Everything's Better With You

di btrsperfume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Malibu. ***
Capitolo 2: *** A new day. ***
Capitolo 3: *** Waves. ***



Capitolo 1
*** Malibu. ***


E' una ff sui big time rush, enjoy! :)



Ero lì. In spiaggia. A Malibu.
Surfisti ovunque. Ragazzi che ci provavano con ragazze. Avete presente quelle di tumblr? Ecco. Loro. Uguali, davanti a me.
Ero lì. In spiaggia. A Malibu. Da sola, con il frullato appena comprato al piccolo chiosco, il quale distava sì e no dieci salviettoni da me.
Non sò, continuavo a guardare il cellulare. Forse per non sembrare troppo ‘forever alone’ agli occhi degli altri, oppure per aspettare una telefonata, un messaggio, o che sò io.
“Ancora dieci minuti, e poi torni a casa.” ho pensato.
Erano le sei e mezza di sera, ma il sole non aveva ancora finito di scottare. Comunque, c’era quell’arietta che rinfrescava e che trasportava odore di mare e alghe.
Sempre quell’aria mi fece ricordare i bei momenti passati nella mia piccola cittadina natale, in Florida, e a tutti gli amici che ci avevo lasciato. Era dura da accettare.
Il giorno prima – il giorno del nostro arrivo – feci una chiacchieratina con mio padre.
“Vedrai, quì sarà l’inizio di una nuova vita! Te ne farai degli altri, di amici. E’ facilissimo, su!”
Davvero? Dici seriamente, papà? A sei anni, è facile. A sedici, iniziano ad esserci delle piccole complicazioni, sai?
“Si, certo. Chissà a quanti ragazzi interessa fare conoscenza con una appena arrivata dall’altra parte degli Stati Uniti, quando hanno già una caterva di amici, quì.”
“Facciamo una cosa. Domani vai giù in spiaggia e io sono sicuro che qualcuno si farà avanti. Se non sarà così, avrai l’onore di dirmi ‘te l’avevo detto’. Ci stai? ” mi disse.
Esitai. “Va bene” gli rivolsi un mezzo sorriso.
Lui mi sorrise e mi abbracciò.
Aspettammo mamma per la cena e poi tutti e tre sul terrazzo a guardare il mare e tutto il resto che ci circondava e che avrebbe fatto parte del ‘Nuovo Inizio’.
Mio fratello non aveva preso parte a questo viaggio siccome già maggiorenne. A volte lo invidio, e questa era una delle molte volte.
 
Beh, il resto lo sapete già.
In spiaggia, sola e come unico amico, un frullato – il quale se ne stava andando, purtroppo, a causa della mia sete.
Indossai i pantaloncini, canottiera, infradito, misi nell’eastpack il mio salviettone, il tubetto di crema solare mezzo vuoto e iniziai la risalita della spiaggia con il mio skate in mano.
“Dio, che fastidio il sale sulla pelle. Mi pizzica tutto, ora sfollo” pensai. Che odio.
D’un tratto, mi sentii prendere il braccio.
“Hey, scusami ma, penso che tu abbia perso questo. Ho visto mentre ti alzavi che ti era caduto qualcosa dalle gambe, così sono andato a vedere e..” disse un ragazzo moro, occhi verdi, di sicuro con qualche anno in più di me, con la tavola da surf sottobraccio, che mi porgeva il mio cellulare.
“Oh, grazie mille! Non me n’ero nemmeno accorta!” lo ringraziai.
“Figurati, non c’è di ché” mi sorrise.
Ora, non per fare la ragazza alla ‘Ommioddio, quel ragazzo ha il sorriso più bello che io abbia mai visto!’ ma, seriamente, mi ritrovai a pensare “Ommioddio, quel ragazzo ha il sorriso più bello che io abbia mai visto!”
Davanti a quello spettacolo da pubblicità di un dentifricio, mi misi a sorridere come un’ebete. Sì.
“Io – “ iniziai a dire, disincantandomi, “Io dovrei andare”
“Ah, sì, d’accordo. Allora ci si vede” mi disse, rivolgendomi ancora un sorrisetto alla ‘sì, muori ai miei piedi, plebea’
“Ovvio! Non vedo l’ora!” mi pentii subito. Davvero, non so con che coraggio io abbia fatto uscire quella sottospecie di frase. Riprenditi, ragazza.
Mi stavo dirigendo verso la stradina ai bordi della spiaggia, quando..
“Comunque, io sono James!”
Rimasi immobile per circa cinque secondi, poi mi voltai.
“Annie, piacere” e ripresi la mia strada.
 
Ebbene, mentre andavo a casa sullo skate, mi trovai a considerare l’idea di ‘James il surfista’ come potenziale nuovo amico. “Domani, lo incontrerò ancora, Forse, e Forse riuscirò pure a farci quattro chiacchiere.”
Oppure no.
Forse non l’avrei più rivisto, Forse era quì solo di passaggio a trovare degli amici oppure per stare con la sua ragazza.
C’era sempre quel piccolo ‘forse’ che poteva stravolgere le cose.
Comunque sia, il ragazzo Mentadent non era niente male come prima conoscenza.
 
“Papà, niente ‘te l’avevo detto’, per questa volta” pensai e sorrisi, mentre cercavo di non far caso al fastidio del sale sotto la canottiera.
  
  
 
  






Spero vi sia piaciuto c:






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Capitolo 2
*** A new day. ***


QUESTO E’ IL SECONDO CAPITOLO. SPERO VI PIACCIA :) xx
 
Arrivata a casa, mi sdraiai sul letto. Era stata una giornata lunga, ma con un bel finale, inaspettato.
“hey, com’è andata?” mio padre fece capolino dalla porta della mia stanza.
“ho conosciuto un ragazzo, penso sia di queste parti..” dissi, sfogliando una rivista.
“ed è simpatico?”
“non abbiamo parlato molto, ma è gentile.  Mi ha riportato il cellulare”
“riportato? Dov’era?”
“l’avevo dimenticato in spiaggia, lui l’ha visto e me l’ha riportato”
“bene.. non hai conosciuto nessun’altro?”
“mh, no. Solo James”
“James.. e quanti anni ha?”
“non lo so, papà.. mi ha solo restituito il cellulare!”
“ma ti sarai fatta un’idea, almeno”
“diciamo, sui venti..”
“e dimmi, lui..”
“FA IL SURFISTA. Papà, ti prego, non so niente di lui, te l’ho già detto. Queste sono le uniche cose che so di lui, punto”
“D’accordo, signorina. Tra dieci minuti è pronta la cena.. oh, e queste cose te le verrà a chiedere pure la mamma, quindi…”
“sì sì”
Misi giù la rivista e guardai fuori dall’enorme finestra della camera, che dava sulla spiaggia. Laggiù c’erano ancora sì e no una decina di persone che si preparavano per andare via. Era tutto così pacifico, il rumore delle onde, i gabbiani in cielo, la lieve brezza della sera. Era bellissimo. Rimasi lì per circa 5 minuti, quando mia madre mi chiamò per la cena.
 
Papà aveva ragione. A tavola mamma mi chiese della mia giornata e volle sapere tutto a proposito di “James il surfista”. Le dissi tutto quello che spiegai a papà, e lei ne fu felice, perché – cito testuali parole – “il primo giorno a Malibu, e la mia bambina conosce un ragazzo di nome James che fa il surfista! Mi hai fatto venire in mente tanti di quei ricordi!”
Questo perché il suo primo ragazzo – o il secondo, non ricordo – si chiamava e faceva il surfista. E’ ironico, lo so. Nella città in cui è nata, c’erano tantissimi surfisti, ma – questo è quello che mi ha detto – James era il più bello in assoluto.
Beh, anche il James di Malibu non scherza.
“Domani vado ancora in spiaggia” dissi, mettendo nel piatto un po’ d’insalata.
“Per via di James?” disse mamma, facendomi l’occhiolino.
Papà ci guardò storto.
Io sorrisi, ma non dissi niente. Non volevo dire di sì, perché avrebbero pensato che m’interessasse, ma neanche no, perché, infondo, volevo farci amicizia e conoscerlo di più.
“Va bene, sta solo attenta” disse mio padre.
“Papà..”
“Sì, insomma, non si sa mai cosa possa  capitare” concluse lui.
“Tranquillo” dissi io, sorridendogli.
 
Dopo cena andai sul terrazzo e mi cullai con lo sciabordio delle onde. E’ una tradizione. Anche in Florida, ogni sera, andavamo sul terrazzo, tranne quando era la stagione dei monsoni. Quelle sere conveniva rimanere in casa.
 
Verso le undici andai in camera, impostai la sveglia alle nove, mi misi i pantaloncini del pigiama e andai a dormire, emozionata per il giorno successivo.
 
La sveglia suonò alle nove precise.
Trotterellai – si, trotterellai appena sveglia, con non so quale forza. Forse l’emozione – verso le scale per andare in cucina. In casa non c’era nessuno, ma la mamma, prima di uscire, mi preparò i tre soliti pancakes con sopra lo sciroppo al cioccolato e una spremuta. Una colazione calorie zero, insomma.
Finito il mio banchetto, andai in bagno a farmi una doccia veloce, una lavata di denti, indossai le cose del giorno prima, mi pettinai, presi lo zaino e lo skate e uscì di casa, diretta alla spiaggia.
 
Appena là, posizionai il salviettine nel punto in cui era il giorno precedente e mi tolsi la canottiera, così da rimanere in pantaloncini.
Iniziai a cercare James, prima fra le onde e poi sulla spiaggia, ma non lo vidi.
“Annie! Ciao!”  era lui che mi correva incontro sorridendomi.
Il. Suo. Dannato. Sorriso.
“Sono felice di rivederti! Sei qui da sola?”
“Sì, non conosco ancora nessuno qui..”
“Senti, che ne dici se sposti la tua salvietta vicino alla mia? Così stiamo in compagnia”
“Certo, perché no” gli sorrisi
“Perfetto, ”disse, ricambiando il sorriso, prendendomi lo zaino e la canottiera “Più tardi ci raggiungerà anche un mio amico”
“oh..” dissi io, prendendo la salvietta “va bene”
Già ero in imbarazzo al pensiero di passare del tempo con lui, in più doveva arrivare un altro ragazzo. Volevo scappare e andarmene a casa, ma tutto quello che feci fu sorridere e seguirlo fino al suo salviettone.
 

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Capitolo 3
*** Waves. ***


TERZO CAPITOLO.
 
“Dai, sistemati quì” mi disse, indicando il punto in cui avrei dovuto stendere il mio salviettine; proprio accanto al suo.
Appoggiò il mio zaino e si diresse verso l a sua tavola da surf.
“Hai mai surfato?” mi chiese, prendendo la tavola.
“No, mai. Mi sono limitata solo a fare qualche insulsa nuotata” gli risposi.
“Oh,”  accennò  “e.. non ti è mai interessato imparare?” mi guardò in attesa della risposta.
“Non lo so, forse sì, ma non credo di esserne capace..”
“Basta fare un po’ di pratica, prendere confidenza con la tavola, l’acqua sotto di te, il vento, saper cogliere l’onda..” guardò la tavola come se fosse la sua migliore amica.
“Beh, chiamalo niente tutto questo..” lui rise, ma io ero seria.
“Dai, su, almeno provaci!” mi prese per mano; voleva portarmi in acqua. Io iniziai a ridere, quella risata nervosa alla «mollami, mentadent.»
“No, davvero, non sono in grado. E poi l’hai detto anche tu che ci vuole tanta pratica..” cercavo ogni scusa per non finire in acqua.
“E’ estate,” mi tirò a sé “abbiamo tutto il tempo per fare pratica”
Lui si accorse che gli stavo per ridere in faccia, allora si mise a riflettere sulla frase e..
“Oddio” si mise a ridere con me “sai cosa intendevo, dai smettila!”
Troppo tardi, mi stavo rotolando sulla sabbia e stavo per piangere dalle risate.
“Ok, ora tirati su” fece il finto serio.
“No, perché se mi tiro su, tu mi butti in acqua.” Dissi io, sdraiandomi sulla salvietta.
“Cosa!? Davvero pensi che io sia capace di questo!?” era il momento del finto offeso “Le tue parole mi fanno male, sai?” finto pianto “mi colpisci nel profondo del cuore!”
A quelle parole si batté un pugno sul petto e cadde sul salviettone. Il fatto è che, cadendo, mollò la tavola, che gli cadde addosso. Io rimasi impassibile.
“Rimbambito” sbottai.
“Come?” disse, da sotto la tavola da surf.
Gli picchiettai sulla tavola.
“Mi daresti una mano?” mi chiese, indicando la tavola sulla sua faccia.
“Non credo” iniziai a ridere.
“Non è divertente! Mi è caduta dritta sul naso” disse, lamentandosi.
“Oh, spero non sia successo niente di grave!” dissi.
“No, sto bene dai” mi sorrise.
“Dicevo alla tavola” gli risposi.
Lui fece il serio per due secondi, poi si mise a ridere.
“Grazie per il tuo interessamento!” rise.
“Dai, non ti sei fatto nulla.. sei bello come al solito”
“Davvero pensi che io sia.. bello?” mi chiese.
“No, mi fai proprio schifo. E’ da un po’ che volevo dirtelo” scherzai io.
“Ah, davvero?” mi guardò in modo strano.
“Sì, non ti si può proprio guardare, mi dispiace..” risi io.
“Allora se stanno così le cose..” in tre secondi prese la tavola, mi prese in braccio e mi buttò in acqua.
“Ti sto odiando in questo momento, sappilo.” Gli spruzzai dell’acqua.
“Mh, imparerò a conviverci” rise, portandosi la tavola davanti.
“Sei pronta per una cavalcata?” si pentì subito per averlo detto, vedendomi trattenere una risata ancora più grande della precedente.
Mi mise una mano davanti alla bocca, cercando di fermarmi la risata, ma continuai a ridere fino a sentire il bisogno di aggrapparmi alla tavola da surf. Sì, sono “dirty minded” se non l’avevate ancora capito.
“Basta, sali” mi indicò la tavola.
“Non ci penso neanche, ora torno in spiaggia” mi allontanai ridendo “divertiti!”
“Un giorno riuscirò a metterti su una tavola, solo io e te!” mi sentì ridere dalla spiaggia.
“DA SURF! RIUSCIRO’ A FARTI SURFARE! SMETTILA CON LA TUA MENTE PERVERSA!” mi gridò, sorridendo.
“Non è colpa mia,” gli risposi io “sei tu che formuli certe frasi!”
Lui si allontanò tra le onde, io mi misi al sole ad asciugarmi.
 
“Ciao!” mi sentii dire da dietro. Mi girai.
“Ciao!” risposi.
Era un ragazzo moro, un po’ più basso di James, bel sorriso, occhi marroni, profondi. Un bel ragazzo davvero. Chissà se tutti i suoi amici sono così..
“Tu devi essere Annie, James mi ha detto che aveva incontrato una ragazza e sperava che ci fosse oggi in spiaggia, così l’avrei conosciuta.. Io sono Logan” mi disse, sorridendo.
Fermi tutti. James sperava di rivedermi? Cavolo, ho fatto bene a dimenticarmi il cellulare in spiaggia.
“Sì, sono io. Molto piacere!” ci stringemmo la mano “James me l’ha detto poco fa che sarebbe venuto un suo amico..” gli sorrisi.
“Eccomi qui!” aveva davvero una bella risata, dolce.
Sistemò il suo salviettine di fianco a quello di James, mise giù lo zaino e si tolse la maglietta.
Niente. Male.
“James è già in acqua vero? Non perde tempo” sorrise.
“No, infatti. Ha cercato di portarmi sulla tavola, ma io sono scappata” risi, lui ricambiò.
“Tu surfi?” gli domandai.
“Sì, ma oggi non ho portato la tavola. Ogni giorno mi vuole sfidare a chi resiste di più in equilibrio tra le onde, ma oggi non avevo una particolare voglia di essere battuto per l’ennesima volta” lui rise, io lo guardai e sorrisi.
“E’ davvero così bravo?” gli domandai incuriosita.
“Oh sì, non so come faccia, quale sia il suo dannato segreto, ma lo è, lo è davvero.” Mi rispose sorridendomi. Io gli ricambiai il sorriso, poi ci girammo a guardare James cavalcare le onde.
 

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