Il piano segreto del dottor Gelo

di Julia of Elaja
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La sfacciata Nola Degrees ***
Capitolo 2: *** Ti ho trovata, numero ventuno! ***
Capitolo 3: *** Casa, dolce casa ***
Capitolo 4: *** Le dovute spiegazioni ***
Capitolo 5: *** Shock ***
Capitolo 6: *** Mi parlava di te ***
Capitolo 7: *** La rabbia che cresce ***
Capitolo 8: *** La straordinaria potenza del numero 21 ***
Capitolo 9: *** Un innocuo ritratto ***
Capitolo 10: *** L'essenziale è invisibile agli occhi ***
Capitolo 11: *** Qualcosa non quadra ***
Capitolo 12: *** Una donna guerriera ***
Capitolo 13: *** Quel che passa nella testa di Nola ***
Capitolo 14: *** Odi et amo ***
Capitolo 15: *** L'odore del sangue ***
Capitolo 16: *** Dimmi la verità ***
Capitolo 17: *** Erotico ***
Capitolo 18: *** Affronta le tue paure ***
Capitolo 19: *** Da oggi in poi solo tua ***
Capitolo 20: *** Nuova vita ***
Capitolo 21: *** La notte degli amanti ***
Capitolo 22: *** La fine di noi ***
Capitolo 23: *** Cratos: colui che è potente ***
Capitolo 24: *** Ti porto a casa, Cratos ***
Capitolo 25: *** Sete di vendetta ***



Capitolo 1
*** La sfacciata Nola Degrees ***



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Le stelle: mi sono sempre piaciute.
Da quando ero appena una bambina, a casa spesso mi sedevo sull’altalena a dondolo nel giardino e a naso in su le contemplavo, stupefatta da quell’infinità di puntini luminosi.
E anche ora le guardo; solo che non sono stesa sul prato di casa mia o seduta sulla mia vecchia altalena.
Non sono più una bambina: ma nonostante questo continuo a guardare le stelle.
É buffo pensare a come le sto guardando ora: stesa per terra, nell’erba alta, mentre cerco di non farmi vedere da quel mostro… com’è che lo chiamano?
Cell.
L’ho visto solo una volta, in televisione: quando ha annunciato il suo torneo e le sue intenzioni con gli abitanti del pianeta terra.
Mi vengono i brividi per un attimo: è ancora nei paraggi? Forse no, io almeno non sento alcun rumore.
Forse si è allontanato.
O forse… no.
Sto cercando di respirare piano piano, senza fare rumore; oh, Signore, spero solo che non mi trovi, è semplicemente orribile il pensiero di essere a pochi metri dalla morte! Mi sento così stupida, stesa a terra di pancia all’aria, sapendo che il nemico è vicino e potrebbe trovarmi così, indifesa, pronta ad essere uccisa.
Io non l’ho visto: mi hanno solo detto di stare giù e quando la sconosciuta che mi aveva fatto buttare a terra, che è ora affianco a me, si è alzata leggermente per vedere dov’era il mostro ha visto che era a circa dieci metri da noi, e ci dava le spalle. E mi ha sussurrato con il labiale: “É Cell!”.
Grandioso.
Doveva essere una tranquilla serata e invece eccomi qui.
A due passi dalla morte.
La sconosciuta affianco a me, nell’erba, ha un fremito: lei giace, a differenza mia, a pancia in giù, il volto sporco di terra e fango.
Dagli occhi le cadono lacrime copiose, quasi sembrano delle gemme che scendono in silenzio sulle sue guancie.
Le sorrido: un sorriso di chi non ha più la forza di reagire, di chi sa che da un momento all’altro se ne andrà all’altro mondo.
Non volevo finire così la mia vita.
Ho solo ventun’anni! Sognavo una bella vita; mi sarebbe piaciuto fare il medico, sposarmi, avere tre figli e vivere in una bella casetta di quelle in legno, magari sulla riva di un lago!
Ah, quanto ho potuto sognare…
E adesso invece la morte è arrivata a prendermi: sto solo aspettando che si volti e cammini per dieci metri.
Poi, addio mondo.
Nola se ne è andata, in un soffio.
Ah, non ve l’ho ancora detto? Il mio nome è  Nola.
Meglio che lo sappiate, così magari qualcuno potrà dire, quando vedrà quel mostro: “Ah, sì, quello è Cell, l’assassino di Nola!”.
Oh be’ a dire il vero ha ucciso migliaia di altre persone: solo che non molte hanno avuto il privilegio di poter raccontare i loro ultimi istanti di vita.
Vorrei piangere anche io, come la ragazza al mio fianco, ma me lo impedisco: quando inizio a piangere, singhiozzo e gemo, quindi Cell ci scoprirebbe in un batter d’occhio.
No, quelle lacrime dovranno marcire dentro: morire con me e dentro di me.
“Venite fuori, non mi va di giocare a nascondino!”.
Il mio stomaco ha appena effettuato una tripla capriola con avvitamento: dove sono i giudici!? Era almeno da dieci!
Ci ha chiamate: sa che siamo nascoste qui! Ma come diavolo ha fatto a scoprirci?
La ragazza alla mia sinistra ha sgranato gli occhi e spalancato la bocca: è atterrita, come me d’altronde.
Io invece ho iniziato a concentrarmi sui battiti del mio cuore, probabilmente, anzi certamente, gli ultimi che potrà fare.
Faccio un cenno con la testa alla ragazza, come a dire “Andiamo?”.
Ma lei scuote la testa, impercettibilmente, per non smuovere l’erba: non vuole muoversi.
A dire il vero io vorrei farlo, ma i muscoli non rispondono più al mio cervello.
Vorrei farla finita subito, e non aspettare così: l’attesa ammazza, ma Cell anche.
Allora decido di urlare: ma a quanto pare nemmeno la voce vuole uscire!
Grandioso. Davvero grandioso.
“Percepisco le vostre aure! Volete che venga a prendervi io?!” urla ancora quel folle.
Ok, Nola, sta’ calma.
Ci sarà una soluzione, no? Che gran bella situazione: o ci viene a prendere il mostro, o io vado da sola incontro alla morte… sempre se riuscissi a governare i miei muscoli, prima o poi.
Un guizzo attira il mio sguardo: la sconosciuta sta tremando da capo a piedi e sta strisciando via!
Vorrei seguirla, ma qualcosa mi dice che è meglio che non lo faccia.
Chiamalo istinto primordiale, chiamalo sesto senso, dopo qualche secondo di tempo la poverina viene avvolta da un’abbagliante luce gialla e di lei non rimane più nulla.
Sono già morta. Ok. Dannazione avrei dovuto scrivere un testamento, o qualcosa del genere: a chi andranno ora tutte le mie cose? Tutti i miei risparmi, i miei libri, i miei cd… il televisore che avevo comprato il mese scorso!!
Oh no. Sento dei passi. La cosa non mi piace per niente.
Ehi, e se puntassi sulla diplomazia? Ma certo! Io ho una bella parlantina: una volta ho convinto la maestra della mia innocenza quando in realtà tutta la classe mi aveva vista spalmare la marmellata sulla sua sedia!
Vedo un’ombra su di me: è il profilo di un uomo, mi sembra… allora forse il mostro è andato via!
“Cosa staresti facendo?”.
Oh no. Oh no, no, no! É lui!
Spalanco la bocca e, come per miracolo, la voce è ritornata, così riesco a rispondergli, come una stupida: “Guardo le stelle”.
In realtà sto osservando lui: è decisamente umano nei tratti, non me lo ricordavo così in televisione! Lui intanto ha alzato lo sguardo e sta fissando le stelle; “Belle, non è vero?” intervengo io.
E ora, il colpo di grazia: avanti, sono pronta, UCCIDIMI!
Ma…
No.
Oh no.
Non posso crederci, lo sta facendo davvero?
Sta ridendo mentre guarda il cielo.
É pazzo: completamente pazzo.
“Sai, non ho mai conosciuto una persona più folle di te!”.
Cosa, cosa, cosa? Ho capito bene? Lui dà della folle a me?!
“Eh?” mi limito a rispondere, continuando a fissarlo.
Ha un bel sorriso: denti bianchi, perfetti, che risaltano ancor di più sotto la luce delle stelle. Staccano bene con la sua carnagione grigio-olivastra.
“Mi hai sentito: tu sei pazza!” continua, ridendo e fissandomi intensamente.
“E perché? Cosa te lo fa pensare?”.
No, adesso è il colmo. Forse sono già morta? Può darsi, perché il mostro invece di farmi fuori si è seduto al mio fianco, dove stava quella poverina fino a qualche minuto fa.
“Vediamo… sai che sto per ucciderti e sono a due passi da te, e tu rimani stesa a terra, pancia all’aria, a contemplare le stelle?”.
La risposta mi esce in automatico: che diavolo mi sta succedendo?
É un bel modo di morire, no? Mentre si guardano le stelle”.
Lui sembra soppesare la mia risposta: mi fissa a lungo.
Ha degli occhi viola intenso molto magnetici: mi dà i brividi, e non credo siano di paura…
Intimorita da quello sguardo, inizio a studiare il resto del suo corpo: ha sembianze umane.
Insomma, due gambe, due braccia, una testa, torace, mani, piedi… tutto regolare!
Ma ha una sorta di corazza protettiva, verdastra, che lo ricopre dal petto in giù.
Nell’insieme sembra una libellula gigantesca. O forse una cavalletta. Ma quel bel faccino compensa tutto il resto.
“Dovrei ucciderti” dice ad un tratto, con tono serio “Ma non penso che lo farò”.
Che cosa?
Vediamo, Nola, che sorta di miracolo ti sta capitando? L’oroscopo aveva pronosticato una giornata tranquilla e abbastanza noiosa: non aveva detto nulla riguardo mostri che hanno intenzione di risparmiarti!
“E perché?”. Ma certo, sono proprio un’idiota: invece di ringraziare e scappare via, mi metto anche a chiedere perché mi voglia risparmiare! Ora me la merito proprio una bella morte!
Lui si limita a ridere: “Sei davvero sfacciata!”.
Io sfacciata? No, sono idiota! Il che è diverso!
“Me lo dicono in molti” rispondo invece, guardando insistentemente i miei piedi.
Perché non la facciamo finita e mi uccide? Il cuore sta martellando nel petto, tra poco penso esploderà.
“Dove vai?!” urlo quasi: Cell si è alzato in piedi e sta continuando a guardare le stelle.
Si gira e mi guarda: “A te cosa importa?”.
Abbasso lo sguardo: sono un’emerita imbecille. Mi ci vorrebbe un premio per l’idiozia!
Ma Cell riprende a ridere: questo qui è davvero matto!
“Vuoi venire con me, non è vero? Avanti, tu sei una tipa sfacciata, dillo se è così!”.
Mi alzo in piedi anche io (un momento: allora anche i muscoli hanno ripreso a funzionare!) e lo fronteggio: è di poco più alto di me, ma io mi sento un’asticella in confronto alla sua mole.
I miei occhi stanno scrutando i suoi: ci stiamo fissando intensamente e di nuovo mi sento soggiogata da quello sguardo.
“Sì” gli rispondo, l’espressione dura e la mascella contratta.
Lui si limita a sorridere e mi porge la mano: “Non mi hai detto come ti chiami”
“Non lo hai chiesto”.
Ancora una volta, ride: “Qual è il tuo nome?”.
“Nola”.
Annuisce, e continua a guardarmi con un sorriso tirato sulle labbra. Sembra compiaciuto.
“Potresti tornarmi utile, Nola” commenta “Ecco perché non voglio ucciderti”.
Tornargli utile? Come? Ho capito bene?
Io, Nola Degrees, potrei tornare utile a Cell, il cosiddetto “essere perfetto”?
“Illuminami” risposi, studiandolo da capo a piedi ancora una volta.
“Non è il momento. Dimmi solo se accetti o no”.
Accettare significa sopravvivenza. Diniegare, invece, credo proprio che sia un biglietto di sola andata sul treno verso l’Aldilà. Che faccio?
Sono tentata di dirgli “Ammazzami, tu mi fai una paura tremenda!” ma, a dire la verità, più passano i minuti più lui mi fa meno paura… è più un timore reverenziale, se capite cosa intendo.
“Accetto” sono le mie parole.
“Ne sono felice” ghigna lui, prendendomi per mano e portandomi via, in volo, lasciando che io mi avvinghi a lui quando saliamo di quota.
Bene, signori e signore: ecco qui come iniziò questa assurda storia con l’essere perfetto.
Perché richiedeva il mio aiuto?
Lo avrei scoperto dopo non molto tempo…

 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Ciao sono sempre io, l’autrice di EFP che è fissata con Cell! :3
Sono tornata alla carica con una nuova mini long che mi frullava nella testa da un po’: a dire il vero ho concluso ieri sera la lettura di un libro fantastico che mi ha ispirata così tanto che mi sono detta “Ok, è arrivato il momento di mettere un po’ i libri da parte la sera e invece di studiare dedicarmi alla stesura di una nuova storia!”. E poi c’era Cell in televisione: c’è la sua saga in onda questi giorni! Come potevo rinunciare a scrivere un’altra long su di lui?
L’altra volta si parlava di Brianne, ora si parla di Nola: spero che questo capitolo vi abbia incuriositi, cercherò di aggiornare con regolarità, studio ed esami permettendo!
PS: Il nome Nola l’ho preso da quel libro fantastico che ho letto, era la protagonista della storia… volevo fare onore a quel grande capolavoro usando quel nome, che mi piace tanto!
Al prossimo capitolo amici!
Julia of Elaja

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Capitolo 2
*** Ti ho trovata, numero ventuno! ***




La mia esistenza, fino ad oggi, è sempre stata tranquilla, piatta oserei dire... forse anche insignificante.
Nola Degrees è una semplice universitaria con lunghi capelli corvini e lisci e occhi grigio-azzurri. Nulla di particolare, insomma; fisico asciutto e longilineo, carattere sensibile e... terribilmente sfacciata, a detta di Cell.
Il motivo del suo volermi risparmiare la vita non mi è ancora stato reso noto; eppure non ho nulla di particolare, io!
Be' ci sarebbe quella strana cicatrice a forma di isoletta che ho sul ginocchio sinistro, e quell'altra che ho sul fondo schiena, due triangolini posti orizzontalmente con dei segnetti più chiari all'interno, le punte che combaciano. Ma nulla di più, lo giuro: quelle sono le due uniche cose interessanti in Nola Degrees.
Siamo ancora in quota, io e questo folle: mi continua a fissare da capo a piedi, in particolare sta studiando le mie braccia e le mie gambe nude; se non avessi avuto addosso maglia e pantaloncino, probabilmente avrebbe guardato senza pudore anche lì dove non dovrebbe. Ma poi, cosa ne vuole capire un mostro di queste cose, del pudore, dell'educazione?
"Allora, per quanto altro tempo dovremo volare?" intervengo per fargli spostare lo sguardo dalle mie gambe sul mio volto.
Si limita a guardarmi attentamente, scrutando con attenzione il mio viso: è come se stesse cercando qualcosa...
"Tu sai tutto di me, vero?" mi dice lui ad un tratto, noncurante della mia precedente domanda.
"Cosa intendi con tutto?" chiedo, incerta.
Una smorfia di disapprovazione gli compare sul viso, mentre distoglie lo sguardo da me e lo punta vero nord: "Intendo dire, sai chi è il mio creatore? E sai qual'è il mio scopo?".
"Ehm... no".
"No? Ne sei assolutamente certa?".
Si è bloccato a mezz'aria e mi sembra alquanto allarmato: "No, non so nulla di te a parte che vuoi distruggere il pianeta se vincerai quel torneo che hai indetto".
È un attimo, un battito di ciglia: poi mi trovo di pancia verso il suolo, diretta verso la terra per un bellissimo schianto.
Mi ha buttato giù!
Quel dannatissimo mostro mi ha fatto illudere di volermi risparmiare e poi mi ha ammazzato!
Ok, c'era da aspettarselo: non poteva mica essere la mia giornata fortunata! Stupida Nola, ti sei illusa come sempre!
Non poteva esserci una bella piscina qui sotto? O il mare! La panciata fa male, è vero, ma sull'acqua è decisamente meglio che sul suolo!
Chiudo gli occhi: sto urlando disperatamente, grido aiuto ma chi potrebbe mai aiutarmi!?
Mi si è alzata tutta la maglietta, dannazione! Il pantaloncino si è anche un po' abbassato, chissà che bel panorama starò offrendo al mostro lassù.
Bene, ci siamo, pochi secondi e mi sarò schiantata.
Addio mondo; chiudo gli occhi, non voglio vedere la morte nei miei occhi...
"PRESA!".
No!
Non ditemi che...
Qualcuno mi ha presa al volo e mi ha salvata!
Ma chi è stato, chi è il mio eroe!?
Apro gli occhi, fatico ancora a calmarmi dato lo spavento preso, ma sono felice di essere ancora viva: e il mio eroe è...
Cell?
"MA CHE DIAMINE FAI?!" urlo a squarciagola.
Lui non mi risponde, ma mi stringe forte a sè e riprende quota: "Stavo per fare un errore madornale, che avrei pagato caro".
Ma che razza di risposta è?
Mi limito a fissarlo a bocca aperta: oh no, vuoi vedere che il mostro si è goduto lo spettacolo mentre cadevo e vedendo il mio corpo ha fatto due più due e... si è messo in testa cattive idee?
"Mi vuoi violentare, non è così?".
Ma sono scema o cosa? Come mi è venuto di chiederglielo ad alta voce?!
Scoppia a ridere: oh no, qui la situazione sta degenerando...
"Ma come ti viene in mente? Certo che tu sei davvero matta, Nola!".
Non so se fidarmi o meno di quello che mi ha detto: fatto sta che se proprio devo morire preferirei essere uccisa e non violentata e dopo uccisa.
Sospiro; mi sembra alquanto eccitato, è come se stesse scoppiando di felicità. Sorride, soddisfatto. Ma che diamine gli è preso ora? Sembra fuori di sè!
Passano alcuni minuti, anche se a me sembrano anni, e inizia a scendere di quota; mi sta portando su una radura erbosa, completamente circondata da alberi, e praticamente isolata da qualsiasi forma di civiltà.
Scesi a terra, perdo l'equilibrio e quasi rischio di cadere: attenzione, rischio ma non cado. Ogni volta che sto per andare a terra, riesco sempre a rimettermi in piedi e tornare in equilibrio.
Ecco, anche questa è una cosa interessante che mi riguarda.
Cell ha notato questa cosa: mi sta fissando un po' incredulo.
"Hai dei riflessi prontissimi" commenta, corrugando le sopracciglia.
Io faccio spallucce: "Non è niente di particolare, so subito rimettermi in equilibrio".
Annuisce: poi mi si avvicina e, senza che io capisca nulla, si mette dietro di me e... mi tira su la maglietta!
"COSA STAI FACENDO?! LASCIAMI DEPRAVATO, LASCIAMI!!" urlo con tutta me stessa e dimenandomi come un'ossessa.
Lo sapevo, lo sapevo che mi avrebbe stuprata!
Mi ha gettata a terra, di pancia in giù e ha sollevato la maglia fin sotto al collo; e ora mi sta toccando la schiena, la sta accarezzando mentre con una mano mi tiene bloccata al suolo.
"Rilassati, Nola. Non ho intenzione di farti del male, lo vuoi capire?" mi dice con tono tranquillo e rassicurante.
Io piango, ho paura. Ho una paura matta! Cosa vuole farmi questo mostro? Perchè mi sta toccando la schiena, su e giù?
Sento il calore delle sue dita che scivolano dalla cervicale al fondoschiena, soffermandosi proprio lì. Ma che sta facendo?
"Finiscila di frignare" mi rimprovera "Stai tremando tutta e non riesco a capire nulla! Sta' ferma: la luce è anche fioca qui e non riesco a vedere bene!".
Ma cosa sta facendo alla mia schiena? Perchè mi sta toccando se dice di non avere cattive intenzioni?
Faccio un respiro e cerco di calmare i singhiozzi: forse sta cercando il punto della schiena che più lo attira per ammazzarmi. Vuole farmi fuori con un colpo alla schiena, sì, può darsi...
"Ci siamo".
Sento solo queste parole, che pronuncia con tono soddisfatto e eccitato mentre sta premendo un punto in particolare del fondoschiena.
Poi, non capisco più niente.
Sento un formicolio lungo tutta la schiena: mi sto rilassando, cosa mi ha fatto Cell?
Sembra quasi un orgasmo: un piacere che mi pervade completamente e mi lascia senza fiato. Ansimo solo, e non riesco nemmeno a parlare.
"Hai mai sentito parlare degli androidi, Nola?" mi chiede Cell, intanto, mentre mi risistema la maglietta e si rialza in piedi.
A bocca aperta e occhi chiusi, ansimando, cerco di scuotere la testa per quel che riesco a fare.
"Che strano" commenta lui "Ero convinto che tu sapessi già tutto. A questo punto penso sia d'obbligo darti qualche chiarimento al riguardo".
Finalmente quello strano formicolio smette, di colpo: riapro gli occhi e riprendo conoscenza.
Mi giro su un fianco, ma rimango a terra, e fisso Cell: "Ma che stai dicendo?" gli chiedo, confusa.
Cell sorride, guardandomi: "Ti porto a casa, numero ventuno".





Note dell'autrice:

Et oilà! Sono tornata con un altro capitolo!
Che ve ne pare della storia? E la trama?
Ricapitolando, la povera Nola è volata via con Cell per evitare che lui l'ammazzi e adesso le è successa questa strana cosa: e perchè Cell le ha risposto con quell'enigmatica, ultima frase?
Lo scopriremo nei prossimi capitoli, amici!
Alla prossima!
PS: Fatemi sapere se la storia vi sta piacendo! ^-^

Julia of Elaja








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Capitolo 3
*** Casa, dolce casa ***


Bene, ricapitoliamo.

Mi trovo con il cosiddetto “essere perfetto” che mi ha appena violentata, o qualcosa del genere… ancora non ho ben capito cosa mi ha fatto quando mi ha gettata a terra poco fa, posso solo dire con sicurezza che ho avuto un orgasmo. O forse no?
E ora mi ha anche detto “Ti riporto a casa”! Quindi oltre ad avermi risparmiata, vuole anche accompagnarmi a casa? Ma che gentile!
Sì, un vero gentiluomo… peccato che io non abiti sulle montagne; eppure è lì che mi sta portando.
E poi ha detto una cosa strana, solo che io non ho capito granché, ancora presa dallo pseudo-orgasmo appena passato; qualcosa tipo “Numero qualche cosa”. Ma non ho avuto il coraggio di chiedergli cosa avesse detto, a dire il vero mi è bastato capire il “ti riporto a casa”. Ma a casa di certo non mi sta portando.
Io abito nella Città Centrale, al venticinquesimo piano di un grattacielo.
I miei genitori sono i Degrees, magnati delle telecomunicazioni e genitori adorabili, che nonostante i mille impegni mi hanno cresciuta con amore e dedizione. Ah, mi sarebbe piaciuto se loro fossero stati i miei veri genitori! Ma non è andata così.
Ventuno anni fa, al sorgere del sole del gelido ventuno gennaio, sono stata ritrovata sulla soglia dell’orfanotrofio della Città Centrale, e i Degrees mi avrebbero adottata pochi giorni dopo, quando durante la loro annuale visita per le donazioni all’orfanotrofio mi avevano notata in braccio alla direttrice. Era stato amore a prima vista. A quanto mi hanno detto, avevo appena dieci giorni di vita. O, almeno, così recitava il foglietto che avevano lasciato accanto a me, sulle scale, quando mi avevano abbandonata.
Quel foglio ora ce l’ha in custodia mia madre, nella cassaforte in camera da letto: una volta sola sono riuscita a sbirciarlo e ricordo bene che una grafia sottile e scorrevole aveva scritto su quel pezzo di carta bianca millimetrata:


“Questa bambina è nata il giorno ventuno Gennaio; necessita di cure ed attenzioni, vogliatele bene ed amatela come una figlia vostra. Io non posso tenerla con me, non ne sarei capace.
Fatela crescere bene, in salute; e un giorno sarà la donna che da sempre avevo immaginato.
P.S. : Il suo numero è ventuno.”

 
 “Il suo numero è il ventuno”: non ho mai capito cosa volesse dire quella frase, so solo che da quando sono nata il numero ventuno mi ha perseguitata!
Dovunque andassi, c’era sempre qualche riferimento a quella cifra!
E ora eccomi mentre volo nella notte gelida, il vento che mi sferza il volto e il naso completamente gelato; in braccio a quel tremendo mostro di nome Cell.
Chissà se i notiziari parleranno della figlia dei Degrees, rapita, e probabilmente creduta morta, da un mostro ignobile, una cavalletta gigante. O forse no, si accorgeranno del mio rapimento solo domani, o tra qualche giorno… chissà.
“Ci siamo”.
La voce calda e profonda di Cell mi risveglia: mi stringo più forte a lui mentre mi giro per vedere davanti a cosa ci siamo fermati.
L’Egremit.
Il monte Egremit.
Ok, questo qui è completamente folle.
“Questa non è casa mia!” commento con tono piatto, cercando di controllarmi onde evitare cadute libere da chissà quanti metri di altezza.
“Questa è casa tua eccome” sogghigna il mostro. Lui, a quanto pare, sembra non sentire il freddo: sfido, con quella corazza che ha!
“Te lo ripeto: io abito nella Città Centrale e questa non è assolutamente casa mia! Lo sarebbe se fossi lo yeti, ma sono una semplice ragazza!”.
Sbuffo e intanto batto i denti: sto tremando come una foglia, fa freddissimo! Il che è più che giusto, visto che ci troviamo davanti al monte più alto dell’intero pianeta!
“Scendiamo” mi risponde Cell e inizia a scendere rapidamente di quota. Il mio stomaco sobbalza, e la bocca mi si fa asciutta: che questa cosa finisca subito, per favore!
Dopo pochi minuti arriviamo a terra, sopra ad un manto innevato e candido, uno spiazzo bianco senza alberi né nulla attorno. Siamo semplicemente ai piedi del monte.
Cell mi fa scendere dalle sue braccia e io pianto i miei piedi nel terreno: il mio abbigliamento è decisamente inadeguato, ho un pantaloncino e una maglia leggera e lì ci saranno almeno dieci gradi sotto lo zero!
L’unica cosa positiva è che qui non c’è vento, a differenza di quando eravamo in quota: tanto meglio!
Cell è alla mia destra: alza un braccio e lo punta verso la base della montagna; ma cosa vuole fare?
"Tieniti forte" mi dice "Se vuoi, puoi anche avvinghiarti a me".
Mi stringo al suo corpo, anche perchè è abbastanza caldo e riscalda anche me, e quello che vedo è qualcosa di folle a dir poco.
Ha lanciato un'abbagliante luce dorata contro la montagna!
Mi stringo a lui più forte che mai, mentre data la potenza del colpo veniamo gettati all'indietro: ma Cell ha i piedi piantati nel terreno, e non si sposta di granché.
E poi, quando riapro gli occhi che avevo chiuso per un istante, mi trovo davanti ad un'apertuta nel fianco della montagna: ma era troppo regolare per essere stata creata dal colpo del mostro...
Era anche illuminata, al suo interno!
Ma cosa significa tutto questo?
"Bentornata a casa, numero ventuno".
Questa volta l'ho sentito.
Numero ventuno.
Cosa c'entra ora quel numero?



Note dell'autrice:
Salve gente! Ecco il terzo capitolo!
Beve ma intenso, no?
Cosa sta per scoprire Nola? E perchè "Numero ventuno"?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo ;)
Spero che la storia vi stia interessando, sarà una trama un po' particolare, non aspettatevi la classica sdolcinata storia d'amore. Nossignore! Qui si parla di Cell: e ne vedremo delle belle con lui! ;)
Al prossimo capitolo amici e amiche!!
Julia of Elaja

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Capitolo 4
*** Le dovute spiegazioni ***



Laboratorio segreto del Dr. Gelo, venticinque anni prima



1 Gennaio

Il progetto va avanti a gonfie vele, i miei cyborg stanno prendendo forma e mi soddisfanno decisamente di più rispetto ai primi realizzati.
Ci vorrà ancora tempo ma sono certo che un domani saranno imbattibili.
La genialità consiste nel rendere un innocuo essere umano una perfetta macchina da guerra. Incredibile cosa la tecnologia e anni e anni di studi possano farti realizzare!
Ma la cosa a cui ambisco ancor di più è la creazione di un essere perfetto, qualcosa di semplicemente indescrivibile, il più forte tra i viventi. IMBATTIBILE. PERFETTO.
Un giorno ci riuscirò, spero. E soprattutto, dovrò occuparmi della sua perpetuazione nel tempo. Dovrà rimanere perfetto, e la sua perfezione dovrà andare avanti nei secoli.
Intanto, affino la tecnica con questi altri androidi.
Siamo al numero tre.







Venticinque anni dopo, monte Egremit

Se qualcuno passasse da qua, la prima cosa che penserebbe sarebbe "Ma che ci fa quella matta con un pantaloncino e una maglietta qui dove siamo sotto lo zero termico?!".
Non posso che essere d'accordo con te, immaginario passante; ma il fatto è che sono stata rapita qualche ora fa, quando mi trovavo in un'afosa città. E poi questo matto di Cell non sa di certo che noi esseri umani possiamo morire per assideramento! Come se anche io avessi la corazza come lui, pfui! Magari!
Ma il punto non è questo: la questione è un'altra, e cioè quell'enorme apertura nel fianco della montagna che si staglia davanti ai miei occhi in questo momento.
Illuminata completamente al suo interno, come se ci fosse un sistema di illuminazione; peccato che fino a un secondo fa Cell aveva scagliato contro quel punto un attacco, o qualcosa che comunque l'avrebbe fatto crollare come minimo.
Invece no, sembra che quel colpo abbia sì aperto uno squarcio nel fianco del monte, eppure è un'apertura simmetrica, perfetta. 
Strano, no?
"Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo?" sbotto, mentre i brividi quasi mi impediscono di parlare e mi avvinghio ancor di più al mostro.
Lui mi guarda, come se si fosse accorto in quel momento della mia presenza: inclina il capo da un lato e mormora "Hai freddo?".
Ok, ora mi arrabbio sul serio.
"Ma certo che ho freddo! Ti sembra che abbia un abbigliamento adatto?! Sto per morire assidera..."
Ma non riesco a finire la frase, perchè al solo sentire le parole "sto per morire" Cell mi prende e vola velocissimo verso lo squarcio nella montagna.
"Tu non devi morire! Devi stare in salute! Le malattie non sono previste, e la tua morte men che meno!" dice, con tono serio e quasi arrabbiato.
Bene, o mi sono persa qualcosa o a questo mostro importa della mia incolumità.
Ma poi, è davvero il mostro di cui parlano?
Lo guardo attentamente: sembra sinceramente preoccupato e vola come un fulmine. Vuole portarmi al riparo, credo.
Ha davvero dei bei lineamenti, da essere umano: peccato che non lo sia. Però, per essere una cavalletta gigante, è davvero molto affascinante!
Siamo arrivati nel varco circolare nella montagna!
La luce mi abbaglia, è un intenso fascio luminoso giallastro dritto nei miei occhi: chiudo le palpebre per qualche secondo, sento le lacrime sgorgare. Ho gli occhi delicati!
La prima cosa che noto, dopo la luce, è la temperatura: qui si sta bene, è davvero caldo!
"Ed eccoci arrivati" commenta Cell, che mi tiene ancora stretta a sè "Perchè non apri gli occhi, ventuno?".
Ancora quel numero? Ora basta, gliene canto quattro!
"Senti un po' !" sbotto mentre riapro gli occhi "Io ce l'ho un nome ed è Nola! Perchè mi continui a chiamare con quel numero? Io non...".
Ma anche questa volta non completo la frase: lo sbigottimento è troppo, mi impedisce di continuare.
Mi guardo attorno e mi rendo conto di essere in una specie di padiglione gigantesco, pieno zeppo di macchine, tabelloni, strumenti di lavoro.
Si direbbe quasi il laboratorio di uno scenziato pazzo!
Sì, qualcosa tipo Einstein!
"Co-cosa è-è-è que-questo posto?" balbetto, sconcertata, mentre mi stacco da Cell.
Lui incrocia le braccia e con fare soddisfatto mi risponde: "Questo luogo è dove sei nata, Nola".
Mi volto a guardarlo esterrefatta.
Io sono nata là? Ma cosa sta dicendo?!
"Mi vuoi spiegare questa storia?" mi limito a chiedere, gli occhi sbarrati per la confusione e l'incredulità.
Cell sogghigna: "Mettiti comoda".
Credo proprio che sarà una lunga chiacchierata.





Note dell'autrice:

Quarto capitolo! Che ne dite della trama? Vi sta piacendo? Spero vivamente di sì, intanto ho notato che il numero di coloro che seguono la fic sta aumentando a vista d'occhio e addirittura qualcuno l'ha messa come preferita! Mi lusingate così! :3
Ebbene, dove è stata portata Nola? Cos'è questa storia del numero ventuno che si ripete in continuazione?
E quella pagina di pensieri del Dr. Gelo... parla della realizzazione dell'essere perfetto, che sappiamo benissimo che si è poi realizzata con Cell... ma cosa intende con "La sua perpetuazione nel tempo" ?
Questo lo scoprirete prossimamente... per ora, alla prossima amici e amiche! ;)
Julia of Elaja

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Capitolo 5
*** Shock ***


Devo farmi coraggio, tanto coraggio.
Se non altro, devo cercare di mantenere la calma. Anche se non è affatto facile.
Ora come ora, propenderei volentieri per il suicidio; la prospettiva non è male, almeno mi libererei di tutti questi guai che mi si sono profilati.
Mai, e dico mai, avrei pensato una cosa del genere.
Avete presente quando vi dicono “Sai che Tizia ha fatto questa cosa?” e magari Tizia è una persona che conoscete da anni e mai e poi mai vi sareste aspettati che avrebbe fatto quella cosa… ecco, io sono proprio in quella situazione.
Solo che Tizia… sono io.
“Hai bisogno di altra acqua?”.
Annuisco, ancora stordita. Cell si allontana a grandi passi e io invece continuo a fissare il bianco pavimento sotto di me.
Non ci posso credere.
La mia vita è segnata; anzi, lo è sempre stata.
Ma come è possibile? Perché nessuno mi ha mai detto nulla?!
Ho una rabbia dentro che mi logora il cuore: mi sono sempre lamentata del fatto che la mia vita fosse sempre troppo tranquilla, ora invece la mia intera esistenza è stata sconvolta.
Sento un tocco delicato sulla mia spalla destra: vedo la mano di Cell che mi tende un bicchiere colmo d’acqua e lo prendo con malagrazia. Mi accorgo che la mia mano sta tremando.
Buffo, vero? Eppure in tanti raccontano che la vita può cambiare e sorprenderti sempre; io non ci credevo, ma oggi mi sono dovuta ricredere. Decisamente.
Fino a qualche minuto fa, la voce calma e rassicurante di Cell mi ha spiegato tutto, e dico tutto, della mia vita. Ha chiarito tanti interrogativi che mi sono sempre posta.
Primo fra tutti, il perché io sia stata abbandonata sulle scale di un orfanotrofio ventuno anni fa.
 
 
 
 
Laboratorio segreto del Dr. Gelo, ventidue anni prima.
 
“Il dottore ogni giorno e ogni ora, incessantemente, mi parlava, mi faceva compagnia.
Io ero immerso nel mio liquido di crescita, ero ancora in fase fetale. Rannicchiato su me stesso, riuscivo a recepire le parole del mio creatore e registrarle nella mia mente.
E mi parlava di tutti i suoi progetti, di ciò che aveva in mente per me.
E di te.
Proprio di te, Nola.
Era sempre molto affaccendato nei suoi progetti su di me. L’essere perfetto, la sua ambizione di una vita, era in fase di realizzazione, concretamente! Ma qualcosa turbava il dottor Gelo: sapeva che, seppure imbattibile, mi sarebbe potuta capitare qualsiasi cosa. E se io avessi cessato di esistere, anche il suo più grande progetto allora sarebbe andato in fumo. Nessuno avrebbe mai saputo della sua genialità.
Quello che in quel periodo più gli premeva era dunque trovare la maniera di perpetuarmi nel tempo e nello spazio.
Faceva calcoli su calcoli, lo sentivo mentre commentava ad alta voce alcune idee, le scriveva e poi le cancellava. Apportava modifiche ai miei caratteri tramite il computer, inserendo mutazioni che mi potessero rendere eterno. Ma nulla, non riusciva davvero a capire come poter perpetuarmi.
Passò un anno intero, in cui io continuai con la mia crescita fetale e lui cercava follemente la soluzione al grande interrogativo.
E poi arrivò quel giorno.
Mi ricordo che pioveva e faceva un gran freddo. Forse era inverno, doveva essere appena finito l’autunno. Lui si sedette a terra, affianco alla mia vasca di contenimento e iniziò a parlarmi a tu per tu.
 
“Sai, Cell… io sono un uomo solo. Se non fosse per voi androidi, voi che siete le mie creature, si direbbe che sia l’uomo più solo dell’intero pianeta. Eppure un tempo non era così, c’era qualcuno al mio fianco. C’era Nola. Lei era la cosa migliore che mi fosse capitata: aveva lunghi capelli corvini ondulati e occhi di un intenso grigio-azzurrino. Fisico alto, slanciato e formoso: sarebbe stata la madre ideale per i miei figli! Avevo sempre immaginato una donna così al mio fianco e poi quel suo nome era speciale. Nola. Era semplice eppure così complesso.
Lei era la mia assistente ai tempi in cui ero ricercatore presso le università più facoltose dell’epoca. Nacque poi una meravigliosa storia d’amore tra noi, ed eravamo davvero felici assieme.
Fu lei ad indirizzarmi al Red Ribbon, e in poco tempo divenni capo del Reparto Scientifico.
Mi suggerì di iniziare a creare i cyborg, e mi stava sempre vicina, incoraggiandomi a migliorarli sempre più.
Fino a quando, un maledetto giorno, mentre io ero in riunione e lei faceva il solito controllo di routine sul Cyborg numero quattro, quello andò in corto circuito e la strangolò.
Inutile dire che quando tornai la trovai esanime: distrussi quel dannato robot e gettai giù da un dirupo i suoi resti. Quel maledetto mi aveva portato via l’unica gioia della vita. Fu allora che decisi di migliorare sempre più i miei cyborg, sino ad arrivare alla creazione dell’essere perfetto, che avevo sempre desiderato. E allora ho iniziato a progettarti, Cell, a studiare come poterti portare ai massimi livelli di potenza e intelligenza. Ma il problema che da sempre mi assilla è questo: come poterti permettere di andare avanti nel tempo? Io, ecco… penso che sia giusto che tu abbia una progenie.”

Lì per lì mi limitai a registrare quelle informazioni, senza capire più di tanto cosa il vecchio scienziato volesse dirmi. Poi però si alzò in piedi e si diede un gran daffare su alcuni fogli, disegnando e commentando alcune caratteristiche che avrebbe voluto inserire nel progetto.
Ma non stava lavorando al mio progetto: o, meglio, si stava dedicando al completamento della mia perfezione.
La prole.
Come poter fare sì che io generassi prole.
Mi aveva dotato delle stesse caratteristiche degli esseri umani di sesso maschile, quindi avevo un mio apparato riproduttore, con tanto di organi annessi. Avrei avuto una corazza, nella mia forma perfetta, che mi avrebbe coperto nelle zone più vulnerabili, ivi compreso quindi il mio organo riproduttore. Ero dunque, dal punto di vista anatomico, un uomo.
Ma gli uomini non sono ermafroditi.
Necessitano di una compagna per potersi accoppiare e dare discendenza.
Ed ecco a cosa lavorò incessantemente il Dottor Gelo, a partire da quel famoso giorno.
La creazione della mia partner. Colei che avrebbe messo al mondo la mia prole.
E decise che l’avrebbe chiamata Nola, come la sua amata che tempo dietro le sue macchine gli avevano portato via.
Ogni giorno mi parlava di te.
“Il progetto di Nola va avanti a gonfie vele, Cell! Credo proprio che tra pochi giorni potrò inoculare le cellule in provetta e poi nella vasca di contenimento. Sarà una vera e propria gravidanza, vedrai! Le darò del liquido simil-amniotico e la farò crescere lì dentro, come un vero embrione umano!”.
Un capello della sua amata Nola: era riuscito ad estrapolare delle cellule da lì, lo aveva conservato per anni perché era tutto ciò che gli era rimasto di lei; e con quelle cellule creò la mia compagna di accoppiata.
Nola, il cyborg numero ventuno.
Era entusiasta della sua invenzione: da embrione, il cyborg passò alla forma fetale in tre giorni di tempo.
Due mesi dopo era pronto per essere “partorito”.
Il Dottor Gelo tolse quella gracile creatura dalla vasca di contenimento, la pulì e la sistemò alla men peggio, con alcuni vestiti che aveva lì, di certo troppo grandi per quella creaturina.
Poi la portò via: e, giorni dopo, mi rivelò che l’aveva portata nella Città Centrale. L’aveva lasciata in un orfanotrofio. Non poteva crescerla lui, non ne era capace. E poi temeva che i cyborg avrebbero potuto farle del male, proprio come era capitato all’altra Nola.
 E io, dunque, avrei dovuto aspettare almeno sedici anni, a detta sua, per poterla trovare e perché fosse pronta a poter generare la mia prole.
E ora ti ho trovata, Nola. Ci ho messo ventun’anni, ma solo perché sono uscito poco tempo fa io stesso dalla mia vasca di contenimento.
Ti ho trovata, numero ventuno.
E adesso dovrai assolvere alla tua funzione principale”.
 
Ecco quali sono state le parole di Cell.
Ed ecco perché in questo momento sono a terra, che continuo a fissare il pavimento e tremo incontrollatamente.
Ditemi che è uno scherzo, vi prego.
Perché mi sento davvero la vittima di un meschino gioco.
 
 

 
 
Note dell’autrice:
Bene, con questo capitolo abbiamo praticamente capito chi è Nola! E anche perché è “orfana”.
Non chiedetemi come mi è venuta questa idea, perché non lo so neanche io! :’D
So solo che io vorrei essere nei panni di Nola *W* (Sì, avete letto bene VORREI ESSERE NEI PANNI DI NOLA! :D)
E adesso vi lascio e torno sui miei adorati libri (-.-“)
Al prossimo capitolo!!
Julia of Elaja

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Capitolo 6
*** Mi parlava di te ***


Ventuno anni prima, Laboratorio Segreto del Dr. Gelo
 
“Quando troverai Nola, Cell, dovrai ricordarti di essere gentile con lei. In fondo, è pur sempre una donna! Vedi, alle donne non piacciono le proposte troppo spinte; e poi Nola è quasi… mia figlia… insomma, dovrai trattarla bene! Nel tuo programma ho inserito alcuni tratti caratteriali come la galanteria: con lei dovrai essere gentile e rispettoso al tempo stesso. Altrimenti, potrai dire addio alla possibilità di procreare dei figli!”.
Il dottore si fermò davanti ad una scrivania ingombra di fogli e prese, tra quel mucchio di scartoffie, una cornice con una foto dentro.
“Ah, Nola” mormorò con una smorfia nostalgica sul viso “Se solo tu ci fossi stata per vedere tutto questo!”.
Nella foto c’era un uomo sulla sessantina con una donna all’incirca quarantenne, che sorridevano alla fotocamera. Lui seduto su una poltrona di pelle d’ufficio, lei in piedi, affianco, una mano sullo schienale e una sulla spalla di lui.
Erano felici, insieme.
“Trova Nola, Cell” riprese il Dottor Gelo, riponendo sulla scrivania la cornice, ma mettendola in bella vista “E fanne la tua compagna per la vita! Dalle la felicità che merita. Lei non è un semplice cyborg, è molto di più.”.
 
 
“Lui… ti voleva bene, credo”.
Alzo lo sguardo e, finalmente, guardo negli occhi Cell.
Sembra preoccupato. O, più corretto, sbigottito.
“Perché mi guardi così?” sussurro, stringendo le ginocchia al petto.
“Non mi aspettavo di certo questo tipo di reazione!” sbotta lui “Devi unirti all’essere perfetto, dovresti esserne onorata! Invece sei qui a terra che tremi e piangi!”.
Ma certo, tu cosa vuoi capirne di intimità, o di sentimenti? Stupido mostro!
“Non ne voglio parlare, non capiresti” mi limito a rispondere con voce rauca; mi stendo su un fianco e chiudo gli occhi, non mi sento per niente bene.
La testa pulsa sgradevolmente: tutte queste emozioni in un giorno, poi la rivelazione di Cell… è troppo, anche per me che sono una che sopporta di tutto.
Ma questo è troppo.
Sento i passi di Cell sempre più lontani: sta andando via, chissà dove…
Ma per ora, l’unica cosa che voglio fare è chiudere gli occhi, mi bruciano così tanto…
 
 
 “Io non capisco! Il Dottor Gelo ti ha programmata per una determinata funzione e ora che ne sei venuta a conoscenza non vuoi assolverla!” borbottava intanto Cell.
Nola mugolò in risposta.
“Cosa sarebbe quel verso?”
Ancora altri mugolii.
“Ah, capisco, vuoi dormire eh? Be’ fa' buon riposo, magari il tuo cervello riprenderà a funzionare correttamente quando ti sveglierai!”.
Nessuna risposta. La ragazza doveva già dormire della grossa!
Cell la stava osservando attentamente: era proprio come il Dottor Gelo l’aveva sempre descritta!
I fluenti capelli corvini ondulati, gli occhi grigiastri tendenti all’azzurro… un bel corpo con i fianchi generosi, il che era indice di ottima fertilità, secondo lo scenziato.
Ricordava ancora tutto alla perfezione: dalla nascita dell’idea dell’accoppiamento, al momento in cui il Dottore l’aveva lasciata all’orfanotrofio.
E poi c’era la mappa. Un’idea a dir poco geniale.
Cell si guardò attorno; quel padiglione segreto era stata un’idea a dir poco geniale.
Un ulteriore laboratorio oltre a quello che il Dottore aveva collocato nel settentrione.
E l’unica maniera per sapere dove si trovasse era Nola.
Nola e il suo marchio Red Ribbon.
Il Dottor Gelo glielo impresse a mo’ di macchie, sul fondoschiena. Era stato solo grazie a quel segno che Cell aveva definitivamente riconosciuto Nola. E premendo quel piccolo segno, la schiena di Nola si era improvvisamente cosparsa di una miriade di punti, unitisi a formare una mappa.
E su quella mappa era indicata la posizione del vero laboratorio segreto del Dottore.
Il monte Egremit; il luogo dove ora si trovavano.
Anche quel particolare del simbolo del Red Ribbon sulla schiena di Nola gli era stato fornito dal Dottor Gelo.
 
“Portala lì, quando l’avrai trovata. Dalle da mangiare e da bere, troverai tutto nelle dispense che ti lascerò. Molte cose saranno surgelate, ma non ci vorrà molto a scongelarle.
Al piano inferiore ci sono delle stanze dove potrà riposare, lavarsi, o anche solo svagarsi un po’.
In fondo, è come se fosse mia figlia. E io, per mia figlia, avrei fatto di tutto. Se solo ne avessi avuta una…”.

 
Cell fissò la ragazza: stava dormendo, lo si capiva dal suo respiro lento e regolare.
“Ma tu guarda cosa mi tocca fare” borbottò scuotendo il capo mentre si avvicinava alla ragazza e, con delicatezza, la prendeva in braccio.
“Coraggio, ti porto a letto” le disse, pur sapendo che lei non poteva udirlo “Devi essere sconvolta davvero, se non hai mai saputo nulla sulla tua vera identità ma hai scoperto tutto oggi. Sarà meglio che ti riposi, poi domattina avremo modo di parlare, al tuo risveglio”.
 
La ragazza sorrideva, nel sonno.
E Cell, guardandola, si disse che sarebbe stata proprio una perfetta compagna d’accoppiamento.
 


Note dell’autrice:
Ecco, vi avevo detto che avrei caricato presto l’altro capitolo e l’ho fatto!
Ci sono un po’ di flashback, ora, ma sono necessari per farvi capire al meglio la storia e il susseguirsi degli eventi!
Vi sta piacendo? Qualcosa non è chiaro, non avete compreso qualche passaggio?
Fatemi sapere!
Intanto ci aggiorniamo domani, con il prossimo capitolo!
Vi posso solo dire che… la dolce e innocua Nola forse non potrà più essere definita con questi aggettivi! ;) Muhahaha non aggiungo altro u.u
Al prossimo capitolo!
 
PS: Se volete dare un’occhiata, vi posto qui il link di un’altra mia long su Cell, di qualche tempo fa! La trama è completamente diversa ed è una missing moments della saga di Toryama ;)
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1318502&i=1
Molti già l’hanno letta, ma per chi non l’avesse fatto e fosse curioso… buona lettura! ;)

Julia of Elaja 

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Capitolo 7
*** La rabbia che cresce ***


Corro, ma è tutto inutile, mi sembra di essere sempre nella stessa posizione.
Cell mi sta inseguendo, è sempre più vicino.
“Devo fecondarti!” mi urla dietro “Puoi scappare quanto vuoi, ma io ti raggiungerò, numero ventuno! Hai capito? Dovrai partorire la mia progenie!”.
Non faccio in tempo a voltarmi che me lo trovo davanti.
Ormai è troppo tardi, non posso nemmeno difendermi, sono un moscerino in confronto a lui…
Posso solo urlare.
Chissà, forse qualcuno accorrerà in mio aiuto.
Vi prego, ditemi che è solo un incubo, che tra poco mi sveglierò urlando nel letto di casa mia…
 
“LASCIAMI STARE, MALEDETTO!”.
Buio.
Mi ritrovo ad urlare contro un invisibile nemico, a quanto pare.
Era davvero un incubo!
Tiro un respiro di sollievo: meglio così, quel dannato sogno era così realistico! Da far venire la pelle d’oca!
Scuoto la testa e mi rendo conto di essere sudata da capo a piedi.
Mi tocco la fronte: è zuppa di sudore anche quella.
Forse avrò avuto una punta febbrile? Può darsi, sarebbe giustificata visto che qualche ora fa ero in pantaloncini ai piedi di una montagna, con temperature a dir poco gelide!
Ho sete: quindi mi alzo senza far rumore dal letto e mi trascino in giro per quella strana stanza.
Le pareti sono tutte in acciaio, il pavimento è sempre quello piastrellato bianco, c’è una luce soffusa che viene da una lampada affianco al letto.
Aguzzo la vista in quella semioscurità: c’è una scrivania, un grande armadio, e… un frigorifero! Incredibile ma vero, lo apro e vi trovo dell’acqua.
La bevo tutta d’un sorso, e ogni sorso che ingoio è un vero piacere.
Dopo aver appagato la sete, decido di curiosare in giro.
Apro la porta della stanza da letto dove sono stata (a proposito, il letto è favoloso! Due piazze, con lenzuola di seta rossa!) e mi guardo attorno.
C’è il buio totale.
Deglutisco: a me il buio non fa paura, ma il fatto è che non so dove mi possa trovare in questo momento, né se c’è Cell lì con me.
So solo che mi sono appisolata dopo che Cell, in quella specie di laboratorio gigante, mi aveva rivelato la verità sul mio conto…
Ma poi, sarà stata davvero quella la verità?
E se invece non fosse altro che una meschina bugia inventata da quel mostro per violentarmi?
Sbuffo: se così fosse, sarebbe davvero un meschino! Prendermi in giro in quel modo!
“Stupida cavalletta gigante” borbotto tra me e me, accertandomi però che non ci sia nessuno nei paraggi.
Mi avvicino alla scrivania e inizio a curiosare.
Sul piano c’è solo una penna e un foglio di carta bianco, quasi quasi mi invogliano a scrivere… ma vado oltre e punto la mia attenzione sui tre cassetti sottostanti.
Apro il primo: vuoto.
Il secondo? Vuoto anche lui.
Il terzo invece contiene un mucchio di scartoffie, abbozzi di disegni di donne e una torcia.
Ci sono anche delle pile!
Le inserisco nella torcia: perfetto, si è accesa!
Mi dirigo nel buio corridoio e lo illumino con la torcia.
Cammino, cammino e non vedo nulla, solo tante porte… tutte chiuse.
Grandioso.
Ah, ci sono delle scale!
Salgo cercando di non fare rumore, ho sempre il timore che possa spuntare qualcuno da un momento all’altro.
Ah… sono tornata al punto di partenza.
La grande sala piena di macchinari dove mi trovavo prima.
Mi guardo attorno: è davvero immensa! Tanto vale dare un’occhiata in giro, no?
Tanto ormai di dormire non se ne parla più…
Mi avvicino ai vari piani di lavoro, ci sono mucchi di fogli scribacchiati, disegnati, volti umani accennati con disegni grafici stampati, e poi tante cartelle, fogli anche a terra…
E poi, invece, c’è una scrivania, la penultima che incontro, che ha sul suo piano alcuni fogli disposti ordinatamente.
Sono schedati: Cell, C-17 , C-18, C-19, C-21.
Ehi manca il numero venti!
Ma…
Un momento…
C-21?
Non sarò mica io?
Allungo una mano e prendo questo fascicoletto, composto da quattro fogli.
Il primo, in particolare, attira la mia attenzione.
 
 

 

SCHEDA GRAFICA C-21.
Nome cyborg: C-21 (Nola)
Data di nascita: 21 Gennaio
Caratteristiche tecniche: Equilibrio, velocità, forza, potenza e aggressività in caso di difesa.
Non attacca se non viene disturbata.
Caratteristiche fisiche: Capelli scuri e ondulati, occhi grigi tendenti all’azzurro. Fisico longilineo e formoso, gambe affusolate e lunghe, altezza 172 cm.
Modalità di attivazione: Nascita.
Non può essere disattivata.
Non contiene dispositivi di autodistruzione.
Funzione principale: Procreazione prole dell’essere perfetto.
Modalità riproduttiva: Sessuata, umana.
Segni particolari: Simbolo R-R sul fondoschiena, inserito come una macchia.
Disattivazione: //
 

 
Leggo e rileggo quel foglio, i due che seguono parlano invece della mia progettazione e il disegno del mio volto e del mio corpo.
Mi sento disgustata: allora sono solo una macchina. Ecco quel che dice quella scheda.
Sento solo tanta rabbia crescere dentro di me.
Perché nessuno me lo ha mai detto? Perché?
Destino ingrato. Prenderei a pugni chiunque mi capitasse a tiro, adesso.
Ma cerco di calmarmi: piuttosto, per distrarmi, prendo un altro fascicolo a caso.
E, guarda guarda, mi è capitato quello di Cell…




N.d.a. :
Ahi ahi ahi! Nola si è arrabbiata... cosa pensate ne verrà fuori?
Be' per ora non posso dirvelo... lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Intanto godetevi il Ferragosto, domani sera quando tornerete troverete il nuovo capitolo ad attendervi (e, fidatevi, quello sarà meglio che non ve lo perdiate!).
Ps: Un ringraziamento speciale a the best che ha aspettato fino all'ultimo minuto la pubblicazione di questo capitolo! Ahah :) 
A domani amici! 
Julia of Elaja

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Capitolo 8
*** La straordinaria potenza del numero 21 ***


 
 

SCHEDA GRAFICA CELL.
Nome cyborg: Cell
Caratteristiche tecniche: Equilibrio, velocità, forza, potenza. Ha insiti nella sua memoria tecnica tutti gli attacchi e le tecniche di difesa dei guerrieri più potenti dell’universo.
Questo cyborg è l’essere perfetto; non c’è nessuno che possa eguagliarlo o superarlo in potenza e forza.
Caratteristiche fisiche: Carnagione grigio-olivastra, occhi lilla, capelli violetti tendenti al blu.
Fisico longilineo, alto, atletico (al raggiungimento della forma perfetta).
L’intero corpo è protetto da una corazza protettiva, con ulteriori placche protettive nelle zone inguinali.
Presenta diversi stadi di crescita, precedenti alla forma perfetta, per il cui raggiungimento deve assorbire i cyborg 17 e 18.
Modalità di attivazione: Nascita.
Non può essere disattivato.
Contiene un dispositivo di autodistruzione.
Funzione principale: Raggiungimento della forma perfetta.
Modalità riproduttiva: Sessuata, umana.
Segni particolari: //
Disattivazione: //
 

 
 
Non c’è scritto niente di particolare sul mio “partner”.
Speravo di leggere qualcosa tipo “punti deboli” ma non c’è assolutamente nulla.
Sbuffo e rimetto il fascicolo a posto: la testa mi pulsa di nuovo, e ho i nervi a mille.
Mi sento quasi un animale, ho così tanta rabbia e frustrazione dentro di me che vorrei che esplodessero come una fiumana… almeno dopo starei meglio, credo.
“Che stai facendo?”.
Sobbalzo e la torcia si frantuma a terra; sono di nuovo al buio, grandioso! E se non vado errato la voce che ho sentito era quella di…
“Cell?”.
Lo sento avvicinarsi di più a me: “Come mai sei già sveglia?”.
Lo cerco con lo sguardo, in quel buio “Ho fatto un brutto sogno e non sono riuscita a riaddormentarmi”.
Sento una mano sulla mia spalla: sobbalzo di nuovo ed emetto un gridolino.
Lui ride: “Vuoi che accenda la luce?”.
“Sì” gli rispondo.
Lo sento camminare via e, qualche secondo dopo, ecco che l’immensa stanza si illumina tutta.
“Hai una brutta cera” commenta Cell, camminando verso di me “Ti senti bene?”.
“Certo”. Sto mentendo, in realtà sto malissimo, e ciò che mi fa stare così è l’idea di essere solo una macchina procreatrice. Mi viene solo da vomitare.
“Allora, quando avresti intenzione di accoppiarti?”.
Fisso sbigottita Cell: cosa, cosa, cosa? Io sono in queste condizioni, in piena crisi esistenziale, quasi sull’orlo del suicidio… e lui mi chiede quando ho intenzione di concedermi a vossignoria?
Lui sembra intuire i miei pensieri perché riprende “Non voglio assolutamente metterti fretta, ma tra qualche giorno ci sarà il torneo e io entro quella data vorrei…”.
“D’accordo, ho capito!” gli urlo quasi in faccia.
Si ferma a pochi centimetri dal mio volto e mi fissa intensamente.
Mi vengono i brividi: quegli occhi sono così indagatori, mi scrutano sin dentro l’anima.
Ma poi, ce l’avrò un’anima, io che sono un cyborg?
Non so come, né perché, ma un istante dopo mi ritrovo in preda ad una crisi isterica.
Piango e urlo, mi getto a terra con la testa fra le mani e singhiozzo.
Non so nemmeno cosa sto dicendo: urlo parole di rabbia, di frustrazione.
Perché non è giusto, mi sento solo carne da macello, una donna che deve donarsi ad un mostro solo perché così sta scritto, perché quella è la sua funzione.
Perché sono un cyborg.
“C-21? Riprenditi!”.
Le mani di Cell mi scuotono con vigore, ma io lo spingo via con inaspettata facilità; mi alzo e scappo via, per quel laboratorio immenso.
Lo sento correre dietro di me: un po’ mi vergogno, mi sto comportando come una bambina, ma devo sfogarmi, altrimenti potrei implodere con tutte queste emozioni represse!
“C-21! Torna qui! Non farmi arrabbiare o sarà peggio per te!”.
Come osa chiamarmi con quel nome da macchina!? IO SONO NOLA, DANNAZIONE! Non C-21!
Non capisce che se continua a chiamarmi così potrei seriamente esplodere?!
Sento un braccio che mi cinge i fianchi, con forza, e la sua voce possente nelle mie orecchie: “Adesso basta, vieni qua!”.
Cosa vuole farmi? Non vorrà forse approfittare di me, ora che sono così vulnerabile?
No. Sono spiacente, cavalletta, ma tu le mani su di me, senza il mio permesso, non le metti.
Non so nemmeno come io abbia fatto, ma un secondo dopo mi trovo libera dalla stretta di quel mostro.
Attorno a me è ridiventato tutto buio, c’è tanto fumo. Sembra sia esploso qualcosa.
Forse io? O il mio cuore?
C’è un bagliore rossastro che mi attornia: abbasso lo sguardo per capire da dove provenga e… mi rendo conto che parte dalla mia mano destra.
Balbetto parole incomprensibili, guardando questa strana luce eterea che galleggia sul palmo della mia mano.
La luce è tornata, e mi guardo attorno.
Dov’è Cell?
Oh no.
Vuoi vedere che è morto nell’esplosione?
Non mi dire che…
“Cell!” inizio a gridare mentre corro a perdifiato, seguendo una serie di scatoloni bruciati e fogli che svolazzano semi-inceneriti per aria.
“Dove sei, Cell!?” mi sto sentendo male. Ma poi, perché?
Perché mi sto preoccupando per quel mostro?
Eppure… mi dispiace. Potrebbe essere ferito, o peggio morto.
“CELL!” urlo ancora, mentre quella dannata luce rossa è ancora nella mia mano.
Cosa sta succedendo?
Aguzzo lo sguardo e finalmente lo trovo: è steso a terra e, quando lo raggiungo, lo trovo intento a massaggiarsi la testa.
“Ti sei fatto male? Cosa è esploso!?” gli chiedo, fissando i copiosi rivoli di sangue che gli stanno macchiando il volto.
Lui posa i suoi occhi su di me: e io mi sento da schifo.
Mi odia, lo leggo dal suo sguardo: mi guarda come se fossi un rifiuto, qualcosa di vomitevole.
Si alza in piedi senza dire nulla e va via da me, si allontana silenziosamente.
La luce rossa nella mia mano è scomparsa, ora.
Mi alzo in piedi e lo seguo silenziosamente: vorrei davvero sapere cosa è successo, io non ci ho capito nulla!
“Cell? Perché non mi rispondi?” gli chiedo, l’angoscia nel cuore.
Ma lui si limita a camminare dandomi le spalle, senza proferire alcun verso.
Perché non mi parla? Quanto darei per sentire anche solo una sillaba, per ascoltarlo mentre parla.
Non so perché, ma ho l’impressione che io sia la responsabile di quella orrenda ferita sul capo.
Mi rendo conto, guardandolo, che quella specie di corazza che ha in testa è spaccata in due.
“Cell, ti prego, rispondimi!” gli grido, ma lui continua imperterrito ad ignorarmi.
Ora basta: non lo tollero!
Aumento il passo e un secondo dopo mi ritrovo davanti a lui; gli poso una mano sul petto e lo blocco.
Lo fisso negli occhi, mentre lui mi guarda ancora con quell’espressione disgustata.
“Cosa ti ho fatto?” mormoro senza neanche rendermene conto.
“Sarà meglio per te che tu scompaia dalla mia vista, numero ventuno!” mi risponde, distogliendo lo sguardo dai miei occhi.
Lo guardo: e solo ora mi rendo conto della sua bellezza.
Dalla corazza rotta sul capo, spuntando dei ciuffi di capelli blu intenso, meravigliosi, lisci e lucenti.
Rivoli di sangue violetto gli hanno rigato il volto, e ha anche un occhio gonfio.
Ma è veramente perfetto.
“Io non andrò da nessuna parte, anche a rischio che tu mi faccia fuori!” rispondo senza pensarci nemmeno “Prima ti chiuderò quella ferita, poi potrai uccidermi o fare di me quel che vuoi”.
In pratica ho sventolato bandiera bianca sotto il naso del nemico. Mi sto completamente offrendo a lui. Come quando ci siamo conosciuti, no?
I suoi occhi tornano ad incontrare i miei, e ne sono davvero felice.
Mi fissa intensamente, ma ora non mi sembra più disgustato… anzi, quasi sorride.
“Curami questa ferita, e non parliamone più” mi risponde, con un sorrisetto tirato.
Pace fatta.
Mi sento leggera come una piuma!
 
 
N.d. a.
 
Scusate se non ho caricato questo capitolo ieri sera, ma sono tornata tardissimo a casa, quindi non mi sono minimamente connessa su EFP!
E allora l’ho caricato oggi!
Allora, che cosa ne pensate?
Avete capito cosa è successo, o avete le idee confuse come Nola?
Tranquilli, le dovute spiegazioni ce le darà Cell, molto presto!
Ma se avete letto il fascicolo di Nola nello scorso capitolo… allora dovreste aver già capito tutto!
Stasera caricherò il prossimo capitolo!
Un abbraccio a tutti voi che seguite questa mia storia! 
Julia of Elaja

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Capitolo 9
*** Un innocuo ritratto ***


“Stenditi qui, e poggia la testa sulle mie gambe”.

Cell mi fissa per qualche istante, poi si sdraia sul letto dove io ho dormito sino a poco fa e, come gli ho suggerito, poggia la testa sulle mie ginocchia.

Guardo la ferita: è molto profonda e sanguinolenta, ma non mi scoraggio; ho avuto a che fare con ferite peggiori, durante il tirocinio in ospedale.

“Ehm… questa corazza si può…”

“Levare?” mi interrompe lui.

Annuisco.

“Ci penso io”.

Si siede sul letto e, con un gesto deciso, si sfila quello strano copricapo dalla testa.

Lo guardo, mentre posa a terra quel guscio infranto e torna a stendersi su di me: è qualcosa di incredibile.

I suoi lineamenti sono perfetti!

Ha quei due segni violetto sul volto, lateralmente, e i suoi capelli sono lunghi e fluenti, di quel blu così intenso…

La ferita è sulla sommità del capo: ringraziando il cielo, in un bagno ho trovato un armadietto con tutto il necessario per il primo soccorso, e ho abbastanza disinfettante e garze per poter rimediare al danno fatto. Così mi metto all’opera, iniziando a tamponare la ferita con delicatezza.

“Mi vuoi spiegare cosa è successo, prima?” gli chiedo, titubante “Io non ho ancora capito nulla”.

Cell sospira, chiudendo gli occhi: “Semplice, hai pensato che io ti stessi aggredendo e hai reagito. A dire il vero mi hai stupito, sai? Non credevo che tu fossi tanto potente”.

“Ma io non ho fatto nulla!” esclamo “O meglio, non me ne sono resa conto…”.

“Allora devi imparare a controllare i tuoi poteri” ribatte lui,con un sorrisetto beffardo sul volto.

“Cell?”

“Sì?”

“Mi spiace”.

“Per cosa?”.

“Per questo”.

Lui apre gli occhi e mi fissa: ogni volta che incrocio il suo sguardo mi sento male, mi dispiace averlo ferito, non volevo farlo…

“Va tutto bene, Nola” risponde “Sei perdonata”.

Gli sorrido, ma lui ha chiuso di nuovo gli occhi: riprendo a medicare la ferita, riesco finalmente a chiuderla e alla fine ci metto sopra una garza.

“Fatto” dico, mezz’ora dopo.

Lui non apre gli occhi: sembra essersi addormentato.

Lo guardo, assorta nelle mie fantasie su di lui: è vero, mi sento male perché dovrò essere la sua compagna solo perché così sta scritto, ma poteva capitarmi di peggio, molto di peggio.

Lui almeno è affascinante, è davvero molto bello.

Questi capelli poi mi fanno impazzire… li accarezzo piano piano, sono morbidi e lisci al tatto, quasi sembrano seta.

Lui sorride nel sonno: buffo, vero? Un mostro che dorme sulle mie ginocchia, incredibile!

Anche se poi, visto senza quello strano copricapo, mostro non sembra proprio…

Praticamente è un ragazzo.

E che ragazzo.

Guardo il suo corpo, e per la prima volta fantastico su come sarà quando lo vedrò senza corazza.

Di sicuro è muscoloso, lo si vede: ha un bel corpo, ci scommetto!

Sento uno strano calore invadermi il volto: forse è imbarazzo, non so, ma guardo Cell e inizio a pensare che davvero il dottor Gelo ha scelto il meglio per me.

Sarebbe stato un buon padre, probabilmente.

In fondo, ha scelto per me l’essere perfetto, come mio partner: non penso di essere andata poi così malaccio!

Mi avvicino al suo volto: ha delle labbra così invitanti, perfette, carnose!

Per essere un mostro sanguinario, è davvero bellissimo.

Chissà, magari conoscendolo meglio imparerò a fidarmi di lui, e allora riuscirò a concedermi a lui.

Forse. Un giorno, può darsi, sì. Probabilmente…

Ma per ora non se ne parla.

Una cosa però l’ho capita!

Cell mi sta iniziando a piacere, sul serio.

Mi alzo lentamente e lascio che il suo capo scivoli sul letto.

Mi è venuta un’idea!

Sulla scrivania di fronte al mio letto c’è ancora quel foglio bianco e la penna.

Li prendo, mi appoggio al muro e inizio a disegnare il volto di Cell.

Troppo, troppo perfetto. Devo assolutamente disegnarlo.

Mi sconvolge, nella sua bellezza. Quel fascino del cattivo, che però ti conquista, ti intriga, ti affascina! Ecco cosa è l’essere perfetto: fascino!

Accattivante, tenebroso… non saprei come altro definirlo, ma so che mi piace davvero, ora che lo osservo meglio.

I suoi occhi ora sono chiusi, ma io voglio disegnarli aperti: voglio che la loro profondità traspaia dal foglio, dal disegno: voglio che tutti sappiano cosa nascondono quegli occhi ammalianti.

Mi ci metto d’impegno, ci lavoro per non so quanto tempo su quel disegno.

Alla fine, lo guardo: è perfetto.

Come lui, d’altronde.

Guardo il mio disegno e guardo Cell: incredibile, sono stata davvero brava! IDENTICI!

Con un gran sorriso sulle labbra, ripongo la penna sulla scrivania e lascio il foglio con il disegno in un cassetto. Poi mi dirigo al piano superiore, sarà meglio che pulisca le macchie di sangue che ci sono dove Cell ha battuto la testa.
In fondo, ora va meglio, davvero meglio.

Vuoi lo sfogo di prima, vuoi che Cell si sta dimostrando molto a modo, mi sono finalmente tranquillizzata. Certo, ho ancora l’amaro in bocca per questa storia del “cyborg 21” ma me ne farò una ragione.

Ripenso a prima, a quella sceneggiata che ho fatto, e mi vergogno come una ladra. Davvero allora quell’esplosione l’ho provocata io? E io ho ferito Cell in quella maniera?
E cos’era quella strana luce rossa sul palmo della mia mano?
Fisso lo squarcio nel muro, dove si è schiantato prima lui: c’è sangue dovunque!
Mi metto alla ricerca di qualcosa che possa aiutarmi a pulire e trovo, dopo non molto tempo, uno straccio e alcuni sterilizzanti. Non sarebbero proprio adatti ma… meglio di niente, no?
Ginocchia a terra, pulisco tutto ciò che mi capita a tiro e piano piano ogni singola macchia viene via.
Mi rilassa incredibilmente: ora mi sento decisamente bene, più serena!
Mi viene quasi da ridere: sembra davvero una scena da storiella, lei che pulisce la casa e lui che dorme beato! Come una vera coppia!
Ma è meglio che non mi metta strane idee in testa: tra me e Cell non c'è nulla, dobbiamo solo unirci per procreare i suoi eredi. Anche perchè, non credo che un mostro possa avere dei sentimenti come l'affetto dentro di sé.
Sentimenti come... l'amore.
Per la seconda volta in poco tempo avvampo completamente: ma che cosa penso, in questa mia mente? Che Cell possa provare qualcosa per me? Ma per favore!
Ci sghignazzo su, tanto per riprendermi: avanti, Nola, finiscila con queste fantasie da bambina! Sii realista, lui ti sfrutterà solo per i suoi scopi, poi chi si è visto si è visto!
In fondo essere ancora viva è di gran lunga oltre le mie aspettative...
Finito! 
Finalmente ogni macchia è scomparsa dal pavimento e dal muro!
Getto l'acqua sporca e mi lavo mani e braccia: mi ci vuole una bella rinfrescata!
Immergo il volto tra le mie mani, piene d'acqua gelata: che goduria, mi ci voleva proprio.
Quando ritraggo il volto, per fissarmi allo specchio, noto nel riflesso che c'è qualcun'altro dietro di me.
E ha in mano il mio disegno.
Mi sta fissando con sguardo interrogativo.
E io di nuovo avvampo.
"E questo?" chiede, sogghignando "Non ti starai prendendo una cotta per me, eh Nola?".
Rido, fingendo nulla "Ah ah, perché dovrebbe piacermi una cavalletta gigante?".
"Ah non so... allora perché ne hai fatto un ritratto?".
E qui taccio.
Credo che Cell mi abbia colto in flagrante; me lo dicono i suoi occhi.



 

N.d.a. 


Ed eccoci qua!! Con un nuovo capitolo, gente!
Visto? Oggi ho caricato due capitoli, siete contenti?? :D
In parecchi mi scrivono e mi chiedono "Ti prego, carica presto l'altro capitolo, voglio sapere cosa succederà!" e io ogni volta che leggo queste mail faccio un sorriso a trentadue denti! :D
Sono davvero contenta che la mia storia vi piaccia, anche perché tengo molto alla resa del personaggio di Cell e alla trama di questa storia e ricevere queste mail mi fa davvero tanto piacere! *W*
Ma parliamo di questo ritratto piuttosto: voi non avreste voglia di vederlo? Io sì *-*
Ve lo immaginate Cell senza il suo copricapo?
Be'... indovinate un po'? 
Si dia il caso che io sia riuscita a recuperare il famoso ritratto ;)
Volete vederlo?
Mmmmm... facciamo così: fatemelo sapere con una recensione! Muahahaha **si rotola**
Sì, lo so, sono malvagia, ma è colpa di Cell, ho imparato da lui :D ahah
Visto che però una punta di bontà c'è in me, vi lascio solo uno scorcio del disegno: contenti/e ?? :P
Ahah 
Alla prossima amici e amiche! ;) (Ovvero, a domani con un nuovo capitolo!)


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Capitolo 10
*** L'essenziale è invisibile agli occhi ***


L’imbarazzo in questo momento è micidiale.
Cell mi sventola il suo ritratto da me realizzato sotto il naso, sghignazzando.
Con un gesto fulmineo, riesco a strapparglielo di mano: preso!
“Sai, non è per niente educato sbirciare nei cassetti altrui” tubo, arricciando il naso.
“In fin dei conti, però, questa è casa mia” risponde lui facendo spallucce “Quindi anche quella scrivania è mia e se voglio dare un’occhiata nei cassetti mi è concesso farlo!”.
Un’ottica inoppugnabile, davvero: solo che ora sarò il suo zimbello.
“Almeno dammi un giudizio!” gli dico “Ti ho disegnato bene? Il ritratto è abbastanza fedele secondo te?”.
Lui riprende il foglio dalle mie mani con delicatezza e lo studia per qualche istante, la fronte corrugata e l’espressione concentrata.
“No”.
Sbarro gli occhi: “Cosa?”.
“Non mi piace”.
Me lo ridà indietro, poi si volta e cammina. E io, come un cagnolino fedele al suo padrone, lo seguo.
“E perché non ti piace?” chiedo, sbigottita; quel ritratto è veramente perfetto, dov’è che ho sbagliato?
 Sono affianco a lui quando risponde “Manca di colori!”.
Tutto qua? Manca di colori! Ma allora non c’è nessun problema!
“Quindi, se ci fossero i colori…?”.
Sorride: “Lo adorerei”.
Il cuore mi batte forte in petto: “Purtroppo ho trovato solo una penna, ecco perché è così scuro”.
Lui fa spallucce: “Pazienza, allora, dovrò accontentarmi di questi colori smorti”.
Ha un ghigno irresistibile sul volto: quasi mi viene voglia di baciarlo!
Oddio, l’ho detto!
O, meglio, l’ho pensato!
Voglio baciarlo… oh Signore, siamo insieme da qualche ora (o un giorno, al massimo) e già voglio baciarlo.
Dev’esserci qualche droga nell’aria, decisamente. O forse ho la febbre alta e sto delirando.
Cell richiama la mia attenzione: “Nola?”.
Lo guardo, interrogativa.
“Manca qualcosa in questo disegno” mi dice, fermandosi e passandosi una mano sul mento.
Fisso anche io il disegno, come lui: “Cosa manca?” gli chiedo “Direi che c’è tutto!”.
“Spesso l’essenziale è invisibile agli occhi” risponde lui, prendendo una penna da una scrivania alle sue spalle e porgendomela “Guarda attentamente il ritratto, manca una cosa decisamente banale eppure fondamentale”.
Prendo il mio disegno in mano e lo studio.
Ho ritratto alla perfezione il suo volto, uno splendido profilo su sfondo scuro, con gli occhi leggermente colorati grazie ad una tecnica che ho usato con la penna, le labbra carnose e i capelli fluenti e lisci in bella vista.
Scruto ogni singolo millimetro di quel foglio ma mi sembra davvero che non manchi nulla.
Allora guardo Cell, facendo spallucce.
“Strano… è davvero strano, sai? Sembra che tu tenga molto al tuo nome” mi dice “Quando prima ti ho chiamato C-21 mi è sembrato che ti desse molto fastidio. Così ho iniziato a chiamarti Nola, ci hai fatto caso?”.
Scuoto il capo: me ne sono accorta, ma non ci ho dato peso. Lo ha fatto apposta per non infastidirmi?!
“Quindi, ripeto, tu tieni molto al tuo nome”.
“Sì” confermo.
Sogghigna mentre gli rispondo: “Ora guarda di nuovo il tuo disegno: cosa manca, Nola?”.
Abbasso di nuovo lo sguardo.
E capisco.
Con la penna, nell’angolo in basso a sinistra, scrivo il mio nome, con la mia elegante calligrafia.
Alzo lo sguardo e Cell sta annuendo: “Esatto, mancava il tuo nome. Se vuoi che la gente si ricordi di te, devi lasciare il tuo nome impresso nelle tue opere. Altrimenti, quel ritratto sarebbe stato un anonimo, o, peggio, qualcun altro avrebbe potuto spacciarlo per suo”.
Annuisco, sorridendogli: “Giusto, grazie per avermelo fatto notare”.
Lui tende una mano, e per un folle istante penso che voglia prendere la mia; ma no, vuole solo il disegno indietro, che sciocca che sono!
Glielo do e lui mi dice: “Se non ti spiace, questo vorrei tenerlo io”.
“Fa’ come vuoi” rispondo fingendomi indifferente, mentre il mio cuore martella dentro al petto.
Inavvertitamente, il mio sguardo si posa sul capo di Cell: la garza non c’è più, e la ferita neanche.
“Ehi!” emetto un gridolino “La ferita si è rimarginata completamente!”.
Lui mi guarda, poi scoppia a ridere: “Ah ah ah, sì hai fatto un ottimo lavoro! Ma non pensare che sia merito tuo se sono già guarito! Se avessi lasciato quella medicazione, ci avrei messo almeno una settimana!”.
Alzo un sopracciglio: “Che vuoi dire?”.
Lui mi sorride: “Piccola, ingenua Nola, non sai che io ho il dono della rigenerazione? Se il mio corpo viene in qualche maniera danneggiato, io posso rigenerare quella parte lesa in pochi istanti!”.
Cosa, cosa, cosa?!
I miei occhi lanciano fiamme: “E tu mi hai fatto stare in pensiero, oltre che a farti da crocerossina, medicarti, curarti… e tutto questo quando tu potevi in un secondo chiudere quell’enorme…”
“Sì” mi interrompe lui “Ma c’è un motivo se ho lasciato che tu mi curassi”.
“E quale sarebbe?” rispondo, irritata, le mani sui fianchi.
Lui mi fissa per qualche istante, poi sorride e mi dice: “Perché volevo essere certo che i miei figli avessero una madre premurosa, che li avrebbe assistiti e curati. Questo è importante per me, sai?”.
Mi blocco completamente: questo non me lo sarei mai aspettato da lui.
Sono a bocca aperta: mi sta fissando, con il solito ghigno da strafottente sul volto. Che voglia di baciarlo…
“Io… tu…” non riesco a dire una sola parola.
“Forse è stato un po’ meschino da parte mia farti stare in preoccupazione per me, ma dovevo vedere come effettivamente ti saresti comportata in queste situazioni”.
Annuisco lentamente.
E riprende “Hai superato la prova a pieni voti, Nola. Ottimo lavoro, ti meriti un premio”.
Si avvicina: no, non dirmi che vuole…
Il suo volto si fa sempre più vicino e ha chiuso gli occhi: ci siamo, è arrivato il momento che ho tanto agognato!
Mi avvicino anche io a lui, e chiudo gli occhi: è troppo bello per essere vero…
“Ci vediamo all’entrata del covo tra dieci minuti. Porta fogli e penna con te”.
Sbarro gli occhi, e lo vedo allontanarsi, dandomi le spalle.
E mi sento davvero un’emerita cretina, lì, in piedi sulle punte dei piedi, con le labbra pronte ad aspettare un contatto che non è arrivato.
Perché sì, davvero, credevo, o forse speravo solo, che Cell mi avrebbe baciata.

 
 
 
N.d.a.
 
Ah, questo Cell che confonde le idee a Nola!
Il bacio ci stava tutto, no? Ma dai!!
E invece no, il signor Cell deve tirarsela u.u Lui è l’essere perfetto, non può mica baciare ragazzine (pardon, cyborg) a casaccio!
Avete capito, allora, perché ha lasciato che Nola si prendesse cura di lui? Per capire com’è davvero lei! Ma poi, sarà vera la scusa dei figli, o voleva solo farsi coccolare un po’ da lei? Eh eh eh!!
Ah, quasi dimenticavo: lo volete vedere o no questo ritratto di Cell (con tanto di firma di Nola!) ??
Allora vi lascio con questo stupendo disegno *W*
Al prossimo capitolo amici e amiche!! :D
Julia of Elaja

PS: La frase che pronuncia Cell: "L'essenziale è invisibile agli occhi" è tratta da "Il piccolo principe", stupenda opera di Antoine De Saint Exupery, libro che consiglio di leggere assolutamente! (E' breve, ma meraviglioso! Ve lo stra consiglio, lo lessi la prima volta a cinque anni e lo faccio tutt'ora!)


ED ECCO A VOI IL RITRATTO DI CELL (Opera originale presa da DeviantART, autore darkly_shaded_shadow)
DITEMI SE NON E' UN AHBSJALBVYUFCCBNLNSKJBAHBJ <3 
Ahah *W*





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Capitolo 11
*** Qualcosa non quadra ***


Dopo aver indossato un giubbotto che apparteneva di certo a qualcuno con la stazza molto diversa dalla mia, esco fuori dall’immenso laboratorio e mi guardo attorno.
Il cielo è limpido, c’è solo qualche nuvola bianca in giro, ma accidenti se fa freddo!
Mi rintano ancor di più nell’immenso giubbotto e mi ci stringo: è imbottito di piuma d’oca e mi tiene al caldo, meno male che l’ho trovato in quell’armadio che c’è nella “mia camera” al piano inferiore.
Aguzzo la vista per cercare Cell ma non lo vedo; forse è ancora dentro, o forse è già uscito e si è allontanato…
“Eccomi”.
Una voce al mio fianco mi fa voltare di scatto: ed eccolo qui, ancora senza quel suo strambo copricapo, i capelli liberi carezzati da un leggero venticello che soffia.
 Lo guardo e lui intanto fissa l’orizzonte: a cosa starà pensando?
“Hai portato penna e fogli con te?” mi chiede.
Annuisco “Certo”.
“Bene” mi dice, guardandomi “Perché vorrei che tu mi faccia un altro ritratto!”.
Inclino la testa da un lato: “E perché?”.
Lui scoppia a ridere: “Tu fallo. A dire il vero, sai disegnare molto bene. Così, ripensando a quanto sarebbe stato più bello il mio ritratto con dei colori, ho raggiunto la città più vicina e li ho trovati.
Ecco, prendi pure!”.
Fa segno alle sue spalle e io do un’occhiata: accidenti, deve aver svuotato una fabbrica!
Ci sono acquarelli, colori a cera, pastelli, tavolozze… di tutto!
“Wow” deglutisco “Non ho mai avuto così tanti colori davanti a me, e, fidati, sono una che potrebbe permetterselo”.
Lui si allontana da me di qualche passo e rimane sospeso in aria, levitando.
“Voglio che tu mi disegni così” mi dice, mentre prendo una matita dal mucchio e inizio a disegnare “Fino alla vita! Com’è che dite voi? Mezzo busto?”.
Annuisco mentre inizio a disegnare con mano più decisa, e il foglio si riempie di schizzi inizialmente dislocati a casaccio, ma che man mano si uniscono a formare un’unica cosa.
Ha deciso di posare con il solito sorrisetto strafottente e le braccia incrociate: mi piace ritrarlo così, perché a me piace proprio per questo! Per quegli occhi subdoli e meschini, ingannatori, che ti fanno capitolare. E quel sorriso poi… be’ è tutto dire!
Il giubbotto è un po’ ingombrante e mi impedisce di stare comoda mentre disegno, seduta a terra con le gambe incrociate: ma non fa nulla, il disegno sta uscendo veramente bene!
“Allora?” chiede dopo un po’ “Come procede?”.
“Ho quasi finito” mormoro, concentrata mentre coloro i suoi capelli di blu; che colore meraviglioso.
“Sai” aggiungo “Senza quel copricapo sei molto meglio. E anche senza quella corazza, immagino”.
Oddio, cosa diamine gli ho detto?!
Boccaccia mia, questa cosa dovevo tenerla per me, non dirgliela! Oh santo cielo…
Gli ho praticamente detto che voglio vederlo nudo.
Mi vergogno tremendamente: alzo appena lo sguardo e vedo che lui ha una strana espressione sul viso, a metà fra lo scandalizzato e il divertito. Alla fine propende per la seconda opzione e scoppia a ridere; e io con lui.
Che figuraccia!
“Io l’ho sempre detto che tu sei pazza!” dice, ridendo.
“Non è vero!”.
“Sì, ricordi? Te lo dissi la sera stessa che ti vidi a terra!” riprende lui, sogghignando “E tu mi hai risposto che sei sfacciata!”.
Questa volta rido anche io, un po’ anche per scaricare l’imbarazzo di prima: “E va bene, hai vinto tu”.
Riprendo a disegnare, senza interruzioni questa volta: coloro, abbozzo gli zigomi, e dedico particolare attenzione a occhi e capelli. Forse perché sono le cose che più lo fanno assomigliare ad un essere umano.
Pensarlo come un ragazzo è una cosa che mi rasserena tantissimo: anche perché, quando alzo lo sguardo e lo fisso per poterlo disegnare, mi rendo conto che è davvero un ragazzo. Forse di poco più grande di me, sui ventisei anni, ma è davvero giovane!
“Sai” gli dico, ad opera quasi ultimata “Non avrei mai immaginato una scena del genere”.
Lui fa spallucce: “A dirla tutta, nemmeno io, Nola. Pensavo che avresti assolto solo al tuo dovere e poi te ne saresti andata via, invece stai cercando di instaurare un rapporto vero e proprio con me. E mi chiedo, perché?”.
Avvampo tutta, ma avendo il capo chino sul foglio lui non lo può notare: “Ecco, io non posso assolvere al mio compito se prima non ti conosco, non arrivo a fidarmi di te! Non posso concedermi ad uno sconosciuto, capisci? Ecco perché sto cercando di conoscerti meglio”.
Alzo lo sguardo appena appena: lui mi sta fissando, sembra soddisfatto della mia risposta perché sorride.
Due minuti dopo, firmo il ritratto nell’angolo in basso a destra: Nola. Ora è perfetto!
“Ho finito” gli dico, e Cell in una frazione di secondo è al mio fianco.
“Posso?” mi chiede, porgendomi una mano.
Gli passo il foglio e il cuore mi batte a mille mentre le nostre dita si sfiorano in un innocuo contatto.
Lui studia il disegno, e sorride: gli occhi gli brillano e, ogni tanto, passa una mano nel ciuffo di capelli che gli cade davanti agli occhi, portandolo all’indietro.
Che buffoncello. Sa di essere bello e ci gioca su.
Dopo un’attesa che mi sembra durare secoli, distoglie lo sguardo dal disegno e mi fissa intensamente.
“Allora?” chiedo, in trepidazione.
Mi sorride: “Bel lavoro, Nola. Hai talento!”.
Rido, sono felice che il mio lavoro gli sia piaciuto: “Bene, allora sono diventata la tua ritrattista ufficiale?”.
Lui ghigna: “Non esageriamo, adesso. Ho solo detto che ci sai fare, ma per disegnare l’essere perfetto in maniera fedele ce ne vorrà ancora, sai?”.
Lo guardo, interrogativa: “Cos’altro dovrei fare?”.
Lui si limita a sorridermi e farmi un occhiolino, e mormora “Lo capirai presto, ne sono certo”.
Rimaniamo così, seduti all’ingresso del covo del dottor Gelo, a fissare le nuvole che passano in cielo.
“Vorrei sapere cosa sta succedendo nel mondo” sussurro, sovrappensiero.
Cell mi ha sentita: “Be’, c’è sempre il televisore” commenta, facendo spallucce.
Un televisore? Dove?!
Lui sembra leggermi nel pensiero perché mi risponde, senza che io gli abbia chiesto nulla “Stanza affianco alla tua camera da letto. Il telecomando è sul tavolo”.
Mi precipito giù, lasciandolo da solo a fissare il cielo: vorrei chiedergli di venire con me, ma a lui poi cosa dovrebbe importare della vita degli esseri umani?
Arrivata alla soglia della stanza che cercavo, apro la porta e mi ritrovo in un salottino, con divani, un tavolo centrale con delle sedie e un grande televisore di fronte ad un divano rosso in pelle.
Mi ci getto sopra, dopo aver preso il telecomando (che è sul tavolo come Cell mi ha detto) e aver acceso il televisore.
Scelgo un notiziario, dove parlano di Cell e raccontano delle fughe di persone per tutto il pianeta, del panico che è dilagato.
“Si direbbe che per questo mostro non sia nulla tutto ciò che sta accadendo, visto che se ne sta tranquillamente in piedi, sul ring, già in attesa dei partecipanti nonostante manchino ancora diversi giorni al torneo da lui…”
Un momento: che cosa stanno dicendo?
E, soprattutto, chi stanno inquadrando?
Perché, siete anche liberi di non credermi, in televisione c’è proprio Cell, in piedi sul ring, le braccia conserte, tutta la corazza intatta, persino il suo strano copricapo, e l’espressione imbronciata da duro.
Ma se Cell si trova lì, allora…
Chi si trova qui con me?
“Lascia che ti dia le dovute spiegazioni”.
Mi volto: lui è alle mie spalle, le mani poggiate sulla spalliera del divano e lo sguardo fisso sulla televisione, un po’ annoiato.
Adesso sì che esigo delle spiegazioni.

 
 
N.d.a.

E sul più bello chiudo il capitolo! :D Muhahahaahah sono davvero cattiva, lo so :’D Ora non piazzatemi una bomba sotto casa però, mi farò perdonare ok? :’’’D
Mmm, di ritratto in ritratto il rapporto tra i due cyborg sta prendendo una piega decisamente inaspettata, se pensiamo a come è Cell! Voglio dire, ok è un egocentrico quindi ci sta che si faccia ritrarre, ma secondo me c’è qualcosa sotto quella maschera da duro… be’ con il tempo lo scopriremo! ;)
In quanto alle spiegazioni sulla chiusura del capitolo… be’, le leggerete nel prossimo, vi spiegherà tutto il nostro caro Cell!
E ora, per farmi perdonare, vi lascio con… UDITE UDITE…
 
 
IL SECONDO RITRATTO CHE NOLA HA FATTO A CELL!
TA-DAAAAA!
Dai, visto che non sono poi così cattiva? :3
Al prossimo capitolo amici e amiche!
Julia of Elaja



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Capitolo 12
*** Una donna guerriera ***


“Sei un uomo dalle mille sorprese” mormoro sorpresa poco dopo, ancora seduta sul divano a fissare il mio interlocutore.
“Uomo?” lui inarca un sopracciglio.
“Cyborg, mi correggo!” alzo le mani in segno di resa e gli sorrido “Quindi tu davvero puoi sdoppiarti?”.
“Certo” mi risponde Cell, con un ghigno soddisfatto “E non solo in due, ma anche in più copie di me stesso”.
“Incredibile” commento, colpita “Questo mi tornerebbe utile, sai? Così avrei una Nola per lo studio, una per le pulizie, un’altra…”
“Ecco l’errore della tua mente: tu applicheresti le tue copie per noiose faccende quotidiane. Io invece le uso se e solo se è necessario, e comunque per incarichi inerenti il mio scopo”.
Incarichi inerenti il mio scopo? E con questo cosa vuol dire?
Non significa per caso che…
“Un momento” il mio volto dev’essersi trasformato così come il mio tono di voce, perché Cell mi chiede “Che hai ora?”.
“Mi sorge un dubbio” gli dico, le sopracciglia aggrottate “Se dici di saper creare copie perfette di te stesso e di affidare loro incarichi importanti, allora chi mi dice che tu sia il Cell originale e non una copia?”.
Ci fissiamo per qualche istante e io temo che il mio dubbio sia fondato, che forse davanti a me non c’è Cell ma una sua copia e questo mi dà un fastidio enorme. Mi sento messa in secondo piano, non sono così importante da meritare il vero Cell?
Scoppia a ridere con una potenza così inaspettata che mi fa sobbalzare: “Ah ah ah ma cosa dici? Avrei mai potuto affidare ad una mia copia il delicato compito di fecondarti?”.
Arrossisco, perché al solo pensare a ciò che si intende per “fecondarmi” le mie guancie prendono fuoco. E a ragion veduta, direi.
“Va bene, lucertolone, volevo solo accertarmi che tu fossi l’originale” faccio spallucce, sempre fissando per terra per non fargli vedere quanto sono imbarazzata.
Un tocco delicato sotto il mio mento mi porta ad alzare il capo e incrociare i suoi occhi.
Mi sta sorridendo.
E io gli rispondo con la medesima arma.
“Stai imparando a fidarti di me?” mi chiede.
In pratica mi sta chiedendo “Tra quanto potrò ingravidarti?”.
Alzo le spalle: “Sì, sei un tipo a posto. Ma non sono ancora convinta”.
Annuisce, mi sembra un po’ deluso, lo vedo dal suo sguardo che si è spento e che ora fissa il vuoto sopra di me.
“Va tutto bene?” dico, pensierosa.
“Stavo riflettendo” mi risponde lui, lo sguardo ancora vacuo “Ma ora ho capito”.
Si allontana e io faccio per seguirlo ma mi fa un cenno di diniego: “Sta’ tranquilla, non ci metterò molto. Nel frattempo puoi riposare, oppure mettere qualcosa sotto i denti: nella stanza di fronte a questa c’è una dispensa, prendi qualcosa da mangiare, non hai toccato cibo da quando sei qui!”.
Ha ragione: ecco perché lo stomaco mi sta martoriando da qualche ora!
Quindi mi precipito in dispensa e ci trovo di tutto: le cose sono incapsulate in ambiente sterile, che genio era quel dottor Gelo! Ogni singolo prodotto è contenuto in una campana di vetro che ne mantiene le proprietà nutrizionali e l’igiene, senza il rischio che si sviluppino tossine o microbi.
Allora scelgo del pane e degli affettati, che profumano come se li avessi appena comprati.
Mangio senza sosta, mi ci voleva un po’ di cibo, sembro quasi un’affamata! (O forse lo sono?).
Dopo aver riempito il mio stomaco a sazietà, mi stendo sul “mio” letto e contemplo il soffitto.
Cosa starà facendo Cell? E dove si trova, ora? Mi ha fatta davvero incuriosire!
Accarezzo queste lenzuola rosse di seta e penso a quel che dovrebbe accadere in questo letto: il mio corpo viene pervaso dai brividi al pensiero, e uno strano formicolio mi invade le orecchie.
Sembro quasi una vergine che ha paura della sua prima volta.
Ma, a dire il vero… io sono una vergine e di certo la mia prima volta non me l’aspettavo con un cyborg!
Scuoto il capo: sono ancora perplessa, non riesco ad accettare questo pensiero eppure mi attira… e poi io non l’ho mai fatto: sarò brava? Lui cosa ne penserà di me? Apprezzerà che io sia vergine?
Chiudo gli occhi e, come spesso sto facendo nelle ultime ore, cerco di immaginarlo senza corazza.
Dev’essere uno spettacolo, decisamente.
“Nola?”.
Spalanco gli occhi: è lui! Mi metto a sedere sul letto.
Lui mi si fa vicino, ha in mano qualcosa anche se non capisco bene cosa sia.
“Sai” esordisce “Ho pensato a quello che hai detto. Che non sei ancora convinta di me, non riesci ancora a fidarti completamente di me. Allora mi sono chiesto, cosa ti avrebbe potuta tranquillizzare?
Ci ho riflettuto su ma la risposta ce l’avevo in mano: il tuo ritratto, quello che hai realizzato per me.
Sai perché mi piacciono i tuoi disegni?”.
Faccio un cenno di diniego.
“Perché riesci a trasmettere non la mia figura vista obbiettivamente, ma con i tuoi occhi.
Nei due disegni che hai fatto, mi sono visto con i tuoi stessi occhi. Non ho visto un cyborg assassino, ma ho visto l’essere perfetto, che in qualche modo è umano. Perché è questo quel che tu vedi in me, vero Nola? Un essere umano. Un ragazzo. Non è forse così?”.
Sono a bocca aperta: annuisco, incredula. Mi avrà letto nel pensiero?
Sorride di rimando e riprende “Quindi ho capito come tu vedi me. Ma adesso, ho pensato che per poterti tranquillizzare sul mio conto, e aiutarti a fidarti sempre più di me, ci volesse un gesto particolare da parte mia, qualcosa che ti facesse capire come io vedo te.
E la risposta ce l’avevo in mano.
Prendi!”.
Mi porge ciò che nasconde tra le mani, ed è un foglio piegato in quattro.
Si allontana silenziosamente mentre lo apro con cautela, temo di poterlo rovinare o strappare.
Mi avrà scritto una lettera? Mah, non mi sembra proprio il tipo per queste romanticherie.
Ma ciò che vedo è qualcosa di decisamente inaspettato, forse anche peggio delle lettere d’amore.
Vedo me stessa.
Ma non sembro io.
Sembro una folle assassina.
Ha ripreso me nel momento in cui l’ho aggredito.
Il fumo nero attorno a me, la mia espressione da assassina… e la luce rossa nel palmo della mia mano! Incredibile, sembra quasi una fotografia per quanto è realistico questo disegno!
Allora io ai suoi occhi sono così?
Un cyborg lancia-attacchi che lo ha aggredito senza motivo?
Sento le lacrime agli occhi, mi alzo di scatto e corro, voglio raggiungerlo e chiedergli cosa significhi quel ritratto.
Lui è di sopra, sta esaminando il suo copricapo verdastro.
“Esigo una spiegazione” gli sbatto il foglio davanti agli occhi su un tavolo e lo guardo, a metà tra l’offeso e l’irato.
Lui aggrotta le sopracciglia: “Non mi aspettavo questa reazione”.
“Mi hai ritratto come un’assassina, come un robot che spara raggi. Sono solo questo, secondo te?” sbotto, e alzo un po’ troppo la voce, forse, ma è la rabbia che mi spinge a farlo.
Perché non volevo che lui si facesse questa idea di me. Io non sono così.
Mi fissa per qualche istante negli occhi, scuotendo il capo poi mi risponde: “Ah, Nola, Nola, hai capito questo dal ritratto? Io non intendevo assolutamente questo! Guarda meglio il tuo volto: cosa fai, nel disegno?”.
Lo guardo con attenzione: effettivamente, nel disegno…
“Sorrido” mormoro.
Lui annuisce: “Ti sembra il disegno di un’assassina? Vedi, Nola, io ti ho ripresa nel momento in cui tutta la tua vera forza si è esplicata! Perché per me non sei una sciocca umana, una ragazzina stupida che pensa solo a caramelle e sciocchezze, ma sei una donna. E potresti distruggere l’intero pianeta, con la forza che ti ritrovi.
Ecco cosa ho disegnato: questo sei tu ai miei occhi.
Una vera donna, potente, forte e meravigliosa. Che con quel sorriso sul volto potrebbe conquistare l’universo, senza poi fare alcuna fatica. Una potente e stupefacente donna. Ecco cosa sei, Nola”.
Continuo a fissare inebetita il ritratto: “Allora tu mi ammiri?”.
“E come non potrei farlo? Mi hai messo k.o. in un colpo solo, cosa che nessuno finora è mai riuscito a fare e, credimi, mi sono battuto con i guerrieri  più forti di questo pianeta.
Nola, tu sei forse la creazione più geniale del dottor Gelo, dopo di me.
Sei l’unico cyborg che si sia saputo distinguere dagli altri.
Tu sei Nola, non C-21. E già questo la dice lunga…”.
“Cell?”.
“Sì?”.
Gli sventolo il disegno sotto il naso “Non l’hai firmato”.
Lui ammicca: “Non ce ne sarà bisogno. A me basta che lo sappia tu che quel disegno è una mia opera. Non lo dimenticherai, vero?”.
Scuoto la testa: “MAI”.

 
 
N.d.A.

 
Perdono! Ieri non ho caricato questo capitolo per mancanza di tempo, chiedo venia!
Allora, voglio chiarire un punto: qualche capitolo fa, mi è stato detto che questa storia non poteva essere una missing moments (cosa che, infatti non era, fino a oggi), perché Cell nella storia di Toryama rimaneva fisso sul ring per i giorni antecedenti al torneo, fermo lì ad aspettare la data d’inizio. Ma lì mi è venuta l’idea per la missing moments, dato che io le adoro e generalmente le mie fic sono sempre m.m. . Così ho inserito la capacità di sdoppiamento di Cell nella mia storia, sfruttandola per giustificare la sua presenza affianco a Nola! :D
Quindi, ufficialmente comunico che questa storia è diventata una MISSING MOMENTS! :D
**applausi inutili**
Tornando a noi, con questo capitolo abbiamo capito che opinione si è fatto Cell della nostra cara Nola: e che bell’opinione, direi! Una donna guerriera! ;D Quindi, sta’ attento a non farla incavolare, Cell, o te la vedrai con la sua furia distruttrice! ;)
Vediamo… scommetto che vorreste vedere il ritratto che Cell ha fatto a Nola, non è così? Eh? :D
Sono magnanima, ve lo concedo! ;) Ahah!
Al prossimo capitolo (che caricherò in prima serata).
Ciao ciao
Julia of Elaja

 

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Capitolo 13
*** Quel che passa nella testa di Nola ***


Stanotte proprio non riesco a chiudere occhio.
Niente da fare.
Una giornata del genere non la si scorda facilmente, e l’adrenalina in circolo è ancora troppa.
Sospiro, nel buio della mia camera, e allungo una mano sul grande letto su cui mi trovo.
Stringo appena le lenzuola di seta rosse tra le dita, per apprezzarne la morbidezza e la delicatezza, e continuo a pensare a quel bellissimo ritratto che Cell ha fatto per me.
Incredibile: quasi non me l’aspettavo così umano, io ero convinta che mi avrebbe violentata alla prima occasione, perché in fondo deve solo ingravidarmi. Eppure no, lui si sta sforzando, sta cercando di guadagnare la mia fiducia.
E io cosa gli ho detto, poi, poco fa? “Potrei ma non voglio fidarmi di te”.
Già, perché è come se avessi paura: temo il momento in cui ci uniremo per procreare la sua prole, perché poi dopo sarà tutto finito. Non ci sarà un noi, lui non è certo un normale ragazzo con cui avere una storia e da poter sposare, un domani.
Scuoto il capo, triste e abbattuta: perché è questo il motivo per cui non voglio fidarmi di lui.
Una volta che gli avrò aperto il mio cuore, lui mi metterà incinta. E poi, addio per sempre.
Avrà fatto quel che doveva e io anche. Ci divideremo, e di noi non rimarrà che un figlio da crescere.
E poi questo famoso “bambino”… sarà un cyborg, dato che io e Cell lo siamo, ma spero che esca il più umano possibile.
Certo che, se avrà gli occhi di suo padre, il suo sguardo… beh, sarà proprio un bel ragazzo!
Mi auguro solo che non si prefigga di distruggere tutto, come già vuole fare suo padre.
Ma poi, guardami… parlo già di padre di mio figlio riferendomi a Cell, ormai ci sto facendo l’abitudine all’idea! E più passo del tempo con lui, più vorrei stendermi qui su questo letto e abbracciarlo, farlo mio.
Sospiro.
Ahi ahi ahi, Nola. Mi sa che ti sei cacciata in un brutto guaio!
Mi viene quasi da ridere al pensiero dell’incubo che ho fatto, dove lui mi inseguiva e voleva violentarmi: non lo farebbe mai, ora lo so. Sono più tranquilla.
Ma comunque non riesco a dormire: dannazione!
Forse sarà meglio bere un sorso d’acqua, mi tranquillizzerà.
Ma nonostante pochi istanti dopo io stia bevendo placidamente, nulla cambia.
Continuo a ripensare alla scena di poco fa.
E non posso che sorridere all’idea di ciò che stava per accadere.
 
 
Un’ora prima
 
Dove si sarà cacciata quella cavalletta gigante? Sono quaranta minuti che lo cerco ma non riesco a trovarlo. Sarà uscito, forse, o magari sta dormendo e non mi sente. Be’, peccato, perché voglio parlargli, e in fretta.
Non mi quadra una cosa, in tutta questa storia: lui in televisione ha parlato di voler distruggere la razza umana e l’intero pianeta. Ma, allora, una volta che sarò incinta, che fine farò io, dato che sono cresciuta su questo pianeta, con gli umani?
E voglio parlarne con lui: mi sembra davvero di essere una ragazza sposata, che deve discutere di cose importanti con suo marito. E invece no, sono solo la vittima sacrificale di un astuto piano di uno scienziato pazzo. Grandioso.
“Cell!” continuo a chiamare, e ora mi sto spazientendo. Ho girato dappertutto, mi manca solo la camera da letto dove dormo io.
E, destino vuole, lo trovo proprio lì.
Ma non dorme: è steso a fissare il soffitto, lo sguardo assorto e le braccia dietro la nuca.
“Ma insomma, ti chiamo da più di mezz’ora!” sbotto “Devo parlarti”.
Lui fa un cenno con il capo a voler dire di stendermi affianco a lui; io mi siedo compostamente, allungando la mia gonna sulle cosce per non farle scoprire più del dovuto.
“Ho la tua attenzione? Posso parlare?” chiedo, dato che ancora non mi degna di uno sguardo.
Lui annuisce, ma continua imperterrito a fissare il soffitto.
Faccio un respiro profondo e inizio a raccontargli tutte le mie perplessità sul futuro, se lui è davvero intenzionato a distruggere il pianeta terra e, in quel caso, io dove me ne andrei a finire.
“Ma mi stai ascoltando?” chiedo, sbigottita quando finisco di esporre il problema, perché lui sta sorridendo con lo sguardo perso nel nulla.
“Ti ho ascoltata, sì” mi conferma.
“E cosa ci trovi di così divertente?” chiedo, per capire come giustificherà quel sorriso.
Lui fa spallucce e mi risponde, con tono pacato e sempre evitando di guardarmi “Perché sei comica. Secondo te potrei davvero distruggere questo pianeta, sapendo che tu hai vissuto sempre e solo qui?”.
Boccheggio per qualche istante: “E allora… perché hai detto che tu avresti…”
“Distrutto il pianeta?” completa lui per me “Perché volevo spaventare i terrestri. Tanto di ucciderli, loro li ucciderò. Terrò viva solo te e nostro figlio. Questo è l’importante”.
Lo guardo, a metà tra l’inorridito e il sorpreso.
“Tu ucciderai tutti, così, senza motivo? Solo perché ti va?” sussurro, incredula.
Annuisce.
“Sei proprio pazzo”.
“Lo sei anche tu, visto che sei qui con me in questo momento. Quale persona sana di mente starebbe qui a conversare con me?”.
“Si dà il caso che io sia la tua futura compagna, quindi è normale che io sia qui a parlare con te!” esordisco con l’aria da maestrina che spesso mi contraddistingue (mi odio quando faccio così, ma che posso farci se mi esce così naturale?) “E comunque, tu sei folle, completamente e decisamente fuori di…”.
La frase non riesco a finirla perché la sua mano si posa sulle mie labbra: sembra arrabbiato, corruga la fronte e ora è seduto anche lui sul letto, alla mia sinistra.
“Basta così” dice e io capisco che non gli piace essere insultato. Annuisco e lui leva la sua mano.
“Ti chiedo scusa” dico a voce bassa “Ma sono preoccupata. Non pensare che, pur essendo un cyborg, non provi sentimenti. E mi dispiace per quelle povere vite innocenti che ucciderai e per le altre che hai già ucciso”.
Lui annuisce, sempre guardandomi.
“Mi chiedo solo che gusto ci trovi nel prendertela con i più deboli” dico, e forse il mio tono è duro ma non riesco proprio ad ammorbidirlo “Non ti capisco. Io non sono come te”.
“Questo lo so, Nola. Tu non sei come me” ripete lui appresso a me, e non saprei dire se per lui questo è un bene o un male. So solo che un istante dopo la sua mano destra è stretta intorno alla mia, posate entrambe sulle mie gambe.
“Non sei un cyborg come me o come gli altri creati dal dottor Gelo, lo so” continua lui “Me ne sono reso conto sin dal primo momento. Il fatto stesso che io avvertivo la tua aura la dice lunga sul tuo conto”.
“La mia che?”.
“La tua aura. La tua anima, in altre parole. I cyborg non hanno un’anima, tu invece sì. Ecco perché ti stavo facendo precipitare, subito dopo averti presa con me: perché credevo di aver preso una cantonata, di aver scambiato una delle tante femmine di umano per la mia futura compagna. Ma quando ho visto quel simbolo del Red Ribbon dietro alla tua schiena, ho capito che eri tu. E ti ho presa al volo, ricordi?”.
Annuisco: “Ricordo anche le tue parole. Dicesti che stavi per commettere un errore madornale e che l’avresti pagato caro”.
“Hai una buona memoria. L’avrei pagato caro, questo è certo, perché avrei perso la mia compagna d’accoppiata e con lei la possibilità di riprodurmi. Non tutte possono gestire una gravidanza con il mio seme, sai? Ecco perché sei stata creata, Nola. Perché tu ti distingui da qualsiasi cyborg o essere umano esistente. Sei una rarità. D’altronde, anche il vecchio dottor Gelo lo diceva”.
Inclino il capo: “Sono curiosa. Che cosa ti diceva?”.
Lui mi sorride e risponde, citando il dottore “Ricorda, Cell: una soltanto. La riconoscerai tra mille. Una donna come quella non la si trova facilmente su questo pianeta!”.
“Diceva questo di me?” chiedo, divertita.
Lui annuisce: “Già. Sei diversa da tutti, Nola. E questo l’ho capito bene”.
Mi sembra farsi più vicino, e stringe più forte la mia mano; il mio cuore sta aumentando i battiti, sono sicura che le mie guancie sono rosso fuoco in questo momento…
“Sono felice che tua sia così, unica” sussurra lui.
Poi si alza, lasciandomi su quel letto da sola, a guardarlo andare via.
E su quel letto sono rimasta tutto il tempo, a fissare il soffitto e ad aspettare il sonno che ancora non arriva.
Perché dopo un’emozione del genere, un altro mancato bacio… be’ credo sia più che giustificata questa assenza di sonno!
Ciò che non giustifico, invece, è la mia voglia sfrenata di raggiungere Cell e baciarlo.
Non devo farlo.
No.
Ma allora perché sto correndo per il corridoio?
Devo fermarmi!!
Eppure non riesco, dannazione, le gambe stanno andando in automatico, non riesco a controllarle!
Sento dei rumori provenire dal bagno: e, senza bussare e senza far alcun rumore, apro piano piano la porta e…
Voi non crederete mai a ciò che sto vedendo in questo momento.



N.D.A.

Eh eh eh! E come sempre vi lascio con il finale chiuso sul più bello! Muahhahahah beh insomma, se ho messo nello stile della storia "Suspence" ci sarà un perché! ;) ahah
Quindi senti senti un po' il caro Cell: vuole uccidere tutto e tutti ma non Nola e il loro futuro bambino. E sì, bel piano, complimenti! -.-" E allora noi che non siamo Nola che fine dovremmo fare!? D:<
Eh vabbe... quel lucertolone proprio non lo capisce che ci sono parecchie spasimanti che se lo contendono *W* Se solo sapesse! Ahah :D
Torniamo a noi, bella gente: con questo capitolo ho deciso proprio di tenervi incollate allo schermo ad imprecare per il finale mancante, secondo voi cosa avrà visto Nola in bagno?
Lo scoprirete domani, intanto se volete provare ad indovinare fatelo pure!
Chi dovesse riuscire ad indovinare vince un piccolo premio... ovvero, una collaborazione con la sottoscritta per la stesura di un prossimo capitolo! ;) Non voglio dirvi più niente, vediamo cosa mi scriverete :D
Un abbraccio a tutti e tutte, ci si sente al prossimo capitolo!
Julia of Elaja

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Capitolo 14
*** Odi et amo ***


Chiudo la porta evitando di fare rumore e striscio inerme a terra, la schiena poggiata sullo stipite.
O mio Dio. Cosa ho visto.
No, aspetta, davvero, cosa ho visto!? Ma dove diamine ho la testa!? Entro in un bagno senza bussare?
Meno male che lui non mi ha vista: ci mancava solo quello!
Ho la testa tra le ginocchia e fisso ad occhi sgranati il pavimento bianco, che anche se siamo al buio mi sembra accecante.
Ho appena visto Cell completamente nudo. Sissignore, come mamma l’ha fatto (o dovrei dire papà, visto che l’ha creato il dottor Gelo?).
Scuoto il capo per cercare di riprendermi dallo shock: una visione apocalittica, direi. Non so perché ma mi viene da vomitare, non per lui, anzi! Ma perché… ecco… ve lo dico?
Non ho mai visto un uomo nudo in vita mia!
Al massimo mio padre in mutande, ma nudo mai! MAI!
E la mia prima visione di nudità è stato un cyborg: incredibile, vero?
Però… diamine che visione.
Sorrido appena al pensiero che quel corpo sarà sopra al mio tra non molto: possente, muscoloso, perfetto.
L’unica cosa che mi preoccupa è quella… come potrei definirla? Ehm… penso che BESTIA sia il termine appropriato per quella parte del suo corpo dove il mio sguardo è caduto poco fa.
Farà male quando lo faremo? Direi proprio di sì, viste le dimensioni!
Ok, una mia amica mi ha raccontato che la prima volta fa davvero male, ma poi dopo pochi minuti tutto va liscio come l’olio, in tutti i sensi… ma non so se quella bestia formato MAGNUM riuscirà ad entrare in me, anche dopo ore.
Non oso immaginare la scena. Sarà tragicomica, ci scommetto!
Alzo la testa di scatto e la sbatto contro la porta: “AHIA!” urlo, mi fa malissimo!
Sento il rumore dello scroscio d’acqua dietro di me: Cell sarà ancora immerso nella vasca da bagno, dove si stava calando poco fa quando io l’ho visto… accidenti, come farò ora ad addormentarmi, con quella visione che mi balena davanti agli occhi!?
Una cosa però mi turba ancora di più: i miei pensieri.
Me lo sto immaginando nudo il che da un lato mi fa venire i brividi per l’eccitazione e dall’altro mi schifa anche.
Sarò mica lesbica?

Ma che diamine mi viene in mente?
La visione deve avermi shockata sul serio, sì sì.
Sarà meglio che mi alzi e vada a bere non un bicchiere, ma un litro d’acqua!
Urge rinfrescarmi il cervello.
Quindi mi alzo appoggiandomi alla porta, mi rendo conto che tremo come una foglia; dannazione, se dovesse vedermi in questo stato, mister cavalletta potrebbe capire tutto! No, devo fingere indifferenza, devo far finta che non sia successo nulla. Ecco, composta Nola, datti un contegno.
E finiscila con le tue paturnie mentali!
Mi trascino in camera mia e apro il frigo; forse davvero c’è stato qualche danno a qualche mio neurone, con quella visione, perché quando avvicino la bottiglia alle labbra sbaglio mira e mi ritrovo bagnata d’acqua sino ai piedi.
“GRANDIOSO!” sbotto, alzando le braccia.
Sono un bagno di acqua.
Sono una frana, una vera frana!
E per di più, mi sono innervosita parecchio: e tutto questo perché ho visto Cell senza la sua dannatissima armatura da cavalletta. Ecco, ora non posso nemmeno chiamarlo più cavalletta, perché l’immagine di lui nudo mi si staglia nel cervello, anzi direi che ha sostituito a pianta stabile quella che avevo precedentemente.
Cosa faccio ora?
Beh, generalmente, quando un pensiero mi ronza per la testa, io lo disegno.
Che faccio, disegno il mio futuro compagno nudo?
Faccio spallucce e apro un cassetto della scrivania, dove trovo una risma di fogli bianchi che non avevo mai notato prima.
E la penna è là sopra.
Ma sì, dai, tanto lui è in bagno e io sono sola.
Mi sento in colpa mentre inizio a disegnare, quasi fossi un’assassina! Come se avessi fatto qualcosa di illegale, ma in fondo ho solo visto un ragazzo, anzi un cyborg, nudo. Qual è il problema?!
Ma no,  io sono la donna dalle mille complicazioni e dai mille pensieri imbecilli: sono nata per complicarmi la vita!
Cerco di non disegnarlo completamente nudo come l’ho visto, però: un po’ di pudore, che diamine!
Me lo immagino in questo momento, a mollo dentro la vasca, i capelli bagnati davanti agli occhi, e quei muscoli tutti in evidenza… che spettacolo!
Decido di ritrarlo così, immerso nell’acqua, solo l’inguine sotto il livello e le sue braccia, le sue gambe e il suo petto esposti, con tutti i muscoli in bella mostra.
Che grandissimo pezzo di cyborg.
Roba da sbavarci, fidatevi!
Disegno ancora, e mi sfogo così, anche se sono ancora molto su di giri. Vorrei calmarmi, ma temo sempre che Cell possa comparire sulla soglia da un momento all’altro e cogliermi in flagrante, mentre lo disegno.
Mi immagino: se mi avesse visto che sguardo mi avrebbe rivolto? Di rimprovero? O sarebbe stato contento di farsi vedere nudo, e mi avrebbe lanciato uno sguardo malizioso?
Penso più la seconda: sì, è decisamente quel tipo di persona.
Quindi disegno i suoi meravigliosi occhi così attraenti e do loro una sfumatura maliziosa, un tocco di erotismo che nell’insieme non guasta per niente.
Dopo pochi minuti ho già finito tutto, e devo dire che non è uscito niente male. Anzi, lui non è niente male; ma questo già si sapeva.
Mentre fisso quegli occhi così magnetici, quelli che ho disegnato, penso all’assurdità di questa storia: io sarò la sua compagna, procreatrice della sua prole. Chissà quando nascerà nostro figlio lui come si comporterà! Sarà un padre premuroso? Oppure non appena ingravidatami mi manderà via e non vorrà vedermi mai più, proprio come accade a molte ragazze, sedotte e abbandonate?
Ma poi una consapevolezza ancor più terribile si fa strada in me: e se dovesse rimanere ucciso nel Torneo che ha indetto?
Ondate di puro terrore mi investono al solo pensiero: ho fatto i conti senza l’oste, anzi, anche lui li sta facendo! Diamo per certo che lui vinca il Torneo: e se poi così non fosse? Se venisse sconfitto e ucciso?
Mentre penso tutto questo, sento gli occhi bruciarmi come tizzoni incandescenti. Forse le lacrime vogliono uscire, ma non glielo permetterò. Non ora, non qui, a pochi passi da lui.
Prendo il disegno e lo nascondo in fondo al cassetto: a dire il vero vorrei lacerarlo in mille pezzi, ma so di non essere lucida, di essere annebbiata dall'angoscia, la paura, e l’ira.
Sì, sento l’ira crescere. Perché lui vuole uccidere tutti gli abitanti del pianeta. E io questo non posso accettarlo. Proprio no.
Lo odio eppure al tempo stesso mi attrae incredibilmente; mio nonno mi disse, quando ero più piccola, che in fondo troppo odio può trasformarsi in amore e viceversa.
All’epoca non lo capii bene, ma ora mi è chiaro tutto.
Lo odio e me ne sto innamorando.
“Nola?”.
Oh, eccolo, nel momento più opportuno!
“Dimmi” gli rispondo freddamente, ancora dandogli le spalle; non ho voglia di voltarmi a guardarlo.
“Cosa c’è che non va, adesso?” chiede, con tono esasperato “Ti ha morso un serpente? Sembri proprio velenosa in questo momento, sai?”.
Respiro profondamente, per cercare di tranquillizzarmi, e sempre senza voltarmi gli chiedo: “E se tu dovessi morire, cosa ne sarà di me e del nostro bambino?”.
Deglutisco, rendendomi conto che per la prima volta non ho parlato di “sua prole” o “suo figlio”… ma di nostro figlio. Il nostro bambino.
“E perché dovrei morire?” mi risponde, con aria strafottente. Meglio che non mi giri, altrimenti potrei esplodere. E non so se in lacrime, o con quella micidiale luce rossa come già è capitato.
“Tu poni caso che ci sia qualcuno così bravo a quel torneo che possa riuscire a sconfiggerti. Cosa ne sarebbe di me e della nostra creatura?”. Uso ancora il “nostro”: che buffo, ci sto facendo l’abitudine.
Tutto d’un tratto c’è il silenzio in questa stanza: Cell non mi risponde ancora.
E un attimo dopo cerco di non sobbalzare quando sento le sue mani avvinghiarsi alla mia vita.
“Nola” mi dice, con voce calma e profonda “Preferirei togliermi la vita da solo piuttosto che farmi sconfiggere da quei quattro damerini!”.
Annuisco, sempre fissando un punto imprecisato di fronte a me.
“Allora non partecipare a quel torneo” gli dico, risoluta “Se sei già certo di avere la vittoria in pugno, perché ci partecipi? Perché lo hai indetto?”.
“Perché è pur sempre stimolante, per me, sfidare i guerrieri migliori del pianeta” mi risponde con tono irritato, quasi mi volesse dire che la sua risposta è scontata, e che io avrei già dovuto conoscerla, e sono stata una stupida a chiedergli di rinunciare al torneo.
“Insomma, ho pur sempre le loro cellule nel mio corpo! Quindi confrontarmi con loro sarà decisamente interessante, non trovi?”.
Faccio spallucce; io non ci trovo niente di interessante in tutto questo, anzi, lo trovo da folli.
Come si può avere il piacere di combattere, giusto per divertimento poi?
“Io non ti capisco, è inutile!” sbotto.
Sento la presa sulla mia vita allentarsi e lui che fa un passo indietro. Ho proprio voglia di dirgliene quattro, ora.
Quindi mi volto, più decisa che mai a non crollare davanti ai suoi occhi, che infatti accuratamente evito.
“Perché devi uccidere tutti gli esseri umani, eh? Che cosa ti hanno fatto di male? Vuoi farlo solo perché ti diverte, vero? Ti piace sentire come urlano terrorizzati, vedere come fuggono via da te, chi a nascondersi e chi per scappare via da lì! Ti piace ammazzare la gente, vero? In fondo hai fatto così con quella ragazza che stava stesa affianco a me nell’erba, l’altra sera! Un colpo e l’hai uccisa! Puf! Sparita! Senza pensare magari alla sofferenza di chi le voleva bene, che adesso la starà piangendo chissà dove! Sei un essere spregevole e senza cuore, dovresti vergognarti di ciò che sei!”.
Ho sputato tutto il mio risentimento contro di lui, fissando insistentemente il suo petto. Non che non sia interessante da vedere, per carità, ma è stato un diversivo per sfuggire a quei suoi occhi.
Che adoro.
E che odio.
Ora mi aspetto di tutto: dalla risata, ad uno schiaffo in pieno viso, o addirittura potrebbe stordirmi con un colpo. Forse me lo merito, forse no, ma è un’ingiustizia, questa.
E poi, come sempre, Cell mi sorprende.
Vedo solo che si volta ed esce dalla mia camera, senza dire una parola.
Quando mi dà le spalle, nell’uscire, noto che ha di nuovo la corazza addosso, e anche il suo copricapo.
E ora, dove starà andando?
Non m’importa! Non deve importarmene!
Mi getto sul letto a pancia in giù e sbuffo.
Vorrei piangere, avevo voglia di litigare con lui, di sfogarmi così. E invece mi ha completamente ignorata, lasciandomi addosso un sacco di rabbia in più! Dannazione!
Rimango ferma sul letto così per non so quanto tempo: ma dopo un po’ mi alzo, mi spoglio di queste robe che porto addosso da giorni e mi precipito in bagno.
Ho voglia di fare una doccia, anzi no mi concederò anche io il lusso di un bel bagno caldo come ha fatto precedentemente vossignoria!
Apro i rubinetti e lascio scorrere l’acqua, ci aggiungo del bagnoschiuma e mi ci tuffo dentro.
Chiudo gli occhi, respiro profondamente.
E lascio che il buio delle mie palpebre abbassate mi offuschi la rabbia che ho in corpo.
Anche se, temo, non servirà a molto.


N.d.a.

Ooops! Cosa sta succedendo alla nostra Nola? Si sta arrabbiando di nuovo! Mmm... prevedo scintille, ragazzi! 8)
Dite un po', lo vorreste vedere il ritratto di Cell versione "senza corazza"? 
Sì?
Dite sul serio?
Bene, allora!
Perché non ve lo farò vedere :D :D :D :D muhahahahahhaha **versione malvagia mode on**
**si torce le mani soddisfatta**
Ok, la finisco, va bene! Sono sadica e cattiva, quindi devo farvi penare, comprendete? u.u Ecco perché non vi farò vedere il ritratto! ;P
O almeno, non ora... poi non so, può darsi che in futuro cambi qualcosa, chi lo sa!
E va bene, la situazione si sta facendo BOLLENTE! E questo primo bacio ancora non arriva, ma cosa stanno aspettando quei due? La scintilla?
Beh però bisogna stare attenti alle scintille.
Non si gioca con il fuoco: si rischia di bruciarsi, no? ;)
E con questa enigmatica frase vi lascio!
Ci aggiorniamo al prossimo ARDENTE capitolo :P
A buon intenditor poche parole ;)
Baci!
Julia of Elaja

PS: Il titolo del capitolo è naturalmente una citazione di Catullo e della sua "Odi et amo". Mi sembrava perfetta per Nola e Cell ;)

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Capitolo 15
*** L'odore del sangue ***


Sono passate due ore, e io sono uscita soltanto adesso dalla vasca. Sono fradicia e i miei capelli colano acqua dovunque.
Ho pianto. Ebbene sì, non ho più retto e mi sono sfogata così.
Ma, nonostante questo, la rabbia che sento nel mio corpo è rimasta intaccata, forse anzi è anche aumentata percettibilmente.
Il fatto è che vorrei innamorarmene, vorrei davvero amarlo, ma è un dannatissimo cyborg che vuole uccidere tutti! E io, Nola, posso mai accettare placidamente questa situazione? NO!
Lo ha detto anche lui che io sono una donna guerriera, che combatte e non si arrende: ebbene, ora mi sono davvero messa in testa che ci sarà una guerra tra me e lui, se non cambierà idea in fretta.
Però lo voglio… oh Signore, quanto lo voglio!
Mi mordo un labbro, continuando a fissare la mia immagine riflessa nello specchio.
Ora che mi osservo meglio, ho tanto l’aria da ragazzina acqua e sapone; e la cosa non mi va per niente giù.
E poi, questi capelli! Sempre portati liscissimi e lunghi: mi sono stancata! Non sono più una bambina, ci vuole un taglio. In tutti i sensi.
Sgattaiolo in camera, da qualche parte, in un cassetto della scrivania, avevo visto un paio di forbici.
E, infatti, dopo pochi minuti sono di nuovo in bagno, e le tengo in mano, fissandole.
Se devo combattere una guerra, devo essere una vera guerriera, giusto?
E una guerriera può presentarsi in gonnella e camicetta, con i capelli lunghi e lisci, legati in due code separate? Certo che no.
Cerco di immaginarmi in versione “battagliera”, la famosa donna guerriera di cui parla Cell, il mio nemico. E inizio a giocare con le forbici, spuntando un ciuffo di capelli prima qua poi là, taglio le punte, taglio tantissimo. Voglio fare pulizia nella mia testa, e anche esternamente.
E ogni ciocca che cade a terra silenziosamente è quasi una parte della mia innocenza che se ne va, o forse lo è davvero. Zac, cade un ciuffo e addio Nola la bambina che voleva sempre una bambola nuova a Natale. Zac, un altro ciuffo a terra, saluto la Nola di dodici anni che voleva diventare una famosa ballerina di jazz da adulta. E taglio, taglio ancora; voglio che lui non mi riconosca, voglio essere così bella e letale che l’unica cosa che potrà fare è stramazzare al suolo, prima ancora di iniziare a combattere.
I miei capelli in realtà non sono lisci, no: sono crespi, ricci, ribelli. Come la mia anima, no? Posso sembrare timida, mansueta, buona. Ma in realtà sono una guerriera, e anche pericolosa. Il riccio è nascosto dal liscio, ma prima o poi torna sempre a galla, no?
Ecco perché lascerò che i miei capelli si asciughino da soli, stasera, a contatto con l’aria calda di quel covo: torneranno alla loro vera forma, il riccio ribelle verrà fuori in tutta la sua bellezza.
Quando finisco di tagliare, i miei capelli arrivano appena alla vita: se prima superavano abbondantemente i fianchi, ora ecco come accennano ad arrivare appena sotto il seno. Ricci. Superbi. Lucenti e perfetti.
Quello che ora mi manca è l’abbigliamento adatto: per un momento saggio la possibilità di presentarmi nuda, ma no. Sono pur sempre Nola Degrees, che diamine!
Solo che i miei vecchi vestiti non li voglio più indossare, no.
Però, ora che ci penso, in camera mia c’è un armadio: e se il dottor Gelo lo avesse riempito di vestiario?
Una frazione di secondo più tardi mi sono precipitata in camera e ho spalancato il grande armadio.
E la mia previsione risulta essere azzeccatissima: c’è un intero guardaroba femminile, per tutte le età, catalogato.
Fino ai dieci anni, dai dieci ai tredici, poi tredici-quindici, e infine quindici-venti.
Poi c’è un’ultima scatola, con un cartellino rosso posto su di esso: “Adulta”.
Ed è su quello che mi fiondo.
Avete presente quando senti di essere attratta da una cosa, quando senti che ti appartiene?
Una volta aperto quello scatolone, ho compreso appieno questa cosa.
Signori e signore, va in scena Nola, l’affascinante killer.

***

 
“Cell!”.
Lo sto chiamando ad alta voce, voglio che lui senta il mio tono, deve sapere che voglio combattere. Voglio vendicarmi, voglio sfogarmi, insomma voglio scatenare quella potenza sopita che c’è in me.
E poi non vedo l’ora che lui posi i suoi occhi su di me, con i capelli diversi e questo abito non oso immaginare come reagirà.
Un abito rosso, come il sangue, come la luce nel palmo della mia mano, che in questo momento è ricomparsa; un vestito audace, per una donna, attillato e corto.
Voglio proprio divertirmi, con lui.
“Cell!” urlo ancora. Che fine avrà fatto? Che venga fuori! Voglio combattere!
Dopo pochi istanti, sento dei passi al mio fianco: mi volto.
E lui è qui, alla mia destra.
“Ti stavo cercando!” gli dico, fermandomi di colpo e guardandolo dritto negli occhi. Voglio proprio vedere come reagirà al mio cambiamento.
Lui mi osserva, fermandosi di fronte a me, e i suoi occhi si soffermano più volte sul mio seno: la cosa mi fa decisamente piacere, perché la mia intenzione è quella di provocarlo così, e poi attaccarlo. Non so perché voglia fargli questo, forse perché vuole distruggere gli esseri umani e io voglio invece improvvisarmi loro paladina! Già, dev’essere così…
“Che cosa hai combinato ai tuoi capelli?”.
Sta ridendo!
Sta ridendo di me!
Giuro che adesso lo prendo a sberle!!
“Non è il momento di pensare ai miei capelli” ribatto, e la luce rossa si fa più vivida nella mia mano.
Il suo sguardo guizza proprio lì: “Vuoi forse attaccarmi?”.
Ora ci siamo.
Il suo tono di voce è cambiato, fa veramente paura; e mi sta fissando con uno sguardo che farebbe scappare a gambe levate chiunque, ma non me.
Fiuto il pericolo, e invece di andare via, io resto. Perché lo desidero.
“Non c’è bisogno di chiedere. Preparati a combattere!” gli grido, e la luce rossa aumenta di grandezza e intensità.
Scoppia a ridere, ma si nota subito che è una risata falsa, malvagia, cattiva. E mi piace sempre di più.
“Tu sei folle!” mi grida “Potrei ucciderti in meno di un secondo, e ora vorresti sfidarmi? Finiscila, numero ventuno!”.
Lo ha fatto apposta a chiamarmi così, potrei scommetterci. Vuole farmi impazzire di rabbia, forse?
“Combatti, allora, e dimostrami la tua potenza, la tua vera forza!” lo incito “L’ultima volta direi che ti ho stracciato alla grande, eh? Tu che ne dici?”.
“Finiscila”.
“No”.
“C-21, finiscila o sarò costretto a…”.
“NON CHIAMARMI C-21!” urlo, irata. Questo è troppo, il mio nome è Nola, non quell’orrenda sigla da automa.
E mi scaglio contro di lui, mentre lui viene verso di me.
La luce rossa si libera da sé e vola contro il suo petto, ma lui con un pigro colpo di mano la respinge.
E partiamo, corpo contro corpo.
Penso che questo combattimento è viziato già in partenza, perché lui ha la corazza e io no; ma non importa, lo ferirò comunque! Sul viso, che è scoperto, gli affondo le unghie nella guancia sinistra, lasciandogli un graffio così profondo da sanguinare copiosamente all’istante.
Lui mi ha tirato un pugno diretto allo stomaco, ma lo schivo con facilità: io ho i riflessi pronti, lo dice anche la cartella del dottor Gelo!
Gli tiro un calcio ben assestato in pieno petto e riesco a scaraventarlo a qualche metro di distanza: ma con un battito d’ali, eccolo di nuovo davanti a me.
Un pugno dritto sulla mia guancia destra: il dolore mi fa lacrimare gli occhi, ma non m’importa, voglio sfogarmi, voglio colpirlo e farlo soffrire. Deve capire cosa significa soffrire, come tutta quella gente che là fuori soffre perché sa della sua morte più vicina che mai, a causa di Cell.
Ma forse riesco a fargli cambiare idea. Forse.
E continuo a tirargli calci, pugni, poi la luce rossa nuovamente si stacca dal palmo della mia mano e, velocissima, guizza via e lo colpisce sulla spalla sinistra.
Geme e si tocca la spalla: si è solo ammaccata la sua maledetta armatura, dannazione! E io che speravo in un bel danno!
Ma la battagli infuria, non c’è tempo di pensare!
Nella foga del combattimento, travolgiamo intere scrivanie, rovesciandole a terra, alcuni fogli volano, altri si carbonizzano al passare dei raggi luminosi degli attacchi miei o di quelli di Cell.
Ma io sono affamata di sangue, del suo. Voglio combattere fino allo stremo, non mi arrenderò mai!
“Hai capito?” gli urlo “Capisci cosa significa soffrire?”.
Ride come un folle. No, non ha ancora capito nulla!
“Cosa dovrei capire da questa sceneggiata?” mi risponde, mentre schivo un suo attacco che si infrange contro il muro alle mie spalle e lo fa crollare, con un polverone di calcinacci e un boato tremendo.
“Che ti odio!” gli urlo a pieni polmoni.
“Fai quel che vuoi, ragazzina, tanto prima o poi ti metterò incinta!” mi si è scagliato contro e mi ha spinto contro un’altra parete, bloccandomi i polsi in alto.
Dannazione, sono in trappola!
Urlo, mi dimeno, tiro calci a destra e manca ma non riesco a colpirlo, maledizione!
“Tu, provaci!” gli urlo al massimo della collera “Tu prova a toccarmi e io ti faccio saltare in aria!”.
“Ah sì?” ride, si sganascia dalle risate. Quanto lo odio.
“Hai capito bene!” urlo “Sei solo un maledetto mostro, dovresti morire, voglio ucciderti! Tu non mi devi toccare, hai capito? O ti ammazzo! Io ti servo solo per le tue porcate, non è vero? Poi mi caccerai e non ti vedrò mai più! Io non ti permetterò di usarmi come se fossi un oggetto per il tuo piacere e per i tuoi piani di conquista del potere! Sei un pervertito, uno psicopatico, un…”.
“Guardami”.
In automatico, lo fisso nei suoi meravigliosi occhi violetti.
E lui mi sta sorridendo.
I suoi occhi mi stanno parlando, mi dicono che nonostante tutto ciò che gli sto urlando contro, lui non mi lascerà andare.
Uno sguardo come questo non l’ho mai visto in vita mia.
Rimango a bocca aperta, mentre mormoro, senza neanche accorgermene “Ti odio”.
E poi il silenzio.
Perché è tutto così silenzioso? Non stavamo combattendo, non ci stavamo riempiendo di calci e attacchi vari?
E allora perché questo maledetto silenzio?
Perché anche io sto zitta, e ho chiuso gli occhi?
Ah, ecco…
Perché le mie labbra sono incollate alle sue.
Ah, bene, ci stiamo baciando.
UN MOMENTO!
CI STIAMO BACIANDO!
Ma come è successo? Quando? Perché? Noi stavamo combattendo, gli ho urlato cose orribili, e ora sto ricambiando questo bacio meraviglioso… come bacia bene… che labbra morbide che ha…
Sento la rabbia scemare dentro di me, è praticamente scomparsa. Penso solo che sì, finalmente, ci siamo baciati! Anzi, lui mi ha baciata! Allora gli piaccio sul serio?
Sento la pressione sui miei polsi ancora forte: l’altra mano di Cell, invece, si è posata sul lato sinistro del mio collo, e mi sta accarezzando. Che mani calde che ha, così morbide…
Più che un bacio, io sto mangiando le sue labbra, e lui le mie. Per non parlare della mia lingua, non penso si sia mai mossa così, sembra in preda alle convulsioni.
Ma quanto lo odio, quanto!? Mi ha bloccata al muro, senza possibilità di difesa, e mi ha baciata, così, senza preavviso! Eppure vorrei che questo bacio non finisse mai, vorrei rimanere sempre così, trattenuta al muro, con lui che mi bacia.
Dopo interminabili ore, anche se forse saranno passati due o tre minuti, le nostre labbra si allontanano lentamente.
Vorrei dirgli che mi spiace per la sceneggiata di prima, che non penso davvero che lui sia un mostro e che merita di morire… e che se vuole toccarmi, può farlo quando vuole! Sono sua, sono dannatamente sua…
Eppure tutto ciò che mi esce dalla bocca è un sospiro, che faccio ad occhi schiusi, mentre sento ancora il suo respiro su di me.
“Nola” sussurra lui “Io non ti sfrutterò mai, tu non servi solo per la procreazione della mia prole”.
Ancora confusa, ancora in estasi per quel bacio stupendo, non riesco a recepire bene il messaggio che vuole darmi. Gli dico solo “Dimostrami quanto mi desideri. E che non sono solo la tua schiavetta da ingravidare. Ho paura”.
Chiudo di nuovo gli occhi e abbasso il capo. Ecco, l’ho detto: ho paura.
“Di cosa?”.
“Che tu possa abbandonarmi”.
Lui ride, e io alzo il capo per capire se la sua risata è falsa o davvero ride di me.
“Sei proprio folle” mi dice, allentando la presa sui miei polsi e posando le sue mani sulle mie spalle, il suo volto ad un soffio dal mio “Non hai ancora capito niente, Nola?”.
Scuoto il capo: “Non mi abbandonerai, vero?”.
Sul suo volto ora compare un sorrisetto tirato, di quelli beffardi che fa sempre, e capisco la sua risposta.
“Che disastro che sei, guarda, hai del sangue sulla guancia che ti sta insudiciando tutta” mi dice, mentre con un dito leva una goccia di sangue.
“Anche tu” gli dico, perché la sua ferita sulla guancia sinistra sta sanguinando copiosamente.
Ha anche un taglio profondo sulla mano sinistra.
“Cell?”.
Vorrei dirgli quanto mi dispiace, e che mi sento uno schifo per quello che ho fatto.
Lui sembra intuire i miei pensieri, perché sorridendo mi risponde “Ho capito. Era uno sfogo, e sei giustificata”.
Annuisco, felice che lui abbia capito il perché delle mie azioni.
“Ma la prossima volta non sarò dolce di sale, quindi evitiamo altri combattimenti e se vuoi baciarmi fallo direttamente! Non bisogna scatenare ogni volta un putiferio, sai?” ride.
E questa volta sono io ad avvinghiarmi a lui e a baciarlo di nuovo.
Voglio baciarlo sempre, lo giuro.
E mentre lui mi stringe al suo petto, mentre le gocce di sangue scendono sui nostri volti, capisco una grande verità: io, per l’essere perfetto, sono molto più di un cyborg da ingravidare.
E ne sono felice.

 
 
 
N.d.A.
 
Ce l’hanno fatta! Ebbene, dopo la bellezza di quindici capitoli finalmente Nola e Cell si sono baciati!! :D
Per la realizzazione di questa scena voglio ringraziare le mie tre collaboratrici: ichliebedich, virginbell e Gin del deserto, che con le loro idee hanno reso questo capitolo forse il più bello di tutta la storia :3 Visto, ragazze? Ho inserito tutti gli elementi che voi mi avete fornito, anche perché erano proprio quelli che io volevo usare per questa scena! Insomma, siamo sulla stessa onda :D
Ebbene, il famoso primo bacio è arrivato finalmente, ma ora… quando si passa all’azione? (Nel vero senso della parola!?) ;D eh eh questo lo vedremo nei prossimi capitoli, amici e amiche!
Per ora, invece, vi lascio con un bel disegno!
Cosa? No no, spiacente, non è quello di Cell nella vasca da bagno :D
Ma un altro, che credo vi piacerà altrettanto… ;)
Al prossimo capitolo!! Un abbraccio a tutti!
Julia of Elaja



Ah, eccovi il disegno che vi ho detto:
il primo bacio tra Cell e Nola!
L'immagine non è creata da me, ma l'ho trovata su deviantart e modificata! 
L'originale è di: darkly_shaded_shadow

Image and video hosting by TinyPic

 

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Capitolo 16
*** Dimmi la verità ***


E adesso?
Adesso cosa succederà?
Me lo sto chiedendo da ieri sera, in continuazione: il nostro primo bacio è stato meraviglioso, inaspettato, speciale. E adesso, però, non so cosa potrebbe accadere.
Non vorrei che per Cell il bacio significhi il mio acconsentire alla nostra unione, perché non lo è assolutamente! Quel bacio per me ha significato tutt’altro, mi ha fatto capire che gli piaccio sul serio.
E che lui, a me, piace parecchio.
E così sono ancora stesa sotto le lenzuola che penso e ripenso a ciò che è accaduto, dalla visione che ho avuto in bagno a quando ci siamo baciati. Che bacio, che passione!
Mi giro su un fianco e sento alcuni rumori provenire dal piano di sopra: cosa starà combinando lui?
Forse è arrivato il momento di alzarmi, sono ore che sono sveglia ma sono rimasta a letto per riflettere su quel che è successo.
Ieri sera, dopo esserci baciati parecchie volte ancora, sono tornata qui in camera e lui mi ha dato una spintarella affettuosa, mentre me ne andavo, dicendomi “Sei una vera potenza”.
Forse si riferiva a quando abbiamo combattuto? O forse al nostro bacio? E chi lo sa! So solo che qualche secondo dopo ero crollata, ancora sporca di sangue, e mi sono risvegliata qualche ora fa.
Al momento, quindi, sono ancora piena di sangue rappreso su braccia, gambe, collo e viso, e penso proprio sia arrivato il momento di fare un bagno.
Quindi mi alzo, prendo il necessario per cambiarmi e trovo anche un paio di pantaloncini corti e una maglia bianca stretta: l’ideale per stare freschi, visto che qui dentro fa davvero caldo!
Entrata in bagno, lascio scorrere l’acqua e fisso quasi inebetita la vasca che pian piano si riempie: quanto adoro fare il bagno, immergermi nell’acqua e rilassarmi é la cosa che amo di più… dopo la cioccolata. E il caffè d’orzo. E il mare. E… insomma, mi piace!
Mi infilo qualche minuto dopo sotto il livello di questo piccolo mare schiumoso e profumato di vaniglia, chiudo gli occhi e sorrido. Ci voleva quella sfogata, ieri, sarò anche stata esagerata, però mi ha fatto bene. Anzi, ci ha fatto bene, visto che finalmente ci siamo “dichiarati” con quel bacio.
Di baci ne ho collezionati parecchi, nella vita, ma quello di ieri è stato davvero il più bello.
Il più intenso e sensuale bacio che mi sia mai stato dato. Anzi, rubato ad essere precisi.
Ancora ho i brividi al solo pensiero di come mi ha guardata, di quando mi ha tenuto fermi i polsi mentre l’altra mano sfiorava leggera il mio collo…
“Nola? Sei qui?”.
Sobbalzo nella vasca, e rovescio qualche litro d’acqua per terra: è Cell!
Temevo fosse entrato in bagno, invece mi rendo conto che la voce viene dal corridoio, lui è dietro la porta. Di certo è più educato di me, che ieri ho aperto senza chiedere permesso.
“Sì, sono in bagno!” gli grido “Cosa c’è?”.
“Volevo solo accertarmi che ti fossi svegliata”.
“Oh, sì, tranquillo”.
Dopo poco sento i suoi passi farsi sempre più lontani: è andato via, perfetto.
Scivolo nuovamente nell’acqua e lascio che anche la mia testa scenda sotto il livello della schiuma: i suoni qui sotto sono tutti ovattati, sembra di essere immersi in un’altra realtà!
Quando riemergo, l’aria calda mi fa quasi mancare il respiro: il bagno è diventato una sauna!
Esco fuori dall’acqua, mi asciugo alla men peggio e mi vesto in fretta: voglio uscire da lì dentro, è troppo caldo!
Quando finalmente mi reco al piano superiore, con i capelli ancora umidi ma che almeno non grondano acqua, cerco Cell. Ma non riesco proprio a trovarlo.
“Cell?” lo chiamo “Sei qui?”.
“Più o meno. Vediamo se riesci a trovarmi!”.
Rido: “Vuoi giocare a nascondino? Accidenti, non ti facevo così! E va bene, inizio a cercarti!”.
“Sarà più difficile del previsto!”.
“E se dovessi trovarti subito, invece?” chiedo, divertita. Lo voglio stuzzicare, vediamo cosa risponde!
“Mettiamola così: se dovessi riuscire a trovarmi entro cinque minuti, cosa decisamente impossibile, allora mi dirai tu cosa vuoi che io faccia. Ma se dovessi avere ragione io, e tu non mi avrai ancora trovato tra cinque minuti, allora sarai tu a fare ciò che dico io!”.
Annuisco “Mi sta bene” dico, rivolta al nulla.
“Bene! Ti conviene sbrigarti, hai solo trecento secondi!”.
Posta così, la questione diventa più adrenalinica: inizio a fare avanti e indietro per la grande sala, e ogni tanto la voce di Cell, che viene da un punto imprecisato, scandisce il tempo che corre.
“Duecentocinquanta,” e io sto controllando dietro alcune scrivanie ammucchiate.
“Duecento!” dice dopo poco. “Ti vedo in difficoltà!”.
“Non è vero!” rispondo, ridacchiando. “Sto solo bluffando, in realtà so dove ti trovi!”.
“Ah ma certo, ne sono sicuro!” risponde lui sghignazzando.
Ma dove diamine si è cacciato? Sembra essersi volatilizzato!
“Avanti, vieni fuori!” dico, quando lui scandisce a gran voce i cinquanta secondi rimanenti.
“Ti piacerebbe!” mi risponde mentre ride di me.
“Non vorrai incappare nell’ira del cyborg 21?” gli dico a venticinque secondi dalla fine.
“Non mi fai mica paura, sai?”.
E poi ecco, l’illuminazione dall’alto. In tutti i sensi!
Perché alzo il capo, e mi ritrovo lui sospeso sopra di me che mi guarda con aria sorpresa.
“Trovato!” urlo ridendo.
“Dannazione!” sbotta lui con tono irritato, ma sta già ridendo mentre scende a terra.
“Però non è leale nascondersi in aria!” sbotto io, fingendomi offesa.
“La stanza non è fatta di solo pavimento! Non ho infranto alcuna regola!” scherza lui, ammiccando.
Gli sorrido: “Mi diverto con te”.
“Meglio così” risponde.
Lo osservo bene: lui è sempre così sulle sue, serio, composto. Si scatena solo quando combattiamo, e che potenza che è!
“Sai, con corazza e copricapo sei orribile” commento, scrutandolo attentamente.
Lui inarca un sopracciglio “Ah, perché, tu mi avresti visto senza corazza?”.
Oh no! Mi sono fatta scoprire!
“No!” urlo, in maniera teatrale, imbarazzatissima. “Ma che hai capito?! Dico, secondo me, quella corazza è orribile, se tu avessi dei vestiti normali addosso staresti decisamente meglio, ecco!”:
“Certo, ma non sarei me stesso” risponde lui, sorridendomi. “Ricorda che sono sempre l’essere perfetto, e non un umano. Intesi?”.
Annuisco; lo so benissimo che non sei un umano, e questa cosa è un problema.
“Cell?”.
“Cosa c’è?”.
Da un po’ questa domanda mi ronza nella testa, e ora penso sia giunto il momento di porgliela.
“Io ho notato che, tu, ecco… sei cambiato. O meglio, sei diverso rispetto a quel che pensavo di te”.
Mi guarda intensamente e vedo una strana ombra oscurare i suoi occhi per un istante; ma forse è stata una mia impressione.
“Mi spiego meglio” continuo. “Tutti noi, gli esseri umani intendo, ci siamo fatti una determinata idea di te. Io, personalmente, pensavo fossi un mostro orripilante, senza cuore, cattivo, meschino, malvagio e senza cuore, che come unico scopo nella sua vita aveva la distruzione del genere umano.
Un mostro al quale piace giocare con le sue vittime, torturarle, farle soffrire per poi ucciderle senza alcuna pietà, senza che queste ti abbiano mai fatto alcun torto. Insomma, credevo che tu volessi solo uccidere per il piacere di farlo. Che tu fossi un assassino, un maledetto mostro che ci avrebbe fatto fuori. Uno scherzo della natura, senza cuore e senza sentimenti”.
“Pensavi davvero questo di me?” mi chiede lui. Potrei giurare di aver visto di nuovo quell’ombra, adesso.
Annuisco: “Sì,” gli rispondo “E quando quella sera in cui ci siamo incontrati ti ho visto, mentre ero stesa nell’erba pregavo che tu non mi trovassi. Altrimenti sarei morta. Ma poi non è andata così, no?”.
Faccio un sorriso e lui lo ricambia con tanto di occhiolino.
“Il fatto è che poi, quando ho iniziato a conoscerti meglio… mi hai sorpreso!” riprendo “Insomma, sei davvero tu quel mostro che ha detto di volerci uccidere tutti? Sei davvero tu quella cavalletta gigante che ha minacciato l’intera umanità?”.
Faccio un respiro “Sei veramente tu quel mostro senza cuore? Perché io non ti riconosco, Cell”.
Il sorriso è scomparso sia dal mio volto che dal suo. Sembra quasi triste il suo sguardo quando mi risponde “E’ complicato”.
“Spiegami” gli rispondo “Voglio sapere tutto di te”.
Sospira mentre posa lo sguardo altrove: “Nola, non chiedere ciò che non è lecito sapere”.
Ma io, che sono cocciuta, gli prendo il volto tra le mani e lo indirizzo nuovamente su di me: “Guardami” gli dico.
“Lo sto facendo”.
“Io voglio sapere chi sei veramente. Altrimenti, come posso fidarmi di te?”.
Le sue mani si posano sulle mie braccia: “Allora tu ti fidi di me?”.
Annuisco, convinta. “Mi fido di te”. E sono felice di averglielo detto.



N.d.a.

Carissimi amici e amiche, buongiorno e buona Domenica! :D
Qui il tempo fa pena, piove e fa freschetto, sembra di stare ad Ottobre -.-" Argh!
Ma non siamo qui per parlare del cielo coperto e della pioggia battente, piuttosto torniamo al nostro argomento di discussione: Cell!
Cosa risponderà a Nola? Le racconterà tutto? Ma, poi, tutto cosa? Eh eh eh... siamo curiosi!! :3
PS: In quanto al disegno di Cell che ha fatto Nola, quello risalente all'episodio del bagno... non ve lo voglio ancora far vedere. Muahhahahaha :D 
Aspettate e vedrete ;D
Intanto vi saluto, ci aggiorniamo al prossimo capitolo! :D
Julia of Elaja

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Capitolo 17
*** Erotico ***


Quando Cell mi parla, io cado in una sorta di stato di trance, è come se appartenessi temporaneamente ad un'altra dimensione, dove ci siamo solo io e lui. Nessuna preoccupazione, nessun problema: solo noi che parliamo.
La sua voce è profonda, e mi dà un senso di pace e tranquillità che potrebbe offuscarmi la mente per ore.
In questo momento mi sta parlando, sta rispondendo alla domanda che gli ho posto poco fa.
Gli ho chiesto chi fosse il vero Cell: quello sanguinario e violento di cui si parla tanto, o quello che si trova lì con me, che mi ha baciata, che prova qualcosa per me?
E la sua risposta è arrivata poco dopo, quando lui si è seduto sul mio letto e io al suo fianco.
"Non voglio che tu ti illuda, Nola. Io sono un assassino, a me piace uccidere, ferire, vedere la gente che fugge al mio arrivo e i loro sguardi terrorizzati al solo nominarmi. La paura della gente é la mia linfa vitale, qualcosa senza la quale non potrei vivere. Il mio scopo, in fondo, é questo, no? Seminare panico dovuque vada, combattere con i guerrieri più forti dell'universo, distruggere questo insulso pianeta e i suoi abitanti".
Inarco un sopracciglio, a ricordargli che anhe io faccio parte degli abitanti di questo "insulso pianeta", ma lui subito mi zittisce: "Nola, tu sei fuori da ogni questione. Tu non sei un'umana, sei la mia compagna. Sei mille volte superiore a quella massa, già il fatto che tu non sia scappata davanti a me la dice lunga".
"A dire la verità, avrei anche voluto scappare, ma ero bloccata a terra dal panico" penso dentro di me, ma è meglio che Cell non sappia di questo!
"A me piace distruggere, uccidere, essere portatore di morte e paura. Ma tu sei diversa, quindi con te sono diverso. Capisci?".
Lo guardo, annendo leggermente, e le parole mi escono in automatico "Con me sei il bel ragazzo senza corazza, là fuori sei il peggior mostro della storia dell'umanità. Giusto?".
"Hai centrato in pieno il concetto".
Gli sorrido "Certo che io non potrò avere un'esistenza tranquilla, eh?".
Lui inclina il capo: "In che senso?".
Faccio spallucce mentre gli rispondo: "Insomma, pensaci: ho appena scoperto di essere un cyborg, e anche se sto cercando di metabolizzare l'idea per me è comunque uno shock; poi avrò un figlio da te, quindi sarò presto madre e avrò il mio bel daffare con un bambino da gestire. E ancora, il futuro del pianeta, che è nelle tue mani, ed è quindi destinato alla distruzione. Insomma, Cell, pensi che io possa avere un'esistenza tranquilla?".
Ride forte, ride di gusto quando concludo il mio ragionamento: è irritante, ma così dannatamente sensuale quando ride...
"Hai proprio ragione" mi risponde, ancora ridacchiando "E scusami se rido, ma sei così divertente".
Mi gratto il capo "Perché dovrei essere divertente?".
"Per come sei schietta. Tu arrivi subito al nòcciolo della questione, ed è questo che mi piace di te. Mi fai impazzire quando fai così".
Rabbrividisco, perché mentre dice queste ultime parole, si è pericolosamente avvicinato a me, e me le ha sussurrate con voce molto, troppo, provocante.
Sento il mio viso diventare rosso, probabilmente sembrerò un peperone. Accidenti!
"Ah, sì?" cerco di mantenere la calma "Ti piaccio perché sono schietta? Perché dico le cose come le penso e non ho peli sulla lingua?".
Annuisce, mentre sento qualcosa di umido e caldo scivolare sul lato destro del mio collo...
Dannazione, mi sta leccando!
"Ehi!" urlo, imbarazzatissima, mentre mi stacco con un balzo felino da lui "Non sono mica un gelato, sai!?".
Rimango sconcertata nel vedere lo sguardo di lui: sembra offeso, o forse deluso. Ho esagerato, ok, ma come si permette di leccarmi il collo?
Alza le mani in segno di resa "Non lo faccio più, perdonami. Ma hai un profumo così invitante".
"Non indosso alcun profumo" gli rispondo.
"La tua pelle emette un odore gradevolissimo" mi risponde, e intanto si leva quello strano copricapo verdastro che ha sempre in testa.
"Perché te lo sei levato?" gli chiedo, quando lo posa ai piedi del letto.
Ridacchia "Fa caldo là sotto".
Rido anche io: ok, l'imbarazzo è passato, sarà meglio rimediare alla figuraccia appena fatta. Potrei baciarlo, ma non so perché voglio che sia lui a farlo. In fondo, sono io che devo essere corteggiata, giusto?
Mi pongo davanti a lui, in piedi, e lo fisso intensamente con un po' di malizia: quando non ha quell'orrendo copricapo addosso, è veramente mozzafiato!
Gli carezzo i capelli blu, così morbidi e lisci al tatto che sembrano seta, e lui cinge i miei fianchi in un abbraccio, posando le sue labbra sul mio ventre e iniziando a baciarmi lì, vicino all'ombelico. Inutile dirvi che inizio ad avere i brividi, e non perché abbia freddo...
"Cell" mormoro "Quando dovremmo farlo?".
Non so neanche io perché gliel'abbia chiesto e forse ho un po' paura della sua risposta.
Eppure lui alza il capo e mi guarda dritto negli occhi quando mi risponde "Quando te la sentirai, è ovvio".
Gli sorrido, mi sento molto più tranquilla e mi tuffo sul letto, tra le sue braccia, mentre lui mi bacia con foga.
Sento le sue mani muoversi su di me, sollevarmi la maglia bianca che indosso e insinuarsi tra i miei seni. Il suo tocco è delicato, non troppo invadente, vuole comunque rispettarmi anche in quel momento di intimità.
"Togliti quella corazza" gli sussurro. Ho voglia di vederlo nudo, con quel corpo da umano scolpito, perfetto. Voglio il suo corpo su di me.
"Come desideri" mi fa un ghigno divertito e malizioso, mentre con un gesto veloce tocca un punto al centro della sua corazza sul petto.
Quella si apre in due e lui la sfila. Ora posso guardarlo senza doverlo spiare dalla porta del bagno, ha il petto interamente scolpito, spalle ampie e grandi che mi avvolgono in un abbraccio caldo e confortevole, uno di quegli abbracci che ti fanno sentire protetta.
"Vuoi che la tolga anche sotto?" mi chiede, con un tono di voce che mi fa rabbrividire, di nuovo, per l'eccitazione.
Gli mordo il labbro inferiore: "Sì" sussurro sulle sue labbra, e dopo un istante lo vedo fare la stessa cosa che ha fatto con la parte superiore della corazza.
Tocca un punto appena sopra l'inguine e la corazza cade a terra.
Deglutisco: sono imbarazzatissima.
Lui è completamente nudo, qui, affianco a me! E mi sta guardando...
Riprendo a baciarlo con più foga, è veramente un ragazzo ora, senza quella corazza verdastra addosso... mi sento tranquilla così, quando lo vedo come un essere umano e non come un mostro. Lui è un ragazzo, in questo momento, si potrebbe anche azzardare a dire che è il mio ragazzo. Fa un certo effetto sentire questa parola...
"Che intenzioni hai?" mi chiede, e lo sento eccitarsi mentre le sue mani viaggiano sotto la mia maglia, facendo su e giù.
Faccio un pigro sorriso, e gli rispondo "Tu che intenzioni hai?".
Ride: "Le peggiori possibili".
Rido anche io: "Azzardati e incapperai nella mia ira. E tu lo sai, quando mi arrabbio non sono per niente dolce di sale".
"Oh sì, ti conosco bene ormai!" mi risponde lui, mentre la sua mano ora si insinua sotto il mio reggiseno, lasciandomi sfuggire un gemito.
"Cell" sussurro, richiamando così la sua attenzione sul mio volto mentre lui sembra interessato al mio petto.
"Cosa c'è?" mi chiede, guardandomi intensamente.
Sospiro: vorrei, vorrei tanto farlo ma... ho paura. Davvero, non posso farlo, ho troppa paura... è ancora presto.
"Non te la senti?" mi chiede.
Lo guardo negli occhi, temendo di poter trovare la sua espressione delusa, imbronciata. Invece mi sta sorridendo con dolcezza, vuole rassicurarmi. Persino le sue mani ora sono sul mio volto, che mi accarezzano, e non più sul mio seno.
"Preferirei aspettare ancora" gli rispondo "Scusami".
Lui non proferisce parola: ma fa qualcosa di ancora più bello.
Mi bacia intensamente e mi abbraccia, tenendomi stretta al suo petto caldo e confortevole.
"Quando vorrai lo faremo. Io ti aspetterò, d'accordo? Solo, cerca di non far arrivare il giorno del torneo" mi fa un occhiolino.
Annuisco: "Va bene".
Mi bacia ancora, le sue labbra sono davvero morbide, calde anche loro, e io mi sento davvero a casa tra le sue braccia.
Questo è forse il momento più bello della mia esistenza, fino ad oggi.
L'unica cosa che adesso mi preoccupa è questa: mi sono forse innamorata di lui?
Perché, se fosse così, questo sarebbe un bel problema.



N.d.a.

Siete autorizzati a lanciarmi pietre, sassi, lance, torce, forconi, frigoriferi (?) appresso, non ho aggiornato per parecchi giorni, chiedo venia >.< .
Ho avuto un po' di problemi con il pc, visto che Martedì qui si è scatenato un uragano, o qualcosa del genere, il che ci ha dato parecchi problemi con la linea elettrica. Tutto sistemato, per fortuna, ma il mio portatile, essendo vecchio ( e come tutti i vecchietti è un po' stanco) ha deciso di riaccendersi solo oggi, così ne ho approfittato per caricare questo capitolo!
Allora: scena hard! Mh, mh!! V.M.18 eh! Ah ah scherzo, essendo rating arancione non arriverò mai a scrivere una lemon, mi manterrò più sul lime, scene del genere saranno sempre descritte non troppo dettagliatamente.
Insomma, Nola la verginella casta e pura si sta risvegliando! Eh eh e ci credo, con Cell come fai a non risvegliare le più sopite passioni (? Oggi sono poetica, va'!). Che posso dire, beata lei :'D
Perché Nola dice che innamorarsi di Cell sarebbe un problema? E quando si decideranno i due piccioncini a compiere "l'atto" ?
E il disegno che Nola ha fatto, quello di Cell nella vasca da bagno... quando lo caricherò? Eh eh 8)
Scoprirete tutto nei prossimi capitoli!
Non vi so dire quando riuscirò a caricare il prossimo, purtroppo, perché il 9 Settembre ho un esame FONDAMENTALE, ne va della mia vita, credetemi, e sto studiando come un'ossessa. Un po' come Leopardi nei suoi "sette anni di studio matto e disperatissimo", solo che a me rimangono solo sette giorni è.è Mi sto decomponendo, perdo quintali di capelli, e tante altre cose che non vi sto a dire ( :D) perciò vi chiedo di perdonarmi nel caso non riesca a scrivere almeno fino al nove. Perdonatemi, io cercherò comunque di caricare qualcosa, ma se non dovessi riuscirci, perdonatemi :(
Piuttosto, fatemi un enorme in bocca al lupo per l'esame! *W*                   **piange disperata**
Alla prossima, ora torno a studiare (che novità! .-.)
Ciao ciao
Julia of Elaja

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Capitolo 18
*** Affronta le tue paure ***


Due anni prima, Città Centrale
Residenza Fam. Degrees
Attico


"... insomma, penso che sia giusto così, no? Alla fin dei conti quel che importa non è tanto l'aspetto fisico, ma ciò che provi per lui! E, soprattutto, lo stare bene con quella persona".
Le quattro ragazze annuirono convinte in risposta all'appena colcuso discorso della loro amica, Erin. Aveva la capacità di saper dire la cosa giusta al momento giusto, aveva sempre una parola di conforto per tutte. Anche per la sua amica Iris che aveva appena raccontato della sua sofferta storia con un ragazzo meraviglioso, ma con una sola pecca: una cicatrice sulla guancia destra che gli deturpava l'altrimenti splendido volto.
"Allora, Erin, tu pensi che non importa che lui abbia quel problema, giusto?" rispose timidamente l'amica "Io temo il giudizio degli altri, ecco perché mi sto ponendo questo problema. Ma lui mi piace tantissimo...".
Erin scosse la sua  chioma castana riccioluta e sorrise all'amica, stringendole affettuosamente una mano: "Sta' tranquilla. Fa' sempre quello che ti consiglia il cuore".
"Facile a dirlo, Erin".
Una voce aspra, carica di risentimento, aveva fatto voltare le altre: Nola, seduta affianco a Erin, stava guardando truce il televisore di fronte a lei, e aveva un'espressione quasi disgustata sul volto.
"Nola? Ma che hai, si può sapere?" sbottò Okly.
Quella scrollò le spalle "Oh, nulla. Ma sono stufa di sentire tutte queste balle sull'amore".
Iris rise: "Nola, sei proprio una zitella acida".
Anche le altre amiche risero con lei, ma Nola non spostò minimamente lo sguardo su di loro: sembrava persa nei suoi pensieri, troppo arrabbiata con il mondo, o forse con se stessa, per pensare ai loro discorsi.
"Nola" esordì Lavanda "Sappiamo tutte coom'è andata a finire con il tuo ultimo ragazzo, ma sai benissimo che anche io, Erin e Okly siamo single. E penso sia una cosa più unica che rara, il fatto di riuscire a trovare un ragazzo che ti faccia star bene, che ti ami davvero, alla nostra età. Andiamo, Nola, tu sei la prima che dice che i maschi sono una massa di dementi a quest'età".
Nessuna risposta dalla controparte.
"Nola? Pronto? Stiamo parlando con te...".
La ragazza spense con un gesto pigro il televisore, puntandogli contro il telecomando. Poi, sospirando, si fissò le ginocchia, mentre rispondeva alle amiche: "Oggi non sono proprio dell'umore giusto".
Erin fece un cenno alle amiche e le chiese "Vuoi parlarne? Si è fatto più sentire?".
Nola sospirò ancora, facendo spallucce: "No, non si è fatto più sentire. Io... io... non so che dire".
E invece sapeva bene cosa dire: due anni di fidanzamento, d'amore incondizionato verso un ragazzo che l'aveva sempre trattata con aria di sufficienza, che invidiava i suoi successi, le sue capacità straordinarie nei calcoli matematici e in tante altre cose, che cercava di denigrarla e umiliarla alla prima occasione, che non la chiamava quasi mai... due anni passati a pensare sempre e solo a lui. E quello era il ringraziamento. Lui l'aveva lasciata, quando lei si era rifiutata di fare l'amore con lui.
"Non me la sento" gli aveva detto "Io sono ancora... incerta".
E lui le aveva detto che lei e la sua incertezza potevano andare a quel paese, che si sarebbe cercato un'altra perché dopo due anni credeva di essersela meritata quella famosa prima volta.
Ma Nola non voleva concedersi a lui, quel ragazzo che tanto l'aveva bistrattata. Aveva finalmente trovato il coraggio e la forza di reagire, di dire NO. E lui l'aveva lasciata.
Nola sapeva bene cosa dire; ma si limitò a sospirare nuovamente e a rivolgere un triste sorriso alla sua amica Iris, chiedendole "Iris, com'è essere innamorati?".
La ragazza, colta di sorpresa da quella domanda, la guardò incuriosita: "Non vorrai dirmi che tu, dopo due anni insieme a quello lì, non mi sappia dire com'è essere innamorati".
Nola sorrise ancora: "Strano a dirsi, ma è così. Non ero innamorata di lui, ero invaghita, il che è diverso".
"Oh" Iris annuì "Capisco. Be', Nola, innamorarsi è una cosa strana. Sai, non te ne accorgi. All'inizio ti senti attratta da lui, poi inizi a conoscerlo meglio e ti ci affezioni davvero. E poi, un bel giorno, ti rendi conto che è diventato il tuo punto di riferimento, il centro dei tuoi pensieri. Ti totalizza la vita, l'amore".
Nola annuì: "Lo terrò a mente, Iris. Ma, ti dirò, ho paura di innamorarmi".
Erin intervenne "Ci credo, dopo quello che hai passato".
Okly e Lavanda annuirono: "Direi che è più che normale, Nola" prese la parola quest'ultima "Anche io non sono mai stata innamorata e la cosa mi spaventa al solo pensiero. Ma l'amore non fa poi così paura, qaundo lo vivi. O, almeno, questo ha detto Iris".
Nola guardò le sue amiche, con occhi lucidi: le guardò una ad una e sorrise, infine, mentre mormorava tra le lacrime: "Vi voglio bene ragazze".
Un abbraccio di gruppo "Anche noi, Nola. E non avere paura, ci saremo sempre noi".
Non avere paura.
Non avere paura.
"Non avere paura!".
Spalanco gli occhi, dopo averli tenuti serrati per circa dieci minuti.
Punto subito i miei occhi in quelli di Cell "Tu mi vuoi morta, per caso?".
Lui ride "Certo che no, ma ti stai perdendo un panorama mozzafiato. Avanti! Da' un'occhiata là sotto".
"Tu sei totalmente fuori di testa, signor cavalletta! Come diamine ti è venuto in mente di portarmi in cima al monte Egremit? E, soprattutto, perché accidenti ti ho detto di sì?".
"Perché non puoi resistermi, Nola. La risposta è semplice".
"Ma taci!"
"Sei comica quando hai paura. Coraggio, ti tengo stretta a me. Guarda giù".
Un respiro profondo, poi un altro: "E va bene, ma non farmi cadere giù!".
"Perché dovrei?!".
E guardo giù, nell'infinità di quel paesaggio che si estende sotto i miei occhi: ho paura, mi stringo forte a lui mentre mi sporgo per osservare quella vista mozzafiato.
"Ma è meraviglioso" mormoro, mentre mi stringo ancor di più nel mio cappotto e attorno alle spalle di Cell.
"Ti piace?".
Lo guardo di nuovo negli occhi e gli sorrido: "Sì. Grazie Cell".
Mi fa un occhiolino: "Dovere. Questo e altro, per la mia donna".
La sua donna? Mi ha davvero chiamata così? Io sono la sua donna?
Intanto stiamo scendendo di quota e io, che ora ho preso coraggio, sfido l'ignoto e guardo ancora giù, mentre sento lo stomaco salirmi praticamente in gola e urlo. Cell accellera sempre più e la sua presa sul mio corpo si fa più forte. Ride e io rido con lui mentre urlo a squarciagola: ora che ci penso, potrei rompergli un timpano con queste urla sovracute!
E quando siamo vicini alla terra, scende più lentamente e mi riporta nel laboratorio segreto.
"Casa dolce casa" dico, gettandomi a terra e facendo finta di baciare il pavimento "Mai più, e dico mai più, farò una cosa del genere".
Cell continua a ridere "Io credo invece che ti sia piaciuto".
"Avevo paura".
"Vero. Ma se hai paura di una cosa puoi solo scapparne a vita oppure affrontarla. Oggi hai affrontato una tua grande paura. Come ti senti ora?".
Gli sorrido: "Migliore. Mi sento più forte".
Mi fa un altro occhiolino: "Ne sono contento".
Ora ho capito. Devo affrontare questa mia paura. Devo innamorarmi, e voglio innamorarmi di lui.
Forse non è etico, innamorarsi di un mostro, ma che m'importa!? Mi piace, voglio stare con lui, mi fa stare bene!
Ora ho capito.
Affronterò a testa alta la mia paura più grande.
La paura dell'amore.



N.d.a.
Ed eccovi un altro capitolo, non potevo non caricarlo :3
Ora scappo, vado non di fretta ma di più! :D
Alla prossima amici, cercherò di aggiornare presto ;)
Julia of Elaja

 

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Capitolo 19
*** Da oggi in poi solo tua ***


A volte penso di vivere uno strano sogno; insomma, è difficile abituarsi all'idea del dover vivere sotto lo stesso tetto con un mostro e dover anche finire a letto con lui, prima o poi. E se prima questa cosa mi creava qualche "piccola" ansia, adesso in verità mi intriga tantissimo.
Forse il fatto di aver conosciuto meglio Cell, forse anche il fatto che sia più che umano sotto quella strana corazza, mi hanno fatta tranquillizzare e, lo ammetto, anche invaghire di lui.
Mi intriga quel suo sguardo, mi attira il suo sorriso, la sua voce calda e profonda mi rassicura e mi fa sentire protetta. Ogni ora che passa vorrei fiondarmi tra le sue braccia e gettarlo su un letto, farlo mio e diventare sua. Mi piace, mi piace davvero. Vorrei solo trovare il coraggio per farlo...
Sono seduta a gambe incrociate sul mio letto, mentre sento i suoi passi al piano superiore. Potrei chiamarlo e, con una scusa, farlo venire qui in questa camera, togliergli la corazza come ieri, ma poi? Avrei il coraggio di andare oltre?
Mi alzo dal letto con un saltello e mi fiondo sull'armadio, lo apro e mi metto alla ricerca di un abitino succinto.
Io non ce la faccio più, lo voglio.
Voglio fare l'amore con lui.
E sarò splendida, sarò il vero "cyborg ventuno", una ragazza forte, aggressiva, bellissima. Perché questa sono io.
Dopo pochi istanti trovo un abito nero, che sembra anche fin troppo aderente e corto: papabile, lo metto da parte.
E poi c'è questo verde, che si intonerebbe anche alla sua corazza... un momento, cosa lo metto a fare verde per abbinarlo, se poi dopo un po' quella corazza sarà a terra?
Avvampo tutta al ricordo di ieri pomeriggio: ero molto imbarazzata, vero, ma anche molto eccitata al tempo stesso.
Strano: non mi fido facilmente di una persona, mi ci vogliono anni alle volte per potermi aprire completamente... eppure con lui è stato tutto così diverso! Qualche giorno di tempo e sembriamo amici di una vita (o anche qualcosa in più).
"Stai cercando qualcosa in particolare?".
Sobbalzo per lo spavento: è la sua voce, alle mie spalle. Lui è qui!
"No" rispondo fingendomi noncurante e voltandomi a guardarlo, sullo stipite della porta "Stavo giusto vedendo che vestiti ci sono in questi armadi".
Mi fa un sorrisetto: non ha il copricapo e alcuni ciuffi di capelli gli sono caduti davanti agli occhi; li sposta con una mano e io penso che è dannatamente bello.
"Avanti, dimmi la verità: cosa stai cercando di preciso?".
Mi sento raggelare il sangue nelle vene.
"Nulla in particolare. Sto solo curiosando...".
"Oh, ma certo" mi fa un occhiolino.
Rido,e con quella risata ho praticamente sventolato bandiera bianca: "E va bene!" sbottò mentre lui ride della mia espressione imbarazzata e io mi tuffo tra i vestiti per nascondermi "Cercavo un vestitino da poter mettere".
"Hai qualche idea in particolare?".
Sobbalzo di nuovo: perché la sua voce è arrivata come un soffio alle mie orecchie e sento il calore del suo petto sulla mia schiena.
Bene, è dietro di me. Qui si mette male...
Sento la sue mani correre sulle mie braccia, scendono e salgono nell'accarezzarmi.
Sorrido: voglio gettarmi tra le braccia dell'ignoto, anzi no, tra le sue.
"Che intenzioni hai?" gli chiedo, e mi sembra di rivivere il pomeriggio precedente.
"Me lo chiedi anche?" ringhia lui mentre sento una spallina della mia maglia scendere e la sua bocca baciarmi sulla spalla destra.
Mi abbandono tra le sue braccia, lì, per terra, in quella marea di vestiti gettati alla rinfusa a terra.
Guardo per un istante l'abitino nero che avevo scelto per farlo impazzire: spiacente, amico, sarà per la prossima volta. A quanto pare gli piaccio anche in pantaloncini e maglia!
Sospiro mentre sento le sue labbra risalire dalla spalla sul mio collo: sto iniziando a perdere l'autocontrollo...
"Non qui" sussurro guardandolo intensamente "Meglio a letto, no?".
Lui mi sorride, poi un istante dopo mi sento sollevare da terra e mi ritrovo sul mio letto con lui a cavalcioni sopra di me che mi tiene bloccati i polsi.
Lo guardo dritto negli occhi e mi mordo un labbro: questa volta lo voglio fare, dico sul serio. Non mi tirerò indietro.
Le sue mani ora non mi tengono più bloccata ma sbottonano delicatamente i bottoni che ho sulla maglietta.
Cell mi sta guardando con aria dannatamente sensuale e si china per baciarmi mentre continua a sfilarmi la maglia e i pantaloncini che indosso.
E io lo lascio fare, lui l'ha capito che oggi sarà il grande giorno.
Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla fiumana di emozioni che mi stanno attraversando in quel momento: paura, eccitazione, la libido che cresce sempre più, la voglia di averlo mio e la paura per ciò che succederà dopo... ma non m'importa: lo voglio. Adesso.
Quando anche l'ultimo indumento mi è stato sfilato dal corpo, apro gli occhi e mi ritrovo completamente nuda, mentre le sue labbra risalgono dal mio inguine sino alla mia bocca.
Il mio cuore batte a mille: gli sposto un lungo ciuffo di capelli che gli è caduto davanti all'occhio destro e gli carezzo la guancia.
"Spogliati" gli sussurro e lui obbedisce. Un istante dopo è completamente nudo, su di me, che mi guarda da capo a piedi come se fossi la prima donna su cui posa gli occhi.
"Sei fenomenale" ammicca mentre torna all'attacco con i suoi baci caldi e umidi sul mio collo, sulle mie labbra, mentre le sue mani mi esplorano tutta, provocandomi i brividi.
Sono stupita da me stessa: mi sto concedendo a lui, Cell, dopo appena qualche giorno. Eppure non mi sento minimamente in colpa, no: penso di essermi innamorata di lui e credo proprio di aver imparato ad affrontare l'amore.
Non ho più paura.
Non ora che ho lui.
"Grazie" sussurro, mentre le sue labbra sono impegnate in altre zone del mio corpo.
Lui riemerge e mi sorride: quanto è bello, dannazione...
"Perché mi ringrazi?".
"Mi hai insegnato ad affrontare la mia paura più grande. In questo momento la sto battendo alla grande".
Mi bacia e come sempre mi fa andare in delirio: lui è veramente l'ideale per me, lo voglio al mio fianco per sempre.
Vuole dei figli? Glieli darò io. Solo io posso essere sua. Anche perché, sono stata geneticamente programmata per questo.
"Fammi tua" gli dico.
Inutile dire che da questo momento la vecchia Nola è definitivamente scomparsa.
Ora sono l'androide ventuno.
Bella, forte, senza alcuna paura... e l'unica, vera compagna dell'essere perfetto.



N.d.a.

Vi ho caricato un altro capitolo! Potevo non farlo? Insomma, sono dipendente anche io da questa storia!
Insomma, il "fattaccio" è accaduto!! FINALMENTE DIREI! :D
Ci hanno fatto aspettare parecchio questi due, ma alla fine ce l'hanno fatta! :D Ma bravi! ;)
Ora mi eclisso, torno sui libri... ma preparatevi a tante belle sorprese nei prossimi capitoli!
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento... non ho fatto una cosa troppo sdolcinata perché non sarebbe da Cell no? Andremmo a finire nel tanto temuto OOC... e io non voglio! >.<
Al prossimo capitolo gente! :D
Julia of Elaja


 

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Capitolo 20
*** Nuova vita ***


Una parola che potrebbe adattarsi a me in questo momento è: felicità.
Strano ma vero, chi mi conosce sa bene che tendo sempre ad essere triste o nervosa per qualche stupido motivo.
Invece ora eccomi qui, felice come non mai, tra le braccia del mio uomo. O androide, dir si voglia.
Ho appena fatto l’amore per la prima volta ed è stato bellissimo.
Sento il suo respiro, il suo petto che si alza e si abbassa sotto la mia testa, sono stesa tra le sue gambe con il capo posato sul suo addome. Sento il suo cuore battere, potente, vivo più che mai, e il calore del suo corpo che mi tiene al caldo.
Chiudo gli occhi e penso che, in questo momento, potrei essere diventata madre, o forse no.
Dovrò aspettare chissà quanto per scoprirlo.
Ma ormai sono sua: questo è quello che conta.
Lui è mio e io sono sua. Ho battuto la mia più grande paura e sono diventata sua.
Fisso il suo volto e lui mi sta guardando: rimaniamo in silenzio, ci sorridiamo a vicenda e lui mi fa un occhiolino.
“Vieni qui” mi dice, facendomi cenno di stendermi al suo fianco.
Obbedisco e aggroviglio le mie gambe alla sua di destra.
“Allora?” chiede “Come ti senti?”.
Gli sorrido, felice: “Sto benissimo!”.
Ride, mi sembra davvero felice anche lui: “Non poteva essere altrimenti!”.
Annuisco: è stato davvero bravo, sa fare l’amore come mai avrei immaginato. Mi ha fatto sentire protetta e mi ha fatto star bene come non mai, sentivo i suoi baci e le sue carezze ed ero completamente persa, lo sentivo dentro di me e volevo che non si staccasse più…
“Hai visto? Alla fin dei conti, non era poi così male, vero?”.
Scuoto il capo mentre mi allungo per baciargli il collo: non è stato per niente male, anzi, è stato fantastico! Lo rifarei ancora, anche se ormai sono sfinita perché lo abbiamo fatto per tre volte di seguito.
Guardo spudoratamente il suo corpo centimetro per centimetro, soffermandomi su alcune strane macchioline verdi che gli puntellano gli avambracci e le gambe dai ginocchi in giù.
Lui pare capire l’oggetto del mio interesse e, sorridendomi, mi dice: “Curiose, vero? Be’, penso che il dottor Gelo le abbia volute inserire per ricordarmi che sono pur sempre un androide, e non un semplice essere umano, sotto la corazza”.
Annuisco: “Mi sarebbe piaciuto conoscerlo, questo dottor Gelo”.
“Era un genio. Ma, come tutti i geni, aveva una punta di follia. Ma tu pensa solo al fatto che abbia costruito ben due laboratori segreti e ben ventuno androidi! Ti sembra poco, questo?”.
“No, assolutamente” dico, sinceramente colpita dalle doti di quell’uomo “Poverino, considerando anche il fatto che fosse solo non avrà avuto di certo una bella esistenza”.
“Affogava il suo dolore nel lavoro. Si dedicava alle sue macchine per non pensare al dolore che lo attanagliava. Credo che sia stato questo a renderlo così incattivito, alla fine dei suoi giorni”.
“Era malvagio?”.
Cell sgrigna: “Malvagio è una parola forse troppo grossa… diciamo pure che se l’è presa con il mondo perché gli era stata tolta Nola. Io la penso così, almeno”.
“Ma se erano state le sue stesse macchine a portargliela via, allora perché prendersela con gli altri?”.
“Perché aveva una troppo alta reputazione di se stesso per ammettere di aver sbagliato”.
Sospiro mentre mi stringo di più a lui: quel dottor Gelo, quindi, era un represso, che se la prendeva con il mondo e voleva sguinzagliare i suoi androidi in giro per il pianeta per distruggere tutto e tutti. E Cell faceva parte, anzi direi che era il perno centrale, di questo folle piano.
E io, in tutto questo, che compito avevo? Secondo lui avrei dovuto creare la stirpe dell’essere perfetto, che magari un giorno avrebbe governato questo pianeta. Sì, molto probabilmente aveva questa stramba idea in testa. Geniale, ma completamente pazzo, confermo quello che ha detto Cell.
“Adesso cosa succederà, secondo te?” gli chiedo.
Cell non mi risponde subito: mi stringe a sé, lo sento respirare e accarezzarmi i capelli, sento il suo cuore battere forte e potente, le sue labbra che si posano sul mio collo per darmi un delicato bacio…
“Non ne ho idea, Nola. Io devo andare a combattere tra due giorni”.
Deglutisco: non c’è mai qualcosa che vada bene nella mia vita, dannazione!
Adesso rischio di perdere l’uomo che amo perché è vincolato da una predisposizione genetica che lo costringe a far fuori gli abitanti di questo pianeta. Potrei anche diventare vedova, oppure lui potrebbe sopravvivere ma io sarei l’unica su questo pianeta oltre a lui.
Entrambe le prospettive mi spaventano.
Provo ad aprire bocca per ribattere qualcosa ma mi esce un sospiro, nient’altro.
“Perché deve essere tutto così complicato?” mormoro dopo poco “Finora è andato tutto così bene, perché devono sempre arrivare i problemi?”.
Lui non mi risponde, mi tiene solo stretta a sé, mi abbraccia come se quello fosse l’ultimo abbraccio, l’ultimo momento insieme.
“E se fossi rimasta incinta?” gli chiedo “Come faremo? Nove mesi non passeranno di certo in fretta, e tu tra quarantotto ora sarai sul ring a combattere!”.
“Nola” finalmente riprende a parlare “Tu sei stata studiata per generare la mia prole, e sei un androide specializzato in questo compito: potrebbe mai la tua gravidanza durare nove mesi?”.
Lo guardo confusa.
“Sarò più chiaro: il dottor Gelo ti ha creata così da poter generare in un solo giorno i miei figli. Così come il tuo accrescimento fetale è stato veloce, tale sarà per i tuoi, anzi i nostri, figli. Ora hai capito?”.
Sgrano gli occhi: “Quindi tra ventiquattro ore potrei dare alla luce mio figlio?”.
“Esatto. Ma potrebbe anche essere più di uno, chi lo sa…”.
Sento il cuore martellarmi violento in petto: allora domani saprò se sono incinta o no, e se l’accoppiamento dovesse aver avuto esito positivo… dovrei già partorire!
“Mi manca l’aria” mormoro.
Cell ride: “Non lasciarti prendere dal panico, Nola. Sei pur sempre un cyborg, sei geneticamente progettata per questo tipo di gravidanza. Puoi tranquillamente farlo, fidati”.
Ci guardiamo negli occhi e lui mi sorride: “Non sei forse tu quella che poco fa mi ha detto di non avere più paura di niente?”.
Annuisco: sì che l’ho detto. E non ho paura. Non ne avrò mai più.
“Aspettiamo allora” gli dico “Per ora non possiamo fare altro. Domani sapremo se sono stata ingravidata o no”.
Ma in cuor mio, qualcosa mi dice che nel mio ventre una nuova vita sta proliferando.




N.d.a.

Sono tornata!! (per non lasciarvi più <3)
Fatto il mio esamone Lunedì, (non so ancora l'esito! :/) mi sono presa tre giorni per recuperare il sonno perduto e eliminare ogni traccia di stress dal mio organismo... e ora eccomi qui, pronta per scrivere ancora! :3
Allora: si accettano scommesse! Secondo voi Nola è incinta o la sua è solo una suggestione? :D
Chi punta a favore della gravidanza? (lol, sembra una corsa di cavalli... finiamola qui xD).
La domanda sorge spontanea, so di certo che qualcuno se lo starà chiedendo: ma Nola partorirebbe (qualora fosse incinta) i mini Cell?
Be', la risposta è ... lo scoprirete voi stessi tra qualche capitolo! :D muahahaha 
Al prossimo capitolo amici e amiche!! :D
Baci!

Julia of Elaja


 

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Capitolo 21
*** La notte degli amanti ***


N.d.a. (sì, questa volta in anticipo)

Volevo solo dirvi che oggi sono in vena :3 quindi ho una notiziona per voi! 
Cosa, la volete sapere? Adesso?
Ehm...
No! :D
Dovrete aspettare la fine di questa storia muahahahahahah >:D
Avanti, non fate quelle facce, ormai mancano pochi capitoli alla fine (**URLA E FRECCE SCAGLIATE CONTRO DI ME**)
Fidatevi, non ci diremo addio. ;)
Insomma, stavo pensando: se Nola dovesse rimanere incinta e poi partorire, che ne sarà di questo ipotetico bambino? E Cell, sopravviverà allo scontro? E se non dovesse farcela, cosa farà Nola?
Tutto è partito da questa riflessione... ma non perdiamoci in chiacchiere, godetevi questo capitolo che è decisamente IMPORTANTE.
Buona lettura, ci risentiamo più sotto :D




Notte fonda. Spalanco gli occhi, mi giro su un lato e vomito tutto quello che potrei avere ingerito nelle ultime ore, cioè niente dato che la nausea è arrivata da questa mattina e non se ne è andata più e io non ho toccato cibo.
Segno inequivocabile di una gravidanza in corso.
Senza contare la mia pancia che si è gonfiata a dismisura, sembro essere al sesto mese, eppure sono passate appena ventiquattro ore dall'ultimo rapporto.
"Ancora?".
Cell è entrato in camera e si siede al mio fianco sul letto, guardando un po' schifato la pozza di vomito a terra.
"Io al tuo posto eviterei di pestarla, è acido cloridrico puro" commento pulendomi la bocca con un fazzoletto e bevendo un bicchiere d'acqua che, previdente, lui mi aveva messo sul comodino prima.
"Come va là sotto?" mi sfiora la pancia con una mano e qualcosa si scatena là dentro.
"Si muove" mormoro confusa "Prima non lo faceva".
"Evidentemente, è cresciuto parecchio nelle ultime ore".
Direi proprio di sì. A partire da ieri sera è stato un crescendo di cose, a partire dalla mia pancia sempre più grande e a finire con vomitate spettacolari e nausea fissa. E ora il bambino si muove.
Non so se sia maschio o femmina, in effetti come potrei saperlo? Eppure secondo me sarà maschio, ho questa sorta di presentimento. E Cell è della stessa idea. Dice che il suo primo discendente deve essere un maschio. E poi ha detto che secondo lui potrei essere incinta anche di più di un bambino.
Per me invece è uno. Una madre le sente queste cose, no?
"Vieni, sarà meglio che tu esca da qui, fai una passeggiata, magari la nausea si calmerà" Cell mi prende in braccio e mi aiuta a rimettermi in piedi sulla soglia della porta.
"Chi l'avrebbe mai detto che tu diventassi così premuroso nei miei confronti?" scherzo tirandogli una gomitata mentre ridiamo assieme "Incredibile, io non ci avrei mai giurato!".
"Be', sei pur sempre la madre dei miei figli, e se voglio salvaguardare loro devo salvaguardare prima te" commenta mentre saliamo le scale e mi siedo su una poltroncina di pelle scura.
"Passami una bottiglia d'acqua" gli dico con tono pigro e lui prontamente me ne lancia una. La prendo al volo, la apro e bevo tutto d'un sorso.
Fredda. Mi fa venire i brividi, ma era proprio quello di cui avevo bisogno. Acqua fresca.
"Mangia qualcosa o lo stomaco ti darà più fastidio di prima" mi passa una fetta di pane ma io respingo con un cenno della mano.
"Mangia" insiste.
"E va bene!" sospriro e prendo il pane, mangio giusto la crosta, la parte che più mi piace. Pezzo per pezzo, mollica per mollica, la fetta qualche minuto dopo è scomparsa. Mi sorprendo di me stessa.
Ma, in effetti, la nausea sembra essersi placata e lo stomaco non mi brucia più: ha funzionato!
"Saresti il marito perfetto per molte donne, sai?" gli dico ridendo "Sei sempre qui a incoraggiarmi, darmi da bere e da mangiare, mi aiuti ad addormentarmi e mi distrai per non farmi pensare alla nausea che mi assilla. Sei fantastico, davvero!".
Cell ride e io non posso non ammirare quei denti perfetti che esibisce ogni volta che apre la bocca: "E tu sei una piaga pazzesca, Nola".
Rido anche io: "In effetti sì, sono una palla al piede, ma nel mio attuale stato direi che è un mio sacrosanto diritto essere la tua piaga, no?".
Lui non mi risponde, ma si fionda al mio fianco e mi bacia.
Ogni bacio che mi dona è una sensazione che mi stravolge completamente: il bambino dentro di me si agita, lo sento muoversi... ammesso che ne sia uno e non di più! 
Accarezzo il volto di Cell, non indossa né la corazza né il copricapo ed è così umano e bello quando non li porta. Ha addosso una maglia nera e un pantalone di jeans, il che non fa altro che renderlo ancora più attraente.
"Vorrei che nostro figlio abbia i tuoi occhi e i tuoi capelli" gli sussurro, carezzandogli i ciuffi ribelli che gli scendono davanti agli occhi.
"E dovrebbe avere la tua tenacia. Ma per il resto uguale a suo padre, altrimenti sarebbe un completo fallimento".
Mi fingo offesa e ridiamo assieme: quanto vorrei stare sempre così, con lui, qui, a scherzare e ridere, prenderci in giro come due ragazzini...
E, inevitabilmente, quel maledetto torneo mi torna in mente.
"Così... domattina sarai lì".
Boccaccia mia, taci! Perché devo sempre rovinare i momenti migliori!?
"Non ci pensare, Nola. Pensiamo a goderci questa notte come se fosse l'ultima, anche se non lo sarà".
Non mi dà il tempo di replicare, qualche istante dopo mi ritrovo nuda stesa sulla scrivania alle mie spalle e lui sopra di me.
Forse anche questo è uno dei motivi per cui lo amo: riesce a capire quando faccio una gaffe e corre ai rimedi. Come adesso, stiamo facendo l'amore e mi sta distraendo dal pensiero del torneo.
Un momento: ho detto che lo amo?
L'ho pensato davvero?
Ma è vero!
Io lo amo!
Devo dirglielo, devo! Domani ci sarà il torneo e se non dovessi più vederlo... no... non posso sopportare questo pensiero.
E mentre lo sento dentro di me gli dico quello che provo.
"Ti amo".
Lo sento fermarsi, ma non esce da me.
Mi guarda a bocca aperta.
"Cosa hai detto?".
Sbarro gli occhi: non mi sembra per niente contento...
"Ho detto che...".
"COSA?".
Deglutisco: mi sta spaventando...
"Ho detto che ti amo" ecco, questa è una di quelle volte in cui io parlo senza rendermene conto, come la prima volta in cui l'ho conosciuto!
Mi continua a fissare e io temo possa arrabbiarsi: in fondo è pur sempre un mostro, per lui non significa nulla quella frase, anzi, probabilmente gli dà fastidio perché non vuole che io mi affezioni a lui...
Sto quasi per chiedergli scusa quando mi stringe in una morsa e mi blocca con il suo peso sulla scrivania, mentre continua a spingere per entrare in me.
"Nola, qualsiasi cosa accada domani, ricorda che sei solo mia".
Gemo, vorrei dirgli "Certo che lo ricorderò!" ma non riesco ad emettere altri suoni se non dei gemiti.
"Tu sei solo mia"
"Sì".
"Devi ricordarlo a vita"
"Sì"
"Qualunque cosa accada"
"Sì Cell".
"Baciami, Nola".
Obbedisco: come potrei non farlo? Quelle labbra sono così invitanti, e sono solo per me.
Gli altri fuggono da lui, io invece sono fuggita da loro per averlo mio.
"Dimmelo ancora Nola".
"Ti amo".
"Ancora"
"Ti amo".
Lo stringo forte a me mentre lo sento gemere: è mio, solamente mio e io sono sua.
"Nola".
Ci guardiamo dritto negli occhi, lui mi scosta i capelli che mi sono finiti sul viso e mi sorride.
"Nola".
"Che c'è?" gli sorrido accarezzandogli una guancia.
"Lo stesso vale per me".
Lo abbraccio e lo tengo stretto a me: nonostante la mia abnorme pancia che ci ingombra, riusciamo a rimanere abbracciati e baciarci ancora.
L'ultima sera assieme, o una delle tante che vivremo in futuro?
Chi lo sa...
Per ora so che non amerò nessuno che non sia lui.
Cell, l'essere perfetto.
Il mio unico e solo uomo.



N.d.a.

**TOSSE FALSA** Oh, che imbarazzo, queste scene così spinte! u.u
Ahahah ma per favore! Facciamo le serie :''D Beata Nola, miseriaccia! (Cit.)
Insomma, si sono detti il primo TI AMO! Che dolci *W* (Be', a dire il vero lo ha detto Nola, ma non so voi ma io non ce lo vedo Cell che dice "TI AMO" così ho preferito "Lo stesso vale per me"... approvate? Altrimenti ---> sarebbe stato OOC! E io non voglio >.<")
Alla fine di questo capitolo, quindi, abbiamo capito tante belle cose.
-Che Nola è DECISAMENTE INCINTA (ma non sappiamo se di uno o più pargoli)
-Che Cell è strafigo
-Che Cell è un ottimo amante
-Che Cell deve essere mio  di Nola e  io Nola di Cell.
-E che la gravidanza di Nola sta durando all'incirca poco più di ventiquattro ore.
Quindi ora aspettiamo il parto *W*
Come sempre, ci aggiorniamo al prossimo capitolo e se volete lasciate una recensione per dirmi cosa ne pensate della storia e di come sta evolvendo! 
Baci a tutti! :D
Julia of Elaja

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Capitolo 22
*** La fine di noi ***


Il mattino. Diamo inizio ad un’altra giornata.
Apro gli occhi e una strana inquietudine mi invade l’anima. Dov’è lui?
“Cell?” mi rendo conto che la mia voce sta tremando, così come le mie mani e le mie labbra. Perché sono così agitata?
Scendo giù dal letto e, a piedi scalzi, vado per il corridoio sotterraneo, aprendo ogni porta per cercare lui. Nessuna traccia.
“Dove sei? Cell!?” alzo il tono della voce mentre salgo le scale che portano al piano superiore; dev’essere lì, certo!
Cammino per l’enorme sala ma non sento alcun rumore che mi segnali la presenza di qualcun altro lì dentro. Possibile che sia andato via, senza dirmi nulla?
Guardo fuori da una finestrella nascosta: è ancora buio pesto, lui invece mi ha detto che sarebbe andato via all’alba.
Ma allora dov’è?
Forse è fuori?
Mi dirigo all’ingresso e, con mio grande sollievo, lo trovo lì, il copricapo in mano e il vento glaciale che gli scompiglia i capelli.
“Ti cercavo” mormoro avvicinandomi a lui. Allunga un braccio e mi tira a sé, lo sguardo fisso al cielo scuro.
Non ci sono le stelle, sono già andate via. Peccato, non abbiamo potuto guardarle assieme.
“Avrei voluto guardare le stelle con te. Mi piacciono così tanto, sai?” gli dico, stringendomi al suo petto ormai coperto dalla corazza.
Lui ridacchia, spostando il suo sguardo su di me: “Ti ricordi male. Io e te le abbiamo viste le stelle. La prima sera, non ti ricordi? Eri stesa nell’erba… non dirmi che hai già scordato!”.
Rido anche io: è vero! Ci siamo conosciuti guardando le stelle, si potrebbe anche dire così.
“Non ho scordato” gli dico “Non lo farò mai”.
Sospiriamo contemporaneamente.
“Tra qualche minuto andrò via” dice, e il suo tono sembra tranquillo e sicuro di sé “Tornerò appena tutti quei buffoni si saranno ritirati. E poi decideremo assieme cosa farne di questo pianeta”.
Lo guardo sbigottita: “Decideremo insieme? Hai sempre detto di volerlo distruggere!”.
Annuisce: “Lo so. Ma voglio anche renderti partecipe di questa decisione, Nola. Se tu non vorrai, allora inventeremo qualcos’altro. Anche per il bene dei nostri figli”.
Gli sorrido anche se lui ora è tornato a guardare il cielo: “Grazie”.
Non mi risponde ma mi stringe di più a sé. E rimaniamo così, a bearci di questo cielo che piano piano passa dal nero al blu al violetto e tende poi a diventare sempre più chiaro.
Quando ormai ad est vediamo i primi segni dell’imminente alba, lui mi prende per le spalle e, guardandomi dritto negli occhi, mi dice, sorridendomi: “Ora devo andare. Ci vediamo più tardi, d’accordo?”.
Annuisco; ho un terribile presentimento ma preferisco tacere e tenerlo per me.
Cell è il guerriero più forte dell’universo, niente e nessuno potrebbe nuocergli seriamente. Di cosa mi dovrei preoccupare, allora? Di nulla! Meglio che stia tranquilla.
“Allora questo è un arrivederci” balbetto, stringendomi a lui anche se la pancia mi impedisce di abbracciarlo come si deve, visto che è diventata decisamente grande nelle ultime ore.
Mi bacia e mi lascia senza fiato, mi accarezza i capelli e mi stringe forte al suo petto; inspiro profondamente e inalo il suo profumo di uomo, quel non so che di sensuale che ha l’aria attorno a lui, un profumo che sembra pino selvatico e cannella. Forse sono suggestionata, forse è un effetto collaterale della gravidanza accelerata, eppure sento questo forte profumo che lo attornia.
Quasi una droga per le mie narici.
E per un attimo mi sento persa al solo pensiero di essere lì dentro senza di lui, di doverlo aspettare per ore o giornate intere, chissà…
“E se dovessi avere le doglie del parto?” gli chiedo, con una punta di panico nella voce.
“Sono certo che saprai cavartela da sola, Nola. Qualunque cosa accada, ricorda che sei l’androide numero ventuno, progettato solo per me e per procreare i miei figli. Hai anche una funzionalità improntata sulla difesa, quindi se ti dovessi trovare in pericolo reagisci in maniera portentosa, come abbiamo scoperto insieme. Sta’ tranquilla, Nola, sei una forza della natura e sarai una madre perfetta”.
“Non te ne andare. Manda una delle tue copie a combattere, per favore. Rimani con me”.
Suona tanto di supplica questa mia richiesta, anzi forse lo è. Ma so già quale sarà la sua risposta…
“No, Nola. Non fare l’infantile. Io parteciperò a quel torneo, voglio sfidare quei novellini. Non togliermi il piacere del combattimento”.
Annuisco: “E sia. Allora va’ pure. Io ti aspetterò qui, probabilmente con nostro figlio in braccio, visto che ormai sento che il parto è vicino”.
Mi bacia ancora una volta e, maledetta la mia mente, sento davvero che questo sarà l’ultimo bacio.
Ma no, è impossibile… lui tornerà.
Varcherà questa soglia tra qualche ora, con il suo solito sorriso beffardo e io gli porgerò la nostra creatura tra le braccia.
Tornerà.
“Tornerai?”.
“Certo”.
Bacia la mia pancia e la accarezza per qualche secondo: “Non vedo l’ora di conoscere i miei figli. O mio figlio, o mia figlia. Chi lo sa chi c’è là dentro!”.
Si rimette in piedi e infila il copricapo: ed ecco qui davanti ai miei occhi il mostro che mi rapì qualche giorno fa. Chi lo avrebbe mai detto che me ne sarei innamorata in tal maniera? E che lui sarebbe stato il padre dei miei figli?
“Ci vediamo più tardi, Nola” mi sorride e mi bacia la mano.
Gli sorrido ma non posso evitare che i miei occhi lacrimino mentre gli dico “A dopo, Cell”.
Si è alzato in volo e se ne è andato.
Un vuoto orribile mi annebbia la mente e lo sguardo e mi sento quasi di crollare a terra.
Mi appoggio alla parete per mantenermi in equilibrio mentre fitte lancinanti mi mozzano il fiato.
Le doglie.
Dannazione!
LE DOGLIE!
E io sono qui, sola!
Cosa devo fare ora?
Perché, perché questo bambino ha deciso di uscire giusto ora, appena Cell si è alzato in volo?
Guardo il mio riflesso in uno specchietto su una scrivania lì affianco: che ne sarà di me, ora?





N.d.a.

Ci siamo quasi! Sta per nascere il pargolo (o la pargola, o i pargoli)!
E anche qui richiedo la vostra collaborazione amici e amiche! ^-^
L'erede (o gli eredi) dell'essere perfetto necessita di parecchie cose, ma anche di voi! Come potreste aiutarlo (o aiutarli?)?
Semplice!
Dovrete scegliere un'opzione di quelle che vi elencherò qua sotto.
I nomi sono strani ma c'entrano comunque con il loro contenuto (per intenderci, sono come dei pacchetti nei contest)!
L'opzione più quotata sarà inserita nel capitolo finale della storia! :3

Per esempio:

1) Limbo

2) Once upon a Time

3) V 

Se la maggioranza di voi sceglie l'opzione 3) allora questa verrà sfruttata nell'ultimo capitolo (ma poi, siamo sicuri che io stia parlando dell'ultimo capitolo? Mmm...).

Affianco ad ogni opzione inserirò delle enigmatiche informazioni riguardo il contenuto del "pacchetto".

Ad esempio:

1) Limbo : Chi l'ha detto che Satana sia imbattibile?

2) Once upon a time: Le favole sono belle, ma la realtà non è una favola

3) V : Una lettera dai molteplici aspetti. Nasconde segreti e pensieri mai raccontati. Che sia arrivata l'ora del suo riscatto?



Ora che avete capito come funziona, eccovi qui le VERE OPZIONI.

 
1)Ade: I tempi sono maturi. Si apra il sipario.
 
2) Eleutheria: Ovvero, come gustare una miscela di gas non tossici.
 
3) Nemesìs: L'uomo che cerca la pace.


Bene, come già vi ho detto i nomi sono un chiaro indizio dell'elemento portante dell'ultimo capitolo ( o forse il primo? >:3) 
Sì, lo so, vi sto confondendo le idee, ma voi scegliete solo un'opzione! E scrivetemelo in una recensione!
Come sempre grazie a tutti coloro che stanno seguendo questa storia! :*
Ci si aggiorna domani con il nuovo capitolo che, come avrete ben capito, racconta del parto di Nola! :D Yu-huuuuuuuu :D
A domani amici!!
Julia of Elaja

 

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Capitolo 23
*** Cratos: colui che è potente ***


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Ho bisogno di lui, disperatamente bisogno di lui! Dov’è? Dov’è Cell?
“AIUTO” urlo con tutte le forze che ho in corpo: i dolori sono lancinanti, non riesco più a camminare e a malapena mi sto trascinando giù per le scale.
Vorrei raggiungere il mio letto, forse stesa lì sopra andrà meglio, partorirò più facilmente.
Un’altra maledetta fitta mi mozza il respiro: mi avvinghio al corrimano che, al tatto, mi sembra gelido. O, forse, le mie mani sono bollenti e sento questo gelo sotto il palmo quando in realtà quel corrimano è caldo. Di certo, però, di meno rispetto alle mie mani, che ora sono un fuoco come tutto il resto del corpo, d’altronde.
Urlo ancora: “AIUTO”. Ma, naturalmente, non c’è nessuno che accorre in mio aiuto.
Sono sola.
Cerco di ripensare a ciò che mi ha detto Cell, che sono forte, io sono il numero ventuno, una donna guerriera. Non sarà certo un parto ad uccidermi! Se non ci è riuscito l’essere perfetto, perché dovrebbe riuscirci un neonato?
Coraggio, Nola. Fatti coraggio.
Ma il dolore è troppo e la voglia di vedere Cell, averlo qui al mio fianco, anche.
E la prima cosa che faccio è accasciarmi sulla porta del salottino, aprirla mentre urlo in preda a questi dolori atroci e gettarmi di peso morto sul divano.
La camera da letto è una porta più a destra, ma il solo pensiero di camminare ancora mi terrorizza.
Accendo il televisore con il telecomando: è la mia unica speranza, spero di riuscire a vederlo, solo i suoi occhi e il suo sorriso possono tranquillizzarmi in questo momento…
TROVATO!
Mentre un’altra fitta più lunga delle altre mi sconvolge tutta, fisso il volto di Cell che mi guarda dallo schermo della tv.
“Sei qui” mormoro mentre piango per i dolori e lo sforzo “Rimani qui”.
Ma lui non mi sente mentre io urlo ancora e inizio a spingere; sento che qualcosa si sta muovendo al mio interno.
Lui sta combattendo.
Contro un ragazzino dai capelli dorati e gli occhi color del mare.
Io urlo e lui anche.
Mi sembra in difficoltà.
Che diamine sta succedendo?
Urlo ancora, non so se per il dolore del parto o per quello che sto vedendo in televisione: perché Cell sta cercando di respingere un’enorme luce abbagliante che il ragazzino gli ha lanciato.
Ma non ci sta riuscendo. Non riesce a contrastarlo.
“NO!” urlo “NO!”.
Un altro dolore più forte degli altri e grido come mai ho fatto in vita mia, urlo anche più di quella volta in cui Cell mi stava facendo precipitare dall’alto.
Continuo a fissare lo schermo, convinta che il mio sguardo possa aiutarlo a respingere quel colpo, a rialzarsi più forte di prima, pronto a combattere come se niente fosse.
Intanto un dolore orribile mi pervade tutta e io urlo sempre più forte e piango, le lacrime cadono e bagnano tutto. Le mie guance, il divano, i miei capelli.
E anche qualcos’altro sta lacrimando in questo momento: il mio cuore.
Partorire un figlio mentre suo padre viene ucciso è una cosa orribile. Straziante.
E mentre la mia creatura, finalmente, con un mio ultimo sforzo riesce ad uscire fuori dal mio grembo, Cell scompare immerso in quel bagliore dorato.
In questo momento, per quanto mi riguarda, potrei essere morta.
Non riesco a vedere più niente, vedo solo confuse macchie nere che coprono tutto e le orecchie che mi ronzano.
Un rumore di fondo, sotto quel ronzio, mi risveglia: un pianto.
Il mio bambino!
Scuoto il capo per cercare di risvegliarmi da quel letale torpore e trovo tra le mie gambe, rannicchiato sul divano, un neonato che piange e si contorce.
Un bambino.
Abbiamo avuto un bambino, Cell.
E non importa se è sporco di sangue, se il divano è completamente sudicio e io anche, lo prendo con me e lo tengo stretto al mio petto.
Ha ancora il cordone attaccato: santo cielo, è mio figlio! Anzi, nostro figlio!
Piango e rido allo stesso momento, non so cosa mi prenda ma ora come ora vorrei morire ma anche vivere.
Il mio unico uomo è morto e mio figlio è appena nato.
“So-no io, la ma-ma-mamma” balbetto come una totale idiota a questa creaturina che piange, con i pugnetti serrati e il cordone che ancora ci lega.
Lo guardo e penso che sia stupendo.
Il mio bambino, il mio splendore.
La mia unica ragione di vita.
Questo bambino è uno spettacolo, ha il capo fulvo, con capelli scuri che lo ricoprono. Saranno neri come i miei o blu come suo padre?
“Piccolo mio” lo stringo ancora mentre i dolori ancora mi lacerano all’interno.
Piango disperatamente: ripenso a Cell, che non c’è più, guardo le persone che gioiscono in televisione quando io invece vorrei morire in questo istante, e se non ci fosse stato mio figlio probabilmente mi sarei uccisa ora.
E mi rendo conto di una grande cosa.
Che Cell non mi ha salvato la vita solo quella sera in cui decise di risparmiarmi, no.
Me l’ha salvata anche ora, donandomi un bambino da accudire, nostro figlio. Qualcuno che me lo ricordasse ogni giorno.
Una speranza a cui appigliarmi nei momenti in cui avrei sentito la sua mancanza.
Eppure lui era così sicuro di vincere…
Piango più forte di prima, urlo, mentre anche mio figlio piange con me.
Povero piccolo mio, orfano di padre anche tu come me.
Ma io non ti abbandonerò, mai!
Lo guardo attentamente, tra le lacrime che scendono: è un vero e proprio essere umano, non ha nulla di “robotico”. Perfetto, un bambino sano e perfetto. Come suo padre.
 “Non so neanche come chiamarti, piccolo” gli mormoro singhiozzando “Non lo so… ma sei perfetto e voglio che tutti lo sappiamo”.
Il suo pianto si sta calmando. Lo guardo, lo fisso come se fosse un dono del cielo, anzi lo è!
E sorrido tra le lacrime.
“Non ci separeremo mai, piccolo” sussurro “Io e te saremo sempre uniti. E vendicheremo tuo padre. Questa è una promessa”.

 
*
 
Sono passate sei ore dal parto ma i dolori ancora non mi abbandonano: certo, non sono più lancinanti come prima, ma temo che uscendo il bambino mi abbia lacerata letteralmente. Mi servirebbe una visita urgente dal ginecologo, e giuro che ne farò una al più presto.
Ma ora devo pensare a lui.
“Tesoro” gli sorrido mentre dorme tranquillo; non ci sono capi da neonato purtroppo, ma solo per bambini più grandi. Così l’ho coperto alla men peggio e ora è steso sul mio letto, io al suo fianco che lo fisso estasiata.
Sto cercando di concentrarmi solo ed esclusivamente su di lui, mio figlio, un bambino spettacolare.
Lo guardo respirare ritmicamente e fisso le sue mani così piccole che non riescono ad eguagliare la lunghezza del mio mignolo. Così piccolo ed indifeso, è veramente stupendo questo bambino.
“Sai, ho pensato molto al tuo nome” gli sussurro e sono sicura del fatto che lui riconosca la mia voce “E credo che Cratos sia perfetto per te”.
Sì, forse è un nome insolito, ma è veramente l’ideale.
Significa “colui che è forte, potente”.
Lui è figlio dell’essere perfetto e dell’androide ventuno ed è l’unione di due androidi potenti e forti.
E lui è riuscito ad uscire da solo dal mio grembo, non ancora fuori da me è riuscito già a venire alla luce facendo tutto da sé. Sì, il mio bambino è forte, potente. Ecco perché si chiamerà Cratos.
Sta sorridendo. Forse gli piace il suo nome, lo approva? Penso proprio di sì.
Chiudo gli occhi mentre continuo a pensare a lui; anche se, prepotente, il dolore per la perdita di Cell mi invade con ritmiche ondate di puro terrore. L’idea della sua scomparsa mi annebbia la mente, ma per fortuna c’è Cratos qui con me. La mia salvezza.
“Verrai vendicato, Cell” mormoro mentre mi addormento “Puoi starne certo, dovunque tu sia".




N.d.a.

Alleluia, è nato un bambino! *W* Il piccolo Cratos è venuto alla luce :)
Giusto nel momento in cui suo padre moriva, lui è nato!
Il nome Cratos deriva dal greco antico, Kratòs che alla lettera significa proprio "colui che è forte, che è potente". Quale nome poteva essere più adatto per il figlio di questi due potentissimi androidi? :D
Allora, ringrazio tutti coloro che hanno partecipato all'operazione "Scegli il pacchetto" (Chiunque non l'avesse fatto ancora e vuole prendervi parte, trova tutto nelle N.d.a. del precedente capitolo) e vi dico che per ora la maggioranza ce l'ha il pacchetto Ade.
Non posso ancora dirvi di che si tratta, sorry, essendo regina della suspance (come mi ha definita Ro *W* ahah) devo tenervi sulle spine! :D muahahah
E adesso cosa ne sarà di Nola e Cratos? 
E Cell, negli inferi, cosa starà facendo? Penserà a loro?
E, ancora, quando avrò i risultati del mio super esamone? D: (lol)
Avrete tutte le risposte a queste domande (tranne all'ultima) domani con il prossimo capitolo.
Ci avviciniamo inesorabilmente alla fine di questa storia... ma sarà un arrivederci, non un addio! Poi vedrete ;)
Eh eh eh e con questa enigmatica frase vi saluto! 
A domani bella gente :3
Julia of Elaja

PS: Se volete continuare a seguirmi e anche contattarmi per qualsiasi cosa (Tipo anche "Ciao Julia, mi consigli che smalto mettere stasera? " ...lol) vi lascio qui il link per la mia pagina Facebook: 
https://www.facebook.com/JuliaOfElajaEfp?fref=ts
L'immagine del profilo vi è familiare immagino ;) eh eh! :D
A domani!! :D

 

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Capitolo 24
*** Ti porto a casa, Cratos ***


Come sarà la mia vita, d’ora in avanti?
Questa domanda mi sta assillando da ieri pomeriggio, da quando mio figlio è venuto al mondo.
Lo guardo e ho paura che gli possa accadere qualcosa, lo difenderò a costo della mia vita.
Ha gli stessi occhi di suo padre: viola intenso, uno sguardo ammaliante e intrigante, uno di quelli che ti lasciano senza fiato.
“Sei stupendo piccolo mio!” gli ho sussurrato. I suoi capelli sono neri ma tendono al blu di Cell, mi immagino che meraviglia sarà da grande se dovesse diventare davvero così simile a suo padre!
Mi guardo attorno: il rifugio qui nel monte Egremit sarà sempre la culla dei miei ricordi, ma non posso crescere un neonato qui. Devo andare via, devo tornare nella mia città.
Ma come?
Sospiro a questo interrogativo: non so volare, né ho a disposizione una macchina o qualsiasi altro mezzo per potermi allontanare da qui. E di certo non posso far crescere mio figlio in questo posto che, per quanto abitabile, non è adatto ad un bambino diciotto ore!
“Troveremo una soluzione, Cratos” gli dico mentre gli porgo il mio seno e lui delicatamente inizia a succhiare “Ti devo portare via da qui, costi quel che costi”.
Sentire le sue manine che si posano sul mio seno mi fa un certo effetto e quasi mi fa piangere: diventare madre è una sensazione incredibile, e avere tra le braccia questa piccola creatura mi fa rabbrividire tutta. Io ho la sua responsabilità, suo padre non c’è più… sarà difficile, ma ce la farò.
Una volta addormentato, poso il mio bimbo sul letto e vago senza meta per il rifugio.
Perquisisco stanza dopo stanza alla ricerca di chissà cosa possa aiutarmi ad andare via da lì.
Persa nei ricordi, torno in camera mia e apro il cassetto dove avevo riposto il ritratto di Cell, il primo che gli avessi mai fatto.
Ricordo bene del fatto che lo abbia voluto tenere lui, quel disegno, perciò mi stupisce il fatto che me lo ritrovi pari pari lì dentro. Allucinazioni? E chi lo sa!
Lo prendo e quasi mi sento di svenire; perché sul retro del ritratto Cell mi ha lasciato un messaggio.

 
 
Nola,
qualora dovesse succedermi qualcosa e non fossi lì presente ad aiutarti con il nostro (o i nostri) figlio, ti lascio qui alcune informazioni.
-Al piano superiore, nel laboratorio, nell’ala ovest, proprio affianco al muro su cui mi hai schiantato quando abbiamo combattuto, c’è un bottone rosso. Premilo e dovrebbe aprirsi un varco nel pavimento. Conduce ad un’altra area, dove troverai parecchi velivoli tutti abbastanza semplici da utilizzare dato che sono automatizzati. Scegline uno e va’ via dall’Egremit, non  è un luogo adatto per dei neonati. Va’ a casa tua, cresci nostro figlio e fa’ sì che diventi bello e forte come lo ero io e come lo sei tu.
Parlagli di me, raccontagli di tutto ciò che ho fatto, soprattutto per te.
Raccontagli del nostro primo incontro, se ti va, di ogni momento passato assieme.
Parlagli del dottor Gelo, di' lui ogni cosa.
Ah, un’altra cosa: immagino avrai scoperto della mia capacità autoriproduttiva.
 
Capacità autoriproduttiva? Di cosa sta parlando?
 
Io posso generare dei figli miei, che sono l’esatta copia di me stesso, vero. Li avrai di certo notati, guardandomi in televisione mentre combattevo per il torneo, perché ho intenzione di usarli durante il combattimento, possono sempre tornare utili. Tuttavia, è meglio che tu sappia che questi figli che posso generare non durano più di settantadue ore, quindi non posso effettivamente definirla “prole”.
Ma i figli che tu mi darai, quelli sono destinati a vivere una vita intera.
Ecco perché sei stata creata, Nola: per dare nascita alla stirpe dei perfetti, i discendenti dell’essere perfetto.
Ah, un’altra cosa…
Io non sono un tipo sentimentalista, eppure tu sei diventata un pensiero fisso in tutti i miei giorni; quello che ora mi preme è la tua incolumità e quella di nostro figlio, perciò prendi un jet e parti, vai via da lì.
Io non posso far altro che pensarti da laggiù, negli Inferi, dove verrò confinato.
Ma sta’ tranquilla: in qualche modo ci rivedremo, promesso!
Sii sempre l’androide ventuno, Nola: una donna coraggiosa, forte e combattiva, disposta a tutto nella vita pur di averla vinta.
Il nostro non è un addio; è un arrivederci.
 
 
Sto tremando come una foglia: vorrei piangere ma sarà meglio non imbrattare questo foglio con le mie lacrime.
Come una furia, raccolgo tutto ciò che mi capita a tiro, prendo il ritratto e lo infilo in tasca, poi prendo Cratos e corro via, verso il muro indicatomi da Cell.
Ecco il bottone!
Rosso con quello strano simbolo che ho anche sul fondoschiena: due triangolini opposti l’uno all’altro con due R all’interno. Il simbolo del dottor Gelo, immagino.
Lo premo e, come Cell mi aveva scritto, si apre un varco nel pavimento, con tanto di scala mobile in movimento.
Scendo giù e vado a finire sotto terra, nelle profondità, in una sorta di grande caverna.
Ci sono delle lucette arancioni che illuminano il posto, che è una sorta di deposito di aerei, jet, elicotteri, astronavi addirittura!
Mi ispira fiducia un aereo piccolino, sulla mia destra. Premo un pulsante su un telecomando che è lì sull’ala dell’aereo e quello si apre.
Entro dentro come un fulmine, sistemo il bambino in maniera tale che stia comodo e al sicuro e getto tutto il resto sul retro, a guardarlo sembra un ammasso informe di roba.
“Buongiorno signore. Dove vuole andare?”.
Dev’essere la voce dell’aereo, immagino, quindi è inutile che mi spaventi.
“Città Centrale” dico ad alta voce “Grattacielo Degrees”.
“Molto bene. Si tenga pronto al decollo”.
Guardo Cratos mentre sento il rombo dell’aereo che si avvia.
Andiamo veloci verso un lungo corridoio e sempre più velocemente si avvicina ad una sorta di grande varco circolare.
Chiudo gli occhi mentre prendo Cratos e lo stringo a me, in una sorta di istinto di protezione.
Quando li riapro, siamo fuori dall’Egremit, a tutta velocità.
Mi volto di scatto e guardo la montagna. Il varco da cui siamo usciti si è richiuso e anche quello dell’ingresso al covo non c’è più.
La montagna ora è silenziosa.
Ha compiuto il suo dovere, dando ospitalità all’essere perfetto e alla sua compagna.
Ma ora che il suo compito è terminato, è tornata ad essere una silenziosa cima nel mezzo dei monti.
Stringo al petto Cratos, che ora sembra essersi svegliato.
“Ti porto a casa, piccolo mio” gli sussurro sorridendogli, imitando le parole che un po’ di tempo fa qualcun altro mi aveva detto.



N.d.a.

E si torna a casa!
Come reagiranno i genitori di Nola vedendola tornare con un bambino dopo giorni di assenza totale? Nola racconterà loro ogni cosa? E come diamine è andato quel mio esame, di cui Lunedì avrò gli esiti? E perché Cell è così dannatamente bello?
Le ultime risposte le avrete nel prossimo capitolo... signori e signore, siamo quasi alla fine di questa storia (ahimè).
Nola non è di certo quella ragazzina che Cell ha portato con sé nell'Egremit: ormai è una donna, nel vero senso della parola, con un figlio a cui pensare.
E Cell è negli inferi; destino crudele! 
Ci si aggiorna domani con il prossimo capitolo, allora! Stay tuned 8)
Julia of Elaja


 

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Capitolo 25
*** Sete di vendetta ***


Il mio ritorno a casa, come prevedibile, non è passato inosservato.
I miei genitori avevano mobilitato parecchie persone per riuscire a capire che fine avessi fatto, polizia compresa, ma nessuno era riuscito a trovarmi. Fino a quando non sono atterrata con quell’aereo del dottor Gelo proprio sopra il grattacielo Degrees, prendendo tutte le mie cose e dirigendomi al piano inferiore, dove avevo trovato mio padre e mia madre che discutevano con il capo della polizia.
Potrete ben immaginare la loro reazione quando sono arrivata nell’attico con l’aria di una devastata, un neonato in braccio, mentre mi trascinavo robe e oggetti alla rinfusa.
Mia madre, ululando, mi si era gettata addosso, facendo spaventare, e non poco, Cratos che era scoppiato a piangere.
Mio padre invece si era inginocchiato a terra tenendosi il volto tra le mani.
Ringraziavano il cielo, poi il capo della polizia, me… erano completamente fuori di senno!
Ma, naturalmente, volevano le dovute spiegazioni. E quando il commissario mi chiese “Cosa è successo?” … be’, ve lo posso dire? Non me la sentii di dire tutta la verità.
Non ho mentito: ma mi sono limitata a dire che l’essere perfetto, Cell, il famigerato mostro, mi aveva rapita e portata via. E che aveva rapito anche quel piccolo bambino che ora tenevo tra le mie braccia. E avevo approfittato della sua assenza per il torneo per scappare via da lì con il bambino.
Ho detto loro che ci aveva portato in una radura nel bosco e che il suo desiderio era quello di giocare con le nostre vite, tenerci appesi ad un filo. E noi non potevamo farci nulla.
I miei genitori volevano assolutamente tenere il bambino con  loro, quando raccontai che io stessa avevo assistito alla morte dei genitori del pargoletto. “Lo adotteremo come figlio nostro!” singhiozzava mia madre. Ma no; ho insistito perché fosse il mio bambino. “Sarà mio, lui è molto legato a me”. E certo, come potrei dire loro la verità., ovvero che quello è davvero il mio bambino?
Se dicessi loro che quel neonato è figlio mio e di Cell, verrebbe tutto a galla; ovvero, il fatto che io non sia un’umana. E i miei genitori potrebbero anche reagire nel peggiore dei modi, cacciandomi da casa, ripudiandomi… sarei costretta a vivere per strada, chiedere l’elemosina ai passanti… e, peggio ancora, mio figlio morirebbe nel giro di pochi giorni tra fame e freddo.
Non posso correre il rischio che ciò accada. Meglio che la storia dell’androide ventuno rimanga segreta.
“Come si chiama questo frugoletto?” mi ha chiesto mia madre il giorno stesso del mio ritorno.
“Cratos” le risposi fiera “Non è un nome stupendo?”.
“Magnifico” rispose lei, tenendo stretto al petto il mio stupendo bambino.
E così, ho continuato a vivere sotto il tetto dei miei genitori, assieme a mio figlio. Quello era l’ambiente perfetto per lui: una famiglia che lo accudisse, che gli stesse vicino e gli volesse bene.
Io ho continuato con i miei studi, sono diventata un medico affermato e stimato specializzato in chirurgia generale ed estetica. Ma non sto qui a raccontarvi della mia carriera universitaria che sono riuscita a concludere in pochissimi anni. Mia madre mi ha molto aiutata con Cratos, così ho potuto dedicare anima e corpo agli studi per concludere nel minor tempo possibile.
Molti ragazzi, colleghi e uomini mi si sono dichiarati nel corso di questi anni: ma ho diniegato qualsiasi proposta, rispondevo loro di essere già impegnata con un altro uomo, una relazione a distanza… la cui distanza, però, non sapevano che equivaleva a quella tra la superficie terrestre e gli inferi.
E continuo ad andare avanti così, con il mio bellissimo figlio che cresce giorno dopo giorno e diventa sempre più simile a suo padre esteticamente, anche se nei pensieri e nei ragionamenti sembra davvero la mia copia.
Ormai sono passati quattro anni; quattro anni in cui non ho fatto altro se non pensare a Cratos e alla mia carriera, passando la maggior parte del mio tempo in sala operatoria per poi tornare a casa e coccolare mio figlio, giocare con lui, sentire delle sue fantasie e di ciò che aveva imparato quel giorno all’asilo.
Le mie amiche mi sono state molto vicine, così quando mia madre era a lavoro gestivano il mio pargoletto assieme a me: gli anni sono passati ma siamo rimaste tutte molto unite, grazie al cielo.
Cratos le chiama tutte “zie”.
Cresce a vista d’occhio, è sveglio, intelligente, non gli si può nascondere nulla perché subito capisce quando qualcuno si sta prendendo gioco di lui. Ed è davvero potente. Come il suo nome dice già.
Compirà quattro anni tra dieci giorni, ma è un bambino prodigio. Solleva sedie e oggetti pesanti con una sola mano, è impressionante! Mia madre ogni volta comincia ad urlare “Cratos, no! Così finirai per farti male!” ma io ci rido su e lo lascio fare. D’altronde, è uno spericolato, come suo padre!
Già, Cell… è sempre nei miei pensieri. Un chiodo fisso che la notte mi fa stare male. Non piango, no, non credo che lui vorrebbe. Però mi manca, ogni dannato giorno. Perché quando guardo Cratos vedo lui, vedo il mio uomo che mi sorride e scherza con me.
Penso a lui che è negli inferi mentre quel dannato ragazzino che lo ha ucciso cammina impunito su questa terra, tranquillo, godendosi la sua vita e soddisfatto dell’aver ammazzato l’unico uomo della mia vita.
Ho scoperto il suo nome: Son Gohan.
E giuro che me la pagherà cara.
Io lo troverò e gli farò rimpiangere di aver ucciso Cell.
Parola di Nola, l’androide numero ventuno.

 
 
 
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Nel frattempo, negli Inferi.
 
 
 
“Giuro che me la pagherà, dovesse essere l’ultima cosa che faccio!”.
Una voce gridava vendetta, una voce carica di risentimento, aspra, incattivita. Da brividi.
“Sta’ calmo” qualcun altro era intervenuto “Arriverà il tuo momento. Devi solo saper pazientare”.
“Sono quattro anni che aspetto!”.
L’altra voce ridacchiava sommessamente.
“Cos’hai da ridere?”.
“Tu mi fai ridere. Hai detto tu stesso che dovrai aspettare il momento giusto, potrebbero volerci ancora altri quattro anni! Se non di più… perciò, mettiti rilassato, fai come me. Anche io bramo la vendetta, lo sai bene. Goku ha un conto in sospeso con me”.
“Goku? Ah, non è lui il mio obiettivo”.
“E chi, se non lui?”.
“Suo figlio naturalmente. Gohan. Quel moccioso, che lui sia dannato”.
Di nuovo la risatina sommessa.
“Io e te potremmo allearci. D’altronde, sei pur sempre cellule delle mie cellule, no?”.
Una pausa di silenzio. Poi l’assenso.
“Fammi uscire da qui e giuro che potrai vendicarti di Goku” la voce dura assunse un tono ancora più serio “Fammi raggiungere la terra e giuro che ti aiuterò nella tua personale vendetta”.
“Affare fatto” rispose l’altro.
E come se nulla fosse, si separarono, camminando ognuno per la sua strada.
L’alleanza era stretta, i patti chiari.
Bisognava solo aspettare che i tempi fossero maturi.


 
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FINE

 
Avete presente quando si dice che la fine di una storia rappresenta l'inizio di un'altra, magari anche più bella e avvincente della precedente?
Ricordate le parole che ha detto Cell a Nola "Questo non è un addio, ma un arrivederci" ?
E allora preparatevi ad una bella notizia: ho deciso di scrivere un sequel di questa storia, il cui titolo sarà:

 
"La vendetta dell'essere perfetto"
 
Contenti? :D
A dire la verità mi sono affezionata troppo a voi e anche a Nola, Cratos e Cell (lui lo amo a prescindere *W*) e mi dispiaceva mettere la parola FINE a questa storia... così ho già iniziato a mettere penna su carta e a scrivere il primo capitolo della nuova storia! ^-^
Quando la caricherò? MISTERO! :3
Vi consiglio vivamente di tenere d'occhio, in questi giorni, le ultime storie pubblicate nel fandom Dragon Ball... chi lo sa, quando meno ve lo aspettate potreste trovare la nuova storia! ;)
Ah, un'altra cosa: avete presente i pacchetti che vi avevo chiesto di scegliere?
Alla fine, ha vinto il pacchetto Ade: come avrete notato, ne ho fatto un cenno nel finale di questa storia, ma in realtà verrà sviluppato tutto nella storia successiva... vi preavviso, sarà una storia diversa da questa, piena di azione oltre che d'amore :3
Detto questo vi saluto, con la promessa e la speranza di risentirvi al più presto con nuove recensioni e pareri sul sequel di questa storia! 
Un abbraccio a tutti! Grazie di avermi recensito ed avermi riempito di complimenti e consigli! ^-^
Ci si sente presto... promesso! ;)
Julia of Elaja

PS: Domani avrò i risultati del mio super esame, AAARGH! Con il primo capitolo della nuova storia vi dirò l'esito :/ (Che spero sia positivo!)
PPS: L'immagine di Nola con il bimbo l'ho creata io con PAINT (e si vede, lol xD) invece l'altra, quella di Cell, è di un'autrice di deviantart, darkly_shaded_shadow, che adoro per come disegna Cell *_*

Bacioni! A risentirci! ;)

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