebbe saputo cosa dire, come comportarsi con Bruce.
Ad un tratto sentì il cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Aveva ricevuto un messaggio da un numero sconosciuto.
L’sms conteneva una sola semplice parola: “Ciao”.
Probabilmente si trattava di qualcuno che aveva sbagliato numero, ma non avendo nulla di meglio da fare, Zoe decise di rispondere.
“Chi sei?”                                                                                
La risposta arrivò quasi subito e la lasciò parecchio stupita.
“Bruce”
“Non mi ricordavo di averti dato il mio numero” scrisse velocemente mentre il professore continuava la sua noiosa lezione.
Il cellulare vibrò di nuovo.
“Non me l’hai dato. Posso chiamarti?”
Quel messaggio, in particolare la prima parte, catturò tutta l’attenzione di Zoe.
“Dammi 2 minuti di tempo, devo uscire dall’aula”
Inviò l’sms, raccolse velocemente le sue cose e uscì. Il professore non diede segno di aver notato nulla. O forse semplicemente non gli interessava se i suoi alunni abbandonavano le sue lezioni.
Appena Zoe raggiunse il corridoio, il cellulare iniziò a vibrare insistentemente. Zoe schiacciò un tasto e rispose.
“Come fai ad avere il mio numero?” chiese subito a Bruce.
“Buon giorno anche a te, giovane fanciulla. Comunque l’ho preso dal tuo cellulare”
“L’hai preso dal mio cellulare?”
“Si. Mentre dormivi”
“L’hai preso mentre dormivo?”
“Hai intenzione di ripetere tutto quello che dico?”
“No. Perché hai preso il mio numero mentre dormivo?”
Bruce era seduto nella sua jeep, fuori dall’università di Zoe. Vide la ragazza uscire in cortile dall’altra parte della strada. Non diede segno di averlo visto. In compenso sembrava un poco arrabbiata. Bruce non riuscì a trattenere un sorriso.
“Faccio un sacco di cose stupide quando sono ubriaco. Anche quando sono sobrio, in effetti”
“Ah” Zoe sospirò. Non sapeva cos’altro aggiungere.
Bruce picchiettò le dita sul volante.
“Volevo scusarmi per l’altra sera”
“E perché?”
“Di solito quando un uomo passa la notte con un ragazza e poi se ne va senza dire niente il minimo che può fare è scusarsi”
“Oh. Beh, grazie. Non c’era bisogno” andò a sedersi su una panchina e lui la osservò prendere una sigaretta dalla borsa “E quindi cosa pensi di fare?”
“Stai fumando, vero?” Bruce si sforzò di trattenere una risata quando vide Zoe bloccarsi con la sigaretta a pochi centimetri dalla bocca.
“Adesso mi spii, anche?” chiese la ragazza guardandosi intorno. La jeep di Bruce era parcheggiata vicino ad altre macchine e lai non notò la sua presenza.
“Io ti osservo sempre, giovane fanciulla. E poi ti conosco”
Zoe si mise a ridere. Non sembrava più arrabbiata.
“Comunque per tornare alla tua domanda, pensavo di portarti fuori a pranzo. Solo se vuoi, ovviamente”
“Volentieri. Ok”
Bruce si accorse di aver trattenuto il respiro in attesa della risposta di Zoe e quando la sentì, le sue labbra si incurvarono in un largo sorriso.
“Perfetto. Se vuoi posso passare a prenderti tra…beh, anche adesso. Se hai finito con le lezioni”
“Si, va bene…no. No, scusa. Sono impegnata ancora per un po’. Devo fare un’autopsia”
“Una cosa?”
“un’autopsia. Sai, quando si sezionano i cadaveri e…”
“lo so cos’è! E a criminologia si fanno queste robe?”
“Mi hanno chiesto se volevo vederne una. Io ero curiosa e ho accettato”
“Non ci voglio più venire a pranzo con te, Zoe”
Bruce vide la ragazza ridere di gusto sulla panchina, mentre la sua risata si diffondeva dal cellulare all’interno dell’auto.
“Comunque per ora di pranzo avrò finito”
“Allora passo a prenderti dopo, giovane squarta cadaveri”
Si salutarono e Bruce andò a prenotare un tavolo per due nel suo ristorante preferito.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Zoe ci mise un poco per trovare Bruce.
Era nel parcheggio dell’università, appoggiato alla sua jeep nera. I vestiti che aveva addosso non lasciavano di certo intuire che era una rock star milionaria.
Infatti, indossava una camicia a maniche corte e jeans. Dei Ray-Ban e diversi polsini di cuoio completavano il look.
Quando Zoe gli si avvicinò, Bruce abbassò gli occhiali e la osservò da sopra le lenti.
“Com’era il cadavere?”
“Freddino. Era una persona dal cuore grande. Letteralmente”
Salirono in macchina e Bruce guidò fino al ristorante, dove vennero accolti da un cameriere che li condusse ad un tavolo in una zona appartata del locale. Diede loro la lista del menù e scomparve.
Zoe aveva avuto paura che Bruce l’avrebbe portata in un ristorante estremamente elegante. Invece quel posto si adattava benissimo ai gusti e al carattere di Bruce e, di conseguenza, a quelli di Zoe: era tranquillo e semplice.
Dopo alcuni minuti il cameriere si materializzò nuovamente per prendere le ordinazioni.
“Per me una bistecca. Al sangue” disse Zoe.
Sentendo l’ordinazione della ragazza, Bruce ridacchiò sotto i baffi “Per me lo stesso”
Zoe aspettò che il cameriere se ne fosse andato prima di chiedere a Bruce perché stesse ridendo.
“Hai appena sezionato un cadavere e prendi una bistecca al sangue?” disse lui continuando a ridere.
La ragazza sembrava piuttosto confusa “Beh si…mi piacciono le bistecche al sangue”
“Sei fantastica, Zoe”
Lei sentì le guance che si arrossavano e sperò che Bruce non ci facesse troppo caso.
Durante il pranzo Bruce lasciò che la ragazza gli parlasse di quello che studiava all’università – evitando l’argomento autopsia.
A Bruce piaceva ascoltarla parlare. Zoe non parlava molto, e normalmente lo faceva solo con chi si fidava.
E prima di riuscire a guadagnare la sua fiducia, Bruce aveva dovuto aspettare un po’ di tempo.
Quando tornarono a casa, Bruce invitò la ragazza ad entrare per bere qualcosa e finalmente affrontò il motivo per cui l’aveva portata fuori a pranzo.
“Zoe” disse sedendosi sul divano vicino alla ragazza “Io…io devo scusarmi per l’altra sera. Ho bevuto un po’ troppo e …”
“Non importa”
“No, sul serio, mi dispiace se…”
“Ti avrei fermato se non lo avessi voluto fare” lo interruppe Zoe. Aveva parlato velocemente, pronunciando tutte le parole attaccate e ora si fissava le All Star, imbarazzata.
“Ah. Davvero?” chiese Bruce stupito.
Lei si limitò ad annuire.
“Quindi non ti ho, come dire, offesa?”
“No, direi proprio di no”
Si guardarono negli occhi e si sorrisero.
Bruce appoggiò un amano sul collo della ragazza e la baciò, prima sulla guancia e poi sulla bocca.
Zoe gli si avvicinò e infilò una mano tra i capelli  sulla nuca di Bruce.
 
Alcune ore più tardi si risvegliò nel letto di Bruce. Come la volta precedente, era sola.
“Merda” mormorò.
Andy si lamentava sempre di questo suo piccolo “difetto”, del fatto che si addormentava sempre dopo.
Le aveva detto più volte che quella era una caratteristica dei maschi. Lei avrebbe dovuto preferire coccole e carezze e frasi dolci sussurrate all’orecchio.
Zoe invece aveva sempre preferito un misto tra queste due caratteristiche: le piaceva che le venissero fatte coccole e carezze mentre lei dormiva beatamente.
Si accorse che quella era la prima volta della giornata che pensava ad Andy. Da quando si erano lasciati era stato praticamente il suo pensiero fisso. Adesso, invece, il suo pensiero fisso era Bruce.
Si rivestì e andò alla ricerca del cantante.
Lo trovò in una stanza che aveva tutta l’aria di essere la sua palestra personale. C’erano un tapis-roulant, una cyclette, una serie di pesi e altri attrezzi di cui Zoe non capiva molto bene lo scopo.
Bruce era disteso su una panca, intento a fare sollevamento pesi. Non si accorse di Zoe e lei non si fece notare subito. Rimase bloccata sulla porta a guardarlo, aveva i muscoli contratti per lo sforzo e la concentrazione.
Quando alla fine si riprese, bussò lievemente sullo stipite della porta e lo chiamò, ma tutto quello che uscì dalla sua bocca fu una sorta di acuto “Bru- uh- ce”
Si schiarì la voce e riprovò.
“Bruce”. Così andava meglio.
Lui si alzò e le andò incontro “Hei, ben svegliata”
“Si, ecco. Scusa. Mi addormento sempre…” non riuscì a terminare la frase perché Bruce la baciò “…Dopo”
“L’ho notato. È una cosa che mi piace parecchio” disse Bruce con un sorriso che assomigliava ad un ghigno.
“Andy lo odiava”
“Andy è un idiota”
Zoe fu costretta a concordare “Anche questo è vero”
Bruce cercò di asciugarsi almeno un po’ di sudore, ma non migliorò molto la situazione. La maglietta era fradicia.
“I tuoi libri dell’università sono molto interessanti” disse poi.
“Hai guardato di nuovo tra la mia roba mentre dormivo, vero?” Zoe aveva lasciato la sua borsa in soggiorno.
Lui fece spallucce “Ho solo dato un’occhiata ai libri”
“Ma ti piace tanto?”
“Tantissimo. Sono un feticista dei libri di scuola, non lo sapevi?”
Ridendo, Zoe si avvicinò a uno degli attrezzi da ginnastica per cercare di capirne il funzionamento.
Bruce parlò ancora “Sai, una volta un mio amico mi ha detto che potrei essere un potenziale serial killer”
“Davvero! Beh, non aveva tutti i torti, in effetti”
L’uomo incrociò le braccia sul petto. Zoe pensò che  “mefistofelico” fosse il termine più adatto pe descrivere il suo sorriso.
“Ah si? E perché?”
“Ad esempio, hai scritto molte canzoni che parlano di assassini. Tipo Nebraska”
“Non dirmi che ti sei messa a studiare le mie canzoni”
“Ho letto alcuni testi” ammise Zoe.
“Mi sento onorato. E quindi?”
“Quindi Freud potrebbe dire che usi la musica per sfogare i tuoi istinti repressi. E poi, per considerare altri aspetti della tua personalità, direi che non è così normale girare in piena notte per i boschi del New Jersey”
Bruce le si era avvicinato, ascoltando attentamente il suo discorso. Ora le era affianco: Zoe poteva quasi il suo respiro sul collo.
“Mi sembrava che le passeggiate notturne piacessero anche a te”
“Non ho mai detto di essere normale, infatti” replicò lei con un sorrisetto furbo.
Bruce la sollevò e la fece sedere su tavolino.
Accentuò il suo sorriso mefistofelico “ E se non mi limitassi solo a sfogare i miei …impulsi attraverso delle canzoni?”
“Studiare le tue imprese da serial killer renderebbe la mia permanenza all’università meno noiosa”
I loro volti erano vicinissimi. Bruce chinò la testa e iniziò a baciarle il collo.
Presto, però, furono interrotti da una macchina che entrò nel cortile suonando il clacson. Attraverso le vetrate della palestra, videro un individuo basso e grassottello scendere dalla macchina. La sua testa era coperta da una bandana.
“Oh” disse Bruce sorpreso “è Steve”.
 


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


“Salve Brucie!” disse Little Steven appena Bruce andò ad aprirgli la porta.
“Ciao, Steve. Qual buon vento ti porta qui?”
Dopo che lui e Patti si erano lasciati, Bruce non aveva visto molto spesso gli altri ragazzi della E Street Band.
Si erano riuniti un paio di volte per provare qualche canzone e in quelle occasioni chiunque avrebbe potuto notare una certa dose di imbarazzo serpeggiare tra di loro.
Neanche Bruce aveva saputo bene come comportarsi.
Ovviamente Patti non si era unita a loro.
L’unico immune , come sempre, era Steven. Ad uno sconosciuto, poteva sembrare quasi un menefreghista, una persona che non si preoccupava più di tanto degli altri.
Invece Bruce, che lo conosceva da molto tempo, aveva sempre usato una parola per descrivere il carattere dell’amico: pratico.
Se stavano lavorando ad una canzone e secondo Steven quella canzone faceva schifo, lui lo diceva senza troppi giri di parole: “Bruce, questa canzone fa schifo”. Pratico e sincero.
Anche se solitamente seguivano delle litigate  interminabili.
Una volta aveva commentato una giacca di pelle di Bruce dicendo “Con quella giacca sembri uno spacciatore”. Come se i suoi vestiti fossero molto più sobri.
Quel pomeriggio indossava una larga camicia a fiori viola e una bandana scura.
Però era stato il primo ad andarlo a trovare dopo la separazione.
L’aveva trovato sotto il portico con una bottiglia di birra in mano, mentre fissava un punto indistinto davanti a lui. Steve gli si era seduto vicino senza dire niente, nessuna banalità o frase scontata.
Gli aveva solo fatto sapere che non era solo, ed era per questo che piaceva a Bruce.
Steven sventolò un cd sotto il naso del cantante “Ti ho portato una cosa. È un demo, è…”
Si interruppe quando finalmente notò la presenza di Zoe, che lo salutò con un timido cenno della mano.
“Ciao, Steven”
“Ciao… e tu chi sei?”
“Lei è Zoe. È, uh, una mia vecchia amica” disse Bruce, tossicchiando imbarazzato.
“Brucie, se questa è una tua vecchia amica le tue giovani amiche cos’hanno, cinque anni?”
“Steve, le tue battute sono sempre così…”
“Esilaranti?” suggerì Little Steven.
“No, no” Bruce si accarezzò il mento, pensieroso “Ah, si” disse poi schioccando le dita “Deprimenti”
Steven fece una smorfia, fingendosi offeso “Io prendo una birra, comunque”.
Senza lasciare a nessuno il tempo di dire altro, mise un braccio intorno alle spalle di Zoe.  
“Vieni, giovane amica. Ho bisogno del tuo orecchio esperto”
Lei si lasciò condurre verso il soggiorno, dove Steven iniziò ad armeggiare con lo stereo, come se si trovasse a casa sua.
Era stata presa alla sprovvista da quello strano personaggio.
“Veramente io non me ne intendo molto di musica”
“Ah, ma non importa. Tu devi solo ascoltare e poi dire quello che ne pensi” premette il tasto play e una canzone strumentale e ritmata si diffuse nella stanza.
Bruce tornò dalla cucina con un vassoio su cui aveva sistemato alcune lattine di birra e coca cola.
“Addirittura un vassoio! Ma come sei gentile Brucie!”
“Fanculo, Steve. Vado a lavarmi un po’, non romperle troppo le scatole, mi raccomando” Bruce diede una pacca sulla spalla dell’amico e uscì dal soggiorno.
Little Steven prese una lattina di birra e lasciò ascoltare ancora qualche nota del cd a Zoe, prima di iniziare a parlare.
“Quindi tu e Bruce siete vecchi amici, eh?”
“Si. Cioè, più o meno…”
“Senti” Steven si tirò su a sedere in modo più composto “Non so in che genere di rapporti siete, voi due, e non mi interessa neanche. Comunque, come sta Bruce, come ti sembra?”
“Direi che sta bene. Si, mi sembra bene”
“Lui dice che è tutto apposto, adesso. Ma è stato… come dire… parecchio giù dopo la storia del divorzio. Ovviamente”
Zoe lo guardò confusa. Non riusciva a capire perché quel tizio, che conosceva di persona da non più di dieci minuti le stesse dicendo quelle cose.
Steven se ne accorse e fece un mezzo sorriso “Comunque non preoccuparti. Anche se ti dovesse sembrare un po’ strano… lui dopo si riprende. Si riprende sempre. È un’ottima persona”
La ragazza stava per dire qualcosa, ma non ne ebbe il tempo, perché Bruce tornò in soggiorno.
Rubò l’ultima lattina di birra a Steven e si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona.
“Spero che non ti abbia rotto troppo, Zoe”
“Come? Ah, no no. Per niente. È simpatico”
Steven rivolse un sorriso orgoglioso all’amico “Visto Bruce? Sono simpatico”
Il motivo della visita di Little Steven – il demo – passò presto in secondo piano. Trascorsero il resto della serata raccontando a Zoe una serie di aneddoti sui concerti che a
vevano suonato insieme e su altri episodi della loro vita. Alcuni erano talmente assurdi da far sospettare a Zoe che non fossero veri.
Per tutto il tempo però, una parte della ragazza continuò a pensare a quello che Steven le aveva detto.
Si chiese se anche Bruce passava molto tempo a pensare alla sua ex moglie. Aveva notato che in casa tutte le foto di Patti erano sparite e che Bruce evitava di parlare di lei,
come se cercasse di dimenticarla.
Non ci voleva un esperto di psicologia per capire che la cosa lo faceva soffrire.
Zoe fissò Bruce, chiedendosi quanto stesse soffrendo.
Per un attimo gli sguardi della ragazza e di Bruce si incontrarono e Zoe ebbe l’impressione che l’uomo le stesse leggendo nel pensiero.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Bruce era seduto di fronte alla donna che per tanti anni era stata sua moglie.
Si trovavano in una stanza di un ufficio legale, insieme ai loro avvocati.
Osservò Patti mentre firmava e poi gli passava un documento. Fece finta di leggerlo un’ultima volta, picchiettando le dita sul tavolo di vetro.
Alla fine si decise e firmò anche lui. Gli sembrava di aver firmato centinaia di documenti e ogni volta era come mettere nuovamente la parola “fine” al suo matrimonio.
“Bene. Abbiamo finito” concordarono gli avvocati.
Lentamente, si alzarono e lasciarono l’ufficio. Bruce rimase vicino alla porta, osservando Patti percorrere il corridoio e scomparire nell’ascensore. Poi si avviò anche lui verso l’uscita.
Sotto, nel parcheggio, si fece finalmente coraggio e si diresse a grandi passi verso Patti, prima che la donna potesse salire in macchina e partire.
“Ehi, Patti”
Patti richiuse la portiera e si voltò verso di lui.
“Ciao, Bruce”
Non sapeva esattamente cosa dirle, quindi si limitò ad un generico “Tutto ok?... tutto bene?”
“Si, tutto bene. E tu?”
“Anche io, si. Tutto bene”
Rimasero in silenzio per alcuni istanti, un silenzio imbarazzato e carico di tensione.
Al diavolo, tanto vale essere diretti.
“Senti, Patti… sei… sei sicura che non ci può essere nessun’altra possibilità per… per noi due?”
Patti fece un sorriso amaro e pieno di tristezza, un sorriso che spezzò il cuore di Bruce.
“No, Bruce. Non ci può essere. Ce ne sono già state altre, ed è stato inutile”
A quelle parole, Bruce sentì le viscere contrarsi. Cercò di nascondere quello che provava guardando per terra mentre annuiva.
Non avevano altro da dirsi, ma Bruce non voleva che se ne andasse. Voleva stare con lei ancora un poco, anche solo per pochi istanti.
Così fece la prima domanda che gli venne in mente. Sapeva bene che si trattava di una domanda stupida da fare.
“Ti vedi con qualcuno?”
“Farebbe qualche differenza, a questo punto?”
“No. In realtà no”
Patti riaprì la portiera e si sedette al posto di guida.
“Mi dispiace di averti fatto del male” disse Bruce prima che la donna chiudesse la portiera “Mi dispiace tanto”
“Già. Dispiace anche a me”
Patti mise in moto e partì, lasciando Bruce da solo.
Tornò alla sua jeep, camminando lentamente e quando entrò in macchina, si afferrò la testa tra le mani.
Sentì le prime lacrime roventi scendergli lungo le guance.
“Perché, perché sono così?” disse ad alta voce, anche se con lui non c’era nessuno.
“Perché sono così stupido?”
Aveva tradito e ferito Patti, questo era vero. Ma non aveva mai smesso di amarla.
Quello che lo faceva stare così male, però, era il fatto che pochi minuti prima, mentre chiedeva inutilmente a Patti un’altra possibilità, in realtà sapeva benissimo nel suo profondo che non sarebbe riuscito a rinunciare a Zoe.
Era sempre stato così, era come un bambino, pensò. Non voleva rinunciare a niente.
Aveva chiesto alla sua ex moglie una nuova possibilità anche se sapeva che l’avrebbe fatta soffrire ancora.
“Resterai solo” si disse, e a quel pensiero sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena.
Aspettò di calmarsi un poco, lasciò il parcheggio e si avviò verso casa.
Per strada però, si fermò a bere in un bar e quando uscì dovette fare alcuni tentativi prima di riuscire ad infilare la chiave dell’auto al posto giusto. Fu un miracolo se riuscì a tornare a casa tutto intero.
Le luci nella casa di Zoe erano tutte spente. Lei era andata a New York con delle amiche, e forse era meglio così..
Quando entrò in casa abbandonò le scarpe e la giacca in soggiorno, prese una bottiglia di Jack Daniel’s da un mobile e ne bevve alcune lunghe sorsate. Percorse il corridoio barcollando e arrivò alla sua camera, dove si buttò sul letto ancora vestito, ubriaco fradicio.
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Zoe entrò in casa di Bruce dalla porta sul retro, sicura di trovare Bruce seduto al tavolo della cucina intento a mangiare una ciotola di latte e cereali, come suo solito.
Era successa una cosa e aveva il disperato bisogno di parlare con qualcuno. Di parlare con lui.
Solo che la cucina era vuota e non c’era traccia di Bruce. Lo stesso valeva per il soggiorno.
“Bruce?”
Non ottenne nessuna risposta, così provò a cercarlo nella palestra, ma quando entrò non vide nessuno, solo gli attrezzi da ginnastica riposti con ordine.
Zoe pensò che probabilmente stava ancora dormendo. Si diresse verso la camera da letto e bussò un paio di volte sulla porta chiusa.
Di nuovo nessuna risposta.
La ragazza socchiuse la porta e sbirciò all’interno. La stanza era buia, c’era solo uno spiraglio di luce che entrava dalla finestra, ma riuscì a vedere che Bruce era disteso sul letto.
Si avvicinò e si accorse che era completamente vestito, la faccia mezza nascosta sotto il cuscino.
Zoe annusò l’aria e avvertì un forte odore di whiskey. Si accorse che le fonti di quell’odore erano due. La prima era una bottiglia di Jack Daniel’s abbandonata ai piedi del comodino.
La seconda era Bruce.
Preoccupata, scosse dolcemente la spalla dell’uomo e chiamò piano il suo nome. Tutte le cose che doveva dirgli persero momentaneamente importanza.
Bruce si mosse ed emise un lamento incomprensibile. Si distese sulla schiena, passandosi le mani sul volto. Poi, finalmente, si accorse di Zoe.
Fece un sorriso sghembo e con la voce ancora impastata dall’alcol provò a farfugliare qualcosa.
“Oh, eccoti qui… eccola qui, la mia… la mia… giovane amica”
“Bruce, cosa è successo?”
Lui non rispose. Si mise a sedere sul bordo del letto, prese un profondo respiro e si alzò in piedi, barcollando pericolosamente. Zoe gli andò vicino, per aiutarlo, ma Bruce la allontanò con un gesto della mano.
“No, no… ci riesco da solo”
Poi ripiombò a sedersi sul letto.
“Sei ubriaco” disse Zoe in un sussurro.
Bruce ridacchiò “Si che sono ubriaco! Con tutto quel cazzo di whiskey che mi sono bevuto certo che sono ubriaco!”
La ragazza si sedette al suo fianco e gli prese la testa tra le mani “Che cosa è successo?” chiese ancora. Bruce la guardo per un attimo, e poi appoggiò la fronte sulla sua spalla.
“Niente”
“Allora perché hai bevuto tutta quella roba?”
“Non è successo niente!” ribadì Bruce con tono lamentoso.
“Hai visto tua moglie? Hai visto Patti?”
Bruce si allontanò di scatto da Zoe, come se gli avesse fatto improvvisamente male.
“No”
“Bruce…”
“Patti non è mia moglie. Non lo è più” il suo tono si era fatto brusco e adesso la stava guardando negli occhi in un modo molto diverso da come la guardava solitamente.  
Zoe capì che era arrabbiato con lei e quando se ne rese conto si sentì un’intrusa in quella stanza. Si pentì di essere entrata e di averlo svegliato.
“È meglio se torno a casa. Chiamami se…”
Bruce non le lasciò terminare la frase. 
Appena Zoe si era alzata, lui l’aveva afferrata saldamente per il polso, attirandola a sé.
La fece sedere accanto a lui e le mise un braccio intorno alle spalle.
“No, no aspetta un attimo. Aspetta che ti racconto cosa è successo, visto che ci tieni. Non vuoi sentire?”
Zoe rimase zitta.
“Bene!” Bruce si passò una mano sulla bocca “È un po’ divertente, ripensandoci. Allora. Le ho chiesto se potevamo riprovarci ancora una volta. A stare insieme, intendo. E lei mi ha detto di no”
Smise di parlare per alcuni istanti, fissando qualcosa sul pavimento. Teneva ancora il braccio intorno alle spalle di Zoe, come se volesse assicurarsi che la ragazza non sarebbe fuggita via.
“Ma ha fatto bene” continuò “Ha fatto bene, sai perché?”
Zoe rimase nuovamente in silenzio, si limitò a scuotere debolmente la testa.
“Perché mentre le chiedevo di tornare a stare con me, sapevo già che l’avrei tradita un’altra volta. E sai con chi?”
Questa volta Zoe conosceva la risposta e non voleva sentirla pronunciare da Bruce.
“Con te!” concluse comunque l’uomo, dandole una leggera pacca sulla spalla.
Ridacchiò per alcuni istanti, poi la risata si spense con una specie di singhiozzo.
“Ha fatto bene a lasciarmi”
Zoe rimase ferma sul letto fino a quando Bruce non le tolse il braccio di dosso.
“Devo andare a casa, adesso” disse alzandosi.
Bruce cerco di prenderle il bordo della maglietta “Ehi, aspetta…”
Lei si ritrasse e disse di nuovo “ Devo andare” e Bruce non fece altri tentativi per trattenerla. Era troppo stanco per fare qualsiasi cosa.
Così si limitò a guardare Zoe uscire dalla sua camera.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Bruce si risvegliò che era ormai pomeriggio.
Le tempie gli pulsavano e gli facevano male. Lentamente, si alzò dal letto e andò in bagno. Cercò nei cassetti fino a quando non trovò una confezione di pillole contro il mal di testa, se ne mise due in bocca e le buttò giù con un sorso di acqua del rubinetto. Rimase a guardare la sua immagine riflessa nello specchio, con le mani appoggiate al lavandino e l’immagine che vide non riuscì a migliorare molto il suo stato d’animo.
Si tolse i vestiti e si infilò sotto il getto freddo della doccia, dove rimase fino a quando il pulsare delle tempie non diminuì. Cercava di non pensare troppo a ciò che aveva detto a Zoe quella mattina, perché se ne vergognava profondamente. Lei non aveva avuto nessun ruolo in quello che era successo Bruce e Patti e lui l’aveva coinvolta, riversandole addosso una colpa che non era sua.
Quando si fu asciugato e rivestito, aprì le finestre della sua camera per far cambiare l’aria, buttò via la bottiglia del whiskey rovesciando il restante del contenuto nel lavandino e uscì.
Camminò fino a casa di Zoe, sperando che la ragazza non fosse andata via. Come d’abitudine, non entrò dall’ingresso principale, ma da quello sul retro. Si avvicinò alla casa e dalla grande finestra vide Zoe seduta sul tappeto, in soggiorno.
Bruce bussò delicatamente sul vetro, la ragazza si voltò verso di lui e lo fissò per alcuni istanti. Poi gli fece solo il segno di entrare, così Bruce aprì la porta ad entrò in casa.
Andò a sedersi sul tappeto, mantenendo una certa distanza da Zoe.
“Ciao”
“Ciao”
Lei stava giocando con la Play Station: nel gioco il suo personaggio brandiva una sega elettrica con cui squartava e smembrava un esercito di zombie.
Non gli aveva rivolto neanche uno sguardo.
Bruce si schiarì più volte la voce, ma Zoe sembrava determinata ad ignorarlo. Improvvisamente, tutto il discorse che aveva preparato gli sembrò ridicolo e banale, così decise di essere sincero, di dirle ciò che provava in quel momento.
“Zoe, questa mattina…”
“Eri ubriaco” lo interrupe la ragazza con tono piatto. Schiacciò una serie di tasti e decapitò uno zombie, che si accasciò sul suolo agonizzante.
“Si, ecco. Ero ubriaco. E ti ho tirato in mezzo a questa cosa anche se non centri niente e… e quindi…” faceva fatica a concentrarsi su quello che doveva dire, perché mentre parlava Zoe continuava ad amputare gli arti dello zombie, riducendolo ad un ammasso sanguinolento ed informe.
“Zoe?”
“Si”
“Non hai motoseghe in casa, vero?”
La ragazza mise il gioco in pausa “No, perché?”
“Inizio ad avere paura di farti arrabbiare” Bruce indicò lo schermo della tv.
Finalmente, Zoe lo guardò con un sorriso “Tranquillo. Non userei mai una motosega in questo modo”
“Meno male”
Il sorriso scomparve dal volto della ragazza “Troppi schizzi di sangue”
“Già. Sai che casino pulire, dopo” mormorò Bruce mentre Zoe riprendeva la partita.
Si schiarì nuovamente la voce, determinato a dire quello che doveva dire, una volta per tutte.
“Insomma, sono venuto qui per scusarmi. Anche se delle semplici scuse non sono sufficienti, lo so”
Zoe spense la Play Station e gettò il joystick sul divano. Sembrava improvvisamente stanca.
“Senti, non importa, non…”
“No, è una cosa seria, invece”
“Bruce” lo interruppe la ragazza “Ti ricordi quando hai detto che fai un sacco di cose stupide da ubriaco?”
“Certo”
“Ecco. L’altra giorno, quando tu eri andato da Patti, sono uscita con alcune amiche. Abbiamo bevuto un po’ e… e poi ho incontrato Andy e…”
 “E?”Bruce la incoraggiò a continuare, sollevando un sopracciglio.
“Abbiamo fatto sesso” Zoe lo disse con un profondo sospiro, come se le costasse fatica ammetterlo.
 Lui la fissò restando zitto, sempre con il sopracciglio alzato. Poi, poco a poco le sue labbra si incurvarono in un sorriso che presto si trasformò in una risata.
“Non è divertente!” protestò la ragazza. Fece per alzarsi, ma Bruce la fermò e la attirò a sé e lei si ritrovò seduta al suo fianco, le loro braccia che si sfioravano.
Bruce aveva smesso di ridere, si limitava a guardarla molto attentamente. Adesso qualsiasi traccia di rabbia era scomparsa dai suoi occhi scuri. Erano di nuovo i suoi e Zoe rimase stupita da quanto sembravano profondi. E tristi.
Anche i suoi dovevano esserlo, perché Bruce cercò di subito rassicurarla.
“Ehi” le tolse una ciocca di capelli dalla fronte “Scusami. So che adesso ti sembra una cosa stupida. E grave, anche. Ma non è così, credimi. Fidati dell’esperto” Bruce fece un debole sorriso.
Zoe cercò di sorridere a sua volta, però sentì ugualmente una lacrima scenderle lungo la guancia.
“Vorrei comunque tornare indietro per non fare quello che ho fatto”
“E io vorrei tornare indietro e non fare soffrire Patti” asciugò la lacrima di Zoe con il pollice “Però non posso. Non possiamo farlo”
Le mise una mano sulla nuca e la attirò a sé per baciarle la fronte. Zoe cercò inutilmente di trattenere altre lacrime.
“Non piangere…” mormorò Bruce continuando ad accarezzarle la guancia.
La ragazza capì che con lui poteva sfogarsi. A lui poteva dire che si sentiva uno schifo, che aveva sbagliato. Stava per dirlo. Però quando parlò disse soltanto “È sbagliato”
Bruce piegò leggermente la testa di lato “Cosa è sbagliato?”chiese dopo averle dato un piccolo bacio vicino alla bocca.
“Questo”
“Intendi quello che c’è tra noi?”
“Anche…”
Bruce si allontanò dal viso della ragazza “Se non vuoi stare con me devi solo dirlo”
“Ma io voglio stare con te! Però… però forse se non ci fossi stata le cose tra te e Patti si sarebbero risolte” Zoe abbassò lo sguardo e tirò debolmente su con il naso.
Per un attimo, Bruce restò in silenzio. “È per questo che stai piangendo, vero? Per quello che ti ho detto questa mattina” disse poi.
Zoe scrollò le spalle e non disse niente. Lui le prese il mento fra le dita facendole sollevare lo sguardo.
“Zoe, se tu non ci fossi stata le cose tra me e Patti non sarebbero minimamente cambiate. Quello… tutte le cose che ti ho detto, se puoi, non ci pensare, per favore. Non dovevo dirle”
Smise di parlare e si accorse che Zoe non lo stava guardando, così le prese il volto tra le mani e la fissò negli occhi verdi “Tu non hai nessuna colpa, hai capito? Sono io ad essere un idiota. E se tu non ci fossi stata, adesso sarei da solo ad ubriacarmi e basta” fece un sorriso amaro “Che, in effetti, è quello che mi meriterei”
“No” Zoe si asciugò gli occhi con il dorso della mano “Altrimenti andresti in giro a rubare i numeri di cellulare a tutti”
“Anche questa è una possibilità”
Si fermarono ancora per qualche minuto seduti sul tappeto, la testa della ragazza appoggiata nello spazio tra la spalla e il collo di Bruce. Poi, senza dire niente, in base ad un tacito accordo si alzarono e camminarono fino alla camera di Zoe. Chiusero la porta, escludendo il resto del mondo e tutto quello per cui avevano sofferto fuori dalla stanza.
C’erano solo loro due lì dentro.
Stavano il più vicino possibile, come se avessero il disperato bisogno di aggrapparsi l’uno all’altra.
Si tolsero i vestiti e sedettero sul letto, accarezzandosi e graffiandosi, baciandosi e ansimando.
Quando fu tutto finito, con i corpi ancora tremanti dal piacere, Bruce avvolse il piccolo corpo di Zoe con le sue braccia e la tenne vicina a sé, assaporando l’odore della sua pelle.
Restarono così, solo loro due abbracciati sul letto.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Bruce corse fino all’ultimo albero, colpì forte il tronco con la mano e urlò “Primo!”
Poi si voltò verso Zoe che stava arrivando dal bosco correndo “Ti ho battuta di nuovo”
La ragazza gli passò davanti borbottando qualche insulto e si distese sulla sabbia vicino al fiume. Lui la raggiunse ansimando.
“Credo di avere un principio di infarto” annunciò. Come risposta, lei gli diede una manata sulla pancia, facendolo sobbalzare “Così impari a correre troppo veloce”
La circondò con le braccia e per alcuni minuti non si mossero, cercando di riprendere fiato, Zoe appoggiata al petto di Bruce e lui con la testa sulla spalla della ragazza. Guardavano l’acqua del fiume scorrere lentamente. Aveva un bel colore, al tramonto.
Bruce chiuse gli occhi, si sentiva stanco e allo stesso tempo irrequieto, una sensazione che aveva provato già diverse volte in passato e che tutte le volte l’aveva spinto a salire in macchina e ad allontanarsi dal resto del mondo almeno per un po’. Se fosse dipeso solo da lui, l’avrebbe fatto anche quella volta: sarebbe partito verso il sud degli Stati Uniti, o magari verso la Costa Occidentale. Però non era solo, c’era Zoe con lui e non voleva lasciarla.
Inspirò l’aria fresca, cercando di rilassarsi.
“Che cosa possiamo fare adesso?” chiese Zoe.
“Tiriamo giù il finestrino e lasciamo che l’aria spinga indietro i tuoi capelli” Bruce parlò con un sorriso, senza aprire gli occhi.
“Hey, ma questa non è una canzone?” la ragazza si girò per guardare Bruce in faccia.
Lui fece una smorfia “Si, Zoe. È una mia canzone. Una delle più famose”
“Scusa. Lo sai che se non parlano di assassini o fuori legge non ascolto le tue canzoni”
“Grazie, ragazza. È bello sapere che apprezzi quello che scrivo”
Zoe tornò a guardare verso il fiume e chiese nuovamente “Che cosa facciamo, adesso?”
Un’idea iniziò a farsi largo nella mente di Bruce. Da solo non voleva andare via, ma forse Zoe sarebbe venuta con lui. Forse, dopo tutto quello che era successo anche lei voleva cambiare aria.
“Ti va di fare un giro in macchina?”
*****
 

“Provaci e ti abbandono in mezzo al deserto”
Zoe si bloccò con il cd dei Green Day a pochi centimetri dalla fessura dello stereo.
“Si può sapere cosa hanno fatto di male per meritare il tuo odio?”
“Oltre ad aver inciso dei dischi? Niente” Bruce fece un gesto con la mano per minimizzare la cosa.
Continuavano ad avere la stessa discussione ogni volta che dovevano scegliere un cd da ascoltare. Solitamente era Bruce ad averla vinta, usando argomentazioni del tipo “Non puoi indossare una maglietta dei Beatles senza conoscere Sgt. Pepper! Ascoltiamo quello”
“E allora sentiamo, cosa consiglia l’esperto?”
Bruce si grattò il pizzetto di barba sul mento “Visto il posto in cui ci troviamo” con il dito indicò il deserto intorno a loro e gli strani alberi spinosi che crescevano ai lati della strada “potremmo ascoltare Joshua Tree”
“Sempre meglio di un concerto di Bob Dylan” commentò Zoe mentre cercava il cd che era stato scelto. Lo inserì nello stereo della macchina e si abbandonò contro il sedile. A ovest, sopra le montagne, si erano ammassate delle grandi nuvole nere. Davanti a loro, invece, il cielo era sereno e la strada si allungava dritta verso l’orizzonte.
Zoe prese il cellulare e scattò una foto al cielo nuvoloso nel momento in cui un fulmine si allungava fino a toccare terra da qualche parte nel deserto. Poi si voltò alla sua sinistra ed inquadrò il volto di Bruce. Dietro le lenti scure dei Ray-Ban gli occhi dell’uomo erano fissi sulla strada. Aveva un’espressione pensierosa, come se qualcosa avesse improvvisamente catturato tutta la sua attenzione. Scattò una seconda foto e guardò soddisfatta il risultato
“Bella”
Bruce si riscosse dai suoi pensieri e allungò una mano “Fa’ vedere”. Esaminò lo schermo del cellulare e annuì “Si, è bella. Merito del soggetto”
“Bruce Springsteen, il Terrore di tutti gli ex” lo prese in giro Zoe. Lui le lanciò il telefonino , fingendosi offeso.
“Mi tormenterai con questa storia ancora per molto?”
“Forse”
“Allora la prossima volta ti arrangi da sola” Bruce alzò il volume della musica per mettere fine alla discussione. Da quando erano partiti alternavano ore in cui parlavano ininterrottamente degli argomenti più vari ad altre in cui restavano nel silenzio più totale, entrambi persi nei propri pensieri, mentre guardavano il paesaggio scorrere e cambiare fuori dai finestrini.
Non avevano una tabella di marcia predefinita. Di mattina si svegliavano quando volevano, ripartivano dopo la colazione e guidavano fino a quando non erano stufi. Ogni tanto Bruce decideva di fermarsi per scattare qualche foto o per mostrare a Zoe posti che lei non aveva mai visto.
Quando il sole iniziò a calare, Bruce annunciò che era stanco e al primo motel che incontrarono interruppero il viaggio. Dopo aver prenotato una stanza si sedettero in una tavola calda per cenare.
Bruce si lasciò cadere pesantemente su una sedia imbottita e stiracchiandosi le gambe intorpidite disse “Ho perso la sensibilità al culo”
“Che uomo poetico che sei” rispose Zoe.
“Non sei la prima a dirmelo”. Estrasse una cartina geografica dalla tasca e la stese sul tavolo. Un percorso che partiva dal New Jersey e arrivava fino alla costa opposta era stato evidenziato con un pennarello rosso. Cerchiò il punto in cui si erano fermati, poi picchiettò la carta con il dito, indicando una città dove sarebbero passati il giorno seguente.
“Qui c’è un bel negozio di chitarre. E anche, uh, anche un posto dove fanno dell’ottimo spogliarello, ma credo che non ci interessi” concluse con uno dei suoi sorrisi migliori.
La cameriera arrivò con i loro panini e Bruce ripiegò la cartina.
“Sai, la tua idea di ‘giro in macchina’ corrisponde alla concezione che molta gente ha per ‘traversata del continente’” disse Zoe prima di dare un morso al suo cheeseburger.
“Di nuovo, non sei la prima a dirmelo”
Finirono di mangiare e tornarono nella loro camera. Mentre Bruce si faceva una doccia, Zoe si distese sul letto per rispondere ad alcuni messaggi che aveva ricevuto. Fortunatamente, Andy non si era più fatto sentire. Dopo quello che era successo, aveva finalmente capito che tra loro non poteva funzionare.
*****


Erano distesi sul letto, abbracciati.
Si sentiva la pioggia battere delicatamente contro i vetri delle finestre.
Bruce aveva intrecciato le sue dita a quelle più piccole e affusolate di Zoe e le stava sussurrando le parole di una canzone che lei non conosceva all’orecchio. Smise di cantare quando vide che gli occhi della ragazza si erano chiusi del tutto.
Zoe, una volta che fu avvolta da quella confortevole oscurità, si lasciò cullare dal rumore della pioggia e dal respiro regolare di Bruce sul suo collo.
Non si accorse della macchina che si fermò nel vialetto davanti casa.
“Zoe”
Nella calda e piacevole oscurità, Zoe sentì appena Bruce che la chiamava. Al suono della sua voce, fece un piccolo sorriso.
“Zoe” questa volta, la voce di Bruce venne accompagnata da un bacio sul collo.
“Si?”
“C’è una macchina fuori”
L’oscurità che la circondava venne turbata da quelle parole. Lentamente e controvoglia, ne riemerse e socchiuse gli occhi.
“Come?”
“C’è una macchina fuori” disse un’altra volta Bruce.
Zoe scattò a sedere sul letto “Merda!”
“Sai chi è?”chiese Bruce.
“O è mio padre”
“Merda!” Bruce si voltò sul fianco, tastando il pavimento con la mano alla ricerca dei suoi boxer.
“Oppure è Andy”
Bruce restò con il braccio sospeso a mezz’aria e un ghigno apparve sul suo volto. Zoe si era già rivestita e lanciò una maglietta in faccia all’uomo prima di uscire dalla camera.
“Vado a vedere chi è”
Mentre percorreva il corridoio, Zoe pensò cosa fosse meglio, se affrontare il suo ex un’altra volta o spiegare a suo padre per quale motivo Bruce Springsteen si trovava mezzo nudo nel suo letto.
Arrivata in soggiorno vide dalla finestra la macchina di Andy. Sospirò. Forse avrebbe preferito che se fosse stato suo padre. Valutò l’idea di fare finta di non essere in casa, ma ormai anche lui l’aveva vista da oltre il vetro.
Aprì la porta d’ingresso e uscì sotto il portico.
“Perché sei venuto qui, Andy?”
Il ragazzo fece un piccola corsa per arrivare sotto il portico “Non mi saluti neanche? Comunque sono venuto a vedere come stai”
“Sto bene, grazie per il pensiero” Zoe non accennò nessun invito ad entrare in casa.
“L’altra sera sembravi più contenta di vedermi”
“L’altra sera ero ubriaca”
“Non mi importa”
“Importa a me”
“Ok, ok” Andy si passò una mano nei capelli umidi di pioggia “In realtà sono venuto anche per proporti un’altra possibilità” lo disse con un sorriso che fece infuriare Zoe.
“E per cosa?”
“Per la nostra relazione. Anche se mi hai tradito”
Normalmente, una frase del genere l’avrebbe fatta infuriare. In un’altra occasione avrebbe reagito, difendendosi dalle accuse che aveva già sopportato ingiustamente in passato. In un’altra occasione, però. In quel momento invece si limitò a scuotere la testa.
“No” disse, il tono fermo e deciso.
Bruce osservava la scena da dietro la porta, pronto ad intervenire se la avesse avuto bisogno di aiuto, ma, per il momento, Zoe sembrava avere la situazione sotto controllo.
“Senti, perché non entriamo e ne parliamo con calma?” chiese Andy
“Non ho niente da dirti”
“Non vuoi farmi entrare?”
Zoe scosse di nuovo la testa e Andy le si avvicinò di qualche passo.
“Sei in compagnia di qualcuno?”
“Non potrei?”
“C’è qualcuno con te, si o no?”. Dal tono di voce che aveva usato, Zoe capì che stava iniziando a spazientirsi. Era consapevole della presenza di Bruce e voleva evitare scenate davanti a lui.
“Vai a casa, Andy. Per favore”
L’altro sembrò ignorarla “Ti ho chiesto se c’è qualcuno con te”
Zoe si passò le mani  sulla faccia “Andy, ascolta. Quello che è successo l’altra sera è stato un errore. Un enorme errore e mi dispiace, davvero. Ti chiedo scusa. Però tu mi hai fatta stare male per troppo tempo e io non voglio tornare con te”. Restò ferma a fissare il ragazzo, in attesa della sua reazione.
Andy sollevò un braccio e fece per replicare, ma sembrò non trovare le parole. Lasciò ricadere il braccio lungo il fianco.
“Sei proprio un gran…”
“Hey!” Bruce uscì sotto il portico interrompendolo prima che potesse terminare la frase, anche se sia lui che Zoe sapevano benissimo quello che voleva dire.

Il ragazzo lo guardò stupito “E lui che cazzo ci fa qui?”
“Hai, sentito la ragazza, no? Perché non torni a casa tua?”
Lo sguardo di Andy continuava a spostarsi velocemente da Bruce a Zoe. Quando trovò la risposta alla sua domanda si voltò verso la ragazza.
“Te la fai con i sessantenni, Zoe?”
Zoe rispose con un mormorio, assicurandosi però che le sue parole arrivassero chiare ad Andy “Sempre meglio sessantenni che bastardi come te”. Vide il ragazzo sollevare nuovamente il braccio e chiuse gli occhi, aspettando di essere colpita. Se solo da parole violente o se da uno schiaffo non lo sapeva. Ma non successe niente. Quando riaprì gli occhi, Bruce stava stringendo saldamente il polso di Andy.
Andy cercò inutilmente di divincolarsi e quando vide che non ci riusciva, bisbigliò a denti stretti “Lasciami”
“Certo. Però tu te ne torni a casa”
Si fissarono negli occhi per alcuni istanti, poi Bruce liberò il polso, spingendolo verso la macchina.
Andy se ne andò senza aggiungere altro e Bruce e Zoe osservarono la macchina fino a quando scomparve dalla loro vista.
Le labbra di Zoe iniziarono a tremare e lei le copri con una mano. Ben presto però, non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere davanti agli occhi di Bruce. Si sedette sui gradini senza riuscire a frenare le risate, gli occhi umidi di lacrime.
“Si può sapere che cos’hai da ridere?” domandò Bruce.
Quando si fu calmata un po’, Zoe si asciugò gli occhi e rispose “Credo che sia stata una delle cose più fighe che ho visto in vita mia” ridacchiò ancora prima di aggiungere “Eri così minaccioso”
*****
 

Bruce uscì dal bagno sfregandosi i capelli con un asciugamano.
“Adesso va molto, molto…” si interruppe appena vide che Zoe si era addormentata con la maglietta e i pantaloncini corti ancora addosso. In quei giorni avevano passato molto tempo sotto il sole e la sua pelle pallida aveva preso un bel colorito rosato.
Bruce la coprì con il lenzuolo e si distese al suo fianco, circondandola con le braccia. Dopo pochi minuti anche lui stava dormendo.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


La lancetta segnalò che mancava poco all’esaurirsi della benzina più o meno a metà mattina.
Bruce la osservò con la fronte aggrottata e si chiese se Zoe avesse già sperimentato l’eccitante esperienza di rimanere a secco su una strada scarsamente trafficata in mezzo al deserto.  
Quando si girò verso la ragazza però, decise che era meglio evitare di domandarglielo: Zoe stava facendo dondolare nervosamente il ginocchio e
si mordicchiava l’unghia del pollice. Sembrava piuttosto agitata.
“Tutto ok?”
“Potrei uccidere per una sigaretta” rispose Zoe.
“Non è una cosa carina da dire quando sei sola con una persona. Soprattutto se quella persona sono io”
“Ho lasciato l’ultimo pacchetto a casa… ed è colpa tua, lo sai vero?”
Mia? E perché mai?”
“Continuavi a dirmi che mi facevano male”
“Ma è vero! Te lo direbbe chiunque!
“Uffa! Perché non ti droghi e fumi anche tu come tutte le normali rockstar?”
“Mi dispiace deluderti” con grande sollievo, Bruce vide un cartello che annunciava la presenza di una stazione di servizio poco più avanti e si rilassò contro il sedile “Ho sempre preferito distinguermi dalla massa” concluse con un largo sorriso.
Negli ultimi giorni avevano incontrato poche macchine sulla loro strada – Bruce ne aveva approfittato per far guidare Zoe per la prima volta, condannando così il motore della sua macchina ad indicibili sofferenze -  ma nel primo pomeriggio si immisero sull’autostrada e il traffico ricominciò ad essere più intenso. Numerosi cartelli indicavano le direzioni per raggiungere città grandi e famose, Bruce però sembrava deciso ad ignorarli tutti per seguire una strada nota solo a lui. Aveva detto a Zoe che sarebbero arrivati a destinazione prima di sera senza aggiungere ulteriori dettagli.
“Non ci vado più molto spesso, in realtà. Una delle ultime volte è stata dopo che Danny…” Bruce lasciò la frase sospesa, sapendo che Zoe avrebbe capito benissimo comunque quello che intendeva dire.
“E… beh, cosa fai di solito in questo posto?”
“Niente di particolare. A volte semplicemente giro la macchina e torno indietro. Oppure provo a scrivere qualche canzone, cose di questo genere.
Ci sono dei momenti in cui mi piace stare da solo e allora vengo qui”
“Adesso però non sei solo” gli fece notare Zoe.
“Infatti non è uno di quei momenti. Adesso voglio stare con te”
Dopo alcune ore abbandonarono nuovamente l’autostrada e la ragazza ammirò entusiasta il nuovo tipo di paesaggio scorrere fuori dal finestrino:
ormai erano arrivati sulla costa occidentale e in lontananza si vedeva il mare scintillare alla luce del sole.
Stavano ascoltando Lou Reed quando Bruce si fermò davanti ad un portone.
“Siamo arrivati” annunciò prima di scendere dall’auto per aprirlo.
Oltre al muro di cinta Zoe riusciva solo a vedere le chiome di diversi alberi e un pazzo di un tetto.
Poco prima si erano lasciati alle spalle un piccolo centro abitato, la casa era completamente isolata.
Bruce guidò lungo uno stretto viale d’ingresso e parcheggiò davanti un villino bianco.
Scesero entrambi e portarono le valige in casa. Dentro era buio e fresco e per prima cosa Beuce aprì una porta in soggiorno. La luce del sole inondò la stanza e
Zoe si avvicinò alla terrazza. Da lì si vedeva il cortile della casa e il mare. Quasi tutta la visuale era occupata dalla sua distesa azzurra increspata da piccole onde.
All’orizzonte sembrava fondersi direttamente con il cielo.
Abbassando un poco lo sguardo, Zoe si accorse che un sentiero partiva dal cortile. Più in basso si intravedeva una spiaggia piccolissima.
La ragazza la indicò a Bruce “Quella spiaggia è… è tua?”
Lui sollevò le spalle “Non è proprio mia. Però non ci va mai nessuno…”
Zoe abbassò la mano e guardò ancora il paesaggio.
“Wow” mormorò alla fine.
Bruce la abbracciò da dietro “Ti piace?”
“Si”
“Io ho in mente qualcosa di ancora meglio” le disse piano all’orecchio.
“Lasciami indovinare: una sigaretta?”
“No. Sei decisamente fuori strada”
La sospinse dolcemente lungo un corridoio e aprì una porta. Nel buio della stanza Zoe intravide la sagoma di un letto. Bruce la lasciò per spalancare una grande finestra,
da cui si godeva della stessa vista del soggiorno, solo con un’angolazione lievemente diversa. Tolse un telo che copriva il letto e si sedette sul bordo attirando a sé la ragazza,
fino a quando non fu costretta a sedersi a sua volta sulle ginocchia di Bruce.
“Vuoi provare ad indovinare ancora?” le chiese prima di iniziare a baciarle il collo “O hai bisogno di altri indizi?”
“Non so… non sono ancora del tutto sicura”
Bruce la afferrò saldamente per le gambe e la rovesciò sul letto.
“Adesso inizio a capire” disse Zoe.
“Davvero?” le labbra di Bruce si incurvarono in un sorriso inquietante “Molto bene”.
 
 
Zoe riconobbe il numero di suo padre appena guardò lo schermo del cellulare. Premette un tasto e se lo portò all’orecchio.
“Ciao, papà” disse prima di stiracchiarsi.
“Ciao Zoe! Come va, siete arrivate?”
“Tutto ok, siamo arrivate questo pomeriggio”
“E le tue amiche come stanno?”
La ragazza si girò sul fianco e guardò Bruce disteso vicino a lei “Bene anche loro”
Dopo essersi assicurato che tutto andasse per il meglio, suo padre le disse che sarebbe rimasto a casa per alcuni giorni prima di ripartire per uno dei suoi soliti viaggi di lavoro.
Nel soggiorno di casa, il padre di Zoe si sedette sul divano “Il nostro vicino sembra scomparso”
Zoe continuava  fissare Bruce, che seguiva divertito il dialogo tra padre e figlia.
“Forse  è andato in vacanza anche lui”
“Già, può essere. Beh, ci sentiamo Zoe, buon proseguimento”
Si salutarono e interruppero la conversazione.
Bruce sollevò un sopracciglio “Gli hai detto che andavi in vacanza con le tue amiche?” domandò
“Non credo che sarebbe molto felice di conoscere la realtà”
“Suppongo di no” la baciò sulla fronte prima di alzarsi dal letto “Vestiti. Andiamo a cena fuori”
Mangiarono in un piccolo ristorante in riva al mare gestito da una coppia di signori che non diede segno di aver riconosciuto Bruce.
Dopo cena camminarono costeggiando la spiaggia fino a quando non superarono tutti i locali pieni di gente raggiungendo un molo isolato.
Zoe si sedette sul bordo del molo, lasciando dondolare i piedi sopra l’acqua scura del mare. Bruce era accanto a lei, disteso e con lo sguardo rivolto verso il cielo buio.
Da uno dei locali si sentiva arrivare della musica. Quando iniziò Stand by me, Bruce si alzò in piedi e allungò una mano verso Zoe, per invitarla a fare altrettanto.
“Che cosa vuoi fare?” chiese la ragazza con un sorriso sul volto. Appena le intenzioni di Bruce le furono chiare, il sorriso venne sostituito de un’espressione minacciosa
“No. Non ci pensare neanche, Bruce!” esclamò.
L’uomo rise, soddisfatto del risultato ottenuto.
“Dai, concedimi questo onore” disse mentre le cingeva i fianchi con un braccio e le stringeva delicatamente una mano.
“Ma io non so ballare” protestò ancora Zoe.
“Non importa”
Alla fine la ragazza si arrese. Appoggiò la fronte sulla spalla di Bruce e cercò di rilassarsi in quella situazione da lei non molto apprezzata.
Più che ballare, in realtà, si limitavano ad ondeggiare piano al ritmo della musica. Si era alzata una lieve  brezza e la notte aveva l’odore del mare.
“Immagino che questo sarebbe il momento più adatto per dirlo” Bruce aveva parlato con gli occhi fissi sulle luci dei locali da cui proveniva la musica.
Zoe girò un poco la testa per guardarlo in faccia “Per ammettere di non sapere ballare, intendi? Si, è proprio il momento giusto”
Risero entrambi, ma nonostante la battuta, Zoe sapeva benissimo che non era a quello che Bruce si stava riferendo.
La situazione in cui si trovavano Bruce e Zoe in quel preciso momento era praticamente perfetta per pronunciare due semplici parole, che rappresentavano al contempo
qualcosa di molto importante. Zoe sentiva, però, che tutto ciò valeva per una qualsiasi altra coppia, non per loro. E probabilmente anche Bruce se ne era accorto.
“Non serve” disse Zoe.
“No?” Bruce la guardò negli occhi e lei scosse la testa per confermare quello che aveva appena detto.
Si erano incontrati in un momento in cui erano rimasti soli  e avevano bisogno di qualcuno. Non avevano fatto altro che sostenersi a vicenda per cercare di andare avanti nel migliore dei modi.
Se Bruce lo avesse detto adesso, probabilmente non sarebbe stato completamente sincerò e lo stesso valeva per Zoe.
Bruce aveva continuato a fissarla negli occhi e ad un tratto annuì, come se avesse ascoltato tutti i pensieri della ragazza e fosse d’accordo con lei.
“In ogni caso sono contento che…” Bruce si interruppe, rendendosi conto che non sapeva bene come poteva esprimere a parole quello che provava.
Scrollò le spalle “Sono contento” disse semplicemente.
“Anche io” rispose Zoe.
La musica finì e Bruce e Zoe tornarono a casa.
 
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Salve!
Non ho mai scritto nessuna nota alla fine dei capitoli di questa storia, così ho deciso di farlo adesso, visto che questo è l’ultimo (almeno per ora, non so se più avanti la continuerò, dato che mi sono affezionata al personaggio di Zoe).
Comunque, spero di non avervi annoiato troppo e di non aver fatto troppo schifo e, soprattutto, vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto silenziosamente o hanno lasciato una recensione, in particolare 33nocidicocco che (non so dove) ha trovato il coraggio di recensire tutti gli ultimi capitoli XP
Come mio solito ho riletto molto velocemente il testo, se trovate qualche errore dite pure :)
 
Grazie mille a tutti,
alla prossima 

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