Ad Hogwarts un aiuto lo si trova sempre.

di LalieDalton
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima richiesta d'aiuto. ***
Capitolo 2: *** Delucidazioni. ***
Capitolo 3: *** Un vento improvviso. ***
Capitolo 4: *** Guardarti diversamente. ***



Capitolo 1
*** Prima richiesta d'aiuto. ***







«Quante cose sai sui Patronus?» .
Scorpius sollevò lo sguardo dal proprio libro di Difesa Contro le Arti Oscure, incrociando gli occhi azzurri di Rose Weasley. La cosa che lo sconcertava di più non era stato il suo rivolgersi a lui per la prima volta, ma il fatto che si fosse già accomodata sulla panca di fronte ed aveva rovesciato l’intero contenuto della sua borsa sul tavolo.

« Prego? » rispose dopo un attimo di riflessione, spostando il proprio libro verso di sé per non lasciarlo sporcare da quello strano fagotto azzurro con delle altrettante strane macchie umide sopra.
« Cosa sai sui Patronus, Scorpius? » ripeté, spostando di lato gli accessori personali da quelli scolastici. Rimise i primi dentro la borsa, facendoli cadere all’interno di essa, e la poggiò accanto a sé sulla panca. Sembrava intenzionata a rimanere lì per molto tempo.
« Perché me lo chiedi? Non è nel nostro programma di quest’anno.» ribadì il biondino, tornando a guardare il proprio libro. L’apparizione della rossa lo aveva notevolmente scosso, ma non lo avrebbe dato a vedere.
« Ti ho visto evocarne uno, corporeo. » mormorò Rose mordendo la punta della sua piuma e senza distogliere lo sguardo da lui. « Era un grazioso falco. Me lo insegneresti?»
Tutto, tutto si sarebbe aspettato tranne Rose Weasley che gli chiedeva di insegnarle qualcosa. Ad Hogwarts era noto a tutti che la Grifondoro non ammettesse a nessuno di insegnarle qualcosa che non sapesse fare – a meno che non fosse un professore. Non si era mai vista chiedere aiuto a chicchessia, nemmeno per gli sforzi fisici dovuti alla borsa ripiena di libri, sopportava il mal di schiena e di provocarsi un solco sulla spalla piuttosto che chiedere aiuto. Magari appariva come presuntuosa, eppure era solo voglia di farcela da sola. A lui, francamente, non importava.
Gli occhi grigio-verdi del ragazzo scattarono nuovamente sul suo viso, le labbra si dischiusero sorprese e il sospetto prese subito il posto dello stupore.
« Cos’è? Mi spii? » mormorò «Non capisco perché dovrei insegnartelo. »
« Non dire assurdità, ero lì per caso. » sospirò «Perché te lo sto chiedendo. »
« E se non volessi farlo? »
Rose si strinse nelle spalle e rimise anche gli effetti scolastici dentro la borsa, tranne il fagotto azzurro. Lo aprì, rivelando due muffins dall’aspetto delizioso e dal colorito arancio.
« Non sei obbligato. Ero solo interessata ai Patronus. Chi te lo ha insegnato? »
Il ragazzo la guardò un attimo, soffermandosi su quei dolci che non potevano stare mai e poi mai in Biblioteca.
« Non puoi introdurre cibo dentro la Biblioteca. »
« Sei noioso, te lo hanno mai detto? Questi sono per te. Sono alla zucca, non sapevo come potessero piacerti, sono andata sul classico. Non devi mangiarli qui, ma portarteli via. »
« Mi vuoi avvelenare? »
L’espressione offesa di Rose era paragonabile solo a quella di una madre alla quale avessero detto che il proprio figlio non fosse bello.
« Non lo farei mai con il cibo.» sussurrò con le guance arrossate.
« Perché mi hai portato dei muffins? »
« Per convincerti. »
« E mi porti dei muffins? » mormorò sarcastico, sollevando un sopracciglio.
« Ho pensato che i cupcakes potessero essere troppo delicati per un tipo come te. »
« Non prendermi in giro, Weasley. » sbottò, chiudendo il libro con forza e suscitando un sonoro “Silenzio!” da parte della bibliotecaria.
« Sono R O S E.» scandì con un sussurro e fece vibrare le labbra con uno sbuffo. « Vuoi smetterla di evitare il discorso? »
« Cosa vuoi sapere? » schioccò la lingua, mentre la golosità prendeva il sopravvento. Tirò un lembo del fagotto, avvicinando i muffins sotto al suo naso ed annusando. « Li hai fatti tu? Non sembrano quelli di Mielandia. »
« Non è importante. Voglio sapere chi ti ha insegnato ad evocare un patronus e se può farlo con me, in caso tu non voglia farlo.» Rose annuì per dare maggiore enfasi alle proprie parole.
Scorpius la guardò per qualche secondo, mentre i suoi denti andavano a mordere il muffin e ne staccavano almeno la metà con un solo morso. Inghiottì e si inumidì le labbra.
« Mi ha insegnato mia madre, questa estate. Puoi mandarle un gufo e vedere se lo insegna pure a te, perché io non lo farò.» Sorrise mandando giù anche l’altro pezzo di muffin. « E’ troppo dolce. »
Rose arrossì per due motivi. Il primo, riguardava Scorpius che mangiava il muffin e si rifiutava comunque di insegnarle. Il secondo, riguarda l’eccessiva dose di zucchero che era caduta nei muffin.
Strinse le labbra e si alzò dalla panca.
« La ragione è ancora dalla mia parte. E’ inutile chiedere aiuto. Imparerò da sola, come ho sempre fatto. Ciao. » sussurrò con fervore, prese la propria borsa e se ne andò così come era apparsa.
 
Il ragazzo guardò con attenzione l’altro muffin rimasto e storse le labbra. Perché mai Rose desiderava imparare un Patronus? E perché non chiedeva alla sua famiglia? Dai racconti di papà, “loro” decisamente ne erano capaci.
Ma c’era altro che incuriosiva Scorpius; perché aveva chiesto aiuto a lui? 

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Capitolo 2
*** Delucidazioni. ***


Il banchetto era la parte della giornata preferita di qualsiasi studente. Non c’era niente, fuori, paragonabile alle cene di Hogwarts. Un miscuglio di sapori, odori e colori, imbandiva le cinque tavolate della Sala Grande; e se aggiungevi l’incessante chiacchiericcio degli studenti nonostante le bocche piene, beh, avevi un sala completamente in festa ogni sera dell’anno.
Scorpius se ne stava alla fine della propria tavolata, vicino alla porta della Sala. Davanti a sé aveva un piatto ricolmo dei cibi più gustosi dell’intero banchetto che stava guastando a pieno. Portò un riccio di patate alla bocca e lasciò che si sciogliesse sulla lingua. Il suo sguardo vagava sui commensali della sua tavolata, cogliendone ogni dettaglio – seppur minimo – di comportamento. Di certo Lysette Morgan non sapeva affatto di non essere in un fast food babbano, dato che mangiava con le mani quello che sembrava essere un pollo arrosto. Le posate non le usano quelli del Nord?
Fece una smorfia di disappunto e spostò lo sguardo sul tavolo degli insegnanti, dall’altra parte della sala. Silenziosi, si scambiavo una chiacchiera o due solo quando si accingevano a bere, il resto del tempo mangiavano o tenevano sotto controllo l’intera Sala.
Doveva proprio essere una vita avventurosa, la loro. Non avrebbe mai e poi mai fatto il professore. L’Auror, forse, ma non avrebbe seguito un branco di adolescenti. Nemmeno i suoi compagni riusciva a sopportare, ed avevano la stessa età.
Continuò guardarsi intorno finché l’occhi gli cadde su due occhi azzurri che lo fissavano di rimando. Si irrigidì di colpo, confermando con uno sguardo approfondito la proprietaria. Perché diavolo Rose lo stava fissando? E perché adesso che l’aveva colta in flagrante non distoglieva lo sguardo come... come chiunque avrebbe fatto?
Si fissarono a lungo finché due mani non coprirono gli occhi di Rose, e delle labbra le baciarono una guancia. Scorpius inarcò un sopracciglio vedendola sorridere e distogliere l’attenzione da lui per riservarla al Tassorosso che l’aveva salutata.
Per tutto il resto della serata, Rose non guardò più nella sua direzione, e Scorpius se ne accorse.
 

~

 
 
Ora buca tra Incantesimi e Pozioni, a rigor di logica ogni studente dovrebbe approfittare delle ore libere per studiare in vista degli esami. Eppure, Scorpius, se ne stava seduto su una panchina nel cortile interno. In mano recava un mazzo di carte, che lanciava ad una ad una dentro ad un capello da baseball, situato a qualche metro da lui sul pavimento di pietra, fregato ad un Corvonero. Non si potevano tenere cappelli durante le ore di lezione, quindi da bravo Prefetto lo aveva requisito. Fortuna che si era – stranamente – dimostrato utile per abbattere la noia.
Tanto era concentrato nel proprio gioco che non si accorse di Rose prendere posto al suo fianco, sulla panchina.
« Perché non vuoi insegnarmi l’Expecto patronum? » sussurrò con un tono di voce simile ad un bambino imbronciato.
Scorpius sobbalzò, non centrando il cappello con l’ultima carta. Si voltò alla propria sinistra e guardò stralunato la ragazza.
« Pensavo ti fossi arresa al mio no. »
« Non ti chiedo di insegnarmi, voglio sapere perché non lo faresti. »
« Non siamo amici. »
« Questo lo so anche io. »
« Nemmeno ci parliamo »
« Tecnicamente sei tu a non parlare con me. »
« Non mi hai rivolto la parola in cinque anni, Weasley. »
« Rose. Vero, te lo concedo, ma te la sto rivolgendo adesso. »
« Solo perché ti servono informazioni. » Mormorò tranquillo. Rose fece una smorfia ed assunse un’espressione pensierosa, mentre Scorpius appellava a sé le carte e le rimetteva in ordine. « Non ti aiuto perché non ne conosco il motivo. Perché vuoi impararlo? »
« E’ un incantesimo difficile, nonostante non lo sembri. Lo sai che è possibile farli parlare, per portare messaggi? Hai idea di quanto possono essere meravigliosi? » sussurrò con il viso rivolto verso il basso.
« Questo non spiega la tua ossessione. »
« Lascia perdere, non capirai mai, ciao. » sbuffò rialzandosi e allontanandosi, per poi sparire oltre l’arco di pietra.

Scorpius la guardò andarsene e si accigliò.
Cosa nascondeva la Weasley?

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Capitolo 3
*** Un vento improvviso. ***


Sembrava che il tempo avesse deciso di prendersi una pausa e rallentare. Non soffiava un filo di vento da una settimana, il cielo era sgombro di nuvole e la professoressa Grimm si era assentata ad ogni lezione di Trasfigurazione. Qualcosa stava andando per il verso sbagliato.

Scorpius sedeva placidamente sul proprio mantello ripiegato e poggiato sul prato. le gambe piegate davanti a lui, i gomiti sulle ginocchia ed una sigaretta babbana - spenta - tra le lunghe dita bianche. Se la rigirava tra le dita come in una sorta di trance pensierosa. Gli occhi fissavano un punto imprecisato davanti a sé.
Quella settimana, Rose, non si era avvicinata a lui. Non uno sguardo, ne una parola. Niente. Come se non avesse mai chiesto il suo aiuto.
Perché quella ragazza voleva evocare un patronus? 
Cosa ne avrebbe guadagnato?

Ricordava che sua madre aveva insistito per insegnarglielo al solo scopo di appurare che il figlio qualche pensiero felice lo aveva. Ma Rose sembrava piena di pensieri felici.

Due occhi verdi gli apparvero davanti al viso, facedolo sobbalzare.
« Albus! Razza di deficiente. »
« Hey, sei di buon umore oggi! »
Il moretto, si tirò indietro e si accomodò accanto al ragazzo, sedendosi direttamente sull'erba umida. Prese la sigaretta che giaceva tra le dita del biondino e la portò alle labbra, accendendola con un fiammifero.
« Evita di rubarmi le sigarette, Scorpius. »
« Non l'avrei fumata. »
« Oh vero, me le spezzi soltanto per il gusto di farlo. »
« Ti fa male questa merda. »
Albus non rispose, limitandosi a ridacchiare.
Aveva preso il vizio del fumo due anni prima, dopo aver fatto amicizia con due tipi poco raccomandabili di Corvonero. Gli avevano fatto provare qualcosa che vrebbe "aperto la sua mente", ma che lo aveva ridotto uno straccio. Era allora che Scorpius era diventato suo amico; lo aveva portato di nuovo sulla strada giusta.
« Che fai qui? Non hai Divinazione oggi? »
« Ah già. Ops. » Albus tirò il nodo della cravatta Grifondoro al suo collo, allentandola, e sorrise. « E' una palla quella materia. »
« Ti verrà chiesta comunque agli esami. Lasciala, ma non saltarla. »
« Va bene, mamma. »
« Deficiente. »
« Dì un po', hai parlato con mia cugina di recente? » il tono di voce si era fatto d'un tratto più serio, e Scorpius si vide costretto a voltarsi verso di lui per osservare la sua espressione. Il biondino inarcò un sopracciglio in attesa di spiegazioni. « Megan, di Tassorosso, mi ha detto di avervi visti insieme in Biblioteca, ed anche in cortile. E' vero? »
« Sì, è venuta lei a cercarmi per chiedermi una cosa. Non c'è niente tra noi, se stai insiuando questo. »
« Ma ti ha dato dei muffins. » continò a dire Albus, mentre il biondino lo fermava di nuovo.
« Te lo ha detto sempre Megan? » l'amico annuì « Voleva comprarmi. Per insegnarle un incantesimo. Sì- non fare quella faccia, lo so anche io che Rose non chiede mai niente a nessuno, ma lo ha fatto. Le ho detto no, comunque. Non siamo amici, no? »
« Uhm, capito. » spense la sigaretta contro la suola della scarpa e si alzò. « Ma forse avresti dovuto accettare, proprio perché non chiede mai niente a nessuno. Forse aveva davvero bisogno del tuo aiuto. »
Scorpius lo guardò andarsene, mentre se ne stava in silenzio a riflettere. 

Salazar, Weasley, perché proprio io?


-


Mani nelle tasche, cravatta slacciata e camicia fuori dai pantaloni, Scorpius camminava per il cortile in direzione delle serre. 
Si era beccato una punizione per aver fatto esplodere il calderone di un Corvonero dopo che lui aveva vantato la propria intelligenza, e quindi avrebbe aiutato il professor Paciock con le piante carnivore. Yay.

Il selciato era coperto di foglie ormai secche, e ne calciò qualcuna con stizza, mentre camminava a testa bassa. 
D'un tratto una folata di vento improvvisa spazzò via tutte le foglie e Scorpius sollevò la testa, incuriosito. Era tornato il vento?
Ma nel momento in cui sollevò lo sguardo, ecco che incrociò la figura di Rose Weasley a pochi passi da lui. Sembrava incuriosita anche lei da quell'improvviso soffio di vento e non si premurava affatto di sistemarsi i capelli scomposti da esso.

Senza rendersene conto, riprese a camminare finché non le fu di fronte.
« Ciao. »
Rose sobbalzò, voltandosi di scatto e arrossendo. Sembrava spaventata e presa alla sprovvista, ma forse era solo sovrappensiero. 
« Ehm... ciao? »
Scorpius non riuscì a trattenere una risata e si morse l'interno della guancia per smettere.
« Senti, non so perché tu voglia imparare quell'incantesimo che il professore stesso potrebbe insegnarti, e non so nemmeno perché tu lo abbia chiesto a me. Non siamo amici, e non penso che potremmo esserlo mai dato che gli unici momenti in cui abbiamo parlato sono quelli in cui tu parli di patron- »
« Tu mi piaci, Scorpius. »
Veloce, diretta, letale.
La voce di Rose si andava diradando nell'aria, perdendosi in mezzo all'ululato del vento. Scorpius rimase con le labbra dischiuse, le parole ancora sulla lingua e gli occhi leggermente sgranati. Guardava quella ragazzina come se in verità non la vedesse.
« E' per questo che te l'ho chiesto, pensavo fosse il primo passo da dover fare. Parlare. Io- Io so evocare un patronus, ma ero speranzosa che tu volessi aiutarmi. Ma non è così, quindi lascia perdere. Non possiamo essere amici e... io nemmeno lo voglio più. Mi dispiace di averti fatto scervellare con possibili congetture sul mio volerlo imparare. Ma è un incantesimo puramente protettivo e per nulla banale, e quando ti ho visto osservare il tuo patronus... ecco, non lo so. M-Mi sto rendendo ridicola quindi, adesso... vado via. Ciao. »
Non riuscì nemmeno a fermarla per quanto forte era corsa via. 
Le sue parole gli vorticavano in mente, confondendolo ancora di più. 
Lui piaceva a Rose Weasley, e aveva messo su una scenetta per parlargli e passare del tempo con lui...

Quel vento aveva smosso ben altro che solo le foglie.

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Capitolo 4
*** Guardarti diversamente. ***


« Tu lo sapevi? »
Una porta sbattuta prepotentemente contro il muro, un rotolo di pergamena volò giù dal letto e due occhi verdi fissarono la figura di fronte.
« Sapevo cosa? »
« Di Rose. Lo sapevi? »
« Rose non chiede mai nulla a nessuno, non ti aveva mai rivolto la parola, abbiamo imparato ad evocare un patronus insieme e… bastava fare due più due. Non mi ha detto niente, ma lo sospettavo. »
« Perché non me lo hai detto? »
« L’hai rifiutata no? Avrei dovuto permetterti di conoscere già cosa sarebbe accaduto? Così potevi decidere le parole da dirle? »
« Non ho rifiutato un bel niente, è scappata dopo avermelo detto e… dannazione. »
Richiuse la porta alle spalle e andò a sedersi su di un letto, spalle basse e mani nei capelli.
« Che ti prende? »
« Non pensavo minimamente fosse un motivo del genere! Per un attimo ho creduto fosse perché riuscivo a fare qualcosa che lei non riusciva a fare, e lei vince sempre… e... voleva battermi facendosi aiutare direttamente da me. »
« La vedevi come un mostro assetato di vittorie. »
« Mnh. »
« E’ competitiva, ma è sempre una ragazza. E’ andata così, le passerà, tranquillo. »
Scorpius sollevò lo sguardo, osservando i movimenti del suo compagno di classe.
« Cosa? »
« Le passerà. »
« Ma io non voglio. »
Albus guardò l’amico, inarcando le sopracciglia.
« Non vuoi? »
« No, non può dirmelo, entrare nella mia vita e poi passarci sopra. »
« Ma a te non piace, no? »
« Non può farlo, okay? No, no. Vado a cercarla. »
« Scorpius non fare cazzate, la farai solo sentire peggio. »
« Stanne fuori, amico. »
E se ne andò, così come era arrivato. Irruento e veloce.
Albus guardò la porta lasciata aperta e aggrottò la fronte. Qual era il suo piano con Rose? A cosa stava pensando?
 
 
~~~~~


Il vento fuori spostava ogni cosa, gli alberi erano scossi senza freno, Hagrid aveva dovuto legare le zucche o sarebbero volate via, le acque del Lago Nero erano increspate come il più mosso dei mari.
Il tempo cambiava e con esso venivano scossi anche i pensieri di Scorpius, che frettoloso camminava lungo i corridoi verso non sapeva nemmeno lui quale meta.
Non guardava di fronte a sé, e non rallentò la corsa finché non si imbatté in una sensazione di gelo. Si bloccò, tastandosi il corpo e guardando rapido dietro di lui. Aveva attraversato Sir Nicholas, che si ricomponeva in quel momento.
« Che modi, giovanotto! »
« Mi scusi, Sir, ero di fretta e non guardavo. »
« Correvi dalla tua bella? Eh? »
Il ragazzo arrossì, non perché fosse effettivamente in quel modo, ma per il tono adoperato dal vecchio fantasma. Alludeva. E non amava quando qualcuno alludeva.
« No, Sir, correvo e basta. »
« Che peccato questi giovani di oggi, non combattono per le giuste cause. »
« Non capisco, Sir. »
« Io ho perso la testa per molto meno, o quasi. Arrivederci. »
« ..Arr.. ivederci. »
Confuso e decisamente convinto che in Grifondoro non vi sia un sano di mente – nemmeno nei fantasmi – Scorpius riprese la sua camminata, riflettendo sulle parole del fantasma. Non volevano dire niente. Sicuramente aveva detto tante di quelle cose, nella sua vita, da non saper più che dire. Comprensibile.
 
Salì le scale, sorpassando gli studenti di Tassorosso e Serpeverde che scendevano in quel momento, e svoltò a destra. L’aula dei Prefetti e Caposcuola era di fronte a lui, e armatosi di buona volontà, bussò.
Venne ad aprire una ragazzetta paffutella, con dei ricci biondi ad incorniciarle il volto.
« Sì? »
« Ciao. C’è la Weasley? »
« No, mi dispiace. »
« Okay, grazie comunque. »
Sospirò voltandosi e muovendo qualche passo.
« E’ andata via da poco, doveva portare una cosa sulla Torre di Astronomia. »
Scorpius di voltò, trovando solo il legno della porta chiusa. Sorrise e prese a correre verso l’ala opposta, questa volta conoscendone la meta.
 
Non sapeva bene il perché volesse raggiungerla, non sapeva nemmeno cosa le avrebbe detto una volta trovata. Ma non voleva che ci passasse sopra, non si spiegava il perché, ma non voleva. Si era presa un cotta per lui, sebbene non avesse mai dimostrato niente, non parlavano, non si guardavano, niente. Allora perché, perché le piaceva lui?

« Perché io, Weasley? »
Furono le sue parole, un volta individuata la chioma rossiccia della ragazza. Aspettò che si girasse – cosa che fece molto lentamente – e prese fiato. Mosse qualche passo nella sua direzione, leggendo nel suo sguardo solo tanta voglia di andarsene via. Tra le mani teneva delle pergamene, “la consegna” che doveva fare, e non sembrava intenzionata a parlare. I suoi occhi azzurri vagavano ovunque senza guardarlo.
« Perché io? »
« Non lo so »
« Hai messo su quella cosa, senza sapere il perché? »
« Io, non lo so... »
« Rose.. »
« Io- Miseriaccia. H-Hai aiutato un Tassorosso, mesi fa. Era stato insultato da tre Corvonero, e ti sei messo in mezzo. Non sapevi nemmeno il perché lo avessero insultato, ma hai preso le sue difese. Quel Tassorosso si chiama Jackson, è amico mio. Mi ha parlato di te, di come ti sei comportato bene, di quanto fossi interessante sotto un aspetto umano. Allora... ti ho guardato. Ti ho guardato veramente, nessun pregiudizio dovuto alle chiacchiere, niente di niente. Ti guardavo e vedevo te, sebbene non sapessi nemmeno se fossi davvero tu. Poi- un martedì ti ho visto evocare un patronus, dopo un litigio che avevi avuto con Albus. ( Lo so perché me lo raccontò ). Sembravi essere andato alla ricerca di qualcosa di felice, per scacciare le lacrime. E la tua felicità era quel falco argentato che voleva intorno a te. Era lì, potevi vederla. E per un attimo, un fottuto attimo, ho voluto essere io quel falco. Allora- allora ho capito che dovevo parlarti. Che ormai ero fregata. »

Il fiume di parole lo investì come niente al mondo aveva fatto prima. La consapevolezza che lei fosse stata lì, certa delle sue convinzioni, e nonostante tutto non si fosse accorto di nulla. Non si era accorto degli sguardi, non si era accorto di lei. Ma Rose aveva trovato un modo, seppur banale, di parlargli. Di mostrargli che qualcosa era effettivamente cambiato. Gli aveva chiesto aiuto, lei che non lo chiedeva mai. Doveva essere stato un passo enorme per la rossa, eppure lui aveva detto di no. “Non siamo amici”, aveva risposto. Come se fosse importante, come se fosse basilare.
Il silenzio si prodigava da troppo tempo, e Rose sembrò sul punto di scappare via. Indietreggiò di un passo, con un sospiro, e voltò il viso dall'altra parte.

« Dovrò offrire una burrobirra a Jackson, allora. »
Gli occhi di Rose puntarono dritti nei suoi, mentre la sua espressione diventava confusa. « Ha fatto in modo che tu mi guardassi. »
« Hip Hip Hurrà. » mormorò con voce bassa la ragazza, ancora confusa dalle sue parole. Non avrebbe dovuto offrirla a lei, la burrobirra?
« Non fare l’antipatica. »
« E cosa dovrei fare? »
« Chiedermi di uscire. »
« Uscire? Siamo chiusi qui dentro- e poi le ragazze non chiedono di uscire. »
« Sei una ragazza intelligente, forte e indipendente. Puoi farlo. »
« Perché dovrei? »
« Ti piaccio no? »
« ... non per forza devo chiederti un appuntamento. »
« Ed io pensavo volessi essere il mio falco... »
« Non è carino prendermi in giro così. »
« Scusa, scusa! Non so cosa posso o non posso dire o fare con te. »
« Potresti offrire un burrobirra anche a me, un giorno... »
« Sei riuscita a non chiedermelo ma a chiedermelo nello stesso momento. Geniale. »
« Come dicevi? Intelligente, forte, indipendente...»
« Te la offrirò. Alla prossima gita ad Hogsmeade. Ma domani... domani vieni con me in un posto. Ti va? »
« E’ un appuntamento? »
« Non proprio, ma dovrò fare anche io qualcosa. »
« Tipo? »
« Guardarti diversamente. »

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