Fa’ che tu smetta di tormentarmi.

di Eleris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 *Fa' che tu smetta di tormentarmi.*

 

 

 

 

 

Draco camminava velocemente verso l’aula di pozioni. Libri nelle mani , - come sempre  - troppo spocchioso e arrogante per portare una borsa come tutti.

 

 ***

Ma c’era qualcun altro che portava i libri a mano.

 Hermione Granger avanzava a passo di marcia e con la schiena dritta verso la stessa direzione che percorreva - qualche metro più avanti -  il Serpeverde.  La ragazza però non portava i libri a mano per il gusto di sentirsi chissà chi: semplicemente, la sua borsa a tracolla non riusciva a contenerne più, tanto era piena.

Quello era il loro settimo anno mancato, il ritorno alla normalità, alla pace e alla tranquillità. Ma la tranquillità non rimane tale che per talmente poco che-  quando finisce - non si può far altro che assaporarne il sapore che velocemente ci abbandona.

Il passo di marcia, austero e trattenuto della Grifondoro, le fece guadagnare molto più terreno di quanto ne guadagnasse il Serpeverde, troppo intento a trattenere il portamento regale e arrogante che lo contraddistingueva.

La ragazza gli sfiorò per sbaglio il braccio con la sua spalla, troppo intenta a sbrigarsi per guardare il mondo tutto intorno a sé. Solo in quel momento voltò il viso verso destra per chiedere scusa.

Era agitata e preoccupata. Il sogno di quella notte era stato strano: Ron si allontanava da lei, le diceva che aveva sbagliato,  che non era più nessuno per lui. Che non avrebbe dovuto farlo. Sì, ma fare cosa, di preciso? La loro storia era durata qualche mese, e nemmeno il tempo di capire se potessero avere la forza di provare a stare insieme. Si erano semplicemente resi conto che non potevano andare oltre il loro rapporto di amicizia. Ma cosa, cosa avrebbe mai potuto farlo imbestialire al punto da rinnegare la sua amicizia? Non lo sapeva, e anche se era stato solo un sogno, voleva e doveva stare attenta, dopo aver compreso che la profezia riguardante Harry e Voldemort era qualcosa di reale. Aveva capito che i sogni potevano essere qualcosa più di semplici produzioni oniriche, e non era più scettica nei confronti della divinazione. O meglio, non era più così scettica.

-          Scusami – disse senza badare alla persona accanto a lei.

E continuò a camminare. Ormai non faceva la minima differenza sapere chi fosse una persona e da che parte stava. Bisognava migliorare, crescere e mettere da parte i dissapori. Magari non avrebbe mai digerito Malfoy e il resto dei Serpeverde, ma ciò non significava che lei li avrebbe discriminati. Lei voleva dimostrarsi superiore ad anni di angherie, di prese in giro, di offese nei suoi confronti e in quelli dei suoi amici. D'altronde, alla fine loro avevano vinto.

Bussò alla porta già chiusa dell’aula dei sotterranei, e dopo aver aspettato che qualcuno accennasse un debole “avanti”, aprì la porta chiedendo scusa al Professor Lumacorno per il ritardo.

-           Di niente mia cara, siediti pure lì in fondo. - 

Andò a sedersi  nell’ultimo banco doppio rimasto, in fondo all’aula. Non le era mai successo di sedersi così dietro. Ma in quel momento non le importava. Era agitata. Ron ed Harry erano seduti più o meno a metà delle file, come sempre uno accanto all’altro. “Uniti nella buona e nella cattiva sorte”, pensò. Cattiva, soprattutto - nelle ore di pozioni - dopo aver perso ogni possibilità di recuperare il libro del principe mezzosangue, nella Stanza Delle Necessità ormai distrutta.

 

 ***

 

Una persona entrò poco dopo di Hermione.  Anche Draco si scusò con Lumacorno, per esser poi indirizzato allo stesso banco al quale era seduta la Grifondoro, che in quel momento stava prendendo dalla cartella la sua copia di “Pozioni Avanzate 2” .  Draco si era seduto, senza dirle una parola. Come sempre, non avevano niente da dirsi, e ignorarsi era sempre meglio che cominciare infinite serie di insulti.

Si ritrovò a guardare con interesse quel libro: sembrava nuovo, come se non fosse mai stato aperto. Ma era impossibile, si disse. La Granger conosceva il programma prima che iniziasse l’anno.  Si rese conto di avere lo sguardo di qualcuno su di sé, così alzò gli occhi, per trovarsi le pupille nocciola e indagatori della mezzosangue  intrecciate alle sue.

-          Malfoy, qualche problema? -  sussurrò la ragazza, guardando un po’ lui, un po’ il libro.

Gli occhi grigi erano quasi incapaci di cessare quel contatto. Ma uno sforzo di volontà, un’ondata di orgoglio, fece ciò che tutto il resto del suo cervello gli impediva. Girò il viso. E seguì la lezione senza degnarla di alcuna considerazione.

 

Dentro di sé però stava morendo. Avrebbe voluto girarsi. Gli sarebbe bastato anche solo poterla guardare ininterrottamente senza bisogno di dover dare spiegazioni a nessuno. Senza bisogno di  far fronte ai pregiudizi, ai problemi, a quel mare di differenze tra loro. Ma infondo sapeva che erano sensazioni a senso unico: lei era indifferente a tutto ciò che lo riguardava. Era indifferente al suo fascino, alla sua intelligenza, anche al più piccolo gesto. Era indifferente persino alle sue offese. Quella che per lei era indifferenza, per lui eradesiderio. Nel corso degli anni per lui era cambiato tutto. C’erano cose che la guerra non aveva cambiato, né scalfito: era cresciuto credendo nella superiorità dei purosangue, e nemmeno la caduta di Voldemort avrebbe potuto farlo ricredere. Ma alcune cose, erano profondamente mutate. Lì, nel salone dove Bellatrix aveva torturato Hermione, lui, Draco Malfoy, si sarebbe fatto uccidere pur di non sentire ancora il rumore assordante delle urla della ragazza: non sapeva se fossero davvero state così assordanti, ma nella sua testa - se solo provava a ricordare -  rimbombavano come intorno a mura spoglie, creando un’eco ancor più assordante del suono originale. E fu vedendola svenuta a terra, lì dove aveva camminato per anni, che tutto cominciò ad avere un altro senso. Avrebbe voluto consolarla, curare le sue ferite. Avrebbe voluto uccidere con le sue mani sua zia Bella. Ma non ebbe nemmeno il tempo di prendere una decisione, che Potter irruppe, trascinando tutti via. Fu la prima volta in cui si sentì riconoscente nei confronti dello sfregiato: non voleva più vedere morte intorno a sé.

 Poi non li aveva più visti: erano riusciti a far perdere le loro tracce, mentre lui cercava di trovare un senso a ciò che sentiva. Fu solo ad Hogwarts, durante la battaglia finale, che poté rivederla, viva : fu allora che si rese conto di quanto fosse cambiata. Era stanca, stremata, ma con una determinazione tale da farlo vergognare per non esser mai stato come lei. I suoi capelli, anche se scompigliati, erano boccoli definiti, e non più la matassa di capelli crespi che ricordava. Il suo naso era dritto e perfetto. Si rese conto che non era una situazione prettamente legata alla sua volontà di redimersi, a un suo pentimento: lui desiderava la mezzosangue.  Durò solo mezz’ora la sua intenzione di lasciare il passato alle spalle, di dirle ciò che provava, prima che Voldemort li facesse tutti fuori - pensava - : finchè non la vide tra le braccia di Weasley, le loro labbra poggiate le une sulle altre appassionatamente. Decise che l’avrebbe dimenticata, che era solo una cosa passeggera, che forse era la paura di morire che gli faceva produrre pensieri di quel genere. Gli stessi pensieri continuarono a vorticare nella sua mente anche dopo la disfatta del Signore Oscuro, anche tra i tavoli della sala grande mentre parlava con i suoi genitori guardandola con la coda dell’occhio mentre stava mano nella mano con Weasley, consolandolo per la morte del fratello.

Fu solo il primo settembre, a King’s Cross, che capì quanto stupido fosse stato. Non era assolutamente la paura di morire. Adesso non ne aveva più, alla luce dei fatti, ma quel senso di oppressione nel suo petto era sempre più forte. Più la guardava tra le braccia della donnola, più si sentiva un incapace. Incapace di essere sé stesso, di esprimere i suoi sentimenti, di essere ciò che voleva, di avere lei.  E il chiodo fisso si faceva sempre più pressante, ogni volta che la vedeva anche solo da lontano, persino ogni volta che passava dalla biblioteca, forte della certezza che lì dentro ci fosse l’oggetto del suo desiderio. Quando lei –raramente – gli rivolgeva un cenno di saluto, era un colpo all’anima. La desiderava come mai gli era successo con nessun’altra: forse perché sapeva che lei era irraggiungibile. E pian piano aveva visto passare il tempo; l’aveva vista litigare con Weasley, e poi tornare insieme, e poi lasciarsi definitivamente. E il suo cuore martellava, bramando una possibilità che la sua testa sapeva non esistesse. E ora lei era lì accanto a lui, cortesemente sprezzante di tutto ciò che lo riguardava.

 

 

 

 ***

 

 

 

Faceva freddo sulle sponde del lago. Era un freddo pungente, tipico delle giornate scozzesi di metà Febbraio. Ma nonostante tutto lei era lì, seduta in riva al lago, con il mantello a coprirla completamente, la sciarpa che le nascondeva metà del viso, e un libro sulle ginocchia. Ma quello non era uno dei suoi soliti libri: niente che riguardasse Hogwarts.

Il programma scolastico l’aveva finito di studiare subito dopo la morte di Silente, in previsione del fatto che non sarebbe tornata a Hogwarts. Così si limitava a fare il minimo indispensabile, dedicando il suo tempo alla lettura di curiosità e leggende sul mondo magico. In quel momento, si dedicava al libro “Leggende e miti di Hogwarts”. Era un libro che aveva trovato tra quelli che Silente si era preoccupato di nascondere, insieme a quelli sugli Horcrux.  Al suo ritorno a Hogwarts, andò dalla professoressa McGrannit a riportarle i libri che aveva “preso in prestito”, per far in modo che venissero nascosti nuovamente. La preside rimase profondamente colpita quando lei le raccontò come faceva a trovarsi in possesso di quei libri, e fu d’accordo con la ragazza quando le disse che voleva che fossero nuovamente conservati lontano dagli studenti. Così la lasciò da sola, nell’ufficio del preside – che lei si rifiutava ancora di occupare, se non in casi eccezionali -  e la ragazza andò dritta verso il baule, nascosto accuratamente dall’ex preside con un incanto di disillusione.

-          Professor Silente, ha fatto davvero un egregio lavoro, per metter questi libri al sicuro –

Disse la ragazza al preside che sonnecchiava nel suo ritratto sopra la scrivania.

-          Dici, mia cara ragazza? –

-          Oh. Dico sì, professore. Ma -  continuò prendendo altri libri a caso – questi altri libri perché sono qui? –

L’uomo, sorrise al di sotto della sua barba bianca.

-          A volte non c’è un reale motivo per nascondere qualcosa. Ci sono casi in cui nascondere diventa un’abitudine più che una necessità, mia cara. Ti interessa qualcosa in particolare? -  riprese con quel suo tono calmo.

Lei diede uno sguardo rapido e la colpì quel libro rovinato e con la copertina quasi staccata. “Assomiglia al libro del principe Mezzosangue” si ritrovò a pensare. Prese il libro in mano e lo fece vedere a Silente.

-          Non avevo dubbi, mia cara. Prendilo pure, è un regalo. -  Lei rimase un po’ basita.

-          Professore, possi chiederle perché … - Lui sembrò aver capito ancora prima che lei gli ponesse la domanda.

-          Diciamo che è un libro che non molti potrebbero essere in grado di leggere, e potrebbe essere frainteso. – Le sorrise bonario, e ringraziandolo, chiuse la serratura del baule , pronunciò un “Alohomora” e lo incantò nuovamente con un incantesimo di disillusione .

Quel libro però era rimasto nascosto in un cassetto per molti mesi, dimenticato.

 

 

 

Vide una goccia scendere e posarsi proprio sulla pagina che stava leggendo, sfuocando leggermente qualche lettera. Richiuse velocemente il prezioso libro – di cui era sicura non ci fossero altre copie – e lo mise sotto il mantello. Percorrendo tratto di strada che la divideva dal portone principale, cominciò a grandinare così tanto che i capelli della ragazza erano diventati piatti e lunghissimi. Corse per la scalinata principale: non c’era anima viva per il castello, tutti erano nelle loro sale comuni al caldo dei camini. Anche lei aveva intenzione di salire alla torre di Grifondoro, ma senza sapere come, si ritrovò di fronte alla statua di Boris il Basito. Le venne un’idea sul momento: poteva andare a fare un bagno rilassante e poi salire alla torre. Pronunciò la parola d’ordine e la statua si mosse per mettere in vista una porta. Entrò nel bagno dei prefetti, e si avvicinò alle panche laterali per poggiare i suoi vestiti. Aveva accuratamente poggiato il libro in modo che non si bagnasse con i suoi vestiti fradici, e stava togliendo il mantello, attaccato agli abiti, tanto era bagnato. Si tolse il maglione, e prima di sbottonare la camicia, si avvicinò alla vasca verso due rubinetti di colore diverso: sapeva bene che il rubinetto con la pietra verde faceva uscire il bagnoschiuma al muschio, e che quello con la pietra gialla invece faceva uscire il bagnoschiuma alla vaniglia. Optò per il muschio, che con il clima esterno sembrava un tutt’uno. Si riavvicinò alla panca, tolse la bacchetta dall’orlo della gonna e fece un incantesimo non verbale per asciugare il mantello. Si avvicinò all’angolo dove erano appesi i grandi e soffici asciugamani: uno di un colore diverso per ogni casa. Prese – ovviamente -  quello rosso.  Ritornò vicino alla panca e cominciò a sbottonare la camicia, quando sentì un rumore accanto alla porta. Voltò il capo verso sinistra, e si ritrovò davanti un Malfoy ancora più biondo sotto la luce del grande candeliere che – per magia – illuminava a giorno una stanza grande come quella. Era poggiato alla porta, con le gambe annodate una sull’altra e le mani in tasca. Lei cominciò ad abbottonare velocemente la camicia quasi aperta, e inveì contro di lui:

-          Malfoy, quando volevi farmi sapere che eri qui? – Era proprio arrabbiata.

-          Beh, mettiamola così Granger, con i capelli così non sembri nemmeno tu. Mi sono reso conto di chi eri  solo quando ho visto le tue zanne, Mezzosangue. –

 

 ***

 

Attaccare. Cosa poteva fare altrimenti?

-          Malfoy, non mi sfiorano queste tue offese, non sei proprio nessuno. –

Ma lei, senza saperlo, aveva toccato un tasto dolente.

-          Ah si? -

 ***

 Disse il biondo Serpeverde, apparentemente furioso – per chissà quale motivo -  avvicinandosi pericolosamente. Hermione non sapeva cosa fare, se allontanarsi, o star ferma. La sua bacchetta era poggiata vicino al maglione, non sarebbe riuscita a prenderla senza che lui la bloccasse.

 ***

 

Era a due passi dal suo viso. Vedeva le labbra rosee vicine. Troppo, irrimediabilmente vicine. E la baciò con tutta la rabbia che poteva. Sentì solo lei che cercava di divincolarsi, ma le bloccò le braccia all’altezza dei gomiti.

-          E ora, la cosa ti tocca?  O sei ancora indifferente?  - Furono le uniche parole sussurrate, prima di ritornare all’assalto delle sue labbra.

 La forza che ora utilizzava la Mezzosangue era raddoppiata, così come era raddoppiata la determinazione di Draco di farla desistere. Mise un braccio dietro la schiena della ragazza, avvicinando i loro bacini. Ma non aveva preventivato quello che fece la ragazza. Sentì solo un improvviso dolore lancinante alle parti basse.

 

 ***

 

La ginocchiata aveva avuto il suo effetto. Hermione ebbe il tempo di prendere la bacchetta.

-          Tu sei pazzo! Ma …. Ma cosa…? – balbettò rossa in viso per l’imbarazzo e la stranezza della situazione.

-          Granger, giuro che ti uccido!  - Gridò lui, ancora in parte piegato sulle ginocchia e la bacchetta in mano.

-          Stupeficium –  Gridò il ragazzo

-          Protego! – ribattè Hermione, facendo apparire un incantesimo scudo tale da farlo indietreggiare.

Si distrasse, vedendolo inciampare, ma in quel momento lui lanciò un incantesimo non verbale che le bloccò le gambe. Lui arrivò a terra, ma si rialzò velocemente, mentre la ragazza cercava un controincantesimo. Il “finite incantatem” non serviva a niente. Era come un incanto delle pastoie ma con un controincantesimo diverso. Tornò vicino alla Grifondoro, che non riusciva a muovere le gambe per allontanarsi. Provò a schiantarlo, ma ogni tentativo fu vano, visto che lui la precedeva con un “protego” ogni volta. Fu l’ultimo incantesimo scudo che la destabilizzò e la fece cadere a terra.

-          Malfoy, smettila. Fai il controincantesimo!  - Disse lei ancora rossa in viso, ma dalla rabbia.

Lui invece di risponderle, si inginocchiò, e poi si sdraiò sopra di lei trattenendosi con le braccia per non pesarle addosso. La ragazza lo allontanava con le mani, ma lui si sdraiò completamente su di lei con tutto il suo peso, prendendole i polsi e bloccandoglieli con una mano sopra la testa.  Con le labbra era sul suo collo, lo sfiorava e lo baciava.

Era impazzito. O qualcuno gli aveva dato l’amortentia senza che se ne rendesse conto. Sembrava desiderarla. Spostò le sue labbra su quelle di lei, che per un attimo non seppe come reagire. La sua testa le diceva di divincolarsi, il suo corpo però non rispondeva più. Rispose per qualche secondo al bacio intenso del Serpeverde, per poi spostarsi.

-          Granger, solo questa volta. Una volta sola. Ti prometto che poi ti lascerò in pace, non ne farò parola con nessuno. Qualsiasi cosa, ma concediti a me, solo questa volta.  –

La stava implorando? Lui, Malfoy? Draco Malfoy? Sì. Era l’amortentia.

-          Mal … Ehm , Draco – Disse, cercando di andar incontro a quella strana “cosa” – ti hanno messo l’amortentia da qualche parte per fare un dispetto o a te o a me. Capisci che tutto questo -  disse diventando ancor più rossa, riferendosi all’erezione vistosa del ragazzo che sentiva premere su di sé – non è reale?  Liberami le gambe e andiamo da Madama Chips …. –

Sentì una roca risata.

-          Granger, possibile che non capisci? Io ti desidero. Dimmi le tue condizioni.  – Le disse cominciando a baciarle di nuovo il collo.

Ma la ragazza non desisteva. Era impossibile. “Non se ne sarà reso conto” pensò lei.

-          Malfoy, potresti non essertene reso conto, magar … -

-          Granger, ma possibile che non la smetti di ragionare mai? Non è colpa dell’amortentia, è colpa tua.  – Voltò la testa, per poi tornare a guardarla negli occhi.

-          Mezzosangue, io non ti voglio costringere, né voglio che tu te ne penta. Né ne farò parola con anima viva, ma fai in modo che smetta di pensarti. Fa’ che tu smetta di tormentarmi.  - 

Quelle parole suonavano stranissime nella bocca del ragazzo arrogante, spocchioso e pieno di sé che aveva sempre visto. Rimase senza parole, e lui ne approfittò per continuare a baciarla. E lei rispondeva a quel bacio intenso come se tutto il resto fosse passato in secondo piano. Mosse le gambe per intrecciarle col bacino del ragazzo… e … l’incantesimo aveva terminato il suo effetto: sentì di nuovo le gambe rispondere ai suoi comandi. Fu come ritornare a esser sobri. Lo spostò, riprese la bacchetta che era lì vicino a lei, e si alzò puntandogliela contro. Urlò un “Petrificus Totalus!” che lui fu troppo lento a respingere. La ragazza si avvicinò alla porta, appellando il resto dei suoi vestiti.

-          Malfoy, sai che significa MAI??? - . Urlò l’ultima parola, che rimbombò nella grande stanza.

Gli puntò contro la bacchetta pronunciando un “Finite incantatem”, chiuse la porta dietro di sé e bloccò la porta con la magia, per guadagnare un po’ di vantaggio se mai lui avesse deciso di rincorrerla. Era terrorizzata. Ma nonostante tutto arrivò alla conclusione che se non era colpa dell’amortentia, era sicuramente colpa di sua zia Bellatrix, che l’aveva fatto uscire pazzo a forza di maledizioni cruciatus.

 

 

 

 

 

 

 

Spazio Autrice
OOOOOOhhh eccoci alla fine! E spero tanto che non mi odierete per non averli fatti finire come dei gatti in calore ( anche se a Draco non sarebbe dispiaciuto.
 E nemmeno ad Hermione più di tanto, credo!!!).
 
 
1)      Perché ci si aspetta che Hermione sia così stupida da andare a letto col suo peggior nemico alla prima occasione? 
E’ che io ho una visione talmente alta di questo personaggio che già è abbastanza se si è abbandonata per un millisecondo.
‘Sta storia che Hermione è sempre in balia di Daco non l’ho capita. Perché non si ribella mai? Perché ci sta sempre? No, no, e no.
 Capisco che la carne è carne – specialmente con Draco davanti – ma se io avessi di fronte a me la persona che ho odiato per anni, che mi ha presa in giro, ecc ecc,
non credo che dimenticherei tutto nel momento in cui mi degnasse di altro genere di attenzione! E suppongo che,  soprattutto Hermione, non lo farebbe.
2)      Dovrei pubblicare il capitolo successivo dell’altra fan fiction e non ho la forza fisica e mentale per trovar qualcosa da scrivere. Per quella fic lì, sono nel “blocco”. 
Perciò mi scuso con chiunque abbia letto e recensito. GRAZIE, perché senza rinforzi positivi non sarei nemmeno arrivata lì dove l’ho lasciata.
3)      Lo so, il bagno dei prefetti è un luogo trito e ritrito nelle fan fiction. Ma l’ho scritta così per gioco, perciò prendetela come tale.
4)      Draco è parecchio diverso. Lo so, è OOC. Hermione credo (e spero) meno. Ma qualcosa deve pur cambiare per creare una Dramione. (*.*)
5)      Spero vivamente che vi soffermerete a recensire. Anche solo per mandarmi a quel paese, anche solo per chiedermi il mio indirizzo per venire a linciarmi. 
Anche solo per dirmi “Correggi quell’obbrobrio, cretina!”, perché ogni piccola cosa fa crescere. Anche la cosa più negativa.
E io – sul piano della scrittura e non -  voglio crescere, imparare, conoscere.
6)      Grazie a chiunque leggerà.
7)      Vi lascio in pace. Ho già rotto abbastanza.
8)      Ok, ok basta!
9)      Ve l’ho già detto che spero vi sia piaciuta?
10)   Se volete linciarmi datemi almeno qualche giorno di preavviso, così mi trasferisco ad Honolulu!
11)   Ricordatevi di recensire (giusto per non esser logorroica).
12)   Ah, ho una pagina su FB, se volete aggiungermi!  Eccola! http://www.facebook.com/profile.php?id=100001700520094
Un  saluto a tutti.
Eleris
 

 




 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

Hermione fece finta di dimenticare quell’episodio. Non se la sentiva minimamente di rievocare quei momenti ogni volta che lo guardava in faccia. E lui sembrava aver fatto altrettanto. Che fosse vero o meno, lei era sempre più convinta che fosse stato uno scherzo di cattivo gusto nei suoi confronti, una ripicca per il fatto che fosse stato dalla parte sbagliata durante la guerra, o una rivincita di qualcuno che era stato vittima delle sue angherie . E quindi più ci pensava, più le possibilità si restringevano a poche diverse alternative: Imperius, Amortentia, o … Amortentia e in seguito un Oblivion.

I primi giorni non era stato facile evitarlo, tra lezioni in comune e impegni da capiscuola per decidere le decorazioni per Natale: ma ci era riuscita. Quel Natale, non ci sarebbe stata una festa, come negli anni felici ad Hogwarts. Troppe persone erano morte, e tante altre avevano perso qualcuno. Non era tempo di festeggiare.

*****

Draco camminava come se niente fosse successo, facendo come se quella sera non fosse mai esistita per nessuno dei due. Era tutto un piano però : voleva farle dimenticare quella storia, per provare ad avvicinarsi a lei in maniera diversa . Dentro però, moriva. Non la vedeva più così spesso: lei faceva di tutto per non trovarsi nello stesso corridoio in cui si trovava lui, se poteva evitarlo. Il periodo di Natale, soprattutto, era stato come giocare a nascondino: se aveva bisogno di dirgli qualcosa sulle decorazioni natalizie, mandava la Abbott. “Tanto, lo sanno tutti che non corre buon sangue tra noi” pensava Draco, ed era sicuro che la Mezzosangue pensasse la stessa cosa. E la cosa lo logorava: non vederla nemmeno, era un supplizio ancora più grande che non poterla toccare.

Ma i giorni passavano, e passarono anche le vacanze natalizie, che Hermione passò con i suoi genitori. Ron ed Harry andarono alla Tana, per stare con i Weasley al completo, e la ragazza li raggiunse i primi giorni di Gennaio, prima del ritorno ad Hogwarts. L’assenza di Fred si sentiva ancor di più, sotto quell’aria festiva. George non se ne usciva più con le solite battute, come quando c’era il fratello: era cambiato, era cresciuto.  Percy, invece, pomposo come sempre, ma con la coda tra le gambe, aveva portato la sua fidanzata dai tempi di Hogwarts per farla conoscere ai suoi genitori: Penelope era una ragazza dai capelli biondi e ricci, dal naso piccolo e leggermente a punta e un’aria pomposa come il fidanzato. La signora Weasley non doveva pensarla diversamente da Hermione,  visto il sorriso comprensivo che le lanciò il mattino prima della partenza per Hogwarts a pranzo.  

*****

Draco aveva passato le feste ad Hogwarts, come pochi altri: non se la sentiva di ritornare dai suoi genitori. A dirla tutta, non se la sentiva proprio di ritornare al maniero dei Malfoy. Odiava quel posto, ed ogni passo gli ricordava gli orrori vissuti lì dentro. Aveva passato il mese di Agosto in giro tra i vari possedimenti della sua famiglia. L’Irlanda gli era piaciuta tantissimo, e nel momento stesso in cui mise piede nella villa vicino la cittadina di Grangebellew , decise che sarebbe andato a vivere stabilmente lì, dopo aver concluso gli studi. Era una piccola villetta con un recinto di mattoni, dipinta di bianco e grigio: era semplice e confortevole, e gli dava quell’idea di casa che non aveva mai avuto prima. Durante quel mese, Draco ebbe modo di pensare e concluse che la scelta migliore sarebbe stata tornare a Hogwarts, piuttosto che completare gli studi a Durmstrang: dopo tutto quel che era successo, aveva le sue remore a tornare nella scuola che l’aveva visto crescere, tradire, disprezzare. Ma poi si disse che così -  forse -  avrebbe rivisto la mezzosangue. Nonostante amasse profondamente la sua villetta irlandese, preferì non tornarci nelle vacanze di Natale, declinando anche l’invito dei suoi genitori a raggiungerli a Malfoy Manor: sperava che la Granger sarebbe rimasta a passare il suo ultimo Natale a Hogwarts. Ma già dai primi giorni si rese conto che così non era stato. Per Draco le vacanze passarono lentamente, tra Zabini che lo sfidava a scacchi magici e i suoi voli furtivi nei cieli di Hogwarts con la vecchia compagna di volo, la Nimbus DuemilaUno.


Gennaio.

Il tempo passava lentamente in quei giorni, soprattutto per coloro che aspettavano con ansia una nuova alba, sperando che sarebbe stata migliore della precedente.  Sperando di aver potuto mai dimenticare.

Era un freddo pomeriggio di Gennaio, e il cielo era completamente coperto. Hermione aveva sempre adorato andare a leggere sulle rive del lago nero, e quel pomeriggio era ben felice di avere la possibilità di leggere con calma. Appoggiata al tronco di un albero nodoso, e con le ginocchia intrecciate,  continuava a leggere il libro di Silente. C’erano solo cinque storie, come il libro di fiabe di Beda il Bardo. Stava leggendo la quarta storia: parlava delle origini di Hogwarts.  Il racconto era controverso, pieno di allegorie, di  termini arcaici e scritta a ghirigori. Era strano – si disse – che ogni parola che cominciava un nuovo rigo, fosse scritta in maiuscolo. Parlava della vera storia che aveva portato Salazar Serpeverde e Godric Grifondoro alla rottura completa. “Diciamo che è un libro che non molti potrebbero essere in grado di leggere, e potrebbe essere frainteso”, le aveva detto Silente. Ma cosa significava? Provò a leggere le prime lettere di ogni rigo, ma non c’erano spazi, e non le veniva facile comprendere il significato di quel messaggio. Così prese un foglio di carta dalla sua borsa, e scrisse le lettere, cercando di dar loro un senso. Mise gli spazi, e le punteggiature, e quello che ne uscì la lasciò basita: era un testo nel testo.

“E il serpente si avvinghiò al leone

risalì la sua zampa e con le sue spire  si annodò al collo

sul punto di contaminarlo con le velenose zanne

Ma con uno scatto il leone appoggiò le sue fauci e

stappò la testa al serpente ancora avvinghiato al suo corpo.

Il felino non era stato così veloce da schivare le zanne avvelenate del rettile,

 e morì anch’esso, col serpente straziato stretto a sé.”

Non sapeva a cosa si riferisse quella parte di storia. Certamente il serpente e il leone potevano riferirsi a Grifondoro e Serpeverde: ma a che proposito? Hermione era decisa a scoprirlo.  Come la prima volta, era sicura che Silente non le avesse fatto finire quel libro per le mani per caso.

*****

La notte era lenta a passare specialmente per le persone che come Hermione, avevano tante cose da pensare, riflettere, ricordare, e … dimenticare. Quella sera era salita tardi nel suo dormitorio. Era stata con Harry, Ron e Ginny , di fronte al camino della Sala Comune, a parlare e scherzare un po’.

A parte loro tre, solo Neville era tornato a Hogwarts. Ginny, che ormai frequentava l’ultimo anno con loro, aveva avuto il permesso di dividere il dormitorio con Hermione piuttosto che con le sue compagne dell’anno precedente: infatti,  la sera del primo di Settembre, avevano trovato una porta in più sull’ala della torre in cui si trovava il dormitorio delle ragazze, con un solo letto all’interno. Così, il mattino successivo, dopo aver parlato con la McGrannitt, fu permesso a Ginny di dormire con la ragazza. Anche nel dormitorio maschile era apparsa un’altra camera: all’interno c’erano tre letti: per Harry, Ron e Neville.  

Ma quella notte, la ragazza si era svegliata di soprassalto, dopo un incubo che le fece sudare freddo: il serpente, avvinghiato al leone, le fece rivivere la scena letta il pomeriggio stesso su quel libro. Il sogno era stato se possibile, molto più vivido e pieno di particolari di come lo aveva immaginato quel pomeriggio. Si rigirò nel letto per un tempo indefinito, ma poi si alzò: non riusciva mai a prender sonno facilmente in quella torre.

*****

Camminare per i corridoi bui e freddi a notte fonda gli era sempre piaciuto. Già dal primo anno, Harry Potter non era stato l’unico allievo della scuola ad avere un mantello dell’invisibilità: Draco Malfoy, scorrazzava nelle cucine con il suo mantello da dopo le vacanze di Natale del suo primo anno nella scuola, quando suo padre gli aveva regalato un mantello dell’invisibilità. Col passare degli anni, il mantello ne aveva viste così tante da strapparsi e perdere la sua funzione, ma Draco era ormai in grado di utilizzare gli incantesimi di disillusione per camminare a zonzo di notte. Quella sera, come sempre, si fermò alla finestra che illuminava l’arazzo di Barnaba il Babbeo. Era da lì che due anni prima, guardava il paesaggio notturno di Hogwarts cercando una soluzione ai suoi problemi. Dall’inizio dell’anno però, cominciò a godere della vista che quella finestra offriva: si scorgeva interamente il lago nero, illuminato flebilmente dalla luna piena di quella sera. Faceva freddo, e la luna dava l’impressione di risucchiare tutto il poco calore della notte.

*****

Hermione non aveva mai amato infrangere le regole, anzi, credeva fermamente che fossero alla base di qualsiasi società civilmente organizzata. Ma quella sera, l’insonnia, e la voglia di dormire in un posto tranquillo, la spinsero ad alzarsi dal letto senza far rumore, e a metter un plaid a scacchi rossi sulle spalle prima di dirigersi verso la Stanza delle Necessità. Ovviamente tutti sapevano che era andata distrutta durante la battaglia di Hogwarts, ma i professori erano stati in grado di arginare i danni: quando qualcuno chiamava la stanza delle necessità, di solito non venivano soddisfatte le solite richieste, ma spesso veniva offerto ai visitatori più di ciò che chiedevano, e in maniera diversa da come era impostato il proprio pensiero. Nonostante tutto, Hermione non aveva mai avuto problemi grazie alla sua capacità di focalizzare l’attenzione solo su ciò che effettivamente le serviva, e infatti, il “piccolo problema” della Stanza, con lei appariva drasticamente ridotto.

Appena uscita dall’apertura del quadro della Signora Grassa, puntò la bacchetta su di sé per lanciare un incantesimo di disillusione, prima di avviarsi verso l’ala opposta del settimo piano.

Arrivò di fronte al solito, ridicolo arazzo, e camminò tre volte avanti e indietro, chiedendo ciò che desiderava, finchè non vide apparire una piccola porta intagliata. Aprì la maniglia ed entrò.

*****

Quando Draco, immerso nelle sue riflessioni, vide quel pezzo di stoffa rosso muoversi da solo, pensò subito che fosse Pix. Lui, era invisibile, e quindi non avrebbe potuto vederlo. Si premurò comunque di esser il più silenzioso possibile. Ma quando vide quel pezzo di stoffa muoversi intorno alla Stanza delle Necessità per tre volte, capì che non poteva essere Pix,  e la sua voglia di scoprire chi fosse lo fece avvicinare. Si infilò all’interno mentre la porta stava per essere richiusa. Era una stanza confortevole,  piccola e dai colori caldi, con un divano di fronte a un camino al cui interno scoppiettava allegramente il fuoco, e con puff e poltrone ai lati del divano. Si spostò di lato, sentendo qualcuno muoversi. Dopo un attimo vide qualcuno che non si sarebbe mai aspettato: la mezzosangue, in vestaglia rosa, ciabatte e un plaid rosso sulle spalle: aveva gli occhi arrossati e i capelli scarmigliati. Aveva una faccia così stanca da far quasi pena: era bella, la mezzosangue, anche in quel modo. Si stese sul divano, e si poggiò il plaid sulle spalle. Dal tavolino basso accanto alla spalliera apparvero due tazze di cioccolata calda con un debole “pop”. Draco cominciò a preoccuparsi che lei si sarebbe accorta che c’era qualcun altro nella stanza, ma lei non ci fece caso, prese una delle due tazze e sorseggiò la cioccolata fino all’ultimo sorso. Poggiò nuovamente il bicchiere, si girò su un fianco, e chiuse gli occhi. Alla luce calda del fuoco, il Serpeverde, vide brillare una lacrima che scendeva dai suoi occhi,  fino a bagnare la fodera rosso porpora del divano.

Non seppe precisamente quanto fosse passato dal momento in cui la mezzosangue si addormentò, al momento in cui lui si sedette – ancora invisibile – su una delle poltrone di fronte a lei; ma a un certo punto non poté fare a meno di alzarsi, inginocchiarsi di fronte al suo viso e poggiare le sue labbra su quelle della ragazza: a lungo, senza pressioni di sorta, semplicemente per sentirla lì, accanto a lui.

Non seppe nemmeno dopo quanto tempo lei socchiuse le labbra per baciarlo per davvero. Non resistette, dovette per forza rispondere.

E non seppe nemmeno dopo quanto tempo vide la Granger muovere le mani, e lui, preoccupato che si fosse svegliata,  si staccò. Seppe solo che lei si svegliò per davvero, qualche secondo dopo, di soprassalto. Si mise la mano sulle labbra, come a saggiare se ciò che aveva vissuto fosse stato solo un sogno. Dopo qualche secondo, si girò nuovamente su un fianco, e richiuse gli occhi. L’ultima cosa che sentì prima di riaddormentarsi  fu uno spiffero di aria fredda.

 

 

*****

Qualche ora più tardi , la ragazza camminava freneticamente verso l’altra ala del castello, dove si trovava l’entrata del ritratto della Signora Grassa. Salì le scale senza fare rumore trovando una Ginny ancora immersa tra le braccia di Morfeo.

La mattinata non fu delle migliori, nei sotterranei a preparare una pozione Dimenticante che non ne voleva sapere di diventare del verde acceso descritto nel manuale di Pozioni. Per di più, sentiva su di sé gli occhi del Serpeverde che aveva sognato quella stessa notte, e non riusciva proprio a non sentirsi a disagio.

 

 

Ma fu durante il pomeriggio inoltrato, prima di andare a cena, che Hermione si sentì sprofondare : stava camminando per il corridoio che portava alla biblioteca, decisa a passare da Madama Pince a portare un libro che aveva preso in prestito e finito secoli prima, quando sentì una voce chiamarla.

-          Hey Granger! –

Col solito passo baldanzoso Malfoy si avvicinava, con l’aria di chi aveva scoperto che quel giorno stesso era Pasqua: non osava immaginare cosa gli passasse per la testa, e per la verità, non voleva nemmeno saperlo.

-          Malfoy, cosa vuoi? Non ho tempo,  mi devo sbrig … Hey, allontanati! – Esclamò vedendolo avvicinarsi a pochi centimetri dal suo viso, e sfoderando la bacchetta.

Ma lui per tutta risposta tornò ad avvicinarsi, prendendole il braccio che stringeva la bacchetta e abbassandolo. Si avvicinò all’orecchio della ragazza sibilandole :

-          Non mi sembrava che questa notte ti dispiacesse la mia vicinanza, quando mi hai proposto di passare la notte con te … -

A quelle parole Hermione fece un balzo:

-          T … Tu.. Io cosa..? – balbettò diventando di un rosso da far invidia a Ron.

-          Hai capito Granger, non fare la finta tonta. Parlo di stanotte … - e si avvicinò al suo collo . - …nella stanza delle Necessità … - sussurrò sfiorandole il collo con le labbra, e poggiando le sue mani sui fianchi della ragazza, rigida come un asticello.

-          Sm -smettila di dire fesserie, Malfoy. – e prese quella goccia di coraggio che le rimaneva per dire una bugia. Una bugia che non sapeva dove avrebbe potuto portarla, ma che le avrebbe dato il tempo di capire cosa mai avesse combinato ….e dimenticato.  – Ero nel mio dormitorio, stanotte. Esattamente dove sarei dovuta essere.  – Pronunciò quelle parole con voce tremante ma guardandolo negli occhi.

Lui, per contro, le strinse ancora più fermamente i fianchi, e con voce di colpo aspra e fredda, contrastante con la sensualità di un secondo prima, disse :

-          Smettila di dire cazzate Granger. Non ci casca nessuno, e soprattutto … Non Io. –

Con quelle parole, la lasciò di colpo, si girò e a passo veloce e si allontanò. Quando ormai la ragazza era sicura che lui avrebbe svoltato l’angolo, si girò, e con voce sprezzante le disse :

-          Sicura che in realtà  il cappello parlante non ti avesse smistata a Serpeverde? – e con quelle parole, buttate lì come se fosse stato un insulto, girò l’angolo.

*****

La risata spontanea che venne fuori sul viso del biondo, appena svoltato l’angolo, lo accompagnò fino alla sua sala comune, scatenando la curiosità di Zabini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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