Incontri, segreti, confessioni, promesse.

di silvia_arena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontri ***
Capitolo 2: *** Segreti ***
Capitolo 3: *** Confessioni - parte uno ***
Capitolo 4: *** Confessioni - parte due ***
Capitolo 5: *** Promesse ***



Capitolo 1
*** Incontri ***


Remus Lupin si sentiva strano, quella sera. Si accertò più volte di non aver avuto un piccolo vuoto di memoria e non aver preso la pozione, invece no, la boccetta che Piton gli portava ogni sera era lì sul tavolo, vuota – e lui si ricordava bene di averla bevuta qualche ora prima.

Allora cos’era quel senso di tristezza, di oppressione?

Da quando era arrivato lì ad Hogwarts era abbastanza felice: aveva incontrato il figlio del suo migliore amico, aveva la possibilità d’insegnare la materia che più amava. Ma, ripensandoci, aveva molti motivi per essere triste: Harry non faceva che ricordargli James, uno dei suoi migliori amici, assassinato, tranne per gli occhi, aveva gli occhi della dolce Lily, assassinata pure lei. Il suo vecchio amico Sirius, scoperto un traditore e causa della morte di James e Lily, era evaso da Azkaban e cercava Harry, per ucciderlo. Una parte dei colleghi professori non era d’accordo sulla sua assunzione, non considerando prudente che gli studenti avessero come insegnante un lupo mannaro. E perlopiù, i dissennatori di Azkaban vagavano intorno al castello, incupendo l’atmosfera e rattristando tutti.

In effetti, aveva molte più ragioni per essere triste che per essere felice, ma sapeva che la sua tristezza, in quel momento, non era dettata da alcuna di quelle.

Guardò l’orologio: era tardi, ma per i suoi standard era ancora presto per andare a dormire, non aveva abbastanza sonno, così uscì dal suo studio. Di solito il professor Lupin preferiva trascorrere il tempo libero da solo nella sua stanza, o chiacchierando con Harry, ma a quell’ora Harry era di sicuro già a letto e lui aveva bisogno di parlare con qualcuno per rallegrarsi un po’.

Scese le scale. Dove andare? In sala professori avrebbe incontrato sguardi ostili, persone a conoscenza della sua licantropia. La luna piena era lontana e non voleva pensarci, in quel momento. Non c’era un docente col quale aveva legato particolarmente. Nessuno poteva fargli compagnia, se non i libri. Il suo animo solitario lo condusse in biblioteca. Sei sempre il solito, Remus, si richiamò lui stesso tra il divertito e l’esasperato.

A quell’ora quel luogo sarebbe stato di sicuro desolato. Non sapeva se preferisse così o se in quel momento ciò di cui aveva realmente bisogno era una presenza umana. Varcò la soglia e scoprì che i suoi sospetti erano fondati: la biblioteca era vuota, nessuno studente che soffriva d’insonnia o che si preparava all’ultimo minuto per un compito. Passeggiò tra gli scaffali, non sapendo di quale tomo fosse in cerca – di nessuno, in effetti – così prese il primo che gli capitò fra le mani.

Storia di Hogwarts. Con un sospiro lo rimise sullo scaffale. L’aveva già letto, più volte.

Continuò la sua ricerca, quando ad un tratto sentì un rumore, come qualcuno che chiudesse di botto un libro, poi una sedia che strisciava, infine dei passi. Uno studente che non aveva notato. Indietreggiò per nascondersi dietro qualche scaffale – decise di non voler parlare in quel momento – ma il suono uscì da solo dalla sua bocca quando vide di chi si trattava.

«Cece.»

Era sorpreso, piacevolmente, ma sempre sorpreso. Sapeva che la ragazza aveva un amore incondizionato per i libri ma sapeva anche che andava a letto molto presto di solito.

La Corvonero, invece, trasalì – era certa di essere sola – anche se riconobbe la voce. Era una voce adulta, e solo un adulto lì la chiamava per nome: il professor Lupin.

Si voltò: credette di dover sforzarsi per sorridere, invece il sorriso le nacque spontaneo, come sempre alla presenza del docente.

«Professore.»

Remus Lupin camminò verso di lei. «Cosa fai qui a quest’ora?» le domandò. «C’è qualcosa che non va?» aggiunse subito.

«Va tutto bene, professore. Stavo solo...» La ragazza si guardò intorno, non dando a notare lo stato di difficoltà in cui si trovava. «Contemplando.» Che cosa stupida, si rimproverò per la penosità della scusa.

«Stavi contemplando la biblioteca?» Il professore non se l’era bevuta. «A quest’ora? Sapevo che amavi i libri ma non pensavo...» Lupin sorrideva, trattenendo a stento una risata.

La studentessa mantenne lo sguardo cordiale e la sua posizione, finché non sospirò e confessò: «No.»

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Capitolo 2
*** Segreti ***


Lupin rise, e la guardò sedersi sul tavolo con la testa china. Aveva bisogno di sfogarsi per qualcosa. Il professore non aveva di meglio da fare, così si sedette accanto a lei.

«Sono... tante cose, professore. Sono spesso distratta, la mia media scolastica sta calando e io non ne capisco il motivo. Mi tornano spesso in mente mia madre, ciò che ci siamo dette poche ore prima che fu uccisa, e mio padre, quando fu...» La ragazza esitò. «In più i dissennatori sono sempre intorno al castello, e io sono una che ha paura di tutto, quindi immagini come mi sento: ho i nervi a fior di pelle.»

Remus capiva, sembrava di parlare con Harry. Sapeva della morte della madre della ragazza e sapeva che il padre era stato portato ad Azkaban, ma la ragazza non voleva ovviamente che la gente a scuola lo venisse a sapere così finse di esserne all’oscuro.

«Sai che sono proprio i dissennatori la causa di tutto questo, vero?» Cece levò lo sguardo verso gli occhi del docente. «Loro rievocano i tuoi peggiori ricordi, sono esseri meschini, Silente non avrebbe mai approvato la loro presenza qui se non si trattasse di un’emergenza.»

La giovane era stanca di sentirsi ripetere che si trattava di un’emergenza, così rispose al professore: «È Harry Potter che Sirius Black vuole, perché deve andarci di mezzo tutta la scuola?»

Remus all’inizio fu spiazzato ma poi ricordò che era una Corvonero che aveva davanti, non una Grifondoro. Un ragionamento notevole, quello della ragazza, ma privo di valori.

«Sirius Black è pur sempre un assassino, e se è indirizzato qui siete tutti in pericolo.» Quelle parole gli costavano tanto. Sirius Black era stato uno dei suoi migliori amici, e faceva male riconoscere il suo tradimento. Aveva passato settimane a scervellarsi, ma non c’erano giustificazioni: Sirius aveva venduto Lily e James a Voldemort, aveva ucciso quei babbani innocenti e un altro dei suoi amici, Peter Minus. Ma Cece non poteva sapere della passata amicizia tra Remus e Sirius. Era meglio che nessun altro lo sapesse all’infuori di Silente e quelli che l’avevano visto ai tempi con i loro occhi. «La protezione dei dissennatori è necessaria» concluse il professore. La giovane sbuffò, per poi rattristirsi.

«Professore...» chiese titubante «ha mai avuto un segreto che la opprimesse fino a desiderare di urlarlo al mondo non curandosi delle conseguenze?»

Il professore non sapeva a quale segreto si riferisse la ragazzina, ma la capiva eccome. La sua licantropia lo costringeva a star lontano dalle persone, a respingerle, a impedire che si affezionassero a lui. E doveva sempre inventare scuse le notti di luna piena, per sparire dalla circolazione e chiudersi nel suo studio durante la trasformazione.

«Sì» ammise, con un sospiro. «Puoi parlarmi del tuo» propose. «Qualunque cosa sia, l’ascolterò.»

La Corvonero colse la palla al balzo. «A patto che lei mi dica il suo.»

Lupin esitò. No, no e poi no, niente l’avrebbe convinto a rivelare la sua licantropia a qualcuno di sua spontanea volontà, specialmente a una studentessa che avrebbe potuto dirlo a chiunque.

«Allora è meglio che tu vada a dormire» proferì Remus. «E che ci vada anch’io.»

Fece per scendere giù dal tavolo, ma la ragazza lo trattenne dalla giacca. Quando si voltò, lei era già con le lacrime agli occhi.

«Mio padre» singhiozzò «è stato sbattuto ad Azkaban. Con l’accusa di servire Lei-sa-chi.»

Lupin non credeva alle sue orecchie. Sapeva, sì, che il padre di Cece era finito ad Azkaban, ma non aveva idea di quale fosse l’accusa. «Ed è vero?» fu l’unica cosa che riuscì a chiedere.

La ragazza aprì la bocca, come se volesse negarlo con enfasi, ma poi si aggrappò al professore e si mise a singhiozzare più forte.

Il professore, non sapendo come comportarsi, le accarezzò i capelli in modo impacciato. Stava per scusarsi per quanto aveva appena chiesto, era stato davvero indelicato, ma in quel momento la ragazza sollevò la testa dal suo petto. Si fermò a poca distanza, fissando un punto che la sua camicia lasciava accidentalmente scoperto.

«Professore...» mormorò, la voce ancora rotta dal pianto «cosa ha fatto?»

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Capitolo 3
*** Confessioni - parte uno ***


L’aveva vista. Una delle tante cicatrici che si era procurato da solo durante le sue trasformazioni in lupo mannaro. Lupin entrò nel panico.

Cece, non avendo risposte da parte del docente, agì da sola. Da quella vicinanza, con le mani ancora sulle spalle di Remus – lui era in piedi e lei seduta sul tavolo, quindi la differenza d’altezza era poca – non le fu difficile portarle alla camicia del professore e aprire il bottone vicino la cicatrice. Lupin era ancora paralizzato.

Scoprì che non c’era solo una cicatrice, ma più e più graffi. Alcuni profondi e ormai cicatrizzati, altri recenti e ancora rossi. Non osò sbottonargli la camicia più di così ma era certa che quei graffi si estendessero per tutto il petto del docente.

«Professore, ma che diamine...»

«Mi dispiace» esalò Lupin. Cece volse di scatto lo sguardo verso il professore, improvvisamente terribilmente imbarazzata e in colpa per ciò che aveva appena fatto. Era lei che avrebbe dovuto scusarsi. «Mi dispiace» ripeté Lupin «sono terribilmente dispiaciuto che tu... Non avresti dovuto vederlo» concluse, riprendendo il controllo di sé e provando a chiudere la camicia, ma la studentessa glielo impedì, mettendo dolcemente la mano sulla sua.

«Professore...» chiese ancora, stavolta non sconvolta, ma supplicante che lui si confidasse con lei come lei aveva appena fatto «cosa le è successo?»

Lupin la fissò. In lui stava montando un’inspiegabile rabbia trattenuta solo dalla disperazione. Quella ragazzina non avrebbe dovuto scoprirlo, non così, non cogliendolo impreparato. Ma ormai il danno era fatto.

Provò un’ultima volta a scuotere la testa e allontanarsi ma lei lo fermò di nuovo, la mano ancora sulla sua. «Per favore» implorò ancora lei.

Lupin le strinse la mano, come per impedirle di fuggire una volta scoperta la verità. Non avrebbe sopportato qualcuno scappare via così palesemente da lui, terrorizzato per la sua natura. Così confessò.

«Sono un lupo mannaro.»

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Capitolo 4
*** Confessioni - parte due ***


La ragazza spalancò gli occhi, e tentò impercettibilmente di ritirare la mano, ma subito dopo ci ripensò. Era grata al professore, era un’enorme confessione quella che le era appena stata fatta, qualcosa che Lupin non avrebbe di sicuro detto al primo che passa.

Lupin era da un lato sollevato per il peso che si era tolto, dall’altro con i nervi a fior di pelle nell’attesa della sua reazione. Il volto terribilmente stanco.

Si era accorto del suo minimo tentativo di liberarsi, ma non ci fece caso più di tanto.

Dalla ragazza non provenne alcuna reazione, e lui non riusciva a sopportare la tensione. «Cosa farai, adesso?» le domandò, gli occhi ridotti a due fessure. Non sapeva neanche lui perché stesse tentando di spaventarla, forse uno sfogo al modo in cui era strato costretto a rivelare qualcosa che la ragazzina non avrebbe affatto dovuto sapere.

«Ora che sai che l’insegnante di difesa contro le arti oscure Remus Lupin è un lupo mannaro» continuò, stringendo la mano della studentessa «cosa farai?»

All’improvvisa stretta del docente, Cece provò istintivamente a ritirare di nuovo la mano, senza successo.

La disperazione del professore era stata sopraffatta dalla rabbia. No, lei non avrebbe dovuto saperlo.

«Professore...»

«COSA FARAI?» Uno scatto d’ira s’impossessò di lui. Le saltò addosso, immobilizzandola sul tavolo col suo corpo.

Stavolta fu Cece ad andare nel panico. Aveva molta stima del professor Lupin, ma non avrebbe mai voluto far arrabbiare un lupo mannaro.

«Pr-professore... i-io posso aiutarla!»

Non sapeva nemmeno lei cosa stesse blaterando, tutto purché Lupin si calmasse.

«Non lo dirò a nessuno, giuro!»

La rabbia in Remus non si placò. Strinse con forza i polsi della ragazza, facendola gemere di dolore.

«Non ho dubbi.» Cece non sapeva se si riferisse al fatto che lei potesse aiutarlo o che non direbbe nulla a nessuno, ma non riconosceva il suo tono né la sua faccia, sembrava matto.

Si auto-impose di calmarsi, solo così sarebbe potuta uscire da quella situazione. «Io voglio aiutarla» proferì con le lacrime agli occhi. Il professor Lupin infuriato con lei era l’ultima cosa che avrebbe voluto avere, doveva farlo calmare e scusarsi. Disse la prima cosa che le passò per la testa, ciò che la tormentava dal suo arrivo ad Hogwarts quell’anno.

«Mio padre era davvero un Mangiamorte. Ha dichiarato di esser stato sotto la Maledizione Imperius ma io so che non è così. Serviva lealmente il Signore Oscuro, solo che all’ultimo ci furono delle... divergenze» la sua voce fu di nuovo rotta dal pianto, ma si costrinse a continuare.

Lupin non aveva idea di cosa stesse dicendo e perché lo stesse facendo, ma questo lo distolse dalla sua follia.

«Così uccisero mia madre.» Piangeva, piangeva a dirotto ma non si fermava. I ricordi di quella sera erano nitidi nella sua mente.

 

Il tempo non era dei migliori. Pioveva, quasi a raffigurare lo stato d’animo di Cece in quel momento. Non era la pioggia che la raffigurava, ma i fulmini e i tuoni che violentemente illuminavano e rimbombavano nel cielo. La rabbia montava irrefrenabile dentro di lei, mai un litigio con sua madre era stato così pesante. Lei era stressata, suo marito tornava tardissimo la sera sempre con più cicatrici, sempre più scontroso, sempre più distante, e la sola persona su cui poteva scaricare la frustrazione era la sua unica figlia.

Ad un tratto Cece sentì un tremito nella casa, come una vibrazione. Suo padre aveva insistito per circondare la casa di incantesimi di protezione e a quanto pareva qualcuno aveva appena tentato di varcarli, ovviamente invano. Sua madre, la quale si trovava in cucina, non aveva percepito nulla.

Cece, dalla sua stanza, si avvicinò alla piccola finestra per vedere di chi si trattasse, ma un «Bombarda!» la fece balzare all’indietro e lasciò un enorme buco nel muro, dove si trovava la finestra. Alcuni cocci di vetro le finirono addosso, graffiandola.

Ebbe appena il tempo di pronunciare, incredula, il nome di chi aveva appena violato la sua abitazione, che sua madre accorse nella sua stanza con la bacchetta sollevata. Poi anche lei fu colta dalla sorpresa.

«Lucius?»

Al signor Malfoy non era mai andata completamente a genio la moglie del suo collega, strega figlia di maghi mezzosangue, e Cece odiava che lei invece continuasse a rivolgersi cordialmente a lui.

«Compio il volere del Signore Oscuro» proferì Lucius Malfoy, puntando la bacchetta contro sua madre. «Avada Kedavra».

 

«Lei-sa-chi voleva punire mio padre, così mandò un Mangiamorte a ucciderla. Avevamo litigato poche ore prima, c’eravamo dette cose terribili...» Il dolore causato dalla forte stretta di Lupin sui suoi polsi le impediva di lasciarsi andare in un pianto rumoroso e disperato. Si contenne, singhiozzando leggermente. «È successo molti anni fa, prima che il Signore Oscuro cadesse. Ero appena una bambina. Eppure continua a tornarmi in mente... per colpa dei dissennatori.»

Lupin si rispecchiò nel suo dolore. La lasciò andare. Si alzò dal tavolo e si allontanò da lei.

Ma non era questo che Cece voleva. Voleva chiarire, voleva scusarsi, voleva che il professore la perdonasse e riavesse fiducia in lei, stima di lei, come lei ne aveva di lui.

«Professore!» lo richiamò, mettendosi seduta. Dopo avergli rivelato ciò che la opprimeva, se lui si fosse allontanato si sarebbe sentita svuotata, in senso negativo. Aveva bisogno di lui, mai più che in quel momento.

Lupin si bloccò sul posto al richiamo della studentessa, come se una calamita gli impedisse di allontanarsi da lei. Avevano condiviso troppe cose, quella notte, per separarsi così; ma era necessario. «Allora sei davvero sciocca, mi sorprende che il Cappello Parlante ti abbia smistata in Corvonero.»

«Lei mi ha aiutata, professore, io posso aiutare lei.» Lupin si voltò, con un’espressione estremamente sfiduciosa. «Con l’amore.»

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Capitolo 5
*** Promesse ***


Remus Lupin le rise in faccia.

«Io devo stare il più alla larga possibile dalla gente, e tu mi proponi...» Non sapeva come reagire, cosa dire. Un mucchio di emozioni si sprigionavano in lui in quel momento. «L’amore è proprio ciò che devo evitare, Cecelia.»

«Ma mia madre mi ha sempre detto» protestò Cece scendendo giù dal tavolo ma rimanendo vicino ad esso «che l’amore può salvare tutti, chiunque!»

Remus rise ancora per l’ingenuità di quella frase. «Non ho bisogno di essere salvato: sono condannato, lo sono sempre stato. Non c’è via d’uscita. E non condannerei mai nessuna a stare al mio fianco, a vivere col terrore che io possa farle del male.»

Cece non condivideva il pensiero del professore. «Lei non ha mai fatto del male a nessuno» affermò.

«Come lo sai?» domandò Lupin.

«Lo so» rispose. Se lo sentiva, e Lupin lo confermò.

«Non ancora. Ma potrei...»

«No» lo interruppe Cece. «Non potrebbe.»

La ragazzina non sapeva di cosa stava parlando. Non aveva idea di come diventava, una volta trasformato in lupo mannaro. Grazie alla pozione di Piton era tranquillo, ma quando era giovane... E Piton non avrebbe potuto preparargli quella pozione per sempre.

Cece stette lì ad aspettare una risposta, una reazione da parte dell’insegnante. Era decisa, credeva in ciò che aveva appena detto.

«Mi spiace per prima» proferì. «Spero non ne parlerai con nessuno. Anzi, non m’importa, ma spero che mi perdonerai.» Così si congedò Remus Lupin, e andò via prima che Cecelia potesse fermarlo.

Per un attimo le balenò in mente l’idea di ricattarlo, ma era così che avrebbe voluto averlo?

No. Lo aspetterà.

Ti aspetterò, Remus.

 


Ed eccoci alla fine!

Innanzitutto voglio ringraziare coloro che hanno inserito la storia fra le seguite ♥

Voglio dire che questa storia non è uscita esattamente come avrei voluto, il mio obbiettivo era scriverne una a rating rosso – infatti mi ero ritrovata costretta a far diventare Cece maggiorenne – ma visto che alla fine non hanno... ehm... compiuto l’atto sessuale, Cece è rimasta sedicenne come sarebbe dovuta essere :)

Adesso, un po’ di spiegazioni: com’è nata questa ff?

Riguardare Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban ha risvegliato il mio amore per il prof R.J. Lupin – così tanto che mi sono andata a rileggere le parti del libro in cui c’è lui ♥. Così ho deciso di scrivere qualcosa su di lui, ma desiderosa di trattare il suo lato aggressivo, animale, quello che lui riesce meravigliosamente a reprimere. Mi spiego, non volevo trattare la sua trasformazione in lupo mannaro, ma la parte umana che si abbandona agli istinti, che perde il controllo, proprio come un lupo. Credo di esserci riuscita con quella piccola sfuriata del quarto capitolo – anche se, ripeto, originariamente avrebbero dovuto “consumare”. Non ci sarebbe stato nessuno stupro perché, come spero si capisca dalla fine, Cece è innamorata di Remus. Infatti il problema non era Cece, ma proprio Remus. Non sono riuscita a figurarmelo mentre strappava via i vestiti ad una studentessa x’D perciò è uscita in questo modo. Spero che vi sia piaciuta comunque.

Grazie a tutti quelli che l’hanno letta, alla prossima!

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