A Tooth For A Remember

di Syryus90
(/viewuser.php?uid=456630)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incidente ***
Capitolo 2: *** Il Ragazzo E Il Drago ***
Capitolo 3: *** Oltre L'amicizia ***
Capitolo 4: *** Parte Del Villaggio ***
Capitolo 5: *** Desiderio ***
Capitolo 6: *** Calien (Luminosa) ***
Capitolo 7: *** Snoggletog ***
Capitolo 8: *** Il Destino Si Compie ***
Capitolo 9: *** Ritorno Al Presente ***
Capitolo 10: *** Framenti Dal Passato ***
Capitolo 11: *** L'invasione Di Berk - Parte 1 ***
Capitolo 12: *** Padre Tempo E Il Flusso Temporale ***
Capitolo 13: *** L'invasione Di Berk - Parte 2 ***
Capitolo 14: *** Ti Amerò Per Sempre 1 ***
Capitolo 15: *** Ti Amerò Per Sempre 2 ***
Capitolo 16: *** Un Ultimo Respiro ***



Capitolo 1
*** Incidente ***






La nostra storia, ha inizio dieci anni dopo la caduta di Pitch Black, in un inverno rigido, ma non per questo privo di gioia e divertimento.
I guardiani, dopo la meritata vittoria, tornarono tutti alle loro mansioni; Dentolina tornò con le sue fatine a raccogliere dentini, Sandy tornò a regalare sogni dorati a tutti i bambini del mondo, Nord tornò a creare meravigliosi giocattoli e Calmoniglio tornò alla sua tana per riparare i danni causati dagli incubi del nemico.
Jack Frost, invece, sperimentò il suo nuovo ruolo di guardiano.
Grazie all’aiuto dei sogni di Sandy, e agli inverni che seguirono l’anno della sua investitura di guardiano, Jack poté essere visto da tutti i bambini del mondo.
Ciò lo rese incredibilmente felice; poter scendere dal cielo e giocare coi bambini gli donò un senso di appartenenza che per secoli aveva agognato.
La totale solitudine, che crudele invadeva il suo cuore, semplicemente svanì.
 
E dopo dieci anni, Jack si trovò in un giorno qualunque, a fare ciò che gli era sempre venuto meglio: portare una bella giornata di neve.
I venti lo portavano ovunque volesse, come sempre era stato, facendogli fare acrobazie a testa in giù e regalandogli un meraviglioso senso di libertà assoluta.
Quel giorno, Jack, si fece trasportare da un capo all’altro del mondo, pronto a portare la neve e il divertimento con se, e quel giorno scelse un piccolo paesino di montagna.
 
Il paesino era piccolo, disposto su più livelli; un’unica lunga strada, completamente in salita e con strette curve a gomito, lo percorreva completamente, giungendo fin’oltre le montagne.
Al centro del paese, v’era una piazza dalla forma quadra; un enorme giardino era posto al centro di esso, e una fontana con temi floreali era posta proprio al centro; non scorreva acqua dalla fontana in quel periodo, poiché era congelata e dentro le vasche della fontana dominava il ghiaccio.
Un letto di candida neve ricopriva il giardino circostante.
Le case nei dintorni, parevano piuttosto antiche, fatte ancora in pietra e cemento, alcune stuccate recentemente e ricolorate con colori sobri; da esse si sporgevano dei semplici balconi fatti con assi di legno scuro.
Per tutti i muri del paese spuntavano piccoli rampicanti, probabilmente arrampicatisi nell’arco degli anni; i rametti, tendevano sporadici, tutti ricoperti di fresca neve.
I bambini di quel paese, quel giorno, giocavano allegri al parco; la nevicata li aveva attirati tutti fuori dalle case.
Oltretutto, nessuno di loro si sarebbe mai perso l’occasione di giocare a palle di neve con Jack Frost in persona.
 
Tutto era perfetto, Jack giocava con i bambini del paesino con una naturalezza e un’allegria quasi infantile; con i suoi poteri facilitava la creazione delle piccole sfere per le battaglie, e aiutava coloro che tentavano di creare dei piccoli pupazzi di neve.
Era orgoglioso del proprio lavoro, e mai si sarebbe aspettato che un così lieto giorno potesse cambiare repentinamente.
 
Jack: forza ragazzi – disse formando una palla di neve con la propria mano – palle di neve per tutti!!! – disse lanciando la prima.
La sua incitazione scatenò un’ennesima battaglia collettiva; tutti si stavano divertendo moltissimo, bambini e adolescenti, tra i quali ormai pochi credevano in Jack.
Con l’avanzare della maturità, molti scordavano la meraviglia celata nel mondo, e semplicemente cessavano di vedere i guardiani.
Ma in tutto quel divertimento, senza che nessuno se ne accorgesse, un piccolo bambino, di non più di nove anni, li osservava dalla finestra di camera sua; sul viso aveva un’espressione triste, le braccia incrociate portate sotto il mento per sorreggersi.
Pareva invidioso dei suoi amici; purtroppo lui era a casa malato, aveva contratto l’influenza di quel periodo e finché non fosse passata, non sarebbe potuto scendere in strada a giocare coi propri amici.
 
Jack, nel giocare con gli altri bambini, notò quel viso sconsolato dall’altra parte della strada e, senza farsi notare, si avvicinò di soppiatto; doveva assolutamente fare qualcosa per quel viso infelice, e cosa era meglio di un piccolo e innocente spavento?
Jack: BUH! – disse affacciandosi alla finestra, sospeso a testa in giù.
Bambino: ah! – urlò colto di sorpresa – J-Jack Frost.. – disse una volta ripresosi.
Jack annuì.
Jack: come mai quel muso lungo? – chiese sorridendogli – è una bellissima giornata, non dovresti rattristarti così – fece finta di ammonirlo, premendo un dito sul suo piccolo naso.
Bambino: non posso uscire a giocare, ho la febbre – disse chinando il capo.
Jack: accidenti, mi dispiace – disse appollaiandosi sul bordo della finestra – facciamo così … tu impegnati a guarire, e io ti prometto che quando starai meglio farò nevicare solo per te, ok? – gli propose; avrebbe fatto qualunque cosa per dissipare la tristezza del bambino.
Bambino: da.. davvero? – chiese con occhi sgranati.
Jack annuì.
Jack: certo, e se vorrai – disse avvicinandosi come se gli stesse confidando un segreto – ti porterò a volare con me – gli promise.
Il bambino rimase senza parole, la giornata per lui era cambiata così repentinamente; solo pochi minuti prima disperava per poter uscire a giocare, e ora invece si sentiva al settimo cielo.
Un volo insieme a Jack Frost, e chi se lo sarebbe mai perso?
Bambino: wohooo – esultò – volerò con Jack Frost – continuò ad esultare, nel frattempo un attacco di tosse lo investì.
Jack: Ora cerca di non agitarti troppo, mettiti a letto e abbi pazienza – gli disse ridacchiando votandosi verso l’esterno della stanza – ci vedremo di nuovo quando sarai guarito, ok? – gli disse carezzandogli il capo e sfoderando il proprio sorriso bianco neve.
Il bambino annuì felice; subito, senza neanche aspettare la partenza dello spirito, si infilò sotto le proprie coperte, desiderando che la malattia finisse.
 
Le ore passarono, e il bambino sembrava non volerne sapere di dormire, d’altronde erano solo le quattro del pomeriggio, e lui aveva appena conosciuto di persona Jack Frost, come avrebbe potuto dormire?
Oltretutto udiva fin troppo bene le urla divertite dei suoi amici, non riusciva a pensare  niente se non che fosse ingiusto; lui era li e loro erano fuori a giocare.
Bambino: basta, non voglio aspettare quando sarò guarito – disse scendendo dal letto.
Ratto, si vestì, assicurandosi di mettere dei vestiti pesanti, giusto per non peggiorare la propria salute; scese le scale in punta di piedi, sperando di non fare nessun rumore, non voleva essere fermato dalla madre, voleva uscire a giocare.
Con estrema calma, aprì la porta della casa e la richiuse senza far rumore, e subito percepì l’aria gelida sfiorargli le gote arrossate dalla febbre; aggiustandosi meglio al sciarpa, il bambino attraversò la strada.
 
Da lontano, nel mezzo del parco, Jack lo notò e scotendo la testa gli andò in contro, quel bambino era proprio uno che non mollava, si trovò a pensare.
Nel momento in cui il bambino fù a metà della strada, un camion, parcheggiato in malo modo sul ciglio della strada, in cima alla salita, cominciò a scivolare verso di lui; il camion prese subito velocità e per il bambino non ci fù nemmeno il tempo di pensare.
Un attimo prima stava per correre verso una promettente battaglia di neve, quello seguente stava per essere investito da un camion.
Il terrore lo ancorò sul posto, impedendogli di avanzare o indietreggiare.
 
Jack notò immediatamente il camion e, con lo stupore e il terrore di molti dei bambini, si gettò verso il bambino per spingerlo via prima che il camion lo investisse.
Tutto durò un battito di ciglia.
Il bambino venne sbalzato contro il muro dalle mani dell’albino, mentre quest’ultimo venne investito in pieno dal piccolo camion rosso; l’urto fece rotolare lontano il corpo del guardiano, facendolo impattare ripetutamente col terreno.
Lo stesso valse per il suo fidato bastone, dal quale non si separava mai; esso finì in un angolo, rotto in più pezzi.
Nessuno si sarebbe aspettato un così repentino cambio degli eventi, non in una così bella giornata.
Il panico dilagò in pochi istanti, urla di bambini e pianti si sparsero per tutta la piazza; un solo bambino non piangeva in quel momento; uno che giaceva poggiato col la schiena ad un muro, intento ad osservare uno spirito del gelo, riverso al suolo, con una moltitudine di tagli a ricoprirgli il corpo e con un leggero rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca.
 
I genitori, attirati dal frastuono emesso dallo schianto del camion contro un muretto, si riversarono tutti in strada per assicurasi che i loro figli stessero bene; quando arrivarono, presero ognuno il proprio figlio o figlia in braccio e tentarono di allontanarli, ma niente poterono contro la loro disperazione, meno che meno la madre del bambino salvato dal guardiano.
 
In tanti secoli, non era mai successa una cosa del genere nella storia dei guardiani, e ciò si riflesse immediatamente sul globo delle luci, situato al centro della fabbrica di Nicola S. Nord.
Una piccola luce azzurra aveva preso a lampeggiare sul globo, insistente ed intermittente.
Gli yeti, notando quell’’anomalia, corsero a chiamare Nord per avvisarlo.
Nord subito si allarmò, ratto corse verso la sala del globo e si mise a studiare gli strumenti in cerca di una risposta.
Nord: Shostakovich, cosa sta succedendo qui? – si chiese notando che niente di anomalo interferisse con il pannello di controllo del globo.
La risposta, in quel momento, arrivò dall’entità più improbabile di tutte; Manny.
Un fascio di luce illuminò l’interno della fabbrica, posandosi sull’effigie dei guardiani, posta al centro del pavimento della sala del globo; da questa, uscì un cristallo purissimo.
Questo, venne inondato dalla luce della luna, e subito sopra di esso, delle immagini apparvero, mostrando Jack riverso al suolo, ferito.
Nord si allarmò ulteriormente, rimanendo quasi senza fiato; le nocche si sbiancarono da quanto stringeva i pugni, mentre con lo sguardo guardava impotente ciò che era accaduto all’amico guardiano.
Nord: usate il richiamo dei guardiani immediatamente, e quando loro arriva mandate Calmoniglio a prendere Jack – ordinò ai due yeti alla sua sinistra – voi due – disse voltandosi verso i due yeti alla sua destra – andate a preparare subito una stanza, chiamate lo yeti Gill e dite lui che è una emergenza – ordinò loro.
Quando gli yeti furono andati, Nord si rivolse direttamente all’uomo nella luna.
Nord: può essere curato – gli chiese.
Manny, per rispondere a quella domanda, cambiò l’immagine mandata dal suo fascio di luce e questa volta mostrò il bastone di Jack, abbandonato in un angolo, rotto in più parti.
Subito dopo, Manny mostrò a Nord il luogo in cui aveva riportato in vita Jack.
Il messaggio era chiaro, il bastone del guardiano del divertimento, andava riportato al laghetto d’origine; una volta li, lui l’avrebbe sistemato.
Una volta che il bastone fosse tornato integro, così sarebbe tornato anche Jack.
Nord sospirò, la prima cosa da fare in quel momento, era portare Jack in un posto sicuro, dove avrebbe potuto riprendersi in tranquillità; in seguito avrebbero potuto recuperare il suo bastone.
 
Di li a poco, un tunnel si aprì vicino ai piedi di Nord, e da esso spuntò fuori Calmoniglio.
Calmoniglio: Nord, per tutte le uova, cosa succede? Perché ci hai chiamati? – chiese mentre dipingeva una delle sue uova.
Nord: Jack è in pericolo, devi andare subito a prenderlo – rivelò al coniglio.
Calmoniglio: cosa? – chiese; le lunghe orecchie, tesesi alla rivelazione, si afflosciarono all’indietro con molta lentezza – cosa gli è accaduto? – chiese.
Nord: io non so, so che è ferito e dobbiamo curare lui, presto – disse gesticolando agitato con le mani.
Calmoniglio venne informato dell’ubicazione del giovane guardiano, e subito partì.
 
Nel villaggio di montagna, nel frattempo, la madre del bambino salvato da Jack lo prese in braccio, cercando di farlo riprendere dallo shock; ma appena fu in braccio, questi si dimenò, tentando di scendere a qualunque costo, tutto per poter restare accanto al guardiano che lo aveva salvato.
Il bambino si sentiva colpevole; sentiva era colpa sua ciò che era accaduto, se non si fosse lasciato trasportare dall’impazienza, in quel momento Jack sarebbe stato ancora salvo, felicemente preso da una battaglia di neve.
E invece ora si trovava a pochi metri da lui, ferito, e forse anche morto.
 
Nel pieno del proprio dolore, Jack cercò il bambino col proprio sguardo, per capire se fosse riuscito a salvarlo, se il dolore che stava patendo in quel momento fosse valso a qualcosa.
Dopo aver trovato il bambino, Jack tentò di riorganizzare i propri pensieri, per capire cosa fosse accaduto e per cercare di distrarsi da quell’incessante dolore.
La sua mente era un disastro totale, pareva fosse sparsa un po’ ovunque per come si sentiva; muoveva velocemente il proprio sguardo per sondare i dintorni, ma non riuscì a muovere il proprio corpo.
Era come se si fosse rotto in tante parti, il dolore gli fece emettere dei rantoli di dolore, e nell’udirli i bambini si atterrirono ancora di più.
Nel guardarsi ancora attorno, Jack finalmente ritrovò il proprio bastone, ma quando riuscì a focalizzarne la figura, capì il perché del proprio dolore.
Il suo bastone, il suo fidato compagno di avventure e di vita, giaceva distrutto, proprio come dieci anni prima, e proprio come allora, lui risentiva del suo stato.
La fonte del suo potere era andata distrutta, e senza di essa lui era vulnerabile, fragile.
La vista gli si annebbiò lentamente contro la sua volontà, più tentava di resistergli più pareva un vano sforzo; prima di perdere totalmente conoscenza, Jack udì uno strano rumore.
Un battito d’ali invase la sua mente, il tutto seguito da un forte ruggito, e da un’enorme figura nera alata; dopo ciò, solo il buio e il dolore dominarono, portandolo con sé nell’oblio dell’incoscienza.
Giusto in quel momento, una galleria si aprì a poco dal guardiano del divertimento, una dalla quale uscì Calmoniglio in tutta fretta.
Quando il guardiano della speranza vide la scena, rimase basito.
Ratto si portò al fianco dell’amico sperando che non fosse troppo tardi.
Calmoniglio: Jack, Jack – disse scotendolo leggermente dalle spalle per non peggiorare la sua situazione fisica – avanti amico, non farmi questo – gli disse cercandogli il polso; quando il coniglio percepì il battito dell’amico guardiano, sospirò di sollievo.
Con un attento movimento, lo prese in braccio, facendo attenzione a non comprimere troppo il busto del giovane; prima di partire si voltò verso i bambini del parco, ancora intenti a fissare l’albino ferito.
I loro volti furono una vera e propria stilettata al cuore per il guardiano della speranza, mai aveva veduto una tale tristezza in un gruppo di bambini.
D’improvviso, una piccola bambina, di circa dieci anni, si divincolò dalla presa ferrea della madre e corse verso il coniglio di pasqua.
Bambina: è vivo? – chiese con urgenza, ancorandosi alla zampa del guardiano – è vivo, vero? – chiese ancora.
Calmoniglio, nel vedere tale disperazione, si chinò sulle zampe posteriori arrivando al livello della bambini, stando attento a non fare male a Jack.
Con un dolce movimento rassicurante, carezzo la testa della bambina e la rassicurò.
Calmoniglio: non preoccuparti, è vivo e noi faremo tutto il possibile, vedrai che presto tornerà a giocare con voi – gli disse asciugandogli le lacrime con una delle zampe anteriori.
La bambina annuì e si spostò per lasciare che il guardiano portasse in salvo l’amico, assisté incredula all’apertura del tunnel nel quale Calmoniglio saltò con Jack, non aveva mai visto un tale metodo di spostamento.
Passarono dei minuti, ma la bambina rimase ancora li, ferma, a guardare dove i due guardiani erano spariti; poco dopo chinò il viso sconfortata, e fu allora che lo vide.
Un dente, bianco come la neve appena caduta.
Bambina: deve essere di Jack - disse raccogliendolo – lo terrò io finché non tornerai, perché tornerai… vero? – chiese levando il viso al cielo invernale.
Nessuna risposta le fu concessa.
 
Ore intere passarono da quando Calmoniglio riportò Jack al polo nord.
Tutti i guardiani, sostavano al di fuori della stanza dove l’albino era stato  collocato; erano in ansia per le sue condizioni.
Da ormai due ore gli yeti lo stavano medicando, e urla strazianti si udivano da dietro la porta chiusa.
Uno yeti era uscito ad un certo punto, descrivendo a Nord la gravità delle condizioni del giovane guardiano, spiegandogli che le sue ossa erano fratturate in più punti, e che ci sarebbe voluto del tempo perché Jack si riprendesse completamente.
Altre urla vennero dalla stanza, mandando all’esasperazione uno dei guardiani.
Dentolina: oh, per tutti i dentini – imprecò, stringendosi in un leggero abbraccio – ormai sono più di due ora che sono li dentro – disse volando avanti e indietro – Sandy è già dovuto entrare più volte per addormentarlo e non fargli sentire dolore, e non è servito a niente – disse visibilmente preoccupata.
Calmoniglio: Nord, Jack ce la farà? – chiese appoggiato al muro.
Nord: Jack è forte, non dobbiamo dubitare di lui – disse a braccia conserte – gli yeti hanno detto me che sue ferite si stanno già rimarginando e che ossa si sono riposizionate – spiegò con calma – ora dipende tutto da lui e da Manny – concluse.
Calmoniglio: i bambini… hanno visto tutto quanto – rivelò facendo sussultare gli altri guardiani – dovevate vederli, piangevano disperatamente perché non potevano aiutarlo – disse con il muso chino e le orecchie basse mentre con una mano rigirava distrattamente uno dei suoi bumerang.
Dentolina: hanno…visto tutto? – chiese sconvolta.
Calmoniglio annuì.
Calmoniglio: ora come ora, credo che l’unica cosa che possa tirarli su di morale sia vedere Jack volare nel cielo e portare della neve…
Improvvisamente, da dentro la stanza di Jack, si udì un fortissimo urlo di dolore.
I guardiani nell’udirlo si spaventarono e ratti entrarono nella stanza spalancando al porta.
Una volta dentro, si stupirono di vedere gli yeti ripulire l’ambiente; le medicazioni erano finite e stavano raccogliendo le cose usate per tamponare le ferite.
Jack giaceva nel letto al centro della stanza, privo di sensi; subito al suo fianco, v’era lo yeti Gill, il medico del polo.
Questi lo stava sistemando meglio, coprendolo con le coperte fino alle spalle e riposizionando meglio i cuscini sotto la testa del giovane; nel vedere la scena, i guardiani sia avvicinarono, pronti a chiedere delucidazioni.
Subito, lo yeti si avvicinò a loro, spiegando a Nord che il giovane aveva bisogno di assoluto riposo in quel momento e che si sarebbe svegliato presto.
Mentre Nord seguiva le spiegazioni dello yeti, Dentolina si avvicinò al letto di Jack; con un dolce movimento della mano, gli carezzò i capelli, voleva fargli capire che loro fossero li, accanto a lui e che ci sarebbero rimasti fino al suo risveglio.
Ma Jack si trovava altrove in quel momento, strascinato indietro dalla propria mente, ma fino a dove?
 
Le immagini erano fioche, tutto sembrava inconsistente in quel luogo coperto da un leggero velo di nebbia.
Un fuoco di bivacco danzava incessantemente a pochi piedi da lui, e un giovane ragazzo rideva al suo fianco; questi, nonostante il luogo intero fosse confuso e poco nitido, era perfettamente visibile.
Portava un taglio medio, i capelli leggermente mossi e marroni, gli occhi verde muschio; il viso leggermente squadrato, dai lineamenti tondeggianti, il naso a patata coperto di lentiggini come le gote, e un esile corporatura.
Sembrava che gli stesse parlando di qualcosa in particolare, ma non udiva i suoni di quel… sogno o ricordo?
Jack non se lo seppe dire.
Improvvisamente, da dietro il giovane al suo fianco, si avvicinò una figura nera e imponente, alta poco più di due metri; la figura, aveva due grandi occhi, di un verde quasi giallo, ed avevano le pupille molto larghe.
Il tutto, pensò Jack, rendeva quegli occhi colmi di un’espressione docile.
Quando il giovane accanto a se rise, il paesaggio cambiò repentinamente.
 
Sentiva il vento sfioragli le gote.
Stava volando, di questo era pienamente sicuro, stava volando e anche velocemente.
Attorno v’erano solo nuvole e cielo, tutto era stranamente più nitido e accanto a se, con sua grande sorpresa, trovò ancora quel giovane dagli occhi verdi.
Il giovane sembrava cavalcare l’enorme figura nera di prima, e Jack si stupì non poco vedendo cosa fosse in realtà.
Erano nel cielo, intenti a sfidarsi l’uno con l’atro e il giovane gareggiava con lui… sulla groppa di un drago.
Nel momento in cui Jack tentò di toccare con mano quella mitologica creatura, tutto cadde nuovamente nell’oblio, e lui si trovò a precipitare.
Tentò inutilmente di richiamare i propri venti per evitare lo schianto, quando arrivò vicino al suolo chiuse gli occhi per prepararsi all’impatto; ma questo non avvenne.
Il guardiano si trovò seduto nuovamente su un masso, nei pressi di un laghetto al centro di un’enorme conca di pietra.
Si trattava forse dello stesso luogo di poco prima?
Tutto attorno era ricoperto da uno strato di neve fresca e dinanzi a lui, v’era ancora quel fuocherello di bivacco che sembrava non spegnersi mai; accanto a se, Jack trovò nuovamente quel giovane.
Sentì il proprio viso avvicinarsi al suo, lentamente, e vide quello del giovane fare altrettanto.
La distanza tra i due si annullò, le loro labbra si poggiarono le une sulle altre, iniziando una danza calda e dolce; Jack non seppe spiegarsi il perché, ma in quel momento, si sentì felice, perché era stato travolto da quel ricordo caldo come il fuoco.
 
Quando Jack riprese conoscenza, il dolore lo investi crudelmente; sentiva le membra totalmente indolenzite, gli arti fasciati e le gambe tenute ferme da delle stecche.
Non seppe dire quanto avesse dormito, ma seppe che era passato più d’un giorno semplicemente guardandosi attorno.
Si trovava in una delle stanze della fabbrica di Nord.
La stanza era poco illuminata, un chiarore dorato la avvolgeva, rendendone visibile solo una piccola parte.
Alla destra del letto, v’era una piccola finestra, non più larga di un metro che finiva ad arco; il vetro pareva un piccolo mosaico di colori.
Davanti alla finestra, v’era un piccolo comò; sopra di esso v’era appoggiato un vassoio, colmo di biscotti natalizi di ogni genere; subito accanto al comò, Jack vide una poltrona, o per meglio dire l’avrebbe vista, ma sopra di essa v’era Nord, e ciò lo distrasse molto.
Nord stava dormendo profondamente, le mani congiunte sullo stomaco prominente, sul viso un’espressione beata illuminata ancora da quel bagliore dorato che aleggiava sopra la sua testa.
Finalmente Jack individuò la fonte di quella luce color miele, e subito sorrise.
Era Sandy; il guardiano stava mandando la sua sabbia in giro per la stanza per far dormire i guardiani.
Jack, accanto a se, dall’altra parte del letto, vide Dentolina seduta su una sedia, poggiata in avanti sul materasso, anche lei addormentata con sopra al testa dei dentini dorati fluttuanti.
Accanto a lei, poggiato su un cuscino e con la schiena contro il muro, v’era Calmoniglio, addormentato come gli altri due guardiani; la sua espressione era serena, quasi dolce, e sopra la sua testa aleggiavano delle carote dorate.
Jack, nel vedere quel guardiano, un po’ burbero e sempre sulla difensiva, con un’espressione così tenera, quasi scoppiò a ridere.
Sandy sostava ai piedi del letto, sopra una piccola nuvola dorata, sul viso aveva stampato un enorme sorriso.
Jack: sempre al lavoro, vero? – disse con un fil di voce.
Sandy in risposta sollevò le spalla e sorrise nuovamente.
Jack: Sandy… cosa ci faccio qui al polo? e come mai voi siete tutti qui? – chiese guardando anche gli altri guardiani.
Sandy, per rispondere alla domanda, cominciò a far scorrere velocemente delle immagini sopra la propria testa;  le figure cambiavano talmente veloci, che Jack faticò anche solo a riconoscerne alcune, ogni tanto vedeva la figura di un fiocco di neve, altre volte di un bastone, altre un uovo di pasqua, ma non capì niente di ciò che Sandy volesse dire.
Quando l’omino del sonno finì di esprimersi, Jack rimase immobile; gli occhi spalancati, fissavano il guardiano dei sogni, mentre cercava le parole con cui ammettere di non aver capito una sola parola.
Infine optò per la sincerità totale.
Jack: Sandy, grazie per l’impegno ma … non ho capito niente – ammise semplicemente cercando di mettersi a sedere e subito sobbalzo, vedendo che Nord si era svegliato.
Nord: Shostakovich!! Jack, finalmente – disse contornando il tutto con una delle sue risate tonanti – era ora che tu ti svegliassi, noi era preoccupati, come ti senti? – gli chiese poggiando piano una mano sulla sua spalla.
Jack: confuso – ammise – cosa ci faccio qui? – chiese.
Nord: ti ricordi cosa è successo a te, vero? – chiese a braccia incrociate.
Jack annuì.
Nord: dopo incidente, ho mandato Calmoniglio a prenderti e poi miei Yeti hanno curato te – spiegò velocemente.
Jack: oh… be, grazie Nord… io, non so che dire – disse.
Nord: hah! Tu non devi dire niente – gli disse sorridendo – sei un guardiano, e noi ci aiutiamo a vicenda, giusto Sandy? – disse risedendosi sulla poltrona accanto al letto.
Sandy annuì vistosamente, ondeggiando il capo avanti e indietro.
Jack, ancora una volta, non seppe cosa dire.
Nord già in passato s’era dimostrato affettuoso e protettivo come un padre nei suoi confronti, ma mai si sarebbe aspettato tanto.
O forse avrebbe dovuto? D'altronde, Nord era Babbo Natale ed era famoso per la gentilezza che portava con se; forse lui l’aveva dimenticato, forse a causa di quel suo aspetto da grande guerriero russo, o forse perché lui non aveva passato troppo tempo in compagnia di tutti loro.
Jack non si seppe spiegare perché.
 
Un fruscio e uno sbadiglio attirarono l’attenzione del giovane, inducendolo a voltarsi verso la guardiana della memoria.
La trovò a stiracchiarsi; con una mano stropicciava gli occhi, mentre con l’altra copriva l’enorme sbadiglio.
Subito accanto a lei, anche Calmoniglio si svegliò sbadigliando forte senza farsi alcun problema; con uno scossone, alzò temporaneamente tutto il proprio pelo e dopo una grattata al muso con la zampa posteriore, aprì gli occhi e si guardò attorno.
Sia lui, sia Dentolina, rimasero basiti nel vedere l’amico guardiano sveglio.
Dentolina: Jack – disse fiondandosi su di lui e abbracciandolo – Jack sei stato un incosciente, ci hai fatti preoccupare moltissimo – lo ammoni dolcemente puntandogli un dito contro – temevamo fossi morto – disse abbracciandolo nuovamente.
Jack, durante quel secondo abbraccio, ebbe il tempo di contraccambiare; sospirando, abbracciò la fata.
In quel momento, come mai prima, sentiva di averli fatti preoccupare eccessivamente con il proprio atto impulsivo ma giusto.
Jack: scusa.. se vi ho fatto preoccupare – disse con difficoltà a causa della voce roca; l’incessante urlare che aveva fatto mentre gli yeti lo medicavano, aveva leso la sua gola – non… non era mia intenzione… davvero – disse ancora.
Calmoniglio: secondo me sei stato precipitoso e scapestrato come sempre – disse con viso duro – saresti potuto morire in quell’incidente – lo ammonì – avresti potuto fare tante cose per salvare quel bambino, ma no .. per tutte le uova…tu dovevi per forza metterti in pericolo – continuò facendo calare un silenzio tombale nella stanza.
Il giovane guardiano si sentì come un bambino sgridato ingiustamente, non era forse il risultato che contava realmente? Lui era vivo e cosa più importante di tutte, il bambino era vivo! In cosa aveva realmente sbagliato allora?
Dentolina: oh insomma – disse mettendo le mani ai fianchi – Calmoniglio, tutte queste storie solo per dirgli che sei felice che stia bene? Sul serio? – disse con un sopracciglio inarcato e le braccia incrociate.
Il coniglio, nell’udire quelle parole, si volse verso la guardiana con le orecchie rizzate; sul muso, Jack notò, aveva un’espressione che significava solo “colpito e affondato”.
Calmoniglio: oh dannazione, è stato avventato…  punto – disse incrociando le zampe e dando le spalle a tutti, continuando con il suo atteggiamento ostinato – però… se tu non avessi fatto niente… ora ci sarebbe un bambino in meno, hai svolto il tuo ruolo di guardiano ben oltre i tuoi doveri – disse con un’espressione più rilassata.
Jack, non seppe se tenere la frase come un’approvazione o un ennesimo ammonimento; optò per la prima opzione.
Calmoniglio era sempre stato un po’ restio a mostrare il proprio affetto verso il guardiano del divertimento, in parte per proprio orgoglio e in parte per testardaggine.
Il viso di tutti i guardiani divenne sereno e con le acque più calme, Jack notò la mancanza di due cose all’appello.
 
Jack: ehm…ragazzi – disse cercando nei dintorni – avete visto il mio bastone? – chiese nel panico non trovandolo nella stanza.
Nord: tuo bastone è stato spezzato nel’impatto con il camion – lo informò con voce seria – ha bisogno di essere riparato, Manny provvederà a questo – lo informò poggiandogli una mano sulla spalla destra.
Jack allora capì, capì il perché si sentisse così a pezzi dentro; proprio come in passato si era sentito rotto in due quando l’uomo nero aveva preso il suo bastone e l’aveva spezzato davanti ai suoi occhi increduli.
Era una sensazione che non avrebbe mai dimenticato.
Jack: … come farà Manny a ripararlo? – chiese con fronte corrugata.
Nord: io non so, ma credo che centri con luogo di tua creazione – disse portando due dita sulla lunga barba, subito sotto il mento – Manny a detto di portare a tuo laghetto il bastone, e noi abbiamo fatto – concluse.
Jack: uh…ok – disse – e il dente? – chiese.
Dentolina: Dente? – chiese scattando come una molla verso Jack – quale dente? – chiese ancora.
Jack: il mio dente – disse aprendo la bocca e mostrando il buco lasciato da un secondo molare – a quanto apre me ne è caduto uno quando il camion mi ha scambiato per un birillo – scherzò.
Jack si ritrovò ben presto il viso della guardiana a poco del proprio; era intenta a guardare incessantemente la sua bocca per controllare i suoi denti.
Senza avvisare, Dentolina inserì le proprie dita in bocca all’albino, cercando il buco incriminato, e quando lo trovò fece un suono sorpreso.
Dentolina: accidenti – esclamò.
Calmoniglio: che bel buco che ti ha lasciato – disse da dietro la fata.
Jack: si, un bel buco – ribadì massaggiandosi la guancia.
Calmoniglio: io non ho trovato niente quando sono venuto a prenderti; magari c’era, ma diciamo che ero di fretta – disse incrociando le braccia – eri davvero messo male – disse semplicemente – comunque che ti importa di un dente caduto dopo quello che ti è successo? Dovresti solo essere felice perché sei ancora vivo – chiese scotendo la testa.
Jack: a me non importa, ma visto che è caduto potevo regalarlo a Dentolina – disse verso la guardiana ammiccando.
Questa sembrò illuminarsi di felicità, subito si sollevò in volo e sfarfallò.
Dentolina: oh Jack, grazie, grazie, grazie – cominciò a dire – se lo trovo lo posso davvero tenere? – chiese sempre più euforica.
Jack:  si, io non me ne faccio niente, ormai è caduto, non posso certo riattaccarlo – disse ridendo.
La fata, a quella risposta, esultò, provocando una calda risata generale.
 
Il tempo passò, e per i guardiani arrivò il momento di tornare alle loro mansioni, e di lasciar riposare l’infortunato.
Uno ad uno uscirono dalla stanza di Jack, salutandolo con affetto.
Jack: Sandy – disse mentre questi galleggiò verso l’uscita – posso chiederti un favore? – gli chiese quando l’omino gli fù vicino; l’omino annuì, mostrando un caldo sorriso – posso chiederti di portare dei bei sogni ai bambini che hanno visto l’incidente?  Non voglio che soffrano a causa mia – gli disse con il capo chino.
Jack sapeva, aveva visto i volti terrorizzati dei bambini che avevano assistito impotenti all’incidente e non voleva che ne rimanessero shockati.
Non meritavano un simile trauma.
Appena gli sarebbe stato possibile, sarebbe tornato da loro per mostrargli che fosse vivo, ma in quel momento, incapace perfino di muoversi, l’unica cosa che poté fare, fù elargire quel compito ad uno dei suoi amici guardiani.
E chi era più qualificato di Sandy nel portare un po’ di sollievo?
 
Sandy annuì vistosamente, i suoi capelli innaturali e dritti ondeggiarono avanti e indietro.
Jack nel ricevere quel si tanto eloquente sospirò e ringraziò nuovamente l’omino dei sogni, quello sarebbe stato un debito che in futuro avrebbe ripagato.
Quando ebbero finito di parlare, l’omino lo salutò con la mano e uscì anch’egli dalla stanza.
Nord: bene, vado anche io – disse avviandosi all’uscita – mi è venuta ispirazione per nuovo giocattolo – disse tutto entusiasta – e devo creare al più presto, manca poco a natale – disse svanendo dietro l’angolo della porta, ma subito ritornò – se tu ha bisogno, sa dove trovare me – concluse andando via nuovamente.
Jack non fece nemmeno in tempo a rispondere.
Calmoniglio: non cambierà mai – disse scotendo il muso; il coniglio sostava alla sinistra del letto, ancora appoggiato al muro – si vede che non manca molto a natale, sembra un bambino – disse ridacchiando.
Jack: be, che ti aspettavi da Babbo natale?  - gli chiese ridendo – lui è così – affermò guardando la dove prima v’era l’omone russo.
Dopo quel piccolo momento ilare, il coniglio si avviò verso l’uscita della stanza.
Jack: Calmoniglio – disse per fermarlo – grazie…- disse passandosi una mano dietro la nuca.
Calmoniglio: per cosa? – chiese inarcando un sopracciglio.
Jack: per avermi portato qui e… praticamente avermi salvato la vita – disse grattandosi la guancia con un dito.
Calmoniglio: non mi devi ringraziare per quello – disse ridacchiando – sei uno di noi, gli disse da sopra la spalla – cerca piuttosto di riprenderti, quei bambini aspettano solo il tuo ritorno – disse cominciando ad uscire, arrivato oltre l’uscio si girò un’ultima volta e Jack ne approfittò per annuire e salutarlo con un semplice gesto della mano.
 
Jack  così, rimase solo coi propri pensieri.
La pace regnava nella stanza e ciò  lo induceva ad ascoltare fin troppo al propria mente.
Fuori dalla stanza i rumori della fabbrica inondavano il piano delle stanze; giocattoli di ogni tipo sembravano sfrecciare da un capo all’altro, e Jack udì più volte il verso di qualche yeti arrabbiato per chissà quale motivo.
Probabilmente, uno degli elfi, aveva combinato qualche guaio .
Quei piccoli esseri erano altamente irritanti e invitanti per Jack; se più tardi fosse riuscito ad alzarsi, sarebbe sicuramente andato a congelarne qualcuno.
Ormai preso dalla noia, Jack si ristese nel letto, cercando il sonno che continuava a sfuggirgli dalle mani.
Voleva tornare a sognare, voleva rivedere quelle immagini.
 Si trovò a ripensare sempre di più a quel giovane del sogno, ai gesti intimi che si scambiavano, agli sguardi di fuoco che scorrevano tra di loro e al bacio dolce, quanto intenso, che s’erano scambiati.
Era tutto davvero solo un sogno?
Potevano forse essere dei ricordi sopiti?
Se così fosse stato, ciò non avrebbe avuto alcun senso, perché nel tempo in cui era ambientato il “ricordo” Jack non poteva essere visto da nessuno.
Ciò lo convinse ulteriormente che tutto fosse solo un sogno e nient’altro, e dopo poche ore, Jack riuscì ad addormentarsi.
 
Il sogno non fù diverso dal precedente, tutto era identico.
Il fuoco di bivacco, il laghetto, il drago e il giovane; tutto sembrava una replica perfetta, ma con una differenza.
La voce del giovane arrivò al timpano dell’albino, lasciandolo con un calore improvviso nel cuore.
“Jack”
Il giovane disse semplicemente il suo nome, e ciò bastò a risvegliare nella memoria di Jack il suo nome.
Questo rimase appeso alle sue labbra, sembrando quasi un segreto da conservare, in caso tutto ciò fosse svanito nuovamente nel buio del risveglio.
 
 
Passò una settimana, una nella quale i guardiani andarono a trovare Jack o volta che potevano.
Passavano un’ora o due con lui e poi tornavano ai loro doveri di Guardiani.
Sandy, durante la prima visita, disse a Jack di aver esaudito la sua richiesta; molti sogni dorati avevano rallegrato le notti dei bambini che avevano assistito all’incidente e i loro cuori s’erano alleggeriti.
Jack, a quella notizia, si rallegrò, e finalmente poté concentrarsi sulla propria guarigione.
 
Nei giorni in cui riceveva quelle visite, Jack non riuscì pienamente a tendere al propria attenzione ai propri amici guardiani; ogni volta al sua mente fuggiva, rintanandosi nel ricordo di quell’idilliaco sogno che gli colmava ogni notte.
Ad un certo punto Jack fù tentato di rivelare i propri sogni agli amici guardiani, ma subito ci ripensò; erano già colmi d’impegni e l’avevano già alacremente aiutato.
Non v’era motivo di chiedere loro altro.
Così Jack, tenne per se il proprio segreto.
 
Finalmente arrivò il giorno atteso, e Jack tornò in possesso del proprio bastone.
L’albino subito notò che le spaccature fossero ancora evidenti, e non poté evitare di parlare.
Jack: sembra che non si sia riparato per niente – constatò passando la mano su di una crepa – non doveva essere riparato? – chiese con fronte corrugata.
Nord:  Manny ha detto che tu deve dare tuo tocco personale per farlo tornare come prima – disse avvicinandosi al giovane guardiano – tu sa come fare? – chiese.
Jack: si, forse ho capito cosa devo fare – rispose; sicuramente sarebbe stato come dieci anni prima, quando Pitch gli spezzo il bastone e lui dovette ripararlo con le proprie forze.
Calmoniglio: ma cosa succederà una volta che l’avrà riparato? – chiese all’omone russo.
Nord: io credo che se tutto andrà come è che dovrebbe andare, Jack avrà suoi poteri nuovamente al massimo, se invece non funzionerà… non so – confessò.
 
L’albino si spostò al centro della sala del globo, i guardiani erano tutti attorno a lui, la luce lunare lo inondava interamente; Jack si sentì un po’ nervoso, troppa gente lo stava fissando e lui non era il mago della concentrazione, così, più d’una volta, il tentativo di riparazione fallì.
Jack, provò e riprovò, il tutto senza fare nemmeno una piccola pausa; ci vollero parecchi minuti prima che i segni di spaccatura cominciassero ad emanare una luce azzurra come il cielo e bianca come i ghiacciai dell’Antartide.
Quando questi cominciarono a correre nelle venature del bastone e a ricomporne i pezzi, Jack percepì dei ricordi fluire assieme ad essi, come un piccolo rivolo d’acqua tra le rocce di un torrente arido; queste si fecero spazio in lui, urtandolo con la propria potenza.
 
Il soggetto dei ricordi era sempre il giovane; non cambiava mai.
In quell’occasione però, Jack udì il giovane, mentre volavano nei cieli, dirgli qualcosa che gli rimase ben aggrappato alla mente.
 
“ Berk…. È meravigliosa al tramonto, non trovi?”
 
“ Jack, io ti vedo, e tu non sarai più solo”
 
Dopo quelle piccole, brevi frasi, un ennesimo bacio si fece spazio nella memoria del guardiano.
 
Quando il bastone tornò completamente integro, Jack cadde a terra senza alcun preavviso.
Subito i guardiani furono al suo capezzale, pronti ad aiutarlo, ma jack fece un cenno con la mano, cercando di intendere che stesse bene, anche se dentro di se sentiva tutto il contrario.
Nel suo cuore v’era un’immensa confusione.
Dentolina: Jack, sei sicuro di stare bene? – chiese aiutando l’amico a sollevarsi da terra mentre questi si teneva una mano alla tempia.
Jack: io…uh… credo di si – disse incerto; provò  a reggersi con le proprie forze, e nel costatare di poter evitare l’aiuto altrui, sospirò sollevato.
Calmoniglio: ha funzionato, il tuo bastone è tornato intero – disse sorpreso.
Jack: l’avevo già fatto … prima – rivelò; il silenzio calo tra i presenti a quella rivelazione – non ve l’ho mai detto? – chiese stupito; i guardiani scossero lentamente la testa – oh, be….. diciamo che anni fa, Pitch m’aveva rotto il bastone in due, e così… ho dovuto ripararlo completamente da solo, ma allora non ero gravemente ferito, quindi non ho faticato – spiegò semplicemente sollevando le spalle.
Calmoniglio: l’importante è che tutto si sia risolto – disse incrociando le braccia – ti senti meglio? – chiese seriamente.
Jack per far capire che stesse bene, congelò alcuni elfi in lontananza intenti a rubare dei biscotti dal vassoio di Nord.
Quando ebbe finito l’opera, si voltò verso il guardiano della speranza e sorrise.
Jack: anche meglio del previsto – disse sfoderando uno dei suoi sorrisi provocanti, bianco come la neve.
Calmoniglio, a quell’esibizione dispettosa di potere, scosse al testa, mentre il resto dei guardiani ridacchiò.
Jack ora si trovava fuori pericolo, stava bene, quindi tutti tornarono al proprio lavoro, Nord in particolare.
Mancavano solo due giorni a natale, il tempo stringeva e le cose da finire erano molte.
Tutti salutarono e partirono per tornare alle proprie case, ma quando Jack fu sul punto di prendere il volo si fermò.
Sapeva di dover correre a portare del’allegria e del divertimento ai bambini che assisterono all’incidente, ma sentiva di avere alcune domande, cruciali, che richiedevano risposte immediate, e chi meglio di Nord poteva aiutarlo.
Jack: Nord – disse andando verso l’omone che si dirigeva verso un corridoio colmo di giocattoli volanti – posso rubarti qualche minuto? Avrei delle domande da farti – rivelò giocherellando distrattamente con il proprio bastone; non voleva disturbarlo troppo, se avesse detto di no, avrebbe semplicemente rimandato a dopo il giorno di natale.
Nord: hah! Sicuro Jack, tu può chiedermi ciò che vuoi – gli disse indicando due poltrone vicino ad un camino accesso – sediamoci, così portai chiedere me ciò che vuoi – gli disse con un sorriso premuroso.
Jack annuì.
 
Fortunatamente, le due poltrone si trovavano ad una certa distanza dal fuoco, e questo stesso era morente, il calore per Jack era sopportabile in quel momento.
Nord: dunque, cosa vuoi sapere? – chiese mangiando un biscotto a forma di albero, decorato con della glassa verde.
Jack: vorrei chiederti se… i draghi sono esistiti veramente – disse accovacciato sui talloni, poggiato al centro della poltrona dinanzi a Nord.
Nord: Si, Draghi sono esistiti, io ho visto gli ultimi – rivelò – erano creature selvaggi e molto belle, ma purtroppo ora non ci sono più – disse facendo spallucce.
Jack:…oh… capisco – disse cercando di metabolizzare la conferma dell’esistenza di tali creature – e… - deglutì – e un’isola chiamata Berk? È mai esistita? – chiese con il cuore in gola, quella era la domanda più importante; se fosse esistita realmente un’isola con quel nome, i suoi sogni si sarebbero rivelati ricordi, e ciò cambiava tutto quanto.
Nord: Berk era isola vichinga del Nord – rivelò – è conosciuta per sua improvvisa scomparsa – spiegò – tutti credono che sia sprofondata in oceano – rivelò.
Jack si bloccò a quella rivelazione; l’isola dei suoi sogni, il ragazzo, il drago, era tutto vero.
Non si era sognato niente, era tutto un ricordo.
Ma perché ricordare proprio ora?
Imbastendo una veloce scusa, si congedò, volando verso il nord Europa, dove era situato il villaggio dove era avvenuto l’incidente.
Sperava che tornando li potesse distrarsi con una bella battaglia a palle di neve.
 
Quando arrivò al villaggio, non si stupì di trovare il silenzio più totale.
Nonostante le scuole fossero chiese per il natale imminente, nonostante la neve fosse alta per le strade, nessun bambino era intento a giocare quel giorno.
Si trovavano tutti radunati nel piazzale, seduti sui gradini della fontana al centro del giardino; gli sguardi erano persi, e i visi tristi.
Non poteva certamente lasciarli in quello stato.
Con una scarica del suo bastone, Jack evocò delle enormi e bianche nubi da neve.
La temperatura calò drasticamente e grandi e grossi fiocchi di neve, cominciarono a cadere dal cielo, ricoprendo velocemente i vecchi cumuli, con della candida coltre bianca.
I bambini non attribuirono il merito di quella nevicata a Jack Frost, era inverno, poteva capitare che nevicasse a quel modo; ma una di loro, una bambina dai capelli castani, si levò dalle scale, e prese a correre senza sosta nella neve.
Sul viso gli si stampò un innocente e smagliante sorriso e le sue risa riempirono l’aria.
Quando uno dei bambini gli chiese cosa avesse da essere tanto felice, lei semplicemente indicò il pupazzo di neve al lato del parco, dove Jack Frost atterrò, appollaiandosi sulla testa.
Jack: vi sono mancato ? – chiese con il suo sorriso bianco come la neve appena caduta nei d’introni.
I bambini, dopo un piccolo momento di smarrimento, cominciarono ad esultare senza sosta, arrivando a correre intorno al pupazzo di neve sul quale Jack era atterrato.
Jack rise assieme a loro, e subito scese dal pupazzo, immergendosi in quella folla di bambini colmi di gioia.
 
Tra tutti quei bambini, Jack ne riconobbe due.
Questi si avvicinarono timidamente.
Uno era il bambino che lui aveva salvato, l’altra era la bambina che s’era avvinata a Calmoniglio per chiedergli se fosse vivo.
Non l’aveva vista in faccia quella volta, ma aveva udito la sua voce e sentito il suo profumo grazie all’amico vento.
Non’appena fù dinanzi a lui, il bambino gli si buttò fra le braccia chiedendogli scusa; subito Jack gli disse che tutto era andato apposto e che l’importane fosse che lui stesse bene.
Il bambino annuì e lo abbracciò nuovamente.
Quando il bambino si staccò, la bambina si avvicinò all’albino; il suo corpo sembrava non voler restare fermo nemmeno un minuto, continuava d ondeggiare a destra e sinistra, un movimento dovuto alla timidezza.
Improvvisamente, la bambina allungò una mano, chiedendo a Jack di fare lo stesso.
Lui obbedì, convinto che lei volesse fargli un regalo.
Quando la bambina aprì la propria mano, un dente cadde su quella dell’albino, uno bianco come la neve.
Jack: il mio dente – disse sgranando gli occhi – come hai fatto a trovarlo? – chiese con un’enorme sorriso sul viso.
Bambina: l’ho trovato per terra dopo che il coniglietto di pasqua ti ha portato via – disse continuando a ciondolare imbarazzata – non dovevo prenderlo? – chiese nascondendosi nella sciarpa rosa.
Jack: no, anzi… ti ringrazio infinitamente – le disse carezzandole la testa; ora avrebbe potuto fare una bella sorpresa all’amica guardiana.
Il viso della bambina si illuminò  e subito abbracciò l’albino che ricambiò.
Quel giorno Jack, lo passò a giocare senza sosta con quei bambini, donando loro tutto il divertimento e la gioia di cui era capace; mantenne al promessa fatta al bambino, e lo fece volare con sé e scatenò la più grande battaglia di neve, che quel villaggio di montagna avesse mai visto negli ultimi cento anni.



storia revisionata il  20/05/2014


se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il Ragazzo E Il Drago ***





Dopo quella giornata passata a giocare con i bambini, Jack volò da Dentolina per darle il proprio dente, era sicurissimo che sarebbe stata felice di riceverlo, ma quando arrivò al suo palazzo ebbe un sussulto al cuore, era come se qualcosa lo stesse chiamando di nuovo.
“ Jack” diceva la voce “ Jack” urlò improvvisamente continuando a chiamarlo con insistenza.
Jack nel sentire quella voce si ricordò a chi appartenesse “ Hiccup”, ecco come si chiamava quel ragazzo del suo sogno.
 
Dentolina in lontananza vide Jack all’entrata del suo palazzo appoggiato ad un muro con la mano sulla testa, preoccupata gli andò in contro.
Dentolina: Jack come mai da queste parti ? non ti senti bene? – gli chiese preoccupata.
Jack: non è niente ero venuto per… per – si interruppe.
Fu così che gli venne in mente che i dentini contenevano i ricordi delle persone e che dentro quel suo dente forse vi era la risposta alle sue domande.
Jack: ero venuto a chiederti un favore – disse serio in volto e supplicante.
Dentolina : dimmi pure Jack.
Jack: Devo accedere ai ricordi di questo dente, me lo ha dato una bambina è  il dente che ho perso il giorno dell’incidente – spiegò lui – il fatto è che da quel giorno ho cominciato a ricordarmi di un periodo della mia nuova vita come Jack Frost che per qualche motivo ho dimenticato – disse lui – vorrei capire perché – chinando il capo e osservando il proprio dente nella mano.
Dentolina: oh Jack, se vuoi ricordarlo deve essere davvero importante per te – disse mettendogli una mano sulla spalla – ti aiuterò però non ti posso garantire che ciò che ricorderai ti piacerà.
Jack: Lo so ma voglio farlo ugualmente – disse deciso.
Dentolina: Allora segui mi, andiamo a farti ricordare – disse lei con un sorriso.
Jack: grazie e scusa se non ti do subito il dente che ti avevo promesso – disse lui.
Lei rise per tutto il tragitto e Jack non poté far altro che sorridere dinanzi al suo perfetto umore.
Scesero giù verso il laghetto del palazzo dove vi era l’affresco della fatina dei denti, arrivati lei chiese a Jack di sedersi e di rilassarsi mentre cercava di accedere ai ricordi del dente; lui era teso e non sapeva cosa aspettarsi da quel dente, aveva molta paura di ciò che avrebbe scoperto, dopotutto il ragazzo dei suoi ricordi sopiti ormai era sicuramente morto e nessuno lo avrebbe potuto riportare in dietro.
Jack: Dentolina ci ho ripensa… – non poté finire la frase.
Dentolina lo aveva già scaraventato nel suo passato e lui non poteva far altro che rivivere i propri ricordi.
Si era risvegliato su una lastra di ghiaccio galleggiante, solo, intorno nient’altro che mare e cielo; si stava lasciando trasportare dalle onde stesse chiedendosi: perché era al mondo? Quale era il suo scopo? Perché nessuno lo vedeva? Tutte le domande che dal giorno in cui era nato come Jack Frost erano rimaste senza alcuna risposta.
 
Dal cielo, proprio in quel momento, si sentì un boato seguito da un ruggito quasi demoniaco, il rumore spaventò Jack che si alzo tenendo in mano il proprio bastone con le mani tremanti. Ancora un ruggito, seguito da un battito di ali sempre più forte e vicino, Jack allora si voltò e li vide, erano dei ragazzi che cavalcano delle bestie spaventose, le guidavano e esultavano per ogni acrobazia che riuscivano a fare, sembravano allenarsi tutti insieme. Ad un tratto i ragazzi scesero in picchiata in sella alle loro bestie e passarono vicino a lui, nessuno lo vide ovviamente; ma la bestia a capo della fila, un drago nero dagli occhi grandi e gialli, voltò in dietro il muso a guardarlo incuriosito.
Jack: oh-o – disse preoccupato – lui mi può vedere – si confermò vedendo che andava verso di lui.
Il drago si avvicinò a lui planando sul pezzo di ghiaccio; Jack , spaventato chiuse gli occhi convinto che lo avrebbe mangiato, ma non fu così, il drago lo stava annusando e improvvisamente si accucciò per far si che anche il suo amico che aveva in spalla lo vedesse. In sella al drago nero vi era un ragazzo della stessa età di Jack,  aveva dei capelli medi marroni e gli occhi verde muschio, una gamba mezza mutilata e un armatura leggera per proteggersi da eventuali attacchi, lui cercò inutilmente di direzionare il proprio drago nuovamente davanti alla fila.
Ragazzo: sdentato cosa fai? – disse guardando negli occhi il drago – dobbiamo rientrare e informare papà di quello che abbiamo trovato, non abbiamo tempo per dei pezzi di ghiaccio in mezzo all’oceano – disse tirando su il muso del drago per fargli riprendere quota.
Il drago annusò nuovamente Jack e scosse la testa dopo di che una ragazza in sella ad un altro drago li chiamò.
Ragazza: Hiccup, sdentato, dobbiamo andare – urlò.
Hiccup: ecco visto? – disse seccato – ora Astrid ci farà la ramanzina, su bello andiamo ora.
Il drago guardò ancora una volta quel ragazzo, aveva una strana espressione mentre lo fissava, come se si chiedesse il perché nessuno lo vedesse a parte lui; nonostante ciò prese il volo e si diresse verso il gruppo.
 
Jack guardo il drago dai grandi occhi teneri prendere il volo e ne rimase incantato, l’eleganza con il quale si librava in volo lo faceva sentire euforico; curioso di capire dove stessero andando li seguì fino al loro villaggio che si stagliava su una piccola isola poco lontano da dove erano prima. Era un villaggio formato da poche case di legno e paglia che si adagiavano sconnesse per tutta la pendenza della collina a strapiombo sul mare, più in la vi era un campo dove c’era un piccolo recinto con degli animali da fattoria, tra i quali molte pecore, e una grande costruzione in cima al villaggio, la cosa che colpì di più Jack però era che, ad ogni angolo vi era un drago con colore e forma diversa da ogni altro, non credeva ai suoi occhi era come se le leggende del nord fossero divenute realtà.
 
Non sapeva più dove guardare, i draghi sembravano vederlo e si spostavano per lasciarlo passare mentre camminava nel villaggio, nessuno notava niente di strano in loro e tutti, come sempre, non vedevano Jack; la cosa per la prima volta non lo toccava minimamente. In lontananza, tra la marea di draghi e di persone, Jack vide sdentato e Hiccup  andare verso l’enorme costruzione in cima al paese, incuriosito li segui e quando entrò nel lungo, capi essere una sorta di sala comune del villaggio. Restando attento a non farsi vedere da sdentato, ascoltò le varie conversazioni.
Stoik: Allora figliolo, come è la situazione sull’isola dei draghi? – chiese ansioso .
Hiccup: ne sono arrivati di nuovi giusto oggi tra i quali dei Bizzippi e degli Incubi Orrendi – disse con tutta calma – sembra che abbiano deposto delle uova che si schiuderanno molto presto – disse sorridendo.
Stoik: ne sono lieto – disse anche’gli sorridendo – ora va pure con sdentato a divertirti, se avrò ancora bisogno di voi vi manderò a chiamare da Astrid – concluse.
Hiccup: grazie papà a dopo – disse correndo fuori insieme a sdentato.
 
I due uscirono e spiccarono il volo così velocemente che Jack non riuscì a vederli partire, rimase a osservarli mentre si libravano in alto liberi da ogni triste pensiero e felici di avere qualcuno accanto, era quasi invidioso; Jack senza rendersene conto li inseguì in volo e si affiancò a sdentato lo osservò attentamente facendo attenzione hai dettagli, era davvero un magnifico drago; involontariamente il suo sguardo fin’ sul ragazzo che in quel momento stava sorridendo divertito dalle acrobazie del suo amico drago, Jack lo guardò intensamente pensando che se lui lo avesse visto …sicuramente sarebbero diventati ottimi amici, poi senza nemmeno pensarci lo toccò sulla spalla come se volesse dirgli che lui era li; la sua mano però lo attraversò e si fermò sulle squame del drago nero, era una sensazione che gli era molto mancata, toccare qualcuno di vivo, il calore che il drago emanava era davvero intenso, non si stupiva se il ragazzo non aveva freddo nonostante la bassa temperatura.
Sdentato improvvisamente virò verso un laghetto in una conca ovale, sembrava infastidito da qualcosa, Jack pensò fosse colpa sua perché ad una creatura così calda un tocco freddo come il suo doveva dare davvero fastidio. Li segui al laghetto, ormai si stava facendo buoi e la luna cominciava ad alzarsi in cielo, Hiccup liberò sdentato dall’imbracatura e lo lasciò libero di girare e di nuotare mentre lui osservava la luna.
Hiccup: che bella la luna questa sera, illumina di più del fuoco – disse ironico osservando il fuocherello che aveva acceso.
Sdentato uscendo dall’acqua vide Jack in lontananza e gli andò in contro di soppiatto, lui però non se ne era accorto, stava osservando la luna, ma rispetto a Hiccup in lei vedeva solo le sue domande senza risposta e le sue paure.
Jack: potresti dirmi perché sono qui? – chiese alla luna come ogni notte – come mai mi hai tirato fuori da quel laghetto? Perché nessuno mi vede? Cosa devo fare perché qualcuno mi veda? – ogni domanda era seguita dal silenzio.
Sdentato, arrivato alle spalle di Jack, lo afferro per i vestiti e lo trascino via con se.
Jack: Ma che?.. cosa stai facendo? Lasciami ! – supplicò lui.
Ma sdentato lo trascinò ugualmente di fronte a Hiccup. Quando gli fu davanti Jack lo fissò negli occhi, era molto che non guardava qualcuno negli occhi ed era un po’ imbarazzato anche se lui non lo vedeva; sdentato lo lasciò e lo spinse verso Hiccup che non capiva cosa stesse facendo il suo drago.
Hiccup: sdentato cos’ai? Ti comporti in modo strano sai – disse mentre il drago gli indicava Jack in tutti i modi possibili – sarà meglio che andiamo a casa, altrimenti ci prenderemo un raffreddore – disse trascinando via il drago.
 
Ad un tratto, mentre Hiccup guardava nei grandi occhi dolci il suo drago ci vide riflesso un ragazzo con un bastone lungo e i capelli bianchi proprio dietro di se, spaventato si girò di scatto ma quando lo fece non vide nessuno, solo il silenzio della notte.
Hiccup, confuso, prese il volo assieme a sdentato e tornò al villaggio, ogni tanto però si girava a guardare dietro di se come se sentisse che qualcuno lo stava seguendo di soppiatto.
Jack: mi ha visto, anche se solo come un riflesso, lui mi ha visto – ululò nel cuore della notte.
 Era felicissimo, continuava a volteggiare e a danzare saltellando di qua e di la.
Jack: mi ha visto – disse gettandosi a terra e sdraiandosi sull’erba con un sorriso enorme.
Decise così che non sarebbe più andato via da quel laghetto dove un drago aveva realizzato, in parte, uno dei suoi più grandi sogni.
 I giorni si susseguirono tutti uguali per più di un mese, lui li aspettava li, entrambi, ogni giorno e ogni giorno Hiccup vedeva quel riflesso di un ragazzo negli occhi del proprio drago, a volte però lo ignorava perché si credeva pazzo, poi arrivò un giorno nel quale Jack non vide arrivare nessuno dei due; il suo cuore, prima pieno di gioia era divenuto triste e sconsolato, per far passare il tempo decise di congelare il resistente laghetto che nonostante le basse temperature e l’inverno imminente non si era ancora ghiacciato, mentre lo congelava sembrava ci pattinasse sopra, elegante e agile come solo lui poteva essere; nel cielo a fargli compagnia, facendosi spazio tra le nuvole invernali, vi era la luna che lo illuminava contemplando la sua tristezza.
Poco distante da li Hiccup e sdentato stavano arrivando al laghetto per rilassarsi un po’ nonostante l’ora tarda, quando mancò poco al laghetto però sdentato si nascose tra gli alberi facendo quasi cadere Hiccup.
Hiccup: sdentato sei impazzito? stavo per cadere – lo rimproverò lui mentre il drago gli indicava il laghetto col muso – cosa vuoi farmi vedere? Il ghiaccio che si forma sul laghetto?... – si interruppe – ma il ghiaccio non può formarsi su un lago in quel modo –disse guardando attentamente il lago.
Fu allora che gli venne l’illuminazione; prese il viso di sdentato e lo regolò facendo si che i suoi enormi occhi riflettessero ciò che aveva alle spalle come fossero un specchietto.
Dopo qualche minuto lo vide, il ragazzo che continuava a vedere da li a un mese, il ragazzo invisibile a lui se non attraverso gli occhi di un drago, “uno spirito del’inverno” pensò lui. Nel momento in cui si girò si aspettava di non vederlo più come tutte le altre volte, ma non fu così, il ragazzo che non poteva vedere ora era li, sopra l’acqua ghiacciata del laghetto che fissava la luna.
Hiccup: è vero! lui esiste! – disse tra se e se stupito.
Hiccup ordinò a sdentato di aspettarlo li nascosto e si avviò verso il laghetto scendendo sulle roccie , mano a mano che si avvicinava cominciava a sentire le suppliche del ragazzo che faceva alla luna, erano tristi e solitarie, sembravano una richiesta disperata; Hiccup cominciò a pensare che quel ragazzo non avesse nessuno accanto e che magari avrebbe potuto farci amicizia se ne avesse avuto il coraggio, d’altronde era pur sempre uno spirito secondo lui e i vichinghi sono molto superstiziosi, non oserebbero mai far arrabbiare uno spirito del grande odino. Arrivato al laghetto, vide il lineamento di quel giovane che rifletteva la luce della luna, sembrava fosse fatto di ghiaccio e di neve, non si accorse nemmeno di essersi avvicinato troppo, così tanto che un suo passo incerto lo fece inciampare su un sasso e il ragazzo sul lago si girò.
 
Jack: Che strano – disse – Hiccup oggi è venuto senza il suo drago, peccato così non potrà.. vedermi – disse sconfortato fin che non notò che Hiccup lo fissava a bocca aperta – aspetta – disse avvicinandosi a lui – tu mi vedi?!
Hiccup annuì
Jack: Tu Mi Vedi! – esultò svolazzando su e giù – ma come è possibile? – chiese a Hiccup.
Hiccup: ……. – era sbigottito, ci mise un po’ a trovare le parole – be io… ho cercato sempre di vederti da quando…. ho visto il tuo riflesso negli occhi del mio drago – disse incerto – ma tu chi sei?
Jack: Io sono Jack Frost – disse frenetico.
Hiccup: come fai a conoscere il mio nome? –chiese tenendo le distanze e girandogli attorno.
Jack: be io è da un po’ ormai che seguo te e il tuo drago nelle vostre avventure – disse imbarazzato.
Hiccup: questo spiega perché mi sentivo osservato – disse ridacchiando, poi allungò incerto la mano – allora piacere Jack.
 Jack afferrò la sua mano felicissimo, non poteva cederci, qualcuno finalmente lo vedeva e gli parlava; Hiccup dal canto suo non si sarebbe mai aspettato un sorriso così dal ragazzo che poco prima sembrava triste, invece ora riusciva a paragonare il sorriso che si trovava di fronte al bianco della neve appena caduta.
Hiccup: Posso chiederti cosa sei? un fantasma o uno spirito del grande odino o… non so – cercò altre cose ma non ne trovò.
Jack: Sono uno spirito che porta il gelo e la neve, ma non so dirti di più perché prima di essere così io non esistevo nemmeno – disse mettendo la mano dietro la testa imbarazzato perché nemmeno lui sapeva rispondere a quella domanda semplice – tu invece come hai fatto?
Hiccup: Fatto cosa?
Jack: il drago, come lo hai addestrato? – chiese indicando sdentato tra gli alberi sopra il lago.
Hiccup: bè .. è una lunghissima storia, se vuoi te la racconto un’altra volta – disse lui .
Jack: vuoi dire che verrai anche domani? – chiese con gli occhi colmi di gioia.
Quando Hiccup annuì Jack volteggiò in punta di piedi sul suo  bastone .
Jack: ti aspetterò volentieri – disse guardandolo negli occhi.
Hiccup fece fatica a sostenere lo sguardo di Jack e arrossì abbassando gli occhi, poi annuì e lo salutò tornando da sdentato che da lontano lo fissava felice, una volta raggiuntolo Hiccup lo ringraziò.
Hiccup: Ora capisco perché volevi sempre venire qui, grazie bello – gli disse salendo in sella e accarezzandogli la nuca – forse abbiamo trovato un nuovo amico per merito tuo.
 
La notte calo profonda mentre i due presero il volo, Jack rimase a guardarli speranzoso di una loro nuova visita, non riusciva a far altro che saltare volare e gridare, poi guardò la luna e per la prima volta la ringraziò, non capiva bene perché, ma non la odiava più .
Le nubi si chiusero e cominciò a nevicare, segno che Jack Frost era di buon umore.

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Oltre L'amicizia ***





La notte passò in fretta e al mattino Jack andò al villaggio, non riusciva da aspettare la sera per rivedere Hiccup e sdentato; il sole stava sorgendo e sdentato stava svegliando rumorosamente il suo padrone che andò fuori a fargli fare il volo mattutino , quando però arrivo da sdentato Hiccup trovo accanto a lui Jack che lo stava facendo giocare.Hiccup: jack! – disse sorpreso – come mai sei qui?
Jack: Be in realtà sono qui ogni mattina e non ce la facevo ad aspettare questa sera così sono venuto al villaggio – disse imbarazzato mettendo una mano dietro la testa.
Hiccup: in effetti ieri non te lo detto – disse lui abbassando la testa e sfiorandosi i capelli anch’egli – oggi non ho niente da fare e quindi sarei venuto subito da te al laghetto, soprattutto perché se vieni qui e ti vedono potrebbe essere davvero un bel problema.
Jack: nessuno mi può vedere a parte te e i draghi – disse lui con il viso triste.
Hiccup. Come mai le persone non ti vedono?
Jack: Perché non credono in me, per potermi vedere devono credere nella mia esistenza ma – si fermò un attimo – lasciamo stare questa storia ora tu mi vedi e questo mi basta te lo assicuro – lo rassicurò con un sorriso incerto – allora, di solito voi due cosa fate a quest’ora nei giorni in cui non dovete dare una mano a tuo padre?
Hiccup: andiamo a volare ma non posso far potare due persone a sdentato quindi volevo fargli fare un volo e poi venire al lago – spiegò – ma ora che sei gia qui..
Jack: tu non preoccuparti per me – disse jack – posso starvi benissimo dietro da solo, anzi che ne dite di una gara?
Hiccup. Una gara? Ma come? Tu non hai un drago – disse lui.
Jack: io non ho bisogno di un drago per volare – disse lui ridendo.
Jack prese il volo e lo aspettò in alto facendogli cenno di raggiungerlo con sdentato.
Hiccup: giusto, lui può volare, me ne ero già scordato – disse mettendosi una mano sulla testa e ridacchiando.
Hiccup raggiunse Jack, i due si guardarono sicuri di vincere e si misero in posizione.
Jack: 5, 4, 3.
Hiccup: 2, 1, via!
I due partirono e si rincorrevano l’un l’altro, Jack faceva parecchie acrobazie nelle quali sembrava volare sul suo bastone, Hiccup cercava di stargli dietro ma non riusciva era troppo più veloce di sdentato, sembrava quasi che Jack fosse il vento stesso; li librava libero, leggero come una piuma.
Hiccup ne rimase estasiato, l’unica cosa che riusciva a dire era “ wao”, sdentato ghignò come divertito e si mise a volare in alto verso le nuvole per nasconderli da Jack che quando si voltò pensò di averli lasciati troppo indietro, si fermò ad aspettarli ma di loro nemmeno l’ombra finche, da sopradi lui si sentì un ruggito di drago che squarciò le nubi .
Erano sdentato e Hiccup, stavano scendendo in picchiata separatamente, Jack nel vederli pensò che Hiccup avesse perso il controllo mentre non guardava, ma mentre lo raggiungeva per prenderlo al volo sdentato si girò e Hiccup risali sulla sella con il grande stupore di Jack che si fermò e se li vide sfrecciare accanto entrambi con un enorme sorriso divertito. In quel momento fu Jack a rimanere estasiato per la complicità dei due, non capiva come potessero essere così in simbiosi.
Arrivati al traguardo contemporaneamente i tre si diressero nel bosco, al laghetto,  dove avrebbero parlato tranquilli senza interruzioni.
Jack: tu e sdentato siete davvero incredibili, siete in perfetta sintonia – disse in preda alla frenesia.
Hiccup: anche tu non te la cavi male, sembravi quasi trasportato dal vento stesso – disse lui .
Jack: in effetti è così, è il vento che mi fa volare – disse lui ciondolandosi avanti e in dietro con il bastone in mano
Hiccup: accidenti! Allora sei uno spirito molto potente – disse un po’ intimorito.
Jack: se lo dici tu, a me non sembra che comandare il vento sia un potere eccezionale – disse lui tranquillo – ma ora dimmi tu una cosa.
Hiccup: vuoi sapere la storia mia e di sdentato giusto? – disse lui sorridendo.
Jack annui e così Hiccup cominciò a raccontargli la sua grande avventura, gli raccontò dei vichinghi e della loro eterna lotta contro i draghi, di come lui avesse conosciuto sdentato e di come avevano fatto capire, insieme, che  i draghi e i vichinghi potevano convivere pacificamente; Jack ascoltò attentamente ogni singola parola di Hiccup e ogni dettaglio che gli raccontava, il racconto durò moltissimo e nel frattempo si fece sera.
Jack: accidenti, ne avete passate davvero molte assieme – disse guardandoli un po’ invidioso.
Hiccup: ora tocca a te – disse – raccontami come ti anno creato, da Dove vieni, cose così insomma – disse lui in attesa del racconto.
Jack: non ho molto da raccontare in effetti – disse osservando l’impazienza e la curiosità di Hiccup e sdentato dietro di lui con i suoi grandi occhi teneri – ok, ve lo dirò ma non sarà bella come la vostra.
Sdentato e Hiccup si fissarono enigmatici poi guardarono Jack che cominciò a raccontare.
Jack: Buio, è la prima cosa che ricordo, era buio e faceva freddo, avevo paura, ma poi… poi ho visto la luna – disse gesticolando con la mano verso l’alto – era così grande, così luminosa; sembrava cacciasse via il buio e a quel punto non ho avuto più paura. Perché fossi li e quale era il mio scopo non l’ò mai saputo, tuttora mi chiedo se lo saprò mai – disse abbassando il braccio con il quale stava indicando la luna - Andai ad un villaggio li vicino e cercai di parlare con gli abitanti, ma nessuno mi poteva vedere, ero invisibile; tutti mi passavano attraverso – disse abbassando la testa per nascondere la rabbia e la delusione – tu ti chiederai ora come faccio a sapere il mio nome, be…è stata la luna a dirmelo, ma è l’unica cosa che mi abbia detto; mi ha messo in questo modo ma non mi ha detto il perché e da allora sono passati trent’anni, trent’anni tutti uguali, invisibile e solo, questa è la mia storia – disse alzandosi e sgranchendosi le braccia per non far vedere i propri occhi lucidi.
Hiccup: non è giusto, ti ha portato in vita e non ti ha detto nemmeno il perché – disse digrignando i denti .
Jack: Hiccup, io.. – rimase senza parole quando Hiccup lo afferrò per entrambe le spalle.
Hiccup: ora hai noi, non ti devi più preoccupare, noi ti vediamo e crediamo in te – disse prendendogli la mano come per fargli una promessa .
Jack che si era trattenuto, in quel momento lasciò cadere una lacrima e appoggiò la testa sulla spalla di Hiccup che gli mise una mano sulla schiena, lentamente, lo consolava mentre piangeva e lo ringraziava.
Hiccup: Non sei più solo, ora hai degli amici - gli disse con sorridendo.
La notte era ormai giunta e Hiccup andò a casa con sdentato e Jack li salutò restando li al lago ghiacciato da solo.
Jack: non avevo mai abbracciato nessuno prima di oggi – disse tra se e se – è una bella sensazione – disse sorridendo.
Jack non voleva che la giornata finisse in quel triste modo, si sentiva in debito con lui e così decise di andare al villaggio, voleva fare un regalo a quel ragazzo che lo aveva ascoltato e che gli aveva raccontato la propria storia e che credeva in lui.
Arrivato al villaggio, Jack vide Hiccup in lontananza assieme ai ragazzi del primo giorno, sembravano felici mentre erano in gruppo e scherzavano tra di loro; nel vedere quella scena però, Jack si chiese se forse magari un giorno avesse potuto far parte di quel gruppo, si chiese se un giorno lo avrebbero visto come ora lo vedeva Hiccup.
Quel pensiero scivolò via quando Hiccup li salutò e andò verso la propria casa e vi entrò, in quel momento Jack si posizionò sul tetto e dall’esterno, con un tocco del suo bastone, creò un murales di cristalli di ghiaccio che formavano un drago dinanzi agli occhi increduli di Hiccup, che nel vederlo lo sfiorò e il murale di drago si disintegro in splendidi piccoli cristalli di neve che cadevano come polvere magica nella sua camera. Non poteva far altro che ridere e meravigliarsi di quella magia che, un suo nuovo amico, aveva fatto appositamente per lui; era davvero felice e quando lo spettacolo finì uscì fuori e non vedendolo ringraziò a vuoto, perché sapeva che anche se lui non si mostrava, stava comunque aspettando di sentirlo.
Jack era finalmente soddisfatto e, felice com’era, fece nevicare tutta notte.
 
I ricordi che Jack stava vivendo si susseguirono in giornate divertenti tra gare e racconti di avventure, ogni tanto lui accompagnava Hiccup e sdentato nelle missioni, aiutandoli quando poteva, poi tornavano sempre al lago a divertirsi .
Ci fu un giorno però, che Jack e Hiccup non avrebbero mai dimenticato.
Tutti i draghi di Berk quel giorno alzarono il muso al cielo nero di nubi, spaventati da qualcosa si misero in volo e scapparono via perché sentivano che stava arrivando, crearono una gran baraonda e alcuni di essi presero con se i propri padroni; nessuno degli abitanti però capiva il perché di quella paura.
Jack e Hiccup erano davanti alla sala del consiglio e guardavano attoniti gli eventi senza capirne l’origine.
Jack: Come mai i draghi sembrano tutti così spaventati? – chiese a Hiccup mentre schivava le virate pazze dei draghi atterriti.
Hiccup: Non lo so, ma devo trovare subito sdentato – disse guardando preoccupato la scena di fronte a se – forse lui potrà farmi capire cosa sta succedendo – disse mettendosi a correre.
Jack: Eccolo è lassù – disse Jack indicando sdentato che si trovava sopra un pendio li vicino.
Sdentato stava scrutando il cielo scrupolosamente, come stesse cercando il nemico, quando arrivarono da lui Jack e Hiccup sentirono un boato in lontananza e fu allora che lo videro apparire.
Raudebjorn lo chiamavano, un drago nero antico come il modo, feroce e spietato: aveva un’apertura alare di dieci metri e una lunghezza di dodici, era ricoperto di spine e dai lati della testa lunga e acuta spuntavano due enormi corna ricurve nere pece; su tutto i corpo aveva delle venature di lava che fluiva come sangue senza mai cadere, le zampe erano possenti e i suoi artigli ricurvi erano neri come la spine sulla lunga doppia coda che si stagliava sulle sue vittime come una scure.
 
Jack: dimmi che sai come affrontarlo o addestrarlo – disse rimanendo paralizzato ad occhi spalancati.
Hiccup: No, non so nessuna delle due cose – disse rimanendo anche lui pietrificato – devo trovare la mia squadra tu non fare niente – disse cominciando a correre via – resta in disparte, senza un drago rischieresti solo di farti uccidere e non voglio perdere un amico come te.
Jack abbassò lo sguardo e poi lo rialzò annuendo mentre Hiccup prendeva quota con sdentato gracchiando il richiamo dei draghi di Berk per richiamare la propria squadra.
 
 Il drago nero in quel momento puntò Hiccup perché attirato dal richiamo e gli lanciò una palla di fuoco enorme, Jack notò che lui non se ne era accorto perché era di spalle, allora lui gli si parò davanti e andò in contro alla palla di fuoco e la congelò scatenando una reazione col ghiaccio che fece esplodere il tutto a poco da lui.
Hiccup non fece in tempo a girarsi che, dopo il passaggio dell’onda d’urto, vide Jack cadere inesorabilmente verso il vuoto, fece per raggiungerlo ma la sua caduta era troppo veloce, fu allora che lo chiamò, davanti a tutti i suoi compagni in arrivo.
Hiccup: Jaaaaaaaaaaaaaaack, svegliati – gli urlò – Jack! Forza – mentre ancora in picchiata tentava di raggiungere la sua mano.
 
Jack sentiva tutto attorno a se, ma non riusciva a muovere il proprio corpo, la voce di Hiccup lo teneva sveglio e gli faceva capire di essere in grave pericolo. Finalmente riuscì ad aprire gli occhi e a vedere la situazione in cui era, con le poche forze che aveva afferrò la mano del suo amico che lo caricò su sdentato e lo riportò in alta quota.
Hiccup: ti avevo detto di rimanere in disparte – gli urlò arrabbiato – se non ti prendevo io saresti morto – disse ancora preso dalla foga e dallo spavento.
Jack. Non potevo… lasciare che ti colpisse – disse a interruzione mentre si teneva saldo a Hiccup – non  potevo permetterlo – disse appoggiandosi a lui.
Hiccup: quel drago, mi stava per colpire? – disse incredulo – Jack , grazie – disse virando verso gli altri che lo aspettavano.
Arrivato dai suoi compagni, Hiccup elaborò un piano di attacco con loro mentre i pochi draghi rimasti distraevano Raudebjorn.
Astrid: non credo che abbia un punto cieco, i suoi occhi non sono bianchi e le sue ali sono in perfette condizioni – disse sconfortata – non sarà come la volta scorsa.
Gambe di pesce: vedendo i suoi artigli , direi che è uno squartatore e le ali non sono tanto grandi rispetto al corpo, vuol dire che non è particolarmente veloce – disse osservandolo con un monocolo.
Hiccup: ok , possiamo essere in vantaggio sulla velocità, ora dobbiamo capire quanti colpi può sparare e speriamo in un numero minimo – disse guardando gli altri.
Jack: Hic, prima l’ò visto che mangiava delle rocce, è normale per un drago? – chiese appena ripresosi.
Hiccup: Lo fanno per caricare i colpi – disse lui.
Jack: allora ha un limite di una ventina di colpi – disse lui staccandosi da Hiccup e preparandosi a riprendere il volo.
Hiccup: come lo sai?- chiese lui.
Jack: Mentre stavo cadendo ho sentito tutto quello che mi accadeva attorno e l’o sentito lanciare ben diciannove colpi, con quello che ho respinto fanno venti – disse guardandolo convinto.
Hiccup: Questa è una pessima notizia, se dovesse scaricarli sul villaggio lo distruggerebbe completamente – disse colmo di timore per tutti gli abitanti.
Jack: Hic non sei solo in questa battaglia, prima mi ha preso alla sprovvista ma ora – disse prendendo il volo – ora non mi farò più prendere di sorpresa dal’esplosione dei suoi colpi.
Hiccup: jack aspetta, non andare all’attacco in quel modo, non è un nemico comune è un drago – disse lui fermandolo per un braccio.
Astrid: Hiccup si può sapere cosa combini? Siamo sotto attacco , ci serve una strategia –disse lei urlandogli contro.
Jack: ok ti ascolto, ma solo perché il tuo villaggio à bisogno di te – disse puntandogli un dito sul naso.
Hiccup : grazie – disse a bassa voce – ok ragazzi testa di Tufo testa Bruta voi due lo attaccherete da sinistra, fate in modo che la nebbia verde lo ricopra completamente –disse hai due gemelli sul drago a due teste – Moccicoso tu e Zanna Curva andate ad attaccarlo da sopra io e te Astrid lo attaccheremo frontalmente, quando la nebbia lo ricoprirà tutto faremo fuoco, Gambe Di Pesce tu conta i colpi che ci lancia dietro e urla quando arriva a venti – disse e tutti si avviarono verso il grande drago nero – Jack, tu dovrai colpirlo come hai fatto prima , poco dopo che noi gli daremo completamente fuoco.
Jack: Così innescheremo la stessa esplosione di prima! Sei un genio! – disse entusiasta.
Hiccup: andiamo!
I due raggiunsero gli altri e cominciarono l’attacco , il drago nero era confuso, nessuno aveva mai osato attaccarlo, avevano tutti paura di lui, ma non quei giovani ragazzi e i loro draghi.
 
I due gemelli cominciarono a inondare il drago con la nebbia verde, Moccicoso in tanto lo distraeva e lo confondeva, andando su e giù come una trottola impazzita gli fece sprecare tutti i propri colpi e lo lasciò a secco, allora Gambe di pesce urlò, il segnale era stato dato e tutti attaccarono il drago facendo incendiare la nebbia verde attorno a lui.
Il drago sembrava non sentire nemmeno il calore di quelle fiamme, tutti si spaventarono quando videro il suo enorme muso nero uscire intatto da esse, ma fu allora che jack arrivò e congelò il tutto innescando la grande esplosione.
Tutto si fece luminoso e silenzioso, sembrava che il tempo si fosse fermato, l’onda d’urto scosse i draghi che planarono verso il villaggio, dietro di loro la nera figura del drago si infranse nel mare e si disintegrò, l’esplosione aveva ridotto il grande dragone nero in cenere nel vento e nell’acqua.
Mentre planavano Hiccup si voltò in dietro e cercò Jack, ma non lo vide, sembrava sparito; si fece prendere dal panico e con sdentato cominciò a cercarlo senza sosta finche non vide in lontananza qualcosa di peggio di un drago. L’onda d’urto aveva innescato un onda di ritorno (come loro chiamavano lo tsunami), era alta e puntava diritta verso di loro; Hiccup volò con sdentato ad avvisare gli altri al villaggio e a metterli in salvo, ma quando arrivò l’onda era dietro di lui. Sdentato coprì Hiccup con le proprie ali ma lui continuava a guardare quella grande onda con estremo terrore perché non poteva fare niente per salvare il proprio villaggio da essa, e soprattutto non faceva che pensare”dove è Jack?”.
 
L’onda arrivo a pochi metri dal villaggio, non c’era più niente da fare se non credere in qualcuno. Jack improvvisamente sfrecciò nel cielo e si parò dinanzi a Hiccup e sdentato.
Jack: non avere paura, io sono qui – disse a Hiccup prendendogli la mano.
Hiccup rimase senza parole, attonito, Jack stava lanciando tutto il suo potere sulla grande onda e la stava congelando evitando che si infrangesse su Berk, sembrava che stesse prendendo forza dal mondo stesso, era magnifico e splendente come la luna in piena estate. Quando l’onda si congelò completamente, Jack la infranse con un tocco del suo bastone, trasformandola in migliaia di cristalli di neve che scendevano delicati sul villaggio.
Jack: appena in tempo – disse con un sorriso girandosi verso Hiccup.
Hiccup nel vedere quel sorriso gli si getto addosso e lo abbracciò forte, lo stringeva e non voleva più lasciarlo andare.
Hiccup: grazie Jack, ci hai salvati tutti quanti – gli disse guardandolo negli occhi colmo di gratitudine.
Jack: Te l’avevo detto di non avere paura – disse lui appoggiando la propria fronte alla sua .
Tra i due si formò una calda atmosfera, era come se fosse arrivata l’estate, sembrava che i loro sguardi fossero magnetici e proprio quando i loro volti si stavano avvicinando gli altri saltarono addosso a Hiccup e lo strapazzarono.
Astrid: Hik hai visto? Il grande odino ci ha protetti – disse entusiasta.
Gambe di pesce: sembra quasi neve – disse guardando il cielo
Hiccup: Si è neve, ed è la più bella che io abbia mai visto – disse guardando Jack che ancora lo fissava teneramente imbarazzato.
Stoik: figlio mio siete stati grandiosi, ci avete salvati tutti – disse guardando il proprio figlio orgoglioso.
Hiccup: non sono stato io papà è stato uno spirito del grande odino, uno spirito dell’inverno – disse guardando Jack che era sorpreso – il suo nome è Jack Frost, meglio che ce lo ricordiamo no? – disse lui guardandolo fisso con un dolce sorriso.
Stoik: uno spirito ci ha salvati? Come possiamo noi ricompensarlo, è inverno e non abbiamo cibo da offrirgli – disse nel panico.
Hiccup: basterà che ci ricordiamo e che crediamo in lui, forse un giorno così lo potremo vedere – disse lui.
Stoik: E sia, questo giorno sarà ricordato  come il giorno in cui Jack Frost a aiutato i cavalieri di Berk a salvarci – disse alzando le mani per far esultare gli abitanti del villaggio.
Tra le urla e gli esulti di tutti Hiccup vedeva che Jack era commosso, tutti ringraziavano lui, tutti invocavano il suo nome, senza pensarci su si mise a volteggiare e a creare, con i cristalli di ghiaccio, dei draghi che si muovevano e volavano grazie alla sua magia lasciando tutti a bocca aperta.
 
Quel giorno era un giorno speciale che nessuno avrebbe mai dimenticato.
Passarono due settimane da allora e nel villaggio tutti parlavano dello spirito del grande odino con felicità, i bambini lo ringraziavano continuamente quando nevicava perché sapevano che era merito suo, Jack era felice e mano a mano i bambini cominciarono anche a vederlo sorprendendolo e chiedendogli di ripetere il trucco dei draghi di ghiaccio volanti, lui diceva che non poteva rifarlo ma che avrebbe fatto nevicare per loro.
Hiccup era felicissimo nel vedere Jack così contento mentre giocava con i bambini e non poteva non pensare che lui ne aveva bisogno, sembrava quello il suo cammino, il suo scopo.
I due ogni tanto tornavano insieme al lago dove si erano incontrati e li si divertivano a giocare a fare delle gare.
Era incredibile l’affinità che c’era tra i due, erano arrivati a capirsi solo con uno sguardo.
 
Un giorno, molto vicino alla festa invernale vichinga, Jack stava giocando a palle di neve con Hiccup, le sfere di neve volavano e colpivano entrambi inesorabilmente. Erano felicissimi e si stavano divertendo come due bambini.
Hiccup: e tu saresti uno spirito del freddo e del gelo – disse istigandolo – non farmi ridere, sono mille volte più bravo di te in questo gioco – disse ridendo .
Jack: ah si? prova a evitare queste – disse lui ribattendo con la stessa scarica di palline.
I due giocavano da ore e quando Jack si avvicinò per spiaccicare in faccia a Hiccup una palla di neve i due scivolarono trascinandosi a terra. Erano finiti l’uno sopra l’atro, Jack da sopra era rimasto fermo, come congelato perché nel cadere le labbra dei due si erano unite, nonostante fosse uno spirito del gelo in quel momento sentiva caldo e sapeva di essere rosso.
Hiccup dal canto suo non si stava minimamente muovendo per ribellarsi alla cosa; ad un tratto, invece, strinse Jack e lo trascinò verso di sé come se non volesse farlo andare via, le loro labbra si incrociavano come fossero due parti della stessa cosa e i loro cuori battevano velocissimi. Non sapevano come mai, non sapevano darsi una spiegazione ma era accaduto, forse era sempre stato così da quando i loro sguardi si erano incrociati, loro si erano innamorati e i loro sentimenti erano contraccambiati.
Jack: wao – disse alzandosi per lasciar respirare Hiccup – tutto bene? – gli chiese preoccupato mentre si sedeva a terra.
Hiccup: s-si……credo – disse mentre si tirava su seduto – mi sono lasciato trascinare, accidenti – disse imbarazzato.
Jack: scusa, avrei dovuto fare più attenzione e…. – rimase senza parole.
Hiccup: Jack, non ti devi scusare – disse deciso – io credo che non sia stato uno sbaglio, era da un po’ che volevo dirtelo………- si interruppe.
Jack: cos’è che volevi dirmi? – disse lui ansioso fissandolo a pochi centimetri dal suo viso.
Hiccup: io volevo dirtelo … ma non sapevo come avresti reagito – disse tutto rosso in viso – io credo di essere innamo.       
Proprio in quel momento, in lontananza, si sentì la voce di qualcuno che chiamava Hiccup e sdentato.
Astrid: Hik dove sei? Sdentato? – urlò in sella la suo drago.
Hiccup: Oh no! Astrid – disse allarmato per la situazione nella quale si trovava,
Jack: Hiccup calmati lei non mi può vedere, ricordi? – disse lui accarezzandogli il volto e sorridendogli – resta calmo e andrà tutto bene.
Hiccup: o-ok… ci proverò – disse guardandolo impaurito.
Astrid volò sopra il laghetto e vide Hiccup in piedi in mezzo alla neve con sdentato che lo raggiungeva da dietro.
Astrid: Hiccup è tutto il giorno che ti cerco, c’è un’emergenza al villaggio devi tornare subito per partecipare al consiglio – disse lei scendendo dal tempestosa e trascinando Hiccup verso sdentato.
Hiccup: Cosa è successo? – chiese allarmato – è qualcosa di grave?
Astrid: Sembra che uno degli spiriti oscuri di Odino faccia visita al nostro villaggio da qualche  giorno  a questa parte e solo i bambini lo possono vedere – disse lei in preda al panico – dicono che è come un’ombra e spaventa per divertimento.
Hiccup e Jack rimasero sorpresi nel sentirle le parole di Astrid.
Jack: l’uomo nero qui, come è possibile? – disse lui mettendosi una mano nei capelli.
Hiccup: Astrid tu vai, io ti raggiungo tra un po’ – disse lui serio dopo aver sentito le parole di Jack.
Astrid: no tu devi venire con me ora, non posso tornare senza di te e Hiccup – disse saltandogli addosso e abbracciandolo –il tuo villaggio ha bisogno di te.
Hiccup: Ok vengo con te – disse staccandola da se in modo normale ma con aria un po’ seccata.
 
Hiccup si voltò e cercò gli occhi azzurri di Jack per confortarlo, ma quando si voltò vide in lui solo il senso di inadeguatezza per l’aver assistito all’abbraccio tra lui ed Astrid, vedendolo così sarebbe voluto correre da lui e baciarlo di nuovo per fargli capire i suoi sentimenti ma non poteva, il villaggio aveva bisogno di lui e di essere rassicurato prima che aprissero la caccia allo spirito maligno.
Astrid: Hic cosa stai guardando? Non ce niente da quella parte –disse lei scotendolo.
Hiccup. Ok andiamo – disse lui salendo su sdentato.
Mentre era in volo, Hiccup, si girò ancora una volta per salutare Jack con la mano. Jack prese coraggio e lo salutò a sua volta, avrebbe però voluto seguirlo ma se davvero era l’uomo nero lo spirito che i bambini vedevano non poteva seguirlo al villaggio e creare il panico mentre lo scacciava.
Si sedette su una roccia e si porto le mani al viso tirando in dietro i capelli , era geloso di quella ragazza del fatto che poteva stare con lui, al villaggio, tutti i giorni e che poteva essere vista da tutti tranquillamente, facendo parte della vita quotidiana di Hiccup senza farlo passare per pazzo, in quel momento Jack avrebbe voluto essere un umano, non uno spirito.

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)



le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Parte Del Villaggio ***




Pitch Black era a Berk.
La notizia aveva lasciato perplesso Jack, più della gelosia provata quando Astrid aveva abbracciato Hiccup portandoselo via.
Ormai era passata più di una settimana, ma di Hiccup e Sdentato nemmeno l’ombra.
Giorno dopo giorno Jack era davvero tentato di andare al villaggio a trovare Hiccup e tutti i bambini che erano spaventati.
Poteva benissimo capirli, gli era già capitato di passare nei pressi di un villaggio sotto l’assedio della paura che Pitch propagava a macchia d’olio; bambini terrorizzati genitori che non uscivano la notte e animali atterriti che si nascondevano al passaggio dell’ombra oscura di Pitch.
Era un vero e proprio demone e nessuno lo poteva contrastare.
Quella volta, dopo il passaggio di Pitch, Jack portò la neve e cercò di rallegrare sia gli abitanti che i bambini di quel villaggio, ma solo la magia dei guardiani potè aiutarli, la magica sabbia di Sand man illuminò il cielo e riportò i sogni nei cuori di quei bambini.
Anche lui avrebbe voluto dare una mano al guardiano, ma ai tempi non conosceva il proprio potere, così si limitò ad osservare l’operato del guardiano.
Il pensiero che una desolazione del genere si verificasse anche nel villaggio in cui viveva la prima persona che lo avesse visto gli fece ribollire il sangue; non lo avrebbe mai permesso; lui doveva fare assolutamente qualcosa.
Improvvisamente, le nuvole nel cielo si diradarono e mostrarono la luna in tutto il suo splendore, era luminosa come non mai.
Delicatamente concentrò i propri raggi sulla figura di Jack, che si ergeva al centro del laghetto ghiacciato, lasciandolo sorpreso.
Per la prima volta, dopo trent’anni, la luna gli parlò.
Lei disse a Jack, che l’allegria che lui portava poteva distruggere la paura portata da Pitch, che il suo potere era l’unica cosa che in quel momento potesse salvare il villaggio e che essendo aumentato rispetto al passato, lui avrebbe potuto scacciarlo.
Detto questo, l’immensa luna tornò silente e le nuvole ricoprirono nuovamente il cielo, lasciando il ragazzo dai bianchi capelli nuovamente solo.
Jack era felicissimo di quelle poche parole che la luna gli aveva detto, finalmente sapeva cosa avrebbe dovuto fare.
Corse al villaggio trasportato dal suo amico vento e cominciò a far nevicare saltando da un tetto all’altro per far si che i bambini si affacciassero fuori e che vedessero la neve fresca, pronta per una bella battaglia.
I bambini guardarono tutti fuori, proprio come Jack si aspettava e si fiondarono allegri fuori dalle case esultanti; salutarono Jack come salutavano un fratello, gli girarono attorno e proprio in quel momento, mentre decine di bambini ridevano felici attorno a lui, lo vide.
Non solo i bambini si erano accorti della bellissima neve che cadeva delicata dal cielo, in lontananza, uscito dalla sala del consiglio, Jack vide Hiccup che lo fissava con un’espressione di sollievo e di commozione dipinta sul volto.
Jack, andò da lui e lo salutò un po’ timido, Hiccup invece gli si fiondò tra le braccia stingendolo come mai prima di allora.
Jack ricambiò l’abbraccio, il calore di Hiccup gli era veramente mancato.
Hiccup: sono felice che tu sia qui, non so quando sarei potuto venire io al lago – disse sciogliendo l’abbraccio.
Jack: va male qui al villaggio vero? – gli chiese lui tenendogli una mano sulla spalla.
Hiccup: l’ho visto Jack, so di cosa anno paura, ne sono rimasto spaventato pure io – disse tremando improvvisamente – non so se riusciremo ad andare avanti così, siamo tutti tesi e i draghi lo sono più di noi – disse indicando due draghi che si spaventavano per ogni piccolo rumore che udivano.
Jack: Hiccup, ho parlato con la luna e lei mi ha detto che con il mio potere e l’allegria che porto, forse potrei scacciarlo dal villaggio – gli disse guardandolo negli occhi.
Hiccup: la luna ti ha finalmente parlato? – disse – e ti ha detto che puoi scacciarlo da qui? – disse ancora più sorpreso – questo è fantastico Jack, se davvero ci riuscirai … se davvero ci riuscirai, tutti crederanno in te – disse lui avvicinandosi a Jack un po’ malinconico .
Jack: Ti devo parlare di ancora tante cose – disse lui tenendogli la mano dolcemente lasciandogli capire che avrebbero continuato il discorso di una settimana prima per poi tornare serio – Pitch Black non è il solito spirito che fa visita hai villaggi di notte – disse Lui serio – lui non porta bei sogni lui porta solo incubi e si nutre della paura che essi generano nelle persone, in particolare nei bambini.
Hiccup: grazie per la sintesi illuminante, ma questo di certo non mi aiuta a stare meglio – disse sarcasticamente girando poi il proprio volto ad osservare i bambini che giocavano.
Jack nel guardarlo capiva, sentiva che in lui vi era molta paura, ciò alimentava il potere di Pitch, doveva trovare il modo di calmare il cuore di Hiccup e quello di tutti gli abitanti, così Pitch se ne sarebbe dovuto andare via sconfitto, il tutto in meno di una giornata.
 
Ad un tratto mentre camminavano sotto la neve, Jack trascinò Hiccup sul retro di una bottega e sotto quella dolce e candida neve lo baciò ripetutamente: prima sulla fronte e poi delicatamente sulle labbra.
Hiccup: Jack, io… non ho finito di parlarti quel giorno… e – disse mentre ascoltava i passi di qualcuno che si avvicinavano.
Jack allora lo prese e si spostò con lui più avanti nascondendolo dietro una botte.
Astrid: Hic sei tu? – disse spettando una risposta a vuoto – devo aver perso la testa con tutti questi incubi, ho creduto di vedere Hiccup baciare qualcuno, devo riposarmi per davvero – si disse mentre se ne andava.
Jack tolse la mano dalla bocca di Hiccup e si alzò, si guardò attorno e tirò su anche lui.
Jack: accidenti, quella è come una zecca non ti lascia mai in pace – disse lui scocciato.
Hiccup: già, ma cosa ci si può aspettare dalla propria ex ragazza’ – disse ironicamente.
Jack: Hic io……- rimase senza parole per la paura di aver frainteso i sentimenti di Hiccup.
Hiccup: lei non si da pace da quando l’o lasciata – disse guardando il punto in cui prima vi era la ragazza – sta facendo di tutto per tornare con me – disse chinando il viso – però non posso stare con una persona che non amo – non è giusto nei suoi confronti e un giorno lo capirà – disse appoggiandosi al muro.
Jack: perché l’ai lasciata? – chiese confuso – si vede che a lei ci tieni, va bene che è giusto ciò che hai detto prima – disse girandosi di spalle – ma se non cè nessun’altro che ti piace di più potresti restare con lei e farla felice, anche se per poco tempo no? – disse passando il proprio bastone da un amano all’altra per cercare di distrarsi da quell’imbarazzante situazione.
Hiccup: c’è una persona che amo più di chiunque altro e in questo momento voglio solo stare con quella persona – disse arrossendo – ormai penso solo a quella persona e penso che senza non potrei vivere, tutto è cambiato da quando è entrata nella mia vita, ogni singola cosa – disse girandosi verso Jack che lo osservava con occhi sgranati – questa persona sei tu Jack Frost – disse infine guardandolo con i proprio occhi verdi smeraldo
Il tempo per Jack si era fermato.
Ogni singolo fiocco di neve che cadeva in quel momento, grande o piccolo che fosse, divenne a forma di cuore, il cuore di Jack Frost che stava per saltargli fuori dal petto per la felicità.
Stava ridendo e sorridendo dalla gioia e non riusciva trattenersi, non ci riuscì al punto di saltare addosso a Hiccup e trascinarlo a terra con se, nuovamente si trovarono uno sopra l’altro, i fiocchi di neve che si appiccicavano ai loro vestiti e ai loro capelli, il cuore di entrambi che batteva veloce, le loro labbra che nuovamente si univano nella neve bianca e candida.
Jack: ti amo moltissimo Hiccup Horrendous Haddok III cavaliere di Berk e non ti lascerò mai, questa è una promessa – disse fissandolo intensamente negli occhi.
I due si rialzarono ancora rossi in viso, dopo qualche minuto di tenero silenzio ripresero il giro del villaggio sotto la neve per portare gioia ai bambini di tutta Berk; mano a mano che andavano avanti notavano che i sorrisi del villaggio riaffioravano, i bambini ridevano e giocavano con la neve e con i draghi come mai  prima, l’armonia era tornata e gli incubi nel villaggio erano spariti e Pitch Black, che dall’ombra era venuto, nell’ombra ritornò, sul viso aveva l’espressione di si sarebbe vendicato, anche se ci fossero voluti secoli.
 
Da lontano, mentre passeggiavano per il villaggio, Jack e Hiccup videro arrivare Stoik ad occhi spalancati, era pallido come se avesse visto un fantasma.
Hiccup: Papà tutto bene? – chiese lui preoccupato mentre gli andava in contro.
Stoik: per la barba di Thor – continuava a ripetere.
Hiccup: papà ora mi stai facendo preoccupare – disse lui osservandolo.
Dietro di lui Jack stava facendo un percorso ghiacciato per i ragazzini che andavano sulle tavole di legno, usandole come i nostri attuali snowboard.
Jack notò che Hiccup era preoccupato e si avvicinò ai due.
Jack: Hic, cosa succede? Non sta bene? – disse lui osservandolo attentamente – sembra quasi che abbia visto un….. – si fermò e osservò più da vicino facendo allontanare Stoik di qualche passo – un fantasma.
I due rimasero sbigottiti, cosi tanto da non riuscire quasi a parlare.
Hiccup: lui ti vede – disse rimanendo a bocca aperta.
Jack: tuo padre mi vede – disse lui indietreggiando leggermente.
Stoik: tu ragazzino, sei lo spirito dell’inverno ? – chiese come se ne fosse deluso.
Jack: Si – disse rimanendo a debita distanza intimorito dall’immensità dell’uomo che lo vedeva.
Jack non era abituato a parlare con un uomo più adulto di lui, non riusciva nemmeno a sostenere il suo sguardo accusante.
Hiccup notò la difficoltà di Jack,; capì subito il motivo della sua agitazione, era sicuramente più facile dialogare con dei bambini che con uno come suo padre, specialmente quando faceva il suo sguardo truce e deluso.
Hiccup: lui è lo spirito che ha salvato il villaggio papà – disse per confermare al padre chi aveva dinanzi e per aiutare Jack .
Stoik: confesso che ti avevo immagino immenso, visto le grandi cose che hai fatto – disse fissando con uno sguardo duro – ma d’altronde mio figlio che nemmeno lui è immenso a compiuto atti degni del più forte dei guerrieri – disse addolcendo il suo viso e il tono della voce – Hic ho bisogno di parlarti immediatamente nella sala del consiglio, raggiungimi appena puoi – disse in fine prima di andarsene.
Hiccup : ok ma,  Papà sei sicuro che vada tutto bene – chiese un po’ stranito per il modo svelti di suo padre di liquidare la faccenda di Jack a piede libero nel villaggio.
Stoik, gli fece cenno di sbrigarsi e Hiccup rimase ancora più confuso dal quel suo comportamento, sapeva che c’era qualcosa sotto.
Quando Stoik entrò nella sala del consiglio, Hiccup trascinò Jack di nuovo dietro ad una casa.
Jack: tuo padre è immenso, lo sai ? – gli disse ancora un po’ intimorito.
Hiccup: siamo nei guai siamo nei guai, se ora lui ti può vedere dobbiamo stare più attenti che mai, per di più sembra che abbia in mente qualcosa – disse con le mani nei capelli.
Jack: dici? – gli chiese lui preoccupato.
Hiccup: di sicuro – disse  voltandosi nervosamente e preoccupato – come prima cosa vorrà assicurarsi che tu sia davvero uno spirito, e ti metterà alla prova in ogni modo possibile – disse mettendosi una mano sul viso e lasciandola scivolare giù.
Jack: Hic non ti preoccupare, qualunque cosa dovrò fare la farò – disse lui certo di riuscirci – ora vai da lui e rimani calmo, ce la farò vedrai – gli sorrise.
Hiccup lo guardò preoccupato ma jack lo incantò con uno dei suoi sorrisi candidi come la neve riuscendo a calmarlo.
Hiccup allora andò verso la sala del consiglio e vi entrò salutando Jack che lo stava guardando con uno sguardo rassicurante.
Passarono ore e ore intere, ma Hiccup non usciva dalla sala del consiglio, Jack allora cominciò a credere che  fosse successo qualcosa di grave per far durare così a lungo la riunione; poco dopo però tutti i partecipanti al consiglio uscirono e lo notarono.
Lo fissarono con sguardi duri e minacciosi, sembravano contrariati dal suo aspetto perché continuavano a scrutarlo mentre gli passavano accanto.
Troppa gente riusciva a vederlo ora, Jack non era abituato a tutto quello.
Da dietro di lui improvvisamente arrivarono gli amici di Hiccup, che lo scambiarono per un forestiero.
Moccicoso: ei tu forestiero, cosa ci fai qui nel nostro villaggio? – chiese lui girandolo e prendendolo per una manica.
Jack: o-oh, mi vedete anche voi? cos’è ormai mi vedono tutti qui? – chiese guardando la luna che gli rispose con un si – fantastico – disse lui ironicamente.
Testa di Tufo: rispondi alla domanda che ti ha fatto lui – gli disse schioccando le dita e facendo avanzare il drago a due teste suo e della sorella gemella per minacciarlo.
Jack: ok, io sono Jack Frost e sono lo spirito dell’inverno che ha combattuto con voi il drago nero Raudebjorn – disse staccando il proprio braccio dalla presa di Moccicoso.
Tutti loro si misero a ridere a squarcia  gola e lo circondarono per fargli sputare la verità, Jack capì di essere in una brutta situazione, se avesse reagito se li sarebbe fatti nemici e avrebbe messo Hiccup in difficoltà, ma se continuava a insistere con la sua versione lo avrebbero sicuramente attaccato.
 
Proprio in quel momento però, dalla sala del consiglio uscì Hiccup che corse verso Jack parandosi tra lui e gi suoi amici.
Hiccup: Fermi! Cosa diamine vi salta per la testa? Attaccare in questo modo uno spirito del grande Odino, voi dovete essere impazziti – disse per spaventarli un po’.
Testa Bruta: lui sarebbe uno spirito del grande odino? ma non farci ridere – disse la ragazza saltando giù da una delle due deste del drago con due teste,
Testa di Tufo: già, abbiamo riso abbastanza prima – tirandosi una capocciata con la sorella in segno di complicità.
Gambe di pesce: be se lo dice Hiccup io ci credo – disse staccandosi dal gruppo – non voglio incappare nella sua ira – indicando Stoik sulla porta della sala del consiglio che li fissava con uno sguardo torvo.
Moccicoso: Capo, abbiamo preso questo forestiero che si gingillava nel villaggio – disse sicuro di se.
Stoik: bene ora potete anche andare, al resto ci penserò io – disse a Moccicoso – Hic porta il “forestiero” alla sala del consiglio.
Hiccup: si papà – disse abbassando la testa.
Jack: Hic, cosa succede? - chiese lui confuso dall’evolversi degli eventi.
Hiccup: appena entriamo congela la cascata di acqua e rifai il trucco dei draghi di ghiaccio, solo così mio padre ti crederà del tutto e con lui anche il consiglio – disse indicando tutti gli adulti che più numerosi di prima, entravano nella sala del consiglio – e la grande anziana – disse indicando la piccola donna che si appoggiava al proprio bastone a fatica, dopo di che lo guardandolo preoccupato.
Jack: niente di più semplice, vedrai li sbalordirò con un nuovo trucco – disse mettendogli una mano sulla spalla e sorridendogli.                              
Hiccup nel vedere quel sorriso si tranquillizzò un poco,ma Jack invece dentro stava urlando dall’agitazione.
Era una prova importante, non poteva sbagliare.
Hiccup lo condusse alla sala del consiglio e lo fece entrare prima di se; appena entrati Jack notò subito che le persone lo fissavano con impazienza, dall’altra parte del salone invece vi era Sdentato che osservava la scena con attenzione, al centro invece vi era un enorme braciere di pietra con una statua di drago infilzato sospesa sopra di esso.
Jack alla vista di quella statua deglutì nel ricordare ciò che gli aveva raccontato Hiccup sul passato della sua gente, in passato erano stati prodi assassini di draghi.
Ora capiva le avvertenze di Hiccup e il perché fosse così preoccupato per lui.
Stoik: benvenuto nella sala del consiglio “Jack Frost”, spirito del grande Odino – disse allargando le braccia in segno cordiale – siamo lieti di averti qui con noi a Berk.
Jack: il piacere è mio – disse chinandosi leggermente e mettendo una mano al petto.
Stoik: vieni avanti così che tutti nella sala ti possano vedere – disse dando un cenno minimo ai due vichinghi che erano sopra al padiglione che sovrastava Jack ignaro.
Jack avanzò lentamente e quando arrivò su un mattone bianco, una cascata di acqua cadde sopra di lui.
 
Tutto avvenne in poco tempo, l’acqua si congelò e lui la infranse col proprio bastone per creare dei cristalli di neve, i visi che si trovava dinanzi erano colmi di stupore e meraviglia per ciò a cui stavano assistendo e quando lui trasformò i fiocchi di neve in draghi e volò per la stanza con essi, tutti applaudirono come se stessero guardando un meraviglioso spettacolo. Jack, infine, scese e fece esplodere i draghi di neve in meravigliosi fiocchi a forma di saette che si sciolsero dopo pochi minuti lasciando tutti a bocca aperta Hiccup compreso.
Stoik: Perdona questa prova che hai dovuto superare, ma dovevamo esserne certi – disse chinando lui il capo – ti chiediamo di continuare a proteggere il nostro villaggio e di aiutare i cavalieri di Berk nelle loro missioni se vorrai – disse guardandolo speranzoso in una risposta affermativa.
Jack: sarà un vero piacere – disse sorridendo e chinandosi per bene .
Tutti esultarono e Hiccup corse da lui a congratularsi per essere diventato ufficialmente un abitante di Berk, Stoik fece preparare un banchetto e tutti celebrarono quell’incredibile evento unico nel suo genere.
 
I festeggiamenti durarono a lungo, ormai era notte e tutti rincasarono per riposarsi dopo la baldoria fatta.
Jack accompagnò Hiccup a casa e i due si salutarono con complicità e imbarazzo, avrebbero voluto baciarsi e stringersi per un po’ ma dietro di loro stava già arrivando Stoik che andava anche lui a casa per dormire.
Jack: be allora a domani Hic – disse fissandolo negli occhi con tenerezza.
Hiccup: a domani Jack – disse lui sospirando per la felicità ed entrando in casa.
Sdentato da sopra il tetto della casa mugugnò un saluto e Jack volò sul tetto per salutarlo, quando fu sopra notò la luce che usciva dalla finestra della stanza di Hiccup e vi guardò dentro; la stanza era molto semplice, vi era un letto in legno con accanto un tavolo stretto, davanti invece vi era una pedana di pietra con dei segni di bruciatura, pensò subito che quella fosse la pedana dove dormiva sdentato.
Improvvisamente nella stanza salì Hiccup che si stiracchiò e si gettò sul proprio letto, Jack allora non seppe resistere ed entrò, Hiccup era già crollato dalla stanchezza e lui gli si avvicinò lentamente, gli si sedette accanto e si chinò su di lui per baciarlo, Hiccup si svegliò leggermente, lo ringraziò di per la buona notte con un altro bacio, dopo di che Jack riuscì dalla finestra e scese dal tetto.
Fuori dalla casa Stoik stava osservando attentamente il cielo come se vedesse in arrivo qualcosa di strano.
Jack: Stoik cosa c’è? – chiese lui guardando l’orizzonte.
Stoik: cosa è quella roba nel cielo? – Chiese lui a Jack.
Jack guardò all’orizzonte e vide in arrivo la sabbia d’orata dell’omino del sonno che come ogni notte entrava nelle stanze dei bambini a portare loro sogni e felicità.
Jack: non è niente di cui preoccuparsi, è opera dello spirito che protegge i bambini, un guardiano – disse guardando in cielo e vedendolo sulla sua nuvola di polvere d’orata – è quasi impossibile che un adulto la possa vedere – disse lievemente stupito mentre fissava Stoik.
Stoik: domani , quando il sole sarà già alto ti chiederò di parlarmi degli spiriti che conosci, cosi che noi possiamo sapere da chi dobbiamo difenderci e da chi no – disse lui sbadigliando – ora ti saluto Jack Frost – gli disse infine mettendogli una mano sulla spalla mentre entrava in casa.
Jack allora rimase nuovamente solo con la notte e la luna, era anche lui stanco quel giorno e decise di tornare al lago per parlare con la luna.
Jack: grazie per queste giornate meravigliose, mi sembra di essere più completo quando vedo tutti sorridere – disse abbassando il capo – è forse questo il mio scopo? – chiese lui guardando al luna che si ergeva sopra  nel cielo della notte.
Dalla luna non arrivò una risposta, e Jack per quella volta non ne fu deluso, perché quel giorno la luna gli aveva dato molto aiuto ed era più di ciò che avesse mai sperato in trent’anni di esistenza. Jack per far passare la notte si mise a creare dei disegni sul ghiaccio col suo bastone e quando guardò il proprio operato vide un fiore sbocciato, come l’amore che provava lui per Hiccup.







Nel prosssimo capitolo una stella cadrà dal cielo manifestandosi dinanzi al nostro amico albino.
Cosa mai vorrà da lui?
Scopritelo leggendo il capitolo 5: desiderio ;)

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)




le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazzioni :)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Desiderio ***




La notte era finalmente passata e il villaggio si stava svegliando, Jack era già sopra il tetto della casa di Hiccup con sdentato e insieme si stavano preparando a svegliarlo rumorosamente.
Jack: Sdentato sei pronto? – disse ricevendo un mugolio come risposta affermativa – perfetto allora – disse prendendo fiato – sveglia dormiglione sveglia – urlando dentro la stanza di Hiccup mentre sdentato saltava allegramente sul tetto.
Stoik da fuori li guardava divertito, e si avvicinò alla casa, Jack entrò nella stanza e andò a scoprire Hiccup che nel frattempo continuava a dormire profondamente e a russare; sembrava non esserci verso di svegliarlo finche, senza che nessuno se ne accorgesse, salì in stanza suo padre.
Jack: Stoik, buon giorno capo – disse salutandolo con la mano.
Stoik: buon giorno a te Jack, non riesci a svegliarlo? – chiese divertito.
Jack: già, a quanto pare ieri doveva essere davvero stanco – disse facendo spallucce.
Stoik: ha solo bevuto una birra di troppo – disse ridendo – mio figlio l’alcol non lo regge proprio – disse scotendo la testa – Sdentato sveglialo nel modo drastico – disse facendogli l’occhiolino.
Il drago accennò un si con la testa e saltò su Hiccup leccandogli tutta la faccia, gli aveva scompigliato i capelli a tal punto che sembravano esplosi sulla sua testa. Jack nel vederli scoppiò in una risata cristallina che contagiò Stoik.
Hiccup si riprese dall’assalto di sdentato e si alzò lentamente portando di sotto con se la sella per metterla a drago e fargli fare il suo giro mattutino.
Hiccup: ei Sdentato vieni qui, andiamo a fare il nostro solito giro – disse lui rincorrendo il drago che per dispetto lo faceva correre a destra e a sinistra – dai così andiamo tutti e tre a sgranchirci un po’ – lo implorò lui.
Jack: vediamo chi arriva primo in cima al crinale ? – disse lui pronto per la gara.
Hiccup: ci sto – disse con aria di sfida.
Stoik: fermi voi due – disse con tono fermo – avrei bisogno di farti alcune domande Jack, spero non ti dispiaccia rimandare ad un’altra volta il vostro giro – disse mettendogli una mano sulla spalla.
Jack  si voltò verso Hiccup cercando il suo sguardo, era ansioso di stare un po’ con lui in totale tranquillità, soli soletti, ma d’altro canto aveva dato la sua parola a Stoik la notte prima, promettendo di raccontargli degli spiriti del mondo per rassicurarlo o avvertirlo di eventuali pericoli.
Hiccup: tranquillo Jack, rimandiamo a dopo la gara, ora porto Sdentato a fare un giro veloce e torno – gli disse sorridendo mentre prese il volo.
Stoik: vieni, parleremo nella sala del consiglio davanti a un pasto caldo – disse lui facendo strada a Jack.
Jack si sentiva un po’ in trappola, non sapeva se poteva o non poteva rivelare le informazioni sugli altri spiriti, specialmente sui guardiani, anche se la sera prima lo aveva già fatto con Sand Man. Stoik si sedette su di una grande sedia con davanti un tavolo in legno e una panca sul quale sedersi, Jack si sedette su di essa; la tensione era palabile e, mano a mano che Stoik finiva di parlare con coloro che gli si erano avvicinati per delle informazioni, lui si sentiva sempre peggio.
 
Stoik: dunque Jack – disse facendolo sobbalzare – cominciamo con le domande – disse fissandolo dritto negli occhi.
Jack: O-ok – disse incerto – sia chiaro però, non risponderò a domande che possano mettere a repentaglio l’equilibrio degli altri spiriti – disse in tono deciso per far capire la propria posizione.
Stoik: bene, così sia – disse annuendo con tutta calma – ieri hai accennato a un certo omino del sonno, cosa puoi dirmi di lui ?
Jack: si chiama Sand Man e il suo compito è vegliare sui sogni dei bambini di tutto il mondo – disse brevemente – la sua sabbia d’orata porta i sogni quando tutti dormono.
Stoik: tutto qui? e lo scopo di questo cosa sarebbe? – chiese deluso.
Jack: be, i bambini sono il bene più prezioso, loro sono il futuro e i loro sogni e le loro speranze vanno protetti per poter garantire un domani al mondo – disse guardando dei bambini che giocavano fuori dalla sala del consiglio – quindi non lo definirei tutto qui – disse lui sorridendo certo.
Stoik: capisco – disse guardando i bambini anch’egli -  ci sono altri guardiani dei quali puoi parlarmi? – chiese ora molto curioso.
Jack: ci sono altri tre di guardiani, uno è il coniglietto di pasqua che da dove vengo io è colui che porta la primavera e tutti lo festeggiano cercando le uova che nasconde – disse.
Stoik: un coniglio che nasconde uova? Ma non ha senso – protestò.
Jack: nemmeno per me, però è così che funziona – disse sollevando le spalle – poi c’è la fatina dei denti, lei raccoglie i dentini dei bambini, non so perché lo faccia ma dopo che porta via il dentino caduto lascia un dono.
Stoik: e poi ? – chiese sempre più curioso.
Jack: poi c’è babbo natale – disse sorridendo – lui è un uomo immenso quanto te e ogni anno, una sola volta all’anno, porta i suoi doni ai bambini di tutto il mondo, ma solo se sono stati dei bravi bambini – disse lui facendo l’occhietto.
Stoik: sai, sembra quasi la stessa cosa che fa il nostro dio, Odino, colui che ci porta dei doni una volta l’anno durante lo Snoggletog – disse lui indicando una raffigurazione di Odino ricamata su drappeggio della sala.
Jack: no, non si assomigliano per niente – disse ridacchiando.
Stoik: bene, direi che con questo babbo natale i guardiani sono finiti – disse sorseggiando la sua birra – ci sono altri spiriti oltre a loro? – chiese.
Jack: parecchi, ma non contano quanto loro – disse sollevando le spalle – c’è cupido, colui che colpendo con le sue frecce le persone riesce a farle innamorare, ma non gira spesso dove fa freddo – disse lui ridacchiando pensando all’aspetto molto spoglio del portatore di amore – poi c’è il folletto della fortuna che con il suo bastone posta la fortuna alle persone se riescono a trovarlo alla fine di un arcobaleno; la marmotta che a seconda del fatto che veda o meno la sua ombra indica la venuta della primavera; padre tempo che controlla lo scorrere del tempo e poi c’è lei – disse fermandosi e sospirando - madre natura, uno degli spiriti più importanti e più dolci che ci sia, a parte la fatina dei denti, lei è colei che può dare la vita, con un solo gesto può far nascere dal niente un albero e far sbocciare i fiori – disse con occhi sognanti – ci sono anche degli spiriti minori a questi e io sono tra di loro, Jack Frost lo spirito dell’inverno, poi c’è lo spiritello delle burle, lui combina sempre dei grandi guai ovunque va; ci sono anche le stelle comete, delle stelle che se le vedi cadere puoi esprimere loro un desiderio, se si è fortunati allora loro lo esaudiranno; infine ci sono le fate, delle bellissime creature che anno spazio per un solo sentimento alla volta, quindi è meglio non farle arrabbiare – disse lui osservando Stoik che era meravigliato dalla moltitudine di spiriti che vi erano nel mondo – questi sono gli spiriti buoni senza dimenticare il più importante di tutti, l’uomo della luna, è lui che a messo in questo mondo tutti gli spiriti buoni – disse indicando la luna.
Stoik: è incredibile – disse meravigliato – sono felice di sapere che vi sono tanti spiriti buoni nel mondo, ma ora ti chiedo, ce ne sono altrettanti malvagi? – chiese lui serio.
Jack: ne conosco solo alcuni di loro – disse abbassando la testa – uno dei peggiori è venuto a farvi visita di recente – disse attirando l’attenzione di Stoik – Pitch Black, chiamato anche l’uomo nero; lui gode nel portare il terrore alle persone, si nasconde nell’ombra e gioca con le paure delle persone – disse guardando Stoik che stranamente tremava mente beveva un sorso – dopo di lui vi è il vampiro che tende la sua trappola alle belle fanciulle e ne beve il sangue lasciandole prive di vita, oppure il lupo mannaro, un uomo posseduto dallo spirito di un lupo rabbioso che si trasforma in una bestia ad ogni luna piena; c’è anche la mummia, lo spirito di un grande re del passato che rivive nel suo stesso cadavere maledicendo chiunque entri nella sua dimora – disse lui gesticolando per creare delle raffigurazioni con i suoi cristalli di brina – altri non ne conosco – concluse risedendosi e aspettando che Stoik si riprendesse.
Stoik: quanti di questi possono trovarsi vicini a noi? – chiese preoccupato.
Jack: solo colui che è già venuto e che sono riuscito a mandare via, per ora siete al sicuro – disse lui sorridendo.
Stoik: meno male – disse trascinando una mano sul viso.
Jack: ho risposto esaurientemente alle tue domande? – chiese lui sapendo di non aver detto niente che non potesse dire.
Stoik: anche meglio di quanto mi aspettassi – disse lui alzandosi in piedi – ora vai pure, divertitevi tu e mio figlio, sai si sta legando davvero molto a te – disse sorridendo – è un bene, credo abbia davvero bisogno di un amico che lo capisca dopo che si è lasciato con Astrid – disse lui sospirando.
Jack: già, un amico – disse guardando altrove e deglutendo.
Stoik: Jack, mio figlio ieri alla festa mi ha detto che lui è il tuo primo amico da quando sei stato creato – disse girandolo verso disse – so che non hai nemmeno una famiglia, ma non te ne dovrai più preoccupare – disse scotendolo allegramente – Berk dora in avanti sarà la tua famiglia.
Jack: grazie Stoik – disse lui sorridendo – spostandosi mentre delle persone cominciavano ad addobbare la sala – cosa stanno facendo?
Stoik: stanno addobbando la sala per la nostra festività annuale, tra poco i draghi andranno all’isola della cova e noi festeggeremo Snoggletog appena ritorneranno con i piccoli – disse lui alzando le braccia al cielo per esultare.
Jack: fantastico, da dove provengo fra sei giorni è natale, la notte nella quale babbo natale porta i doni hai bambini di tutto il mondo – disse guardandosi attorno – che coincidenza – si disse.
Stoik: ci vediamo Jack e raccomanda a Hiccup di stare attento – disse lui salutandolo mentre usciva.
Jack era finalmente libero di raggiungere Hiccup, corse fuori più velocemente che poteva, ma proprio appena fuori si scontrò con qualcuno cadendo atterra per il rimbalzo.
Jack: Ah, accidenti mi dispiace ti ho fatto male? – chiese mortificato.
Jack, sperando in una risposta mentre si rialzava, tendeva una mano per aiutare il malcapitato a rialzarsi finche non lo guardò in viso, allora vide che era Astrid, la ex di Hiccup.
Una strana sensazione si impadronì di lui a quel punto, era come stizzito e svogliato, così si scusò velocemente e fece per andarsene.
Astrid: spirito del grande Odino aspetta – disse lei fermandolo per un braccio – volevo darti il benvenuto a Berk, questo è per te – disse porgendogli una scultura in legno orrenda.
Jack: g-razie mille, non dovevi disturbarti e comunque chiamami solo Jack – disse lui accennando un sorriso forzato.
Astrid: certo come desideri e un onore conoscerti Jack Frost – disse lei con un sorriso palesemente falso – però.. – si interruppe e gli tirò un pugno allo stomaco – guai a te se metti ancora le tue manacce ghiacciate su Hiccup, lui è mio e di nessun’altro – disse con uno sguardo feroce – vi ho visti ieri sotto la neve, speravo di essermi sognata tutto e invece eccoti qui, dinanzi a me dopo che me lo hai portato via .
Jack: credo di cominciare a capire perché ti ha lasciata sai – disse allontanandola bruscamente – nessuno vorrebbe accanto una persona così irascibile e violenta come te – disse girandosi e andando via volando con tutta calma.
 
Hiccup, che stava tornando dal giro con Sdentato, dall’alto vide tutta la scena e andò in contro a Jack.
Hiccup: Jack tutto bene? Ti ha fatto male? – chiese lui preoccupato.
Jack: no va tutto bene, però – disse interrompendosi e guardando verso Astrid che li fissava con uno sguardo rabbioso – ci ha visti per davvero ieri mentre eravamo dietro la bottega – disse lui.
Hiccup: oh no, spero non lo dica a mio padre – disse girandosi e andando con Jack verso il laghetto ghiacciato.
 
Arrivati al laghetto, i due si misero creare delle sculture di ghiaccio in totale silenzio;  il fatto che Astrid li avesse visti li preoccupava entrambi perché non sapevano che impatto la cosa potesse avere su Stoik e sul villaggio.
Per la rima volta i due si ritrovarono a pensare alle conseguenze delle proprie azioni per loro così naturali, si sedettero su di una roccia e insieme guardarono il sole svanire e le stelle comparire nel cielo della notte.
Jack: sono meravigliose, non trovi? – chiese lui .
Hiccup: mi ricordano la neve che brilla la mattina – disse imbarazzato – mi ricordano te.
Jack: Hiccup, cosa potrebbe succedere se a Berk sapessero cosa succede tra di noi? –chiese lui chinando il viso in avanti – cosa succederebbe a te?
Hiccup: nel peggiore dei casi verrei bandito da Berk e inviato sull’isola dei rinnegati –disse ironicamente.
Jack: verresti cacciato ? – disse spalancando gli occhi invaso dai sensi di colpa – oddio che cosa ho fatto? – disse disperandosi ancora di più.
Hiccup: Jack stavo scherzando, credo, comunque mio padre non mi manderebbe mai sull’isola del suo più grande rivale: Alvin L’infido – disse cercando di farlo riprendere.
Jack: qualunque cosa succeda – disse tirando giù le mani dalla testa – io non voglio rinunciare a te, ne a quello che provo – disse scotendo la testa – non voglio, io ti amo troppo – disse guardandolo con gli occhi seri e lucidi.
Hiccup alla vista di Jack così disperato gli si avvicinò e si appoggiò alla sua spalla, ormai la notte era calata e le stelle erano ben visibili.
Jack nell’osservarle, ne vide cadere una mentre abbracciava Hiccup.
Jack: sai , quando la notte vedi una stella che cade puoi esprimere ad essa un tuo desiderio e se sei fortunato lei lo esprimerà – disse lui guardando prima il firmamento e poi Hiccup.
Hiccup: sarebbe bello se una sola di esse potesse farci vivere il nostro amore in pace – disse lui malinconico.
Jack: si sarebbe bello – disse chinandosi e mettendo la propria fronte contro la sua..
Hiccup ebbe dei tremiti di freddo, Jack poteva solo raffreddare ciò che toccava e finche era giorno la cosa non disturbava il giovane vichingo, ma di notte anche lui cominciava ad avere freddo.
Sdentato, che era li accanto, sentì il bisogno di calore di Hiccup e accese un fuoco davanti a loro.
Appena lo fece Hiccup smise di battere i denti e finalmente poté godersi quella piccola pace che regnava in quel momento tra di loro.
Hiccup: Jack tu cosa chiederesti ad una stella cadente ? – chiese lui curioso.
Jack: vorrei poter essere un umano come te, almeno così non ti congelerei ogni volta che ti stringo a me – disse osservando il cielo per poi dirigere il proprio sguardo verso Hiccup chiedendogli – e tu ?
Hiccup: Di poter vivere per sempre come uno spirito assieme a te – disse fissandolo con un sorriso che gli illuminava il volto.
Jack nel sentire quelle parole, dette da qualcuno che amava, si sentì bruciare; senza nemmeno accorgersene si chinò su Hiccup che si era sdraiato appoggiando la testa sulle sue gambe e lo baciò.
I due lentamente si trovarono ad essere sdraiati l’uno accanto all’altro vicino al fuoco guardando le stelle. In quell’istante due stelle cadenti sfrecciarono nel cielo e i due espressero il loro desiderio, se anche uno solo dei due avesse avuto successo, sarebbero potuti rimanere assieme per sempre.
Proprio in quel momento, da lontano, uno stridio li interruppe, i draghi stavano migrando per i giorni della cova e stavano partendo in anticipo per tornare in tempo per festeggiare Snoggletog, partivano tutti tranne uno che rimase li accanto a loro senza nemmeno notare, apparentemente, la migrazione.
Jack: perché sdentato no va con loro? – chiese curioso.
Hiccup: perché lui è l’unico della sua specie, non avrà mai una compagna – disse stringendosi a Jack – ho cercato ovunque tracce di un’altra furia buia, ma non ho trovato niente – disse guardando il cielo e poi Sdentato – lui non proverà mai quello che proviamo noi e loro.
Jack: povero sdentato, chissà come si sente malinconico in queste serate – disse lui osservando il drago che era sopito.
Hiccup nel sentire le parole di Jack si stacco lentamente da lui, si alzò e andò verso il proprio drago, gli si appoggio accanto e lo accarezzò dolcemente, Jack fece lo stesso e solo allora Sdentato apri i suoi enormi occhi, mostrando la propria immensa tristezza.
I draghi erano partiti e il cielo era tornato libero, allora Hiccup salutò Jack e tornò a casa con il suo amico drago; quella sera sapevano che era stata importante, si erano capiti ancora meglio e sapevano cosa volevano; restare sempre assieme.
 
La notte divenne gelida e buia, Jack era nuovamente solo con i suoi pensieri.
Lentamente levò il viso ad osservare il firmamento e questa volta notò qualcosa di diverso, la strana presenza di una luce nel cielo che scendeva lentamente.
Li per li l’albino non gli diede peso pensando che si trattasse solo di una delle luci del cielo che sparivano dopo esser divenute più luminose, ma mano a mano la luce si avvicinava sempre di più, fino ad arrivare al di sopra della sua testa.
L’immensa luce, atterrò dinanzi a lui sopra il laghetto.
Essa prese lentamente forma e divenne una donna, bellissima dai lunghi capelli biondi e le orecchie a punta, addosso aveva una tunica bianca e leggiera che sembrava galleggiasse nell’aria.
Jack: chi sei? – le chiese timoroso.
Stella: mi chiamo Stjerners nella lingua dei celti, nella lingua del luogo al quale provieni mi chiamano Star – disse lei sorridendo.
Jack allora capì, aveva di fronte a se una stella.
Jack: come mai ti trovi qui? – chiese lui mentre si avvicinava ad essa lentamente.
Star: sono qui per esaudire il tuo desiderio Jack – disse lei ridendo dolcemente, come se fosse ovvio.
Jack: Vuoi… tu puoi? – chiese sorpreso.
Star: ma certo che posso e lo farò, ma bada bene – lo avvisò lei – non potrai più tornare ciò che eri con un altro desiderio, perché Io appaio una sola volta nella vita di qualcuno.
Jack: Come potrei mai desiderare di tornare in dietro? Non posso vivere col pensiero fisso in testa che chiunque tocco possa morire assiderato se non faccio attenzione – disse lui con un tono di supplica.
Star: e sia Jack, ma ti farò un regalo extra –  disse accarezzandogli i capelli – non ti toglierò del tutto i tuoi poteri, perché potrebbero servirti ancora per aiutare Berk in futuro, ma non potrai più volare da solo, per questo sull’isola dei draghi ora sta giungendo una nuova amica – disse lei sorridendo.
Jack rimase incantato dalla dolcezza della stella e mentre lei esaudiva il suo desiderio lui chiuse gli occhi.
Lei lo sollevò in aria come fece hai tempi la luna e aprì sul laghetto una crepa.
Star: ti avverto che potrebbe essere doloroso poiché devo farti tornare da dove sei venuto per farti rinascere – disse lei in tono un pò dispiaciuto – addio Jack Frost.
Jack non fece a tempo a rispondere che venne scaraventato in acqua e il laghetto si ricongelò sopra di lui; l’aria cominciò a mancargli nuovamente e il gelo lo avvolse assieme al buio.
 
Tutto sembrava essersi fermato, come se fosse sospeso, una luce fece breccia nelle tenebre della notte, ma non era la luna, era gialla e calda e si accendeva e spegneva. Qualcuno stava cercando di tirarlo fuori dal laghetto, qualcuno lo stava portando nuovamente fuori dal buio.
Il ghiaccio cedette e delle fini braccia lo afferrarono e lo avvolsero, trascinandolo fuori dall’acqua.
Hiccup: Jack, mi senti, per il grande odino cosa ti è successo? Rispondi Jack –continuava a urlare dopo averlo tirato fuori dal ghiaccio.
Sdentato mise delicatamente una zampa sopra il petto di Jack facendogli sputare fuori tutta l’acqua che aveva ingerito; era buio e ne lui ne Hiccup vedevano niente in quella notte senza luna. Sdentato accese nuovamente un fuoco e allora Hiccup trasalì urlando dallo spavento, non poteva crederci, Jack era cambiato.
Jack: come mai hai urlato? – chiese con un filo di voce dopo aver rigurgitato l’acqua che aveva nei polmoni – anche Sdentato mi guarda male, cosa mi ha fatto la stella ?
Hiccup: una stella? – chiese sbigottito – la luce di prima era una stella?
Jack: si ha detto che… avrebbe.. espresso – si interruppe e si diresse verso una pozzanghera ghiacciata che rifletteva la sua immagine – il mio desiderio…
Hiccup: sei diventato un umano – disse osservandolo sorpreso.
 
Jack si mise una mano sul petto e senti il proprio cuore veloce come non lo aveva mai sentito, io suoi occhi erano ancora azzurri ma la sua pelle era più scura, era come quella di Hiccup, anche se rimaneva comunque pallida, e anche il colore dei capelli era simile, finalmente sentiva il freddo della neve e il calore del proprio respiro che dinanzi a lui formava una nuvoletta di condensa.
Improvvisamente il ghiaccio attorno a loro si dissolse e formò una sequenza di immagini nelle quali Jack insegnava a pattinare sul ghiaccio ad una bambina.
I due sembravano divertirsi finche il ghiaccio sotto alla bambina non cominciò a rompersi, allora arrivarono anche i suoni dal passato.
Jack: sta tranquilla andrà tutto bene, non guardare giù, guarda me – le disse lui per calmarla dando voce al suo io del passato.
Bambina: Jack ho paura – disse spaventata.
Hiccup: la ragazzina ha parlato! – disse stupito.
Jack: ah, lo so lo so – disse cercando di avvicinarsi a lei – ma andrà tutto bene, non cadrai li dentro, ci divertiremo un mondo invece – disse lui per rassicurarla.
Hiccup: Jack, come fai a sapere ciò che dice quel ragazzo ? – disse non sapendo ancora che lui era Jack.
Ragazzina: no non è vero – disse lei impaurita.
Jack: ti direi mai una bugia? – chiese lui.
Ragazzina: si tu dici sempre bugie – gli ribatte.
Hiccup: Jack , sei tu… - disse osservando la somiglianza.
Jack: be, non questa volta, te lo prometto andrà tutto bene – disse allungando una mano verso di lei – devi credere in me; facciamo un gioco assieme? Ora giochiamo a campana come facciamo ogni giorno – disse lui sorridendole – è facilissimo, guarda, 1 2 3- disse saltellando verso il proprio bastone – ora tocca a te – disse prendendo il suo bastone e portandone la cima accanto a lei – uno , ce la puoi fare due e.. tre –disse mentre la prese col bastone e la trascinò lontano prendendo il suo posto.
Il ghiaccio sembrava non cedere e la ragazzina era in salvo, ma proprio in quel momento il ghiaccio cedette facendo sprofondare Jack nell’abisso di ghiaccio, fuori la bambina chiamava il suo nome e il Jack del presente fece scendere una lacrima nel vedere il pianto della bambina, della sua sorellina alla quale aveva salvato la vita.
 
I cristalli di ghiacci caddero al suolo e l’immagine del passato svanì.
Hiccup si avvicinò a Jack e lo fece avvicinare al fuoco per farlo scaldare, sdentato si mise dietro di loro per infondere maggiore calore.
Jack: ero umano – disse guardando il fuocherello.
Hiccup: quindi, quello che abbiamo visto era come tu sei…- non riuscì a finire la frase.
Jack: Morto? Si, credo di si – disse sorridendo e scoppiando a ridere.
Hiccup: Tutto bene? – chiese preoccupato per la risata strana che aveva appena fatto.
Jack: Tutto bene?! Tutto benissimo, ora so perché mi ha scelto – disse guardandolo sorridente – mi ha scelto perché io ho salvato la vita a mia sorella, mi sono sacrificato per lei – disse ridacchiando – questo spiega tutto quanto.
Hiccup: quindi la luna ti ha lasciato in vita perché tu potessi proteggere altri bambini in futuro,  giusto? – chiese lui.
Jack: si credo di si – disse sorridendogli dolcemente.
Hiccup: ma ora che sei di nuovo umano, non potrai aiutarli per sempre, potrai farlo solo in questa vita e solo qui a Berk – disse lui guardandolo triste.
Jack: A me basta questo Hic, mi basta toccarti senza congelarti e mi basta poter dare gioia ai bambini che ci sono qui – disse lui per rassicurarlo.
Hiccup: ma come farai se sei umano? – chiese lui.
Jack: La stella mi ha tolto solo uno dei miei poteri, non posso più volare – disse guardando il cielo – ma posso ancora far nevicare e posso ancora controllare il vento come prima- disse facendo scendere dei lievi fiocchi, radunando poche nubi - con la sola differenza che per sollevare il mio corpo attuale servirebbe una tempesta invece che una leggera brezza – disse ridacchiando tentando di rialzarsi.
Hiccup: non ti sforzare, sei ancora debole – disse tenendolo su da un braccio – forse è meglio se vieni da me, così dormirai al caldo – disse lui sorridendo.
Jack: Hiccup ci credi che da oggi in poi dovrai insegnarmi ad addestrare un drago? – disse guardandolo incredulo.
Hiccup: be allora……  benvenuto nell’accademia del drago Jack Frost – disse aiutandolo a montare su sdentato.
Jack : Ne sono onorato – disse tirandolo su e baciandolo.
 
Quel bacio fu diverso per entrambi, non era caldo e freddo ma solo caldo e questo fece sentire ancora di più in sintonia i due ragazzi.
Mentre spiccavano il volo in quella notte buia, videro una luce candida in lontananza risalire verso il cielo, da dentro di essa si vide una bellissima donna dai capelli biondi che sorrideva loro e li salutava; capirono così che la visione del passato era stata frutto della magia della stella. Entrambi la ringraziarono e in quel momento Jack abbracciò Hiccup per poter percepire il calore che creavano assieme i loro corpi.
Hiccup sorrise, deciso a farsi che il suo gesto e la sua rinuncia non risultassero vani.





Chi sarà l'amica di cui parlava Stjerners? se siete curiosi di saperlo ci troviamo nel prossimo capitolo
cap 6 : Calien ( luminosa )

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Calien (Luminosa) ***




Un altro mattino arrivò su Berk, tutto il villaggio si svegliò dolcemente.
Il fornai aveva già preparato il pane, il fabbro Scaracchio aveva già aperto la sua fucina dove ora curava i draghi feriti e le mamme vichinghe stavano già facendo le faccende di casa aiutate dai loro draghi.
Su una casa in particolare, il mattino arrivò con delle sorprese.
Stoik, stava salendo a svegliare suo figlio come ogni mattina, sorpreso del fatto che Sdentato e Jack non avessero già cominciato a fare la solita baraonda sul tetto.
La stanza non era molto luminosa e lui non vedeva bene, chi c’era ne letto con suo figlio? Improvvisamente i raggi del sole colpirono la stanza e la inondarono di luce, allora Stoik pensò di avere le allucinazioni; nel letto con suo figlio vi era un ragazzo che sembrava Jack Frost .
I due non erano abbracciati ma erano messi in modo confusionale, come due persone che dormono e si allungano ovunque per dormire comode. Stoik era divertito nel vederli li così anche se confuso, hai suoi occhi era come se fossero due fratelli.
Decise di svegliarli e chiedere loro spiegazioni; sdentato si mise accanto a lui avendo capito cosa lo avrebbe dovuto aiutare a fare; al drago piaceva moltissimo svegliare le persone in modo rumoroso.
Stoik: sveglia pelandroni, il sole è già alto nel cielo di Berk – urlò facendo segno a sdentato di ruggire.
I due, nel sentire l’immenso boato del ruggito del drago, si svegliarono di soprassalto e batterono la testa l’uno contro l’altro, ritrovandosi poi a cadere dal letto e rimanere agonizzanti a terra per qualche istante.
Hiccup: grazie per il dolce risveglio papà – disse lui ironicamente.
Jack: accidenti, che male alla testa – disse sfregandola con una mano – capo mi hai fatto venire quasi un colpo – protestò lui con fare divertito.
Stoik: qualcuno di voi due mi vuol spiegare cosa succede? – chiese lui a braccia conserte e guardandoli picchiettando impazientemente il piede a terra.
Jack e Hiccup a quel punto si guardarono da una parte all’altra del letto e annuirono decidendo di spiegare l’incontro tra Jack e la stella cometa, spiegando anche la visione dei cristalli di neve per far capire la vera natura di Jack.
 
Quando ebbero finito Stoik mise una mano sul volto e poi sospirò.
Stoik: è incredibile che tu prima di essere uno spirito, fossi umano – disse scotendo la testa – ed è ancora più incredibile il fatto che una stella abbia esaudito il tuo desiderio di vivere un'unica vita mortale qui con noi a Berk, e lasciandoti i tuoi poteri per di più – disse gesticolando per lo stupore.
Jack: non me li ha lasciati proprio tutti – disse lui giocherellando col suo bastone – non posso più volare.
Hiccup: ecco perché oggi lo porterò con me all’accademia per fargli vedere dal libro dei draghi quale potrebbe scegliere come suo compagno di avventure – disse lui cercando di far finire velocemente la conversazione.
Stoik : molto bene, andate –disse lui – ma prima, Jack visto che sei tornato umano e che non hai una famiglia con il quale vivere, potrai stare con noi  finche vorrai – disse sorridendogli.
Jack: grazie infinite capo – disse lui chinandosi – sarebbe un vero piacere per me – disse facendo sorridere Stoik.
I due uscirono velocemente e mentre correvano  verso la piazza, Jack scivolo bruscamente nella neve .
Jack: aiah – si lamentò dopo la caduta – accidenti, si gela qui fuori – disse tremando perché era scalzo – mi ci vorrebbero delle scarpe ora che non sono più fatto di ghiaccio – disse sfregandosi i piedi quasi ghiacciati ridendo.
Hiccup: aspetta fermo qui – disse osservando i suoi piedi di sfuggita – torno subito.
Jack: Hic, dove vai? – chiese lui invano.
 
Jack rimase li da solo sotto la neve che lentamente fece cadere dal cielo e per far passare il tempo cominciò a giocare con essa creando delle rappresentazioni di draghi che volavano attorno a lui; in quel magico momento sdentato lo raggiunse e gli si mise accanto guardando con meraviglia quei draghi di ghiaccio che tanto gli somigliavano, li seguiva con la testa finendo infine a pancia all’aria nella neve mugugnando per la felicità.
Jack: ti piacerebbe incontrare una draga come te, non è cosi ? – disse lui facendogli i grattini sulla pancia – non disperare e vedrai che un giorno troverai anche tu qualcuno come te.
Sdentato si rigirò e andò verso Hiccup che stava tornando con in mano degli scarponi, cercando di mostrargli i draghi uguali a lui che gli volavano attorno.
Hiccup: si hai ragione sdentato – disse allontanando il muso enorme del drago dolcemente per poter passare e vedere meglio – sono davvero belli – disse poi accarezzandogli il muso.
Jack: ci hai messo davvero poco – disse facendo sparire i draghi e facendoli tornare neve nel vento.
Hiccup: ti avevo detto che sarei tornato subito, no? – disse lui appoggiandogli accanto gli scarponi .
Jack: sei andato a prendere questi? – chiese lui avendo come risposta solo un cenno imbarazzato da parte di Hiccup – sono comodissimi e caldi – disse mettendoli – come hai capito quali mi sarebbero andati bene?
Hiccup: Osservando il tuo piede, ma non è stato facile trovare gli scarponi della tua grandezza – disse lui salendo su sdentato e tendendo una mano a Jack.
Jack: ora dove andiamo? – chiese.
Hiccup: tieniti forte perché stiamo andando all’accademia del drago e purtroppo ne fa parte anche Astrid – disse lui abbassando la testa.
Jack: ok, come facciamo a tenerla buona? – chiese lui allora.
Hiccup: noi niente – disse facendo scorrere un dito tra loro due – ma io invece devo parlarle chiaramente – disse guardando sotto di se l’accademia – quando arriviamo ti presenterò agli altri e poi andrò fuori con Astrid per poterle parlare.
Jack: hei non preoccuparti per me, fai ciò che devi fin da subito – disse fissandolo teneramente – con gli altri me la caverò.
Hiccup: ok andiamo allora – disse scendendo in picchiata ed entrando in accademia.
Non appena entrarono tutti si girarono ad osservarli increduli.
Astrid: Hiccup, finalmente sei arrivato – disse lei andandogli in contro – ti stavamo aspettando per cominciare a catalogare le ultime… specie – si fermò quando vide Jack dietro di lui su sdentato.
Hiccup: prima di cominciare, ti devo assolutamente parlare – disse lui serio in viso.
Astrid: cosa ci fa lui qui? E come mai è diverso? – chiese lei cominciando a fissare Jack come se volesse ucciderlo – non dirmi che lo vuoi far entrare nell’accademia – sbottò lei.
Hiccup: si, da oggi sarà uno di noi e farà della squadra – disse lui fissandola serio.
Astrid: questo non è giusto, a lui non serve un drago per volare, lui può farlo benissimo da solo – disse dando in escandescenza – non posso credere che abbia infilato le sue dita ghiacciate così profondamente in te.
Hiccup: non può più volare da solo, ora è umano come noi e come noi proteggerà il villaggio – disse fissandola.
 
Astrid a quelle parole scosse la testa e corse via, Hiccup si girò e guardò Jack che gli annuiva e allora la inseguì; Jack nel frattempo scese da sdentato e si girò verso gli altri che avevano sentito tutto la discussione dei due.
Moccicoso: quindi tu, sei lo spirito dell’inverno? – disse avvicinandosi in modo sbruffone .
Jack: lo ero, ora sono umano come voi – disse gingillandosi con il suo bastone.
Testa Bruta: sai, credo che tu non stia molto simpatico ad Astrid – disse lei ridacchiando.
Testa di Tufo: già, nessuno l’ha mai vista così arrabbiata – disse lui indicando lei e Hiccup che parlavano fuori dall’accademia.
Gambe di pesce: già mi fa paura, sembra che voglia uccidere sia te che Hiccup – disse lui osservando la scena in lontananza.
Moccicoso: cosa intendeva Astrid con quello che ha detto prima? sul fatto delle dita dentro Hiccup – disse fissandolo torvo.
Jack: pensa che sia colpa mia se si sono lasciati – disse lui alzando le spalle.
Testa di Tufo: le donne e le loro paranoie, a volte sembrano pazze – disse lui indicando la sorella che in tutta risposta gli sferro un pugno nello stomaco.
Testa Bruta: vogliamo parlare di colui che dorme ancora abbracciato alla copertina con un dito in bocca? – disse lei provocando la risata di tutti.
Jack: si credo tu abbia ragione – disse abbassandosi verso tufo e ridacchiando.
In lontananza si vide la litigata degenerare; Hiccup aveva appena detto qualcosa che aveva sconvolto Astrid, a tal punto da farla girare verso Jack  e farle scuotere la testa incredula, arrabbiata poi tirò un primo pugno a Hiccup facendolo piegare in due dal dolore, dopo di che lo tirò per un orecchio.
Jack allora andò verso di loro, cominciando a sentire cosa Astrid stava dicendo.
 
Astrid: come puoi amare un uomo? Come puoi amare lui e non amare me? – chiese lei facendolo rialzare e prendendogli la mano e mettendosi la propria sul petto – non senti davvero più niente per me?
Hiccup: quello che sento per te non è così forte come quello che provo per lui Astrid – disse togliendo la mano dalla sua – io lo amo e lui ama me, le cose stanno così – disse guardandola negli occhi – ti conviene cominciare a farci i conti  perché è una cosa che non cambierà mai.
Astrid: e tuo padre cosa dice di tutto questo? – chiese lei arrogantemente – non glie lo hai detto vero? – disse provocandolo – hai paura di ciò che penserebbe di te.
Hiccup: Astrid io ho sempre paura di ciò che lui potrebbe pensare di me, ma non mi ha mai fermato nell’essere me stesso – disse lui distogliendo lo sguardo – glie lo dirò col tempo, non posso dirgli così su due piedi che io, suo figlio, figlio del capo del villaggio, rinuncio alla futura carica di capo perché sono innamorato di un uomo – disse lui gesticolando – devo dirglielo con calma , così avrà anche il tempo di scegliere qualcun altro come suo successore.
Jack a quelle parole si sentì morire dentro, aveva costretto Hiccup a rinunciare alla futura carica di capo villaggio; non poteva perdonarselo.
In quel momento avrebbe voluto volare via lontano per impedire che Hiccup dovesse fare quella scelta per lui, ma non poteva più e soprattutto lui non glie lo avrebbe permesso per nessun motivo al mondo.
Hiccup: Jack…, lui è tutto per me – disse appoggiandosi alla parete – a rinunciato alla sua immortalità per me Astrid – disse fissandola – non ti sembra una chiara prova di quello che lui sente per me?
Astrid: come? – disse incredula – ha rinunciato alla sua immortalità… per te, per restare conte?
Hiccup: si, per poter vivere una sola vita mortale con me e poter andare avanti assieme – disse sospirando con gli occhi lucidi.
Astrid: io… non so cosa dire – disse appoggiandosi alla parete accanto.
Jack: io si – disse arrivando da loro.
Hiccup: Jack – disse sorpreso.
Jack: io amo Hiccup e dirò io stesso a suo padre quello che provo per lui e ciò che c’è tra di noi – disse deciso – non permetterò che finisca nei guai per colpa dei sentimenti che provo per lui – disse deciso.
Astrid: siete due pazzi – disse scotendo la testa – due pazzi innamorati, questo ve lo concedo – disse accennando un sorriso amaro – ho solo una domanda per te Jack.
Jack: dimmi – disse deciso.
Astrid: se suo padre rifiutasse questo vostro sentimento e minacciasse di cacciarlo, tu cosa faresti? – disse con aria di sfida – Lo lasceresti per evitargli ulteriori problemi o lotteresti per convincere suo padre che il vostro amore è giusto?
Jack: non sono il tipo di persona che scappa di fronte alle difficoltà, lotterei fino all’ultimo per Hiccup, ma se da ciò dipendesse la sua felicità allora si me ne andrei ma solo se fosse lui a chiedermelo – disse fissandola con decisione – non farei mai niente per ferirlo.
Hiccup: ora che ti ha risposto, cosa vuoi fare Astrid?
Astrid: se speri che rinuncerò a te ti sbagli di grosso – disse puntandogli il dito contro e tirandogli un pugno sul braccio – quanto a te invece – disse guardando Jack – guai a te se lo farai soffrire.
Jack annuì e Astrid tornò dagli altri lasciando soli i due.
Hiccup: com’è che i pugni li tira sempre e solo a me? – chiese lui ironicamente senza avere risposta.
Jack ridacchiò leggermente e Hiccup lo fissò facendo il finto arrabbiato.
I loro sentimenti erano chiari come il sole e tra di loro c’era molta complicità, il solo guardarsi negli occhi li fece sentire bene; andarono un attimo dietro un palo e si abbracciarono per qualche interminabile minuto dopo di che tornarono anche loro dagli altri .
 
Moccicoso: Hiccup ora possiamo iniziare la catalogazione delle ultime due specie che abbiamo scoperto? – disse annoiato.
Hiccup: veramente quello è rimandato a domani, ora dobbiamo aiutare Jack a decidere che tipo di drago prendere per sé – disse prendendo il libro dei draghi .
Testa di Tufo: come fa a scegliere un drago se ora non ce ne sono? – disse gesticolando – sono tutti via per il periodo della cova ricordi? – disse prendendolo per uno smemorato.
Hiccup: lo so, ma potete comunque descrivergli i vostri draghi, pregi e difetti e poi quando torneranno andremo sull’isola per vedere quale di quelli sia più adatto a Jack – disse lui sorridendo.
Moccicoso: perfetto novellino, preparati per un corso avanzato sui draghi – disse prendendogli il collo a sottobraccio – noi siamo i migliori vichinghi in questo campo e io sono il migliore dei migliori – disse lasciandolo andare.
Testa Bruta: moccicoso non stropicciare di già quello nuovo – disse lei tirandogli un colpo sulla nuca – è l’unico uomo decente oltre a Hiccup libero sulla piazza – disse lei guardando Jack con occhi sognanti.
Moccicoso: e io cosa sono? Spazzatura? – chiese facendo una faccia offesa.
Astrid: tu sembri un orco – disse tirandogli un pugno sullo stomaco.
Moccicoso: andiamo Astrid, ora che sei libera un pensierino su di me lo potresti anche fare no? – disse lui facendogli l’occhiolino.
Testa di Tufo: hei ma non si stava parlando dello strapazzare il novellino? – chiese lui divertito mentre stritolava un pochino Jack sfregandogli le nocche sulla testa.
Hiccup: Nessuno strapazzerà il nuovo arrivato, chiaro? – disse liberando Jack dalla presa di Tufo guardando tutti ridacchiando.
Astrid: essere strapazzato un pochino non gli farebbe male – disse divertita.
Jack: io preferirei rimanere integro se non vi dispiace – disse lui ridacchiando e passeggiando di qui e di la col suo bastone sempre alla mano.
Gambe di pesce: io sto con quello nuovo – disse alzando la mano.
Hiccup: Dai ragazzi cominciamo, prima finiamo prima possiamo dare una mano con le decorazioni finali per Snoggletog – disse infine.
Tutti: va bene.
 
Il giorno passò velocemente mentre loro descrivevano i propri draghi a Jack: Uncinati mortali, Bizippi, Incubi orrendi e Scrilli tutte specie molto affascinanti ma lui non riuscì a trovare in quei draghi quello adatto a se.
A fine lezione era un po’ scoraggiato, aveva conosciuto una decina di specie di draghi grazie al libro ma ancora niente. Jack era davvero giù di morale e decise di andare a fare due passi mentre gli altri andavano a dare una mano con le decorazioni del villaggio.
Jack: non credo esista un drago adatto a me – pensò fra se e se – io sono troppo abituato a volare da solo per riuscire ad affidarmi a qualcun altro per farlo.
Jack andò sulla rupe della scogliera per riflettere un po’ da solo, si sedette nella neve e cominciò a guardare il cielo; le stelle cominciavano ad apparire lentamente con l’arrivo del tramonto e lui nel vederle si ricordò le parole di Stjerners, la stella cadente: non potrai più volare, ma non ti preoccupare; sull’isola dei draghi è in arrivo una nuova amica.
Jack: Chissà cosa intendeva dire? – disse ad alta voce senza accorgersene.
Hiccup: chi? – disse sorprendendolo.
Jack: Hiccup, da quanto sei qui? – chiese lui sorpreso.
Hiccup: È un bel po’ che ti osservo – disse lui sedendogli accanto – sei deluso per non aver trovato un drago vero?
Jack: se si capisce così tanto allora sono messo peggio di quello che pensavo – disse lui alzando nuovamente il volto al cielo – sai Hic, la stella cadente prima di trasformarmi mi aveva detto una cosa strana – disse lui rimanendo fisso verso il cielo.
Hiccup: Cosa ti aveva detto? – chiese lui curioso.
Jack: mi aveva detto che, per il fatto del non poter più volare, non dovevo preoccuparmi perché una nuova amica era in arrivo sull’isola dei draghi – disse abbassando il viso e guardandolo – ma non ho capito cosa intendesse.
Hiccup: ma è chiarissimo invece – disse lui alzandosi di scatto – vuol dire che un nuovo drago è arrivato sull’isola e che è quello adatto a te.
Jack: Tu credi? – disse lui un po’ scettico.
Hiccup: si credo proprio di si – disse lui  – andiamo a controllare.
Jack: Vuoi andarci adesso? – disse spalancando gli occhi – ormai è quasi notte faremo preoccupare tuo padre.
Hiccup: questo è più importante – disse guardandolo teneramente.
Jack: e va bene, mi hai convinto andiamo – disse ridendo eccitato.
 
I due salirono su sdentato e con un ululato di trionfo andarono verso l’isola dei draghi; il viaggio durò quasi tre ore, Jack era abituato a non aver bisogno di dormire e sentire il sonno che prendeva il sopravvento gli sembrava una nuova sensazione, la leggera brezza fredda che gli velava il volto e il calore del corpo di Hiccup era come se lo cullassero. Proprio quando stava per addormentarsi in lontananza si sentì un ruggito potentissimo seguito da un’esplosione violacea nel cielo. Jack e Hiccup trasalirono nel vederla, sembrava uno dei colpi di sdentato.
Jack: cosa era quello? – chiese in allerta con il bastone alla mano.
Hiccup: non può essere – disse dopo il secondo ruggito – sull’isola è arrivata un’altra furia buia come sdentato – disse fissando l’isola in cerca del drago.
I tre planarono verso la spiaggia dell’isola cercando di fare meno rumore possibile per non farsi vedere dal nuovo drago; stavano avanzando quatti arrivando allo squarcio nella parete lasciata dallo scontro con il drago gigante che era stato sconfitto da Hiccup e Sdentato solo un anno prima.
 
Da dentro lo squarcio venne un lamento di dolore e fu allora che seguendo il suono del lamento lo trovarono, una furia buia bianca come la neve e con gli occhi del colore del cielo, come quelli di Jack.
I tre rimasero incantati nel vederlo, non cedevano a ciò che avevano di fronte, sdentato per primo non riusciva a crederci; era tutto agitato e si nascondeva dietro ai due. Improvvisamente Jack notò che il drago bianco aveva la coda bloccata sotto ad un sasso e cercò di avvicinarsi a lui per tranquillizzarlo ed aiutarlo a liberarsi.
Hiccup: Jack non ti avvicinare così bruscamente, potrebbe irritarsi e attaccarti – disse lui preoccupato per la sua avventatezza.
Jack: non mi farà niente, me lo sento – disse lui guardando Hiccup – guarda ha la coda bloccata, dobbiamo liberarlo.
Hiccup allora notò pure lui la coda bloccata e fece avanzare sdentato con loro; il drago si mise a ringhiare finché non vide Sdentato, allora si tranquillizzò e i suoi occhi feroci e fini si intenerirono. Sdentato gli si avvicinò come per spiegargli erano amici e che non gli avrebbero fatto male, allora lui lasciò passare i tre mostrandogli la coda bloccata; jack vide che la coda era rossa e scottava allora usò i propri poteri per raffreddarla e lenire il dolore del drago. Il Drago nel vedere il gelo uscire dalla mani di Jack emano un gorgoglio di piacere, come si fusa, e poi fece una fiammata bianca che congelò la roccia dinanzi a se lasciando senza parole i presenti.
Jack: sbaglio o a appena sputato del ghiaccio? – chiese per essere sicuro di non essere impazzito.
Hiccup: non ti sbagli è proprio così – disse incredulo.
Jack: Allora è lui – disse come se avesse avuto un’illuminazione – è lui la nuova mica arrivata sul’isola dei draghi per aiutarmi a volare.
Hiccup: questo vuol dire che è una femmina – disse illuminandosi.
I due si guardarono entrambi colmi di emozione per la dragonessa appena trovata e la liberarono sollevando il masso con l’aiuto di sdentato, la coda fortunatamente non era rotta ma era solo arrossata per il colpo, abbastanza però da non farla riuscire a volare per quella notte. Hiccup allora consigliò di passare li la notte e ripartire l’indomani per l’isola di Berk dove tutti avrebbero avuto una grande sorpresa.
Jack in tanto stava facendo amicizia con la dragonessa e la stava facendo giocare a rincorrere i piccoli draghi di ghiaccio che creava lui con i cristalli di neve mentre Sdentato si allontanò per un po’ dal gruppo; tra i due ci fu subito affinità e Hiccup ne fu molto felice perché in quel modo, oltre al fatto che Jack aveva trovato il proprio drago, anche sdentato forse aveva trovato una compagna.
 
Quando sdentato tornò dal gruppo, rigurgitò fuori del pesce per la draga bianca.
Lei per tutta risposta chinò la testa in segno di gratitudine, lui felice saltellò verso Hiccup che gli sorrise.
Hiccup: bravo bello – disse accarezzandolo – hai avuto un’ottima idea a portargli del pesce.
Jack: guarda come è felice, non sembra nemmeno lui – disse ridacchiando.
Hiccup: Hai già pensato ad un nome per lei?- chiese lui curioso.
Jack: no non ancora, però ci sto pensando – disse guardandola mentre si addormentava dolcemente – forse però… Calien, che ne pensi? – chiese a Hiccup.
Hiccup: cosa vuol dire? – chiese lui stranito da quel nome sconosciuto.
Jack: credo che significhi luminosa in una delle tante lingue del mondo – disse lui sdraiandosi – in questi anni ho visto tanti paesi e in uno di questi delle creature magiche definivano le stelle luminose e per farlo dicevano Calien.
Hiccup: credo che sia davvero appropriato per lei – disse sdraiandosi anche lui.
Jack: allora è deciso, il suo nome sarà Calien, luminosa, come la stella che ha esaudito il mio desiderio – disse sorridendo e abbracciando Hiccup che si rannicchiò nelle sue, finalmente calde, braccia.
Sdentato si sdraiò dietro di loro per scaldarli, dopo di che guardò la dragonessa e la chiamò a unirsi al gruppo, lei era un po’ indecisa ma alla fine si sdraiò accanto a loro e tutti insieme finalmente riposarono dopo una lunga e sorprendente giornata.
 
Al risveglio Jack si guardò attorno e non vide Calien nei paraggi, li per li pensò che se ne fosse andata ma dopo notò  che anche sdentato non c’era, allora uscì dalla grotta e li trovò fuori a giocare nell’acqua mentre procuravano la colazione per tutti.
Hiccup: Vanno proprio d’accordo quei due, vero? – disse felice.
Jack: Si vanno proprio d’accordo – disse sorridendo nel vedere come giocavano – ora nemmeno sdentato è più solo – disse abbassando la testa e guardando Hiccup intensamente.
Hiccup capì subito a cosa Jack alludeva con quelle parole e si avvicinò a lui annuendo e appoggiando la propria fronte nuovamente alla sua. Jack allora lo sollevò leggermente per il mento e lo baciò, spingendolo contro la parete di roccia delicatamente; Hiccup ne rimase sorpreso ma non dispiaciuto, anzi, cominciò anche lui a stringere Jack per non farlo allontanare da se; tra di loro si creò un’atmosfera calda e intesa che sembrò travolgerli, ma che subito venne interrotta da sdentato che gli ruggì addosso per avvisarli. Qualcuno con una barca stava approdando sull’isola dei draghi. I quattro allora si nascosero tutti sotto un masso con un ribasso nel terreno, sostenuto da altri due sassi più piccoli; restarono li con il fiato sospeso perché pochi erano a conoscenza dell’ubicazione dell’isola dei draghi, quelli appena approdati potevano essere dei nemici di Berk.
In lontananza però sentirono una voce famigliare che li tranquillizzò, forte come un tuono e autoritaria come quella di un genitore.
Stoik: Hiccup, Jack, siete qui? – urlò da sopra la barca.
Hiccup: è mio padre – disse uscendo da sotto la roccia – papà, siamo qui.
Stoik: per il grande Odino, ero preoccupatissimo – disse arrabbiato mentre gli arrivava vicino – come mai siete venuti qui sull’isola dei draghi in così tarda notte senza avvisare nessuno?
Jack: per lei – disse indicando Calien .
Stiok: per la barba di Thor, quella è….una furia buia bianca – disse sgranando gli occhi.
Hiccup: lei è Calien, la draga di Jack – disse sorridendo.
Stoik: È magnifica – osservandola con attenzione – è incredibile che esista un’altra furia buia – disse strapazzando suo figlio – mi avevano detto che non avevi avuto successo con la ricerca del drago per Jack; sono contento che si sia risolto tutto per il meglio – disse sorridendo.
Hiccup: chi altro c’è sulla barca papà? – chiese notando altre figure in lontananza.
Astrid : ci siamo noi – disse arrivando da dietro di lui da sola.
Hiccup: Astrid mi hai fatto prendere un colpo – disse girandosi.
Astrid: potevate almeno avvisare che andavate via, non credi? – disse con il tono di chi insinua qualcosa.
Hiccup: non è come pensi – disse a bassa voce e indicando Calien.
Astrid: una furia buia bianca, è magnifica – disse commovendosi.
Jack nel frattempo si era messo a coccolare Calien che gli faceva le feste facendolo ridere; ad un tratto lei si mise in posizione per incitarlo a salire sulla sua groppa e lui gli sali sopra facendo molta attenzione, poi si preparò. Ad un suo “ Andiamo” Calien spiccò il volo e cominciò a volteggiare seguendo le indicazioni di Jack; i presenti rimasero attoniti nel vedere come rapidamente i due prendevano confidenza e si stupirono quando insieme lanciarono un colpo che esplose in una scintillante neve multicolore, dall’azzurro a bianco, al violaceo chiaro.
Jack: wohoooooooooo – esultò dopo il colpo – bravissima Calien.
Hiccup: vedo che andate alla grande – disse appena li ebbe raggiunti in volo con Sdentato.
Jack: è solo merito di ciò che mi hai insegnato ieri sui draghi e in particolare su sdentato – disse lui avvicinandosi – sei un grande maestro.
Hiccup a quel complimento arrossì e con accanto Jack, con sotto la barca vichinga con su suo padre e i cavalieri suoi amici, tornarono al Berk per finire i preparativi per l’imminente festa annuale.
Snoggletog era arrivato.


Filerà tutto liscio durante la festa annuale vichinga ?
Qualcuno noterà che tra i due c'è più di una semplice amicizia?
scopritelo in Cap 7 : Snoggletog

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Snoggletog ***




Erano passati ormai tre giorni dal ritrovamento di Calien e Snoggletog era dietro l’angolo, i draghi tornarono a Berk e tutti si prepararono per i festeggiamenti serali, tutti tranne uno.
Jack era su di giri per quella festa, non vedeva l’ora di divertirsi con Hiccup e gli altri ragazzi del gruppo.
In quei tre giorni Stoik e Hiccup, avevano già anticipato a Jack il suo regalo di Snoggletog lasciandolo letteralmente sorpreso come non mai.
Gli avevano regalato un mantello di pelle di yak marrone scuro da attaccare al giacchetto che Hiccup gli aveva fatto a mano e degli avambracci in cuoio per rinforzare le braccia.
Jack non si era mai sentito così felice, così bene.
Erano trent’anni che non percepiva il calore di una famiglia e in quel momento si sentiva finalmente completo.
Quel giorno, il giorno di Snoggletog, uscì di “casa”, si perché così ormai chiamava la casa di Hiccup sotto volontà stessa del vichingo; ora aveva un luogo al quale appartenere e sentiva di dover ricambiare tutta quella felicità, ma in che modo?
All’improvviso gli venne in mente che anche lui avrebbe potuto fare un regalo a Hiccup e Stoik, decise allora che sarebbe andato con Calien alla ricerca di qualcosa da donare loro per la festività annuale vichinga.
 
Le ore passarono ma più cercava e meno sapeva cosa potesse piacere a Hiccup; per Stoik aveva già trovato un regalo, ma per il regalo di Hiccup la scelta era più ardua che mai, si ritrovò addirittura a pensare che avrebbe dovuto chiedere ad Astrid un consiglio per quanto era disperato, subito l’idea sfumò dalla sua testa.
Jack: ok che sono disperato – si disse -  ma non così tanto – disse alla dragonessa che mugugnò.
Jack si ritrovò a sorvolare il villaggio nelle sua disperata ricerca e solo allora notò una vecchia fucina da fabbro. Improvvisamente si ricordò che in passato, quando era più giovane, e vivo, suo zio gli aveva insegnato a forgiare bracciali e oggetti di vario genere, un espediente che secondo suo zio era utile per conquistare le ragazze. L’idea non lo convinse minimamente, Hiccup non era una donna e di sicuro un braccialetto non lo avrebbe mai messo, così andò a cercare qualcosa altrove.
Jack: accidenti Calien, se non trovo niente entro questa sera non me lo perdonerò mai per il resto della mia vita – disse sconfortato con la testa appoggiata al dorso del drago mentre volavano per tutta l’isola.
Calien notò il morale a terra del suo amico e allora lo condusse silenziosamente all’isola dei draghi, arrivata scese in picchiata verso la grotta nella quale era rimasta bloccata con la coda solo pochi giorni prima.
Facendo sobbalzare Jack che era sovra pensiero, planò al suolo e lo trascinò per una manica fino a portarlo davanti alla roccia che aveva congelato.
Jack: questa è solo una roccia Calien, non è adatta come regalo per Hiccup – disse lui sfiorando la roccia e provocando una crepa – ti ringrazio ugualmente per averci provato piccola – disse accarezzandola sul muso.
Calien insistè, lo fece allontanare dalla roccia e poi vi scagliò la propria coda come una mazza.
La roccia si spaccò sotto la forza di quei micidiali colpi, rivelando al proprio interno delle pietre preziose di forma e grandezze diverse. Le pietre erano state levigate dal calore, segno che la roccia era una condensa di lava; essendo roccia friabile, raffreddata dal colpo di Calien, aveva finito per rompersi.
Jack: Calien sei incredibile, ti adoro piccola – disse abbracciandola – ecco perché eri così insistente – disse mettendo la sua testa appoggiata a quella della dragonessa.
Calien lo ringrazio con un lieve gorgoglio di felicità dopo di che insieme spiccarono il volo per tornare a Berk.
Ora Jack sapeva cosa regalare a Hiccup e ritornò velocemente alla fucina da fabbro che aveva visto nel villaggio, vi entrò e trovò Scaracchio, l’amico e consigliere di Stoik, che stava lavorando ad un’arma.
Scaracchio: ah Jack, benvenuto, cosa ti porta qui nel mio adorato forno?  Ti serve qualcosa? – chiese mentre martellava il metallo dell’arma.
Jack: in effetti si, vorrei chiederti se posso usare i tuoi attrezzi – disse con una mano dietro la testa un po’ timoroso per la risposta.
Scaracchio: non vedo perché no, ma sei sicuro di saper usare questi attrezzi? – chiese lui fissandolo con la coda dell’occhio – non vorrei che ti tagliassi una mano per un errore stupido – disse ridendo sotto i suoi baffi lunghi e con le trecce.
Jack: in passato ho aiutato mio zio che aveva una fucina simile a questa – disse sorridendo – credo di esserne ancora capace – disse facendo cenno con la testa.
Scaracchio: bene allora accomodati pure – disse facendogli cenno di entrare.
Jack si mise subito al lavoro, in mente non aveva un’idea precisa, cominciò semplicemente col lavorare un pezzo di metallo e a modellarlo, solo dopo un po’ gli venne in mente un regalo ben preciso. Cominciò allora a battere il martello sul ferro e a raffreddarlo, lo rilavorava e poi lo raffreddava nuovamente, così fino a quando non ebbe ottenuto due lastre per degli avambracci di protezione; il resto venne da se, cominciò a lavorare per creare delle decorazioni con dell’oro che aveva trovato a pezzi dentro la roccia e cercò di creare la base dove incastonare le pietre preziose verdi che aveva deciso di regalargli .
 
Scaracchio: vedo che te la cavi piuttosto bene novellino – disse osservando il suo lavoro – sei in grado di lavorare decorazioni minuziose con estrema precisione, devo dire che come bravura sei alla pari con Hiccup.
Jack: Anche Hiccup sa lavorare il ferro? – chiese stupito .
Scaracchio: certamente, lui è stato mio apprendista in passato e ogni tanto viene a creare delle selle nuove per se e per gli altri ragazzi – disse lui gesticolando con la mano per dare l’idea delle creazioni di Hiccup – la coda di sdentato la creata tutta da solo sai?
Jack: accidenti, non lo sapevo – disse sempre più sorpreso – è davvero un ragazzo dalle mille sorprese e dai mille talenti – disse sorridendo dolcemente.
Scaracchio gli diede una pacca sulla spalla
Scaracchio: anche tu lo sei – disse e poi tornò al proprio lavoro.
 Jack finì la sua opera incastonando le gemme sulle placche decorate, poi le fisso a degli avambracci di cuoio per renderle più confortevoli; finito ammirò il risultato del proprio lavoro e ne fu felice.
Gli avambracci che aveva creato, per Hiccup sarebbero stati perfetti, lo rispecchiavano a pieno, era uscito un vero capolavoro, un’opera degna di un futuro capo villaggio.
Calien esultò assieme a Jack che dopo si mise nuovamente al lavoro per creare un altro regalo, ma questa volta per la sua dragonessa che lo aveva guidato verso il regalo giusto per Hiccup; gli creò un bracciale di metallo per la coda con decorazioni in argento e una pietra blu ovale levigata al centro. Lei nel vederlo ne fu felicissima e fece penare Jack che tentava di farglielo indossare.
Jack: dai Calien, lasciatelo mettere – disse rincorrendola a destra e a sinistra – Ecco fatto – disse dopo averglielo messo – ti sta davvero bene sai.
Lei di tutta risposta gli si strusciò addosso per ringraziarlo.
 
La sera arrivò e tutti si riunirono nella sala del consiglio per festeggiare, erano tutti con il proprio drago e con i nuovi cuccioli arrivati in mattinata; l’atmosfera era calda e piena di amore e felicità, sembrava che niente quella sera sarebbe andato storto ma come sempre il destino era beffardo e il disastro era dietro l’angolo.
Jack arrivò giusto in tempo per il brindisi iniziale, in mano aveva il regalo per Hiccup rilegato dentro un sacco di pelle decorato da lui stesso e chiuso con un nastro rosso, non vedeva l’ora di consegnarglielo, il solo pensiero di Hiccup che apriva il suo dono lo faceva agitare, era in un totale stato di agitazione. Entrò nella sala con un sorriso bianco neve dipinto sul viso e vide, con sua grande sorpresa, persone che erano già belle che brille, tra queste vi era Astrid che ciondolava vicino alla tavola dove stava Hiccup con suo padre e sdentato. Astrid trascinò Hiccup a ballare, il poverino non poté rifiutarsi incitato dal suo gruppo di amici; da lontano Jack non capiva cosa stesse succedendo e vide solo che Hiccup stava parlando con lei, il viso era serio quasi come fosse scocciato dalla situazione, il viso di lei invece era beato per il troppo alcol ingerito, non era completamente conscia di ciò che faceva.
Improvvisamente, qualcuno troppo ubriaco, inciampò e spinse i due, Astrid finì addosso a Hiccup baciandolo, lui era sconvolto e furente, tentava in tutti i modi di liberarsi, sperava con tutto il suo cuore che Jack non vedesse quella scena, ma Astrid lo bloccava stringendolo forte a se mentre tentava ancora di allontanarla.
Jack, nonostante sapesse che era stato solo un incidente, si sentì il cuore in mille pezzi per la gelosia; era fermo sull’entrata della sala quando Hiccup lo notò e capì che aveva visto la scena, allora gli andò in contro scansando Astrid molto bruscamente lasciando lei e Stoik, che aveva visto la scena, sconvolti per la sua reazione. Jack lasciò cadere il regalo e andò fuori dalla sala saltando su Calien.
Jack: andiamocene – disse alla dragonessa con voce strozzata dal dolore.
La dragonessa obbedì volando sopra il Capo Corno, la montagna dietro il villaggio, Jack nel frattempo si teneva ben stretto a lei tenendo i denti serrati per la rabbia. Hiccup arrivato alla porta notò il pacchetto che lui aveva fatto cadere e lo raccolse, quando lo aprì si commosse, non poteva crederci; erano dei magnifici avambracci rinforzati  e con degli smeraldi lisci ovali incastonati sopra; capì subito che erano stati fatti a mano e sapeva che nessuno nel villaggio avrebbe potuto farli, Jack li aveva realizzati per lui e glie li stava portando, lui come ringraziamento invece si era fatto baciare da Astrid. Hiccup chiamò sdentato, si mise gli avambracci e si diresse alla ricerca di Jack.
 
Jack, nel frattempo, era atterrato sul Capo Corno, aveva preso in mano il proprio bastone togliendolo dalle cinghie con il quale era legato alla sella di Calien, dopo di che corse verso una conca con dei bellissimi pini innevati e uno strapiombo in roccia sotto di essi, una volta al centro si fermò, la mano cominciò a tremargli e il viso gli divenne rosso paonazzo.
Il ghiaccio attorno cominciò a tremare e lui sfogò la propria ira urlando e sferrando degli attacchi ghiaccianti, con il proprio bastone, contro le pareti di roccia sotto gli alberi nella conca dove si trovava, Calien invece rimase a debita distanza per non farsi male e non venire colpita per errore da uno dei colpi tirati a casaccio dal suo amico, però nel vederlo ridotto così si era accucciata, sentendosi impotente e inutile.
Jack: perché? Perché? – continuava a chiedersi mentre lanciava i suoi colpi – perché mi fa così male se so che era un incidente? – urlò di rabbia – cos’è questo sentimento che mi squarcia nuovamente il cuore? – disse tirando un altro colpo che spaccò una roccia da quanto era potente.
Hiccup che stava volando li vicino, sentì i suoi lamenti e la sua disperazione riecheggiare nel vento, segui il suono della sua voce fin’che non vide in lontananza dei lampi di ghiaccio risalire dalla cima del capo corno, allora lo sorvolò e notò Calien su di una roccia che osservava una conca con una piccola foresta ricoperta interamente di uno strano strato di ghiaccio.
Hiccup: Calien, dove è Jack? – chiese lui saltando giù da sdentato appena atterrato.
Calien gli indicò la conca e, mentre lei restava con sdentato, lui vi si addentrò a cercare Jack. Arrivato sul fondo, un colpo di ghiaccio lo mancò di poco, facendolo trasalire; Quando vide che era stato Jack, che era fuori controllo, a lanciarlo, Hiccup sgranò gli occhi , non poteva credere a ciò che aveva dinanzi, sembrava un campo di battaglia tra divinità.
La conca era completamente ricoperta da strati di ghiaccio spigolosi e irregolari, sembrava che qualcuno avesse congelato un turbine d’acqua.
Jack: che cosa ci fai qui ? – disse furente – non dovresti essere giù con gli altri a festeggiare? – gli chiese con un tono amaro nella bocca.
Hiccup: Jack,io……. è stato solo un incidente – disse cercando di non balbettare per lo spavento precedente – Astrid lei… ne ha approfittato, ma solo perché era ubriaca – disse avvicinandosi a lui .
Jack: cerchi anche di giustificarla ? – disse infuriandosi ancora di più pestando un piede e sollevando un vento gelido; sotto di lui una crepa si aprì nel ghiaccio – stammi lontano, quando sono così non controllo i miei poteri, potrei farti male – disse gettando via il proprio bastone rannicchiandosi in ginocchio al centro della conca.
Hiccup: Jack, lei non conta per me lo sai – disse mettendogli una mano sulla spalla.
Jack: Hiccup ti prego, non voglio che tu mi veda così, non mi riconosco nemmeno io – disse scoppiando in lacrime ma nascondendosi sotto le braccia .
Hiccup: Jack, guardami – disse girandolo verso di se, mostrandogli le proprie lacrime.
Jack: perché stai piangendo? – gli chiese vedendo che piangeva pure lui.
Hiccup: perché anche io in questo momento ho il cuore a pezzi nel vedere cosa ti ho fatto, nel vedere che la gelosia ti può ridurre in questo stato – disse appoggiandosi a lui.
Jack: gelosia, non l’avevo mai provata prima d’ora, o meglio l’avevo già provata, ma non sapevo come si chiamasse – disse tenendosi il petto – è un sentimento orribile, mi sembra di avere una lama nel petto per quanto mi fa male – disse scotendo la testa - ormai i miei sentimenti per te anno raggiunto un punto di non ritorno – disse chiudendo gli occhi e stringendo i pugni – Hiccup, ormai io non voglio più nascondere quello che provo per te – disse abbracciandolo – ma non voglio nemmeno che tu sia in difficoltà con i tuoi amici o con tuo padre.
Hiccup: non ti devi preoccupare di tutto questo – gli disse lui – a me basta che tu sia accanto a me, non mi importa di ciò che pensano gli altri – disse arrossendo – non dopo tutto ciò che abbiamo passato, non ora che i nostri sentimenti sono così forti – disse alzando il viso e mostrando la propria determinazione – io ti amo Jack.
Jack: Lo so, e anche io amo te – disse stringendolo ancora più forte – per questo domani voglio parlare con tuo padre e dirgli tutto.
Hiccup sollevò la testa e l guardò dritto negli occhi.
Hiccup: Jack, mio padre ti ucciderà lo sai? – disse lui guardandolo nel panico.
Jack: probabile, ma preferisco provarci ugualmente – disse accarezzandogli il viso – almeno nessuno ti spingerà più tra le braccia di Astrid – disse ironicamente mentre ancora cercava di riprendersi – ora sarà meglio riprenderci e tornare alla festa, altrimenti si chiederanno dove siamo finiti.
Hiccup: aspettiamo ancora un pò, ti prego, la notte è ancora lunga e non voglio sprecarla – disse stringendosi a lui – restiamo così ancora un po’.
I minuti passarono inesorabili e la luce della luna arrivò a inondare la conca facendo risplendere le sue pareti ghiacciate da Jack, sembrava che migliaia di cristalli avessero ricoperto le pareti rocciose e gli alberi, rendendoli immortali e indistruttibili per il resto dei secoli.
Jack avrebbe voluto che fosse lo stesso per il loro amore, che durasse in eterno e che nessuno li potesse separare, nemmeno il destino; ma in cuor suo sapeva che se non avesse detto la verità sui loro sentimenti a Stoik, il suo sogno non sarebbe durato quanto lui desiderava.
 
Jack, che prima guardava la luna, abbassò il viso malinconico e notò che Hiccup indossava il suo regalo.
Jack: Vedo che hai messo il mio regalo – disse sollevandogli un braccio – sono contento che ti calzino a pennello.
Hiccup: già anche io – disse  ammirandoli – come hai fatto a farli? – gli chiese.
Jack: come tu hai costruito la coda di sdentato – disse lui accarezzandogli la testa.
Hiccup: È raro che Scaracchio lasci usare la sua fucina a qualcuno, sai? – disse ridacchiando appena.
Jack: è rimasto colpito dal mio lavoro, alla fine mi ha chiesto di andare a dargli una mano quando potevo – disse facendo spallucce – sta lavorando a qualcosa di grosso e utile per voi cavalieri di Berk – disse per incoraggiarlo a riprendersi un po’.
Hiccup: in effetti sarebbe utile qualcosa di nuovo, sento che avremo bisogno di un grande aiuto in futuro – disse guardando il cielo – i nostri nemici sono parecchi mesi che non ci danno fastidio e temo che stiano organizzando qualcosa di grosso.
Jack: i vichinghi dell’isola dei rinnegati? – chiese.
Hiccup: si proprio loro – disse annuendo – ci anno dato non pochi problemi nell’ultimo anno, spero solo di sbagliarmi e che rimangano dove sono per ancora molto tempo – disse alzandosi e asciugandosi le ultime lacrime rimastegli sul viso.
Jack: ora sei pronto per andare? – gli chiese prendendolo per mano
Hiccup: Ora si – disse guardandolo negli occhi.
Jack: sai? da quando sono qui è la prima volta che me ne accorgo, ma sei cresciuto molto – disse misurando la propria altezza facendo scorrere la mano verso di lui – ormai non ti manca molto per raggiungermi – disse ridacchiando.
Hiccup: Me lo ha detto anche Moccicoso giusto ieri – disse guardandosi riflesso nel ghiaccio dinanzi a se – dicono anche che mi sto irrobustendo ma a me non sembra per niente – disse scoraggiandosi con la propria ironia.
Jack:  hanno ragione invece, le tue spalle si sono un po’ allargate – disse mettendosi accanto a lui – vedi, ora sono come le mie e anche il tuo collo si è irrobustito.
Hiccup si guardò sorpreso e allo stesso tempo felice, non poteva credere che finalmente anche lui, il più piccolo e gracile vichingo, stava crescendo. Jack sorrise nel vedere come era stupito Hiccup della propria crescita, lentamente gli si avvicinò e gli sussurrò nelle orecchie una frase che nemmeno lui si sarebbe mai aspettato di riuscire a dirgli.
Jack: se davvero carino – disse con una voce calma e dolce, calda quasi come l’estate, sfiorandogli i capelli e stringendolo a se.
Hiccup: Jack – disse arrossendo – dobbiamo tornare alla festa – disse mentre cominciava a sentirsi avvampare per lì imbarazzo del momento.
Jack: no, prima devo sistemare ciò che ti ha fatto la biondina, altrimenti non mi darò mai pace – disse girandolo verso di se e intrappolandolo contro il muro mettendogli il ginocchio in mezzo alle sue gambe per immobilizzarlo – mi ha rubato le tue labbra, e ora io me le riprenderò – gli disse con voce suadente.
Jack baciò Hiccup intensamente come non aveva mai fatto prima, lasciandolo quasi senza fiato. Le loro mani si intrecciavano e le loro bocche si univano come due parti dello stesso diamante che si riuniscono; i loro cuori sembravano scoppiare fuori dal petto mentre battevano all’unisono e il ghiaccio circostante sembrava sciogliersi per il calore che i loro corpi emanavano.
Jack ad un certo puntò si staccò lentamente e fissò Hiccup negli occhi e vide che era rosso come mai lo aveva visto, pensò subito che fosse molto tenero e che la sua espressione era dolce, ma poi vide se stesso riflesso nel ghiaccio dietro di lui e si dive anch’egli rosso come mai in vita sua, aveva le orecchie tutte rosse e anche il viso lo era, allora e solo allora, capì come sarebbe potuta andare avanti quella situazione, ma non voleva che succedesse così, non in una serata come quella, preceduta da rabbia e gelosia, non per un suo atto incontrollato. Allora si allontanò e si girò di spalle per riprendersi e calmare i bollenti spiriti che cominciavano a farsi sentire.
 
Hiccup: wao – disse riprendendo fiato e lasciandosi scivolare per terra – forse è meglio se per ora ci fermiamo qui – disse asciugandosi il sudore dalla propria fronte.
Jack: si credo anche io che sia meglio così per questa sera – disse rigirandosi e sorridendogli – anche perché ormai la festa è a metà ed è meglio tornare prima che tuo padre si cominci a insospettire, non trovi? – disse con il suo solito sorriso smagliante.
Hiccup: si hai ragione – disse strofinandosi i capelli imbarazzato.
I due chiamarono giù nella conca i propri draghi che li raggiunsero immediatamente, Calien volando e sdentato scivolando giù per la parete ghiacciata planando lievemente verso di loro.
Jack e Hiccup notarono subito qualcosa di diverso in loro, mentre si erano persi a parlare, tra i loro draghi era successo qualcosa, si coccolavano come due gatti innamorati e si stuzzicavano dolcemente, sembrava che loro avessero continuato ciò che loro invece avevano interrotto.
Hiccup :  ah, è bello sapere che almeno qualcuno si è divertito mentre noi ci disperavamo – disse ironicamente.
Jack: hahahaha, almeno anno passato bene il loro tempo – disse ridendo come un bambino.
 
I due montarono sui propri draghi e scesero dalla montagna in picchiata, per arrivare più velocemente alla festa. Jack nello scendere guardò il cielo e vide che vi erano poche nuvole, sapeva che non avrebbe nevicato quella notte, però non gli sembrava giusto, era natale dopo tutto. Ops scusate, volevo dire Snoggletog.
Allora prese il suo bastone, che aveva legato alla sella di Calien sulla destra, e lo diresse verso il cielo mentre continuavano la discesa; gli bastò un semplice gesto e dei grandi nuvoloni bianchi ricoprirono l’isola di Berk.
La neve cominciò a cadere candida, prima fine e poi a fiocchi grandi e leggeri che riempivano l’atmosfera pura e magica.
Hiccup nel vedere quella neve, mentre atterrarono dinanzi alla sala del consiglio si sentì euforico e chiamò fuori tutto il villaggio, che era dentro alla sala del consiglio a festeggiare, per giocare a battaglia a palle di neve. In quel momento Jack lanciò una palla a Hiccup colpendolo sulla testa, lui girandosi scoppiò a ridere e cominciò a rispondere al fuoco rincorrendolo. I bambini da dentro cominciarono ad uscire e parteciparono alla battaglia seguiti dai grandi; anche loro cominciarono a tirarsi le palle di neve, quasi come se fossero tornati bambini. Tutti si stavano finalmente divertendo e continuarono fino a notte tarda, quando ormai venne il momento di coricarsi dopo bevute e mangiate infinite.
 
Stoik raggiunse suo figlio e Jack che stavano ancora giocando, da dove era li osservava pensieroso, aveva capito ciò che realmente vi era tra i due e sapeva di non poterlo fermare; tra di loro c’era la stessa atmosfera che aveva lui con la sua adorata moglie, morta molti anni a dietro, uccisa dai loro nemici, i rinnegati.
Scaracchio: so cosa stai pensando Stoik – disse lui avvicinandosi – i loro sguardi e i loro gesti sono inequivocabili – disse sospirando – è ambiguo, su questo non si discute, ma guardali – disse indicandoli – sono felicissimi e sono sinceri entrambi.
Stoik: lo so Scaracchio – disse lui mettendosi una mano sul viso mentre sospirava pesanemente – non voglio separarli, sono solo preoccupato per ciò a cui vanno in contro – disse guardandoli - … non voglio che soffrano come anno fatto quei due anni fa.
Scaracchio: Stoik, questa frase te lo già detta ma te la ripeto anche ora – disse mettendogli la mano sulla spalla – non puoi fermarlo, puoi solo prepararlo – detto questo si allontanò e andò verso la propria casa.
 
Stoik nel frattempo li stava ancora osservando, non aveva il coraggio di interrompere il loro momento magico, proprio allora arrivò accanto a lui Astrid che era ancora ubriaca.
Astrid: sha capo, shuo figlio mi ha mollata, ma non perché non gli piaceshsi – disse ciondolando un po’ – no no, mi ha mollata peché a trovato un ragazzho hic che ama più di me – disse lei andandosene mentre rideva e poi piangeva.
Hiccup in lontananza aveva visto la scena e con lui anche Jack, ma non avevano sentito cosa Astrid aveva detto a Stoik che nel frattempo si stava avvicinando a loro.
Stoik: Ragazzi, è ora di rincasare – disse con il suo solito tono da padre premuroso e autorevole – questa festa è stata grandiosa, anche se voi siete arrivati quasi alla fine – disse guardandoli  con un leggero sguardo di rimprovero – ora a casa , dobbiamo riposarci bene, dopodomani si riprende a lavorare – disse lui dirigendoli verso casa.
Quando Stoik si allontanò Jack guardò Hiccup che era preoccupato quanto lui; cosa aveva detto Astrid a suo padre?
 
Tutti andarono a dormire nelle proprie case e misero il loro elmo in bella vista vicino ai camini per aspettare il dono che “Odino” avrebbe fatto loro.
Stoik fece lo stesso con il proprio elmo, quello di Hiccup e quello che aveva trovato vecchio per Jack; dopo di che si coricò nel proprio letto, poco distante dal fuocherello al centro della grande stanza.
Jack e Hiccup invece salirono in stanza convinti che avrebbero dovuto dormire per l’ennesima notte nello stesso letto troppo piccolo per entrambi.
Con loro grande sorpresa invece, nella stanza vi erano ben due letti e una pedana di pietra per draghi in più.
Jack: tuo padre è davvero un mito, lo sai? – disse lui mettendo una mano sulla spalla a Hiccup – merita davvero la nostra totale sincerità – disse abbassando la testa e guardando di sottecchi i due letti.
Hiccup: hai ragione – disse lui sospirando – merita la verità, basta nascondersi – disse guardandolo con un sorriso leggero.
Jack allora ricambiò il sorriso e di tutta risposta avvicinò il proprio letto a quello di Hiccup rendendoli uno unico e grande; i due si misero poi coricati nei letti per riposare, mentre Calien e Sdentato si misero sulle loro pedane accucciati l’uno accanto all’altro per riscaldarsi in quella fredda ma bellissima notte di neve.
Jack , una volta coricatosi, notò un oggetto strano in cima al letto di Hiccup, appoggiato sulla conca della testiera del letto; era un piccolo drago di pezza cucito a mano.
Jack lo prese in mano e lo esaminò.
Hiccup: quello è un regalo di mia madre – disse avvicinandosi a lui – me lo a dato mio padre l’anno sorso, lei me lo avrebbe voluto regalare dopo averlo finito, ma non ci riuscì – disse prendendolo delicatamente dalle mani di Jack – è morta due giorni prima del mio quarto compleanno, uccisa dai nostri nemici.
Jack: mi dispiace molto – disse passandogli le dita nei capelli mentre osservava i suoi occhi farsi sempre più lucidi.
Hiccup: Sai, non sono mai riuscito a piangere la sua morte – disse cercando di trattenere le lacrime – tutti mi dicevano di essere forte e che tutto sarebbe andato bene – disse resistendo ancora –  e invece ora sto piangendo come se fossi ancora un bambino – disse rannicchiandosi vicino a Jack.
Jack: sai, io credo che sia molto fiera dell’uomo che stai diventato – disse tirandogli su il volto e sorridendogli – sei riuscito a diventare l’eroe di Berk e sei riuscito a vedere per primo me, uno spirito dell’inverno, tu sei fantastico e lei ne è felice, ne sono sicuro – appoggiando la propria fronte alla sua e facendo nevischiare nella stanza per tirarlo su di morale.
Hiccup: grazie Jack – disse sorridendogli .
Jack: Ti amo Hiccup – disse baciandogli la fronte .
Hiccup ad un tratto ebbe dei fremiti per il freddo troppo intenso, cominciò perfino a battere i denti, allora Jack nel sentire quel continuo tremore lo strinse a se cercando di infondergli il calore del proprio corpo.
I due, così, passarono la notte intera semplicemente abbracciati e felici, niente li avrebbe potuti scalfire in quel momento magico, nemmeno un attacco al villaggio li avrebbe potuti allontanare, probabilmente nemmeno la morte ci sarebbe riuscita, nonostante fosse dietro l’angolo che li spettava al varco, come fosse un patibolo.


l'ultima frase dice tutto sul prossimo capitolo.
Fazzoletti alla mano vi raccomando ;)
il prossimo capitolo sarà ...
Cap 8: Il Destino Si Compie


se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il Destino Si Compie ***




“Jack: buio, di nuovo immerso in questo buio e in questo gelo, il respiro che rallenta e il battito del mio cuore che diminuisce ...sto morendo – pensò rilasciando una lacrima – Sento la sua voce che mi chiama disperato, sta piangendo – pensò facendo uscire alcune bolle d’aria – Sono stato uno stupido, ho rovinato tutto… tutto  – concluse sentendo la luna su di se – ti prego, riportami in dietro e permettimi di rimediare ai miei errori, non voglio che lui muoia per colpa mia e delle mie decisioni – supplicò in preda a degli spasmi – ti .. prego – pensò liberando le ultime bolle di ossigeno che aveva nei polmoni.”
 
 
 
Quel giorno Berk si ridestò molto lentamente a causa dei festeggiamenti della sera precedente, il sole era già alto in cielo quando il primo vichingo mise fuori i piedi dalla propria branda, e questi era Hiccup.
Accanto a lui vi era Jack che, non ancora abituato alla mortalità e al bisogno di riposo continuo, visto che quando era uno spirito poteva non dormire per mesi, ora faticava molto perfino a svegliarsi, come ogni mattina da quando era divenuto umano.
Hiccup allora si abbassò verso di lui e lo svegliò dolcemente dandogli un bacio sulla sua mano, ringraziandolo di averlo avvolto e tenuto al caldo per tutta la notte.
Jack: Hic, cosa fai già sveglio? – disse intontito.
Hiccup: non riuscivo più a dormire, sono nervoso per quello che diremo oggi a mio padre – confessò lui annusando la delicata mano di Jack che era grande più della sua con la quale la sosteneva – se qualcosa andasse storto, ce ne andremo via insieme da Berk, ok? – disse lui guardandolo fisso negli occhi.
Jack: non ti permetterò di fare sciocchezze – disse lui sollevandosi e trascinandolo nel letto – non ti farò abbandonare il tuo villaggio per me – disse guardandolo negli occhi mentre teneva fermo avanti a se il suo viso, lui era ancora assonnato e la sua voce non suonava molto sveglia a Hic – se tuo padre non accetta i nostri sentimenti allora gli mostreremo quanto sono forti, così ci permetterà di restare assieme – gli disse poco prima di baciarlo.
Hiccup, dopo quelle parole e quel gesto, non poté far altro che arrossire e chinare il capo, annuendo imbarazzato.
Jack, dopo essersi ben ripreso, si mise al disopra di Hiccup con uno sguardo dolce e penetrante, Hiccup capì al volo le sue intenzioni e divenne rosso pomodoro, il cuore di Jack, come quello del vichingo, stava battendo velocemente e i suoi occhi brillavano alla luce del mattino come diamanti, Hiccup non riuscì a opporsi, sapeva di volersi unire con Jack in ogni modo possibile e sapeva anche che il legame che stavano per stabilire era più vincolante di un giuramento, erano entrambi pronti a fare il salto nell’ignoto.
Jack cominciò ad avvicinarsi al volto di Hiccup, gli sfiorò la fronte col le labbra per poi scendere delicatamente verso le sue; le mani erano già attorno al bacino di del vichingo che aveva messo le proprie lentamente sotto la maglia di Jack, l’atmosfera si stava scaldando e i due cominciarono a togliersi lentamente i vestiti a vicenda, un pezzo alla volta.
I due rimasero a petto nudo e contornarono le rispettive figure con le proprie mani, come se stessero modellando una scultura; Jack cominciò a baciare il collo di Hiccup che fremeva di desiderio sotto il tocco delle sue labbra sulla pelle.
Jack scese lentamente, ancora e ancora, fino ad arrivare al bacino.
Li Jack si sollevò tornando a baciare Hiccup sulle labbra mentre infilava lentamente la propria mano nei suoi pantaloni, il vichingo allora emise un gemito di piacere che fece sorridere dolcemente Jack.  
In quel preciso momento però, sentirono una voce giù dalle scale della camera.
Stoik: Sdentato potresti spostarti? – chiese giocoso – devo andare a svegliare quei due pelandroni, altrimenti la loro colazione si raffredderà.
Sdentato da di sotto ruggì, cercando di avvisare i due ragazzi al piano di sopra dell’imminente arrivo di Stoik.
Jack allora si sollevò da Hiccup accarezzandogli i capelli e sussurrandogli dolcemente nell’orecchio “ti amo”, dopo di che si rivestì e si mise a osservare fuori dalla finestra in attesa che Stoik entrasse nella stanza.
Hiccup era rimasto paralizzato sul letto, non riusciva a muoversi, allora Jack gli rimise velocemente la maglietta e il giacchetto, notando che l’espressione del vichingo sembrava chiedergli di continuare ciò che avevano iniziato prima, disperatamente.
Anche Jack avrebbe voluto continuare, ma ormai suo padre stava entrando con tutta la sua allegria del mattino.
Stoik: ragazzi, vedo che siete già svegli, quale miracolo del grande odino – disse ridacchiando – forza scendete, la colazione è pronta.
Jack: al volo, ho una fame pazzesca – disse lui sfiorandosi lo stomaco ridacchiando.
Hiccup: S - si anche io ho una fame assurda papà, a - arriviamo subito – gli disse alzandosi dal letto di scatto.
Stoik: bene vi aspetto giù ragazzi – disse andando verso le scale.
Quando Stoik scese, i due si guardarono e sospirarono.
Jack: ci è mancato poco – disse sistemando meglio la maglietta di Hiccup.
Hiccup guardò l’albino con uno sguardo trasognato e ancora rosso, stava ancora cercando di calmarsi; Jack notò lo notò e lo strascinò con se, avviandosi alle scale .
Prima di scenderle i due si guardarono; Jack sorrise a vichingo facendogli un cenno con la testa, contornando il tutto con uno dei suoi sorrisi smaglianti e bianchi come la neve, Hiccup allora annui e deglutì prendendogli la mano, perché sapeva che stavano per raccontare tutto a suo padre, stavano per dirgli del loro amore sincero ma ambiguo per il mondo vichingo e unico nel suo genere.
 
I due scesero e si accomodarono a tavola, la tensione era palpabile, Jack era serissimo ed era pronto a sganciare la bomba in qualunque momento, si sentiva sicuro di se e pronto a impuntarsi perfino contro Stoik l’immenso.
I tre si misero a tavola e cominciarono a consumare la colazione: una belle tazza di latte caldo con pane ancora caldo di forno, probabilmente Stoik lo aveva preso da poco dal panettiere del villaggio.
Il silenzio regnava sovrano sul loro pasto mattutino e Stoik cominciò a insospettirsi.
Stoik: cosa avete questa mattina, siete molto silenziosi e tu figliolo continui a giocare col cibo invece di mangiarlo – disse osservando e studiando il suo comportamento – mi stai nascondendo qualcosa, vero?
Hiccup al suono di quelle parole si ingozzò con del latte che gli andò giù di traverso, provocandogli non pochi colpi di tosse; Jack lo aiutò a riprendersi con delle lievi pacche sulla schiena.
Hiccup: p-papà cosa ti fa credere che IO, cioè che NOI no volevo dire… ah cavolo – disse mettendosi una mano sulla fronte per poi farla scendere giù per il viso – o-ok, è vero, TI sto nascondendo qualcosa di importantissimo – disse rassegnato.
Jack: no – tuonò lui mettendo fine alla frase di Hiccup – NOI ti stiamo nascondendo qualcosa di molto importante – disse mettendo una mano sulla spalla di Hiccup che si voltò di scatto verso di lui – e oggi abbiamo deciso di dirti cosa Stoik – disse lui alzandosi e avvicinandosi alla sedia di Stoik che lo guardò stupito – io e suo figlio abbiamo un rapporto che va ben oltre l’amicizia – disse sostenendo il suo sguardo indagatore.
Stoik: Certo, ormai siete come fratelli – disse lui per mettere alla prova la determinazione dei due ragazzi – l’ho ben notato, ecco perché ho messo un letto in più, ormai fai parte della nostra famiglia – disse alzandosi e stringendolo sulle braccia mentre ridacchiava e si dirigeva verso il fuoco, per poi sedersi sullo sgabello lì vicino.
Hiccup: papà, quello che Jack intende è che io e lui …. Noi due – disse indicando se e Jack – siamo come eravate tu e mamma – disse andandogli un po’ più vicino.
Jack: io e suo figlio ci amiamo – disse con voce ferma e netta, avanzando verso Stoik  che rimase in silenzio – so che non è ordinario, ma io amo profondamente suo figlio e se necessario farò qualunque cosa per dimostrarlo.
Il silenzio calò sulla stanza mentre i due ragazzi aspettavano la reazione di Stoik.
Stoik: mai avrei pensato di sentirvi pronunciare queste parole – disse mettendo una mano sul viso e facendola scivolare – da uno spirito potevo anche aspettarmelo ma da mio figlio, sangue del mio sangue, carne della mia carne – cominciò a dire alzando la voce e facendo agitare Hiccup – come può Odino punirmi in questo modo?
Stoik si erse in tutta la sua grandezza e si mise dinanzi a Jack che continuava a sostenere il suo sguardo senza fare una sola piega, Hiccup vedendo la sua determinazione si calmò e si mise al suo fianco, sostenendo anch’egli lo sguardo del suo stesso padre.
Stoik: hai appena detto che faresti qualunque cosa per dimostrarmi il tuo amore per mio figlio – disse con tono severo e minaccioso – allora dimostramelo – disse mettendogli una mano sulla spalla – dimostramelo non abbandonandolo mai – disse guadandoli con dolcezza e sorridendo.
Hiccup e Jack si guardarono confusi, si aspettavano ogni genere di reazione da Stoik: rabbia, dissenso, frustrazione, ma non quella di consenso e comprensione.
Hiccup: vuoi dire che…approvi ciò che c’è tra di noi ? – chiese guardandolo ad occhi spalancati.
Stoik: sapevo da tempo dei sentimenti che c’erano tra di voi, non siete bravi a nasconderli – disse risedendosi sul suo sgabello e ravvivando il fuoco davanti a se – ho avuto tutto il tempo di osservarvi per capire fino a che punto fossero sinceri, e vi do la mia benedizione – disse guardandoli sorridente – per il futuro non dovete preoccuparvi, anche se il capo rimanesse single in apparenza, non credo che qualcuno si opponga.
Hiccup guardò Jack che ricambio il suo sguardo, insieme scoppiarono in un enorme esulto e si abbracciarono, Jack sollevò Hiccup da terra e lo fece volteggiare girando su se stesso da quanto era felice, dopo di che, presi dalla frenesia si baciarono dinanzi a Stoik che tossì per fargli ricordare che lui era ancora li.
Jack: Scusa – disse ridacchiando.
Stoik: ho un’ultima cosa da dirvi – disse poi lui tornando a guardarli – io posso approvare il vostro amore, ma c’è chi non lo farà – disse guardandoli serio – anni orsono, quando ero giovane come voi, ci fù una coppia di ragazzi che si innamorò perdutamente. I due vichinghi vennero sorpresi nel bosco a baciarsi e subito la voce girò per il villaggio – disse lui chinando il capo – al villaggio cominciarono a criticarli e alcuni presero addirittura a tormentarli, costringendoli alla fuga da Berk – disse guardandoli tristemente – quei due erano miei amici. Io, nonostante ciò, ero uno di quelli che diceva loro di smetterla di giocare col fuoco, che lo scherzo era durato anche troppo, ma loro mi dimostrarono la loro sincerità con un gesto estremo, amputandosi un dito – disse stringendo i denti.
Jack e Hiccup si guardarono perplessi nel vedere il dolore di Stoik che aumentava.
Stoik: il giorno dopo li aiutai a scappare dal villaggio, così che potessero vivere il loro amore felici e in pace, ma il giorno in cui partirono una tempesta improvvisa li colpì in mare aperto e ritrovammo i loro corpi sulla spiaggia solo dopo un mese – disse ravvivando nuovamente il fuocherello.
Hiccup: le due tombe sul promontorio ad ovest, sono le loro – disse stringendo la mano di Jack – due tombe senza nome dalle quali tutti restano alla larga.
Stoik: anno tutti paura che la loro ira si scateni su coloro che vanno a fargli visita, ma l’unica cosa di cui dovrebbero avere paura e la propria ignoranza – disse digrignando i denti – i due si chiamavano Broik tok e Altron Haddok, tuo zio, mio fratello minore – disse guardando Hiccup che rimase sconvolto dalla notizia – il mio consiglio per voi quindi è di non farvi notare dal villaggio e di rimanere celati, anche per la vostra stessa sicurezza – disse guardandoli con uno sguardo dolce – andarsene non è una soluzione e rimanere sarà difficile, ma sempre meglio del morire in mare aperto.
I due si guardarono e si appoggiarono l’uno all’altro, consapevoli di ciò che comportava il dover rimanere ancora nascosti. Significava dover stare attenti ad ogni sguardo ed ogni  gesto di affetto che si scambiavano ma, per restare assieme, avrebbero accettato qualunque compromesso.
Stoik lasciò andare i due che uscirono per andare a volare con i propri draghi dopo averlo ringraziato per le sue parole; ormai i due draghi li attendevano da più di un’ora ed erano agitatissimi per la voglia di volare che avevano.
Hiccup quel giorno decise di mettere a Sdentato la coda speciale, per farlo volare libero con Calien quando voleva, così da non aver sempre bisogno di rinunciare a seguirla per restargli accanto.
Jack: come mai non c’è il collegamento alla sella con la coda nuova? – chiese osservando curioso mentre si appoggiava al suo bastone.
Hiccup: Perché grazie a questa coda lui può volare senza di me – disse lui sorridendogli.
Jack: scusa, ma allora perché non glie l’hai messa prima? – chiese ciondolandosi avanti e in dietro col suo bastone.
Hiccup: perché l’ultima volta che glie ne ho creata una lui la distrutta per farmi rimettere la coda vecchia a tutti i costi – disse lui accarezzando il muso di Sdentato che quella volta non protestava per la nuova coda.
Jack: grazie a questa, potranno andare dove vogliono anche senza di noi - disse osservando e studiando la nuova coda.
Hiccup: esatto, così potranno avere anche loro, come noi, un po’ di intimità – disse sorridendogli.
Jack: Be, allora arrivati al lago potremmo cominciare da dove abbiamo interrotto prima, non credi? – gli disse lui vicino al suo viso con un sorriso provocatorio.
Hiccup: voi signore, state giocando con il fuoco, lo sapete? – fissandolo con uno sguardo ancora più provocatorio.
Jack: io il fuoco lo posso congelare – gli sussurrò a pochi centimetri dall’orecchio.
Hiccup arrossì e chinò il capo per la reazione che gli provocava la voce di Jack, suadente come mai l’aveva sentita, penetrante come una stalattite, dritta nel petto.
Jack nel vedere la sua reazione ridacchio lievemente e gli accarezzo i capelli tenendo la propria fronte contro la sua, dopo di che si girò verso Calien pronto a salirle in groppa quando entrambi sentirono arrivare qualcuno.
Dal cielo, scesero in picchiata i cavalieri di Berk .
Gambe di pesce: hei ragazzi – urlò mentre atterravano tutti insieme.
Moccicoso: Hiccup, Jack che ne dite di una bella gara con i draghi? – chiese con il suo solito atteggiamento di sfida.
T.Tufo: Dai Hic, facciamo vedere a Moccicoso che perderà anche questa volta – disse incitando l’amico.
Hiccup: veramente – passandosi la mano nei capelli cercando una scusa, perché lui non vedeva l’ora di andare al lago con Jack – avrei delle commissioni da fare e quindi …– disse arrampicandosi inutilmente sugli specchi.
Jack: dai Hic, possiamo anche fare dopo le commissioni per tuo padre – gli disse con un cenno della testa.
T.Bruta: bravo Jack – disse tirandogli un leggero pugno sul braccio – le commissioni possono aspettare.
Hiccup era confuso e guardava Jack, che si massaggiava la spalla indolenzita, in cerca di una spiegazione, Jack allora gli si avvicino, lo spinse verso sdentato incitandolo a salire e mentre lo aiutava gli sussurrò nell’orecchio.
Jack: ricorda cosa ha detto tuo padre, non dobbiamo dare nell’occhio – disse sottovoce e serio – un po’ di divertimento è quello che ci vuole e poi che male ci può fare un volo? – concluse ridacchiando.
Proprio nell’istante in cui lui pronunciò quelle parole, dal cielo scese anche Astrid in sella al suo drago.
Hiccup: tattada, ecco che male ci può fare – disse in modo ironico provocando un senso di ironia anche in Jack che fece roteare gli occhi seccato dalla vista di Astrid.
Astrid: hei ragazzi che combinate? – chiese con il suo solito tono tranquillo come se niente fosse accaduto la sera prima.
Gambe di pesce: ci stiamo preparando per fare una gara tutti assieme – disse eccitato – ti va di unirti a noi?
Astrid allora si girò verso Hiccup e Jack  per osservare la loro reazione dopo di che annuì provocando una lieve reazione di rabbia in Jack.
Jack non aveva ancora smaltito del tutto la collera della sera prima, avrebbe voluto congelarla li all’istante, ma se lo avesse fatto, così, senza un motivo apparente, avrebbe fatto insospettire gli altri e non voleva. In quel momento si sentì intrappolato, come se si trovasse su un percorso pieno di trappole nel quale sarebbe potuto cadere inesorabilmente.
I ragazzi presero tutti il volo con i propri draghi e salirono di quota, Hiccup era in testa al gruppo e Jack era in fondo con accanto Astrid, davanti avevano i gemelli Bruta e Tufo con accanto Moccicoso e Gambe di pesce.
Tutti insieme si diressero al di sopra di uno scoglio alto dalla cima piatta e si posizionarono come se fossero sulla linea di partenza.
Hiccup: ragazzi, le regole le conosciamo tutti, niente spintoni o colpi a tradimento – disse guardando tutti dalla sua postazione – il primo che torna su questo scoglio dopo aver fatto il giro di tutta l’isola, vince – disse mettendosi in posizione con la sua solita voglia di vincere.
La tensione era palpabile, Jack aveva accanto la sua nemica in amore, colei che gli aveva rubato le labbra del suo amato la sera precedente; sapeva benissimo che per loro due quella non era una semplice gara di volo, era una dichiarazione di guerra reciproca e lui non si sarebbe fatto sconfiggere.
In quel momento Calien giro il suo muso verso di lui e gli fece un cenno, come se avesse voluto dirgli “non ti preoccupare, vinceremo noi”, allora lui gli sorrise e si preparò a partire.
Gambe di pesce: 3,2,1, via – urlò .
Tutti partirono come schegge sorpassandosi velocemente l’un l’altro, nessuno di loro sembrava voler cedere il primo posto, ognuno do loro esultava ad ogni sorpasso, si stavano tutti divertendo un mondo Hiccup compreso, ma dietro di loro, Astrid cercava in tutti i modi di intralciare l’avanzata di Jack .
Hiccup era in cima alla gara e non poteva vedere cosa succedeva dietro, Jack voleva vincere la gara a tutti i costi ma senza ricorrere a certi trucchi meschini come invece stava facendo Astrid, che a ogni occasione, lo spingeva contro uno scoglio o gli copriva la visuale spalancando le ali del proprio drago.
Jack ad un tratto vide una scappatoia con una corrente più veloce tra una fila di scogli stretti, troppo per Tempestosa, e senza pensarci troppo la imboccò lasciando Astrid sola con il nervoso della sconfitta imminente, girandosi all’indietro per godersi la sconfitta di lei con il proprio sorriso provocante dipinto sulla faccia, la vide mentre ordinava al proprio drago di lanciare i propri aculei verso di loro.
Jack non poteva credere che, per la rabbia e per la voglia di vincere, lei lo avesse fatto davvero, aveva infranto le regole dei suoi stessi compagni pur di fermarlo.
Jack fece una manovra per evitare i grandi aculei di Tempestosa, ma uno di essi, sfuggito al suo occhio vigile, colpì Calien su una spalla, conficcandosi in profondità facendole perdere inesorabilmente quota.
Hiccup virando per raggiungere il traguardò riuscì a vedere la scena, ne rimase inorridito e con lui anche gli altri, Jack stava precipitando in mare aperto con Calien che era ferita e Astrid li fissava con uno sguardo soddisfatto di se.
Jack: Calien, bella – urlò dinanzi al suo viso per farla riprendere mentre erano in caduta libera – dai piccola apri gli occhi – urlò disperato.
Calien non si riprendeva e la loro discesa verso il mare era quasi finita.
Improvvisamente Jack prese in mano il proprio bastone dalla parte destra della sella di Calien, raccolse tutte le sue forze e richiamò a se il venti circostanti, con essi creò un letto di vento con il quale fece scendere dolcemente Calien .
Gli altri rimasero incantati a guardare il grande potere di Jack, in particolare Hiccup, perché sapeva che Jack per poter sollevare se stesso avrebbe già dovuto attingere al proprio massimo potere, figuriamoci per sollevare un drago.
Jack toccò per primo il mare, formando sotto di se una enorme lastra spessa di ghiaccio, dove poi fece atterrare Calien, dolcemente, accompagnandola col vento.
La Dragonessa aveva perso i sensi e, sotto la spina, la spalla gli si era gonfiata diventando violacea.
Jack: Calien – disse preoccupato toccando leggermente la spina – resisti bella, ora te la tolgo – con tono agitato e voce tremula.
Jack era nel panico, non sapeva bene cosa fare, ma non voleva lasciare quel’aculeo enorme nella spalla dell’amica, la confusione che aveva nella testa aumento secondo dopo secondo invadendolo completamente.
Hiccup e gli altri lo raggiunsero sulla lastra di ghiaccio mentre Astrid se ne restava lontano ad osservare la propria opera in silenzio, i sensi di colpa cominciavano a invaderla.
Hiccup: Jack – urlò appena atterrato mentre correva verso di lui con Sdentato – oh, no – disse guardando la ferita.
Jack accarezzo Calien e le tirò via la spina dalla spalla.
Calien ruggì di dolore, spaventando i cavalieri di Berk che non avevano mai visto un drago così sofferente.
Hiccup: Moccicoso, Bruta Tufo, prendete la corda d’emergenza e il telo – disse girandosi velocemente verso di loro – gambe di pesce, vola al villaggio e avvisa che stiamo arrivando con un ferito, dobbiamo portarla immediatamente da Scaracchio, deve essere curata al più presto.
Jack: piccola mia, resisti – disse guardandola nelle sue immense iridi azzurre appena visibili dalle fessure degli occhi lievemente aperte – ora ti cureremo – disse alzandosi da accanto a lei.
Jack lascio che gli latri legassero Calien in modo da trasportarla fino al villaggio e, senza che nessuno lo vedesse, lasciò cadere una lacrima per poi girarsi furente verso Astrid che, non appena sentì su di se lo sguardo accusatorio di Jack, corse via con il suo drago.
Hiccup fissò il suo compagno, il viso bianco come un cadavere i denti stretti e gli occhi che sembravano poter congelare a morte qualunque cosa potesse capitargli dinanzi, faceva paura.
Poteva benissimo capire come si sentiva, nemmeno lui riuscirebbe a trattenersi se sdentato venisse ferito a quel modo da qualcuno che conosce, e per un motivo stupido come la gelosia.
Hiccup si avvicinò a Jack per dirgli che erano pronti a trasportare Calien al villaggio ma non fece in tempo, Jack richiamò nuovamente tutto il vento possibile e si girò verso di lui.
Jack: Hic, ti affido Calien – disse con sguardo vuoto – io devo andare a calmarmi prima di far del male a quella strega – disse facendosi potare via dalla piccola tromba d’aria che aveva evocato.
Hiccup guardò il proprio compagno svanire all’orizzonte, dentro di se aveva una  sola domanda.
Hiccup: Cosa ti succede Jack?
 
Il vortice di aria trasportò Jack attraverso tutta l’isola di Berk, dietro la montagna del capo corno e oltre il bosco fitto, fino al laghetto dove si andava a riposare con Hiccup solitamente; li, lui si fece posare dal vento.
Era esausto per la quantità di potere che aveva usato, ma non riusciva a sentire realmente quella stanchezza perché tutti i suoi sensi erano corrotti dall’ira funesta che gli logorava l’animo.
Jack non ce la fece più.
Si chinò a terra, alzò il volto verso il cielo e la luna  urlando disperato.
Jack: aaaaaaaaaah – urlò disperato per poi accasciarsi supino nella neve con accanto il suo bastone – perché? – chiese con solo un filo di voce mentre si lasciava trasportare da un pianto di sfogo.
La vita da umano cominciava a pesargli, i suoi sentimenti diventavano contrastanti, così tanto da ferirlo e spaventarlo la gelosia  la rabbia, erano tutte sensazioni orribili, quando era solo Jack Frost non le aveva mai provate, forse perché non aveva più avuto contatti con le persone.
Dopo solo tre settimane da umano, si trovò a pensare che sarebbe stato meglio se fosse rimasto solo per sempre.
La luna era alta, nonostante fosse solo pomeriggio, ed era piena e luminosa, con la sua luce irradiava quel ragazzo non più albino che con le sue iridi azzurre la osservava, contemplandola, sperando in un suo consiglio, ma come in passato la sua era tornata una presenza silenziosa, che perlomeno, gli faceva compagnia.
Passarono parecchie ore, ma Jack non dava segno di voler tornare al villaggio.
Aveva paura di scoprire che Calien fosse morta o che Astrid, per giustificarsi, avesse raccontato tutto di lui e Hiccup al villaggio.
La paura lo bloccava e il freddo della sera e della neve, nella quale era ancora sdraiato, cominciarono ad avvolgerlo e a farlo sentire assonnato, stanco; non capiva il perché il gelo avesse quell’effetto su di lui, sapeva solo che sentiva gli occhi pesanti e che quella pace gli era mancata moltissimo.
Dopo questo pensiero Jack chiuse lentamente gli occhi, sospirando dolcemente.
 
Qualche tempo dopo qualcuno lo scosse con violenza per farlo risvegliare.
Hiccup: Jack! – urlò.
Jack: Hiccup? – chiese intontito facendo fatica a muoversi – cosa ci fai qui? Che succede? – chiese con pochissima voce.
Hiccup gli tirò un ceffone fortissimo per farlo rinvenire.
Jack: Hiccup! – lo ammonì massaggiandosi la guancia.
Hiccup: Sei un idiota! – riprendendolo a sua volta – non lo sai che se ti addormenti in mezzo alla neve senza un fuoco vicino muori congelato? – gli disse prendendolo per la maglia, furente per la sua incoscienza.
Jack: scusa – disse abbassando il viso e capendo di aver fatto una sciocchezza.
Hiccup allora lo abbracciò cercando di scaldarlo il più possibile, sfregando le proprie mani su di lui velocemente, se lui non fosse arrivato Jack sarebbe morto da li ad un’ora e lui ora ne era consapevole più che mai.
Jack non sentiva minimamente il calore del corpo del vichingo, il suo corpo era ancora troppo freddo e per un piccolo istante, questo lo spaventò, ma poi si trovò nuovamente a pensare alla sua amica dragonessa che era stata ferita e che probabilmente, convinto da una propria paura, sapeva non avercela fatta.
Jack: Hic… Calien è..? – chiese senza riuscire a finire la frase.
Hiccup: sta benone – disse mentre lo accarezzava sul viso – andiamo, devi muoverti per scaldarti e riprendere la circolazione.
Jack: e Astrid? – chiese distogliendo lo sguardo da lui.
Hiccup: lei è da scaracchio che continua a scusarsi con Calien – disse lui tirando Jack per un braccio per aiutarlo a tirarsi su.
Jack: io non credo di poterla perdonare facilmente – disse lui fermandosi per poi camminare verso il laghetto ghiacciato zoppicando un po’ per la poca sensibilità delle sue gambe, ancora semi congelate – ha ferito Calien di proposito, per vendicarsi del fatto che io e te stiamo assieme! – disse scotendo la testa, sconcertato dalle sue stesse parole.
Hiccup: lo so Jack, ma io non ti sto chiedendo di perdonarla – disse lui sospirando – voglio solo che tu mi segua per vedere che Calien sta bene e perché lei ti sta cercando preoccupata – gli disse mettendogli una mano sulla spalla.
Jack: e gli altri? – chiese, non sicuro di voler sentire la risposta.
Hiccup: beh, diciamo che ora sanno tutto e che stanno ancora metabolizzando la cosa – disse con difficoltà gesticolando con le braccia e facendo facce strane.
Jack: cosa? – disse facendo sobbalzare Hiccup – Astrid a detto loro tutto?
Hiccup: no sono stato io – disse serio – e l’o fatto perché loro sono i miei amici e meritano di sapere la verità, come lo meritava mio padre, ma soprattutto meritavano di sapere perché Astrid si comporta in questo modo assurdo – disse tirando un calcio ad una roccia per il nervoso che gli dava pensare alla gelosia di Astrid.
Nel tirare il calcio al sasso però, inciampò e cadde a terra provocando una risatina in Jack che lo aiutò ad alzarsi.
Jack: Hiccup Horrendous Huddok III, sei il primo che abbia creduto in me e sei la prima persona che io abbia mai amato – disse sorridendo – solo ora mi rendo veramente conto di quanto ti ami e di quanto tu ami veramente me, perché solo un pazzo follemente innamorato farebbe ciò che hai fatto tu – gli disse sorridendo felice per poi tornare serio – ma ti devo confessare che essere coinvolto dalle persone … per me si sta rivelando più difficile del previsto – disse abbassando il capo – io prima mi sentivo come un bambino che non voleva e non doveva crescere e ora… – disse osservando la luna – ora non so più chi sono e cosa devo essere – disse osservandolo nuovamente – è vero, più o meno non lo sapevo nemmeno prima ma – disse facendo una pausa – ora non so che uomo devo diventare …. Che uomo Sto diventando e…. io ho paura Hic.
Hiccup gli andò in contro e lo abbracciò dolcemente.
Hiccup: Non devi aver paura, ci sarò io con te e niente e nessuno potrà cambiare ciò che sei e ciò che siamo.
Jack nel sentire quelle meravigliose parole di Hiccup, si strinse a lui e lo abbracciò forte.
Quel momento era forse il più importante degli ultimi mesi passati li a Berk, era sicuro che lo avrebbe tenuto nel cuore per sempre., perché la persona che lui amava più di chiunque altro non lo avrebbe mai lasciato, ora ne era sicuro, anche se le sue paure rimasero li, dietro l’angolo.
 
Proprio in quell’istante qualcuno applaudì da sopra di loro.
Dopo gli applausi,  un ruggito spaventoso si propagò al di sopra di loro, era come se qualcuno stesse tritando del metallo.
Hiccup e Jack guardarono il cielo allarmati e fu allora che li videro.
Hiccup: Alvin L’infido ?! – disse sconcertato nel vedere il capo dei nemici dell’isola dei rinnegati in sella ad una morte sussurrante e circondato dai suoi seguaci anch’essi sui draghi.
Alvin: ma che scena commovente, caro Hiccup – disse ridendo a squarcia gola – dimmi tuo padre sa che ti apparti con un uomo? – disse ridendo ancora più forte.
Jack: Hiccup cosa è quello? – chiese a Hiccup sottovoce indicando il drago del nemico – non mi sembra un comune drago di Berk, anzi mi sembra uno di quelli pericolosi.
Hiccup: Lui è una morte sussurrante e per di più non è una morte sussurrante qualunque – disse indietreggiando lentamente dopo aver notato il morso sulla coda dell’animale – è la morte sussurrante che in passato si è scontrata con Sdentato.
Jack: ok , questa è una pessima notizia – disse indietreggiando anche lui.
Jack improvvisamente ebbe un lampo, cercò attorno il proprio bastone.
Se fosse riuscito a raggiungerlo avrebbe potuto combattere quella schiera di nemici che si erano posti tra loro e l’uscita della conca, e soprattutto una volta fuori , avrebbero potuto correre al villaggio per avvisarli dell’imminente attacco nemico.
Jack trovò il proprio bastone, era a pochi centimetri da dove erano lui e Hiccup.
Jack: ti fidi di me? – Chiese a Hiccup con il suo sguardo deciso di sempre.
Hiccup: con tutto me stesso – disse guardandolo un po’ impaurito.
Jack: allora corri – disse tirandolo per il braccio verso dove andava lui.
Alvin: Fermateli branco di troll senza cervello, mi serve vivo solo il figlio di Stoik, l’altro uccidetelo – urlò hai suoi uomini.
I due corsero verso il bastone di Jack schivando le miriade di frecce lanciate dal nemico.
Jack arrivò al proprio bastone e si girò verso i nemici riparando Hiccup con il proprio corpo dopo di che lanciò verso di loro un fulmine di gelo, congelando la maggior parte di loro.
Alvin: per il grande odino! – esclamò sorpreso.
Jack: accidenti, non ho abbastanza potere – disse chinandosi per lo sforzo, con il fiatone.
Hiccup: Jack – disse con voce tremante – tu … sanguini.
Jack allora si guardò il petto, e vide alcune frecce che lo trapassavano .
Non sentiva il dolore, il gelo della notte lo aveva avvolto completamente, lui non sentiva più il proprio corpo.
Allora Jack si rese conto che, comunque fosse andata a finire, quella notte lui sarebbe morto. Cercò di mantenere la calma e di non far capire niente a Hiccup, fingendo di sentire il dolore.
Jack: ecco cosa era quel forte dolore di prima – disse restando un po’ chino .
Hiccup: Jack se continui a sanguinare così morirai – gli disse prendendolo per un braccio – dobbiamo andarcene prima che loro si riprendano dal tuo attacco di prima e capiscano che sei una minaccia.
Alvin: uccidete quello con il bastone! Ora! – urlò fuori di se.
Gli uomini di Alvin scesero dai draghi e corsero verso i due ragazzi mentre altri in sella hai propri draghi li circondavano e li spingevano sul laghetto ghiacciato.
Hiccup: Jack – disse guardandosi attorno – tu cerca una via di fuga per te, sei tu quello che vogliono morto, io gli servo vivo per usarmi come ostaggio – disse lui parandosi davanti a Jack.
Jack: no, non permetterò che ti catturino – disse lui furente uscendo da dietro di lui.
Mentre Jack stava per dire ancora qualcosa un rumore sordo, come di squarcio, lo interruppe.
Il dolore si propagò per il suo corpo, un rivolo di sangue gli usci dalla bocca, allora Jack si guardò nuovamente il petto; al posto dello stomaco aveva una spada che lo trafiggeva da parte a parte, lasciando scorrere da se un continuo flusso di sangue che cadeva in gocce al suolo.
Hiccup rimase sconvolto.
Gli occhi verdi spalancati e vuoti  mentre osservava il corpo di Jack che si lasciava cadere verso di lui, lentamente, come fosse un cristallo di neve.
Fece solo in tempo a tendere in avanti le braccia per non farlo cadere.
Jack aveva gli occhi sgranati, gli spasmi di dolore che gli bloccavano il respiro, il sapore del rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca, tutto gli fece capire che era la fine.
Le lacrime di Hiccup gli inumidivano il volto, mentre la luce si affievoliva; sentiva solo il lui che lo chiamava con una voce tremula e spezzata dall’angoscia.
Ad un tratto Alvin scese dal suo drago, compiaciuto di aver centrato il bersaglio.
Alvin: oh che piacevole suono – disse ghignando – il suono della disperazione del figlio di Stoik – disse facendo segno a tutti con le mani di ridere – oramai il tuo amico è morto, e ora con chi farai il piccioncino? – disse per provocarlo.
Hiccup non reagì, era ancora sconvolto per ciò a cui aveva assistito, era chino sul ghiaccio del lago con tra le braccia il corpo di Jack appoggiato al proprio.
Jack tentava in ogni modo di parlare per tranquillizzarlo, ma non riusciva più nemmeno a respirare e ogni suo rantolo faceva tremare sempre di più Hiccup di terrore.
Alvin fece cenno ai suoi uomini di prendere Hiccup e incatenarlo per bene, mentre lui  con una mazza aprì uno squarcio nel lago ghiacciato.
Alvin: Non piangere piccolo Hiccup – disse ghignando con ai piedi il corpo inerte di Jack – ora daremo una degna sepoltura al tuo amichetto, spedendolo sul fondo di questo lago dove non lo ritroverà mai nessuno – disse ridendo a squarcia gola prendendo il corpo di Jack per un braccio e lanciandocelo dentro.
Hiccup allora si riprese e furente, si liberò dalla presa dei suoi nemici poco prima di essere incatenato, tutto, solo per poter raggiungere Jack che stava affondando nel lago, immerso nell’oscurità della notte e del gelo.
Hiccup: Jaaaaack! – urlò tentando di prenderlo inserendo il proprio braccio nell’acqua gelida.
Gli uomini di Alvin gli furono subito addosso e lo immobilizzarono per impedirgli di buttarsi e far si che loro perdessero il loro vantaggio su Stoik.
Hiccup non smetteva di dimenarsi e di urlare il nome di Jack nella speranza che lui lo sentisse e si riprendesse, ma ogni suo tentativo sembrava vano, Jack stava affondando e nessuno lo avrebbe salvato.
 
Jack: buio, di nuovo immerso in questo buio e in questo gelo, il respiro che rallenta e il battito del mio cuore che diminuisce ...sto morendo – pensò rilasciando una lacrima – Sento la sua voce che mi chiama disperato, sta piangendo – pensò facendo uscire alcune bolle d’aria – Sono stato uno stupido, ho rovinato tutto… tutto – concluse sentendo la luna su di se – ti prego, riportami in dietro e permettimi di rimediare ai miei errori, non voglio che lui muoia per colpa mia e delle mie decisioni – supplicò in preda a degli spasmi – ti .. prego – scongiurò la bellissima luna in cielo, liberando le ultime bolle di ossigeno che aveva nei polmoni”.
Tutto si fermò; dall’acqua uscirono le ultime bolle di aria.
Hiccup urlò dal dolore mentre i nemici lo tenevano fermo, legato con delle catene.
Jack era nuovamente morto.
Passò qualche interminabile minuto e il laghetto si ricongelò sotto gli occhi di tutti i nemici che ridevano, Hiccup era fermo, come se il proprio cuore si fosse fermato e lui fosse un pupazzo vuoto.
 
Sotto il lago però a Jack stava accadendo qualcosa che lui non poteva vedere.
Il gelo avvolse il suo corpo, i suoi capelli tornarono bianchi, la sua pelle tornò albina e i suoi occhi si spalancarono mostrando il loro azzurro profondo come il ghiaccio dei poli. Jack Frost era tornato, ed era pronto a combattere.

cosa succederà ora che Jack è tornato lo spirito del gielo?
Quando si interromperanno i suoi ricordi?
perchè ha dimenticato tutto questo?
se volete scoprirlo leggete il prossimo capitolo
Cap 9: Ritorno Al Presente

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ritorno Al Presente ***




Il gelo pungente del vento notturno spirò sui nemici di Berk che ancora guardavano la dove il loro capo aveva messo fine alla vita di un ragazzo dagli strani poteri.
Alvin ordinò hai propri uomini di prendere di peso Hiccup e di trasportarlo nel tragitto dal lago al villaggio, tutti stavano salendo sui draghi e nessuno, a parte un Vichingo , messo a sacco di patate sulle spalle di un energumeno, vide che dietro di loro stava accadendo qualcosa.
Il ghiaccio del laghetto, al centro si stava frantumando e sollevando, lasciando spazio a qualcosa che stava uscendo dalle sue profondità.
Quel punto preciso era irradiato dalla luce della luna che fece vedere chiaramente Chi stesse uscendo dal lago, Hiccup riprese totalmente padronanza di se quando vide “chi”; Jack Frost era tornato, era di nuovo immortale.
Jack appena fuori dal laghetto aprì a fatica gli occhi, accecati dalla luce improvvisa della luna; riprese bruscamente a respirare, le frecce che aveva conficcate nel petto uscirono senza lasciare traccia, anche la ferita della spada si chiuse completamente, lasciando solo una cicatrice.
Jack si trovò nuovamente faccia a faccia con la luna, come era già successo trent’anni prima, ma quella volta seppe benissimo cosa dire.
Jack: grazie, ti prometto che non sprecherò mai più il dono che mi hai dato – disse facendo un cenno con la testa per poi dirigersi verso il proprio bastone e raccoglierlo.
Si tolse gli stivali, gli avambracci e il mantello fatto con il pelo di yak, dopo di che si avviò verso Hiccup che lo guardava con le lacrime di gioia negli occhi, il sorriso riempì il suo volto.
Jack avrebbe voluto correre subito da lui e abbracciarlo, baciarlo per non lasciarlo mai più, ma prima avrebbe dovuto liberarlo dalla schiera di nemici che lo tenevano sott’occhio.
Il ragazzo di ghiaccio congelò a terra le zampe dei draghi presenti con un gesto del bastone, creando confusione e stupore nei rinnegati che subito tentarono di liberare i propri draghi, ma ogni tentativo era inutile, il ghiaccio di Jack era tornato ad essere spesso e resistente come una volta; niente lo avrebbe rotto.
Jack si sollevò in alto e studiò la posizione dei nemici, il rinnegato che teneva Hiccup in spalla era all’esterno rispetto agli altri, sarebbe bastato poco per distrarlo e permettere a Hiccup di scappare via; allora cominciò a bombardarli con delle sfere di ghiaccio lanciate ad altissima velocità, lanciandole da così in altro le sfere di ghiaccio divenivano letali e Jack doveva stare attento a non ferire il vichingo.
Il rinnegato che teneva intrappolato Hiccup venne colpito più volte alla testa, liberandolo per ripararsi con le proprie mani.
Jack: vi è bastato o ne volete ancora? – chiese lui giocoso e divertito, come non era da molto tempo, mentre svolazzava a destra e a sinistra.
Alvin: Gli spiriti di Odino, tentano di scacciarci – urlo con rabbia – tenete d’occhio l’ostaggio – ordinò hai propri uomini che cercarono inutilmente Hiccup.
Lui era già sgattaiolato via dal trambusto e, hai loro occhi, correva per raggiungere un vicolo cieco.
Poco prima della fine del laghetto però, Hiccup si scontrò con qualcosa di invisibile ai loro occhi, qualcosa che abbracciò; l’impatto tra di loro creò un leggero turbine di cristalli di neve.
Hiccup: Sei vivo – disse tra i singhiozzi e le lacrime di gioia.
Jack: non direi proprio vivo ma … non avrei mai permesso che finisse tutto così – disse stringendolo di più e passandogli la mano nei capelli per accarezzarlo dolcemente.
Il loro contatto era tornato lo steso di prima, freddo e caldo, ma questo non importava a nessuno dei due, in quel momento erano soli felici di essere vicini.
Jack: ora io li tengo impegnati, tu vai ad avvisare il villaggio del pericolo – gli disse guardandolo con le proprie iridi azzurre e profonde come non mai – porta qui i rinforzi.
Hiccup: ok ma tu non strafare di nuovo – gli disse guardandolo con occhi dolci – non voglio che ti facciano di nuovo del male – mentre lo abbracciava nuovamente per poi baciarlo.
Quel baciò lasciò l’albino senza fiato, mentre stava per morire si era già arreso al fatto che non avrebbe più sentito il calore di quelle labbra, invece ora le stava nuovamente baciando con le proprie, perdendosi nel verde muschio degli occhi del vichingo.
Jack, dopo il bacio, portò Hiccup sul ciglio del burrone e lo diresse verso il villaggio mentre lui si dirigeva nuovamente verso i rinnegati, che si erano ormai liberati dalle morse di ghiaccio.
Jack: avete fatto due errori in un solo giorno – disse ai propri avversari che non potevano vederlo – il primo è stato far del male all’unica persona che io abbia mai amato – disse creando dei draghi di ghiaccio alti e imponenti, copiando la figura del drago Raudebjorn per spaventarli – il secondo è stato uccidermi e permettermi di tornare ad essere Jack Frost – disse facendo sputare dei lampi azzurri e bianchi dai draghi di ghiaccio animati.
Alvin: bruciate quei cosi, ora – urlò fuori di se il rinnegato – sono solo pezzi di ghiaccio, scioglieteli – ordinò hai propri uomini terrorizzati .
I rinnegati cominciarono a bombardare i draghi di ghiaccio con  palle di fuoco e armi di ogni genere, ogni volta che però ne colpivano uno, quello si rigenerava e tornava ad attaccarli senza sosta.
Il drago di Alvin ingoiò un intero drago di ghiaccio con la sua terrificante ed enorme bocca; inizialmente il capo dei rinnegati ne fu compiaciuto, ma subito dovette ricredersi, perché il proprio drago cominciò a contorcersi per il troppo ghiaccio ingerito.
Il rinnegato ruggì dalla rabbia e si mise in attesa della ripresa del proprio drago.
Jack in tanto, continuava a divertirsi e a prenderli in giro con i falsi draghi da lui creati, nessuno dei rinnegati sospettava minimamente che fosse lui il loro vero avversario e questo giocava a suo favore ma, quando uno dei draghi avversari lo notò tutto cambiò;  il gronchio nemico lo prese di mira e gli lanciò una palla di fuoco, Jack venne colto di sorpresa, si era distratto troppo, convinto che nessun drago lo avrebbe notato con degli avversari di ghiaccio come quelli; il colpo del drago lo centrò sulla gamba sinistra.
Jack cadde sul laghetto, mostrando così hai propri nemici che i draghi avevano colpito qualcosa, o meglio, qualcuno.
Loro potevano vedere la presenza invisibile che li minacciava.
Alvin: Draghi, sterminate lo spirito che ci sta attaccando – disse puntando dove era caduto Jack che lui non vedeva.
La sua morte sussurrante, appena notato Jack, emise un ruggito con il quale emanò l’ordine hai propri compagni, dopo di che lo puntò, pronto a mangiarselo non appena fosse stato stordito dagli altri attacchi.
Jack vide arrivare verso di se quel mostro pieno di denti che tritava il ghiaccio e il terreno circostante; era ancora stordito dal colpo di fuoco e da dolore della gamba, ma cercò di rialzarsi da terra, la gamba che era stata colpita gli doleva molto, il dolore era intenso e nemmeno con il proprio tocco di ghiaccio riusciva a farlo passare.
Jack: accidenti questa è proprio sfortuna – disse evitando quanto poteva i colpi degli altri draghi che lo sfioravano di poco.
La morte sussurrante era a pochi metri da lui pronto a divorarselo, lui cercò inutilmente di prendere il volo per scappare da esso, ma gli altri draghi lo stavano bloccando da ogni parte con i propri colpi, per Jack sembrava di nuovo la fine; dal cielo improvvisamente si senti un forte fischio, seguito da uno scoppio, un colpo bianco violaceo  attraversò il cielo e colpì inesorabilmente la morte sussurrante di fronte a Jack.
Lui allora sollevò il proprio volto, vedendo arrivare Calien.
Jack: Calien – urlò colmo di gioia nel vederla – piccola cosa ci fai qui? Sei ancora ferita non dovresti muoverti – disse lui preoccupato mentre lei le atterrava dinanzi.
Calien: sono venuta perché non potevo permettere che ti facessero del male – disse lei comunicando con Jack mentalmente.
Jack: tu parli ?! – urlò sconvolto.
Calien: no, solo tu puoi udire la mia voce – disse con una voce calda e gentile .
Jack. Ma come è possibile? – chiese colmo di emozioni nel sentire la voce della propria amica.
Calien: Jack, le furie buie bianche non esistono, io sono stata creata per te, per aiutarti nel continuare la tua missione – disse lei aiutandolo a rialzarsi – io sono parte del tuo potere che ora deve esserti restituito.
Jack: ma così facendo, cosa accadrà a te? – chiese lui con uno sguardo perplesso e triste intuendo quale sarebbe stata la risposta della dragonessa.
Calien: mi dissolverò, come se non fossi mai esistita – disse lei guardandolo con dolcezza.
Jack: No – protestò lui puntando il bastone atterra sollevando un vento fortissimo seguito da dei cristalli di neve – non permetterò che accada, non ti lascerò morire per me – disse lui furente – Sdentato cosa farebbe senza di te? – chiese lui con sguardo addolorato.
Calien: Lui sapeva che io non ero un drago, lo ha sempre saputo – disse lei con una nota triste nella voce – prima di venire qui l’o salutato e gli ho detto di raggiungere Hiccup con gli altri draghi, perché io sapevo cosa stava succedendo qui – disse ritrovando la totale dolcezza della sua voce.
Jack allora si avvicinò a lei e la abbraccio per poi accarezzarla sul muso, avrebbe voluto chiederle tantissime cose; come sapeva che li stava succedendo il finimondo? Come mai non aveva sentito la sua voce prima? Ma dinanzi a quei pochi istanti che sentiva gli rimanevano, ogni domanda sembrava banale.
Jack: non voglio che tu scompaia – gli disse sul procinto di piangere.
Calien: Succederà, che Noi lo vogliamo o meno – disse lei chiudendo gli occhi lucidi – perché tu ora non hai più bisogno di me, ma anzi, hai bisogno del tuo completo potere per sconfiggerli e salvare Berk – disse lei soffiandogli dolcemente del vento freddo tra i capelli come fosse una carezza.
Jack: mi dispiace piccola – gli disse lasciando che le lacrime rigassero il suo volto albino – mi mancherai – disse infine abbracciandola e dandole un bacio sul muso.
Calien: lo so – disse lei lasciando cadere una lacrima.
Calien divenne improvvisamente luminosa, proprio come il significato del suo stesso nome, sollevandosi da terra di parecchi metri; Jack si sentì trasportare anch’egli e si ritrovo dinanzi alla dragonessa che splendeva come una stella, ad un centinaio di metri da terra.
I due volteggiarono in tondo per qualche minuto mentre Calien aumentava l’intensità della sua luce, girarono finche i loro corpi non si scontrarono; qualcosa però era accaduto mentre nessuno osservava, un ombra leggera aveva interferito con al riunione dei due.
In quel momento arrivò Hiccup con i cavalieri di Berk al completo e assieme a loro vide la scena dalla groppa di Sdentato.
Hiccup: Jack – urlò in lontananza in preda al panico.
Il corpo di Jack e Calien si unirono, lei tornò ad essere solo una parte del potere di Jack e l’ombra che li aveva raggiunti precedentemente si dissolse.
L’unione dei due creò un enorme bagliore; ciò diede a Jack il vantaggio sui nemici che ormai stavano contrattaccando con tutte le loro armi possibili, di metallo o di fuoco che fossero.
Jack non era cosciente in quel momento, il suo corpo si muoveva automaticamente, Hiccup in mezzo a tutta quella luce riuscì a distinguere a malapena la sagoma di Jack al suo centro che evocava una tromba di ghiaccio e neve unendo le proprie mani sul centro del bastone.
La tromba investì i nemici che vennero scaraventati violentemente al di là della foresta.
Jack si rannicchiò, come se cercasse di contenere il troppo potere che aveva assorbito dalla sua cara amica, ma quel potere accumulato era troppo grande per lui ed era, per qualche strano motivo, fuori controllo, doveva smaltirlo velocemente.
Così, sotto gli occhi increduli dei presenti, un esplosione di ghiaccio venne rilasciata da Jack, illuminando il cielo di tutta Berk.
 
Quando Jack riaprì gli occhi non si ricordava più niente.
Era in un crepaccio di montagna, ricoperto di ghiaccio sulle pareti, il sole era alto nel cielo e accanto a se aveva il proprio bastone fidato.
Jack: Dove mi trovo ? – si chiese guardandosi attorno e balzando fuori dal crepaccio con il proprio bastone alla mano – in che razza di posto sperduto sono finito? E dove è la mia mantella? – si chiese nuovamente guardando il panorama dinanzi a se.
Di fronte aveva solo una fitta foresta e un’enorme distesa di acqua al di la di essa.
Jack: sono su un’isola? – si chiese guardandosi attorno.
Jack non capiva il perché si trovasse in quel luogo e così chiamò il suo amico vento e si fece trasportare via, oltre le nuvole, oltre il mare, fino a tornare a casa sua sul laghetto della sua creazione.
Quando arrivò a casa chiuse le palpebre; quando le riaprì, si ritrovò seduto a gambe incrociate, dinanzi a Dentolina che lo guardava ansiosa.
Dentolina: allora? – chiese impaziente gonfiando leggermente le proprie piume per l’eccitazione e la curiosità – che cosa hai ricordato grazie al dente Jack ?
Jack sgranò gli occhi nel capire che la visione era finita e che lui era tornato nel presente.
Da quando aveva cominciato a ricordare nel presente erano passate solo poche ore in realtà e la Fatina dei denti era rimasta sempre accanto a lui.
Jack si alzò di scatto e cominciò a camminare nervosamente avanti e indietro, continuando a scuotere la testa.
Jack: non può essere tutto qui! – disse agitato – Non Deve! – urlò fuori di se.
Dentolina: Jack che ti succede ? – chiese preoccupata con la sua immensa dolcezza.
Jack allora non ce la fece più, lanciò via il dente che aveva in mano e urlando scappò via dal palazzo della sua amica, Dentolina fece solo in tempo a vedere le lacrime di Jack che cadevano dal suo volto colmo di ira.
Un po’ frastornata per la scena alla quale aveva assistito, lei si avvicinò al dente che l’albino aveva lanciato via con violenza, lo raccolse dolcemente e lo guardò, vedendo in esso il riflesso del passato che Jack aveva appena finito di ricordare; vide solo due draghi, uno nero e uno bianco; e due ragazzi, uno con gli occhi verdi e uno con gli occhi azzurri, entrambi castani, che si baciavano dolcemente.
Dentolina riconobbe immediatamente che il ragazzo dagli occhi azzurri era Jack, ma non si spiegava il perché sembrasse così umano, così vivo.
Non sapendo più cosa fare, vista la situazione disperata, Dentolina si diresse al polo nord per chiedere consiglio al suo amico Nord, anche se quella era una sera speciale, perché era l’unica sera di vero lavoro che lui doveva fare.
Era la vigilia di Natale.
 
Jack nel frattempo era tornato a casa, era tornato a Burgess sul suo laghetto, dietro la casa di Jamie .
Il vento lo fece atterrare nel boschetto davanti al laghetto dove lui vide che il suo amico, ormai cresciuto dai tempi della battaglia con Pitch, stava pattinando con la sorella minore Sofie e una ragazza dai lunghi e ricci capelli rosso ramati.
Jamie ormai aveva vent’anni e la ragazza accanto a lui era certamente la sua ragazza, nel vedere i sorrisi che i due si scambiavano, lui ebbe un tuffo al cuore, ricordandosi di come si sentiva quando insegnava a pattinare a Hiccup.
Era tornato a casa per  fuggire da quei ricordi e invece, si trovò dinanzi a delle scene che gli ricordavano sempre di più il legame che aveva con il suo Hiccup, ma soprattutto gli ricordavano quanto gli mancasse.
Jamie improvvisamente notò Jack, che era appoggiato dietro ad un albero li vicino, si scusò con la sorella e la fidanzata dicendo che doveva andare in bagno, dopo di che raggiunse Jack e senza che lui se ne accorgesse, lo trascinò via prendendolo per un braccio.
Jack: Jamie, cosa stai facendo? – chiese lui confuso.
Jamie: bene – disse una volta che girandosi in dietro non vide più il laghetto – ora possiamo parlare – disse voltandosi verso Jack con sguardo serio.
Jack: mi hai trascinato fin qui solo perché mi dovevi parlare? – chiese lui ridacchiando e ciondolandosi con il suo bastone sulle spalle – ma non dovresti essere la a divertirti con Sofie e con la tua ragazza? – gli chiese con fare furbo – non è carino lasciarle la da sole – gli disse rimproverandolo con il dito puntato sul suo naso.
Jamie: non fare il finto tonto Jack – disse lui serio – ho visto il tuo sguardo di prima – disse sedendosi su di una roccia li vicino – amico mio, non ti ho mai visto così triste in dieci anni che ti conosco.
Jack si sentì smascherato, il suo sorriso divenne spento per poi affievolirsi lentamente mentre sentiva su di se lo sguardo indagatore dell’amico.
Jack: non credo che tu mi possa aiutare questa volta Jamie – disse chinando il capo e girandosi di spalle – è una cosa che va al di sopra del tempo stesso.
Jamie: ci sono guai in vista quindi? – chiese preoccupato.
Jack: no – disse scotendo la testa – riguarda qualcosa che avvenne duecentosettanta anni fa – disse lui rigirandosi verso l’amico.
Jamie: accidenti, un bel po’ di tempo fa devo dire – disse rilassandosi – e come mai questa cosa ti turba così tanto?
Jack: perché ho appena riavuto dei ricordi che avevo perso – disse guardando il cielo – ed erano davvero importanti per me.
Jamie: allora non capisco – disse confuso passandosi una mano sui capelli – perché se erano così importanti, sei così triste dopo averli recuperati?
Jack: Perché riguardano una persona che conoscevo e che ho perso per sempre – disse con voce strozzata dal dolore – e perché l’o abbandonata in un momento di bisogno – disse infine sedendosi nella neve portandosi le ginocchia alle spalle con le braccia.
Jamie non aveva mai visto Jack ridotto in quello stato, per lui era un ragazzo tutto palle di neve e piaceri, mentre li davanti a se, aveva un ragazzo distrutto dal dolore e dal rimpianto; solo una domanda gli scorreva nella testa in quel momento, una soltanto, ma non sapeva se era il caso di fargliela.
Jamie: Jack, questa persona tu – disse avvicinandosi a lui e sedendosi anch’egli nella neve – l’amavi? – chiese con tutta la dolcezza possibile.
Jack allora sollevò lentamente il viso per poi girarsi a guardare Jamie che lo fissava teneramente; allora non riuscì più a trattenersi e dopo aver annuito, Jack chinò nuovamente il capo per nascondersi.
Jamie: ma duecentosettanta anni fa, nessuno poteva vederti – disse lui ricordandosi di essere stato il primo a vederlo.
Jack: è questo il punto – disse lui con poca voce – nei ricordi che ho appena ritrovato, ho scoperto che un intero villaggio mi vedeva e credeva in me – disse mostrando solo i propri occhi – e il primo ragazzo che mi ha visto si chiamava… - si fermò perché non riusciva a pronunciare il suo nome senza rischiare di piangere – Hiccup – disse infine.
Jamie rimase sconvolto alla notizia.
Jack aveva dimenticato per chissà quale arcano motivo, un intero villaggio che credeva in lui, che lo vedeva.
Jamie: Jack, posso immaginare che non sia facile – disse lui mettendogli la mano su una spalla – ma se non mi racconti cosa è successo non posso aiutarti – gli disse lui inginocchiandosi di fronte a Jack.
Jack allora decise di fare un respiro profondo e raccontare tutto al proprio amico che parola dopo parola rimaneva a bocca aperta; non riusciva quasi a credere a ciò che sentiva.
Draghi, Vichinghi, stelle che esaudiscono desideri e Jack Frost innamorato, di un ragazzo per di più e come se non bastasse Jack era stato fatto fuori in quel modo assurdo e cruento.
Jamie cercava di metabolizzare le informazioni di Jack, quando lui finì di raccontare dicendo che si era risvegliato senza ricordi e se ne era tornato a casa dall’altra parte del mondo.
Jamie: tu avevi perso la memoria? – chiese sbigottito.
Jack annuì.
Jamie: ora capisco perché sei così sconvolto – disse mettendosi una mano nei capelli – non sai cosa è successo a chi è rimasto la, nel passato.
Jack annuì nuovamente abbassando le gambe e mettendole incrociate dinanzi a se mentre si appoggiava al bastone.
Jack: Hiccup è stato il primo, in tutti i sensi – disse deglutendo e arrossendo un po’ – e io non ho saputo proteggerlo.
Jamie ormai non sapeva più cosa dire, non aveva pregiudizi sulle persone che amavano qualcuno dello stesso sesso ma non sapeva come aiutare il proprio amico, così gli si avvicinò e gli fece appoggiare la testa sulla sua spalla rimanendo così per un bel po’ di tempo.
Jack aveva bisogno solo di quello in fondo, un amico col quale confidarsi e una spalla sul quale piangere, forse era proprio per quel morivo che era tornato a casa mentre era in preda alla disperazione.
 
Dentolina le frattempo stava volando al polo nord alla massima velocità, sfrecciando tra le nubi come solo lei poteva fare.
In mano aveva ancora il dente di Jack che rifletteva ogni tanto dei pezzi di ricordo che lei si fermava a osservare, per poter meglio capire cosa avesse sconvolto il suo amico in quel modo.
Ogni tanto, nel vedere i ricordi arrossiva e distoglieva lo sguardo, sapendo che certe cose era meglio che rimanessero segrete e private, ma Dente da latte, che la accompagnava in quel viaggio, non era del tutto d’accordo e continuava curiosa a guardare i ricordi di Jack, incitando i due ragazzi che vedeva riflessi nel dente, come se stesse guardando un film d’amore.
Dentolina arrivò infine al polo Nord, dove entrò in fretta e furia nella fabbrica di giocattoli di Babbo Natale.
Dentolina: Nord, Nord – urlò appena entrata – Nord abbiamo un problema con Jack – disse cercandolo in mezzo al trambusto del natale imminente e schivando gli Yeti che trasportavano gli ultimi regali da confezionare.
Nord: Dentolina – disse uscendo da dietro una montagna di giocattoli che aspettavano di essere messi nel sacco dei regali – cosa ci fa tu qui? – chiese allegro come sempre – tu è venuta per vedere preparativi di natale? – chiese euforico.
Dentolina: no nord – disse lei mortificata – sono qui perché abbiamo un problema con Jack, un problema molto grande – disse lei mostrandogli il dente di Jack Bianco come la neve.
Nord: che cosa tu intende? – disse guardando enigmatico il dente che lei teneva tra le mani.
Dentolina sfiorò il dente mostrando a Nord un frammento di ricordo di Jack, nel ricordo lui era umano e cavalcava un drago bianco, accanto aveva un ragazzo che cavalcava un drago nero, i due stavano facendo una gara.
Nord: ma questo è impossibile – disse guardando Dentolina con occhi socchiusi e increduli.
Dentolina: È successo qualcosa nel passato di Jack, qualcosa di importante che lo ha distrutto – disse lei stringendo a se il dente – giusto oggi l’o fatto accedere hai ricordi di questo dente e lui, dopo aver ricordato, è scappato via completamente sconvolto – disse chinando il capo addolorata – tu l’avessi visto Nord, Jack stava piangendo – disse guardando fuori dalla finestra – so che sei impegnato perché oggi è natale, ma domani potresti comunque cercare di aiutarmi a dare una mano a Jack? – gli chiese con dolcezza.
Nord: credo di avere soluzione pronta già oggi – disse passandosi le dita sul mento e sulla barba – devo solo trovare Jack e portare lui qui – disse guardando il suo globo di neve apri portali.
Dentolina: sai già dove si trova Jack in questo momento? – chiese stupita.
Nord: em, no in effetti io non sa dove è che Jack si trova ora – disse ridacchiando allegro – tu ha qualche idea di dove lui è? – chiese alla fata dei denti.
Dentolina: no, purtroppo no, ma potremmo andare per esclusione – disse lei avendo in mente dove lui potesse essere.
Nord: Bene allora comincia a cercare – disse lui incartando all’istante un giocattolo – affido a te ricerca di Jack, io devo finire due cose qua prima di partenza – disse poi girandosi verso uno yeti che gli stava porgendo una cartella con un foglio da controllare – e quanto voi arriva, io porterà con me Jack in mio viaggio di consegna di regali – disse mostrando un dolce sorriso alla fata che sgranò gli occhi incredula.
Dentolina: allora volo, ci vediamo dopo Nord – disse lei entusiasta, sfrecciando fuori e lanciando il globo di neve per aprire il portale magico.
 
In tanto Jack e Jamie stavano ancora parlando e Jack cominciava a sentirsi un po’ meglio, anche se non di molto.
Jamie per tirarlo su di morale, gli stava raccontando qualche piccolo aneddoto divertente accaduto li a Burgess negli ultimi due mesi che lui era mancato.
Gli raccontò di come sua sorella fosse scivolata nella neve facendo un’imbarazzante figura dinanzi alle proprie amichette, di come lui fosse inciampato, cadendo su uno skateboard e di come poi si sia schiantato contro la porta del garage della propria ragazza e di come Cremina, un’altra dei ragazzini che aiutò i guardiani ai tempi, avesse sistemato a palle di neve dei bulli che infastidivano dei ragazzini più piccoli, diventando l’eroina del quartiere.
Jack osservava Jamie raccontare ogni piccolo particolare come fosse ancora un bambino iperattivo, si agitava, mimava gli eventi; era davvero un concentrato di energia, ma anche allora al ragazzo di ghiaccio, tornò alla mente il suo Hiccup.
Quella gioia di affrontare gli eventi, quell’energia incontrollata che aveva.
Jack: se solo non avessi mai desiderato di essere mortale come lui … – pensò tra se e se.
Jamie allora notò che Jack era tornato malinconico e si fermò, cercò di disincantarlo, ma ormai era nuovamente immerso nei ricordi di un tempo molto lontano.
Improvvisamente dal bosco si sentì arrivare qualcuno.
Sofie: fratellone – disse lei con voce vispa e sonora – dove ti sei nascosto?
Ragazza: Jamie, non fare scherzi – disse la sua fidanzata – dobbiamo andare, è ora della cena a casa tua.
Jamie allora si ricordò della cena serale della vigilia e si alzò in piedi di scatto sistemandosi i capelli.
Le ragazze uscirono dal bosco e trovarono i due ragazzi al centro di una piccola radura in mezzo a dei cedri alti.
Sofie: Jack – disse correndogli in contro e travolgendolo con il suo abbraccio.
Jack: hei Sofie – disse lui sorridendole – come ti sei fatta grande dall’ultima volta che ti ho vista, ormai sei una signorina – disse dandole dolce un buffetto sul naso.
Sofie aveva i capelli lunghi e biondi, il viso era rimasto tondeggiante e tenero come quando era piccola, la frangia davanti all’occhio era sostenuta da una forcina con sopra un fiore bianco; il vestito che indossava aveva una gonna con delle sfumature orizzontali che andavano dal bianco al blu  e sopra di esso portava un giubbetto di jeans che faceva risaltare i suoi tondi e grandi occhi verdi smeraldo.
La ragazza di Jamie invece era alta con il viso stondato e aveva addosso un vestito lungo fino quasi alle caviglie, di un colore verde scuro, i suoi occhi erano di un forte azzurro acqua e i suoi capelli, lunghi e ricci, erano di un favoloso rosso ramato e gli arrivavano fino alla fine della schiena; per coprirsi dal freddo, indossava solo una sciarpa color panna e alle mani indossava dei guanti anch’essi color panna e fatti di lana .
Jamie: Sofie, lascia in pace Jack, così lo stritoli – disse il fratello vedendo che la sorella continuava a stritolare il povero Jack.
Jack: Tranquillo Jamie, gli devo essere mancato in questi tre anni che lei non mi ha visto – disse lui accarezzando la testa della ragazzina – piuttosto cerca di spiegare cosa sta succedendo alla tua ragazza, perché la vedo un po’ perplessa – disse indicandola – credo che lei non mi veda per niente.
Jamie allora notò il viso stranito della propria compagna, capì immediatamente che Jack aveva ragione, perché le sue iridi non riflettevano l’immagine del suo amico.
Jamie: Amily, so che ti sembrerà assurdo, ma… - cercò le parole più delicate per descrivere la situazione – hai presente Jack Frost? – chiese per addolcirgli la pillola.
Lei si limito a fissarlo stranita e ad annuire.
Jamie: be, lui al momento è qui accanto a noi – disse sparando il colpo in modo secco chiudendo gli occhi.
Lei sbatte più volte le palpebre e poi cominciò a tentare di parlare, mentre lentamente, dinanzi ai suoi occhi, un ragazzo si materializzò, allora si ricordò un aneddoto della propria vita risalente a sette anni prima.
Era dispersa nel bosco, non trovava più la strada di casa.
Era inverno e si stava facendo notte, lei era tutta sola, non sapeva più cosa fare, quando ad un tratto gli apparve un ragazzo dai capelli bianchi e le iridi azzurre.
Lei era intimorita, allora lui per rassicurarla creò un cavallo realistico con i cristalli di neve e la fece trasportare da esso; lei allora non ebbe più paura, perché amava i cavalli e cavalcarne uno magico fu un immensa gioia.
Il ragazzo la guidò fino alla fine della foresta, dove si trovò sulla riva di un laghetto ghiacciato dietro ad una casa, allora il ragazzo le accarezzò la testa e la salutò, volando via verso il cielo.
Dopo che lui se ne fù andato, un altro ragazzino arrivò con i propri amici e insieme la portarono a casa di uno di loro per farle chiamare i genitori.
Il ragazzo alla quale apparteneva la casa era Jamie.
Amily: tu – disse indicando Jack – tu mi hai portata in salvo quella volta – disse saltellando di gioia – allora eri vero e anche il cavallo di ghiaccio era vero – disse esultando volteggiando su se stessa.
Jamie: era lui il ragazzo che ti aveva portato fuori dal bosco? – chiese lui enigmatico.
Amily: si era lui – disse felicissima annuendo col capo – oh mio dio, sono stata salvata da Jack Frost – disse esultando nuovamente.
Jack e Jamie si guardarono e risero per l’esuberanza della ragazza.
I quattro continuarono a parlare e a scherzare senza sosta, Amily osservava attentamente l’aspetto di Jack affascinata dai ghirigori eleganti che si formavano quando congelava qualcosa.
Mentre si divertivano, in lontananza senza che loro se ne accorgessero, si aprì un portale che risuonava come tante piccole campanelle di natale; da esso usci, frenetica come sempre, Dentolina che era alla ricerca disperata di Jack.
Stava setacciando la foresta puntando al laghetto dove sapeva che Jack abitava, quando improvvisamente udì la sua risata cristallina; incredula si voltò e vide il proprio amico in compagnia di Jamie e della sorellina.
Quasi non credeva hai propri occhi, solo poche ore prima aveva visto Jack disperato e in lacrime, ora invece lui era li che sorrideva e scherzava.
La scena riempì il cuore di Dentolina di gioia, piano piano si avvicinò e si fermò a poca distanza da loro.
Sofie: Dentolina – urlò lei per la grande, seconda, sorpresa di natale.
Jack: Dentolina?! – disse guardandola con uno sguardo rammaricato per come se ne era andato dopo che lei gli aveva fatto un favore.
Dentolina allargò le braccia per ricevere Sofie che le si fiondò addosso, come aveva fatto con Jack solo pochi minuti prima.
Dentolina: piccola Sofie – disse lei abbracciandola dolcemente e facendola volteggiare con se sollevate da terra – quanto tempo che è passato, ti trovo davvero cresciuta sai? – disse lei guardandola bene e girandole attorno.
Jack: Dentolina, io.. – cerco le giuste parole per scusarsi del suo comportamento precedente ma l’unica cosa che seppe dire fu – mi dispiace.
Dentolina: Non preoccuparti Jack, so perché se andato via così velocemente – disse lei  abbracciandolo dolcemente – e so anche come aiutarti, per questo motivo devi venire con me al polo nord – disse lei facendogli l’occhiolino.
Jack: Non dirmi che proprio oggi sei andata da Nord a disturbarlo – disse lui nel panico – non posso disturbarlo proprio l’unica notte dell’anno nella quale lavora senza sosta – disse lui agitato.
Dentolina: Veramente vorrebbe il tuo aiuto – disse lei facendo spallucce.
Jack: cosa? – disse girandosi con gli occhi sgranati come quelli di Jamie e di Sofie .
Dentolina: Nord vorrebbe che tu lo aiutassi a portare i regali a tutti i bambini del mondo – disse lei sfarfallando leggermente.
Jack rimase sbigottito dalla grandiosa notizia, un enorme sorrisetto gli si stampò sul viso; Jamie e Sofie esultarono per lui che ancora non ci poteva credere, Amily cominciò solo allora a vedere la fatina dei denti rimanendo incantata a guardarla.
Jamie: wahoo, Jack non è grandioso? – disse scotendo l’amico ancora impalato e incredulo – aiuterai Babbo natale – sottolineò con entusiasmo.
Jack: Io aiuterò nord – si disse esultando leggermente – Io Aiuterò Nord – disse saltando verso il cielo e volteggiando per l’emozione per poi tornare verso Dentolina – che stiamo aspettando, sbrighiamoci ad andare al polo nord – disse lui frenetico.
Dentolina: nord mi ha lasciato uno dei suoi globi di neve per arrivare da lui più velocemente – disse mostrando il globo rosso e trasparente – credo che ora dovresti salutarli – disse indicando con un cenno della testa Jamie e le ragazze.
Jack annuì.
Jack: Jamie, grazie per avermi risollevato il morale – disse facendogli un cenno con la testa.
Jamie: hei siamo amici, tu hai sempre aiutato me quando ne ho avuto bisogno – disse avvicinandosi e tirandogli una leggera pacchetta sulla spalla – era giusto che io aiutassi te per una volta no? – disse ridacchiando.
Jack ridacchiò e poi si voltò verso Sofie e Amily.
Sofie: mi mancherai tantissimo Jack e ricordati di passare anche da casa nostra ok? – disse lei salutandolo con una mano.
Jack: lo farò senz’altro – al rassicurò.
Amily: È stato un vero piacere jack – disse lei chinandosi leggermente in avanti.
Jack: anche per me – disse lui sorridendo – fate i bravi mentre non ci sono, perché tanto quando arriverò io ci scateneremo.
Dentolina aprì il portale per il polo Nord e vi entrò seguita ruota da Jack.
Jamie, Sofie e Amily, una volta chiuso il portale si girarono e tornarono a casa di Jamie, per festeggiare la vigilia di natale.
Un natale in cui Jack Frost avrebbe aiutato Babbo Natale a portare i doni a tutti i Bambini buoni del mondo.



nel prossimo capitolo Jack riceverà uno strano regalo di snogg... natale :)
quale sarà?
e che succederà dopo aver aiutato Nicolas Nord a consegnare i regali hai bambini?
scopritelo nel prossimo capitolo ;)
cap 10 : Frammenti Dal Passato

colgo l'occasione per fare gli auguri a una delle mie più grandi fan ;)
tantissimi auguri New Moon Balck :D tvtttb

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Framenti Dal Passato ***


visto il ritardo della settimana scorsa, ho voluto pubblicare due capitoli oggi per scusarmi del ritardo fatto ;)
buona lettura a tutti :)





Era notte fonda, il cielo era illuminato dalla luce della luna che gentile osservava quella importantissima e magica notte.
La notte di natale.
Nel freddo del vento, una slitta fantastica volava tra le nuvole, trascinata da delle renne molto vivaci; sopra di essa vi erano due persone, una di queste era Nord, non sorprende molto il fatto che lui fosse sulla slitta, quel che sorprende è che non fosse solo; la seconda persona infatti era Jack Frost.
I due esultavano ad ogni giro della morte che la slitta compieva, sembravano due bambini in un parco divertimenti.
Jack: Grazie per avermi fatto venire con te Nord – Urlando per farsi sentire – è divertentissimo consegnare i regali di natale, ora capisco perché ti piace così tanto – disse con un sorriso spensierato e infantile.
Nord: io ti aveva detto che tu non ti pentiva se veniva con me – disse ridacchiando allegramente mentre le renne facevano una curva stretta – ci manca solo due bambini e poi noi ha finito – disse guardando il globo, con le lucine dei bambini che credevano, collocato sul davanti della slitta.
I due si affrettarono a consegnare i regali perché il sole stava ormai per sorgere e presto, quei bambini, si sarebbero svegliati ansiosi di vedere cosa aveva portato loro Babbo Natale.
I due bambini mancanti erano fratelli gemelli, vivevano nel nord dell’Europa e la loro casa era situata vicino al mare.
Arrivati vicini alla casa, Nord parcheggiò la slitta dietro a degli alberi di un boschetto li vicino, così che nessun bambino la potesse notare.
I due andarono verso la casa salendo sul tetto per entrare, come da tradizione, dal camino spento della casa; la scena aveva un che di comico perché, Nord per tutta sera era entrato dai camini ma Jack aveva dovuto trovare sempre delle entrate secondarie perché non sapeva come entrare dai camini, quindi quella volta Nord si era messo in testa di farlo entrare dal camino con se.
Jack: Nord, ti ho detto che preferisco entrare dalla finestra – disse convinto lui – non ci penso nemmeno a entrare in un comignolo così piccolo e pieno di fuliggine – disse indicando il canale del caminetto che era estremamente stretto – rischio di incastrarmi.
Nord: non fare me ridere – disse lui tirandogli una pacca sulla spalla – se ci passa io, tu ci balla dentro di sicuro – disse ridacchiando – tu allaccia cinture – disse prendendolo per un braccio.
Jack: oh-oh – disse avendo capito cosa stava per succedere.
Nord saltò dentro al comignolo trascinando con se Jack, esultando con un sonoro “ hihaaa” .
Jack vide le pareti del camino introno a se, farsi più larghe e lontane, sembrava che qualcuno avesse creato apposta un corridoio alternativo per far entrare i due nella casa; era come se si trovassero su di uno scivolo ad acqua, ma con la fuliggine a sostituirla.
Jack sapeva che dietro la leggenda di Nord che entrava dai camini ci doveva essere sicuramente una magia, ma mai avrebbe pensato a una magia così divertente, Nord rideva a crepa pelle per quanto si divertiva e Jack non poteva che andargli dietro.
I due arrivati in fondo al comignolo, atterrando perfettamente nel salotto della casa, Jack ridacchiò divertito e Nord gli fece cenno di abbassare il volume delle risate, nonostante anche lui stesse ridendo rumorosamente.
Jack sollevò il proprio volto e si guardò attorno, gli addobbi ricoprivano l’intero salotto e al centro vi era un enorme albero di natale decorato con delle luci bianche e blu, le decorazioni erano fatte tutte a mano e alcune erano in vetro soffiato; sulla cima dell’albero vi era una stella enorme che brillava creando un atmosfera calda, come Stjerners la stella che aveva esaudito quel suo folle desiderio anni a dietro.
Jack rimase a guardarlo incantato per qualche minuto mentre Nord mangiava i biscotti lasciati sul tavolo dai due gemelli, ovviamente l’atmosfera delle due stelle era uguale ma l’intensità della loro luce era completamente diversa e con questo pensiero nella testa, Jack si mise ad aiutare Nord a posizionare i regali dei due piccoli gemelli.
Quando ebbero finito, Nord prese Jack e lo trascinò nuovamente su per il camino, la notte era ormai finita e all’orizzonte il sole si levò luminoso, i due gemelli si svegliarono e corsero giù per le scale, pronti per aprire i loro regali di natale, sperando che fossero fantastici come ogni anno.
Jack osservò i due ragazzini dalla finestra del salotto, godendosi con tutta calma la scena allegra che si trovava di fronte, i due erano davvero felici per i regali ricevuti e corsero nella stanza dei genitori per svegliarli rumorosamente urlando “ è passato Babbo Natale” , per poi mostrare loro cosa avevano ricevuto.
Jack si allontanò dalla finestra con un sorriso bianco neve dipinto sul volto.
Nord, che lo aspettava pronto a partire sulla slitta, sorrise vedendolo così felice e fiero del suo operato, ci era riuscito, aveva risollevato il morale a Jack Frost.
Jack: sai Nord, mi ha davvero aiutato venire con te a consegnare i regali – disse davanti alla slitta – credo che se non fosse per te probabilmente sarei a piangermi addosso in un angolo a quest’ora – disse sospirando mentre giocherellava col proprio bastone.
Nord: ora che noi ha finito lavoro, possiamo parlare se tu ha bisogno – disse lui prendendo le redini della slitta e preparandosi a partire.
Jack: non voglio disturbarti oltre Nord, hai lavorato tutta notte e ora devi riposarti – disse lui conscio del lavoro che avevano svolto e non volendo dare ulteriori problemi al suo amico.
Nord: HAHA io non ha bisogno di riposo Jack – disse ridendo – monta, al polo tu mi spiegherà ogni cosa.
Jack stava per salire sulla slitta arreso, quando una strana sensazione si impadronì di lui, la sensazione di essere osservato; cercò di non darci peso convinto di essere l’unico a sentire quella sensazione su di se ma Nord, che si era girato a guardarlo, rimase ad occhi spalancati nel vedere qualcosa dietro di Jack.
Lui notò il viso stupito dell’omone e allora si girò all’indietro per guardare anch’egli cosa ci fosse.
Nord: Sostakovich – esclamò sorpreso.
Jack ebbe un tuffo al cuore nel vedere che, in lontananza a ridosso della foresta, vi era una enorme figura bianca che si avvicinava lentamente; la figura emanava una luce propria, essa si affievoliva mano a mano che si avvicinava a loro.
Jack: non può essere – penso, credendo che si trattasse di Stjerners – tu non puoi essere qui.
Nord: che cosa è quello? – chiese ancora incredulo.
Jack: è una stella cadente – disse  avanzando leggermente verso di essa.
Nord rimase esterrefatto dalla notizia, era raro che gli spiriti si incontrassero tra di loro.  Jack, avrebbe voluto chiedere a Stjerners tante cose, ma la stella non sembrava voler parlare, si limitava a restare ferma li, lontano da loro.
Jack arrivò a pochi metri da lei e si accorse che la figura che si ergeva dinanzi a lui era troppo imponente per essere una stella, ma cosa poteva essere se non una stella? Era talmente “luminosa”.
Jack ebbe un sussulto quando arrivò a quel pensiero, la figura dinanzi a lui era estremamente “luminosa”, troppo per una stella che vuole parlare, sembrava che volesse attirare sua attenzione.
Jack: Calien ? – chiese con un filo di voce facendo reagire la figura che lampeggiò – Calien! – urlò esultante mentre si lanciava verso di lei, tentando di abbracciarla.
Sarebbe stato magnifico per lui riabbracciare la sua cara vecchia amica, un’amica con la quale aveva vissuto un’avventura fantastica, un’amica con la quale aveva condiviso la meraviglia del volo e della sfida, un’amica che pensava di aver perso per sempre.
Poco prima che Jack la abbracciasse lei si scansò lasciandolo spiazzato, la sua luminosità si spense, mostrando il suo aspetto.
Era semi trasparente, guardandola Jack poteva benissimo vedere al di là della sua tenera figura che lo fissava con le proprie iridi azzurre, come se le dispiacesse.
Nord: Jack, fai attenzione – disse allarmato – è un drago – urlò prendendo le proprie spade per andare in suo soccorso.
Jack: Nord no – lo fermò prima che facesse cose avventate – lei è mia amica, non ci farà del male – gli disse con calma.
Nord: Tu è amico di uno drago? – chiese stupito – tu è sempre pieno di sorprese Jack – disse mettendo via le spade.
Jack allora tornò a guardare la sua vecchia amica e le sorrise, lei ricambiò annuendo e gorgogliando; Calien era stranamente silenziosa, l’albino non riusciva a capire perché fosse li visto che in passato era tornata a far parte di lui.
Calien: seguitemi – disse loro prendendo il volo, attraversando gli alberi come un fantasma.
Jack: Nord seguiamola – disse precedendolo e seguendo Calien.
Nord saltò sulla sua slitta blaterando qualcosa in russo, che Jack non conosceva, poi lo raggiunse affiancandolo, mentre seguivano la dragonessa bianca nel cielo blu del mattino.
 
Calien volava dritta davanti a loro da ormai qualche ora, in quel tempo non si era mai girata e non aveva mai spiccicato parola.
Il sole era ormai alto sopra di loro e mano a mano che procedevano, la temperatura scendeva sempre di più.
All’orizzonte infine, apparve una barriera di nubi.
Jack frenò bruscamente, salendo a bordo della slitta, Nord tese le redini e si preparò ad entrare nel banco di nubi bianche, sperando che la visibilità non si riducesse troppo; le sue renne facevano fatica a viaggiare nella nebbia fitta, figuriamoci in mezzo a delle nuvole come quelle.
Jack: Nord, pensi che la slitta ce la posa fare li dentro? – chiese preoccupato anche lui per le renne e per la scarsa visibilità.
Nord: non so, però non mi tiro in dietro  per due nuvolette – disse scoccando le redini.
Calien entrò per prima, sparendo all’orizzonte, Jack andò subito nel panico, lei era la loro unica guida in quel banco di nubi fitte, senza avrebbero potuto andare a sbattere contro qualcosa, uno scoglio o una parete di roccia.
Jack: Calien – urlò mentre la cercava inutilmente – Calieeen – urlò nuovamente.
in quel preciso istante, le nuvole dinanzi a loro presero la forma di un tunnel e in fondo ad esso, si intravedeva la luce del giorno, con come sfondo il mare e un’isola.
Jack nel vederla rimase senza parole, era L’isola di Berk.
Nord: tutta questa strada per arrivare a una isola? – chiese confuso guardando Jack.
Jack: Non è un’isola qualunque, e l’isola di Berk – disse con il volto corrugato nuovamente dalla tristezza – è L’isola sulla quale ho vissuto per qualche mese nel mio passato, dove ho incontrato lei – disse indicando Calien che planava verso il basso – e dove ho incontrato una persona speciale, ed è anche dove l’ò persa.
Nord sentendo quelle sue parole, cominciò a capire il perché Dentolina fosse così preoccupata per Jack, allora gli mise una mano sulla spalla per incoraggiarlo, dopo di che planarono anch’essi verso l’isola atterrando in uno spiazzo tra alcune rovine innevate,
Jack si trovava nuovamente a Berk precisamente duecentosettanta anni dopo l’accaduto, dopo che lui aveva lasciato solo Hiccup, dopo che aveva perso e ritrovato la memoria di quei tempi, e nuovamente, era a Berk il Giorno di Snoggletog.
Calien era li dinanzi a loro, seduta dritta e composta, in attesa che Jack facesse la domanda cruciale.
Jack scese dalla slitta e si avvicinò a lei lentamente, la guardò fissa negli occhi e in fine fece la domanda.
Jack: Perché ci hai portati qui? – le chiese serio.
Calien non gli rispose, chiuse gli occhi e irradiò l’ambiente circostante con la propria luce esplodendo poi in migliaia di fiocchi di neve dinanzi a Jack, che rimase shoccato nel vederla svanire in quel modo, tese le proprie mani in avanti e strinse forte a se un fiocco di neve che gli cadde sul palmo della mano, rimanendo immobile come una statua.
Nord, dietro di lui, rimase dispiaciuto nel vedere la scena; quando si avvicinò a Jack per consolarlo, una miriade di fiocchi di neve si sollevò da terra, per poi ricadere sull’ambiente circostante e riportarlo a come era il giorno in cui Jack se ne andò da Berk.
Jack sgranò gli occhi, in quella magia riconobbe subito il tocco del potere della stella cadente che aveva dato la vita a Calien, capì allora che era per vedere quello che loro erano stati condotti li.
Le immagini mostrarono tutto il villaggio come se fosse ancora vivo e pieno di vita, gli abitanti di Berk che tranquilli vivevano la loro giornata, bambini che giocavano e ridevano assieme a dei cuccioli di drago, genitori che se la prendevano comoda e, dal cielo, tre draghi arrivarono con i loro quattro cavalieri che trasportavano un altro drago ferito, una furia buia bianca.
Da quel momento in poi, i suoni arrivarono dal passato, lasciando Jack senza fiato e incredulo; stava assistendo alle ultime ore di Berk prima della sua scomparsa.
Nella visone, Scaracchio uscì dalla sua fucina in tutta fretta con Gambe di pesce.
Scaracchio: in nome di Thor, chi la ridotta così? – chiese sconvolto vedendo lo stato di Calien – e per tutti i folletti dove è Jack? Non ditemi che lui ..
Hiccup scese da sdentato e camminò verso Scaracchio, attraversando Jack come un fantasma.
Quel quasi contatto tra di loro, lasciò il ragazzo di ghiaccio senza fiato e ansimante, in un qualche modo era convinto che lui non lo avrebbe attraversato, che sarebbe riuscito ad abbracciarlo e a stringerlo forte a se, ma quella era solo una visione, e Hiccup non era realmente li, accanto a lui.
Il ragazzo di ghiaccio allora, tornò silente a osservare la scena.
Hiccup si era messo dinanzi a Calien per accarezzarle il muso, mentre rispondeva alla domanda di Scaracchio.
Hiccup: è stata Astrid – disse con un tono amaro in bocca – a attaccato Jack e Calien di proposito, Jack dopo aver salvato Calien è andato verso il bosco per calmarsi prima di fare delle sciocchezze.
Scaracchio: ma è assurdo – disse scotendo la testa – cosa diavolo gli è saltato in testa ad Astrid? Avrebbe potuto ucciderli – disse agitando le mani al cielo.
T.Bruta: noi abbiamo assistito alla scena – disse lei mogia – inizialmente era pure contenta di averla colpita.
T.Tufo: si è comportata come una pazza gelosa – disse mettendo le mani ai fianchi – ma vorrei tanto sapere; gelosa di cosa? non aveva motivo di attaccarli a quel modo.
Moccicoso: così la ragazza è molto meno carina – disse agitando la testa – e pensare che ci stavo provando con lei.
Gambe di pesce: io credo che ora dovremmo preoccuparci di Calien – disse zittendo tutti – di Astrid potremo occuparcene anche dopo, ma se non la curiamo lei rischia grosso – indicando la dragonessa.
Scaracchio la fece portare nella sua fucina, dove oltre a fare il maniscalco, faceva anche il veterinario dei draghi, li lui la visitò e disinfettò la sua profonda ferita.
Jack aspettò fuori, insieme a Hiccup e i suoi amici, non sarebbe mai riuscito a vedere la propria amica sofferente.
Hiccup: sentite ragazzi – disse interrompendo il silenzio che si era creato – io so perché Astrid si è comportata così – disse chiudendo gli occhi e stringendo i pugni.
Moccicoso: e perché non ce lo hai detto prima? – disse con il suo solito tono arrogante.
Hiccup: perché il motivo è una cosa privata tra me, Jack e Astrid – disse serio.
Gambe di pesce: Posso capire che centri con Astrid e te, ma che centra Jack? – chiese non capendo il nesso.
T.Tufo: bella domanda pesce – disse lui appoggiando l’amico.
Tutti i cavalieri di Berk stavano aspettando a braccia conserte la risposta di Hiccup, che non tardò ad arrivare.
Jack sapeva che questo era il momento cruciale, non riuscì a fare a meno di incoraggiare il vichingo.
Jack: so che non puoi vedermi o sentirmi, ma io sono qui accanto a te – disse tentando di tenergli la mano, sapeva che lo avrebbe attraversato ma lo fece lo stesso.
Nel momento in cui le loro mani si attraversarono, Hiccup ebbe una reazione, mosse la mano in avanti, come se qualcosa lo avesse sfiorato .
Nord stava osservando la scena li accanto e quasi non riuscì credere ne ai propri occhi ne alle proprie orecchie.
Hiccup: la verità è che io – disse prendendo fiato – io ho lasciato Astrid perché ora sto con Jack – disse tutto di un fiato.
Moccicoso: In che senso stai con lui? – chiese non avendo capito l’allusione.
Gli altri avevano ben capito invece, ed erano rimasti a bocca aperta, un drago sarebbe potuto tranquillamente entrare e uscire da quanto c’è l’avevano spalancata.
Moccicoso: Qualcuno me lo può spiegare? – disse capendo di essere l’unico che non aveva afferrato il concetto.
T.Bruta: idiota – disse tirandogli un colpo sulla nuca, facendolo finire a faccia a terra – vuol dire che lui è innamorato di Jack, e che lui ricambia a pieno i suoi sentimenti, per questo Astrid è così arrabbiata e si comporta come se fosse gelosa – disse urlandogli nell’orecchio – perché lo è, ecco cosa succede – disse schiacciandogli la faccia a terra.
Moccicoso: ok ora ho capito – disse tirandosi su e ricomponendosi – Ma ti sei impazzito Hiccup? – urlò all’improvviso – Jack è un uomo e tu pure, non potete stare assieme, è un abominio, nessuno accetterà mai una cosa del genere, soprattutto tuo padre – disse lui scotendolo.
Hiccup:  e chi dice che non possiamo stare assieme? – chiese con sguardo serio – io lo amo e lui ama me – disse sostenendo lo sguardo attonito dei propri amici – questo è ciò che ci basta, ed è tutto ciò di cui abbiamo bisogno ora – disse fissando serio Moccicoso che lo lasciò andare ancora incredulo.
Gambe di Pesce: Questo spiega la tua reazione di ieri sera – disse ricordando che Hiccup aveva respinto Astrid, durante la festa di Snoggletog.
T.Tufo: mi ci vorrà un po’ di tempo per accettare la cosa credo… MOLTO tempo – disse facendo rimbalzare i propri pugni sul fianco.
Hiccup: ragazzi, io ve lo detto solo per farvi capire il comportamento di Astrid, che non è comunque giustificabile – disse agitato – non vi sto chiedendo di accettare la cosa, vi sto solo dicendo che è così e non cambierà mai – disse appoggiandosi alla parete di legno della fucina di Scaracchio.
Tutti loro non poterono far altro che annuire e riflettere sulla faccenda, mentre Jack, che li guardava silenzioso, cominciò a domandarsi cosa sarebbe successo se lui fosse tornato al villaggio con Hiccup quel giorno.
 
La medicazione andò bene e Calien riprese i sensi con lo stupore e la felicità di tutti i cavalieri di Berk.
Fu allora che Astrid entrò nella fucina e, consapevole delle proprie azioni deplorevoli, si avvicinò alla dragonessa; gli altri la lasciarono passare con degli sguardi furenti e accusatori, soprattutto Scaracchio, non riuscivano più a vederla come una do loro dopo ciò che aveva fatto a Calien.
Lei si chinò dinanzi alla dragonessa scoppiando in lacrime, cominciando a scusarsi all’infinito, con il grande stupore dei presenti.
Hiccup, nel vederla così, uscì dalla fucina e andò verso Sdentato, che aspettava con ansia il responso sulla salute della compagna.
Hiccup: tranquillo bello – disse accarezzandogli il muso – la tua amica sta benone, deve solo riposare – disse sorridendogli – ora andiamo a prendere Jack – disse salendogli in groppa e prendendo il volo.
Jack sapeva dove Hiccup stava per andare e aveva paura a seguirlo, aveva paura a mostrare tutta la propria debolezza a qualcuno, soprattutto se era uno dei suoi amici guardiani.
Nord capì subito che era meglio seguire il ragazzo e il drago, così montò sulla slitta, prendendo Jack per la felpa e caricandocelo sopra, dopo di che, seguì il vichingo.
I cristalli di neve li seguirono, perché la visione si stava spostando con loro, volando nel vento e ricreando l’ambiente del passato.
Hiccup atterrò nei pressi del laghetto e rimandò in dietro Sdentato da Calien, dopo di che scese nella conca e vide Jack, che dormiva rannicchiato nella neve.
Allarmato cose verso di lui e lo svegliò.
Jack con Nord, da sopra la conca, dopo aver parcheggiato la slitta, stavano osservarono la scena, il cuore di Jack cominciò a galoppare velocemente nel ricordare il loro discorso, un discorso che per lui era valso più di mille diamanti, più di tutte le avventure del mondo; mentre Nord, era concentrato ad ascoltare.
Jack: mi sento in dovere di avvisarti Nord – disse sospirando – tra poco vedrai la mia morte – disse appoggiato a braccia incrociate al bordo della slitta.
Nord: oh – disse con tono di dispiacere – allora è per questo motivo che tu è così giù di morale da quando tu a ricordato – disse sedendosi mentre guardavano la scena.
Jack: no, non mi dispiace perché sono morto, ma perché dopo tutto ciò che ho vissuto, dopo tutto ciò che ho passato con lui, mi sono dimenticato di tutto e me ne sono tornato a casa – disse nascondendo il proprio volto sotto il cappuccio della felpa.
Nord: come è possibile? – chiese incredulo.
Jack : tra poco lo vedrai – disse lui indicando l’arrivo dei rinnegati che attaccarono lui e Hiccup.
Nord non credeva hai propri occhi; quando vide in che modo era morto Jack, gli si strinse il cuore; la disperazione dei due ragazzi, il nemico che rideva e il povero Jack che affondava e moriva nuovamente.
Il tutto fu talmente troppo che distolse lo sguardo, finche Jack non gli disse di guardare; l’omone allora prese coraggio, fece un respiro e guardò nuovamente la scena.
Jack era tornato immortale e aveva liberato il compagno dai nemici, mandando alla ricerca dei rinforzi dopo un magico momento d’amore, lui dopo affrontò i nemici finendo nuovamente a terra e in trappola.
Calien arrivò dal cielo e lo salvò; i due tornarono ad essere una cosa sola e il cielo si illuminò sotto l’esplosione del potere di Jack.
Jack: L’esplosione mi fece dimenticare tutto, il giorno dopo mi svegliai e tornai a casa, fine – disse a Nord alzandosi convinto che fosse finita anche la visione.
Nord: no, non è fine, guarda – disse indicando i guerrieri di Berk che arrivarono sul posto e atterrarono.
Jack non poteva crederci, stava per vedere cosa era successo dopo la sua scomparsa.
Hiccup scese velocemente da Sdentato e si mise a guardarsi attorno con le mani nei capelli e gli occhi gonfi di lacrime e dolore, mentre cercava disperatamente un segno della sopravvivenza di Jack.
Hiccup: no – disse tenendosi il petto – Noooooooo – urlo disperato inginocchiandosi nella neve – non può essere – disse tra i singhiozzi continui.
I cavalieri di Berk rimasero colpiti dal dolore di Hiccup e Gambe di pesce si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla, per poi convincere gli altri a lasciarlo solo per un po’, portando via anche Sdentato, che dentro di se piangeva la scomparsa di Calien.
Il vichingo non riusciva a darsi pace, il nemico era stato scacciato dall’isola, ma a quale prezzo?
La morte definitiva della persona che lui amava profondamente.
Jack si avvicinò a Hiccup, con gli occhi lucidi e il respiro affannato per l’emozione che gli cresceva dentro: il villaggio era salvo e il suo amore era li, vivo, che piangeva la sua scomparsa.
Jack avvolse  Hiccup con le proprie braccia, anche se sapeva benissimo che non poteva sentirlo, eppure, come prima con il contatto delle loro mani, anche in quel momento Hiccup sussultò nel sentire il gelo del corpo di Jack.
Jack: mi dispiace che sia finita così – disse con voce roca – non volevo farti soffrire, avrei voluto vivere tutta la mia vita con te, mortale o immortale che fosse – disse mettendosi dinanzi a lui – ma ora non è più possibile, e tu devi andare avanti con la tua vita – disse poi alzandosi – spero che sarai felice, un giorno.. – disse mentre stava per tornare verso la slitta.
Jack stava camminando lentamente, non aveva nessuna voglia di tornare al polo e non aveva nemmeno voglia di andarsene, perché avrebbe significato chiudere per sempre con Berk, chiudere per sempre con il proprio passato, chiudere per sempre con Hiccup.
La confusione lo assalì a tal punto da farlo fermare e farlo girare, il cuore gli batteva fortissimo e delle silenziose lacrime gli velavano delicatamente il volto pallido nascosto dal cappuccio blu della felpa, tutto però si fermò quando vide che il vichingo lo stava osservando fisso negli occhi.
Inginocchiato e con il viso pallido, Hiccup prese coraggio e parlò.
Hiccup: Jack – disse con un filo di voce alzandosi lentamente – Jack! – urlò poi tentando di abbracciarlo.
I due aprirono le braccia per stringersi a vicenda, stavano finalmente per riunirsi, ma quando si strinsero la visione finì, i cristalli si dissolsero nel vento e Jack rimase li, in piedi, in mezzo alla conca, sul laghetto, con le braccia tese in avanti, ancora in attesa.
Nord allora scese dalla slitta e andò verso Jack, attendendo qualche istante.
Nord: questo è sincronia temporale – disse interrompendo il suo shock - Jack, probabilmente lui Ha visto te come noi ha visto lui – disse indicando dove prima vi era il vichingo.
Jack: vuoi dire che qualunque cosa mi ha fatto vedere il passato, a lui ha mostrato il futuro? – chiese confuso.
Nord: Esattamente, questa come già ho detto, è sincronia temporale – disse mettendo una mano sulla spalla di Jack – e c’è solo una persona che può avere organizzato tutto questo – disse serio in volto.
Jack: ma questa magia io l’ò già vista – disse con gli occhi ancora lucidi – è opera del potere di Stjerners.
Nord: può essere che non sia solo opera sua – disse sempre più convinto.
Jack: allora di chi altri? – chiese con sguardo perplesso.
Nord: Padre tempo – disse avviandosi sulla slitta – Jack tu sbriga, noi ora andare a trovare lui dopo aver riposato, perché lui deve a te più di una spiegazione – disse balzando sulla slitta.
Jack balzò anch’egli sulla slitta, ma non sapeva cosa fare o dire, sapeva solo che aveva dato un’altra delusione al vichingo che, credendolo nuovamente vivo, era sicuramente crollato a terra, senza che ci fosse nessuno ad aiutarlo a risollevarsi, o meglio senza nessuno che ne fosse in grado.
Padre tempo sembrava un’ennesima via per il dolore; cosa sarebbe successo se fosse andato da lui?
Cosa avrebbe scoperto che già non sapeva?
E dove era nuovamente scomparsa Calien?
Troppe domande e nessuna risposta.
Jack nel tragitto per tornare al polo chiuse gli occhi e sognò di un tempo ormai remoto, dove draghi e vichinghi vivevano in pace e  lui era coricato accanto a uno di loro, era nuovamente accanto al suo Hiccup.


un entusiasmante capitoli vi attende la prossima volta :)
un'imponente battaglia che lascerà tutti col fiato sospeso :D
se volete scoprire di più leggete il prossimo capitolo
Cap 11: L'invasione Di Berk

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** L'invasione Di Berk - Parte 1 ***




Hiccup era li, accasciato nella neve; aveva appena visto l’immagine di Jack, fatta di cristalli neve, dissolversi dinanzi a lui poco prima che lo abbracciasse.
Aveva il cuore in mille pezzi, il dolore nel suo petto sembrava dilagare senza fermarsi.
Il vuoto lo avvolgeva mentre ripensava ai bei momenti passati assieme allo spirito del gelo.
Il loro primo incontro, il loro primo bacio, il secondo e il terzo, i loro abbracci, il sorriso bianco neve di Jack e i suoi profondi occhi di ghiaccio che lo penetravano a ogni sguardo; era sparito tutto quanto, ora c’era un cratere al posto del caldo sentimento che lo avvolgeva quando era con lui.
Hiccup si strinse le ginocchia al petto e chinò la testa tra di esse, come per nascondersi dal dolore e dalla verità, era ancora troppo presto per accettare la scomparsa definitiva dalla sua vita di Jack.
Il sole del mattino colpì il capo chino del vichingo che ancora non si dava pace, il giorno era ormai giunto e il tempo poteva solo che scorrere in avanti, non sarebbe mai più tornato in dietro.
 
Dalla cima della conca, la figura di una ragazza vichinga e bionda vegliava sul povero Hiccup, era rimasta li tutta la notte per lui.
Astrid si sentiva in parte colpevole dell’accaduto : se lei non avesse attaccato Jack e Calien in quel modo assurdo, i due ora sarebbero li accanto a loro a difendere il villaggio dall’attacco nemico e starebbero già brindando alla vittoria di Berk.
In cuor suo Astrid, sapeva che anche Hiccup la pensava così, per questo motivo era rimasta, li, in disparte.
A farle compagnia, poco più in la nel bosco, vi erano Tempestosa e il povero Sdentato, anch’egli col cuore infranto e addolorato dalla perdita della compagna.
Sapeva da tempo che Calien non era una dragonessa, ma la sua presenza lo faceva sentire meno solo in un qualche modo.
Astrid si sentiva impotente, i due eroi di Berk erano a terra e nessuno, se non il tempo, poteva aiutarli.
La vichinga si avvicinò a Sdentato e gli accarezzò il muso, dando le spalle alla conca del lago dove vi era Hiccup, lasciando così il tempo al destino di agire indisturbato.
 
Un ombra imponente arrivo dietro a Hiccup senza che lui se ne accorgesse.
La figura lo bloccò e gli tappo la bocca con un bavaglio, lo avvolse in una catena e lo gettò sulla groppa di un drago .
Hiccup, quando si riprese dagli scossoni, si guardò attorno un po’ frastornato e lo vide; dinanzi a lui, rabbioso e pronto a distruggere suo padre e il villaggio, c’era Alvin L’infido.
Alvin: non so quale spirito del grande Odino vi protegga – disse tirandogli in su il viso per i capelli – ma ti giuro che oggi Io distruggerò l’isola di Berk e tutti i suoi abitanti – concluse rilasciando con rabbia la testa del vichingo.
Hiccup non poteva crederci, il sacrificio di Jack non era servito a niente, il nemico era ancora li, pronto a minacciare il villaggio.
Il vichingo cominciò a dimenarsi, voleva andare ad avvisare il villaggio, avrebbe voluto fare qualcosa, si guardò anche attorno nel pensare ad una soluzione.
Fu allora che la notò, sul bordo della conca con il cuore in gola, vi era Astrid.
Lei aveva visto tutta la scena e poteva andare ad avvisare il villaggio dell’imminente attacco.
Hiccup la guardò sperando che nessun’altro l’avesse notata, lui si trovava su un drago in fondo alla fila di schiere nemiche, quindi nessuno poteva vedere i suoi gesti; dopo aver controllato nuovamente che nessuno lo vedesse, si girò verso di lei e gli fece cenno con la testa di andare via per avvisare gli altri, ma lei scosse la testa impugnando la propria ascia; era pronta a intervenire per salvarlo.
Hiccup allora scosse velocemente la testa e le indicò nuovamente di andare al villaggio, sperando che lei capisse cosa volevano dire i suoi gesti.
Lei strinse le mani intorno all’ascia, aveva capito perfettamente cosa voleva dirle lui, però non voleva abbandonarlo,non poteva; Sdentato allora, da dietro di lei la prese e la lanciò su tempestosa.
I due draghi ruggirono e comunicarono tra di loro velocemente, dopo di che Tempestosa prese il volo e si diresse verso Berk con in sella Astrid che digrignava i denti per la sua incapacità.
Sdentato, una volta che non vide più all’orizzonte Tempestosa si girò verso la conca, Caricò un dei suoi colpi e si gettò addosso ai draghi nemici, pronto a liberare il suo migliore amico.
Hiccup: Sdentato, no – pensò nel vederlo attaccare da solo i numerosi nemici.
Alvin: la tua furia buia deve avere qualche rotella fuori posto per attaccarci da solo – disse ridacchiando mentre i suoi seguaci fronteggiavano in massa il povero Drago nero – ormai la mia vittoria è dietro l’angolo, non appena il tuo drago sarà sconfitto, andremo al villaggio e costringeremo tuo padre alla resa – disse scoppiando in una maligna e spregevole risata.
Hiccup era furibondo, avrebbe voluto colpire con tutta la sua forza quel verme che si trovava davanti, però non poteva, le catene che lo avvolgevano, mano a mano che si dimenava per la rabbia, lo stringevano più forte e lo ferivano.
Alvin: ti piace il trucco inventato dal nostro mastro fabbro? – disse picchiettando sulle catene – questa è una chiusura particolare che, più ti muovi più ti stringe – disse soddisfatto – se non stai attento ti stringerà al punto di ucciderti – gli disse fissandolo dritto negli occhi, come per sfidarlo.
Hiccup si sentì sconfitto, abbassò il capo e non poté far altro che assistere impotente alla sconfitta di sdentato, che venne bloccato in modo da non fargli più muovere nemmeno un muscolo.
I rinnegati lasciarono li al lago i drago nero e partirono alla volta del villaggio, pronti a distruggerlo definitivamente.
Sdentato guardò i nemici volare via con il proprio amico e non poté far altro che dimenarsi come un matto e ruggire il suo dolore.
 
Intanto a Berk, gli abitanti stavano vivendo tranquillamente la loro giornata, i bambini correvano avanti e in dietro con i loro draghi e gli adulti erano pigramente tornati alle loro mansioni giornaliere, nessuno di loro poteva immaginare che da li a poco sarebbero stati attaccati nuovamente dai loro nemici giurati e nessuno di loro, tranne i cavalieri di Berk, sapeva della scomparsa di Jack, lo spirito che aveva giurato di proteggere il villaggio.
Il bagliore che nella notte aveva avvolto il villaggio, era stato interpretato come un segno del Grande Odino per l’arrivo di una tempesta di neve, nessuno immaginava fosse la conseguenza di una battaglia, nemmeno il capo villaggio lo immaginava.
 
Stoik era vicino alla propria casa seduto su una panca, era in attesa che il suo amico tornado, il suo drago, tornasse dal viaggio con il proprio branco di tamburi furenti; ormai erano mesi che era via e lui lo attendeva, come sempre, sotto il telo accanto alla casa, che lui stesso aveva messo per riparare il proprio drago dalle intemperie.
L’immenso stava scrutando il cielo, mangiando una succulenta coscia di pollo e sorseggiando un bel boccale di birra vichinga, quando vide arrivare qualcosa all’orizzonte.
Uno stormo di draghi di diversi colori si stava avvicinando al villaggio.
Uno di loro, un drago ceruleo, volò verso di lui velocemente, ruggendo imponente verso il cielo, Stoik riconobbe subito il ruggito di tornado de esultò per il ritorno dell’amico.
Stoik: Tornado, ben tornato amico mio – disse sfregandogli il muso – cominciavo a essere in pena– gli disse tirandogli una lieve pacca sulla schiena.
Si vedeva che Tornado era felice di vedere Stoik, non riusciva a stare fermo e continuava a saltellare felicemente nella neve bianca.
Il drago ceruleo stava per far salire Stoik sulla sua groppa per andare a volare insieme, quando dal cielo piombò giù Astrid con tempestosa, il viso era atterrito.
Stoik: per la barba di Thor, Astrid, Come mai tutta questa fretta? – chiese cercando di calmare la ragazza che annaspava per l’agitazione.
Astrid: siamo nei guai – urlò dopo essersi ripresa, attirando l’attenzione dei cavalieri di Berk – Alvin e i suoi uomini sono qui – disse con tono agitato a Stoik.
Stoik: dove sono? – chiese allarmato.
Astrid: sono nel bosco a nord – disse chinandosi a terra.
Gambe di pesce: Ma come è possibile? – chiese nel panico – Jack a dato la propria vita questa notte per scacciarli – si lascio sfuggire per poi tapparsi la bocca.
I Cavalieri di Berk lo guardarono furenti, dare quella notizia era un compito che sarebbe toccato a Hiccup, avevano deciso di aspettare tutti insieme.
Moccicoso: Bel lavoro gambe – disse ironico – già che ci sei perché non dici al capo che lui e Hiccup stavano assieme? – gli urlò contro.
I gemelli: Moccicoso – urlarono all’unisono.
Astrid guardava Stoik per capire la reazione che avrebbe avuto a quella notizia ma l’unica cosa che vide sul suo volto, era la tristezza.
Astrid: Capo – disse con tutta la delicatezza possibile – voi lo sapevate, non è così? – disse abbassando la testa.
Stoik: si io lo sapevo e avevo dato loro la mia benedizione – disse sospirando – ora non è il momento per queste discussioni, Astrid dove è Hiccup? Dove è mio figlio? – gli chiese con una mano sulla spalla.
Astrid: L’anno preso loro, Alvin ha rapito Hiccup – disse nel panico.
Tutti i cavalieri rimasero sconvolti dalla notizia, Stoik divenne invece furente e chiamò Scaracchio e tutto il consiglio a gran voce, dicendo loro di propagare l’allarme generale; il nemico era alle porte e tutti gli anziani e i bambini andavano portati al sicuro, mentre gli altri si dovevano preparare sui propri draghi alla battaglia imminente.
Astrid corse dietro a Stoik, perché ancora non aveva detto lui la cosa più importante, il nemico aveva anch’egli i draghi.
Stoik stava organizzando le difese alla sala del consiglio, dando gli ordini per la difesa del villaggio, Astri tentava in continuazione di attirare la sua attenzione, ma non ci riusciva; ogni volta lui le diceva “ non ora” oppure “ non è il momento, così lei non poté far altro che salire su di un tavolo e urlare il nome del capo a squarcia gola.
Quando lo fece l’intera sala si girò verso di lei.
Stoik: in nome di Odino Astrid, stiamo organizzando le difese del villaggio – tuonò a gran voce – cosa c’è di così importante? – chiese con le mani sui fianchi.
Astrid: le solite difese non basteranno, sono più forti rispetto alle altre volte – disse lei ancora in piedi sul tavolo.
Stoik: ma le nostre difese sono migliorate, ora abbiamo i draghi, non ci sconfiggeranno e libereremo Hiccup – disse con voce sicura.
Astrid: ma ora anche loro anno i Draghi – urlo a gran voce.
Il vociare nella stanza cessò, tutti erano rimasti sconvolti da quella notizia; se i loro più grandi nemici erano riusciti ad addestrare i draghi, avevano poco di cui stare tranquilli.
Le armi erano alla pari, ma il nemico aveva un enorme vantaggio su di loro, avevano il figlio del capo; questo avrebbe impedito loro di muovere un solo muscolo.
Stoik ora si trovava a dover decidere: il bene del villaggio o il bene del figlio.
I piani di difesa vennero immediatamente cambiati, le strategie aggiornate e le linee schierate più veloce che mai ; quel giorno su Berk, stava arrivando la guerra.
Il silenzio calò tra le linee di difesa.
 
La calma prima della battaglia, tutti la percepivano; era opprimente, inevitabile.
Astrid si avvicinò a Stoik per parlargli prima della battaglia, aveva bisogno di sapere perché aveva dato a Jack e Hiccup la propria benedizione per il loro rapporto, se non lo avesse saputo non si sarebbe mai data pace prima della battaglia.
Astrid: capo, prima della battaglia vorrei chiedervi una cosa – disse in sella a tempestosa – perché aveva dato loro il permesso di rimanere assieme?
Stoik: perché non volevo che finissero come i due che riposano sul promontorio – disse sospirando – invece li ho spinti dritti nelle fauci del loro destino inevitabile – disse scotendo la testa – so cosa è successo ieri – disse guardando Astrid – non pensarci, concentrati sulla battaglia ora.
Astrid conosceva bene le tombe sul promontorio, perché una di esse apparteneva a suo zio,  non aveva mai saputo però il perché i due fossero morti, sapeva solo che tutti avevano paura di loro; ora le era tutto chiaro, questo però non aiutò i suoi sensi di colpa che le dilaniavano lo stomaco, anzi li peggiorarono.
Stoik: Astrid, che tipo di drago ha quel troll di Alvin? – gli chiese dopo aver sentito un piccolo tremore provenire da sotto terra.
Astrid : una – si interruppe sentendo anche lei il rumore – una morte sussurrante – finì urlando per avvisare tutti i presenti.
Il nemico li stava attaccando da sotto terra, tutti si sollevarono in cielo e si prepararono alla battaglia; i terremoti aumentarono a dismisura, mettendo tutti in allerta, nessuno riusciva a capire da quale parte sarebbe sbucato.
Il nemico, sorprendendo tutti i presenti, sbucò fuori dal terreno proprio dietro di loro, mangiandosi in pieno un vichingo e il proprio drago con un sol boccone; tutti rimasero atterriti nel sentire le urla del compagno che veniva triturato nella bocca serrata della bestia che e rilasciava una lieve e rossa nebbiolina dalla bocca.
Alvin: Stoik – disse ridacchiando – io reclamo come mia, la tua isola – disse indicandolo dalla sella della sua morte sussurrante.
Stoik: Scordatelo Alvin – tuonò lui – non lo permetterò mai, non avrai mai l’isola di Berk.
Alvin rimase irritato da quelle parole, digrignò i denti mentre scrutava Stoik.
Alvin: voglio vedere se terrai ancora il tuo atteggiamento superiore dopo aver visto questo – disse con un sogghigno mentre uno dei suoi seguaci gli passava Hiccup.
Stoik: Figlio – urlò con estrema preoccupazione.
Hiccup era immobile, sembrava non respirasse, aprì solo lievemente gli occhi per guardare il villaggio, vide gli sguardi preoccupati dei suoi amici e quello di suo padre; si sentì impotente nel vederli così.
Alvin: Ora che mi dici Stoik? vuoi ancora combattere o mi cedi di tua spontanea volontà l’isola ? – chiese con sguardo furbo, pronto a far cadere Hiccup nel vuoto.
Stoik era con le spalle al muro, tutti si aspettavano che il capo villaggio  mettesse prima il suo popolo, ma sapevano tutti quanto lui tenesse al figlio e anche loro tenevano al giovane che aveva portato la pace su Berk; tutti guardarono l’immenso rimettendo a lui la decisone finale.
Hiccup vedeva l’indecisione di suo padre e non poteva accettare che lui cedesse tutto hai loro nemici solo per salvarlo; cominciò nuovamente a dimenarsi riuscendo a liberare la bocca dalla benda.
Hiccup: non pensate a me – urlò stupendo tutti – difendete il villaggio e tutti gli abitanti, non cedete solo per me – disse col fiato che diminuiva per colpa delle catene – io sono solo uno, attaccate – disse chiudendo gli occhi e stringendo poi i denti per il dolore provocato dalla stretta delle catene.
Stoik strinse i pugni attorno alla presa della sella del suo drago, suo figlio si era pronunciato e tutti avevano sentito la sua volontà, non poteva fare altro.
Stoik: Per Berk – tuonò a gran voce.
Scaracchio: per Berk – andò dietro all’amico.
Mano a mano tutti urlarono la stessa frase e, incitati da essa, si fiondarono sui Rinnegati.
Alvin ringhiò dalla rabbia, lanciò Hiccup al suo seguace e gli ordinò di portarlo lontano, al suo segnale lo avrebbe dovuto pugnalare dinanzi a tutti e gettarlo nelle fauci del suo drago.
Il vichingo aveva udito la propria condanna.
Un piccolo fremito di terrore lo conquistò, il pensiero di venire tritato lo terrorizzava ma almeno il suo villaggio stava combattendo; la sua morte non sarebbe stata vana, aveva sperato però in un semplice volo fino a terra, l’ultima cosa che aveva immaginato era proprio di finire nelle fauci di una morte sussurrante.
 
I due eserciti si scontrarono: draghi che ferivano altri draghi, spade che si scontravano, asce che staccavano arti, mazze che frantumavano ossa; non si era mai vista una battaglia così prima di allora.
I Cavalieri di Berk erano i migliori combattenti coi draghi di tutta l’isola, le loro strategie erano state ben pianificate e provate svariate volte nell’arena dell’accademia; i gemelli cospargevano di gas i nemici grazie Berf  e Belck, Moccicoso li incendiava con le fiamme di zanne curve e Astrid li trafiggeva con gli aculei di Tempestosa che, passando tra le fiamme, si trasformarono in aculei infiammati; gambe di pesce invece prendeva dei sassi enormi con Muscolone, glie li faceva ingoiare per poi spedirli infuocati sui nemici.
Tutti stavano dando il meglio, Anche Stoik con Tornado si davano da fare, i nemici cadevano sotto i colpi dell’immenso e quelli del suo drago ceruleo, il loro obbiettivo finale era liberare Hiccup dopo aver sconfitto Alvin, ma più lo scontro andava avanti più sembrava irraggiungibile, Hiccup era tenuto molto lontano dalla battaglia e Alvin stava andando verso di lui per ucciderlo.
Stoik si liberò dei nemici che aveva davanti e raggiunse più veloce che poté Alvin, ingaggiando con esso uno scontro brutale.
I due draghi avevano entrambi una enorme fila di denti sporgenti che usavano per tentare di addentarsi a vicenda, nessuno dei due riusciva ad avere la meglio sull’altro.
Stoik, quando Tornado riuscì a immobilizzare il drago nemico, tirò fuori una fiasca con dentro uno strano liquido viscido, prese un oggetto di paglia che faceva fumo e lo posizionò davanti a se; il Vichingo sputo sulla paglia il liquido che si incendiò creando un onda di fuoco che investì Alvin in pieno.
Il rinnegato urlò di dolore coprendosi il viso, il suo drago si liberò dal morso di tornado per allontanarsi il più possibile, Alvin spense la sua folta barba che stava bruciando, rilasciando un orrendo odore di strinato; Stoik lo guardò con uno sguardo che sembrava poter uccidere, perché sapeva che quella volta uno dei due doveva morire per mettere fine al conflitto tra le due isole e, ne era sicuro, non sarebbe stato lui.
Il rinnegato, consapevole della situazione, fece un cenno con la mano al suo seguace sopra di loro che non appena lo vide,  prese Hiccup per i capelli e gli piazzo una spada al di sotto della gola, pronto a tagliargliela ad un altro cenno del suo capo.
Stoik: Sei un demonio Alvin – disse con disprezzo nella voce, vedendo il figlio in pericolo.
Alvin: il tuo villaggio potrà aver rinunciato a lui – disse indicando Hiccup – ma tu non potrai mai rinunciare a tuo figlio – disse scoppiando a ridere come un pazzo.
Hiccup sapeva che Alvin aveva ragione, finche lui rimaneva un loro ostaggio, suo padre non sarebbe riuscito a combattere e con il tempo avrebbe sicuramente perso.
Alvin ricominciò ad attaccare Stoik e il suo seguace tolse la spada dalla gola di Hiccup rilasciando i suoi capelli; il vichingo cominciò a pensare nuovamente come liberarsi dalle catene, si guardava attorno dalla sella nemica alla quale era ancorato, cercava qualsiasi cosa, anche un piccolo difetto nella fattura della sella stessa.
Cercò, cercò ma la ricerca sembrava vana.
Stoik stava subendo molti colpi e tornado cominciava a essere piuttosto malconcio, Hiccup doveva sbrigasi; trovò il meccanismo di stretta della catena e il gancio alla quale era ancorato, in essi vide una grande apertura dalla quale sarebbe riuscito a staccarsi roteandoci sopra.
Hiccup: se lo faccio.. cadrò nel vuoto legato ad una catena – pensò guardando sotto di se dove vi erano solo il bosco e le rocce – morirò sicuramente, ma almeno … loro non dovranno più trattenersi – si disse pensando hai propri amici e al padre ch erano in difficoltà.
Il vichingo chiuse gli occhi, sentiva il battito regolare delle ali del drago nemico, i rumori degli attacchi dei draghi, il vento sulla propria pelle, tutto attorno sembrava rallentato; perfino il suo battito lo era.
Hiccup si roteò facendo si che la catena si sfilasse dall’uncino alla quale era ancorata.
Le catene che lo avvolgevano si allentarono a al punto da liberarlo con la sua grande sorpresa.
Mentre stava per  cadere pensò di poter ribaltare la situazione; tentò di appendersi ad esse per saltare sul drago e sorprendere il nemico, ma non ci riuscì; la sua mano sfiorò la catena e lui precipitò nel vuoto.
I suoi amici e il padre videro la scena rimanendo sbigottiti dal suo gesto; tutti tentarono di liberarsi dei nemici per andare a prenderlo al volo, Stoik più di tutti; ma nessuno di loro ci riuscì e Hiccup continuò la propria discesa verso la morte.
Hiccup: sto per morire, mi sembra quasi assurdo – pensò guardandosi attorno – solo ieri eravamo l’uno accanto all’altro, felici – pensò guardando il cielo ricoperto dalle nubi di fumo nero della battaglia – tra poco invece sarò morto anche io, era davvero destino che finisse così? – si chiese sul procinto di piangere – anche ora, il tuo dolce sorriso è l’unica cosa che mi viene in mente – disse rilasciando le lacrime – sto arrivando Jack – urlò chiudendo gli occhi.
La discesa continuò.
Il vichingo, in lontananza, senti un tintinnio di campanelle seguito dal rumore di un vortice; quando il forte rumore cessò, di nuovo il rumore di tante campanelle si sentì nel vento, ma questa volta esse si avvicinarono a lui.
Hiccup pensò si trattasse dell’entrata del Valhalla e chiuse gli occhi, li riapri solo quando si sentì avvolto e sostenuto dal gelo dell’inverno; qualcuno lo aveva preso in braccio interrompendo la sua caduta, portandolo su di una slitta volante.
Hiccup scosse la testa, la alzò e guardò il proprio salvatore; non riuscì a credere hai propri occhi, dinanzi a lui vi era un ragazzo dai capelli bianchi, gli occhi di ghiaccio, un sorriso bianco neve e la pelle albina.


cosa succederà ora?
come proseguirà lo scontro ora che Hiccup è salvo?
cosa sarà successo a Jack nel futuro?

Se volete scoprirlo leggete il rpossimo capitolo ;)
cap 12: Padre Tempo E Il Flusso Temporale.

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Padre Tempo E Il Flusso Temporale ***




Nord e Jack erano tornati al polo, la stanchezza della sera precedente li aveva infine raggiunti.
L’omone dovette stringere i denti per arrivare in tempo al proprio letto, mentre Jack si trascinò a mala voglia nella camera dove era stato dopo l’incidente, la stanza degli ospiti.
Quando vi entrò, gli sembrarono passati mesi e mesi da quando vi era costretto a causa delle ferite; il comodino, il letto al centro della stanza appoggiato al muro e la finestrella di vetri colorati, tutto era così distante.
Jack si lasciò cadere sul letto sconfortato, non sapeva cosa aspettarsi da Padre tempo e allo stesso tempo pensava ancora all’espressione di Hiccup, poco prima che svanisse il ricordo dei cristalli di neve.
Jack: Hiccup, quanto male ti ho fatto? – si chiese affondando il viso nel cuscino.
Il guardiano del divertimento, con quel ricordo fisso in testa, crollò in un sonno profondo e infelice.
Nel sogno, Jack si ritrovò a Berk, il villaggio era stato attaccato di nuovo e Hiccup era stato fatto prigioniero.
L’albino guardava la scena impotente, tutti erano in pericolo, le persone morivano dinanzi ai suoi occhi, il sangue scorreva per le strade del villaggio, sia umano che di drago; Jack in tutto quel trambusto notò Stoik e vide che stava combattendo per salvare Hiccup ma, vedendo il padre in difficoltà e per impedire il vantaggio dei nemici, il suo amato vichingo si era gettato nel vuoto cadendo inesorabilmente verso la morte.
Jack si svegliò urlando e annaspando, l’incubo lo aveva profondamente scosso; aveva sentito tutto, il vento, l’odore del legno delle case bruciate, perfino quello del sangue della battaglia; i ruggiti dei draghi e le urla dei vichinghi, anche le ultime parole di Hiccup “Sto arrivando Jack”.
Una stretta gli avvolse il cuore, aveva paura che ciò che aveva appena sognato fosse un altro frammento del passato, la visione della guerra che distrusse Berk.
Per riprendersi guardò fuori dalla finestra e notò che era già il crepuscolo, si sorprese di aver dormito così tanto, non gli capitava da secoli una cosa del genere.
Usci dalla stanza e andò nella sala centrale del globo dove, con sua grande sorpresa, ad attenderlo trovò tutti i guardiani radunati.
Dentolina non appena lui arrivò verso l’effige dei guardiani, gli si fiondò addosso per consolarlo con uno dei suoi abbracci; ovviamente Nord aveva detto a tutti cosa era accaduto.
Jack guardò l’omone dalla barba bianca e lo fulminò con lo sguardo.
L’albino, durante il viaggio di ritorno al polo nord, si era deciso a raccontare tutta la sua storia all’amico, sperando però che non ne avrebbe fatto parola con nessuno.
Dentolina: Jack mi dispiace che quel dente contenesse dei ricordi così tristi – disse atterrando sconfortata – non volevo che tu soffrissi così.
Jack: Dentolina, io non sono triste perché ho ricordato – disse lui aiutandola a rialzarsi – ricordare quel passato è stata la cosa più bella di tutte, forse non è finita come speravo, ma almeno so che per un periodo della mia vita, almeno una volta, io ho provato un amore immenso – disse con un sorriso malinconico – e ne ho anche ricevuto molto.
Nord: questo è parlare – disse per evitare che Jack entrasse nell’argomento “ non dovevi parlare” – ora veniamo a noi, Jack ho chiamato qui Padre tempo – disse serio – dovrebbe raggiungerci a momenti, e prima che lui arriva ti devo avvertire – disse ancora più serio – lui è tipo uno po’ particolare – disse con un tono spiritoso nella voce.
Jack: c-che cosa? – chiese confuso.
Sand Man allora fece delle figure con la sabbia, rappresentavano un uomo folle e uno serio, le immagini si susseguivano in continuazione e velocemente, lasciando Jack solo più confuso.
Calmoniglio: parole sante Sandy – disse quando l’omino del sonno ebbe finito di spiegare.
Jack: Em, chi è disposto a rispiegarmelo più lentamente ? – non volendo dire apertamente che ancora non capiva bene le immagini di Sandy.
Sandy alzo gli occhi al cielo e fece segno a Calmoniglio di ripetere il tutto al posto suo.
Calmoniglio:  diciamo che Kronos è una persona molto seria, mentre Kairos è un po’ particolare – disse gesticolando con le mani.
Jack: Ma non doveva arrivare solo Padre tempo? – chiese sempre più confuso.
Dentolina: il fatto Jack è che Padre tempo ha una personalità doppia molto contrastante – disse con un tono di rispetto – è un po’ eccentrico, su questo non si discute, ma è un uomo molto saggio e sa il fatto suo – disse lei con un sorriso.
Jack aveva la situazione in testa un po’ più chiara, ma ancora non capiva perché quel tipo era stato chiamato li al polo nord.
Jack: Nord, perché lo hai chiamato? – chiese lui scrutando l’omone.
Nord: non essere ovvio? – chiese lui con sorriso.
Jack: em.. no, non per me – disse ciondolandosi con il bastone.
Calmoniglio: Nord non glie lo hai spiegato?– chiese lui sorpreso.
Jack: spiegato cosa esattamente? – chiese un po’ spazientito.
Calmoniglio: ciò che hai visto sull’isola era una sincronia temporale – disse saltellando verso Jack per poi ergersi in tutta la sua altezza.
Jack: Si questo me lo aveva detto Nord – disse facendo scorrere il bastone nella mano.
Calmoniglio: ciò significa che tu eri destinato a vedere quel frammento del passato, perché il tuo dovere in quella fascia di tempo non è ancora finito, è stato interrotto da uno sbalzo temporale che ha fatto accadere qualcosa che non sarebbe dovuto accadere – disse a braccia incrociate camminando avanti e in dietro.
Jack: e cosa può essere? – chiese guardando Nord che aveva visto con lui la rievocazione temporale.
Nord: Io crede che sia quanto tu e tuo drago vi siete riuniti – disse facendo scorrere le dita sulla lunga barba bianca – l’esplosione di potere ha fatto dimenticare a te tutto quanto, probabilmente non doveva andare così – concluse mettendo le mani sui fianchi.
Jack allora capì, sembrava strano anche a lui tutto quanto, però aveva un’altra idea più triste in mente.
Jack: forse non è quello Nord, forse la cosa che non doveva accadere era il fatto che con un desiderio , io avevo rinunciato alla mia immortalità per mio puro egoismo – disse facendo scorrere nella mano il bastone per poi camminare verso il globo – avevo ricevuto un dono meraviglioso dalla luna e glie lo avevo rispedito con neanche una parola di ringraziamento – disse con un tono amaro in bocca – sono stato uno stupido, così facendo ho finito col ferire molte persone, se fossi rimasto uno spirito a quest’ora….  – si interruppe, non sapeva nemmeno lui dove sarebbe stato in quel momento se tutto fosse andato liscio come l’olio.
I guardiani si zittirono alle parole di Jack, non sapevano che lui avesse rinunciato all’immortalità rispedendo il dono al mittente, era davvero un oltraggio, ma Jack non poteva sapere quale era il suo vero dovere in quei tempi remoti, non ancora, perché i tempi non erano maturi e lui non era ancora un guardiano.
Dentolina : Jack , ogni cosa accade per un motivo – disse sollevando il suo volto sconsolato – e non credo che fosse quello il fatto che non doveva accadere, magari non dipende nemmeno da te, non ci avevi pensato? – chiese lei con una mano sulla sua spalla.
Jack allora riflette bene sulle sue parole, cercò all’infinito nei propri ricordi un altro fatto che non sarebbe dovuto accadere, e ne trovò uno solo; Astrid che attaccava un drago.
La vichinga era antipatica a Jack, e l’aver ferito Calien glie l’aveva resa ancora più insopportabile, lo tediava il ricordo di quella smorfiosa; il sangue ghiacciato si scioglieva dalla rabbia, nel ricordare ciò che lei gli aveva fatto.
Calmoniglio: hei Jack, fai attenzione – disse osservando le mani dell’albino – ti stai ferendo le mani.
Jack si guardò le mani, aveva stretto talmente forte i pugni da ferirsi.
Rimase a guardare le proprie ferite, il sangue gli ricordò l’incubo che aveva fatto; il ricordo delle urla gli risuonò nella testa provocandogli una forte fitta che gli fece scuotere la testa.
Nord chiamò uno Yeti e si fece portare delle bende, Dentolina fece sedere Jack e glie le mise, mentre lui osservava ancora il vuoto, appoggiato al proprio bastone; Quando la fatina ebbe finito, passo una mano nei capelli del ragazzo per consolarlo, ma lui non si mosse.
I guardiani erano preoccupati, non era mai successa una cosa del genere ad uno di loro, Calmoniglio era quello più preoccupato di tutti; era abituato a sentirsi preso in giro da Jack.
Vederlo li, così malinconico, assorto nei propri pensieri, lo fece andare su tutte le furie.
Calmoniglio: Ok ora basta – urlò andando verso Jack – cerca di riprenderti ghiacciolo, o ti faccio riprendere io dopo averti ridotto a una granita – gli disse prendendolo per la felpa – il Jack che conosciamo non si abbatterebbe in questo modo, troverebbe una soluzione e agirebbe – disse scotendolo un po’ – riprenditi dannazione.
Jack: la mia unica attuale soluzione, caro canguro, sarebbe di tornare in dietro nel tempo, per vedere se lui sta bene – ribatte l’albino – ma come tutti ben sappiamo è una cosa impossibile – disse staccando la maglia dalla presa di Calmoniglio che era rimasto senza parole – ora ho solo bisogno di un po’ di tempo, devo metabolizzare troppe cose, troppi avvenimenti, troppe emozioni, troppi ricordi – disse tenendosi la mano nei capelli – vi chiedo scusa, ma per un po’, non credo che riuscirò ad tornare me stesso – disse infine distogliendo lo sguardo dai propri amici guardiani.
 Il silenzio calò nuovamente nella sala dei guardiani e durò per degli interminabili minuti, il sole era ormai calato del tutto all’orizzonte e le luci dei giocattoli erano l’unica fonte di luce nella sala assieme a delle candele accese dagli yeti e al camino, dove Calmoniglio si era appollaiato per restare al caldo, borbottando tra se e se per il nervoso; gli dava sempre e comunque fastidio sentirsi chiamare canguro.
Uno strano rumore improvviso attirò l’attenzione dei presenti.
In mezzo alla sala, proprio davanti al globo con le luci dei bambini che credevano, si creò un vortice di nubi scure.
I guardiani sapevano già cosa significava, mentre Jack era in allerta, pronto a combattere con il proprio bastone alla mano.
Il vortice si allargo irradiando luce dal centro, una luce azzurra e bianca; da essa usci atterrando con delicatezza uno strano individuo incappucciato con un lungo vestito da mago tutto bianco con delle rifiniture d’orate; sopra aveva una casacca lunga, collegata al cappuccio, anch’essa bianca e contornata d’oro.
Quando abbassò il cappuccio, il viso si vide.
Era molto vissuto,sulla nuca aveva una folta chioma bianca raccolta in una treccia, mentre sul viso, aveva una lunga barba bianca, con dei cordini di colo oro a fermarla ogni quarto, la barba gli arrivava alle ginocchia.
I suoi occhi erano d’orati come quelli di Sand man, ma avevano un qualcosa di più antico, ed erano circondati da molte rughe; il bastone che egli teneva nella mano destra, era fatto di oro e ottone, in cima vi era una pietra gialla iridescente circondata da degli ingranaggi che si muovevano fluentemente ed era lungo più del suo possessore; era impressionante restare li ad osservarlo per lo spirito del gelo.
Jack si sentì impaurito dalla presenza di quell’uomo, sentiva la grande influenza che aveva sull’ambiente circostante, gli oggetti: come i giocattoli volanti della fabbrica, passandogli a meno di un metro di distanza, a volte andavano a rallentatore a volte si velocizzavano.
Jack allora capì; lui era padre tempo.
Nord: ah, kronos, mio vecchio amico – disse avvicinandosi a lui a braccia aperte – quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci siamo visti ?
Kronos: Nicolas Nord – disse abbracciando bonariamente l’omone russo – sono passati precisamente, trent’anni, cinque mesi, tre giorni, otto ore e quarantacinque minuti dall’ultima volta – con tono magnanimo e calmo.
La sua voce risuonava roca e anziana alle orecchie di Jack, ma era allo stesso tempo rassicurante come quella di un genitore.
Nord: preciso come sempre – disse ridacchiando di gusto.
Vedere i due così vicini faceva impressione.
Per quanto Nord fosse immenso, Padre tempo era invece esile, il vero spessore lo davano i suoi vestiti, però era alto sicuramente quanto il suo amico Nord.
Tutti i guardiani andarono a salutare il nuovo ospite, meno Jack che ancora lo osservava pensieroso.
Kronos: mi rincuora vedervi in ottima forma – disse mettendosi una mano sul petto in segno di rispetto – sono lieto per la vostra vittoria contro l’uomo nero, non mi potevo aspettare niente di meno da voi cinque – disse osservando Jack – ah, ed ecco qui lo spirito del gelo e del divertimento – disse avvicinandosi a lui – non ti si addice per niente quell’espressione truce – disse guardandolo con tutta la dolcezza di questo mondo.
Jack: è un piacere conoscerti – disse chinandosi leggermente in avanti; è vero che era arrabbiato e confuso, ma sapeva ancora riconoscere le persone ala quale andava portato rispetto.
Kronos: oh oh oh, non c’è bisogno che ti inchini Jack Frost – disse lui con un sorriso premuroso – So perché sono stato chiamato qui, e so anche che nel tuo cuore alberga solo la confusione al momento e la paura – disse annuendo con la testa – sono pronto a darti le dovute spiegazioni, e so che ne rimarrai piacevolmente sorpreso.
Jack : come fai a saperlo? – chiese guardandolo incredulo.
Kronos: perché io conosco ogni singola cosa che riguarda, il passato, il presente e il futuro – disse facendo fluttuare dal proprio bastone la sfera che vi stazionava sopra, essa lampeggio dal giallo al verde al bianco, seguendo il ritmo delle sue parole.
Jack: ah – disse un po’ scettico – allora andiamo dritti al sodo – disse puntando il bastone per terra – perché mostrarmi il passato? Cosa ci ho guadagnato nel vederlo se non altra sofferenza? Che cosa vi aspettavate tu e la stella che ti ha aiutato a realizzare le immagini fatte di cristalli di neve? Perché mostrarmi quella “sincronia o come si chiama”? – chiese con il viso pieno di rabbia mentre riprendeva fiato.
Kronos: Risponderò ad una domanda alla volta se non ti dispiace – disse camminando verso il grande globo centrale e senza arrabbiarsi, nonostante il tono sgarbato usato da Jack – il tempo è effimero, può solo che andare avanti, ma ci son casi in cui esso è stato manipolato da delle forze superiori come noi spiriti, che intralciando il suo corretto flusso, anno creato un punto di stallo – spiegò con calma – qualcuno ha modificato le fila del tuo passato con dei sussurri, portando le persone a interferire nel tuo flusso temporale.
Jack allora cominciò ad assemblare i pezzi del mosaico.
Astrid era stata manipolata da qualcuno, ma da chi ? e perché?
Kronos: La vichinga non avrebbe mai fatto una cosa così crudele di sua spontanea volontà Jack – disse voltandosi verso di lui – e chi ha corrotto lei con dei sussurri, ha anche messo il suo tocco personale nel momento in cui tu e Calien siete tornati una cosa sola, interrompendo il giusto flusso del tuo potere provocando quell’esplosione incontrollata che ti ha cancellato la memoria – disse lasciando Jack perplesso.
Jack: M-ma chi? Chi potrebbe portami così tanto rancore? – chiese allarmato.
Kairos: e io che ne so? – disse cambiando completamente il suo modo di parlare – forse rimugini troppo sul passato figliuolo, hi hi hi – disse ridacchiando come un folle.
Jack era rimasto a bocca aperta, non si aspettava una risposta così menefreghista dal rispettoso spirito che aveva dinanzi a se.
Jack: Kronos, state bene? – chiese indietreggiando verso i propri amici guardiani.
Kairos: ma che Kronos e Kronos, lui è mio fratello – disse con la faccia tutta impegnata a ficcanasare attorno in cerca di qualcosa – io ragazzino depresso, sono Kairos hi hi hi – rispose ridacchiando nuovamente.
Jack: che gli è successo? – chiese agli altri guardiani – gli si è srotolato il cervello per caso? – chiese con un tono preoccupato nella voce mentre lo indicava con entrambe le mani.
Nord: be, noi ti aveva avvertito no? – disse l’omone mentre faceva spallucce – Queste che stai vedendo sono le due personalità contrastanti di Padre tempo, Kairos – disse indicando quello dinanzi a se, che stava scotendo un elfo per sentire il rumore della campanella sulla testa a punta – e Kronos, colui con il quale stavi parlando poco fa.
Jack: quanto ci mette a tornare Kronos di solito? – chiese rassegnato.
Nord: ah! È molto semplice – disse ridacchiando – basta chiamare lui per nome – rispose come se fosse ovvio.
Nel momento in cui tutti si rigirarono verso Padre tempo per chiamare Kronos, notarono che lui non era più li con loro.
Nord si mise una mano sulla testa; chissà cosa poteva combinare un folle come Kairos con a disposizione la sua intera fabbrica di giocattoli.
I cinque guardiani stavano per mettersi alla ricerca di Padre tempo, quando udirono una risatina proveniente dalla cima del globo; quando guardarono, non cedettero ai loro occhi.
Kairos aveva messo dei pattini a quattro ruote nei piedi e ci aveva legato dei razzetti giocattolo, pronti a partire da un momento all’altro.
Calmoniglio: Ok, è ufficialmente partito – disse mettendosi una zampa sul volto.
I razzi partirono e Kairos volò per tutta la stanza principale, esultando come un bambino su di uno snowboard; tutti lo guardarono saltare da una parete all’altra con enorme stupore; Dentolina era del parere che andasse fermato, e Calmoniglio pure, mentre Jack , Sand man e Nord erano quasi tentati di unirsi a lui per quanto sembrava divertente mentre lo seguivano con la testa all’unisono.
Dentolina guardò i tre con uno sguardo di rimprovero e allora Jack e Sand man escogitarono un modo per fermarlo.
Jack creò uno scivolo di brina entusiasmante, al quale nessun giocherellone sarebbe riuscito a resistere, era pieno di giri della morte e tornanti apparentemente pericolosi; Sand man invece realizzo un morbido cuscino di polvere dorata per alleviare la caduta dello spirito a fine percorso, niente era stato lasciato al caso, o meglio così pensavano loro.
Kairos notò lo scivolo di fatto da Jack e non seppe resistere, ci si fiondò sopra non appena i razzi si spensero; girò e girò sul ghiaccio e su se stesso per moltissimi minuti.
Calmoniglio: Non hai fatto un percorso un po’ troppo lungo-? – chiese all’albino.
Jack: tu trovi, coda di cotone? A me sembra anche troppo corto – disse osservando le giravolte dell’anziano spirito del tempo.
Il percorso stava per finire e ad attenderlo vi era un morbido letto di sabbia dorata, ma qualcosa andò storto, per qualche motivo i razzi ripartirono, dando a padre tempo una spinta eccessiva verso la fine della corsa.
Un piccolo balzo divenne enorme e Kairos volò dall’altra parte della stanza, volteggiando su se stesso schiantandosi poi con la faccia contro un palo.
Jack: osp, questo non era previsto – disse ridacchiando lievemente mentre lo spirito scivolava a terra per poi cadere all’indietro – deve avergli fatto parecchio male – puntualizzò.
Nord andò verso l’amico e lo aiutò a rialzarsi; era divertito anche lui nonostante lo nascondesse.
Kairos, una volta in piedi, si sistemò tunica e i capelli, si massaggiò il naso dolorante e riprese il suo atteggiamento serio e docile.
Kronos era tornato.
Kronos: chiedo scusa, ora che mio fratello mi ha lasciato il posto possiamo riprendere da dove ci eravamo interrotti – disse con la calma delle nubi – mi stavi chiedendo chi potrebbe voler interferire in quel modo nel tuo destino giusto? – chiese conferma all’albino che annuì – ebbene mio fratello a modo suo ti aveva risposto correttamente, non ne ho la minima idea purtroppo – disse chinando il capo – ma visto che costui ha infranto il regolamento del flusso temporale, anche tu puoi farlo – disse con un sorriso rassicurante.
Jack: Che cosa vuoi dire? – chiese con il respiro che aumentava mano a mano ascoltava.
Kronos: significa che ti posso rimandare nel passato per sistemare le cose – disse sollevando le braccia al cielo – il tuo flusso temporale va corretto, come quello di Berk e dei suoi abitanti.
Calmoniglio: cosa centrano loro ora? – chiese confuso.
Kronos: quando una persona ne incontra un’altra, il flusso temporale delle due si incrocia formando ad ogni incontro una ragnatela fittissima e regolare, ma quando una persona è la speranza di molte, diventa il fulcro che deciderà il loro futuro – spiegò lui – in pratica è come se Jack avesse collegato a se il futuro dell’intero villaggio di Berk, che senza di lui è caduto durante una guerra – disse facendo scorrere il proprio sguardo tra i cinque guardiani.
Jack indietreggiò leggermente, il sogno che aveva fatto era davvero un’altra visione del passato; tutti quei morti, tutto quel dolore, Hiccup era morto e lui non era li per impedirlo; fino ad allora.
Le parole di Kronos erano state molto chiare, lui poteva mandarlo in dietro nel tempo per cambiare la sorte della battaglia, ora Jack poteva salvare Hiccup e l’intero villaggio.
Jack: Fallo – disse frenetico – rimandami in dietro per salvare Berk – gli disse supplicante.
Nord: non così in fretta – disse con gran voce – se tu crede che noi ti manda in guerra da solo, ti sbaglia di grosso – disse l’omone facendosi avanti – noi siamo una squadra e come squadra combatteremo insieme – disse sorridendogli.
Calmoniglio: ben detto Nord – disse foderando i propri bumerang – noi siamo con te Jack – disse per incoraggiarlo.
Dentolina: ali al vento damigelle e nessuna pietà – disse svolazzando per la stanza.
Sand man fece i pollici all’insù per mostrare il suo sostegno e Jack, alla vista del coraggio dei propri amici, non poté che commuoversi; cercò di non mostrare i propri occhi lucidi ma loro li notarono comunque.
Nord: noi siamo i guardiani, quando uno di noi a bisogno, gli altri lo aiuteranno sempre – disse esultando.
 
Kronos chiese due globi di neve a Nord, dicendo che li avrebbe modificati per farli tornare nel passato, nel frattempo loro si sarebbero potuti preparare per l’imminente battaglia; Jack descrisse a loro come erano i nemici e quanti fossero, descrisse loro i punti deboli dei draghi e indicò loro quale fosse il più forte tra i nemici, abilità e punti deboli.
Spiegò anche che non dovevano puntare a coloro che guidavano i draghi, perché ogni attacco li avrebbe attraversati visto che non credevano in loro, ma che dovevano puntare ai draghi, perché potevano benissimo vedere gli spiriti.
I guardiani rimasero stupiti da quante cose Jack conoscesse sui draghi e le loro specie, talmente tanto che Dentolina chiese al ragazzo di ghiaccio come le aveva imparate.
Jack: Me le ha insegnate la persona che voglio salvare più di tutte – disse con un dolce sorriso sul volto.
Kronos richiamò la loro attenzione per consigliargli i due globi di neve.
Kronos: questi due globi vi serviranno per andare e tornare dal passato – disse consegnandoli a Nord – avete tempo due giorni per salvare Berk dalla rovina e tornare in dietro, se mancherete il tempo di ritorno, il futuro potrebbe risentirne fortemente – li avvertì – non sbagliate.
I guardiani annuirono.
Kronos: Jack.
Jack: si?
Kronos: La notte prima del vostro ritorno riceverai un regalo, nel preciso momento in cui ti guarderai tuo riflesso nel ghiaccio di una pozzanghera – disse guardandolo dolcemente – fanne buon uso perché svanirà con il sorgere del sole.
Jack: Non lo dimenticherò – promise.
 
I guardiani andarono nella sala della slitta pronti a partire tutti insieme per il passato.
La partenza, per Calmoniglio, fu traumatica come sempre, mentre per gli altri fu divertentissima; i tornati che la slitta fece per le gallerie di ghiaccio del polo nord per partire, erano meglio delle montagne russe.
Quando nord vide la fine del tunnel schioccò le redini, la slitta si sollevò e volò alta nel cielo notturno.
Una volta stabilizzato il volo, Nord diede in mano a Jack il globo di neve da lanciare.
Lo spirito del gelo pronunciò la destinazione con una voce calda, lanciò il globo ed esso si disintegrò, aprendo così il varco dimensionale verso il villaggio di Berk.
 
La slitta attraversò il portale.
Lo spettacolo che i guardiani si trovarono dinanzi era tremendo, la battaglia era già inoltrata e l’odore di sangue e di legno bruciato, infestavano l’aria.
Jack senza dire neanche una parola si getto fuori dalla slitta in picchiata con alla mano il proprio bastone; stava cercando di raggiungere ad ogni costo un ragazzo che stava precipitando nel vuoto con gli occhi chiusi.
Jack: devo farcela – di disse sfrecciando nel cielo per raggiungerlo.
Jack riuscì a prendere il vichingo al volo e lo portò con se sulla slitta.
Il ragazzo si riprese.
I guardiani guardarono la scena sbalorditi, i due si guardavano intensamente, come fossero anime gemelle rimaste troppo a lungo separate, dopo di che, il vichingo fece scorrere lo sguardo sui presenti.
Hiccup: lo sapevo – disse con ironia – sono morto.
Il ragazzo, dette quelle parole svenne, facendo ridere lievemente i presenti; l’albino accarezzò dolcemente i capelli del vichingo per poi chinarsi a baciarlo con lo stupore e l’imbarazzo dei presenti.
Jack: non ti avrei mai lasciato cadere – disse con la sua dolce voce che arrivo al cuore di Hiccup come se fosse un sogno – ti amo.
Dette quelle parole colme di gioia, Jack abbraccio Hiccup e lo strinse forte a se; erano passati solo tre giorni da quando aveva ricordato il suo passato, ma sentiva chiaramente che il contatto tra loro gli mancava da duecentosettanta anni.
Hiccup riprese conoscenza per via del freddo del corpo di Jack, si guardò nuovamente attorno e le lacrime gli rigarono il volto.
Hiccup: ti prego – lo supplicò – dimmi che non sei un’altra allucinazione .
Jack: no, non lo sono – disse guardandolo con le proprie iridi azzurre ghiaccio – non lo sono mai stato .
Hiccup sentì il vuoto nel petto colmarsi di nuovo di quel caldo sentimento, un sentimento che gli era mancato follemente.
Jack era nella stessa situazione, continuava a fissarlo come se volesse imprimerlo nella propria mente per sempre, per la paura che da un momento all’altro il suo amato sarebbe svanito in tanti fiocchi di neve.
Calmoniglio: piccioncini, siamo nel bel mezzo di una guerra nel caso non ve lo ricordaste – disse richiamando la loro attenzione – le smancerie tenetele per la vittoria – disse ridacchiando.
Jack : sei un guasta romanticismo, coda di cotone – disse ridacchiando dopo avergli congelato la coda – però hai ragione è ora di combattere – disse posizionandosi sulle ali esterne della slitta.
Calmoniglio: questa me la pagherai ghiacciolo – disse puntandogli il dito contro mentre si sfregava la coda con una delle sue zampe.
Hiccup si alzò e guardò nuovamente il bizzarro gruppo di esseri sovrannaturali che si trovava dinanzi.
Ancora non riusciva a crederci, erano arrivati i rinforzi, ora Berk poteva farcela.
La battaglia era davanti a loro e ora un barlume di speranza si intravedeva nelle nere nubi della guerra  che spirava su Berk.


La battaglia si fa interessante.
I guardiani sono pronti a combattere.
Ma un'ombra si muove, nascosta ai loro occhi, chi sarà mai?
E cosa vorrà da loro?
Se volete scoprirlo, non perdetevi il prossimo capitolo ;)
Cap 13: L'invasione Di Berk Parte 2


se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** L'invasione Di Berk - Parte 2 ***





I guardiani sorvolavano il villaggio di Berk a bordo della slitta, il nemico stava avendo la meglio, l’intero villaggio credeva che Hiccup fosse morto, Stoik compreso; il dolore della perdita del figlio lo aveva portato ad agire di impulso, brandiva la sua spada roteandola caso per l’ira che provava.
I cavalieri di Berk, prima il punto forte delle difese del villaggio, ora erano solo dei ragazzini ricolmi di rabbia, avrebbero vendicato il loro compagno ad ogni costo; anche la morte.
La situazione era disperata.
Jack cercò con lo sguardo chi dei nemici avesse a presso Sdentato, così da liberarlo e far si che Hiccup potesse combattere; ma quando non lo vide il dubbio lo assalì, pensò che lo avessero ucciso.
Jack: Hiccup, dove è Sdentato? – gli chiese dall’ala destra della slitta sulla quale si trovava.
Hiccup: l’anno lasciato incatenato vicino al laghetto – disse indicando il bosco – dobbiamo liberarlo a tutti i costi – disse guardando Jack negli occhi.
Jack: reggiti – disse al vichingo mentre lo prendeva per la vita e lo portava fuori dalla slitta con se.
Hiccup: non di nuovo SOSPESOOOO – urlò impaurito stringendosi fortissimo a Jack.
Jack : ragazzi – disse girandosi verso i suoi amici guardiani – noi andiamo a recuperare il suo drago, voi in tanto dateci dentro – disse sollevandosi nel cielo.
Nord: Stai attento Jack – urlò dalla guida della slitta.
L’albino annuì e sfrecciò verso il bosco con tra le braccia Hiccup terrorizzato; volare senza un drago era un’esperienza completamente nuova per lui, terrificante.
Hiccup: per tutti gli spiriti del grande Odino – pregò nel panico.
Jack ridacchiò leggermente nel vedere il terrore del vichingo, il volo durò poco, i due vedevano già il laghetto all’orizzonte e sulle sue rive ghiacciate, videro la figura di sdentato.
Era bloccato da più file di catene, collegate ad una pedana di metallo battuto; liberarlo sarebbe stata un’impresa ardua.
Hiccup : Sdentato – urlò di gioia nel vederlo dall’alto.
Il drago nell’udire la voce dell’amico tirò su di scatto il muso in allerta, cercandolo con lo sguardo fin dove le catene glie lo permettevano.
I due atterrarono proprio dinanzi al drago che comincio a emettere dei lievi ruggiti di gioia nel vedere i due sani e salvi.
Hiccup: resisti bello – disse cominciando a tirare le catene con forza – ora ti liberiamo.
Jack si mise a tirare le catene con Hiccup, ma quelle non ne volevano sapere di spezzarsi, erano troppo spesse e resistenti.
Jack allora cominciò a guardarsi attorno in cerca di qualcosa con il quale romperle di netto.
In lontananza vide delle armi, cadute ai rinnegati durante lo scontro con lui il giorno prima; l’albino corse a prenderne una a caso, per poi tornare dal vichingo che stava cercando un punto debole nelle catene.
Jack: Hic, proviamo con questa – disse mostrandogli l’ascia che aveva in mano.
Hiccup: è perfetta – disse prendendola in mano e impugnandola deciso.
Sulla fila di catene che bloccavano Sdentato, ve ne era una con un anello di ferro battuto male; Hiccup sapeva che, facendo forza sull’apertura, l’anello sarebbe saltato.
Hiccup cominciò a colpire l’anello della catena con tutta la sua forza, ma non accadde niente, ci riprovò più e più volte, ma ancora niente; ogni suo sforzo era vano.
Jack allora gli propose di dargli il cambio, il vichingo annuì e mentre l’albino si preparava a colpire, lui tenne tesa la catena per dare maggiore probabilità di rottura all’anello.
La catena, sotto i colpi di Jack, cominciò a stridere, il processo era lungo e dopo quella altre cinque catene mancavano ancora all’appello; il tempo sembrava scorrere troppo lento nel silenzio in cui lavoravano, così il vichingo, curioso e colmo di domande, si fece coraggio e parlò.
Hiccup: Jack – disse mentre tirava con tutta la sua forza la catena – so che non è il momento più opportuno per le domande, ma – disse facendo una pausa – come hai fatto a sopravvivere all’esplosione? – chiese con una voce smorzata.
Jack non rispose, scagliava con tutta la sua forza e la sua tenacia l’ascia sulla catena, sperando che Hiccup non gli rifacesse la domanda.
Non era il momento di parlare di flusso temporale, di futuro, di ricordi perduti e di un probabile nuovo Addio, dovevano concentrarsi sulla battaglia ora e tutti quei discorsi avrebbero potuto essere una distrazione per entrambi.
Hiccup: ok, a questo non vuoi rispondere ho capito – disse un po’ scocciato – almeno ti posso chiedere chi erano quelle creature con le quali eravamo poco fa? – chiese nel momento in cui la prima catena si spezzò.
Jack: Sono i guardiani, sono quelli di cui ti avevo parlato la notte delle stelle cadenti, ricordi? – disse mentre Hiccup cercava il prossimo anello debole – sono qui per aiutarci a salvare Berk, questo è tutto ciò che devi sapere ora.
Hiccup finì di cercare il difetto nella catena successiva, lo indicò a Jack e ricominciarono come prima, lui tendeva la catena e il ragazzo di ghiaccio la colpiva con l’ascia.
Hiccup: Non pensi che sia un po’ poco? merito una spiegazione più concreta di questa dopo tutto quello che abbiamo passato, no? – Chiese, tirando talmente forte la catena, che essa si frantumò sotto i colpi di Jack.
Jack: si, penso che tu meriti una spiegazione migliore – rispose chinando il capo – ma non posso dartela ora, non è il momento – disse guardandolo dritto negli occhi – ti dirò tutto quanto dopo la battaglia, te lo prometto – disse con gli occhi lucidi.
Hiccup avrebbe voluto arrabbiarsi, pretendere una risposta sensata, avrebbe voluto sapere la verità in quel preciso istante; ma dinanzi al viso supplicante di Jack, cedette e annuì.
 
Dal Bosco, veloce e scattante come un fulmine, apparve Calmoniglio.
Calmoniglio: Che fate ancora qui? – disse saltellando verso di loro – al villaggio abbiamo bisogno di voi, WOA – urlò nel vedere il muso di sdentato a poco dal suo – ditemi che non gli piace il coniglio vi prego – supplicò con le orecchie rizzate.
Hiccup: no, lui ama il pesce e il pollo, come tutti i draghi – spiegò al coniglio di pasqua ridacchiando con Jack.
Calmoniglio: ok, questo m-mi fa sentire decisamente meglio – disse rilassandosi e abbassando le braccia – è lui il suo drago dunque?
Jack: si è lui – disse scagliando l’ascia sulla catena successiva, dove aveva trovato un’apertura in pessimo stato.
Sotto quell’unico colpo, la catena si ruppe, tranciando con se anche la penultima; ora ne mancava solo una, la più spessa e stretta.
Hiccup: Jack – gli disse – fai attenzione, se sbagli rischi di colpire sdentato.
Jack: Lo so – disse stringendo meglio l’impugnatura dell’ascia – al mio tre tirate entrambi la catena – disse guardando sia il vichingo che Calmoniglio.
I due annuirono e presero in mano una parte della catena, tirandola già più che potevano.
Jack: uno… due..- disse preparandosi a tirare un colpo D’ascia potentissimo – Tre – urlò scagliando il colpo mentre i due tendevano al massimo la catena.
Gli anelli cedettero e la lama dell’ascia si conficcò a pochi centimetri dall’ala di Sdentato.
Il drago, una volta libero si scrollò le catene di dosso e saltò addosso a Hiccup leccandogli la faccia, il vichingo strinse forte a se il muso dell’amico girandosi poi verso Jack con un’espressione di gratitudine.
Non c’era bisogno di parole tra loro, Jack sapeva benissimo cosa volesse dire il suo sguardo e a lui bastava quello.
Calmoniglio: Ok ora è fatta – disse preparandosi a partire in corsa – torniamo al villaggio – disse girandosi verso i due.
Jack prese quota e Hiccup salì sulla groppa di Sdentato che decollò verso il cielo e, una volta raggiunto Jack, ruggì felice lanciando un colpo nel cielo scuro di nubi nere.
 
Nel frattempo al villaggio la battaglia stava continuando in modo disastroso.
Molti vichinghi erano caduti sotto i colpi dei rinnegati e i guardiani avevano salvato quante più persone potevano; tutti gli abitanti di Berk li potevano vedere, perché Stoik aveva raccontato loro ciò che Jack aveva detto lui sugli spiriti del mondo.
I guardiani così poterono dare facilmente una mano agli abitanti stessi, ma facevano comunque fatica a sconfiggere i propri nemici; Sand man con le sue fruste di sabbia, stava dando un bel filo da torcere ai rinnegati che non lo potevano vedere.
L’omino del sonno sfilava letteralmente i draghi da sotto i nemici, lasciandoli cadere verso l’oceano.
Dentolina girava con in mano l’erba draga, facendo assopire i draghi avversari, mentre Nord, con le sue due spadone, stava difendendo il salone del consiglio nella quale erano rinchiusi al sicuro i bambini e gli anziani del villaggio.
Stoik stava ancora combattendo furiosamente con Alvin, che sembrava prendersi gioco del suo grande dolore; a ogni suo ghigno l’immenso lo attaccava senza riflettere e infine, durante un attacco frontale, Stoik venne colpito duramente ad un braccio facendo si che la sua presa sulla spada venisse meno.
L’Immenso era disarmato e L’Infido si preparò a colpirlo mortalmente, ogni speranza sembrava venuta meno, il cuore di ogni vichingo di Berk si fermò nel vedere la scena.
Fù proprio allora che accadde.
Un lampo violaceo squarciò le nubi nere sopra i due vichinghi e Hiccup con Sdentato e Jack, piombarono giù dal cielo, colpendo inesorabilmente il rinnegato.
Stoik: figlio – disse con un filo di voce, mentre Alvin urlò di rabbia.
Astrid, che in lontananza vide la scena, urlò a Squarcia gola il nome di Hiccup; ogni singolo vichingo così vide che il figlio del capo, il miglior cavaliere sulla sella di un drago, era vivo.
La speranza e la forza di volontà, tornarono ad invadere il villaggio, portando con se il vento della speranza.
 
Hiccup si mise dinanzi al padre con Jack al proprio fianco, parandosi tra lui e il rinnegato.
Stoik: siete vivi – disse con le lacrime agli occhi – ma.. Come? – chiese confuso.
Jack: non ha importanza come – disse lui stringendo il proprio bastone – l’importante è che siamo qui no? – sorrise all’immenso.
Hiccup: Jack ha ragione papà, le spiegazioni a dopo – disse richiamando la sua attenzione – ora dobbiamo rispedirli da dove sono venuti – disse con decisione.
Stoik era ancora sconvolto, ma le parole del figlio suonarono in lui come uno scossone, una carica di energia che fino a poco prima gli era venuta meno, ora poteva tornare a combattere nel pieno delle forze.
Stoik: ben detto figlio, è ora di mostrare di cosa sono fatti i Vichinghi di Berk – tuonò a gran voce.
Hiccup: Per Berk – urlò verso il resto del villaggio, riavendo lo stesso esulto da tutti gli abitanti del villaggio.
Jack: per Berk – urlò anche lui, sentendosi ancora parte del villaggio.
Jack era carico come non mai, pronto a combattere dando tutto se stesso per le persone a cui teneva moltissimo:  Hiccup, suo padre, i cavalieri di Berk e tutti gli abitanti del villaggio; non avrebbe abbandonato nessuno.
Hiccup notò la fermezza del ragazzo di ghiaccio, il suo amato era li accanto a lui, questo gli infondeva la forza e il coraggio di affrontare qualunque nemico gli si parasse dinanzi, soprattutto perché sapeva che il suo esulto era dovuto al fatto che si sentiva ancora parte di quel loro mondo vichingo.
Così i due cominciarono ad attaccare le schiere nemiche, colpendole inesorabilmente; Jack con i propri colpi di ghiaccio e Hiccup con gli attacchi mirati di Sdentato; i rinnegati non capivano cosa stesse succedendo, era solo uno hai loro occhi che li attaccava, ma perdevano ugualmente uomini su entrambi i fronti.
L’infido cominciò ad accorgersi, momento dopo momento, attacco dopo attacco, che la misteriosa entità invisibile usava gli stessi attacchi del ragazzo che lui stesso aveva ucciso il giorno precedente, lasciandolo annegare nelle profondità oscure del laghetto ghiacciato; i suoi occhi allora, cominciarono a mostrargli qualcosa al posto del nulla.
Più il dubbio che fosse quel ragazzo l’entità misteriosa lo assaliva, più lui riusciva a vederlo, ed infine accadde; lui lo vide.
Alvin: per il grande Loki – disse vedendo finalmente anche lui Jack – non può essere – sentenziò nel panico totale – gli spiriti dei morti difendo questo villaggio – urlò hai propri uomini per metterli in guardia riuscendo solo a scatenare il panico.
I rinnegati si dispersero, cominciando a scappare il più velocemente possibile lontano da Berk.
Jack e Hiccup erano vicinissimi, Alvin era a portata di colpi e la vittoria vicina, quando un’esplosione attirò la loro attenzione; un’esplosione che proveniva dalla sala del consiglio, dove erano stati radunati tutti i bambini e tutti gli anziani non in grado di combattere.
Nella sala si riversò una folta schiera di nemici che non avevano udito le avvisaglie di Alvin; Nord, che ancora difendeva l’entrata della sala, tentò di bloccare coloro che avevano rapito alcuni bambini, ma uno do loro sfuggì al suo occhio vigile.
Si trattava di Selvaggio, il secondo al comando dei rinnegati; aveva rapito una bambina e la stava portando al proprio capo, schivando tutti i vichinghi che si frapponevano tra lui e L’infido.
Jack, Hiccup e Stoik, vennero circondati da una ancor più folta schiera di nemici.
La città era stata completamente svuotata e i rinnegati erano pronti all’attacco finale al fianco del loro capo, erano pronti a provocare l’ira incontrollata del villaggio intero.
Selvaggio: Capo ho preso uno stuzzichino per il tuo drago – disse lui con sotto braccio la piccola bambina che piangeva.
Alvin: Ottimo lavoro – disse ghignando – vediamo cosa faranno dopo che lei sarà divenuta uno spezzatino nelle fauci della mia morte sussurrante – disse compiaciuto della propria malvagità.
Jack: Alvin sei solo un codardo se te la prendi con una bimba così piccola – ringhiò fuori di se.
Alvin: non importa in quale modo – disse prendendo la ragazzina – ma io oggi distruggerò quest’isola schifosa – urlò poco prima di sfrecciare verso l’alto con il proprio drago, lontano da chiunque potesse interromperlo.
Hiccup: ma cosa diamine vuole fare? – chiese a jack.
Jack: credo che voglia farla ingoiare al proprio drago – disse con un viso preoccupato.
Hiccup rimase senza parole, una cosa del genere andava impedita assolutamente, ma come?
Dinanzi a loro vi erano una marea di rinnegati, pronti a intralciare la loro avanzata.
Fu allora che Hiccup ebbe l’illuminazione, Alvin non aveva detto a coloro che erano appena arrivati che uno spirito difendeva il villaggio, lo sapevano solo coloro che se ne erano già andati via.
Il vichingo si avvicinò all’albino e gli spiegò il proprio piano nell’orecchio, Jack annuì tenendosi pronto al suo segnale.
Dietro di loro in tanto si erano radunati tutti i vichinghi che avevano ancora il proprio drago, compresi i cavalieri di Berk.
Hiccup guardò i propri amici e fece loro un gesto che avevano provato durante l’addestramento all’accademia, il gesto era l’inizio di una manovra complessa elaborata da lui stesso.
In caso di nemici superiori di numero, i gemelli con il proprio drago avrebbero dovuto creare un enorme anello di fumo verde attorno ai nemici e gli altri lo avrebbero acceso tutti assieme creando così una specie di catena contenitiva, una trappola.
I cavalieri di Berk annuirono tenendosi pronti a ricevere il secondo segnale del ragazzo.
I guardiani nel frattempo stavano aiutando chi ancora combatteva all’entrata della sala del consiglio, stavano difendendo i bambini che vi erano dentro.
Calmoniglio: accidenti a questi cosi – disse tirando un pugno ad un drago – anno la pellaccia davvero dura.
Nord: non ti lamentare ora Calmoniglio – disse lui atterrando due nemici contemporaneamente – dobbiamo mettercela tutta per bene di bambini – disse esultando con un sonoro “hihaaa” sconfiggendo un altro nemico saltando su di esso e atterrandolo con un calcio.
Calmoniglio: scommetto che ne ho stesi più di te Nord – disse lanciando i propri bumerang che fecero cadere delle rocce su due nemici.
Nord: tu non fare me ridere, ne ha battuti di più io – disse l’omone tirando un colpo di spada che fece cadere un rinnegato dalla sella del proprio drago.
Dentolina: ragazze che ne dite di parlare di meno e agire di più – disse addormentando con l’erba draga due nemici che erano dietro di loro.
I due si guardarono e fecero spalucce a vicenda tornando nuovamente a combattere; in tanto Sand man, che stava addormentando tutti i draghi nemici, notò la situazione rischiosa e difficile nella quale si trovava Jack.
Allarmato, cercò di attirare l’attenzione dei propri compagni guardiani in tutti i modi possibili; tentò con delle bandierine di sabbia, con la sagoma del viso di Jack, con una nota sopra la propria testa, con un’intera orchestra, ma niente nessuno lo notava; e come avrebbero potuto, erano tutti impegnati al massimo nella battaglia.
L’omino del sonno allora si diresse da solo verso Jack.
 
Alvin, in sella al proprio drago e con in mano la bambina che si dimenava, arrivò a qualche decina di metri sopra i presenti.
Hiccup fece il segno a Jack di partire in soccorso della piccola per poi far segno ai propri amici di cominciare l’operazione catena di fuoco.
Jack sfrecciò nel cielo verso Alvin e i Cavalieri di Berk al completo si scatenarono sui nemici.
Alvin, vedendo arrivare verso di se Jack, lanciò la bambina per aria e preparò il suo drago con le fauci spalancate, pronto per mangiarsela dinanzi a tutti.
Jack aumentò la velocità con la quale andava verso la ragazzina, allarmato dal gesto dell’infido; doveva raggiungerla ad ogni costo, non poteva sbagliare.
Il tempo sembrò fermarsi, Jack teneva una mano tesa davanti a se, pronto per afferrare la bambina in qualunque momento; quando infine, a poco dalle fauci della morte sussurrante, l’albino riuscì a prendere il braccio della bambina, il tempo riprese a scorrere e Alvin ringhiò per non essere riuscito nel proprio intento.
Tutto sembrava andare verso la fine della battaglia, i cavalieri di Berk avevano circondato i nemici con l’anello di fuoco e i guardiani avevano sconfitto tutti coloro che erano entrati nella sala del consiglio.
Jack prese bene in braccio la bambina rassicurandola, ormai il peggio era passato e niente avrebbe ostacolato la vittoria di Berk.
Jack: tranquilla, ora ti riporto dai tuoi amici, il peggio è passato – le disse rassicurandola con un sorriso.
Bambina: grazie mille Jack – disse stringendosi attorno al collo dell’albino.
Jack la strinse forte e cominciò a scendere verso gli altri.
La battaglia era ormai finita.
Alvin si era dato alla fuga e i suoi seguaci lo stavano seguendo a ruota; nessun monologo venne eseguito dall’infido prima della ritirata, nemmeno una promessa di vendetta.
I vichinghi stavano tutti esultando, era tutto finalmente finito.
In lontananza gli sguardi di Jack e Hiccup si incrociarono come due magneti, i loro volti erano sorridenti.
Con il tramonto di quel giorno come sfondo, i due pensavano già a cosa si sarebbero detti una volta rimasti soli e i gesti che si sarebbero scambiati.
Il loro contatto però, venne bruscamente interrotto.
 
Un’ombra nera attraversò il cielo e investì Jack in pieno, portandogli via il proprio bastone; senza di esso l’albino cominciò a precipitare nel vuoto con ancora in braccio la bambina.
Jack si guardò velocemente attorno, se lui si fosse schiantato al suolo non si sarebbe fatto gran che, ma la bambina sarebbe sicuramente morta, doveva salvarla; fu allora che vide Sand man poco lontano da se.
Jack: Sandy – urlò attirando la sua attenzione – prendila – gli urlò.
Sand man si avviò verso di lui  e Jack, volteggiando su se stesso per caricare il lancio, spedì la bambina verso di lui che la prese al volo.
Jack sorrise vedendola in salvo, Hiccup si era già gettato in picchiata verso l’albino per prenderlo al volo, ma uno scudo di sabbia nera lo fermò.
Hiccup: ma che diamine è questo? – chiese osservando enigmatico il muro che gli sbarrava la strada – Jaaaaack – urlò disperato, il non poterlo raggiungere lo terrorizzava e lo terrorizzava ancora di più la possibilità di perderlo di nuovo.
Sandy nel frattempo stava proteggendo la bambina che Jack gli aveva affidato, da degli enormi cavali neri che li avevano circondati.
Jack nella sua caduta, vide finalmente chi era colui che aveva interferito nel suo flusso temporale; sussurri, ombre, paure, era talmente ovvio.
Pitch Black.
Sopra di lui con in mano il suo bastone c’era lui, l’uomo nero.
Lo osservava silenzioso con il proprio sguardo nero.
Jack si accorse immediatamente che lui era diverso, più malvagio, più terrificante.
I suoi vestiti sembravano più logori e bucherellati verso il fondo, la pelle grigio cenere era piena di crepe e delle grandi occhiaie nere circondavano il suo sguardo di odio, i suoi occhi avevano la sclera completamente nera mentre le iridi mostravano al solita forma ad eclissi solare, con la sola differenza che ora l’eclissi era rosso sangue.
Le sue labbra erano nere come l’inchiostro e nel vedere che Jack stava per schiantarsi al suolo si distesero in un maligno sorriso, mostrandone i denti affilati; una nuvola nera precedette L’albino e si stagliò sotto di lui formando dei grandi spuntoni appuntiti, pronti a riceverlo.
Jack si allarmò, nessuno poteva andare in suo aiuto, tutti erano rimasti bloccati; nemmeno i guardiani riuscivano a liberarsi dei cavalli di sabbia nera che erano spuntati dinanzi a loro dal suolo e dalle pareti.
Jack allora guardò il firmamento; tra le nuvole nere della battaglia, si intravedevano le prime stelle della notte, erano luminose come non mai.
Gli ricordarono la propria amica Calien che era scomparsa dopo avergli mostrato il passato, uno strano pensiero da fare prima di morire non trovate?
Eppure se lei fosse stata li, avrebbe potuto bloccare Pitch e liberare almeno gli altri dalla sabbia nera.
In ogni caso lui sarebbe caduto verso l’oblio di spuntoni creato da  Pitch, ma almeno gli altri sarebbero stati salvi.
 
Una luce venne dal petto di Jack.
Lo avvolse come uno scudo, mostrando delle strane protuberanze, una simile ad una coda lunga e un’altra simile a quella di una testa di drago.
Lo scudo si aprì, riportando l’albino con se in alta quota; delle immense iridi azzurre si aprirono sul muso dell’enorme figura bianca e delle gigantesche ali bianche si materializzarono hai lati di essa.
Jack: Calien – urlò colmo di felicità nel vedere nuovamente la propria amica.
Calien: Non ti posso lasciare solo nemmeno un momento vero? – disse ironicamente con la sua dolce voce.
Pitch guardò la scena senza scomporsi, il suo comportamento era davvero cambiato; in passato un solo successo del nemico lo avrebbe mandato fuori dai gangheri, invece ora sembrava che niente potesse scalfire la sua calma letale.
Jack tremò nel sentire nuovamente su di se quello sguardo di morte che aveva l’uomo nero, con Calien si piazzò dinanzi a lui e insieme lo attaccarono, convinti cha avrebbero dovuto combattere duramente con lui. Ma così non fù; Pitch lanciò a Jack il suo bastone e creò un vortice dietro di se nel quale sparì, risucchiando in esso tutta la propria oscurità e le proprie ombre.
Jack rimase attonito e confuso, quale era lo scopo finale del suo gesto, cosa voleva ottenere Pitch da quello scontro? Ma soprattutto, quale Pitch Black era quello? Quello del passato o quello del futuro?
Domande che in quel momento non avrebbero trovato risposta.
Jack: è stato troppo facile – disse perplesso – non è da lui arrendersi così – concluse.
Calien: l’importante per ora è averlo sconfitto e ricacciato nella sua oscurità – disse con un mugugno lieve – al resto penseremo poi con tranquillità – disse virando verso i vichinghi.
Jack: Calien, come hai fatto ad apparire? – chiese con dolcezza – pensavo che non ti avrei più rivista, pensavo che tu…. – non riuscì a finire la frase – ero convinto di aver perso tutto.
Calien:Jack, io sono una parte di te – disse lei girando il proprio muso verso di lui – ogni volta che avrai bisogno di me, ti basterà chiamarmi e io verrò in tuo soccorso.
Jack a quella notizia sorrise e abbracciò la schiena della dragonessa, era felice che lei non lo avrebbe più abbandonato.
Tutti esultarono all’improvviso vedendo che ogni nemico si era ritirato, la battaglia erra finita, la guerra era stata vinta e Berk era salva, Hiccup volò con Sdentato verso Calien e Jack, i quattro finalmente si riunirono e si sorrisero.
Jack: a quanto pare è finita – disse abbassando lo sguardo verso Berk – ora c’è solo da ripulire il villaggio.
Hiccup: si e dobbiamo fare i funerali di coloro che se ne sono andati difendendolo – disse guardando anch’egli il villaggio.
Stoik li raggiunse con tornado.
Stoik: dopo i funerali banchetteremo alla nostra vittoria, tu e i tuoi amici Jack siete i benvenuti – disse mettendogli una mano su di una spalla – sarete celebrati come eroi – disse scotendolo lievemente – ci avete salvati.
Jack sorrise nel sentire le sue parole, ma dentro di se sapeva benissimo che il prossimo giorno, sarebbe stato devastante per lui e per Hiccup.
Aveva promesso una spiegazione al vichingo, ed era arrivato il momento di dargliela; doveva dirgli che non sarebbero potuti restare assieme, che si sarebbero dovuti separare nuovamente, che l’indomani sarebbe stato il loro ultimo giorno insieme.
Ma come avrebbe potuto?
 
Con quel pensiero in testa, scese con gli altri verso il villaggio per preparare i funerali dei caduti in battaglia.



un giorno solo separa i due ragazzi al loro addio definitivo.
come lo passeranno?
cosa si diranno in quel poco tempo che verrà concesso loro?
se volete saperlo leggete il prossimo capitolo.
Cap 14: Ti Amerò Per Sempre 1

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Ti Amerò Per Sempre 1 ***





La notte era calata su Berk dopo la battaglia,  i vichinghi stavano radunando i corpi senza vita dei propri cari distendendoli su delle pire, per dare loro l’estremo saluto non appena si fosse levata all’alba.
I guardiani aiutavano dove potevano gli abitanti, e cercavano di tenere su di morale i bambini del villaggio, mostrando loro meraviglie e divertimento.
Stoik era lieto che dei così importanti spiriti avessero aiutato il suo villaggio, ma non poteva non chiedersi il perché; lasciò cadere quella domanda concentrato dai preparativi dei funerali.
Jack che nel frattempo, assieme a Hiccup, si erano recati sulla spiaggia a controllare che non vi fosse più nessun nemico.
Jack: sembra che se ne siano andati tutti anche da qui – disse dalla groppa di Calien mentre guardava l’orizzonte – faremo meglio a tornare dagli altri ora – disse accarezzando la testa della dragonessa che mugugnò felice.
Hiccup: Jack, per quanto ancora rinvierai il nostro discorso? – gli chiese dalla sella di Sdentato piazzandosi dinanzi a lui – non credi che sia arrivato il momento delle spiegazioni ora? – gli disse col capo chino mentre stringeva le manovelle sulla sella di sdentato.
Jack, nel vederlo così teso non poté far altro che annuire.
Jack: hai ragione, ti devo spiegare molte cose – disse abbassando anch’egli il viso.
Hiccup: Facciamo così. Io chiedo e tu rispondi – disse scendendo da sdentato e incrociando lo sguardo con Jack.
Jack annui nuovamente, scese da Calien e si diresse verso la riva con Hiccup; i due si sedettero l’uno accanto all’altro lasciandosi dietro i due draghi che, approfittando del momento, si distesero l’uno accanto all’altra; entrambi i ragazzi erano con il cuore in gola, pronto a scoppiare in qualunque istante.
Le stelle erano sopra di loro e contornavano il silenzio che si era creato.
Hiccup: come hai fatto a sopravvivere all’esplosione di ghiaccio? – chiese improvvisamente dal nulla, dopo aver tirato verso di se le proprie ginocchia, procurando due solchi nella sabbia.
Jack: questa è la domanda più difficile di tutte al quale rispondere – disse guardando le onde del mare all’orizzonte – vedi Hic, io non sono il Jack del tuo tempo – disse sospirando – io vengo da duecento settant’anni nel futuro e sono tornato nel tuo tempo solo per impedire la tua morte e la distruzione di Berk – disse girandosi lentamente a guardare Hiccup.
Hiccup: Ma…… è impossibile – disse sgranando gli occhi – e poi … perché sei dovuto venire da così lontano? Perché non sei tornato prima? – gli chiese con gli occhi lucidi – ci avevi abbandonati per caso? – gli chiese col cuore in gola.
Jack: No – tuonò – non avrei mai fatto una cosa del genere – urlò alzandosi di scatto – il motivo per cui non sono più tornato – fece una pausa – è che l’esplosione mi aveva fatto dimenticare ogni singola cosa che riguardasse te o Berk – disse guardandolo fisso con i suoi occhi azzurro ghiaccio – avevo dimenticato ogni cosa su di noi – disse con voce tremula e sofferente – mi dispiace – disse infine con un tono spezzato.
Hiccup: vuoi dire che tu mi avevi dimenticato? – gli chiese con viso triste.
Jack annuì chinando lo sguardo, il vichingo dovette alzarsi e camminare per metabolizzare la cosa.
Hiccup: in duecento settant’anni … non è mai riaffiorato niente di tutto questo? – chiese, come se il fatto che Jack non ricordava, significasse che non aveva a cuore lui e il villaggio – e sentiamo allora – disse innervosendosi – com’è che avresti ricordato tutto? – disse allargando a vuoto le braccia e gesticolando.
Jack: in un incidente ho perso uno dei miei denti e…ah è complicato da spiegare così su due piedi – disse agitandosi e passandosi la mano nei capelli nervosamente.
Hiccup: tu provaci – disse appoggiato ad una roccia su un fianco.
Jack: i denti caduti contengono i ricordi delle persone e l’unica che può farvi accedere il proprietario è Dentolina – disse gesticolando un po’ agitato – quando ho perso il mio, ho cominciato a sentire la tua voce che mi chiamava, il suo suono era così nostalgico, ciò che vedevo nei miei sogni era così ..così…bello, mi faceva sentire bene – disse infine calmando la voce che per l’emozione andò scemando – allora ho chiesto a Dentolina di farmi accedere hai ricordi del mio dente e ho ricordato tutto quanto, ogni Singolo giorno che abbiamo passato insieme, ogni singolo istante – disse sospirando dolcemente – poi quando i ricordi si sono interrotti,… è stato come se il mondo mi crollasse addosso – confesso abbassando il viso nascondendolo col proprio cappuccio – comunque è così che ho ricordato tutto quanto – disse mettendo una mano in tasca e giocherellando col bastone con l’altra.
Hiccup rimase imbambolato, sapere come l’albino aveva riacquistato la memoria gli fece riflettere sul quanto doveva aver sofferto.
Hiccup: la visione di cristalli di neve – disse deglutendo – era reale, vero? – gli chiese con tutto il proprio coraggio.
Jack: si – disse con la voce spezzata – era una connessione tra il tuo tempo e il mio, una magia che ci ha permesso di comunicare per un’ultima volta, o almeno così credevo io – disse con voce rauca – ma Nord mi ha detto che dietro a quella magia c’era molto di più e così mi ha fatto incontrare la persona che ci ha rimandato fino a qui – disse girandosi verso di lui – padre tempo, il custode del flusso temporale del mondo.
Hiccup rimase senza parole.
Quante entità soprannaturali erano state coinvolte in tutto quello? Tutto per permettere di nuovo il loro incontro.
Hiccup: E i guardiani? – chiese ricordandosi della loro importanza – come mai loro sono qui nel passato con te? Non che la cosa mi dispiaccia ovviamente – disse gesticolando con le mani – ma come mai dei così potenti spiriti sono venuti proprio per noi?
Jack: dieci anni fa… cioè tra duecento sessant’anni, io mi unirò a loro diventando un guardiano – disse stringendo il proprio bastone – loro sono qui perché noi siamo una squadra e quando uno di noi ha bisogno, gli altri arrivano in suo soccorso – disse annuendo.
Hiccup capì benissimo quello Jack intendeva, era la stessa cosa che faceva la sua squadra dei cavalieri di Berk, si sostenevano a vicenda.
Hiccup: quindi loro sono qui per aiutare te, giusto?
Jack annui e si avvicinò a Hiccup tirandogli su il viso dal mento con estrema dolcezza.
In quel momento l’albino avrebbe voluto baciare il vichingo, avrebbe voluto sussurrargli parole dolci e d’amore, avrebbe voluto dirgli come il contatto con lui gli fosse mancato, come gli fossero mancato immensamente il suo sguardo verde muschio e il suo sorriso dolce; ma, in quel momento, ogni singola cosa sarebbe sembrata una scusa per evitare il discorso, perché c’era una cosa che lui non aveva ancora detto a Hiccup, ed era il particolare più devastante di tutti, loro si sarebbero dovuti dire addio.
Così Jack prese coraggio, smise di sostenere il viso del vichingo e sospirò guardandolo dritto negli occhi.
Hiccup notò quel cambio di gesti e capì che il ragazzo di ghiaccio aveva ancora qualcosa da dirgli.
Hiccup: Jack, va tutto bene? – gli chiese mentre faceva rimbalzare nervosamente i pugni sui lati delle gambe.
Jack: Hic, mi dispiace, ma – disse con gli occhi lucidi – dopodomani dovrò tornare nel futuro con i guardiani e noi… non ci rivedremo mai più – disse distogliendo lo sguardo dal vichingo.
Quella confessione fu la cosa più difficile per i due ragazzi; Hiccup fino a quel momento, in fondo al suo cuore, aveva sperato che loro due sarebbero rimasti insieme per sempre, senza più nessun intralcio alla loro storia, ma si sbagliava.
Il giorno seguente era il loro ultimo giorno insieme, dopo non ci sarebbe stato niente per loro due, niente e questo lo faceva stare male come faceva stare male Jack.
Le emozioni di frustrazione si sovrapposero l’una all’altra e il vichingo esplose.
Hiccup: Non è giusto – riuscì a dire con i denti serrati e i pugni stretti – NON VOLGIO LASCIARTI – urlò fuori di se – HO PASSATO LE PENE DELL’INFERNO CREDENDOTI MORTO E ORA CHE CI SIAMO RITROVATI TU – lo indicò –  VORRESTI DIRMI CHE CI DOBBIAMO SEPARARE DI NUOVO?! – urlò disperato – NO, NON CI STÒ.
Jack: Hic non ci posso fare niente – disse spalancando le braccia mentre lo seguiva – queste erano le condizioni con le quali avrei potuto salvare te e il tuo popolo – disse riuscendo a fermare il vichingo che si voltò con le lacrime agli occhi.
Hiccup: mi dispiace Jack, ma non voglio perderti ancora .. il mio cuore non reggerebbe anche questo dolore – disse correndo in lacrime verso Sdentato.
Hiccup volò via, scappando da quella loro discussione.
La sagoma del vichingo scomparve all’orizzonte e Jack rimase in silenzio sulla riva del mare, Calien si avvicinò lentamente a lui per fargli compagnia rimanendo però in silenzio, la dragonessa si distese sulla sabbia e l’albino gli si rannicchiò accanto in lacrime, con il cuore in mille pezzi e le braccia incrociate attorno allo stomaco, lei allora lo coprì con la propria ala, per impedire a chiunque di vedere il suo dolore immenso.
Hiccup nel frattempo era andato al laghetto con Sdentato e si era accasciato accanto all’amico nello stesso modo di Jack, anch’egli era in lacrime e aveva il cuore in mille pezzi, teneva le braccia sul muso dell’amico drago. mentre sussurrava a se stesso “perché?”.
Come avrebbero potuto risolvere quella situazione in un solo giorno? Come avrebbero potuto dirsi addio senza farsi ancora del male?
Nessuno dei due aveva la risposta e la notte passò nel dolore di quei loro pensieri.
 
All’orizzonte cominciò l’albeggiare del giorno.
Tutti i vichinghi, i draghi e i guardiani, si riunirono nella piazza principale dove, durante la notte, i corpi senza vita erano stati radunati sopra delle pire; al capo villaggio e a suo figlio, spettava l’onore di avviare il falò del trapasso delle anime.
Tutti attendevano dietro di loro, radunati in cerchio, come fossero una cosa sola.
Stoik e Hiccup, con in mano le proprie torce, si avvicinarono hai cumuli e diedero loro fuoco seguiti poi a ruota dal resto del villaggio; l’anziana consigliera nel frattempo, intonava delle preghiere nordiche a Odino pregandolo di aiutare nel trapasso i guerrieri caduti.
Il momento era solenne e Jack solo, tra tutti i guardiani, partecipò al lancio delle fiaccole; se lui avesse avuto una scelta, avrebbe fatto fatica a decidere di tornare nel futuro, probabilmente sarebbe rimasto li, a Berk, con Hiccup e tutti gli abitanti del villaggio tra i quali ormai si sentiva a casa, ma il futuro lo aspettava.
Sapeva benissimo che i sotterfugi di Pitch erano solo all’inizio e doveva tornare per difendere i bambini di tutto il mondo dalle sue macchinazioni, era il suo compito come guardiano, lo aveva giurato.
I guardiani contemplarono il viso solenne che aveva Jack, era rapito dal quel momento, si vedeva che era dispiaciuto; loro si meravigliarono ancora di più quando lui si unì a tutto il villaggio nelle preghiere nordiche per i caduti.
Nord, nel vedere l’attaccamento di Jack al villaggio, capì.
Quando sarebbero tornati, lui avrebbe avuto bisogno di tempo per metabolizzare l’essersi lasciato tutto alle spalle e che il ricordo di quel luogo lo avrebbe accompagnato in eterno.
Gli sguardi del vichingo e del ragazzo di ghiaccio si incrociarono per qualche istante durante la cerimonia ma subito si scansarono, nessuno dei due era pronto per dire addio.
Jack infine, quando ormai i corpi erano niente di più che carbone, radunò tutte le nuvole possibili e fece scendere una candida neve leggera, che spazzò via la tristezza.
I funerali erano finiti e i piazzali erano stati ripuliti, ora era il momento di festeggiare l’Epica vittoria di Berk.
 
La grande sala del consiglio, durante la notte era stata ripulita e sistemata; era pronta per accogliere i lunghi festeggiamenti, banconi ricchi di cibo si stagliavano dinanzi agli occhi dei guardiani; non avevano mai visto una celebrazione vichinga e non si aspettavano tutta quella abbondanza, soprattutto dopo una battaglia.
Nord aveva l’acquolina in bocca e come lui anche Sand man; erano pronti a fiondarsi sulle bistecche di yak e sulle cosce di pollo, Calmoniglio e Dentolina invece cercavano disperati un po’ di verdura, la carne a loro non piaceva, specialmente a Calmoniglio; si sentiva minacciato da tutti quei “Carnivori” come li chiamava lui; ma non era ancora il momento di mangiare, era il momento delle risa e delle bevute in onore dei caduti, il banchetto sarebbe stato consumato la sera.
Jack gironzolava per la stanza, osservando la gente del villaggio, sembrava di essere tornati alla sera di Snoggletog.
Per lui, quella sera era lontana decenni, ma per i vichinghi erano passati solo due giorni.
Improvvisamente, da dietro l’albino arrivò Astrid, che lo prese per il cappuccio e lo trascinò fuori dalla sala con la forza, portandolo poco dietro l’entrata della sala, dove nessuno li avrebbe visti.
Jack: hei mollami – provò a protestare senza successo.
Astrid: ora – disse con voce dura – tu mi spieghi cosa hai detto a Hiccup, perché è la prima volta che lo vedo così atterra – gli disse prendendolo per il collo della felpa e sollevandolo da terra.
Jack: non sono affari tuoi Astrid – tuonò l’albino.
Astrid: mi sembrava di averti avvisato quel giorno fuori dall’accademia del drago – disse togliendo le mani dalla sua felpa – ti avevo detto che sarebbero stati guai per te se lo avessi fatto soffrire – disse tirandogli un pugno nello stomaco.
Jack si chinò leggermente per il dolore e fece due colpi di tosse.
Astrid: ora tu mi dici cosa è successo tra di voi dopo la battaglia – gli disse tirandolo su per una spalla.
Jack: non credo di dovere a te delle spiegazioni – disse guardandola con il suo sguardo di ghiaccio furente, uguale a quello che aveva quando lei ferì Calien.
Astrid, sotto quello sguardo, ebbe paura e staccò la mano da Jack, l’albino si sistemò la felpa e si girò per andarsene, ma ad un certo punto si fermò.
Jack: io non posso più restare qui a Berk, ecco cosa ho detto a Hiccup – disse facendo sobbalzare la vichinga – domani mattina io tornerò da dove sono venuto con i miei compagni e io e lui non ci potremo mai più rivedere – disse sospirando.
Astrid: perché? – riuscì a dire dopo qualche istante – tu non sei obbligato ad andare con l-loro, giusto? – disse incerta – tu.. lui.. non è giusto – riuscì solo a dire.
Jack: Astrid – disse fermando il suo delirio e mettendogli le mani sulle spalle – da dopo che me ne sarò andato – disse con voce roca – ti affido Hiccup, rendilo felice e sostienilo con tutta te stessa, perché io non sarò più qui per lui quando ne avrà bisogno – finì con gli occhi lucidi.
Astrid rimase commossa nel vedere il dolore dello spirito e annuì; quando Jack la lasciò, lei lo abbracciò sorprendendolo.
Astrid: mi dispiace per tutto quanto Jack – disse poi staccandosi da lui – non volevo colpire Calien, non so cosa mi sia preso quel giorno – disse scotendo la testa.
Jack: non era colpa tua – disse sorprendendo la vichinga che alzò il volto di scatto – eri stata manovrata da Pitch Black, lo spirito che ieri si è manifestato durante la battaglia contro i rinnegati – le spiegò – lui può manipolare le paure più profonde delle persone e ora, a quanto pare, può anche indurle ad agire per la sua volontà – disse giocherellando nervosamente con il proprio bastone.
Astrid: le ombre – disse sovrappensiero dopo la spiegazione di Jack .
Jack: come? – chiese credendo di non aver sentito bene.
Astrid: la notte di Snoggletog ero nella mia stanza, mi girava la testa per il troppo alcol e – disse massaggiandosi la tempia destra con le dita della mano – ho visto molte ombre girare attorno a me, mi sussurravano dei pensieri orribili, pensavo che fossero i miei – disse tremando – poi avevano cominciato a elencare le mie paure e poi…p-poi – si incantò mentre tentava di ricordare.
Un’ombra si era manifestata dinanzi a lei nei suoi ricordi e le stava dicendo di uccidere Jack e Calien, così che Hiccup sarebbe stato solo suo; quando finì di ricordare, la ragazza si accasciò a terra nella neve.
Jack subito la soccorse e la aiutò ad appoggiarsi al muro, quando vide il terrore sul suo viso lui capì che l’ombra di Pitch era ancora in lei, allora gli si allontanò e creò sul palmo della propria mano, un cristallo di neve bianco e lucente; il fiocco volò sul viso atterrito della ragazza e si infranse sul suo naso, ridonandogli il sorriso.
Un piccolo accumulo di sabbia nera, scappò dall’ombra della vichinga.
Astrid: l’ombra, non c’è più – disse sorridendo – se ne è andata finalmente – esultò – grazie Jack – disse lei con gli occhi lucidi dalla felicità.
Jack: è per questo che devo tornare nel futuro Astrid – disse lui, meno felice della ragazza – i bambini e le persone del futuro dal quale provengo sono in pericolo – disse voltandosi a guardare la luna che stava sorgendo all’orizzonte – l’ombra che aveva offuscato la tua mente, sta preparando la sua vendetta e io lo devo fermare ad ogni costo – disse chinando il viso – e mio dovere come guardiano.
Astrid: ora capisco perché non puoi restare, ma lo devi dire anche a lui, altrimenti non si darà mai pace, lo conosco – disse avvicinandosi a lui – comunque va bene, ti prometto che mi occuperò io di Hiccup dopo che sarai partito – disse mettendosi accanto a lui a osservare anche lei la luna.
Jack: grazie Astrid – disse sorridendogli per la prima volta.
Astrid ricambiò il sorriso e gli tiro un pugno sulla spalla, Jack ridacchiò mentre si massaggiava il punto in cui lei lo aveva colpito, gli doleva parecchio; i due, durante tutto il discorso, non si erano accorti che, da dietro una delle due sculture all’entrata della sala, Hiccup li aveva ascoltati per tutto il tempo.
Il vichingo aveva le lacrime agli occhi, non aveva minimamente capito l’importanza della missione per la quale Jack se ne sarebbe dovuto andare, aveva pensato solo al proprio dolore.
Hiccup si sentì egoista, si asciugò le lacrime e decise di voler sistemare la situazione con Jack prima del ricevimento della sera, ma mentre si stava avviando verso i due, Stoik lo fermò e lo trascinò nella sala con se.
Hiccup: papà, lasciami – disse dimenandosi – devo andare a fare una cosa urgente – protestò.
Stoik: potrai farla dopo – disse tirando su dritto il vichingo – ora dobbiamo fare il discorso di inizio banchetto.
Hiccup sbuffò per lamentarsi e Stoik gli diede una pacca sulla schiena per incitarlo a camminare verso il centro della sala.
Jack e Astrid entrarono anch’essi nella sala e si misero hai rispettivi tavoli, pronti a sentire il discorso di Stoik e Hiccup.
Il discorso non durò molto, l’Immenso disse giusto due parole e fece intervenire anche Hiccup, che si inceppò timidamente facendo rallegrare l’intera sala; l’albino osservava ogni gesto del vichingo, sapeva benissimo che avrebbe preferito essere altrove, bastava guardarlo in faccia.
Hiccup. quando vide il viso sognante di Jack perso verso di se, si riprese dall’imbarazzo; allora raccolse tutto il proprio coraggio e disse ancora due parole.
Hiccup: Ieri, come già detto da mio padre, abbiamo perso molti compagni, ma grazie al loro sacrificio, al loro coraggio, abbiamo ottenuto moltissimo – disse con un tono solenne indicando tutti i presenti – abbiamo salvato il villaggio, abbiamo protetto i nostri cari, come anche loro – disse con enfasi – noi non dimenticheremo mai il loro sacrificio – disse alzando il proprio boccale e salendo poi sul tavolo in piedi – a noi e ai caduti, gli eroi di una battaglia che passerà alla storia dei vichinghi – disse bevendo il primo sorso.
Tutti: a noi e hai caduti – esultarono alzando il boccale verso Hiccup per poi bere anch’essi .
Jack era rimasto incantato dal discorso incoraggiante del vichingo, il cuore gli si era riempito di coraggio e di fuoco nel sentirlo, tutti applaudivano dinanzi alla saggezza di Hiccup e Stoik era fiero come non mai del proprio figlio.
 
Tutti si misero a tavola e cominciarono a mangiare, Jack e i guardiani erano a tavola con Stoik, Scaracchio e Hiccup che era divenuto improvvisamente silenzioso.
Stoik: è un onore avere alla mia tavola degli spiriti del grande Odino – disse allargando le braccia – Jack mi aveva detto che voi siete tra i più importanti spiriti di questo mondo, ma fino a ieri non avevo realmente capito quanto questo fosse vero – ammise mentre prendeva un pezzo di coscia di pollo e lo mangiava.
Scaracchio: concordo in pieno – disse mangiando una coscia di pollo in un sol boccone.
Nord: noi non è spiriti del grande Odino – disse ridacchiando – noi è guardiani scelti dalla luna – disse sorridendo.
Scaracchio. Questa si che è bella – disse sorpreso quanto Stoik – Spiriti di un’altra divinità che ci vengono in aiuto – disse ridacchiando – il cielo ci protegge per davvero.
Tutti risero a quella battuta, tutti meno i due ragazzi silenziosi.
I guardiani erano tutti seduti su un lato del tavolo, mentre i tre vichinghi erano seduti sull’altro; Jack e Hiccup erano seduti l’uno di fronte all’altro, Nord aveva alla sua sinistra Calmoniglio che a sua volta aveva accanto Dentolina con Sandy; scaracchio e Stoik erano invece dal lato opposto e Stoik sedeva vicino al figlio.
Nord: noi vi ringrazia di esservi presi cura di Jack mentre lui era qui .
Stoik: è stato un onore averlo con noi al villaggio, ci ha regalato molti momenti piacevoli con la sua neve – disse sorridendo – ci ha anche salvati dalla paura che aveva attaccato il villaggio due settimane fa.
Calmoniglio: be devo dire che ti sei dato da fare mentre eri qui ghiacciolo – disse sporgendosi all’indietro per istigare Jack.
Jack: mangia le tue carote, coda di cotone – disse con un sorriso provocatorio – altrimenti tornerai a essere piccolo e carinooo – disse facendo delle smorfie dolci per stuzzicarlo.
Calmoniglio: Hehe, spiritoso – disse mentre arreso, mangiava le carote.
Nord: fate bravi voi due – disse calmandoli entrambi con il suo solito sorriso.
Stoik: posso farvi alcune domande? – chiese dopo aver sorseggiato la propria birra.
Dentolina: Certamente, saremo lieti di rispondere, vero? – chiese conferma girandosi verso i propri compagni vedendo Nord intento a ridacchiare mentre Calmoniglio si sfregava la coda appena congelatagli da Jack.
Nord: oh si – disse girandosi – noi risponde più che volentieri.
Stoik: bene, allora – disse preparandosi a sganciare le mille domande che aveva su di loro.
Stoik chiese loro come mai raccogliessero i dentini, portassero regali e sogni ma soprattutto che senso aveva che un coniglio portasse delle uova; i guardiani risero subito a quella domanda e uno ad uno spiegarono l’importanza e il significato del proprio compito.
L’Immenso rimase sbalordito dalla spiegazione che ognuno di loro diede e capì che anche Jack era divenuto importante quanto loro, così gli venne naturale fare un’ultima domanda.
Stoik: alla luce di ciò che mi avete detto non posso che chiedervi un’ultima cosa – disse lisciandosi la barba – Jack, quando partirete, verrà via con voi?
Il silenzio calò sul loro tavolo, Hiccup si ingozzò e Scaracchio gli diede una pacca per farlo riprendere, i guardiani invece si guardarono e spostarono il proprio volto su quello di Jack che nel frattempo si era congelato a guardare il proprio piatto ancora vuoto.
Nord: si – disse sospirando – Jack domani mattina tornerà con noi – disse facendo scorrere il proprio volto tra i due vichinghi – è uno membro molto importante del nostro gruppo e ha fatto giuramento a uomo nella luna di proteggere i bambini di tutto il mondo – disse con dolcezza – in futuro ci aspetta grande battaglia e abbiamo bisogno di lui – disse guardando fisso Stoik – ci dispiace portare lui via da voi, ma dobbiamo.
Stoik: capisco – disse facendo giare nel proprio palmo il bicchiere di birra – quindi questa è la tua ultima sera tra noi – disse sospirando, capendo quale dolore stesse provando il figlio – ci mancherai moltissimo qui a Berk ragazzo – disse guardandolo con un sorriso da padre.
Jack: Grazie Stoik, mi mancherete tutti anche voi – disse con voce rauca guardando più di tutti Hiccup.
Stoik annuì.
Jack si sentiva malissimo, era sul punto di piangere in quel momento, così si alzò e disse che sarebbe andato a prendere una boccata d’aria; era una scusa ovviamente, ma gli altri lo lasciarono uscire.
Hiccup vide il viso dell’albino e capì subito perché lui stesse uscendo, non sapeva se seguirlo o meno, non sapeva come scusarsi per il proprio comportamento della sera prima; così rimase li a giocherellare con il cibo nel proprio piatto, indeciso sul da farsi e colmo di dolore.
Quando Jack fu fuori dalla sala, un vento freddo lo investì facendolo sentire molto meglio; amava il calore di quella sala, ma il troppo stroppia quando si è uno spirito del gelo.
Si incamminò giù per le scale che conducevano all’entrata della sala e arrivò al piazzale principale del villaggio, dove al centro si era formata una grandissima pozzanghera ghiacciata; nel vederla Jack ci si sedette sopra, la lastra rifletteva la magnifica luna che aveva sopra di se e guardandola seppe di dovergli delle spiegazioni per la loro presenza li.
Jack: ciao Manny – disse fissando la luna con rispetto – so che la situazione può essere confusa – disse alzandosi – noi veniamo dal futuro e domani ci torneremo – spiegò velocemente.
La luna irradiò il ragazzo di ghiaccio, chiedendogli come mai fosse così triste nonostante avesse trovato il suo posto nel mondo.
Jack: domani dovrò dire per sempre addio a Hiccup e questo mi ferisce più di una spada – disse chinando il viso – so di avere dei doveri nel futuro ma, vorrei così tanto poter restare con lui e vivere un'unica e felice vita insieme … io – si fermò, sollevò il viso guardando la luna e poi disse – scusa, stavo rinnegando nuovamente chi sono, sono un vero ingrato – disse scotendo la testa – domani tutto tornerà come prima e io e lui non ci rivedremo mai più.
La luce della luna si fece più intensa e Jack dovette distogliere lo sguardo da essa, parandosi con un braccio gli occhi; in quel momento qualcosa cadde dinanzi a lui.
Quando la luce si affievolì, Jack aprì gli occhi e trovò per terra, dinanzi a se, i propri vestiti di Berk; gli scarponi, la maglia, il giacchetto, gli avambracci e il mantello di pelle di yak, c’era proprio tutto quanto.
L’albino allora guardò enigmatico la luna. Perché gli aveva mostrato quei vestiti? Voleva che li indossasse? E se cosi era, per quale motivo?
La luna disse a Jack di indossarli e il ragazzo obbedì; indossò nuovamente i panni di Berk.
Non appena lo fece si sentì molto meglio, per un qualche istante pensò di essere di nuovo umano; una folata di vento investì l’albino che tremò sotto il gelo di quest’ultima.
Sbalordito da quella sensazione si ricordò le parole di Kronos “La notte prima del vostro ritorno riceverai un regalo, nel preciso momento in cui guarderai tuo riflesso nel ghiaccio di una pozzanghera; fanne buon uso perché svanirà con il sorgere del sole”
Jack allora si guardò nel riflesso della pozzanghera e sobbalzò nel vedere che era tornato umano.
Jack: ma … come è possibile? – chiese guardando la luna.
Manny gli rispose che era un dono per le sue gesta e che però il cambiamento sarebbe durato solo fino al mattino, nel preciso momento in cui tutti i guardiano fossero stati pronti a partire per tornare a casa.
Jack nell’udire quelle parole lasciò cadere una lacrima e ringraziò con tutto il cuore l’uomo nella luna.
 

Jack è tornato nuovamente umano.
cosa succederà ora?
i due manti faranno pace?
riusciranno a godersi l'ultima notte concessa loro?
come si diranno addio?
lo scoprirete in...
Cap 15: Ti Amerò Per Sempre 2

se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Ti Amerò Per Sempre 2 ***





Hiccup, a tavola con gli altri, non ce la fece più, si alzò e si congedò come prima aveva fatto Jack per prendere una boccata d’aria, nel momento stesso in cui mise fuori il piede destro dalla sala e la porta si chiuse dietro di lui, rimase sbigottito.
Dinanzi a se, che saliva le scale, vi era Jack, ed era umano, nuovamente umano.
I suoi capelli erano marroni e i suoi occhi erano rimasti azzurro ghiaccio, la sua pelle era più scura, viva e indosso aveva i vestiti di Berk.
Il cuore del vichingo sembrò voler scoppiare, le lacrime invasero il suo volto impedendogli di vedere bene il viso di Jack, che si avvicinava sempre di più al suo.
Jack strinse le proprie mani attorno alle braccia di Hiccup e lo tirò verso di se, facendo si che le loro labbra si incrociassero a metà strada, creando un turbine di cristalli di neve leggero tutto attorno a loro.
Le loro labbra si incrociarono e incrociarono, sembravano non volersi più separare; quel contatto così intenso fece dimenticare ad entrambi le proprie preoccupazione e gli fece ricordare invece il punto nel quale, due giorni prima, erano stati interrotti da Stoik.
I loro cuori si cercavano e quella era la loro ultima notte assieme; Jack voleva a tutti i costi renderla memorabile per entrambi.
La loro prima e ultima volta.
 
Sandy, che era andato a vedere come stava Jack, stava assistendo alla scena dell’ intenso bacio tra i due, era divenuto bronzo in viso e ridacchiava in silenzio, era felice per il suo amico.
Jack lo notò e vide che l’omino del sonno stava riproducendo due pollici in alto, sia con le proprie mani, sia con la sabbia d’orata.
Non appena finì il bacio, Jack prese in braccio Hiccup, fece l’occhiolino a Sandy per ringraziarlo dell’incoraggiamento e prese il volo, andando verso la casa del vichingo.
Astrid che era uscita per vedere se Hiccup stesse bene, vide la scena e un sorriso malinconico si stampò sul suo viso sapendo come i due avrebbero reso indimenticabile per entrambi quella notte; l’omino del sonno allora, vedendo il viso triste della vichinga, gli fece segno di sorridere per tirarla su di morale.
La vichinga sorrise a Sandy, anche se non aveva ben capito le sue intenzioni; entrambi tornarono dentro la sala e Astrid tornò al tavolo dei cavalieri di Berk.
 
I due amanti nel frattempo erano arrivati a destinazione.
Hiccup era rosso come un peperone in viso, abbracciato com’era al suo amato Jack, sentiva il suo cuore che batteva velocissimo; i due scesero sul tetto e si calarono nella stanza del vichingo dalla finestra, prima Jack e poi Hiccup.
Nell’entrare il vichingo scivolò e Jack lo prese al volo per il bacino con entrambe le mani a palmo aperto, facendolo scendere verso le proprie labbra lentamente, tenendolo ancora sospeso nel vuoto; lentamente lo fece scendere verso di se e Hiccup si avvinghiò a lui stringendolo forte.
I due si guardarono negli occhi, l’uno rifletteva l’immagine dell’altro; una sola e unica candela illuminava la stanza in quel caldo momento e ciò bastava a mostrare l’imbarazzo di entrambi.
Un po’ impacciati, i due cominciarono a togliersi l’un l’altro i vestiti, Jack aveva le mani che tremavano ogni volta che si appoggiavano sulla pelle calda di Hiccup e nel togliergli la maglietta gli capitò più volte di appoggiare completamente il palmo delle proprie mani sulla schiena del vichingo, che a ogni suo tocco, sembrava sciogliersi dal piacere.
I due erano ormai a dorso nudo ed entrambi avevano già slacciato la cintura dei pantaloni; lentamente si distesero sui letti.
Jack era sopra Hiccup che lo fissava come se ammirasse il cielo stellato per la prima volta in vita sua, i due si avvicinarono e ricominciarono a baciarsi, Hiccup teneva le proprie braccia attorno al collo di Jack che contornava il corpo del vichingo con le proprie mani, scendendo sempre di più, sempre di più, fino a ritrovarsi nuovamente all’apertura dei pantaloni del vichingo.
Il cuore di Hiccup mancò un battito quando Jack vi infilò la mano; nel sentire quel calore, il vichingo rilasciò un gemito di piacere portando in dietro la testa; Jack mosse lentamente la mano avanti e in dietro sul membro del vichingo, sentendo un calore che premeva sul proprio facendolo indurire.
Per entrambi quelle sensazioni erano nuove e travolgenti, così tanto che, senza nemmeno accorgersene, si trovarono anche senza pantaloni; i due si guardarono intensamente mentre Jack premeva i due membri l’uno contro l’altro, continuando il movimento altalenante della propria mano.
Entrambi si ritrovarono a gemere di piacere e, col respiro affannato, cercarono nuovamente le labbra dell’altro; Jack lentamente si defilò dal bacio, cominciando a baciare il collo del vichingo che teneva una mano tra i capelli dello spirito e l’altra sulla cima della sua schiena.
Jack contornò con le proprie labbra ogni singola parte del corpo del vichingo, dalle spalle alla parte alta del petto, scendendo poi verso il centro e infine arrivando al bacino; a quel punto lo spirito del gelo, fece scorrere la propria mano lungo tutta la gamba sinistra del vichingo, arrivando alla parte amputata che era senza protesi, si sollevò dal corpo e si volto per baciarla, tornando poi lentamente al bacino di Hiccup, che continuava ad avere il fiato corto per l’eccitazione.
Jack allora, si inumidì un dito e lo usò per lubrificare per preparare il vichingo alla penetrazione, che nel sentire il tocco dello spirito si impaurì.
Hiccup: Jack – disse tra uno spasmo e l’altro – io ho paura – disse con uno sguardo dolce e con gli occhi lucidi.
Lo spirito del gelo allora tornò col viso dinanzi a quello del vichingo e gli sussurrò all’orecchio.
Jack: anche io ho paura – confessò con la voce tremula – ma non ti devi preoccupare – gli disse fissandolo con i propri occhi azzurro ghiaccio, profondi come il mare – continua a guardarmi negli occhi – gli disse mentre sollevava lentamente il suo bacino - stringiti forte a me e vedrai che andrà tutto bene – gli disse con un dolce sorriso bianco neve che fece annuire istintivamente Hiccup – ti amo Hiccup – gli sussurrò mentre lo penetrava col proprio membro lentamente.
Il vichingo gemette un istante per il dolore della prima penetrazione e strinse le braccia fortissimo attorno al collo di Jack che cominciò lentamente ad muoversi avanti e indietro all’interno di esso.
Anche a lui la penetrazione fece un po’ male, ma non voleva darlo a vedere al suo amato, perché voleva aiutarlo a calmarsi; il metodo dello spirito funzionò e i gemiti di dolore di entrambi divennero ben presto di piacere, il dolore sparì completamente e i due poterono godersi quel grande momento di totale unione dei loro corpi.
La libido del momento travolse completamente i due ragazzi che cambiarono spesso posizione, arrivando a trovarsi Hiccup seduto sopra il bacino di Jack e quest’ultimo da sotto, lo sollevava dal bacino per far continuare il movimento di penetrazione; i due vennero più e più volte ma non riuscirono a fermarsi, non volevano fermarsi.
Avrebbero continuato fino allo sfinimento, perché volevano imprimere nella memoria, in eterno, quella loro unica notte assieme.
 
La notte era ormai inoltrata e tutti i vichinghi nella sala del consiglio, andarono nelle proprie case, per chi ne aveva ancora una, mentre chi era temporaneamente senza una casa si radunò a dormire nella sala del consiglio, dove rimase anche Stoik assieme ai guardiani; la sera, durante il banchetto, Sandy era rientrato nella sala dicendo loro che i due piccioncini non sarebbero tornati a tavola, lui aveva capito subito a cosa lui alludesse in realtà, capendo che non sarebbe dovuto rientrare a casa quella sera.
Il falò al centrò della sala venne spento e tutti si coricarono felicemente, stanchi e con la pancia piena; Sandy decise di donare dei bei sogni a tutti gli abitanti del villaggio quella sera, non solo ai bambini, per rallegrarli ulteriormente e portare loro un po’ di pace.
Ma nel villaggio c’era ancora chi non dormiva e chi di sicuro non avrebbe dormito fino al giorno seguente; Astrid e i cavalieri di Berk erano tra questi.
Il gruppetto vichingo si era radunato su di un luogo di vedetta, uno dei tanti usati durante la guerra contro i draghi; ormai quei luoghi erano solo i ritrovi ideali per chi, come loro, non riusciva a prendere sonno.
Astrid da quel luogo, vedeva benissimo la casa di Hiccup e vedeva anche chiaramente la luce uscire dalla stanza del vichingo.
Nonostante sapesse che, dal giorno seguente in poi, Hiccup sarebbe stato solo suo, saperlo coricato accanto a Jack a fare l’amore gli corrodeva il fegato incredibilmente.
Sapeva che non sarebbe mai riuscita a colmare completamente il vuoto lasciato da Jack e questo la innervosiva ulteriormente, i suoi pensieri scivolarono via e tornò a godersi l a serata in compagnia dei propri amici.
 
Il vichingo e lo spirito del gelo ormai avevano finito di consumare la loro passione; erano arrivati al punto di non riuscire nemmeno a muovere un solo muscolo.
Jack: wow – disse disteso nel letto sotto le coperte con accanto Hiccup abbracciato a lui – è stato incredibile – confessò con una voce un po’ stanca e trasognata.
Hiccup: già, lo è stato davvero – confermò allo spirito del gelo – La nostra prima volta – cercando col proprio, lo sguardo di Jack.
I due sospirarono contemporaneamente.
Erano ancora nudi, sotto le coperte; nessuno dei due voleva muoversi da quella posizione, perché si sentivano finalmente in pace e completi, il pensiero di doversi separare da li a poche ore li distruggeva entrambi, ma almeno avevano donato l’uno all’altro qualcosa di inestimabile e indelebile, che non sarebbe mai svanito.
Hiccup sapeva di dover interrompere quel bel momento per parlare di quello che era successo la notte prima, così si fece coraggio e si mise a sedere sul letto.
Jack: Hic, tutto bene – chiese preoccupato dopo aver visto l’espressione del vichingo.
Hiccup: Jack – disse portandosi a fatica la gamba destra alla spalla – mi dispiace per ieri sera – disse guardandolo serio – non avevo capito quanto fosse importante la missione che ti attende nel futuro.
Jack: non preoccuparti – disse lui alzandosi e accarezzando il suo volto – chiunque dopo ciò che hai passato avrebbe reagito nello stesso modo – disse appoggiando la fronte alla sua – mi hai visto morire due volte nello stesso giorno dopo tutto – disse accarezzandolo nuovamente.
Hiccup: Lo so ma… non dovevo scappare in quel modo – disse scotendo la testa – facendo così ti ho ferito e mi dispiace – disse chinando il proprio volto.
Jack lo tirò verso di se e lo abbracciò dolcemente, tenendolo stretto a se per qualche minuto.
Hiccup, tra le braccia dell’amato, si sentì meglio e cominciò a pensare agli anni che jack aveva passato senza di lui, alle cose che aveva visto alle cose che aveva fatto, dopotutto aveva trecento anni ormai; in tutto quelle domande che gli saltarono in mente, solo una, forse la più inutile in quel momento, gli uscì dalla bocca.
Hiccup: Jack – disse per attirare la sua attenzione.
Jack: dimmi – rispose lui  con un sorriso bianco neve.
Hiccup: quanti anni avevi prima di diventare uno spirito? – gli chiese guardandolo con innocenza.
Jack rimase in silenzio per qualche secondo, dopo di che scoppiò a ridere e si piegò in due dalle risate.
Hiccup: Perché ridi? – chiese facendo la faccia da finto offeso.
Jack: perché con tutte le cose che potevi chiedermi, proprio la cosa più strana sei venuto a chiedermi – gli disse baciandolo sulla fronte mentre rideva ancora.
Hiccup: uffa, va bene non fa niente – disse infilandosi completamente sotto alle coperte.
Jack allora si girò verso di lui e gli sussurrò all’orecchio la propria età .
Hiccup: come? – disse uscendo da sotto le coperte – non ho capito – disse risedendosi tranquillo.
Jack: io sono morto tre giorni prima del mio ventesimo compleanno gli ridisse tenendosi su con un braccio mentre era ricurvo con le gambe distese sul letto.
Hiccup: quindi sei più grande di me di tre anni – disse arrossendo – pensavo che avessimo la stessa età – disse con una piccola nota di dispiacere nella voce.
Jack: be il mio cervello ne dimostra molti di meno, quindi credo che alla fine sei più grande tu di me – disse ridacchiando.
Hiccup rise a quella sua battuta.
Jack: Sai, in queste decadi ho vissuto ogni giorno uguale all’altro, fino a dieci anni fa – disse tirandosi su seduto anch’egli – ti andrebbe di ascoltare un’avventura importantissima che ho vissuto? – gli chiese frenetico.
Hiccup annui, ricordandosi che la prima volta che si erano raccontati le reciproche avventure, Jack aveva potuto solo raccontare la propria rinascita al vichingo.
Jack, felice come era raccontò a Hiccup l’avventura vissuta al fianco dei guardiani, gli raccontò di come fù rapito dagli yeti e di come avesse rifiutato inizialmente il suo ruolo di guardiano, di come poi avevano tentato di raccogliere i dentini per Dentolina e di come avessero perso Sandy, di come lui affrontò Pitch di petto tutto da solo, di come poi Pitch lo incastrò con il richiamo dei ricordi dei propri denti e di come tentò di fargli il lavaggio del cervello; quel pezzo in particolare terrorizzò Hiccup, Jack era stato davvero molto vicino al passare dalla parte del male, ma nonostante ciò era tornato dai propri amici più carico che mai e pronto ad aiutarli per proteggere l’ultimo bambino che credeva, il famoso Jamie come già lo aveva rinominato lui.
Jack raccontò di come Jamie, nel futuro, fù il primo a vederlo e di come grazie a lui e hai suoi amici fecero tornare Sandy e sconfissero Pitch.
Jack: una volta sconfitto lui, ho giurato dinanzi ai guardiani, a Manny e hai bambini di Burgess – disse tenendo un tono calmo e pacato – di proteggere tutti i bambini del mondo, i loro sogni e le loro speranze – concluse.
Hiccup: e da quel giorno i bambini anno cominciato a vederti tutti quanti? – chiese frenetico e sorridente.
Jack: Si tutti quanti – gli rispose ridendo nel vedere la sua frenesia.
Hiccup: è fantastico Jack – gli disse abbracciandolo dolcemente – sono contento che anche tu hai vissuto la tua grande avventura – gli disse accarezzandolo lui per la prima volta.
Jack rimase incantato da quella carezza e quando Hiccup stava per interrompere quel contatto, lui lo fermò sostenendo con la propria mano quella del vichingo.
Jack: restiamo così ancora un po’ ti prego – gli chiese supplicante – voglio imprimere questo tuo calore nella mia pelle – disse con voce tremula e dolce.
Hiccup allora accarezzò Jack con entrambe le mani, accorgendosi che era sempre stato lo spirito del gelo a baciarlo; mai lui aveva preso l’iniziativa, così in quelle ultime ore che gli rimasero, il vichingo atterro sul letto lo spirito e lo baciò intensamente, passando “all’attacco”.
Jack si sentì travolto da quel bacio e la cosa gli piacque parecchio, così tanto da distendere le braccia in segno di resa.
Jack: se volevi sorprendermi, ci sei riuscito – disse mentre riprendeva fiato.
Il vichingo rise e fece spazio a Jack che si ritirò su.
Improvvisamente, i primi raggi del sole invasero la stanza, annunciando l’ora della loro eterna separazione.
Jack: È ora – disse alzandosi dal letto e guardando il sole fuori dalla finestra.
Hiccup annuì e si fermò a osservare il corpo di Jack, nudo , inondato dalla luce del sole; gli sembrò di vedere una statua bellissima che sarebbe durata per sempre.
Jack notò lo sguardo sognante di Hiccup e sorrise, prese i vestiti del vichingo e glie li lanciò, svegliandolo dal suo sogno ad occhi aperti.
Jack: sarà meglio che ci vestiamo, altrimenti se tuo padre ci vede così gli viene un infarto – disse ridacchiando.
Hiccup ridacchio e si vestì, con molta calma; nel guardare Jack, aveva notato la cicatrice lasciatagli dalla spada di Alvin e, non appena si mise i pantaloni e la protesi, si diresse verso Jack e lo abbracciò da dietro, stringendolo sulla cicatrice.
Hiccup: ti fa ancora male? – gli chiese con voce rauca.
Jack: no, da quando la luna mi ha guarito non mi ha più fatto male – disse avvolgendo le braccia del vichingo con le proprie – sarà anche questo un segno indelebile del mio passato con te – disse voltandosi e stringendo Hiccup che scoppiò in lacrime.
I due si rivestirono e scesero per avviarsi verso la piazza del villaggio, dove lo spirito sarebbe tonato con i suoi amici guardiani nel futuro.
Jack aveva indossato la propria felpa color mare del nord e sopra aveva tenuto gli avambracci abbinati a quelli che lui stesso aveva fatto a Hiccup per Snoggletog; il resto dei vestiti di Berk, Hiccup glie li aveva messi in una borsa di pelle, per far si che lui li portasse con se come ricordo di quel luogo.
Appena fuori casa, il vichingo notò il meraviglioso manto bianco che Jack aveva lasciato il giorno prima su tutta Berk, allora sospirò con un sorriso dolce e gli occhi ancora lucidi.
Lo spirito stava camminando dinanzi a lui, senza voltarsi, così Hiccup ne approfittò per creare una palla di neve e lanciargliela.
La palla colpì Jack dritto sulla nuca; quando si girò con un sorriso provocatorio, vide che Hiccup stava fischiettando mentre si sistemava la maglia.
Jack: mai sfidare lo spirito del gelo – disse ridacchiando, mentre preparava una palla di neve.
Hiccup: e come mai? – gli chiese per provocarlo.
Jack: perché poi sono – disse abbassando il capo – PALLE DI NEVE – urlo felice cominciando a bombardare il vichingo.
I due si lanciarono palle di neve per tutto il tragitto, dalla casa fino al piazzale principale, dove si fermarono e scivolarono a terra, ridendo senza sosta per il divertimento; non sembrava che stessero per dirsi addio, sembrava più un arrivederci.
 
In lontananza, puntuali come un orologio svizzero, arrivarono i guardiani che nel vedere i due a terra si fermarono e sorrisero; era da tanto che non vedevano il viso spensierato di Jack, da prima dell’incidente.
Nord: Vedo che tu ha parlato con Manny ieri sera – disse riferendosi all’aspetto dello spirito del gelo.
Jack: si, ma tra poco tornerò come prima – disse rialzandosi da terra e tendendo una mano al vichingo per aiutarlo a rialzarsi.
Calmoniglio: peccato, così sembri un po’ più maturo – disse istigandolo – ma d’altronde è solo un’illusione, giusto ghiacciolo? – gli disse per provocarlo mentre con una mano nascondeva una palla di neve.
Jack: Spiacente coda di cotone – disse lui mentre giocherellava col proprio bastone – ma la cosa non mi…- si interruppe quando la palla di neve del coniglio si infranse sulla sua faccia.
Calmoniglio: ha ha, ci sono riuscito – disse esultante – questo è per la coda congelata di ieri sera – gli disse ridendo.
Jack si pulì dalla neve ridacchiando, mentre ammetteva di essersela meritata quella piccola vendetta del coniglio.
In lontananza, si videro Stoik seguito da Scaracchio e dai cavalieri di Berk, andare verso di loro.
Stoik: così il momento è giunto? – chiese guardando i guardiani.
Dentolina: si ora torneremo a casa – disse con molta dolcezza.
Scaracchio: fate attenzione durante il vostro viaggio di ritorno – disse non sapendo come sarebbero andati via.
Nord: voi non preoccupa – disse ridacchiando e fischiano per richiamare le renne.
Dal cielo, un rumore di piccoli tintinnii invase l’aria e come dal nulla, spuntò la slitta di Nord; nel vederla i vichinghi rimasero sbalorditi, a bocca spalancata e quando quella atterrò nella piazza, corsero ad ammirarla.
I guardiani allora si guardarono e tutti assieme dissero “ tutti amano la slitta”.
T.Bruta T.Tufo: fico – riuscirono a dire, mentre ammiravano le immense renne che trainavano la slitta.
Moccicoso: wao è la cosa più mitica che io abbia mai visto – seppe solo dire, mentre saltellava attorno alla slitta.
Gambe di pesce: è incredibile – esclamò – riesce a volare nonostante sia fatta di ferro e legno – disse passando una mano su una delle ali della slitta.
Stoik: per la barda di Thor – esclamò divertito.
Scaracchio: questo si che è un bel giocattolino – disse per finire la frase dell’amico.
Nord e i guardiani si avvicinarono e salirono su di essa.
In quel momento, piombarono giù dal cielo ruggendo Calien e Sdentato, di ritorno dalla loro allegra scampagnata durata dal pomeriggio precedente; i due atterrarono e salutarono i rispettivi Amici.
Jack: Piccola sei pronta per andare? – chiese alla dragonessa.
Calien: si sono pronta, e tu piccolo mio sei pronto? – chiese lei con voce amorevole.
Jack: si sono pronto – le rispose con un tono dolce e triste.
Hiccup: sai, a volte sembra che voi due conversiate invece che comunicare come me e Sdentato – disse lui ridacchiando mentre faceva i grattini al proprio amico drago.
Jack: In effetti è così – ammise accarezzando il muso di Calien – lei può comunicare telepaticamente con me, e solo io posso udire la sua dolce voce – disse stringendo il suo bianco muso.
Hiccup: lei può parlare? Davvero? – chiese un po’ incredulo guardando la dragonessa.
La dragonessa rispose per Jack annuendo, spiazzando completamente il vichingo che guardò il proprio drago ad occhi spalancati.
Hiccup: ma come fate? – chiese sperando di poter fare la stessa cosa.
Jack: lei è una parte del mio potere, ed è quindi una parte di me – disse accarezzandole il dorso della schiena – quindi è normale che possiamo comunicare in quel modo – disse sorridendo al vichingo.
Hiccup, capendo l’antifona, sorrise e fece spallucce, dopo di che accarezzo il muso del proprio drago.
Jack allora annuì alla dragonessa che dolcemente saluto Sdentato e svanì in una piccola luce entrando nel petto di Jack.
Jack: è ora – disse guardando il vichingo con occhi teneri.
Hiccup: già – disse distogliendo lo sguardo.
Tutti stavano osservando curiosi la scena, si aspettavano molte cose; baci, abbracci e lacrime a dirotto, perfino i compagni di squadra di Hiccup si aspettavano qualcosa, ma tutti rimasero delusi.
Jack si incamminò verso la slitta, arrivando al centro della piazza; Hiccup era e sembrava non volersi muovere, non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare, era bloccato.
Ma quando Jack si fermò e si voltò verso di lui a braccia aperte e con un enorme sorriso bianco neve sul volto, lui non seppe resistere e corse verso lo spirito del gelo, travolgendolo con uno dei suoi abbracci.
Un turbine fortissimo di cristalli di ghiaccio investì i due ragazzi; la luna era sopra di loro e vegliava su quel momento magico, Jack all’interno di quel turbine tornò albino e quando il vento cessò, facendo ricadere nel vento i cristalli di neve, lui baciò il vichingo, lasciando i presenti senza parole.
Era un bacio appassionato, uno di quelli che rimangono nella memoria e nel cuore per sempre.
I cavalieri di Berk non erano abituati a quella vista, ma ciò nonostante non rimasero inorriditi, ma anzi si commossero, uno di loro scoppiò pure a piangere; tutti guardarono convinti Gambe di pesce che li guardò con fare innocente, ma se non era lui a piangere, chi era?
Improvvisamente tutti si girarono verso Moccicoso, che si stava asciugando le lacrime.
Moccicoso: che c’è? – chiese notando gli sguardi perplessi degli altri – sono teneri va bene – ammise stizzito girandosi dall’altra parte.
Jack e Hiccup risero dolcemente per la scena e poi tornarono a guardarsi.
Jack: allora addio Hiccup Horrendous Huddok III – disse guardandolo dritto negli occhi.
Hiccup: addio Jack Frost – disse con gli occhi lucidi.
Jack stava per lasciare la mano del vichingo, quando si fermò e la riprese portandosela al petto, facendogli sentire il proprio battito un’ultima volta.
Jack: Ti amerò per sempre – gli disse con voce spezzata.
Il vichingo allora lasciò che le lacrime velassero il proprio volto, per poi asciugarsele con il palmo dell’altra mano.
Jack allora sorrise e dopo un ultimo bacio, salì sulla slitta.
Jack: è stato meraviglioso essere uno di voi – disse a gran voce guardandosi in dietro – mi avete fatto sentire parte del vostro villaggio e delle vostre vite – disse sorridendo – grazie di tutto – finì facendo scorrere il proprio sguardo tra tutti i vichinghi, fermandosi nuovamente su Hiccup.
Astrid: abbi cura di te Jack – disse salutandolo con la mano stupendo i suoi compagni.
Jack: E tu non cercare di affrontare da sola le ombre della notte – disse guardandola serio – la prossima volta avverti i tuoi amici, perché il loro sostegno può funzionare quanto la mia magia e scacciare Pitch dalla tua mente – gli disse facendogli l’occhiolino.
Tutti i cavalieri allora capirono che era stato L’uomo nero a indurre Astrid a ferire la dragonessa e tutti insieme tirarono un sospiro di sollievo.
Hiccup guardò ancora una volta l’albino e gli sorrise.
La slitta prese il volo, lasciando tutti a bocca aperta; Jack saluto tutti con la mano e Nord lanciò il globo per tornare nel futuro.
Il globo si infranse e creò il tunnel temporale, mostrando oltre di esso il polo Nord, Hiccup vide che stavano per attraversarlo e allora corse il più vicino possibile al ciglio della piazza, urlando due parole che risuonarono nel vento fino al cuore di Jack.
Hiccup: Ti amo - urlò a pieni polmoni sbalordendo i presenti ancora una volta.
La slitta attraversò il portale che si chiuse dietro di essa, Jack non aveva fatto a tempo a rispondere al vichingo, ma sapeva che lui conosceva benissimo la risposta; il dado era tratto e i due non si sarebbero più rivisti.
Un amore che aveva attraversato le ere, si era concluso e il guardiano del gelo e del divertimento era tornato anche se giù di corda, ma almeno sapeva che il suo amato stava bene e che avrebbe vissuto una lunga vita felice.
 
I guardiani atterrarono con la slitta su una pedana che discese nella fabbrica; i cinque tornarono nella sala del globo dove Kronos li attendeva.
Nord: Kronos – disse andandogli in contro – grazie mille per tuo aiuto amico mio – disse stringendogli la mano.
Kronos: non c’è di che – disse sorridendo – sono contento che tutto sia andato per il verso giusto – disse osservando lo sguardo felice di Jack.
Jack: si è andato tutto bene, grazie – disse un po’ evasivo.
Il sorriso che mostrava era un po’ falso, lo mostrava solo perché aveva deciso di non rinchiudersi nuovamente nel suo alone di depressione.
Calmoniglio: è stata una dura battaglia e credo sia il momento per tutti noi di tornare hai nostri doveri in tanto che possiamo – disse guardando gli amici guardiani – vi saluto e alla prossima amici miei – disse aprendo un portale sotto di se – e tu ghiacciolo cerca di restare su col morale – lo indicò prima di saltare nella sua tana.
Jack andò verso l’entrata della galleria e rispose al coniglio che ci avrebbe provato, dopo di che si preparò per andarsene pure lui.
Jack: ragazzi grazie mille per il vostro aiuto – disse passando il proprio bastone da una mano all’altra – ma ora ho del lavoro da recuperare e dei bambini da rallegrare – disse sorridendo sinceramente.
Dentolina: vengo anche io con te – disse lei svolazzando intorno all’albino – devo volare dalle mie fate a vedere come stanno – disse sorridendo.
In realtà aveva una cosa importantissima da chiedere a Jack e non poteva assolutamente rimandarla.
Jack: Grazie di tutto quanto Padre Tempo – disse chinandosi dinanzi all’anziano uomo.
Kronos: non c’é di che – disse lui con il suo solito tono pacato – il tuo futuro ti attende Jack Frost e sarà pieno di sorprese – disse mettendogli una mano sulla spalla – va e incontra il tuo futuro – disse sorridendogli.
Jack annuì e si congedò, salutando e ringraziando sia Nord che Sandy, dopo di che si avviò verso l’uscita della fabbrica accompagnato da Dentolina.
La fatina dei denti gli svolazzava attorno felice che Jack si sentisse meglio, ma improvvisamente scese e si mise a camminare accanto a lui, Jack ne fu sorpreso ma non ci fece troppo caso.
Erano quasi arrivati all’entrata, quando sentirono il portone aprirsi e richiudersi; verso di loro stava arrivando un nuovo spirito.
Era alto come Jack, aveva una maglia verde muschio chiara a maniche lunghe con un cappuccio che gli copriva il volto, degli spallacci in cuoio rinforzato legati da delle cinghie sul petto, dei pantaloni di pelle marrone ed una gamba mezza amputata; il ragazzo portava dietro la schiena il fodero di una strana spada e, ha lato della gamba sana, aveva il fodero di un piccolo pugnale e delle protezioni sulle braccia che erano come delle bende.
Sotto di esse Jack intravide qualcosa di luccicante ma subito la sua attenzione si posizionò sulla gamba del nuovo spirito, era la stessa ferita di Hiccup.
L’albino distolse lo sguardo da essa quando si accorse che il nuovo arrivato lo osservava con una strana espressione.
Quando i due furono vicini i loro sguardi si incrociarono come due magneti; Jack sembrava conoscere quegli occhi verdi, ma subito venne richiamato da Dentolina che gli cominciò a parlare seria e timida.
Dentolina: Jack – disse rossa in viso preoccupando non poco l’albino – posso chiederti una cosa? – disse lei con fare innocente, suscitando curiosità anche nel nuovo arrivato che si era fermato poco più avanti.
Jack annuì e la fatina proseguì.
Dentolina: Posso davvero tenere il tuo dente? – chiese allora frenetica.
Jack: certo che puoi – disse ridendo e sollevato – te lo avevo già promesso, ricordi? – disse scotendo la testa divertito.
Dentolina allora lo abbracciò trascinandolo con se in una giravolta e felice tirò fuori la collanina che aveva già fatto, con appeso il dente dell’albino.
Dentolina: ho preferito chiedertelo di nuovo, visto i preziosi ricordi che contiene – disse lei liberando dalla presa Jack.
Jack: per questo preferisco saperlo in mano a te – disse sospirando – almeno sarà al sicuro – disse facendo spallucce e sorridendo.
Dentolina annuì promettendo di custodirlo con estrema cura, poi svolazzando e sfarfallando felice, andò verso il portone d’entrata della fabbrica per uscire; l’albino la segui girandosi a vedere un’ultima volta quello strano nuovo spirito.
Il cuore gli galoppò nel guardarlo e subito Jack si sentì stupido, attribuì la sensazione al fatto che lo spirito assomigliasse al suo amato vichingo dal quale si era dovuto separare.
Lo spirito lo osservò uscire dalla fabbrica con ancora quello sguardo sognate sul volto, dopo di che si voltò e andò verso la sala centrale.
Jack e Dentolina spiccarono il volo e lui si preparò a decidere la destinazione da indicare all’amico vento, pronto a portare la gioia hai bambini di tutto il mondo.
 
Dall’ombra della sua tetra tana però, un’ombra si preparava all’attacco, un’ombra strava tramando alle spalle dei guardiani e ben presto avrebbe fatto la propria mossa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
–       Fine –

 

la storia sembra conclusa, ma ancora qualcosa è rimasto da raccontare.
ancora una leggenda va narrata.
il prossimo è un capitolo extra, ma non per questo meno importante ;)
Cap 16: Un Ultimo Respiro


se vi piace la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Un Ultimo Respiro ***




“ freddo, sento tanto freddo”
 
Un giovane vichingo giace nella neve, nel mezzo di una radura, circondato da degli abeti e da dei pini alti, imbiancati della candida neve invernale.
 
“Questo freddo, non mi fa paura; è piacevole, quasi come una carezza e mi riporta alla mente molti ricordi, tutti riguardanti te Jack.
Ti ho conosciuto nell’inverno dei miei diciassette anni, quasi per caso o per destino, se così volgiamo dire.
E ora, tre anni dopo che ci siamo detti addio, sono qui, nella neve, che giaccio negli ultimi istanti di vita che mi rimangono e penso a te e a quella nostra unica e indimenticabile notte assieme.”
 
Il giovane tossì una nuvola di sangue da sotto il proprio elmo.
 
“Sai Jack, Sdentato è morto poco fa, lo ha trafitto una lancia in pieno petto”
 
Sul vico del vichingo, attraverso l’elmo, si vide un luccichio; stava piangendo.
 
“Io invece sono stato trafitto da una nuvola di frecce, non so quanto mi rimanga e non voglio nemmeno sopravvivere arrivato a questo punto.
Sdentato era il mio migliore amico, senza come potrei continuare a essere me stesso?
Sto già vaneggiando, la mia mente si offusca … ancora spero in qualche modo di poterti incontrare un’ultima volta, prima di morire.”
 
Il vichingo cercò di muoversi per levarsi l’elmo, ma non ci riuscì.
 
“Il Valhalla questa volta mi attende sul serio e tu non arriverai anche questa volta a salvarmi stringendomi forte a te, con quel tuo bianco sorriso e i tuoi occhi del colore del ghiaccio.
Oh, per il grande Odino, quanto mi mancano i tuoi occhi!
Vorrei davvero potermici perdere per un’ultima volta.
Ormai manca poco, non sento più dolore nel resto del mio corpo e la testa si sta alleggerendo, sembra come quando ci si addormenta da ubriachi.
Che ironia.”
 
Il vichingo guardò il cielo notturno e vi vide, alta, l’immensa luna invernale.
 
Hiccup: c-ciao – disse rivolto alla luna – Manny g-giusto? – chiese non ricevendo nessuna risposta – grazie per n-non l-l-lasciami solo nel b-bu-io in… ques-to momento – disse a fatica col poco fiato che aveva ancora in corpo e balbettando per gli spasmi del freddo.
La luna rimase silente, ma sembrò farsi più luminosa e calda.
 
Dalle ombre degli alberi, il vichingo vide spuntare la sagoma di qualcuno; un ragazzo con una mantella e un bastone ricurvo.
 
“ non può essere”
 
Il ragazzo volante atterrò proprio dinanzi al vichingo in fin di vita e dopo averlo notato, chinato a terra, lo studiò attentamente.
Jack: poveretto – disse con tono di dispiacere – deve essere stato sorpreso da un attacco dei suoi nemici – disse facendo scorrere il viso sul corpo del giovane notando le numerose frecce conficcate nel suo petto.
 
“ Jack, sei proprio tu? Accidenti le lacrime mi offuscano la vista!”
Hiccup: J…J…k – tento di parlare, ma l’emozione gli tolse il fiato.
Jack: è ancora vivo – esclamò sorpreso – se solo potessi aiutarlo – si disse appoggiando a terra il bastone – ti prego fa che riesca a toccare il suo elmo – supplicò al vento.
Lo spirito tolse l’elmo che copriva il viso del ragazzo e quando vide il suo volto, si sentì malinconico, all’improvviso, senza nemmeno un perché.
 
“ io ti vedo Jack, io ti ved...o”
Il vichingo, guardando negli occhi Jack, spirò col sorriso e le lacrime discesero dai suoi occhi verde muschio.
Jack: lui – si interruppe – mi vedeva? – si chiese non convinto.
 
L’albino si avvicinò al volto senza vita del ragazzo e rimase incantato dal verde muschio dei suoi occhi, in un certo senso gli ricordavano qualcosa.
Il fatto che lui fosse morto, lo fece sentire molto triste e anche un po’ sciocco; perché doveva sentirsi così per qualcuno che nemmeno conosceva?
Eppure, nonostante quei pensieri, le lacrime rigarono il suo volto albino e, come per istinto, le sue mani accarezzarono il viso del caduto.
 
In lontananza, un gruppo di ragazzi attraversò di corsa la foresta, fino ad arrivare alla piccola radura dove si trovava Il vichingo spirato.
Jack, nel sentirli arrivare, si era ben nascosto, nonostante sapesse che nessuno lo poteva vedere.
Il gruppo era formato da tre ragazzi e due ragazze; una di loro, con i capelli biondi e una singola treccia lunga che le finiva sul davanti, si accasciò accanto al corpo senza vita del giovane piangendo e urlando disperata.
I suoi compagni, piangevano anch’ essi la morte del giovane guerriero vichingo.
Jack allora si sentì di troppo e volò nuovamente per la propria strada, scosso dalla scena alla quale aveva assistito.
 
Astrid: No, no, no, NOOOOO: urlò disperata, mentre veniva tenuta ferma dagli amici – Non può essere – si disperò nuovamente – HICCUP – urlò straziata dal dolore.
Uno dei ragazzi, spostò la ragazza bionda dal corpo del giovane e un altro, molto robusto, lo prese invece in braccio, dopo avergli tolto tutte le frecce dal petto.
Astrid: respira ti prego – supplicò a bassa voce accarezzando fortemente, con le mani tremanti, il viso senza vita del vichingo.
Gambe di Pesce: Hiccup è morto Astrid – gli disse con le lacrime agli occhi – non ti può più rispondere ormai – disse avanzando verso la foresta con, tra le braccia, il corpo senza vita dell’amico.
Tutti insieme tornarono sul campo di battaglia, dove vi era il loro accampamento; avevano vinto, avevano sconfitto il loro ennesimi nemici, ma a quale prezzo?
Il loro futuro capo e il suo drago erano morti per proteggerli.
Tornati all’accampamento, vennero accolti dal capo villaggio; nel vedere il figlio tra le braccia dell’amico, corse verso di loro allarmato per capire cosa significasse.
Al suo arrivo dinanzi a loro però, vedendo il volto immobile del proprio figlio, con ancora gli occhi aperti e lucidi, capì.
La disperazione invase l’immenso e il resto dei guerrieri; il grande eroe di Berk, Hiccup Horrendous Huddok III era morto.
 
Due pire vennero allestite al centro dell’accampamento; su una posizionarono il corpo del vichingo, mentre su quella accanto il corpo del suo drago, l’ultima furia buia.
Alle pire venne dato fuoco, iniziando così il rito del trapasso vichingo.
Il rogo durò tutta la notte, tra il dolore del padre e quello degli amici; tutti loro osservavano con sguardo spento le fiamme che avvolgevano il corpo di Hiccup.
Astrid: E pensare che gli avevo promesso che mi sarei presa cura di te – disse in lacrime – invece non sono riuscita nemmeno a dirti addio – disse crollando a terra, con gli amici che tentavano di sostenerla.
 
La pira si spense, i due corpi ormai erano cenere e i vichinghi stanchi e addolorati andarono a riposare.
La luna era ancora alta nel cielo e con la sua luce immensa, inondò le due pire; le ceneri dei due eroi si sollevarono in cielo diventando ardenti e ricomponendo lentamente i due corpi.
La luna sollevò i due sempre più in alto nel cielo, dove si aprì un vortice di nubi con una luce bianca azzurra al centro; le due sagome incandescenti vennero risucchiate da esso e il silenzio calò su quella notte di lutto.
In un futuro lontano duecento settant’anni, un ragazzo e un drago si risvegliarono, tornando a nuova vita dalle proprie ceneri, con la luna a vegliare sul quel loro risveglio dalla morte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
To be continued in : A Tear Of Black Ice.
 
 
Coming Soon
On September 2013

se vi è piaciuta la storia vi prego, recensite, aspetto con ansia i vostri commenti e le vostre opinioni :)
ps: le immagini di fine capitolo sono mie personali realizzazioni ;) spero vi piacciano, le aggiungerò appena posso :)

    

 
Questo ultimissimo capitolo è un preludio alla prossima storia :)
Spero che vi sia piaciuto il primo “libro” e che, se vorrete leggerlo, vi piaccia anche il secondo.
Tante lacrime sono state versate fino ad ora, ma una solo conterà davvero nel seguito di questa avventura incredibile.
 
Riconoscimenti
Disegni: Sryryus90
Storia: DreamWorks, Syryus90
Film: How to train your dragon, Rise of the guardian.
Copyright: DreamWorks.
 

Angolo Dei Ringraziamenti
 
Durante la pubblicazione dei capitoli sono stata sostenuta da molte persone :)
Alcune hanno recensito, mentre altri(amici di vecchia data)mi hanno sostenuta a voce :).
Quindi ora ringrazio con tutto il cuore chi mi ha recensito:
 
New Moon Black (ti adorooooo x3)
Valix97
Kaity
Marty Frost
Anita92
FairyNight95
La Prima Ultima
Jack_Lamu_Ciel
 
Ringrazio anche coloro che anno aggiunto la mia storia nei preferiti e nei seguiti :)
Grazie di tutto.
Ci vediamo nel prossimo libro :)
Sperando che vogliate leggerlo XD

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1899534