Una congiura hobbit

di Glirnardir
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVIII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


N.d.T.: Questa storia non è mia. Io l'ho semplicemente tradotta per farvi conoscere la meravigliosa autrice Dreamflower. Per chi fosse interessato alla versione originale, la trovate qui: http://www.storiesofarda.com/chapterlistview.asp?SID=1707
 

CAPITOLO I

     Pipino Tuc era adirato, perplesso e curioso; una combinazione pericolosa.
     Aspettava da tempo l’arrivo di numerosi parenti ai Grandi Smial, in occasione dei festeggiamenti per la nascita della seconda figlia di sua sorella Pimpernel. Non vedeva suo cugino Merry da settimane, e suo cugino Frodo da un paio di mesi.
     Ma questi ultimi si trovavano lì ormai da due giorni, e Pipino non aveva ancora avuto modo di fare una chiacchierata in privato con Merry; era come se il cugino Brandibuck lo stesse evitando. E quando la mattina era uscito a fare quattro passi con il cugino Baggins, aveva notato che Frodo era distratto e pensoso. Continuava a fermarsi per accarezzare gli alberi, e ad un certo punto, osservando il panorama dalle Verdi Colline, aveva mormorato: “Chissà se guarderò mai più questa valle,” un’affermazione che Pipino trovava strana e preoccupante. Insomma… più strana del consueto per Frodo, in ogni caso. Un’orrenda sensazione aveva incominciato a ribollirgli nello stomaco.
     Ma non per niente era un Tuc. Nessuno poteva superare i Tuc in quanto a scaltrezza o determinazione, il che spiegava il motivo per il quale Pipino si nascondeva sotto la finestra della camera di Merry, intento a origliare casomai fosse stato detto qualcosa d’interessante.
     “Vigilerai tu su di lui, vero, Grassotto?” La voce di Merry era mesta e malinconica.
     “Merry, stai scherzando, spero!” A giudicare dal suo tono di voce, Grassotto Bolgeri sembrava più sbigottito che mai. “Pipino non mi trova nemmeno simpatico. Mi ritiene ottuso come una pozzanghera, e del tutto incapace a tirar fuori un’idea originale. Sono l’ultima persona al mondo dalla quale accetterebbe di farsi vigilare.”
     Dal suo punto di vista dietro un cespuglio, Pipino sollevò le sopracciglia. Non aveva idea che Grassotto fosse così intelligente da conoscere l’opinione che aveva di lui, per giunta così accuratamente.
     La voce di Merry si avvicinò alla finestra, e Pipino si rannicchiò maggiormente.
     “So che Pip non me lo perdonerà mai. Sto per infrangere ogni genere di promessa.” La voce di Merry si ruppe, e Pipino capì che era sull’orlo del pianto. Si sarebbe sentito in pena per lui, ma in quel momento era troppo infastidito - e troppo curioso.
     Grassotto mormorò qualcosa di inudibile, senza dubbio una frase che voleva essere rassicurante.
     “È solo che non avrei mai pensato di dover scegliere fra loro due. Ma non posso lasciare che Frodo vada incontro a un simile rischio senza avermi al suo fianco, e non posso permettere che Pip vada incontro a un simile rischio al mio fianco.”
     E allora capì.
     Tutto si spiegava: gli sguardi, le allusioni, i silenzi improvvisi, gli imbarazzati cambi d’argomento…
     Di nuovo la voce di Grassotto. “Cosa ti fa pensare che Frodo non tenga a te esattamente come tu tieni a Pip? Non vorrà farsi accompagnare da te per lo stesso motivo.” L’opinione di Pipino sull’intelligenza di Grassotto si alzò di un’altra tacca.
     “Certo che non vorrà,” fu la risposta di Merry. Sembrava terribilmente afflitto. Ben gli stava. “Perché altrimenti dovrei strisciargli dietro a questo modo, come una spia? Aspetterò che sia quasi pronto ad andarsene, e poi troverò modo di dirglielo, non di chiederglielo. E se questo non servirà a niente, dovrò pedinarlo fin quando lui e Sam non saranno ormai troppo lontani per potermi rispedire indietro.”
     Sembrava un ottimo piano, pensò Pipino; lui però avrebbe dovuto spiare sia Frodo sia Merry. Comunque aveva già scoperto una cosa. In quell’affare era coinvolto anche il giardiniere di Frodo, Samvise Gamgee.
     “Be’, mi farà piacere darti una mano per quanto riguarda lo strisciar dietro e lo spiare, e magari anche nel pianificare una eventuale fuga. Ma ciò nonostante, sono contento che tu non mi chieda di venirti appresso,” fece Grassotto con una risata mesta.
     “Oh, Grassotto, ma questo è proprio il motivo che mi spinge a cercare il tuo aiuto. So di non dovermi preoccupare che tu voglia venirmi appresso.” Anche Merry rise, ma in modo piuttosto forzato. “Anche a me non piace come stanno le cose. Questo non è il genere di avventura che ho sempre pensato di voler vivere. Ho paura, e anche parecchia. Tuttavia devo proteggere Frodo. Vorrei tanto che Pip lo potesse capire.”
     “Be’, tanto più lo eviterai tanto più s’insospettirà, Merry. Dovresti cercare di comportarti in modo più spontaneo quando c’è Pip nei paraggi; sarà anche giovane, ma sai bene che non è un’idiota, pur essendo un Tuc. E a proposito di comportarsi in modo spontaneo, non vorremo mica far tardi a pranzo, vero?”
     La risposta di Merry non fu udibile, poiché quest’ultimo si era allontanato dalla finestra, ma doveva essersi detto d’accordo con l’ultima osservazione, dal momento che Pipino poté udirli allontanarsi, aprire la porta e chiudersela alle spalle. Attese un secondo, quindi uscì da dietro il cespuglio e si diede una spolverata. A quanto pareva, Grassotto non era neanche lui un idiota, pur essendo un noioso vecchio Bolgeri. Fu questo a piantare nella mente di Pipino i semi di un’idea.
 
 
     Riuscì a individuare Merry nella grande sala da pranzo. Si trovava in un angolo, apparentemente impegnato in una conversazione con Folco Boffin, ma i suoi occhi erano fissi su Frodo, che se ne stava dall’altra parte a colmare d’affetto l’ultimo arrivo di Pimpernel, la piccola Alisso Boncorpi. In effetti lo sguardo di Merry pareva trafiggere Frodo, e Pipino si meravigliò che suo cugino non si rendesse conto di essere oggetto di una sì attenta osservazione.
     Pipino attraversò furtivamente la stanza, cercando di non farsi scorgere da Merry, e gli arrivò quatto quatto alle spalle. “Ciao Merry, ciao Folco.” Ebbe la soddisfazione di veder trasalire Merry. Sorrise tra sé e sé. Fintanto che fosse riuscito a precedere Merry di un passo, questo giochetto sarebbe stato divertente - e soprattutto perché lui sapeva di giocare, a differenza di Merry.
     “Pipino, da dove sei spuntato?”
     “Abito qui, ricordi? Sai, se non ti conoscessi bene, cugino, penserei che tu stia cercando di evitarmi.”
     Folco scoppiò a ridere. “Questa è buona! Ma se voi due siete pappa e ciccia. Lo sanno tutti.” Questa osservazione gli fruttò uno sguardo di rimprovero da parte di Merry, e uno infastidito di Pipino.
     “Pip, non ho la più pallida idea di che cosa te l’abbia fatto pensare.” Nessuno tranne Pipino, o forse Frodo, avrebbe notato il lieve incrinarsi della sua voce, o le troppe parole presenti nella risposta. Eh, sì, il cugino Merry aveva la coscienza sporca. Bene. E così tramava di strisciarsene via senza il suo Pip?
     Gli occhi di Merry deviarono nuovamente in direzione di Frodo, e questa volta Pipino si permise di seguire il suo sguardo. “Sai, Merry, stamattina sono stato a fare quattro passi con Frodo. E lui si comportava in modo decisamente strano.”
     “Come fai a dirlo?” disse Folco, sforzandosi di sembrare arguto. Questa volta ottenne due sguardi seccati, uno dal Tuc e uno dal Brandibuck. “Va bene! Va bene! Non sono desiderato.”
     Mentre Folco si allontanava risentito, domandandosi in quale modo potesse averli offesi, Merry si rivolse a Pipino. “Come sarebbe a dire ‘strano’?”
     “Non sembrava interessato a cantare, e nemmeno a rivolgermi la parola. Continuava a mormorare rivolto a se stesso, ripetendo frasi come: ‘Chissà se passerò mai più da queste parti,’ o ‘Rivedrò mai più questo posto?’. Non penserai mica che si senta male, vero?” Pipino spalancò gli occhi, fingendo preoccupazione, per poi volgere nuovamente il proprio sguardo su Frodo.
     “No, no, niente affatto,” gli assicurò Merry. “Sono assolutamente certo che non stia male.”
     “Oh, meno male, ero preoccupatissimo. Sai com’è fatto.” Beninteso, i due giovani hobbit avevano ripreso a fissare Frodo, che finalmente se ne accorse. Dall’altra estremità della stanza volse su di essi uno sguardo interrogativo.
     Pipino tornò a fissare il proprio sguardo su Merry. “Forse dovremmo cercare di ottenere un invito a Casa Baggins, prima che Frodo vada via.”
     Merry spalancò gli occhi in un momento di panico, ma la sua voce era calma. “Tu pensi?”
     “Ma sì, Merry. Ogni primavera trascorriamo qualche settimana a Casa Baggins, magari potremmo scoprire che cosa lo turba. Non credi che sia una buona idea?”
     “Sì - sì, hai perfettamente ragione, Pip. Ne parlerò con Frodo nel pomeriggio.”
     Pipino osservò il panico abbandonare gli occhi di Merry per lasciare posto alla meditazione. Ottimo, l’aveva in pugno. E una volta a Casa Baggins, avrebbe potuto tenerli d’occhio tutti e due in una sola volta.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


CAPITOLO II

     Quella sera Merry si recò nella stanza degli ospiti e stramazzò sul letto senza nemmeno togliersi i vestiti. Perbacco, era davvero esausto. Custodire il segreto era la cosa più stancante che avesse mai fatto. E non lo aiutava il fatto di essere anche spaventato a morte. Non sapeva se a terrorizzarlo di più fosse il pensiero di dover accompagnare Frodo, seguendolo verso un pericolo assai più grande del previsto, o il pensiero di dover dire addio a ogni cosa - o, ancora, il pensiero di dover dire addio a Pip.
     Per un breve istante, quel giorno, gli era parso che Pipino sospettasse. Ma ben presto i suoi nervi tesi e la sua coscienza sporca si erano placati. Maledetti segreti.
     Non sarebbe dovuta andare così. Fin da quando Merry aveva memoria, sapeva che un giorno sarebbe andato all’avventura con suo cugino Frodo. Quando era cresciuto, Pipino aveva sempre pensato che sarebbero stati in tre ad avventurarsi nel vasto mondo, sulle tracce di Bilbo, a vedere Elfi e Nani e altre meraviglie.
     Ed era stato proprio pensando a Bilbo che Merry aveva messo in moto il suo piano. L’anno precedente, quando Frodo aveva dato la solita Festa di Compleanno in onore di Bilbo, durante un brindisi ai due byrding, Merry aveva improvvisamente compreso: Frodo aveva quarantanove anni, e perciò Bilbo ne aveva centoventisette. Un’età alquanto matura per uno hobbit, anche se provvisto del sangue dei Tuc. Se Frodo aveva l’intenzione di seguire le tracce di Bilbo, avrebbe dovuto incamminarsi al più presto, oppure non sarebbe servito a nulla. E Merry non aveva la benché minima intenzione di permettere a suo cugino maggiore di svignarsela senza di lui.
     Aveva bisogno d’informazioni. Inutile mettere al corrente Pipino prima di avere effettivamente qualcosa su cui lavorare. Pip era in grado di mantenere un segreto, benché molti non lo considerassero capace di ciò, ma aveva una certa tendenza a farsi trascinare dall’entusiasmo. Samvise Gamgee trascorreva ormai parecchio tempo a Casa Baggins, essendo al tempo stesso amico e giardiniere di Frodo. Merry aveva incontrato Sam al Drago Verde, un pomeriggio dei primi giorni d’Invernume, e gli aveva offerto una birra presso un tavolo appartato.
     Merry non fu molto sorpreso di scoprire che Sam non era interessato al denaro che gli offriva. In effetti ciò che lo sorprese, anche se non molto, fu la controfferta di Sam: il giardiniere desiderava essere incluso nel gruppo, quando fosse arrivato il momento di partire. Dopo una breve riflessione, Merry accettò. Sam aveva un cuor di leone, un ottimo senso pratico, era affidabile e iperprotettivo nei confronti di Frodo. Sarebbe stato un perfetto compagno di viaggio.
     Merry rivolse un sorriso malizioso al giardiniere. “Frodo non può sperare di scommettere contro di noi.”
     Sam ricambiò il sorriso. “Ebbene, signor Merry, forse saremo costretti a seguirlo per qualche tempo, ma alla fine perderebbe la scommessa.”
     Alzarono le birre in un silenzioso brindisi.
 
 
     Eppure, col passare del tempo, le cose parevano essere giunte a un punto morto. Oh, Sam era stato ligio al dovere e aveva riferito a Merry che, sebbene Frodo apparisse effettivamente più irrequieto che negli anni scorsi, non sembrava intenzionato a partire in tempi recenti, e Merry aveva incominciato a pensare che il tranquillo, scrupoloso lato Baggins di suo cugino si stesse imponendo sul più avventuroso lato tucchico.
     E poi, alla fine della seconda settimana di Astron, aveva ricevuto una breve lettera di Sam: Caro signor Merry - Gandalf è tornato. S.G.
     Merry pensò che le cose avessero finalmente incominciato a muoversi. In fin dei conti, era stato innanzitutto il vecchio Stregone grigio a trascinare Bilbo fuori della sua comoda casetta, portandolo con sé all’avventura.
     Come volevasi dimostrare, pochi giorni dopo gli arrivò un’altra lettera di Sam. Caro signor Merry - Potete venire a Hobbiville il prima possibile? Ho da dirvi un bel po’ di cose a proposito di ciò che sappiamo. La faccenda è assai più importante di quanto pensassimo. S.G.
     Quando rivide Sam al Drago Verde, il giovane giardiniere aveva un’espressione ansiosa e uno sguardo estremamente serio.
     “Signor Merry, non so che idea vi farete sul mio conto, ma mi sono fatto catturare, e dopo questa notte non posso dirvi più nulla. Ho fatto una promessa. E indubbiamente il signor Frodo penserebbe ch’io la stia infrangendo in questo preciso istante, dato che vi sto parlando.” S’interruppe per bere un sorso della sua birra. “Ma ritengo che sia giustissimo dirvi tutto ciò che ho sentito prima che il vecchio Gandalf mi cogliesse con le mani nel sacco. Non è una bella storia, e il signor Frodo corre un pericolo mortale.”
     “Per l’amor del cielo, Sam, non ha ancora lasciato la Contea, come potrebbe correre un pericolo?”
     E allora Sam cominciò a spiegare a Merry ciò che Gandalf aveva spiegato a Frodo. E Merry sentì il sangue abbandonare il suo viso, e lo stomaco incominciò ad attorcigliarglisi, e tutto il suo corpo fu scosso da brividi gelidi. L’Unico Anello dell’Oscuro Signore. Il piccolo, innocuo anello magico di Bilbo era l’oggetto più terribile che si potesse immaginare, ed era lì nella Contea, intento ad attirare il pericolo verso di sé. Scolò tutta d’un fiato la sua birra, senza nemmeno gustarsela.
     Due cose gli parevano perfettamente chiare: tanto valeva che Frodo si dipingesse un bersaglio sulla schiena, ed era impossibile permettere a Pipino di accompagnarli. Non certo in una situazione così pericolosa.
     “La nostra impresa continua, Sam,” disse Merry con risolutezza. “Sei un’ottima persona, e sono felice che tu abbia intenzione di partire, ma a Frodo occorrerà più di un compagno per cavarsi da questo genere d’impiccio.”
     “Già.” Ma Sam aveva un’espressione afflitta, e Merry non seppe biasimarlo. Sam finì la birra e si alzò per andarsene. “Mi dispiace davvero, signor Merry.”
     “Lo so, Sam.” Osservò Sam finire la sua birra e andarsene.
     Merry era rimasto seduto al tavolo, imbronciato, facendo lavorare gli ingranaggi della mente come un animale in trappola.
     Aveva contato sull’aiuto di Sam; adesso bisognava farne a meno. Sam era già arrivato estremamente vicino a infrangere la sua promessa, e Merry non poteva esigere altro da parte sua. Era sicuro che Gandalf non avrebbe tramutato Sam in qualche strana creatura - ma certo non era una buona idea far montare in collera uno Stregone.
     Aveva contato sull’aiuto di Pipino; adesso bisognava fare a meno anche di quello. Per quanto grave fosse il pericolo, Pip non avrebbe mai accettato di essere lasciato indietro se avesse saputo che loro partivano. E Pip aveva solo ventotto anni. Non sarebbe stato adulto ancora per altri cinque; sarebbe stato peggio che crudele cacciarlo in un simile guaio.
     Avrebbe dato qualsiasi cosa in cambio dell’aiuto di suo padre; ma non era preparato per questo. Per quanto il padre di Merry fosse affezionato a Frodo, il Signore della Terra di Buck non avrebbe mai permesso al suo unico figlio ed erede di avventurarsi nelle Terre Selvagge e intraprendere un viaggio dal quale molto probabilmente non sarebbe più tornato.
     Chi altro c’era? Di chi poteva fidarsi?
     Grassotto Bolgeri?
     Meditò su questa idea. Non era la scelta più ovvia, ma poteva funzionare.
     Fredegario Bolgeri e il suo amico Folco Boffin avevano un paio d’anni più di Merry. Merry e Pipino venivano spesso considerati un’unica entità con due nomi differenti, e lo stesso valeva per Grassotto e Folco; agli occhi di tutti, o quasi, erano una coppia di amabili gonzi che non prendevano mai nulla sul serio. Per molto tempo, Merry si era domandato per quale motivo Frodo li trovasse tanto interessanti da tenere alla loro amicizia.
     Ma Merry, che era provvisto di un ottimo spirito d’osservazione, aveva incominciato a scoprire che, sebbene Folco fosse effettivamente un gonzo, dotato dell’incredibile talento di dire sempre la cosa sbagliata nel momento sbagliato - pur essendo una persona generosa e di buon cuore, che non intendeva mai offendere -, Grassotto era invece un abile attore, che dissimulava con grande accortezza una mente piuttosto acuta.
     Era stato questo a fruttargli l’amicizia di Frodo. Grassotto aveva una passione per i libri, le lingue e altri campi di studio, una passione che era molto abile a nascondere. A differenza di Frodo, tuttavia, queste cose lo interessavano da un punto di vista puramente accademico. Non aveva alcuna intenzione di vederle con i propri occhi. Non che fosse un codardo. Grassotto godeva del rispetto di Merry sin dal giorno in cui aveva affrontato Lotho S.B. e il suo scagnozzo Ted Sabbioso, impedendo loro di prendersela con il povero Folco; ma l’idea di lasciare la Contea era quanto di peggio egli potesse immaginare.
     E chiunque fosse capace di nascondere la propria intelligenza come Grassotto nascondeva la sua, era certo capace di mantenere un segreto.
     Grassotto Bolgeri. Bisognava solo trovare un momento in cui non avesse Folco al proprio fianco.
     E Merry l’aveva trovato. Era stato perlomeno consolante poter condividere il proprio nervosismo con qualcun altro, pur non trattandosi di Frodo o di Pipino. Ma ormai era passata più di una settimana, e a nessuno dei due era venuto in mente uno straccio d’idea.
     Ma ora si sarebbe recato a Casa Baggins, dove lo aspettavano sia Frodo sia Pipino. Forse avrebbe potuto scoprire qualcosa di nuovo - ammesso che la necessità di mantenere il segreto non lo facesse impazzire.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


CAPITOLO III

     Grassotto richiuse alle spalle di Folco la porta della camera degli ospiti nella quale alloggiava. Aveva trascorso l’ultima mezz’ora a commiserare il suo amico. In qualche modo, Folco era riuscito in un solo pomeriggio a farsi voltare le spalle da Merry e Pipino, a innervosire il Conte, a infastidire tutte e tre le sorelle Tuc e perfino a insultare la figlioletta neonata di Pimpernel, e tutto questo senza nemmeno accorgersene. Grassotto voleva un gran bene al suo amico, nessuno aveva uno spirito più gentile e generoso del suo, ma pareva non esistere il minimo collegamento fra il cervello e la bocca di Folco.
     Si sedette sul letto con un sospiro. Doveva proprio meditare sul problema di Merry. Aveva paura. Sapeva molto meglio di Merry quanto fosse potente e malvagio quell’Anello. Frodo e Gandalf avevano ragione a volerlo allontanare dalla Contea. Ma uno dei vizi segreti di Grassotto era la sua passione per le storie e le poesie degli Elfi - probabilmente, fra tutti gli Hobbit della Contea, lui e Frodo erano i soli a comprendere appieno la gravità della situazione. Conosceva la storia di Gil-galad. Era felice che Merry si fosse confidato con lui, ma avrebbe preferito che il problema non si fosse minimamente posto.
     Quando un attimo dopo udì dei colpi sulla porta, pensò che si trattasse di Merry.
     “Avanti.” Con sua sorpresa, però, non si trattava di Merry, bensì di Pipino.
     “Salve, Grassotto. Vorrei fare quattro chiacchiere con te.”
     Grassotto ebbe un tuffo al cuore. In qualche modo Pipino li aveva scoperti. Come si spiegava altrimenti il bagliore in quei suoi verdi occhi di Tuc?
     “E perché mai?” Ma questo fu un tentativo decisamente svogliato.
     “Be’, sono giunto alla conclusione che per tutti questi anni ti avevo giudicato male, e che in fin dei conti non sei proprio ‘ottuso come una pozzanghera’.”
     Grassotto emise un gemito. “Hai origliato.”
     “Sì, precisamente,” disse Pipino con aria tutt’altro che dispiaciuta. “Voglio sapere con esattezza che cosa succede tra Frodo e Merry. E ti consiglio vivamente di rispondermi.”
     “Merry farà giarrettiere delle mie interiora.”
     “Anch’io. Sai benissimo che lo scoprirò in ogni caso, presto o tardi. Fa’ che sia presto.” Pipino parlava con disinvoltura, ma l’espressione sul suo viso era risoluta. “Nessuno saprà mai che sei stato tu a dirmelo.”
     “Non ti piacerà. È una faccenda molto grave, forse addirittura più grave di quanto Merry possa comprendere.”
     “Non è necessario che mi piaccia, Grassotto. È necessario che sappia come stanno le cose.”
     E così la conversazione tra Gandalf e Frodo venne nuovamente rivelata.
     Pipino rimase in silenzio per così tanto tempo che Grassotto cominciò a chiedersi se avesse capito. Finalmente il giovane hobbit scosse la testa. “Uuh! Povero Frodo. Ora capisco perché Merry non vuole che io li accompagni; deve proteggere il suo piccolo Pip, quel citrullo. Ma avranno bisogno di me, che gli piaccia o no.”
     Grassotto scosse la testa; ringraziò il cielo di essere un Bolgeri, del tutto privo d’interesse a partire da casa sua.
 
 
     Sam fece un passo indietro per ammirare il proprio lavoro. Aveva sistemato tutte le piante annuali nelle loro aiuole accanto al sentiero principale, e sotto le finestre di Casa Baggins. Non sapeva bene cosa fare delle piante perenni, alcune delle quali andavano divise e spostate. Da una parte detestava lasciare un lavoro a metà; dall’altra c’era quella vocina penetrante che lo ossessionava da diversi giorni (ossia da quando Gandalf l’aveva sorpreso ad ascoltare la sua conversazione con il signor Frodo), la voce che gli diceva: ‘perché disturbarti, dopo tutto non sarai qui a godere del risultato dei tuoi sforzi, no?’
     Beninteso, questo non c’entrava assolutamente nulla. Il dovere era dovere, poco ma sicuro. Il Gaffiere gli avrebbe staccato la testa, se avesse pensato che Sam trascurava il giardino per un motivo così sciocco.
     Ma ora che il signor Frodo e Gandalf si erano assentati per qualche giorno, il primo per una visita a Tuclandia e il secondo chissà dove nella Contea, era sorto un problema: Sam aveva troppo tempo per pensare. Era ancora felice all’idea di vedere gli Elfi, e di accompagnare il suo caro signor Frodo e di proteggerlo lungo la via; ma continuava a ripensare al motivo che li costringeva a partire. Ora almeno conoscevano il dove - a Gran Burrone, dagli Elfi; e il quando - subito dopo il Compleanno, poiché nessun altro giorno sembrava appropriato. Ma la conoscenza del perché lo privava di qualsiasi gioia. Quel malefico Anello.
     L’anno precedente, ad autunno, quando lui e il signor Merry avevano parlato al Drago Verde, non avrebbero mai pensato ad una cosa simile. Il signor Merry sembrava semplicemente del medesimo parere di Sam - ossia che, prima o poi, il signor Frodo avrebbe seguito le orme del vecchio signor Bilbo, e chi non voleva essere lasciato indietro avrebbe fatto meglio a tenere gli occhi aperti. Il signor Merry era una persona equilibrata, anche se certe volte si perdeva un po’ troppo in facezie, ed era ferocissimo quando si trattava del signor Frodo. Di tanto in tanto Sam si ritrovava a pensare che il signor Merry dimenticasse di essere il cugino più giovane. E così aveva accettato di tenere occhi aperti e orecchie spalancate, e di riferire ogni cosa sospetta al signor Merry.
     E così, quando Gandalf era tornato, Sam aveva preso le cesoie e si era piazzato in un posto dal quale poter udire ciò di cui parlavano lo stregone e il signor Frodo. E con il progredire della conversazione, Sam si era talmente spaventato da dimenticarsi di trafficare con le cesoie, anche se a dire il vero non era rimasto più molto da tagliare. E poi Gandalf l’aveva scoperto. Sam scosse la testa; ancora non riusciva a credere di aver detto una cosa stupida come ‘non vi sono origlieri a Casa Baggins’, ma in quel momento non gli era venuto in mente nulla di meglio. Non era del tutto convinto che il vecchio Gandalf l’avrebbe tramutato in qualche strana bestia - ma non aveva alcun dubbio che fosse in grado di farlo.
     Dopodiché Sam aveva fatto dietrofront e aveva riferito ogni cosa al signor Merry. Continuava a ripetersi che non aveva infranto la promessa, perché quelle erano le cose che aveva sentito prima di essere sorpreso da Gandalf; ma in fondo al cuore si sentiva un traditore. Tuttavia gli serviva un po’ di aiuto per proteggere il signor Frodo - non avrebbe potuto farcela da solo - e per tale scopo non riusciva a pensare a una persona più indicata del signor Merry.
     Ma ormai non poteva più aiutarlo.
     Poteva solo sperare che il signor Merry riuscisse a indovinare da solo quel che stava accadendo.
 
 
     Tornato in camera sua, Pipino cercava invano di prendere sonno. Non era più arrabbiato con Merry. Se i loro posti fossero stati scambiati, probabilmente avrebbe cercato di fare lo stesso. Ma ciò nonostante era sempre determinato a partire con i suoi cugini. Se avesse permesso loro di recarsi incontro a un pericolo così terribile, non se lo sarebbe mai perdonato.
     Non si trattava più di un’allegra competizione tra lui e Merry, di un modo per infastidire il cugino. Si trattava letteralmente di una questione di vita o di morte. Era meglio mettersi a pensare su quale fosse la miglior linea di condotta da adottare con i cugini, quando si fosse arrivati al sodo.
     Com’era possibile che una persona buona e saggia come Frodo fosse destinata a ritrovarsi sulle spalle un peso orribile come quello? Non poteva saperlo, ma quella domanda se la sarebbe posta ripetutamente per molti anni a venire. 
     Avrebbe dovuto procedere in punta di piedi a Casa Baggins, se voleva scoprire qualche dettaglio sui loro piani di partenza.
     Be’, perlomeno adesso non era più arrabbiato con Merry. A questo punto si accorse che i suoi pensieri cominciavano a girare in tondo. Sarebbe stata una lunga notte.
 
 
     Merry era finalmente caduto in un sonno esausto. Ad aiutarlo era stata la consapevolezza di avere finalmente un piano per scoprire ciò che stava accadendo.
     Una volta arrivato a Casa Baggins, sarebbe certamente riuscito a tenere d’occhio i piani di Frodo. Il problema maggiore sarebbe stato tenere Pip all’oscuro di tutto.
     Non era abituato a nascondere le cose a Pip.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


CAPITOLO IV

     Sam aveva appena terminato di potare un filare di precoci ravanelli primaverili, quando udì le voci di tre hobbit intonare il brano di una canzone da viaggio.
     Era una delle canzoni del signor Bilbo, se Sam ricordava bene.
 
             “…Pierino talmente ingrassava
             Mangiando panini e biscotti
             Che nessun cappello più gli stava
             E stretti eran tutti i panciotti.
             I giovedì al tè andava Pierino:
             Per terra in cucina sedeva;
             e il vecchio Troll sembrava piccino…”*
             
     A quanto pare il signor Frodo è tornato, portando con sé anche il signor Merry e il signor Pipino, pensò. Sapeva che il signor Frodo avrebbe fatto del suo meglio per trascorrere il maggior tempo possibile con loro, dal momento che pensava di doverli abbandonare forse per sempre. Per fortuna non sospettava che uno dei due, comunque, non aveva alcuna intenzione di farsi lasciare indietro.
     “Ciao, Sam,” lo salutò Frodo appena arrivarono a Casa Baggins. “È andato tutto bene in mia assenza? Gandalf non è ancora tornato?”
     “A meraviglia, signor Frodo. No, non ancora; non sapeva per quanto vi sareste fermato a Tuclandia, e ha detto che sarebbe tornato in settimana. È partito appena quattro giorni fa. Buon pomeriggio, signor Merry e signor Pipino.”
     “Ciao, Sam,” rispose Pipino.
     “È bello rivederti,” fu la risposta di Merry.
     “Perché non vieni in cucina a prendere del tè con noi, Sam? Ti racconteremo tutto quanto sulla nuovissima bimba della cugina Pimpernel,” propose Frodo.
     “Tutta rossa e grinzosa, profumata e chiassosa,” disse Pipino, affezionato zio della piccola. “Scommetto che hai voglia di sentire tutto quello che c’è da sapere su di lei.”
     “Be’, non mi dispiacerebbe, signor Frodo. Aspettate solo che riponga i miei attrezzi e sarò subito da voi.”
     “Ti do una mano, Sam,” disse Merry lanciandogli un’occhiata carica di significato.
     Sam scosse la testa, ma Merry lo ignorò, e Frodo e Pipino erano già entrati.
     “Signor Merry, sapete che non posso più parlarvi del voi-sapete-cosa.”
     “Lo so che non puoi, Sam, e non voglio insistere. Volevo solo assicurarti che non sono arrabbiato con te; non potevi fare altrimenti. E comunque penso di saperne abbastanza da potermela cavare senza di te.” Merry raccolse la paletta di Sam e gliela porse. “Staremo qui per alcune settimane, e non voglio che ci siano momenti d’imbarazzo. Ma prima di partire avevo scordato che Gandalf è ancora qui.” Frodo aveva spiegato ai cugini che lo stregone non desiderava alloggiare da solo a Casa Baggins mentre Frodo osservava i suoi doveri di famiglia, per timore di dare voce alle malelingue, e che sarebbe tornato subito dopo il rientro del padrone di casa. “Sei al sicuro?”
     “Credo di sì, signor Merry. Vuole che io sia al meglio delle mie capacità quando sarà il momento di partire col signor Frodo. Adesso non credo che mi tramuterà in qualche orrenda bestia.” Ma agli occhi di Merry, Sam pareva ancora un po’ nervoso.
     “Va bene, Sam. Mettiamo via questi attrezzi e andiamo a prendere il tè prima che quelli si chiedano cos’abbiamo trovato di che parlare. Oppure no.”
 
 
     Stando a quanto detto da Grassotto, Pipino era arcisicuro che Merry non sarebbe riuscito a carpire altre informazioni da Sam. Ebbe un brivido. Di certo non voleva che Gandalf se la prendesse con lui.
     Ma d’altra parte Sam non aveva alcun motivo di essere sospettoso. Il giardiniere non aveva alcun motivo di pensare che Pipino sapesse qualcosa, e probabilmente si sarebbe lasciato sfuggire qualcosa se gli fossero state poste le domande giuste.
     Pipino sapeva inoltre di dover tenere d’occhio anche lo stesso Frodo. Qualsiasi piano stesse preparando, qualsiasi cambiamento nelle sue consuetudini. Sarebbe stato davvero complicato. E non osava dare adito a Merry di sospettare qualcosa. Era assolutamente necessario che Merry scoprisse i suoi piani soltanto all’ultimo.
     E in ogni caso non voleva che fosse Gandalf a sospettare.

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* Un brano della poesia "Pierino il Goloso", tratto da "Le avventure di Tom Bombadil."

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


CAPITOLO V

     Per qualche giorno la visita dei cugini procedette come tante altre volte negli anni passati - si alzavano tardi, facevano passeggiate, passavano le serate al Drago Verde, si coricavano tardi dopo aver fumato ed essersi raccontati molte storie. Pipino avrebbe quasi potuto immaginare che non fosse accaduto nulla d’insolito.
     Poi, un mattino, si svegliò più presto del solito, e l’odore della colazione che veniva preparata lo attirò in direzione della cucina. Ma si fermò prima di entrare, accorgendosi che Frodo e Sam stavano parlando.
     “Sì, Sam, temo proprio che sia inevitabile. Probabilmente non potrò tornare mai più nella Contea; e non mi sembra giusto lasciare le cose in un imbroglio. Bisognerà vendere Casa Baggins. Anche se un giorno dovessi tornare, preferirei non dovermi trovare nella situazione che Bilbo incontrò al suo ritorno, con tutta quella gente che vendeva le sue cose all’asta.”
     “Ma signor Frodo, la gente si domanderà perché abbiate deciso di vendere casa dopo tanti anni; darete il via libera a un sacco di chiacchiere, e Gandalf vi ha suggerito di agire silenziosamente.”
     “Ho riflettuto attentamente. Suppongo che dovrò diffondere la voce che sono rimasto senza denaro.” Frodo sembrava piuttosto orgoglioso di aver pensato a questa soluzione, ma Pipino dovette reprimere un sogghigno. Nessun abitante della Contea avrebbe mai creduto che un Baggins potesse rimanere senza denaro - anche se fosse stata la verità non ci avrebbe mai creduto nessuno. Moltissima gente era convinta che vi fossero pentole d’oro nascoste sotto la collina, e una diceria qualsiasi non sarebbe stata sufficiente ad abbattere una credenza così radicata nella mentalità comune.
     “Se siete convinto che possa funzionare, signor Frodo,” disse Sam, dubbioso.
     “Oh, ne sono sicurissimo. È pronta la pancetta? Ho appena finito di tostare il pane.”
     Pipino decise di annunciarsi con un rumore, ed entrò in cucina fingendo di esservi appena arrivato. “Mi era parso di odorare la colazione. È la prima o la seconda?” disse allegramente.
     Merry lo raggiunse in quel momento. “A me sembra l’odore di una prima colazione.”
     Ben presto i quattro hobbit si lanciarono all’assalto di pane tostato, pancetta, uova e tate fritte. Mentre mangiavano e chiacchieravano, furono sorpresi da un’improvvisa voce tonante: “Frodo Baggins!” e, levato lo sguardo, videro un grande viso barbuto che faceva capolino dalla finestra della cucina.
     “Gandalf!” gridò Frodo al colmo della felicità. “Entra, entra. Credo proprio che ci sia ancora qualche residuo di colazione non ancora divorato da questi ingordi.”
     “Ohi, ma sentilo,” ribatté Pipino con aria indignata, “questo mi piace proprio!” Ghermì avidamente l’ennesima fetta di pane tostato. Merry si batté una mano sulla fronte.
     Gandalf fece il giro ed entrò dalla porta della cucina, piegandosi quasi a metà per varcare la bassa soglia. Era piuttosto guardingo, consapevole della vicinanza del soffitto alla propria testa. “Vedo, Frodo, che durante la mia assenza hai riempito la tua caverna di gentaglia.” I suoi occhi ebbero un luccichio allegro nel lanciare uno sguardo di finta severità all’indirizzo dei due hobbit più giovani.
     Pipino roteò gli occhi, Merry sbuffò. Ma Sam si alzò e si mise a pulire la cucina, rifiutandosi di guardare in direzione di Gandalf. Era ancora nervoso per il fatto di aver origliato, e si sentiva in colpa per aver spifferato tutto quanto al signor Merry.
     Gandalf osservò attentamente i suoi quattro piccoli amici. Era cambiato qualcosa nel loro modo d’interagire l’uno con l’altro; qualcosa di sottile, ma comunque presente.
     Frodo servì a Gandalf un piatto di colazione, posandolo davanti a lui.
     “Benché si possano dire parecchie altre cose sul loro conto,” disse Gandalf, “è innegabile che i Baggins siano straordinariamente accoglienti.”
     “Ti ringrazio, Gandalf,” rise Frodo.
     Dopo un’ottima colazione e una serena pipata, durante la quale fu informato di tutti gli affari dei Tuc risalenti all’ultimo raduno di famiglia, Gandalf portò cappello, borsa e bastone nella stanza che gli veniva riservata in occasione delle sue visite.
     Ricordava bene la propria commozione allorché, decenni addietro, recatosi in visita da Bilbo aveva scoperto che il vecchio hobbit aveva rimodellato una delle camere degli ospiti appositamente per lui. Era una delle camere più ampie, provvista di finestra, e ciò nonostante aveva spazio a sufficienza soltanto per il letto e la sedia. Gandalf si era spesso chiesto come Bilbo fosse riuscito a mettere le mani su un letto e una sedia a misura d’Uomo, ma il suo vecchio amico non gliel’aveva mai rivelato. Scese all’interno della stanza, poiché infatti gli operai avevano adottato la soluzione tipicamente hobbitesca di abbassare il pavimento anziché alzare il soffitto. Era un sollievo poter stare eretto senza preoccuparsi di battere la testa.
     Come gli sarebbe mancata la Contea. Ma presto sarebbe arrivato un giorno in cui tutte le sue opere avrebbero raggiunto il loro scopo, o sarebbero terminate nel completo disastro. In ambedue i casi, il suo tempo in quei luoghi sarebbe finito.
     E qualsiasi cosa fosse accaduta, almeno avrebbe potuto dire di aver trascorso dei bei momenti in mezzo alla razza più allegra e adorabile di tutta la Terra di Mezzo.
 
 
     Un paio di settimane dopo, in un pomeriggio piovoso verso la fine di Trimoscato, Grassotto e Folco si erano fermati di passaggio dopo l’ora del tè ed erano rimasti a cena. In quel momento erano tutti riuniti nell’atrio. Frodo e Grassotto erano occupati alla scrivania, dove Grassotto tentava di trascrivere uno dei racconti elfici tradotti da Bilbo.
     Merry, Pipino e Folco erano impegnati, sebbene con scarso entusiasmo, da un complicato gioco di dadi hobbit. Era meno divertente del solito. Dovevano tenere conto dei punti scarabocchiandoli su un foglio, poiché Frodo aveva proibito ai cugini più giovani di fare scommesse, al che Merry aveva levato gli occhi al soffitto, mentre Pipino aveva fatto la linguaccia da dietro le spalle di Frodo.
     Gandalf sedeva per terra in un angolo ed era tutto intento ad osservarli, fumando la sua pipa e soffiando figure di fumo assai più interessanti dei comuni anelli. Pipino continuava ad alzare gli occhi affascinato, distraendosi dalla partita. Merry non faceva che guardare Frodo. Lo stregone pensava di aver scoperto a che cosa fossero dovute le alterazioni nei loro rapporti.
     I due giovani cugini avevano in qualche modo saputo che Frodo si accingeva a partire. E in segreto progettavano di accompagnarlo. Ma evidentemente stavano facendo i loro progetti l’uno a insaputa dell’altro, anziché insieme. Immaginò che Merry avrebbe tentato di dissuadere Pipino se avesse saputo che voleva partire anche lui.
     Dapprima aveva pensato d’intromettersi. Ma pensandoci su, si accorse che il cuore gli diceva che le cose erano destinate ad andare così. Quei due giovanotti avevano un qualche ruolo da recitare, un ruolo non meno importante del suo. Si sarebbe dunque fidato del proprio giudizio, e avrebbe lasciato che le cose si verificassero nel modo predestinato.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


CAPITOLO VI

     L’indomani Frodo si avvicinò da solo a Merry. Il suo modo di fare era esitante, ben diverso dal solito atteggiamento sicuro di sé. Merry capì immediatamente che c’era sotto qualcosa.
     “Merry, tornerai presto nella Terra di Buck?”
     “Frodo, vuoi dirmi che non sono più il benvenuto a casa tua?”
     “No! No, certo che no!” Frodo arrossì. “Vorrei soltanto chiederti un favore.”
     “Puoi chiedermi qualsiasi cosa, cugino, e lo sai.” Per un solo breve istante, Merry osò sperare che Frodo stesse per confidargli la verità.
     “Ecco, io comincio a trovare difficoltà nel mantenere Casa Baggins. È decisamente troppo per un vecchio scapolo come me, e… e nemmeno l’oro del drago può durare in eterno…” La voce gli venne meno, quindi si schiarì la gola. “Io… pensavo di trasferirmi nella Terra di Buck.”
     Merry si sforzò di non stralunare gli occhi. Frodo era davvero un pessimo bugiardo. Rimasto senza denaro? Era proprio convinto che qualcuno gli prestasse fede? Ammettendo pure che il denaro dei Baggins fosse in calo - cosa alla quale non prestò fede per un solo istante - Merry sapeva per certo che Frodo non aveva ancora toccato un soldo della sostanziosa eredità lasciatagli dalla madre Brandibuck. Frodo lo guardava con angoscia. “Non stai scherzando,” rispose infine Merry.
     “No, affatto. Speravo che potessi trovarmi una bella caverna, o magari una casetta nella Terra di Buck; posso investirti dell’autorità di acquistarla al posto mio.”
     “Lo faccio volentieri per te,” disse Merry triste. “Entro quanto la vuoi?”
     “Vorrei riuscire a trasferirmi entro il ventiduesimo giorno di Uccellaio.”
     “Il giorno del tuo compleanno.”
     “Mmm-hmm,” disse Frodo, ritratto dell’infelicità.
     “Riuscirai a vendere Casa Baggins entro quella data?”
     “C’è già qualcuno che ha da tempo un’offerta fissa sulla casa.” Si rifiutò di guardare Merry negli occhi.
     “Frodo! No! Non…” Adesso sì che Merry stralunò gli occhi, perché non aveva mai visto un’espressione così infelice sul volto del cugino.
     Frodo annuì, non fidandosi delle parole.
     Era una situazione davvero indescrivibile.
     Alla fine i Sackville-Baggins stavano per mettere le mani su Casa Baggins.
     Merry si sentì ghiacciare il sangue nelle vene. Non poteva esservi indizio più chiaro: Frodo era assolutamente convinto di non tornare mai più nella Contea. Maledetto, maledetto Anello!
 
 
     Quando Pipino seppe la notizia, montò su tutte le furie. Ricordò appena in tempo che non doveva far sospettare di essere al corrente delle cose, e riuscì a trattenersi dall’esprimere la sua scarsa considerazione di quel piano. Invece espresse ciò che pensava in un linguaggio che nessun adolescente del suo rango sociale avrebbe dovuto conoscere.
     Merry non ebbe il cuore di rimproverarlo. Concordava con ogni volgarità.
 
 
     Sam sapeva. Si trovava nel giardino posteriore, intento a vangare e rivangare furiosamente una delle aiuole. Il terriccio volava mentre le lacrime gli rigavano il volto, e nella sua testa vorticava un milione di parole.
 
 
     Qualche giorno dopo, Lobelia Sackville-Baggins e suo figlio Lotho si presentarono per firmare i contratti. Oltre a Merry e a Sam erano presenti anche Grassotto e Folco, nonché il Gaffiere Gamgee, il Fattore Cotton e suo figlio Tom: erano necessari sette testimoni. Una volta tanto Pipino si rallegrò di non essere ancora maggiorenne, perché in caso contrario avrebbe dovuto apporre il proprio nome su quella farsa.
     Lobelia si comportò maleducatamente come al solito. Pipino si divertì immaginando che aspetto avrebbe avuto la vecchia bisbetica se le avesse rovesciato sulla testa la bottiglia d’inchiostro rosso. Il ghigno altero di Lotho dava sui nervi a tutti. Probabilmente non sapeva, né gli sarebbe importato di sapere, che in quel momento almeno cinque diversi individui morivano dalla voglia di prenderlo a pugni in faccia.
     Accadde un fatto interessante. Davanti a Lotho, Folco Boffin si offrì di aiutare Frodo con un prestito gratuito, se davvero voleva continuare a vivere in Casa Baggins. Frodo parve stupefatto. Si era talmente impegnato a convincere la gente di essere a corto di denaro, che evidentemente vi erano anche coloro che ci credevano sul serio; inoltre fu commosso dalla generosità di Folco - era palesemente a corto di parole. Il viso di Lotho, tuttavia, assunse una interessante sfumatura violacea, ed egli si mise a sproloquiare rabbiosamente qualcosa riguardo al mantenere la parola data. Finalmente Frodo trovò le parole e ringraziò gentilmente Folco, dicendogli che ormai era troppo tardi per cambiare idea. Grassotto emise un sospiro di sollievo. Altre persone in quella stanza credevano forse che Folco si stesse semplicemente prendendo gioco di Lotho, ma Grassotto sapeva che quell’idea era improvvisamente balenata nella mente del suo amico, che pertanto l’aveva espressa senza pensarci due volte.
     Non appena terminata la cerimonia delle firme, Frodo cacciò fuori gli sgraditi acquirenti, sfidando la tradizione hobbit, che solitamente richiedeva che si offrissero cibo e bevande agli ospiti. Ormai non gl’importava più di offenderli; era già terribile il fatto che stessero per impadronirsi della sua amata Casa Baggins.
     Gandalf non si era fatto vedere. Aveva detto a Frodo che una simile misura non era affatto necessaria, ma non era riuscito a dissuaderlo. Temeva che questo fosse solo il primo di molti dolorosi sacrifici che il suo caro amico avrebbe dovuto accettare nel futuro prossimo.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


CAPITOLO VII

     Merry partì l’indomani per la Terra di Buck, e Pipino andò con lui. Merry aveva fra le mani il documento, scritto di suo pugno da Frodo, che gli consentiva di acquistare una nuova casa per il cugino, e sarebbe servito inoltre da assegno per i costi eventualmente necessari.
     Se solo tutto ciò fosse stato vero, se Frodo avesse avuto davvero l’intenzione di sistemarsi definitivamente nella sua casa d’infanzia, Merry sarebbe stato al colmo della felicità - ma non al pensiero degli S.B. padroni di Casa Baggins, quello gli avrebbe comunque rivoltato lo stomaco - ma la consapevolezza che ciò non sarebbe servito a nulla era deprimente.
     Neanche Pipino era di umore particolarmente buono. Doveva stare molto attento a quel che diceva, e dallo sforzo gli dolevano i denti. Avrebbe tanto voluto poter parlare con il cugino di ciò che gli premeva e organizzare piani per il viaggio imminente, ma non era possibile. Era ancora troppo presto. Se gliel’avesse detto in quel momento, Merry sarebbe senz’altro riuscito a mettergli i bastoni fra le ruote.
     La seconda notte del loro viaggio dormirono al Ceppo Galleggiante di Chianarana, e si concessero troppa birra. Non fu nemmeno la loro consueta notte di follie, bevute e canzoni. Si limitarono a tenersi compagnia con aria imbronciata, mantenendo un patto che si erano scambiati in passato, e ubriacandosi sempre di più. Questo non migliorava le cose. Beninteso, la mattina seguente pagarono il prezzo consueto, e ripresero il cammino con la testa dolente e un saporaccio in bocca. Si rendevano conto di avere un aspetto logoro e sciupato, e nessuno dei due spiccicava parola all’altro.
     Tuttavia, mentre si avvicinavano alla Palude, Merry cominciò a rendersi conto che non potevano presentarsi a Villa Brandy nello stato in cui erano. Sua madre l’avrebbe fatto a pezzi, non tanto per come si era ridotto, ma soprattutto per aver permesso al cugino più giovane di ridursi allo stesso modo. E poi la ramanzina sarebbe toccata anche a Pipino. Esmeralda viziava il giovane nipote, ma non gli concedeva proprio tutto.
     Merry si fermò. “Pip. Non possiamo tornare a casa in questo stato. Mia madre ci ucciderà.”
     Pipino guardò il cugino più grande. “Hai ragione. Cosa proponi?”
     “Quando arriveremo a Scorta ci fermeremo alla Pertica d’Oro per darci una ripulita e cambiarci di vestiti, quindi faremo un pasto decente, concedendoci una birra. E poi ci dirigeremo al Traghetto.”
     E così fecero. Seduti al tavolo con abiti puliti, consumarono un buon pasto a base di stufato d’agnello e di funghi, pane fresco, formaggio e torta di pere che risollevò notevolmente il loro umore.
     Merry aveva preso la decisione di comportarsi come se credesse veramente in quel che stava facendo. Assunse un contegno allegro, e disse a Pipino che cos’aveva in mente.
     “Penso che chiederò a mio padre di vendere a Frodo la vecchia residenza degli ospiti a Crifosso. Sarebbe perfetta per lui. È piccola ma non troppo, ed è situata a una certa distanza dalla Villa. Frodo è abituato a una intimità maggiore di quella che troverebbe nella Terra di Buck.”
     “Ricordo bene quella casa, Merry. Sarebbe perfetta.” Anche Pipino aveva deciso di mostrarsi più felice di quanto effettivamente non fosse. “La disposizione è molto simile a quella della zona anteriore di Casa Baggins.”
     “Sì, è una casa piuttosto all’antica, i costruttori s’impegnarono a renderla il più possibile somigliante a una caverna. Sono convinto che Frodo l’apprezzerà.”
     “Credo che tu abbia ragione. Pensi che zio Saradoc accetterà?”
     “Papà è molto affezionato a Frodo; sarà felice di riaverlo nella Terra di Buck. Non ho dubbi che accetterà.”
 
 
     E infatti così fu. Saradoc ed Esmeralda furono entrambi felicissimi di sapere che Frodo sarebbe tornato alla sua casa d’infanzia. Esmeralda ne fu stupita; sapeva che Frodo ricordava la Terra di Buck un po’ con affetto e un po’ con amarezza, e che in passato egli aveva sofferto molto, ma era comunque contenta di averlo di nuovo nei paraggi.
     Merry si recò alla casa per accertarsi che fosse tuttora in buono stato, e fu lieto di trovarla in condizioni eccezionali; una mano di vernice su qualche porta e sarebbe stata perfetta.
     Pochi giorni dopo poté spedire a Frodo una lettera, nella quale gli riferiva che da quel momento sarebbe stato l’orgoglioso proprietario della casetta di Crifosso.
 
 
     Il ventesimo giorno di Antelithe, Frodo ricevette la lettera nella quale Merry gli parlava della sua nuova casa.
     Trovò Sam nel giardino della cucina, intento a pelar cipolle. “Bene, Sam, l’ultima cosa è fatta. Non dobbiamo far altro che superare l’estate. Sei certo di volermi accompagnare fino in fondo?”
     “Figuratevi se adesso mi tiro indietro, signor Frodo. Non ho la minima intenzione di starmene qui a vedere Casa Baggins martoriata dalla vecchia signora Lobelia e da Lotho Pustola, domando scusa, signore, anche se sono vostri parenti!” Sam disse questa frase tutta d’un fiato, e l’enfatizzò strattonando duramente un’erbaccia che aveva avuto il coraggio di farsi vedere.
     “Sam!” Ma il rimprovero era tentennante, poiché Frodo concordava su tutto. “Mi dispiace, Sam. Ma dovevo farlo. A questo punto non posso tirarmi indietro nemmeno io.”
     “Lo so, signor Frodo,” disse Sam con le lacrime agli occhi.
     Quel mattino Gandalf si era alzato sul presto per andare a fare una passeggiata, ed era tornato nel pomeriggio in tempo giusto per il tè. Mentre i tre sedevano in cucina, Frodo mostrò allo stregone la lettera di Merry. “Pare che il mio piano si sia messo finalmente in moto.”
     “Questa è un’ottima cosa,” replicò Gandalf, “siccome ho scoperto che dovrò partire domattina.”
     Frodo lo guardò allarmato.
     “Soltanto per poco tempo, spero,” disse. “Ma è bene fare una capatina al Sud, oltre i confini, per vedere che succede e raccogliere un po’ di notizie, se possibile. Sono rimasto troppo inattivo.”
     Parlava disinvolto, ma a Frodo parve alquanto preoccupato. “È accaduto qualcosa?” domandò.
     “No, non proprio, ma ho avuto sentore di una cosa che m’impensierisce e che voglio vedere da vicino. Se poi mi sembrasse necessaria una tua partenza immediata, tornerò subito o ti manderò almeno un messaggio. Nel frattempo attieniti al tuo piano; ma sii più cauto che mai, e soprattutto custodisci bene l’Anello. Lascia che te lo ripeta ancora: non adoperarlo!”
     Partì all’alba. “Potrei tornare da un momento all’altro,” disse. “Al più tardi sarò qui per la festa d’addio. Penso che dopo tutto potresti aver bisogno della mia compagnia lungo la via.”
     “Bene, Sam, per un po’ staremo da soli.”  Ma Frodo era turbato. Doveva trattarsi di qualcosa di molto grave per richiedere l’attenzione di Gandalf in un momento come quello.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


VIII.
 
     Con l’approssimarsi dei giorni di Lithe e di Mezza Estate, Frodo si faceva sempre più inquieto; sentiva di non aver nulla da fare. In breve avrebbe dovuto mettersi al lavoro con i bagagli, e tuttavia non gli pareva necessario fare alcunché di significativo, visto che in poco tempo se ne sarebbe andato. Fu quindi con un certo sollievo che, il ventinovesimo giorno di Antelithe, si trovò di nuovo alla porta Merry e Pipino.
     “Salve, cugino!” lo salutò allegramente Pipino. “Mia madre mi ha invitato a trascorrere le vacanze a casa, e Merry mi accompagnerà. Ti andrebbe di venire con noi a Tuclandia per qualche giorno?”
     “Ti prego di accettare, Frodo,” interloquì Merry. “Sarebbe una noia mortale senza di te. E quando avremo finito, potrai tenermi compagnia per un pezzo del viaggio di ritorno.”
     Frodo rifletté un solo istante prima di accettare. Ormai Casa Baggins era per lui un luogo triste, ed era come se lo rimproverasse di averla venduta. Un po’ di giorni con i suoi parenti gli avrebbero liberato la mente da svariate preoccupazioni.
 
 
     Pipino scoprì che i suoi genitori non erano affatto contenti di lui. Aveva trascorso intere settimane a Casa Baggins, seguite da altre settimane nella Terra di Buck, e complessivamente si era assentato per quasi due mesi. Gli fu detto senza mezzi termini che ora avrebbe dovuto risiedere ai Grandi Smial almeno fino al mese di Uccellaio. Scaduto questo termine, i suoi genitori avrebbero potuto dargli il permesso di aiutare Frodo con il trasloco.
     Inutile dire che la cosa non gli garbava affatto. Come poteva tenere d’occhio i suoi cugini se era relegato a Tuclandia? Beninteso, sapeva che probabilmente non sarebbero andati da nessuna parte prima del Compleanno, ma se ci fosse stato qualche cambio di programma?
 
 
     Quando Grassotto scoprì che Merry e Pipino avevano trascinato Frodo ai Grandi Smial in occasione dei Giorni di Lithe, convinse Folco ad accompagnarlo lì. Aveva bisogno di parlare con i compagni cospiratori.
     “Ma Grassotto,” disse Folco, “lì non ci si diverte.  I Tuc sono terribilmente permalosi. E poi credo che il Conte sia ancora furibondo per la mia battuta sulla bimba di Pimpernel.”
     “E tu evita il Conte. A proposito, Folco, evita anche di fare battute. Ti ho già detto mille volte che non ne sei proprio capace.” Grassotto scosse la testa. “Inoltre ci sarà Frodo, e con lui anche Merry e Pipino; potremo vederli. E danno sempre un magnifico falò per Mezza Estate.”
     “Bene, mi farà piacere rivedere Frodo - almeno lui non si arrabbia con me come tutta quell’altra gente. E anche Merry, credo. Pipino però è quasi permaloso come suo padre. In ogni caso un grande falò è sempre bello.”
     Grassotto sospirò. Certe volte era una vera fatica essere amico di Folco, ma si conoscevano sin da quando erano due pargoletti, e Grassotto non poteva immaginare una vita senza di lui. Da una parte gli dispiaceva che gli altri non avessero la benché minima pazienza con Folco e il suo disgraziatissimo modo di esprimersi. Dall’altra, di tanto in tanto poteva anche essere divertente - come dimenticare lo sguardo di Lotho quando Folco aveva fatto la sua proposta a Frodo?
     Grassotto aveva pensato parecchio alla propria parte in quella piccola congiura degli amici di Frodo. Era stato Merry a coinvolgerlo, confidandogli tutta la storia. E adesso c’era anche Pipino, che lo incalzava a riferirgli ogni informazione possibile a proposito di Merry e Frodo. Ma alla fin fine il suo contributo era assolutamente nullo. Pur sapendo che non avrebbe mai potuto abbandonare la Contea, desiderava sopra ogni cosa di poter dare a Frodo un contributo attivo.
     Ripensò alla sua amicizia con Frodo e Bilbo. Erano stati i racconti di Bilbo a far sbocciare in lui l’amore per la cultura elfica che era costretto a sforzarsi di nascondere. Sapeva che la sua famiglia non avrebbe mai capito, e che gli avrebbero reso la vita impossibile semmai ne fossero venuti a conoscenza. Le storie degli Elfi non erano cose pratiche, non portavano denaro in tasca, né cibo sulla tavola, non miglioravano la condizione sociale; erano queste le uniche cose che contavano per i suoi genitori. Di tutti i componenti della sua famiglia, la sua sorellina Estella era la sola a capirlo veramente; anche lei aveva una passione per i vecchi racconti. Ogniqualvolta suo padre si recava in visita da Bilbo per affari, Grassotto andava con lui e riusciva a nascondersi nello studio di Bilbo, sbirciando come meglio poteva tra gli affascinanti libri e i rotoli di pergamena che vi erano conservati.
     Un giorno, non molto tempo prima del famoso undiciantunesimo compleanno di Bilbo, Frodo l’aveva sorpreso nello studio, nascosto dietro il divano, intento a decifrare certi caratteri elfici che i due cugini Baggins avevano tentato di tradurre. Anziché infuriarsi, Frodo gli aveva dato una mano e gli aveva persino dato in prestito uno di quei preziosi libri.
     Era stato il principio di una lunga amicizia. Frodo comprendeva la sua necessità di nascondere la propria intelligenza dalla famiglia, e non l’aveva mai tradito. Tollerava persino la compagnia di Folco. Grassotto sapeva che Merry e Pipino lo consideravano stupido come lui voleva far credere di essere, ma evidentemente aveva lasciato trapelare qualcosa con Merry. Era stato assai sorpreso di essere avvicinato dal Brandibuck, e commosso dalla sua fiducia nel rivelargli la questione dell’Anello.
     Pipino, d’altra parte, non aveva mai intuito la sua vera natura prima di mettersi a origliare, e vi era più che un vago accenno di ricatto nel suo modo di ottenere ciò che desiderava. Ma Grassotto non riusciva proprio a fargliene una colpa, visto che era motivato dall’affetto per i cugini. Tuttavia era stupefatto dal coraggio del Tuc e del Brandibuck: erano disposti a intraprendere quel viaggio, e sapevano bene a quali pericoli sarebbero andati incontro.
     In ogni caso cominciava ad avere un’idea. Qualcosa che soltanto lui avrebbe potuto fare, dal momento che non li avrebbe accompagnati.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


IX.

     Appena arrivato, Grassotto fu messo in un angolo da Pipino, che sembrava decisamente disperato.
     “Grassotto, ho bisogno di parlarti al più presto possibile - in privato.” Gettò uno sguardo a Folco, che stava salutando Eglantina. La madre di Pipino era il solo membro della famiglia Tuc che trovasse divertente il giovane Boffin.
     “D’accordo, Pipino. Ti raggiungo subito nella tua stanza. Dove sono Merry e Frodo?”
     “Oh, Perla e Falco li hanno invitati per un tè. Falco ha qualcosa da fare nella Terra di Buck, e ha chiesto aiuto a Merry.” Falco, il marito di Perla, era anch’egli un Bolgeri, un lontano parente di Grassotto.
     Poco dopo, Grassotto si recò nella stanza del giovane Tuc. Questi era molto irrequieto, e continuava a spostarsi da un capo all’altro della camera, lasciandosi cadere sul letto per poi saltare su e affacciarsi alla finestra. C’era un non so che di selvaggio nel suo sguardo.
     “Grassotto, sono incarcerato! Dovrò restare qui, negli Smial… almeno fino a Uccellaio!” Spiegò le restrizioni impostegli dai genitori. “Insomma, come potrò sapere che diamine succede? E se capitasse qualcosa, e partissero tutti prima del Compleanno? E se…”
     “Pipino, calmati.” Grassotto aveva intenzione di dire certe cose che gli ossessionavano la mente da quando Pipino era entrato nei giochi, e temeva proprio che all’adolescente non sarebbero piaciute affatto. “Ascoltami bene, e non interrompere.” Si servì di un tono più risoluto di quello che gli era consueto, e Pipino annuì con occhi sgranati. “Tu sai che Merry aveva a cuore il tuo interesse nel volerti tenere fuori da questa faccenda.” Pipino aprì la bocca, ma Grassotto sollevò una mano, e lui la richiuse. “Non so se hai tenuto in conto questa eventualità, ma se tutti voi decideste di intraprendere questa… questa fuga… e poi chissà come riusciste a tornare, Merry e Frodo potrebbero ritrovarsi in serissimi guai per essersi trascinati dietro un giovanotto della tua età, e in particolar modo il figlio del Conte. E se nessuno di voi farà mai ritorno - cosa assai probabile per degli hobbit che decidano di recarsi all’avventura oltre i confini della Contea - i tuoi genitori saranno in lutto per sempre, e tu lascerai tuo padre senza un erede.” Gli occhi di Pipino si riempirono di lacrime. “Per quanto bene tu possa volere a Merry e a Frodo, sarebbe decisamente più saggio da parte tua lasciar perdere tutta questa storia.” Ancora una volta Pipino fece per parlare, ma di nuovo Grassotto sollevò una mano. “Tuttavia, se ancora insisti, farò tutto il possibile per aiutarti ad andare con loro, perché sospetto che se ti dessero il fumo potresti metterti a seguirli tutto da solo. E questa sarebbe una cosa oltremodo sciocca ed estremamente pericolosa.”
     “Grazie, Grassotto.” Pipino emise un profondo sospiro. “Non sono uno stupido. Ho pensato a tutte queste cose. Se li seguissi, credo che chiunque mi conosca non riterrebbe responsabili Merry e Frodo - ma saprebbe che l’idea è tutta farina del mio sacco. Per quanto riguarda la mia famiglia…” I suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime, e tutt’a un tratto Pipino si mise a singhiozzare. Grassotto estrasse un fazzoletto e glielo porse, e per qualche minuto non fece altro che consolarlo dandogli pacche sulle spalle.
     “Mi dispiace,” singhiozzò Pipino, “so quanto sarà difficile per loro. Ma non posso lasciare che Merry e Frodo se ne vadano senza di me. Davvero, non posso! Non riesco neppure a immaginarlo. E hai ragione, non lo accetterei, mi metterei a seguirli di nascosto, sai che lo farei.” L’espressione caparbia si era ridipinta sul suo viso.
     “Benissimo, allora. Ti terrò aggiornato su eventuali sviluppi, e se Frodo e Sam daranno segno di voler partire prima del previsto te lo riferirò al più presto.”
     Il volto di Pipino fu illuminato da un sorriso luminoso come un faro. “Oh, Grassotto! Sei una persona meravigliosa.” Strinse a sé Grassotto in un caloroso abbraccio. “Perdonami se una volta ti consideravo ottuso!”
     Grassotto scosse il capo. I Tuc erano così volubili. Eppure, al tempo stesso, davvero straordinari.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


X.
 
     Durante i giorni di Lithe, gli amici fecero lo sforzo unanime di dimenticare l’Anello e il viaggio imminente. Il Conte dava sempre dei festeggiamenti spettacolari, e durante il falò c’erano musica, balli e giochi. Mancavano soltanto i fuochi d’artificio. Paladino aveva pensato di chiederne in prestito a Gandalf, ma lo stregone era partito dalla Contea prima che si presentasse l’occasione adatta.
     Eglantina si era assunta il compito di badare che Folco parlasse come si conveniva, guadagnandosi in tal modo la sempiterna gratitudine di Grassotto. Sembrava apprezzare moltissimo la compagnia del giovane Boffin, cosa che stupefaceva oltre ogni dire i suoi figli e suo marito.
     Frodo pareva godersi immensamente la visita dai parenti. Sentiva il bisogno di ottenere per se stesso tutti i ricordi felici che poteva. Avrebbe sentito la mancanza di tutti loro, ma soprattutto di Merry e di Pipino. Era difficile immaginare come sarebbe stata la vita senza di loro. In fondo aveva sempre sperato che, quando l’avventura avesse raggiunto anche lui, i due cugini lo accompagnassero, ma questo accadeva in tempi passati, quando il viso dell’avventura era assai più mite, e si trattava di una prospettiva situata in un futuro assai distante.
 
 
     Una volta terminate le festività vacanziere, Grassotto trovò Merry da solo e gli propose di fare una passeggiata insieme. Rimuginava da qualche tempo su una certa idea. Era ancora terrorizzato, ma aveva deciso che era il momento giusto per contribuire alla buona riuscita della congiura.
     “Certo ti renderai conto, Merry, che dopo la vostra partenza le chiacchiere si propagheranno come un incendio in un pagliaio. Sarà del tutto impossibile custodire il segreto.”
     “Lo so. Ma non c’è molto da fare. Considerando la posizione isolata di Crifosso, c’è da sperare che nessuno si accorga di nulla per almeno due o tre giorni.”
     “Potrei farvi ottenere qualche giorno di vantaggio in più,” disse Grassotto.
     “Come diamine sarebbe?”
     “Mi è venuto in mente che, se qualcuno si fermasse a Crifosso e di tanto in tanto si facesse vedere da una certa distanza, la scoperta della vostra partenza si potrebbe ritardare di parecchi giorni, forse addirittura di un paio di settimane.”
     Merry sgranò gli occhi. “Grassotto! Ti stai offrendo di farlo tu stesso? Ma se non sei mai stato al di là del Brandivino! Inoltre potresti trovarti in seri guai quando le cose verranno a galla.” Merry non aveva il benché minimo dubbio che, una volta scoperto l’inganno, suo padre avrebbe interrogato Grassotto. E la sua reputazione di stupido e ottuso sarebbe stata guastata per sempre.
     “Merry, è il minimo che possa fare per te e Frodo. Voi due soli fra tutti i miei amici riuscite a capirmi. Affronterete un pericolo mortale, e se posso fare qualcosa per aiutarvi a sviare quel pericolo, credimi, lo farò.”
     “Grazie, Grassotto. È un’ottima idea.”
 
 
     Frodo e Merry rimasero ai Grandi Smial fino al terzo giorno di Postlithe, quindi tornarono a Casa Baggins.
     Merry aveva portato con sé dalla Terra di Buck uno schizzo della planimetria di Crifosso, sul quale aveva preso nota delle misure di ogni singola stanza. Lui e Frodo impiegarono una settimana per decidere quali mobili portare e dove disporli nella nuova abitazione. Molti erano gli oggetti che Frodo non aveva intenzione di lasciare nelle mani di Lobelia e di suo figlio, e anch’essi sarebbero stati presi e stivati a Villa Brandy.
     Merry ricordò inoltre che a Villa Brandy vi era una camera piena zeppa di mathom, fra i quali si trovavano ancora le proprietà dei genitori di Frodo. Questo era un fatto che Frodo aveva completamente dimenticato.
 
 
     La notte del dieci, Frodo fece uno strano sogno su Gandalf. Lo vide avvicinarsi a una torre molto alta, e in qualche modo capì che essa rappresentava un terribile pericolo per lo stregone. Improvvisamente ogni cosa parve sbiadire in lontananza, come se Frodo vedesse il mondo dall’altezza di miglia e miglia nel cielo. Si ritrovò sempre più alto, fra le stelle, e poi tutto si perse in una brillante luce bianca.

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


XI.
 
     Pipino aveva l’impressione che mai estate fosse trascorsa tanto lentamente. Cercava di tenersi sempre occupato, di trovare cose da fare che aiutassero la sua famiglia, che aiutassero suo padre; ma pochissime erano le attività di questo tipo che il figlio del Conte potesse intraprendere.
     Passava gran parte del suo tempo a custodire le figlie di Pimpernel. La piccola Flora di due anni e la neonata Alisso parevano amare la compagnia di zio Pipino, il quale continuava a rammentarsi di trascorrere quanto più tempo possibile insieme a loro, dal momento che assai difficilmente le avrebbe viste crescere.
     Di notte i suoi pensieri si facevano morbosi. Grassotto dubitava che Pipino si rendesse pienamente conto di quanto fosse grave la faccenda dell’Anello del Nemico. In un certo senso aveva ragione; Pipino non conosceva tutta la storia di quell’oggetto, né il male che esso aveva causato a Uomini ed Elfi. Non che ne avesse bisogno. Tutto ciò che sapeva era questo: il suo Frodo e il suo Merry erano minacciati, e almeno per Frodo la minaccia sarebbe sussistita in eterno, qualunque cosa egli facesse, dovunque si recasse, o addirittura se avesse continuato a vivere nella Contea, fin quando non si fosse liberato di quell’Anello.
     E se Frodo avesse continuato a vivere nella Contea, tutto quel male, quasi troppo potente per gli Uomini e gli Elfi di tanti secoli addietro, sarebbe giunto lì, nella Contea, a minacciare i suoi genitori, le sue sorelle e le sue zie.
     Pensò ai suoi genitori, a come avrebbero reagito alla sua partenza. Suo padre sarebbe montato su tutte le furie, e probabilmente avrebbe reso la vita impossibile a tutti coloro che gli stavano intorno.
     Era angosciato e afflitto al pensiero di dover dire a Merry che sarebbe venuto anche lui. Aveva paura che, in un modo o nell’altro, Merry sarebbe riuscito a impedirglielo.
     Ogni pochi giorni scriveva una lettera a Grassotto, mendicandogli informazioni. Ma naturalmente non erano molte le cose da riferire, e dopo un po’ le risposte cessarono di arrivare del tutto.
     Finalmente, verso la metà di uno dei Maritai più torridi e deprimenti che chiunque ricordasse da anni a quella parte, Pipino ricevette una lettera di Grassotto.
 
     Mio caro Peregrino…
     Tutto sembra procedere come previsto. Non è stata apportata alcuna modifica ai piani. Frodo, con l’avvicinarsi del trasloco, sembra distratto e di malumore. Chi può biasimarlo, sapendo che gli odiosi S.B. stanno per trasferirsi a casa sua?
     Non preoccuparti di tuo cugino Merry. È impegnato ad aiutare suo padre nella Terra di Buck, oltre che a preparare la casa nuova per Frodo.
     Speriamo che le cose vadano bene agli Smial. Folco ti saluta, e ti chiede di porgere i suoi devoti omaggi a tua madre.
     Il tuo amico,
     F. Bolgeri
 
     Riceveva, beninteso, numerose lettere inviategli da Merry. Ma anch’esse raccontavano una storia, non tanto per ciò che dicevano, quanto per ciò che non dicevano. Erano lunghe, piene di pettegolezzi riguardanti i parenti a Villa Brandy, ma prive del benché minimo accenno a Frodo, al trasloco e alla casa di Crifosso. Merry non amava mentire e cercava sempre di evitarlo, ma all’occorrenza sapeva farlo, e anche con una certa dimestichezza, al contrario di Frodo che detestava mentire ed era un pessimo bugiardo. Beninteso, erano ambedue molto diversi da Pipino, che era un allegrissimo e magnifico bugiardo, e non faceva mai storie quando veniva scoperto.
     Le sue lettere di risposta a Merry erano concise e veritiere, e tutte più o meno uguali:
 
     Caro Merry…
     Mi annoio a morte. Fa un caldo terribile e non c’è niente da fare. Se non uscirò presto dagli Smial, temo che quel poco di cervello che mi rimane si fonderà del tutto.
     Quando verrai a trovarmi?
     Con affetto,
     Pipino
 
 
     Merry guardava la terza lettera ricevuta da Pipino nel corso del mese, perfettamente uguale alle altre. Gli dispiaceva per Pip, segregato in casa, e sentiva anche un certo senso di colpa. In circostanze normali avrebbe trascorso gran parte di quel mese insieme al cugino più giovane. Ma aveva evitato di recarsi in visita ai Grandi Smial, perché doveva stare estremamente attento a ciò che diceva. Detestava nascondere le cose a Pip.
     Ma il problema - bisognava ammetterlo - era che probabilmente non avrebbe più rivisto il suo Pip, una volta che fosse partito dalla Contea. Si sentiva in dovere verso Pipino, e verso se stesso, di passare un po’ di tempo insieme con lui prima della partenza.
 
 
     Pipino si sedette a tavola con la sua famiglia per la seconda colazione; il caldo era tale da privarlo quasi completamente dell’appetito che gli era consueto, ma quelle adorabili fragole con panna rappresentavano comunque una bella tentazione.
     Pervinca prese la posta appoggiata sulla seconda tavola. “Pip, c’è un’altra lettera di Merry.”
     “Grazie.” Pipino la prese senza grande entusiasmo. Si aspettava che fosse molto simile alle altre. Ma quando l’aprì, lanciò un urlo gioioso.
 
     Pip…
     Credo di avere quasi ogni cosa sotto mano nella Terra di Buck, e papà dice che quest’anno non gli servirà il mio aiuto per il raccolto. Quindi credo proprio che verrò ad approfittarmi di voi Tuc per qualche tempo.
     Partirò il prossimo Trewsday, vale a dire il quindici, e trascorrerò un paio di giorni con Frodo a Casa Baggins prima di venire giù da voi, magari il diciannove o il venti. Probabilmente mi fermerò fino a quando saremo pronti ad aiutare Frodo con il trasloco.
     Avverti zia Tina e zio Paladino che sto arrivando.
     Per sempre tuo,
     Merry
 
     Pipino fece una danza di vittoria intorno al tavolo, porgendo la lettera alla madre nel superare la sua sedia. Eglantina le diede una scorsa, quindi emise un sospiro di sollievo. Avere un ventenne annoiato che vagabondava per gli Smial con aria afflitta era più di quanto potesse sopportare. Pipino e Merry insieme erano due veri combinaguai, ma pur sempre preferibili a un Pipino depresso che non faceva altro che passare dal ruggire al lamentarsi.
 
 
     Una volta partito dalla Terra di Buck, aveva deciso di impiegare le settimane successive per riparare in anticipo al suo abbandono di Pipino. Merry aveva come la sensazione di un pezzo di piombo nello stomaco all’idea di come il suo giovane cugino si sarebbe sentito raggirato, una volta scoperto che l’avevano lasciato indietro.
     Pipino, invece, era deciso a godersi il momento. Conosceva perfettamente le motivazioni di Merry, e si serviva spudoratamente delle sue espressioni più malinconiche per ottenere tutto ciò che desiderava.
     In mattinata uscivano a fare quattro passi o a cavalcare, rinfrescandosi con una nuotata nello stagno o nel fiumiciattolo più vicino, per poi pranzare a base di leccornie trafugate dalle cucine degli Smial.
     Molte serate le trascorrevano nella loro locanda preferita di Tucboro, la Lepre Saltellante (o, come veniva affezionatamente chiamata dai suoi frequentatori più assidui, il ‘Coniglio Rimbalzino’). Si divertivano parecchio, ma stavano comunque attenti a non esagerare. Nessuno dei due voleva che i genitori di Pipino avessero un motivo in più per imporre nuove restrizioni al figlio.
     Paladino era notoriamente appassionato di scommesse, e di tanto in tanto ne faceva. Qualche volta, la sera, si univa al figlio e al nipote per giocare a dadi o ad altro. Dovevano però assicurarsi che nulla di tutto ciò arrivasse alle orecchie di Eglantina, che avrebbe disapprovato la cosa ancor più di Frodo.
     Ma nonostante tutto quel divertimento, sotto sotto si agitava un incessante senso di paura. I pensieri di ciò che Uccellaio avrebbe portato erano sempre presenti.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


XII.
 
     A Casa Baggins, Maritaio era stato un mese tristissimo.
     L’insolita calura aveva messo Sam di cattivo umore - la lattuga era andata a male, e molti fiori avrebbero prodotto semi troppo presto. E il peggio era che Sam non sembrava più capace di dedicarsi anima e corpo al giardino.
     Nemmeno Frodo era di umore particolarmente buono. Innanzitutto era ansioso per via di Gandalf, e in secondo luogo trovava umiliante dover spargere la voce dei fatti suoi per tutta Hobbiville. Ogni volta che andava a regolare i suoi conti, un’infinità di ammiccamenti, sorrisi maliziosi e cenni cospirativi gli assicuravano che sì, avrebbe trovato assai meno costosa la vita in una casetta nella Terra di Buck. Era palese che quasi nessuno credeva alla sua storia dei problemi finanziari, benché nessuno venisse a dirgli in faccia quanto ci si aspettava da lui; e quanto gli veniva detto alle spalle, non venne mai a saperlo.
     Ma il problema che Frodo e Sam trovavano più arduo da sopportare erano i Sackville-Baggins. Avevano preso l’abitudine di presentarsi senza invito al minimo pretesto. Qualche volta era Lobelia. Qualche volta era Lotho. Qualche volta erano tutti e due. Desideravano vedere le stanze; desideravano misurare le stanze; volevano esaminare il caminetto; volevano controllare la cantina; qualsiasi scusa possibile e immaginabile li portava alla porta di Frodo. Lobelia era semplicemente sgarbata e noncurante – se le saltava il ticchio di controllare il colore della vernice nell’atrio posteriore, non si faceva il minimo problema a controllarlo, infischiandosene del fastidio che avrebbe così arrecato a chiunque altro. Lotho, tuttavia, disturbava per il semplice gusto di disturbare, tanto per rendere impossibile la vita di Frodo. Aveva sempre detestato Frodo, e ora si stava godendo la sua meschina vendetta. Inoltre, tanto Lobelia che Lotho erano degli impiccioni cronici, per cui Frodo doveva sorvegliarli costantemente per assicurarsi che non andassero a frugare nei cassetti o a scartabellare tra i suoi documenti privati.
     Ma a terrificare Frodo fu ciò che accadde un pomeriggio, quando li udì risalire il sentiero per la quarta volta in una settimana. Improvvisamente si rese conto che stava cercando l’Anello, come se fosse la cosa più ovvia e naturale al mondo, per infilarselo e volatilizzarsi. E una parte della sua mente gli diceva: “Che male potrà mai esserci nel renderti invisibile e svignartela da quei due? Quali pericoli vuoi che siano in agguato, qui nel cuore della Contea?”
     Ritrasse di scatto la mano come da un carbone ardente, quindi evase dalla porta sul retro, e trovato Sam nel giardino posteriore gli bisbigliò “S.B.” Uscì a fare una lunga passeggiata, abbandonando il povero Sam a vedersela con loro, e fece ritorno soltanto una volta che le stelle furono spuntate nel cielo.
     
     
     Oltre a lavorare nel giardino di Casa Baggins e ad aiutare il signor Frodo nei preparativi al trasloco, Sam stava anche facendo del suo meglio per lasciare ogni cosa in ordine per il suo Gaffiere e per sua sorella Begonia, l’unica dei suoi fratelli che ancora abitava a casa. Beninteso, loro pensavano che ciò fosse dovuto al fatto che Sam stava per trasferirsi nella Terra di Buck con il signor Frodo, e non sapevano che avrebbe del tutto abbandonato la Contea per chissà quanto tempo.
     Un pomeriggio, poco prima dell’ora del tè, Sam tornò a casa sua in Via Saccoforino, meditando su un paio di lavoretti che pensava di fare in serata. Aveva notato che il tavolo in cucina aveva una gamba instabile, e aveva in mente d’installare una mensola sul lavello come desiderava Begonia. Si recò in cucina e vi trovò il Gaffiere e Begonia, oltre alla migliore amica di Begonia, Rosie Cotton.
     Per un istante i loro occhi s’incontrarono, e fu come se tutto il mondo scomparisse roteando e in quella stanza non si trovassero altre persone ad eccezione di loro due. Con grande sforzo Sam riuscì a distogliere lo sguardo e a dire “Ciao” senza che la sua voce s’incrinasse anche solo minimamente.
     Si mise a sedere a tavola, accettando il tè offertogli da sua sorella e riuscendo a rispondere alle domande del Gaffiere, raccontando com’era andata la giornata in quello che alle sue orecchie passava per un tono di voce normale, anche se aveva l’impressione di trovarsi lontano mille miglia.
     “Sissignore. Ho dovuto buttare tutta quella lattuga nel concime - andata a male, tutta quanta, e amara come fiele.”
     “Be’, figliolo, non potevi farci nulla con questo caldo infernale. Pensi di seminare qualcos’altro?”
     “Non credo proprio, non per lasciarlo a quei…” s’interruppe, poiché il termine che gli era venuto alla mente non era consono alle orecchie di sua sorella e di Rosie, “a quei nuovi proprietari. Mi limiterò a coprirlo con un pacciame di fieno e a lasciar perdere.”
     Il Gaffiere scosse la testa. Non apprezzava ciò che aveva fatto il signor Frodo, vendendo Casa Baggins a quei Sackville-Baggins. Non si aspettava granché da quella situazione, ed era fermamente convinto che Lotho fosse in qualche modo riuscito a ricattare il signor Frodo, costringendolo a vendere la casa.
     Rosie e Begonia ascoltavano la conversazione in silenzio; il Gaffiere era un tipo all’antica, e non apprezzava che delle ragazze s’intromettessero in una conversazione di maschi. Rosie era preoccupata.
     Sin da quando erano entrati negli enti, Rosie e Sam avevano provato qualcosa l’uno per l’altra. A un certo punto avevano superato la linea che separa l’amicizia d’infanzia dal vero amore, e benché nessuno dei due ne parlasse mai, essi non dubitavano che un giorno o l’altro le loro vite sarebbero diventate una sola. Eppure Sam sapeva di dover fare delle cose prima di potersi accasare.
     Ma mai prima di allora Sam l’aveva evitata, così come faceva ormai dalla metà di aprile. Un’altra ragazza avrebbe forse pensato di perdere l’amore del proprio ragazzo, ma Rosie non nutriva simili dubbi sul suo Sam, la persona più fedele che ci fosse al mondo. C’era qualcos’altro che bolliva in pentola, e che il cielo la fulminasse se non aveva a che fare col signor Frodo. Come gran parte dei vicini e dei conoscenti di costui, Rosie non credeva affatto che a Frodo mancasse il denaro. Sospettava che Frodo avesse avuto notizie di suo zio Bilbo, e stesse pensando di partire alla sua ricerca.
     E adesso le stava portando via il suo Sam.
     Sarebbe tornato. Lei lo sapeva. Poteva aspettare. Sperava solo che Sam si pronunciasse prima della partenza.

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


XIII.
 
      Mentre Maritaio cedeva il passo a Uccellaio, i raccolti cominciarono a dare frutto. Come ogni altro hobbit sano di corpo, Merry e Pipino si misero al lavoro nei campi come era necessario. Merry si divertiva immensamente - a casa non avrebbe dovuto far altro che sovrintendere alle operazioni, cosa che aveva sempre fatto negli ultimi cinque anni.
      Invece, essendo un ospite a Tuclandia, poteva fare a modo suo, e se la spassava molto di più nei campi, in mezzo ai giovani braccianti hobbit.
      Era un lavoro duro, da spaccare la schiena. Ma nulla d’impossibile per uno hobbit giovane e in salute.
      Si cantava e si scherzava molto. E beninteso, si faceva a gara per vedere chi riusciva a mietere o a raccogliere di più, e queste gare erano accompagnate da scommesse.
      Vi erano inoltre pasti abbondanti, serviti ai lavoratori dalle mani di amichevoli contadinelle.
      E la cosa migliore era che, quando la notte si recava a letto, era talmente sfiancato da non avere la forza di preoccuparsi o angustiarsi per Frodo e Pipino.
 
 
      Il decimo giorno di Uccellaio arrivò ai Grandi Smial una lettera, indirizzata a Merry e Pipino.
 
      Miei cari cugini…
      Trovo che il momento del mio trasloco alla Terra di Buck si avvicini rapidamente. Siccome voi due siete stati così gentili da offrirmi il vostro aiuto, vorrei avervi qui da me al più presto possibile, così da poter cominciare la vera e propria preparazione dei bagagli.
      C’è tanto lavoro da fare, e proprio non so da dove incominciare. La vostra presenza mi sarebbe di grande aiuto, anche se non faceste altro che allungarmi un calcio e intimarmi di darmi una mossa.
      Casa Baggins ha un aspetto malinconico in questo momento. I nuovi proprietari sono piuttosto ansiosi d’impossessarsene, e mi stanno continuamente col fiato sul collo.
      Venite a tirarmi su di morale, e date una mano al vostro vecchio cugino.
      Affettuosamente, vostro cugino
      Frodo
 
      “Nuovi proprietari!” sbuffò Pipino. “Non ho mai sentito affibbiare un più vezzoso attributo a quegli S.B.”
      “Faremo bene a muoverci, allora,” disse Merry. “Che ne dici di mostrare la lettera ai tuoi genitori?” Ma Merry era inquieto. Frodo non era tipo da lamentarsi, seppur lievemente come in quella lettera; se aveva trovato il motivo di farlo, evidentemente le cose erano davvero volte al brutto.
 
 
      L’indomani, al loro arrivo, avvicinandosi al giardino anteriore Merry e Pipino videro Sam con una faccia di tempesta, intento a strappare le piante dall’aiuola sotto la finestra dell’atrio mentre borbottava rivolto a se stesso. Non li sentì nemmeno arrivare.
      “Sam,” disse Merry. Il giardiniere trasalì, come punto da una vespa.
      “Tutto bene, Sam?” chiese Pipino. Non ricordava di aver mai visto Sam in collera prima di quel momento.
      “Sono quei Sackville-Baggins; quel Lotho se n’è andato da meno di un quarto d’ora. È deciso a far impazzire il povero signor Frodo.” Sam guardò i cugini di Frodo, e la sua rabbia si dissolse, lasciando posto a una profonda preoccupazione. “Sono terribilmente preoccupato per il signor Frodo. Spero che riusciate tirarlo un po’ su di morale. È nel suo studio, sta cercando di mettere un po’ d’ordine fra carte e libri.”
      “Grazie, Sam.” Merry e Pipino entrarono e si misero alla ricerca del cugino.
      Quando dalla porta d’ingresso guardarono verso lo studio, lo trovarono in uno stato di completo disordine. Su ogni superficie erano accatastate montagne di carte e di libri; ma Frodo sedeva al centro del pavimento, e il suo viso era freddo come l’inverno.
      Pipino ebbe paura. Non aveva mai visto Frodo in uno stato simile.
      Merry invece sì; ma non più, una volta superata la soglia dei sette anni. Ciò che funzionava allora avrebbe funzionato anche adesso?
      “Pip, va’ fuori, vedi se Sam può trovarti qualcosa da fare,” bisbigliò.
      Pipino annuì e tornò svelto sui propri passi.
      Quando Merry era solo un ragazzino nella Terra di Buck, di tanto in tanto gli capitava di trovare Frodo con quella stessa espressione, seduto di solito sulle rive del Brandivino, intento a fissare il fiume che gli aveva portato via i genitori. In quei casi cercava di consolare il cugino come meglio poteva. Sperava di esserne ancora capace adesso che erano cresciuti.
      Si fece avanti, mettendosi a sedere accanto a Frodo, quindi lo avvolse fra le proprie braccia e gli sussurrò in un orecchio: “Ti voglio bene, Frodo.”
      Allora Frodo emise un respiro tremante, ricambiò l’abbraccio e gi scompigliò i capelli. Merry avvertì il dolore abbandonare suo cugino, il quale sussurrò di rimando, come aveva sempre fatto: “Anch’io ti voglio bene, Merry. Grazie.”
      Merry emise un sospiro di sollievo: ne era ancora capace.
 
 
      Il giorno dopo, Frodo dormì fino a tardi. Erano quasi le undici, ora del tradizionale spuntino, e Merry cominciava a chiedersi se non fosse il caso di andarlo a svegliare; lui e Pipino avevano impiegato la mattinata cercando di conferire una parvenza di ordine al caos che regnava in studio, ma l’ultima parola riguardo a molte cose spettava soltanto a Frodo.
      In quell’istante Sam fece capolino dalla porta dello studio. “Sta arrivando quel tipo, signor Merry.”
      Un momento dopo si udì un secco bussare alla porta d’ingresso.
      Lotho Sackville-Baggins fu colto alla sprovvista al vedersi aprire la porta non da Frodo, bensì dal suo giovane cugino Merry Brandibuck. In piedi alle sue spalle vide il giovane figlio del Tuc, beninteso. Quei due stavano sempre insieme.
      “Voglio vedere tuo cugino,” disse, senza nemmeno degnarsi di salutare.
      “Spiacente. In questo momento Frodo sta riposando, e non ho certo intenzione di svegliarlo.” Merry gli si piantò di fronte con le braccia conserte e un’espressione risoluta.
      Lotho non vi fece caso. “Bene, in questo caso fammi entrare. Voglio redigere un inventario dei mobili in sala da pranzo.”
      “No.”
      “Cosa? Come sarebbe ‘no’? Ora sono io il padrone di Casa Baggins! Fammi entrare!”
      “No, neanche per sogno.” Non uno spasmo alterava l’espressione di Merry, ma alle sue spalle il volto di Pipino avvampava di collera, e nei sui occhi verdi si scorgeva un luccichio pericoloso.
      Lotho continuava a non badare ai segnali. “Questa caverna l’ho pagata profumatamente, Brandibuck, e non hai il diritto d’impedirmi di entrare!”
      “Sono consapevole del tuo acquisto di Casa Baggins, Lotho. Ero fra i testimoni dell’atto contrattuale. Ma so anche che, secondo le condizioni del contratto, non potrai prendere possesso di questo smial prima del ventitreesimo giorno di Uccellaio. Oggi siamo al dodicesimo. Tu non sarai il padrone di Casa Baggins prima che siano passati altri undici giorni.” Merry avanzò di un passo, costringendo Lotho ad arretrare. “Ci tengo ad avvisarti che prima di quel momento sarai considerato un trasgressore, e noi avremo tutto il diritto di espellerti fisicamente da questa proprietà se metterai un piede soltanto all’interno di questa casa.” Così dicendo Merry alzò un dito indice, colpendo al centro del petto lo scandalizzato Sackville-Baggins.
      “Inoltre credo che la tua continua vessazione di mio cugino comporterebbe assai probabilmente una violazione al contratto, e l’immediata revoca della vendita! Ti consiglio vivamente,” e avanzò di un altro passo, subito seguito da Pipino, e imitato perfino da Sam, “di andartene subito.”
      Il volto di Lotho diventò pallidissimo. Arretrò di qualche passo, fece una smorfia e disse: “Giuro che te ne farò pentire, Brandibuck!”, quindi si voltò, fuggendo con la coda tra le gambe.
      Non appena Lotho fu oltre portata d’orecchio, Pipino lanciò un grido vittorioso. “Yuu! Merry, sei stato magnifico!”
      Sam sorrise. “Magari ci avessimo pensato settimane fa!”
      Merry si limitò a scuotere la testa. “Frodo non l’avrebbe mai fatto.”
      Pipino osservò pensieroso la figura del loro nemico che scompariva in fondo alla via. “Sarebbe davvero una violazione del contratto?”
      “No,” disse Merry, “non credo proprio. Spero soltanto che passi qualche brutto momento di apprensione a pensarci.”
 
 
      Quando Frodo si svegliò, non prima della seconda colazione, apparve decisamente ristorato. Merry confessò timidamente che avevano costretto Lotho ad andarsene, e spiegò anche in che modo. Pur essendo colto alla sprovvista dai metodi dei cugini, Frodo si sentiva troppo sollevato per rimproverarli.

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


XIV.
 
      I cugini e Sam ebbero molto da fare nei giorni successivi, poiché dovevano portare a termine ogni operazione di imballaggio. In alcune delle stanze che venivano usate più di rado c’erano più mathom di quel che Frodo immaginasse. Questi decise allora di regalarli a chi se ne poteva far qualcosa. Sam chiese a Begonia e alla sua sorella sposata, Daisy, di fare un salto a Casa Baggins, e Frodo le pregò di trovare una sistemazione per molti di quegli oggetti presso gli hobbit meno fortunati ai quali avrebbero fatto comodo.
      Anche tra i documenti in studio c’era parecchia roba da scartare. Si trattava di un compito più difficile, che soltanto Frodo avrebbe saputo eseguire nel modo appropriato. Merry e Pipino avevano ammonticchiato pile di diversi tipi di documenti: lettere, vecchie note di traduzione e appunti di Bilbo e Frodo, fatture, documenti.
      Pipino sfruttava ogni occasione per ficcare il naso dove possibile. Come aveva previsto, trovò una quantità di chiari segni che Frodo disponeva ancora di molto denaro. Una delle sue scoperte, tuttavia, rischiò quasi di fermargli il cuore. Era una lettera indirizzata agli avvocati di Frodo, Scavari, Scavari e Rintanati, da aprire dopo due anni se non ci fossero state sue notizie. Lasciava tutto ciò che gli restava del patrimonio Baggins - ancora piuttosto sostanzioso - a Pipino, e tutta la sua eredità Brandibuck a Merry. Pipino la ripose velocemente, ritraendo la mano di scatto come da un serpente velenoso. Dopodiché corse a trovare un angolo nascosto dove poter piangere in pace.
      Man mano che sempre più cose venivano scartate o date via, nell’atrio cominciò a formarsi una montagna di scatole e fagotti pieni. Sebbene gran parte dell’arredamento fosse compresa nella vendita, parecchi mobili non lo erano. Merry attaccò un cartellino su tutti i mobili che sarebbero stati spediti nella Terra di Buck e avrebbero arredato Crifosso, nonché su quelli che sarebbero finiti in una delle sale mathom di Villa Brandy.
      Grassotto e Folco vennero ad aiutarli nel pomeriggio del quindici. Il sedici era un Highday. I sei hobbit lavorarono come pazzi per la maggior parte del giorno, ma decisero di prendersi una serata di libertà e si recarono al Drago Verde per passare la notte a far baldoria e a rilassarsi.
      Merry, Pipino e Folco si erano messi come sempre al centro dell’attenzione, cantando e scherzando, mentre Frodo, Grassotto e Sam si godevano le loro pinte e li guardavano con affetto.
      Le cose andavano abbastanza bene, quand’ecco che Folco riesumò dalla propria memoria una canzone oscena che parlava di un mugnaio. Disgraziatamente era lì presente Ted Sabbioso, che decise di prenderla sul personale. Ma Grassotto era sul chi vive, come sempre quando Folco cominciava a farsi notare, e intercettò il mugnaio afferrandogli il braccio con una mano sorprendentemente forte.
      “Suvvia, signor Sabbioso, certo non penserete che questa canzone abbia qualcosa a che vedere con voi! Come può venirvi in mente? Il mugnaio della canzone è un vero idiota, e non vorrete mica indurre qualcuno a pensare che lo siate anche voi?”
      Probabilmente il mugnaio aveva una gran voglia di svincolarsi rabbiosamente dalla presa di Grassotto, ma ecco che Frodo comparve dall’altra parte. “Sono sicuro che tu sappia che questa è una canzone molto vecchia, composta in tutt’altra zona della Contea,” disse Frodo, e infatti era vero. “Così come sono sicuro che nessuno abbia pensato che avesse alcunché a che fare con qualcuno presente in questa stanza.” Il che era vero soltanto in parte. Questo pensiero non aveva attraversato l’anticamera del cervello di Folco, ma parecchi clienti abituali lanciavano sogghigni e risatine all’indirizzo di Sabbioso. “Perché non ci permetti di offrirti una birra?”
      Uno sguardo confuso passò sul volto di Sabbioso. Doveva scegliere tra l’opportunità di sfogare la sua indole collerica e una birra gratuita.
      Fu in quel momento che vide Sam Gamgee, in piedi, con le braccia incrociate e un sopracciglio inarcato, in attesa. Sam ce l’aveva con il mugnaio sin da quando l’aveva beccato indugiare un po’ troppo a lungo con gli occhi posati sulla signorina Rosa Cotton. Sam non aspettava altro che una scusa - una scusa qualsiasi.
      Decise di accettare la birra. La sorseggiò in silenzio, rosso in volto, mentre il mugnaio della canzone di Folco andava incontro a una fine imbarazzante e ignominiosa. Folco non si accorse di nulla.
      Bisognava pazientare, pensò il mugnaio. Non avrebbe dimenticato l’accaduto; non l’avrebbe dimenticato per molto tempo.
 
 
      Il giorno seguente era Sterday, il primo dell’ultima settimana a Casa Baggins. I sei hobbit erano più impegnati che mai, e in tutte le camere anteriori si ammucchiavano senza fine scatole e involti.
      Merry compilava liste degli oggetti che sarebbero restati dov’erano; Sam, all’esterno, ‘metteva il giardino a dormire’, cosa che normalmente non avrebbe fatto prima che trascorresse ancora qualche settimana; Grassotto, Folco e Pipino avevano il loro bel daffare a preparare, spingere e issare i bagagli.
      Frodo era nervosissimo, apparentemente incapace di concentrarsi su un determinato compito, e sobbalzava al minimo rumore.
      “Che ti succede, Frodo?” chiese Pipino, dando sfogo a tutta la frustrazione che aveva accumulato dentro di sé. “Ti comporti come se qualcuno ti avesse infilato un bruco nella schiena.” Parlava per esperienza, poiché diversi anni addietro aveva eseguito personalmente questo esperimento sul cugino.
      “Mi dispiace,” rispose Frodo, “sono preoccupato per Gandalf. Sono parecchi giorni che aspetto il suo ritorno.”
      Merry levò bruscamente lo sguardo. “Gandalf deve tornare qui?”
      “Diceva che sarebbe tornato in tempo per la festa d’addio.” Frodo si morse nervosamente l’unghia del pollice.
      Merry si allarmò. Persuadere Frodo ad accettarlo come compagno era una cosa; persuadere Gandalf era un altro paio di maniche. Che lui sapesse, nessuno era mai riuscito a persuadere lo stregone su nulla. D’altra parte si rallegrava che Frodo avesse con sé un altro compagno e protettore.
      Sì, la cosa era decisamente confortante. Uno stregone avrebbe fornito a Frodo una protezione assai migliore di quanta gliene potessero offrire un paio di hobbit, per quanto risoluti.
      Pipino osservava il volto di Merry. Seguiva perfettamente il filo dei pensieri di Merry. Le stesse domande assillavano anche lui. Il suo sguardo implorante non era mai servito a nulla con Gandalf. Lo stregone aveva avuto a che fare con diverse generazioni di verdi occhi tucchici.
      Ma beninteso, Gandalf non era ancora arrivato, giusto? Hmmm...
      “A proposito di Gandalf, che mi dici dell’arredamento su misura per Gente Alta? Resta o se ne va?” domandò Pipino.
      “Be’,” disse Frodo, “non era propriamente incluso nei mobili acquistati dagli S.B., ma non saprei come portarlo via. Quando Bilbo lo fece arrivare da Brea, fu consegnato da un gruppo di Gente Alta che lo trasportò fin qui in uno dei loro grandi carri; ma non c’è modo di trasportarlo per noi hobbit.”
      “Oh, davvero?” Negli occhi di Pipino comparve una luce inquietante. Con un sorriso raggiante, si lanciò a gran carriera attraverso il corridoio.
      Merry e Frodo si guardarono.
      “Oh, no, niente affatto, ragazzo mio!” gridò Frodo, mettendosi a rincorrerlo insieme a Merry.
      Ma ormai era troppo tardi. Il giovane Tuc era già salito sull’enorme letto, saltando e rimbalzando con tutte le sue forze, ridendo e sogghignando. “Ho sempre voluto farlo!” sbraitava senza fiato.
      Merry lanciò un’occhiata a Frodo e fece spallucce con aria di scuse - per poi balzare a sua volta sul letto, raggiungendo il suo giovane cugino.
      Qualche minuto più tardi gli strilli e le risate attirarono nella stanza Grassotto e Folco, che rimasero di sasso, e si misero a scuotere la testa davanti ai tre cugini rimbalzanti.
      “Sono matti, Grassotto?” chiese Folco aggrottando le ciglia con aria preoccupata.
      Grassotto si limitò a scuotere la testa. “Non credo. Sarà tutto quel sangue Tuc che di tanto in tanto affluisce alla testa.” Sebbene Grassotto fosse anch’egli per metà di sangue Tuc, non ne aveva mai ravvisato alcun segno nel proprio carattere.

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Capitolo 15
*** Capitolo XVI ***


XVI.
 
     L’indomani mattina i cinque hobbit consumarono una frettolosa prima colazione. Stavano ripulendo gli avanzi quando arrivò Sam, accompagnato dal suo amico Tom Cotton che quel giorno li avrebbe aiutati.
     Poco dopo arrivarono i carrettieri con due grandi carri coperti. Armato delle liste che aveva compilato e dei cartellini che aveva affisso sui vari oggetti, Merry coordinò le operazioni di carico.
     La seconda colazione e lo spuntino delle undici non costituirono che due brevi momenti di pausa, ma verso l’ora di pranzo essi videro Begonia Gamgee e Rosa Cotton arrancare su per la collina con un enorme paniere. Sam e Pipino, che avevano appena finito di caricare una sedia su uno dei carri, corsero loro incontro per liberarle dal loro fardello.
     Era molto pesante. Oltre al pane, al formaggio, alla frutta e alle fette di carne fredda, le ragazze avevano portato anche alcuni barattoli di sottaceti e conserve, due enormi spezzatini di pollo e funghi e un’insalata di mele, sedano e noci. Avevano impacchettato persino una caraffa di sidro appena fatto e un bricco di birra preparata in casa dal Gaffiere.
     Dopo il pranzo, Pipino e Folco si stesero sull’erba per fare una pennichella, mentre Grassotto, Merry e Frodo si sedettero sulla panchina accanto all’ingresso e fumarono tranquillamente le loro pipe.
     Sam e Tom aiutarono Rosie e Begonia a pulire e a portare gli avanzi in cucina. Restavano un bel pezzo di pane e parecchia frutta, un po’ di carne e mezzo spezzatino.
     Ben presto, Tom e Begonia uscirono mano nella mano, lasciando Sam e Rosie a occuparsi degli ultimi piatti. Sam li osservò allontanarsi con un sorriso. Tom era un buon amico, e Sam si fidava abbastanza da lasciarlo solo con sua sorella. Così come Tom si fidava abbastanza di Sam da lasciarlo solo con sua sorella, Rosie. E adesso Sam avrebbe dovuto ferire i sentimenti della ragazza. Se solo avesse  potuto dirglielo. Ma era un segreto che riguardava il signor Frodo, e non lui. L’aveva già rivelato al signor Merry, e si sentiva ancora in colpa, benché non fosse assolutamente necessario. Ma anche se non poteva dirle il motivo, doveva dirle di non aspettarlo. Era la cosa giusta da fare.
     Ma prima che le dolorose parole prendessero forma, fu Rosie a parlare.
     “Non me lo dire, Samvise Gamgee.”
     “Che cosa?”
     “Non venirmi a dire qualcosa di stupido, come ‘non aspettarmi, Rosie’.” Lo guardò con espressione feroce. “So che dietro la partenza di Frodo c’è un motivo più profondo che non un semplice trasloco nella Terra di Buck. Non so di cosa si tratti, non sono affari miei. Ma quando sarà tutto finito, tu tornerai da me, Sam.”
     Sam la guardò tristemente. “Ma io non so quando e se potrò tornare.”
     Lei lo fissò con cipiglio per un istante. Poi improvvisamente lo strinse a sé in un bacio appassionato. In tutti i loro anni di ‘passeggiate insieme’ non si erano mai scambiati più di un breve, casto bacetto. Rosie rimediò in quei pochi momenti, baciandolo fino a fargli tremare le ginocchia.
     Si staccarono, e per qualche istante si fissarono negli occhi, respirando affannosamente.
     “Questo per farti tornare da me, Sam Gamgee!” Il volto di lei era paonazzo, e nei suoi occhi luccicavano le lacrime.
     Sam era ancora inebetito. “Sì, Rosie. Come dici tu, Rosie.”
 
 
     Dopo questa gradevole pausa pranzo, tutti si rimisero velocemente al lavoro. In poche ore ogni cosa fu caricata. I carrettieri avrebbero posteggiato i carri carichi negli appositi cortili fino all’indomani. Dopodiché si sarebbero avviati verso l’Osteria del Ponte, dove sarebbero stati raggiunti dal padre di Merry. Esmeralda si era offerta di sovrintendere allo scaricamento fino all’arrivo di Merry e Grassotto, aiutandosi con le liste preparate da Merry che i carrettieri avrebbero portato con sé.
     Quando i carri finalmente partirono, Sam e Tom tornarono alle rispettive case, e Frodo e i suoi ospiti fecero una cena anticipata con gli avanzi del pranzo. Sfiniti a causa delle dure fatiche della giornata, andarono presto a coricarsi in una Casa Baggins che echeggiava in modo estraneo.

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Capitolo 16
*** Capitolo XVII ***


XVII.
 
     Il giorno seguente Frodo si fece più ansioso nell’attesa di Gandalf.
     Merry e Pipino erano straordinariamente di buonumore, e si azzuffavano e si rincorrevano nella caverna semivuota come se si fossero svegliati con dieci anni di meno. In un’altra occasione Frodo avrebbe riso delle loro buffonate così come ne ridevano Grassotto e Folco, che li incitavano a continuare. Ma quel giorno Frodo ne fu infastidito.
     “Per l’amor del cielo, voi due!” gridò infine esasperato, mentre i due facevano la lotta sul pavimento dell’atrio. “Non potreste comportarvi da adulti?”
     I due giovani hobbit si separarono e lo fissarono allarmati. Accadeva di rado che Frodo montasse in collera.
     “Ma non è rimasto più nulla che si possa rompere,” protestò Pipino con espressione ferita.
     Merry si rivolse a Frodo con uno sguardo astuto. “Se sei così preoccupato per Gandalf, cugino, perché non fai una passeggiata? Chissà, magari potresti incontrarlo per via. E in caso contrario, uscire di qui potrebbe almeno schiarirti le idee.”
     Adesso Frodo si sentiva in colpa per averli apostrofati così duramente. Merry lo conosceva troppo bene.
     “In effetti potrebbe essere una buona idea, Merry. Qualcun altro ha voglia di venire con me?”
     Merry e Pipino si scambiarono un’occhiata. “Penso che noi due non verremo, Frodo. Potremmo continuare a infastidirti,” disse Pipino.
     Frodo fece una smorfia. Se lo meritava.
     Alle sue spalle, Grassotto fece un cenno della testa verso Folco, il quale disse: “Vengo io con te, Frodo.”
     “E tu, Grassotto?”
     “No, credo sia meglio lasciar riposare le mie povere ossa, dopo tutto il duro lavoro di ieri.”
     “Bene, siamo d’accordo, Folco,” Frodo alzò le spalle, “a quanto pare saremo solo tu e io.” Aveva un’aria un po’ perplessa.
     Qualche minuto più tardi, Pipino guardò fuori della finestra, osservando i due che si allontanavano lungo il sentiero per poi scendere sulla strada. “Fantastico! È stato incredibilmente facile. Da quando in qua siamo così fortunati?”
     Grassotto sorrise. “Ho detto a Folco che stiamo organizzando una sorpresa a Frodo per il suo compleanno, e gli ho chiesto di tenere impegnato Frodo per un po’ di tempo. Quando se lo lascerà sfuggire, beninteso, Frodo non avrà alcuna fretta di tornare indietro, o guasterebbe la sorpresa.”
     Merry sbuffò. “Quando se lo lascerà sfuggire?”
     Grassotto scoppiò a ridere. “Beninteso, è del mio caro Folco che stiamo parlando.”
     “Ah, sì.” Pipino si risedette. “Capisco. Ma naturalmente sai che per renderne conto dovremo inventarci una sorpresa davvero fuori del comune.”
     “Ci ho già pensato io,” rispose Grassotto. “Ieri ho chiesto a Begonia se conosceva qualcuno capace di preparare una torta particolarmente sontuosa per la cena di compleanno di Frodo, e lei mi ha detto che la mamma di Rosie, Lily, sarebbe stata perfetta per questo lavoretto. Le ragazze gliene hanno parlato ieri sera. Ho detto loro di raccomandare a Lily di farla più eccessiva che mai, e che avremo pensato noi a coprire tutte le spese, oltre a pagarla profumatamente.”
     Merry applaudì. “Mio caro Grassotto! Sei un tipo davvero efficiente.” Quindi si rizzò in piedi. “Adesso non ci manca che una sola persona perché il gruppetto di congiurati sia al completo. Pip, credo che Sam sia nel capanno degli attrezzi. Potresti chiedergli di venire qui?”
     “Sam?” chiese Grassotto. “Credevo se ne fosse tirato fuori.”
     “Infatti è così. Ma è ora che torni dentro.”
     Pipino trovò Sam all’esterno, ancora intento a controllare il capanno degli attrezzi. Gli attrezzi appartenuti al signor Bilbo erano stati puliti e riposti in buone condizioni. Quelli del signor Frodo e i suoi attrezzi personali erano già stati spediti nella Terra di Buck. Ma Sam voleva accertarsi che non rimanesse assolutamente nulla in mano ai Sackville-Baggins.
     “Ciao, Sam,” disse Pipino. “Merry vorrebbe che tu entrassi.”
     “D’accordo. Sapete per quale motivo?”
     Pipino si strinse nelle spalle. Avrebbe lasciato a Merry il compito di dire quanto andava detto.
     Quando entrarono nella stanza, Merry lanciò uno sguardo a Sam e disse: “Adesso i congiurati sono tutti riuniti.”
     Sam rimase di sasso. “Signor Merry!” disse, con più che un accenno di rabbia e disappunto.
     “No, Sam. È tutto a posto. Non devi dirci nulla che ancora non abbiamo saputo o immaginato per conto nostro. Ma ci sono alcune cose che tu devi sapere. Suvvia, mettiti a sedere. Frodo e Folco non dovrebbero tornare per qualche tempo.”
     Sam entrò e si sedette cautamente. Si sentiva non poco sospettoso.
     “Innanzitutto, devi sapere che anche Pipino verrà con noi.”
     Sam alzò un sopracciglio a queste parole, ma l’espressione battagliera sul volto del giovane Tuc lo dissuase dall’aprir bocca. E in fin dei conti non era poi una gran sorpresa. Il signor Merry non avrebbe mai pensato di partire lasciandosi alle spalle il signor Pipino, così come era impossibile che il signor Frodo riuscisse a svignarsela lasciandosi alle spalle il signor Merry.
     “Lo so, Sam,” disse Merry, rispondendo alla domanda inespressa. “Avrei voluto tenerlo fuori, ma lui ha scoperto tutto da solo, e quindi niente da fare.”
     “Ohi,” disse Pipino indignato. “Guarda che sono seduto qui, e non sono mica un pezzo di mobilia.”
     “Se lo fossi,” sorrise Merry, “non potresti venire con noi, per cui sta’ buono! Non interrompere.”
     Sam rivolse a Grassotto uno sguardo interrogativo. Interrogativo e anche abbastanza scettico.
     “No, Sam, io non vengo. Comunque ci terrei a fare qualcosa che possa tornarvi utile.”
     Infine Sam si risedette. “Vedo che avete ragione, signor Merry. A quanto pare ci sono alcune cose che devo sapere.”
     “Dunque.” Merry si appoggiò allo schienale. “Ecco il piano finora. Il giorno dopo la festa, io e Grassotto partiremo per la Terra di Buck, destinazione Crifosso. Prepareremo la casetta come se Frodo avesse davvero l’intenzione di abitarvi. Tu, Frodo e Pip ci raggiungerete a piedi più tardi nello stesso giorno, a meno che Gandalf non arrivi prima. Quindi si darà il via alle scommesse. Hai idea di che avrebbe da dire Gandalf sulla nostra idea di unirci a Frodo?”
     “Signor Merry, non vi saprei dire. Lui è uno stregone. Ma credo che il suo principale intento sia quello di tenere al sicuro il signor Frodo. Se riusciste a convincerlo che sarete più d’aiuto che d’impaccio, credo che in tal caso direbbe di sì. L’unico problema è che non so se il signor Frodo sarà della medesima opinione; vi vuole un gran bene, a voi due, e non vedrà di buon occhio l’idea di mettervi in pericolo, domando scusa, signor Pipino, ma soprattutto voi.”
     “Come ben sai abbiamo già un piano, Sam. O accetta di portarci con sé, o noi lo seguiamo. È molto semplice. Dunque, quando partiremo, Grassotto rimarrà a Crifosso e cercherà di mantenere il più a lungo possibile l’illusione che Frodo si trovi ancora lì. È stata una sua idea, fra l’altro,” disse Merry con ammirazione.
     Sam sorrise. “Be’, è un ottimo piano, signor Freddy. In questo modo riusciremo a mantenere segreta la nostra partenza molto più a lungo.”
     Merry continuò. “Ora, per quanto riguarda quelli di noi che partiranno: ho trovato sei pony - quattro da cavalcare, un pony da soma e uno da lasciare indietro a uso di Grassotto. Due erano già miei, due li ho acquistati l’ultima volta che sono stato a casa, e quanto agli ultimi due lascerò il prezzo insieme a un biglietto per mio padre quando partiremo. Prima di partire dalla Terra di Buck ho anche messo insieme la maggior parte dell’equipaggiamento e dell’attrezzatura che ci serviranno per viaggiare nelle Terre Selvagge, e ho sistemato il tutto nel fienile della stalla di Crifosso.”
     Sam annuì. Aveva sempre saputo che il signor Merry era una persona pratica e razionale; molto simile a lui, in effetti.
     “Non so se Frodo abbia intenzione di fermarsi a lungo nella Terra di Buck; che voglia mettersi subito in marcia o no, credo sia meglio essere del tutto prepararci a partire sull’istante, se necessario. Inoltre Frodo troverà più difficile dire ‘no’ se diamo per scontato che partiremo anche noi.” Merry si rivolse a Pipino. “Hai lasciato un messaggio di qualche tipo per i tuoi genitori?”
     Pipino scosse la testa. “Ci ho provato. Ma tutti i biglietti che scrivevo dicevano o troppo o troppo poco, e alla fine ho gettato la spugna. Non sono per niente bravo a scrivere le lettere.” Arrossì.
     “Meglio così, Pip. Se tuo padre ricevesse un biglietto troppo presto, ogni cosa potrebbe andare in malora. Qualche volta perde un po’ troppo le staffe.”
     Pipino sorrise, e Grassotto e Sam scoppiarono a ridere a questa descrizione del Conte.
     Sam si protese in avanti. “Signor Pipino, per un paio di giorni voi e io accompagneremo a piedi il signor Frodo fino alla Terra di Buck. Dovremo stare ben attenti a non rivelare nulla durante il viaggio.”
     Merry rise. “Pip è bravissimo a mantenere i segreti, non è vero, Pip?”
     “Non meno di te,” gli rispose il cugino con fare insolente.
     Merry scosse il capo. “No, forse anche più bravo di me. Sam, lo sapevi che Pip aveva indovinato tutto la scorsa primavera, e che io non ne ho saputo nulla fino all’altro ieri?”
     Sam fece uno sguardo incredulo.
     Grassotto annuì. Pipino sogghignò.
     “Dunque,” disse Merry “ora che ci siamo rivelati, credo che lasceremo tutte le altre decisioni a Frodo, o a Gandalf casomai arrivasse. Il solo punto sul quale siamo determinati è che, se partirete senza di noi, io e Pip vi seguiremo appena sarete abbastanza lontani. Siamo fermamente decisi su questo.”
     “Lo capisco, signor Merry. E vi ringrazio per avermi nuovamente coinvolto in questo piccolo progetto. Mi dispiace di esserne stato fuori per tutto questo tempo.”
     “Tranquillo, Sam. Era inevitabile. Ora, se nessuno ha altre idee, direi di riunirci all’Edera per un goccetto di birra.”
     Questa proposta fu accolta da un coro di approvazione, poiché avevano evitato il Drago Verde dopo l’incontro con Ted Sabbioso. Meglio non attirare attenzioni indesiderate a quel punto della partita.
 
 
     Quel pomeriggio, quando finalmente Frodo e Folco rincasarono per l’ora del tè, capirono dall’atteggiamento di Frodo che Folco si era effettivamente lasciato sfuggire che vi sarebbe stata una festa a sorpresa di particolare magnificenza. Era pentito del suo comportamento brusco, ma era ancora teso per via della continua assenza di Gandalf. Benché si rammentasse ripetutamente che Gandalf era pur sempre uno stregone, e pertanto al sicuro dalla maggior parte dei pericoli, era comunque preoccupato. Era inaudito che Gandalf non tenesse fede a una promessa.

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Capitolo 17
*** Capitolo XVIII ***


XVIII.
 
     Mersday, giorno del compleanno, l’alba si levò chiara e luminosa come tanti anni addietro in occasione della gran festa di Bilbo. Era una giornata incantevole, ma Frodo non era per niente d’umore allegro. Nella sua mente c’era uno solo ritornello, che continuava a ripetersi con alcune variazioni sul tema: perché, perché Gandalf non era arrivato? E com’era possibile per Frodo mettersi in cammino senza di lui?
     Normalmente, in occasione del Compleanno, Frodo sarebbe stato in fibrillazione per via dei preparativi. Ma quest’anno si sarebbe trattato soltanto di una semplice cenetta fra lui e i suoi quattro ospiti, e dal momento che il suo smial era già pulito in preparazione al trasloco c’era assai poco da fare.
     Doveva incartare qualche regalo, e nel pomeriggio lui e Sam sarebbero stati impegnati a cucinare, ma per il resto era completamente libero. E ciò gli lasciava poco altro da fare che non fosse crucciarsi.
     Dove, dove era Gandalf?
     Merry e Pipino decisero che era meglio non correre il rischio d’inferocire Frodo il giorno del suo compleanno. Sam doveva portare con sé un carro pieno di oggetti che a giudizio di Frodo sarebbero stati utili alla famiglia Cotton, e Merry e Pipino avevano deciso di accompagnarlo, in modo da non stare fra i piedi di Frodo per tutta la mattina.
     Beninteso, avrebbero portato con sé anche qualcos’altro. Grassotto aveva dato a Merry un borsello pieno di monete con cui pagare la torta. Sarebbero dovuti tornare con essa a Casa Baggins prima di mezzogiorno, o non sarebbe stato appropriato.*
 
 
     Grassotto decise d’impiegare la mattinata tentando di redigere una bella copia della poesia elfica sulla quale aveva lavorato con Frodo in estate. Folco gli teneva compagnia, suonando dolcemente il suo flauto di legno. Era davvero bravo, ma pochissime persone oltre a Grassotto erano in grado di convincerlo a suonare.
     Attirato dalle dolci note della musica, Frodo entrò nello studio e si sedette silenzioso in un punto dove Folco non poteva vederlo. Per qualche momento riuscì a dimenticare tutto ciò che riguardava Gandalf, il viaggio e l’Anello.
     I tre amici erano talmente rilassati dalla musica che si scordarono addirittura dello spuntino delle undici. Furono perciò alquanto stupiti quando Pipino, a mezzogiorno meno un quarto, fece capolino dalla porta dello studio.
     “Ah. Eccovi qua! Grassotto, Folco, abbiamo bisogno di voi. Frodo, non ti allontanare da questa stanza, io chiudo la porta, e non azzardarti nemmeno a guardar fuori dalla finestra.”
     E così Frodo rimase seduto da solo, ascoltando le voci nel corridoio. (“Attento, Sam!” “Signor Merry, tenetela un po’ più alta dalla vostra parte.” “Ohi, occhio alla parete!” “Pipino, corri alla porta, svelto!”) Le voci sfumarono in direzione della sala da pranzo.
     Dopo un istante Grassotto fece capolino nello studio. “Frodo, potresti venire in sala da pranzo, per favore?”
     Frodo entrò, scuotendo la testa. Con che razza di sorpresa se ne erano spuntati fuori? Avevano quasi rischiato di fare tardi, poiché secondo l’etichetta degli hobbit tutti i regali per il byrding dovevano essere consegnati non più tardi di mezzodì del giorno della festa; anzi, a rigor di termini dovevano essere consegnati il giorno prima.
     “Oh, per le stelle!” esclamò Frodo alla vista della torta che troneggiava al centro del tavolo della sala da pranzo. Era mastodontica, forse sufficiente per due dozzine di hobbit, figuriamoci per cinque o sei. Si avvicinò per ammirarla: sette strati perfettamente rotondi, punteggiati qua e là da frutta e noci, ogni strato diviso dagli altri mediante uno spesso rivestimento di conserva di lamponi, il tutto sormontato da un circolo di marzapane color crema. Sulla cima vi era un mazzolino di fiori.
     “Ebbene, amici, devo dire che vi siete superati. È stata Lily Cotton a farla?”
     “Sì, proprio lei,” rispose Merry.
     Lily aveva passato gran parte della propria adolescenza a Pietraforata a lavorare dallo zio materno, un fornaio che godeva di una certa reputazione. Se fosse stata un maschio, sarebbe diventata la sua apprendista. Ma dopo aver sposato Tolman Cotton si era trasferita nella zona di Hobbiville e di Lungacque. Ora la sua abilità le fruttava qualche soldo in più per la famiglia, di tanto in tanto.
     “Vi ringrazio di cuore, è un’opera d’arte.” Frodo esitò. “Sono desolato di farvelo notare, ragazzi, dopo tutte le vostre fatiche - ma non vi pare che quella torta sia leggermente enorme?”
     Merry, Grassotto, Folco e Sam fissarono la torta come se non ci avessero mai pensato prima di quel momento; ma Pipino, che andava famoso per il suo appetito insaziabile, fece un sorriso famelico. “E quale sarebbe il problema?”
     Con gran disappunto di Pipino, Frodo decise che per tagliare la torta avrebbero aspettato fin dopo la cena di compleanno. Si trasferirono tutti quanti in cucina, poiché una volta che avessero finito di pranzare sarebbe stata loro preclusa mentre Frodo e Sam preparavano la festa d’addio.
 
 
     È opinione comunemente affermata presso le altre razze che tutti gli hobbit siano bravi cuochi. Beninteso, come tutte le opinioni di tal genere, anche questa non è del tutto esatta. È raro che uno hobbit non sappia cucinare, ma esistono certe eccezioni. E ‘bravo’, naturalmente, è un termine che può significare parecchie cose.
     Sam era un ottimo cuoco a tutto tondo, perfino secondo i canoni degli hobbit, ed era capace di trasformare anche il più semplice degli ingredienti in un vero e proprio banchetto. Frodo, d’altra parte, era un cuoco competente, non straordinario. Tuttavia c’erano alcune pietanze speciali che gli riuscivano alla perfezione. Una di queste pietanze erano i funghi farciti, che stava preparando proprio in quel momento mentre discuteva con Sam.
     “Vorrei davvero che tu lo facessi, Sam,” disse, gettando un pezzo di burro nel tegame caldo affinché si sciogliesse.
     Sam stava preparando tre polli da arrostire. Si augurava che tre fossero sufficienti, con la presenza del signor Pipino e del signor Grassotto. “Non sarebbe corretto, signor Frodo.”
     Frodo roteò gli occhi. Corretto. Non facevano altro che discuterne da quando avevano messo piede in cucina. Osservò il burro sciogliersi, quindi aggiunse le cipolle, il sedano, le carote e i gambi di fungo che aveva tagliato a quadretti. L’aglio poteva aspettare ancora un minuto. “Tu mangi sempre con noi, Sam.”
     “In cucina.” Sam finì di legare le ali del secondo uccello. “Non nella sala da pranzo.” Sam era stanco di discutere quasi quanto Frodo. A dire il vero, se si fosse trattato soltanto del signor Merry e del signor Pipino probabilmente avrebbe ceduto. Ma non conosceva altrettanto bene il signor Freddy e il signor Folco, e così aveva deciso di ostinarsi.
     Frodo gettò l’aglio nel tegame, prestando particolare attenzione; non c’era nulla di peggio che dell’aglio bruciacchiato. Un attimo dopo, aggiunse una cucchiaiata di Vecchi Vigneti. Dopo un breve ripensamento si versò un po’ di vino in una tazza. Offrì la bottiglia al compagno. “Sam?”
     “No, grazie, signor Frodo.” Sam stava sistemando adesso i polli sullo spiedo, e ancora una volta tirò in ballo la discussione. “E non venite a dirmi che non sapete perché in sala da pranzo sia diverso, visto che lo sapete perfettamente.”
     Frodo emise un sospiro togliendo il tegame dalla fonte di calore, e si accinse a grattugiare del pane raffermo in una scodella. “Be’, forse lo so, ma non dovrebbe essere per nulla diverso. E poi è la mia festa. Dovrei avere chi mi pare e piace.” Frodo aggrottò la fronte. Quest’ultima frase suonava imbronciata e infantile. Doveva stare attento, o avrebbe perso la discussione.
     Sam scosse la testa, mettendo i polli sul fuoco. Doveva stare attento, o avrebbe ceduto. Odiava quando il signor Frodo usava quel tono di voce triste e afflitto.
     “Abbiamo del rosmarino fresco, Sam, o devo cercarne di secco?” Frodo aveva finito di sbriciolare il pane, e stava ora grattugiando un pezzettino di formaggio vecchio e duro.
     “Ce n’è un poco nella terrina blu sul tavolo, signore.” Sam si mise a pulire le patate e le carote.
     I due lavorarono per qualche tempo in un silenzio socievole, entrambi pronti per una tregua, ma anche consapevoli che quella faccenda era ancora in sospeso.
     Dopo qualche istante, Frodo prese nuovamente la parola. “Ti propongo un compromesso, Sam.”
     “Signore?” Sam era sospettoso, ma speranzoso. Un compromesso avrebbe potuto accettarlo, forse.
     “Tu entrerai prima di cena, quando io distribuirò i regali; più tardi ci raggiungerai di nuovo, in tempo per fare un brindisi alla salute di zio Bilbo e per mangiare la torta con noi.” Frodo gli rivolse uno sguardo implorante.
     Sam sospirò. “Mi sembra equo, signor Frodo.”
     “Benissimo, allora, è sistemato.” Frodo mescolò le verdure cotte insieme alle briciole di pane. “Dunque, in quale luogo della Terra di Mezzo ho messo la padella con i cappelli di fungo?”

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* "i regali andavano consegnati di persona al byrding (il festeggiato) alla vigilia del Giorno, o al più tardi il Giorno stesso, ma prima di pranzo" (Lettera 214)

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