Family Business

di Whity
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Papà è cattivo! Non mi vuole più bene! Sgridalo, daddy! ***
Capitolo 2: *** I used to think that I could not go on (cit) ***
Capitolo 3: *** We're not broken just bent, and we can learn to love again ***



Capitolo 1
*** Papà è cattivo! Non mi vuole più bene! Sgridalo, daddy! ***


Kurt stava preparando la cena, mentre attendeva il ritorno degli “uomini di casa”, quando sentì la porta sbattere.
- Ethan vieni immediatamente qua! – la voce di Blaine era più alta del solito di almeno un’ottava.
Manco a dirlo, generalmente era lui il genitore meno permissivo…
- Lasciami in pace! – la voce del suo cucciolo era pericolosamente simile ad uno squittio – Sei cattivo! Ti odio! -.
Sospirando posò il coltello nel lavello e si diresse verso l’ingresso, dove trovò il marito con un aspetto decisamente alterato e il figlio con gli occhi pericolosamente lucidi e le guance tutte rosse.
- Si può sapere che sta succedendo, qui? – chiese quindi Kurt, con le braccia incrociate al petto e l’espressione accigliata di chi ne ha già sentita una di troppo.
Per tutta risposta, il piccolo Ethan indicò il padre con il ditino – era figlio di Kurt Hummel, nipote di Rachel-drama-queen-Berry… che altro poteva aspettarsi? – prima di inveirgli contro.
- Colpa sua – pigolò – E’ cattivo, e non mi vuole bene! Sgridalo daddy! – concluse prima di prendere il suo zainetto e correre verso la sua camera.
Blaine, ancora infagottato nel cappotto e col borsone da calcio del figlio in mano, non aveva proferito parola.
Il marito gli si avvicinò con fare preoccupato.
- Ehi – mormorò – cosa è successo, mh? -.
L’altro sospirò, prima di posare il borsone e sfilarsi il cappotto.
- Ha attaccato briga con un altro bambino, lo ha spinto senza motivo e pretendeva anche che non lo rimproverassi! – borbottò, prima di passarsi una mano tra i ricci scuri – Quel Thomas, Theodor o come si chiama non gli aveva fatto nulla, ma ad un tratto nostro figlio ha deciso di gettarglisi contro… -.
Kurt borbottò qualcosa, prima di passare un braccio attorno alla vita del marito.
- Magari è un compagno di classe con cui ha bisticciato nell’intervallo – concluse, prima di sorridere – e comunque io non ho ancora ricevuto un bacio…male, molto male Anderson… -.
Blaine sorrise a sua volta, prima di sfiorare le labbra del marito con le proprie.
Indugiarono in quell’abbraccio per qualche secondo, prima di dirigersi in cucina per finire di preparare la cena.
- Mi prenderesti il sedano? – chiese quindi il biondo, sorridendo al marito.
Questi gli rivolse un espressione disgustata.
- Roba da modelle, bleah… -.
Tutto ciò che ottenne fu una scherzosa pacca sul sedere.
- Vedete di finire quello che avete nei piatti, invece! -.
 
 
Nella sua cameretta, Ethan si era raggomitolato sul letto.
I papà non volevano si gettasse lì sopra senza essersi messo una tuta – “Fuori è pieno di microbi, tesoro! Vorrai mica portarteli tutti nel lettino?! Poi di notte ti mangiano il naso!” gli dicevano sempre – ma in quel momento era troppo arrabbiato per pensarci.
Thomas lo aveva preso in giro, gli aveva detto quelle cose brutte e suo papà non l’aveva nemmeno difeso! Non era giusto, nossignore!
Nemmeno si rese conto dell’ingresso di suo padre Kurt, che dal canto suo sospirò nel vederlo ancora vestito con la tuta da ginnastica e le scarpe inzaccherate.
- Non avevamo detto che bisogna cambiarsi prima di sedersi sul letto, Ethan? – chiese quindi l’uomo con voce ferma ma sorprendentemente tranquilla.
- Via – pigolò il bambino, per poi stringersi al cuscino e arricciarsi maggiormente al suo orsetto – Vai via! -.
L’altro sospirò, prima di avvicinarsi al lettino e carezzargli un braccio, facendolo sobbalzare e raggomitolarsi ancora un poco.
- Piccolo, ascolta – iniziò con voce pacata – abbiamo stabilito delle regole, giusto? – il bambino annuì, premendo il viso contro il cuscino – Tu sei grande abbastanza per capire che bisogna rispettarle, quindi ora fili in bagno e ti sciacqui il viso poi aspetti papà e ci laviamo prima di cena okay? – concluse passandogli una mano tra i capelli – Guarda, sei tutto sudato!!! -.
Ethan cercò di sottrarsi al tocco del padre, tutto preso dalla sua lotta contro le figure genitoriali, ma Kurt non si scompose e lo afferrò di peso portandoselo in braccio.
- Non mi piacciono questi capricci Ethan – constatò, senza alzare il tono di voce ma ottenendo comunque tutta l’attenzione del piccolo – e non mi è piaciuto cosa hai detto a tuo padre. Quindi ora filiamo a fare il bagno e dopo mi racconti per bene cosa è successo. Chiaro? -.
Messo con le spalle al muro, il bimbo non poté far altro che annuire.
 
 
L’acqua della doccia era tiepida, mentre Kurt si preoccupava di sciacquargli i capelli senza che gli andasse la schiuma negli occhi.
- Ecco – mormorò l’uomo mentre avvolgeva il figlio nell’accappatoio blu che gli aveva regalato Cooper il Natale precedente – così va proprio meglio. Il mio ometto è tutto pulito – gli sfiorò la guancia con un bacio e lo prese in braccio per appoggiarlo sul piano in marmo in modo da poterlo asciugare per bene.
- Ascolta amore, io vado a finire di preparare la cena – sorrise quindi il genitore – tu rimani un secondino qui senza buttarti in terra, che arriva papà Blaine? -.
Il piccolo iniziò a dimenarsi.
- Non voglio – pigolava, mentre cercava di forzare le braccia paterne per scendere – Lui è cattivo, daddy! Non voglio ti prego! -.
Proprio in quel momento Blaine entrò nel bagno e si caricò letteralmente il bambino in spalla.
- Cattivo o meno, Ethan, non puoi rimanere tutto bagnato! Ti prenderesti un malanno e poi ti toccherebbero i punturoni che ti fanno tanta paura – concluse con un ghigno nemmeno troppo velato, sotto lo sguardo sconsolato del marito – Quindi ora ci andiamo ad asciugare per bene e mettiamo la tuta, chiaro? -.
Il bambino prese a scalciare pericolosamente, quasi lo avesse morso una tarantola.
- Cattivo! Cattivo! – continuava a gridare – Non ti voglio nella mia cameretta! Non puoi entrare! -.
Quando il padre lo depose sul letto e prese a tamponarlo con l’asciugamano, Ethan cercò per l’ennesima volta di scappare via.
Era cattivo e non gli voleva più bene, dopotutto, perché starlo a sentire?
Blaine lo riprese al volo e lo rifece sedere.
- Adesso, signorino, mi ascolti per bene – iniziò con voce decisamente più ferma – Non mi interessa se sei arrabbiato e vuoi fare il diavolo a quattro, ora tu ti farai preparare per la cena e ti comporterai bene, altrimenti finisci in castigo. E tu non vuoi finire in castigo vero Ethan? -.
Il bambino annuì con fare sdegnoso, prima di rassegnarsi a farsi aiutare dal padre.
- Voglio daddy – pigolò dopo qualche minuto di silenzio, tirando su col naso.
- Kurt! – la voce del moro attirò il marito che spense i fornelli e si accinse a salire le scale che lo separavano da marito e figlio.
In un attimo il biondo si trovò davanti un Blaine frustrato oltre il consentito ed un cucciolo con le lacrime – di nuovo! – lungo le guance. Si avvicinò e prese il piccolo tra le braccia, carezzandogli la schiena e cullandolo un poco.
- Cosa succede, tesoro? Perché piangi? – domandò con voce bassa, prima di sedersi sul letto accanto al marito.
L’interpellato strofinò ancora un po’ il viso contro la maglia del padre, prima di tirare su col naso.
- Papà non mi vuole più bene! – pigolò con voce querula – Adesso mi vende e compra Thomas perché vuole più bene a lui… - concluse stringendosi maggiormente al genitore.
- Amore perché dici queste cose? – continuò allora Kurt, spostandosi in modo da riuscire a sfiorare la mano del marito con la propria.
- Thomas è cattivo… - mormorò Ethan – Mi ha preso in giro e papà mi ha sgridato! -.
Blaine parve gelare sul posto.
- Cucciolo, ascolta daddy – esordì l’altro – papà non poteva sapere che Thomas ti ha preso in giro, perché tu non glielo hai detto, capito? Se non racconti cosa ti succede, come facciamo ad aiutarti? – sorrise di fronte agli occhioni verdi del piccolo, sgranati dalla sorpresa – E in ogni caso non si picchiano gli altri bambini, anche se non si comportano bene con te. Non bisogna farlo, intesi? -.
Il bambino annuì, prima di abbassare lo sguardo.
- Io non faccio più la pipì nel letto… - borbottò contrariato.
Blaine, che sino a quel momento era rimasto silenzioso, scoppiò a ridere in maniera del tutto incontrollata per poi stringere marito e figlio in un abbraccio soffocante.
- Sai, Eth… magari quel Theodor è solo invidioso perché bagna ancora il letto…  - buttò lì, sorridendo poi all’espressione estasiata del bambino che si sbrigò a districarsi dall’abbraccio dei genitori per correre poi in salotto e mettersi a saltellare attorno al tavolino.
- Thomas fa la pipì, Thomas fa la pipì – continuava a canticchiare, mentre improvvisava persino un balletto.
Al piano di sopra, Kurt si sporse verso il marito, prima di sorridere sulle sue labbra.
- Tuo figlio diventerà un teppista, me lo sento – mormorò, solo per il gusto di sentire l’altro sbuffare.
- Mio figlio??? -.
Dal piano di sotto, la voce del piccolo non tardò a farsi sentire.
- Daddy, perché c’è quell’affare verde?! A me non piace il sadano!!! -.
A quelle parole il biondo rafforzò la stretta attorno alla vita del marito, prima di borbottare:
- Appunto -.
 
 
NOTE dell’AUTRICE:
La mia prima daddies-klaine! ;)
In ogni caso, questa sarà più che altro una raccolta di piccoli momenti più o meno felici che vedranno protagonisti Blaine, Kurt, a volte Sebastian e il piccolo Ethan. :)
Spero vi sia piaciuto e alla prossima!!!

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Capitolo 2
*** I used to think that I could not go on (cit) ***


Sono inevitabili – nella vita di ogni singolo essere umano – quei momenti in cui ci si sente una nullità, uno zero, uno sfigato ostracizzato da una società crudele.
Ethan Anderson-Hummel rientrava suo malgrado nel novero, nonostante facesse di tutto per negarlo ai suoi genitori e persino a se stesso. Non era uno sfigato, lui! Era bravo a scuola ma aveva un sacco di amici – okay, qualche… -, la professoressa di Chimica lo considerava uno degli studenti migliori del corso, era bravissimo a Lacrosse – come suo “zio” Sebastian, d’altronde – e la sua squadra era data per favorita alle finali che si sarebbero tenute poco fuori Lima.
Eppure, mentre sfogliava il quaderno di storia chiedendosi il perché e il percome delle scelte politiche di Churchill, non riusciva a fare a meno di pensare a cosa era successo quel giorno.
 
- Sai – gli stava dicendo Pamela Warren, una ragazza del suo corso di francese – i miei pensavano di mandarmi a Parigi per un paio di settimane. Madame Smith crede sia una buona opportunità – si strinse nelle spalle – Non è che la cosa mi entusiasmi ma… -.
Si fermò, notando due ragazzi della squadra di Hockey guardarli con faccia divertita.
- Guarda qua! – esordì il primo – il figlio dei froci e la sua amichetta!!! – sogghignò dando di gomito all’amico.
Ethan scattò in avanti, punto sul vivo, ma venne immediatamente preso per le spalle dall’altro energumeno che lo sbatté contro un armadietto facendolo gemere dal male.
- Non ti azzardare, coso! – lo richiamò – altrimenti ci va di mezzo anche la tua amichetta … - concluse, prima di fare un cenno all’amico e farsi passare un bicchiere pieno di granita.
Tutto ciò che avvertì, oltre al freddo e al bruciore causato dal colorante, fu l’umiliazione di sentirsi sbagliato quando non c’era nulla che non andasse in lui.
Quella, però, non poteva vederla nessuno.
 
Si passò per l’ennesima volta la mano sugli occhi – ancora leggermente arrossati – e chiuse il quaderno di storia con un sospiro. C’era solo da sperare il compito fosse facile perché – con la giornata che si era ritrovato ad affrontare – non era riuscito a concentrarsi per più di mezz’ora.
- Ethan? – lo chiamò suo padre Kurt dal corridoio – Devo andare a fare due commissioni a Westerville. Ti va di accompagnarmi? -.
Il ragazzo sospirò stringendosi nelle spalle.
- Arrivo – rispose – cinque minuti e ci sono -.
Si alzò dal letto, si stiracchiò e prese il telefono infilandolo nella tasca dei jeans. Fatto quello, si diresse in bagno per lavarsi le mani e sciacquarsi ancora una volta il viso ma venne intercettato dal genitore lungo il tragitto.
- Tesoro che è successo? Perché hai gli occhi rossi? -.
Il ragazzo si scrollò nelle spalle prima di abbassare impercettibilmente il capo.
- Avrò sforzato la vista, stavo studiando – mormorò prima di entrare in bagno e di chiudersi la porta alle spalle.
Inutile dire che Kurt non gli aveva creduto. Proprio per nulla.

Abbiamo un problema. K.
Kurt, non possiamo già aver finito il lubrificante! L’abbiamo comprato solo la settimana scorsa!
Cretino. Sei proprio un cretino, Anderson. Si tratta di NOSTRO figlio.
Che è successo ad Ethan? Sta bene? Devo venire a casa? Kurt mi dici cosa è successo?
Non iperventilare, amore. Sta bene. È vivo. Respira. Ne parliamo stasera.
E allora perché devi farmi agitare tanto!? A volte mi chiedo se lo fai apposta per farmi venire i capelli bianchi… =P
 

Kurt sorrise all’ultimo messaggio del marito, prima di bussare alla porta del bagno.
- Eth? Tutto bene? -.
Il ragazzo uscì dalla stanza, rischiando di scontrarsi col padre.
- Sì, certo – annuì prima di dirigersi verso le scale – Andiamo? Westerville è dall’altra parte del mondo, praticamente… - concluse borbottando.
L’altro sorrise e seguì il figlio, perdendo qualche secondo a scompigliargli bonario i capelli.
- Papà! – protestò indignato il ragazzino, ma tutto ciò che ottenne in risposta fu una risata divertita.
 
Che giornata di merda…
Ethan stava attraversando il corridoio per dirigersi nel laboratorio di Chimica, quando Alexander Johnes – uno dei due ragazzi che l’aveva ridotto ad un cumulo di ghiaccio e colorante – decise di piombargli davanti.
- Ehi coso! – lo richiamò, prendendolo per una spalla – è così che si trattano i superiori? Ti insegnano questo, i tuoi genitori finocchi?! -.
Complice il compito di storia più difficile del previsto, il nervoso per aver discusso con Blaine la mattina stessa per una stupidaggine ed un po’ di stanchezza il ragazzino reagì voltandosi e sferrando un calcio negli stinchi all’altro.
- Cosa hai detto, stronzo?! – continuò, prima di avvicinarsi per dargli un pugno.
Alexander incassò il colpo per poi restituirlo con vigore. La zuffa sarebbe presto degenerata se non fosse stato per l’intervento del professore di Educazione Civica che stava passando lungo quel corridoio.
- Johnes, Anderson-Hummel! – li richiamò – Andate subito dal preside!!! -.
Ethan sospirò, conscio di essersi cacciato in un guaio… i suoi padri l’avrebbero messo in punizione per il resto dei suoi giorni…
 
Il ritorno a casa da scuola – sul sedile posteriore del SUV di Blaine – fu tremendamente silenzioso. Ethan non aveva proferito parola, nemmeno davanti al preside, e i suoi padri si erano trovati a dover ascoltare le lamentele di un ragazzo massiccio due volte il loro figlio che sosteneva di essere stato attaccato senza ragione alcuna.
Salirono le scale del palazzo in religioso silenzio, come ingessati in una situazione che non apparteneva loro. Considerando il fatto Ethan fosse sempre stato un ragazzo tranquillo, poi, Blaine e Kurt non sapevano davvero cosa pensare.
- Ethan vai in camera tua, per piacere – la voce di Kurt lo sorprese – Devo parlare con tuo padre -.
Il ragazzino obbedì senza fiatare.
Entrò in camera propria e si gettò sul letto con un sospiro.
Ora sarebbero stati guai seri…
Al piano di sotto, Kurt si muoveva nervoso per la cucina con l’intento di preparare un po’ di the caldo.
- Che facciamo? – mormorò Blaine, arrivando alle spalle del marito per cingergli la vita con un braccio e avvicinarsi ulteriormente.
Il biondo posò il bollitore sul fuoco, prima di voltarsi e sfiorare le labbra del marito.
- Non credo sia stato lui ad iniziare – mormorò – Ieri aveva gli occhi rossi, oggi la zuffa… temo abbia qualche problema a scuola… -.
L’altro annuì pensieroso.
- Non si è comportato bene – sospirò quindi – ma sappiamo entrambi per esperienza quanto estenuante possa diventare quel genere di situazione… -.
Kurt assunse un’aria pensierosa prima di sfiorare le labbra del marito.
- Io ho un’idea – sorrise – ora prendi il vassoio di legno. Andiamo a prendere il the di sopra.. -.
 
Stava sfogliando distrattamente una rivista di musica quando i suoi padri entrarono nella stanza.
- Abbiamo fatto il the – gli sorrise Kurt – e in ogni caso dobbiamo parlare, Ethan -.
L’interpellato annuì, prima di non resistere all’impulso di mordersi un labbro.
- Mi dispiace – mormorò abbassando la testa.
Senza dire una parola Blaine si sedette di fianco al figlio, gli mise una mano sulla spalla e la strinse.
- Tu lo sai – esordì l’uomo – che quello che hai fatto è ingiustificabile, vero? -.
Il ragazzino annuì senza alzare lo sguardo.
- Ethan – continuò Kurt, dopo essersi seduto ed avergli porto la tazza di the – sappiamo che la situazione a scuola può farsi pesante. Fidati, lo sappiamo bene. Ma non sempre questo è il modo giusto di reagire. – concluse prendendo un sorso dalla propria tazza.
- Ma… - fece per protestare il ragazzino, subito fermato da un gesto della mano del padre.
- Niente ma, Eth – continuò il biondo – Non puoi metterti a prendere a calci e pugni ogni singolo bullo della tua scuola. Nonostante lo meritino, non è il modo giusto di affrontarli. Non con tutta quella rabbia… -.
Vedendo l’espressione incerta del figlio, Blaine posò a terra la propria tazza e allungò le braccia verso questo ultimo.
- Vieni qui, forza – mormorò l’uomo, subito prima di sorridere nel sentire i ricci castani del figlio solleticargli il mento – Troveremo una soluzione. La troveremo insieme, ma tu devi darci la possibilità di capire cosa sta succedendo. Okay? -.
Il ragazzino annuì, stretto tra le braccia del padre.
- Per oggi mi darai una mano a sistemare casa – iniziò Kurt sorridendo della smorfia contrariata di Ethan – e magari stasera tuo padre avrà trovato la soluzione ai nostri problemi… -.
 
Ethan si aspettava di dover passare il pomeriggio tra panni umidi e spazzoloni, invece si ritrovò a mettere a posto qualche CD e a preparare dei biscotti al cioccolato.
Ne stava addentando uno quando Blaine fece il suo ingresso trionfale in casa con un vecchio sacco da boxe rosso e due paia di guantoni.
- Ethan, questo è Max. Sarà la soluzione ai tuoi problemi -.
Il ragazzo, pur con tutta la buona volontà del mondo, non ce la fece a non scoppiare a ridere davanti alla faccia di Kurt.
- Blaine Devon Anderson! Quella roba sta impolverando cucina e corridoio!!! Vedi di sistemarlo in tempi rapidi e ripulire tutto! Sono stato chiaro?! E no! Non osare toccare i biscotti al cioccolato! Non ne avrai nessuno sino a che non avrai ripulito tutto per bene! -.
Quelle scene, quel calore, quella forza… nessun bullo avrebbe mai potuto anche solo pensare di scalfirla.

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Capitolo 3
*** We're not broken just bent, and we can learn to love again ***


Quando aveva chiesto  a Kurt di sposarlo per la prima volta, si aspettava il no del fidanzato ferito, la ripicca infantile e forse un po’ stupida di chi ti vuole dimostrare che ha sofferto quanto e più di te.
E invece…
- Blaine, è troppo presto. Voglio davvero sposarti, ma prima dobbiamo tornare decentemente assieme, trovare un paravento che impedisca a Santana di entrarci in camera, fare l’amore sul tetto di casa nostra solo per guardare le stelle mentre riprendiamo fiato… -.
Lo aveva baciato. Lì, davanti a tutti. Davanti ad un Mr Schue fresco di nozze ed una Tina vagamente contrariata.
Lo aveva baciato perché lo amava lo amava lo amava.
Così tanto che a volte credeva che non fosse possibile amare così.
Lo aveva baciato perché con le parole spesse volte faceva più danno che profitto.
- Certo! Non sei sufficientemente intenso! L’hai puntato il dito!? – avrebbe detto Cooper.
Dopo la vittoria delle New Directions erano andati ad un bar karaoke per festeggiare, e lì era successo. Aveva preso la mano di Kurt tra le sue e gli aveva chiesto di cantare con lui.
- Cosa? Di nuovo “I just can’t get enough”? -.
Avevano finito per cantare P!nk.
Come da copione.
We’re not broken just bent
And we can learn to love again…
Era andata esattamente così. Avevano continuato a frequentarsi a spizzichi e bocconi, facendo la spola tra New York e Westerville e godendosi i pochi momenti insieme come se fossero doni estremamente preziosi. Lo erano, in effetti.
Il giorno del diploma di Blaine, Kurt si era presentato con un mazzo di rose identico a quello che gli aveva regalato il moro quella sera a New York e, mentre glielo aveva porto, gli aveva sfiorato una guancia dicendogli:
- Perché voglio veramente riniziare, e perché quella sera siamo stati così stupidi da non ascoltarci. Ti prometto che non accadrà mai più -.
Poi Blaine si era trasferito a New York, aveva iniziato a frequentare la NYADA e tra alti e bassi erano arrivati di nuovo a quel punto. Ad una scatola di velluto, una proposta, una promessa.
Si erano sposati in spiaggia, un vero e proprio colpo di testa che Burt aveva definito degno della sua Elisabeth.
Subito dopo la cerimonia erano partiti per un breve viaggio in Europa, prima di tornare più innamorati di prima e con la voglia di allargare la famiglia.
A distanza di cinque anni, mentre guardava il piccolo Ethan sgambettare lungo la navata portando gli anelli con cui lui e Kurt si sarebbero nuovamente dichiarati amore eterno, Blaine si disse che ne era valsa la pena.
I litigi, i piatti rotti, le volte in cui avrebbero voluto andarsene eppure rimanevano assieme perché erano loro due, perché non si sarebbero spezzati facilmente, perché non si sarebbero mai detti addio… tutto aveva un senso.
Fu il suo turno e come cinque anni prima non aveva preparato nemmeno una bozza, figurarsi un discorso.
- Ehm – iniziò, sbuffando al ghigno del marito – io non sono bravo a fare questo genere di discorsi. Tutte le volte mi dico che in fondo quello che conta è ciò che ci dimostriamo ogni giorno, un caffè a letto, un biscotto quando meno te lo aspetti, una sorpresa a lavoro, una cena a lume di candela, una giornata al parco con Ethan a rincorrere un pallone… è quando ripenso a tutte queste piccole cose che mi dico “Eccolo qui, cercavo uno così da una vita”. E non smetterò di dirtelo ancora per molti molti anni a venire -.
Inaspettatamente le note di Candles riempirono l’aria e mentre Ethan provava a canticchiare il motivetto che aveva imparato per i suoi papà, con tutti i limiti che un bambino di due anni può avere, Kurt non resistette all’impulso e baciò il marito. Senza nemmeno accertarsi che avesse finito di parlare.
- Ti amo – gli soffiò sulle labbra – e giusto perché siamo in vena di citazioni, te l’avevo detto che non ti avrei mai detto addio -.
Furono interrotti da un paio di manine paffute che aveva afferrato la giacca chiara di Kurt.
- Daddy, daddy! Quando si mangia la torta? -.
Il biondo scoppiò a ridere, lo prese in braccio e si riavvicinò al marito.
- And we have learnt to love again – gli soffiò sulle labbra.
 
 
Si dice che nella vita non sia mai troppo tardi per imparare. Vedendo due uomini che si erano inseguiti, presi, lasciati e riconquistati questa parabola sarebbe risultata chiara anche ad un cieco. Si può sempre imparare: da noi stessi, dagli altri, da errori e vittorie. Ciò che conta è non smettere mai di farlo.

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