Si cresce insieme, e poi?

di minteyer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

                         Capitolo 1




“Questa volta non sfuggirai alla giustizia..”
Rise un bambino sui sette anni, con i capelli color dell’oro, mentre una bambina di non più di sei anni scappava, lontano da quella spada di plastica che le era stata puntata contro, facendo ondeggiare la gonnellina a fiori che indossava.
I capelli rossicci della bambina svolazzavano di qua e di là mentre questa continuava a correre, ridendo spensierata fin quando guardando davanti a sé, un qualcosa non le fece perdere l’equilibro e cadere a terra coprendosi la testa con le mani urlando.
“Celeste! Celeste!”
Il bambino corse subito dalla amica, preoccupato, gettando la spada giocattolo a terra e inginocchiandosi vicino a lei abbracciandola.
“Ti sei fatta male?”
Chiese guardando la bambina rannicchiata sulle punte e tremante.
Gli occhi verde pallido, ricolmi di lacrime, della bambina si alzarono sul biondo fissandolo spaventata.
“Un’ape! C’era un’ape!”
Strillò lei abbracciandolo forte, iniziando a singhiozzare.
Il bimbo cacciò un sospiro di sollievo, prendendo ad accarezzare i capelli rossicci di lei.
“Non ti ha punto, vero? Ora ci sono io qua..”
Sorrise guardandola cercando di dargli bene o male un po’ di sollievo.
Celeste guardò il ragazzino ancora impaurita, senza staccare le mani dalla sua maglietta di Dragonball, per poi scuotere la testa velocemente in risposta alla domanda di lui.
“La prossima volta che un’ape si avvicina, urla il mio nome, e io sarò subito qui e ti proteggerò sempre.. va bene?"
E a quelle parole la paura di Celeste svanì, perché da quel momento preciso, lei sapeva che se l’avrebbe chiamato lui davvero l’avrebbe protetta come un principe azzurro con la sua principessa.
“Ti voglio bene Davide..”
Sussurrò la bambina sorridendo felice, dando poi un enorme e sonoro bacio sulla guancia del biondo.
 
“Celeste, sveglia!”
“Altri cinque minuti, mamma..”
Sospirò la ragazza portandosi le coperte fin sopra la testa per ovattare la voce fastidiosa di sua madre.
“Non costringermi a salire!”
Urlò la donna sulla cinquantina alla base delle scale vicine alla cucina.
Celeste, scalciò via le lenzuola sbuffando sonoramente.
Perché diamine ci si doveva svegliare così presto la mattina, solo per andare a scuola, non l’aveva mai capito.
“Ok, mà, sono sveglia per una nuova emozionante giornata di carcere!”
Urlò a sua volta in risposta alla madre cacciando i piedi fuori dalle lenzuola aggrovigliate per poi sedersi e guardare a terra alla ricerca delle pantofole, che non trovò.
Chissà che fine avevano fatto.
Troppo stanca anche solo per ricordarsi che aveva sognato, poggiò i piedi a terra sentendo mille brividi salirle lungo la schiena.
Corse velocemente in bagno solo per appoggiare i piedi sul caldo tappetino vicino al lavandino e prese a lavarsi i denti per togliere quel fastidioso e poco gradevole gusto dalla bocca, dovuto all’alito post sonno, che come la pensava lei sapeva di topo morto.
Era sempre veloce la mattina, sia nel lavarsi la faccia che nel vestirsi o truccarsi, ed infatti 15 minuti dopo era già bella pronta e sulla soglia di casa mentre ascoltava le solite raccomandazioni sul fare la brava e stare attenta in classe da parte della madre.
Scoccò un bacio sulla guancia di quest’ultima prima di uscire e correre verso il liceo.
Era vero che si preparava in pochi minuti ma aveva quella malsana abitudine di svegliarsi alle otto in punto, quando le lezioni iniziavano solamente venti minuti dopo.
Arrivò con 10 minuti abbondanti di ritardo, leggermente sudata e col fiato corto per la corsa, tirò un sospiro di sollievo quando il bidello le sorrise avvicinandosi al pulsante per suonare l’ultima campanella, quella che segnava il vero inizio dell’ora.
Ringraziò l’uomo con lo sguardo per poi correre ancora verso la sua classe, quella in fondo al corridoio e di fronte la porta della palestra, quella che era stata messa lì perché la peggiore, dove anche i professori si rifiutavano di supplire.
Aprì la porta e sospirò andandosi a sedere.
“Celeste Gatto, mai possibile che arrivi sempre per il rotto della cuffia?”
Disse scocciata la professoressa per poi segnare l’ennesimo ritardo della ragazza sul suo registro, per poi iniziare una noiosissima lezione di due ore su Machiavelli e le sue opere.
 “Andiamo,  accompagnami alle macchinette..”
La supplicò in un sussurro Alessia, la sua compagna di banco nonché migliore amica.
Alessia era una ragazza bassina in confronto a Celeste, dai lunghi capelli castani che lei mensilmente tingeva di biondo, occhi marroni e labbra piccole ma talmente ben fatte da sembrare disegnate.
Mentre Celeste era alta, sul metro e settantacinque o forse settantaquattro, occhi verdi talmente pallidi da sembrare liquidi e lunghi capelli rossicci e mossi, labbra carnose e degli occhiali da vista blu notte fermi sul naso leggermente a patata.
La rossa sbuffò cedendo finalmente alle suppliche della sua amica, e dopo un attimo senza neanche accorgersene erano già sulle scale che portavano al primo piano, quello dove c’erano le macchinette contenenti snack e schifezze varie.
Sfortunatamente c’era un immensa fila di studenti, tutti intorno a quest’ultime, in attesa di accaparrarsi il meglio prima che fosse esaurito.
Celeste ripensò ai primi due anni di liceo, quando un ragazzo ogni giorno veniva a vendere pizzette e panini, dimezzando così il caos nei corridoi in quell’ora.
Ma si sa, cambia preside e cambia tutto, come quelle nuove regole che nessuno avrebbe mai accettato.
“Tu aspetta e fai la fila, ok Ale? Io non ho fame, vado a fumare.”
“Ok, aspettami che dopo vengo anche io”
Scrollò le spalle l’amica con un sorrisone stampato in faccia.
Lei era sempre stata così spensierata nonostante i problemi dopo la separazione dei suoi genitori.
Uscì sul piccolo pianerottolo delle scale antincendio, cacciando una sigaretta dal pacchetto per poi accendersela.
“Spostati, micio. Sei d’intralcio.”
Rise una voce dietro di lei, spingendola leggermente di lato.
Celeste guardò i due ragazzi che le avevano appena deriso il cognome, storpiandolo.
Entrambi alti, forse sul metro e ottantasei, entrambi belli, un anno più grandi di lei, ed entrambi estremamente stronzi.
“Oh avanti, non te la sarai presa?”
Disse il ragazzo con gli occhi castani e i capelli neri come le piume di un corvo, cacciando due sigarette un po’ spiegazzate di tasca poggiandola una tra le labbra e porgendo l’altra all’amico.
La ragazza storse il naso cercando di guardare solamente il moro, questo era un ragazzo snello e dai lineamenti un po’ affilati, con occhi incredibilmente profondi e labbra sottili.
“Se cerchi la tua ragazza viene fra poco, è alle macchinette”
Borbottò lei saltando direttamente la domanda retorica di lui.
Eh già, il ragazzo moro non era altro che Sacha, nome russo e un po’ strano per un ragazzo in italia, il ragazzo di Alessia, mentre l’altro troglodita che era con lui?
Bhe, quest’ultimo a contrario dell’amico non era propriamente snello, ma un fascio leggero e ben proporzionato di muscoli, muscoli che si notavano anche sotto la maglia nera che indossava in quel momento, dai capelli biondi e gli occhi azzurro ghiaccio.
Entrambi erano i ragazzi più popolari della scuola, anche se la maggior parte della popolazione femminile avrebbe donato l’anima solo per accaparrarsi il biondo.
“Amore!”
Cinguettò Alessia, facendo storcere nuovamente il naso a Celeste, andando ad abbracciare quello che era il suo ragazzo da più di dieci mesi e mezzo.
“Tigre, c’hai n’accendino?”
Chiese il biondo improvvisamente dopo essersi tastato le tasche invano.
“Il mio cognome è Gatto. Non micio, né micetto, né tigre. Gatto!”
Ringhiò inviperita la ragazza posando gli occhi verdi sul biondo, e passandogli l’accendino di malavoglia.
Il ragazzo sorrise divertito per poi accendersi la sigaretta facendo il primo tiro.
“Tigre ti si addice di più”
Sussurrò ridendo per poi facendo un altro tiro.
“Davide, lascia stare Celeste, o un giorno di questi ti graffia davvero”
Scoppiò a ridere Sacha scoccando un ennesimo bacio sulle labbra di Alessia prima che questa si staccasse da lui per prendere per un braccio Celeste, che pochi secondi prima aveva buttato la cicca giù dalla ringhiera delle scale.
“Andiamo su o quello di ginnastica ci dà per disperse”
Sorrise la bionda, trascinando via l’amica che prima che questa perdesse la pazienza e rispondesse nuovamente al biondo.
“Lo odio!”
Urlò la rossa appena entrata con l’amica negli spogliatoi femminili della palestra, facendo sgorgare una fragorosa risata dalle labbra della sua migliore amica.
“Lo so, Cel, lo ripeti sempre ogni volta che lo vedi”
“Mi prende in giro da sempre, dalla terza elementare è sempre così! Una volta per l’apparecchio, una volta per i capelli e poi quando alle medie mi misi il corpetto ortopedico non ti voglio proprio raccontare.. è un incubo vero  e proprio quel ragazzo”
Finì di mettersi il pantalone della tuta, raccontando disperata.
“Eppure una volta eravate amici, no?”
Chiese Alessia aprendo la porta degli spogliatoi per poi uscire con Celeste per andare in palestra.
Già, una volta erano amici, migliori amici e poi chissà perché, Davide iniziò a prenderla in giro, e a tormentarla continuamente in qualunque situazione, nonostante fosse un anno più grande, nonostante aveva giurato di esserci sempre per lei, un giorno così all’improvviso, le voltò le spalle iniziando a prenderla in giro per ogni cosa e a darle fastidio in ogni momento.
“Celeste, attenta!”
Urlò il professore di educazione fisica che chissà per quale assurdo motivo aveva a cuore quella classe chiamando tutti gli alunni per nome.
E poi un dolore acuto si spanse sul viso di Celeste, partendo dal naso che neanche sentiva più.
Aveva gli occhi che pungevano di lacrime e gli occhiali a terra con le lenti fortunatamente integre.
Alessia li prese e glieli porse mentre Celeste si teneva una mano premendo sul naso e con la vista appannata di lacrime di dolore.
“Ops, colpa mia.. Gatto”
Sussurrò mielosa una voce, e nonostante non ci vedesse granché a Celeste servì poco per capire a chi apparteneva.
Quella voce proveniva dalla gola famelica e profonda di una strega, mezza puttana e mezza oca, e per questo popolare e con una fila di ragazzi dietro, Cecilia, la ragazza di Davide.
“Fa nulla, sto bene..”
Rispose con voce nasale e un sorriso di circostanza la rossa, riprendendo gli occhiali e mettendoseli anche se non vedeva bene ancora per colpa degli occhi che pungevano di lacrime.
“Non direi, cara”
Enfatizzò la bionda Cecilia con un sorriso soddisfatto in viso.
Erano due anni che quest’insulsa gallina le andava contro e la odiava, per gelosia forse essendo che oltre a Cecilia, Celeste era l’unica ragazza con cui Davide rideva.
Non che ridessero insieme lui e Celeste, anzi, era solo il biondo a ridere mentre prendeva in giro Celeste.
“Cel, ti esce il sangue dal naso..”
Disse allora allarmata Alessia, facendo subito scattare le mani della rossa che si teneva stretto il naso e alzava lievemente la testa per non far scorrere sangue sulla t-shirt da ginnastica.
Anche Celeste odiava Cecilia, ma di certo non la importunava come faceva lei.
Diamine, pensò la rossa girando i tacchi e andando verso l’infermeria, cosa ardua essendo che questa chissà per quale assurdo motivo, era al secondo piano.
“Vengo anche io, aspetta”
Corse dietro di lei Alessia, con un fazzoletto di carta in una mano.
Celeste si fermò premendo il fazzoletto sul naso e fece cenno di no all’amica.
Le dispiaceva, dopotutto erano arrivate da poco e non avevano neanche iniziato a giocare, e sapeva quanto piacesse la pallavolo ad Alessia.
Non aspettò neanche una risposta da parte dell’amica che uscì di corsa fuori dalla palestra per poi salire le scale per il primo piano velocemente.
Ogni passo che faceva le sembrava un ago conficcato nel cervello.
Arrivò davanti l’infermeria barcollando, bussando lievemente e senza ricevere risposta alcuna entrò sicura di non trovarci nessuno.
Chiuse l’apporta e si mantenne al lavabo disposto lì vicino, si sentiva strana e senza forze, ma senza pensarci molto buttò il fazzoletto imbrattato di sangue nel cestino e si sciacquò i residui sulla pelle per poi infilare delle piccole palline di ovatta, trovata lì vicino, nelle narici.
Fu questione forse di un minuto o di pochi secondi,  che la porta si aprì di scatto facendo perdere l’equilibrio a Celeste per la sorpresa cadendo così a rovinosamente a terra.
Domandò  qualcosa divertito un ragazzo biondo, che Celeste non vide neanche, perché chissà come era svenuta contro la parete dell’infermeria.
 
“Ehi, Tigre, sono venti minuti buoni che dormi, sveglia”
Rise Davide, dando leggeri schiaffetti contro la guancia di Celeste, che non dava segno di svegliarsi neanche per sogno.
“Ancora cinque minuti, mamma..”
Bofonchiò la ragazza, portando un braccio a coprirsi gli occhi.
Il biondo rise ancora, per poi avvicinarsi al lavandino e aprire il rubinetto.
Di certo non con l’intento di riempire un bicchiere d’acqua per bere, no, perché in realtà stava riempiendo una bottiglietta di Estathé, che prima di entrare in infermeria con la banale scusa di un mal di testa finto aveva comprato alle macchinette.
“Ehi, Tigre, su sveglia!”
Rise ancora il ragazzo, che ricevendo solo un mugolio da parte di Celeste scosse la testa estremamente divertito, si avvicinò al lettino dove aveva posato la ragazza e senza pensarci su svuotò l’intera bottiglietta su Celeste, che si svegliò di soprassalto ritrovandosi completamente fradicia dalla testa fino al petto.
Ci vollero alcuni secondi prima che Celeste capisse cosa fosse successo, per poi girarsi con sguardo omicida verso il bel biondo che si trovava davanti e che sorrideva innocentemente, come un bambino che dopo uno scherzo voleva nascondersi dalla madre arrabbiata.
“TU SEI..”
Sussurrò la rossa con voce grave, stringendo i pugni fino quasi a sentire le unghie perforarle la pelle.
“Io?”
Chiese il biondo, sogghignando divertito.
“Oh, si lo so che sono bellissimo”
Continuò poi passandosi una mano nei biondi capelli ravvivandoseli all’indietro.
“Sei morto, stronzo narcisista e per di più cervo a primavera!”
“Cervo a primavera?”
Chiese ancora il biondo scoppiando a ridere come un matto piegandosi in due e tenendosi lo stomaco.
“Cornuto, si, lo sanno tutti che la tua ragazza ti fa le corna!”
Urlò Celeste scendendo dal lettino coprendosi il petto con le braccia per la maglia che era diventata ormai trasparente.
Voleva uscire dall’infermeria subito, voleva trovarsi lontano da quel ragazzo che odiava con tutto il cuore.
Aprì la porta prima che questa fosse chiusa da una sola spinta del ragazzo che continuava a ridere, mentre lei si sentiva come un coniglio intrappolato nel tronco scavato di un albero con di fronte una volpe famelica.
“Gelosa piccola Tigre?.. E comunque Cecilia non è altro che la mia preferita tra quelle con cui vado a letto”
Perfetto, pensò Celeste, non solo stronzo, narcisista e popolare, ma anche puttaniere.
“Non mi importa molto di cosa fa lei o le altre che mi scopo”
Per di più un ragazzo senza peli sulla lingua e con zero tatto.
“E’ libera di fare quello che vuole, è solo.. Come dire.. Mh, la prediletta tra le mie scopamicizie?”
Scoccò la lingua sensualmente, guardando la ragazza che lo guardava con occhi sgranati e increduli.
Sembrava così innocente quella ragazza, ed era così divertente quando si arrabbiava e gli urlava contro, anche se era molto più carina quando stava zitta o rideva con Alessia.
Ma ormai era troppo tardi, lei odiava lui, e questo lui lo sapeva bene dato che era stato lui stesso a portare la loro amicizia a sgretolarsi fino a quel punto.
La ricordava ancora ridere e giocare, nei suoi numerosi vestitini e i suoi indimenticabili capelli color rosso caramello racchiusi in due codine, quando era nient’altro che una bambina.
Maledisse quel ricordo dolce di lei mettendo entrambe le mani sulla porta ai lati del viso di Celeste, ricoperto di lievi lentiggini, e si avvicinò all’orecchio di lei soffiandoci lievemente sopra.
La ragazza avvertì un lungo brivido salirgli lungo la schiena e si immobilizzò non sapendo neanche per quale motivo, forse per paura? No, era da scartare quella soluzione.
Era solamente stordita, stordita da quelle parole che poco prima aveva sentito e stordita dal buon profumo che emanavano i capelli biondi di lui.
“Non metterti più un reggiseno così infantile, con queste ranocchiette colorate un ragazzo non lo troverai neanche fra tremila anni”
Sussurrò allora in biondo per poi allontanarsi e scoppiare a ridere nuovamente.
E fu un secondo, un solo misero secondo che la rabbia di Celeste esplose e un segno rosso, di cinque dita sottili e lunghe, fu stampato sulla guancia di Davide.
“Stronzo!”







  Angolo autrice

Salve, ecco la mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il secondo capitolo. :)
A presto, baci.
                                     Rossella

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

                         Capitolo 2




 
“E lui che ha fatto?”
Chiese Alessia allarmata, sedendosi a gambe incrociate sul suo letto.
“Niente, non ha fatto niente di niente dato che in quel preciso istante è entrata l’infermiera! E giustamente questa ha subito dato la colpa a me per aver alzato le mani! Ed ora mi tocca questa punizione atroce dopo le lezioni… Ma ci credi? Eppure avevo tutti i diritti di tirargli uno schiaffo no?”
Sussurrò la rossa con tono rassegnato e triste, dopo essersi fermata dal camminare avanti e indietro insistentemente nella camera dell’amica.
Non era una molto grande, cioè, per lo meno non lo era quanto la camera di Celeste.
La stanza era di forma quadrata, con le pareti interamente bianche sporche qua e là di lievi e piccoli scarabocchi fatti a penna dal secondo fratello di Alessia, c’era un letto, una piccolissima libreria a cubi, una scrivania vicino a quest’ultima ed un armadio con uno specchio attaccato alla parete, una stanza veramente spoglia e troppo bianca se non era per quell’unico quadro giallo e rosso appeso alla parete.
“Beh, sul fatto della biancheria ha ragione..”
Bisbigliò la bionda mentre con le mani cercava di plasmare una coda di cavallo alta con i suoi capelli tenendo tra le labbra l’elastico per racchiuderla.
Celeste si fermò di scatto guardando furiosa l’amica.
“Ti ci metti anche tu, Alé?”
Quasi urlò dando un calcio al proprio zaino, che sbatté contro la porta causando un forte rimbombo.
“Ohi, pollastre fate la lotta per caso?”
Disse divertito Marco, uno dei fratelli della bionda, e al primo anno di liceo scientifico, lo stesso che frequentavano anche Celeste e Alessia, lo stesso che frequentava anche colui che per la rossa non può essere nominato.
“Sparisci mostro! Quante volte ti devo dire di non entrare in camera mia?”
Sbuffò Alessia alzandosi di scatto per poi chiudere la porta e afferrare lentamente il manico dello zaino a tracolla di Celeste.
Si guardò allo specchio svogliatamente porgendo lo zaino all’amica.
“Te ne presterei qualcuno io di completino, ma madre natura ha voluto negarmi la materia prima qui, mentre invece con te ha abbondato fin troppo”
Continuò poi mettendosi entrambe le mani sul seno coperto dalla felpa, dopo che Celeste aveva afferrato di malavoglia la sua borsa, e guardando quel gesto la rossa abbassò lo sguardo sulla scollatura della sua maglia.
Sorrise divertita, mettendosi la tracolla e avvicinandosi all’amica dandogli alcune sonore e giocose pacche sulla spalla destra.
“Non preoccuparti che prima o poi forse ti crescono, magari prova a sniffarti il lievito per dolci”
Scoppiò a ridere Celeste seguita subito dopo dalla sua migliore amica, prima che quest’ultima iniziasse a fare un monologo sul fatto che nonostante avesse una seconda scarsa al suo ragazzo piacevano a tal punto che non poteva mai avere le mani a posto o la bocca.
La rossa roteò gli occhi divertita, per poi uscire dalla camera dell’amica ridendo, sotto lo sguardo incredulo del fratello di Alessia che spiaccicato con le spalle al muro era appena stato colto in fragrante nell’origliare la loro conversazione.
“Pulce, lo sai che non è bene ascoltare le conversazioni degli altri?”
Chiese giocosa Celeste, guardando il ragazzino poco più basso di lei, con capelli e occhi incredibilmente neri e magrolino, forse fin troppo.
“Ma taci..”
Rispose acido lui prima di infilarsi furtivamente in bagno, cercando di non far vedere a Celeste il rossore delle sue orecchie, tanto che era imbarazzato.
“Stai ancora qui?”
Chiese Alessia aprendo la porta della sua camera e guardando l’amica ferma a sorridere divertita mentre osservava la porta del bagno.
“Tuo fratello se continua così una ragazza non se la troverà mai”
Cambiò completamente discorso la ragazza per poi avviarsi alla porta d’ingresso del piccolo appartamento e aprirla.
“Davvero non vuoi uscire con noi? Lo sai che Sacha non si lamenta se glielo chiedo a modo mio”
“Nah, non preoccuparti, devo fare una cosa prima di tornare a casa, e comunque ricordati di domani sera”
Rispose dolcemente Celeste, cercando di non far trapelare il fastidio di non poter uscire quel sabato sera, abbracciò Alessia che intanto l’aveva seguita e la salutò per poi scendere frettolosa le scale.
Era più facile scenderle che salirle quelle scale, si ripeteva Celeste ogni volta che tornava a casa, dato che l’appartamento del padre di Alessia si trovava al quarto piano di una palazzina esattamente a una centinaia di metri dal palazzo dove invece abitava lei.
Erano le sette, ed era un sabato sera di maggio, e Celeste aveva una sola cosa in mente, ovvero cercare un modo per vendicarsi di quel troglodita biondo.
 
Era a casa, seduta a gambe incrociate sul suo letto, mentre accarezzava svogliatamente il suo gatto e guardava sorridendo come un ebete un film sul suo computer portatile.
Un film d’amore come sempre, uno di quelli che facevano sognare tutte le donne che l’amore non l’avevano mai provato, e quel film per di più era il preferito di Celeste.
Letters to Juliet.
Erano le tre di notte e guardava un film, come la maggior parte delle volte che non usciva a divertirsi con la sua migliore amica o con uno dei suoi due migliori amici.
Già, Celeste non aveva per nulla una sfilza infinita di amici.
Poteva permettersi di vedere un film a quell’ora semplicemente perché abitava al quinto e ultimo piano di un palazzo, e il suo appartamento era quasi collegato direttamente con la soffitta.
Che già da molti anni era la stanza e il rifugio di Celeste.
Di forma rettangolare, con un bagno personale e con una sotto-specie di terrazzino annesso.
Piena zeppa di poster del suo cantante preferito, una libreria ricolma di classici e fantasy, una scrivania ed un comodo letto singolo che era al fuori dalla misura standard, fatto apposta per lei che portava da cinque anni il corsetto ortopedico, perché sfortunatamente, essendo cresciuta troppo in fretta, aveva preso la scoliosi.
“Ascoltami con attenzione: io vivo a Londra, una stupenda e vibrante città storica. Tu vivi a New York che è sopravvalutata; ma visto che l’Atlantico è un po’ grande da attraversare ogni giorno, a nuoto, in barca, o in aereo..tirerei la monetina. E se i termini sono inaccettabili? Lasciare Londra sarà un piacere se sarai ad aspettarmi dall’altra parte. Perché la verità è che sono..”
Celeste sospirò sognante alle battute del co-protagonista maschile, aspettando impazientemente la sua dichiarazione.
Quanto avrebbe voluto che Charlie, il bello del film, le dicesse le stesse parole, cioè forse non proprio le stesse ma si sarebbe accontentata dell’ultima parte della dichiarazione.
Solamente che questa dichiarazione non riuscì a sentirla, perché dei rumori molesti provenivano dall’altra parte del muro dietro le spalle della ragazza, e a questi rumori poi si aggiunsero degli ansiti seguiti da qualche sussurro che Celeste preferì non afferrare.
Diede un violento pugno contro la parte ma questi ansiti non fecero che peggiorare, così alterata chiuse il portatile con un gesto secco e si tappò le orecchie con le mani premendole forte quasi a farsi male.
Diamine, ma il pudore dov’era finito, eh? Ed erano le tre di notte, cazzo!
Diede un altro pugno e sta volta i rumori cessarono, di certo non per il suo intervento, ma perché quelli dall’altra parte avevano appena finito.
La rossa guardò il muro quasi come volesse incenerirlo, poi scosse la testa affranta passandosi una mano tra i capelli portandoli tutti su una spalla.
Ora che si ricordava, era ancora vestita ed aveva anche leggermente sonno, per cui decise finalmente di mettersi il suo pigiama, o meglio, una maglia di suo padre che usava come pigiama e come copertura per non farsi troppo male indossando il corpetto che fortunatamente portava solo di notte.
Si tolse jeans e maglia svogliatamente per poi togliersi anche il reggiseno, quello verde e fucsia con le rane, lo stesso che aveva fatto capolinea dalla sua maglia bagnata quella mattina.
Avrebbe voluto ucciderlo.
A chi? Di certo non il reggiseno, ma a colui che non può essere nominato.
E non stiamo parlando di Voldemort.
E si tratteneva con tutte le sue forze dal rivestirsi, e aprire la porta finestra che dava sul piccolo terrazzino per poi scavalcare il muretto e fare irruzione nella stanza dell’odiato Davide.
Eh già, perché la stanza da cui provenivano i rumori molesti in piena notte era anche la stessa dove dormiva il biondo, perché non bastava che Davide frequentasse il suo stesso liceo, no, doveva anche essere il suo vicino di casa praticamente da sempre.
“Bella visuale, Tigre, perché a scuola non ci vieni così?”
Disse Davide poggiandosi al davanzale della finestra, vicino alla porta finestra, che Celeste aveva lasciato aperta per far uscire il gatto e farlo svagare un po’.
La ragazza si bloccò, smettendo di guardare la maglia un po’ logora del padre attaccandosela al petto per coprirsi.
Davide da lì non poteva vedere nulla, si tranquillizzò lei, d’altronde per tutto il tempo aveva guardato la maglia tenendosela davanti, quindi l’aveva coperta.
Celeste boccheggiò alla ricerca d’aria.
Perché? Perché doveva capitare sempre tutto a lei?
“Bel lato b, davvero, mi complimento con te”
Continuò il biondo gettando la cicca della sigaretta che stava fumando poco prima e scavalcando il davanzale per ritrovarsi in camera della rossa.
“Ma che fai? Cazzo, esci!”
Disse lei notando i movimenti del ragazzo diventando paonazza in volto.
Non basta solo quella mattina vero? Doveva per forza succedere che Davide la vedesse completamente in biancheria.
“Faccio quello che facevo sempre un tempo, ricordi? E comunque lasciatelo dire che mi hai completamente sbalordito, sai?”
Rispose il biondo con un ghigno stampato in faccia avvicinandosi a Celeste che era un miscuglio di imbarazzo ed incomprensione, e che solo in quel momento si ricordò di avere dietro di sé lo spesso, ed ecco spiegato come lui era riuscito a guardarle il culo.
“Al contrario della ranocchie, il pizzo ti sta davvero bene.. Per  non parlare poi che ora sei senza nulla coperta solo da questa misera maglietta..”
Sussurrò lui avvicinandosi ancora con passo leggero e silenzioso, essendo scalzo.
“Che ne dici se dormiamo insieme come ai vecchi tempi eh?”
La canzonò scherzoso e con voce maliziosa per poi scoppiare a ridere guardando la faccia incredula e sbiancata di Celeste, che intanto per l’imbarazzo aveva preso a tremare come una foglia.
Davvero non capiva cosa potesse mai volere quel ragazzo da lui e quella risata non faceva altro che innervosirla ogni volta.
“Non ti preoccupare Tigre, non sei proprio il mio tipo, non me lo fai crescere”
Disse poi ridendo ancora e dando alla svelta le spalle a Celeste, che a quelle parole iniziò a ribollire di rabbia, sia per il tatto zero del ragazzo che per il fatto che continuava a prendersi gioco di lei.
“Bene, allora vattene da una delle tue puttana che ti sei portato in stanza stanotte”
Ringhiò astiosa approfittando del momento per infilarsi velocemente l’enorme maglia che usava da pigiama.
“Miss gentilezza in persona, devo dire”
Sorrise divertito avvicinandosi al letto della ragazza per accarezzare la testa del gatto di lei, che in risposta si strusciò diverse volte contro la sua mano facendo varie fusa.
“E come sai che di là c’è una ragazza, l’ho fatta urlare troppo?”
Chiese divertito il ragazzo girandosi verso Celeste, rossa in volto per la rabbia.
“Se tu lo trovi divertente, io lo trovo fastidioso. Si dà il caso che io stessi guardando un film e tu mi hai rovinato la splendida dichiarazione d’amore finale!”
Quasi urlò la rossa avvicinandosi al biondo per spingerlo fuori, per rispedirlo da dove era venuto o più che altro per spedirlo a fanculo, per l’ennesima volta.
“Ora fuori!”
Ringhiò ancora provando a spingerlo più forte premendo le mani contro la schiena nuda di lui, e fu solo allora che lei si accorse che Davide era solamente in boxer.
Non aveva mai avuto un ragazzo semi-nudo nella sua stanza.. però c’era da dire che quello si che era un fondoschiena niente male..
“Si, si.. Ok, ma non spingere, tanto non c’è nulla di divertente da fare qui, tanto vale che torno di là da Veronica”
“Ma chi quella di seconda?”
Chiese shockata Celeste, ricordando l’unica Veronica di cui aveva sentito parlare, e di certo per la sua età non aveva una nomina molto decente, ma era popolare per le sue doti, come dire, linguistiche.
“Sapessi com’è brava in orale..”
Disse il biondo dall’altra parte della finestra, che era uscito mentre Celeste era rimasta di sasso dalla rivelazione.
“Ma che sei pedofilo? Te fai la quarta e hai diciotto anni da un pezzo”
“Solo da tre mesi, cara, e comunque vedi che non l’ho violentata, anzi a dire il vero era lei che mi violentava con gli occhi, quindi ha acconsentito a tutto”
Si morse il labbro inferiore, sussurrando malizioso il ragazzo mentre la mascella di Celeste finiva a pochi centimetri dal pavimento.
Scosse la testa ritornando in sé.
Ma quello davvero era il bimbo con cui era cresciuta? Davvero era quel Davide Bello? Quello con cui da piccola aveva condiviso tutto, ogni istante della sua infanzia?
Dov’era finito quell’angioletto biondo? Dov’era stato rinchiuso prigioniero?
Non se lo sapeva davvero spiegare. Sapeva solamente che l’atletico ragazzo davanti alla sua finestra aveva solo l’aspetto angelico, ma che in realtà era un diavolo con un forcone appuntito.
Un forcone che usava solo per punzecchiare lei, a suo parere.
“Sparisci dalla mia vista, puttaniere schifoso e senza un minimo di pudore!”
Urlò Celeste buttando un cuscino all’indirizzo del ragazzo, che manco miserabilmente, quando era agitata o arrabbiata non centrava neanche una statua a due centimetri di distanza.
“Tigre, non urlare che sono le quattro!”
Rise il biondo per poi scavalcare il muretto con un agile mossa, e rientrarsene nella sua stanza senza neanche salutare, per cui Celeste si avvicinò repentina alla finestra e la chiuse per evitare altri spiacevoli imbucati biondi e solo in boxer.
Però che fisico.. già, questo lo doveva ammettere, Davide sembrava un dio greco, e non per niente era il più popolare, bello e ambito dell’intero istituto.
Sospirò rassegnata, almeno qualcosa di buono l’aveva il ragazzo, già, con quel fisico.. Non poteva negare che sembrava un modello, se solo fosse rimasto quello di una volta forse lei e Davide avrebbero continuato a restare amici, forse anche un qualcosa di più, ma non continuò con i suoi pensieri perché un ammasso di peli iniziò a strusciarsi lentamente sulle sue gambe, con la schiena inarcata e la coda dritta facendogli le fusa.
Celeste si abbassò e prese il gatto per poi metterlo nella sua cesta, vicino lo specchio, facendo un broncio verso il muso di lui e guardandolo indispettita.
“Traditore di un gatto, prima fai le fusa a lui e poi a me?”
Perché? Perché doveva essere proprio lui il suo vicino di casa?
 
 
“Celeste! Muoviti a svegliarti che fra un po’ arrivano ospiti!”
Urlò sua madre con un sorrisone gioioso stampato in faccia, entrando in camera come un esercito furioso, andando subito ad alzare le persiane per far filtrare la luce nella stanza della figlia.
La ragazza mugolò, girandosi dall’altra parte e coprendosi con le coperte fin su la testa, pur di non farsi disturbare dalla luce.
Aveva sonno, diamine! Mai possibile che anche nel suo unico giorno libero doveva svegliarsi quando non lo decideva lei?
La rossa sussultò lievemente non appena sua madre le tirò via le coperte di dosso.
“Muoviti, ho detto! Lavati, vestiti e rimetti in ordine questo porcile! Fra mezz’ora voglio che sia tutto in ordine, intesti? Gli ospiti saranno qui precisamente tra trenta minuti!”
Disse autoritaria la madre, riprendendo la sua marcia da generale dell’esercito anche nel scendere le scale, mentre il gatto la seguiva giù dalle scale per avere la sua colazione.
Celeste sbuffò scendendo dal letto lentamente e controvoglia, sentiva che quella giornata non sarebbe stata migliore di quella precedente.
Era domenica e voleva dormire, cosa c’era di tanto sbagliato nel riposarsi l’unico giorno in cui anche il Signore se l’era presa di ferie?
Si guardò allo specchio assonnata, aveva dei capelli elettrici e delle occhiaie per il poco sonno, per non parlare poi dell’indiscusso alito da topo morto mattiniero.
Chiunque fossero stati gli ospiti, avrebbero assaggiato la sua ira, ne era sicura.
 
 
Bussarono alla porta precisamente a mezzogiorno, ma a Celeste non importava, lei aveva solo sonno e fame, già, perché essendosi svegliata alle undici e mezza la colazione era fuori discussione per sua madre se poi neanche mezz’ora dopo avrebbe dovuto pranzare.
“Celeste, vai ad aprire!”
Le urlò suo padre dalla sala da pranzo, mentre sistemava la tavola, apparecchiata così impeccabilmente neanche stesse per arrivare il presidente.
La rossa si spostò uno dei due codini, dietro la spalla e si alzò dal divano ancora più svogliatamente di come aveva iniziato la giornata.
Aveva fame, punto a sfavore,  non aveva dormito quanto desiderava, altro punto a sfavore e in più preferiva di gran lunga andare a mangiare da sua nonna, come faceva ogni sacrosanta domenica da quando era nata.
Aprì la porta con un sorriso di circostanza, talmente falso che forse quello di una barbie poteva sembrare vero, e augurò il buongiorno senza neanche guardare o interessarsi minimamente a chi c’era sull’uscio.
“Buongiorno piccola Celeste, è davvero da tanto tempo che non ci si vede”
Disse una voce familiare e dolce, che Celeste conosceva da quando era ancora in fasce.
Alzò lo sguardo di scatto, posando gli occhi su una donna sulla cinquantina, con capelli biondi e occhi azzurri, occhi azzurri tanto simili a quelli dell’energumeno che si stagliava dietro la figura della donna sorridendo a trentadue denti, un sorriso falsissimo per altro, che non era nient’altro che sua madre.
Celeste spalancò gli occhi incredula mentre un uomo dai capelli sale e pepe e degli occhi incredibilmente verdi le dava un buffetto amichevole sulla guancia, come era solito fare quando Celeste era una bambina.
Bene, ci mancava questa no?..
“B-Benvenuti..”
Sussurro Celeste mentre gli ospiti conoscendo già la strada si diressero verso la sala da pranzo.
“Hai visto? Non sei contenta che Giorgio, sua moglie e suo figlio sono qui?”
Chiese un omaccione alto e con i capelli brizzolati e occhi marroni contornati da occhiali dalle lenti un po’ spesse, chiudendo lui la porta al posto di Celeste.
“Si.. Certo,  contentissima, papà..”
Rispose lei a denti stretti sfoderando un sorriso che a lungo andare le avrebbe indolenzito la mascella.
“Oh, ma come sei cresciuto Davide, sei diventato davvero bellissimo”
Sentì chiaramente la voce di sua madre, smielata come non mai, fare dei complimenti al troglodita biondo che era entrato al seguito dei suoi genitori.
E Celeste stinse ancora di più i denti, quasi a sentirli scricchiolare.
Maledetti.
Maledetti i suoi genitori, che erano migliori amici di quelli di lui dai tempi del liceo.
Maledetti loro, che tanto erano amici comprarono case anche vicine.
E maledetto lui, lui che ora avrebbe dovuto sopportare anche di domenica e per di più ad un pranzo, in casa sua e con i loro genitori che senz’altro avrebbero rivangato storie del passato ed infatti senza neanche dirlo due volte sentì la voce di sua madre ridere ai racconti dell’infanzia di Davide e suoi, raccontati dalla madre di quest’ultimo.
Non avrebbe retto, lo sapeva benissimo che stava per scoppiare, e la sera tutti i suoi pensieri omicidi si sarebbero sfogati con una persona, la sua migliore amica Alessia.







  Angolo autrice

Salve, ecco il secondo capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il secondo capitolo. :)
A presto, baci.
                                     Rossella

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

                         Capitolo 3




 
“Celeste, non sei molto loquace, sei per caso di cattivo umore?”
Chiese il padre di lei, porgendo il proprio piatto alla moglie per far si che potesse riempirlo con la seguente portata.
Si nota così tanto, papà? Pensò lei. Si nota così tanto anche che ho voglia di strozzarlo, farlo in mille pezzettini e servirlo come dessert?
Celeste si schiarì la voce cacciando un falsissimo sorriso a trentadue denti, per poi rispondere.
“No, papà, è solo che non ho dormito molto bene stanotte..”
Eh già, chissà perché non aveva dormito decentemente, forse perché un gorilla biondo si era imbucato nella sua stanza con soltanto dei boxer addosso e con il preciso intento di infastidirla?
Ovviamente la frecciatina la colse solo il biondo, seduto accanto alla ragazza che aveva scoccato l’accusa.
“Oh, non si preoccupi Giuseppe, neanche a scuola è molto loquace.. L’unica persona con cui parla è Alessia”
Rispose serenamente il ragazzo portando alle labbra un morso di quel delizioso pezzo di carne che aveva nel piatto.
“Ed io che credevo parlasse molto anche con te..”
Sussurrò triste la donna dai capelli rossicci tagliuzzati qua e là di qualche filo bianco, e gli occhi castano scuro.
Celeste pensò davvero che sua madre avesse bisogno di cure per pensarla in quel modo, ormai erano anni che lei e quell’essere non facevano altro che litigare.
“Eravate così carini da piccoli.. Raffaella, ti ricordi di quella volta che..”
Ed ecco che la Chiara, la madre di Davide iniziava a straparlare sui ricordi d’infanzia di suo figlio e di Celeste.
E la rossa ogni volta non faceva altro che disconnettere il cervello per non ascoltare quegli insulsi ricordi.
Celeste, intanto giocava con il contorno di peperoni nel piatto, facendo formine con la forchetta svogliatamente.
Ma quando finiva quella tortura? E poi perché proprio lei doveva stare seduta vicino a quello, mentre i rispettivi padri erano a capotavola e le loro mogli al fianco, sedute vicino per altro.
Sbuffò per poi mangiare un po’ di peperoni.
“Già, erano così carini, mi piacerebbe davvero vederli sposati un giorno!”
Squittirono all’unisono le madri guardando sognanti i propri pargoli che per poco non si strozzano con i bocconi che avevano in bocca.
“Io sposare questo qui?”
“Io sposare, Tigre?”
Dissero scioccati entrambi guardando le genitrici con gli occhi fuori dalle orbite.
Impossibile, ma cosa diamine si erano fumate?
“Oh, che carini si danno anche i soprannomi, hai visto Giusé?”
Rise Giorgio, il padre di Davide, seguito subito a ruota da Giuseppe, il padre di lei.
“Gatto! Ti ho detto che il mio cognome è Gatto! Cazzo, ma ti ci entra in quel cervello o no, troglodita che non sei altro?!”
Alzò invece la voce Celeste, paonazza in volto e con le mani tremanti di rabbia che stringevano convulsivamente le posate.
“Celeste!”
La riprese subito la madre, quello si che sarebbe stato un pranzo interminabile.
 
“E poi?”
Chiese Simone, stendendosi beatamente sul letto di Celeste, guardando sia la rossa che Alessia.
“E poi mia madre ha cacciato come sempre quell’insulso album di quando ero piccola, e lo stronzo non faceva alto che fare commenti e ridere, e nel pomeriggio non faceva altro che fare battutine o mandarmi frecciatine continuando a chiamarmi Tigre come sempre.. QUANTO NON LO SOPPORTO!”
Rispose Celeste armeggiando con i suoi capelli in modo da farsi una treccia laterale.
“Mi domando con quale coraggio dici di odiare uno così figo”
Squittì il ragazzo moro, alto e snello che stava disteso sul letto, con sguardo sognante.
“Cioè, ma lo hai guardato bene?”
Continuò ancora Simone, che non era gay ma solamente bisessuale anche se aveva una particolare predisposizione per il suo stesso sesso.
Celeste sbuffò guardando il suo migliore amico scocciata, per poi disfare per l’ennesima volta quella sotto-specie di treccia che non ne voleva sapere di uscire decentemente.
La ragazza conosceva Simone praticamente dalla terza elementare, era l’unico che non si era mai scagliato contro di lei per prenderla in giro, al contrario del gruppo di amici di Davide.
Alessia vide lo sguardo della sua amica e sorrise divertita.
“Allora, pronti che usciamo?”
Chiese la bionda alzandosi da terra e mettendosi il cellulare in tasca, dopo aver letto l’ultimo messaggio del suo ragazzo.
“Ma a che ora era sta festa? Non iniziava alle ventuno? E vedete che ora sono le dieci passate!”
Rispose il moro, alzandosi dal letto e passandosi una mano tra i folti capelli neri aggiustandoseli, non pensava neanche ai vestiti che potevano essere sgualciti, no, per Simone l’unica cosa di cui preoccuparsi erano i suoi capelli, che lavava praticamente sempre per farli apparire ogni volta morbidi e lucenti.
“Ale, ma Sacha è già giù?”
Chiese allora Celeste finendo finalmente di acconciarsi i capelli in una treccia, a spina di pesce, che le ricadeva sulla spalla.
“Si, ora basta farvi belli che dobbiamo andare, o il mio amore poi si sente solo”
Sbuffò Alessia aggiustandosi il vestitino nero sul quale era raffigurata una tigre che ruggiva e avviandosi giù dalle scale ticchettando fastidiosamente con i suoi stivali a tacco alto.
Anche se non aveva forme molto prosperose, o meglio ancora, non aveva forme accennate affatto, Alessia era bellissima e Celeste a volte la invidiava davvero molto per questo, vide con la coda dell’occhio anche Simone scendere insieme all’amica e dandosi un’ultima sistemata allo specchio, si soffermò sulla sua figura per alcuni secondi.
Aveva i capelli rossi, ma non quel rosso vivace e bello che avevano tutte quelle ragazze in copertina o nei film, no, lei aveva un rosso spento e sciatto, che si avvicinava al colore della ruggine, e in più aveva grandi occhi verdi anche questi di un colore talmente pallido da sembrare spenti e per nulla attraenti.
Era alta, dalle curve leggermente morbide e una terza abbondante, e quella sera indossava un shorts nero a vita alta e un top del medesimo colore con lo scollo a cuore, abbigliamento che metteva in risalto il suo seno e le sue gambe lunghe, ed al contrario della sua amica lei indossava solamente della ballerine, perché non le piaceva l’idea di superare in altezza molti ragazzi di sua conoscenza e non le piaceva per nulla essere tanto alta, in generale.
Prese velocemente un rossetto rosso fuoco da sopra la scrivania e se lo passo sulle labbra per poi sorridere controllandosi il trucco che aveva quella sera.
“CELESTE GATTO! SCENDI O TI VENGO A PRENDERE PER I CAPELLI?!”
E all’urlo della sua amica Celeste si catapultò giù dalle scale, perché sapeva alla perfezione che Alessia ne sarebbe stata capace davvero.
 
“Perché devo metterla?”
Borbottò contrariata Celeste, guardando la ragazza e i due ragazzi davanti a lei che già indossavano una maschera.
Non le piaceva togliersi gli occhiali, non le piaceva soprattutto se doveva toglierli ad una festa in discoteca dove senza quelle lenti non sarebbe riuscita a vedere nulla.
Alessia sbuffò stringendosi al braccio del suo ragazzo, mentre quest’ultimo e Simone ridevano per la faccia da bambina capricciosa della rossa.
“Devi. Fallo per Sacha che oggi è il suo compleanno”
Sbottò la bionda per poi strattonare via il moro in questione, lasciando da soli Simone e Celeste, con quest’ultima che fissava la maschera azzurra e blu contornata da alcune piume sulla parte della maschera e con del glitter argentato.
“Non voglio.. Non ci vedo senza occhiali..”
Borbottò ancora Celeste, mantenendo il broncio e guardando il ragazzo davanti a lei con occhi da cucciolo indifeso.
“Dai, facciamo che mi stai vicina per tutta la serata, così ti guido io negli spostamenti, ok?”
Disse allora Simone accarezzandole dolcemente un braccio e sorridendo nella sua maschera nera e rossa.
A Celeste quella cosa non piaceva per nulla, essere invitata al compleanno solo perché la migliore amica della ragazza del festeggiato, e in più costretta ad indossare una maschera.
Ma feste di diciotto anni normali, non esistevano più?
La rossa sbuffò sonoramente, posando  sconfitta gli occhiali nella borsetta, e si mise la maschera.
“Come sto?”
Chiese sorridendo appena, vedendo leggermente sfocata la figura del ragazzo davanti a lui, ma nonostante tutto riuscì a vedere il sorriso del moro che poi la prese per mano.
“Sei bellissima Cel.. Ora entriamo”
 
 
“Vado a prendere qualcosa al tavolo, te aspetta qui Cel”
L’ammonì Simone mentre Celeste stava per alzarsi dal divanetto su cui era stata seduta per metà della serata.
Erano le undici e mezza, quando diavolo volevano tagliarla sta torta e mandare tutti a casa?
Era annoiata da morire, non che Simone non fosse una buona compagnia, ansi il suo migliore amico la faceva sempre ridere ogni volta, era solo che Celeste non sopportava le discoteche, soprattutto quelle così grandi.
Sbuffò sonoramente ascoltando le note dell’ennesima canzone spacca timpani, quando qualcuno le finì addosso puzzando incredibilmente di vodka alla fragola.
Era una ragazza, con i capelli biondo scuro, un vestito corto e rosso, talmente piccolo da sembrare un tovagliolo e una maschera nera ricoperta di piume del medesimo colore.
“Ops.. Scusha sfigatta..”
Bofonchiò la bionda alzandosi barcollante sui trampoli che aveva ai piedi, e a Celeste basto poco per riconoscere quella ragazza grazie alla voce civettuola di lei.
“Ce-Cecilia?”
Chiese guardando la ragazza con gli occhi stretti cercando di mettere a fuoco la figura.
“Sfigatta.. che vuoi?”
Possibile che quella fosse odiosa anche con quintali di vodka in corpo?
Celeste scosse l’attenzione dalla bionda indispettita e si alzò dal divanetto bianco senza pensarci due volte, allontanandosi il più possibile da quell’odiosa ragazza, ci bastava solo quella per rovinarle la serata.
Dopo pochi minuti capì di aver fatto un grande sbaglio, non avrebbe dovuto muoversi da quel fottuto divanetto e aspettare Simone, ed invece ora si trovava in chissà quale angolo della discoteca circondata da miriade di gente mascherata che si strusciavano addosso a vicenda, manco quella serata fosse stata all’insegna di creare la più grande orgia d’Italia.
Storse il naso facendo piccoli passi a fatica, cercando di uscire dalla folla e magari di attaccarsi a qualche parete per levarsi quell’assurda maschera e rimettersi gli occhiali.
Appena raggiunto il suo scopo si appoggiò al muro sospirando, aveva appena ricordato di aver dato la borsetta al ragazzo del guardaroba fuori.
Si guardò intorno stringendo gli occhi, doveva pur trovare il modo di tornare su quel divanetto bianco per tornare da Simone, ma come fare se non ci vedeva un acca e le luci ed il buio non aiutavano di certo.
Provò a sfilarsi la maschera ma una mano le si poggiò sul fianco facendola sussultare.
“Ehi, Tigre stai sicura che non ti mangio”
Disse una voce conosciuta direttamente all’orecchio di lei, e a Celeste non aveva bisogno di certo degli occhiali per capire che sul viso del biondo ora c’era un sorriso divertito.
La rossa si staccò da Davide indispettita dal pensiero che fra tutti quelli che poteva conoscere proprio lui doveva trovarla.
“Ma ci vedi senza occhiali?”
Chiese poi il biondo guardando la ragazza davanti a lui soffermandosi più sulla scollatura del top di lei che anche sulla sua faccia sapendo già la risposta.
In infermeria sembrava così innocente, e quella mattina a pranzo le era sembrato di vedere la Celeste di una volta, quella piccola e rompipalle che si faceva trovare nel suo terrazzino ogni mattina soffiando dei piccoli codini, ed invece vestita in quel modo era diversa, e poi quelle labbra così carnose dipinte di rosso?
“Ci vedo benissimo!”
Urlò lei stizzita girando i tacchi facendo un passo e sbattendo contro un tizio che come previsto non aveva visto.
“Ehi, piccola qualche problema?”
Chiese il ragazzo castano e con degli occhi dal colore indefinito, senza neanche la maschera, poggiando una mano sul braccio di Celeste guardandola un po’ disorientata, e quest’ultima sussurrò un miriade di volte scusa causando una risata fragorosa di lui che poi le si presentò mostrando un sorriso a trentadue denti.
“Io sono Marco e tu, carina?”
Chiese mentre la ragazza stringeva gli occhi per mettere a fuoco il volto del ragazzo.
“I-Io sono Ce..”
“Davide, piacere”
Si intromise il biondo tirando verso di se Celeste poggiandole una mano sul fianco, ricevendo un occhiata confusa dal bruno.
“Ah sei fidanzata vedo.. Beh, ciao..”
Disse quest’ultimo un po’ deluso per poi rimescolarsi tra i diversi studenti che ballavano.
“Che checca”
Sorrise diverto lui per poi sussultare quando Celeste gli pestò il piede con tutta la forza che aveva in corpo e con il volto paonazzo.
“Stronzo, mi devi dare fastidio anche quando qualcuno ci prova?!”
Urlò lei dandogli uno spintone e guardandolo furiosa.
Davide la guardò scocciato prendendola per un polso e avvicinandola di nuovo a sé, sorridendo malefico.
“Perché secondo te quello valeva del tempo?”
Chiese guardandola negli occhi mentre il dj annunciava l’arrivo della torta e la mezzanotte.
Celeste restò per un attimo spaesata per poi guardarlo adirata più di prima, e nauseata dalle tante urla di auguri di tutti gli invitati.
Ma quanti ce ne erano? Davvero Sacha conosceva tutta quella gente?
Forse era davvero quello il significato dell’essere popolari.
“E perché, tu lo vali?”







  Angolo autrice

Salve, ecco il terzo capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
A presto, baci.
                                     Rossella

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Mettete in salvo le emozioni, questo capitolo è l'inizio di tutto.

 

                         Capitolo 4




 
“Mi sembra ovvio che io valga del tempo, no? Insomma sai quante ragazze vorrebbero sprecare il loro tempo con me?!”
Borbottò Davide appoggiato al davanzale della finestra della 4D, la sua classe, a guardare il cortile in modo astioso mentre Sacha era intento a sgranocchiare un panino, come molti altri essendo appena iniziata la ricreazione o per meglio dire, quei dieci o quindici minuti di tempo che i professori donavano candidamente agli studenti.
Il cortile era ampio, sul retro della scuola, con un campetto da calcio e uno di pallavolo strettamente vicini, vari alberi e macchine e soprattutto una mandria di studenti intenti a mangiare la propria merenda o a fumare.
“Poi quel suo migliore amico sta sempre fra le palle, giusto quando stavo per risponderla a tono, è apparso lui e bello come il sole ha iniziato a farle na ramanzina sul fatto che si fosse allontanata da lui, ma manco fosse suo padre o il suo ragazzo!”
Borbottò ancora per poi sbuffare sonoramente e prendere a guardare il suo amico, che bellamente messaggiava e mangiava non tenendolo in considerazione.
“Sembri quasi geloso..”
Lo sorprese il moro alzando la testa verso di lui e sorridendo divertito, per poi accartocciare la carta del panino ormai finito e riporre il telefono nella tasca della sua felpa e come sotto una doccia di candeggina, Davide sbiancò.
Lui non era geloso, no, no che non lo era. Anzi, lui era arrabbiato perché quella ragazzina non faceva altro che causargli danni celebrali.
Si, era proprio così, Celeste per lui era una continua fonte di ferite per il cervello.
“Che c’è Davide, Gatto ti ha mangiato la lingua?”
Scoppiò a ridere Sacha non notando nessuna reazione dall’indirizzo dell’amico, fin quando quest’ultimo non gli diede uno scappellotto dietro la nuca incenerendolo con gli occhi azzurri.
“Secondo te potrei mai essere geloso di una come Tigre? Senza sexappeal o senza un briciolo di forme”
Rispose allora con aria ovvia il biondo, riprendendo a guardare fuori dalla finestra della classe.
Certo che Sacha era proprio stupido, pensò, il biondo di certo non era come lui che aveva scelto una ragazza senza seno, né fianchi e né cosce chilometriche, che poi come faceva ad eccitarsi con una cosa come quella ragazzina bionda? Si, certo aveva un bel culo e questo glielo doveva, aveva anche delle labbra davvero attraenti e piccole, adatte proprio per fare certe cose.. Ok, forse il suo amico non era proprio uno sprovveduto, d’altronde l’amica di Celeste aveva anche un bel visino e sicuramente per stare con uno come Sacha, era davvero brava a letto.
“Avanti, non prendermi in giro stronzo, Tigre, come la chiami tu ieri ha riscosso davvero molto successo tra la parte maschile degli invitati alla mia festa”
Lo punzecchiò ancora il moro, che trovava un gusto sadico e piacevole nel farlo.
“Se, come no..”
Sbuffò Davide prestando poca attenzione alle parole dell’amico, non appena una chioma rosso caramello fece la sua apparizione in cortile al seguito di una bionda, identificata come Alessia, e ad un ragazzo dai capelli neri e alto all’incirca cinque centimetri più basso di lui, identificato come l’amico mezza-checca di lei, ovvero Simone.
“Uno di 5B mi ha chiesto di fare un’uscita a quattro.. se non sbaglio non te l’ho mai presentato, però è simpatico la prossima volta magari andiamo a bere insieme.. Mi si è avvicinato chiedendomi se per caso conoscessi la ragazza con cui stava parlando Ale e io ovviamente gli ho risposto di si, allora minimo na decina di altri ragazzi si so avvicinati chiedendomi se sapessi anche il suo numero, uno addirittura mi ha chiesto anche la sua taglia di reggiseno, figurati”
Scoppiò a ridere Sacha guardando il biondo con aria divertita, ma quest’ultimo sembrava non prestargli nessuna attenzione.
“Certo, non che io la sapessi la sua taglia.. So solo che quelle di Alessia sono meglio..”
Continuò sorridendo malizioso pensando a tutti gli incontri a luci rosse con la sua meravigliosa ragazza, lui non era certo il tipo a cui non piacevano grandi, anzi una quarta lo eccitava, ma non sapeva per quale assurdo motivo quella secondo scarsa di Alessia lo eccitava a tal punto dal fargli male.
Il moro fu ridestato dai suoi pensieri bruscamente, quando sentì un urlo provenire dal cortile e vide il biondo stringere convulsivamente la lattina di Tè freddo che prima era supina sul davanzale della finestra, si avvicinò di più a quest’ultimo guardando nella stessa direzione di Davide, un po’ allarmato da quell’urlo precedente.
“Un’ape! C’era un’ape!”
 
 
Celeste era inginocchiata a terra tremante, con le mani sulla testa e accasciata in avanti impaurita.
Aiuto, pensò stringendo di più convulsivamente le dita tra i rossi capelli, quando una mano le si poggiò tra questi accarezzandoglieli appena.
Le sembrò di essere tornata bambina, e tutti i ricordi le invasero la mente.
Succedeva sempre così,ogni volta che vedeva un’ape, Celeste scattava velocemente urlando e mettendosi in quell’assurda posizione di difesa, ma era più forte di lei, la sua paura per quegli insetti era intensa e senza via di scampo, solo che..
Solo che ogni volta che succedeva, quand’era bambina, c’era qualcuno che l’abbracciava forte o gli accarezzava i capelli in modo dolce e rassicurante.
Perse un battito, e poi un altro ancora.
Mai possibile che fosse ritornata all’età di 8 anni e quella mano tra i capelli era quella che molte volte l’aveva rassicurata in passato?
Alzò gli occhi verde pallido, velati da leggere lacrime di paura, verso colui che gli stava accarezzando i suoi capelli con quel colore che lei odiava tanto.
Un ragazzo dai capelli castani e gli occhi verdi smeraldo le sorrideva dolcemente, muovendo le labbra e facendo uscire una domanda che Celeste non sentì neanche, persa tra i suoi pensieri e i suoi ricordi.
“Ehi, tutto bene?..”
Chiese ancora il ragazzo, che intanto si era staccato intimorito dal fatto che la ragazza non mostrava nessuna reazione, mostrando però il sorriso.
Celeste avvampò di colpo alzandosi in piedi, aveva appena fatto una figura di merda davanti a tutti gli studenti che erano in cortile, aveva urlato come un’idiota e scattata in quella posizione di difesa assurda, e ora era arrossita perché invece del bambino biondo dei suoi ricordi, davanti a sé c’era una ragazzo carino e con un sorriso da far invidia.
“S-Si, s-s-sto b-bene..”
Balbettò arrossendo ancora di più, poi un lieve flashback le fece sgranare gli occhi.
“Ma non ti ho già vista da qualche parte?”
Chiese poi il ragazzo, volgendo a Celeste praticamente la stessa domanda che voleva fare lei a lui.
Le sembrava una voce familiare, o almeno credeva di averla già sentita da qualche parte.
“Ma si, tu sei quella che ieri mi è finita addosso! Ti ricordi vero?”
Il viso del ragazzo s’illuminò di colpo, sorridendo a trentadue denti, guardando Celeste che ci mise un po’ per riconnettere i fatti della sera precedente.
Certo che se ne ricordava, lei ricordava ogni figura di merda che aveva fatto a partire dai cinque anni in su, ad esempio ricordava quella della scorsa settima, quando era entrata in un negozio di scarpe e aveva chiesto al commesso se quelle ballerine che lei aveva adocchiato erano comode e non segavano la pelle come molte altre, e lui scoppiando a ridere le rispose che non lo sapeva essendo che non le aveva mai provate.
“Marco?..”
Chiese allora estremamente imbarazzata, sperando di non aver fatto un’altra bella figura sbagliando anche il nome di quest’ultimo.
“SI, sono in 5B!”
Rispose questo con tono dolce e ancora quel sorriso stampato in faccia.
Ma la mascella non gli faceva male per tutto quel sorridere? Però se lo poteva permettere, con quelle labbra carnose e sicuramente soffici che aveva.
“E invece tu sei? Sai, ieri si è intromesso il tuo ragazzo e non sono riuscito neanche a sapere il tuo nome, ma d’altronde fa bene ad essere geloso di te, sei davvero bella”
Continuò lui giulivo e porgendole la mano in attesa che l’afferrasse, sapeva di non avere speranze con una ragazza fidanzata, soprattutto se il fidanzato era quel piccolo bastardo biondo di quarta che gli aveva soffiato il posto del più popolare della scuola, eppure voleva provarci lo stesso con quella ragazzina rossa, che più o meno forse avrebbe frequentato la terza o la quarta, e in quell’istante non capiva se lo faceva per vendetta nei confronti di quel moccioso biondo che oltre alla popolarità poi gli portò via anche la sua Cecilia, o perché la ragazza a cui porgeva la mano era effettivamente davvero carina e che curve, signori!
“Celeste.. E quell’imbecille non era il mio ragazzo!”
Celeste arrossì vistosamente.
Ma le aveva appena fatto un complimento?
 
“Quindi mi stai dicendo che quel Davide non è il tuo ragazzo?”
Chiese il bruno, prendendo le chiavi del suo motorino, che aveva nelle tasche del jeans.
Celeste scosse la testa infastidita, aspettando Marco con un casco tra le mani.
Si erano presentati, e Celeste da subito lo aveva trovato simpatica, forse per via del complimento che le aveva fatto, chissà.
“No, è solo uno che non fa altro che darmi fastidio o che mi prende in giro”
Marco, guardò con la coda dell’occhio Celeste e poi le sorrise girandosi verso di lei invitandola a salire sul mezzo di trasporto.
“Davvero, non c’è bisogno che mi accompagni, posso andare a piedi tanto sono solo 15 minuti di cammino”
Rispose Celeste al suo gesto, sorridendo in imbarazzo.
Quello era il secondo ragazzo che le offriva attenzioni, il primo era stato Simone, che per un periodo di circa un anno era stato anche il suo ragazzo, il suo primo bacio, e si, anche la sua prima volta, poi l’aveva lasciata perché si era scoperto attratto dal cosiddetto ‘uccello’ e Celeste non l’aveva presa male sentimentalmente, no anzi avevano continuato ad essere amici e ora il suo ex non era altro che il suo migliore amico, ma si era sentita offesa come ragazza, si era sentita poco attraente e soprattutto temeva di non essere affatto brava in effusioni amorose o nel sesso.
“Ci mancherebbe che ti faccia andare a piedi, fa caldo e siamo a fine maggio, ed è mezzogiorno e con questo sole non augurerei a nessuno di farsi 15 minuti di strada a piedi, e poi mi fa piacere accompagnarti tanto vado anche io da quelle parti..”
Disse sicuro che avrebbe accettato, ed infatti la ragazza si infilò il casco nascondendo la chioma rossa sotto quell’elmetto protettivo bianco.
“Va bene, ma ricordami che ti devo un favore”
“Allora una sera di queste, sei costretta a farmi il favore di uscire con me”
Risero entrambi alla battuta, mentre lui con un solo gesto mise in moto e partì.
 
 
“Certo che avere paura ancora delle api alla tua età.. E poi che hai, una predisposizione per le checche?”
Chiese una voce con tono divertito, che Celeste cercò di ignorare.
Voleva ancora darle fastidio, sembrava davvero si divertisse nel farlo, gli piaceva prenderla in giro come fosse una sfigata o storpiandole il cognome col suo solito muso da schiaffi.
“Che fai, ora mi spii anche?”
Disse Celeste alzando lo sguardo dal cellulare e posandolo  sul divanetto che era di fronte a sé, e sul quale era seduto a gambe accavallate il biondo.
Quella sera era la famiglia Gatto ad essere a cena in casa Bello.
Ma a Celeste quel giorno non importava più di tanto, aveva altri pensieri per la testa che stare al gioco del biondo.
La sera prima era uscita con Marco, ormai era una settimana che lo conosceva e si erano trovati bene da subito.
Quella settimana era stata fantastica essendo che si era divertita un mondo con i suoi amici, aveva preso un bel 6 pieno in matematica ed aveva quasi baciato un ragazzo, e sarebbe anche finita in modo fantastico se proprio la domenica sera non fosse stata a cena dai vicini con i suoi genitori.
L’aveva incontrato solo quella sera dopo una settimana in cui non l’aveva proprio visto, neanche per sbaglio quando di solito se lo trovava sempre davanti pronto a chiamarla Tigre e a sbeffeggiarla in continuazione.
“Tigre.. Tigre.. Tigre, ma davvero credi che lo farei? Saresti solo uno spreco di tempo”
Rispose lui, sicuro di sé e con aria da io-sono-il-figo-della-situazione-e-tu-la-perdente-di-turno-a-cui-non-è-concesso-neanche-il-mio-prezioso-tempo.
Celeste sbuffò guardandolo male, per poi lasciare spazio sul suo viso ad un sorriso strafottente, non avrebbe mai permesso a nessuno di metterle i piedi in testa, né tantomeno al biondo.
“Buffo sentirlo dire da te, che non vali neanche tempo”
Uno a zero per Celeste.
Davide borbottò qualcosa irritato per poi alzarsi andando ad aprire la finestra della sua stanza.
Già, i suoi erano di sotto a giocare a carte con i genitori di lei, mentre lei era beatamente seduta sul suo letto a messaggiare con chi sa chi.
“Di certo, valgo più tempo di Marchecca”
Rispose allora appoggiandosi al davanzale della sua finestra e guardando fuori con aria annoiata.
“Si chiama Marco!”
Puntualizzò Celeste guardandolo con astio e rimettendo il telefono in tasca, scocciata.
“E io che ho detto, scusa? Lo so anche io che si chiama Marchecca”
Rispose lui ridendo.
Quanto lo odiava, era insopportabile!
“Tu non vali neanche la metà del tempo”
Rispose allora lei.
Mai possibile che quella ragazzina di terza fosse diventata così insopportabile?
Davide nuovamente irritato si avvicinò a lei poggiando un ginocchio sul materasso di fianco alla coscia di lei, prendendole il mento tra l’indice e il pollice.
Voleva davvero la guerra quella stupida? Ebbene, l’avrebbe avuta.
Nessuna si era mai lamentata di ‘sprecare’ il proprio tempo con lui, soprattutto in determinate circostanze, e lui sapeva benissimo come giocare le sue carte, aveva un fisico desiderato da tutte e non stava solo lì la sua bellezza, no, perché lui era bello davvero e lo sapeva, glielo avevano detto da sempre e che lo mettessero in confronto con qualcuno come quel Marchecca o Marco, come si chiamava lui, lo infastidiva e non poco.
Celeste sussultò lievemente cercando di farsi il più indietro possibile col risultato di finire ancora più intrappolata tra Davide e il letto, e peggiorare ancora la situazione.
Ora che gli prendeva a quel cretino?
La ragazza schiuse appena le labbra fissando lo sguardo intenso di lui per intimarlo dal togliersi di dosso, ma si bloccò guardando che sul viso del biondo si dipinse un sorriso malizioso e le sue labbra erano sempre più vicine alle sue.
Celeste fece rimbalzare diverse volte lo sguardo dalle labbra di lui ai suoi occhi, preoccupata ma allo stesso tempo con uno strano brivido che le correva lungo la schiena.
“Posso dimostrarti, senza dubbi di riuscita, che valgo il doppio del tempo”
Sussurrò poi lui con voce sensuale, soffiando lievemente sulle labbra di lei, prendendo completamente alla sprovvista Celeste che neanche ad un secondo dalla fine di quella frase, si ritrovò le labbra del biondo premute sulle sue.







  Angolo autrice

Salve, ecco il quarto capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
A presto, baci.
                                     Rossella

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Non odiatemi.

 

                         Capitolo 5




 
Celeste schiuse appena le labbra per la sorpresa, e la lingua del biondo si infilò repentina nella sua bocca, carezzandogli ogni centimetro della sua.
Aveva gli occhi spalancati e le membra bloccate, si sentiva come una statua di ghiaccio che piano piano inesorabilmente si scioglieva al sole senza possibilità di scelta, era così shockata da non avere altri pensieri, si era dimenticata anche cosa stesse per rispondere al ragazzo.
Era stata colta di sorpresa da qualcuno che non avrebbe mai e poi mai pensato di baciare, e soprattutto, mai con un bacio alla francese!
Davide aveva gli occhi chiusi e in quel bacio ci metteva tutta la sua esperienza, tutta la sua bravura e soprattutto tutto l’autocontrollo che bastava per non ridere della ragazza sotto di lui, ma non riuscì a trattenere un sorriso divertito sulle labbra morbide di lei mentre la baciava con la sicurezza di aver appena dimostrato ciò che poteva valere, che il tempo con lui di certo non sarebbe andato sprecato.
“Lo volete un po’ di..”
La porta si aprì di scatto facendo dilatare ancor di più le pupille di Celeste mentre il biondo si stacco repentino da lei, fissando entrambi la porta con timore.
La donna dai capelli biondi aveva gli occhi sgranati e la mascella ad un centimetro da terra.
“Mamma posso spiegare!”
Intervenne subito Davide guardando la faccia, deformata dallo stupore, della madre che subito dopo si trasformo in un viso che era comparabile al ritratto della felicità stessa.
Celeste abbassò lo sguardo rossissima in viso, un rossore che si propagava anche sulle orecchie del ragazzo.
“Vi ho portato un po’ di gelato, ma se volete finire quel che stavate facendo lo riporto di sotto e… Non fatemi un nipotino ora che sono troppo giovane!”
Iniziò la donna quando all’improvviso colta da ilarità, sorrise divertita in preda alla gioia e terminò la frase chiudendo la porta velocemente senza neanche ascoltare la risposta insensata del figlio che le urlava dietro.
“Facciamo che non sia mai successo ok?”
Disse all’improvviso la rossa squarciando il pesante silenzio che si era creato dopo l’entrata in scena della donna-ciclone Chiara, nonché madre del biondo.
Si sentiva scossa, in imbarazzo e incazzata, incazzata come mai lo era stato in vita sua.
Aveva accusato sempre i colpi del biondo senza mai reagire in modo brusco, tranne quello schiaffo che gli aveva mollato nell’infermeria una settimana prima, ma quello era troppo, davvero troppo.
“Che c’è? Sono stato talmente bravo che hai paura di innamorarti di me, Tigre?”
Rispose lui beffardo, con un espressione divertita in volto.
Anche lui era in imbarazzo, per via di quella sua genitrice impicciona, ed era contrario a quello che aveva appena detto la rossa, come poteva far finta di niente quando l’aveva baciata in quel modo per farle capire che lui di certo non era una mezza cartuccia come a quel tale a cui l’aveva comparato prima.
“Sogna, stronzo!”
Sputò velenosa come una vipera, la ragazza mentre si alzava dal letto del biondo avvicinandosi lenta alla porta.
L’avrebbe dovuto respingere subito, in tal modo da non dargliela vinta, così da far sparire quell’aria di superiorità che ora gli era dipinta in faccia, ma era sicura che gliel’avrebbe fatta pagare, a qualunque costo avrebbe trovato un modo.
Magari avrebbe potuto chiedere a Sacha, avrebbe potuto chiedere qualche aiuto ai suoi migliori amici o magari avrebbe potuto vendicarsi da sola di quel nuovo modo di prenderla in giro che Davide aveva escogitato.
 
Aveva fatto una sfuriata enorme ad Alessia, aveva insultato mentalmente il biondo infinite volte, aveva mandato a quel paese Simone per averle chiesto quello stronzo se veramente baciasse da dio come le voci in giro su di lui dicevano e aveva fumato così tanto per rabbia che era sicura di aver respirato più nicotina che ossigeno in quelle ultime settimane.
Però le voci in giro su di lui erano vere, Davide davvero baciava da dio ed aveva labbra perfette, tanto perfette e tanto era stato bravo che sembrava che quelle labbra erano state fatte apposta per baciare appassionatamente, baciare e far accendere un fuoco nel corpo di chi riceveva l’onore di toccare quelle labbra, ma Celeste questo non lo sopportava, perché lei sapeva che quel bacio gliel’aveva dato solo per dimostrarle che con lui valeva sprecare tempo.
E alla ragazza bruciava questa specie di sconfitta imposta in modo così strano, ed era una vera e propria sconfitta per lei pensare a quel bacio e non a chi la stava baciando passionalmente in quel momento.
“Ehi.. Tutto bene?”
Chiese Marco guardando la ragazza imbambolata davanti a lui.
Celeste si riscosse e sorrise al ragazzo che l’aveva appena baciata.
Erano passate due settimane e ancora ci pensava, pensava a quel fottuto bacio con Davide, e pensava che ancora non aveva trovato un modo adatto per riscattarsi.
Non l’aveva aggredito, né con le parole né diversamente, era solamente uscita dalla stanza del biondo tirandosi dietro la porta, con talmente tanta forza da far risuonare un suono sordo e pesante per tutte le pareti di quella casa.
“Sei strana stasera, non è che non ti andava di venire ancora da me?”
Chiese ancora il bruno un po’ triste, guardando Celeste scuotere il capo repentinamente.
“Se non mi andava, non ti avrei mai chiamato e né sarei venuta”
Sorrise a trentadue denti avvicinandosi nuovamente a lui regalandogli un bacio a stampo e strappando un sorriso sul bel viso di lui.
“Resta il fatto che a volte sei strana..”
Disse pensieroso il ragazzo stringendola a sé, tanto da farla finire a cavalcioni sulle sua gambe.
Quei due neanche sapevano che c’era tra loro, uscivano quasi ogni sera ora che gli impegni scolastici di lei stavano scemando e lui restava in casa a prepararsi per gli esami finali che poi l’avrebbero visto finalmente uscire da quel liceo, si baciavano spesso e a volte finivano a rotolarsi nelle lenzuola a casa di lui.
La rossa gli prese il volto tra le mani baciandolo nuovamente, ma questa volta aggiungendo anche la lingua, in modo così da non rispondere a quell’accusa.
Lei non era strana, era solo che pensava troppo spesso a quel bacio, quel bacio che non voleva neanche ricordare.
Marco neanche pensò più a quel che stava dicendo che subito ricambiò il bacio della ragazza prendendo ad accarezzarle i fianchi morbidi e vellutati scostandole verso alto la t-shirt.
Celeste quando ci si metteva era eccitante, tanto da far capitolare subito il ragazzo ai suoi piedi e quelle quattro o cinque volte che l’avevano fatto era sempre riuscito ad eccitarlo e quasi a tenere lei il ritmo di tutto.
Sentendo le mani di Marco sulla pelle, Celeste si staccò a malavoglia dalle labbra sottili di lui sfilandogli via in un solo gesto la canotta che indossava il bruno, facendo vagare sul torace ampio di lui le sue mani calde, che dovette alzare dopo alcuni secondi in modo da permettere a lui di toglierle la t-shirt.
“Quando ti ci metti sei impossibile da domare..”
Sospirò il ragazzo sentendo le labbra umide e bollenti di Celeste baciargli il collo mentre le sue mani risalivano sul busto di lei sfiorandole appena le coppe del reggiseno nero in pizzo, comprato subito dopo la disavventura in infermeria.
“Come una tigre..”
E sentendo quella parola i denti di Celeste premettero appena sulla carne del collo di lui, irrigidendosi lievemente.
Mai possibile che dopo due settimane in cui aveva evitato il biondo, doveva sentire ancora quel nome di belva feroce?
Appena sentì il gancetto del suo reggiseno aprirsi, si ridestò da quel pensiero fastidioso e poggio l’indice sulle labbra di lui guardandolo intensamente sussurrandogli di tacere, che lui prese come un invitò a spostarla sotto di sé sul divano bianco e a baciarla assaporando accanitamente le sue labbra e la sua lingua.
Ok, Marco sapeva baciare benissimo, però Celeste non era quello il bacio che desiderava, non erano quelle labbra che davvero avrebbe voluto.
Strinse lievemente le mani nei capelli castani di lui guardandolo fisso negli occhi smeraldini, respirando affannata per il bacio durato troppo a lungo, e Marco capendolo iniziò a baciarle il collo scendendo verso il suo seno sempre più eccitato, portando le mani sempre più in basso togliendole con non poche difficoltà il jeans e prendendo in una sola volta anche le mutandine di lei.
Nuda, sotto quel ragazzo ancora bellamente in pantaloni da tuta e boxer, Celeste sospirò lasciva per poi ricambiare il gesto del ragazzo facendo trovare interamente nudo anche lui, con un erezione in bella vista.
Marco l’eccitava, la faceva sentire a sua volta eccitante, la trattava con rispetto e non era male a letto, ma aveva sempre un timore che a volte la bloccava, aveva paura di ricevere nuovamente una batosta come lo era stato la rottura con Simone e il suo successivo mezzo coming-out.
“Aspetta qui, piccola”
Sussurrò allora il ragazzo alzandosi dal divano e avviandosi nella sua stanza, ringraziando mentalmente più volte i suoi genitori che quella sera erano fuori e sarebbero rientrati tardi.
“E chi si muove..”
Sospirò lei in risposta accaldata vedendolo tornare poco dopo con già un preservativo indosso.
Era sempre stato così, mai troppo tempo trascorrevano senza vestiti che subito passavano al sodo, non che a Celeste non piacesse ma la faceva sentire quasi vuota o come se le mancasse un pezzo.
“Vieni qui..”
Disse allora Marco attirandola contro il suo petto portandosela a cavalcioni sulle sue gambe, prendendo subito a baciarla quasi come se cercasse ossigeno direttamente dai polmoni di lei.
Celeste rispose al bacio subito scostata dai suoi pensieri e accaldata, eccitata tanto da sentir scivolare facilmente Marco dentro di lei.
E subito iniziarono i gemiti, il lieve rumore dei corpi muoversi in contemporanea, delle loro labbra che si univano e dei loro respiri profondi e affannati, fin quando non gemettero entrambi allo stremo esausti e imperlati di sudore per l’atto appena compiuto.
“Vuoi essere la mia ragazza?”
Un sussurrò quasi inudibile, a cui Celeste rispose solamente con un breve cenno della testa prima che le sue labbra fossero rinchiuse di nuovo in un bacio, un bacio più dolce che però a lei sembrava quasi fosse… sbagliato?
 
 
 
“Ehi stronzo, mi passi sta sigaretta o no?”
Chiese Sacha guardando l’amico un po’ irritato.
Davide fissò ancora lo schermo del computer per poi lanciare direttamente il pacchetto di sigarette al ragazzo che stava bellamente appoggiato al davanzale della finestra.
Il moro afferrò al volo la piccola scatola guardando curioso l’amico, sapendo che Davide era stato solito cambiare troppo spesso umore in quell’ultimo mese.
“Comportati bene, o ti caccio da casa mia”
Lo ammonì scherzoso Sacha che dopo aver preso una sigaretta dal pacchetto gli rilanciò quest’ultimo prendendolo esattamente sulla testa.
“Fa nulla, tanto ora ho qualcosa o meglio qualcuno da fare”
Disse il biondo secco, in risposta all’amico, prendendo il pacchetto che era caduto a terra poco prima, senza né riprendere l’amico né ridere per tale gesto, come era solito fare.
“Cecilia?”
Chiese allora il ragazzo alla finestra, guardando l’amico con un sopracciglio alzato e cacciando fumo.
Davide fece un cenno di conferma con la testa facendo lievemente muovere i corti capelli biondi, prima di fare un gesto di saluto con la mano avviandosi verso la porta d’entrata per poi chiudersela dietro senza neanche una parola.
Cosa l’aveva turbato non sapeva spiegarlo neanche lui, si sentiva solo agitato, quasi come se fosse incazzato con una morsa d’acciaio che gli stringeva lo stomaco dopo che aveva visto distrattamente una foto che mostrava una ragazza dai capelli color caramello e un ragazzo dagli occhi verde acceso che le baciava le labbra morbide e carnose che stesso lui aveva baciato quasi un mese prima.
La foto l’aveva scattata Alessia, la ragazza del suo migliore amico, con la sua reflex professionale.
Diede un calcio ad una lattina di coca-cola che si trovò davanti, che stupido social network era facebook, e stupido lui che annoiato aveva preso a sfogliare la home di quel social network inutile e per bimbo minchia.
Dopo aver camminato per circa mezz’ora bussò ancora infastidito, alla porta di una villetta bianca che lasciava trasparire in ogni dettaglio la ricchezza dei proprietari, sorrise col suo solito ghigno malefico, quello che usava solo in alcuni casi e soprattutto con Celeste.
Sapeva che valeva di più di quel suo stupido ragazzo e sapeva che avrebbe trovato qualche modo per dimostrarglielo ancora come aveva fatto baciandola dopo la loro breve discussione.
Anche se per un mese intero non aveva fatto che ignorarlo dopo quel bacio, ignorando anche le sue battute e i suoi continui stuzzicamenti, lui sapeva per certo che avrebbe trovato un modo per mostrarle quanto valeva, che il tempo Celeste non avrebbe dovuto perderlo con uno qualunque.
Si bloccò a quel pensiero restando immobile mentre il ghigno spariva dalle sue labbra, lui non poteva ritornare nello stato in cui era stato 10 anni prima, quando era cotto di quella ragazzina e veniva preso in giro dai suoi amichetti perché la proteggeva troppo o passava troppo tempo con lei, dicevano che sembrava un perdente, che giocava con le barbie o quant’altro e questo lui non lo sopportava, lui sapeva di essere migliore degli altri, perché sua madre ogni volta che lo sentiva lamentarsi di questo glielo diceva sempre, ma era troppo infastidito, troppo bambino e troppo fiero di sé per lasciar correre quelle voci.
E fu così che iniziò a prendere in giro Celeste, a tirarle i capelli o a darle fastidio fino a farla piangere a volte, ma continuava lo stesso a proteggerla perché solo lui poteva avvicinarsi a lei in quel modo e solo lui poteva avvicinarsi a lei in generale.
Odiava quando giocava con altri bambini, odiava il suo fidanzatino delle medie Simone, ed era arrivato ad odiare inspiegabilmente anche lei.
Odio che pian piano era scemato, ma che ancora gli manteneva un posto fisso nel cuore di lei.
Lui sapeva quanto lei l’odiasse e per questo non aveva fatto altro che incrementare questo odio, sapeva che bene o male lui era ancora nel suo cuore, come amico d’infanzia forse e come un qualcuno a cui rivolgere i suoi pensieri astiosi e il suo odio.
D’altronde questo l’aveva capito leggendo una frase di Shakespeare sul suo libro d’inglese in terza liceo.
 
Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore. Se mi odi, sarò sempre nella tua mente.

La porta si aprì facendo subito ridestare Davide dai suoi pensieri, mentre delle braccia ossute e delle labbra unte di lucidalabbra alla fragola gli sporcarono le sue.
“Davide!”
Trillò Cecilia con voce squillante arpionandolo di più contro il suo minuscolo corpo.
Il biondo riprese il suo sorriso smagliante nella frazione di un secondo guardando la ragazza davanti a sé in modo decisamente malizioso.
“Mi lasci entrare?”
Sussurrò sulle labbra di lei, sicuro che non l’avrebbe respinto e sicuro di passare delle interminabili ore di sesso con una che molte, troppe volte per alcune ore gli aveva fatto dimenticare la sua infanzia e i suoi pensieri verso una ragazzina dai capelli rosso caramello.







  Angolo autrice

Salve, ecco il quinto capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
A presto, baci.
                                     Rossella

 

 

Sono orgogliosa di presentarvi la mia pagina ufficiale, su Facebook! Ci saranno notizie e molto altro sulla storia, potrete mandarmi messaggi di posta e risponderò ad ogni vostra domanda, ecco il link:

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ok, amatemi per questo capitolo, tanto lo so che mi amerete una volta letto.

 

                         Capitolo 6




 
“Perché è qui anche lui?”
Sussurrò altamente irritata Celeste all’orecchio destro di Alessia mentre faceva cenno verso una coppietta seduta più avanti, precisamente di due file.
“Beh, essendo che è un’uscita a coppie che male c’è? Siamo io e Sacha, tu e Marco, lui e Cecilia”
Ribatté la bionda fulminando l’amica con lo sguardo, che l’aveva interrotta per l’ennesima volta durante il film.
Celeste sospirò rassegnata sprofondando nella poltrona rossa e morbida del multisala, davanti a sé aveva la spettacolare scena di un film con protagonista Johnny Depp, il suo attore preferito, alla sua destra aveva Marco il suo ragazzo, mentre alla sinistra aveva Alessia e Sacha che sembravano quasi vivere in una dimensione sconosciuta, soprattutto quando accadeva che per sbaglio si sfioravano le mani nel pacchetto di popcorn e prendevano a guardarsi dolcemente con un lieve sorriso d’intesa.
Strinse di più la mano del bel bruno alla sua destra costringendosi a guardare il film.
Era il tre luglio, ed erano passati quasi due mesi dall’ultima volta che aveva visto Davide, dopo che la famiglia Bello era andata in vacanza per far visita ai loro parenti in Sicilia, Celeste non aveva avuto neanche la preoccupazione di evitarlo come aveva fatto fino all’ultimo giorno di scuola, in quel periodo, ed ora che era tornato le sembrava quasi più bello, più biondo, più alto, più accecante, più tutto.
E questo per lei era un male, perché ora ogni volta che per sbaglio lo incontrava, un rosso acceso le colorava le guance mentre il ricordo di quel bacio che le aveva rubato le tornava alla mente, ed era insistente come non mai.
Eppure era fidanzata, cavolo!
Davide non faceva altro che darle ai nervi in questo modo, perché ora oltre al fatto di essere diventato più bello, si era aggiunto il fatto che non le rivolgeva più parola, neanche la prendeva più in giro, quasi non la guardava neanche più, ed ora lui si trovava in quella sala, con una piovra bionda e anoressica, ma con due meloni da far invidia alle gare agricole di grandezza del cocomero, avvinghiata addosso che gli impiastricciava la faccia con quell’assurdo lucidalabbra rosso acceso che quasi sembrava luminoso al buio della sala.
Un lieve senso di fastidio le intrappolò lo stomaco in una morsa d’acciaio.
Cosa aveva quell’oca bionda che lei non aveva?
E si bloccò a quel pensiero, prendendo a fissare lo schermo davanti a sé senza prestare realmente attenzione al pellerossa che dava da mangiare semi ad un corvo morto sulla sua testa.
Non ricordava neanche più come si chiamasse quel film, tanto era distratta, e per completare l’opera lei e Marco erano l’unica coppia non impegnata in effusioni.
E’ tutta colpa sua se sto pensando a quel troglodita lì davanti, pensò, e poi Davide in infermeria non le aveva accennato al fatto che lui non avesse mai avuto la ragazza ma solo scopamiche?
E come mai allora da quando era tornato, si era presentato mano nella mano con Cecilia davanti al multisala, presentandola come la sua ragazza?
Un ringhio quasi sommesso fece interrompere i suoi pensieri e si voltò verso Marco, trovando un espressione infastidita sul volto del ragazzo, mentre anche lui fissava la coppia bionda davanti.
Celeste mugolò sentendo la sua mano stritolata nella presa ferrea del suo ragazzo mentre questa continuava a farsi sempre più stretta.
“Oddio, scusa!”
Sussurrò il bruno allarmato, guardando dolcemente quella che da tre mesi era la sua ragazza, le aveva stretto la mano in un impulso di rabbia, pensando alla sua Cecilia tra le braccia di quel ragazzino fastidioso.
Cosa aveva quello che a lui mancava?
Si ridestò subito da quel pensiero chinandosi a baciare con impeto la rossa alla sua sinistra nel preciso instante in cui Davide si girò colto di sorpresa dal mugolio di Celeste, Marco sorrise sotto i baffi guardando il biondo irrigidirsi.
Godeva del fatto che Celeste non lo sopportasse, e godeva del fatto che la ragazzina invece di scegliere il biondo aveva scelto lui, si sentiva vittorioso  per quelle circostanze, ma si sentiva un perdente vedendo la bionda Cecilia tra le braccia di Davide.
Celeste si staccò dal ragazzo respirando a fatica, e quel buio non migliorava la situazione, neanche gli occhi di Davide puntati su lei e il suo ragazzo la miglioravano, anzi la facevano sentire ancor di più a corto d’aria, la facevano sentire quasi colpevole, ma colpevole di cosa?
Si alzò di scatto ricevendo qualche lamentela dalle tizie, di poco più di tredici anni, dietro di lei e rifilando la tipica scusa del bagno uscì dalla sala buia quasi di corsa.
Cosa le stava succedendo? Perché si sentiva così fuori luogo a stare con Marco sotto gli occhi di ghiaccio del biondo? Cosa c’era di male nel vedere l’oca bionda mentre aspirava con forza aria dai polmoni di Davide? E perché continuava a pensare a quello stupido bacio, al corpo di Davide mezzo nudo e aveva una malsana voglia di sentirla chiamare di nuovo tigre, nonostante la storia con Marco andasse alla perfezione sia tra le lenzuola che fuori?
Sospirò poggiandosi al lavandino dell’unico bagno di quel cinema.
Era uno spazio immenso, ma male arredato, con mattonelle e sanitari bianchi su pareti di un colore rosso carminio. Davvero una combinazione che sembra fare a pugni.
Si specchiò nel misero specchio scheggiato attaccato alla parete, le labbra rosse e gonfie per il bacio di Marco, ma gli occhi spenti tanto che il verde delle sue iridi sembrava essere sparito, divenuto ancora più pallido del solito.
Perché era dovuto venire anche lui e quella Cecilia, al cinema? E perché continuava a farsi tutte queste assurde domande?
La porta si aprì di scatto strappando violentemente Celeste dai suoi pensieri, e una chioma riccia e fluente apparve avvicinandosi allo specchio spingendo via la rossa, con una semplice e leggera spallata.
La ragazza sbatté più volte gli occhi guardando Cecilia mettersi quel disgustoso lucidalabbra e schioccare le labbra a mo’ di bacio verso lo specchio.
“Sfigata, vieni? Il film è finito e gli altri hanno detto che aspettavano fuori, e mi hanno mandato a chiamarti, ma non illuderti dovevo solo rifarmi il trucco”
Disse con tono acido la bionda, sbattendo più volte le ciglia rigide per il troppo mascara, che celavano degli occhi marroni dal taglio affusolato, quasi felino.
“Pensa un po’, per un’instante avevo quasi creduto che fosti diventata simpatica e altruista”
Ribatté Celeste, con puro odio, calcando ogni parola in modo da sembrare il più sarcastica possibile, prima di uscire velocemente da quel bagno, seguita da Cecilia e il suo esasperante ticchettio di tacchi.
 
“Domani vogliamo andare al mare?”
Chiese d’un tratto Sacha mentre Alessia era intenta a fregarsi alcune patatine fritte dal piatto di lui.
“Io e Celeste ci saremo di sicuro”
Esclamò Marco, guardando intensamente la bionda dagli occhi marroni, che le sedeva di fronte.
Celeste ci fece poco caso, e annuì distrattamente con la testa riprendendo a sorseggiare il suo immenso bicchiere di Coca-cola, che conteneva fin troppa bibita per lei, abituata a berne solo metà sin da quando era una bambina.
“Andiamo anche noi, non è vero cucciolotto?”
Trillò Cecilia, strattonando la manica della t-shirt di Davide, che le sorrise quasi annoiato prima che quest’ultima gli si fiondasse per l’ennesima volta sulle labbra, come un avvoltoio con una carcassa.
La rossa storse lievemente le labbra disgustata, spostando il bicchiere all’indirizzo di Marco.
“Non ne voglio più, la vuoi tu?”
Disse poi distrattamente rivolgendosi al suo ragazzo, che prese il bicchiere con un cenno di consenso, mentre lei le stampava un bacio freddo e bagnato sulla guancia.
Poi si bloccò, incrociando gli occhi di Davide che la guardavano quasi con rabbia, o con angoscia o ancora forse era delusione, quella che aleggiava negli occhi di lui, e fu un attimo, un solo secondo che Celeste si irrigidì di colpo schiaffeggiata dolorosamente da un ricordo.
 
“Davide, non ne voglio più, la vuoi tu?”
Disse una piccola bambina, dell’età di 8 anni, con dei codini rossi e svolazzanti ai lati della testa, sballottando di qua e di là una lattina di Coca-cola riempita a metà.
Il bambino biondo davanti a lei le sorrise, porgendo la mano in avanti aspettando di ricevere la lattina.
Era così bello portare la sua migliore amica a casa dei suoi nonni in Sicilia per un intero mese, giocare con la sabbia e nuotare con lei aiutandola a restare a galla, essendo che Celeste era davvero una frana.
“Da qua”
Rispose Davide, iniziando a sorseggiare direttamente dalla cannuccia, mentre riceveva un bacio freddo e umido, sulla guancia, da quel piccolo ciclone dai capelli rossi.
 
Davide si alzò di scatto, prendendo il cellulare dal tavolo di quell’irritante McDonald’s, tirando la bionda Cecilia per un braccio.
“Allora ci vediamo domani. Sacha mandami un messaggi per l’orario.”
Conciso e autoritario, salutò tutti strattonando ancora il braccio di quella che era forse da un giorno, una settimana o un mese la sua ragazza, non lo ricordava neanche, e la cosa non lo turbava minimamente, Cecilia era solo una distrazione, come lo era sempre stata in tutti quegli anni.
“Devo andare al bagno”
Si lamentò la bionda precariamente in piede sui suoi tacchi rossi, abbinati al vestito striminzito che portava.
Chissà perché ma quella ragazza aveva una strana mania del rosso.
“Ti aspetto fuori, allora”
Disse in modo brusco il biondo, lasciando andare la bionda e avviandosi a passo largo e svelto verso l’uscita.
Come poteva dimenticare Celeste se lei lo mandava su tutte le furie.
Era sempre così, da quando lui era in quarta elementare e lo prendevano in giro perché troppo attaccato a lei, poi lo faceva arrabbiare perché ogni anno che passava lei diventava sempre più bella, più donna.
E come se non bastasse, usava con quella checca di Marco gli stessi atteggiamenti che aveva rivolto sempre e solo a lui quando erano bambini.
Prima per l’ape e ora per la coca-cola.
Inserì la chiave nell’apertura dello sportello di quella panda grigia e usata che gli avevano regalato i suoi per i 18 anni, ma fu fermato da una presa debole e calda sul suo bracciò destro, si girò di scatto trovandosi davanti una chioma color caramello che brillava sommessamente sotto la luce fioca di quei pochi lampioni piazzati qui e là nel parcheggio del fastfood.
“Scusa..”
Sussurrò Celeste, con lo sguardo basso e la voce flebile, e per un secondo un velato sorriso si dipinse sul bellissimo e ben definito volto abbronzato del biondo prima che questo si irrigidisse e le sue labbra si chiudessero in una linea retta e pesante.
“Per che cosa ti stai scusando, Gatto?”
Chiese il biondo, calcando rabbioso sul cognome di lei, sentendo una strana sensazione di disagio dentro, mentre gli occhi di lei si spalancarono sorpresi su di lui.
Era la prima volta che usava il suo cognome in maniera corretta, senza prese in giro ma solo con fastidio.
Celeste fece un passo indietro mentre nelle sue orecchie si divagava il sordo rumore di qualcosa che si rompeva, qualcosa che solo lei sentì seguito subito da una fitta al petto.
“I-Io.. Pensavo che.. Si insomma.. Quando eravamo..”
La rossa cercò di formulare una frase, riuscendo solo a pronunciare qualcosa di sconnesso sotto lo sguardo glaciale del biondo.
“Lasciami in pace, in questo periodo che non ti sei fatta vedere sono stato da Dio”
Disse allora Davide, scontroso e mentendo su tutta la linea. Non voleva che lo lasciasse in pace, e in quel periodo era stato letteralmente di merda, neanche il buon sesso con Cecilia gli faceva più dimenticare lei.
Appena chiudeva gli occhi la vedeva dappertutto, sempre con quel Marco, quello che ora era il suo ragazzo.
Come aveva fatto ad essere così stupido da lasciarla andare, solo perché i suoi amichetti delle elementari lo prendevano in giro? Amici che ormai neanche vedeva più da anni, per intenderci.
“Cioè io non volevo dare a Marco la coca-cola.. Davvero io non vol..”
Sussurrò la rossa, delusa e spezzata dalla frase di lui, quando Davide le prese il polso con forza e la strattonò verso di sé chiudendola tra lo sportello della sua macchina e il suo metro e ottantasei.
“E che volevi allora?”
Chiese il biondo, irritato mentre la gelosia lo divorava dentro, puntando gli occhi azzurri e glaciali sulla ragazza.
Bella domanda, pensò Celeste in un attimo di lucidità, che voleva da lui? Perché l’aveva inseguito approfittando che il tavolo dove erano seduti si trovava dietro ad un muro e quindi fuori dalla visuale del bagno e dell’entrata.
Poi i suoi occhi vagarono distrattamente dagli occhi raggelanti di lui, alle sue labbra ben disegnate e invitanti nonostante fossero chiuse in una linea di disapprovazione.
Mossa dal desiderio intenso che le aveva attanagliato lo stomaco per tutte quelle settimane, mentre baciava il suo ragazzo o faceva l’amore con lui, Celeste alzò la mano sfiorando con i polpastrelli le labbra del biondo.
Erano così soffici, e calde, e invitanti e così ipnotiche..
Così, chissà come si ritrovarono labbra contro labbra, in un bacio colmo di rabbia, rancore, gelosia, aspettative, e voglia.. voglia di appartenersi, di rotolarsi tra le lenzuola a contatto solo con la pelle nuda l’una dell’altro.
La mente dei due si svuotò immediatamente per quel contatto, ne volevano ancora, volevano approfondirlo, e fosse stato per entrambi non avrebbero mai smesso, ma si staccarono immediatamente come sotto effetto di una scossa non appena udirono il ticchettio di tacchi in lontananza.
“Ti aspetterò tra mezz’ora, nella mia stanza, la porta finestra è sempre aperta..”
Sussurrò Davide prima di vedere Celeste nascondersi dietro la macchina vicina e acconsentire col fiato corto.
Aveva il suo sapore tra le labbra, e ancora la sensazione delle sue dita tra i capelli, quando entrò in macchina e la figura di Celeste era completamente scomparsa dall’auto vicina.
La portiera si aprì e la bionda entrò nell’abitacolo, masticando rumorosamente un chewin gum.
“Ti accompagno a casa ora, che domani sicuramente dovremmo svegliarci presto se vuoi andare al mare”
Disse piatto lui mettendo in moto e uscendo dal parcheggio, ignorando completamente la mano di lei che gli lasciava carezze sulla gamba avvolta nei jeans scuri.
“Ma come? Io pensavo..”
Squittì la bionda stizzita, socchiudendo gli occhi in due fessure e guardando truce il biondo, per poi accendere la radio e far partire il CD che gli aveva regalato lei dopo la prima settimana insieme.
Quella macchina da un mese sembrava la cesta dei giochi di una bambina fissata con Hello Kitty e cuori, che a Davide facevano davvero ribrezzo, ma che aveva comunque acconsentito a tenere per non sentire la squillante e gracchiante voce di lei, sul perché non gli piacessero le cose che gli regalava.
 
 
Venti minuti. Venti minuti e di Davide neanche l’ombra.
Si era fatta riaccompagnare a casa da Marco, con la scusa di un mal di testa, in fretta e furia pur di non fare tardi all’incontro con Davide.
Dieci minuti li aveva spesi solamente nel convincere Marco, che il giorno dopo sarebbe stata pronta e in forma per la giornata al mare.
La prima volta che aveva mentito al suo ragazzo, e per cosa? Per ritrovarsi nella stanza da letto del suo vicino ad aspettare costui, che poco prima le aveva donato un bacio così.. così.. non trovava neanche le parole per descriverlo.
La porta della stanza si aprì facendo irrigidire Celeste, seduta sul letto di Davide che pensierosa fissava fuori dalla finestra, osservando il cielo pieno zeppo di stelle.
La porta si chiuse lentamente, seguita da un leggero rumore di chiave nella serratura, poi una mano gentile spostò la chioma caramello su una spalla della ragazza mentre delle labbra calde le lasciavano un bacio sul collo lievemente abbronzato di lei.
“Davide non sono sicura di quel che stiamo per fare..”
Sussurrò Celeste in un sospiro.
Diamine, come avrebbe voluto mettere a tacere il cervello e seguire solamente i voleri del suo corpo, risvegliati dal calore di quelle labbra morbide e piene che quasi mezz’ora prima l’avevano baciata con tanta irruenza e passione da provocarle brividi per tutto il corpo.
“Shh.. Sarà il nostro segreto.. Mio e tuo..”
Rispose allora Davide, spingendola sul letto in modo da intrappolarla sotto il suo corpo.
Era bella con i capelli sparsi sul cuscino, gli occhi liquidi e le labbra schiuse, ancora più bella di quando rideva o di quando in lontananza la vedeva sorridere con Alessia.
Celeste non se lo fece ripetere, e ormai catturata dagli occhi azzurri di lui gli afferrò con forza la maglietta facendolo abbassare velocemente su di lei, chiudendo le distanze con un bacio.
Era passionale, eccitante e così tremendamente perfetto quel gesto.
Gli lascio la maglia ormai spiegazzata, aprendo il palmo di una mano sul petto di lui mentre l’altra saliva sulla sua nuca e le dita incontravano i capelli biondi di lui iniziando a giocarci.
Davide sospirò per quel gesto, così dolce e intimo, un gesto che mai le altre prima di lei avevano fatto, no, loro si limitavano solo a tirargli i capelli gemendo come pazze mentre le portava all’orgasmo.
Fece vagare le mani sui fianchi morbidi di lei alzandole la maglia lentamente, senza mai interrompere quel bacio che per lui era come una boccata di ossigeno, semplice e delicato, che sapeva solo e soltanto di Celeste, non di stupidi lucidalabbra alla ciliegia o alla fragola.
Si staccò lievemente per poi toglierle la maglia lentamente, voleva gustarla centimetro per centimetro, e gliela tolse rivelando un reggiseno che lui già aveva visto.
Un sorriso gli si dipinse sul volto mentre le guancie di lei prendevano un colorito scarlatto, prese il mento della ragazza tra l’indice e il pollice abbassandosi a baciarla con dolcezza.
“Non ridere..”
Sussurrò Celeste in imbarazzo, come mai lo era stata, né con Simone né con Marco, anzi, con loro era stata quasi sempre lei a dare il ritmo.
“Sei tremendamente eccitante, Tigre..”
Sussurrò lui in risposta percorrendole col l’indice una linea dal mento fino a seno, e in un attimo il reggiseno di Celeste sparì come per magia, come la maglia e il jeans di lui.
Si scrutavano entrambi, con occhi languidi e labbra socchiuse, ansimanti per il ritmo che i baci e le carezze avevano preso.
La rossa con un colpo di fianchi ribaltò la situazione trovandosi a cavalcioni su di lui, mentre le sue mani vagavano sul petto di lui fino al bacino dove faceva capolinea l’elastico di boxer neri e bianchi, che poco lasciavano all’immaginazione.
L’eccitazione di entrambi era palpabile, forse ad occhio esterno anche visibile, mentre Celeste si ritrovava senza shorts con le mutandine appiccicate addosso e un piacevole calore tra le gambe, dovuta anche all’erezione di lui premuta contro l’inguine.
Davide abbassò una mano da uno dei seni di lei portandola sulla stoffa bagnate delle sue mutandine prendendo a massaggiarla.
Era così calda, e l’altro suo seno era così morbido, per non parlare dei piacevoli ansiti leggeri che uscivano dalla labbra di lei mentre lui con la lingua si occupava di un suo capezzolo.
Celeste strinse piano le dita tra i capelli di lui, quando quest’ultimo gli scostò le mutandine di lato iniziando a darle attenzioni più approfondite.
“Dav-“
Lo voleva, e voleva dirglielo, glielo avrebbe anche potuto dire se la labbra di lui in quel preciso instante non avessero catturato le sue in un bacio così passionale dal farla venire contra la mano del biondo.
Inarcò la schiena verso di lui sbarrando gli occhi.
Era già venuta, solo con le sue dita e i suoi baci, Davide l’aveva portata al piacere.
“Ti voglio..”
Gemette allora lui, quasi sofferente, con l’erezione che doleva per il troppo desiderio che aveva di lei.
E fu un attimo, che si ritrovarono completamente nudi, con Celeste accaldata appoggiata tra le morbide lenzuola del letto di lui, mentre quest’ultimo velocemente si infilò un preservativo pescato dall’ultimo cassetto del suo comodino.
“Non pensi stiamo sbagliando?..”
Chiese d’un tratto lei, mentre Davide si posizionò sopra la ragazza, tra le sue gambe, con le braccia ai lati del suo corpo per non pesarle.
Se quello era uno sbaglio, allora cercare di dimenticarla cos’era stato?
Pensò lui, mentre un sorriso dolce ma al contempo malizioso e divertito gli si dipinse sulle labbra.
“Siamo solo io e te ora, Tigre.. Nessuno lo verrà mai a sapere, a meno che tu non lo dica a qualcuno..”
sussurrò Davide sulle labbra di lei, per poi chiudere la discussione e penetrarla con un bacio carico di tutto quel che aveva taciuto negli anni.
Celeste chiuse gli occhi gemendo contro le labbra di lui.
“Un segreto?”
Sussurrò in un gemito guardandolo in quegli occhi azzurri così caldi che le stavano mandando in fiamme ogni fibra del suo corpo.
“Il nostro..”
Gemette Davide in risposta, ricambiando lo sguardo di lei, affondando in quegli occhi verde pallido, talmente liquidi dal poterci nuotare dentro, talmente liquidi e perfetti che il biondo non desiderò altro che affogarci.







  Angolo autrice

Salve, ecco il sesto capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Beh, allora cosa ne pensate? Troppo dolce? Troppo incasinato? Troppo perfetto?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
E voglio ringraziare anche Giorgia che oltre a recensire ogni capitolo di questa storia, mi ha anche consigliato la trilogia di 50 sfumature.
A presto, e baci al cioccolato bianco.
                                 

                                                  Rossella


 

 

Sono orgogliosa di presentarvi la mia pagina ufficiale, su Facebook! Ci saranno notizie e molto altro sulla storia, potrete mandarmi messaggi di posta e risponderò ad ogni vostra domanda, ecco il link:

La mente contorta di Minteyer




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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ok, ora potete ammazzarmi, sono troppo pervertita con sti due, tanto da fargli fare atti punibili dalla legge.

 

                         Capitolo 7




 

“Sveglia!”
Si sentì incitare Celeste, da una voce profonda e pimpante, che decise di ignorare girandosi dall’altra parte infilando la rossa chioma sotto al cuscino in modo da attutire quel suono.
“Altri cinque minuti mamma…”.
Bofonchiò, ad occhi chiusi, cercando di trattenere il cuscino che le stavano provando a sfilare di mano.
“Avanti Tigre, non farti pregare, dobbiamo o no raggiungere gli altri al mare?”
Rise Davide rubando finalmente quel cuscino a Celeste, colpendola su un fianco con quest’ultimo facendola alzare di scatto e quasi cadere dal suo letto ad una piazza e mezza.
La ragazza spalancò i pallidi occhi verdi, ritrovandosi davanti il biondo solamente in un misero costume modello boxer, di un verde militare e aderente.
Certo, un risveglio così non era di certo male, ma era un attentato bello e buono alle povere ovaie della ragazza e di chiunque se lo sarebbe ritrovato avanti in quel modo.
Celeste inghiottì la saliva che rischiava di uscire a cascate dalla sua bocca, diamine, era bello ma ci voleva un po’ di contegno.
Non ricordava cosa ci faceva lei in quella stanza dalle pareti bianche quasi spoglie, decorate solo da qualche poster dei Coldplay e da qualche foto di quando Davide non era nient’altro che un bambino.
Poi all’improvviso la sua mente fu inondata dai ricordi della sera prima, a partire dal cinema a quello che era successo proprio lì in quella stanza, sul letto di Davide, fra le lenzuola che ancora profumavano di entrambi.
“Ohi, allora? Che fai non vieni? Il tuo cellulare squilla già da un quarto d’ora, mi sono trattenuto dal rispondere perché è Marchecca ti sta chiamando”
Sbuffò il biondo irritato, non notando nessuna reazione dall’indirizzo di Celeste, avvicinandosi alla sedia e afferrando dei jeans chiari che infilò velocemente.
La rossa si mosse come scottata da quella reazione e afferrò il proprio cellulare da terra, un iPhone 5 bianco, un regalo di natale dei suoi per non aver dato nessun tipo di problema scolastico.
Sullo sfondo di quest’ultimo c’erano 5 chiamate perse, tutte da parte di quello che da tre mesi era ormai il suo ragazzo, più un messaggio sempre di quest’ultimo che le diceva che sarebbe passato a prenderla alle otto in punto.
Guardò la sveglia sul comodino del biondo e quasi urlo nel constatare che erano le otto e dieci.
“Cosa cazzo ti costava svegliarmi prima?!”
Urlò Celeste avvicinandosi in fretta e furia alla portafinestra della camera di lui, per scavalcare il piccolo muretto che divideva la sua sottospecie terrazza da quella di lui.
“Vuoi uscire di qui nuda, Tigre? Non ti facevo un’esibizionista, ma questo tuo lato potrebbe anche piacermi..”
Sussurrò trattenendosi dalle risate, il biondo, mentre afferrava e lanciava i vestiti a Celeste, fermatasi di colpo e rossa in viso.

 

 “Ti vedo così rilassata oggi, hai dormito bene?”
Chiese Alessia all’amica, stendendosi su una delle sdraio del lido dove fortunatamente avevano trovato della cabine libere.
“Benissimo..”
Rispose Celeste astiosa guardando le curve mozzafiato di Cecilia avvolte in un costume rosso acceso e spiaccicate sul fisico statuario di Davide mentre cercava di giocare a palla con Sacha e Marco.
Erano tutti infilati in acqua fin sopra il bacino, che ridevano e si divertivano, tranne forse Davide che cercava in tutti i modi di scollarsi la bionda riccia di dosso mentre cercava di prendere decentemente la palla lanciatagli o da quel bastardo di Marco o dal suo amico Sacha.
“Cecilia perché non vai a prendere anche tu il sole, neh?”
Chiese estremamente annoiato dalle attenzioni della sua ragazza, mentre fissava gli occhi su una delle due ragazze che prendevano bellamente il sole ricoperte interamente d’olio abbronzante.
Vide Alessia alzarsi lentamente per poi andare incontro al moro Sacha e, nonostante quest’ultimo fosse tutto bagnato, abbracciarlo o per meglio dire saltargli addosso in puro stile Koala.
“Ma dai cucciolotto, non dirmi che il mio costume non ti fa nessun effetto”
Trillò offesa Cecilia, guardando male Davide e storcendo le labbra per non aver ricevuto da lui nessuna attenzione. In tutte quelle ore che erano stati lì, aveva ricevuto solo attenzioni da quel Marco, quel ragazzo fin troppo bello per stare con una come quell’arrogante rossa naturale.
Ora che ricordava meglio, quel ragazzo castano le andava dietro già da quando lei era entrata alle medie, anzi ora che ricordava meglio forse c’era anche finita a letto con lui, ma non ne era neanche così sicura, in fondo dopo la morte di suo fratello quanti ragazzi si era portata a letto cercando di non pensare alla perdita di Giovanni?
Guardò ancora una volta quello che era il suo ragazzo, e che ancora non lo degnava di uno sguardo.
“Che stronzo che sei!”
Gli urlò in faccia graffiandogli un braccio con le unghie perfettamente laccate di rosso, prima di uscire dall’acqua con passo felpato e sculettando come una dannata.
Davide accusò il colpo stringendo i denti innervosito da quella reazione.
Che puttana!
Si guardò il braccio insistentemente, gli piaceva essere graffiato, ma mentre dava piacere, non di certo per pura ripicca.
Uscì dall’acqua con un umore più nero che mai.
Era incazzato per quella fastidiosa ragazza che si trovava, per le sue continue attenzioni, e per le attenzioni che Marco rivolgeva a Celeste, alla sua Celeste, che con quel costume verde acqua non faceva altro che mettere in mostra la sua pelle morbida e la sua quarta ben piazzata.
Se fosse stato lui il suo ragazzo, gli avrebbe fatto indossare un burqa o un qualcosa del genere.
Ora guardava ricolmo di rabbia la lingua di Marco in esplorazione del palato di lei.
E pensare che appena toccata la sabbia Celeste era ritornata quella di sempre, certo, anche lui era ritornato indifferente nei suoi confronti ma l’indifferenza di Celeste gli dava sui nervi, come non mai prima d’ora.
Incenerì con lo sguardo il bruno non appena questo alzò gli occhi su di lui con uno strano sorriso in volto, sembra il sorriso di un vincente, di qualcuno che aveva raggiunto il suo scopo.
“Vado a prendere qualcosa da bare al bar..”
Comunicò incerta Celeste alzandosi, e tenendo gli occhi fissi sulla sua migliore amica che era in braccio a Sacha e parlottavano dei gusti musicali, a detta di Alessia impossibili, di lui.
Possibile che ogni volta che c’era Davide, Marco la baciava come quando erano intenti a fare l’amore a casa sua, possibile che ogni volta che Davide era vicino Marco l’attirava a sé come dimostrazione di possesso, ricevendo un’occhiataccia dall’indirizzo del biondo, possibile che dopo una sola notte con Davide, Marco avesse già capito cosa entrambi nascondevano?
Era impossibile, si era controllata più e più volte allo specchio prima di scendere, sicura di non avere segni o cose del genere sulla pelle, eppure perché Marco si comportava così diverso dal solito in presenza di Davide, così come anche in presenza di Cecilia diventava improvvisamente intrattabile, freddo e distaccato.
Si avvicinò alla scala in legno del bar sovrappensiero, per poi scenderla lentamente dopo aver comprato una Dreher lemon, quando venne improvvisamente trascinata per un polso sotto il soppalco del bar, in cui vi erano appostati diversi pedalò all’ombra, in attesa di essere usati.
Si trattenne dall’urlare per lo spavento grazie anche alla mano che aveva ben premuta sulla bocca, per poi essere spinta con dolcezza con una delle travi, che mantenevano il pavimento del bar, nella parte più nascosta e all’ombra.
“Davide?”
Chiese Celeste un po’ stupita e ancora con le gambe lievemente tremanti per lo spavento.
“Marco non ce lo vedo per te..”
Sbottò il biondo, mentre la gelosia rendeva più aspra e più difficile ogni parola che pronunciava, guardò gli occhi di Celeste colmi di stupore e velati di una leggera paura.
“Non ti stupro mica eh.. Dopotutto saresti consenziente..”
Sussurrò in modo divertito e provocatorio, cambiando totalmente tono, vedendola abbassare lo sguardo rossa in viso.
Le prese il mento tra le dita immerso negli occhi verde pallido di lei, mentre la rossa si perdeva tra le pozze azzurro cielo di lui.
Erano come in un universo a parte, solo loro due e nessun altro, neanche più il rumore del mare o dei gabbiani che stridevano volteggiando in cielo.
E come era successo anche prima, quella poca distanza tra loro fu messa a tacere da un bacio, un bacio che a detta di Celeste, non aveva nulla a che vedere con i baci di Marco, non avevano lo stesso sapore dolce né lo stesso aroma di tabacco, non che le Marlboro rosse di Davide avevano un qualcosa di speciale, anzi forse era lo stesso Davide a dare un sapore così unico ed indimenticabile, forse era proprio lui ad avere quello stesso sapore.
Celeste sospirò sulle morbide labbra di lui sentendo una mano del biondo risalirle lungo il fianco destro, era così calda e così rilassante quella carezza.
Davide le tirò un labbro sentendo la pelle morbida di lei sotto le dita, saggiando centimetro per centimetro quella morbidezza e quel contatto, era così calda la sua pelle e così profumata, pensò mentre prese a sfiorarle il collo con le labbra lasciando una scia di piccoli baci sul collo fino alla sua spalla.
Lui la voleva, e lei voleva lui, si desideravano entrambi senza pensieri esterni, senza neanche che le loro menti sfiorassero l’idea di essere scoperti dai propri amici o addirittura essere citati in un tribunale per atti osceni in luogo pubblico.
La rossa circondo con le braccia il collo del biondo, che riprese a baciarla come se solo con quel contatto potesse respirare, ed era così bella quella sensazione, così come quel bacio era superbo per entrambi, un contatto che avrebbero smesso ben poco volentieri.
Le morbide labbra carnose di Celeste si curvarono in un sorriso malizioso non appena sentirono premuta sulla gamba l’erezione del biondo.
“Non ti sai più trattenere?..”
Chiese sussurrando divertita mentre prendeva a giocare con i morbidi capelli di lui tra le dita.
“Mi sono trattenuto anche fin troppo..”
Sospirò Davide chiudendo gli occhi, gustandosi beatamente le carezze e le labbra della rossa.
Fece risalire le mani dai fianchi di Celeste fino a sotto il pezzo di sopra, di quel costume che tanto l’aveva tentato in quelle ore in spiaggia, afferrandole delicatamente un seno iniziando a plasmarlo nella sua mano sentendo la pelle d’oca della ragazza al tatto.
Celeste gli mordicchiò lievemente il labbro inferiore prendendo già ad ansimare sulle sue labbra, per quella strana sensazione al basso ventre, che già la sera prima l’aveva attanagliata in una morsa.
Era corretto stare li ad ansimare sotto le mani di colui che prima aveva odiato e che ancor prima era stato il suo migliore amico, era corretto cedersi così a chi l’aveva presa in giro per tutti quegli anni e che ora le stava facendo tradire il suo ragazzo in quel modo, in un luogo in cui facilmente tutti sarebbero potuti arrivare, da cui facilmente tutti avrebbero potuto sentire i suoi gemiti se avessero continuato?
Ma certo che era giusto, per lei era corretto stare sotto quelle mani, godersi quell’attenzione e quei baci.
“Niente segni Davide..”
Lo ammonì poi, ricordandosi del segreto che avevano stabilito la notte precedente.
“Non preoccuparti Tigre..”
Sospirò lui prendendo nuovamente a baciarle il collo, aggiungendo anche l’altra mano sotto il pezzo di sopra verde acqua di lei.
A quel punto le mani di Celeste presero a vagare per tutto il petto del biondo, fino ad arrivare inconsciamente all’elastico del suo costume ed infilarsi dentro, e questa era una cosa che non aveva mai fatto, dare piacere con le mani ad un ragazzo, e non ci riuscì neanche quella volta dato che al minimo sfioramento Davide si era allontanato di poco con il costume abbassato totalmente, stringendo un qualcosa in una mano che prima aveva afferrato al volo dalla tasca del suo costume verde militare.
“Oddio, ma non dirmi che tu anche al mare vai girando con un preservativo?”
Scoppiò a ridere Celeste gustandosi centimetro per centimetro, parecchi centimetri, il corpo che aveva davanti, mordendosi il labbro inferiore.
Voleva parlare proprio lei che si sentiva già bagnata ed era appoggiata ad un palo di legno conficcato nella sabbia morbida, in un punto nascosto e con il pezzo di sopra del costume alzato in modo da mostrare tutta la mercanzia al biondo che le era davanti?
Sul bel viso di Davide si stampò un sorriso giocoso e malizioso al tempo stesso.
Aveva fatto bene a seguirla con la scusa di una bottiglia d’acqua, lasciando gli altri immersi in quella noiosa partita a carte, appena iniziata.
“Sei bellissima quando ridi, ma sei ancora più bella quando sei nuda.. Sotto di me, s’intende..”
Sussurrò roco lui facendole allacciare le lunghe gambe intorno al suo bacino, dopo essersi messo il preservativo velocemente.
Era così calda e bagnata, tanto da eccitarlo in modo doloroso.
Le spostò gli slip di lato mentre incastrato in un bacio passionale e avido di desiderio, per poi penetrarla e racchiuderle le labbra in un bacio dolce per non fare troppi rumori al di sotto di quella specie di parcheggio per pedalò.
Ringraziò mentalmente più volte i proprietari di quel lido e il mazzo di carte che i loro amici stavano usando per intrattenersi.
A nessuno dei due importava di quanto tempo fosse passato, a nessuno importava più di nulla ormai, si beavano solo del corpo morbido dell’una su quello alto e ben fatto di lui.
Non c’erano spiegazioni per quei brividi che Celeste provava in ogni gemito spento sulle labbra di Davide.
Nessuno dei due ragazzi con cui era mai stata a letto, era riuscito a darle quelle sensazioni.
E finirono così col cedere entrambi in un amplesso, soffocando anche l’ultimo gemito tra le loro labbra, terminando un bacio che forse era durato fin troppo e che aveva reso le loro labbra rosse e dolenti.
“Dobbiamo andare..”
Cercò di dire decentemente Davide, rimettendola in piedi sulla sabbia e rialzandosi i boxer del costume velocemente prima di aiutare lei con il suo due pezzi.
“Vado prima io..”
Ansimò Celeste alla ricerca di ossigeno, avviandosi verso le scale di quel bar, dopo aver ricevuto una lieve pacca sul sedere dal biondo in segno di affermazione.
Si sentiva così accaldata, e strana, nonché imbarazzata.
Che avrebbe detto agli altri quando sarebbe ritornata sotto l’ombrellone? E che fine aveva fatto la bottiglia di quella birra quasi analcolica che aveva tra le mani?
“Cel, ma dove cazzo eri finita?”
L’accolse Alessia con un sorriso a trentadue denti, falso come una moneta da tre euro, trovandosela davanti prima che la rossa raggiungesse gli altri che giocavano a carte, prima di prenderla per mano e trascinarla nella cabina che lei e Sacha avevano preso.
“Dove andiamo?”
Chiese stralunata Celeste, seguendo la bionda con i piedi che le scottavano per la sabbia bollente.
“Ad aggiustarti quei capelli post orgasmo e a pensare ad una buona scusa da rifilare al tuo ragazzo prima che quest'ultimo ti veda, e vedi di non rifilare scuse anche a me, potrò sembrare stupida ma ci vedo benissimo a differenza tua”
Sbottò la bionda e piatta Alessia, spingendo e sequestrando definitivamente, la rossa e sbigottita Celeste, in quei due metri quadri di legno, che la gente comunemente definiva cabine.

 






  Angolo autrice

Salve, ecco il settimo capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Beh, allora cosa ne pensate? Troppo dolce? Troppo incasinato? Troppo perfetto?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
E voglio ringraziare ancora una volta Giorgia che oltre a recensire ogni capitolo di questa storia, a sorbirsi le mie solfe per e-mail e a contattarmi di sua spontanea volontà, anche per correggere i miei orribili obbrobri grammaticali.
A presto, e baci al cioccolato bianco.
                                 

                                                  Rossella


 

 

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La mente contorta di Minteyer




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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ok, capitolo noioso e di passaggio ma ci voleva un po' di lagna.

 

                         Capitolo 8




 

“Smettila con quel cazzo di ChupaChups e dimmi tutto, porco pulcino!”
Sbottò Alessia infastidita, sedendosi sul muretto del parco a gambe incrociate.
Erano lì da mezz’ora, uscite con la scusa di una serata per sole donne, Celeste mordicchiava insistentemente il leccalecca alla fragola sperando che questo non finisse mai, mentre la bionda la fissava in modo accigliato e leggermente preoccupato.
La rossa morse forte il ChupaChups, a quelle parole, finendolo per rompere in mille pezzettini al sapore dolce di fragola.
Cosa avrebbe dovuto dirle? Che stava tradendo Marco con Davide?
Tradire.. Lei stava davvero tradendo il suo ragazzo, e con chi? Con quello che per nove anni era stato il suo tormento personale.
Ingoiò gli ultimi frammenti che aveva in bocca, sentendo il gusto amaro e insolito di una bugia che premeva d’uscire.
“Non è successo nulla di particolare, davvero Ale..”
Sussurrò buttando la stecca del leccalecca, facendo pieno centro in un cestino lì vicino.
“Ah si? E come me li spieghi i tuoi capelli di stamattina e quel succhiotto che hai proprio qui e stai cercando di nascondere con quella sciarpa in pieno Luglio?”
Alzò lievemente la voce la bionda mentre con l’indice si indicava un punto ben preciso appena al disotto dell’orecchio quasi verso l’attaccatura dei capelli.
Celeste sobbalzò coprendosi con la mano il punto appena indicato, mentre un gruppetto di ragazzini probabilmente delle scuole medie, fissava la scena da lontano.
“Ok.. Ok.. E’ complicato però da spiegare..”
Sussurrò la rossa abbassando lo sguardo sulle ballerine nere, che chissà per quale insolito motivo, in quel momento erano la cosa più interessante mai vista prima.
“Dimmi almeno con chi stai tradendo Marco, cioè io già lo sapevo che non era fatto per te, ma a questo punto perché non lo lasci?”
Suggerì la bionda accingendosi a scovare tabacco, cartine e filtri nella borsetta nera a tracolla che portava ogni qualvolta usciva di casa.
La rossa prese un lungo e approfondito respiro alzando gli occhi verso il cielo notturno delle ventidue e dieci di quel giovedì sera.
Doveva davvero dirlo? Un altro peso gli si poggiava sulle spalle con quella confessione.
Oltre al suo ragazzo, ora stava per tradire anche il segreto che aveva con il suo Davide, ehm.. cioè con Davide e basta.
“Devo proprio dirlo?”
Chiese affranta puntando uno sguardo da cucciolo indifeso sulla sua migliore amica intenta a fabbricarsi in malo modo una sigaretta.
Alessia la guardò con il filtro tra le labbra, stringendo quest’ultime in una linea dura che non ammetteva repliche, per poi riabbassare di nuovo lo sguardo su quello che stava facendo.
“Davide..”
Sussurrò impercettibilmente Celeste, tanto dal non sentirsi neanche lei, ma quello fu un sussurro che purtroppo la bionda capì essendo che subito dopo un urlo stupito partì dal suo indirizzo, raccogliendo l’attenzione di tutti quelli che si trovavano  nei paraggi.
 
“E’ vero quel che si dice? Davvero scopa da dio?”
“SIMONE!”
Lo riprese Alessia, infilandogli un biscotto al cioccolato in bocca.
“Che ho detto?”
Chiese quest’ultimo masticando il biscotto, in modo scocciato ma con gli occhi marroni puntato sulle ragazze che aveva di fronte.
Celeste osservò stupefatta la scena, in estremo imbarazzo mentre un lieve sorriso si dipingeva sul suo volto e le guancie le si dipingevano di un rosso acceso.
Come era a letto Davide? Beh, si quelle voci avevano ragione, il biondo sembrava davvero un dio, era così estremamente appagante rotolarsi tra le lenzuola con lui, insomma era perfetto, solo che quella sensazione che ora lei provava, l’avevano saggiata già molte altre prima di lei.
Una forte morsa le colpì lo stomaco, talmente forte che le fece mancare l’aria.
Perché si sentiva così ogni volta che pensava a Davide che prestava attenzione a qualche altra invece che a lei.
Senza neanche saperlo ogni volta che vedeva Davide e Cecilia insieme, la gelosia corrodeva un pezzo di lei.
“Oh, ma quella non è Toscano?”
Disse d’un tratto Simone puntando lo sguardo fuori dalla vetrina del bar in cui erano.
Sia Celeste che Alessia si voltarono di scatto verso la direzione che indicava il moro con lo sguardo, un solo pensiero travolse tutti e tre.
Cosa diamine ci faceva Cecilia vestita da cameriera con il nome del bar vicino stampato dietro sulla maglietta, i capelli raccolti in una coda riccia e ribelle, con un grembiulino rosso allacciato in vita, e soprattutto mentre dava un bacio veloce sulle labbra di un ragazzo alto, castano e dagli occhi verdi che Celeste conosceva benissimo, vestito allo stesso modo della bionda dalle curve esplosive.
Sapeva che in quel bar lavorava lui, che era di proprietà dello zio del bruno, ma mai avrebbe pensato di trovarci anche lei ora, insomma tutte le volte che era andata a trovarlo a lavoro in quei tre mesi, lei non c’era mai stata.
Insomma, cosa ci faceva ora la ragazza di Davide con Marco?
“Oh cazzo!”
Esclamò Celeste, sentendo una specie di lieve fitta dentro, sorpresa dal fatto che vedere il suo ragazzo tradirla proprio davanti ai suoi occhi non le facesse male quanto Davide che baciava la stessa bionda che ora era intenta a prendere l’ordinazione ad un tavolo del bar accanto.
Si alzò di scatto facendo cascare la sedia sulla quale era seduta.
Era così strano vedersi tradire così, sotto i propri occhi, ma davvero non se lo aspettava?
Abbassò lo sguardo verso i suoi due migliori amici che la guardavano preoccupati, con dolcezza, e con un pizzico di ‘te l’avevamo detto che non faceva per te’.
Non che poi lei meritasse di avere un ragazzo se poi era andata a letto col suo vicino di casa, e amico di infanzia, proprio mentre stavano insieme.
“Signorina, sta bene? Questo è suo?”
Le chiese improvvisamente un ragazzo sui 21 anni, dai capelli leggermente scompigliati di un morbido castano chiaro, e dagli occhi verdi che brillavano come due smeraldi.
“Ah.. Si, grazie mille”
Sussurrò prendendo il portafogli che il tizio le porgeva, iniziando a scusarsi per il fastidio.
Bene, andava a letto col suo vicino, il suo ragazza la tradiva con la ragazza del primo e ora i suoi ormoni si risvegliavano solamente per aver visto un bel ragazzo come quello.
“Cel, noi andiamo che mia madre vuole che badi ad Andrea”
Se ne uscì bella come il sole Alessia, tirando via per un braccio Simone che bellamente sbavava sul ragazzo che aveva raccolto gentilmente il portafoglio caduto di Celeste.
“Cel? Sei per caso un personaggio di Dragonball?”  
Scoppiò a ridere il ragazzo dagli splendidi occhi verdi, puntando le iridi smeraldine sulla rossa, palesemente imbarazzata, ma anche irritata lievemente per quella stupida risposta.
“No, mi chiamo Celeste”
Rispose inacidita, mentre l’imbarazzo spariva dal suo viso.
“Luca”
Rispose il ragazzo puntando poi gli occhi all’infuori del bar, oltre la vetrina, per poi indicare Marco con l’indice della mano destra.
“Quello è il tuo ragazzo? Quello che stai tradendo con un certo Davide?”
Chiese poi Luca facendo sobbalzare e irrigidire Celeste.
Come cazzo le sapeva quelle cose? Mio Dio, ma era mai possibile che tutti ora si incentrassero sulla sua vita sessuale/amorosa?
Anche sua madre quella mattina aveva iniziato a farle domande, riempiendole la testa di paragoni tra Davide e Marco, sì, sua madre non vedeva proprio di buon occhio Marco, anche se era davvero un bravo ragazzo, neanche suo padre era dalla parte di Marco, tutti dalla parte di Davide, come lo erano anche Alessia e Simone appena saputo l’accaduto.
Abbassò lo sguardo pensierosa.
“So che non bisognerebbe origliare, ma il tuo amico era così carino, poi spero davvero che questo Davide di cui parlavate sia davvero molto più carino di quel tizio che sta divorando l’anima alla biondina esplosiva!”
le sussurrò all’orecchio per poi sorriderle sornione.
Carino? Ma chi? Simone?
 
“E quindi tu e questo Davide siete amici d’infanzia, vi siete odiati fino ad ora fin quando non siete finiti a letto, ora hai scoperto che il tuo ragazzo da ormai tre lunghi mesi ti sta tradendo con la ragazza di Davide e tutto questo è successo in neanche quattro giorni? Ma siamo in un film o cosa?”
Sbottò Luca ridendo, guardando Celeste storcere le labbra infastidita.
Lo aveva conosciuto da neanche un’ora e già gli aveva raccontato tutto, forse stava impazzendo, già sicuramente il suo cervello era partito per le Hawaii ad inizio luglio e non l’aveva avvertita.
“Secondo te cosa dovrei fare?”
Chiese poi, puntando i pallidi occhi verdi sul ragazzo che le stava seduto di fianco sulla panchina di quel piccolo parco.
“Secondo me? Mh.. Forse dovresti scoprire un po’ di più su quei due, cioè Marco e Cecilia, poi magari lasciare il castano per questo Davide che non ho ancora visto ma spero vivamente mi farai conoscere ben presto”
Rispose Luca accavallando le gambe in un gesto fluido e morbido.
Perché tutti i ragazzi che mi prestano attenzioni sono complicati o sono bisex? Si chiese la rossa, osservando con aria critica il ragazzo con cui parlava da più di un’ora ormai.
“Ma non hai detto che Simone era carino? Mi hai chiesto anche di fartelo conoscere!”
Sbottò Celeste, infastidita dalle parole del ragazzo.
Andava bene fargli conoscere Simone o chiunque altro sulla faccia della terra, ma non Davide, non il suo Davide.
“Beh, gelosa? Ok, se non me lo vuoi far conoscere per lo meno descrivimelo no?”
Rispose allora il ventunenne in una fragorosa risata.
Si, d’altronde era simpatico, molto socievole, forse anche fin troppo, ed era facile parlare con lui, le veniva naturale.
Insomma, si era fidata di un perfetto sconosciuto raccontandogli tutto quello che aveva sperimentato in quei giorni e della sua relazione con Simone, di Alessia, di Sacha, dei suoi genitori, insomma di tutta la sua vita, e lui l’aveva ascoltata pazientemente rifilandole ogni tanto qualche battutina per la sua vita che somigliava davvero a quella di un film per ragazzine.
Ma se quello era davvero un film e lei era la protagonista di tutto quel casino, quando arrivava la paura caffè? E dove diavolo era il suo cappuccino con cornetto al cioccolato annesso?
Che poi ora Luca voleva che le descrivesse Davide.. Ma cosa avrebbe dovuto dirgli?
Tutto quello che pensava di lui, forse.
“Beh, Davide è biondo, alto quanto te più o meno, con un fisico scolpito ma non troppo e degli occhi così azzurri da sembrare frammenti di cielo, insomma ti ci perdi dentro, è come se vedendo quegli occhi poi vorresti solo annegarci dentro, poi ha delle labbra così morbide e un profumo così buono..”
“Ne sei innamorata”
Constatò Luca interrompendo la sua descrizione.
“C-Cosa?”
Rispose Celeste iniziando a tossire per il pericolo scampato di soffocarsi con la sua stessa saliva.
“Ti brillano gli occhi mentre ne parli, sai?”
Lei innamorata di Davide? Davvero lo era?
Ma se lo aveva sempre odiato per tutti quegli anni in cui l’aveva presa in giro.

(Leggete da qui in poi magari con questa in sottofondo http://www.youtube.com/watch?v=vxq-MxltLt8)
Poi un ricordo le intrappolò la mente.
Lei non l’aveva mai odiato, era solo stata costretta da sé stessa a farlo, forse per tutto quello che aveva patito vedendo Davide comportarsi con lei in alcune occasioni, come quella volta che erano alle medie ed era il giorno di San Valentino.
Quell’anno Celeste smise definitivamente di cercare di far tornare la loro amicizia come era una volta, prendendo ad ignorarlo, anche quando la prendeva in giro o le dava fastidio.

Tornò a casa accompagnata da Luca ed il suo motorino, salì le scale in fretta e furia fino al quinto piano, senza neanche prendere l’ascensore, dopo aver dato il suo numero al ragazzo.
Dopo le fatidiche parole del suo nuovo amico, aveva dimenticato tutto come sotto effetto di una magia.
Aveva dimenticato i tre mesi passati con Marco, ormai sicura di poterlo etichettare sotto il nome di ex, aveva dimenticato anche Cecilia, quell'insopportabile oca bionda.
Insomma aveva dimenticato tutto, tranne quello che ora sperava di trovare, con grande ansia e una morsa che le attanagliava lo stomaco e la mente.
Aprì la porta di casa sua e si precipitò nella sua stanza, chiuse la porta della sua camera e tirò una scatola vecchia e glitterata da sotto il letto, da cui estrasse un vecchio diario delle WITCH, con le pagine leggermente ingiallite dagli anni.
Lo aprì lentamente sedendosi sul letto, mentre il gatto le si appollaiava sulle gambe riempiendola di fusa.
“Non ora Oliver”
Sussurrò la ragazza sfogliando le pagine del suo vecchio diario mentre cercava un appunto in particolare.
Una lacrima le sfuggì quando iniziò a leggere quello che aveva scritto a dodici anni.
 
 

14/02/2008

 
Caro diario,
Oggi Davide mi ha tirato le trecce che mamma mi aveva fatto, davanti a tutti i suoi amici che ridevano e iniziavano a prendermi in giro, solo perché come ogni anno gli ho nascosto un pezzo di cioccolato bianco sotto al banco, e loro lo hanno scoperto.
Ho pianto fino ad ora, come può Davide farmi questo? Una volta eravamo amici, era tutto per me, gli ho sempre dato la cioccolata a San Valentino, ricordo ancora il suo sorriso quando la riceveva.
Ma da qualche anno è cambiato, ed io ci sto male.
Credo che neanche gli piaccia più il cioccolato bianco, eppure lo mangiavamo ogni San Valentino, insieme a ridere mentre facevamo le facce disgustate quando i nostri genitori uscivano per fare le loro cenette romantiche.
Possibile che non lo ricorda più?
Eppure sono passati solo 3 anni dall’ultima volta che l’abbiamo fatto.
La testa mi fa ancora male per tutte le ore che ho passato a piangere, si è preso anche un elastico che manteneva una delle trecce senza ridarmelo.
E come sempre io ho urlato il suo nome mentre mi tirava le trecce, ma come faccio ad aspettare che venga a salvarmi come aveva promesso, se è proprio lui quello che mi fa male?
Io gli voglio ancora bene, come faccio a farmi rivolere bene anche da lui?
Dovrei comportarmi anche io così con lui?
Non riesco ad odiarlo però, ogni notte lo sogno, ieri ad esempio ho sognato quella volta che si è intrufolato nella mia camera dalla finestra e siamo rimasti a guardare le stelle e a giocare con Oliver tutta la notte.
Fino all’alba quando poi è tornato nella sua camera con la promessa che anche se le stelle sarebbero svanite mi avrebbe sempre voluto bene.
Ma ora che fine ha fatto quel Davide?
Mi manca il modo in cui eravamo amici, come ci volevamo bene.
Mi manca il mio Davide."

 






      Angolo autrice     

Salve, ecco l'ottavo capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Beh, allora cosa ne pensate? Troppo dolce? Troppo incasinato? Troppo perfetto?
Spero tanto di avere risultati positivi, così da postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
E voglio specificare che questo capitolo contorto, noioso e fin troppo sentimentale ci voleva o quella testona di Celeste non ci sarebbe mai arrivata.
A presto, e baci al cioccolato bianco.
                                 

                                                  Rossella


 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ok, capitolo forse noioso e troppo poco sentimentale? A volte divento apatica e a volte fin troppo romantica, ma credo ve ne siate accorti.
Non ammazzatemi per il nuovo personaggio, per farmi perdonare vi ho lasciato un regalino a fine capitolo :3

 


                         Capitolo 9




 

“Penso che dovresti passare più tempo con Davide”
Disse Raffaella, la madre di Celeste, mentre osservava la figlia distesa a perdere tempo sul divano, dalla porta della cucina e apriva il forno che conteneva i suoi speciali biscotti al cioccolato.
Oh, mamma tu non sai quanto tempo passo con lui ogni sera, pensò la rossa, sgranocchiando l’ennesima patatina mentre era intenta a gustarsi ogni minuto del suo film preferito, Letters to Juliet.
“Non basta ogni volta che lo incontro per l’ascensore?”
Rispose allora alla madre senza mostrare alcuna emozione, come aveva sempre fatto in tutti quegli anni.
Non avrebbe di certo retto sua madre mentre le stava col fiato sul collo, intenta a spingerla tra le braccia del biondo, soprattutto ora che si era lasciata con Marco.
Era passata una settimana da quando lo stesso Marco si era presentato davanti alla sua porta, con la faccia sbiancata e pauroso di chissà quale reazione da parte di Celeste, e rimase sorpreso quando quest’ultima dopo un lungo ed estenuante monologo su quanto lei fosse perfetta come ragazza e bla bla bla, lei aveva risposto con un semplice ok, chiedendogli addirittura di restare amici.
Anche Cecilia e Davide si erano lasciati, con grande sollievo di Celeste, e dopo neanche una settimana Marco e Cecilia avevano preso a camminare mano nella mano, inseparabili, neanche fossero stati immersi nella colla.
Era un po’ giù di morale per questo, era vero, ma da quando aveva ripreso a leggere il suo diario non faceva altro che pensare a lui, a tutte le volte che l’aveva fatta piangere e a tutte le volte che da bambina l’aveva fatta sorridere.
Ed era così complicato andarci a letto e non potergli dire chiaramente quello che teneva nascosto da anni anche a sé stessa.
Si alzò dal divano avvicinandosi lentamente e con passo furtivo al piatto di biscotti fumanti che sua madre aveva abbandonato sul tavolo e che donavano all’ambiente un intenso profumo di cioccolato, allungò la mano per rubarne uno quando sua madre la fulminò con lo sguardo facendo un lieve segno di negazione con l’indice della mano destra.
“E’ sabato sera, perché non vai a farti un po’ bella per uscire?.. E’ brutto per una ragazzina della tua età stare rinchiusa in casa, soprattutto dopo una rottura amorosa, e a guardare insulsi film romantici su fatti che non potranno mai accadere”
La madre prese il telecomando e in un attimo la tv si spense sulla scena di Amanda Seyfriend, nei panni della protagonista Sophie, che piangeva dopo che Charlie l’aveva attaccata all’ennesimo tentativo fallito nella ricerca del fantomatico fidanzato della nonna.
“Avanti mamma! Dammi il telecomando”
Si lamentò Celeste mentre la donna tornava in cucina stringendo il telecomando saldamente tra le dita, dove sarebbe potuta andare se tutti quella sera erano già fuori con i rispettivi ragazzi?
Eh già, Alessia come al solito con Sacha, e Simone aveva la sua prima uscita con Luca, cosa che Celeste stessa aveva organizzato dal giorno dopo l’incontro col bel universitario.
“Sono tua madre, e so cosa è meglio per te, quindi ora fila a vestirti che Davide sarà qui fra poco”
Cosa? No aspetta, riavvolgiamo tutto e riflettiamo.
Perché Davide doveva arrivare fra poco?
Poi la lampadina si accese, facendo sbiancare Celeste del tutto.
“Non di nuovo un’altra cena.. Mamma, ti prego, dimmi che tu e la signora Chiara non avete organizzato una delle vostre divertentissime serate”
Supplicò Celeste calcando con sarcasmo ogni parola.
E in un attimo l’idea di rubare qualche biscotto e il dolce odore di cioccolata nell’aria svanì lasciando un gusto amaro nella bocca della ragazza.
Non poteva vederlo di sabato sera, non quel sabato, soprattutto se la mattina presto di quel giorno stesso se ne era andata dal letto di Davide perché lo aveva sognato per l’ennesima volta.
Cosa aveva sognato? Semplice, il bel biondo gli dichiarava tutto il suo amore, cosa improbabile per la rossa e cosa che le faceva male.
Lei sapeva che per lui non era nient’altro che sesso tra loro, neanche dopo che entrambi erano stati mollati, Davide aveva cercato qualcosa di più, anzi le aveva chiesto ancora che quello fosse il loro segreto.
Maschi, bah, chi li capisce è bravo.
“Oh, non preoccuparti Bic”
Arrivò suo padre, scompigliandole i rossi capelli, e chiamandola con quel nomignolo che veniva affibbiato da tempo immemore a tutti i soggetti della famiglia, compresi anche cugini ed altri, che avevano al di sotto dei vent’anni.
“Io, tua madre e Giorgio con sua moglie, andiamo a mangiare con altri amici e Davide si è offerto gentilmente di farti da supervisore per questa sera che stiamo fuori”
Continuò l’uomo in una polo rosa e verde, con i suoi soliti jeans indosso, e questo era il massimo dell’eleganza che Celeste l’aveva visto sfoggiare.
“Supervisore? Ma che caz-”
Sbottò la ragazza diventando rossa di rabbia, bloccata dal campanello che prese insistentemente a suonare, assordando l’appartamento.
Che rumore fastidioso, se lo avesse saputo prima avrebbe staccato i fili di quel dannato aggeggio.
Vide sua madre allontanarsi per andare ad aprire e i vari cinguettii che riservò al per-ancora-vivo-e-vegeto Davide Bello, non appena questo varcò la soglia di casa Gatto.
“Su, non arrabbiarti Celeste, appena farai diciotto anni non avrai più bisogno né di andare da nonna e né di un supervisore mentre noi non ci siamo”
Rispose allora il padre, riservandogli uno sguardo dolce e pieno d’affetto, per poi afferrare la borsa della moglie poggiata sul tavolo e avviarsi all’ingresso.
“Fai la brava con Davide”
Le disse sua madre mentre usciva a salutare i coniugi Bello seguita subito dopo dal marito.
Celeste chiuse la porta incazzata nera, se era possibile la sua faccia e i suoi occhi avevano raggiunto una variazione di rosso superiore a quella dei suoi capelli.
“Come mai quella faccia Tigre?”
Chiese Davide divertito, appoggiando con le spalle alla cristalliera del soggiorno di casa gatto.
Indossava una t-shirt bianca e un paio di jeans grigio scuro, diamine poteva sembrarle sexy anche mentre era arrabbiata con lui?
“Cos’è sta storia che mi dovresti quasi fare da baby-sitter? Dopotutto noto che ti prendi ancora gioco di me, nonostante a letto ci sia una specie di tregua”
Decretò acida la rossa, abbassando lo sguardo furiosa e delusa.
Non voleva incontrare gli occhi di Davide, le faceva male pensare che ancora la prendesse in giro nonostante lei gli aveva donato anche il suo corpo oltre al suo.. beh, si, oltre al suo cuore.
“Né baby-sitter né altro, non mi va di stare chiuso in casa il sabato sera, quindi ora porti il tuo bel culetto di sopra e ti togli quel coso che tu chiami pigiama per dei vestiti decenti”
Le si avvicinò sussurrando sensualmente nel suo orecchio sinistro, facendole perdere un battito.
Cos’era quello? Possibile che fosse una specie di appuntamento?
“C-Che cos’ha il mio pigiama che non va?”
Chiese allora titubante Celeste, rossa in viso solamente per l’imbarazzo.
“Beh, se vuoi scendere con quello.. Comunque, vorrei sapere se di grazia mi spiega gentilmente per quale ragione stamane è sparita senza neanche avvertire”
Continuò allora lui incrociando le braccia sul petto e guardando Celeste infastidito, quando la sua attenzione ricadde sul piatto di biscotti sul tavolo della cucina.
“Non toccare quei biscotti!”
Disse allora Celeste, cercando di cambiare argomento mentre vedeva il biondo dirigersi a passo svelto verso quelle piccole delizie.
“Nessuno se ne accorgerà se ne prendo solo uno, e rispondi alla domanda”
Rispose lui allora avvicinandosi sempre di più ai biscotti.
“Come vuoi te, l’acqua fredda è nel frigo”
Rimbeccò invece Celeste salendo le scale di corsa prima di sentire Davide borbottare e lamentarsi di quando fossero bollenti i biscotti, che nonostante tutto fece sparire appena lei tornò giù.
 
 
“E questa tu la chiameresti una canotta? Ti si vedono le tette”
Si lamentò Davide sbirciando in direzione di Celeste, mentre leccava contro voglia il suo gelato al fior di latte.
Erano seduti a quel tavolino da forse mezz’ora, dopo un’ora persa nel girovagare per il paese a scegliere dove andare e cosa fare, e menomale che quel buco di posto dove vivevano era un piccolo paesino di circa novemila abitanti.
“E’ una canotta normalissima, sei tu che non sai guardare altro”
Sbottò la rossa indignata, alzandosi lo scollo della suddetta canotta il più possibile, mentre mangiucchiava il suo gelato al cioccolato.
“E cosa dovrei guardare, i tuoi occhi?”
Chiese allora il biondo, palesemente divertito, continuando a gustarsi il suo gelato senza badare alle occhiate languide che gli lanciavano le ragazze dal tavolo affianco.
Celeste sbatté più volte le ciglia in modo civettuolo, sorridendo con aria di sfida.
“Forse dovresti guardare il tuo naso”
Rispose lei spiaccicando tutto il gelato al cioccolato sul bel viso del ragazzo che subito ricambiò cospargendo di gelato, al fior di latte, la guancia della rossa.
Entrambi scoppiarono a ridere, come due bambini, sembrava quasi di vederli quando avevano appena otto o nove anni, quando facevano la lotta col budino al cioccolato, che comprava la nonna di Celeste, per poi beccarsi tante di quelle ramanzine che ancora ricordavano bene.
Continuarono così forse per un minuto, sessanta secondi che Celeste sperava non finissero mai.
“Beata la sua ragazza..”
Sospirò una delle ragazze del tavolo accanto, mentre portava alla bocca una cucchiaiata di granita al limone.
“Eh già..”
Risposero all’unisono le amiche sospirando anche loro, prima di alzarsi e andarsene, facendo calare un assurdo e rumoroso silenzio tra i due, silenzio che durò fin troppo a lungo per i gusti di entrambi.
“Sei tutta scema”
Disse allora il biondo, pulendosi alla bel e meglio con quei sottilissimi tovagliolini di carta, che si appiccicavano sfrontati ad ogni centimetro di pelle, mentre Celeste cercava di fare lo stesso per togliersi ogni residuo di gelato dal volto, cercando anche di mascherare il lieve rossore che aveva sulle guancie.
Davvero dall’esterno sembravano una coppia?
Prese a guardare il ragazzo che aveva di fronte e che conosceva da tutti quegli anni, nonostante i vari alti e bassi.
Era bellissimo, i capelli biondi gli incorniciavano il viso alla perfezione ricadendo morbidi sulla fronte di lui fino alle sopracciglia, di un biondo lievemente più scuro, mentre lunghe ciglia nere facevano da cornice a intensi occhi color del mare, il naso dritto e delle labbra così invitanti finivano il quadro, già, quel viso sembrava dipinto, forse neanche Giotto o altri sarebbero riusciti a dipingere qualcosa di così perfetto.
Davide curvò lievemente la resta ti lato guardando la rossa in modo divertito e inarcando un sopracciglio a mo’ di domanda.
“Senti Davide io.. io dovrei dirti una cosa..”
Parlò velocemente senza neanche prendere fiato, ritrovandosi con la voce strozzata dall’emozione e dall’imbarazzo, e quasi si strozzò con la sua stessa saliva iniziando a tossire come una matta.
“Ohi, stai bene?”
Il biondo si alzò guardandola preoccupato battendole qualche colpo leggero sulla schiena, quella ragazza negli ultimi tempi cambiava modo di comportarsi fin troppo spesso e questo lo infastidiva non poco.
“Tigre, che vuoi dirmi di così tanto imbarazzante?”
Chiese Davide prima di essere afferrato da dietro con due braccia che gli circondavano la vita.
“Davide!”
Una voce squillante proveniente da dietro la sua schiena fece sobbalzare i due, provocando un singhiozzo improvviso a Celeste.
Maledetto quel dannato singhiozzo che arrivava ogni volta che era in ansia o aveva paura.
La rossa guardo le mani strette intorno al bacino del biondo, le unghie erano smaltate con un verdino pallido e i polsi erano adornati da mille bracciali, uno dei quali colpì i ricordi di Celeste facendola raggelare.
Lei conosceva quel bracciale, era un incubo forse o cosa?
Il ciondolo dorato a forma di M pendeva oscillando e mandando in tal modo piccoli e lievi riflessi agli occhi di Celeste, che sperava con tutta sé stessa che quel bracciale non appartenesse davvero alla ragazza che le era subito tornata in mente appena lo aveva visto.
Diamine erano passati quasi cinque anni che quella figura fastidiosa se ne era andata.
La rossa aveva sempre incolpato lei se Davide l’aveva abbandonata, lei che ronzava sempre intorno a Davide, che aveva la stessa età del biondo e che da Milano si era trasferita a partire dalla quarta elementare in quel buco di paese, per poi finite le medie tornare nella sua città.
Si sporse dietro il biondo mentre questo si girava sorpreso togliendosi quei tentacoli da dosso, e un visino ben fatto, con delle labbra a cuoricino e dei perfetti capelli castani e mossi con le punte colorate di uno strano verde smeraldo.
Gli occhi della bruna erano di un marrone così chiaro da sembrare oro, erano del colore dell’ambra con ciglia lunghe e nere anche senza mascara.
“Mi sei mancato tanto in questi 4 anni! Ma sono appena tornata da Milano per restare! Che bello averti incontrato già da ora!”
Trillò felice la brunetta abbracciando di nuovo Davide, mentre lo stomaco di Celeste si contraeva in una morsa d’acciaio.
Cecilia era appena scomparsa dalla piazza e ora ecco arrivare lei, la prima e vera ragazza di Davide..
“Marta?”
Chiese il biondo con lo stupore che si leggeva chiaramente sul suo viso, che poi lasciò spazio ad un sorriso a trentadue denti, un sorriso che avrebbe fatto fallire quelle fottute pubblicità di dentifrici, un sorriso così bello che causò una fitta dolorosa nel petto di Celeste seguito subito dal rumore sordo di qualcosa che si infrangeva e che si divagò solo nelle sue orecchie.
Perché a lei un sorriso così non l’aveva mai fatto?

 



Come avevo detto, ecco il regalino, una foto del nostro biondissimo protagonista, Davide:

 





      Angolo autrice     

Salve, ecco il nono capitolo della mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Beh, allora cosa ne pensate? Troppo dolce? Troppo incasinato? Troppo perfetto?
Spero tanto di avere risultati positivi, così da postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
E voglio specificare che questo capitolo è stato aggiunto così da non far finire troppo presto la storia, eheheh.
A presto, e baci al cioccolato bianco.
                                 

                                                  Rossella


 

 

Sono orgogliosa di presentarvi la mia pagina ufficiale, su Facebook! Ci saranno notizie e molto altro sulla storia, potrete mandarmi messaggi di posta e risponderò ad ogni vostra domanda, ecco il link:

La mente contorta di Minteyer




DATE UN'OCCHIATINA ANCHE LE ALTRE MIE STORIE?

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Ok, capitolo fondamentale, almeno credo... Perdonatemi i vari orrori grammaticali ma non avevo nessuno pronto a corregerlo, e l'ho scritto come sempre di notte.. Peró prometto di aggiustarlo il prima possibile, giuro.. Fatemi sapere i vostri pareri e giudizi ve ne prego. E per chiunque volesse contattarmi, può seguirmi su Twitter qui:

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                         Capitolo 10




 

Alessia prese un lungo sorso di tè freddo alla pesca, la sua bibita preferita, prima di risistemarsi per bene tra le braccia del suo ragazzo.
“E quindi?”
Chiese poi osservando preoccupata la sua migliore amica, per poi voltarsi verso Sacha che guardava Celeste con sguardo disorientato, d’altronde cosa ne poteva sapere lui di Marta se aveva conosciuto il biondo solamente in prima liceo?
“E quindi gli ha fatto tipo un sorriso a centodue denti e hanno iniziato a parlare e ridere dei loro ricordi, e per di più quella faceva tutta la carina con me, come se alle medie non mi avesse mai trattato di merda!”
Sbottò la rossa prendendosi altri salatini dalla ciotolina posta sul tavolino nero di fronte a lei.
Erano al bar, quel bar in cui ormai erano quasi di casa, che li accoglieva ogni qual volta dovevano entrare alla seconda ora o saltavano direttamente la scuola, quel bar che dall’inizio delle vacanze non avevano per nulla frequentato e lo stesso bar che li aveva visti maturare anno dopo anno.
“Sono sicuro che non può essere nulla di serio..”
Bisbigliò Sacha pensieroso, puntando lo sguardo sulle sue dita intrecciate a quelle di Alessia, era sicuro che quello stupido del suo migliore amico provasse qualcosa per Celeste, insomma anche lui ormai sapeva del segreto che c’era tra i due e sapeva benissimo che l’unica ragazza che si era portata così tante volte a letto era solamente stata Celeste, dopo Cecilia ovviamente, ma con la rossa era diverso anche quando il biondo gli raccontava di lei era diverso, nonostante per quattro interi anni l’aveva presa in giro o istigata nei peggiori modi possibili, lui vedeva un pizzico d’amore negli occhi di lui quando la guardava.
“Se non era nulla di serio allora perché le ha sorriso così?!”
Domandò Celeste sentendo una stretta al cuore non appena ricordò quel sorriso.
Che stupido che era, e che sfortuna che aveva lei.
Proprio quando voleva dichiararsi, proprio quando voleva alleggerirsi il cuore dicendo quelle benedette due parole che ormai le rigiravano in testa come un tormento, arrivava lei, la sua prima e vera ragazza.
Si diede della stupida mentalmente, parecchie volte finché non vide Alessia baciare dolcemente Sacha.
Chissà se anche a lei, prima o poi sarebbe stato concesso un momento simile con la persona che amava, chissà  se Davide l’avrebbe mai stretta a sé in quel modo fuori da un letto.
Abbassò lo sguardo triste, con in testa il doloroso sorriso di Davide regalato a Marta e non a lei.
Quanto faceva male? Perché esistevano gli amori platonici, quelli a senso unico che deterioravano in tal modo una persona?
“Oh, eccoli!”
Squittì all’improvviso una ragazza dai capelli castani e le punte tinte di verde smeraldo, accompagnata da un ragazzo biondo e alto, mano nella mano.
Ed cavolo se stavano bene insieme, entrambi bellissimi ed entrambi così perfetti da sprigionare lo stesso bagliore accecante e angelico agli occhi dei comuni mortali.
Marta sorrise in modo strano a Celeste, lasciando la mano del biondo e avvicinandosi a lei, mentre Davide si sedeva sul divanetto accanto a Sacha e Alessia, che lo guardavano quasi incenerendolo.
Il biondo inarcò un sopracciglio in segno di domanda, verso il suo migliore amico che strinse la sua ragazza stizzito.
Il moro era estremamente infastidito dal fatto che non gli avesse mai parlato di quella Marta, insomma era o no il suo migliore amico? E quindi perché diamine non gliene aveva mai parlato?
Storse le labbra cercando di scacciare quel pensiero.
La brunetta si sedette vicino a Celeste, sorridendo a tutti cortesemente.
“Io sono Marta”
Disse presentandosi cortesemente ad Alessia e Sacha che a stento ricambiarono il saluto, con immensa sorpresa di Davide, che in quell’istante capì che qualcosa non andava, insomma i suoi amici erano sempre così socievoli e sorridenti, invece chi erano quei musoni seduti di fianco a lui, e perché Celeste aveva lo sguardo puntato sul tavolino senza ancora aprire bocca?
“Sai Sà, Marta verrà nella nostra stessa classe l’anno prossimo”
Disse rivolgendosi al suo migliore amico, guardandolo sorridente.
“Interessante”
Lo liquidò quest’ultimo per poi distogliere l’attenzione sul suo bicchiere di coca-cola iniziando a mordicchiare convulsivamente la cannuccia.
Forse si stava comportando da bambino, ma diamine Davide gli aveva sempre detto tutto, e ora si sentiva quasi tradito.
“E quindi tu e Davide stavate insieme?”
Chiese all’improvviso Alessia, puntando gli occhi castani in quelli ambrati di Marta.
“Diciamo di sì, ma poi ho scoperto che mi piaceva tutt’altro genere..”
Balbetto la bruna guardando ansiosa Davide, che le fece segno di calmarsi, mentre Celeste stringeva forte i denti irritata.
E allora cosa diamine era tornata a fare? E poi cosa aveva Davide che non andava? A quel ragazzo non mancava nulla, cavolo!
Era bello, alto, e riusciva in tutto, sia a scuola, che negli sport, era simpatico quando non faceva lo stronzo, e aveva degli occhi tanto profondi da farti desiderare di poterci annegare dentro, e lei? Lei diceva che le piaceva tutt’altro genere!
Si alzò sull’orlo di una crisi isterica, e poggiò due euro sul tavolo con tanta grazia da far invidia ad un elefante in un negozio di cristalleria.
“Io vado via, paga tu dopo Ale, ok?”
E senza neanche ascoltare le risposte dei suoi amici si catapultò fuori dal bar, inforcando la via di casa velocemente.
Non li avevano neanche invitati e quei due si erano presentati belli come il sole, era tre giorni che non li vedeva, tre giorni che aveva passato a logorarsi internamente premendo infinite volte il tasto replay di NowVideo, guardando Letters to Juliet fino allo sfinimento, e ora sentire quelle parole era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
Davvero, cosa diamine era tornata a fare? Non poteva continuare a studiare e a fare la modella a Milano? Eh già, mentre quella e Davide parlavano Celeste aveva ascoltato ogni parola, anche se faceva finta di nulla.
Se Davide non gli piaceva perché gli ronzava ancora attorno?
Diamine, erano passati solo tre giorni e già Marta aveva ripreso ad urtargli i nervi, come quando andava alle elementari o alle medie.
Man mano che camminava veniva anche presa dall’angoscia per quel pezzo di strada che si faceva sempre più buio, e questa era una cosa che aveva sempre odiato, abitare in periferia dove alle undici di sera c’era poca gente, o per meglio dire non c’era nessuno, e i lampioni illuminavano fiocamente quel pezzo di strada che la separava da casa sua.
E un’altra cosa che l’agitava era il fatto di aver paura del buio.
Solo i suoi genitori e Davide però erano a conoscenza di questo, come solo Davide conosceva che aveva paura dei temporali.
Si guardò più volte attorno mentre camminava velocemente, solo un altro pezzo di strada e sarebbe arrivata a casa, cosa più facile a dirsi che a farsi per Celeste.
Un gatto le tagliò la strada facendole battere il cuore a mille, prima che una mano le si poggiò su una spalla facendola sobbalzare e urlare dalla paura.
“Oh, calmati sono io!”
Si affrettò a tranquillizzarla Davide, puntando i suoi occhi in quelli di lei, mentre Celeste si staccò da lui repentinamente, incazzata nera, e ricambiando lo sguardo con occhi infuocati.
Verde pallido nell’azzurro cielo di lui.
Ora non bastava che sorridesse ad altre, le portasse in giro e si presentasse con queste nel bar in cui erano andati sempre tutti insieme, no, doveva attentare anche alla sua vita oltre che alla sua sanità mentale.
“Cosa cazzo vuoi?!”
Chiese Celeste, quasi ringhiando come un cane a cui hanno invaso il territorio, con gli occhi che le pungevano smaniosi di far uscire lacrime di delusione e gelosia.
Si morse il labbro, forse stava esagerando, insomma che diritto aveva di fare la gelosa se non ci stava neanche insieme, rotolarsi tra le lenzuola con lui non significava propriamente che Davide fosse suo, anzi significava solamente che il biondo provava quel tipo di attrazione per lei e nulla di più, perché con qualcuno che si ama si fa l’amore e non del semplice sesso, ci si scopre a vicenda con lentezza, dolcezza e quella passione che solo l’amore può rendere, forse doveva solo godersi quei fottuti momenti con lui, pensare che in quei momenti era lei che baciava, guardava e accarezzava, era a lei che donava attenzione e a nessun altro.
Mai possibile che dopo tutti quegli anni Davide avesse mantenuto un posto così saldo nel suo cuore?
 
 
Il biondo la guardò confuso e rattristato, era scappata dal bar per un motivo a lui ignoto, o che semplicemente non voleva capire.
Si era allontanata da lui velocemente, e il calore del suo corpo a contatto con la sua mano era man mano scemato rendendo le dita di lui gelide e dall’esistenza insensata.
“Non puoi tornare a casa da sola a piedi”
Disse semplicemente, ancora confuso e sempre più angosciato per quella sensazione di distacco che gli faceva scorrere il gelo fin dentro le vene, e lo bloccava stupito da quanto una simile reazione di lei lo percuotesse a tal punto, una dolore simile ad uno schiaffo in pieno volto, come quello che gli aveva dato in infermeria dei mesi prima, quando l’aveva presa in giro per il suo reggiseno con le ranocchiette, che anche se non l’avrebbe mai ammesso, riteneva quel capo d’abbigliamento perfetto per lei, gli piaceva vederlo quando lo indossava e lui le sfilava via i vestiti lasciandola in biancheria, era una visione, così semplice e così bambina da farlo sentire in dovere di proteggerla stringendola a sé il più possibile.
Eppure quei pensieri neanche li avrebbe mai ammessi perché aveva paura, tremava internamente per un rifiuto di lei.
L’unica cosa che vedeva Davide in Celeste era il rancore che lei gli riservava, quel rancore che lui non faceva altro che accrescere negli anni, la delusione e l’odio verso quello che era diventato, verso quel ragazzo che aveva promesso di proteggerla e che non aveva mantenuto la promessa, passando completamente dalla parte del torto.
Sospirò vedendo il volto della ragazza nella penombra di quella stradina fiocamente illuminata, mentre gli occhi pallidi di lei lo guardavano fisso, delusi, quello sguardo che aveva visto già fin troppe volte in quegli anni, come quella volta alle medie che le aveva tirato le trecce e rubato un elastico, solo per avere un qualcosa di suo, ed il bello era che quel piccolo cerchietto elastico, e verde con un cuoricino ad adornarlo, lo conservava ancora in un cassetto della sua scrivania e si metteva a fissarlo ogni qual volta provocava in lei quello sguardo.
“Perché non te ne torni dalla tua ragazza?”
Sussurrò Celeste dopo un’immane e pesantissimo silenzio.
Davide spalancò gli occhi ancora più confuso, ragazza? Ma chi?
“Perché non te ne torni da Marta, e smettila di fare quella faccia, tanto perché sarebbe tornata qui se non per te?”
Alzò di poco la voce sforzandosi di non piangere, abbassando gli occhi dal bel volto del biondo.
Il ragazzo cercò di spiccare parola ma fu interrotto da Celeste che prese a singhiozzare spasmodicamente, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime.
Entrambi non sopportavano quella situazione, Celeste per via della sua ferita aperta e incurabile a quel muscolo cardiaco pieno zeppo di emozioni e Davide perché non sopportava vederla piangere, non se era lui la causa.
“Marta non è la mia ragazza, lo hai sentito chiaramente quando ha detto che non sono il suo tipo..”
Sussurrò allora, incerto terminando la frase in modo da celare un qualcosa, e provando ad accarezzarle la guancia per asciugarle le lacrime, gesto inutile dato che la ragazza gli schiaffeggiò via la mano.
“Chi disprezza vuol comprare!”
Lo guardò allora acida lei, mentre lui per quel gesto si sentì offeso ed anche arrabbiato, lei non gli credeva.
“Tigre, ti comporti come se tu fossi gelosa”
Sputò allora il biondo guardandola con sguardo di fuoco, intrappolando Celeste in una morsa di verità non dette e di delusione amorosa, già entrambi ora erano come in una dimensione dove solo loro erano capaci di entrare, erano insieme ma entrambi soffrivano per quello che credevano un amore platonico, uno a senso unico senza via d’uscita.
Con quell’ultima frase che le ronzava per la testa Celeste prese fiato, ingerendo talmente tanta aria da farle quasi scoppiare i polmoni, e serrò le labbra finendo per trattenere l’aria con le guancie gonfiate e doloranti a mo’ di palloncino.
Il viso paonazzo per l’imbarazzo di essere stata colta sul fatto, gli occhi rossi per le lacrime che ancora continuavano a sgorgare limpide dai suoi occhi, e il cuore gonfio di dolore per il modo in cui lui l’aveva detto, quasi con disprezzo, deluso da lei, come se Davide non volesse per nulla al mondo la sua gelosia, né il suo amore e ora lei si ritrovava a trattenere il fiato come quando era piccola e dopo una marachella non voleva parlare.
Chiuse gli occhi convincendosi che anche se ciò significava perderlo avrebbe dovuto dirglielo, si sarebbe dovuta dichiarare anche se lui non l’avrebbe accettato, così da potersi togliere quell'immane peso di dosso.
“E’ perché lo sono..”
Sussurrò allora, con una voce talmente bassa da non sentirsi nemmeno lei.
“Come scusa?”
Chiese Davide preso alla sprovvista da quel sussurro silenzioso e inconcepibile.
“Lo sono..”
Sussurrò ancora impercettibilmente la rossa, prendendo a mordersi a sangue il labbro inferiore.
Diamine, in quel momento tremata a tal punto che sembrava un cellulare, impostato su silenzioso, con una chiamata in entrata.
“Potresti parlare un po’ più forte che non ti capisco, Tigre”
Disse allora spazientito, chiamandola nuovamente con quel soprannome, quello che usava da anni per infastidirla, quello che diceva rispecchiasse il carattere forte e fiero di Celeste Gatto, ma era anche sicuro che il vero carattere di Celeste non era solo forte e fiero, non solo orgoglioso e capace di affrontare tutto, ma era anche sensibile, bisognoso e sincero, proprio come un piccolo gatto, forse era davvero il suo cognome a rispecchiarla totalmente, lei era un gattino che non appena veniva istigato cacciava le unghie e rizzava il pelo, ma quando si presentava l’occasione era pronto a leccarti le ferite.
E un ricordò gli tornò alla mente.
 
 
 
Due bambini, uno di nove anni e l’altra di otto, stavano spensierati a guardare le stelle, stesi sul tetto che univa le loro camere, divise solo da una parte spessa, e da un muretto fuori a quelle sottospecie di terrazzini.
Ogni notte d’estate la passavano così, in segreto, da soli e isolati dal mondo, in quel piccolo ritaglio di paradiso che si erano tenuti solo per loro.
Non era difficile salire sul tetto se si arrampicavano lungo il tubo spesso e duro dell’acqua, ed era bello stare lì, insieme, a ridere e a guardare quei puntini piccoli e luminosi.
“Da grandi credi che verremo ancora qui a guardare le stelle?”
Chiese la piccola Celeste, girandosi verso il biondino e sorridendogli speranzosa e spensierata, sicura della risposta di lui, mentre la fioca luce delle stelle metteva in risalto le sue lievi lentiggini.
Davide quando la guardava sorridere, pensava davvero che sul suo viso c’era dipinto il cielo, completo di stelle e mezza luna.
Le sorrise anche lui, facendo un cenno di assenso con la testa, e facendo ondeggiare i capelli biondi che portava lunghi fino a ricoprire gli splendidi occhi azzurri e spensierati.
Poi un rumore improvviso e Celeste perse l’equilibrio scivolando giù, ma il bambino repentinamente l’afferrò facendo forza su un ginocchio in modo tale da restare in quel punto, ma che gli causo una brutta sbucciatura per via dell’attrito.
Il rumore era stato causato dal maldestro gatto di lei, che chissà come era sbattuto contro la grondaia mentre cercava di raggiungerli sul tetto.
Lui lo aveva sempre pensato che quella palla di pelo era stupido e mal destro.
“Scendiamo o quel gatto ci farà cadere”
Disse poi, cercando di non pensare alla fastidiosa sbucciatura che ora gli causava un po’ di bruciore e alcune macchioline cremisi sul ginocchio.
Una volta scesi di lì Celeste corse nella sua stanza, dicendogli di seguirla e sedersi sul letto, cosa che Davide non si fece ripetere due volte, e poi uscì dal bagno della sua camera con un cerotto grande come la sua mano, con sopra disegnati degli orsacchiotti e un fazzolettino bagnato.
“La mamma fa sempre così quando mi faccio male”
Rispose alla muta domanda del biondino che poi prese a guardarla mentre era intenta nel suo pigiamino rosa a tamponargli la sbucciatura e poi mentre gli applicava il cerotto.
Era un cerotto troppo confettoso, a suo parere, insomma lui era un maschio e cosa doveva farsene degli orsacchiotti?
E rimase di stucco quando Celeste gli diede un lieve bacio sul ginocchio infortunato, e a quel punto neanche il bruciore e gli orsacchiotti c’erano più, quel cerotto era diventata la cosa più preziosa al mondo. 

 
 
Quel ricordo sembrava la scena di un film, che gli fecero velare le labbra di un leggero sorriso, un sorriso che fu interrotto da Celeste che prese a parlare, o per meglio urlare, con tutto il fiato che aveva in corpo.
“Nonostante tutto, nonostante questi anni e nonostante te, io ora sono qui ad urlarti in faccia cose estremamente insensate, che forse aggiungeranno altre prese in giro alla tua lista. Sei fastidioso, a tal punto che dovrebbero mettere una tua foto vicino all’aggettivo irritante, sul dizionario, sei egocentrico e testardo, pretendi come se tutto ti sia dato, e hai quella malsana abitudine di giudicare male tutti quei ragazzi che mi girano attorno per miracolo! Ma faccio talmente schifo, che quelli con cui sto, per te devono essere per motivi superiori gay o quant’altro? Eppure a letto con me ci vieni! Eppure io sto qui a piangere perché davvero sono gelosa di te e di Marta. Perché davvero state bene insieme, perché io non sono bella neanche la metà di lei, e sfido io che fa anche la modella. Sono gelosa di te, Davide. Lo sono sempre stata, anche quando eri l’unico amico che avevo da bambina, non volevo che qualcuno ti portasse via da me, e poi sei stato tu stesso ad andartene, nonostante le promesse e nonostante i tuoi sorrisi. Mi hai abbandonato e poi maltrattato, così come si fa con un giocattolo rotto, e ora sembra che questo giocattolo tu ti sia scocciato di maltrattarlo e mosso da chissà quale misericordiosa pietà tu abbia ripreso a giocarci, perché è questo no? Tu ti sei sempre divertito con me e i mie sentimenti, da nove anni a questa parte. E io sono stanca di fingere che non m’importa di quanto faccia male, stanca di pensare che oltre a me tu possa fotterti qualcun’altra quando non ci sentiamo! Sono stanca di te e del tuo carattere di merda, del tuo cuore di pietra e di come tu ti sia dimenticato di noi due. Io non l’ho fatto e vedi come sono ridotta? Amo un cretino che mi ha calpestato il cuore per anni e neanche se ne è accorto, che in questi ultimi tempi ha portato via la mia ragione costringendomi a pensare attraverso un fottuto cuore che anche se hai rotto, ripari ogni qual volta che mi baci o mi sorridi. Eppure oggi è ancora più a pezzi, da quando è arrivata lei e tu le hai sorriso in quel modo speciale, con quell’espressione che a me in questi ultimi tempi non hai mai riservato, quel sorriso che mi regalavi da bambina, che mi faceva stare bene dopo che la mamma mi sgridava, quel sorriso che era solo mio e tu hai avuto il coraggio di rovinare anche quello. E ora sono qui, in cocci, con gli occhi e il cuore che bruciano, il cervello che scoppia e la gola che fa male per tutto quest’urlare, solo per dirti che sì, sono gelosa di te Davide. Perché da sempre io sono pazzamente, profondamente, veramente, appassionatamente innamorata  di te!”
Celeste urlò quelle parole non preoccupandosi di nulla, neanche di essere in strada in piena notte e che qualcuno potesse sentirla o denunciarla per rumori molesti a tarda notte.
Aveva gli occhi, il cuore e la gola in fiamme, rossa dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi, un vulcano appena esploso e le cui parole come un’ondata di lava bruciante avevano colpito il biondo come una miriade di schiaffi, travolgendolo come mai nulla prima d’allora, lasciandolo di sasso e con la gola asciutta.
La lingua gli si era immobilizzata per lo shock, e aveva il viso tramutato in una maschera di stupore.
Davvero Celeste si era dichiarata o era solo uno di quei sogni che faceva di solito dopo averla avuta sua, nel suo letto, e dopo averla guardata dormire per ore?
Scosse la testa per riprendersi e cercò di articolare delle parole, ma solo suoni sconnessi uscirono dalle sue labbra, mentre Celeste si torturava le mani contorcendo le dita tra di loro in modo doloroso, aspettando una sua risposta.
Passarono minuti e nessuno parlava, Davide ormai era solo un pallido ragazzo bloccato da quell’impetuoso monologo che gli aveva assestato un doloroso pugno nello stomaco lasciandolo senz'aria.
Era innamorata di lui, e glielo aveva appena detto, ma allora perché non faceva come quando sognava quel momento e la stringeva a sé sussurrandogli quelle parole che da sempre avrebbe voluto dirgli, poi la vide girarsi e dargli le spalle per poi iniziare a correre verso casa, ma lui non si mosse.
E come poteva se si sentiva incollato al suolo, con gli arti e il cuore talmente pesanti da sembrare macigni.
E fu solo allora che per la prima volta si pose quella domanda, anche se aveva aspettato da tanto quel momento, meritava che Celeste fosse innamorata di lui?
Lei non lo odiava dunque, e ora la sua ferita era stata magicamente curata di nuovo, come se un nuovo cerotto con gli orsacchiotti ora gli abbellisse il cuore, ma era giusto così?
Era giusto farle tanto male? Nonostante gli avesse appena dedicato il suo amore, in quelle parole c’era il rancore degli anni precedenti in cui davvero l’aveva maltrattata in mille modi.
E dunque la meritava? Meritava lei e i suoi pregi?
Meritava anche i suoi difetti e la sua lingua lunga e tagliente?
Meritava quegli occhi verde pallido che assomigliavano a due stelle, e meritava quei capelli color caramello che da sempre amava?
Eppure si ricordava di quante volte l’aveva presa in giro chiamandola testa di rame, ma solo a lui era permesso farlo, chi c’aveva provato aveva passato un brutto quarto d’ora.
E quindi la meritava? Era questo a tormentarlo e a bloccargli le parole in gola, non tanto lo shock, perché in fondo già sapeva, o meglio sperava di sapere, che lei non lo odiasse ma il contrario.
Meritava che con quell’amore lei gli avesse curato quella ferita che gli tormentava il cuore da anni?

 

Come up to meet you, tell you I'm sorry, 
You don't know how lovely you are. 
I had to find you, tell you I need you, 
Tell you I set you apart. 

Tell me your secrets and ask me your questions, 
Oh, lets go back to the start. 
Running in circles, coming in tales, 
Heads are a science apart. 

Nobody said it was easy, 
It's such a shame for us to part. 
Nobody said it was easy, 
No-one ever said it would be this hard, 
Oh take me back to the start.

I was just guessing at numbers and figures, 
Pulling your puzzles apart. 
Questions of science, science and progress, 
Do not speak as loud as my heart. 

And tell me you love me, come back and haunt me, 
Oh and I rush to the start. 
Running in circles, chasing tails, 
And coming back as we are. 

Nobody said it was easy, 
oh its such a shame for us to part. 
Nobody said it was easy, 
No-one ever said it would be so hard. 

Im going back to the start. 





      Angolo autrice     

Salve, ecco il decimo capitolo di questa fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Beh, allora cosa ne pensate? Troppo dolce? Troppo incasinato? Troppo perfetto?
Spero tanto di avere risultati positivi, così da postare prossimamente anche il nuovo capitolo. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
E voglio specificare che questo capitolo è stato aggiunto con così tanta ansia in corpo, perchè mentre lo scrivevo anche io ero vittima dei sentimenti di quei due testoni.
Il testo della canzone è 'The scientist' dei Coldplay, ho trovato il testo adattissimo al capitolo, ed essendo che è anche una delle mie preferite, sono stata molto felice di notarlo.
Ecco la traduzione per chi interessa:

Sono venuto per incontrarti, 
dirti che mi dispiace 
Non sai quanto sei bella... 
Dovevo trovarti 
per dirti quanto ho bisogno di te 
per dirti che ti ho trascurata 

Dimmi i tuoi segreti 
e fammi le tue domande 
Ricominciamo tutto da capo. 
Correndo in cerchio, si vedono le code 
le teste sono in una scienza a parte 

Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile 
E' così un peccato dividerci 
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile 
Nessuno ha mai detto che sarebbe stata così dura 
Portami indietro all'inizio 

Stavo solo calcolando cifre e numeri 
mettendo i tuoi problemi da parte 
Problemi di scienza, scienza e progresso 
Non parlano forte come il mio cuore 

dimmi che mi ami, 
torna e assillami 
E corro verso l'inizio 
Correndo in cerchio, rincorrendo le nostre code 
Tornando indietro a quello che siamo 

Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile 
E' così un peccato dividerci 
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile 
Nessuno ha mai detto che sarebbe stata così dura 

Sto tornando all’inizio

 

 


A presto, e baci al cioccolato bianco.
                                 

                                                  Rossella


 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ok, capitolo che forse amerete, almeno credo... Perdonatemi i vari orrori grammaticali ma non avevo nessuno pronto a corregerlo, e l'ho scritto tra un libro di filosofia e uno di matematica.. Peró prometto di aggiustarlo il prima possibile, giuro... Fatemi sapere i vostri pareri e giudizi ve ne prego. E per chiunque volesse contattarmi, può seguirmi su Twitter qui:

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                         Capitolo 11




 

Si tormentava da giorni ormai, da quando Celeste si era dichiarata erano passate forse tre settimane, e mancavano poco più di altri quattordici giorni all’inizio del nuovo anno scolastico.
Prese il cellulare controllando l’ora, erano le quattro e mezza di notte,  e la rossa era scappata via da lui subito dopo avergli urlato in faccia il suo amore.
Senza farselo ripetere due volte, Celeste aveva scelto l’invito di Alessia di andare passare quindici giorni con lei e la sua famiglia in vacanza, e lui era rimasto lì come uno stupido a pensare e ripensare al fatto se meritasse o meno la rossa.
Ok che l’aveva fatta soffrire e l’aveva tormentata per anni, ma se non proteggeva lui Celeste, chi lo avrebbe fatto? Chi le avrebbe dato tutte le attenzioni che meritava davvero? Chi se non lui?
E di certo non avrebbe permesso a qualcun altro di avvicinarsi a lei, infondo Celeste lo amava, neanche lei avrebbe permesso a qualcun altro di avvicinarsi dopo quella dichiarazione così sofferta e piena d’amore.
Si passò una mano tra i capelli resi ancora più biondi dal riflesso pallido della luna e salì sul tetto sedendosi sulle scomode tegole, quella vista gli riportava alla mente un sacco di ricordi piacevoli della sua infanzia, di quanto Celeste parlasse tanto da sembrare una bellissima e interminabile canzone, di tutti i modi in cui aveva l’abitudine sin da bambina di acconciarsi i capelli, del suo viso che ricordava benissimo solamente chiudendo gli occhi.
Avrebbe potuto persino dire quante lentiggini le adornavano le guance, ma il punto era che gli mancava il coraggio, non voleva deluderla ancora e dichiararsi non gli sembrava di certo un’idea brillante, soprattutto per lui che mai in vita sua si era comportato come un fidanzato, eppure di ragazze ne aveva avute tante tra le sue braccia, ai suoi piedi o che pendevano dalle sue labbra, e poi c’era lei, Celeste, che era diversa da tutte perché lei semplicemente stava nel suo cuore in religioso silenzio aspettando solamente di essere amata da lui.
Cacciò un sospiro angosciato, quando ad un tratto i suoi occhi furono catturati da una palla di pelo che sbatté, come era suo solito, il muso contro la grondaia per poi raggiungerlo e infilarsi sotto un suo braccio cercando attenzioni.
Quel gatto era maldestro come non mai, e menomale che i felini avevano sempre avuto la reputazione di animali leggiadri e sinuosi.
Sorrise senza neanche accorgersene, quel gatto era maldestro e lo infastidiva ogni qualvolta sbatteva contro il vetro della sua camera, ma sapeva farsi amare, proprio come Celeste che da alcuni giorni aveva preso a scontrarsi con le mura che circondavano il suo cuore.
 
Si guardò intorno scocciato mentre il suo migliore amico, Sacha, gli faceva una paternale noiosissima e inutile sul fatto di non aver mai parlato con lui di Marta.
“Smettila Sacha. Marta è lesbica, ok? Non sono mai stato realmente con lei, io ero solo una copertura e una protezione.”
Sbottò allora il biondo stendendosi sul proprio letto con le braccia incrociate dietro la testa, con altri pensieri più importanti che gli ronzavano rumorosi in quest’ultima da più di due settimane ormai.
“Quindi la gelosia di Celeste era totalmente infondata.. Allora perché sei così stressato, domani inizia il quinto anno, lo sai?”
Chiese Sacha, saltando poi totalmente l’argomento Marta, quasi come fosse un punto insignificante in una frase.
Davide si alzò dal letto cupo in viso, aprendo la portafinestra che dava sul terrazzino per poi accendersi una sigaretta.
Perché era stressato?
Elementare, non vedeva Celeste da due settimane. Quella ragazzina era sparita nel nulla come se niente fosse e lo aveva lasciato a logorarsi sulla sua maledetta dichiarazione.
“Semplice, se invece di farmi un discorso morboso sul fatto di tenerti nascoste le cose, ora che sei tornato dalle tue vacanze con la famiglia di Alessia, ti avrei detto che quella sera che Celeste è scappata dal bar, dopo averla seguita lei mi ha urlato praticamente addosso!”
Rispose scocciato il biondo cacciando lentamente il fumo della sigaretta.
“E’ cosa c’è di strano in questo? Celeste è solita urlarti addosso”
Fece spallucce il moro accendendo la sigaretta che aveva poggiato tra le labbra e uscendo fuori guardando la strada cinque piani più sotto.
“Lo so che è normale.. Ma ha urlato di amarmi, lo ha urlato scaraventando fuori tutto il rancore che ha nei miei confronti, tutti i dispiaceri che le ho dato in questi anni.. ed io come lo stupido non ho detto nulla, sono rimasto zitto e fermo mentre restavo a guardarla piangere per poi vederla correre verso casa.. E quel che è peggio, è che non la vedo praticamente da due settimane, non so neanche che fine ha fatto. Sono diventato più paranoico di una ragazzina col ciclo in questo periodo!”
Svuotò il sacco il ragazzo seguendo l’amico in quella sottospecie di terrazza in miniatura.
Sacha restò a guardarlo in silenzio, quasi a scandagliare millimetro per millimetro la sua anima.
Si conoscevano da quattro anni ormai, erano simili, entrambi finivano sempre col farsi mille seghe mentali su ogni minimo particolare delle persone che avevano a cuore.
“Ed hai paura di cosa?”
“Di farla soffrire ancora..”
Rispose il biondo poggiandosi con gli avambracci al muretto che divideva il suo terrazzino da quello della ragazza in questione.
“Sei  bloccato dalla paura di farla soffrire ancora, penso..”
“Hai fatto la scoperta dell’acqua calda!”
Sbottò Davide infastidito.
“Lasciami finire, stronzo”
“Ok..”
“Allora, rispondi a questa domanda; Hai paura di farla soffrire, ma vorresti anche renderla felice, penso. Ma cos’è più grande: la paura di renderla infelice o quella che qualcun altro la faccia sorridere al tuo posto?”
Finì di chiedere il ragazzo per poi spegnere la cicca della sigaretta sul muretto e buttarla di sotto, seguito dal biondo.
Davide aprì più volte la bocca come per parlare senza però proferire parola.
Quale delle due parole prevaleva in lui?
“Quando ci hai riflettuto fammi sapere, e comunque solo perché tu lo sappia, Celeste è venuta in vacanza con la famiglia di Alessia”
Disse semplicemente Sacha uscendo dalla stanza del moro per tornarsene a casa.
Ora per lo meno Davide sapeva che fine aveva fatto la rossa, ma quella era una minor preoccupazione rispetto alla domanda che gli aveva appena posto il suo migliore amico.
Quale timore era più grande in lui?
Davide si bloccò quando sentì la portafinestra della camera di fianco la sua aprirsi e velocemente si sedette a terra dietro il muretto per non farsi vedere.
“Oliver dove sei?”
Domando Celeste guardandosi intorno mentre il suo gatto spuntato da chissà dove si strofinava contro le gambe del biondo che invano cercava di spostarlo per non farsi scoprire.
Anche se in realtà non aveva fatto nulla, non voleva farsi vedere.
Non sapeva affrontare le sue paure e di conseguenza non avrebbe saputo affrontare lei.
“Dai vieni qui, la pappa è pronta!”
Cantilenò la rossa e in quel momento quello stupido gatto scelse di miagolare facendo sporgere Celeste oltre il muretto in modo tale da scoprire il biondo.
Il sorriso della ragazza si spense in quel preciso instante, guardando la ragione che aveva tormentato tutti i suoi pensieri per quindici giorni fino ad allora.
“D-D-Davide..”
Sussurrò pensierosa lei irrigidendosi di colpo.
“Questo è tuo”
Disse frettoloso il biondo alzandosi goffamente con quel maledetto gatto in braccio.
Bene, voleva vederla e ora era lì davanti a lui, bella come non mai con quella leggera abbronzatura che metteva in risalto i suoi occhi pallidi e la sua costellazione di lentiggini.
Il loro era un rincorrersi di sguardi, che quando si prendevano cercavano velocemente di sfuggire all’altro, quasi come un gioco di quando erano bambini, l’unica cosa che si distingueva d’allora era il silenzio.
Quel silenzio logorante e pesante che era piombato così di colpo, come il leggero freddo autunnale che era alle porte.
“Io..”
Parlarono entrambi riempiendo ancor più d’imbarazzo quel silenzio assordante.
“Prima tu Tigre”
“Io non so che dire..”
“Ah..”
Entrambi volevano scappare, fuggire l’uno dall’altro eppure allo stesso momento volevano restare in quel luogo, perché quei giorni senza l’altro erano stati lunghissimi, monotoni e tristi.
“Io torno dentro”
Sbottò frettolosa Celeste, lei era quella che aveva più voglia di scappare da lui, aveva paura della reazione alla sua dichiarazione, aveva paura di un ‘no’ secco come un colpo di pistola.
Un rifiuto l’avrebbe fatta cadere in pezzi, mentre un qualcosa di positivo l’avrebbe mandata in fase di stallo.
Insomma, la rossa e il biondo insieme?
Gatto e Bello?
I loro genitori speravano in una cosa simile da quando era nata Celeste, per loro sarebbe stato un sogno che prendeva vita, un qualcosa che avrebbe portato solo gioia in quelle due famiglie.
La ragazza prese il felino dalle braccia del biondo cercando di dirigersi con passo svelto in camera sua ma fu fermata da delle dita che le sfiorarono una spalla.
Stava scappando di nuovo da lui, ma questa volta avrebbe tentato, questa volta avrebbe vuotato il sacco non preoccupandosi di nulla se non dei suoi sentimenti e degli occhi stupiti della ragazza che si era voltata nuovamente  verso di lui.
“Celeste, aspetta.. Io.. Volevo semplicemente dirti che sono un coglione”
L’unica cosa che vedeva Davide in lei era il rancore che lei gli riservava, quel rancore che lui non faceva altro che accrescere negli anni, la delusione e l’odio verso quello che era diventato, verso quel ragazzo che aveva promesso di proteggerla e che non aveva mantenuto la promessa, passando completamente dalla parte del torto.
“Cosa?”
Chiese shockata la rossa con il cuore a mille che martellava quasi a voler uscire dal suo petto.
“Nonostante tutto, nonostante questi anni e nonostante le mie seghe mentali, voglio solo renderti felice. Rimedierò a tutto, o almeno ci proverò. Non voglio più vederti piangere, non voglio più sentire la tua voce rotta dalle lacrime mentre mi urli quanto rancore hai accumulato per me in tutto questo tempo. Non sono bravo con le parole, e neanche con le azioni, ogni cosa che faccio o che dico è sbagliata. Ho preso in giro tutti i ragazzi con cui sei stata per il semplice motivo che non sopporto il pensiero di te che sorridi ad un altro, figuriamoci te mentre baci qualcuno che non sono io.
Mi accorgo di star dicendo una marea di parole quasi messe a caso, parole che forse non servono a nulla, quindi ascoltami solo un altro po’, va bene?
Non sono sicuro di riuscire a farti sorridere sempre, non sono sicuro di riuscire a prendermi sempre cura di te e di far sempre la cosa giusta, ma se tu davvero mi ami.. se tu sei decisa a perdonare uno stronzo come me, bhe allora sappi solamente che ti amo.
Da sempre, da quando portavi le treccine a scuola, da quando mi mettesti quel cerotto con gli orsacchiotti o mi abbracciavi perché fuori c’era un temporale.
Perdonami Celeste, ti prego, perché ti amo da sempre e da sempre non ho mai saputo dimostrartelo..”
Disse Davide con il fiatone abbassando lo sguardo, non prendendo un attimo di pausa tra una parola e un’altra.
Era sicuro per una volta di aver fatto la cosa giusta, o almeno ci sperava.
Voleva lei, anche se non aveva mai avuto una ragazza vera e propria prima di quel giorno.
Voleva lei, con tutte quelle lentiggini e con quei capelli color caramello che tanto amava ma che aveva sempre preso in giro.
Voleva lei, la ragazza con l’intimo colorato e con le ranocchiette, quella che diversamente dalle altre ragazze della sua età portava i codini per andare a scuola.
Voleva lei, semplicemente perché lei nel suo cuore c’era da sempre, lei che abitava nei suoi pensieri ogni giorno e nei suoi sogni ogni notte.
Non ricevendo risposta alzò nuovamente gli occhi verso la rossa, scorgendo un sorriso bellissimo sul viso di lei che aveva come due laghi colpiti dal sole i pallidi occhi verdi.
Non parlava, era semplicemente ferma a guardarlo.
Era felice? Eccome se lo era.
Tutte le preoccupazioni sembravano essere sparite, era tutto diverso da come lo aveva immaginato, nessuna fase di stallo dopo quella risposta positiva, anzi sembrava quasi che quelle parole le avessero tolto di dosso un macigno.
“Non so che dire..”
Rispose in un sussurro con la voce spezzata dall’emozione, lasciando cadere il povero gatto dalle sue braccia che con quelle movenze poco coordinate che aveva si ritrovò a terra come un sacco di patate miagolando per protesta per poi alzare la coda indignato e scappare nella stanza di Celeste.
“Proprio nulla?..”
Chiese il biondo tenendo gli occhi fissi sul sorriso di lei, incorniciato da quelle labbra morbide e rosate fatte apposta per essere baciate.
“Forse qualcosa c’è..”
Disse la ragazza avvicinandosi al muretto che li divideva, afferrando la maglia di Davide tra le sottili dita in modo da farlo chinare su di lei.
Lo guardò negli occhi, e in quel momento l’aria sembrò riempirsi di parole quasi come pagine di un vocabolario sospinte dal vento chissà dove.
Verde pallido nell’azzurro cielo di lui.
Era solo questo che importava ora, i loro occhi uniti in una soave discussione d’amore, in parole che solo loro potevano scambiarsi.
E così si misero a tacere entrambi incollando le labbra a vicenda in una danza di amore puro e sorrisi.
Bastava quello ad entrambi.
Un semplice sguardo ed un semplice bacio.
E Davide capì. Lo aveva perdonato, in cuor suo lei lo aveva perdonato da sempre, e questo lo rendeva felice.
Cercò di fare un lieve passo in avanti per avvicinarsi di più a quella che da oggi in poi sarebbe stata la sua ragazza, ma sbatté con il ginocchio contro quell’insopportabile muretto che li divideva.
“Cazzo..”
Sibilò il biondo toccandosi il ginocchio.
“Ti sei fatto male?”
Scoppiò a ridere Celeste scavalcando quella barriera, azzerando gli ostacoli tra di loro.
“Saprai tu come curarmi, ma sta volta niente cerotti con gli orsacchiotti..”
Rise anche lui seguendo la bella rossa che si trovava di fronte, prendendola per i fianchi annullando le distanze.
Era sua, lo sentiva, era un qualcosa di meravigliosamente inaspettato, un qualcosa che mai era stato sicuro di poter provare.
“Si, lo so.. Tu preferisci i reggiseni con le ranocchie”
Sussurrò lei in risposta regalandogli un bacio che lo lasciò senza fiato.
 
 

Odio tante cose da quando ti conosco 
e non ne conosco neanche il perchè 
ma lo intuisco 
odio... il mio nome solo senza il tuo 
ogni fottuto addio 
io odio quando ti odi e mi allontani perchè 

hai delle isole negli occhi 
e il dolore più profondo 
riposa almeno un'ora solo se ti incontro 

e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so 
e tu mi a-m-i 
trama sintetica di una giornata storica 

e tutto è perfetto 
tutto somiglia a te 
e un anno va bellissimo 
bellissimo così com'è 

Sei più forte di ogni bugia 
e se la gente ferisce 
è perchè tu sei migliore e lo capisce (bene) 
la tua timidezza non condanna, no no 
ma ti eleva da chi odia, chi ferisce e inganna 

perchè tu hai delle isole negli occhi 
e il dolore più profondo 
riposa almeno un'ora solo se ti incontro 

e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so 
e tu mi a-m-i 
trama sintetica di una giornata storica 

e tutto è perfetto 
tutto somiglia a te 
e un anno va bellissimo 
bellissimo così com'è 

Io non mento non importa cosa dicono 
nel silenzio guardo le anime che passano 
e di queste anime tu sei la più speciale 
perchè sorridi anche inseguita dal dolore 
e ti a-m-o 
anche se soffri e poi pretendi non si veda 
quando vorresti che il sorriso tuo invertisse 
la controregola che regola le masse 
e tu mi a-m-i 
dici che esistono solo persone buone 
quelle cattive sono solamente sole... 
...e forse è così 

hai delle isole negli occhi 
e il dolore più profondo 
riposa almeno un'ora solo se ti incontro 

e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so 
e tu mi a-m-i 
trama sintetica di una giornata storica 

hai delle isole negli occhi 
e il dolore più profondo 
riposa almeno un'ora solo se ti incontro 

e ti a-m-o e con le mani dico quello che non so 
e tu mi a-m-i 
trama sintetica di una giornata storica 

hai delle isole negli occhi 
e il dolore più profondo 
riposa almeno un'ora solo se ti incontro...





      Angolo autrice     

Salve, ecco l'undicesimo capitolo di questa fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Beh, allora cosa ne pensate? Troppo dolce? Troppo incasinato? Troppo perfetto? Troppo schifoso?
Spero tanto di avere risultati positivi, così da poter essere orgogliosa della mia prima storia portata a termine. :)
Grazie per le recensioni e per aver aggiunto la storia tra le seguite, ricordate o preferite.
Ve ne sono davvero grata, grazie del vostro preziosissimo tempo.
E voglio scusarmi per il periodo prolungato d'attesa, spero mi perdoniate come Celeste ha Fatto con Davide, e non preoccupatevi, prima o poi mi risentirete ancora.
Almeno spero che questa sia una bella notizia, in caso contrario fatemi sapere...

A presto, e baci al cioccolato bianco.

                                 

                                                  Rossella


 

 

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