Questi nostri sentimenti non cambieranno mai.

di maeg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La giornata delle notizie sconcertanti. ***
Capitolo 2: *** Giorno 1. ***
Capitolo 3: *** Giorno 2. ***
Capitolo 4: *** Giorno 2.1 ***
Capitolo 5: *** Giorno 3. ***
Capitolo 6: *** Giorno 3.1 ***
Capitolo 7: *** Giorno 4. ***
Capitolo 8: *** Giorno 5. ***
Capitolo 9: *** Giorno 5.1 ***
Capitolo 10: *** Giorno 6. ***
Capitolo 11: *** Giorno 7. ***
Capitolo 12: *** Giorno 7.1 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 14: *** Giorno 9. ***
Capitolo 15: *** Giorno 10. ***



Capitolo 1
*** La giornata delle notizie sconcertanti. ***


 Premessa.

-Cosa?!- gridarono all'unisono Riuji e Taiga, ovviamente increduli di fronte all'annuncio di Yacchan.

-Spiegatemi cosa avete da urlare, non mi sembra la fine del mondo.- la madre di Riuju sembrava impassibile, mentre toglieva le scarpe e gettava in terra la giacca del tailleur indossato per la cerimonia del diploma del tanto amato figlioletto.

-Taiga sono così felice di vederti!! Mi sei mancata tantissimo, la casa era tanto vuota senza di te.. E Riuji era sempre tristissimo! Quello che cucinava non aveva lo stesso sapore- Yacchan si voltò verso Riuji facendogli l'occhiolino.

-Mammaaaa!- Riuji socchiuse gli occhi mentre le guance gli si colorarono di rosso, segno di evidente imbarazzo. Cercò di nascondersi il viso con la mano, come faceva di solito quando era imbarazzato, ma notando lo sguardo di Taiga lasciò che il rossore gli invadesse il volto.

 

Da quando, nell'aula di scuola, era stata scoperta nell'armadietto e Riuji le aveva confessato il suo amore, Taiga era rimasta per la gran parte del tempo in silenzio e non lo aveva guardato in faccia, ovviamente dopo avergli assestato una bella capocciata sul mento come era nel suo stile.

 

Riuji aveva notato il suo essere silenziosa.

 

Aveva notato che non era normale per Taiga non averlo ancora apostrofato. Non aveva ancora utilizzato uno dei suoi soprannomi preferito “bastardino” o “cane pulcioso”. Niente di tutto questo.

Si era semplicemente limitata ad uscire con lui in cortile, correre fra le braccia della sua adorata Minori, salutare Kitamura con un grande sorriso (che quasi lo fece ingelosire) e non degnare di uno sguardo la Chihuahua Scema.

Ma è Taiga, pensò sorridendo, mentre lei salutava tutti i vecchi compagni di classe.

 

Lei era la sua.. fidanzata.

 

Non ci aveva ancora pensato a questo particolare, dal momento che dopo la loro mini fuga d'amore lei era andata dalla madre e non si era fatta vedere fino a quel momento. Si erano limitati a chiamarsi, a mandarsi costantemente messaggi con la promessa che, quando Taiga sarebbe tornata, sarebbe rimasta per sempre con lui.

Fortuna che c'erano stati i suoi amici, l'intera classe e Minori, Kitamura, Kawashima in prima linea a tenergli compagnia. Quando però tornava a casa e non vedeva quella ragazza tascabile seduta al suo tavolo, gli si stringeva il cuore e si sentiva solo. Come un cane abbandonato.

 

Ma ora era lì. E ci sarebbe rimasta. Per sempre.


-Che hai da ribattere tu? Vuoi dire che non è vero? Avresti questo coraggio?- Yacchan non sembrava fare caso al fatto che Riuji stava davvero per scoppiare, più che di rabbia, di vergogna dal momento che la madre stava spifferando cose tanto personali.

-Mamma smettila! E comunque non credere di cambiare discorso! Come puoi farmi una cosa simile?- Riuji ancora stentava a credere a quello che la madre le aveva detto e alla sua abilità di cambiare così repentinamente discorso.

-Cosa ti sto facendo Riuji? Pensavo di avrebbe fatto piacere stare un po' da SOLO con Taiga. In fondo è un sacco di tempo che non vi vedete. Credevo di farvi un piacere.

-
Per me va bene.- la voce di Taiga era stranamente bassa ma era decisa, segno che era convinta della sua affermazione.

-COSA?! Tu.. tu sei d'accordo?! Ma sei sicura di aver capito bene cosa ha detto?

-Bastardino, non sono mica scema! Ho capito perfettamente cosa ha detto e tu, hai capito bene cosa ho detto io. Per me va bene.- Lo fissò dritto negli occhi, spiazzandolo

-Visto? Non mi sembra la fine del mondo! Voi volevate sposarvi, no? Ecco adesso farete un po' di pratica di vita matrimoniale!- Yacchan prese la gabbietta del povero pappagallino che non si era ancora ripreso da quando era riuscito a dire il suo nome completamente, qualche ora prima

-Ad ogni modo, vi vada bene o no, dobbiamo lasciare questa casa al più presto. La demoliranno.-

 

Era la giornata delle notizie sconcertanti.


-Ma volete vedermi morto!! La demoliranno.. demoliranno casa nostra?- il cuore di Riuji iniziava a perdere qualche battito. Un'altra notizia del genere e ci avrebbe rimesso la pelle.
-Eh già! La proprietaria ha deciso di vendere il terreno ad un'azienda di costruzioni, che ha deciso di costruire un parcheggio o chissà cos'altro. Così dobbiamo andarcene. Io vado dai miei genitori, non voglio essere d'intralcio a voi due piccioncini.- Yacchan aveva un modo tutto suo di dare le brutte notizie, lo faceva con il sorriso in viso ed occhi dolci. - La casa deve essere lasciata libera entro domani sera, quindi Riuji datti una mossa- disse dirigendosi nella sua stanza, dove Riuji vide già pronte delle valigie e degli scatoloni.

 

Poco dopo, nella camera da letto di Riuji, i due stavano mettendo le cose negli scatoloni.

Vestiti, libri, pentole.
 

Approfittando dell'assenza di Riuji, andato a dire chissà cosa alla madre, Taiga aveva cercato invano lo scatolo che per anni il ragazzo aveva meticolosamente organizzato, in cui aveva raccolto tutto quello che gli sarebbe potuto servire nel caso in cui il sogno di una storia con Minori si fosse realizzato.

Come avrebbe reagito se l'avesse trovata? Sarebbe stata gelosa? Gelosa di quel sentimento passato?

Fortunatamente non l'ho trovata, pensò e tornò a raccogliere libri della libreria.

 

Mentre era china sulla mensola più in basso notò un contenitore di latta.

 

Uno di quelli dei biscotti. Piccolo e rosso, dalla forma quadrata. Era nascosto dietro alcuni libri impolverati, segno che non venivano aperti da molto tempo, ma lo scatolino era pulito, senza un filo di polvere.

Lo aprì e vi trovò il libretto scolastico che lei aveva lasciato a casa il giorno della sua partenza, insieme alla lettera scritta a Riuji.

Aprì il quadernino e vi trovò le foto dell'ultimo festival scolastico al quale aveva preso parte e tutto le tornò in mente.. la storica vittoria della 2-C, il falò, tutto.

La prima che le capitò fra le mani fu quella con Kitamura e quasi si vergognò della felicità che aveva provato in quel momento, davanti al fuoco.

 

Ma quello era prima. Adesso per lei c'era solo Riuji.

 

Notò che la seconda fotografia, quella in cui la ritraeva con il ragazzo che amava, era spiegazzata, gli angoli erano usurati ed i colori stranamente sbiaditi.Nella foto Riuji le annodava il mantello prima della recita e i due erano stati colti di sorpresa. Un attimo rubato che la fece sorridere.

Riuji dal primo momento si era preoccupato per lei, l'aveva protetta e si era preso cura della famosa tigre palmare che non faceva avvicinare nessuno. Ma lui era il drago. Lui poteva e le sarebbe rimasto sempre accanto.

 

Questi pensieri la fecero istintivamente sorridere.

 

 

Ripose la scatolina nello scatolone e corse in cucina, da dove proveniva l'odore della deliziosa cena preparata da Riuji, felice di aver scoperto quel piccolo tesoro tanto caro al dragone.

Quando fu il momento di tornare nel proprio appartamento, Taiga infilò le scarpe, aprì la porta e si voltò verso Riuji.


Aveva un desiderio che si era fatto sentire dal primo momento che lo aveva visto.

 

Lo sguardo penetrante di Riuji, che a molti incuteva timore, si era addolcito incontrando quello grande di Taiga.

Cercò di rimanere impassibile, di rimanere calma e di contenere il rossore che divampava impertinente sulle guance.

-Bè? Adesso che hai? Ci stai ripensando? Guarda che posso andare a vivere anche io con i miei nonni- disse un Riuji la cui voce tradiva una certa tensione, forse per la paura che davvero Taiga non lo volesse accanto.

Taiga fece uno sforzo incredibile per raggiungere la sua bocca, dovette quasi arrampicarglisi addosso per stringergli le braccia intorno al collo. I piedi neanche toccavano terra.


Ma nel momento in cui riuscì a baciarlo, il cuore cominciò a batterle velocissimo.
 

Riuji rimase sorpreso da quell'inaspettata dolcezza, considerando che per tutta la giornata Taiga le era sembrata distante ed era un gesto al quale lui non era abituato, ma riaverla accanto ed il tocco delle loro labbra lo resero felicissimo.

Le strinse le braccia intorno al corpo e la tenne stretta a se, alzandola ancora di più da terra, tanto che la ragazza aveva l'impressione di volare.

Quando il bacio finì, rimasero a guardarsi per un po' negli occhi, dolci occhi a cuoricino.

Prima di iniziare a scendere le scale per dirigersi a casa, Taiga gli concesse un leggero bacio e con un sorriso radioso, che risplendeva quanto la luna, fece sobbalzare il cuore di Riuji.


-Riuji, ti amo anche io.



*Piccola nota per i lettori: la prima storia in capitoli che scrivo.
E questa è solo la premessa.. Spero che nel leggerla vi sia piaciuta e che la seguirete. Farò del mio meglio. Ovviamente sarei molto felice se mi lasciaste dei consigli per migliorare.

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Capitolo 2
*** Giorno 1. ***


Info: Vi chiedo di perdonarmi per il tempo tascorso dalla pubblicazione dell'introduzione, ma dal momento che ero in pieno periodo esami, non ho davvero trovato un momento libero per poter pubblicare. Ciò non vuol dire che non abbia scritto, infatti ho raccolto abbastanza materiale per dirvi che ci saranno da leggere altre 30 giornate. Ho deciso infatti che ogni capitolo riguarderà gli avvenimenti particolari di una giornata, cioè momenti della loro vita insieme che a mio parere sono interessanti. Quindi, non tutta la giornata ma uno spezzone della stessa.
Inoltre ho deciso di non cambiare più il pallino in lineetta all'inizio di ogni discorso, ci impiego un sacco di tempo per farlo dal momento che sono poco pratica.

Vi lascio alla storia vera e propria. Buona lettura XoXo




Come ogni mattina, Riuji aveva aperto gli occhi molto presto, quando il sole non era ancora alto nel cielo.

Di solito non perdeva un secondo a crogiolarsi fra le coperte ancora calde della notte. Doveva preparare la colazione, cucinare il bento e prepararsi per la scuola.
Ed anche quel mattino stava per alzarsi e si era quasi intristito nel pensare che a scuola non avrebbe trovato Taiga che aspettava impaziente il suo pranzo.

Poi il suo sguardo si posò, come sempre, sulla finestra dell'appartamento di Taiga, quella che dava direttamente nella sua stanza e dalla quale lei spesso entrava in casa sua, evitando accuratamente di perdere tempo per entrare come le persone normali dalla porta.

Quel giorno la finestra, però, era aperta e le tende violetto creavano piccole onde, gonfiate dal vento leggero. Taiga era a casa. Gli tornarono subito in mente gli avvenimenti del giorno prima. La cerimonia di diploma, il ritrovare la tigre palmare e confessarle il suo amore, la notizia del trasferimento ed il bacio di Taiga.

Il cuore gli si scaldò in un attimo.

Si rese conto, solo guardando quella finestra, che da quel giorno la sua vita sarebbe completamente cambiata.

Lo sconforto e l'impazienza presero presto il controllo su di lui.

Avrebbe lasciato quella casa.

Si sforzò di pensare ad altri luoghi in cui aveva vissuto, ma non gliene veniva in mente nessuno. Si rese conto che era lì che probabilmente era iniziata la sua vita. Si guardò intorno, cercando di memorizzare ogni minimo particolare della sua stanza, la scrivania, la libreria. Non avrebbe portato con se nessun mobilio, i mobili non gli appartenevano. Ma i ricordi si. E ne aveva tanti.

Gli occhi gli si riempirono di lacrime, ma si sforzò di non farle scendere lungo le tempie.

In fondo, stava andando a vivere con la ragazza che amava.

Si mise a sedere, senza distogliere gli occhi dalla finestra di Taiga.

Le lacrime lasciarono il posto ad un dolce sorriso.

La immaginò nel letto. Il grande letto a baldacchino che poteva contenere almeno altre 5 ragazze della sua grandezza. La rivide come la prima volta che entrò in casa sua. Una bambola di porcellana in una casa creata apposta per lei.

  • Riuji sei ancora a letto?- Yacchan aprì la porta della sua camera da letto e venne sorpreso dal fatto che la madre fosse già pronta. Aveva il pantalone di una tuta grigio ed una canotta bianca, che metteva in risalto le sue già generose forme. Era pronta per dare inizio al trasloco. - Riuji io ho fame. Non è che potresti preparare la colazione?

  • Si mamma, mi alzo subito.

Andò in cucina e, dopo aver indossato il suo grembiule, iniziò a preparare la colazione con le ultime pentole lasciate ancora fuori dagli scatoloni. Dopo le avrebbe pulite e portate con se.

  • Non sei emozionato?- Yacchan guardava il figlio cucinare, pensando che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbero condiviso quel momento. Era facile alle lacrime, ma quel giorno doveva essere forte.

  • Per cosa?

  • Ma come?! Vai a vivere con Taiga!- “E non sarai più con me” pensò fra sé e sé.

  • Già.

  • Sembra quasi che tu non sia contento.- “Io non lo sono, ma devo lasciarti andare. Ho da recuperare qualcosa che mi sono lasciata alle spalle per troppo tempo e tu hai bisogno di pensare a te stesso, senza i miei casini.”

  • Non avevo mai immaginato di andare a vivere con lei o con una ragazza in generale. Non credevo che avrei mai vissuto lontano da te- Riuji si rese conto di non aver davvero mai immaginato di vivere senza la madre, neanche con Minori gli era mai venuto in mente di lasciare casa sua. E per Minori aveva speso un sacco di sogni.

  • Sarai un buon uomo. Sei stato un figlio perfetto.- “Mi mancherai” poggiò la testa sulla schiena del figlio e lo abbracciò stretto per minuti che sembrarono ore. Quando la colazione fu pronta, il retro della maglia di Riuji aveva delle macchie scure di lacrime salate.

Prima dell'ora di pranzo era arrivato il nonno e poco dopo aver fatto uno spuntino, lui aveva già caricato tutti i bagagli e gli scatoloni della figlia sul camioncino preso a noleggio. Aveva aiutato Riuji a portare le sue cose nel salotto di Taiga, cosa che erano riusciti a fare senza che la ragazza si fosse svegliata.

Ad ogni scatolone portato fuori, la casa sembrava sempre più vuota di cose, ma sempre più piena di ricordi.

“Guarda! Qui è dove ti sei alzato ed hai iniziato a camminare da solo”, “Mamma, ho trovato un tuo reggiseno!”, “Prendi il pappagallo, a casa dei nonni starà meglio”, “Riuji devi dare alla nonna la ricetta dei tuoi onigiri, sono favolosi ed i suoi fanno venire da vomitare”.

Ogni singolo angolo della casa, anche quello irraggiungibile con gli occhi, era carico di risate, di pianti, di cadute e di vittorie.

La cosa più dolorosa fu il rendersi conto, da parte di entrambi, che nulla di quello avrebbe lasciato una traccia, se non nel loro cuore. Tutto sarebbe andato distrutto.

“Rimarrà vivo in noi, Riuji, piccolo mio, il ricordo di quello che abbiamo vissuto qui! E non morirà mai, finché lo ricorderemo e sorrideremo nel ricordarlo” aveva detto Yacchan, vedendo Riuji intento a fissare il mobilio della cucina. Forse quella era la stanza alla quale era più legato. Lì creava cibi che rendevano felice Yacchan.. e Taiga.

Era arrivato il momento dei saluti.

  • Appena mi sistemo vengo a trovarti.- Riuji non riusciva a guardare la madre negli occhi. Era triste.

Da quando aveva sentito la madre singhiozzare poggiata alla sua schiena, neanche il pensare alla vita che da quel momento avrebbe condiviso con Taiga lo aveva rasserenato. Non avrebbe più visto tutti i giorni il viso della madre, non avrebbe più ascoltato i complimenti che gli faceva per la sua abilità nel cucinare. Non avrebbe più tentanto di stare immobile quando la madre, tornata tardi da lavoro, gli dava un bacio sulla guancia il più piano possibile, credendo che il ragazzo dormisse.

Anche se la sua vita sarebbe cambiata, lei però rimaneva sempre la sua super mamma.

  • Perché non venite domenica?- intervenne il nonno – è fra tre giorni. Credo che avrai tutto il tempo per organizzarti.

  • Si Riuji, ti prego, vieni domenica! Ricordo che tua nonna fa dei pranzi squisiti la domenica!- Yacchan si attaccò al collo del figlio e lo guardava con occhi speranzosi.

  • Credo.. credo che non ci siano problemi. Verrò sicuramente.

  • Porta anche Taiga, ovviamente! Mi piace proprio quella ragazza. Adesso dobbiamo andare.. è tardi- il nonno diede un forte abbraccio al nipote e si avviò verso il posto di guida del camioncino.

  • Vi ho preparato qualcosa da mangiare, nel caso vi venisse fame durante il viaggio.- Riuji allungò alla madre un fagotto, che lei sapeva essere pieno di prelibatezze. Lo sguardo basso ed il cuore a pezzi.

  • Sei il miglior figlio che potessi desiderare. Ciao Riuji.- Yacchan aveva il cuore pieno del figlio. La tristezza negli occhi e sulle labbra il suo solito sorriso rassicurante.

  • Ciao mamma.-

Madre e figlio si strinsero in un abbraccio che valeva più di mille parole, più delle parole che si sarebbero potuti dire.

Probabilmente non ce ne erano neanche di parole da potersi dire in quella circostanza.

Riuji si rese conto, mentre vedeva il camioncino allontanarsi, che avrebbe dovuto ringraziare la madre per tutti i sacrifici che aveva fatto per lui, dalla sua nascita, per tutto l'amore che gli aveva donato incondizionatamente e per la forza che aveva avuto nel lasciarlo andare. Sapeva che non era stata una scelta facile per Yacchan.

Ma non lo aveva fatto.

Adesso potrai finalmente fare la figlia”.

Prima di salire in casa di Taiga ed iniziare a sistemare le sue cose, Riuji volle ritornare per pochi minuti in casa sua.

Non sembrava neanche casa sua. Forse perché non erano le loro cose a fare di quelle mura la loro casa, ma loro stessi.

Era ovviamente consapevole che la sua famiglia, lui la madre ed il pappagallo complessato, non si era realmente divisa, ma non poteva fare a meno di essere triste.

Avrebbe rivisto la mamma di lì a pochi giorni, pensò a cosa cucinarle di buono mentre entrava nella camera di Yacchan che ancora aveva l'odore dei suoi innumerevoli profumi.

Gli vennero in mente le parole che la madre gli aveva detto qualche ora prima “Da oggi sei un uomo, Riuji. Avrai responsabilità. Responsabilità verso di te e verso lei. Ed affrontale. Affrontale come hai sempre fatto, con la forza e determinazione che ti caratterizzano. Non ti sei mai tirato indietro di fronte ai tanti problemi che ci sono venuti addosso. Non hai mai indietreggiato di fronte a nulla. Hai le carte in regola per fare grandi cose! Non sarà facile, Riuji, ma niente lo è. Hai persone intorno che ti vogliono bene e ti sostengono. Hai una super mamma, è il momento di diventare un super uomo”.

Non aveva mai sentito Yacchan discorsi del genere.

Forse non ce ne era mai stato bisogno dal momento che lei si era sempre presa cura di lui, aveva da sola affrontato molte difficoltà. Quelle che Yacchan gli aveva detto, erano le parole che lui avrebbe dovuto dirle perché la madre era la persona più forte che lui conoscesse. Aveva fatto di tutto per far vivere al meglio il figlio e non per sentirsi ringraziare, ma per vederlo sorridere. Solo per questo.

Adesso era diverso. Riuji avrebbe dovuto andare avanti con le sue forze.

Girando per casa, cominciò a fare mente locale sulle cose che avrebbe dovuto fare. Cercare un lavoro che gli permettesse di non pesare troppo su Taiga, sui genitori di lei che si sarebbero occupati del vitto e dell'alloggio, fino a che non fossero riusciti a cavarsela da soli. Avrebbe dovuto scegliere cosa fare della sua vita. E doveva farlo seriamente, aveva delle responsabilità, ora.

Uscendo si fermò a guardare la parete sulla quale Taiga aveva appiccicato un foglietto di carta per riparare al buco che aveva fatto, la sera in cui anni prima si erano conosciuti, con la sua spada di legno.

Quel piccolo pezzetto di carta rosa aveva la forma di un piccolo petalo di fiore di ciliegio.

Quello era l'ultimo segno della loro vita lì. L'ultima cosa tangibile che lo legava a quella casa. Tutto il resto erano ricordi. E non voleva lasciarlo lì, non voleva che fosse distrutto. Lo staccò dalla parete stando attento a non romperlo e lo infilò nel suo portafoglio.

Uscì dopo pochi minuti, chiudendo per l'ultima volta la porta della casa alle sue spalle.

Taiga dormiva ancora e non gli fu difficile capire il perché. La ragazza aveva trascorso la notte a pulire.

Era passato parecchio tempo da quando qualcuno aveva vissuto il quella casa. Anni in cui nessuno vi era entrato, permettendo alla polvere di accumularsi sempre di più diventando sempre più spessa. Riuji, aveva pensato più volte di andare a pulire, a causa della sua mania per la pulizia, ma non ne aveva trovato il coraggio.

Perché pulire se non c'era Taiga che avrebbe potuto mettere tutto in disordine di nuovo. Era inutile e triste.

Per questo aveva lasciato la casa a se stessa, pensando che quando sarebbe tornata, avrebbe dovuto chiudersi in quell'appartamento per giornate intere per disinfestarlo dalla sporcizia, centimetro per centimetro.

Invece, una volta entrato, lo accolse un profumo di pulito e di buono. Taiga si era davvero data da fare durante le ore notturne. La casa era pulitissima e risplendeva alla luce calda del primo pomeriggio. Le pareti chiare sembravano aver acquisito un nuovo colore, la casa aveva ripreso vita.

Non sapeva ancora dove avrebbe sistemato la sua roba.
Si rese conto che, effettivamente, non conosceva nulla di quella casa, così decise di fare un giro nell'appartamento per prendere confidenza con la sua abitazione.

Curiosare in giro lo fece sentire come un visitatore. Quasi come un intruso. In fondo non era stato lui a decidere di andare a vivere lì, ma era come se fosse stato messo davanti al fatto compiuto.

Come se Yacchan e Taiga si fossero messe d'accordo.

Cercò di pensare al fatto che da quel momento quella sarebbe stata casa sua, insomma, avrebbe vissuto lì, quindi era inutile sentirsi un ospite. Che prima o poi gli sarebbe venuto naturale girare fra quelle stanze senza preoccuparsi di dare fastidio o di essere invadente.

“Taiga non si è fatta mai un problema del genere nei miei confronti” gli scappò una risata.

Ma era così diverso quando c'era anche lei.. tutto sembrava più luminoso e colorato in sua presenza. Con lei accanto, quella sarebbe diventata anche casa sua.

Ma per ora era difficile immaginarla tale, soprattutto perché era tanto diversa da quella in cui aveva sempre vissuto. L'arredamento era semplice e ricercato, senza eccessi o mobili inutili. C'era come una sorta di equilibrio fra quelle mura. Tutto era proprio nel posto in cui doveva essere. I mobili moderni dai colori tenui, perfetto incontro di legno e vetro, ed i divani chiari di tessuto davano un senso di calore, anche se evidentemente chi si era occupato dell'arredo della casa aveva optato per uno stile minimalista. Solo il necessario, ma un necessario di buon gusto.

Dopo aver fatto il giro della casa, l'ultima camera da vedere era proprio quella della ragazza.

Girando fra le stanze aveva notato degli scatoloni poggiati in quello che doveva essere un ripostiglio e la curiosità lo portò ad aprirli. Vi scoprì tante cianfrusaglie di vario genere. Evidentemente Taiga aveva fatto spazio per le sue cose, aveva messo via molti oggetti che non le servivano più per far sistemare al meglio il ragazzo.

Cercando di non fare rumore, entrò in punta di piedi in camera di Taiga.

La luce che entrava dalla finestra aveva raggiunto il suo letto, al centro della stanza riflettendo il colore rosato delle lenzuola di ottima fattura.

Rispetto a quanto ricordava, però, nella stanza era stato aggiunto altro mobilio. Vi era un altro armadio, identico a quello che già c'era e posto proprio accanto al primo.

Un'altra accortenza per fare spazio a Riuji.

Ma poichè non vi erano in giro tracce di scatoloni o di attrezzi che avrebbero fatto pensare ad un'improbabile costruzione del mobile durante la notte, Riuji si convinse sempre di più che la notizia dell'abbattimento della casa non era fresca di qualche giorno e che sua madre e la sua fidanzata avevano preventivamente preso accordi, mettendo Riuji di fronte al fatto compiuto.

Pensava che quel pensiero gli avrebbe dato più fastidio, ma in realtà la cosa non lo colpì più di tanto, soprattutto perché adesso aveva altro a cui pensare.

Il ragazzo aveva un dubbio, al quale doveva assolutamente trovare risposta. Anche se questo voleva dire svegliare Taiga.

  • Taiga. Taiga svegliati!- la scosse dolcemente, per farla svegliare- Su Taiga! Alzati che è tardi, è pomeriggio inoltrato!

  • Mhhh mhhh..

  • Forza Taiga, svegliati!!- alzò di poco la voce, ma la ragazza proprio non ne voleva sapere.

  • Taiga alzati per favore ho da chiederti una cosa importante!

  • Bastardino, ma lasciar dormire la tua padrona in santa pace, no vero?!- finalmente aprì gli occhi, stizzita da quell'insistenza.

  • Taiga, senti.. ho notato una cosa.

  • Che ho pulito? Si, lo so, è strano. Ma vedi anche la polvere non ce la faceva più a stare ferma al suo posto, per questo appena sono entrata mi ha pregata di toglierla di mezzo. Era veramente troppo sporca questa casa, neanche io riuscivo a starci.

  • Si ho visto e ti ringrazio. Ma c'è un altra cosa che devo chiederti.

Taiga puntò i grandi occhi ancora addormentati sul volto di Riuji e notò che, come al solito quando era imbarazzato, gli si erano colorate di rosso acceso le gote e che aveva gli occhi bassi sul pavimento.

Riuji si mise a sedere sul letto, senza dire una parola, poggiò i gomiti sulle ginocchia ed intrecciò le dita. Gli occhi fissi a terra e le parole non sapevano come uscire dalla bocca. Era visibilmente imbarazzato ed in tensione. Taiga si alzò a sedere sul letto, iniziò a preoccuparsi perché davvero sembrava che Riuji stesse combattendo contro se stesso per dire ciò che aveva da dire.

  • Riuji, qualcosa non va? C'è qualche problema?- Nessuna risposta.

  • Riuji per favore puoi parlare?!

  • T-t-taiga.. ho notato una cosa.

  • E questo l'ho capito, ma cosa?.

  • Ho fatto un giro per la casa. Ho notato che hai pulito tutto da cima a fondo.

  • Si ma non pensare che lo abbia fatto per te. Temevo per la mia salute e per paura che potevo morire attaccata dagli acari.

  • Grazie lo stesso ma vedi.. Ho notato.. che.. c-che..

  • Oddio smetti di fare così e parla chiaro, cavolo!

  • Ho notato che..

  • Ti avverto, ho sotto mano la mia spada e sai che non ho paura ad usarla.

Riuji fece appello a tutta la forza che aveva in corpo per dirle quale era il problema.

  • Taiga c'è un solo letto in questa casa.

  • Si, lo so- rispose lei senza scomporsi, sbadigliando vistosamente e stropicciandosi gli occhi ancora assonnati.

  • Ed io dove dormo?

  • Nell'unico letto che c'è in questa casa.

  • Qui? Con te?

  • Con me, ovvio!

    E come se nulla fosse successo, Taiga si ridistese sul letto, si alzò le coperte fin sopra la testa e nel giro di pochi minuti riprese a dormire rumorosamente.



     

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Capitolo 3
*** Giorno 2. ***


INFO: Credo che finché non finirò di pubblicare tutti i capitoli, chiederò scusa alle lettrici ed ai lettori ogni volta che inserirò una nuova parte della storia. Quindi, perdonatemi.
Piccola informazione su ciò che leggerete. Il piccolo film mentale che si fa Taiga in questo episodio mi serviva per i prossimi capitoli. Ma non vi anticipo nulla, leggerete più avanti.
XoXo




Giorno 2.

 

Un forte rumore la svegliò all'improvviso.

Il cielo che intravedeva con gli occhi appena dischiusi, fuori dalla finestra, era già scuro e puntellato di stelle lucenti. Probabilmente era già passata la mezza notte ma non si curò di controllare l'orario alla radio-sveglia poggiata sul comodino.

Era troppo impegnata a respirare affannosamente per poter pensare all'orario.

Il cuore di Taiga batteva veloce, impaurito.

Probabilmente, in salotto qualcosa era finito in terra e si era frantumato. Probabilmente, qualcosa fatto di vetro o di cristallo, a giudicare dal genere di rumore sentito.

Con gli occhi chiusi, iniziò ad immaginare cosa potesse essere caduto a terra. Cosa aveva di tanto fragile in salotto?

Non le venne in mente nulla. E poi quel rumore era stato così improvviso che pensò di aver sognato. Anche perché subito dopo era tornato il silenzio, neanche una zanzara le gironzolava intorno.

Forse era un sogno”.

Taiga si stropicciò gli occhi.

Aveva dormito a lungo, forse per una giornata intera o qualcosa in più. Quel lungo sonno le impediva di distinguere il sogno dalla realtà, pensò.

Controllò con sguardo ancora assonnato la stanza intorno a lei e mentre tornò a guardare verso la finestra, sentì il suo stomaco brontolare.

Ovviamente, tante erano le ore che aveva dormito, quante le ore che non aveva mangiato.

E non era abituata a a digiunare per così tanto tempo.

Al terzo richiamo dei suoi bisogni fisiologici, decise che era arrivato il momento di alzarsi e mettere qualcosa sotto i denti.

Non indossò le ciabatte di peluche che aveva accanto al letto e si avviò verso la porta.

Ma se non fosse stato un sogno? E se c'è qualcuno di là?”.

Non ci aveva pensato, in realtà l'idea che qualcuno potesse essere entrato in casa sua, un ladro, non l'aveva minimamente sfiorata.

Quale idiota di sarebbe avventurato in casa della tigre palmare? Aveva una brutta fama anche nel quartiere, nessuno sano di mente si sarebbe infilato in quella casa.

Non posso farmi cogliere impreparata”.

Tornò sui suoi passi e si avvicinò all'armadio.

Probabilmente non fece caso al fatto che gli armadi erano due, aveva ancora sonno e sbadigliava frequentemente. Si avviò comunque verso l'armadio giusto, il suo, e ne estrasse la spada di legno.

Tornò alla porta ed entrò in salotto.

Lì, l'attendeva Riuji.

Riuji.

Effettivamente non lo vedeva da circa un giorno, se non contava i pochi minuti in cui avevano parlato dei posti letto in quella casa ed aveva completamente dimenticato la sua presenza in casa.

Quelle erano le prime 48 ore che passavano assieme dopo tanta lontananza e di sicuro le ultime 24 non erano state il massimo, dal momento che per la maggior parte del tempo aveva dormito.

Non era abituata a pulire casa tanto affondo, di solito lo faceva Riuji e non lo obbligava a pulire ogni singolo angolo dell'appartamento, come invece aveva fatto lei. Si era davvero impegnata, voleva che tutto fosse splendente, tutto doveva brillare di luce propria, per questo era tanto stanca.

Era la stanchezza dovuta ad una pulizia tanto accurata che l'aveva portata a dormire tanto a lungo.

Aah piccolo bastardino”

Appena uscì dalla porta della sua camera, vide due piedi nudi penzolare oltre il bracciolo del divano illuminati dalla luce del lampione in strada.

Si agitavano nervosi.

Era troppo lungo anche per il divano a 3 posti che possedeva. Ed era sveglio.

Le scappò da ridere.

  • Taiga?- Riuji era sveglio.

  • Mi spieghi perché cerchi di dormire su un divano che evidentemente ti sta troppo piccolo?- si avvicinò al divano ed il ragazzo si mise a sedere, poggiando i gomiti sulle gambe.

La luce del lampione illuminò la sua figura per intero, proiettandone l'ombra sul muro alle sue spalle.

  • Ehm.. Non volevo svegliarti.. D-dormivi così bene..- ancora una volta gli occhi di Riuji erano rivolti verso il basso e le guance, pallide della luce del neon, si colorarono comunque di rosso.

  • Già.. Pensi davvero che ci creda?- i grandi occhi di Taiga fissarono le mani di lui che si intrecciavano nervose – Abbiamo già dormito insieme, non ricordi? A casa dei tuoi nonni!

  • Era diverso.. Non abbiamo dormito nello stesso letto, ma solo nella stessa stanza. I futon erano separati!

  • È vero.. Ma vuoi rimanere qui per sempre? Cioè dormirai sempre sul divano?-

  • N-no, non lo so- ammise rassegnato – E comunque, quella notte non ho dormito! Sono rimasto sveglio tutto il tempo, ero troppo agitato.. E..

Non riuscì a continuare la frase perché venne distratto dal rumore dello stomaco di Taiga che reclamava cibo.

  • Scommetto che non hai mangiato?

  • Se tu non mi hai portato cibo, io non ho mangiato. Sei tu che ti occupi di nutrirmi, ricordi?- Taiga lo apostrofò come di suo solito, prima di seguirlo all'angolo cottura, dove Riuji aveva già poggiato sul tavolo pentole ed ingredienti per una frittata di cipolle e carne.

Il ragazzo si mise subito ai fornelli e in men che non si dica la sala si riempì di un profumino delizioso.

L'acquolina in bocca non si fece attendere e Taiga iniziò a sentire la pancia brontolare sempre di più, la fame che non riusciva più a contenere si manifestò in tutta la sua potenza tanto che fu costretta a piegarsi in due.

  • Dai che manca poco, perché non apparecchi la tavola, nel frattempo?

  • Tavola? Io pensavo di mangiare direttamente dalla padella!- si rese conto che la battuta che aveva fatto non aveva ottenuto l'effetto desiderato, perché Riuji la guardò torvo – Uffa!

Ogni tentativo di ribattere fu inutile, perché Riuji fu irremovibile. Neanche nella vecchia casa, quando la mamma non c'era per lavoro, aveva mai mangiato senza apparecchiare. Anche solo una pezza l'aveva sempre messa, quanto meno per avere l'impressione di mangiare come facevano tutti i ragazzi della sua età, con la propria famiglia anche se poi la sera si ritrovavano solo lui ed Inko Chan.

Fino a che non era arrivata Taiga, ovviamente.

Mentre lei preparava la tavola, poggiando piatti e bicchieri sulla tovaglia, lui stava attento alla cucina e la guardava. Il suo viso venne illuminato da un dolce sorriso.

Era bellissima.

Sembrava davvero una piccola bambola di porcellana, con la sua camicia da notte bianca e piena di fiocchetti e fronzoli. Forse era anche ingombrante tutto quel tessuto, per un corpo piccino come il suo.

Chissà com'è il suo corpo, senza tutta quella stoffa” pensò e subito si vergognò di quel pensiero, soprattutto perché sentì salire un'eccitazione che fino ad allora non aveva provato.

E che era visibile, all'altezza del cavallo del pantalone del pigiama.

Si imbarazzò visibilmente per quella strana sensazione, che lei non gli aveva mai suscitato prima. Per la prima volta si sentiva attratto fisicamente da lei e la luce della strada che ne illuminava l'esile figura non lo aiutava.

I raggi del neon attraversavano la sua camicia da notte e colpivano il suo corpo, mostrandone le dolci curve d'adolescente.

Ne seguì la linea della schiena, le vertebre, arrivando al bordo della mutandina. Provò a non scendere più giù con lo sguardo, ma gli fu quasi impossibile. Era troppo invitante, suo malgrado.

Indugiò per qualche secondo sulle natiche perfette scendendo poi alle cosce fino al tallone ed alla pianta del piede, dato che Taiga apparecchiava la tavola in punta di piedi.

Il colpo di grazia gli venne inflitto quando lei si voltò verso la finestra esclamando con leggerezza “Non ho voglia di accendere la luce, mangeremo alla luce del lampione”, poggiandosi allo schienale della sedia e fissando il cielo fuori la finestra.

Non guardarla non era possibile.

Alla luce della strada era ancora più perfetta.

Non riuscì più a controllarsi.

Tolse la pentola dal fuoco in tutta fretta e corse in bagno, chiudendosi la porta a chiave alle sue spalle. Non voleva che Taiga lo vedesse eccitato e la ragazza si insospettì per quello strano comportamento.

La fame però era troppa, non resisteva più.

Si avvicinò al piano cottura, sistemò la cena in due piatti e si mise a tavola.

Non sapeva se iniziare a mangiare o aspettare.

Da una parte le dispiaceva iniziare senza Riuji, soprattutto perché si sentiva in colpa per il fatto che, prima di entrare in soggiorno, si era completamente dimenticata della sua presenza.

Dall'altra aveva davvero una fame nera e non sapeva come ingannare il tempo nell'attesa di poter cenare con il fidanzato.

Ne approfittò per riflettere su qualche pensiero che le affollava la mente e non le dava pace.

Per Riuji, dall'altra parte della casa, la situazione non era semplice.

Non sapeva come placare quel desiderio, come eliminare quel gonfiore sui pantaloni. O meglio, idee ne aveva dal momento che negli ultimi cinque minuti la sua mente era stata affollata da pensieri malsani.

Tutti implicavano il rinunciare alla cena.

Cercò di cambiare direzione ai suoi pensieri, ma non ci riuscì.

Il desiderio di stringerla fra le sue braccia, accarezzarne il corpo e baciarla con tutto l'amore che aveva in cuore, il desiderio di averla sua per la prima volta, non accennava ad andarsene.

Quasi gli sembrò di sentire la delicata pelle della tigre palmare sotto le dita.

Quasi poteva immaginarsi nello scoprire ogni centimetro del suo corpo, proprio in quel momento, se invece di correre in bagno, avesse assecondato il suo desiderio.

Come posso fare? Insomma.. Prima o poi dovrò anche dormire con lei, no?! Non posso certo dormire sul divano fino a.. PER SEMPRE!” quel per sempre gli fece paura.

Non aveva pensato, o forse non aveva avuto il tempo di pensare alla durata della sua permanenza lì. Si era solo trasferito e basta. Nessun pensiero, nessun ragionamento.

Boom, scaraventato nella vita di una coppia di conviventi, probabilmente troppo giovani per una scelta del genere, ma comunque ora era lì.

E sarebbe rimasto lì.

Si rese conto che l'eccitazione era svanita pensando quelle cose, tutto era tornato alla normalità.

Si lavò il viso, le mani, fece un bel respiro ed uscì.

Trovò Taiga già seduta al tavolo, con il piatto davanti ed il capo chino, intenta a guardarsi la punta dei piedi.

Quando sentì il rumore della porta chiudersi alzò lo sguardo, incontrando quello di Riuji.

  • Ce ne hai messo di tempo.

  • Ah.. Ahah, si lo so. Urgenza.- non voleva dilungarsi troppo sulla faccenda, per cui si mise velocemente a sedere di fronte Taiga e puntò lo sguardo sul piatto pieno di frittata ormai tiepida.

  • Bé, adesso possiamo mangiare. Buon appetito!

  • Uhm.

Contemporaneamente affondarono le bacchette nella pietanza ed iniziarono a mangiare.

Finché i piatti non furono vuoti, nessuno dei due parlò e l'unico rumore che si sentiva era quello dei loro denti che masticavano il boccone. Il silenzio non durò a lungo, dal momento che ci impiegarono pochi minuti per finire lo spuntino delle due di notte.

  • Aaaaah! Adesso si che sto bene!- Taiga fu la prima ad iniziare la conversazione – devo dire che hai superato te stesso! Era buonissima!

  • Ti è piaciuta? Mi fa davvero piacere!

  • Mi hai fatta preoccupare quando sei corso in bagno..

No!”

  • Perché?

  • Di punto in bianco, senza dire una parola, sei corso in bagno.. Ho temuto per la cena!- la ragazza spinse con i piedi la sedia lontana dal tavolo e si accovacciò, posando i piedi sulla seduta ed il mento sulle ginocchia.

Meno male! Non si è accorta di nulla..”

  • Avevo dei crampi allo stomaco..

  • Fame!

  • Si.. Forse.- rivolse lo sguardo alla finestra, incontrando il lampione galeotto ed i palazzi dall'altro lato della strada.

Anche Taiga si rivolse verso la finestra.

Passò qualche minuto prima che Taiga riprendesse a parlare.

  • Sai, Riuji, mentre eri in bagno ho pensato..

  • A cosa?

  • Vedi.. Se per te è un problema dormire con me, possiamo prendere un letto da mettere nello studio e dormirai lì. Non voglio costringerti a fare qualcosa che non vuoi.- i piedi le spuntavano dall'orlo della camicia da notte, raggiunti dai lunghi capelli ondulati. Il capo poggiato al ginocchio e con le mani stringeva ancora di più le gambe al suo esile corpo. Tirò un lungo sospiro e poi riprese a parlare.

  • Quando abbiamo deciso per la fuga d'amore, quando abbiamo dormito a casa dei tuoi nonni nella stessa camera.. Bé, vedi, credo che quella sia stata una delle giornate più belle che ho mai trascorso fino ad oggi. Per la prima volta mi sono sentita nel posto giusto, nel momento giusto. Sentivo che non c'era altro posto in cui dovessi essere. Io dovevo essere lì, vicino a te. Ho desiderato che quella notte durasse in eterno. Quello che più mi rendeva felice era l'idea che avessi una persona al mio fianco che mi voleva. Credevo che anche tu volessi dividere quella stanza con me, dormire accanto a me. Ma mi hai detto che quella notte tu non hai chiuso occhio.

    Non lo guardava negli occhi, ma continuava a fissare lo scenario fuori dalla finestra, per quanto questo fosse privo di interesse

Perché mi dici questo, Taiga?”

  • Non ti dirò bugie. Avevo dimenticato che tu stessi qui, che ti fossi trasferito da me. Mi sono svegliata per via di quel rumore. Devi aver fatto cadere qualcosa, ma non fa nulla. Non è importante. Se non avessi avuto una fame tremenda non sarei uscita dalla mia stanza e non mi sarei accorta di te. Quando ho realizzato che eri qui, ho avuto pensieri tristi. Mi è dispiaciuto non trovarti al mio fianco. Così ho iniziato a pensare che potevo averti fatto del male, involontariamente si intende. Che ti avevo offeso. Che non avessi voglia di stare con me. Ho pensato che fosse dovuto alla mia improvvisa partenza, quel giorno. Che quel mio gesto potesse averti talmente tanto ferito, da non volermi al tuo fianco. Mentre apparecchiavo, mi sono accorta che la mia camicia da notte era trasparente e quando mi sono voltata tu sei scappato.

Allora se ne è accorta!”

  • Non me lo aspettavo. Ho realizzato che probabilmente sono io il problema. Ho realizzato che la mia vicinanza, fisica soprattutto, ti dia fastidio in situazioni di intimità. Che il mio sembrare una bambina ti possa creare qualche problema. Da quando ci siamo visti, non mi hai mai abbracciata, non mi hai dato un bacio. Sono io che mi sono spinta verso di te. Non metto in dubbio il tuo amore.. Me lo hai provato stando qui, in questo momento. Decidendo di venire a vivere con me. Ma forse hai qualche problema con il mio aspetto e non voglio costringerti a starmi vicino, dormirmi vicino, se non vuoi. Se, dormire accanto a me, ti può dare l'impressione di dormire con una bambina, non lo devi fare. Aspetterò.

Non sai neanche quanto ti sbagli!”

Lei non si aspettava una risposta. Non si aspettava un gesto.

Il modo in cui era seduta, il fatto che non lo guardava, gli fece capire che non aveva intensione di continuare il discorso.

Taiga si alzò in piedi, posò i piatti sporchi nel lavello e si avviò verso la porta della sua stanza.

  • Buona notte Riuji.

Il discorso di Taiga lo aveva scosso profondamente. Era quello che pensava lei? Che il suo aspetto per lui fosse un limite? Era arrivata a pensare che lui non sopportava starle vicino!? Quanto era sbagliata.. Quanto era fuori strada quella tigre.

Ripensò ai suoi atteggiamenti in quegli ultimi giorni. Forse Taiga aveva ragione. Forse si era mostrato distante e lei aveva mal interpretato i suoi gesti.

Taiga si richiuse la porta alle spalle e prima di rimettersi a letto si avvicinò alla finestra. Vide l'appartamento, il vecchio appartamento di Riuji e rimase a fissare la finestra della sua vecchia stanza.

Forse l'idea di vivere insieme non era stata una genialata, forse l'aveva costretto a fare qualcosa che non voleva. E quello era il risultato.

Domani andrà meglio” pensò infilandosi sotto le coperte ed alzando il lenzuolo fin sopra la testa.

Passarono pochi minuti quando sentì qualcosa che si posava pesantemente accanto a lei, sul letto.

E pochi secondi dopo, le braccia di Riuji la avvolsero.

Lui la strinse a se, talmente stretta che per qualche secondo perse il fiato.

Gli occhi le si riempirono di lacrime, che le caddero sulla guancia quando chiuse gli occhi, mentre il calore del corpo di Riuji le arrivò al cuore.

Prima di prendere sonno, Riuji le diede un leggero bacio sulla testa.

- Dobbiamo dirlo ai ragazzi che adesso viviamo insieme. Dobbiamo dirlo a Minori- disse Riuji prima di chiudere gli occhi ed iniziare a sognare sogni non tanto diversi dalla realtà che stava vivendo.

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Capitolo 4
*** Giorno 2.1 ***


Giorno 2.1


Dopo aver trascorso il secondo giorno di convivenza a disfare i pacchi e mettere ordine in casa, i due erano completamente stremati.

Riuji non ricordava di avere così tante cose con sè e soprattutto non ricordava di avere così tante pentole.

Ne aveva almeno una ventina, di tutte le grandezze e di qualsiasi materiale.

Talmente tante che si resero conto che i soli mobili della cucina non bastavano a contenerle, considerando che vi erano anche quelle di Taiga.

Quelle di Riuji erano in molti casi usurate e graffiate per il troppo utilizzo, quelle di Taiga erano praticamente nuove e di materiale migliore.

Capii che era inutile tenerle tutte e che sicuramente sarebbe stato meglio cucinare con quelle della ragazza piuttosto che con le sue, alcune addirittura arrugginite.

Fu difficile fare una scelta di quelle che poteva tenere e quelle che doveva gettare, per farlo ci impiegò gran parte della mattinata.

Verso mezzo giorno sentirono degli strani rumori provenire dalla strada.

Rumori che, in quel quartiere tanto tranquillo, non potevano non essere notati.

Si affacciarono e rimasero senza parole.

Erano le ruspe e demolitrici.

Si guardarono negli occhi, accorgendosi che avevano completamente dimenticato che di lì a pochi giorni avrebbero demolito casa di Riuji. Avevano avuto molto da fare negli ultimi giorni per ricordare che quello era il motivo della convivenza.

Riuji corse nella camera di Taiga per affacciarsi alla finestra e guardare per l'ultima volta il suo balcone.

Probabilmente di lì a qualche ora di casa sua non sarebbero rimasti che ruderi e ceneri.

Il giorno della demolizione era arrivato e lui non se ne era accorto.

Era arrivato troppo presto.

Non sentì Taiga entrare nella stanza, ma sentì le sue piccole mani stringerlo da dietro e la sua testolina poggiarsi contro la sua schiena. Non potè fare altro che sorridere ma era un sorriso triste. Un mezzo sorriso che gli faceva male.

La sua infanzia, la sua vita fino a quel momento sarebbe stata distrutta entro poco tempo.

Gli vennero in mente le parole della madre che gli ricordavano di non disperarsi troppo perché i loro ricordi sarebbero rimasti intatti. Ma era così difficile non sentire un nodo in gola nel vedere che le pareti che avevano fatto da sfondo a quei ricordi sarebbero state eliminate.

Fra tutti i ricordi, però era uno, uno in particolare quello che aveva in mente, guardando la vecchia casa.

  • Ti ricordi, Riuji, quando sono tornata a casa dopo la settimana bianca? È da quel balcone che sono rientrata a casa perché come al solito avevo dimenticato le chiavi..-

  • Uhm.

  • Tu mi avevi detto che era stato Kitamura a ritrovarmi nel bosco, sotto la neve.. Invece eri stato tu.- Taiga strinse la presa intorno il corpo di Riuji – Ad essere sincera, forse un po' ci speravo. Insomma, dentro di me speravo che venissi tu a prendermi.

  • Solo il drago si può prendere cura della tigre, ricordi?- le mani di Riuji accarezzarono dolcemente quelle di Taiga, che al leggero tocco di quelle dita fredde strinse ancora di più il suo abbraccio.

  • Si, solo tu puoi occuparti di me. Ed io mi occuperò di te.- sospirò- Ma ciò non toglie che scoprire che eri stato tu a ritrovarmi e non Kitamura come mi avevi fatto credere, mi ha davvero imbarazzata.- quasi senza accorgersene le sue braccia si avvolsero ancora più forte intorno a Riuji, che quasi non riusciva più a respirare.

  • Taiga..-

  • Riuji, io avrei dato qualsiasi cosa per vederti felice. Con Minorin o con qualsiasi altra ragazza se questo ti avesse reso felice.. Ma tu già lo sai. Te lo dissi sotto il ponte, ricordi?- ormai ogni parola era una stretta più forte.

  • T-Taiga..

  • Vedi, Riuji, sapere che ero, che sono io la persona che ti può rendere felice.. Bé, questo mi riempie il cuore di gioia e mi rende orgogliosa. Farò tutto quello che posso per meritare questi tuoi sentimenti. Ma te lo assicuro, se fossi stato felice con chiunque altra mi sarebbe andato bene. Io volevo e voglio solo vederti felice, sapere che saresti stato felice con chiunque avessi avuto accanto. Insomma se non fossi stata io, mi sarei accontentata di guardare da lontano la sua felicità-

  • T-T-Taigaaa..

  • Credimi Riuji, fosse stata anche la Chiwawa Scema.. No, ok, forse lei no.. Ma chiunque altra si..

  • TAAAAIGAAAA!

  • Che ti urli tanto?

  • MI STAI FACENDO SOFFOCARE!!!- urlò con il poco fiato che gli era rimasto in gola, liberandosi da quell'abbraccio.

Taiga inizialmente ci rimase male per quell'affermazione, credendo che la ritenesse asfissiante per ciò che aveva detto, ma guardandolo in volto si accorse che letteralmente lo stava soffocando.

Il viso di Riuji era più rosso del solito e faceva fatica a riprendere a respirare normalmente. Gli occhi rossi e pieni di lacrime.

Si spaventò.

  • Chissà quale volta di queste, mi farai fuori davvero.- Riuji si mise a sedere sul pavimento, poggiando la schiena contro il muro appena sotto la finestra.

  • Ehm.. ehm.. Riuji.. Mi.. Mi dispiace.- Gli occhi di Taiga si stavano riempiendo di lacrime. Effettivamente era vero. Aveva messo in pericolo la vita di Riuji un sacco di volte: sul ponte, in piscina, per le scale della scuola. Era un pericolo per la vita del ragazzo. E questo la rendeva triste.

    Triste tanto da farla piangere. 

  • Ehì, adesso perché piangi?-

  • Ti ho fatto del male di nuovo. Io.. sono un pericolo per te- le lacrime iniziarono a rigarle il viso.

  • Ma cosa stai dicendo scema.. Vieni qui.- la tirò per un braccio e se la fece sedere in grembo. Con una mano le cinse le spalle e con l'altra il ventre – Tu non puoi farmi male.

  • Ah no?! Pensaci.. l'ho fatto un sacco di volte, potrei farti del male ancora. Mentre quando io ero via, tu eri al sicuro. Stavi bene.

  • Non azzardarti a dire una cosa del genere.

Taiga lo guardò in volto. La sua espressione era dura e guardava dritto di fronte a lui.

  • Non hai idea di cosa sia stato per me trascorrere gli ultimi tempi della scuola superiore senza di te. Entrare in aula e sapere che non ti avrei vista. Affacciarmi a quel balcone e trovare la tua finestra perennemente chiusa. Era già stata dura non vederti gironzolare per casa mia quando ti venne in mente l'idea che per conquistare Minori, dovevi starmi lontana, anche se allora i miei sentimenti non erano tanto chiari. Poi te ne sei andata via, quando finalmente avevo capito che eri tu quella che volevo, che voglio, senza una parola, con solo un fogliettino di carta con scritte delle stronzate. Non sai quante volte ho riletto quel biglietto, cercando di capire perché lo avessi fatto. E soprattutto perché avessi preso una decisione del genere senza prima interpellarmi. Hai preso e te ne sei andata, come se le ultime 24 ore per te non erano esistite. La nostra fuga d'amore. Il nostro primo bacio. Nulla. O meglio, pensavi che ciò che mi avevi scritto mi bastasse come spiegazione. Sei stata egoista in entrambi i casi. Hai pensato solo a quello che ritenevi giusto per te.. non per me. A me non interessava nulla di quello che potessero pensare gli altri, del fatto che dovessero essere partecipi della nostra felicità.. ma l'ho accettato. Non ti azzardare a dire che mentre eri via io stavo bene.

Non aveva mai parlato in quel modo, non sembrava arrabbiato, le stava semplicemente raccontando quello che probabilmente avrebbe voluto dirle da molto tempo.

Era duro terribilmente duro. Ma se lo meritava.

  • Non stavo bene.. io stavo una merda.

Taiga non aveva parole per ribattere, né per scusarsi né per fargli capire che anche per lei la lontananza era stata difficile. Forse la prova più difficile che aveva mai affrontato. Forse più di quando si era imposta di non pensare più a Riuji, di non stargli più fra i piedi. Stargli lontana credendo che il suo cuore fosse per un'altra era stato difficile, ma non stargli accanto per molto tempo sapendo che entrambi provavano gli stessi sentimenti.. Bé, quella era un'altra storia. Quello era stato un suicidio bello e buono.

Sicuramente, però, non aveva provato le stesse cose che aveva provato Riuji.

Si sarà sentito abbandonato” pensò “stupida che non sono altro. Ha ragione, non sono altro che un'egoista!” chinò il capo, sentendo che non avrebbe potuto guardarlo per un secondo di più.

  • Sai cosa mi è venuto in mente, prima, affacciato alla finestra? A cosa pensavo?- fu di nuovo Riuji a rompere il silenzio.

  • No.- disse lei con una voce tanto bassa che sembrava un sussurro.

  • A quando sei tornata dopo che eri stata con tua madre per un po'. A quando ti ho rivista fuori la mia porta. Mi sei sembrata un miraggio, un sogno. Eri un angelo. Per me. È stato in quel momento che ho capito.. Ho capito quanto tu fossi importante per me, quanto fosse importante che tu fossi nella mia vita. Che ci fossi sempre. Li ho cominciato a capire quali fossero i miei sentimenti per te. A questo pensavo.. Pensavo, che tutto sembra più bello quando ci sei tu. Sono triste perché abbatteranno casa mia, ma sono anche felice perché adesso staremo insieme. Davvero insieme. Per me, ora, quello che conta sei solo tu.

Il cuore di Taiga batteva all'impazzata, la felicità per quelle parole sembrava quasi impossibile da contenere in quel corpicino. Avrebbe potuto estendere a tutto il mondo il calore che provava in quel momento. Calore che le scaturiva dal centro del cuore, dall'anima probabilmente, ed arrivava all'estremità del più lungo capello e della più lunga unghia del piede.

Si voltò a guardare negli occhi quel ragazzo che tanto la amava e che tanto lei amava.

"Da quando in qua sono diventata tanto sentimentalista?" pensò la ragazza anche se quela riflessione venne interrotta da un lungo bacio appassionato.




INFO: Questo non è un vero e proprio capitolo, ma è più che altro una sorta di paragrafo dal momento che non potevo lasciare il secondo giorno alla sola descrizione della scena notturna.
L'incontro con gli altri e soprattutto con Minori ci sarà ovviamente, ma nel prossimo capitolo, che spero di riuscire a pubblicare a breve.
Non faccio spesso ringraziamenti, ma questa volta mi sembra assolutamente doveroso: vorrei ringraziare ReikoITA. Credo sia stata la prima a seguire la mia storia ed a recensirla, come fa tutte le volte che pubblico. Non ti conosco, ma vorrei davvero ringraziarti di tutto cuore per il tuo supporto. Quando pubblico sono sempre curiosa di sapere quello che è il tuo parere, mi interessa davvero tanto. E mi riempie di gioia il fatto che ogni tuo commento sia tanto entusiasta. Grazie mille.
XoXo

 

 

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Capitolo 5
*** Giorno 3. ***


Giorno 3.

 

Taiga ci mise un po' di tempo a mettere a fuoco il perché non riuscisse a chiamare Minori e gli altri per informarli della grande novità.

Ma sapeva bene che non avrebbe potuto rimandare a lungo quella telefonata.

Così nel primo pomeriggio di metà settimana, decise di chiamare Minori e dopo una chiacchierata di poche battute si misero d'accordo per vedersi tutti insieme alla gelateria in centro. Un gelato avrebbe di sicuro raffreddato la miriade di sensazioni che provava Taiga in quel momento.

“Ma cosa mi prende?”

A mezz'ora dall'orario stabilito dell'appuntamento, Ryuji era seduto su uno dei divani del salotto ed aspettava scocciato Taiga.

Come era ovvio era pronto già da molto tempo.

Lavato ed improfumato, aveva scelto con attenzione i vestiti da indossare per quell'occasione. Chissà perché era convinto di dover fare una buona impressione su quelli che erano i suoi amici di sempre.

Adesso era l'uomo di casa, sulle cui spalle gravavano delle importanti responsabilità.. anche se non sapeva ancora quali e non aveva idea sul come affrontarle.

Ad ogni modo aveva impiegato tanto tempo per scegliere i vestiti e per apparire più maturo.

Seduto sul divano pensava a cosa avrebbe potuto dire ai suoi amici, come spiegare quella situazione. Come avrebbe potuto dire a quei ragazzi che adesso lui e la sua fidanzata vivevano assieme? Che non era più una fuga d'amore o una pensata stramba dettata dall'incoscienza?

Quella decisione era stata tecnicamente presa a tavolino, anche se effettivamente lui a quel tavolino non vi si era seduto.

Era stata una decisione dettata dalle circostanze e sopratutto dalla necessità.

E, sebbene all'inizio era un po' turbato da quella convivenza, dall'idea di dormire nello stesso letto con Taiga, condividere con lei ogni giorno di lì in avanti, c'era un momento della giornata in cui questi pensieri non gli facevano salire un nodo in gola, misto di ansia e paura.

La notte.

Quando dormivano insieme e lei si accoccolava vicino al suo braccio, lui si sentiva l'uomo più felice del mondo. Quando la luce della luna illuminava i suoi capelli ed il suo viso addormentato, più la guardava e più pensava di avere un angelo nel letto. Anche se le sue fattezze non corrispondevano alla sua vera natura di tigre.

In quei pochi giorni di convivenza, Ryuji si era ancora più convinto che Taiga fosse un tipo del tutto particolare. Era testarda e sopratutto caparbia.

Lo aveva sperimentato la sera prima, quando la ragazza, per festeggiare la riuscita e sopratutto la fine del trasloco, aveva deciso di preparare la cena. Una cena a base di anatra all'arancia e flan al cioccolato che Ryuji sapeva non sarebbe mai riuscita a portare a compimento.

Cosa che puntualmente accadde, costringendo la povera cavia non solo ad assaggiare una poltiglia che di tutto sapeva fuorché di anatra all'arancia ed un flan che poteva essere facilmente paragonato ad un pezzo di cemento, ma anche a scendere di casa e recarsi al più vicino take away per procurarsi una cena decente.

A differenza di come faceva di solito, non aveva potuto preparare un pasto al volo sia perché la cucina dopo che era passato il terremoto Taiga non poteva essere utilizzata, ma anche perché il frigo era completamente vuoto.

“Promemoria: se non torniamo tardi stasera, devo assolutamente fare la spesa.” pensò.

La porta della stanza di Taiga si aprì e lei ne uscì vestita di tutto punto.

Ryuji si meravigliò nel vedere che la ragazza, per quanto non fosse una cosa in cui era particolarmente brava, si era anche truccata.

Certo, giusto un velo di trucco sulle labbra, sulle gote ed un po' di mascara, ma il tutto le dava un'aria ancora più graziosa.

Non indossava uno dei suoi vestiti tutti pieni di merletti e gonne ampie, ma una mise più comoda e leggera: shorts di jeans, sandali alla schiava di cuoio ed una blusa di lino bianca, stretta in vita da una piccola cordicella dello stesso materiale delle scarpe.

Taiga si accorse dello sguardo del ragazzo, che indugiava sul suo abbigliamento.

  • Bastardino, che hai da guardare?- chiese con tono piatto avvicinandosi allo specchio che aveva accanto alla porta, ravvivandosi i capelli con le mani- datti una mossa che sennò facciamo tardi.

Ryuji vi affrettò verso la porta seguendo Taiga sul pianerottolo e poi nell'ascensore. La continuava a guardare sott'occhio, facendo cadere più volte lo sguardo sulla leggera scollatura della maglietta. Gli sembrò quasi che il seno le fosse cresciuto dall'ultima volta che lo aveva visto racchiuso nel costume nella piscina della scuola. Quella era stata la prima ed ultima volta che aveva toccato il suo corpo, anzi per meglio dire sfiorato, dato che effettivamente il contatto con la sua pelle era durato un millisecondo.

A quel ricordo ed a quella vista, Ryuji sentì che dove non batte il sole, laggiù, qualcuno prendeva vita.

Ovviamente cercò di fare in modo che la ragazza non se ne accorgesse.

Taiga però non ci fece caso. Guardava oltre. Un oltre ovviamente non fisico, dal momento che di fronte non avevano altro che le porte chiuse dell'ascensore. Il suo pensiero guardava altrove. Oltre.

Taiga non era lì in quel momento e Ryuji si chiedeva dove fosse.

Lei aveva lo sguardo preoccupato, fisso su un punto virtuale. Il respiro leggermente accelerato ed un'espressione indecifrabile sul volto.

Era concentrata.

Poi sembrò che si fosse risvegliata da un sogno e guardò Ryuji in viso, guardandolo come se si fosse appena materializzato al suo fianco e notando il suo sguardo a metà preoccupato e pervertito.

  • La smetti di guardarmi così per favore, cominci a mettermi paura. Vuoi per caso azzannarmi, cane pulcioso?- la Taiga di sempre era tornata alla carica.

  • M-ma come ti viene in mente? Azzannarti.. ma tu senti questa!- Ryuji guardò verso il neon bianco, che mise ancora più in evidenza le sue guance rosse.

  • Guarda che me ne sono accorta, sai?- lei socchiuse gli occhi, come una tigre che mette a fuoco la sua preda.

  • D-di cosa?-

  • Del modo in cui mi guardi. Certe volte sembri proprio un maniaco pervertito.-

Le porte dell'ascensore si aprirono ed in una manciata di secondi furono per la strada, diretti verso la gelateria, che non distava tanto dal loro appartamento. Taiga guardava fissa la strada. Ryuji ad ogni passo si faceva sempre più rosso.

  • La cosa che mi chiedo è una, però..- fece lei.

  • Cosa?-

  • Come sia possibile che tu possa fare certi pensieri su di me..- cominciò a camminare veloce, di nuovo persa nei suoi pensieri e Ryuji fece fatica a starle dietro.

    “Allora non pensa più che il suo corpo sia un problema per me” disse fra se il ragazzo, che a minuti avrebbe perso anche quel po' d'aria per pensare.

Il risultato fu che in pochi minuti furono alla gelateria, dove Minori, Kitamura e Kawashima li stavano aspettando.

Minori subito corse verso l'amica, che indugiò qualche secondo prima di saltarle al collo. Taiga non si accorse che quel gesto non era passato inosservato a Kushieda, che però fece finta di niente, e alla Chihuahua Scema, la quale anche lei preferì far finta di nulla.

Tutti entrarono nel locale, presero posto ed iniziarono a sfogliare il menù, in cerca di qualcosa che potesse alleviare un po' il calore di quella giornata estiva.

Faceva molto caldo e neanche i condizionatori nel locale riuscivano a raffreddare l'aria afosa.

Iniziarono quasi subito a parlare del loro futuro.

Minori era riuscita a mettere da parte abbastanza denaro con la moltitudine dei suoi lavori part-time per poter iscriversi all'università ed inseguire il suo sogno, intraprendere una carriera sportiva, ovviamente prediligendo il softball.

Yusaku sarebbe partito alla fine dell'estate per l'America.

Ami avrebbe continuato a fare ciò che già faceva.

  • Cosa la Chihuahua Scema?- fece Taiga mentre con sguardo basso raschiava i rimasugli di gelato dalla coppa ormai finita. Sapeva che di lì a poco sarebbe toccato a lei parlare, ma non aveva assolutamente idea di cosa dire.

  • E tu Takasu? Cosa farai?- fece Kawashima, ignorando completamente la battuta di Taiga, della quella però non gli era sfuggito il viso preoccupato. La tigre palmare nascondeva qualcosa.

  • Io? Bé.. in realtà..- Ryuji non sapeva da dove cominciare.

  • Su Takasu, non fare il timido!- Minori, poggiando i gomiti sul tavolino, si sporse verso il ragazzo sorridendogli con tutti i denti, come era solita fare, con troppa enfasi, forse.

  • Bé, io.. ora..-

  • Io ti vedo chef! Un grande chef a cinque stelle- Kitamura intervenne, aggiustandosi i tondi occhiali sul naso.

  • Si! Con tutto quel ben di Dio che cucina! E Come cucina bene poi.. i bento che preparava a Taiga - intervenne di nuovo Minori, dando una leggera gomitata all'amica, che però non sorrise.

Impercettibilmente Taiga tremava.

  • è vero, ho sempre invidiato Taiga per i manicaretti che le preparavi, chissà adesso come farà. Immagino che te la ritroverai sempre a casa, sempre fra i piedi. Con l'aggravante che adesso state anche insieme.- Kawashima non aveva però il solito tono ironico. Aveva l'impressione che i due nascondessero qualcosa. Ryuji come al solito farfugliava e Taiga era stranamente silenziosa.

Non rispose a quella provocazione.

  • Glieli prepari i bento? Continui a prepararle tutti i pasti? Vi vedete spesso? Ah piccioncini..- Minori iniziò con la sua raffica di domande.

  • B-bé.. in realtà..- Ryuji ancora non riusciva a trovare le parole e tutte quelle domande non lo aiutavano di certo.

  • In realtà, io e Ryuji viviamo assieme. Da soli. Nel mio appartamento.- fu Taiga a parlare. Evidentemente scocciata da tutta quell'invadenza, parlò senza alzare lo sguardo dal tavolo chiaro che aveva davanti, senza smettere di raschiare la coppa di vetro ormai completamente vuota, addirittura pronta per essere riutilizzata.

    Il tremore era sempre lì, ma era convinta che nessuno se ne sarebbe accorto.

Non c'era bisogno di alzare il viso per capire quale reazione avesse suscitato quell'affermazione.

Ryuji colto alla sprovvista la guardava sbalordito, e la stessa espressione di stupore si trovava sui visi di tutti coloro che erano seduti a quella tavola.

Il ragazzo, ci mise poco a riprendersi.

“Dove il dragone fallisce, la tigre arriva in suo soccorso. È così dall'inizio dei tempi”.

  • Adesso viviamo insieme.- disse con voce ferma, prendendo la mano di Taiga e stringendola con delicatezza.

La tigre in un attimo, a quel caldo tocco del drago, smise di tremare.

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Capitolo 6
*** Giorno 3.1 ***


Più tardi, sul treno che li avrebbe portati a casa dei parenti di Ryuji, pensò a come era andata la giornata, alle tante cose che erano successe, alle tante emozioni che aveva provato.
 
Sapeva perfettamente di aver sganciato una bomba. Sapeva anche di non sapere quale reazione aspettarsi. Sapeva che, se avesse potuto seguire il suo istinto, sarebbe corsa via a gambe levate, lasciandoli lì. Senza altre spiegazioni, senza aspettare di sentire cosa avrebbero avuto da dire.
Sapeva che questa volta non sarebbe scappata, perché c’era qualcosa che la tratteneva lì.
Ryuji.
Il tocco della sua mano, il fatto che l’aveva appoggiata, l’aveva tranquillizzata. Rassicurata.
 
Ci volle qualche minuto prima che Taiga riuscisse ad alzare lo sguardo per guardare la reazione dei suoi amici.
Il primo al quale rivolse lo sguardo fu Riuji, perché aveva bisogno di quella forza che solo lui le riusciva a dare. Sembrava molto più tranquillo, eppure il suo sguardo era strano. Dal suo volto traspariva il fatto che Ryuji stesse riflettendo attentamente su qualcosa. Ma cosa? Le teneva ancora la mano e sembrava non avere intenzione di sciogliere la presa.
 
Questo le permise di rivolgere lo sguardo verso i suoi amici.
 
Istintivamente posò lo sguardo su Kawashima, la quale sembrava stranamente tranquilla. Sembrava che quella notizia non l’avesse scossa più di tanto. O forse non voleva darlo a vedere, molto semplicemente.
Fu la prima a parlare.
 
  • Quindi.. è questo il motivo per ci avete voluto vederci? Dirci che state vivendo insieme?- la sua voce era ferma, quasi piatta.
Taiga e Ryuji annuirono ed il ragazzo prese la parola.
 
  • Si.. Insomma, volevamo farvelo sapere, ecco. Siete nostri amici. Quelli che ci hanno aiutato quando abbiamo avuto bisogno di aiuto. Ci sembrava giusto.- rispose Riuji, abbozzando un lieve sorriso.
  • Ah.- Kawashima incrociò le braccia sul petto.
  •  
Inaspettatamente, dopo qualche minuto di smarrimento, sul viso di Kitamura comparve un ampio sorriso. Forse non uno dei più tranquilli, ma era comunque un sorriso e Taiga lo apprezzò molto.
 
  • Da quanto tempo?- chiese il ragazzo.
  • Da poco. Qualche giorno. Due o tre al massimo.- Taiga non potè fare a meno di pensare che fino a poco tempo prima, non sarebbe mai riuscita a parlargli con tanta tranquillità, tanto era cotta del ragazzo. Adesso invece gli riusciva molto naturale, gli rispose infatti come se fossero amici da una vita.
  • Ed era solo questo? Mamma mia!! Mi avete quasi spaventato con quelle facce da funerale.. Per festeggiare dovete invitarci a cena.. Ryuji voglio assaggiare un pasto completo fatto tutto con le tue mani.. anche 10 portate andrà bene.. mmmmh ho l’acquolina in bocca- Kitamura si accarezzò la pancia, pregustando i manicaretti.
  • Kitamura sei sempre il solito..- fece la Chiwawa Scema portandosi una mano alla testa e mostrandosi ormai sconfitta dai modi del ragazzo.
  • Figurati, mi farebbe davvero piacere, se veniste tutti quanti una sera da noi- rispose Ryuji, guardando Taiga e sorridendole con dolcezza.
Grazie all’allegria di Kitamura la discussione, aveva preso una piega più felice, anzi. Quasi nessuno fece più parola della loro convivenza. Si preferì parlare del possibile menù della possibile cena. Di ciò che Taiga aveva fatto durante la sua assenza e quasi non le parve di esser stata via per tanto tempo, ma era come se fosse stata via solo per un breve viaggio. Si ritrovò infatti a parlare delle cose che aveva visto, di quello che aveva fatto, di come era stato condividere per un po’ la vita della nuova famiglia della madre.

La loro amicizia era quella di sempre, loro erano quelli di sempre. O meglio, alcuni di loro.

Minori era l’unica che ancora non aveva parlato.
Era l’unica che sembrava diversa.
Da quando Taiga aveva parlato della convivenza, Minori non aveva mai alzato lo sguardo dalla coppa di gelato che aveva davanti. Non aveva proferito parola. Non aveva assunto nessuna espressione.
Era praticamente immobile.
Taiga se ne era accorta, ma non aveva il coraggio di dirle nulla.
Di certo non poteva aspettarsi uno dei suoi soliti balletti di incoraggiamento, non poteva pretendere che fosse felice per quella loro scelta, dal momento che, anche se si era offerta di aiutarli nel caso della fuga d’amore, non condivideva la loro scelta. Ma, sinceramente, Taiga non si aspettava una reazione simile. Non si aspettava la totale mancanza di reazione. Taiga non aveva il coraggio di parlarle, perché quel suo comportamento la spaventava e non sapeva cosa sarebbe successo se le avesse parlato.
Pur non parlandole, rimase a guardarla per tutto il tempo, cercando di mascherare agli amici la sua preoccupazione, non consapevole del fatto che anche loro si erano accorti di quello strano atteggiamento, soprattutto Ryuji.
Solo verso la fine dell’appuntamento sembrò riprendersi, ma non era la solita Minori. Fece loro le congratulazioni con tono poco convinto e partecipò poco al resto della conversazione. Anche le poche risate che si concesse, sembravano forzate.

Con suo sommo stupore fu Kawashima quella che parlò di più, fu lei l’anima della conversazione che vide come oggetto principale lei stessa. Raccontò dei suoi progetti, che ancora non sapeva cosa avrebbe fatto in futuro, che le avevano offerto numerosissimi lavori, i quali erano stati tutti gentilmente declinati.
 
  • Taiga, stai tranquilla, mentre eri via ci abbiamo pensato noi a tener d’occhio il tuo Ryuji-
  • Soprattutto abbiamo pensato a farlo uscire dalla depressione- Kitamura poggiò una mano sulla spalla del compagno che gli sorrise – quando te ne sei andata davvero era come uno straccio. I primi giorni sono stati i peggiori..
  • È vero! Se per un secondo sorrideva, per i successivi cinque minuti era in uno stato di abbattimento totale.. Aveva un’aurea grigia di depressione.. Tutti gli giravano alla larga- Kawashima poggiò i gomiti sul tavolo e la testa fra le mani – Come se non bastasse avere l’aspetto di uno perennemente incavolato con il mondo..
“Forse in quel momento lo ero davvero” pensò Ryuji.
 
  • Non crediate che per me sia stato meglio..- disse Taiga risoluta-  per me non lo è mai stato. Nello stesso momento in cui me ne sono andata, sarei voluta ritornare.
Non avevano sentito spesso questo genere di risposte da Taiga e rimasero un po’ confusi, ma dopo la rivelazione di poco tempo prima, nessuno sembrò sorpreso più di tanto.
Poco dopo dovettero dividersi.
Era arrivato per Taiga e Ryuji il momento di andare alla stazione, dovevano mantener fede alla promessa fatta al nonno ed avevano con se una bella torta alle arance fatta dal ragazzo.
Si salutarono con la promessa che appena possibile, appena si fossero sistemati per bene, si sarebbero ritrovati per cenare insieme.
 
Mentre era in treno, Taiga ripensò al saluto di Minori..
Il suo fu un “ciao” secco, senza calore ne rammarico. Un semplice “ciao” da quella che era sempre stata la sua migliore amica e che ora non gioiva per la sua felicità, come aveva sempre fatto.
 
Che provasse ancora qualcosa per Ryuji? Che la sua lontananza avesse in qualche modo alimentato qualche speranza in lei di una possibile storia con lui?
 
Eppure questo le sembrava impossibile, lei era la sua migliore amica ed in più di un’occasione le aveva dimostrato quanto tenesse alla felicità della sua tigre palmare ma non riusciva a darsi una spiegazione. Non riusciva a capire.
 
L’alto parlante del treno avvisò l’arrivo alla loro stazione. E non ebbe l’opportunità di pensare nuovamente a quell’incontro, ma si ripromise che, appena tornata avrebbe chiamato Minori ed avrebbe ottenuto le risposte che voleva.


Note: perdonate la mia imperdonabile assenza, ma è sttato davvero un periodo un po' difficile per la vostra marti_nda la quale spera di essersi ripresa.. Lo spera davvero. Ovviamente bisogna aggiungere anche lo stress degli esami, le vacanze e quant'altro.. spero possiate perdonari.
 Questo capitolo ammetto che non è granché, ma mi serviva come punto di congiunzione.
Cosa sarà successo a Minorin? Cosa ne sarà della sua storica amicizia con la tigre palmare?
Fatemi sapere cosa ne pensate, soprattutto perché non so se continuare o meno questa ff.. Ho molti dubbi.
Un bacione..

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Capitolo 7
*** Giorno 4. ***


La fatidica giornata della confessione era finita molto velocemente e di sicuro in un clima decisamente più festoso del suo inizio. L’arrivo a casa dei nonni di Ryuji e il calore con cui erano stati accolti avevano allontanato dalla mente di Taiga tutte le domande lasciate senza risposta che l’avevano accompagnata durante tutto il viaggio, mentre il ragazzo sonnecchiava al suo fianco.
 
Durante il viaggio in treno Taiga si chiese se Ryuji si fosse accorto di quello strano comportamento dell’amica. In fondo era la stessa amica che qualche tempo prima aveva confessato i suoi sentimenti al ragazzo che ora le dormiva accanto la notte, la stessa amica che in quella stessa occasione aveva rinunciato a lui e che ora, alla notizia che fra i due le cose andavano più che bene, sembrava infastidita.
 
Pensando a questo, anche lei aveva preso sonno e al momento del risveglio, una volta giunti in stazione, non aveva più avuto un minuto libero per pensare a quella faccenda. Il nonno li aspettava alla stazione ed una volta arrivati nella casa di famiglia era iniziata una vera e propria festa. Fra i manicaretti preparati dalla nonna, quelli improvvisati da Ryuji e la sua torta, avevano passato la serata a raccontarsi le novità.
“Ryuji dovresti prepararle qualcosa di sostanzioso a questa ragazza, così cresce un po’ ” aveva esordito ad un certo punto la nonna e tutti erano scoppiati a ridere. Sapevano che in realtà Taiga era una divoratrice di cibo senza eguali e che per quanto potesse mangiare il suo fisico non sarebbe cresciuto, almeno non in altezza.
 
-Non ti ho ancora ringraziato Taiga.
 La ragazza non si era accorta della presenza della donna, tanto era assorta nell’assaporare la tranquillità che emanava quel piccolo giardino “segreto”. Era molto piccolo, benchè la casa dei nonni fosse una delle più grandi del quartiere dove le tutte abitazioni erano in stile tradizionale. E non era in bella vista, ma un po’ nascosto, lo si notava solo attraversando il piccolo corridoio della casa che univa le stanze da letto, quindi la parte più privata della casa.
Quella sera la luce della luna illuminava il piccolo laghetto che si trovava giusto al centro dello spazio verde ed illuminava anche il dorso dei pesci rossi che vi nuotavano tranquillamente. I cespugli di rose di cui la nonna si vantava tanto, diceva che nel quartiere non se ne trovavano di più belle, erano abitati dai grilli che canticchiavano in quella perfetta sera estiva.
-Per cosa?-
-Per quello che hai fatto. Non ti sei tirata indietro quando ti ho chiesto di aiutarmi a recuperare il tempo che ho perso con i miei genitori, facendo venire Ryuji a vivere con te. – Yacchan guardava davanti a se, il sorriso sulle labbra e lo sguardo dolce.
-Figurati. Adesso è sicuramente più semplice mangiare, dato che non rischio di rompermi il collo per venire a casa vostra passando dalla finestra.-
-Già. Quando non lo facevi mi dispiaceva molto. Quando c’eri tu, sembravamo una vera famiglia. Il figlio, la nuora e la suocera.- le due risero anche se quella di Taiga era una risata alquanto imbarazzata. Era entrata in quella casa senza chiedere il permesso, era stata accettata da Yacchan senza riserve e lei le aveva fatto un po’ da madre, preoccupandosi per lei, per la sua salute, per i suoi pasti ed i suoi voti a scuola. I genitori di Taiga le dato la possibilità di vivere da sola, senza che fosse stata lei a chiederlo. Si era ritrovata da sola quando avrebbe voluto in realtà avere una famiglia che la sostenesse non solo economicamente. Quindi non solo era riconoscente verso Yacchan, ma capiva anche il suo desiderio di sentirsi di nuovo figlia.
 
-Sai, Taiga, credo sia arrivato il momento di andare a fare spesa di reggiseni.- disse Yacchan, trovando la ragazza seduta su di uno scalino nel giardino interno della casa.
-Dici?- Taiga si guardò il seno, notando che effettivamente il suo petto era cresciuto e non sembrava più quello di una bambina. Ma prima che riuscisse a parlare si trovo la mano di Yacchan che le tastava il seno destro.
-Sì, credo che adesso siamo ad una seconda.. Oh tesoro mio! Visto? Stai ancora crescendo, quindi non dar peso alle parole di mia madre.-
Taiga aveva la guance in fiamme per quel gesto così intimo, così inusuale. Neanche Ryuji, che in fin dei conti era la persona con la quale lei era più in intimità, l’aveva mai toccata così e non era neanche sicura che lui ci aveva mai pensato a toccarla così. Certo le aveva sfiorato il seno, quella volta in piscina per rimetterle a posto la tetta finta, ma era finito lì. Da quando vivevano assieme non si erano sfiorati neanche una volta, non avevano ancora approfittato dell’intimità della loro nuova casa, per esplorarsi un o’ di più.
-Mamma lasciala stare!- Ruyji, che nel frattempo si era uscito dal bagno ed aveva ancora addosso l’odore floreale del bagnoschiuma, aveva assistito alla scena e si era alquanto imbarazzato quando la madre aveva toccato in quel modo la fidanzata.
Più tardi, nel suo letto, Ryuji si era quasi arrabbiato con la madre perché a lui, un privilegio simile, non era stato ancora concesso e scoprì di esserne geloso.
Per la prima volta si rese conto che non gli bastava più qualche carezza, i dolci e lunghi baci che si scambiavano. Voleva dare alla loro storia d’amore una svolta più.. fisica ed intima.
 
Il giorno dopo, secondo i piani di Yacchan, lei, Taiga e la nonna erano uscite a far spese. Guardando i vestiti che Taiga aveva portato con se, decise che era ora che la ragazzina diventasse una “piccola” donna. “Addio tulle, fiocchi e nastri! Benvenuti reggiseni, tacchi e minigonne!” così urlando le aveva spinte fuori casa, lasciando i due uomini da soli, Ryuji ovviamente ai fornelli ed il nonno a fare i soliti lavoretti di casa.
 
Dopo aver tagliato tutti gli ingredienti per la zuppa a base di tè verde e riso, aveva messo la pentola sul fuoco basso e non avendo più nulla da fare, aveva iniziato a gironzolare per casa.
Nelle poche volte in cui si era trovato in quella casa, c’erano stati momenti in cui si era sentito fuori posto. Se sua madre aveva dovuto abbandonarla era per colpa sua, perché portava lui nella pancia. Figlio illegittimo di un padre di cui non sapeva nemmeno il nome, quando sentiva quella sensazione di inadeguatezza faceva di tutto per non pensarci, si indaffarava  a pulir casa, cucinare. Ma in quel momento non si trovava in casa sua, non poteva fare liberamente ciò che voleva, per quanto i nonni avessero sempre insistito affinché si sentisse come a casa.
Gironzolando si era imbattuto nel nonno, seduto sul tatami a fumare la classica pipa ed a leggere il giornale. Gli era venuto da sorridere ed il nonno, accortosi della sua presenza, lo aveva invitato a sedersi con lui. Per il pranzo ci voleva ancora tempo e la cucina era avviata, così Ryuji si sedette dall’altro lato del tavolino sul quale il nonno aveva poggiato il tè e se ne versò un po’ in una tazzina pulita.
 
-Allora Ryuji, com’è la vita coniugale?- domandò il nonno senza alzare gli occhi dal giornale e con voce tranquilla.
-Bè..- come da copione le guance di Ryuji divennero subito rosse- .. non male.
-Tutto qui?-
-Bè.. non saprei dire com’è. Non siamo sposati e non abbiamo fatto.. – si rese conto che senza pensarci, stava dicendo al nonno che lui e Taiga non avevano fatto sesso e subito si portò le mani alla bocca. Era stato davvero strano, pensò, trovarsi senza pensarci a fare una confessione del genere, ad un uomo con il quale condivideva una parte del patrimonio genetico ma che aveva visto pochissime volte nella sua vita e tutte concentrate negli ultimi tempi.
Il nonno scoppiò a ridere, visibilmente imbarazzato ma anche divertito. Tentò di rassicurarlo, dicendogli che non doveva preoccuparsi, aveva una faglia e sua figlia aveva un figlio quindi sapeva come andassero certe cose. Ovviamente l’imbarazzo di Ryuji non aveva accennato a dissolversi anzi, era quasi tangibile. Allora l’uomo cominciò a raccontare alcuni aneddoti divertenti sull’infanzia di Yacchan. Di quando da piccolina non si era accorta di un secchio che aveva alle spalle ed indietreggiando, vi era finita giusto dentro. Ne era uscita tutta bagnata ed aveva il pannolino pieno d’acqua. E quello era solo un episodio dell’incredibile repertorio di Yacchan. Ne raccontò moltissimi ed il tempo volò impercettibile. Era quasi ora di pranzo e nessuno dei due se n’era accorto. Anche Ryuji, rapito dai racconti di un’infanzia di cui non conosceva nulla, cominciò a raccontare al nonno ciò che lui non sapeva, cose che sua figlia aveva fatto nel lungo periodo in cui non aveva avuto sue notizie.
Nel giro di poco tempo, Ryuji aveva una visione più definita di sua madre. Si rese conto che prima di essere la sua super mamma, quella che a prezzo di sacrifici, lo aveva cresciuto nel miglior modo che conosceva, era stata una figlia combina guai, sempre allegra, che non si era mai arresa. Adesso capiva il perché di alcuni atteggiamenti della mamma, come la paura di cadere all’indietro.
Si ripromise di abbracciarla non appena fosse tornata.
 
-Tua madre è molto orgogliosa. Quando sapemmo.. insomma.. sapemmo che ti aspettava, rimanemmo scioccati. Immagina. Sapevamo che era una testa calda, ma non credevamo che potesse essere tanto incosciente da farsi abbindolare da un uomo che una volta saputa la notizia se la diede a gambe. Non mi fraintendere Ryuji, adesso che ti conosciamo, che ti conosco so che ti ha cresciuto bene e che tu le vuoi un gran bene. Ma quando ce lo ha detto, la nostra reazione non è stata delle migliore.- dalla voce, Ryuji capì che per il nonno quella storia non era chiusa e che si sentiva in colpa.
-Lo capisco- fu l’unica cosa che il ragazzo riuscì a dire.
-Il giorno in ce lo disse, finimmo con il litigare pesantemente e tua madre se la legò al dito. Nel giro di pochi giorni andò via ed a nulla servirono le preghiere di tua nonna. Non ne volle sapere. Dicemmo che ci saremmo presi cura di lei e del bambino, ma e ne andò comunque- la sua voce vaccillò – e da allora, fino a qualche tempo fa, non sapevamo cosa ne era stato di lei. Finché non sei arrivato quel giorno con tua “moglie” come dicesti tu.
Il viso del nonno aveva cambiato espressione. Era più addolcito. Sorrise e di rimando lo fece anche Ryuji. Penso che evidentemente quell’uomo anziano voleva togliersi un peso dallo stomaco. Voleva far sapere a suo nipote che non l’avevano abbandonato, che non avevano allontanato volutamente sua madre. Era stata lei ad aver scelto. E per quanto quella scelta era stata sicuramente dolorosa, lei l’aveva affrontata ed aveva cresciuto un bel giovanotto che dalla madre aveva preso poco o niente, ma che le assomigliava tanto. Soprattutto per nel coraggio e nel sapersi prendere cura degli altri.
 
-Mi piace quella ragazzina. Si vede che le vuoi bene ed anche lei te ne vuole.
Parlare di Taiga lo fece sorridere istintivamente.
-Si, piace molto anche a me. Insomma.. credo di amarla, amarla davvero. Capisci che intendo?
Il nonno accennò un “sì” con la testa.
-Prenditene cura, mi raccomando.  Lei sembra molto fragile e non solo di corporatura. Per quanto si mostri forte, sembra molto fragile.
 
Proprio in quel momento sentirono il portone di legno massiccio del recinto di mattoni aprirsi e poco dopo le tre donne di casa tornarono ad essere non solo le protagoniste dei loro discorse, ma anche le protagoniste chiassose della loro giornata.

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Capitolo 8
*** Giorno 5. ***


Il weekend con la famiglia di Ryuji trascorse velocemente. Il tempo di una risata ed i due si ritrovarono già sul treno del ritorno. Avevano, oltre alle borse che avevano portato con se, anche altre due enormi borsoni pieni di biancheria per la casa, pigiami, i nuovi acquisti di Taiga, regali che la Yacchan aveva comprato da quando si era ritrasferita nel suo paesino natale e tanto tanto cibo. “Mi raccomando, Taiga, mangia tanto!” si era assicurata la nonna, mentre i ragazzi si avviavano verso la stazione più vicina. Nessuna lacrima al momento dei saluti, ma solo tanti sorrisi e la promessa che al più presto sarebbero ritornati. Appena si fossero sistemati per bene.

 

“In effetti”pensò Ryuji “a parte i vestiti nei mobili, ancora non è a posto nulla. Non so cosa devo fare adesso che ho finito la scuola. Devo assolutamente trovare un lavoro.” una piccola ruga prese forma sulla sua fronte. Taiga al contrario, dormiva beatamente, avvolta dal suo braccio e con la testa poggiata sulla sua spalla. Era tranquilla, od almeno così sembrava. Quasi sorrideva nel sonno e venne naturale per Ryuji sorridere. Si accorse che ultimamente, quando si parlava di lei, quando la vedeva dopo un po' che erano stati lontani, sorrideva sempre come se non potesse farne a meno. E dire che il tempo che passavano lontani era davvero molto poco. Eppure, proprio per questo, probabilmente non era del tutto tranquillo quando era lontana. In fondo era anche comprensibile. Dopo più di un anno di lontanza, ora non voleva lasciarla.

Le diede un bacio sulla fronte e Taiga si mosse leggermente. Socchiuse gli occhi nel momento stesso in cui l'altoparlante annunciò l'imminente arrivo a Tokio. La ragazza si stiracchiò un po', si stropicciò gli occhi e si voltò a guardare Riuji. Gli sorrise.

-Non hai proprio dormito per tutto il viaggio?- gli chiese, mentre si rimetteva dritta sul sedile di plastica del treno.

-Ho sonnecchiato un po'- mentì lui.

-Credo di aver dormito per tutto il tempo. Eppure sono ancora stanca! Sarà che ho ancora la pancia piena..- si toccò la pancia – ma ne è valsa la pena. Adesso ho capito da chi hai preso il tuo talento culinario!

 

A causa dei tanti bagagli furono costretti a prendere un taxi che li portasse a casa. Ryuji non aveva ancora messo da parte le sue preoccupazioni riguardo cosa sarebbe successo da lì in avanti, cosa avrebbero fatto da quel momento in poi, che, mentre erano fermi al semaforo rosso vicino il ponte sul fiume Shakujii, la sua attenzione fu presto rapita da un cartoncino arancione fosforescente attaccato alla porta a vetri di un ristorantino tipico. Sulla carta, a lettere grandi e nere, si invitava chiunque fosse abile in cucina a partecipare ad un corso di cucina della durata di 7 giorni, al termine del quale ci sarebbe stata la possibilità per 5 dei partecipanti di lavorare nel locale di nuova apertura. Ovviamente dopo un'attenta selezione ed una piccola prova finale. Ebbe parecchio tempo per segnarsi tutte le informazioni che potevano essergli utili senza farsene accorgere da Taiga, sia perché a quell'ora c'era un traffico incredibile per la città, sia perché Taiga si era incantata a guardare le acque del fiume. Era solo un'idea e non voleva coinvolgerla. Non pensava minimamente di diventare un cuoco, per quanto gli piacesse cucinare, ma da qualche parte doveva pur cominciare.

 

Tornarono a casa impiegandoci più tempo di quello che ci avrebbero messo nel caso avessero preso la metro, ma Taiga voleva viaggiare comoda dopo aver trascorso le ultime 5 ore in treno. Con tutti quei bagagli fu addirittura difficile riuscire a prendere l'ascensore.

-O entriamo noi o loro!- disse Ryuji.
​-Ah, col cavolo! Io non salgo a piedi a meno che tu non porti la tua padrona sulle spalle! Quindi vediamo di entrarci tutti quanti che sennò per te la vedo davvero brutta!- con la sua solita forza incontrollabile riuscì a caricare il piccolo ascensore a vetri ed a sfruttare il poco spazio per infilarsi con il ragazzo e premere il pulsante che li avrebbe portati al loro piano.

Ryuji, con tutto il trambusto per l'arrivo, non riuscì a fare attenzione al fatto che la sua casa era quasi del tutto scomparsa. Era stato eliminato tutto il primo piano, della sua camera non era rimasto altro che un cumulo di legni e pietre fra la polvere. Macerie praticamente. Ma per fortuna non ebbe il tempo di affacciarsi e guardarla, perché mettere in ordine la grande quantità di cianfrusaglie che si erano portati dietro richiese quasi tutto il pomeriggio.

-Ti va se ceniamo fuori?- esordì Taiga.

-Ma come? Abbiamo portato così tanto cibo che ci potrebbe bastare per tutto il prossimo anno. E poi non avevi detto che eri ancora piena per quello che hai mangiato in questi giorni?-

-Ma l'ho detto quando ero in treno, circa due o tre ore fa! La digestione ha fatto il suo corso. Il tempo di una doccia e scendiamo!- non riuscì a resistere allo sguardo della fidanzata, ad i suoi occhi luminosi e sbuffando si avviò verso uno dei due bagni.

Taiga era davvero ancora piena per tutto ciò che aveva mangiato in quei due giorni, la nonna era davvero un portento in cucina e non sentiva assolutamente il bisogno di mandar giù altro. Ma, mentre Ryuji sistemava gli avanzi nel frigorifero cosa che lei non era in grado assolutamente di fare, Taiga era nella camera da letto per sistemare i vestiti e si accorse di quello che era successo fuori dalla sua finestra. Il cuore aveva perso un battito, in fondo era stata più tempo in quella casa ormai distrutta che a casa sua, lì aveva trovato delle persone che gli volevano bene, aveva trovato un ragazzo che si prendeva totalmente cura di lei con il quale adesso condivideva la casa. Le fece male vedere i resti di quei giorni felici nella polvere. Le lacrime non tardarono a salirle agli occhi ed a scendere lungo le guance. Sapeva perfettamente che prima o poi Ryuji si sarebbe accorto che casa sua non esisteva più, ma dopo un weekend bello come quello proprio non aveva voglia di farlo rattristire. Ed asciugandosi le lacrime, le venne in mente di andare portarlo fuori per cena. Si sarebbe accorto più tardi di quello che era successo a casa sua.

 

Come al solito Taiga era in ritardo e Ryuji si rigirava tra le dita il foglietto di carta sul quale aveva scritto le indicazioni del locale che cercava cuochi. Valutava le probabilità che aveva di riuscire ad ottenere quel posto al ristorante. “Giusto per guadagnare un po' di soldi”. Cucinare gli riusciva semplice e si divertiva. E comunque, prima dell'inizio di una possibile università ci voleva ancora tempo. Il periodo estivo poteva impiegarlo così, lavorando.

Taiga uscì dopo circa 20 minuti con addosso un leggero vestitino stretto in vita verde chiaro che quasi le creava l'illusione di un'abbondante seconda.

-Non farci l'abitudine, cane pulcioso, è merito di quei reggiseni che mi ha comprato tua madre!- ma Ryuji non ci stava proprio facendo caso, guardava proprio da un'altra parte e per richiamare l'attenzione cominciò a sventolargli la mano davanti al viso – Ehiiii sto parlando con te!!

-Eh? Scusami ma ero sovrapensiero. Andiamo?

Taiga fece spallucce e si avviarono assieme verso il fiume Shakujii.

 

La camminata fu lunga ma piacevole. L'aria estiva era fresca e profumata, le faceva svolazzare i capelli mentre chiaccierava con Ryuji e ridevano insieme. Lui le raccontò della chiacchierata avuta con il nonno e lei del pomeriggio passato fra reggiseni push-up, mutandine di raso e vestitini succinti. Arrossiva ogni volta che Yacchan le procurava un nuovo completino intimo da mettere, sventolandolo in tutto il negozio. E quando la fece uscire dal camerino con un completo da notte davanti alla nonna, era imbarazzata ed arrossita da capo a piedi. Ryuji rideva, tentando di nascondere il disagio e la punta di gelosia che lo aveva preso.

-Sai che sei bellissima stasera?- le disse.

-Ah te ne sei accorto!- arrossì taiga – Comunque grazie.

Le prese la mano e per un attimo Taiga lo guardò stupita negli occhi. Non era abituata a questi atteggiamenti ed il fatto che Ryuji continuava a camminare guardando dritto davanti a se, sorridendo, la rese felice. Il suo viso stupito si sciolse in un'espressione dolce che continuò per tutto il tragitto. Camminarono così lungo tutta la sponda del fiume. Fino ad arrivare all'altezza del ponte sul quale si erano ritrovati un sacco di volte. Si affacciarano per un po' al parapetto, vedendo il tramonto e le stelle che cominciavano ad illuminare il cielo. Lui le cinse le spalle con il braccio e la strinse un po' più forte. Lei si lasciò abbracciare.

-Mentre venivamo in taxi, ho visto che fissava a lungo quel ristorante.. quello lì al di là della strada. -fece la ragazza indicando proprio il ristorante con il cartello arancione fosforescente- ho pensato che volessi andare a mangiare lì.
-Ah.-
-Cosa c'è che non va? Non vuoi?- Taiga lo guardò perplessa.
-No no, figurati! Solo che si sarà aperto da poco, chissà come sarà la cucina-
-Ma se non proviamo, non lo sapremo mai! Andiamo! Segui la tua padrona- gli fece l'occhiolino e si avviò verso l'entrata del ristorante. Si fermò proprio davanti al cartello che Ryuji aveva fissato per tanto tempo qualche ora prima – tu guarda! Perché non ci provi?

 

Forse era un segno del destino.

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Capitolo 9
*** Giorno 5.1 ***


Giorno 5.1

 

La cena era stata deliziosa ed il posto era delizioso. Il piccolo ristorante tradizionale aveva le pareti tappezzati da vecchie stampe colorate ed era invaso dal profumo del cibo invitante che a velocità supersonica usciva dalla cucina. Ciotole di ramen fumanti e piatti a base di carne e pesce, venivano portati con abile maestria dai pochi camerieri vestiti tutti con un'uniforme nera che facevano lo slalom fra i tavoli sparsi nell'unica sala per mangiare. Non aveva l'aria di essere un ristorante per turisti dal momento che i prezzi erano ragionevoli, non vi erano i menù turistici ed era frequentato da soli giapponesi. Probabilmente perché si mangiava "il miglior ramen della città" o almeno così recitava l'insegna ed i colorati menù, così Taiga e Ryuji furono portati ad ordinarne una da dividere oltre ad un piatto di tonkastu per ciascuno. 

 

Mangiarono in silenzio per la maggior parte del tempo. Il viaggio era stato stancante anche se avevano sonnecchiato e, intimamente, ciascuno non vedeva l'ora di prendere la strada del letto quanto prima. Persino la riluttanza di Ryuji a dormire con Taiga non si era ancora fatta spazio nella testa del ragazzo a causa della tanta stanchezza. Non ci aveva fatto ancora l'abitudine, ovviamente, ma sperava che un giorno ci avrebbe fatto l'abitudine. "Dormire con la propria ragazza non dovrebbe essere così spaventoso. C'è chi pagherebbe per trovarsi nella mia stessa situazione" pensava ogni qualvolta il pensiero di dormire insieme gli faceva venire l'ansia eppure questo non lo calmava. 

Ma quella sera non ci pensava, tutto preso dall'ottima zuppa che aveva davanti. Alzava gli occhi dalla ciotola solo per guardare Taiga e notare con piacere che anche lei apprezzava quel cibo come lui. Dall'altra parte del piccolo tavolo, la ragazza mangiava con inconsueta lentezza e sembrava avere la testa presa da tanti pensieri. Ryuji si chiese cosa la tormentasse ma non voleva azzardare a domandarglielo. Era davvero dolce, assorta nei suoi pensieri, tanto che nessuno avrebbe sospettato che da un momento all'altro sapeva trasformarsi in una forza della natura distruttiva, in una tigre palmare. Decise di godersi quella strana calma e quiete quanto più possibile. Anche se, c'era da dire che fino a quel momento, da quando si era trasferita a casa sua, Taiga era incredibilmente calma e tranquilla. Non aveva mai dato in escandescenza. Non si era mai arrabbiata, anzi. Era stata tremendamente accomodante. Non che lui non conoscesse questo aspetto di lei, ma comunque gli faceva paura. La quiete prima della tempesta.

 

-Senti Ryuji.. - Taiga alla fine prese coraggio, interrompendo quello strano silenzio - ho un dubbio e vorrei un consiglio da te.

-Certo. Dimmi pure. - Ryuji si fermò con il primo boccone di maiale a mezz'aria.

-Non so come comportarmi con Minorin.- tagliò corto la ragazza, arrivando subito al dunque - Non ho sue notizie da quando ci siamo incontrati per.. Ecco.. Informarli sul nostro nuovo.. Aaah insomma da quando gli abbiamo detto che stiamo insieme. Pensavo che come mia migliore amica si sarebbe fatta sentire, mi avrebbe chiamata per conoscere tutti i particolari della nostra decisione. Invece niente. Zero assoluto. E non so cosa fare.  

 

Ryuji la guardò per qualche secondo. Adesso sapeva cosa le girava per la testata e scommise che anche sul treno era quello il pensiero che più l'affliggeva. D'altra parte era naturale, Kushieda era stata particolarmente fredda durante il loro incontro alla gelateria, era stata per lo più in silenzio e non aveva mai guardato oltre il suo gelato. Anche lui se ne era accorto e quasi si sentiva colpevole per quello strano comportamento. Infondo, proprio nel momento in cui lei gli aveva confessato il suo interesse, Ryuji stava rincorrendo Taiga per dirle che era lei che amava. Ma quando di erano incontrati a casa di Kawashima, Minori sembrava tutta contenta, felice del "lieto fine", sembrava felice per la sua amica. Eppure quando le avevano detto che vivevano insieme sembrava non aver apprezzato la notizia, anzi pareva arrabbiata. E Ryuji sapeva perfettamente quanto l'approvazione di Minori era necessaria per Taiga. Infondo l'invincibile Kushieda era l'unica amica che aveva la tigre, l'unica con la quale sentisse di poter essere davvero se stessa. Almeno fino a che non aveva incontrato lui.

D'altra parte non voleva assolutamente pensare di essere la causa di questo distacco fra le due. Minori lo aveva spinto a seguire il suo cuore e lui aveva seguito il suo consiglio, scegliendo la persona che intimamente sapeva di amare già da parecchio tempo.

-Chiamala.- fu l'unica cosa che riuscì a consigliarle - Parlale di persona o se preferisci, chiamala. Insomma siete amiche e incomprensioni ci possono essere anche nelle amicizie più forti e collaudate. Se c'è qualche problema, sono sicuro che Kushieda non si farà problema a dirtelo. Ti vuole bene.

-Ma.. E se non volesse parlare con me? Se ce l'avesse a morte con me perché stiamo insieme? Perché viviamo insieme? Perché crede che le ho rubato il ragazzo?- dalla voce, Taiga sembrava profondamente turbata.

-Ah, non dire cretinate! Non penso che sia per questo. Ma, comunque, non è sempre meglio saperlo piuttosto che rimanere con il dubbio?- 

 

Taiga sembrò pensarci su qualche minuto, rendendosi conto che effettivamente era molto più semplice chiamarla ed essere sincera piuttosto che brancolare ancora nel buio e starci male. La dolce Minorin era stata l'unica in grado di comprenderla a pieno ed accettarla per quello che era e non voleva proprio che la loro amicizia potesse perdersi per questo. Ma era pronta a conoscere lo strano comportamento dell'amica? Se davvero era per colpa di Ryuji, cosa avrebbe potuto fare? Le avrebbe chiesto di scegliere? Era da un po' che quelle domande le vorticavano nella testa e sapeva perfettamente che prima o poi avrebbe dovuto prendere il toro per le corna e parlarle, ma aveva bisogno di una spinta e l'indecisione era tanta. Le aveva richiesto uno sforzo incredibile chiedere un consiglio al ragazzo, ma come sempre lui le aveva dato il consiglio più giusto.

 

-Va bene, allora vado.- e senza pensarci troppo si alzò dalla sedia e si avviò verso l'uscita, componendo il numero dell'amica e lasciando Ryuji interdetto a guardarla uscire.

 

L'aria della sera le accarezzò il volto e ne imprigionò un po' nei polmoni, respirando a fondo almeno tre volte prima di premere il pulsante verde che dava l'avvio alla chiamata. Non sapeva se dall'altra parte Minorin le avrebbe risposto, ma era profondamente spaventata da entrambe le possibilità, che le rispondesse  o meno.

Il telefono squillò a vuoto per due volte, ma alla terza la voce familiare le rispose con non poca sorpresa.

 

-Taiga?- Minori era realmente sorpresa di quella telefonata e si preoccupò pensando che fosse successo qualcosa.

-M.. Minori- la voce della tigre vacillò quando sentì la risposta dell'amica. Solo quando sentì la sua voce si rese conto di non avere ben chiaro nella mente cosa doveva dire - come stai?

-Bene, grazie. Tu? Come va la vita matrimoniale? - c'era un pizzico di ironia nella sua voce e Taiga non mancò di notarlo.

-Ehm.. Va. Insomma.. Sono sol..-

-Taiga senti, sono tua amica e per questo non fingerò di essere felice per te. Non penso che abbiate fatto la scelta migliore, andando a vivere insieme- la risposta di Minori la colpì come se le avesse dato uno schiaffo in pieno volto - Siete giovani ed ancora inesperti. Non sapete neanche cosa volete fare della vostra vita. Non accettavo l'idea della fuga d'amore, figuriamoci questa!

-Ma.. Ma.. Minori- "la mia Minorin è arrabbiata con me".

-Taiga, parliamoci chiaramente, cosa ne sai della vita matrimoniale? Del mandare avanti una casa? Pensavo che decidendo di andartene, di stare un po' con la tua famiglia ti avrebbe aiutata a maturare. Invece sei tornata più infantile di prima.- Kushieda le rivolgeva delle accuse nelle quali non si riconosceva. Non si sentiva infantile e di sicuro andare a vivere insieme non era stata per lei una scelta semplice. Era perfettamente consapevole di quali fossero i propri limiti, sapeva di non sapere nulla della vita di coppia, ma non capiva perché Minori le diceva queste cose.

-Non. È. Vero.- furono le sole cose che riuscì a dire.

-Cosa non è vero, Taiga? Che non sei una bambina? Hai anche le sembianze di una bambina!- 

-Cosa c'entra il mio aspetto?-

-È sintomo di ciò che sei! Anche i vestiti che ti metti mostrano quanto tu sia infantile in realtà!-

-Beh se lo vuoi sapere ieri sono andata a fare shopping ed ho comprato dei vestiti più da adulti! Ho comprato anche della lingerie provocante!!- Taiga si ritrovò quasi ad urlare al telefono, catturando l'attenzione di alcuni passanti. Non sapeva bene perché glielo avesse detto e se ne pentì nello stesso momento in cui quelle parole le uscirono di bocca. Mettere da parte i vestiti da bambolina di certo non dimostravano la sua maturità.

-Ah.. Allora si che sei matura! Perché hai comprato certe cose? Per far eccitare il tuo uomo?!- "Perché, perché mi dici queste cose Minorin?"

-No!-

-Allora vuol dire che siete già finiti a letto insieme?- il volto di Taiga era inondato dalle lacrime che non era riuscita a fermare. Non sapeva cosa risponderle e non capiva perché tutta questa cattiveria dalla sua migliore amica.

-No.- disse piano - Minori..

-Taiga.- il tono della voce di Kushieda era freddo, glaciale - hai altro da dovermi dire?

-Minori..- le sue parole avevano tanto l'aspetto di una supplica

 

Prima che Minori potesse rispondere, Ryuji le prese il telefono di mano e staccò la conversazione. Era lì da troppo tempo e non poteva sopportare oltre la vista di Taiga in lacrime, non se a farlo era stata Minori, la ragazza che una volta aveva amato e che ora era la causa del dolore della ragazza che amava. Prese il volto di Taiga fra le mani, bagnandosele con le lacrime della ragazza, e si abbassò per baciarla. Le si aggrappò alle braccia, come se fosse un'ancora di salvezza, l'unico a poter alleviare la sua disperazione. Kushieda pareva odiarla e Taiga non lo riusciva ad accettare, ma sapeva che non avrebbe sopportato oltre le sue parole, quindi era riconoscente verso il ragazzo che adesso le stava dando un bacio tenerissimo.

 

-Andiamo a casa- disse staccandosi da lei e circondandole le spalle con un braccio.

-Ed il conto?- gli chiese, asciugandosi gli occhi con i palmi delle mani.

-Ho già fatto io, tranquilla.

 

Camminarono in silenzio. Quasi fosse sparita tutta la felicità è la spensieratezza che avevano durante il viaggio di andata. Lei guardava in basso, non riuscendo ad alzare gli occhi neanche per evitare le persone che le andavano contro. Lui non si dava pace. Lo spettacolo di poco prima gli aveva riempito il petto di rabbia, di tristezza. Vederla piangere era stato uno spettacolo penoso e non riusciva a toglierselo dalla testa.fino al momento in cui non arrivarono al palazzo, presero l'ascensore e si ritrovarono nell'appartamento buio. 

 

Taiga andò subito in bagno per farsi una doccia e tentando di far scivolare via tutte quelle emozioni che poco si addicevano al rapporto che lei aveva con Minori.

Ryuji rimase per un po' nel soggiorno, dopo di che si avviò in camera da letto. 

 

Notò che la sua vecchia casa non c'era più eppure quel dolore non era neanche lontanamente paragonabile a quello che provava per aver visto la sua ragazza distrutta da quella che sarebbe dovuta essere la sua migliore amica. Il suo cervello sembrava non riuscire a pensare ad altro, per quanto la vista di quella mancanza gli riempì il cuore di una nuova tristezza. I suoi pensieri furono interrotti dal rumore dei passi di Taiga sul parquet. Gli si avvicinò e lo abbraccio prendendolo da dietro.

 

-Non volevo che vedessi questo. Siamo andati fuori a cena perché non sopportavo l'idea che potessi vedere che ciò che è rimasto della tua casa.

-Ci hanno messo poco a buttarla giù. - disse con amarezza.

-A quanto pare sì.

-Non voglio sapere cosa ti ha detto Kushieda. Voglio solo sapere come stai?- si voltò verso di lei, fissandole il viso illuminato dai raggi di un lampione.

-Non lo so. È stata cattiva. Tanto cattiva.- Taiga si aggrappò alla schiena di Ryuji e lui la strinse forte a se. 

 

Il contatto con la pelle della ragazza, lasciata nuda dalle bretelle in pizzo della striminzita camicia da notte in seta, lo fece sussultare. Seta, pizzo e pelle non erano un tris vincente per un ragazzo i cui ormoni erano sempre in agguato pronti a far sentire la propria presenza. "No, eh, adesso proprio no!", ma neanche i profondi respiri che faceva sembravano riuscire a calmarlo. L'idea del suo corpo, coperto solo di un sottile strato di tessuto leggero non lo aiutava di certo, ma Taiga sembrava non accorgersene. "Ti prego, ti prego, ti prego pensa ad altro". 

 

Ryuji io mi metto a letto, sono molto stanca.-

Nello staccarsi dal ragazzo una delle bretelle che teneva su la camicia da notte le cadde, mostrando la sua spalla completamente nuda. Ryuji credette di morire. "Questo è troppo". Corse in bagno e si gettò con tutti i vestiti sotto il getto freddo della doccia. "Grande idea, Ryuji, davvero grande idea!" commiserò se stesso "Sei talmente tanto arrapato che non riesci a non pensare a certe cose neanche quando la tua ragazza è distrutta dal dolore. Sei Mister Tatto!".

Uscì dopo essersi insaponato e sciacquato, ovviamente dopo essersi tolto i vestiti ormai fradici, ma si rese conto di non aver preso il pigiama per la notte ne la biancheria. "Di male in peggio". 

Si coprì alla bene e meglio ed entrò in camera da letto nella speranza che Taiga fosse già a letto dormendo. Camminò in punta di piedi fino all'armadio cercando di fare meno rumore possibile nell'aprirlo. Prese ciò che gli serviva ed uscì dalla stanza, rientrandovi poco dopo con indosso un pantalone con stampa scozzese e una t-shirt bianca. Si sistemò nel letto, accanto a Taiga, valutando l'idea di cingerle la vita con le braccia e stringerla a se, ma considerando la reazione precedente preferì desistere. Si sistemò quindi appena ad un palmo da lei.

 

La prossima volta che ti viene l'impulso di saltarmi addosso come un cane pulcioso, non ti preoccupare, fa pure!- Ryuji sentì la risata sommessa di Taiga.

Merda.  

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Capitolo 10
*** Giorno 6. ***


La notte sembrò durare all’infinito per Ryuji. La vergogna che aveva provato nel momento in cui Taiga gli aveva rivelato di essersi perfettamente accorta della sua eccitazione, non gli faceva chiudere gli occhi e quando ci provava quelle parole gli risuonavano nelle orecchie, rendendogli impossibile anche solo l’idea di appisolarsi. “Va beh, ma prima o poi dovrai pure prendere l’iniziativa.. E che cavolo!”. In effetti, pensò, stavano insieme da un po’ di tempo ormai, considerando anche il tempo in cui erano stati lontani. E poi le voleva bene, la amava. Insomma era più che normale che la sua ragazza lo eccitasse. Ma, allora, perché non si sentiva a suo agio a pensarla fra le sue braccia in atteggiamenti decisamente più intimi rispetto a quelli che erano abituati ad avere. Forse era per la sua aria da bambolina, per averla vista in momenti in cui era particolarmente vulnerabile. Forse, semplicemente, era preoccupato dal momento che sarebbe stata la prima esperienza per entrambi e doveva ammettere a se stesso che aveva davvero paura. Paura di sbagliare, paura di farle male, paura di non essere all’altezza.

Si rigirò nel letto e finì con il guardare la finestra, fermandosi per la prima volta a guardare il vuoto che ormai c’era fuori dalla finestra. Non che al nuovo complesso ultramoderno la vecchia catapecchia che era casa sua togliesse il sole, ma guardare, notare la sua mancanza era doloroso. In fondo era una catapecchia ma era la sua catapecchia, o quanto meno lo era stato fino a poco tempo fa. 

Gli era davvero impossibile riuscire a pensare alla nuova casa come casa sua ed ancora una volta si convinse che un giorno o l’altro tutto sarebbe cambiato. “Ma quando?”

 

Taiga si rigirò nel letto e finì con il circondargli i fianchi con un braccio e bloccargli una gamba fra le sue. Gli si accoccolò addosso. Si fissò a guardare incantato il suo volto da bambina e si stupì nel notare che effettivamente qualcosa in lei era cambiato. I lineamenti erano molto dolci come sempre eppure nel vederla dormire si accorse che la sua espressione era diversa. Sembrava un po’ più cresciuta. Forse era il nuovo taglio di capelli che la mamma le aveva regalato oltre alla nuova biancheria, oppure il fatto che la bocca aveva perso quell’alone di fanciullezza cedendo il posto a delle labbra più definite, desiderabili. Strappa baci. Non riuscì a resistere e le poggiò delicatamente un bacio sulla bocca, stando attento a non fare troppa pressione per evitare di svegliarla. Aveva le labbra morbide ed invitanti. Quasi quasi gli avrebbe fatto piacere addormentarsi in quella posizione, poiché gli sembrò che quel leggero tocco gli aveva tolto tutta la tensione e tutti i pensieri tristi che non lo facevano dormire.

Inaspettatamente Taiga ricambiò il bacio. “Ma questa non dorme mai?”

 

-Ei, che ore sono?- fece la ragazza con la voce assonnata.

-Non lo so. Non ho controllato l’ora, ma credo che siamo ancora un po’ lontani dall’alba.

-Mmmh. E perché sei sveglio?- poggiò la testa sul petto del suo ragazzo inalandone il profumo buono di sapone.

-Non riesco a dormire. 

-Per via della casa?

-Anche.

-Ed allora cosa?

-Non lo so.

-Ti va di parlarne?

-Non saprei neanche mettere insieme i pensieri per dirtelo.

-Dai, cagnolino! Dillo alla tua padrona!- Taiga gli fece il solletico con dolcezza, nella speranza di farlo sorridere poiché la sua espressione pensierosa e quasi triste, la preoccupava. Sul volto di Ryuji comparve un tiepido sorriso al tocco delle sue piccole mani e si dimenò non poco per fermarla. Le intrappolò le mani fra le sue, trovandosi faccia a faccia con lei, a meno di due centimetri dal suo viso. 

 

Rimasero per qualche secondo così, a fissarsi negli occhi, più o meno impacciati, non sapendo bene come comportarsi. Fu strano rendersi conto per entrambi che sentivano una scarica elettrica, una sorta di attrazione magnetica che spinse le loro bocche ad incontrarsi a metà strada. E fu travolgente. Incredibile e travolgente come poche cose. Il solo tocco delle loro labbra fece accendere una miccia che ben presto divenne un fuoco che spinse le loro lingue a cercarsi, intrecciarsi, desiderarsi. Si allontanarono giusto il tempo di guardarsi un attimo negli occhi, avvicinare i propri corpi tanto da renderli aderenti l’uno all’altra come una seconda pelle e poi si attaccarono con avidità l’uno alla bocca dell’altra.

Venne quasi naturale a Ryuji far scivolare Taiga sotto il suo corpo, stando bene a tento a puntare i gomiti nel materasso per evitare di pesare troppo sul piccolo corpo di lei. Si sorprese di tutta quella naturalezza e di sentire le mani di Taiga stringersi ed aggrapparsi alla sua schiena. Il fiato si fece corto mentre il desiderio avvampava nel loro corpo. Una fiamma che nessuno dei due aveva provato prima. Le mani della ragazza di intrecciarono fra i capelli del suo ragazzo. 

La testa di Taiga era vuota mentre la bocca di Ryuji si spostava dalla bocca alle guance, ai lobi, alla gola riempiendola di baci e morsetti. Le sue dita scivolavano lungo la schiena del ragazzo coperta della sola maglietta che utilizzava come pigiama, riuscendo a percepire ugualmente i suoi muscoli tesi. Sorrise pensando a tutto lo sforzo che Ryuji stava facendo per evitare di pesargli troppo addosso. Sorrise nel sentire la sua mano che, spostando tutto il peso sul solo gomito sinistro, accarezzava la sua pelle di bambina arrivando fino ai fianchi, incerta sullo scendere più giù e rischiare. 

Qualcosa, nel suo corpo, vibrò, probabilmente partendo da quel punto che nessuno aveva esplorato ne tanto meno lei e la colse alla sprovvista, facendole perdere per un attimo il controllo.

Proprio nel momento in cui la mano di Ryuji prese coraggio e si avviava verso le cosce, a Taiga vennero in mente le parole velenose di Minori. “Allora vuol dire che siete già finiti a letto insieme?”. Le risuonarono nella testa come uno schiaffo, un’altro schiaffo che la colpiva giusto in volto. O forse un pugno in pieno stomaco. Si staccò dal momento che stava vivendo con il suo fidanzato e ritornò a qualche ora prima, a quando le lacrime le erano scivolate incontrollabili sulle guance e non riuscì a far nulla per evitare che succedesse di nuovo.

 

- Ei, ti sto facendo male?- chiese Ryuji preoccupato che la stesse schiacciando.

-Come fai a farmi male?- disse fra le lacrime- Pur volendo, non saresti capace di farmene. Non tu.

-Ah.- Ryuji capì al volo. Le scivolò sul fianco e se la strinse al petto. Purtroppo però la sua eccitazione non svanì neanche al contatto con il corpo di Taiga irrigidito da quei pensieri tristi. Eppure si rese conto che in quel momento, lei non aveva bisogno di quel genere di contatto. 

Proprio non riusciva a vedere Taiga così triste. Non per colpa di Kushieda.

 

“Prendi nota Ryuji. Domani devi passare in farmacia”.

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Capitolo 11
*** Giorno 7. ***


Al mattino Ryuji uscì presto, tentando di non svegliare Taiga, cosa che era praticamente impossibile da fare. Era decisamente molto più probabile che la Cintura di Fuoco causasse un terremoto tale da distruggere il mondo intero che riuscire a buttarla giù dal letto prima che delle 11 del mattino. Per quanto lui si fosse sforzato di farle capire che “chi dorme non piglia pesci”, a lei non sarebbe minimamente interessato alzarsi presto. “Cagnaccio, sono gli altri che devono seguire i miei tempi, non il contrario” gli rispondeva ogni volta che veniva messo in mezzo l’argomento. E questo suo atteggiamento non era cambiato neanche quando aveva cambiato scuola. Taiga riusciva ad arrivare in ritardo anche nella nuova scuola e puntualmente veniva ripresa dai professori, che non la conoscevano e di sicuro non conoscevano il suo particolare “temperamento”. Ma a quanto Ryuji ne sapeva, per quel poco che era riuscito a cavarle da bocca, nel nuovo istituto scolastico lei non si era messa nei guai, né dato inizio a risse né aveva dato problemi di nessun genere. Il che suonava strano persino a lui. 

Lungo la strada che portava al ristorante, Ryuji non sapeva se sentirsi eccitato o agitato per quello che stava per fare. Indubbiamente quello che era successo durante la notte non lo aveva aiutato di certo. Il fatto che Taiga, proprio durante il loro primo vero contatto fisico ad un certo punto si fosse irrigidita pensando a Kushieda ed era diventata terribilmente triste, lo aveva lasciato a pensare fino a quando l’eccitazione si era completamente spenta ed il sonno aveva preso il sopravvento. Minori Kushieda si era comportata in maniera riprovevole e non era da lei, non era assolutamente da lei. “Ma perché?”. Ci aveva pensato fino a che gli occhi non si erano chiusi dalla stanchezza ed il cervello era crollato sotto il peso di quella domanda. Al mattino, prima di alzarsi, era rimasto a guardarla.

Taiga non si era mossa dal suo corpo, gli era rimasta avvinghiata per tutta la notte. Sembrava un koala attaccato al ramo da cui trae sostentamento e questo non fece altro che aumentare in lui il desiderio di proteggerla. Non voleva vederla soffrire. Vederla triste era incredibilmente insopportabile. Vederla fragile era così strano. Insomma, se lo avesse raccontato in giro, nessuno gli avrebbe creduto, tranne forse chi la conosce davvero! “Forse Kushieda..” l’idea di chiedere aiuto ala ragazza gli venne in un lampo ed in un lampo se ne andò, in fondo era proprio colpa di Kushieda se Taiga stava così male. 

Camminando a braccetto con questi grattacapi, Ryuji arrivò al ristorante. Non aveva fatto caso al fatto che il nome del locale fosse anche il suo motto. “Il miglior ramen di Tokyo” era il nome della locanda in stile tradizionale e, stando alle informazioni che gli erano state fornite dalla signora a cui chiese i moduli per la registrazione al corso, si era aperto da poco in quel posto anche se si era fatto una buona reputazione dall’altra parte della città. Prima si trovava in centro ed il fatto che cucinassero il ramen più buono della città non bastasse a pagare le bollette troppo salate per un locale in quella zona, li aveva costretti ad andar via da lì, preferendo un posto in periferia e di certo più piccolo del precedente. Ad ogni modo, la signora Hiro, questo il nome della padrona del ristorante, sembrava molto gentile e simpatica, stretta nel suo vestito di paillettes che a stento tratteneva le forme decisamente burrose. Lo aveva accolto con un ampio sorriso e lo aveva condotto con gentilezza nella cucina, nel retrobottega, dove il cuoco si trovava già ai fornelli. 

Da un enorme pentolone si alzava un profumo delizioso di carne e verdure, che si attaccò ai vestiti di Ryuji non appena ebbe varcato la soglia. Era il brodo per il ramen che gorgogliava di fronte a lui, mentre un signore alto e magro come un grissino si destreggiava fra taglieri ricolmi di verdure da tagliare e pentole che venivano sbattute da una parte e dall’altra della cucina con grande fracasso. La signora Hiro lo presentò come “il cuoco migliore di Tokyo”. “In questo posto si usa troppo l’affermazione: il migliore” pensò Ryuji, notando che il cuoco Tamotsu non si era nemmeno voltato a guardarli, quando erano entrati in cucina, tanto era preso dalle sue cose. 

 

- Ehm, Tamotsu.. qui c’è un giovane pronto ad apprendere la tua arte culinaria.. - la signora Hiro cercò di attirare la sua attenzione - TAMOTSU! Per amor del cielo!

Solo quando la donna urlò spalancando le labbra da un'insolita forma a canotto e dal colore viola lucido, l’uomo sembrò rendersi conto di non essere più il solo lì dentro. Alzò lo sguardo, lanciò un occhiata veloce ai due e tornò, senza dire una parola a ciò che stava facendo: nello specifico aggiungere miso, sale e zucchero al brodo, in questo ordine. 

-Ti lascio alle sue amorevoli cure- fece la donna con sarcasmo- Prova ad immaginare come è a casa!-

Ryuji arrossì a quella confidenza, distogliendo lo sguardo mentre la donna andava via e afferrando velocemente il grembiule bianco che era posato sul tavolo. Dato che non c’era nessun altro nella stanza, pensava fosse per lui ma non appena lo infilò, sentì due occhi puntarglisi addosso. Alzò lo sguardo e si trovò faccia a faccia con il cuoco i cui occhi si erano ridotti a due piccole fessure, tanto che era particolarmente difficile distinguere l’iride dalla sclerotica.

-Chi sei tu?- la voce del cuoco era indagatrice e profonda, come se arrivasse dal suo stomaco piuttosto che dalle sue corde vocali.

-Mi chiamo Takasu Ryuji. Sono qui per il corso di cucina- rispose il ragazzo cercando di nascondere gli occhi sotto il lungo ciuffo di capelli.

-Hai lo sguardo cattivo lo sai?- fece l’uomo, piegando leggermente la testa di lato - Sei mai stato in prigione?

-No..- “Dannazione”. Cercò di nascondersi ancora di più.

-Sicuro?- data la vicinanza del viso del cuoco, Ryuji riuscì a notare la strana forma che avevano le sue sopracciglia, troppo sottili per essere naturali e soprattutto troppo lucide. “Questo è fuori di testa! Si mette la cera sulle sopracciglia” e notò che anche i baffi avevano una curva del tutto innaturale, probabili vittime anche loro di quella pasta azzeccosa. 

-Lo saprei, non crede, se fossi stato in prigione?!- quel genere di commenti lo infastidivano da sempre, ma a quanto pareva, nessuno aveva intenzione di smettere di farli.

-Se lo dici tu..- Tamotsu si allontanò da Ryuji, avvicinandosi ai fornelli, per controllare il grado di ebollizione del brodo - Ad ogni modo, quello non è il tuo grembiule.

Ryiju si guardò intorno, convinto di non aver visto nessuno a parte loro due.

-Ma non c’è nessuno, qui, a parte noi due.

-Ciò non vuol dire che sia per te. 

-Ed allora per chi è?

-Per chi avrà il posto di aiuto cuoco al termine del corso.

-Va bene. - “Ma a quanto pare qui sono l’unico e con tutta probabilità rimarrò l’unico” -  Dove sarebbe allora il mio?

Senza voltarsi a guardarlo, Tamotsu gli indicò con un veloce gesto della testa un piccolo cumulo di stracci ammucchiati sopra una sedia vicino la porta che dava sul retro. A quanto pareva, avrebbe dovuto estrarre da lì il grembiule. Da quel cumulo di germi. Per poco non collassò, pensando di dover indossare quella sporcizia di chissà quanti secoli.

Allora?- il cuoco aveva fretta e Ryuji, ingoiando la bile, si avvicinò, estrasse il grembiule che sembrava meno logoro e sporco degli altri ed iniziò ad eseguire gli ordini di Tamotsu. “Iniziamo bene” pensò non appena prese il coltello in mano e ricevette il primo urlo dal cuoco, per aver impugnato l’arnese nella maniera sbagliata.

 

 

Taiga tornò nel mondo degli svegli parecchio tempo dopo l’uscita di Ryuji. Si stropicciò gli occhi e ci impiegò qualche secondo per rendersi conto di essersi svegliata quando ormai il sole era alto nel cielo e mancava poco all’inizio del suo percorso verso il tramonto. Si aggirò per le stanze deserte alla ricerca di Ryuji o di qualsiasi forma di vita che le avrebbe preparato la colazione/ il pranzo, ma quando si rese conto di essere completamente sola in casa, si fece forza ed aprì il frigorifero. C’erano ancora resti che la nonna di Ryuji aveva meticolosamente incartato per loro, ma non aveva proprio voglia di quegli avanzi. Ne aveva voglia di mettersi ai fornelli e cucinarsi qualcosa con le sue mani. Non lo faceva normalmente, figuriamoci ora che si sentiva emotivamente devastata.

Rimase di fronte il frigo aperto per diversi minuti, indecisa sul da farsi e soprattutto molto combattuta sulla nuova situazione emotiva in cui si trovava a vivere. Doveva essere felice della vicinanza di Ryuji, ma in qualche modo si sentiva colpevole agli occhi della sua Minorin, che ora come ora, sembrava tutt’altro che la sua Minorin. Quella situazione proprio non le piaceva, sopratutto perché non era abituata a vivere in quello stato, provare quelle emozioni, sentirsi triste non era decisamente da lei e non sapeva cosa fare per risolvere l’intera questione. Avrebbe voluto chiamare Ryuji, sapeva che sentire la sua voce, l’avrebbe in qualche modo risollevata. In fondo era grazie a lui se quella notte aveva dormito, stretta stretta fra le braccia del suo ragazzo. Il pensiero della sua dolcezza le fece salire le lacrime agli occhi e quando vide, sullo scaffale più alto del frigorifero due mele rosse vicine, quasi accocolate l’una all’altra, mentre una terza più piccolina era lontana e sola, si immedesimò nella scena immaginandosi diverse varianti della possibile storia: le due mele erano lei e Ryuji mentre quella più piccola rappresentava Minori, oppure quella più piccolina era lei, che si sentiva tutta sola perché causa della sofferenza di Minori il cui desiderio era essere vicina a quella bella e succulenta mela che le sembrava Ryuji. Ci mise poco a capire che stava dando i numeri, se tre mele lasciate lì per caso le facevano balenare in mente certe idee strane. Ricacciò dentro le lacrime, risoluta a non sentirsi come le donne in fase premestruale, pronte alla lacrima anche se vedono cadere una goccia di pioggia. 

-Okay, sto impazzendo! IO NON SONO COSì!- si rese conto dell’incredibile cretinata che aveva pensato sottolineata sentì dal brontolare del suo stomaco e pensò che quel farneticare era dovuto al fatto che era a digiuno da ore ormai- Effettivamente non mangiare per tanto tempo mi ha sempre causato delle allucinazioni!

Si vestì in fretta, decisa ad andare al ristorante dove di sicuro avrebbe trovato Ryuji e così avrebbe preso due piccioni con una fava. La persona che ama, mentre lei era intenta a fare la cosa che amava. La strada che la separava dal ristorante era però lunga, così decise di fermarsi lungo il tragitto a comprare un taiyaki e per essere sicura di non svenire per la troppa fame decise di comprarne tre, tanto per essere sicura. Magari uno lo avrebbe dato a Ryuji!

-Ma tu guarda chi si vede! AISAKA, fermati!-

Senza accorgersene, forse troppo presa dal trangugiare il pesciolino di pasta dolce, aveva oltrepassato Kitamura che con un sorriso ebete in faccia  era stato oltrepassato senza neppure essere visto. Inutile dire che era rimasto deluso dal fatto di essere passato inosservato, ma guardandola camminare, tutta presa dai pensieri e dal taiyaki, si era accorto che qualcosa non andava. Quando glielo fece presente, dopo i soliti convenevoli, Taiga fece finta di niente, disse non aveva nulla e che si era sbagliato, ma Kitamura era un osso duro ed era sicuro delle sue impressioni così la convinse a rivelarle dove stava andando e si autoinvito ad un pranzo fra amici, molto felice di assaggiare nuovamente la cucina di Ryuji.

 

Arrivati al ristorante, Taiga si sentì sollevata, come se l’insegna di quel posto non alludesse al piatto tipico, ma più che altro al fatto che di lì a qualche secondo avrebbe rivisto Ryuji e questo sicuramente l’avrebbe tranquillizzata. Certo non immaginava che oltre la porta di legno avesse luogo la terza guerra mondiale.

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Capitolo 12
*** Giorno 7.1 ***


Il primo giorno di lavoro di Ryuji non era di certo andato come si aspettava. E guardare Taiga che si spanciava dalle risate ripensando a ciò che era successo al ristorante, di certo non lo aiutava.

Neanche i suoi sguardi più accigliati riuscivano a far smettere la ragazza, che con le lacrime agli occhi, non finiva di ricordargli ogni più piccolo particolare della scena alla quale avevano assistito. Kitamura aveva dovuto tirar via dal locale sia Taiga che non voleva proprio saperne di andarsene sia Ryuji che non voleva proprio saperne di smettere di lanciare improperi contro il cuoco. Lo stesso Kitamura faceva non poca fatica a non irrompere in una fragorosa risata.

- TI AVEVO DETTO DI CHIUDERE IL LOCALE! NON HO ALCUNA INTENZIONE DI DARE AI MIEI CLIENTI QUALCOSA DEL GENERE!!- 

Furono le prime parole che Taiga e Kitamura sentirono appena entrati nella piccola stanza dalle pareti in legno, mentre il dolce suono del campanellino che avvisava l’entrata di un cliente era totalmente sovrastato dal rumore assordante di pentole che venivano sbattute chissà dove e piatti rotti. Una signora pesantemente truccata e strizzata in un vestito di una taglia più piccola si affrettò verso di loro.

- Scusatemi, Signori, ma il locale oggi resta chiuso. Il cuoco è indisposto. - disse cercando di spingerli verso la porta dalla quale erano entrati pochi minuti prima.
- Il cuoco è una donna?- fece Taiga, puntando i piedi in terra.
- No..- rispose la Signora Hiro, guardandola con curiosità. “Se ho parlato di un cuoco, è ovvio che sia un uomo!”
- Allora come è possibile che sia indisposto? Non ha mica il ciclo?!- Taiga, inclinò la testa per vedere meglio oltre le paillettes della donna giusto in tempo per vedere Ryuji, acquattato contro una credenza della cucina. Cercò di rimanere seria, anche se vederlo con un coperchio in mano a mo’ di scudo, era una visione a dir poco esilarante. Il ragazzo non doveva essersi accorto della sua presenza, poiché si spinse sempre di più contro la parete del mobile riuscendo a scansare per pochi millimetri una patata lanciata da chissà dove.

- AISAKA! - Kitamura, stando attento a non inciampare fra le assi di legno sconnesse del pavimento, guardò la sua amica sorpreso. Certo, sapeva che i filtri mentali di Taiga non erano sempre attivi, ma in quel momento si trovava di fronte ad una persona più grande, doveva portarle rispetto.
- Senti, ragazzina, non mi sembra proprio il momento di.. -
- STUPIDO RAGAZZO è INUTILE CHE TI NASCONDI! - la stessa voce che li aveva accolti con così tanta gentilezza, adesso imprecava contro Ryuji ad un tono così alto che riusciva a sovrastare non solo i fallimentari tentativi della Signora Hiro di cacciarli, ma anche il rumore assordante del traffico di Tokyo all’ora di punta. Cosa davvero incredibile, considerando che Tokyo è una delle città più trafficate del mondo ed il ristorante si trovava proprio su una delle strade più popolose della città, benché non si trovasse al centro. 

La donna si voltò con rabbia verso la cucina, lasciando la presa sui ragazzi che, divincolandosi con facilità, si affrettarono a raggiungere la stanza dove sembrava stesse per avvenire la Terza Guerra Mondiale. La Signora Hiro, accorgendosi che ormai i due giovani erano fuori dalla propria portata, si affrettò a chiudere la porta, assicurandosi di chiuderla per bene a chiave in modo da evitare altri intrusi. Poi, correndo sui suoi tacchettini rumorosi, raggiunse la cucina e rimase senza parole nel vedere lo stato pietoso in cui era stata ridotta.

Le pareti di piastrelle bianche erano ormai ricoperte di svariate macchie dalle consistenze più strane e dai colori più improbabili. Si riusciva a distinguere abbastanza facilmente il pomodoro che, lanciato come una granata, aveva lasciato un cerchio perfetto nel vetro della credenza e si era spiaccicato sulla parete interna del mobile. La cappa della cucina era ricoperta di piccoli bitorzoli. Probabilmente erano stati causati dalle uova che stavano colando proprio in quel momento sul piano cottura e poi a terra, dove si univano a delle patate schiacciate con i piedi, creando un miscuglio dalla consistenza gelatinosa. Il verde dell’insalata si mescolava al viola delle melanzane, creando un blu verdura che, se non si fosse saputo a cosa era dovuto, era anche accettabile, avrebbe dato un tocco di colore ad una cucina dai toni neutri. Beh, in quel momento ricopriva l’unica parete della stanza non protetta dalle piastrelle e che normalmente era di un color beige chiaro, come il resto dei mobili della cucina. Ovviamente, Taiga e Kitamura poterono soltanto dedurre che la cucina era di quel colore dai pochi ritagli di arredamento che ancora non avevano incontrato il loro plotone di esecuzione. I ragazzi dovettero poi coprirsi la bocca con le mani, data la forte puzza che proveniva da pentole e padelle ammassate nei lavandini, ancora intonse e bruciacchiate. 

Insomma, era un autentico disastro e, visto in quelle condizioni, non sembrava proprio il locale caldo ed accogliente che Taiga aveva visto il giorno prima. Anzi. 

Alla vista di quello sfacelo, la Signora Hiro perse le staffe. Il viso le divenne rosso sia per la rabbia sia perché stava cercando di trattenere quanta più aria possibile pronta a lanciare uno di quei urli che avrebbero fatto tremare le pareti dell’intera Tokyo. Strinse i pugni così tanto che le nocche le divennero blu e avanzò di due passi verso l’interno della cucina. La poverina non si era però accorta che, proprio dove aveva appena poggiato il suo piede destro, si era addensata una pastrocchia chiara, simile alla maionese e per questo molto gelatinosa. Non fece in tempo ad aprire la bocca che scivolò in terra. Nel tentativo di evitare quella caduta di stile, cercò qualcosa di solido al quale aggrapparsi. Come se la sorte non le fosse già abbastanza avversa, l’unica cosa che riuscì afferrare fu un sacco di farina di riso che cadde con lei, non solo ricoprendola di polvere bianca ma alzando anche un polverone così denso che non permetteva di vedere al di là del proprio naso. Kitamura, che accortosi della situazione, si allungò nel tentativo di prendere in tempo, ma finì solo steso per terra, ricoperto di polvere di farina di riso e riuscì ad evitare di poco una chiazza di brodo di pollo in cui erano ancora in ammollo le povere zampetta del volatile.

Taiga impallidì per un attimo, vedendo il suo amico in terra e la donna che cercando di levarsi il miscuglio di farina e maionese dal viso, non faceva altro che spargerlo ancora meglio ed unirlo al trucco creando una maschera di carnevale grottesca. Avete presente la Mezzana in Mulan? Ecco, a confronto l’austera donna era bella come un fiore di campo. 

L’incertezza di Taiga durò pochi istanti perché, quasi come cavalieri dalla sfavillante armatura che si lanciano alla carica, Ryuji e Tamostu si ritrovarono faccia a faccia, brandendo un mestolo in legno ciascuno e pronti ad affrontarsi. La ragazza riuscì a vedere ben poco, ma notava che i due, per proteggersi erano ricoperti di vari utensili da cucina. Ryuji ad esempio si era protetto al testa con uno scolapasta mentre il cuoco aveva preferito utilizzare ciò che restava di una piccola botte di legno che di solito conteneva della salsa di soia, ora anch’essa spalmata chissà dove. 

I due si affrontarono a viso aperto, dopo aver preso un lungo respiro, si lanciarono l’uno contro l’altro. L’obiettivo della battaglia non era ancora chiaro. “Cosa vogliono fare questi due?” pensò Taiga, ma prima di poter agire i due si stavano già colpendo a forza di mestolate e si proteggevano con i coperchi per metà ammaccati. Taiga si chiese da quanto tempo stesse andando avanti lo scontro e per quanto ancora ne avessero. A giudicare dalle pietose condizioni della cucina, era già da un po’ che la giostra era iniziata e sperò con tutto il cuore che sarebbe finita a breve, ma a giudicare dalle grida animalesche non sembrava vicina alla fine. Decise di intervenire.Si gettò nella mischia.

 

Ryuji si era riparato dietro uno dei banconi che si trovavano al centro della stanza ed era pronto a sferrare il suo attacco a sorpresa: utilizzare gli asparagi come frecce, lanciate con un arco rudimentale composto di mestolo e spaghetti di soia (molto resistenti ed elastici). “Mi ha attaccato nel vivo!”. Ancora non si era accorto di Taiga e degli altri, ma non sembrava neanche accorgersi del casino che stavano combinando. L’orgoglio in quel momento era molto più importante di qualsiasi altra cosa. Tamostu lo aveva criticato aspramente giudicandolo per il modo in cui cucinava, cosa che secondo lui era l’unica che gli riusciva davvero bene. Taiga, lui ne era certo, l’aveva conquistata anche grazie alla sua cucina e non avrebbe permesso a nessuno di dire che cucinava male. Se a Taiga piaceva, sarebbe piaciuto a tutti. Sentì per qualche istante il silenzio, prova che anche Tamotsu stava valutando il miglior modo e momento per attaccarlo. Nel silenzio sentì dei passi, ovviamente attutiti dal tappeto di cibo che proteggeva il pavimento. Pensò che fosse il cuoco in un momento di coraggio e sentendo che si allontanava da dove si era nascosto lui, si issò sulle ginocchia quel tanto da permettergli di lanciare i suoi dardi. Fortunatamente ci impiegò qualche momento di troppo per tirare gli asparagi contro il suo avversario, giusto in tempo per accorgersi che non era il cuoco, ma la sua Taiga che, non curante del pericolo si stava aggirando per la cucina alla ricerca di Ryuji. Sgranò gli occhi ed alzandosi di scatto si avvicinò alla ragazza. 

- TAIGAAAA!!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. Tomastu, dall’altra parte della stanza, sentii le urla e decise di approfittare del momento. Si alzò pronto ad utilizzare la sua catapulta, un semplice cucchiaio dal gambo più lungo, caricata con olive snocciolate e, senza guardare a ciò che avrebbe colpito, lasciò che il cucchiaio svolgesse la sua funzione. Ryuji, prevedendo ciò che sarebbe accaduto, si gettò su Taiga per evitare che quei proiettili oleosi la colpissero in pieno e caddero entrambi su di un sacco di patate usato come trincea. Tomatsu si alzò vittorioso.

-Sei stato colpito!! - raggiante, orgoglioso e fiero il cuoco si tolse la botte ed iniziò ad intonare l’inno giapponese con fare solenne.
- MA SEI USCITO PAZZO!? SEI UN ASSASSINO! Stavi colpendo un civile!- Ryuji si rimise in piedi minacciandolo con un asparago dal gambo ormai rotto. Sapeva perfettamente che la sua credibilità in quel momento non era esattamente ai massimi livelli, eppure non riusciva a calmarsi - SEI FUORI DI TESTA!
- La tradizione batte la modernità, come è giusto che sia. - sentenziò il cuoco, impettito.
- MA QUALE TRADIZIONE.. E SMETTILA DI CANTARE IL NOSTRO INNO! SEI UN DITTATORE, NON MERITI DI CANTARE L’INNO GIAPPONESE! Hai sparato su un civile!- Ryuji, dal temperamento solitamente mansueto, proprio non riusciva a tornare in sè. Quel cuoco era proprio un dittatore e nella sua cina sembrava non avere rispetto per niente e nessuno, cosa che proprio non riusciva ad accettare.
- Per la vittoria bisogna pur sacrificare qualcosa.
- IO TI FACCIO RINCHIUDERE!!- il Ryuji calmo e tranquillo era andato ormai a farsi benedire come anche il soltio rispetto con cui trattava gli adulti.

Taiga, Kitamura e la Signora Hiro guardavano la scena dal basso, ancora seduti per terra, increduli.
- Ma fanno sul serio?- chiese Taiga. I due suoi compagni di sventura non poterono fare altro che annuire, finendo poi per abbassare lo sguardo con aria affranta. 
La prima ad alzarsi fu la Signora Hiro, piena di farina e melma dalla testa ai piedi.
- ADESSO BASTA O CHIAMO LA POLIZIA!- urlò, ma le sue grida di persero nella moltitudine di improperi dei due contendenti.
- AVETE CAPITO?! CHIAMO LA POLIZIA!!!- ci riprovò ma il risultato fu ancora meno soddisfacente del primo.

Taiga, ancora una volta prese in mano la situazione. Si rialzò dolorante, in fondo le patate sono dure, si avvicinò ai due ed alzandosi sulle punte dei piedi tirò le orecchie ad entrambi. Ryuji e Tomastu lanciarono un urlo di dolore e furono costretti a guardare in basso, dove la ragazza li guardava come si guarda a due bambini troppo piccoli per capire che è ora di smetterla con i capricci.
- E tu chi saresti?- fece Tomastu.
- Quella a cui stavi lanciando delle olive.
- HAI VISTO!? STAVI COLPENDO LEI NON ME!- riprese ad urlare Ryuji
- NON ME NE ERO ACCORTO MA IN GUERRA NON SI GUARDA IN FACCIA A NIENTE E NESSUNO!- rispose il cuoco a tono.
- MA TI SENTI QUANDO PARLI?! QUALE GUERRAAAA?!!- Ryuji era esasperato ma non ancora pronto a lasciar perdere.

Notando che i due non accennavano a smetterla, tirò nuovamente le loro orecchie, costringendoli ad un doloroso silenzio.
-Avete intenzione di continuare ancora per molto?- chiese Taiga e fu felice di vedere che i due, con le lacrime agli occhi per il dolore, scossero la testa per mimare un “no” - Bene, allora adesso vi lascio le orecchie, ma dovete mettervi a cuccia tutti e due. Capito, cagnacci?
-Ma come ti permetti ragazzina!?- stava iniziando Tomatsu.
-Ti conviene star zitto e fare ciò che ti dice, se non vuoi perderci l’orecchio.- consigliò Ryuji, che conosceva bene il temperamento poco paziente della ragazza.

I due si zittirono e lei li lasciò andare.

-Cosa diamine è successo? Perché avete dato inizio a tutto questo?- chiese la Signora Hiro, una volta che le acque si furono calmate e lei si era rimessa in sesto.
Aveva impiegato circa mezz’ora a togliersi i vestiti di dosso, sciacquarsi e ricomporsi, indossando degli abiti di riserva che portava sempre nella borsa. Certo, la tuta di ciniglia rosa confetto non era poi così meglio dell’outif precedente, ma almeno non sembrava una salsiccia vestita a festa. Ed anche con un trucco meno marcato, il precedente era finito nello scarico con le salviette e la melma gialla, sembrava una donna più o meno normale. Avevano iniziato, tutti insieme, a mettere in ordine la cucina, anche Taiga e Kitamura, che non c’entravano proprio nulla, ma che non se la sentivano di rimanere in disparte. In fondo, se fosse servita di nuovo una mano per dividerli, la Signora Hiro non sarebbe stata in grado di farlo senza un altro attacco isterico. Chi scrostava i cibi attaccati alle pareti, chi cercava di scollare qualsiasi cosa fosse attaccata al pavimento. Ryuji e Tomatsu si guardavano in cagnesco mentre ciascuno ripuliva il suo lato di cucina, segno che quella era solo una tregua. Nessuno dei due però aveva voglia di spiegare quale era il motivo del loro litigio. Troppo orgogliosi o troppo stupidi?

-Se non vi muovete a parlare finirete a pulire il pavimento con la lingua! - li minacciò la donna, stanca di quella reticenza.
- Ha iniziato lui!- iniziò Tomatsu.
- IO?! Hai proprio un barbaro coraggio a dirmi una cosa simile! Sei tu che hai iniziato.. con quella tua assurda storia della tradizione!- ribatté Ryuji.
- La tradizione va rispettata anche nelle più piccole cose!
- Ancora con questa storia della tradizione?! SEI RIDICOLO!
 
- SMETTETELA!- Si voltarono tutti verso la fonte dell’urlo. Kitamura, impegnato a staccare il pomodoro dalla credenza, doveva averne proprio piene le scatole di tutte quelle parole inutili. Si girò verso il resto della compagnia con gli occhi rossi di rabbia e le mani tremanti - Dovete smetterla, CAPITO?! Adesso o ci dite cosa è successo oppure vi ammazzo! Ne ho abbastanza! Un uomo che si comporta come un bambino e tu, Ryuji, mi hai molto deluso! Non mi sarei mai aspettato da te un comportamento simile! Da quando in qua sei un guerrafondaio? Sbrigatevi a pulire e a mettere fine a questa storia.. O giuro che..-

Ryuji e Tomatsu non gli lasciarono finire la frase e, avvicinandosi entrambi al forno, ne estrassero due piatti, che poggiarono poi sul bancone da lavoro.

I tre si avvicinarono e notarono che erano due scodelle di ramen. Due ciotole di ramen perfettamente identiche, con lo stesso identico contenuto. La Signora Hiro, Taiga e Kitamura si guardarono fra di loro, poi di nuovo la ciotola e poi i due contendenti, senza dire una parola. Non riuscivano proprio a capire cosa ci fosse di male in due tazze di ramen.

- E allora?- chiese Taiga con curiosità - sono identiche!
- Ecco, è per questo che è iniziato tutto!- disse Ryuji incrociando le braccia sul petto, indispettito.
-  Non sono per niente uguali!- intervenne il cuoco - sono cucinati in modo diverso!
Kitamura si avvicinò alle ciotole ed assaggiò i due cibi, con delle bacchette appena lavate.
- Sono esattamente identici. Buoni.
- VISTO!? E lui non sa come sono stati preparati!- rispose Ryuji, seccato ed contento per il fatto che Kitamura gli aveva dato ragione. Si voltò verso Tomastu e, proprio come un bambino, gli fece la linguaccia. Taiga guardò il suo ragazzo fare quel gesto tanto infantile con un sorriso. "In fondo" pensò "è sempre dolce, anche quando fa il cane capriccioso".
- NON SONO UGUALI! Uno è cucinato secondo la tradizione, l’altro con dei metodi moderni. Non sono uguali!- ripeté Tomastu.
- Perdonami, caro, ma in cosa consisterebbe la differenza nella preparazione?- chiese la Signora Hiro.

Scese il silenzio per qualche minuto.
- Nel modo in cui sono state tagliate le verdure.

Nessuno riusciva a credere alle parole del cuoco e, quando furono sicuri di aver sentito bene, scoppiarono in una fragorosa risata.
Tomastu aveva criticato Ryuji per il modo in cui aveva tagliato le verdure, cosa che secondo lui avrebbe alterato la cottura e quindi il gusto del piatto. Ryuji, che non aveva mai cucinato il ramen in maniera diversa, chiese il perché di quella affermazione, ma non ottenne nessuna risposta, o almeno nessuna che rispondesse alla sua domanda. Il cuoco infatti aveva iniziato a elencargli una serie di lamentele, quelle che di solito le persone anziane rivolgono ai giovani: voi giovani non capite l’importanza della tradizione; avete dimenticato le nostre tradizioni; dove finirà il nostro paese e via dicendo. Nel frattempo Ryuji aveva continuato con la preparazione del suo piatto fino a che entrambi non ebbero versato la propria zuppa ciascuno in una ciotola. Quando Tomastu aveva assaggiato la zuppa di Ryuji, aveva esordito dicendo che il gusto era diverso per non dargli la soddisfazione della verità e cioè che il gusto era identico. Per il palato del ragazzo, esse avevano lo stesso identico sapore e per perorare la sua causa e cercare di calmare il cuoco, che nel frattempo aveva iniziato nuovamente con parole poco gentili a definire la sua capacità culinaria, Ryuji aveva affermato che la sua cucina si ispirava ovviamente alla tradizione, ma essendo autodidatta, quello era l’unico modo che conosceva per cucinare. Si trovava in quella cucina per imparare ma il cuoco gli aveva risposto che era un incompetente e che non avrebbe mai potuto imparare a cucinare alla sua maniera. Quella era stata l’ultima frase che aveva pronunciato in tono calmo, poiché poco dopo si era scatenato il putiferio.

A spingere Tomastu a muovere guerra contro Ryuji erano stati sicuramente una moltitudine di fattori, ma quello che più di tutto lo animava era il fatto che quel ragazzo dallo sguardo di teppista, sembrava avere un talento per la cucina di cui pochi erano in possesso e non sapeva se esserne felice o no. La cucina, come gli avevano ripetuto il nonno e il padre, è qualcosa che o si sa fare o no e solo i migliori e più combattivi andavano avanti. Lui per un po' era stato il migliore ed il più combattivo, fino a quando le cose non erano andate per il verso sbagliato. La chiusura del locale in centro era solo la tappa finale di una lunga decadenza che lo aveva portato ad essere considerato un disonore da suo padre. Il nuovo locale era per lui solo un modo per campare, poiché cucinare era la sola cosa che era in grado di fare, ma non aveva più le aspettative di una volta. Quando si era presentato Ryuji, con i suoi modi schivi e il suo stargli sempre intorno per capire come fare questo o quello, in Tomastu era scattato una specie di amore/odio in poche ore. Non lo conosceva per niente, ma la sua voglia di fare e di apprendere, le sue capacità, gli avevano riportato alla mente le parole dei suoi "antenati" e per la prima volta si rese conto di aver di fronte un vero e proprio talento, ciò che lui non era mai stato. Era bravo certo, era stato un grande chef, pluripremiato e conosciuto, ma più che per talento era per la sua dedizione e tanto impegno. Ryuji, invece, sembrava avercelo nel sangue e questa cosa lo attraeva. E lo respingeva

La Signora Hiro ancora non si capacitava del fatto che a distruggere la sua cucina era stato il modo in cui si tagliano le verdure di uno dei piatti più famosi del Giappone. Ma poi, a chi interessa il modo in cui vengono tagliate le verdure? L’importante è che il sapore sia buono! Decise di assaggiare le zuppe e si accorse che trovava di suo gradimento più quella del giovane che quella del marito, ma si vide bene dall’esprimere il suo pensiero ad alta voce, per evitare lo scoppio di una nuova bufera. Constatando che il ragazzo era bravo e di sicuro molto preparato, decise, malgrado le insistenze di Tomastu, di lasciarlo lavorare al ristorante, convincendo il marito che solo in quel modo avrebbe potuto raddrizzarlo! Tomastu, d’altro canto, spinto dalla voglia di guardarlo all'opera e di capire cosa ne sarebbe venuto fuori, decise che andava istruito. Quindi gli concesse i tornare al ristorante il giorno dopo.

 

Quando furono a letto, Taiga fra le braccia di Ryuji, quest’ultimo proprio non riusciva a smettere di pensare al fatto che quel vecchio pazzo aveva distrutto una cucina intera per una cosa che non esisteva né in cielo né in terra. Notando la sua tensione, Taiga gli si accoccolò ancora di più al corpo e prima di sprofondare nel mondo dei sogni con in mente ancora quel pomeriggio esilarante, gli diede uno dei baci più dolci di cui era capace.

 

 

 

Nota dell'autrice: non ci sono parole per scusarmi della lunga lunga assenza. Vi prego quindi di prendere questo capitolo come una sorta di "rimessa in sesto", dopo un periodo decisamente no. Un periodo molto molto molto lungo, ma che spero sia giunto alla fine.
Vi mando un forte abbraccio.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 8. ***


Taiga pensava ancora a quello strano pomeriggio quando, il pomeriggio successivo, incontrò nuovamente Kitamura ad un bar vicino la loro vecchia scuola. Quello dove erano soliti incontrarsi tutti insieme e dove, poco tempo prima, lei e Ryuji avevano confidato ai propri amici di convivere. Avevano spiegato loro che era stata una scelta per lo più dettata dalle necessità che dalla loro intenzione di vivere insieme. Effettivamente, avevano appena finito le scuole superiori e, per quanto già era capitato loro di pensare al matrimonio vedendola l’unica alternativa per stare insieme, erano perfettamente coscienti di non essere in grado di sostenere un impegno tanto importante.

La ragazza aveva trascorso l’intera mattinata a rimettere ordine in casa. Considerando che Ryuji sarebbe tornato sicuramente nervoso dal ristorante, considerando la situazione del giorno precedente, non aveva proprio voglia di fargli trovare il caos in casa. Sembrava che il caos regnasse già in ogni ambito della sua vita e non voleva che anche lo stare a casa fosse motivo di stress per il suo ragazzo. Prese anche la decisione di passare a fare la spesa dopo aver parlato con Kitamura. Avrebbe preparato a Ryuji una buona cena, non paragonabile ai manicaretti che lui le cucinava, ma almeno ci avrebbe provato. Dopo aver rassettato, trascorse il tempo a cercare su Internet e sui mille libri di cucina che Ryuji aveva portato con sé dalla vecchia casa, qualcosa di semplice e buono da cucinare. Qualcosa che una imbranata come lei avrebbe potuto mettere in tavola senza aver precedentemente mandato a fuoco la cucina e che non avrebbe successivamente mandato all’ospedale nessuno.

La scelta non fu per nulla semplice, anche perché i libri di cucina utilizzavano un vocabolario con il quale lei non aveva alcuna dimestichezza. Come suo solito però decise di non gettare la spugna. Non sapeva bene se era per la forza dell’abitudine o per il suo amore per Ryuji, ma alla fine mise insieme un menù “europeo” a base di pasta, bruschette e fette di carne.

Direte voi, semplice da cucinare, no? Provate a farlo cucinare ad una che ha anche bruciato il brodo! Mentre scriveva la lista della spesa, le venne in mente il giorno in cui la mamma la lasciò per la prima volta sola in casa, senza dirle che aveva lasciato sul fuoco acceso la pentola con il brodo. Il risultato fu che da allora aveva preferito ordinare sempre cibo da asporto e le era venuta la fobia del fornello. Certe volte si alzava anche di notte per controllare che i fornelli fossero tutti spenti, onde evitare di mandare a fuoco l’intera casa.

 

  • Spaghetti.. baguette.. pomodori.. maiale.. Dovrebbe esserci tutto- disse fra sé, rileggendo più volte la lista della spesa. Gli ingredienti che le occorrevano non erano tantissimi, ciò che la preoccupava era il modo in cui lei sarebbe stata in grado di metterli insieme e cosa ne sarebbe uscito.

 

Presa da questi pensieri poco felici, nella sua mente si alternavano momenti di sconforto (in cui immaginava uscire dalla propria pentola un fungo nucleare) a momenti di impensabile ottimismo (in cui immaginava di essere una chef di alto livello che avrebbe fatto capitolare definitivamente Ryuji, il cui unico modo per sdebitarsi era chiederla in sposa), si accorse che mancava tremendamente poco al suo appuntamento con Kitamura e dovette far le corse per non arrivare in ritardo. Non sarebbe di certo stato un problema, dal momento che era sempre stata una ritardataria, ma non era un appuntamento con Ryuji, che ormai la conosceva bene e non ne era eccessivamente seccato. Ryuji era paziente e con lui era tutto diverso. 

Più volte si fermò a pensare al fatto che per la prima volta si sarebbe ritrovata da sola con Kitamura e che, tempo addietro, non sarebbe stata neanche in grado di pensare ad un possibile appuntamento con lui senza diventare rossa come un peperone. In quel momento invece si sentiva come se stesse per incontrare un suo vecchio amico, cosa che Kitamura era effettivamente, ma per il quale non aveva mai provato nulla. Era incredibile il modo in cui adesso vedeva le cose successe in passato, anche la cotta che aveva per quel ragazzo, come un qualcosa di così lontano e senza valore. O meglio, tutto ciò che non ruotasse intorno a Ryuji sembrava senza valore. Era incredibile il modo in cui quel cane pulcioso era piano piano diventato il centro del suo mondo. Il pensiero la fece sorridere mentre camminava lungo le strade affollate e quasi si perse non prestando attenzione al percorso. 

Si trovò davanti il bar e dando una sbirciata al suo interno, notò che Kitamura era già seduto ed assorbito dalla lettura del menù. Il suo viso corrucciato, impegnato nella ricerca del gusto giusto da affiancare al cioccolato della sua coppa gelato doveva essere una scelta tremendamente difficile. Entrando nel locale, fece scampanellare il piccolo sonaglio che sovrastava l’entrata del locale e le venne in mente subito il suono del campanello del ristorante dove stava lavorando Ryuji e che il giorno prima aveva dato il via ad un pomeriggio al di fuori dell’ordinario. Sperò che non si ripetesse il pomeriggio precedente mentre si avvicinava al tavolo già occupato dal suo amico. 

 

- Buon pomeriggio Kitamura, scusami per il ritardo. - disse Taiga prendendo posto di fronte al ragazzo.

  • Oh, ciao Aisaka! Figurati, non sono qui da molto. - Kitamura le rivolse un ampio sorriso comprensivo e Taiga capì che probabilmente era già da parecchio che era seduto. A sottolineare la sua intenzione arrivò la cameriera, una ragazza sui 20 dai capelli di un arancione poco naturale che con modi spiccioli chiese loro i gusti del gelato che avevano intenzione di prendere.
  • Mi dispiace, ma se non hai ancora scelto, devo chiederti di lasciare il locale. Sono 20 minuti che stai qui con il menù in mano ed ancora non hai deciso!- fece lasciando che le parole si impastassero alla gomma da masticare che agitava rumorosamente da una parte e dall’altra della bocca.
  • Perdonami, ma la mia amica è arrivata solo ora..- le guance di Kitamura presero fuoco e Taiga si sentì in imbarazzo per lui. Era stato sgamato da una cameriera poco gentile e la cosa la fece sorridere.
  • Senti, spero per te che la tua ragazza abbia già le idee chiare, sennò faremo notte! -  lo incalzò la cameriera.
  • Non.. Non è la mia ragazza. E.. - Kitamura iniziò a balbettare, evidentemente a disagio.
  • E.. - fece di nuovo la cameriera, che sembrava aver preso di mira quel povero ragazzo, incuriosita dal fatto che stava da tanto tempo aspettando una che non era neanche la sua ragazza. Per di più non era neanche certa che quella fosse una ragazza. Abbigliata in quel modo, con un vestitino leggero ed un paio di sandali alla caviglia, le sembrava molto di più una bambina. - E.. 
  • E non sono affari tuoi! -  intervenne Taiga - Limitati a fare il tuo mestiere e non ficcare il naso in cose che non ti riguardano. Io voglio una coppa gelato fragola e vaniglia con cioccolato bianco. Tu, Kitamura, cosa prendi?

La cameriera la guardò storto, ma Taiga non abbassò lo sguardo. Nel frattempo, Kitamura diventava sempre più rosso in viso. Ordinò lo stesso, più che per la voglia di quel gelato, per vergogna. Non alzava lo sguardo dal bordo del tavolo.

 

  • Allora, di cosa volevi parlarmi? Spero non di ciò che è successo ieri..- iniziò Taiga, ma nel momento stesso in cui richiamò alla mente ciò che era successo il giorno prima, quasi si strozzò nel tentativo di soffocare le risate.
  • Già.. Ieri- anche Kitamura.
  • Se ci ripenso, non posso fare altro che scoppiare a ridere! Ma ti ricordi quando Ryuji si è accovacciato dietro il bancone? O quando il cuoco, quel pazzo di Tomatsu, ha cercato di far passare per disgustoso il piatto di Ryuji?.. Secondo me, se lo raccontiamo in giro, nessuno ci crede!- a ripensare a quelle scene, gli occhi di Taiga già stavano riempiendosi di lacrime per le risate.
  • Aisaka.. in realtà.. - fece Kitamura.
  • E poi quella signora? Ma l’hai vista? Non avevo mai visto una signora tanto truccata, ingioiellata e infagottata come quella.. ahahah-
  • Aisaka..- 
  • Sai, sarei proprio curiosa di tornare lì oggi e vedere cosa stanno combinando quei due..- fece Taiga, quasi sovra pensiero.
  • Aisa.. ka..-
  • Se ci fosse un altro siparietto del genere, sarei più che felice di assistervi..-
  • TAIGA! Non sono qui per parlarti di Ryuji.- Kitamura sbottò, sbattendo una mano sul tavolo, cercando di richiamare l’attenzione di Taiga. La ragazza rimase impietrita di fronte a quel gesto, in fondo, non aveva mai visto Kitamura reagire in quel modo, neanche alle peggiori notizie! Il riso le si fermò in gola e si guardò intorno, per vedere se qualcuno si era accorto della situazione. Sembrava che ognuno era troppo preso dai propri pensieri, per rendersi conto di un ragazzo occhialuto aveva appena alzato la voce e utilizzato il nome di Taiga per la prima volta in tanti anni di scuola superiore. Effettivamente Taiga non seppe se si era sorpresa per quell’eccesso di collera o per il fatto che Kitamura si era preso tanta confidenza, chiamandola per nome. 

Solo un paio di persone si erano girate a guardare la scena, attirate dalle urla del giovanotto, ma rendendosi conto che non era successo nulla di grave, tornarono a guardare le proprie pietanze.

  • Ehm.. Aisaka, scusami- fece Kitamura, nel tentativo di ricomporsi e scusarsi- Non dovevo prendermi tale confidenza. Chiamarti per nome, in fondo non mi hai dato questo permesso.. Però.. Però certe volte proprio non ti si riesce a fermare! Insomma! Le tue parole sembrano un fiume in piena e non c’è proprio verso di attraversarlo.. Accetta le mie scuse e per favore ascoltami.

Kitamura cercò lo sguardo della ragazza, sperando dentro di se di non aver aizzato la tigre palmare. Eppure si trovò di fronte una ragazza, già piccola che sembrava essersi fatta ancora più piccola. Rimproverò se stesso per quell’eccesso di rabbia e per il modo davvero riprovevole con il quale aveva cercato di chiederle perdono, ma ripensando a ciò che aveva da dirle, si rese conto che questo era il modo migliore per attirare la sua attenzione.

  • Senti, Aisaka.. Credimi non so neanche da dove cominciare.. Non è per niente una bella situazione.. In fondo, sono un ragazzo e di certe cose dovrebbe occuparsi una ragazza, non io. Ho provato a chiedere a Kawashima, ma non poteva. Sta lavorando.. e secondo me era una cosa di qui dovevamo parlarti al più presto, prima che la situazione peggiori..
  • Eccovi finalmente!- neanche a farlo apposta, in quel momento arrivò Kawashima. Probabilmente aveva corso, poiché il suo affanno si sarebbe sentito anche a chilometri di distanza. Taiga, non riuscì a credere alla sua vista. Kawashima che aveva corso per incontrarli? Fra l’altro, vestita con un semplice jeans ed una canotta, per quanto aderente e parecchio scollacciata? LEI? Okay, c’era qualcosa di grave, molto grave se quei due si erano presi la briga, considerando Kawashima, di parlarle con questa fretta. Ripensò al giorno prima, a quando per caso aveva incontrato Kitamura. Non ci aveva fatto caso, lì per lì, ma con più attenzione, ricordò che il ragazzo le era sembrato strano, molto taciturno e pensieroso, quasi preoccupato. Probabilmente c’era già qualcosa che bolliva in pentola e Kitamura non sapeva come affrontare il discorso. Dagli sguardi che Kitamura e Kawashima si lanciavano, una volta che lei aveva preso posto accanto al ragazzo, Taiga pensò ad una possibile relazione fra i due. Kitamura era ormai paonazzo in viso e Kawashima, per la prima volta da quando la conosceva, era talmente agitata che non riusciva a stare ferma sulla sedia.

Il silenzio ormai era imbarazzante. E quasi ringraziò la cameriera invadente, quando tornò con le ordinazioni. La ragazza, quando vide che si era aggiunto un altro membro al tavolo, preferì stare in silenzio e non chiedere nulla, se non ciò che il suo lavoro le imponeva. La nuova arrivata, che lei riconobbe come Ami Kawashima, la modella che all’apice del successo aveva deciso di ritirarsi per un po’ dalle scene o quanto meno dalle passerelle meno importanti, aveva ordinato una coppa gelato con cioccolato e panna e dopo aver preso l’ordinazione, sparì dietro il bancone.

  • Ragazzi, ma che succede? Di cosa dovete parlarmi?- il silenzio non faceva che far aumentare i sospetti di Taiga su una presunta relazione fra i due. In fondo, le sembrava di rivivere la stessa situazione di qualche giorno prima, quando cioè doveva annunciare a tutti la sua convivenza con Ryuji.
  • Aisaka..-
  • Allora ancora non le hai detto nulla? Ti pareva! Devo sempre fare io il lavoro sporco..- sbottò infastidita Kawashima.
  • Però non iniziare così, che poi, può finire solo peggio e non sarebbe di aiuto a nessuno- la supplicò Kitamura, cercando di schivare lo sguardo interrogativo di Taiga.
  • Okay, ma pensavo che almeno avessi iniziato ad accennarle qualcosa! Prima lo sa e meglio sarà per tutti!
  • Hai ragione, ma ti avevo detto che non sapevo come iniziare, come continuare e come finire.. Io di queste cose non me ne intendo per niente!- quasi come un bambino che fa i capricci, incrociò le mani sul petto e mise il broncio- Di queste cose dovrebbero occuparsi le ragazze, non di certo uno come me!
  • Uno come te? UNO COME TE!? Ti ricordo che più di una volta ti abbiamo trovato in mutande ed ancora mi chiedo il perché di quelle scene obbrobriose.- Kawashima puntò i pugni sul tavolo.
  • Non ritornare su questa storia, per favore! Non mi sembra il momento, il luogo e soprattutto.. COSA C’ENTRA IL FATTO CHE IO MI DENUDI CON QUELLO CHE SIAMO VENUTI A FARE QUI!?-
  • Ragazzi..- si intromise Taiga, anche lei per la prima volta in imbarazzo- se dovete dirmi.. tipo.. che state insieme.. beh, potete dirmelo, lo sapete, senza problemi.

I due ragazzi si fermarono di botto, colpiti dalle parole di Taiga. Era questo che credeva?

  • Allora non le hai detto ancora nulla?! NEANCHE UN’INTRODUZIONE HAI FATTO!- Kawashima era paonazza dalla rabbia. 
  • Scusa Kawashima, scusami!- Kitamura era visibilmente dispiaciuto.
  • Senti, Taiga.. è inutile che ci giriamo intorno- Kawashima le allungò il suo telefono, sul cui schermo era visualizzato un messaggio proveniente da Minori.

 

“Stai lontano da Taiga, non è una brava amica e soprattutto non è una ragazza rispettabile. Meglio se l’allontani”

 

Taiga non riusciva a credere ai suoi occhi, quindi spaesata, cercò lo sguardo di Kawashima e Kitamura, evidentemente dispiaciuti e in imbarazzo.

  • Aisaka, non sapevamo come dirtelo.. Da qualche giorno, Kushieda ci manda messaggi simili e, credimi, questo è il più gentile che ci è arrivato.
  • Ma.. ma..- Taiga fece scorrere i messaggi che sembravano essere stati inviati da quella che lei riteneva la sua migliore amica- non è possibile.. lei.. lei.. non direbbe mai qualcosa di simile. Non lo direbbe di nessuno, figuriamoci di me!- gli occhi le si riempirono di lacrime.
  • Anche noi, credimi, non pensavamo che tutto questo fosse possibile. Non lei, non da Kushieda.

Gli occhi di Taiga si fermavano su parole sempre più cattive ed infamanti. “Non la mia Minorin”. Le dava della ragazza facile, diceva che era una persona falsa e pronta a buttarsi nel letto della prima persona che capitava.

  • Aisaka..- provava a chiamarla Kawashima
  • Aisaka..- 
  • Io.. non.. so.. che.. fare..

Nota dell'autrice: perdonatemi per i puntini, ma al momento non posso modificarli. Appena posso riparerò al mio errore.

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Capitolo 14
*** Giorno 9. ***


La sera prima Ryuji era tornato tardi da lavoro. Aveva mangiato e si era trascinato a letto, senza avere neanche la forza di mettere in ordine la cucina. Il lavoro al ristorante, per quanto fosse solo al suo secondo giorno, lo aveva stremato ed il cuoco era decisamente troppo intransigente. Lo aveva costretto a preparare un pranzo di circa otto portate e la sera, per la cena, non era stato per nulla clemente tanto da imporgli la preparazione dei piatti più difficili della tradizione giapponese. 

Tomatsu utilizzava come scusa il fatto che era necessario fare pratica, molta pratica, prima di potergli permettere di servire le sue pietanze ai clienti. Tutte balle, pensava Ryuji. Semplicemente è un sadico che si diverte a mettermi alla prova, pur di non ammettere che sono un bravo cuoco. 

Yacchan non ne sapeva nulla ovviamente. Preferiva aspettare di capire se quella strada era percorribile prima di avvisarla. Non avrebbe apprezzato il suo essere una madre apprensiva, quando si trattava del lavoro del figlio. Ricordava perfettamente cosa era successo durante la festa di San Valentino, quando scoprì che il ragazzo si era messo a lavorare per una pasticceria vendendo scatole preconfezionate di dolci e non voleva di certo ripetere la stessa esperienza. 

Si rigirò nel letto più e più volte, prima di prendere sonno.

Ripensare a quel giorno gli metteva addosso una strana euforia. A pensarci bene era da lì che era cominciata la sua storia con Taiga. Quello stesso giorno gli aveva tecnicamente fatto una proposta di matrimonio.

E lei, a modo suo, l’aveva accettata.

Arrossì violentemente ricordando la notte trascorsa a casa dei suoi nonni, la sua prima volta in assoluto con quei parenti di cui non aveva mai saputo nulla ma dei quali condivideva il sangue. Le guancie in fiamme quando per la prima volta aveva toccato le labbra di Taiga, sfiorandole con le sue. Quello era uno dei ricordi più dolci che aveva. Quello era il momento dell’inizio del loro tempo.

Allungò il braccio, sperando di trovarla al suo fianco, ma la ragazza non c’era. Ancora non si era coricata.

Si promise di aspettarla sveglio, ma la stanchezza ebbe la meglio.

 

Quando aprì gli occhi, il sole era già alto ed il posto di Taiga era già vuoto. Sembrava quasi che lei non si fosse proprio posata sul letto. Non che normalmente i segni della sua presenza si vedessero chiaramente. Era talmente tanto piccola e leggera che era come avere una piuma al fianco.

Si alzò disorientato, mise in ordine il letto e prima di uscire nel salotto, si fermò in bagno a lavarsi. Aveva bisogno di una doccia per rimettersi in sesto, dato che la notte non lo aveva del tutto rinfrancato. La stanchezza ancora non si era dissolta e sapeva che, dopo la giornata estenuante che lo aspettava, neanche la notte successiva l’avrebbe aiutato a riposarsi. Aprì il getto della doccia e senza aspettare che l’acqua arrivasse ad una temperatura adeguata, vi si mise sotto. Adorava quei pochi secondi in cui l’acqua fredda gli toccava la schiena, sembrava rinvigorirlo e svegliargli i muscoli, ma era troppo freddoloso per fare una doccia intera sotto il getto freddo. Si insaponò e si sciacquò più volte, finché non si sentì meglio. Poi si asciugò e si vestì con la tuta più comoda che avesse. Di fatto era solo in prova e dopo lo scontro culinario avuto due giorni prima, la divisa era ancora sporca. 

Una volta pronto si avviò nel salotto, convinto di trovarvi Taiga già pronta e arrabbiata perché era in ritardo nel preparare la colazione. Con suo enorme stupore, notò che la ragazza non c’era. Girovagò per casa, cercandola e chiamandola a gran voce, ma di Taiga nessuna traccia. Sembrava essere sparita. Tornò in camera da letto per cercare qualche indizio, qualcosa che gli facesse capire dove fosse finita, ma la stanza, come del resto la casa, era pulita da cima a fondo. Tutto era in ordine. Ogni cosa al suo posto. Sembrava quasi di trovarsi in una casa diversa.

Taiga si stava davvero impegnando nella parte della mogliettina modello. Gli aveva anche preparato una cena con i fiocchi e lui si sentì in colpa perché si rese conto di non aver apprezzato fino in fondo il suo sforzo. Ma era davvero stanco e sperò che lei non se la fosse presa troppo. Si ripromise di passare una intera giornata con lei, appena il capo si fosse degnato di dargli la giornata libera. In tre giorni di lavoro, non era riuscito neanche a scambiare qualche parola con Taiga. O meglio, gli sembrava che lei volesse eludere tutte le sue domande rimanendo sul vago, non rispondendo direttamente e cambiando spesso argomento. Pensò che forse dipendeva dal fatto che negli ultimi giorni non stesse facendo chissà cosa e quindi non avesse nulla da raccontargli.

Tornò in cucina per cercare qualcosa con cui fare colazione e solo allora si rese conto che attaccato con una calamita al frigorifero c’era un foglietto. La scrittura era di Taiga. Era inconfondibile. Piccola e molto più simile ad un insieme di scarabocchi che a delle frasi di senso compiuto. “Anche in questo è scombinata” pensò. Staccò il foglio di carta per leggerlo meglio.

 

“Sono scesa a fare delle commissioni. Ti ho preparato la colazione ed il bento. A stasera. xoxo Taiga”.

 

Non sapeva se essere contento per il fatte che avesse scritto “xoxo” oppure scontento perché a parte questo minimo particolare, il messaggio era del tutto impersonale. Certo, Taiga non era proprio il tipo di ragazza da smancerie o altro, e di fatti si era molto sorpreso del bacio che gli aveva dato qualche sera prima. Un gesto inverosimilmente dolce per lei. E soprattuto in contrasto poi con i comportamenti del giorno precedente. A ripensarci bene, anche quando si erano scambiati degli sms, lei era stata molto fredda e distaccata. “Devo parlarle al più presto”. Prese il cibo dal frigorifero  e mentre riscaldava del pane nel forno a microonde, cercò più volte di chiamarla sul cellulare, ma sembrava essere staccato. “Che abbia qualcosa da nascondermi..”. No, era impossibile. O forse era meglio credere che non era possibile. In fondo per tanto tempo si era tenuta dentro i sentimenti che provava per Ryuji. E se si fosse innamorata di un altro ragazzo? Il pensiero gli fece salire i nervi. Addentò con rabbia la colazione. Come aveva potuto conoscere un altro? Ma soprattutto, chi aveva la sua stessa pazienza nel assecondare i capricci della tigre palmare?! Sembrò che del fumo stesse per uscirgli dalle orecchie, tanta la rabbia che gli montava dentro. Se fosse stato così, perché preparargli una cenetta come quella della sera precedente? Che avesse da farsi perdonare qualcosa? Doveva uscire di casa, altrimenti se la sarebbe vista brutta e soprattutto sarebbe arrivato tardi a lavoro. Ci mancava solo che quello squinternato di Tomatsu gli facesse storie per il ritardo.

Prese velocemente la borsa e le chiavi di casa ed uscì sbattendo la porta. Non che ci fosse qualcun altro in casa, ma quel gesto gli aveva sempre dato la sensazione di essere forte, mascolino. Di avere potere, insomma. “Ma quale potere!” pensò sbuffando “Sono qui che mi distruggo con pensieri negativi, quando non ne avrei davvero motivo”. Erano stati tanto tempo lontani e di sicuro non sarebbe andato tutto all’aria per questioni di poco conto. Vivevano insieme e non era certo cosa da poco. Cercò di tranquillizzarsi. E gli bastava davvero poco per farlo. Gli bastava pensare alla sua Taiga sorridente.

 

“Deve esserci qualcosa.. qualcosa che non vuole dirmi”.

 

In realtà, i pensieri di Ryuji, non erano poi così lontani dalla realtà. Taiga in effetti si trovava con un ragazzo nel momento stesso in cui Ryuji aveva messo piede nel ristorante. Solo che il ragazzo in questione era Kitamura e non aveva assolutamente nulla di cui preoccuparsi. L’argomento in questione, quello su cui avevano dibattuto fino a quel momento e di cui avrebbero parlato per tutto il pomeriggio a casa di Kawashima, non aveva nulla a che fare con la sfera amorosa.

 

Ciò che preoccupava Taiga era che i messaggi di Minori si erano moltiplicati e adesso li indirizzava direttamente a lei. Kushieda era come impazzita. Come se la sua migliore amica fosse diventata il suo acerrimo nemico. E lei non voleva che Ryuji lo venisse a sapere.

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Capitolo 15
*** Giorno 10. ***


Nuovo giorno. Stessa situazione.

Ryuji era di nuovo da solo in casa, la colazione ed il pranzo in frigo. Nessuna traccia di Taiga. Impegnata in chissà quale commissione che la costringeva a uscire presto al mattino. Avrebbe indagato più a fondo se la sera precedente non fosse crollato sul divano mentre tentavano di vedere un film assieme. Lei accoccolata contro il suo corpo. Lui la teneva stretta, ma per quando fossero un groviglio di corpi, Ryuji la sentiva terribilmente lontana. Come se la sua mente fosse altrove. Aveva più volte tentato di intavolare una conversazione, ma lei sembrava non averne voglia e riportava la sua attenzione o sul film o sulla sua giornata. Ryuji ben presto finì con il raccontarle delle stramberie di Tomatsu e riusciva ogni tanto a strapparle qualche risata sommessa. Lei non lo aveva svegliato, quando si era accorto che si era addormentato profondamente sul divano, ma si era limitata ad aiutarlo a stendersi per bene. Aveva troppa vergogna di spogliarlo ed infilargli il costume per poterlo far dormire più comodamente, per questo gli aveva lasciato addosso i vestiti e si era infilata sotto le coperte del letto. Era molto stanco e non voleva disturbarlo.

D’altra parte neanche lei sembrava passarsela così bene dopo tutto. Si guardò allo specchio infilandosi il pigiama e notò che i suoi lineamenti avevano perso la loro naturale spigolosità. Era dimagrita, ma mangiare in quella situazione era proprio l’ultimo dei suoi problemi. Che erano veramente tanti.

Stendendosi sul letto fece mente locale, cercando di focalizzare la propria attenzione su quelle che erano le situazioni più spinose al momento.

Vedeva il suo ragazzo distruggersi di lavoro a soli tre-quattro giorni dall’inizio del nuovo lavoro. Era talmente stanco che certe volte sembrava non riuscisse a mangiare. Non le importava neanche del fatto che non le facesse complimenti sulla sua cucina o sul fatto che lei si impegnava a tenere sempre la casa in ordine, di modo che non avessi troppi pensieri oltre a quelli che riguardavano il lavoro. Quello che faceva, svegliarsi presto per preparare la colazione, il pranzo, pulire e mettere in ordine prima del suo arrivo, erano cose che aveva sempre visto fare a Ryuji e le prime volte che si era cimentata nelle pulizie, aveva la sensazione di star facendo qualcosa di sbagliato. Eppure, pian piano, lo aveva inteso come un gesto di affetto nei confronti del suo fidanzato. Un modo per prendersi cura di lui. E quando ci si prende cura di qualcuno che si ama, non è necessario sentirsi dire grazie. Gli bastava veder comparire sul suo viso un sorriso stanco quando tornava a casa e vedeva la tavola pronta e Taiga che lo aveva aspettato per mangiare, anche se faceva molto tardi la sera. Quel sorriso, per lei, era qualcosa di inimitabile, appagante. Le faceva battere il cuore più veloce. 

Si meravigliò di se stessa, quando si rese conto che con il tempo il suo carattere era davvero cambiato, i suoi angoli si erano leggermente smussati. Prima non si sarebbe mai accontentata solo di un sorriso ed invece ora la faceva sentire in paradiso. 

Per questo era decisa a non raccontare nulla a Ryuji della questione di Minori, almeno fino a che il suo periodo di prova non fosse del tutto finito e fosse stato assunto a tempo pieno. Non voleva che andasse a lavoro con pensieri tristi o preoccupato per lei.  In fondo lei era una tigre, se la sarebbe cavata al meglio anche da sola. Bastava solo capire il perché di quello strano atteggiamento di Minori. Cosa che ancora non riusciva a spiegarsi. 

“Minori.. Minori.. La mia Minori”. Si addormentò con questo pensiero nella testa.

 

Al mattino, mise in ordine, cucinò e poi uscì senza svegliare Ryuji. 

Aveva appuntamento con Kawashima al solito bar e poi sarebbero andate tutte e due a casa di Kitamura.

Da quando gli avevano dato quella tremenda notizia, si erano visti tutti i giorni. Ad avere l’idea era stata la stessa Kawashima. Si era accorta che quella notizia aveva spezzato qualcosa dentro Taiga. Qualche parte di lei si era sgretolata e non sapeva come rimettersi in piedi. Per Taiga era una situazione nuova e non voleva aiuto da parte di nessuno, eppure Ami sapeva che non poteva lasciarla da sola. Più di una volta la piccolina si era messa nei guai con le sue stesse mani e, per quanto in passato non fossero proprio migliori amiche, lei sapeva perfettamente che tutta questa brutta situazione non aveva nulla a che fare con Taiga. Lei non c’entrava nulla. Era solo una ragazza innamorata, corrisposta e che per la prima volta aveva a che fare con l’amore. Poteva essere una colpa, questa, per lei? Ami non lo accettava. Non accettava quello strano comportamento di Kushieda, un comportamento senza senso, da parte di quella che doveva essere la migliore amica di Taiga! Perché tutto questo? Neanche lei riusciva a farsene una ragione ed a dispetto della fama di insensibile ragazza di copertina che si era creata, vedere la sua neo-amica stare male e soffrire, le faceva male. Per questo aveva deciso di non lasciarla sola. E si era meravigliata di quella strana sensazione che provava, quella che normalmente senti quando decidi di aiutare qualcun altro senza chiedere o ottenere nulla in cambio. Ami volle farlo, solo perché sapeva che era la cosa giusta da fare.

Si incontrarono al bar come nei giorni precedenti e nel vedere Taiga, Ami si rese conto che la situazione stava peggiorando. Era trasandata. Sembrava essere appena uscita dalla doccia, i capelli legati in una coda alta e una tuta che la faceva sembrare molto più piccola. Era evidente che non mangiava da qualche giorno, perché il viso si era leggermente incavato ed era di un colorito pallido che lasciava trasparire il dolore che provava. Ami si chiese quanto possa essere visibile il dolore altrui, quanto potessero essere mascherati i segni della sofferenza. Perché Taiga per lei era diventato un libro aperto. “Ma Ryuji lo sa?”. Si rispose da sola guardandola negli occhi. No. Ryuji non sapeva nulla di tutto quello che le stava succedendo. Del mondo che era crollato sulle spalle di Taiga nel giro di pochi secondi. Tutte le sue certezze si erano sbrindellate dietro una raffica di parole. E Ryuji non ne sapeva nulla. Avrebbe dovuto dirglielo?

Ami sorrise a Taiga, cercando nel suo repertorio il sorriso più sincero e preoccupato che riuscisse a trovare. Ma ne venne fuori una smorfia spaventosa che fece ridere Taiga. Senza dire una parola si avviarono verso casa di Kitamura.

 

- Ryuji lo sa?- decise di iniziare la conversazione.
- Di che cosa?- chiese Taiga sulla difensiva.
- Di quello che è successo. Di te e Minori.-

Taiga non riuscì a rispondere, limitando a guardare in basso verso la punta dei suoi piedi. Ami capì che era un no.

- Dovresti dirglielo?-
- NO!- fece spaventata.
- Perché no? Penso che essendo il tuo ragazzo dovrebbe sapere cosa sta succedendo.- Ami incrociò le braccia sul petto, guardandola con la coda dell’occhio.
- Non ce n’è bisogno. Si sistemerà tutto! Ne sono certa!- fece Taiga con così poca convinzione nella voce, da tradire il suo aspetto risoluto.
- E se non fosse così? Se non si sistemasse nulla?- Ami non aveva intenzione di cedere - Ryuji non se ne accorge, di quanto stai male?
- Io sto benissimo!- disse Taiga fermandosi al centro della strada - Non c’è nulla che lui debba sapere perché non c’è nulla di cui lui debba preoccuparsi. Ha già così tanti pensieri nella sua testa. E poi a te che importa Chiwawa Scema?
- A me? Niente figurati. Più che altro mi preoccupa il fatto che lui non si accorga del fatto che tu non stia mangiando nulla.-- Non è vero… è… è solo molto impegnato. E io non voglio disturbarlo oltre.-
- Se dici così, vuol dire che non gli vuoi bene.-
- MA CHE COSA VAI DICENDO! Non gli voglio bene? COME TI PERMETTI!- Taiga era fuori di se. Come poteva Kawashima dire una cosa del genere? Come poteva non volergli bene, se lo teneva allo scuro proprio per evitargli pensieri - TU NON SAI NIENTE!
- No, hai ragione io non so niente! - anche Ami aveva iniziato ad urlare - L’unica cosa che so è che la mia amica di sta facendo del male con le sue proprie mani! Che sta male ed il suo ragazzo, quello che più di tutti dovrebbe capirla e confortarla, non sa niente di tutto questo perché la mia amica deficiente ha deciso di fare la forte della situazione, quando si vede benissimo che sta male! Che sta male e non riesce a fare niente per uscirne! HAI RAGIONE NON SO PROPRIO NIENTE!

Le parole di Ami colpirono Taiga in pieno volto. “Quindi si preoccupa per me?”. Le lacrime cominciarono a scenderle calde sul volto. Era vero. Stava andando tutto in pezzi e non sapeva come fare. Sopratutto perché la persona che le aveva sempre dato una mano adesso sembrava odiarla più di qualsiasi altra cosa al mondo. Era vero. Per la prima volta da giorni, diede sfogo a tutte le lacrime che aveva covato dentro. A tutto il dolore che aveva dentro. Come era stato possibile finire in quel modo? Cosa era andato storto? Perché Minori le mandava messaggi in cui l’accusava di essere una poco di buono, una persona falsa e bugiarda? Perché tutto questo, senza neanche un spiegazione, un motivo? Cosa era successo? Non se lo riusciva a spiegare ed erano questi i pensieri che la assillavano da così tanti giorni. Kawashima se ne era accorta. Kitamura se ne era accorto. Probabilmente anche Ryuji sospettava qualcosa. Ma lei cosa poteva fare? Nei giorni precedenti, a casa di Kawashima si era cercata di mettere in contatto con Minori, aveva provato a chiamarla. Ma a quanto pareva non aveva intenzione di rispondere alle telefonate. Era solo brava a mandare messaggi offensivi e non avere un confronto diretto la faceva stare peggio. Perché non vuole parlarmi, se poi comunque riesce a scrivermi cose tanto brutte? Proprio non lo capiva.

Mentre ormai il pianto aveva assunto le dimensioni di un fiume in piena, si sentì circondare dalle braccia di Kawashima. Spalancò gli occhi e vide che la guardava con una dolcezza infinita. Proprio lei, che fino a qualche tempo prima, neanche riusciva a sopportare il suono della sua voce, adesso era l’unica in grado di darle esattamente ciò di cui aveva bisogno.

 

- So che è difficile, Taiga. - aveva usato il suo nome per la prima volta da quando la conosceva - So che cosa si prova ad essere il bersaglio di così tanta cattiveria gratuita. Da Kushieda poi. Ma ti prego, fatti aiutare. Così non va bene. Fai stare in pensiero tutti noi. 
- Non lo faccio apposta. Semplicemente non so cosa fare. Come comportarmi. - Taiga ricambiò l’abbraccio, aggrappandosi alla maglietta di Ami e stringendosi con più forza a lei. Una volta al suo posto ci sarebbe stata Minori, ma adesso dove era?
- Penso che sia arrivato il momento di parlare di persona con Kushieda.- disse Ami con risolutezza e Taiga non poté fare altro che acconsentire. Quella storia doveva avere una fine. In un modo o nell’altro.

 

Ripresero a camminare, ormai vicine a casa di Kitamura.

 

- Ami, un solo favore- la voce di Taiga uscì come il lamento di un bambino, debole e supplichevole - Non dire nulla a Ryuji.

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