Non sapevo di poter scivolare via

di Bluelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Maledetta. ***
Capitolo 2: *** Respiro. ***
Capitolo 3: *** Volere Il Bene. ***
Capitolo 4: *** Le Verità Pesano Sulle Spalle. ***



Capitolo 1
*** Maledetta. ***



CAPITOLO 1.
Maledetta.

Ero l'inizio e la fine di ogni cosa.


 

Mi ero fatta cullare dal tempo. Ogni più piccola crepa del mondo. Ogni guerra iniziata e conclusa.
Tutte le ferite, i tradimenti e le faide avvenute nei secoli mi appartenevano. Ogni molecola era mia. Ero l'inizio e la fine. Con pazienza ero stata vigile e immobile. Costretta su un letto di pietra, aspettando che le ere mi scalfissero. Non morivo, non vivevo. Il mio spirito si era evoluto con l'andare del tempo. Conoscevo le funzioni di un Iphone. Non sapevo solo accendere fuochi con i bastoncini. Non avevo bisogno di nutrirmi. Ero nata per questo. Mi ero fatta curare dal silenzio, perciò restai sorpresa quando sotto di me avvertì un rumore cupo e sinistro:il sigillo si é spezzato.
Sentì l'alito del vento sbriciolare il peso che mi costringeva a stare distesa.
Ricevetti una martellata sul petto e il mio cuore iniziò a battere impetuoso. I miei capelli iniziavano a frustare l'aria giocando con il vento. Il mio respiro divenne reale. Sentivo i profumi. Avvertì il freddo sulla pelle. Creai il fuoco e lo tenni sul palmo della mano. Sapevo quanto il tempo avesse percorso le mie membra, sarei dovuta essere morta. Ma mia madre non la pensava così. Sono viva da 1580 anni. Per quanto il mio stato possa essere definito vita.

Ho capelli lunghi ramati. Occhi verdi, come le praterie in cui sono cresciuta. Tra i miei capelli c'erano foglie e fiori, ora so per certo che usate fermagli, forcine, clip. Cosa ve ne fate nel 2013 della Natura? La mia pelle é pallida, profumo di primule e stelle alpine. Mi sedetti su quello che era stato il mio sudario per lunghissimi secoli. Dovevo riflettere.  Ero l'unica creatura capace di porre fine al dolore. Ero l'unica. Nessun altro era come me. Le lacrime presero il sopravvento, era tutto amplificato.
Gli spiriti parlavano con me, arrabbiati. Sapevo mi avrebbero distrutta una volta terminato il mio compito sulla terra. Una volta uscita dalla grotta, sarei stata libera. Niente più luogo sacro. Avrei potuto ascoltare il vento, bere dell' acqua. Mi mancava l'acqua fresca che scorreva tra le mie labbra. Avevo avuto una migliore amica. A cui non avevo potuto dire addio. Il tempo si era fermato, per me, e aveva corso per lei. Non avevo nessuno, non ero nessuno.

Il fuoco sulla mia mano si spense. I miei occhi si spensero, -okay spirito sono qualcuno.- Sbuffai e uscì dalla grotta senza guardare indietro. Sono Rajae, significa speranza. Fu mia madre a chiamarmi così, molti anni fa. Quando ero ancora una bambina, il freddo mi pungeva la pelle e la lana mi pizzicava la braccia. Quando ancora, niente era reale. Avevo addosso stracci e scarpe in cuoio. Anche gli alberi erano cambiati. Erano meno verdi, il sole era più grande e la luce meno brillante. L'erba era secca, mi cucciai giù sulle gambe, accarezzai gli steli con il palmo della mano. La vita scorreva nelle mie vene. Il prato tornò verde, vivido, proprio come lo ricordavo.
Un bracciale di lapislazzuli incoronava il mio polso. Non che mi servisse moltissimo, non sarei comunque morta, avrei saputo proteggermi. Vi starete chiedendo cosa sono, probabilmente. Mesi fa dei vampiri sbarcarono sull' isola al largo della costa scozzese per prendere la cura. Svegliarono Silas, i miei occhi si aprirono per quel motivo. Tutto mi fu chiaro per quel motivo, ogni piccola cosa e ricordo tornarono vivi.
Sul picco più alto dell' isola, tra l'oceano e il cielo giaceva una ragazza.

Nessuno ci pensò, nessuno la cercò. Probabilmente Bonnie Bennet avrebbe potuto aiutarmi, ho ripreso a respirare con il vincolo di liberare il mondo da Silas. Un grave errore di Qetsiyah, lei lo creò, lei avrebbe dovuto distruggerlo. Tutto aveva avuto inizio con il suo sangue e avrebbe dovuto finire con il suo sangue. Ma non andò così. Durante una notte fredda, in cui la neve cadeva copiosa e copriva il sangue degli innocenti, arrivai io.
Avevo il sangue del primo vampiro e il sangue della strega originale. La strega più forte che il mondo avesse conosciuto. Crebbi fino all' età di ventunanni, e poi la mia crescita si bloccò. Maledetta. Costretta a lottare tra la vita ed il mio stato di morte. Costretta a lottare tra il nutrirmi e sentire la natura cantare intorno a me. É proprio così. Ho avuto due genitori bastardi ed egoisti che non hanno pensato alla loro figlia. Certo se può essere consolante mia madre ha pensato al resto del mondo. Sono nata per rendere il posto un mondo migliore. Per accertarmi che le cose cambino. Sono un ibrido, proprio come Klaus. Sono una strega, nata con sangue di vampiro. Il giorno in cui mio padre abbandonò la vita, grazie all' incantesimo di mia madre.

All' età di ventunanni durante il solstizio d'estate, proprio come lui divenni un vampiro. Posso mangiare, bere. Ma solo il sangue mi da vigore. Solo il sangue mi permette di ricorrere a tutto il mio potere. É da mille anni che non mi nutro. Il sangue umano é la mia maledizione. La natura é la mia maledizione. Essere ciò che sono é molto difficile, continuo a lottare tra le mie zone d'ombra e di luce. Continuo a lottare per cosa sono, sperando un giorno di trovare il giusto equilibrio.

Il mio nome é Rajae. Sono la figlia di Qetsiyah, e sono il suo lascito in questo mondo.




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SPAZIO AUTORE


Ciao a tutte! Questa è la prima fanfiction che pubblico all' interno di questa sezione :)
Spero sia di vostro gradimento, comunque!

Che ne pensate di Rajae come personaggio? Aww scompiglierà un po' le cose, ma mi piace davvero come ha preso piega la storia! Un abbraccio al prossimo capitolo! ♥

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Capitolo 2
*** Respiro. ***


CAPITOLO 2
Respiro.

Siamo come gli umani con le patatine fritte.


 

Già, io non respiravo più davvero. Oppure si? Istintivamente mi venne da tappare il naso tra indice e e pollice. All' idea del mio volto che diventava paonazzo..sorrisi. Credevo di essere ancora umana. La realtà é che non lo sapevo. Non sapevo se ero più umana o più cadavere, é imbarazzante da dire. Lo so. Avevo affittato una camera d'albergo a Charlottesville. Ero molto stanca e per il momento non volevo avvicinarmi troppo a Mystic Falls. Silas non sapeva della mia esistenza.
Probabilmente si stava prendendo gioco di tutti, o almeno questo era quello che avevo percepito dalle emozioni degli altri.  Sapevo che lui era lì, nella vita di quei vampiri che cercavano di vivere un’ esistenza umana. Gestendo le emozioni, che ammettiamolo sono un casino, ma condividevo il loro credo. Non si erano goduti la loro umanità, quando avevano potuto. Alla fine é sempre così ti accorgi del valore delle cose solo quando le perdi.
Loro mi piacevano molto, avrei voluto potermi liberare per proteggerli da Esther, quando pensò di distruggere la razza vampirica. Per fortuna, comunque, si erano salvati. E bravo Damon. Io? Oh, avevo trascorso la giornata ad orientarmi nel 2000. Non era molto complicato. Le persone erano più civili. Nel pomeriggio acquistai un bel vestito a pois. Mi ero comprata un fantastico Iphone. Bugia, non lo avevo comprato, lo avevo rubato. Anche il vestito. Lo so. La cosa mi intristiva davvero. Decisi che avrei fatto in modo di ottenere un lavoro. Meglio soggiogare qualcuno per un lavoro che per acquisti non pagati, no? Sbadigliai. La stanchezza faceva parte della mia umanità. Le lenzuola morbide ricoprivano il mio corpo. Il clima andava nella mia camera, perché potevo sentire il caldo. Mi rigirai nel letto finché le mie membra cedettero alla stanchezza e mi addormentai.





Al mattino quando spalancai gli occhi, i miei sensi erano intorpitidi. Avvertì una stretta allo stomaco: avevo fame. Sorrisi ingenuamente. -Che fame!- chiamai il servizio in camera. Anche se non sapevo che prendere. Optai per un toast e una bottiglietta d'acqua. Mi chiesero se volessi il dolce, sorrisi e pur sapendo che erano tutte cose buone, mi feci consigliare dalla cameriera. Tiramisù. Aveva un nome buffo. Lo avrei mangiato più tardi, tanto avevo il minibar in camera. É quel piccolo frigo che c'é in alcune camere, presente? Ma che dico..voi lo sapete già!
Lo ammetto quando Sarah la ragazza addetta ai piani entrò in camera pensai di mangiarmela. Ma riuscivo a controllarmi. Nonostante la mia condizione..potevo definirmi fortunata! Non sentivo la sete. La brama di sangue era molto controllata. Ma per noi le cose funzionano così: per noi vampiri esperti di super controllo almeno. Siamo come gli umani con le patatine fritte. Una tira l'altra. Quando assaggiamo il sangue..siamo a conoscenza che le patatine non sono infinite. Lo siamo davvero, ma quale umano lascerebbe una sola patatina sul piatto?
Davvero, credetemi é molto difficile, ma come ogni cosa é possibile. Controllarsi é possibile. Io ci riuscivo discretamente, per lo meno. Anche se ho finito più di una volta il piatto di patatine. In diversi ristoranti pure. Oh a proposito quelli mi piacciono molto, sono davvero comodi!

Gli errori esistevano per quello. Sbagliare era l'ultimo briciolo di umanità che ad ogni vampiro restava. Ogni errore commesso e poi appreso era un pò di margine in più per la riuscita di un risultato migliore che sarebbe arrivato solo con l'esperienza. Pensai.

Qualcuno bussò alla porta. Sobbalzai sul letto, non aspettavo visite. Non aspettavo nessuno. Cautamente mi avvicinai alla porta. Udii il chiaro battito umano, che pulsava tranquillo, al suo posto nella cassa toracica. Sospirai sollevata, aprì la porta. "Scusi se la disturbo Signorina Hailstone, volevo la sua conferma per il pranzo di oggi. La aspettiamo vero?" Sorrisi gentilmente a Sarah. Mi concentrai attentamente, legandomi ai suoi occhi. "Avrei bisogno di un lavoro. So fare qualsiasi cosa." La ragazza la guardò "l'hotel sta cercando una persona per la reception, giù. Se vuole posso organizzarle un incontro con la direttrice.." non avevo mai lavorato, non sapevo se mi sarebbe piaciuto, ma accettai di buon grado l'incontro.
Soggiogai Sarah, mi feci anticipare la paga e uscì. In pratica, cioè…chiesi soldi in prestito. Di nuooovo. Una cosa era certa mi servivano vestiti. Non ne avevo. Era una cosa necessaria. Andai in Internet e digitai sul motore di ricerca la voce "abbigliamento low-cost" a pochi metri, dietro l'isolato c'era un centro commerciale, nel quale si trovava H&M. Aha la vita. Ridevo, per la strada, mentre osservavo il cielo ero felice. Sarei stata felice, e avrei avuto un sacco di vestiti. Lo so, ho un comportamento un pò infantile. Ma per me é la prima volta perdindirindina! Presi un cappuccino in cartone a un bar lì vicino: era buonissimo!
Comprai alcune canotte. Il primo paio di pantaloni era troppo largo, restai stupita nel trovare lo stesso identico indumento più piccolo. Pagai il tutto alla cassa, almeno avrei riempito l'armadio. Pranzai in albergo, anche se avrei potuto fare uno spuntino per strada. Scoprì che gli spaghetti allo scoglio mi piacevano molto. Sorseggiai l'acqua e andai alla Hall. "Vorrei un taxi. Devo andare a Mystic Falls." Si, avrei potuto farmela di corsa. Ma probabilmente non era il caso di attirare l'attenzione. In dieci minuti raggiunsi Mystic Fall.

Ero eccitata, e al contempo spaventata. Non volevo mettere in pericolo nessuno. Andai al Grill, presi un colamalibu, ammaliando il barista. Trovai Matt vicino al biliardo, parlava con una ragazza bionda. Concentrai tutti i miei sensi, sull’ udito. Origliare, a volte serviva a volte no. Mi convinsi che volevo sapere  dov’ era Silas, quindi ascoltare era la cosa giusta da fare, sotto quel punto di vista. In realtà  mi sentivo sola, e ascoltare mi faceva sentire meno il peso di quella solitudine di cui ero consapevole da moltissimo tempo. “Rebekah, anche io vorrei partire per l’Italia, ma non posso lasciare qui Elena, con Damon.” La vampira bionda abbassò gli occhi cercando di non pensare sulle scelte del ragazzo. Ma non riuscì proprio a tacere “Si ma, Damon si prenderà cura di Lei. Poi c’è Jeremy..” “Lo so ma Katherine è sparita, probabilmente è tornata umana. O magari è morta, magari si! Ad ogni modo potrebbe avere delle informazioni importanti, potrebbe sapere come uccidere i vampiri utilizzando mezzi che ancora noi non conosciamo. Potremmo essere impreparati. Katherine ha sempre un’idea. Ha sempre un piano.”



Rebekah sbuffò, si girò lentamente, come fanno le ragazze quando se ne vanno e pregano tanto che qualcuno le fermi. Matt la guardava triste, con quegli occhi blu, straordinari. Se fossero partiti, sarebbero stati al sicuro. Ma non potevo dir loro che ci avrei pensato io. Mi alzai dal sgabello del bar, tagliando la strada a Rebekah, avrebbero dovuto partire. Lei non avrebbe dovuto lasciarlo solo. Possibilmente. Così le rovesciai addosso il drink, di proposito, scusandomi.  Lei imprecò e per un attimo pensai che mi avrebbe aggredito. Invece mi sorrise. Si voltò e sibilando furiosa per farsi notare da Matt, si avviò verso il bagno. Risi, era in gamba. Sapeva ciò che faceva, teneva davvero a Matt. Voleva proteggerlo. Quanto avrei desiderato che qualcuno tenesse così a me, scossì la testa, pronta per uscire dal pub. Nessuno di loro sapeva dove fosse attualmente Silas, altrimenti l’avrei percepito.
 
Sentì qualcuno afferrarmi per la spalla, mi irrigidì istintivamente,ma mi voltai tranquilla. Quegli occhi blu mi stavano scuotendo l’anima. Sospirai, sorridendo. “Ehi, sei nuova qui?” “Ciao, si mi chiamo Rajae. Vengo da un’isola vicino alla scozia.” risposi, enigmatica. Sentì un tirone allo stomaco, la sete si faceva sentire, ma solo per un attimo. Mi bastò pensare al toast della colazione, e quanto era buono. “Ehi? Ci sei..?” Oh cavolo! “Scusami, stavo pensando al toast di stamattina, no. Non posso andarmene. Ho delle faccende da sbrigare qui. ”
Rebekah uscì dal bagno e in quel momento mi fulminò davvero. Notai le sue pupille dilatarsi. Le vene arrossarsi. Un ringhio le saliva dalla gola. Salutai veloce Matt, ed uscì dal Grill. Perciò nessuno sapeva dove fosse Silas. Accidenti. Mi toccai i capelli, sistemando una ciocca dietro l’orecchio.
Andai in gelateria, mi gustai il mio primo gelato, e lo giuro era davvero buonissimo! Odiavo avere fame, ma erano le quattro i boy scout fanno lo spuntino alle quattro. L’unico posto in cui avrei potuto sapere qualcosa su Silas, era il posto in cui era caduto il velo. Qualcosa era andato storto.

Bonnie era morta, l’avevo sentita oltrepassare il velo, l’ avevo percepita, infondo fa parte della mia stirpe. Perché nessuno si chiedeva dove fosse Silas? Continuavo a camminare avanti e indietro, affanandomi cercando una soluzione.
“Scusami, Chi sei? Ti sei persa? Come hai fatto ad entrare nelle grotte?”
Prima che il ragazzo mi interrompesse ero ferma ed immobile, stavo concentrando le mie energie per rilevare se c’era qualche scena, sensazione, voce impressa in quel luogo, in cui il velo era caduto. In cui Bonnie era morta. Mi stavo appellando agli incantesimi che conoscevo, grimori che avevo già letto. La magia era parte di me, i miei genitori erano entrambi stregoni, infondo. Mi voltai quando sentì il ragazzo parlare, sapevo bene chi era. Il mio sangue ribollì, Bonnie me ne aveva parlato, lo riconobbe subito, era Jeremy. Il fratello di Elena. Me lo aspettavo più basso. Era così imponente. Per un attimo mi sentii in soggezione, ma poi sorrisi. Lui non sapeva chi io fossi.

“Jeremy. Sono proprio contenta che tu stia bene!” – Ma che ho fatto?! Non posso averlo detto davvero!
Lui mi guardò confuso, indietreggiò, prendendo un paletto dalla tasca posteriore dei Jeans. Nessun sorriso, amichevole . Nessuna occhiata gentile. Me n’ero scordata. Jeremy era un cacciatore.

“Sei un vampiro.”



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SPAZIO AUTORE


Ciao a tutti!
Ed anche questo capitolo si è concluso! Spero di essere riuscita a farvi sentire almeno un po' nei panni di Rajae.
Cosa pensate che succederà ora? Jeremy cercherà di farle del male?
Rajae cercherò di difendersi?
Ringrazio moltissimo annaterra per la sua recensione! ♥
Un bacio a tutti!  

 




 



 

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Capitolo 3
*** Volere Il Bene. ***



CAPITOLO 3.
Volere Il Bene.

Devi cercare di vivere come una sfera.



 

"Devi cercare di vivere come una sfera: vai in tutte le possibili direzione. Conserva l'entusiamo di una bambina e vedrai che il mondo ti verrà incontro."
Federico Fellini.


 

Jeremy mi fissava disorientato. Aveva il paletto in mano, lo teneva dritto al di sopra del viso, pronto a difendersi. La realtà é che io non volevo attaccare. Lo guardavo dispiaciuta. Inclinai la testa di lato, e i miei capelli caddero tutti su una spalla. - Perché temporeggi Jeremy? - mi chiesi.
Feci un passo verso di lui. Non si spostò. "Sei un'amica di Bonnie?" Mi chiese incredulo e speranzoso. "Una specie, credo. Lei é qui vero? Per questo non mi hai attaccato. Ok, Bonnie, sono stata maldestra, mi hanno beccato. Esci fuori." Jeremy si avvicinò cauto a me. Percepivo la presenza di Bonnie. Sorrisi. "Sei una strega?" Annui sorridendo al ragazzo. Allargai le braccia "questo credo tu lo conosca molto bene." L'energia fluiva dai miei polpastrelli. Formicolavano leggermente. Gli steli di paglia si sollevarono ed iniziarono a vorticare intorno a me e a Jeremy. Sorrise. Ma poi si rabbuiò. "Sei un vampiro?"

Quando risposi di si, mi squadrò male, probabilmente pensava gli stessi mentendo. Non poteva saperlo, forse Bonnie glielo stava dicendo, ma non capiva. Mi concentrai sul sapore del sangue, mentre lui mi fissava. I miei occhi si offuscarono di desiderio. Le vene si gonfiarono sotto le mie occhiaie. Poi chiusi gli occhi, respirai e mi rilassai. Lo guardai fiduciosa. Speravo non sarebbe impazzito. Speravo non avrebbe provato a uccidermi. "Questo non é possibile." Esclamò impassibile. Irraggiungibile. "Sei Silas?" Scossi la testa, dispiaciuta. Non potevo dirgli realmente chi ero. "Sono un ibrido." Spiegai.
Lui ribatté contrariato. Non era possibile, diceva che le streghe usano la vita, che il loro potere deriva dalla natura, che ha un equlibrio vitale. E ammettiamolo, io di vita non ne ho molta. Aveva ragione. Era una faccenda che non riuscivo a spiegare molto bene. Non sapevo di preciso come fosse stato possibile. Sapevo una sola cosa. Ogni giorno dovevo lottare perché il mio essere vampiro non uccidesse il mio essere strega. Il problema era che il mio essere strega cercava di autodistruggersi. Non era facile stare in equilibrio. Non dovevo mai perdere il controllo. Cercai di spiegarglielo e lui annui. "Chiamo mia sorella" disse con tono freddo e distaccato.
Feci si con la testa. Mi sedetti a terra, ad aspettare, mentre Jeremy aveva lasciato cadere il braccio che stringeva il paletto lungo al fianco. E mi studiava. Come io studiavo lui. "Tu sai il mio nome, io non so il tuo, però." Era vero, non era molto educato, la mia defunta madre non avrebbe apprezzato, aveva solo cercato di ammazzare tutti gli umani, lei non aveva peccato di maleducazione almeno, no? Presentarsi era il minimo. "Mi chiamo Rajae Hailstone." Mi fissò, più dubbioso di prima. Spostò il peso da una gamba all' altra. "Quanti anni hai Rajae?"
Ehm. Per un attimo considerai davvero l'idea di rispondergli. Ma non potevo farlo. Non potevo permettermi di essere evasiva con loro. Non potevo dar loro la mia fiducia. - Per essere un vampiro di mille anni, non sono stata molto furba. É il mio primo giorno qui, e già mi hanno presa.- Sospirai. "Venti, ma sono più vecchia di quanto credi. " esclamai con tono divertito ma saggio.

Non volevo spaventarlo. Lo sentii parlare fitto al telefono. Percepii il suo cuore accelerare ansioso. Giusto, per Elena non ero altro che una minaccia, che poteva portargli via ciò che amava. La sua famiglia. Ancora una volta. "Jeremy, non sono un pericolo. Davvero. Sono qui solo di passaggio."
Dopotutto era vero. Non conoscevo il modo ma sicuramente non ero un vampiro ordinario. Una volta che Silas fosse morto probabilmente lo avrei seguito, o comunque, avrei smesso di essere immortale. Ma queste erano solo blande teorie. Feci spallucce, avevo detto la verità. "Bonnie dice che sei sincera. Gli altri non lo sanno, che lei é morta. Ti prega di non dirglielo." Stipulai uno scontro interiore tra me e me. -Spiriti- sbuffai.
Una folata di muschio e gelsomino profumò l’aria.
"Cosa ti porta a Mystic Falls?" Sibilò minacciosa la ragazza davanti a Jeremy. Mi dispiaceva moltissimo per lei, per tutto ciò che le era accaduto. Era una bella persona, un po’ sciocca. Ed infantile, ma pur sempre umana. Era tutto ordinario. Non che avesse smesso di esserlo. I suoi occhi mi guardavano minacciosi.
Decisi perciò di alzarmi, perché non mi piaceva quell'atteggiamento. Non avevo fatto nulla. "Elena. Scusami ma adesso me ne vado." Mossi qualche passo nella loro direzione per uscire, ma un ragazzo mi bloccò.
"Bene, bene. Cosa abbiamo qui? Jeremy bel lavoro. Grazie per aver trattenuto la cena." Sorrise minaccioso e mostrò i canini.
La sua mano volò verso il mio cuore, si appoggiò al mio petto. Per un pelo riuscì a ruotare su me stessa, evitando il dolore. Tanto non poteva uccidermi, ma non potevo permettermi di far notare loro quest'ultima cosa. Finimmo schiena contro schiena.

Sibilai furiosa e balzai lontana da lui. Alzai il palmo della mano e bloccai il ragazzo davanti a me. Sbuffai astiosa. I suoi occhi strabuzzarono per la sorpresa. Il viso si rilassò a pochi centimetri dal mio.
"Sei una strega." Disse Elena. Incrociai gli occhi di Jeremy. -No dai cavolo, -pensai. - Ci siamo già passati!- Non avevo il tempo di raccontare la mia storia ancora. Abbassai lentamente il palmo della mano, guardando negli occhi Damon, per ammonirlo. Non doveva attaccarmi ancora. Volevo sapesse che non gliel' avrei permesso.
Damon si mise protettivo davanti ad Elena e Jeremy. Istintivamente sorrisi. Mi stupivo di quanto d'umano c'era in loro. Damon mi fissava laconico, con quel sorriso sghembo sulle labbra che mi faceva capire chiaramente che non gli piaceva non poter avere il controllo su tutto. "Perciò, cosa sei eh? Certo intendo oltre uno scherzo della Natura, ovvio. Sei la sorella maggiore di Klaus? Ti consiglio di seguirlo. Non é più a Mystic Falls." I miei occhi guizzarono su Jeremy. Perciò gli originali, o almeno così era come il mondo li conosceva, avevano lasciato la città. "Ho visto Rebekah al Grill." Spiegai. "Aha! Allora lo ammetti. Sei una di loro!"
Certe volte era proprio stupido. "No, sono una di voi." Risposi seria. Sedendomi a terra. Damon si mosse alla velocità della luce, sentì lo spostamento d'aria poco prima di afferare il paletto che mi aveva lanciato contro. Non ci vidi più. Balzai in piedi, scartai Jeremy. Spostai Elena di lato, mi avventai su di lui. Non fece in tempo a reagire. Mi trovavo a cavalcioni sopra di lui. I miei canini erano scoperti. Alzai il palmo della mano per bloccare i Gilbert.
Sentì Elena piagnucolare, Damon voltò il viso per tranquillizzarla. Il suo petto era sodo, strusciai il mio seno su di lui, avvicinandomi al suo orecchio. "Non puoi uccidermi. Non sono una minaccia. Non sfidarmi ancora Damon Salvatore o ti ucciderò."

Naturalmente sapevo che non lo avrei mai fatto. Diede una spinta con il bacino, lo assecondai e mi spostai dal suo corpo. "Ciao Jeremy, é stato un piacere." Uscii dalla grotta sorridendo per come Damon aveva iniziato a bisticciare con Jeremy. Mi inoltrai nel bosco, per arrivare a piedi a Charlottesville. Ma una figura comparì davanti il mio campo visivo. Oh, era Elena. Ancora, - perché tu non molli mai vero, angioletto? – pensai tra me e me. "Mi dispiace moltissimo per Damon,é fatto così. Ascolta, non so chi tu sia. Ma, sai perché Bonnie non risponde alle mie chiamate?"
Jeremy era davvero in un bel pasticcio. Volevo aiutarlo. Avrei voluto essere sicura che se la cavasse. Aveva sulle spalle un fardello più grande di quanto potesse sopportare. "Non so nulla Elena. Il mio nome é Rajae." Elena sorrise dispiaciuta. "Sai Jeremy é tornato dal mondo dei morti...dice che Bonnie sta bene...che passerà l'estate con la madre. Ma l'estate é quasi finita. Ho bisogno di lei. Rajae."
Non avevo mai capito Elena davvero. Aveva passato la sua vita a cercare di fare scelte giuste, che avevano comunque portato la sofferenza ad almeno una persona di quelle a cui diceva di tenere. Non lo capiva? La vita non era giusta. Era una donna amata, protetta. Ma voleva comunque di più. Ora la sua migliore amica era morta, avrebbe dovuto lasciarla andare. Era giusto lasciarla andare, trattenere qualcuno, significa intrappolare lo spirito di questa persona intorno a noi.
"Bonnie voleva passare del tempo con la madre, non ti devi preoccupare. Ovunque sia ora, sta bene. Cerca di essere felice ora, cerca di trovare il tuo equilibrio. E ti prego cerca di non essere felice sopra l'infelicità degli altri. Bonnie non voleva stare qui, perciò non volerla qui. Bisogna imparare la differenza tra volere bene e volere il bene." Mi voltai desiderosa di abbandonare la tomba di Bonnie. Elena era rimasta, lì, ferma a fissarmi.
Gli alberi sussurravano al vento. Stava per arrivare un temporale. L'odore di pioggia era palpabile. Le gocce mi sfiorarono le tempie poco prima del mio colloquio di lavoro, praticamente già acquisito.
Entrai nello studio della Direttrice, richiudendo gentilmente la porta dietro di me, ma non feci in tempo a girarmi che
"Signorina Hailstone, lei non deve lavorare. Prima é passato di qua un ragazzo e mi ha lasciato le chiavi della sua macchina e il numero del suo conto corrente. E mi ha detto di assumere verbena, e lo sto già facendo, è nel mio thé. Anche se non so perché."

La fissai trasognata. Macchina? E chi la sapeva guidare? Contocorrente? Soldi? Magari una piccola casa? Sorrisi, di certo era stato un vampiro. Il mio sorriso si spense, i miei sensi erano all’ erta. Chi poteva essere stato? Chi mi conosceva? E chi era tanto ricco, da regalare una macchina e un conto corrente? Me ne andai in camera con un sorriso sagace stampato in volto.
Quando spalancai la porta, vidi un ragazzo seduto sul mio letto. "Avresti dovuto svegliarti mesi fa Raj. Tua madre fece in modo che Esther potesse avere l'incantesimo per renderci immortali. Sacrificando il suo primo genito a un'eternità maledetta. Quetsyah ha ben pensato di creare la perfezione credo. Rendendoci fertili. Io e te siamo promessi. Dovrei prenderti adesso, sul letto Rajae. Anche se non conosco il motivo."
Il vampiro con classe, si alzò dal letto. Muoveva passi lenti e silenziosi. Il suo pertamento era aggraziato e seducente. I suoi occhi scrutavano i miei. Non risposi. Lo osservavo curiosa e preoccupata. Il suo naso percorse il profilo del mio collo, procurandomi brividi su tutto il corpo. Non mi era mai successo. Sentì lo stomaco guizzare, le gambe tremare.
Era il primo contatto intimo che avevo con un uomo. Posò un bacio sulla mia guancia, stringendo con determinazione i capelli nella sua mano. "Sono Klaus. Le streghe volevano proteggerti.  Penso che abbiano fatto in modo ti dimenticassi, finchè non fosse servito ricordare chi sei. Io e te siamo promessi. Sai che significa?” Chiese dubbioso e curioso. Sussultai, determinata a chiudere la faccenda.
La libidine era tanta, ma riuscìvo a controllarmi. Il mio istinto primitivo mi diceva spogliati, toccalo. Il mio cuore seppur controvoglia diceva tieni le tue mutandine. "Sei stato soggiogato?" "No, credo siano state le streghe. Con qualche ocus pocus. Ed io sto per diventare padre." Gli sorrisi, era un vampiro grande e grosso, confuso. Che si guardava intorno, cercando di capire perché fosse lì. Gli presi il voltò tra le mani, le sue pupille si allacciarono alle mie. "Ricorderai perché sei qui. Quando ti troverai davanti a Silas dimenticherai di conoscermi. Non dimenticherai il mio viso." Mi sorrise grato, e mi fissò. “Sei davvero bellissima. Hai lineamenti nomadi.”

Strabuzzai gli occhi, chiedendomi se dovessi sentirmi offesa o grata. "Klaus, ti chiedo perfavore di non raccontare ciò che sono a nessuno" Il vampiro mi guardò concentrato. Arriciò le labbra, gonfiando una fossetta. I suoi occhi mi guardarono intensamente"tua madre ha avuto dei figli. Altri credo. Probabilmente dovresti essere tutta la mia famiglia. L’unica donna ibrido, l’unica con cui avere un futuro. L'unica che può capirmi. Ma non sono fatto per queste cose. Devo andare, mi spiace Rajae. Buonaserata."

Prima che se ne andasse lo ringraziai per aver conservato la mia eredità. Probabilmente ero ricca. Salutai l'originale chiedendogli se l'avrei mai rivisto. Quando i suoi occhi color dell' oceano del nord dissero no, la mia pancia fece le bizze. Istintivamente come una bambina gli corsi incontro e lo strinsi. Le sue braccia mi cinsero la vita. "Grazie per esserti ricordato di me Niklaus. Sarai un buon padre."
La sua barba rada ed ispida, mi solleticò il mento. Arrossì, senza capire il perché.
La sua mano si era appoggiata sotto la vita, al di sopra delle mie natiche. Potevo sentire il suo respiro sulla mia pelle. Tremai, quando le sue labbra lasciarono un solco freddo sull’ incavo del mio collo. Non volevo che se ne andasse, non sciolse il mio abbraccio. Lo sentìì irrigidirsi, soffocò un brontolio. Perciò lo lasciai andare. I suoi occhi lucicavano, ed io non capivo il perché. “Ti piace l’arte Rajae? Magari un giorno ci ritroveremo, fino a quel giorno. *Devi cercare di vivere come una sfera: va in tutte le possibili direzioni. Conserva l’entusiasmo di una bambina e vedrai che il mondo ti verrà incontro* lo diceva un grande regista Italiano. Si chiamava Fellini.” Le sue labbra, sfiorarono veloci la mia fronte.

Mi sorrise, sciolse l’abbraccio con delicatezza e se ne andò dalla mia camera d'albergo, dalla mia vita, e dal passato.





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SPAZIO AUTORE:

Ciao a tutti! Ho postato proprio ora l'ultimo capitolo che avevo già pronto prima ancora di iniziare a pubblicare la storia!
Che ve ne sembra? Rajae non è molto esperta con le emozioni, tantomeno con gli uomini. Perchè per quanto fosse coscente, non ha mai vissuto davvero.
Cosa pensiate accada?
Grazie a tutti quelli che leggeranno, recinsiranno o comunque arriveranno fino a qui!

 

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Capitolo 4
*** Le Verità Pesano Sulle Spalle. ***


CAPITOLO 4
- Le Verità Pesano Sulle Spalle.


Tutto ciò che esiste ha un passato, anche se non lo conosciamo.

• E' probito dimenticare il passato e farlo scontare al presente.
Pablo Neruda.



Il sottobosco era ricco di muschio e radici. Alcuni alberi contavano più di cento secoli. Avevano visto molti bambini divertirsi tra i loro rami e molte coppiette innamorate, tracciare promesse sulle loro cortecce. Non si erano mai lamentati, per assurdo che fosse, avevano perdurato per lunghissimi anni senza infastidire nessuno. Uno scoiattolo saltò da un ramo all' altro. I miei occhi seguirono la sua scia, divertiti. Essere un vampiro é una brutta faccenda. Klaus mi aveva lasciato con l'amaro in bocca. Una macchina, soldi liquidi, un futuro e una casa. Aprendo la portiera, della C3 nera, borbottai cercando di capire come funzionasse. Alzai le mani, in segno di resa, voltandomi, per uscire sbattei il gomito sul cofano, così i miei occhi caddero sul sedile del passeggero e vidi il biglietto che, stringevo ancora in mano, insieme al paio di chiavi. "Avevo pensato di lasciarti casa, visto che sono partito, ma poi ho pensato che ti servisse un posto senza passato, dove creare i tuoi ricordi. Cerca di essere felice. "

Dietro il biglietto c'erano le coordinate di casa. Ma forse avevo sbagliato perché i miei piedi continuavano a calpestare ramoscelli e sassi. Tenevo in mano delle chiavi, ma sapevo che l’ Originario sbagliava: tutto ciò che esiste ha un passato, anche se non lo conosciamo. Era quello che pensavo, anche le mie cook avevano un passato. Qualcuno le aveva tenute tra le mani, aveva infilato loro le stringhe. Ed ora calzavano ai miei piedi. Bello no? Tutto ha un passato. Non conoscerlo non significa che non ci sia. Nessuno conosceva il mio, filosofizzai tristemente. Sospirai. Eccetto Klaus.

Presi il telefono dalla tasca. Chiamate rapide. Drin. "Ehi, raggio di sole, le pigne ti prendono a calci?" Rise divertito. Gli piaceva proprio mettere alle strette le persone. Rallentai, facendo una giravolta su me stessa.
Le fossette si riempirono del mio sorriso mentre rispondevo "Ciao Klaus, volevo chiamarti prima, ma ero impegnata a cercare la casa del biglietto. É una finta? Perché non la trovo, eh-feci una pausa sperando lui dicesse qualcosa. Invece...-beh, pensi di poter aiutarmi?" Rise di me, arrossì leggermente, mi urtava un pò la cosa. "Chiamo il mio contatto, Rajae. Resta in linea!" In che?!!!!!!! Sentìì un suono breve che si ripeteva. Fissai lo schermo. Chiamata trattenuta. Ci ragionai su, finché non sentì la voce di Klaus parlare dallo smartphone, chiedendomi se ci fossi ancora. "Sisi, ci sono. Il telefono mi tratteneva la chiamata."
Era esilarante il modo in cui rideva di me. "Ma no ti ho messa in attesa io! Per parlare con Mike!" "Attesa? Okay. Chi é Mike??"

Si cambiai discorso di proposito. Non lo sapevo, la gente non si preoccupava, non provava alcuna emozione per una chiamata trattenuta. Non ne sapevo nulla. Feci spallucce. "Il ragazzo che si é occupato della casa. Tranquilla é soggiogato, non si ricorderà di te! Oh comunque, stuzzicihino, le chiamate trattenute, sono quando qualcuno ti chiama mentre telefoni, invece di chiudere la chiamata, la trattieni, perciò metti in attesa." Sbuffai un pò irritata dal tono di sufficienza con cui mi parlava. "Okay. Grazie ancora. Per tutto. Devo andare."
Mi voltai al rumore di passi proveniente da dietro di me. Un uomo alzò la mano in segno di saluto. "Buongiorno, il signor Mikaelson, mi ha chiesto di mostrarle la casa, sono Mike tanto piacere." Guardai il bellimbusto che avevo davanti. Capelli rossicci, occhi marroni. Che strana combinazione. Lo seguii, silenziosa.
Proprio come un predatore. "Dista molto ancora?" "Il Signor Klaus, mi ha detto che avreste preferito camminare, comunque sia..Middlewood é a due miglia da qui." Arricciai il naso. No, proprio no. Non avevo voglia di camminare come le formiche per tutto quel temo.
Mi avvicinai a Mike e lo ipnotizzai un attimo prima di caricarlo sulle spalle. “La pazienza non si addice a un vampiro della tua età? “ Mi fermai, prendendo fidato. Il mio battito era accelerato, ma non mi sentivo affaticata. A parlare era stato il fratello Salvatore, quello grande. Si insomma, Damon. Stiracchiai le braccia dietro la nuca e feci scrocchiare il collo. "Eccoci qui Signorina Hailstone." Guardai la meravigliosa porta in quercia scura, stringendo le chiavi nel pugno. Mi voltai per congedare Mike ma non lo vidi più. “Damon, te lo sei mangiato?!” Il vampiro era lì che mi osservava appoggiato a un albero, con quel sorriso sghembo, che mi faceva innervosire un po’.

Girai tre volte la chiave nella toppa e la porta si aprì. All' interno un parquet miele scuro rivestiva il pavimento.
Le pareti si dividevano tra il panna e il color champagne. La sala era completamente neutra. Eccetto per quel blu che spiccava tra la mobilia. Il divano era color nocciola. Cornici, quadri, dipinti. In tutti risaltava il blu. Sospirai. Era bellissima. La cucina era spaziosa, la tovaglia era blu. Lo stesso la plastica dei mestoli. Le presine. Le stelle in legno appese sul cornicione della porta:blu. Vari blu ovviamente, era così bella. Delle scale mi condussero al piano superiore. Notai che poco più avanti, sulla sinistra..le scale riprendevano.
Percorsi il corridoio del secondo piano. Trovai una porta sulla destra. Un letto a due piazze. I colori del mare, classico. E i colori dell' autunno. Presto scoprì anche che i piani superiori avevano mobili di mogano e di ciliegio. Non solo di quercia. I balconi beh, erano anchessi blu. Trovai al terzo piano molte stanze, in una di queste, odorai salvia e lavanda.


Una volta spalancata la porta..notai subito gli immensi scaffali di grimori, passai l’indice tra i grossi libri di incantesimi, felice. Qualcuno si stava prendendo davvero cura di me.
La grande scrivania circolare e una scala a chiocciola. Che si spostava all' occorrenza. Sul tavolo c'era un vassoio, cioccolatini e boccioli di rosa. Un biglietto: “ Sei bellissima.” Recitava. Nella stanza c'era una grande portafinestra. La aprì..e uscì. La grande terrazza, con il dondolo e alcuni ciclamini, dentro ai portafiori, sul cornicione mi fece subito sentire a casa. Mi sporsi per ammirare il paesaggio, e mi ritrovai a ridere. Quando scorsi un torrente davanti casa MIA. Alcuni incantesimi mi permisero di rendere sicura la casa. Nessun essere sovrannaturale avrebbe potuto varcare la soglia di casa mia, se non lo avessi concesso. Quando feci per uscire, sulla porta notai una targhetta. "Middlewood". Oh, il mio cottage ha un nome. Santa Klaus: eh si! Babbonatale l'originale.

"Allora ti sei stabilita qui?” Mi voltai rigidamente, con i muscoli tesi. Che bruciavano. Ovviamente non se ne era andato, anche se avevo trascorso un paio d’ ore all’ interno della casa."Damon." Sospirai. Il suo ghigno, mi intimidì un pò. I suoi occhi mi attraversavano. Arroganti e sorprendentemente blu. Perciò mi sorpresi, quando sentì le mie labbra dire "vuoi entrare? Ti offro una birra?" Ovviamente, sorpresi anche lui. Sorrise sardonico. "Andrei con il bourbon" Con una falcata entrò dentro casa. Borbottai un -avanti- silenzioso. E presi dal comò del salotto la bottiglia, prendendo da sopra la vetrina il bicchiere. Damon inarcò un sopracciglio e gonfiò la fossetta prima di rubarmi letteralmente dalle mani la bottiglia di cristallo. "Bene, chi é stato il paparino? Devo ammetterlo -disse guardandosi intorno- tranne lo stile sirenetta, é carina." Strabuzzai gli occhi. Sirenetta? Voglio un archivio umano! Damon saettò per casa, lo andai a cercare, dopo circa una decina di minuti a cui non aveva risposto neanche una volta ai miei ripetuti richiami. Lo trovai lì, sdraiato a penzoloni sul mio letto a fissare il soffitto. "Potresti uscire?" Chiesi cortesemente. Mi squadrò malizioso.
"No. Perciò ti fermi. Non sei di passaggio." Saltò alle conclusioni, sperando in una spiegazione. Sorrisi truce. Spalancai le finestre e respirai il vento. "Si, non mi fermerò molto." Sentì Damon sputtacchiare una risata forzata. "disse prima di dire mi sono fatta costruire una casa." Lo guardai curiosa. "Bevi molto?" Sputai lì.

La risposta fu ovvia. Mentre fissavo il cortile...mi sentì toccare una spalla. I suoi occhi grandi mi osservavano in cerca di una qualche conferma. "Sono preoccupato per Stefan. Torna sempre a casa. Non sa essere felice. E sono egoista. Ma sono preoccupato.” Il repentino cambio d’umore di Damon mi diede alla testa. Cioè si stava fidando di me, e questo era strano. Lo scrutai ansiosa. Dove sta l’inganno? Eppure era lì che fissava il soffitto dal letto e tracannava bourbon. Sbuffai, sedendomi vicino a lui. “Stefan, tuo fratello minore. Perché sei preoccupato?” mi scrutò dubbioso. “Tanto non puoi comunque farci niente se te lo dico, non importa da che parte stai. E’ andato a sbarazzarsi di Silas, e proabilmente non tornerà, lo spero. Anche se è sempre masochista. Solo che nemmeno una chiamata, è strano.” 
Troppo tardi realizzai ciò che Damon aveva detto.

Mi voltai determinata e furiosa.
Pronta. Forte. Invincibile. "Damon, dobbiamo trovare Stefan. Subito. " il vampiro di origini italiane mi fissò diffidente. "Sai qualcosa?" Assentì seria. "O lo troviamo o Silas lo ucciderà." Mi guardò scontroso. Lo vidi soppesare la rabbia. Quasi come se stesse contando fino a dieci. Come se avesse voluto trovare una buona ragione per non attaccarmi. Le vene si gonfiarono sotto i suoi occhi. "Sai di Silas?" " Non avevi detto che non importava?
Mostrò i canini, e minaccioso mi scagliò contro il letto.

"Siamo al sicuro. Bonnie ha fatto quella cosa con le mani, -rise, immitando un possibile Capitan J. Sparrow - Ciò che fai tu. Silas è fuori gioco. Siamo al sicuro. Non ci serve il tuo aiuto." Lasciò cadere la bottiglia sul pavimento e subito dopo sentì la porta di casa chiudersi. Velocemente asciugai, tirando su i vetri. Frustrata ed angosciata. Le verità, bolle di sapone che scoppiano nei momenti meno opportuni. Le verità, catenacci dietro porte chiuse. Porte che prima o poi si aprono. Le verità, raggi di sole che fanno evaporare la neve. Ogni volta che si pensa di essere al sicuro, si pensa di essere protetti, qualcosa va storto. Arriva puntuale la verità, come un paletto nel cuore. E poi non puoi più farci nulla, devi solo accettare la cosa.

Le verità pesano sulle spalle. Io ne conoscevo un paio e ne ero responsabile.



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SPAZIO AUTORE:
Sono tornata da poco dalle ferie! :) Ho postato solo oggi il seguito della storia! Pensavo di trovare qualche recensione, ahimè, spero ci siano per questo capitolo;
La fanfic. va avanti, come vedete, piano piano, Rajae inizierà a scoprire cose riguardanti il suo passato. Chi di voi pensa di sapere cosa? *-*
Klaus è stato davvero generoso, vero?

 

 

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