(Non proprio) vendette.

di mery_wolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***
Capitolo 3: *** #3 ***



Capitolo 1
*** #1 ***


Note iniziali:

Post TRF. Perchè anche io dovevo dare il mio (seppur piccolo e scemo) contributo a "come John prenderà il ritorno di Sherlock". Così eccomi qui. E ho in mente solo il trailer dello scorso giorno, AH. Non me la sono per niente sentita di scrivere qualcosa di lungo e melodrammatico sui loro sentimenti eccetera, così ho preferito scrivere di tre "momenti" in cui Joh, un po' inconsciamente, un po' no, vuole vendicarsi per tutto quello Sherlock gli ha fatto subire. Anche se da queste sue azioni, ne seguiranno delle "reazioni".

Un ringraziamento speciale a Stars_Daughter, che mi ha betata <3

Beh, buona lettura.


 

 

 


BUGIE.

 

 

And who do you think you are,
running round leaving scars
Collecting your jar of hearts,
and tearing love apart
You're gonna catch a cold
from the ice inside your soul
So don't come back for me,
who do you think you are?

 


"Ti ho mentito." Gli dice John, la voce dura. Lo guarda chino sui suoi bulbi oculari. Sta sentendo?  Aspetta. Aspetta che John finisca la sua confessione. "Su Irene. Non è vero che è in un programma di protezione. È morta."

Non è una vera confessione, perché John è ancora arrabbiato. Non ha quell' intenzione.

Vuole fargli  un po' male, ferire il suo orgoglio, dimostrare che anche lui ha avuto segreti scomodi. All'inizio gli aveva mentito per proteggerlo - ma da cosa si può proteggere Sherlock Holmes? - per non vederlo ancora in quello stato: sofferente? Pensieroso?

Ma ora che lo ammette, non si sente per niente meglio.

Sherlock gli ha mentito per le stesse sue ragioni, ma non gli sembra la stessa cosa. L'ha illuso, lo ha fatto a pezzi.

Sherlock maneggia i bulbi con cura, immergendoli in un barattolo. Ha in mente di metterli nel forno per osservare fino a quale temperatura possano resistere? Ha intenzione di farli esplodere?, in modo che John torni lì ad accertarsi che sia - ancora una volta - vivo?

"Lo so." Gli risponde Sherlock, adesso lo guarda e c'è qualcosa che è cambiato inesorabilmente nel suo sguardo. Non sa se l'abbia detto in proposito alle sue parole o ai suoi pensieri.

John è confuso. Così rimane ancora a casa, per farsi una tazza di te' e per litigare ancora un po' con Sherlock.

 

 


 

 


Piccola noticina finale: ricordate che il punto di vista di John non è sempre attendibile: ciò che lui pensa sia la verità (cioè che Irene sia morta), non è per forza così. Ciò che Sherlock fa è mentirgli ancora una volta in modo da dargli una soddisfazione. Insomma, è un gioco a chi mente di più. xD Adesso vi lascio davvero in pace.

Saluti,

Wolf.

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Capitolo 2
*** #2 ***


 

 

 

Give me hope in silence
It's easier, it's kinder

 

 

 


Lo guarda stringersi la cravatta. Sono nella stessa stanza, soli. Il matrimonio sta per iniziare e il disagio gli scende piano nello stomaco.

Sherlock è lì, gli fa compagnia. Lui ha sempre uno strano intuito, e non importa quanto possa anche essere irritante, questo lo fa sentire sicuro. Al sicuro. Sherlock sa sempre cosa dire, sempre certo di quello che pensa. Sa molte volte anche quello di cui ha bisogno John - non è difficile intuirlo, hanno vissuto per un bel po' di tempo assieme.

Sono in silenzio. Il silenzio è bene. A John piace.

Da qualche parte c'è Mary che si sta preparando, come lui, ed è felice. John non sa come sia arrivato lì.

Sherlock si è sistemato i capelli e tutto il suo aspetto ha assunto un che di elegante. Intrigante.

A una donna direbbe "sei molto carina". Ma Sherlock non è una donna, e non è solo carino.

Inorridirebbe ad un complimento del genere.

Il suo completo lo fascia, stretto al petto e al culo. Non dovrebbe essere così osceno, eppure John si sente come se lo fosse.

Lo ipnotizza. Non può distogliere gli occhi.

Sherlock lo guarda a sua volta, esattamente consapevole di quello che sta succedendo quanto lui. Sono sull'orlo del baratro. E lo sono insieme.

"Alla fine, sei sorpreso?" chiede, risvegliandolo dalla trance in cui è caduto. Il sangue circola veloce, adesso, gli riscalda le orecchie. "Di non essere gay." Specifica.

John trattiene il respiro.

Sherlock sa sempre cosa dire.

 

 

 


Note: prima di tutto, grazie infinite per le recensioni bellissime e per chi ha messo nelle seguite o solamente letto in silenzio, mi avete fatto molto contenta! Poi: beh, sì, questa è la seconda vendetta di John. Penso che lui non si renda nemmeno conto di quello che fa davvero e rimanga comunque fregato. E io non odio Mary, solo che in attesa di vedere il personaggio della serie (in cui spero davvero tanto che Sherlock, John e Mary diventino un motherfuking trio anti-crimine!) interpretato da Amanda, mi sono fatta una mia idea del personaggio e di come andrebbero le cose. Un po' come tutti. Anche se credo che la lascerò un po' in disparte, almeno in questa fanfiction. Ah, le lyrics all'inizio sono dei Mumford and Son, The Enemy, ascoltatela se avete tempo! <3

Fatemi sapere cosa ne pensate! Aggiornerò Sabato prossimo, se non ci saranno problemi! :D

A presto!

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Capitolo 3
*** #3 ***


 

 

 

All the lonely people, where do they all come from?

 

 

Il taxi si ferma un isolato prima della casa in cui ora abitano John e Mary. Sherlock vuole essere discreto. Paga il tassista, scende.  Vede John davanti alla porta, che rovista fra le tasche.

"John?" gli chiede non appena si fa più vicino.

John si volta, sorpreso. "Sherlock." Esclama. "Che ci fai qui?"

"Ho un caso."

Le mani ancora dentro le tasche. "Oh."

"E ho bisogno di una mano." Dice Sherlock, continuando a tenere gli occhi fermi su di lui. "Vieni a casa." Continua.

John annuisce. "A casa."

*

Sherlock è immobile e in silenzio davanti alle foto delle vittime, attaccate al muro da un quarto d'ora. Così John, dato che non può essere di alcun altro aiuto, va a farsi un te' in cucina.

Quando torna nel salotto, Sherlock non è più al posto in cui l'ha lasciato. Rimane lì per qualche secondo, per poi subito sentire un movimento dietro di sè, e accorgersi che ha due mani avvolte al suo collo. Non è poi così sorpreso: sa di chi si tratta.

Sherlock inizia a parlare al suo orecchio, il suo tono di voce è basso e fa sembrare la cosa più intima di come dovrebbe sembrare.

"Guarda: sul volto della vittima non c'è segno di panico. Non è stata colta di sorpresa.  Nessun segno di colluttazione,  ma ha avuto un rapporto sessuale prima di morire. Chi sarebbe potuto essere con lei, nelle sue ultime ore? Qualcuno senza dubbio di intimo. "

Sherlock gli si pone davanti, le mani ancora attorno al suo collo. John respira piano.

"Qualcuno che guardi in volto la sua vittima. I lividi sul collo sono stati fatti senza dubbio da delle mani. Le dita hanno fatto pressione sulle vie aeree." Sherlock preme leggermente i pollici, adesso, come voler dimostrare quello che dice. "Richiede tempo uccidere così, tempo che non è stato speso dalla vittima per liberarsi, per combattere. Ma perché?" John rimane in silenzio, in ascolto. È interessato, ma inesorabilmente distratto dal contatto delle loro pelli. È pericoloso.

Non davvero.

Sherlock sembra notare la luce nei suoi occhi.

"John, se io facessi pressione qui, in questo punto, tu-"

"Morirei."

"Sì." Respira Sherlock.

"No, non lo farai."

"Perché?"

"Perché non sei un sociopatico, né uno psicopatico."

Qualcosa nello sguardo di Sherlock si scioglie, i suoi occhi brillano nella stanza ormai semibuia. Il tocco sulla sua gola si alleggerisce.  John passa la lingua sulle proprie labbra e Sherlock le guarda con nuovo interesse. "Ti fidi di me?" gli chiede, avvicinandosi di più.

John smette di respirare, travolto letteralmente dal calore del corpo di Sherlock così vicino. "Non saprei." Ammette e prega che le sue mani rimangano ferme. Se solo le poggiasse sul corpo di Sherlock, non riuscirebbe più a fermarle.

Sta per baciare Sherlock, ed è così chiaro. Tutto diventa caldo, e la stanza si fa sempre più buia. Il buio potrebbe nascondere questo, dopo farebbero finta che non sia mai successo.

C'è davvero così poco spazio, e una voglia ingombrante. Ma questo è un pericolo diverso, non è come essere strangolati. Non è così.

Allora John si tira indietro, e le mani di Sherlock improvvisamente non sono più sul suo collo.

"Forse anche la vittima voleva morire." Propone John. Adesso fa freddo.

"Certo." Risponde secco Sherlock. Immobile.

"Oppure è solo un delitto passionale."

Il detective che è in lui sospira. "Ce ne sono così tanti."

"Allora hai capito chi-"

"Certo, non darlo mai per scontato."

John sospira. "Allora di che aiuto sono stato io?"

Sherlock va in cucina e beve il tè ormai freddo. "Avevo bisogno di dimostrare un punto."

*

Due uomini stanno dissotterrando la bara. Altri stanno sollevando la lapide, il nome Sherlock Holmes luccica al sole.

John li guarda con una strana riverenza, nella mente passano in rassegna tutte le volte che è stato lì, tutte le parole. Sherlock gli è affianco, solenne. I lati del suo cappotto svolazzano sfiorandogli la mano, come se fosse una prova della reale presenza di Sherlock.

"È strano" confessa Sherlock, ma John non sa a cosa si riferisce. Potrebbero essere troppe cose. Forse si riferisce alla tomba.

"Non ti ci abitui mai." Quando dalla fossa fuoriesce finalmente la bara, John inizia a sudare freddo. Sposta il peso da un piede all'altro.

Sherlock si volta verso di lui. "È una tomba vuota." Gli dice: un modo tutto suo di confortarlo.

John rabbrividisce ancora, ma questa volta ogni sua cellula viene invasa dal sollievo: Sherlock è lì. E ha la strana urgenza di parlargli. "Sai, l'ultima volta che sono venuto qui ho chiesto... pensato che tu potessi davvero tornare in dietro, in un modo o nell'altro. Sai, non essere morto. Te l'ho chiesto perché credevo che tu potessi farlo." E questa è la prima vera confessione che fa John da quando Sherlock è qui di nuovo. Ha l'istinto di sorridere e lo fa, perché è così dannatamente sollevato.

"Un miracolo senza dubbio." Annuisce Sherlock, e John capisce d'un tratto a cosa si riferiscono quelle parole.

Sospira. "Eri lì, vero?"

Sherlock fa un mezzo sorriso e John si sente colto sul fatto.

Un altro sospiro. Forse dovrebbe dirlo, forse no. Non c'è sicurezza. "Sherlock... " inizia, cercando solo di essere onesto. O perché ha bisogno di dirlo. "Mary è incinta."

Sherlock rimane silenzioso, lo sguardo rivolto alla fossa vuota. C'è una nuova consapevolezza che si fa spazio fra di loro.

"È uno strano posto in cui dare una notizia del genere." Gli dice, la sua espressione impenetrabile. Poi lo porta fuori dal cimitero.

 

Your own, personal, Jesus
someone to hear your prayers,
someone to care
 

 

*

Sherlock non risparmia mai sospiri esasperati o sguardi al cielo quando John porta Mary a Baker Street. Ma questa volta no.

Sherlock la fissa per un istante o due e le dice "Buonasera" con tono incolore.

*

"Perché è sempre così... glaciale." Sono nel taxi di ritorno da Baker Street e Mary rabbrividisce. "Sembra che eviti ogni tipo di contatto."

John pensa che non è vero. Una volta gli ha preso la mano, l'ha tenuta stretta. Gli si siede sempre troppo vicino, in modo che le cosce si tocchino. Ha posato le dita sulla sua gola.

"Forse ha qualche problema affettivo?" continua a parlare lei, distogliendolo dalle immagini nella sua mente. "I genitori non lo volevano?" gli chiede, sinceramente perplessa.

Forse, pensa ancora John ma risponde che non lo sa.

In un momento di lucidità, si dice che non lascerà mai che suo figlio pensi che lui non l'abbia voluto. Posa una mano sulla pancia calda di Mary e afferma: "Dovremmo trovare un nome per il bambino."

*

Lui e Sherlock sono entrati in un bordello a passo sicuro. E non certo per i soliti scopi per cui un uomo entra in un bordello.

È per un caso, certo che è per un caso. Quando si tratta di questo Sherlock è a suo agio con tutto, persino con gli sguardi insistenti e lascivi che gli lanciano le donne mezze svestite.

L'unica cosa che ancora sembra scandalizzarlo sono i giornalisti che chiedono ancora un'intervista su come sia sopravvissuto o un'esclusiva rivelazione. Ma certamente qui non ci sono molti giornalisti. Almeno, non interessati a intervistare.

La voce di Sherlock lo risveglia: "Una volta hai suggerito di chiamare un mio eventuale figlio con il tuo secondo nome."

John ricorda subito la circostanza in cui l'ha detto,e il modo sarcastico in cui l'ha proposto. Era quando Irene era stata a casa loro.

Tutte quelle donne svestite gli ricordavano lei?

"Sherlock--"

"Invece tuo figlio--"

"Sherlock!" lo richiama, si ferma piantando gli occhi su di lui con rimprovero. "Non parleremo di mio figlio in un bordello."

"Ma io--"

"Non ci provare nemmeno." Scuote la testa, stringendo la mascella. Sherlock gli si avvicina.

Si guardano per un lungo istante prima di essere interrotti. "Ho come l'impressione" dice una donna, con davvero pochi indumenti ed un sorriso di qualcuno che la sa lunga "che voi due abbiate bisogno di una stanza."

John la guarda con occhi spalancati. E gli manca il respiro, quando la donna aggiunge "E forse anche un po' di compagnia", ammiccando.

"Non posso crederci..." sussurra John, scuotendo la testa. "Io sono sposato!" sbotta, alzando la mano per mostrare la fede.

La donna sembra guardarlo come se quello che avesse detto non fosse nulla di rilevante.

E a quel punto, vuole solo andarsene. Lo fa, seguito da uno Sherlock confuso, che si lascia alle spalle una donna molto più confusa.

*

"Le persone assumono spesso che siete una coppia?" gli chiede una Mary rilassata, dopo averle raccontato solo che qualcuno avesse fatto un'insinuazione su lui e Sherlock.

 "Può darsi. Anzi, non  lo so. Ma non è questo il punto!" Prende un respiro profondo. "È solo colpa sua." Dice poi, ma non sa esattamente per cosa. Per tutto, pensa.

Lei lo guarda divertita, accarezzandosi la pancia. "Forse ho sbagliato a pensare che lui fosse glaciale con tutti." Ride alla faccia di John.

Lui si chiede Mary da che parte sia.

*

John bacia la pancia di Mary con adorazione. È vero, ragiona, io ho proposto di chiamare suo figlio con il mio secondo nome. Lui l'ha preso seriamente. Forse stava proponendo lo stesso.

Mary gli accarezza la testa. "Sai, vorrei una femmina." Gli confessa sorridendo. Lui la guarda.

"Hai qualche nome in mente?"

"Non lo so. Tu?"

 "Sheridan." Sussurra. Che non è il secondo nome di Sherlock, ma in mancanza di dati John può usare fantasia.

Mary si mette a ridere. "Davvero?"

"Certo. Sheridan." Sussurra ancora contro la pancia gonfia di Mary.

"È abbastanza stupido, John." Ride ancora lei.

Ma John continua a ripetere Sheridan piano, dando una sorta di benvenuto, senza farsi sentire.

*

Hanno violato una proprietà privata. Perchè, ovviamente, quando Sherlock non può indagare al bordello, deve cercare le prove infiltrandosi in case altrui.

E quindi adesso si ritrovano arrestati. Sally li chiude dentro con uno dei suoi migliori sorrisi.

John si stende sulla brandina - l'unica - e lascia andare un sospiro pesante. Il suo cattivo umore cresce a dismisura.

"Gesù." Sibila, schiacciandosi le mani sulla faccia. "Perché, Sherlock, perché."

"Non è proprio colpa mia, st--"

"No. Stai zitto." La voce di John si alza. Scopre di avere un taglio sul dorso della mano. È profondo e brucia.

Sherlock rimane in silenzio per un po'. Forse lo sta guardando. Ma non gli importa, vorrebbe solo prenderlo a pugni fino a fargli perdere i  sensi.

"C'è qualcosa." Gli annuncia. La rabbia monta dentro John, perché è vero. "È una settimana che non ti fai vedere. E oggi sei stato maldestramente distratto. Ti sei addirittura ferito con-"

"Credevo che tu non ripetessi le evidenze."

"C'è qualcosa, John." Ripete Sherlock, e John si domanda se non abbia battuto la testa. "Il... bambino-?" tenta di parlare, ma John davvero non ce la fa più. Si mette a sedere e lo guarda furioso.

"No, Sherlock, non c'è niente! È questo il punto: niente. Nessun bambino!" grida, e in quel momento vede negli occhi di Sherlock la consapevolezza.

Ha capito, finalmente. Il cuore di John sprofonda, davanti allo sguardo pieno...di qualcosa di Sherlock. "John..." mormora, poi sta ancora in silenzio. Da' spazio alla sua rabbia.

"Mary ha avuto un aborto spontaneo." La sua voce si spezza e c'è un singhiozzo che sta per nascere.

Sherlock non riesce a capire interamente quello che John sente, ma si avvicina lo stesso alla brandina su cui è steso. John avrà una culla destinata a rimanere vuota, e Sherlock intuisce che certi spazi devono essere riempiti, proprio ora. Anche se non sono quelli giusti.

Quindi si stende sulla brandina affianco a John, e rimane sveglio con lui per tutta la notte.

 

Make the clock reverse,
bring back what once was mine
heal what has been hurt
change the Fate's design
save what has been lost
bring back what once was mine

 

*

La mattina dopo Mary viene a pagare la cauzione per farli uscire. Sherlock le sorride, e ringrazia.

 *

Una volta arrivati a casa, John si disinfetta la ferita. È evidentemente incazzato. Mary lo nota, ma è troppo stanca per chiedere.

Lo guarda. "Perché continui ad andare con lui se ti fai così male ogni volta?" gli chiede confusa, ma anche arrabbiata.

John può trovare cento buone ragioni. Allo stesso tempo pensa che questo - questo taglio alla mano - non è niente. È stato rapito più di una volta, Moriarty gli ha messo una bomba sul petto.

Sulla spalla ha la cicatrice di un proiettile, evidenza più grande di tutte.

E, Dio, ha visto Sherlock morire. Per poi tornare indietro - e forse è questo il suo vero problema, è questo.

Invece questo è solo un graffio. Non è dannatamente niente.

Come può vivere con una persona che non lo riesce a capire?

Mary scuote la testa e stringe le labbra, come fa quando è arrabbiata. "Ho bisogno di stare da sola."

"Andrò a fare una camminata." John prende il cappotto, si volta. "Ciao."

Mary non risponde.

 

Sherlock apre la porta sinceramente sorpreso, perché non si aspetta di vederlo dopo così in poche ore. Non dopo quella nottata.

"John."

"Non ne parleremo, Sherlock. Non ne parleremo e basta." Sherlock lo guarda attento con gli occhi chiari. "Ti sto solo risparmiand-"

"Credi che non capirei." Afferma, improvvisamente consapevole.

"Credo che non t'interesserebbe davvero. La ricordo tutta la faccenda dell'essere sposato con il lavoro e divorziato dai sentimenti. Le cose che non c'entrano con il tuo piano possono essere lasciate indietro, vero?"

Appena lo dice, John vorrebbe rimangiarselo, perché Sherlock capisce a cosa si riferisce davvero questa volta e spalanca gli occhi.  Non sa perché l'ha detto. Non hanno mai parlato di questo apertamente, della sua sensazione di essere lasciato indietro, di essere ingannato. La paura che Sherlock possa non interessarsi ancora una volta ai sentimenti è  più grande.

Ed è più facile dire cattiverie, a quanto pare.

"Tu pensi che la mia scelta di essere distaccato sia dovuta al fatto che non me ne importi. Mentre, ti assicuro che è l'esatto contrario."

"Allora cosa senti?"

Osserva Sherlock prendere il violino e iniziare a suonare. Evidentemente preferisce rispondere così.

Una melodia che non ha mai sentito prima impregna la stanza e tutto il suo corpo. John si sbaglia. Sherlock capisce, e lo dimostra dando alla musica la stessa tonalità dolorosa del suo cuore. E ogni nota lo colpisce al petto sotto forma di calore, per poi salire agli occhi: pungono.

Sherlock smette di suonare per un momento. "Hai bisogno di riposare. Dormi." Fa cenno al divano, e John per nessuna ragione apparente gli da' ascolto.

Si stende e in quel momento di verità, lo può vedere, lo può ascoltare, il cuore segreto di Sherlock. Incredibilmente fragile.

 È perfettamente uguale al suo.

Con quella vista, John si addormenta con le lacrime agli occhi.

 

Si sveglia leggermente confuso quando il peso sul divano cambia, e il basso ronzio della tv s'infiltra nelle orecchie. Dopo pochi minuti, John mette a fuoco sullo schermo un qualche programma poliziesco.

Una lampada è accesa, la luce è soffusa e per nulla fastidiosa. Si rimetterebbe a dormire, se non fosse per il borbottio ora costante di Sherlock, che non riesce mai a trattenersi dall'insultare le cose.

Quindi John si arrende. "Per quanto ho dormito?" chiede stropicciandosi gli occhi.

"Più del necessario, sicuramente. Stavi occupando da un po' troppo il divano."

John sorride e rimane rannicchiato. Tutta la rabbia di prima è dissolta.

Sherlock è seduto accanto a lui. "Vuoi mangiare?"

Un fiotto di calore invade tutto il suo corpo. "Non ho fame. Ma grazie."

C'è ancora silenzio e all'improvviso Sherlock riprende a lanciare insulti verso la tv, con particolare enfasi sulla scarsa coerenza del programma polizesco. Quindi John si mette a sedere lasciandosi trasportare dalla voce di Sherlock e dalle immagini sullo schermo.

Senza rendersene conto inizia a ridere, poi la tv perde importanza perché passano il resto della serata a fare congetture su dove nascondere un ipotetico cadavere.

*

John si sveglia nel mezzo della notte, il cervello invaso dalla musica. È questione di secondi, poi tutto si infrange nel suo respiro pesante. Non sa dove si trova, non riesce a capirlo. È così confuso, e buio. Non riesce a ricordare che a che punto della sua vita è.

"John..." farfuglia Mary nel sonno, gli prende un braccio.

Oh. Gli occhi visualizzano il soffitto perfettamente bianco sopra di lui. Sherlock. Dov'è Sherlock?

"Ho sentito un violino." Spiega lui.

Non sente risposta: il sonno lo trascina di nuovo giù nell'oblio.

*

Lui e Mary stanno guardando il notiziario della sera assieme. John fa dell'umorismo nero sulle notizie e ride. Mary lo guarda come se avesse negato il secondo piatto di minestra a Oliver Twist.

*

Da un paio di settimane Mary va a casa di sua madre, a cercare conforto da lei perché lui non sa darglielo. Quando ritorna, è in silenzio per la maggior parte del tempo perché non ha niente da dirgli.

Tranne quando lui sta per uscire - Sherlock che lo chiama per essere accompagnato sul campo di battaglia - e lo guarda con aria attenta per poi dire "Non hai più nessun motivo per rimanere qui."

Lo sta cacciando o gliel'ha solo fatto notare?

*

Mary dopo qualche giorno, gli dice di non volerlo vedere per un po' e che sta andando da sua madre, portando fuori la porta di casa delle borse con forse dentro molti vestiti.

Non ci vuole un genio per capire che il loro matrimonio è in crisi, e la sua vita ha preso ancora quella strada in cui lui lascia perdere qualsiasi donna perché troppo occupato a stare dietro Sherlock.

Non importa. Ancora non ha più  niente da perdere.

Prende la pistola ed esce fuori di casa, mentre il sole tramonta e le ombre si allungano.

 

But in this twilight, our choices seal our fate

*

Non c'è bisogno di molte parole con Sherlock, e John ringrazia Dio per questo. Gli basta notare la pistola premuta fra la cintola e il fondo della sua schiena per capire che è lì per rimanere. Annuisce e gli fa spazio in casa.

John finalmente può rilassarsi, dopo quello che sembra un anno. O forse quattro.

Dopo un'ora Sherlock toglie tutte le cianfrusaglie dal tavolo in salotto per fa posto per la cena. A quanto pare il tavolo in cucina è "meglio non toccarlo per qualche giorno", a sua detta.

Mangiano entrambi come se non avessero toccato cibo per troppo tempo. All'improvviso John si ferma. "Ricordi..." si schiarisce la voce, "il giorno che mi sono sposato? Mi hai chiesto se fossi sorpreso di non essere gay."

Sherlock alza gli occhi, interessato. "Sì."

"Credevi che le persone lo ripetessero tanto da convincermi?"

Sherlock fa una mezza risata. "Suppongo che ad un certo punto alla gente piacesse solo prenderti in giro."

John ride a sua volta, poi si alza per portare i piatti nel lavello, in cucina. Si appoggia ad esso, nella realizzazione di quello che sta per dire. "Tu non li hai mai contraddetti."

"È vero." Sente dire Sherlock, la voce ferma.

"Quando in verità vorresti avere l'ultima parola su chiunque."

"È vero anche questo."

Quindi è questo che stanno facendo? Una specie di partita a scacchi psicologica? O stanno solo iniziando a mettere le carte in tavola?

John prende un respiro profondo. "Noi..." entra in salotto, stringe i pugni. "Siamo sempre stati una coppia, non è vero?"

"Siamo stati molte cose." Risponde. La luce nei suoi occhi lo ipnotizza. "Adesso cosa siamo?"

"Siamo solo... noi. Con un confine--."

"I confini sono solo convenzioni che aspettano di essere trascese." Lo interrompe Sherlock con prontezza.

"Noi abbiamo oltrepassato quel confine?"

Sherlock sembra dubbioso. "Uno strumento sa quando trascende il confine fra rumore e suono?"

"Suppongo che lo sappia il musicista." John lo guarda. "Sherlock, io non-"

Sherlock lascia andare un sospiro e si volta verso la finestra. "Stai per dire ancora una volta di non essere gay?" chiede aspramente.

Sì.

No.

"Io..." John ci pensa. "Sono John Watson. Tu sei Sherlock Holmes."

"Oh, brillante John, brillante."

"Ascolta: tutto quello che so è che nella mia vita sono sempre stato arrabbiato. Molto. Ho preso la maggior parte delle mie decisioni perché ero arrabbiato. E tu, tu a volte davvero dimentichi cosa sia la... regolarità per essere al passo col tuo cervello. E questo..."

"Stai cercando così tanto di essere normale?" Sherlock gli lancia uno sguardo accusatorio. "Non lo sei."

"No." Concorda. Poi continua: " Questo che abbiamo qui ci rende sicuri. Qualunque cosa tu faccia, qualunque cosa noi siamo, io non smetterò di seguirti. Non perché ne ho bisogno, ma perché lo voglio."

"Prendo atto però che tu non voglia farmi fare parte di altri aspetti della tua vita." Quello che insinua Sherlock gli fa girare la testa.  John cerca di ignorarlo.

 "Questo." Muove la mano nello spazio fra di loro, come per indicare qualcosa. "Lo cercherò sempre. L'ho sempre cercato. È un punto fermo in tutta la mia vita, perché... perché sei tu."

Sherlock è immobile. John rimane in silenzio, ascoltando il battito del suo cuore. Un rumore che invade tutto.

"Dovresti saperlo. Mi hai salvato la vita." L'unica cosa che sente ora sono i respiri profondi di Sherlock. Un rumore anche più assordante. "Non sono più arrabbiato." Con te. E con me.

Adesso John sa che non c'è più niente da dire e Sherlock non parlerà. Va verso le scale della sua camera.

Si ferma ancora un attimo, voltandosi verso la schiena di Sherlock.

"Non intendo andarmene. Non più." Chiarisce. "Non intendo lasciarti solo."

Sherlock si volta verso di lui, ma John sta già salendo le scale.

 

Stendendosi sul letto, al buio, John pensa che sia abbastanza ironico aver detto quella cosa e poi essersene andato di sopra.

Guarda il soffitto senza davvero vederlo. Il suo respiro è lento, ma non riesce a dormire. Una certa trepidazione inizia a formicolare nelle ossa e diventa un chiaro eccitamento quando sente il suono di passi sulle scale.

È Sherlock che apre la porta lentamente e lo guarda. E Dio, gli è mancato tutto questo, anche se non l'ha mai avuto.

Non in questo modo.

John è ancora steso e Sherlock si siede cavalcioni su di lui. Tutto quello che vede sono i suoi occhi.

Sono così luminosi.

"Nemmeno io."

Lo bacia.

 

All the lonely people, where do they all belong?

 

 

 

 

 

 


Note: ...beh, sì. Sono leggermente in ritardo. Tutto è uscito diverso da come lo immaginavo. Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno, ma almeno io ho amato scrivere tutto questo, perchè ogni riga è cresciuta con me. (?) So che possa sembrare tutto molto frammentato, ma è proprio questo il mio intento, quindi ok. Tutto è bene quel che finisce con una pomiciata.

Vorrei chiarire alcune cose:

La frase di Sherlock ("Tu pensi che la mia scelta di essere distaccato sia dovuta al fatto che non me ne importi. Mentre, ti assicuro che è l'esatto contrario.") è ispirata dalla frase di Spock "You mistake my choice not to feel as a reflection of not caring, while I assure you the truth is precisely the opposite", in Star Trek Into Darkess.

Invece la frase "I confini sono solo convenzioni che aspettano di essere trascese" e una parte delle battute di Sherlock e John è una citazione di Robert Frobisher, in Cloud Atlas. Io seriamente lo adoro e non potevo non citarlo. E metto la citazione intera, perchè merita di essere letta:

"And all becomes clear. Wish I could make you see this brightness. Don't worry, all is well. All is so perfectly, damnably well. I understand now, that boundaries between noise and sound are conventions. All boundaries are conventions, waiting to be trascended. One may trascend any convention, if only one can first conceive of doing so. Moments like this, I can feel your heart beating as clearly my own, and I know that separation is an illusion. My life extends far beyond the limitations of me."

Ho messo i link alle lyrics delle canzoni, così potete ascoltarle.

Quindi, non so, alla prossima. Un grazie speciale a Stars_Daughter, che mi ha betata e sostenuta fino alla fine. E un grazie di tutto cuore a coloro che hanno letto in silenzio, chi ha commentato, messo la storia nei preferiti e tutto il resto. La mia gratitudine vi appartiene, e spero di ricevere altri pareri per quest'ultimo capitolo!

Saluti,

Wolf.

 

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