Psycho.

di ellyjeliebers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4. ***



Capitolo 1
*** Introduzione. ***




Psycho.










So whenyou're lost and you're tired, when you're broken in two, let my love take you higher cause I still turn to you.”

-Justin Bieber, Turn to you.




 

Introduzione.

 

Selena.

Le ore passavano, i giorni passavano, le pagine del calendario venivano strappate, le foglie brune cadevano dagli alberi, la neve scendeva appoggiandosi sui rami e tornavano i teneri e verdi germogli di una nuova chioma, la gente passava, il tempo scorreva: tutto fuori cambiava ma tutto dentro di me rimaneva lo stesso. Sempre lo stesso schifo, gli stessi istinti suicidi ed autolesionistici, la stessa voglia di sparire e gli stessi progetti per riuscirci.

Le pareti bianche dell'ospedale di Mashville non aiutavano, se ci fosse stato almeno un colore avrei potuto concentrarmi su quello, sulla sua luminosità, la sua brillatezza, la sua unicità e forse mi avrebbe quasi liberato la mente per quel poco possibile ma tutto sembrava essersi bloccato qui dentro mentre la vita fuori andava avanti. Poi, un giorno, è arrivata la mia ancora di salvezza.


#AngoloAutrice.
Aloha.
I'm back. Anche se non ve ne fotte lol
Come potete vedere questa fanfiction è un po' particolare, però boh, mi sta ispirando tantissimo, sarà che sono in un covo di matti (una città universitaria tedesca) oppure boh, non so. So solo che sto scrivendo tanto e se recensite vado avanti sennò chiudo baracca e baracchino.
Ve se ama,
ciao (:

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Capitolo 2
*** Capitolo 1. ***


Psycho.
1.

Justin.

Camminai lungo il corridoio per vari minuti ma non trovai la stanza, eppure mi sembrava di essere nel reparto giusto anche se di indicazioni, non ce n'era nemmeno l'ombra e tanto meno di infermiere a cui chiedere così mi fermai e bussai in una stanza, la numero 2303.

«avanti» una voce femminile e dolce rispose dall'altro lato della porta ed entrai.

Una ragazza mora, della mia età circa e dai capelli lunghi era seduta sul letto, rivolta verso la finestra dall'altro lato e con lo sguardo fisso fuori, immobile, in cerca di libertà.

«ciao, scusa questa è pediatria? Sto cercando la camera di mio fratello ma non la trovo» spiegai.

«no, questa è psichiatria» d'un tratto la stanza luminosa si fece più cupa, le pareti era come se si chiudesse poco alla volta e la finestra diventava una ringhiera. Solo il nome mi metteva ansia e un po' di timore.

«scusami, ho sbagliato» abbassai la testa, in cerca di qualcosa che non sia il pavimento, anche solo un granello di polvere. Feci un passo in avanti. La ragazza sospirò, un sospiro triste, di chi non può fare altro che immaginare di uscire da quel posto.

«come ti chiami?» domandai curioso.

Lei girò la testa, lentamente, come in un film horror, solo che non faceva paura, anzi, era bellissima nonostante l'aria trascurata. Aveva di chi ha pianto giorno e notte, marroni, le labbra di chi chiede costantemente aiuto, aiuto da se stessa. Era perfetta ricoperta dei suoi sbagli e delle sue cicatrici.

«Selena» rispose continuando a guardare di lato.

«quanti anni hai?» continuai.

«sedici» il freddo nel suo tono.

«anch'io» lei annuì, senza aggiungere altro.

«posso entrare?» «sì», altra risposta secca.

Avanzai nuovamente e chiusi la porta alle mie spalle.

«di dove sei?» «qui, di Mashville», Selena si girò guardandomi incuriosita, forse dalle tante domande. Le gambe e le braccia coperte da tagli, ematomi neri e graffi. Si vedeva chiaramente che implorava aiuto, solo con lo sguardo. Uno sguardo spento, freddo, lontano ma bellissimo.

Come faceva una ragazza tanto triste e sola ad essere così perfetta? O forse la domanda era un'altra: come faceva una ragazza così perfetta ad essere tanto triste e sola? Per ora trovare la risposta mi era impossibile. La ragazza indicò la sedia e annuì in segno di dovermi sedere, o almeno io mi sentivo in dovere. Mi sedetti con calma, tenendo i miei occhi fissi suo suoi, come faceva lei.

«come mai tante domande?» chiese lei stavolta.

«Non mi piace il silenzio»

«è bello, è misterioso»

«a volte il silenzio uccide», spalancò gli occhi spostando lo sguardo sul pavimento e continuando a fissarlo, quasi mi desse ragione.

«da quanto sei qui?» domandai.

«un anno e tre mesi», lo sguardo fisso a terra.

«e non ti fanno uscire? Come mai?»

«dicono che non sono ancora pronta ma io voglio andarmene.»

«ci credo, sembra una prigione qua», mi guardai intorno.

«tu come mai sei qua?» cambiò discorso riportando il suo sguardo su di me.

«mio fratello è stato operato di appendicite e sono venuto a trovarlo, dice che gli manco ma appena entrerò in stanza inizieremo a litigare, ne sono sicuro, è un vero piantagrane»

«credo che tu debba andare da lui allora» sorrise debolmente e quasi sforzatamente.

Stava cercando di liberarsi di me o voleva essere lasciata da sola?

«già, dovrei» dissi alzandomi e sistemando la sedia.

«tornerai a trovarmi?» un pizzico di speranza nel suo tono.

«tornerò, se vuoi» sorrisi, avviandomi verso la porta.

«voglio» cercò di ricambiare il sorriso e per breve tempo sembrava quasi automatico anche se sentivo che era più forzato di qualunque altra cosa al mondo. Uscii dalla porta e mi soffermai a leggere i fogli sulla porta. Il prima pagina c'erano una lunga lista di farmaci che doveva prendere: per la depressione, calmanti, antidolorifici e altri di cui non sapevo nemmeno l'esistenza. Nel secondo foglio c'era la diagnosi, troppo lunga da leggere, troppo complicata da capire e troppo triste da immaginare ma l'occhio mi cadde comunque su quattro delle tante parole: depressione, autolesionismo, solitudine, istinti suicidi.

Quella ragazza aveva bisogno di essere aiutata, non aveva bisogno solo di farmaci ma di qualcuno. Qualcuno che stia anche soltanto insieme a lei in silenzio, a guardare fuori, qualcuno che le stia vicino, qualcuno che le tenda la mano e che la aiuti ad uscire da quel buco oscuro nel quale è caduta e da quando aprii quella porta mi sentii subito in dovere di essere io quel qualcuno.

#SpazioAutrice
Aloha.
Gente, rieccomi. Alur, in questo capitolo si capisce meglio, credo. 
Che ne pensate? Guardate che se mi lasciate una recensione nun è che me fa schjif eh...
Ve se ama,
ciao (:

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Capitolo 3
*** Capitolo 2. ***



2.

Selena.

Ero sola nella mia stanza, continuavo a guardarmi in giro, intervallando la meravigliosa vista della finestra ai miei tagli su tutto il corpo. Perché mi stavo facendo questo? C'era davvero un motivo, magari era semplice, magari no, fatto sta che io non riuscivo a trovarlo ma se l'avessi trovato sarebbe stato l'inizio della fine delle mie sofferenze, dei miei tormenti, delle mie crisi, di tutto. Per ora sentivo solo il bisogno urgente e masochista di far scorrere quella lama affilata su tutto il braccio.

Bussarono alla porta e senza neanche farci molto caso risposi di entrare, sapevo già che era l'infermiera. Quando la porta di aprì, entrò il solito venticello primaverile che veniva dall'ingresso ma stavolta non era accompagnato dal solito odore di disinfettante, alcool e medicine. Stavolta era un profumo dolce, fresco, gradevole come pochi che fu accompagnato da una voce maschile ancora giovane.

«ciao, scusa questa è pediatria? Sto cercando la camera di mio fratello ma non la trovo.»

«no, questa è psichiatria» «scusami, ho sbagliato».

Psichiatrica. Quel nome ormai insulso e familiare per me risultava strana in quell'occasione, con lui. Rimasi immobile, non mi voltai a guardare il ragazzo che era appena entrato, si sarebbe spaventato nel vedermi. Una sedicenne in un ospedale psichiatrico, piena di cicatrici e con la depressione, chi è che la vuole vedere? Solo le infermiere e la psicologa e probabilmente perché sono obbligate dal loro lavoro.

Sentii il ragazzo fare un passo avanti e mi voltai di appena novanta gradi appena chiese il mio nome. Era davvero interessato o lo diceva solo per educazione?

«Selena» posai lo sguardo sulla parete a lato, incerta di continuare questa conversazione, se così si può definire.

«quanti anni hai?» «sedici» «anche io». Annuii.

«posso entrare?» chiese.

«sì.»

Mi voltai completamente verso di lui, mostrandomi ma temendo chissà quale sua reazione. Il ragazzo non si mosse di un millimetro e la sua espressione rimase invariata alla vista dei tagli continuando invece a parlare come se niente fosse. Era la prima volta che qualcuno non mi guardava come se fossi un alieno, non scappò e per la prima volta non mi chiese il perché di tutto questo. Mi sentii sollevata. Lui si fermò un paio di minuti a parlare, si sedette e mi fece un paio di domande. Io lo guardavo ascoltando ciò che diceva e rispondendo al suo interrogatorio. Era un ragazzo diverso in un certo sento, sentivo che aveva qualcosa di speciale. Era davvero bello. Aveva il cappellino dei Bulls, messo al contrario dal quale uscivano sotto tutti i capelli, tirati verso sinistra, arrivavano fino alle sopracciglia mentre dietro, alla base del collo. Gli occhi color marrone caramello, quasi dorati, grandi. Il naso leggermente a patata ma non troppo largo, la pelle abbronzata ed un sorriso da capogiro. I denti perfettamente dritti e bianchi, le labbra sottili. Tornò poi alla ricerca di suo fratello, promettendo di tornare il giorno seguente.

Non diedi molto peso alla promessa però ora almeno, avevo qualcosa da fare. Qualcuno da aspettare e questa cosa riusciva a liberarmi la mente per un po', cosa che non succedeva da molto. Come aveva fatto un ragazzo in due minuti che è stato qui avere già un'influenza su di me? Sarà il suo sorriso, il fatto che si è quasi interessato o il fatto che non ha fatto domande sul perché mi trovo qui. Il resto del giorno passò abbastanza velocemente ma la sera fu la stessa storia i sempre, lo stesso incubo.

Camminavo lungo una strada, di notte, con il buio più totale, il fresco vento autunnale e il suono dei grilli al lato della strada che cantano per l'ultima volta prima di andarsene a riposare e tornare non appena l'ultimo cumulo di neve si fosse sciolto. Tutto d'un tratto, una macchina inizia a venirmi incontro, di fronte a me. La persona suonava il clacson e faceva i fare segnalandomi di spostarmi ma non ci riuscivo, continuavo a camminare come se sotto i miei piedi ci fosse una calamita che continua a tirarmi avanti. Davanti a me si posizionarono i miei genitori, proteggendomi che vennero investiti morendo sul colpo mentre io, a pochi centimetri dietro di loro, rimango illesa.

Mi sveglio dalle mie stesse urla strazianti che rimbombano nella camera e la porta che sbatte aperta dall'infermiera Jones che con tanta foga si precipita in camera mia a svegliarmi come fa da un anno e tre mesi secondo il solito e nauseante copione. Il giorno dopo ero impaziente di rivedere il ragazzo di cui ancora non sapevo il nome, ripromettendomi di chiederglielo e abbattere la timidezza, per una volta. Solo che il giorno passò lentamente, l'orario delle visite finì e di lui neanche l'ombra.

#SpazioAutrice
Aloha.
i'm back. Sì, sono tornata, sì, il capitolo fa schifo, lo so. So tutto questo ma fi-da-te-vi-di-me che il prossimo sarà fiko (con la k), ve lo prometto, giuro.
Devo ringraziare Eleonora dell'ois per essersi ricordata che dovevo aggiornare e per avermelo chiesto, mi ha fatto sentire importante. anche se non lo so. okok.
question time: sto scrivendo altre due fanfiction (ispirazione notturna mode on), se continuo a scriverle (prima devo finirle del tutto) ve le cagate o le schifate? nel caso ve le caghiate aspettatele per gennaio, non prima.
Ora, prima di eclissarmi vi chiedo di recensire perchè boh, mi aiuta a capire alcune cosuccie.
Ve se ama,
baci, El :)
CREDITI BANNER: 
@xehiistyles (twitter)
seguitela tutti perchè boh, le devo tipo un milione di follow perchè si è scassata con questo benedetto banner, sono una pigna in culo, ik.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***



3.

Selena.

 

Inizialmente feci l'indifferente però un po' ci rimasi male. Lo aspettavo con tanta ansia ma non arrivò. La lancetta continuava a muoversi ma la porta rimaneva chiusa. È tanto sbagliato aspettare qualcuno? Anche aspettando ci si fa del male? E se c'è un modo per farsi del male, sicuramente io lo provo. Sentii bussare la porta. Diedi uno sguardo veloce all'orologio, era passata un'ora ma io ero ferma all'immagine di quel ragazzo dal volto angelico.

«sei qui!» esclamai.

«te l'avevo promesso» sorrise, come solo lui sapeva fare.

«però non so ancora il tuo nome» sorrisi leggermente per poi ritirarmi di nuovo nella mia timidezza.

«Justin, Justin Bieber» ampliò il suo sorriso.

«come mai sei qui?»

«ti ho detto...»

«no, nel senso, come mai ieri ti sei fermato e poi oggi sei di nuovo qua, insomma nessuno ti obbliga, perché vuoi?». Cadde il silenzio per qualche interminabile secondo, gli avevo forse fatto cambiare idea e stava per andarsene? Nessuno lo pagava, nessuno lo obbligava a rimanere con me.

«perché sento come se dovessi, sembra quasi che tu abbia bisogno di qualcuno, te lo leggo negli occhi» ruppe per un secondo il silenzio per poi farlo ritornare tra noi.

Ero davvero così facile da leggere o era lui ad essere bravo? Se ero tanto facile da leggere perché nessuno mi aveva mai aiutato? Di solito la cosa che ti spinge a leggere un libro è la copertina, la mia è tanto brutta? Sì evidentemente, nessuno andava oltre, si fermava a quell'enorme muro grigio che si trovavano davanti, quello che ho costruito con i mattoni che mi hanno tirato addosso. Era davvero così alto, così indistruttibile e così irragiungibile? Decisamente, dati i mattoni ricevuti. Come aveva fatto lui in due giorni ad averlo abbattuto? Quanto forte poteva essere e, quanto male poteva fare la sua forza? Domande su domande riempivano la mia testa, rimbombavano e continuavano a tormentarmi. Mai uno sconosciuto era riuscito ad invadermi tanto, era come se aprendo la porta avesse detto 'da ora non ti lascerò più, riempirò la tua mente di pensieri, di ossigeno i tuoi polmoni, di energia ogni tua cellula, di sangue le vene ma soprattutto, di amore il tuo cuore' era davvero possibile? La risposta più probabile era un sì. In quanti pezzi dovevo ancora rompermi prima che lui venisse a salvarmi?

«ho ragione?» chiese.

«non lo so» mentii.

«prova a guardarti dentro»

«non posso, ho troppa paura di scoprire che sta succedendo dentro di me.»

«non dovresti». Lo sapevo, sapevo più di ogni altra cosa che non dovevo avere paura, anche se dentro era tutto un enorme groviglio, se era tutto scoordinato, tutto sottosopra ma non era questa la mia paura, la mia paura era di trovare il vuoto. Che ogni cosa trovata fuori, ogni insulto, ogni prsa in giro, ogni risata, tutto ciò che era contro di me rimbalzasse dentro riempiendo quel vuoto, nel modo più sbagliato in assoluto.

«e se è vuoto?» sentii le lacrime salire, la voce rompersi e le gambe tremare.

«ti aiuterò a riempirlo»

«se è un groviglio?»

«ti aiuterò a scioglierlo»

«se è tutto sottosopra, tutto disordinato?»

«ti aiuterò a ordinarlo» scese una lacrima, era troppo forte da fermare. Così piccola e trasparente, così invisibile, così insignificante ma così piena di emozioni.

Justin si avvicinò sedendosi nel letto affianco a me e asciugò la mia lacrima.

«non piangere», accennai ad un sorriso per poi cadere sprofondando nella sua spalla, il suo braccio attorno alle mie spalle mentre la maglietta iniziava ad assorbire le lacrime riversate su di essa. Mi strinse forte a se, come per dire che lui c'era, che non era una mia visione, almeno questa volta. Sentivo il suo cuore battere, il suo sangue scorrere, i muscoli muoversi, il calore del suo corpo arrivare a me. Non era come le mie visioni, loro erano fredde, senza vita erano... visioni. Lui era più vivo, più umano, più reale che mai ed era lì per me. Era come se finalmente le mie urla, le mie richieste di soccorso fossero arrivate a destinazione e la squadra più forte era giunta per aiutarmi.

#SpazioAutrice

Aloha.
Sono in ritardo di 24h, però dai, poteva andare peggio.
Anyway, io fangirlo, non so voi.
Mi piace troppo questo capitolo, mi ci è veluto tipo una settimana per finirlo ma okay, lo amo.
Spero piaccia anche a voi, fatemi sapere che ne pensate con una recensione.
Ve se ama,

El :)

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Capitolo 5
*** Capitolo 4. ***


4.

Justin.

Questa era la terza volta che andavo da lei, in tre giorni. Quella ragazza era come una calamita, ti attrae a sé come il sole con tutti i pianeti del sistema, come la terra con la luna. Forse la luna è il modo migliore per descriverla. La luna è ricoperta di crateri ma splende, è quella che illumina le notti, senza di lei tutto sarebbe buio, lei era esattamente così. Selena riesce a toglierti il respiro, riesce a stupirti per ogni cosa che fa, che dice e che pensa.

Camminai lungo lo stesso corridoio di ogni giorno, diretto alla camera 2303. Stavolta la porta era aperta, il letto perfettamente fatto, tutto in ordine e anche il bagno era aperto, lei no c'era. Mi sentii mancare, tutte le idee più strane mi balzarono in testa ed era plausibile: dove potevi andare in un ospedale se non camera tua o i corridoi? Rabbrividii passando davanti a quel foglio maledetto, leggendo i nuove le parole 'istinti suicidi'. Corsi verso il bancone delle infermiere con le gambe tremanti, temendo al peggio.

«sapete dirmi dov'è la ragazza della 2303?» chiesi tentando di calmarmi e recuperare il fiato dalla corsa. Più che una domanda sembrava forse una preghiera, un modo per dirmi che ciò che stavo pensando fosse tutto falso.

«è dalla psicologa, sta facendo dei test» rispose gentilmente una delle ragazze.

Tirai un sospiro di sollievo.

«se vuoi puoi aspettarla in stanza»

«okay, grazie».

Mi diressi nuovamente verso la camera, sedendomi nel mio solito posto, nella sedia all'angolo di fronte il letto guardando fuori ma non succedeva niente. Come riusciva lei a stare anche ore di fronte a questo enorme lastrone trasparente? Per lei era come una porta sul mondo, un po' forse le mancava ma come può mancarti una cosa di cui non hai mai fatto parte?

Mi avvinai al comò osservando la sveglia, le foto e tutti gli oggetti sopra di esso. C'era anche il suo diario. Un istinto irrefrenabile mi disse di aprirlo, come se dentro ci fosse la soluzione dell'equazione matematica di cui tanto andavo in cerca, anche se di matematico c'era molto poco.

Sfoglia le pagine fermandomi a metà circa dove i cuoricini disegnati ai lati iniziavano a diminuire trasformandosi nel bordo nero, scuro e noioso che aveva disegnato sulle pagine bianche.

“oggi sono andata dalla zia. Io la doro ma per quanto la ammiri mi sento sempre un po' messa da parte, nonostante la marmaglia di nipoti che ha, mi sento esclusa. Avrò qualcosa di diverso? Non sempre la diversità è negativa, o almeno così ha detto mamma. Io non le credo, se ti fa stare da sola non credo ci sia niente di buono.” girai pagina.

“ieri ho raccontato a mamma di quella mia impressione che avevo quando stavo con la zia, ha detto di averlo notato anche lei, si sono parlate ed hanno litigato. Ora non si parlano più. Mi sento in colpa, tanto, è successo tutto per colpa mia, dovevo stare zitta” girai nuovamente pagina.

“a questo punto è quasi meglio scappare. Anche mamma e il suo nuovo compagno hanno litigato per colpa mia.”

“mamma sta iniziando a lamentarsi di me. Dice che ultimamente sto creando tanta confusione in famiglia. Che mi prende in questi ultimi mesi? Voglio andarmene, mi sento un errore”

“oggi mamma ha detto che era meglio se mi prendevano sotto quella volta, avrei dovuto rimanere lì immobile al posto di spostarmi. Ho creato troppa confusione” poi un'ultima pagina data due mesi dopo: “mamma è scappata con il suo compagno, così, da un giorno all'altro. Mi ha lasciato da zia che continua ad ignorarmi. Non voglio stare qua, voglio sparire” ed infine un susseguirsi di pagine con una sola scritta centrale, scura, cupa, nera. “VOGLIO MORIRE”.

Una dopo l'altra le sfogliai tutte, erano una trentina circa, tutte con date diverse ed infine, l'ultima pagina del diario con le chiazze rosse e ben evidenti del sangue.

Era come in un film horror dove la vittima veniva perseguitata dal mostro ma, in questo caso, lei era entrambi. Forse non era lei il vero e proprio mostro ma si era rinchiuso in lei in modo che si facesse del male da sola. Era sicuramente così, una persona come lei non può nascondere un lato tanto cattivo ma può di sicuro essere stata intrappolata in qualcosa che di certo non voleva, come un continuo circolo vizioso che si ripete all'infinito.

Tornai a sedermi e aspettai un'altra oretta prima di decidere che era inutile aspettare, erano già le sei. Cercai una penna ed un foglietto lasciandole scritto:

“ciao Sel, sono passato ma le infermiere mi hanno detto che che stavi facendo dei test, ho aspettato due ore e poi ho deciso di tornare a casa dato che era finito l'orario delle visite. Ci vediamo domani domani, Justin”.

Appoggiai il foglietto sul letto e me ne andai, salutando le infermiere all'uscita.

Mi diressi verso casa, dove una “sorpresa” mi aspettava: erano venuti a trovarmi i miei “amici”.

Ovviamente, volevano qualcosa. Quei tre si facevano vedere quando avevano bisogno di qualcosa, data la mia situazione economica benestante.

“hei Bieber, come te la passi?” strillò Stan.

“ciao Stan, bene dai. Come mai siete qui?” domandai.

“no no è che è da un pezzo che non ti fai vivo- continuò Harley – che sei andato a fare volontariato all'ospedale? AHAHAHAHA”

“che t'importa?” “ohw, Justin versione anima pia, che dolce” Austin fece gli occhioni dolci imitando una ragazza.

“ma smettila, volontariato cosa? Vado lì solo per mio fratello” mentii.

Che mi succedeva? Stavo rinnegando Selena, non perché mi vergognavo ma perché odio far vedere il mio lato sensibile, ti prendono per una persona debole e poi ti pugnalano alle spalle. Non era una scusa, speravo solo bastasse a farmi perdonare da lei, se mai lo venisse a scoprire.

#SazioAutrice

Aloha.
Tre notizie:
1. Ho creato un account twitter collegato a questo profilo, seguitemi tutti sennò mi arrabbio (lol) è @ellyjeliebers ( https://twitter.com/ellyjeliebers )
2. Tornerò presto ad aggiornare Top-secret perchè ho avuto l'illuminazione quindi se volete, passate a leggerla. Mia farebbe davvero molto piacere!
3. Ho cambiato nick, questo è forever comunque quindi boh, se non vi interessa okay comunque ve l'ho valuto dire.
Parliamo del capitolo...
Questo capitolo è noioso, corto e brutto, lo so ma serve per capire meglio e bla bla bla, il prossimo sarà più bello, prometto. Ho già iniziato a scriverlo e ci sto mettendo il cuore, dico sul serio. Spero vi piaccia.
Detto questo me ne vado.
Ciao *sparisce nel nulla*

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