I Need More Than This

di TheOtherGirlOff
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 2: *** Buio e Illuminazioni ***
Capitolo 3: *** Due Settimane dopo ***
Capitolo 4: *** Fango e Cioccolato ***
Capitolo 5: *** Paparazzi e Social ***
Capitolo 6: *** Ma la notte è un'altra storia ***



Capitolo 1
*** L'inizio di tutto ***


Ho sempre ascoltato quel genere di musica che le mie coetanee disprezzavano. Mentre loro indossavano le punte e cercavano qualsiasi indumento utile di colore rosa o derivati, io mettevo su la mia band e a suon di rock trascorrevo tutti i miei pomeriggi rintanata nel mio garage, tra miriadi di fogli, spartiti, pezzi di canzoni, sorseggiando mix di bevande poco raccomandabili con le mie musiciste. Il pop non mi era mai piaciuto, le boybands nemmeno, e solo il fatto di dover condividere una serata a titolo promozionale con “artisti” come loro mi urta. Insomma, stessa casa discografica, ma non mi sento proprio di aver nulla a che vedere con quel mondo, quelle melodie così orecchiabili, quei testi così superficiali, eppure ci tocca.

Io, McKenna, Lizzie, Ellen e Michelle siamo appollaiate in auto, ipotizzando tutti gli incontri della serata, ridacchiando saltuariamente dell’autista che sembra alquanto esagitato.
Michelle scosta il ciuffo corvino dai suoi occhi taglienti, continuando a gesticolare convulsamente come solo lei sa fare
:
-“No dico, ma avete sentito chi ci sarà stasera? Ma c’è tutta quella roba sfornata dai Talent Show.. Cioè ragazze, io davvero con i tempi che corrono mi sento fortunatissima ad avere un contratto, però dai, essere sotto la stessa casa discografica di quella gente è davvero imbarazzante!”-
Ellen, la mia batterista, rotea gli occhi verso l’alto, contraendo il viso in una smorfia infastidita.

-“Non dovresti parlare così, siamo solo al primo album e non dobbiamo montarci la testa, questi potrebbero buttarci fuori da un momento all’altro, un po’ di umiltà ci vuole sempre, che ci piaccia o no, che i “rivali” in questione valgano o meno…”-

Sei anni di discussioni tra Ellen e Michelle non mi avevano mai annoiata, vederle bisticciare è sempre stato uno dei miei spettacoli preferiti, ma non ora, non stasera. Le loro voci diventano un brusio indistinto, la mia attenzione è focalizzata sulle strisce bianche che scorrono sull’asfalto. O forse no. Forse la mia mente è lontana, come sempre, quando in realtà qui in questa auto avrei tutto quello che ogni mia coetanea potrebbe desiderare. I miei sogni si stanno realizzando, presto avremo i nostri primi concerti importanti, viviamo nel nostro appartamento autonomamente a soli 17 anni, ma mi viene impossibile non pensare a quella terribile realtà che mi ha resa la persona che sono. Forse non sono ancora pronta per questo mondo, forse sta accadendo tutto troppo in fretta. La gente mi ferma per strada, mi chiede una fotografia, un autografo, e io mi sento così piccola, così poco importante. Mi son sempre chiesta cosa volesse dire, ma la realtà è che non sono pronta davvero. Vedo nello specchietto i miei occhi verdi contrarsi a poco a poco. Sistemo la frangia in modo che crei ombra su di essi, ma prontamente Michelle bofonchia –“Aly ma falla un po’ più al lato quella frangia, che poi in foto non ti si vedono gli occhi. Sai che smacco finire in copertina con mezza faccia coperta?”-


Arrivate al New Golden Palace di Londra subito un’orda di persone in delirio circonda tutta la fila di auto in attesa di lasciar scendere gli artisti. Matthew, il nostro manager, è in vivavoce.
-“Quando arrivate davanti al tappeto rosso non scendete fino a quando non sarà la sicurezza ad aprire le portiere, mi son spiegato? Abbiamo i fotografi anche dal “New Rock Wave” e “The Sound”. Conto su di voi ragazze, siete la chicca della serata, rimanete a posare per 40 secondi, non di più sia chiaro! Ci vediamo nella sala grande.”
Le ragazze scalpitano, tutte tranne McKenna. Lei mi fissa con i suoi occhioni languidi, in preda al panico. La rassicuro con un sorriso tirato, poi, voltandomi verso il retro dell’auto porgo il mio braccio al centro. Le altre avvolgono le loro mani attorno alla mia.
-“Siete bellissime ragazze, se questa serata ce la giochiamo bene siamo a cavallo. Nervi saldi, abbiamo lottato per arrivare fin qui e ora ce la faremo, giusto?”-

Nei loro volti scorgo un cocktail di emozioni, fino a qualche mese fa non ci saremmo mai immaginate qui.
Mollano la mia mano esultando, fiere, impaurite, eccitate.
Sono sempre stata la leader, quella sempre pronta a rassicurare gli altri, quella a cui le parole giuste non mancano mai. Peccato che tutti questi discorsi non valessero per me stessa. Le portiere dell’auto si aprono improvvisamente. Ancora semi-nascosta dalla portiera tiro quanta più aria possibile nei miei polmoni, mi stampo sul viso un sorriso degno del momento più bello della mia vita e scendo dall’auto, le ragazze mi seguono.
Contro ogni aspettativa, gli obiettivi dei fotografi si fiondano verso di noi all’istante, flash famelici partono in ogni dove. Abbraccio le mie compagne, mentre mandiamo baci e posiamo con fare da grandi donne, le loro dita tremanti mi pizzicano sui fianchi, della serie “Oh, mio, dio!”. Lizzie china la testa verso di me scostando la chioma biondissima, e tenendo stretti i denti, da brava ventriloqua mi fa -“Sta per venirmi una crisi epilettica, spostiamoci!”-. Trattenendo una forte risata, ci avviciniamo ai giornalisti, mentre sento il panico scorrere nelle mie vene. -“Alison, siamo per New Rock Wave!”- mi dice un uomo barbuto. Per un secondo incrocio lo sguardo di McKenna, diventata bianchissima nonostante i molteplici strati di fondotinta. Mi avvicino con finta disinvoltura. Mi inquadra con una telecamera.

-“In pochi mesi i vostri primi due singoli hanno scalato le classifiche, siete giovanissime, a cosa pensate sia dovuto tutto questo inaspettato successo?”-
-“Beh..”- mi sforzo di fissare la telecamera e apparire sicura –“Come lei ha già detto siamo una band giovanissima, credo sia proprio la vicinanza al nostro pubblico la chiave del nostro successo. Ci sentiamo di portare sul palco quella parte della nostra generazione che ha un messaggio da dare, ma magari non ha i mezzi giusti. “-
Altri giornalisti continuano a richiamare la mia attenzione verso di loro e mi viene impossibile aggiungere altro.
-“Voci di corridoio ci dicono che qualcuna di voi era già coinvolta sentimentalmente con persone dell’ambiente. Lei conferma o smentisce?”-
Il cuore mi sale in gola, il mio cervello dimentica improvvisamente come formulare frasi di senso compiuto. Fisso allibita il giornalista. I flash si moltiplicano, il terrore mi assale.
McKenna mi tira via da un braccio, spingendomi verso la porta dell’edificio.-“Inventatevene una migliore!”_ Urla voltandosi dietro.

Non mi andava di rimanere a quella fottutissima festa. C’ho provato, ma quelle serpi non le reggevo, non reggevo di aver fallito dinnanzi a dei giornalisti così importanti. Ho fallito davanti a loro, alle ragazze, a Matthew. Dal terrazzo fisso ancora quella folla all’uscita dell’edificio, e porto la bottiglia di Jack Daniels regolarmente alle labbra. La notte quassù è silenziosa, troppo silenziosa per sovrastare i miei pensieri. Mi accascio accanto al cornicione, scivolando fino a sedermi sul pavimento. La solitudine qui sopra non mi da pace, mi scuote ripetutamente, più del freddo.
Uno scricchiolio.
Nonostante i riflessi rallentati mi tiro su e mi guardo attorno, cercando di mettere a fuoco quella che mi appare come una sagoma indistinta nel buio. Indietreggio e inciampo in una mattonella, lasciando cadere al suolo la bottiglia. Il ragazzo a qualche metro da me sussulta, e accorre verso di me. Presa dalla paura impugno il manico della bottiglia frastagliata e la punto verso di lui. La sua corsa si arresta, mentre porta lentamente su le braccia. -“Hey hey, calma!”-

-“Torna indietro! Torna subito indietro ho detto!”- Agito a destra e a sinistra il manico, tremando, ma lui non si muove.
-“Va’ sotto il lampione, fatti vedere! Giuro che se ti avvicini ancora..”-
Ma lui non se lo fa ripetere due volte. Corre velocemente sotto l’unica fonte di luce, rimanendo sempre con le braccia in alto.
Mentre la mia mente mi martella insistentemente, cerco di scrutare al meglio la sua figura. Un ragazzo sul metro e ottanta, magrolino, ben vestito. Ha i capelli mossi, di un castano delicato, lievemente tendente al miele, gli occhi scuri e i tratti del suo viso raccontano una dolcezza che mi fa pensare che non abbia nemmeno 18 anni.
-“Credimi..”- balbetta –“In questo momento sono più spaventato di te..”-
Abbasso il manico della bottiglia, e poi fisso i pezzi di vetro frantumati a terra. -“Mi devi un drink, fanculo.”-
Sbigottito dalla mia affermazione rimane a fissarmi, abbassando lentamente le braccia.
-“Posso avvicinarmi senza che tu tenti di uccidermi?”-
Lo fisso irritata, poi mi limito a spostare via i vetri con i tacchi e ripoggiarmi al cornicione, riperdendomi nella visuale della notte londinese come se nulla fosse accaduto pochi secondi prima.
Lui arriccia un angolo del labbro imbarazzato, sollevando le folte sopracciglia.
-“Beh, non vedo molto alcool sul pavimento, immagino che la maggior parte sia nel tuo stomaco..”-
Mi volto verso di lui alzando un sopracciglio, mentre avanza cautamente verso di me.
-“Wow, abbiamo mister Perspicacia 2013..”-
-“In realtà tutti mi chiamano Liam, o meglio, è così che mi chiamo, sì..”-
Torno a guardarlo inarcando ulteriormente il mio sopracciglio sinistro, ma lui non demorde, e continua a sorridermi in modo gentile.
-“Taglia corto, cosa vuoi?”-
Questa volta il suo sguardo si abbassa, il suo sorriso si restringe, ma senza svanire del tutto. Guarda oltre il cornicione sospirando, impacciato, portandosi le mani nelle tasche e stringendosi tra le spalle.
-“Sembra piacerti molto Londra..”-
La vena sulla mia tempia inizia a pulsare. Cerco le sigarette tastandomi tasche immaginarie, essendomi completamente dimenticata di indossare un vestito.
Lui rimane lì ad osservare i miei movimenti, sento giungere un buon profumo dalla sua maglia, ma appena trovato uno spiraglio di positività nella sua persona, riattacca..
-“ Non credo sia l’ideale stare vicino al cornicione in queste condizioni. Non sto insinuando che tu sia ubriaca, e nemmeno che sia imprudente, però..”-
Lo guardo in cagnesco parandomi dinnanzi a lui.
-“Che fai mi prendi in giro? Cazzo, ho bevuto una bottiglia da sola, smettila con questo finto buonismo, puzzo come una vecchia birreria, non mi reggo in piedi!”-
Il suo sorriso si schiude nuovamente e sembra illuminare il nostro angolo buio, quasi mi stordisce.
-“Beh.. Su quelle scarpe non mi reggerei in piedi nemmeno io!”-
Roteo gli occhi, levandomi le scarpe.
-“Senti Lenny..”-
-“Liam.”-
-“Sì insomma, tu. Se vuoi una foto, un autografo, dimmelo. Se sei qui in cerca di scoop puoi anche andare a fanculo.”-
Ma lui scoppia a ridermi in faccia. Si porta le mani sul viso e contempla divertito la mia espressione.
-“Al massimo dovresti farlo tu con me!”-
-“Wo oh oh, e tu chi saresti, un cuginetto della famiglia reale?”-
Per la prima volta il suo sorriso svanisce del tutto. Rimane sbigottito, tentando di capire se fossi seria o meno. Non riuscendo a cogliere il suo stato d’animo riprendo accigliata –“Ma se tu sei qui, e se su questa festa può salire solo chi è stato invitato al terrazzo, tu chi ca..”-
Ricomincia a ridere, riportandosi le mani sul viso.
-“E’ assurdo.. Ahahaha..”-
-“Ok ok da brilla sono dislessica, ci sono appena arrivata. Ok. Anzi sai cosa? Dovrei bere prima di finire tra le fauci dei giornalisti! Farei sicuramente una figura migliore.”-
Liam torna nuovamente serio.
-“Sì, quando bevo sono la sincera più ragazza del mondo, anzi mi sorprende che io non te l’abbia ancora detto!”-
-“Cosa?”- sussurra in modo dolcemente preoccupato.
-“Che mi hai già seccata. Cazzo sei, un agente della Stasi? Bla bla bla.. Senti eh, è stato un piacere.”-
Mi volto di scatto e mi incammino verso l’uscita del terrazzo, barcollando. Fanculo, ci mancava solo quel tipo stasera, che poi come diamine era vestito? Come minimo era un cameriere in cerca di scoop da vendere alla stampa. Idiota. Quante domande poi santo cielo, mi ha fatto venire più mal di testa lui dell’alcool.
Ma proprio mentre la mia mente si allontanava da quella figura..
-“Io fossi in te metterei le scar..”-
Nemmeno il tempo di poter finire la frase, il mio piede destro era già spiaccicato sui cocci di vetro, i miei cocci di vetro.

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Capitolo 2
*** Buio e Illuminazioni ***


Riconosco che se non fossi ubriaca probabilmente avrei urlato per il dolore atroce, avrei bestemmiato nel modo più insolente possibile, ma l’alcool ha annebbiato anche la mia percezione del dolore. Rimango a fissare una chiazza scura diffondersi sempre di più attorno al mio piede, stordita, incredula, sono una totale idiota, ma non importa. L’immagine davanti ai miei occhi diventa sempre meno nitida, i colori si fondono, uno strano senso di insensibilità si dirama lungo il mio polpaccio. Barcollo, fissando ancora in basso, cercando di imporre al mio cervello di bloccare quell’orribile centrifuga, ma non ci riesco. Le gambe cedono, e le mani son troppo intorpidite per poter attutire la caduta. Due braccia mi afferrano prontamente salvandomi da un fin troppo certo trauma cranico. Incapace di tirarmi su mi accascio sul petto di quel ragazzo, lasciandomi stordire nuovamente da quel profumo per qualche secondo.
-“Tu sei pazza! Guarda cosa hai combinato! Io ti avevo detto di rimettere le sca..”-
Ma Liam si interrompe di colpo, trafitto dalla sfilza di singhiozzi che accompagnano le mie lacrime. E’ tutto troppo assurdo, sono su questa terrazza in piena notte, abbracciata ad uno sconosciuto, con un piede ridotto ad uno scolapasta ed io, al posto suo, avrei lasciato lì a marcire quella irritante ragazza scorbutica.
Stringo le mie dita attorno alle sue braccia, voltando il viso verso il basso per non lasciare che veda in quali terribili condizioni versa il mio viso, rigato ormai da quintali di mascara.
-“Vuoi che chiami qualcuno?”- mi sussurra reggendomi forte.
-“No, no ti prego. Non voglio che mi vedano così.”- scandisco ansimando –“Non ho bisogno di nessuno, me la cavo da sola. Ma ora rimani qui, e suggeriscimi una soluzione perché il mio cervello è un totale casino e non ho idea di quello che sta succedendo…”-
Il silenzio attorno a noi si fa assordante. Respirare diventa sempre più difficile, e piangere non mi aiuta. Quante volte ho pianto, ma mai in modo così assurdo e insensato, e questo ragazzo è qui, probabilmente starà pensando che io sia un’idiota, ma l’unica cosa di cui posso esser certa è che non mi lascia andare e non sembra intenzionato a farlo.
-“Io non so come aiutarti, ero solo qui a prendere una boccata d’aria. E poi tu mi hai puntato quella bottiglia contro, e hai dato fuori di matto, e ora sei decisamente ferita e io sono decisamente spaventato e immagino che tu non stia capendo nulla di quello che ti dico. E forse parlo troppo. E okay non ti conosco ma vederti piangere mi dispiace..”-
Lo interrompo bruscamente.
-“Se hai un posto sicuro dove portarmi fallo, se vuoi solo approfittartene lasciami pure qui, ti prego. Mi è già successo troppe volte.”-
-“Il finire ubriaca tra le braccia di sconosciuti?”-
Sospiro. –“Lasciare che gli altri approfittino di me. Ma non mi sembra il caso di spiegare, se metto su altre due frasi giuro che vomito sulla tua camicia.”-
-“Okay, Okay.”- Mi ritira su, guardandosi attorno. –“Se adesso torniamo giù rischiamo di farci vedere da qualcuno, e non mi sembra sia proprio il caso. Se porto l’auto all’ultimo piano del parcheggio, e ti lascio un attimo qui, prometti di rimanere viva? Dammi cinque minuti. Porto l’auto all’ultimo piano del parcheggio, torno qui e scendiamo lì dalle rampe d’emergenza. Hai capito qualcosa di quello che ti ho detto?”-
Annuisco, lasciandomi posare sulle mattonelle, le poche non cosparse di cocci.
-“NON-TI-MUOVERE!”-
vedo la sua sagoma indietreggiare lentamente, per poi incominciare a correre verso la rampa d’emergenza.
Ma tutto attorno a me si fa sempre meno nitido, il battito del mio cuore rimbomba fortissimo nelle mie orecchie, e prima ancora che io possa realizzare… Buio. Buio totale.

Una luce fortissima molesta il mio sonno. Ecco, sono morta. Dove sono Kurt Cobain e company?
Un brusio invade lentamente la mia testa. I miei sensi assopiti si rianimano, e un forte odore di medicinali e lenzuola pulite corteggia prepotentemente le mie narici. Quando schiudo gli occhi, la prima cosa su cui cade il mio sguardo è Lizzie, spaparanzata sulla poltrona della stanza d’ospedale con la solita espressione beota e sbaveggiante di chi ha fatto le ore piccole. I capelli lisci e setosi le hanno coperto quasi tutta la faccia, il che mi ricorda vagamente la marmocchia di The Ring. Si è addormentata col cellulare tra le mani, per l’ennesima volta. Ma la domanda che mi sorge spontanea è: come mi ritrovo qui, maledizione?
Un cuscino mi colpisce violentemente il viso.
-“Tu, stupida maledetta testa di cazzo che non sei altro!”-
La McKenna più imbufalita che abbia mai visto in vita mia mi si para davanti ritirando il cuscino. E’ talmente rossa che a momenti le scoppiano i capillari del naso.
Lizzie sobbalza sulla poltrona e ancora con i capelli sul viso si guarda attorno, balbettando cose insensate, cercando di fare il punto della situazione.
Mi tasto il naso dolorante, provando a fare mente locale.
-“Illuminami, perché sono in ospedale? E per giunta con questo mal di testa che a momenti mi spacca il cranio?”-
McKenna si limita a fissarmi digrignando i denti, i pugni serrati.
-“McKenna..”- bisbiglia Lizzie imbarazzata –“Ti sanguina il naso.”-
Si tasta il naso e controllando la mano urla verso di me -“Ecco, lo sapevo! Mi hai fatto agitare! Fottiti.”-
Corre fuori dalla stanza col solito passetto da anatra frettolosa e sbatte la porta.
La voce sottile e stridula di Lizzie interviene subito -“Ti ha trovata priva di sensi sul terrazzo ieri notte, sporca di sangue perché sei caduta con la faccia sulla pozzanghera creata dal tuo piede. Bell’infarto che le hai fatto venire ahahah.. Io ti avrei uccisa con le mie stesse mani.”- Sorride con la solita leggerezza.
–“Vuoi un succo?”-
 Un flashback improvviso mi porta a ieri notte. Davanti ai miei occhi scorrono confusamente poche immagini. La bottiglia, i vetri sotto il mio piede e… Quel ragazzo. La rampa d’emergenza.
-“Liam!”- esclamo.
Lizzie mi fissa accigliata. –“Cos’è, un nuovo tipo di succo?”-
-“Liam! Quel Liam! Il ragazzo che mi ha aiutata ieri notte! Era su con me, sulla terrazza!”-
McKenna rientra nella stanza ancora incazzata nera, con un fazzoletto sporco tra le mani. Lizzie corre da lei afferrandole un braccio bisbigliandole a denti stretti –“Credo che abbia le allucinazioni, chiama l’infermiera!”-
-“No no! Lo ricordo benissimo. C’era un tipo strano su con me, non faceva che importunarmi, mi tartassava di domande, ma se non ci fosse stato lui giuro che…”-
Ma dallo sguardo di apprensione deduco che nessuna delle due mi crede realmente.
McKenna si siede accanto a me. –“Aly, hai sbattuto la testa, quando sono arrivata lì eri sola, non c’era nessun ragazzo, eri stesa a terra, priva di sensi, e credimi, ti avrei ammazzata del tutto con le mie stesse mani!”-
-“Che ti avevo detto?”- esulta Lizzie soddisfatta delle sue previsioni.
Entrambe le lanciamo un’occhiata, al che lei scardina il sorriso dal suo viso e sgattaiola via dicendo -“Chiamo l’infermiera, così se finiscono di controllarti subito e ti dimettono ti portiamo a casa tesoro, se te la senti oggi abbiamo una riunione in studio con Matthew.“-

Durante la riunione Matthew non si è risparmiato paternali e discorsi mortificanti, ovviamente indirizzati alla sottoscritta. Ho passato tutto il tempo fissando stordita la fasciatura al piede, nel tentativo di non incrociare il suo sguardo duro e rammaricato. Fortunatamente Lizzie si offre per accompagnarmi a casa prima che lo faccia lui, perdendo l’occasione di continuare la ramanzina in auto.
-“Grazie, davvero”- le dico mentre mette in moto l’auto a fine riunione.
-“So che ti ha buttata giù il suo discorso, volevo evitarti ulteriori scoraggiamenti.. Credo che tu sia abbastanza matura da pensare a quello che hai fatto.”-
No. Forse una bella paternale mi sarebbe tornata utile, forse Lizzie mi sta sopravvalutando come suo solito, sì insomma, dandomi della persona matura. Nessuna persona matura si sarebbe ridotta in simili condizioni ieri notte.
-“Ferma! Ferma fermaaa!!”-
Lizzie inchioda, terrorizzata. Apro la portiera e zoppico fino ad arrivare davanti al cartellone esposto fuori dal centro commerciale. Sopra, la gigantografia di cinque ragazzi. Lizzie mi raggiunge e per un attimo mi affianca, fissando il cartellone, ruminando rumorosamente con la gomma da masticare.
-“QUELLO!”- urlo indicando uno di loro. –“E’ Liam!”-
-“Eh beh? Lo sappiamo tutti come si chiama.”-
-“No no, quello è Liam, il Liam di ieri! Ma cosa… Non è possibile.”-
Quei capelli, quegli occhi, il sorrisetto con gli angoli delle labbra arricciate. Altro che amnesia, me lo ricordo eccome. Non ho la più pallida idea di chi siano questi ragazzi. E nemmeno del perché lui sia su un cartellone.
-“Tu mi vorresti dire che hai incrociato Liam Payne ieri alla festa? Ma dai, Matthew aveva detto che loro non ci sarebbero stati all’evento promozionale…”-
La fisso diventando pallida.
-“Te lo sto giurando. E’ il ragazzo che mi ha soccorsa… Oddio che tirato a lucido. Ma che fa, l’attore? Io ero convinta fosse un cameriere.”-
Lizzie si lascia andare ad una risata divertita. Mi indica le scritte in fondo al cartellone.
“Torna la band del momento, prossimamente in tour”-
E più in basso –“INFO Livin’ World Records, Matthew Hardwood.”-
Non riesco a crederci, non avrei mai immaginato una cosa simile.
Questo qui non la passa liscia, non riesco a credere che abbia recitato quella parte, omettendo un “piccolo particolare” come questo. Che gradasso.
-“Liz, chiama Matthew, ho una cosa da chiedergli..”-

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Capitolo 3
*** Due Settimane dopo ***


Ho chiamato quel numero due settimane fa. Dopo infinite perseveranze, Matthew aveva ceduto ai tanti -“Ho bisogno del numero di quel ragazzo. Davvero, non posso spiegarti il perché.”-
Dopo essermi fatta coraggio ho chiamato, pronta al peggio. A rispondermi è stata una ragazza, che mi informava del fatto che Liam fosse impegnato in sala prove e mi avrebbe richiamata, ma quella chiamata non è arrivata mai. Non che mi importi, ma è una questione di principio. Mi urta il fatto che un ragazzetto che canta in una boyband abbia tralasciato di rivelarmi la sua identità, mi urta il fatto che quella sera sia andato via senza tornare, mi urta che uno come lui si senta “troppo” per richiamarmi.
Intimorita dalla mia ultima esperienza, ho detto alle ragazze che stasera non andrò con loro a bere qualcosa in centro, utilizzando il piede dolorante come scusa, peccato che questo sia già guarito. Ho bisogno di allontanarmi da tutto quello che potrebbe ferirmi o distrarmi. Il tour inizierà a breve, e non posso concedermi ulteriori sbandate. Raccolgo la mia borsa ricamata e saluto la mia micetta sfiorandole la testa.
Una delle cose più belle del nostro contratto, è la possibilità di venire qui in studio senza dover prendere appuntamento con qualcuno, sì insomma, se mi balenasse in mente l’idea di venire a provare all’una di notte, potrei farlo. Esattamente come oggi, esattamente come sognavo da una vita.
Entro nella sala prove, totalmente deserta, accendo la luce e avvio la strumentazione. Apro la cartella accordi sul cellulare e lo poggio sul pianoforte. Da quando io e le ragazze facciamo concerti ho trascurato del tutto questo strumento, pensando solo al canto. Un rumore mi distrae immediatamente, come uno strano ronzio. Mi avvicino all’amplificatore, tasto cavi e volumi, ma niente. Il ronzio cessa per un minuto, poi ricomincia. Continuo a cercare la fonte del suono, quando con mia sorpresa noto un cellulare lasciato sul rullante della batteria. Segnala una chiamata in arrivo da un numero salvato come “Harry”. Mi guardo attorno con aria guardinga, ma decido di lasciarlo lì, tornando al pianoforte. Il cellulare continua a vibrare, ma non ho intenzione di rispondere. Dopo un paio di minuti decido di ascoltare la mia produzione direttamente in cuffia, in modo da poter meglio ignorare quell’aggeggio. Proprio sul secondo ritornello, capto con la coda dell’occhio un movimento oltre la vetrata. Maledetta abitudine di lasciare le luci spente.
Sfilo via le cuffie –“Chi c’è?”-
Nessuna risposta.
-“Sono armata e pericolosa!”-
La porta in legno si apre, rimango col fiato sospeso fino a quando dalla stanza in ombra non compare Liam.
-“Riuscirò mai a trovarmi nello stesso posto in cui sei tu senza essere minacciato di morte?”-
Resto li a fissarlo. Sembra diverso da come lo ricordavo, non so, i suoi capelli son diversi. E quei tatuaggi? Da dove sono usciti?
Mi guarda aspettando una risposta.
-“Ho dimenticato qui il cellulare, credevo di averlo perso, accidenti.”-
   Si avvicina con lo sguardo basso alla batteria e raccoglie il suo telefono. Dopo averlo controllato lo infila nella tasca dei pantaloni. –“Sei stata molto educata, io mi sarei già messo lì a curiosare…”-
-“Anche tu sei stato molto educato quella notte. Fino alla parte in cui non sei più tronato.”-
-“Come?!?”-
Scuoto la testa e vado via, afferrando violentemente la borsa.
-“Nulla, lascia stare.”-
Vado via sbattendo la porta e corro giù per la prima rampa di scale, poi nel corridoio, fino all’ascensore. Sento dei passi echeggiare nel corridoio, e vedo Liam svoltare l’angolo. Pigio più volte il tasto del piano terra cercando di affrettare l’ascensore, ma prima che le porte scorrevoli possano chiudersi, lui le ha già bloccate con un piede.
Mi fissa con le braccia poggiate alle porte, ansimando e a mia volta reggo il suo sguardo.
-“Quando son tornato su non c’eri, sei sparita in dieci minuti.”-
-“Bene, ti ringrazio.”-
Spingo nuovamente il tasto dell’ascensore ma lui riapre le porte.
-“Mi hai chiamato tu qualche settimana fa, vero?”-
-“Ahaha wow, oltre a essere perspicace hai memoria! Sì ero io, mi era anche stato detto che sarei stata richiamata. Nella mia mente avevo provato ad immaginare che non ti fosse stato riferito, ma a quanto pare sapevi che ti cercavo.”-
-“Mi è stato riferito invece.”-
-“Ecco, appunto.”-
Tasto insistentemente il pulsante ma lui non cede, riapre a fatica le porte sbraitando.
-“Te la stai palesemente prendendo perché non mi son fatto sentire, ora che mi hai davanti potresti anche evitare di comportarti così!”-
-“Cosa?”- alzo la voce anche io –“Ma che m’importa di sentirti! Volevo solo dirti due parole dopo quello che è accaduto, mi sembrava doveroso. Non ti cercavo perché ne avevo bisogno.”-
-“E io ti avrei richiamato per ascoltare quelle due parole, se tu non mi avessi chiamato con l’anonimo! Stupida!”-
Lascio scivolare via la mano dal tabellone con i pulsanti e rimango a fissarlo con gli occhi spalancati. Come ho fatto a non pensarci? E’ l’impostazione del mio cellulare, accidenti. Che figuraccia.
-“Immagino che tu non mi avessi chiamato per ringraziarmi, considerando il tuo modo di porti. Ma fai così con tutti?”-.
Esco dall’ascensore avanzando con aria minacciosa, fissandolo fino a fargli sentire la retina ardere. Lui indietreggia ma sorride, non sembra prendermi sul serio.
-“Il mio modo di pormi? Ma cazzo Liam, mi hai vista solo una sera ubriaca fradicia e per cinque minuti oggi, chi credi di essere per poter fare un resoconto del mio modo di pormi? Tu non sai nemmeno il mio nome.”-
-“Ti comporti allo stesso modo sia da sbronza che da sobria, Alison.”-
Mi lascia a fissarlo con gli occhi sgranati per l’ennesima volta.
-“Ah giusto, te l’ha detto Matthew.”- affermo in modo beffardo.
-“No, io so chi sei, so che ti chiami Alison e che sei la cantante della nuova band finanziata dai nostri stessi produttori. Io lo sapevo già. E okay, non saprò tutto di te, ma il tuo caratteraccio mi sembra fin troppo oggettivo.”-
-“Ahahah cosa ti aspettavi? Un ‘Oddio tu sei Liam quel Liam aiutatemi sto per svenire lo amo per il solo fatto che respira!’??”-
Per la prima volta la dolcezza nel suo sguardo svanisce del tutto. Incrocia le braccia, assumendo un’espressione alquanto irritata.
-“E’ questa la considerazione che hai delle persone come me o di chi fa il mio lavoro, vero? Tu sei la cantante di una rock band, sei troppo trasgressiva per credere che il membro di una boyband possa essere bravo nel suo lavoro e meritare il posto nel mondo che si è guadagnato per il talento, no?”-.
Mi limito a guardarlo, ma non posso non sentirmi toccata da quelle parole. Studio i lineamenti del suo viso, contratti nella rabbia, in un’espressione che non gli si addice. Improvvisamente si lascia sfuggire una risata ironica.
-“Sai, mi parli di pregiudizio ma tu fai la stessa cosa, sei incoerente. E quel che è peggio, è che sei esattamente come tutte le altre persone. Io non mi aspettavo la tua gratitudine, così come non mi aspetto la tua ammirazione, ma le tue stesse parole le avrò sentite migliaia di volte, da migliaia di bocche diverse, e io sono stanco di essere sempre me stesso, di essere sempre la stessa persona ed essere giudicato prematuramente solo per il lavoro che faccio. Tu non sai nulla di me, e ti concedi il lusso di sbeffeggiare il mio ruolo e tutte quelle persone che rendono possibile la realizzazione di questo sogno.”-
Indietreggia nel corridoio mettendosi le mani in tasca.
-“Sarai pure una cantante bravissima, ma questo atteggiamento non ti porterà lontano. Non posso farti paternali, ma credimi, senza umiltà e rispetto oltre a guadagnare dai tuoi album, non guadagnerai ne stima, ne affetto, e allontanerai tutti da te. Beh, in bocca al lupo.”-
Lo vedo allontanarsi e svoltare l’angolo.
Mi siedo con le spalle al muro, sconcertata dalle sue parole. Delle parole degli altri me ne è sempre fregato ben poco, e per quanto io stia lottando contro la mia coscienza ammetto che un fondo di verità nelle parole di quel ragazzo c’è. Io non ho controllo su me stessa, io ho deciso di essere un riccio appallottolato su se stesso per tutta la vita, e non c’è barriera di distinzione tra chi si pone con me il modo gentile o no.
Questa sono io, e il mio passato non puo’ comunque giustificare quello che sono diventata. No, non lo rincorrerò per scusarmi, in fin dei conti è solo uno sconosciuto qualsiasi, quel genere di ragazzo che eviterò per tutta la vita.
Dei tonfi giungono nuovamente dal corridoio. Liam si ripresenta con i capelli e gli abiti puntellati da goccioloni di acqua.
-“Ti do un passaggio, piove a dirotto.”-
Lo guardo incredula.
-“Ma perché continui ad essere gentile? Dove vuoi arrivare?”-
-“Per dio Alison, sei impossibile! Ti sto solo chiedendo se vuoi un passaggio, non ti sto regalando il mondo, è un semplice piccolo favore. Smettila di vedere schifo dietro tutto e tutti!”-.
Mi alzo da terra sbuffando. –“Va bene, ma solo perché non voglio rovinarmi la piega ai capelli.”-

Mentre siamo in auto nessuno dei due proferisce parola, se non per chiedere o dare indicazioni sulla meta.
Arrivati davanti casa mia lui mi da la buonanotte continuando a guardare fisso davanti a se con lo sterzo fermo tra le mani. Mi limito ad aprire lo sportello e a raggiungere in fretta la porta di casa ma arrivata li non la apro. Mi poggio ad essa rimanendo a fissare Liam in auto. Lui è ancora lì fermo nella stessa posizione, consapevole del fatto che io non sia entrata in casa. Spegne l’auto e rimaniamo così, fermi ad aspettare senza guardarci negli occhi.

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Capitolo 4
*** Fango e Cioccolato ***


Il mio cellulare stretto tra le mani è li a ricordarmi che sono ormai 12 minuti che siamo fuori casa.
Nessuno dei due parla, nessuno dei due incrocia lo sguardo dell’altro.
Infastidita, infilo le chiavi nella serratura, entro e chiudo la porta alle mie spalle. Lena mi raggiunge subito dandomi il benvenuto in casa strusciandosi amorevolmente contro le mia gambe. Poso la borsa e faccio un giro delle stanze per vedere se le ragazze son tornate, poi mi accoccolo sul divano e accendo la tv.
Quel ragazzo mi lascia senza parole, e non ci conosciamo nemmeno. Io le persone come lui le conosco, ci ho già avuto a che fare e ne pago le conseguenze. Son tutti così, e io ne ho già passate troppe per concedermi il lusso di avvicinarmi ad uno così.. così.. così e basta.
Accendo il pc e controllo Twitter. Da quando stiamo avendo successo vivere sui social network è qualcosa di praticamente impossibile. Mi diverto a leggere un po’ quello che la gente dice di noi, di me, dall’improbabile adorazione fino alle critiche più insensate. Proprio quando il sonno sembra prendere il sopravvento, la porta si apre. Le ragazze rientrano facendo un caos assurdo, ridendo, sbattendo contro gli stipiti delle porte.
-“Ciao nonnaaa!”- strilla Michelle saltandomi addosso e stampandomi un bacio in fronte, visibilmente brilla.
-“Cosa hai combinato stasera? E’ stato un peccato che tu non sia venuta, abbiamo incontrato un sacco di fans nel locale!”-
La assecondo abbracciandola e accarezzandole i capelli. –“Non dovreste bere così spesso, so che detto da me fa un po’ ridere, però… Comunque sono stata qui a casa tutto il tempo, ad annoiarmi.”-
Ellen mi interrompe –“Ah, ma allora quello fermo in macchina chi è, un paparazzo?”-
Spalanco gli occhi e la bocca. Ellen mi sorride e tirandosi via Michelle sale al secondo piano augurandomi una buona notte alquanto divertita. Corro alla finestra, piove ancora e l’auto di Liam è parcheggiata sotto casa da un’ora e mezza.
-“Ma sei cretino o cosa?!”- urlo con le mani attorno alla bocca. Nessuna risposta arriva e da qui non mi è possibile guardare all’interno dell’abitacolo.
Dalla finestra sopra la mia sento McKenna bofonchiare qualcosa che mi ricorda vagamente un “Stronza non urlare”. Infinitamente seccata, indosso la felpa e scendo fuori casa. I vetri dell’auto sono appannati e riesco appena a distinguere la sagoma di Liam. Busso con fermezza contro il finestrino ma ancora nessuna risposta, e io ormai sono totalmente fradicia. Faccio il giro dell’auto, con i piedi nudi che affondano nell’acqua depositata al suolo. Quando sono dal lato del conducente mi accorgo che il finestrino è abbassato, e che il ragazzo sembra dormire come un sasso. Alzo gli occhi al cielo, sconfortata. Lo scuoto delicatamente infilando il braccio dal finestrino.
-“Liam, non puoi addormentarti qui. Svegliati dai..”-
Ma lui si scosta appena, rimanendo con gli occhi chiusi. Eh no, logorroico, sonnambulo e pure sordo.
Apro la portiera e lo scuoto più forte:
-“Maledizione Liam sono le due di notte! Non puoi dormire in auto davanti casa mia! Sei impazzito? Sveglia!”-
Apre gli occhi e si guarda attorno intimidito, poi ansima.
-“Ma che ti salta in mente? Tu sei pazzo.”-
Ma stranamente non sorride, non se la prende, non sembra scosso.
-“Perdonami, non riesco a guidare, mi capita spesso.”-
-“E’ tutto ok?”-
Mi fa cenno di no. Senza pensarci sfilo via le chiavi e gli faccio cenno di scendere dall’auto. Dopo diverse insistenze si convince e con movimenti molto lenti scende dal veicolo. Osservandolo noto che il suo colorito è più pallido del solito e si regge con un po’ di fatica. Senza aggiungere altro gli metto un braccio attorno al fianco e lo guido sul vialetto di casa.
-“Davvero lascia stare tra poco mi passa.”- mi sussurra tra un respiro profondo e l’altro.
-“Non farti strane idee, semplicemente non voglio che la gente veda cose strane davanti casa mia!”-
Apro la porta e lo guido verso il divano, dove si siede come un maratoneta dopo km di corsa. Per scongiurare un calo di zuccheri mi avvicino ai fornelli per preparare una cioccolata calda, osservandolo con la coda dell’occhio. Vedo Lena avvicinarsi col musetto alla sua mano che penzola dal divano, incuriosita. Lui si volta a guardarla sorridendo, sfiorandole le orecchie con le punte delle dita. La cosa mi sconvolge dal momento che Lena si dimostra schiva persino nei confronti delle ragazze, le evita e respinge ogni tipo di attenzione che non sia da parte mia. Prendo una tazza e mi avvicino al divanetto, la porgo a Liam e mi siedo sulla poltrona dall’altro lato del salottino, accendendomi una sigaretta.
-“Non dovresti fumare..”-
Poso l’accendino sul tavolino in legno.
-“Lo terrò a mente papà… Tu piuttosto, si può sapere che ti è preso?”-
Mi sorride scuotendo la testa.
-“Mettiamola così, sono un po’ cagionevole, ma devo dire che questa cioccolata è proprio un toccasana, dovresti berne di più, miss acidità.”-
Afferro il primo cuscino utile e glielo lancio addosso, facendogli versare il contenuto della tazza sulla maglia.
-“Sei proprio un cretino, ora alzati e va’ a prendertene dell’altra.”-
Lui mi fissa incredulo, attonito. Lena scappa via miagolando. Contro ogni aspettativa Liam si alza e si sfila via la maglia impregnata di cioccolata bollente, lanciandomela addosso.
-“Ahahah, e ora?”-
Quando mi tolgo la maglia dal viso gli faccio notare con piacere che il lato sporco non ha intaccato la mia faccia. Poso la sigaretta e mi avvicino a lui con aria di sfida.
-“Allora, Mr. Copertina Patinata…”- strofino la maglia sul suo viso sporcandolo –“Cosa ne penserebbero le sue fan di questa sua versione così poco elegante?”-
-“Penserebbero che avrei dovuto lasciare l’artefice di tutto questo chiusa fuori casa sua, sotto la pioggia, tutta la notte.”-
Il mio sopracciglio si solleva minaccioso.
-“Non oseresti mai…”-
Ma Liam prontamente si abbassa, mi carica di peso su una spalla e mi solleva come se fossi leggera quanto un gatto.
-“Mettimi giù!”- Urlo schiaffeggiandogli la schiena –“Subito! Mettimi giù!”-
Resistendo alle percosse con un sorriso divertito avanza verso la porta di casa e la apre, mi aggancio con le dita alle travi in legno ma lui imprevedibilmente mi solletica i fianchi e le mie dita cedono.
-“Giuro che appena sono giù ti faccio…”- ma nemmeno il tempo di terminare la frase, sono già finita nell’aiuola del giardino, completamente inzuppata di fango.
Lui ancora a torso nudo si gode tutta la scena ridendo. Cerco di formulare una minaccia di senso compiuto, ma l’assurda situazione me lo impedisce. Lo fisso attonita, adirata come non lo sono stata mai in vita mia.
-“Allora, Miss copertina di un-qualsiasi-giornale-di-musica-rock-che-non-sono-solito-leggere, per questo set fotografico si è ispirata alla “rozzaggine” old style del suo genere?”-
Compiacendosi del suo stesso senso dell’umorismo continua a ridere sotto la pioggia battente, asciugandosi le guance con le mani.
Mi sollevo scuotendo via dai vestiti quanto più fango possibile. Anche i miei adorati capelli sono incrostati di fango.
-“Ti dovevo un drink, ma dato che sono contro l’alcool ho preferito regalarti un trattamento termale direttamente a casa tua.”- Si giustifica sorridendo, con quell’espressione da “Dai, non prendertela.”
-“Ahahahah tu sei fuori come un balcone.”-
-“Accidenti, hai davvero dei denti così bianchi? No perché credo sia la prima volta che ti vedo ridere.”-
Indispettita son pronta a negar tutto, quando delle luci in lontananza ci fanno girare di scatto nella stessa direzione.
-“Addirittura i fulmini…”- balbetto imbarazzata –“Torniamo dentro.”-
Liam starnutisce per tutto il tragitto e qualcosa mi dice che  il tempo trascorso fuori casa al freddo non gli ha fatto esattamente bene.
-“C’è ancora un intero contenitore pieno di cioccolata calda se vuoi, io vado a… A levarmi questo schifo. Cerco qualcosa anche per te.”-
Entro in camera facendo attenzione a non svegliare Lizzie. Frugo al buio nel mio armadio, ma non è il buio a rendermi l’operazione difficile. Quel ragazzo è assurdo, ma da dove è sbucato? E’ tutto assurdo. Lo conosco appena e lui si comporta come se ci conoscessimo da anni, non posso permettergli di piombare così nelle mie giornate, sarò pure paranoica ma è così.
Prendo i vestiti che mi servono e una vecchia maglia da basket di mio fratello, probabilmente l’unica cosa che potrebbe stargli nel mio armadio.
Dopo dieci minuti sono come nuova. Scendo le scale e mi fermo all’inizio del corridoio.
Liam è ancora seduto sul divano a torso nudo, e si lascia leccare le dita sporche di cioccolato da Lena.
Facendo ricerche su di lui ho scoperto che ha quasi 19 anni, ma guardandolo di profilo confermo la mia tesi, mai visto un ragazzo di quell’età dai lineamenti così dolci. Non che mi piacciano, assolutamente.
-“Non mi far diventare Lena obesa…”- ridacchio porgendogli la maglia.
-“Uh, adoro il basket, mi aspettavo un vestitino da red carpet…”-
La indossa e si guarda allo specchio accanto alla libreria, poi starnutisce per l’ennesima volta.
-“Mi sa che mi è venuta la febbre…”- Dice sedendosi nuovamente sul divano. Mi siedo accanto a lui e mi avvicino lentamente poggiandogli le labbra sulla fronte, per qualche secondo. Lui rimane immobile, in silenzio.
-“Direi di sì, sei caldo.”-
-“Beh, io…”- balbetta arrossendo –“Direi che è meglio andare a casa… Sì io vado ecco.”-
Ma non appena si alza in piedi istintivamente, senza volerlo davvero o senza pensarci, lo prendo per mano.
-“No.”-
Rimaniamo a fissarci per qualche secondo, inevitabilmente sorpresi. Lascio immediatamente la sua mano e mi allontano verso i fornelli cercando di non incrociare il suo sguardo.
-“Non stai bene, non mi va che guidi a quest’ora, sono le tre. Rimani qui, domani starai sicuramente meglio.”-
-“Davvero non voglio disturbare…”-
Lena si avvicina nuovamente a lui facendo le fusa. –“Visto?”- accenno ad un sorriso. –“Quel che decide Lena è legge in casa.”-
-“Tu non sei inglese, vero?”-
Rimango con le tazzine bagnate tra le mani, pensando al fatto che lui, esattamente come me, possa aver cercato informazioni sulla sottoscritta.
-“Cosa te lo fa pensare?”-
-“Il tuo accento. E il fatto che un buon inglese preparerebbe del tè anche a quest’ora.”-
-“Potrei essere un’inglese particolarmente golosa…”-
Alza il sopracciglio.
Mi chino sulla cesta accanto al camino e prendo una coperta. Gliela lancio addosso col mio solito fare.
-“Dormi Liam. E comunque sì, sono nata in Italia.”-
-“Ho conosciuto solo italiane calorose ed educate io ahahah…”-
Interrompo il mio cammino verso le scale e mi volto a guardarlo in cagnesco.
-“Vieni Lena… Lena? A nanna su…”-
Ma Lena si acciambella sulle ginocchia di Liam e chiude gli occhi color indaco, tutta compiaciuta.
-“Ma che str…”-
-“Buonanotte Aly”- mi sussurra coccolando il MIO gatto.
-“A-L-I-S-O-N. Ciao.”-

Il sole e l’odore di terra bagnata penetrano dolcemente dalla mia finestra, quando vengo svegliata da un urlo che riconosco immediatamente come quello di Michelle.
Controllo l’orologio, le 8:45. Oh no, è il suo doccia-time.
Sento un fracasso di pentole e un -“Ti giuro che chiamo la polizia.”-
Oh no..

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Capitolo 5
*** Paparazzi e Social ***


Quando arrivo in salotto c’è Michelle avvolta in un asciugamano, che agita una padella contro Liam.
Lui terrorizzato sembra essere stato svegliato di soprassalto, se ne sta lì impietrito, con le mani alzate.
-“Michelle, fermati, buona è.. Un amico.”-
Michelle mi guarda sbigottita.
-“Ha dormito qui.”- Dico a denti stretti.
-“Accidenti Alison, la conosci la regola, se porti un ragazzo a casa avvisi. Mi è quasi venuto un infarto.”-
-“No no no!”- gridiamo in coro io e Liam.
-“Lui non stava bene ed era tardi..”- balbetto.
Michelle poggia la padella sul tavolo e va via sbruffando.
-“Allora siete tutte matte eh..”- ma prima che Liam potesse commentare ulteriormente, il suo cellulare squilla.
-“Matthew ciao… Io? Perché? Ehm…”-
Mi guarda spaventato.
-“Ma non potresti spiegarmi meglio? Ok ok, ci vediamo tra venti minuti. A dopo.”-
Una volta chiusa la chiamata rimane a fissare il telefono.
-“Vestiti, tra venti minuti dobbiamo essere da Matthew.”-
-“Dobbiamo? E io che c’entro? E poi Matt come fa a sapere che sei qui da me?”-
Sospira e controlla i messaggi ricevuti mentre dormiva, sgranando gli occhi.
-“E’ quello che mi chiedo anche io…”-

                                                                                          *
Matthew sta dietro la sua scrivania, digitando freneticamente sulla tastiera del suo pc. Da quando siamo arrivati io e Liam gli stiamo seduti difronte, senza parlare, guardandoci attorno. Liam non fa che controllare il suo cellulare con aria preoccupata, mentre io sto qui assonnata a chiedermi cosa c’è che non va.
Ad un tratto Matt smette di digitare, fissa il monitor e poi poggiandosi ai gomiti ci fissa in cagnesco.
-“Liam, come va con Danielle?”- gli domanda smontando una penna con le mani.
-“Non capisco cosa c’entri adesso. Vi avevo già informato del fatto che non ne avrei parlato ne col management, ne sui miei profili sui vari social.”- Dice tutto d’un fiato, ignorando la mia faccia perplessa.
-“Danielle?”- domando.
Matthew ci osserva con aria quasi divertita.
-“Alison, quando mi hai chiamato qualche settimana fa ho realizzato che tu non fossi molto informata sulle band seguite dalla nostra casa discografica, compresa quella di Liam. Io non ho idea di come voi facciate a conoscervi, ne di cosa ci sia tra voi..”-
-“Assolutamente nulla.”- replica prontamente Liam.
Per un attimo il silenzio cala nell’ufficio, ma i rumori del traffico londinese che giungono dalla finestra non sono abbastanza forti da coprire l’imbarazzo generale.
-“Beh..”- prosegue Matthew –“I giornalisti non la pensano esattamente come voi.”- borbotta girando il monitor verso di noi. Ci avviciniamo per leggere l’articolo, ma la foto in copertina parla chiaro. Ci siamo io e Liam, davanti casa mia, ieri notte.
L’articolo non si limita a riportare l’evento, ma avanza ipotesi assurde, inventate di sana pianta nel solito stile del gossip. Sommariamente, oltre a descrivere il contenuto della fotografia, parla di come Liam abbia voltato subito pagina dopo la sua storia con questa famosa Danielle, di come lui si sia lasciato trascinare in brutte circostanze da figure come la mia, il tutto sulla base di una fotografia.
-“Wow, presumo fossero flash allora quelli di ieri notte, non fulmini. Beh, chi se ne frega, questi dicono solo stronzate!”- Esclamo riappoggiando le spalle allo schienale della sedia.
-“Alison, ti ho spiegato esattamente come vanno queste cose. La vostra vita non è più privata, che i giornalisti scrivano stronzate o meno. Lo sapete da una foto quante conclusioni si possono trarre? Guarda qui, hanno dato per finita la storia tra Liam e Danielle, lui passa per un ragazzo di quelli.. Sì quelli stronzi insomma. E tu..”-
-“A me non importa!!”- lo interrompo bruscamente.
-“Io sono semplicemente me stessa, e non ho fatto nulla di male. Se vogliono mettermi su l’etichetta della rock star che vuole fare la trasgressiva a tutti i costi a me non importa. Le ragazze sono andate in giro per locali ieri, e tu stai a farmi questioni perché lui ha dormito a casa mia.”-
-“Ah, ha dormito da te.”-  Matt inarca il sopracciglio e riposa la penna. –“Quindi immagino che tra te e Danielle allora sia finita.”-
-“No.. Cioè, è difficile da spiegare. Sono rimasto dalle ragazze ok, ma solo perché ho avuto problemi ieri per il ritorno a casa.”-
-“Quindi tra voi non c’è nulla?”-
-“Ma ti pare?”- esclama Liam incrociando le braccia.
Ma prima ancora che la discussione tra i due possa continuare, metto la borsa sulla spalla e mi alzo.
-“Ma ti pare?”- gli faccio il verso –“Perdonami se ti ho messo in questa situazione. Alla fine come potrebbero mai pensare che un dolcissimo fantasticissimo romanticissimo ragazzo  come te abbia a che fare con una come me? ‘Ma ti pare’?”-
Liam cerca di balbettare qualcosa, ma torna a fissare la moquette con la testa tra le mani.
-“Matthew puoi star tranquillo, non si ripeterà più, davvero. Io non rilascerò dichiarazioni a riguardo. Ci vediamo domani per gli accordi coi produttori.”-
Esito per qualche secondo, forse aspettandomi delle parole da Liam, ma lui tace.
                                                                                         *
Nei giorni successivi a quella mattinata i social network sembravano letteralmente impazziti. Migliaia di ragazze scrivevano di me e Liam, dando adito alle voci dei giornalisti. Molte parlavano come se conoscessero realmente me e lui, hanno parlato di incompatibilità, del fatto che io sia troppo diversa da lui, del fatto che lui e Danielle fossero troppo “perfetti” insieme. Vedere tutte così accanite contro di me mi ha fatto pensare a tutte le volte che ho espresso il mio parere con sarcasmo e convinzione sulla vita privata delle persone famose, prima di diventarlo anche io. Per fortuna il lavoro mi ha distratta, in queste settimane io e le ragazze abbiamo continuato a provare fino a tardi e attendiamo notizie da Matthew per le prime date del tour.
Sono a mollo nella vasca, l’inverno sta arrivando e con esso anche la stanchezza accentuata dal continuo rientrare tardi in casa. Il profumo, il calore e la luce fioca delle candele a quest’ora della notte e la musica dei Pink Floyd a basso volume sono il mio angolo di paradiso. Allungo la mano per cambiare album sul lettore multimediale del mio cellulare, quando mi accorgo di sentire voci maschili provenire dal salotto. Le ragazze sono solite frequentare tante persone, fatta eccezione per McKenna, che è molto più simile a me. Incuriosita avvolgo un asciugamano attorno al mio corpo e vado in camera per vestirmi, ma il cuore mi salta in gola alla vista di un’inaspettata figura in piedi, vicino alla tv.
-“Ciao.”- mi fa Liam col suo solito sorriso.
-“Che accidenti ci fai qui?!”- urlo stringendomi ulteriormente nell’asciugamano.
-“Io..”- solleva una maglietta da basket -“Ti ho riportato questa. Me l’hai prestata quan..”-
-“Sì, ricordo.”- sibilo riprendendomi la maglietta. –“Chi ti ha fatto entrare?”-
-“Michelle e Lizzie hanno conosciuto i ragazzi, ci sono Harry e Louis in salotto.”-
-“I ragazzi che??”- urlo nuovamente risbucando fuori dall’armadio.
-“Cantano con me.”-
-“Sì sì dannazione, so chi sono, ma non capisco cosa ci facciano qui.”-
-“Beh intanto potresti scendere a conoscerli..”- mi sorride, con la sua solita noncuranza.
-“Ti prego, già tu basti e avanzi, altre due versioni di te sarebbero insopportabili.”-
Ma questa volta Liam non lascia correre le mie solite parole di scherno. Mi afferra il polso destro, fissandomi fermamente.
-“Sono settimane che mi sforzo di capire cosa ti ho fatto di male per meritare questo comportamento da parte tua. Sei insolente, maleducata e diffidente senza ragione. Io sono stato gentile in tutti i modi possibili con te.”-
-“Non credo di avertelo mai chiesto!”- esclamo cercando di liberarmi dalla sua morsa.
-“Accidenti Alison smettila! Le persone non sono gentili con altre persone solo perché gli viene chiesto o si sentono in dovere di farlo! Non lo vedi, cavolo?”-
-“Vedere cosa?”-
-“Il filo spinato che hai messo tra te e il mondo. Le persone che provano a darti qualcosa di buono le allontani, magari quelle che possono farti male le lasci li a scorrazzare allegramente nella tua vita.”-
-“Ma chi pensi di essere, il mio psicanalista? Tu non sai nulla di me Liam.”-
-“Credimi, i tuoi occhi parlano molto più della tua bocca. Da quest’ultima trasmetti solo cattiveria e diffidenza, ma i tuoi occhi ti remano contro. Tu non sei la persona che vuoi far vedere a tutti, sei semplicemente ferita, incazzata, ma non potrai fuggire dal mondo per sempre.”-
Non riesco a reggere il suo sguardo. Vedo i miei occhi verdi riflessi nello specchio, gonfi di lacrime. La stretta attorno al mio polso si allenta, mentre le risate provenienti dal piano terra si fanno sempre più insistenti.

Mi siedo sul mio letto, con lo sguardo fisso fuori dalla finestra. Non riesco a dare una motivazione razionale alle mie lacrime. Forse le parole di Liam sono veritiere al punto di farmi male, forse mi irrita il fatto di essere così vulnerabile agli occhi di qualcuno, o molto semplicemente, la mia abitudine ad essere diffidente e cruda nei confronti delle altre persone mi rende impossibile pensare che a qualcuno interessi ciò che posso provare realmente, ciò che sono.
Liam si siede accanto a me, ma senza che io me ne renda quasi conto, mi lascio stringere dalle sue braccia, lascio che il suo viso si avvicini al mio.
-“Non volevo farti male.”- mi sussurra.
Mi siedo sulle sue gambe e mi lascio stringere ancora più forte.
-“Non dire nulla ti prego, abbracciami e basta.”-

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Capitolo 6
*** Ma la notte è un'altra storia ***


La stringo, la stringo forte a me come se fosse l’ultima volta che la vedo. Aspettavo questo momento dal nostro ultimo abbraccio involontario, quando Alison è piombata nella mia vita quella sera ubriaca, smarrita, in cima a quel grattacielo buio. Non so spiegare quali sentimenti animino questo abbraccio, lei non è quel genere di persona che schiude il suo cuore e ti sbatte in faccia tutto il suo contenuto, è sempre rimasta lì con i suoi piedi di piombo, a tessere ragnatele di filo spinato tra lei e il mondo. Non ha mai avuto parole gentili per me, non un cedimento affettuoso, mai un “grazie”, mai nulla che mi lasciasse intendere che la mia presenza nella sua vita valesse qualcosa, ma ora che è qui tra le mie braccia tutto questo non conta.
Se ne sta qui sulle mie gambe, col viso nascosto tra le sue mani e il mio petto, cercando di nascondere le lacrime.
Dopo diversi minuti si libera lentamente dal mio abbraccio, asciugando quel che resta delle sue lacrime.
-“Vorrei chiederti perché hai pianto così all’improvviso, ma me lo dirai solo quando vorrai, se lo vorrai, mi accontento di averti aiutato in qualche modo..”-
-“Tu non puoi aiutarmi Liam.”- sussurra ancora un po’ scossa dai singhiozzi.
-“Beh, un abbraccio umano è sempre qualcosa. Pensa se fossi rimasta a piangere sul tappeto…”-
Mi guarda per un attimo ridendo, poi soffoca la sua stessa risata, come per una questione di principio.
Cerca di evitare il mio sguardo, ma con la punta delle dita volto il suo viso verso il mio, per perdermi pochi secondi nel verde dei suoi occhi.
Il suo respiro giunge sempre più vicino al mio naso, timoroso, delicato, stordendomi come una droga.
-“Liam..”- mi sussurra esitando.
Distendo la mia mano sulla sua guancia ancora umida, mi avvicino alle sue labbra come se avessi vagato per giorni nel deserto e ora fossi dinnanzi all’unica fonte di acqua. La bacio, un unico bacio. Le nostre labbra rimangono unite, immobili, ma impercettibilmente si portavano via a poco a poco un po’ dell’uno e dell’altra. Questa notte, per la prima volta, giuro di aver sentito il suo cuore battere.
Lascio che una forza sconosciuta al di sopra di noi mi lasci stendere sul suo letto, lei di fianco a me si avvolge con un braccio attorno al mio petto, raggiunge il mio viso, poggia nuovamente le sue labbra sulle mie. Non c’è nulla di razionale in tutta questa situazione, ma assurdamente vorrei potesse durare fino a domani, o ancora oltre.
La porta della stanza si apre di colpo. Louis, Harry e Lizzie son lì sul punto di fare irruzione, ma subito si bloccano mettendosi le mani sugli occhi e balzando all’indietro.
-“Accidenti cazzo Alison scusa scusa scusa scusa scusaaa!!!”-
Urla Lizzie richiudendo la porta.
Alison salta via dal mio petto come un gatto spaventato, stringendosi per l’ennesima volta nell’asciugamano.
-“Merda.”- impreca scappando via con degli indumenti in mano. –“Vado a vestirmi.”-
Rimango lì a fissare il soffitto col cuore che mi batte ancora forte, ma non per l’irruzione in camera. E’ tutto così assurdo. Decido di scendere giù, ma quando arrivo il quadro che mi si presenta è tragico.
Louis è steso quasi testa in giù, con le gambe sullo schienale del divano, accanto a lui Harry nella sua solita seduta composta, Michelle seduta al tappeto con la schiena poggiata ai suoi stinchi. Ridono a crepapelle guardando Lizzie che regge un bicchierino sulla fronte come se fosse una foca. Sul tavolino ci sono delle bottiglie vuote. Il modo di ridere sguaiatamente di Lou mi lascia intendere che ha contribuito a svuotare parte delle bottiglie.
-“Liaaaaaaaam!”- Mi fa appena arrivo in salotto. –“L’hai mai vista una foca con i capelli lunghi?”-
Harry rotola ridendo su un fianco. Sono completamente andati.
Lizzie, rimanendo col bicchiere sulla fronte, rotea gli occhi verso di me –“Sei arrivato appena in tempo amico Larry!”-
-“Liam.”-
-“Sì insomma, ti sei guadagnato il bicchiere sulla mia fronte!”-
-“Oh no tranquilla, io non bevo.”-
-“Eddai Liam!”- mi dice Harry con occhi da cerbiatto –“E’ solo uno, facciamo un brindisi!”-
Ma Alison compare alle mie spalle, con un addosso un maglione sformato, le gambe nude e i piedi scalzi. Afferra prontamente il bicchiere poggiato sulla fronte della sua compagna e lo solleva.
-“Su su, facciamo un brindisi.”-
Gli altri la fissano a bocca aperta per un attimo, probabilmente ripensando a quanto accaduto prima. Michelle riempie 5 bicchieri e li distribuisce a ciascuno di noi.
-“Adesso ognuno di noi farà un brindisi, quello col brindisi meno originale, a votazione, beve un altro bicchiere. Allora.. Io brindo.. A questo improbabile gemellaggio tra band e ok, non vi conosco, ma avete indubbiamente buon gusto nel bere..”- Dice con un sorriso stampato sul viso, alludendo alle bottiglie vuote. I ragazzi esultano, lasciando poi spazio al brindisi di Lizzie e Michelle. Rimango li a fissare i capelli mossi color autunno di Aly, poggiati lunghissimi sulla sua spalla sinistra. Persino le sfumature rosse, bionde e castane nei suoi capelli mi intrigano, mi intriga il suo modo di reggere il bicchiere tra le dita sottili, il modo in cui quel maglione la rende bellissima nonostante copra le sue forme da fotomodella.. Starei ore a guardarla.
-“Cu cu? Liam tocca a te!”- mi urla Harry sventolando una mano.
-“Ehm, sì. Allora, ehm.. Brindiamo..”- I miei occhi ricadono su Aly.
-“Brindiamo a quello che meritiamo davvero, che è sempre dietro l’angolo.”-
Harry mi fissa per diversi secondi col sopracciglio alzato, non riuscendo a interpretare le mie parole, poi tira su le spalle e urla -“Brindisiiiii!!”-
Tutti mandano giù il bicchierino in un sorso solo, io ci metto un po’ di più, l’alcool non mi è mai piaciuto, ho sempre evitato, non lo reggo.
Louis riempie un altro bicchiere e lo mette al centro del tavolino.
-“E dunque..”- annuncia in modo solenne –“La penitenza per il brindisi più schifoso se la merita…”-
-“Liam!”- urla Harry.
Tutti scoppiano a ridere. –“Non l’ha capito nessuno il tuo brindisi eh.”- Si giustifica facendomi gli occhi da cerbiatto dopo averlo ammonito con un’occhiataccia.
-“Già!”- conferma Michelle.
-“Volevamo un brindisi, non una frase filosofica…”- Ridacchia Lizzie.
 Alison seduta accanto a me accarezza il suo gatto, che nel frattempo si era acciambellato sulle sue gambe, sorridendomi con un’espressione della serie “Mi sa che ti tocca”.
Seccato prendo il bicchiere e mando giù, scatenando un applauso fragoroso.
                                       
                                                                                            *
-“Io te l’avevo detto di non bere…”- sento dire a Louis seduto sul bordo della vasca.
-“Ma stai dicendo seriamente?”- gli urlo dietro.
-“Liam, zitto e vomita.”- mi fa Alison, probabilmente stanca di reggermi la fronte da mezz’ora.
-“Tu davanti ai miei occhi non toccherai mai più un goccio di alcool.”-
-“Ma lui già non lo fa.”- le dice Louis. –“E’ astemio.”-
-“Liam!!!”- mi urla contro Alison, sballottolandomi. –“Sei un cretino!”-
Louis scoppia a ridere. –“Immagino che questa sia la prima ed ultima volta ahahaha… Dai amico, tra poco passa tutto. Però posso fartela una foto ricordo? Non mi ricapiterà mai più…”-
Con quel poco di forze che riesco a racimolare tiro su il piede di Louis che cade nella vasca vuota, ridendo come un pazzo.
Harry si affaccia alla porta del bagno –“Ow..”- grugnisce guardandomi –“Ho chiamato un taxi, così appena Liam si riprende..”-
Ma prima che Harry potesse terminare la frase vengo preso da un altro conato di vomito. Michelle si avvicina ad Alison e le sussurra all’orecchio –“Non credi sarebbe meglio se rimanessero qui? Fino a domattina, guarda come sono conciati…”-
-“Hey!”- esclama Louis ancora accartocciato nella vasca –“Io sto benissimo!”-
Alison la guarda scettica, continuando ad accarezzarmi la spalla. –“Non lo so Mic, se Matthew lo venisse a sapere si incazzerebbe, lo sai.”-
-“In realtà…”- balbetta Harry arrossendo –“Matthew sa già che siamo da voi. Mi ha chiamato mentre siete corsi in bagno con Liam per dirmi che abbiamo una riunione, e che avrebbe dovuto chiamare anche voi.”-
-“E perché mai?!”- urla Alison mollando la presa e lasciandomi cadere.
-“Perché vuole che ci siate anche voi.”- Harry si stringe nelle spalle con aria innocente.

                                                                                            *
Quando riapro gli occhi l’orologio sul camino segna le tre di notte. Intravedo la sagoma di Alison indaffarata in cucina, che raccoglie bottiglie e bicchieri.
-“Stai meglio?”- sussurra appena nota che son sveglio a guardarla.
Tendo pigramente un braccio verso di lei. Dopo qualche attimo di esitazione viene a sedersi sul divano, accarezzandomi la fronte.
-“Mi dispiace, non dovevamo spingerti a bere, hanno tutti ragione, non dovresti stare in nostra compagnia.”-
-“Hey, non preoccuparti.”- bisbiglio prendendola per mano –“Sono stato io l’irresponsabile, so di non dover bere, è stata colpa mia, mi son lasciato trascinare. E poi mi son divertito, non passavo una serata così da secoli..”-
-“Una serata a vomitare?”- ridacchia.
Sorrido. –“Quello è solo un dettaglio.. Ma c’eri tu, o meglio ci sei tu.”-
Ma contro ogni aspettativa Alison  sfila via la sua mano dalle mie dita, nascondendola nella manica del maglione.
-“Che ti prende?”- le dico poggiando la mia mano sul suo ginocchio, ma lei si alza.
-“E’ stato tutto un fraintendimento Liam davvero. Ci siam lasciati prendere dalla situazione, mettiamoci una pietra sopra.”-
Tutto d’un tratto il castello di felicità costruito nella mia mente in quelle poche ore si sgretola. Rimango li a fissarla incredulo, sperando che quelle parole assurde siano solo frutto della fervida immaginazione post- sbronza.
-“Sarà stato anche un bacio, ma io non voglio legarmi a te, non voglio legarmi a nessuno. Ora fammi uno dei tuoi soliti discorsi della serie ‘Tu hai solo paura di star male per colpa delle persone’, ma la realtà è che finiremo col farci male. E’ sempre così. Ci spolperemo fino all’osso, e quando rimarrà solo quello ci abbandoneremo. E non dirmi che sarà diverso, perché all’inizio tutto sembra bellissimo, tutto sembra indirizzato ad andare per il meglio, ma non è così, quel ‘Questa volta andrà bene’ l’ho sentito fin troppe volte. E un bicchiere aggiustato più volte non può rischiare di essere utilizzato nuovamente, chi lo utilizza ne rimarrà ferito, mentre il bicchiere in questione si romperà definitivamente e sarà impossibile ripararlo.”-
-“Tu sfrutti male la tua vita."- rigurgito questa frase senza quasi pensarci.
-"Tu non sai nulla della mia vita."-
-"Sarà, ma so solo che tutto il tempo passato a farmi questo monologo da film, avremmo potuto passarlo l'uno tra le braccia dell'altra."-

-“Ma sei stupido? Non capisci che più tempo passiamo insieme più rischiamo di caderci dentro? Voi andrete in tour, noi idem, saremo sempre lontani, e avremo voglia di rivederci e non potremo. Io ho bisogno di più di questo e anche tu ne hai bisogno.”-
Per quanto non riesca a farmene una ragione, le sue parole non sono così assurde o insensate. Forse ha molta più ragione di quanta ne abbia io. Resto lì a fissarla, mentre cerca di combattere contro se stessa per non restare.
-“Non andare via.”- sento le mie difese crollare. –“Ti sto chiedendo di restare, fingi che sia così, almeno fino a domattina.”-

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