Wicked Wenches - Ragazze Cattive

di MilesRedwing
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quickdraw's ***
Capitolo 2: *** A Black Pearl ***
Capitolo 3: *** Lost Past Lost Memories ***
Capitolo 4: *** Raja fells something ***
Capitolo 5: *** I remember the storm, I remember the pain ... ***
Capitolo 6: *** Caught by the devil ***
Capitolo 7: *** Doom and Gloom ***
Capitolo 8: *** Mutineers and Flying Dutchmen ***
Capitolo 9: *** Evryone stay calm, we're taking over this ship! ***
Capitolo 10: *** Wicked Wench Tell No Tales ... Aye, Maybe One ***



Capitolo 1
*** Quickdraw's ***


Le sette e mezzo. Quel persistente seppur piacevole olezzo che ha Tortuga di solito a quest'ora oggi mi sta solennemente dando sui nervi.
Del resto è tutto uno schiamazzo da stamattina. Nemmeno riesco a sentire le ordinazioni.
Siamo già all'ora di punta e sembra già ora di chiudere, neanche l'ombra di un sudicio gentiluomo da due giorni.
Me la faranno chiudere questa bettola.
Niente di tanto strano o cosi fuori dal mondo da suscitare ribrezzo o paura, perlomeno da parte loro.
In fondo il mio locale non ha molto di diverso dagli altri. Clienti d'ogni sorta, sempre gli stessi, a bere o giocare a carte sollazzandosi con orride ballate.
Di loro non m'impiccia più del necessario o dello stretto indispensabile.
Cosa stiano facendo i forestieri accanto alla porta, intenti a discorrere con passanti e marinai mi sovvien nuovo e degno di una buona dose di preoccupazione
. "Quickdraw, porta una birra per il mio compare, donna!" . Il vecchio Marley della coffa della Victory richiama la mia mente da fantasie quantopiu inopportune e con grazia mi atteggio a servire al loro tavolo
. Due volti segnati da sciabole e bordate attirano i miei occhi come il miele fa con le zanzare.
Un moro alto e massiccio, dal fiato pesante e gli occhi bistrati siede sulla destra e gioca con un vecchio coltello spuntato
. Un biondino con un chiodo arrugginito ficcato nel labbro mi fissa con non poca curiosità.
Bestia pericolosa che porta gli uomini a uccidere piu del sentimento.
Forse facevo meglio a pulire il bancone dalle blatte.
"Allora, bella, che ne è di quella birra che t'avevo chiesto? " Mi rinfaccia il vecchio ubriacone scoppiando in una risata orribilmente sguaiata.
" Amici tuoi, vecchio?" Cerco di tenere lo sguardo fisso sul tavolo mentre appoggio i boccali pieni dinanzi a quei due diavoli poco marinareschi ma sin troppo pirati. Sbatto lo straccio sotto il naso di Marley quasi a volerlo svegliare.
" O c'è una nuova nave ormeggiata qui al molo?"
Tutto si blocca, l'omuncolo col chiodo non mi stacca di dosso le orbite ingliallite e quell'altro ammicca un ghigno.
Forse che speri di spaventarmi?
"Noi. Siamo appena arrivati, bambolina. E tu sai qualcosa che serve a noi."
Alzatosi, si avvicina minaccioso, l'altro afferra di sbieco il pugnale e lo occulta dietro la schiena.
Mi tiro indietro portando una mano alla pistola che tengo nella cintola sotto la gonna, poco piu sopra del cannoncino. Non per nulla mi chiamano pistolera.
"Signori ... io non so proprio di che stiate parlando ... perché non me ne mettete a parte e ci facciamo un bicchiere, mh?"
. Il vecchio Marley si tira indietro. Per la maggior parte i pochi clienti li presenti si attaccano alle bottiglie, vanno via o si fingono ubriachi e addormentati.
Strano. Di solito qui le risse sono ben viste.
I due uccellacci del malaugurio mi puntano due sciabole alla gola, mi vedo costretta a passare alle vie di fatto con queste due bestioline.
"Se vi posso servire, conviene che mi teniate ben stretta: potreste ritrovarvi a terra stecchiti e con le orbite rovesciate senza nemmeno rendervene conto. " La voce mi si fa sensuale mentre le due pistole puntano ben cariche e col grilletto alzato l'una sul ventre del ciccione, l'altra sul pacco di quello col chiodo. Questi prontamente si tira indietro e il compare lascia cadere il pugnale e la spada a terra.
"Ecco, bravi." Inizio ad avanzare verso il tavolo di legno costringendoli a finirci sopra sdraiati come due idioti.
"Orsu, ditemi. Da chi volevate portare zia Quickdraw, mh?"
La porta della locanda si spalanca cozzando contro le pareti, due quadri finiscono a terra e una folata di tempesta e guai mi spinge a girare il collo.
Sbattono, tonfano, le assi stridono.
Stivali di cuoio neri e con il tacco di legno spezzano il silenzio dovuto alla paura o all'assenza recentissima di clientela.
Alla cintola sette pistole di grossa taglia e una spada dall'elsa preziosa, tenuta ferma da uno straccio rosso al di sotto della cintura.
Sparrow, penso. Cosa ci fa un parente nella mia bettola a Tortuga?
Un tintinnio attira la mia attenzione, pendagli d'ogni sorta gingillano dai lunghi capelli scuri sui quali scivola una sfarzosa bandana. La camicia bianca lunga è tenuta su da un corsetto nero che ne evidenzia le forme al di sotto e una lunga giacca rossa le ricade sulle spalle.
Occhi neri m'azzannano a ogni passo, le pistole mi scivolano dalle mani mentre la minacciosa figura mi mostra un ghigno scintillante. Un rubino rosso sul suo canino destro.
Una stizza mi pervade sin dalle viscere, lo sguardo si contrae in una smorfia di stupore.
"Mildred." Sputo fuori con un filo di voce. Ma prima che possa proferir parola sono gia sulle assi del pavimento, priva di sensi, per effetto del veleno.
"Portatela a bordo." È tutto quello che riesco a sentire.
Poi passi, risa, grida, stridente buio.

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Capitolo 2
*** A Black Pearl ***


Silenzio. Le assi non scricchiolavano più, l’acqua non sciabordava, le vele non cigolavano.

In quella notte spettrale la chiglia era piombata nel silenzio e la nave era ferma. L’ancora sulla sabbia.

Non c’era vento. Neanche una maledetta bava.

Teneva gli occhi bassi e lo sguardo vitreo si rifletteva in quell’insulso avanzo di rum affogato nel rimorso.

“Bastardo.” La sua voce roca si incupiva e saliva cercando di auto commiserarsi.

“Morire senza lasciare traccia di quel dannato forziere.” Sbuffava, girava gli occhi e poi fermava lo sguardo pensosa negli angoli più remoti della cabina per tirare fuori un misero nulla da quella rabbia che le attorcigliava in una morsa le viscere e la bile. Avery era morto. Il più folle e più dannatamente astuto bucaniere che avesse mai minacciato era ormai cenere. Stanca.

Accaldata. Buttò da una parte il compasso e si attaccò alla bottiglia semivuota per poi gettarla in un angolo e continuare a impazzire. Forse non era stato un buon piano. No, affatto. Quella mattina le tornò alla memoria.

“Dimmi dove si trova, Avery. Dillo e ti risparmierò la vita.” La

lama cozzava strusciando contro la gola del capitano, i suoi occhi neri guizzavano da una parte all’altra della caverna, ordini alla ciurma, minacce, spari, poi silenzio. Uno sguardo. Aveva fatto cenno di no, avrebbe negato la sua stessa vana esistenza per quel tesoro e Mildred lo sapeva.

Di certo lo avrebbe fatto. E avrebbe fatto di più.

“Dimmi il suo nome, sporco pendaglio da forca ... dimmi il suo nome, degenerato ... se è chi penso che sia …” Quelle parole che le erano uscite dalla bocca, il suo cenno col capo, la sua improvvisa e inspiegabile sincerità.

Come se la morte potesse cambiare qualcosa. Lei ci sperava davvero. Come sperava che quella negli occhi di Avery fosse pura menzogna.

“Non riuscirai a trovarla, nemmeno lei sa cosa le ho lasciato.” Un affondo.

Un ultimo respiro soffocato in una buona dose di personale soddisfazione.

Buio.

La rabbia negli occhi della capitana. La paura negli occhi della ciurma al posto del riso e della gozzoviglia.

La terribile Mildred, la temuta capitana era colta da brividi di terrore. La spada ancora sporca del sangue di Avery, il cappello sul freddo pavimento di pietra.

“Alle barche”.

 

Il rum era finito. Doveva prendere una decisione.

Si era rivelato sin troppo facile recuperare una boccetta di veleno dalla casa di Tia Dalma, fare vela sino a Tortuga e raccattare quella perdigiorno scansafatiche di sua sorella Quickdraw.

Era sempre stata determinata a raggiungere i suoi scopi.

Non come tutti gli altri.

Quella famiglia di degenerati, pazzi e bastardi.

Sparrow, pensò. Sventura più grande non le sarebbe mai potuta

capitare.

Sua madre era una prostituta, che da sempre si vendeva al miglior offerente e che dopo aver messo al mondo lei e sua sorella era fuggita su un mercantile vestita da uomo.

Suo padre era un pirata, l’aveva protetta, le aveva dato una casa. Ma era fuggito alla prima occasione, una mappa, un tesoro, navi della Compagnia.

Non che le fosse mai mancato troppo quel figlio di una buona donna.

Non che lo avesse mai amato.

Quello che aveva se l’era costruito da sola, con la forza della sua schiena e col sudore della sua fronte.

Aveva combattuto per essere libera, aveva combattuto per predare e saccheggiare in quello straccio di mondo in cui si era trovata a vivere.

Aveva cresciuto Quickdraw, le aveva insegnato tutto, l’aveva addestrata alla pirateria. E lei aveva preferito tenere Mcfleming, il nome di quella sciagurata della madre scappare di casa, seguire Avery per i sette mari e poi finire chissà in quale bettola a racimolare pezzi da otto come cameriera.

No, non l’avrebbe mai perdonata.

Era diventata pirata nobile dell’Oceano Atlantico a poco più di vent’anni e ancora ne portava il vessillo, fiera come pochi.

Vedersi portare via tutto per il capriccio di due amanti codardi non era nei suoi piani.
 

Di certo non si sarebbe fermata davanti a una ragazzina.

Di certo non si sarebbe fermata davanti a sua sorella.

L’avrebbe torturata, se necessario.

Le avrebbe fatto del male.

A costo di uccidere anche lei le avrebbe sottratto il segreto, le avrebbe estorto il luogo di quel dannato tesoro.

Anche a costo di vedere morire la parte più pura della sua anima nera.

Un ghigno beffardo le si dipinse in volto.

Una volta preso tutto quell’oro che avrebbe fatto per prima cosa?

I capelli scuri le caddero sugli occhi, li scostò, spalancò la porta della cabina e a spada sguainata disse al nostromo: “Portate la prigioniera.”

Sarebbe stata temuta in eterno.

Avrebbe ottenuto quello che sin dal principio doveva essere suo.

Il suo nome sarebbe diventato leggenda.
E verso quell'orizzonte decise di salpare.

 

 
 

 


 

 

 

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Capitolo 3
*** Lost Past Lost Memories ***


Sciabordii. Schizzi. I primi suoni che riescono ad arrivare alle orecchie a confermarmi che la mia dipartita da questa terra è ancora lontana. Lento. Ritmico.

Quel bel dondolio di tempi addietro a scuotermi le ossa, a indispettirmi l’anima e tirarmi giù da quella paglia di stoffa e fieno. Devo essere su di un legno.

La vista si annebbia.

Cerco vana di considerare la misera possibilità che si sia trattato di un ignobile incubo, un’ illusione dovuta al troppo bere o alla nausea da bettole e osterie di Tortuga.

No. Anche questo sogno è svanito nella nebbia della notte più oscura.

Le urla, gli schiamazzi, il cigolio delle assi a gridarmelo, a imprimermelo a fuoco sulla pelle e tra le viscere. Pirati.

Insulsi pendagli da forca, avanzi di prigione o galera, sputi d’umanità vaganti per le acque caraibiche in cerca di libertà, danaro o spruzzi d’acqua salata. Gli occhi si spalancano.

Le mani afferrano impazienti i chiodi che spuntano fuori dalle assi e aiutano le gambe ancora storpie per il veleno a portare il peso d’una notte di angosce, timori prossimi a compiersi inesorabili. La porta della prigione si apre cigolando. Lei è lì.

Un energumeno dagli occhi bistrati e il volto segnato d’una oltremodo odiosa familiarità avanza falcate verso la preda ferita. Mi afferra il braccio, mi sbatte ai suoi piedi, mi rompe un dente che rotola via sul legno scheggiato.

“Capitana, eccovi la prigioniera. “ Sono le sue parole, sputate come saliva negli occhi del demonio. minaccioso afferra il gatto a nove code, brandisce una pistola e me la preme sotto il mento, costringendomi a un sospiro soffocato.

Un gesto secco. Quasi uno spezzarsi di rami, o un rompersi di cocci. Il polso del tizio si è piegato a rovescio, i suoi artigli a ghermirlo con fare da rapace, i suoi occhi fissi nei suoi, come quelli di un lupo.

“Non alzerete un dito su chi è sotto la mia protezione, mastro Pintel. O forse che preferite esser sottoposto alla punizione della cala, mh?”

Gelo e pazzia della capitana spengono la sua gozzoviglia e voglia di far del male. Quello si tira indietro come un’acciuga alla vista d’uno squalo.

Forse davvero mi conveniva restare a pulire il bancone dalle blatte.

Spaventata e ferita, mi tiro indietro anch’io dalle sue grinfie arrugginite.

I suoi stivali scoccano tonfi al pavimento di assi scricchiolanti, l’andatura fiera e altisonante e circondata dal fumo della pipa che tiene stretta tra le labbra scure e carnose m’abbraccia, mi stritola in una morsa d’acciaio e l’unica possibilità che ho è quella di balzare dritta nelle sue voraci fauci.

“Cosa vuoi da me, sorellina? Forse che sentivi troppo la mia mancanza?” Azzardo insolente e bramosa d’una risposta che già presumo mera.

Bagnata. Puzzolente. La sua bava sputata sul mio viso scottato dal sole brucia non meno del poco riguardo e rispetto che ho sempre tristemente nutrito nei suoi confronti.

Sparrow, penso. Mildred non è mai stata una di noi.

Sin da quand’era in fasce la sua innata cattiveria ha preso il sopravvento su quel poco d’indole buona e onesta che pur albergava nel nero pece della sua anima.

Sin da quando nostra madre ci lasciò sole e inermi su di quel molo intrise d’acqua di mare e cause perse, lei ha sempre preferito la spada alla parola.

Ha sempre preferito il mare a me.

O a chiunque altro intralciasse il suo cammino.

Odiosa, maledetta, storpia e inguardabile, questo l’unico modo di dir la sua persona.

“ Come potrei mai avere sentito la mancanza d’uno storpio fuscello che ha intaccato la mia esistenza sin dai primordi, Quickdraw? Come potrei mai avere sofferto per te.” Il suo respiro si fa sempre più vicino, sento nella bile paura miscelata a odio, rancore e rimorso.

“Per una traditrice!” La sua voce roca a graffiarmi i pensieri, le sue dita callose a stringersi attorno al mio collo, impedendomi il benché minimo respiro. L’aria si blocca, gli occhi prendono il volo.

A tutto questo c’è solo una spiegazione.

“ E lo sai ... che fine ha fatto ... Il tuo caro innamorato, gioia? E lo sai dove si trova ora il tuo bel capitano Avery?”

Sussulto. La stizza stringe in una morsa il fegato, la rabbia s’impossessa degli occhi castani. Scosto dal volto i riccioli ramati e con uno scatto punto un pugnale proprio sotto il suo polso. “Parla se non vuoi che ti tagli le vene, puttana.”

Gioia. Riso. Sorriso e balsamo per l’anima. M’accorgo che nei suoi occhi inizia a farsi spazio la paura.

Un attimo dopo vi è nuovamente buio.

“Puttana?”. Con l’altra mano mi strappa via la piccola arma, il ghigno sul mio volto si spegne in puro odio per entrambe.

Dolore. Morso. Graffio, un affondo. Sento il sangue caldo venir fuori copioso. Sento le labbra inumidirsi e le emozioni spegnersi.

Resta il mio amore per lui e per l’oceano.

Resta l’odio per lei.

Resta il ricordo.

 

Spruzzi. Caldi, luminosi raggi.

Fresca, rumorosa e frizzante spuma di mare.

Brezza sulle scogliere.

Non che me l’aspettassi diversa questa Dover.

Non che vi fossi mai stata prima.

Ha detto che siamo sulle tracce d’un misterioso tesoro.

Ha detto che vuole dividerlo con me.

Ha detto che quando lo avrà trovato mi sposerà e avremo un bambino.

E io come una pazza gli ho creduto.

Sono nella sua cabina, mi rotolo sul letto, avvolta nelle lenzuola di seta che abbiamo raccattato a Damasco.

Mi avvicino alla tavola d’ebano a cui è seduto, gli cingo il bel collo con i riccioli intrisi di sale e ancora umidi d’acqua da ieri sera.

Ricordo una bordata.

Ricordo le sue grida di gioia in mezzo ai sorrisi della ciurmaglia, vedo i lord della EITC capitolare inermi sotto i colpi dei nostri cannoni.

E scorgo levarsi fragoroso e con frastuono l’abbaiare della pirateria. Lo sciabordare della libertà.

I miei occhi incrociano il suo sguardo bramosi d’un chiaro desio.

Le forme s’atteggiano prorompenti attorno alle sue gambe, le grazie cozzano contro il suo petto in un abbraccio di pura ammirazione.

“Dolcezza mia.” La sua voce roca mi sfiora come miele.

M’attira come una zanzara.

Il più astuto e abile filibustiere che le acque di questa terra abbiano mai conosciuto, dicono.

Molte leggende girano da sempre sul suo conto. Alcune sono veritere.

Altre degne di pura pazzia.

C’è chi dice sia stato eletto dai nativi re del Madagascar.

Chi sostiene che sia il re del consiglio della fratellanza, il re dei pirati.

Altri lo descrivono come un ometto tarchiato e grasso che si è accontentato di terminare i suoi giorni tra ricchezze e prosperità in qualche isola lontana e sconosciuta agli occhi della marina inglese.

Non sanno che nei suoi occhi s’ammira l’orizzonte.

Non sanno che nelle sue vene scorre acqua di mare.

“Amore. Riuscirò a strapparti un morso o un bacio?” Mi mordo il labbro tribolante.

Avery posa il compasso e mi cinge la vita.

Come corsari cingiamo la nostra preda.

Come onde voliamo in preda alla tempesta.

Quella bella gioia non dura in eterno.

Quel ricordo perso s’insinua tra noi.

Quella sorella dimenticata riappare sopra coperta.

Quel marinaio lasciato a morire, quell’onda facente parte d’un oscuro passato.

Grido inerme.

Sento la pistola sparare.

Sento il cuore spegnersi.

Sento le lacrime scendere copiose.

Sento il grande Avery morire sotto le sue pallottole e granate.

Sento il passato stritolarmi.

Vedo quel rubino, quella dannata pietra che mi ha perseguitato sin dall’infanzia scintillarle in bocca.

Intuisco cosa ha fatto.

Di lui non rimane niente, perché è così che si uccide un pirata.

 

Cozzo contro il duro pavimento e risvegliata dal mero incubo da una promessa di vendetta.

 

 

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Capitolo 4
*** Raja fells something ***


Stimati colleghi, pirati, salve! Dopo una lunga pausa eccomi qui a riprendere questa storia lasciata in sospeso, per così dire, a causa di una svariata e del tutto imprevedibile serie di impegni che mi ha tenuto lontana da efp … comunque, Quickdraw e Mildred sono tornate insieme all’autunno e con questo nuovo capitolo ho deciso di fissare un giorno preciso per gli aggiornamenti che da ora in poi avverranno di domenica. Buona lettura, ciurma! ;)

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Legno bagnato e assi scricchiolanti. Spruzzi di sale e acqua di mare a ricordarmi qual è il mio posto, uno straccio consunto tra le mani e un secchio di lucido e grasso di balena affianco al mento. Guai se la capitana non potrà specchiarsi nelle assi di questo dannato veliero! Quest’orrendo ammasso di legname, sartie, vele e chiodi, questa promessa di libertà diventata una prigione.

Sembrava bello imbarcarsi verso un tesoro che nemmeno il grande Avery era riuscito a trovare, diventare un pirata nobile, solcare la acque in eterno senza temere la morte. A quanto pare i sogni non sono fatti per i lupi di mare.

“Porco mondo, Raja, cazza quella scotta prima che t’ammazzi a suon di frustate!” Il nostromo si fa un vanto di strapparti l’anima dalle ossa a furia di farti trasalire. È mia personale convinzione che quel vecchio pazzo sia più sadico della megera passera che ci duce all’orizzonte.

Con uno scatto butto lo straccio da una parte, estraggo il pugnale e pulisco lo scafo, i ninnoli tra i capelli tentennano ad ogni movimento. Quei dannati inglesi si divertono a beffarmi.

“Di un po’, stai per caso cercando una bella balena da scoparti, arabo?”

“Che cazzo dici, Spit, loro sono contro i piaceri della carne.”

“Già, tutti sodomiti.” Una orrenda risata risuona tra la

gozzovigliante ciurmaglia, denti d’oro ghignano e brillano alla luce del giorno, pugnali schizzano da ogni parte e l’inconfondibile olezzo d’umanità vissuta impregna ogni vela e ogni cima. Mi domando cosa mi trattenga dal diventare un assassino.

“Largo, manigoldi, un regalo della capitana!” L’insopportabile e stridente vociare di mastro Ragetti, biondiccio omuncolo dal chiodo conficcato in bocca e il grilletto facile, mi costringe ad alzare gli occhi sul misterioso e tanto bramato bottino. Altre interiora di capra, forse?

La macchia s’allarga, mastro Pintel si fa avanti con pesanti falcate e getta qualcosa sul pavimento, si sente un tonfo sordo e un gemito soffocato, odore di donna. Odore di guai.

Il riso e la brama di godere s’impossessa degli occhi dei filibustieri e presto ogni mano, bocca, dente, barba, naso, anello o pugnale s’è ignobilmente posato sul corpo inerme della bella fanciulla. Solo alla sera riesco mesto a rivolgerle la parola.

“Bevi.” Una scodella d’acqua e una galletta muffita, tutto quello che sono riuscito a conservare dalla cena. A lei non sembra dispiacere e divora il tutto con foga, mi guarda supplichevole e porta una mano al fianco. “Sei ferita?” è in una pozza di sangue, il dolore le tinge il volto e la paura le colma lo sguardo. È inerme. è sola. Non sa più a chi votarsi ormai. Strappo un lembo della camicia e lo impregno d’acqua e rum, sciolgo i lacci del suo corsetto e inizio a disinfettarle la ferita. “Sei tu Quickdraw?” Gli occhi s’alzano appena e mi cercano, la bocca si apre e un filo di fiato viene fuori debole, impercettibile.

“Non sono altro che ombra ormai.”

Subito dopo perde coscienza, il suo corpo si fa freddo e pesante, ma il sangue non smette di uscire e il taglio sembra infetto. La porto sotto coperta, raggiungo una vecchia scialuppa rotta, la mia branda, l’unica rimasta libera. La copro con una vecchia rete strappata, le bagno la fronte con uno straccio e cerco di abbassarle la febbre.

Improvvisamente la sua mano mi tira a sé, m’afferra il bavero della camicia come a volersi aggrappare. Un sospiro quasi più debole del precedente viene fuori dalle belle labbra, un tempo vermiglie. “John …” . Trasalisco.

Com’è possibile che una donna che non ho mai visto prima sappia il mio nome?

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Capitolo 5
*** I remember the storm, I remember the pain ... ***


“John.” La sua saliva secca, quella parola smorzata che le era uscita dalla bocca, la vita che lentamente le stava spirando davanti, le forze che la abbandonavano, l’orgoglio a dirle di non fermarsi e l’ingegno d’assecondare l’oblio.

Gli occhi che s’abbandonavano a guizzi di pazzia, sogni febbrili, allucinazioni a illuminare quella sua mente nera ... Nera ... Nera.

Si rivoltava nel letto invocando aiuto, si contorceva nel dolore e nell’odio e cercava di parlare, di urlare, di gettarsi giù nell’occhio del ciclone.

“John!” La vela aveva lanciato un lamento terribile, le sartie avevano spezzato il silenzio e le sue mere forze erano state fatte vane nel momento in cui l’acqua le aveva tolto il respiro.

“Quickdraw!!” La voce di quel capitano infuriato, lo sguardo attonito e incredulo della ciurmaglia quando questi fu pronto, pronto a morir per lei, a gettarsi nella buia pece, nel nero oblio pur di rivedere i suoi occhi.

“Quickdraw, sto venendo da te!” Quell’Amor di cui tanto i poeti avevano scritto, solo fu a menar le loro anime. E all’alba su quella triste spiaggia la pioggia sancì il loro sentimento.

Sentimento, perché che mai si dica che un ladro abbia amato, che mai si dica che un pirata abbia amato, che mai si dica che quei loro corpi abbiano provato passioni più che per le onde.

“Non sai quello che stai facendo, donna … il mio cuore appartiene al mare, sono sposato con la mia nave ... E la mia anima erra per l’orizzonte.” Avery la guardava dubbioso, attratto, compiaciuto. Non era mai stato amore forse, ma nei suoi occhi aveva visto la sua meta, la sua libertà.

“Allora perché mi hai salvata?” E quell’unica domanda era bastata a tenerli insieme per sempre. Un solo bacio puro e frivolo, una sola promessa d’amore e desiderio.

“Verrai con me, dunque?” Il capitano afferrò il suo cappello, scrutò all’orizzonte la sua bella Viictory e tornò con le labbra alla sua amante, mentre la chiara alba pizzicava i loro volti.

“Verrò ovunque vorrai andare. Ti amo più della mia stessa vita, John. “

“E mi starai accanto per sempre? Non è da te, mia cara.” I baffi arricciati, quell’aria birichina e insolente che le dava i brividi e la faceva innervosire mosse le sue belle gote in un sorriso, addolcì le sue grazie, chiuse i suoi occhi e spense ogni sua piccola fiamma di ragione.

“ Il vento sta cambiando, la tempesta è passata, il tesoro ci attende.”

“Al timone, allora, capitano Avery, dico che la marina inglese non ci fermerà quando saremo così vicini a Isla de Muerta.”

Le sorrise con un po’ di nostalgia, le tese la mano, l’accompagnò portandola via.

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Capitolo 6
*** Caught by the devil ***


Stridii, guizzi, spruzzi, passi, tonfi, grida, urli, pugnali, spade, lame, pistole, denti, artigli, rampini. Dal castello di prua era prossima una bordata.

“Ai paranchi, schifosi rospi, alla via! Voglio lo scalpo di ognuna di quelle aragoste, voglio le loro orecchie nel piatto questa sera!” La capitana urlava a squarcia gola e a sciabolate spronava quel branco di immonde bestie che lei sola osava definire uomini. Mostrando i denti si voltò verso il nostromo, allargò le pupille nere e disse “Sarà meglio che pensiate a quello che vi attende se anche solo vi passerà per la mente di tradire il compito da me affidatovi. Ricordate cos’è successo al signor Twigg, mastro Lowney?” Risate a soffocare il terrore, la ciurma si tirò indietro e l’orribile creatura quasi indemoniata agitò la pistola e sparò un colpo in aria.

“Morto! La cala gli ho inflitto a quel pezzo di merda, poi gli ho fatto leccare un cannone e poi gli ho sparato ... E questo solo dopo averlo iniziato a sgozzare con una cima di mezzana. Io ora chiedo a voi, gentiluomini … cosa vuole la bella Mildred?”

E quelli, da chissà quali forze maligne animati risposero, ghignando, sputando, tracannando dalle bisacce gocce marce di grog. “Ossa spezzate, gole tagliate, pance squartate.”

Insoddisfatta. Chinò la testa, incrociò le braccia e batté il tempo schioccando il tacco dello stivale sulle assi di legno.

“Alla via, signori. In marcia e ripetete!”

“Ossa spezzate, gole tagliate, pance squartate. Ossa spezzate, gole tagliate, pance squartate.”

A quell’orrida vista John Raja corse sino allo specchio di poppa, saltò sul parapetto, estrasse la spada e puntò sprezzante la lama all’altezza del suo naso. Fu vana ogni pretesa da parte dei compagni di trattenerlo o spaventarlo con racconti a cui mai avrebbe creduto.

Era lì Impassibile. La teneva sotto scacco e ghignava compiaciuto d’esser riuscito a dominare la personificazione del demonio.

“Thz.” Sputò quella. “Guarda un po’ … un miserabile piccione che osa minacciare uno sparviero. E dove penseresti di andare, tu, sentiamo?” la voce bassa, quasi addolcita, con fare calmo e cortese gli porse una mano.

La ciurma trasalì. Sussurri, voci, aliti appena soffocati nella marmaglia spiravano per la nave, serpeggianti raggiungevano la stiva e il cassero e ancora la prua, l’albero di maestra, i cannoni, le cime, le sartie, le vele, il timone. Si voltò la terribile passera, gettò a terra il cappello e si buttò indietro i neri riccioli. “A cosa si deve questo mutamento della mia rognosa e puzzolente ciurmaglia in troiette londinesi intente a prendere il the delle cinque?” Volse poi lo sguardo colmo d’ira al giovane impettito “Cos’è che vuoi?”

“Che liberiate vostra sorella!” Il viso dai duri tratti si strappò in un grugno degno d’un mostro marino, quanto alla ciurma, lo stesso Davy Jones non li avrebbe terrorizzati a tal punto. La capitana lo guardò fisso negli occhi, Raja sentiva il sangue gelarsi nelle vene, non degnò d’uno sguardo la lama della spada del giovane, col medesimo tono distaccato e stranamente umano parlò.

“Perché dovrei farlo?”

John tenne alto l’orgoglio, premette di più il metallo sul suo collo e rispose gelido. “L’avete lasciata alla ciurma! L’avete ferita, sta morendo, per amor di Allah! Le vostre azioni sono intrise d’odio, animate dal male! Non avete idea dell’inferno che v’attende se non la lascerete andare, se non la smetterete di uccidere, aggredire, rubare!”

La ciurma prese a ridere per un momento, poi si fermò quando s’accorse che Mildred aveva chinato la testa e aveva iniziato a giocare con una delle pistole che salde portava alla cintola.

“È una nave della marina inglese, certo, ma non v’ha fatto alcun male! Non vi sono faide tra di voi, non vi sono vendette da portare a termine! E siete pronta a darle fuoco, a compiere orrendi delitti invece di preoccuparvi della salute di vostra sorella Quickdraw!”

Ignobilmente calma ancora una volta, si mise sul capo il cappello blu ornato da due piume di pavone, lo fissò dall’alto in basso e di nuovo gli tese la mano.

“Ebbene, accetto.”

Senza pensare agì. Senza riflettere le strinse le dita, finì nella mora, per meglio dire, con uno scatto Mildred lo buttò sopra un cannone, con tanta forza da rompergli le ossa quasi.

Il ragazzo lanciò un grido soffocato, si portò una mano al costato, si piegò dal dolore.

“Mastro Lowney!” La demoniaca prostituta strillò facendo correre quello a capo chino. L’uomo poteva sentire il suo alito, poteva sentire il suo respiro, simile a quello d’un leone poco prima della caccia.

“Procuratevi un cannone da far baciare* a questo sputo di bava di rostro.” E fu quella la sua fine.

Ignobilmente il sangue venne fatto sgorgare dalle sue vene, le sue grida andarono a ritmo con le sciabolate, gli spari, i rampini e i ruggiti di battaglia mentre i pirati sterminavano la marina inglese.

La terribile Mildred aveva ancora una volta avuto la sua preda , la sua fame di terrore era stata appagata. Il mondo aveva perso già un po’ della sua luce.

Seppure una candela accesa in una stanza buio continuava flebile ad ardere. Quickdraw con la sola forza del desiderio di vendetta continuava a vivere.

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Angolo dell’autrice:

Salve, marinai! :) Scusate il ritardo, per farmi perdonare ho messo il capitolo cinque e il sei lo stesso giorno, comunque …

vi sentirete bisognosi di spiegazioni, lo capisco.

Ebbene, in I remember the storm I remember the pain Quickdraw è in preda alla febbre per la ferita al ventre procuratagli dal pugnale di Mildred. In un incubo e rivive il giorno in cui Avery l’aveva salvata da una tempesta e insieme avevano sancito il loro amore per la prima volta.

Nel secondo capitolo vediamo invece la terribile capitana Sparrow alle prese con un rivoluzionario Raja intento a cercare di salvare Quickdraw.

Lo so, forse vi aspettavate uno sviluppo diverso, però io ho preferito raccontare di un amore finito e dell’ordinaria follia a bordo della nave della capitana.

Al prossimo approdo ;)

*Baciare il cannone: in inglese kiss the gunner’s daughter, baciare la figlia del cannoniere. Era una punizione che veniva impartita ai giovani marinai inglesi a bordo delle navi della marina e dai capitani pirata ai mozzi insubordinati. Il mlacapitato veniva legato prono al cannone e preso a frustate sulle natiche con un gatto a nove code.

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Capitolo 7
*** Doom and Gloom ***


Wicked Wenches - cap 8 - Doom and Gloom

Quegli aspri ricordi destati da quel sapore amaro.

Avrei preferito mille volte morire piuttosto che doverlo sentire

ancora. Quell’afa orribile, quel calore confuso, quei sogni

ingannatori che ingarbugliano la mente d’aspri significati e

insulse visioni.

Lo sentii su quel legno d’ebano per la prima volta,

nella sua bella cabina. Lo sentii dopo averlo baciato e mai più e

ora mi sembra un vecchio incubo risvegliato di colpo dai

meandri della mia memoria.

Oppio. Quel fiore rosso che battuto ne ingabbia il maligno, il

fuoco ne sancisce l’unione con la pietra e il fungo e può rendere vane le menti più geniali.

Ma perché? Perché evocare l’ennesimo dolore? Come poteva

esser tale in quel luogo dimenticato dagli dei? Per quale motivo e chi stava commettendo quell’orrendo crimine?

“Perdonami.” Una voce roca a riportarmi alla realtà, il freddo ad abbracciarmi, l’aria di mare un tempo compagna d’avventure a pungermi le labbra, il legno delle assi della cabina a premermi addosso, come le stecche di un corsetto o le sbarre d’una prigione.

“Chi sei tu?” C’è un ragazzo. I tratti d’un mozzo di bassa lega, gli occhi d’un capitano e i vestiti di uno sceicco. Che sia frutto dell’ennesima visione? Circondato da quei suffumigi, quell’afa asfissiante si avvicina e mi porge una ciotola d’acqua. “Bevi.”

“Preferisco la canna da zucchero, compare.” Gelida gli strappo dalle mani la fiaschetta e ingurgito più rum di quanto perirebbe una balena. Mi manca la lucidità, mi manca la forza. Il dolce nettare mi pulsa nelle vene e l’agognata vendetta mi desta dall’ormai prossima pazzia.

“Sei John Raja, vero? Ti ho visto in sogno, ragazzo.” Continuo a tenerlo d’occhio seppur con un fil di sguardo. Come una lama sottile a penetrargli la gola.

“Anch’io, credo.” La sua vista annebbiata, la sua mente confusa, i riccioli scuri incorniciano un viso ormai spento, zuppi di sudore e lacrime.

“Ti fa male quella robaccia. La smetterei anzichenò se lo scopo fosse morire.”

“Già, morire.” In quegli occhi neri balena un losco piano, riesco a sentirlo a pelle. L‘idea del suicidio lo consuma dalle viscere. Tuttavia non intendo lasciarmi scappare un paio di braccia da lavoro. Dopotutto, una nave si manovra meglio in due.

“E perché vuoi morire? Cos’è, hai perso qualche tesoro? Non ti sta bene che mia sorella continui a farti strappare la carne dalle ossa a ogni sferzata?” Fuori imperversa l’uragano, l’acqua batte lo scafo, sento i fulmini squarciare le vele. “O è libertà che agogna la tua anima?”

“Siete voi Quickdraw? La sorella perduta?”

Vago per la stanzetta in cerca di bottiglie, fiasche, barili o cime intrise anche solo dell’odore. La sete mi da alla testa.

“Perduta o ritrovata, forse. Per quanto ne so non che prima fossi in condizioni migliori, a pulire quel sudicio bancone dalle blatte e soccorrere ubriaconi e malati di sifilide.”

“Allora andatevene, andate via! Siete ferita, perché non fuggite? Perché non prendete una scialuppa? Perché non …”

“Piuttosto gli abissi! Che i fulmini mi possano bruciare, che le maree mi possano ingoiare se questa lama non le trafiggerà il cuore!” Un pugnale, ferro, legno, pietra levigata a contornare le mie paure e riflettere il mio umore, un umore maledetto come quella losca notte.

“E che mai mi si dia della codarda, John Raja, per questo non scapperò dinanzi al mio destino ... come lei non scapperà dal suo.” Vedo le sue pupille spegnersi, vedo la sua anima gelare e una lacrima solitaria rigargli l’ambrato viso.

“Tutto ciò che sento è deprimente!

Nella mia stanza è tutto buio

Con la luce vedo il tuo viso

Ragazzo provaci

Perché non balli con me?

Deprimente, ma quando quei tamburi suonano,

Con la notte vedo il tuo viso

Ragazzo, provaci.” Come un grido che risuona, come lo sciabordare del più alto e piratesco grido le nostre forme s’intrecciano e balliamo. Balliamo come se altro non fosse il nostro scopo in questa vita.

“Ricordi questa ballata, John Raja? Ricordi? E nelle notti buie cantavano quei poveri diavoli, per darsi coraggio quelle note risuonavano in quella buia stiva, al sapore del rum i loro desideri e quella musica a ricordare loro chi fossero!”

“Perché? Perché è così importante vivere se la morte è tanto dolce?”

“ Il niente è dolce. Un dolciastro amaro, come la droga, come l’oppio che dalla canna di legno passa alla bocca e poi dà al cuore, non alla testa, come fa il rum. Dammi retta, i loro cannoni spareranno vittoria contro di noi se ci sapranno morti.

Subiremo un’umiliazione vivendo sul ciglio della strada.

Quei pensieri per la mente ti fanno esplodere le viscere, sentirai una sorta di dolore.

È deprimente.

La vendetta, John Raja, l’unico nostro scopo è la vendetta”

Il ballo continua, al ritmo dei tuoni quelle parole scolpisco nel suo intento e come una droga inebrio il suo spirito.

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Ohilà, marinai! Vi stringo calorosamente la mano e mi rivolgo a voi come vostra serva umile e contrita .. ehm, scusate il ritardo nell’aggiornamento, buona lettura per questo capitolo finalmente in porto e ... oh! Le parole in gothic style sono tratte dalla canzone “Doom and Gloom” dei Rolling Stones, da cui mi sono permessa di prendere ispirazione. Spero di non ricevere troppe torte in faccia

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Capitolo 8
*** Mutineers and Flying Dutchmen ***


Noia, gelo, rabbia, note. Il cielo aveva già mietuto parecchi animi quel giorno e ancora non era soddisfatto. Trenta vittime sotto le asce dei suoi uomini, dieci sotto le onde e venti al kraken. Eppure, infine, il diavolo dei mari era insoddisfatto sì come la marea, continuando a sciabordare a zonzo per la sua cabina. A strimpellare melodie meste e poco intonate. Cosa avrebbe dato per un animo distrutto. Cosa?! Ah, ma gli animi non apparivano certo tutti uguali ai suoi occhi assetati di dolore e sofferenza. E anche la più intrisa di fango delle piume l’avrebbe capito, osservandoli spegnersi, che l’anima d’un mozzo non vale quanto quella d’un capitano. Perché era questo quel che Davy Jones cercava in quel frangente di sereno antecedente alla tempesta: un nobile animo da spegnere per sempre tra le gelide acque.

 

Spruzzi, assi che si spezzavano, morsi che cedevano, sartie come impazzite, cannoni alla volta dell’uragano, uomini che volavano come stracci consunti. La Bloody Mary solcava scaltra le onde d’un maelstrom nei pressi di Hispaniola.

“Non ci dobbiamo fermare, scansafatiche! Su con quei pennoni oppure vi ci appendo per le palle!” La Capitana strillava fulmini d’odio e bile verso la ciurma che, terrorizzata, eseguiva senza batter ciglio. Molti speravano di morire affogati o sbranati dagli squali piuttosto che trovarsi a bordo ad affrontare l’ira della sanguinaria donna semmai ella li avesse scovati bighellonare. Mildred Sparrow era famosa quasi quanto Black Barth in fatto di torture, delitti e supplizi a detta dei più esperti gentiluomini delle bettole di Tortuga e dintorni. E nessun povero pazzo avrebbe mai osato mettere in discussione la parola di quei poveri diavoli.

“Peschiamo troppo, signora, dobbiamo disfarci di parte del carico o caleremo a picco!” sputò mastro Pintel, tenendosi a una corda di fortuna.

“Parola mia, Capitana, mai viste onde così alte in una intera vita miserabile! Ah!” Tenne a puntualizzare il compare, mastro Ragetti, un tipo da perle di verità in momenti opportuni quanto lo fosse mai stato il chiodo che teneva conficcato in bocca.

“Beh che aspettate, merde di gabbiano!” Con decisione quella li spronava a non indugiare “Gettate fuori bordo tutto il superfluo, casse, ferri, barili, scialuppe, tutto via, a cominciare dai prigionieri e i moribondi!”

E la ciurma rapida e a tempo con la marea eseguì, mentre la nave oscillava da un’onda all’altra, più e più avanzando verso il gorgo infernale.

 

“Folle! Come puoi pensare di immischiarti là fuori?” Il giovane s’alzò e riprese a camminare lungo le assi marce. Lo osservò pensieroso tenerla d’occhio mentre si cingeva la vita con la cintola e il federo della sciabola e divertiva a celare pugnali e pistole tra le cosce e gli stivali. Aveva sempre provato un’indescrivibile quanto insana attrazione per il pericolo e le tempeste, specie quando queste fossero attorniate da ammutinamenti, fughe o battaglie. Era maestra dell’inganno, artista della lama e assassina a tempo perso, quegli spari la nutrivano, quell’acqua bagnava le sue vene sin dal primo istante di vita, i polmoni come vele le si gonfiavano nel petto, il suo cuore batteva al ritmo delle folgori. Fu allora che Quickdraw si rese conto d’essere tale e quale a sua sorella Grace.

“Abbiamo una sola speranza, John, una sola!” rispose caricando l’ennesima sputa fuoco che poi provvide a occultare sotto un nastro che teneva come d’abitudine avvolto sotto al corsetto, all’altezza della vita.

“Il maelstrom è a soli due nodi, due, porca vacca, non hanno molto tempo, non possono certo preoccuparsi di starci appresso.” Infilando il lungo cappotto prese il tricorno, gli diede una spolverata e chiuse ogni mobile, ogni botola, ogni fessura che l’avrebbe potuta esporre agli occhi gelidi e crudeli della sorellastra. “La vendetta ti sta consumando, sei ... matta se pensi di poter sopravvivere su una scialuppa in mare aperto con questo tempo!” Un tuono.

La ragazza si fermò improvvisamente, tirando un lungo sospiro volto a contenere l’impulso di freddare l’inesperto mozzo che aveva dietro le spalle con una pallottola in piena fronte, girò i tacchi e si limitò ad asserire:

“Proprio per questo vinceremo.” Il giovane indiano rimase a fissarla imbambolato e quella, intanto, puntandogli e poi porgendogli una pistola aggiunse “O sei con me o contro di me, compare, ho fatto la mia scelta, quale sarà la tua?”

Esitò un momento, ma poi le dita furono più rapide della stessa volontà e, prima che la sua presunzione mostrasse tanto coraggio da rendersi conto di quel che stava accadendo, era già appresso alla bella rossa tra i lampi impietosi e densi della tempesta.

“Voi due!! Stanno scappando! Prendeteli!” Sfoderarono le sciabole i due amanti e si batterono come pesci diavolo in quell’orrida conquista, per istinto che la vita istruì a vincer sul destino riuscirono a farne fuori tre, poi quattro, poi sette. Sferzando, lacerando, sparando, menando e squarciando s’aprirono la via e ghermendo remi e legno come avvoltoi affamati guadagnarono le onde, accecarono il cielo, domarono l’uragano. Sul viso della bella vermiglia si dipinse un ghigno soddisfatto: la sua vendetta stava per andare a buon fine.

“Poveri diavoli, osate ingannarmi, volete che vi mangi le ossa, forse?” Jimmy Leggs strillava in mezzo a quella bolgia reclamando la sua dignitosa parte di bottino a seguito dell’ennesima sfortunata scommessa a dadi.

“Dodici sette era mia la posta, Jim, non oserai contraddirmi, vero?” Ribatteva fiero il nostromo, mentre cirripedi, molluschi e parassiti d’ogni sorta s’aprivano come rughe su quel che rimaneva del suo grugno impietoso.

“Rozze anime a bordo d’un legno marcio, ecco che siete, tutti voi!” Sentenziò borbottando William Turner, il mozzo, intento a strofinare le vecchie assi dell’Olandese. Sapeva cosa lo avrebbe atteso se avesse osato contraddire quei bastardi senz’onore, ma se non altro si limitava a intrattenersi, divertendosi a guardarli azzuffarsi a vicenda e mordersi le code come gatti randagi per le fogne di Fleet Street.

“Silenzio, brutti pescivendoli! Il Capitano ci fa onore della sua presenza.” E bastarono queste poche parole dalla bocca di Maccus a far rivoltare come donzelle Ratlin, Penrod e Angler. Jimmy Leggs e Ogive si limitarono a chinare il capo, mentre l’inconfondibile schiocco della gamba di carapace di Jones unita al tonfo del suo unico stivale risuonava implacabile e crudele sul legno marcio della nave fantasma.

“Oziosi.” Sputò, scrollando la pipa sulla chela che si ritrovava al posto della mano sinistra. “Bighellonanti, marci, affannosi e stupidi animali da tiro!” Continuò, a quelle parole tutta la ciurma sussultava. “Mi allontano per concedermi del riposo e del buon vino a seguito della scarsa pesca di quest’oggi e delle poche dipartite, thze, e voi … osate trastullarvi in futili occupazioni azzuffandovi come cani rognosi alle mie spalle?!”. Sussulti, sussurri, sibili. Jones era furioso e presto lo avrebbe dimostrato. Gli uomini squalo si guardarono intorno, qualcuno alzò lo sguardo al cielo invocando una tempesta a placare l’animo del capitano, qualcun’altro lo abbassò invocando grazia, altri ancora provvidero a tenersi occupati con una qualsiasi occupazione da sentina pur di non divenire possibili prede di sfogo alla rabbia della crudele piovra. E mentre assecondando i venti favorevoli e gli istinti del suo animo Jones brandiva il gatto a nove code pronto a farlo stridere su ogni singolo lembo di carne della noncurante ciurmaglia, dalla coffa si levò un grido: “Scialuppa!! Scialuppa!! Anime, signore, anime!!” Avido, rapido, affannoso, l’oscuro nocchiere s’apprestò al timone e impugnando il cannocchiale scorse un uomo e una donna che invano tentavano di gettare via a secchiate l’acqua che stavano imbarcando. Le viscide labbra s’incresparono in un sorriso e gli occhi di ghiaccio si spalancarono alla vista del vessillo contornato da teschio e rondine: “Sparrow”, pensò.

“Finalmente, un’anima nobile cadrà in mano mia, ah!” sancì a bocca serrata, porgendo all’ignaro Maccus il fedele cannocchiale.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Evryone stay calm, we're taking over this ship! ***


- Un alquanto raro fenomeno, thz! - Disse il viscido nocchiere con uno scatto felino verso il timone, mentre un lampo e un sordo tuono quasi all’unisono risuonavano nel gelido cielo.

- Spero che quella megera sarà contenta d’avere anime nobili, stanotte. - Aggiunse poi, scrutando lo sguardo del nostromo che guizzava dalle assi alle vele, in cerca della preda tanto agognata dal feroce quanto umano mostro.

Un colpo batté Jones sul lurido legno con la marcia gamba, due con la fedele pipa sulla chela scricchiolante e gli uomini di bordo s’affrettarono a eseguire, cercando nella tempesta l’unico conforto auspicabile.

 

- Pazza! - John Raja gridava mentre la remante s’apprestava al vascello che si diceva fantasma. - Come puoi sperare di sfuggire ai suoi tentacoli? Il diavolo! L’inferno, gli abissi! I mostri marini e il … disonore e la menzogna! Sono queste le aspirazione della tua sciocca libertà?-.

La bella vermiglia non rallentò, facendo schioccare i remi sulle onde battenti, sentiva il rum pulsarle nelle vene e l’acqua pungerle le iridi, ma non si sarebbe fermata, non certo prima d’aver requisito quella nave.

- La vendetta, Raja, ricordi la vendetta? Come credi che potremmo mai attuarla senza un degno vascello che porti issata la nostra rondinella? - Il ragazzo impallidì, gli occhi sbiadirono, i denti si strinsero in un morso di rancore verso se stesso e odio verso la sciocchezza del sentimento.

- Sei un’avida, pazza megera se pensi di poterti trascinare là sopra e rubare quella nave! Traghetta le anime nel regno dei morti, nell’abisso oscuro! Come puoi pensare di uscirne viva e ladra? - Le afferrò i lunghi riccioli ramati, la strinse a sé quasi a volerla fermare, quasi a voler provare a tarpare le ali di quel suo insulso desiderio, stolto quanto quei suoi sguardi birichini. Quickdraw non si scompose, prese l’arma dalla cintola, gliela puntò alla tempia, caricò e fece scivolare due dita sul grilletto.

- Ahi. - Stridette suadente mentre l’amato continuava a tirarle le belle ciocche e a stare in bilico tra la vita e la morte. L’indiano indietreggiò, allentò la presa e fece scivolare via il rosso dalla sua pelle scura, mentre la bella locandiera abbassava lentamente la canna fino a riallacciarsela al corsetto. Bastò la gelida occhiata che lanciò subito dopo al moro a porre fine a quel loro tanto agognato malinteso e a far giungere finalmente l’insulsa scialuppa alle cime dell’Olandese.

Scattò come una lince sul legno marcio della lancia, brandì due pugnali e s’avventò su quelle stupide sentinelle, agguantando una cima e raggiungendo il cassero mentre un lampo le illuminava le ramate e funeste iridi.

- Topi alla deriva, questo siete! Mostri indolenti su un relitto in fiamme! Orsù, dov’è il vostro capitano? - Strillò Quickdraw digrignando i denti, battendo i tacchi degli stivali contro le assi scricchiolanti del tanto temuto vascello e reclamando Jones al timone sotto il suo volere.

- Mostratevi per quello che siete, codardi, tremate dinanzi a me, tremate, anime insulse davanti a Quickdraw Sparrow! Sono qui per requisire questa nave! Orsù, dov’è il vostro capitano? - Continuò come fosse una ballata o una sorda nenia da relitti dimenticati, tenendo il ritmo con i ninnoli e le armi che le pendevano dalla chioma e dalla cintura.

Alle sue spalle nell’istante in cui un tuono sa abbattersi sulle onde giunsero Maccus e il nostromo brandendo le sciabole e puntandole al collo del giovane Raja fecero da scorta al leggendario capitano.

- Ma non mi dire. - Fece subito schioccare la lingua il viscido e glaciale diavolo. - Sparrow! Ah! Chissà perché questo vostro ... Nome non mi suona affatto nuovo, fanciulla. -

Un altro tuono infuriò nel sordo sciabordare di quegli animi irrequieti anelanti sofferenza e morte, mentre la vermiglia non smetteva di fissare Davy Jones dritto negli occhi.

- Non sono una fanciulla, lurido porco, sono capitano di una nave, l’Olandese Volante che sono qua per riprendermi. - Sputò decisa e secca, sfidando stolta il destino e stridendo come fiamma viva sui nervi del capitano.

- L’Olandese Volante, oh ... Quale fortuita circostanza è questa! Si dia il caso ch’io disponga d’una nave pressoché identica alla vostra! - Rispose quello, ogni parola intrisa d’amaro e bile. S’avvicinò alla locandiera con fare sornione e strinse la chela intorno alla sua candida gola. - Siete disposta a quale prezzo per averla, mh? - Ghignò furioso.

La ciurmaglia sghignazzava e reclamava impaziente la carne viva da tempo scordata, solo Maccus e il nostromo s’interessavano a tenere il giovane ben a fil di lama.

- Compare, io non ho mai parlato di prezzo. Levami di dosso quelle sporche tenaglie e ti risparmierò la gola! - Seguì quella a strillare gelida. Non era una stupida, sapeva bene quanto fosse una battaglia persa dal principio, ma per gli dei non sarebbe mancata di convinzione davanti al demonio in persona, se anche ci fosse stata una sola possibilità di prendere quella nave non se la sarebbe certo lasciata scappare.

- La mia nave ... - Stridette Jones in sua risposta sollevandola da terra fin quasi a strozzare quei suoi ultimi irriverenti respiri. - Non si può requisire, ah! - Premette forte la chela sul collo della capitana e si nutrì fino all’ultima goccia del terrore impresso sul suo volto. S’avvicinò a quelle labbra tanto carnose fin quasi a strusciarvi sopra le proprie. - Almeno finché tu non sia morta! -.

La ciurma si zittì, Quickdraw serrò le palpebre toccando già il fuoco d’inferno con le punte dei talloni, Jones si preparò a serrare la presa.

- Davy Jones! -

Un ultimo squarcio sancì l’imminente e perfetta tempesta.

Retta come una fiera stava sulla polena la capitana Mildred brandendo un fucile e attorniata dai suoi demoniaci assassini e tagliagole.

- Per le sottane di Calypso lascia quella puttanella di mia sorella e combatti da pari a pari! -

Sorrise, caricò il cane, diede l’arrembaggio.

L’Olandese fu preso d’assedio, la ciurma infuriò impietosa come un branco di squali. E mentre la bella locandiera giaceva su un fianco priva di sensi, tra le braccia del suo Raja, Davy Jones ghignava soddisfatto, pregustando nell’acro olezzo di vittoria il sapore di quell’anima che lottava, nera quasi quanto la sua.

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Capitolo 10
*** Wicked Wench Tell No Tales ... Aye, Maybe One ***


- Davvero, io non so cosa ... grazie. - 

Si girò a stringere la mano della più attempata vermiglia e intanto intrecciò le lunghe ciocche nere che le cadevano insolenti sul petto e sulle spalle, una dannazione con l'afa di quella sera di giugno sull'Isola dei Relitti. A Ruth non era mai piaciuta la Baia più di quanto a Mabeltrude Sparrow era mai piaciuto il brandy, ma dalla maledetta mattina che aveva deciso di seguire suo marito in quella viscida e lercia topaia, lei e quella vecchia volpe di Quickdraw McFleming si erano subito intese, divenendo ben più che comari. L'esperta e astuta zia difendeva con piacere la bella odalisca e il suo marmocchietto Jack, di appena dieci anni, dopotutto lei di scarafaggi ne aveva tredici e mai numero era stato più azzeccato a indicarne la distruttrice furia. Era una vera sciagura essere stata con così tanti uomini, anche a distanza di tempo. Perlomeno questo era sempre quello che le ripeteva dopo averne ucciso o massacrato qualcuno.

- Sei rimasta anche l'altra notte quando Jack aveva la febbre e non ho neanche potuto pagarti per ... - 

- Silenzio, gioia. Il tuo caro Eddie m'ha salvato il culo tante di quelle volte ... è il minimo che io possa fare, dopo quasi sedici anni! - asserì irremovibile la donna dai lunghi capelli rossi, con un tono a metà tra l' austerità e l'amore.

- Mi ricordate tanto una mia vecchia ... conoscenza quando siete insieme. - Si aggiustò la lunga gonna finendo di pulire il bancone della locanda, porgendo all'indiana due ninnoli abbandonati sul tavolo graffiato. 

- Miei non sono. -

- Li dimentico sempre! - ringraziò la bella odalisca, finendo di sistemarsi i capelli. Nutriva un miscuglio d'ammirazione e disgusto per la vecchia piratessa, in molti lì alla baia le avevano parlato delle sue imprese, di un certo Aver o Avrage o Avery con cui pare fosse sposata o fidanzata e di come lei e sua sorella maggiore, quella scellerata di Mildred Grace  erano state abbandonate orfane su un molo malconcio nei pressi di Isla Tortuga: tagliagole dalla nascita, di nome e di fatto. Ma se una di loro s'era rivelata dal principio quale sanguinaria sicaria e sacro terrore sia di Jack che di sua madre, al contrario Agatha "Quickdraw" Sparrow non aveva fatto altro che tirarli via d'impiccio.

- E poi è il mio unico nipotino, dopotutto.- 

Concluse quest'ultima, scoprendo in un sorriso sincero, per quanto una disonesta fosse capace di sincerità almeno verso un'altra disonesta, un anello incastrato nel labbro superiore e due denti finti, uno d'oro e uno d'argento.

- Cercherò di tornare il prima possibile con quelle gocce, tu ... cerca di non farlo alzare dal letto, per quanto ti sarà possibile convincerlo. - Intanto Ruth si era avviata all'ingresso in  un lungo mantello nero.

- Ohi, Ruthie - la richiamò la rossa appena prima che la "cognata" sgattaiolasse fuori.

- Cerca solo di tornare con una testa in mano, piuttosto che senza, magari. Le ire del caro attuale pirata del Madagascar preferirei lasciarle al mare, comprendi? - aggiunse seria.

- Aye, capitano. - E corse via, affrettandosi a chiudere bene la porta scricchiolante alle suo spalle.

 

 

- Non è giusto, io mi oppongo! - 

- Ah, questa presumo sarà una lunga e odiosissima mattina di secca e baggianate.-

L'attempata e riccia piratessa vermiglia fissò sbuffando il nipotino, tentando con tutte le forze di restare il più  austera possibile, mentre lo avrebbe minacciato almeno.

- Tua madre mi ha pregato con tutta se stessa di farti restare a letto, signorino, quindi o ora mi dai una buona ragione per non metterti sulle mie ginocchia e darti una lezione degna di quelle che ti impartisce tua nonna, oppure abbassi il tono e resti inchiodato lì, aye? - Quick fece schioccarw la lingua minacciosa e strinse il manico della sputafuoco che teneva fedele alla cintola del corsetto blu caraibico. 

Il mocciosetto dal suo canto non si fece intimorire, scostò prima la coperta, poi le lenzuola, ripose il guanciale in orizzontale sulla testiera e si alzò con uno scatto deciso, infilandosi stivali e giacca e facendo per prendere il piccolo tricorno poggiato sul comodino. Poi si mise nella più impettita posizione che avrebbe mai potuto assumere e guardando la zia negli occhi come si fa con una belva famelica che sta per attaccare precisò, indicando il piccolo naviglio dalle toppe nere ormeggiato sulla sua mensola:

- Io sono il capitan Jack Sparrow, della Perla Nera, figlio del pirata nobile del Madagascar e dichiaro qui e ora di poter terminare così la mia convalescenza, ragione per cui sono libero di alzarmi da questo letto e scendere al molo a giocare. Zia Quick, con permesso - fece così per passarle davanti aggiustandosi il tricorno sul capo.

- Mozzo avvisato, mezzo salvato, Jackie.-  E la rotta fu tristemente decisa per l'astuto giovanotto, che, preso per il polso dalla arzilla zia e spinto a fare un doppio capitombolo tra il letto e gli stivali di questa, si ritrovò prono sulle sue gambe affusolate e ancora flessuose e provocanti, nonostante gli anni, pronto per essere giustiziato.

- Parlay!! - strillò il malcapitato dimenandosi dagli artigli della crudele avventuriera. 

Alla Baia dei Relitti erano in poche a potersi vantare d'esser capaci di acciuffare, sgridare e punire il "brillante Jack", come lo chiamavano tutti i poveretti immischiati almeno una volta nella loro miserabile vita nei guai che il ragazzino era solito combinare e se Quickdraw e Mildred Sparrow erano queste poche, il piccolo ricercato aveva avuto modo di assaggiarne la furia sulla propria pelle, ben più di una volta e ne conosceva bene le conseguenze nefaste.

- Invoco il diritto a parlamentare! È scritto nel codice dei pirati! - continuava disperato, avvinghiandosi ai piedi del letto per tentare in tutti i modi di fuggire alla stretta della donna.

- Hai ragione, tesoro, peccato tu non sia un pirata! - E fece per alzare impietosa la mano destra, pronta a mollargli la prima vergata.

- Parlay, per favore, pietà, sono fresco di legnate da ieri sera! Ahio! Perfino Davy Jones avrebbe compassione, andiamo! -

Si diceva che i pirati fossero persone spietate e senza la benché minima inclinazione alla pietà, decisi fino all'ultimo nel portare a compimento finanche le torture più spietate.

Eppure, quella mattina, la tremenda Mcfleming fu inspiegabilmente presa da un ... moto, un sentimento quasi materno verso quella bestiolina dai capelli scuri che si era lentamente intrufolata nella sua quotidianità da oltre qualche luna. Un piccolo ricordo sfavillò come un barlume nella sua stordita memoria e l'ultima bottiglia di rum - o perlomeno così avrebbe risposto lei a chiunque le avesse chiesto delucidazioni su quel raro fenomeno - la riportò indietro a anni e anni prima, su una nave dannata quanto familiare, comandata da un viscido nocchiere e da uomini fantasma, imperlata dell'odio maledetto di due fanciulle dello stesso sangue.

 

 

- Quickdraw! Quickdraw, afferra la mia mano! -

Ghermiva le onde e s'annaspava la via in quel tumulto di spruzzi e soffocanti aliti di sale la sirena scarlatta, mentre il ruggente capitano squarciava le grosse gocce di tempesta, gridando il suo nome.

Un lampo di voce la tirò su al timone e quel rischio d'annegamento fu solo una partita persa e il ricordo d'un disonore innamorato.

- Quickdraw! Quickdraw, ti prego, mi serve il tuo aiuto! - 

Aprì una palpebra annerita di fuliggine e nocche nemiche in quel marasma di polvere da sparo e sciabolate e l'Olandese Volante accolse la sua folle e reale consapevolezza di una decisione troppo avventata perfino per una Sparrow, quando John Raja riuscì finalmente a svegliarla e tirarla su dal garbuglio di quelle cime di mezzana.

- Non puoi lasciarmi ora! - sentenziò il mozzo tagliandole via lo stretto corsetto, permettendole di respirare finalmente.

- John?! - La donna sembrava uscita da una sbronza o da una notte di bordate, tanto frastornata dall'esplosione causata dalla sorella maggiore da non avere il benché minimo ricordo di cosa fosse accaduto fino a quell'istante.

- Credevo tu avessi un piano! - Il giovane indiano sembrava frastornato e confuso al punto d'esser fortemente tentato di sguainare una spada o premere un grilletto verso l'unica donna in tutti i sette mari capace di ammaliarlo o condurlo al creatore o a Davy Jones stesso, appunto, come di lì a poco egli stesso avrebbe affermato. Di tutta risposta la vermiglia s'aggiustò i ninnoli e il bistro attorno alle iridi verdognole, specchiandosi nella lama della sciabola che per gentile concessione della dea del mare era rimasta ancora ben salda alla sua cintola di stracci e pugnali.

- Il vero piano, compare è che io non ho mai avuto un piano - provvide a chiarirgli ogni minimo dubbio di buona riuscita. 

A John Raja gelarono le ossa e dire che non fu veramente tentato dalla propria pistola sarebbe veramente raccontare il falso, tuttavia nulla sembrava poter far desistere Quickdraw dal proseguire quel folle suicidio.

- Ma come la morte non era forse troppo dolce, aye?! E i loro ... cannoni non avrebbero sparato vittoria a saperci cibo per pesci, no? Per amor di Allah, cessa quest'incoscienza, ti supplico! - Il ragazzo sembrava disperato, tanto da tenere alla propria pelle più che al proprio onore, sempre che non stesse tenendo più a quello della seducente compagna che al suo.

Una donna bella sapeva come essere facile preda di un audace bucaniere, ma solo una donna astuta sapeva come far tribolare un coraggioso capitano. 

Si, Henry Morgan capiva le femmine molto meglio di chiunque.

- Non ti permetto di usare le mie parole contro di me - Minacciosa la ragazza sguainò la lama contro quella dell'astuto "mozzo", pronta ad aprirsi un degno varco tra lui e il timone dell'Olandese.

- E ribadisco quello che ti ho detto sul relitto di mia sorella: la vendetta, John Raja, o si vince o si muore e se non sei dalla mia parte non sperare di avere molte alternative. - sputò velenosa, ingrata e meschina quale solo una donna di mare della peggior stirpe sapeva apparire. I due metalli cozzarono al ritmo di tuoni e grida di uomini spezzati in due mentre i braccianti del diavolo erano impegnati a sottomettere la ciurma della dannata o quel che ne restava. I giovani si batterono l'uno contro l'altro, mentendo a ogni sferzata, amandosi a ogni stoccata o colpo parati e pregando gli dei di cielo e mare d'uscirne vivi per potersi di nuovo scannare a vicenda. Poseidone sapeva fin quando avrebbero continuato in quello scontro caotico e fuori d'ogni disegno umano tra sartie, paranchi, assi volanti, esplosioni, cannonate e cadenti pennoni se non fosse intervenuta la sciagura in persona a sentenziare il fato beffardo di entrambi i loro fioretti.

- Agatha Quickdraw Mcfleming Sparrow! - 

Come una fiera la Capitana Mildred braccò la sorella, scaraventandola sulle pericolanti assi del ponte di tribordo mentre l'oscuro nocchiere, ancora alle sue calcagna, aveva provveduto a sostituire la vermiglia quale avversario del povero Raja, che continuava tremante a chiedersi per quale dannatissima ragione non fosse rimasto su quel dannato mercantile nove notti prima.

- Levati dai miei venti di ponente, mozzo! - Davy Jones si divertiva a scaraventarlo da un parapetto all'altro,quasi a volersi aiutare con uno scacciapensieri a escogitare uno stratagemma abbastanza crudele per sbarazzarsi di quelle due pazze scellerate belve inferocite che si dimenavano l'una sull'altra accanto al suo timone.

- Traditrice! Ti taglierei le palle se tu ce le avessi e poi te le farei mangiare!-

- Io ti appenderei a un pennone e appenderei il pennone a una poppa mezza affondata per poi salvarti il culo e affogarti un'altra volta! -

- Quando avrò finito con te persino i tuoi nipoti tremeranno alla vista del mio vessillo! -

- I miei nipoti non vedranno mai il tuo vessillo perché sarai già stecchita sotto la mia ira! Puttana! -

- Sangue velenoso d'una serpe adottata! - 

Le armi erano volate una su un pennone l'altra spezzata in due miseri giocattoli poco affilati e quanto alle pistole, beh, ben poco era rimasto di loro dopo che le due dannate avevano avuto la bella idea di attraversare l'esplosione della prua della Bloody Mary.

- Brutta ... come ci torno a quella fogna di Baia ora senza una nave, eh?! Con la tua balordaggine? - Strillò la più anziana, afferrando per i capelli la giovane e sbattendone il cranio contro un pennone spezzato. Questa dal canto suo non sembrò lasciarsi intimorire e con la testa che ancora girava per la botta la colpi alla spalla con un proiettile di fortuna. 

- Ne puoi sempre prenderne una in prestito dall'Inferno dato che ci siamo sopra, genio! - Sfotté poi beffarda, spingendole contro un cannone. 

In pochi erano stati cosi fortunati da incrociare le lame con Quickdraw Sparrow e poterlo raccontare a qualcuno con solo una ferita d'arma da taglio su un arto o senza l'arto affatto o con un proiettile da qualche parte. Eppure, fosse stata colpa del misto di simpatia e compatibilità d'affari, come lei stessa l'avrebbe definito, verso John o della botta contro il duro legno dell'Olandese o dell'essere totalmente accecata dalla sete di vendetta, alla bella Agatha sfuggì il fatto d'esser circondata da mozzi fantasma a sbarrarle la via verso la più nobile delle tradizioni piratesche mentre la parente, assatanata, si liberava dagli ultimi colpi ricevuti.

- Dove pensi di fuggire, donna? - grignò Maccus mostrando le fauci da pescecane.

- Questa poi! - Intanto Mildred s'era liberata dal cannone e bendata con un laccio di fortuna e s'apprestava di nuovo a gettarla fuori bordo il prima possibile.

Alla rossa restò solo il tempo di un disperato - Oh, mannaggia! - e di una pronta scivolata in una botola sotto coperta prima che i due nemici le si avvinghiassero contro all'unisono, finendo inevitabilmente per cozzare tra loro in un ringhio d'ira e imprecazioni.

- Tu ... tu ... tu sei matta! - John ancora basito l'aveva prontamente presa al volo e tentava la folla impresa di trascinarla via da quella bolgia molto poco raccomandabile per una signora ... perlomeno, cosi credeva il ragazzo.

- Mettimi subito giù, guarda che saprei anch'io farti baciare la figlia del cannoniere se ne avessi la voglia! - scalciava come una tigre braccata la bella piratessa e poi puntandogli un pugnale di fortuna sotto la gola aggiunse

- Sempre di fartici arrivare a un cannone, John- ghignando malefica e con gli occhi che brillavano al risuonare dei cannoni.

- Dovevo restarmene nella giungla, per gli dei! - imprecò il giovane scaraventandola sulla assi di legno.

- Vendi cara la pelle, compare! -

Quickdraw gli fece eco rapida mentre sgattaiolava verso la cabina del Capitano, pronta a impossessarsi dell'unica cosa che le avrebbe permesso un riscatto vero, non lo stupido desiderio di morte in un rantolo di consolazione mancata che tutti i comuni pirati chiamavano vendetta.

 

- E con la sola forza di una sciabola spezzata, tua zia si avvinghiò furente contro i feroci sicari del diavolo, ragazzo, ne raggiunse la tana furtiva e spalancando la porta - millantava la donna dalle ciocche ricce ormai arrugginite scaraventando il nipote sul letto e simulando un duello all'ultimo sangue a colpi di cuscinate e piume d'oca.

- E poi?! E poi che è successo? John Raja è riuscito a fermarti? O Davy Jones ti ha presa nella sua ciurma di dannati uomini pesce? - Al piccolo Jack luccicavano le iridi all'aver udito tanto sciabordar di marinai, piratesse, esotiche navi e imprese impossibili, sicari non morti e un feroce terrore con la testa di polpo che lo avrebbe da quel giorno perseguitato ogni notte da sotto il suo letto. Con uno scatto felino afferrò il cuscino e lo gettò per terra, s'avvinghiò al collo della zia e insistente prese a tirarle il lembo della casacca 

- E la nonna? Che è successo dopo?! Devo saperlo, andiamo! Non ti avrà davvero squartata a mani nude?! - domandò ingenuo con una timorosa espressione in viso.

La più matura lo guardò alzando un sopracciglio raggrinzito e gli diede un buffetto affettuoso sul muso, facendolo capitombolare tra il pagliericcio e le lenzuola.

- E sarei qui a raccontartela, brillante Jackie? - lo canzonò sorniona. Poi alzandosi infilò in un gesto solenne il fedele tricorno piumato e s'avviò sulla soglia udendo al piano di sotto i passi di Ruth, ormai di ritorno.

- Tua zia ha avuto ben più di qualche paottola a portata almeno in quelli che ricorda come i suoi anni d'oro, bestiolina - Si girò poi verso Jackie, chiamandolo come le piaceva. Sorrise malevola mostrando i denti d'oro e d'argento incastonati al posto degli incisivi e aggiunse suadente - Comprendi? -

Al giovane Sparrow bastò poco per annoverarla subito tra i suoi grandi capitani coraggiosi e già stava pensando a come fingersi malato l'indomani per poter ascoltare il seguito di quella tremenda avventura, quando il tonfo marcio e tremendo di due pesanti stivali risuonò prepotente nel corridoio davanti alla porta, facendo tribolare zia e nipote in una smorfia di disperata intuizione.

- Jack?! - Una voce ruvida e cavernosa fece eco dinanzi alla porticina di legno e al marmocchio restò a malapena il tempo di gattonare arrampicandosi fino allo scaffale più alto dell'armadio ad ante di sua madre, per sfuggire alle grinfie di quella furia iraconda di sua nonna, fiondatasi nella sua stanza armata di quella verga di legno che usava come bastone e bramosa di vendette verso lo sventurato nipote.

- Parli del diavolo - Quickdraw Mcfleming la accolse burlona, facendo per frapporsi tra lei e il ragazzo. 

- I miei gemelli d'oro sono spariti un'altra volta! Sei stato tu, mostriciattolo?! - sbraitò con la foga d'un kraken dinanzi alla nave di un capitano con la macchia nera.

- Che colpa ne ha la bertuccia se tu continui a lasciare i tuoi ninnoli nelle mie stanze, ah, Grace? - l'astuta vermiglia le si parò davanti a palmo aperto, con i gioielli in questione in mano. A Mildred parve dispiacere non avere la possibilità di rinfrescare al nipote la memoria sul castigo del giorno prima e quello fu il giorno che Jack Sparrow avrebbe ricordato come il giorno in cui sua zia gli aveva salvato la poppa, in maniera alquanto letterale, diciamo. E mai il giovane pirata avrebbe tradito la sua fiducia avendo ritrovato in lei un'alleata, un primo ufficiale e una dolce seppur folle racconta fiabe.

Dall'alto del suo muso raggrinzito dal trascorrere di molti arrembaggi e con la voce rotta a metà tra un Capitano maledetto e uno che sta per giustiziare il suo più acerrimo nemico, Mildred Grace Sparrow afferrando il suo tesoro e ficcandoselo nel reggipetto com'era solita fare diversi secoli prima freddò la sorella - Sei davvero una cattiva ragazza, Quickdraw, non credere che te la farò passare liscia, lo non dimentico niente! - ringhiò minacciosa sbattendo la porta dietro di sé e facendo gelare la schiena al ragazzo ancora appollaiato su quel trespolo di fortuna.

- Bah - la sfotté beffarda la rossa ancora in piedi dinanzi alla porta - Hai dimenticato che cattive lo siamo state entrambe, puttana. - 

E fece per imboccare la pericolante scaletta agganciata alla finestra lì accanto, uscita sgangherata dalla camera del nipote, costruita sulla vecchia vetrata del tribordo di un vecchio relitto che gli faceva da cameretta da quando era nato. 

Restò Jackie di sasso per alcuni secondi, osservando affascinato quella suadente figura allontanarsi tra i vicoli della Baia, ancora sgangherata quanto scaltra, fascinosa e intrisa di maree.

- James Teague Sparrow! - una ruggente Ruth fece capolino sulle assi disordinate e guardandosi attorno collerica ordinò al figlioletto ancora al sicuro o in trappola che dir si volesse sullo scaffaletto di legno traballante.

- Vieni subito giù e forse ti risparmio il battipanni! -

- Ma io non c'entro niente! - si difese il poverino cercando con gli occhi la leggendaria socia, ormai svanita così come era arrivata.

- È stata zia Quickdraw! - si lamentava mentre l'iraconda indiana lo trascinava verso la cucina, dove con tutte le probabilità gli avrebbe impartito le istruzioni per rimettere ordine nel vecchio sgabuzzino.

Agatha invece, spiando il siparietto da dietro il suo fido cannocchiale, sul ponte della Rose Revenge, sarebbe volentieri rimasta a fare due chiacchiere col nipote, ma aveva cose da fare, capitani da divorare, navi da distruggere, roba da rubare e come tutti i pirati sapeva che la luna non l'avrebbe certo aspettata.

 

 

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