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di selegon_93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** end in the beginning ***
Capitolo 2: *** Blade of blood ***
Capitolo 3: *** Red eyes ***
Capitolo 4: *** The sacrifice ***
Capitolo 5: *** Birth of the flower ***
Capitolo 6: *** Call of Oblivion ***
Capitolo 7: *** Piece of us ***
Capitolo 8: *** Prelude ***
Capitolo 9: *** Traitors ***
Capitolo 10: *** Creature ***
Capitolo 11: *** Curtain of death ***
Capitolo 12: *** Past ***
Capitolo 13: *** Sunrise and sunset ***
Capitolo 14: *** Burden ***
Capitolo 15: *** The time is over ***
Capitolo 16: *** Ghosts ***
Capitolo 17: *** Concert ***
Capitolo 18: *** Evil ***
Capitolo 19: *** Pain ***
Capitolo 20: *** Time ***
Capitolo 21: *** Destiny ***
Capitolo 22: *** ... ***



Capitolo 1
*** end in the beginning ***


Nero.
I suoi occhi non riuscivano a vedere nulla.
Un rombo lontano, effimero, distorto, le giungeva alle orecchie.
Le palpebre della ragazza si aprirono lentamente, tremando. Ciocche di dorata chioma le pendevano dinnanzi al volto imbrattato di sangue, rendendo la visione ancor più sfocata. Lentamente, si capacitò del luogo in cui si trovava: distesa al suolo lateralmente, su un crudo letto di terra e cenere, respirando odore di bruciato. Più lontano, un altro corpo giaceva a terra, rivolto verso l'alto, con le braccia divaricate, apparentemente ancora in vita; tuttavia, la visione distorta non permetteva di riconoscerne l'aspetto. Ancora più in là, si intravedeva un terzo corpo accasciato, ma esso era poco più di un ombra.
Gli occhi della ragazza si smossero, cercando di guardarsi intorno: il paesaggio circostante era un nudo suolo grigiastro, brizzolato di rosse braci, e dal cielo, candida e diabolica cenere scendeva lentamente, come una silenziosa nevicata di morte. Girò nuovamente lo sguardo, scrutando verso l'alto; i cieli erano coperti da nubi nerastre, e si muovevano tumultuosamente come un maelstrom, illuminate da fulmini e saette che si susseguivano con violenza. Davanti a questa visione, una figura dalle sembianze umane, con due paia di enormi ali levitava a mezz'aria, ferma e silenziosa, a osservare l'orrendo spettacolo che avvolgeva il mondo.
Un mondo vuoto, ormai.
Le case, i villaggi, le città... tutto giaceva nel più totale silenzio. Attraverso le strade lievi folate di vento accarezzavano il suolo, dileguandosi poi nel nulla. Sui tavoli, i piatti colmi di cibo si stavano raffreddando, e i caminetti, incustoditi, si spegnevano lentamente. Le porte rimaste aperte, le macchine delle fabbriche accese, i rubinetti aperti. E a terra, corpi distesi, Come improvvisamente calati in un eterno sonno; ovunque... corpi distesi e inermi, tra le strade, all'interno delle abitazioni, nei sentieri, nei campi.
Un pianeta inerme.
-... Perchè... lo hai... fatto...- bisbigliò la ragazza con flebile tono soffocato. -... Sel...- balbettò nuovamente, e alzando lo sguardo, vide le nubi diventare sempre più scure, ingrandirsi sempre più, e iniziare ad abbassarsi in un oscuro vortice che come delle mostruose fauci avanzava verso la terra. E davanti a d esso, quell'essere, sorrideva crudelmente. Lei vedeva nulla più che un immagine distorta... ma sapeva. Sapeva che lui stava sorridendo.



"Questa storia, non è la storia di un cavaliere che salva la principessa da una torre. Non è la storia di un mago buono e uno cattivo. Non è la storia di come un principe uccide i cattivi, si sposa con la sua amata e tornano felici a casa.
Helden. Questa parola significa "eroe" in una lingua vecchia più dei primordi del nostro mondo. E questa parola, è la stessa con cui viene chiamato questo pianeta. Il perchè? Non ha importanza.
Il mio dovere, è raccontarvi una storia, che questi stanchi occhi hanno visto. Ormai sono vecchio, e sento che il mio tempo è quasi al termine.
Chi sono io? non ha importanza. Sarò forse uno dei personaggi che si incontreranno in questa storia, oppure sono solo un misterioso narratore esterno? Nemmeno questo ha importanza. Voglio solo far conoscere questa storia, per non dimenticare. non dimenticare il significato della parola "eroe".
Penso che il "C'era una volta" sia troppo bene augurante per una storia del genere, e fin troppo classico. Quindi..."



Quella sera,il cielo piangeva.
Pioveva copiosamente, rendendo il terreno un pantano, e  delle raffiche di vento imperversavano da ovest, sotto fulmini e tuoni che illuminavano gli alberi.
L’acqua continuava a infrangersi sul tetto della taverna “i quattro falchi”, un luogo in cui forestieri e viaggiatori trovavano riparo, e un punto di ritrovo per i cacciatori di taglie in cerca di nuovi incarichi.
Una serata apparentemente come altre…ma l’aria che quella notte si respirava, aveva un sapore diverso.
Sotto il cartello della taverna, illuminato da una lanterna a lato, una figura apparve. Un cappuccio bianco lo riparava dalla pioggia,e sulle spalle portava un lungo impermeabile nero.
Sotto l’incessante pioggia, egli avanzò lentamente verso le porte di legno. Alzò leggermente il capo e lesse il cartello tra sé -i quattro..falchi. hmp.- E riabbassando lo sguardo, posò la mano sulla porta.
All’interno della taverna, riecheggiavano chiacchiere e risate, che distoglievano un po’ tutti dal violento temporale che imperversava all’esterno. Ai tavoli, persone brille accendevano la serata con risate e battute, mentre c’era chi era invece più riservato,e si limitava a stare in un angolo,sorridendo. Al bancone, il proprietario della taverna, un uomo sulla sessantina con capelli brizzolati e un paio di baffi ben curati se ne stava con un aria seriosa,quasi imbronciata a lucidare bicchieri e boccali appena lavati.
L’accesa e vivace atmosfera venne interrotta da un boato. La porta della taverna venne aperta con violenza, e sbattè contro il muro provocando un forte tonfo.
L’intera stanza calò nel silenzio. Dei passi forti e decisi si fecero strada tra i tavoli, andando verso il bancone senza esitazione. Tutti guardarono con stupore e disappunto il ragazzo che avanzava silenziosamente.
Dimostrava circa diciassette anni, ed era alto sul metro e settanta. Sotto l’impermeabile portava una felpa e dei pantaloni rimboccati in degli stivali di pelle. La felpa, color bianco latte, aveva delle lunghe maniche che si allargavano progressivamente, fino alle nocche della mano. Essa terminava in una grande fascia,anch’essa bianca, che gli si avvolgeva alla vita,annodandosi e pendendo di lato, dalla quale spuntavano due code di tessuto dietro al ragazzo, appartenenti alla felpa stessa.
I pantaloni erano leggermente più scuri e si rimboccavano all’altezza del ginocchio in due lunghi stivali neri lucidi, con 4 cinghie ciascuno.
Il suo viso aveva dei tratti molto lisci e delicati, i quali erano però distorti da una cicatrice sul mento che gli arrivava sotto il labbro, e dalla sua espressione seria e decisa. I suoi occhi erano neri corvini, così come i lunghi capelli che gli scendevano ai lati del viso in due ciuffi scalati lunghi fino a metà petto, e che dietro la nuca erano raccolti in una lunga coda che arrivava alla zona lombare.
Dalla folla iniziarono a salire flebili bisbigli:
- Selegon? Il bianco? È la prima volta che lo vedo in carne ed ossa…-
- già..è uno dei cacciatori di taglie che si stanno facendo un nome negli ultimi tempi…sembra che sia arrivato in soli due anni a taglie di livello B! -
- ma quella… -
Tutti guardarono con fare ancora più basito ciò che il ragazzo si portava appresso. Con la mano destra stava tenendo saldamente per il ciuffo di capelli la testa mozzata di un orco. Anche nella morte,i suoi occhi scintillavano di rosso,incutendo timore a coloro che la fissavano.
Senza alcun ritegno, il misterioso ragazzo smosse il braccio, sbattendo la testa del demone sul bancone. Dall’altra parte, il proprietario si avvicinò senza alcun stupore. Al contrario, parlò come se si conoscessero da tempo:
- Buona sera, Selegon. -
Infilando la mano al di sotto dello spallaccio metallico che indossava sulla spalla destra, Selegon prese un biglietto di carta.
- Mittente: Uludir di Jalalk
taglia: livello B-, Thur’Lek, orco.
3600 jowl. Consegna a incarico compiuto: L.T.Ling.-
-Ti avevo detto più di una volta di passare dal retro per questa roba. Se mi sventoli teste mozzate in mezzo alla taverna, mi spaventi i clienti.- disse il proprietario,rovistando nel sottobanco.
- Sai che non ho buoni rapporti con quelli del retro,e non sopporto il fetore di cadavere che si respira lì dentro. Se la gente si spaventa per una testa, non sono affari miei. -
Selegon diede uno sguardo alle persone che lo stavano fissando,le quali si girarono e tornarono a chiacchierare a bassa voce.
Dal sottobanco, Ling estrasse un grande registro,che iniziò a sfogliare. Trovata la taglia da riscuotere,scese nel sottoscala per occuparsi dei soldi.
Nel frattanto, Selegon sbuffò guardando fuori dalla finestra.
Dietro di lui,una voce risuonò:
- Ehi,tu! - un uomo sui quarant’anni, apparente ubriaco, lo aveva chiamato.
Selegon si girò con fare seccato. – Che vuoi? –
- Conosco di una taglia molto sostanziosa, non lontano da qui. –
- E con ciò? – risposte girandosi  dall’altra parte – non ho tempo da perdere con te, ubriacone. E immagino tu voglia qualcosa in cambio. –
L’uomo si alzò dal tavolo e si avvicinò a Selegon. Era attirato dalle due spade che portava al fianco: una nera, dall’aspetto di una katana, con l’elsa ricoperta di pelo bianco lucente, e una bianca, di raffinata fattura occidentale, e finemente decorata sia nell’impugnatura che nel fodero, apparentemente pregiatissima.
L’uomo allungò la mano: - beh, che ne dici di una delle tue spade? Sembrano molto costose!-
- Queste non sono in vendita. –
- Oh,e andiamo…-
La mano arrivò a sfiorare la spada bianca, ma Selegon sparì dalla sua visuale. Un istante dopo l’uomo sentì un calcio sulle costole che lo fece andare a sbattere  contro un tavolo, rovesciandolo. Da quello in cui precedentemente l’uomo era seduto, si alzarono altre due persone,che avanzarono con fare minaccioso verso Selegon.
- Chi ti credi di essere,teppistello?? – disse il primo tirando un pugno in viso al ragazzo. Esso andò a segno,ma egli rimase immobile, e con la mano afferrò il pugno che gli era stato dato,tirando il braccio dell’uomo verso di se per poi sferragli una violenta ginocchiata nello stomaco. Il secondo gli si gettò contro con un asse di legno in mano, ma Selegon, spostandosi di lato gli afferrò la nuca e lo sbattè con violenza contro lo spigolo del bancone.
Pulitosi la spalla da un po’ di polvere, disse in tono sprezzante:
- Non ho nemmeno dovuto usare le mani per degli inutili rifiuti come voi. –
Detto questo, si girò verso l’uomo che gli si era avvicinato alle spade, con uno sguardo truce e terrificante. l’uomo si immobilizzò e iniziò a tremare…era come se stesse fissando negli occhi un demonio.
Selegon girò il viso,e socchiudendo gli occhi salì al primo piano.
- Vado a dormire – disse a Ling, che era uscito dal sottoscala. – domani ritirerò i soldi. Pagherò per i danni ai tavoli.- aggiunse, mentre saliva le scale.
Quella sera,il cielo piangeva…quella sera, la sera in cui tutto ebbe inizio.
      
le persone sono esseri inutili... non fanno altro che ferirsi, odiarsi, farsi del male…e si aggrappano a qualcosa di patetico come l’amore. Ma presto...tutto avrà fine.”
 
[Helden: End in the beginning]

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Capitolo 2
*** Blade of blood ***


Si levò l’alba.
Il violento temporale aveva lasciato il posto a un cielo limpido, lievemente brizzolato da qualche nuvola, e una leggera brezza si posava sulle foglie e sull’erba bagnata.
Il sole, appena levatosi sopra l’orizzonte, filtrò attraverso la finestra della stanza 04, illuminando il letto già fatto.
Selegon scese con tranquillità al piano terra, dirigendosi al bancone, al quale stava lavorando una donna sui 30 anni, dai folti capelli ricci e rossastri.
- ho sete. Dammi da bere per favore.-
La donna si girò con una faccia dall’aria imbronciata. – certo, vuoi dell’idromele?-
-pff, vedo che qui siete tutti allegri. Ad ogni modo ho chiesto qualcosa da bere. L’alcol mi fa vomitare. Dammi un bicchiere di latte.-
La donna fece una faccia stranita –lat… va beh,arriva.-
-pff.- sbuffò Selegon con il suo solito tono profondo, ma al contempo seccato.
-dov’è Ling?- chiese alla donna, che aveva messo il bicchiere di latte sul bancone.
-mio padre è nel sotterraneo, si sta occupando della tua taglia.-
senza aggiungere altro, Selegon bevve il suo bicchiere di latte in un sorso e scese giù dalle scale a chiocciola, nel retro del banco.
-buona giornata anche a te…- commentò la donna, che aveva iniziato a lavare il bancone.
Selegon entrò nel sotterraneo. Il muro era tappezzato di grandi cassoni, nei quali i cadaveri venivano analizzati e sezionati. Nell’aria si sentiva un intenso odore di cadavere,e la poca luce che illuminava la stanza rendeva il luogo ancora più lugubre.
Selegon girò dietro l’angolo, e vide Ling davanti a sé a una decina di metri. Stava parlandocon un uomo con eleganti vestiti neri e una valigia in mano, il quale vedendo il ragazzo si zittì.
-oh Selegon, parlavamo giusto di te- disse Ling –questo è il funzionario che stamane ha portato i soldi del tuo incarico.- e porse a Selegon un grande mazzo di banconote.
-pff, odio i soldi cartacei. Si bagnano e rovinano come nulla.- sbuffò Selegon annoiato.
-spiacente- disse il funzionario –ma l’impero non utilizza le monete come pagamento.-
-poi tutti si chiedono perché lo odio…- rispose Selegon intascando i soldi.
-hai intenzione di accettare una nuova taglia?-
-appena ne troverò una decente.-
-in questo caso ho un incarico per te-
Selegon guardò ling –parla.-
-sembra che nel villaggio adiacente a quello in cui sei stato siano avvenuti degli “attacchi” negli ultimi due giorni.-
-il villaggio adiacente…pensi che possa esserci un collegamento?-
Selegon posò lo sguardo sulla testa che giaceva sopra il tavolo.
-esatto- disse Ling –il fratello di Thur’Lek, Vhos’Lek. È un ricercato di non poco conto, gli danno la caccia da più di otto mesi. Sembra che la morte del fratello minore non gli abbia fatto piacere. A quanto pare, gli è stato attribuito un rank B.-
Selegon mosse leggermente il capo verso Ling, ma poco prima di aprire bocca, si sentì un sussulto provenire dalla testa di Thur’Lek.
-V…Vhos…- la testa, ancora in vita, riusciva a bisbigliare ancora.
Selegon fece una smorfia di ribrezzo verso quello spettacolo.
-vedo che riesci a blaterare anche senza corpo…tsk, proprio come uno scarafaggio.-
La testa ebbe un violento sussulto, e tuonò: -Mio fratello ti uccid- non ebbe il tempo di terminare la frase,che una lama gli trafisse il cranio.
-non parlo con gli scarafaggi che schiaccio.- disse Selegon in tono sprezzante, ed estrasse la spada dalla testa ormai prima di vita dell’orco. Con uno straccio pulì la lama trasparente e leggermente opaca, come se fosse fatta di cristallo, e la rinfoderò.
-bene, mi dirigerò lì. Dammi le informazioni su come arrivarci e dammi il tuo cavallo più veloce, devo arrivare il prima possibile.-
Ling e Selegon uscirono dal sotterraneo, e quest’ultimo si preparò velocemente per la partenza.
 
 
                                                                       *
 
 
Selegon sfrecciava tra gli alberi, in groppa a un cavallo bianco brizzolato. Mentre la strada gli si apriva davanti a gran velocità,gli risuonavano le parole di Ling in testa:
-secondo le informazioni giunte in questi giorni, Vhos’Lek ha attaccato il piccolo villaggio di Kouud, quattro kilometri a sud di Sydur. Al momento si stimano otto vittime, e sembra che la frequenza degli attacchi stia aumentando.-
Selegon diede un colpo di sperone, aumentando la velocità.
Viaggiò per più di venti ore attraverso i boschi. Da Wisit superò la catena di Goral, giù per le distese di Boriood fino ad arrivare alle lisce pianure della periferia di Sydur, una delle quattro città fortezza dell’impero. Dalle calde pianure si stagliavano grandi prati e coltivazioni, circondate da fitti boschi di larici. In fondo, quasi sulla linea dell’orizzonte si scorgeva un grande altopiano roccioso, al di sopra del quale sorgeva la maestosa città fortezza di Sydur.
Un enorme muraglia circondava la città, di un colore bianco lucente, che riflettendo la luce del sole le dava un aspetto abbagliante, tanto da farla quasi sembrare un lucente miraggio.
La muraglia era per tutta la sua lunghezza frastagliata di numerosi merletti finemente decorati, tra i quali si intravedevano baliste e cannoni, usati per chi tentasse l’assedio. Al di sopra delle gigantesche mura si ergevano le quattro tori della città,rifinite con disegni astratti molto elaborati; esse erano infine sovrastate da una quinta torre, di almeno trenta metri più alta, che si innalzava proprio nei pressi dell’entrata principale della fortezza. Essa era usata come osservatorio e come allarme di pericolo,come si poteva notare dalla grande campana dorata che si intravedeva luccicare in cima.
Dinnanzi a questa maestosa veduta, Selegon riprese a marciare per qualche centinaio di metri, ritrovandosi ai piccoli villaggi contadini che rifornivano la città di generi primari.
Cercando tra le piccole abitazioni, si ritrovò davanti a un cartello di legno che indicava di essere alle porte del villaggio di Kouud. Selegon senza nessun esitazione smontò da cavallo e si diresse verso la casa che doveva appartenere al capovillaggio. Arrivato dinnanzi al portone dell’abitazione, venne bloccato da una guardia, un uomo dalla corporatura alta e magra, con una folta frangia che gli copriva un occhio, il quale si interpose a lui impugnando un alabarda.
-chi sei?cosa ti porta qui?-
-abbassa l’arma, sono qui per la taglia di Vhos’Lek.- disse Selegon, esibendo il mandato di caccia.
-capisco…-disse la guardia leggendo con serietà il foglio –quindi sei quel Selegon…prego, si accomodi.-
la guardia abbassò l’arma, e Selegon entrò nella casa.
All’interno, era decorata con numerose tende di perline variegate, soprammobili a forma di animale incise a mano, oggetti esotici, tappedi di pelle di animale e altre cose che davano alla casa un atmosfera strana.
Davanti al ragazzo, seduta su una sedia accanto al fuoco, si trovava la capo villaggio; una donna molto anziana con una coda ai capelli argentei, una casacca di pelle lavorata, numerosi braccialetti e un bastone con l’impugnatura a forma di testa di scimmia.
La guardia abbassò il capo: -capovillaggio, è arrivato il cacciatore di taglie.-
L’anziana signora sorrise flebilmente, accentuando le rughe sotto gli occhi: -benvenuto Selegon, spero il viaggio non l’abbia affaticata-
-nessun problema, è il mio lavoro. Chiedo scusa, ma non sono il tipo da convenevoli, preferirei portare a termine l’incarico prima possibile. Dov’è stato avvistato Vhos l’ultima volta?- disse Selegon con fermezza.
-certamente…ghos, parla pure- disse la capo villaggio facendo un cenno alla guardia.
-l’ultima volta è stato avvistato a ovest, proprio alle porte della foresta. Ha già fatto undici vittime, quindi presumiamo sia ancora in zona.-
selegon annuì leggermente e si girò verso l’uscita. –bene, allora inizio subito la ricerca. Perdonate la bruschezza.-
-non si preoccupi! Vi affidiamo la salvezza della nostra gente- affermò con sicurezza l’anziana donna.
-non c’è da preoccuparsi- disse Selegon mentre usciva dal portone.
Arrivò all’entrata della foresta, appena fuori dal villaggio, nella quale si addentrò. Si guardò intorno con fare serio, e, abbassatosi, mise indice e medio della mano sinistra per terra, chiudendo gli occhi. In quell’istante venne come catapultato in un altro mondo; poteva come accorgersi di tutte le presenze viventi nella zona.
-due kori*…non ci siamo. Un uccello, nah. a nord ovest, un cervo. Mh…-
le due dita strisciarono leggermente a destra. –eccolo.-
Selegon riaprì gli occhi. Per un attimo perse equilibrio, come un risveglio post ubriacatura. Per qualche attimo gli si offuscò la vista, poi si riprese e tornò in piedi, scrollando un po’ la testa.
Si girò verso la direzione che aveva captato, scattando tra il fogliame. Nascostosi nei cespugli bassi, intravide la figura di Vhos’Lek: alto quattro metri e mezzo, aveva l’aspetto di un orco piuttosto robusto, con la pelle verdastra e sporca, un panno lencio che copriva la zona lombare, e una grande clava in mano.
Selegon avanzò lentamente tra le foglie, ma poco prima di uscire dai cespugli, l’orco si girò di scatto a diede un violento colpo di clava laterale. Selegon lo schivò appena un tempo abbassandosi, per poi scattare in piedi, estraendo la sua spada cristallina. Essa iniziava con una lama stretta, che dopo dieci centimetri si allargava leggermente, per poi continuare in una sottile e affusolata punta. Essa sembrava un tutt’uno con elsa e impugnatura,come se fosse forgiata da un unico pezzo.
-alla fine sei arrivato, bianco! Sapevo che da un momento all’altro saresti venuto!- tuonò Vhos irato. Selegon non disse nulla, ma scattò verso di lui con la lama sguainata, tirando un fendente. L’orco fece un passo indietro, e con un rapido movimento impugnò la lama della spada, ferendosi la mano, e muovendo il braccio tirò Selegon in aria, scagliandolo contro un albero. Il ragazzo diede un forte colpo alla dura corteccia, ed emettendo un gemito di dolore, cadde per terra, rotolando fino ai piedi di Vhos. Esso lo guardò con aria di superiorità, e gli tirò una manata, che venne però schivata da Selegon rotolando di lato. Una seconda manata si diresse verso di lui, ma prontamente egli impugnò la spada e la puntò verso la mano, che vi si trafisse. Vhos emise un urlo rabbioso e ritraendo la mano, prese il ragazzo per la gamba e lo sbattè per terra; Selegon era sull’orlo di svenire, vedeva tutto offuscato e la testa gli faceva tremendamente male. Vhos sorrise malvagiamente e si girò per raccogliere la sua clava chiodata, che era ancora infilzata nell’albero dietro di loro. Alzò il braccio e afferrò l’impugnatura, ma poco prima di poter ritrarla, una lama cristallina gli trapassò la schiena, fuoriuscendogli dal petto.
-ugh!-
Vhos mise la mano sulla lama per tentare di fare forza e spezzarla, ma nonostante il suo sforzo, essa non cedeva.
-di…cosa diavolo è fatta??- chiese mentre rigurgitava sangue.
-sicuramente non di qualcosa di fragile. E ora muori.-
-d…diamante?-
-pff.- Selegon mise anche l’altra mano sull’impugnatura.
-NO!asp- prima di terminare la parola il ragazzo estrasse la spada dalla schiena dell’orco, e con uno scatto mise il piede sulla sua scapola e si ritrovò all’altezza del cranio.
-un insetto in meno.- bisbigliò Selegon, e la lucente spada vitrea affondò nella testa dell’orco, uscendogli dalla fronte.
Selegon atterrò in piedi, e con un movimento del braccio spostò la spada di lato schizzando via il sangue che la sporcava, e la rinfoderò.
Nell'oscurità dell'ignoto, in un mondo al di là di questo, una voce riecheggiò, diabolica e profonda. -oh, figli del nemico di mio padre... nei millennei siete rimasti gli stessi miseri esseri inferiori. Non riuscirò mai a capire perchè lui si fidava tanto di voi. Poteva essere quanto di più grande e immenso nell'universo, ma la sua pietà per voi insignificanti creature gli è costata la vita. Pazienza... ora è tempo che qualcuno sorga al posto suo. Qualcuno che si ergerà su ogni cosa, ogni essere, ogni legge naturale. Il tempo... è prossimo.- 
 
                                           “vi vedrò morti, tutti quanti.”
[helden: blade of blood]
 

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Capitolo 3
*** Red eyes ***


Sedici kilometri a nord est di Sydur, in una piccola contea di agricoltori, mendicanti e pescatori,c’era un modesto mercato localizzato nel centro abitato.
Venditori e mercanti urlavano prezzi stracciati su oggetti, vestiti e cibi esotici. Grandi folle di persone riempivano le strade del centro, chiacchierando e ridendo tra le bancarelle, provocando un gran brusio udibile da parecchia distanza.
Tra la folla una figura apparve. Indossava una grande cappa nera con cappuccio, attraverso il quale si scorgeva solo un occhio; un iride rosso scarlatto e una pupilla verticale sottile…
La figura si avvicinò a passo lento a una bancarella.
-s…si? Desidera qualcosa?- chiese il mercante.
-questa fiera…è piena di gente,non trova?-
-scusi…perché lo chiede?- domandò il mercante, deglutendo.
Attraverso l’ombra del cappuccio, si intravide un ghigno.
 
 
                                                                             *
 
 
Selegon era appena tornato da Sydur. Aveva riscosso la taglia di Vhos’Lek, e in sella al suo cavallo si dirigeva a nord est, verso il deserto di Thalos.
Il sole era già alto all’orizzonte, e le pianure in cui Selegon cavalcava erano brizzolate dalle ombre di alcune chiazze di nuvole.
Arrivato a qualche kilometro di distanza da Sydur, improvvisamente il cavallo si fermò e iniziò a battere nervosamente la zampa. Selegon, stranito dal suo comportamento smontò e gli accarezzò il muso per tranquillizzarlo; il cavallo però sembrava piuttosto agitato.
Improvvisamente, il terreno iniziò a tremare, e si sentì un boato violento. Giratosi verso la direzione da cui proveniva quel rumore, Selegon intravide un enorme fumarola che si innalzava dalle pianure a nord. Sembrava che si fosse verificata un esplosione di grande potenza ed estensione.
Selegon sbarrò gli occhi e si sentì un brivido scendergli la schiena: -questa sensazione…-
Senza rimuginare un secondo in più, montò a cavallo e partì a grande velocità verso la grande colonna di fumo e cenere che si stagliava all’orizzonte.
Dopo una decina di minuti di cavalcata, si trovò dinnanzi al sito in cui si era verificata l’esplosione. Ad aspettarlo, c’era un cratere di dimensioni enormi, troppo grande per la potenza di fuoco di qualsiasi arma avesse mi visto. Cadaveri carbonizzati erano sparsi ovunque, tanto deturpati da essere irriconoscibili. Dove prima c’erano chiassose bancarelle, ora macerie carbone e fiamme ne avevano avidamente preso il posto. L’aria allegra e leggera che prima si respirava aveva lasciato posto alla polvere, alla cenere e all’odore di cadaveri bruciati.
Dinnanzi a questa veduta, Selegon ebbe di nuovo quell’inspiegabile sensazione che lo pervadeva. Increspando leggermente il naso, si toccò la cicatrice sul mento e socchiuse gli occhi.
Guardando a terra, vide una bambola di porcellana con il corpo bruciato e mezzo viso rotto. La fissò con gli occhi sbarrati, riflettendosi nei suoi bulbi oculari cristallini.
Rimase alcuni istanti a fissarla, come se la stesse compatendo, ma fu smosso da un flebile lamento proveniente da un mucchio assi di legno accatastate.
Senza indugio, spostò una a una le assi, e rinvenne il corpo di un uomo anziano, probabilmente un mercante. Selegon alzò il busto dell’uomo per permettergli di respirare meglio, ed egli tossì seccamente numerose volte; ormai era evidente che le parole che avrebbe detto sarebbero state le ultime.
-cos’è successo qui?- chiese il ragazzo a bassa voce.
-i…suoi occhi…-
-…come?-
-rossi, diabolici…il sangue gli scorreva negli occhi…il sangue…-
-chi era? Potete descriverlo?-
-lui…lui…- il vecchio guardò alle spalle di Selegon –charyl…sei tu?- alzò leggermente il braccio, come per porgerlo a qualcuno, ma subito dopo esso gli cadde di peso per terra. Il suo cuore aveva smesso di battere.
-…dannazione.-
Selegon ispezionò la zona per cercare indizi, ma non trovò nulla. Qualsiasi cosa fosse successa, non aveva più senso stare in quel posto a rimuginare.
-non avrebbe senso parlarne con qualcuno, tanto entro due ore al massimo la zona sarà piena di truppe imperiali.- pensò tra sé, mentre si incamminava. Slegato il cavallo, gli tornarono in mente le parole del vecchio mercante: -occhi…rossi…diabolici…il sangue gli scorreva negli occhi…-
Selegon socchiuse gli occhi e in un flash vide davanti a sé due vivide iridi rosso scarlatto, con pupilla verticale; occhi inumani, ricolmi di rancore, odio, sangue.
Si passò l’indice sulla cicatrice, e dopo un breve istante di indugio, salì a cavallo e partì al galoppo verso Thalos, nella regione di Vhees’Thol.
Il cavallo galoppava  ormai da tempo, e le grandi distese pianeggianti avevano lasciato il posto a un terreno sempre più asciutto e arido;l’aria che si respirava, era diventata più secca: davanti a Selegon si stagliava il grande deserto di Thalos, il secondo più grande di Nagare’um.
La sua meta era Noctinghal, la città più famosa del nord ovest imperiale, e ritrovo principale per cacciatori di taglie e gilde, molte delle quali nate proprio nella stessa città.
Selegon guardò l’orizzonte; il sole si stava ormai insinuando tra i monti alla sua sinistra. Attraversare il deserto necessitava di due giorni, e i venti che iniziavano a soffiare non promettevano nulla di buono. Dopo essersi  guardato intorno per qualche istante, Selegon preferì stanziarsi lì per la notte; Il giorno dopo avrebbe ripreso il cammino.
Ormai il cielo si era fatto scuro, e le sterpaglie che aveva usato per il fuoco erano quasi spente. Selegon era sdraiato per terra sopra un piccolo panno disteso, con le braccia dietro alla nuca e le gambe leggermente accavallate, scrutando il cielo. Un flusso di pensieri gli fluiva in testa, mentre i suoi occhi si perdevano tra le stelle, dandogli un espressione quasi triste.
Lentamente, le sue palpebre si chiusero, sotto la flebile brezza notturna.
Ci furono degli istanti di completo buio; l’unica cosa che si percepiva era una remota voce femminile, che continuava a ripetere qualcosa.
Si sentì successivamente un suono, come un battito di cuore, al quale la visuale si innitidì; tuttavia ciò che vedeva era un immagine sfocata e incomprensibile, che si spense in fretta, tornando nel buio.
Un secondo battito ruppe il silenzio, illuminando nuovamente la visuale, questa volta più chiara, e un'altra volta si calò nell’oscurità. La cosa si ripetè varie volte, alle quali l’immagine si fece sempre più nitida, mentre la voce femminile continuava a ripetere una parola.
-…on!-
-…e…on!-
-Selegon!-
La visuale si fece chiara. Una mano insanguinata poggiava il palmo per terra.
- questa…cos’è? È…una mano? La mia mano…- pensò Selegon, contraendo leggermente le dita.
- cos’è questo suono? Sembra che ci sia un incendio…e perché la mia mano è insanguinata?- si chiese, cercando di capire cosa succedesse.
-Selegon!- risuonò nuovamente la voce, in lontananza.
-chi…mi chiama?- Selegon alzò il volto, cercando di guardare dinnanzi a sé, e si ritrovò davanti una figura scura che tendeva la mano sul suo viso. Essa gli si avvicinò velocemente agli occhi, coprendogli la visuale con un acuto e insopportabile stridio di sottofondo.
Era ritornato nel buio, e nel silenzio.
Dopo qualche istante, si sentì un suono simile a quello di un terremoto, che si faceva sempre più forte, secondo dopo secondo, fino a saturare l’aria, e d’improvviso cessò.
Ci fu nuovamente qualche secondo di silenzio, che fu rotto da una serie di immagini che si susseguivano istantaneamente una dopo l’altra: una mano scheletrica, un mucchio di cadaveri ammassati, una casa in fiamme, una bambola che si scioglieva, un albero secco, una donna in vestaglia che affondava in un lago, tutti accompagnati da quel suono insopportabile.
Infine di sentì un fortissimo stridio simile a un urlo, e si vide un occhio rosso scarlatto con pupilla verticale che si apriva.
Selegon si svegliò di scatto, mettendosi seduto. Guardò davanti a se con gli occhi spalancati per qualche secondo, poi, calmatosi, fece un respiro e si passò la mano sugli occhi; non era strano per lui fare incubi del genere, ormai erano parecchi mesi che non dormiva bene. La mano passò dagli occhi ai capelli, sistemando i ciuffi laterali.
Si era fatta l’alba da poco, e una calda brezza mattutina smuoveva gli arbusti che spuntavano qua e là dal terreno sabbioso.
Selegon fece rapidamente colazione con il cibo comprato a Sydur, e dopo aver pulito il panno su cui aveva dormito, preparò il cavallo e partì in direzione dl sole, per addentrarsi entro la regione di Vees’Thol.
 
 
 
                              “stringi speranza o paura tra le tue mani?”
                             [Helden: Red eyes]

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Capitolo 4
*** The sacrifice ***


 
Il cavallo affondava gli zoccoli nel terreno sabbioso, avanzando a un galoppo non troppo veloce tra le dune sabbiose.
Avevano preso un sentiero più facile da percorrere, e decisamente meno caldo. Dopo aver attraversato le montagne che facevano da confine, Selegon aveva accelerato il passo. Aveva poco più di due giorni per traversare il deserto e giungere a Noctinghal.
Il sole picchiava sulla sabbia rovente, e i venti da est sollevavano sabbia dalla cima delle dune, infastidendo la visuale. Oltretutto, l’acqua iniziava a scarseggiare, e il cavallo aveva bisogno di riposo. Selegon decise dunque di fermare il viaggio e cercare un oasi in cui rifocillarsi. Fermato il cavallo, prese dalla tracolla una cartina della regione: fortunatamente, le mappe della zona avevano indicate le locazioni di oasi o piccoli villaggi.
Rimase fermo qualche minuto, facendo i calcoli sulla distanza percorsa, e dopo aver appurato il punto in cui si trovava, localizzò un oasi non molto lontana, nella quale avrebbe potuto passare la notte. Rimessa a posto la cartina, prese le briglie e tornò a muoversi, spostando la direzione leggermente verso nord.
Viaggiò per poco meno di un ora sotto il sole cocente; la fronte gli colava di sudore e il respiro gli si era fatto più affannoso, ma non dava esteriormente il minimo segno di cedimento. Guardò verso l’orizzonte, e scorse in lontananza delle piante e costruzioni che circondavano un grande specchio d’acqua. Selegon era giunto nell’oasi che cercava.
Arrivato alle porte del piccolo villaggio che la circondava, venne accolto da un uomo di mezza età, che gli si avvicinò sorridendo. Indossava una lunga tunica viola scuro, che arrivava ai piedi, e un grande turbante in testa, anch’esso viola, ma più scuro. La tunica, di tessuto discretamente pregiato, aveva delle maniche a campana molto larghe, con un orlo rosso a fantasia di piante dai rami arricciati, presente anche sul bordo inferiore. Il turbante, invece, aveva un orlo giallo scuro frastagliato, con incastonate alcune minuscole gemme rosse. Il suo viso era allungato e magro, con dei piccoli baffetti e un pizzetto appuntito, e portava un bastone color ebano lungo e affusolato, che terminava allargandosi in una spirale che ingabbiava una pietra trasparente cristallina.
Questo ambiguo personaggio si fermò davanti a Selegon, abbassando il capo: -salute viaggiatore, benvenuto e ilbe! Cosa vi porta qui?-
-cerco un riparo per la notte, ripartirò domattina.-
-uhm, capisco. In questo caso permettetemi di presentarmi… io sono Jakkal, lo sciamano del villaggio! Per la notte sono centocinquanta jowl.-
-perfetto.- Selegon dette il dovuto a Jakkal ed entrò nel villaggio.
-se permettete- disse lo sciamano –vi chiederei di lasciarci in custodia le vostre armi; Le potrete riprendere domattina. Chiedo venia, ma è per sicurezza.-
Selegon fece un espressione di disappunto, ma poi si convinse a consegnare le sue spade, entrando poi nel villaggio.
Era abbastanza estesa per essere un oasi. Le case erano piccole e costruite interamente in pietra, ed erano disposte in cerchio tutt’intorno allo specchio d’acqua centrale. Qua e là sorgevano alte piante e palme, che ombreggiavano il centro dell’oasi; pur essendo un villaggio in mezzo al deserto, si tenevano piuttosto bene.
Selegon seguì Jakkal fino alla casa in cui avrebbe soggiornato durante la notte.
Dopo aver legato il cavallo e posato i suoi effetti, entrambi si diressero dal capo villaggio.
Era una casa poco più grande delle altre, accanto alla quale si trovava un grande masso alto almeno sei metri, con sopra alcune incisioni. Selegon girò lo sguardo su di essa, guardandola con fare pensieroso per qualche secondo, ma venne distratto dall’apertura della porta dell’abitazione. Vi uscì un uomo, a prima vista poco più anziano di Jakkal; anch’esso era vestito con una lunga tunica, ma questa era color bianco sporco, e nell’insieme meno decorata.
Era un uomo piuttosto alto, con pelle scura e corpo esile. Il suo sguardo severo era accentuato da sporgenti e folte sopracciglia, che sovrastavano un viso dai tratti marcati.
Vedendolo uscire, Jakkal abbassò il capo, il capo villaggio guardò Selegon: -salute, forestiero. Ho sentito dell’arrivo di un visitatore… cosa ti porta nel nostro umile villaggio?-
-sono in viaggio per Noctinghal. Mi sono fermato qui per la notte e per fare scorta d’acqua.-
-capisco. Spero che ti aggraderà il soggiorno. Siamo abituati a fare da porto per viaggiatori. A proposito, immagino tu sia affamato… -Jakkal?-
-si, capo villaggio?-
-potresti portare…-
-mi chiamo Selegon.- intervenne il ragazzo.
-…Selegon… alla mensa? Vorrà rifocillarsi dal viaggio.-
-certamente!- disse Jakkal abbassando la testa in segno di obbedienza. –Selegon, seguitemi prego.-
Il ragazzo si girò silenziosamente e seguì lo sciamano. Entrarono in una grande capanna al centro delle abitazioni, con numerose sedie e tavoli.
-la mensa! Sedetevi pure e attendete che vi servano!- disse Jakkal. –se avete bisogno chiamatemi pure!- e si girò, uscendo dalla capanna.
Selegon si guardò un attimo intorno, poi si sedette; girò lo sguardo verso il bancone, e vide una ragazza che si stava dirigendo verso di lui. Aveva un grembiule da cucina, ma sotto di esso era vestita in modo piuttosto singolare: una giacchetta aderente di pelle nera smanicata, una gonna sempre di pelle che copriva solo la gamba destra fino alla caviglia, pantaloncini corti aderenti neri e stivali marrone scuro lucidi che coprivano fino agli stinchi.
Non superava i vent’anni a giudicare dal viso molto giovane; i suoi grandi occhi verdi facevano contrasto con i lunghi capelli biondi mossi che scendevano sulla schiena, diventando man mano rossi, i quali coprivano la fronte e parte dell’occhio sinistro con una frangia laterale.
Selegon la fissò per qualche secondo con aria stranita, come se quel viso gli fosse familiare, poi tornò serio.
-ciao!-disse la ragazza sorridendo. –avevo sentito del tuo arrivo! Allora, vuoi qualcosa?-
-avete qualcosa che contenga carne?-
-beh, abbiamo uno spezzatino, se vuoi!-
-ok.-
la ragazza alzò le spalle inclinando leggermente la testa –arriva…- e andò verso il bancone; Selegon rimase seduto tranquillamente a guardare davanti a sé. Dalla tasca interna del vestito tirò fuori una piccola agenda sulla quale iniziò a scrivere, e, rimessala via, tornò a guardare il vuoto.
Passò qualche minuto, al cui termine Selegon scorse un movimento dalla cucina. Dalla porta uscì la ragazza, che andò al suo tavolo con un piatto fondo fumante in mano. –ecco qui!- disse sorridendo, mentre poggiava sul tavolo il piatto e una brocca d’acqua.
-grazie.-
La ragazza però rimase lì a fissarlo, con un sorriso ebete. Il ragazzo la guardò con la coda dell’occhio con un espressione stranita, e iniziò a mescolare lo spezzatino.
-quindi… sei in viaggio per lavoro?-
-… si…?-
-oh, bello! Comunque piacere, io mi chiamo Lily! Tu… come hai detto di chiamarti?-
-non l’ho detto.- disse Selegon continuando a mescolare.
-oh… capisco. Sai, io lavoro qua!-
-… si… lo avevo intuito…-
la ragazza inclinò il capo. –ma sei sempre così silenzioso?-
-e tu sei sempre così fastidiosa?- disse Selegon con il suo solito tono seccato, continuando a guardare nel suo piatto.
La ragazza lo guardò con fare offeso, e girandosi, tornò in cucina a passi pesanti.
-… lo prendo come un si- disse il ragazzo bevendo tranquillamente.
Nel frattempo Jakkal, insieme al capo villaggio, stavano dirigendosi davanti alla grande roccia dell’oasi, seguiti da una dozzina di apparenti sacerdoti.
-hai trovato il motivo che spieghi l’indulgenza del grande Pod negli ultimi mesi?-
-no, sono desolato. Non riesco a comprendere il motivo per cui sia così adirato ultimamente- rispose Jakkal.
Il gruppo raggiunse il masso gigante, riunendosi davanti ad esso.
-bene, iniziamo.- lo sciamano avanzò di qualche passo, e alzò il bastone. Il gruppo di sacerdoti creò un semicerchio, e abbassando le teste, iniziarono a bisbigliare:
-ah, enom al alass Pod,
ah, enom al alass Pod,
ulur ga henev,
ulur ga henev.-
-ulur ga henev!- disse infine Jakkal, guardando la superficie della roccia; tra le incisioni c’era uno spazio vuoto, ed era lì che i suoi occhi guardavano. In quel preciso punto si accese una scritta arancione brillante, che indicava un nome.
-Abbiamo il nostro sacrificio per il grande Pod.- disse lo sciamano girandosi. –Lily Hyperic.-
 
 
                       “cibati delle loro carni.”
                       [helden: the sacrifice]

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Capitolo 5
*** Birth of the flower ***


Selegon aveva appena finito di mangiare e, seduto al tavolo, guardava in alto con fare pensieroso. Ogni tanto Lily passava ai tavoli a portare da mangiare, e lo sguardo del ragazzo si posava su di lei.
La sua attenzione fu però attirata da un luccichio proveniente dall’interno della felpa. Incuriosito, Selegon vi infilò la mano ed estrasse un ciondolo, che teneva al collo fin da piccolo: una catenella d’argento con appesa una pietra di forma prismatica esagonale, di colore bluastro. All’interno fasci di luce si muovevano, come se dentro la pietra ci fossero delle fiamme blu. Era normale che brillasse, ma in quel momento emetteva più luce del solito.
Mentre era intento a pensare, all’orecchio di Selegon giunsero alcune voci provenienti da un tavolo non molto distante.
-Davvero, secondo me state sopravvalutando Jakkal!-
-Scherzi? Senza di lui non avremmo mai capito la volontà del grande Pod!-
Selegon aguzzò l’orecchio: -… Pod?- pensò tra sé.
-Beh, io sono comunque titubante…-
-E smettila di pensarla così! Dai, tra poco annunceranno il prossimo sacrificio!-.
In quel momento entrò nella sala Jakkal, seguito da due guardie, e si diresse verso la cucina.
-…Sacrificio?- pensò Selegon.
Lo sciamano si trattenne nella stanza per un minuto circa, al termine del quale si sentì un rumore.
Lily uscì dalla cucina sbattendo la porta e correndo verso l’uscita. -No, non voglio!- urlò, ma venne fermata dalle due guardie.
-Spiacenti, ma queste sono le regole.-
Selegon si guardò intorno; nessuno dava il minimo accenno di voler intervenire.
-Che diavolo prende a questa gente?- pensò.
Jakkal uscì dalla cucina: -Prendetela!-
La guardia fece un cenno e allungò la mano verso Lily, la quale però non restando inerme reagì, tirando un calcio in faccia all’uomo, che cadde.
Selegon, aguzzando l’occhio, non poté non notare un braccialetto al polso della ragazza: una catenella metallica che si avvolgeva due volte attorno al polso, pendendo poi per qualche centimetro. Ad essa era appesa una piccola pietra celeste di forma sferica, la quale somigliava moltissimo alla sua.
Lily si girò verso l’uscita, tentando la fuga, ma venne fermata dalla seconda guardia, che cercò di afferrarle il braccio. In quel momento, un coltello volò per la stanza, attaccando la manica del suo vestito alla porta retrostante.
-Chi è stato?? Urlò la guardia mentre tentava di estrarre la lama dal legno.
Selegon si alzò: -Chissà…può darsi che sia stato io.-
Le due guardie impugnarono le loro lance correndo verso di lui. Il ragazzo schivò l’affondo del primo, e impugnando la lancia con la meno destra, la tirò verso di sé, girandosi e tirando una gomitata in viso alla guardia.
Con uno strattone prese la lancia in mano, e facendola roteare velocemente in alto, tirò un colpo obliquo alla seconda guardia, il quale però non la colpì. La lancia si era fermata a pochi centimetri dall’uomo. Selegon si sentiva bloccato; provò a muovere mani e piedi, ma era completamente immobilizzato.
-Sei entrato in affari che non ti riguardano.-
Selegon girò lo sguardo e vide Jakkal, che gli stava puntando lo scettro contro.
-Tu…- disse con voce tremolante.
-Credi di poter interferire nell’usanza di un altro posto?-
-Usanze o meno- disse il ragazzo –lei non voleva farlo.-
-Lei deve farlo, volente o nolente. La nostra religione obbliga chi è dato in sacrificio a obbedire. Quindi, ti offro la possibilità di andartene incolume, senza proferirne parola, oppure, seguire il destino della ragazza e morire.-
Lily cercò di intervenire, ma venne immobilizzata da una guardia.
Selegon ringhiò: -Tsk! Non mi fermerete con delle minacce!-
-Povero ragazzo… parlare così nonostante io ti abbia già fermato.- disse Jakkal ruotando la punta del bastone, facendo cadere Selegon di schiena. Egli tentò di rialzarsi, ma lo stregone fece nuovamente ruotare lo scettro e lo capovolse a schiena in su.
-A quanto pare… oggi Pod avrà un sacrificio in più.- e puntandogli contro il bastone enuncio:
-Khal iss, cacch’ ha kà!-
Selegon iniziò a vedere tutto offuscato, e perse i sensi.
 
                   
                                                                  *
 
 
-Cos… dove mi trovo?-
-Ah, enom al alass Pod… Ah, enom al alass Pod…-
-Queste voci… che significa?-
-Uth alshem as eless ul… has elum uh tal hasse’en…-
Selegon si svegliò di colpo. Sentiva un po’ di male al capo, ed era un po’ confuso.
Si guardò intorno: si trovava a quanto pareva in una grotta sotterranea, probabilmente non molto lontana dal villaggio.
Intorno a lui, dei sacerdoti stavano pregando a testa bassa.
Selegon si accorse di avere le mani e il torso legati. Cercò di divincolarsi, ma non riuscì ad allentare le corde.
-Sei sveglio?- disse una voce dietro di lui: sembrava che fosse stato legato a qualcun altro.
-Si…sono…- il ragazzo si girò e vide che l’altra persona era Lily. –Tu?- disse sorpreso.
-Ma dai! Chi credevi che fossi, stupido!- sbraitò lei di tutta risposta.
-Ahh, taci!-
-Io devo tacere??-
-Mi chiedo perché sono dovuto intervenire per una seccatura come te.-
-Sei un sociopatico!-
-E tu sei noiosa.-
-Spocchioso!-
-Asfissiante.-
-Egocentrico!-
-Bifolca.-
Il litigio venne interrotto da una voce.
-Bene, vedo che ti sei svegliato…-
-Jakkal…- disse Selegon con disprezzo. –Io…-
-Risparmia le parole. Presto sarai sacrificato in nome di Pod.- rispose Jakkal ghignando.
-Scordatelo, tu e il tuo Pod, o come diavolo si chiama.-
-Pff… insolente come al solito.-
Lo stregone si girò, e si mise davanti ai sacerdoti.
-Ma oggi pagherai il prezzo della tua impudenza…straniero. Guardate tutti!- urlò alla gente seduta su degli spalti rocciosi. –Come il giudizio del potente Pod cadrà su questo essere infedele! L’ira del nostro signore si abbatterà su di lui!- e alzando il bastone, urlò: -Ol hev Pod!-
Le voci dei sacerdoti si spensero, e per qualche istante ci fu un silenzio tombale, che fu rotto da un lontano rumore di fondo, seguito da un fremito del terreno; la vibrazione aumentò drasticamente, scuotendo l’intera grotta.
Selegon fissò lo sciamano e pensò tra sé:- Ol hev…? Capisco…- e guardando dinnanzi a sé, vide il pavimento sabbioso creparsi e alzarsi di livello, accompagnato da un terremoto.
-Addio, straniero.- disse Jakkal a bassa voce mentre osservava la scena.
Il terreno saliva ancora, come se al di sotto ci fosse qualcosa di enorme.
La massa sabbiosa improvvisamente si bloccò, e ritornò velocemente in basso, implodendo in una fragorosa e fitta nube.
Selegon e lily avevano la vista oscurata; davanti a loro, la grande nuvola di polvere si stava lentamente allargando e diradando. Da essa, si sentì provenire un verso acuto e stridulo, accompagnato da una sagoma che si intravedeva tra la cortina di polvere. Quell’ombra si mosse lentamente ondeggiando, poi con uno scatto uscì stridendo dalla nuvola ormai diradata quasi del tutto.
Due enormi occhi verdi retinati, un paio di tenaglie arancioni per bocca, un lungo e affusolato corpo suddiviso in vari segmenti ricoperti da uno spesso esoscheletro, centinaia di zampe uncinate ai lati del corpo e una grande tenaglia acuminata sulla coda.
Pod, la creatura dalla forma di una gigantesca scolopendra, guardò Selegon e Lily sibilando. La sua corazza rossa scintillava sotto la luce che filtrava dal soffitto, e i suoi occhi verde smeraldo fissavano le sue prede ininterrottamente.
Selegon bisbigliò: -Ehi,cosa.-
-H… ho un nome!- disse Lily senza distogliere lo sguardo dalla scolopendra.
-Preferisci il tuo nome o la tua vita?- rispose Selegon senza perdere la compostezza.
-Cosa c’è?-
-Distendi le gambe come per alzarti.-
-Perch…-
-Fa come ho detto!-
-O…ok!-
La ragazza si diede una spinta con le gambe, e Selegon la sfruttò per mettersi in piedi, caricandosi Lily sulla schiena.
-Ehi ehi! Che fai!?- sbraitò Lily mentre Selegon iniziava a correre lentamente per la caverna.
-Taci.- rispose, e scattando in avanti, evitò il colpo di coda della scolopendra. Essa dopo averla ritratta, si gettò in picchiata con le tenaglie seghettate aperte.
Selegon si diede una spinta laterale e riuscì a malapena a schivare il colpo, perdendo quasi l’equilibrio, e si rimise a correre.
-Fermatelo!- urlò Jakkal, e una guardia tentò di colpire i due con l’alabarda.
-Perfetto- pensò Selegon fra sé, e si girò di lato, verso la guardia.
-Cosa stai facendo!?- disse Lily ad alta voce, ma il ragazzo, poco prima di essere colpito, si girò, e l’alabarda recise le corde che li legavano.
-Idiota!- esclamò Jakkal furibondo, mentre Selegon si slegava velocemente.
La guardia tentò di ritrarre l’arma, ma il ragazzo la bloccò con il piede, e con l’altro gli diede un calcio.
-E ora…- disse Selegon impugnando l’alabarda –occupiamoci del famoso Pod.- e si lanciò in corsa. Passando vicino a dei resti umani si abbassò, e raccolse un pezzo di metallo di forma irregolare, legandovi l’estremità della corda.
-Ehi, cosa! Devi distrarlo!- urlò a Lily.
-Ah si certo!- strillò nervosamente la ragazza –se vuoi gli faccio anche il bagnetto e gli racconto la favola della buona notte!-
-Puoi smettere di starnazzare per dieci stramaledettissimi secondi e fare quello che dico??- rispose Selegon, mentre schivava le tanagliate di Pod.
Lily dapprima si zittì, poi prese fiato, e si mise a urlare agitando le braccia: -Ehiiiii! Guardamiiii!-
La scolopendra girò lo sguardo, e stridendo le si gettò contro.
Selegon approfittò della distrazione, e salendo sulla coda di Pod, prese la corda con legato il pezzo di metallo e la fece girare velocemente in aria; successivamente la lanciò usando la parte metallica legata come peso per farla avvolgere attorno al corpo dell’essere, e prese al volo l’altra estremità. Lily si fermò, e guardò negli occhi Pod; ci fu un istante di silenzio. Selegon attendeva che la scolopendra attaccasse, tenendosi saldamente alle corde.
Improvvisamente Pod si lanciò in avanti con le fauci spalancate. La ragazza si gettò di lato, facendo conficcare le tenaglie al suolo.
-Adesso!- Selegon approfittò dello sbalzo lasciando andare la presa, venendo catapultato in avanti; a mezz’aria impugnò l’alabarda, e quando fu sopra il cranio di Pod, lo trafisse. Non riuscendo a bloccare un tale sbalzo, Selegon continuò la traiettoria e impattò al suolo, rotolando per alcuni metri.
Pod si dimenò dal dolore, andando a sbattere contro le pareti rocciose, le quali gli crollarono addosso, finendolo.
-Ah…- Lily si alzò, e vide una grande nuvola di polvere davanti a lei.
-Ce l’abbiamo fatta!- urlò entusiasta.
Selegon, di fianco a lei,si alzò lentamente, tenendosi la mano sul fianco. Aveva preso un forte contraccolpo dall’impatto, ma non era molto grave.
-Così pare…- disse a bassa voce.
-... Voi…- si sentì riecheggiare.
Selegon si girò, e guardò Jakkal, rimanendo in silenzio.
-…Io… vi ucciderò! Avete osato attaccare il potente Pod, e ora…- il ragazzo lo interruppe: -Finiscila con questa storia! Perché non dici a tutti di questa messa in scena?-.
-Di che parli?-
-Non fare il finto tonto. So benissimo che quell’essere era controllato da te.-
-T… tu…-
-Non saprò usare incantesimi, ma ne conosco molti. Evocazioni di questo genere vengono usate per assorbire energia vitale. In pratica, ogni essere umano mangiato dal tuo Pod, non faceva altro che dare energia a te.-
Tra i presenti, che stavano osservando la scena, si alzò un bisbiglio.
-Non ascoltatelo!- urlò Jakkal –È stata la pietra degli spiriti a…-
-Quella roccia non era altro che un falso. Una lingua del genere era semplicemente una tua invenzione per mascherare le formule dei tuoi incantesimi. Finiamola con questa sceneggiata!- disse Selegon impugnando l’alabarda.
-E va bene…devo ammettere che siate i primi a darmi tanti fastidi… ma già in passato altra gente mi ha messo i bastoni tra le ruote… e vi assicuro che farete la loro stessa fine.- rispose Jakkal sogghignando, puntando il suo bastone contro Selegon e Lily. –Avete ficcato il naso negli affari sbagliati.-
 
 
 
                                         “il viaggio… ebbe inizio da qui.”
                                         [Helden: Birth of the flower]
 

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Capitolo 6
*** Call of Oblivion ***



Selegon era dinnanzi a Jakkal in silenzio, brandendo l'alabarda.
Lo stregone, puntandogli il bastone contro, fece un passo verso sinistra, mantenendo il contatto visivo; Selegon fece anch'egli un passo a sinistra, stringendo l'impugnatura con le dita leggermente sudate.
Entrambi continuarono a muoversi lateralmente, disegnando un cerchio, scrutando nell'avversario ogni segno, ogni espressione, ogni possibile segno di indugio.
La folla, seduta sugli spalti rocciosi della grotta, guardava silenziosamente la scena; la tensione si fece sempre più alta, tanto da essere quasi percepibile sulla pelle.
Jakkal, continuando a camminare, disse:
-Non avresti dovuto infilarmi i bastoni tra le ruote! sei entrato nella fossa dei leoni!-
-Finiscila di blaterare, vecchio! sei tu ad esserti spinto fin dove non potevi.- mentre parlava, pensò tra sè: "tuttavia... a giudicare dall'evocazione che è stato in grado di controllare, la sua abilità è tutt'altro che scarsa. stando a questo, potrebbe aggirarsi sul rank B, con la differenza che un troll di montagna non ha un minimo di cervello... e oltretutto io non ho le mie armi..."
I due continuarono a fronteggiarsi visivamente per alcuni istanti, al termine dei quali  Selegon scattò verso Jakkal. Quest'ultimo puntò l'estremità del bastone verso di lui ed enunciò: -Elven' wahaj!-
La pietra si illuminò e dall'estremità opposta uscì un fascio di luce, che assunse compostezza divenendo un getto d'acqua pressurizzata, il quale si diresse velocemente verso Selegon. Il ragazzo scattò di lato evitando il colpo, e continuò a correre verso lo stregone. Esso indietreggiò velocemente per prendere distanza, mentre lanciava raffiche di scintille rosse. Selegon le schivò mentre continuava ad avvicinarsi a lui, caricando un colpo di alabarda. Jakkal, con tempismo, mise il bastone in verticale: -Kai'hen!- e attorno a lui si formò un campo di forza abbastanza resistente da deviare il fendente.
Selegon continuò ad attaccare, e Jakkal, usando la pietra incastonata nel bastone, si parava a fatica dai colpi ricevuti. Il ragazzo continuò ininterrottamente ad attaccare; per combattere contro uno stregone non doveva dargli il tempo di pronunciare formule di incantesimi. Tuttavia Jakkal iniziò a fare pressione dul lato sinistro di Selegon, ancora indebolito e dolorante dal combattimento contro Pod. Il ragazzo rallentò visibilmente i suoi movimenti, dando allo stregone la possibilità di difendersi. -Ecthè'hen!- enunciò, e creò un onda d'urto che sbalzò Selegon all'indietro, facendolo arretrare di qualche metro. Puntandogli di nuovo il bastone contro, si preparò ad attaccare: -Elven'neidrass!- urlò agitando l'estremità della pietra, dalla quale uscì un enorme testa di serpente infuocata, che si scagliò contro l'avversario. Selegon si mise in posizione per schivarla, ma le fiamme erano troppo estese per essere evitate in tempo. Mentre cercava rapidamente una scappatoia, vide Lily interporsi tra lui e il serpente infuocato, mettendo le mani in avanti:
-Kai'hen!- urlò, creando uno scudo che rallentò l'attacco, permettendo ai due di lanciarsi lateralmente.
Il serpente si schiantò al suolo esplodendo in una grande fiammata, creando un cratere di alcuni metri di terreno bruciacchiato.
Selegon si rialzò, tossendo lievemente, e guardò Lily, che di fianco a lui si stava anch'essa rialzando.
-Che diavolo stai facendo?-
-Ti salvo la vita idiota!-
-Nessuno te l'ha chiesto, cosa.-
-Non ringraziarmi troppo, eh? e finiscila di chiamarmi cosa!-
-Tsk- sbuffò Selegon. -Comunque sai usare la magia, vedo.-
-Solo incantesimi di livello uno...-
-Beh, sempre meglio di nulla.- rispose il ragazzo tornando a fissare il suo avversario.
-Ora mi avete davvero stancato...- disse Jakkal. -vediamo di finirla alla svelta. Graphseth aloss!-
Attorno allo stregone si formarono due bolle d'aria, che lentamente presero forma di cloni dell'uomo, i quali si lanciarono all'attacco, scangliando anch'essi incantesimi.
Selegon digrignò i denti, mentre parava le scintille rosse lanciate dalle copie: -Tsk, andiamo di bene in meglio.-
-Hah!- ghignò Jakkal. -siete in difficoltà?-
La seconda copia attaccò Lily lanciando anche lei scintille a raffica.
-Maledizione!- sbraitò la ragazza, schivando i colpi. -cosa facciamo?-
-Ascoltami, cosa! devi tenere a bada entrambi! io attaccherò il corpo original...- non ebbe il tempo di finire la frase, che la copia che combatteva contro Lily agitò il bastone, colpendo Selegon alla schiena con una scintilla, provocandogli una ferita profonda.
Selegon alzò il capo, emettendo un grido soffocato. Le sue ginocchia cedettero, e il ragazzo cadde in avanti, accasciandosi a terra.
-Selegon!" urlò la ragazza spalancando gli occhi.
Jakkal ghignò, inclinando la testa: -Povero ragazzo... alla fine... sei debole.-
Selegon, disteso a terra, vedeva nero ovunque, e il suo udito era sfocato e confuso.
"dove mi trovo..."si chiese.
Dal rumore di fondo annebbiato, una voce si fece spazio.
-Selegon!-
"Questa... è la stessa voce che sento nei miei sogni..."
Davanti a lui apparve un immagine: un uomo e una donna distesi a terra, ricoperti di sangue, e, dinnanzi a loro, una nera figura che sorrideva crudelmente, con in mano una spada insanguinata; La stessa spada di diamante del ragazzo.
L'immagine sparì, e in lontananza un altra voce, questa volta maschile, risuonò: 
-Sei... debole...-
-...no...-
-Debole...-
-...no!-
-Sei debole!-
Selegon spinse le mani al suolo, rialzandosi lentamente, con dei ciuffi di capelli che gli cadevano sul viso.
-Io...io...- bisbigliò a bassa voce.
-Io non sono debole!!- urlò infine alzando la testa: I suoi occhi corvini erano ora divenuti blu acceso, con una pupilla ristretta leggermente verticale.
jakkal guardò la scena stranito: -...che succede?-
Selegon si alzò velocemente, tirando un colpo con il palmo della mano alla copia,la quale cadde all'indietro, dissolvendosi. Prendendo poi l'alabarda in mano scattò verso lo stregone; Esso tentò di difendersi lanciando raffiche di incantesimi, ma il ragazzo le schivò con facilità, e raggiunto l'avversario, gli trafisse il petto con ferocia.
-Ugh!- Jakkal tossì, mentre un rivolo di sangue gli scendeva dalla bocca; tutti guardarono attoniti la scena, in silenzio.
La copia rimasta si dissolse, e lo stregone cadde di lato, senza vita.
Lily guardò la scena, e dopo qualche secondo di stallo, disse: -Ce l'ha fatta...Selegon, ci sei riusci...- si fermò di scatto vedendo il ragazzo che silenziosamente, cadde in avanti, accasciandosi al suolo.
-Selegon!!!-

                                                                            *

Le palpebre di Selegon si aprirono lentamente; guardandosi intorno, sembrava trovarsi nel letto di una delle abitazioni del villaggio. mentre sgranava gli occhi notò di essere bendato all'addome; alzando lo sguardo, vide il capovillaggio con due guardie a seguito, e Lily, ai piedi del letto.
-Cosa... dove sono?-
-Nella casa del capovillaggio Zusho.- rispose la ragazza. -Ti ho curato e hai dormito per tredici ore filate!-
-Tredici... dannazione, sono in ritardo!-
-Ma sei uscito appena da quel combattimento!- rispose il capovillaggio.
-Spiacente, ma non posso perdere altro tempo.-
Il ragazzo si alzò, mettendosi seduto, ma avvertendo un dolore, si mise la mano sul fianco.
-Visto? meglio non affaticarsi.- 
-Non è nulla, ho avuto di peggio.- rispose il ragazzo, alzandosi dal letto.
-Beh, se ne sei sicuro...- disse Zusho. -Ad ogni modo, vorrei porgerti i miei personali ringraziamenti per aver smascherato Jakkal, anche a nome di tutti gli abitanti di Ilbe.-
-Si si, nessun problema...- rispose Selegon con i suoi soliti modi sbrigativi, mentre si rivestiva.
Messosi gli stivali, tornò nella sua stanza, ove preparò i suoi effetti e la sua tracolla per il viaggio. Ormai gli rimaneva un giorno e mezzo per arrivare a Noctinghal. 
Improvvisamente, dalla porta irruppe rumorosamente Lily, portandosi appresso una borsa.
-Allora! su su sbrigati a prepararti, non eri mica in ritardo?-
-Non vedo motivo per cui dovrebbe importarti degli affari miei.- disse Selegon senza nemmeno guardarla.
-Perchè mi annoio ad aspettarti!-
Selegon si girò verso di lei: -Perchè stai parlando come se noi foss... quella... cos'è?-
-La mia borsa per il viaggio, mi pare ovvio! cos'è, non ci vedi bene?- rispose beatamente la ragazza.
-Tu... vorres... scordatelo.-
Lily gli si avvicinò e gli sorrise beffardamente in faccia: -Prova a fermarmi...-
-Gh...- Selegon fece un respiro. -... Aspettami qui, io vado un attimo a fare una cosa e arrivo.-
Uscì tranquillamente dalla porta, ma una volta fuori, assicuratosi di non essere visto, accellerò il passo, andando verso il suo cavallo.
Raggiunse le recinzioni, ma girando dietro un angolo si ritrovò Lily davanti.
-Non scappi!-
Selegon pensò tra sè: "che diavolo vuole questa?... proviamo ad ignorarla..." e, prendendo il cavallo, ritirò le sue armi e uscì dal villaggio come nulla fosse, riprendendo il tragitto verso Noctinghal. Giratosi, vide che la ragazza lo stava seguendo in groppa a un globb*.
"Forse, si sta prendendo gioco di me..." continuò a pensare, e fece finta di nulla.
Passarono cinque minuti, poi dieci, e la ragazza non dava cenno di tornare indietro.
-Insomma, finiscila di seguirmi! Ma che problemi hai?- disse Selegon girandosi verso Lily.
-No! voglio venire con te! Odio quel villaggio!-
-Non mi interessa! pensa ai tuoi genitori, magari si staranno preoccupando!-
-Io non li ho i genitori.- disse Lily imperturbabile. -Zusho mi ha preso quando ero piccolissima, e da allora vivo lì. Tutto qua.-
Selegon stette zitto per qualche istante,colpito da quelle parole, poi rispose: -... non mi interessa la storia della tua vita... e ora, per piacere, volatilizzati.-
-Scordatelo!-
-Grrr...- digrignò il ragazzo nervosamente.
-Allora, dove andiamo?- continuò lei tranquillamente.
-Dove VADO, semmai. tu mi stai solo seguendo, o meglio, pedinando.-
-Appunto! Ergo, dove andiamo?-
-IO sto andando a Noctinghal.-
-Bello! E perchè?-
-Non ti deve interessare.-
-Dai! Dai! Dai! Dai!-
-Grrr...hanno convocato i cacciatori di taglie più famosi per una riunione ok??- Selegon pensò qualche istante. -... si già... sembra qualcosa di grosso...- continuò girandosi verso Lily con un espressione inquietante. -probabilmente mi assegneranno una missione in cui dovrò fronteggiare sanguinarie creature demoniache, pronte a sbudellare atrocemente e senza pietà ogni essere vivente che gli capiti a tiro.-
La ragazza sorrise estasiata: -Che bello! Non vedo l'ora!-
"Questa ragazza è seriamente disturbata." pensò Selegon.
-E quanto ci mettiamo ad arrivare?-
-Se la finisci, un giorno circa.-
-Okay!-
il viaggio continuò per un qualche ora.
-Siamo arrivati?-
-No.-
-Passarono altre due ore.
-Siamo arrivati?-
-No.-
Qualche altra ora passò.
-Siamo arrivati?-
-... no.-
La cosa si ripetè ogni due ore circa; Selegon stava visibilmente perdendo la pazienza.
Il giorno passò, e il mattino dopo, i due erano ormai ai limiti del deserto. Il terreno stava diventando più compatto, e il clima divenne sempre più mite. Selegon guardò in avanti con un espressione esasperata dalle continue lamentele di Lily.
Ci fu un attimo di silenzio.
-Siamo arrivati?-
-SI!! Si dannazione!! siamo arrivati!! Ora vuoi chiudere quelle stradannatissime fauci?? Vorrei poter sentire versi animali che non provengano da te!!- urlò nervosamente il ragazzo.
-Ehi, calmati! stavo solo chiedendo!-
Selegon prese un respiro, evitando di risponderle, e continuò ad andare avanti. Dietro una collina, degli edifici apparvero, circondati da torri e mura. Dinnanzi ai due ragazzi, sorgeva la grande città dei cacciatori... Noctinghal.


                                                                              *


Lontano da lì, sepolto nei meandri del sottosuolo, un bagliore azzurro chiamava a gran voce. Un oscuro eco che si faceva strada attraverso la terra, le foreste, i mari e le montagne.


                                           "Trovatemi... trovatemi... io voglio essere trovato."
                                                                 [Helden: Call of Oblivion]


*globb= creatura simile a un cammello, ma bipede, di postura simile a quella di uno struzzo.

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Capitolo 7
*** Piece of us ***


La grande città di Noctinghal era infine apparsa a Selegon e Lily.
Attraverso le mura su vedevano grandi torri e abitazioni, costruite con mattonelle color grigio topo, quasi nero, dando alla città un aspetto cupo e serio.
I ragazzi entrarono dal grande portone principale, in silenzio.
-Wow!- disse Lily alzando lo sguardo sulla città che le si ergeva davanti.
-Pff- sbuffò selegon. -vedi di non parlare con nessuno. non tutti i cacciatori di taglie sono socievoli.-
-Ne avrei un esempio...- disse Lily sottovoce.
-Se ti ficchi nei guai sono affari tuoi, non lamentarti poi.-
I due giunsero davanti a una grande costruzione, attorno alla quale era riunita una grande folla di cacciatori di taglie, tra guerrieri solitari e gilde numerose.
Un ragazzo tra il gruppo vedendo Selegon vi si distaccò, andando verso di lui. Aveva una veste marrone scuro, non molto elaborata, con un armatura leggera su spalle, avambracci, petto e stinchi. in viso aveva un paio di cicatrici, una sotto l'occhio destro e una a forma di x sulla fronte, e aveva dei capelli corti biondo cenere.
-Ma guarda un pò chi c'è...- disse -mister socializzazione.-
-E io vedo un ladro di cavalli.- rispose Selegon, smontando.
-Eheheh, rispose il primo, e i due si strinsero l'avambraccio a videnda.
-Allora! è la tua prima riunione ufficiale!-
-Così pare... hai un idea di quando inizierà?-
-Tra una decina di minuti, a quanto ci hanno... ma...- l'uomo notò Lily -ma guarda un pò! Selegon l'eremita, con un compagna?- disse sorpreso.
-A dire il vero sto cercando in ogni modo di liberarmene. La vuoi?-
Lily lo interruppe: -Ehi! non sono una merce di scambio!-
-Magari lo fossi, almeno non parleresti...-.
 Selegon sentì un suono alla sua destra, e giratosi, vide un gruppo di persone disposto a cerchio, attorno a quella che pareva essere una rissa. Notò un uomo piuttosto robusto al centro, con tratti rudi e una folta barba, che stava picchiando qualcuno.
-Che succede?-
-Cosa? ah si, quello è Brogh Vento del nord. a quanto pare...- non potè continuare la frase, che Selegon stava già dirigendosi verso di lui.
-Fermo! è meglio non intromettersi! è il figlio del...- ma il ragazzo continuò a camminare senza dare peso alle sue parole. -... Del gran maestro della gilda delle donnole bianche...- continuò a bassa voce, sconsolato.
Al centro del cerchio di persone, Brogh stava picchiando un anziano mendicante.
-Ti piace la mia carità? Eh? Ti piace?- disse ridendo, mentre sferrava calci al mendicante. esso, disteso al suolo, faticava a respirare, trascinandosi per terra, mentre la folla scoppiava in risate e incoraggiamenti.
Tra la gente, Selegon si aprì un varco a spallate: -Levatevi di mezzo!- e si inginocchiò sull'anziano uomo, che rigurgitava sangue.
-Ehi vecchio, resisti.- disse il ragazzo.
-Ahahahaha!- rise spavaldamente Brogh -abbiamo un eroe!- e continuò la sua grassa risata, chiedendo l'approvazione della folla. 
-Vai Brogh!-
-Squartalo!-
-Fagliela vedere!-
L'uomo alzò le mani, per ottenere clamore, ma tutti improvvisamente si zittirono. Incuriosito, Brogh si girò, e si ritrovò la spada di Selegon alla gola.
-Dimmi... lo trovi divertente?- disse il ragazzo in tono sprezzante.
-T... tu... lo sai chi è mio padre??-
Selegon gli si avvicinò di scatto all'orecchio, sussurrandogli: -Secondo te alla mia spada importa di chi è tuo padre? Avanti, prova a chiederglielo.-
L'uomo rimase immobile, guardando davanti a sè con un espressione terrorizzata.
-Come pensavo...- disse Selegon, rinfoderando la spada e prendendo sottobraccio il mendicante.
Tornato indietro, lo fece distendere davanti a Lily: -Puoi curarlo?-
-S... si!- rispose la ragazza, e passando la mano sul petto del vecchio, pronunciò una formula curativa.
-Oh, sei un medico?- chiese il ragazzo in armatura
-Beh, non esattamente...- rispose lei -ah, io mi chiamo Lily!- disse sorridendo.
-Capisco... ah, io sono Ky'lam! piacere!-
Selegon guardò il giovane: -piuttosto... hai un idea dell'argomento della riunione? non convocano cacciatori dal rank B in su per robe da nulla...-
-Non ne ho la più pallida idea... non sono uscite voci al riguardo...-
-Che non inizino a parlare di Ju'hal o dell' Albero delle anime... ne ho piena la testa di queste storie.-
-Ju'hal? Albero delle anime?- chiese Lily. -cosa sono?-
-Non siamo a scuola, fattelo spiegare da qualcun'altro.- rispose Selegon.
-Vuoi smetterla di...- la ragazza venne interrotta da un suono. Le porte dell'edificio si erano aperte, attirando l'attenzione di tutte le persone riunitesi intorno.
dall'entrata, si scorse un uomo vestito elegantemente, che camminando verso la folla, si fermò sull'uscio.
-Preghiamo di entrare solo i cacciatori di taglie o rappresentanti di gilde. Eventuali amici o accompagnatori sono pregati di attendere fuori.-
Selegon si alzò: -Bene, vado.- disse, incamminandosi verso il portone.
Lily guardò Ky'lam: -Tu non vai?-
-No, entra già il mio compagno... io aspetterò fuori.- rispose il ragazzo sorridendo.
-Oh, capisco!-
Girandosi, la ragazza notò una bambina di circa dodici anni, con capelli corti biondo scuro, che si dirigeva verso l'entrata.
-Ehi- disse -Ma quella ragazzina sta entrando!-
-Chi?-
-Quella! La vedi?- e indicò verso di lei. Indossava una felpa nera di strana fattura, con disegnate sui lati , sulla schiena e sulle maniche delle ossa, e un teschio sul cappuccio; alle gambe, invece, portava dei pantaloni grigio-blu con delle fiamme bianche disegnate sul lato degli stinchi, e ai piedi dei sandali marroni.
-Quella??- rispose Ky'lam -Non la conosci?-
-Ehm, no. chi sarebbe?-
-Alyn Adonis, ecco chi è! La reppresentante di Zarickaf!-
-Zarickaf?-
-Il miglior cacciatore di taglie al mondo! Zarickaf soprannominato "la fenice"! dicono che possa portare a termine qualunque compito senza problemi, e che abbia abbattuto decine di draghi! Però è un tipo molto capriccioso, e non accetta compiti che non reputa divertenti. Infatti manda sempre Alyn a fare cose come questa...-
-Quella farebbe parte del gruppo del migliore al mondo?-
-Già... ma non dovresti giudicarla male... una volta tre uomini le hanno dato della mocciosa. venti minuti dopo, erano in infermeria...-
Lily rimase sconcertata.
-Come fai a non sapere queste cose? Viaggiando con Selegon pensavo conoscessi Zarickaf... è famoso perfino tra la gente comune...-
-Beh... io vengo da un piccolo villaggio in mezzo al nulla, quindi per me queste cose sono tutte una novità! E poi parliamone, Selegon non è per nulla un chiacchierone!- disse sorridendo. -Oh,ecco fatto!- aggiunse terminando l'incantesimo di guarigione. - fra un paio d'ore potrà rialzarsi tranquillamente!- e aiuntando il mendicante, lo mise seduto a schiena contro il muro. -ah, a proposito! prima Selegon parlava di un certo Ju'hal, e di un albero di qualcosa... potresti spiegarmi?- chiese incuriosita.
-Deve essere proprio sperduto, se non conosci Ju'hal, o L' albero delle anime... è una storia lunga.-
-Beh, di tempo ne abbiamo!-
-... Ah, e va bene. Immagino che tu non sappia nemmeno cosa sia il Rhapsody...-
-Si, infatti.-
-Beh, quello che sto per raccontarti è contenuto nel Rhapsody, cioè una raccolta di libri, scrutti dai più grandi storici e filosofi della storia, e narrano la storia di questa terra fin dalle sue origini. Purtroppo il primo volume è andato perduto, quindi le informazioni sulle origini del mondo sono frammentarie, e hanno dato vita a numerose leggende.-
-Quindi ci sono più volumi?-
-Si. in tutto sono quattro. ma come ho detto, il primo è andato perduto. gli storici ne hanno ricorstruita una parte, ma molte informazioni sono frammentarie, quindi quello che ti dirò non prenderlo come pura verità.
Dunque...
Quando il nostro universo era ancora agli inizi, esistevano due grandi entità superiori: Ju'hal e Kronos. Molti li chiamano dei, rispettivamente della luce e della notte; tuttavia, non conoscendo nulla su di loro o le loro origini, è più corretto definirli come "entità superiori".-
Lily ascoltava in silenzio, facendo in modo di materializzarsi le immagini della storia narrata nella sua mente.
-Ju'hal e Kronos avevano delle conoscenze e delle capacità che vanno oltre ogni concepibile immaginazione... potevano creare interi mondi, con il solo pensiero riuscivano a piegare lo spazio a loro piacimento, controllare ogni tipo di energia, fino al poter creare la vita stessa.
Non si sa esattamente quando, ma ad un certo punto le due entità decisero di creare una razza di esseri che potessero ereditare la loro immensa sapienza. decisero quindi di fare un esperimento: I due crearono rispettivamente due razze, che si sarebbero "scontrate" per chi fosse degno di succedergli.
Da una parte, naquero gli umani... dall'altra...i...-
-...i?- chiese Lily.
-... noi... non pronunciamo il loro nome... li soprannominano "Innominabili"...-
La ragazza si stupì del modo in cui lui parlava di questi esseri, quasi come se li temesse.
-Comunque...- continuò lui. -inizialmente le due razze ebbero un comportamento simile. entrambe si espansero e si dimostrarono aggressive sulle altre forme di vita, prendendo piede con avidità. Però, successivamente, gli innominabili iniziarono a crescere molto più velocemente, aquisendo conoscenze straorinarie in breve tempo, ed espandendo il loro territorio ovunque.
Tuttavia... insieme alla loro conoscenza crebbe anche il desiderio di conquista... 
Ju'hal capì che non erano la razza adatta a succedergli. Gli umani, dalla loro parte, erano molto meno avanzati, ed anch'essi pensavano al guadagno personale, arrivando a uccidersi fra di loro per la loro sete di potere. Ma a colpire Ju'hal fu qualcosa che gli umani avevano in più degli innominabili, qualcosa che lui stesso non riusciva a comprendere... una specie di filo invisibile che legava le persone l'una all'altra, e che riusciva a sopprimere ogni istinto: L'amore. La curiosità per questo sentimento divenne quasi ammirazione, cosa che condusse Ju'hal a scegliere gli umani come successori. 
Ma al contrario, Kronos non fu d'accordo con questa decisione e si oppose, causando un conflitto tra i due esseri. E come loro, anche le due rispettive razze si scontrarono l'una contro l'altra; ma il dislivello tra loro era troppo grande, e gli innominabili annientarono quasi del tutto la razza umana, distruggendo la loro terra e schiacciando con violenza ogni resistenza.
Sopravvissero pochissimi umani, i quali tentarono di fuggire lontano per non farsi trovare. Fu così che Ju'hal decise di offrire a loro una possibilità di rinascere, portandoli qui, su Helden. Affidandogli tutta la sua fiducia, Ju'hal si sacrificò, donando la sua vita e il suo corpo alla nostra razza, sicuro del fatto che avremmo potuto un giorno raggiungerlo e superarlo. E così naque "L'albero delle anime", creato dal suo stesso corpo, che donò alla terra. Questo immenso albero è alto quasi come una montagna, ergendosi su ogni cosa, e vegliando sulla vita di Helden. Le sue radici corrono attraverso tutto il globo, offrendo energia a ogni creatura, e attraverso la sua linfa, si dice che scorra l'intero flusso vitale del pianeta. Infatti, si dice che ogni fiore azzurro dell'albero che sboccia, corrisponde a una vita che nasce, e ogni fiore che cade, corrisponde a una vita che muore.-
La ragazza ascoltò sbalordita la spiegazione. -Ed esiste davvero??-
-Certo. al centro dell'impero, in una foresta chiamata infatti "foresta delle anime", sorge l'albero. Ovviamente, l'intera foresta è una zona vietata a chiunque, solo l'imperatore e i sacri guardiani possono accedervi.-
-Sacri guardiani?-
-Si. Donando la sua vita agli umani, Ju'hal divise anche la sua anima: si dice che pianse ottantotto lacrime, che cadendo sulla terra, donarono ad ottantotto persone dei poteri sovrumani, diversi uno dall'altro; Essi vengono appunto chiamati Lacrime di Ju'hal. si dice essi accorrono se il mondo corre un grande rischio. 
dall'altra parte, frammentando la sua anima, Ju'hal creò sei guardiani che potessero vegliare sull'albero. Ognuno di questi guardiani possiede il potere di un elemento naturale, e un energia straordinaria.
Al momento della morte, il potere di un guardiano o di una lacrima di Ju'hal viene trasmesso a un altro prescelto.-
-E Kronos? Che fine ha fatto?-
-Beh, quando Ju'hal si sacrificò, usò le ultime forze per sigillare l'anima di Kronos nel corpo dello stesso... fu così che naque ciò che noi chiamiamo "inferno", composto dalle stesse membra dell'essere. E in questo modo venne a crearsi il naturale principio di "Bene e male": Kronos divenne colui che epurava le anime dannate per poi permettergli di rinascere a nuova vita, generando il ciclo stesso di morte e rinascita.
Ma l'odio verso Ju'hal e la creazione di cui tanto andava fiero non si spense mai, fintanto che Kronos immise la propria anima in un corpo che usò da contenitore, rinascendo.-
-... e poi?-
-Beh, qui le versioni diventano numerose. La più famosa per così dire, dice che Kronos usò appunto il corpo di un umano come contenitore, rinascendo sotto una forma "umana". dicono che egli stia attendendo di poter uscire dal corpo del padre per avere vendetta sull'umanità. Ma ovviamente nessuno ha mai avuto prove della sua esistenza.
Un altra storia dice che per liberarsi, Antares, così ora si fa chiamare, ha bisogno che quattro artefatti, creati da lui stesso, vengano usati contemporaneamente, in modo da rompere il sigillo che lo tiene imprigionato negli inferi e tornare libero...-
-... Incredibile...-
-Già... purtroppo esistono così tante leggende sull'origine del mondo che non si può sapere cosa sia vero e cosa no.-
-Ecco di cosa Selegon parlava...-
-Senti, comunque, evita di farne parola. Non ne so il motivo, ma l'imperatore ultimamente ha proibito di parlare in giro dei guardiani, quindi acqua in bocca.-
-Ok ok! non ne parlerò a nessuno.-
Mentre i due ragazzi continuavano a parlare, Selegon, all'interno dell'edificio, venne condotto insieme agli altri in una grande sala circolare, finemente arredata e decorata. L'uomo che li aveva guidati fin lì si fermò al centro della stanza, indicando una grande tavola rotonda: -Prego, accomodatevi a quel tavolo, il Gran maestro di Noctinghal sta per arrivare.-


                                  "Vieni avanti guerriero. La penna del destino sta già scorrendo sulla carta."
                                                                 [Helden: Piece of us]

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Capitolo 8
*** Prelude ***


Archey'ss, capitale dell'impero di Gre'kahal.
Dei passi risuonavano tra i lunghi corridoi del palazzo imperiale, con un suono di armatura che tintinnava ad ogni passo. Dinnanzi all'entrata della stanza del trono, una figura apparve. 
A guardia dell'enorme porta argentea, decorata da numerosi disegni, c'erano due soldati d'elite, vestiti con dorate armature e stoffe pregiate. Essi, alla vista dell'uomo daanti a loro, diedero un colpo di tallone per terra, sollevando lo sguardo in segno di obbedienza, e lo fecero entrare.
Il grande portone si aprì lentamente, mostrando il lucente interno della stanza. L'uomo avanzò attraverso le bianche colonne che si ergevano ai lati, e camminando lentamente sul lucido pavimento marmoreo, si fermò al centro della sala, inginocchiandosi. Davanti a lui, una figura siedeva sul maestoso trono; essa, alzando lo sguardo, parlò:
-Bentornato Eldingar... hai i rapporti che attendevo?-
-Si mio signore. Ho portao a termine la mia missione senza intoppi. Ma per quanto riguarda l'esplosione avvenuta vicino a Sydur...-
-Dunque, le mie paure erano fondate?-
-Temo di si, mio signore...-


                                         *


Noctinghal, nello stesso momento.
Selegon e gli altri cacciatori di taglie erano seduti a un grande tavolo di forma circolare, attendendo. Il ragazzo era parecchio annoiato; del resto, dopo due giorni di camminata e una compagnia inattesa, una riunione non era al massimo, specie per una persona solitaria come lui. tenendo il capo appoggiato alla mano, guardava il soffitto con aria seccata, pensando a chissà cosa.
Il suono di una porta ruppe l'attesa; un rumore di passi riecheggiò per la sala, attirando l'attenzione di tutti. Un uomo spuntò dall'angolo, avanzando verso il tavolo. Era alto sul metro e ottanta, con capelli biondi dalle punte platinate che gli cadevano sulla schiena, e aveva occhi grigiastri che davano al suo volto un espressione pacata.
Sulle spalle portava un mantello grigio con cuciture dorate, legato al collo da due grandi medaglioni d'ottone uniti da una catenella; al di sotto di esso si poteva intravedere una divisa bianca ricca di ricami giallo miele e decorazioni, che le davano un impressione molto prestigiosa.
L'uomo si fermò dinnanzi al tavolo, e i cacciatori si alzarono in piedi, come segno di rispetto.
-Prego, sedetevi pure- disse tranquillamente, e tutti si riaccomodarono.
-dunque, prima di iniziare, vorrei dare il benvenuto alla gilda dei manto del sud, che si è venuta a creare da poco, e al cacciatore Selegon, soprannominato "Il bianco"-. vi faccio le mie personali congratulazioni.- Disse sorridendo. Selegon si guardò intorno con la coda dell'occhio, come per invitare gli altri a non incrociare il suo sguardo; poi tornò a guardare l'uomo.
-Inizierei quindi col presentarmi: il mio nome è Calasaar, e sono il gran maestro della gilda del fuoco fatuo, la più grande e forte attualmente in circolazione. Come tale, ho indetto questa riunione; immagino vi starete chiedendo il motivo per cui siete stati richiamati con tanta urgenza... ebbene... qualche settimana fa, un terremoto è stato avvertito nei pressi della città-fortezza di Octal'em, nel medio oriente imperiale.-
-Un terremoto?- disse l'uomo seduto di fianco a Selegon.
-Esatto. e le scosse continuano di giorno in giorno, aumentando di intensità e frequenza.-
Una donna intervenne:-Causata da?-
-Abbiamo motivo di credere con fermezza che sia causata... da un drago ancestrale.-
Tutti i presenti sbarrarono lo sguardo, e per la stanza si alzò un brusio, che aumentò di intensità: 
-Un drago ancestrale? non è possibile!-
-Non può essere!-
-Io non ci credo...-
Calasaar alzò il tono di voce: -Signori! vi prego...-
Il brusio si abbassò fino a cessare; il gran maestro delle donnole bianche parlò: -I draghi ancestrali sono estinti da millennei... questa è un ipotesi infondata!-
-Wulfras...- intervenne Calasaar -sai bene che è più che fondata... non c'è bisogno di approfondire il perchè.-
-... si... beh, quindi come si intenderebbe agire?- chiese l'uomo accarezzandosi la lunga barba bruna.
-Per questo vi ho convocati. Le intenzioni di questo drago sono ignote, ma come ben sappiamo, il suo risveglio non preannuncia nulla di buono. Sfortunatamente l'impero non può fornirci il supporto dei generali per questioni top secret, quindi avremo solo l'aiuto di alcuni ufficiali e truppe imperiali; di conseguenza abbiamo bisogno che più cacciatori o gilde possibile diano man forte in caso di attacco a Octal'em.-
-Credete davvero che la nostra forza basti a fermare un drago ancestrale?-
-Beh, anche volendo non abbiamo altra scelta.-
-Altra scelta? ci state chiedendo in pratica un suicidio di massa!- intervenne un altro.
-Si esatto! non abbiamo forza sufficiente! noi non...- il battibecco fu interrotto da Wulfras: -Allora l'unica soluzione sono gli ottantotto!-
Nella stanza calò il silenzio.
-Wulfras zanna d'orso, parli seriamente?-
-Si. Perchè non dovremmo richiamarli?-
Selegon aguzzò l'orecchio.
-Sono sempre intervenuti per situazioni del genere!-
-Del genere? ...credi che l'attacco di un solo drago ancestrale valga l'antico richiamo? vorrei rammentare al gran maestro Calasaar la gravità delle situazioni in cui abbiamo chiesto il loro soccorso...-
-...effettivamente kushal ha ragione. Sai che questa situazione non è paragonabile a "quelle passate"...-
Selegon intevenne schiettamente: - qui non si parla nè dei Dodici flagelli del cielo, nè tantomeno dei Celestiali.-
Tutte le persone sedute al tavolo si girarono verso di lui, come pietrificati da quel nome. Sentirono un brivido scendere dalla loro schiena, al solo udire quella parola, che come un tuono aveva fatto irruzione nel discorso; e Le loro espressioni parlavano per loro, agghiacciate come avessero avuto il più terribile degli incubi.
Delle voci bisbigliarono: -non ci credo... lo ha detto...-
-Bianco...- disse Calasaar severamente -sai benissimo che non devi pronunciare il loro nome.-
-Non vedo motivo per non chiamare una cosa con il suo nome.- rispose il ragazzo annoiato.
A questa frase il Gran maestro alzò il tono: -Vuoi essere sedutastante espulso?-
-...no.- disse Selegon bofonchiando, guardando di lato.


                                          *


Nel frattempo, Lily e Ky'lam stavano attendendo i rispettivi compagni all'esterno.
-Senti...-chiese la ragazza a bassa voce -posso chiederti una cosa, visto che mi hai spiegato tutto questo?-
-si, dimmi pure!-
Lily si girò verso di lui: -Beh... prima hai accennato agli "innominabili"... ma avevi un espressione piuttosto cupa... posso sapere il motivo per cui è così sconfortante parlarne?-
L'uomo abbassò il capo: -b... beh...-
-è successo qualcosa?-
-...si. Beh, immagino di dover partire dall' inizio:
Quando la razza umana fuggì da "loro", come ti ho detto, trovò questo mondo. Ebbene, prima di noi, queste terre erano abitate da creature leggendarie, ora chiamate "Draghi ancestrali".-
-...Draghi ancestrali?-
-Si. Erano diversi dai draghi e dalle viverne di oggi... erano più grandi e forti, e avevano la capacità di parlare; si narra che abbiano creato loro le prime lingue scritte.-
-E che fine fecero?-
-quando arrivammo qui, avevamo perso ogni cosa. La nostra terra, le nostre conoscenze, tutto. Fu così che entrammo in contatto con queste creature; esse ci insegnarono ciò che sapevano, ci tramandarono la loro antica lingua, e ci insegnarono a preservare queste terre... ma la sete di potere fa parte della nostra natura. Così la razza umana si espanse prendendosi la terra dei Draghi, i quali, alla fine, si estinsero. C'è chi dice che siano ancora vivi, in un lungo sonno... e queste teorie hanno dei fondamenti.-
-Cioè?-
-Nella storia, è capitato diverse volte che alcuni Draghi ancestrali si siano risvegliati; Tuttavia come si può immaginare, essi sono adirati con noi, per via di quel che in passato gli abbiamo fatto... e oltre questo, il risveglio di uno o più Draghi è stato un preludio a un evento terribile.-
-...Evento terribile...-
-Già. Quello che ti sto per dire, accadde quattromila anni fa.
Allora non eravamo molto diversi da adesso, la nostra civiltà era così come lo è adesso... le enormi distese di Vees' Thol erano state teatro di alcune battaglie territoriali tra alcuni feudi locali, poichè l'impero di Gre'kahal era ancora poco esteso...
Un giorno, tra quelle lande, accadde che un Drago ancestrale si risvegliò: Kahamzhik, così lo chiamammo. Esso era uno dei più forti mai esistiti, ed era il leader di un piccolo gruppo di Draghi che si opposero alla decisione degli altri di "insegnare agli umani"... chissà, magari aveva ragione...-
-E cosa successe poi?-
-Naturalmente attaccò gli umani, scatenando una battaglia contro i feudi locali, che crollarono in breve tempo sotto i poderosi attacchi della creatura. Altri paesi vicini accorsero, dando vita a una vera e propria guerra contro Kahamzhik. Malgrado era da solo, esso riuscì a provocare una battaglia di tale ferocia, da far sbiadire anche i ricordi dei precedenti attacchi di Draghi. 
Ma quando la guerra giunse al suo atto finale, esso scomparve nel nulla... come se fosse ritornato nel suo sonno... come se... qualcos'altro arrivasse.
E poi... arrivò il giorno...- Ky'lam abbassò il capo.
-...Il giorno?- chiese Lily stranita.
-Lui arrivò. Così come ci aveva promesso... lui ci avrebbe trovato... e avrebbe compiuto l'opera di evirazione della nostra specie.-
-Parli di...-
-Esatto. Lui... uno degli innominabili, piovette dal cielo...- l'uomo aveva un espressione agghiacciata da quel che stava dicendo. -La bianca luce che il suo corpo emanava, riesco a sentirla anche io, nei ricordi dei miei antenati... il bagliore cristallino che emetteva, la sua luminosa figura sfocata... ciò che di lui si vedeva chiaramente erano gli occhi: i suoi occhi completamente arancioni... non sapevi se ti guardavano o no, ma tu sapevi che lui ti stava osservando. Anche se ti trovavi dietro a un muro, lui ti vedeva. non potevi nasconderti... nè tu, ne i tuoi pensieri...-
-Pensieri?- chiese la ragazza a bassa voce, mentre guardava Ky'lam, che continuava a fissare per terra davanti a sè, sentendosi la schiena pervasa da un gelido brivido.
-Lui poteva leggere le menti delle persone. Ci leggeva come se fossimo libri... e appena trovava qualcuno, lo uccideva. 
Ia sola idea di non poter pensare a nulla, a dover tenere il tuo pensiero fissato sul vuoto per poter sopravvivere... è agghiacciante. Uno a uno... lui trovò tutti. Non bastò molto; in meno di una settimana, tutto fu distrutto. Ogni cosa che conoscevamo fu ridotta a un mucchio di cenere, e il novanta per cento della popolazione mondiale fu sterminato.- 
Lily deglutì, inquietata da quella terribile storia: -E poi che successe?-
-...L'umanità trovò il suo faro di luce. L'imperatore, i guardiani e gli ottantotto si unirono insieme, combattendo contro il comune nemico. Fu una battaglia eroica... i superstiti si unirono alla resistenza, lasciando cadere le divergenze per aiutarsi l'un l'altro; L'albero della vita divenne ancora più luminoso, illuminandoci la strada, e il pianeta stesso sembrò spingerci in avanti: spingerci a non arrenderci, spingerci ad avere il coraggio di andare avanti, di combattere, e di non spegnerci come una candela nella notte.
E così l'umanità dimostrò ancora una volta che la luce non si spegne fin quando noi non lo decideremo. Finalmente la pace era tornata nel nostro mondo, e dopo alcuni secoli, la nostra civiltà rifiorì dalle proprie ceneri, ancora più forte.-
Lily rimase senza parole dal racconto di Ky'lam.
-E quindi è questa la storia degli innominabili... capisco il motivo per cui li temete così tanto...- la ragazza guardò in avanti, poi riprese a parlare. -e non si sa null'altro su che fine abbiano fatto gli altri?-
-No purtroppo. Anche per questo motivo ne parliamo con tanta paura; nessuno sa dove siano finiti, nè se ci stanno cercando ancora... per quanto ne sappiamo, potrebbero tornare in qualunque momento...-
Ancora una volta, la ragazza si sentì gelare il sangue, mentre guardava le nuvole, che lentamente si muovevano lungo il pallido cielo azzurro.


                                            * 

 
All'interno dell'edificio, la riunione continuava.   
-...nonostante l'intervento fuori luogo...- ribadì Calasaar -Il bianco non ha tutti i torti... dobbiamo cavarcela da soli questa volta. Con le sole nostre forze dobbiamo dimostrare di essere capaci di difendere Octal'em.- Egli guardò le persone al tavolo: -chi darà manforte ai fuochi fatui?-
Wulfras alzò la mano, gli altri invece, si astennero.
-Beh? nessun altro?- Calasar si girò -Hi'yoko?- disse, guardando un ragazzo dai lunghi capelli neri tirati indietro, e un abbigliamento appariscente in stile orientale.
-Nah- rispose il giovane ragazzo -dubito che Kro'v accetterà.-
-Immaginavo una risposta simile... disinteressato come al solito. Invece che mi dici tu, Alyn?-
La giovane ragazzina scosse la testa: -Sapete già la risposta di Zarickaf.-
-Capisco... nessun'altro?-
Solo poche altre mani si alzarono.
-Selegon?-
-Non credo di essere adatto a una cosa del genere.-
-... e va bene. Dunque siamo due gilde più tre piccoli gruppi. Chi si è astenuto può lasciare questa stanza, gli altri vengano con me. Con questo la seduta è aggiornata.-
Calasaar si alzò con tranquillità e fermezza, seguito da chi prima aveva alzato la mano; gli altri si diressero invece verso l'uscita.
Selegon camminava guardando davanti a se, sbuffando per aver fatto tanta strana per nulla. Il suo sguardo si perse mentre si dirigeva verso l'uscita, e incrociò quello di un uomo che gli veniva incontro, sorridendo.
Neri capelli corti gli cadevano sul viso bonario, e gli pendevano davanti agli occhi marroni che adornati da delle scure occhiaie nere, ne accentuavano l'espressione.
A giudicare dal medaglione sulla spalla che gli teneva il mantello, doveva venire dal continente di Io, all'esterno dell'impero. Egli si avvicinò al ragazzo, salutando con un inchino: -Salute, Bianco.- disse -potrei rubarvi qualche istante?-
Selegon lo guardò: -come mai un messaggero di Io ha percorso migliaia di chilometri per vedere me?
-Il re richiede i vostri servigi per un "certo incarico", non posso svelare molti altri dettagli.-
-Non mi avete risposto. Qui è pieno di cacciatori molto migliori di me. Come mai proprio io?-
-Beh, abbiamo cercato molto, poichè il compito che il re vorrebbe assegnarvi è molto particolare. Purtroppo servono delle abilità che non si limitano solo alla forza bruta, quindi nessuno fu in grado di aiutarci. Sono spiacente, ma nemmeno io conosco i dettagli, sono affari interni che vi verranno spiegati dal re in persona. Ci è stato detto che voi potete svolgere questo compito.-
-Vi è stato detto?-
-Purtroppo non mi è dato dirvi chi ci ha dato quest' informazione, per semplice questione di privacy. Questa è la lettera ufficiale di sua maestà- disse, porgendo al ragazzo una busta. Egli la aprì, e ne lesse il contenuto.
-Mh... missione di recupero...- mentre leggeva sobbalzò: la pietra che portava al collo aveva come emesso un impulso, che Selegon sentì pervedergli il corpo. Rimase qualche istante con un espressione basita, cercando di spiegarsi quel che era appena successo. Era come se la pietra avesse cercato di parlargli.
-Qualcosa non va?- chiese l'uomo stranito.
-No... sto bene.- rispose il ragazzo. -accetto l'incarico.-
-Meraviglioso! vi aggrada partire domattina?-
-Per me non c'è alcun problema.-
-Allora è deciso! Vi ringrazio per la disponibilità. domattina partiremo, fino a quel momento vi auguro una buona serata!- e diede a Selegon un biglietto con scritto l'indirizzo d'incontro.
-Domani alla dieci in punto?-
-D'accordo.-
Separatosi dal misterioso messaggero, il ragazzo tornò all'esterno, riunendosi a Lily e Ky'lam.
-Ehi, Selegon!- disse l'uomo sorridendo -com'è andata?-
-Lunga storia.-
-Ehi!- intervenne Lily -sai? Ky'lam mi ha spiegato un sacco di cose!-
-Ottimo. Lo prenderò come un "non farò più domande inutili.-
La ragazza guardò offesa da un altra parte.
Ky'lam li interruppe: -scusate se mi metto in mezzo alle vostre romanticherie...-
-Romant...- 
-Ahah! devo scappare, il mio compagno sta uscendo! ci vediamo vecchio mio!- e strinse l'avambraccio di Selegon.
-Hah, tu che mi dai del vecchio è il colmo.- rispose egli, salutandolo.
Ma malgrado la sua naturalezza, lui sentiva che qualcosa stava per succedere, a cominciare dal comportamento del suo ciondolo. Qualcosa all'orizzonte, stava cambiando...


                              "Il mio sonno è finito"
                                [Helden: Prelude]
                           
                                                      

--spero di non aver fatto troppi errori di battitura! purtroppo nonostante abbia i capitoli già pronti, ci metto un pò a scriverli a pc.
colgo l'occasione per ringraziare chi mi segue! spero seguirete questa avventura fino alla fine!--

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Capitolo 9
*** Traitors ***


Il sole sorgeva su Noctinghal, illuminando le abitazioni e le strade. Giù in paese si vedevano già le persone uscire di casa per andare a lavorare, e i bambini scendevano in piazza a giocare.
Selegon osservava silenziosamente la gente in strada, mentre attendeva insieme a Lily che gli uomini mandati dal re di Io si facessero vivi.
-Che noiaaaa!- sbraitò la ragazza -ma dobbiamo proprio andare con quei tizi?-
-Si. Ora è finito l'angolo delle domande?- rispose lui, disinteressato come sempre.
-Uffa! non ti sopporto!-
-Oh, guarda che combinazione... nemmeno io ti sopporto. Non pensavo avessimo così tanto in comune.- rispose Selegon sarcasticamente. Girando poi lo sguardo a sinistra, vide il messaggero incontrato il giorno prima. -ora silenzio, stanno arrivando.-
L'uomo, accompagnato da due soldati di scorta, si avvicinò sorridendo ai ragazzi: -Buongiorno!- disse -spero abbiate dormito bene!-
-Si, grazie.-
-Noto che avete compagnia! onorato di fare la vostra conoscenza...- disse il messaggero notando Lily. -mi presento, il mio nome è Ulog, Primo consigliere e messaggero del re di Io.- aggiunse, con un inchino.
La ragazza ricambiò il sorriso: -Il mio nome è Lily Hyperic!-
-Mhm... Hyperic avete detto? ho già sentito questo cognome... per caso fate parte degli alti piani militari dell'impero di Gre'kahal?-
Lily inclinò la testa, sbigottita dall' affermazione: -... Come scusate?-
-Oh, chiedo venia se ho osato troppo...-
-Nessun problema, tuttavia non penso di essere chi credete.-
-Capisco... beh, ad ogni modo, perdonate l'avventatezza, ma dovremmo partire entro venti minuti...-
-Certamente, sono pronto.- disse Selegon
-...Siamo- puntualizzò Lily, con una smorfia.
-...Guidate pure...- aggiunse Selegon con un tono di voce più alto.
-...Si, guidateCI pure!- terminò lei accentuando il plurale.
Selegon mugugnò girando lo sguardo. -dunque, entro quanto tempo dovremmo arrivare?- disse mentre il gruppo stava incamminandosi.
-L'arrivo è previsto alle cinque di domani pomeriggio, ovvero tra 35 ore circa."*
-Perfetto, anche meno di quanto pensassi.-
-35?- chiese la ragazza -come si può percorrere una distanza simile in così poco?!-
-Certamente... vi porgo in proposito le mie scuse se vi infastidisce camminare- disse Ulog rivolgendosi poi a Selegon -ma purtroppo non potevamo atterrare più vicino di così...-
Lily inarcuò un sopracciglio: -Atterrare?-
-Esattamente! pensavate saremmo andati a cavallo?-
Camminando per poco ancora, il gruppo uscì dalla città, e svoltando a destra, entrò in un piccolo porto.
-Dove siamo?-
-Nel porto di Noctinghal. Abbiamo lasciato qui la nostra aeronave.-
-Aeronave hai detto?!-
Lily alzò lo sguardo e vide davanti a sè un enorme veicolo, di come non ne aveva mai visti in vita sua.
Sembrava una cosa quasi fantascientifica: lunga almeno duecento metri, in metallo, aveva una forma aereodinamica, e la superficie era liscia e opaca. La parte anteriore era costituita da due ponti laterali, collegati da uno centrale, nel quale era situata la cabina di pilotaggio. A causa di essi, il mezzo somigliava vagamente a una pinza; a giudicare dalla forma e dalla posizione dei due ponti, sembrava che essi potessero congiungersi parallelamente inglobando quello centrale, probabilmente per proteggere la cabina di pilotaggio in caso di attacco.
La parte posteriore invece ,aveva una forma ovale schiacciata, simile a una mandorla, ed era ricca di pannelli e propulsori laterali, i quali erano di forma circolare e piatti. In essa erano presenti gli alloggi e le parti vivibili, mentre ancora più posteriormente erano collocate le sale dei motori*, uniti in un unico settore di forma parallelepipedica smussata.
-Ecco il nostro mezzo di trasporto!- disse Ulog orgogliosamente.
-Wow!- esclamò lily -non avevo visto nulla di simile prima d'ora!-
-Non avete mai visto un aeronave?-
-In realtà no! ehi Selegon! perchè non usi anche te una cosa simile?-
-Hah- rispose il ragazzo -quando sarò miliardario potrò permettermene una modesta.-
-Cavolo, sono proprio costose...-
Il portello laterale della nave si aprì lateralmente, e al di sotto di esso si abbassò una piccola scaletta metallica.
-Prego signori, avvicinatevi... vorrei farvi conoscere il mago di corte di Io, che vi assisterà nell'incarico.-
Attraverso il portello aperto si intravide una figura, che avanzò verso l'uscita. Lentamente, L'immagine si fece più nitida: un uomo sui quarant'anni, con verdi occhi penetranti e capelli rosso scuro pettinati all'indietro, leggermente a sinistra, con una riga sul lato destro.
Indossava lo stesso mantello di ulog, ma più decorato, e di color grigio topo a indicare la sua alta carica; sotto di esso portava una divisa ufficiale del regno: giacca nerastra con chiusura laterale, e un paio di pantaloni dello stesso colore infilati in degli stivali lucidi.
La giacca, di aspetto piuttosto singolare, aveva sei bottoni a chiuderla: tre sul petto la chiudevano sulla destra, ma scendendo, il bordo si spostava verso sinistra, chiudendosi con gli altri te ad altezza vita. Le maniche non erano molto lunghe, finivano a metà dell'avambraccio lasciando scoperti i polsi, i quali però indossavano un paio di guanti di pelle.
A tenere i pantaloni c'era una fascia rossa di seta, sopra la quale c'era una cintura di cuoio marrone scuro.
il tutto era arricchito da stemmi ufficiali del regno, che erano cuciti sul bordo di colletto, maniche e stivali.
L'uomo si fermò sull'uscio del portello.
-Benvenuti!- Disse sorridendo ai due ragazzi -finalmente ho l'onore di conoscervi!-
Selegon, Lily e Ulrog intanto gli erano giunti di fronte.
-Sono Selegon, l'onore è mio.- disse il ragazzo con decisione.
-... Selegon il Bianco... non vi immaginavo diversamente. Permettetemi di presentarmi... il mio nome è Kra'snos Besum, mago di corte del regno di Io. Sarò la vostra guida in questa missione.-
-Missione che non ci è ancora stata esposta.- ribattè il ragazzo.
-Ogni cosa a suo tempo, Bianco. Preferirei che si discutano i dettagli del "recupero" in presenza del re... è piuttosto complicato.-
-Questo preferirei appurarlo di mio, così come il motivo che vi ha portati a scegliere me.- aggiunse, accendando a entrare nella nave.
Kra'snos aguzzò l'occhio, attirato dal luccichio all'interno della felpa del ragazzo: -Quella pietra... è molto bella...- disse -da quanto tempo l'avete?-
-Da quando ho ricordo. è un regalo dei miei.-
-Davvero...?-
-non vedo motivo di mentire.-
-... Certamente. Scusate la domanda. Ora signori, non vorrei mettervi fretta, ma dobbiamo partire. Fra circa meno di un giorno e mezzo dobbiamo essere a palazzo, ergo non possiamo perdere molto tempo!- aggiunse ad alta voce, facendo segno agli addetti ai motori di prepararsi alla partenza.
-Vogliate scusarmi, ma ora desidererei ritirarmi nei miei alloggi per riposare...- disse rivolgendosi ai due ospiti, e congedatosi, si girò, incamminandosi verso la sua stanza.
-Vi chiedo di scusarlo- disse Ulog -ma ultimamente è molto sovrappensiero. Perdonate i suoi modi.-
-Nessun problema- rispose Selegon.
-Volete qualcosa da bere?-
-Se non contiene alcol, si.-
-Certamente.- rispose l'uomo sorridendo, incamminandosi verso la dispensa.
Lily intanto si guardava intorno estasiata: -Fantastico! come si trattano bene!- esclamò, lanciandosi su una poltrona.
-Ehi, quella non è roba tua, non romperla... non voglio fastidi.-
-Tranquilla mamma...- rispose lei facendogli una linguaccia.
Selegon si girò stufato, e si diresse al finestrino, guardando fuori. La nave aveva iniziato a emettere un suono, e i motori si erano avviati. I dischi respingenti esterni si mossero, posizionandosi in modo da permettere un sollevamento verticale della nave; in pochi secondi la nave si alzò silenziosamente dal suolo, provocando leggere ventate a terra causate dalla repulsione del terreno. In pochi secondi, si alzò di una decina di metri, e in poco meno di due minuti, era già in cielo. Effettuata la stabilizzazione dell'altitudine, essa iniziò a muoversi in avanti, verso est, partendo alla volta del continente di Io.
Selegon Restava fermo a guardare fuori dal finestrino nella direzione opposta: a sud ovest, attraverso le nubi, oltrepassando foreste, fiumi, montagne e deserti, giù per migliaia di chilometri, tra le catene montuose in cui sorgeva la città fortezza di Octal'em.


                                                  *

Due giganteschi portoni fortificati alti quasi cento metri si aprirono con un forte tonfo. Attraverso di essi, una lunga fila di soldati entrò nella grande città, a passo deciso. Guardandosi attorno poterono notare l'immensità di Octal'em.
Essa era interamente costruita sulle pendici di una montagna, percorrendola completamente con una forma spiraliforme. Per via dell'aumento di livello del suolo, la città era protetta da tre muraglie; esse sorgevano una dietro l'altra, man mano sempre più in alto, in modo da poter difendere ogni edificio da eventuali attacchi: Per tale motivo, gli edifici interni erano alti non più di una ventina di metri ciascuno.
Sulle mura invece, sorgevano varie torri di vedetta, che le costeggiavano per tutta la loro lunghezza. In alto, sulla cima della montagna, si trovava il grande palazzo reale, un edificio enorme costellato di statue e incisioni antiche, con due grandi torri che guardavano oltre l'orizzonte.
Le grandi porte si chiusero dietro alle spalle dei soldati appena entrati, i quali guardavano in avanti con sguardo fiero.
Attraverso la folla di persone che li guardava, si fece strada Calasaar. -Bene! gli amici del nord sono giunti! salute Wulfras, la tua visita mi allieta ora più che mai!- disse, avanzando verso l'uomo che guidava il gruppo di soldati, stringendogli amichevolmente il polso.
-Vedo che siete sempre precisi voi dei fuochi fatui!- disse egli sorridendo.
La conversazione fu interrotta da una scossa  di terremoto, la quale durò poco meno di due secondi.
-Ah!- sussultò Wulfras. -allora... la situazione è davvero critica, mi pare di vedere.-
-Purtroppo si... è questa non è nemmeno delle peggiori...-
-Dunque non ci sono più dubbi? è un drago ancestrale...-
-Così pare... -
-E abbiamo modo di monitorare i suoi spostamenti?-
-Cominciamo ad incamminarci verso la torre della città bassa... intanto ti spiegherò.- disse Calasaar, incamminandosi insieme a Wulfras verso le scale che permettevano di salire sulla muraglia.
-Dunque, da quando siamo arrivati qui, circa quattro ore fa, le scosse continuano ininterrottamente a ripetersi ogni cinque minuti circa. Ma da poco più di un ora la frequenza sta aumentando sempre più, così come l'intensità delle scosse. Presumiamo dunque che il drago sia ancora sotto gli strari rocciosi di una di queste montagne, ancora in procinto di liberarsi.-
-Per fare dei danni del genere, deve essere piuttosto grande...-
-Beh, di norma un drago ancestrale si dice sia alto una ventina di metri o più. Quindi è spiegata la forza del tremito.-
-Ciò significa che non dovrebbe superare i cinque chilometri di distanza, erro?-
-No, infatti, almeno in teoria.-
-Per quanto invece concerne i suoi spostamenti?-
-Beh...- i due avevano raggiunto ormai la torre. -Guarda!- disse indicando un monte non molto lontano. -Se noti, in cima a quel monte si trova una piccola torre di vedetta. Essa naturalmente è collegata ad altre nei paraggi, ergo abbiamo un grande raggio di vedetta. Appena noteranno una qualsiasi cosa, ci faranno segnale attraverso i falò in cima alle torri. in un tempo massimo di cinque minuti dovremmo essere al corrente di un avvistamento.-
-Mmh- annuì Wulfras accarezzandosi la barba. -E invece per quanto riguarda i miei uomini?-
-Adesso assegnerò una divisione di supporto ai miei. Abbiamo bisogno di qualcuno che si occupi dei cannoni della seconda muraglia. I più forti saranno appostati sulle scarpate ai lati della valle, per un attacco laterale. Considerando che non abbiamo alcuna informazione sul nemico, non posso organizzare in modo più dettagliato.-
-Perfetto, hai i miei uomini a disposizione!-
Un altra scossa interruppe i due uomini, facendo tremare le case della città. I civili ancora per le strade si abbassarono di colpo, spaventati dalla scossa, la quale era leggermente più forte della precedente. Dalla muraglia cadde qualche granulo di polvere, e poi tornò la calma.
-Dannazione, questa era un pò più forte!- disse Wulfras ad alta voce.
In lontananza, al di sotto di uno spesso strato di roccia, tra il buio e il silenzio del sottosuolo, un enorme occhio scarlatto si aprì.


                                                      *

Da qualche parte a Vees'Thol.
La porta di una casa di legno in mezzo agli alberi si aprì di scatto, sbattendo. Vi entrò Alyn a passi decisi: -Sono tornata!-
Entrò nel salotto: era arredao in modo semplice, molto sbrigativo, con un paio di divani, un camino, e una scrivania. Dietro di essa c'era un uomo bellamente stravaccato su una sedia, con i piedi incrociati sulla scrivania, leggendo una rivista.
-Bentornata piccoletta!-
-Non chiamarmi piccoletta, Zacky.-
-E tu non chiamarmi Zacky!- disse l'uomo.
Improvvisamente egli si girò a destra, come se qualcuno gli avesse parlato: -Non è vero!- stette zitto qualche istante, poi parlò nuovamente all'aria: -si chiamano gusti!-
La ragazzina guardò in alto scuotendo la testa, e andò a sedersi mentre l'uomo continuava il suo soliloquio.
-Non cambiare argomento!...
No! non intendevo quello, e comunque è Zarickaf! dai ammettilo, lo fai apposta!..
Si, si...
Sii, ora glielo chiedo!
Ehi, piccoletta, com'è andata a Noctinghal?- disse reimmergendosi nella lettura.
La ragazzina sbuffò: -Selegon è arrivato al rank B, così come i manto del sud...-
-Uhuhuhuh! ma guarda un pò! e poi?-
-Per quanto riguarda la riunione invece?-
-Facendola breve, un drago ancestrale sta per attaccare Octal'em.-
Zarickaf smise di leggere, e abbassò la rivista. Dietro di essa, si intravidero due profondi occhi violacei, con un lungo ciuffo di capelli platinati che gli pendeva davanti al volto.

                         "Esseri ripugnanti..."
                           [Helden: Traitors]


*ovvero tra 35 ore circa: su Helden un giorno dura 28 ore
*sale dei motori: le aeronavi non utilizzano combustibili, i motori funzionano grazie alla magia. Il motore è composto internamente da un algolite, una pietra opaca piuttosto rara che funziona come un incanalatore di energia. Essa viene usata  anche per bacchette, armi magiche e da fuoco. 

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Capitolo 10
*** Creature ***


L'aeronave continuava il suo viaggio verso il regno di Io.
Era oramai da alcune ore che viaggiavano; Lily tentava in ogni modo di intrattenersi, facendo numerose domande a Ulog, mentre camminavano per la nave. Selegon invece, da tutt'altra parte come al suo solito camminava avanti e indietro, pensando: sapeva che dietro a quel mandato, e al misterioso informatore, c'era qualcosa...
Lily intanto continuava le sue domande senza sosta a Ulog.
-Incredibile, queste navi sono grandiose! è per questo che ce ne sono così poche?-
-Beh, ogni nave ha bisogno di almeno tre maghi che si occupino di far funzionare i motori, e oltretutto i materiali per costruirle sono estremamente rari. Pertanto ogni regno o grande paese se ne può permettere una decina al massimo, escluso naturalmente l'impero di Gre'Kahal.-
-Ma questo impero di cui tutti parlano, è così grande?- chiese la ragazza stupita, sedendosi su un tavolo.
-Si, più del cinquanta percento delle terre emerse è sotto il controllo dell'impero...-
-Oh, deve essere davvero gigantesco! e non ne fate parte voi?-
-No, Io è un regno indipendente.-
-Capisco...- disse Lily, dondolando le gambe. -a proposito, manca molto all'arrivo?-
-Dovremmo essere a destinazione domani, suppongo. A tal proposito, non per arrecare offesa, ma desidererei offrirvi dei vestiti puliti, con gli omaggi del re.-
-Nessun problema! effettivamente presentarmi a un re così mi sembrerebbe sgarbato!- rispose Lily con un sorriso.
-Bene allora, seguitemi pure!-
Intanto, negli alloggi della nave, Kras'nos si rigirava nel suo letto, con delle gocce di sudore che gli colavano dalla fronte. Nella sua testa, un bisbiglio lo fece svegliare di colpo: -Kras'nos..-
L'uomo sobbalzò di colpo sul letto, e si guardò nervosamente intorno; aveva la vista offuscata, come se tutto intorno a lui stesse ondeggiando.
-Kras'nos...-
-... si...- rispose lui a bassa voce, come incantato da quel bisbiglio, e Si mise seduto sul letto con gli occhi semichiusi, come se fosse in una specie di trance.
-Vieni... trovami... voglio essere trovato...-
-... si... sto arrivando...- continuò l'uomo, alzandosi dal letto e camminando lentamente, strusciando il fianco contro il muro.
-Portale da me...-
-Si, le sto portando...-
-Trovami... trovami...-
-Si!- disse infine aprendo del tutto gli occhi. Riprendendo coscienza di sè, capì di essere appena uscito dalla sua stanza, e si guardò intorno; con la coda dell'occhio notò qualcuno alla sua destra, e giratosi, si trovò davanti Selegon, poggiato di schiena contro il muro a braccia incrociate. Egli, guardando in avanti, disse:
-Parlare con sè stessi è un ottimo modo per alleviare lo stress.-
-S... si, infatti...- rispose Kras'nos nervosamente.
Il ragazzo si staccò dal muro, e si incamminò lungo il corridoio; dopo qualche passo si fermò:
-Sempre... che non stavate parlando con qualcuno...- e tornò a camminare, senza voltarsi.
Attraversato il corridoio, svoltò a destra tranquillamente, e dopo alcuni metri si fermò, sentendo la voce di Lily che lo chiamava: -Selegoooon!-
Sbuffando, Selegon cambiò direzione ed entrò nella stanza a sinistra; poggiò la mano sulla porta, e apertala, vide Ulog nel lato destro della stanza sorridere, e al centro c'era la ragazza che stava allegramente girando su se stessa, esibendo il vestito che le era stato donato: portava al busto una stretta veste azzurra esotica a maniche corte ricca di ricami, con vari ornamenti e pietre pendenti; sugli avambracci invece indossava delle maniche di seta legate all'altezza dei gomiti con una piccola cordicela, le quali man mano si allargavano sul polso, fino ad arrivare a una crconferenza di oltre un metro e mezzo. Alla vita era legata una spessa fascia gialla, al di sotto della quale indossava una piccola gonna decorata e dei lunghi pantaloni celesti bombati a cavallo molto basso.
Aveva anche cambiato pettinatura: ora i suoi capelli erano portati molto corti sul lato sinistro, mentre su quello destro erano tenuti lunghi una spanna, formando una frangia laterale ricca di boccoli che gli coprivano parte dell'occhio destro; dietro la nuca, invece, li aveva scalati gradualmente, fino ad arrivare quasi alle scapole.
La ragazza continuava a danzare sorridendo, facendo svolazzare le maniche e ondeggiare i suoi capelli biondi: -Hai visto che bello?-
Selegon la guardò qualche istante, senza proferire parola, posando gli occhi su quella figura leggiadra che sorrideva beatamente: quando lei si fermò a guardarlo però, lui girò il capo tornando a guardare davanti a sè.
-Mi hai chiamato solo per questo?-
-Eddai! Possibile che non ti si può togliere quella brutta espressione dalla faccia?-
Il ragazzo rimase impassibile.
-Ecco appunto!-
-... Me ne torno di là.-
Ulog intervenne: -In realtà... sua maestà ha donato dei vestiti anche a voi, come segno di riconoscenza. Spero che lo troviate di vostro gradimento!-
-Uhm, capisco. Effettivamente un cambio non mi farebbe male.-
-Ho provveduto a lasciarlo nella vostra stanza. Indossatelo pure quando vi aggrada!-
-Vi ringrazio.- Selegon si girò, e uscendo dala stanza si incamminò verso il suo alloggio.
Lily sbuffò: -Uffi, che caratteraccio! È proprio odioso!-
-Suvvia non siate così dura! Ho la sensazione che in fondo tiene a voi.-
-C...cosa?- la ragazza si agitò nervosamente, arrossendo. -ehm, cioè, intendete sul serio?-
-A me sembra proprio di si!-
-Aaah!- Lily continuò ad agitarsi, inbarazzata.
-Oh, vedo che anche lui vi interessa, sbaglio?-
-Eh? No no! Cosa andate dicendo!- sbraitò lei guardando di lato.
Ulog ridacchiò: -Capisco, scusate!- e incamminandosi verso l'uscita, bisbigliò -se vi interessa, la stanza del Bianco è in fondo al corridoio, svoltato a destra.- e se ne andò con un sorriso in volto.
La ragazza arrossì di colpo, e iniziò a parlare da sola: -Su Lily! Perchè arrossisci? Tanto lui non ti interessa!... però...- guardò ingenuamente di lato -tanto per andare nel salone devo per forza passare davanti alla sua stanza... insomma, non ho nessuna intenzione strana!- e senza perdere tempo, si appostò sullo stipite della porta, assicurandosi di non essere vista, svoltando silenziosamente a destra, e percorrendo il corridoio fino alla stanza di Selegon.
-Ok, ok, ora passa senza guardare...- la ragazza camminò vicino alla porta socchiusa, guardando il soffitto. Passataci di fianco rallentò fino a fermarsi e girando velocemente lo sguardo verso l'uscio, vide Selegon a petto nudo che con il vestito in mano, stava per cambiarsi. Accortosi di essere osservato, egli si girò e vide Lily: -...Che diavolo stai facendo?-
la ragazza sobbalzò imbarazzata e corse via, senza lasciare traccia.
Selegon alzò le spalle e tornò a vestirsi tranquillamente.


*


Vees'Thol, valle di Gaham, città fortezza di Octal'em.
Le strade erano rimaste vuote e sileziose, solcate da una fredda brezza; il pavimento era pieno di cianfrusaglie, giornali e volantini caduti dalle bancarelle che erano state rimosse velocemente, e il silenzio tombale che aleggiava tra le abitazioni era rotto solo dalle scosse che imperterrito continuavano a frequenza sempre maggiore. I civili erano stati portati al sicuro all'interno delle cave interne della montagna, le quali erano state appositamente scavate durante la costruzione della città.
Calasaar e Wulfras stavano dividendo i loro uomini in gruppi da appostare nelle varie parti della città, in base alle abilità che avevano.
Fra i soldati, disposti in una lunghissima fila, correva un brivido generale: sapevano che per moltissimi di loro, quel giorno sarebbe stato l'ultimo. C'era chi a bassa voce pregava, chi respirava affannosamente, e chi, come uno di loro in particolare, stava immobile e zitto, pensando a chi lo aspettava a casa.
-Sagas Uul!- Chiamò ad alta voce Calasaar.
L'uomo chiamato si mosse, dirigendosi verso il gran maestro. La sua semplice armatura da guardia imperiale tintinnava a ogni passo, e le fini incisioni sul pettorale luccicavano sotto la luce del sole ormai alto. Attraverso la visiera dell'elmo intravide il viso di Calasaar, che gli stava davanti.
-Tu starai al terzo cannone della prima muraglia, dovrai occuparti del rallentamento in caso di attacco frontale.-
-Sissignore.-
-Attendi qui.- disse Calasaar. -Agron leeth!-
Un altro soldato, questo dei fuochi fatui, si diresse verso i due, fermandosi davanti al gran maestro.
-Signore-
-Tu starai con Sagas al terzo cannone.-
-Certo signore.-
-Mettetevi pure lì a lato mentre assegnamo le postazioni agli altri.-
I due si congedarono, mettendosi a lato dei due maestri. Sagas guardò con la coda dell'occhio il suo compagno, notando attraverso la visiera dell'uomo dei vividi occhi azzurri; tornò poi a guardare in avanti, assorto nei suoi pensieri. In quel momento una breve scossa fece vibrare la città, facendo sobbalzare i soldati in fila, e causando scompiglio tra i civili riparati.
Agron smosse il capo: -Ansioso?-
-C... come scusa?-
-Beh, ti avrei chiesto qual'è il tuo nome, ma l'ho già sentito!- rispose ridacchiando.
Sagas rimase stupito dalla naturalezza che mostrava Agron.
-S... si, mi sembra normale essere ansiosi...-
-Eheh, ti capisco... per caso ti aspetta qualcuno a casa?-
-... Come?-
-Beh, ho chiesto se qualcuno ti aspetta! Insomma, se hai qualcuno da cui tornare!-
-Ehm... non mi sembra una domanda opportuna per una persona che si è appena vista...-
-Perchè no? Non ho chiesto nulla di offensivo!-
Sagas rimase zitto qualche istante.
-Si... mi aspetta mio cugino.-
-Uh, bello! Eri così pensieroso per lui?-
-... beh, non proprio. Lui in teoria dovrebbe essere venuto qui con me...-
-Uh, siete una coppia di cacciatori di taglie o fate parte di una gilda?-
-No, siamo solo noi due... siamo andati a Noctinghal per la riunione su questa missione, ma appurato che era troppo pericolosa, ho preferito che lui non corresse rischi e rimanesse a casa... tu invece, che mi dici?-
-Purtroppo non mi aspetta nessuno... io sono cresciuto nella gilda dei fuochi fatui, non ho mai conosciuto i miei familiari...-
-Ah...- rispose Sagas dispiaciuto. -mi disp...-
-Fai parte dei manto del sud?-
-... Ehm, no, in realtà sono un normalissimo soldato imperiale...-
-Oh già, che stupido, non ho notato l'armatura!- disse Agron ridendo.
Intanto Calasaar aveva terminato di creare le squadre, e si stava accingendo a inviarle alle proprie postazioni.
-Allora! Ora che ogni posizione è stata assegnata, raggiungete con ordine le rispettive postazioni!-
Agron riprese serietà: -Oh, sembra che dobbiamo andare!-
-Certo! Andiamo.- rispose Sagas, dirigendosi insieme a lui verso la muraglia. I due svoltarono a destra, tra le abitazioni, passando tra le costruzioni allegoriche e le piante ornamentali che adornavano la città, incamminandosi poi sulla scalinata che conduceva alla muraglia.
Improvvisamente, mentre stavano salendo, una scossa molto più forte delle precedenti irruppe tra le montagne; gli edifici tremarono con violenza, e delle crepe si aprirono tra le strade deserte, che venivano scosse con forza. I due soldati non riuscirono a mantenere l'equilibrio, e caddero in ginocchio:
-Dannazione!- urlò Sagas mettendosi una mano sulla testa per proteggersi. -questa era più forte delle altre! Che significa?-
-Non lo so!- rispose Agron guardandosi attorno. -stai bene?-
-S... si...- rispose l'altro, togliendosi l'elmo e mettendolo sotto il braccio. Il suo viso era squadrato e aveva la mascella leggermente pronunciata. I suoi occhi erano sottili e sempre semichiusi, come se stesse guardando l'orizzonte, i quali erano sovrastati da sopracciglia sempre aggrottate, e da dei corti capelli ramati tirati in su. -sembra sia finita... avanti, andiamo.- continuò, salendo su per gli ultimi scalini.
Arrivarono in cima, e giunti sul bordo della muraglia guardarono la città bassa, controllando la situazione: A quanto pareva i danni subiti erano molto lievi.
Al di sotto delle mura, Calasaar osservò i dintorni, assicurandosi che tutti stessero bene.
-Non fermatevi! Raggiungete le vostre posizioni! Sembra che l'attacco sia imminente!-
Sagas guardò il suo compagno-Coraggio, andiamo alla nostra postazione!-
Mentre i due raggiungevano il loro cannone, percepirono alcune scosse molto lievi e ritmiche, che si susseguivano circa ogni due secondi.
-Che succede?- chiese Agron sospettoso.
-Non lo so... sembra come se... fossero dei passi.-
-Passi?-
Sagas girò lo sguardo verso la valle, e spalancò gli occhi con sguardo stupito: -Guarda!-
Il falò in fondo alla catena montuosa era acceso.
-Hanno acceso il segnale!-
Calasaar, Wulfras e tutte le squadre si girarono verso la valle. Il focolare ardeva silenziosamente, al di sopra della foresta; ci furono attimi di completo silenzio, mentre tutti rivolgevano i loro occhi in direzione del passo di Gaham.
La tensione che aleggiava si assottigliava sempre più. E in quel momento... la videro. In fondo alla valle, da dietro un monte, un'immensa nuvola di polvere si fece strada, inghiottendo buona parte della foresta, inglobando parte della valle; qualcosa era apparso, dietro al monte... qualcosa di gigantesco.
La nuvola lentamente si stava diradando, con un flebile e lontano fruscio, lasciando tutti in preda ad un'attesa insopportabile. Fu allora che il silenzio venne rotto: un enorme zampa, dalla stessa direzione, apparve, stroncando alberi e provocando un potente boato con i suoi lunghi artigli argentei di forma tozza e affilata.
Nessuno riusciva a parlare, la scena che gli si mostrava davanti parlava da sola... Nemmeno Calasaar riusciva a dire nulla. E per riprovarsi un ulteriore volta, la testa della creatura uscì da dietro la montagna, mostrandosi alla città.
Il gran maestro dei fuochi fatui disserrò le labbra tremolanti: -È assurdo... non... non può essere così grande...-
L'immensa testa del Drago ancestrale lentamente si rivolse verso Octal'em, scrutandola con i suoi grandi occhi rossi: sembrava ricoperto da uno strato di roccia e metalli vari, probabilmente depositatiglisi durante il suo lungo letargo sotto la catena montuosa. Il suo muso non era molto lungo, e le sue fauci erano provviste di numerosi denti fusi interamente con l'ossatura del cranio; al di sopra della testa si trovava un tozzo corno all'altezza del naso, seguito da numerose piccole spine sopra gli occhi della creatura, le quali si allungavano progressivamente fino a diventare delle grandi e lunghe corna dietro il capo.
La testa superava abbondantemente gli ottanta metri di lunghezza: di conseguenza, il drago poteva raggiungere tranquillamente il chilometro di misura totale.
Tutti rimasero fermi a fissare il drago che continuava a ricambiare lo sguardo, in silenzio.
Qualcuno, tra i soldati, respirava a fatica, altri restavano fermi con lo sguardo colmo di terrore, altri ancora ridevano a voce tremolante: -Eheh... s... siamo tutti morti...-
Una goccia di sudore scese dalla tempia di Sagas, mentre lui inerme attendeva che la creatura facesse qualcosa. Essa gli solcò lentamente lo zigomo, e gli scivolò dapprima sulla guancia, scendendo poi sul mento, e infine staccandosi, cadendo nel vuoto.
Le fauci del drago si aprirono flebilmente, e le sue pupille si restrinsero.
La goccia continuò la sua caduta, fino a infrangersi al suolo, senza emettere alcun rumore.
La mandibola del Drago ancestrale si spalancò, ed esso emise un potente ruggito, che si fece strada per la foresta, spazzando via alberi e rocce, giungendo fino alla città. Un ruggito... che squarciò anche il cielo.
Il suono di tromba, per l'orrendo spettacolo che stava per iniziare.


Diamo inizio alle danze.”
[Helden: Creature]

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Capitolo 11
*** Curtain of death ***


Cieli di Sion.
L'aeronave era quasi giunta alla costa, e si accingeva a iniziare la tratta sopra l'oceano, per raggiungere il continente di Io.
Lily era sdraiata a pancia in su, sul divano della sala principale, guardando il soffitto mentre con la sua espressione bambinesca immaginava chissà quali storie.
Selegon invece era seduto di fianco alla finestra, sul davanzale, a sonnecchiare. Aveva anche lui indossato i vestiti donatigli da Ulog:
al capo aveva avvolte due lunghe fasce, che si intrecciavano più volte, per poi annodarsi e pendere dal lato sinistro. La pettinatura era differente, avendo ora i capelli sparati all'indietro che uscivano da dietro le fasce, e un piccolo ciuffo sbucava in mezzo alle sopracciglia.
Al busto portava una lunga giacca azzurra, la quale passava sotto una fascia legata alla vita, per poi uscire al di sotto di essa. Alle gambe invece portava dei pantaloni molto larghi con numerose pieghe.
Sul bordo della giacca, chiusa a cerniera, erano presenti numerosi ricami bianchi di forma intrecciata e squadrata, simili a dei labirinti stilizzati, i quali si trovavano anche sul bordo delle maniche. Avvolta attorno alla vita, c'era una fascia blu cobalto con dei ricami celesti sempre a stesso tema, al di sotto della quale indossava dei pantaloni bianchi, che scendendo si allargavano parecchio arrivando fino ai piedi, che portavano i suoi classici stivali di pelle.
Il ragazzo se ne stava con la schiena poggiata all'incavo del davanzale, a occhi socchiusi, con un turbine di pensieri che gli avvolgevano la mente.
I suoi occhi tornarono indietro di molti anni, attraverso i meandri del suo inconscio, catapultandolo nel passato:
Era seduto a un tavolo, all'interno di una piccola casetta in mezzo alle colline. Fuori dalla finestra, il paesaggio invernale era ricoperto da un sottile strato di neve, che lentamente scendeva, posandosi con dolcezza sul manto erboso.
Di fianco al tavolo, un piccolo caminetto ardeva silenziosamente, riscaldando il salotto, molto ben arredato ma visivamente semplice.
Davanti a lui, una donna sui quarant'anni, dai corti capelli biondi e con un rosso vestito da cucina stava cucinando ai fornelli, mentre con la coda dell'occhio controllava il forno. Di fianco a lei, un uomo alto dall'aspetto trasandato la stava aiutando nella cucina, tagliando delle carote a rondelle.
-Mamma- disse con voce infantile Selegon -quando arriva il fratellone?-
La donna si girò, sorridendo -Su su un po' di pazienza! Dovrebbe essere qui a minuti!-
-Uffa! Me lo hai già detto prima!-
-Dai, via! Non preoccuparti, non farà ritardo!-
Dall'esterno, un suono di passi di udì.
-Visto? È arrivato!-
La porta si aprì, e un ragazzo entrò in casa con aria spensierata. Dimostrava circa sedici/diciassette anni, e aveva dei lunghissimi capelli castani dritti e appuntiti raccolti in una coda, la quale scendeva fin quasi alla vita. Indossava una giacca marrone e dei pantaloni neri, e sulla spalla teneva un grande borsone.
-Bentornato!- Dissero i genitori in coro.
Selegon si alzò di scatto e si lanciò su di lui, abbracciandolo.
-Ehi ehi! Calma! Fammi almeno posare la mia roba!- disse, sobbalzando all'indietro.
-Allora!- disse il padre -come è andata all'accademia?-
-Ah, nulla... mi annoio come al solito.-
-Sei sempre il migliore eh?-
-Così pare!- rispose, poggiando la borsa in un angolo e togliendosi la giacca.
-Ehi ehi!- disse Selegon estasiato al padre -un giorno ci andrò anche io vero?-
La donna intervenne: -Prima arriva a quindici anni e allora ne parleremo!-
-Che bello! Me ne mancano solo otto!- esultò il bambino saltellando.
-E chissà che non mi supererai un giorno, eh?- rispose il fratello, con un sorriso.
Improvvisamente, il ricordo sbiadì, e Selegon si senti trascinare all'indietro da una voce lontana e fredda: -Sveglia...-
Le immagini si allontanarono velocemente, tornando nel buio da cui erano uscite, e il ragazzo aprì gli occhi lentamente. Si guardò intorno, e scorse una figura davanti a lui.
-...Sveglia...-
Selegon mise a fuoco l'immagine, e si trovò davanti un uomo con una tunica lunghissima nera e un cappuccio, attraverso il quale si intravedeva solo un occhio: quell'occhio rosso che sognava sempre.
-Sveglia!-
Anche quell'immagine sparì, ed egli si svegliò definitivamente, ritrovandosi davanti Lily che lo stava percuotendo dal braccio.
-Ehi! Era ora che ti svegliavi!-
-...Ah, dannazione. Si può sapere che c'è?- chiese lui, scuotendo la testa.
-Ulog ha detto che c'è un problema alla nave... sembra che dobbiamo atterrare qui per una ventina di minuti.-
-Come?- Selegon, senza indugiare oltre si alzò e andò a cercare Ulog.
Svoltò a sinistra ed imboccando il corridoio principale, entrò nella cabina di pilotaggio, scorgendo il messaggero accompagnato da Kras'nos.
-Che succede?-
-Oh, Selegon...- rispose il Mago. -abbiamo avuto un problema con il sistema di trasferimento energetico!-
-E cosa lo ha causato?-
-Un danno del genere potrebbe essere causato solo dall'esterno!-
-E dunque perchè scendiamo qui? Qualsiasi cosa abbia causato questo “danno” potrebbe attaccarci a terra!-
-Non abbiamo scelta... siamo quasi arrivati alla costa, quindi non possiamo far altro che fermarci qui. Se un problema sopraggiunge mentre siamo sopra l'oceano, non potremo fare nulla. E comunque non vi preoccupate: a volare sui cieli di queste foreste ci sono molte viverne e khalut*, probabilmente il problema è stato causato da uno di loro.-
-...Capisco. Dunque siamo in discesa?-
-Inizieremo le procedure di atterraggio tra qualche istante, vi suggeriamo di tenervi.-
Selegon annuì, e si aggrappò a una sbarra sulla parete. E intanto pensava. Era piuttosto curioso che il sogno che aveva fatto e quel “problema” fossero avvenuti nello stesso momento. Ma forse era troppo sovrappensiero.
 

 

                                                                       *

 

 

Sagas era immobile. I suoi increduli occhi guardavano con orrore l'immensa montagna che si avvicinava alla città.
Tutti i soldati rimasero pietrificati, dinnanzi a quella visione, sentendo freddi brividi che gli si arrampicavano sulla schiena; perfino Calasaar era basito, guardando la rovinosa marcia della creatura. Wulfras, di fianco a lui, aveva la stessa espressione sconcertata.
Arrancando i suoi lunghi artigli al suolo, il Drago ancestrale continuava imperterrito la sua avanzata verso Octal'em. Il suo corpo, più robusto e muscoloso sul petto, si assottigliava arrivando alle zampe posteriori, le quali erano decisamente più corte di quelle anteriori, e la non molto lunga coda terminava appiattendosi gradualmente somigliando a una sottile foglia di oleandro.
Dal suo carapace si staccavano pezzi di roccia e metalli depositatiglisi negli anni, cadendo al suolo con suono fragoroso, lasciando una scia di polvere sul percorso. Le zampe della creatura divoravano gli alberi e le rocce, sprofondando nel suolo di parecchi metri, sotto l'ingente peso che trasportavano.
Le mani di Sagas tremavano: non riusciva a muoversi, né a pensare a nulla, così come il resto dei soldati attorno a lui. Agron si girò verso il suo compagno, notando il terrore che aveva in volto: -Sagas...- bisbigliò tra sè.
Calasaar digrignò i denti, e pronunciando un incantesimo per amplificare la sua voce, mise la sua bacchetta davanti alla bocca, usandola come un megafono:

-Allora, volete rimanere fissi a guardare ancora per molto?! Prepatevi ad attaccare frontalmente!-
Tutti gli uomini, sentito quel richiamo, scossero la testa e si appostarono, pronti all'attacco. Sulle scarpate a destra e sinistra dell'entrata della città erano presenti degli arceri delle donnole bianche, accompagnati dagli specialisti incantatori dei fuochi fatui. I primi tesero gli archi, puntando verso la testa del Drago ancestrale, mentre i secondi pronunciavano formule per potenziare le frecce, rendendole dure come l'acciaio o attribuendogli capacità concussive ed elementali.
-Voglio dei colpi a impatto! Che i maghi utilizzino incantesimi perforanti o esplosivi! Chi invece si occupa dei cannoni miri al collo e alle giunzioni delle zampe anteriori! Dobbiamo concentrarci il più possibile in un solo attacco!- detto questo, Calasaar abbassò la bacchetta, e enunciò a bassa voce una formula, alzando poi il braccio e facendolo roteare al di sopra della sua testa; sulla punta della bacchetta iniziò a formarsi una piccola sfera arancione, la quale si ingrandì ad ogni giro, divenendo sempre più bianca e luminosa. Il mago infine fece fare un giro più grande degli altri, e prese fiato: -FUOCO!-
Tutti gli arceri lanciarono i loro colpi, seguiti dalle cannonate: un enorme raffica di colpi si diresse velocemente verso la creatura. Ci fu chi sparò prima e chi dopo, ma i colpi partirono quasi simultaneamente. Anche Calasaar lanciò il suo colpo, il quale di diresse dritto sulla fronte del drago.
Esso fu quasi colpito nello stesso momento da tutti i colpi, i quali causarono un immensa esplosione, che coprì l'intero corpo della creatura, con un violentissimo rombo. Un acuto verso di dolore, e una potente scossa dovuta alla sua caduta, furono le uniche cose che si udirono.
Una grande nuvola di fumo si stagliò tra le montagne, silenziosa. Calasar socchiuse gli occhi, cercando segni di attività al suo interno. Passarono i secondi, ma nessun segnale di vita venne captato.
-Lo... abbiamo ucciso?-
-Ci siamo riusciti davvero?- aggiunse Wulfras stringendo i pugni.
Sagas si girò verso Agron: -Ce l'abbiamo fatta!-
-Eh già, sembra di si...-
Il ragazzo esultò con gli occhi, guardando la silenziosa nuvola che si stava ancora espandendo.
-Si si, lo so che intanto morivi di paura!- disse Agron ridacchiando.
-Ehi, non prendermi in giro! Chiunque avrebbe avuto paura!- rispose l'altro con un buffo broncio in viso.
-E va bene, scusa!-
Calasaar interroppe i due: -Non lasciate le vostre posizioni! Io e Wulfras ci as...-
Un potente rombo lo interruppe. Dalla nube di polvere il Drago ancestrale uscì con ferocia, emettendo un potente ruggito adirato che fu udibile a chilometri di distanza, e con un profondo ringhio minaccioso avanzò rabbiosamente verso le mura di Octal'em.
-Dannazione! I nostri colpi lo hanno a malapena ferito!- sussultò il Gran maestro. -Uomini! Preparatevi a un altro attacco immediatamente! Dobbiamo colpirlo negli stessi punti di prima!-
La creatura aveva ormai raggiunto la città; la sua zampa destra si alzò con rabbia e con un ruggito la tese, per poi tirare un potentissimo e violento colpo alla scarpata su cui erano presenti gli arceri. Gli artigli penetrarono nella roccia come se fosse un castello di sabbia, disintegrando l'intero versante; frammenti giganteschi volarono in aria, schiantandosi contro la città, e distruggendo parecchi edifici.
Sagas e Agron vennero investiti da una potentissima onda d'urto dovuta allo spostamento d'aria.
-Argh!- urlò il primo mettendosi le braccia davanti al viso per proteggersi. -Agron!-
-Sto bene!-
I due faticavano a tenersi in equilibrio, e indietreggiarono sotto la forte raffica. Il vento lentamente si affievolì, permettendo ai due di guardarsi intorno: l'intero versante della montagna era stato distrutto con facilità, e il drago si stava accingendo ad attaccare direttamente la città.
Calasaar urlò: -Non lasciate i vostri posti! Continuate ad attaccare!- e caricando un altro attacco, puntò all'attaccatura della zampa sinistra. Gli arceri rimasti lo seguirono, scagliando delle frecce verso lo stesso punto. I colpi si concatenarono in una raffica che causò un esplosione moderatamente più piccola di quella precedente, ma comunque di elevata potenza.
-Non fermatevi! Continuate a colpirlo!-
Wulfras lo seguì, urlando: -Anche voi ai cannoni! Non siate da meno!-
Obbedendo agli ordini, tutti i soldati rimasti si prepararono a un secondo attacco, mirando all'interno della nuvola di polvere. Ma non ebbero il tempo di fare fuoco, che da essa emergette una zampa, la quale si abbattè fragorosamente contro la prima muraglia, disintegrandone buona parte con un solo colpo.
Sagas e Agron vennero nuovamente investiti da una seconda più potente raffica di vento e polvere. Non riuscirono a mantenersi in piedi, e staccandosi dal suolo, volarono indietro di parecchi metri, cadendo poi lateralmente e strisciando sul pavimento per qualche altro metro. L'elmo di Agron rotolò vicino a Sagas, il quale era accasciato a terra, quasi privo di conoscenza. Lentamente, alzò lo sguardo: alla sua destra, gran parte della prima muraglia era ridotta a un polveroso cumulo di macerie fumanti. Il sole era oscurato dalla fitta nube di fumo, e parte degli edifici interni erano stati distrutti dalle onde d'urto. Tentò di alzarsi, ma la testa gli girava tremendamente, e i suoni gli arrivavano alle orecchie distorti e lontani.
-Sagas!- sentì dire alle sue spalle. Girò gli occhi e vide Agron, che si stava abbassando su di lui per soccorrerlo. In quel momento, potè notare i tratti del ragazzo: dei capelli biondo scuro gli si posavano ondulatamente sulle spalle, e il suo viso dai tratti leggeri e spigolosi erano sormontati da un paio di grandi occhi celesti, che anche in quella penombra, erano vividi.
-Tranquillo, ce la farai!-
-A... Agron...-
Il biondo ragazzo aiutò Sagas ad alzarsi, prendendolo sottobraccio. -Ascolta, Calasaar, Wulfras e gli altri stanno tenendo a bada il drago per ora, ma noi siamo separati da loro... quindi ora dobbiamo raggiungere il versante nord delle mura per unirci agli altri, capito?-
Sagas annuì leggermente.
-Ok, allora andiamo, su! Tranquillo, ci sono qua io, vedrai che ti salverai!-
-Ci... salveremo... entrambi...- rispose il ragazzo a bassa voce. Agron gli sorrise. -Andiamo!-
Improvvisamente, tutto sembrò rallentare agli occhi di Sagas; il suo compagno che correva tenendolo saldamente, con una seria espressione in viso... più in là i soldati rimanenti, che stavano cercando con tutte le loro forze di attaccare la creatura... quest'ultima, che ringhiando continuava ad assestare colpi all'ormai distrutta muraglia... Calasaar che impartiva ordini ai suoi maghi, mentre indietreggiando, tentava di lanciare incantesimi... e il tutto era sordamente accompagnato da una silenziosa orchestra...
Improvvisamente, il Drago ancestrale alzò nuovamente l'arto destro, e tirando un ultimo colpo distrusse ciò che restava delle mura e della città bassa, coinvolgendo anche parte della seconda muraglia. L'onda d'urto fece sbalzare indietro Wulfras e Calasaar, e con violenza colpì i soldati ancora appostati, uccidendoli all'istante.
Agron, che ancora stava correndo, girò lo sguardo, e vide un' enorme frammento roccioso che volava verso di loro. Prontamente lanciò Sagas lateralmente, mettendolo in salvo dalla sua traiettoria. Quest'ultimo cadde a terra, e girando subito lo sguardo, vide Agron sorridergli. Un istante dopo, egli fu travolto dalla roccia.
-NOOO!- urlò a squarciagola Sagas. Tentò di rialzarsi, ma un secondo frammento si scagliò addosso a lui, schiacciandogli il braccio destro. Il ragazzo gemette acutamente di dolore, sentendo le sue carni spappolarsi sotto il peso del masso. Le lacrime gli scendevano impetuose sull'espressione straziata dal dolore, mentre il suo corpo si contorceva spasmodicamente.
Dall'altro lato della città, il drago aveva terminato la sua opera di distruzione, e con la seconda muraglia annientata, si accingeva a dare il colpo di grazia, che avrebbe fatto definitivamente sparire Octal'em dalla cartina geografica.
Calasaar uscì impolverato e sporco di sangue da dietro un masso tossendo, capacitandosi di cosa gli si trovava intorno: ciò che prima era una fiorente e maestosa città, ora era ridotta a cumuli di macerie e polvere. Qua e là erano sparsi corpi irriconoscibili e orrendi pezzi di cadavere tra schizzi di sangue.
Il Drago ancestrale alzò lentamente l'arto destro.
-È finita...- disse il gran maestro dei fuochi fatui, con un fioco sorriso in volto. I pochissimi soldati ancora in vita guardarono con occhi colmi di paura la creatura, tremando incolumi come mosche nella tela di un ragno.
Sagas, ancora in preda all'atroce dolore, guardò terrorizzato la zampa artigliata che si alzava in alto, come il martello della condanna di un giudice.
Il sipario della danza, era ormai alla sua chiusura. L'arto si fermò a mezz'aria, preparandosi a falciare ciò che rimaneva di Octal'em. Un flebile ringhio uscì dalle sue fauci, e la sua pupilla si restrinse.
L'attacco stava per essere lanciato, ma fu interrotto da una voce che si udì dall'alto della scarpata rocciosa a sinistra della città: -Heila! Sembra che qui ve la passiate maluccio!-
Lo sguardo del drago si rivolse verso la direzione della voce; una sagoma era apparsa in cima al pendio, ma il sole dietro essa ne rendeva difficoltosa l'identificazione.
Calasaar sgranò gli occhi, tentando di riconoscerla. Il suo sguardo lentamente si abituò alla luce, e la forma di quel corpo assunse compostezza: dei lunghissimi capelli platinati volteggiavano cullati dalla brezza, così come una lunga giacca di pelle nera con fiamme stilizzate bianche che egli indossava.
-Non è possibile... quello è... Zarickaf...-
 

 

                                                                            *

 

 

Da qualche parte a Noctinghal.
In una stanza buia e angusta, Ky'lam venne sbattuto con violenza al muro da un uomo avvolto nella penombra. Dietro di esso, due altri uomini stavano ritti in piedi, osservando la scena senza dire nulla.
-Dimmi dov'è.-
-Te l'ho detto, non lo so!-
-Finiscila con questa storia! Non ho tempo da perdere!- rispose il misterioso interrogatore, del quale si riuscivano solo a notare dei neri capelli curati tirati indietro, e degli occhiali che riflettevano la flebile luce, la quale filtrava dalla piccola finestra in alto.
Cercando di non farsi notare, Ky'lam avvicinò lentamente la mano alla cintura.
-Certo, è davvero carino il coltello con cui cercherai di colpirmi tra circa sei secondi.- disse l'uomo. -Ora vedi di allontanare la mano destra dalla cintura.-
Il ragazzo sbarrò gli occhi: -tu... cosa sei?-
-Le domande qui le faccio io se non ti è chiaro! Ora non farmi perdere altro tempo, e dimmi dov'è!-
-Te l'ho detto! Non ne ho idea! Non c'è motivo per cui...-
-Dovrebbe avermelo detto... stavi per dire questo?-
Ky'lam rimase basito.
-Già... sembra che allora tu non sappia davvero nulla... e va bene.- l'uomo guardò per terra, con finto rammarico in viso. -Allora... non mi servi più.-
-No aspetta! Io ti ho detto tutto quel che sapevo!- disse Ky'lam terrorizzato. L'altro però senza nemmeno ascoltare, iniziò a canticchiare un motivetto fischiettando flebilmente.
-Ti... ti prego... non farmi del male! io ho una figl...- la frase non terminò, che una lama argentea gli trafisse lo sterno. I suoi occhi tremolanti guardarono in avanti per qualche istante, e il suo corpo cadde poi di peso a terra, spegnendosi del tutto.
-Oh... tsk tsk tsk... mi si rattrista il cuore.- continuò l'altro pulendo con calma il pugnale, continuando a fischiettare. Poi, rinfoderatolo all'interno della sua elegante giacca nera, si girò verso gli altri due. -Bene, qui abbiamo finito, cerchiamo altrove. Sgomberate la zona.-

 

 

 

 

 

                                     “C'è chi muore da eroe, e chi svanisce in silenzio,
                                      senza gloria alcuna... perchè ai ciechi occhi del
                                      falciatore tutti siamo uguali. Carne alla carne,
                                      ossa alle ossa, sangue al sangue.”

                                                    [Helden: Curtain of death]


Khalut= Sottospecie della comune viverna. si presenta come un serpente alato, dotato di un bel piumaggio verde o celeste. Il cranio è provvisto di un affusolato muso osseo, simile a un becco primitivo. Come il suo cugino, è facile da avvistare sui cieli occidentali di Sion, data la sua abitudine di volare per la maggior parte della sua vita. 
Di norma sono fortemente territoriali, specie nel periodo primaverile.

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Capitolo 12
*** Past ***


L'aeronave di Kras'nos stava scendendo gradualmente di quota.
Selegon guardava fuori dal vetro della cabina, notando le fronde degli alberi che si innalzavano davanti a lui, segno del termine della discesa. I grandi dischi repulsori lentamente persero energia, finchè lo scafo della nave non poggiò delicatamente il suolo, sorretto da dei piedi ammortizzanti.
Il tremore all'interno cessò, e il grande motore si spense. Kras'nos si girò: -Dunque, io e due addetti ai motori andremo all'esterno per riparare il danno. Suppongo che venti minuti siano più che sufficienti. Nel frattempo, vi consiglio di non allontanarvi troppo, Bianco.- detto questo, si alzò e uscendo dalla stanza si diresse verso il settore energetico della nave. Selegon, impensierito, stette fermo qualche istante, poi anch'egli si girò e uscì dalla cabina.
Lily, seduta sul divano della sala principale, vedendo il ragazzo si alzò velocemente, seguendolo.
-Dove vai?- chiese.
-Qualcosa non mi quadra. Vado a cercare qualche indizio.-
-Ma Kras'nos ha detto...-
-Me ne infischio. Ho già abbastanza puzza sotto il naso.- e continuò imperterrito a camminare, uscendo dal portello. Sbuffando, Lily lo seguì a malavoglia.
I due scesero dall'aeronave, ritrovandosi in un a radura erbosa, all'interno di un verde e silenzioso bosco.
Lily si stiracchiò con un gridolino soddisfatto, mentre camminava lentamente sul manto erboso: -aah! Che stanchezza, sono tutta anchilosata!-
-Silenzio.- la rimproverò Selegon. -c'è qualcuno qui. O qualcosa.- continuò, guardandosi intorno con sospetto. Dal fogliame, qualcuno osservava silenziosamente i due. Selegon avanzò verso i cespugli a passo felpato, notando una presenza nel sottobosco. Dall' ombra, una sagoma nera si alzò, accortasi di essere stata individuata, e con uno scatto fuggì tra gli alberi. Senza indugiare, il ragazzo le corse dietro, entrando nel bosco a gran velocità con la mano pronta a estrarre la spada. Svoltò dietro un cespuglio, accelerando gradualmente; davanti a lui, l'altro continuava imperterrito a scappare con un andatura quasi goffa, segno che si stava ormai stancando. 
-Sei mio!- disse a bassa voce Selegon, girando dietro un albero con la lama sguainata, e con un ultimo scatto, saltò addosso al fuggitivo, inchiodandolo a terra. Lì poté notare le sue fattezze: un uomo dai corti capelli neri con non più di trent'anni, il quale indossava una lunga veste di pelle animale qualitativamente scarsa, moltissime collane e braccialetti, e un' enorme zaino sulla schiena. 
-Ti prego! Ti prego! Non farmi del male!- disse agitatamente l'uomo scuotendo la testa e chiudendo i suoi pallidi occhi arancioni, accentuati da due.vistose occhiaie e da nere sopracciglia arruffate. 
Selegon ringhiò: -perché ci stavi guardando?? Chi sei??- e gli premette la gola a terra usando l'avambraccio. 
-Io non ho fatto nulla! Avevo sentito un rumore strano e sono andato a guardare! Ti prego, io sono solo un viaggiatore!- continuò l'altro, tentando buffamente di divincolarsi. 
Lily intanto era sbucata dagli alberi, correndo affannata, e notò i due. 
-Che diavolo succede?-
-Succede che sto per tagliare la gola a un bugiardo!-
L'uomo costretto a terra ebbe un sussulto: -No no no!! Non sto mentendo, lo giuro!-
-Calmatevi!- insistette Lily. -Innanzitutto Selegon, non strangolarlo in quel modo! Siamo persone civili!-
-Hai ragione- sibilò il ragazzo. -non si parla con i topi di fogna.- 
-Non farlo!-
Selegon alzò la spada, e con uno scatto la infilzò per terra, a pochi centimetri dal viso dell'uomo. Egli guardò terrorizzato la lama opaca, tremando di paura. 
Lily sospirò: -Allora, adesso che abbiamo smesso di litigare, puoi dirci chi sei, e perché ci guardavi?- disse poi rivolta al viaggiatore. 
-Mi... mi chiamo Orion... stavo viaggiando verso est per andare ai villaggi montani di Elmutt e vendere come di consueto i miei articoli! S... sono un mercante...- rispose egli balbettando. Selegon sbuffò e si alzò seccatamente, dirigendosi poi verso la nave. 
-Ma non chiedi nemmeno scusa per il tuo comportamento?- disse Lily, severa. 
-Si, mamma.- rispose il ragazzo sarcasticamente. Dopodiché, tornò all'aeronave senza voltarsi. -Muoviti e vieni, Kras'nos avrà già finito le riparazioni.-
Lily alzò le spalle rassegnata e si avvicinò a Orion, porgendogli la mano. 
-Scusalo, ha sempre dei modi poco fini...-
-Non preoccuparti- rispose lui alzandosi -va tutto bene!- continuò mentre controllava l'interno dello zaino. Improvvisamente sobbalzò: -Aaah! Il mio vaso antico!- sbraitò a gran voce, estraendo dei cocci da un tascone. -Valeva più di duemila jowl!- imprecò infine in lacrime, compatendo l'ormai distrutto vaso.
Lily lo guardò rattristata, poi si mise a riflettere qualche secondo, e si avvicinò a Orion. -Ehi, senti un pò...-
Intanto, nella radura, Kras'nos e gli ingegneri avevano quasi terminato le riparazioni. Selegon, di fianco a loro, ogni tanto guardava il loro lavoro, stando zitto. Ormai era tornato alla nave da parecchio tempo, ma Lily non si era fatta ancora vedere. Girò lo sguardo verso il bosco, e poi tornò ai suoi pensieri.
Dopo circa cinque minuti, gli ingegneri terminarono le riparazioni, e si accinsero a rientrare, seguiti da Kras'nos. Egli però non era tranquillo. Mentre camminava pensò tra sé: "Tutto questo é davvero strano... uno sfregio del telaio rinforzato può attribuirsi a una viverna... ma la fiancata é stata incrinata profondamente fino alle tubature di trasmissione... cosa può essere stato?". Ma il pensiero non lo trattenne molto, ed egli si diresse verso il portello di entrata dell'aeronave, seguito da Selegon. Quest'ultimo, facendo ingresso nella sala principale, si trovò Lily davanti, già seduta sul divano. Aveva l'aria un pò affannata. 
-Che ti prende?- chiese Selegon. 
-Uh? Io? Nulla!- bofonchiò lei, sorridendo.
-Bah.- sbuffò il ragazzo guardando altrove. 
Ulog intervenne: -Signori, tra un minuto inizieremo il decollo. Potete pure accomodarvi. Desiderate qualcosa?- 
-No, sto bene così.-
-Uh! Anche io!-
Ulog guardò con curiosità Lily, stranito dal suo comportamento bizzarro. -Mhm, va bene. Ad ogni modo sono a vostra disposizione per ogni cosa!- disse, per poi girarsi e tornare alla cabina di pilotaggio. Pochi minuti dopo, i motori vennero accesi, e l'aeronave si alzò lentamente in cielo, pronta ad affrontare il tratto sul mare. 
All'interno della sala, Lily si guardava tranquilla intorno, mentre Selegon grattandosi la nuca, si sedette anch'egli sul divano, per riposarsi. Avvertì però un pò di scomodità, quindi si spostò più a destra; a tale movimento, tuttavia, il cuscino si mosse, emettendo uno sbuffo. Lily continuò a ignorare la scena, guardando in avanti.
-Che diavolo...- disse Selegon.
-Eh? Come scusa?-
-Il divano... ha ansimato.-
-Cosa? Sarà la tua immaginazione!-
-Lily.-
-Che? Dimmi!-
-Alzati.-
-Che succede?- continuò lei. 
-Ho detto di alzarti. Adesso.-
La ragazza, con uno sguardo da cane bastonato si alzò, e Selegon rimosse i cuscini dal divano. Al di sotto di essi rinvenne Orion, che stava respirando a fatica; egli si mise velocemente seduto, spaventato dal ragazzo.
-Non é stata un'idea mia! Non é stata un idea mia! Non uccidermi!-
Selegon si girò severamente verso Lily, la quale passò alle difensive: -Beh? Che male c'è? Gli sei saltato addosso e hai distrutto molti oggetti preziosi che si portava appresso! Non pensi che dovremmo ripagarlo in qualche modo?-
-Dannazione, come ti é venuto in mente di portarlo qua?! Sono in missione ufficiale, noi siamo gli unici che ne sono a conoscenza, e tu ci porti clandestini a bordo come fossero animali da compagnia?- urlò Selegon.
-E dai, quanto la fai lunga! É stata per colpa tua che ora il suo lavoro é andato a rotoli! E nessuno ha detto che si intrometterà nella tua famigerata missione!-
Percependo il baccano della discussione, Ulog intervenne nella sala. -Che succede?-
Lily lo vide, e dopo un istante di pensiero, disse prontamente: -Si sta lamentando perché ho portato... mio cugino a bordo!-
-Vostro cugino?-
-Esatto! L'ho incontrato mentre eravamo fermi- continuò lei -e dato che ha avuto dei gravi problemi finanziari con un idiota, non potevo lasciarlo da solo! E Selegon ora vuole cacciarlo via a calci!- concluse infine, abbracciando l'incredulo Orion. Pur non avendo capito assolutamente nulla della conversazione, egli la lasciò fare, stando al gioco. 
-Mhm.- rimuginò Ulog -Beh, non c'è bisogno di essere sgarbati. Vostro cugino potrà seguirvi, ma ovviamente non dovrà essere d'intralcio al Bianco, né interessarsi alla missione.-
Orion scosse leggermente la testa, e poi annuì convintamente: -Certamente!-
-Molto bene allora! Spero gradiate i nostri alloggi. Vi lascio tranquilli.- detto questo, se ne andò.
Selegon guardò aspramente Lily. -Che diavolo fai?-
-Aiuto qualcuno, a differenza di te!- 
-Grr, fa come vuoi! Ma io non ne voglio sapere nulla. Che non mi metta i bastoni tra le ruote.-
-Si, si...- rispose la ragazza, e prendendo la mano di Orion, lo accompagnò al tavolo centrale. -Dai siediti!-
-Ehm, ok- disse timidamente il giovane, e si accomodò.
-Allora! Quindi sei un mercante?- continuò lei curiosa. 
-Beh, si!-
-Quindi hai viaggiato molto in lungo e in largo vero?-
-Mh, si, ho visitato moltissimi luoghi dell'ovest, e viaggio sempre tanto per paesi e città!-
-Che bello... immagino quante storie hai sentito!-
-Ah si, ne ho sentite moltissime!- rispose Orion ridendo.
Selegon sbuffò annoiato da quei discorsi, mentre seduto dall'altro lato della stanza, lucidava la lama della sua spada.
-Insomma, sei proprio deprimente!- sbraitò Lily.
Il mercante guardò pensieroso la lama opaca che scintillava alla luce, poi chiese: -Voi esattamente cosa fate? Ho visto lo stemma sui vestiti di quegli uomini... se non sbaglio Io e Gre'kahal non sono in ottimi rapporti...-
-Eh? Che c'entra l'impero?- chiese la ragazza. Selegon invece non disse nulla.
-Come? Non siete degli imperiali?-
-No che non lo siamo! Perché lo chiedi?-
-Perchè guardando bene quella spada, ho notato che è la stessa del generale d'impero Kir Lamium'al, l'eroe della leggendaria guerra dell'Oblivion! Non era mica un arma ereditaria?-
Lily sbarrò lo sguardo: -Come?! Generale? Oblivion? Che significa?!-
Selegon non parlò, e continuò tranquillamente a lucidare la lama.
 

 

 

                                                             *

 

 

 

Archey'ss.
Due pallidi occhi giallastri osservavano silenziosamente il cielo, attraverso la grande vetrata arrotondata della sala del trono. La luce del tramonto si insinuava nella stanza, illuminando le candide piastrelle del pavimento.
Da un piccolo apparecchio sul trono, provenne un bip. L'imperatore rimase immobile, e con un movimento del dito, attivò la comunicazione. Dall'altoparlante provennero delle parole:
-Mio signore?-
-Parla.- rispose egli, mentre rimaneva in piedi a fissare l'orizzonte.
-Abbiamo i nuovi rapporti dei servizi segreti.-
-Bene, più tardi me ne occuperò, a meno che non siano urgenti.-
-No mio signore.-
-Capisco. Abbiamo invece qualche notizia da Octal'em?-
-No mio signore. Tutto tace a riguardo. Sembra che sia successo qualcosa.-
I candidi occhi dell'imperatore si socchiusero, scrutando in lontananza.
Il sole continuava lentamente la sua discesa sul lontano orizzonte, calando sulla remota foresta degli spiriti.
-Capisco. Quindi la storia del tredicesimo alla fine si è avverata.-
Dall'apparecchio per diversi secondi non provenne nessuna risposta. Poi si udì:
-Ehm, mio signore...-
-Si?-
-È arrivato il generale Eldingar.-
-Fallo pure entrare.-
Il grande portone si aprì silenziosamente, mostrando la figura del generale che entrava con orgoglioso passo tra le colonne laterali della sala. La luce del tramonto potè illuminargli la luminosa armatura: un pettorale argenteo adornato da bordature bianche, le quali formavano dei minuziosi disegni arrotondati e sottili. Due grandi spallacci molto allungati che recavano lo stemma imperiale, dei bracciali lisci anch'essi a stesso tema, degli schinieri a sottili piastre, e una cintura metallica che si allungava in una lunga gonna di bianchssime piume, che davano all'armatura un'aspetto lucente.
Eldingar si fermò a metò della sala e si inchinò.
-Eccomi, mio signore. Mi avete fatto chiamare?-
-Si Eldingar. Volevo innanzitutto chiederti come stai.-
-Ehm, sto bene mio signore.-
-Bene, bene. Dunque, volevo parlarti di una cosa, riguardante una certa missione che ti verrà affidata.-
-Una certa missione?-
L'apparecchio vocale fece un suono di avvertimento. L'imperatore girò di poco il capo, e poi attivò nuovamente la comunicazione.
-Mio signore, chiedo scusa, ma sono arrivati anche gli altri due generali, come da voi richiesto.-
-Certamente, fai entrare anche loro.-
Il sole, lentamente, calò dietro l'orizzonte, segnando la fine di quel giorno. Una brezza serale si alzò, accarezzando dolcemente i rami degli alberi, sotto la luce rossastra del crepuscolo. In alto, nel cielo che diventava man mano blu, le prime stelle si scorgevano, tenui e remote.



                                     “Il nostro canto vivrà in eterno.”
                                                [Helden: Past]

 

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Capitolo 13
*** Sunrise and sunset ***


Sull'oceano di Mal Aar il sole ancora era alto sull'orizzonte. Il vento da ovest increspava la punta delle onde, che si muovevano leggiadre sotto l'aeronave di Kras'nos, la quale proseguiva spedita e silenziosa il viaggio verso Io.
Lily guardava stupita Orion, attendendo ch'egli rispondesse alle sue domande.
-Cos'è questa storia dei generali e dell'Oblivion?-
Orion inclinò lo sguardo: -come fai a non conoscerli? É una storia famosissima!-
-Emh, non ho molta dimestichezza nelle storie popolari...-
-No?-
-Eh già... sono cresciuta in un villaggio isolato, quindi non conosco quasi nulla del modo esterno. comunque, dai, racconta! Adoro le storie!- continuò lei allegra. 
-Beh, é una storia un pò lunga, e non conosco tutti i dettagli...-
-Oh... e non puoi raccontare il pezzo che conosci?-
-si, posso ma... ehi aspetta! Dammi un momento- sussultò Orion, alzandosi. Andò verso il divano, e si inginocchiò davanti al suo grande zaino; apertolo, vi frugò per qualche istante, e poi estrasse un piccolo strumento a fiato simile a un ocarina allungata, ricco di disegni colorati.
-Ecco qua!- esclamò fiero. 
-Cos'é?- chiese Lily aggrottando le sopracciglia.
-É un flauto Zal! Viene usato dagli stregoni viaggiatori per raccontare storie e leggende ai villaggi che visitano. Certo, ci vuole una particolare abilità per suonarlo, abilità che io non possiedo, però se il tuo amico lo sa usare...-
Lily si alzò estasiata guardando Selegon. -Ehi Selegon, é vero che me la racconterai?-
Il ragazzo guardò di lato. -Non ne vedo il motivo.-
-Dai! Per favore!- insistette lei -almeno così non ti farò più domande! Per favore! Per favore! Per favore!-
-Va bene, va bene...- cedette lui, e alzandosi, prese lo strumento dalla mano di Orion, e lo osservò. 
-Avanti Lily, siedi qua davanti.-
La ragazza obbedì, e si mise velocemente a terra, a gambe incrociate. Selegon chiuse gli occhi, e rimase fermo qualche secondo. Poi, avvicinò le labbra all'imboccatura, e vi soffiò dolcemente all'interno. 
Una melodia dolce e sprofonda si diffuse per la stanza, inondandola di rilassante musica. Allo stesso tempo, del fumo biancastro uscì dal piccolo flauto, danzando attorno al ragazzo.
Lily guardava meravigliata quel magico spettacolo, con gli occhi illuminati. Improvvisamente, una voce lontana le giunse alle orecchie: cantava una breve canzone, che seguiva il motivo della musica. 
"Hav juhul u hiv nos,
niu cal las the hag nash hal ves,
ah zal las nasseth,
hav es nath nagauh
"
"Nel giorno e nella notte,
dalla cima dei monti al fondo del mare,
il canto dei draghi,
nel tempo sempre vivrà"
La ragazza vide il fumo biancastro iniziare a nuotare nell'aria, separandosi e ricomponendosi vorticosamente, formando poi l'immagine di una pianura. Contemporaneamente a ciò, la voce che prima cantava ora si mise a raccontare:
-Questa storia inizia così come iniziate sono tante altre storie; Con un bambino. Il suo nome era Kir Lamium, e viveva in un piccolo villaggio contadino ai piedi dei monti, nelle ricche e verdi terre di Sion. A quei tempi la gente viveva in pace, nella spensieratezza e nella ricchezza della terra.-
Il fumo danzante formò l'immagine di una casetta su una pianura con uno sfondo montagnoso, e la sagoma di Kir che correva sul manto d'erba. 
-La sua famiglia non era né ricca né povera, era la classica famiglia come tante altre, con i suoi agi e i suoi problemi. Adagiata tra le colline, si guadagnava da vivere all'allevamento di pecore, come del resto faceva la maggior parte delle famiglie che vivevano là. Ma la pace era destinata a finire in quelle terre. 
-Un'antica profezia disse: "E allora il cielo sarà oscurato da dodici diabolici flagelli alati, che tra ruggenti fauci e orrende spire, porteranno la morte e la distruzione. E quando anch'essi il loro corso avranno fatto, un tredicesimo portatore di distruzione apparirà. E nel cielo si alzerà un canto di morte, il canto del risveglio, che sarà il preludio della fine del nostro mondo."-
Le montagne fecero spazio a una figura alata, simile in tutto e per tutto a un drago. 
-Quella leggenda si avverò: allora Kir aveva solo dieci anni,ma ricordò quel giorno come una fotografia impressa nella mente. Senza preavviso, come un fulmine a ciel sereno, dodici possenti draghi ancestrali si svegliarono. Tra loro, il più forte e feroce, Kahamzhik il nero, li guidava furente più che mai, pronto a portare di nuovo la distruzione.-
Lily guardava stupita le Immagini che continuavano a mutare con l'avanzare della storia. Ora, le sagome di dodici draghi volavano al di sopra dei villaggi montani, distruggendo qualunque cosa incontrassero, e divorando tutti gli esseri umani che trovavano sul loro cammino.
-La terribile legione dei dodici rase al suolo ogni cosa le si parò davanti. Kir si svegliò mentre il suo villaggio era sotto attacco da Kahamzhik; inutili furono i tentativi di difesa contro la possente bestia. E in una disperata fuga, il giovane bambino perse il padre, fermatosi per dare a lui e alla madre il tempo di fuggire. E così, la terra di Sion conobbe il terrore conosciuto come "I dodici flagelli del cielo". Essi misero il continente in ginocchio, regnando indisturbati su quelle terre per anni. Nessuno osava avvicinarsi ai territori da loro controllati, e chi era tanto folle da farlo non faceva ritorno.-
-Il giovane Kir, insieme agli altri pochi sopravvissuti, fu trasferito con la madre in un luogo per rifugiati, e grazie ai soldi messi da parte dai genitori riuscì a trovare una nuova casa dove ricominciare a farsi una vita. Con lui si trasferì anche un altro bambino di nome Akar, che aveva conosciuto tempo prima e con il quale aveva stretto una profonda amicizia. Dopo quell' esperienza, i due si promisero che sarebbero entrati nell'esercito di Gre'kahal, e sarebbero diventati generali d'impero liberando la loro terra natia dall'incubo dei draghi.-
-Quindici anni passarono, e i due ragazzini crebbero fino a diventare degli uomini; lavorarono sodo e misero su famiglia, ma in cuor loro viveva ancora quella promessa fatta tempo addietro. Infatti come si erano giurati di fare, entrarono a far parte dell'esercito imperiale. Kir si dimostrò increibilmente forte per una persona normale, superando missioni molto pericolose, e per questo fu promosso a generale; Akar invece divenne suo diretto sottoposto e guardia del corpo.-

-Ancora su Sion vigeva il tirannico sguardo dei draghi, che nel tempo avevano depredato la terra di ogni cosa. Ma non era l'unico pericolo in agguato...-
Il fumo si separò nuovamente, formando dapprima l'immagine dei dodici che planavano sulle pianure, e poi la misteriosa sagoma di un gruppo di persone. 
-L'impero a quei tempi venne a conoscenza di un'oscura setta senza nome, che stava agendo in silenzio per trovare "qualcosa". 
Il pericolo fu chiaro solo dopo: essa era una setta segreta di adoratori di Chronos, la quale é ricordata nei testi sacri solo come Njak' olgn at, in lingua oscura "figli del nulla". Essi avevano intenzione di ritrovare tutte i manufatti di Antares per poterlo riportare nel nostro mondo, e diffondere il caos e la distruzione nell'universo. Due di questi manufatti mancavano all'appello per la resurrezione di Antares: la spada dello stesso, nascosta da qualche parte nel mondo, e seconda, l'Oblivion, la più oscura delle sue creazioni. La setta puntava proprio a quest'ultima, e aveva già localizzato la sua posizione.-
-Qui iniziò l'epopea dei due amici; ad Akar venne assegnata un'importante missione: trovare la setta oscura e infiltrarvisi per avere informazioni sulla stessa. Dall'altro lato, Kir venne contattato dalle ottantotto lacrime di Juhal, la confraternita segreta di cavalieri di draghi, le quali lo presero tra le loro file, rivelandogli di essere uno di loro. Così il giovane ebbe un addestramento e in poco tempo imparò a evocare il suo drago destriero. Deciso più di prima a porre fine alla tirannia dei dodici, Kir si allenò senza sosta, e padroneggiò molte tecniche insegnategli. Terminato l'allenamento, ricevette in dono dagli ottantotto una magnifica spada di diamante, una delle reliquie della confraternita, come saluto e buon augurio, ed egli tornò a Gre'kahal. Riunitosi all'esercito, con l'approvazione dell'imperatore Karthak, guidò una spedizione per Sion, in modo da poter finalmente liberare la sua terra natia. Così i due amici si spararono, promettendosi che sarebbero entrambi tornati sani e salvi. Per Kir fu così, per Akar no.-

-La missione di liberazione di Sion iniziò: l'esercito avanzò nel territorio dei terribili draghi, nei villaggi e nelle fattorie che erano state assalite, ma non vi fu traccia dei dodici. O così sembrò. Fu durante la notte che i dittatori alati piombarono dal cielo, ruggendo furiosi. L'esercito fu colto di sorpresa, e dopo una battaglia violenta la fazione umana venne decimata; Kir continuava coraggiosamente a combattere, ma nulla sembrava avere effetto contro i draghi. Anche lui stava per cadere, quando all'orizzonte, sotto la tenue luce dell'alba, gli ottantotto fecero la loro apparizione, sui loro destrieri volanti. La battaglia che si scaturì dopo fu epica: le squame ardenti che si avvolgevano tra spire e ruggiti adirati, le spade e le lance che trafiggevano le carni, gli urli di battaglia e i ringhi incandescenti.-
-Mentre quella battaglia infuriava, Kir fu informato che Akar era sparito da quando aveva iniziato la sua missione, e di lui non c'era traccia alcuna. Deciso a scoprirne il motivo, il giovane generale partì alla volta del continente di Io, luogo dove la setta stava operando. 
Nel mentre, la battaglia tra i draghi e gli ottantotto continuava imperterrito, ma questi ultimi parevano in svantaggio, sotto i colpi di Kahamzhik. Ma quando il conflitto sembrava perduto, l'imperatore stesso entrò in campo, cavalcando il suo destriero. E ciò che appariva perduto riacquistò speranza.-
Tutto fluiva maestoso in quelle immagini create dal fumo danzante, che creò la battaglia a Sion, la cavalcata degli ottantotto e l'ingresso dell'imperatore. 
-Arrivato a Io, Kir si mise alla ricerca dell'amico. Cercò più informazioni possibile su dove si potesse trovare il terribile Oblivion, e infine riuscì a scoprire la sua locazione: un dungeon nascosto nei meandri del sottosuolo, a sud delle grandi foreste montane di Antrogh. Lì si diresse, e trovò la grande costruzione al di sotto della quale si trovava la tomba dell'oscuro manufatto. Ciò che scoprì lì, tuttavia, non fu quel che si aspettava. La porta di pietra del dungeon era stata aperta da pochi minuti. Con il cuore in gola, il giovane entrò all'interno del buio letto del terrore dormiente, e penetrato fino al remoto fondo della caverna sotterranea, lo vide: il diabolico Oblivion, creazione prediletta di Antares, lo strumento di morte che i cuori umani divora. Ciò che però vide dinnanzi a esso, fu anche peggiore. Irto davanti all'Oblivion, c'era il suo amico Akar, che lo fissava con uno sguardo vuoto e malefico. Kir tentò più volte di chiedergli spiegazioni, ma egli era ormai posseduto dal perfido strumento. La sua missione era fallita, e invece di infiltrarsi nella setta nemica, finì con l'unirvisi, soggiogato dall'immenso potere oscuro del manufatto.-
Il silenzio aleggiava nella stanza, mentre la storia era giunta ormai all'atto conclusivo. 
-La mano di Akar stringeva ferrea la spada infernale Nakt'e uknath, uno dei manufatti demoniaci che era in possesso degli adoratori di Chronos. Tale arma aveva donato a Akar un oscuro potere che lo divorò, ed egli, colmo di odio, si gettò all'attacco di Kir. Iniziò così il grande duello tra i due destini: la salvezza e la distruzione. 
Il mondo si trovò in bilico tra vita e morte, quando i due combattimenti giunsero all'apice. 
A Sion, l'unione degli ottantotto e dell'imperatore infine trovò la vittoria, e i dodici flagelli del cielo vennero sconfitti, regalando nuovamente pace e libertà al paese. 
Dall'altro lato, il duello all'ultimo sangue tra i due amici era ormai agli sgoccioli, e né l'uno né l'altro pareva in vantaggio. I colpi fendevano l'aria, sibilando acutamente nel silenzio della caverna, mentre il tempo scorreva ancora e ancora. Ma in quel momento Kir notò un fremito nell'aria: Akar tentava ancora di liberarsi dal potere dell'Oblivion, e i suoi colpi si stavano affievolendo. E così, con un ultimo attacco, il generale riuscì finalmente a sconfiggere l'avversario, che cadde a terra privo di vita. La battaglia era dunque stata vinta, ma il pericolo dei Njak non era ancora evitato. Essi attaccarono Kir, che ormai stremato dal duello precedente, non poteva più sostenere un combattimento. Fu così che egli, con un ultimo impeto di coraggio, fronteggiò da solo centinaia di nemici da solo,combattendo fino all'ultimo, in un ultima, eroica battaglia. E alla fine cadde sotto i colpi del nemico, perdendo la vita per salvare il mondo. E la sua morte non fu vana, poiché diede il tempo alle truppe imperiali di raggiungere il luogo ed eliminare ogni superstite della setta.-
-Così, il terribile manufatto ritornò nel silenzio del sonno, e il mondo fu salvato da un uomo, il cui coraggio fu d'insegnamento a tutti. Ed egli fu soprannominato "l'eroe di Sion".

Selegon terminò di suonare, e il bianco fumo iniziò a vorticare, rientrando poi dentro il piccolo flauto. Lily espirò estasiata: -È stato fantastico! Amo queste storie! I draghi, i cavalieri coraggiosi, i combattimenti!- cinguettava emozionata. -Non è vero, Selegon Lamium?- disse poi spavaldamente.
Selegon non disse nulla, e guardò di lato.

Orion ridacchiò: -Comunque io così non avrei mai saputo raccontarla!-
-Però- continuò lei con un'espressione confusa -Non capisco la seconda parte della profezia... nella storia non si è menzionato il tredicesimo drago... ciò significa forse che non è apparso?-
-A quanto ne so, no.- disse Orion. -Quello è stato l'ultimo risveglio di draghi.-
Selegon guardò il vuoto pensieroso. -Già... l'ultimo...-

-Eh? Che intendi dire? È tutto ok?- chiese Lily.
-Si, si, stavo solo pensando.- rispose egli, e si sedette al tavolo a sorseggiare un bicchiere d'acqua.
-Capisco... comunque ripeto che è stata molto bella questa storia! Peccato non l'abbia potuta sentire da piccola!-
-Strano comunque che tu non ne abbia mai sentito parlare. Anche nei paesi lontani, favole e leggende di questo tipo dovrebbero essere molto famose.-
-Diciamo che abbiamo avuto qualche problema, per cui siamo stati isolati dal resto del mondo civilizzato...-
-Ah, quindi proprio eravate chiusi in voi stessi per così dire?- chiese Orion. -È un peccato! Quindi non hai proprio sentito storie popolari come le leggende dell'albero, degli stregoni del sud, e i racconti di Balbabb?-
-Bal... come?- rispose lei un po' divertita dal buffo nome.
-Balbabb! Avanti dai! Nemmeno quello? Cavolo, quella la conoscono tutti!-
Lily accese lo sguardo e si girò verso Selegon. -Ehi ehi, me la puoi raccontare questa? Per favoreee!-
-Ehm...- rispose il ragazzo. -Non la conosco.- e bevette un altro sorso d'acqua.
-Ma, ma, come!- Orion si stupì molto. -Come fai a non conoscerla? È una favola per bambini, tutti la imparano! Scusa i tuoi genitori non te la raccontavano mai?-
Selegon sussultò silenziosamente, e strinse di scatto il bicchiere che aveva in mano, incrinandolo. Lo posò poi sul tavolo, alzandosi cupo. -Vado a farmi una passeggiata.- e si diresse verso il ponte esterno.
Orion si spaventò di quel gesto. -Ho... detto qualcosa che non va?-
Lily lo tranquillizzò. -Non ne ho idea, forse la sua infanzia non è stata molto bella, comunque non preoccuparti, ora vado a sistemare io. Tu resta qui, ok?-
-Ehm, va bene.- rispose lui arrossendo, e Lily si allontanò verso l'uscita. Percorse il corridoio degli alloggi e guardandosi attorno, vide Selegon fuori dalla vetrata, sul ponte esterno della nave. Aprì la porta, e usci all'aperto, sotto la luce arancione del sole che iniziava la sua discesa sull'orizzonte. Il ragazzo era poggiato alla ringhiera, e guardava il vuoto, con una leggera brezza che gli spostava i lisci capelli neri.
-Ahem, senti Selegon...- disse lei. -Orion è molto dispiaciuto per quello che ha detto. Vorrebbe scusarsi... spiace anche a me, davvero.-
Il ragazzo rimase fermo. -Non mi serve il suo dispiacere, lasciami in pace.-
-Per favore... non voglio che me ne parli, solo, dimentichiamoci di questa cosa!- disse lei sorridendo. Selegon si girò, e la guardò. Per un attimo non disse nulla, poi ebbe come un colpo. Ebbe la stessa sensazione che aveva avuto nel loro primo incontro: quel viso, che gli faceva tornare in mente fantasmi del passato. D'un tratto assunse uno sguardo tetro e cinico, e disse rabbiosamente: -Non mi frega di lui, né tantomeno di te. Smettila di parlare come se fossimo compagni! Non vedo l'ora di terminare questa stradannatissima missione, e poter finalmente farti sparire dalla mia maledetta vita!- e staccandosi violentemente dalla ringhiera, camminò verso l'entrata, passando silenziosamente di fianco a Lily, senza rivolgerle lo sguardo. Lei rimase basita da tale comportamento, restando immobile qualche secondo con gli occhi spalancati. Guardò dietro di sé, ma Selegon era già sparito. Tentennò un po', e rattristando lo sguardo, andò verso la ringhiera, nello stesso posto in cui prima il ragazzo era sporto. Si mise a guardare l'orizzonte, ma venne distratta da una sensazione umida sotto la mano. Abbassò lo sguardo, e notò delle gocce d'acqua posate sul freddo metallo della ringhiera. Guardò in alto, ma il cielo era limpido e sereno. Dopo qualche secondo, spalancò gli occhi e si girò verso la porta in cui Selegon era entrato poco prima.

 

 

 

 

                                                           “Lacrime nell'oceano”

                                                     [Helden: Sunrise and sunset]

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Capitolo 14
*** Burden ***


Erano passate alcune ore ormai, e l'aeronave aveva raggiunto la costa continentale di Io. Lunghe scarpate frastagliate ne caratterizzavano i tratti, e anche nell'entroterra il terreno era per lo più roccioso, con foreste decidue e alte montagne, suggerendo che l'intero continente sorgesse sopra un insieme di faglie. 
Selegon era rimasto nel suo alloggio tutto il tempo, e pareva voler restarci finoall'arrivo. Lily e Orion erano nella sala principale, seduti al tavolo con un aria pensierosa. 
-Pensi... pensi che gli passerà?- chiese lui. 
-Non ne ho idea, sinceramente... ma é meglio lasciarlo stare per ora.-
Ulog entrò nella stanza, annunciando: -signori, fra non molto arriveremo a destinazione. Vi consiglierei di prepararvi. Il vostro amico é ancora nei suoi alloggi? Si é trattenuto parecchio...-
-Abbiamo avuto un piccolo diverbio, diciamo... ma va tutto bene, non vi preoccupate.- rispose Lily. 
-Capisco... andrò io ad avvertirlo. Con permesso.- e si congedò, andando poi verso la stanza di Selegon. 
Nella cabina di pilotaggio, Kras'nos stava controllando alcune rotte su una grande carta geografica del paese. Mentre stava prendendo le misure, però, una voce remota gli balenò in testa: 
-Kras'nos... Kras'nos...-
Egli increspò il naso e scosse la testa, e la voce si affievolì, sparendo.
 


                                                                 *
 


Octal'em.
Il sole era ormai calato, e la sera posava il suo manto su ogni cosa.
Zarickaf e il grande drago ancestrale si fissavano senza far nulla, rimanendo fermi per qualche istante. 
-Allora, vedo che qui hai combinato un bel casino. Non pensi sia ora di finirla?- disse tranquillamente il cacciatore di taglie, come se stesse parlando a una persona. Il drago digrignò i denti, ed emise un lieve ruggito di rabbia. 
-Senti, capisco quello che provi, ma non é giusto prendersela con chi non ne ha colpa. Non credi?-
A tale frase, la creatura ringhiò furiosa, e alzò l'arto destro, pronta ad attaccare. I poderosi muscoli si contrassero, e la zampa artigliata si diresse verso Zarickaf a gran velocità. Egli prontamente spiccò un lungo salto laterale, schivando di poco il colpo. 
-Ehi! Ma sei pazzo?! Potevi uccidermi!- sbraitò buffamente. -Senti, calmiamoci un pò tutti! Stavo solo parlando amichevolmente!- 
La creatura ruggì adirata, provocando una forte raffica di vento. 
-Questo lo hai già detto! Posso parlare io ora? Ascolta, queste persone non c'entrano nulla con loro! Avanti, mettiamo da parte i dissapori!- continuò Zarickaf. Il drago però non volle sentirne, e si preparò ad attaccare nuovamente. Al che, il cacciatore perse la sua aria gioviale, e afferrò l'impugnatura della nodachi che portava dietro la schiena. 
-Non costringermi a farlo!- Disse serio e conciso. I suoi occhi, dal colore violaceo naturale si illuminarono come di una profonda fiamma bianco lucente. 
Il drago si fermò di scatto, e il suo sguardo si incrociò con quello di Zarickaf. Si guardarono per diversi istanti, fin quando la creatura emise un mugolio e lentamente si girò, allontanandosi dalla città a passo lento. Tutti rimasero sconcertati da quella scena; Calasaar era senza parole, e Wulfras non era da meno. 
Lentamente, Zarickaf rimosse la mano dall'impugnatura della spada, e i suoi occhi tornarono del loro colorito naturale. Calmatosi, egli scalò dal dirupo, saltando e scivolando sulla scarpata fino ad atterrare su ciò che rimaneva delle mura. Ora si poteva notare meglio il suo aspetto: un viso giovane, con un naso leggermente pronunciato che non ne guastava il bell'aspetto, occhi profondi sormontati da sopracciglia nere e affilate, e un lungo orecchino sinistro a forma di drago serpente. Una giacca lunga di pelle nera con disegnate delle fiamme stilizzate bianche sopra un grigio vestito leggero con colletto alto e cerniera, sempre adornato da fiamme questa volta nere, e alle gambe dei pantaloni neri molto larghi con cinghie penzolanti e varie tasche; essi erano legati alla vita da una lunga fascia blu petrolio che pendeva a lato. Sulla schiena portava una lunghissima nodachi con impugnatura d'osso e fodero nero lucido, decorato da rilievi metallici, incisioni spiraliformi e una fascia di velluto rosso legatavi elegantemente.
-Allora, ragazzoni! Sembra che sia arrivato giusto in tempo!-
Si guardò intorno: gran parte della città era ridotta a un morto cumulo di macerie fumanti. Qua e la, i cadaveri sparsi ne adornavano la triste veduta, e negli angoli soldati sopravvissuti per miracolo gemevano e deliravano per le gravi ferite subite. 
-Accidenti, che brutto spettacolo!-
Calasaar gli si avvicinò: -Zarickaf? La fenice?-
-In persona! Si si, non c'è di che e bla bla bla! Ho sentito che si sospettava l'attacco di un drago ancestrale, così ho preso la mia aeronave, ed eccomi!-
-Capisco! La vostra presenza mi allieta come non mai! Ci allieta tutti!- disse felice il gran maestro. 
-Non c'è bisogno di...- Zarikaf si interruppe, e voltandosi verso una pietra vicino a lui, iniziò a parlarle. -che? Si, proprio lassù!-
-... ehi senti senti, l'entrata in scena é una parte saliente in un combattimento!-
-... stai generalizzando! Eh insomma! Sembra di parlare con i sassi! Huhuhu!- e scoppiò in una risata. Si fermò quasi subito, tornando serio: -Ok, non faceva ridere.-
Calasaar era basito. -... Zarickaf...?-
-Si?-
-Stai... parlando con un sasso?-
Il cacciatore di taglie inclinò un sopracciglio: -Non si nota? Certo che ci sto parlando!-
-Ma... i sassi non...-
-Non parlano? Ah beh certo, allora sono pazzo io! Non parlano, o forse semplicemente non li volete sentire? Perché siete tutti così chiusi e razzisti? I sassi non possono avere qualcosa da dire?-
Calasaar non disse nulla, anche perché non c'era un modo effettivo di ribattere. Ritornando dunque in sé, abbandonò quella conversazione senza logica e pensò alla situazione corrente. -Allora, non perdiamoci in discorsi! Dobbiamo occuparci dei feriti e dei civili ancora nelle caverne!-
-Uh? Oh, si certo. Beh allora qui non ho altro di utile da fare, penso che me ne tornerò a casa! Mmm, non ricordo se abbiamo finito la maionese! Effettivamente abbiamo la dispensa un pò vuota... devo andare a comprare un paio di cose. Dunque, dunque...- disse disinteressato, come se nemmeno avesse sentito. 
-Ma... qui avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile!-
-Aiuto?-
-Si, per i feriti!-
-Quali feriti?- 
-I soldati rimasti feriti dal drago!- ribattè Calasaar nervosamente. Non capiva se faceva apposta il tonto, o se fosse davvero completamente pazzo. 
-Drago... ah si, il drago! Va bene allora, vi darò una mano!- rispose Zarickaf vivacemente. 
Attraverso le mura e le abitazioni in rovina, venivano trovati corpi morti e parti mutilate e irriconoscibili di soldati morti. Coloro che erano sopravvissuti erano davvero pochi. Venne controllata l'ala nord, la meno disastrata, dove quasi tutti i soldati ancora vivi vennero trovati. Successivamente, il centro e il sud vennero scandagliati, trovando solo morte. 
Zarickaf salì sulla parte centrale della prima muraglia, zona che non era ancora stata controllata. Cercando tra le macerie, intravide un uomo ancora vivo per miracolo, il quale aveva il braccio destro braccio schiacciato da un enorme masso. Si avvicinò a lui di corsa, soccorrendolo: -Ehi, ehi! Resisti! Te la sei cavata per un pelo eh?-
L'uomo tossì debolmente. -Ag...-
-No no! Non parlare, risparmia le energie. Ora ti tiriamo fuori di qua!-
Con un paio di altre persone sollevò il macigno, liberando Sagas. Come lui, altre persone furono salvate dalla morte, e i civili della città vennero finalmente condotti all'esterno, solo per poter poi vedere la loro casa distrutta. Qualcuno si mise le mani in volto terrorizzato, altri piansero disperatamente sulle rovine delle loro abitazioni. Gli ignari bambini chiedevano dove fossero finite le loro case, e i genitori non poterono far altro che abbracciarli in lacrime, senza poter rivelargli la tragedia avvenuta. Quel tramonto che ormai era sceso, era anche il tramonto della felicità e pace di quella città un tempo maestosa. 
Dinnanzi a quelle scene, i cuori dei soldati si straziavano e si colmavano d'odio. Qualcuno, di fianco a Zarickaf, malediva il nome dei draghi, insultandoli sprezzanti e senza ritegno. -Maledetti draghi, li odio! Spero che un giorno spariscano definitivamente, e ci lascino in pace!-
Udendo queste parole, il cacciatore si voltò con sguardo rimproveratorio: -Allora? Sei soddisfatto delle tue parole?-
-Cosa intendi? Stai forse con quei mostri?-
Zarickaf perse le staffe e prese violentemente il soldato per il colletto. -Quei mostri? Credi forse di essere nel giusto? É tanto facile schierarsi dalla parte della propria campana, senza minimamente sapere che suono faccia quella dall'altro lato. Chiunque qui é dispiaciuto per cosa é successo, ma il motivo di tutto ciò? Ci avete forse pensato? Vi lamentate tanto di ciò che successe con i vostri innominabili celestiali, quando avete fatto la stessa cosa ai draghi: siete piovuti dal cielo e avete invaso questa terra, distruggendoli. La loro specie ora per colpa vostra é stata quasi del tutto estinta, e i pochi sopravvissuti dormono sottoterra. Come vi permettete di pensare di essere gli unici a poter provare rancore?!- sfuriò irato, e lasciò il soldato, per poi andarsene. 
Nel frattempo, tutti i feriti vennero trasportati in una zona allestita come campo provvisorio, e furono divisi nelle varie tende e curati. Allestirono anche un campo per i senzatetto, e dei messaggi furono mandati ai feudilocali per ricevere beni di prima necessità. Infine dei trasporti vennero organizzati per il rimpatrio dei soldati feriti, troppo deboli per poter camminare a passo degli altri.
La sera si era posata sul paesaggio, silente e calma come sempre, e i grilli avevano iniziato a cantare. Il cielo divenne sempre più scuro, fino a immergersi nella buia notte. 
 


                                                                       *
 


Decine di migliaia di chilometri più a est, sul confine orientale del continente, sorgeva invece l'alba. I cinque picchi Arz nak tul, le montagne più alte al mondo, offrivano un posto meraviglioso dove osservare quello spettacolo. Tra le cime insormontabili di quei coraggiosi giganti di pietra che sfidavano e perforavano il cielo, soffiava una bufera gelida che fischiava e ululava di stridente solitudine. Nonostante le rigide temperature insostenibili da qualunque umano, e alla continua tempesta, l'orizzonte e i paesi circostanti erano ben visibili da quelle montagne.

Una voce fredda, acuta e rilenta risuonò tra i picchi: -Oh, guarda un po' che bello scenario! La nascita di un nuovo giorno... una visione stupenda e serena...- sulla cima del monte, una figura voltata di schiena si delimitò lentamente, mostrandosi: un ragazzo alto e magro, che indossava uno stretto vestito nero molto aderente che ne risaltava la leggera muscolatura; esso sulle mani lasciava scoperte le dita, munite di lunghe unghie affilate colorate di rosso scarlatto. Il colletto era formato da una pelliccia piumata nera, dalla quale emergeva uno scaglioso strato di pelle grigiastra cucita, che formava una sottospecie di mano artigliata a mò di colletto alto dietro il capo. Sulle braccia e le gambe aveva delle ossa umane in rilievo negli esatti punti dove queste ultime si trovavano, come per esaltare l'aspetto ossuto del ragazzo. Era presente anche un rilievo della colonna vertebrale sulla schiena. Alla vita portava una cintura con la fibbia a forma di teschio animale, ed era adornata da numerose cinghie pendenti e costole umane che formavano una piccola gonna. Ai piedi invece indossava degli stivali stretti e allungati con dei tacchi corti. Egli avanzò, guardando l'orizzonte.
-Tuttavia... preferisco i tramonti. Sono un po' come i funerali: il sole cala, sparisce, muore nella notte, e tutto intorno si scurisce e cala nel buio. Un po' come avverrà tra poco. Il mondo, che voi omuncoli considerate vostro, tramonterà. E io sarò li a godermi lo spettacolo... vedervi perdere la testa e sbranarvi fra di voi in preda all'istinto di sopravvivenza. Ah, se ci penso, mi viene l'aquolina in bocca!- il ragazzo si alzò, voltandosi: il viso era pallido e liscio, e aveva due piercing appuntiti sotto il labbro, due spesse linee nere frastagliate disegnate sul bordo inferiore degli occhi, sopracciglia lunghe puntite, e le orecchie provviste di numerosi orecchini e piercing. Dei capelli grigi lisci gli scendevano sul viso coprendogli parzialmente un occhio, arrivando alle spalle. Egli fece un lieve sorriso cinico, mostrando i canini sviluppati e appuntiti, e guardò in avanti con i suoi occhi gialli con pupilla leggermente allungata. Allungò la mano in avanti, ed essa accarezzò il mento di un'enorme essere alato simile a un drago, ma di aspetto magro e scolorito. L'ossatura era molto evidente, e la pelle era di un color grigio scuro. La creatura aveva due lunghe corna affusolate dietro il cranio accompagnate da altre sei più piccole, e sembrava non avere occhi, anche perchè il colore scuro del muso rendeva difficile la loro localizzazione. E lungo tutto il corpo e sulla membrana delle ali usciva un denso fumo nero che quasi sembrava fuoco.

Il ragazzo continuò ad accarezzare quella mostruosa creatura infernale, sorridendo: -Tra poco i tempi saranno maturi. E allora, mio caro imperatore, cosa farai?-

 

 

                                                “Cosa davvero meritiamo?”

                                                        [Helden: Burden]

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Capitolo 15
*** The time is over ***


Continente di Io, catena montuosa vulcanica di Sut faram. Il viaggio verso la capitale era finalmente finito. Selegon era uscito dalla sua stanza, ma non rivolgeva la parola a Lily, né tantomeno a Orion. I tre erano nella sala principale della nave insieme a Ulog. 
-Dunque- disse egli -abbiamo raggiunto la capitale. Una volta arrivati vi condurrò personalmente nei vostri alloggi a palazzo reale. Successivamente, avremo udienza dal re, che vi spiegherà i dettagli della missione che dovrete svolgere. Naturalmente avrete la sera per rifocillarvi del lungo viaggio, e partirete il mattino dopo. Ora mettetevi comodi, stiamo iniziando la discesa.-
Lily si catapultò al finestrino, guardando di sotto: -Ma scusate, qua sotto non c'è nessuna città! Siamo in mezzo a decine di vulcani e terreno roccioso!-
Ulog sorrise: -Acuta osservazione! Ma spesso l'apparenza inganna!- 
La ragazza guardò ancora fuori, e notò un piccolo altopiano circolare con un cratere, alto non più di una cinquantina di metri. Da esso si notò un movimento: il cratere stesso si aprì come un grande portone, mostrandosi come l'entrata di un'enorme grotta sotterranea. Sui bordi del rilievo, dei soldati facevano alla nave segno che poteva tranquillamente entrare. Essa scese dunque in verticale, imboccando il cratere e discendendo nel sottosuolo, e dopo una breve galleria, entrò in un'immensa caverna: il soffitto era ricco di affilate stalattiti più o meno lunghe. Alcune di esse erano cresciute tanto da divenire enormi colonne che si congiungevano al suolo. Scendendo con lo sguardo, si notavano piccoli fiumi di magma che scorrevano mansueti e alcune stalagmiti. E al centro della caverna sotterranea, apparve la grande città di Or'dom. Ogni edificio era costruito interamente con roccia vulcanica naturale, ed essi erano disposti in grandi corridoi che andavano verso il centro città come spicchi, ma nonostante tutto l'architettura era estremamente semplice nell'insieme. Le strade erano sempre accese da numerose luci, a causa della mancanza di luce solare nel sottosuolo, e ciò dava un'aspetto sempre vivo e sgargiante alla città. Nella parte centrale sorgeva invece un grande palazzo dalla forma molto arrotondata, e ricco di piccole torri e cupole. 
Gli occhi di Lily si illuminarono di maestosità, mentre osservava la capitale che lentamente si ingrandiva sempre più. L'aeronave si diresse verso il centro, indirizzandosi verso l'aeroporto, e discendendovi. 
I dischi repulsivi gradualmente persero energia, e la nave si posò sulla piattaforma, spegnendosi. 
Ulog si mise davanti al portello, e lo aprì; Lily, entusiasta, si catapultò all'esterno, ammirando ciò che la circondava: l'aeroporto era pieno di gente che camminava frettolosamente carica di valigie e bagagli, tra uomini ben vestiti e semplici viaggiatori. Tutto quel vociare dava un atmosfera vivace e movimentata al posto, e ciò non faceva che emozionare la giovane ragazza, la quale continuava a balzare in giro e osservarsi attorno. 
Dall'aeronave uscirono anche gli altri, guidati da Kras'nos e Ulog. 
-Benvenuti a Or'dom, capitale di Io!- disse quest'ultimo fiero. Selegon si guardò intorno disinteressato: -Interessante locazione per una città. Dunque, quello laggiù é il palazzo reale?-
-Esattamente. É li che vi condurrò!-
Il piccolo gruppo si mosse dunque, seguito da Lily che continuava a ondeggiare osservando ogni cosa. Nel perdersi, ella si scontrò con un uomo con una ragazzina appresso. 
-Oh, mi scusi!-
-Non fa nulla! Mi scusi lei!- rispose lui sorridendo, e tornò a camminare verso l'uscita. 
Selegon sbuffò: -Vedi di guardare dove cammini...-
Lily lo guardò male e gli fece una faccia buffa alle spalle, tornando poi a seguire il gruppo. Una volta usciti dall'aeroporto, svoltarono verso i grandi edifici centrali, e si trovarono davanti al palazzo reale. Kras'nos si fece avanti, mostrandosi ai soldati e facendo aprire le grandi porte dell'entrata. Gli ospiti furono condotti nei propri alloggi, e dopo aver sistemato le proprie cose, Kras'nos li portò dinnanzi alla sala del trono. 
-Dunque, il nostro re é una persona bonaria e modesta, ma questo non significa che dovete mancargli di rispetto. D'accordo?-
Lily annuì convinta, Selegon diede un silenzio di approvazione. La ragazza vibrò di emozione: -Che bello! Chissà com'è conoscere un re!-
-É come una qualsiasi altra persona, solo che ha una corona in testa.- rispose Selegon. 
In quel momento le porte si aprirono davanti a loro, ed essi fecero ingresso nella grande sala. Il pavimento e i muri di questa erano di un colore marrone scurissimo, con delle venature bordeaux iridescente che li percorrevano. Questa particolare roccia componeva anche le sottili colonne spiraleggianti della stanza, che abbellivano i lati della stessa. 
Davanti ai quattro, seduto sul suo trono esotico dalle fantasie circolari, il re alzò lo sguardo, osservandoli. Aveva molti anni alle spalle, tratto evidenziato dai lunghi capelli striati di bianco che gli scendevano sulle spalle. Egli portava una sottile corona di algolite munita di molte pietre azzurre e blu, e indossava una lunghissima pelliccia vermiglia, che cadeva elegantemente sul pavimento. L'uomo sorrise: -Benvenuti nel mio umile paese! Io sono Odinn, re di Io! Spero abbiate fatto buon viaggio!- disse amichevolmente. 
Kras'nos si curvò in avanti in segno di rispetto, seguito da Orion e Lily; Selegon invece rimase fermo in piedi. La ragazza allora lo fulminò con lo sguardo e gli mollò una gomitata sul fianco, facendolo piegare a forza. -Certo vostra altezza!- aggiunse poi -abbiamo viaggiato splendidamente!-
L'uomo si alzò dal trono, avanzando verso i quattro: -Prego, prego... alzatevi pure! Mi hanno dato ottime aspettative su di te, bianco!-
Selegon lo guardò: -Questo dipende da chi é stato a fornirti queste aspettative.-
A quelle parole Kras'nos si irrigidì. -Bianco! Vi sembrano i toni con cui rivolgervi al re?!-
Il ragazzo non si smosse. -Se qualcuno mi da del tu, io faccio altrettanto. Tutto qua.- 
Il mago aprì bocca per protestare vibratamente, ma Odinn lo interruppe con un gesto, ridacchiando. -Interessanti i tuoi modi di fare! Spero potrai stupirmi ulteriormente!- disse gioviale, poi tornò composto. -Dunque... passiamo agli affari. Per quanto riguarda il nostro informatore, non posso dirti nulla per il semplice motivo che ne so quanto te. Purtroppo la privacy é un diritto, e naturalmente non posso infrangerlo. Ma come lui, anche la decisione di accettare questo incarico é un diritto che ti spetta, e dal momento che sei qui, devo dedurre che sei pronto a svolge,rlo senza badare di chi ci abbia informato. Sbaglio?-
-No, per nulla.-
-Eccellente. Ergo, parliamo dunque di questo compito. Come saprai- disse il re iniziando a camminare per la sala -il nostro paese non gode di ottima fama. Più di un secolo fa, queste terre sono state scena di un triste evento, e purtroppo il suo ricordo é rimasto vivido nel ricordo dei nostri avi. Di conseguenza, il nostro paese é guardato malamente dal resto del mondo.-
-Quindi questa missione é un tentativo di acquistare prestigio, dico bene?-
-Esattamente. Vedi Selegon... io amo profondamente il mio paese, e ogni suo abitante. Considero ognuno di loro come un membro della mia famiglia, e per me é straziante non poter fare qualcosa per poter migliorare la situazione. E per rendere onore al mio popolo farò il possibile.- dopo una breve pausa, riprese a parlare. -Dunque... Il qui presente mago di corte Kras'nos ha effettuato molte ricerche sugli antichi testi, ed é riuscito a scoprire un frammento di quello che potrebbe condurre a una grande città sotterranea, costruita migliaia di anni fa. E in questa città, oltre le ricchezze custodite, preserverebbe delle scritture preziosissime. Se ciò fosse vero, il regno di Io potrebbe finalmente tornare quello che era un tempo.-
-Capisco. E come dovrei tornare utile io?- 
Odinn sorrise. -Decifrando il resto degli scritti. É su questo che il nostro informatore ha dato buone garanzie.-
-Scritti? Credo che abbiate sbagliato persona allora, io non sono un archeologo.-
-Beh tentar non nuoce! Kras'nos, puoi condurre i ragazzi nei sotterranei?-
Il mago si drizzò: -Certo vostra maestà!- e dopo un breve inchino, condusse Selegon, Lily ed Orion all'esterno della sala. Essi percorsero il lungo corridoio principale, e poi girarono a destra, scendendo una lunga scala a chiocciola illuminata da alcune luci. Selegon parlò: -Cos'è questa storia della traduzione? Ho già detto che non sono pratico in queste cose.-
-Ogni cosa a suo tempo.- rispose Kras'nos -Ora vi mostrerò il più antico tesoro del nostro paese...- 
L'uomo giunse davanti a una porta sorvegliata, e dopo aver aver rimosso le guardie, la aprì. -Eccoci. Sono lieto di mostrarvi... le antiche pagine del primo volume del Rhapsody, il grande libro sacro della creazione.-
Dinnanzi ai ragazzi, si aprì una visione magica ed incredibile. La stanza era piena di piedistalli, sui quali erano sistemate delle grandi pagine in verticale, chiuse ognuna da due vetri protettivi. Ciascuna pagina era grande almeno un metro quadro, ed era di un colore ocra-marrone. Su di esse erano scritti dei simboli in una lingua sconosciuta, ma la maggior parte era stata sbiadita dal tempo, quindi la lettura risultava impossibile. 
Il gruppo avanzò per la stanza, camminando attraverso quei maestosi frammenti di storia; Lily e Orion osservavano con meraviglia quelle misteriose pagine, e perfino Selegon si stupì a quella vista. Tuttavia, quest'ultimo sentì una strana sensazione, che venne avvertita anche dalla ragazza; le loro pietre erano come diventate più pesanti, e non solo. Quei simboli sfocati e incapibili, sembravano ora più familiari. Mentre erano attanagliati da queste sensazioni, Kras'nos giunse davanti all'ultima vetrata. -Ecco. Questa é la pagina più integra, quella che mi ha portato alle mie teorie. Sono riuscito a comprendere che questa é lingua draconica, il linguaggio dei draghi ancestrali; tuttavia non sono stato capace di tradurla. Provate a decifrarle. Queste scritture vi dicono nulla?-
I due alzarono gli occhi verso la pagina, la quale era molto ben conservata rispetto alle altre. Dopo qualche istante, nelle menti dei ragazzi balenarono immagini su immagini, simboli e scritture, come visioni dategli da quella lingua misteriosa. Kras'nos li guardò curioso. -Tutto bene? Riuscite a leggere?-
Lily e Selegon scossero la testa. Poi la ragazza rispose: -Si, no, é strano... é come se l'avessi sempre conosciuta...-
Il mago aggrottò la fronte. -Posso dunque prenderlo come un si, immagino! Dunque, che cosa dice?-
-Ehm... sarà... una rivelazione... magnificenza... non riesco bene a capire, perché molte parole sono sconnesse tra loro. E poi ci sono delle indicazioni di una rotta... non sono traducibili, ma so spiegarle...- disse Lily balbettando. 
-Bianco, anche tu leggi lo stesso?-
Selegon girò il capo. -Si, più o meno lo stesso.-
-Dunque abbiamo qualche indizio in più!-
-Però- continuò il ragazzo -ora voglio delle risposte. Perché conosciamo questa lingua senza saperlo? Cosa dovrebbe significare?-
Kras'nos scosse la testa: -A dirla tutta, non lo so. Sono io stesso sbalordito dal fatto che la conoscete davvero. Nemmeno le ottantotto lacrime sanno decifrare queste scritture... gli unici che ne sono effettivamente capaci sono i sei guardiani dell'albero sacro e l'imperatore di Gre'kahal; tuttavia i primi sono spariti misteriosamente più di vent'anni fa, e il secondo naturalmente é irreperibile per ovvie ragioni. Quindi se vuoi una risposta, sinceramente io non ce l'ho. Ma ho l'impressione che potrai trovarla durante questo viaggio. La decisione spetta a te.-
Selegon sbattè le palpebre e distolse un attimo lo sguardo. -Quindi dovremmo condurvi fino al luogo indicato, giusto?-
-La missione é questa, si.-
-Per me allora non c'è problema.-
Lily intervenne: -Nemmeno per me!-
-Come? Tu non verrai.- ostentò lui. 
-Si che verrò!-
-Ci rallenterai.-
-Kras'nos, ditegli che sono necessaria anche io! Conosco questa lingua quanto lui, potrei darvi qualche indizio in più!-
Il mago annuì. -Sinceramente, Bianco, la tua compagna non ha tutti i torti. Tutto l'aiuto possibile non sarà di certo dannoso.-
-Ecco, sentito?-
Il ragazzo digrignò i denti. -Allora, per che ora devo farmi trovare pronto domani?-
Lily puntualizzò: -Dobbiamo farci trovare pronti!- mancando il plurale. 
-La partenza é fissata per le otto e mezza.-
-Perfetto, sarò pronto per quell'ora.- rispose Selegon
-Saremo pronti!-
-Grr...- ringhiò lui. -Vado a fare una passeggiata per schiarirmi le idee. Ho un pò di mal di testa. -
-Certamente- Rispose il mago. -Buona permanenza. Vi aspetterò domattina davanti alla sala del trono.- 
I quattro quindi uscirono dalla stanza, e Kras'nos si congedò, lasciandoli liberi di spendere la serata come meglio credevano. Selegon si diresse verso il giardino interno, mentre Lily e Orion andarono nella sala degli ospiti per cenare. 
Passarono le ore, e si fece sera inoltrata. La città divenne molto più affollata di persone, che camminavano spensierate per le strade tra allegre bancarelle, ristoranti e negozi.
Dopo aver mangiato, Lily e Orion erano rimasti in sala a parlare per tutto il tempo, e ora stavano ridendo e scherzando davanti alla finestra che dava sul bel panorama cittadino. 
-E allora sono scivolato e mi sono ritrovato a gambe all'aria con la testa ficcata in una pozzanghera!- diceva lui con voce buffa. 
-Hahaha ma io non ci credo!-
-Credici credici! Sono un maestro nel ridicolizzarmi!-
-Oh beh, andiamone fieri!-
Orion la guardò con falso rimprovero: -Attenta a non provocarmi, mortale! Io sono il potentissimo signore...-
-Dei cretini!- terminò lei, e scoppiò in una grassa risata. 
-Senti senti che insolente...- bofonchiò simpaticamente Orion, e vedendola ridere all'impazzata non poté fare altro che unirsi a lei. Risero bellamente per un bel pò, fino a fermarsi gradualmente. Il giovane guardò Lily negli occhi attenuando un pò il sorriso. Lei parallelamente fece lo stesso, e i due si guardarono per qualche secondo. In quel momento però, Selegon aprì tranquillamente la porta, ed entrò nella stanza. Notò i due in piedi davanti alla finestra, e dopo averli squadrati un attimo, li lasciò perdere. 
-S... Selegon! Cosa ci fai qui?- sbraitò la ragazza imbarazzata. -Qualcosa tipo venire a mangiare. Sai... gli esseri viventi mangiano.-
-Io, cioè ecco, non stavo facendo nulla!-
-Ti sembra che ti abbia chiesto cosa stavi facendo?-
-Oh, beh... no-
-Esatto.- rispose lui e tornò ai suoi affari. Lily sbuffò, e tornò a guardare Orion. -Ehi, senti... tu che hai sempre viaggiato molto... non hai mai visto l'albero della vita?-
-Come? Eheh!- rispose il giovane. -Certo che no! L'albero della vita é inaccessibile a chiunque!-
-Si lo so! Ma non l'hai visto nemmeno da lontano?-
-É impossibile vederlo senza addentrarsi nella foresta delle anime. Tutte le sue entrate sono sorvegliate, e nemmeno salendo sulle torri dei templi dei guardiani sacri si può intravedere... quella foresta si estende per decine di migliaia di chilometri!-
-Ah, capisco... ehi a proposito! Tu conosci questi guardiani? So che hanno evitato di parlarne nell'impero, ma tu che viaggi ne saprai qualcosa!-
Orion espirò: -Certo che ne fai di domande! Mmm... non ne so moltissimo nemmeno io, ma posso provare a spiegarti! Dunque... immagino saprai la leggenda degli dei, giusto?-
-Si, in buona parte mi é stata raccontata!-
-Bene, perfetto! Allora... devi sapere, che quando Juhal si sacrificò per gli esseri umani, decise di darci come dono la sua stessa essenza. Fu così che il suo corpo precipitò su Helden e divenne l'albero della vita. Dall'altra parte, egli suddivise la sua anima in migliaia di frammenti: essi diedero vita a degli esseri che avrebbero guidato la razza umana, e la avrebbero protetta. Così naquero i Draghi ancestrali, i mentori, la seconda grande creazione di Juhal. Alcuni di loro accettarono di farci da maestri, altri, come ben sai, no. E qui si giunse alla guerra civile, che sterminò una buona parte di loro. Il resto, purtroppo, si estinse per colpa della nostra scarsa mancanza di giudizio.-
-E i guardiani cosa c'entrano?- chiese la ragazza.
-Beh, i guardiani erano sette di loro!-
-Come? Scusa stai dicendo che i guardiani sono draghi in realtà?-
-Proprio così! Sette draghi vennero scelti per divenire guardiani sacri dell'albero. Ognuno di essi aveva una forza superiore agli altri, e si dice potessero controllare le forze naturali. Tuttavia, dopo l'estinzione della loro specie, essi sigillarono loro stessi in sei manufatti sacri, che vennero custoditi dai templi dei guardiani. Ognuno di questi manufatti dicono che appaia spontaneamente in mano a una persona prescelta, al momento della sua nascita: quella persona diverrà quindi il portatore dello spirito del guardiano rinchiuso, e una volta che il custode sarà morto, il manufatto sparirà, e si materializzerà in mano a un nuovo prescelto.-
-Quindi il prescelto può usare i poteri del drago?-
-Esattamente, e non solo: con allenamento potrà evocare lo spirito del drago stesso.-
-Oh... ma aspetta un attimo, se i guardiani sono sette, perché i templi e i manufatti sono solo sei?-
-Perché il settimo non ha un tempio, né un manufatto. Egli é il capo del consiglio dei guardiani, il più forte fra loro.-
-E se gli altri sei sono scomparsi misteriosamente, lui dov'é finito?-
-Dov'è? Seduto su un trono, nella capitale di Gre'kahal!-
-... come? Intendi forse che...-
-Si, proprio lui!-
La notte infine arrivò su Io, avvolgendo il paesaggio vulcanico nel quieto buio del sonno. Dall'altra parte del pianeta, invece, il sole era alto nel cielo sereno, contemplato dai pallidi occhi dell'imperatore, che scrutavano attraverso alla vetrata della sala del trono. 


                    “Da un lato il giorno, dall'altro la notte. Non ha importanza

                      dove ci si trovi... il canto della fine è ormai prossimo.”

                                          [Helden: The time is over]

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Capitolo 16
*** Ghosts ***


Selegon aprì gli occhi lentamente, svegliandosi nel letto del suo alloggio; aveva dormito egregiamente durante la notte, ed era pronto e riposato a sufficienza per intraprendere la missione datagli. Scrocchiò il collo muovendo la testa, e si alzò dal letto guardandosi intorno un attimo. L'orologio indicava le sette e mezza, quindi era in perfetto orario. Si levò il vestito da notte, e con tranquillità indossò gli abiti regalatigli dal re. Mise poi in ordine la stanza, fece una rapida colazione per svegliarsi, prese le sue due spade, se le legò al fianco e uscì con fermezza dal suo alloggio. Dopo aver percorso i silenziosi corridoi del palazzo, giunse dinnanzi alla sala del trono. In piedi davanti al portone lo attendevano Ulog e Kras'nos. 
-Eccoti, Bianco!- disse quest'ultimo. -Hai riposato bene, spero.-
-Si, la stanza era molto confortevole.-
-Ottimo! Allora attendiamo la tua compagna e andiamo!-
-Certamente.-
Attesero giusto un paio di minuti, prima che arrivasse Lily, accompagnata da Orion. 
Alla sua vista, Selegon aggrottò la fronte. -Lily... avevamo detto chiaramente che Orion non verrà con noi. Non possiamo subire rallentamenti.-
Il giovane mercante impallidì: -No no! Io sto solo accompagnando lei! Non verrò, giuro!-
Lily fece un espressione imbronciata. -Insomma, non farti venire un attacco! Smettila di parlare di lui come fosse un animale! E comunque non verrà con noi...-
-... come non é venuto con noi quando lo hai nascosto sotto il divano?- ribattè sarcasticamente Selegon. 
-Questa volta davvero! Sono seria. Ci accompagnerà solo per il tragitto sull'aeronave, poi andremo noi in avanscoperta, lui resterà a bordo. -
-Mh, ottimo allora.-
Il gruppo, dopo i convenevoli si incamminò verso l'aeroporto, uscendo da palazzo, e arrivati all'aeronave, si preparano alla partenza. La nave accese dunque i motori, e lentamente levitò in aria, allontanandosi dalla città e volando attraverso il cratere della grotta, uscendo infine da essa. Il viaggio era dunque iniziato, e il gruppo si diresse verso il profondo sud, in direzione delle grandi foreste di conifere del continente. 
-Allora- disse Kras'nos -qual'é la rotta?-
Selegon stava guardando una riproduzione dell'antica pagina del Rhapsody, decifrando le indicazioni della città sotterranea. -Dunque, dovremmo virare di un paio di gradi a sud.-
-Certamente. Correggete la rotta!- detto questo, però, Kras'nos ebbe come un sussulto. 
-Tutto bene?-
-... si certo, mi gira solo un pò la testa. Comunque, a quanto pare dalle vostre indicazioni, dovremmo attraversare la foresta a sud. Ergo, dobbiamo atterrare fra non molto. Quella zona é abbastanza pericolosa per le aeronavi. 
-Quindi proseguiremo a piedi?- chiese Lily. 
-Si esatto. Ora vediamo di trovare il luogo più vicino alla meta possibile per atterrare. 
La nave si abbassò leggermente di quota, ee proseguì il viaggio per altre due ore, sorvolando anfratti, canyon e catene montuose, arrivando infine a scorgere le grandi foreste di Io. Giunti a quel punto, l'aeronave diede inizio alla sua repentina discesa, posandosi delicatamente su un sottile manto di erba fresca. Davanti ad essa, il verde. 
-Allora- chiarì il mago -questi luoghi sono abitati dagli Had rò kaan*, quindi dobbiamo fare attenzione a non destare troppe attenzioni. I loro occhi sono sempre vigili, e hanno davvero poca simpatia per gli estranei. Quindi silenzio, e passo felpato.-
Selegon e Lily annuirono, e si prepararono a intraprendere il viaggio nella foresta. Ulog rimase davanti alla nave. -Io resterò qui ad attendervi, e sorvegliare l'aeronave. Vi auguro sinceramente un buon viaggio.- disse con un leggero inchino, quindi tornò a bordo. 
Il gruppo quindi si addentrò nella foresta, facendosi strada tra arbusti e rami. La maggior parte degli alberi era composto di conifere, ma si potevano trovare anche altre piante varie. Guardandosi attorno si poteva notare l'incredibile biodiversità di quel luogo: muschi e licheni variegati, piante dai fiori multicolori, che mettevano delle luci organiche dalla punta dei petali, arbusti con degli accesi boccioli blu, e decine di altre incredibili specie vegetali. Il sole filtrava a fasci dalle verdi e luminose fronde, e in lontananza si odeva il soave canto di uccelli, grilli, e una moltitudine di animali esotici. 
Lily era affascinata da quella magica visione di luci e colori, che abbagliavano la vista di infinita magnificenza. Kras'nos si scrutò intorno. -Bisogna fare attenzione. Più ci addentriamo, più cresce il pericolo.-
Il gruppo proseguì per una ventina di minuti nel paesaggio sempre più inoltrato, cauto e avvento ad ogni movimento sospetto. Lily, nel camminare, si perse alla vista di una grande pianta rigogliosa, con lunghe foglie affusolate e stupendi fiori giallo miele. Nel fissarla, la ragazza non si guardò davanti e inciampò su una radice. Fini con il rotolare per alcuni metri giù da un piccolo dislivello, fermandosi a una decina di metri da dov'era caduta. Sentito il rumore, Selegon e Kras'nos corsero verso di lei, scendendo il piccolo dirupo e raggiungendola. 
-Dannazione Lily!- la rimproverò il ragazzo -Possibile che riesci solo a dare problemi?!-
In quel momento una sagoma schizzò tra il fogliame rapida come un felino, e prima di potersene accorgere, Lily si ritrovò un arco che la puntava, a due metri dalla faccia. Selegon intervenne, mettendo un braccio teso davanti alla ragazza per protezione, destando la sorpresa di quest'ultima. Tuttavia, attorno al gruppo le fronde si mossero velocemente, e nel giro di pochi secondi i tre furono circondati da dieci cacciatori Had rò kaan armati di archi e pugnali corti. Uno di loro si fece avanti, con sguardo severo. Era più curato nel vestito e nelle decorazioni, aveva orecchini pendenti con delle piume azzurre, numerose trecce con perline e dei tatuaggi affilati e attorcigliati sugli zigomi. Egli avanzò verso il gruppo con camminata decisa. -Nuu, tan ag zal'ar sel, em naaz?- disse avvicinandosi. Kras'nos non perse la calma: -Calma! Siamo qui per conto del re di Io!-
-Re? Noi non sottostiamo al vostro re! Non andiamo d'accordo né con voi barbari Huma né con i neo'bess!* non vi permettiamo di entrare nelle nostre terre!- detto questo, egli si girò e parlò agli altri Had, i quali presero i tre e li legarono, facendoli poi inginocchiare. Selegon sbuffò, rivolgendosi a Lily: -Chissà come mai, ogni volta che sono con te mi ritrovo legato.-
Essi vennero quindi presi e portati alla città interna dei nativi. Essa sorgeva al centro della grande foresta, e nonostante fosse costruita con legni, corteccie e materiali naturali, aveva un aspetto sontuoso e visivamente magnifico. Tra gli enormi alberi alti centinaia di metri, correvano lunghi ponti di canne flessibili, le quali conducevano alle grandi abitazioni sulle fronde. Tutta l'area era tappezzata di queste case, ponti e strade sospese, che offrivano un'incredibile idea di libertà e rispetto per la foresta. Attraverso questa rete, sorgeva una grandissi ma piattaforma che fungeva da centro città, adornata di tende, tessuti naturali, piscine cristalline e colonne di legno inciso. Ed é li che furono condotti; in cima a questa grande costruzione sorgeva una scalinata, terminante in un'abitazione più grande delle altre. Arrivati fin lì, vennero gettati a terra. Il comandante dei cacciatori che prima li aveva interrogati chiamò la regina, e attese ch'ella uscisse. Dopo alcuni istanti, una femmina Had emerse dall'abitazione, camminando leggiadra e dolce a piedi nudi sul suolo in legno. Era vestita di una preziosa veste bianca dalle maniche strette e ricamate, e sulla fronte portava un diadema d'osso lavorato minuziosamente. I lunghissimi capelli neri erano raccolti in un'unica treccia che pendeva di lato, arricchita di numerosi fiori celesti. 
La donna avanzò verso i tre, squadrandoli. -Voi naaz*...- disse con melodica voce sussurrante -cosa ci fate qui? Chi siete?-
Kras'nos rispose: -Siamo stati mandati dal nostro re in missione. Non vogliamo fare nulla alla vostra foresta, siamo solo di passaggio.-
-Oh, di questo ne sono al corrente, naaz. Ma ciò che mi domando é cosa cercate.-
-Non lo so con certezza, ma posso assicurarvi che non abbiamo cattive intenzioni.-
-... divertente. Entrate nella nostra terra per cercare un bene ignoto, e ci assicurate poi di non avere cattive intenzioni. Sapevo che la vostra razza é affetta da una grave malattia, ma devo ammettere che la vostra involuzione continua a stupirmi sempre più.- affermò la donna con dolce sarcasmo. -Dunque, non avete alcun motivo per essere liberati.- essa si avvicinò al mago, e lo osservò squadrandolo. Dopo qualche secondo si girò verso Selegon, e fece lo stesso. Le posò l'indice sul collo e gli alzò il viso, fissandolo. Nel mentre, notò il ciondolo appeso al suo collo, e lo estrasse dall'interno del vestito. Vedendo la pietra blu del ragazzo, ella sgranò gli occhi e disse con voce stupita: -Naa zete lu dum'nat? Tan ag zal'a sel?- 
Gli Had rò kaan attorno al gruppo iniziarono a bisbigliare tra loro, ma la regina li invitò al silenzio, e osservando Lily vide che anch'ella possedeva una pietra simile. Si rivolse dunque a Kras'nos. -Cosa significa tutto ciò? Perché i Dum'nat sono qui?- 
L'uomo tentennò un pò. -Sono qui per una missione importante. Dovete lasciarli fare.-
La donna si fermò un attimo e guardò i ragazzi: -Voi sapete bene che questo é un luogo pericoloso. Spero sappiate cosa facciate, Dum'nat.-
I due non seppero cosa dire, ma poi, notando lo sguardo di complicità di Kras'nos, annuirono. -Dobbiamo assolutamente svolgere questo compito, quindi per favore liberateci.- disse Lily. Selegon si girò verso Kras'nos, sussurrando: -Cosa significa Dum'nat? Cos'è questa storia?-
-Non lo so, penso che vi credano esseri superiori, o qualcosa del genere. Probabilmente é per la tua pietra... dopo averla vista ha reagito in quel modo. Reggete il gioco.-
La regina si voltò, e dopo una breve riflessione fu costretta a lasciarli andare. Il gruppo venne infine liberato, e condotto all'uscita del villaggio da una scorta di guerrieri. Poco prima di incamminarsi, però, Selegon notò Lily zoppicare, e si rivolse a uno degli Had. -vorrei chiedervi un favore. Potreste scortare la mia compagna fino alla nave che abbiamo lasciato a nord?-
Al sentire questa frase la ragazza scattò: -Come?!-
-Silenzio. Hai già fatto abbastanza. E con la caviglia ridotta in quel modo, saresti solo un peso. Quindi tornerai indietro.-
-Ma io non-
-Nessuna protesta. Tu tornerai indietro, fine del discorso.-
Lily cercò di ribellarsi, ma Selegon fu pienamente appoggiato da Kras'nos, e la ragazza venne quindi portata all'altro capo del villaggio, e trasportata fino all'uscita della foresta. Il viaggio durò circa mezz'ora, nella quale ella non faceva altro che chiedersi cosa stessero facendo Selegon e Kras'nos. Arrivò infine alla nave, e lì venne lasciata dagli Had. Dal portello uscirono Ulog e Orion, incuriositi. 
-Ehi cosa ti é successo?- chiese quest'ultimo. 
-Niente, Selegon mi ha mandato via perché ho la caviglia ferita e sono un peso per loro...-
-Oh, dai, non prendertela in questo modo, non sei un peso! Semplicemente non voleva ti succedesse qualcosa visto che sei ferita!-
-Si, certo...-
Orion sorrise. -dai su! Entriamo, così ti riposi il piede!-
I tre salirono a bordo, e Lily si accomodò sul divano, mettendo del ghiaccio sulla parte gonfia, riposando. 
Intanto, Selegon e Kras'nos erano giunti al termine della foresta, ed erano giunti in una radura erbosa. 
-Non capisco- disse il ragazzo guardandosi intorno -dovrebbe essere proprio in questo punto... ricordo di aver visto un giardino con un tempio e delle statue che lo circondavano. Qui non c'è nulla...-
Il mago si guardò intorno: -Quei testi sono vecchi di quasi diecimila anni, tante cose possono cambiare. Tuttavia, nonostante tutto, l'entrata sotterranea é ancora qui da qualche parte.- e camminando sul manto di erba, scorse un pavimento pietroso sotto i suoi piedi. Si abbassò e rimosse uno strato di muschio, scoprendo una superficie marmorea ricoperta di incisioni in draconico. Selegon si accorse del reperto, ed andò di fretta ad aiutare Kras'nos. in breve tempo, una grande porta di forma circolare apparve sotto i loro stupiti occhi. 
-Eccola...- disse il mago con meraviglia e orgoglio. 
-Dunque é questa...- rispose il ragazzo, analizzando le scritture antiche. Esse, tuttavia, davano informazioni fittizie e incomprensibili, cosa che stranì molto il ragazzo. -Non riesco a capire nulla...- disse girandosi, ma vide che Kras'nos non gli stava dando ascolto, e continuava ad osservare la porta con gli occhi illuminati. 
-Va tutto bene?-
-Si si, più che bene. Ora dobbiamo solo aprirla.-
-Come?-
Il mago si alzò, e avvicinandosi a Selegon, prese la catenella del suo ciondolo, estraendo la piccola pietra blu, che emise una fioca luce. 
-Che significa? Cosa c'entra la mia pietra?- chiese il ragazzo con una voce un pò infastidita. Kras'nos sorrise: -Tu non sai cos'è questa, vero?- e tirandola leggermente, la espose alla vista della porta. A tale gesto, le incisioni di quest'ultima si illuminarono di bianco. Kras'nos avanzò quindi verso di essa, lasciando andare la pietra. L'entrata si stava aprendo, mostrando i segreti che celava nel sottosuolo. 
Nella mente del ragazzo iniziarono a balenare immagini a raffica, scritte arcaiche e informazioni che gli riempirono il cervello. Egli cadde in ginocchio, e alzò la testa guardando con occhi increduli l'entrata sotterranea. -Non può essere...-


                                                        *


Lily, intanto, stava parlando con Orion nella sala principale dell'aeronave. 
-Non gliela perdono questa! Tutto per una stupida caviglia dolorante. Posso camminare tranquillamente, ma no... lui deve fare quello che vuole! Comanda lui! Che nervoso!-
-E avanti dai Lily! Calma!-
-Ma no che non mi calmo! Volevo scoprire anche io quella città! Anche Kras'nos aveva detto che sono utile, visto che so leggere quelle scritture! E no ovviamente, anche lui deve dargli ragione adesso! Uffa uffa e ancora uffa!-
Mentre era intenta a lamentarsi, però, la pietra che aveva al polso emise un battito di energia, facendola sobbalzare. Orion si spaventò: -Cosa? Che succede?!-
-La... pietra... non so spiegare... io...- e spalancando gli occhi, si alzò velocemente. -Dov'è la copia della pagina?! Presto!-
-É... nella cabina di pilotaggio...- Orion non ebbe il tempo di dire null'altro, che la ragazza era già scattata via. Le corse quindi dietro, raggiungendola nella cabina. Ella aveva già in mano il rotolo, e lo stava spiegando. 
-Si può sapere cosa ti é preso così di scatto?-
-Sapevo che qualcosa mi era sfuggito, ora ho capito cosa!-
-Che vuoi dire spiegati!-
-Ricordi che io e Selegon riuscivamo a intendere solo poche parole senza nessi logici? Ne ho capito il motivo! La lingua draconica rispetto alla nostra si legge al contrario! Per questo non riuscivo a comporre una frase logica!- e prese un foglio di carta e una matita. -Quindi, leggendola nel modo giusto, troverò il suo vero significato!- continuò, iniziando a prendere appunti. Orion la guardava sempre più incredulo, e attendeva che terminasse la traduzione. 
Dopo alcuni secondi, la vide posare la matita, e girarsi verso di lui con un espressione inquietata. -Orion... nella storia che mi ha suonato Selegon con il tuo flauto... ricordi dove era andato Kir per cercare il suo amico Akar?-
-Mmm, se non sbaglio era a sud della foresta di antrogh... perchè?-
-... e come si chiama questa foresta?-
-Dovrebbe essere...- il giovane si fermò e sbarrò lo sguardo, agghiacciato. -Oh no...-
-Presto, dobbiamo raggiungere Selegon, prima che sia tardi!- e i due si catapultarono fuori dalla stanza senza dire altro.
Il foglio di carta su cui aveva scritto Lily cadde dalla scrivania dondolando a mezz'aria, e posandosi sul pavimento con leggerezza. Su di esso, vi era la traduzione delle scritture dell'antica pagina.
U ah sheg ass nah thel in vess ah naz ges.

“E il canto suo, della fine il preludio sarà.”

 

 

                                  “Mi hai trovato, finalmente.”

                                           [Helden: ghosts]







*Had rò kaan= Razza di Helden, evoluzione dell'essere umano. Fisicamente quasi identico, a parte due folte orecchie pelose simili a quelle di una lince, e una lunga coda da lupo. Possiedono tutti capelli neri, e vivono principalmente in zone forestose, ma è possibile trovarli anche altrove. La loro durata media di vita si aggira intorno ai centoquarant'anni, e la loro esistenza ruota attorno alla natura e alla sua protezione. In combattimento sono estremamente bravi, poichè hanno una muscolatura più sviluppata, e possiedono anche un udito e un olfatto molto superiori a quelli umani.

*Neo'bess= Un altra razza evolutasi dall'uomo. le differenze con quest'ultimo sono il colore bianco dei capelli e le sottili orecchie a punta. La loro ossatura è cava, pertanto sono molto leggeri e agili, ma ovviamente questo diminuisce la loro resistenza agli urti. Per questo motivo sono specializzati nelle armi a distanza e nella magia, di cui sono grandi conoscitori. Possiedono anche una grande abilità manuale, che li rende ottimi lavoratori nella tecnologia. La loro vita media è di settanta anni circa, tuttavia rimangono sempre giovani poichè il loro invecchiamento si arresta una volta raggiunti i vent'anni.
Tra gli Had rò kaan e i Neo'bess non corre buon sangue, a causa delle differenze di pensiero. La rivalità tra queste razze infatti è ben conosciuta da tutti, fin dalla loro nascita.

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Capitolo 17
*** Concert ***


Orion e Lily sfrecciavano tra gli alberi, in direzione del villaggio degli Had rò kaan. Erano da poco entrati nella foresta, e speravano di raggiungere in tempo il villaggio dei nativi per poter chiedere una cavalcatura, in modo da arrivare il prima possibile da Selegon e Kras'nos. Nonostante la ragazza fosse ancora dolorante, cercava di non darlo a vedere, e correva più veloce possibile mentre parlava con Orion. 
-Se non arriviamo in tempo, non oso immaginare cosa succederà...- diceva lei. 
-Cosa c'era scritto sulla pagina del Raphsody?-
-La traduzione era: E il canto suo, della fine dei tempi il preludio sarà. Però non ho idea di cosa possa esattamente significare... cosa significa "canto"?-
-Sinceramente non lo so... potrebbe anche essere una metafora.-
-Non esiste una descrizione di questo Oblivion? Cos'è esattamente?-
-Non esistono descrizioni di quel manufatto, che io sappia. Può essere un'arma qualsiasi, o perfino un altro tipo di oggetto.-
-Dannazione...- ringhiò Lily, e provò ad accelerare il passo. 
Corsero per almeno venti minuti nel sottobosco, facendosi strada tra i cespugli e le piante che si trovavano davanti. Alla fine si trovarono dinnanzi al gruppo di Had che aveva prima scortato la ragazza alla nave; essi si accorsero di loro, stupendosi di rivederli. Il capo gruppo si alzò, e li avvicinò. -Na, Dum'nat, come mai siete tornati indietro?- 
Lily prese fiato: -Abbiamo bisogno che ci portiate al limite sud della foresta! I nostri compagni sono in grave pericolo!-
-Cosa significa? Quale pericolo?-
-Non c'è tempo per spiegare, per favore aiutateci!-
L'uomo rifletté qualche secondo, poi si voltò verso gli altri e ordinò di preparare le cavalcature dei loro khalut. 
I due viaggiarono per diverso tempo, volando a gran velocità al di sopra delle fronde degli alberi, e infine, dopo una lunga traversata giunsero ai limiti della foresta, atterrando sopra una radura di erba e arbusti bassi. Lily e Orion scesero dalla groppa dei khalut, e si guardarono intorno. 
-É da queste parti...- disse la ragazza, controllando in giro. -Selegon! Kras'nos!- chiamò ad alta voce, ma non ottenne risposta alcuna. Cercò ovunque, continuando a chiamare, e infine localizzò la grande porta di pietra nascosta tra i cespugli. -Orion! Ho trovato qualcosa!-
Il giovane le corse incontro, e notò anch'egli l'entrata sotterranea. -Eccola! Sembra ancora chiusa... come facciamo ad aprirla?-
-Non ne ho idea...-
Lily si abbassò e toccò la superficie della porta, cercando indizi. Tuttavia, quest'ultima percepì la pietra che la ragazza portava al polso, e illuminandosi come aveva fatto con Selegon, si aprì lentamente. I due rimasero silenziosi e sbigottiti, e una volta aperto completamente il passaggio, vi guardarono all'interno: l'entrata era buia e polverosa, e una lunga scalinata di pietra scendeva nelle profondità del sottosuolo, addentrandosi nel buio. In fondo a questo oscuro tunnel tuttavia si poteva scorgere una debole luce. 
Lily deglutì, e lentamente intraprese la scalinata, immergendosi nell'ignoto. Un profondo brivido le congelò la schiena, e poté avvertire come una voce lontana e remota le sussurrò nell'orecchio parole incomprensibili. Dietro di lei, Orion la seguiva, avvertendo una pesantezza immensa affliggerlo. Scesero per decine di metri, e alla fine giunsero alla fine della scalinata. Si osservarono intorno: erano in un'immensa stanza sotterranea di forma anulare, con un grande foro al centro, ricca di sculture e colonne minuziosamente decorate. I muri erano disseminati di numerose scritture in draconico antico, illuminate di una raggiante luce azzurra, e sul pavimento correvano delle incisioni stilizzate che disegnavano complicati intrecci e spirali. Attraverso l'incavo di esse, scorreva una sottospecie di liquido trasparente che emetteva anch'esso una luce azzurrastra. 
Orion si affacciò alla sporgenza del grande foro centrale, e guardando di sotto, poté constatare che l'intera costruzione non era di forma anulare, bensì cilindrica, scendendo di centinaia di metri nel sottosuolo, e costituita da numerosissimi piani sempre di forma anulare. -É una cosa immensa! Non riesco nemmeno a vedere il fondo!-
Anche Lily si affacciò, e dopo aver rimuginato tra sé, disse: -Dobbiamo assolutamente scendere! Potrebbero essere laggiù!- e perlustrando la stanza con gli occhi, trovò delle scalinate poste tutt'intorno all'anello, le quali scendevano a spirale lungo i piani. -Di là, presto!- e seguita da Orion, corse a più non posso giù per i gradini. 
Il tempo sembrava non passare mai, e quelle scale parevano interminabili. I due continuavano a correre sempre più in profondità, immergendosi nei meandri del sottosuolo ogni secondo di più con il fiato pesante e le gambe doloranti di stanchezza e crampi. Infine, dopo un infinita corsa, arrivarono in fondo alla discesa, percorrendo l'ultima rampa di scale. I passi si susseguivano uno dopo l'altro, e gli occhi si girarono per vedere cosa li aspettava al termine della discesa. E fermatisi, lo videro. Il pavimento era liscio e lucido, e nella parte centrale della stanza c'era una piscina circolare alta qualche centimetro, colma di quello strano liquido cristallino luminescente. Al centro di questa piscina c'era una piccola piattaforma rotonda appena sopra il livello del liquido, la quale era collegata all'anello esterno da tre piccole strade anch'esse sopraelevate. Al di sopra di questa piattaforma, vi era Kras'nos, di spalle. 
-Non farlo Kras'nos!- urlò Lily. -Se lo tocchi...-
-Dunque siete venuti qui...- rispose il mago senza voltarsi. -davvero tempestivi. Ad ogni modo non preoccupatevi, so benissimo cosa succederà.-
-Ma che stai dicendo? Non capisco!-
Dal lato della stanza si udì la voce di Selegon. -Ugh... allontanatevi da lui...-
La ragazza si girò e lo vide accasciato a terra. -Cosa diavolo é successo qui?-
-Siete davvero stupidi a non capire...- continuò Kras'nos con un tono sbeffeggiante. -Ma devo dire che tutto ciò mi ha giovato.-
-Tu... sapevi tutto?!-
-Ma certo che sapevo tutto. Perfino quell'idiota di un re ha creduto a tutto quello che dicevo. Davvero patetico.-
-Cosa vuol dire tutto questo?! Perché lo hai fatto? Cosa vuoi?-
-Cosa voglio... il potere ovviamente. É da anni che aspettavo tutto questo. Anche se devo ammettere che non ho ambito fin dall'inizio all'Oblivion, il piano è andato come previsto.-
-Spiegati!- chiese ancora Lily.
Il mago alzò le spalle, rimanendo voltato. -Se ti interessa tanto saperlo, fin dai tempi in cui ero solo un apprendista, ambivo a molto più del semplice posto di mago di corte. I miei desideri si estendevano a molto di più. Così, dopo molte ricerche, segretamente raccimolai informazioni su un'antico incantesimo arcano. esso é uno dei tre incantesimi proibiti, i quali sono stati vietati centinaia di anni fa a causa dei loro effetti disastrosi: desideravo possedere la magia della veggenza. Grazie ad essa, avrei potuto leggere il futuro, ed avere quindi in mano il destino. Quando si dice il caso, tale formula fu rinvenuta dall'allora mago di corte, sotto il quale ero studente. Egli tentò di padroneggiarla, tuttavia quello stesso incantesimo lo condusse alla follia, provocandogli visioni e allucinazioni orrende. Così capii il motivo per cui era stato dichiarato incantesimo proibito, e rinunciai a quel sogno. Tuttavia non tutto il male vien per nuocere, e infatti trovai di meglio. Sempre segretamente iniziai dunque a fare delle ricerche sul mistico Oblivion, e analizzando le antiche pagine del Rhapsody trovai indizi su di esso. Non potendo però decifrare le indicazioni in lingua antica, dovetti cercare qualcuno che ne fosse capace. Come però si può immaginare, nessuno ne fu in grado. Trovo sinceramente che sia una fortuita coincidenza che un misterioso informatore ci abbia indirizzato a voi due. Pur ignorando la sua identità, devo essergli grato.- 
-Tutto questo é assurdo!- urlò Orion. -Non sai cosa rischi di risvegliare!-
-Oh, certo che lo so. E presto lo saprete anche voi.- e si voltò verso i ragazzi. Dietro di lui, si poté notare qualcosa levitare a mezz'aria. Lui, la creazione prediletta di Antares. L'Oblivion. Aveva l'aspetto di un flauto traverso di colore biancastro, simile all'avorio. Era di forma lunga e affusolata, ricco di minuscole incisioni in una lingua ignota, e vicino al foro per il fiato possedeva dei rilievi di metallo nero lucido, che lo rendevano visivamente meraviglioso. A tali rilievi era infine legata una lunga fascia blu scuro, che pendeva per quasi un metro dallo strumento. Sotto l'oscura luce del liquido al suo di sotto, la temibile creazione demoniaca brillava di tremendo potere. 
-Eccoci dunque. Grazie di tutto per la vostra collaborazione. Siete congedati.- disse Kras'nos.
-Un momento, questo significa che tu sai il motivo per cui noi possiamo leggere il draconico! E che ci hai mentito, dicendo di non sapere perché gli Had rò kaan ci chiamavano "Dum'nat"!-
-Sinceramente? Si, lo so.-
-Parla dunque! Voglio saperlo adesso!-
-Ma si, oramai posso anche dirvelo. Si, io ho sempre saputo che voi due potevate decifrare le antiche scritture, sapevo che l'entrata di questo luogo era accessibile solo tramite le pietre che vi portate appresso, e sapevo che gli Had rò kaan ne erano a conoscenza. Proprio per questo ho cercato di evitare di incontrarli nella foresta.-
-Parla chiaro! Non girarci intorno!-
-Pff, ancora non ci arrivi? Non ti é mai sembrato strano che tu e Selegon siate riusciti a leggere quella pagina, nonostante gli unici capaci di farlo erano i guardiani e l'imperatore di Gre'kahal? Non ti é mai sembrato strano che voi due siate come uniti da uno strano legame? Non ti è mai sembrato strano che siate riusciti ad aprire la porta di questo dungeon? Non ti sei mai chiesta tutte queste cose?-
-Dove vuoi arrivare?- chiese Lily alzando la voce.
-Non trovi davvero curioso che i guardiani siano spariti quasi vent'anni fa, e ora spuntate voi, con quelle misteriose pietre?... se non sbaglio, entrambi avete circa diciassette anni...-
-Non vorrai dire...-
-Incredibile perspicacia. Vedo che ci sei arrivata. Lily, guardiana dell'acqua, e Selegon, guardiano del fulmine. Non lo avete mai saputo poichè quando i vostri predecessori sono spariti, l'imperatore di Gre'kahal ha dichiarato reato anche solo l'accennare ai guardiani. non so il perché, e francamente non mi importa. Ora ho raggiunto il mio obiettivo, e nessuno mi intralcerà.- disse il mago, girandosi e avvicinando la mano all'Oblivion. 
-Fermo!- urlò Lily facendo un passo avanti. 
-Oh non credo proprio. Già un secolo fa colui che stava per ottenere questo immenso potere fu fermato. Ma non succederà di nuovo. Potete starne certi.- e senza indugio, tornò ad avvicinare la mano al manufatto. Lily scattò a tutta velocità verso il mago, ma ormai era troppo tardi. Egli con un veloce gesto, impugnò l'Oblivion. In quello stesso istante, da esso provenì una potentissima onda d'urto, che scaraventò la ragazza indietro. Essa cercò invano di alzarsi e avvicinarsi ancora, ma venne nuovamente rispedita indietro. Kras'nos sentì un immenso potere scorrergli dentro, e stringendo i denti, forzò la presa. Una seconda onda repulsiva si espanse, investendo Selegon Lily e Orion, facendoli volare indietro e scaraventandoli al muro, tenendoli schiacciati ad esso dalla fortissima pressione. Il liquido attorno alla piattaforma centrale iniziò ad alzarsi in aria turbinando vorticosamente attorno ad essa. Ai piedi di Kras'nos, sul pavimento, dei simboli simili a quelli dello strumento si accesero di luce azzurra, e composero tre anelli attorno al mago. Lentamente, tali simboli iniziarono a muoversi, come scivolassero sul pavimento, e gli si avvicinarono. Nel contempo, i vestiti di Kras'nos iniziarono a svanire, come consumati da un acido, e si dissolsero all'aria. I simboli allora giunsero ai piedi dell'uomo, e iniziarono a risalirgli il corpo come fossero un'infezione, divorandone la pelle. Lily cercò di guardare quel che stava succedendo, ma il vortice luminoso che avvolgeva la piattaforma bloccava la visuale. 
Improvvisamente, la tempesta aumentò notevolmented'intensità, e poco dopo diminuì velocemente, fino a scomparire in pochi secondi. Il liquido in aria ricadde a terra, e la pressione che teneva i tre ragazzi al muro cessò, lasciandoli cadere a terra. Lily scosse il capo, e spingendosi con le braccia si alzò leggermente, guardando al centro della stanza. davanti a lei, la figura di Kras'nos si intravide: indossava solamente una lunga gonna alla vita, costituita come di una sorta di fumo nero condensato. Il suo corpo era ringiovanito almeno di vent'anni, i capelli da rossi erano divenuti bianchi, la muscolatura era un pò più evidente, la sclera degli occhi era divenuta nera, e la pelle dell'uomo era ora ricoperta di quei simboli sconosciuti, i quali erano diventati blu scuro contornato di nero. Egli sorrise, colmo d'odio. -Quindi é questo il potere dell'Oblivion... é meraviglioso...-
-Ti rendi conto di cos'hai fatto?!- urlò la ragazza. 
-Rendermi conto? Certo che si. Siete voi che non comprendete. Non riuscite a sentire cosa mi dice quest'arma... ma io si. Oh, riesco a percepire tutto l'odio e la sete di sangue che mi inietta nelle vene... ed é una sensazione inebriante.-
-Maledetto!- rispose Lily, alzandosi. -Cosa vuoi fare?-
L'uomo ghignò follemente -Ho come l'impressione che presto lo scoprirete.- attorno a lui si formò un turbine di fumo nero, che lo avvolse. Nel giro di pochi secondi esso svanì, e di Kras'nos non si ebbe più traccia, come si fosse dissolto al vento. Una voce poi si sentì rimbombare nella stanza. -... Questo é solo l'inizio.-
Selegon puntò le mani a terra, e a fatica si mise in piedi. Lily e Orion si precipitarono da lui. 
-Tutto bene? Sei ferito?- chiese la ragazza. 
-No, sto bene. Mi ha solo tramortito.-
Orion interruppe i due con urgenza. -Non abbiamo tempo per questo! Dobbiamo raggiungere l'aeronave il prima possibile e riferire al re che dobbiamo evacuare l'intero continente!-
-Cosa?- ribatté Lily stupita. -il continente intero?!-
-Voi non avete idea di cosa é capace quello strumento! Dobbiamo muoverci immediatamente!- e alzandosi, corse verso le scale. -Presto!-
I Selegon e Lily si guardarono, e subito dopo seguirono il giovane, risalendo più velocemente possibile le scale. Iniziò così la lunga corsa, per evitare l'inevitabile.

 

 

                                                        “Troppo tardi...”

                                                      [Helden: Concert] 

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Capitolo 18
*** Evil ***


Noctinghal.
Era mattina presto, e il cielo stava divenendo sempre più luminoso sotto l'imminente Alba. 
All'interno della città, le famiglie dei soldati in missione stavano aspettando il loro rientro da Octal'em, speranzose di scorgere un viso familiare tra la gente che entrava dal grande portone. 
Una lunga fila di soldati stava passando silenziosamente attraverso l'entrata, camminando a testa bassa. Alcuni erano feriti, altri mutilati, e tutti avevano stampata in volto la triste espressione sconsolata della guerra. Tra queste persone, vi era Sagas; aveva un aria persa, e non faceva altro che pensare a quel che era successo ad Agron. Si dava la colpa per la sua morte, e ora l'unica cosa che voleva era ritornare a casa da suo cugino e dalla sua nipotina, figlia di quest'ultimo. 
L'uomo si guardò intorno mentre entrava in città: una grande folla attendeva in piedi, e alcuni corsero ad abbracciare i loro familiari in lacrime, felici di poter di nuovo vederli. Tra la gente raggruppata, egli vide la piccola bambina. Aveva circa quattro anni, capelli biondi legati in una lunga treccia, grandi occhi verdi e una dolce e timida espressione. Ella era accompagnata da due soldati imperiali, che stavano irti ad attendere. Sagas si chiese il motivo di tale fatto, e accelerando il passo, venne visto dalla piccola, che gli corse incontro stringendolo con gli occhi lucidi. 
-Ehi piccina! Mi sei mancata tanto tanto!- disse lui sorridendo mentre l'abbracciava. Aprendo poi gli occhi, chiese stranito: -Dov'è il papà? Come mai non é qui?- ma la bambina non fece altro che stringere ancor di più. Le due guardie giunsero davanti ai due. -Sagas, giusto?- chiesero seriamente. 
-Si sono io... cosa succede?-
-Suo cugino si chiama Ky'lam, giusto?-
-Si, esatto...-
-Siamo dispiaciuti ad informarla... ma suo cugino... é morto.-
-... Come?- Sagas si sentì gelare il sangue, e la sua testa venne come svuotata di ogni cosa. -Io non capisco... co... cosa...- egli iniziò a tremare con le lacrime agli occhi, mentre la bambina lo stringeva disperata. 
-Siamo immensamente dispiaciuti... purtroppo é stato assassinato ieri. Siamo tuttora sulle tracce dell'assassino, le assicuriamo che faremo tutto il possibile.-
Sagas però era come se non sentisse nulla. Dentro di sé, il dolore lo aveva stretto senza pietà, e i pensieri gli si confondevano nella mente. Egli tirò più volte pugni al terreno, ferendosi la mano. -Più cerco di fare la cosa giusta, più le cose vanno male! Dannazione! Perché?! PERCHÉ?!- e scoppiò in un urlo disperato. La piccola bimba lo seguì, abbracciandolo più forte che mai. E come loro due, decine di altre persone erano afflitte dal dolore quel giorno. Un immenso mare di tristezza e dolore, un'angoscia incommensurabile che ti prende con violenza e ti accartoccia come un pezzo di carta. Lacrime, fiumi di lacrime. Questo é il dolore della guerra. 
 


                                                                         *
 


Io, Ordrom, palazzo reale. 
Lily Orion e Selegon erano appena arrivati alla capitale dopo un viaggio veloce e frettoloso; gli Had rò kaan li avevano scortati fino alla nave, e dopodiché sono corsi al villaggio per prepararsi ad evacuare la loro popolazione. Nel luogo dove si trovava il dungeon dell'Oblivion ora si era formata una grande nube nera in rapida espansione. 
I ragazzi entrarono a palazzo a gran velocità, seguiti da Ulog, il quale chiese immediata udienza con il re. Le guardie consentirono quindi ai ragazzi di entrare, ed essi fecero ingresso nella sala del trono. Il re li vide, e sorrise: bentornati! Sono felice di rivedervi! Allora, com'è andata la...- ma prima di terminare la frase, Selegon intervenne. -Non c'è tempo per questo, siamo in una situazione di emergenza! Ascolta, Odinn, Kras'nos é v traditore!-
-Come? Che intendi dire?-
-Non abbiamo tempo! Lui non ha mai voluto trovare una città sotterranea! Sapeva bene cosa si nascondeva nel sottosuolo, e a cosa portavano le pagine del Rhapsody! Quello che voleva é l'Oblivion, la creazione di Antares!-
-L'Oblivion? Io non riesco a capire... -
Ulog parlò: -Vi prego di credergli... io personalmente ho potuto vedere una grande nube oscura ergersi sul luogo dove il manufatto era stato nascosto! Kras'nos ha usato la scusa degli Had rò kaan per atterrare, e mi ha lasciato in custodia la nave in modo che non avrei potuto intralciarlo. Purtroppo é riuscito nel suo intento, e ora l'oscuro manufatto é stato risvegliato. Bisogna agire in fretta e fare evacuare la nazione!-
Il re rimase basito da quel che sentì. -Maledizione... ci siamo fatti ingannare da quell'uomo...- e alzandosi, camminò nervosamente per la sala. -Se tutto ciò é vero, dovrò ordinare un evacuazione generale! Ma prima di questo... c'è per caso qualcos'altro che dovete dirmi?-
Lily stette un attimo in pensiero, poi parlò decisa: -Kras'nos ha detto che io e Selegon siamo due guardiani!-
Odinn sgranò gli occhi. -Cosa?... ora capisco perché proprio voi siete stati scelti. Non c'è dubbio quindi, l'Oblivion si é svegliato... non ho scelta, la nazione sarà evacuata prima possibile.-
Orion intervenne: -come pensate di riuscire ad avvertire le altre città?-
-Purtroppo nostri mezzi di comunicazione hanno un raggio troppo corto per poter mettersi in contatto con i centri abitati più vicini. Dunque per diffondere il messaggio verranno mandate due aeronavi verso le città prossime a questa, le quali faranno lo stesso. In tal modo l'ordine di evacuazione si diffonderà in tutto il paese in meno di una decina d'ore.- il re fece due passi verso il trono. -Vi consiglio di prepararvi.-
Nel giro di pochi minuti le navi furono preparate, e decollarono in direzione dei due centri abitati più vicini a Ordrom. 
 


                                                                         *
 


Mes tal, piccola città situata cinquecentocinquanta chilometri a nord di Antrogh.
Una guardia stava facendo il suo solito giro di ricognizione all'esterno delle mura, facendo un breve tragitto attraverso il paesaggio semiboscoso, illuminato dalla luce pomeridiana. 
Tra gli alberi, un oscura nube di fumo nero si diffuse nell'ambiente, quieta e silenziosa, provenendo dal luogo in era stato risvegliato l'Oblivion. La sottile cortina avanzava senza fermarsi, inglobando tutto ciò che si trovava davanti. 
La guardia si fermò a una ventina di metri dalla città, ignara di cosa stesse succedendo. Era piuttosto annoiata in effetti, e non faceva altro che pensare a tornare finalmente a casa. 
Senza dare nell'occhio, la nera cortina gli giunse davanti, mentre avanzava minacciosa. Fu allora l'uomo se ne accorse, e con espressione incuriosita impugnò il suo fucile e camminò sospettoso attraverso la nube. Il fumo gli arrivò alle narici, e senza accorgersene, la guardia lo aspirò. In quel momento si bloccò di scatto, e mettendosi le mani al collo iniziò a tossire violentemente, inginocchiandosi. Dalla sua bocca iniziò a colare una sostanza vischiosa nerastra, simile a petrolio, la quale iniziò a divorarne il corpo. L'uomo continuò a tossire sempre più forte e seccamente, cadendo di lato e rannicchiandosi in preda a violenti spasmi, e in breve tempo la sostanza nera ricoprì tutto il suo corpo, impadronendosene. Ormai, quell'essere non poteva più considerarsi umano. Un'essere antropomorfo, nero come la pece, senza occhi, naso o orecchie. Il suo corpo era come in continua mutazione, con quel liquido che si stringeva, si allargava e gli scorreva addosso. Sulla sua testa senza volto, si aprivano delle grandi fauci che arrivavano fino ai lati del cranio, irte di informi denti affilati. Non aveva ormai tratti distintivi, era diventato come un ombra... un ombra oscura e diabolica. La creatura si guardò intorno, e vedendo la città, vi si avvicinò, entrandovi. Passò meno di un minuto, e all'interno iniziarono a sentirsi urli disperati, suoni di carne squarciata, spari, e corpi che cadevano inermi. 
E quella nube nera continuava il suo lento e silenzioso cammino, diffondendosi come un'infezione malefica. 
Nel tardo pomeriggio, il sole ormai calava, iniziando a tingere il cielo di rosso. La grande nuvola nera che si spargeva dalla foresta di Antrogh diveniva sempre più grande, donando un clima inquietante al paesaggio. Su quella visione, in cima a un monte, una figura osservava il tutto. Una figura dai capelli argentei e dai serpentini occhi gialli, insieme al suo mostruoso destriero scheletrico. -Oh, questo si che é un tramonto!- disse, con occhi ricolmi di perfida innocenza. -Ah, adoro i tramonti! Un pò come quello che sta per giungere su queste terre! Sarà divertente godersi lo spettacolo... il nostro padrone ormai è tornato.- il pallido ragazzo girò gli occhi, e vide volargli vicino una bellissima farfalla dalle ali nere decorate da stupendi disegni blu cobalto. Egli allora tese la mano i avanti, e lasciò che l'insetto posasse sulla punta delle sue affilate unghie rosso sangue sfumate di arancione. -Oh, che meraviglia... amo le farfalle! Sono così filosofiche... un involucro brutto e strisciante che si trasforma in un bellissimo ed effimero essere aggraziato... quasi mi rammarica che il mondo stia per finire...- e con un leggero movimento, lasciò che la piccola creatura prendesse il volo, guardandola con un sorriso. Essa volò leggiadra verso l'orizzonte, che sotto il tramonto diveniva di un rosso profondo...
 

 

                                                                       *

 

 

Nel buio assoluto dell'ignoto, nell'oscurità più completa di un mondo al di là del nostro, una risata profonda e diabolica riecheggiò nell'infinito vuoto del nulla.

 


                                                               "E così inizia..."
                                                                [Helden: Evil]

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Capitolo 19
*** Pain ***


Sagas era seduto silenziosamente davanti a un tavolino, guardando il vuoto con occhi inespressivi. Seduto dall'altra parte del tavolo, un agente imperiale lo stava interrogando. 
-Ascolti, so che è un brutto momento, ma l'unico modo per localizzare il responsabile dell'omicidio é trovare più indizi possibile. è sicuro di non avere nessun'informazione utile? Conosce forse qualcuno che provava risentimenti verso suo cugino?-
-No, le ho già detto che non so nulla...- rispose l'uomo con voce morta. 
-... Capisco. Beh, in ogni caso, chiunque sia stato è molto abile. Non ha lasciato tracce e ha ucciso con precisione. Ma indagheremo più possibile per risolvere il caso. Nel caso ricordi qualcosa, mi contatti.- disse l'agente, e dette a Sagas un biglietto. Egli lo prese, e senza dire nulla, lo mise in tasca. Venne quindi lasciato libero di andare, e uscito dall'edificio camminò con aria sconsolata per la città. Si sentiva in colpa per tutto ciò; ogni cosa che faceva per migliorare la situazione riusciva solo a peggiorarla. Con questi tristi pensieri, andò a casa sua, e vi entrò abbracciando la piccola nipotina. 
Dall'altro lato della città, nell'edificio adibito alle gilde di cacciatori di taglie, Calasaar sedeva in una piccola stanza in penombra. Davanti a lui, oltre un piccolo tavolino di vetro, vi era accomodato il terzo generale d'impero, Astar Galx. La sua armatura scura era ricca di rilievi raffiguranti aguzze fantasie geometriche puntigliose, con un disegno di un colibrì ad ali spiegate sul petto, al centro del quale vi era raffigurato lo stemma dell'impero. 
-Dunque non c'è altro?- disse questo con voce fioca, come a risparmiare fiato. Il suo viso liscio e aguzzo non faceva trasparire nessun'alterazione, e i suoi grandi occhi neri rimanevano sempre aperti a metà, accentuati dai corti capelli appuntiti che gli cadevano sulla fronte. 
-No, null'altro.- rispose Calasaar. -Ciò che ho detto é tutto quel che é successo.-
-Capisco. Ergo, la storia dei tredici si è rivelata veritiera. Ne farò presente all'imperatore. Dunque abbiamo concluso il rapporto. Ora, vorrei tornare alla questione iniziale. Come ho già detto, necessitiamo di tutte le informazioni possibili. L'imperatore ha già incaricato i servizi segreti di indagare su di lui, ma mi ha personalmente chiesto di aiutarli nella ricerca.-
-Non capisco a cosa sia dovuta la ricerca così assidua di una persona, specialmente dopo che lo avete lasciato indisturbato per anni. Come mai ora vi interessa così tanto?-
-Segreto militare. Sono tenuto solo a raccogliere informazioni, non devo essere io a darle agli altri. Quindi, se siete a conoscenza della sua locazione attuale, vi prego di parlare.-
-Come ho detto, non ho a che fare con lui- rispose il Gran maestro -quindi non posso darvi un aiuto. Sono piacente.-
-Capisco. Allora non c'è altro, vi ringrazio per l'aiuto.- disse il generale alzandosi dalla sedia. mise quindi sul capo il suo lucido elmo decorato e dopo essersi gentilmente congedato, uscì dalla stanza. Fuori ad attenderlo vi erano quattro guardie di alto grado, e la sua piccola e affusolata aeronave personale. Senza dire nulla, egli vi sali a passo deciso, e il portello si chiuse con un lieve suono idraulico.

*

Ordrom, portello del cratere di entrata. 
Due guardie stavano osservando con occhi aguzzi l'orizzonte. Era ormai da due ore che le navi erano partite verso le città vicine, e entro poco sarebbero tornate dal viaggio, pronte a unirsi all'evacuazione della città. Uno dei due uomini sbuffò: -Uffa, ma quanto ci mettono?-
-Dai calmati! Non è il caso di fare così! Abbiamo un lavoro da fare.-
-Si lo so, ma questa evacuazione è troppo lenta! Ho una famiglia ancora in città, e senza quelle navi non riusciremo a trasportare in tempo tutti i civili ai battelli sulla costa!-
-Ne sono ben cosciente, ma così si peggiora solo la situazione. Avanti su, non preoccuparti!-
Il primo annuì, e tornò a guardare l'orizzonte scarlatto. Diversi secondi dopo, scorse un oggetto in avvicinamento. -Ehi, eccone una!-
Il secondo osservò meglio, e vide anch'egli l'aeronave che si ingrandiva sempre più. Si girò quindi verso una guardia ai comandi del cancello e gli fece cenno di contattare la nave. Essa obbedì, e accendendo la ricetrasmittente, mandò parlò all'equipaggio, chiedendo l'identificazione. Attese risposta, ma non l'ebbe. Ripeté la frase, ma nuovamente ottenne solo silenzio. Allora, allarmata, uscì dalla cabina e fece fare segnali con le bandiere per ordinare alla nave di rallentare, ma essa al contrario accelerò, scendendo rapidamente di quota. 
-Dannazione!- urlò la guardia. L'aeronave impattò infine contro il portello, accartocciandosi ed esplodendo. Un grande fungo di cenere si sparse in aria, diffondendo cenere in ogni direzione, sotto lo scoppiettio del fuoco. 
Da un mucchio di macerie impolverate emergette la guardia della cabina, ferita gravemente. Guardò ciò che restava della nave, e notò un immenso squarcio a prua. Da esso non provenì nulla, se non un lontano mugolio: esso si avvicinò gradualmente, fino a diventare ben udibile, e improvvisamente, dall'ombra uscirono scattando decine di esseri neri, urlanti di rabbia. 
Qualche minuto prima, nelle stanze del palazzo reale, Selegon Lily ed Orion avevano preparato le loro cose, e attendevano. I primi due non avevano molto dietro, mentre il terzo si portava appresso il può zaino gigante, e un grande oggetto affusolato lungo circa un metro e mezzo, ricoperto da uno spesso strato di bende. Lily osservò quest'ultimo, poi guardò il giovane. -Ma devi proprio portarti dietro tutte queste cose?-
-Come? Oh beh si! Ci tengo molto!-
-Sei un pò materialista sai?- continuò lei ridendo. -E quella cosa piena di bende? Anche quella ti serve?-
-Q...questa? C...certo!- rispose Orion con voce un pò nervosa. -Ma cos'è?-
-Niente!-
-Tutto ok?- chiese la ragazza stranita. 
-Si benissimo! Però per favore, non chiedere...- rispose il giovane, con un viso triste.-
-Oh si si! Scusa!- sbraitò Lily dispiaciuta. Poi cercò rapidamente di cambiare discorso, e parlò a Selegon. -Senti Selegon... volevo dirti che mi spiace di essere stato un peso per te... davvero.-
-Non fa niente.- si sbrigò a dire lui. -Pensiamo solo ad aspettare che la città sia evacuata. Poi toccherà a noi e al re.-
-Seriamente! Non evitare il discorso!- disse la ragazza mettendoglisi davanti. -Ascolta, io...- 
Un boato improvviso la interruppe. Qualcosa era successo non lontano da lì. I tre si guardarono, e corsero per i corridoi, uscendo nel balconcino e affacciandosi. Più in là, videro una grande fumarola nella zona dell'entrata della città, come ci fosse stata una grande esplosione. 
-Cos'è successo?- disse Lily sgranando gli occhi. 
-dev'esserci stato un incidente al blocco sud.- rispose Selegon. -Corriamo dal re. Avrà già avuto informazioni su cosa sia successo.-
I tre dunque corsero verso la sala del trono e chiesero di poter entrare. I soldati li autorizzarono, ed essi dunque fecero ingresso nella sala. Al suo interno, Ulog dava incessantemente ordini e direttive alle squadre del blocco sud, mentre il re chiedeva informazioni sullo stato della zona. Si interruppe un attimo: -Oh, Selegon, siamo in emergenza! Il potere dell'Oblivion si é sparso prima di quanto ci aspettassimo, e ha contagiato le città più vicine al sito in cui si trovava!-
-Contagiato?- chiese il ragazzo inclinando un sopracciglio. 
-Esattamente. Le persone toccate dal suo potere vengono come possedute, e perdono ogni umanità! Quegli esseri maledetti hanno assalito le navi che ho mandato e le hanno usate come mezzo per diffondere più in fretta il contagio! Ora stiamo cercando di arginare la zona per permettere di terminare l'evacuazione.-
-Dovreste evacuare anche tu e Ulog. Se il pericolo è tale, ormai la città è perduta.-
-Niente da fare, Selegon. Io sono il re, e come tale sarò l'ultimo a lasciare questa città. Non lascerò da solo il mio popolo a soffrire.- rispose Odinn con tono molto serio. Si notava che era molto agitato per la sorte del suo paese. -Ora non c'è tempo da perdere. Ho fatto preparare una nave sul tetto del palazzo. Non c'è niente per voi in questo posto ormai. Vi consiglio di andarvene.-
-Ma- disse Lily. 
-Niente discussioni. Ho fatto la mia scelta. Se questa nave affonderà, io affonderò con essa. Ora per favore andate.- e fece un cenno alle due guardie al portone di accompagnare il gruppo sul tetto. Essi obbedirono e scortarono Selegon Lily ed Orion alla nave che li attendeva. Lily prima di entrarvi, diede uno sguardo alla città: tutta la zona vicino al portello di entrata era stata attaccata, e tra i palazzi divampavano incendi e si susseguivano colpi di armi da fuoco. Mentre osservava la scena con occhi impauriti, la ragazza venne chiamata ed salì a bordo. I motori si accesero e la nave iniziò la sua repentina salita. fermatasi a una ventina di metri di altezza, si diresse verso l'uscita della grotta. Lily guardò fuori dal finestrino, e vide le persone tra le strade che correvano in preda al panico, gli aeroveicoli* che erano fermi in code interminabili, e soldati che marciavano impugnando i fucili. Mentre pensava con espressione triste, girò gli occhi verso il tetto più vicino, e vide una delle creature possedute che correva verso la nave. -Attenzione!- urlò spaventata. La creatura, con uno slancio incredibile, saltò dal cornicione e si aggrappò a uno dei repulsori anteriori dell'aeronave. I tre ragazzi vennero violentemente sbalzati dall'impatto, e la sirena d'emergenza scattò, avvertendo che si stava perdendo pericolosamente quota. La creatura iniziò ad addentare ripetutamente le tubature di trasmissione, e infine staccò l'intero disco repulsore, precipitando giù con esso. La nave iniziò a precipitare senza controllo, sbalzando l'equipaggio avanti e indietro. Impattò con violenza contro un palazzo, squarciandosi la fiancata, e infine si schiantò pesantemente al suolo, emettendo un boato assordante, e facendo alzare una grande nuvola di cenere. 
All'interno, tra rottami e gli indicatori di quota in avaria che lampeggiavano, Selegon si alzò a fatica tossendo. Si osservò intorno, cercando gli altri, ma non vide nessuno. 
-Lily, Orion...- disse a voce soffocata mentre camminava reggendosi al fianco della carcassa della nave. -Dove siete?- 
Si sentì qualcuno tossire, e girandosi, vide Lily a terra che si stava mettendo in piedi con la fronte che grondava sangue. 
-Lily! Tutto bene?-
-Beh potrei stare decisamente meglio... piuttosto dov'è Orion?-
I due girarono per la nave, cercando per parecchio tempo, e infine trovarono il giovane bloccato sotto una lastra metallica. 
-Oh no! Presto spostiamo questa roba!- e facendo leva, i ragazzi liberarono il corpo. 
-Orion! Orion mi senti? Parla! Dannazione Selegon, non respira!-
-Fagli la respirazione bocca a bocca.-
-Io?! E perché non tu?- 
-In fondo sei un esperta nel bocca a bocca con lui, a quanto ho visto.-
-COSA?- urlò lei arrabbiata. Poi guardò il giovane a terra, e con un sospiro si avvicinò alle sue labbra. Poco prima di raggiungerlo, però, egli si alzò di scatto, tirandole una testata. I due urlarono di dolore toccandosi la fronte e rantolando a terra. 
-Ahi ahi che maleee!-
-Ma cosa mi prendi a testate idiota!-
-Eri tu a dieci centimetri da me!-
Davanti a quella scena, Selegon non poté far altro che guardare in alto con aria spazientita. -Ma perché... cosa ho fatto...-
Dopo essersi ripresi, i tre ritrovarono la serietà ed uscirono da ciò che rimaneva dell'aeronave, scrutando i paraggi. Tutta la zona era ridotta come un campo di battaglia, con palazzi rovinati, pavimento sporco di schizzi di sangue e fogli sparsi, veicoli in fiamme schiantati contro le vetrine dei negozi, e un sottofondo di spari, urla ed esplosioni. 
-É l'inferno...- disse Orion. --E ora che si fa?-
-Andiamo all'aeroporto. Se arriviamo in tempo, troveremo gli ultimi trasporti.-
Non trovando soluzioni migliori, il gruppo si girò verso la direzione indicata da Selegon e si incamminò. Passarono attraverso i viali deserti e distrutti, osservandosi alle spalle per vedere se non apparivano i posseduti da qualche angolo. Svoltarono per la via traversa, e si trovarono davanti dei. soldati che combattevano. Due creature li stavano attaccando, e stavano per avere il sopravvento. Uno dei soldati sfoderò la spada e tiròun fendente. Tuttavia, esso penetrò solo di una decina di centimetri, e rimanendo bloccata, la lama venne ricoperta dal liquido nero, che risalì rapidamente attraverso di essa, e si attaccò al soldato, infettandolo. Anche gli altri in pochi secondi seguirono la sua sorte, e caddero a terra doloranti mentre si trasformavano. Selegon colse quei pochi attimi per scattare in quella direzione e raccogliere un fucile a terra. Poi si girò verso Lily e Orion. -Veloce, prendete anche voi un arma!-
-Ma- disse Lily -io non so...-
-Basta mirare e premere il grilletto! Non é difficile! Veloce abbiamo pochi secondi!-
Dandogli retta quindi, i due presero le prime armi che trovarono a terra e indietreggiarono velocemente. Le guardie intanto erano ormai trasformate, e si unirono agli altri posseduti, i quali si erano accorti ormai di Selegon e gli altri. Il ragazzo puntò l'arma al più vicino e fece fuoco. Un lampo blu/viola ne uscì, e gli trapassò il petto. Tuttavia, l'essere indietreggiò solo di un passo, senza accusare danni, e continuò d avvicinarsi. -Ah, e andiamo...- sbuffò Selegon, e gli piantò un secondo colpo in testa, senza comunque sortire effetto. -Al diavolo.- disse, e girò la levetta della carica* al massimo. Poi sparò al posseduto dritto in testa, la quale esplose in uno schizzo di liquido nero. Questa volta, l'essere cadde a terra senza vita. 
-Finalmente.- disse Selegon. -Tuttavia, in questo modo ho solo cinque colpi.- si rivolse dunque a Lily ed Orion, mentre mirava in testa al secondo essere. -Mettete la carica al massimo!-
-Quale carica?-chiese Lily. 
-Ma come quale carica? Quella sul calcio del fucile no?-rispose Selegon, sparando un altro colpo con un acrobatico salto laterale.
-Cos'è il calcio del fucile?- chiese Orion. 
-Ah che diavolo!- urlò Selegon scivolando con una rincorsa sotto le gambe di un altro nemico e sparandogli con precisione alle spalle. -É appena sotto l'incavo di trasmissione!-
-L'incavo di cosa?- chiese Lily. 
-Oh per Juhal!- sbraitò il ragazzo facendo un salto su un veicolo, dandosi uno slancio eseguendo una ruota a mezz'aria e rifilando un colpo al penultimo posseduto. -Mi sembra di parlare con delle ciabatte!- e con un rapido gesto si mise la canna del fucile sulla spalla, sparando all'ultima creatura che lo stava attaccando da dietro. -Li ho uccisi tutti prima che voi...- si avvicinò ai due, indicando le levette -trovaste queste dannate cose!- dopodiché osservò la carica dei due fucili. -Lily... questo è scarico. E Orion... il tuo ha solo un colpo... ottimo, siamo messi bene.-
-Beh scusa se non siamo armaioli!-
-Lasciamo perdere. Allora, vediamo di muoverci. L'aeroporto é a pochi isolati. Avanti.- disse il ragazzo, e il gruppo si incamminò.
Le strade divenivano sempre più infestate, le urla si diffondevano, gli spari rimbombavano, e la città andava rovinosamente in fiamme. Uno spettacolo terrificante di morte, distruzione, dolore e solitudine. 
Sul balcone della sala del trono, dei passi avanzarono. Il re si affacciò sull'orrendo panorama, con il tremante viso straziato dalle lacrime. Tutto ciò che voleva proteggere, il suo adorato paese, il suo prezioso popolo, affogava in un oceano oscuro. Le labbra vibranti mostrarono i denti, mentre veniva solcato da dolorose lacrime. Infine, con uno scatto, alzò il capo, e lanciò un agghiacciante urlo di dannazione, che inondò quel che rimaneva della sua amata città.
-NOOOOOOOOOO!!!-

 

 

                                  “Affogo... sto affogando... sento dolore, troppo

                                                  dolore... qualcuno mi aiuti.”

                                                            [Helden: Pain]                                         


*aeroveicoli= Veicoli familiari, simili alle aeronavi. Tuttavia, al contrario di quest'ultime, hanno dei motori semplificati, quindi il loro prezzo è abbastanza accessibile per le famiglie moderatamente benestanti.

*levetta della carica= I fucili e le armi da fuoco funzionano grazie all'Algolite, ovvero la pietra che viene usata per le bacchette, i bastoni magici e le aeronavi. Queste pietre vengono caricate da un incantesimo predefinito, che permette all'arma di lanciare scariche energetiche perforanti. In base a quanto si carica la levetta del fucile, i colpi aumentano di potenza, ma ovviamente il numero di colpi diminuisce.


 

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Capitolo 20
*** Time ***


Archey'ss, capitale imperiale. 
L'apparecchio vocale sul trono dell'imperatore Karthak suonò. Quest'ultimo lo osservò, e premette il tasto per comunicare. 
-Mio signore- si udì. 
-Dimmi, Nails.-
-Abbiamo il rapporto sull'attacco a Octal'em.-
-Ottimo. Ascolterò più tardi. Piuttosto, ci sono notizie del black out nel regno di Io?-
-Si mio signore. Non molto tempo fa è stata avvistata una formazione di nubi nere al centro del continente, e da qualche indiscrezione sembra che il regno abbia mobilitato tutte le sue forze aeree.-
Karthak sgranò gli occhi: -L'Oblivion...- bisbigliò. -Nails, avverti il generale Galx di dirigersi immediatamente a Sion. Voglio che i feudi occidentali dello stato sistemino un perimetro di forze armate lungo l'intera costa continentale: che nessun essere vivente proveniente da Io entri nel nostro territorio prima di essere stato perquisito dalla testa ai piedi! Nails... questo è un ordine di terzo grado.-
-Sissignore! Eseguo immediatamente!- disse velocemente la voce proveniente dall'apparecchio, e chiuse la conversazione. 
L'imperatore socchiuse gli occhi guardando di lato. -Dannazione.-


                                                        *


Lily, Selegon e Orion stavano correndo in mezzo alle strade cittadine di Ordrom cercando di fare meno rumore possibile. L'aeroporto distava ancora parecchio, e le grandi vie principali erano sconsigliabili. 
I tre camminavano di fianco al muro, pronti a fuggire in qualsiasi momento nel caso vedessero un posseduto. Orion chiedeva a voce molto bassa: -Pensi che ci siano ancora aeronavi per fuggire?-
-Probabile.- rispose Selegon. -Se l'esercito sta ancora sorvegliando le entrate dell'aeroporto, quasi sicuramente è perché c'è ancora qualche nave ad attendere.-
-Sperando di arrivare in tempo...- aggiunse Lily. -non avrei mai pens...- Selegon aveva notato un posseduto davanti a loro, e con un rapido gesto aveva preso Lily e Orion per il braccio, tirandoli dietro l'angolo di un vicolo. La creatura osservò in quella direzione, e inclinò il capo. I tre ragazzi erano dietro l'angolo a spalle al muro, silenziosi come tombe. Selegon udì dei passi avvicinarsi sempre più, e dopo dieci secondi di tensione, essi diminuirnno d'intensità, ad indicare che si stava allontanando. Selegon distese i nervi e si tranquillizzò tirando un sospiro di sollievo, ma qualche istante dopo l'essere uscì da dietro l'angolo con un ruggito adirato; i ragazzi furono presi di soprassalto e fuggirono più velocemente possibile, con la creatura che gli correva dietro sibilando. Percorsero tutto il viale con l'adrenalina alle stelle, ma la distanza tra i due invece di aumentare, diminuiva drasticamente. Selegon allora prese il fucile di Orion, e caricò al massimo la levetta. Tuttavia, la carica non era sufficiente a uccidere il posseduto. -Ah, perfetto!- urlò nervosamente, e puntando l'arma al ginocchio dell'essere, sparò al suo ginocchio facendolo ribaltare e rotolare a terra per parecchi metri. Approfittando di quegli attimi, il gruppo corse fino alla fine del viale, e svoltò a destra mettendosi nascosti. Diversi secondi dopo, la creatura si rialzò e continuò l'inseguimento, andando però erroneamente in rettilineo. Sollevati, Lily Selegon e Orion uscirono allo scoperto, continuando il loro tragitto. 
-Ora abbiamo finito i colpi... perfetto.- sbiascicò il ragazzo.
-Ah bene!- rispose Lily. -Peggio di così non può andare!- 
I ragazzi uscirono dal vicolo e si trovarono nella strada che conduceva all'aeroporto. Davanti a loro, decine di posseduti camminavano lentamente in cerca di nuove vittime. 
-Eh già. Peggio di così non può andare.- sussurrò Selegon sarcasticamente. 
In mezzo alla strada, erano sparsi diversi veicoli capovolti, che potevano essere utilizzati come copertura. L'entrata della rampa dell'aeroporto era solo a una cinquantina di metri da loro; se avessero corso silenziosamente da una macchina all'altra nascondendosi, ce l'avrebbero potuta fare. 
Selegon spiegò agli altri il piano, e successivamente si girò, scattando verso la strada. Si nascose dietro una macchina, guardandosi attentamente attorno. I posseduti continuavano a camminare senza accorgersi di nulla. Allora il ragazzo si tenne basso, e con un passo felino corse alla seconda macchina, e poi alla terza. Nel giro di un minuto era già arrivato all'entrata della strada aeroportuale. 
Orion fu il secondo a partire; era molto lento e goffo nella corsa, ma riuscì comunque a nascondersi. Seguendo gli spostamenti dei posseduti, egli girò attorno alla carcassa del veicolo e poi scattò rapido verso la seconda. Osservò se la strada era sicura, e corse nuovamente verso la terza macchina. Dietro di lui, Lily era già partita e aveva raggiunto il primo nascondiglio. Il giovane stava per percorrere l'ultimo tratto, ma vide una creatura sbucare da dietro la macchina, quindi egli le girò attorno, scattò passando dietro il posseduto, e raggiunse Selegon. 
Lily era ancora a metà strada. Sicura di sé, prese un respiro e partì verso la terza macchina. Riuscì ad arrivare, ma appena raggiunto il nascondiglio, senza accorgersene mise il piede su una piccola bambola di gomma, che emise un acuto fischio. Al che tutti i posseduti si votarono insospettiti e si avvicinarono lentamente alla fonte di quel suono. Dall'altro lato della macchina, Lily non sapeva cosa fare. Se avesse alzato il piede, la bambola avrebbe emesso un secondo fischio, facendo rilevare completamente la sua posizione. Le creature continuavano ad avvicinarsi sempre più, sibilando minacciosi, mentre la ragazza si guardava disperatamente intorno in cerca di una soluzione. Orion fece per correre in suo aiuto, ma Selegon lo fermò prendendolo per la spalla. -Ce la farà.- disse. 
La ragazza si abbassò, mantenendo la pressione sulla bambola, e continuò a cercare un modo per scappare senza fare rumore. Le creature si avvicinavano sempre più, ormai a pochissimi metri dalla macchina. Avanzarono ancora, mentre Lily girava il capo a destra e a sinistra ansimando. I posseduti ormai erano giunti lì; con un' ultimo movimento, essi si affacciarono dietro il nascondiglio, ma l'unica cosa che trovarono fu una bambola di gomma tenuta schiacciata da un pezzo di cemento. Emisero un verso acuto e sottile e tornarono a deambulare per la strada. Sotto la macchina capovolta, vi era Lily. Era riuscita ad afferrare qualcosa per tenere in pressione la bambola e subito dopo era strisciata all'interno del veicolo. Attese qualche istante, poi, sicura di non essere vista, strisciò fuori e si rimise in piedi, raggiungendo i due compagni. -Grande!- esultò a bassa voce Orion, abbracciandola. -Sei stata incredibile!-
La ragazza arrossì. -Dai, esagerato!- disse allegra. Selegon,davanti a loro, sbuffò. -L'aeroporto é vicino. Dobbiamo solo girare quella curva a destra e ce lo troveremo davanti.-
Il gruppo stava camminando lungo il grande stradone, circondato a destra e a sinistra da alti palazzi antichi, ormai rovinati dalla tragedia che si consumava in città. 
-Avanti- disse Lily con un sorrisetto -dillo che ti sei preoccupato per me, Selegon!-
-Pff.- rispose quest'ultimo. -Zitta e pensa a camminare.-
-Avanti!-
-Taci.-
-Su!-
-Smettila.-
-Andiamo!-
-No.-
-E non fare il prezioso!-
-E non fare la zanzara.-
Lily fece una linguaccia e si girò, offesa. Tuttavia, voltatasi, trasalì, facendo tre passi indietro. -S...Selegon...-
-Vuoi piantarla ora?!- rispose lui ingenuamente. Sentendo però un verso acuto dietro di sé, egli si girò, e vide un posseduto appollaiato sul muretto che avevano a lato. Esso li guardò qualche secondo, e lanciò un urlo stridulo, che richiamò a lui tutti i compagni nei paraggi. In pochi istanti, molti urli si diffusero uno dopo l'altro, e la terra iniziò a tremare lievemente. Selegon, Lily ed Orion rimasero agghiacciati per un momento, e poi partirono in una corsa disperata verso l'aeroporto. Percorsero tutta la strada, con un esercito infernale che li inseguiva urlando, e girarono a destra, vedendo finalmente le rampe dell'aeroporto a una sessantina di metri di distanza. L'ansia era tale da non permettergli nemmeno di girarsi a guardare indietro, e il fiato si appesantiva sempre più. Alla fine, riuscirono a raggiungere il blocco. Tre file da quattro soldati ciascuna. Essi, vedendoli, aprirono le file facendoli passare. -C'è una nave in attesa sulla piattaforma tre! Sbrigatevi!-
Selegon mentre saliva disse: -Ci sono dietro, attenzione!-
-Non preoccupatevi, ci pensiamo noi!- rispose il capitano, e una volta lasciati salire i ragazzi, egli si girò verso la strada. Da dietro la curva sbucò un posseduto.
-Avanti, preparatevi! Mirate... e...- l'uomo vide sbucare altre sei creature, sbarrando lo sguardo -Fuoco a...- ne sbucarono altri quattro, poi altri nove. 
Il capitano trasalì: -... vo... lon... tà...- disse abbassando la voce. Ne uscirono altri otto, ne uscirono altri cinque, ne uscirono a decine... ne uscirono a centinaia... ne uscirono... a migliaia. I soldati spararono raffiche di colpi, ma solo un paio di creature caddero. Continuarono imperterrito a premere i grilletti, ma quell'immenso tsunami oscuro era inarrestabile. Avanzò cupo e rapido, ruggendo furioso, e infine li travolse con violenza. 
Il gruppo intanto era giunto alla piattaforma tre, e aveva trovato la nave pronta a partire. Si precipitarono al portello, e trovarono un ufficiale dell'esercito che aveva appena terminato di far salire i civili a bordo. -muovetevi a salire a bordo!- disse al gruppo. -Partiamo immediatamente!- continuò. Aveva un'espressione palesemente spaventata e innervosita. 
I tre comunque gli obbedirono e salirono sull'aeronave, mettendosi nei pochi posti liberi. All'interno c'era ancora parecchio spazio, ma evidentemente non l'ufficiale non voleva correre rischi e aveva ordinato di partire subito. 
Lily osservò la gente che li circondava. Tutti avevano la stessa espressione. Seria, triste, abbandonata. Sembravano somigliarsi tutti. Girando poi la coda dell'occhio verso l'uscita che si stava chiudendo, vide due persone che stavano correndo verso la nave. Erano un uomo sui trent'anni, insieme alla figlia, una bambina sui dodici anni. Guardando più attentamente, la ragazza riconobbe in loro i due contro i quali si era scontrata per sbaglio all'arrivo a Io. 
-Ehi!- urlò all'ufficiale alzandosi. -li ci sono due persone!-
-Silenzio!- rispose lui nervoso. -Comandante, continui le procedure di decollo!-
Lily si avvicinò a lui. -Ascolti, se tiene il portello aperto, posso allungare la mano e...-
-Ho detto basta!- continuò lui con voce tremolante. 
Selegon e Orion, incuriositi, si affacciarono e videro anche loro i due che correvano terrorizzati verso l'aeronave in cerca di salvezza, attraverso lo spiraglio del portello ormai chiuso. 
La nave iniziò il decollo, alzandosi lentamente in aria, e Lily si mise al finestrino, guardando il padre e la figlia che si erano rassegnati a correre. Dietro di loro, apparve l'esercito di ombre nere, assetate di sangue, correndo rapidamente. -Vi prego!- disse la ragazza ad alta voce. -C'è ancora speranza!- disse Orion unendosi a lei. 
-ZITTI SE NON VOLETE FINIRE LÌ IN MEZZO!- tuonò l'ufficiale. La nave continuò ad alzarsi, e i ragazzi guardarono fuori dal finestrino, agghiacciati. L'uomo e la ragazzina si ritrovarono circondati, e nei loro ultimi momenti, si abbracciarono amorevolmente, per poi essere travolti senza pietà. 
I ragazzi distolsero gli occhi, e Lily camminò a passi pesanti verso l'ufficiale. -Come ha potuto lasciarli morire in quel modo! E dovrebbe essere al servizio del popolo?! Cosa c'è allora di diverso tra noi e quelle cose?! Le sarebbe piaciuto se...- non ebbe il tempo di terminare la frase, che Selegon la spostò di lato e con un ringhio adirato tirò all'ufficiale un violento pugno in viso, facendolo cadere a terra. Gli saltò poi addosso, e prendendolo per il colletto, caricò un secondo pugno. -questo è per quell'uomo!- ne caricò un secondo -Questo è per sua figlia!- e infine tirò indietro la mano per sferrargli un terzo pugno più forte degli altri. -E QUESTI SONO GLI INTERESSI!- ma prima di poter colpirlo, la sua mano fu fermata da Orion. Egli lo guardò con serietà: -Basta Selegon. Non ridurti come lui. Picchiarlo non risolverà nulla. A quanto pare tra lui e quegli esseri che infestano la città non corre molta differenza.- detto questo, Selegon si alzò, lasciando l'ufficiale a terra con il viso insanguinato. Quest'ultimo si mise seduto, guardando malamente il ragazzo, ma dopo un istante gli arrivò un colpo di tallone sulla fronte da parte di Lily. -Ops.- disse lei. 
I ragazzi si allontanarono dall'uomo e andarono tra gli altri superstiti. Selegon cercò tra le persone in prima classe, e dopo aver girato per un minuto tra i sedili, intravide Ulog, il quale stava seduto con espressione triste. Gli si avvicinò, e disse: -Ulog?-
Il consigliere alzò il capo, un pò disorientato. -Cosa... Bianco? Ce l'avete fatta?-
-Così pare. Come mai non siete insieme al re?- 
L'uomo abbassò la testa. -È rimasto a palazzo...-
-Come?-
-... Non ha voluto lasciare la città, così ha fatto evacuare il palazzo, ed è rimasto là...-
Selegon taque, socchiudendo gli occhi. 
La nave era uscita dalla grotta sotterranea, e aveva iniziato il viaggio verso Sion. La città, dietro di lei, si era spenta. Le strade brulicavano di posseduti, e nessun essere umano vi era più rimasto. Nel palazzo reale, regnava il silenzio. Tra i corridoi si udivano dei passi lenti, che riecheggiavano solitari. Il re camminava per il suo palazzo, osservando i quadri, accarezzando le colonne, e contemplando le incisioni dei muri. Lentamente, entrò nella sala del trono, chiudendo il portone e iniziando a cantare.
-oth nahel ze'sel, les nu thel aherioss...-
Dei posseduti entrarono nel palazzo, correndo per i corridoi. 
-En alseth unoss, nehassev tu'hul...-
Le creature si avvicinarono alla sala del trono, ruggendo. 
-Nihile... ten'ah, agh thal uss nel zanev thuu...-
Dei violenti colpi scossero la porta, che iniziò a cedere. 
-Oh... dethu'n, aka ness ethas nu sel mirt'unee...-
La porta cedette, e i posseduti entrarono nella sala, correndo verso il re. 
-Uss... neseth...- sussurrò infine egli, chiudendo gli occhi.

 

                                         *


Selegon, insieme a Lily e Orion era seduto davanti a Ulog, condividendo la sua tristezza.
-Sentite- disse il ragazzo -mi sento in dovere di porre fine a tutta questa storia. Se pur inconsciamente, ho contribuito a far si che l'Oblivion si risvegliasse. E desidero portare a termine la follia di Kras'nos. Quindi per favore, ascoltatemi.-
L'uomo fece un cenno di approvazione. 
-Quando eravamo nella tomba del manufatto, Kras'nos disse di essere stato tempo fa un allievo del mago di corte, e che quest'ultimo trovò un antico incantesimo...-
-Ah si, ne ho sentito parlare... ma non facendo ancora parte delle file del re, non so moltissimo. Come mai vi interessa quella persona?-
-Malgrado a quanto so non sta bene con la testa, egli può essere l'unico che conosce qualcosa su Kras'nos. Potrebbe aver carpito qualcosa mentre era ancora al di sotto del re. Quindi ho bisogno di trovarlo. Voi sapete dove si trova in questo momento, e come posso trovarlo?-
Ulog annuì: -Non so quanto possa esservi di aiuto, tuttavia... il suo nome è Em'ett Lath. Come hai già detto di sapere, egli molti anni fa impazzì dopo aver scoperto i segreti dell'incantesimo "Miraiith", che si diceva permettesse di leggere il destino. Ovviamente non era così, ed Em'ett venne rimosso dalla carica di mago di corte. Adesso vive in una piccola casetta isolata a metà strada tra Adla e Nersas, due villaggi poco a ovest di Sydur. Se farete il suo nome di sicuro vi sapranno dare indicazioni.-
-Ottimo. Una volta arrivati a Sion cosa succederà? Immagino ci attendano soccorsi.-
-Suppongo di si. A quest'ora avranno già allestito dei campi per i sopravvissuti.-
-Capisco. Spero non ci tratterranno. Dobbiamo fare prima possibile... non sappiamo cosa stia progettando Kras'nos in questo momento, e nemmeno quale sia l'origine dello strumento che usa.-
Mentre il gruppo continuava a conversare, la nave proseguiva il viaggio verso Sion. Il tragitto durò qualche ora, nella quale Selegon cercò di apprendere qualsiasi informazione utile. Alla fine,l'aeronave arrivò a destinazione, scendendo di quota. Atterrò sulla bianca sabbia del continente, posandosi adagiatamente, e il portello si aprì permettendo ai civili di uscire. Davanti a loro, vi era una fila di soldati, i quali li invitarono ad avanzare uno per uno per una perquisizione. Così i civili si fecero avanti in fila, venendo poi smistati nei vari campi allestiti. L'attesa fu lunga, ma alla fine anche Selegon, Lily e Orion vennero perquisiti e interrogati. 
-Nome?- chiese il soldato. 
-Selegon.-
-Cognome?-
-Solo Selegon, grazie.-
-Mi scusi, avremo bisogno del cognome...-
-Sono un cacciatore di taglie.- rispose il ragazzo mostrando un piccolo documento. -Mi avvalgo della facoltà di rimanere incognito. Questi due non hanno documenti, ma sono con me, gli sto facendo da scorta.-
Il soldato osservò il documento. -Dunque non residevate a Io?-
-No. Siamo solo in viaggio. E dobbiamo compiere il nostro incarico.-
-Capisco. Dunque potete andare. Un attimo solo, dobbiamo prima perquisirvi.-
Uno a uno quindi, i tre vennero esaminati da cima a fondo. Fortunatamente, non venne notata molto la spada di Kir Lamium, ma vennero posati gli occhi sull'oggetto bendato di Orion. 
-Cos'è quello?-
-Questo?- disse il giovane nervosamente. -È un cimelio di famiglia!-
-Posso dare un occhiata?- disse il soldato prendendo il pesante oggetto allungato. 
-No per favore!- urlò Orion, ma ormai l'uomo aveva snodato la benda, e la stava sfilando. Dopo un paio di giri, però, notò qualcosa di strano. Dallo spiraglio tra una benda e l'altra vide uscire una strana fumarola grigio scuro, che sfioratagli la mano gli procurò una scottatura. L'uomo lasciò cadere l'oggetto a terra, e si tenette il polso. -Cosa diavolo è?!-
-Mi dispiace!-disse il mercante correndo verso il suo cimelio e affrettandosi a legare nuovamente le bende. -Questa cosa è pericolosa! Per questo ne faccio da custode! Vi prego di credermi!-
-E va bene, sparite di qui però!-
Selegon osservò Orion, poi si rivolse al soldato: -Sapete dove posso prendere un paio di cavalli?-
-Eh, si, dovete andare a sud-sudest, per un sei chilometri circa. Lì c'è un piccolo paesino marittimo, se non sbaglio si chiama Odarii. Dovreste trovare qualcosa lì.- rispose l'uomo, e gli indicò la strada. I ragazzi quindi si accinsero a intraprendere il cammino decisi a trovare delle risposte da Em'ett. 


                                                     *


Un orologio a pendolo ticchettava nel silenzio. Vicino a cui, una voce maschile un pò anziana risuonò: -È tempo, è tempo!-
La stessa voce si rispose da sola: -Sai il futuro? Lo sai?-
-Oh no no che non lo so!-
-Ah davvero?-
-Si si davvero! Uh! Orologio!-
-E allora come mai ti sei preparato a una visita?-
-Beh beh beh, ecco so che arriva, si, arriva!-
-Arriva?-
-Si si ho come il presentimento che qualcuno busserà alla porta tra poco! Uh! Orologio!-
Una figura si avvicinò all'orologio, e aprendo la finestrella di vetro del quadrante, inserì una chiave dentro un piccolo foro, caricando gli ingranaggi. 
-Ecco ecco! Fra poco sarà qui!- ripetè la voce, e con un rapido gesto, la figura richiuse la finestrella. 

                                        "Il tempo è un'illusione."
                                               [Helden: Time]

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Capitolo 21
*** Destiny ***


Villaggio di Adla, ottantasei chilometri a ovest di Sydur. 
Selegon Lily ed Orion stavano entrando all'interno del paese in sella a due cavalli, Selegon su uno, Lily e Orion sull'altro. Erano appena arrivati dopo un lungo viaggio, e il sole si stava alzando sotto la fresca brezza mattutina. 
-Ho fame!- sbraitò Lily. -non mangiamo da ieri sera!-
-Oh- rispose Selegon annoiato -perché io in effetti faccio la fotosintesi come le piante, e non ho fame.-
-Quanto sei simpatico...- disse la ragazza arricciando le labbra in una smorfia di scherno. -Beh quindi vogliamo mangiare qualcosa?-
-Ma guarda se devo stare dietro a questi due...- disse Selegon tra sé.
Il gruppo andò quindi in una piccola taverna, per rifocillarsi dal viaggio. Entrarono e si sedettero con tranquillità. 
-Prendete quello che vi pare. Io prendo un bicchiere di latte e una scodella piccola di riso scottato. Intanto vado a parlare al proprietario per chiedere di Em'ett.- disse Selegon alzandosi. 
-Ma- rispose Lily -prendi solo una piccola porzione di riso? Non mangiamo in quantità decente da due giorni, e ieri sera hai mangiato solo una mela!-
-le quantità di quel che mangio non penso ti riguardi. Vado.- disse infine il ragazzo, e si diresse verso il bancone. Attese che due persone venissero servite, poi avanzò. -Mi scusi.- chiese al proprietario, un uomo sui trent'anni dai capelli biondi. 
-Dica!-
-Vorrei un'informazione.-
-Si, chieda pure.-
-Sto cercando una persona. Si chiama Em'ett. Sapete dove si trova?-
-Em'ett il pazzo?- rispose l'uomo con un sorriso divertito. - Vive a est di qui, in una casetta malridotta appena fuori dal villaggio. Appena uscito giri l'angolo e prosegua dritto per un quarto d'ora circa, dovrebbe trovarla sulla sinistra. Come mai lo cerca? È completamente matto!-
-Questioni personali. Grazie dell'aiuto.-
-Si figuri!- rispose l'uomo, e tornò ad occuparsi dei clienti. 
Selegon si allontanò dal bancone, e mentre camminava verso il tavolo, passò di fianco alla bacheca delle taglie, fermandosi ad osservarla. Restò un paio di minuti a leggere gli avvisi, e poi sbuffò: -Se non avessi nulla da fare, ci sarebbero delle taglie molto interessanti. Peccato.- e giratosi, si andò a sedere. Ad aspettarlo, c'erano Lily con un piatto di pasta alle erbe e tre fette di torta, e Orion con sei spiedini, un fritto misto di frutti di mare, una bistecca gigantesca, una porzione doppia di riso al curry, quattro involtini, due cosce di pollo e una coppa gelato. 
-Orion... cosa diav...- sbiascicò con un espressione a metà tra la sorpresa e lo schifo. 
Il giovane alzò la testa sorpreso, con la bocca satura di riso. -Oh, beh... io... avevo fame!- disse con una voce talmente strozzata dal stupirsi di come abbiano fatto gli altri due a capire le sue parole. 
-Sei una discarica!- disse Selegon inorridito. 
-E dai lascialo stare!- rispose Lily ridendo per la faccia da criceto di Orion. 
Il ragazzo si mise una mano sulla fronte. -Perché... perché a me...-
I ragazzi consumarono i loro pasti, e una volta finito, Selegon pagò il conto -alquanto salato- e il gruppo uscì dalla taverna, preparando poi i loro cavalli. Mentre Lily ed Orion salivano in groppa, Selegon si fermò a osservare dei bambini per strada che giocavano. 
-Io sono più forte di te!- urlava il primo. 
-E io di più!- rispondeva il secondo. Vedendoli, il ragazzo accennò un sorriso. 
-Ma io ho ucciso il tuo papà!-
-E io lo vendicherò!-
Selegon spalancò gli occhi di scatto ed ebbe un sussulto. Davanti ai suoi occhi la scena si tramutò in una visione distorta di un uomo incappucciato con una lunga tunica strappata. L'immagine sfumò in una piccola stanza, con due cadaveri per terra. Selegon rimase fermo con gli occhi strabuzzati, pietrificato da quella visione. Iniziò a vedere degli occhi scarlatti con pupilla serpentina che lo fissavano e si avvicinavano sempre più, distorcendosi come un interferenza, con un sottofondo di urla crescenti. Quando arrivarono all'apice, il ragazzo venne smosso da Lily, che lo stava tirando per la spalla. Egli si capacitò di aver solo sognato ad occhi aperti, e scuotendo il capo, guardò i due compagni. -Non... è nulla. Stavo solo pensando. Avanti andiamo, non possiamo perdere tempo.- disse Selegon a voce tremante, e it gruppo dopo qualche indugio partì in direzione della dimora di Em'ett. 
Cavalcarono per un quarto d'ora circa, passando tra varie case locali e abitazioni, e infine si trovarono nella piccola stradina per uscire dal villaggio. Attorno a loro il paesaggio era abbastanza spoglio, con prati di lunga erba semi secca e alcuni alberi qua e là. Girarono la testa a sinistra, e videro una piccola catapecchia dall'aria abbandonata e strana, piena di assi di legno a riparare i vari danni. Aveva un acuto tetto a punta, e numerose finestre. Sembrava quasi fossero stati presi interi pezzi di altri edifici per costruirla, visto il colore diverso di alcune parti, gli stili diversi e la torre storta dal tetto acuminato. 
-Ah.- disse Lily inclinando un sopracciglio. 
Davanti alla "casa", vi era un piccolo recinto malmesso con una porticciola storta, all'interno del quale sorgeva un giardino -se così si poteva definire- con un prato fatto interamente di lancette di orologio infilate nel terreno, e statue fatte sempre di lancette raffiguranti lancette ancora più grandi. 
A ogni passo, il gruppo era sempre più sconvolto da quelle assurdità, e quasi aveva l'impulso di tornare indietro, ma continuò ad avvicinarsi. Lily posò la mano sulla porticciola, ma prima di spingere, essa si staccò e cadde a terra. I ragazzi si guardarono in faccia e poi entrarono nel giardino, fermandosi davanti alla porta. Essa era fatta d'ebano e possedeva decine di serrature. Al centro, presentava una porticina rotonda della grandezza di una mano, con un piccolo buco al centro per guardare. Selegon avanzò e fece per bussare, ma prima di poterlo fare, la porticina si aprì di scatto. Il ragazzo avvicinò il viso per guardarvi dentro, ma dal buco uscì un cannocchiale che lo scrutò attentamente, per poi sgusciare di nuovo dentro. Al suo posto poi,emerse una mano, che si allungò prima su Selegon, tirandogli una ciocca di capelli, poi su Lily tastandole il naso, e infine si avvicinò ad Orion. egli rimase immobile a guardarla spaventato; la mano mosse l'indice a sinistra, poi a destra, poi su, e poi giù, e infine con uno scatto gli tirò uno schiaffo, e rientrò nel buco. 
-Ahia! Mi ha fatto male!- urlò il giovane. 
La porta emise vari cigolii e suoni di serrature, e dopo diversi secondi, si aprì lentamente. Dallo spiraglio però non si vedeva niente. Selegon posò la mano sulla porta e spinse. Davanti a lui apparve un uomo sulla cinquantina, con capelli bianchi sparati in ogni direzione come avesse preso la scossa, occhi grandi e un copricapo con attaccato un lungo monocolo d'ingrandimento, che gli ingigantiva l'occhio destro. Egli vide il gruppo e cacciò un urlo agitando le braccia e scappando dietro a un tavolo. Il ragazzo fece dapprima un'espressione di disapprovazione, poi si avvicinò all'uomo e cercò di parlarci. Egli però lo guardò spaventato, e da dietro al tavolo fece degli scatti a destra e a sinistra per disorientarlo. Ogni volta che Selegon tentava di aggirare il tavolo, lui girava nella stessa direzione facendo espressioni una più strana dell'altra. Alla fine il ragazzo mise le mani in avanti con calma: -Voglio solo parlare, Em'ett.-
L'uomo si drizzò: -Ehi ehi, mi conosci?- disse, per poi rispondersi da solo -ehi, ti conosce!-
-Guarda guarda che anche tu ti chiami così...- continuò. -Si è vero, ma vuoi smetterla di ripetere le parole due volte? Così sembri pazzo!-
Selegon tossì apposta per farsi notare, ed Em'ett si girò verso di lui. -Uh uh, salve Selegon!-
-Conosci il mio nome?-
-Oh no che, che non lo conosco!- rispose l'uomo con una risatina. -Ho solo tirato a indovinare!-
-Si... certo. Quindi dal fatto che hai aperto la porta poco prima che io bussassi, devo presupporre tu sapessi già della nostra visita.-
-Huhuhu, e che faccio io, prevedo forse il futuro?- rispose Em'ett allegro. -Come? Prevedi il futuro? E perché non me lo hai detto?-
-No che non posso! Era sarcasmo!-
Il ragazzo iniziava a spazientirsi. -Em'ett, ascoltami. Siamo venuti qui per parlarti.-
Nel mentre, Lily si stava guardando attorno: l'intera casa era piena zeppa di orologi a pendolo, a cucù, semplici, di ogni tipo forma e dimensione. Erano appesi ovunque, occupando ogni buco disponibile, arrivando a essere attaccati perfino al soffitto. Ognuno di essi era puntato a un orario diverso, e tutti ticchettavano all'unisono. La ragazza poi girò lo sguardo verso Em'ett, notando il suo vestiario: un lungo cappotto marrone a quadri rossi, con decine e decine di tasche, taschine e tascone, al di sotto del quale portava una camicia metà nera a righe bianche e metà bianca a righe nere con un foulard rosso verde e blu avvolto un pò distrattamente al collo. Portava poi una cintura di pelle e dei pantaloni a vita altissima allacciati quasi all'altezza dell'ombelico, di colore giallo miele con righe spiraleggianti nere e due bretelle penzolanti. Infine ai piedi portava due stivaletti neri a punta. 
Selegon continuava a tentare di approcciarsi a quell'uomo: -Ascolta, ci serve il tuo aiuto.-
-Il, il mio aiuto? E per cosa?-
-Sappiamo che tu conosci Kras'nos.-
-Kras'nos? Cosa, cosa è successo?- disse l'uomo trovando un pò di serietà. 
-È troppo lunga da spiegare... basti sapere che ha tradito il suo re e si...-
-Si è impossessato dell' Oblivion?- terminò Em'ett
-... Si... e ora l'intero continente di Io...-
-È stato evacuato?-
-... Esatto... per questo siamo qui, per...-
-Per chiedermi informazioni su quali siano le sue intenzioni, visto che gli ho fatto da maestro e lo conosco?-
-... Si. Ma allora tu...-
-No no, te l'ho già detto! Non posso prevedere il futuro! Me lo chiedi perché ti hanno raccontato, raccontato degli esperimenti che feci quando ero sotto il re Odinn?-
-Si. Mi dissero che tentasti di impadronirti di Miraiith, l'incantesimo che si diceva potesse permettere...-
-Di leggere il destino... ma come credo ti abbiano detto, così non fu. Uh!- l'uomo improvvisamente trasalì -Orologio!- e corse a caricare uno degli orologi della casa. Selegon rimase fermo ad attendere stranito, e dopo un minuto Em'ett tornò, riprendendo la conversazione. -Dunque, come dicevo... tutti pensano che il Miraiith permetta di avere il destino in mano, ma non è così. Questo incantesimo non mi dà la possibilità di sapere il futuro, o meglio, non mi permette di sapere il MIO futuro.-
-... Come?-
-Il Miraiith mi fa vedere "ciò che non posso cambiare". Immagina, se tu potessi avere il futuro il mano, allora potresti impedire certi avvenimenti. E se cambiassi il futuro, allora ciò che hai previsto non succederebbe più. Per questo vedo solo ciò che non posso cambiare. Vedo il futuro di persone che non conosco, che mai vedrò. Vedo il futuro di luoghi lontani e irraggiungibili. Vedo le scelte che le persone fanno...-
-Ma allora questo potere...-
-A cosa serve in realtà? A comprendere.-
-Comprendere?-
Em'ett sorrise. -Il futuro ce lo creiamo noi, grazie a tutte le scelte che facciamo. Io vedo quelle degli altri. Ed è per questo che il Miraith è stato creato. Per comprendere cosa significhi fare una scelta. Per comprendere che bisogna accettare il destino. Il vero senso di questo incantesimo, è proprio l'accettare il proprio futuro e le proprie scelte. Quando si comprenderanno le scelte altrui e si accetterà il proprio destino senza voler interferirvi, allora si potrà davvero vedere tutto... Questo è il senso di "Miraiith".-
Selegon rimase zitto un pò, poi parlò: -Quindi, puoi aver visto quel che vuol fare Kras'nos?-
-Può darsi, ma ci sono cose che è meglio non sapere, Selegon. Non fare domande di cui potresti pentirti d'aver risposta.- rispose l'uomo con serietà.
-Con questo devo però dedurre che allora sai...-
-Come ho già detto, può darsi. Sappi che il destino ti busserà alla porta. Fino a quel momento, comprendi il valore della pazienza.-
Selegon inclinò un sopracciglio: -Non mi piace.-
-Nessuno ha detto che ti deve piacere- rispose Em'ett mentre gingillava con qualche orologio. -Ma io penso che tu mi debba ancora una domanda... o sbaglio?-
Il ragazzo socchiuse gli occhi. -Antares...-
-Vuoi sapere se le leggende sono vere?- ci fu un attimo di silenzio. -Si, esiste. E ora che l'Oblivion è stato risvegliato, lui è tornato.-
-Cosa succederà ora? Cosa significano le parole "E il canto suo, della fine dei tempi il preludio sarà"?-
-Rettifico, Selegon, è meglio non conoscere certe risposte.-
-Continui solo a fare enigmi.- rispose Selegon irritato. -E non mi dici nulla di concreto. Pensi che dovrei crederti?-
-Domanda tecnicamente sbagliata! Ciò che dovresti chiedere a te stesso è "io in cosa voglio credere?"- rispose l'uomo con un sorriso, lasciando senza risposte Selegon. Dopo un lungo silenzio, quest'ultimo si voltò, e con fare alterato chiamò Lily ed Orion. -Andiamo via. Qui non avremo nessuna risposta.-
L'uomo intervenne: -Un ultima cosa, Selegon.-
-Cosa?-
-Ricorda cosa significa avere coraggio.-
-Che vuoi dire?-
-Molte persone sono come i serpenti. Possono fingere di avvicinarsi per volerti abbracciare, ma in realtà ciò che faranno è avvinghiarsi attorno a te, e stritolarti. E questo è un destino in cui almeno una volta incalziamo tutti. E per molti, trovare la forza di rialzarsi e andare avanti richiede coraggio. Ma ciò che davvero fa di te una persona coraggiosa, è trovare, ancora una volta, la forza di abbracciarlo. Ricorda queste parole...- disse l'uomo con un pacifico sorriso.
Selegon aprì la bocca per dire qualcosa, ma si fermò e dopo un paio di istanti, si girò, e seguito dai suoi compagni, uscì dalla casa senza voltarsi. Lily mentre camminava parlò a bassa voce: -Avanti Selegon! Così non si guadagna nulla, Sei stato troppo pretenzioso!-
-Non mi importa. Se non mi vuole fare le risposte che cerco, io non posso farci nulla.- rispose seccato il ragazzo mentre usciva dal recinto, e, senza perdere ulteriore tempo, salì a cavallo.
Em'ett si affacciò alla finestra, guardando i ragazzi allontanarsi. -Ah, Selegon. La verità è che ti ho detto solo quel che ti era dato sapere. Io... ho già compreso cosa significhi fare una scelta. Ho già accettato il destino. Quindi si, Selegon, posso vedere tutto. Sapevo che oggi saresti venuto, sapevo che Kras'nos ha preso l'Oblivion, ho visto tutto. Ho visto il vero aspetto di Antares, ho visto cos'ha intenzione di fare, e l'ho visto riuscire nelle sue intenzioni. Ho visto l'ombra cadere sul mondo. Ti ho visto agonizzare al suolo, Selegon. Ti ho visto perdere ancora una volta tutto ciò a cui tieni, e tutto ciò che ami. Ti ho visto morire, Selegon. Ed è per questo che non ti ho detto nulla. Tu ancora non vuoi accettare il tuo destino, ma dovrai farlo. Il destino è innegabile. Non si può cambiare. Addio, Selegon.-

                                                         *

Sion, costa est, campo per i profughi da Io. 
All'interno di un tendone si udirono delle voci:
-Grazie mille per la collaborazione.-
-No, ti prego! AARGH!-
Silenzio. La porta del telo si aprì, e ne uscì un'uomo vestito elegantemente, con neri capelli curati tirati indietro e occhiali rettangolari. Egli pulì dal sangue il piccolo pugnale che recava in mano, e lo rimise dentro la giacca. -Abbiamo finito qui. Ho avuto tutte le informazioni che ci servono.- disse ai due uomini che lo aspettavano fuori. Dietro di lui, attraverso lo spiraglio della porta del tendone, si intravedeva il corpo senza vita di Ulog, in un lago di sangue. 
La giovane notte avvolgeva ogni cosa, silenziosa e oscura, cullata dal verso dei grilli e dalle lente onde del mare, che si infrangevano sulla spiaggia sotto il limpido cielo stellato. 

 

 

Allora arrivò la tempesta,e mi chiese "cos'hai perso quel giorno?"
E nel tepore dell'odio,cadetti in ginocchio.
Di che colore è la sabbia che mi è rimasta in mano? Da che parte sta il vento che ora me la porta via?
Così io,ancora una volta alzo lo sguardo al cielo,squarciando le nubi con le parole che mi aprono il torace.
chi siamo? cosa si posa sui palmi delle nostre mani?
E quindi,nuovamente guardandomi,la tempesta mi offrì un fulmine. La tempesta,che dagli abissi dell'oceano,era fuoriuscita.”

                                                             [Helden: Destiny]

 

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Capitolo 22
*** ... ***


Nelle foreste del confine est di Sion era notte inoltrata. 
Selegon, Lily ed Orion avevano viaggiato verso nord est per parecchie ore, ed ora si erano fermati in mezzo ai boschi per dormire. Orion si era occupato di accendere un piccolo fuoco, che ora illuminava gli immediati paraggi, mentre Selegon aveva cacciato una lepre. Quest'ultimo non parlava da quando erano usciti da Adla, e pareva di pessimo umore. La carne fresca cuoceva sul fuoco, emanando un invitante odore che faceva venire l'acquolina in bocca. Lily era seduta davanti al ragazzo, pensierosa. 
-Ascolta- disse -non devi essere così duro.-
Selegon stette zitto. 
-Avanti! Vedrai ai troveremo un modo per...-
-Non troveremo nulla. Senti Lily, è finita. Non sappiamo nulla di Kras'nos, né la sua posizione, né tantomeno le sue intenzioni. Basta. Ora ognuno andrà per la sua strada. Vi porterò a Noctinghal, e lì le nostre vie si separeranno. Non c'è altro.-
-Ma!- cercò di intervenire la ragazza. -Se noi siamo guardiani, non dobbiamo separarci! Dobbiamo andare ai templi dei guardiani!-
-Per fare cosa? Se l'imperatore ha tenuto segreta la nostra esistenza, che senso ha andare ai templi? Cosa pensi ci direbbero?-
-Almeno potremmo scoprire il motivo di questo silenzio! Avanti, non vuoi scoprire chi siamo davvero?-
Selegon distolse gli occhi -No, non voglio avere nulla a che fare con l'impero.-
-Perché, che significa?- chiese Lily stranita. Il ragazzo però non rispose, e si alzò. -Vado a dormire, non ho molta fame.- disse, e si arrampicò su un albero lì vicino, piazzandosi sdraiato su un ramo. 
Alcuni minuti dopo tornò Orion, con dei pezzi di legno in mano. Vide la ragazza da sola, e posando i rami a terra, chiese: -dov'è finito Selegon?-
-Su quell'albero...- rispose lei indicandolo. -Ma evitiamo il discorso...-
Il giovane si sedette davanti a lei, e sorrise. -Provi qualcosa per lui, vero?-
Lily arrossì, e guardò altrove. -...Non lo so.-
-Sai, dovresti dirglielo!-
La ragazza osservò Selegon, che sdraiato sul ramo dell'albero a quasi otto metri di altezza, guardava il cielo. 
-Io... non lo so davvero...-
-Dai, non preoccuparti!- rispose Orion con un invisibile tristezza in volto. -Avanti su! Piuttosto, che aspetto delizioso questa lepre!- disse poi gesticolando in modo stupido, facendo sorridere la ragazza. -Ah allora sai sorridere eh!-
-Sei stupido!-
-Lo so e me ne vanto!- continuò lui di sana pianta con le sue solite espressioni buffe. -Allora signora Hyperic, vuole raccontarmi le sue avventure e parlarmi dei suoi gusti? Sempre se le è di garbo!-
Lily sorrise e iniziò a parlargli. I due chiacchierarono fino a notte fonda, parlando di qualsiasi argomento, e sfogando ciò che avevano dentro illuminati dal fuoco che scoppiettava vivacemente.
Si fece mezzanotte. Ormai i ragazzi erano andati a dormire. Orion ronfava pacificamente in posizioni assurde, Selegon era ancora sveglio a guardare le stelle, così come Lily. Ella non faceva altro che pensare a cosa successe nel dungeon dell'Oblivion. 
"La guardiana dell'acqua..." pensò tra sé. Si girò poi per controllare di non essere vista, e molto silenziosamente si alzò, camminando a passo felpato verso la foresta. Avanzò per parecchi minuti tra arbusti, alberi e strane piante esotiche, stupendosi della magnificenza di quel paesaggio. Vi erano arbusti luminescenti di un verde acceso, magnifici fiori notturni che emettevano una luce cangiante dal giallo miele al viola, piante alte circa tre metri con fiori pendenti a forma di campana, provvisti di lunghi pistilli bianco abbagliante, e moltissimi insetti simili a lucciole, ma di varietà e colori incredibili. Una volta uscita dalla parte più fitta della boscaglia, la ragazza si ritrovò davanti a un piccolo laghetto, largo una decina di metri e luogo circa quindici, anch'esso ricco di piante stupende e variegate. 
Lily avanzò con il cuore che iniziava a batterle forte, abbassandosi sulla riva e toccando la superficie dell'acqua. In quel momento, vide la sua pietra illuminarsi improvvisamente, ed emettere un battito di energia. La ragazza la sentì, come se le parlasse. Non diceva parole concrete, ma lei riusciva a capire lo stesso. Chiudendo gli occhi poteva come percepire la sagoma sfocata del drago dell'acqua, davanti a lei. Si guardò nuovamente di non essere vista, e concentrandosi, posò ancora l'indice sulla superficie cristallina del lago. Questa volta, vide che dalla punta del dito uscivano delle onde che si propagavano e ramificavano. Concentrandosi ancor di più, Lily vide che vicino a lei, dallo specchio si alzavano dolcemente piccole goccioline d'acqua, che salivano sempre più. Si divertì molto a vederle muoversi nella direzione che voleva lei, e poi, alzando la mano verso l'alto, fece sollevare leggiadramente uno schizzo di parecchi metri. Convintasi dunque del controllo che aveva, sorrise e con il cuore palpitante mise il piede sulla superficie dell'acqua. Spinse verso il basso, e notò che non affondava, ma restava a galla come fosse terreno. Estasiata, si lanciò sul lago, e perse un attimo l'equilibrio dondolando un pò, poi ripresasi, le si illuminarono gli occhi e iniziò a correre sul liquido che la sosteneva gentilmente, mettendo la punta del piede sulla superficie e girando su se stessa, emettendo grandi schizzi circolari. Si fermò poi un attimo, e con un raggiante sorriso, alzò le mani, facendo innalzare delle grandi colonne d'acqua di almeno dieci metri. Controllandole poi con le dita, le fece disegnare in aria dei disegni astratti, e disperdersi creando fantasie floreali meravigliose. Infine, con un battito di mani, le fece unire causando una stupenda esplosione acquatica, che formava l'immensa immagine di un fiore che sbocciava. Una volta che tutto ciò fu ripiovuto, Lily si guardò le mani tutta felice, e scattò verso l'accampamento. 
Selegon era ancora sveglio, e stava a pancia in su a contemplare la limpida volta celeste. Mettendo la mano al di sotto del vestito, estrasse la sua pietra, osservandola da vicino. Se vista attentamente, si poteva notare che essa era stata tagliata a metà per il lungo, di netto. Il ragazzo restò diverso tempo a osservarla, nella debole luce cristallina che emetteva, sotto il bagliore delle due lune alte nel cielo.
Non molto distante da lì, in cima a una ripida altura rocciosa, quattro figure apparvero, adombrate dalla luce lunare. Una di esse, di cui si potevano notare solo una lunga giacca elegante e capelli lisci di media lunghezza, parlò con una giovanile voce maschile: -Eccoli... finalmente. Non vedevo l'ora!-
Una seconda voce maschile, più dura ma gioviale, rispose. -Andiamo allora, no?-
-Calma. Non è ancora il momento migliore.-
Una terza voce, sempre maschile ma un pò infantile, parlò. -Sei fin troppo paziente! Dovremmo muoverci, sennò finirà con peggiorare la situazione!-
Infine, la quarta persona intervenne con un tono femminile dolce ma profondo. -Ma... più che altro... essi accetteranno i fatti?-
-Beh- rispose il primo -dovrà per forza! In fondo, tra non molto avremo un obbiettivo in comune...-
 

                                                                     *
 

Paesaggi montagnosi di Vees Thol.
In mezzo a un sentiero ghiaioso stavano camminando due persone. Uno era un ragazzino di razza Had rò kaan vestito di larghissime vesti verde chiaro, con una chioma fluente legata in una coda e due piccole falci a mezzaluna legate alla vita. L'altro invece era un uomo piuttosto alto, dai capelli neri tirati indietro lunghi fino alle spalle, che indossava quello che pareva un poncho nero a collo alto che si apriva lateralmente scendendo in linea obliqua, con i bordi tutti consunti e strappati, così come i pantaloni grigio topo. I piedi invece non calzavano nulla, ma erano bendati, ugualmente all'addome. Sulla schiena, egli portava legata una strana falce. 
Mentre i due camminavano, si udì un fruscio, e qualcosa si mosse rapidamente tra i rami. Il più grande dei due si fermò senza alcuna sorpresa. 
-Chi sei?-
Dagli arbusti si fece strada una voce ridacchiante. 
-Che riflessi, mi hai beccato!- in mezzo al fogliame, emergette Zarickaf, sorridente. -Buongiorno, Hi'yoko e Krov, meglio detto "Uomo budino!"-
-COME MI HAI CHIAMATO?- rispose ad alta voce il più grande. -DÌ UN PÒ, VUOI MORIRE?-
-Ah, quanto la fai lunga! Perché non sei composto come il piccoletto?-
-COME MI HAI CHIAMATO?- urlò di sana pianta il ragazzino. -Vi siete proprio trovati eh?- rispose Zarickaf aggrottando la fronte. Kro'v si fece più serio. 
-Perché sei qui? Cosa vuoi?-
-Ah nulla, volevo chiederti se usi ancora la tua falce.-
-Certo che la uso! Sai benissimo che non posso farne a meno.-
-Si ma, la usi più del dovuto?-
L'uomo posò la mano sulla falce che portava dietro la schiena; Essa aveva un aspetto piuttosto strano e inquietante. Un'impugnatura sottile avvolta da una benda rosso scuro penzolante, una lama contorta nera come la pece, lucida e scintillante, con incavati dei luminosi simboli rosso sangue.
-So a cosa vuoi arrivare...- 
Zarickaf assunse un espressione cupa: -Lui è tornato.-
-Si, l'ho percepito.-
-Dovresti cercare di utilizzare il meno possibile quell'arma. Sai bene che le tre armi infernali gli danno potere.-
-Dovresti guardarti allo specchio allora! Anche tu hai il tuo fardello, no?-
Zarickaf chiuse gli occhi e sfiorò con la punta delle dita la spada legata alla sua schiena. -Si, lo so. Non la userò.-
-Pff, d'accordo.- rispose Kro'v. Tuttavia, vide qualcosa di strano nel viso del cacciatore.
-C'è altro?- 
Zarickaf scosse la testa, e si riprese. -Niente! Allora, è stato un piacere vederti, uomo budino! e anche tu, piccoletto!-
-MALEDETTO FIGLIO DI...- urlarono i due, ma il cacciatore era come scomparso in una fiammata bianca. Kro'v guardò gli alberi con espressione seria. Zarickaf nascondeva forse qualcosa? Tuttavia, lasciò il pensiero, e chiamò Hi'yoko: -Avanti coso, andiamo.-
-Ok, ma smettila di chiamarmi coso!-
-Se vuoi tanto lamentarti del nome che ti do, allora ti faccio direttamente a fettine. Che ne dici?-
-Avanti, lo so che mi vuoi bene!-
-Come un leone ne vuole all'insalata.-
-Simpatico!-
 

                                                                  *
 

Oscurità. 
Un nero paesaggio , buio e infinito, un mondo al di là di quello fisico. 
Due esseri apparvero sfocati e distorti, come fossero in un incontro telepatico.
Uno dei due avanzò, mostrando il suo pallido viso dagli occhi gialli e dai capelli argentei, e si inchinò dinnanzi al secondo, un essere con una lunga tunica nera incappucciato. Egli si girò, fissandolo con i suoi occhi scarlatti serpentini. 
-Mio signore...- disse il primo. 
-Guarda guarda chi ha sputato il gatto...- rispose il secondo con una voce profonda e oscura. -ti sei goduto la scena eh?- 
-Dovevo, mio signore.-
-Era ora che qualcuno mi liberasse finalmente...-
-Ora come volete agire? Volete tornare alla vostra vera forma?-
-No... mi sto molto divertendo a osservare la scena da qui... credo che rimarrò ancora a godermi lo spettacolo.-
-Mio signore, non vorrei sembrare offensivo, ma quello che fate è un gioco pericoloso... siete sicuro?-
-Non c'è nulla di male nel divertirsi un pò.- rispose con un ghigno la figura incappucciata. -Voglio distruggerli, distruggerli dall'interno. Dimostrare quanto la loro razza sia ripugnante e inutile. Voglio vederli perdere ogni speranza. E inoltre... per l'ultima parte del mio piano ho bisogno di una certa persona...- disse infine, socchiudendo gli occhi con un diabolico ghigno.
 

                                                                    *
 

Dei passi risuonavano in un corridoio. Scarpe nere ben lucidate, pantaloni e giacca eleganti, un fazzoletto rosso nel taschino, un viso squadrato con scuri capelli tirati indietro e occhiali rettangolari. L'uomo misterioso, con uno sguardo morto e serio, si fermò dinnanzi a un grande portone finemente decorato, e venne bloccato da due guardie. 
-Identificati!- dissero severe quest'ultime. L'uomo cercò nella tasca interna della giacca, e vi estrasse un piccolo documento in pelle. Apertolo, mostrò un distintivo metallico raffigurante lo stemma imperiale circondato da tre scudi, ognuno dei quali conteneva rispettivamente un colibrì, un falco e un barbagianni. 
-Servizi segreti imperiali. L'imperatore mi aspettava.-
Le guardie immediatamente riposero le armi, e con umiltà consentirono all'uomo di entrare. Egli avanzò nella sala del trono, inchinandosi davanti all'imperatore. Questo lo osservò con un flebile sorriso. 
-Ben tornato, Mantiss. Immagino tu abbia buone notizie, o sbaglio?-
-Non sbagliate, mio signore.- disse l'uomo alzandosi e. mettendosi composto. -Siamo riusciti a localizzarlo.-
-Ottimo, ottimo. Hai il rapporto?-
-Si mio signore.- rispose Mantiss, porgendo dei documenti. Karthak li prese, e si avviò verso il trono. 
-Eccellente. Grazie dell'impegno, ora abbiamo le informazioni che ci servono.- disse poi, premendo il tasto della comunicazione sul trono. -Nails?-
-Si mio signore!- si sentì dall'apparecchio. 
-Fai pure salire il generale Galx. E contatta il dipartimento interno. Devo richiedere un mandato imperiale di livello 3.-
-Si mio signore! Provvedo subito!- rispose Nails. La comunicazione si chiuse, e l'imperatore si sedette, leggendo il rapporto. -Puoi andare, Mantiss.-
L'uomo fece un veloce inchino e si ritirò, uscendo dalla stanza. Passarono alcuni minuti, al termine dei quali fece ingresso nella sala il generale Galx.
-Bentornato anche a te, Galx.-
-Grazie mio signore. Volevate vedermi?-
-Si. Ho ottime notizie, finalmente abbiamo avuto le informazioni che ci servono. Stai per avere il tuo mandato imperiale, e ho già mandato a chiamare Eldingar; nell'attesa, ti spiegherò brevemente la situazione.-
 

                                                                    *
 

Noctinghal. 
Sagas era seduto triste e solitario sulla panchina davanti a casa sua. La città era chiusa e profondamente addormentata, ma lui non riusciva a chiudere occhio. Guardava davanti a se, smentre si teneva il braccio destro, il quale ormai era inutilizzabile, ed indossava un lungo guanto per coprire le deturpazioni e le cicatrici. Sulle ginocchia, l'uomo aveva poggiata una lettera che gli comunicava di essere stato trasferito ad Archey'ss. Egli socchiuse gli occhi, e pensando alla nipote fece un grande e pesante sospiro.
 

                                                                    *
 

Archey'ss, giardini del palazzo imperiale.
Eldingar, sdraiato sul soffice manto d'erba vellutata, osservava le nuvole biancastre mentre rosicchiava un bastoncino di liquirizia. Il cielo si stava schiarendo sempre più, e il sole era appena uscito dall'orizzonte, facendo scintillare lo stemma a forma di falco in volo che il ragazzo portava inciso sul pettorale argenteo. Il suo stretto viso leggermente abbronzato era tranquillo e liscio, un pò aggravato dalle sue strette sopracciglia nere, e dai capelli appuntiti legati in una coda di cavallo sparata e puntigliosa. Solo qualche ciuffo gli cadeva dritto sui lati della fronte bassa e larga. Attorno al collo era legata una piccola collana con attaccata una pietra blu di forma prismatica, la quale era però tagliata in due per il lungo. 
Mentre egli guardava tranquillo il cielo, dietro di lui sentì dei passi. Un soldato messaggero era inchinato a pochi metri. 
-Generale Lamium!-
-Si, dimmi.- rispose Eldingar tranquillo. 
-Ho un messaggio dall'imperatore! Mi è stato detto di riferirvi che "quella missione" avrà inizio tra non molto. Ha detto che avreste capito.-
-Uhm, capisco.- disse il generale senza distogliere gli occhi dalle nuvole.
 

                                                                    *
 

Selegon, stava anch'egli scrutando la volta celeste, sdraiato sul ramo di un' albero. Senza farsi vedere, Lily era tornata, e si stava mettendo sdraiata di fianco ad Orion, che continuava a dormire pacificamente. Selegon toccò nuovamente la pietra che portava al collo, chiudendo gli occhi. In quel preciso istante, sentì un suono. Era come una melodia di flauto, una melodia lenta, profonda e tristissima, che celava una malvagità immensa. Il ragazzo saltò mettendosi seduto, e si guardò intorno velocemente, cercando di capire da dove venisse. Era inconfondibile: quelle erano le note dell'Oblivion. Selegon cercò di aguzzare l'orecchio, ma si accorse che era come se il suono venisse da ogni direzione. Come lui, anche Lily si alzò e si guardò attorno, e perfino Orion si svegliò. Ben presto, si accorsero che quella melodia era solo un eco lontano. E loro non erano gli unici a sentirlo. Anche nelle città questo suono si propagò. Le persone si affacciavano alle finestre e uscivano di casa per tentare di capire che suono fosse. Anche nelle campagne quell'eco si diffuse. E nelle colline, e nelle montagne, dagli oceani ai deserti, dalle foreste ai ghiacciai. Tutti gli esseri umani del mondo, sentirono quelle note. Come un triste concerto che avvolgeva tutto il mondo. Sagas sbarrò gli occhi spaventato, mentre la nipote usciva incuriosita di casa. 
L'imperatore Karthak interruppe il dialogo con il generale Galx, e si affacciò alla vetrata della sala, arricciando il naso.
Zarickaf non si smosse, seduto nella sua casa a leggere un libro. Emise solo un sorrisetto. 
Selegon alzò gli occhi, e le uniche parole che gli uscirono dalle labbra furono: -E il canto suo, della fine dei tempi il preludio sarà...-
 

                                                                      *
 

Sull'oceano di Adriel, a est di Io, soffiava un quieto venticello, che increspava leggermente la piatta superficie. Silenziosamente e instancabilmente, una nebbia nera avanzava appena sopra l'acqua, oscura e inarrestabile, dirigendosi lentamente verso la costa di Sion.


                                                                      *


Erano passate un paio d'ore da quando quella misteriosa melodia s'era udita, e ora tutti erano tornati alle loro regolari faccende. Su Archey'ss il sole si alzava giovane e splendente, illuminando gli altissimi palazzi cristallini della città, e filtrando dalla vetrata della sala del trono. All'interno di essa, l'imperatore aveva appena terminato di parlare con il generale Galx, e ora gli stava consegnando una busta. 
-Questo è quanto. Eldingar si sta già preparando, nel mentre, tu parti. Essendo un mandato di livello tre, naturalmente puoi agire come meglio desideri.-
-Certo mio signore. Farò un lavoro pulito.-
-Ottimo. Puoi andare.-
Galx si avviò verso l'uscita. Karthak guardò fuori dalla vetrata con le mani dietro la schiena e con sguardo serio, chiudendo gli occhi. Una volta nel corridoio, il generale scartò la busta, e vi estrasse il mandato. Recava il timbro imperiale e la firma di Karthak, e più in basso si poteva leggere "Dipartimento interno di giustizia di Gre'kahal". Più sotto si potevano leggere le accuse. "Alto tradimento, tentato spodestamento del ventisettesimo trono imperiale, e omicidio dei coniugi Lamium. Per tali accuse, la pena è la condanna a morte.-
Ancora più sotto, vi era scritto il nome dell'accusato. 
"Selegon Lamium"

 

 

 

                                                      “Così ha inizio.”

                                                           [Helden]

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