We’ve got that love in us

di Hall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

                                                                                                                                                    Il dolore spruzza lacrime sulla mia maglia,
ti avevo detto che le avrei lasciate andare
e avrei trovato il mio posto. Ma dove?
                                
                                                                                                                                                                             

CAPITOLO 1

 

“Signorina Brown, la disturbo?”
Queste furono le parole pronunciate dall’amabile, per così dire, professor Anderson durante l’ultima ora di un lungo e faticoso lunedì del mese di gennaio.
Tutti gli occhi della classe si posarono sulla mia stravagante compagna di banco seduta alla mia destra che, nonostante l’imbarazzo del richiamo, continuò noncurante di ciò che le accadeva ad un passo dal naso ad armeggiare con il suo cellulare.
“Credo che mi abbia sulle scatole dal primo giorno che i nostri sguardi si sono incontrati!” Decretò dopo una manciata di secondi.
 “Chi, il misterioso ragazzo con il quale parli da ore o Anderson?” Sussurrai con la voce rotta a tratti da una risata sperando che quell’essere burbero che ci dava le spalle non mi sentisse.
 “Spiritosa, molto spiritosa.” Mi rispose lei mettendo il broncio. “Questa è l’ora peggiore della giornata!” Concluse infine.
In pochi riuscivano a sopportare il professor Anderson e, sicuramente, Grace non era una di loro.
Cercava sempre con tutta se stessa di evitare queste “stupide” lezioni di spagnolo, sembrava quasi fossero kryptonite per lei, ma sua madre la sapeva lunga e da qualche mese la teneva sotto controllo. Era una ragazza simpatica, allegra e socievole, dalla corporatura robusta, la carnagione scura e i capelli nero corvino che lucevano al sole; io invece apparivo come l’amica timida, sempre pallida che le finiva spesso i compiti e che, a detta della signora Brown, “provava a farla rigare dritto”.
 
Il suono della campanella fu la salvezza per molte anime nella nostra classe, specialmente per quella ragazza che solo tre secondi prima era seduta vicino a me e adesso stava sgattaiolando fuori dall’aula inciampando tra gli zaini altrui. Una volta uscite dalla scuola la raggiunsi facilmente e quando mi vide, rallentò notevolmente il passo.
“Tranquilla, ormai non può più prenderti!” Le urlai ridendo.
“Quello è capace di tutto cara mia!” Rispose lei scuotendo la testa quasi a volermi convincere della sua improbabile teoria.
“Come no, certamente!” Le dissi facendo finta di assecondarla. “Ma tornando a poco fa… Con chi eri impegnata al telefono?”
Diventò improvvisamente seria. “Una solo parola: CONCERTO.” E con quelle parole si illuminò di nuovo.
“Andiamo a vedere un concerto? Fantastico! Ma era necessaria tutta questa fretta?”
“Tesoro, non hai capito… Sai chi farà il concerto qui tra esattamente due settimane?” Mi chiese cercando di trattenere tutto l’entusiasmo che ovviamente voleva conservare per i minuti successivi.
“Ehm… credo di no. Dovrei?”
“Certamente! E io non vorrei perdermelo per niente al mondo!” Continuò lei con maggiore fervore di prima.
Non avevo idea di chi parlasse e così, qualche secondo dopo non riuscì più a trattenersi e sbottò: “Andremo al concerto di Ed Sheeran! Insomma ci credi? Lo vedremo di persona, dal vivo! Sono così felice!” E di colpo mi abbracciò.
Non riuscivo a dire niente, fu come se il cuore mi si fosse fermato nel petto per un secondo.
“Ma non dici niente? Non potevo andarci da sola e tu sei la mia migliore amica, così ti ho voluto fare questa bella sorpresa! Non sei contenta? Anche se non lo hai mai ascoltato vedrai che ti piacerà la sua musica!”
Annuii distrattamente abbozzando un finto sorriso.
Grace si sbagliava. Per quanto lo negassi a me stessa, conoscevo quel ragazzo meglio di chiunque altro.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 
Tutto era cominciato l’estate dell’anno precedente, in una fattoria del Suffolk.
Avevo deciso di passare quei pochi mesi di vacanza con la zia Maggie, dopo i suoi ripetuti inviti. Era la sorella della mamma, la più grande; tuttavia per una strana casualità del destino non si era mai sposata e viveva in periferia insieme al suo unico nipote maschio da quando i genitori di quest’ultimo, nonché miei zii, avevano perso la vita in un incidente autostradale.
Per la mamma era solo una svampita sull’orlo della pazzia, ma aveva torto: io l’adoravo nonostante le sue stranezze.
Si vestiva in modo decisamente eccentrico e fuori dal comune, con grandi cappelli che facevano pendant a dei lunghi vestiti con decorazioni floreali che le permettevano di sentirsi 'in sintonia con la natura'. Ogni giorno ne metteva uno del colore che più rappresentava il suo stato d’animo, fungendo così da monito per chi le stava attorno, nel caso i colori fossero stati troppo scuri. Aveva una miriade di corteggiatori, pronti ad ipotecare la loro bella villetta di periferia se solo gli avesse mai concesso un appuntamento. In questo modo si ritrovava la casa piena di fiori appena raccolti e il telefono che squillava all’impazzata. Ma nonostante tutto, era una persona che riusciva a farti sentire meglio anche con un semplice abbraccio, cosa che la mamma non faceva quasi mai con me. E fu così che mi accolse quel martedì sera, correndomi in contro con i piedi nudi sul prato appena falciato.
“Mi sei mancata tanto.” Mi disse stringendo le braccia al mio collo.
 
Disfeci le valigie mentre la zia si occupava della cena, quando ad un tratto bussarono alla porta di quella che sarebbe stata la mia stanza per i mesi successivi.
“Mike!” dissi correndogli incontro.
“Ma quanto sei cresciuta!” commentò lui scorrendo lo sguardo dall’alto in basso lungo il mio profilo.
“In questi due anni? Tantissimo direi!”
“Resti sempre più bassa di me!” concluse mentre soffocava una risatina.
 
Ero felice del fatto che fosse riuscito a superare il dolore per la morte dei suoi genitori e sentivo che questo rendeva molto più serena anche la zia.
Stavamo apparecchiando quando ad un tratto squillò il telefono e, pochissimi secondi dopo, la zia era già alla cornetta che parlava allegra appoggiandosi alla parete della cucina.
“Ma fa sempre così?” Domandai a Mike.
“Credimi più tempo passa più peggiora!” Rispose lui alzando gli occhioni blu al cielo.
Finita quella che sembrava una conversazione decisamente interessante, la zia si avvicinò e ci prese per mano come se volesse dirci qualcosa di terribile ed inaspettato.
“Ragazzi, era Bill. Mi ha chiesto di vederci e voi sapete bene che non so rifiutare le sue offerte, verrà qui a cena. Per voi va bene?”
Sia io che Mike fummo sollevati, ma nessuno dei due riuscì a parlare, troppo indecisi se ridere di quanto fosse tragica o esserne preoccupati. Alla fine fu lui a rompere il silenzio.
“Quella donna un giorno mi farà prendere un colpo!”
 
Bill era un uomo davvero interessante. Si occupava di un negozio di antiquariato in centro e nel tempo libero curava il giardino di casa sua, diceva che rilassava la sua anima. Con la zia erano molto legati e il modo in cui si lanciavano piccoli sguardi discreti diceva tutto.
Dopo cena fu lui a proporre di fare una passeggiata nella piazzetta della città dove, di li a poco, si sarebbero esibiti numerosi artisti. Provai a rifiutare lasciando cadere la colpa sulla stanchezza, ma non convinsi né la zia né Bill, per non parlare di Mike che esordì con un “te ne pentirai”.
In effetti i ballerini che aprirono lo spettacolo non erano niente male e gli artisti che li seguirono non erano da meno. Ad un tratto un ragazzo goffo con i capelli rossicci comparve sul palco, in mano aveva una chitarra. Qualche minuto dopo cominciò a cantare, lo sguardo basso e fisso su quella che sembrava la sua più cara amica. Mi sembrò di non aver mai sentito niente di più bello, quel ragazzo era speciale.
Quando scese dal palco lo vidi camminare nella mia direzione,distolsi lo sguardo che si posò su Bill; aveva gli occhi che brillavano. Il rosso comparve davanti a noi e con mia grande sorpresa abbracciò l’omone dagli occhi lucidi. Tuttavia non si limitò a salutare Bill, ma rivolse un gesto di saluto anche alla zia Maggie e a Mike. Poco dopo, l’accompagnatore della zia si affrettò a dire con la voce ancora rotta dall’emozione: “Julie, ti presento mio nipote Edward.”
Il ragazzo mi strinse la mano e ridendo disse: “Ed va più che bene!”
 
 

Cialve lettori! Ero indecisa se aprire il discorso con un “ciao” o un più discreto “salve”, pertanto ho deciso di optare per una via di mezzo :D. Tralasciando ciò, vorrei ringraziarvi per aver letto il primo capitolo, sono ancora alle prime armi e abbastanza inesperta ma ho deciso di fare una prova e scrivere questa ff. Vi sarei immensamente grata se lasciaste un commento personale su questo secondo capitolo, in modo che io possa capire se ciò che scrivo è di vostro gradimento. Detto questo, buona giornata a tutti :)

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