Calm like you.

di La Chiave di Do
(/viewuser.php?uid=145783)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** AVVISO AI LETTORI ***



Capitolo 1
*** I ***


     Summertime made promises
     it knew it couldn't keep.


 

*



Svegliarmi la mattina e realizzare di non essere nel mio letto ma fra lenzuola profumate della fresca estate di Nantes ha smesso da un paio di giorni a questa parte di risultarmi traumatico, anzi, oserei dire che potrei ormai considerarlo quasi piacevole se la luce bianchissima delle dieci di mattina smettesse di accecarmi con una puntualità piu' svizzera che francese. Certo sarebbe piu' fastidioso il trillo impostato come sveglia sul cellulare, divenuto fortunatamente inutile grazie all'inquietante affidabilità dei raggi solari; infatti l'odio che provo per il mondo ogni qualvolta qualcuno o qualcosa, sia essa il telefono o madre natura stessa, infrange il mio preziosissimo sonno sembra aver trovato un contenimento durante il nostro soggiorno nello studio.
Nostro, mio e di Alex.
Alex, che a giudicare dalle lenzuola semiriverse sul pavimento in un cumulo di cotone bianco dev'essersi già alzato; la sua presenza, di solito silenziosamente palpabile, sembra un ricordo, in quella stanza vuota.
Compio uno sforzo incommensurabile per alzarmi dal letto e trascinarmi flemmaticamente fino al cucinino del nostro alloggio, dove due tazze di caffè -di cui una già svuotata- ormai meno che tiepido mi si offrono come una benedizione divina: Alex, sempre attento, premuroso come un fratello maggiore. Agguanto la bevanda senza berne, spalancando la finestra che da sul giardino alla ricerca di un volto da ringraziare; l'aria tiepida mi invade i polmoni e purifica il locale allo stesso tempo. Il clima della Loira è temperato, assolutamente piacevole: abbastanza caldo da poter girare in maniche di camicia, ma non al punto da fartici sudare. Mi viene da chiedermi se lo strimpellare di chitarra che mi giunge alle orecchie deformato e ammorbidito dal vento caldo sia caratteristica dell'aria francese, poi il mio sguardo si lascia guidare dall'udito verso una figurina seduta a gambe incrociate all'ombra frastagliata dell'abete con la mia acustica in grembo, la testa ricciuta china sul manico nel timido arpeggio di qualcosa che mi pare aver composto io. Inforco gli occhiali da vista per mettere a fuoco il profilo morbido della fronte e del naso di Alex seminascosti dalla frangetta scura e mi godo il rincorrersi delle sue dita sui tasti mentre mi infilo qualcosa che assomiglia ai miei jeans ma abbastanza stretti da poter essere i suoi, poi la stessa camicia bianca del giorno prima, identica a quella che porta lui.
Il caffè ad un primo assaggio risulta essere gelido, ma sono talmente assonnato che mi accontenterei di una fiala endovenosa di caffeina per riuscire a farmi luce nel cervello come appena fatto nella stanza.
Quando coraggiosamente decido di fronteggiare il mondo, ridotto in quelle due settimane al giardino degli studi e alla campagna che lo circonda, uscendo dall'alloggio la chitarra smette di stridere e mi sento improvvisamente addosso due immensi occhi color cioccolato, sebbene non sia ancora riuscito a spalancare i miei nella luce solare; quando mi abituo alla luminosità Alex è li', immobile con le mani sovrapposte sul corpo dello strumento, e mi guarda con il capo un po' storto come certe bestiole perplesse.
Era ancora caldo?” si limita a chiedermi con la sua voce ruvida da ragazzino in pieno picco ormonale; mi viene da chiedermi se riuscirà mai a cambiarla del tutto o se resterà per sempre in quel registro intermedio fra un baritonale bollente e un innocente grattato adolescenziale.
Mento annuendo e allungo due passi sull'erba, notando che i suoi piedi sono nudi come i miei.
Quando gli faccio notare che stando li' seduto gli si sporcheranno i pantaloni lui alza candidamente le spalle e riprende a strimpellare nervosamente;
al diavolo, penso mentre mi siedo di fronte a lui, cercando mentalmente di contare le diverse tonalità di castano che gli si dipingono fra le ciocche quando i raggi filtrando fra i rami gli colpiscono la fronte. Un lampo di luce gli fende l'iride, facendola brillare d'oro per un momento.
Sei sveglio da molto?” gli chiedo senza un vero interesse seguendo inconsciamente il dondolio delle sue braccia di cui la stoffa bianca ferita dal sole lascia intuire la magrezza.
Alex abbozza un mezzo sorriso che vista l'ambientazione riesce per qualche assurdo motivo a ricordarmi la Gioconda, o il finale di certi
mistery novels che ti costringono a rimuginare per ore senza trovarci una spiegazione valida, ma con un fascino piu' intimo, come se ci avessi fatto l'abitudine, e scuote un poco la testa senza dire niente; da un'ultima pennata secca alle corde e mentre mi accorgo che non sta usando il plettro mi tende la chitarra con l'espressione mortificata di un bambino che l'ha combinata grossa.
Non avevo voglia di tirare fuori la mia...” ammette in un sussurro incrociando quegli occhi bruni cui non saprei mai negare perdono coi miei.
Figurati”.
Le nostre dita si sfiorano per un momento nel passaggio di mano e lui mi fissa un istante con l'aria speranzosa di chi si aspetta qualcosa da te ma io mi limito ad appoggiarmela accanto sull'erba, sentendomi sordamente in colpa di averlo deluso.
Alex allunga le braccia dietro di sè spenzolando ad occhi chiusi la chioma bruna all'indietro prima di lasciarsi ricadere sul prato in un respiro profondo. Il suo corpo quasi non fa rumore quando tocca terra, sembra praticamente privo di peso. So già che il retro della camicia gli diventerà completamente verde, ma non me la sento di consigliargli di alzarsi quando un sorriso gli increspa il viso pallido mentre la luce filtrata dalla trama dell'abete vi dipinge strane geometrie; è cosi' calmo e immobile da sembrare addormentato, ma il suo respiro è troppo leggero e gli gonfia soltanto il petto.

Miles?” ogni volta che mi chiama cosi', in un mezzo sospiro, nel suo accento che nasconde la metà delle vocali, mi convinco intimamente che le successive parole destinate ad uscire dalla sua bocca saranno necessariamente concetti altamente filosofici, o versi poetici, ma questa volta lo sento solo alitare:
A che ora vogliamo iniziare, oggi?”.
Niente, per una volta Alex mi concede l'onore di apparire umano quanto me.
Nel pomeriggio” abbozzo senza convinzione; fosse per me potremmo passare la giornata in giardino a non fare assolutamente nulla all'ombra dell'abete, suonicchiare qualcosa e ributtarci sul letto a notte inoltrata dopo un paio di sigarette. L'ultimo punto, comunque, non mi pare una cattiva idea in ogni caso.
Accenna un sospiro che indica assenso e mi lascio ricadere al suo fianco, cosi', per vedere -o respirare, visto che tiene gli occhi chiusi- il mondo dalla sua prospettiva, fregandomene altamente del fatto che anche la mia camicia si sporcherà.

 

***


Non si riesce a sfuggire alla luce neppure nello studio, sembra in qualche modo attratta da viso di Alex, chiaro e luminoso come una stella. Il bianco della sua camicia -rimasto tale nonostante la nostra affettuosa scazzottata sul prato di qualche ora prima- gli si riflette addosso rendendo la sua pelle liscia un uniforme superficie candida, come il volto di un angelo. Quei suoi tratti dolci in effetti, accoppiati a quel suo taglio di capelli sempre piu' indefinito nel corso degli anni, lo hanno sempre reso un po' androgino e gli angeli, a quanto si dice, dovrebbero essere asessuati e incorrotti.
La verità è che ritrovarmelo fra le braccia, ridente e supplichevole sull'erba nel tentativo di sfuggire al secondo round mi ha vagamente turbato. E' stato lui a cominciare, ad essere sinceri, puntandomi un indice sottile contro la spalla, io mi sono limitato a restituirgli la ditata; poi abbiamo continuato fino a riempirci di pugni sul petto che probabilmente evolveranno in lividi nell'arco della giornata -e vista la sua ridotta forza fisica temo che domattina quello messo peggio sarà lui- gettandoci vicendevolmente sul tappeto verde, ma a parte lo strapazzamento fisico tutto quel giocare come due bambini idioti ha celato qualcosa di sfogante e, nella speranza che non mi si legga negli occhi lo ammetto, misteriosamente sensuale.
Di fatto la voglia di ridere come cretini ancora non ci ha abbandonato del tutto e in studio concludere qualcosa è diventata un'impresa.
L'ombra dei due calici di cristallo si proietta viola di vino sul muro di fronte, immensa e brillante, come un prisma limitato ai toni del rosso. Ci è venuta l'idea di stappare una bottiglia di costoso vino francese, giusto per concederci un po' di snobismo inglese prima di registrare. Il che, probabilmente, non contribuisce alla nostra poca voglia di fare odierna.
Alex mi regala per l'ennesima volta quella sua risata dolce e stupida e sostiene con un'unica mano l'acustica -la sua, questa volta- mentre con la sinistra pesca dal tavolo il suo bicchiere avvicinandolo alle labbra; incrocia gli occhi bevendo, poi mentre il pomo d'adamo gli danza in un sorso di quel nettare nero il suo sguardo nocciola incrocia il mio al di sopra del bicchiere: mi turba, quando fa cosi', i suoi occhi da soli hanno un che di inquietante, a metà fra il folle e l'innocente. Si lascia scivolare il calice dalle labbra lasciandovi l'arco della loro impronta rosea prima di posarlo di nuovo al suo posto. E' il terzo che si scola praticamente a stomaco vuoto e la sua proverbiale incapacità di reggere l'alcol ha già fatto si che gli occhi gli si velassero un poco; come possano due iridi brune celare una sorta di sfumatura azzurrina, cosa che gli accade in questi casi, per me è sempre stato un mistero, e francamente non mi va di prendere una laurea in oculistica per scoprirlo.
Una goccia di vino gli scivola lenta e rossa lungo la linea del labbro inferiore dipingendoglielo di un rosa piu' scuro del solito carminio pallido e catturando la mia attenzione: pericolosamente sospesa al di sopra della camicia candida scatena in me l'istinto di allungare l'indice a raccoglierla prima che precipiti a macchiarla.
Mi guarda perplesso, succhiandosi il labbro, poi capisce e si apre in un sorriso.

Vino” indovina divertito strizzando gli occhi in un sorriso che da qualche parte nell'universo sta probabilmente costringendo una stella ad implodere.
Vino” ripeto in risposta.
Reprimo il desiderio profondo di tuffarmi in bocca il dito bagnato della goccia rubata e prendo deliberatamente il calice di Alex, ricalcando l'impronta delle sue labbra sul cristallo macchiato di rosso; bevo, sentendomi un idiota mentre scopro che la sua esagerata dolcezza non è contagiosa. La bevanda mi scende in gola in un tepore voluttuoso.

E' il mio bicchiere” m'informa semplicemente.
Scusa” e lo poso accanto al mio.

 

***
 

Forse è invidia la mia, ma la sola idea di associare ad Alex un peccato capitale mi deprime e disgusta al punto da farmi risalire nel naso il gusto della cena. Mai in vita mia mi sono sognato di rivendicare qualsivoglia abilità culinaria, nè per me nè per qualunque altro Inglese, ma inizio a chiedermi se in Francia aglio, cipolla e distraenti erbette di ignota provenienza vengano propinate anche nei dolci. Persino l'insalata non era che un colossale groviglio di odori che il mio palato non è stato in grado di sciogliere: a casa mia un'insalata non è altro che qualche foglia di lattuga con sale, limone e olio. Alex ha scostato con abilità crescente e profondo disgusto ogni singolo cubetto di prosciutto cotto che il piatto tentava di propinargli, oltre a cercare di distogliere lo sguardo con ostinazione ogni volta che i miei denti ferivano il pane spalmato di foie gras. In effetti, a parte sgranocchiare bastoncelli di verdura cruda e riempirsi di insalata e frutta fresca, non è che lo veda mangiare chissà quanto; ringrazio finalmente chi ci abbia fatto trovare sul tavolo un enorme piatto di formaggi francesi che gli hanno fornito un apporto proteico e calorico sufficiente a non vederlo crollare da un momento all'altro per malnutrizione: credo che sarebbe in grado di spazzolarsi da solo una forma intera di Camembert. La mia ipotesi è che la sopravvivenza di Alex durante il nostro soggiorno qui sia strettamente legata alle due scatole di cioccolatini che ci hanno fatto trovare al nostro arrivo, di cui è divenuto tremendamente geloso e pericoloso custode: in questo momento, lasciati disordinatamente i resti del nostro assai poco soddisfacente pasto sul tavolo della cucina, è chinato sul tavolino del salotto nella scelta della sua preda. Finalmente si tuffa in bocca una conchiglia fondente e non riesco a fare a meno di pensare a come la calda sensazione del burro di cacao che si scioglie lentamente sulla lingua sia in qualche modo paragonabile a certi suoi sguardi languidi. Si gusta ad occhi chiusi quel suo piccolo angolo di piacere, poi spalanca la finestra e si mette a fumare, nel chiaro tentativo di uccidermi: Alex Turner, quando fuma, è quanto di piu' genuinamente attraente esista sulla faccia della terra.
Davvero non mi va, di invidiarlo, è un sentimento cosi' sgarbato, eppure quando se ne sta li', coi fianchi appoggiati al davanzale e i capelli che accarezzati dalla neonata notte prendono una sfumatura violacea non posso fare a meno di chiedermi come diavolo faccia ad essere sempre cosi' posato e taciturno, come se nulla al mondo turbasse la sua calma. Senza il minimo sforzo, bensi' grazie quel suo essere naturalmente impacciato ma sempre opportuno, per qualche strana ragione Alex piace un po' a tutti, donne e uomini di età variabile, e persino un qualunque maschio convintamente etero quale sono sempre stato non è in grado di negargli una discreta dose di fascino. Enorme dose. Perfino mentre si accende una sigaretta. Forse non è invidia la mia, forse è solo l'irrealizzabile desiderio di sentire cosa si prova, ad essere un ragazzino timido e misterioso desiderato da buona parte della popolazione mondiale, o quello piu' realizzabile -ma angosciante nella possibilità che s'infranga- di passare la vita intera senza mai perderlo di vista.
Lo scatto dello
Zippo mi ridesta ma il sogno sembra non volatilizzarsi, a meno che la boccata di fumo argenteo che si libera dalle labbra schiuse di Alex annebbiandogli lo sguardo faccia parte di questa realtà; probabilmente è cosi', perchè il suo spettinarsi i capelli con la mano libera è un gesto cosi' tipicamente realistico che neppure la dimensione onirica potrebbe ricalcarlo cosi' perfettamente. Quando si avvicina la Marlboro alle labbra appoggiandosela fra i denti in una nube chiara e si volta a fronteggiare il cielo il suo viso si fa cosi' bianco nel riflesso bluastro della luna da sembrare di cera; forse al buio brilla di luce propria, ma non avendo notato bagliori in quelle tre notti passate a dormire a pochi metri di distanza da lui respingo l'ipotesi. Ogni santa volta che vedo i suoi brillare in quel modo ho come il terrore che si possa mettere a piangere da un momento all'altro, invece si limita a ripescarsi dalle labbra la sigaretta fra l'indice e il pollice dopo un tiro concentrato e trattenendolo a denti stretti porgermela offrendomi un assaggio.
Non so perchè di preciso, siamo piuttosto avvezzi a passarci la sigaretta, ma questa volta decido di avvicinarmi e appoggiarmi alla finestra al suo fianco per poi allungare le labbra ad accogliere la sua concessione direttamente dalle sue dita; per un momento il suo medio mi sfiora la punta del naso, il pollice il labbro inferiore mentre ricalco la sua bocca sul filtro. Espiriamo simultaneamente.
Non un turbamento a quel mio gesto sciocco e inconsueto, non una parola mentre mi limito a ringraziarlo, anche se sarei pronto a scommettere che nel buio le guance gli si siano miracolosamente dipinte di rosa pallidissimo. Ma è calmo, come sempre, imperturbato nell'animo. Mi da abbastanza sui nervi.
Finisce la
Marlboro in tutta tranquillità, poi la spinge nel posacenere e richiude la finestra nascondendo parzialmente la luna dietro le tende chiare. Si lascia cadere sul letto ed io impiego una manciata di secondi per rendermi conto che è il mio; si slaccia i polsini allungando le braccia in aria sopra di sè e rimbocca con cura le maniche per mostrarmi la precisa impronta violacea del mio pugno al di sopra il suo gomito: mi viene da ridere, e nonostante al tocco sembra dolergli anche lui ride sotto i baffi.
Coglione” mi dice.
Se vuoi rincaro la dose” scherzo, ma lui strotola la stoffa ricoprendo il braccio e si stende di nuovo con le mani dietro la testa, lo sguardo fisso sul soffitto.
Ho sonno” mi informa in uno sbadiglio educatamente schermato dal pugno chiuso, gesto che ho sempre considerato infinitamente snob.
Annuisco e vado a sedermi sul mio letto per sfilarmi le scarpe, tentando di ricordargli che, appunto, è il mio; ma quello non si toglie costringendomi a tossicchiare:

Questo sarebbe il mio letto”.
La sua risposta consiste nel sospirare e tuffare la faccia nel cuscino in un mugolio supplichevole che mi fa temere che finire la bottiglia di vino a cena sia stata una pessima idea.
Cazzi tuoi” butto li' stendendomi al suo fianco il piu' vicino possibile al centro del letto e costringendolo cosi' a schiacciarsi contro il muro; sfortunatamente i letti francesi sono immensi, anche quelli singoli, e viste le dimensioni ridotte del corpicino di Alex non riesco a farlo ritrovare scomodo come sperato.
Ci è già capitato di dormire insieme, ma mai cosi' vicini tra noi e lontani dal nostro mondo, del tutto soli, nella piena consapevolezza che il rapporto creatosi fra noi nell'ultimo anno è quanto di piu' assurdo e intimo ci sia capitato: definirlo in qualche modo sarebbe cosi' limitante che quando ci capita di presentarci vicendevolmente a qualcuno non osiamo pronunciare la parola
amico o collega o compagno, perchè temiamo entrambi che ognuna potrebbe in qualche modo offendere l'altro o suscitare stupidi franintendimenti; non che mi interessi particolarmente quest'ultimo punto, ma mi rendo conto solo in quei momenti di quanto ogni singola cellula del mio corpo tremi nel terrore di perderlo.
La testa boccoluta di Alex mi ruba metà del cuscino ma in un sorriso spontaneo cedo alla voglia di spettinarlo, a mano aperta, suscitandogli un verso piu' vicino ad un miagolio che ad un vero lamento; non protesta, in realtà, quando il mio tocco si fa piu' gentile nell'abbozzo di una carezza in punta di dita, che prolungo fino a perdermi in quell'inchiostro morbido. Smetto di coccolarlo sentendolo respirare profondamente, temendo che si sia addormentato, ma lo sento mugolare contro il cuscino, piu' sveglio e determinato che mai:

Non mi muovo”.
Sbuffo, poco credibile e lo lascio accoccolarsi con la fronte contro la mia spalla, in una posizione che solo uno come lui potrebbe trovare comoda, una mano fra le gambe e un gomito contro la mia anca: tanto respinge il contatto con chi gli si avvicina nella pretesa impossibile di conoscelo, tanto lo cerca, anche minimo e banale, con le persone che ama, come certi cuccioli che ti appoggiano il naso sulle ginocchia semplicemente per ricordarti della loro esistenza.
Non respira, quasi, forse per non disturbarmi; nello sciocco desiderio di accertarmi che sia ancora vivo -cosa non del tutto certa vista la sua assoluta immobilità- me lo tiro piu' vicino cingendogli le spalle e lasciando che la mia mano capiti di nuovo a stuzzicargli i capelli: una specie di grugnito mi indica che è anche sveglio, anche se non del tutto cosciente. La sua fronte liscia, cosi' vicina, richiama le mie labbra che mi limito semplicemente a posargli sulla scriminitura dei capelli, dove il bianco della sua pelle fresca incontra il nero in quel punto cui di solito la frangetta scomposta impedisce ai comuni mortali di aspirare: una concessione del genere mi fa sentire una sorta di dio, o un eroe, oppure un totale blasfemo che cerca di carpire dogmi troppo profondi per essere usurpati da un volgarissimo bacio. Il rogo sarebbe quello che mi merito se a graziarmi non giungesse quel suo mezzo sorriso di bambino appena percettibile al buio, sereno; nessuno sa quante angosce e pensieri si azzuffino dietro quella fronte e nel suo petto fragile che sento alzarsi ed abbassarsi appena contro il mio fianco, eppure quando siamo soli e a si e no un migliaio di chilometri da casa sembra che assolutamente nulla riesca a turbarlo, neppure il fatto di dormire nel mio stesso letto in una casupola che sembra a tutti gli effetti un nido d'amore nella campagna della Loira. Se ne frega altamente, questo è un fatto.
Non il mio corpo, non la mia guancia s'infiamma quando Alex mi ci scocca un bacio morbido delle sue labbra sempre misteriosamente umide come fatto centinaia di volte in pubblico -cosi' come l'ho già stretto in quel modo fra le braccia anche davanti alle telecamere, senza un'ombra di vergogna- ma l'anima, quella si, sembra che mi prenda fuoco, come se la tenerezza la possedesse fino a farmi male, in un sentimento che la mia esperienza di figlio unico non mi permette di associare pienamente a quella nutrita per un fratello; forse è lo stesso per lui, anche se l'affetto di una figura paterna, cosa che io ho conosciuto di rado, potrebbe avvantaggiarlo in quest'intuizione. Non so quanto in tutto questo centri il trovare in lui il riflesso di tutto cio' che in me acquisisce il significato di inconsapevole perfezione.
Desidero la sua presenza fisica e la sua vicinanza affettiva, cerchiamo approvazione l'uno nell'altro mentre magicamente creiamo la nostra musica con una naturalezza che non ci è mai appartenuta, sempre insieme; in fondo mi basta sapere questo, ogni deduzione posteriore è superflua e banalizzante. Quello che so e che sappiamo è che stare insieme ci fa bene e ci fa stare bene, senza perdersi in ulteriori masturbazioni cerebrali.
Messo in chiaro tutto questo almeno sotto il profilo razionale, visto che intimamente so che il mio cuore non arriverà mai a comprendere a fondo tutto questo, posso tentare di scoprirmi assonnato, o almeno stanco per tutto quel vino rosso e questo pensare freneticamente. Il mio corpo ha smesso di rispondermi da parecchio e la mia mano viaggia ormai da sola nel costante ritmo della carezze alla testa ricciuta di Alex, anche lui prossimo al sonno.
E finalmente, nel tepore notturno dell'estate francese e del nostro patetico abbraccio, dico tutto quello che è in mio dovere dire, senza aspettarmi alcuna risposta che il suo respiro.

Buonanotte, Alex”.


*



                    La Chiave di Do.
          Nè  Miles nè  Alex,  con mio sommo dolore,  mi appartengono.  Ma cio' non toglie che siano l'esempio di
          bromance piu' commovente e perfetta che la mia anima possa suggerirvi, perchè in effetti per scrivere
          questo pezzo mi sono unicamente ispirata al canon, nonostante la mia mente sia solita partorire sconcez-
          -ze estreme noi loro riguardi,  cosa che spero mi venga idealmente perdonata.  Mi sono immensamente
          impegnata volendo finalmente dare dignità a questa coppia meravigliosa e per questo spero che piaccia
          almeno a qualcuno. Con un profondo ringraziamento alla mia Miles personale -Giulia- e col pensiero
          a  _fallapart  io mi congedo con questa:  http://www.youtube.com/watch?v=5WurP4dBKN8  che  si,  è
          cantata da Alex... non avrete mica pensato che gli avrei proprio negato cosi' platealmente la parola?

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** II ***


     Now I am craving heartbreak
     while you're making your demands.



*


Mai è stato e mai sarà nella mia indole svegliarmi prima di qualcun altro, nè la mattina di Natale quando ero bambino, nè per svegliare con un bacio la fortunata del giorno capitata fra le mie lenzuola; ma ora che a finirmi nel letto, fortunatamente ad una distanza da occhi indiscreti tale da non trovarlo imbarazzante, è stato il mio migliore amico, immobile come una statua di marmo per tutta la notte, allora è la spiacevole sensazione di non possedere piu' il braccio sinistro -e di essere molto vicino a perdere anche la spalla- a svegliarmi. Deliberatamente lo sfilo da sotto il corpicino di Alex, che mugola esibendosi in un'espressione infastidita: quasi immediatamente, non mi è ancora chiaro se nel sonno o nella veglia, reintrufola la testa ricciuta sotto il mio braccio e io me la ritrovo ancora li' adagiata delicatamente sul petto. Sbuffo, ma riconosco che in fondo la sua infantilità ha un che di tenero.
Tu hai capito malissimo” farfuglio ad un tono di voce troppo alto per pretendere che non si svegli, e di nuovo me lo levo di dosso senza troppa grazia, avendo in risposta qualcosa che potrebbe essere un vaffanculo o un riferimento al troppo alcool ingerito la sera prima: opto per la prima, quindi lo ringrazio rotolandomi giu' dal letto noncurante di chi o cosa uccidero' sulla mia strada, poi gli levo di dosso il lenzuolo, giusto per rompergli un po' i coglioni.
Questa volta le sue labbra, ancora inabissate nel cuscino, articolano piu' chiaramente uno stronzo molto assonnato.
Il bello è che è se ne è stato beatamente abbracciato a me per tutta la notte, in un sonno piombo come quello di un ghiro in letargo e ora si lamenta pure; eppure non ce la faccio ad incazzarmi, gli rilancio addosso la coperta e mi viene improvvisamente da ridere, un po' per l'assurdità della situazione, un po' perchè non avevo mai avuto la possibilità di constatare che appena sveglio ha un'espressione da quindicenne in post-sbronza degna di essere immortalata ed utilizzata per minacce di ogni sorta, ma sono troppo buono per attuare un piano del genere. Quando finalmente riemerge dal cumulo di stoffa bianca ha ancora gli occhi a mezz'asta, schiocca la bocca nell'evidente preparazione di uno sbadiglio di dimensioni apocalittiche.
Comincio ad elaborare un insulto appena piu' elaborato del classico rincoglionito quando lui mi precede in una supplica esitante, lasciandosi ricadere all'indietro nel cuscino -il mio- in un mugolio ruvido:
Caffè...”
Lo guardo perplesso, come se fosse ovvio che non accondiscendero' mai a quella richiesta.
E chi sarei io, tua madre o la tua serva? Fattelo da te...” brontolo infilandomi gli occhiali per focalizzare il mondo almeno sotto il profilo visivo.
Mentre si trascina giu' dal letto lo sento ripetere di nuovo qualcosa che assomiglia allo stronzo di prima, poi si allunga a fatica in direzione del cucinino e si mette a svitare la caffettiera, gli occhi pieni di sonno fino all'orlo: non lo biasimo, è davvero difficile non odiare profondamente tutto cio' che ti circonda quando sono le otto e trenta di mattina; poi invece inizio a sentirmi addosso quello strano pizzicore che ti avverte che stai detestando chi hai davanti al pensiero che è proprio lui il motivo della mia sveglia prestiva, poi quando lo vedo sbadigliare di nuovo m'intenerisco troppo per continuare a maledirlo.
La nostra colazione è quanto di piu' misero e vicino a quella di un anoressico si possa immaginare: un'immensa tazza di caffè bollente ciasciuno, rigorosamente senza zucchero, ed un paio di Marlboro fumate senza neppure aprire la finestra, e mentre cerchiamo di allontanare il sonno non ci scambiamo una parola; non ci serve, non ci è mai servito parlare troppo, basta uno sguardo, un gesto, un minimo cenno delle rispettive intenzioni a comunicare immediatamente all'altro la propria emozione. Fa proprio cosi' Alex quando accenna alzando il mento alla porta del bagno, mentre un nuovo sbadiglio gli deforma una guancia, tacitamente mi fa capire che sta andando a farsi una doccia, e io mi limito ad annuire.
Quando riemerge dalla porticina di legno io non mi accorgo direttamente della sua presenza, voltato a lavare le due tazze nel lavello della cucina, ma la percepisco, come se un'ondata di vento tiepido fosse entrata nella stanza trapassandomi in un brivido caldo. Poi il brivido, al posto di svanire come arrivato si intensifica quando le mani di Alex, ancora umide, mi si infilano sotto le braccia e si incontrano all'altezza del mio diaframma in un abbraccio spiazzante; mi appoggia la fronte sulla nuca e due gocce gelide mi scivolano dentro il colletto della camicia facendomi sussultare all'improvviso. Mi stringe. Cosi', casualmente, come un bambino disperato, Alex decide di abbracciarmi alle spalle come se temesse di vedermi scappare da un momento all'altro, come se potessi sparire o crollare, mi stringe come per sorreggersi e non precipitare nel baratro della solitudine, mi stringe e mi bagna la schiena. Restiamo cosi' per almeno un paio di minuti senza la forza di chiederci cosa significhi quel contatto, non per la paura di scoprirlo, ma semplicemente perchè non arriveremmo mai ad una risposta: non lo sappiamo, fosse per me potremmo non saperlo mai e sarebbe meraviglioso comunque.
Non sarebbe la prima nè ultima volta che due amici si abbracciano, nè la prima o ultima che lo facciamo io e Alex, che siamo praticamente fratelli, eppure stavolta mi sento strano, e l'abbraccio risulta piu' gratuito, piu' delicato e al tempo stesso piu' intenso del solito, come se valesse di piu' di un solito abbraccio.
Finalmente mi volto sciogliendomi da lui, e quando lo scopro compleatmente nudo un improvviso senso di inferiorità mi coglie; non perchè sia piu' magro, piu' muscoloso, piu' virile di me, anzi, probabilmente se ci scontrassimo in una sfida dai toni adolescenziali risulterei anche messo meglio di lui, ma qualcosa di non meglio indentificabile mi spinge ad ammirarlo come un'opera d'arte, immacolato e spendente nella rachitica perfezione del suo fisico da ragazzina sottopeso. Quel suo sguardo immenso e perplesso mi scruta in un lieve imbarazzo, come se si sentisse osservato troppo intensamente -ed è cosi' effettivamente- ma io me ne frego del tutto e continuo a studiarne dettagli piu' impensabili, dalla tonalità spettrale della pelle che sembra avvolgergli le ossa alla leggerissima peluria bruna sul suo petto, gli scopro il rossore della rasatura fresca in viso e i capelli gocciolanti, mi spingo ad osservare la sua ingenua nudità nella sua interezza. Eppure lui si lascia guardare, inconsapevole della mia momentanea sindrome di Stendhal: perchè Alex è bello di una bellezza strana, orgogliosamente inconsapevole, pura al punto da sembrare femminea, e al suo cospetto mi sento sgraziato e grottesco, troppo allungato nel fisico e nel volto, come se la mia faccia fosse deformata da una bocca troppo sguaiata, due occhi troppo tristi e un taglio di capelli idiota; la mia bellezza costruita -se bellezza si puo' chiamare, se non si tratta solo di un vago alone di fascino ed eleganza dettato dalla mia attenzione per i bei vestiti e i modi da gentleman inglese di cui mia madre mi ha reso esperto- non è altro che una volgare silhouette accostata all'armoniosa plasticità della sua.
Mi volto di scatto e ritorno ad asciugare le stoviglie per nascondere quella strana espressione fra il malinconico e l'ammirato che mi sorge ogni volta che lo guardo, e lui probabilmente se ne va in camera alla ricerca di un paio di mutande, lasciandosi alle spalle una lunga serie di impronte umide. Il mio orgoglio virile è annientato quando lui è con me, la mia voglia di vivere, la mia serenità invece cresce smisurata al suo posto.

 

***

Porca troia!” decisamente non era una frase da Alex, ma i videogiochi dopo un paio d'ore ai nostri livelli trasformerebbero un angelo in una fabbrica di bestemmie; e Alex un po' angelo lo è, anche quando impreca qualcosa nella sua voce da baritono strozzato e nell'accarezzarsi fra loro delle sue labbra mentre pronunciano le labiali lo fa sembrare come un bambino che dice parolacce solo per imitazione di quanto sentito dire dal padre in uno scatto d'ira.
Ventidue anni e ancora non sa essere volgare senza risultare vagamente ridicolo, e forse rido piu' per quello che per la sua tanto sperata perdita. Lancia il controller a terra, ma io mi attardo nel salvare e mettere in pausa il gioco e il piccolo bastardo si lancia sulla tv spegnendo il monitor e condannandomi a morte certa.
Tu sei il principe degli stronzi Al!” strillo mentre il mio personaggio sta probabilmente tirando le cuoia, ma lui, infantilmente imbronciato, si abbandona di nuovo sul divano a braccia incrociate dando una sbrigativa motivazione al suo scatto di sadismo.
E tu non mi batterai mai a Call of Duty” mi punta un dito contro, quasi toccandomi il naso e sporgendosi a pochi centimetri dal mio viso, nello stupido tentativo di sembrare minaccioso, lui che non spaventerebbe una mosca “mai, Miles!” poi si allontana e si accascia ancora assonnato al mio fianco fra i cuscini,
No, non è in grado di spaventare, ma qualcosa in quello sguardo sembra avermi turbato, come se avesse la capacità di leggermi negli occhi qualcosa cosi' scabroso e segreto da essere ignoto persino a me stesso.
E il turbamento non mi abbandona neppure quando le braccia di Alex stringono un cuscino e lo vedo acciambellarsi come un gatto alla ricerca di sonno, oggettivamente del tutto innocuo sotto il profilo fisico: abbiamo già testato la superiorità della mia forza fisica rispetto alla sua... eppure qualcosa in me, qualcosa di intimo e profondo, si sente minacciato. Un'emozione nuova, ansia allo stato embrionale, un gene recessivo di paura che si fa strada furtivo per manifestarsi nella nuova creatura senza nome che ha preso a svilupparsi nel fondo della mia mente; sto covando un'inquietudine che mi fa sentire meno uomo, ma piu' vivo. Lo guardo dormire, immobile e immutabile, mentre io sto cambiando dentro, come un ghiacciaio che si scioglie o un tornado che si spegne, che non vogliono mescolarsi al mare o al vento, appure si sentono venire meno. Cosi' le nostre anime, cosi' diametralmente opposte, cosi' inconciliabili, si sono fuse, come la calda e impetuosa corrente del Golfo e l'Atlantico, placido e freddo. Il lato buffo della questione sta pero' nell'osservare che mentre io mi addolcisco di riflesso in sua presenza, ammansendomi, lui non sembra assorbire un po' della mia ribelle asperità, come se mi stessi ubriacando di un vino che non si esaurisce mai.
Mi sento una specie di ladro mentre mi scopro a rubare i suoi sospiri assonnati e il torcersi delle sue espressioni mentre sogna: in un mondo giusto sarebbero quotate a prezzi ben piu' alti di un diamante grezzo, e io ne posso godere per tutta la durata del suo sonno. Conosco ragazze che ucciderebbero per essere al mio posto, il che mi fa sentire un privilegiato, uno stronzo immeritevole con una fortuna sfacciata...
BANG. Sei in arresto Miles, colto sul fatto: gli occhi tondi di Alex si sono schiusi lentamente, ancora poco svegli ma consapevoli del fatto che lo stessi fissando, e mi studiano in un mezzo sorrisetto beffardo; chissà da quanto lo sto guardando come un ebete in attesa del suo risveglio, forse pochi minuti, forse un'ora.
Mi stavi guardando” mastica in quella che non sembra una domanda ma una sentenza.

Sono spiazzato, per la prima volta da quando lo conosco mi sento nascere addosso un'ombra di imbarazzo mentre cerco di inventarmi una scusa, una coincidenza o una stronzata qualunque da buttare li' per giustificartmi: alzo le spalle e me vado, stupidamente, quando avrei potuto semplicemente rispondere si e mettermi a ridere.
Sei strano...” sbadiglia mettendosi a sedere, poi allunga il braccio e pesca la chitarra, probabilmente di nuovo la mia, e si mette a canticchiare qualcosa di David Bowie, dolcemente, ma con un tono che mi mette i brividi, come se avesse un distributore di endorfine infilato fra le corde vocali; s'interrompe “E' successo qualcosa?”
Come potrebbe essere successo qualcosa di cui lui non sia a conoscenza dal momento che non ci perdiamo un momento di vista da quando siamo in Francia? Lo guarderei male se non avessi colto quella punta di ironia tipicamente inglese che lo contraddistingue nella sua domanda inutile; alzo le spalle di nuovo, questa volta imitato da lui, che sbuffa:
Chi ti capisce è bravo...” borbotta rivolto al niente.
Divertente, mi viene da pensare, che spesso vorrei dire la stessa cosa, Alex, e invece mentre mi avvicino al cucinino tutto quello che dico è uno stupido “Faccio del thè?”
Alex ride, di una risata cosi' fresca e squillante da farmi trasalire, come un bambino entusiasta; invece è sarcasmo, addolcito dal semplice fatto che sia lui ad esprimerlo.
Beh, si Miles, con questo freddo è quello che ci vuole!”
Gli lancerei in testa il bollitore se non fossi tremendamente affezionato alla sua presenza e persino a quel sorrisetto strafottente ma fondamentalmente innocuo, se solo non fosse irresistibile; grugnisco e lui ride di nuovo.
Thè freddo, idiota”.
Ammutolisce, improvvisamente offeso. Gli passerà in fretta, forse perchè in realtà non gliene importa piu' di quel tanto, ma sul momento riesce con abilità da grande attore a fingersi mortalmente ferito dal mio insulto.
L'acqua fluisce in un fruscio denso nel bollitore lucente e sfrigola sul fondo, già caldo, prima di generare un nuovo piccolo mare che nell'angusta oscurità non posso vedere, poi, una volta messa sul fuoco, la temperatura inizia ad alzarsi lentamente, come la mia ha iniziato a fare da quasi una settimana, piano, di un grado alla volta, nel subdolo tentativo di farmici abituare; sto ipotizzando centinaia di modi per resistere a quel naturale fenomeno di entropia quando il fischio acuto del bollore mi richiama a versare il tutto in una caraffa e a riporla in frigo con qualche bustina di thè, verde e senza zucchero, perchè ad Alex piace cosi'.
Non faccio in tempo a pensare alla stupidità di fare le cose in un certo modo per compiacere qualcun altro che il campanello suona, annunciando l'arrivo delle pizze, sintomo della nostra incapacità -e pigrizia nell'imparare- a cucinare.

 

***

Non riesco a fare a meno di pensare a quanto conoscere Alex in quel pessimo locale a Liverpool mi abbia intimamente cambiato: mai prima di incontrarlo mi sarei mai soffermato a contemplare qualsiasi cosa, a pensare a quanto qualuque cosa diversa da un brano Lennon/McCartney fosse bella e commovente, mai avrei guardato un tramonto con intenzioni diverse da quella di portarmi a letto chi lo stava guardando con me, o avrei raccolto un fiore per un motivo diverso dall'infilarmelo tra le labbra fino a vederlo appassire e buttarlo. Da quel momento tutto ha assunto una sfumatura nuova, perfino il mio linguaggio si è addolcito, e anche se magari i miei modi non lo daranno mai a vedere, anche i miei pensieri covano una nuova sensibilità, una cura maggiore nel fare le cose, un amore maggiore per cio' che mi circonda; una sorta di nuovo ottimismo. Il che è strano a pensarci: non posso aver colto l'ottimismo in Alex, essendo lui cosi' romanticamente triste, disilluso nei confronti della vita; certo, ama sinceramente la sua sua ragazza -una sventola rara se qualcuno mi dovesse chiedere un parere al riguardo, di quelle che ti fanno voltare e camminare come un gambero per parecchi metri quando le incroci per strada- che a sua volta ama lui, il suo talento, il suo meritatissimo successo, ma sembra tacitamente consapevole che tutto questo potrebbe capitolare da un momento all'altro; a differenza di me, che da quando lo conosco non riesco a vedere piu' da nessuna parte la paura o la possibilità di crollare dalla cima della montagna dove ci siamo vicendevolmente portati come prima, quando tutto mi sembrava effimero e precario, quasi inevitabilmente destinato a svanire. E' strano percepire questo alone d'immortalità fra due cartoni di pizza e lattine di birra vuoti riversi sul tappeto, mentre lui sbocconcella l'ultima crosta di margherita senza troppa convinzione, eppure sorrido e mi sento eterno, sento eterno lui e l'appartamento, sento eterna Nantes e tutta la Francia, eterne le pizze e la birra, che viste le idiozie che penso deve aver già fatto effetto.
Perchè ridi?”
Ci metto qualche secondo prima di realizzare che Alex mi ha rivolto la parola e risvegliarmi dal mio sovrappensiero per cercare di rispondergli.
Scusa?”
Ti ho chiesto perchè ridi, Miles” ripete senza cambiare intonazione, senza sbuffare, senza darmi dello stordito “hai una specie di sogghigno da un po'... a che cosa pensi per ridacchiare?” la sua attenzione per sciocchezze del genere mi diverte, e il mio presunto ghigno si allarga maggiormente togliendogli ogni dubbio.
Scuoto la testa con decisione scivolando giu' dal divano sedendomici con la testa appoggiata alla seduta ed essere cosi' alla sua altezza, che sta a gambe incrociate sul tappeto.
Non stavo ridendo” rispondo, consapevolissimo di mentire.
Bugiardo”.
Si avvicina in fretta, allunga un braccio oltre le mie gambe e si appoggia a terra con la mano, intrappolandomi mentre si risiede accanto a me ma nel verso opposto per potermi guardare; mi fissa infatti, indaga e scruta la mia espressione facendosi sempre piu' vicino: due spanne, si fa improvvisamente serio e appoggia l'altra mano sul divano, appena sopra la mia spalla e il mio respiro si ferma per un momento... una spanna, socchiude leggermente gli occhi come per mettermi meglio a fuoco e alza una mano per sfilarmi gli occhiali, il mio ritmo cardiaco aumenta di qualche battito... una manciata di centimetri, inclina leggermente la testa e a me verrebbe da imitarlo...
Si allontana di colpo e mi restituisce gli occhiali ripiegati annuendo convinto.
Scusami, è vero: non stavi ridendo”.

 

*

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** III ***


     No regard for the cost of saying his feelings
     in the moment they were felt.



*

 

Al pomeriggio il nostro lavoro in studio è silenzioso, diligente, intenso, anche se qualcosa nella mia voce lascia intendere la mia assenza, come se fossi presente in sala di registrazione solo in qualità di involucro capace di suonare la chitarra, una specie di androide brevettato da qualche nerd giapponese, e a nulla valgono i continui richiami di Alex, la cui voce mi giunge ovatatta, come se ci fosse lui dall'altra parte del vetro al mixer e si fosse scordato di pigiare il pulsante dell'interfono mentre mi parla. Vorrebbe capire che mi prende, ma come potrei spiegarlo a lui quando io stesso fatico a fare luce sui miei pensieri capacitarmene?
Okay, per oggi basta cosi'” accenna con un sorriso malinconico al tecnico, che annuisce mostrandoci il pollice alzato e si sfila le cuffie; lui lo schiaccia il pulsante rosso per salutarci con quella sua voce da orco, ci augura buona serata, ma io riesco a malapena a realizzare l'ordine di Alex per rispondergli.
Cosa? Perchè? E'...” lancio un occhio all'orologio: le quindici e qualcosa “...presto!”
Mi sorride, un sorriso fra lo snervante e l'angelico, un sorriso da adorare o da prendere a pugni ripetutamente, fino alla sua completa sparizione.
Miles, non ci sei” mette entrambe le mani avanti, rischiando una rovinosa caduta della Bronco e lasciandomi per una frazione di secondo con il cuore in gola, distrendomi dal disappunto “Non fraintendermi, sei stato impeccabile ma... non hai messo nulla. Hai suonato da dio ma hai la voce come... spenta”.
Annuisco e ripongo la chitarra con calma, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi: so che stanno seguendo i miei movimenti con la vivace preoccupazione di sempre, come se cercasse di leggermi nel pensiero, cosa che, ne sono certo, se ricambiassi il suo sguardo, non avrebbe alcun problema a fare.
Non fare cosi'...” mi supplica, con voce leggermente piu' acuta del solito.
Lascia stare, sono solo stanco”.
Miles...”
Ti ho detto di lasciare stare” sibilo duramente, questa volta volgendomi verso di lei, ma costante nella mia decisione di non guardarlo “abbiamo dormito male, io me ne torno a letto”.
Apre la bocca come se volesse parlare, e dopo quella che pare un'eternità la richiude, come se dubitasse delle sue stesse parole, pronte a materializzarsi nella sua voce e soffocate senza pietà dalla timidezza. Annuisce.
Magari...” accenna “boh, faro' un giro”.
Non rispondo se non con un cenno; lascio lo studio, ho bisogno di un divano, TV spazzatura e molto, molto alcool.

 

***
 

Molto alcool, si fa per dire. Tutto quello che la mite, rilassante, solitaria, stupida Nantes riesce ad offrirmi sputando fuori la sua proposta da un armadietto dalle antine di vetro sapientemente mimetizzato fra la libreria e la credenza del salotto è un'unica bottiglia di Cognac, fortuntamente Grand Champagne; almeno quello, mi verrebbe da dire. La primitiva tentazione sarebbe quella di fingermi una persona per bene e versarmi una tazza di latte e cognac, ma la mia mente intavola immediatamente la scusa del caldo per evitarmelo; mi ricordo una volta di aver bevuto una schifezza a base di Cognac a Parigi, ma dubito che senza Alex allo shaker sarei in grado di ricrearlo, e l'ultima cosa che mi metterei a fare in questo momento è chiamarlo per farmi preparare un cocktail. Come si chiamava quell'intruglio? Ah si, Alexander... merda. Forse c'è della panna in frigorifero, e anche del cioccolato ma no, basta, mi è passata la voglia, davvero.
Okay Miles, fingi di avere ancora un briciolo di decoro e dignità e cerca un balloon nella credenza, bevi da uomo, anzi da gentleman, porta anche nella decisione di sbronzarti tutto l'orgoglio del self-control inglese. Al diavolo, mi scolero' tutto il litro versandomelo direttamente in gola. Voglio annegarci in quella bottiglia, sparirci dentro, diventare trasparente ed ambrato e mimetizzarmi nell'ubriachezza di qualcun altro. Voglio dimenticare di essere qui, di conoscere Alex Turner, di aver mai incontrato i suoi occhi che in comune a quel drink parigino hanno il cacao ma che ti ubriacano senza essertici neppure abbeverato: li guardi e già la stanza gira, il soffitto ti crolla addosso, la testa ti scoppia, inizi a dire stronzate in ordine sparso. Voglio bere e scordarmi di essere un essere umano capace di provare dei sentimenti nei confronti di un altro, del mio migliore amico... ma che diavolo sto dicendo? Cosa sono convinto di provare oltre l'affetto, l'ammirazione, la stima, il rispetto? Attrazione forse? Desiderio? Nulla che non possa essere affogato in un pacco di Doritos e una bottiglia di acquavite.
Tortilla chips, alcool, divano. Accendo la tv su un programma di cui non, non essendo nato di madrelingua francese, non capisco che le preposizioni e rompo senza fretta il sigillo del tappo, svitandolo con calma e facendolo saltare da qualche parte a terra, poi guardo l'orologio: le quattro di pomerigio, orario perfetto per entrare in coma etilico. Con un po' di fortuna domani a quest'ora fatichero' a ricordare il mio sesso, figuriamoci della mia presunta sbandata per Alex.
I quaranta gradi alcolici del primo sorso mi scivolano in gola con una facilità inquietante, come se fosse gazzosa, o come se io fossi un alcolizzato, colano nello stomaco come una bomba a idrogeno e lo traforano distribuendosi equamente in tutto l'organismo e aprendo eroicamente la strada ai successivi. E' peggiore di quanto credessi, piu' che invecchiato mi sembra decrepito, forse già morto, quel maledettissimo Cognac, mi stupisco che la bottiglia non abbia scritto sull'etichetta qualcosa come Riposa in Pace.
Uno, due, tre sorsi e sono ancora troppo lucido per impormi di smettere, che mi sentiro' male, che sto facendo una cosa terribilmente infantile, che Alex mi troverà ubriaco marcio a vomitare sul tappetto e faro' una pessima figura... è proprio l'ultima possibilità a spronarmi a buttare giu' ancora una serie di lunghi sorsi, come quelli di un pellegrino assetato dopo una lunga giornata di marcia, tutti di fila e ben calibrati in lente e gustose aperture dell'epiglottide. Povero stomaco, spero potrai perdonarmi, tieni anzi, un paio di Doritos per consolarti, presto sarà tutto finito e potrai liberarti, dammi un'ora, forse due, con una pausa in mezzo per cambiare canale e magari cercare un'altra bottiglia. Costerà almeno cinquanta sterline questa brodaglia e io me ne sono infuso in corpo già un bicchiere abbondante, senza neppure soffermarmi ad analizzarne il sapore; che fine miserabile per una cosi' nobile schifezza francese.
Tutto quello su cui so di dovermi concentrare è la riconquista di tutta la virilità, tutto l'orgoglio e tutta l'impenetrabilità sentimentale di cui mi sono sempre fatto vanto e che mi sono visto sottrarre in un battito di ciglia alla vista del corpicino nudo di un qualunque coetaneo, un musicista con niente in piu' di me, solo un mucchietto d'ossa ricoperto da una pelle che sembra superficie lunare. Ma a chi voglio darla a bere, se non, ovviamente, a me stesso, sia metaforicamente che nei fatti visto il continuo abbassarsi del livello di Cognac? Alex, dannazione, sei il mio migliore amico, sei un ragazzo, forse dolce e svampito, forse con un paio di ciglia troppo lunghe e labbra troppo piene per essere definito uomo, ma comunque un ragazzo, e sei su un pianeta troppo lontano per raggiungerlo dalla Terra.
Basta, basta pensare ad altri pianeti, a stelle e galassie, basta pensare a ossa fasciate da pelle sottile e capelli bagnati, basta pensare a sentimenti e orientamenti sessuali. Buono questo Cognac, e se arrivo a queste considerazioni significa che lentamente questo prezioso liquido bruno inizia a fare l'effetto sperato: garçon! Un altro s'il vous plait!
Ah signore, una donna da dimenticare?”
No, non un donna, figliolo”.
Oh, mi scusi signore, non volevo essere invadente, ma si figuri, ai nostri giorni non è una cosa di cui vergognarsi, anzi...”
Vai a farti fottere”.
Anche le mie fantasie mi prendono per il culo.
Eppure qualcosa forse comincia ad affondare abbastanza profondamente nel mio cervello per essere momentaneamente dimenticato: un quarto della bottiglia si è magicamente svuotato e già la vista si fa un po' annebbiata, come quando non porto gli occhiali o ne porto un paio troppo forte e fatico a mettere a fuoco, un sonno intenso, come se le palpebre si stessero facendo un po' piu' pesanti, mi coglie piacevolmente, un senso di spaesamento ogni volta che mi alzo a testare approssimativamente il mio tasso alcolemico: al momento è davvero soddisfacente, di certo non sarei in grado di guidare, ma perchè non raddoppiare? Un altro giro per raggiungere l'assurda quantità di mezzo litro di superalcolico in corpo non mi farà di certo male; quasi non me ne accorgo e il livello scende tanto da venire nascosto dall'etichetta, e il peso nella mia mano, se fossi ancora in grado di stimarlo, non raggiunge di certo i cinque decilitri. Al diavolo la dignità, facciamoci ancora un goccio...
BANG! L'esplosione della Terza Guerra Mondiale, una bomba atomica sganciata su Nantes, i crucchi ci attaccano, il terremoto, l'apocalisse. Cristo Turner, quando rientri a casa potresti anche bussare al posto che spalancare la porta come un agente dell'Interpol con un mandato di cattura, davvero, evitalo.
Miles!”
Gentilissimo, sul serio, ma purtroppo non credo di essere ancora cosi' ubriaco da non ricordarmi il mio nome.
Cristo Miles, ti sei visto in faccia?” balbetta muovendo un paio di passi verso di me “Sei pallido e... aspetta, te la sei bevuta da solo?”
Indica la mia preziosa amica, la bella bottiglia semivuota di Cognac.
Se” butto là casualmente.
Miles, sono le sei e trenta del pomeriggio”.
Ah se?”
E sei ubriaco”.
Eh già. Giàgià”.
Sbotta, alza la voce di colpo e si fa rosso in viso.
Non sei cosi' ubriaco Miles, Cristo parla!”
E' vero. Sono ubriaco, non ancora molto ubriaco.”
Sospira, guardando un punto casuale davanti a sè per cercare le parole adatte, o forse solo per focalizzare il tutto. Si fa avanti, calmo, le mani infilate in tasca e un mezzo sorriso commiserante, quindi si siede morbidamente accanto a me: quasi il cuscino della seduta neppure si piega al suo peso, come se ci fosse caduta una briciola di Dorito
Me lo spieghi cosa c'è che non va in te?” chiede con un tono dolce e posato, sinceramente interessato, quasi accademico nella sua precisione.
Riderei volentieri in risposta, o mi metterei a piangere. Butto giu' un altro sorso e lui si incazza e mi sfila di bocca la bottiglia, facendomi innaffiare il colletto della camicia.
Ecco, guarda che hai fatto!”
"Ma guardati tu piuttosto!” grida all'orlo delle lacrime “Che volevi fare, andare in coma etilico o crepare nel tuo vomito!?”
L'idea era quella”.
Vaffanculo Miles, vaffanculo”.
Silenzio. Lo preferivo incazzato.
Sono il tuo migliore amico, Miles?”
Si”.
Mi hai mai detto stronzate?”
No”.
Mi dici che cazzo hai?”
No”.
Sbuffa, temo di stare solo peggiorando la situazione.
Sai, c'è un libro Miles, in cui c'è l'unico ubriaco che beve senza motivo, ma spiega molto bene come funziona l'ubriachezza” dice con tono estremamente pacato “Si beve per dimenticare, dimenticare di avere vergogna... quello si vergognava di bere, ma tu?”
Ecco da dove il mio subconscio aveva tirato fuori la stronzata di Alex su un altro pianeta: Il Piccolo Principe. Ora devo solo capire se Alex è il dannato Principe ed io la Volpe che si innamora del colore dei suoi capelli o io il Principe e lui la Rosa di cui devo avere cura: in quest ultimo caso il Cognac sarebbe il Serpente. Viva il Serpente.
 “Di avere pensieri sbagliati” lo dico senza pensarci troppo, in fondo è una parte di verità.
Ride. Ride di gusto e con una tenerezza esagerata: mi appoggia la testa sulla spalla e un brivido intenso mi pervade partendo dalla punta dell'orecchio sinistro e arrivando fino alle piante dei piedi.
Nessun pensiero è sbagliato se resta tale, Miles”.
Qualcosa s'incrina, si spezza, si sbriciola in me con la stessa rapidità con cui l'immagine di Alex fra le mie braccia si allontana perdendosi in una sfumatura nera.
Miles, tutto bene?”
Me lo chiede, lo stronzo. Ha appena infranto l'unica illusione per cui sarei rimasto volentieri cosciente o quantomeno vivo e osa chiedermi se va tutto bene. Tutto quello che riesco a fare è scuotere la testa e sentirmi un nodo alla gola stringersi dolorosamente.
Posso fare qualcosa?”
Non so di preciso cosa elabori la mia mente malata a quella domanda, se sia solo frutto della disinibizione alcolica, della disillusione forzata o del disperato terrore di perderlo del tutto per colpa della mia stupida melodrammaticità, ma tutto quella che la mia lingua riesce ad articolare, probabilmente del tutto slegata da un impulso mandato dal cervello è:
Me lo dai un bacio?”
Mi picchierei da solo, o forse preferirei sprofondare un paio di metri sotto terra dopo essermi reinfilato in gola quelle cinque parole e averle rimandate giu' prima che possano arrivare alle sue orecchie. E invece la sua reazione è meno tragica del previsto: sorride, uno dei suoi sorrisi buoni e un po' imbarazzati, in cui abbassa lo sguardo, intreccia le mani e inclina un po' la testa mentre inarca morbidamente il labbro superiore in un accenno di misterioso compiacimento -a volte sembra quasi che arrossisca- poi allunga appena il collo sopra la mia spalla, mi appoggia per un momento la fronte sulla tempia e lascia andare un respiro che innalza pericolosamente la temperatura della mia guancia sinistra, poi inclina leggermente la testa sporgendo il mento in avanti e mi ci stampa con calma un bacio, uno di quelli che ormai conosco a memoria; niente di nuovo, uno stampo sulla guancia che non mi lascia altro che un lieve calore pronto a sommarsi a quello che già mi ha regalato il Cognac.
Oh”.
Alex sospira, a lungo.
Non sembri soddisfatto”.
E' troppo tardi per fermarmi quando mi scopro a sgignazzare a quell'affermazione, tanto ovvia quanto assolutamente idiota.
Per un cazzo” rispondo sincero.
Mi guarda, alza un angolo della bocca in una smorfia maliziosa che non gli ho mai visto fare e che non ho mai visto fare a nessun ragazzo a dire la verità, mi guarda e allunga una gamba per avvicinarsi un po' di piu'; l'improvviso tremito che mi scuote trasalendo mi indica che il suo mignolo ha sfiorato il mio.
Tu intendevi...” lascia la frase sospesa, come una piuma al vento, ma non smette di guardarmi dritto negli occhi e mi sento annegare: quei suoi occhi immensi, curiosi come quelli di un fanciullo e intensi come quelli di certe prostitute, ma senza un'ombra di volgarità, quella sua espressione, innocente, affascinante, seducente mi impedisce di pensare, realizzare, capire che il suo viso bianchissimo si sta avvicinando senza fretta al mio, che l'assoluta mancanza di fretta non indica in lui necessariamente un'improvvisa sicurezza, ma che forse è sinceramente curioso e ingenuo mentre posa con leggerezza le sue labbra d'un carminio pallido sulle mie, e ce le preme appena, come un bambino che ha perso una scommessa, poi le lascia scioccare appena prima di staccarle con una lentezza tale da darmi un brivido tanto intenso da spaventarlo.
Se lo rifaccio non ti sbronzi piu' alle sette di sera?”
Sembra serio mentre lo chiede, e io mi limito ad annuire, troppo sconvolto per parlare: Alex mi ha appena baciato, e l'ha fatto in un modo tanto dolce che mi è impossibile scovarne uno simile nella memoria; semplicemente sfiorandomi le labbra con le sue mi ha strappato un pezzo di anima e l'ha gettato al vento, lasciandomi pressochè senza fiato; e neppure mi lascia un attimo per riprenderlo prima di farsi ancora piu' vicino e allungare una mano, due dita, l'indice e il medio, a sfiorarmi con delicatezza estrema, quasi snervante, il profilo del labbro inferiore, con un'espressione fra l'affascinato e l'incredulo, come se trovasse estremamente improbabile la mia presenza in quel momento e in quel luogo. Inclina la testa come certi cuccioli confusi e ripete quella smorfia adorabile, con l'angolo sinistro della bocca un po' storto in un mezzo sorriso, poi lascia che le ciglia gli accarezzino le guance in un arco nerissimo prima di avvicinarsi di nuovo, piano e con gli zigomi imporporati di inutile imbarazzo e sostituire le dita con le sue labbra, ripetendo senza malizia quell'accenno di bacio, quell'infantile incontrarsi di respiri, una, due, tre volte, ogni volta un po' piu' a lungo, come se ci stesse prendendo gusto, ma senza mai trovare il coraggio di schiuderle. Nel frattempo il mio cervello si è ridotto ad un cumulo di macerie ormai del tutto inservibili, e non riesco a trovare la forza di muovere un solo muscolo: rimango ridicolmente immobile e col fiato trattenuto per tutta la durata del suo delicatissimo esperimento, per paura di spezzare quell'equilibrio precario teso fra il suo battito cardiaco regolare e rilassato e il mio, isterico, galoppante.
Si stacca, mi lascia un respiro profondo appena sotto l'orecchio e mi lascia un sorriso pallido:
Fra poco ci dovrebbero portare la cena” mi ricorda con un tono casuale, come se nulla fosse successo“Te la senti di mangiare?”
Io sono ancora del tutto incapace di realizzare quanto accaduto e soprattutto di trovarci una spiegazione valida che possa in qualche modo farmi smettere di pensare a ritmi troppo veloci, e lui mi chiede una cosa assolutamente normale come questa? Sembra quasi che voglia prendermi in giro, se non sapessi che non ne è assolutamente capace.
Io...”
Si...?”
Forse un boccone” rispondo, ormai lucido “Io... sto bene”.
E' evidente dal mio tono di voce che sto cercando di convincere piu' me stesso che Alex, intento nello spettinarsi i capelli dietro la nuca, ma si limita a un'occhiata e a un ok distratto. E' solo una parola, eppure qualcosa nella sua voce mi accende come un fiammifero da qualche parte non specificata fra lo stomaco e il polmone sinistro, strizzandomi entrambe le cose in un morsa piacevolissima e bollente; ho caldo, improvvisamente, quando il campanello trilla gioioso nel silenzio assoluto dell'appartamento.
Alex scatta:
La cena!”
Come se il cibo, nei miei pensieri, non fosse stato bruscamente sostituito da altro.


 

*

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** IV ***


     Accidents and toffee drops
     and thinking on the train


*



Svegliarsi con un gran mal di testa alcolico non è mai piacevole, tantomeno quando questo è accompagnato da un senso di nausea abbastanza spiacevole da infastidirti ma non sufficiente a permetterti di liberarti. Mi alzo subito, consapevole in qualche modo dell'ora tarda -è quasi mezzogiorno infatti, lo leggo dal cellulare posato sul comodino- e un capogiro mi coglie violento, dandomi un senso di smarrimento tutt'altro che simpatico: bene, la prematura scomparsa della bottiglia di Cognac si sta impegnando a far soffrire il suo vedovo, nonchè suo assassino senza scrupoli; in cucina trovero' un analgesico?
Mi trascinerei pesantemente fuori dalla stanza se non mi accorgessi istantaneamente di aver dormito sul divano. Okay, ricordo di essermi addormentato qui, ma sono certo di non essermi portato una coperta, nè di essermi sfilato le scarpe, eppure la soluzione a quel semplice enigma mi è chiara solo quando, infilata la porta della cucina, mi ritrovo davanti il musetto sorridente di Alex, spettinato e leggermente rosso in viso.
Improvvisamente ricordo tutto. Buongiorno” farfuglia passandomi una tazza di caffè appena tirata fuori dal forno a microonde “Tieni, l'ho scaldato”.
Afferro' il caffè e già dal primo sorso mi sento rigenerato, e la mia mente, piu' lucida, trova improvvisamente strana l'assoluta naturalezza di Alex, la sua solita premura, il suo sorriso che si, sembra un po' imbarazzato, ma è sempre il suo. E mentre bevo mi fissa.
Che c'è!?” forse lo dico con troppa violenza mentre riappoggio la tazza perchè sembra esserci come un tentativo di giustificazione nel tono della sua risposta.
Niente! Davvero, io...” balbetta confuso passandosi una mano fra i capelli “Mi chiedevo solo se... beh, io...”
Se...?”
Se stessi bene, tutto qui, davvero...”
Piu' mi avvicino a lui e piu' la sua voce si affievolisce, in uno strano gioco di proporzionalità inversa.
Sto bene, Alex...”
Non so di preciso cosa elabora la mia mente mentre prendo la decisione, nè riesco a sentire piu' altro che il mio battito cardiaco cosi' forte da volermi saltare fuori dal petto ignorando completamente la presenza dello sterno mentre chino un po' la testa di lato e lo costringo ad appoggiarsi al lavello e a frenare la sua marcia all'indietro.
Miles?”
Cristo Alex, perchè devi rendermi le cose difficili? Sto combattendo tutto il senso di colpa che essere attratti da una creatura come te impone e tu ti perdi in toni di voce da verginella e tremori di labbra, evitalo, sul serio. Sarebbe tutto piu' facile se non profumassi di dopobarba e se a questo punto il mio petto si fosse già incontrato col tuo, e se tutto questo in fondo non mi piacesse cosi' tanto da farmi girare la testa.
Il suo respiro è caffè e Marlboro, e assomiglia incredibilmente al mio mentre mi riempie le narici... forza Miles, basta perdersi in fronzoli, sai come si bacia una donna, non puo' essere tanto diverso. Indugio ancora un poco ad una distanza snervante, troppo breve per non sentirlo respirare, ed è solo allora che mi slancio e lascio che le nostre labbra si incontrino; dopo pochi secondi, o dopo un paio di ere glaciali la mia mano corre da sola dietro la sua nuca, e come guidate da una strana forza telepatica interiore le labbra si schiudono, si incrociano ed incastrano come mai accaduto prima, lasciando che la sua lingua umida mi scivoli in bocca con una lentezza meravigliosa e dolcissima.
Il suo bacio è esattamente come lui, delicato, timoroso ma ben calibrato e caldo, non inesperto, ma come in attesa che sia io a osare un po' di piu', a stringermelo un po' piu' vicino e a inventarmi un capogiro da regalargli, o una stretta al cuore da strappargli.
Non ho scusa che tenga, nè l'ha lui: eravamo perfettamente sobri e lucidi mentre le nostre lingue si intrecciavano per la prima volta, e neppure eravamo stanchi, bensi' freschi di sonno e caffè; e non possiamo neppure fingere che non ci stia piacendo.
Quando il bacio si scioglie e restiamo fronte a fronte a respirare troppo in fretta già so quale sarà a breve la domanda di Alex.
Miles... perchè?” balbetta confuso, reggendosi alle mie spalle per non cadere.
Sorrido, ancora ad occhi chiusi.
Per spiegarti la mia sbronza di ieri sera, no?”

 

 

***
 

Non sarei invece del tutto capace di spiegare come io sia finito sul divano insieme ad Alex a guardare un vecchio film western con Paul Newman sulla televisione francese -in silenzio assoluto, perchè tanto tutti e due lo conosciamo tanto bene che potremmo ridoppiarlo in inglese- come ai vecchi tempi, o quasi. Già, perchè la nostra routine cinefila era solitamente ben spartita fra le due metà del divano delimitate da un paio di birre, infilate nella piega fra i cuscini della seduta, e abbastanza pop corn da arrivare almeno alla fine del primo tempo; non è mai stata di certo una nostra abitudine quella che ci si è naturalmente proposta all'alba di mezzogiorno di un'assonnata giornata estiva: io, a piedi nudi, con al testa comodamente adagiata sulle gambe -incredibilmente comode per la loro magrezza- incrociate di un Alex troppo intento a sfogliarmi i capelli per seguire la trama di Butch Cassidy. Sembra trovare estremamente piu' interessante una mia ciocca dietro l'orecchio destro, ciocca che ogni volta che mi ritorna ad accarezzare il retro del padiglione auricolare mi tortura di piacevolissima pelle d'oca tutto il fianco destro, dalla punta dell'orecchio fino a metà gamba, e un mugolio sommesso tradisce il mio apprezzamento. Le sue dita lasciano perdere i miei capelli e si inerpicano lungo la linea della mia giugulare, scendendo fino a giocare con la mia clavicola, ed è allora che le palpebre si abbassano facendomi perdere anche quell'ultima briciola di concentrazione.
Sei una troia” biascico.
Si mette a ridere di gusto, la sua solita risata stupida e cristallina che mi ha sempre scaldato l'anima, anche prima di stamattina, di ieri sera, di una settimana fa; cala il nasetto appuntito a respirarmi dietro l'orecchio, proprio dove poco prima la sua mano mi ha fatto tremare, ma mi rivolto, sottraendomi ai suoi giochetti crudeli e catturandogli il polso per fermarlo. E lui ride, ride ancora e sembra felice.
Ricordami perchè siamo sul divano”.
Guardavamo un film” risponde con un sorriso.
Intendo perchè siamo in questa posizione sconveniente sul divano ridacchiando come due piccioni in calore”.
Il suo sorriso si fa imbarazzato e lievemente malizioso.
Beh, mi hai baciato”.
L'hai fatto prima tu”.
Ma poi non hai cenato con me” ribatte con una punta di amarezza “E hai voluto dormire sul divano” osserva.
Ha ragione, ma non posso dargliela vinta, non subito: è un po' per conferma che lo strattono per i capelli e gli impongo di chinarsi a baciarmi, a regalarmi ancora un sentore della colazione fra il palato e la lingua, e lui risponde senza divincolarsi.
Non essere bacchettone” sussurra educato “Non è affatto sconveniente starsene cosi'”.
Ah no?” faccio sarcastico, supino con la testa sulle sue ginocchia.
Accenna di no con la testa, ma fa un sorriso dei suoi, uno di quelli che anticipano una delle sue.
Scatta, sfila le gambe da sotto di me con un'agilità che sempre gli invidiero' e mi scavalca con la destra stendendosi comodamente a cavalcioni su di me, la fibbia della sua cintura appena all'altezza del mio ombelico.
Questa è una posizione sconveniente” decreta sorridendo.
Mi scruta curioso, stupito della mia espressione stupita mentre mi sfiora il naso con il suo poco prima di sputare la frase che la mente sta elaborando da tutta la notte, e forse anche dal giorno prima:
E' assurdo, Miles”.
Sorrido io stavolta, allungando una mano a scostargli un ciuffo di capelli dagli occhi: è incredibile la rapidità con cui gli crescano, sembra ieri che siamo stati insieme a tagliargli e sono di nuovo una massa scomposta di boccoli uccisi alla nascita da un colpo di spazzola; entro l'anno potrebbero sfiorargli le spalle.
Cosa è assurdo?”
Io, te... questo strano noi nato per caso” spiega con una lentezza tale che sembra dubitare delle sue stesse parole “Ieri eri il mio migliore amico e ora...”
Sono il tuo migliore amico”.
E mi baci in un modo da considerarsi illegale”.
Cosi'?”
Non so da dove mi sia venuta di preciso, sarà la sua presenza a rendermi cosi' teatrale, ma gli prendo il viso fra le mani e mi scopro a succhiargli le labbra con un avidità rara persino per me, pronto a bermi ogni suo sospiro roco.
Nessuno dei due è in grado di sentire la porta aprirsi e dei passi maschili farsi piu' vicini fino ad entrare in salotto, fino a quando un pesante accento francese ci balbetta qualcosa di simile a “oh scusatemi, io non credevo...” poco prima di allontanarsi.
Ehy aspetta!” strilla Alex abbandonandomi le labbra e balzando in piedi, rosso in viso come non l'ho mai visto e decisamente affannato “Dicci tutto Peter!”
Il tecnico di studio si volta lentamente, una mano fra i riccioli ormai piu' grigi che biondi e uno sguardo sconvolto dietro i grossi occhiali da vista.
Beh ragazzi...” balbetta confuso “Scusate l'intrusione...”
Non hai interrotto niente!” esordisco io casualmente, forse perggiorando ulteriormente l'imbarazzo generale.
Peter sorride appena, ricomponendosi tiepidamente.
Volevo solo chiedere... beh, la sessione iniziava alle due e...”
Iniziava!?” balziamo contemporaneamente, io e Alex, lo sguardo di entrambi corre immediatamente al suo cellulare sul tavolino: le due e trenta, e i titoli di coda del film stanno finendo di scorrere in quel momento.
Alex alza le spalle con noncuranza prima di posare una mano sulla spalla di Peter.
Giorno libero Pete, lascia perdere tutto e va a farti una scampagnata nei boschi!”
Che cosa!?”
Ride, poi risponde divertito.
Dico sul serio, Turner e Kane pagano, voi vi divertite!”
Il tecnico ci squadra con un sopracciglio alzato, poi, prima di andarsene, tutto quello che aggiunge è un “E non solo noi” sarcastico, poi la porta si richiude con delicatezza.
Silenzio, il piu' assoluto e completo. Poi scoppiamo a ridere, contemporaneamente, a crepapelle, come se avessimo appena sentito la piu' divertente fra le barzellette.
Cristo Alex, hai appena buttato via una giornata di lavoro!”
E tu ti sei fatto beccare a limonare con me!”
Silenzio, di nuovo: nulla sembra piu' divertente, ma tragico, meravigliosamente tragico.

 

***
 

L'acqua della doccia sembra volermi togliere di dosso il nuovo odore dei baci di Alex, di questo nuovo strano sentimento e della decina di sigarette fumate insieme per il nervosismo di esserci scoperti qualcosa di piu' che migliori amici; l'acqua della doccia, bollente e sensuale, mi accarezza cosi' delicatamente da non allontanarmi troppo dal pensiero di Alex, e mi fa sogghignare all'idea che, da bravo idiota, non sto pensando ad altro che a lui da tutto il giorno. Sorrido, ad ogni chiusi sotto il getto caldo quando un leggero scricchiolio mi distrae: Alex, a piedi nudi sulla porta del bagno. Chiudo l'acqua.
Che ci fai qui?”
Prima di rispondere mi osserva a lungo, con la curiosa attenzione che lo contraddistingue dai comuni mortali, come se potesse capire tutto di me in un'occhiata.
Scusami” sussurra pronto ad uscire.
Figurati” non faccio in tempo a dirlo che è già tornato indietro e seduto sul water chiuso, le gambe accavallate e un gran sorriso.
"Devo fare la doccia anche io” si spiega “Ho avuto caldo stanotte”.
Lo osservo e non capisco cosa voglia: se ci fosse stato qualche secondo fine nel suo entrare in questo momento sarebbe già nudo e di fronte a me sotto la doccia, lui invece se ne sta seduto li' a guardarmi con tenerezza.
Non ti disturba se resto qui?”
Un cenno negativo del capo e riapro l'acqua; quale essere umano normale se ne starebbe li' a guardare qualcuno che si fa la doccia per il gusto di farlo? Lo occhieggio di tanto in tanto, e lui non mi toglie gli occhi di dosso mentre con estrema calma si sbottona la camicia e la getta scompostamente di fianco alla mia, ben ripiegata, ma è mentre porta le mani al bottone dei jeans che mi sento improvvisamente piu' debole, con il fiato un po' piu' corto, troppo poco sangue al cervello e troppo dove non dovrebbe.
Lo vedo arrossire di colpo, coi pantaloni già a metà coscia, e io faccio lo stesso trovandomi costretto a dargli le spalle per non rendere troppo evidente la mia attrazione; ruoto fulmineo il regolatore di temperatura su un freddo siberiale, il che aiuta.
Se vuoi me ne vado” balbetta fingendo di non guardarmi, ma fissando ostinatamente il mio riflesso nello specchio.
Resta”.
Non so perchè dopo una risposta del genere esco dalla doccia e mi arrotolo un asciugamano in vita a una velocità impressionante, ma cosi' preso dal coprirmi mi perdo l'entrata nella cabina doccia di Alex, intento a maledirmi per il getto gelido. E' bello, spudorato, ingenuo, l'acqua lo accarezza e non sa di essere perfetto; si strofina gli occhi schermati dalle ciocche di capelli, le scosta, mi guarda, mi spara dritto al cuore un sorriso, costringendomi a lasciare il bagno per buttarmi sul divano con una strana bestiola nascosta nel petto che mi martoria lo stomaco, lo stritola, lo rivolta, lo accarezza con una piuma.
Passa davvero troppo poco -visto che in quel lasso di tempo non sono riuscito a trovare una spiegazione razionale alla tachicardia- prima che Alex esca dal bagno con un asciugamano in vita, forse per imitazione, forse per insolito pudore. Aspetta che sia io a sedermi per fargli posto invece che spintonarmi come suo solito, poi si siede al mio fianco, le mani sulle ginocchia, i capelli umidi, le labbra secche.
Hai acceso tu la radio?” chiede con il tono di chi non sa come iniziare una discussione; non me ne ricordo, ma è stato probabilmente un automatismo, quindi annuisco senza una vera espressione sul viso mentre distrattamente sento passare qualcosa dal sound vagamente anni cinquanta.
Lo sento accoccolarsi piu' vicino, pescarmi una mano e giocherellare in un punta di dita con il profilo di uno dei miei anelli, girandoci intorno con l'indice a seguirne la spirale dorata, poi senza preavviso vi accosta le labbra e mi ci sfiora i polpastrelli in un gesto cosi' delicato che mi stupisco io stesso di trovarlo estremamente erotico. Nessuno strano giochetto di quelli che sembrano fatti apposta per alludere ad altro, nessuna sfida di sguardi ardenti, solo il tocco leggero delle sue labbra fra le mie dita e l'intero mondo sembra collassarmi addosso.
Sono eleganti” sussussa arrossendo lievemente stringendomi la destra con la sua, ma la mia mente è tanto annebbiata e turbata che non riesco a cogliere il significato di quelle parole.
Non riesco neppure a rendermi conto di avergli soffocato la frase fra le labbra e di avergli stretto la mano libera fra i capelli tanto forte da averlo fatto gemere, completamente e assolutamente affamato della soffice aridità delle sue labbra d'un carminio pallido, di averlo totalmente sovrastato e costretto a spingersi contro il bracciolo del divano, me ne rendo realmente conto solo quando l'umido calore del suo palato mi accarezza la lingua.
Una voglia ben conosciuta, la voglia, la brama, la smania di possesso immediato mi prende violenta e frammista a un cieco senso di colpa, come se trovassi inconsciamente il desiderio stesso profondamente sbagliato, come se sapessi che non è un mio diritto desiderare il mio migliore amico, desiderare Alex, che è qualcosa di piu' di un angelo, ed è una voglia non solo mentale, ma solidamente fisica, oserei dire quasi dolorosa per quanto mi sforzi cercando di riportare alla mente le immagini piu' orrende e tristi della mia esistenza di respingerla. Eppure i suoi baci non sono meno appassionati dei miei, le sue mani mi sfiorano il collo e le spalle come se cercassero di piu', i suoi respiri sono forti, quasi ansimanti, intercalati da mugolii impazienti; la mia mano si muove da sola, lungo il suo petto, soffermandosi per un momento all'orlo dell'asciugamano ma restandovi al di sopra prima di scivolare ad accertarsi che il suo desiderio sia presente quanto il mio... e restare delusa. Nessuna reazione, nessuna rigidità celata dall'imbarazzo e dalla spugna di cotone, come se non l'avessi neppure sfiorato Alex è assolutamente rilassato, cruda testimonianza della sua totale assenza di desiderio.
Mi stacco da lui velocemente, balbettando scuse inutili e strofinandomi le mani sulle cosce per farle smettere di tremare.
Sembra perplesso, Alex. Mi guarda come un cucciolo che sa di aver fatto qualcosa di sbagliato, con occhi enormi dal basso all'alto, l'intensità della sua espressione, del suo rossore, dei suoi ansiti inutili sembra amplificata dal silenzio.
Io...” balbetta cercando di riavvicinarsi; io, inerme al cospetto di quello sguardo, lo lascio fare “Non avevo capito... ecco...”
Santo Dio, quello sguardo confuso, quelle labbra umide della mia stessa saliva, quel viso arrossato che cerca di giustificare la propria ingenuità è quanto di piu' adorabile e snervante abbia mai visto, un po' come ritrovarsi davanti John Lennon in persona per poi ricordarsi che è morto nell'ottanta, meraviglioso e innarrivabile, in pratica.
Alex...”
No Miles, sono... un cretino, ecco”.
Alex...”
Voglio dire, siamo soli, siamo qui e...”
Alex!” gli prendo il viso fra le mani, lo bacio con tutta la tenerezza che riesco ad incanalare, lo faccio di nuovo e sento i suoi muscoli rilassarsi, arrendendosi al mio abbraccio “Non c'è niente che non vada, okay?”
Ma...”
Forse” dico ora con assoluta calma, consapevole delle mie parole “nessuno dei due è ancora davvero pronto”.

 


*

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** V ***


     I can still remember when your city smelt exciting:
     I still get a whiff of that aroma now and then.



*


Qualcosa di solenne è nell'aria stasera, cosa evidente fin dal momento in cui, al rientro da una silenziosa passeggiata in giardino, abbiamo trovato in frigorifero una cena ben piu' elegante e sontuosa del solito, e a giudicare da una piccola scatola di candele posata sul tavolo con un piccolo biglietto di ringraziamento per la giornata libera è evidente che Peter ci abbia voluto mettere lo zampino, sia maledetto lui con tutta la sua progenie.
Eppure qualcosa è evidente e serio, sia io che Alex ci siamo cambiati e rasati per la cena senza neppure dirci una parola, lui ha addirittura messo quel paio di jeans rossi per i quali mi ero complimentato in tempi non sospetti, io ho osato infilarmi una delle mie camicie nere, di quelle che fanno un gran figurone agli appuntamenti, e l'ho fatto senza rendermi minimamente conto di quanto il mio inconscio stia considerando Alex alla stregua di una qualunque ragazza; stupido inconscio, Alex, anche se fosse una ragazza, non sarebbe di certo una qualunque.
Ma si, tanto vale seguire il consiglio combinato di Peter e del mio cervello rincitrullito da ormoni e sentimenti, fregatene Miles, fregatene della sua identità sessuale e conquista come hai sempre conquistato: se la galanteria e la raffinatezza, a rischio di scadere nel clichè, sono sempre stati i tuoi punti di forza allora usali, nasconditi in cucina mentre Alex fuma e suona Patsy Cline ridendo da solo e prepara la tavola. Lo sai tu, lo sa lui, vi aspettate vicendevolmente qualcosa dall'altro e il clima di stasera è solo aspettativa, solo tensione al superamento della cena e alla scoperta di quanto è destinato a succedere.
Sto stappando il Château Lafit quando il sorriso stupito di Alex, arroccato piu' sulla guancia sinistra che sulla destra nella piu' dolce delle asimmetrie, mi raggiunge posandosi sul mio gesto di versare due dita di rosso in ciascuno dei bicchieri prima di appoggiare la bottiglia al centro del tavolo, fra la candela accesa e la zuppiera ricolma di vellutata fredda. Gli viene da ridere, è evidente, ma l'imbarazzo -sia suo che mio- lo trattiene, e si limita a sedersi al lato piu' corto del tavolo, permettendomi di accomodarmi sull'altro lato dell'angolo al suo fianco.
Non sapevo avessimo un appuntamento, Miles” sussurra a occhi bassi raccogliendo il suo calice in un gesto leggero.
Neppure io”.
I bicchieri tintinnano un solo istante ad anticipare il primo sorso.
Sarà il vino, sarà la luce soffusa, ma quando il cucchiaio gli scivola fra le labbra ricolmo di minestra mi scopro con la bocca socchiusa, il mento proteso al suo gesto, quasi adorante in un brivido d'invidia per una semplice posata e lui accorgendosene arrossisce violentemente, passandosi la lingua sulle labbra in un gesto nervoso che non fa che incrementare il mio desiderio represso di sospirare.
Scusa” balbetto prendendo a mangiare a mia volta “Non è carino... fissare”.
Lo sento ridere, poi la sua mano sul mio braccio.
In realtà è che nessuno mi ha mai guardato cosi' mentre... voglio dire, sto semplicemente mangiando, è strana tanta venerazione”.
Io non venero nessuno”.
Oh, scusa” il suo tono è velato di malizia e sarcasmo mentre si affonda in bocca la seconda cucchiaiata, poi con calma allunga un dito a raccogliere la goccia di vino che cola dalla bottiglia e se lo tuffa fra le labbra senza scollarmi gli occhi di dosso.
Lascio andare il sospiro, piu' violento di quanto aspettato.
Oh Miles!” ride riprendendo il cucchiaio e abbassando gli occhi sulla fondina “E' stupefacente e lusingante il potere che esercito su di te!”
Rido anche io perchè non posso fare altro e fra un sorso di vino e l'altro la zuppa finisce e lo stomaco è abbastanza chiuso dal nervosismo da farmi passare qualunque voglia di torta salata che pure ci tocca assaggiare per non tradire l'ansia di finire di mangiare il piu' in fretta possibile; fra uno sguardo e l'altro, un sorriso mio e uno suo, la bottiglia si ritrova tanto vuota che per ricavarne qualcosa la si dovrebbe strizzare, e i nostri occhi non ne sono immuni. Quasi mi dimentico che c'è del dolce in frigo, che pure Alex rifiuta.
Ecco, il maledetto momento in cui il bicchiere si svuota definitivamente, la sedia sembra scostarsi da sola dal tavolo ma nessuno dei due ha il coraggio di alzarsi da tavola per non dare un'impressione affrettata; pensavo che due amici fossero immuni da questo genere di imbarazzi ma mi ricordo quasi immediatamente che non siamo piu' solo amici, anche se nessuno ha la certezza di cosa siamo effettivamente. Cerchiamo di sostenere l'uno lo sguardo dell'altro, fallendo, e ritrovandoci a fissarci le mani senza niente da dire. Probabilmente è una questione di ruoli indefiniti, di qualcosa poco chiaro già dal principio e... al diavolo.
Sai Alex...”
Si?”
Diamine, mi hai fatto perdere lo slancio, e quei tuoi occhi finalmente nei miei mi congelano.
Beh, io...” un tentativo goffo ma è qualcosa.
La suspence mi uccide Miles, dimmi!” sorride, e anche se quella punta di sarcarsmo mi snerva butto fuori le parole piu' spudoratamente del previso.
Volevo chiederti se posso baciarti, ecco”.
Il suo respiro sembra bloccarsi improvvisamente, quasi con violenza, i suoi occhi si fanno per un momento ancora piu' grandi per lo stupore e passano dai miei a un punto imprecisato sulla tovaglia, poi si abbandona a un colpetto di tosse nervoso.
Mi chiedi il permesso ora?”
Posso o no?”
Ride, di gusto stavolta, poi allunga un dito, l'indice, e me lo appoggia sotto il mento, traendomi a sè a meno di un centimetro dalle sue labbra, lasciandomi indeciso su chi sia il sedotto e chi il seduttore fra i due, la certezza sull'indefinibilità al riguardo mi arriva quando arrossiamo nello stesso istante, ridendo sottovoce, cercando l'angolo giusto del bacio prima di riuscire ad incastrarci. Sembriamo due bambini sorteggiati da una fortunata rotazione della bottiglia sul pavimento.
Non scolla la bocca dalla mia, forse schiude gli occhi per cercare la mia mano ma non mi lascia mentre finalmente ci alziamo, solo per centrare la porta del salotto si scioglie da me con un sorriso buffo, allusivo. Si butta sul divano senza troppa grazia e si sfila le scarpe con le punte dei piedi sul tallone e incrocia le gambe scompostamente, spettinandosi dietro la nuca senza smettere di fissarmi con occhi velati dal vino; appoggia lo zigomo al pugno chiuso e batte con la mano libera sul cuscino accanto a sè in un muto invito.
Mi siedo al suo fianco e tutto quello che mi aspetterei sono ulteriori sguardi imbarazzati e rossori, altri mezzi e sorrisi e accenni di bacio, non Alex che mi pesca dal mio posto tirandomi per il colletto e affondandomi la lingua in bocca come se ci avesse perso dentro qualcosa, frugandoci con tanta foga da prendermi alla sprovvista e facendomi scaturire un gemito dal centro del petto; e gli prendo il viso fra le mani, e mi ritrovo a dipingergli il profilo delle labbra in punta di lingua per avere qualche istante di tregua dalla sua fame assassina, improvvisa come un fulmine o una lacrima di spavento, una sorta di attacco di bulimia affettiva che spero non rigetterà in una prossima serata di freddezza e mistero come suo solito.
Con calma, come un neonato quasi sfamato, il ritmo dei suo baci si fa piu' moderato e morbido, riprendendo la sua tipica dolcezza con una naturalezza che mi insospettisce; la mia mano è tornata nella sua come se le fosse sempre appartenuta, non aspettandosi o desiderando nulla di piu' di questo... quando è proprio quella di Alex a farsela scivolare senza fretta lungo la coscia, raggiungendo l'inguine e fermandosi, come per accertarsi che non la allontanero', prima di premerla con delicatezza fra le gambe, solo per permettermi di constatare quanto quei jeans rossi siano stretti, e probabilmente fastidiosi, vista la netta reazione che il nostro scontro orale ha suscitato in lui. Sorride con malizia quando mi stacco dalle sue labbra senza trovare il coraggio di slacciare la mano dalla sua, premuta sulla sua evidente erezione.
Se era questa la tua paura sta tranquillo” recita con assoluta tranquillità “anche tu mi piaci, Miles, ma se vuoi che sia evidente evita di finire l'acqua calda quando fai la doccia”.
Non faccio in tempo a ridere dal momento che mi ha già baciato di nuovo. La mia mano è cosi' immobile che mi sento male per lui... in fondo non sarebbe la prima volta, certo non su qualcun altro, ma dovrebbe essere sostanzialmente la stessa cosa, stessa tecnica, stesso tipo di reazione, solo... non su di me. Ma che cosa mi viene in mente!? Di mettermi a toccare Alex fingendo di ignorare che sia un ragazzo e che dovrei fare esattamente come quando sono solo e bisognoso di sfogo!? Inutile pensarlo, tanto dovevo sospettarlo che la mia mano avrebbe cominciato da sola a strofinarsi sul tessuto in attesa che la mia mente elaborasse qualcosa di piu' appropriato.
Il suo respiro si fa automaticamente piu' pesante e non posso fare a meno di pensare a quanto noi uomini siamo davvero tutti uguali e la sua mano abbandona la mia lasciandomi fare prima di ridiscendere solo un momento a slacciarsi la cintura, poi le sue labbra cercano le mie con maggiore urgenza prima di aprire il bottone dei pantaloni e abbassare la cintura, un gesto che io stesso mi sono ritrovato a fare decine di volte in situazioni analoghe. Sembra che lo faccia per semplificarmi le cose, per evitarne a me l'imbarazzo e la tensione; non li abbassa, non mi guida la mano, si limita ad aprire la patta e a lasciarmi fare secondo il mio tempo e la mia voglia: lo sguardo che mi lancia schiudendo per un solo istante gli occhi languidi mi lascia facoltà di decisione, anche se il profilo teso della sua erezione sotto la stoffa, sotto le mie dita, non mi lascia davvero molta scelta... in fondo so che devo soltanto fare cio' ho sempre voluto fosse fatto a me in queste situazioni, lasciare che mi permetta di baciarlo con meno impegno e piu' attenzione ad altro tipo di reazione mentre faccio scivolare la mano oltre l'orlo dei jeans, uno strato piu' vicino al suo piacere e lui si stacca da me abbandonando la testa all'indietro sulla testata del divano. Un sospiro, intenso, come l'avesse trattenuto a lungo, gli scivola sulle labbra come se stesse esalando l'anima.
 Solo allora oso tendere delicatamente l'elastico dei suoi boxer e fare un profondo respiro prima di osare toccarlo, scoprendolo quasi il mio riflesso per reazioni e manifestazioni delle stesse al tocco di un altro: il suo respiro sembra bloccarsi all'improvviso e devo offrirgli il mio per invitarlo a non trattenersi, a lasciarsi andare come se fosse solo.
I suoi occhi si addormentano e mi si fa piu' vicino, appoggiandosi a me, solo allora trovo il coraggio di liberare il suo desiderio dalla stretta delle mutande e si accarezzarlo senza fretta, cercando di coordinare il suo piacere al ritmo dei suoi respiri, dei battiti del suo cuore cosi' vicino alla mia mano libera. Una specie di mugolio mi indica che probabilmente la tecnica è quella giusta.
La sua mano sul mento mi avvicina per un bacio leggero che si risolve nell'implacabile soffio dei suoi ansiti nella mia bocca socchiusa, e le nostre lingue impegnate a promettersi giochi piu' impegnativi per un secondo momento; le sue labbra, se possibile, sembrano quasi piu' rosee e deliziose del solito, e mi spronano ad intensificare la stretta, con sommo stupore e gradimento da parte di Alex, costretto a mordersi il labbro inferiore per non gemere in un'espressione cosi' innocente e sensuale da rendermi pienamente sfacciato: mi avvicino in un bacio che richiede espressamente di sciogliere quella morsa e lasciarsi andare. Un'improvvisa e leggerissima umidità nella mia mano mi indica che ha appena varcato quella sottile soglia che travalica il semplice piacere e imbocca la strada per l'apice, quell'angolo di Nirvana che impedisce al fortunato di reagire alla sua stessa esistenza; buffo come mi renda conto di quanto possa essere bello ammirare le espressioni sul viso di un Alex in fase di plateau proprio in Francia: sembra avermi dato retta a giudicare dall'estasi sofferente dipintagli in faccia, il rossore, gli occhi stretti per concentrarsi, le labbra socchiuse in un gemito.
Tenta di afferrarmi il polso un attimo prima del punto di non ritorno, ma ha le forze necessarie soltanto ad articolare il mio nome prima di abbandonarsi a pochi secondi di trance assoluta, il respiro incontrollabile, il battito cardiaco al galoppo piu' sfrenato, poi si abbandona con la testa sulla mia spalla in una specie di risata che è piu' un lamento soddisfatto. Gli regalo un piccolo bacio, giusto per carineria, è una cosa che personalmente apprezzo; lui sorride.
Miles?” una nota dolce nella sua voce, nel suo sguardo abbandonato, nella sua espressione rilassata di profonda soddisfazione.
Si, Alex?”
Forse...” ride, abbandonandomi le labbra sulla tempia “forse è meglio che tu vada a lavarti le mani”.

 

***
 

L'aspettato senso di disgusto non è arrivato quando mi sono sentito scivolare fra le dita l'orgasmo di Alex, nè quando lui stesso mi ha fatto notare la necessità di lavarmene, nè ora che l'acqua mi scorre fra le mani; anzi, una specie di riflesso della sua soddisfazione mi si è dipinto in faccia in forma di sorriso. Rifletto sulla necessità di usare o meno il sapone, come temendo che facendolo considerassi Alex qualcosa di sporco, da eliminare in ogni suo residuo, poi rido dei miei stessi ragionamenti idioti e le lavo decentemente.
Mentre mi asciugo sento le sue mani grandi e calde sfiorarmi le spalle e mi chiedo se sia apparso dal nulla: non ho sentito la porta aprirsi; le morbidezza delle sue labbra mi sfiora la nuca, le sue mani le braccia, come incuriosite dalla sensazione della stoffa contro la pelle.
Dimmi” faccio in un sussurro.
Niente” risponde serio “Pensavo”.
E a cosa?”
Scoppia a ridere della sua solita risata scema, come se fosse sinceramente divertito.
Miles, a cosa potrei pensare in questo momento?” mi stringe una mano, la stessa che fino a pochi minuti fa stava toccandolo senza tutta quell'innocenza; mi fa voltare per guardarmi dritto negli occhi, per assicurarmi che non abbia il coraggio di mentire “Dimmi che l'hai fatto perchè ne avevi voglia, perchè tu l'hai deciso e non te ne penti” nei suoi occhi c'è una luce di supplica e timore, una specie di paura.
Sorrido, intenerito da quella versione altruistica del classico “dimmi che mi ami” e gli sfioro una guancia con la mano libera, sfiorandogli il mento con un bacio.
Alex, non potrei mai pentirmi dopo averti visto...” sospiro involontariamente in una pausa che potrebbe apparire imbarazzato “dopo averti visto venire”.
Arrossisce violentemente.
Neanche io mi pentirei” dice in tono risoluto, con un'espressione che vorrebbe apparire maliziosa ma che risulta troppo stanca e brilla per esserlo; la sua mano senza dolcezza o richiesta di permesso mi scivola fra le gambe in un'ottima presa di quanto di me è rimasto inappagato, facendomi esplodere in un gemito osceno e involontario.
Le sue labbra prendono possesso dei pochi centimetri di pelle liberi sotto il mio orecchio sinistro.
Alex...” riesco a malapena a sussurrarlo ma è sufficiente a farlo fermare.
Okay, scusa” si stacca da me in un sorrisetto deluso “Non ti va”.
Oh no Alex” aggiungo cercando di essere gentile; lo prendo per mano “E' che non mi va ora. Vorrei solo... emh...”
Dormire?” accenna.
Quello”.
Qualche istante di imbarazzo quando la sua voce supplichevole taglia in due il silenzio.
Dormi con me?”

 

***
 

Quando mi sveglio non mi ritrovo a maledirè nè la luce solare, nè il canto festoso di qualche passero, nè il fracasso di Alex che fa cadere qualcosa preparando la colazione, ma come una specie di carezza, come svegliarsi da soli ma con piu' dolcezza, come un fruscio che ti sfiora orecchie e anima. Sbadiglio vistosamente.
Accidenti!” Alex si lamenta sottovoce, battendosi le mani sulle gambe incrociate.
Al?”
Non volevo svegliarti” si giustifica subito “Stavo solo...”
Solo ora mi rendo conto di essere del tutto scoperto -il lenzuolo è appallottolato in fondo al letto- con addosso solo le mutande e Alex seduto accanto a me nelle stesse condizioni e con un'espressione leggermente colpevole ma molto imbarazzata.
Che diavolo stavi facendo!?” sbadiglio.
Arrossisce enormemente ma a parte una risatina sforzata non si muove da dov'è; in fondo dopo aver passato l'intera notte abbracciato a me come se fossi il suo orsacchiotto preferito quella distanza sembra quasi eccessiva.
Io scoprivo, ecco” risponde con un'alzata di spalle.
Me?”
Chi se no?”
Lo guardo perplesso in risposta.
Qualcosa di interessante?” chiedo in un'alzata di sopracciglia.
Oh si” annuisce con decisione e non senza malizia; allunga una mano sulla mia spalla, facendola scivolare lentamente lungo il braccio, dalla clavicola al gomito: la pelle d'oca mi raggela piacevolmente tutto il lato sinistro del corpo “Qui...” elenca spostando la mano sulla mia pancia facendo immediatamente contrarre ogni singolo muscolo nel tentativo di non respirare; lui sorride come se fosse onnipotente “...qui...” con la mano libera si allunga a pescarmi il piede, poi lo sfiora con delicatezza e quando socchiudo gli occhi lui sembra capire che non è per il sonno “...e qui. Non soffri il solletico: ti piace”.
Riderei se non fossi stregato dal suo tocco sulla caviglia.
Davvero delizioso Al, da quant'è che stai facendo questo gioco?”
Cinquantotto minuti”.
Spalanco gli occhi, impressionato da tale precisione.
Cronometravo! Volevo raggiungere l'ora senza svegliarti” sbuffa.
Quindi mi stai dicendo che tu mi stai toccando da un'ora con lo scopo di scoprire le mie zone erogene senza farti scoprire da me!?”
Oh no, scoprimi quando vuoi, ma prima devo finire!” risponde serio stendendosi il piu' vicino possibile al mio piede, allarmandomi all'improvviso.
Aspetta!” strillo al limite dell'isteria anche se vorrei apparire minaccioso “Frena. Fermo. Non ci provare. Alex, no.”
Ma io...”
Scordatelo”.
Mi addenta l'alluce. Moriro'. Reazioni sconvenienti, molto sconvenienti, sconvenientissime. Testosterone, troppo testosterone, è troppo presto per queste cose.
Ehi...” esclama gioioso addocchiando decisamente piu' in alto del mio piede “Ciao anche a te!”
Da dove l'ha tirata fuori tutta la sfacciataggine di stamattina, lui, il ragazzino timido pronto ad arrossire per uno sguardo troppo intenso, capirei se fosse ancora sotto l'effetto di alcolici ma è decisamente troppo presto; il fatto è che abituato come sono a essere io stesso l'immagine della malizia che scoprirla in un altro, tantopiu' uno come lui, mi sconvolge completamente. Due dita come minuscole gambe mi passeggiano sulla tibia risalendola lentamente, delicate come i piedini di una fata, ma quando la sua mano mi arriva a metà coscia rotolo di lato impedendogli categoricamente di andare oltre.
Ma Miles!” protesta come un bambino offeso “Guarda come sei messo!”
Cerco la scusa piu' plausibile e la sputo come una sentenza affrettata.
E' la mattina, Alex”.
E perchè non approfittarne?” mi lascia basito una battuta cosi' diretta da parte sua al punto da permettergli di accucciarsi alle mie spalle, due dita a spostarmi una ciocca dietro l'orecchio “E' ingiusto Miles: tu hai visto me in quello stato e tu vuoi sottrarti dallo stesso tipo di messa a nudo... di cosa hai paura?”
Vorrei spingerlo via e mandarlo a farsi fottere ma quel suo tono suadente mi mette in testa tutt'altro genere di idee e mi limito a scostarlo con delicatezza.
Miles!” questa volta quasi lo grida “Mi hai fatto quasi sentire in colpa per non aver capito le tue intenzione e non averti fatto sentire desiderato e ora tu addirittura mi respingi? Credi che sia stato facile lasciarmi andare? Lo sai come sono fatto, la mia fiducia è qualcosa di raro e...”
Al...”
Non vuoi che lo faccia io” lo dice con un tono cosi' serio che quasi mi spaventa, e non c'è ombra di dubbio nella sue parole “Vuoi me ma non che io...”
Alex...”

Va bene” si infila la camicia senza un lamento e senza un sorriso, ma ne accenna uno sedendosi di fronte al letto, con le braccia sui braccioli della poltroncina come un principe che gioca a sedere sul suo futuro trono “Fai da solo allora”.
Che cosa...?”
Toccati”.
Non so se scandalizzarmi o mettermi a ridere, ma nel suo tono non ci trovo ironia e stranamente neppure perversione: sembra davvero semplicemente curioso, oppure lievemente offeso dal mio comportamento, ma nulla di piu'.
Alex...”
Ho capito che non vuoi essere toccato da me, ma se non ti sfoghi o impazzisci o finisco violentato, quindi forza... o ti lasci aiutare o ti aiuti da solo” esita un solo minuto, poi smette di guardarsi le mani per fissarmi dritto negli occhi “e voglio essere presente in ogni caso”.
A bocca aperta ricambio il suo sguardo, indeciso se sia piu' opportuno eccitarmi ancora peggio di quanto non sia già e dargli retta o smaterializzarmi per riapparire a casa mia ed evitare di uscirne per il resto dei miei giorni.
Dunque?” questa volta sorride, con quella malizia che sembra aver scoperto solo in mia compagnia; si inumidisce le labbra, ormai consapevole di quanto mi faccia impazzire.
E' uno sguardo di sfida, immobile nel mio cosi' intensamente da farmi credere che non sbatta le palpebre, come quella due giovani leoni: il primo che abbassa lo sguardo perde e starà al gioco dell'altro; e va bene Turner, ti conosco da due anni, conosco la tua cocciutaggine meglio di tanti altri e quei tuoi occhi immensi come quelli di una cerva e conturbanti come quelli di un demonio non mi sono d'aiuto in una decisione a mente fredda. Lo so per certo che non me la darai vinta, ma tu non riuscirai a mettermi in soggezione.
Quando la mia mano destra va a tastare la mia scomoda situazione fra le gambe i miei occhi sono ancora fissi nei suoi, senza alcuna intenzione di staccarsene, e anche quando accenno ad accarezzarmi al di sopra della biancheria a parte un impercettibile sorriso beffardo la mia espressione non muta, a differenza della sua, che sembra attraversata da un'ombra inquieta.
Trattiene il respiro per un momento quando mi lascio scivolare la mano negli slip e ancora non calo l'attenzione alle sue reazioni e in quel momento capisco che il suo stesso ghiochetto gli si è rivoltato contro, anche se non ammettera' mai di aver perso, di essere lui quello eccitato da me e non il contrario.
Problemi, Al?”
Scuote la testa, ricordandosi finalmente di respirare mentre io stabilisco una presa decente e un ritmo tale da mantenermi lucido e concentrato senza dispiacermene, e non smetto di guardarlo fino a quando non sono certo che il suo respiro affrettato non sia che un sintomo di una rovinosa erezione; mi concedo di appurarmene con lo sguardo.
Evidentemente si” e il mio è un sorriso di pura e intima soddisfazione: ho vinto io.
Miles...”
Sappi che non mi daro' una mossa fino a che non sarai venuto qui a baciarmi decentemente, stronzetto sadico”.
Piu' che un avvertimento il mio sembra un ordine: si alza di scatto, come spinto da una molla e si butta sul letto al mio fianco, chiudendomi una carezza sulla guancia e invadendomi la bocca con un bacio dal sapore disperato; mi ferma il polso con la sinistra, impedendomi categoricamente di continuare.
Perfino delle tue mani sono invidioso” mi informa in un mezzo singhiozzo.
Rido, cercando di scambiare le posizioni delle nostre mani e riprendendo il bacio con una pazienza un po' oscena.
Beh, mica mi lascerai cosi'!” lo accuso con un mezzo sorriso allusivo.
Oh no, mai”.
Bene...”
Il suo tocco mi invade in un riflesso del suo bacio, delicato e gentile, molto piu' paziente del mio, ma non per questo meno abile: evidentemente è uno senza fretta, che sa prendersi il suo tempo e il suo piacere -in questo caso il mio- con estrema calma e attenzione...
Cristo, Alex...” mi sfugge, giuro che non volevo.
Un bacio morbido, un avvertimento della sua presenza al mio fianco.
E' che mi stai tirando scemo”.
Se vuoi la smetto...”
No!”
Si mette a ridere, senza smettere di toccarmi, senza mutare minimamente il ritmo o la tecnica impeccabile, poi la sua espressione muta e si fa seria e scura.
Tranquillo... non in quel senso”.
Mi fissa dritto negli occhi mentre mi dimostra che sa il fatto suo, che sa cosa voglia dire concludere, che sa anche come farlo in fretta. Io probabilmente riesco solo a dimostrare che so restare in apnea abbastanza a lungo da partorire un gemito cosi' indecente da sentirmi la sua mano libera premuta sulla bocca; quando riprendo fiato -per quanto mi sia possibile- e le sue labbra sostituiscono la sua mano lo bacio in fretta per poter parlare:
Sei eccitato anche tu” sentenzio cercando di metterlo a disagio almeno quanto lo sono io.
Oh si” ammette “ma a differenza di te io non scappo”.
E per una volta so benissimo cosa devo fare.


*

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** VI ***


     Burglary and fireworks:
     the skies they were alighting.

 

*
 

Alex ha passato la giornata al telefono. A parte un paio di sorrisi e un bacio abbandonato sulle mie labbra come una mancia sul bancone di un bar dopo pranzo sembra avermi ignorato per tutta la giornata, uscendo per una lunga passeggiata in giardino durante la quale sono piu' che sicuro abbia parlato tutto il tempo con Alexa. Che idiota, come ho potuto pensare che sarebbe funzionata con lei di mezzo, lei, una sorta di alter ego femminile, il suo corrispettivo, una sorella incestuosa; sarebbe come separare due metà di un frutto perfetto senza usare il coltello. Quel sorriso, quello che gli appare in volto quando parla con lei, al telefono o di persona, il modo che ha di guardarla, anche quando non è presente, come se riuscisse ad immaginarla davanti a sè, quell'espressione improvvisamente piu' raddolcita del solito, come se non gli importasse nulla se improvvisamente un meteorite cadesse in testa, se riuscisse ad avere lei negli occhi come ultimo saggio del mondo, tutto questo scrive a chiare lettere quanto la ami, quanto sia inutile tentare, corteggiarlo e riverirlo come un principe, dal momento che il suo cuore è evidentemente votato a lei, una specie di angelo dagli occhi chiari e il corpo di una fata.

L'ho visto passeggiare col telefono all'orecchio, e rideva di pura gioia mentre il mio cuore s'incrinava di gelosia e terrore, terrore che al suono della sua voce si ricordasse la vera natura del proprio amore, decidesse di concludere in fretta le registrazioni e sparire per sempre dalla mia vita, capendo che dopo due anni di fedele amicizia avevamo sbagliato tutto.

Dopo aver appeso l'ho spiato ragionare fra sè passeggiando avanti e indietro nella zona piu' ombrosa del giardino battendosi il cellulare sul palmo della mano sinistra, come elaborando un discorso, probabilmente cercando le parole adatte a comunicarmi la sua decisione di lasciare perdere, di cancellare quanto accaduto, fingere di essere rimasti i buoni amici di sempre per non buttare alle ortiche tutto l'affetto e la stima costruiti insieme. Io pero' so di non poterlo sopportare, non ora, non oggi, non dopo quanto accaduto ieri sera e questa mattina, non dopo aver capito di aver completamente perso il controllo di me stesso nei suoi confronti; non posso perchè crollerei e ho bisogno di raccogliere le forze per sopportarlo o fingere dignitosamente di riuscirci.
Io esco” lo butto là come se lo dicessi alla porta, non ad Alex.
Dove vai?” lo chiede con gentilezza, e con un sorriso che trasuda la stessa snervante felicità che aveva in faccia durante la telefonata con Alexa; ipocrita.
Fuori”.
Questo lo avevo capito” ride dolcemente “Mi chiedevo se avessi una meta precisa o se vaghi sperduto per la campagna francese senza...”
So cavarmela, grazie” rispondo duramente “Mi faccio un giro”.
Okay” sembra offeso.
Lo vedo riattaccarsi al cellulare prima di richiudermi la porta alle spalle.

 

***

 

Trovare il coraggio di rientrare, di sentirsi crollare addosso tutto il peso delle conseguenze, di lasciarsi avvolgere dall'ansia e dall'ineluttabilità di quanto sta per accadere, sentirsi la fine crollare fra le braccia come una ninfa svenuta e toglierti la forza di abbassare la mano sulla maniglia è l'ultima cosa che avrei voluto fare; sarei rimasto fuori, a piedi, in bicicletta, in auto, a vagare per i dintorni senza meta o a infiltrarmi in studio da solo a registrare inutili sovraincisioni che forse non useremo mai solo per far fruttare qualcosa la giornata in eterno se il sole non avesse deciso di andare a dormire prima di me.
Sono un codardo, me ne rendo perfettamente conto, e tutto quello che vorrei fare è scappare il piu' lontano possibile da questo fazzoletto di Francia e tornarmene a casa per restarci, chi se ne infischia dell'album, dell'affitto pagato per alloggio e studio, della bella vacanza, di Alex: non posso sopportare di perdere un angolo di pace proprio ora che la mia vita sembrava aver preso la giusta svolta, da miserabile musicista da pub a perfetta metà di un duo di una qualità che non si vedeva dai tempi di Lennon e McCartney, o Page e Plant, o Simon e Garfunkel; ma sono altrettanto consapevole che scappando di certo non contribuiro' a tenermelo stretto, piuttosto lo scagliero' lontano da me, come un Edipo che, tentando di eludere il proprio destino, altro non fa gettarglisi incontro.
La maniglia finalmente si abbassa con una facilità che fino a pochi secondi fa avrei creduto impensabile, convinto com'ero che il nervosismo avrebbe piegato la mia mano al suo posto, e con altrettanta facilità la porta si apre, rivelandomi dall'altra parte un Alex ben vestito e nervoso, attaccato al cellulare come quando c'eravamo lasciati. Appena mi vede la sua espressione sembra rilassarsi e strilla gioioso nel cellulare.
Sta tranquillo Peter, è tornato, grazie dell'aiuto” e attacca.
Mi osserva a lungo, forse studiandomi per costruire l'intonazione giusta del suo discorso d'addio, poi finalmente sorride, ma non del sorriso amaro e dispiaciuto che avevo ipotizzato, bensi' un sorriso acceso e solare, come se fosse immensamente felice e sollevato alla mia vista; mi prende una mano, come per accertarsi che sono davvero li' davanti ai suoi occhi.
Miles!” ride felice “E' tutto il giorno che sei fuori, ero in pensiero!”
Tranquilla mamma, sono solo uscito per una passeggiata!” lo schernisco, per stemperare cio' che verrà dopo, certamente peggiore.
Vieni idiota!” mi strattona per la mano, diretto alla camera da letto.
Si puo' sapere che...” ma lo spettacolo che mi si par davanti mi impedisce di continuare a maledirlo: sul letto ha portato il vassoio di legno che ho visto i cucina stamattina, imbandito di stuzzichini francesi -formaggi, confetture, frutta secca e persino fois grais- e una splendida bottiglia nuova del miglior cognac che si fossa trovare in circolazione.
Alex, io...” dopo essermi asmettato un colossale due di picche tutto quello che riesco a spingere fuori dalle labbra sono mezze parole smozzicate e balbettii del suo nome, stupito e grato di quello splendore pronto per me; ma è lui lo splendore piu' grande, nel suo completo migliore come se dovesse partecipare a una cena di gala.
Cognac Delamain speciale” sussurra porgendomi la bottiglia “Sai che non me ne intendo, ma spero valga quel che è costata dolcezza” cosi' dicendo si riprende il cognac quasi strappandomelo di mano e puntandomi l'indice della mano libera al centro del petto, proprio sullo sterno, guidandomi a ricadere seduto sul letto accanto al vassoio, poi si inginocchia di fronte e sfilarmi le scarpe prima di dare possibilità alla mia mente di pensar male.
A mani aperte mi spinge a rotolare fino all'altro capo del letto, e sono io a dovermi premurare di non urtare niente di cio' che lui -o piu' probabilmente la gastronomia piu' vicina- ha preparato, e dopo avermi sistemato dove meglio crede si sfila la giacca e si lancia al mio fianco, facendo ondeggiare il materasso e costringendomi a ridere. Finalmente mi restituisce la bottiglia, invitandomi ad aprirla e lanciandomi battutine allusive supplicandomi di non finirla da solo.
Beh” provo ad accennare dopo aver servito ad entrambi due dita di acquavite e averne annusato l'aroma, decisamente migliore del precedento “Dimmi Alex, vuoi insegnarmi come si beve normalmente il cognac o stai solo facendo il ruffiano?”
"Direi tutte e due le cose”
risponde con un sorriso dolce imitando il ruotare sinuoso del mio polso per spargere il profumo alcolico in tutto il bicchiere “e molto di piu'”.
Quindi... posso?” allungo due dita a raccogliere da un piattino un crostino, ma lui mi ferma prontamente, non solo schiaffeggiandomi il polso, ma anche levandomi di mano il bicchiere per posarlo accanto al suo sul comodino.
Assolutamente no, manca una cosa importante!” ribatte duro, con uno sguardo che mi pietrifica.
Oh, scusa” credo di capire quando mi allungo alle sue labbra per un frettoloso ringraziamento, ma lui si sottrae, come contrariato.
"No, non hai proprio capito!” ride divertito tamburellando le dita sul mio ginocchio con aria maliziosa, scrutando la mia espressione confusa aspettando che io ceda alla curiosità.
Dunque?” lo accontento.
Non faccio in tempo a finire la parola che lo vedo sfilare da sotto il vassoio una mia cravatta di seta, e darle una strattonata tra le due mani con fare minaccioso, come se volesse strangolarmici o darmi una frustrata.
Alex?”
Si lancia alle mie spalle con agilità e mi stringe i polsi in un nodo che non puo' aver imparato da solo, troppo preciso e resistente ma non abbastanza stretto da farmi male; eppure la cosa mi inquieta comunque.
D'accordo Alex, va bene, molto divertente, potresti per favore...”
No” risponde sfoderando un'altra cravatta, nera e di stoffa pesante e coprendomici in fretta gli occhi, e fissandola con un nodo perfetto: sono nella trappola di quel piccolo stupido maniaco.
Bene, sono in trappola di uno psicopatico che, come tutti gli autentici psicopatici, si svela come tale solo quando il suo piano si stende chiaro sotto gli occhi della vittima; probabilmete ha nascosto la chiave per liberarmi in uno di quelle prelibatezze avvelenando tutte le altre, oppure ha drogato il cognac per farmi vivere un'esperienza allucinogena, oppure sono pazzo... qualcosa alla Saw o alla romanzo di Stephen King.
Da cosa vuoi cominciare?” sussurra mentre sento il suo peso che si sposta da dietro di me al lato del letto con il vassoio “dolce o salato?”
Mmh... salato?”
Sento davanti al naso un profumo interessante, molto intenso, a tratti fragrante, e mi ritrovo costretto a schiudere la bocca, dove viene adagiato un minuscolo crostio al formaggio, un formaggio particolarmente forte, con una punta di miele profumato sulla cima: semplicemente delizioso. Poi un paio di labbra conosciute, premute con forza sulle mie: deliziose anche quelle, ma quando schiudo leggermente le mie vi sento riversata una sorsata alcolica, del miglior cognac che si possa chiedere. Tossisco.
Alex!”
Buono?”
Si, ma sembra tu stia tentando di uccidermi”.
Lo sento sbuffare rumorosamente, come un bambino cui è negato il giocattolo nuovo.
Pensavo fosse divertente...” borbotta sciogliendomi i polsi che iniziavano a dolermi un po' per il nodo cosi' preciso “ma sei il solito noioso” mi sbenda e la luce mi acceca, lasciandomi intontito per un po'; decido di regolarla un po' piu' bassa, cosa che grazie a questi tecnologicissimi interruttori francesi è possibile fare.
Va bene, sono noioso” acconsento lanciandomi in bocca un chicco d'uva passa.
Un vecchio”.
Vetusto oserei dire” e mi verso un bicchierino offrendogliene un secondo.
Un vero cagacazzo” conclude accettandolo.
Addirittura”.
Sbuffa.
Alex raccoglie il vassoio e lo porta a passi lesti in cucina: non sembra arrabbiato, anzi, è quasi divertito; probabilmente neppure lui, come me, aveva realmente fame. Già lo so che ci alzeremo stanotte, e fra una birra e una sigaretta sbaferemo tutto, ma stanotte.
Ma quale notte? L'oscurità è già calata da un pezzo, ed è cosi' densa e priva di stelle da far paura, cosi' pura che fa quasi schifo rovinarla col cibo, col sesso, perfino con la luce. La notte è tersa come certi cieli d'inverno, e filtra violenta dalla finestra, come se tutto questo -la casetta che ci ospita, il giardino sfavillante di lampioni e lucciole, io, Alex- stridessimo con lei, la violassimo come due maniaci. La luna sembra scomparsa e non sembrano esserci nuvole, eppure (spengo la luce per accertarmene) il ventre di Nut sembra nero come un pigmento puro, un simulacro del nulla piu' assoluto.
Il cielo è cosi' vuoto, infinito, e noi siamo cosi' infinitamente miseri e banali che mi viene da ridere al solo pensiero che nella mia egoistica individualità i miei sentimenti mi abbiano scosso come il peggiore dei cataclismi: a cosa importerebbe al cielo, a un dio se esiste, dei miei pensieri e delle pie affezioni se decidesse di crollarmi in testa, di esplodere, di scagliarmi contro una meteora o di spegnere quella piccola stella che a centocinquantamila chilometri permette al pianeta su cui vivo di non crollare vicino al confine dello zero assoluto?
Alex torna e si stende al mio fianco, atterando sui cuscini come una piuma d'oca. Spegne la luce e rimaniamo immersi nel buio piu' assoluto e totale: ora non disturbiamo piu' la notte.
Miles?”
Si, Al?”
E' ora?”
L'hai portata in aereo!?”
Sospira, lasciando sospesa la risposta. Accende l'abatjour ed estrae dal comodino un sacchettino trasparente, un biglietto del tram, un pacchetto di cartine lunghe; ci mette meno di un paio di minuti a rollare e riporre tutto al suo posto. Rispegne, poi sposta fra i nostri corpi il posacenere posato sul comodino.
Una scintilla balena nel nulla e la cenere della cima dello spinello s'arrossa per un momento; aspira voluttuosamente un paio di volte, poi me lo passa.
L'ho presa a Nantes”.
Già mi viene a ridere.
Miles?”
Si, Al?”
Esita, la canna in mano e il polso sporto giu' dal letto.
Cosa ne sarà di noi?”
In che senso?”
Tira di nuovo.
Quando torneremo” chiarifica “La nostra vita, noi, quello che sarà... dai, lo sai, comincio a essere fatto e sai che non so formulare frasi compiute quando sono fatto, Cristo”.
Ci penso su' un momento: cerco una frase a effetto, quelle che chiudono i romanzi d'autore o i film da cinema alternativo.
Dio sarà con noi” azzecco.
No, Dio non sarà con noi perchè anche Dio odia gli imbecilli”.
Il buono, il brutto e il cattivo?”
Alex tira di nuovo e mi passa ancora, facendomi capire con un gesto che ho indovinato.
Comunque ero serio, Miles”.
Mi rimetto a pensare, mi faccio i miei due, tre tiri e gli ripasso lo spinello da finire.
Qualunque cosa succeda, alla notte non gliene fregherà un cazzo”.
Silenzio.
Ancora silenzio.
Vaffanculo, Miles”.
Ci mettiamo a ridere, e ridiamo. Dovesse essere l'ultima volta che rido in vita mia, lo faro' con quel coglione di Alex Turner al mio fianco.

 

*



                    La Chiave di Do
          Qui si conclude l'unica Long su Alex e Miles presente su EFP, di cui sono l'orgogliosa autrice.
          Spero l'abbiate gradita.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** AVVISO AI LETTORI ***


          Capitolo avviso originariamente pubblicato come secondo capitolo dopo un'assenza di tre mesi
          dalla storia;  spostato in data  giovedi' 25 luglio 2013  per questione di  ordine fra  i  capitoli reali.

___________________________________________________________


          Miei cari lettori,


                                       è con imperdonabile ritardo che riaccedo al mio profilo EFP e mi faccio
                                       viva con voi,  e  tutte le scuse di questa terra non sarebbero sufficienti a
                                       farmi  perdonare.  Neppure ho giustificazioni,  a essere sincera,  se non
                                       quella di essermi  fidanzata e di conseguenza distratta dai miei impegni
                                       scrittori; non è una giustificazione valida, ma è tutto quello che ho, e in
                                       questo  infinitamente  lungo  lasso  di  tempo  ho scritto soltanto lettere
                                       d'amore a lui indirizzate che non mi pare il caso di farvi leggere.
 
                                        Non sono qui pero' soltanto per aggiornarvi sulla mia vita sentimenta-
                                       -le  e scusarmi per non essermi piu' curata di voi con un messaggino  in
                                       una soltanto delle mie storie per farla risalire in  cima alla  lista  di  uno
                                       dei fandom meno frequentati del sito.

                                       Pochi, quasi nessuno in realtà, sanno che questa storia l'ho continuata,
                                       arrivando a ben cinque capitoli emmezzo.  Avete  capito  bene:  si  trat-
                                       -terebbe della prima long-Milex su EFP; se vi siete affezionati alla one-
                                       -shot cosi' com'è smettete semplicemente di leggere e fingete che io non
                                       sia mai tornata. In caso contrario non dovrete che aspettare: forse mi
                                       aiuterà a ritrovare l'ispirazione perduta.

                                       Non cambiate canale.


                                                                                               La Chiave di Do            

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1008635