Edras

di _Haily_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Distruzione.Morte.Risposte ***
Capitolo 2: *** Sangue.Odio.Rhoderich ***
Capitolo 3: *** Casa.Forza.Lullaby ***
Capitolo 4: *** Cresciuti.Risentimenti.Asha ***
Capitolo 5: *** Cella dell'Inferno.Dicerie.Voglia di tornare ***
Capitolo 6: *** Partiamo?.Ho bisogno di te.Porto ***
Capitolo 7: *** Ricerca di una nave.Aiuto.Selva ***
Capitolo 8: *** Voci.Anima.Tempesta ***
Capitolo 9: *** Fulmini.Ferite.Coste ***
Capitolo 10: *** Sbarco.Compagni ritrovati.Tu rimani sempre tu ***
Capitolo 11: *** Circondati.Determinazione.Trasformazione ***
Capitolo 12: *** Compleanno.Preoccupazioni.Rabbia ***
Capitolo 13: *** Torna da me.Niente più rancori.Tatuaggio ***
Capitolo 14: *** Brutti Sogni.Villaggio.Collina di fiori ***
Capitolo 15: *** Città del piacere.Degna di te.Fiducia ***
Capitolo 16: *** Freddezza.Strega.Potere di legame ***
Capitolo 17: *** Preghiera.Bastion.Pugni e sangue ***



Capitolo 1
*** Distruzione.Morte.Risposte ***


Premessa: Oh! Non ci posso credere. Mi sono messa a scrivere una fan fiction .-. Dunque, partiamo dall'inizio: ho sognato tempo fa questa storia, si, in un sogno! Dopo di che ho pensato, buttiamo giù qualche abbozzo dei personaggi (si so disegnare, almeno quello riesco a farlo abbastanza decentemente!). Poi bhe, qualcuno ha voluto che ci facessi una storia scritta e.....eccomi qua! *-*
La storia è ambientata in un paesaggio fantasy-medievale, incentrata su Gervhart, che a causa della guerra si vede costretto ad abbandonare la sua terra.
Non voglio fare molti spoiler, comunque è affiancato da Raki, la sua amica d'infanzia che nasconde uno straordinario segreto, poi c'è Rhoderich e Asha, ma si verrannò a scoprire col tempo =W=
Cresciuto, Gervahart vuole ritornare nel suo paese, Edras (che poi è il titolo di questa fic), per riavere la sua vendetta, poi capirete il perchè.
Quindi la storia si basa sul loro viaggio, via via si vengono a scoprire i segreti e la vita passata dei vari personaggi e cosa si cela dietro all'individuo, chiamato re Nero, che stà monopolizzando Edras.
.-.
Ok che premessa del piffero XD Immagino non si sia capito niente, quindi vi conviene leggere *-*
Sia ben chiaro che la storia sarà lunghina e non so quanto tempo ci metterò a finirla e se la finirò, ma cercherò di impegnarmi, perchè veramente mi ha preso un sacco ^-^
Scusate se ci sono errori di battitura, ma non riesco mai a vederli manco se rileggo 3 volte ^-^'
Spero che come primo capitolo sia interessante!



 


Capitolo 1

Distruzione.Morte.Risposte





Un solo uomo è in grado di salvare il mondo?

Me lo sono sempre chiesta.

Adesso posso averne la risposta...


 





La notte, in cui tutto dovrebbe tacere, in cui il buio dovrebbe far da sovrano, le urla e le grida di un villaggio, lacerano il silenzio di quelle terre pacifiche, mentre il cielo si tinge di rosso, il rosso delle fiamme che circondano ogni casa, come divorate da mostri di fuoco cadono e si disintegrano al suolo.
Il fumo che dilaga nelle strade rende ancora più drammatico il paesaggio, persone che come piccole formiche impazzite scappano dal loro formicaio. Ci sono donne che corrono urlanti, con in braccio bambini, alcune sorrette e aiutate dai loro uomini che anche in una situazione così impervia non abbandonano le loro mogli e la loro prole, assai loro cara.
Perché i figli sono la loro unica speranza di portare avanti la loro dinastia, la loro famiglia, in caso della loro morte.
In quei tempi si viveva così, ma mai in quelle terre si sarebbe pensato a un disastro simile.
La sopravvivenza in quel momento era la cosa più sensata a cui pensare.
Passi svelti si allontanavano da quell'inferno, come se oltre dalle fiamme dovessero anche scappare da qualcos'altro…o da qualcuno.
I grandi scarponi di cuoio, alzavano polvere ogni qualvolta si appoggiavano al suolo, come tonfi pesanti, seguiti a loro volta da altri piccoli passi, più leggeri ma sempre veloci.
-Da questa parte!-
Una figura maschile, in testa al gruppo, dalla corporatura massiccia e una folta barba, aveva parlato con tono forte, voltandosi a guardare il resto delle persone dietro di lui con i suoi occhi verdi smeraldo, che alla luce delle fiamme avevano brillato.
Nel buoi si potevano distinguere due donne, vestite con una semplice tunica, lunga fino alle caviglie e un mantello col cappuccio che tenevano ben sopra alla testa. Le donne affannosamente riprendevano fiato, dovuto alla lunga e faticosa corsa, ma più di tutto dalla paura di essere scoperti. Una di queste si tolse il cappuccio, mostrando il suoi lunghi capelli biondi, voltando il viso vicino alle sue gambe, dove incrociò lo sguardo di un bambino, con lo stesso colore di occhi di quell'uomo alla loro guida.
-Gervhart, tutto bene?- la donna le sorrise dolcemente.
Il ragazzino mosse leggermente la testa in segno di affermazione.
Un altro uomo dietro di loro arrivò di gran passo, accostandosi di fianco all'altra donna, posandole gentilmente la mano sulla spalla.
-Ce la fai?- il suo viso si abbassò in modo da vedere il volto della donna, che apparve sorridente.
-Non ti preoccupare.-
-Posso portarla io se vuoi?-
La donna rivolse lo sguardo tra le sue braccia, in cui aggrappata alla sua tunica, fece capolino il viso di una bambina dai grandi occhi giallastri, che avrebbero potuto sembrare quelli di una creatura non umana.
-Tranquillo, ce la faccio…- abbozzò un sorriso, mentre dietro di loro le urla si levarono sempre più forti, costringendoli dallo spavento a girarsi preoccupati indietro.
-Muovetevi! Non possiamo permetterci di fermarci!- l'uomo che era stato sempre davanti a loro aveva riavuto la loro attenzione.
La ragazza con in braccio la bambina, che non doveva avere più di 5 anni, incrociò lo sguardo del suo uomo, annuendo come per dire che aveva ragione.
Forse erano stati troppo incauti, era bastato un attimo di distrazione che far si che non si accorgessero che erano stati seguiti. Se ne resero conto troppo tardi, quando l'uomo venne colpito alla schiena, fece solo in tempo a esalare un netto grido di dolore, per poi cadere a terra con un grosso tonfo davanti alla ragazza, incredula.
-Noooo! Noel!- Si inginocchiò vicino al corpo di suo marito, che non dava segni di risveglio.
L'altra donna bionda era rimasta paralizzata dalla paura, mentre fissava davanti a lei due uomini, uno era quello che aveva ferito l'uomo, grande e grosso, con una grossa mazza in legno, probabilmente era stato con quello che aveva sferrato il colpo, mentre l'altro dietro di lui, un pò più mingherlino, se ne stava a sghignazzare, conscio del fatto che avrebbe potuto ben contare su una guardia del corpo assai forte, e fu proprio lui a parlare.
-Niente superstiti ha detto il capo! Solo le bambine dobbiamo portargli!-
La donna a quelle parole strinse forte la bambina al suo petto, se l'avessero vista, sicuramente l'avrebbero portata via.
L'omaccione aveva preso quelle parole come un invito a fare fuori anche gli ultimi rimasti, e con fare minaccioso si avvicinò lentamente alle due, come se non avesse fretta.
La piccola ignara di tutto, si divincolò dalla stretta della madre.
-Papàààà!- aveva gridato piagnucolante tendendo la mano verso il corpo a terra.
-Ma guarda che sorpresa…- la voce gutturale uscì da sotto l'elmo arrugginito che portava, come il verso di un orco.
-Vorrà dire che prima ucciderò te e poi porterò via la bambina!- la sua mazza roteò in aria, pronta a colpire la donna, che si chiuse a riccio per proteggersi abbracciando anche sua figlia.
Fu un attimo, la mazza si fermò sulla lama della spada dell'unico uomo rimasto a difendere il gruppo.
I muscoli delle sue braccia che si vedevano dallo smanicato erano tutti in tensione, le vene pulsavano e piccoli spasmi erano la prova dell'immane forza che doveva avere per sostenere tale colpo.
-Lyra!- riuscì a gridare, stringendo i denti in una smorfia dolore.
La donna dai capelli biondi, sobbalzò a quel richiamo.
-Lyra! Portali via da qui!-
La ragazza ancora scossa e impaurita, stava cercando di riprendersi. Guardava il marito, poi guardava il corpo esanime dell'amico, e più le saliva la paura.
Ma i suoi pensieri vennero fermati da qualcuno che richiamò la sua attenzione, tirandole ripetutamente la gonna della tunica.
-Mamma!-
Gervhart la fissava con i suoi occhi verdi, allungati, come per dirgli di muoversi, di svegliarsi, perché non c'era tempo da perdere.
Lyra raccolse tutte le sue forze, spinta anche dalla protezione materna nei confronti del figlio.
-Gevahart và!- il suo tono e il suo sguardo erano cambiati.
Il ragazzino non se lo fece ripetere due volte, diede un ultimo sguardo al padre, che gli sorrise, come se avesse voluto dirgli 'và figliolo, è la cosa giusta', dopo di che si voltò, correndo nella direzione opposta al loro villaggio.
Il nemico guardò il ragazzino correre via, mollò la pressione sulla mazza di legno, liberando il padre di Gervhart dalla morsa, che stanco, mollò le braccia lungo i fianchi, sorreggendo con una la spada, che sembrava essere diventata pesantissima.
In quel momento di stallo Lyra si avvicinò velocemente alla donna, intimandola ad alzarsi.
-Eliz, andiamo!- l'aiutò ad alzarsi tenendo sempre un occhio di riguardo sui i due nemici.
-Non vi lascerò scappare!- era tornato all'attacco, ma ritrovandosi davanti ancora una volta lo stesso uomo con spada sguainata.
-Sono io il tuo avversario!-
Digrignò i denti, diventando ancora più spaventoso di quello che già non era, sbuffò facendo ripartire la sua mazza, infierendo più volte sull'uomo.
-Darshian!- Lyra gridò impotente, lo sguardo pieno di rancore per non riuscire a far qualcosa per aiutarlo. I suoi occhi dolci aumentarono in lui la forza, avrebbe fatto di tutto perché loro si salvassero. Perché un uomo difende a denti stretti ciò che più ama al mondo.
Il mingherlino si mostrò, pronto per seguire le due donne, ma Darshian spintonò con tutta la sua forza l'omaccione addosso a lui, riuscendo a prendere un pò di tempo.
-Lyra, andate adesso! Qualsiasi cosa succeda non voltatevi! Per nessuna ragione al mondo! Via!-
La ragazza avrebbe voluto piangere, ma trattenne le lacrime, avrebbe fatto in modo che i suoi sforzi non siano stati vani.
Stretta tra le sue braccia, portò via l'amica, riprendendo la corsa iniziata. Non si sarebbe voltata, neanche quando sentì i tintinnii della spada di Darshian, segno che aveva ripreso a combattere.
Ma lo aveva promesso a lui, e l'unica cosa che fece fu mordersi le labbra e trattenere le lacrime. Doveva mostrarsi forte, anche davanti a suo figlio.


Gervhart le stava attendendo con due cavalli, uno dal manto nero e l'altro più piccolo di colore marrone, vicino ad una piccola stalla in legno.
Le vide arrivare da lontano, correndo, ormai stanche. Con gli occhi cercò dietro di loro, speranzoso nell'arrivo del padre, ma non arrivò nessuno. Nonostante fosse un bambino di otto anni, aveva ben chiara la situazione: da un lato la disperazione per non essere riuscito ad aiutare il padre, dall'altra la consapevolezza che era rimasto l'unico 'uomo' a dover difendere le donne. E suo padre glielo aveva sempre insegnato, che se mai a lui fosse successo qualcosa avrebbe dovuto proteggere lui la mamma. Da un certo punto di vista si sentiva fiero, fiero di poter far vedere quanto poteva valere.
Le due donne sistemarono le selle dei cavalli, mentre Gervhart teneva d'occhio il sentiero da dove potevano sbucare i nemici.
La piccola era stata lasciata vicino al ragazzino, impaurita si teneva stretta ai suoi pantaloni, sempre sotto stretta osservazione della madre.
-Gervhart…- Lyra lo chiamò, facendo cenno di salire sul cavallo.
La piccola venne presa dalla madre, mentre il ragazzino si accingeva a salire.
Eliz, che fino a quel momento era stata coperta dal cappuccio, se lo levò, mostrando quasi gli stessi occhi della figlia, ma di un colore più scuro e i corti capelli castani che le arrivavano alle spalle.
Come presa da un richiamo si voltò verso la direzione da dove erano venute, con uno sguardo malinconico.
-Eliz?!- Lyra la chiamò interrogativa.
Per quale strano motivo, appena si girò e vide il suo abbozzo di sorriso con quella strana luce negli occhi, capì quello a cui stava pensando. Lei la conosceva bene.
-Eliz, ti prego! Andiamo via!-
-Non posso. Lo sai meglio di me…- il suo tono di voce era dolce e deciso.
-Ma lui non avrebbe voluto questo! Ti prego, fallo per Raki.-
La donna dagli occhi ambrati, guardò la piccola bambina che portava in braccio, con quegli occhi grandi, lucidi e interrogativi.
Eliz si avvicinò a Gervhart, ponendo la piccola sul cavallo davanti a lui, in modo da poterla tenere stretta.
-Gervhart, ti affido mia figlia.- accarezzò dolcemente la testa di Raki, scompigliandole un pò i piccoli ciuffi che le ricadevano lunghi sul viso. Le notò la spalla sinistra scoperta dal vestito, in cui si vide una strana macchia, quasi luccicante, che si apprestò subito a nascondere, sorridendole poi.
-Forse un giorno capirai il perché della mia scelta, forse mi odierai anche quando lo saprai…però sappi che ti ho sempre amata.-
Con gli occhi lucidi dal dolore, diede un piccolo bacio sulla fronte della figlia, per poi voltarsi dall'amica.
-Ne sei proprio sicura?-
-Dovresti saperlo, visto che tu conosci la mia natura.-
Lyra posò lo sguardo a terra.
-Non voglio perdere pure te.-
-E non sarà così…- Eliz accarezzò la guancia della ragazza, alzandole il viso. -La mia essenza…e quella di Noel…vive in Raki. Finchè ci sarà lei, noi vivremo. E poi…non è mica detto che finisca tutto così!-
Le sorrise amichevolmente.
-Andrà tutto bene…-
I due sguardi si incrociarono, i suoi occhi gialli con quelli castani di Lyra.
-Mi prenderò cura io di loro.-
I due volti si avvicinarono, fino a toccarsi con le fronti. Il legame che le univa doveva essere particolarmente forte.
Appena si staccarono, Eliz diede un ultimo sguardo a Raki, sorridendole, mentre la piccola sibilò un piccolo 'mamma'.
Avrebbe tanto voluto veder Raki crescere come una bambina normale, felice e ignara del suo 'essere', o almeno avrebbe voluto raccontarglielo lei stessa, ma c'era un motivo che la spingeva ad abbandonarla, e forse in seguito lo avrebbe capito.
Si avviò da sola di corsa, da dove erano venute insieme, questa volta però se ne andò sola e se sarebbe tornata, nessuno lo sapeva.
Lyra la vide sparire tra le siepi e quando non ne vide più l'ombra si rigirò, saltando a cavallo.
-Gervhart, tieni ben stretta Raki. Non lasciarla andare!-
Il ragazzo annuì.
Lyra partì col suo cavallo marrone, senza voltarsi. Non avrebbe dovuto avere ripensamenti.
La piccola Raki parlò a Gervhart.
-Dov'è la mamma?-
-Lei non verrà. Però ha detto che andrà tutto bene. Quindi non preoccuparti Raki, ci penso io a proteggerti adesso!-
Lo guardò con tanta ammirazione, nonostante quei suoi occhi taglienti, quelle sopracciglia già da uomo, il suo sguardo per Raki era qualcosa di meraviglioso, che riuscì a consolarla, a metterle il cuore in pace. Era una bambina che ancora non conosceva la reale situazione, ma gli bastavano quelle semplici parole dette da Gervhart per farla stare meglio, come una ninnananna.
Appena diede due sferzate al cavallo, che si impennò, Raki si strinse forte al suo petto, riuscendo persino a sentire il battito del suo cuore, che pulsava forte e veloce, quasi a ritmo delle falciate al suolo che faceva il cavallo.
Raki sentì un richiamo, ma non come se qualcuno la chiamasse per nome, uno strano sibilo, eppure quel suono attirò la sua attenzione. Si scostò per vedere dietro, oltre le colline, il fumo del loro villaggio saliva al cielo come una torre bianca, e proprio tra le fiamme rosse e gialle, una strana figura alata si stagliava imponente disegnando uno strano scenario apocalittico. Tra le luci e le ombre della notte, come una nuvola di fumo scomparve, quasi come inghiottita lei stessa dall'oscurità.
Per Raki forse era stata una semplice allucinazione data dalla stanchezza, eppure sentì un bruciore forte alla spalla sinistra, proprio dove aveva quella strana macchia, e se la strinse forte.
-Tutto bene Raki?-
Gervhart aveva notato la sua smorfia di dolore.
-Si…tutto bene.-
Non avrebbe dato altre preoccupazioni. Si era una bambina. ma sapeva quando era il momento di starsene buoni e lasciare in pace gli adulti.
E poi era davvero stanca, forse stava pensando che tutto quello fosse soltanto un brutto sogno.
Lo rivide ancora, in sogno, quella creatura alata.

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Avevano cavalcato per tutta la notte, si erano giusto fermati poco prima dell'alba, giusto per i bisogni personali ma niente di più.
Raki aveva dormito  per tutto il tragitto raggomitolata vicino al petto di Gervhart, certo a lui non dava fastidio, ed era stato meglio così, perché quando si sarebbe realmente accorta di quello che era successo, avrebbe piagnucolato, come era giusto per una bambina della sua età.
Il sole era sorto già da qualche ora e cominciava a scaldare l'aria fresca della notte.
Arrivati ad una radura, Lyra fermò il cavallo, guardandosi intorno, per assicurarsi che nessuno li stesse seguendo.
Scese da cavallo, facendo cenno al figlio di non muoversi, mentre lei con estrema cautela scostò alcuni arbusti, come se ci fosse nascosto qualcosa. Rigirò più volte la testa a destra e a sinistra, poi si addentrò nella radura, scomparendo, lasciando fuori il cavallo.
I due bambini si guardarono interrogativi. Gervhart fece spallucce come per dire che non ne sapeva nulla.
Ma non ci volle tanto prima che Lyra ritornò, con qualche fogliolina tra i capelli.
-E' ancora lì!-
Si sistemò i capelli e si diede qualche colpetto alla tunica, per togliere la polvere.
-Mamma! E i cavalli?-
-Non possiamo portarli, dobbiamo continuare in barca.-
-In barca? Ma-
-Ti spiegherò tutto…- la sua risposta fu netta e seria, per poi tornare calma e tranquilla -Ti prego Gervhart. Adesso andiamo.-
Il ragazzino aveva capito che le cose si stavano mettendo male, se la madre le aveva risposto in quel modo, sapeva che c'era qualcosa che non andava.
Accarezzò il muso del suo destriero nero, mentre Lyra aveva levato loro briglie e selle, nascondendole tra le frasche.
-Siete liberi di andare.- Gervhart passo la mano sul naso del cavallo, che sbuffò, come segno di disapprovazione.
I suoi occhi neri incrociarono lo sguardo del bambino, che lo fissava serio, ma con tanta tristezza.
Era un animale forte e imponente, eppure gli occhi del quel ragazzino lo avevano sempre ammansito. Il cavallo nitrì fortemente, allontanandosi insieme alla sua compagna, voltandosi più volte verso di loro.
Un senso di inquietudine trasalì in Gervhart quando non li vide più. La madre appoggiò la mano sulla sua spalla, inchinandosi per arrivare a parlargli.
-Saranno felici.-
-Lo saremo anche noi?-
Si stupì. Aveva solo otto anni, eppure si comportava già da adulto.
-Bisogna sempre cercarla…-
Gervhart sospirò, se voleva delle risposte, doveva seguire ciò che la madre gli diceva e quelle sue risposte così nette, gli facevano pensare che voleva perdere meno tempo possibile.
Lyra si era fatta spazio nella radura, seguita dai due bambini, fino a quando non cominciò a sentirsi un scroscio d'acqua. Più avanti Gervhart aveva potuto vedere un fiume, niente di quel posto così tranquillo poteva lasciar prevedere ciò che era successo la notte prima. Il riverbero della luce sull'acqua infastidiva gli occhi ancora assonnati della piccola Raki, che si vedeva costretta a socchiuderli impedendo così di vedere perfettamente dove andava. Si sentì prendere la mano, con delicatezza, il forte calore di quella stretta le fece aprire gli occhi per un istante, in modo da poter vedere la figura di Gervhart, che le sorrise.
-Ce la fai Raki?-
Lei annuì sbattendo più volte le palpebre.
Lyra si era avvicinata alla sponda del fiume, vicina a una piccola imbarcazione in legno. Aveva cominciato a mettere a posto dei piccoli sacchi, che Gervhart era sicuro prima non avesse.
-Mamma, ma quei sacchi?- indicandoli con l'indice.
-Era tutto pronto…- ci fu una piccola pausa, in cui si fermò dal lavoro che stava svolgendo, per poi sospirare. -Nel caso ce ne fosse stato bisogno.-
Al bambino balenarono in testa diversi pensieri: allora tutto quello che era accaduto, era solo l'inizio di una serie d'eventi tutti programmati? Perché non ne aveva saputo niente? Se si sapeva, non avrebbero potuto salvarsi tutti? Era ancora tutto un mistero, ma era la curiosità che lo spingeva a farsi tutte quelle domande.


Lyra aveva sistemato Raki sulla barca, mentre lei e il figlio si apprestavano a levare gli ormeggi che si limitavano a piccole funi intrecciate nei rami di un cespuglio.
Quando l'imbarcazione aveva cominciato a muoversi, con entrambi a bordo, non poterono fare a meno di voltarsi a guardare la riva, come se già sepessero che da lì in poi, non avrebbero fatto ritorno molto presto.
Raki si era raggomitolata, tenendo le ginocchia al petto e il viso nascosto da esse.
-Rivoglio la mamma e il papà.- aveva mugolato.
Lyra si sedette vicino a lei accarezzandole la testa.
-Non preoccuparti, staranno bene. Solo adesso per un pò non potrai vederli.-
Raki strinse di più le ginocchia e il viso completamente nascosto.
-Mamma basta mentire. Voglio delle risposte.-
Alle parole del figlio Lyra ricevette come un forte pugno allo stomaco, gli aveva promesso delle risposte, ma non sarebbe stato facile.
Fece un respiro, come per prepararsi e scacciare via tutti gli altri pensieri.
-E va bene…-
Gervhart pendeva dalle labbra della madre, persino Raki levò su il viso.
-Che cosa vi hanno sempre detto di Edras?-
-Che nella nostra terra vigono la pace e l'armonia, perché è una continente libero, dove non ci sono padroni.-
-Ed è proprio così.- abbozzò un sorriso.
-Ma allora perché? ieri notte…- il viso di Gervhart si rattristò.
-Quelle cose che sto per dirvi sono solo alcune supposizioni, dicerie, non ne posso essere sicura. Però…in nostro continente è sempre stato libero proprio per il fatto che nessun villaggio e nessuna persona pratica alcun arte del combattimento. Viviamo solo esclusivamente sul lavoro che ci porta a vivere serenamente. Oltre questo fiume, si trova il mar Medio, che divide Edras da Calvadian, il continente più grande.-
-Calvadian?-
-Si, ma è assai diverso dalla nostra terra. Mentre Edras è basato su piccoli villaggi e su un sistema libero, Calvadian pullula di immense città, ognuna delle quali ha un proprio rappresentante che ne ha il pieno potere.-
Per Gervhart erano tutte cose nuove.
-A Calvadian ci sono uomini molto forti, potenti combattenti, lì l'arte della spada è molto praticata, perché in un posto come quello, bisogna riuscire a sopravvivere.-
A Raki vennero i brividi.
-Quindi…cosa c'entra Calvadian con quello che è successo ieri notte?-
-Ci sono delle dicerie, che raccontano che alcuni uomini di Calvadian, un piccolo esercito forse, abbia cominciato a muoversi per poter conquistare Edras.-
Gervhart trasalì.
-Cosa? Ma perché? Per tutto questo tempo Edras è stata una terra pacifica!-
-Infatti è così. Edras essendo un continente molto primitivo, con persone pacifiche e dedite solo al lavoro, è sempre stato lasciato in pace persino dai capisaldi di Calvadian, anzi, Edras è per loro fonte di giovamento, perché il commercio con la loro terra è molto fruibile.-
La barca traballò mossa dalla corrente che si era fatta più forte.
-Qualche tempo fa, alcuni villaggi cominciarono a essere presi d'assalto da strani individui muniti di spade e corazze, e subito si pensò venissero da Calvadian, perché simili combattenti a Edras non sono mai esistiti. Forse qualcuno di veramente forte e temibile sta' cercando di impossessarsi di queste terre, per poi muoversi contro Calvadian.-
-Ma perché non ci aiutano loro? Nessuno è andato a chiedere aiuto?-
-C'è stato qualcuno, ma…non hanno intenzione di fare nulla.-
-Cosa?- Gervahart si stupì.
-Muovere un esercito fino a Edras comporterebbe l'utilizzo di molto denaro e uomini, Calvadian non ha intenzione di muoversi fin'che non sarà strettamente necessario o non capiranno di esser veramente in pericolo.-
-Ma qui la gente muore! Come possono essere così meschini?- il grido del ragazzino fu strozzato.
-Siamo solo delle piccole formiche in balia della pioggia. Così decidemmo di preparare un via di fuga nel caso ce ne fosse stato bisogno. Come vedi era tutto pronto…-
Lo sguardo di Lyra si abbassò.
-L'unico modo per sopravvivere e andare via da Edras.-
Gervhart avava capito adesso.
-Stiamo andando a Calvadian, vero?-
Raki strabuzzò gli occhi.
-Si, finito questo fiume, inizierà il mare aperto, le correnti del mar Medio sono tranquille e portano direttamente sulle rive del continente. Basteranno alcuni giorni.-
Gervhart si guardò intorno.
-Questa è  roba da mangiare e viveri?-
-Si. Dovrebbero bastare.-
Raki nascose il piccolo viso tra le ginocchia, i suoi singhiozzi erano soffocati, ma abbastanza per capire che stava versando le sue lacrime da bambina.
Lyra si rattristò. Era riuscita a portare i bambini in salvo, almeno fino a quel momento. Aveva lasciato indietro tutta la sua vita, la casa, gli amici e il suo uomo. Sapeva che non era finita. Portava sulle spalle un pesante fardello. Avrebbe voluto piangere, i suoi occhi erano ricolmi d'acqua, ma non lo voleva fare, non davanti ai bambini, almeno per loro doveva sembrare forte.
-Mamma…-
Gervhart la raggiunse.
-Puoi sfogarti quanto vuoi. Non preoccuparti, ci penso io.-
Guardare quegli occhi smeraldo, ogni volta gli ricordavano quelli di suo marito, della persona che aveva amato e che non avrebbe più rivisto. Stava soffrendo, ma non era sola. La sua forza era proprio davanti a lei, quello che la spingeva ad andare avanti.
Le lacrime che fino a quel momento aveva rispedito indietro, cominciarono a sgorgarle dagli occhi, a solcare quelle guance rosee e finire per bagnare i pantaloni di Gervhart, che dolcemente accarezzava la testa della madre, piangente sulle sue ginocchia.

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Capitolo 2
*** Sangue.Odio.Rhoderich ***


Premessa: Nyaa! Sono già qui con il secondo capitolo >W< che poi non è proprio il secondo, perchè riprende l'altro, ma ho dovuto dividerli altrimenti diventava troppo lungo. Bene! che dire se non che questa storia mi ha preso parecchio! Non pensavo eppure eccomi qua con già un nuovo capitolo <3
Questo cap è un pò di stallo, nel senso che non accadono cose così ecclatanti, a parte all'inizio ( so che mi odierete ;A;), ma dal prossimo sarà tutto in salita, già, perchè sicuramente farà la comparsa un nuovo personaggio importante e altrettanto misterioso e forse (dipende dalla lunghezza del capitolo) un'altro personaggio ancora più importante, soprattutto per Gervhart =W=
ma basta con gli spoiler, vi lascio alla lettura e grazie a chi legge e recensisce ;W;




Capitolo 2

Sangue.Odio.Rhoderich
 






Le onde si infrangevano sui fianchi della piccola imbarcazione facendola cullare.
Queste piccole oscillazioni avevano fatto addormentare dolcemente la piccola Raki, che si era raggomitolata vicino ai sacchi del cibo. Lyra era riuscita, anche se per poco, a riposare, conscia del fatto che a tener d'occhio la situazione c'era Gervhart, che per tutto il tempo non aveva chiuso occhio.
Il sole si era alzato nel cielo, scaldando l'aria che si era fatta più pesante, ma grazie ad alcune mangrovie che si sporgevano dalla sponda del fiume, i raggi del sole venivano rallentati, facendo in modo che l'aria rimanesse fresca almeno nelle vicinanze.
Ma non per questo, Lyra e Gervhart avevano issato un piccola tenda in modo da coprirsi dal sole durante il viaggio, perché in mare aperto non ci sarebbe stato posto all'ombra.
-Il fiume comincia a farsi più impetuoso.-
Aveva osservato il ragazzino.
-Dobbiamo essere quasi vicini allo sbocco sul mare.- Lyra guardò verso l'orizzonte davanti a lei.
Raki si sporse dalla barca, osservando le onde che si infrangevano, formando spruzzi d'acqua e proprio uno di questi più forte, schizzo sul viso della bambina, facendola indietreggiare schifata.
Si ritrovò con i ciuffi di capelli neri appiccicati alla fronte e in qualche modo con le piccole manine cercava di pulirsi.
Lyra le si inginocchiò accanto, sorridendole, mentre con un panno le asciugò delicatamente la faccia.
-Sei davvero una bambina curiosa.-
Le tirò indietro la frangetta, dandole un piccolo buffetto sul naso. La guardò negli occhi, quegli stessi occhi giallastri che aveva visto sparire quella notte, poteva rivedere gli stessi occhi di Eliz.
Lyra le sorrise dandole un bacio sulla fronte appena asciutta.
-Gervhart, guarda dentro a quei sacchi. Dovrebbe esserci del pane e qualche pezzo di carne essiccata! Dobbiamo mangiare se vogliamo restare in forze!-
Il suo tono era molto allegro e forte. Si alzò, voltandosi verso l'orizzonte, dove il sole stava quasi tramontando.
Lo vide poco più in là, lo sbocco sul mare, dove le sponde del fiume pian piano andavano ricoprendosi d'acqua salata, giungendo in mare aperto.
-C'e l'abbiamo fatta. Bastava raggiungere sani e salvi il mare. Oltre questo fiume saremo salvi e non dovremo più preoccuparci di quelle persone.-
Il vento marittimo le scompigliò i lunghi capelli d'orati, l'essenza salina le fece solleticare la pelle.
Era riuscita ad arrivare fino lì, salvando i bambini come aveva promesso. Il peso enorme che portava sembrava essersi pian piano alleggerito. Si sentì più libera.
Si girò verso i bambini, sorridente, e fu un attimo.
Quella strana pressione al petto, proprio vicino al cuore, che sentì inesorabilmente pulsare più forte. Non sentì subito male, eppure aveva sentito qualcosa trapassale il petto e la schiena.
Sentì un forte calore cominciare a scenderle per il ventre e l'amaro del sangue salirle per la gola.
Gervhart era rimasto paralizzato dalla scena. Il suo volto stravolto e spaventato, non spostava gli occhi di dosso dalla madre. Raki aveva avuto la stessa reazione, singhiozzava lamenti, come se stesse per piangere, mentre i suoi occhi ambrati brillavano alla luce.
Lyra si toccò il petto, scoprendo che ciò che l'aveva ferita era ancora all'interno del suo corpo.
La freccia si e a conficcata proprio nel suo sterno, fuoriuscendo dalla schiena. La mano le si sporcò di sangue rosso.
Aveva guardato il viso del figlio, capendo che la situazione era molto peggio di quella che sia aspettava.
-Mamma?!-
Gervhart le aveva gridato, ma senza aver alcuna risposta.
Lyra sentiva le gambe cedergli, era ancor incredula per quello che le stava accadendo. Cercò di mandar giù il sangue che sentiva in gola, tremava dallo spavento o forse era troppo stanca per reggersi in piedi.
Si inginocchiò lentamente, mentre il sangue aveva già sporcato la sua tunica, espandendosi dalla ferita.
-Madre!- Gervhart la sorresse prima che tutto il suo corpo si accasciò sul fondo della barca.
Raki cominciò a versare lacrime.
Gervhart sosteneva la testa della madre, che guardava negli occhi suo figlio, con una strana luce.
Ma il viso del ragazzino, pieno di rabbia, guardava sulla sponda del fiume, in cerca di quell'individuo che aveva scoccato quella freccia maledetta.
Lo vide alzarsi tra i cespugli verdi, impugnando un grande arco tra le sue mani grandi, grandi giusto la sua stazza, le braccia possenti e muscolose, spalle imponenti si fecero strada tra le mangrovie e gli arbusti, che al suo passaggio si laceravano. Non era grande come l'uomo con cui il padre di Gervhart sei era dovuto scontrare, ma la sua imponenza rimaneva tale.
Il suo sorriso beffardo, fece trasalire il ragazzino, che strinse i denti, fino quasi a farli digrignare.
Portava i capelli corti da una parte, mentre l'altra mezza era completamente rasata.
Ma ciò che attirò di più l'attenzione di Gervhart fu un tatuaggio a forma di serpente sul suo braccio destro, che si vedeva grazie allo smanicato che portava.
L'uomo parlò tra sè.
-Ho fatto giusto centro.-
Lyra tossì sangue, riportando l'attenzione del figlio su di lei.
-Mamma?-
Lei le sorrise con occhi lucidi.
-Mi dispiace…avrei dovuto stare più attenta.- la sua voce tremava. -Sono stata una stupida. Volevo proteggervi e portarvi via da qui. Sono una madre davvero pessima…-
-Non è vero!- le aveva urlato. -Tu sei una mamma meravigliosa!-
Lyra rimase contenta di quelle parole, sentiva il corpo diventare più pesante, ma voleva sentire il calore e il tocco di suo figlio.
-Gervhart…- le poso la mano sinistra sulla guancia. -Mi dispiace così tanto…ti prego, so di essere egoista a chiedertelo però…diventa forte e salva Edras.-
Gervahart cercò con tutte le sue forze di non piangere.
-Sopravvivi e diventa forte…io so che lo puoi fare…-
Le lacrime di Lyra solcarono le sue guance, ormai bianche e prive di colore.
-Promettimelo…-
Annuì.
-Te lo prometto.-
Sorrise come se il dolore che stava provando fosse più debole di quel sorriso radioso.
-Grazie piccolo mi…o…-
La mano che prima accarezzava il viso del figlio, cadde pesantemente sul fondo della barca, mentre il sangue cessò di fuoriuscire dalla sua ferita.
Rimase il sorriso sul suo volto e le guance inumidite dalle sue lacrime.
-Mamma?-
Gervahart chiamò il suo nome.
Raki singhiozzava, aveva ormai smesso di piangere.
L'uomo intanto aveva ricaricato il suo arco con una nuova freccia, mentre aspettava il momento propizio per scagliarla, leccandosi le labbra, come se stesse pregustando quel momento.
Gervahart strinse i pugni, tanto che le nocche gli diventarono bianche, senti i muscoli contrarsi, il cuore pulsargli fino alle tempie. Provava una tale rabbia vedendo il corpo senza vita della madre e subito i suoi pensieri si rivolsero a quell'uomo che aveva osato ucciderla.
L'uomo sulla sponda teneva sotto tiro la barca, i muscoli tesi pronti a far scoccare la freccia, ma appena vide Gervhart affacciarsi, fregandosene del pericolo, ritto su di se, nonostante i suoi otto anni, l'individuo ebbe un fremito.
Gli occhi verde smeraldo apparivano colpi di ira, le pupille si erano fatte minuscole, fisse su di lui, il taglio dei suoi occhi sembrava ancora più allungato e intorno a loro uno strano alone nero risaltava il bianco della sclera.
Le sopracciglia aggrottate, quasi a toccarsi, gli davano un aspetto ancor più cattivo.
L'uomo guardò serio quello sguardo e qualcosa in lui cambiò radicalmente, tanto da decidersi ad abbassare l'arco e rinfoderare la freccia.
-Interessante…davvero molto interessante.-
Ancora una volta quel sorriso sarcastico, come se quella situazione lo divertisse, anzi, lo stava prendendo come una sfida.
E mentre la barca si allontanava da quelle rive, i due, come belve pronte a scontrarsi non si staccavano gli occhi di dosso e fu proprio l'uomo a lacerare quel silenzio.
-Vai ragazzino! Cresci e diventa forte! La rabbia dentro di te continuerà a corroderti l'anima, e sò che tornerai da me un giorno, per prenderti la vendetta che cerchi!-
Aveva avuto sempre il sorriso sulle labbra mentre urlava quelle parole, fino a quando non si rese conto che non avrebbe più potuto sentirlo, perché ormai erano oltre a quelle terre, in balia del mare che li rendeva liberi, almeno per quel momento.
-Quello sguardo…assomiglia molto a quello del mio Signore.Tsk! Davvero molto interessante.-
Quelle furono le sue parole dette tra sè, parole che non presagivano nulla di buono.
Il sole stava tramontando, come inghiottito dal mare, una palla rossa, rossa come il fuoco, rossa come il sangue, quel sangue che era stato versato quel giorno e nei giorni avvenire. Mentre il sole calava e il cielo si dipingeva di svariate sfumature arancioni, la terra di Edras si faceva sempre più lontana, agli occhi di Gervhart ormai era una piccola linea all'orizzonte.


Erano passati due giorni, in mare aperto, non c'era l'ombra di nessuno.
Gervhart se ne era sempre stato a prua, contemplando chissà cosa, con gli occhi seri rivolti sempre all'orizzonte, i suoi capelli castani ondulavano e le piccole ciocche di capelli d'orati brillavano al sole. Anche col sole più caldo, lui se ne rimaneva fermo lì, incosciente di poter prendere un'insolazione, in quella vastità d'acqua.
Aveva lasciato Raki sotto alla tenda, sempre ben coperta dai raggi del sole e sempre ben nutrita, cosa che non si lasciava sfuggire Gervhart. La premura nei suoi confronti era davvero meravigliosa.
Non aveva voluto abbandonare il corpo della madre. Lo aveva avvolto in coperte, faticando da solo, non poteva permettere a Raki di vedere altri scempi.
Ogni notte si accovacciava vicino al suo corpo, ma non dormiva, vegliava su entrambe.
Fu proprio nel terzo giorno di viaggio, quando Gervhart vide finalmente le coste di quella che sicuramente era Calvadian.
-Guarda Raki!- premurosamente aveva avvicinato alla prua la piccola, che si era affacciata.
-Siamo arrivati.-
Il suo tono era misto tra contentezza e malinconia, voltandosi indietro a guardare quell'involucro di coperte, che contenevano il corpo ormai in decomposizione della madre.

Quando furono in prossimità delle rive, la corrente cominciò a farsi più violenta.
-Raki tieniti forte.-
Gervhart cominciò a remare per tentare di tenere l'imbarcazione verso la riva, ma le onde li spostavano avanti e indietro, senza una linea precisa, venivano sballottati in ogni direzione, e tenere la barca stava risultando difficile per il piccolo.
La corrente li risucchiò in una rientranza, come un piccolo fiume, all'interno di una secca vegetazione.
Ma nonostante questo le onde non si erano fatte più tranquille, anzi, a peggiorare la situazione, massi di roccia fuoriuscivano dalla superficie dell'acqua, mettendo a rischio l'incolumità dei due bambini.
-Ahhh!-  Raki urlò spaventata, mentre la barca li scuoteva fortemente.
Gervhart cercava in tutti i modi di evitare le rocce, con la sola forza delle braccia remava nelle direzioni opposte.
Ma alcune non riuscì ad evitarle, causando danni alla barca che cominciò ad imbarcare acqua.
-Harty!-
Raki richiamò la sua attenzione, spaventata dall'acqua che le bagnava i piedi.
Gervhart voleva riuscire in tutti i modi a portare l'imbarcazione a riva, voleva portare sua madre a terra e darle una degna sepoltura, ma voleva salvare anche Raki.
Le cose si erano fatte ancora più disperate, la corrente ormai impazzita, il ragazzo non riusciva più a tenere una giusta direzione: erano in balia delle onde.
La barca colpì violentemente un'enorme roccia, dal forte impatto la barca si fracassò, spargendo legno e viveri ovunque.
Raki scivolò rovinosamente in acqua, Gervhart riuscì a rimanere a galla, anche se la corrente lo continuava a sballottare ovunque.
Si guardò intorno, in mezzo a quei detriti, affannosamente cercava qualcosa o qualcuno. Poi lo vide, le coperte bianche che risalivano continuamente in superficie, il corpo della madre in balia delle onde, i capelli dorati che si erano liberati riflettevano la luce, sembrava un'effimera presenza del fiume. A Gervhart per un istante venne l'istinto di nuotare verso di 'lei' e recuperarla, poi sentì urlare la voce di Raki.
-Harty!-
Le sue grida lo fecero voltare, la vide a stento, tra quelle onde violente, che continuamente la portavano sotto.
Si girò ancora una volta, il corpo della madre se ne stava andando, come se lei stessa avesse voluto ciò, abbandonava questo mondo per andare in quello degli angeli. Sussurrò un 'mamma', quello era un addio. Ma aveva altro a cui pensare, aveva una persona da proteggere, non una persona morta, sua madre avrebbe voluto così.

In qualche modo Gervhart era riuscito a portarsi vicino alle rive del fiume, portandosi Raki dietro. Fortunatamente non si erano fatti gravi ferite, solo qualche graffio e tanta fatica. Gervhart appena arrivati sulla terra ferma si buttò per terra stremato, lasciando Raki che cadde al suolo pure lei.
Il ragazzino ansimava dallo sforzo, bagnato fradicio, tossì più volte. Raki si inginocchiò vicino al ragazzo, spossata e impaurita, i capelli le gocciolavano, si strofinò con la manica il viso, per poi chiamare ripetutamente Gervhart con una flebile voce, mentre lo scuoteva, per cercare di svegliarlo.
Alcuni scricchiolii nella radura avevano attirato l'attenzione della piccola Raki, che si voltò di scatto, tendendo le orecchie.
I rumori si facevano sempre più forti e distinti, erano passi pesanti, qualcuno o qualcosa si stava facendo spazio tra quella vegetazione un pò spoglia e arida.
Raki presa dalla paura cominciò a chiamare più forte Gervhart, che però non sembrava dare segni di riprendersi, e le spinte si erano fatte più insistenti.
-Harty! Harty!-
La sua voce era tremolante, il battito del suo cuore era aumentato. Si guardò intorno nel caso trovasse una via di fuga, ma dove poteva andare?
-Harty!-
Quei passi che si erano fatti più forti e vicini di colpo si erano fermati.
Raki cominciò a salire con lo sguardo: dagli scarponi neri, ai pantaloni larghi, una maglia in lino grigia e una spada dietro di lui nel fodero. A quella vista Raki tremò, un brivido freddo le percosse la schiena.
L'uomo cominciò a muoversi verso di lei con quel passo deciso e fermo.
Raki chiuse gli occhi. Sentì uno spostamento d'aria di fianco a lei, le foglie morte al suole avevano scricchiolato. Riaprì piano gli occhi e dallo stupore non poté trattenere un gemito. Poteva vedere la schiena di Gervhart davanti a lei, in una posizione difensiva, pugni stretti pronti a colpire.
-Non provare a toccarla!-
Aveva ringhiato.
L'uomo si stupì nel vedere tanta determinazione in quel bambino.
-Non voglio farvi del male.-
Aveva uno sguardo tranquillo, gli occhi piccoli di un colore nero che non si distingueva la pupilla dall'iride, capelli arruffati e una corta barba, che gli davano l'aspetto di un uomo adulto e maturo sui 30 anni. Gervarth non si mosse, guardando dritto in faccia l'individuo.
-Non ho intenzione di farvi del male, ve lo assicuro…- si avvicinò con un passo, questo fece trasalire il ragazzino.
-Non avvicinarti!-
Ma un dolore al fianco lo costrinse a inginocchiarsi dolorante.
-Harty!- Raki si aggrappò a lui preoccupata. L'uomo si stupì di qualcosa che vide su Raki. Quel piccolo riflesso sulla sua spalla sinistra, simile a piccole squame azzurrognole che si vedevano dal vestitino strappato, partivano dalla proprio spalla, dove c'era la clavicola e scendevano sul petto.
-Ma tu sei…-
Gervhart si vide avvicinare l'uomo, fu pronto per scattare, ma stranamente si inginocchiò in modo da poter arrivare allo stesso livello del ragazzo e guardarlo in viso. Si tolse il fodero che teneva la spada e lo gettò a terra, alimentando lo stupore di Gervhart. Con un sorriso dolce, ammansì il ragazzino.
-Ve lo prometto…non ho alcuna intenzione di farvi del male. Voglio solo aiutarvi.-
Nonostante le sue parole Raki rimase nascosta dietro a Gervhart, mentre lui in un qualche modo capì che quella persona diceva il vero. Quel suo istinto che lo aveva sempre accompagnato gli faceva capire le persone, saranno stati il sorriso e lo sguardo di quell'individuo, sarà stato che era troppo stanco per combattere, fatto sta' che voleva crederà a quella persona. Abbassò la guardia, mollando la tensione sui muscoli.
L'uomo se ne accorse e sorrise.
-Io sono Rhoderich.-
Gli tese la mano. Gervhart la guardò per un'istante, quella mano grande, una mano forte e rovinata, forse dal lavoro, ma assomigliavano a quelle di suo padre.
-Io sono Gervhart…lei è Raki.-
Le loro mani si strinsero in una stretta salda, da veri uomini, solo che uno aveva già passato parte della sua vita, l'altro aveva ancora da capire quale fosse il suo destino.

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Capitolo 3
*** Casa.Forza.Lullaby ***


Premessa: salve cari! Ma quanto cavolo fa caldo?! *Antò, fa caldo!* è sempre più difficile concentrarsi D: ma stò ceracando di portare avanti velocemente questa fic, soprattutto per entrare un pò nel vivo dell storia :D che come avrete capito è un casino assurdo, con tantissimi punti di domanda =W= ma verrà svelato tutto, pian piano <3
Dunque, questo capitolo mi ha fatto pensare molto, avrei voluto farlo più lungo, ma mi è stato consigliato di dividerlo e probabilmente è meglio così, anche perchè nel prossimo capitolo si farà un bel salto in avanti *W* *finalmente*
Questi primi capitoli sono forse un po monotoni, ma servono per descrivere i personaggi e il punto della storia! spero solo di non annoiarvi >_<
Bene, concludo col dire, che alla fine di questo cap, si fa riferimento a un acanzone celtica, più che altro una ninna nanna trovata su YouTube e che sinceramente mi è piaciuta da matti ;W; consiglio di ascoltarla proprio nel momento in cui viene citata....da tutta un'altra sensazione çWç
la canzone è questa: http://www.youtube.com/watch?v=FkbiDlvxMnM
Bene, allora alla prossima <3



Capitolo 3

Casa.Forza.Lullaby






Gervhart aveva solo otto anni, eppure sembrava e si comportava già da adulto. Per il momento pensava di doversi rimettere in forze il prima possibile, perché in quelle condizioni non sarebbe riuscito a proteggere Raki, come aveva promesso ad Eliz.
Aveva voluto fidarsi di quell'uomo, alto e slanciato, non gli era apparsa una cattiva persona, subito si era messo sulla difensiva, ma a guardarlo meglio, i suoi occhi e il suo sorriso fiero, lo descrivevano come una persona buona e tranquilla, di cui, forse, potersi fidare.
Ma nonostante queste piccole note positive, Gervhart era sempre rimasto allerta mentre seguivano Rhoderich, tra le sterpaglie secche di foglie colorate di sfumature arancioni e gialle.
Si era voltato più volte verso il fiume, che pian piano cominciava a svanire alla sua vista e al suo udito, quello scroscio che si attenuava, era come una melodia agrodolce. Lì, aveva dato il suo ultimo addio a sua madre e tutte le volte che si era girato, sperava che tutto quello fosse stato un brutto sogno e che avrebbe rivisto sua madre, sulle sponde di quel fiume.
Ma non fu così. E se ne rese conto quando non riuscì più a vedere nè a sentire le acque di quel torrente.
Il ragazzo si era costretto più volte a fermarsi e a toccarsi il fianco sinistro, che continua a dolergli, ma ogni volta cercava di nascondere la sua stanchezza e dolore, qualvolta Rhoderich si girasse verso di lui.
Abbandonata la sterpaglia, si erano ritrovati in un fitto bosco, alti alberi di quercia, ginepri e tassi,il sottobosco si riduceva a una vasta zona di terra e rocce, che provocavano alcuni dislivelli del terreno.
Raki si era fermata ad ammirare i raggi di sole che timidamente si facevano spazio tra il fogliame, con occhi sorpresi, in fondo era pur sempre una bambina che si meravigliava con poco.
Rhoderich camminava sempre davanti a loro, ma spesso si era girato per assicurarsi dei due, e soprattutto di Gervhart, perché si era accorto del suo dolore, ma non gli avrebbe mai chiesto una mano, perché si sarebbe aspettato che il ragazzo, orgoglioso, non si sarebbe mai fatto aiutare. Quel suo carattere lo fece sorridere.
Erano arrivati davanti a una casetta in legno, una semplice e piccola abitazione, sulla facciata una porta e una finestra che lasciava intravedere ciò che stava all'interno.
Rhoderich fu il primo ad arrivare davanti alla porta, facendola cigolare nell'aprirla.
-Prego…-
Si fece indietro, invitandoli ad entrare.
Raki aveva preso il passo, ma Gervhart l'aveva fermata con la mano, mettendosi davanti.
-Perchè dovremo fidarci di te?-
L'uomo lo guardò stranito inarcando il sopracciglio.
-Ho l'aspetto di una belva feroce che tenterebbe di mangiarvi?-
Gervhart strabuzzò gli occhi, incredulo di quella risposta, così amichevole e 'divertente'.
Forse era davvero una persona buona.

Diversamente da quanto ci si aspettasse da fuori, l'interno era molto più grande e ampio: il tavolo in legno quadrato, grande giusto per 4 persone, in piccolo cucinotto, con pentolame ovunque, e soprattutto piatti ancora da lavare in tinozze d'acqua, una pelliccia marrone scuro, probabilmente di un qualche malcapitato orso bruno, si apriva davanti a un grande camino di pietra, in quel momento spento e proprio lì di fianco, una rampa di scalini salivano a un primo piano. Rimaneva comunque una casa molto semplice e spoglia.
-Vi preparo qualcosa da mangiare, dovrete essere affamati!-
Rhoderich si spogliò della sua arma, poi gettò su una sedia la giacca e la cintura.
-Ah…vi conviene anche levarvi quei vestiti fradici, se non volete prendervi un malanno…-
I due bambini si guardarono, mentre l'uomo spadellava di qua e di là alla ricerca di qualcosa che forse nemmeno lui in tutto quel disordine non riusciva a trovare.
-Hem…-
Gervhart cercò di richiamare la sua attenzione.
-Mh?-
L'uomo si girò di scatto.
-Non abbiamo nessun vestito di ricambio.-
Il ragazzino si sentì quasi in imbarazzo.
-Oh! Avete ragione.-
Lo disse come se fosse caduto dalle nuvole.
-Bene! Aspettate lì un momento!-
Si rimise tutto indaffarato a preparare chissà quale strana cibaria, conoscendo il tipo, Gervhart cominciò a preoccuparsi.

C'era voluto qualche minuto, aveva lasciato sul fuoco una specie di passato di verdure, poi Rhoderich aveva accompagnato al piano superiore i due ragazzini. Si trovavano due stanze separate, in una di quelle c'era un letto matrimoniale, con due comodini e giusto un armadio di medie dimensioni. Ed era proprio lì che Gervhart e Raki si erano cambiati. L'uomo aveva dato loro dei vestiti di piccola taglia, almeno quanto poteva bastare per Gervhart, mentre alla piccola la maglia le faceva da vestito. Ma le bastava così. Probabilmente erano vestiti di quando era un ragazzino.
Subito Rhoderich notò il livido sul fianco sinistro del ragazzo.
-Ti fa male?- indicò la ferita.
-Mh.- guardò Raki. -No, va tutto bene.-
Ma io suoi occhi dicevano il contrario, ma per qualche strana ragione stava mentendo.
Aveva steso fuori i panni da asciugare, rientrando subito dopo, trovando già i piccoli seduti a tavola.
Lo aveva ben capito, dovevano avere una fame da lupi.
Aveva versato la brodaglia dentro a ciotole rotonde e le aveva porse, ancora fumanti, davanti a due.
-Bene, bene…-
Si sedette capotavola, schiarendosi la voce.
-Allora, raccontatemi un pò.-
Raki guardò Gervhart, che abbassò lo sguardo malinconico, stringendo i pugni sopra le ginocchia.
-Siete di Edras vero?-
Il bambino si stupì.
-Come lo sai?-
-Mha…-si girò verso Raki. -Intuito.-
Gervhart sospirò.
-Il nostro villaggio è stato attaccato da persone cattive, siamo riusciti a salvarci su una barca già preparata prima dai nostri genitori…- si rattristò. -Ma purtroppo…siamo rimasti solo noi…-
-Mi dispiace…quindi, le voci che girano su uno strano esercito che sta' soggiogando Edras sono vere.-
-Così sembrerebbe. Allora perché Calvadian non fa niente?-
Rhoderich si rese conto che quel bambino era molto più intelligente della sua età.
-Credimi, qui le persone non sono come da voi. Ognuno pensa per sè stesso e ai proprio fini. Calvadian non si muoverà mai per Edras, a meno che, non sia prima quell'esercito a muoversi contro di loro.-
Ci fu un momento di silenzio.
-Signor Rhoderich…-
-Hei! Chiamami semplicemente Rhoderich o Rho se preferisci!- gli sorrise.
-Perchè ci sta' aiutando?-
-Non posso certo lasciare due bambini soli in un paese a loro sconosciuto! Potrete rimanere qui quanto volete…mi prenderò cura io di voi.-
A quelle parole, Gervhart si sentì stranamente felice, in un qualche modo aveva visto in quel signore una luce di speranza per lui, ma soprattutto per Raki, ancora così piccola e indifesa.
-Bene!- aveva gridato Rhoderich in tutta la sua contentezza, unendo le mani in un sonoro schiaffo.
-Mangiate su!  Sentite che bella pappa vi ha preparato lo zio Rho!-
Era davvero un tipo strano.
Davanti al piatto fumante, in cui si potevano ben distinguere pezzi di carota e qualche altro ortaggio di colore verdognolo, i due bambini all'unisono misero in bocca un cucchiaiata di quel passato.
Passo un minuto di silenzio.
-Allora?- il suo sorriso contento aspettava una risposta, che non arrivava. Solo dopo qualche istante parlò la piccola Raki.
-Fa schifo.-
-Cosa? Oh suvvia, è uno dei miei piatti preferiti.-
-Allora gli altri saranno peggio.-
La discussione sul cibo, era andata avanti per ore. Rhoderich aveva cercato di dare spiegazioni, per lo più insensate, sulla sua straordinaria bravura in cucina, certo Raki era una bambina, ma i due sembravano avere uno strano rapporto di complicità.
Gervhart se ne era stato per lo più in silenzio, mangiando senza fiatare la zuppa, anche se come aveva detto la piccola non era tutto questo gran che, ma non avrebbe fatto storie, in fondo Rhoderich li stava aiutando come poteva, e davanti a quelle discussioni animate, ma così divertenti, per un momento i brutti ricordi erano come svaniti.

La sera Raki si addormentò, stanca della giornata e degli 'scontri' con Rhoderich sulla pelliccia d'orso. Rhoderich si era preoccupato di coprirla con una coperta, rimanendo a fissarla per qualche minuto.
Aveva poi raggiunto Gervhart nella stanza di sopra, dove si trovava la camera da letto.
-Voi potrete dormire qui.-
Si appoggiò allo stipite della porta a braccia conserte, mentre Gervhart era intento a lavarsi il viso in una tinozza d'acqua.
-Grazie…e tu…dove dormirai?-
-La stanza qui di fronte.- la indicò alzando il pollice, dietro di lui.
-Lì c'è il mio studio e un piccolo letto, basterà per uno come me!- gli sorrise.
Gerhart abbozzò un sorriso di circostanza, non voleva che qualcuno si preoccupasse per lui, ma almeno Raki aveva un posto sicuro dove dormire.
Mentre si era girato, il fianco gli tornò a far male, contorcendo il viso in una smorfia di dolore.
-Ti fa ancora male?-
-Un pò!-
-Non volevi che Raki ti vedesse sofferente eh? Così non hai detto nulla facendo finta che non ti facesse male. Hai proprio a cuore quella bambina eh?-
-Ho fatto una promessa…-
C'erano tante cose che ancora doveva scoprire di Gervhart, ma se non fosse stato lui a dirgliele lui non l'avrebbe spronato a rivelargliele.
-Dai vieni…vediamo un pò che hai.-
Il ragazzino lo seguì nella stanza di fronte che appariva davvero come uno studiolo, ricco di scaffalature di libri, una piccola scrivania e un lettino tutto in ordine.
-Sei uno studioso?-
-Nhaa! Mi piace solo essere acculturato e leggere qualche libro su ciò che mi interessa!- gli aveva fatto cenno di sedersi sul letto.
-Togliti pure la maglia.-
Quando Gervhart lentamente si spogliò degli indumenti, il livido si era fatto più grande.
-Ullallà!-
Rhoderich si avvicinò col viso per vedere meglio l'entità della ferita, che si era anche gonfiata.
Toccandolo con le dita, il bambino aveva mugolato dal dolore.
-Mh! Mi sa che è una bella botta con qualche costolina rotta. Ma niente di preoccupante. Ti riprenderai presto. TI farò solo una piccola fasciatura, ma con le tue ossa forti e giovani recupererai presto.-
Aveva preso da un bauletto, alcune bende.
-Rhoderich?-
-Si?- faceva passare le fasciature intorno al piccolo corpo di Ghervhart.
-Lei…è bravo ad usare la spada?-
Si fermò per un istante, incapace di capire la domanda del ragazzino.
-Si certo! Qui tutti sono straordinari combattenti. Perché?-
Ci fu un momento di silenzio, solo il cicaleccio all'esterno faceva da sottofondo.
-Voglio diventare forte.-
Da dietro, Rhoderich vide i muscoli del piccolo contrarsi, aveva stretto i pugni fortemente e stranamente aveva sentito uno strano brivido lungo la schiena, questo lo preoccupò.
-C'è un motivo per cui vuoi apprendere l'arte del combattimento?- fece un piccolo nodo in modo da fermare la fasciatura.
-Voglio la mia vendetta.-
Non riusciva a vederlo negli occhi, eppure riusciva a capire quanto odio stava provando in quel momento. Si fece più serio.
-Ci sono cose molto più importanti della vendetta. Se si vuole diventare forti, la vendetta non è certamente un buon motivo. Un bambino come te non dovrebbe nemmeno pensare a queste cose.-
Gervhart si girò verso di lui.
-Hanno ucciso tante persone! Quell'uomo ha ucciso mia madre! E ne uccideranno ancora!-
I suoi occhi verde smeraldo erano un misto tra rancore, odio e malinconia. Come un padre premuroso, Rhoderich appoggiò la mano sulla sua spalla.
-Credimi…al mondo ci sono cose molto più importanti della vendetta. Combattere, non significa solo fare del male, ma puoi anche proteggere. Quando lo capirai, allora vieni a chiamarmi.-
Gli sorrise dolcemente, forse quelle parole col tempo gli sarebbero servite.
Un tonfo davanti alla porta richiamò la loro attenzione.
Raki era capitolata per terra, probabilmente inciampando nella lunga coperta che si trascinava. Aveva alzato il viso, addormentato, sbattendo più volte le palpebre, con ciuffi di capelli corvini disordinati.
-Harty?- aveva chiamato con una voce roca, strofinandosi gli occhi.
Rhoderich si alzò per aiutare la piccola.
-Spero che tu riesca a capirlo presto….quello che ti ho detto.-
Non si voltò verso Gervhart, ma aveva capito che quelle parole erano rivolte a lui. Non riuscì a capire fino in fondo il discorso fatto, ma era sempre un bambino di otto anni. Ma vedendo Rhoderich aiutare Raki ad alzarsi, qualcosa in lui scattò, non seppe nemmeno spiegare lui cosa. Stà di fatto che sia alzò, fermandosi davanti a Raki che era in piedi assonnata, sotto la supervisione di Rhoderich.
La guardò in viso, spostandole i ciuffi che le ricadevano sulla fronte, così lunghi da nasconderle gli occhi gialli.
-Raki, andiamo a letto.-
La piccola annuì, prendendo la mano di Gervhart, che aveva raccolto la coperta.
-Cercherò di impegnarmi a fondo.-
Proprio come aveva fatto Rhoderich, lui non si voltò a guardarlo, lo sapeva che quelle parole erano rivolte a lui e non fece altro che sorridere, guardando i due dirigersi nella camera da letto.

Gervhart non riusciva a prendere sonno. Si era rigirato più volte nel letto e ogni volta appena chiudeva gli occhi, scenari di fuoco e di morte prendevano il sopravvento, la scena di sua madre e il viso di quell'uomo che rideva a divertito davanti tutto quel sangue e si risvegliava ansimante, sudato.
Ed era stato proprio in uno di quei momenti, voltato di spalle, sentì la voce di Raki, una melodia che pian piano si fece più forte, una canzone che conosceva bene. La vocina della bambina, prima tremante e quasi singhiozzante, mentre cantava quella canzone si fece dolce. Gervahart si girò verso di lei per ascoltare meglio quella voce, la ninna nanna che le cantava anche sua madre. Gli venne in mente casa sua, Lyra ed Eliz, che cantavano melodiose quella canzone, due voci meravigliose, Raki cullata tra le braccia della madre e la testa di Gervhart appoggiata sulle ginocchia della madre, mentre gli accarezzava i capelli castani, davanti al fuoco del camino per farli addormentare.
Quella melodia arrivò anche nello studio di Rhoderich, illuminato soltanto da una candela, che ondulava alla brezza notturna, dando vita a ombre danzanti. Sdraiato sul letto, ascoltando quella ninna nanna, rigirandosi tra le dita quello strano ciondolo che luccicava, quella stessa luce che aveva attirato la sua attenzione su Raki. Il suo sguardo malinconico, triste.
Lo strinse nella sua grande mano e se lo portò al cuore, girandosi verso il muro, come a volersi nascondere da quel passato che ancora non aveva dimenticato.
Le lacrime di Gervhart cominciarono a solcare il suo viso, lacrime cha lavavano via ogni brutto pensiero, ma almeno grazie a quella canzone era riuscito a prendere sonno.
Cosa lo avrebbe aspettato il giorno dopo, i giorni seguenti, i mesi o gli anni, non lo sapeva, ma di una cosa era sicuro, avrebbe fatto di tutto per diventare forte.

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Capitolo 4
*** Cresciuti.Risentimenti.Asha ***


Premessa: Hoilà giovincelli! Questo capitolo è ormai pronto da una settimana, ma per non appesantirvi e rompervi le scatole continuamente la posto oggi XD
visto che lo scorso capitolo era più corto, questa volta è più lungo =W= ma prendetevi tutto il tempo per leggere <3
Era ancora prima di iniziare a scrivere che volevo arrivare a questo punto *^* perchè il personaggio che si va a presentare in questo capitolo mi piace da matti! spero sia lo stesso per voi.
Forse dal prossimo capitolo posterò con più calma, visto che finalmente si entra nel vivo della storia *W* e mi ci vorrà più tempo per pensare a come muovere il tutto!
Dunque vi lascio alla lettura di questo nuovo capitolo, che rispetto agli altri fa un bel salto in avanti! *W*




Capitolo 4

Cresciuti.Risentimenti.Asha






Non sono semplici coincidenze.

Tutto segue un filo logico, che porterà a una svolta.

Tutti si sono sempre chiesti:

'E se non avessi incontrato quella persona? Cosa sarebbe cambiato?'

'Se non avessi fatto quella cosa? Cosa sarebbe successo?'

Si fanno sempre delle scelte.







Il canto degli uccellini e il fruscio delle foglie mosse dalla brezza mattutina, facevano da sottofondo a quel paesaggio boschivo, quello che era rimasto immutato per anni, anni in cui, solo il passare delle stagioni cambiava i connotati a quel posto.
Gli animali al mattino si svegliavano presto, ed era proprio il caso di una lepre, dalle orecchie lunghe e una coda paffuta, che se ne stava a sgranocchiare chissà quale erbetta o germoglio, ignara di quello che le stava per capitare.
Perché gli occhi verde smeraldo, occhi dal taglio felino, che la fissavano dietro a quei cespugli rigogliosi, non presagivano nulla di buono per il piccolo animale.
L'individuo dagli occhi famelici, si spostava silenziosamente, avvicinandosi sempre di più alla sua preda, se non fosse stato per un piccolo rumore, causato da un rametto che si spezzava sotto ai suoi piedi, che fece drizzare le orecchie alla lepre.
Se avesse aspettato di più la sua preda sarebbe scappata conscia del pericolo. Strinse forte tra la mano, l'impugnatura di quella che sembrava una lancia appuntita alle due estremità e con un balzo repentino, fuoriuscì dalla radura, come un predatore che balza sulla sua preda.
Il suo corpo muscoloso si tese verso l'animale, mentre i capelli medio lunghi svolazzavano all'indietro e il suo braccio,in cui brandiva la sua arma, si alzò in aria pronta a colpire.
Ma la sua velocità non bastò, o almeno, qualcuno era stato più veloce di lui.
Perché la freccia che passò a pochi centimetri da lui, all'altezza dei fianchi, fu la prima a colpire direttamente il cuore del povero animale.
L'uomo fermò tempestivamente la sua corsa, quasi a cadere all'indietro dalla frenata del suo corpo.
Dovette cedere all'idea, mentre guardava la lepre ormai morta sul colpo, di aver perso la sua preda.
Sospirò, un sospiro di rammarico ma anche di rabbia, abbandonando la tensione, le sue spalle si rilassarono.
-Raki!- fù quasi un rimprovero, mentre si girava indietro.
-Sei talmente lento e rumoroso che nemmeno riusciresti a catturare una lumaca, Harty!-
Raki era cresciuta. Non sembrava più la piccola e indifesa bambina di quando erano arrivati lì. Si i suoi occhi erano sempre gli stessi, grandi e luminosi, ma si era fatta una vera donna.
Se ne stava ritta davanti a Gervhart, con fare altezzoso, di chi aveva vinto una scommessa, con un gesto della mano si spostò indietro una delle due ciocche di lunghi capelli corvini che aveva ai lati.
Anche Gervhart era cresciuto, i suoi capelli sei erano fatti più lunghi, alto e robusto, le sue mani erano grandi come quelle di un uomo ormai.
Raki si sistemò il grande arco, in modo da avere le mani libere, mentre si dirigeva verso il suo bottino.
-Devo ancora capire come cavolo fai ad avere una vista così perfetta…da non sembrare nemmeno umana!-
Raki inarcò il sopracciglio, proprio quando fù vicino a Gervhart.
-Guarda che la prendo come un'offesa!-
Si vedeva costretta a guardarlo dal basso, era davvero cresciuto molto, non che lei fosse bassa, ma certamente non arrivava al metro e novanta di lui. E poi si soffermò su quella cicatrice, che dal naso scendeva sulla guancia destra. Stranamente distolse subito lo sguardo, quasi come se non volesse ricordare il perché di quello sfregio.
-Non volevo assolutamente.-
Ma Raki sorrise maliziosamente.
-Fatto sta' che siamo otto a quattro per me! Ti ho raddoppiato Harty!-
Il ragazzo sbuffò, certo non era bello essere battuto da una donna, ma questo a lui non importava più di tanto, in fondo era bello vedere Raki così soddisfatta mentre si accingeva a raccogliere l'animale e mostrarlo felicemente a Gervhart, tanto per sottolineare il fatto che era stata lei a vincere quel giorno.
Un applauso di congratulazioni attirò la loro attenzione.
-Complimenti Raki! Anche oggi hai battuto Gervhart!-
Rhoderich sorrideva soddisfatto. Anche per lui il tempo era passato, e lo si vedeva bene dai capelli, che da castani pian piano tendevano al brizzolato, la sua barba si era fatta più incolta e piccole rughe cominciavano a vedersi sul suo viso. Ma non per questo aveva perso la sua vitalità.
-Oggi per pranzo coniglio per tutti!-
-Non se ne parla vecchio! Chi ti ha detto che lo condividevo con voi?-
-Non fare la prepotente ragazzina.-
Raki si voltò dall'altra parte, contrariata, sbuffando.
-Non se ne parla…la preda è mia e me la mangio tuuuuuuutta io!-
-Mai voltare le spalle all'avversario...-
Rhoderich fu fulmineo come un giaguaro.
Prese il braccio libero di Raki e glielo portò dietro, in modo da immobilizzarla, poi la fece cadere a terra di pancia con uno sgambetto, per farle perdere l'equilibrio. Raki in pochi secondi si trovò a terra, il viso sporco, Rhoderich seduto sopra di lei, divertito, mentre le toglieva l'animale dalla mano.
Tutto questo sotto gli occhi di Gervhart, che aveva sospirato, come se quella fosse l'abitudine.
-Mi sa che oggi il coniglio me lo mangio io!- mostrando l'animale vicinissimo al viso della ragazza, che sembrava sul punto di sbranarlo.
-Bastardo di un vecchio!- aveva gridato infuriata.
Rhoderich strinse di più il suo braccio, sentendola mugugnare.
-Siamo dieci a zero per me…ti ho stracciata piccola Raki!-
Il suo sorriso divertito fece ancora più arrabbiare la ragazza.

-Sei stato un bastardo lo sai?-
Raki si stava pulendo il viso sporco di terra, mentre in cucina Rhoderich stava cucinando.
-Sei tu che non impari mai. Ti ho sempre detto di non voltare le spalle al tuo avversario e in quel momento tu l'hai fatto!-
-Mi hai imbrogliata! La battuta di caccia era già finita!- Gli puntò il dito contro.
-Ma quando mai? E' finita nel momento in cui io dico che è finita.-
Raki inarcò il sopracciglio.
-Ti stai prendendo un pò troppe libertà signor vecchio bastardo!-
-Io posso.-
Le sorrise ambiguamente, questo fece rabbrividire Raki in una smorfia di disgusto.
A Gervahart piaceva vederli rapportarsi in quel modo, era sempre stato uno di poche parole, forse per il fatto che c'erano già due persone fin troppo rumorose in quella casa, o semplicemente perché non gli andava di parlare.
-Harty?!-
Raki richiamò la sua attenzione, sedendosi a tavola, dove lui era già seduto.
-Diglielo anche tu! Non pensi si stia prendendo un pò troppa autorità?-
Gervhart ci pensò.
-E' lui la persona più grande, quindi è giusto che sia lui  dettare le regole.-
La ragazza si imbronciò.
-Sono passati 12 anni! Ormai siamo grandi abbastanza da prenderci le nostre responsabilità!-
-Solo quando tu riuscirai a superare me, potrai dirti abbastanza matura!-
Rhoderich mise il piatto fumante di una brodaglia assai famigliare a Raki, che guardò storta.
-Mi sà che allora Raki, dovrai aspettare parecchio.-
Ghervart le sorrise, un pò per prenderla in giro.
La ragazzina sbuffò, incrociando le braccia al petto, questo sottolineò ancora di più il suo prosperoso seno, che si vedeva abbondante sotto la tua tenuta aderente.
Rhoderich appoggiò il viso sulla mano, fissando Raki con un sorrisetto malizioso.
-Sai che sei veramente cresciuta?!-
La ragazza si girò verso di lui, sorpresa,facendo oscillare le lunghe ciocche di capelli.
-Eh?-
-Ma si dai….-
Il suo sguardo poi scese sul seno prosperoso di Raki.
-Siete davvero cresciute un sacco pure voi.-
Il suo sorriso si allargò e se non fosse stato attento, un rigolo di bavetta le sarebbe sceso dalla bocca, ma forse doveva stare più attento a una Raki imbestialita.
-Sei un vecchio porco bastardo!!-
Gli tirò addosso il cucchiaio che aveva a portata di mano e se non fosse stato veloce a scansarci l'avrebbe preso dritto in faccia.
-Dai stavo scherzando!-
Si avvicinò a Gervhart per parlargli all'orecchio.
-Ammetti anche tu che le siano cresciute parecchio?!-
Il ragazzo rimase a fissare Raki, che lo guardava stranita.
-Penso solo che Raki si sia fatta più donna.-
La risposta, data con tanta tranquillità, stupì Rhoderich e persino Raki, anche se non aveva capito la domanda, quella risposta era comunque chiara. Dal canto suo Raki sapeva di essere cresciuta, ma forse Gervhart non capiva che le sue parole avrebbero causato tale scompiglio nella ragazza.
-M-ma…- arrossì, provocandole balbettamenti e strane convulsioni alle mani.
-Stu-stupido vecchio! Che gli hai chiesto?-
-Ho detto qualcosa di sbagliato?-
Chiese circospetto.
-Ma no!- Rhoderich gli diede una pacca sulla spalla. -Sei uomo pure tu adesso! Non hai mica 20 anni per niente! E' giusto tu ti faccia pensieri sconci sulle donne.-
Come era stato per il cucchiaio prima, la ciotola piena di zuppa volò dritta in mezzo ai due, non colpendoli per un soffio, andando a schiantarsi sul muro.
-Siete dei pervertiti!-
Raki a pugni stretti, fece per andarsene.
-Hei, non si spreca la mia buonissima zuppa in questo modo!-
-Tanto fará schifo lo stesso! In dodici anni non sei stato capace di fare un cavolo di zuppa buona!-
Gli fece una linguaccia, in fondo Raki non voleva di certo offendere e questo il vecchio lo sapeva, ma si divertiva ogni volta a prenderla in giro. Ma le voleva un sacco bene.

Raki si era sistemata vicino alla finestra della camera da letto, grazie a una sporgenza poteva sedersi a guardare fuori, dove poté vedere Gervhart che si allontanava con nel fodero la spada.
Sapeva che non andava lontano, ma era sempre bene da quelle parti, portarsi un'arma, in fondo non erano più a Edras.
Rhoderich la raggiunse, appoggiandosi allo stipite della porta, come faceva sempre.
-Ho notato che hai ancora difficoltà a guardarlo negli occhi…-
Raki spostò leggermente la testa e lo sguardo verso di lui, ma non lo guardò in faccia.
-Non riesco a guardare quella ferita senza sentirmi in colpa.-
-Quella volta è stato solo un incidente. Smettila di farti strani complessi.-
Raki si tirò le ginocchia al petto.
-Se solo io non fossi così.-
I suoi occhi socchiusi si illuminarono, quasi a voler piangere.
Rhoderich sospirò scuotendo la testa.

Gervhart aveva raggiunto una collinetta, piena di fiori gialli che inondavano l'aria di profumi dolci. Si era seduto a contemplare il cielo azzurro, mentre alcune nuvole di passaggio coprivano il sole formando qua e là piccole ombre, mentre tirava una leggera brezza d'aria fresca, che gli scompigliava i capelli leggermente mossi.
Se non fosse stato per il vento che in quel momento aveva soffiato più forte, avrebbe giurato di aver sentito una voce chiamarlo, una strana voce sussurrata come portata dal vento.
Gervhart si era girato più volte nei dintorni, ma non aveva scorto nessuno. Eppure quello strano sussurro e il vento lo spingevano ad andare in quella direzione tra quelle radure che non aveva mai visto, lungo quel bosco verde, rigoglioso e assai meraviglioso, eppure così nascosto e fitto che i raggi del sole quasi non riuscivano ad oltrepassare.
L'aveva sentita ancora quella voce, eppure il vento non soffiava più.
Aveva continuato ad andare avanti, sempre guardingo, pronto ad estrarre la spada.
Quando scostò un paio di arbusti per farsi strada, non poté credere ai propri occhi, prese quasi spavento a vedere quella figura esile con quei capelli lunghi d'orati che gli dava la schiena, in quel posto non avrebbe mai immaginato di trovare una ragazza.
Quando sentì l'uomo arrivare, non si spaventò minimamente, anzi, si girò lentamente, con uno sguardo di ghiaccio che fece sobbalzare Gervhart.
Rimase a guadare sbalordito quella figura che si stava pian piano mostrando: i lunghi capelli biondi lisci le arrivavano quasi alle ginocchia, solo un ciuffo le ricadeva sulla fronte, proprio in mezzo agli occhi, di un colore assai raro, ghiaccio, quasi bianchi, in cui poteva vedersi bene la pupilla nera. Indossava al collo un collare d'orato che teneva incrociato il tessuto che le copriva i seni piccoli, mentre la pancia era completamente scoperta, mostrando uno strano tatuaggio, piccole strisce nere che sia andavano ad incontrare nell'intimo della ragazza, coperto solo da un leggero tessuto bianco, che lasciava scoperte le gambe snelle e perfettamente dritte.
La ragazza sorrise maliziosamente, mentre scrutava il ragazzo.
-Vediamo un pò chi è venuto a farmi visita questa volta…-
La sua voce era sensuale, quasi divertita.
Gervhart sentì un brivido alla schiena.
-Chi sei?- gli aveva chiesto tranquillo.
-La solita domanda che mi fanno tutti…il mio nome è Asha, se è questo che vuoi sapere.-
-Cosa ci fai un un posto come questo, per di più senza arma?-
Asha sembrò sorpresa, inarcò di poco il sopracciglio.
-Arma? Io non ho bisogno di nessun arma.-
Il ragazzo sembrò stranito di quella risposta. Non era certo normale che una ragazza così minuta se ne andasse in giro per quei boschi da sola e senza niente con qui proteggersi, a me no che…
-Sei una strega?-
Aveva sentito sempre e solo delle storie su streghe e stregoni, di poteri magici e altre strane creature, in fondo quella domanda poteva essere logica da fare.
Asha fece una smorfia.
-Strega? Attento che potrei sentirmi offesa.-
-Allora chi sei?-
Gervhart cominciò a sentirsi una strana sensazione dentro, le pareva che quella non fosse una semplice ragazza, era tutto troppo strano.
La fanciulla cominciò a camminare verso di lui, il modo in cui si muoveva era parecchio sensuale, i suoi fianchi ondeggiavano, così come i suoi capelli, eppure il suo sguardo su quello del ragazzo era stranamente pericoloso. Gervhart lo aveva intuito.
Il movimento repentino che fece per sfoderare la sua spada contro Asha la fermò di colpo.
-Non avvicinarti! Prima voglio sapere che cosa sei.-
Asha era parecchio stranita, eppure continuava a giocare con lui.
-Solitamente gli uomini  che mi si parano davanti non mi fermano di certo, anzi, a volte sono persino loro a venire da me…-
Il suo sorriso scomparì, lasciando spazio ad un volto serio e spaventoso.
-Ma tu non lo fai, anzi mi punti una spada contro.-
-Se pensi che a me basti vedere un corpo mezzo nudo per farmi capitolare ti sbagli di grosso.-
-Oooh…interessante.-
E mentre continuava a fissarle gli occhi, Gervahart trattenne il respiro quando ad un certo punto non riuscì più a vederli, perché fu una frazione di secondo, uno battito di ciglia e il suo corpo sparì come dissolto in una strana luce, come una magia.
Rimase imbambolato a fissare quel punto, sbattè più volte le palpebre pensando fosse solo uno scherzo della sua vista, ma non era così.
-Mi hai chiesto chi sono?-
La voce di quella donna aveva parlato, ma non capì da dove provenisse e istintivamente si era girato dietro.
-Sono una Necromorpher.-
La sentì appoggiare la mano sulla sua spalla e il respiro caldo nel suo orecchio dietro di lui lo fece Sobbalzare all'indietro girandosi, non l'aveva nemmeno sentita arrivare.
-Ma cosa?-
Eppure era lì, dietro di lui, come prima, che gli sorrideva divertita.
-Una Necromorpher?-
-Si, non ne hai mai sentito parlare?-
-No.-
-Donne ambigue, dannate a vivere una vita lunga fatta di divertimenti, tormenti e disgrazie, possiamo essere anche ritenute delle streghe, ma non pratichiamo magia. Diciamo solo che siamo nate con questo speciale potere…-
Davanti agli occhi di Gervhart, quella che prima era una bellissima ragazza, ora era un bellissima farfalla d'orata, che a ogni sbattimenti di ali, lasciava cadere una polvere lucente.
La guardava avvicinarsi a lui, mentre la sua voce, continuava ad arrivare alle sue orecchie.
-Abbiamo la possibilità di mutare il nostro corpo a nostro piacimento, che sia un animale o un oggetto, purché noi, almeno una volta abbiamo potuto vedere. Però abbiamo dei vincoli, non possiamo trasformarci in animali troppo grandi, così come gli oggetti, possiamo essere lupi, aquile, rocce,spade…-
Si fermò proprio vicino al naso di Gervhart, sentì lo sbattere delle sue ali, prima di riprendere la sua reale forma, ed essere vicinissima a lui.
-Sai qual'è in nostro scopo nella vita?-
-No…-
-Siamo solo donne nella nostra razza. Quello che cerchiamo noi, solitamente è trovare un uomo, riuscire a persuaderlo, divertirci e magari restare incinta, così da continuare la nostra specie. Veniamo continuamente usate per compiacere gli uomini, essere le loro schiave di piacere o armi per i loro insulsi combattimenti per soldi e potere.-
Toccò delicatamente la mano in cui Gervhart teneva la spada, senza staccargli gli occhi di dosso.
-Se volevi questo, non avresti dovuto raccontarmi queste cose.-
-Io ho detto 'solitamente'. Cerchiamo anche qualcuno interessante con cui condividere i nostri poteri.-
Strinse la mano del ragazzo, che istintivamente lasciò andare la spada e proprio in quel momento si ritrovò Asha tra le mani, ma non come persona, ma come una grande spada, che poteva sembrare pesantissima, eppure lui non sentiva nessun peso.
Strabuzzò gli occhi, levando l'arma in alto in modo da poterla vedere meglio.
-Fantastico.-
-Dimmi Gervhart…qual'è il tuo scopo nella vita.-
I pensieri di Gervhart cominciarono a muoversi in diverse direzioni, rivedeva sua madre, i paesaggi di Edras, Raki e persino Rhoderich, poi la faccia che dopo così tanti anni non aveva ancora dimenticato, il tatuaggio di quell'uomo lo fece trasalire.
-Voglio diventare forte, per proteggere le persone più deboli…e poi, voglio la mia vendetta.-
Asha sentì la stretta del ragazzo sull'impugnatura della spada, lei lo sentiva distintamente, in fondo era lei stessa.
Asha ritornò alla sua forma umana, dando di nuovo le spalle.
-Proteggere e vendetta, due parole opposte, una definisce la bontà d'animo, l'altra la cattiveria e la morte.-
-Sono disposto a tutto pur di arrivare ad avere la forza necessaria che mi serve…per salvare il mio paese.-
La Necromorpher, voltandosi, scrutò negli occhi del ragazzo, che sembravano diversi adesso, più decisi.
-Allora ti dirò di più…sei disposto a fare 'il patto' con me?- tornò quel suo sorriso malizioso e superbo.
-Patto?-
-Si. Noi Necromorpher cerchiamo sempre qualcuno da servire, è nella nostra natura, cerchiamo un nostro padrone con cui attraverso 'il patto', diventiamo completamente loro. Non possiamo farne a meno.-
-Questo patto, in che cosa consiste? Perché dovrei accettare una cosa simile?-
-Se accetti il patto, io obbedirò ciecamente ad ogni vostro ordine.-
-Come faccio a sapere che non mi tradirai.-
Il suo sorriso si fece ancora più allungato, mostrando persino i denti bianchissimi, mentre si avvicinava al ragazzo.
-Siete voi che chiedete di fare il patto, a vostro rischio e pericolo.-
-Cosa ci guadagnate voi?-
-Per quanto riguarda me, il divertimento.-
Gervhart non capì.
-Sei un ragazzo interessante, è nella nostra indole cercare sempre qualcosa che stuzzichi la vostra 'voglia' primordiale, c'è chi segue le sue perversioni, chi cerca solo divertimento o la sete di ricchezza e potere, abbiamo una lunghissima vita davanti e a me non mi dispiacerebbe essere la tua 'arma'.-
Gervhart sentì il suo seno premere contro il suo petto, ma non ci diede tanto peso, mentre la sua mano sensualmente gli percorreva il fianco.
-Il patto si può sciogliere?-
-Se il padrone lo richiede, oppure se uno dei due soccombe.-
-Quanti padroni hai avuto.-
Asha fermò la sua mano, quasi stizzita.
-Non lo so…ma quasi tutti sono morti per cause non mie o hanno deciso di troncare il patto se è questo che ti preoccupa. Non sono solita tradire il mio padrone.-
Gervhart le prese quella mano che poco prima lo stava toccando con tanta sensualità, stringendola forte, quasi adirato.
-Voglio fare questo patto con te…ma se mai dovessi accorgermi che mi stai prendendo in giro….-
Il ragazzo strinse di più.
-Sarà peggio per te.-
Mollò la presa, mentre Asha continuò a guardare il suo sguardo tagliente. Prima sembrava un ragazzino smarrito, adesso un uomo risoluto. Rise divertita di quella situazione, forse perché aveva trovato finalmente qualcosa di appagante per la sua indole.
-Mi sa che ho fatto proprio bene, a trovare un tipo come te…-
-Mh?-
Asha si levò da terra, come spinta da quel lieve vortice che si era creato intorno a loro, mentre una strana luce cominciò a salire dal terreno.
Gervhart si guardò intorno, guardò i suoi piedi illuminarsi, fino a quando la ragazza prese tra le mani il suo viso, portandolo a guardarsi negli occhi, che adesso erano sullo stesso livello.
-Allora io stipulo il mio patto con te…-
Asha avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo, che si ritrovò come immobilizzato, stranamente non riusciva a muoversi.
Sentì il calore del suo respiro sulle sue labbra umide.
-…mio padrone.-
Le labbra si unirono.
La luce fu accecante.

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Capitolo 5
*** Cella dell'Inferno.Dicerie.Voglia di tornare ***


Premessa: Giorno ragazzuoli! Che fatica questo capitolo =ç= Odio con tutto il cuore fare certe descrizioni, non sono capace e finisco per perderci del tempo e il capitolo è uno schifo! L'unica parte che mi piace è quella finale...perchè? Perchè i discorsi di Rhoderich, Asha e Raki mi fanno morire XD e pensare che con loro ho in serbo taaante cose, mi porta a scrivere velocemente questi capitoli <3 va bhe che Gervhart è uno che parla poco in questi primi capitoli ma tirerà fuori il meglio di sè! (tiraci fuori anche qualcosa d'altroooo *ç*)
*cofcof* u_u
Che altro dire se non che finalmente dal prossimo cap inizia veramente la storia! *W* stò cercando di fare del mio meglio e tirar fuori una bella fan fiction ;W;
Spero di riuscirci <3






Capitolo 5

Cella dell'Inferno.Dicerie.Voglia di tornare






Si vuole sempre far ritorno a casa.

Prima o poi.

Io non ho mai avuto una casa.

Ma grazie a lui,

ho scoperto cosa significa avere una famiglia,

e cosa significa amare.






Calvadian era un luogo in cui se non eri in grado di proteggerti, sia se eri un uomo, donna o persino un bambino, le probabilità di essere feriti, derubati o nei casi peggiori, uccisi erano elevate.
Spesso gli uomini si divertivano a provare la loro forza e la loro maestria d'armi in scontri all'ultimo sangue. Al di fuori delle città succedeva spesso, tra i più forti che trovavano un qualche malcapitato povero che non poteva nemmeno difendersi o semplicemente capitavano risse e scorribande, per accaparrarsi magari qualche soldo. L'avidità faceva da sovrana a quel posto. Questo a Calvadian era la normalità.
Ma ancora più normale era il fatto che questi scontri potessero avvenire anche in città. Che fosse illegale o meno, nessuno aveva il coraggio di dirlo in giro ne tanto meno il sovrano che presidiava quella città, perché il giro d'affari che ne derivava da quelle bravate poteva servire a raggirare con qualche gruzzoletto persino una persona tanto elevata.
Ma questi scontri avvenivano ben organizzati.
Ed era proprio in uno di quei posti che nonostante fuori fosse notte inoltrata e le luci delle case erano ormai spende da ore, si levavano urla di incitamento quasi in lontananza e il provenire di una luce fioca.
Poteva sembrare una normale locanda all'esterno e persino all'interno, all'entrata un piccolo bancone con una persona intenta a parlare con alcuni uomini, mentre ripuliva svogliatamente un bicchiere di vetro.
Ed era proprio in quel momento che dalla rampa di scale, che si trovava un pò nascosta nell'angolo in fondo, si levarono più forte urla e grida d'incoraggiamento e di stupore, che fece voltare i tre in quella direzione.
-Stà cominciando un altro combattimento?-
Uno dei due al bancone parlò sorseggiando un boccale di birra.
-Sta notte hanno detto che c'era da divertirsi con un nuovo arrivato! Tsk! Non sarà in grado di battere il nostro campione!-
Il barista con sorriso beffardo sistemò il bicchiere sulla scaffalatura in legno.
-Bene…allora andiamo a vedere pure noi questo 'nuovo arrivato'.-
Quelle parole erano state dette con un tono vezzeggiativo, quasi di presa in giro nei confronti della persona citata.
I due si diressero, con il loro boccale di birra, alla rampa di quelle scale, scendendole ti ritrovavi in un posto completamente diverso.
Ed era proprio lì, sotto a quella che poteva sembrare una normale locanda, si trovava quelle che venivano definite 'Le celle dell'Inferno'.
Lo spazio era immenso, niente a che vedere con il piccolo posto al piano superiore, infatti il numero di persone accalcate era davvero notevole. Aveva una forma circolare, tutte quelle persone trovavano posto su gradini in legno, ma dire che quasi nessuno se ne stava seduto, al contrario erano tutti in piedi, che si sporgevano dalle balaustre, urlanti e divertiti.
Erano quasi tutti uomini, se c'erano donne era per accontentare il proprio uomo, che spesso cercava qualche attenzione più erotica da parte sua.
Più si scendeva, più i gradini circolari si stringevano, fino ad arrivare alla parte più bassa, circondata da una rete alla quale alcuni uomini, dalla foga, si aggrappavano sbattendola come fossero animali.
Molti si scolavano bottiglie o bicchieri di birra, vino o altri liquori che vendeva la casa, c'era poi chi sventolava banconote, probabilmente per la scommessa sul suo vincitore.
Ed era proprio da quello spazio transennato più basso, simile così a una gabbia, dove il suolo era ricoperto da una sabbia grigiastra, sporcata solo di qualche macchia rossa di qualche avversario ferito, un uomo al centro alzò un braccio, che fece abbassare il tono di voce agli spettatori, rimanendo solo un leggero brusio e qualche fischio.
-E' giunto il momento del prossimo combattimento! Il tanto atteso questa notte!-
Si levarono alcune urla di sostentamento e l'uomo fece cenno di calmarsi, ma sempre molto sorridente e scenografico.
-Vedremo scontrarsi da una parte, il nostro campione indiscusso, colui che conta zero sconfitte e contro cui nessuno vorrebbe scontrarsi, anche se qualche ragazzino testardo lo troviamo sempre…-
La sua era una chiara presa in giro alla persona che aveva richiesto di combattere e si levarono risate divertite e qualche brutta presa in giro.
-Ma signori! Date il vostro caloroso appoggio al nostro campione dell'Inferno, Vardar!-
L'urlo che si alzò come un'ondata di mille bisonti, fece tremare l'intero edificio, i piedi sbattevano a terra, i pugni sulle balaustre sembravano tuoni e la gente aggrappata alla ringhiera la sbatteva convulsamente.
Tra tutta quella confusione, dall'apertura che dava sul ring, un uomo dalla grossa corporatura uscì in tutta la sua imponenza, incitando la folla a braccai alzate, come se venisse acclamato un eroe.
La sua testa completamente rasata, in cui faceva capolino una lunga cicatrice e il suo sorriso sghembo e divertito gli davano un aspetto ancora più burbero e sbruffone.
Indossava un'armatura semplice, che proteggeva il torace e la schiena,con spallini che ricoprivano parte del braccio e brandiva una spada corta.
E mentre Vardar si prendeva la sua gloria il presentatore continuò la sua parte.
-E ora chiamiamo nella cella, il nuovo ragazzo che ha avuto le palle, e forse anche un pò di stupidità, da presentarsi qui e voler combattere contro il campione! Ecco a voi Gervhart!-
Vardar incuriosito si voltò verso quell'altra entrata, di fianco a quella da dove era uscito lui, per poter assaporare quel momento in cui avrebbe scorto la faccia del suo avversario.
I passi decisi che facevano levare la polvere, come  qualcosa di magico, il suo corpo muscoloso ma esile, senza nessun tipo di armatura indosso, con una semplice canotta marrone chiaro che delineava ogni suo muscolo e quei pantaloni larghi più scuri, era diverso da come se lo aspettava la gente lì fuori.
Non era cambiato in quegli anni, solo il viso si era fatto più spigoloso e quel pizzetto che portava lo faceva sembrare già più uomo.
Nonostante la differenza d'altezza, anche se Gervhart portava bene il suo metro e novanta, Vardar si vedeva costretto ad abbassare lo sguardo per vederlo e dal canto suo il ragazzo non provava certo timore nel guardarlo dritto negli occhi e come era stato per molti, uno strano brivido gli percose la schiena.
Ma lo sguardo beffardo dell'uomo si scostò subito dopo, quando alle spalle di Gervhart una ragazza dai capelli d'orati e la corporatura esile, si era avvicinata con fare sensuale, fermandosi alla destra del suo padrone.
Erano passati cinque anni da quando lui e Asha avevano stretto il patto, lui sembrava essere cambiato, ma Asha sembrava essersi congelata nel tempo, i suoi lineamenti, il suo viso era tutto perfettamente come la prima volta che si erano incontrati.
Gli uomini che prima facevano tanto chiasso, si erano ammutoliti o almeno le loro voci si erano fatte più basse, vociferavano dallo stupore di quella strana scena che si presentava davanti ai loro occhi.
Gervhart e Asha erano diventati l'attrazione del momento, ma dato che voleva essere 'lui' il re della scena, Vardar cercò di mettere in ridicolo il ragazzo, con il suo temperamento.
-Hei ragazzo! E' uno scherzo? Non siamo venuti a giocare con le bambole, è un posto pericoloso per le donzelle come la signorina!-
Il suo sorriso malizioso, guardò da capo a piedi la silhouette di Asha, come un vecchio pervertito.
-Faresti meglio a tornartene a casa prima che ti faccia male ragazzino. Se vuoi puoi lasciare qui la tua amichetta…sarebbe un bell'affare no?-
Gridò con tono di voce divertito per farsi sentire da tutti, ed infatti la gente cominciò a dargli ragione, con insulti e pretesti per farlo andare via e anche commenti poco eleganti rivolti verso Asha.
-Tsk!-
Una ragazza incappucciata che si trovava in mezzo alla folla, stranamente seduta e tranquilla a braccia conserte, sembrava contrariata dalla situazione.
-Stupido individuo muscoloso e senza cervello! Non ha ancora capito con chi ha a che fare!-
-Stà tranquilla e rilassati.-
Le rispose un signore affianco, incappucciato come lei.
-Goditi lo spettacolo!-
Il suo sorriso divertito era la prova che sapeva le reali capacità di Gervhart.
Vardar era riuscito ad incitare ancora la folla.
-Ragazzino dimmi…qual'è la tua arma? Non vorrai certo combattere senza.-
Asha sorrise, sapendo già la risposta.
-La mia arma dici? E' proprio qui al mio fianco.-
L'uomo inarcò il sopracciglio guardando la ragazza.
-Buhahahahaah! Non prendermi per il culo ragazzino! La tua arma? Forse vorrai dire la tua donna giocattolo? Vorrei provare anche io a divertirmi con lei!-
La sua grande mano si protese verso Asha, ma fu un attimo perché Gervhart lo aveva fermato cingendogli il polso con la mano. A quel gesto tutti si zittirono di nuovo, pure Vardar sembrava stupito, forse per il fatto che lo aveva fermato con una semplice stretta della mano e che non aveva mosso nient'altro con quel movimento repentino.
-Non ti azzardare a toccarla…-
Il suo sguardo era tagliente, il suo solito sguardo che dilaniava ogni suo avversario o bestia.
Sentiva la pressione sul suo polso, la stretta si faceva sempre più forte, se non avesse ritratto in quel momento il braccio, probabilmente se lo sarebbe trovato rotto.
-Bastardo di un ragazzino.-
Si massaggiò il polso.
-Bene!- il commentatore che cominciò a rendersi conto che tra i due cominciava ad esserci una certa tensione, cercò di riprendere in mano la situazione.
-Avete potuto ammirare anche la prontezza del nostro giovane sfidante! Avete fatto le vostre scommesse signori?! Vogliamo dare inizio a questo combattimento?-
A quella domanda, tutti risposero con un sonoro 'Si!'.
Si avvicinò ai due, che si trovavano faccia a faccia.
-Visto che sei nuovo e se non ricordi le regole: è concesso usare qualsiasi arma, puoi decidere se risparmiare il tuo sfidante o meno, evitate di coinvolgere nella vostra battaglia le persone, non vorremo mai perdere i nostri portatori di soldoni.-
-Non mi sembrano regole queste.-
-In effetti…qui è tutto lecito, puoi fare quello che vuoi, anzi, più c'è sangue e più la gente qui si diverte. Fate del vostro meglio.-
-Anche se il sangue che scorrerà sarà il tuo!-
Vardar lo beffeggiò ancora una volta, ma Gervhart sembrò fregarsene, questo lo fece imbestialire non poco.
-Bastardo!!-
Nonostante nessuno avesse ancora dato il via allo scontro, l'uomo fece volare in aria la sua spada per poi farla ricadere pesantemente sul ragazzo.
Ma il movimento all'indietro suo e di Asha, fece solo si che la lama si conficcasse nel terreno smuovendo un gran polverone.
-Asha…-
-Mi dia un ordine padrone.-
Non bastò quello a fermare Vardar, che era già ripartito all'attacco.
-Sai già quello che devi fare.-
Il sorriso che si allargò sul viso di Asha fu quasi inquietante.
-Agli ordini.-
Quando l'uomo attaccò ancora una volta, il tintinnio delle lame che si toccarono fu quasi assordante.
Gervhart teneva tra le mani uno spadone enorme con tanta leggerezza da sembrare quasi di carta, lo stupore generale nell'aver visto quella scena era lo stesso che stava provando quell'uomo che fino a poco tempo prima beffeggiava quel ragazzino.
-Ma cosa?-
-Non ho tempo da perdere. Scusa ma….devo vedere una cosa.-
Con una spinta della spada Gervhart si divincolò, spostando all'indietro Vardas che per poco non perse l'equilibrio e fu proprio in quel frangente che, come un giaguaro, si era avvicinato a lui, eludendo la sua difesa e sferrandogli un fendente alla spalla destra.
La ragazza incappucciata si alzò di scatto, sporgendosi dalla balaustra per vedere meglio.
La spallina che ricopriva la sua spalla, si spaccò in due, lasciando a nudo quella parte.
Tutti rimasero zitti, aspettando di vedere la prossima mossa dei due.
L'uomo era rimasto pietrificato, sia dalla velocità del ragazzo che dalla sua notevole maneggevolezza di quell'arma.
Gervhart notò subito il tatuaggio sulla sua spalla. Era un serpente, quello che Gervhart ricordava dopo tanto tempo di quell'individuo che uccise sua madre, ma forse non era quello che stava cercando.
-E' lui?-
Gli aveva domandato la voce di Asha che solo lui poteva sentire.
Lo schiocco della sua lingua e la fronte corrugata erano un chiaro segno di disapprovazione, lo era di più il fatto che tornò ad una posizione di estrema tranquillità, lasciando cadere la spada lungo il fianco, come se non avesse più la voglia di continuare a combattere.
Vardar, che era rimasto ancora sbigottito dal colpo subito, non perse però tempo, anzi la rabbia gli era salita alla stelle, lo dimostrava il continuo tic nervoso all'occhio.
-Hei! Hai intenzione di ritirarti, ragazzino?-
Gervhart non rispose, si limitò a guardarlo per qualche minuto, poi voltandosi per tornare da dove era entrato, rispose alla domanda.
-E' che non mi interessi più.-
Aveva preso a camminare, a passo lento, il suo atteggiamento fece arrabbiare ancora di più il combattente, che digrignò i denti, sentendosi preso in giro da un ragazzino alle prime armi, anche se non era così.
-Come osi mocciosooooooo!-
I suoi passi pesanti facevano tremare la sala e alzare polvere ogni qual volta piombavano a terra, i suoi muscoli irrigiditi pronti a sferrare il colpo contro un Gervhart di spalle che non sembrava minimamente intimorito, solo quando lo sentì troppo vicino ebbe la prontezza di voltarsi.
-Asha!-
Fu un battito di ciglia.
Non fu la spada a scontrarsi pesantemente contro l'armatura dell'uomo, accartocciandosi all'impatto, ma un grosso martello che colpì dritto la sua pancia, strozzando il suo urlo e facendolo volare come una pallina contro le barriere della 'gabbia'.
Lo stupore generale fece da sovrano in quel momento, tutta l'accozzaglia di gente era rimasta ammutolita e pietrificata dalla scena, vedendosi abbattere in poco tempo il loro campione.
Gervhart si tirò sù, spostandosi dal viso i capelli più lunghi con un movimento della testa, lasciando ciondolare il suo orecchino destro, colore rosso, mentre Asha ritornava al suo stato naturale.
Ritornò sui suoi passi, questa volta convinto che Vardas non si sarebbe rialzato, sotto gli occhi increduli degli spettatori, che probabilmente avevano perso una fortuna, puntando tutto contro Gervhart.

Solitamente il vincitore degli scontri, si accaparrava parte delle scommesse, e Gervhart avrebbe sicuramente avuto un bel gruzzoletto, ma non gli importò, anzi, prima ancora di essere raggiunto da qualcuno si divincolò velocemente da quella casa di scontri.
Si ritrovò fuori, alla luce della luna e delle stelle, la brezza fresca della notte gli accarezzava la pelle bruna, per un istante aveva trovato la pace. Anche se non durò per molto.
-Avresti dovuto dargliene di più a quello sbruffone!-
La ragazza incappucciata che si era tanto infervorata durante l'incontro uscì dall'ombra delle case, seguita dall'altra persona che era con lei.
-Non avevo più motivo di essere interessato a lui, Raki.-
Raki si levò il cappuccio, mostrando il suo viso contrariato e sbuffando più volte, proprio come una bambina capricciosa.
-Ho faticato parecchio per tenerla a bada, la ragazzina!-
Rhoderich si mostrò anche lui, ma diversamente da Raki pareva soddisfatto. Anche per lui gli anni erano passati, ormai aveva l'aspetto di un uomo sulla quarantina, i capelli già più brizzolati di un tempo, la barba più incolta e le rughe vicino a gli occhi, gli davano quell'aria vissuta. Ma rimaneva sempre il solito sorridente e ironico Rhoderich.
-Purtroppo non era la persona che stavi cercando, vero Gervhart?-
Asha lo fissava a braccia conserte.
Gervhart spostò lo sguardo sconsolato a terra.
-No…il tatuaggio non era lo stesso. Ho seguito una pista sbagliata. E poi avevo capito già guardandolo, che non poteva essere lui l'uomo dal tatuaggio di serpente.-
Ci fu un attimo di silenzio, l'unico suono era il fruscio del vento che si era fatto più intenso.
-Va bhe!-
Rhoderich era sempre il primo a rompere il silenzio con la sua vitalità.
-E' andata così! E' tardi, torniamocene alla locanda, domani torneremo a casa.-
Il vecchio fu il primo a prendere il passo, seguito da Raki che sospirò abbattuta.
Gervhart rimase un attimo fermo, a pensare chissà cosa, forse allo scontro avuto, oppure che aveva fallito e si era illuso di poter trovare ancora quell'uomo, nonostante fossero passati così tanti anni.
Ma proprio in quel momento alcuni uomini passarono nella via affianco, parlavano sottovoce, una discussione che attirò l'attenzione del ragazzo.
-Avete sentito di Edras? Pare che la situazione si stia aggravando.-
-Già. Ho sentito anche che l'esercito che sta' soggiogando Edras, faccia lavorare duramente i suoi abitanti e non permette più la navigazione e il commercio con Calvadian.-
-Però un mio amico mercante dice che il mercato con Edras è ancora attivo. Ma solo i mercanti di Calvadian possono attraversare il mare e prendere le merci. Insomma non ha senso.-
-Probabilmente vogliono mantenere dei buoni rapporti con Calvadian, ma così facendo gli abitanti di Edras vengono trattati come schiavi.-
-Già…ma il nostro esercito non ha intenzione di metterci le mani. Non vogliamo certo scatenare una guerra contro un paese che ci dà tanti beni.-
Si misero a ridere.
-Almeno noi siamo al sicuro. Lasciamo lavorare chi di dovere!-
Le loro risate e i loro discorsi così superficiali, fecero imbestialire Gervhart, che stringeva i pugni fino a far diventare bianche le nocche, avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma i suoi occhi stavano dicendo altro, oltre alle semplici parole forse sarebbe arrivato alle mani in quel momento, se non fosse stato per la mano calda e delicata che si era appoggiata sulla sua spalla, trovando subito un senso di tranquillità.
-Gervhart?-
Asha lo guardava preoccupata, quei suoi occhi di ghiaccio che sembravano quasi spettrali al chiaro di luna.
Subito Gervhart si tranquillizzò, passandosi una mano sulla fronte.
-Va tutto bene Asha.-
Erano stati per cinque anni Arma e Padrone, il rapporto che si stava creando tra i due diventava sempre più forte e ambiguo, i loro sentimenti e tormenti potevano sentirli entrambi, e forse Asha aveva capito cosa lo affliggeva.
Il loro momento venne disturbato dalla voce di Raki che li intimava di muoversi.

-Io continuo a ripetere che sarebbe stato un combattimento più eccitante se Harty lo avesse ridicolizzato per bene, quel colosso!-
Raki addentò voracemente il pezzo di carne che aveva sulla punta della forchetta.
Sicuramente non gli era andato giù il finale dalla notte prima, spesso se non si faceva come diceva lei, lo rimproverava anche per giorni, proprio come stava facendo durante quel pranzo.
-Insomma, io prima gli avrei fatto pensare di essere un ingenua ragazzina…- imitava con voce fanciullesca le sue parole e i gesti di una ragazza debole e carina.
-Poi lo avrei picchiato in continuazione, ridicolizzandolo con qualunque mezzo e infine lo avrei fatto strisciare a i miei piedi e non lo lasciavo andare fin quando non mi avesse chiesto scusa!-
Si atteggiava orgogliosamente, attirando anche l'attenzione degli altri commensali della locanda, certo, oltre a quello, attirava l'attenzione degli uomini anche per le sue prosperose forme, che si muovevano sensualmente a ogni suo movimento. Ma lei non sembrava darci nessun peso.
-Raki, datti una calmata…stai attirando un pò troppo l'attenzione.-
Rhoderich, di fianco a lei, sapeva che quegli occhi indiscreti e poco raccomandabili, stavano facendo strani pensieri sulla sua 'bambina'.
La ragazza mise il broncio, rubando per ripicca l'ultima fetta di carne al vecchio.
-Hei ragazzina! Sei un pozzo senza fondo!-
-MHa è cosHi buona…- parlava con la bocca piena biascicando alcune parole.
-Se vuoi puoi mangiare pure la mia.-
Asha le abbozzò un sorriso, aveva quasi lasciato tutta la bistecca, mangiandone solo qualche boccone.
A Raki le si illuminarono gli occhi, con l'acquolina in bocca, che mandò giù sonoramente.
-Davvero posso Asha?-
-Certo!-
-Grazie!-
La ragazza di tutta fretta inforcò il cibo, tutta sorridente.
-Adesso capisco poi dove ti va a finire tutta quella carne.-
Rhoderich sembrava serio.
Subito Raki non capì quella affermazione, intenta com'era a gustarsi il suo cibo.
-Eh?-
-Invece tu Asha dovresti mangiare di più…così metteresti su un bel paio di tette come quelle di Raki.-
-Lei lo vorrebbe veramente?-
Asha gli sorrise maliziosamente, appoggiando il mento sulla mano.
Rhoderich ci pensò su un momento prima di rispondere.
-Mh…lo sai cara che sei la mia donna preferita. Sei perfetta così, sensuale e provocatrice al punto giusto.-
Rhoderich ci stava provando,in fondo lui era sempre stato così con le donne, lo si poteva intuire dallo sguardo marpione e da quel sorrisino appena abbozzato.
-Ci sta' provando con me?-
-Se solo tu mi dessi il via libera…-
La sua mano si diresse verso quella della ragazza, appoggiata sul tavolo.
-Dovrei chiederlo al mio padrone…-
Lo scambio di sguardi provocatori dei due si facevano sempre più intensi.
-Facciamo senza il suo consen-
La forchetta che sia andò a conficcare nel tavolo di legno, giusto tra l'indice e il medio della mano di Rhoderich, lo fece fermare di colpo, preso di sorpresa.
Raki la teneva ben salda.
-Ti consiglio di tenere i tuoi tentacoli appiccicosi lontano di Asha, pervertito di un vecchio!-
-Ma che ti importa a te scusa?! Sono un uomo maturo io e posso fare quel che mi pare!-
Asha si divertiva a vedere i battibecchi tra i due, forse era per questo che ogni volta provocava Rhoderich in quel modo.
-Insomma Harty! Vuoi dire qualcosa a questi due, almeno tu!-
Gervhart che era rimasto per tutto quel tempo zitto, non si era degnato di risponderle, anzi, era intento a guardare dalla parte opposta, sembrava estraneo a quello che stavano facendo i suoi amici, pensieroso di qualcosa.
Erano rimasti a fissarlo, ma sembrava con lo sguardo perso nel vuoto, non fissava nulla in particolare.
-Harty?!-
Raki lo richiamò ancora, questa volta sussultò, girandosi con sguardo sbalordito, come se non capisse il perché lo avessero chiamato.
-Mi sembri un pò tra le nuvole.-
Raki lo riprese preoccupata.
-No….stavo solo pensando…-
Rimasero in silenzio un attimo, pareva che Gervhart avesse qualcosa di importante da dire.
-Stavo pensando…di tornare a Edras.-
Quelle parole spiazzarono tutti.

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Capitolo 6
*** Partiamo?.Ho bisogno di te.Porto ***


Premessa: Paraparapparàààà! *A* Sono riuscita a finire anche questo capitolo =ç= Ogni volta che riesco a terminarne uno è per me una conquista XD Perchè non voglio lasciare incompiuta questa fic! E niente, è un capitolo tranquillo, più che altro stò cercando di dare spazio alle caratterizzazioni dei personaggi, facendoli interagire tra loro e poi mi piace ogni situazione che ne scaturisce, mi viene naturale scrivere questa fic <3
Spero solo che non sia troppo banale e noiosa...ma pian piano arriveranno anche cose più interessanti =W=
Bene, finisco col dire che dopo questo capitolo mi sono fatta tante pare mentali sulla coppia AshaRaki XD Bhe, mi piace metterci del malizioso in ogni cosa che faccio =W=
Buona lettura <3






Capitolo 6

Partiamo?.Ho bisogno di te.Porto







Dopo quella sua uscita alla locanda, Gervhart non ne aveva più parlato, anzi, nessuno sembrava intenzionata a ripassarci sopra.
Rhoderich aveva sviato il discorso con una fragorosa risata, prendendolo come uno scherzo, aveva ordinato da bere ancora una volta e da lì nessuno aveva più parlato di quello.
Il perché gli fosse venuta un'idea del genere in quel momento, forse lo doveva al fatto di aver sentito quelle parole, sentir parlare del suo paese in quel modo gli aveva fatto ribollire il sangue.
Anche durante il viaggio di ritorno a casa, quella casetta che ormai era diventata la 'sua' casa, nessuna aveva tirato fuori il discorso.
Non ci era voluto molto nel tornare, la città in cui si erano diretti, spinti da quelle dicerie sull'uomo dal tatuaggio di serpente, non era molto lontana, c'era voluto giusto l'intera giornata di cammino. Ci avrebbero impiegato un pò meno, se Raki non si fosse fermata spesso a fare pipì e perdeva tempo a cercare il posto giusto, arrabbiandosi con il vecchio che continuamente la prendeva in giro.
Era tutto nella normalità, anche Gervhart sembrava essersi dimenticato di quella sua uscita o forse era solo un'impressione.
-Whaaaaaa!-
Raki si buttò sulla pelliccia d'orso che per anni era stato il suo posticino preferito dove schiacciare pisolini.
-Adesso che sei a casa puoi fare tutta la pipì che vuoi nel bagno!-
Il tono sarcastico di Rhoderich, mentre si accingeva ad appoggiare per terra il pesante zaino, le fece fare una smorfia con tanto di linguaccia.
-Non sei per nulla simpatico.-
Incrociò le braccia al petto sviando lo sguardo altrove, ritrovandosi subito dopo la maglietta puzzolente e zozza del vecchio gettatale sul viso.
-Ma che schifo!- Se la levò con fare schifata, toccandola appena.
Rhoderich le sorrideva ambiguamente, con il torso nudo in bella mostra, che nonostante gli anni portava egregiamente e lo mostrava con aria soddisfatta portando le mani sui fianchi.
-Preferisco la linguaccia che mi fa Asha.-
Si era voltato proprio verso di lei, cercandone lo sguardo e lei di tutta risposta le aveva mostrato quella lingua maliziosa, in cui portava quel piercing rotondo.
-Dannatamente bello.-
Aveva parlottato tra sè, ma Raki lo aveva sentito bene e non poté non tirargli la sua stessa maglia con violenza addosso.
-Pervertito.-
-Lo vuoi anche tu Raki un piercing?-
Asha si era avvicinata a lei, sempre con quel sorrisino malizioso, per poi inginocchiarsi vicino alla ragazza.
-Ma fa male?-
-Dipende…-
Passò gli occhi sul tutto il suo corpo, soffermandosi poi sulla pancia scoperta.
-Ad esempio qui.-
Le sfiorò delicatamente il ventre con fare sensuale.
-Hai una pancia così piatta che un piercing all'ombelico sarebbe davvero carino.-
A quel tocco così delicato e quel suo sguardo che sembrava volesse mangiarla con gli occhi, Raki arrossì.
-A-Asha?!-
-Non crede anche lei signor Rhoderich che sarebbe carino?-
Asha cercò il viso del vecchio, che però non trovò, dato che si era voltato altrove coprendosi il naso con le mani.
-Ragazze…evitate di fare certe cose davanti a me.-
Le due si guardarono interrogative.
-Sei proprio un pervertito.-
Gli cantilenarono in coro.
Raki notò Gervhart intento a sistemare le varie cianfrusaglie portate dietro per il viaggio, ma dietro al sua indifferenza, sapeva che quello che aveva detto non era un semplice scherzo e sapeva che avrebbe dovuto parlarne con lui, in fondo entrambi erano stati segnati nel cuore quello stesso giorno di 17 anni fa.
-Harty?-
Lo aveva chiamato preoccupata.
Lui si voltò verso di lei, come fecero gli altri.
Raki si mise seduta, stringendo le ginocchia al petto, come se si sentisse insicura di quello che stava per dire.
-Quando hai parlato di tornare a Edras…dicevi su serio?-
Non lo guardò neanche negli occhi.
Una strana tensione si vide negli occhi di tutti, persino in quelli di Asha che stranamente si rabbuiò.
Gervhart in un primo momento si stupì, pensava che nessuno avesse il coraggio di ritornare sull'argomento, soprattutto da parte di Raki.
-Non scherzavo.-
In effetti il suo sguardo era serissimo, riuscì solo per un istante Raki a guardarlo dritto negli occhi.
Ci fu un momento di silenzio, nella quale chissà quali pensieri passavano nella mente di ognuno.
Raki si alzò di scatto, il viso chino, mordendosi le labbra strinse i pugni lungo i fianchi, sembrava dover urlare da un momento all'altro.
Ma quella che poteva sembrare pronta per una sfuriata, si rivelò tutt'altro.
Il sorriso a trentadue denti che si delineò sul viso di Raki, così raggiante e felice lasciò di stucco tutti quanti.
-Non vedevo l'ora che tu lo dicessi!-
I suoi occhi brillavano come quelli di una bambina a cui hanno regalato il gioco che tanto sognava.
Gervhart era rimasto a bocca aperta, non si aspettava certo una reazione del genere.
Le si era avvicinata saltellante, ritrovandosela a pochi centimetri di distanza, anzi, si alzò in punta di piedi per avvicinarsi di più al viso del ragazzo. Era strano che le si avvicinasse così tanto e lo guardasse così negli occhi, di questo Rhoderich se ne accorse, forse era troppo presa dalla situazione euforica che si era scordata del perché le era così difficile guardarlo in viso.
-Quando si parte?-
-Cosa?-
-Voglio tornare pure io a Edras! Voglio dare una bella lezione a quei farabutti!-
Mostrò soddisfatta il suo braccio muscoloso.
Per anni aveva pensato che Raki non volesse saperne di tornare a Edras, in quel luogo che per loro aveva significato la separazione di persone importanti, pensava che l'avrebbe fatta soffrire di più e lui, aveva promesso di proteggerla, anche dai dolori dell'anima.
-Raki…ne sei sicura?-
-Ma certo!-
La sua vitalità lo fece sorridere.
Rhoderich schioccò la lingua in senso di disapprovazione.
-Hei ehi! Ragazzini. Forse non vi è chiara la situazione. Non si tratta di un gioco. Cosa pensate di cambiare in due?-
-In tre…-
Asha si avvicinò al suo padrone.
-Qualsiasi decisione di Gervhart è anche la mia.-
Rhoderich si grattò il capo.
-Questo non cambia le cose. Non sapete cosa ci sia da quell'altra parte, oltre quel mare. Non voglio nemmeno pensarci!-
-Appunto perché non sappiamo cosa ci aspetta dall'altra parte…-
Gervhart fece un passo avanti.
-Voglio vedere con i miei occhi la 'mia' terra.-
Rhoderich si stupì della determinazione che vedeva nei suoi occhi. Doveva ammettere che era cresciuto, non era più un bambino, era diventato forte, però, aveva anche paura di perderlo.
Li aveva accuditi come figli e il solo pensare di causare loro del male lo faceva stare male, eppure vederli così determinati in questa situazione, lo faceva sospirare.
-Sapevo che alla fine sarebbe giunto questo momento. Sapevo che un giorno mi avresti chiesto di tornare a Edras, però…-
I suoi occhi divennero pensierosi.
-Non pensare che sia una passeggiata.-
Gli puntò il dito contro.
-E non pensare che ti lasci fare quello che vorrai, signorino.-
Gervhart sorrise. Sapeva che era preoccupato per quella faccenda, ma gli venne comunque da ridere, vederlo cercare di fare il superiore con lui.
-Cercherò di obbedirti, in qualche modo.-
Rhoderich sbuffò, scuotendo le spalle.
-Non sono più adatto per questo genere di cose.-
-Con il vecchio siamo in quattro allora!-
Raki, seguita da Asha, si intromise tra i due.
-Non finirà bene questa storia.-
Cercava di fare il drammatico, ma sapeva che non poteva fermarli e avrebbe fatto di tutto purché potessero arrivare ad Edras, la loro terra d'origine.
-Per potermi riposare al meglio…-
Abbracciò Asha dolcemente, ritrovandosi a sfiorarsi le punte del naso.
-Saresti disposta a dormire con me stanotte?-
La Necromorpher sorrise divertita.
-Solo se mi vorrà nella mia forma con cui solitamente dormo.-
La flebile luce che avvolse il corpo della ragazza, nascose la sua trasformazione fino al suo completamento e quello che si trovò tra le braccia Rhoderich non sembrava di suo gradimento.
Una bellissima gattina bianca, dal pelo lucido, poco lungo e una coda lunga che sventolava avanti e indietro.
-Miao!-
La gatta quasi sembrava sorridergli, con gli occhioni grandi e azzurri, ma Rhoderich se la teneva distante, quasi schifato.
-No ti prego! Lo sai che-
Cominciò con uno starnuto, poi due, tanto da dover mollare Asha che con un balzo saltò vicino alle gambe di Raki, avvinghiandosi facendole le fusa.
-Whahahah! Rho! E' fantastico che tu sia allergico ai gatti. Almeno non ti avvicini ad Asha durante la notte, vecchio pervertito.-
La ragazzina rideva fiera, mentre il pover uomo continuava a starnutire, cercando di trattenersi con la mano.
Per Gervhart quelle scene erano diventate famigliari, ogni volta che si fermava a guardarli si dimenticava del passato, delle sue ferite e del fardello che portava sul spalle, quelle promesse fatte, che ancora non aveva dimenticato.
Ma in quei momenti voleva soltanto essere felice.

L'aria fresca della sera, accarezzava il viso di Gervhart, seduto sul tronco spezzato, usato spesso quando se ne voleva stare fuori all'aria aperta, con il fruscio delle foglie che gli faceva da sottofondo, l'unico suono in mezzo a tutta quella tranquillità e la luna grande nel cielo nero illuminava flebilmente quel luogo.
Si era trovato a chiudere gli occhi e assaporare quel silenzio, anche se sentiva la voce squillante di Raki in lontananza, chissà cosa stava facendo.
Gli venne da sorride.
Quando riaprì gli occhi davanti a lui, vicino ad un cespuglio, roteava un piccola lucina, una lucciola, che sembrava danzare per attirare la sua attenzione.
Si limitò a fissarla, uno strano sentimento di nostalgia gli percosse il cuore, quasi come una presenza familiare, dolce e malinconica alla stesso tempo.
Stranamente le venne in mente il volto di sua madre.
Si diceva che le anime dei defunti persi in mare, diventassero un tutt'uno con il luogo stesso, dalle alghe marine, alle rocce dei fiumi, o si reincarnavano in piccoli animali, che vagavano per i mari o i fiumi, pesci, rane e piccoli animali che vagavano nei pressi della laguna.
Erano solo storielle e dicerie antiche, ma gli venne da pensare a quello, vedendo quella piccola lucciola svolazzargli a poca distanza.
Ma i suoi pensieri vennero abbandonati quando sentì dei passi arrivargli da dietro, ma conosceva bene il suono di quel passo.
-Hei!-
Rhoderich si strofinò il naso ancora un volta.
-Quelle ragazzine sono davvero delle pestifere!-
-Sei tu che te le cerchi.-
Il vecchio si imbronciò, ma subito dopo posò pesantemente la sua mano sulla testa di Gervhart, avvicinandosi sorridente al suo orecchio.
-Non mi dirai che hai due belle donzelle al tuo fianco e mai hai fatto certi pensieri sconci su di loro?!-
Il ragazzo ci pensò su un attimo, guardando al cielo, quasi pensieroso.
-Non mi risulta.-
Di tutta risposta gli scompigliò i capelli con quella grande mano, quelle stesse mani rovinate dall'età, ma che erano sempre state dolci e premurose.
-Diamine!-
Sembrava quasi un rimprovero.
-Hai l'aspetto di un uomo grande e grosso, eppure a volte pensi ancora come un bambino! Chissà cosa ti passa per questa testolina.-
Lo spingeva così forte, che si vedeva costretto a ripiegare la testa verso il basso, ma mai con l'intento di fargli del male.
-Per questo ho bisogno di te.-
A quelle parole serie di Gervhart, il vecchio si fermò, rimanendo a fissare il suo viso, coperto dai lunghi capelli scompigliati.
-Ho bisogno che tu stia al mio fianco adesso, come non mai. Perché se farò delle sciocchezze, tu sarai lì a bacchettarmi sulle mani.-
Rhoderich poteva intravedere i suoi occhi timorosi, come la paura di fare qualcosa di irreparabile. Conosceva le reali intenzioni di Gervhart, sapeva che cosa stava cercando e sapeva che avrebbe potuto sicuramente trovarlo a Edras, questo gli faceva più paura di tutto.
Sospirò, liberando la testa del ragazzo della sua presa.
-Devo proprio badare ancora a voi marmocchi eh?-
-Gazie Rhoderich.-
Il vecchio lo guardò con la coda dell'occhio, era un ragazzo davvero strano, poteva sembrare sempre imbronciato e insensibile, ma poi quando gli sorrideva in quel modo, diventava il ragazzo più dolce che avesse mai incontrato.
Ancora non riusciva bene a capirlo.
Il loro dialogo venne interrotto dalle grida di dolore di Raki, provenire da casa.
-Ahiaaaaa! Asha mi fai male!-
-E' solo un buco nella pelle, cosa vuoi che sia!-
-Si, ma fa male!….e poi dove stai toccando? Ashaaaaa!-
Rhoderich si schiaffò la mano sulla faccia, sfinito.
-Che Dio mi aiuti.-

Il porto di Calvadian.
Non era un semplice porto dove navi mercantili arrivavano e salpavano, era una vera e propria città.
Comprendeva una vasta zona lungo le rive del mar Medio, chilometri di riva, in cui attraccavano navi di ogni dimensione e tipo, da quelle più grandi, crociere per i più diligenti e ricchi, pescherecci di grandi e piccole dimensioni, a imbarcazioni mercantili che importavano le merci da Edras.
Ma oltre a quello, era impressionante la quantità di gente che pullulava in quel posto. Perché avvenivano spesso direttamente lì, la compravendita delle merci, soprattutto di quel più pregiate o che non potevano essere trasportate a lunghe distanze per le terre di Calvadian. Il pesce era quello più diffuso e ricercato. Le grida dei mercanti per accaparrarsi la clientela migliore, le risate dei marinai e gli scaricatori, il brusio delle persone e i rumori di tutto quel trambusto, facevano da padroni in quel meraviglioso, ma anche caotico posto.
Certamente Raki e Gervhart non ne erano abituati.
Raki venne spintonata da un uomo dalle spalle molto più larghe del suo amico d'infanzia.
-Hei! Energumeno guarda dove vai!-
Aveva alzato il pugno a mezz'aria e gridato quelle parole tentando di farsi vedere, mentre l'uomo si girò svogliatamente, quasi grugnendo, ma lei non sembrava minimamente spaventata, anzi lo guardava con quei suoi occhi gialli aggrottando le sopracciglia.
Venne strattonata per la spalla.
-Vedi di fare la brava bambina e non metterti nei casini!-
Le aveva sussurrato all'orecchio Rhoderich.
-Mi scusi! Ma è una ragazzina un pò manesca.-
Aveva elargito un sorriso di circostanza a quel tizio, che senza dire nulla aveva ripreso per la sua strada.
Raki sbuffò, mentre il vecchio la teneva per il colletto della maglia.
Vennero raggiunti da Gervhart, che si faceva spazio tra la folla, proteggendo Asha che si guardava intorno.
-Questo posto è veramente affollato.-
-Purtroppo l'unico modo per arrivare a Edras.-
Asha lo fissò negli occhi. Gervhart aveva gli occhi puntati verso il mare, lui che era molto alto lo poteva vedere oltre quelle persone.
Era stato proprio lui, giorni fa a preoccuparsi di come arrivare nella sua terra d'origine.

-Come ci arriveremo a Edras?-
Tra tutto quel trambusto che stavano facendo Raki e Rhoderich mentre litigavano per chissà cosa, Gervhart se ne uscì con quella domanda che spiazzò tutti, facendo calare il silenzio.
-Mh. Penso che sarà un bel problema.-
Rhoderich inarcò il sopracciglio pensieroso.
-Noi non abbiamo nessuna imbarcazione. Poi sicuramente le coste di Edras saranno tenute sotto controllo. Sarebbe troppo pericoloso.-
-L'unica sarebbe andare al porto di Calvadian.- Asha continuò. -E poter trovare un passaggio tra i mercanti.-
Ghervahrt si intromise.
-Sarà difficile trovare qualcuno disposto a portarci a Edras, con tutti i controlli che avvengono poi arrivati là. Ci saranno soldati ovunque.-
-Ma è l'unico modo per arrivarci. Bisognerà però essere cauti.-
Diede un'occhiataccia a Raki.
-Soprattutto tu! Vedi di non metterti nei guai!-
Se ne era uscita con una linguaccia, proprio come gli stava facendo ora al porto. E meno male che si era raccomandato di non fare cose avventate.
Ma erano da lì che dovevano passare. Il primo ostacolo che si parava davanti a loro in questo viaggio, non sarebbe stato una passeggiata.

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Capitolo 7
*** Ricerca di una nave.Aiuto.Selva ***


Premessa: non ci posso credere, sono riuscita finalmente ad aggiornare *A* Sapevo che d'ora in avanti sarebbe stato più difficile, ma non immaginavo così! Ma almeno pian piano aggoirno XD Anzi, se devo dire la verità, questo è il peggior capitolo che ho scritto ;A; Non mi riusciva. Solitamente ci impiego poco per scrivere i capitoli, ma questa volta mi ci sono voluti due giorni per saltarci fuori. Speriamo che ai prossimi non sia così!
Bhe che dire, che è un capitolo noioso =_= è stato noioso per me da scrivere figuriamoci per voi da leggere. Ma quando prenderà il via la storia speriamo vi aggradi di più. Attendete!
Avrei voluto fare il cap più lungo, ma devo stare entro certi limiti, altrimenti il capitolo non si chiudeva bene.
Dunque vi auguro un buona lettura, per quanto buona possa essere D:



Capitolo 7

Ricerca di una nave.Aiuto.Selva







Come la corrente di un fiume che scorre veloce lungo il suo letto, il via vai di gente lungo la grande strada che dava sul mare, sembrava proprio lo scorrere di un torrente, mentre come un piccolo sassolino fermo in mezzo a quel mare di persone, che si vedevano costrette a girarci intorno per non sbatterci addosso, Raki se ne stava impalata ritta su di se, la bocca semi aperta in una espressione stupita, ammirava quel grande veliero dalle vele gonfie e bianche candide, simili a nuvole che si stagliavano nel cielo azzurro che ne faceva da sfondo.
Non ne aveva mai visti di così grandi, aveva visto qualche piccola imbarcazione da quando era a Calvadian, non aveva mai avuto più l'occasione di salire su una barca dopo quel giorno, l'unico giorno in cui salì su un'imbarcazione fu quella per abbandonare la sua casa.
Ma non erano certo quei pensieri a cui andava pensando, solo un gran stupore di come una cosa così massiccia riuscisse a navigare sul mare, di come era possibile manovrarla e come l'uomo avesse potuto avere l'ingegno di fare una cosa simile.
Raki era talmente persa nelle sue domande che non faceva minimamente caso alla gente intorno a lei o semplicemente alle persone che stava seguendo.
Solo nel momento in cui si sentì prendere per mano, una mano calda, quel calore che sapeva riconoscere tra mille, che la sua mano conosceva da sempre, la riportò alla realtà.
Come svegliata da un sogno, sobbalzò, sbattendo più volte le palpebre, illuminando ancora di più i suoi occhi ambrati.
Si voltò di scatto ritrovandosi Gervhart a braccio teso che le teneva ancora la mano, delicatamente, in mezzo a tutta quella gente che si era fatta più fitta.
-Vedi di non perderti.-
E come era sempre stato, quella sua voce, fin da quando era piccola, l'aveva sempre calmata. Il tempo era passato e la sua voce si era fatta più roca, più da uomo, ma la dolcezza con cui rivolgeva quelle parole a lei, la facevano tornare bambina.
-Non voglio perdere altro tempo a venirti a cercare. Per cui stammi vicina.-
La sua mano la strinse di più, ma non le fece mai male, per qualche istante Raki la fissò. La sua mano era così piccola e sottile, pareva così bianca a confronto della carnagione scura di Gervhart.
-Andiamo!-
Lei annuì, sembrava la figlia che veniva portata per mano dal padre per paura di perderla nella folla, in certi frangenti lui ancora la trattava come  la bambina che era tempo fa e in quei momenti Raki non riusciva a far scaturire la sua forte personalità.
Anzi, vedere la schiena di Gervhart e sentire la sua mano stretta nella sua la fece arrossire e ringraziò il cielo perché il ragazzo non la stesse guardando.

Il molo era ancora più rumoroso del mercato nonostante la gente si ammassasse principalmente su quello, ma gli scaricatori avevano la tendenza ad urlare per farsi sentire e ne avevano tutte le ragioni, lo sbattere delle casse in legno, persino le onde del mare che si infrangevano sulle navi si mescolava a tutti gli altri rumori, creando una sorta di concerto di diversi suoni.
Ma c'erano anche donne ben vestite, eleganti e con vestiti sfarzosi, civettavano in gruppetti o in compagnia di un uomo in uniforme, gente che molto probabilmente viaggiava nei lussuosi velieri.
Potevano non passare inosservate certe bellezze eleganti, ma neanche Asha, nonostante il suo vestiario frivolo e semplice, attirava su di se molti sguardi e molto spesso cercavano di attirare la sua attenzione con qualche fischio o elogio, ma lei sembrava non darci peso, aveva occhi solo per il suo padrone che seguiva come un'ombra.
Da quando si erano avvicinati al molo, Rhoderich aveva detto di nascondere le proprie armi, lui stesso aveva coperto la sua spada con il mantello, ma Gervhart aveva risposto con una semplice frase: 'Penso di star nascondendo la mia arma meglio di chiunque altro, penso che nessuno se ne accorgerà!'
Asha fece spallucce sorridendo, Raki ridacchiò in faccia al vecchio che si sentì preso in giro.
Avevano adocchiato diverse navi, mercantili più che altro, non troppo grandi da dare nell'occhio almeno e proprio ad una di queste si avvicinarono.
Rhoderich si presentò ad un uomo intento a scaricare una cassa di legno che sembrava parecchio pesante.
-Scusi il disturbo.-
L'uomo si levò su dopo aver appoggiato a terra la merce, passandosi la mano sulla fronte grondante di sudore.
-Mi dica. Ha bisogno di qualcosa?-
Rhoderich fece un tale sorriso di circostanza che a Raki vennero i brividi a guardarlo, sembrava la persona più gentile del mondo.
-Io e la mia famiglia…-
Si voltò per presentarli, spiazzando i tre. Gli aveva detto che ci avrebbe pensato lui a cosa dire e certe balle se le poteva inventare solo lui.
-Avremo un grosso favore da chiedere.-
L'uomo inarcò il sopracciglio non capendo.
-E sarebbe?-
-So che è un brutto momento questo, ma…avremo bisogno di un passaggio per Edras.-
A quelle parole il marinaio sobbalzò, scrutandosi intorno sospettoso, come se avesse paura che qualcuno li stesse ascoltando.
-Ascoltatemi bene…-
Si  avvicinò a Rhoderich, parlò sottovoce e sembrò parecchio adirato.
-Se pensate che qualcuno vi aiuti ad arrivare ad Edras vi sbagliate di grosso. Non c'è nessuno disposto a rischiare il linciaggio per delle personcine come voi.  Se le guardie ad Edras vi scoprono vi uccidono e uccidono chi vi porta. Non ho motivo di chiedervi il motivo che vi spinge ad andare ad Edras, non mi interessa, ma…-
Ci fu un momento di silenzio.
-Quel paese è cambiato parecchio. Non pensate che arrivati là sia tutto tranquillo e felice come una volta. Edras è irriconoscibile.-
Il cuore di Gervhart fremette, quelle parole avevano stranamente riaperto nella sua mente certi ricordi, i ricordi felici della sua terra, del suo piccolo villaggio e delle persone a lui care, suo padre e sua madre che gli sorride, quel sorriso amorevole di una madre gentile, ma tutto viene offuscato dalle fiamme rosse di quella notte, le urla e le grida disperate risuonavano nella sua mente.
Raki vide la sua mano tremare, non riusciva bene a vederlo in volto, i suoi occhi erano coperti dalle ciocche di capelli ondulate, ma poteva vedere i muscoli del viso contrarsi e quando lo faceva, sapeva bene che era adirato. Non lo faceva quasi mai, non era uno che si arrabbiava facilmente, anzi quella era una delle poche volte che lo vedeva fare così.
Avrebbe voluto prendergli la mano, come faceva lui con lei, però si sentiva una stupida, forse poteva dargli fastidio, avrebbe preso la sua mano e poi? Si sentiva più che altro in imbarazzo, era strano, perchè erano cresciuti insieme, ormai si conoscevano da tanti anni, eppure cominciava ad avere queste strane emozioni che frenavano spesso le sue azioni. Ma prima ancora di prendere la sua decisione Asha posò la mano sulla schiena del ragazzo, tranquillizzandolo subito. Lo vide voltarsi verso di lei ma non poté vedere la sua espressione.
Provarono a corromperlo con del denaro, quel denaro che Gervhart e a volte Rhoderich mettevano da parte combattendo nelle Celle dell'inferno. Non erano grandi appassionati di quel genere, ma pur di avere qualche soldo da parte facevano anche quello.
Chiesero ad altri mercanti, ma tutti diedero quasi la stessa risposta. Avevano troppa paura di portare qualcuno oltre il Mar Medio, la situazione a Edras sembrava essere più complicata del previsto.

-Uff!-
Raki sbuffò sedendosi a terra, con le gambe a penzoloni giù dal molo, stanca e con la pancia che brontolava dalla fame.
-Sono stanca e ho fame.-
-Non pensavo sarebbe stato così difficile. Sapevo che c'erano poche speranze, ma almeno qualcuno su centinaia di navi…-
-'Lasciate fare a me!' Aveva detto!- Raki cantilenò la frase imitando Rho. -E ci ritroviamo ancora con i piedi a terra.-
Il vecchio scompigliò i capelli della ragazza che la spinse tanto forte che dovette star attenta a non finire in mare.
-Mi basta poco per metterti a mollo i piedini, insieme a tutto il resto!-
Gervhart non si era lasciato trasportare nei loro battibecchi, ma la sua attenzione era stata attirata da alcune grida arrabbiate più avanti.
Poteva scorgere alcuni giovani marinai che se la stavano prendendo con un signore più anziano, dalla folta barba grigiastra e il viso solcato da lunghi anni di duro lavoro.
Probabilmente il vecchio aveva sbattuto contro il giovane marinaio facendogli cadere la cassa di pesce, che si era riversato in terra, adirando il ragazzo.
-Vecchio la prossima volta guarda dove vai! O sei diventato anche cieco oltre che sordo?-
Il ragazzo gli parlava a poca distanza dalla punta del suo naso, ma lui sembrava rimanere impassibile a viso chino.
Dal canto su Gervhart  odiava qualsiasi tipo di violenza anche verbale su chi non aveva colpe, sicuramente non poteva averlo fatto apposta.
-Hei vecchio mi stai a sentire? Voglio le tue scuse!-
Ma non ebbe alcuna risposta.
Il ragazzo inarcò il sopracciglio ancora più arrabbiato di prima, lo prese per il colletto ed era pronto a sferrargli un pugno in pieno viso, ma una mano più grande della sua gli strinse il polso, fermando la sua azione.
Si era voltato verso quella persona che aveva osato fermarlo pensando che avrebbe preso a pugni prima lui, ma appena si accorse che Gervhart era decisamente più robusto di lui strabuzzò gli occhi, indietreggiando.
-C'è qualche problema?-
Il tono di Gervhart era tranquillo, non era un ragazzo attaccabrighe, cercava sempre di evitare le risse.
Gli 'amici' del marinaio erano rimasti fino a quel momento in disparte, avrebbero potuto aiutare l'amico che si era voltato cercando conforto, ma l'unica cosa fu quella di voltare le spalle e intimare al ragazzo di andarsene.
Se ne andò anche lui, non prima di aver dato un'occhiataccia a Gervhart, ritrovandosi però di fronte due occhi verdi simili a quelli di una belva.
Rabbrividì, ma pure lui voleva evitare di arrivare alle mani, soprattutto con uno così. Riprese la sua merce e si avviò per la sua strada.
Gervhart sospirò e notò che il vecchio, dai capelli bianchi raccolti in un codino, non aveva profuso parola nè si era mosso dal suo posto.
-Tutto bene?-
Il vecchio alzò lo sguardo incrociando gli occhi del ragazzo.
-I giovani d'oggi non hanno un briciolo di rispetto per le persone più vecchie di loro.-
Sotto le sopracciglia folte si nascondevano due occhi cristallini, simili all'azzurro del mare, il suo viso rovinato dall'età e dal duro lavoro, come mostravano le sue mani grandi ma ormai vecchie, il vestiario che pareva poco pulito, un cotone pesante e dai colori scuri.
-Comunque ti ringrazio, ma avrei fatto anche da solo, non c'era bisogno che ti scomodassi.-
Detto questo l'uomo si voltò, riprendendo ad aggiustare un piccola rete da pesca.
-Per me è stato sono un piacere aiutarla.-
Il vecchio si voltò di scatto.
-Cosa vuoi in cambio?-
Il suo tono sembrava accusatorio, come il suo sguardo.
-Al giorno d'oggi se qualcuno fa una buona azione lo fa con l'intento di avere qualcosa in cambio!-
-Mi creda io…-
Non fece in tempo a finire la frase che Rhoderich lo spostò, sorridente come non mai, sembrava brillare alla luce del sole.
-Salve Signore! Vedo che ha già fatto la conoscenza del mio caro figliolo!-
-Figl-
Ghervhart venne ancora una volta bloccato.
-E' proprio un bravo ragazzo non è vero?-
L'anziano inarcò il sopracciglio stizzito.
-E le mie care ragazze? Non sono uno splendore?-
Indicò Raki e Asha che erano arrivate lì per caso, solo perché Rhoderich le aveva abbandonate saltellando via felice come il sole e l'unica cosa sensata fu quello di seguirlo. Rimasero sbigottite da quella presentazione, Rho era uno che di balle se ne inventava tante, ma quella era veramente il meglio. O il peggio.
Sospirò sconsolato.
-Sà…siamo scappati da Edras quando è cominciata l'invasione. Sono riuscito a portare in salvo i miei cari figli, ma purtroppo mia moglie è rimasta ad Edras.-
Faceva il melodrammatico, sembrava stesse recitando in una tragedia da teatro.
-Adesso che i miei figli sono grandi, vogliamo portare via da quella terra ormai dilaniata dalla guerra anche la loro madre. Per cui la prego…-
Si avvicinò al vecchio stringendogli le mani.
-Sarebbe così gentile da portarci a Edras con la sua nave?-
Raki avrebbe voluto scomparire, vederlo fingere in quel modo le metteva i brividi. Asha sembrava pensare ad altro, era una che non si scomodava per certe cose manteneva sempre un autocontrollo incredibile.
-Senta, Signor…-
-Rhoderich.-
-Senta Signor Rhoderich, sarò anche un vecchio decrepito con emorroidi grandi come una balena ma…non sono uno stupido!-
-Eh?-
-E lei come attore fa veramente schifo! Quelle non sono le sue figlie, una mora e una bionda, non si somigliano nemmeno nel pisciare e quel ragazzotto non è suo figlio…si vede nel modo in cui la sta' guardando, il che spiega che lei è un'emerito idiota.-
Quelle parole spiazzarono tutti, Asha invece pareva divertita, sorridendo sotto i baffi.
-Levatevi dalla testa che io vi porti a Edras.-
Fece per rigirarsi, ma Rhoderich non si diede per vinto, anzi, sembrò diventata una sfida tra lui e il vecchietto.
-Ok allora, la storia strappalacrime non le è piaciuta?-
Prese Asha per un braccio e gliela presentò davanti, in tutta la sua bellezza.
-La vede questa bella fanciulla? Può essere sua se ci porta a Edras!-
Gervhart strabuzzò gli occhi, Raki avrebbe voluto prenderlo a pugni,pure Asha sembrò sconvolta da quella sua presa di posizione, soprattutto senza chiederle il permesso o almeno il permesso del suo padrone.
Dal canto suo, il vecchio, vedendosi davanti un corpo femminile del genere, oltretutto seminudo non poté non guardarlo e arrossire, cosa che cercò subito di nascondere.
-Ma…co-come si permette! Non sono un vecchio pervertito io!-
Levò il pugno per aria sbraitando. Almeno questo lo aveva smosso in qualche modo e Rhoderich sogghignava.
-Ah no? L'ho vista sà, come ha guardato il suo corpo.-
Gli sorrise maliziosamente.
Il vecchio arrossì nuovamente.
-Stupido!-
Ci fu un momento di silenzio, in cui tutti aspettarono una ribattutta.
-Le ragazzine piatte non mi piacciono!-
A queste parole tutti rimasero basiti, non si aspettavano una risposta del genere da lui, che fino a quel momento sembrava una persona seria e matura. Asha si guardò il seno, non si faceva certi complessi per il suo corpo, anzi, poteva essere anche la ragazza più piatta al mondo ma sapeva sfruttare al meglio le sue potenzialità in altri modi, ma nessuno aveva mai parlato così del suo seno.
Fatto sta' che non ci fu verso di adescare il marinaio, che ritornò sbuffando e parlocchiando tra sè e sè al suo lavoro. Non ci fù più motivo di smuoverlo.

Il sole stava calando, disegnando sfumature color pastello nel cielo e il mare brillava come piccoli diamanti.
-Come diavolo ti è venuta in mente la storia dei figli?-
Raki sbuffò adirata.
-Non era una storia commuovente? Pensavo che con il vecchio avrebbe funzionato.-
-La prossima volta che mi usi come merce di scambio giuro che ti taglio il gingillo.-
Il sorrisetto di Asha a Rhoderich lo fece rabbrividire.
-Eheh, non stavo mica dicendo sul serio.-
La Necromorpher lo guardò di sottecchi, facendolo zittire.
-Non avremmo dovuto prenderci gioco di lui.-
Gervhart sembrava parecchio sconsolato, perché lui veramente non voleva chiedere in cambio nulla per l'azione che aveva fatto prima e si era sentito in colpa per aver provato a raggirare quell'uomo.
-Se vuoi tornare a casa devi provarle tutte…mi sembra parecchio ambigua questa frase.-
Si fermò a pensare, aggrottando le sopracciglia e tenendosi il mento tra la mano. Sembrava realmente una persona colta e matura in quel momento, tanto che Asha si fermò ad ammirarlo.
Raki continuava a guardare il suo amico d'infanzia, vedeva l'amarezza sul suo volto, la tristezza di non essere riusciti a superare quel primo ostacolo e pure lei sentiva di dover fare qualcosa, di provare il tutto per tutto per poter riuscire a ritornare al suo paese d'origine. Avrebbe fatto qualsiasi cosa. Almeno per Gervhart.
Si fermò di scatto.
-Raki?-
Gervhart si girò a guardarla, preoccupato.
-A mali estremi, estremi rimedi!-
Aveva parlato a bassa voce, quasi come se quella frase fosse rivolta a lei stessa.
Il suo sguardo era determinato, i pugni stretti lungo i fianchi, nessuno di loro aveva capito cosa stesse per fare. Ma una cosa era certa…quando Raki aveva quella luce negli occhi, non presagiva nulla di buono.

Il vecchio marinaio era intento a impilare delle piccole casse, ma pareva parecchio stanco. Aveva un fisico comunque possente, non era tanto alto, poteva essere già abituato a quel genere di fatica, ma aveva comunque la sua veneranda età. Si diede dei colpetti alla schiena, sospirando.
Mentre si asciugava il sudore dalla fronte, si voltò, ritrovandosi il viso di Raki a pochi centimetri dal naso.
Prese spavento, indietreggiando, ritrovandosi a sbattere contro il muro.
-Ancora tu? Cosa vuoi ragazzina?-
Inizialmente sembro burbero come prima ma strabuzzò gli occhi a quella visione: Raki strinse le braccia attorno al seno, questo lo fece sembrare ancora più grande e e voluminoso, si avvicinò a lui con un visino angelico, gli occhi lucidi e quel rossore sulle guance la facevano sembrare ancora più carina e dolce.
L'uomo deglutì.
-Avevi detto che ti piacciono le ragazze con certe forme no?!-
Il vecchio si sentì alle strette, avrebbe voluto scappare ma non avrebbe certo potuto buttare giù quel muro e davanti a lui si trovava una ragazza dalle forme abbondanti che lo stava provocando e letteralmente mettendo con le spalle al muro.
-Stai lontana ragazzina!-
Cercava di rimanere serio, ma i suo balbettare lo stava tradendo. Raki giocò la sua unica carta, sorridendo maliziosamente.
-Se ci porti a Edras…questo potrebbe essere tuo.-

-Ma dove diamine è sparita?-
Rho si stava impazientendo o forse cercava solo di mascherare il fatto che fosse preoccupato per Raki, camminando su e giù per il molo.
-Aveva detto che sarebbe tornata subito.-
-Appunto! Dovè?-
-Calmati Rho, vedrai che arriverà, sa cavarsela.-
Pure Gervhart poteva sembrare tranquillo, seduto su una cassa di legno, ma non lo era, infatti continuava a guardarsi intorno sperando di scorgere la ragazza tornare.
-Eccola!-
Asha indicò Raki con lo sguardo, che tutta sorridente e saltellante, come se dicesse 'Ecco visto! Io sono riuscita in quello che voi non siete riusciti a affare!' arrivava seguita dallo strano vecchio.
-Dove diamine ti eri cacciata?-
Non fece in tempo ad arrivare che Rhoderich la inondò di domande. Guardò stranito il marinaio.
-E lui?-
Gli chiese poi, come se fosse spuntato da nulla.
Raki sorrise a trentadue denti.
-E' la persona che ci porterà a Edras.-
Strabuzzarono gli occhi, increduli.
-Cosa?-
-Ho cambiato idea. Penso che vi aiuterò.-
Rho lo guardò assottigliando lo sguardo, per qualche ragione sembrava non credergli.
-Cosa ti ha fatto cambiare idea?-
Il vecchio arrossì leggermente, ma non proferì parola, si limitò a sviare lo sguardo.
Rhoderich guardò Raki che continuava a sorridere.
Cosa pensò in quel momento nessuno poteva immaginarlo ma gli venne in mente il possibile motivo, perché con uno scatto indicò la ragazza, incredulo.
-Raki! Non sarà che-
Questa volta fù Gervhart a troncare la frase dell'uomo, parandosi davanti a lui ritrovandosi faccia affaccia col vecchio.
-Mi dispiace per prima. Se le abbiamo recato disturbo con certe frasi.-
Il marinaio lo guardò con superiorità.
-E' davvero intenzionato a portarci a Edras?-
-Penso di si…-
Non era una risposta positiva e nemmeno negativa, ma era sempre un inizio.
Gervhart sorrise.
-La ringrazio.-
-Tsk! Ringraziatemi se arriverete sani e salvi a Edras. Mh?-
Il ragazzo gli pose la mano.
-Io sono Gervhart.-
Il vecchio guardò per un attimo negli occhi quel ragazzo e la sua mano. I suoi occhi azzurri per un istante parvero quasi malinconici, ma poi sorrise dolcemente, cosa che non aveva mai fatto da prima.
-Io sono Selva.-
Si strinsero la mano, due mani che avevano vissuto epoche diverse e che adesso si erano incontrate su quella strada, una nuova strada da percorrere insieme.

-Quindi hai una nave grande, se trasporti merci di valore.-
Rhoderich non sembrava già in buoni rapporti con Selva, si davano occhiatacce e si stuzzicavano continuamente.
-Tsk! La mia imbarcazione naviga ormai da anni in questo mare e ne ha passate parecchie! E' inaffondabile!-
-Sarà sicuramente un'ottima nave.-
Asha invece cercava di essere gentile, in fondo in tutti quegli anni vissuti, aveva imparato come comportarsi con ogni tipo di persona.
Camminarono lungo il molo, passando continue barche e navi, ormai il porto era tranquillo, svuotato di tutte quelle persone che si accalcavano già alle prime luci dell'alba, ma sparivano appena il sole calava.
-E' una delle migliori!-
Svoltarono l'angolo e si parò davanti a loro un'immagine che gli fece venire il brividi. Ma non erano brividi di esaltazione, ben si di paura.
Non era una nave come tutte le altre, no. Era la più brutta e mal ridotta di tutte le imbarcazioni viste per tutto il giorno.
-Forza ciurma! Domani si parte per il grande viaggio!-
In quel momento avevano capito che la loro vita era appesa ad un filo. E se era il filo che teneva insieme le vele di quell'imbarcazione…erano già morti.

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Capitolo 8
*** Voci.Anima.Tempesta ***


Premessa: Baldi giovani *A*9 Son finalmente tornata dalle vacanze e finalmente ho avuto il tempo di scrivere questo nuovo capitolo. Capitolo molto tranquillo, penserete che la stia prendendo un po troppo per le lunghe, soprattutto leggendo certi capitoli, ma non voglio lasciare nulla al caso. Nel senso che voglio che si delineino bene il carattere e i sentimenti di qualsiasi personaggio, sia di quelli che già conoscete benissimo, sia di quelli nuovi che pian piano entreranno o usciranno dalla storia.
E comunque in questi capitoli c'è sempre un pizzico di mistero che aumenta la curiosità 8D ne metto giusto qualcuno ogni tanto!
Ammetto che forse le cose saranno ancora più confuse, ma non preoccupatevi che tutto avrà un senso <3
Detto questo vi lascio a questo nuovo capitolo che stranamente mi piace come è uscito XD

Ps: Stò cominciando ad innamorarmi seriamente della coppia RhoderichAsha <3


Capitolo 8

Voci.Anima.Tempesta







'La senti la mia voce?
Il tuo sangue stà fremendo.
Lo sento.
Quello che cerchi ti stà divorando dentro.
Non lo puoi sentire, ma io l'ho percepito.
Vieni da me…
Vieni da me!'


Gervhart si svegliò di soprassalto, scattò in avanti, ansimando, quasi gli mancò il respiro, sentì il cuore pompargli nel petto quasi a scoppiare.
Piccole gocce di sudore gli solcavano il viso stravolto in una smorfia quasi impanicata, anche se in quel momento, lui stesso non aveva idea del perché quella reazione.
Si, aveva sentito quella strana voce gutturale, una voce maschile, quasi era parsa come un ruggito che lo aveva svegliato, ma le parole cominciarono a svanire dalla sua mente, divennero confuse, non riusciva più a ricordare, come la sua vista annebbiata in quel momento, sentì gli occhi quasi bruciargli e quella brutta sensazione gli fece sbattere più volte le palpebre.
Solo poco dopo, quando anche il cuore tornò al suo ritmo naturale e i suoi occhi misero a fuoco, si calmò tirando un sospiro di sollievo.
Tornò ad appoggiare la schiena contro il legno della barca che scricchiolò, era ancora caldo, doveva aver dormito in quella posizione per qualche ora, seduto su quel pavimento duro per niente comodo.
Ma probabilmente era talmente stanco che appena si era seduto, le onde che cullavano quella piccola bagnarola, nonostante l'insicurezza che dava, lo avevano portato dolcemente nel mondo dei sogni.
Fino a quando qualcosa non lo aveva svegliato.
Si passò una mano sulla fronte ancora bagnata di sudore e si ritrovò a fissare il cielo di un blu intenso, perfettamente limpido, la miriade di stelle nel cielo avrebbe fatto passar la voglia a chiunque di poter provare a contarle.
Le loro luci sfumavano il blu scuro in sfumature azzurrognole e persino pennellate di viola che animavano la notte.
Ma a far luce in quel manto bluastro, la Luna piena diffondeva la sua luminosità su quella distesa d'acqua, che pareva colorata di bianco.
A quella vista così serena, Gervhart si era tranquillizzato, anche i suoi occhi avevano ripreso lucidità.
Si guardò intorno, l'unica luce accesa proveniva dalla piccola stiva  che aveva proprio alle spalle.
Si scostò  giusto quel poco per poter girare il viso e vedere, scesi il pochi gradini, quella che doveva essere riservata alla merce e al proprietario della nave, si trovava un'amaca attaccata ai due lati della stiva, contro il muro, dove Raki stava tranquillamente dormendo, coperta fino alle spalle, mentre il suo soffio faceva vibrare la fiamma dalla candela vicino a lei, su una specie di tavolino improvvisato, ovvero una delle casse in legno più piccole, tra tutte quelle che c'erano nella stiva perfettamente impilate e legate.
Asha aveva preso la sua forma da gatto e dormiva raggomitolata sulla coperta in fondo ai piedi della ragazza.
Gervhart abbozzò un sorriso tranquillo, in tutta quella calma non poteva non sentirsi il russare di Rhoderich, che come il ragazzo, si era seduto più in là, a prua della nave, seduto per terra a gambe distese e le braccia conserte.
La sua testa ciondolava in avanti e quando sembrava stesse per cadere la ritirava su, gorgogliando con il naso, per poi tornare a russare a bocca aperta.
Erano tutti stanchi. Quel pomeriggio prima che il sole tramontasse, avevano aiutato il vecchio caricare le provviste per il viaggio e tutto il necessario.
Rhoderich aveva subito messo in chiaro le cose con Selva, riprendendolo più volte di non provarci con le due ragazze, ma il vecchio aveva sviato l'argomento sbuffando. Ma non erano mancate le continue frecciatine l'un l'altro.
Selva poi aveva notato le armi che portavano, ma non si era assolutamente preoccupato, anzi gli di disse tranquillamente di smettere di nasconderle, almeno fin quando erano sulla sua nave.
Non aveva chiesto un perché, non sembrava minimamente colpito, non aveva fatto domande, come loro non avevano chiesto niente su di lui.
Ognuno si faceva gli affari propri, come era giusto che fosse in quel frangente. Forse era più giusto così.
-Non riesci a dormire?-
Selva arrivò da dietro, distogliendo Gervhart dalla sua osservazione.
Si girò sorridendo, piegando una gamba, appoggiando sul ginocchio il braccio per aver una posizione più comoda e dinamica.
-Colpa di strani sogni.-
-Incubi?-
Non lo sapeva nemmeno lui, certamente non era stato un bel sogno, ma si poteva definire anche solo tale?
-Diciamo…strani sogni.-
Selva inarcò il sopracciglio confuso, era davvero una risposta strana, quasi senza senso, ma non voleva, dal canto suo, ficcare il naso.
Fece un piccolo cenno del capo vicino al ragazzo come per dirgli 'Posso sedermi?' e Gervhart non potè far a meno di chiederglielo.
-Grazie!-
Mugugnò qualcosa mentre si sedeva, data la sua età e stazza, faceva fatica a sedersi per terra come lui.
Quando trovò la posizione più comoda, scosse davanti agli occhi del ragazzo una bottiglia di liquore, che brillò alla luce della luna.
-No grazie!- Rifiutò gentilmente l'offerta, stupendo Selva che forse pensò che essendo così giovane un sorso lo avrebbe anche bevuto, ma scosse le spalle e si attacco alla bottiglia.
-Anche lei non riesce a dormire?-
Selva si fermò repentinamente, guardandolo storto.
-Smettila di darmi del lei! Mi fai sentire vecchio! E io non sono un vecchio babbeo!-
-Scusami Selva.-
Trovando tutta la sincerità negli occhi del quel ragazzo il mercante si volle lasciar andare, forse perché dal loro primo incontro aveva scorto in lui qualcosa di diverso.
Poggiò la bottiglia accanto, facendo un piccolo rumore ovattato.
-Certo che la tua amichetta è davvero carina, ha davvero un seno enorme.-
Era strano come lo disse seriamente, senza balbettare o arrossire come aveva fatto parlando di certi argomenti, anzi, pareva molto più tranquillo e sereno, come se fossero le cose più normali da dire.
-La bellezza di una donna non si calcola dalle sue forme.-
Se fosse stato possibile a Selva gli si sarebbe staccata la mandibola dalla faccia. Rimase quasi a bocca aperta da quella risposta data così repentinamente senza un momento di esitazione. Si fermò a guardarlo mentre nei suoi occhi verdi si rifletteva la luce della luna e i suoi capelli venivano mossi da quella leggera brezza.
-Comunque non ho nessuna intenzione losca con lei. In verità non mi è mai importato di qualsiasi ricompensa per questo viaggio, lo faccio perché mi va.-
-Lo sapevo!-
Gervhart gli sorrise proprio come se lo sapesse fin dall'inizio e come si aspettava che Raki se il vecchio si fosse avvicinato a lei gli avrebbe mollato un pugno in pieno viso.
-Sei davvero un ragazzo intelligente. Non se ne trovano così al giorno d'oggi. Sei un piccolo puntino bianco in mezzo al nero più profondo.-
I loro occhi si incrociarono e per un istante il vento si alzò più forte, facendo gonfiare le vele dell'imbarcazione.
-Non penso di essere una persona così speciale, anzi, penso che forse quel puntino potrebbe tingersi di rosso.-
Il suo volto che prima pareva sereno, adesso era rattristato, quasi pensieroso.
-Stiamo andando a Edras per un mio capriccio, se così vogliamo definirlo. Non so neanche se è la cosa giusta, perché ho paura di mettere a rischio le persone a cui tengo. Ma più di tutto, ho paura  di me stesso…ho paura di far qualcosa di sbagliato.-
Il mercante sospirò.
-Per questo esistono gli amici.-
Per la prima volta, Gervhart lo vide sorridere sotto quella folta barba.
-Vogliamo sempre proteggere ciò a cui teniamo.-
Diede delle pacche al pavimento della nave, quasi come se fosse un amico.
-Questa nave, è la 'persona' a cui tengo di più al mondo.-
Il ragazzo parve stupito.
Selva guardò la sua mano appoggiata alle assi di legno, quelle sue mani vecchie e corrose dal suo lavoro, ma il suo sguardo quasi brillò di malinconia misto a felicità, come se ricordasse qualcosa di passato, ma che da una parte amava ricordare.
-Perchè è legata alla sua anima…-
Lasciò in sospeso la frase, per poi continuarla.
-Ero giovane. A Calvadian chi non è di alto rango, diventa mercante, ma quello era il mio sogno fin da bambino. Volevo solcare i mari, lontano dal mondo caotico e violento di quel paese. Con i pochi soldi che avevano messo da parte i miei genitori, comprai questa barca. Non era un gran che, ma a me bastava così.
Quando arrivai per la prima volta a Edras, mi sembrava di vivere in un'altro mondo. Così pacifico. E proprio lì incontrai una ragazza. Si chiamava Shila. Era una ragazza stupenda, aveva i capelli corvini tagliati perfettamente a caschetto e aveva un piccolo ciuffo ribelle sulla frangia che tentava sempre di sistemare, ma invano. Gli occhi castani grandi e sempre luminosi.
E il suo sorriso…-
Lo vedeva sorridere orgoglioso.
-Sapeva farti sorridere anche nei momenti difficili. Era una cercatrice di pietre preziose. Nonostante fosse così giovane, sapeva riconoscere qualsiasi tipo di pietra, nome e valore. Era persino una che scalava le più alte montagne per cercare i giacimenti e spesso era lei che li lavorava. Eppure aveva delle mani perfettamente pulite e curate. Era bello come fosse orgogliosa di quello che faceva e col tempo ho imparato ad amarlo pure io….e ad amare lei. Lavoravamo insieme. Lei trovava la merce più pregiata e io la portava a Calvadian.
Lei mi aveva fatto vedere il suo 'mondo', io volevo mostrale il mio. Volevo portarla a vedere il mare aperto, farle provare quell'ebrezza di libertà. Più volte mi aveva detto di no, ma io insistetti…per un mio capriccio?!-
La luce brillante che aveva negli occhi cominciò ad affievolirsi mentre raccontava.
-Ma feci un madornale errore. Proprio quella volta, ci fu una tempesta. A quei tempi ero alle prime armi e non riuscivo a tenere la nave senza che sbattessimo da una parte all'altra. Le avevo detto di rimanere nella stiva, ma lei volle comunque aiutarmi. Ma quell'onda troppo forte la gettò in mare…-
Gervhart poteva vedere la sua tristezza sul suo volto, ma anche la rabbia per non essere riuscito a far qualcosa.
-La vidi affannarsi per rimanere a galla, mentre la vedevo gridare il mio nome e tendere la sua mano affusolata verso di me.-
Lo vide stringere i pugni.
-Non feci nemmeno in tempo a pensare di gettarmi in mare che non la vidi più. L'ultimo ricordo prima di allora era il suo sorriso. Prima di essere inghiottita dalle onde le mi sorrise, dolcemente, come se mi stesse dicendo che sarebbe andato tutto bene. Allora non capii, ero troppo giovane e troppo triste per pensarlo. Ma poi compresi. La leggenda che dice che le anime dei defunti in mari o fiumi si reincarnino in un essere vivente o nel luogo stesso, io ci credo.-
Al ragazzo tornò in mente l'episodio della lucciola e del fatto che le ricordò sua madre, quella stessa cosa la pensò anche lui in quel momento.
-Per questo penso, anzi, sono convinto che l'anima di Shila sia legata a questa nave, che non mi ha amai abbandonato.-
Un sorriso radioso si dipinse sul suo volto.
-Anche se è una bagnarola non affonderà mai! Proteggi le persone che ami con tutto te stesso e lo proteggeranno e ti staranno vicino per sempre.-
La sua determinazione, tirò su di morale Gervhart, poteva contare sull'aiuto di persone fantastiche.
Se lui era un piccolo puntino bianco su uno sfondo nero, loro erano quei piccolissimi puntini che andavano a formare lui stesso.
Senza di loro non sarebbe stato quel puntino.

Il peggior risveglio quella mattina lo ebbe Rhoderich, perché la secchiata d'acqua salina, per poco non lo fece strozzare, visto che se ne dormiva con la bocca spalancata.
Si svegliò di scatto, tossendo, sia perché un po' d'acqua gli era finita in gola ma anche per il sapore schifoso che aveva in bocca.
-Ma che schifo!-
Urlò tra un colpo di tosse e l'altro.
I capelli che solitamente erano a spazzola, ora gli ricadevano sul viso, sgocciolando, la stessa sorte era capitata ai vestiti che si erano inumiditi.
-Il sole splende alto nel cielo! Una mattina raggiante si prospetta davanti a noi!-
Raki quasi danzando, si divertita a prenderlo in giro, con le mani al cielo, lasciando ciondolare in una mano il secchio che probabilmente aveva usato come arma.
Rhoderich gli si avvicinò quasi ringhiando, ritrovandosi faccia a faccia.
-Tu! Piccola peste!-
Le puntò il dito contro. Lei di tutta risposta gli sorrise.
-Non vorrai stare tutto il giorno spaparanzato a dormire?!-
-Ma non è questo il modo di svegliarmi!-
Raki fece una smorfia di disapprovazione.
-Eeeh? Avresti voluto che fosse stata Asha a svegliarti?-
Rhoderich si passò una mano tra i capelli con fare sensuale e altezzoso.
-Certo. Sarebbe stato molto più erotico.-
-Ah si?-
Il suo sguardo quanto il suo sorriso divennero altamente maliziosi.
-Ashaaaaa!-
Gridò.
-Il vecchio pervertito ha detto che avrebbe voluto essere svegliato da te! Ha detto che sarebbe stato più 'erotico'! Perché non gli mostri come lo avresti svegliato tu?-
Asha salì le scale della stiva con fare suadente, i movimenti del bacino facevano ondeggiare la sua lunga veste.
Si appoggiò allo stipite della porta, roteando in mano un piccolo martello, mentre nell'altra giocherellava con dei chiodini appuntiti. Non distolse lo sguardo da Rhoderich, anzi lo guardò sensualmente, con quel sorriso che fece venire i brividi al vecchio.
-Avrei potuto svegliarti io dici?-
Il suo tono era divertito.
-Mi sarebbe così tanto piaciuto, inchiodare con questi…-
Passò maliziosamente la lingua su uno di quei chiodi che teneva in mano, quasi giocherellandoci.
-Il tuo prezioso gioie-
-Ferma! Basta!-
Non fece nemmeno in tempo a terminare la frase che il vecchio la fermò, stringendosi il suo 'gioiello' tra le mani per proteggerlo.
-Il mio gioiello più prezioso non si tocca! Stava per diventare violenza verbale nei suoi confronti! Siete due donne orribili!-
Raki si piegò dal ridere, le faceva male la pancia e le scendevano le lacrime dal tanto ridere, pure Asha rise sotto i baffi, era stata proprio uno scherzo ben riuscito, alla faccia di quel vecchio pervertito.
-Invece di star a perdere tempo! Cercate di far qualcosa per la comunità!-
Come una guardia reale, Selva se ne stava ritto su di sé, possente, le braccia conserte e le folte sopracciglia aggrottate, che gli davano un aspetto più cattivo.
Rhoderich sbuffò.
-Se pure il tuo gingillo fosse nei guai, non diresti così.-
Si tolse il gilet verde scuro per poterlo asciugare al sole.
Il marinaio sbuffò.
-Se lei è veramente un uomo come pensa riuscirà a catturare almeno qualche pesce per il pranzo.-
Gli lanciò una piccola canna da pesca, di quelle più rozze, giusto in sintonia con la nave, che Rho prese repentinamente al volo.
Gervhart arrivò a torso nudo e la maglietta arrotolata su una spalla.
-Cerchiamo di aiutarci a  vicenda!-
-Ma la colazione?-
Rhoderich chiese preoccupato.
-Noi ce la siamo guadagnata.-
Intervenne Raki, seguita a ruota da Asha.
-Abbiamo dato una mano a sistemare la nave.-
Mentre faceva roteare il piccolo martello che avevano probabilmente usato.
-Potevate svegliarmi!-
-Ma dormivi così beatamente.-
-Solo perché hai un paio di belle tette al posto dei pettorali e una rientranza al posto del pisello, non ti picchio, ragazzina…-
Raki non sembrò minimamente turbata.
-Tranquillo che ti daremo una mano anche noi.-
Gervhart fece un cenno del capo ad Asha, per invitarla ad andare da lui.
-Non ho più canne da pesca!-
-Non preoccuparti, ho la mia personale.-
Selva non capì, lo si poteva vedere dal suo sopracciglio inclinato.
Quando Asha fu vicino al ragazzo, lui gli pose la mano e lei fece lo stesso, sorridendogli.
-Mi dia un ordine padrone.-
-Dovresti già averlo capito.-
Il suo corpo presto si trasformò in una lunghissima e perfetta canna da pesca, niente a che fare con la bacchettina di legno che aveva Rhoderich.
Selva gli aveva raccontato parte della sua vita più intima, era arrivato il momento di mostrargli qualcosa di 'suo'.
-Oh mio Dio!-
Per poco le gambe non gli cedettero, il suo viso impallidì dallo spavento ma anche per lo stupore. In tutti quegli anni di vita non aveva mai visto una cosa simile e il suo cuore vecchio aveva avuto un sobbalzo.
-Co-come è possibile?-
Puntò il dito contro Gervhart, sbattendo più volte le palpebre credendo di aver preso un abbaglio.
-Lei è una Necromorpher.-
Uno non ci avrebbe mai creduto se non lo avesse visto coi suoi occhi, ma Selva lo aveva potuto vedere e bastò una semplice spiegazione da parte di Gervhart per capire.
-Incredibile!-
Continuava a fissare la canna da pesca in tutti i suoi punti.
-Dai Harty! Sono curiosa di vedere cosa pescherai con questa belliiiiiissima canna da pesca!-
Era un chiaro insulto al bastoncino in legno di Rhoderich, che lui stesso capì.
Lo strattonò per un braccio, come una bambina che vuol vedere l'artista di strada del momento. A Raki piaceva sedersi di fianco al ragazzo e vederlo pescare. Da piccoli lo facevano spesso, diceva che in qualche modo le ricordava Edras, forse perché suo padre la portava con lei in quei momenti di caccia, ma era troppo piccola per poterselo ricordare.
Vedere Raki così sorridente, parlare e ridere con tanta naturalezza con Gervhart che con maestria lanciava l'amo in mare, a Rhoderich venne da sorridere. Quei momenti erano per lui fonte di gioia immensa.
Si tirò su le maniche.
-Bene, vediamo di dar pan per focaccia a quei marmocchi!-
Con un movimento repentino del braccio e la rotazione del busto lanciò lontanissimo l'amo che si gettò nel mare.
Selva notò subito un particolare brillio al collo del vecchio e fissandolo meglio poté vedere che era un ciondolo che pendeva da una collana, ma non era una pietra ben levigata, sembravano persino squame bluastre. Doveva essergli uscito dalla maglia quando aveva lanciato l'amo. Aveva visto un sacco di pietre nella sua vita ma mai di così strane.
-Hai uno strano ciondolo.-
lo indicò.
Rhoderich si fissò il petto e appena lo vide brillare, strabuzzò gli occhi, mentre repentinamente lo nascose all'interno della maglietta.
-Già! E' molto importante per me!-
Disse con un sorriso di circostanza.
-Tanto da non volerlo nemmeno far vedere?!-
Ci fu un momento di silenzio, dove solo le onde del mare che sbattevano sulla prua della nave facevano da sottofondo e le urla divertite di Raki rompevano il silenzio.
-Se avesse una donna bellissima che tutti vorrebbero, anche lei farebbe di tutto per nasconderla e tenersela per sè.-
Il mercante non capì se quel sorriso era serio o lo stava prendendo in giro, ma per un istante pensò che quelle parole rappresentassero realmente qualcosa.
-Ahahah! Stavo scherzando!-
Selva avrebbe voluto buttarlo in mare, se non fosse che tutto d'un tratto la barca cominciò ad oscillare vertiginosamente da una parte all'altra e il vento si era fatto più forte.
-Che cavolo succede?-
Si attaccò alla barriera della nave e si scorse per vedere le onde che si infrangevano contro il legno che cigolava.
-Selva!-
Gervhart richiamò la sua attenzione, puntando il dito all'orizzonte.
Quando i due vecchi li raggiunsero capirono che la situazione non era delle migliori.
Nuvole nere, simili a batuffoli di cotone imbevuti nell'acqua sporca, si avvicinavano trascinati dal vento che muoveva proprio nella loro direzione.
-Non va bene…-
Selva parlò tra sé e sè.
-Ma non dovrebbero esserci tempeste nel Mar Medio!-
Urlò Rhoderich per farsi sentire, mentre il vento si era fatto più impetuoso.
-Questo è quello che dite voi che non siete continuamente in mare! E' vero che di tempeste non ce ne sono…peccato che una ogni tanto si fa sentire!-
-E ovviamente noi siamo i fortunati che una volta che saliamo su una nave dobbiamo beccarci la tempesta che viene ogni tanto?!-
Cercò di sdrammatizzare la situazione, anche se pareva comunque alterato.
-Cari miei, c'è sempre una prima volta nella vita!-
Cominciò a smanettare con le funi della vela.
-'Nella vita'….non avrò nemmeno più quella tra un pò.-
Alcuni schizzi d'acqua gelata colpirono Rhoderich in pieno volto.

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Capitolo 9
*** Fulmini.Ferite.Coste ***


Premessa: Yep! Sono ritornata più in fretta del previsto *^*9 Sarà che finalmente siamo arrivati alla svolta decisiva e non vedo l'ora di scrivere un sacco di cose ;W; Anche perchè ci sono tanti misteri da svelare =W= e io mi divertirò come una scema <3
A parte questo capitolo orripilante in cui non succede una beneamata cippa (come sono fine!), il prossimo sarà moooolto meglio! *si sfrega le manine* Tra un pò tornerà anche un bell'imbusto di nostra conoscenza >8D
Fate lo sforzo almeno di leggere questo capitolo che non volevo assolutamente scrivere XD
I capitoli spero arriveranno con più frequenza, dato che avrò un sacco di belle cose da scrivere finalmente <3
Alla prossima!


Capitolo 9

Fulmini.Ferite.Coste







La tempesta erra arrivata molto più in fretta di quanto si potessero aspettare,anzi, Selva sembrava alquanto preoccupato, ma non per la tempesta, continuava a guardare come una mamma chioccia, i suoi 'invitati' sulla nave, un occhio di riguardo però era per Raki, che nonostante avesse le capacità per cavarsela da sola, era preoccupato per la sua incolumità. Già anni prima aveva avuto una brutta esperienza in proposito.
Rhoderich invece, pareva più preoccupato della bagnarola. Le assi di legno scricchiolavano e si muovevano sotto i suoi piedi, sembrava quasi dovesse aprirsi in due da un momento all'altro.
-Stiamo entrando al centro della tempesta!-
Il marinaio urlò per farsi sentire, mentre cercava di tenere il timone che doveva spingere parecchio, visto che pareva faticare.
Cominciò a cadere dal cielo gocce di pioggia, ma quelle poche gocce, presto si trasformarono in una vera e propria cascata d'acqua che pareva danzare mossa dal vento.
-Ma sono secchiate d'acqua?-
Rhoderich si teneva all'albero maestro che fece uno strano scricchiolio.
-Non ti è bastata quella di sta mattina!-
Raki pareva stranamente tranquilla, in tutto quel trambusto.
-Fai la spiritosa?-
Un'ondata forte fece inclinare la nave pericolosamente, le vele si gonfiarono spingendola più sul fianco, mentre un tuono toccò il mare. Gervhart teneva Asha accanto a sé, la trattenne con un braccio avvicinandola al suo corpo.
Il pavimento bagnato fece scivolare Raki, che non riuscì a trovare nessun appiglio mentre si avvicinava sempre di più al mare. Sarebbe stata inghiottita dalle onde, se una mano possente non le avesse preso il polso.
Potè vedere gli occhi azzurri di Selva che si mescolavano con le gocce di pioggia che continuava imperterrita a cadere e bagnare i loro corpi.
-Stai più attenta.-
Il suo era un rimprovero, ma lo disse con molta dolcezza, aiutandola a rialzarsi.
-Senti vecchio!-
Il marinaio si voltò verso Rhoderich.
-Ve-vecchio? Son più giovane di te!-
-Vai al timone!-
Rhoderich lo guardò come se gli avesse chiesto l'impossibile.
-Non ho mai guidato una nave!-
Nel mentre si era avvicinato a lui, guardando preoccupato le vele della nave.
-Hai braccia forti e abbastanza intelligenza da manovrare una barchetta del genere. Devi solo tenere dritta la nave, non lasciarti manovrare dal timone, devi essere tu a sopraffarlo.-
Detta così sembrava facile, ma se gli dava un compito del genere, in qualche modo si fidava di lui e avrebbe dovuto dimostrarglielo.
-Ti aiuterò io! Le neve della nave vanno manovrate secondo il vento, dobbiamo spostarci da qui il più in fretta possibile!-
Rho annuì, correndo sul pavimento bagnato, mentre le onde si schiantavano sulla prua della nave facendola sollevare.
Appena toccò il timone, sembrava che mille uomini lo stessero girando dalla parte sbagliata, dovette far affidamento sulle sue braccia allenate per riuscire a riportarlo dritto.
-Alla faccia del facile!-
Si chiese come Selva fosse riuscito fino a quel momento a tenere la nave ancora dritta.
Un fulmine cadde proprio vicino a loro, facendo un fracasso terribile, spaventando persino Raki che sobbalzò aggrappandosi alla manica di Rhoderich.
-Tenetevi forte!-
Gervhart strinse forte Asha, sentendo i suoi vestiti bagnati e freddi sul suo corpo.
Selva agitò le funi che tenevano legate le vele, ruotandole in modo che il vento li spingesse nella direzione fuori da quella tempesta, facendo questo la nave venne come colpita da una mandria di bufali.
Raki urlò dallo spavento, quasi strappando la manica di Rhoderich che si vide costretto sia a tenere il peso della ragazza che il timone.
-Raki non mi aiuti affatto così!-
Il tono era strozzato dalla fatica.
Gervhart aveva sbattuto la schiena contro la murata e aveva potuto vedere il mare scuro, mentre le onde si scagliavano contro lo scafo con tutta la foga possibile, come se volessero disintegrarlo.
Se non fosse stato abbastanza veloce,quando si girò, a scansarsi in tempo, un pezzo di trave in legno gli sarebbe volato in pieno viso.
Ma riuscì in tempo a spostarsi e a spostare Asha, mentre lo guardò finire in mare ed essere inghiottito dal quel nero intenso e spaventoso.
Guardò Rhoderich incredulo, che a sua volta lo stava guardando insieme a Raki, quasi spaventati.
In sincronia si voltarono verso Selva che li guardò interrogativo, come se non fosse successo niente.
Lui di tutta risposata fece spallucce.
-Era solo una trave di legno.-
'Solo'
-E io solo perché ho le mani occupate non ti tiro un cazzotto in faccia!-
Rho non fece in tempo a finire quella frase, che un fulmine colpì l'albero maestro, provocando un gran bagliore che finì per lacerare parte della vela e le funi che la tenevano ancorata all'asta principale.
-Merda!-
Il marinaio schioccò la lingua e la sua espressione era più preoccupata.
Senza le vele che direzionavano la nave, erano in balia del vento e delle onde.
-Bisogna andare in cima e legare di nuovo la vela all'albero!-
-Posso andarci io!-
Gervhart si prestò per primo ad aiutarlo.
La rete per poter salire fin in alto si era staccata, l'unico modo era aggrapparsi al palo e salirci di forza, ma toccandolo notò che era troppo bagnato e scivoloso.
Con il vento a sfavore e la nave incontrollabile sarebbe stato troppo pericoloso.
-Se soltanto l'uomo sapesse volare!-
Anche se Selva aveva detto quelle parole scoraggianti a Gervhart venne in mente un'idea.
-Asha, puoi trasformanti in qualsiasi animale con le ali!-
La Necromorpher dovette tenersi stretta al corrimano della nave e spostare i suoi lunghi capelli dal viso per poter guardare in cima, dove svolazzavano come fruste le funi e le vele lacerate.
-Posso trasformarmi in uccelli di medie dimensioni, ma non riuscirei con un vento del genere a direzionale il volo e non posso essere abbastanza grande da poterti sollevare fin là su…ci vorrebbero ali più grandi e potenti.-
'Ali più grandi', 'potenti'….quelle parole che Gervhart continuava a ripetersi nella testa, a cercare una risposta che aveva sotto gli occhi.
Si voltò verso Raki, incredula del perché la stesse guardando.
-Raki, tu puoi!-
Le vennero i brividi, ma non perché un tuono ricadde nel mare facendo un gran fragore, illuminando i loro volti, ma perché aveva capito di cosa parlava.
Rhoderich sentì le sue mani stringersi più forte alla sua maglia, ormai imbevuta d'acqua.
-Puoi trasformarti!-
A quelle parole del ragazzo, che pareva più che convinto, Raki si morse le labbra, Rhoderich lo vide bene, nonostante l'oscurità e i capelli corvini che le ricadevano sul viso abbassato, i suoi occhi gialli ricolmi di paura, ma anche di rabbia.
-Raki!-
A quell'urlo, la ragazza ebbe un fremito, si toccò la spalla sinistra, quasi come se le facesse male, proprio dove nascondeva quel segreto e urlò con tutta la rabbia che ebbe in corpo in quel momento, spiazzando tutti.
-Non posso! Non lo farò mai!-
Era caduto il silenzio, solo la pioggia incessante e le onde che si infrangevano sullo scafo erano a fare da sottofondo a quella situazione.
Lui stesso non sapeva più cosa dire, aveva provato a spronare Raki, sapeva che per lei quella situazione che si era creata tempo fa, il perché di quella cicatrice che portava sul viso a lei desse tanto fastidio. Ma soprattutto le faceva paura il suo vero essere.
La ragazza si calmò, scrutò per un attimo il cielo, il vento e come avrebbe potuto riparare al danno, e grazie alle sue doti intellettive si ricordò che aveva armi migliori di quella orribile trasformazione.
Corse nella stiva, faceva fatica a rimanere in piedi, ma sapeva che non c'era tempo da perdere e sapeva anche che avrebbe dovuto riscattarsi in qualche modo.
Quando ritornò, mentre riprendeva fiato, portava tra le mani il suo grande arco, che era la sua arma migliore.
Si mise il porta frecce dietro la schiena allacciando saldamente le cinghie davanti e portandosi in spalla un rotolo di fune. Si passò la mano sul viso per togliersi l'acqua che ormai cominciava a darle sui nervi.
-Harty!-
Lo chiamò, ma non lo guardò, anzi guardava in alto per capire meglio la situazione.
-Lanciami!-
Se fosse stata una situazione normale, avrebbero pensato che Raki scherzasse, ma in quel momento non era così e lo si poteva vedere dalla determinazione del suo viso.
-Lo abbiamo sempre fatto quando eravamo piccoli! Tu mi lanciavi sugli alberi perché così facevamo prima a raccogliere i frutti!…son diventata più pesante lo so! Ma tu sei diventato più forte!-
Continuava a non guardarlo, proprio come faceva dopo quell'incidente, ma Gervhart lo capiva e sapeva che lei avrebbe potuto farlo.
-Va bene!-
Si posizionò vicino all'albero maestro, di spalle, mentre davanti a lui Raki poco più in là.
Gervhart la guardò serio negli occhi e finalmente riuscì a vedere il suo colore ambrato che lo fissava. Era preoccupato, non poteva sbagliarsi, ancora una volta l'incolumità di Raki era nelle sue mani, nel vero senso della parola.
-Fai attenzione.-
Fu quasi come un sussurro, ma la ragazza lo capì dal movimento delle sue labbra e nell'istante in cui vide la cicatrice sul suo volto, chiuse gli occhi e cominciò a correre, sentiva i suoi passi appesantiti dall'acqua che schizzava via, sentiva le gocce di pioggia arrivargli come spilli sul viso.
Gervhart congiunse le mani e ne momento in cui la ragazza appoggio il piede su di esse, fece affidamento su tutta la forza che aveva nelle braccia e nelle gambe, per poterla spingere più in alto che poteva.
Potè sentire la spinta di Gervhart arrivargli prima sulla pianta del piede, poi in tutto il corpo come una scarica elettrica che la scaraventò nell'aria.
Andava sempre più in alto, mentre il vento si faceva più forte e freddo. Riuscì ad aggrapparsi allungando una mano all'asta orizzontale delle vele. Tutti tirarono un sospiro di sollievo.
Si oscillò avanti e indietro, in modo da aver la spinta da ruotare e arrivare ad appoggiare i piedi sul legno.
Un'ondata violenta fece oscillare e girare la nave, tanto che Rhoderich non riuscì a tenere il timone, mentre per poco la ragazza non venne sbalzata via dalla vela lacerata che la sfiorò.
Selva andò ad aiutare il vecchio per ristabilire l'assetto della nave.
-Raki tutto bene?-
Gervhart era parecchio preoccupato.
Raki urlò un sonoro si. Prese una delle sue frecce e ne legò un'estremità della fune, riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti con tutta quell'acqua e il vento, ma doveva prendere bene la mira. Puntò la vela più grande che si dimenava costantemente, era talmente tesa che le sue braccia tremavano, ma i suoi occhi erano fermi come pitturati su una statua.
La sua vista era infallibile e appena la freccia scoccò, perfettamente dritta si andò a conficcare nella vela bianca. Raki sospirò per eliminare tutta la sua tensione accumulata, adesso bisognava ritrarre la fune, sperando che la tela non si strappasse.
Poteva essere stato anche facile per lei fino a quel momento, ma riuscire a tirare a sé quella vela bianca che si gonfiava spinta dal vento era stata un'enorme fatica. Appena riuscì a recuperarla, come una sarta, passò la freccia a mò di ago per poterla fissare con la fune lungo l'asta principale.
Tutto il suo orgoglio per ciò che aveva fatto sfociò in un segno di vittoria e un sorriso degno di Raki verso gli altri. Selva riuscì a riprendere in mano la situazione al timone, in modo da potersi spostare dal centro di quella dannata tempesta.
Gervhart stremato ma ormai tranquillo, si appoggiò al cornicione di tutto peso. Per lui sembrò di cadere nel vuoto più oscuro. Subito non capì la situazione, vide gli occhi terrorizzati di Asha, poi di Rhoderich che allungò la mano verso di lui…infine vide Raki. Era ancora sull'albero maestro, i suoi occhi gialli vennero illuminati dalla luce penetrante di un fulmine, non li aveva mai visti così impauriti, mentre urlava il suo nome. Il cornicione spezzato lo fece finire in mare.
Fu quello che sentì prima di essere inghiottito da quelle onde gelide e non vide più nulla.
Si sentiva sballottato da una parte all'altra, come un corpo morto in balia delle anime defunte che bramavano il suo corpo. Riusciva solo a vedere piccole luci intermittenti, il suono era come un fruscio dello scorrere delle acque del fiume, quello vicino alla loro casa a Calvadian. Dove aveva perso il corpo di sua madre, forse le stesse cose che provava lui in quel momento erano le stesse che aveva provato sua madre alla deriva quel giorno, abbandonata da tutti.
Ma in quell'oscurità una piccola luce richiamò la sua attenzione, come una voce che chiamò il suo nome, gli fece riaprire gli occhi.
Sembrava che tutto si fosse fermato, le onde, la tempesta,i fulmini. Forse era un sogno, lui stesso faceva fatica a capire, i suoi occhi vedevano sfuocato, eppure riuscì a intravedere una figura. Sembrava una ragazza, inizialmente pensò che potesse essere Raki che aveva fatto una delle sue pazzie, ma non era lei. Si confondeva così bene con l'acqua cristallina, era irreale. Allungò una mano verso di lui. Aveva una bella mano curata, i suoi occhi castani e il viso contornato da capelli corvini perfettamente tagliati corti.
Ma quello che Gervhart notò più di tutto, fu il suo sorriso, così radioso, che fece quasi sorridere anche lui provando una perfetta tranquillità.
Allungò la mano verso di lei, fino a toccarle le dita, ma non sentì nulla, non toccò niente, eppure quella mano lo prese e si sentì tirare fuori dall'acqua.
Sentiva la voce di Raki urlare.
-Tiratelo su!-
Sentiva una stretta al polso, ma era troppo intontito per capire cosa fosse.
Il suo corpo veniva trascinato sempre più vicino alla barca, fino a quando Selva e Rhoderich non lo tirarono in salvo a bordo.
Tossì tutta l'acqua che aveva ingerito, si sentiva l'acqua salata in bocca e su tutto il corpo.
-Come diamine ha fatto questa fune a legarsi al suo polso?-
Rhoderich guardò Selva interrogativo.
Gervhart si guardò il polso, dove sentiva quella strana pressione e ne capì il perché, la stessa mano con la quale aveva 'toccato' la mano di quella ragazza e gli tornò in mente il discorso fatto con Selva. Poteva non credere agli spiriti o alle anime dei defunti, eppure qualcosa gli diceva che le parole di Selva dicessero il vero.
Lo guardò con lo sguardo di chi avrebbe voluto dire mille cose, ma bastò quello per far capire al mercante quello che aveva da dire.
La risposta alla domanda di come aveva fatto quella fune ad avvolgere il polso di Gervhart, lo avevano capito entrambi. Selva non poté far a meno di sorridere dolcemente alla sua nave.

Potevano vedere i raggi del sole penetrare tra le nuvole nere che poco a poco si rischiaravano come incenerite dal calore del sole. I lampi in lontananza diventavano solo un ricordo che avevano lacerato i loro timpani. Il mare cominciava a quietarsi, come il vento che diventava una brezza sottile facendo venire i brividi a Raki sulla sua pelle bagnata, si strinse tra le braccia massaggiandole per trovare un po di calore.
-Ahhhh! Queste cose non fanno assolutamente per me! Son troppo vecchio!-
Rhoderich si diede dei pugnetti sulla schiena e si scompigliò i capelli, facendo una cascata di goccioline che arrivarono addosso ad Asha.
-Oh scusi, mia dolce donze-
Appena la vide restò a bocca aperta. L'acqua aveva bagnato i suoi vestiti bianchi rendendoli trasparenti e potevano vedersi bene le sue curve e il suo bellissimo tatuaggio che veniva sempre coperto davanti dalla veste, adesso era ben in evidenza e non poté far a meno di guardare fin dove arrivasse.
Lei non si coprì, anzi muoveva i suoi capelli nel modo più sensuale, non lo faceva per mettersi in mostra, non le interessava, ma era una sua caratteristica quella di non aver nessun pudore.
Rhoderich la seguì con gli occhi mentre se ne andava nella stiva, probabilmente per asciugarsi.
Ma notò che nella sua stessa condizione era Selva.
-Sei un pervertito vecchio.-
-Parli tu!-
I due si squadrarono, poi per qualche motivo si misero a ridere.
-Pensavo fossi solo uno stupido, invece te la cavi anche al timone.-
-Sono uno che ha certe doti nascoste…-
Anche se Rhoderich lasciò la frase incompleta, i due si capirono subito.
-Non oso immaginare di quale dote tu ti stia riferendo…-
-Ci siamo capiti.-
Erano partiti con il piede sbagliato, ma i loro sguardi la dicevano lunga su un'amicizia che poteva essere nata.
Raki rimase a fissare l'orizzonte, cercava di non pensare a quelle parole di Gervhart e non sapeva come avrebbe reagito.
-Raki!-
Avrebbe voluto sprofondare in quel mare in tempesta quando sentì quella voce.
Non proferì parola, così Gervhart allungò la mano per toccarle la spalla sinistra, quella che lei copriva gelosamente e che entrambi sapevano cosa nascondeva.
Appena sentì il suo tocco ebbe un fremito, si girò di scatto, ma non era arrabbiata, anzi, sorrideva allegramente e i suoi occhi brillavano al sole.
-Va tutto bene!-
Fece spallucce, ignorando lo sguardo del ragazzo che la guardava stranita. Voleva parlare con lei ma non riusciva ad aprire bocca che lei lo interrompeva, sviando il discorso.
-Io stò bene! Per cui non preoccuparti di niente! Vado ad asciugarmi altrimenti riscio di ammalarmi!-
Le mostrò la lingua come se tutto quello fosse divertente, ma lui seriamente voleva sapere cosa non andava in lei e perché ancora una volta  non riusciva a guardarlo in viso.
Era come se si fossero dati il cambio. Questa volta fu Rho a mettergli la mano sulla spalla, quella mano calda che quando era triste lo rassicurava, come la mano di un padre.
-Tutto bene?-
Gervhart sospirò appoggiandosi al cornicione della barca, guardando l'orizzonte.
-Non avrei dovuto chiedergli di farlo, vero?-
Lo stesso fece il vecchio, avvicinandosi fianco a fianco a lui.
-Avresti potuto non chiederglielo…ma io avrei fatto la tua stessa cosa.-
Lo guardò toccarsi la cicatrice sul volto.
-Ci sono ferite che si rimarginano, altre che non si rimargineranno mai…e ad altre ci vuole tempo.-
-Spero che la sua ferita, si rimargini presto allora.-
Il sole aveva cominciato a scaldare l'aria e ad asciugare quello che la tempesta aveva bagnato, ma chissà se avrebbe anche scaldato il cuore e asciugato le lacrime che versava dentro di se Raki.

Era sorto un nuovo sole, le lastre di legno della nave avevano cominciato ad asciugarsi del tutto, lasciando solo aloni più scuri dove ancora era impregnato, le vele lasciavano cadere ancora qualche goccia e si notavano i segni della tempesta passata, ma poi riaggiustati come si poteva.
Raki fu la prima ad alzarsi, anche se non dormì bene per l'intera notte dopo quella giornata, troppi furono i pensieri che le passavano per la testa per riuscire a chiudere occhio.
Appena salì le scale della stiva si diresse a prua, sapeva che mancava poco per arrivare a Edras, forse anche per quello non riuscì a dormire.
-Ragazzi!-
L'urlo di Raki fece sobbalzare Rhoderich che si levò su preoccupatissimo, raggiungendola per primo, seguito a ruota da Gervhart e da Asha ancora nella sua forma da gatto, che balzò sul cornicione della nave fissando Raki.
-Guardate!-
La ragazza puntava il dito all'orizzonte, i due si protesero per vedere meglio.
-Io non vedo niente.-
Rho socchiuse gli occhi per vedere meglio.
Selva arrivò con un cannocchiale.
-Non riuscite a vederla?-
Raki era palesemente esaltata.
Il marinaio distolse lo sguardo dal cannocchiale per guardare interrogativo la ragazzina.
-Come diavolo fai a vederla?-
-Mh? Perché ho una vista speciale!-
Dopo aver visto una ragazza che si poteva trasformare in una canna da pesca o in un gatto, non si era stupito più di tanto che quella ragazza potesse avere qualcosa di speciale.
-Quindi?-
Chiese Rho irritato.
-Quindi…quelle sono le coste di Edras.-
A Ghervhart venne una stretta al cuore. Erano passati 17 anni. 17 lunghi anni ad aspettare quel momento. Non sapeva cosa era cambiato a Edras, non sapeva cosa sarebbe successo d'ora in poi, ma avrebbe fatto di tutto per salvare la sua terra natale.

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Capitolo 10
*** Sbarco.Compagni ritrovati.Tu rimani sempre tu ***


Premessa: Son stata velocissima a scrivere questo capitolo >W< è tutta colpa di questa storia che mi ha preso così tanto e finalmente è arrivato il momento di scrivere tante belle scene che mi sono immaginata <3
Questo capitolo è un inno alla Gervhart/Raki lo ammetto XD ma aspettate a tirare certe conclusioni, perchè siamo solo all'inizio =W= però voglio dirlo...Gervhart, non ne capisci proprio di donne eh?! <3
E continuo ad amare sempre di più Asha ;W; il suo modo così malizioso mi prende troppo! Cadrei ai suoi piedi =ç=
Posso dire con certezza che il prossimo capitolo svelerà uno dei tanti misteri che circonda questa storia, quindi alla prossima gente <3


Capitolo 10

Sbarco.Compagni ritrovati.Tu rimani sempre tu







Da quando Raki aveva avvistato quella sottile linea nera, che erano le terre di Edras, non aveva lasciato il suo posto a prua, come una di quelle bellissime polene che le navi più grandi mostravano come segno di ricchezza. Ma lei non era finta, non era di legno scolpito o d'oro, lei era vera, viveva. I suoi capelli corvini mossi dalla brezza marina, i ciuffi più lunghi che si dimenavano più forte e quel suo lieve sorriso, che non aveva mai abbandonato il suo viso, continuava a sorridere e gli occhi ambrati le luccicavano.
Gervhart la fissava, vederla così tranquilla lo faceva stare bene, ma da una parte aveva il timore che dietro quella sua serenità potesse nascondere le sue debolezze e non sapeva, arrivati a Edras, come avrebbe potuto reagire.
-Cambiamo direzione. Non arriveremo direttamente al porto di Edras, troppo rischioso per voi. Vi farò scendere su una delle rive più nascoste, sperando di non incappare in qualche sentinella di guardia.-
Selva, al timone, sembrava piuttosto calmo, forse perché sapeva bene come muoversi in quelle acque, oppure anche lui stava cercando di nascondere il suo nervosismo.
Più si avvicinavano, più quella linea scura prendeva forma e colore, la vegetazione che si faceva sempre più intensa, così rigogliosa e verde, quella natura così incontaminata che sembrava non aver subito gli effetti della guerra, sembrava rimasto immutato per anni.
Costeggiarono lentamente la riva sempre con un occhio di riguardo e le orecchie ben tese, anche se l'unico rumore era quello dell'acqua e degli uccelli che cantavano o che sia alzavano in volo al loro passaggio, muovendo gli arbusti.
Cominciarono ad addentrarsi quando dal mare, le rive si chiudevano, andando formare un fiume che passava attraverso le terre di Edras.
Gervhart sussultò. Stralci del passato cominciarono a ronzargli in testa, uno dopo l'altro, quel giorno di 17 anni fa, proprio lì, con una piccola imbarcazione fuggivano dal loro villaggio in fiamme, con una piccola Raki spaventata e sua madre, era stato proprio lì che quell'uomo col tatuaggio di serpente l'aveva uccisa.
Ma diversamente da allora, stava tornando, non stavano più fuggendo, accompagnato da degli amici, persone di cui si fidava, i suoi occhi più grandi ora potevano vedere oltre al passato e guardare ad un nuovo futuro, e aveva una promessa da mantenere: proteggere Raki, che adesso non era più una piccola bambina indifesa, ma rimaneva sempre una persona importante e non avrebbe mai più dovuto soffrire.
Ripercorrere a ritroso quel fiume gli faceva uno strano effetto, quasi un ritorno al passato e più ci pensava e più aveva timore che Raki potesse ricordare quei brutti momenti. Continuava a fissarla, ma le sue espressioni di stupore non lasciavano presagire nessun tipo di tristezza.
Quando trovarono una rientranza ben nascosta dalla vegetazione, attraccarono la piccola nave. Date le circostanze, avere una nave così piccola aveva i suoi pregi.
Erano arrivati a Edras, dovevano essere contenti per essere riusciti in un'impresa così folle, eppure si respirava una strana atmosfera.
Rhoderich sospirò rumorosamente, Asha non proferì parola, ma continuava a guardarsi intorno, l'unica che sembrava realmente felice pareva Raki.
Fu la prima, che appena lo scafo tocco la riva di sabbia, corse giù dalla barca, preoccupando Gervhart.
-Raki, aspetta!-
Ma non era bastato. La ragazza saltò giù e appena i suoi piedi toccarono la sabbiolina bianca il suo cuore abbe un fremito, le venne uno strano brivido lungo la schiena, ma era tutta la tensione che aveva in corpo, che in quel momento stava pian piano sparendo.
Era subito venuto il turno di Gervhart, seguito a ruota da Asha e da Rhoderich che gentilmente la aiutò a scendere.
Selva li guardò dall'alto della nave, vedeva le schiene di Raki e Gervhart, l'uno accanto all'altra e non poté fare a mento di sorridere, forse gli ricordavano i suoi tempi passati.
-Mmmmh! E' stato un viaggio impegnativo!-
Rhoderich si stiracchiò, per poi sentire uno strano gorgoglio che venì dalla pancia di qualcuno.
Si voltarono tutti verso Raki.
-Che c'è? Ho solo fame!-
Arrossì lievemente.
-Prendi!-
Selva arrivato alle spalle, gli lanciò un sacchetto.
-Lì ci sono un po di cose da mettere sotto i denti, puoi dividerla con l'altra ragazza se vuoi.-
-E per noi?-
Chiese Rhoderich spazientito.
-Voi potete cavarvela da soli.-
Sviò lo sguardo e fece spallucce, quasi a dare le spalle al vecchio.
Rhoderich sospirò un 'Dannato!', ma non lo fece con cattiveria, anzi, i loro battibecchi erano per non mostrare quando in realtà se la intendessero.
-Selva…-
Ghervhart si trovò davanti a lui, da sotto le folte sopracciglia poteva vedere il suoi occhi verdi illuminarsi di luce propria ed era bello vedere come un ragazzo così giovane aveva così tanto rispetto per un uomo anziano che aveva conosciuto da poco.
-Grazie mille….di tutto.-
Non aveva mai trovato un ragazzo così serio, forse era stata proprio la sua lealtà a fare si che lui si fidasse di loro, a costo di rimetterci la pelle, in quei tempi duri.
Questa volta era il marinaio che porgeva la mano al ragazzo e come fu quella volta, le due mani di età diverse, ancora una volta si incontrarono in una stretta salda e piena di calore.
-E' stato un vero piacere. Mi raccomando…state attenti. Questo è un biglietto di sola andata.-
Gervhart sorrise e annuì col capo.
Salutò Rhoderich con una stretta di mano e una pacca sulla spalla, Asha gli diede un bacio sulla fronte e lui arrossì blaterando qualcosa.
Quando fu il momento di partire, voltando le spalle alla nave, Selva attirò l'attenzione di Raki.
-Ragazzina non stai dimenticando qualcosa?-
Si paralizzò. Era vero che arrivati le aveva promesso un certo 'pagamento'.
Selva serio attendeva una risposta a braccia conserte.
La ragazza si grattò la testa imbarazzata.
-Ah già è vero…me ne stavo dimenticando.-
Raki partì a passo svelto verso il vecchio, Gervhart lo aveva notato, il pugno serrato che Raki avrebbe fatto arrivare dritto sul naso di Selva, anche se sapeva che il vecchio non voleva nessuna ricompensa, come gli aveva detto lui.
Proprio quando erano uno di fronte all'altro, Selva le fece ciondolare davanti agli occhi una collana, dalla quale pendeva una bellissima pietra rossa, ben levigata, tenuta ferma da un filamento dorato.
Raki rimase sconcertata, non si aspettava una cosa del genere, ma anche incantata a guardare quel ciondolo che rifletteva i raggi del sole.
-Voglio darti questo. Per me è un ricordo importante. E' stata lavorata a mano da una persona speciale, vorrei che lo tenessi tu.-
Lo appoggiò sul suo palmo, pareva quasi calda.
-Ma se è un ricordo così importante…perché lo vuoi dare a me?-
-Perchè lei avrebbe voluto così. Hai bisogno di tutta la fortuna possibile d'ora in poi.-
Raki incrociò lo sguardo di Selva, quegli occhi azzurri che nascondeva sotto le sue folte e bianche sopracciglia, poté vederci anche un pizzico di malinconia.
-Grazie, lo terrò con cura.-
Forse faceva crescere la barba per nascondere i suoi sorrisi più dolci, ma Raki lo aveva potuto vedere, quel sorriso che non si spense, neanche quando li vide scomparire tra la vegetazione di Edras.

Raki rimaneva sempre più avanti degli altri, non si era mai voltata, era come una bambina persa in un parco divertimenti e Gervhart pareva preoccupato come un papà.
-Raki non correre!-
Ma lei sembrava non sentire, anzi, si era tranquillamente presa una mela dal sacco che Selva gli aveva dato e se la sgranocchiava.
-Ti stai preoccupando un po troppo.-
Rhoderich gli sorrise amorevolmente, poggiandogli una mano sulla spalla.
-Certo che mi preoccupo. Una volta potevo solo preoccuparmi delle bestie feroci…ma ora devo preoccuparmi anche delle persone. Tu non sei preoccupato?-
Il vecchio si sistemò lo zaino in spalla.
-Tranquillizzati. Se sei preoccupato, anche il resto del gruppo lo diventa. Credimi, son dieci volte più preoccupato di te…ma cerco di non mostrarlo.-
Ma quella tranquilla atmosfera venne rotta dal grido spaventato di Raki.
Gervhart e Rhoderich corsero sul posto, facendosi spazio tra il fogliame e saltando le radici che spuntavano dal terreno.
Trovarono Raki per terra, che fissava preoccupata uno stallone nero davanti a lei, possente e massiccio, si potevano vedere i muscoli sul suo manto lucido, contrarsi ogni volta che pestava pesantemente i suoi zoccoli per terra, alzando polvere.
Sembrava comunque vecchio, i segni delle ferite che portava sul corpo potevano confermare che aveva vissuto parecchio tempo e non sembrava fosse addomesticato. Continuava a nitrire e soffiare, scalciando sempre più forte ad ogni movimento dei quattro.
-Me lo sono trovata all'improvviso davanti! Ho preso un colpo!-
Raki si rialzò, avvicinandosi a Gervhart.
-Non mi sembra molto amichevole.-
Contestò Rhoderich che teneva pronta una mano sull'elsa della spada.
-C'è un motivo…-
Asha indicò un punto più nascosto, dove i rami si intrecciavano tra loro formando quasi una copertura e lì, un cavallo nocciola leggermente più piccolo dello stallone, rimaneva sdraiato a terra.
-Sta solo proteggendo la sua compagna ferita.-
Infatti la puledra aveva una ferita aperta su una zampa e pareva soffrirne parecchio.
Ma in quel momento pareva che allo stallone interessasse solo una persona di cui non distoglieva gli occhi di dosso, lo stesso faceva Gervhart, per qualche motivo i due sembravano avere la stessa sensazione.
Il ragazzo si avvicinò con cautela al cavallo.
-Harty cosa fai? Fermati!-
Ma non si fermò. Continuava a fissare negli occhi neri quell'animale, mentre lui scalciava più forte causando un gran polverone e nitriva arrabbiato.
Quando furono faccia a faccia, come due animali a confronto, il cavallo si fermò, facendo rimane col fiato sospeso gli altri.
Il ragazzo alzò delicatamente la mano e gli accarezzò il muso.
Il cuore di Raki trasalì, come se le fosse tornata in mente una scena di tanti anni fa.
Gervhart sorrise dolcemente.
-Ci avete aspettato per così tanto tempo?-
Lo stallone nitrì come se fosse una risposta, dandogli un buffetto con il muso sul viso del ragazzo.
Adesso Raki ricordava. Quei cavalli che avevano abbandonato quel giorno sulla riva, il suo cavallo marrone e il destriero nero di Gervhart alla quale era molto affezionato, erano ancora lì, cresciuti come loro, ad aspettare il ritorno dei loro padroni.

Il cavallo li aveva fatti avvicinare alla sua compagna ferita.
Avevano ungenti e erbe medicinali, nello zaino e nella sacca che i due uomini portavano c'era tutto il necessario, da particolari erbe e oli, fasciature, coperte e una tenda in caso di brutto tempo. Sapevano che non sarebbero stati accolti braccia aperte in una locanda, se ancora ce n'erano a Edras.
Asha sembrava a suo agio a curare le ferite della puledra.
-Wow! Sei perfino capace di curare un cavallo!-
Fischiettò Rhoderich fissando il lavoro minuzioso della Necromorpher, seduta vicino all'animale.
-Vivere per così tanti anni ti insegna svariate cose…non puoi immaginare quanto io sia acculturata in certi 'ambiti'.-
Si voltò verso di lui con un sorriso malizioso e gli occhi di chi vorrebbe mangiarti, lui di tutta risposta si avvicinò al suo viso, quasi sentiva il suo respiro dolce provenire dalle sue labbra morbide e invitanti.
-Perchè non mi rendi partecipe delle tue conoscenze?-
-Non riusciresti a stare al mio passo…vecchio.-
-Perchè non mi fai provare?-
Prima ancora che la sua mano potesse appoggiarsi sulla coscia scoperta della ragazza, Raki prese per il colletto il vecchio e lo tirò indietro.
-La vuoi smettere vecchiaccio pervertito? Mi dai il voltastomaco!-
-Ammettilo che sei gelosa. Se vuoi possiamo rendere partecipe anche te…-
Raki arrossì, piena di rabbia e imbarazzo.
-Stai zitto!-
Gli tirò un calcio nel di dietro, che lo fece andare a sbattere contro lo stallone che nitrì indispettito.
-Hei bello…tu puoi capirmi eh?!-
Gli diede due pacche amichevoli sul collo.
-Abbiamo entrambi una grande 'dote' là sotto.-
Ammiccò.
Raki si cacciò una manata sulla faccia, parlando tra se e sè.
-E' insopportabile…-
-Gervhart di un pò…-
Richiamò l'attenzione del ragazzo che se ne stava poco più in là a guardarsi intorno.
-Ma gli avevi dato un nome a questo bel cavallino?-
Gervhart ci pensò su intanto che li raggiungeva.
-Lo chiamai Corvo.-
Rhoderich sorrise guardando l'animale.
-Direi che gli si addice….e tu Raki? Che nome avevi dato al tuo cavallo?-
La ragazza ancora imbronciata ci pensò.
-Non lo ricordo.-
A Gervhart venne da ridere.
-Che c'è da ridere?-
-Non ricordi veramente il suo nome?-
Raki ci pensò ancora, ma più lo faceva più si spazientiva.
-No! Non lo ricordo! Perché?-
Il ragazzo sorrise verso Rhoderich.
-…..Nocciolina.-
Ci fu un momento di silenzio, in cui solo la puledra drizzò le orecchie e nitrì.
Rhoderich fu il primo a scoppiare a ridere in una fragorosa risata, seguito da Gervhart più contenuto e Asha che ridacchiava sotto i baffi.
L'unica che non rideva era Raki, che si sentì presa in giro.
-Oddio! Nocciolina! E' il nome più ridicolo che abbia mai sentito per un cavallo!-
Il vecchio si teneva la pancia e quasi gli uscirono le lacrime dagli occhi.
-Dicevi che aveva il colore delle nocciole e quando i tuoi genitori te la regalarono, era piccola, per cui continuavi a chiamarla Nocciolina.-
La ragazza arrossì.
-Scusate se ero una bambina e davo nomi a caso!-
-Per me è carino.-
Asha nascondeva il suo sogghignare con una mano davanti alla bocca, ma questo non servì a nasconderlo a Raki, che continuò per tutto il giorno a tenere il broncio.

Quando il sole era calato, in quella radura fitta, la luce della luna grande e luminosa nel cielo riusciva a penetrare, una luce rarefatta che però illuminava quel poco che bastava. I grilli cantavano la loro melodia, le lucciole che si correvano dietro simili a bambini che giocavano, a volte si sentiva il lamento di qualche animale.
I due uomini avevano deciso di fare i turni per dormire, per essere più sicuri che qualcuno avvertisse mal caso ci fossero stati problemi.
Il primo a rimanere sveglio fù Gervhart, che rimase per lungo tempo seduto più in là degli altri e qualche volta per perdere il sonno girava nei dintorni.
Quando si era avvicinato al gruppo, Rhoderich dormiva come suo solito a bocca aperta, appoggiato ad un masso e qualche volta la coda di Corvo gli solletticava il naso, facendolo grugnire.
Spostando lo sguardo, Raki si era appisolata vicino a Nocciolina, appoggiata con il viso alla sua pancia che ad ogni suo respiro si alzava, ma sembrava non dargli fastidio e Asha sulle sue gambe, con al sua forma da gatto.
Le bastava vedere Raki così tranquilla e che stava bene per fargli venire il sorriso.
Prese una coperta dalla sacca e l'appoggiò sulla schiena della ragazza.
Era cresciuta, ma aveva ancora bisogno di qualcuno che la accudisse come una bambina.

La mattina Rhoderich si svegliò dilaniato dai dolori alla schiena, mentre Raki lo prendeva in giro sottolineando che era ormai un uomo vecchio.
Avevano notato che la puledra era riuscita ad alzarsi, anche se ancora zoppicava e ed era ancora indebolita, ma era comunque un buon passo in avanti e vedere come Corvo si prendeva cura di lei, standole sempre vicino e dandole dei buffetti col muso, pensavano che si sarebbe ripresa in fretta.
Gervhart si avvicinò a Raki, che li fissava amorevolmente.
-Si riprenderà presto. Ha con lei qualcuno che la proteggerà.-
Quelle parole fecero venire i brividi alla ragazza, che deglutì sentendosi la gola secca e uno strano nodo in gola. Ancora una volta si sentiva alle strette, come se quelle parole fossero anche dirette a lei. Si sentiva presa in causa e non sapeva ancora una volta come comportarsi davanti a lui.
-Si…lo credo anche io.-
Non aveva il coraggio di guardarlo, di guardare il suo viso.
L'atmosfera si era fatta pesante tra i due e Asha lo poteva sentire, il legame tra lei il suo padrone era anche questo, sentiva quando era felice, quando era triste e quando era in pericolo.
Lo stesso provava lui.
Si alzò di scatto, quasi irritata.
-Rhoderich andiamo!-
-Eh? Dove?-
-Andiamo a procurarci la colazione.-
Lo strattonò per la manica.
-Oh, come siamo violente sta mattina.-
-Andiamo!-
Gervhart e Raki guardarono stupiti i due che si allontanavano.
-Non capisco cosa si successo ad Asha…-
Gervhart si girò verso il viso di Raki, riuscì per un breve istante a vedere i suoi occhi ambrati che lo fissavano, ma appena si incrociarono lei distolse repentinamente lo sguardo, facendolo rimanere di stucco.
Ormai aveva perso la pazienza. Quel suo modo di fare stava mettendo in ansia sia lui che sé stessa, facendo così il loro rapporto si stava sgretolando poco a poco, a lui questo non andava bene.
Gli prese il viso tra le mani delicatamente, voltandolo verso di lui in modo da poterla vedere, anzi, in modo che lei potesse guardarlo negli occhi.
-Guardami Raki!-
Il suo tono era severo, ma preoccupato.
-Non è questa cicatrice ad avermi cambiato. Io sono sempre il Gervhart di una volta. Quello che tu chiami sempre Harty, quello che perde ogni volta contro di te quando si fanno le battute di caccia, quello che spesso vorresti prendere a pugni perché non capisce realmente quello che ti passa per la testa…perché sono un uomo…e tu sei una donna.-
Il suo tono si era addolcito con quelle sue ultime parole e Raki non era riuscita a contenere il rossore che avvampava sulle sue gote.
-Tu invece sei la solita Raki, quella che tempo fa era un piccola bambina indifesa che ho promesso di proteggere. Non mi importa di quello che sei quando ti trasformi…perché tu rimani sempre Raki.-
Vedeva il viso di Harty così vicino. Poteva benissimo vedere la sua cicatrice, avrebbe voluto chiudere gli occhi, ma non lo fece, era troppo attratta dal verde smeraldo di quegli occhi, della persona di cui sentiva quel tepore provenirgli dalle mani, un calore che negli anni aveva imparato a riconoscere. Voleva bene a Gervhart e proprio per questo non poteva farlo soffrire ancora, ma era troppo imbarazzante quella scena.
-Va…va bene!-
Balbettò arrossendo.
-Ma…ora potresti staccarti che la cosa mi rende parecchio nervosa?-
Gervhart non capì, non gli pareva una cosa così anormale, in fondo tante volte quando erano piccoli stavano così vicini, dormivano persino insieme, cosa stava cambiando in Raki doveva ancora capirlo.
Ma i pensieri del ragazzo presto vennero surclassati da uno strano presentimento.
Raki vide la preoccupazione nei suoi occhi.
-Asha!-
Gervhart sentiva come per Asha, quando lei chiedeva il suo aiuto e questa volta sentì una stretta al petto. Quasi come se lo stessero trattenendo.
Riuscirono anche a sentire le sue urla.
Il ragazzo preso dalla preoccupazione che qualcuno stava facendo del male alla sua arma e a Rhoderich, cominciò a correre tra la radura.
-Harty!-
-Non ti muovere di lì!-
Aveva sentito la sua voce gridare, per poi vederlo sparire. Rimase per qualche minuto a pensare e a fissare il punto in cui lo aveva visto sparire, ma non poteva lasciarlo andare da solo, non dopo quello che le aveva appena detto.
Se ci fosse stato bisogno lei, sapeva cosa fare.

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Capitolo 11
*** Circondati.Determinazione.Trasformazione ***


Premessa: Si, sono ancora qui! XD E' che quasta storia mi stà prendendo così tanto che non vedo l'ora di aggiornare! E poi questo capitolo svela finalmente uno dei tanti misteri! Con il turno di Raki *^*
E' un capitolo molto corto, perdono! Ho dovuto dividerlo perchè diventava troppo lungo, ma così almeno riesco a descrivere bene le cose, soprattutto perchè nel prossimo parleranno parecchio =^= e capirete molto di più su Raki e sulla sua 'trasformazione' <3
Spero solo di aver reso l'idea di quanto questa creatura di maestosa e imponente ;W;
E niente....buona lettura e al prossimo capitolo >W<9




Capitolo 11

Circondati.Determinazione.Trasformazione






Creature leggendarie.

Ho vissuto per così tanto tempo, eppure, non ne avevo mai visto uno dal vivo.

Imponente e regale, si ergeva davanti ai miei occhi.

E non potevo credere, che prima, era solo una ragazzina.






Appena Gervhart aveva sentito la voce di Asha nella sua testa, il sangue aveva cominciato a ribollirgli nelle vene. Per lui Asha era una persona importante, con lei aveva uno strano rapporto, diverso da quello con Raki o Rhoderich. Il loro era un legame che più passava il tempo più li univa, quasi come se fosse parte di lui. Sentirla in pericolo gli metteva un'ansia atroce.
Riusciva a captare i pensieri di Asha ed era così che sapeva dove andare. Qualche volta, confuso, si fermava ad ascoltare, per poi riprendere a correre. Si era anche un po pentito di aver lasciato sola Raki con quelle parole a metà, ma la richiesta d'aiuto era stata più forte di lui.
Si faceva strada spostando i rami intricati della vegetazione, tra le foglie ancora bagnate di gocce di rugiada, che a volte cadevano sul suo viso, arrabbiato e preoccupato.
Proprio dopo aver scavalcato una grossa radice che fuoriusciva dal terreno e spostato una folta frasca che incappava sul suo cammino, Gervhart si ritrovò davanti a una scena inaspettata.
In quel pezzo di terra quasi privo di vegetazione, stazionavano dieci uomini, quasi a formare un semicerchio, alti e possenti, indossanti armature nere incise quasi come se avessero piccole squame che brillavano toccate dai raggi del sole che trapelavano dagli alti pioppeti e quell'elmo a forma di muso di serpente, fece accapponare la pelle al ragazzo che per un istante si vide davanti agli occhi quell'uomo che uccise sua madre, gli stessi occhi di un feroce rettile a caccia della sua preda.
Era palese che centrassero qualcosa con lui.
Ma la sua attenzione venne richiamata da Asha che urlò il suo nome.
Risvegliato dai suoi pensieri scosse la testa e sbattè più volte le palpebre, fino a mettere a fuoco la ragazza che era trattenuta a forza da uno di quegli uomini, ma nonostante il pericolo sembrava piuttosto calma, ne era della sua natura sprezzante del pericolo e non curante della morte. Le Necromorpher erano creature insensibili a certe cose.
-Grazie per essere arrivato eh?!-
Rhoderich brandiva la sua spada, in posizione d'attacco, pronto a combattere a qualsiasi movimento degli uomini in armatura.
-Sono sbucati fuori all'improvviso. Questi maledetti hanno subito preso di mira Asha.-
Non staccava gli occhi di dosso a nessuno di loro, tanto meno sulla ragazza, che proprio in quel momento puntarono la lama della spada al suo collo.
A quell'azione Gervhart digrignò i denti dalla rabbia, stringendo i pugni lungo i fianchi, sentendosi inutile senza la sua arma, ma soprattutto perché un altro uomo la stava toccando e facendole del male.
Asha non pareva minimamente preoccupata, si limitava a fissare il suo padrone.
-Chi siete?-
Uno degli uomini parlò, facendosi leggermente più avanti dei suoi compagni con una voce ovattata dall'elmo che portava.
I due si diedero una veloce occhiata. Tanto era inutile parlare con loro, qualsiasi cosa avrebbero detto era contro di loro.

Raki si era precipitata all'inseguimento di Gervhart, i suoi movimenti veloci e quasi impercettibili, facevano si che si avvicinasse sempre senza che nessuno la sentisse. Poteva sentire l'odore di Gervhart a grandi distanze, come per l'udito e la vista che aveva, lo doveva solo alla sua 'natura'.
Riusciva a sentire alcune voci a lei sconosciute, ma in quel momento voleva solo sentire la voce di Harty.
Si era avvicinata a passi lenti, quando la voce si era fatta più forte e nascosta in quella radura di foglie poté vedere e sentire la scena che si stava svolgendo.
-State cercando di scappare da Edras? O siete dei rivoltosi? Quelle armi…sono bandite da questo paese! Voi inutili uomini cercate di ribellarvi al Re Nero?-
A quel nome sobbalzarono straniti. Selva glielo aveva accennato, allora non era un esercito di barbari che non avevano nessun comandante. Forse il Re Nero di cui parlavano era proprio l'uomo che lui stava cercando oppure era un altra persona.
-In realtà…-
Rhoderich ruppe il loro silenzio.
-Siamo venuti a fare un gita. Si, ci piace venire a scorrazzare qui. Soprattutto quando veniamo per pomiciare. Avete rovinato la nostra uscita a tre!-
Asha sorrise sconsolata, si aspettava un'uscita del genere da lui.
Raki si schiaffò una mano in faccia maledicendolo di fare certe figure anche in un momento come quello. Ma non aveva il tempo per pensare alle stupidaggini di Rhoderich. Si guardò in torno per escogitare un piano d'azione. Grazie alla sua vista poteva vedere anche le cose più piccole o nascoste e proprio nascosto come lei nella radura, più in alto su una roccia, si trovava un cecchino, con arco e freccia pronta per essere scoccata in qualunque momento da un ordine del capo. Raki deglutì. Questa non ci voleva.
Anche lei poteva contare sul suo arco che impugnata nella mano, ma c'erano diversi problemi.
Se avesse ucciso prima l'arciere, non avrebbe fatto in tempo a uccidere anche l'uomo che teneva prigioniera Asha, che le avrebbe fatto sicuramente del male, se invece avesse ucciso prima quell'uomo l'arciere avrebbe scoccato una delle sue frecce subito contro uno di loro, probabilmente Rhoderich che era armato.
Le serviva qualcosa di più appariscente, che li avrebbe impauriti in modo tale da avere quei pochi secondi in più per poter fare la sua mossa.
L'uomo in armatura che teneva la Necromorpher si stizzì.
-Ci prendete per il culo?-
A quel movimento la lama segnò leggermente il collo di Asha, facendone fuoriuscire una goccia di sangue.
Gervhart spalancò gli occhi e preso dalla rabbia si mosse verso di loro.
-Non muoverti!-
Sfoderarono tutti le proprie spade e si vide costretto a fermarsi. Non aveva nessuna arma con cui difendersi e tanto meno per difendere Asha in quel momento.
-Visto che siete così cocciuti e vi piace scherzare…-
Si rivolse ai suoi uomini.
-Uccideteli.-
Tre uomini si fiondarono su Rhoderich, che riuscì a parare i primi colpi, anche se era un ottimo spadaccino erano sempre tre contro uno, mentre due uomini ridendo sotto i baffi, circondarono Gervhart che non poteva difendersi e si pregustavano già la vittoria.
Raki fremeva, ma non tremava dalla paura, ma dalla rabbia. Sapeva che non potevano fare nulla contro tutte quelle persone armate, ma non poteva finire così. No. Non lo avrebbe permesso. Troppo a lungo era stata nascosta nell'ombra, troppo a lungo Gervhart e Rhoderich si erano parate davanti a lei per proteggerla. Questa volta doveva essere lei a voltare le spalle a loro per proteggerli. Forse era stato grazie a quel discorso che le aveva fatto o forse perché lo vedeva in pericolo, ma aveva preso la sua decisione. Che diventasse un mostro lo sapeva bene, ma forse agli occhi di Gervhart rimaneva sempre Raki.
-Fermi!-
Uscì allo scoperto ansimante dopo l'urlo che fece scappare tutti gli uccelli, provocando una pioggia di foglie verdoline.
L'attenzione di tutti si spostò sulla ragazza, mentre Gervhart la guardò stupito, ma arrabbiato allo stesso tempo.
-Raki! Ti avevo detto di rimanere nascosta!-
Ma lei non lo guardò, nemmeno una parola, il suo sguardo guardava il suolo.
-Un'altra compagna.-
L'uomo che sembrava il capo dell'armata si avvicinò a lei, ma l'unica cosa che lei fece fu bisbigliare delle parole.
-Harty…tu mi hai detto che anche quando mi trasformo rimango sempre Raki…è così per te?-
Il ragazzo rimase spiazzato.
-Cosa?-
Raki urlò quasi irritata.
-E' così? Voglio solo una risposta! Si o no?!-
Non poteva crede alle sue parole, ma la risposta arrivò dritta alle sue labbra, senza nemmeno pensarci.
-Si!-
A quella risposta Raki levò sù il viso e quello che Gervhart poté vedere, fu uno sguardo talmente  penetrante e determinato che gli vennero i brividi.
Il giallo ambrato dei suoi occhi pareva una palla di fuoco, sembravano ardere di vita propria.
Tutti i suoi muscoli fremevano e si contraevano, persino i muscoli del viso, contorcendosi in una smorfia di rabbia, come una belva digrignava i denti e ringhiava quasi come un lupo. Tutt'intorno uno strano vento si era alzato, andando a convogliarsi come una spirale intorno al corpo di Raki.
Il suo corpo cominciò partendo dalla spalla sinistra a ricoprirsi si squame che pian piano si colorarono di un color verde acqua, sul suo viso la pelle cominciò mutare, mentre i canini si facevano sempre più pronunciati.
Gli uomini in armatura rimasero basiti, alcuni non credendo ai propri occhi si alzarono l'elmo, mostrando i loro occhi pieni di stupore.
Gervhart e Raki continuavano a fissarsi negli occhi. Lei si sentiva rincuorata di questo. Non era schifato, non si voltava altrove per non guardarla. Rimaneva serio a fissarla.
Nello stupore generale l'uomo mollò leggermente la presa da Asha che non perse occasione per liberarsi, spintonandolo e correndo verso Gervhart.
Raki notandolo, si preoccupò subito dell'arciere che scoccò la feccia proprio contro Asha.
Fu una frazione di secondo. Raki si parò davanti alla ragazza, la freccia si andò a conficcare nel suo avambraccio, stupendo tutti i presenti e facendo preoccupare Rhoderich per l'incolumità della ragazza urlando il suo nome preoccupato.
Ma non perse un minimo di sangue, si limitò a fissare con sguardo inferocito l'uomo, estraendo con tranquillità la freccia gettandola a terra.
Ringhiò più forte, brandendo il suo arco che portava ancora con sè. L'uomo preso dalla paura indietreggiò e corse tra la vegetazione.
Ma a Raki non importava, non poteva nascondersi alla sua incredibile vista. Le bastò puntare la freccia e fissare ogni suo movimento che non ci volle molto che la sua mira precisissima lo prese direttamente al centro della tempia trapassandolo da parte a parte. Bastò un piccolo gridolino agonizzante per far capire agli altri che aveva fatto centro.
Raki si girò verso Asha per assicurarsi che non si fosse fatta niente e di tutta risposata lei sorrise.
Ma la paura e la rabbia dei compagni della vittima si fece sentire.
-Bastada! Uccideteli tutti!-
Al grido del suo capo, l'armata si fece coraggio e sguainò le spade contro di loro.
Ma ancora una volta, con un balzo fulmineo, Raki si mise contro di loro, da sola.
Sentiva salirgli la pressione. Non riusciva più a trattenere tutta quella forza dentro di lei. Sapeva che era arrivato il momento, lo sentiva dal bruciore che la spalla sinistra gli provocava. Lasciò per terra il suo arco e le frecce. Non gli sarebbero più servite.
Cominciò ad urlare per liberarsi da tutta quella pressione, il boato riecheggiò in tutto il bosco. Le orecchie cominciarono a divenire più lunghe e appuntite, il suo viso cominciò a mutare forma, sembrava quasi che le sue ossa si spezzassero per cambiare la loro morfologia. Anche il suo corpo, cominciò a crescere, le sue mani cominciarono a diventare grandi zampe squamate con artigli molto più grandi di quelli di un orso, i vestiti le si strapparono, mentre davanti agli occhi attoniti dei guerrieri, quella che prima era una ragazza minuta, adesso ergeva davanti a loro, imponente, le grandi ali simili a quelle di un pipistrello che aprì da dietro al sua schiena, creavano sul suolo la sua grande ombra. Dalla sua bocca sbuffò fumo bianco, i suoi denti appuntiti brillavano e la sua lingua biforcuta sibilò, mentre la sua lunga coda massiccia e slanciata coperta da una lunga fila di spine, si agitava alzando la polvere che luccicava, rendendo la scena meravigliosa.
Si alzò sulle sue zampe posteriori, diventando ancora più maestosa, fiera e nobile, più di qualsiasi altra creatura vivente. Poteva essere la cosa più bella e minacciosa allo stesso tempo.
Una creatura leggendaria si ergeva davanti agli uomini spaventati, che indietreggiavano abbandonando persino le loro armi a terra.
Un drago.
Un drago dalle squame color verde acqua. Un corpo muscoloso, un collo lungo e sottile, la testa munita di creste e spine ossee.  Non era rimasto niente dell'aspetto di Raki, solo la piccola placca di metallo che portava sul naso, si trovava ora sul muso della creatura e gli occhi. L'unica cosa che riconduceva a lei erano i suoi occhi. Sempre gli stessi occhi ambrati, grandi e luminosi.
Gervhart li poteva vedere anche se era dietro a quel corpo massiccio e pieno di squame.
Si toccò la cicatrice che aveva sul viso. Lo ricordava bene quel giorno di otto anni fa. Quando per la prima volta aveva visto Raki trasformarsi in drago.

A quei tempi Raki aveva solo tredici anni, ma non sapeva a cosa andava incontro quando avrebbe compiuto i suoi quattordici anni.

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Capitolo 12
*** Compleanno.Preoccupazioni.Rabbia ***


Premessa: Ullallà! C'è l'ho fatta! Che fatica questo capitolo! =A= Premetto subito che doveva essere il continuo e il definitivo del capitolo scorso...invece è solo la metà XD Pensavo di risucire a inserirci tutto e invece, tra una cosa e l'altra ho dovuto dividere anche questo .-. Va bhe! Questo capitolo è un'accozzaglia di cose, succede di tutto e di più, con piccole scene diverse, e anche il prossimo ci sarà un casino di roba da scrivere! =A= ma se devo descrivere ogni cosa è così! Pensare che sono arrivata al 12° capitolo e non sono assolutamente a metà mi viene male XD
Bhe chi avrà voglia di leggerlo fino alla fine vedrà XD
Vi lascio alla lettura e un grazie infinito a chi legge <3




Capitolo 12

Compleanno.Preoccupazioni.Rabbia








-Raki! Raki da svegliati!-
La voce del giovane Gervhart, che a quei tempi era ancora un ragazzo di diciassette anni, solo negli anni avvenire avrebbe lasciato crescere la barba e tagliato i capelli che invece adesso portava raccolti in una coda. Ma soprattutto, il suo volto non era segnato da quella lunga cicatrice.
Era da un po che scuoteva quell'ammasso di coperte, chiamando, un po spazientito, il nome dell'amica. Continuavano a condividere il letto insieme, da anni ormai, da quando erano arrivati per la prima volta in quella casa, impauriti e sconvolti. Quelle quattro mura erano diventate la loro casa, il posto a loro più sicuro, soprattutto per Raki, anche se con il suo carattere non lo avrebbe mai ammesso. Ma dopo tanti anni, Gervhart aveva imparato che bisognava svegliare Raki con tanta pazienza, perché lei sarebbe rimasta a poltrire per tutto il giorno, se qualcuno non l'avesse svegliata. Soprattutto quel giorno, voleva essere lui a svegliarla.
Dopo l'ennesimo richiamo e una spinta più forte, Raki ebbe la volontà di scostarsi le coperte almeno da viso.
-Ho capito…adesso mi sveglio…-
Sbadigliò apertamente, sibilando quelle parole con voce roca.
Si levò su, mentre le coperte le scoprivano il corpo, ancora quello di una ragazzina, le braccia esili che portò in alto per stiracchiarsi e nonostante la giovane età, il suo petto cominciava già a gonfiarsi sotto la canottiera grigia.
Sbadigliò ancora, mentre si grattava la testa, scompigliando ancora di più quei capelli corvini che le arrivavano alle spalle, la luce del sole che proveniva dalla finestra, illuminava stranamente il corpo di Raki, come se pure il sole le volesse dare il buon giorno, quella luce le faceva brillare la spalla sinistra, come diamanti colorati.
Gervhart era rimasto a fissare per qualche istante quel suo profilo un po' imbronciato, le labbra semiaperte, su quel piccolo nasino la placca di metallo che lei si toccava appena sveglia, le gote leggermente arrossate e gli occhietti socchiusi, eppure, il giallo ambrato le conferiva uno sguardo quasi surreale, spaventoso. Ma lei non lo era.
-Raki!-
Si girò verso di lui, interrogativa. Si chiedeva il perché Gervhart continuava a rimanere lì, sul letto, nonostante lei fosse già sveglia e perché le sorrise così dolcemente.
-Buon Compleanno Raki!-
Rimase imbambolata a fissarlo, come se non avesse ben capito le sue parole, anzi inclinò leggermente il viso inarcando il sopracciglio.
A Raki ci voleva un po per riprendersi la mattina, per cui ci volle un po prima di riuscire a captare del tutto il significato della frase. Forse non se lo ricordava nemmeno lei, forse era stata presa così tanto alla sprovvista, ma quando il suo cervello riuscì a decifrarla, gli occhi di Raki si illuminarono.
Sobbalzò come se qualcuno le avesse dato un pizzicotto.
-Ah! E' vero, oggi è il mio compleanno!-
Gervhart annuì.
Raki sorrise come una bambina a cui le si regala un nuovo giocattolo.

Rhoderich era in cucina, ancora non aveva passato la quarantina, ma rimaneva sempre un uomo di bell'aspetto.
Continuava a fissare e rigirarsi tra le mani quel suo ciondolo che custodiva così gelosamente, ma quel giorno lo guardava con più preoccupazione. Appena sentì i passi rimbombare sopra le camere al piano di sopra, capì che quella piccola peste di Raki si era finalmente svegliata. Lo capiva bene ormai, lei era l'unica che correva per casa, ormai anche quelle piccole cose lo facevano sorridere.
Nascose il ciondolo all'interno della maglia color kaki, appena in tempo prima che la ragazzina sbucasse dalla rampa delle scale, saltando gli ultimi tre gradini come un gatto.
Rhoderich non riuscì nemmeno a proferire parola che Raki gli puntò il dito contro.
-Sai che giorno è oggi?-
-Si certo che lo so e….-
-E' il mio compleanno! Te ne sei dimenticato vero?-
-In verità ti stavo dicendo…-
-Se non te lo avessi detto io te ne saresti dimenticato vero?-
Il suo tono pareva arrabbiato.
-Ma se non mi hai fatto nemmeno finire di parlare!-
-Ma tanto tu non lo ricordavi ammettilo, vecchio!-
Lui sbuffò arrendevole. Quando si metteva in testa una cosa era quella. Era così testarda in quel periodo della sua vita.
-Guarda che lo sapevo…oggi è il tuo compleanno, quattordici anni…-
Si ripetè nella sua testa quel numero, quasi a sospiralo lasciando la frase incompiuta.
Raki lo guardò storto, aveva intuito il cambiamento d'espressione di Rho.
-Si! Quattordici anni! Perché non li dimostro?-
La guardò da capo a piedi, con quei calzettoni di lana, le gambe affusolate, piene di lividi e graffi, che si procurava durante le sue scorribande nel bosco, la canotta che usava come vestaglia, che le copriva poco poco le cosce e con quei capelli in disordine, non sembrava una quattordicenne, ma solo una bambina pestifera.
Rhoderich le sorrise, mostrando i suoi denti bianchi.
-No! Non li dimostri per niente!-
Gervhart aveva assistito alla scena dalle scale e pure lui, guardandola, non poteva che essere d'accordo con il vecchio.
Vedere Raki come si era arrabbiata dopo quella risposta lo fece sorridere.

Raki si era alzata tardi, ma nonostante questo, avevano aspettato lei per far colazione insieme, almeno quel giorno, perché solitamente i due uomini che si alzavano presto facevano colazione insieme, lasciando dormire Raki, che spesso li sgridava di non averla aspettata.
-Quindi oggi che si fa?-
La ragazza era piuttosto di buon umore, penzolava le sue esili gambe avanti e indietro seduta sulla sedia, mentre addentò un pezzo di pane addolcito con qualche confettura di frutta.
-Nulla.-
La risposta di Rhoderich fu netta.
Raki rimase allibita, pure Gervhart si era voltato verso di lui non capendo il perché di quella sua risposta.
-Devo andare in città, per cui voi ve ne starete buoni a casa.-
Si alzò dal tavolo, poggiando la scodella nel catino dei piatti sporchi.
-Ma…è il mio compleanno! Non voglio restare in casa! E poi cosa devi fare in città proprio oggi, eh? Te la devi spassare con qualche sguattera?-
-Raki…-
Gervhart cercò di tranquillizzare l'amica, soprattutto non gli piaceva che lei usasse certi termini.
-E' una cosa che non posso dirti.-
Si alzò in piedi, allontanando la sedia che vibrò sul pavimento. Aveva gli occhi lucidi. Per lei quel giorno era importante e vedere come Rhoderich lo stava rovinando per qualsiasi altra ragione la mandava su tutte le furie.
-La mamma ogni compleanno mi cantava una canzone e mi raccontava un sacco di favole e mio papà mi portava al fiume a pescare! Sono gli unici momenti che ricordo di loro! Il il mio giorno più importante, proprio perché mi ricordo di loro! Non puoi rovinarlo!-
Rhoderich gli dava le spalle, il capo chino, come se quelle parole fossero un fardello da portare sulla sua schiena.
-Raki ti prego…non ti arrabbiare. Vorrei solo che ti fidassi di me.-
Lei non capì. Ma stranamente si sentì in colpa per avergli detto certe cose.
-Resterai a casa…poi forse ti racconterò un cosa.-
Si morse il labbro, tentando di placare la sua rabbia.
Rhoderich prese la giacca e la spada che si legò in vita.
-Gervhart ti affido Raki. Non uscite e…-
Si fermò sull'uscio della porta, prima di voltarsi verso di lui.
-Non fare arrabbiare Raki.-
Il tono ironico con cui lo disse, sembrava una presa in giro, visto che era stato proprio lui il primo a  farla arrabbiare, eppure Gervhart ci vide altro, una sorta di avvertimento.
Appena si chiuse la porta alle sue spalle, calò il silenzio nella casa. Il ragazzo si voltò verso Raki, la quale serrava ancora i pugni sulla tavola, il capo chino e gli occhi brillanti, come se dovesse piangere da un momento all'altro.
-Raki…-
-Non sono arrabbiata! No! Non lo sono! Quel vecchio se ne pentirà amaramente!-
Si, era arrabbiata, ma cercava di nascondere quel suo lato bambinesco che involontariamente scaturiva in certe circostanze.
Passò velocemente di fianco a lui, andandosi a stravaccare di pancia sulla pelliccia di orso che dopo tanti anni era ancora lì. Si coprì il viso tra le braccia.
-Non gliela darò vinta a quel vecchiaccio.-
La sua voce era ovattata, ma Harty riuscì a sentirla comunque.

-Whaaaaaaaa!-
Gervhart si irrigidì a quel grido. Si era seduto vicino a Raki, appena lei si era distesa. Aveva pensato che si fosse addormentata ancora, visto che non aveva più proferito parola e non si era più mossa da lì.
Scosse le gambe come uno che non sa nuotare in acqua.
-Mi stò annoiando a morteeeee!-
-Sono passati solo trenta minuti.-
-Ma mi annoio!-
Di tutta fretta di tirò su, lasciando sulla pelliccia la sua sagoma dove era rimasta stesa. Si levò le calze e indossò una giacchetta dalle maniche lunghe, che era appesa vicino alla porta.
-Cosa stai facendo?-
-Esco.-
Gervhart strabuzzò gli occhi, alzandosi per andare verso di lei.
-No! Non se ne parla! Hai sentito zio Rho?! Non dobbiamo uscire!-
La prese per il polso.
-Oh Harty! Sei troppo prevenuto! Non succederà niente, tornerò prima che Rho torni!-
Fece per andare ma la presa del ragazzo non la fece partire.
Raki questa volta si girò lentamente verso di lui. L'incontro dei loro sguardi pareva quello tra due bestie. Gli occhi smeraldi di Gervhart e quelli gialli di Raki. Ma furono le sue parole a fare più male.
-Finisce che mi arrabbio seriamente.-
Gervhart era sempre riuscito a sostenere il suo sguardo, ma in quel momento, era diverso, non era la determinazione, quella era rabbia. Ricordò stranamente le ultime parole di Rhoderich, sentì un brivido lungo la schiena che gli fece abbandonare la presa.
La ragazza sentì il calore della sua mano svanire dal suo polso, lo guardò quasi mortificata. Tutte quelle emozioni in lei erano strane. Lei, si sentiva strana. Forse era proprio quello che la spingeva ad uscire dal normale svolgimento delle cose.
Si diedero un'ultima occhiata, prima che Raki cominciò a correre scalza, su quella terra incolta che sicuramente le avrebbe sporcato i piedi.
La vide svoltare l'angolo, tra i cespugli rigogliosi, per poi perderla di vista. Poi gli venne in mente una cosa. Una cosa di estrema importanze che Rhoderich gli aveva sempre raccomandato ad entrambi.
Era sicuro che Raki non lo aveva fatto. Si ritrasse in casa per dare un'occhiata anche se già sapeva.
Rhoderich gli aveva sempre raccomandato di non uscire senza le loro armi.
E di fatti, l'arco e le frecce di Raki erano ancora al loro posto, accanto alla spada di Gervhart.
Corrugò la fronte, adirato.
-Quella stupida!-

Raki conosceva bene il perimetro di quella zona, ci era praticamente cresciuta, soprattutto perchè le piaceva scorrazzare per il bosco, sporcarsi, saltare sulle rocce, arrampicarsi sugli alberi e spesso arrivava a casa con qualche graffio. Ma a lei sembrava non importare, aveva quell'istinto animale che la portava ad essere così, ad apprezzare la natura e tutti i suoi pericoli. Ma in quel periodo sentiva proprio il bisogno di uscire, di stare all'aria aperta, di sentirsi libera.
Fermò la sua corsa, rimanendo immobile, ascoltando il vento, mentre le foglie secche, accartocciate, cadevano  terra. Le sue orecchie sentivano ogni singolo movimento, sentiva una presenza seguirla. Il suo naso sentiva un odore di sangue e di pelo bagnato, simile a quello dei cani randagi o molto più probabilmente, lupi.
Con lo sguardo seguiva ogni loro movimento, sentiva la loro presenza nascosta tra il fogliame. Non era uno solo.
Si toccò dietro la schiena, come per prendere qualcosa che però non trovò.
-Merda!-
Se ne rese conto solo allora che con sé non aveva portato il suo arco. Il quel momento di disattenzione, uno dei lupi, dal folto pelo e dalle zanne possenti, si scagliò contro di lei.
Fu veloce da riuscire a spostarsi all'ultimo secondo, prima che le sue enormi zampe la potessero far cadere al suolo.
Ma non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi dallo sforzo, che un altro lupo le si presentò al fianco destro, in tutta la sua eleganza, dal mantello nero pece e gli occhi ambrati come i suoi, mostrando le sue zanne bianche.
Raki deglutì. Se avesse provato a scappare i lupi l'avrebbero attaccata alle spalle. Rhoderich le aveva insegnato  a non voltare le spalle agli animali selvatici. Si era data della stupida di non essersi ricordata della sua arma.
I due lupi proprio davanti a lei, l'avevano spinta in un vicolo cieco, con le spalle sentì la fredda roccia, mentre non distoglieva lo sguardo dalle due belve che iniziarono a ringhiare.
Ma dall'alto della roccia un ombra calò davanti a lei. Le prese un colpo, sul momento, ma riconobbe quelle spalle e quei capelli raccolti.
Gervhart difendeva a spada tratta la ragazza.
-Non so che cosa ti sia saltato per la testa…ma credimi…sono parecchio arrabbiato con te.-
Non si voltò a guardarla, ma Raki aveva già capito dal tono della sua voce che non era molto felice. Dentro di lei si stava maledicendo per quello che aveva fatto, soprattutto nei suoi confronti.
-Scu…scusa, Harty.-
Lui sospirò, non capendo il motivo di quelle sue strane reazioni.
-Ascolta! Appena te lo dico corri! Non ti voltare, tu continua a correre! Hai capito?-
I lupi si avvicinavano.
-Non posso! Non posso abbandonarti qui!-
-Raki!-
Il grido adirato di Gervhart la zittì. Aveva capito che non era il caso di contraddirlo. Lui era forte, anche senza Rhoderich sapeva che avrebbe potuto farcela.
-Corri! Corri!!-
Appena udì quelle parole scattò a sinistra, come un fulmine, era la sua specialità. Ma il lupo nero, non se la fece scappare e grazie alla sua muscolatura e velocità balzò nella direzione di Raki. Si vide le fauci vicinissime al viso, sentì perfino l'odore del sangue provenire dalla sua gola.
Gervhart lo spintonò arrivandogli dritto sul fianco, facendolo rotolare per terra. Scosse la testa, gonfiando di più il suo folto pelo, che sembrava averlo fatto più grande e imponente.
Nessuno dei due distoglieva lo  sguardo dall'altro, mentre lui si rialzava, il ragazzo strinse forte il manico della spada, che brillo ai fievoli raggi di sole che trapelavano dalle fitte foglie.
La bestia riprese la sua corsa contro di lui e si rese conto solo troppo tardi che l'altro lupo gli era balzato alle spalle. Sentì le sue fauci lacerargli la pelle della spalla, il dolore lo fece urlare.
Raki a quel grido si fermò, voltandosi verso l'amico preoccupata.
Gervhart aveva diciassette anni, ma il suo corpo era stato temprato in quegli anni, sia fisicamente che mentalmente, riusciva a trascinarsi fuori dai guai grazie alla sua tenacia.
Mollò la spada a terra, aggrappando le mani al pelo del lupo, mentre con tutta la sua forza cercò di levarselo dal corpo, riuscendo a scaraventarlo a terra.
Il sangue colava sul suo braccio, lasciando zampillare gocce rosso porpora in terra.
Raki a quella vista sussultò.
Altri lupi, probabilmente il resto del branco, uscirono dalla vegetazione per dar man forte ai loro compagni.
Gervhart si sentiva in trappola. Con due avrebbe potuto anche salvarsi, ma con un branco di belve feroci e affamate, con un braccio ferito e Raki da proteggere, era troppo.
Raki sgranò gli occhi. Era stata tutta colpa sua, quella situazione era stata a causa della sua stupidità e intraprendenza. Vedere Gervhart in quelle condizioni di pericolo, sapere che era stato a causa sua, sapere di non poter far niente in quelle condizioni le faceva salire un rabbia mai provata prima.
Sentiva le mani fremere, il cuore pulsava nel suo petto, lo sentiva fin sopra alle tempie, il suo battito le arrivava alle orecchie così forte che quasi le dava fastidio.
Sentiva caldo, la pelle bruciare, ma più di tutte, la sua spalla sinistra sembrava andare a fuoco e la strinse con la mano dal dolore.

'E' stata tutta colpa mia!'

I lupi avevano circondato Gervhart. Riprese in mano la sua spada, voltandosi per guardare ogni singolo esemplare.

'Harty è in pericolo!'

Una goccia di sudore le solcò il viso. Il suo respiro si fece più veloce, faceva fatica a deglutire, le facevano male i denti, tutte le ossa cominciavano a dolergli. Le faceva male. Le costole sembravano doversi spaccarsi dall'interno, la testa le girava.
Cominciò ad urlare dal dolore. Era troppo.

'Non toccatelo!'

I lupi si voltarono verso di lei, come se fossero stati richiamati. Gervhart fece lo stesso pensando che fossero stati attirati di nuovo da lei, pronti per attaccarla, ma quello che vide gli fece strabuzzare gli occhi.
Raki racchiusa su di se, le ginocchia a terra, tremante, le braccia incrociate attorno al suo corpo, quasi a stringersi nel suo stesso abbraccio, ma la cosa che sconvolse di più Gervhart, fu quello strano alone bianco intorno a lei, come se il suo corpo stesse bruciando.

-Non toccateloooooo!-


Rhoderich arrivò appena vicino alla casa, portando con sé un sacco che prima di partire non aveva, probabilmente era per quello che era andato in città quella mattina.
Stranamente in quel momento uno stormo di uccelli si alzò in volo, gracchiando, come se qualcosa li avesse spaventati. Li guardò volare via, poi per qualche ragione, provò una strana preoccupazione. Corse in casa, appena aperta la porta, chiamò i nomi dei due ragazzi.
-Gervhart!-
Ma non ebbe risposta.
-Raki!-
Neppure con quel nome. E la preoccupazione si faceva più viva.
Sentì un boato provenire dal bosco che lo spaventò. Sgranò gli occhi pieni di terrore e angoscia, sapeva che quel grido non era di un animale, né di una persona…o almeno non lo era più.
Abbandonò il sacco sull'uscio della porta, stringendo il manico della sua spada ancora nel fodero.

'Fa che non la debba usare contro di lei! Ti prego!'

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Capitolo 13
*** Torna da me.Niente più rancori.Tatuaggio ***


Premessa: Scusate il ritardo ma in questo periodo natalizio, tra una cosa e l'altra, ho fatto fatica ad aggiornare =A= Questa è praticamente la seconda parte del capitolo precedente, un sacco di roba insomma XD Da cui in poi inizia un bel casino e spero di non lasciare indietro niente! D:
In questi ultimi capitoli si è parlato un sacco di Raki e ho tralasciato molto Asha, ma tranquilli che adesso arriva anche la sua parte ;W;
Ah! Non so se vi ricordate la ninna nanna del terzo capitolo, bhe, qui viene ripresa, vi lascio il link ne caso vorreste ascoltarla: Link
Sono arrivata ad un punto in cui posso finalmente mostrarvi anche gli aspetti dei personaggi :D si sò anche disegnare =A= più o meno. Posto alcuni disegni che feci tempo fa.
Gervhart: 1
Rhoderich: 1
Raki: 1 Raki nei suoi 14 anni: 1
GerRaki: 1
Rho e la piccola Raki >W<: 1

Spero che siano come ve li siete immaginati ;W; Almeno adesso quando leggete potete capire come sono XD
Buona lettura e alla prossima! Sicuramente aggiornerò nel prossimo anno 8D





Capitolo 13

Torna da me.Niente più rancori.Tatuaggio







Davanti agli occhi increduli e spaventati di Gervhart, quella che fino a poco prima era la sua piccola amica d'infanzia, una creatura imponente si ergeva maestosa tra le alte querce che ne facevano da sfondo.
Gli occhi spalancati di quel drago sembravano volergli uscire dalle orbite, il colore giallo degli occhi di Raki era rimasto lo stesso, ma non il suo corpo, che adesso era ricoperto di squame verde acqua.
I lupi avevano circondato Raki, erano coraggiosi, ma davanti a quella bestia il loro istinto gli intimava di stare alla larga. Ringhiavano per autodifesa, davanti ad un predatore di quel calibro, l'intimidazione era la prima regola.
Il drago li scrutò uno ad uno, sbuffando dal naso e mostrando le sue fauci sibilando dalla gola. Era bastato un piccolo movimento di uno dei lupi per farla adirare. Il suo urlo fece vibrare le piante riecheggiando in ogni dove, Gervhart si dovette coprire le orecchie, il boato fu tanto forte che sembrava trapanargli i timpani. Presa dalla rabbia cominciò a muoversi non curante di ciò che aveva intorno. Le ali spiegate prendevano contro ai rami degli alberi, strappandoli come carta, la coda sembrava una frusta che frantumava le rocce cercando di colpire i lupi che si spostavano giusto in tempo. I suoi passi pesanti facevano tremare il suolo come un terremoto.
Non si preoccupò nemmeno di Gervhart, se non fosse stato svelto a scansarsi sarebbe rimasto schiacciato da Raki. Sembrava non essere più in lei, come se quella creatura ne avesse preso il pieno controllo.
-Raki smettila!-
Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, per poter farsi sentire in mezzo a tutto quel baccano, avvicinandosi a lei e fu solo fortunato. Involontariamente una delle zampe di Raki  sfiorò il volto del ragazzo, ma sentì molto bene la punta dell'artiglio che gli trapassò la pelle del viso in un dolore lancinante.
Urlò di dolore coprendosi il viso che si dipinse di rosso, mentre il sangue sgorgava dal suo viso provocandogli calore come se stesse bruciando.
La creatura mossa da quel grido si girò verso di lui e stranamente si fermò a fissarlo. I suoi occhi diventarono quasi lucidi, quella stessa luce che proveniva dagli occhi di Raki, quasi tristi in quel momento. La sentì sbuffare e là guardò dritto negli occhi. Sotto quella corazza di squame poteva ancora vedere Raki, lei non era ancora scomparsa del tutto.
Ma in quel momento di stallo, il lupo nero si scagliò sul collo del drago, infilzando con le sue zanne bianche la dura pelle.
Distolse il suo interesse per Gervhart in un urlo di dolore, provocando ancora di più la sua rabbia. Si muoveva con foga cercando di liberarsi da quella morsa, scagliandosi anche contro le possenti rocce che si disintegravano. Con una delle zampe anteriori riuscì a levarsi il lupo, che scaraventò fortemente a terra. L'animale si rialzò barcollando e stanco, sapeva che quell'animale era più forte di loro e che avrebbe solo portato il branco ad una morte sicura, lui che era il leader doveva prima di tutto salvaguardare i compagni. Il guaito servì agli altri come una sorta di 'ritirata', perché dopo aver dato l'ultimo sguardo al drago scapparono tutti in direzioni diverse, compreso il lupo nero che zoppicando saltellò via tra le rocce e la vegetazione della foresta.
Raki li guardò sparire, digrignando i denti, ma rivolse la sua attenzione su Gervhart, inginocchiato per terra, grondante di sangue sul viso, la ferita gli passava sul naso e su tutta la guancia destra, un taglio piccolo ma molto profondo.
Ad ogni passo della bestia che si avvicinava a lui, la terra tremava sempre più forte, sentiva il suo respiro caldo muovere i suoi capelli. Alzò lo sguardo ancora una volta verso di lei, questa volta impaurito, ma non per la sua vita, ma perché rivoleva Raki come prima.
Gli occhi ambrati lo fissavano, fissavano quella ferita sul suo viso, il suo cuore fremeva, la sua testa era un miscuglio di pensieri e ricordi, offuscati, come se qualcosa stesse cercando di riportarli alla luce, ma anche volerli dimenticare. Ma la rabbia era più forte di qualsiasi altro sentimenti in quel momento.
-Raki…-
Sospirò il suo nome preoccupato. A quel nome, il drago strabuzzò gli occhi, di  uovo quel boato uscì dalle sue fauci, ma questa volta più provato, quasi un lamento disperato, fece roteare la sua lunga coda, mentre Gervhart vide di nuovo la sua enorme zampa scagliarsi contro di lui, questa volta non sarebbe riuscito a schivarla. Chiuse gli occhi aspettando di essere scaraventato via da quella forza immane. Ma non sentì nulla, solo un tintinnio metallico.
Riaprendo piano gli occhi scorse davanti a lui una figura umana che con la spada aveva fermato l'artiglio del drago e che stava tentando con tutte le forze di trattenerlo.
-Non ti avevo detto di non fare arrabbiare Raki?-
Rhoderich lo sapeva? Sapeva già che quella era Raki? Sapeva che cosa sarebbe potuto succedergli, ecco perché lo aveva messo in guardia con quelle parole.
-Io...-
Non fece in tempo a finire la frase che Rho lo fermò.
-Dobbiamo andarcene di qui!-
Stringeva i denti corrugando la fronte. Era arrabbiato ma anche tanto preoccupato. La sua preoccupazione si leggeva nei suoi occhi, Harty lo poteva scorgere dal suo profilo.
Quello voleva dire lasciare Raki in quelle condizioni, il ragazzo si preoccupò, ma non poteva fare altrimenti se non ascoltare Rhoderich che li aveva sempre tirati fuori da guai e che sembrava sapere molto di più su quella creatura.
Con tutta la forza che aveva, l'uomo spinse via la zampa del drago, quel poco che bastò per girarsi verso Gervahart, non si preoccupò di guardare le sue ferite, non c'era tempo, prenderlo per il polso e trascinarlo via.  Riuscì appena in tempo ad alzarsi sulle gambe che si sentì strattonare da Rho, la sua stretta era forte, non sembrava intenzionato a lasciarlo andare, aveva paura che l'affetto che provasse per Raki avrebbe potuto essere più forte del pericolo. Non poteva in quel momento lasciare che lui tornasse da lei.
Prima di sparire nella fitta vegetazione Gervhart si girò a fissare Raki che cominciò a sibilare versi che parevano pianti. I suoi occhi per un istante si incrociarono coi suoi, prima di sparire tra le rocce.
Correvano tra i pioppeti, i loro respiri affannati si facevano via via più intensi, per lo sforzo e per l'ansia, ma Rho non aveva mai mollato la presa sul polso del ragazzo che nella sua testa non faceva che pensare a Raki e mille domande si sovrapponevano l'una sull'altra, ma i suoi pensieri vennero improvvisamente fermati da un 'ruggito' graffiante, ormai lontano, che rimbombò nella foresta, facendo tremare il suolo seguito da boati di piante che venivano abbattuti.
Fermarono la loro corsa voltandosi a guardare nella parte in cui sapevano di aver lasciato Raki e solo in quel momento Rho lasciò il polso del ragazzo.
Si pulì con la manica della maglia il viso, sporcandola si sangue che ancora non aveva smesso di sgorgare.
-Tutto bene?-
Rho poggiò la mano sulla sua spalla, chinandosi in avanti per vedere il suo viso sporco di sangue e terra.
Annuì, ma non proferì parola, solo guardandolo Rho poteva intuire tutta la sua preoccupazione e confusione che aveva in testa. Solo Rhoderich poteva dargli delle risposte.
-Lo sapevo…-
I suoi occhi guardavano a terra.
-L'ho sempre saputo. Dalla prima volta che vi ho visti, sapevo che Raki non era umana.-
A quelle ultime parole Gervhart sobbalzò. Non lo aveva mai saputo, lui che aveva vissuto con lei da quando era una neonata. Come poteva non essere umana. Per anni le era stato accanto, l'aveva tenuta in braccio quando era piccola e indifesa, aveva sentito il suo calore quando le teneva la mano e lei piangeva la perdita dei suoi genitori, le sue lacrime e il suo sorriso erano veri, le sue emozioni erano vere. Lei non poteva essere un mostro. Lei era soltanto Raki.
Rhoderich quasi si spaventò nel vedere lo sguardo di Gervhart incrociarsi con il suo. Non lo aveva mai visto così arrabbiato e sicuro di sé.
-Non voglio delle risposte adesso. Voglio solo sapere come riportare Raki com'era prima.-
La sua non era rabbia, ma solo determinazione a salvare l'amica a cui teneva.
Rho sospirò.
-Ha perso del tutto il senno, come succede ad ogni drago alla prima trasformazione…-
Si fermò a rimuginare.
-Normalmente dovrebbe calmarsi da sola e tornare normale, ma non so quanto tempo le ci vorrebbe. Ci vuole qualcosa che le faccia ricordare chi è. Un qualcosa a cui Raki è legata.-
Harty aveva ben capito che Rhoderich sapeva davvero tanto, su Raki, sui draghi, avrebbe voluto chiedergli molto di più, ma gli venne subito in mente una cosa che Raki non avrebbe potuto dimenticare.
-La canzone!-
-Uh?-
-La ninna nanna che Raki canta ogni notte prima di addormentarsi.-
-Può funzionare?-
-Non lo so…ma è l'unica cosa che mi viene in mente.-
L'uomo schioccò la lingua.
-Lo sai che se non dovesse funzionare…-
Estrasse la spada che brillò.
-Dovrò usarla per proteggerti.-
Il ragazzo sviò lo sguardo.
-Gervhart…fa che io non la debba usare. Per favore.-
Entrambi sapevano che un solo errore poteva costare la vita a uno di loro, ma soprattutto l'incolumità di Raki era nelle loro mani.

La creatura presa dall'ira e spaventata distruggeva tutto quello che si trovava sul suo cammino, la lunga coda disintegrava rocce sbriciolandole come sabbia, inavvertitamente le ali spiegate tranciavano i tronchi esili dei pioppeti, mentre gli animali fuggivano terrorizzati. Quello che si lasciava dietro era devastazione, Gervhart e Rhoderich lo avevano potuto constatare tornando indietro, increduli.
-Un drago può fare questo?-
-Un drago giovane si….pensa a un drago adulto.-
Gervhart parve quasi spaventato. Questo voleva dire che Raki col tempo sarebbe cresciuta e con lei sarebbe cresciuto anche il suo corpo di drago.
Uno strano impeto pieno di preoccupazione pervase Gervhart che con uno scatto corse veloce verso il drago, lasciando indietro Rhoderich.
-Aspetta Gervhart!-
Aveva promesso che si sarebbe preso cura di Raki, che non l'avrebbe fatta più soffrire, ma in quel momento sapeva che all'interno di quell'animale Raki stava soffrendo e non poteva sopportarlo.
La sua corsa venne fermata quando vide la schiena squamata del drago. Strinse forte i pugni e urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni.
-Rakiiiiii!-
Il suo nome riecheggiò fino ad arrivare nelle orecchie della creatura che si voltò lentamente fissando il ragazzo.
Gervhart ansimava dalla corsa fatta, il suo sguardo era puntato su di lei.
-Torna da me Raki.-
Sospirò tra sé e sé, prima di cominciare a cantare quella dolce melodia che ogni notte ascoltava da Raki e che anche le loro madri cantavano per loro prima di addormentarsi. Col tempo la voce di Raki si era fatta più adulta, ma non aveva perso quel tono dolce di quando era bambina. Sentirla ogni notte lo rassicurava.
Rhoderich arrivò parandosi di fianco a lui a spada sguainata.
Raki ruggì contro di loro facendo alzare un sottile vento e un leggero vapore bianco uscì dalla sua bocca, mentre si avvicinava a loro.
Gervhart continuava  a cantare quella ninna nanna piena di ricordi, ma non sembrava fermarla.
-Harty?!-
Sibilò Rho a denti stretti preoccupato.
-Non ti sente! Urla più forte!-
Il drago si era avvicinato e non sembrava volersi fermare, anzi aveva persino spalancato le ali e il passo si era fatto più pesante, muovendo un polverone ad ogni passo.
Rhoderich strinse l'impugnatura della spada, tremante, per la paura di doverla utilizzare.
Il tono di Ghervart si era fatto più alto ma Raki era ormai a pochi passi da loro e proprio quando sembrò pronta ad attaccarli allungando il collo verso Gervhart si fermò. Continuò a cantare senza fermarsi, sembrava che tutti gli altri suoni si fossero fermati per ascoltarla, per ascoltare quella canzone che aveva accompagnato Raki e Garvhart per tutto quel tempo.
Raki muoveva la testa a destra e sinistra fissando quel ragazzo, mentre i suoi occhi ambrati si facevano più luminosi e tranquilli.
Rhoderich stava a fissare la scena incredulo. Gervhart continuava a cantare mentre la sua voce si era fatta più sicura, Raki avvicinò il suo muso al viso del ragazzo. Sentì il suo respiro pesante sulla pelle e la sentì sibilare qualcosa quasi come un pianto. Raki sentiva quella voce nella sua testa, quella melodia che le fece venire in mente sua madre e suo padre, seduti davanti al camino di casa, il calore del loro abbraccio e poi Rhoderich, mentre battibeccavano come al solito e poi…lui. Vedeva quella figura sfuocata, la figura di un ragazzo, lo conosceva ma non riusciva  a capire chi fosse.
Gervhart aprì gli occhi, davanti a lui il muso ricoperto di squame verdi brillanti. Non aveva paura, perchè lei era Raki. Senza esitazione appoggiò la sua mano sul muso del drago, avvicinandosi fino a toccarla con la sua fronte, mentre la canzone era giunta al termine.
-Raki…torna da me.-
Quel calore del suo tocco, quella voce, quella figura che a Raki pareva sfuocata adesso si era fatta nitida e poteva vederlo. La persona di cui non poteva fare a meno e che ogni volta la faceva sentire viva.
Gli occhi di Raki si riempirono di lacrime, sibilò lamenti tristi, mentre il suo corpo pian piano tornava quello di una ragazzina minuta e giovane. Le enormi ali si ritirarono nella schiena, gli artigli e i denti tornarono alle loro dimensioni umane e le squame lasciarono posto alla pelle liscia e candida di quella giovane Raki che tra le braccia di Gervhart giaceva nuda e raggomitolata in sé, ma non cosciente. Gervhart le scostò i ciuffi dal viso, sorridendo, finalmente poteva rivederla con il proprio corpo.
Rhoderich le mise la sua giacca addosso. Vederla così tranquilla mentre dormiva le fece tirare un sospiro di sollievo.
-Mi sa che dovrò raccontarvi un sacco di cose eh?!-
Sorrise lievemente.
-L'importante e che Raki sia sana e salva.-

Gli occhi ambrati di Raki si aprirono lentamente, strizzandoli più volte per mettere a fuoco. Si guardò intorno, era nella sua camera da letto, tra le coperte calde. Ci volle un po' prima che le tornarono alla mente tutti i ricordi di ciò che era successo e di quello che aveva provato quando si era trasformata in quella creatura. Le venne una stretta al cuore, sobbalzando sul letto, levandosi le coperte e guardando il suo corpo. Portava una delle sue solite canotte, si guardò e toccò braccia e gambe, non notando niente di anormale, le sue squame erano sempre al loro posto sulla spalla. Si portò una mano al cuore per tranquillizzarsi, ma gli occhi le si riempirono di lacrime quando ricordò ciò che aveva fatto a Gervhart.
-Ti sei svegliata finalmente!-
Rhoderich la prese alla sprovvista, appoggiato allo stipite della porta a braccia conserte.
Sviò lo sguardo da lui, aveva vergogna e paura allo stesso tempo, ma Rho la conosceva troppo bene ormai.
-Harty stà bene.-
Strinse le coperte tra i pugni, mordendosi le labbra per non scoppiare a piangere.
-L'ho ferito…io…sono un mostro! Che cosa mi è successo?-
La sua voce era strozzata. Rho si avvicinò a lei per confortarla, sedendosi sul letto accanto a lei.
-Tu non sei affatto un mostro.-
-Hai visto cosa sono diventata? Ho fatto del male ad Harty, come puoi dire che non sono un mostro!!-
Calò il silenzio dopo quella sfuriata di Raki che si tranquillizzò prima di parlare ancora.
-Tu lo sapevi, non è vero?-
Rhoderich distolse lo sguardo da lei, guardando alla finestra.
-Si. Dalla prima volta che ti ho vista sulle rive del fiume e ho visto che portavi quelle squame sulla tua spalla. Sapevo che eri una discendente dei draghi.-
Un brivido percosse Raki.
-I draghi? Non sono solo creature leggendarie?-
-Creature leggendarie che però esistono veramente, confinate in qualche zona del mondo. Si dice che i draghi milioni di anni fa proliferavano sulla terra, ma con l'arrivo dell'uomo e le battaglie per la conquista dei loro tesori e territori vennero decimati, così si nascosero in una terra sconosciuta agli umani. Nel corso del tempo, grazie alle loro arti magiche, dicono siano riusciti a prendere sembianze umane ed alcuni si mescolano alla popolazione. Ciò che li distingue dagli esseri umani però…-
Toccò leggermente la spalla di Raki passando le dita su quelle squame verdognole.
-Sono le squame di drago su un punto del corpo. Probabilmente uno dei tuoi genitori faceva parte di questa famiglia.-
Raki sobbalzò. Non riusciva a crederci. Per tutto quel tempo aveva vissuto pensando di essere una ragazza normale, ma pian piano tutti i tasselli stavano andando al posto giusto.
-Il fatto di avere una vista, un udito e un olfatto così sopraffini è dovuto alla mia natura.-
-Già. Un drago che mantiene il suo aspetto umano prima o poi il suo corpo di drago deve maturare.-
Raki più o meno capì dove voleva andare a parare.
-Quando un drago arriva ai quattordici anni, avviene la mutazione draconica che chiunque drago ha prima o poi.-
Ecco il perché Rho quel giorno era così in ansia, perché aveva messo in guardia Gervhart, tutto era collegato a quello. Raki si sentì una stupida per aver disubbidito a Rhoderich, lui lo stava facendo per il suo bene e lei non lo aveva capito.
-Mi dispiace…-
Le sue guance diventarono rosse, si vergognava ogni volta che sapeva di aver sbagliato.
Lui le sorrise felice.
-Tranquilla, non succederà più, a meno che non sia tu a volerlo.-
-Posso trasformarmi quando voglio adesso?-
-Si. Adesso hai pieno controllo del tuo corpo e non finirai col perdere il senno.-
Raki non sembrò comunque contenta, pareva invece triste.
-Non lo farò mai più. Non ho intenzione di trasformarmi in quel mostro ancora una volta.-
Era arrabbiata con sé stessa. Si portò le gambe al petto bofonchiando.
-Lui mi odierà.-
-No non ti odia. Gli ho raccontato le stesse cose che ho detto a te e credimi, qualsiasi cosa tu gli abbia fatto lui non potrebbe mai odiarti.-
-Ma tu come fai a sapere tutte queste cose vecchiaccio?-
Lui inarcò il sopracciglio.
-Sono uno a cui piace informarsi e leggere. Tutti quei libri nel mio studio non sono lì per niente.-
La ragazzina lo squadrò da dietro le ginocchia, non ancora convinta, ma adesso il suo unico pensiero era che il giorno del suo compleanno si era trasformato in un brutto ricordo.
-Che brutto compleanno.-
Borbottò.
Rhoderich le sorrise dolcemente.
-Non sarò come tua madre che ti raccontava le favole e ti cantava la ninna nanna. Non sarò come tuo padre che per il giorno del tuo compleanno ti portava al fiume a pescare. Non sono tua madre e non sono tuo padre, non c'è nessun legame di sangue tra di noi…ma sappi solo che farò di tutto per proteggerti, come se fossi la mia unica ragione di vita.-
Le diede un bacio sulla fronte.
-Buon Compleanno Raki.-
Le porse un sacchetto appoggiandolo sulle coperte per poi alzarsi a andare via.
Raki stupita lo prese e slegò il laccio che lo teneva chiuso, svelandone il contenuto: biscotti a forma di pesce inebriarono la stanza di un profumo dolce, come appena fatti.
Le lacrime cominciarono a solcarle il viso. Era uscito quella mattina per andare in città e comprargli quei biscotti come regalo e lei aveva finito per dirgli quelle brutte parole. Singhiozzò, mentre le lacrime bagnavano le coperte lasciando macchie più scure, che con il calore di quella casa sarebbero poi scomparse.
-Stupido vecchio.-



Come quella volta, Gervhart aveva davanti a sé Raki, che aveva giurato di non trasformarsi più davanti a lui, ma la paura di perderlo era stata più forte della sua promessa. Ma questa volta era diverso, lei non si era lasciata trasportare dall'impeto, dalla furia distruttrice. Raki era rimasta Raki, non fisicamente ma mentalmente.
Asha la guardava a bocca semiaperta, stupita, non aveva mai avuto la possibilità di vedere Raki trasformata, lo sapeva perché glielo avevano raccontato, ma vederlo dal vivo era tutta un'altra cosa.
Gli uomini in armatura arretrarono, avevano perso ogni volontà di combattere. Il capo dell'armata notò l'atteggiamento spaventato dei suoi uomini e cercò di ravvivare l'animo combattivo.
-Non possiamo arrenderci! Il nostro capo sarà fiero di noi se gli porteremo un drago!-
Si scagliò contro Raki brandendo la sua spada e lo scudo come difesa, che non servì a fermare la zampata che lo prese in pieno scaraventandolo contro una roccia, sentendo l'armatura accartocciarsi e l'uomo cadere a terra privo di coscienza.
Raki non si faceva nessuno scrupolo. Quegli uomini sarebbero stati un pericolo se fossero sopravvissuti, ma soprattutto erano uomini di quello che si faceva chiamare Re Nero e che aveva distrutto la loro terra e forse tra di loro c'era chi aveva massacrato il suo villaggio.
La ragazza presa dalla rabbia fece volteggiare la sua possente coda contro i nemici, sbalzandoli da una parte all'altra, alcuni nell'impatto persero parti di armatura che rotolarono ovunque, c'era chi ancora riusciva a muoversi nonostante le varie fratture e chi non si muoveva più.
Uno agonizzante sul terreno cercava di trascinarsi via ma Raki non lo lasciò fuggire finendo col calpestarlo sotto i suoi artigli strappandogli prima un urlo terrificante, lo stesso che poi lasciò andare Raki, un boato che fece scappare via tutti gli uccelli sulle fronde degli alberi.
-Raki basta!-
La voce severa di Gervhart la fermò all'istante.
-Ormai non sono più in grado di nuocerci, quindi basta così.-
Raki sbuffò, proprio come una bambina.
-Bisogna andare via di qui al più presto!-
Rhoderich si avvicinò al drago rinfoderando l'arma.
-Tutto questo disastro non passerà inosservato.- Diede delle pacche alla gamba posteriore di Raki come se fosse un cavallo, facendola adirare, portando il muso davanti alla faccia del vecchio sbuffando e digrignando i denti. Lo sbuffo gli spettinò i capelli.
-Scusa scusa! Ah! E' come se ti avessi toccato il sedere Raki!-
-Grrrrr!-
Mostrò le sue fauci.
-Forza! Prima ci muoviamo e meglio è!-
Tentò di sviare il discorso.
-Gervhart hai mai cavalcato un drago?-
Una smorfia interrogativa si dipinse sul volto di Gervhart e soprattutto su quello di Raki che parve parecchio indispettita.
-No, perché?-
Rhoderich elargì un sorriso a trentadue denti.


Raki si rivestì con vestiti di ricambio che si era portata, non sia spettava di doverli usare per colpa di quella situazione, ma era accaduto. Diversamente da quella volta però non aveva perso il controllo di sé stessa, non aveva fatto del male alle persone a cui voleva bene. Strinse i pugni vicino al suo petto. Si vergognava comunque di trasformarsi davanti a Gervhart, le tornava sempre in mente quella sua cicatrice e il male che gli aveva procurato.
-Hei principessina, hai finito di cambiarti?-
Quando meno se lo aspettava ecco che Rhoderich faceva la sua entrata in scena rovinando l'atmosfera. La ragazza sbuffò, girando l'angolo, trovandosi davanti proprio quel vecchio che le fece salire la rabbia, scaraventandogli un pugno in pieno viso, che se non fosse stato veloce a fermare gli avrebbe spaccato sicuramente il naso.
-Hei ehi! Come siamo aggressive Miss. Drago Verde.-
-Stai zitto! La prossima volta che vuoi 'cavalcarmi' chiedi prima alla sottoscritta! Era la mia prima volta!-
-Detta così sembra una cosa perversa.-
Raki divenne rossa di rabbia.
-Non te la sei cavata male no? Hai volato perfettamente.-
-Ma avevo paura per voi. Se foste scivolati?-
La ragazza mise il broncio.
-Sei stata perfetta.-
Gervhart arrivò seguita da Asha che era stata medicata al collo per quel lieve graffio che uno degli uomini le aveva fatto.
Le aveva sorriso come se fosse stata la cosa più normale del mondo dopo quello che aveva visto. Raki si sentì in imbarazzo e sviò lo sguardo da lui.
-Non hai avuto paura di me?-
-Avrei dovuto averne?-
Levò su lo sguardo incrociandolo con quello di Gervhart.
-Te l'ho detto e ripetuto: tu rimani sempre Raki, qualsiasi cosa succeda.-
Asha sorrise, lo stesso fece Rhoderich, ma quel sorriso dolce del ragazzo era la sola cosa che Raki in quel momento vedeva e le bastava sapere questo. Finalmente aveva sorpassato quella paura e forse poteva finalmente guardare Harty senza sentirsi in colpa.


La carneficina che Raki aveva lasciato aveva attirato l'attenzione di un altro gruppo di uomini con le stesse armature nere, che probabilmente non avendo più loro notizie aveva preso a cercarli.
Setacciavano il posto per avere qualche indizio di chi aveva potuto fare una cosa del genere, guardavano e rigiravano i cadaveri senza trovare nessuna ferita riconducibile ad un arma.
-Generale Bastion, non riusciamo a capire cosa sia successo. Chi diavolo avrebbe potuto fare una cosa del genere?-
Parlò ad un uomo alto e dalle braccia possenti, era l'unico che non portava un'armatura, solo indumenti semplici, come se non avesse paura che qualcuno potesse ferirlo.
L'uomo sogghignò avvicinandosi ad una conca lasciata sul terreno dove l'erba schiacciata sembrava formare un'orma gigantesca. Nella parte destra della mandibola e su collo portava evidenti cicatrici simili a tagli, il suo viso era solcato da piccole rughe soprattutto vicino agli occhi di colore verde scuro, allungati che trovarono una cosa interessante per terra vicino a quell'orma.
Il ciondolo che Selva aveva dato a Raki venne preso da quella mano rovinata e sporca. La lunga coda di capelli ramati gli scivolò  sulla spalla destra, sulla stessa spalla in cui in bella vista si stagliava un tatuaggio di serpente, lo stesso segno che Gervhart da anni aveva impresso nella sua mente, quello per cui era venuto a Edras e che avrebbe placato la sua sete di vendetta.
Bastion si sistemò l'arco prima di ritirarsi sù in piedi e portare sopra di lui la gemma colorata che brillò sul suo viso, cambiato nel corso degli anni, ma quel tatuaggio non poteva nascondere la sua vera identità.
Elargì un sorriso divertito e terrificante, mostrando i suoi canini bianchi come una belva affamata che cerca le traccia della sua preda.
-Le cose si fanno interessanti, molto interessanti.-

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Capitolo 14
*** Brutti Sogni.Villaggio.Collina di fiori ***


Premessa: Scusate immensamente per il ritardo ;AAAA; ma per me scrivere è un dilemma! Soprattutto per questa storia piena di intrighi che devo far combaciare, se mi scordo qualcosa è la fine! E' un capitolo tranquillo, stacchiamo un pò dai capitoli incasinati precedenti XD penso che nel prossimo capitolo ci saranno ancora tante cose che verranno svelate...soprattutto su Asha 8D sempre che riesca a inserirlo nel prossimo cap!
Quindi un capitolo corto e tranquillo, ma penso che vi farà incuriosire ancora di più >W< soprattutto su Rhoderich! quell'uomo 8D
Amo il rapporto che stò scrivendo su Asha e Raki ;W; un pò di yuri quà e là non guasta mai <3
Buona lettura!




Capitolo 14

Brutti Sogni.Villaggio.Collina di fiori






Come Gervhart era finito li non lo sapeva, come se non avesse ricordi prima di trovarsi in mezzo al nulla, nell'oscurità più totale, non riusciva a vedere nient'altro che il suo corpo, mentre intorno a lui solo oscurità.
Si girava intorno, continuando a chiedersi che posto fosse quello e come ci era finito, l'agitazione lo faceva ansimare, ma manteneva sempre il controllo sulle sue emozioni.
-C'è nessuno?-
Il suo grido, con un pizzico di rabbia, riecheggiò in quel buco nero, come se fosse stato un luogo senza fine, un luogo in cui sembrava esserci solo lui, avvolto nell'oscurità.
Ma uno strano sibilo dietro le sue spalle attirò la sua attenzione e stranamente Gervhart provò uno strano brivido alla schiena, puntando lo sguardo dritto su di un punto in cui non c'era nulla, ma era come se lui sentisse che lì c'era qualcuno….o qualcosa.
'Ti sento…'
Una voce roca, graffiante, un voce che a lui pareva come familiare, già sentita.
Preso alla sprovvista, indietreggiò.
'Ti stai avvicinando sempre di più a me.'
Gervhart strinse i pugni non capendo la situazione.
-Chi sei?-
'Non potrai sfuggirmi ancora per molto….il rancore che porti dentro finirà per corroderti l'anima.'
Il ragazzo sobbalzò a quelle parole.
-Non è vero…-
Sussurrò tra se e se abbassando lo sguardo a terra.
'Non mentire a me…'
Quella voce pareva avvicinarsi a lui, come quella stessa presenza che sentiva ma non vedeva.
Il suo cuore cominciò a pompargli nel petto, la paura che in quel momento era riuscito a mantenere calma stava prendendo il sopravvento, gli occhi spalancati nel terrore di quell'oscurità che lo stava divorando, lo stava soffocando.
La voce graffiante pareva dentro di lui.
'Quando sarà il momento della vendetta, sarai tu a venirmi a cercare! Allora sarai costretto ad abbandonare tutto…e tutti!'

Gervhart sgranò gli occhi, che avevano uno strano colore nero intorno alla pupilla e questo gli provocava un forte bruciore che lo costrinse a sbattere più volte le palpebre, mentre piano piano la macchia scura veniva come assorbita fino a sparire.
Ansimava ancora preso dall'angoscia di quel brutto sogno, mentre piccole gocce di sudore calavano dalla sua fronte.
-Padrone?-
La tranquilla e dolce voce di Asha lo riportò alla realtà.
Si girò verso di lei ancora un po' frastornato, era inginocchiata di fianco a lui, il volto preoccupato e gli occhi puntati su di lui quasi interrogativi, aspettando una sua risposta.
Ma Gervhart si rese conto solo in quel momento di star stringendo nella sua mano il polso esile di Asha, che subito lasciò andare intimorito di averlo stretto troppo durante quel brutto sogno.
-Mi dispiace…-
Si strofinò la mano sul viso, cercando di dimenticare l'accaduto e scacciare quei pensieri che gli provocavano un senso di rabbia e paura.
Asha si portò il polso al petto massaggiandolo delicatamente con l'altra mano.
-Non hai nulla di cui scusarti, non è successo niente.-    
Si tese verso di lui.
-C'è qualcosa che non và?-
Gervhart sospirò, senza guardarla negli occhi.
-No, solo un brutto sogno.-
Sentì il tocco delicato della mano di Asha sulla sua guancia che lo invitava a voltarsi verso di lei e a incrociare gli sguardi. Era più forte di lui, il solo tocco di quella ragazza lo faceva stare bene, era in grado di infondergli tranquillità e pace in certi momenti difficili e Asha manteneva sempre quel suo portamento pacato.
-Lo sai che per qualsiasi cosa puoi parlarne con me.-
Accarezzava la sua guancia, spostando i ciuffi di capelli dal suo viso, Gervhart pareva quasi lasciarsi trasportare da quelle carezze.
-Pensavo di essere sempre io l'ultima a svegliarsi ma...-
Raki appena svoltò l'angolo si fermò impietrita davanti a quella scena, che non era inusuale da parte loro, ma che forse non si aspettava in quel momento.
Cominciò a farfugliare e ad arrossire, sotto lo sguardo attonito dei due.
-Scu-scusate non volevo disturbarvi!-
Gervhart si alzò facendosi leva sulle ginocchia.
-Non hai proprio disturbato niente.-
Si grattò il pizzetto sul mento quasi dispiaciuto.
-Sono io che dovrei scusarmi per il ritardo.-
Allungò la mano verso Asha per aiutarla ad alzarsi.
-Vado da Rhoderich per sentire il dà farsi.-
Quando passò di fianco a Raki le diede una pacca sulla spalla, che la fece sussultare e fissarlo andare via.
Sospiro mentre si rivoltava, ritrovandosi il viso di Asha a pochi centimetri dal naso.
La fissava con quei suoi occhi azzurri da sembrare bianchi, socchiusi e infinitamente provocanti. Raki arrossì da quella sua troppa vicinanza.
-Che-che c'è?-
Balbettò.
La Necromorpher elargì un sorriso malizioso, mentre fece passare il pollice sulle labbra di Raki, che rabbrividì.
-Non si disturba in questo modo, piccola Raki. Hai bisogno di considerazione?-
Le si avvicinò ancora, mentre il suo dito si insinuava delicatamente nella sua bocca, inumidendolo. Raki scostò indietro la testa, arrossendo di più, farfugliando qualcosa più simile a dei gemiti arrabbiati.
-Posso darti io certe attenzioni…faccio senza chiedere al padrone. Per te qualsiasi cosa.-
La morettina si divincolò, nascondendo la bocca tra le mani.
-Smettila di prendermi in giro Asha!-
Si leccò lo stesso pollice con cui aveva sfiorato le labbra di Raki. le piaceva prendersi gioco delle persone, Raki non riusciva a capire mai se scherzasse o meno, era nella sua indole, eppure Raki non lo aveva mai visto fare con altre persone al di fuori di lei, Rho e Gervhart. Quella donna era un continuo mistero.

Gervhart accarezzava la schiena dal manto lucido di Corvo, che ogni tanto frustava la coda, sembrando che gli piacesse essere accarezzato e coccolato dopo tanto tempo. Mentre Rhoderich raccoglieva le ultime cose, sistemandole tutte nei sacchi da portarsi in spalla, vennero raggiunte da Asha e Raki.
-Alla buon ora, donne!-
Raki a pugni serrati e il broncio, degnandolo neanche di una risposta lo sorpassò dirigendosi verso Gervhart.
Il vecchio la guardò stupito allontanarsi.
-Che le hai fatto Asha?-
La Necromorpher si limitò a fare spallucce, incrociare le braccia la petto e rispondere in maniera tranquilla e pacata.
-Cose da donne…-
Rhoderich sospirò, sapeva come Asha si divertiva a mettere in imbarazzo Raki che costantemente poi si imbronciava perché lei stessa si emozionava come un uomo davanti alla maliziosità di quella donna.
Ma Raki cambiò subito espressione quando raggiunse Gervhart e vide Nocciolina che ormai si era ripresa e veniva coccolata da Corvo che strusciava il muso contro il suo. Vederli così la fece sorridere.
-Stanno bene adesso.-
Harty si voltò verso di lei, che annuì allungando la mano verso Nocciolina che si protese per essere accarezzata.
-Dovremo salutarci ancora una volta.-
I suoi occhi diventarono lucidi, mentre un sorriso malinconico le si dipingeva sul viso. Gervhart si era fermato a fissarla mentre la leggera brezza mattutina faceva danzare i suoi ciuffi corvini raccolti alle due estremità del viso.
-Ma non sarà un addio.-
Raki interrogativa si voltò verso di lui che invece di guardarla, aveva lo sguardo altrove.
-Ci siamo rincontrati, sarà così ancora.-
Raki annuì, sorridente.
Per un istante avrebbe voluto che lo stesso fato che aveva fatto incontrare loro con i cavalli, sarebbe riuscito a farle rincontrare i suoi genitori, ma non poteva sapere a quale destino erano andati incontro quel giorno di diciassette anni fa.

Il sottobosco di Edras, diversamente da quello di Calvadian, dove avevano abitato per tutti quegli anni era fitto di vegetazione, gli alberi erano bassi e ricchi di fogliame verde, le edere e i rampicanti si intrecciavano tra loro creando una sorta di ragnatela, era una natura incontaminata e rigogliosa data anche dal fatto che erano vicino ai pressi del fiume e che il clima ad Edras fosse perfetto, né troppo caldo d'estate e né inverni troppo rigidi, con precipitazioni variabili durante l'anno.
Ecco perché Edras era il paese dove la vita era migliore e dove si lavorava di più, in un ambiente sano si lavorava meglio e si produceva di più.
Rhoderich faceva strada, qualche volta si vedeva costretto ad usare la spada dove la vegetazione era troppo fitta, lasciando passare Raki che sembrava stranamente a suo agio, mentre Gervhart aiutava Asha dalla quale non staccava mai gli occhi e sempre al suo fianco.
-La vegetazione si stà facendo più rada, ormai dovremo esserci.-
Dovevano uscire da sottobosco in modo da allontanarsi dalle rive e arrivare più verso il centro, dove sarebbero stati più scoperti, ma non erano venuti lì per fare una passeggiata.
Raki si fermò di colpo ascoltando.
-Raki che c'è?-
Chiese Harty preoccupato.
Cominciò ad annusare l'aria intorno a lei, mentre gli altri si guardarono interrogativi.
La ragazza sgranò gli occhi ambrati, prima di prendere a correre saltando tra le rocce e le radici che fuoriuscivano dal terreno come tentacoli.
Gervhart chiamò il suo nome, ma non si fermò.
Schioccò la lingua disapprovando quel suo modo di fare.
-Asha!-
Lei annuì trasformandosi nella grande spada a cui lui ormai era abituato a maneggiare, prendendo a correre nella sua stessa direzione, ma perdendola di vista. Raki era davvero veloce.
Quando la luce del sole colpì i loro occhi, per un istante non videro più nulla, costringendoli a chiudere le palpebre più volte per riuscire a mettere a fuoco. Capirono di essere usciti dalla foresta, il sole era alto e splendente nel cielo, senza nemmeno un albero a fare ombra, ma tra quella implacabile luce Gervhart vide la sagoma di Raki, ritta su di sé, immobile a fissare qualcosa. Quando i suoi occhi cominciarono ad abituarsi, riuscì a valere perfettamente la schiena della ragazza, mentre sul suo volto si dipingeva un'espressione sorpresa e nella sua mente cominciò a passargli davanti immagini del suo passato e del suo villaggio.
Raki era ferma davanti a quello che un tempo era il loro villaggio, ma quello che ne era rimasto ora erano solo macerie, le case erano state bruciate e ammassi di legno ormai marcio era quelle che ne rimaneva, a terra nemmeno un germoglio di erba, tutt'intorno non era nato più nulla. Solo desolazione.
Asha sentì il cuore di Gervhart fremere, sentì la sua anima provare dolore e odio, sentendosi in dovere di lasciarlo solo. Riprese la sua forma umana senza che fu il suo padrone ad ordinarglielo, ma era talmente assorto nei suoi pensieri che non fece quasi minimamente conto a lei, dirigendosi verso Raki.
-Deve essere dura per loro.-
Asha parlò a Rhoderich di fianco a lei che rinfoderò la spada.
-Come reagiresti tu, Rhoderich?-
Fissava seria ogni passo del suo padrone che si allontanava.
-Credimi, è meglio che tu non lo sappia.-
Solo in quel momento si voltò a guardarlo e lo vide, come nelle rare occasioni, veramente serio e accigliato. Cosa celasse il passato di Rhoderich ancora nessuno lo sapeva.
Gervhart aveva promesso che mai avrebbe fatto più soffrire Raki e anche solo il pensiero che quella visone potesse provocarle dispiacere e tristezza lo preoccupava, il fatto di aver visto il villaggio in cui era cresciuto ridotto in macerie lo aveva distrutto psicologicamente, ma il suo primo pensiero erano i sentimenti di Raki.
Allungò una mano verso la spalla della ragazza, pensando di doverla consolare, ma di tutta risposta si voltò con un sorriso felice che lo spiazzò.
-Che c'è Harty?-
Lui rimase a fissarla, non sembrava minimamente sconsolata, i suoi denti bianchi brillavano sotto la luce del sole. Non riuscì a proferire parola, allora fu lei a parlare voltandosi di nuovo verso quello che era stato il loro villaggio.
-Sai…ho sentito l'odore di casa. Non sapevo che fosse qui, eppure…era come se lo sapessi.-
Continuava a sorridere.
-Io non ricordo bene come era. Harty…mi faresti vedere dove era casa mia?!-
I loro sguardi si incrociarono, i suoi occhi gialli sembravano tornati quelli ingenui e dolci di quando era bambina. Non poté far altro che sorriderle dolcemente.
-Va bene.-

Percorrevano quella che era stata la strada principale del loro villaggio, dove una volta si affacciavano tutte le case e le bancarelle del mercato, i bambini si divertivano a rincorrersi sotto l'occhio vigile delle madri che intanto svolgevano i loro piccoli lavori, mentre i padri erano nelle campagne o a fare i lavori più faticosi, ma la vita era felice a quei tempi, ora non rimaneva più nulla e Gervhart si chiedeva quanti altri villaggi avevano avuto la stessa sorte.
Raki si guardava intorno come se fosse stata la prima volta lì, non c'era nulla da vedere, ma lei era contenta anche solo di essere tornata a casa.
Gervhart si fermò di colpo e Raki andò a sbattere contro la sua schiena.
-Quella.-
Raki guardò il punto in cui puntava il dito, tra quelle macerie, tra il legno incenerito e la terra.
-Lì c'erano la tua e la mia casa.-
Lei si avvicinò con passo lento, osservando ogni cosa, volgendo lo sguardo oltre quell'accumulo di detriti o di quel poco che ne rimaneva, immaginandosi come poteva essere casa sua.
-Qui c'era la porta d'ingresso…-
Gervhart la raggiunse, senza che lei avesse detto nulla, eppure era quello che Raki voleva sentirsi dire, voleva sapere e cercare di ricordare quel luogo in cui era nata e vissuto per così poco tempo.
Gervhart si faceva spazio con cautela, come se volesse lasciare immutato quel posto che già era stato cambiato, come se provasse affetto persino per quelle assi di legno ormai corrose dal fuoco e dal tempo.
-Qui c'era la sala, nell'angolo c'era un grande camino. Noi lo avevamo, ma era piccolo, per cui spesso in inverno era bello trovarsi insieme davanti al fuoco di casa tua per stare più al caldo…a te piaceva davvero tanto stare davanti al camino.-
Ed ecco svelato perché fin da piccola, in casa di Rhoderich, amava così tanto addormentarsi sulla pelliccia di orso davanti al camino e rimaneva anche ore a fissare la fiamma ardente come stregata.
Raki sorrise forse ricordando qualcosa che era sparito nel tempo, ma che sapeva che nella sua memoria qualche ricordo era rimasto.
-Nonostante non ci sia più nulla, questo posto emana un calore famigliare, come se ancora ci fosse quel camino accesso a scaldarci.-
I suoi occhi gialli erano lucidi, ma pieni di felicità di poter essere ancora una volta a casa.
In quel momento Gervhart la vide drizzare la testa e ascoltare intensamente e in silenzio qualcosa che probabilmente aveva sentito.
-Raki tutto bene?-
Anche Rhoderich e Asha, che erano rimasti più indietro, la guardarono sorpresi.
Si alzò di scatto, guardandosi intorno interrogativa, non era spaventata, anzi pareva piuttosto incuriosita, ma nessuno degli altri sembrava sentire il minimo rumore. Cominciò a saltare tra quei detriti, come solito senza dare nessuna spiegazione, addentrandosi verso il centro di quello che prima era il villaggio.
La videro sparire infondo alla strada principale, che faceva giusto una piccola pendenza. Con calma, la raggiunsero oltre quella minima salita che però non li faceva vedere oltre, fino a quando non ci erano sopra e proprio da lì, cominciava ancora la pianeggiata che svelò loro una bellissima sorpresa.
Gervhart, come anche Rho, sgranarono gli occhi sbalorditi difronte a quella meraviglia: il fuoco aveva distrutto tutto, non cresceva più nulla dalla terra, nemmeno un germoglio, eppure davanti a loro, davanti a Raki meravigliata ai piedi di quella piccola collinetta, sorgevano fiori stupendi, di ogni colore e forma, l'erba rigogliosa e verde smeraldina come gli occhi increduli di Gervhart, un misto di profumi che cancellavano l'odore di marcio e cenere.
Raki si chinò a sfiorare il petalo di una margherita incredibilmente bianca.
Sorrise felice di poter constatare che non era un'allucinazione, ma era proprio la realtà.
Gervhart, Rhoderich e Asha le si avvicinarono.
-Incredibile, non sarebbe dovuto nascere niente qui.-
Rhoderich dall'alto della sua età ed esperienza non poteva crederci.
-Raki, come lo sapevi?-
Le chiese Gervhart non staccando gli occhi da quella aiuola di fiori.
-Non lo so…ma era come se lo sapessi. Come se qualcuno, qualcosa mi volesse far arrivare qui. Non so come spiegarlo.-
Ma il suo volto e il suo sorriso dolce valeva molto di più di cento risposte.
Poggiò la mano sul suolo, l'erba era morbida e leggermente bagnata. Sentì un fitta di calore sulla sua spalla sinistra, tra le squame di drago, ma non era un calore bruciante, era quasi come un tocco delicato e caldo.
Gli altri due non avevano notato il viso di Raki che aveva sobbalzato a quel tocco e che andò subito a massaggiarsi la spalla arrossendo, ma Rhoderich si e quello che gli altri non sapevano, lui forse lo aveva intuito.
Sapeva cose che forse un essere umano non avrebbe dovuto sapere.

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Capitolo 15
*** Città del piacere.Degna di te.Fiducia ***


Premessa: Scusate l'immenso ritardo çAAAAç Ma sono uscita da un momento di crisi! Avevo perso del tutto la voglia di scrivere, ma poi mi son fatta coraggio ed eccomi qua! Ci stò mettendo davvero tanto per scrivere questa storia e i tempi di pubblicazione saranno lunghi e spero che non vi stuferete di aspettare!
So che ci sono tantissime cose ancora da scoprire e mi piace mettere ancora più confusione nelle vostre menti XD lasciando in sospeso un sacco di cose...ma non temete che tutto verrà svelato.
In questo capitolo, ancora una volta, si fa chiarezza di come Edras sia cambiata con l'arrivo del Re Nero, di cui ancora non ho svelato nulla e di quanto, certe situazioni, possano far scaturire nei nostri cari avventurieri certi lati di loro ancora nascosti 8D soprattutto per quanto riguarda Rhoderich e Asha, questa benedetta (?) donna mi piace assai =Q= e la RhoAsha mi ispira tremendamente sesso <3
Comunque, il prossimo capitolo sarà incentrato interamente su Asha e Gervhart...e vi consiglio di non perdervelo 8D
Buona lettura <3




Capitolo 15

Città del piacere.Degna di te.Fiducia






Al calare della sera, il sole rosso che sembrava sciogliersi dietro le colline, dipingeva il paesaggio di sfumature arancioni e gialle, le distese di prato verde parevano oceani di fuoco e le punte degli alti pini sembravano volessero toccare il cielo e incendiarsi al suo tocco.
I raggi luminosi del sole che stava ormai lasciando posto alla luna, rischiaravano il viso di Gervhart, che con occhi socchiusi rivedeva ancora una volta quel magnifico paesaggio che quando era bambino lo ammagliava così tanto e che anche adesso riusciva a dargli tali emozioni.
Ma a rovinare l'atmosfera degli uccellini canterini che tornavano alle loro case e il fruscio del vento che smuoveva le fronde dei pini, il gorgoglio affamato della pancia di Raki pareva il boato di chissà quale creatura strana.
-Whaaa! Ho bisogno di mettere sotto i denti un pezzo di carne!-
Si teneva stretta la pancia che ogni tanto ripartiva con quel verso strano.
-Non puoi proprio farne a meno eh?-
Rhoderich le passò di fianco.
Raki grugnì.
-Come tu non puoi fare a meno delle donne, io non posso fare a meno della carne!-
Rhoderich si grattò pensieroso la barbetta.
-Hai ragione pure tu…per cui, troviamo un posto dove ci sia della carne e delle donne!-
-….io non intendevo questo…-
-Più avanti…-
Ghervhart troncò la loro discussione.
-Più avanti dovrebbe esserci La cittadina.-
-La cittadina?-
Domandò Asha, scostandosi dal viso le ciocche di capelli che la brezza serale le muoveva.
-Visto che a Edras i villaggi non hanno un nome, i villaggi più grandi son chiamate Le cittadine. Ogni villaggio ha una cittadina a cui si può appoggiare.-
-Un centro città praticamente.-
-Più o meno.-
Per Raki erano tutte cose nuove. Di Edras non sapeva quasi nulla. Non aveva mai chiesto a Gervhart nulla sulla sua vita prima di arrivare a Calvadian, o semplicemente non voleva sapere.
-Bene! Allora verso La cittadina!-
Puntava il dito all'orizzonte, sembrava avesse ripreso le forze e camminava a lunghi passi sul terreno battuto.
Gervhart sospirò un poco abbattuto, facendosi notare da Asha che preoccupata le accarezzò il braccio.
-Padrone?-
-E se non ci fosse più nulla?-
Erano bastate quelle semplici parole per far capire ad Asha le preoccupazioni del suo padrone. La paura che ciò che era successo al suo villaggio poteva essere successo anche a tutti gli altri e questo lasciava Ghervhart con l'amaro in bocca.

La fortuna volle che dopo lo scontro con quei soldati neri, non avessero incontrato nessuno su quella strada, ma Gervhart non riusciva a capire che questo era un bene o un male. Ricordava che quelle vie, ai suoi tempi, erano molto trafficate, gli uomini trasportavano i loro manufatti o i ricavati dei loro lavori alla cittadina, le donne andavano al mercato che era una vera miniera d'oro. L'economia di Edras si basava tutta sul lavoro proprio e sugli scambi con Calvadian. Era un bilanciamento perfetto e tutti godevano di ottima salute, non c'erano poveri in giro per le strade, tutti avevano un proprio lavoro, chi più, chi meno, ma la vita era felice per tutti.
Ma proprio quando stava per perdere le speranze Raki si voltò repentinamente dietro di lei.
-Arriva qualcuno!-
Il suo udito finissimo aveva sentito zoccoli di cavallo pestare sulla terra molto prima che potessero sentirli gli altri, avendo così il tempo di nascondersi tra i cespugli ai fianchi del sentiero.
Poco dopo, quattro uomini a cavallo, corsero per quella strada, proprio in direzione della cittadina. La cosa che notarono subito fu l'armatura nera, uguale a quelle che portavano gli uomini con la quale si erano scontrati il giorno prima. Questo non lasciava presagire nulla di buono.
Solo quando li videro sparire nel buio di quella strada uscirono dal nascondiglio.
-Quei maledetti. Sono ovunque.-
Raki strinse i pugni.
-Stiamo attenti, questo non è un bel segno.-
Rhoderich si grattò la testa preoccupato, mentre Gervhart toglieva amorevolmente delle foglioline verdi che si erano incastrate tra i capelli fini di Asha.
La ragazza drago annusò l'aria, strabuzzando gli occhi gialli che brillarono di felicità.
-Carne!-
Raki prese per un braccio il vecchio, che preso alla sprovvista per poco non inciampava e lo strattonò, lasciandosi trascinare dalla sua corsa, che terminò poco più in là, quando dal buio illuminato solo dalla luce flebile delle luna, la notte si era riaccesa come un focolare.
La cittadina brillava inondata di luce, si sentiva musica, il vociare di uomini e donne, quella che doveva essere un terra desolata, in quel posto sembrava avere una vita propria.
Quando anche Gervhart e Asha  li raggiunsero, poterono ammirare anche loro che almeno quella città era ancora in piedi, lasciando che Gervhart tirasse un sospiro di sollievo.
-Pancia mia fatti capanna!-
La morettina si leccò i baffi, già assaporando la sua cena, ma Harty la bloccò per la spalla prima ancora che potesse fare il primo passo.
-Vai con calma. Hai visto che quei soldati si sono diretti là, non penso che sarà una passeggiata, Raki.-
Lei sbuffò come una bambina.
-Tenete le armi nascoste e non date nell'occhio.-
Gervhart guardò con uno sguardo accusatorio Raki, che sentendosi presa di mira si rannicchiò nella mantella coprendosi la testa con il cappuccio.

Più si avvicinavano alla città, più le luci si facevano intense e i suoni delle musiche popolane più alte e ritmiche, come in un a festa di paese.
La cittadella non aveva mura difensive, non ce ne era bisogno ad Edras, ma si delimitava dalle abitazioni in muratura, molto più salde e ambiziose delle casette di campagna, ma molto più scialbe dei palazzoni di Calvadian. Semplici abitazioni di massimo tre piani, dalle piccole finestre e balconate che davano sul centro della cittadina, la piazza principale.
Ma quando cominciarono ad infilarsi nelle piccole vie, cercando di stare rasenti agli edifici in modo da passare inosservati tra tutta quella folla, Gervhart capì che qualcosa era cambiato.
Quella che prima era una normale cittadina di lavoratori, basata sull'economia del paese, adesso si era trasformata in un bordello di divertimenti.
Quelli che erano negozi e bancarelle, ora erano diventati bettole e bar, dalle quali provenivano fragorose risate di uomini ubriachi, che poi si riversavano sulle strade, a spasso con i loro calici di birra tra le mani e indossavano tutti l'armatura nera. I poveri popolani di Edras si distinguevano da quella massa di balordi. Erano i baristi, i lavoratori, i canzonieri e i suonatori, che dietro ai loro sorrisi falsi, nascondevano tutta la loro tristezza.
Gervhart riuscì a spostare Asha prima che il corpo di un uomo in armatura la travolgesse, spinto contro il muro.
-Hei ma che cazzo fai!-
L'uomo si levò su, barcollante, toccandosi la testa piena di capelli marroni ondulati che gli ricadevano sulle spalle.
Si avvicinò a lui un altro uomo, probabilmente quello che lo aveva spinto, con la stessa armatura scintillante, dai lineamenti duri e marcati, di stazza molto più grande.
-Nessuno ti ha dato il diritto di provarci con quella donna! Ho pagato io il prezzo.-
Si puntò il pollice sul petto per rimarcare la sua proprietà.
-Prenditela pure quella puttana! Tanto ce ne sono di migliori.-
L'uomo si allontanò sorreggendosi al muro, il suo alito aveva un odore nauseante di alcol, tanto che Asha si coprì il naso con la manica della tunica.
La guardia tornò a sedersi ad un tavolo rotondo in compagnia di altri guerrieri e donne vestite in abiti succinti, donne bellissime dai corpi perfetti che mettevano in mostra senza nessun pudore, alcune giravano persino con il seno scoperto, lasciandosi toccare da quegli uomini ubriachi e rozzi.
Raki parve imbarazzata davanti a quelle scene o impaurita, tanto da fare un passo indietro colpendo Rhoderich, che le prese le spalle e le sorrise. Un sorriso rassicurante, per dire di non aver paura, che a difenderla in qualunque momento c'era lui.
Nessuno pareva badare a loro, nessuno badava a quello che gli stava intorno, ma solo a quello che gli interessava veramente. Se si dava uno sguardo alle balconate alcune donne invitavano gli uomini a salire, proprio come in un bordello, in quelle camere dove vendevano i loro corpi. Nelle strade capitava di imbattersi in alcune risse tra le guardie nere, oppure se la prendevano con un povero ragazzo di Edras. Gervhart avrebbe voluto più volte fermarsi per difenderli, ma doveva pensare a Raki e Asha, quello non era il posto migliore per iniziare una discussione con due donne a carico.
Poco più in là, in una via meno affollata trovarono una taverna, semplice e non tanto grande, l'entrata era aperta, nessuna porta. A sinistra c'era un bancone in legno che prendeva tutta la lunghezza del salone, a cui in fondo erano seduti due uomini senza armatura, ma dall'aspetto trasandato e povero che sorseggiavano un bicchierino di liquore. Furono gli unici a guardarli entrare.
Mentre a destra, i tavoli erano pieni di persone in armatura, che facevano del baccano, ridendo e scherzando, sbattendo i pugni sui tavoli, mentre alcune donne facevano loro compagnia.
Raki distolse subito lo sguardo da loro.
Si sedettero al bancone sugli sgabelli, Asha e Raki al centro e i due uomini esterni.
-Cosa posso servirvi?-
Un anziano signore, che non doveva avere più di settant'anni, dalla corporatura esile,occhi piccoli, il viso solcato dalle rughe e finissimi capelli bianchi tirati indietro, si propose.
-Vorremmo qualcosa da mangiare, quello che le fa più comodo.-
L'anziano rimase quasi sbalordito da quella risposta, ma soprattutto dalla gentilezza di quel ragazzo che forse da tanto tempo non vedeva.
-Abbiamo degli stufati e delle zuppe, pasticcio di pesce, frittura di verdure e-
Non fece in tempo a finire che Raki si protese verso di lui con occhi spalancati e supplichevoli.
-Della carne! La prego della carne!-
Rimasero senza parole, soprattutto il proprietario che si trovava davanti alla punta del naso una giovane ragazzina, che sotto quel cappuccio nascondeva quegli occhi brillanti e una personalità davvero unica.
-Va bene signorina. Per lei allora le più buone costolette di agnello della casa.-
Le sorrise.
-Grazie mille!-
Si risedette composta sul suo sgabello.
-A noi porti pure la carne che vuole.-
Disse Rhoderich guardando Gervhart cercando la sua approvazione, che arrivò con un cenno del capo.
-Io prendo una zuppa calda.-
Finì Asha.
L'uomo annuì, avviandosi nella cucina.
Gervhart diede un'occhiata ai due signori seduti in fondo al bancone che continuavano a guardarli.
-Non preoccuparti.-
Il proprietario arrivò lasciando due boccali di birra per loro e due succhi per le ragazze.
-Sono di Edras. Solo noi guardiamo quello che ci stà intorno. A loro- fissò le guardie. -non frega niente. Quelle due persone hanno perso tutto. Avevano un negozio qui vicino, ma è stato distrutto.-
-Perchè lo stà dicendo a noi?-
-Perchè anche voi siete di Edras…o comunque non penso siate delle cattive persone.-
Sorrise.
-Cosa è successo alla cittadina?-
Il vecchio abbassò lo sguardo, accarezzandosi le mani esili e magre.
-Quando hanno iniziato ad arrivare le armate nere, così li chiamiamo, hanno cominciato a prendere di mira i villaggi, a loro non interessavano, avevano bisogno solo di schiavi da far lavorare a loro piacimento. Adesso son rimaste solo le cittadine e qualche villaggio, ma sono tenute sotto sorveglianza. Ma questa cittadina è diventata la città del piacere. L'hanno trasformata in un bordello.-
La rabbia e la tristezza le se leggevano in viso e il suo tono si era fatto più duro.
-Ci hanno costretti a far diventare i nostri negozi taverne, bar, le nostre abitazioni case del piacere, le nostre figlie per sopravvivere e racimolare qualche soldo vendono i loro corpi a quei dannati. Loro vengono qui solo per divertirsi e ogni giorno invece noi perdiamo la nostra dignità, come esseri umani.-
Gervhart strinse i pugni, la rabbia che sentiva salirgli in corpo venne affievolita dal tocco di Asha, che accarezzò il suo pugno, per poi rilassarsi.
-Non eravamo preparati a questo.-
Il signore tornò poi dalla cucina portando i piatti ancora fumanti.
Raki rabbrividì al solo pensiero di azzannare quelle costolette che sembravano così invitanti e creavano un odore speziato delizioso.
Porse il piatto a Gervhart per ultimo.
-Se avete bisogno di un posto dove dormire, ho una camera dove potrete sostare per una notte. Potete stare tranquilli la notte, nessuno baderà a voi, ma quando sorge il sole vi conviene uscire dalla città.-
-Grazie mille.-
Gervhart sorrise dolcemente.
-Più che altro…- Raki parlava a bocca piena, bofonchiando. -Bisogna stare attenti a quel vecchio pervertito di-
Quando si voltò per parlare con il sottoscritto, notò che al posto su non c'era nessuno e inarcò il sopracciglio.
-Dove diamine è sparito?-
Raki sbucò con la testa fuori dalla taverna e le salirono i nervi alle stelle a quella visione.
-Ragazze, ragazze! Con calma su c'è né per tutte!-
Rhoderich era attorniato da quattro bellissime ragazze: una ragazza dalla pelle bruna e i capelli neri liscissimi che le coprivano con qualche ciocca i seni scoperti lo abbracciava, strusciandosi sul suo petto, due gemelle dalla pelle lattea, gli occhi verde acqua, un naso paffutello pieno di lentiggini delle stesso colore dei capelli ramati, erano avvinghiate al suo braccio e la quarta dai capelli sbarazzini che sembrava un ragazzino, vestita con una tunica di seta semitrasparente sembrava non voler lasciare la sua mano.
Lo invitavano a stare con lui, facendo le moine come delle bambine.
-Comincia a piacermi questa città!-
Raki perse del tutto la pazienza.
-Vecchio bastardo!-
Le ragazze la guardarono sbalordite mentre si avvicinava.
-Scusate ragazze, ma lui è con me!-
-Hei piccola Raki, non credo che tu possa soddisfarmi nel modo che intendono lo-
Prima ancora che potesse finire lo tirò per l'orecchio facendogli un gran male, perché Rho si piegò verso di lei implorando di smetterla, ma non lo mollò, trascinandolo nella taverna sotto lo sguardo attonito delle quattro ragazze.

Da quando erano arrivata alla cittadina, Raki non era stata mai a suo agio in quell'ambiente, ogni rumore improvviso, ogni risata, la faceva sobbalzare. Di questo Gervhart se ne era accorto, così appena ebbe finito la sua cena, le chiese se voleva fare un giro, lontano da lì.
Di primo acchitto non se la sentiva di lasciare Rhoderich e Asha da soli, ma poi la Necromorpher insistette perché andasse, dicendo che si sarebbe occupata lei del vecchio, che aveva subito risposto come suo solito in modo malizioso.
Tra gli alti pioppi che lasciavano spazio ai raggi della luna, che sembravano lacerare il buio di quella notte, la musica della cittadina in lontananza si era affievolita, lasciandone solo un semplice sottofondo.
La ragazza drago si tolse il cappuccio sospirando a pieni polmoni l'aria pulita e speziata dei generi di piante della zona.
Gervhart notò subito il suo cambiamento.
-Stai meglio adesso?-
Raki calciò un rametto secco per terra.
-C'era un odore troppo sudicio in quel posto, i rumori erano troppo forti e…sentivo cose che non volevo sentire.-
I sensi sviluppati di Raki erano un arma a doppio taglio.
-Pensare che quelle ragazze…pensare che sono anche io una donna e….-
Si strinse nel suo stesso abbraccio.
Gervhart le si avvicinò poggiandole una mano sulla spalla.
-Mi dispiace Raki. Stò mettendo a dura prova i tuoi sentimenti e questo mi fa stare male.-
La ragazza lo guardò stupita negli occhi.
-Ho promesso che non ti avrei mai più fatta soffrire e questo viaggio si stà rivelando per te una causa di sofferenza, non posso permetterlo.-
Era arrabbiato con sè stesso, lo vedeva dagli occhi tristi e spenti, dal tremore della sua bocca.
-Ti sbagli Harty!-
Non voleva essere un peso per lui.
-Stò crescendo! Ci saranno sempre cose che mi faranno stare male, ma questo mi farà crescere. Non voglio sempre essere sotto la tua ala protettrice Harty! Voglio diventare una donna forte. Degna di stare al tuo fianco!-
Ansimava per riprendere fiato dopo quel discorso, davanti ad un Gervhart che la guardava sbalordito, finche non sorrise dolcemente.
Solo allora si rese conto delle ultime parole che aveva pronunciato e arrossì violentemente.
-Cioè, volevo dire…non è così, cioè!-
Balbettava senza dare un senso alle sue parole e si imbarazzò ancora d più, pensando a chissà cosa avesse capito Harty, finche una mano calda non le scompigliò i capelli riportandola alla realtà.
-Tu rimarrai sempre al mio fianco, perché sei un'amica speciale.-
Un'amica. Raki si chiese fino a quando Gervhart l'avrebbe finalmente riconosciuta come donna.

Rhoderich era già al terzo boccale di birra e poteva già sembrare sbronzo da come si comportava, scherzando con Asha, ma le sue avance non riuscivano mai a smuoverla.
Era andato tutto bene fino a quel momento, quando un uomo dell'armata nera, non tanto alto e anche piuttosto rotondetto, dalla folta barba nera e i capelli neri poco curati, si avvicinò ad Asha e le mise una mano sulla spalla.
-Ciao bellezza!-
Il suo alito agro arrivò alle narici della Necromorpher che rimase impassibile nella sua pacatezza, limitandosi a fissarlo.
-Sai ho fatto una scommessa con i miei compagni là in fondo.-
Asha diede un'occhiata al tavolo di persone che li fissavano e farfugliavano qualcosa divertendosi.
-Che sarei riuscito a portarti a letto con me. Devo dire che da vicino sei ancora più invitante.-
Si leccò le labbra passando lo sguardo su tutto il corpo della ragazza.
-Son disposto a pagarti un bel po…se riuscirai a fare un lavoretto come si deve.-
Allungò la mano verso il suo viso, ma prima ancora di arrivare a sfiorarla, la mano salda di Rhoderich sul suo polso non lo lasciava andare oltre.
L'uomo grugnì qualcosa, irritato voltandosi verso Rho, che finì di sorseggiare il suo boccale e riporlo sul bancone.
Per un momento tutti rimasero a tacere, c'era solo il rumore e il vociare al di fuori della locanda.
-E tu che cazzo vuoi?-
Rho strinse più forte la presa.
-Primo: non provare a rivolgerti in quel modo così grezzo a quella ragazza. Secondo:-
Il suo sguardo serio e terrificante si incrociò con lo sguardo attonito dell'uomo in armatura che cominciava a sudare.
-Non provare a toccare la sua pelle perfetta e pulita con le tue luride mani, e terzo:-
Strinse talmente tanto che sentì quasi le ossa del polso rompersi.
-Non lascerò che tu te la fotta prima di me.-
I compagni erano pronti a sfoderare le proprie armi, Rhoderich era andato un po' troppo oltre.
-Mi scusi…-
Asha si intromise con fare molto gentile.
-Penso che quest'uomo riuscirà a pagarmi molto più di lei, signore.-
Si stava mettendo in gioco in favore di quell'uomo, fissava Rhoderich in modo da trovare la giusta affinità. Lo aveva capito fin troppo bene il gioco di Asha, era pericoloso, ma si rese conto che in quella situazione era meglio affievolire l'atmosfera.
Schioccò la lingua, lasciando la presa e girandosi verso il bancone.
-Come vuole lei, signorina.-
Di lei si fidava, ma aveva comunque paura del 'come' Asha si sarebbe sbarazzato di lui adesso che era in suo controllo.
L'uomo si ristabilì con una fragorosa risata, sentendosi vincitore.
-Whahahahah! Ben ti stà vecchio! Ghgh! La puttanella bionda me la prendo io.-
A quelle parole Rhoderich avrebbe voluto alzarsi e fargli un gran male come non aveva mai fatto, tranne per quell'episodio, che cercava di dimenticare e che forse era lo stesso per la quale era così alterato.
La mano di quell'energumeno le si avvinghiò sul fondoschiena, ma lei aveva già un padrone. Con un sorriso malizioso sussurrò all'uomo.
-Che ne dici di appartarci in un luogo più isolato?-
Sogghignò.
-Certamente.-
Se ne uscirono dalla taverna, tra fischi e schiamazzi da parte dei suoi compagni per la scommessa vinta. Ma chissà invece cosa aveva voluto dire il sorrisetto terrificante di Asha che Rhoderich riuscì ad intravedere prima di scomparire nella folla.

-Non ci stiamo allontanando un po' troppo?-
Barcollava e ansimava, come se avessero corso per chilometri, quando invece erano solo alcuni metri. Riusciva a stare in piedi a malapena e Asha aveva dovuto sorreggerlo più volte per non che cadesse a terra, aveva sorriso volutamente davanti a lui, un sorriso di circostanza, pareva si stesse divertendo.
-Penso che qui vada bene.-
Si trovavano fuori dalla città, tutt'intorno le alte siepi parevano fare uno stretto passaggio labirintico, mentre si poteva ammirare il cielo.
La ragazza si divincolò dal suo braccio, lasciando che lui cadesse in ginocchio.
-Hei…fammi assaggiare la tua pelle.-
La ragazza gli dava le spalle, si slaccio la tunica marrone che copriva le sue vesti candide e leggere, che la brezza notturna faceva ondeggiare.
La bramosia di quell'uomo la si leggeva nei suoi occhi iniettati di volere e si leccava continuamente le labbra.
Si girò verso di lui, la luna rischiarava i suoi capelli biondi e i suoi occhi parevano bianchi, simili a quelli di una tremenda creatura.
-Vuoi assaggiare la mia pelle? Io sono un frutto proibito…- Si avvicinò a lui facendo ondeggiare i fianchi. -Appartengo ad un unico padrone che può avermi.-
-Sarò il tuo padrone questa notte.- Abbaiava come un cane.
Asha sorrise, allungando il suo sguardo, così tagliente. Lo prese per i capelli tirandoli indietro in modo da poterlo vedere negli occhi.
-Tu non sei il mio padrone…tu non hai alcun diritto su di me.-
Il suo viso divenne serio, il suo tono pungente. La stretta sui capelli dell'uomo divenne talmente forte e cominciò a preoccuparsi e a balbettare qualcosa, gli occhi iniettati di terrore davanti a quella creatura, che prima era una bellissima e sensuale ragazza.
Un grido disperato fece scappare gli uccelli dai rami, poi il silenzio totale.

Gervhart e Raki stavano tornando, ma poco prima di arrivare in città, videro Asha che arrivava dalla parte opposta e si sistemava la tunica.
-Asha?-
Lei si fermò tranquillamente, con quella sua pacatezza che la distingueva.
-Padrone.-
Gervhart la raggiunse preoccupato trattenendola gentilmente per le spalle.
-Cosa ci fai qui da sola?-
La Necromorpher non proferì parola, ma continuava a guardare il ragazzo.
Quando una nuvola di passaggio lasciò di nuovo il posto al chiarore della luna, vide una macchia di sangue vicino alla sua bocca e le sue preoccupazioni aumentarono.
-Cosa è successo Asha?-
Il suo tono si era fatto più irritato. Passò un dito su quella macchia per levarla via dal suo viso. Raki guardava la scena da lontano non capendo bene la situazione.
La mano esile di Asha andò a posarsi su quella di Gervhart, prese il suo pollice avvicinando alla bocca che si era macchiato nel tentativo di pulirla. Lo leccò sentendone il sapore ferroso del sangue.
-Non è successo assolutamente niente.-
Alzò lo sguardo su di lui, quello sguardo che non lasciava mai trapelare nessuna emozione.
-Si fida di me, padrone?-
Lui si fidava di lei, non era per il patto stipulato anni fa, ma se lo sentiva. Sentiva che Asha non gli avrebbe mai procurato nessun dolore. Ma non era della sua vita che aveva paura, era il modo in cui Asha si metteva in gioco per lui…e questo lo rendeva sempre più incline a proteggere quella ragazza.
Gervhart annuì, ma la sua apprensione per ciò che Asha aveva fatto non lo abbandonò per tutta la notte.

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Capitolo 16
*** Freddezza.Strega.Potere di legame ***


 

Premessa: Scusate il tremendo ritardo >A< chiedo venia, ma tra una cosa e l'altra ho faticato parecchio per questo capitolo, devo sempre avere la spinta di qualcuno ;A; Chiedo perdono!
Ma almeno sono tornata con un capitolo che a mio parere è bellissimo, perchè? perchè è incentrato su Gervhart e Asha e io LI AMO! <3
Ricapitoliamo un attimo la situazione: i quattro sono sbarcati a Edras, abbiamo scoperto che Raki in realtà è un drago, ma bisogna ancora scoprire bene le sue origini *W* poi c'è qualcosa che Rhoderich ci nasconde, biricchino! Nel capitolo precedente sono arrivati alla Cittadina e abbiamo visto come è cambiato all'arrivo delle armate nere, anche di loro non si sa ancora niente. E qui abbiamo visto una Asha davvero sadica *V*
Quindi arriviamo in questo capitolo, che rivela un pò il passato di Asha e....una nuova cosina interessante <3
Non svenite per la troppa GerAsha di questo cap >W<
Spero di risucire a scrivere i capitoli con più velocità ;W;
Grazie mille a chi segue questa storia e a chi lascia sempre un commento <3

Vi lascio anche un piccolo disegno sui nostri quattro adorati protagonisti: 1





Capitolo 16

Freddezza.Strega.Potere di legame







'E quando gli errori della vita

si parano davanti ancora una volta,

ti rendi conto che parlarne con qualcuno

ti libera il cuore…

che io, non pensavo nemmeno più di avere.'






Il sole tiepido di quella nuova alba portava a creare un gioco di ombre e luci per le vie intrecciate della cittadina. Le abitazioni più alte facevano ombra alle casette più basse, le rampe di scalini che a volte sbucavano da un angolo stretto di una via, lasciavano passare flebili raggi di luce illuminando anche le vie più buie, che poche ore prima erano invase da persone, grida, canti, balli e sfavillanti colori, ma alle prime luci dell'alba, si erano pian piano fatte taciturne, tranquille.
I soldati ormai ubriachi e i gomiti stanchi per aver alzato troppe volte un boccale di birra, si erano lasciati la serata alle spalle dormendo dove più gli aggradava, in un letto di qualche ostello o bordello, in compagnia magari di qualche povera ragazza di Edras per racimolare qualche soldo, oppure chi non era riuscito nemmeno ad arrivare al letto, rimaneva per le strade stravaccato su qualche bancone, o sui gradini o i muretti della città, grugnendo nel sonno qualche volta.
Il vecchio della locanda, coi suoi piccoli occhi socchiusi, in cui la luce della speranza per un ritorno alla normalità della sua terra si era ormai affievolita, guardava dalla piccola finestra un altro sole che stava sorgendo ancora una volta. Un altro sguardo rivolto allo stesso sole, ma più impavido e ricolmo di speranza invece, lo volgeva Gervhart dalla stanza più in alto, dove avevano potuto alloggiare per quella notte in via del tutto eccezionale, quell'uomo forse era riuscito a vedere in lui un barlume di speranza.
Proprio come gli aveva detto, alle prime luci dell'alba avrebbero dovuto andarsene, perché i soldati avrebbero cominciato a ridestarsi dal sonno e dalla sbornia per riprendere i loro doveri e durante il giorno l'armata nera non si faceva sfuggire il proprio lavoro.
Prima di ritirarsi nella camera la sera prima, il vecchio gli aveva anche detto che proseguendo verso nord, per la fitta boscaglia, avrebbero trovato un piccolo villaggio che forse avrebbe potuto dargli ristoro per una notte.
Avevano raccolto le proprie cose, nascosto ancora una volta le armi sotto il lungo mantello. Scesero le scale senza far rumore, trovarono il signore della locanda che senza parlare gli fece cenno di seguirli. Li portò nel retro, aprendo una piccola porta che dava sull'esterno della cittadella, direttamente sotto gli alti pini marittimi che oscuravano ancora bene quella zona dai raggi del sole.
Gervhart si rivolse al signore.
-Grazie mille per tutto.-
Chinò la testa in segno di ringraziamento, lo stesso fecero anche Raki e Rhoderich.
-Se si può, cerchiamo sempre di aiutarci a vicenda, noi di Edras.- Sorrise dolcemente. -Proseguite dritto per la boscaglia e troverete il villaggio. Andate adesso, prima che qualcuno si svegli. E che Dio vi benedica.-
A queste parole rientrò in casa richiudendosi la porta alle spalle con un po' di apprensione verso quei quattro ragazzi.

Gli uccellini cinguettavano svolazzando da una parte all'altra dei rami rigogliosi di foglie verdi, bagnate dalle gocce di rugiada che brillavano come piccoli diamanti.
Un passerotto che saltellò su un ramo, fece cadere alcune gocce, che finirono sul naso di Raki.
Mentre si ripuliva con il dorso della mano, le passò davanti Rhoderich contemplando i suoi pensieri a voce alta, come solito.
-Ah già mi manca quella città. L'odore della morbida carne di quelle fanciulle, graziose e così gentili. La loro candida pelle così perfetta, quelle abbondanti curve che aspettano solo di essere ghermite dalle mie mani. Le labbra così carnose e vogliose pronte a chissà quale meraviglia. E i loro fondoschiena, il paradiso di ogni uomo che non aspetta altro di fott--
Il pezzo di ramo che Raki gli tirò con tutta forza per poco non gli fracassò la testa.
-Rhoderich sei un porco!-
Raki a pugni serrati lo raggiunse sbattendo i piedi arrabbiata, mentre Rho si massaggiava la testa dolorante.
-Ma stavo scherzando….o forse no.-
Raki riprese in mano il bastone cercando di colpirlo più volte. Mentre loro due litigavano, Gervhart si fermò a guardare Asha, che era rimasta più indietro, con lo sguardo perso nel vuoto ad osservare un punto imprecisato degli frasche degli alberi. La brezza che ne muoveva sinuosamente i capelli dorati, la pelle chiara e gli occhi spenti privi di qualsiasi emozione, nel contesto di quel paesaggio era meravigliosa, eppure anche così spaventosa.
-Asha?!-
Gervhart richiamò la sua attenzione. Lei volse lo sguardo su di lui, in tutta la sua pacatezza.
-C'è qualcosa che non va?-
Ci volle un po' prima che la Necromorpher rispose.
-No padrone, nessun problema.-
Riprese il passo, passandogli accanto, il ragazzo ebbe come la sensazione che qualcosa di gelido gli fosse passato accanto.


Raki addentò una mela dalla buccia verde smeraldo.
-Mh! Dovremmo esserci ormai!-
Bofonchiò con la bocca piena, e difatti cominciò a sentire con il suo sviluppato udito e il suo olfatto sopraffino, quei rumori di sottofondo e gli odori che descrivevano un villaggio.
La ragazza sorrise, contenta nel scoprire sempre le cose prima degli altri, questo gli dava più fiducia in quello che era.
Appena girarono l'angolo, ecco che si presentò ai loro occhi un piccolo villaggio a cielo aperto, gli alberi ne circondavano solo il perimetro, mentre la perfetta terra pianeggiante offriva un ottimo spazio per le abitazioni, semplici case in legno dal tetto in paglia. Le case costeggiavano la strada principale, mentre più avanti si apriva una piccola piazza rotonda,  pavimentata con cocci di sfumature marroni, con al centro un piccolo albero che faceva ombra ad un pozzo.
I quattro camminarono circospetti per quell'unica strada, incontrando alcune persone, la più vicina a loro, una donna sulla sessantina d'anni, con un telo sopra la testa che le contornava il viso, portava con sé un cestino di insalata appena colta, si fermò davanti a loro, stupita e molto cauta.
-Siete forestieri?-
Altra gente si era fermata ed avvicinata.
-Ci è stato detto che qui avremmo potuto trovare ristoro per una notte.-
Rhoderich si era fatto avanti, sempre con il suo sex appeal che non mancava mai.
-Non abbiamo cattive intenzioni, signorina.-
La donna arrossì appena sentendosi chiamare signorina nonostante l'età, ma qualcosa, anzi, qualcuno attirò la sua attenzione e da lì in suo sguardo si tramutò in paura.
-Lei….lei….-
Puntò il dito su Asha, fissandola da capo a piedi, mentre la Necromorpher rimaneva impassibile. Gervhart come anche gli altri due si girarono straniti.
-E' lei, quella strega!-
La donna aveva cominciato ad alzare la voce, più arrabbiata di prima, anche le altre persone cominciarono a bisbigliare tra di loro, alcuni chiusero perfino gli scuri delle case, chi abbandonò quello che stava facendo per avvicinarsi e accerchiare il gruppo.
-Che diamine stà succedendo?-
Gervhart si preoccupò.
Il grido straziante e adirato di una donna lacerò il brusio di voci.
-Tu strega! Hai ucciso mio figlio!-
La donna dai capelli spumosi ramati e gli occhi roventi di rabbia contornati da rughe sottili e occhiaie causate da notti insonni, inveiva puntandole il dito contro avvicinandosi a lei, se non fosse stato per due ragazzi che la trattenevano.
-Mi ricordo di te, maledetta!-
Mentre gli altri non capivano cosa stava succedendo, qualcosa di piccolo ma tagliente colpì la guancia di Asha, facendola sanguinare.
Rotolò a terra un piccolo sasso smussato.
Cominciarono a levarsi delle grida di disprezzo: 'Andatevene!' 'Strega!' 'Sei maledetta!'
Ma soprattutto cominciarono a lanciare sassi contro Asha, mentre cercava di coprisi almeno il viso e la cosa stava davvero diventando insostenibile. Prima ancora che un altro di quei sassi colpisse Asha, Gervhart si mise davanti a lei facendole scudo con il proprio corpo, Rhoderich e Raki erano già pronti a sguainare le proprie armi.
Gervhart pareva parecchio adirato.
-Se avete intenzione di farle del male dovrete vedervela con me. Non ve la lascerò toccare nemmeno con un dito.-
Vedendosi davanti un uomo delle sua stazza, accigliato e arrabbiato come lui, la gente cominciò ad indietreggiare.
Poi un bisbiglio da dietro la folla che cominciò a diradarsi facendo spazio ad un vecchio signore, ingobbito e dalla lunga barba incolta, coperto da una lunga tunica che gli copriva i piedi legata in vita con una corda. Ma nonostante la sua età parve parecchio in gamba e autoritario.
-Cosa stà succedendo qui?-
-E' la strega, la strega che uccise mio figlio!-
Il vecchio guardò la Necromorpher che faceva capolino da dietro le braccia muscolose di Gervhart.
Il capo villaggio sospirò avvicinandosi al gruppo.
-Mi dispiace per il cattivo benvenuto, mi scuso a nome della mia gente.- Chinò la testa affaticandosi. - Forse ancora non hanno ben capito che le persone da prendere a sassate sono altre.-
Sviò lo sguardo sulla gente che si sentì in torto, rabbuiandosi.
-Ma capo villaggio lei è-
La donna non fece in tempo a finire la frase che il vecchio la fermò.
-Infierire sulla gente in questo modo non ci farà andare da nessuna parte! Senza nemmeno ascoltare quello che hanno da dire. Saranno nostri ospiti almeno per questa notte. Me ne prendo la responsabilità.-
Fece per andarsene.
-Avremo comunque molto da parlare noi… soprattutto su quella ragazza.-
Il vecchio diede un'ultima occhiata ai tre, ma in particolare a quella ragazza dagli occhi di ghiaccio che passò un dito sulla piccola ferita, per poi leccarsi via quella goccia rossa scarlatta.

Avevano seguito il capo villaggio, sotto gli occhi accusatori dei cittadini nonostante le parole rincuoranti del vecchio, fino ad arrivare alla sua dimora, molto scialba, diversa dalle ville importanti di Calvadian.
Ma non avevano lasciato entrare Asha, avrebbe voluto parlare solo con loro tre e gli abitanti avrebbero visto in malo modo il far entrare quella che per loro, per un qualche motivo, chiamavano strega in un posto così importante.
Gervhart aveva cominciato a prendere le sue difese, ma Asha lo tranquillizzò dicendo che sarebbe uscita dal villaggio fino a che non avessero finito. Lui era quello più preoccupato, soprattutto per il fatto che Asha sembrasse così tranquilla di tutto quel trambusto che si era creato. Voleva al più presto delle risposte.
L'interno della casa era molto spazioso, al centro della stanza sul soffitto c'era un apertura che donava luce all'ambiente, li avevano fatti accomodare per terra vicino a cuscini ricamati, mentre il vecchio davanti a loro su una sedia in legno.
Gli venne porsa una ciotola di zuppa calda da alcune ragazze.
-Scusate, non mi sono ancora presentato, il mio nome è Gramon, sono il capo villaggio.-
-Io sono Gervhart, lui è Rhoderich e lei Raki…l'altra ragazza è Asha.-
Gramon non disse nulla, si limitò a guardare gli occhi seri del ragazzo.
-Lo so bene, il nome di quella ragazza.-
Raki smise di mangiare sorpresa. Gervhart poggiò la ciotola per terra di fianco a lui.
-Solitamente non sono uno che si immischia negli affari degli altri…ma se si alzano le mani su un mio compagno divento parecchio ficcanaso.-
Rhoderich fissò il ragazzo, sapeva che era uno tranquillo, ma quando cominciava a parlare in quel modo serio gli faceva quasi paura.
Il capo villaggio si schiarì la voce prima di parlare.
-La cosa successe circa vent'anni fa, quando quella ragazza apparve qui con il figlio di quella donna.-
-Qui a Edras? Io la incontrai a Calvadian.-
Il vecchio inarcò il sopracciglio bianco a quelle parole.
-Calvadian? Mi pareva che la cosa puzzasse. E' strano vedere gente come voi in giro di questi tempi.-
-Se mi è concesso, non sono venuto qui per parlare di noi, mi sembra.-
Raki e Rhoderich si stupirono del tono che Gervhart stava prendendo e tutto perché c'era Asha di mezzo.
Gramon sorrise quasi divertito.
-Comunque sia, quella ragazza vent'anni fa arrivò qui. Il ragazzo non disse mai come l'avesse incontrata, nemmeno a sua madre, ma divennero una cosa sola, lei sembrava prendere alla lettera tutto quello che lui le diceva.-
Per Gervhart non era poi una grande novità. Sapeva che il ruolo della Necromorpher era quello di cercare padroni e servirli, lo faceva anche a lui.
-Questo subito ci parve strano, come strana era quella ragazza.-
-Solo per il fatto che lei pendeva dalle sue labbra?-
-Niha, il ragazzo era sempre stato diligente, lavorava, aiutava sempre gli altri, eppure con l'arrivo di Asha cominciò a passare il tempo da solo con lei, guai se qualcuno si avvicinava.-
In fondo era così anche per lui. Quando si parlava di Asha diventava estremamente protettivo, il perché non lo aveva mai capito.
-Tutta via, una notte successe il fatto: durante un'incendio al villaggio trovammo il corpo di Niha privo di vita, senza nemmeno un graffio, accanto a lei, sporca di sangue. Tutto quello ci parve troppo strano. Lei non pareva nemmeno triste, preoccupata, nulla. Nessun tipo di sentimento. Come aveva potuto Niha morire senza nemmeno aver versato una goccia di sangue! Quella donna gli aveva rubato la vita, per salvarsi. Solo una strega avrebbe potuto!-
-Ma non avete chiesto a lei?-
Si intromise Rhoderich.
-A lei? A quel demonio che pareva avere il ghiaccio al posto del cuore? Noi non sapevamo nulla di lei, se non che aveva cambiato quel bravo ragazzo!-
Gervhart tirò un pugno sul pavimento, richiamando l'attenzione su di lui.
Si alzò in piedi.
-Erigere subito un muro davanti ad una persona solo perché 'diversa' è simbolo di codardia. Non sarò sicuro di questa cosa fino a quando non avrò sentito anche la sua versione.-
Stava per andarsene, ma venne fermato per il braccio dalla mano esile di Gramon.
-Credimi, stò solo cercando di proteggere il mio villaggio, di questi tempi fidarsi delle persone può causare la morte.-
Gervhart un po' lo capì.
-E tu che cosa sai di quella ragazza?-
Quella domando lo spiazzò. Era vero, cosa sapeva di Asha? La sua forte fiducia nei confronti della ragazza non lo aveva mai portato a chiedergli chi era veramente, cosa aveva fatto prima di lui, da dove veniva. Aveva lasciato sempre tutto al caso. Eppure Asha era diventata una parte di lui troppo importante. Allora lui si chiese se Asha si sentisse lasciata indietro, se quella sua mancanza d'affetto era perché a nessuno importava della sua vita, come persona.
Non diede nessuna risposta all'anziano, perché non ne aveva, ma questa volta avrebbe voluto sapere.

Asha non si era allontanata tanto, così che Gervhart potesse sentirne la presenza. Quel loro stesso legame li avvicinava di più, forse era per questo che la sentiva parte di lui, tanto da fidarsi di lei, senza nemmeno conoscerla a fondo.
Si fermò poco prima della fonte d'acqua, da cui sgorgava una piccola cascatella scendendo lungo i sassi levigati dalla corrente, mentre alcune raganelle saltavano da una ninfea all'altra. Ma la cosa che attirò più la sua attenzione, fu il corpo candido di quella ragazza, sulla riva, con i piedi nel laghetto fino al ginocchio, chinata a raccogliere tra le mani un po' d'acqua cristallina e bagnarsi il viso. Si levò su con una tale grazia, le gocce gli cadevano sulle labbra rosee fin giù per il collo e insinuarsi tra i seni. Si passò le dita umide ed esili tra i capelli tirati da una parte, bagnandoli appena.
Gervhart rimaneva ogni volta abbagliato da quel suo modo di fare e non poteva immaginare che una ragazza del genere avesse potuto sporcarsi di un tale crimine.
-Hai intenzione di stare ancora a guardare, mio padrone.-
Asha fissò coi suoi languidi occhi Gervhart, che si avvicinò a lei.
Si annusò dolcemente una ciocca i capelli.
-Sei diventato un pervertito? Avevi intenzione di guardarmi anche quando mi fossi spogliata?-
-Asha…-
La rimproverò.
Uscì dall'acqua a piedi scalzi, si avvicinava a lui muovendo il suo fondoschiena in modo sensuale, si fermò soltanto quando fu davanti a lui.
-Non c'è bisogno che tu ti nasconda…-
Gli passò le dita sul mento accarezzandogli il pizzetto che si era fatto più folto in quei giorni.
-Puoi ordinarmelo e io lo farò.-
Gervhart sospirò distogliendo lo sguardo da lei e con delicatezza le prese la mano, che era fresca ancora inumidita.
Asha capì del perché fosse venuto, era una donna astuta.
-Lo vuoi sapere da me vero?-
Il ragazzo la guardò serio, senza lasciarle andare la mano che nella sua si stava scaldando.
-Perchè? Crederesti alle parole di una Necromorpher?-
-Io crederei alle tue di parole!-
Asha si irrigidì a quella risposta, forse non se l'aspettava. Lasciò scivolare la sua mano da quella di Gervhart, posandole poi entrambe sul suo petto, mentre il suo sguardo di ghiaccio si fece più triste.
-Io sono nata qui, a Edras, da quel che riesco a ricordare. Per cui è normale che queste persone mi conoscano, ma soprattutto per il fatto che vent'anni fa, prima che io venissi a Calvadian e prima che conoscessi te, ho avuto un padrone. Un ragazzo che abitava in questo villaggio, il suo nome era Niha.-
Gervhart sobbalzò. Fino a lì era come aveva detto il vecchio.
-Mi trovò qui, proprio come noi adesso. Era un ragazzo davvero intelligente, mi piacque per quello. Passò un'anno dal nostro patto, era palese quanto lui fosse attratto da me, la sua ossessione divenne quasi soffocante. Ma io per lui non provavo niente, ma ero affascinata da quello che lui chiamava 'amore' e l'aiuto verso gli altri. E poi era gentile, non abusava del mio corpo, lui voleva solo sentirmi vicino e io finii per parlargli di tutto.-
Asha lasciò le braccia lungo i fianchi e guardò gli occhi verdi di Gervhart.
-Se io te ne parlo, promettimi che non farai mai il suo stesso errore.-
Harty ci pensò. Se quella 'cosa' aveva portato alla morte di Niha ed Asha ne era così intimorita significava che la sua decisine forse ne avrebbe cambiato l'esistenza.
-Va bene.-
Asha si girò dandogli le spalle.
-Una sera ci fu un incendio al villaggio. Mi ero separata da lui solo un momento, quando sentii provenire da una casa in fiamme le urla di un neonato. Fossi stata quella di un anno fa non mi sarebbe mai passato per la testa di salvarla. Sarà stato il legame che avevo con Niha a portarmi a  fare un gesto tanto estremo. In fondo, noi Necromorpher non siamo immortali, anche noi abbiamo paura della morte, e quella fu la notte della mia.-
Gervhart strabuzzò gli occhi, non capiva più le parole di Asha.
Sghignazzò.
-Riuscì a recuperare la piccola, ma una trave mi finì dritta sopra la testa. Ricordai solo che strinsi forte quella neonata a me per proteggerla.-
-Ma allora…cosa significa?-
Lei si voltò, seria in volto.
-Sono viva grazie a Niha e al potere di legame.-
Ci fù un momento di silenzio, solo il gracchiare delle raganelle e lo scroscio d'acqua facevano da sottofondo.
-Potere di legame?-
-Quando il patto viene eseguito correttamente, il potere di legame viene attivato. Ma è una cosa che solitamente non rivelo, soprattutto se il padrone in questione è più importante della mia stessa vita.-
Quelle parole fecero capire a Gervhart perché Asha era così guardinga nel raccontargli quelle cose. Per lei era difficile perché Gervhart era così importante.
-Il potere di legame è effettuato solo dal padrone, solo lui può decidere di dare metà della sua vita rimasta per salvare la vita alla propria Necromorpher.-
Il ragazzo non poté credere alle sue parole. Poteva esistere un tale potere in grado di riportar in vita una persona?
-Niha probabilmente mi tirò fuori da lì e decise di utilizzarlo.-
-Ma però, Niha era giovane, metà della vita significava che sarebbe potuto almeno vivere altri anni.-
-Era malato. Sai cosa mi disse il giorno prima? Che non aveva molto da vivere, il male che lo affliggeva gli stava devastando i polmoni, sputava sangue ogni qualvolta tossiva. Quando mi risvegliai mi trovai di fianco a lui.-
Si guardò le mani, ricordando quei momenti.
-Tra le mani avevo ancora quella piccola creatura, sana e salva, mi sentii per la prima volta felice. La ferita alla testa non c'era più, rimaneva solo il sangue che mi colava sui vestiti. Poi guardai lui, disteso come se dormisse, il viso era così rilassato, senza neanche una ferita….allora capii.-
La Necromorpher strinse i pugni, ricordando l'impotenza davanti al corpo esanime di Niha. Non era vero che non gli importava nulla di lui, era rimasta tanto scossa che non riuscì a proferire parola, né a piangere o ridere, quando gli abitanti arrivarono sul posto, lei non riuscì a dire nulla davanti alla madre in lacrime sul corpo del figlio. Quando si sentì respinta, di nuovo si sentì divorare dentro da un senso di solitudine.
-Ti sei sentita in colpa, non è vero?!-
La ragazza si riprese dai ricordi voltandosi verso il suo padrone.
-Io non provavo nulla per lui.-
Lo disse come se cercasse delle risposte, il perché si era sentita così.
-Da allora mi ripromisi di non legarmi in quel modo a nessun altro. Dovevo tornare ad essere la fredda Necromorpher quale ero. Me ne andai da Edras, per ricominciare una nuova vita. Vivere solo per il mio padrone e per nessun altro, nemmeno per me stessa.-
Gervhart non riusciva a distogliere lo sguardo da quel corpo esile, era per quello che il suo sguardo era sempre stato così distaccato, per quello non parlava mai del suo passato, per dimenticare. Ma soprattutto non voleva parlarle del potere di legame, per salvaguardare la sua vita. Asha poteva sembrare una ragazza spietata, eppure aveva a cuore la vita di Gervhart.
-Asha…-
Le accarezzò i capelli d'orati, passando le dita tra di essi.
-Io non lascerò mai che ti accada qualcosa per la quale dovrò ricorrere a tale potere. Per cui puoi stare tranquilla. Se ci sarà qualcosa di cui vorrai parlarmi io sarò qui, ascolterò ogni tua parola. Se avrai bisogno di qualcosa io sarò pronto a cercarla in capo al mondo. Se ci sarà qualcosa che ti farà star male, darò tutto me stesso per distruggerla. Ma soprattutto, non voglio mai più che tra noi ci siano segreti. Voglio sapere tutto di te.-
Le sue parole lasciarono la ragazza incredula. La cosa strana era che il suo cuore sobbalzò e un calore divampò nel suo petto. Per un istante le girò la testa, pareva quasi che questa reazione la spaventasse più di ciò che Gervhart adesso sapeva sul nuovo potere.

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Capitolo 17
*** Preghiera.Bastion.Pugni e sangue ***


Premessa: Va bhe, ormai avete capito che ci metto un sacco per aggiornare....ma almeno aggiorno non temete >A< non ho intenzione di abbandonare questa storia, abbiate solo un pò di pazienza! <3
Quindi, dove eravamo rimasti! Dopo aver lasciato La Cittadina, i nostri quattro dell'ave maria, arrivano in un altro villaggio, dove si 'scontrano' con una parte del passato di Asha, che le ha segnato la vita, tanto da portarla a spostarsi a Calvadian (dove poi troverà Harty =W=).  Bene, vi dico che questo è un capitolo luuuungo, uno dei più lunghi che ho mai scritto XD ma ho dovuto scrivere un sacco di cose, in previsione del prossimo capitolo! E' la parte che, da quando ho iniziato a scrivere Edras, non vedevo l'ora di scrivere çWç e sarò TUTTO incentrato su un flashback 8'D anzi, forse saranno due i capitoli, perchè è una parte molto importante per cui GODETEVELA *Q*
Che dire, spero che ogni capitolo vi emozioni e vi spinga a continuare a leggerla ;W;)/
Grazie <3




Capitolo 17

Preghiera.Bastion.Pugni e sangue.







Gervhart ed Asha non avevano fatto ritorno quella notte. Raki per tutto il tempo era stata in pensiero, più volte era stata presa dalla voglia di andarli a cercare e ogni volta venire fermata da Rhoderich. Lo avevano capito fin da subito il perché della loro assenza. Fare ritorno al villaggio doveva essere un peso per Asha, ma anche per Gervhart per il sentimento che lo legava alla sua arma e soprattutto nei confronti dei cittadini del villaggio, che guardavano ancora con occhi accusatori Raki e Rhoderich che quella notte alloggiarono in una piccola casupola vicino alla residenza del capo villaggio.
Gervhart non chiuse occhio, si era limitato a sedersi appoggiato al tronco di un albero, con al suo fianco Asha. Si erano messi a guardare il cielo stellato e a ricordare i vecchi tempi, fin quando Asha non si appoggiò stanca, sulla spalla del ragazzo. Chiuse gli occhi e con un lieve sorriso maliziosi gli disse: 'Non rimanere sveglio a fissare il mio corpo.'
Gervhart sbuffò divertito, quella frase era più consona a uno come Rhoderich, lo sapevano entrambi, ma le piaceva divertirsi in quel modo. Nonostante quelle sue parole, per tutta la notte rimase a guardarla, a guardare il suo viso candido sotto i raggi della luna che faceva capolino nel cielo stellato e si chiese se Asha le avesse raccontato davvero tutto.

Alle prime luci del mattino, quando Raki e Rho erano già svegli a banchettare con una buona colazione, Asha e Gervhart fecero ritorno al villaggio insieme, attraversando le strade, la gente si spostava a bisbigliava, qualcuno sbirciava dagli scuri delle finestre, ad Asha sembrava non importare e camminava a testa alta, sembrava invece dar più fastidio a Gervhart, soprattutto dopo la storia che le aveva raccontato. Quelle persone erano in torto, ma la parola della Necromorpher non sarebbe stata ascoltata, non valeva la pena mettersi in discussione, l'importante era che lui sapeva la verità.
Appena Raki li vide arrivare, fu la prima ad alzarsi e andargli incontro. Guardò per un momento Gervhart, gli sembrò quasi che lei arrossisse, ma non riuscì a capirlo bene, perché si buttò tra le braccia di Asha. Le guardò divertito, Raki che sembrava fare la ramanzina ad Asha per averla lasciata sola senza dirle niente, che si era preoccupata per lei e mise il broncio, come una bambina, mentre Asha le accarezzava la testa come farebbe il padrone con il suo cane.
Gli strapparono un sorriso, mentre la pacca sulla spalla di Rho gli fece distogliere lo sguardo.
-Certo che sei davvero un maiale.-
Gervhart si voltò interrogativo.
-Non far finta di non aver capito.-
Aggrottò le ciglia, fissando Asha.
-Hai dato libero sfogo alla tua mazza, finalmente!-
Gli diede altre pacche sulla spalla, ma Gervhart rimaneva calmo e pacato.
-Guarda che non è come pensi.-
Lo strattonò per le spalle, mettendolo di fronte a lui, il suo sguardo pareva serio.
-Gervhart…dimmi una cosa…-
Il ragazzo stava a sentire preoccupato.
-….non è che ti piacciono gli uomini.-
Ci fu un momento di silenzio, Rho lo fissava pronto a sentire la sua risposta, le sue mani che fremevano sulle spalle grandi del ragazzo…gli venne uno strano tic all'occhio.
-Ma che cosa-
-Molto bene!-
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase che il vecchio tornò a sorridere come sempre, scompigliando quei lunghi capelli castani che erano diventati ancora più lunghi.
-Che diamine state bofonchiando voi?-
Raki li raggiunse, le braccia conserte che ne facevano risaltare ancora di più le forme abbondanti del suo seno, con il suo tono seccato e lo sguardo di chi già immaginava a cosa si riferisse la discussione.
Ma prima ancora che Raki e Rho si mettessero a litigare come solito, Gervhart si intromise.
-Ragazzi…-
I due si voltarono interrogativi.
-C'è una cosa…-
Il suo sguardo si spostò su Asha, che già sapeva e fece un piccolo cenno di accondiscendenza.
-…che è giusto che anche voi sappiate.-

Davanti a una tazza di latte e delle trecce di pane caldo con miele, Asha raccontò la sua versione di vent'anni fa, parlò di Niha, di come il suo amore per lei lo aveva portato a fare quella scelta, della notte dell'incendio e del potere di legame. Rhoderich in un certo senso non sembrava così stupito, già si aspettava che c'era una diversa verità sotto tutta quella storia raccontatagli dal capo villaggio. Invece Raki sembrava quasi preoccupata, soprattutto quando le parlò del potere di legame, cominciò a provare una strana paura.
-Bhe, c'era da immaginarselo che buttassero su un polverone del genere. L'unica persona che era presente e che i cittadini avrebbero veramente ascoltato non c'è più, portandosi nella tomba tutta la verità, ovviamente non crederebbero mai alle parole di una Necromorpher trovata sulla scena piena di sangue.-
Rhoderich si stiracchiò sulla sedia.
-Io non voglio nemmeno che loro lo sappiano.-
Asha fissava un punto imprecisato della tavola, assorta in chissà quale pensiero, se ne aveva qualcuno.
La tenda color rosso scarlatto della porta si scostò lasciando entrare Gramon, seguito da due uomini dagli abiti modesti.
-Mi dispiace disturbarvi ma, nonostante per me non siate una così forte minaccia, i miei cittadini cominciano ad innervosirsi della sua presenza.-
La sua mano esile e tremante si allungò verso Asha presentando la persona presa di mira.
Raki chiuse il pugno per trattenersi, mordendosi il labbro, ma la sua tensione venne fermata dal tocco caldo delle dita di Harty sulle sue. Si era già alzato e con tono tranquillo e sereno rispose all'anziano.
-Non abbiamo motivo di trattenerci ancora qui. Dateci il tempo di prendere le nostre cose e ce ne andremo. In qualche modo, grazie dell'ospitalità.-
Chinò leggermente la testa, lo stesso fece Gramon prima di uscire dall'abitazione. Raki doveva imparare da lui a trattenere le parole e la sua irruenza, perché un giorno anche solo stare zitta, gli avrebbe salvato la vita.

Le strade erano attorniate di persone, addossate alle case per lasciare libero il passaggio ai quattro che avevano portato scompiglio in quel piccolo villaggio non ancora preso di mira dall'armata nera. Forse era anche la paura di quei tempi difficili ad aver fatto diventare così timorose le persone di Edras e per questo Gervhart non gliene faceva una colpa.
Ad attenderli all'uscita del paese c'era Gramon con un gruppo di altre persone. Quando furono abbastanza vicini per parlarsi, Gramon si rivolse a Gervhart.
-Nonostante i nostri risentimenti nei confronti di quella ragazza e tutto ciò che ne ha comportato, vi chiedo solo di non odiarci.-
Le parole dell'anziano sembravano quasi soffocate e strozzate.
-Deve essere dura per voi tutto questo…lo so bene.-
Gervhart era un abitante di Edras, quella era la sua terra e vederla ridotta in quel modo lo faceva adirare e rattristare. Per loro che lo stavano vivendo dall'inizio doveva essere ancora più atroce.
Gli passò di fianco, mentre il suo mantello svolazzava sollecitato dalla brezza mattutina.
-Ma vorrei riuscire a cambiare qualcosa.-
Fu come un sussurro che solo Gramon poté sentire, poche parole che però fecero sobbalzare il so cuore stanco, fu come se un vento caldo passò attraverso le sue carni gelide e invecchiate. Si voltò a guardare la schiena di quei quattro ragazzi, che si ritiravano nella fitta radura di quella zona e finì per pregare per loro.


Rhoderich e Gervhart camminavano fianco a fianco, qualche volta il vecchio dava una gomitata nel costato del ragazzo, sembravano parlare di qualcosa di divertente perché Raki più indietro a loro li vedeva sorridere.
Al fianco di Raki, Asha, con il suo passo leggero e candido colore bianco della sua veste che ondeggiava ad ogni suo movimento.
-Ti ho vista prima.-
Sembrò quasi un sussurrò, se non ci fosse stata solo Raki avrebbe pensato che non stesse parlando con lei, perché non la guardava nemmeno, il suo sguardo di ghiaccio era rivolto a terra.
-A cosa ti riferisci?-
-Quando ho parlato del potere di legame.-
Asha si fermò. Lo stesso fece Raki, perplessa e preoccupata ancora da quelle parole.
-Ecco visto, lo hai fatto di nuovo.-
Questa volta Asha la guardò negli occhi.
-La tua preoccupazione per tale potere, taglia perfino l'aria.-
La ragazza drago deglutì, era anche difficile sostenere lo sguardo della Necromorpher, oltre alla paura di cose avrebbe potuto rivelarle ancora su quel potere.
Asha si avvicinò a lei. Le prese una ciocca di capelli corvini tra le dita.
-Non devi avere paura. Gervhart non lo userà mai.-
A quelle parole ebbe un fremito, perché era quello che avrebbe voluto sentire fin da subito.
-Gliel'ho fatto promettere.-
Socchiuse gli occhi e annusò l'aroma dolce di quei capelli.
Gli occhi di Raki divennero lucidi, il terrore che un giorno Harty avesse potuto usarlo si era affievolito, perché sapeva che per lui una promessa era una promessa. Non poteva immaginare un destino in cui sapeva già che la sua vita si sarebbe stroncata a metà. Voleva solo stare con lui il più possibile.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, ma quel momento di pace dirò ben poco. Sussultò, il suo udito aveva scorto dei rumori riconoscibili.
Gervhart e Rho, che le avevano viste fermarsi e parlare, le avevano raggiunte, notando lo sguardo attento di Raki.
-Raki che succede?-
-Soldati. Tanti. Sento il tintinnio delle loro armature.-
Una goccia di sudore le scese dalla tempia.
-E poi sento delle voci, impaurite.-
Gervhart strinse i pugni talmente forte che le sue unghie gli perforarono la pelle.
-Un villaggio!-
Asha e Gervhart si diedero un'occhiata.
-Spada.-
-Agli ordini padrone.-
Fu un bagliore giallo ciò che Asha divenne prima trasportarsi nella mano destra di Gervhart. La spada che brandì con ardore era finalmente pronta per combattere e se doveva difendere delle persone lo avrebbe fatto con tutte le sue forze.

Corsero attraverso il sottobosco in cui la vegetazione pian piano si diradava, lasciando il posto al cielo azzurro e limpido, ai raggi del sole che quel giorno laceravano la pelle.
Seguivano Raki, l'unica in grado di sentire così bene da condurli al punto giusto, fin quando non si fermò, accovacciata dietro un cespuglio.
Ansimavano lentamente, adesso anche Gervhart e Rho potevano sentire distintamente il rumore delle armature che si muovevano, le risate o gli urli grotteschi di uomini misti a qualche gridolino spaventato di qualche donna.
I tre si diedero una serie di sguardi, per poi spostare lentamente i sottili arbusti del cespuglio tra la quale potevano vedere nascosti quello che stava succedendo.
Il villaggio era su una distesa pianeggiante, senza nemmeno un albero a fare ombra, il sole batteva sulle poche case, i muri di terracotta e i tetti in paglia, le tipiche abitazioni dei lavoratori di campagna coloro che lavoravano la propria terra.
Quando Gervhart li vide il suo sguardo si assottigliò.
Portavano tutti un'armatura nera, che brillava sotto i raggi del sole, possenti, che rispecchiavano bene il nome datogli: l'Armata nera.
Erano parecchi, tutti erano ben armati, le loro lunghe spade erano riposte nel fodero dietro le loro schiene o sul fianco. Qualcuno se ne stava seduto a guardare la scena, mentre altri strattonavano alcuni probabili abitanti del villaggio, dai vestiti scialbi e polverosi, mettendoli tutti insieme in un unico punto, in cui già altri erano stati portati. C'erano anziani, uomini che abbracciavano impauriti la propria donna con il figlioletto, ragazzi giovani che singhiozzavano di paura.
Un uomo alto dell'Armata, con fare autoritario, dalle sopracciglia aggrottate, la barba incolta e i capelli corvini raccolti in una treccia, sguainò la spada davanti al gruppo di persone.
-In piedi!- Urlò con voce gutturale.
Non se lo fecero ripetere, si alzarono in piedi disponendosi gli uni vicino agli altri, come se fossero un unico organo.
L'uomo soffiò quasi seccato abbassando la spada.
-Generale Bastion, sono tutti suoi.-
I passi decisi di un uomo senza armatura, dai capelli rossastri e sfumati grigi sulla cute, due cicatrici che portava sulla mandibola destra e una netta sul collo, la corta barba sulla parte sinistra, rompevano il silenzio che si era formato.
Il suo codino ondeggiava dietro la sua schiena, che portava un enorme arco e una sacca con lunghe frecce, la placca di metallo che portava sull'orecchio mezzo mozzato brillo attirando l'attenzione di Gervhart su di lui, ma soprattutto sul suo braccio destro.
Ciò che fece strabuzzare gli occhi a Rhoderich, che fece impallidire Raki e che fece ribollire il sangue a Gervhart, fu il suo tatuaggio a forma di serpente.
Le sue mani cominciarono a fremere, per un momento rivide la scena di diciassette anni fa: sua madre che si spegneva tra le sue braccia, il sangue tra le sue mani, la piccola Raki che piangeva e poi lui, il suo ghigno divertito, la sua freccia puntata verso di lui.
Gli sarebbe saltato addosso se non ci fosse stato Rhoderich a trattenerlo per una spalla e a riportarlo al presente.
Gli fece un cenno di disappunto con la testa, prima di tornare a guardare la scena.
Loro erano in tanti e sicuramente ben addestrati, ma soprattutto c'era lui, lo avevano chiamato Generale, per cui doveva possedere qualità combattive al di sopra di un normale soldato.
Si fermò davanti ai contadini impauriti, i suoi occhi verde scuro scrutavano ogni singola persona, senza la minima esitazione.
-C'è giunta voce…-
La sua voce graffiante riecheggiò nelle orecchie di Gervhart.
-Che un gruppetto di questo villaggio, donne e bambini soprattutto, hanno lasciato questo posto alle prime luci dell'alba.-
Cominciò a camminare avanti e indietro, gesticolando con le mani quasi divertito, come se stesse raccontando una storia.
-Dunque. Voi sapete benissimo che nessuno può lasciare Edras, cioè, se fosse per me potreste andare dove vi pare, non me ne fotte una sega, ma...-
Indicò il cielo con un dito.
-Per una sorta di regola dei piani alti, ho il dovere di far rimanere le vostre chiappe incollate a questa terra.-
Questo fece capire a Gervhart e agli altri, che c'era un'altra potenza ancora più in alto di Bastion.
-Senza fare tanti giri di parole…sapete anche che chi prova a scappare dalle mie adorabili braccia…-
Il suo sguardo divenne quello di una belva assetata di sangue.
-Viene ripagato con la morte.-
Le persone si strinsero ancora più tra loro, chi cominciò a versare lacrime soffocate. Bastion sorrise amichevolmente.
-Quindi vorrei sapere da voi: dove sono andati?-
Gli diede un po' di tempo per pensarci, ma nessuno parlò.
-Nessuno? Allora ci tenete davvero poco alla vostra vita.-
Alcuni guerrieri sguainarono le spade, anche Gervhart avrebbe voluto sguainare la sua contro Bastion, ma era una situazione svantaggiosa.
-Aspettate!-
Un ometto anziano, calvo, dal viso solcato dalle rughe e una tunica lunga color giallo sabbia si fece avanti.
Bastion inarcò il sopracciglio.
-Se dovete prendervela con qualcuno prendetevela con me.-
L'arciere fischiettò quasi sbalordito.
-Ah, è proprio vero, quando si è in queste situazioni arriva il capo villaggio di turno e chiede la sua vita in cambio di quella dei suoi cittadini.-
Sbuffò, grattandosi la testa indispettito.
Si avvicinò a lui, dovette chinarsi per parlare, ma il sorriso terrificante che elargì lo videro tutti.
-Non mi piace togliere la vita ad un vecchio in modo così scontato. Non c'è nessun divertimento.-
Scrutò ogni persona, fin che non trovò la sua preda.
-Tu!-
Fissò una giovane ragazza che portava una semplice fascia a coprirle il seno mediamente abbondante e una lunga gonna. La sua pelle era scura, abbronzata dal sole e i suoi capelli corti nocciola sfumati sulle punte più scure.
Due uomini la presero per i polsi, lei cercò di divincolarsi ma la trascinarono a forza davanti a Bastion, sotto gli occhi terrorizzati dei presenti.
Lei si inginocchiò rannicchiandosi tra le sue braccia, cominciando a piangere.
Bastion le prese il mento e la costrinse a guardarlo. Lui pareva parecchio divertito.
-Sai cosa spaventa più della morte vecchio? La paura.-
La ragazza tremò.
-La paura. L'angoscia. Il dolore. Il non riuscire più a sopportarlo, tanto da voler la morte…che non arriva.-
La prese per il collo e la tirò su, il gemito di dolore della ragazza fece sobbalzare il vecchio.
La girò verso la sua gente, come se fosse il capro espiatorio delle loro colpe pronto per essere sacrificato. Strinse ancora di più il collo nella sua mano, sorrise avidamente prima di leccarle l'orecchio ed estrarre una sua freccia.
-Lo sai quanto è doloroso una punta di questa freccia nel costato?!-
Gli passò la punta sul ventre, facendo una piccola pressione, lacerandogli la pelle, nel gemito di dolore della ragazza un rivolo di sangue scarlatto le uscì dalla ferita.
-Basta ti prego!-
Le grida strozzate dell'anziano non lo fermarono.
Raki faceva fatica a trattenersi, i suoi denti digrignarono, ma quello che stava lottando di più contro sé stesso era Gervhart. Sapeva che era una situazione difficile, gli uomini in a matura erano troppi, sapeva che Bastion era forte, lo aveva capito già da bambino, in tutti quegli anni chissà cos'era diventato e in più c'erano tutte quelle persone, che in caso di una rivolta non avrebbero saputo proteggersi. Lo sapeva bene che erano in svantaggio, ma ormai era accecato dalla vendetta per Bastion e lo aveva a pochi metri dal naso.
-Le ossa che ti si spezzano. Gli organi che ti si contorcono e il dolore. La violenza che potrei fare sul tuo corpo ti porterà inevitabilmente a chiedermi di morire. Tu non vuoi tutto questo vero?-
Puntò la freccia nel suo collo. Le lacrime bagnarono il suo viso, lo sguardo terrorizzato e il dolore acuto del metallo freddo che stava sollevando la sua pelle. La paura aveva preso il sopravvento.
-A sud, sono andati a sud, verso il porto!-
La ragazza cominciò a singhiozzare. Sapeva che una volta trovati, li avrebbero uccisi tutti, compresi i bambini, come monito per quelli che avevano intenzione di scappare.
Il Generale mollò la presa notevolmente soddisfatto, lasciandola cadere a terra distrutta nel corpo e nell'anima.
Si passò la punta della freccia sulla lingua assaporando il sangue di cui era intrisa prima di rimetterla insieme alle altre. Si avvicinò ad alcuni uomini impartendo ordini ben precisi: 'Uccidere tutti i fuggitivi!'
Quando il vecchio sentì quelle parole la sua volontà fu più forte della paura.
-No vi prego! Almeno i bambini, risparmiateli! Vi supplico!-
Si inginocchiò ai piedi di Bastion aggrappandosi alla sua gamba. Lo guardò strisciare nella polvere, quasi disgustato.
-Non si preoccupi…-
Fu una frazione di secondo, sfoderò la spada di uno dei suoi uomini e la conficcò nella schiena dell'anziano sotto gli occhi attoniti dei cittadini e di Gervhart.
Sputò sangue, mentre Bastion tolse la spada dalle sue carni.
-Non soffriranno nemmeno un po'.-
Il suo sorriso fece raggelare il sangue perfino a Raki che rimase impassibile davanti a quella scena.
-E tu li aspetterai dall'altra parte, vecchio. Mentre io sarò a fottermi quella principessa laggiù!-
La puntò con la spada, mentre la ragazza e il vecchio si guardarono terrorizzati negli occhi.
-N-no.-
Allungò la sua mano tremante e piena di sangue verso di lei, mentre i suoi occhi si oscuravano e si bagnavano di lacrime.
-Addio vecchio!-
Gli tirò un calcio sotto il mento che lo fece capitolare a distanza da lui. Nessuno si mosse mentre il corpo dell'anziano rimaneva agonizzante per terra.
Il Generale ridiede la spada al proprio possessore prima di avvicinarsi alla ragazza, prendendola per un braccio facendola alzare.
-Non farmi del male ti prego! Io- io ti ho detto quello che volevi sapere.-
-Infatti non ti ucciderò. Ma mi divertirò con te nel modo in cui io preferisco.-
La strattonò per portarla via, la ragazza cercò di fermarlo, chiamando aiuto più volte ma nessuno arrivò in suo aiuto, tutti gli sguardi delle persone che lei conosceva erano rivolti a terra, nessuno desiderava morire.
Gervhart si morse il labbro, facendoselo sanguinare.
-Non posso non fare niente.-
I suoi occhi verde smeraldo erano iniettati di sangue, lo strano alone nero intorno ad essi era innaturale e Rhoderich al tocco lo sentì bruciare.
-No Gervhart!-
-No cosa?!-
Rhoderich si spaventò a vederlo così. La sua rabbia la si sentiva nell'aria, il suo tono così adirato e quello sguardo. La sua pupilla talmente piccola che ne risaltava ancora di più il verde, divampavano di rabbia.
Rhoderich schioccò la lingua.
-Che cosa hai intenzione di fare eh? Uscire da qui e sventolare la tua spada a destra e a manca? Sai qualcosa di quel Bastion? Sai quali poteri potrebbe avere? Cosa sai? Dovresti esserti reso conto che ci sono cose che vanno al dì là dell'umana conoscenza. Quindi ascoltami! Alziamo il culo e andiamo via, ci saranno altre occasioni.-
Anche Asha ebbe un fremito nel sentire la stretta di Gervhart e tutta la pressione che scaturiva dal suo corpo, uno strano sentimento che per qualche motivo le fece ricordare un certo passato.


Si allontanarono, tornarono sui loro passi, prima di trovare uno spazio più isolato e pianeggiante.
Asha tornò alla sua forma umana, preoccupata della reazione che Gervhart aveva avuto e che ancora non lo abbandonava.
Rhoderich era ancora parecchio indispettito dal suo comportamento.
-Forse non ti rendi conto della situazione in cui ti trovi!-
-Era da anni che aspettavo il momento in cui l'avrei trovato!-
-Tu ti stai annebbiando la mente con la storia della vendetta che non vedi nemmeno quello che ti stà attorno!-
-Cosa c'è da vedere Rho?!-
Raki era spaventata nel vederli litigare e alzare la voce in quel modo.
-Non ci sei solo tu Gervhart! Rischiavi di mettere in pericolo la vita di quelle persone, la vita di Raki e di Asha! Cosa pensi che loro siano immortali?-
A quelle parole il ragazzo si zittì.
-Smettila di pensare alla vendetta e pensa che ci sono cose più importanti adesso. Lo so come ti senti.-
Rhoderich abbassò lo sguardo, rattristato.

'No, lui non lo sa come ti senti.'

Ancora quella voce nella sua testa.

'Tu hai vissuto solo per questo momento.'

Quella voce lo mangiava dall'interno, andando a scavare nel profondo della sua anima. Avrebbe voluto zittirla ma quelle parole, era quello che veramente pensava.

-No…tu non lo sa come mi sento.-
Raki rimase allibita da come Harty si stava comportando con Rhoderich, non era proprio il tipo da istigare al litigio.
-Sei proprio cocciuto eh?!-
Il pugno che gli arrivò dritto in viso lo fece indietreggiare. Il ragazzo si voltò verso il vecchio toccandosi la mandibola dolorante, ma pareva piuttosto soddisfatto di ciò che aveva fatto e il suo sguardo severo su di lui lo affermava.
Gervhart si levò il sangue che zampillava dal suo labbro con il palmo della mano e non ci pensò due volte a restituirgli il pugno in pieno viso, cosa che Rho non si aspettava.
L'uomo sputò il sangue.
-Ragazzino impertinente.-
Dopo quelle parole si avventò sul ragazzo che si parò dal colpo.
-Harty! Smett-
Raki stava per intromettersi, ma Asha la fermò.
-Mai intromettersi in una scazzottata tra uomini.-
-Ma-
-Lo sai…per gli uomini non c'è modo migliore di questo per far emergere tutti i loro errori.-
Asha si sedette tranquillamente su un tronco tagliato di un albero, come se fosse la cosa più normale del mondo, mentre Raki guardava sconsolata Gervhart e Rhoderich che si prendevano a pugni e nessuno dei due sembrava cedere.

Grondavano di sudore, i lividi sul viso cominciavano già a gonfiarsi e il sangue dal naso e dalla labbra era stato più volte levato dalle loro mani, lasciandone solo l'alone rosso.
Ansimavano l'uno di fronte all'altro, ormai provati fisicamente, mentre Raki e Asha erano rimaste a fissarli tutto il tempo senza proferire parola.
Gervhart si scostò i ciuffi di capelli che gli si attaccavano alla fronte bagnata.
-Certo che…nonostante l'età ne hai di energia, vecchio.-
Rhoderich sorrise maliziosamente.
-E tu nonostante sia un novellino, ne hai di esperienza.-
I due si sorrisero.
-Qualcuno mi ha insegnato bene.-
-Tsk!-
Rhoderich si buttò a terra, a pancia in sù stremato.
Raki allungò il collo.
-Hanno finito?-
-Sembrerebbe…-
Harty fece lo stesso, stendendosi di fianco a lui sospirando fortemente, lasciando che la tensione gli scivolasse via.
-Rho…-
-Mh?!-
-Grazie…-
Si voltò a guardare il profilo del ragazzo intento a scrutare nel cielo tra le frasche degli alti pini.
-Ho solo fatto ciò che tu mi avevi detto prima di partire. Ti ho fermato dal fare una cazzata.-
Harty sorrise compiaciuto. Se lo ricordava bene quel momento in cui gli aveva detto che avrebbe avuto bisogno di lui per qualsiasi sua sciocchezza.
I due si guardarono negli occhi come due ragazzini che facevano la pace dopo una litigata.
Vennero raggiunti dalle due ragazze e Raki sembrava piuttosto arrabbiata, ma guardandola Rhoderich sorrise dolcemente.
-Mi sento finalmente pronto.-
Lo guardarono tutti interrogativi.
Ravanò all'interno della maglia, da sotto il colletto tirò fuori una collana che portava al collo, dalla quale non si separava mai. La portò in alto, sopra al suo viso. Il ciondolo sembrava formato da strane pietre azzurro verdi che riflettevano i raggi del sole brillando.
-Mi sento finalmente pronto a rivelarvi il mio passato.-
Raki guardò bene quel ciondolo e non poté far a meno di notare che quelle non erano semplici pietre, ma avevano la stessa forma delle sue squame di drago.
Rhoderich fissò quel ciondolo e i suoi occhi scuri si illuminarono di una strana luce. Perché il suo passato era difficile da ricordare per lui, ma era giunto il momento che anche loro sapessero. Non voleva avere più segreti nei loro confronti, nei confronti di Raki, ma soprattutto, qualunque cosa gli sarebbe successa d'ora in avanti, loro avrebbero saputo.
Sospirò.
-Perchè io, sono stato nella Terra dei draghi!-

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