Slaves to this Love di AriCalipso (/viewuser.php?uid=469544)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Back to Helsinki ***
Capitolo 2: *** Non posso dimenticarti ***
Capitolo 3: *** Il Vortice di Ville ***
Capitolo 4: *** Le sorti del Destino ***
Capitolo 5: *** Il Vincolo Inviolabile ***
Capitolo 6: *** Nelle mani del Destino ***
Capitolo 7: *** La gara di Skate ***
Capitolo 8: *** "Fidati di me" ***
Capitolo 1 *** Back to Helsinki ***
Capitolo 1
Non
sono mai riuscita a capire perché, quando si è
lontani
da casa, il tempo scorre via velocemente senza che nessuno sia in grado
di
accorgersene. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che già
ben 2 anni erano
volati via come uccelli migratori, pronti ogni volta a varcare nuove,
rotte in
cerca di habitat sempre più consoni per portar avanti la
loro specie, ma io non
ero uno di quelli … Ormai era giunto il momento di tornare a
casa, di mettermi
alla prova, vedere se questo lungo viaggio fosse servito veramente a
dimenticare quegli occhi di ghiaccio, che mi penetravano dentro
l’anima e la
struggevano fino ad ucciderla completamente. Sì è
vero … Scappare non è mai
servito a niente, ma quel giorno era l’unica soluzione, tra
le mille ipotesi
che avevo pensato o udito dagli altri, più consona alla
situazione … Ma il
continuo nascondersi dalla realtà era ormai giunto al limite
e, litigando più
volte tra me e me, convincendomi una volta di tornare e
l’altra volta di
continuare a vagare lontano dalla realtà, decisi di prendere
il volo per
Helsinki, dove avrei verificato se questo allontanamento fosse servito
almeno a
qualcosa.
Il
viaggio non durò moltissimo, all’incirca 3 ore, ma
passarono piuttosto bene, anche perché non ero ancora
profondamente convinta di
quello che stessi facendo, ma una volta sull’aereo non potevo
certo cambiare
idea! Appoggiai la
testa al finestrino ed
osservavo la magnificenza del cielo e di come tutto sembrasse minuscolo
ed
insignificante visto da lassù e tante volte avevo sognato di
poter essere una
componente del corpo celeste … una stella o una nuvola o
perfino uno dei tanti
anelli di Saturno, che con la loro maestosità ci osservano e
ci vedono come i
piccoli corpi del terzo pianeta più vicino al sole, ma
purtroppo tutto questo
immaginarsi un’ altra essenza non sarebbe servito a nulla.
Distolsi lo sguardo
dal cielo e mi osservai, vidi il mio volto riflesso nello specchio e
solo così
mi ricordavo di essere nient’altro che un essere umano e di
dover adempire agli
obblighi che il destino aveva prefissato. Continuai ad osservarmi,
quando d’un
tratto li vidi di nuovo … sì, purtroppo vidi di
nuovo quegli occhi di ghiaccio
ed intorno non vi era più la sagoma del mio volto, ma la
sua, che abbozzava un
piccolo sorriso. Chiusi rapidamente gli occhi e scrollai il capo
velocemente,
li riaprii e quel volto era già svanito. Mi tormentava
continuamente, durante
la notte poi, era il momento in cui riusciva a prendere il sopravvento
sul mio inconscio
e manipolarmi a suo piacimento, ma ormai era giunto il momento di
affrontare a
mani nude la situazione e dimostrare a me stessa quel pizzico di
dignità e
coraggio che ancora avevo in corpo.
L’aereo
atterrò. Non potevo crederci, ero di nuovo a casa
dopo ben 2 anni di totale assenza … quante cose potevano
essere cambiate! In
quel momento la curiosità e la voglia di riassaporare tutto
il tempo passato mi
fecero dimenticare il motivo del mio abbandono e per un istante
scomparvero
finalmente anche quei tremendi occhi di ghiaccio e ciò mi
permise di accennare
un gioioso sorriso in volto. Avevo una voglia matta di incontrare di
nuovo
tutti quanti, amici e conoscenti, anche perché non avevo
fatto parola con
nessuno del mio ritorno … nessuno tranne lui,
l’amico più sincero e leale che
abbia mai avuto … Lauri! Uscii dall’aeroporto e lo
vidi, con il suo solito
sorriso e la sua faccia da bambino. Non era cambiato di una virgola,
rigorosamente vestito di nero, con quelle zeppe con cui cercava di
illudere la
sua altezza( o per meglio dire la sua bassezza). Si voltò
verso di me e sgranò
gli occhi, il suo volto era l’immagine esatta dello stupore
misto ad uno stato
di gioia assoluto. Corse incontro ad abbracciarmi forte
-Non
ti sembra di essere stata via fin troppo tempo?- mi
rimproverò sorridendo -non sapevo se darti un bel ceffone
oppure abbracciarti,
ma vista la tua gracilità ho preferito la seconda, anche se
avevo paura di
romperti un osso-continuò a sorridere prendendomi la
valigia. Adoravo quel
ragazzo, il suo modo unico di rasserenarmi lo rendeva davvero
meraviglioso ed insostituibile.
Risi alla sua battuta ed insieme ci incamminammo verso la sua macchina.
Posai
la valigia nel porta bagagli e Lauri mise in moto la macchina. Ci fu un
attimo
di silenzio, tante erano le cose da dire e nessuno dei due sapeva da
dove
cominciare, così mi limitai ad osservare il panorama attorno
a me … non era
cambiato nulla, tutto era intatto a tal punto da chiedermi se veramente
fossi stata
via così a lungo. Il tutto mi scorreva vicino come fosse un
film, quando Lauri
decise di rompere il silenzio.
-Sai
benissimo che non sono riuscito a nascondere il tuo
ritorno a Paula, riesce sempre a tirarmi fuori il segreto
più minuscolo … sono
proprio una frana- esclamò ridendo.
-Non
preoccuparti-risposi
accennando un leggero sorriso –lo sai che a lei
puoi dirlo... ma solo a
lei-precisai voltandomi verso di lui. Non aggiunsi altro, sapevo con
certezza che
avesse capito a cosa mi stessi riferendo. Era fantastico il modo in cui
riusciva
a cogliere ogni mia singola sillaba e comprendere tutto quanto senza
dover far
ulteriori domande … forse era l’unica persona che
mi era mancata più di tutti e
di cui sentivo più il bisogno nel periodo del mio infinito
girovagare. Durante
il resto del viaggio parlammo del più e del meno, lui mi
raccontò della
bellissima novità,ovvero del fatto che sarebbe diventato
papà, io gli dissi
della mia crescita artistica come ballerina grazie alle varie scuole in
cui mi
sono misurata. In tutta la conversazione non comparve mai quel nome,
perché
Lauri sapeva meglio di me quanto potesse far male solo sentire la sua
iniziale
e di sicuro non voleva rovinare in nessun modo il mio ritorno.
Arrivammo
al solito bar dove ci riunivamo gli anni passati.
Anche quest’ ultimo era rimasto intatto, una piccola
struttura in legno e a
destra, si poteva ammirare un grazioso parco ricco di conifere e aiuole
in
fiore e al centro si stendeva un grazioso laghetto, dove, in alcuni
periodi, si
potevano osservare meravigliosi cigni.
Entrammo
all’interno del locale e seduta ad un tavolo vi era
Paula. Non era cambiata, soliti capelli biondi, il volto abbastanza
rotondo con
degli zigomi leggermente pronunciati e due enormi occhi azzurri. Solo
una cosa
era cambiata … la pancia iniziava ad essere piuttosto
rotonda. Si alzò dalla
sedia, ma non le diedi il tempo e corsi ad abbracciarla.
-Non
affaticarti per nessun motivo al mondo-le dissi
facendola mettere di nuovo seduta –Lauri mi ha raccontato
della novità … non
puoi capire quanto possa essere felice per voi!!- mi congratulai
mettendomi
seduta vicino a lei.
-E
tu invece? Ti pare questo il modo di partire e poi
tornare?-mi rimproverò in maniera scherzosa –non
farlo mai più, è un ordine! Ah
un’altra cosa … che ne dici di mettere su un
po’ di carne? Hai fatto il digiuno
questi due anni?-domandò toccandomi le braccia. Sorrisi. Ero
felice … felice di
averli ritrovati ancora insieme, felice della splendida notizia e
soprattutto
mi ritenevo fortunata del fatto che, anche se lontano, li ho sempre
avuti
accanto, perché loro hanno sempre vegliato su di me, notte e
dì, in attesa del giorno
del mio ritorno.
Parlammo
per ore ed ore, senza prendere mai fiato... è
davvero incredibile cosa sono capaci di fare le donne quando non si
vedono da
un’infinità di tempo! La gente continuava ad
entrare ed uscire dal locale senza
che noi ce ne accorgessimo, perché la cosa più
importante in quel momento era
recuperare tutte quelle lacune che ci tenevano lontane. Ad un tratto si
aprì di
nuovo la porta. Di certo non mi sarei preoccupata, se non fosse per il
fatto
che Paula e Lauri sgranarono gli occhi ed irrigidirono improvvisamente.
Forse
avevo intuito cosa stesse succedendo e speravo con tutto il cuore che
non fosse
quello che stessi pensando, ma decisi ugualmente di voltarmi
… non avrei dovuto
farlo! Tutta quella felicità e spensieratezza che ero
riuscita ad ottenere
stando in loro compagnia svanì immediatamente non appena lo
vidi poggiare il
suo giaccone all’appendiabito. Un vortice di malinconia e
tristezza mi
travolse, smorzando ogni singolo sorriso che ero riuscita a produrre
queste
poche ore arrivata ad Helsinki. Nemmeno lui era cambiato, la sua
bellezza
eterea era rimasta intatta … mi faceva male ammetterlo, ma
era davvero la
creatura più perfetta che avessi mai incontrato. Il pallore
della sua pelle gli
conferiva un’aria regale e allo stesso tempo glaciale, un
viso a dir poco
meraviglioso e privo di barba lo rendeva ancor più
fanciullesco, i capelli
coperti da una semplicissima cuffia e due occhi di ghiaccio, contornati
da un
lieve rossore, scrutavano tutto il perimetro del locale. Mi voltai
velocemente
verso Lauri e Paula, cercai di nascondermi tra le braccia, non doveva
vedermi …
non volevo vederlo. Paula vide il terrore nei miei occhi, tanto che
anche lei
cercò di non farsi vedere, provando in tutti i modi a non
incontrare il suo
sguardo … ma tutto fu inutile, dato che nulla poteva
sfuggire a quegli occhi.
Fece un cenno a Lauri con la mano e avanzò verso il nostro
tavolo.
-Merda
… -sussurrò il mio amico. Tutto poteva accadere,
tranne questo. Mi sentivo in trappola, una preda allo stremo delle
proprie
forze che non riesce a sfuggire al proprio cacciatore e
quest’ultimo, invece di
porre fine alla vita del suo bottino, continua a torturarla e
martoriarla,
finché non è la preda stessa ad invocare la sua
morte.
-Beh
cos’è questa storia?-chiese il cacciatore al suo
amico
–è da almeno un’ora che provo a
chiamarvi ma sembra che entrambi non vogliate
proprio saperne oggi-concluse sorridendo, era evidente che stesse
scherzando.
-Ciao
Ville- lo salutò l’amico abbassando lo sguardo
–scusaci ma avevamo entrambi il silenzioso e quindi
… -cercò di inventare una
scusa, ma purtroppo non servì a nulla, dato che tutti
sapevamo quanto fosse
pessimo Lauri nell’inventarsi delle scuse plausibili.
-Sì
certo come no- rise Ville –volevate tenervi la nuova
conoscente tutta per voi, così da raccontarle quanto sia
perfido e meschino
Ville Valo- continuò sorridendo alle mie spalle. Il suo
sorriso era un qualcosa
di allucinante, riusciva a stregarti nel giro di un nano secondo e
mandarti
fuori strada a proprio piacimento. Mi sono sempre chiesta se fosse solo
un
essere umano o una sorta di creatura mistica. Non so cosa mi percosse
in quel
momento, un sentimento che mi risulta tuttora difficile da decifrare,
so solo
che mi alzai in piedi e,senza voltarmi, risposi alle sue battute.
-Non
devono raccontarmi nulla, so già tutto quello che devo
sapere- esclamai tremando come una foglia. Non so di preciso che faccia
fece
Ville, si limitò a poggiare una mano sulla spalla e voltarmi
verso di lui. Li
vidi di nuovo, quegli occhi di ghiaccio che per due anni mi avevano
tormentato
tutto il tempo, solo che ora erano talmente vicini, tanto che me li
sentivo
dentro fino nelle viscere. Ero completamente immobile, non riuscivo a
muovere
nessun muscolo o articolazione che sia, mi aveva paralizzato, ancora
una volta.
-Sei
… sei tornata- riuscì solo a dirmi penetrando
dentro il
mio corpo solo con il suo sguardo glaciale.
-Sai
… -iniziai a rispondere, non sapendo nemmeno cosa mi
facesse parlare in quel momento –dopotutto questa
è casa mia, quindi non
dovresti essere così sorpreso … - terminai il mio
discorso. Uscii dal locale di
fretta. Appena fuori, presi una sigaretta e l’accesi
velocemente, ne avevo
bisogno per scaricare tutta la tensione che mi si era accumulata in
corpo
durante la conversazione. Mentre portavo la sigaretta alla bocca, la
mia mano
tremava come percorsa da brividi di freddo, non riuscivo a
tranquillizzarmi, il
solo pensiero che in pochissimi istanti avrebbe varcato anche lui la
soglia per
venir a fumare, mi terrorizzava a tal punto da maledirmi per il fatto
che
ricordassi così bene ogni suo minimo gesto o abitudine.
Ed eccomi qui, in questo nuovo
ambiente, pronti a deliziarvi (almeno si spera) con la mia prima
storia. Tutto nasce da una notte insonne, in cui non riuscivo in nessun
modo a chiudere occhio, la mente partoriva scene nella mia testa che ho
deciso di imprimere, creando questa piccola "opera". Come si
può ben notare, dentro c'è incastrato il bel
finnico, Ville Valo, ormai mia ossessione personale e si può
dire che l'ispirazione nasce grazie a Funeral of Hearts. Potete anche
vedere che la protagonista sono io in persona, forse per egoismo, per
la svogliatura di inventare un personaggio feminile, o forse
perché la sento talmente nelle viscere da volerla vivere
appieno, sia da autore, sia da protagonista!
E' da molto tempo che
non scrivo più, quindi spero di non deludervi e che possa
piacervi!
Buona lettura!!
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Capitolo 2 *** Non posso dimenticarti ***
Capitolo 2
Come
avevo presupposto, uscì dal locale per fumare. Il solo
vederlo portare l’accendino verso la sigaretta e scrutare,
con precisione, la
sua solita smorfia per accenderla mi fece
rabbrividire, tutti quei ricordi che ero riuscita a cancellare,
tornavano pian
piano alla mente, come lame taglienti , le quali trafiggono il corpo
con una
velocità tale da non accorgerti di essere perforato in ogni
punto da una ferita
a dir poco mortale.
-Hai
intenzione di ripartire di nuovo senza avere più tue
notizie?- mi domandò buttando fuori del fumo molto denso.
Rivolse lo sguardo
verso me, guardando dentro ai miei occhi azzurri, entrando
completamente nei
miei pensieri come sapeva fare solo lui e, purtroppo, sapeva farlo
anche troppo
bene. Non sapevo più cosa rispondere, dentro mi stavo
distruggendo pian piano,
realizzai solo in quel momento che essere stata via per 2 anni non
aveva
risolto nulla, non aveva cambiato di una virgola i miei sentimenti nei
suoi
confronti … ero ancora innamorata di lui, anzi forse lo ero
ancora di più e
questo non andava affatto bene, dopo tutto quello che mi aveva fatto io
non
potevo amarlo ancora, non dovevo, tutto quello che si stava evolvendo
nel mio
corpo era assolutamente qualcosa di sbagliato che, però, non
riuscivo a
controllare in nessun modo. Deglutii e cercai di dargli una risposta
più
sensata possibile, quando arrivò d’un tratto una
ragazza mora, dagli occhi
azzurri, molto carina. Si buttò al collo di Ville e
schioccò un bacio sulle sue
labbra. Mi guardò, accennando ad un sorriso.
-Ma
sei tu!- disse sorpresa, venendomi incontro –sai tra
Paula e Lauri ho sentito molto parlare di te … tu sei
Arianna non è vero?- mi
chiese squadrandomi dalla testa ai piedi. “Quindi tu sei
Jonna” pensai tra me e
me, per la prima volta conoscevo la donna con cui Ville mi
tradì tempo fa. Lo
guardai, cercando di esprimere tutto il disprezzo che avevo in corpo,
anche se
l’amore per lui era sempre più grande e io mi
odiavo sempre di più.
-Sono
io … -le risposi, quasi in tono arrogante, senza
volerlo. Sarei voluta scomparire in quel momento, per un attimo pensai
veramente di riprendere l’aereo e andarmene di nuovo, ma
nessuna fuga avrebbe
avuto senso, ora che i miei sentimenti si erano ribellati a qualsiasi
tentativo
di evasione dalla realtà.
In
quell’istante uscirono Paula e Lauri, i miei due angeli
di salvezza. Guardai Lauri
cercando di
fargli intendere tutto, senza dover parlare.
-Noi
accompagniamo Ary a riposare, è ancora scossa dal
viaggio-disse
il ragazzo accompagnandomi in macchina. Paula si affrettò a
venirci dietro e
partimmo verso la loro casa.
-Strana
quella ragazza … -disse Jonna stringendosi a Ville
–anche se me l’avevano descritta molto
più in carne, che cosa le è successo?
-Quando
l’amore ti consuma ti riduce così …
-rispose il
ragazzo, spegnendo la sigaretta con la scarpa. Aveva capito tutto, non
gli era
sfuggito nessun dettaglio come ben pensavo. Non doveva succedere, non
doveva
saperlo, ma tutto ciò era inevitabile, non solo io conoscevo
bene lui … lui
conosceva me, alla perfezione.
Arrivammo
a casa di Lauri verso l’ora di cena, poggiai la
valigia nella camera degli ospiti. Avevano deciso di ospitarmi fino a
quando
non mi trovavo un appartamento mio, ovvio non volevo recar loro
così tanto
disturbo, avevano già troppe cose a cui badare. Mi feci una
doccia per cercare di
scacciare qualsiasi pensiero negativo, ma era tutto inutile,
l’acqua non
riusciva a purificarmi dal dolore che mi affliggeva … non
tanto per il fatto
che Ville se ne stava ancora con quella ragazza, ma per il fatto che
non ero
riuscita a poter cambiare nulla nemmeno in due anni di assenza, sempre
più
innamorata di quegli occhi, sempre più affascinata dal suo
sorriso e sempre più
terrorizzata dal fatto che conoscesse ogni mio sentimento senza
doverglieli
raccontare. Uscita dalla doccia, mi vestii velocemente e poi mangiai
con gli
altri. Durante la cena regnò un silenzio quasi imbarazzante,
interrogandoci
ognuno su quello che era successo nel pomeriggio, ma nessuno
osò domandare
nulla, soprattutto a me. Finito di mangiare Lauri andò
subito a dormire, dato
che doveva alzarsi presto per lavorare, io aiutai Paula a sparecchiare
la
tavola e poi decidemmo di prenderci una tisana bella calda. Portai le
tazze
ancora bollenti in soggiorno, ne diedi una a Paula, che si era seduta
sul
divano, io mi sedetti su una sedia, così che la mia amica si
potesse rilassare
al meglio.
-Allora?
Che cosa si prova?- le domandai annuendo al
pancione, mentre sorseggiavo la tisana
Paula
sorrise e si toccò la pancia con fare delicato e
rilassato.
-Penso
sia la cosa più bella dell’essere donna
–rispose con
tono gioioso e spensierato –è davvero incredibile
come l’amore di due persone
possa generare un qualcosa di così puro e meraviglioso-
continuò sorseggiando
un po’ della tisana. Erano le parole più belle che
avessi mai sentito in vita
mia, soprattutto perché l’amore la stava rendendo
così felice e piena di vita,
cosa che purtroppo non stava succedendo a me.
-E
tu?- mi domandò facendosi seria –che cosa hai
provato
rivedendolo, soprattutto con lei?
Abbassai
lo sguardo, non volevo toccare l’argomento, anche
perché era stata una giornata davvero molto pesante e non
sapevo davvero come
avrei potuto gestire la situazione,in quanto lo avrei visto di
frequente,
poiché stava lavorando con Lauri ad un nuovo progetto
musicale. Scese una
lacrima che bagnò i miei pantaloni, stavo scoppiando, non
riuscivo più a
trattenere qualsiasi tipo di emozione, ma sapevo che con Paula potevo
mostrarmi
in qualsiasi modo, perché lei era in grado di capirmi in
ogni mia espressione.
-Niente,
non è servito a niente stare lontano per così
tanto
tempo … -risposi piangendo –io non riesco a farlo,
non riesco a mandarlo via
dalla mia testa. Giorno e notte ho lavorato cercando di farlo uscire,
di
scacciarlo con tutte le mie forze, ma non è servito a nulla
… -.
Paula
si alzò dal divano e mi strinse forte, carezzandomi i
capelli. In quel momento avevo solo bisogno di questo, un abbraccio da
un’amica
sincera come lei, in grado di poter tirarmi su di morale in qualsiasi
momento e
in qualsiasi situazione.
-Passerà
tutto quanto, piccola –mi tranquillizzò,
sussurrandomi
ad un orecchio –lo sapevi benissimo anche tu che andarsene
non sarebbe servito
a nulla … l’unico modo per poter vincere tutto
questo è cercare di vivere passo
dopo passo accanto a lui e cercare di convivere con questa situazione,
anche se
è la cosa più complicata e impossibile che un
essere umano sia in grado di
compiere, ma ci riuscirai … lo so perché ti
conosco e so che non hai mai
mollato davanti ad una sfida … mai!- sorrise dandomi un
bacio in fronte.
La
ringraziai con tutto il cuore, senza di lei penso che non
sarei mai riuscita a poter continuare questa miserabile vita.
Passarono
circa 3 settimane, avevo trovato lavoro presso una
scuola di danza, con i soldi che guadagnavo aiutavo Paula e Lauri a
pagare le
spese di condominio, ero ancora a casa loro, poiché Paula
non voleva
assolutamente che me ne andassi, o almeno non in questo momento, in
quanto
anche lei aveva bisogno di me, di qualcuno che, oltre Lauri, le facesse
compagnia e inoltre voleva riguadagnare tutto il tempo perduto. In
questo
periodo, Ville passava molto tempo a casa di Lauri, a causa del nuovo
progetto
musicale. Fortunatamente, grazie al lavoro, lo vedevo molto poco e
quelle poche
volte che tornavo a casa ci scambiavamo pochissime parole, molto di
fretta …
cercavo sempre di evitarlo, di sfuggire a quegli occhi che mi
catturavano senza
lasciarmi più andare. Forse era solo l’inizio, ma
vederlo così frequentemente
non mi stava aiutando affatto, soprattutto per il fatto che quella
Jonna era
costantemente dentro casa di Paula e cercava in tutti i modi di essere
gentile
e cordiale con me, ma lo faceva in un modo così forzato che
non riuscivo a
tollerare nemmeno uno suo battito di ciglia. Era assurdo il modo
morboso con
cui si appiccicava a lui e, come se volesse farlo davanti a tutti noi,
strisciare come un serpente a sonagli addosso al suo corpo. Una rabbia
avevo in
corpo, rabbia mista a disperazione … ecco adesso anche la
gelosia doveva
entrare in gioco? Non la definirei gelosia vera e propria, sinceramente
mi
faceva pena il modo in cui cercava di farmi capire che Ville era suo
ormai ed
io dovevo farmi di parte, come se in quel momento avessi il tempo di
giocare …
lei non poteva nemmeno immaginare quello che stavo provando io, anzi
forse
pensava che facendo così, fosse in grado di farmi soffrire,
ma non aveva capito
che il motivo della mia sofferenza non era lei … ma lui! Non
comprendeva il
potere che Ville aveva su di me, di come era in grado di capire ogni
mio
pensiero, gesto o sentimento senza che io professi parola e la cosa era
insostenibile … perché nonostante non stessimo
più insieme, era in grado di
sapere ancora così tante cose di me, come se fossi la sua
immagine speculare?
Tutto ciò era inspiegabile e allo stesso tempo struggente
… ma un giorno
qualcosa accadde ed io ero completamente incatenata al vortice che
Ville aveva
creato.
Eccomi qui
cari lettori!
Beh cosa ne pensate? Come potete vedere a quella povera disgraziata
(che sarei poi io XD) non è riuscita a dimenticare quei
tremendi "occhi di ghiaccio", ora troppo presenti nella sua vita.
Chissà in quale impiccio verrà coinvolta,
sarà in grado di dimenticarlo o perlomeno odiarlo?
Lo vedremo in seguito, sì voglio tenervi sulle spine ahahaha
Alla prossima :)
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Capitolo 3 *** Il Vortice di Ville ***
Capitolo 3
Quella
sera erano circa le 19e30, ero appena tornata a casa
e prima di aprire la porta tirai un sospiro di sollievo,
poiché almeno per una
volta non avrei visto Ville, in quanto Jonna voleva andarsene sempre
molto
presto. Aprii la porta di casa, appesi la giacca e mi diressi verso il
salotto
con un sorriso stampato in faccia.
-Faccio
la doccia e ti vengo ad aiutare, Paula –dissi
euforica, quando mi bloccai improvvisamente vedendo Lauri chiacchierare
seduto sul
divano insieme a Ville.
-Ehi
Ary! Vai pure a fare la doccia con calma, oggi ci
pensiamo io e Ville a cucinare... sai Jonna è partita per
lavoro e così l’ho
invitato a cena- mi spiegò Lauri. Rimasi pietrificata alla
notizia, ma dovevo
farmene una ragione, dopotutto era il suo migliore amico e non potevo
certo
impedirgli di invitarlo, specialmente a casa sua. Andai in bagno a fare
la
doccia, pensando a cosa fare per cercare di stargli il più
lontano possibile,
anche se quella sera ogni piano sarebbe fallito, in quanto era
impossibile
evitarlo. Feci un grosso respiro e decisi di affidarmi totalmente al
destino.
Uscita dalla doccia andai in camera ed aprii l’armadio, mi ci
volle più di
mezz’ora per scegliere che cosa indossare, non
c’era nessun capo che riuscivo a
sentire mio quella sera. Alla fine scelsi un vestito nero molto
semplice con
degli stivaletti dello stesso colore. Tornai in sala e la cena era
già pronta.
Fu una cenetta tranquilla e a dir poco squisita, i ragazzi raccontarono
a me e
Paula del loro progetto musicale e la serata andò avanti
tranquillamente. Ero
rilassata, pacata, per la prima volta in sua presenza non ero agitata e
fortemente turbata … che stesse accadendo qualcosa? I
discorsi del più e del
meno andarono avanti fino alle due di notte, quando d’un
tratto Ville si alzò
dal divano.
-Beh
ora dove vogliamo andare?- domandò stirandosi per bene
le braccia.
-Come
dove andiamo? Andiamo a letto non credi?- rispose
Lauri facendo un enorme sbadiglio.
-Dai,
ma non puoi esserti invecchiato così improvvisamente,
eppure il più grande sono io- si mise a ridere dirigendosi
verso l’appendiabito
–io penso che vado a farmi un giro da qualche parte
… -continuò mettendosi il
giubbotto. Prima di aprire la porta per andarsene mi guardò
con un leggero
sorriso –vieni con me?-.
Sgranai
gli occhi e cercai lo sguardo di Paula, la quale mi
rispose con un gesto di approvazione. Forse era giunto il momento di
affrontare
la situazione e questa era l’occasione perfetta per poter
verificare fino a che
punto la forza di Ville potesse controllarmi ancora, oppure ero
finalmente
riuscita a svincolarmi dal suo potere penetrante. Uscii con lui e
salimmo in
macchina. Durante il tragitto regnò un profondo silenzio,
che nessuno dei due
ruppe, forse perché non c’era nulla da dire o
forse le cose erano talmente
tante da non riuscire a scegliere da dove cominciare. Rimasi
sconcertata quando
arrivammo a destinazione.
-Ville
… ma questa è casa tua!- affermai in tono
sorpreso,
scendendo dalla macchina.
-Certo
… -sorrise- ti pare che per farci una bevuta andavamo
in un bar, quando a casa mia ho la raccolta di liquori migliore di
tutti i bar
di Helsinki?- domandò aprendo la porta di casa. Entrai e
rimasi sorpresa di
come fosse rimasto tutto uguale. A sinistra potevo trovare il solito
divano in
pelle bianca, con davanti un grazioso tavolinetto da salotto in vetro.
Sempre
in sala, vicino alla parete più in fondo, vi era la chitarra
di Ville e vicino
ad essa uno stereo, con accanto una raccolta di cd. Il salone era
illuminato da
una porta finestra che dava sul giardino di casa sua, sempre ben
curato. Ville
si avvicinò ad una credenza in legno scuro, da dove
tirò fuori un Jack Daniel’s
con due bicchieri.
-Beh,
siediti no? –disse accomodandosi sul divano e
poggiando la bottiglia ed i bicchieri sul tavolo. Più lo
osservavo e più non
potevo far a meno di notare quanto fosse bello, i capelli di media
lunghezza
cadevano delicatamente sul suo volto puro e pallido. I suoi vestiti
rigorosamente neri andavano in contrasto con il candore della sua pelle
e
inoltre, quegli occhi penetranti marcati di rosso, gli conferivano un
aria
sempre più mansueta. Mi sedetti accanto a lui e mi
offrì una sigaretta.
-Lo
sai che puoi fumare qui –sorrise mentre mi avvicinava
l’accendino,mentre lui già stava facendo il suo
primo tiro. Accesi la sigaretta
e poi rimasi in silenzio, in attesa di una sua domanda …
sentivo che doveva
dirmi qualcosa, doveva farlo.
-Per
quanto tempo hai intenzione di evitarmi ancora, Ary?-
mi chiese versando del liquore in entrambi i bicchieri.
Rabbrividii
tutto d’un tratto, era tanto spaventoso quanto
straordinario il modo in cui riusciva a comprendere in silenzio i miei
sentimenti.
-Ville
… - feci un grosso sospiro –lo sai che non
è facile
vero? So che lo sai, tornare qui … dopo due lunghi anni e
capire che …. –non
riuscivo a continuare la frase, la voce mi si stava rompendo in gola e
non ero
in grado di proseguire.
-Capire
che nonostante tutto mi vuoi ancora?- chiese
porgendomi il bicchiere pieno di Jack Daniel’s
–alla salute, baby!- proseguì
bevendo tutto d’un fiato il liquore.
Ne
bevvi un sorso, per cercare di rompere quel nodo alla
gola che non aveva intenzione di liberarmi, anche se parlare non
sarebbe
servito, dato che lui sapeva già tutto quanto, senza che io
gli raccontassi
nulla. Lo odiavo per questo, odiavo il fatto che nonostante il tempo
passato,
mi conosceva meglio di quanto potessi farlo io, era davvero allucinante.
-Pensavi
davvero che starsene via per due anni, ti avrebbe
aiutato a dimenticarmi? –chiese sghignazzando –lo
sapevi benissimo che non
sarebbe servito a nulla … non capisci?
–proseguì avvicinando il suo volto verso
me –tu mi appartieni ormai, sono dentro di te, giorno e
notte, ogni minuto e
istante e non riuscirai mai a scacciarmi dalla tua mente, non puoi
farlo e
anche se lo volessi, io tornerei sempre, perché tu vuoi che
io ritorni … sempre
–concluse poggiando la fronte contro la mia, poi
delicatamente sfiorò il mio
naso con le labbra, fino a darmi un bacio in fronte.
Raggelai,
ero completamente pietrificata. Le sue labbra
gelide si erano poggiate sulla mia pelle dopo tanto tempo e, insieme a
quel
gelo, divampò dentro me un fuoco incandescente che da troppo
si era acquietato.
Era davvero tutto così sbagliato e meraviglioso allo stesso
tempo, non ero più
sicura di nulla in quel momento, se avessi voluto davvero dimenticarlo
ancora o
se lo volevo ancora dentro di me, pronto a seguirmi e sorvegliare ogni
mio
movimento, gesto o sospiro … in quell’istante
pensare era diventato
impossibile, pian piano il mio cervello stava andando in standby e la
passione
stava rinascendo dai visceri più profondi.
-Ville
… -sussurrai flebilmente. Era l’unica cosa che
fossi
in grado di pronunciare, anche perché qualsiasi parola era
di troppo in quel
momento, tranne il suo nome. Il ragazzo sorrise e portò di
nuovo la sua fronte
a contatto con la mia, sfiorandomi il naso.
-Sono
qui, Ary –esclamò a bassa voce, avendo paura di
rompere tutta l’atmosfera che si stava pian piano creando
attorno a noi –non me
ne sono mai andato … -concluse poi sfiorando la mia bocca
con le sue labbra
gelide. Era successo, di nuovo, dopo tanto tempo. Il cervello si fece
sovrastare dal vortice della passione che stava esprimendo tutta la sua
essenza. Non pensai più a niente, non mi importava
più se stessi facendo la
cosa giusta o quella sbagliata, in quel momento l’unica
certezza che avevo era
di non essere mai stata così bene, avvolta tra le braccia
dell’unico uomo in
grado di regalarmi tanta sofferenza e felicità allo stesso
tempo, ciò che
provavo in quell’istante era un misto di amore ed odio
impossibile da
controllare, anzi … non volevo controllare, avevo lasciato
il cuore troppo da
parte in questo lungo periodo ed ora era il momento giusto per fargli
esprimere
tutta la sua forza.
Ville
mi prese in braccio e si alzò dal divano, continuando
a tenere poggiate le sue labbra sulle mie. Arrivammo fino in camera, mi
sdraiò
sul letto, continuando sempre a baciarmi, delicatamente, ma allo stesso
tempo
con una passione che lo aveva sempre contraddistinto. Dalle labbra
passò al
collo, poi alle spalle, per poi tornare di nuovo alla bocca, mentre con
le mani
mi sfilava il vestito, gettandolo a terra. Gli carezzavo i capelli,
intrecciando le dita tra le sue ciocche, mentre continuavo a baciargli
il
collo, con una foga tale che non era uscita mai prima d’ora.
Alzai
delicatamente la sua maglia, che dopo un istante era sul pavimento
insieme al
mio vestito. Feci correre le mie mani lungo le sue braccia,
stringendolo sempre
più a me, come se non volessi farlo andar via. Con la coda
dell’occhio osservai
i suo infinti tatuaggi, belli e perfetti come lui. Ville si
abbassò
delicatamente i pantaloni, fino a toglierseli completamente. Mi prese
tra le
braccia, alzandomi leggermente dal letto e stringendomi a
sé. Sentii il suo
profumo entrare in me, era tutto così meraviglioso, come
tanto tempo fa. Stare
tra le sue braccia era qualcosa di incredibile, ogni suo abbraccio era
speciale
e semplicemente unico, sia in passato sia ora. Il reggiseno cadde
delicatamente
lungo il mio corpo e Ville mi fece di nuovo stendere, mentre mi
abbassava
leggermente gli slip. A quel punto il tempo si gelò e tutto
smise di respirare.
Ero entrata nella confusione più totale, il cervello cercava
in tutti i modi di
sovrastare la forza del cuore, impedendomi di vivere tutto questo con
leggerezza e spensieratezza … proprio ora dovevo ricordare
tutto il male che mi
aveva fatto? Aprii gli occhi e smisi di baciarlo improvvisamente. Ville
mi
guardò con una smorfia, volendo capire cosa stesse accadendo.
-Forse
non dovremmo continuare … forse stiamo facendo la
cosa più sbagliata della nostra vita –esclamai con
voce flebile, mentre dentro
di me cuore e cervello combattevano una lotta senza tempo, incredibile
come due
entità così estremamente connesse, potessero
entrare in conflitto
continuamente. Ville sorrise e per tutta risposta fece scorrere la mano
lungo
il mio corpo, fino a poggiarsi su uno dei due seni.
-Sai
meglio di me che la cosa più sbagliata che possa
accadere ora è quella di lasciarti andare, interrompendo
tutto questo …
-rispose mentre con l’altra mano si abbassava leggermente i
boxer –inoltre sai
già che te ne pentiresti per tutta la vita …
-proseguì avvicinando la bocca al
mio orecchio –e me ne pentirei anche io
–sussurrò stringendo il seno dentro la
sua mano. Senza darmi il tempo di rispondere, poggiò il suo
bacino contro il
mio e si accorse ti quanto stessi tremando, tanta era
l’emozione quanto la
paura. Mi carezzò la fronte delicatamente, sorridendo.
-Ehi
tranquilla … sai che non ti farò del male,
dopotutto non
è la prima volta … -terminò la frase
penetrandomi piano, delicato come non
aveva mai fatto, nemmeno la prima volta. Mi morsi per tutta risposta il
labbro
inferiore, mentre il piacere stava vincendo su qualsiasi parte del mio
corpo.
Ville continuava a muoversi sopra di me, entrandomi dentro,
finché la passione
non lo travolse, tanto da sfogare tutta la sua energia, stringendo
forte le
lenzuola. Fu una notte magnifica, decorata soltanto dalla passione che
disegnava un magnifico quadro idilliaco, dove i protagonisti erano
soltanto i
nostri corpi nudi, avvinghiati insieme, formando una cosa sola che
nessuno dei due
eravamo in grado di descrivere. Dopo tutto questo tempo mi sentivo
finalmente
rilassata, tranquilla, appagata come non mai, l’unica pecca
era il fatto che,
il responsabile della mia felicità, ero lo stesso che mi
struggeva il cuore
giorno dopo giorno e dopo quella notte le cose si sarebbero complicate
ulteriormente, per il semplice fatto che lo volevo mio, ma non poteva
esserlo.
Questi pensieri pervasero la mia mente per tutta la notte, fino a
quando non mi
svegliai la mattina seguente.
Ciao
Lettori :)
ecco a voi il terzo capitolo della mia pargola!
Beh che dite? Ve lo aspettavate? Suppongo di sì, dopotutto
come avrebbe potuto resistere a Ville? Sarebbe stata una cosa
più che impossibile, ed ora? Che cosa succederà
con la partenza di Jonna? Come si evolverà la vicenda?
A presto il seguito!!
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Capitolo 4 *** Le sorti del Destino ***
Capitolo 4
-Buongiorno,
baby! –esclamò Ville seduto sul letto, con le
lenzuola che gli coprivano dal bacino in giù, le ginocchia
portate al petto,
sulle quali poggiava i gomiti. Si accese la prima delle tante
sigarette, che
avrebbe poi fumato in giornata. Fece il primo tiro e buttò
fuori il fumo, con
fare così elegante da far innamorare qualsiasi essere umano,
poi si voltò verso
me, carezzò la mia fronte sorridendo. Gli feci anche io un
leggero sorriso, poi
cercai il mio cellulare tra le coperte e per terra, finché
non lo trovai. Sgranai
improvvisamente gli occhi … avevo ben 8 chiamate perse di
Paula.
-Merda!-
esclamai, mettendomi seduta sul letto –devo andare
immediatamente, è tardissimo e poi saranno anche preoccupati
e non voglio che …
-proseguii cercando il mio vestito. Ville mi prese per un braccio e mi
tirò a
sé.
-Dove
credi di andare? –mi domandò poggiando il mio
volto
sul suo petto –magari anche loro si trovano così,
stretti l’uno a l’altro, che
si interrogano sulla notte appena passata …
-proseguì facendo correre la sua
mano lungo il mio braccio.
-Perché
è successo Ville?- gli chiese guardandolo dritto in
quegli occhi di ghiaccio.
Lui
fece un altro tiro, scrollando via della cenere che si
era accumulata nella sigaretta e poi buttò fuori il fumo.
-Perché
tu lo volevi, l’ho notato non appena siamo entrati
dentro questa casa –sorrise mordendomi delicatamente la
spalla destra.
-E
tu Ville? –gli domandai con voce flebile. Avevo paura di
qualsiasi risposta lui avesse dato, sapendo con certezza che non
sarebbe stata
quella che io mi aspettassi –è stato solo sesso?-
gli chiesi ancora.
Il
ragazzo schioccò un bacio sulla mia spalla e poi
tornò a
guardarmi in viso, sfiorando il mio naso, mentre poggiava la fronte
contro la
mia.
-Tu
cosa credi sia stato? –mi rispose con un’altra
domanda. Non
riuscivo a farlo parlare, voleva che io intuissi da sola i suoi
sentimenti,
come lui era in grado di comprendere i miei. Stavo per rispondere,
quando suonò
il cellulare.
-Insomma
si può sapere dove sei?- chiese Paula preoccupata.
-Paula
scusa ma avevo il silenzioso. Ieri sera ho incontrato
alcuni vecchi compagni e sono rimasta a dormire da una mia amica, tra
una
parola e l’altra il tempo è voltato e mi sono
dimenticata di avvertirti. Arrivo
subito!- terminai chiudendo la chiamata e rivestendomi velocemente.
Presi la
mia roba e mi avvicinai alla porta della camera.
-Ah
Ary … Jonna è fuori per le prossime due
settimane, se
vuoi fare visita a quella tua “amica” …
beh sai dove trovarla- sorrise
accendendosi una seconda sigaretta.
Uscii
da casa di Ville ripensando continuamente a ciò che
era successo e non potevo far altro che constatare quanto fosse stato
meraviglioso unirmi di nuovo a lui dopo tantissimo tempo. Non riuscivo
però a
comprendere il perché lo avesse fatto, sapevo benissimo che
il motivo non era stato
solo appagare un mio desiderio, c’era qualcosa in
più … un qualcosa che però
non riuscivo a decifrare con esattezza ancora, anche perché
non ero brava come
lui ad interpretare i pensieri della gente. Arrivai a casa e vidi Paula
seduta
sul divano, le raccontai la miglior scusa che avessi mai inventato in
tutta la
mia vita, mentirle non era quello che volevo, ma non mi sembrava il
caso
raccontarle ciò che era realmente accaduto quella notte.
Passarono
due giorni, non vidi né sentii Ville, chiedendomi
che cosa stesse facendo e perché quei giorni non si era
fatto vedere a casa di
Paula e Lauri. Volevo chiamarlo, avevo bisogno di sentire la sua voce
più di
ogni altra cosa, ma era ancora troppo presto per rivederlo,
poiché ancora
meditavo sulla sua domanda, che difficilmente riuscivo a decifrare,
come fosse
un messaggio criptato.
Il
terzo giorno, uscita da lavoro, decisi di fare una
piccola sosta al bar di Bam. Era tantissimo tempo che non lo vedevo,
volevo
approfittare per fare qualche parola con lui, oltre al fatto che avevo
assolutamente bisogno di un caffè per portare avanti la
giornata. Chiacchierai
con Bam del più e del meno, mentre sorseggiavo la bevanda
bollente, quando
improvvisamente qualcuno entrò nel locale.
-Vuoi
il solito? –chiese Bam al nuovo cliente, sorridendo,
tirando fuori una bottiglia di Jack Daniel’s.
-Sì,
metti anche il caffè della signorina sul mio conto-
affermò avvicinandosi al bancone –baby non sei
più andata dalla tua amica?-esclamò
sorseggiando il liquore. Mi domandavo se fosse tutta una coincidenza o
se
qualcuno lo avesse informato o, semplicemente, mi conosceva talmente
bene tanto
da ricordare che dopo la mia lezione di danza avevo urgentemente
bisogno di un
caffè. Bevemmo in silenzio, non volevo iniziare una
conversazione in un luogo
aperto a tutte le orecchie dei clienti che entravano ed uscivano.
Finimmo di
bere, poi mi mise un braccio attorno al collo e, insieme, ci dirigemmo
verso
l’uscita.
-Segna
tutto sul mio conto, Bam!- esclamò aprendo la porta.
Uscimmo dal locale, stretti l’uno all’altra, come
se avessimo paura che
qualcosa ci avrebbe improvvisamente diviso.
-Beh,
perché non ti sei più presentata? –mi
domandò aprendo
la macchina con il telecomando della chiave.
-Veramente
nemmeno tu mi hai più chiamata- replicai
spazientita.
Ville
scoppiò in una fragorosa risata. Che cosa aveva da
ridire ora? Ero confusa, cercavo in ogni modo di comprendere il
perché di
questo suo atteggiamento. Smise di ridere, si diresse verso me e si
avvicinò
talmente tanto, da essere in grado di contare ogni suo più
lieve respiro.
-Chiamarsi
o mandarsi messaggini idioti è una cosa da
quattordicenni non trovi?- domandò mettendomi
l’indice sotto il mento,
alzandolo con delicatezza verso il suo volto –è
arrivato il momento di viverci
l’un l’altra, in ogni istante, senza sprecare
nessuna occasione che questo
misero scorrere del tempo ci offre … -proseguì
avvicinando il suo volto al mio,
poggiando le sue labbra sulla mia fronte –sono già
passati due giorni e già se
n’è andata metà della nostra vita
… - terminò il discorso stringendomi forte a
sé. Più stavo tra le sue braccia e più
mi rendevo conto di quanto stessi bene,
di come tutto il dolore che mi aveva recato, svanisse in un istante,
dimenticandomi perfino del perché me ne fossi andata per due
anni, lontano da
tutto e da tutti e soprattutto … lontana da lui. Nella mia
mente si creò una
confusione tale da non essere più in grado di distinguere il
giusto dallo
sbagliato, un vortice unico in cui si intrecciavano piaceri, emozioni,
dolori e
delusioni, tutti insieme, senza riuscire più a distinguerli
gli uni dagli
altri. Ville mi fece salire in macchina e andammo a casa sua.
-Avverti
Paula … -esclamò attaccando il cappotto
all’appendiabito –dille che sei stata invitata a
cena dalla tua “amica”
–proseguì sorridendo. Le sue intenzioni non mi
erano del tutto chiare, forse mi
stava semplicemente usando per soddisfare le sue voglie sessuali, data
l’assenza di Jonna, però perché proprio
io? Quando stavamo insieme conosceva
così tante ragazze che gli facevano la corte,
perché chiamare proprio me? Forse
perché sapeva benissimo che non lo avrei rifiutato, che non
sarei mai riuscita
a dirgli di no, ma sicuramente sotto tutto questo c’era
qualcos’altro di
estremamente indecifrabile, che non riuscivo in nessuno modo ad
interpretare.
Uscii in giardino, mentre Ville stava facendo la doccia. Notai come non
era
cambiato nulla, sempre molto curato e privo di qualsiasi erbaccia. Mi
avvicinai
al cespuglio di rose rosse … le adoravo, erano semplicemente
meravigliose e
perfette, la loro delicatezza, la loro maestosità mi avevano
sempre affascinato,
in passato come ora. Ne odorai una, sublime leggerezza nel sentire il
suo aroma
entrarmi in testa e pervadermi tutta.
-Sono
bellissime, non trovi? –domandò Ville mentre
sorseggiava un liquore e, con l’altra mano, mi porse un
bicchiere pieno. Calò
un soave silenzio, veramente piacevole. Osservammo le rose,
scambiandoci sguardi,
sorridendo, mentre io finivo di bere il liquore e Ville stava fumando
la sua …
beh avevo perso ormai il conto di quante sigaretta avesse fumato! Il
ragazzo si
avvicinò a me e, con il braccio tatuato, mi strinse a
sé, mentre con l’altra
continuava a tirare la sua infinita dose di nicotina. Stavo bene,
volevo
chiedergli tante cose che ancora non riuscivo a comprendere,
perché mi avesse
tradita, perché non fece nulla per impedirmi di andar via
tutto quel tempo e,
soprattutto, volevo sapere perché desiderava a tutti i costi
passare del tempo
insieme a me, se poi sarebbe finito tutto, una volta che Jonna sarebbe
tornata,
ma non volli chiedergli nulla, poiché ogni singola e misera
parola avrebbe
rotto tutta quella bellissima armonia e intesa, che regnava
nell’aria.
-Non
è stato solo sesso, Ary –esclamò
improvvisamente Ville,
alzando il volto verso il cielo. Io lo guardai, osservando i suoi
occhi,
contornati da un infinito rossore che non se ne era mai andato
–quando ti
unisci alla persona che ti appartiene, non può essere solo
dello squallido e
insensato gioco di corpi, c’è e ci sarà
per sempre qualcosa di più –proseguì
posando
il suo sguardo su di me – c’è
complicità, affetto, passione … tutto quello che
può trasmettere una persona innamorata –disse
passandosi una mano tra i
capelli, facendola scivolare dietro la nuca, per poi posarsi sul collo,
sempre
sorridendo. Si era finalmente rivelato, senza che io gli chiedessi
nulla, perché
era consapevole del fatto che lo volessi sapere ardentemente, per
cercare di
mettere in ordine i tasselli di una confusione mentale, che non aveva
intenzione di placarsi in nessun modo. Non so perché, ma
ascoltando quelle
parole, una lacrima scese dai miei occhi, rigando il mio volto. Di
getto mi
buttai fra le sue braccia, comprimendo il viso contro il suo petto,
soffocandomi in quell’immenso profumo.
-Perché
devo essere ancora tua … perché Ville?- gli
chiesi
piangendo, anche se non sapevo nemmeno io il motivo del mio pianto. Lui
per
tutta risposta, mi strinse di più a sé,
accennando ad un leggero sorriso,
mentre socchiudeva leggermente gli occhi.
-Sai
già da sola che, senza di me, saresti come una coltre
di fumo incerta, che vaga ininterrottamente senza una guida che gli
indichi la
retta via. Tu hai bisogno di me, hai bisogno che io vegli costantemente
su di
te, senza mai lasciarti vagabondare da sola, stringendoti sempre la
mano,
qualsiasi sentiero tu voglia imboccare e, tutto questo, ti è
possibile solo se
continui ad amarmi come lo stai facendo ora- concluse dandomi un bacio
in
fronte. Erano le parole più belle che, in tutti gli anni
passati insieme, fossero
uscite dalla sua bocca, così perfetta. Le aveva pronunciate con una
sincerità ed una dolcezza
tale da far sciogliere il ghiaccio più resistente e crearvi
attorno un eden
meraviglioso e puro.
-Come
fai a sapere tutto questo? –gli domandai, asciugandomi
gli occhi. Ville poggiò la mano gelida sulla mia guancia,
carezzandomi la pelle
con il pollice.
-Perché
è stato già tutto prestabilito da
entità talmente
grandi e sconosciute a noi essere umani. Io e te siamo stati destinati
e questo
non può essere modificato da nessun’altra cosa al
mondo, siamo legati da un
vincolo inviolabile, un sigillo che non si aprirà, nemmeno
dopo la morte
–rispose sfiorando la mia bocca con le labbra. Un bacio
leggero, delicato e del
tutto inaspettato. I suoi discorsi mi fecero sempre più
rabbrividire, mi
spaventò come lui sapesse tutte queste nozioni, mentre io
ero ignara di tutto
quanto, non pensavo mai che il destino avesse un potere così
grande e fosse
così abile da nascondersi in qualsiasi persona o animale,
senza farsi mai
riconoscere. Si levò un leggero vento, il quale
iniziò a danzare con i nostri
capelli, mentre delle foglie cadute, circondavano le nostre due figure,
ancora
unite in quel bacio inatteso.
Eccoci di
nuovo qui cari lettori :)
Beh che ne pensate? Spero di non deludervi!
Ma questo finnico filosofo e saccente proprio la nostra Ary doveva
tormentare? E tu Ary proprio di lui dovevi innamorarti? Eh...quando si
dice il FATO, che in questo caso sembra proprio il padrone di tutta
questa vicenda!!
Alla prossima gente ;)
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Capitolo 5 *** Il Vincolo Inviolabile ***
Slaves
Capitoli
Capitolo 5
Delle
enormi nuvole scure coprirono il sole, fino a spegnere
la sua essenza, e delle gocce di pioggia martellante iniziarono a
colpirci al
punto tale da svegliarci da quella magia e farci rientrare in casa. Mi
sedetti
sul divano, con il bicchiere ancora mezzo pieno. Ville prese la sua
chitarra e
si sedette vicino a me, iniziando a strimpellare qualche verso delle
sue
composizioni.
-Ricordi
quando ti ho insegnato a suonarla?- domandò
accennando un leggero sorriso, continuando a suonare –Dio che
disastro che eri,
povere le mie orecchie e la mia chitarra- esclamò. Lo
guardai con una smorfia,
dandogli una spinta al braccio. Il ragazzo, per tutta risposta,
scoppiò in una
fragorosa risata, posando la chitarra vicino al bracciolo del divano,
iniziando
a farmi del solletico sui fianchi. Lo implorai di smettere, avevo le
lacrime
agli occhi e intanto pensavo a come il tempo fosse tornato indietro
rapidamente, facendomi rivivere tutti i gli attimi passati con lui in
un
meraviglioso flashback. Tante erano le cose fatte insieme, che
diventava quasi
impossibile ricordarle tutte, ma soprattutto, dimenticarle. Ville aveva
proprio
ragione, qualcosa ci aveva destinati, legandoci insieme in un patto
inviolabile, che nessuno mai avrebbe potuto scindere ed ora finalmente
riuscivo
a capire, perché vedevo ovunque i suoi occhi di ghiaccio, il
motivo per cui,
durante la notte, sentivo la sua voce sussurrarmi di ritornare a casa,
mentre
con le mani mi avvolgeva nella sua volontà.
Continuammo
a stuzzicarci, a giocare come dei bimbi, con dei
sorrisi stampati sui nostri volti, che mai nessuno sarebbe stato in
grado di
spegnerli. Ridendo, mi ritrovai stesa sul divano, con Ville sopra di
me. Calò
il silenzio, il ragazzo spostò una ciocca dei miei capelli
ricci dietro
l’orecchio e mi diede un delicato bacio sul naso. Riuscivo a
sentire il battito
del mio cuore, che, nervosamente, pulsava nel mio petto, come se
volesse uscire
ed esprimere tutta la sua forza ed essenza.
-È
davvero incredibile come, nonostante gli anni passati
insieme, ti emozioni sempre come la prima volta –sorrise
poggiando il suo
orecchio a contatto con il mio petto. Alzò il capo,
sorridendo, mentre mi
abbassava leggermente i pantaloni.
-Ho
bisogno di viverti, adesso –sussurrò al mio
orecchio,
togliendosi la maglia.
In
un istante eravamo già nudi sul divano, di nuovo uniti
come la notte scorsa, avvolti dal vortice della passione, che solo in
quel
momento riusciva a manifestare tutta la sua verità. Fu
meraviglioso poterlo
sentire dentro me, il suo profumo che mi entrava nella testa e mandava
in
confusione ogni parte vitale, il suo corpo che si muoveva cautamente
sopra di
me, cercando sempre con estrema attenzione di non farmi male,
regalandomi
sempre attimi di piacere immensi, come aveva fatto anni prima.
Consumammo
il nostro amore in quel divano, ritrovandomi con
il capo poggiato sul petto di Ville, mentre lui fumava, coperti
entrambi da un
plaid rosso bordeaux, che emanava un soffice calore. Il ragazzo
buttò fuori del
fumo dalla bocca e poi posò il suo sguardo su di me,
sorridendo.
-Baby
perché non vai a farti una doccia mentre io preparo
qualcosa per cena? –domandò portando una ciocca
dei miei capelli dietro
l’orecchio, carezzandomi dolcemente il volto. Feci cenno di
sì con la testa,
alzandomi dal divano, mentre Ville finiva la sua sigaretta. Entrai in
doccia e
lasciai che l’acqua mi entrasse dentro, con fare delicato,
aiutandomi a capire
tutto quello che stava succedendo. Mille domande mi frullavano in
testa,
domande che solo lui avrebbe saputo rispondere, ma non volli farlo
… no, l’unica
cosa di cui mi importasse ora, era poter rivivere tutto il mio passato
in
quelle due settimane, perché quando Jonna sarebbe tornata,
tutto sarebbe andato
a finire nel dimenticatoio della mia mente e, ancora una volta, avrei
dovuto
combattere tra me e me per cercare di non distruggermi.
L’unico
modo per sfuggire a questa situazione, era quella di
allontanarsi da lui, ma il mio cuore premeva talmente tanto da far in
modo che
gli ubbidissi ogni cosa decidesse per me, senza dover ascoltare
nessuno, perché
sapeva benissimo che solo Ville era in grado di farmi raggiungere
quella
felicità tanto attesa. Uscii dalla doccia, coprendo i miei
capelli con un
asciugamano. Andai in cucina e vidi Ville dietro ai fornelli, intento a
cucinare il suo piatto forte, anche perché era
l’unico che gli riuscisse bene.
Mi uscì un lieve sorriso ed il mio corpo fu pervaso da una
tale spensieratezza
e leggerezza che non avevo mai sentito prima d’ora. il
ragazzo spense i
fornelli, lasciando raffreddare un po’ il pasto. Come suo
solito, si accese
un’altra sigaretta, mentre si avvicinava alla porta finestra,
osservando il suo
giardino.
-Riavverti
Paula, dille che, oltre alla cena, quella tua
“amica” ti ha gentilmente invitato a passar
lì la serata, come la volta scorsa
–esclamò buttando fuori il fumo, addosso al vetro.
Dal volto riflesso nel
finestrone, potevo intravedere un bellissimo sorriso, che era in grado
di
ipnotizzarti in una maniera davvero assurda e sconosciuta, ma in fondo
adoravo
essere catturata da quel sorriso, anzi avrei voluto essere sua
prigioniera per
tutta la vita. Mi avvicinai al divano e cercai sotto il plaid i miei
vestiti,
sparsi qua e là. Trovai i pantaloni e, da dentro le tasche,
presi il cellulare.
Mandai un SMS a Paula, scrivendole appunto che non sarei tornata per la
notte.
Mentire a lei, che si era sempre fatta in quattro per aiutarmi a
superare ogni
difficoltà, che cercava in ogni istante di farmi uscire un
sorriso nei momenti
più bui della mia vita, mi addolorava molto. Aveva davvero
il diritto di sapere
la verità, anche se ero quasi certa che lei sapesse
già tutto quanto. Non avevo
più segreti per Paula, era come se fossi un libro aperto, di
cui lei conosceva
benissimo ogni capitolo, parola e virgola.
Posai
il cellulare sul tavolinetto e raccolsi i miei
vestiti. Ville mi si avvicinò e mi cinse i fianchi con le
sue braccia,
stringendomi in un soffice abbraccio.
-Prendi
dei vestiti puliti dal mio armadio, i tuoi lasciali
qui che li metto in lavatrice io –esclamò, dandomi
un delicato bacio sulla
guancia. Gli sorrisi, ricambiando il suo bacio, poi mi sciolsi da
quell’abbraccio e mi diressi in camera sua. Feci cadere
l’accappatoio lungo il
mio corpo con fare delicato, come se mi accarezzasse, lasciandolo
giacere sul
letto matrimoniale. Strofinai i miei capelli contro
l’asciugamano con cui li
avevo avvolti, cercando di asciugarli velocemente, dato che non avevo
nessuna
intenzione di accendere il phon. Lo tolsi dalla testa e, accuratamente,
lo
ripiegai sempre sopra il letto. Mi avvicinai poi all’armadio,
lo aprii ed
iniziai a contemplare gli infiniti vestiti che Ville si ritrovava,
peggio di
una ragazza. Non riuscivo a sceglierne uno, li provai e riprovai per
circa
mezz’ora, tanta era la voglia di apparire impeccabile come lui. Mi ero sempre
chiesta come ci
riuscisse, come sapesse dire la cosa giusta al momento giusto, in che
modo
fosse capace di comprendere al volo ogni mio pensiero, dubbio o
sentimento,
come risultasse estremamente perfetto in ogni suo gesto o modo di fare
ed io,
purtroppo, ero tremendamente innamorata di quella perfezione, di
quell’uomo
che, anni fa, mi rapì e non aveva più intenzione
di lasciarmi andare o, forse
non volevo andarmene io. Il mio cervello voleva imparare a cavarsela da
solo,
ma il cuore mi implorava di non allontanarmi, poiché aveva
bisogno della sua
presenza … quanto aveva ragione! Ogni istante in cui sentivo
Ville lontano da
me, divenivo pian piano sempre più debole, fino a ridurmi ad
un essere
inanimato che, solo per la forza di inerzia, continuava miseramente a
vivere.
Imploravo la mente di non farmi pensare al futuro, di non proiettarmi
al giorno
in cui Jonna sarebbe tornata, perché al solo pensiero
iniziavo a logorarmi
dentro, uccidendomi poco alla volta, consapevole del fatto che la
persona in
grado di salvarmi, non avrebbe potuto fare nulla, poiché non
era più mio.
Scrollai
la testa e mi resi conto che, tra un pensiero e
l’altro, era passata circa un’ora ed io ero ancora
indecisa sul cosa mettermi.
Tra i vari indumenti che avevo sparso sopra il letto, decisi di
indossare una
semplice maglia nera, che mi faceva quasi da vestito, considerando che
Ville in
confronto a me era un gigante. Mi specchiai più e
più volte, per vedere come mi
stava. Cercai di dare una sistemata ai miei ricci selvaggi, che si
rifiutavano
in tutto e per tutto di avere un senso. Presi una matita nera e la misi
nella
rima inferiori degli occhi e valorizzai le ciglia con un po’
di mascara, misi
le mie vans old skool nere e sistemai dentro l’armadio i
vestiti che avevo
tirato fuori. Non volevo uscire dalla stanza, mi sentivo ancora troppo
imperfetta per mostrarmi al suo cospetto, controllai la mia figura allo
specchio non so quante altre volte, cercando di raggiungere almeno un
briciolo
della perfezione che caratterizzava quell’uomo.
L’avevo sempre pensato che in
lui c’era qualcosa di disumano, una sorta di
divinità si rincarnava in lui,
conferendogli quella bellezza eterea e regale, del tutto inimitabile.
Mai in
tutta la mia vita avevo conosciuto un uomo così e ancora mi
chiedo perché il mio
cuore aveva deciso di innamorarsi di lui, condannandomi in questo modo,
lasciandosi imprigionare dalla sua volontà, rendendomi un
essere incompleto
senza di lui … sì, in sua assenza, era come un
vegetale privo di vita,
bisognoso della sua presenza, che mi faceva bene e male allo stesso
tempo.
Decisi,
però, che non potevo passare l’intera serata
dentro
la camera da letto, anche perché Ville sarebbe venuto
sicuramente a cercarmi.
Feci un bel respiro ed aprii la porta. Lo raggiunsi in sala da pranzo e
lo vidi
seduto di fronte alla tavola apparecchiata, i gomiti sopra al tavolo,
le dita
incrociate creavano una sorta di appoggio al mento, che si poggiava
delicatamente sopra di esse. Era davvero la perfezione rincarnata in un
solo
uomo. Vestito rigorosamente di nero, dei pantaloni stretti mettevano in
evidenza la magrezza delle sue gambe, indossava una camicia a maniche
lunghe,
che rimaneva leggermente larga sulle spalle. Ai piedi aveva le sue
solite
converse nere, mezze rovinate a causa dello scorrere del tempo. Tutto
il suo
abbigliamento andava in contrasto col pallore e la candidezza del suo
volto,
caratterizzato da dei lineamenti a dir poco meravigliosi.
Ciò che spiccava in
quel viso, era il rossore delle sue labbra, morbide e carnose, che
avrei voluto
sulla mia pelle, marcandomi per tutta la vita, impadronendosi di me. La
cosa
che più mi stregava di lui erano i suoi occhi di ghiaccio,
che mi avevano
sempre perseguitata, anche quei due anni in cui ero lontana da loro,
cercando
di dimenticarli in tutti i modi, ma è stato del tutto
inutile, poiché ormai mi
avevano segnata, entrando dentro di me senza più uscirne,
per nessun motivo.
Ville
mi guardò e, puntando l’indice contro la sedia
posta
davanti a lui, fece segno di sedermi. Mi avvicinai al tavolo e mi
sedetti davanti
a lui, saparati soltanto dal fumo lieve delle pietanze calde,
già nel piatto.
Consumammo
la cena in silenzio, senza proferire parola,
anche se le cose da dire erano tante, almeno lo erano da parte mia,
dato che la
mia mente continuava a duellare con il cuore in una lotta infinita,
facendo
affiorare mille pensieri, dubbi e domande che in quel momento non
volevo né
risolvere né pormi, anzi avrei davvero voluto passare una
serata tranquilla,
libera da qualsiasi preoccupazione o sorte futura, concentrandomi solo
nel
presente che, senza accorgermene, stava scivolando via dalla mie mani,
istante
dopo istante, perdendo ogni suo attimo.
Volevo con tutta me stessa che il cervello dimenticasse il
fatto che io
e Ville non stessimo più insieme e che ricordasse, come il
cuore stava facendo,
di quanto ero felice assieme a lui, come la leggerezza e la
spensieratezza
pervadevano il mio corpo, ogni volta che mi trovavo in sua compagnia;
ma
purtroppo la ragione era in grado di valutare solo gli eventi che
stavano
accadendo ora, in questo presente così tormentato e
invivibile, che mi
torturava senza nessuna pietà.
-Ary
… -esclamò Ville, poggiandosi allo schienale
della
sedia, allungando sotto il tavolo le sue gambe chilometriche.
Tirò fuori dalla
tasca dei pantaloni un pacchetto di sigarette, ne prese una e poi lo
poggio sul
tavolo. L’accese, aspirò un po’ di
nicotina e poi buttò fuori il fumo ,
storcendo leggermente la bocca.
-Basta
pensare, ti logorerai dentro e senza accorgertene,
stai uccidendo la tua anima a poco a poco, lasciandole pochi istanti da
vivere
–concluse portando nuovamente la sigaretta alla bocca. Si
alzò in piedi,
avvicinandosi al mobiletto in legno, dove teneva i liquori, e
tirò fuori due
bicchieri di vetro ed una bottiglia di Jack Daniel’s. Seguii
i suoi movimenti
con lo sguardo, ruotando leggermente il capo, per studiare al meglio le
sue
azioni.
-Come
fai a saperlo? –gli domandai torcendo leggermente la
schiena, appoggiando il braccio sopra lo schienale della sedia
–perché sei in
grado di percepire tutte queste cose? –proseguii.
Ville
non si voltò, intento a riempire i due bicchieri, ma
potevo avvertire un leggero sorriso, formatosi d’un tratto
sul suo viso
pallido.
-Lo
sai Ary, te l’ho già spiegato –rispose
venendo verso di
me, porgendomi il bicchiere pieno di liquore, tenendo sempre la
sigaretta,
sulla quale si era accumulata della cenere, in bocca. Si sedette
davanti a me,
poggiando il suo bicchiere sul tavolo, accavallò la gamba
destra e con l’indice
sinistro tolse la cenere della sigaretta, facendola cadere sul piatto
ormai
vuoto.
-Mi
appartieni, sei legata a me da un vincolo inviolabile e
del tutto inscindibile e che tu lo voglia o no, sono in grado di
percepire ogni
tua paura, pensiero e sensazione –disse sorseggiando un
po’ di liquore –solo io
posso rispondere alle migliaia di domande che il tuo cervello ti sta
ponendo
ininterrottamente, perciò ti consiglio di non dargli
più ascolto –proseguì
alzandosi in piedi, spegnendo la sigaretta dentro al piatto. Mi venne
vicino e
prese la mia mano. Mi attirò a sé, facendomi
cadere tra le sue braccia, con le
quali mi avvolse in un abbraccio infinito. Il suo profumo mi
stregò ancora una
volta, rendendomi schiava del suo volere, impedendomi di scegliere
qualsiasi
via di fuga si fosse presentata.
-Libera
la tua mente da ogni pensiero o dubbio, a comandarti
ora deve essere solamente il tuo cuore Ary, al quale hai dato poco
spazio,
cercando di trovare sempre una soluzione razionale a tutto quanto. Lui
solo sa
quanto grande è l’amore che provi per me, per cui
è giunto il momento che tu lo
ascolti –terminò il discorso, stringendomi di
più a sé, come se volessimo
diventare una cosa sola.
Odiavo
il suo essere così saccente, il suo fare da psicologo
mi faceva ribollire il sangue, ma la cosa che più detestavo
era il fatto che,
ancora una volta, avesse ragione. Troppe volte avevo provato a
sottomettere il
volere del mio cuore con quello della ragione tanto da ritrovarmi
continuamente
immischiata in una continua lotta senza fine, dove nessuno dei due
riusciva a
trovare un accordo pacifico e tanto più forte era
l’astio, tanto la mia anima
andava spegnendosi, perdendo giorno dopo giorno attimi vitali per la
mia
esistenza. Era davvero arrivato il momento di lasciare al cuore lo
spazio di
cui necessitava, senza più ostacolare il suo volere,
lasciando esprimere
completamente tutte le sue forme e sfumature. Solo lui sapeva quanto
fossi
innamorata di Ville, quanto avevo bisogno della sua presenza che mi
accompagnava nel percorso della vita. Lui era consapevole del fatto che
nessuna
fuga, nessuna soluzione razionale, sarebbe riuscita a placare
l’immenso amore
che provavo nei suoi confronti; sembrava davvero che i due avessero
escogitato
una sorta di piano per farmi ritornare, riuscendo a vincere sulla
ragione, che,
imperterrita, continuava a portarmi lontano dalla mia linfa vitale.
Eccomi di
nuovo qui cari lettori :)
Beh come potete vedere Mr. Valo non la smette di fare il filosofo,
simbolista, psicologo della gente. Sempre più misterioso e
sempre più contorto il nostro ragazzo.
E quella poveraccia lì, Ary, che si dimena cercando di
capirlo, già che che deve capire che diavolo di intenzioni
ha il finnico, in più ci si mette a fare pure i suoi
discorsetti, non ne esce più fuori (quando mai ne
è uscita?)
Ringrazio le persone che stanno seguendo questa vicenda ideata dalla
mia contorta testolina, spero non rimaniate delusi!
Un grazie particolare va a Heaven_Tonight, la mia Beta e l'ideatrice
della foto: Sei un tesoro <3
Vorrei anche ringraziare _TheDarkLadyV_ che mi da sempre sostegno
morale, grazie pischellì :)
Alla prossima gente :)
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Capitolo 6 *** Nelle mani del Destino ***
Slaves
Capitoli
Capitolo 6
Fuori
la pioggia continuava insistentemente a scendere,
picchiando forte sul vetro della porta finestra e, ad intervalli del
tutto
sfasati, qualche lampo illuminava l’oscurità della
notte, priva di stelle. La
tavola era ancora apparecchiata, dalla sigaretta di Ville fuoriusciva
ancora
del fumo ed i bicchieri riempiti col liquore erano ancora mezzi pieni.
Senza
scioglierci da quell’abbraccio, ci dirigemmo verso il divano,
sdraiandoci
delicatamente. Poggiai il capo sul petto di Ville, stringendo con la
mano destra
un pezzo della sua camicia. Ero agitata, non riuscivo a rilassarmi, ad
appagare
il mio animo irrequieto, i miei muscoli erano in tensione e dei brividi
gelidi
mi attraversavano il corpo, facendomi sobbalzare continuamente. Il
cervello non
voleva saperne di essere messo da parte, troppo era stato il tempo in
cui gli
avevo lasciato il libero arbitrio su di me ed anche adesso, che per una
volta
in tutta la mia vita avevo deciso di godermi la spensieratezza, voleva
mettermi
i bastoni tra le ruote, facendo ronzare in testa la famosa domanda che
ormai da
tempo albergava nella mia mente, mi chiedevo continuamente
perché, tra tutti
gli uomini che avevo incontrato, il destino mi aveva affidata a lui, la
perfezione incarnatasi in un essere umano e, inoltre, ero curiosa di
sapere,
per quale motivo riusciva a farmi stare così bene e male
allo stesso tempo. Non
riuscivo davvero a non pensare a cosa sarebbe accaduto poi, una volta
che Jonna
fosse tornata, il cuore non voleva accettare il fatto che si sarebbe
allontanato
da Ville ancora una volta e al solo pensiero iniziavo a sentirmi male,
il fiato
iniziava a mancare e sentivo l’anima uscire pian piano dal
mio corpo, era
davvero orribile.
Alzai
lievemente lo sguardo e li incontrai, quegli occhi di
ghiaccio che penetravano nelle mie viscere, con fare così
delicato e diretto,
da non sentir alcun dolore e quante volte ancora avrei voluto che si
posassero
su di me, senza mai lasciarmi. Ville mi carezzò la guancia
con il dorso della
mano, poi poggiò il pollice sotto al mio occhio, come per
asciugarlo; senza
rendermene conto stavo piangendo, in silenzio per non essere sentita,
per non
cercare la pietà di nessuno, perché dovevo
cavarmela da sola a qualsiasi costo,
solo che ora era impossibile uscire da questa situazione da sola e
l’unico in
grado di aiutarmi ce lo avevo proprio davanti agli occhi, la stessa
persona che
mi rendeva così misera e vulnerabile.
-Non
continuare a chiederti che cosa succederà tra qualche
giorno o domani o tra un’ora –disse carezzandomi
con l’altra mano i capelli
ricci che cadevano con fare leggiadro lungo tutta la schiena
–siamo stati
creati per cercare di vivere al meglio ogni istante di questo presente
così
sfuggevole, non per decidere le sorti del nostro futuro
–proseguì cingendomi i
fianchi e, con un gesto, mi ritrovai sotto di lui, come intrappolata
–non
andare ad immischiarti in compiti che non ti riguardano Ary, il destino
penserà
a gestire tutto questo, non puoi far altro che ubbidirgli
–concluse unendo le
sue labbra con le mie, in un bacio meraviglioso ed unico, che lo
contraddistingueva da qualsiasi altra creatura. Sentii la passione
travolgermi,
impossessandosi di me, riuscendo ad acquietare il volere della ragione,
finalmente. Mi lasciai trasportare dal desiderio, che guidava ogni mio
movimento,
come fossi una sua marionetta. Baciai Ville con più foga,
passando al collo,
mentre con le mani gli sbottonavo la camicia, fino a sfilargliela del
tutto. Il
ragazzo fece lo stesso con me, togliendomi per tutta risposta la
maglia,
continuando a baciare ogni parte del mio corpo, che pian piano
riacquistava
vitalità e vigore. Avevo bisogno di essere toccata da quelle
labbra per
sentirmi di nuovo viva, avevano il potere di farmi rinvigorire e di
guarire
ogni ferita più profonda e mortale … lui era la
mia fonte di energia vitale, in
grado di farmi ritrovare il senso di questo tormentato vivere e, in
quel
momento, ringraziai il fato per avermi legata a lui, per avermi
permesso di
comprendere chi davvero fosse Ville per me e quale ruolo avesse nella
mia vita.
Avrei voluto essere sua schiava per tutta la vita, intrappolata nel suo
volere
perché ora riuscivo solo a sentire tutto il bene e la
leggerezza che era in
grado di farmi riscoprire. Velocemente il ragazzo si tolse i pantaloni
e sfilò
i suoi boxer, mi diede un bacio delicato il fronte, mentre abbassava i
miei
slip. Io lo guardai, accennando un flebile sorriso, per poi stringerlo
a me.
Entrò in me, ancora una volta, facendomi tremare come una
piccola foglia
infreddolita dal vento gelido dell’inverno. Eravamo una cosa
sola, due entità
unite dal vincolo della passione e dell’amore che, insieme,
stavano mostrando
alla ragione la loro superiorità e nessuno, nemmeno la
più grande sofferenza,
avrebbe potuto rovinare quel momento così magico ed
indimenticabile, avrei voluto
restare così unita a lui per tutta la vita, mentre il tempo
passava davanti
senza che me ne accorgessi, perché l’unica cosa
importante era poterlo avere,
sentirlo mio per sempre.
Aprii
gli occhi e mi ritrovai distesa sul divano, coperta da
un plaid, i miei vestiti erano ancora a terra, mentre quelli di Ville
non
c’erano più. Mi voltai verso il tavolo e vidi il
ragazzo in piedi, intento ad
accendersi la sua ennesima sigaretta. Prese in mano i due bicchieri e
si
sedette accanto a me, porgendomene uno. Calò il silenzio,
nessuno dei due
sapeva cosa dire, forse perché non c’era nulla da
confidarsi o almeno da parte
mia, poiché era in grado di poter percepire ogni mia singola
supposizione,
senza doverla neppure pronunciare. Non so cosa mi mosse in
quell’istante, so
solo che d’istinto appoggiai la testa sopra le gambe di
Ville, rannicchiandomi
su me stessa. Il ragazzo fece un piccolo sorriso e nascose una mano tra
i miei
capelli
-Ville,
davvero il destino ha scelto tutto questo per noi?
–gli chiesi mentre sorseggiavo un po’ del liquore
La
sua mano dai capelli passò poi alla spalla, scendendo
lungo il mio braccio sinistro, tornando poi su, carezzandolo
dolcemente,
provocandomi dei piccoli brividi.
-Siamo
ciò che lui ha ideato, ha segnato ogni percorso della
nostra vita –rispose aspirando un po’ di nicotina
dalla sigaretta –ecco perché
è inutile che tu stia cercando risposte a tutte le domande
che ti frullano in
testa –buttò fuori il fumo con una leggera smorfia
–perché nulla mai cambierà
l’amore che provi per me –proseguì
avvicinando il suo volto al mio –tu non
smetterai mai di amarmi, nemmeno dopo la morte –concluse
baciandomi le labbra.
Per
l’ennesima volta aveva la ragione dalla sua parte ed io
mi sentivo sempre più misera per il fatto che non riuscissi
a comprendere al
volo tutto questo, al contrario di lui. Il mio cuore, dalla prima volta
che lo
vide, aveva deciso di legarsi a lui e a lui soltanto, senza trovare
alternative, non mostrandosi più a nessun’altro,
tranne che a quell’uomo. Avrei
voluto davvero domandargli se anche lui fosse ancora innamorato di me
come lo
sono io, oppure stava facendo tutto questo solo per trovare un
appagamento, per
riempire un vuoto di due settimane, ma non volevo meditare su questa
alternativa, al solo pensiero sentivo il cuore affievolirsi ed il fiato
soffocarsi, l’unica cosa che desideravo ora era stare bene,
indipendentemente
se Ville mi amasse ancora oppure no.
Per
il resto della serata parlammo del più e del meno,
raccontandoci le nostre avventure, in quanto la volta scorsa non ne
avevamo
avuto modo. Le nostre chiacchiere erano sempre accompagnate dalla
pioggia che
cadeva ora più flebilmente, come se volesse ascoltarci.
Ridemmo, scherzammo e
ci divertimmo a stuzzicarci per tutta la sera, facemmo
l’amore un’altra volta e
fu davvero meraviglioso, sembrava che il tempo fosse magicamente
tornato
indietro, permettendomi di ricordare quanto fosse bello stare con lui,
facendomi dimenticare tutta la sofferenza arrecatami … era
come se stessi
rinascendo dalle ceneri e, come una fenice, pronta a vivere la nuova
vita
appena iniziata e potevo sentire il cuore manifestare tutta la sua
gioia, per
il semplice fatto che, per la prima volta, stavo ubbidendo al suo
volere.
Il
mattino seguente mi svegliai del tutto rilassata ed
appagata, senza nessun pensiero che mi ronzasse attorno, era davvero
piacevole.
Mi stirai le braccia per cercare di diffondere energia a tutto il resto
del mio
corpo, poggiai le mani sul letto e girai lo sguardo verso sinistra e lo
vidi
accanto a me, dormire ancora beatamente. Era una creatura davvero
splendida, il
modo in cui abbracciava il cuscino lo rendeva assai fanciullesco, le
sue
labbra, sempre colorate di quel rosso infuocato, erano leggermente
protese in
avanti ed i suoi occhi, ancora chiusi, erano costantemente contornati
da quel
rossore che gli attribuivano quel velo di mistero e
regalità. Sorrisi, adoravo
osservarlo mentre dormiva, con una mano gli carezzai i capelli, per poi
passare
alla guancia, collo e scendere lungo tutto il suo braccio tatuato. La
sua pelle
così morbida e così candida lo faceva
assomigliare sempre più ad una creatura
mistica, lontana dal mondo degli umani.
Mi
alzai dal letto e presi il cellulare che avevo poggiato
sul comodino, si erano fatte le 10 di mattina. Senza far rumore mi
rivestii, mi
avvicinai allo specchio e, al buio, cercai di darmi una sistemata ai
capelli,
ancora tutti arruffati. Camminai verso la porta, poggia la mano sopra
la
maniglia, ma prima di aprirla girai lo sguardo verso Ville, per
controllare se
stesse ancora dormendo. Feci per andarmene quando sentii alle mie
spalle le
coperte muoversi ed un profondo sbadiglio rompere il silenzio
-Ehi
dove stai andando? –domandò stirandosi le braccia,
tirando indentro la pancia assente, mostrandomi tutte le sue ossa.
-Paula
potrebbe preoccuparsi e non voglio che questo accada
–risposi spingendo la maniglia della porta verso il basso,
anche se non avrei
mai voluto lasciare quella stanza per nessun motivo al mondo. Il
ragazzo
sorrise, prendendo da sopra il suo comodino una sigaretta.
-Lei
sa che sei in buone mani, fidati di me, ma se vuoi
andare vai pure, tanto so che non riuscirai a starmi lontana
–concluse
accendendosela, dopo svariate prove, ancora troppo assonnato per
eseguire dei
precisi movimenti.
Sgranai
gli occhi, la sua troppa sicurezza mi mandava in
escandescenza, possibile che doveva sempre ricordarmi il fatto che non
sarei
mai riuscita ad uscire dalla sua trappola? Forse però non
volevo nemmeno io che
mi liberasse da quella schiavitù, anzi il mio cuore premeva
per essere suo
tutta la vita. Lo salutai con la mano, se solo mi fossi avvicinata di
un
millimetro molto probabilmente sarei distesa di nuovo in quel letto.
Mentre
me ne tornavo a casa ripensavo a tutto quello che
stava accadendo in questo periodo, ero ritornata ad Helsinki nemmeno da
un mese
e già la mia vita si era arricchita di nuove vicende, anzi
forse si era
affacciata a vecchie questioni lasciate per troppo tempo in sospeso e
che
ancora non potevano essere risolte, anche perché non vi era
una soluzione
razionale a tutto questo, l’unica cosa di cui ero certa era
che rigettarmi in
quell’infinito labirinto mi faceva star bene ed appagata,
anche se da una parte
soffrivo come un povero disperso, alla continua ricerca della strada
giusta per
uscirne, solo che io più trovavo una via di fuga,
più avevo la necessità di
perdermi di nuovo, in modo tale da non terminare questo circolo
vizioso. Avrei
tanto voluto essere brava come Ville e poter comprendere i suoi
pensieri e
sentimenti, per scoprire che cosa provasse verso di me, ma io non ero
in grado
di percepirlo, troppo legata ancora al regno della
razionalità.
Arrivai
a casa di Lauri e Paula senza nemmeno accorgermene.
Presi le chiavi dalle tasche dei pantaloni ed aprii la porta. Trovai
Paula
seduta sul divano, intenta a sorseggiare un bicchiere di tè
alla pesca, mentre
con l’altra mano si carezzava il pancione, il quale pian
piano iniziava a farsi
sempre più evidente. Si girò verso di me, facendo
una faccia quasi sorpresa,
non aspettandosi del mio ritorno.
-Ehi
ma guarda un po’ chi c’è
–esclamò sorridendo –vieni
siediti cara –proseguì poggiando la mano sopra
l’altro cuscino del divano.
Andai verso di lei e mi sedetti, tenendo la testa bassa, come se
aspettassi un
rimprovero da un momento all’altro.
-Beh
allora, che ti racconta di nuovo questa tua amica?
–domandò bevendo ancora un po’. Mi
chiedevo tra me e me se stesse giocando,
oppure davvero non aveva capito che avevo passato la notte da Ville, ma
era
quasi improbabile, in quanto per lei ero come una strada fin troppo
conosciuta,
di cui anche il più nuovo sentiero era già stato
marcato.
-Mah
nulla di nuovo –risposi facendo finta di niente
–sai
siamo state compagne del liceo e, non so come, è venuta a
conoscenza del mio
ritorno, quindi … -cercai di continuare, se non fosse stato
per Paula che mi
interruppe subito.
-Ary,
tesoro mio, ma credi davvero che io beva a questa
bugia? –rise portando una mano alla bocca –sei
peggio di Lauri quando devi
inventare una frottola, si vede che siete amici
–proseguì alzandosi dal divano,
poggiando il bicchiere vuoto sopra la tavola da pranzo
–riconosco quell’odore
di sigaretta da lontano un miglio ormai, ma soprattutto conosco te Ary
e sapevo
per certo che non saresti riuscita a stargli lontana
–continuò sedendosi su di
una sedia, con un leggero sorriso stampato in volto. Mi aspettavo
chissà quale
rimprovero, quale avvertimento, invece sembrava quasi compiaciuta del
fatto che
avessi passato la serata insieme a Ville.
-Approfitta
dell’assenza di Jonna finché puoi piccola,
vivilo fino all’ultimo respiro, il tuo cuore ha bisogno di
quell’energia per
poter andare avanti, altrimenti si affievolirà, come
è già successo –disse
allungando una mano verso il mio volto, carezzandomi la guancia coperta
dai
capelli. Era incredibile, come tutti riuscissero a capire quanto grande
fosse
l’amore che provavo per Ville e più cercavo di
tenerlo nascosto, più lui
emergeva fuori rendendomi vulnerabile, svelando la mia debolezza.
-Paula
… -esclamai flebilmente, mentre una nuova lacrima
percorreva il mio volto scavato –non posso pensare che tra
due settimane tutta
questa magia finirà. Io ho bisogno di lui, il mio cuore ha
la necessità di
vivergli accanto, perché solo così il mio animo
può sentirsi appagato
–proseguii asciugandomi gli occhi, odiavo piangere, ma
sembrava fosse l’unica
valvola di sfogo –e più passo il tempo lontano da
lui, più mi sento logorare
dentro, come se stessi subendo le torture più violente di
questo mondo … Paula
io … io … -continuai balbettando, il mio cervello
si rifiutava a farmi
pronunciare quella parola, non l’avevo detto mai a nessuno,
nemmeno a lui
quando stavamo insieme anni fa, per orgoglio, per non passare dalla
solita
sdolcinata, ma il mio cuore ora aveva bisogno di gridarlo a gran voce,
perché
niente si poteva più nascondere. Paula si alzò
dalla sedia, abbracciandomi
forte, cercando di farmi sentire tutto l’appoggio possibile
che solo una vera
amica è in grado di regalarti, riuscendo a non farti sentire
più sola.
-Dillo
Ary, è giunto ormai il momento che tu lo dica
–esclamò carezzandomi
la nuca.
Adoravo
quella donna, per il semplice fatto che riuscisse a
cogliere a pieno ogni mia debolezza, senza che io dovessi spiegarle
nulla. Il
suo modo di starmi accanto, la sua dolcezza
nell’accompagnarmi lungo il
tortuoso cammino della vita, mi fece realizzare che in qualsiasi parte
del
mondo io dovessi andare, avrò per sempre Paula al mio
fianco, pronta a
sostenermi ed aiutarmi.
-Io
lo amo Paula, il mio cuore ha scelto lui e lui soltanto,
non ha mai voluto alternative, non le ha mai cercate … non
vuole più legarsi a
nessuno che non sia lui –dissi guardandola negli occhi,
mentre lei mi dava un
delicato bacio sulla fronte –e se amarlo significa farmi
raggiungere il limite
massimo della pazzia … beh che diventi pazza, allora
–conclusi abbozzando un
leggero sorriso, mentre con una mano tentavo inutilmente di frenare le
lacrime
che, come gocce di pioggia martellante, picchiavano il viso. Nemmeno il
più
grande ostacolo vivente avrebbe impedito al mio cuore di amare Ville e
anche se
avessi provato a dimenticarlo, lui sarebbe tornato per sempre,
perché il
destino aveva ormai deciso così, di affidarmi a lui e di
chiudere con un
sigillo irrevocabile le nostre vite. Ero ormai segnata e forse non
potevo
chiedere di meglio, nonostante tutte le angosce e le sofferenze che mi
aveva fatto
passare e che stavo passando, io più di ogni altra cosa,
avrei sognato di poter
finire il resto dei miei giorni accanto a lui.
Feci
un enorme sorriso, mi asciugai il viso con le mani e mi
alzai in piedi. Paula mi guardò, con fare interrogativo,
cercando di studiare i
miei movimenti. Mi voltai e le sorrisi, facendole intuire che mi
sentivo meglio
dopo essermi sfogata, dopo aver rivelato la verità riguardo
il mio sentimento
più grande.
Salve a tutti cari lettori!!
Eccomi ritornata, dopo un po' con il continuo della mia pargolina!
Questi due non si staccano proprio più eh?
Ary non ci riesce proprio a stare lontano da quel saccentone
presuntoso. Complimenti ragazza, continua pure ad autolesionarti
così, ma del resto come dargli torto? Lui è
così....così...beh avete capito no?
Come potete vedere è finalmente ritornata Paula, sta povera
crista che si preoccupa e non sa mai dove diavolo finisce
quell'altra....anzi lo sa e anche bene!
Voglio ringraziare le mie care lettrici più strette
_TheDarkLadyV_ , katvil e LilyValo!!
Un ringraziamento speciale va alla mia Beta Heaven_Tonight che mi
sopporta sempre!
E per i fantasmini che fanno visita, lasciate pure un vostro segno :)
Alla prossima :)
|
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Capitolo 7 *** La gara di Skate ***
Capitoli
Capitolo 7
Slaves
-Paula,
vado a fare la doccia, poi pranziamo ok? Non ti
azzardare a toccare pentole o chissà quale altra cosa, devi
riposare –esclami
mettendola in guardia che se mai avesse provato a prendere qualsiasi
arnese da
cucina, l’avrei fulminata solo con lo sguardo e fatto le
peggio ramanzine. Si
distese sul divano, poggiando bene i piedi su di un cuscino, emettendo
dei
grandi sospiri, era davvero bella e ciò che la rendeva
ancora più meravigliosa
era il pancione rotondo e ben delineato. Non potevo descrivere la
felicità che
d’un tratto pervase il mio corpo, ero davvero orgogliosa
della mia amica e di
Lauri, di come l’amore avesse potuto fargli realizzare
qualcosa di così puro e
perfetto e in un attimo pensai anche io al giorno in cui avrei avuto in
grembo
una creatura così indifesa, d’istinto mi toccai la
pancia, del tutto assente
per via della danza, ma sorrisi ugualmente, perché un giorno
sarebbe cresciuta
anche lei. Andai a fare una doccia veloce, senza lavarmi i capelli,
altrimenti
avrei fatto morire Paula di fame. Mi recai in camera e mi misi un paio
di blu
jeans ed una maglia rosso bordeaux a maniche corte, indossai gli anfibi
e mi
recai in cucina. Con la coda dell’occhio vidi Paula ancora
sul divano, che
stava riposando, almeno una volta mi aveva dato retta. Preparai un
qualcosa di
leggero, dato che nessuna delle due aveva molta fame. Apparecchiai la
tavola
con una tovaglia bianca, posi due bicchieri da birra sul tavolo, le
posate e
due piatti di porcellana bianca. Mi sedetti vicino alla ragazze, le
spostai una
ciocca di capelli dietro l’orecchio e le sussurrai
leggermente che il pranzo
era pronto. Paula si stropicciò gli occhi come un bambino e
sorrise, ci alzammo
entrambe dal divano per poi goderci il pranzo. Durante il pasto
regnò un soave
silenzio, a romperlo era solo il cantare dei dolci passerotti che
svolazzavano
sul tetto, era tutto così piacevole e leggero, mi sentivo
appagata e
soddisfatta, il solo passare del tempo con la mia migliore amica mi
faceva
dimenticare di tutto il caos che albergava nel mio animo, a cui ora non
volevo
pensare.
-Lauri
sta lavorando? –le chiesi mentre mi accingevo a
sparecchiare la tavola, portando in cucina le posate.
-Sì
è a casa di Aki per un progetto musicale, sai è
parecchio impegnato e si sente anche in colpa a lasciarmi da sola ogni
tanto,
ma io preferisco restare qui –rispose mentre mi passava i
bicchieri con i
piatti, restando seduta, anche perché altrimenti
l’avrei sgridata.
-Ma
che cucciolo che è –risi aprendo il lavello
–si
preoccupa il piccino –continuai pulendo per bene tutte le
stoviglie.
-Ascolta
Ary, questo pomeriggio c’è un’esibizione
di
skateboard al parco e dovrebbe esserci Bam a gareggiare, vogliamo
andarci così
esco da questa cella di isolamento? –mi chiese ridendo. Le
feci cenno di sì con
la testa, mi erano sempre piaciute queste esibizioni e poi ero contenta
di
scambiare quattro chiacchiere con Bam, era un pazzo scatenato, ogni
volta ne
combinava una delle sue ed io a piegarmi dal ridere come una iena.
Finii di
lavare i piatti, li asciugai e li riposi negli appositi ripiani.
Aspettai Paula
che si era andata a cambiare, mentre io mi mettevo un leggero filo di
matita
sugli occhi. La mia amica uscì dalla sua camera, indossava
una maglia grigia,
lunga fino a metà coscia, che evidenziava leggermente il
pancione, un paio di
legghins neri e delle converse rosse a stivaletto. Uscimmo da casa e ci
dirigemmo verso il parco. Era davvero gigante, uno spazio verde
contornato da
alberi in fiori che coloravano tutto il dipinto, sulla destra
c’era un piccolo
chiosco in legno dove servivano delle bevande, a sinistra, invece si
poteva
notare un grazioso parco giochi, arricchito di altalene e scivoli. Ci
inoltrammo nel verde, dove trovammo la pista da skate tutta allestita,
nella
rampa potevamo notare dei ragazzi che la stavano testando, erano
davvero bravi.
-Dio
ma questi ragazzi non hanno nulla di meglio da fare che
trovare un metodo per rompersi le ossa del collo?
–domandò Paula carezzandosi
il pancione, come se volesse rassicurare la creatura che portava in
grembo. Le sorrisi,
mentre dalla borsa tiravo fuori il tabacco. Ne misi un po’
nella cartina e poi
iniziai a rollarla.
-Stai
tranquilla tesoro, ci sanno fare questi bimbi qua,
soprattutto uno di mia conoscenza che però non vedo, molto
probabilmente si è
ritirato per paura di rompersi un’unghia –risi
continuando a girarmi la
sigaretta. La portai verso la bocca per leccare la colla, quando sentii
improvvisamente un braccio cingermi il collo.
-Ma
ci sono le mie due fan numero uno qui, che onore ragazze
–esclamò Bam compiaciuto della nostra presenza.
Era vestito come un classico
skater, jeans larghi tenuti a vita bassa, delle vans old skool nere
come quelle
che avevo io, indossava una maglia nera a maniche corte ed in testa non
poteva
mancare la sua cuffia. Poggiò un piede sullo skateboard,
facendolo saltare in
alto per poi prenderlo al volo con la mano sinistra, dove portava un
guanto con
le dita tagliate. Adoravo quel ragazzo, la sua pazzia mi regalava
sempre delle
grandi e fragorose risate, facendomi dimenticare qualsiasi pensiero o
problema
che incombeva nella realtà. In un istante fui catapultata
indietro nel tempo,
ricordando le infinite serata passate insieme quando ancora io e Ville
eravamo
dei semplici conoscenti e se ora mi trovo in questa situazione, a
vivere un intreccio
tra gioia e dolore, devo odiare e ringraziare lui allo stesso tempo e
nulla,
come all’ora, mi farà cambiare idea sul fatto che
lui fosse innamorato di Ville
quanto lo ero io. Lo ammirava in tutto e per tutto, cercando di
assomigliargli
il più possibile, nei modi di vestire e di fare, d'altronde come dargli
torto? Fossi un uomo
anche io cercherei di imitarlo, ma ogni tentativo sarebbe risultato
vano per il
semplice fatto che tutti gli altri erano solo degli essere umani, lui
invece
era la perfezione.
-Bam
non spaccarti un osso –esclamai mentre leccavo la
cartina –sai che non ti aiuterei –risi chiudendola.
Dio quanto mi divertivo a
prenderlo in giro, ci stuzzicavamo di continuo e puntualmente ci
ritrovavamo
piegati in due con le lacrime agli occhi, come due veri e propri idioti.
-Ary
ma dai poverino, è pericoloso sai? –mi
rimproverò
Paula, preoccupata per la salute di Bam. Giorno dopo giorno veniva
fuori il suo
istinto materno, trattando tutti come fossero figli suoi e la cosa mi
regalava
un nuovo sorriso, consapevole del fatto che sarebbe stata una mamma
perfetta,
affiancata da un uomo che tutte penso avrebbero voluto come compagno e
padre
delle proprie creature … tutte tranne me, troppa era
l’amicizia che ci univa da
non riuscire mai a vederlo al mio fianco come l’uomo con cui
condividere la mia
vita, forse perché il destino lo aveva reso parte di me in
ben altri modi,
quasi che iniziavo a crederci a tutte queste nozioni trascendentali.
-State
tranquille ragazze, sono un professionista –ci
rassicurò il ragazzo, facendoci l’occhiolino,
mentre si dirigeva verso la
rampa. Dalla tasca dei pantaloni tirai fuori un accendino, lo portai
verso la
sigaretta per accenderla, ma ogni tentativo fu vano, probabilmente si
era
scaricato. Feci per cercarne uno nuovo nella borsa, quando
d’un tratto me ne
vidi uno davanti agli occhi con la fiamma accesa. Avrei riconosciuto
quella
mano da lontano un miglio, poiché il pallore che la
contraddistingueva dalle
altre era un qualcosa di sovraumano. Con la coda dell’occhio
studiai quella
figura, fino ad incontrare il suo sguardo glaciale, che mi
entrò dentro come
una lama tagliente, senza recarmi alcuna ferita.
-Sembra
che tu sia accorto di gas –esclamò con la
sigaretta
ancora in bocca, dalla quale usciva del fumo grigio. Paula si
voltò verso di me
e sgranò gli occhi, come se potesse percepire il mio stato
d’animo, che era un
misto tra felicità e disperazione allo stesso tempo, tanta
era la voglia di
vederlo quanta quella di evitarlo.
-Ville
dì qualcosa al tuo amico, si farà male
–esclamò la
mia amica preoccupata, pregandolo con gli occhi. Il ragazzo per tutta
risposta
rise, scrollando un po’ di cenere dalla sigaretta, quasi
terminata.
-Ha
già battuto la testa quando era piccolo, qualche ossa
rotta non sarà poi la fine del mondo –rispose
buttando il mozzicone a terra,
spegnendolo con una scarpa. Sorrisi anche io, non tanto per la battuta
di
Ville, quanto per la preoccupazione di Paula che stava vivendo
un’angoscia
assurda, eppure lei era voluta venire qui. Feci una carezza sulla
guancia della
mia amica, rassicurandola.
-Tranquilla,
sì Bam sarà pure fuori di testa, ma non si
farà
male, è un professionista in queste cose fidati
–esclamai cercando di
infonderle tutta la mia energia positiva, quella poca che mi era
rimasta. La
ragazza si calmò e calò tra noi un soave
silenzio, intenti tutti e tre ad
osservare l’esibizione e sperare che il nostro amico non si
facesse male.
Dentro di me si stava scatenando una guerra cosmica, la ragione che mi
consigliava di stare alla larga da Ville, vedendolo come un pericolo
mortale
per il mio animo, troppe erano le delusioni e sofferenze che mi aveva
inflitto
, dall’altra parte c’era il cuore, bramoso della
sua presenza, necessitava di
succhiare il nettare vitale che ogni giorno gli permetteva di battere
per far
funzionare ogni parte vitale del mio corpo e più mi
convincevo a
tranquillizzarmi, più questi due titani si scagliavano colpi
violenti, che mi
logoravano dentro, come se volessero uccidermi. Senza neppure
accorgermene
stavo sudando come un dannato in preda all’agonia e la cosa
che più mi
tormentava, era nel sentire quello sguardo infernale che continuamente
vegliava
su di me, non potevo nascondere nulla perché nessuna
emozione sarebbe sfuggita
a Ville, che con il suo potere percepiva qualsiasi cosa, anche il
desiderio più
innocente. Mi misi una mano sulle tempie, massaggiandole leggermente,
cercando
di placare tutto quel caos interiore, senza riuscirci.
-Vado
a prendere qualcosa da bere, tu Paula vuoi qualcosa?
–domandò il ragazzo prendendomi per un braccio,
obbligandomi ad andare con lui.
La ragazza ordinò un tè al limone e, senza
opporre alcuna resistenza né
proferendo parola, mi lasciò andare assieme a Ville, sapendo
benissimo che
l’unico modo per placare tutta quell’angoscia, che
lei anche aveva avvertito,
era stare assieme a lui.
Percorremmo
il viale alberato in totale silenzio, con
attorno al collo il braccio totalmente tatuato di Ville, che mi
stringeva a sé,
come per non farmi scappare via. Mi stavo riprendendo pian piano, in
quell’abbraccio potevo avvertire tutta l’energia
positiva che andava a toccare
le viscere più profonde, conferendomi quella spensieratezza
che solo in sua
compagnia riuscivo a raggiungere. Il ragazzo mi diede un delicato bacio
sulla
guancia, facendomi rabbrividire a causa delle sue labbra tanto
infuocate quanto
gelide. Non appena le tolse, il mio corpo le bramava ancora una volta,
schiavo
della passione più che mai, sentiva il bisogno di unirsi al
corpo del ragazzo,
per appagare il suo desidero e tutto questo sarebbe stato meno
angosciante, se
non fosse per il fatto che il cervello mi ricordasse continuamente che
quell’uomo non era mio e, scaduto il tempo, non lo avrei
potuto più sentire
dentro di me, lasciando che la tristezza mi uccidesse a poco a poco.
-Stai
ancora pensando, se vuoi che tutta questa agonia cessi
ti consiglio di smetterla all’istante
–esclamò accendendosi un’altra
sigaretta.
Doveva continuare a puntualizzare il fatto che mi conoscesse
così bene? Non
vedeva che stavo soffrendo come un povero cane? Dio avrei voluto
ucciderlo, ma
non me lo sarei mai perdonato, non tanto per il reato, quanto per il
fatto che
senza di lui sarei diventata un vegetale. Senza ribattere alla sua
affermazione, continuammo a camminare fino a raggiungere il chiosco.
Ville andò
a prendere le bevande, mentre io lo aspettavo, intenta a finire
un’altra
sigaretta, che riusciva a calmare il mio stato d’animo
… i miracoli della
nicotina! Forse era grazie a lei che quell’uomo era sempre
così calmo ed
appagato? Non credo, probabilmente era solo in grado di vivere appieno
ogni
istante del presente, senza tralasciar nulla e senza meditare ad azioni
future
o ricordare vicende passate e se ci fossi riuscita anche io sicuramente
non
starei così ora, ma per colpa del mio essere razionale
cercavo continuamente
risposte a temi del tutto trascendentali ed impossibili, sfidavo le
sorti del
destino, ed esso mi stava dando una bella lezione.
Posai la sigaretta nel posacenere di un
tavolino, mentre Ville si avvicinava verso di me, porgendomi il
tè di Paula e
la birra per me. Ne bevvi un sorso, sentendo la freschezza pervadere il
mio
corpo accaldato dal desiderio,placandolo leggermente. Tornammo verso la
rampa
da skateboard, senza dirci nulla, poiché lui era in grado di
sentirmi
continuamente e di avvertire qualsiasi cosa, cosa che non ero capace di
fare
io, dovendo sempre rompere i beati silenzi con le noiose parole, troppo
scontate e banali.
-Avevo
ragione … -esclamò d’un tratto,
prendendomi per un
braccio ed appoggiandomi ad un tronco di un albero –non
riesci a starmi
lontana, so quanto desideravi vivermi non appena mi hai visto
–proseguì
avvicinando la bocca al mio orecchio sinistro, mentre con la mano
destra mi
carezzava la spalla, fino a scendere fino ai fianchi –quando
capirai che
evitarmi ti è impossibile? Placa questo caos, non lasciarti
manipolare dal
volere della ragione, lei non può capire le sorti del
destino, il tuo cuore sì
–concluse baciandomi, con una dolcezza e passione tale da
renderlo forse il più
bello che mi avesse concesso. Ma io come riuscivo a sopravvivere a
tutto
questo? Come potevo appagare il mio animo irrequieto sapendo che fra
meno di
due settimane tutta quella magia, quella spensieratezza, quella
passione si
sarebbero spente in un sovrastare di ricordi che mi avrebbero
tormentato fino a
straziarmi. Non volli chiedergli nulla, perché niente ora
doveva rompere
quell’attimo di pace che si era generato, tanto da non voler
sciogliere le mie
labbra da quel bacio. Fu Ville a staccarsi da me, sorridendo,
carezzandomi
delicatamente la guancia con il dorso della mano.
-Andiamo,
altrimenti la tua amica chiama la polizia per
tentato rapimento –rise prendendomi la mano, stringendola
contro la sua. Avrei
tanto voluto dirglielo, confessare il mio amore per lui a parole, ma
forse non
ce n’era bisogno, perché lui sapeva già
tutto, l’unica a non capire cosa
provasse nei miei confronti ero proprio io, perfino Paula conosceva i
suoi
sentimenti verso di me, ma la mia testardaggine era talmente forte da
volerci
arrivare a tutti i costi da sola, spremendo le meningi come dei chicchi
d’uva
pronti per divenire mosto. Arrivammo alla rampa e trovammo Paula
intenta a
chiacchierare con Bam, il quale si stava asciugando il sudore con un
asciugamano da viso. Non appena vide Ville, gli saltò al
collo, urlando come
una quindicenne quando si trova faccia a faccia con il proprio idolo.
-Amico
mio, mi sei mancato tantissimo –esclamò ridendo,
anche se solo chi li conosceva veramente avrebbe capito che stesse
scherzando,
visto il modo con cui lo stringeva. Ville, per tutta risposta, gli
diede dei
colpetti sulla schiena, esprimendo in modo più sostenuto il
suo affetto.
-Mamma
mia non fare mai più tutte quelle acrobazie Bam, ero
in pena per te –esclamò Paula, toccandosi il
pancione –tu non hai visto nulla
–sussurrò al piccolo che portava con
sé. Era il più bel gesto che avessi mai
visto in tutta la mia vita, rassicurare il proprio figlio ancora prima
di darlo
alla luce, mettendolo in guardia di tutte le avversità che
avrebbe poi
incontrato là fuori, consapevole già del fatto
che avrebbe avuto due grandi
figure meravigliose pronte ad accompagnarlo in qualsiasi percorso
avesse
intrapreso.
Fu
davvero una bellissima giornata, che si concluse dentro
ad un locale, tra una birra ed una chiacchiera qua e là,
raggiunti poi da Lauri
che, finalmente, aveva finito di lavorare. Era tutto esattamente come i
vecchi
tempi, quando nessuna preoccupazione affliggeva nessuno, o almeno non
tormentava me. Le pazzie di Bam, le raccomandazioni di Paula e Lauri
riempivano
tutto il vuoto che si era creato in quei due anni di totale alienazione
dalla
realtà, facendomi ricordare tutte le risate e le emozioni
che ogni giorno erano
riusciti a regalarmi, solo standomi accanto, perché mi
bastava la loro presenza
per poter affrontare tutte le avversità che mi stavano
colpendo. Erano davvero
speciali, ognuno in un modo particolare ed io li adoravo più
della mia stessa
vita, che sarei stata pronta a rischiare qualora ne avessero avuto
bisogno,
come gesto di gratitudine per tutte le meraviglie che mi avevano
permesso di provare.
Eccomi di
nuovo tra voi miei carissimi lettori!!
Eh
sì, è passato parecchio tempio, ma tra intoppi
vari sono tornata di nuovoooo
Vi
è mancato il caro presuntoso eh?
Lo
so, fa questo dannato effetto a tutti il saccentone qui presente e fa
salire alquanto il veleno, o come dice la pischellina "il nazismo"!!!
Beh
prima di tutto volevo ringraziare tutte coloro che mi seguono e mi
sostengono in questa mia storia un po' travagliata,
chiunque
voglia buttarsi in questo "strazio" è ben accetto XD
Buona
lettura!!!
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Capitolo 8 *** "Fidati di me" ***
Slaves
Capitoli
Capitolo 8
Passarono due giorni, Ville
stette parecchio a casa di
Paula, dato che aveva ripreso a lavorare al progetto insieme a Lauri,
così io
ne approfittai per poter passare del tempo con la mia amica, che avevo
trascurato quest’ultimo periodo, troppo intenta a cercare
delle risposte
impossibili. Avevo proprio bisogno di lei, di una figura femminile che,
come
una sorella, mi guidasse passo dopo passo, pronta ad affrontare
qualsiasi
pericolo. Era preziosa più del diamante più
costoso e meraviglioso che si
potesse trovare in natura. Nonostante la presenza di Paula, nel mio
corpo
continuava a regnare il caos, le due grandi entità a volte
mi davano un momento
di respiro, acquietando le loro forze irrequiete per un istante, per
poi
scatenarla in maniera più violenta, senza alcuna
pietà per il mio povero animo,
troppo stanco per sopportare ancora. Stetti poco insieme a Ville, anche
perché
avevo ancora bisogno della nostra intimità, nonostante Lauri
e Paula avessero
capito tutto, volevo conservare gelosamente il fatto che ci vedevamo,
come
un’adolescente che nasconde ai proprio genitori la sua prima
infatuazione e
anche perché la ragione, superiore e brutale, mi faceva
ricordare tutte le
sofferenze recatomi, facendomi sempre più male.
Quella sera me ne stavo seduta
sulla sedia della sala da
pranzo, intenta a chiacchierare del più e del meno con Paula
e Lauri, entrambi
abbracciati sul divano, quando ad un tratto ricevetti una chiamata da
Ville,
che mi diceva di scendere dato che era venuto a prendermi. Salutai i
miei amici
ed uscii di casa. Lo vidi dentro la macchina, con una mano fuori dal
finestrino, in cui teneva una sigaretta fumante. Salii in macchina,
senza dire
nulla e lui fece lo stesso. Non riuscivo a capire cosa stesse
accadendo, una
confusione enorme si impossessò di me, riuscendo per un
attimo a placare il
combattimento interiore. Arrivammo a casa sua, Ville prese le chiavi ed
aprì la
porta. Vidi sopra il tavolinetto, posto davanti al divano in pelle
bianca, due
bicchieri di vetro riempiti con del Jack Daniel’s. Sembrava
avesse programmato
un qualcosa di cui io, come sempre d’altronde, non ne ero a
conoscenza, la
misteriosità che lo contraddistingueva però mi
aveva sempre affascinata e fatto
innamorare come non mai. Ville mi precedette, sedendosi sul divano, con
la sigaretta
ancora in bocca, fece cenno con la mano di avvicinarmi a lui.
Sinceramente
avevo paura, non potendo nemmeno immaginare che cosa avesse in mente,
sentivo
il cuore battermi in gola e il mio corpo iniziò a tremare
tutto, impedendomi
qualsiasi movimento netto e deciso, la mia mente fu pervasa da mille
possibilità, centinaia di domande infastidivano il mio animo
che cercava in
tutti i modi di raggiungere la tranquillità tanto agognata.
Per la forza di
inerzia, riuscii a muovere i primi passi, raggiungendolo sul divano.
Senza dire
una parola mi porse il bicchiere pieno di liquore, mentre con
l’altra mano
buttava via un po’ di cenere, facendola cadere elegantemente
dentro al
posacenere. Avvicinò il suo bicchiere al mio, facendoli
sbattere insieme delicatamente
per poi portarselo verso la bocca e bere un po’ di Jack.
Rimasi immobile, non
avevo neppure la forza di avvicinarmi il bicchiere, ero troppo agitata
per bere
e rilassarmi, volevo sapere a cosa dovevo tutto questo. Ville spense la
sigaretta dentro il posacenere, buttando fuori l’ultima
coltre di fumo, poggiò
il calice sul tavolinetto e mi guardò. I suoi occhi di
ghiaccio mi lacerarono
la carne, aprendo una ferita che difficilmente si stava rimarginando,
fui
catapultata indietro nel tempo, al giorno cui mi confessò il
suo tradimento e
tutto quel contesto sembrava essere talmente reale da far lacrimare i
miei
occhi ancora una volta. Posai il bicchiere sopra il tavolo e feci per
andarmene, se non fosse per il fatto che Ville mi afferrò
per un braccio e mi attirò
a sé, stringendomi tra le sue braccia, come volesse
proteggermi, ma purtroppo
ora non ero in grado di vederlo come l’uomo capace di
regalarmi la
tranquillità, in mente mi era ritornata la figura
dell’assassino che aveva
ucciso il mio cuore e se aveva ora intenzione di farlo di nuovo, che lo
facesse
all’istante.
-Perché cerchi
sempre di evitarmi? Non riesci ancora a
capirlo che più ti nascondi da me, più il tuo
cuore batte più faticosamente?
–domandò poggiando le mani sulle mie guance,
alzando il volto verso di lui.
Notò i miei occhi bagnati ed arrossati, con i pollici li
asciugò, accennando un
leggero sorriso.
-Ville … -esclamai
staccandomi dalla sua presa, abbassando
lo sguardo, sfuggendo da quegli occhi di ghiaccio che continuavano a
fissarmi
con fare interrogativo, cercando di capire perché mi stessi
nascondendo.
Il cuore mi implorava di
rilassarmi, di stargli accanto,
poiché aveva bisogno di ossigeno e linfa per poter adempire
ai proprio compiti,
mentre il cervello mi avvertiva di stargli lontana, mi stuzzicava tutti
i
lividi segnati sul mio animo, supplicandolo di smettere, tanto era il
dolore e
la pena che stavo provando.
-Ho paura … paura
che tu possa ancora farmi del male
–risposi prendendo coraggio, sfiorando i suoi occhi, che mi
penetravano sempre
più fin dentro le viscere –cerco sempre in tutti i
modi di poter vivere questo
agognato presente, di rilassarmi il più possibile, ma
puntualmente i pensieri
riaffiorano, ricordandomi quanta sofferenza ho provato …
-proseguii con voce
tremante. Stavo piangendo di nuovo e mi maledii ancora,
perché non volevo farlo
davanti a lui.
Il ragazzo si
avvicinò a me, facendomi indietreggiare sul
divano, fino a che non fui bloccata dal bracciolo. Ero in trappola,
qualsiasi
tentativo di fuga fu vano. Sentii il respiro di Ville sopra di me, il
suo corpo
sopra il mio, la sua bocca a un centimetro dalla mia fronte.
Carezzò la
guancia, scendendo fino alle spalle, i fianchi, si spostò
verso la pancia
assente, andò sotto la mia maglia, salendo fino al cuore,
dove poggiò la mano.
Sorrise.
-Perché ti rifiuti
sempre di ascoltarlo? Hai bisogno della
mia presenza per far sì che lui batta senza nessuna fatica
–avvicinò la bocca
alle mie labbra, senza toccarle –Ary mettitelo bene in testa,
sei stata
affidata a me ed ogni volta che cerchi di evitarmi, diventi debole
istante dopo
istante, perché tu hai bisogno di me, tu …
-proseguì poggiando l’altra mano
sotto la mia maglia –non potrai mai smettere di amarmi
–concluse baciandomi.
Colpita. Stesa. Affondata
ancora una volta. La ragione
continuava ad essere dalla sua parte, mostrando di nuovo la sua
superiorità.
Dannazione perché non poteva sbagliare almeno una volta?
Perché doveva
conoscere tutti i miei pensieri così bene? Più lo
odiavo e più l’amore nei suoi
confronti accresceva sempre di più, raggiungendo livelli
estremi. Ero
totalmente schiava del suo volere, imprigionata nel vortice del suo
amore,
senza nessuna via di fuga. Una passione immensa e incessante, coinvolse
entrambi i nostri corpi, facendoci alzare dal divano, senza rompere
quell’armonia, che si creava ogni volta che le nostre bocche
si sfioravano,
acquietando il dominio della ragione, lasciando libero sfogo al cuore e
al
desiderio. Eravamo totalmente estranei dal mondo terreno, catapultati
in un
universo tutto nostro. Senza neppur renderci conto ci ritrovammo in
camera da
letto. Ville mi adagiò sul letto, togliendomi i pantaloni,
mentre io gli
sfilavo la maglia, in meno di un secondo eravamo già nudi,
pronti ad unirci di
nuovo. Il ragazzo poggiò il suo bacino contro il mio,
portando la sua bocca
accanto al mio orecchio, mentre con una mano mi carezzava la fronte.
-Sei mia, ricordalo
–mi sussurrò dolcemente, sorridendo.
Non ci furono più
parole, tutta la magia che veniva
creandosi era animata dal movimento dei nostri corpi che si dimenavano
insieme,
ubbidendo alla passione loro padrona, che li guidava nel tortuoso
cammino del
desiderio. Gli ansimi leggeri e delicati andavano rompendo il silenzio
della
stanza, colorando sempre di più quell’atmosfera di
pace che finalmente era
riuscita a mostrarsi, dopo un caos incessante, in tutta la sua essenza.
I
pensieri smisero di tormentarmi, completamente abbandonata
all’amore e alla
passione, mi dimenticai del male subito, del fatto che Jonna sarebbe
tornata
tra pochissimi giorni. Nulla, non mi importava più di nulla.
Fare l’amore con
lui mi faceva dimenticare ogni cosa, riuscivo solo a ricordare quanto
stessi
bene, quanto fosse essenziale per me sentirlo sul mio corpo, viverlo.
Le ferite
si rimarginavano, il dolore si placava, tutto quanto riacquistava forza
e
vigore, come tanti anni fa.
Dentro di me regnava la pace
perpetua, il conflitto tra le
grandi potenze sembrava essere cessato, interrotto dalla passione che
con la
sua saggezza e forza riusciva a trovare un compromesso tra le due.
Stirai le
mie piccole e corte gambe, intrecciandole con quelle chilometriche di
Ville che
mi guardò sorridendo, mentre con la mano sinistra giocava
con i miei ricci
castano ramato, intrecciandovi le dita come se fosse un bambino. Gli
carezzai
il braccio completamente tatuato con l’indice, mentre con la
coda dell’occhio
scrutavo il suo esile corpo, caratterizzato da un eccessiva magrezza,
non che
il mio fosse da meno in quest’ultimo periodo, dato che volevo
raggiungere i
canoni fisici di una ballerina. Il ragazzo sorrise, socchiudendo
leggermente
gli occhi. Avvicinò il volto al mio petto ancora scoperto,
poggiandovi
delicatamente.
-Ary, l’unico modo
per uscire da queste ansie è fidarti di
me –esclamò poggiando la mano destra sul mio seno
sinistro –la ragione, non
volendo essere messa da parte, cercherà sempre di ricordati
tutto il dolore e
le ferite che ti avevo provocato e che, purtroppo, so che sanguinano
ancora
–proseguì cingendomi i fianchi con le braccia
–sappi che non voglio farti del
male, non potrei mai perdonarmelo –mi strinse a
sé, dandomi un leggere bacio
sul ventre.
Per la prima volta, sentii la
sincerità in quelle parole,
entrandomi in testa e facendomi ricordare quanto io lo amassi alla
follia. Ora
come ora, l’unica cosa da fare era quella di accettare il
fatto di essere sua,
di appartenergli ormai fino alla morte, cercando di viverlo al meglio
in questo
arco di tempo, provvedendo dopo a leccare le nuove ferite che mi
sarebbero
state inflitte. Sì era certo che avessi sofferto di nuovo,
perché Jonna sarebbe
tornata a tormentare la mia vita, schiacciandomi sotto la sua
prepotenza, ma mi
resi conto che preferivo morire dal dolore piuttosto che non poter
vivere al
suo fianco in queste due settimane che il destino mi aveva regalato,
quasi che
iniziavo davvero a crederci a tutti questi concetti metafisici. Mi
stirai le
braccia, per sciogliere un po’ la tensione, mi accoccolai
vicino a lui,
sentendo il suo odore entrarmi nelle vene, il quale cullava ogni parte
vitale
fino ad addormentarla. Ville mi diede un delicato bacio sulla fronte,
facendomi
leggermente rabbrividire, tanto era la freddezza delle sue labbra, per
poi
stringermi in un abbraccio, poggiando il suo mento sopra la mia testa.
-Buonanotte Darling
–disse per poi chiudere gli occhi
assieme a me.
Fu la notte più
bella che avessi mai passato assieme a lui,
stretta al suo corpo perfetto, accoccolata in quell’abbraccio
che non si
sciolse fino al mattino. Ero riuscita a contare i suoi respiri, i
battiti
incessanti del suo cuore, che a volte sembrava battesse in sincronia
con il
mio, il quale appagato e soddisfatto, stava riacquistando tutta
l’energia di
cui aveva bisogno. Era tutto così perfetto, tutta
l’atmosfera profumava di una
vicenda già vissuta, che rinsaviva il mio animo, cullandolo
nelle dolci braccia
del passato, così lontano da poter raggiungere di nuovo. Il
giorno seguente mi
sveglia rilassata, poggiai una mano nella parte del letto dove dormiva
Ville,
per accertarmi della sua presenza. Vuoto, probabilmente si era
già alzato. Feci
un enorme sbadiglio e mi sgranchii le gambe, allungandole quanto
più potevo.
Girai lo sguardo verso il comodino, trovandovi una tazza di
caffè latte, ancora
fumante. Sorrisi felice, soffiai sulla bevanda e ne bevvi un sorso.
Avvertii un
leggero strimpellio di chitarra provenire dal salone, accompagnato da
una voce
cupa e penetrante che mi entrava in testa, risvegliando le viscere
più
profonde. Mi alzai dal letto, rivestendomi con i miei soliti jeans ed
una
maglia rossa bordeaux a maniche lunghe. Presi la tazza dal comodino e
raggiunsi
Ville in cucina. Lo ritrovai seduto sul divano, a dorso nudo, vestito
solo un
paio di pantaloni neri strettissimi. Le sue mani carezzavano le corde
della
chitarra con estrema decisione, ricercando l’accordo
più perfetto per la sua prossima
composizione. Non era solo, Bam era venuto a fargli visita, intento ad
ascoltare con precisione la nuova melodia. Vestito sempre con i suoi
jeans
larghi ed una maglia a maniche lunghe grigia, dove la centro vi era
raffigurato
un Heartagram. Alzò lo sguardo verso di me, non sorpreso di
vedermi lì,
sorridendo.
-Buongiorno splendore!
–esclamò salutandomi con la mano.
Ville girò il capo in mia direzione, augurandomi il
buongiorno con un soave
sorriso che fece vibrare ogni parte del mio corpo, perfino le
più piccole
cellule in fase di duplicazione. Bam si alzò in piedi e,
facendo come fosse a
casa propria, andò in cucina per poi tornarsene con due
bottiglie di birra
ghiacchiate. Una ne tenne in mano e l’altra la
posò sul tavolinetto per Ville.
Ancora mi chiedevo come facevano a bere alcol a prima mattina, al solo
pensiero
mi saliva la nausea.
-Qualcosa non va,
Ary?–chiese Bam annuendo alla smorfia
apparsa sul mio volto. Ville per tutta risposta si mise a ridere,
prendendo la
bottiglia, sorseggiandone un po’.
-Lascia stare, è una
leggerina –esclamò scherzando
–è una
creatura delicata lei, ha bisogno del suo bel latte e caffè
caldo e fumante, al
solo vedere un goccio di birra la mattina, le se attorcigliano i
visceri,
facendola quasi vomitare –concluse guardandomi di nuovo,
colpendomi con quegli
occhi.
Maledettamente ragione, di
nuovo. Mi conosceva davvero
troppo bene, non avevo ormai più segreti per lui, ricordava
perfino le piccole
gesta quotidiane che caratterizzavano il mio vivere. Per tutta risposta
sorrisi, mi faceva piacere il fatto che rimembrasse ancora le cose
più
semplici, che non mi avesse mai dimenticato? Non potevo saperlo, non ne
ero in
grado, troppo ancorata al mondo della razionalità meschina.
Ville appoggiò la
chitarra ad un bracciolo del divano, si
alzò in piedi e, venendomi vicino, mi strinse in un
abbraccio, come per
aiutarmi a svegliarmi, ancora troppo assonnata. Bastò essere
di nuovo tra le
sue braccia per scacciare un altro nuovo dubbio dalla mia mente,
facendo
respirare il mio animo. Il mio corpo era totalmente rilassato,
abbandonato in
quella stretta che sembrava non allentarsi mai. Le sue labbra gelide si
posarono sulla mia fronte, marcandomi con un delicato bacio, segnando a
vita la
mia appartenenza a lui.
-Buongiorno Darling
–esclamò con la sua voce cupa e
penetrante, svegliando pian piano anche le parte più
dormienti del mio corpo.
-Ciao Ville –gli
risposi sfiorandogli il naso, potendo
avvertire il suo respiro ed il suo odore, tanto piacevoli quanto
pericolosi
allo stesso tempo.
La tranquillità,
quanto l’avevo cercata ed era davvero
incredibile che riuscissi a raggiungerla solo accanto a lui,
all’uomo che mi
uccideva e mi faceva sentire viva allo stesso tempo. Era tutto
così strano, ma
maledettamente perfetto, tanto da dimenticare che non fosse mio,
ritornando
indietro nel tempo, quando la mattina Bam si precipitava a casa nostra,
facendo
colazione con noi, interrompendo sempre la nostra intimità,
ma a noi non
importava, perché sapevamo che non lo faceva con cattiveria,
consapevoli del fatto
che avremmo recuperato una volta andato via. Mi fece male ricordare
però,
affacciarmi ad un passato ormai troppo lontano ed irrecuperabile, pieno
di
ricordi che mi logoravano dentro, facendomi sentire sempre
più sola. Pianse il
mio animo, esausto, pregandomi di smetterla. Voleva pace, almeno ora
che Ville
mi stava accanto.
Bevvi un altro po’ di
caffè latte, che nel frattempo si era
freddato, per cercare di rompere un groppo alla gola che si era creato
a causa
di quei pensieri assassini. Mi avvicinai ai ragazzi, poggiando la tazza
sopra
il tavolinetto, guardando Ville dritto negli occhi.
Bam
si alzò dalla
poltrona, prendendo con sé la bottiglia di birra, non
l’avrebbe lasciata lì per
nessun motivo al mondo.
-Beh ragazzi, vi lascio, mi
raccomando non mancate stasera,
devo darvi un ultimo abbraccio prima che parta, so che non resisterete
senza di
me–rise salutandoci con la mano, uscendo dalla porta.
Quella sera dovevamo andare
alla festa di addio di Bam,
organizzata nel pub della città, dove passavamo le nostre
serate. Il giorno
dopo sarebbe dovuto partire per gli Stati Uniti. Avrebbe lasciato un
grande
vuoto, ma finalmente era riuscito a realizzare il suo sogno, andare
nella
grande Mela per potersi misurare con altri skater del suo livello,
perfezionando sempre più la sua tecnica, diventando il
migliore. Mi sarebbe
mancato, perché nonostante la sua pazzia era un ottimo
amico, sempre pronto a
dedicarmi del tempo, a strapparmi un sorriso, convincermi che sarebbe
andato
tutto bene anche quando dentro mi sentivo di morire. Ricordo ancora il
giorno
in cui venni a conoscenza del tradimento di Ville, nonostante fosse un
idolo
per lui, Bam provò un odio immenso, una rabbia davvero
incontenibile, più
grande della mia delusione e sofferenza. Da lì capii che
dietro a quel giullare
si nascondeva in realtà un ragazzo sensibile, che mi voleva
davvero molto bene.
Ville riprese la chitarra,
ricominciando a strimpellare
qualche nota, mentre canticchiava qualche verso. Io mi feci una
sigaretta con
quel poco di tabacco che mi era rimasto, aprii la porta finestra ed
uscii in
giardino. Il sole baciò il mio volto, irradiandomi di tutto
il suo splendore.
Portai la sigaretta alla bocca, mentre osservavo le piante del giardino
di
Ville, che rappresentavano la perfezione assoluta, come lo era lui del
resto.
Non sarei mai voluta andarmene da quella casa, volevo marcire il resto
dei miei
giorni lì dentro, solo che non era possibile
perché un ostacolo troppo grande
mi impediva la convivenza con quell’uomo, una barriera di cui
non ero a conoscenza
e che avrei tanto voluto buttar giù. Il cervello si rimise
maledettamente in
moto, facendomi ripensare al ritorno di Jonna, al fatto che lui ora era
suo,
alle mille ferite che, se prima avevano smesso di buttare,
ricominciavano a
sanguinare rapidamente, togliendomi sempre più energia per
poter vivere il
presente. Perché proprio ora che ero finalmente riuscita ad
ascoltare il cuore,
la ragione, offesa e gelosa, doveva ricordarmi la potenza e supremazia
che
aveva su di me, obbligandomi a mettere in moto il sistema nervoso che,
incessantemente, partoriva domande su domande, sommergendo il presente,
del
tutto invivibile. Tremavo, ero agitata, cercavo di aspirare quanta
più nicotina
possibile per ricercare un minino di tranquillità nel fumo,
ma niente, era
tutto inutile. D’un tratto uscì fuori Ville, con
una sigaretta fumante in
bocca. Poté avvertire il mio stato d’angoscia, gli
occhi sgranati, cercavo di
fare degli enormi respiri per impedire al mio animo di morire da un
momento
all’altro.
-Fidati di me, è
l’unico modo –si limitò a dire, senza
toccarmi. Udendo quelle parole, mosso da non so cosa, il mio cuore
iniziò a
battere più velocemente, placando l’ira della
ragione funesta. Solo con la sua
presenza era in grado di dimostrare la sua forza.
Bene cari
lettori, ecco qui un nuovo capitolo!!
Sì,
lo so, sono un disastro, ma tra i vari impegni ho davvero poco tempo
per scrivere e ciò mi fa davvero innervosire :(
Ringrazio
come sempre chiunque leggerà la mia storia e vi prometto
solennemente che non appena l'università mi
concederà un po' di respiro, provvederò a
scrivere!!
Un bacio a
tutti e buona lettura :)
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