E' bastato uno sguardo.

di Reb2212
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno sguardo innocente può essere letale in quello di uno colpevole. ***
Capitolo 2: *** Una mela, grazie. ***



Capitolo 1
*** Uno sguardo innocente può essere letale in quello di uno colpevole. ***


Dapne.
 
 
 
Mi alzai come sempre alla solita ora per andare a lavoro, al mercato. Presi un paio di pantaloni grigi con sotto la calzamaglia, per non congelare nel freddo inverno, mi infilai il maglioncino bianco, la felpa in completo con i pantaloni della tuta, giubbotto e via. Me ne andai mentre la casa era ancora immersa nel buio e percorsi a piedi il breve tratto da casa mia a quella del mio ''datore di lavoro'', che non era altro che il mio migliore amico Carl, proprietario del banco frutta e verdura al mercato e io per raccimolare qualcosa per me gli davo una mano. Lui era la mia àncora di salvezza dalla merda in cui navigo ormai da sempre.
I miei diciotto anni buttati nel culo. Ho smesso di andare a scuola a sedici e quanto lo rimpiango!
-Principessina!
Mi salutò Carl con un bacio sulla fronte. Oh, quanto è dolce quando vuole. 
-Si, che vende banane e broccoli al mercato meno frequentato di New York.
Risposi io di rimando sorridendogli.Il mio umorismo fa scintille, olè!
Salimmo sulla sua macchina e ci avviammo nel traffico delle sei del mattino. Gurdai i bellissimi lineamenti del mio migliore amico, i suoi capelli corvini, i suoi occhi scuri.. E il suo fisico perfetto. Mi piaceva guardarlo. 
Beh, se ve lo state chiedendo, no non sono innamorata di lui. O meglio, lo sono stata. Tutta roba passata. Ora gli voglio solo un bene dell'anima, senza di lui non vivrei, ma niente di più.
La mattinata passò solitamente bene, con le solite nonnine che volevano le mele più belle e i mariti che borbottavano e imprecavano al suo fianco, farfugliando ''che rompi palle..'' 
Regalammo sorrisi alle vedove, alle mamme, ai bimbi e come al solito arrivammo a fine giornata sfiniti e infreddoliti. 
-Ti va di cenare da me, Daph? 
Mi chiese Carl con un sorriso che per poco non mi fece mancare l'aria.
Sta volta avrei accettato. Non volevo andare a casa. Sapevo che non tornando a cena la vipera manesca di mia zia mi avrebbe fatto fuori. Ma quella sera non m'importava. Volevo passare il resto della giornata con Carl. Mangiare le schifezze più possibili e inimmaginabili, almeno per una sera.
Passammo una serata stupenda e, dopo tanto tempo, mi sentii rinata.
Alle otto e mezza ero a casa, ahimè ciò che mi aspettava era peggio di quanto credessi.
Entrai nell'ampia cucina, con mobili antichi che mi circondavano e tutto ebbe inizio. 
-Brutta stronzetta!
Il primo schiaffo. Mia zia non era capace a contenersi, niente era più educativo delle botte, a parer suo.
 
 
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Ormai andava avanti da due ore. Ancora poco e mi avrebbe mandato in camera mia, mi avrebbe chiuso in camera a chiave per qualche giorno e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Almeno, credevo.
-Daphne, non devi permetterti mai più di tornare a casa a quest'ora! Invece di fare quello che vuoi, fare la puttanella in giro con quel Carl! Vestirti meglio, essere più signora, una buona volta!
Ah! Lo stomaco.. Le costole. Mi doleva tutto.
Voleva uccidermi?
-Zia.. Perdonami..
Non funzionò. Andò avanti ancora e ancora. Finchè non mi alzai e corsi fino alla porta che portava alla strada.
Sentì mia zia urlare:
-Non entrare mai più qui dentro, stronza orfana!
Sono sempre stata forte, ma in quel momento volevo solo andare via. Corsi a più non posso nelle buie strade di New York, con le lacrime che non volevano saperne di fermarsi. 
Mi scontrai con qualcuno, un corpo possente e muscoloso, alto dato che andai a sbattere proprio sul torace. 
-Maledetta putta..
Che rabbia! Chi si credeva di essere quel mascal.. Alzai gli occhi e ne incontrai un paio neri, offuscati dall'irritamento, ma ipnotici. Dopo qualche secondo cambiò espressione, da arrabbiato a confuso, poi intenerito, credo. Quegli occhi mi avevano mandato a puttane il cervello non mi ricordavo neanche perché mi ero arrabbiata. Ah, già. Mi aveva dato della troia. 
-Vaff.. 
Non feci in tempo a finire la frase che mi strinse in un abbraccio, rassicurante. 
-P..perché l'hai fatto? 
Un fruscio, una ventata d'aria. Un secondo più tardi non c'era più e un vuoto incolmabile mi pervase.
 
 
Cam.
 
 
Perché ho abbracciato quella sconosciuta? Perché l'ho fatto? Per quale fottutissimo motivo? E poi.. Perché quella piccola ragazza indifesa piangeva?
Mi continuavo a chiedere senza darmi pace. Senza riuscire a darmi una minchia di risposta! 
Io, creatura della notte da 180 anni mi sono fatto prendere dai sentimenti. Dalla pietà. Mi sono lasciato andare.
Che cosa cazzo mi era preso? Quei suoi occhi grigi, gonfi e rossi dalle lacrime mi guardavano con tristezza. 
Il suo cuore batteva tanto forte, un cuore solo, triste e ferito. Mi sentivo in dovere di curarlo. Ma non avrei dovuto sentirmi così!
Io ero colui che stregava le ragazze e poi si nutriva di loro. Stop. Niente sentimenti. 
Perché sono corso via da lei e non l'ho presa con me? 
Non so rispondermi. Quello che sapevo era che dovevo tornare indietro, proteggerla da ciò che i miei compagni potevano farle. 
Non conoscevo neanche il suo nome, ma mi mancavano già i battiti del suo cuore. Il suo profumo. 
Eppure cos'era lei per me? La testa mi diceva niente, il cuore mi incitava a correre per trovarla. 
 
 
Angolo autrice: Ciao a tutti! Ecco appena sfornato il primo capitolo di questa storia. Spero davvero vi piaccia e che possiate recensire, con qualsiasi tipo di commento, pensiero.
Accetto volentieri critiche costruttive. Ma grazie comunque anche a chi solo da una sbirciatina!
Un bacione, 
-Reb. 

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Capitolo 2
*** Una mela, grazie. ***


Daphne.

 
Passai tutta la notte sulle panchine del parco vicino al mercato. Alle sei sarebbe arrivato Carl, gli avrei spiegato tutto e avremmo trovato una soluzione. 
Mi sentivo come vuota, le costole che mi dolevano, lividi ovunque, un occhio nero e.. un aspetto a dire poco orribile. 
Non potevo neanche lavorare in quello stato, tralasciando il fatto che a ogni passo qualcosa mi faceva male. 
Mi sdraiai sulla panchina, alla ricerca della posizione meno scomoda. Il sole era sorto da poco, gli uccelli cantavano e io avevo freddo. Un freddo cane. Chiusi gli occhi.
-Daph! Daph, cazzo, rispondi! 
Mi sentii scuotere. Aprii piano gli occhi, ma il sole mi accecava. Poi una figura si mise sopra di me per farmi ombra e dopo poco realizzai che era Carl. Oh, Carl!
Lo abbracciai e mi misi a piangere sulla sua spalla, lui mi stringeva forte.
-Ssshh, è finito, va tutto bene, ci sono io, ssshh..
Mi ripeteva, e le sue parole erano come una medicina in grado di calmare la bufera dentro di me. Quando mi fui calmata, si allontanò un poco e mi prese il viso tra le mani asciugandomi le lacrime.
-Cosa ti è successo, principessa? Chi ti ha fatto questi lividi?
Mi chiese serio e con tono pacato. Gli spiegai di mia zia, e che non avrei più potuto entrare in quella casa. Lui mi disse che sarebbe andato a prendere le mie cose e che tutto si sarebbe risolto, sarei andata a vivere con lui.
-Grazie.
Gli dissi con tutta la più sincerità e gratitudine che avevo nel cuore. Poi mi prese in braccio e ci dirigemmo verso casa sua. 
Mi feci una doccia calda, rigenerante. Mi prestò una sua felpa, un po' grande, ma estremamente calda e morbida, e ad ogni respiro sentivi il dolce profumo di Carl. Poi mi prestò dei suoi pantaloni della tuta che a me sembravano troppo grandi, ma lui insisteva che non gli erano mai stati e in più lavandoli si erano ristretti ancor di più. Beh, se lo diceva lui. Fatto sta che non mi calzavano esattamente a pennello, ma potevano andare. Uscii dal bagno e lo trovai in cucina alle prese con due tazze carinissime, una con un orsacchiotto rosa e l'altra con un orsacchiotto azzurro. 
-Quella è cioccolata calda?
Gli chiesi praticamente appena sotto il suo orecchio alle sue spalle. Non si era accorto che ero uscita dal bagno e si girò di scatto, poi mi sorrise, con quei suoi denti bianchissimi.
-Esatto bimba!
E mi scoccò un bacio sulla fronte. Io arricciai gli occhi, il naso, e la bocca tutti insieme e poi ricambiai il sorriso.
Ci sedemmo sul divano, davanti la TV, le tazze di cioccolata calda in mano, un bel piumone e mix perfetto di una mattinata perfetta. 
Nel pomeriggio andò a prendermi tutta la mia roba, che mi riportò la sera raccontandomi di come mia zia per poco non chiamava la polizia perché ci aveva messo due minuti in più di quanti lei gliene aveva dati a disposizione. 
                                                                                                                                                                                          
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Il giorno dopo avremmo lavorato, così quella sera andammo a dormire presto. Mi lasciò il suo letto, e lui si mise a dormire sul divano, nonostante le mie continue insistenze per fare il contrario.
Ci svegliammo di buon'ora, preparò una colazione coi fiocchi e iniziammo la nostra giornata al mercato.
La mattinata passò molto in fretta, a mezzogiorno smontavamo, mancava solo mezz'ora e poi un pomeriggio davanti. 
-Daph, vado a prendere due pezzi di pizza da Jo! 
Jo aveva il banco con la pizza migliore di tutti e ce la offriva gratis, in cambio di qualche pera bella dura e matura. Un affare insomma!
Stavo iniziando a mettere in ordine quando..
-Una mela, grazie.
Mi girai, vidi un viso conosciuto.. Un bellissimo viso conosciuto. Un paio di occhi blu. Una folta chioma nera. Rimasi a fissarlo per qualche secondo, poi ricordai. Il ragazzo di due sere prima, che mi aveva dato della puttana e poi mi aveva abbracciato. Ma certo! Con la differenza che quegli occhi blu, io me li ricordavo neri.
-Scusa?
La sua voce mi fece tornare a quella fredda mattina di dicembre. 
-Ehm.. Cosa mi aveva Chiesto?
-Una mela.
-Una mela.. Si.. Giusto.. Una mela..
Presi una mela dalla cassa e gliela sporsi.
-Quanto le devo, signorina?
Per una mela?
-Nulla, va bene così.
Sorrisi. Mio malgrado, lo fece anche lui e io.. Beh io persi la testa.

Cam.
 
Ero rimasto ad osservarla giorno e notte da quando ci siamo incontrati. Avevo visto il ragazzo, che l'aveva portata a casa sua e che cercava di tenersela stretta. Ma per quanto avevo capito non stavamo insieme. E questo mi faceva sentire sollevato, non si sa bene per quale motivo. 
Quella mattina avevo deciso di fargli una visita al mercato. Anche se la frutta e la verdura non erano esattamente il mio cibo preferito. Così mi venne la brillante idea di presentarmi lì davanti e chiedergli.. Una mela. Quando mi sorrise qualcosa dentro il mio stomaco si muoveva, o almeno mi sembrava. Il mio cuore quasi si era rimesso a battere dopo quasi due secoli. Così sorrisi anch'io. Il mio primo vero sorriso da quasi due secoli. Pensandoci bene.. Io è da quasi due secoli che ho smesso di provare qualsiasi tipo di sentimento. Non sentivo mai nulla. 
Se non quell'irrefrenabile voglia di affondare le zanne nel collo di qualche bella ragazza. Quella voglia che con lei non mi veniva. 
Fanculo! Maledetta fruttivendola! 

 
Angolo autrice: Ciao a tutti! Mi dispiace che siano passati tanti mesi così prima di questo secondo capitolo, ma purtroppo non ce l'ho proprio fatta! Spero vi piaccia, la storia è ancora fresca, perciò accetto consigli, critiche COSTRUTTIVE, recensioni sempre gradite! :D 
Un grazie speciale a chi segue già la storia e a chi la seguirà, e grazie anche a chi semplicemente sbircia! 
A presto un bacione!

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