We Are Chained

di Melissa_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One ***
Capitolo 2: *** Two ***
Capitolo 3: *** 3. Ops ***
Capitolo 4: *** Quattro! ***
Capitolo 5: *** Cinque ***
Capitolo 6: *** SEI ***
Capitolo 7: *** Sette ***
Capitolo 8: *** Fine. ***



Capitolo 1
*** One ***


Weelcoome! Questa è una delle tante idee che perora hanno occupato la mia mente. Si parte in modo scoppiettante presentando in modo veloce i tre protagonisti che conosceremo meglio più avanti. E' un capitolo molto veloce (e sicuramente troverete un po' di errori che sarei felice segnalaste!) 
Lasciate con una piccola o grande recensione cosa ne pensate, sono qui per migliorare e per riuscire a proporre una storia carina e interessante. Buona lettura! :** 





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Dopo una lunga giornata sull’isola di Creta, eravamo arrivati nella nostra cabina stanche e affamate. Ma la giornata non era ancora finita. Mi ritrovai un’ora dopo seduta da sola ad un tavolo con un abitino blu.
“Heeyyy.. vieni a ballareee!” urlavano le mie compagne di classe mentre io mimavo un no con la bocca.
“Perché non va a ballare?” mi chiese il professore di filosofia. Era un uomo sulla trentina forse anche di meno, aveva due profondi occhi azzurri e indossava una camicia leggermente sbottonata. Era attraente e in quel momento per una ragazzina di diciotto anni che aveva ingerito chissà quale alcolico, e si sto parlando di me, sembrava una cosa eccitante baciare quell’uomo. Ma non lo feci, anche se sperai lo facesse lui.
“Nono, non mi sento tanto bene..” sussurrai.
“Cos’ha Bordonaro?”
“Mi chiami Emi, professore.” Mi venne un giramento di testa e di istinto la strinsi tra le mani.
“Venga con me.” Mi prese per un braccio e mi portò in bagno.
“Ti viene da vomitare?”
“no, sento caldo e mi gira la testa”
“Ma cosa hai bevuto, Emiliana?”
“un ragazzo carino, era inglese, mi ha offerto un cocktail!” dissi ridendo. Quando mi fermai, fissai lo specchio. Io e lui eravamo riflessi. Lui bello come sempre, io con l’aspetto di una poco di buono. Mi vergognai. Mi sciacquai la faccia e mi sistemai i capelli in silenzio. Appena mi girai, trovai il professore a pochi centimetri dal mio viso. Appoggiai le mani e la schiena sul lavello. E ci fissammo per un’instante quando lui fece un passo verso di me.
“Emiliana” sussurrò sul mio viso. Era alto e mi resi conto solo in quel momento del suo fisico palestrato. Spostai le mani dal lavello al suo viso e portai le sue labbra a contatto con le mie. Un brivido, sentì solo un brivido e la sua lingua nella mia bocca. Gli morsi un labbro dolcemente prima che ci staccassimo.
“Mi.. mi scusi” balbettai avvampando. Ma lui non sentì. Mi sollevò per i fianchi appoggiandomi sul lavandino. E iniziò a leccare, baciare e mordere il mio collo mentre con le mani andava alzandomi sempre di più il vestito. Sentivo qualcosa di duro premere sulla coscia e quando avvolsi il suo bacino con le gambe, lo sentì sulle mutandine. Mi lasciai sfuggire un ansimo.
“Professore..” mugolai.
“Emiliana dimmi che sto sognando e che posso approfittarmi di te sta sera, solo per questa sera” disse guardandomi negli occhi ancora con le mani sulle mie cosce. Gli infilai la lingua in bocca fregandomene di quanto era sbagliata quella cosa. Era uno degli uomini più sexy e intelligenti che avessi mai conosciuto e anche l’unico che era riuscito ad arrivare con un erezione in mezzo alle mie gambe. Sì, ero vergine e mi stavo lasciando sverginare dal mio professore di filosofia. Invece, dopo quell’ultimo bacio passionale, lui lasciò la presa tornando in se. Mi sistemò il vestito, coprendomi le cosce.
“signorina Bordonaro, adesso sta meglio?” disse freddo avvicinandosi alla porta. Capì all’instante. Dovevamo far finta che niente fosse successo.
“Sì, grazie.” Vidi il professor Alvisini aprire la porta e lasciarmi lì, come se nulla fosse accaduto. Come se io non l’avessi baciato e come se lui non mi avesse quasi presa su quel lavandino. Mi venne da piangere. Mi ero davvero fatta illudere che un uomo come lui volesse farlo con una ragazzina come me? Per di più era il mio professore. Che stupida. Mi asciugai quell’unica lacrima che aveva rigato la mia guancia quando Giada, una delle mie compagne di classe, mi spaventò entrando in bagno urlandomi che Martina, la mia migliore amica, era svenuta.
“Siamo tutte ubriache e qua non c’è nessun professore. Vai a chiamare qualcuno, Martina è svenuta!” urlavano anche le altre.
“Ma non c’è Alvisini?” dissi infastidita.
“No, se n’è andato dopo aver urlato contro il barista e aver rotto un bicchiere!” disse Paolo, un ragazzo dell’altra classe.
Così mi ritrovai ad aspettare un ascensore. Arrivò dopo alcuni minuti ed entrai. Maledissi la mia migliore amica, le mie compagne di classe, Paolo e il professor Alvisini quando vidi chi c’era su quel maledetto coso. Erano anni che non lo vedevo, eppure adesso era d’avanti a me. Mi scrutava e sorrideva a malapena. I suoi occhi chiari mi perforarono come la prima volta. Pensare che circa dieci anni fa avrei ucciso questo essere con una forchetta, unica arma disponibile per una bambina di appena otto anni, adesso, a vederlo in un ascensore di una Costa Crociere a circa 30 ore e 1600 km di distanza da casa, per picchiarlo avevo solo una borsetta e sinceramente non avevo nemmeno la forza di farlo. Eravamo solo io e lui sull’ascensore.
“Ma sei Emiliana?” mi chiese l’essere di fronte a me.
“No, sono sua cugina.” Dissi sbuffando.
“Il senso dell’umorismo non l’hai perso, Emi” ed eccolo là il suo splendido sorriso. Sto per dirgli che lui è rimasto il solito deficiente di un tempo quando le porte dell’ascensore si aprono. Esco velocemente, sento già il cuore a mille a causa del suo sorriso.
“Ma sei in crociera con Patty?” Boom. Aveva gettato la bomba.
“No, sono con la scuola.” Risposi fredda velocizzando il passo e allontanandomi da lui. Lo odiavo a otto anni e dovevo continuare in eterno.
Inizialmente non mi chiesi perché quello stava in Crociera ma questo dubbio mi invase per tutta la notte. Martina si era ripresa e dopo la ramanzina da parte della vicepreside a tutte noi, andammo in cabina, così adesso mi ritrovavo sveglia con mille pensieri in testa. Mi venne in mente il bell’Alvisini e Davide, il ragazzo dell’ascensore. Pensai a quest’ultimo che entrava e usciva dalla mia vita come niente fosse e soprattutto nei momenti peggiori. Diventò il miglior amico di mio fratello quando morì mia madre. Esattamente dieci anni fa. Mio padre lo invitava sempre a casa, diceva che per mio fratello, che stava entrando nell’adolescenza, era una distrazione ma alcuni anni più tardi lo fu anche per mia sorella. Li trovai sul letto matrimoniale dei miei, tornando dall’ospedale in lacrime. Avevo dodici anni e mio padre quel giorno aveva fatto un brutto incidente mentre Patty, mia sorella, se la faceva con Davide. Ma che frega a me? Ero pazzamente ‘innamorata’ di Davide da quel maledetto giorno in cui Joseph, mio fratello, l’aveva invitato per giocare. Come fa una bambina a ‘innamorarsi’? Non lo so eppure ho sempre pensato che lui fosse quello giusto per me. Solo a vederlo mi venivano le farfalle nello stomaco e diventavo rossa. Pian piano iniziai ad odiarlo. Tutti erano pazzi di Davide. Tutto girava intorno a lui. E lui girava intorno a Joseph e Patty, i miei fratelli. Ma quando fece diciassette anni per sfortuna sua e fortuna mia, partì, lasciando mia sorella e facendola soffrire come una matta. Lo vidi due anni dopo ad una festa di un mio amico, cercò di sapere di Patty mentre io in silenzio capivo di essere veramente innamorata di lui. Quel giorno lo ammisi sia a me stessa che a Martina, lei mi costrinse a baciare un tizio per vedere la reazione di Davide, che non fu delle migliori: prima colpì il ragazzo e poi mi strascinò via dalla festa.
“Ma che cazzo ti è preso, Emiliana?!” mi urlò trascinandomi per un braccio.
“Che vuoi tu?!” ribattei.
“Sei ancora una bambina, non dovresti stare nemmeno ad una festa e per di più baci quello lì?!”
“Che ha quello lì?!” urlai spazientita sperando che quella reazione fosse gelosia.
“quello spaccia droga e ne fa anche uso a volte!” disse piano
“e quindi, a te cosa importa?” dissi allontanandomi da  lui. Avevo paura di baciarlo e fare l’errore più grande della mia vita.
“Tu sei una ragazzina seria Emi, non puoi rovinarti così!”
“Ho sedici anni, cazzo. Faccio quello che voglio. E tu non sei nessuno per dirmi cosa fare e cosa non fare.. lo capisci? Adesso fammi passare.” Urlai spingendolo. Mi bloccò per i polsi. Si avvicinò al mio viso piano. ‘Baciami’ sperai. E lo fece. La sua bocca si appoggiò sulla mia dolcemente mentre lasciava la presa sulle mie mani. Appoggiai quest’ultime al suo collo mentre le sue erano piazzate sulla mia schiena. Fu il mio primo vero bacio e fu veramente l’errore più grande della mia vita.
“Che cazzo ho fatto?!” disse staccandosi da me improvvisamente. “ Io amo tua sorella Patrizia. La mia Patty, non te.” Sputò. I miei occhi si riempirono di lacrime. “Tu sei una bambina e ne ho approfittato, perdonami.” Disse scappando via. Restai ferma in lacrime. 

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Capitolo 2
*** Two ***


Ciaaoo :) Inizialmente ringrazio le 36 persone che hanno letto il primo capitolo - Lami_90, Minelli e ROXANUTZA per aver aggiunto questa storia alle seguite - Elli_Yellow per la recensione. Grazie con tutte il cuore! 
Vi lascio alla lettura del secondo capitolo e come sempre vi invito a lasciare una recensione :D (Scusate per gli errori e se ci sono segnalateli!)



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“Aspetta Davide Rondoni è su questa nave?!” urlò Martina il pomeriggio seguente.
“Sì, ma non urlare.”
“E che ci fa qua?”
“Non gliel’ho chiesto.”
“Ma allora sei cretina?!” urlò di nuovo. Feci l’offesa per un attimo, poi le sorrisi prendendola a braccetto. Camminavamo per i corridoi della nave da crociera e le avevo raccontato della sera precedente, omettendo ‘quella cosa’ con Alvisini.
“ma dobbiamo scoprire perché è in crociera e con chi.” Affermò decisa Martina.
“Perché?”
“Appunto. Soprattutto perché?!” urlò.
“Ma la finisci di urlare?! Dicevo perché dobbiamo scoprirlo?”
“Scoprire cosa?” una voce maschile interruppe la nostra discussione. Alvisini.
“Professore!” disse sorpresa Martina quando ci girammo verso di lui. Appena i miei occhi incontrarono i suoi, tremai. Le mie gambe divennero molle e nella mia testa si materializzò la scena della sera prima. Io e lui in quel bagno. Le sue mani su di me. La sua bocca. I suoi baci. Sentì caldo improvvisamente.
“Allora cosa complottate voi due?” disse allarmato.
“Niente!” rispose Martina.
“Cose da ragazze, giusto?” ammiccò. Martina sorrise mentre io rimasi inerme. “Ah, signorina Bordonaro io la stavo cercando. Mi hanno riferito dell’evento spiacente di ieri sera riguardante la sua amica Onorato..” e fece l’occhiolino a Martina. “e vorrei fare due chiacchiere con lei se non le dispiace!” mi disse.
“Ma prof dovrebbe parlare con me, non con Emiliana!” ribatté la mia amica.
“Non voglio farle nessuna ramanzina, ha già fatto abbastanza la vicepreside ieri notte. Vorrei solo capire quello che è successo e magari evitare..”
“oh, va bene. Allora vi lascio.” Disse Martina, salutandoci con la manina. Io ero andata in pallone. Cosa voleva da me quell’uomo? Con i 90 alunni che aveva, doveva venire a parlare proprio con me?! Lasciai perdere i miei pensieri e lo seguì fino alla sua cabina.
“Allora questo è il mio numero. Per qualsiasi emergenza mi chiami. La professoressa Romagnoli soffre di cuore e non vorrei le venisse un colpo proprio in gita scolastica.” Mi porse un bigliettino con il numero, dopo aver parlato al meno mezz’ora di Martina e degli altri alunni ubriachi e fatti. Digitai sul mio telefono quelle nove cifre per memorizzarle e gli feci uno squillo.
“Perfetto!” disse sorridendomi.
“Tutto qua? Posso andare?” mi avvicinai lentamente alla porta.
“No, volevo dirle che è stata molto responsabile e che oltre a chiamarmi la prossima volta, cerchi di non bere e di stare attenta alle sue compagne!” In quel momento sul mio volto c’era stampato un enorme punto interrogativo.
“Professor Alvisini non sono io quella che è svenuta! Io ho parato il culo.. ehm, ho salvato tutti ieri sera! Sa cosa avevano nei bicchieri per caso? Oltre alla birra naturalmente..”
“So quello che avevi tu!” alzò la voce.
“E a me è andata bene e anche a Martina, ringraziando Dio!”
“A te è andate bene perché ti ho portata via da quel bicchiere..” sorrise malizioso avvicinandosi.
“Prof..professore..” balbettai cercando di allontanarmi. Ma non ci riuscì. Mi baciò. Un piccolo bacio a fior di labbra.
“Devo andare. Arrivederci, professor Alvisini.” Mi girai e aprì quasi la porta ma lui la chiuse con una mano. Era molto più alto di me e la sua presenza mi sovrastava.
“Alessandro. “ soffiò tra i miei capelli, avvolgendo il mio piccolo bacino con le sue braccia grandi.
“Cosa?” sussurrai con il cuore a mille.
“Chiamami Alessandro quando siamo da soli, mi fa sentire vecchio ‘professor Alvisini’.” Disse sorridendo.
“Ma lei è il mio professore!” dissi girandomi e trovandomi  faccia a faccia con lui.
“Non la pensavi così ieri sera..” rise. Strofinò il suo naso al mio. Un brivido mi invase tutto il corpo.
“Ma lei è sa cosa andiamo in contro in questo momento, cosa abbiamo rischiato ieri sera?”
“Io so solo che sono attratto da te. Tu mi fai diventare un’altra persona. Ritorno il ragazzo che ero prima di insegnare. Ho ventisette anni e non posso nascondere il mio interesse per una bella ragazza, soprattutto se questa sei tu. Emiliana io ti sogno ogni notte da quando ti ho vista a Settembre, all’inizio della scuola.” Sputò tutto d’un fiato.
“Devo andare, scusa.” Sfuggi dalla sua presa e uscì dalla stanza ansimante. Ero confusa e molto. Il mio professore, l’uomo che tutte vorrebbero, era attratto da me? Gli piacevo? E a me, lui piaceva? O era solo uno stupido desiderio sessuale: farlo con il professore, l’uomo maturo e intelligente, aggiungiamo bello, attraente e sexy?
Guardai per un attimo l’orologio, tra pochi minuti c’era la gran serata di gala e io ero completamente sudata e bagnata e non per il caldo di quel fine Aprile, credetemi. Tornai nella mia cabina velocemente. Mi lavai e vestì cercando di non pensare al professore in smoking ma non ci riuscì, ero di nuovo accaldata.
Mangiammo di tutto quella sera ma il mio piatto preferito non fu certo il dolce che servirono, come tutti affermavano. Il mio furono due grandi braccia che mi strinsero in un dolce lento. Davide.
“Questo è l’unico modo che ho per parlarti!” disse ridendo. Sapeva dell’influenza positiva che aveva su di me, nonostante i nostri battibecchi.
“Che vuoi?” dissi acida, tanto per non mostrargli quanto ero ancora cotta,inconsciamente, di lui.
“Mi hanno detto che tua sorella si sposa..” disse piano.
“Balli con me e pensi a lei?!” risposi offesa.
“Non pensavo a lei ma a come si fa a sposarsi a ventidue anni?!” Non pensava a lei?
“E’ incinta, non te l’hanno detto?” Sì, mia sorella Patrizia è sempre stata il tipo di ragazza ‘aperta’, il contrario di me dicono tutti.
“Di quanto?”
“quasi 4 mesi adesso, è una femminuccia e la chiameranno Lucia..” sussurrai il nome piano.
“Come tua madre..” continuò lui ciò che avevo lasciato in sospeso. Non risposi più, mi strinsi a lui. Faceva male nonostante gli anni. Lui conosceva il dolore, anche lui aveva perso un genitore. Il padre.
“Emi?”
“Che c’è?” singhiozzai.
“Vieni!” mi prese per mano e uscimmo dal ristorante. Ci affacciammo dal ponte. Il mare era calmo e scuro. Un leggero vento soffiava intorno a noi e sul mio collo non c’era solo l’aria ma anche il suo respiro. Pensai un attimo al mio professore. Chissà dov’era. Non si era presentato per la cena.
“A che pensi?” Mi chiese. Gli sorrisi debolmente. “Sei ancora innamorata di me?” continuò dolce.
“Io..” cercai di dirgli che non ero in grado di fornirgli una risposa ma non mi diede il tempo. Appoggiò le sue labbra delicatamente alle mie. Come quell’unica volta. 

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Capitolo 3
*** 3. Ops ***


OOOPPPSS SOORPRESA! :D 
Ringrazio: -Minelli per la recensione :D 
               -
_Sognatrice_ che ha aggiunto la storia tra le preferite :D 
               -
cardie9980 che ha aggiuto la storia alle seguite :D
               -
Tutti quelli che hanno letto la storia in silenzio :** 
Spero che questo capitolo vi piaci e spero come sempre che qualcuno lasci una piccola recensione, come ho già detto sono qua per migliorare e quindi accetto critiche e correzioni. Buona Lettura e al prossimo capitolo :**



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Martina mi guardava sorpresa e continuava a dirmi che dovevo finirla. Le altre mie compagne di cabina dormivano belle e beate e ci restava solo un giorno su quella crociera. Sentivo Martina parlare e parlare ma non le rispondevo più ormai stavo sognando.
“Oddio scusa!” urlò Davide trovandomi in bagno mezza nuda. Cercai di coprirmi di più ma quello era solo un asciugamano.
“Pensavo ci fosse Patty..” si giustificò, restando di fronte a me scrutandomi. Avevo tredici anni e già ero in possesso di piccole curve. I suoi occhi percorrevano ogni mio centimetro di pelle scoperta. Il collo, le braccia, le cosce, le gambe. Sospirò.
“Ci sono solo io in casa, Davide. Come sei entrato?”
“La porta sul giardino era aperta..”
“oh..” Lo vidi guardare improvvisamente il pavimento e girarsi di scatto verso la porta del bagno.
“ Va be io vado..” disse uscendo dalla mia vista.
Mi svegliai sudata e ansimante. Accesi la piccola abat jour alla destra del letto e guardai l’ora. Le 05.30. Mi decisi a fare una doccia, indossai dei pantaloncini e una t-shirt e uscì dalla cabina ascoltando della musica dal mio mp3. Non era nemmeno l’ora della colazione quindi sperai non ci fosse nessuno in giro. Mi sdraiai sulla sdraio e iniziai a canticchiare quando due mani grandi si appoggiarono sui miei occhi. Urlai per la paura prima che una mano si spostasse sopra la mia bocca.
“Shhh, sono io!” sussurrò il professor Alvisini. Gli morsi la mano. “Hey, ragazzina!” mi richiamò.
“Professor Alvisini mi ha fatto prendere uno spavento, ma è impazzito?!”
“Devo proprio risponderle signorina Bordonaro?” disse malizioso. “Vieni in cabina con me? Ti prego..” mi implorò.
“Professore non c’è Lucarelli con lei?”
“No, se la fa con l’insegnante di arte.”
“Ma non è sposato?” chiesi sconvolta.
“Anche lei. Mi devi chiamare Alessandro!” mi soffiò sulle labbra. Cercò di baciarmi ma mi spostai. Lui rimase deluso.
“Non posso venire con te in cabina.” Dissi allontanandomi da lui.
“Emiliana..” disse in tono sconfitto. Non potevo. Avevo baciato Davide la sera prima e dovevo stare con lui, non con il mio professore. “Mi dispiace Alessandro.” Dissi senza fiato e tornandomene nella mia cabina con il cuore infranto. Però perché adesso stavo male se avevo fatto la scelta giusta? Il mio cellulare vibrò. Lessi il mittente: Davide Rondoni. Mi meravigliai, aveva ancora il mio numero.
-Giorno, scusami per l’orario ma ti pensavo. Ti penso da giorni ormai, voglio parlarti. Dopo pranzo ci vediamo? Un bacio. Davide.-
Risposi con un veloce e freddo – Va bene. Emi. – e mi sedetti sul letto mentre le mie compagne si preparavano per l’ultima giornata. Sentì gli occhi bruciare e respinsi alcune lacrime che volevano uscire. In pochi giorni la mia tranquilla esistenza era stata compromessa. Che stavo combinando? Baciavo il mio professore e anche Davide a distanza di poche ore. Dov’era andata a finire la mia coscienza? Mi sentivo sporca.
“Tutto bene?” mi chiese una mia compagna.
“Si apposto.” Mentì facendole un piccolo sorriso.
Mi ingozzai a più non posso con pollo, patatine e dolci vari a pranzo, ritornai in cabina sicuramente con tre chili in più. Mi appoggiai sul letto decidendo di dare buca a Davide. Volevo scappare ma poi mi alzai e iniziai a prepararmi, era una vita che aspettavo quel momento e nessuno, nemmeno io, avrebbe dovuto ostacolarmi. Quello era il mio momento. Usci dalla cabina con una convinzione: qualunque cosa mi avesse detto io ne uscivo vincitrice, lottavo per Davide da quando avevo otto anni e anche se fossimo rimasti amici era già una vittoria. Io avevo combattuto a testa alta.
Arrivai vicino alla piscina, il luogo in cui dovevamo vederci, e lui era lì. Jeans stretti e t-shirt blu. Si girò dalla mia parte come se sapesse della mia presenza.
“Emi, sei bellissima!” sorrise guardando il vestitino bianco e i miei capelli raccolti in una semplice coda.
“Anche tu..” mi scappò. Mi prese per la mano e mi tirò a lui. Mi accarezzò una guancia piano con quella sua mano tiepida – non calda come quella di Alvisini. Il suo volto era a pochi centimetri dal mio quando..
“Ecco dov’eri!” urlò qualcuno. “E’ mezz’ora che ti cerco!” Alvisini si avvicinò a noi. Staccai subito la mano da Davide quando si fermò a fissarci.
“Vi conoscete?” chiese sorpreso.
“Cosa?” sussurai.
“Alessandro è mio fratello.” Affermò Davide confuso.
“Fratellastro.” Lo corresse Alvisini in tono cupo. “E sono anche il professore della signorina Bordonaro. Voi invece..?”
“Lei è la ragazza di cui ti parlavo.” Disse sorridendo Davide.
“La ragazzina.. quella ragazzina?” chiese in tono aspro.
“La mia fidanzata se accetta..” disse speranzoso guardandomi. Alvisini abbassò lo sguardo, dispiaciuto. Io non sapevo che dire, ero troppo schioccata. Erano fratelli?!
“Scusate..” sussurrai scappando via da loro.
“Emi aspetta..” urlò Davide cercando di venirmi dietro mentre il professore rimaneva immobile con un’espressione triste e delusa. Il mio cuore era ridotto in brandelli, sta volta sul serio. L’avevo deluso. 

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Capitolo 4
*** Quattro! ***


Seeera :) 
Dopo 13 giorni che scrivo e riscrivo questo capitolo finalmente posso publicarlo! Avverto sarà pieno di errori che vorrei segnalaste e spero che qualcuno con un buon cuore recesisca e mi faccia sapere ciò che pensa :D 
Ringrazio di cuore: -
lalla1313 che ha messo la storia nelle preferite :*
                           -
simo14 che ha aggiuto la storia nelle seguite :*
                           -
tutti quelli che leggono in silenzio :*
BUONA LETTURA E ALLA PROSSIMAAA :D 



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Corsi in cabina, ero troppo confusa. Davide finalmente si dichiarava e io al posto di abbracciarlo e urlargli - Sí, io ho sempre voluto stare con te- corro come una pazza lontana da lui e dall'uomo che ha invaso e incasinato la mia esistenza. È l'ultima sera su questa nave da crociera e non vedo l'ora di scendere. Voglio solo scappare da questa situazione. Davide o Alessandro? E al pensare soltanto a quest'ultima persona il mio cuore inizia a battere e sento vibrare ogni singola parte del mio corpo. Poi mi accorgo che è colpa del cellulare, se vibro. Un messaggio. Mittente: Prof. Alvisini Alessandro.
-Aprimi la porta, devo parlarti. Alessandro.-
Ero sorpresa ma nello stesso tempo ero stata invasa da un’allegria strana. Aprii la porta  e lui era lì. Un jeans stretto e una canotta bianca, non sembrava nemmeno un professore.
“posso entrare?” mi chiese senza guardarmi negli occhi. Sembrava schifato. Lo feci entrare e chiusi la porta. Si sedette sul letto di fronte a me.
“Cosa devi dirmi?”
“Vorrei solo capire una cosa. Non vuoi stare con me perché ti frequenti con mio fratello?” disse come un’accusa.
“Io non frequento nessuno.”
“Non sembrava oggi..” E aveva pienamente ragione, io stavo con due piedi in uno stivale.
“Io sono innamorata di Davide.” Sputai.
“Non prendermi in giro. Non mentirmi. Tu mi vuoi come io voglio te.”
“Io non ti voglio, lo capisci? Stavo scegliendo lui su quel pontile prima. Tu sei il mio professore!”
“E giustifichi il tutto con ‘tu sei il mio professore’? Dovresti dire ‘amo lui’ e bla bla bla.. ma hai fatto la tua scelta quindi..” si girò e si avvicinò alla porta.
“Aspetta..” dissi afferrandogli un braccio facendolo girare verso di me. Mi guardò per un instante e mi baciò. Mi ritrovai subito dopo sdraiata sul letto con il mio professore di sopra. Le sue mani vagavano sulle mie cosce e le mie sulla sua schiena.
“Dillo.” Mi sussurrò sulle labbra.
“Non possiamo, Alessandro.” Dissi levandogli la canotta. Lui mi sfilò i pantaloncini.
“Solo per questa volta, poi ti lascerò in pace.” Capovolsi la posizione, adesso ero io sopra di lui. Gli sbottonai i jeans e li abbassai poco intravedendo i suoi boxer. Mi posizionai li sopra e iniziai a sfregare il mio sesso contro il suo, facendo gemere Alvisini. Mi levai la maglia durante quei movimenti e lui iniziò a palparmi il seno sopra il reggiseno.
“Solo per questa volta.” Dissi abbassandomi su di lui e baciandolo. Mi ritrovai poco dopo in balia delle sue carezze e dei suoi baci. Eravamo diventati un’unica persona ed era stata la cosa più bella della mia vita. Lui era la cosa più bella della mia vita. Lo guardai e gli sorrisi.
“Ti ho fatto male?” mi chiese impaurito per la risposta. Io rimasi interdetta. Aveva capito la mia paura, la mia incertezza. Gli feci ‘no’ con la testa e gli strinsi una mano.
“Adesso credo devi andare.” Dissi dura. Non so perché cambiai comportamento da un momento all’altro ma lo feci e lo ferii.
“Cosa?” sussurrò infastidito.
“Vattene..” dissi singhiozzando.
“Emiliana che ti prende?”
“Per favore.. vestiti e fa finta che questo non è mai successo. Era solo per una volta no?! Vai via.” Piansi. Piansi disperatamente senza un motivo apparente. Lui cercò di abbracciarmi ma lo respinsi, così si vestì e uscì triste. Io e lui non potevamo stare insieme. Avevo fatto la cosa più bella con un uomo impossibile, un uomo di cui non dovevo innamorarmi. Rimasi nuda a fissare quella porta per un’eternità. Avevo ceduto ad un uomo che nei miei pensieri di quel momento non potevo mai avere, era il mio professore e ci avevo fatto l’amore. 

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Capitolo 5
*** Cinque ***


Ciao,sono qui sta sera non solo per pubblicare questo quinto capitolo ma per rigranziarvi di vero cuore, ringraziare tutti quelli che hanno letto e apprezzato questa storia semplice e scontata. Grazie e spero che apprezzerete ancora questo capitolo e quelli successivi. Buona lettura e vi invito come sempre a lasciare una recensione e ad avvertirmi se trovate qualche errore :D Un caloroso abbraccio a tutti voi
 



Erano passati alcuni giorni da quella maledettissima crociera. Alvisini si era preso alcuni giorni di ferie – ‘Malattia, ragazzi’ disse il bidello il giorno dopo a scuola – mentre Davide l’avevo scaricato con un ‘Non lo so Davide, mia sorella sta per sposarsi e tu e lei in fondo vi siete amati. Non voglio farle tornare in mente certi ricordi, ha sofferto.’ So che in fondo lui si avvicinava a me soltanto per stare con lei. Lei era il suo grande amore. Io ero rimasta senza niente.
“Hey Em!” mi urlò Valentina “Che fai non entri oggi?”
“Si Vale ora arrivo..” le dissi svogliatamente. Vidi in lontananza Martina baciare un tizio, la salutai con la mano quando il suo sguardo incontrò il mio. La vidi ricambiare e afferrare la mano del ragazzo e allontanarsi dalla scuola, poi mi arrivò un messaggio. Mittente: Marti.
‘Tesoro poi ti racconto :*’  Per un instante fui felice per lei ma poi nel mio cuore tornò il gelo. Mi sentivo ancora più sola. Mi sedetti sugli scalini fuori scuola e mi accesi una sigaretta.
“Non sapevo fumassi.” Disse un ragazzo fermandosi di fronte a me. Alzai gli occhi e incontrai i suoi.
“Ciao..” sorrisi lievemente.
“Quella faccina triste?” Disse appoggiandosi la sigaretta alle labbra.
“Lunga storia..”
“lo sai che sono sempre disponibile per te..” disse malizioso.
“Lo so, Riccardo. Grazie ma ho già tanti casini in testa!”
“Sei stata con uno vero?” mi chiese sedendosi accanto a me.
“che- che ne sai tu?”
“Si vede, tesoro.” Eravamo occhi che fissavano occhi. Castano nel verde. Trovai interessante solo per un attimo sapere che gusto avevano quelle sue labbra carnose e forse l’avrei saputo se la mia coscienza non mi avesse fatto alzare.
“Devo andare in classe!” dissi senza pensare.
“Ti accompagno.” Mi sorrise gettando la cicca, io lo imitai.
“Secondo me è meglio che vada in classe, Balladore.” Una voce incazzata, infastidita, da uomo. La sua voce.
“Professore ma lei non era in malattia?” la voce stupida di Riccardo ruppe il silenzio.
“E tu non avevi un interrogazione di filosofia da recuperare? Vada in classe io la raggiungo!” ordinò Alvisini al suo alunno. Riccardo entrò e io lo seguì.
“Aspetta tu!” mi urlò.
“Che vuoi?”
“Davide è partito lo sai vero?”
“Sì, me l’ha detto.”
“Perché non l’hai fermato?”
“Perché avrei dovuto?”
“non mi hai cacciato per stare con lui?”
“Devo andare..” dissi entrando a scuola.
“La vuoi finire di scappare?!” disse afferrandomi per la mano.
“Vuoi farti licenziare?”
“Se serve per stare con te, sì voglio farmi licenziare!” Scoppiai a ridere, era così ridicolo.
“Finiscila, non siamo in un film. Io e te non possiamo stare insieme!”
“Ma chi lo dice?!”
“Lo dico io! Alvisini lei è licenziato e signorina venga in presidenza e le conviene chiamare i genitori e spiegare la situazione.” Ordinò la preside. 

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Capitolo 6
*** SEI ***


UCCIDETEMI! Questo non è un capitolo è un microcapitolo ahah Scusate l'immenso ritardo ma la volontà era nulla e la fantasia era da tutt'altra parte. Spero vi piaccia questo scempio e scusate gli orrori. SEGNALATELI e LASCIATE UN COMMENTINO piccolo piccolo. Buona lettura :* 



"Dal giorno della crociera ho sentito voci su lei e il professor Alvisini. Non volevo credergli perché si sa che i ragazzi sono molto cattivi alla vostra età ma ero a conoscenza che un giovane professore potesse perdere la testa per una studentessa. Due anni il professore ha sostato in questa scuola e pensavo che non ci fosse nessun pericolo, Alessandro è un ragazzo molto educato e a modo ma oggi a quella vostra discussione ci sono rimasta. Lei signorina Bordonaro è una studentessa modello e certamente una bella ragazza di diciotto anni, maggiorenne e cosciente ma io non posso augurarvi tutta la felicità di questo mondo. Lei è ancora una studentessa di questa scuola e Alessandro un professore. Ovviamente non licenzierò lui e non espellerò te, non voglio rovinarvi la carriera ma certo non starò ferma a guardarvi mentre vi bacerete in ricreazione.” Si fermò sorrise un secondo guardando verso la porta. “Puoi entrare.” Disse in tono più alto. La porta si aprì ed entrò Alessandro con in volto un espressione cupa e lo sguardo basso.
“Hai sentito?” chiese la preside dandogli tranquillamente del ‘tu’
“cosa facciamo?” ci guardò entrambi.
“Signora preside lei ha un po’ frainteso. Io e il professor Alvisini, sì, abbiamo avuto un piccolo flirt non si può negare ma non c’è niente tra di noi. Io sono.. fidanzata con un ragazzo in questa scuola e già queste voci ci hanno messi in crisi..” mentì con lo sguardo di Alessandro puntato sulla pelle.
“Lei non dice niente?” la preside guardò Alvisini.
“No, do ragione alla signorina Bordonaro. Lei è fidanzata e in crociera siamo stati solo più vicini e come lei ha già detto è normale che possa nascere una simpatia.. “
“Mi assicurate dunque che non c’è niente e che non vi vedrò più insieme?” chiese.
“Sì” affermammo entrambi.
“Adesso andate via!” ci buttò fuori la preside.
Scappai fuori dall’ufficio della preside con l’intenzione di infilarmi in bagno e di non uscirci più. Lui chiusa la porta camminò lento e poi mi guardò.
“Nel giro di pochi giorni hai trovato il fidanzato? E’ Riccardo della 5B? Quel  raccomandato che si fa le canne in ricreazione? Stai con quel tizio?”
“Anche se fosse?”
“Mi hai mollato per quel ragazzino?” disse affranto.
“Non siamo mai stati insieme io e te.”
“Invece sì, su quel letto.. Hai dimenticato?” mi chiese afferrando il mio viso con una mano e avvicinandolo al suo. Violento.
“Mi fai male.”
“E quello che stai facendo a me?” 

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Capitolo 7
*** Sette ***


Maa buonasera mondo di EFP :D 
Ecco il settimo capitolo molto ma molto brutto. L'ho scritto come sempre di impulso e non l'ho riletto quindi segnalate gli errori ;) Grazie ai 13 che seguono la mia storia e ad Inna che ha lasciato una recensione :* Vi lascio alla lettura e spero che non mi uccidete ahahaha Un bacione grande :D 





 Secondo voi una ragazzina di diciotto anni con due occhi feriti addosso e un cuore palpitante nel petto come dovrebbe reagire?
Lo guardai e dissi “scusa il mio fidanzato mi attende!” che stupida sciocca. Lui lasciò la prese. Il suo viso era affranto e sconvolto. Mi odiò in quel momento. Perché gli stavo facendo tutto quel male? Camminai piano verso il bagno delle ragazze, mi rinchiusi dentro e iniziai a singhiozzare. Quando si dice ‘un bagno di lacrime’. Non è possibile spiegare il dolore che provai in quel momento. Mille domande mi vorticavano in testa e il mio cuore sembrava essersi fermato. Tramavo e piangevo. Piangevo e singhiozzavo. Mi coprì la faccia con le mani e mi accasciai a terra. Passò molto tempo e i miei occhi finite le lacrime si incantarono a guardare il vuoto. Di punto in bianco sentì bussare alla porta del bagno.
“occupato!” sussurrai. La porta si aprì e una Martina sconvolta entrò in quel buco di bagno.
“Emi… “ si buttò ad abbracciarmi. Naturalmente non sapeva cosa mi fosse successo e iniziò a farmi domande a cui non risposi. Mi portò in classe in cui tutti erano preoccupati. Erano passate tre ore dall’inizio delle lezioni e la preside aveva avvisato i prof della mia presenza. La porta della 5C, la mia classe, si chiuse dietro le mie spalle.
“Ecco finalmente l’abbiamo trovata. Sedetevi e continuo a spiegare.” Disse il professoressa di fisica senza guardarci minimamente.
“Professore scusi il disturbo ma posso fare il permesso di uscita? Non mi sento bene.”
“Fai quello che vuoi basta che non interrompi più la mia lezione!” disse spazientito. Salutai i miei compagni e uscì dalla classe.
“Ei Emi..” urlò qualcuno alle mie spalle. Mi girai. Riccardo stava dietro di me. Una lacrima mi rigò il viso. Lui mi venne incontro e mi abbracciò.
“cos’è successo?!” mi chiese preoccupato.
“lasciami voglio andare a casa..” mi strinse di più a lui.
“Ti accompagno.” Facemmo il permesso e uscimmo da quell’inferno. Camminammo per un bel pezzo e per parecchio tempo senza fiatare. Poi mi fermai e lo bloccai per un braccio.
“Devi aiutarmi.” Dissi facendo un passo verso di lui.
“Sono qui per te”
In quel momento capì perché stavo facendo soffrire Alessandro. Perché mi stavo uccidendo pian piano. L’amavo senza conoscerlo e non volevo rovinargli la sua carriera e la sua vita. Ero una ragazzina incasinata. Senza madre, senza un padre presente. Cresciuta da sola a fare da supporto ai miei fratelli maggiori. Ero soltanto una stupida ragazzina che dopo avergli rovinato la vita magari l’avrei anche lasciato. A diciotto anni non si sa quel che si vuole in fondo. Lo facevo per lui, quindi.
Riccardo mi afferrò per i fianchi e mi avvicinò più a lui. Appoggiò la sua fronte alla mia. Percepì l’odore di fumo. “Sono qui per te.” Ripetè appoggiando subito dopo le labbra alle mie.
“Non sapete quello che è successo.” Urlò Martina due settimane dopo. Ero in corridoio con altre compagne e Martina correva verso di noi.
“cos’è successo?” chiese una ragazza che era con me.
“Alvisini ha dato un pugno in faccia al tuo Riccardo!” disse Martina con il fiatone guardandomi.
“Cosa? Quando?” Non chiesi il perché come le altre, il perché era a me conosciuto. Iniziai a correre verso il cortile. Arrivata trovai solo Riccardo sanguinante con dei ragazzi intorno a lui.
“Che hai fatto?!” gli urlai.
“Cosa ha fatto quel pazzo vorrai dire..!” disse venendomi in contro.
“Dov’è?!”
“Dalla preside..” disse un ragazzo che stava assistendo alla scena. Iniziai un’altra corsa verso la presidenza.
“Arrivederci!” disse Alessandro uscendo dall’ufficio della preside. Incontrò il mio sguardo subito dopo.
“Cosa vuoi? Non vai a curare il tuo fidanzato?” sputò.
“cosa stai facendo?”
“Me ne vado, semplice” disse afferrando la sua borsa ricolma di libri.
“Hai lezione nella mia classe adesso..” sussurrai.
“Mi sono licenziato Emiliana.”
“Perché l’hai colpito?” chiesi singhiozzando leggermente.
“Non sai cosa va dicendo in giro di te?” disse ridendo cattivo. “Dice che mentre gli facevi un pompino l’altra sera te la facevi inculare da un altro. Sesso a tre. Brava! Sei una vera cagna.” Disse mimando la voce di Riccardo. Scoppiai a piangere.
“ma non è vero niente.. io.. sono stata solo con te!” balbettai.
“Ho difeso il tuo onore infatti..prego!” disse facendo un piccolo inchino. Iniziò a camminare verso l’uscita lasciandomi ferma e sola davanti la porta della preside.
“Dove stai andando?!” urlai piangendo.
“A casa.” Disse continuando a camminare.
“portami con te.” Si fermò e si girò verso di me e sorrise. “Vai dal tuo fidanzato.” 

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Capitolo 8
*** Fine. ***


Dopo questa lunga attesa ecco il capitolo. Mi ritiro in solitudine dopo questo finale sdolcinato ahah Un bacio grande a tutti quelli che hanno letto, recensito e messo questa storia nelle seguite/preferite :D Buona Lettura!


Mi svegliai in un bagno di sudore. Avevo il fiatone come se avessi fatto una corsa in bicicletta. Mi alzai dal letto, guardai l’orologio che segnava le quattro e mezza di mattina. Era stato solo un sogno? Niente Riccardo? Niente licenziamento di Alvisini? Sorrisi. Era soltanto uno stupido incubo. Mi vestì di fretta, afferrai le chiavi del motorino e scesi giù nel parcheggio. Presi il cellulare e mandai un messaggio a Martina: ‘tesoro domani non vengo, forse non torno più in quella scuola. Poi ti racconto.’
Misi in moto e iniziai a guidare per quelle strade vuote. I lampioni illuminavano i piccoli vicoli del mio paese e qualche gattino miagolava ad un altro. Ero determinata. Ero convinta. Ero felice. Fermai il motorino davanti ad un portone di legno massiccio. Scesi e mi avvicinai lentamente ad esso. Erano le cinque passate e sperai che l’inquilino dell’appartemento fosse sveglio. Suonai più volte fin quando un ragazzone dagli occhi chiari mi aprì la porta.
“Alessandro!” urlai buttandomi tra le sue braccia. Mi tenne stretta a lui, accarezzandomi i capelli. Mi fece entrare in casa sua e accomodare sul suo divano chiedendomi spiegazioni.
“Ascoltami, scusa.. devi perdonarmi! Io devo stare con te e tu con me. Cambio scuola, me ne andrò in un altro istituto per non creare problemi ma devi promettermi che starai insieme a me, per sempre. Io ti prometto che sarò solo tua.” Mi fermai e lo guardai. Stava ridendo. “Finiscila di ridere!” gli urlai infastidita.
“Sei proprio una stupida ragazzina.. “ disse ridendo scherzosamente avvicinandosi a me. “Che ti è successo in una notte?” continuò sedendosi accanto a me e stringendomi ancora una volta tra le sue braccia.
“Ho paura di perderti! Io e tu siamo costretti ad essere un’unica cosa.. non posso stare senza di te, morirei.” Dissi con le lacrime agli occhi ripensando a quell’orribile incubo.
“Io e tu siamo incatenati, non vedi” disse allundendo al nostro abbraccio. Lo baciai con tutta me stessa, con tutto il mio amore. 

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