Il mio premio sei tu

di Stilistire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. Io odio gli aereoporti. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. Ancora tu no ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. Certe persone sono fatte per essere odiate. ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque. Perchè non vinco sempre? ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Una mega-cabina armadio mi aspettava, come ogni medesima mattina della mia vita. Quando nasci nella moda, ciò che fai è tutto legata ad essa, perfino ciò che sei. "Le tue Scarpe dicono chi sei" mi ripeteva mia madre ogni sera prima di andare a dormire. Non mi raccontava le favole, mi raccontava la moda. Mi raccontava la sua storia, come fosse nata, come si fosse evoluta, come fosse nata la prima minigonna e come si fossero rotte le prime decolletè sul mercato, che sembravano indistruttibili. Dunque, ci sono cresciuta tra la moda. La bambina più chic e firmata fin dall'asilo, la bambina che valeva più di un negozio solo per ciò che indossava. Sei così quando tua madre è una stilista. Se vi state chiedendo se indosso solo abiti di mia madre, la risposta è no. Il mio armadio è pieno di tutto, di tutti i marchi possibili, da Armani a Pierre Cardin, da Tom Ford a Erica Gavin. Poi ci stanno i favolosi gioielli Bulgari e le lussuosissime scarpe Prada. Tutto ciò che indosso è firmato. Devo rispettare l'onore del nome che ogni giorno mi porto dietro. Non sarei "Silvia Trussardi" per niente. Sono due anni che mi sono trasferita in Inghilterra. Non per volere mio, anzi sarebbe stato l'ultimo posto in cui io sarei andata, ma per volere dei miei genitori. Mi hanno fatto diventare una manager della loro azienda nella loro proprietà a Fulham. Che tristezza pensavo prima. Ma poi mi ci sono abituata, abituata fin troppo!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. Io odio gli aereoporti. ***


DUE ANNI FÁ - non mi potete mandare a Fulham- borbottai dopo aver sentito che i miei genitori mi avrebbero mandato in Inghilterra per controllare la loro azienda. - mi dispiace, ma io e tuo padre abbiamo già deciso- si giustificò mia madre, come se fosse la scusa giusta per passarla lisca con me. - ti prego mamma- mi attaccai a lei ancora una volta. - papá, tu mi capisci, vero?- provai con mio padre, ma neanche lui mi salvò da quella partenza. - ormai sei grande, non puoi vivere sempre sulle spalle dei tuoi genitori- si giustificarono ancora una volta, e questo mi faceva male. - cosa ho fatto di male? Ho solo vestito griffato per tutto questo tempo, ma tu me lo concedevi no?- dissi io tra le lacrime che scorrevano in viso. - ti avevo detto che tutto questo sarebbe finito un giorno...avresti dovuto credermi...ora è arrivato quel giorno- continuò lei. Salii piangente le scale di quella casa che era stata la casa della mia infanzia, della mia vita, fin a quel momento. Le valigie erano già state fatte, tutto merito della governante che lo faceva ogni volta, ogni volta che il ritorno sarebbe stato breve, non così lungo. Andai a dormire e mi distesi su quel letto, salutandolo per bene e addormentandomi. "Il letto più morbido e comodo di tutta la mia vita " pensai. Ore 6.00 . Già sveglia, già sveglia da un pezzo. Mi alzai e andai a lavarmi, mi vestii con una camicia bianca di raso firmata Calvin Klein, un paio di pantaloni neri attillati per contenere all'interno la camicetta troppo lunga per i miei gusti e le mie platform colorate. La boccetta di profumo Cartier inondò il mio collo e i miei polsi, ormai profumati a Perfezione. Lasciai i capelli liberi dalla coda, leggermente ondulati alle punte.Scesi la scalinata e tutti mi stavano aspettando, dalla mia famiglia alla servitù, a cui ero molto affezionata. Erano diventati la mia seconda famiglia, soprattutto quando la mia vera famiglia era in giro per lavoro e mi scaricavano a casa come una pila esausta. - ti voglio bene bambina mia- commentò mio padre. -non è più una bambina, ma ti vogliamo bene lo stesso- si intrufolò mia madre tra il nostro abbraccio. - devi sempre rovinare tutto, eh mamma!- commentai. Salutai tutti con un bel schiocco di bacio e mi avviai a salire sull'auto che mi avrebbe portato all'aeroporto. Varcai l'enorme porta che divideva l'interno dall'esterno dell'aeroporto. " Come mai tutto questo casino?" Mi chiesi, vedendo un amalgama di gente davanti la pista dell'aereo che avrei dovuto prendere. - ma cosa succede?- chiesi ad un addetto alla sicurezza. - ci stanno i giocatori del Chelsea...sa signorina come son fatti i giornalisti no?- rispose. - capisco- dissi - ma la squadra devono prendere questo aereo?- continuai a chiedere. - si, questo perchè?- chiese incuriosito. - perché è lo stesso che dovrò prendere io- risposi. " Ah ....siamo messi bene!" Pensai ad alta voce. L'addetto alla sicurezza sentì il mio commento e disse - stia attenti con tutti quei ragazzi- - non si preoccupi, sono un osso duro!- La ma fama mi precede, ma la mia sfortuna precede sempre anche la mia fama. Sarei stata in aereo con dei smorfiosi e incompetenti calciatori... Ah sai che divertimento! Entrai dalla porticina dell'aereo a forza di spintoni tra i paparazzi intendi di immortalare il momento in cui i giocatori sarebbero partiti. Mi scossi i vestiti nell'intento di far cadere la polvere che quelle stupide persone con una macchinetta mi avevano attaccato. " Che scarsa qualità di sicurezza che c'è" pensai ancora una volta a voce alta. - colpa nostra- sentii una voce provenire da dietro. - appunto. Tutte dal verso sbagliato mi vanno....secondo te ho l'acchiappa sfiga?- chiesi senza girarmi. Stavo parlando fluidamente con uno sconosciuto a cui stavo dando le spalle e stavo accusando. - quà dietro sembra di no!- rispose. - quà dietro?- non capii. - mi sta dando le spalle, non è che vedo se abbia l'acchiappa sfiga! Comunque ha un bel fondoschiena!- disse sarcasticamente. Mi rigirai così fluidamente come mai fatto prima, presi la mira e preparai il lancio. - ma come si permette?- commentai poggiando con forza la mia mano sulla sua guancia. - ho solo detto la verità. Davanti è anche meglio, se lo vuole sapere- continuava imperterrito. - ne vuole un altro?- lo invitai a prendere un altro schiaffo da me. - no, no. Arrivederci signorina belle curve- continuava a farmi i complimenti quel carciofo. Io non so che gente fanno andare in giro! - niente arrivederci. A mai più! Addio!- risposi con il mio solito fare da stronzetta viziata che mi ero portata avanti negli anni. Era la cosa che mi riusciva meglio, era naturale. - ammazza che stronza- si continuava a sentire dietro che commentava con gli amici. Sbuffai allo stile " toro infuriato di corrida" , ma lasciai correre, tanto chi l'avrebbe più visto quel infame maleducato? Mi sedetti in una poltroncina, una di quelle che stavano più lontane di tutte da quell'amalgama di giocatori cafoni che ci stavano. Innalzai su i miei occhi la bendina piena di strass per dormire un po'. Era praticamente impossibile, si sentivano i schiamazzi e le risa dei calciatori. " Ah che rabbia" pensai, " cosa ho fatto di male?"

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. Ancora tu no ***


Il viaggio in aereo era stato a dir poco irritante ed esausto, ma finalmente ora sarebbe stato tutto tranquillo, no? Avrei alloggiato allo Millennium & Copthorne Hotels di Fulham. Un hotel a 5 stelle dove all'interno ospitava delle bellissime suite da sogno. Sarebbe stata la mia casa per un bel pezzo, finché non sarei ritornata a casa mia. Entrai attraverso una delle fessure della porta girevole che divideva l'esterno dalla Hall. Mi diressi verso la reception per prendere la chiave della mia camera. Quell'hotel mi ricordava vagamente vagamente casa mia, con quelle colonne enormi che incorniciavano l'inizio della scalinata. La mia suite era la numero 339 al secondo piano dell'hotel. Ordinai al portiere di portare le mie valigie e i miei trolley fino a camera mia, mentre io mi rilassai un po' nella Hall, seduta in una delle poltroncine in pelle nera che ci stavano. Mi prese un colpo di calore, così arrotolai un giornale che stava sul tavolinetto e lo sventolai per far asciugare quel velo di sudore che aveva bagnato il mio tenero viso, finché non scorsi che stavano entrando dalla porta principale ancora quei maleducati dei calciatori che avevo incontrato in aereo. Srotolai il giornale che avevo appallottolato precedentemente e feci finta di leggerlo, spalmandomelo sulla faccia, per non farmi riconoscere. Ma indovinate un po'?! Alcuni giocatori si sedettero anche loro sulle poltroncine che circondavano la mia e sembravano che non volevano andarsene. " E ora come faccio? Mica posso leggere questo giornale all'infinito... Mi scopriranno....calma, stai calma" mi ripetevo. Dovevo affrontare la cosa e poi mica mi avrebbero morso , anche se sarebbe meglio che udire le loro vocette da pinguini ricchi che vestivano i panni dei giocatori del Chelsea. C'era anche lui. Colui che aveva immortalato e analizzato le mie forme in aereo, prima ancora che scorgesse la mia faccia, ed è lo stesso a cui ho lanciato uno schiaffo. Tolsi di mezzo quel giornale e quello stupido ragazzo si accorse subito di me. - mi pedini, belle curve?- domandò con la sua solita aria strafottente. - ma stiamo scherzando? Non mi abbasso a certe cose- risposi con il mio solito tono pronto alla ribattuta finale. - ma come fai a portare quelle scarpe?- domandò un ragazzo secondario, che credo di aver visto da qualche parte, forse in una partita in nazionale, o almeno penso. - l'abitudine- risposi. - ci vediamo in giro, belle curve! Pare che dobbiamo alloggiare nello stesso Hotel!- continuava a strafottere il ragazzo prima di andarsene e salire nella sua suite. - ma perché continui a chiamarmi belle curve? Ho un nome anche io- dissi con tono arrabbiato. - perché sei carina- continuò, percorrendo con i suoi occhi tutto il mio corpo, dalle mie Platform firmate fino alla mia testa. Rimasi a fissare un po' gli altri finché non iniziarono ad attaccare bottone con me. - qual'è il tuo nome?- chiese lo stesso ragazzo di prima. - grazie per avermelo chiesto, almeno tu! Sono Silvia- risposi. - di dove sei?- si aggiunse la domanda di un altro che aveva una cofana di capelli riccioluti in testa. - sono italiana- risposi e poi continuai - voi chi siete?- Il ragazzo capelluto si alzò e presentò tutti i presenti- lui è Oscar, lui è Cesár e io sono David- . - piacere di conoscervi , almeno voi siete simpatici al contrario di quel cafone del vostro amico!- esclamai. - Piacere nostro Irene!- risposero. - ci vediamo! Vado un po' a rilassarmi!- dissi alzandomi dalla poltroncina e iniziando a salire la scalinata dell'hotel. I miei fantastici tacchi risuonavano benissimo contro quelle scale di marmo ricoperte dal tappeto rosso. Andai a farmi un bel bagno, per starmene un po' a mollo tra le mie idee, a pensare come avrei affrontato quello che mi avrebbe aspettato in futuro, l'azienda che avrei dovuto dirige insieme a delle persone che non conoscevo neanche. Ma il mio bagno salutare, durò poco, perché il campanello della mia camera scoccò. Mi tirai su dalla vasca e il campanello risuonò più volte. " arrivo, arrivo" urlai urtata. Andai ad aprire e mi trovai davanti ancora quel cafone carciofo del calciatore. - belle curve mezza nuda davanti a me? Che panorama!- disse vedendomi coperta dall'asciugamano, ancora mezza bagnata. - cosa vuoi?- chiesi irritata. - mi volevo scusare per prima. Io sono Fernando. Fernando Torres- disse porgendo la mano in segno di riconoscimento. - Silvia- risposi facendogli conoscere il mi nome e assecondando la sua mano tesa.Ci fissammo per un po' e poi sciolsi il ghiaccio dicendo - ok..bene...vuoi qualcos'altro? - - no...però penso che continuerò a chiamarti belle curve... Mi sono affezionato a questo nome ! Tu no?- esclamò. - non sai quanto- dissi chiudendogli leggermente la porta in faccia. Devo ammettere che dopo quella scena un sorrisetto innocente segnò la mia faccia. Anche se quel Fernando Torres era uno stupido, un cafone, un carciofo, era pur divertente. State tranquilli, ne fui rimasta sorpresa anche io della mia affermazione. Pensavo che questi calciatori fossero stupidi come tutti gli altri, ma invece in un modo o nell'altro mi avevano sorpreso, sia il capellone che il ragazzetto di nome Oscar. " Mai giudicare un libro dalla copertina" o meglio ancora " L'abito non fa il monaco".

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. Certe persone sono fatte per essere odiate. ***


Adoro svegliarmi presto. Non so se sia colpa dell'abitudine, ma comunque mi piace. La mattina ha qualcosa di speciale, sei svegliato dai tiepidi raggi che ti colpiscono dalla fessura della finestra e ti riscalda lievemente. Mi liberai dalle prese delle coperte di seta che ricoprivano il mio letto matrimoniale dove dormivo e andai di sotto, per prendere la colazione. Tazzina di caffè tra le mani con il mignolo alzato, a mo' di contessa ottocentesca e cornetto tra le mani. Ero immersa nei miei pensieri. L'idea che avrei dovuto arricchire il mio guardaroba mi stava torturando, era da un bel pezzo che non indossavo una scarpa nuova, mi mancava l'odore di camoscio e l'inebriante colore della plastica modellata a perfezione di un modello Trussardi, il pezzo forte della nostra azienda. Decisi di andare a fare un po' di shopping inglese anche se non avrebbe retto per niente il confronto con lo shopping Milanese, patria della moda. Salii la scalinata e mi diressi verso la mia suite per vestirmi. Cercai dei vestiti dentro la mia valigia, che non avevo ancora disfatto dal giorno prima. L'aria come usuale in Inghilterra era umida e quindi decisi di indossare una giacca con delle micro-righe bianche e grigie e agli orli del collo e dei polsi delle strisce nere, un pantalone nero a taglio stretto e poi un paio di scarpe Gavin, con il tacco d'Orsay e poi appoggiata al mil braccio la mia fantastica borsa firmata Cardin. Uscii e lasciai chiudere la porta dietro di me e ripercorsi ancora una volta quella scalinata. Quei tacchi facevano un rumore terribile su quelle scale, tanto che tutti gli ospiti che stavano nella Hall si accorsero del mio arrivo, anche loro, anche la squadriglia formata da David Luiz, Oscar e altri ragazzi della stessa squadra che non conoscevo ancora. - vai a fare un giro?- chiese Oscar rivolgendomi la parola. - shopping!- risposi tutta sorridente. - Ieri sera Fernando continuava a parlarci di te e di quanto fossi smorfiosa, ma secondo me non è vero! Sei molto simpatica!- commentò David Luiz. - concordo!- commentò ancora Oscar. - quel Torres che rabbia- dissi sbuffando - Mi credevate così stronza? Cioè si, sono un po' smorfiosa ma non proprio pessima! Non credete a tutte le brutte parole che dirà Torres su di me, lui non è nessuno per potermi giudicare...io avrei tante cose da dire su quel carciofo- continuai un po' arrabbiata. I ragazzi stavano tossendo, ma non ci feci per niente caso, pensavo che fosse del mal di gola, cosa molto facile da prendere a causa di quell'umidità, ma invece mi volevano fermare dalla mia parlatina contro Torres che guarda il caso, come una scena di un film, si trovava proprio dietro alle mie spalle. - allora tu mi chiami carciofo è?- chiese battendo il piede per terra. - è la cosa migliore che ho detto su di te, credimi. - ribattei. - hai stoffa Belle Curve! Chi oserebbe sfidare Fernando Torres?- - non so se sai ma ....tu per me non sei nessuno! Io neanche sapevo chi fossi...come ti ho conosciuto ti dimenticherò- interpellai con una bella faccia tosta. - a si?- disse scostando dalla mia faccia un ciuffo di capelli e portandoli dietro l'orecchia. - non ne sarei sicuro- continuò. - fidati. Non sbaglio mai- ripeteii. Mi girai, i miei capelli oscillarono liberi e me ne andai. In quel momento lì, mi convinsi più di quanto pensavo che ero una donna di classe. Chi l'avrebbe mai liquidato così? Era pur sempre una persona famosa, ma in quel caso anche io non ero da meno. Svaligiai gli atelier di mezza Inghilterra e ormai non mi reggevo più in piedi, i tacchi mi facevano male ed era per giunta una giornata anche calda per colpa del rorido che quella città conservava ogni giorno. Rientrai in hotel e non vidi l'ora di liberarmi dalle prese di quei vestiti e da quelle odiose scarpe. Visto che non sarei andata da nessuna parte, infilai la camicia di notte di raso, leggera e svolazzante per casa. Presi uno dei tanti cataloghi che avevo portato da casa per analizzare un po' quei modelli, che secondo mia madre, mancavano un po' di stile, un po' di forma alla Trussardi. Immersa nel pensiero di come poter modernizzare quel semplice colletto di un abito, suonarono alla porta della suite. Erano David Luiz e il suo amichetto Oscar. - ti va di bere qualcosa con la squadra?- chiesero. - certo! Scendo subito!- risposi entusiasta. Quei ragazzi riuscivano a farmi sentire a casa, in qualche modo. - stai bene così!- disse Oscar arrossendo. Ops...ero in camicia da notte! Una di quelle camicette che arrivano fino a mezza coscia e non me n'ero resa conto che ero in quello stato. - grazie lo stesso- dissi incrociando le braccia al petto per cercare di coprire quella vestaglia un po' troppo scollata. Mi rivestii normalmente e scesi. L'unico posto rimasto era quello vicino a Fernando Torres, ancora lui. Mi sedetti anche se con un po' di sgradevolezza, ma lo feci, perché rovinare quel momento? Mi avevano invitato loro, per giunta. Oscar propose un brindisi. - a tutta la squadra e alla nostra amica Silvia- disse alzando il bicchiere. Arrossii e ringraziai. - belle curve ha fatto colpo! Credo che Oscar si sia preso una cottarella per te- commentò Fernando. - ma và! Come ti viene in mente certe cose?- - tu cara mia non capisci niente di uomini!- disse poggiando il suo braccio sulla mia spalla. - si ma non te ne approfittare- dissi io, scostandogli quel braccio che oscillava sulla mia spalla . - e tu Fernando..nessuna ragazza che ti ronza intorno?- chiesi. - si..circa un centinaio..ma nessuna ha stoffa per me...- rispose. Sbaglio o in precedenza mi aveva detto che avevo stoffa? Non ci avrà fatto caso, pensai. - come mai , sei interessata?- continuò. - ma come ti viene in mente? Carciofo..- dissi io tirandogli un leggero pugno sui suoi addominali scolpiti a regola d'arte, a mo' di Canova del Neoclassicismo. - ti informo... Fernando Torres non va con una ragazza normale, solo famose!!- mi distrasse. - e chi ti dice che io non lo sia?- risposi. - perchè lo sei?- - mistero!- risposi vagamente, alzandomi dalla poltroncina e girando un po' in giro. - dimmi solo si o no!- continuò a chiedere. - si, lo sono, e non sai quanto- risposi da girata. - lo scoprirò presto chi sei!- continuava lui imperterrito. - come no- continuai io. Me l'ero cercata. Mi ero cercata una sua persecuzione per scoprire chi fossi realmente io. Ma lui non l'avrebbe mai scoperto, io non glielo avrei mai detto.

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque. Perchè non vinco sempre? ***


Cosa si odia di più di una sveglia che squilla quando hai sonno? Un telefono che squilla in borsa sperso tra i suoi meandri. Ma il problema è quando aspetti una telefonata importante del tuo capo, in più se il Boss in questione è tua madre. Trovai finalmente il mio telefono sparso in borsa, lo estrassi e notai il numero, era mia madre. - Pronto, mamma!- risposi. - ehi tesoro, ti ho mandato alcuni modelli in negozio, spero che riuscirai a rinnovarli un po'! Non so se conosci le sarte e gli assistenti, ma comunque ti adatterai bene, ne sono sicura- disse lei tutto d'un fiato. Sentii suonare alla porta. - un attimo mamma, suonano alla porta- dissi mettendo la telefonata in attesa. Andai ad aprire e Voilà... Era il carciofo! - Torres, o mio Dio, mi stai più sopra di uno Stalker- dissi vedendolo. - belle curve, ma cosa stai dicendo? Io sono un galantuomo!- disse accennando il suo sorriso da prendere il sedere e appoggiandosi alla porta nella posizione tipica da Playboy. - mi sembri un fidanzato geloso- accennai con la mia faccia da schifiltosa. - Si giusto. Lo vorresti.- rispose con il suo solito tono da Mr. antipatia. Ci fu una lunga pausa di silenzio fra le nostra battutine a ripetizione. - no, tu lo vorresti- ribattei io. - ti prego, dimentichi con chi stai parlando- continuò lui imperterrito. - anche tu. Io....io ti piaccio!?- dissi affermante. Stavo esponendo la mia tesi che non era del tutto sbagliato. Insomma pensiamoci. Mi suona sempre a casa, mi dice che sono carina, mi chiama belle curve. È chiaro, il tenebroso Fernando Torres, chiamato da me Carciofo, si è innamorato. - definisci " piacere" - ribattee. -Ah! Tu... tu vuoi prendermi in giro. Io non ci posso credere che...- non mi fece finire la frase che continuò con le sue solite scuse. - Che cosa credi che senta ora? Non ho dormito, ho la nausea come se avessi qualcosa nello stomaco. Che svolazza.- rispose. - Le farfalle? Oh, no no no no, no, questo non sta succedendo, no.- dissi io sventolandomi con la mano. In quel momento sembrava che la leggere arietta che proveniva dalla finestra semiaperta, si fosse fermata. Il tempo si era fermato. - ma perchè ti illudi? Fernando Torres non amerà mai nessuno come ama se stesso. - continuò lui sbuffando. - almeno che ...la persona che ti tormenta il cuore, non sia peggio di te. E credimi, non c'è nessuno che ama di più se stesso che io. Caro Torres, amare se stessi non è essere egoisti, è solo avere buoni gusti, nel mio caso, intendo.- dissi io. La mia parlantina feticista era riuscito a farlo azzittire. " Oh Caro Torres, hai trovato pane per i tuoi denti" pensai. Si prese la totale libertà di girare per "casa" mia, o per meglio dire, suite. Vagabondò intorno al tavolo finché non scorse il catalogo di moda Trussardi. - eh, no! Buono, buono, quello non si tocca!- dissi io prelevandogli il catalogo dalle mani come farebbe un bambino geloso di suoi giocattoli. - nascondi dei segreti lì dentro eh!- ribattee imperterrito lui. Si avvicinò sempre più vicino a me , sembrava proprio che quel catalogo gli attizzasse, anche se non sapeva cosa ci fosse dentro. - solo lavoro- continuai io, ma lui non sembrava convinto. -allora fammi vedere- disse lui, avvicinandosi sempre di più a me, finché non sbattei la schiena contro il muro e il mio petto aderì perfettamente con i suoi addominali. - dovrai passare su questo corpo- dissi io tenebrosa. L'aria di sfida mi aveva sempre attirato! - se è necessario...ti accontento..ma ho una strategia migliore- disse lui poggiando le sue mani sopra i miei fianchi e iniziando a muoverellare quelle dita. Maledetto Torres e il tuo solletico. Sono una che lo soffre se fatto nei punti giusti. Stavo soffrendo come mai fatto prima. Mi accasciai a terra per implorarlo mentalmente di smettere , ma non servii. Il wi-fi della mia testa non riusciva ad essere criptato dal suo dispositivo chiamato " cervello". Quella fu una delle scene più imbarazzanti di tutta la mia vita. Torres che si ritrovava a cavalcioni sopra di me a farmi il solletico , ed io, schiacciata sotto il suo massiccio corpo a cercare di non dargliela vinta. A volte rimpiango il mio coraggio e la mia volontà di vincere in ogni situazione. - ok, Fernando, hai vinto. Ti dirò chi sono- mi lamentai io. - sono tutti orecchi- disse lui smettendo di farmi il solletico, ma non lasciò la presa dei miei polsi. - sono Silvia. Silvia Trussardi. Sono famosa. Faccio parte della moda italiana. Il mil cognome in realtà ne fa parte.- spiegai io. - e questo è il catalogo con alcuni modello della nostra linea- continuai indicando il catalogo che aveva cercato di sfilarmi dalle mani. - perché non volevi che sapessi chi fossi?- domandò lasciando la presa e accasciandosi a terra anche lui, distendendosi e incrociando le braccia sotto la testa. -non l'ho detto a nessuno. La gente mi considera solo come Trussardi. Alcuni non sanno nemmeno il mio nome- risposi. - non volevi farti riconoscere, insomma- approvò lui. - a volte mi manca la semplicità delle persone normali. Tu dovresti saperlo meglio di me- continuai. - mi fa strano parlare con te senza ricevere insulti- disse lui rivolgendo lo sguardo verso di me, ancora sdraiati. - questo non vuol dire che diventeremo amici- dissi io. - ma quando avrò bisogno di una chiacchierata tra persone famose che si fingono normali, ti chiamerò- continuai. - a tua disposizione belle curve! Per tutto...intendo proprio per tutto! Incluse anche cose vietate ai minori- enfatizzò lui alzandosi e porgendomi la mano per farmi rialzare dal marmo freddo del pavimento. - si ma ora vaporizzati!- dissi aprendogli la porta per farlo uscire. " Oh porca..mamma al telefono!" pensai. " L'ho lasciata in attesa per mezz'ora". Richiamai mia madre che si era leggermente spazientita. - scusa per l'attesa , mamma- dissi. - ma chi era alla porta che mi hai lasciato in attesa per mezz'ora?- chiese lei . Non potevo raccontagli tutta la storia, così arrancai una scusa. - era il servizio in camera, aveva sbagliato ordire, un casino- dissi. - che servizio di scarsa qualità! Eppure ha cinque stelle- continuò lei. - lasciamo stare, má- continuai. - ciao tesoro, ci si sente i prossimi giorni- salutò, e io feci altrettanto. Me ne andai a dormire e ripensai alla giornata che si stava concludendo con l'addormentarmi. Ripensai alle parole di Fernando, al suo sorriso e anche alla nostra chiacchierata. Per un minimo secondo mi uscì da ridere, ma poi l'attimo dopo lo ritirai. Se mi ero aperta così tanto con quel carciofo, forse stavo diventando troppo debole. " Non può essere" pensai prima di chiudere gli occhi ed addormentarmi.

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