Intrecci.

di Balthier_Kun
(/viewuser.php?uid=205377)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Visite inaspettate. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Salve a tutti! E benvenuti! ^-^ Grazie per essere qui a leggere la mia storia!
Questo capitolo è un prologo molto generico incentrato sul ritrovare i protagonisti dopo tutti gli avvenimenti passati e nello spiegare cosa stiano facendo ora.
Recensite, anche con critiche. E, qualora, ci fossero degli errori grammaticali (di battitura e anche della vera a propria scrittura della parola) sarei lieto se me li faceste presenti!
Buona lettura ^^


 

-“Cara regina,
è con gioia che vi dedico il mio tempo scrivendovi questa lettera. Spero che a Rabanastre vada tutto bene, dopo la cerimonia di incoronazione non ho più avuto vostre notizie, non vorrei che i festeggiamenti vi abbiano stremata.Ma arrivando al punto, non ho molto tempo, e non vorrei scordarmi della vera motivazione per cui vi scrivo. Quando eravamo ancora impegnati nella guerra contro l'impero vi feci un invito, a cui, purtroppo, non ho mai ricevuto risposta. Dunque ho deciso, in via ufficiale, di riporvi il medesimo invito: fatemi visita, per qualche giorno, qui a Rozaria, potrete godervi i suggestivi paesaggi che tanto desidero mostrarvi e di cui la mia terra gode, tra cui la rinomata Valle Ambrata e, inoltre, potrete anche permettervi un meritato riposo e relax. 
Ne rimarrei molto felice se decidesse di accettare e in questo caso le riserverò molte sorprese, mentre nell'altro non sapete cosa vi perdete.
Un Bacio da Rozaria.

Vostro, Al-Cid Margrace. “-
 


Ashe poggiò la busta con impresso il sigillo reale di Rozaria, ormai infranto, nella scrivania di fronte a lei.


”Non rispondete vostra maestà?” Chiese una serva mentre era intenta a versare del tè alla regina.


”uh?” Ashe si voltò nella direzione della giovane guardandola.

La ragazza chinò subito lo sguardo.

” M.. Mi scusi non volevo essere invadente , il vostro tè è pronto se necessitate di altro non dovete che chiamare. Con permesso.”

La giovane si congedò mentre Ashe la fissava scomparire dietro la porta per poi, quando ancora era assorta nei suoi pensieri, avvicinarsi alla tazza appena riempita mettendosi a girare il cucchiaino di acciaio che era immerso nella bevanda.

” Se il nostro caro principe Rozariano ha aspettato fin'ora , resisterà anche due giorni in più.” Disse lasciandosi sfuggire un timido sorriso.
 

 

***

 


Nel frattempo ad Archades Larsa era divenuto il legittimo imperatore, il senato fu ricostituito e la tranquillità sembrava regnare.

”Dobbiamo agire vostra maestà, dobbiamo prendere una decisione.”

”Non possiamo rischiare una stretta alleanza tra Rozaria e Dalmasca.”

“Calma mie cari senatori, vi prego, conosco di persona sua maestà, Lady Ashe e vi posso assicurare che a lei non interessa un'alleanza con Rozaria, ha a cura la pace di tutta Ivalice, e anch'io 'io.” Prese la parola il giovane imperatore ormai stanco delle continue discussioni dei senatori in quella lunga seduta.

“Ma vostra eccellenza delle voci parlano di alleanza stipulata con un matrimonio, a quanto pare il legittimo erede di Rozaria, Al-Cid Margrace, starebbe solo aspettando il momento opportuno per..”

Il senatore però non fece in tempo a finire il proprio discorso che venne interrotto bruscamente.

“Allora, forse, potremmo precederlo.. In fondo se arrivasse la nostra proposta per prima e da cui la regina ne possa trarre vantaggio sarebbe pazzia rifiutare e allo stesso tempo Arcadia acquisterebbe potere agli occhi dei nostri nemici.”

L'idea di quest'ultimo sembrò compiacere gli altri senatori anche se vi era qualcuno che non approvava pienamente, anzi, quasi odiava questa idea.

“E dunque che vantaggio potremmo proporre alla nostra cara Regina?”

“Ho già pensato a questo, potremmo.. “

L'imperatore lo interruppe in modo brusco, era visibilmente arrabbiato.
“Ora basta. Ve ne prego. Dobbiamo pensare al bene del popolo e della terra che ci rende ospiti. Tutto ciò di cui state discutendo scatenerebbe un'ennesima guerra e l'ultima cosa che dobbiamo fare è puntare gli altri con sguardi di guerra e potere.”

“Ma eccellenza, lo sanno tutti che Rozaria non ha mai deposto l'ascia di guerra nei nostri confronti.”


Larsa si alzò in piedi sbattendo i palmi delle proprie mani nella rotonda tavola alla quale sedevano tutti i senatori.
“E allora saremo noi a farlo!”
Non appena finì la frase si accorse del suo istintivo gesto, così ri ricompose e si schiarì la voce per continuare il discorso.
“Comunque sia, dai fatti emersi in questa seduta, ritengo sia di principale e unico interesse contribuire alla realizzazione di un trattato di pace tra i tre regni.”

“Bene. La seduta è ufficialmente sciolta.”
Disse il capo del senato mentre si accarezzava la folta barba bianca.

Il giovane imperatore lasciò la stanza e, appena fuori, incontrò Gabranth intento ad aspettarlo.

“Tutto bene maestà?”

“Si Gabranth, nonostante le loro soffocanti insistenze sembra che io me la sia cavata, speriamo bene.”




***



Era una bella giornata, il sole splendeva alto nel cielo che era percorso da poche nuvole, una brezza leggera alzava delicatamente i granelli di sabbia del Deserto est di Dalmasca.

Nonostante ciò c'era chi era costretto a letto a suo malgrado.

“Vaan! Stai fermo o mi arrabbio e sarò costretta a darti un sedativo! Detesto quando fai il bambino, finiscila!”
Penelo stava sbraitando da qualche minuto inutilmente mentre Vaan si agitava nella sua branda un po' per il dolore, un po' per la voglia di scappare.

“Penelo, lasciami! Non voglio stare a letto!”

“E dove pensi di andare ridotto cosi?!”


“A vedere come sta Balthier!” Il tono di Vann si fece cupo e insieme ad esso la sua testa si chinò. “Quel cocciuto! Vuole sempre fare tutto da solo! Fa che me lo ritrovo davanti, almeno mi sente!” l'inesperto aviopirata strinse i pugni mentre la sua compagna era pronta a fargli una bella ramanzina.

“Comprendo la tua preoccupazione, ma dovresti pensare a te stesso Vaan! Balthier sa cavarsela e anche se stesse male c'è sempre Fran con lui..”
Penelo abbassò lo sguardo pensando al rapporto tra i loro due amici che l'aveva sempre affascinata. Un giorno sperava anche lei di poterne raggiungere uno simile con Vaan.

“Pen? Tutto bene?”Chiese Vaan chinando il capo in cerca dei suoi occhi.

“ah.. Eh.. Si certo.. Cioè no! Tu parli di cocciutaggine! Sei più cocciuto di un chocobo impuntato! Lui ha più esperienza di te, non lo capisci? Quindi ora stai a letto e riprenditi così, dopo, potrai andare da lui, altrimenti penso che andando conciato così da lui lo faresti solamente ridere.”

Vaan sbuffò mentre Penelo riuscì, a stento, a trattenere una risata provocatoria.

“Ora riposa io vado a prepararti una bella zuppa calda e a vedere come stanno tutti gli altri, a dopo Vaan.”


Sul viso di Vaan si formò una smorfia contrariata, non adorava le zuppe di Penelo anche se l'aveva sempre sostenuta nell'allenarsi in cucina la sua giovane compagna era una frana in quel campo; così, per non pensare a quello che avrebbe dovuto mangiare poco dopo, Vaan decise di riordinare i ricordi di quell'avventura che lo aveva ridotto così ma erano confusi, sfocati. Voleva sapere ma non avrebbe risolto niente stando lì, così decise che non appena si fosse ripreso si sarebbero diretti, di nuovo, nel luogo dell'accaduto.

 

 

***

 


La notte era calata alle Gole di Paramina, era una sera tranquilla con un cielo limpido dove la luna, assieme alle stelle, creava un'atmosfera magica, che però venne interrotta da un agitato zampettare avanti e dietro per i corridoi della Strahl.

“Kupòòòòòòòò! Finalmente ti ho trovata! Almeno tu!” Nono sembrava vistosamente agitato così attirò su di sé l'attenzione di Fran.

“Che succede Nono?” Chiese la Viera sempre impassibile.

“I motori stanno gelando! E quell'incosciente del nostro capitano non è più nel suo letto! Kupò!”


Fran sospirò. “Ora calmati, e non offenderlo, se fosse nei paraggi sai la ramanzina che ti farebbe. Però, evidentemente non c'è. Tu occupati dei motori, mettici degli stracci bagnati io mi occupo di Balthier, ho immaginato dove possa essere.”

“Va bene Kupò! Stai attenta!”

Il piccolo Moguri corse come un fulmine verso la sala motori mentre la Viera prese una coperta e, aprendo il portellone, si diresse fuori dove il freddo sembrava regnare.
Poco lontano, seduto a terra c'era Balthier coperto solo con le bende che, qualche ora prima, la compagna aveva usato per medicarlo, sentendo dei passi riconoscibili in ogni dove avvicinarsi verso di sé il giovane prese la parola.

“Sai sempre dove trovarmi.” Disse ironicamente.

“Già, sei prevedibile. E per giunta, ti trovo sei nei luoghi sbagliati.” Ribatté lei restando in piedi dietro di lui.

“Non è prevedibilità, lo sai. Poi, ora come ora, ti trovi anche tu nel posto sbagliato. Dovresti essere qui, seduta vicino a me a guardare le stelle come d'abitudine. “ Disse il giovane sicuro di sé.

“Scordatelo.”

“Ah già, a te piace guardarle solo dal tetto della Strahl.” Sorrise.

“Comunque sia sono dell'opinione che la bella coperta su cui sei seduto dovrebbe stare sulle tue spalle.”


“Ma così mi bagnerei i pantaloni, sai.. la neve.”

“I tuoi adorati pantaloni sono più importanti della tua salute. Lo sai anche tu che con solo quelle bende indosso ti prenderai un malanno. Ma forse è meglio così, almeno imparerai a darmi ascolto e a startene a letto.” Fran si voltò verso l'aeronave preparandosi per andare via.

“Come siamo burberi stasera eh, Fran. Facciamo così, tu metti la tua bella coperta sulle mie spalle e io ti faccio posto in questa dove sono seduto. “ Disse Balthier scegliendo con accuratezza ogni parola come sempre faceva.

“Ho già detto scordatelo.” Girandosi nuovamente verso Balthier, gli scagliò la coperta addosso che gli rimase intorno al collo. “Stai pure qua fuori ma se ti ammali ancora non venirti a lamentare da me. Dovresti cercare di riprenderti invece di fare sempre come ti pare.”

“Pazienza Fran, significa che se mi ammalerò ci prenderemo due giorni in più di vacanza.” Disse Balthier scherzando mentre la sua compagna si dirigeva verso l'aeronave.

Anche se voleva fare sempre di testa sua era consapevole che Fran aveva ragione e anche se era turbato non tardò ad andare dentro al caldo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Visite inaspettate. ***


Salve! Sono tornato con un nuovo capitolo! ^-^ Spero che il precedente sia piaciuto a tutti, anche se molto generico! Spero di vedere altre recensioni, su su u.u non mi offendo se saranno critiche. Come nel precedente avvertitemi degli eventuali errori, data l'emozione qualcosa potrebbe sfuggire!
... Beh, buona lettura! ^-^




Dopo qualche giorno di convalescenza, Vaan  era pronto per tornare all’avventura e raggiungere il suo prossimo obiettivo. Ma prima di tornare ai suoi affari da aviopirata doveva sbrigare due commissioni a Rabanastre: comprare qualche ingrediente per Penelo e far riparare la sua spada che, sopo la loro ultima avventura, era rimasta senza punta.

Aveva lasciato i suoi compagni ad aspettarlo nella “nuova Galbana”, l’aeronave trovata dopo l’avventura a Lemures, mentre lui si incamminò per la capitale dell’impero Dalmasco.
Arrivato nella vie dei negozi, che si concludeva con la taverna, sentì una strana voce, non famigliare,  chiamarlo più volte, però, girandosi a destra e a manca tra la folla, non vide nessuno intento a guardarlo così, sentendo un brivido surreale percorrergli la schiena, proseguì verso il negozio di Migelo.
 
 
***
 
 
“Penelo, quanto ci vuole? Sono ore che stai in cucina senza dire una parola!” Disse Kytes mentre saltellava con le mani poggiate sul tavolino.

“Un po’ di pazienza! Lo sai che siamo tanti e comunque dovremmo aspettare Vaan, vero Philo?” Penelo si risolve alla sua giovane amica che era intenta ad arrampicarsi su di una credenza per accaparrarsi qualche biscotto.

I due ragazzini non ci vedevano più dalla fame, avrebbero messo sotto i denti qualsiasi cibo e non intendevano aspettare oltre. Si misero a piagnucolare come bambini saltellando intorno a Penelo.

Ma la compagna del giovane capitano della Nuova Galbana non ci fece molto caso, in fondo erano ancora dei ragazzini comportamenti infantili come quelli erano giustificabili. Improvvisamente, però, Penelo si sentì gelare il corpo, rimase paralizzata per un momento e il coltello, che stava usando, le cadde a terra.

“Ma sei impazzita?!” disse infuriata la piccola Philo

“Vuoi forse farci a fettine?!” aggiunse il maghetto

“… Pen?”

Penelo non rispose, rimase impassibile, con gli occhi aperti fissanti il vuoto.

“Ra.. Ragazzi.. Qualcosa.. Qu… Qualcosa mi ha tocca la schiena..” Disse con una voce tremolante, con tono di insicurezza e paura.

“Ma che dici Pen! Non c’è nulla dietro di te, se non il finestrino!... Pen?”

“Io vi dico di si!”
Penelo batté il grembiule sul tavolo e lasciando il coltello a terra si avviò all’uscita.

“P..Pen dove vai?”

“Ho bisogno di un po’ d’aria..”

 
 
***
 
 
Seduto su di un tronco nel bosco di Salika, Balthier era occupato a lucidare la canna del suo fucile; una fresca brezza faceva vibrare il colletto della sua bianca e candida camicia mentre l’ombra delle foglie  che copriva tutto il terreno ballava, creando delle sottili macchie di luce del sole che quel giorno ornava lo splendido cielo limpido.

“Mi dispiace disturbarti in un momento intimo con il tuo tesoro ma avrei una domanda da porti…” intervenne Fran interrompendo quel silenzio magico.

Si piantò dietro di lui con una mano sul fianco mentre la sua lunga coda argentata ondeggiava a ritmo di vento.

“Tu non disturbi mai, dovresti saperlo.” Ribatté Balthier, aspettandosi una domanda interessante vedendo il tempestoso arrivo della compagna.

“Nono è tornato dalla costa con il cambio di vololiti?” disse secca Fran, sapeva che non era la domanda che il suo compagno si aspettava, in questo modo poteva gustarsi a pieno la sua reazione, d’altronde amava stuzzicarlo.

Sentendo le parole appena pronunciate sul viso di Balthier si fece spazio una smorfia di disapprovazione.

“Non lo so, ho visto passare una palla di pelo prima, ma non sono sicuro fosse il nostro piccolo meccanico. Ma se ti interessa tanto, perché non lo cerchi?” si voltò verso la viera con il suo solito sorriso e un sopracciglio alzato.

“E’ quello che sto facendo, speravo solo in un’agevolazione, ma tu non sei mai d’aiuto quando si tratta di cose che non ti spiccano interesse. Ti lascio al tuo lavoro.” Disse avviandosi verso la Strahl.

“Chiamami se ci sarà qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti.”
 
 
***
 
 
La regina dalmasca, nel frattempo, stava aspettando l’arrivo del mittente della lettere arrivatagli qualche giorno prima, per rispondergli di persona.

Era affacciata all’enorme finestra di quell’ufficio fissando il cielo, era una stanza grande con al centro una scrivania dove passava la maggior parte delle sue giornate, le pareti erano riempite da delle librerie con su dei libri di legge e vari codici.

Passava tra le dita una delle due estremità del fiocco argentato che le cingeva la vita, intonato ad esso il suo vestito bianco aveva delle delicate spalline e palloncino e le arrivava fin sopra il ginocchio con un tessuto di seta molto raffinato.

Pensava alle parole che avrebbe detto al principe Rozariano, lo aveva invitato, dopotutto erano passati diversi giorni dall’arrivo della lettera e doveva inventarsi una scusa per la mancata risposta, e voleva farlo di persona.  Sapeva che sarebbe arrivato a breve ma non aveva ancora una risposta precisa; le possibilità erano poche ma, anzi, erano solamente due: o sì o no.

I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti da un deciso bussare alla porta.

“.. Avanti.” Disse con un pizzico di esitazione mentre si girava verso l’entrata.

“Scusi Maestà, posso disturbarvi?” disse una giovane serva affacciandosi alla porta sorridente.

“E’ arrivato il mio ospite?” chiese ansiosa.

“No, Maestà.”  La giovane rise, ma non fu una risata normale. Fu una risata quasi malefica
.
La regina la fissò incredula, cosa ci trovava di divertente?

“Vi starete chiedendo per quale motivo sto ridendo, immagino. Sto ridendo di voi. Se posso permettermi, credete davvero di essere il punto d’incontro di due nazioni come Rozaria ed Arcadia? Voi, Regina per fortuna e grazie ad altre persone. Voi, insicura persino della vostra ombra. Voi, governante di un punto nella mappa si Ivalice.”

Ashe vide rabbia nel suo sguardo. I suoi occhi si erano colorati di un giallo dorato, acceso. Afferrò d’istinto il tagliacarte posto sopra la scrivania alle sue spalle.

“Chi, o cosa sei tu?”

“La Fine.”

“L..la Fine di cosa?”

Appena Ashe pronunciò quelle parole qualcuno bussò e immediatamente dopo la ragazza di fronte a lei scomparve senza lasciare traccia, così lei non poté fare altro che poggiare il tagliacarte e ricomporsi.

“A..Avanti.”

“Scusi maestà..” La stessa ragazza che poco prima l’aveva aggredita si affacciò alla porta.“il vostro ospite è arrivato maestà.”

Ashe la guardò perplessa, la fissò un attimo negli occhi ma vide che erano di quel verde smeraldo che si intonava al vestito, così si tranquillizzò anche se quelle parole di poco prima le stavano rimbombando in testa.

“M..Maestà vi sentite bene?”

“Sì. Non preoccupatevi. Fatelo entrare grazie.” L’ansia iniziò a prendere il controllo. Tutto quello che aveva pensato  poco prima era come svanito nel nulla, le parole della serva l’avevano sconvolta e per giunta, Al-Cid era arrivato. Non le restava che improvvisare con la sincerità.
 
 
***
 
 
Per le vie di Rabanastre, Vaan, continuava le sue commissioni: dopo aver comperato il richiesto da Penelo la sua prossima tappa sarebbe stata l’armeria.

Aveva legato la sacca in pelle con gli ingredienti alla sua cintura, penzolante su di un fianco sbatteva su di esso ad ogni passo che Vaan faceva. Il giovane aviopirata non si curava del rumore che provocava e proseguiva a passo spedito con le braccia incrociate dietro la nuca.

“Vaan! Ehi aspettami!”

Il giovane si girò e video Tomaj sbracciare che, appena incrociò lo sguardo di Vaan, si precipitò da lui passando tra la folla come un fulmine.

“Tomaj, stai bene?” il giovane lo guardò tutto dai piedi alla punta dei capelli.

“Benissimo perché me lo chiedi compare?”

“Compare? Ma che.. E poi quegli occhiali da sole. Sicuro che vada tutto bene?” disse Vaan non convinto della sanità mentale dell’amico.

“Non vedi che sole che c’è? Spacca le pietre. E poi, scusa, uno trendy come me non può mostrare un nuovo acquisto?” disse sfoggiando, oltre agli occhiali, un sorriso smagliante.

“Si si, però non è da te.”
“Suvvia, Vaan un po’ di divertimento, mica si può essere sempre tristi e preoccupati. Comunque vieni, ti offro da bere che devo parlarti.” Gli mise una mano sulla spalla.

“Ti sei bevuto il cervello a colazione? Tu che vuoi offrirmi da bere? C’è qualcosa sotto.”

“Ma che dici! Non c’è nulla sotto. Non vuoi approfittare dell’occasione?”

“Mmh, voglio sapere che hai.” Disse deciso Vaan.

“Devo parlarti, moccioso.” Rispose secco e con tono serio.

“Moccioso?!” Vaan indietreggiò.

“Si, sei un moccioso, uno stolto inutile bambino che vuole fare il grande.” Disse mentre tendeva il braccio verso il giovane.
Vaan mise istintivamente la sull’impugnatura della spada.

“Che vorresti fare con quella? Non ha forse la punta infranta? Un consiglio da amico se non vuoi che io non lo sia più. Smetti di cercare tesori che non ti appartengono, trovati un posto dove stare non sei tagliato per fare l’aviopirata.” Gli occhi erano rimasti coperti dalle lenti scure ma Vaan poteva avvertire su pelle lo sguardo fisso arrabbiato, infuriato ed irritato di quello, che non sembrava essere il suo amico di sempre.

Non seppe che dire, non sapeva cosa sarebbe accaduto ma, improvvisamente, fu salvato dalla giovane voce di un suo piccolo amico che si stava avvicinando di fretta e furia.

“Vaaaaaaan! Ehi Vaan! Ho bisogno di te!” Disse agitato.

Il neo aviopirata non rispose, aveva gli occhi spalancati, si girò di scatto verso il ragazzino appena arrivato e di Tomaj più nessuna traccia.

“Vaan abbiamo bisogno di te, ma mi ascolti?!” continuò sperando di attirare la sua attenzione strattonandogli il gilet.

“Kytes.. Hai per caso visto Tomaj mentre correvi qui?” Chiese rimanendo con lo sguardo fisso nel vuoto.

“No, non l’ho visto, aveva detto che doveva occuparsi degli affari alla taverna.. Sicuramente cose di soldi, conoscendolo.. Perché?”

Il capitano della nuova Galbana scosse il capo e poi guardò il suo giovane compagno aggiungendo
“Intendo qui, davanti a me prima che arrivassi tu stavamo.. parlando.. poi mi sono voltato a guardarti e in quell’attimo sembra come se… se la sia data a gambe”

“Ma che dici? Non c’era nessuno qui Vaan.” Poi continuò alzando il tono di voce. “Si può sapere che vi prendere a tutti oggi?! Tu che vedi  persone che non ci sono! Penelo per poco non mi taglia lo stivale con piede compreso e poi si sente male..”

Kytes continuò a farfugliare cose da arrabbiato ma non attirarono più l’attenzione di Vaan quanto le parole appena pronunciate.
Prese il giovane amico strattonandolo.

“Che ha Penelo? Cosa aspettavi a dirmelo?”

“Ma se sono minuti che ti dico che abbiamo bisogno di te!”

“Forza non c’è tempo, andiamo!”

Così, tirando il maghetto per la tonaca si mise a correre per arrivare il prima possibile da Penelo.
 
 
***
 
 
“My lord, mi avete fatto chiamare?” Disse Basch sotto il suo elmo che rendeva il suono della sua voce quasi metallico.

“Si, vieni Gabranth.” Larsa rispose sicuro, come d’abitudine.

Basch si tolse l’elmo poi alzò il viso al cielo rimanendo incantato da quel tramonto che lo tingeva di un delicato arancio mentre le aeronavi sfrecciavano come punti appena visibili.

“Gabranth?” il giovane imperatore si girò verso il giudice, rivolgendosi al portico e lasciandosi alle spalle la meravigliosa fontana che decorava il cortile.

“Tutto bene?... B… Basch?”

L’ex capitano dalmasco scosse la testa e cercò subito di riprendersi.

“Mi scusi maestà.. mi ero perso..”

“Nel viale dei ricordi? O in quello dei pensieri?” disse Larsa sorridendo.

“Ah.. No My lord.. Guardavo solo quanto è splendido ora il cielo.. Con l’elmo.. non posso vederlo così bene.” Cercò di giustificarsi.
“Pensando a qualcuno di cui senti la mancanza?”

Basch non rispose si limitò a chinare il capo.

“Domani avrò una giornata molto piena, quindi ho una commissione per te.” Gli porse tra le mani una busta con impresso il sigillo reale, non gli era dato sapere cosa fosse ma poteva immaginare che fosse qualcosa di ufficiale.

“La mia destinazione?”

“Dovrai arrivare fino a Dalmasca…”

 
 
***
 

 
Dopo aver concluso la lucidatura del fucile, Balthier, si era addentrato nel bosco uccidendo qualche mostro e recuperando qualche materiale che potesse, in futuro, tornagli utile. Tutto questo per testare se la spalla si fosse ripresa, ma tornato allo spiazzo dove la Strahl era attraccata si sentì dolorante.

Si sedette mentre sentiva le forze andarsene. Rimase seduto fissando quel poco di cielo che si intravedeva tra le foglie fitte aspettando che il giramento di testo passasse.

Passato qualche minuto, si alzò per andare da Fran. Entrò nella Strahl, guardò al posto di pilotaggio, nelle cabine e persino nella terrazza dove guardavano sempre insieme le stelle di sera, senza trovarla. Si diresse, allora, verso la sala motori.

“Nono?” Chiese sicuro di trovarlo lì.

“Ci sono, ci sono kupò.” Il piccolo moguri uscì di soppiatto mentre, con un asciugamano si puliva le piccole macchie nere che aveva sul muso e sulle zampe.

“Come va la Strahl?” chiese Balthier interessandosi alla sua adorata aeronave.

“Con le nuove vololiti prese alla costa, dal mio mercante di fiducia, dovrebbe sfrecciare più di prima, kupò. Fidati, capitano non avremmo mai rivali in velocità! Kupò!” disse il piccolo fiero di essere il meccanico dell’aeronave e dell’aviopirata più veloci di Ivalice.

“Solo che.. “

“Solo che?” chiese inarcando un sopracciglio, come d’abitudine.

“Fran, mi aveva detto che mi avrebbe aiutato con la calibrazione, kupò.. ma non ho nemmeno sentito passare la sua ombra, kupò.”

“Vuoi dire che non è passata di qui?” disse Balthier con un pizzico di preoccupazione.

“Kupò, no, kupò. Non ti ha detto se doveva andare da qualche parte?”

“L’ultima volta che mi ha rivolto la parola e che, di conseguenza, ho visto cercava te…” Balthier fece una piccola pausa di riflessione abbassando lo sguardo preoccupato. “Vado a cercarla.” Così, fece dietro front e si incamminò verso l’uscita.

“Fai attenzione kupò!”

Passò nella sua cabina, prese le due cinture che andavano incociate appena sotto la vita per avere munizioni in caso gli fossero servite. Si incamminò verso l’uscita.

Dopo essersi addentrato nel bosco, dove quei viali legnosi gli sembravano tutti uguali, notò a terra qualcosa su di un incrocio. Si avvicinò e riconobbe subito l’arma: era l’arco di Fran. Lo mise in spalla e proseguì per la via verso cui era poggiato.

Camminò per un altro paio di minuti finche non sentì qualcosa muoversi che fece muovere le foglie del sottobosco. Caricò il fucile.
“Fran?”
Fece appena in tempo a pronunciare il nome della compagna che sentì il palmo di una mano poggiarsi sulla sua spalla.

“Fran non è qui.” Sentì il fiato di quelle parole pronunciate arrivargli al collo.

 L’unico che avrebbe potuto quelle parole era dietro di lui, con una mano sulla sua spalla. La voce di quell’uomo la conosceva, fin troppo bene. Si voltò di scatto lasciando cadere il fucile.

Lo guardò e sgranò gli occhi mentre le sue mani iniziarono a tremare.

“Non…N.. Chi sei tu?” Furono le uniche cose che seppe dire. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2050765