It beats for two.

di saltandpepper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It appears that you're pregnant. ***
Capitolo 2: *** It seems that we're me and you, now. ***
Capitolo 3: *** I think you need to get to the gym more often. ***
Capitolo 4: *** This isn't awkward at all. ***
Capitolo 5: *** I really don't want you to be dead. ***
Capitolo 6: *** No one had told me that sweating was a side-effect of being pregnant. ***
Capitolo 7: *** My situation was just glorious, wasn't it? ***
Capitolo 8: *** It just weird, you know? ***
Capitolo 9: *** I couldn't deny that it hurt a little. ***
Capitolo 10: *** Trying not to get too excited. ***
Capitolo 11: *** I don't know about you, but i'm kinda nervous here. ***
Capitolo 12: *** You're gonna be the death of me, Harry Styles. ***
Capitolo 13: *** He's being a right jackass. ***
Capitolo 14: *** How would you have liked it to be? ***
Capitolo 15: *** There was no response. ***
Capitolo 16: *** I'm having a baby. ***
Capitolo 17: *** I think I'd like to keep him. ***
Capitolo 18: *** Wanna go check out some toys? ***
Capitolo 19: *** I'd once thought that being ignored was bad. ***
Capitolo 20: *** You can never like me that way and it sucks. ***
Capitolo 21: *** Things used to be a bit easier. ***
Capitolo 22: *** Everything was gonna end up being just fine. ***
Capitolo 23: *** Why don't you want them to know? ***
Capitolo 24: *** Good night, sleep tight. ***
Capitolo 25: *** I realised what he'd just said and my eyes widened. ***
Capitolo 26: *** You're not gonna run off, are you? ***
Capitolo 27: *** A cake sounds nice. ***
Capitolo 28: *** So all in all, things are actually...okay. ***
Capitolo 29: *** I'm a great kisser. ***
Capitolo 30: *** Can you at least give me a reason? ***
Capitolo 31: *** I don't agree with you. ***
Capitolo 32: *** I'm saying it because I want you to be happy. ***
Capitolo 33: *** You know what I'm talking about. ***
Capitolo 34: *** We'll make a decision together. ***
Capitolo 35: *** Lauren's not welcome here anymore. ***
Capitolo 36: *** How long have you known? ***
Capitolo 37: *** You're mine. ***
Capitolo 38: *** But why can't I hold him? ***
Capitolo 39: *** Okay. ***



Capitolo 1
*** It appears that you're pregnant. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
LINK DELLA STORIA ORIGINALE: http://onedirectionfanfiction.com/viewstory.php?sid=53225&ageconsent=ok&warning=4
REVISIONATO IL:        
11.05.2015

 
_________________
 
Capitolo 1



Sembra che tu sia incinto.

 
Era un Lunedì della metà di Agosto il giorno in cui la mia vita sarebbe cambiata per sempre. E' stato un cambiamento che non mi sarei mai aspettato, che non avrei mai sognato, mai pensato. Ma è successo, ed il viaggio che è iniziato quel giorno ha cancellato tutto quello che avrei voluto fare in questo mondo.

Lunedì 16 Agosto

La musica era forte, troppo forte per chiunque. Non che un adolescente sano di mente abbia a cuore il suo udito comunque. Il mio cuore batteva allo stesso ritmo del basso che faceva vibrare il pavimento sotto le mie Toms. La gente intorno a me era ubriaca - tanto ubriaca - e occupata a fare tutto ciò che non si dovrebbe fare in una casa piena di quasi tutti gli studenti della propria scuola. Stavano facendo passi di danza volgari, togliendosi le camice, versandosi la birra sopra la testa, facendosi ditalini e masturbandosi davanti ad una folla che applaudiva.
Sospirai, chiedendomi perchè avessi deciso di andare a quella festa. Non ero amico di nessuno lì, nessuno mi prestava attenzione - come sapevo che sarebbe successo - e in tutta onestà, mi stavo annoiando. Eppure eccomi lì, con un bicchiere di Coca Cola e Vodka in mano, sorseggiandolo di tanto in tanto, mentre guardavo i miei compagni di classe fare gli idioti fuori di se stessi.
La scuola era iniziata da due giorni e la festa era stata un "party di fine estate" che uno dei fighetti organizzava ogni anno. Quello era un altro mistero per me: perchè ero stato invitato ad una festa organizzata da un atleta di cui non sapevo nemmeno il nome? Sicuramente io non ero un atleta. Non ero altro che Nessuno che stava vivendo una vita noiosa; Andavo a scuola, tornavo a casa, facevo ciò che dovevo fare e andavo a letto. Non socializzavo con nessuno e l'unica amica che avevo mai avuto era Eleanor, la mia vicina di casa e migliore amica. Non che fossi vittima di bullismo, la mia scuola era a posto riguardo questo; nessuno era mai stato vittima di bullismo, la gente pensava con la propria testa e viveva la propria vita, senza preoccuparsi di perdere tempo e energie a torturare qualcun altro. No, non sono mai stato vittima di bullismo, semplicemente non ho mai avuto nessun amico.
E' stato difficile capire il motivo però. Non ero nè timido, nè stupido, nè brutto, nè avaro, nè eccentrico, nè goffo, nè particolarmente fastidioso o socialmente ritardato. La gente semplicemente non mi prestava alcuna attenzione a meno che non fossi in mezzo ad una quantità molto piccola di persone che sapeva il mio nome, forse sei o sette persone in una scuola di mille studenti. Anche se ad alcuni mi ero avvicinato ed avevamo avuto una conversazione piacevole, dimenticavano il mio nome e, le successive volte che ci incontravamo, dimenticavano della mia esistenza. Non doveva necessariamente piacermi come stavano andando le cose. Diventai piuttosto solitario dopo un po' ed iniziai a sedermi da solo in mensa tutti i giorni - visto che Eleanor si era trasferita in una scuola privata fuori dalla città - lavoravo sempre da solo nei progetti di gruppo a meno che i gruppi non li scegliesse l'insegnante, non avendo nessuno con cui uscire quando tornavo a casa. No, non mi piaceva, ma le cose stavano così e ormai, in due anni di liceo su tre, mi ero abituato. In quel momento, ad un anno dalla fine, sarebbe stato inutile cercare nuovi amici.
Guardai il mio bicchiere, che era ancora mezzo pieno, e sospirai di nuovo. L'alcool non era mai stato il mio migliore amico. Ogni volta che bevevo, non molto spesso considerando che non avevo nessuno con cui farlo a parte Eleanor, finivo per fare qualcosa che poi avrei rimpianto il giorno dopo quando mi sarei svegliato con un mal di testa atroce. Tuttavia svuotai il resto del bicchiere in tre grandi sorsi. Il liquido mi bruciava la gola e feci una smorfia, chiedendomi se avessi messo un po' troppa Vodka di quanta ne era prevista nel bicchiere.
"Hey," disse una voce dietro di me. Stavo per girarmi, ma poi mi resi conto che, chiunque fosse, non stava parlando con me, così avevo roteato gli occhi per il pensiero stupido e avevo continuato a guardare il casino di gente sulla pista da ballo.
"Hey? Non potresti almeno girarti?" Disse la voce, questa volta più persistente.
Corrugai la fronte e girai la testa un po' di lato solo per vedere chi fosse. 
Qualche atleta, riuscii a capire dopo una veloce occhiata ai capelli ricci e alla sua bella faccia. Non riuscivo a ricordare il suo nome, ma lo avevo visto in giro a scuola, tutte le volte con una divisa da calcio addosso.
"Uhm, mi stai ascoltando?" Disse il ragazzo con tono confuso.
"Hey? Sto parlando a te con la maglietta bianca e i pantaloni rossi," continuò.
Guardai i miei vestiti e mi resi conto di star davvero indossando una maglietta bianca e un paio di pantaloni rossi. Ancora un po' titubante mi voltai e affrontai il ragazzo. Si stava allontanando un bicchiere dalle labbra, apparentemente solo dopo aver preso un piccolo sorso del contenuto, e sorrise.
"Finalmente! Stavo iniziando a pensare che fossi sordo o cosa,” disse.
Gli sorrisi di rimando.
"Scusami, non ero sicuro ti stessi rivolgendo a me,” dissi.
"Beh era ovvio. Ti ho visto in giro per la scuola, come ti chiami?"
Sospirai. Ovviamente non sapeva il mio nome. Allo stesso tempo però, nemmeno io sapevo quale fosse il suo.
"Louis.”
"Giusto, Louis,” disse con un ampio sorriso.
"Non hai intenzione di dirmi il tuo nome?" chiesi.
Il ragazzo alzò le sopracciglia, guardandomi come se volesse capire se stessi scherzando o meno.
"Harry,” disse dopo un paio di secondi.
"Beh, è un piacere conoscerti Harry," dissi e sorrisi.
"Allora, Louis, ti sta piacendo la festa?" 
Mi strinsi nelle spalle.
"Se devo essere sincero, non è proprio il mio genere. Non so esattamente perchè sono venuto."
"Perchè è l'ultima occasione per ubriacarsi prima dell'inizio della scuola mi sa," disse Harry e alzò il bicchiere in segno di saluto prima di bere un altro sorso.
Sorrisi storto.
"Si, questa festa non fa per me comunque, sai non conosco nessuno qui."
"Beh, ora conosci me. Posso offrirti da bere?"
Stavo per rifiutare l'offerta, pensando che per quella notte avessi bevuto abbastanza, ma poi realizzai che era la prima volta nella mia vita che qualcuno della scuola era venuto da me ed aveva iniziato una conversazione di sua spontanea volontà, e non volevo rovinare tutto.
"Si, grazie," dissi e il sorriso di Harry si allargò.
"Ottimo! Che cosa bevi?" chiese.
"Vodka, ma non Bacardi, liscia,"  risposi.
"Mi piaci,” sorrise.
"Torno subito,” aggiunse prima di girarsi ed andare verso la cucina.
Sorrisi leggermente, congratulandomi con me stesso per aver trovato qualcuno con cui parlare. Ok, lui aveva trovato me, tuttavia ero molto felice di parlare con qualcuno che volesse la mia compagnia.
Harry tornò dopo pochi minuti, portando due bicchieri, uno dei quali diede a me, e una bottiglia piena di liquido chiaro.
"Stai pianificando di ubriacarmi?" chiesi scherzosamente con un cenno del capo verso la bottiglia.
"Forse,” disse. "Ti va di uscire fuori? E' un po' rumoroso qua dentro."
Vero. Era un miracolo che non avessimo bisogno di urlare per riuscire ad ascoltare l'altro. Annuii e mi lasciai guidare fuori da una porta di vetro, nel cortile, dove Harry si sedette con la schiena appoggiata al muro della casa.
"Vieni, siediti,” mi invitò dopo aver visto che non avevo alcuna intenzione di muovermi, ma non lo feci e continuai a guardarlo. Dopo essere stato obbligato, mi lasciai cadere accanto a lui rovesciando un po' del contenuto del bicchiere sui miei pantaloni.
Poi tutto successe molto velocemente. Eravamo rimasti seduti in silenzio per un po', finendo le nostre bevande e poi procedendo a turno per bere direttamente dalla bottiglia. La mia mente era diventata sempre più appannata, sempre più stordita dall'alcool, e prima di capire altro, mi ritrovai seduto in braccio ad Harry, ridacchiado per qualcosa che aveva detto e che probabilmente non era nemmeno divertente.
"Dai, facciamo una passeggiata,” disse Harry con determinazione. Mi spinse giù da lui prima di alzarsi in piedi e guardarmi.
"Ma perché?" mi lamentai.
"Perchè non voglio più stare seduto qui, duh."
"Oh... si, certo."
In qualche modo la passeggiata si era conclusa con le mie mani e le mie ginocchia sul prato, lontano dagli sguardi curiosi delle persone, i pantaloni e i boxer calati intorno alle mie ginocchia mentre Harry si spingeva violentemente dentro di me. Faceva male, troppo male, come se mi stessero squarciando, e le lacrime colarono rapidamente dai miei occhi. Ma allo stesso tempo era incredibile. Il misto tra piacere e dolore mi causava piccoli e rotti gemiti di volta in volta e sentivo il suo respiro irregolare sopra la testa. Teneva la presa salda sui miei fianchi e sapevo che proprio lì, il giorno dopo, mi sarebbero comparsi dei lividi. Non ci misi più di cinque minuti a raggiungere l'orgasmo e a crollare sull'erba sotto di me, respirando pesantemente, sentendo la sensazione di dolore nel corpo e delle fitte di dolore al culo. Avevo sentito Harry sdraiarsi accanto a me e avevo aperto gli occhi trovando il suo volto coperto da un ghigno.
"Non sei stato male," disse.
"Grazie,” sospirai, "Nemmeno tu."
E quella fu l'ultima cosa che ricordai prima di addormentarmi.

Martedì 17 Agosto

Quando mi svegliai la mattina dopo, mi ci volle qualche secondo per realizzare che fossi nascosto al sicuro sotto le lenzuola del mio letto. Battei le palpebre un paio di volte, cercando di ricordare la notte passata.
Party... vodka... Harry... cortile.. più vodka... bottiglia... prato... cazzo.
Gemetti. Mi ero fatto scopare da un tizio che non conoscevo mentre ero ubriaco, posizionato a quattro zampe su un prato. Quale tipo di persona farebbe questo? Soprattutto alla loro prima volta. Beh, la prima volta con un ragazzo almeno. Eleanor e io facevamo sesso almeno una volta alla settimana - come degli amici con benefici - fino ad un anno e mezzo fa. Ma Eleanor era una ragazza. Era stato molto diverso essere il ricevente. Me ne ero accorto quando mi ero spostato un po' dal letto e un dolore lancinante mi aveva colpito lungo la schiena.
"Oh mio Dio," gemetti prima di chiudere gli occhi.
Avevo fatto sesso con Harry. No, mi ero fatto scopare da Harry. Non poteva essere chiamato sesso dato che non c'era stato alcun tocco di pelle a parte le sue cosce contro il mio culo. Sospirai, dandomi dello stupido. Non è che sperassi in candele e fiori per la mia prima volta, ma sarebbe stato un po' più bello conoscere il tipo che mi avrebbe sverginato. Era un po' tardi per pensare a quello però.
Era passato più di un anno da quando mi ero reso conto di essere gay, ma visto che non avevo amici, non avevo mai avuto l'opportunità di provare qualsiasi cosa con un ragazzo. Ora l'avevo provato però ed era stato l'errore più grande che avessi mai potuto fare.
Non ebbi più tempo per pensare all'accaduto perché proprio in quel momento la porta della mia camera si spalancò e Owen, mio fratello quindicenne, entrò.
"Mamma vuole parlare con te,” disse con noncuranza.
"Ottimo,” borbottai.
"Di cosa vuole parlarti?” 
"Non lo so."
Sospirai prima di alzarmi dal mio letto - trasalendo per il dolore - uscì dalla porta con Owen proprio dietro di me e mi diressi giù per le scale verso la cucina. Mia madre era seduta al tavolo con il naso sepolto in un giornale e una tazza di caffè di fronte a lei.
"Vuoi parlare con me?" chiesi, appoggiato allo stipite della porta, cercando di trovare una posizione che avrebbe diminuito il dolore nella parte inferiore.
Mamma mi guardò, fermando i suoi occhi severi su di me.
"Si,” disse, "Puoi spiegarmi il motivo per cui ho ricevuto una telefonata da una donna, che ha detto di essere la madre di Liam, alle due di ieri sera, dicendomi che dovevo andare a prendere mio figlio perchè era svenuto sul prato, senza i pantaloni e la biancheria intima e con una bottiglia di liquore quasi vuota accanto?"
"Uhm... no, non posso davvero spiegartelo," le dissi.
"Allora puoi almeno dirmi perché non indossavi i pantaloni e la biancheria intima?" chiese con gli occhi stretti.
"Secondo te?" ribaltai la domanda a lei.
Sentii Owen ridacchiare alle mie spalle e mi voltai di scatto guardandolo di traverso.
"Su un prato? Questo è di classe Lou, davvero."
"Fatti gli affari tuoi, Owen,” sbottai.
"Louis! Lascia stare tuo fratello,” disse mia mamma ad alta voce facendomi voltare di nuovo per guardarla.
"Bene, allora dimmi cosa cazzo vuoi da me,” dissi acidamente.
"Prima di tutto voglio che tu smetta di usare quelle parole,” lo rimproverò, “E voglio anche sapere perchè eri ubriaco.”
"Abbastanza ovvio, no?"
Mamma sospirò.
"Chi era lei allora? Hai una ragazza?"
"Mamma, non pensi che se avessi una ragazza avrei mostrato un po' più di rispetto invece che fare sesso su un prato mentre ero ubriaco?"
"Sono contenta che almeno un po' capisci, ma hai fatto sesso con una ragazza e, anche se lei non è la tua ragazza, non meritava di essere trattata in quel modo."
Mi chiesi se avrebbe detto la stessa cosa se gli avessi detto che ero gay e che la persona con la quale avevo fatto sesso era un ragazzo. Probabilmente no. Se lo avesse saputo molto probabilmente mi avrebbe rinchiuso nella mia stanza per tre settimane, mentre cercava di capire cosa fare con me. Non che fosse omofoba, ma era un po' 'vecchio stile' ed era importante per lei mantenere una facciata perfetta per la nostra famiglia, soprattutto dopo che mio padre ci aveva lasciati sei anni prima.
"Si, lo so, e non accadrà di nuovo," dissi con calma. La mia testa aveva già inziato a pulsare ed avevo una strana sensazione di disagio nello stomaco per iniziare un litigio poco allettante.
"Beh, bene. Ora, se tu - Louis, che hai?"
Si interruppe a metà frase quando all'improvviso mi misi una mano davanti alla bocca e corsi verso il bagno. Caddi in ginocchio davanti al gabinetto e il contenuto del mio stomaco si rovesciò con un colore quasi giallo. Lacrime di dolore e disgusto mi scivolarono lungo le guance e chiusi gli occhi ermeticamente. Continuai ansante fino a che il mio stomaco fu completamente vuoto e la mia gola dolente, poi tirai giù il coperchio del gabinetto mentre arrossivo e appoggiavo la testa su di esso.
"Louis, sei malato?" chiese mia madre dietro di me. Girai la testa e la vidi in piedi guardarmi preoccupata.
"No, ho solo bevuto troppo ieri sera,” mormorai prima di pulirmi la bocca con la manica del maglione di qualcuno - probabilmente di mamma - che mi avevano messo durante la notte prima di addormentarmi.
Lei scosse la testa con rassegnazione, ma poi mi rivolse un piccolo sorriso.
"Devi smettere di bere. Finisce sempre così, Lou."
"Si, lo so. Smetterò,” dissi roteando mentalmente gli occhi.

Mercoledì 18 Agosto

Il giorno dopo mi ritrovai a camminare lungo i corridoi familiari della scuola che avevo avuto modo di conoscere bene nel corso degli ultimi due anni. Prima di andarmene di casa quella mattina mi preoccupai della possibilità di incontrare Harry dato che non avevo idea di come reagire dopo quella notte, ma quando a pranzo non avevo visto neanche una ciocca di capelli marroni e ricci, rilassai le spalle e smisi di guardare oltre di esse ogni dieci secondi.
Che si era poi rivelato un errore.
Quando mi alzai dal mio tavolo nella mensa, dopo aver mangiato il pranzo, mi diressi verso il cestino posto accanto alla porta d'ingresso e lasciai cadere il cartone vuoto del latte dentro esso. Proprio quando mi girai di novanta gradi per uscire dalla sala da pranzo affollata, entrò un gruppo di persone ed io mi scontrai con una di loro.
"Scusa,” disse il ragazzo, rivolgendomi un rapido sorriso che mostrava i denti storti.
Stavo per dire un 'non importa' quando i miei occhi caddero sul ragazzo dietro quello con cui mi ero scontrato. Oh, fantastico. Harry. Mi rivolse solo un rapido sguardo, nessun segno di riconoscimento evidente sul suo viso. Prima che io avessi avuto la possibile di dire qualsiasi cosa, tutto il gruppo aveva continuato a camminare e Harry insieme a loro.
La mia fronte si corrugò in un misto di confusione. Non si ricordava? Forse no. Era abbastanza fuori di sè. Probabilmente era meglio, in questo modo non avremmo dovuto pensare a cosa fare se ci fossimo incontrati. Avrei potuto semplicemente ignorarlo e lo stesso avrebbe fatto lui con me.

*

Le successive cinque settimane passarono in pace e tranquillità. Ero andato a scuola, tutti mi avevano ignorato, avevo fatto i compiti, ero uscito con Eleanor ogni volta che avevo tempo, mamma aveva smesso di interrogarmi riguardo al mio incidente ubriaco circa dopo una settimana che era successo e Harry rimase ignaro del fatto che era stato il primo a scopare Louis Tomlinson da dietro. In altre parole, le cose erano normali.
Questo fino a quando si stava avvicinando Ottobre, il momento in cui la mia vita avrebbe preso un improvviso cambio di rotta e che tutto il mondo sarebbe crollato su di me.

Giovedì 23 Settembre

Quando mi svegliai un Venerdì della fine di Settembre, la prima cosa che notai era che mi sentivo male. Nel senso, veramente malato. Mi arrampicai nel letto tenendomi le mani davanti alla bocca. Mentre ero a pochi metri di distanza dal bagno, sentii la nausea prendere il sopravvento su di me e alcuni conati di vomito mi finirono in mano prima che riuscissi a mettermi davanti al gabinetto. Mi sentivo come se le mie stesse viscere fossero state strappate e come se avessi vomitato tutto quello che c'era di liquido e solido nel mio corpo. Respirai faticosamente e strinsi una mano sulla pancia, desiderando che il mio corpo la smettesse di torturarmi.
Mentre me ne stavo lì, sentii dei passi dietro di me, ma non mi preoccupai di girarmi.
"Sei stanco?" chiese la voce di Owen. “Hai bevuto di nuovo? Mamma ti ucciderà.”
"Non ho bevuto,” mormorai mentre asciugavo un paio di lacrime cadute sulle mie guance. "Sono semplicemente malato. Puoi chiamare mamma, per favore?"
Non appena le parole uscirono dalla mia bocca, un'altra contrazione attraversò il mio corpo e mi chinai sulla tazza.
"Oddio, va bene, vado a chiamare mamma,” sentii dire da Owen.
Un paio di minuti più tardi sentii una mano morbida e calda iniziare a strofinare dolcemente la mia schiena.
"Non ho bevuto questa volta, lo giuro,” gracchiai.
"Lo so,” disse mia mamma.
"Dovresti tornare a letto. Ti porto un secchio e un po' d'acqua, va bene?"
Annuii, ma ancora non mi sentivo pronto a muovermi.
"Spero non sia qualcosa di grave,” disse mentre continuava a strofinarmi la schiena.
"Probabilmente solo un virus,” mormorai stancamente, “Passerà in un giorno o due."

*

L'unico problema era che in un giorno o due non era passato. Mi svegliavo ogni mattina dovendo correre in bagno dove svuotavo il mio intestino a tal punto da diventare doloroso. Durò settimana dopo settimana e divenne abbastanza fastidioso. La cosa strana era che succedeva solo al mattino, durante il pomeriggio e la sera mi sentivo bene, a parte tre volte che avevo sentito improvvisamente il bisogno di svuotare lo stomaco nel bel mezzo della giornata. Mia madre non mi permetteva di andare a scuola e questo fece si che rimanessi indietro con il programma, e anche se avevo protestato, avevo capito che visto il modo in cui mi sentivo la mattina, non sarei nemmeno riuscito a raggiungere l'autobus.
Quando dopo quattro settimane non era ancora passato, sia mia madre che Owen stavano cominciando a preoccuparsi seriamente. Avevo cercato di convincerli – e di convincere anche me stesso - che andava tutto bene, e mentre i giorni passavano ed io continuavo a correre in bagno ogni mattina, diventava sempre più difficile. Oltre a vomitare, stavo cominciando ad avere una strana sensazione nello stomaco, non una malattia nè un dolore solo... strano.

Lunedi 25 Ottobre

Ancora una volta ero seduto sul pavimento del bagno, chinato sul gabinetto con gli occhi spalancati mentre continuavo a vomitare anche la bile. Mamma era seduta accanto a me, guardandomi spaventata. Non molto preoccupata, ma spaventata.
"Louis, dobbiamo andare dal medico, questo non è normale,” disse.
"Lo so che non è normale, ma non voglio andare dal dottore, va bene? Non voglio,” dissi e, nonostante mi sentissi esausto, riuscii a mantenere il tono di voce ostinato. “Passerà presto, ne sono sicuro.”
"E' passato più di un mese da quando è cominciato, non passerà così."
"Mamma, non voglio-"
"Lou, no," Lo interruppe lei. "Mi dispiace, lo so che hai diciotto anni ma fino a quando vivi sotto il mio tetto farai quello che dico io. E io dico che andremo dal medico. Ora."
"Ora? Mamma, non pensi che sia un po'-"
"No, Louis, questa storia va avanti da troppo tempo."
"Mamma, non voglio andare dal medico, non importa quale. E' il mio corpo e io deciderò cosa farci o non farci. Dal medico non ci vado, punto."
E così, un'ora più tardi, ero seduto nella sala d'attesa presso l'ufficio del medico con mia mamma accanto. Mi rifiutai di guardarla, arrabbiato con lei per avermi trascinato lì. I medici mi facevano andare fuori di testa, avevano aghi e siringhe ed ogni elemento necessario per la lobotomia.
"Louis Tomlinson,” disse una voce e mi guardò. Un vecchio uomo sorridente stava proprio fuori dalla porta aperta a pochi metri alla mia sinistra. Sospirai e mi alzai. 
Si alzò anche mia mamma ma io scossi la testa.
"Assolutamente no,” le dissi con fermezza mentre la fissavo. “Beh, mi hai trascinato qui ed ora ci vado, ma ho diciotto anni, mamma, e non ti voglio nella stessa stanza in cui mi vengono chieste domande potenzialmente dettagliate sul mio corpo. Se c'è qualcosa che non va, te lo farò sapere."
Lei mi guardò con sospetto per qualche secondo, ma poi sospirò e si sedette di nuovo sulla sedia.
"Va bene, ma mi dici se c'è qualcosa di grave, è chiaro?"
Annuii prima di dirigermi verso l'uomo. Tese una mano che accettai e si presentò come il medico Martin Wright. Almeno lui sembrava un brav'uomo, quasi dolce, il vecchio vicino di casa sessantenne con la pancia rotonda che hai sempre desiderato di avere.
"Allora, signor Tomlinson, cosa la porta qui?" Chiese, quando eravamo entrambi seduti - lui nella sua scrivania ed io in una comoda poltrona accanto ad essa.
"Mi chiami Louis, e mia madre mi ha costretto a venire qui in realtà,” dissi.
Lui ridacchiò.
"Sono sicuro che avesse una buona ragione per farlo, Louis."
"Si, suppongo,” dissi grattandomi la testa. "Credo di essere stato un po'... ho vomitato ultimamente. In realtà ogni mattina nelle ultime quattro settimane e a volte durante il giorno, ecco."
"Hai vomitato ogni giorno per le ultime quattro settimane? Questo non è un bene. Fai molta attività fisica?"
Scossi la testa. “No, non sono quel tipo di ragazzo."
"Hai qualche tipo di disordine alimentare?"
"Non sono quel tipo di persona, no"
"Sei molto sotto pressione per qualcosa? Amici, la famiglia, la scuola... niente?"
"No."
"Hai qualcuno dei tuoi parenti stretti che ha sofferto di tumore al cervello?"
I miei occhi si spalancarono.
"Un tumore al cervello? Uhm, no, non che io sappia. E' possibile che io abbia un tumore?"
"E' possibile, si. Ma dovremo eseguire alcuni esami per saperlo con certezza."
Un tumore? Cazzo. Le persone muoiono di tumore.
"Hai avuto altri sintomi?"
"Ad esempio?"
"Come stanchezza, depressione, perdita della vista o dell'udito..."
"Uhm, no, solo... ho avuto una strana sensazione nello stomaco,” dissi esitante, sapendo quanto stupido dovesse suonare.
Il dottore aggrottò la fronte.
"Che strano... il dolore e la nausea?"
"Uhm, no, solo... strano o... strano credo, non so davvero come spiegarlo."
Le rughe sulla sua fronte diventarono più profonde.
"Dobbiamo fare degli esami per capire. Non voglio farti aspettare dato che c'è una possibilità di tumore, quindi se aspetti qualche minuto faccio qualche telefonata," disse mentre prendeva il telefono dalla scrivania ed iniziava a comporre un numero.
Mi lasciai cadere sulla sedia e chiusi gli occhi. Un tumore. Cosa sarebbe successo se avessi avuto un tumore? Mi venne voglia di piangere quando pensai alla possibilità. Non che la mia vita fosse tanto eccitante, ma non volevo morire. Ovviamente mi piaceva stare in vita; certo, la mia vita era noiosa e a volte deprimente, ma era comunque la mia vita e ne ero piuttosto affezionato. E mia mamma... cosa avrebbe detto? Sapevo benissimo che Owen era il suo figlio preferito, ma lei mi amava comunque e non avrebbe voluto che morissi.
"Louis?"
La voce del dottore mi trascinò fuori dal turbine di pensieri e aprii gli occhi. 
"Se vieni con me, andiamo a fare un paio di analisi del sangue per vedere se c'è qualcosa da individuare," disse mentre si alzava in piedi.
Io impallidii.
"Analisi del sangue?" chiesi.
Sorrise.
"Non sei un fan degli aghi presumo. Mi dispiace, ma dobbiamo farlo se vogliamo scoprire cosa c'è che non va in te."
"Quindi c'è sicuramente qualcosa che non va,” sospirai.
"Vomitare ogni giorno per quattro settimane non è normale, Louis,” disse. "Credo che tua madre abbia fatto bene a portarti qui."
Sospirai di nuovo, ma mi alzai dalla sedia e gli feci segno di guidarmi.
Un'ora, e un sacco di lamenti, più tardi eravamo tornati nell'ufficio di Martin.
"Beh, avremo i risultati del test tra una settimana," disse mentre guardava tra una pila di carte. "Ma fino ad allora, mi piacerebbe avere un'ecografia del tuo stomaco."
Alzai le sopracciglia.
"Un'ecografia? Perché?"
"Giusto per controllare tutte le basi, vogliamo controllare che non ci sia qualcosa che non va con i reni o con l'intestino."
"Uhm, va bene, certo," dissi esitante. "Devo... tirare su la camicia, o cosa?"
Lui ridacchiò.
"Prima basta che ti sdrai su quel lettino laggiù,” disse, e fece un cenno verso il lettino degli esami, dall'altra parte della stanza. "E poi puoi tirarti su la camicia mentre preparo l'attrezzatura."
Feci come mi aveva detto, e mi sentii piuttosto stupido a farlo, mentre lo guardavo portare una grande macchina vicino al tavolo insieme ad un sacco di fili e ad una bottiglia che aveva scritto 'Gel' sopra. Quando tirai su la camicia, diedi una rapida occhiata giù, al mio ventre esposto, e un gemito sfuggì dalle mie labbra.
"Qualcosa non va?" Chiese il dottore.
"No, credo di aver... messo su un po' di peso,” borbottai, frugando cupo il mio stomaco.
"Beh, guarda il lato positivo,” rise. "Non sei neanche un terzo della mia taglia."
Sorrisi.
"Si, credo. Va bene, basta andare avanti con quello suppongo."
Sorrise di nuovo prima di premere alcuni pulsanti sulla macchina, accendendola, mise i guanti nelle mani e schizzò un po' di gel sulla mia pancia.
"Porca puttana, è freddo!" Rimasi a bocca aperta.
"Si scalderà presto," mi rassicurò mentre aveva cominciato a muovere qualcosa come, pensai, un rasoio elettrico sulla mia pancia.
Il piccolo schermo non aveva mostrato altro che una macchia bianca e nera per un po' e gli unici suoni che si sentirono li trovai piuttosto disgustosi.
"Scusi, ma stiamo ascoltando e guardando l'interno del mio stomaco in questo momento?" Chiesi dopo circa un minuto.
"Fondamentalmente si e tutto sembra essere a posto. No, aspetta."
"Che cosa? Che cosa c'è che non va?" chiesi in fretta, gli occhi incollati allo schermo, che ancora non mostrava niente che potesse avere un senso per me.
"C'è qualcosa qui, ma non sono..." Si interruppe e quando guardai il suo viso, le sopracciglia erano alzate e il suo sguardo assolutamente confuso. Che non poteva essere una cosa buona. I medici non devono essere confusi.
"Uhm, dottore, sto andando fuori di testa qui. Cosa c'è che non va?" chiesi con una risata nervosa.
"Io... non ne sono molto sicuro,” disse lentamente. "Scusa se te lo chiedo, ma sei un maschio, giusto?"
Alzai le sopracciglia.
"Se sono-...? Guardi, lo so che non sono esattamente Chuck Norris, ma non c'è bisogno di insultarmi."
"No, no, non è quello, è..." si affievolì di nuovo, ancora con gli occhi incollati nello schermo che mostrava ancora una macchia di bianco e di nero. Una sfocatura di bianco e di nero e di qualcos'altro.
"Dottore che cos'è quella... cosa?" chiesi, pur non essendo del tutto sicuro di voler sapere la risposta.
Lui distolse lo sguardo dallo schermo e mi guardò con occhi confusi per un breve istante prima di rispondere.
"Lo senti questo rumore?" disse poi.
Deglutii, ma ascoltai con attenzione. Ci fu un suono, anche se non ero abbastanza sicuro che si potesse definire come suono... non era forte, appena udibile, e un po' come un... suono martellante.
"Si, lo sento. Che cos'è?" chiesi esitante.
"Non ne sono molto sicuro,” disse. “Se tu fossi femmina, non ci sarebbe alcun dubbio ma... beh, non lo sei.”
"Scusi, ma che cosa ha a che fare questo con il mio sesso?" chiesi confusamente.
"Se guardi qui," disse, senza rispondere alla mia domanda, e indicò un punto al centro dello schermo. “Vedi quella macchia che sembra un po' fuori luogo... no?”
Annuii e deglutii.
"Beh io... in realta non so come dirlo, perché è una novità per me."
"Cosa?... sto morendo o qualcosa di simile?" chiesi con voce tremante.
"No, non stai morendo,” mi rassicurò rapidamente.
"E allora che cos'è? Sto seriamente andando fuori di testa adesso!"
"Va bene, ho intenzione di dirtelo immediatamente," sospirò.
Annuii e mi morsi il labbro così forte che sentii la pelle rompersi.
"Bene, signor Tomlinson, sembra che tu sia incinto."
La mia bocca si aprì.
"Scusi, che cosa?"

ECCO QUI IL PERMESSO DELL'AUTRICE DI TRADURRE QUESTA STORIA.

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Capitolo 2
*** It seems that we're me and you, now. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
REVISIONATO IL:     12.05.15

 

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Capitolo 2


Sembra che siamo tu ed io adesso.
 
Lunedì 25 Ottobre
Dieci settimane
 
"Bene, signor Tomlinson, sembra che tu sia incinto."
La mia bocca si aprì.
"Scusi, che cosa?"
"Capisco che deve sembrarti del tutto impossibile, ma-"
"E' del tutto impossibile!" dissi ad alta voce, senza curarmi del fatto che mi stessi comportando molto scortesemente quando spinsi la mano del medico da un'altra parte e ritornai seduto, guardandolo male.
"E' biologicamente impossibile, dottore! Potrei non essere il ragazzo più maschile del mondo, ma sono un ragazzo. Sono molto maschile e vi posso assicurare di non avere nessun tipo di genitali femminili! Posso abbassare i pantaloni per controllare se vuole."
"Non è necessario," disse con un sorriso. "Non dubito che tu sia maschio, ma signor Tomlinson-"
"Louis!"
"Scusa. Guarda, Louis, non dubito che tu sia maschio, ma cosa c'era in quel piccolo schermo prima che tu respingessi la mia mano e rompessi gli impulsi sonori? Quello era un bambino. E quei suoni che hai sentito? Quelli erano i battiti del cuore di quel bambino."
Scossi la testa, incredulo. Quell'uomo era pazzo. Come diavolo facevo ad essere incinto? Biologia non era mai stata la mia materia preferita a scuola, ma ero abbastanza certo che per fare un bambino era richiesto lo sperma e una cellula uovo. Ed io avevo ricevuto lo sperma, ma non avevo la cellula uovo.
"Mi dispiace, dottore, ma lei non può pretendere che io creda a questo," dissi con tutta la calma possibile.
"In questo momento è difficile anche per me crederlo in realtà," disse con un sorriso storto.
"Ma, in tutta onestà, ha senso se si toglie il fatto che tu non sia femmina."
"Si, ma io non sono davvero una femmina," dissi intensamente. "E se non mi sbaglio, essere una femmina è una specie di fattore necessario quando si tratta di portare un bambino nello stomaco."
"Sono consapevole di cosa serva per una gravidanza Louis, ma tutte le prove sembrano portare a questo," aveva poi detto con pazienza.
Gemetti; di certo non avremmo lasciato perdere tutto questo, no? Scossi la testa, incredulo, ma deciso a continuare il discorso.
"In che senso?"
"Per cominciare, l'immagine sullo schermo è il suono di un battito cardiaco," disse. "Poi c'è il malessere mattiniero, e mi hai anche detto di aver avuto una strana sensazione nello stomaco, giusto?"
Annuii.
"Il malessere mattiniero si verifica a otto donne su dieci durante la gravidanza, e alcune possono provare una strana sensazione allo stomaco per alcune settimane. Ora, tu mi hai detto di avere questo malessere mattiniero da quattro settimane."
Annuii di nuovo.
"Non sono un ostetrico, ma a giudicare dalla frequenza del battito cardiaco del bambino, sei di nove o dieci settimane. Che indica che il tuo malessere è iniziato dopo la quinta o la sesta settimana, che di solito è il periodo in cui le donne in gravidanza iniziano a sentirsi male."
"Nove o dieci settimane? Faccio schifo in matematica, perciò quando dovrei averlo... concepito?"
Avevo detto l'ultima parola con una smorfia sul viso. Per quanto io odiassi ammetterlo, anche a me stesso, tutto quello che il dottore pazzo aveva detto, iniziava ad avere un senso. Cioè, se non fosse stato per il fatto che non ero una donna sanguinante!
"Beh, approssimativamente direi a metà del mese di Agosto."
Sospirai e quando stetti per ricominciare da capo tutto il discorso con 'Io non sono una donna' sperando che l'uomo riuscisse a capire la mia situazione, compresi quello che aveva appena detto e mi sentii come se fossi stato colpito alla testa con una tonnellata di mattoni.
La metà di Agosto... la metà di Agosto... Oh no. Oddio. Oh merda. Oh merda. Oh cazzo. Non è... non è possibile che... no, no, no, no. Non sta accadendo! Non può essere successo! E' impossibile.
Fu come se tutto il sangue nel mio viso si fosse prosciugato e all'improvviso mi sentii stordito. Chiusi gli occhi per un secondo prima di riaprirli ed incontrai lo sguardo confuso di un medico preoccupato per quello che sarebbe successo.
"Il sedici Agosto," sussurrai.
"Scusa, non ho capito cosa-" disse interrogativo.
"Il sedici Agosto," ripetei, un po' più forte questa volta.
"Cos'è successo il sedici Agosto?"
Seppellii il viso tra le mani, ignorando la sensazione appiccicosa del gel quasi secco sulla pancia.
"Ero ad una festa e... ho fatto sesso con questo... ragazzo," mormorai.
Presi un respiro profondo e lo guardai di nuovo.
"E' stato solo un... incontro casuale, niente di più."
"Presumo che voi non abbiate usato protezioni."
"Non lo so, non mi ricordo," dissi. "Ero abbastanza ubriaco, ma... no, non credo che abbiamo usato ogni... protezione."
Martin mi guardò con compassione, mentre si passava le dita tra i capelli grigi.
"Sto supponendo che fossi tu quello dal lato sbagliato."
"Si," mormorai.
Sospirò.
"So che questo sembra completamente e assolutamente pazzo per te, ma ho paura che tu sia effettivamente incinto, o almeno c'è una possibilità del  novantanove per cento."
Ingoiai la saliva e scossi la testa, cercando di convincere me stesso tanto quanto il medico che non fossi incinto. Non potevo esserlo.
"Dottore, io... suppongo che la sua teoria abbia un senso con tutte le prove e le varie cose, ma... non posso essere in gravidanza, nemmeno se un ragazzo mi ha lasciato lo sperma nel culo," dissi con la voce quasi implorante.
"Io non ho nessuna di quelle... cellule uovo che hanno le donne e credo che nemmeno il ragazzo ne abbia qualcuna. E dello sperma con altro sperma non si trasforma in un bambino."
Sorrise.
"Sono molto consapevole di tutto questo, Louis, ma se siamo in grado di mettere da parte tutte le impossibilità di questa storia per pochi minuti, vorrei porti un altro paio di domande."
Sospirai, ma annuii.
"Ora, fai sesso regolarmente?"
"Uhm, no, quella volta è stata la prima dopo quasi un anno e mezzo," dissi. "E... non so se è rilevante, ma era la prima volta con un ragazzo."
Annuì e lo vidi scrivere qualcosa su un piccolo block notes.
"Quindi sei abbastanza sicuro di affermare che il ragazzo con il quale hai fatto sesso quella notte sia il padre?" disse.
"Supponendo che la mia teoria sia corretta," aggiunse rapidamente quando aveva visto la mia bocca aprirsi per protestare.
Annuii ma non dissi niente.
Incinto. Io, Louis Tomlinson, diciotto anni, ragazzo, ero incinto. Non volevo crederci, io davvero non potevo, ma... a pensarci bene aveva un senso. Beh, non considerando il fatto che non avevo nè il grembo materno nè l'utero. Ma aveva un senso. Il presunto bambino era stato concepito a metà del mese di Agosto, proprio nel periodo in cui avevo avuto rapporti sessuali con un ragazzo per la prima volta. Avevo sperimentato il malessere mattiniero, la sensazione strana nello stomaco... l'improvviso aumento di peso che avevo notato solo una mezz'ora prima aveva senso. E poi c'era l'immagine ecografica. Il quadro ecografico che aveva evidenziato un piccolo bambino e il suo battito cardiaco.
Il battito del mio bambino. Aveva detto una vocina nella parte inferiore della mia testa.
"Va bene, se sono davvero incinto," iniziai esitante. Il dottore annuì e mi guardò con pazienza.
"E non sto dicendo che credo di esserlo", aggiunsi in fretta. "Ma in questo caso... allora... ho così tante domande. Come, dove sarebbe il bambino... dove, sai, dovrebbe crescere? Non ho un utero dove normalmente sviluppano i bambini. E come diavolo farei a partorire? E come fa il bambino a rimanere in vita, in primo luogo? E quando dovrebbe iniziare a vedersi la pancia? E ad un certo punto diventerò psicopatico come le donne incinte? E sarebbe come una gravidanza normale? E... oh mio Dio, per favore, non mi dica che i miei capezzoli diventeranno come quando... bisogna iniziare l'allattamento!"
Martin sorrise e si chinò in avanti per posare una mano sul mio ginocchio.
"Prima di tutto, lo stress non fa bene al bambino, perciò calmati."
Volevo urlargli che era difficile calmarsi in quel momento e che non c'era nessun dannato bambino, ma invece presi un paio di respiri profondi, mentre mi dicevo mentalmente che sarebbe andato tutto bene. Alla fine il mio respiro ritornò alla normalità e lui mi fece un cenno.
"Va bene, mi scusi, è solo un po' troppo da mandare giù," dissi.
"Assolutamente comprensibile," disse. "Beh, dove il bambino crescerà, come si dovrà dare alla luce, come dovrebbe venire in vita la prima volta e se dovrai allattarlo, sono domande a cui non posso rispondere subito perché dovremo fare una serie di esami per dare delle risposte."
Annuii.
"Ma sarebbe come una gravidanza normale?"
"E' difficile da dire, ma penso di si."
"E.. uhm... quando dovrebbe iniziare a vedersi?"
"Durante la gravidanza normale, si potrebbe iniziare a mostrare più o meno a otto settimane, ma è diverso da persona a persona. Prima però hai detto che hai iniziato a mettere su qualche chilo, quindi è possibile che tu abbia iniziato già a mostrarlo."
Gemetti un po'. Due mesi e stavo già cominciando a gonfiarmi come un palloncino.
"Sto per diventare grasso e disgustoso, non è vero?" mormorai.
"Essere incinto non è lo stesso che essere grassi," aveva detto con un sorriso. "Metterai su un po' di peso, ovviamente, ma è molto probabile che poi scomparirà una volta che avrai partorito."
"Si, va bene," dissi.
Sorrise brevemente, ma poi la sua espressione si fece pensierosa.
"C'è una domanda della quale mi sono sorpreso tu non mi abbia  già chiesto," disse poi.
"Quale?" chiesi confusamente.
"La possibilità di un aborto."
"Oh," dissi, aggrottando la fronte. "Credo di non aver pensato a questo proposito."
"E' qualcosa che prenderesti in considerazione?"
Grattai la parte posteriore della nuca.
"Uhm, non lo so. Voglio dire, sono ancora al liceo ed avere un bambino a questo punto è già abbastanza grave se si è una ragazza e si ha il ragazzo. Io sono single e sono un ragazzo; ci sarebbe tanto da parlare e da spettegolare una volta che si inizierà a notare. Inoltre c'è mia madre, cosa diavolo dovrei dirle? Ma poi però non mi piace molto l'idea di uccidere un bambino che è già sviluppato da due mesi."
Mi fermai e guardai il dottore fare lo stesso con un sorrisetto.
"Scusi, lei è un medico non uno psicologo", ridacchiai.
"E' tutto ok," canticchiò. "Il limite di aborto è a ventiquattro settimane qui in Inghilterra, in modo da avere un paio di mesi per decidere."
"Si, okay," dissi.
Chiusi gli occhi per un secondo, lasciando il tempo al suono martellante dentro la mia testa di andarsene.
"Io proprio... io proprio non capisco," mormorai quando riaprii gli occhi. "Sono davvero... incinto?"
Martin sorrise.
"Temo di si."
"Mi dispiace di aver avuto difficoltà a crederci," dissi, "E' solo un po' troppo da digerire."
Esitai un po' prima di porre la domanda del quale mi stavo preoccupando della risposta.
"Posso evitare di dirlo a mia madre? Ho diciotto anni, quindi se le dico di non dirlo, lei deve tacere, no?"
"Si, devo tacere."
"Bene. Non credo di volere che lei lo sappia ancora. O almeno fino a che potrò nasconderlo."
"Tra qualche mese diventerà abbastanza ovvio che non è qualcosa di normale,  perciò probabilmente non potrai tenerglielo nascosto per sempre."
"Lo so, ho solo bisogno di un po' di tempo per digerirlo io stesso prima," mormorai. "E, uhm, pensa di poter lavorare come uno psicologo per soli cinque minuti?"
Sorrise.
"Certo. Cosa ti frulla in testa?"
Sospirai e mi morsi il labbro.
"Volevo chiederle se... dovrei dirglielo? Al tizio che mi ha fatto... che mi ha messo incinto voglio dire."
"E' dura," disse e si appoggiò allo schienale della sedia. "Lo conosci?"
"Non proprio, solo il suo nome. Viene nella mia stessa scuola, ma è un atleta ed io sono... beh, io non lo sono sicuramente. Non credo che si ricordi di aver fatto sesso con me visto che era ubriaco quando è successo. In realtà, dubito che voglia fare coming out."
"Coming out?"
"Voglio dire... uscire allo scoperto. Non credo che un giocatore di calcio gay al liceo sarebbe il massimo," sospirai.
"Suppongo di no. Guarda, Louis, non sono io a dover decidere cosa fare in questo caso, ma credo che sarebbe meglio se glielo dicessi, soprattutto se volessi abortire."
Deglutii sapendo che aveva assolutamente ragione.
"Ma... non c'è speranza che lui mi creda," dissi disperatamente. "Ho bisogno di prove o... lo dovrò portare qui con me a farglielo vedere con i propri occhi."
"Allora portalo qui per la prossima visita."
"Pensa che dovrei farlo?"
"Come ho già detto, non sono io a decidere cosa devi fare ma... si, penso che dovresti farlo."
Annuii.
"Si, va bene. Ma... non c'è una possibilità del cento per cento che io sia incinto vero?" chiesi, non riuscendo a nascondere la speranza nella mia voce.
"Non c'è una possibilità del cento per cento, no, ma lo sapremo per certo una volta che avremo i risultati delle analisi del sangue. Mi dispiace dirtelo, perché sto capendo che non vorresti essere in gravidanza, ma sono sicuro del novantanove virgola nove per cento quando dico che c'è qualcosa che sta crescendo dentro di te in questo momento."
Una vita dentro di me. Un piccolo bambino. La realizzazione improvvisa di quel fatto mi colpii con tutta la sua forza e tirai su con il naso, cercando di fermare le lacrime inutili di rabbia e di confusione. Tre secondi dopo stavo piangendo tra le mie mani, chiedendomi che cosa avessi fatto di male nella mia vita precedente per meritarmi quello che attualmente mi stava succedendo. Mi ci vollero pochi minuti per riprendermi e, una volta esserci riuscito, trovai Martin che mi guardava con un sorriso gentile.
"Andrà tutto bene," mi disse. "Se deciderai di abortire, organizzeremo il tutto per farlo."
Annuii e mi asciugai le guance.
"Scusi è solo... troppo, capisce? Non avrei mai pensato di sperimentare questo, di avere un bambino dentro di me."
"Penso che nessun regazzo avrebbe mai pensato che gli sarebbe successo," ridacchiò.
"Immagino di no."
"Penso che ti lascerò andare a casa ora, ma ci sono un paio di cose di cui voglio tu sia a conoscenza."
"Va bene, cosa?"
"Non ti stressare più del necessario," disse. "Ricordati di bere molta acqua, almeno fino a quando dura il malessere mattiniero, più o meno altre tre o quattro settimane. E vorrei anche consigliarti di andare in farmacia per comprare  un paio di test di gravidanza, solo per controllare."
"Va bene, ma perché devo comprarne più di uno?" chiesi confusamente.
"Più prove, più precisione."
"Giusto, ma... cosa posso dire a mia madre? Starò male per qualche settimana in più, quindi non posso semplicemente andare fuori e dirle che va tutto bene."
"Se davvero non vuoi dirle la verità, potresti dirle che è solo un virus a lungo termine e che dovrebbe andarsene tra quattro settimane. A quel punto, il vomito dovrebbe fermarsi."
"Mmh si, va bene."
Mi rivolse un sorriso prima di alzarsi dalla sedia sul quale era seduto.
"Ora ti ripulisco, ok?"

Dieci minuti più tardi avevo lasciato l'ufficio, dopo essermi stato detto che avrei ricevuto una telefonata con i risultati degli esami del sangue tra circa una settimana. Trovai mia mamma seduta nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata, solo che, diversamente da prima, era impegnata a leggere una rivista di gossip. Mi avvicinai e lei alzò lo sguardo.
"Mio Dio, eccoti, sei stato lì dentro per più di due ore!" Esclamò e si alzò in piedi, mettendo la rivista sul tavolino accanto alla sedia in cui era seduta.
"Si, scusa, voleva farmi un po' di esami," dissi.
"E...?"
"Va tutto bene, è solo un virus allo stomaco a lungo termine, dovrebbe passare in quattro settimane o giù di lì," dissi sorpreso da come la bugia scivolò facilmente dalla mia lingua.
"Un  virus che si protrae per due mesi?" chiese incredula. "Che tipo di virus è?"
"Non sono sicuro, non mi ricordo, ma era un nome latino strano," mi strinsi nelle spalle.
"Va bene allora, ma se tra quattro settimane non ti è ancora passato, ti riporto qui e andiamo dentro insieme."
Alzai gli occhi al cielo.
"Va bene."
Nel tragitto dall'ufficio del medico fino a casa, mamma mi fece delle domande sul presunto virus a cui io risposi distrattamente, cercando di non pensare che, sotto alle mie mani che stavano riposando sulla mia pancia, c'era una vita che stava crescendo. Uscii fuori dalla macchina non appena mia madre spense il motore e ignorai le sue urla mentre ero impegnato a correre verso casa. Quello che mi serviva in quel momento era un po' di tempo da dedicare a me stesso, tempo per pensare, il tempo per pensare e per decidere come dirlo a Harry e se avrei dovuto o no abortire. Ciò di cui non avevo bisogno erano le domande di mia madre al quale avrei dovuto mentire.
Dopo aver preso un bicchiere d'acqua in cucina, ricordando quando il medico mi aveva detto di bere molto, uscii, andai nella mia camera da letto e chiusi la porta. Appoggiai il bicchiere sopra il comodino e mi stesi sul letto, guardando il soffitto. Ventiquattro ore prima sapevo che qualcosa non andava, ma nemmeno nei miei sogni mi sarei mai aspettato questo. Perché? Perché questo sarebbe dovuto essere impossibile.
Alzai un po' la maglia e appoggiai le mani sulla pancia nuda. C'era un leggero rigonfiamento. Non era grande. In realtà era appena percettibile e se non avessi saputo che era lì, non ci avrei nemmeno pensato. Ma sapevo che era lì e anche se non avevo avuto nessuna prova medica per confermarlo, in qualche modo lo sapevo comunque. Sapevo quello che i test di gravidanza avrebbero mostrato quando li avrei comprati e sapevo quello che mi avrebbero detto i risultati delle analisi del sangue.
Mi alzai dal letto, mi tolsi definitivamente la camicia e mi misi davanti al grande specchio appeso nel muro. Dal fronte non c'era nulla di straordinario da vedere, solo la mia normale immagine: il torso abbronzato con una sottile striscia di peli sotto l'ombelico che scompariva nel limite dei miei pantaloni. Quando mi girai di fianco, d'altra parte, c'era un leggerissimo cambiamento. Troppo leggero per essere notato. Una piccola bozza. Beh, era molto piccola in quel momento,  ma probabilmente non lo sarebbe stato tra un paio di mesi. A meno che non avessi poi deciso di abortire.
Un aborto. Al mio interno sentivo una sensazione di disagio al pensiero. Non era come essere contro l'aborto in generale, ma... quello era diverso, quello era il mio bambino. Il mio bambino o la mia bambina che solo il pensiero di ucciderlo prima di darlo alla luce mi feceva male. Ma, in tutta onestà, che altro potevo fare? Attraversare la gravidanza? Avere tutta la città che sparlava alle mie spalle? Subire gli urli e i lamenti di mia madre, che chiedeva a Dio che cosa aveva fatto per meritare quel tipo di follia? Avere tutto il mio futuro incerto e forse rovinato? Camminare ogni giorno nel prossimo anno vedendo Harry nei corridoi e sapendo che stavo portando in grembo il suo bambino risultato da un errore mentre eravamo ubriachi? E più tardi, quando il bambino sarebbe cresciuto abbastanza per fare domande, cosa avrei dovuto dire a lui o a lei?
Chiusi gli occhi per un breve istante. Quello era troppo da affrontare in un solo giorno. Avevo bisogno di un sacco di tempo per pensare a tutto quello. Il medico mi aveva detto che il limite di aborto era ventiquattro settimane, quindi avevo ancora tre mesi per decidere cosa fare. Tre mesi da quel giorno... tra tre mesi quel bambino sarebbe diventato molto più grande, sarebbe sembrato molto più reale, si sarebbe sentito molto più vicino a me... sarei stato anche in grado di sentire i calci. Una lacrima scese lungo la mia guancia al pensiero. Non potevo uccidere quel bambino, ma non potevo neanche tenerlo. Che diavolo avrei dovuto fare? Scossi la testa per schiarirmi le idee e asciugai la lacrima sulla mia guancia.
Considerando che molto presto sarei dovuto andare in farmacia, avevo pensato che valeva la pena andarci subito. Sospirai e presi la mia maglietta dal pavimento, rimettendola su, prima di lasciare la mia stanza e scendere le scale. Il mio piano era quello di riuscire a sgattaiolare fuori prima che mia madre mi vedesse e, per fortuna, ci riuscii.
La farmacia più vicina a casa nostra era a circa dieci minuti a piedi e per tutto il tempo, mentre stavo camminando, mi sentii come se tutte le persone che passavano, sapessero che fossi un mostro abnorme. Ma naturalmente non lo sapevano, era solo la mia immaginazione che correva selvaggiamente. Continuavo a sentirmi a disagio però.
Mi sentii incredibilmente imbarazzato una volta arrivato in farmacia e mi ritrovai in piedi davanti ad uno scaffale pieno di diversi test di gravidanza. Come diavolo facevo a sapere cosa cercare? Per almeno dieci minuti rimasi in piedi a guardare su e giù per gli scaffali, sentendomi sempre più indifeso ogni secondo che passava. Proprio mentre stavo per rinunciarci e tornare a casa, una voce alle mie spalle interruppe le mia ricerca e mi fece voltare velocemente.
"Scusa, non volevo spaventarti," mi disse una donna bionda sui trentacinque anni con un sorriso."Posso aiutarti con qualcosa? Sei qui in piedi da un bel po' di tempo."
"Uhm si... io non - io non so... " Mi interruppe indicando lo scaffale con la mano.
Poi rise.
"Ce ne sono un sacco, vero? Beh, se è solo per il controllo, io consiglierei questo," disse prima di avvicinarsi allo scaffale e prendere una scatolina rosa per poi porgermela.
Accettai e la guardai esitante.
"Come... si fa ad usarlo?" Chiesi dopo aver studiato la scatola per alcuni secondi.
"Le descrizioni sono sulla scatola, ma alla fine si tratta solo di fare la pipì sul bastone. E' piuttosto semplice, ma se la tua ragazza non capisce come usarlo, puoi dirle di venire da me che le spiego meglio."
Sbuffai interiormente, immaginando lo sguardo sul volto della donna se le avessi detto che in realtà il test era per me e non per una ragazza.
"Va bene, grazie," dissi. "Il medico ha detto che sarebbe meglio prendere più di un test, quindi potrebbe... consigliarmene due?"
Dopo una conversazione noiosa e fastidiosa con la donna - che sembrava aver difficoltà a capire quando era il momento di smettere di parlare - mi avviai verso casa. La sensazione di essere osservato era aumentata quando stavo portando la borsa in mano la quale - però - solo io sapevo che contenesse tre diversi test di gravidanza. Mi concentrai cercando di essere il più normale possibile, che senza dubbio mi aveva fatto sembrare ancora meno normale, e cercai di non incontrare nessuno sguardo mentre camminavo.
Quando ancora una volta arrivai a casa, dopo quella che sembrava la più lunga camminata della mia vita, mi affrettai a correre su per le scale ed in camera mia, prima che mamma e Owen avessero avuto la possibilità di fermarmi e di chiedermi dove ero stato, perché ero stato lì, cosa c'era nel sacchetto di plastica e qualsiasi altra domanda che avrebbero potuto pormi nel giro di pochi secondi. Chiusi di nuovo la porta, doppio giro in caso non fosse chiusa bene, e poi mi sedetti sul letto e tirai fuori le diverse scatole dalla busta, una rosa, una blu e una bianca. Per prima avevo preso quello rosa. Aprii la scatola e presi fuori il piccolo manuale delle istruzioni che era stato piegato ordinatamente. Fino a quel momento non mi ero mai trovato più vicino di sette piedi da un test di gravidanza e invece quel giorno ero seduto sul letto con tre di quelli a portata di mano, mentre leggevo il manuale delle istruzioni su come usarne uno.
Era stato abbastanza facile, come aveva detto la donna in farmacia, dovevo fare la pipì sul bastoncino e dopo tre minuti si sarebbe dovuta vedere una linea rosa se il test fosse stato positivo e una linea blu se fosse stato negativo. Gli altri due test erano più o meno uguali: quello nella scatola blu dopo tre minuti avrebbe mostrato una faccina felice in caso fosse risultato positivo e una faccina triste nel caso in cui fosse negativo mentre quello bianco un più per il positivo e un meno per il negativo.
Raccolsi tutte le prove e i manuali di istruzione mettendo gli oggetti dentro le tasche della felpa che avevo messo prima di andare in farmacia, e uscii dalla mia camera da letto. Le uniche camere del secondo piano erano la mia, una per gli ospiti che era piena di vestiti, libri, mobili e altri oggetti,  e di un bagno che veniva utilizzato solo da me. Ed ero davvero felice di questo dal momento che non avrei avuto il pensiero di scappare da mamma o da Owen.
Appena entrato in bagno, chiusi la porta e controllai tre volte di aver chiuso bene prima di tirare fuori i test dalle mie tasche. Presi un respiro profondo prima di tirare giù i pantaloni e i boxer e posizionarmi sul gabinetto. La stupidità di tutta la situazione mi colpii mentre ero lì, un ragazzo, mentre stavo per provare un test per sapere se ero incinto. Ero abbastanza sicuro che quello fosse stato il primo caso in quella città, probabilmente in tutto il paese in realtà. Sospirai dopo aver finito anche con l'ultima prova, tirai l'acqua e tirai giù il coperchio verso il basso. E poi non c'era altro da fare che aspettare. Mi sedetti per terra con la testa appoggiata al muro e chiusi gli occhi. Il mio orologio segnava le cinque e trentuno del pomeriggio. Tre minuti. Tre minuti di orribile attesa.
Sapevo che anche se tutti i test sarebbero stati negativi, non mi avrebbe impedito di sentirlo, di saperlo. Non mi avrebbe impedito di sapere che il mio cuore non batteva più solo per me, che non ero più responsabile solo della mia vita, che le scelte che avrei preso da lì in poi non sarebbero più interessate solo a me, ma anche al piccolo che stava crescendo dentro di me. Senza nemmeno pensarci, misi le mani sulla pancia come se lo stessi proteggendo. Se avessi passato quello, il bambino avrebbe avuto bisogno di protezione, molta di più di quanta sarei stato in grado di offrirne io. Se ne sarebbe parlato, se ne sarebbe parlato tanto sia di me che del bambino. Vivevamo in una piccola città, con appena dieci mila abitanti in tutto, e che qualcuno prima o poi avesse avuto dei sospetti sarebbe stato inevitabile. La maggior parte delle persone probabilmente avrebbe pensato che io fossi un ermafrodita e... Cristo, sarebbe stato uno schifo.  Non sarei mai stato in grado di vivere in quella città dopo il parto, e ciò avrebbe inflitto un bel po' di dolore sia a me che al povero bambino. Il pensiero di dovermi trasferire dalla mia città mi fece venire voglia di piangere, di nuovo. Presi un paio di respiri profondi e guardai il mio corpo.
"Tu mi stai causando un sacco di problemi, lo sai?" mormorai.
Oh, ottimo; sto già iniziando a parlare con la cosa. Pensai. Alzai gli occhi e mi alzai dal pavimento mentre controllavo l'orologio. Cinque e trentacinque. Deglutii. Tempo scaduto.
I test erano tutti allineati nel bancone del lavandino, tutti e tre a testa in giù. Allungai una mano tremante e girai il rosa, che avevo posto sulla sinistra.
Linea rosa.
Positivo.
Strinsi la mascella. Ok, era positivo, ma era solo il primo. Ancora due. E girai quello blu.
Faccina felice.
Anche quello positivo.
Mi morsi il labbro impedendomi di emettere un grido di disperazione, prima di girare quello bianco.
Un segno più.
Positivo.
Tutti e tre i test erano positivi.
Il cuore batteva contro la mia cassa toracica, così forte da sentirlo nella gola, e gocce di sudore cominciarono a formarsi sulla mia fronte. Afferrai il bancone per sostenermi, appoggiandomi pesantemente sulle mie braccia, quando sentii le ginocchia cedere sotto di me. Tre test di gravidanza positivi. Non poteva essere una coincidenza. Non c'era modo di dire che fossero tutte sbagliate. Spostai lo sguardo fino a guardare il mio riflesso nello specchio. Ero pallido come un lenzuolo, ma le mie guance erano rosse fiammanti, come se fossi stato fuori al freddo per molte ore.
E poi più stavo lì, più mi sentivo la nausea e il respiro sempre più veloce. Fino a quando sentii il crescente gusto della bile in bocca.
Tre secondi dopo mi ero ritrovato in una situazione familiare: in ginocchio, chino sul gabinetto. Non importava quante volte avevo vomitato nel corso dell'ultimo mese, il sapore rivoltante della bile misto al mio ultimo pasto era una cosa a cui non avrei mai fatto l'abitudine. Alla fine mi ci vollero un po' di minuti e, in quel momento, sentii la gola in fiamme e gli occhi bagnati dalle lacrime. 
Alla fine non avevo più niente da rigettare e tirai lo scarico prima di lasciare che il mio corpo cadesse sul pavimento e si rannicchiasse sul tappeto morbido. Lacrime silenziose continuavano a cadere dai miei occhi e, ancora una volta, mi posai le mani sulla pancia.
"Sembra che siamo tu ed io, adesso," sussurrai.



Occhio a me!

 
Eccomi qui, come promesso. Allora, vi avviso che ho già iniziato a tradurre il prossimo capitolo e, posso assicurarvi, che finalmente ci sarà anche il nostro adorato Harry!
Solo io trovo Louis adorabile? 
Vorrei ringraziarvi per tutte le visite e le ragazze che hanno messo la storia tra preferite/ricordate/seguite. E vorrei ringraziare in particolare She Flies e FaBoLoUiS SoFy che hanno recensito lo scorso capitolo. Sono contenta che vi piaccia e che vi faccia piacere che io abbia iniziato a tradurla!
Bene, bene, vi invito a tutte a recensire giusto per farmi sapere se la storia vi sta piacendo o meno, anche se effettivamente è solo l'inizio.
Alla prossima settimana,

Giulia.

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Capitolo 3
*** I think you need to get to the gym more often. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 3



Penso che ci sia bisogno di andare in palestra più spesso.

Lunedì 1 Novembre
Undici settimane

Era passata esattamente una settimana da quando avevo pagato il medico per la visita, una settimana da quando mi aveva detto che ero... in gravidanza. Era dannatamente strano da pensare ed io ancora non ero sicuro di essere riuscito ad accettarlo al cento per cento. Ma nonostante la stranezza della situazione e nonostante io ancora non credessi di esserlo, mi ritrovavo ad appoggiare le mani sul mio stomaco di notte, quando andavo a letto, e la mattina mi svegliavo esattamente allo stesso modo. Il malessere mattiniero non era ancora passato, non che fosse una sorpresa, e anche se ormai ci avevo fatto l'abitudine continuavo ad odiarlo con ogni fibra del mio essere.
Il mio problema principale però non aveva a che fare con l'accettare se fossi o non fossi incinto, nè con il malessere mattiniero, ma di capire se volessi abortire o no, e se no, capire come avrei potuto dirlo a mia mamma, a Owen e più importante, a Harry. Il ragazzo stava per diventare padre e non ne aveva assolutamente la minima idea. Non avevo bisogno di un test di paternità per sapere che il bambino era di Harry, lui era l'unica persona con la quale avessi mai dormito, quindi l'unica persona con il quale abbia mai... bene, per essere volgare: l'unica persona che abbia mia eiaculato il suo sperma dentro di me. Non c'erano altri candidati. D'altra parte non sapevo come dirlo a Harry. Sarebbe già stato difficile farlo se fossi stato una ragazza, ma oltre a dovergli dire che stava per diventare padre di un bambino concepito mentre era completamente ubriaco, avrei dovuto dirgli che ero io quello in gravidanza. Io. Un ragazzo. Si, la conversazione sarebbe stata molto divertente.
Avevo visto Harry di tanto in tanto a scuola - quando ero riuscito a smettere di vomitare quel tanto che bastava per andarci - ma lui non mi aveva mai guardato, quindi era stato difficile per me riuscire a parlargli. Avevo pensato una o due volte di scrivergli su facebook per chiedergli di vederci da qualche parte, ma mi ero reso conto che sarebbe sembrato come se volessi chiedergli di uscire o cose del genere. La mia idea migliore era stata semplicemente quella di rintracciarlo durante il pranzo o tra le classi quando ritornava al suo armadietto, che avevo scoperto essere sei armadietti lontano dal mio, e chiedergli se potessi parlare con lui di una cosa importante. Non che quello sarebbe stato meno imbarazzante. Era un atleta popolare, mentre io ero un ragazzo senza amici di cui nessuno sapeva il nome, oltre il fatto che non sembrava ricordare di aver parlato con me, ed io ero fottuto per quello, non aveva idea di chi fossi. Ma avevo bisogno di lui per sapere se scegliere di tenere il bambino o no.
Non ero a scuola quel Lunedì, non solo a causa del malessere mattiniero, ma anche perchè stavo aspettando la telefonata dall'ufficio del medico per sapere i risultati dei miei esami del sangue. Se anche quelli avessero dimostrato che ero incinto, poi... non ci sarebbe stato più dubbio. Avevo visto l'immagine ad ultrasuoni, avevo sperimentato il malessere mattiniero, avevo sentito la bozza sulla mia pancia e avevo preso tre test di gravidanza, ognuno dei queli era uscito positivo. L'unica cosa restante per cancellare l'ultima mia traccia di dubbio era quella telefonata.
Per questo che, alle due di pomeriggio, seduto sul mio letto con il portatile appoggiato sulle ginocchia, controllavo il mio telefono ogni due secondi. Ero stato seduto lì dalle dieci della mattina e le ore passavano terribilmente lente. Avevo messo un bicchiere mezzo vuoto di acqua di fianco a me sul comodino e avevo continuato a bere piccoli sorsi di quello solo per tenere le mani occupate. Proprio mentre stavo per alzarmi dal letto e andare a cercare qualcosa da mangiare, il mio telefono squillò ed io mi catapultai praticamente su di esso, facendo cadere il computer e il bicchiere d'acqua sul pavimento. Non prestai attenzione al display ma, dopo aver preso il telefono, premetti sul tasto per accettare la chiamata.
"Pronto?" Dissi senza fiato.
"Salve signor Tomlinson, sono il Dottor Wright, chiamo per informarla riguardo alle analisi," disse la voce familiare dall'altra parte della linea.
"Gliel'ho detto, dottore, sono Louis. Signor Tomlinson mi fa sentire vecchio," dissi con una risatina nervosa.
Lo sentii ridere dall'altro capo della linea.
"Tutti diventeremo vecchi un giorno, Louis. Io lo sono già. Ora, sulle analisi del sangue che ti abbiamo prelevato vi era un alto livello di-"
"Dottore, io non capisco frasi e parole mediche, quindi per favore mi dica se sono... lo sa," dissi implorante.
"Ebbene secondo gli esami, sei davvero incinto, non c'è dubbio."
Presi un lungo respiro tremante.
"Va bene," dissi sforzandomi di mantenere la calma.
"Un po' lo immaginavo, ho preso tre test ed erano tutti... positivi."
"In circostanze normali direi 'congratulazioni', ma non mi sembri molto entusiasta, così ho intenzione di dire un 'mi dispiace'."
"No è... va bene, credo," dissi.
"Ma ho bisogno di capire quello che voglio fare ora, no?"
"Immagino che ti riferisca alla decisione di tenerlo o no."
"Si."
"Beh, come ho detto, il limite di aborto qui in Inghilterra è ventiquattro settimane, in modo da poter decidere fino alla fine di Gennaio. Anche se volessi abortire, ti consiglierei di farlo il prima possibile."
"Perché?"
Lo sentii ridacchiare dall'altro capo della linea prima di rispondere.
"E' molto normale per le persone in stato di gravidanza affezionarsi sempre di più al bambino nel tempo, quindi potrebbe essere più facile per te se si passasse alla procedura il prima possibile piuttosto che all'ultimo minuto."
All'ultimo minuto. Inghiottii. Il pensiero di uccidere un bambino che era sviluppato quasi per due terzi era dannatamente terrificante, per non parlare di vile e disumano. Guardai la mia pancia, che sembrava cresciuta un po' dalla scorsa settimana, e mi morsi il labbro. 'E' normalissimo per le persone in stato di gravidanza affezionarsi sempre di più al bambino nel tempo'. Sapevo del mio da circa una settimana e già sentivo il bisogno di proteggerlo. Proteggerlo da ogni danno che sarebbe potuto capitargli lungo la sua strada. Semplicemente fantastico.
"Si, io-io deciderò presto," dissi.
"Voglio dirlo a Harry, però."
"Harry?"
"Oh, uhm, il... padre."
"Giusto. Bene, chiamami una volta che gliel'hai detto e hai deciso e pianificheremo un nuovo appuntamento, va bene?"
"Si, io... la chiamo," mormorai.
"Ma... uhm, pensa di poter essere ancora il mio psicologo?"
"Certo," ridacchiò.
"Io sono, voglio dire, pensa che sia pazzo se dico che... mi sento già attaccato a questo bambino?" Dissi esitante.
"No, non penso che tu sia pazzo."
"Davvero? Perchè mi sento pazzo," mormorai.
"Soprattutto perchè so che non posso tenerlo."
"Perchè non puoi tenerlo?"
"Prima di tutto, perchè sono un ragazzo e ci sarebbero tante voci in giro, cose che io non sono molto bravo a gestire. Secondo perchè mia mamma mi ucciderebbe. Terzo perchè sono single. Quarto perchè ho diciotto anni, ho ancora un anno di liceo e il mio futuro davanti, e quinto perchè... io non sono pronto ad avere un bambino."
"Ma tu hai già certamente... sentimenti paterni?"
"Si, credo. Voglio dire, non riesco a sopportare l'idea di ucciderlo... non voglio abortire, dottore, io voglio davvero farlo."
"Allora non farlo."
Sospirai.
"Non è cosi facile. Ma parlerò con Harry e dopo aver deciso la chiamerò."
"Buona fortuna."
"Grazie."
Riattaccai e misi il mio cellulare sul comodino. Lo ero. Ero incinto, non c'era più alcun dubbio. Non che non fossi stato abbastanza sicuro per una settimana intera, ma ormai non c'era più nemmeno una punta di speranza che quella storia fosse un grande scherzo cosmico.
Dovevo pensare: avrei dovuto o non avrei dovuto tenerlo? Ma prima di decidere quello, dovevo dirlo a Harry. Mi sentivo come se lui meritasse di saperlo, anche se la sua vita sarebbe stata senz'altro più facile nell'ignoranza, e sapevo che non sarei stato capace di abortire senza prima conoscerlo.
Domani, decisi. Il giorno dopo avrei rintracciato Harry e avrei dovuto dirglielo.

Martedì 2 Novembre
Undici settimane e un giorno


Quando mi svegliai la mattina dopo, mi sentii ancora più malato del solito. Ero stato sveglio tutta la notte, temendo la mattina quando mi sarei dovuto alzare, andare a scuola e dare una notizia che avrebbe cambiato tutta la vita a Harry. E quella dell'anatomia umana.
In qualche modo ero riuscito a vomitare il minimo, ero stato in ginocchio davanti al gabinetto solo per quindici minuti. Feci una doccia veloce e mi vestii. Quel giorno scelsi di mettermi un pullover bianco davvero aderente, cosa che presto si era rivelata una scelta sbagliata. Quando entrai in cucina sia mamma che Owen erano già seduti al tavolo, a mangiare la loro colazione chicchierando allegramente di una delle prossime partite di calcio di Owen. Entrambi i loro sguardi si rivolsero a me quando entrai e si sorrisero per un breve secondo prima che i loro occhi cadessero più in basso sul mio corpo e le loro bocche si aprissero.
"Wow, Louis, penso ci sia bisogno di andare in palestra più spesso," sbuffò Owen.
"Owen!" Lo rimproverò mamma, ricomponendosi rapidamente.
"Vuoi un po' di colazione, caro?" Chiese lei, guardandomi.
Ero occupato ad esaminare il mio corpo e a non prestare alcuna attenzione a lei. Avevo davvero guadagnato così tanto peso da farlo notare alle altre persone? Non mi ero guardato bene allo specchio la scorsa settimana, non particolarmente ansioso di vedere il mio riflesso, così in tutta onestà, non avevo idea di come apparisse il mio stomaco. Certo, avevo sentito con le mani che la bozza era diventata un po' più grande, ma era davvero così terribile? Senza risparmiare un altro sguardo ai due membri della mia famiglia, corsi fuori dalla stanza e ritornai in camera mia per vedere quanto terribile fosse.
Per l'ennesima volta in questi giorni, chiusi a chiave la porta della mia camera una volta dentro. Gettai rapidamente il mio pullover a terra e mi posizionai davanti allo specchio, guardando il mio profilo. Poi capii le reazioni di mia mamma e Owen perchè... beh... in tutta onestà non avevo l'aspetto di uno aumentato di peso, come aveva insinuato Owen, perchè il mio stomaco non era flaccido come sarebbe stato in quel caso. No, era solo un po'... più grosso del normale. Non era grande, si vedeva a mala pena a mio parere e con una maglietta un po' più larga non si sarebbe nemmeno notato, ma dovevo ammettere che lo trovai un po' deprimente. Ero di sole undici settimane e già avevo avuto problemi.
Una volta che mi fui cambiato la maglia, tornai in cucina.
"Tesoro, che succede? Perchè sei scappato?" Mi chiese mamma non appena mi vide.
"Sono grasso," dissi acidamente.
"Si, lo sei, cosa diavolo è successo? Sei sempre stato magro," disse Owen con le sopracciglia alzate.
"Owen, vuoi procurare a tuo fratello un disturbo alimentare?" Gli disse mamma, guardandolo male.
Alzai gli occhi al cielo.
"Non voglio arrivare ad avere un disturbo alimentare mamma, non preoccuparti," dissi.
"Ma penso che non mangerò nulla per il momento."
"Cosa? Perchè no?"
"Perchè ho appena trascorso quindici minuti a vomitare nel water e ho bisogno di andare a scuola oggi," dissi.
"Se sei malato, rimani a casa," disse mamma con fermezza.
"Va tutto bene."
"Ma perchè hai bisogno di andare a scuola?"
"Perchè ho-ho un test," mentii.
"E ne ho già persi un po', quindi..."
Sospirò.
"Va bene, ma lascia almeno che ti dia un passaggio. E porta il cellulare in modo che tu possa chiamare se hai bisogno che ti venga a prendere, ok?"
"Si, si," dissi sprezzante.

*

Martedì era il giorno peggiore a scuola: due ore di matematica, due ore di storia e alle ultime due sociologia. Odiavo tutte queste materie e odiavo anche gli insegnanti. Oltre al giorno noioso, era ritornata anche la sensazione di malessere estremamente fastidioso che mi aveva portato il cattivo umore. Il mio piano era quello di trovare Harry durante il pranzo, dopo le due ore di storia. Le ore di pranzo erano diverse nei giorni e variavano da studente a studente, quindi sperai che Harry avesse le ore in comune con me il martedì.
Alla giusta ora arrivai alla caffetteria e mi sentii ancora più malato di prima, probabilmente a causa del gigantesco grumo di nervosismo che stava crescendo nel petto. Stavo pregando Dio di riuscire ad evitare di vomitare solo fino a quando non avessi parlato con Harry. Non c'erano molte persone nella sala da pranzo quando arrivai ed era sia un sollievo che una delusione. Una delusione perchè c'era una minore probabilità che Harry fosse lì e un sollievo perchè significava che meno persone avrebbero sentito quando avrei poi parlato con lui in caso ci fosse. Lasciai vagare i miei occhi per la stanza in cerca di capelli ricci facilmente riconoscibili e con mio orrore assoluto e completo sollievo, trovai quello che stavo cercando. Era seduto ad un tavolo in un angolo insieme ad altri tre ragazzi. Oh grande, tre persone in più dal quale ridicolizzarmi.
Con passi lenti e incerti iniziai a camminare verso il tavolo, desiderando che il battito cardiaco rellentasse in una velocità normale in modo da non avere un infarto. Quando ero circa a due metri di distanza dal mio obiettivo, mi fermai ad inghiottire la saliva. E se avesse solo riso di me? E se anche i suoi amici avessero riso di me? Non ero la persona più fiduciosa e solo il pensiero di essere deriso, mi fece muovere le viscere. Tuttavia presi un respiro profondo e feci gli ultimi passi. Finii in piedi dietro ad un ragazzo dai capelli neri e mi sentii incredibilmente goffo e sconfortato.
Tossii leggermente per ottenere la loro attenzione, ma nessuno reagì. Inghiottii e provai di nuovo, un po' più forte. Ancora nessuna reazione. Le mie guance iniziavano a diventare calde e rosse per l'umiliazione.
"Scusate," dissi, probabilmente più forte di quanto fosse necessario. E servì al mio scopo però. Improvvisamente, quattro paia di occhi erano rivolti verso di me e sentii la mia faccia diventare ancora più calda.
"Oh, scusami, non ti avevo visto," disse il ragazzo dai capelli castani.
"Possiamo aiutarti?"
"Uhm, si in realtà," dissi con apprensione.
"Vuoi scopare? In questo caso dovresti andare tre tavoli più in giù, dove ci sono le troie," disse il ragazzo biondo con un grande sorriso e che, notai, aveva un accento Irlandese. Il ragazzo dai capelli neri accanto a lui, gli diede un pugno sulla spalla e gli mandò un'occhiata di avvertimento.
"Lascialo perdere. Possiamo fare qualcosa per te?" Mi disse con un sorriso.
"Io... uhm, effettivamente avrei bisogno di... parlare con Harry," mormorai.
Harry alzò le sopracciglia, non beffardo, ma piuttosto sorpreso.
"Con me?" Chiese confusamente.
Annuii.
"Va bene, vai. Dimmi quello che devi dire," disse con un sorriso storto.
Armeggiai nervosamente con le mani.
"Uhm, in privato sarebbe meglio," dissi.
"Qualunque cosa hai bisogno di dire, sono sicuro che si può dire anche davanti ai miei amici."
"No, io-io non posso," dissi.
Lui aggrottò la fronte e guardò i suoi amici con uno sguardo interrogativo. Nessuno di loro disse nulla anche se Harry si voltò a guardarmi.
"Mi dispiace, ma non so nemmeno il tuo nome, puoi almeno dirmi di cosa si tratta prima di trascinarmi fuori?" Disse.
Declutii nervosamente e mi morsi il labbro inferiore.
"E'- si tratta del... uhm, la festa, la festa di fine estate."
"Quella a casa di Liam?" Disse il ragazzo castano. Sembrava sorpreso.
"Oh, sei... sei Liam?"Chiesi, ricordando quello che aveva detto mia mamma la mattina dopo la festa: aveva ricevuto una chiamata da una donna che affermava di essere la madre di Liam.
Il ragazzo - a quanto pare Liam - annuì.
"S-si, allora è la tua festa quella di cui sto parlando," dissi cercando di sorridere nel miglior modo possibile.
"Aha... che dire di quella festa?" Chiese Harry.
"Credo davvero che... uhm, dovremmo parlare di questo in privato," mormorai. Dubitai seriamente che Harry volesse poi uscire allo scoperto e non avrei voluto essere al suo posto.
"Puoi dirmi, questi ragazzi sanno tutto quello che c'è da sapere su di me in ogni caso," disse Harry e si strinse nelle spalle.
Presi un respiro profondo grattandomi il collo.
"uhm, b-bene," balbettai.
"Beh, ad essere sinceri: abbiamo fatto sesso a quella festa. Oppure... era più come una rapida scopata, a dire il vero."
L'intero tavolo restò in silenzio e gli altri tre ragazzi si voltarono verso Harry.
"Penso che tu abbia sbagliato persona," disse Harry dopo una lunga pausa.
"Credimi, non ho sbagliato," dissi con fermezza.
"Eri ubriaco fino al culo, quindi non mi sorprendo che non lo ricordi. Anche io ero un po' fuori, ma non così tanto come te, e mi ricordo molto uhm... distintamente."
Vidi Harry deglutire, chiaramente a disagio sotto gli sguardi dei suoi amici.
"Va bene, parleremo di questo altrove," disse mentre si alzava dalla sedia.
"Hai scopato con lui? Perchè? E che dire di La-" cominciò il ragazzo dai capelli mori, ma vidi quello biondo scuotere la testa per farlo stare zitto.
Harry passò davanti a me senza degnarmi di uno sguardo e mi affrettai a seguirlo. Per qualche ragione continuò a camminare, quando eravamo usciti dalla mensa, e stavo per chiedere dove stavamo andando quando mi resi conto che era diretto verso il bagno, proprio dietro l'angolo. Lo seguii attraverso la porta bianca con il segno 'WC' sopra e lo guardai mentre controllava che tutti i bagni fossero vuoti prima di avvicinarsi alla porta e chiudere a chiave. Poi si voltò verso di me e mi guardò con occhi che nascondevano in parte rabbia e in parte disperazione.
"Ok, prima di tutto, mi puoi dire il tuo nome?"
"Louis."
"Va bene, Louis, che diavolo?"
Guardai il pavimento.
"Per essere onesti, io ti avevo avvisato," dissi.
"Va bene, ma perchè me lo stai dicendo? Mi dispiace se ti ho fatto male o qualcosa del genere, ma non posso fare molto ora e non so chi tu sia."
Presi un respiro profondo, cercando di farmi forza per quello che stavo per dire, ma prima che potessi dire una parola, cominciò a parlare di nuovo.
"Aspetta, non ti ho affetto di STD*, vero?" Chiese.
"No... hai la STD?" Chiesi, corrugando la fronte.
"Beh, no, non che io sappia ma... non si sa mai," si strinse nelle spalle.
"Uhm, okay, non mi hai affetto di STD. In realtà è molto... peggio," mormorai.
Si mise a ridere nervosamente.
"Peggio della STD? Sto iniziando ad avere paura, che succede?"
"I-io non so c-come dirtelo," balbettai, la sensazione di nausea improvvisa mi colse di nuovo con tutta la sua forza.
"Uhm è t-tipo questo... oh mio Dio."
Mi interruppi a metà della mia frase prima di raggiungere uno dei bagni con il gusto familiare della bile in bocca appena mi misi sopra il gabinetto.
"Ehi, stai bene?" Sentii dire dalla voce di Harry da qualche parte dietro di me.
Non ero in grado di rispondere, quindi alzai solo una mano per segnalargli di aspettare un po'. Due minuti più tardi riuscii ad alzarmi in piedi e a tirare l'acqua prima di ritornare indietro e affrontare Harry, guardandolo.
"Mi dispiace, mi succede spesso ultimamente," dissi, forzando un sorriso prima di andare nel lavandino e sciacquarmi il viso con l'acqua fredda.
"Hai per caso una gomma da masticare o qualcosa di simile?" Aggiunsi una volta che la mia faccia fu asciutta.
"Forse, aspetta un secondo," disse mentre iniziava a cercare nelle tasche. Dopo pochi secondi emise un suono trionfante e tirò fuori dalle tasche dei jeans un pacchetto di gomme alla menta.
"Ecco," disse, porgendomi il pacchetto.
"Grazie, ho ancora un altro corso dopo e non ho davvero voglia di sentire l'odore di vomito," dissi, prendendo due pezzi di gomma e iniziando a masticare prima di porgere di nuovo il pacchetto a Harry.
"Non c'è problema. Ok, cosa stavi per dirmi prima di avere un attacco di bulimia su di me?"
"Bulimia? Grazie mille," sbuffai.
"Ehi, cosa dovrei pensare visto che sei improvvisamente scappato in bagno a rigettare le budella?"
"D'accordo."
"Ok, allora vuoi dirmi di cosa volevi parlarmi?"
Il nervosismo ricadde di nuovo su di me e mi morsi il labbro, quando lo guardai.
"Si credo... cosa ne pensi dell'aborto?" Gemetti interiormente. Che cazzo dici, Louis?  Non era quello che volevo dire.
Alzò le sopracciglia verso di me.
"Aborto? come... come sbarazzarsi di un bambino non ancora nato?"
Annuii.
"Io... suppongo che sia una buona soluzione per le gravidanze indesiderate a altre cose," disse lentamente.
"Scusa, ma è per questo che volevi parlare con me? Per sapere cosa ne penso dell'aborto?"
Scossi la testa.
"No, non proprio, credo. I-io... sai, non crederai mai a quello che ho bisogno di dirti, così... ti dispiacerebbe venire dal dottore con me?"
Maledizione, Louis!
Le sue sopracciglia si alzarono ancora di più.
"Cosa?"
"Ehm, beh... so che è un po' imbarazzante, ma... vorresti venire dal dottore con me?"
"Guarda, senza offesa, ma io non ti conosco, e perchè avrei bisogno di venire dal medico con te?"
Sospirai rendendomi conto che avrei dovuto dire tutto in modo diretto.
"Va bene, cercherò di spiegare, solo... non interrompermi fino a quando non ho finito di parlare, va bene?"
Lui annuì e mi fece cenno di continuare.
Presi un respiro profondo, ma poi iniziai a parlare.
"Okay, allora... circa cinque settimane dopo quella festa, ho iniziato a vomitare la mattina, ogni mattina, e come hai visto dieci minuti fa non si è ancora fermato. Mia mamma mi ha costretto ad andare dal medico dopo quattro settimane e... beh, il medico mi ha fatto un sacco di esami del sangue. Non ho ricevuto i risultati di queste analisi prima di ieri, ma ho anche fatto una ecografia del mio stomaco solo per controllare se ci fosse qualcosa di sbagliato con il mio intestino o qualsiasi altra cosa. Non c'era niente di sbagliato nel mio intestino, ma c'era... qualcos' altro."
Harry annuì di nuovo, guardandomi addirittura terrorizzato.
"Io lo so che sembrerà completamente e assurdamente pazzo, credimi, lo so, ci ho messo una settimana per accettarlo, ma il monitor sulla macchina ad ultrasuoni ha mostrato un... bambino e un... battito cardiaco."
Gli occhi di Harry si spalancarono e la sua bocca si aprì quasi fino a toccare terra. Sembrava come se qualcosa di grande fosse atterratto sulla parte superiore della sua testa e, in tutta onestà, non potevo biasimarlo. Improvvisamente e senza preavviso scoppiò a ridere.
"Ti prego, sono serio," supplicai.
"Non può essere," disse tra le risate.
"Stai cercando di dirmi che sei... incinto?"
"S-si, lo sono," mormorai.
"Scusa, ma quanto stupido pensi che io sia?" Sbuffò.
"Non penso che tu sia stupido," dissi in fretta.
"Oh, davvero? Ti aspetti che io creda a questa stronzata che mi stai dicendo?"
Inghiottii.
"Dico sul serio. Ti prego di non... prendermi in giro su questo, io stesso non sono esattamente entusiasta."
La risata si spense lentamente e lui mi guardò a bocca aperta per qualche istante prima di dire qualcosa.
"Sei davvero serio," disse.
"Credi davvero di essere incinto."
"Non credo di esserlo, lo sono," mormorai.
"Che diavolo ti hanno detto per farti credere di essere incinto?" Disse, allargando le braccia verso l'esterno.
"Scusa, ma sono abbastanza sicuro che tu sia un ragazzo."
"Si, lo so. Ho passato più o meno una mezz'ora a cercare di spiegare questo al medico," dissi.
"Ma... guarda, oltre il malesse mattiniero e le immagini ad ultrasuoni, ho comprato tre diversi test di gravidanza la settimana scorsa e sono risultati tutti positivi. Ho i risultati delle analisi del sangue di ieri anche, e mi hanno detto che... che sono davvero incinto."
"Si, va bene, è tutto strano ma-"
"E poi c'è questo," lo interruppi prima di girarmi su me stesso fino a essere con il fianco rivolto verso di lui e mi tirai su la camicia quel tanto che bastava per permettergli di vedere il mio stomaco.
I suoi occhi scattarono verso il basso e poi si spalancarono un po'. Ci vollero almeno due minuti di silenzio per fassarlo prima di alzarli e incontrare il mio sguardo.
"Probabilmente hai solo messo su qualche chilo," disse alla fine.
"Gli stomaci delle persone in gravidanza sono molto più... tondi."
Gemetti.
"Sono passate solo undici settimane, naturalmente non ha quella forma ancora. E onestamente, pensi che il mio stomaco sembri flaccido? Perchè sono sicuro di non esserlo."
Alzò le mani e afferrò stretti i suoi capelli tirandoli.
"Questo è semplicemente pazzesco. Non ci credo. Non ci credo," disse.
Lasciai cadere la mia camicia e mi voltai.
"So che-"
"No, dico sul serio, non ci credo, mi stai solo prendendo in giro."
"No in realtà, perchè dovrei scherzare su una cosa del genere?"
"Non lo so, per farci risata? Aspetta, Niall ti ha detto di farlo?"
"Io non so nemmeno chi sia Niall e, se avessi voluto solo scopare con te, non credi che avrei scelto di dirti qualcosa a cui si può credere più facilmente? Fidati di me, non sto scherzando. Sono molto, molto serio."
Mi fissò.
"No, sai cosa, questo è folle. Ritorno dai miei amici e sarei grato se tu mi stessi lontano d'ora in poi," disse prima di spingermi e dirigersi verso la porta.
"Harry, aspetta ti prego!"
Si fermò, ma non si voltò.
"Per favore, vuoi... venire dal dottore con me per una sola volta?" Chiesi implorante.
"Se non mi crederai neanche dopo questo, allora ti giuro che non ti disturberò mai più. Solo... per favore."
Rimase completamente immobile per quelli che sembrarono anni, ma poi lo sentii sospirare.
"Okay. Vengo dal dottore con te, ma solo perchè così posso avere la conferma che tu sei completamente pazzo. Una volta sola. Questo è tutto," disse.
"Grazie," dissi con un sorriso, anche se lui ovviamente non lo aveva visto.
Lui uscì dalla stanza e, dopo che mi ebbe lasciato lì, pensai che la mia vita era senz'altro più facile quando tutti mi ignoravano.


*La STD è un'infezione sessualmente trasmessa, che ovviamente si potrebbe trasmettere con rapporti di tutti i tipi, compresi quelli orali.



Occhio a me!

Ed eccomi qui, penso puntuale. Sinceramente non conto nemmeno i giorni che ci metto per tradurre il capitolo, perciò non stupitevi se in futuro pubblicherò anche due capitoli in una settimana. Diciamo che tradurre è un grande aiuto anche per il mio Inglese!
Coooomunque, cosa abbiamo qui? Dovrei fare una statua all'autrice, giuro. Da questo capitolo in poi, la storia non farà altro che migliore di capitolo in capitolo e sono sicura che tutte vi innamorerete di lei come è successo a me. E credetemi se vi ripeto che non me lo sarei mai immaginata. Finalmente Louis si è deciso a dirlo ad Harry e, dai, la sua reazione è piuttosto comprensibile. Vi immaginate essere al suo posto? Anche io avrei pensato che fosse tutta una presa per il culo sinceramente!
Bene, non sto a dilungarmi troppo che devo iniziare a scrivere il quarto capitolo!
Grazie mille per le tre recensioni allo scorso capitolo a cui (scusatemi davvero tanto) non sono ancora riuscita a rispondere, ma lo farò presto. Siete poche, ma mi fate tanto felice, davvero.
E grazie mille anche a tutte le ragazze che apprezzano la storia e che me lo fanno capire aggiungendola tra i preferiti e altro :)
Alla prossima.

Giulia.

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Capitolo 4
*** This isn't awkward at all. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 4


Questo non è affatto imbarazzante.

Passarono pochi giorni ed io stavo cominciando a notare un paio di effetti collaterali dell'essere incinto. Uno di questi era il desiderio del cibo salato, e non poco, tanto: patatine fritte, arachidi, salatini, liquirizia salata e tutto il resto su cui avrei potuto mettere le mani. Non facevo altro che mangiare e mi sentivo grasso, e questo mi faceva sentire depresso portandomi poi a mangiare ancora di più per confortarmi.
Poi ero arrapato. Costantemente. Mi sentivo come se avessi ancora quattordici anni, masturbandomi almeno due volte al giorno, sotto la doccia, nel letto durante la notte, nel letto durante il giorno, praticamente ovunque fosse possibile.
Un terzo effetto era quello di avere un sacco di attacchi di pianto. Per le questioni più insignificanti e nei momenti e nei luoghi meno appropriati, mi ero ritrovato a lacrimare e a volte a singhiozzare. Una situazione particolarmente imbarazzante fu quando mi successe durante una delle lezioni di Inglese. Stavamo lavorando su un testo dei nostri libri, riguardante la cosa più stupida e celebrolesa che avessi mai letto, e prima ancora di rendermi conto di quello che stava succedendo, delle lacrime avevano iniziato a scorrere lungo le mie guance mentre pensavo tra me e me a quanto fosse triste che quegli autori scrivessero dei testi così terribili.
Quando non ero impegnato a mangiare, masturbarmi o piangere, i miei pensieri vagavano a Harry e all'immancabile decisione dell'aborto. Non ero riuscito nemmeno a fargli credere che fossi incinto - non che potessi dargli torto -, quindi chiedergli cosa ne pensasse non era davvero un'opzione che avevo preso in considerazione. Non ancora almeno. Aveva detto che sarebbe venuto con me dal dottore e sapevo che tutto dipendeva da quella visita. Non che mi aspettassi che fosse un padre per suo figlio - se avessi scelto di tenere il bambino, poi sarebbe stato un mio problema da affrontare -, ma avevo bisogno che lui accettasse il fatto di avere un bambino ancora non nato prima che potessi decidere l'eventualità di tenerlo o meno. 

Giovedì 11 Novembre
Dodici settimane e tre giorni


"Ehi, dottore, sono io, Louis, non so se si ricorda di me."
"E' un po' difficile dimenticare il ragazzo che è venuto nel mio ufficio pensando di avere un problema allo stomaco e se n'è poi andato pensando di essere incinto."
"Si, credo."
Giovedì non ero andato a scuola a causa della vomitata di quella mattina, probabilmente causata dal sacchetto di patatine che avevo mangiato alle quattro di mattina. Quindi, oltre a me, la casa era vuota visto che mamma era andata a lavoro e Owen era a scuola. Ero seduto in cucina, sulla parte superiore del contatore con una scatola di Ritz accanto a me e, dopo un sacco di esitazione, ero riuscito a prendere il telefono, comporre il numero dell'ufficio del medico e farmi passare il medico Martin Wright. L'unica cosa che volevo fare era fissare un appuntamento per un' ecografia nel quale avrei potuto portare Harry, non avevo intenzione di programmare tutto ciò riguardante l'aborto.
"Quindi presumo che hai parlato con... Harry, vero?"
"Si, si è così."
"Che cosa ha detto?"
"Fondamentalmente pensa che io sia pazzo," dissi con una risatina.
"Ma ha accettato di venire ad un appuntamento dal dottore con me, quindi è per questo che l'ho chiamata."
"Per fissare un appuntamento?"
"Si, per una... ecografia o qualsiasi altra cosa che possa aiutarmi a convincerlo che sia vero."
"L'ecografia sarebbe il modo migliore per farlo. Ti fisso un apputamento con l'ostetrico al più presto allora. Quando preferisci?"
"Oh... va bene sempre, credo," dissi esitante.
"Domani va bene?"
"Wow, così presto? uhm, certo, va bene."
"Beh, il dottor Hayes è disponibile presso le undici di domani mattina."
"Oh, non sarà lei a dovermi... esaminare?" Chiesi, mordendomi il labbro.
"Se ti fa sentire meglio potrei stare lì con te, ma quando eri venuto da me, io non ero un ostetrico, non ho la conoscenza adeguata per questo tipo di esami."
"Si, la capisco. Ma è... un po' imbarazzante, voglio dire, che cosa penserà di me quest'altro medico?"
"Il dottor Hayes è molto professionale, lei non penserà niente di male di te e anche se lo facesse, non lo dimostrerebbe in alcun modo. Ma come ho detto, posso venire lì se ti fa sentire meglio."
"Sarebbe meglio, grazie," dissi.
"Non c'è problema. Posso prendere l'appuntamento o vuoi prima sentire se va bene anche per il padre?"
"No, può prendere l'appuntamento, ci lavorerò."
"Okay. Quindi hai un appuntamento alle undici di domani mattina con il dottor Hayes."
"Si, grazie. Ciao per ora."
"Ciao."
Sospirai quando misi il cellulare in tasca. Un appuntamento per il giorno dopo. Ciò significava che avrei dovuto parlare con Harry il giorno stesso. Ma era a scuola e io no, sicuramente non avevo il suo numero di telefono e non mi piaceva mandargli un messaggio su Facebook. Tutto sommato avevo due possibilità: avrei potuto cercare il suo indirizzo ed andare a casa sua, una volta finita la scuola, che mi porterebbe ad un alto livello di disagio, o avrei potuto prendere l'autobus per la scuola in quel momento e aspettarlo al suo armadietto. L'orologio segnava le nove e venti, il che significava che la pausa sarebbe inziata tra venticinque minuti. Il tempo necessario per arrivare a scuola e raggiungere il suo armadietto.
Misi nuovamente la scatola dei Ritz dentro la credenza prima di raggiungere la mia stanza e vestirmi con qualcosa di più presentabile di una tuta grigia e una delle magliette più grandi che l'uomo abbia mai conosciuto. Scelsi un paio di jeans beige leggermente stretti e una felpa nera prima di spogliarmi dei vestiti che indossavo. Il mio sguardo finì casualmente nella mia figura allo specchio appeso sul muro e dovetti prendere un respiro profondo per non piangere a quella vista. Ero grasso. Ero solo a dodici settimane su un totale di quaranta ed ero già ingrassato. Abbassai lo sguardo e misi il broncio mentre toccavo il mio stomaco.
"Mi sta facendo ingrassare e non mi piaci per questo," mormorai.
Mi affrettai a prendere i miei vestiti prima di iniziare veramente a piangere - non avevo tempo per quello - e andai in bagno per fissare i capelli in modo che non avessero l'aspetto di un nido di uccello.
Per arrivare a scuola il bus ci mise circa dieci minuti e quando arrivai a destinazione, l'orologio sul mio cellulare segnava le nove e quarantadue. La fine era vicina. Camminai per i corridoi vuoti fino ad arrivare alla mia meta.
Non c'era nessuno agli armadietti quando arrivai e controllai di nuovo il mio cellulare, solo per scoprire che dall'ultima volta in cui l'avevo controllato era passato solo un minuto. Sospirai e appoggiai la schiena contro il metallo freddo con il quale erano fatti gli armadietti. Come al solito in quei giorni, le mie mani finirono sul mio stomaco. Ancora non era abbastanza grande da farlo notare alle persone, specialmente quando indossavo una felpa pesante con la zip, ma sapevo che circa in due mesi, sarebbe stato necessario molto più che una felpa con la zip per narconderla. Un grande cappotto di lana o qualcosa del genere. Meno male che era inverno.
La campana suonò dopo che ero stato fermo lì per un paio di minuti e un certo numero di porte intorno a me si aprirono. Ben presto i corridoi diventarono affollati e cercai di nascondermi il meglio possibile, sentendomi incredibilmente stupido a stare fermo lì mentre tutti si dirigevano verso la mensa o la prossima lezione. Era impossibile individuare qualcuno in particolare tra la folla che passava, quindi a meno che Harry non avesse bisogno del suo armadietto proprio in quel momento, non ci sarebbe stato modo di trovarlo. Spostai un po' le mie mani e incrociai le braccia sul mio ventre per nasconderlo meglio. Improvvisamente mi sembrava diventato molto più grande con così tante persone intorno a me. Dopo pochi minuti incominciai a chiedermi quanti studenti ci fossero in quella scuola, la marea di persone sembrava non finire mai e di tanto in tanto, mi spostavo di lato avvolgendo istintivamente le braccia contro il mio stomaco.
"Perchè stai in piedi davanti al mio armadietto?" Disse una voce accanto a me facendomi improvvisamente saltare emettendo un urlo estremamente non virile.
Harry rimase lì, verso di me, con le sopracciglia alzate e mi sentii arrossire.
"Io - tu - uhm... voglio dire," balbettai.
"Per favore, vai avanti. Non ho tutto il giorno."
"Già, nemmeno io, scusa," mormorai.
"Tu... hai detto che saresti venuto dal medico con me, e... uhm, non hai cambiato idea, vero?"
Sospirò.
"Ho la sensazione che mi parlerai di... quello," fece un cenno con la testa verso il mio stomaco "fino a quando non lo faccio, quindi no, non ho cambiato idea."
"Bene, bene," dissi con un sorriso.
"Ho un appuntamento domani alle undici, quindi... potresti venire, voglio dire, se vuoi."
"Alle undici? Di notte?" Chiese confusamente.
"Dici sul serio?", chiesi aggrottando le sopracciglia.
"Si?"
"No, non ho un appuntamento con il medico alle undici di notte," dissi lentamente, chiedendomi dove fosse il suo cervello.
"Intendevo alle undici del mattino."
"Oh. Alle undici di domani mattina ho giapponese e se perdo un'altra lezione sono fregato."
"Fai giapponese?" Chiesi incredulo, dimenticandomi l'argomento principale per un secondo.
"Non essere così impressionato, non capisco un cazzo di giapponese."
"Tranquillo. Ok, allora... quindi non puoi venire domani?" Chiesi.
Lui scosse la testa.
"Non proprio, no."
"Oh, okay."
Semplicemente fantastico. Avrei dovuto aspettare ancora più tempo prima di prendere la mia decisione allora.
"Sembri deluso," disse dopo una pausa trascorsa a guardarmi timidamente.
"E' davvero così importante per te che io venga?"
"Non proprio, è solo che... ho bisogno che tu mi creda. Che tu creda che questo," puntai la mia pancia, "E' vero, prima di prendere una decisione."
"Che decisione?"
Mi guardai intorno per vedere se ci fosse qualcun altro nelle vicinanze. Solo un paio di studenti erano rimasti nel corridoio e sembravano occupati a guardare i loro telefoni.
"Se voglio continuarla o no," mormorai.
I suoi occhi si spalancarono e sembrò a disagio.
"Oh... uhm... va bene."
Si fermò per un secondo prima di parlare di nuovo.
"Non sto dicendo che credo a questa... follia, perchè non ci credo, ma il limite di aborto non è a venti settimane o qualcosa del genere? Non hai ancora un po' di tempo per decidere?"
Annuii.
"E' ventiquattro settimane in realtà, quindi si, ho ancora due o tre mesi per decidere, ma..."
Smisi di parlare e guardai il mio corpo, il mio sguardo atterrò sulla pancia. Mi sentivo come se fossi sul punto di mettermi a piangere ancora una volta, ma scossi la testa e alzai gli occhi. Mi guardò con aria interrogativa.
"Non sarò in grado di prendere una decisione razionale se aspetto ancora a lungo, " dissi.
"Perchè no?"
"Perchè...guarda, non mi aspetto che tu capisca, ma se avessi chiesto a tua madre se sarebbe stata in grado di abortire a ventiquattro settimane, sono abbastanza sicuro che avresti ottenuto un sicuro 'no'."
Sembrava più confuso che mai.
"Non capisco," aveva detto dopo aver preso un minuto per pensare.
"Non hai lo strumento più acuto nella testa, vero? Sto solo dicendo che... che c'è un piccolo bambino che cresce dentro di me, Harry, e ogni giorno che passa, mi sento sempre più attaccato a lui. Se aspetto molto a lungo, non sarò in grado di ucciderlo."
"Quindi... vuoi abortire questo bambino che io non credo nemmeno esista?"
"Non lo so ancora, " Dissi e lasciai cadere le braccia in cenno di impotenza.
"Ho bisogno che... tu mi creda prima, e visto che ovviamente non prenderai sul serio le mie parole, ho bisogno che tu venga con me dal medico molto presto."
"Perchè hai bisogno che io ti creda? Voglio dire... anche se questo fosse vero e c'è davvero un bambino, non sarebbe un problema per me se... lo manterrai o no," disse con una scrollata di spalle.
"Non.. lo sarebbe?" Chiesi, non riuscendo a nascondere il tono incredulo della mia voce.
"Non proprio. Voglio dire... cose come questa accadono tante volte, giusto? Tante persone rimangono incinta dopo una notte."
"Beh, si, ma... di solito non si sa di avere un bambino e di solito non si va nella stessa scuola di quello con il quale lo si ha fatto," dissi.
"Tu mi vedrai tutti i giorni per i prossimi sette mesi circa e se deciderò di tenere il bambino, allora saprai che... il bambino di un mese che terrò in mano alla laurea sarà tuo figlio o tua figlia. Non ti importa niente?"
"Potrebbe se sapessi per certo che hai un grembo materno e la capacità di portare i bambini, che non hai ti ricordo."
"Abbiamo già parlato di questo e non posso spiegarti meglio di così," dissi, diventando un po' stanco a parlare di quell'argomento.
"Quanto è successo è qualcosa che si potrebbe chiedere al medico se venissi con me."
Sospirò esasperato e guardò il soffitto per un breve istante prima di rispondere.
"Va bene, va bene, vengo con te domani," disse.
Sorrisi.
"Grazie."
Un imbarazzante silenziò aleggiò nell'aria intorno a noi e sfregai nervosamente le mani.
"Probabilmente dovrei tornare a casa," dissi alla fine.
"Non mi sento tanto bene, quindi... ci vediamo domani, credo."
Mi voltai e cominciai a camminare lungo il corridoio, verso l'uscita, ma avevo fatto solo qualche passo, quando il suono della voce di Harry mi fermò.
"Posso... vedere?"
Mi voltai e lo guardai confuso.
"Cosa?" Chiesi.
Si avvicinò a me e poi fece un gesto goffo verso il mio ventre rivestito dalla felpa.
"Uhm, non puoi aspettare fino a domani?" Chiesi, guardando in giro per il corridoio vuoto per ogni evenienza.
"Per favore," disse in tono quasi disperato.
"Solo... slaccia la zip."
Inghiottii. Eravamo in piedi in un corridoio pubblico, chiunque avrebbe potuto irrompere fuori da una delle numerose porte intorno a noi in qualsiasi momento e chiunque avrebbe potuto vedere.
"Io non credo sia una buona idea," dissi.
"E non c'è niente da vedere in ogni caso, è quasi inesistente in realtà."
"Per favore."
Mi imbarazzai e mi sentii a disagio.
"Dai, siamo in un luogo pubblico," mormorai.
"Tutti sono in mensa o in classe, e se compare qualcuno, ti tiro in un abbraccio spaccaossa in modo che nessuno sarà in grado di vedere il tuo stomaco, va bene?"
Per un ragazzo che nemmeno credeva che io fossi incinto, insisteva nel vedere la mia pancia.
"Non farlo," dissi.
"Cosa?"
"Tirarmi in un abbraccio spaccaossa."
"Perchè no?"
"Beh, potrebbe essere... si sa, dannoso per... si," mormorai.
Lui alzò gli occhi al cielo.
"Bene, bene, mi limiterò a tirarti in un abbraccio normale allora."
 "No, Harry, andiamo," dissi con un piccolo gemito.
"Lo vedrai domani comunque, quindi non puoi semplicemente aspettare?"
Lui mi guardò implorante.
"Per favore, ho solo bisogno di vederlo per una volta, per favore."
Strofinai una mano sul mio viso, ma poi annuii.
"Bene," mormorai.
Mi guardai di nuovo intorno nel corridoio per assicurarmi che fossimo davvero rimasti soli prima di tirare giù la zip esitante e spingere il tessuto a parte. Al di sotto, indossavo una maglia bianca molto attillata che non lasciava niente all'immaginazione, e vidi Harry deglutire.
"Non sembra come... un aumento di peso, vero?" disse con voce roca, gli occhi incollati al mio addome.
"Probabilmente perchè non lo è," dissi.
"Beh, tecnicamente lo è, ma... lo sai."
"Non è molto grande comunque," continuò, guardando ancora la piccola bozza.
"Hai detto la stessa cosa la settimana scorsa," dissi, e non potei fare a meno di sorridere un po' a guardare quasi affascinato i suoi occhi.
"Sarà molto più grande tra un paio di mesi, vero?" Borbottò e mosse di nuovo lo sguardo fino a guardarmi negli occhi.
Annuii.
"Si, è così. Mi... mi dispiace, ma sembra quasi che tu ci... creda. Perciò, ci credi?"
"No, ma a quanto pare tu si."
Sospirai.
"Come puoi darmi la colpa? Ho visto la foto dell'ecografia, ho visto i test di gravidanza positivi, ho visto l'improvviso aumento di peso del mio corpo in un modo strano e per nessun motivo logico nelle ultime due settimane mi sono sentito strano... Sono fermo qui con un sacco di prove positive, Harry, come puoi darmi la colpa a crederci?"
"Non credo, ma... ancora, è troppo strano, tu mi puoi dare la colpa per non crederci?"
"No, non posso, è per questo che ti sto chiedendo di venire dal medico con me domani."
Lui annuì.
"Si, lo so, e ho detto che verrò con te, quindi..."
Chiusi di nuovo la zip della mia felpa.
"Si. Ci vediamo domani, allora. Ci incontriamo all'ufficio del medico?"
"Immagino di si. Qual'è?"
"Quello vicino alla libreria."
"Hm, ok, ci... vediamo alle undici quindi, credo."

*

La prima cosa che notai, venti minuti più tardi, quando varcai la porta di casa, era che nell'ingresso c'era un paio di scarpe non familiari. Chi diavolo c'era? Erano un paio di scarpe da uomo, notai, che mi fece incuriosire ancora di più. Per quanto ne sapevo, l'unico ragazzo che viveva - ed era dentro in quel momento - in quella casa ero io e quelle scarpe nere non erano sicuramente mie. E poi non c'era nessuno a casa. O almeno, nessuno avrebbe dovuto essere a casa. Forse era un ladro davvero gentile che non voleva portare la sporcizia sul pavimento.
Più silenziosamente possibile, mi ero tolto le mie scarpe e mi ero intrufolato ulteriormente in casa. Non c'era nessuno in cucina, nel bagno al piano di sotto o in salotto ed io aggrottai la fronte. Mancavano le camere e il bagno al piano di sopra. Camminai attraverso il soggiorno e mi diressi verso la porta della camera da letto di Owen e la aprii, ma no, era vuota. Sospirai e raggiunsi lo stretto corridoio per arrivare alla camera da letto di mamma. Aprii la porta... e mi pentii subito.
"Maledizione!" Urlai mettendomi una mano davanti agli occhi e alla cieca mi precipitai indietro verso l'ingresso e le scale per arrivare in camera mia.
Mi gettai sul mio letto e nascosi il viso nel cuscino, cercando di cancellare l'immagine che rimarrà impressa nella mia mente per sempre. Cazzo, non dovevo proprio vedere. Non avevo appena visto mia mamma quarantatreenne, mezza nuda farlo con un uomo sul suo letto. Beh, un bel suicidio in quel momento ci sarebbe stato veramente bene. Il mio cuore batteva come un matto e sentivo la mia faccia incredibilmente calda, forse a causa del fatto che era sepolta in un cuscino molto soffice. Stavo per sedermi e far prendere ai miei polmoni un po' di aria fresca, quando un improvviso dolore acuto mi colpì il basso ventre e un guaito sorpreso fuoriuscì dalle mie labbra. Fu come se qualcuno avesse preso una corda, l'avesse avvolta attorno alle mie viscere e l'avesse tirata forte. E non si era fermato, ma si era ripetuto più volte. Mi sono racchicchiato, stringendo stretto lo stomaco, e gridai di dolore e di spavento. Quello non era di certo un buon segno.
"Louis? Sei qui dentro? Mi dispiace che tu... oh mio Dio! Cosa hai fatto?"
La voce terrorizzata di mia mamma giunse alle mie orecchie e non potei far altro che lanciare un rumore soffocato in segno di protesta quando si sedette accanto al letto in ginocchio e mise una mano sulla mia spalla.
"Che cosa c'è che non va? Dove ti fa male?" Chiese, guardadomi su e giù, ovviamente alla ricerca di un qualche tipo di indicazione fisica di quello che stava succedendo. 
Rimasi senza fiato per l'aria,  cercando di dirle di fare un passo indietro, ma tutto ciò causò un'altra contrazione e mi lasciai sfuggire un singhiozzo roco.
"Tesoro, hai da dire qualcosa? Devo chiamare l'ambulanza?" Chiese freneticamente.
Scossi la testa e stetti per gemere dal dolore quando improvvisamente, si fermò. Sbattei le palpebre e mi stesi completamente immobile per qualche istante prima di lasciare andare timidamente le mie ginocchia.
"Louis?"
Mia mamma mi guardava preoccupata, cercando di apparire più disinvolta possibile.
"Io... è solo un po' di male," dissi.
"Louis, non era solo un po', che diavolo è stato?"
"Uhm, il medico ha detto che avrei potuto sperimentare alcuni crampi allo stomaco a causa di questo virus," dissi in fretta, pronunciando la prima bugia che mi venne in mente.
Mamma mi guardò con gli occhi socchiusi, apparentemente per decidere se stavo mentendo oppure no.
"Bene, ma devi andare di nuovo dal medico il prima possibile, è chiaro?"
"Si, ho intenzione di andare domani, quindi è... tranquillo," dissi.
Lei sorrise.
"E' una buona cosa che stai iniziando a prenderti responsabilità per te stesso."
Tossii.
"Uhm, si, immagino."
Sospirò ed esitò.
"Cosa?" Chiesi e alzai gli occhi al cielo.
"A proposito di quello che hai appena visto," iniziò.
"Non è quello che pensi."
Alzai le sopracciglia.
"Quindi non lo stavi facendo con quel tipo? Chi è comunque?"
"E' un uomo che ho conosciuto tramite il lavoro, il suo nome è Ian e io... lo sto vedendo da un paio di mesi."
La guardai a bocca aperta.
"Tu - tu - ti sei fidanzata?" Chiesi incredulo.
Quello davvero non poteva accadere in un momento peggiore. Con tutto quello a cui stavo avendo a che fare al momento, mia mamma aveva deciso di avere un dannato fidanzato?
"Louis, sono passati sei anni da quando tuo padre ci ha lasciati," Disse con un sorriso triste.
"Non ti aspetti che io rimanga sola per sempre, vero?"
"Beh, no, credo di no, ma sarebbe stato meglio se me lo avessi detto prima che lo venissi a scoprire così," mormorai.
"Capisco e mi dispiace, solo che non sapevo come avresti reagito."
Mi strinsi nelle spalle.
"Va bene lui, credo. Papà è solo un coglione comunque, quindi... se hai trovato qualche altro uomo, allora buon per te."
"Grazie, sei un bravo figlio," disse e mi accarezzò la guancia leggermente prima di alzarsi in piedi.
"Mi piacerebbe molto fartelo conoscere."
"Oh, in questo momento?"
"Si. E' al piano di sotto in cucina, andiamo, vieni con me."
Volevo dirle che non ero in vena di incontrare qualche uomo in quel momento, ma sapevo benissimo che quello avrebbe portato ad un mucchio di domande, così mi sforzai di sorridere e mi alzai dal letto. Mamma mi sorrise felice prima di voltarsi e uscire dalla stanza facendomi segno di seguirla. Lasciai un rapido sguardo allo specchio, mentre camminavo, assicurandomi che il mio stomaco sembrasse normale, prima di uscire dalla stanza e andare giù per le scale.
Una volta entrati in cucina, i miei occhi scorsero lo stesso uomo che era stato nel letto di mia madre venti minuti prima. Era seduto al tavolo, mentre leggeva un giornale, ma subito alzò gli occhi quando ci sentì entrare.
"Oh, ehi," disse, e si alzò.
"Beh, Ian, questo è mio figlio maggiore, Louis. Louis, questo è Ian, l'uomo che ho incontrato," Ha detto mamma in tono ansioso.
Ian sorrise e tese una mano. Quando la afferrai, lasciai che i miei  occhi vagassero sul viso e sul corpo. Sembrava l'uomo che tutti i giorni passa per strada senza essere notato, circa sei piedi di altezza, corporatura normale, capelli castano scuro, abito qualunque, faccia normale, e nel complesso molto... normale.
"E' un piacere conoscerti, Louis," disse con un sorriso incerto.
Il povero uomo sembrava nervoso e così, nonostante il cattivo umore, mi tirai su e sorrisi.
"Il piacere di conoscerti è anche mio."
"Mi dispiace davvero che tu sia entrato."
Alzai una mano per fermarlo.
"Va tutto bene. Ancora meglio se puoi evitare di ricordarmelo, però," dissi con una smorfia.
"Capito."
Un silenzio imbarazzante cadde nella stanza e cercai disperatamente di pensare a qualcosa di intelligente da dire.
"Allora, hai già incontrato Owen?"
Almeno non avevo menzionato nè il tempo, nè i gatti.
"No, non ancora, penso che tu mamma mi farà conoscere anche lui oggi," disse, lanciando uno sguardo interrogativo a mia mamma a cui lei rispose annuendo.
"Oh, va bene. Tu hai figli?"
Lui scosse la testa e sorrise storto.
"No, non posso averne, a dire la verità non li ho mai veramente voluti, troppi urli e troppi problemi quando sono piccoli, sai."
Annuii senza dire nulla, resistendo alla tentazione di scappare in bagno di nuovo.
Insomma, questo non è affatto imbarazzante.



Occhio a me!

Ok, prima di tutto devo scusarmi. Non potete immaginare da quanto tempo stavo cercando di pubblicare questo capitolo, ma per un motivo o per l'altro non si riuscivo mai. E' stata una settimana davvero stressante e piena di impegni e ancora non so come oggi abbia fatto ad alzarmi dal letto.
Comunque eccomi qui :)
Bene bene, non immaginate quanto mi diverta a tradurre questa fan fiction!! Mi piace ogni singolo capitolo, incredibile.
Finalmente nel prossimo ci sarà l'attesa visita dal medico! Non vedo l'ora di finire di tradurlo e pubblicarlo, perchè è fantastico. L'ho già iniziato e non penso che ci metterò molto, perciò preparatevi!
Scusate se non rispondo alle recensioni, ma giuro che le leggo tutte, e prometto che prima o poi troverò il tempo di rispondere! Ora scappo che devo andare a correre.
A presto ;)

Giulia.
 

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Capitolo 5
*** I really don't want you to be dead. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è mia. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, ho deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 5



Io davvero non voglio che tu sia morto.

Venerdì 12 Novembre
Dodici settimane e quattro giorni


Alle dieci e tre quarti della mattina dopo, ero seduto su una sedia della sala d'attesa presso l'ufficio del medico. Ero nervosissimo soprattutto per un motivo: e se Harry avesse cambiato idea e non si sarebbe presentato? Poi in tutto il tempo d'attesa non riuscii a non pensare alla questione dell'aborto e, in tutta onestà, il pensiero di rimuovere la piccola cosa dentro di me era sempre più sgradevole di ora in ora. Ma dopo aver incontrato Ian il giorno precedente e sentito il suo parere sui bambini, avevo guadagnato un altro motivo per abortire: al fine di evitare di spaventare il fidanzato di mamma.
Sospirai, chiedendomi per l'ennesima volta cosa avessi fatto di male nella mia vita precedente per meritare di essere in quell'inferno. Sicuramente ero stato uno stupratore seriale. O forse ero stato il ragazzo che aveva assassinato John F. Kennedy.
La mia mente vagava a quello che avevo provato ieri nel letto, il dolore lancinante allo stomaco. Doveva aver avuto qualcosa a che fare con il bambino ed era stato così atrocemente doloroso da non dover per forza essere qualcosa di positivo. Mi offuscai la mente appena iniziai a pensare a tutte le possibilità. Cosa sarebbe successo se il bambino si fosse fatto male? E se fosse morto? Che cosa sarebbe successo se il dolore che avevo provato era stato causato da un aborto spontaneo? Ma non sarebbe dovuto uscire del sangue se fosse stato quello? Poi di nuovo, da dove sarebbe uscito il sangue? Non avevo esattamente una... apertura, senza contare il mio culo, ma ne dubitai seriamente. Quindi c'era qualcosa possibilità che io...
Mi sentii pallido al pensiero. Se davvero avessi abortito? E se il bambino fosse morto? I miei occhi incominciarono a bagnarsi e, per puro istinto, le mie mani trovarono la strada per la mia pancia e la tennero saldamente, come se quello avrebbe salvato la cosa se era già... guardai giù e singhiozzai. Nonostante ancora stessi considerando la possibilità di abortire, il pensiero che il bambino potesse essere già morto era assolutamente orribile. Non volevo che fosse morto, volevo che fosse vivo, sano e felice. Ma cosa sarebbe successo se non lo fosse stato? E se io in quel momento avevo un bambino morto e poco sviluppato dentro di me? Con mio grande fastidio, cominciai a piangere. Ancora una volta. Il problema dell'essere eccessivamente emotivo stava diventando abbastanza fastidioso. La sala d'attesa era vuota oltre a me, quindi non c'era nessuno intorno a vedermi crollare, ma feci comunque del mio meglio per stare tranquillo. Mi lasciai sfuggire un occasionale singhiozzo e un gemito, ma le lacrime per lo più caddero in silenzio.
"Non voglio davvero che tu sia morto," Singhiozzai mentre strofinavo il pollice delicatamente sopra il tessuto che rivestiva la mia pancia.
"Uhm, ciao... sono in... anticipo?" Disse una voce esitante da qualche parte alla mia destra e la mia testa girò vertiginosamente. Harry rimase lì, guardandomi con qualcosa tra preoccupazione e disagio.
"Oh, ehi," dissi. In tutta fretta mi pulì le guance dalle lacrime prima di lasciar cadere le braccia lungo i fianchi.
"S-scusa, io sono solo... no, niente. Sono contento che tu sia venuto, non ero sicuro che l'avresti fatto."
"Si, nemmeno io se devo essere sincero," disse mentre si sedeva nella sedia accanto a me.
Controllai l'orologio appeso sulla parete opposta rispetto a dove eravamo seduti. Quattro minuti alle undici.
"Scusa se sono indiscreto, ma... cosa intendevi quando hai detto qualcosa sull'essere morto?" chiese Harry dopo un breve momento di silenzio.
"Niente, non era niente," dissi in fretta, non molto disposto a condividere le mie preoccupazioni piuttosto stupide e paranoiche con lui. Beh, potrebbe pure essere stato il padre di mio figlio, ma io non lo conoscevo affatto. Dubitavo anche di poterci considerare come amici.
"Sei sicuro? Perché sembravi piuttosto sconvolto ed è ovvio che stessi piangendo," disse, alzando le sopracciglia verso di me.
"Piango per tutto il tempo in questi giorni, di solito per nessuna ragione, quindi rilassati, non è niente," dissi.
"Si, ma tu hai detto qualcosa su qualcosa che è morto," disse, poi si morse le labbra guardandomi un po' nervoso, prima di continuare.
"E guardavi come se stessi... sai, parlando con... lo stomaco," disse poi, quasi balbettando.
Incrociai le braccia sul petto e portai lo sguardo dritto davanti a me prima di rispondere.
"Era solo un po' di... cose che mi sono successe ieri, mi sono un po' preoccupato."
"Quali cose?"
Mi lamentai, apparendo un po' seccato.
"Ascolta, non credi nemmeno che ci sia qualcosa di cui preoccuparsi, ricordi?" Dissi, con tutta la calma che ero riuscito a gestire.
"Non hai nemmeno creduto che c'è un bambino, allora perché continui a fare queste domande?"
"E' ovvio che tu credi che ci sia un bambino, quindi... ci deve essere qualcosa, credo," disse.
Stavo per rispondere, ma proprio in quel momento la porta dello studio del dottor Wright si aprì ed apparve il volto di una donna sconosciuta.
"Louis Tomlinson?" Disse, guardandomi.
Mi alzai e, con la coda dell'occhio, vidi Harry fare lo stesso.
"Uhm, si, ciao," dissi goffamente e mi avvicinai a lei.
Sembrava avere una cinquantina di anni, un corto taglio di capelli color castagna e una sorta di sorriso sul volto.
"Ciao, sono la dottoressa Hayes," disse e tese una mano, una volta arrivato di fronte a lei. Le stringemmo brevemente prima di lasciarci andare e lei si voltò verso Harry, che stava in piedi proprio dietro di me. Gli tese la mano e lui la afferrò.
"Harry," disse e sorrise educatamente.
"Beh, immagino che voi due dovreste entrare, così possiamo iniziare," disse tenendo la porta aperta per noi.
Una volta dentro, vidi il dottor Wright seduto su una sedia nella sua scrivania, occupato a compilare alcuni moduli. Si alzò in piedi una volta che tutti e tre fummo entrati e la porta era chiusa, poi sorrise.
"Sembra che tu sia ancora vivo," disse.
Gli sorrisi.
"Si, almeno per ora."
Emise una breve risatina prima di voltarsi verso Harry, sempre sorridendo.
"E questo deve essere... Harry, giusto?"
Harry spostò lo sguardo verso di me e alzò un sopracciglio.
"Beh, ho dovuto dire qualcosa," mi difesi.
Harry ridacchiò prima di guardare a sua volta il medico con un sorriso.
"Si, sono Harry," disse.
"E' un piacere conoscerti," disse il dottore e strinse la mano di Harry.
Ci sedemmo tutti, il medico alla sua scrivania, la dottoressa Hayes accanto a lui, io e Harry in due sedie accanto alla scrivania.
"Okay, allora, Louis," Iniziò la dottoressa Hayes.
"Capisco che ti sia ritrovato in una situazione un po' insolita."
"Si, per usare un eufemismo," dissi.
"Beh, ho guardato io stessa gli esami del sangue e ho controllato i risultati, e visto quello che ho visto, non posso spiegare altro se non che tu sia incinto."
"Sono già... venuto a patti con questo, dottore," dissi con un piccolo sorriso.
"Ora, il dottor Wright mi ha detto che hai fatto un'ecografia poco più di due settimane fa."
Annuii.
"Vorrei farne un'altra per vedere con i miei occhi, se per te va bene."
Annuii di nuovo. Stava per alzarsi quando parlai di nuovo.
"Io ho una... domanda," dissi.
Si sedette di nuovo e mi guardò con pazienza, apparentemente in attesa che io continuassi.
"Beh, ieri ho assistito ad... una cosa che davvero non avrei voluto vedere e mi sono un po' sconvolto, così sono corso nella mia stanza e mi sono buttato sul letto. Tutto era normale, immagino, per qualche minuto, e poi improvvisamente il mio stomaco ha iniziato a farmi male. Faceva male, davvero male, non riuscivo nemmeno a parlare finché è durato e... mi chiedo se questo è normale."
"Sperimentare questo tipo di dolori quando si vede o si sente cose che si trovano sconvolgenti o stressanti è abbastanza comune quando si è in gravidanza, quindi non c'è bisogno di preoccuparsi," disse lei con un sorriso rassicurante.
"A meno che non succeda spesso, è totalmente normale."
"E' sicura?" Chiesi, mordendomi il labbro. "Perché il dolore era davvero forte e mi sa che sono un po' preoccupato che qualcosa potrebbe essere sbagliato con... il... coso."
" Il 'coso' significa il bambino, suppongo."
"Si, mi dispiace, è solo un po'... imbarazzante dirlo," mormorai.
"Potresti desiderare di smettere di chiamarla 'cosa' quando verrà fuori," disse la dottoressa Hayes con un sorriso.
"Ancora non so se voglio andare avanti con la gravidanza però."
"Beh, se lo farai, mi raccomando pensa ad un nome," disse, sempre sorridendo.
Ridacchiai.
"Probabilmente è una buona idea."
"Allora, hai altre domande prima di iniziare?"
"Uhm, si" dissi. "A volte sto facendo e sentendo cose che normalmente non farei, ed è... normale?"
"Dipende, cose di che genere?"
Mi morsi il labbro, guardando Harry. Quello sarebbe stato imbarazzante con lui seduto proprio accanto a me.
"Cosa?" disse Harry, che mi guardava interrogativo.
"Niente," dissi in fretta prima di voltarmi e guardare i due medici di nuovo. "Prima di tutto ho desiderato ardentemente cibo salato, una quantità folle di cibo salato," dissi, e sia il dottor Wright che la dottoressa Hayes risero.
"La voglia di cibo è uno degli effetti più collaterali nelle gravidanze, quindi non devi preoccuparti per questo," disse il dottor Wright.
"Oh... ok, bene," dissi, sentendomi piuttosto sollevato. "E inoltre, ho pianto molto, soprattutto per cose davvero insignificanti e stupide, questo cosa significa?"
"Anche piangere è molto comune tra le donne in gravidanza."
Questa volta rispose la dottoressa Hayes.
"Io non sono una donna, però," dissi, mordendomi il labbro.
"No, ma anche se non ho nessuna esperienza con gravidanze maschili, direi che i tuoi ormoni stanno rimbalzando e comportandosi come matti in questo momento, proprio come le donne in gravidanza, e da qui deriva il pianto."
"Allora è normale?"
"Si."
"Va bene, e c'è anche... bene, sono stato davvero... uhm, eccitato, immagino," balbettai, sentendo un leggero rossore strisciare sulle mie guance.
Sentii Harry soffocare una risata ma, per fortuna, non disse niente.
"L'aumento del desiderio sessuale è sempre abbastanza comune tra le persone in stato di gravidanza, quindi non c'è bisogno di preoccuparsi," disse il dottor Wright con un sorriso gentile.
"Ma davvero?" Disse Harry e io mi voltai a guardarlo. "Mi ricordo quando mia madre era incinta dei miei fratelli gemelli tre anni fa, lei e mio padre erano scomparsi nella camera da letto per tutto il tempo," continuò, con una smorfia di disgusto sul viso.
Quella volta era stato il mio turno per ridere.
"Beato te," commentai e mi guardò con un sopracciglio alzato.
"Beh, con le donne, l'aumento del desidero sessuale durante la gravidanza è di solito causato dal maggior flusso di sangue nella vulva, il che lo rende più sensibile... presumo che accada la stessa cosa agli uomini, solo che l'aumento del flusso sanguigno è diretto al pene," disse la dottoressa Hayes, come se stesse parlando di argomenti normalissimi; il dottor Wright aveva ragione quando mi diceva che era professionale.
Rabbrividii e trattenni il conato di vomito.
"Mi dispiace, ma io sono gay, quindi non sono molto interessato all'anatomia femminile, e la parola 'vulva' mi fa un po' vomitare," dissi. 
"Io non sono gay, ma quella parola mi fa uno strano effetto comunque."
"Non sei gay, certo," dissi e alzai gli occhi al cielo.
"Non lo sono."
"Allora come diavolo ho fatto a finire in questa situazione?"
"Ehi, ero ubriaco, la gente fa cose strane quando è ubriaca."
"Si, come ballare sui tavoli, salire sui tetti mentre sono nudi e mangiare un secchio di gelato, non scopare con una persona del loro stesso sesso, anche se tu sei etero."
"Ero veramente ubriaco, non mi ricordo niente di tutto ciò."
"Beh, io si, e ti posso assicurare che il tuo cazzo era spinto su per il mio culo ad un certo punto e ti era piaciuto molto."
"Certo che l'ho fatto."
"L'hai fatto, che è probabilmente il motivo per il quale il tuo sperma è andato da qualche parte dentro di me e ha portato un bambino."
"Stai dicendo solo stronzate."
"No."
"Come vuoi."
Ci guardammo l'un l'altro con le sopracciglia alzate per un paio di secondi prima che entrambi ci voltammo di nuovo a guardare i medici.
"Scusate, possiamo tornare a questo argomento adesso?" Chiesi, ignorando il loro sguardo sconcertato rivolto a me e a Harry.
"Si, certo," Disse la dottoressa Hayes, ricomponendosi rapidamente.
"Hai altre domande o possiamo semplicemente iniziare con l'ecografia?"
"No, possiamo fare l'ecografia adesso."
"D'accordo. Abbiamo la macchina pronta, quindi ti basta togliere la giacca e la camicia e poi sederti sul tavolo," Disse prima di alzarsi e aprire un cassetto, iniziando a tirare fuori oggetti vari.
Mi alzai dalla sedia e mi tolsi la giacca, appendendola sopra la spalliera della sedia, ma mentre stavo per tirare la camicia sopra la mia testa, guardai Harry ed esitai.
"Qualcosa non va?" Chiese.
"Credo di no, solo... sono grasso." mormorai.
Lui alzò gli occhi al cielo e si alzò in piedi.
"Wow, sei davvero gay, mmh? Beh, se ti fa sentire meglio, ho Robert Helmers in una delle mie lezioni, quindi non importa quanto sei grasso, penso di aver visto di peggio."
Arricciai il naso. Robert Helmers era il ragazzo più grosso che avessi mai visto al di fuori di un reality show in televisione, probabilmente pesava più di duecento chili.
"Bene, ma non ridere, okay?" Dissi.
"Promesso."
Lo guardai con sospetto per qualche istante prima di rendermi conto che le uniche scelte che avevo erano quelle di dirgli di lasciare la stanza o di ignorare il fatto che sembrassi un ippopotamo e togliermi la camicia. Così sospirai e procedetti a tirare la stoffa blu sopra la mia testa. Un brivido corse lungo il mio corpo all'improvviso cambiamento di temperatura e avvolsi le braccia attorno allo stomaco, sia per cercare di aumentare la temperatura del mio corpo, sia per nascondermi da Harry.
"Hai un aspetto del tutto normale," disse Harry con un sorrisetto.
"Ovviamente, non mi hai mai visto quando ero effettivamente normale," dissi.
"No? Non sono d'accordo, ho visto tutto quello che c'è da vedere del tuo aspetto."
Lo guardai confuso per un paio di secondi, non capendo cosa volesse dire, prima di rendermene conto e lasciarmi sfuggire una breve risata.
"Si non... non è proprio così," dissi con un sorriso storto.
"In che senso?"
Guardai la dottoressa Hayes, che si trovava accanto al tavolo degli esami, che mi stava guardando con pazienza, e poi di nuovo Harry.
"Possiamo parlarne dopo?" Chiesi.
Si strinse nelle spalle.
"Come vuoi."
Non risposi, ma invece mi avvicinai al tavolo, saltando su di esso e mi poggiai all'indietro finché la mia schiena si appoggiò contro il freddo, ma morbido, materiale. La dottoressa Hayes afferrò un tubetto di gel - sembrava lo stesso che il dottor Wright aveva utilizzato l'ultima volta - aprì il coperchio e versò una gran parte di quello che pensavo fosse inutile sul mio stomaco nudo, e, come l'ultima volta, mi ritrassi alla sensazione di freddo. Mi lanciò uno sguardo di scusa prima di rivolgerlo a Harry, che stava goffamente a pochi metri di distanza e ci guardava.
"Harry, puoi sederti su quella sedia se vuoi vedere bene," disse e fece un cenno in direzione della sedia in plastica accanto al tavolo su cui ero sdraiato.
Si grattò il collo mentre, esitante, si spostò più vicino e alla fine crollò sulla sedia con le mani in grembo, sembrando più a disagio di quanto avessi mai visto qualsiasi persona. Sorrisi tra me e me per un secondo, pensando che sarebbe stato divertente scattargli una foto in quel momento e postarla su Facebook in modo che tutti i popolari potessero vederla, un divertente Harry Styles goffo e a disagio.
"Sei pronto?" Chiese la dottoressa Hayes mentre sollevava il trasduttore dalla piccola mensola in cui si trovava.
Presi un profondo respiro e annuii.
"Credo."
"E tu, Harry?"
Lui annuì e tentò di sorridere.
"Si, sono seduto qui," disse.
Lei sorrise.
"Beh, stai per vedere il vostro bambino per la prima volta."
Si strinse nelle spalle come per dire 'si, certo, come vuoi' e sospirai. Era ancora difficile per lui credere che quella situazione fosse reale.
"Basta andare avanti," dissi e sorrisi al medico.
Lei annuì e poi abbassò il trasduttore verso il basso sul mio stomaco. Il mio sguardo finì immediatamente sul monitor e aspettai con pazienza e nervosismo per vedere qualcosa apparire sullo schermo. Per almeno un minuto, non vidi e non sentii nulla, solo una macchia di bianco e di nero. Il pensiero che il bambino potesse essere morto mi colpii di nuovo e stavo per avere un altro attacco di panico quando lo stesso suono di un battito che avevo sentito l'ultima volta mi riempii le orecchie. I miei occhi si spalancarono e il mio battito cardiaco accelerò. Spostai lo sguardo per guardare la dottoressa che aveva un piccolo sorriso ad abbellirle il volto.
"Questo è il battito cardiaco del bambino," disse.
"E - e- va bene?" Balbettai, guardando lo schermo. "E' sano?"
"Sai, faccio questo lavoro da quasi trent'anni e non ho mai sperimentato una gravidanza maschile prima," iniziò, rivolgendomi un rapido sorriso prima di riportare lo sguardo al monitor.
"Se qualcuno un mese fa mi avesse chiesto il parere su come un bambino potrebbe sviluppare all'interno di un uomo, avrei detto che non sarebbe vissuto per più di un paio di settimane e se anche l'avrebbe fatto, sarebbe stato deformato e probabilmente malato. Ma... no, da quello che io sono in grado di dire a questo punto, è forte e sano."
"Davvero?" Sospirai, raccogliendo le lacrime dai miei occhi.
Lei annuì.
"E' un po' presto per dire qualcosa sicuro al cento per cento, ma sembra che sta crescendo per essere un bambino perfettamente normale."
"Grazie a Dio, grazie a Dio," sussurrai e poi inziai a piangere di nuovo, pieno di singhiozzi quella volta. Nascosi il viso tra le mani, imbarazzato accorgendomi di star piangendo di fronte a tre persone e, soprattutto, di fronte a Harry che doveva aver pensato che fossi il più grande sciocco al mondo. 
"Scusate," soffocai tra i singhiozzi.
"I - io ero p - proprio sicuro che - che sarebbe stato f - ferito o addirittura morto, ma non lo è. Va tutto bene, è sano, grazie a Dio."
Continuai ad andare avanti così, con i 'grazie a Dio sta bene' per almeno cinque minuti, incapace di trattenere le lacrime e di lasciar fuggire i singhiozzi. Né i medici, né Harry dissero o fecero qualcosa, mi lasciarono piangere in pace e gliene fui grato.
Alla fine mi fermai e tirai su con il naso un po' di volte, mentre sfregavo le palpebre furiosamente, cercando di far ritornare il mio aspetto un po' meno pauroso.
"Mi dispiace," dissi guardando la dottoressa Hayes di nuovo.
"Ho detto che piango molto ultimamente."
"Va tutto bene," disse.
"La vedi questa?" Poi chiese mentre teneva il dito su un punto dello schermo.
Annuii, asciugandomi ancora le guance con il dorso della mano.
"Si, quello. Che cos'è?"
"Questa sarebbe la testa."
"La - la testa?" Chiesi, fissando l'immagine sullo schermo.
"E'... è possibile vederla così presto?"
Lei sorrise.
"Bisogna ricordare che una gravidanza di solito dura tra le trentotto e quaranta settimane, per cui hai completato quasi un terzo di esse. Quindi sei appena passato attraverso il primo trimestre."
"Oh," fu tutto quello che dissi, troppo occupato a fissare affascinato l'immagine sfocata del mio bambino per una risposta decente.
"E questo ovviamente significa che sei nel tuo secondo trimestre."
Distolsi lo sguardo fino a lei, sentendomi di nuovo un po' nervoso.
"Uhm, cosa significa?"
"Beh, il tuo secondo trimestre dura dalla tredicesima settimana alla trentottesima, quindi è quello più lungo. Il malessere mattiniero dovrebbe scomparire e le tue voglie di cibo probabilmente finiranno, ma ci sono altri svantaggi, invece."
"Certo," mormorai cupo.
"Come ho detto non ho mai avuto a che fare con una gravidanza maschile, ma con le donne, è molto comune avere e sopportare dolori alla schiena, allo stomaco o all'inguine, possono apparire le smagliature ed i palmi delle mani e le punte dei piedi potrebbero iniziare a prudere. E il vostro addome crescerà molto ovviamente."
"Quindi, in pratica, diventerò davvero grasso," dissi con un sospiro.
Lei sorrise.
"Qualcuno potrebbe vederla in questo modo, ma penso che alla fine dirai che ne è valsa la pena quando terrai in braccio il bambino."
Battei le palpebre ricordandomi improvvisamente che io non sarei potuto arrivare così lontano con la gravidanza.
"Si, a meno che io non abbia... un aborto," mormorai.
"Ci stai ancora pensando?"
Sussultai un po' al suono della voce di Harry; avevo completamente dimenticato che lui era lì. Quando lo guardai, dire che ero sorpreso sarebbe dire poco. Mi aspettavo di vederlo con la solita aria semplice e indifferente, come aveva fatto in precedenza, ma mi sbagliai. Lui mi guardava con gli occhi che brillavano di lacrime non versate e, con mia sorpresa, anche lui sembrava un po' arrabbiato.
"Io - beh, si," Dissi, una volta superato lo shock iniziale.
"Ma è il tuo bambino, stai davvero pensando di... ucciderlo?" Chiese, aggrottando le sopracciglia.
Trasalii.
"Ti prego non dire così," supplicai.
"Beh, è vero, uccideresti il tuo bambino."
"Non è solo il mio bambino, è anche il tuo." sussurrai, così piano che lui lo sentì appena.
"Lo so, lo so, ma-"
Ad un tratto si interruppe bruscamente e si alzò dalla sedia su cui era seduto, spingendola all'indietro e facendola stridere contro il pavimento di linoleum.
"Cosa stai-" Iniziai, ma prima che potessi finire, Harry riprese a parlare.
"Non sta succedendo questo, è troppo, non lo è, non dovrebbe essere possibile," disse, guardandomi quasi con rabbia.
"Io non - solo - fai quello che ti pare, non mi interessa."
Con queste parole girò sui tacchi e corse fuori dalla stanza. Fissai la porta per un paio di secondi, colto di sorpresa dall'improvviso cambiamento d' umore di Harry. Cosa diavolo era appena successo? Aveva appena detto che non voleva che io avessi un aborto? Lui... voleva tenerlo? Voleva tenerlo?
"Si, beh... vuoi che ti stampi una foto di questa?" Chiese il dottor Hayes dandomi una gomitata e facendomi tornare alla realtà.
Deglutii, costringendo il grumo di emozioni in gola a scomparire, prima di annuire.
"Posso... avere due copie?"

*

Venti minuti dopo ero sulla via del ritorno verso casa con due copie del sonogramma nero e bianco piegato con cura nella grande tasca della mia giacca. Una copia per me e una per Harry. Se dopo di quello voleva ancora parlarmi o vedermi. Lo sguardo sul suo volto quando aveva lasciato l'ufficio era stato così... strano. Mi aveva guardato quasi disperato, ma arrabbiato e triste, e,  a giudicare da quello che aveva detto - o tentato di dire, almeno - non voleva abortire il bambino. Perché? Era lui che il giorno prima mi aveva detto che non gli sarebbe importato quello che avrei fatto con lui. Almeno sembrava credere che fosse reale, il che significava che avrei potuto finalmente calmarmi e pensare a cosa fare.
Nessuno era a casa quando arrivai, così invece che andare in camera mia, andai in soggiorno, e mi gettai sul divano.
Uccidere o non uccidere, questa è la domanda.
Cercai di immaginarmi la chiamata al dottore, mentre dicevo che volevo un aborto, e il pensiero mi fece rabbrividire involontariamente. Io davvero, davvero, non volevo farlo, ma non potevo tenerlo. Non potevo. Oppure potevo? No, non potevo, ma... forse avrei potuto andare avanti con la gravidanza e poi avrei dato il bambino in adozione. Quella non era una brutta idea, in realtà, non avrei dovuto uccidere il poveretto, ma non avrei potuto neanche prendermi cura di lui e vederlo crescere. Più ci pensavo, più possibile suonava. Ma poi di nuovo, sarei dovuto andare in giro in stato di gravidanza per i prossimo sei mesi e un sacco di persone lo avrebbero notato, tra cui mia madre e mio fratello.
Beh, e allora? Pensai con aria di sfida. Era la mia vita e avevo diciotto anni, ero abbastanza grande per prendere le decisioni, soprattutto quelle che mi avrebbero cambiato la vita.
Avrei attraversato la gravidanza e poi avrei dato il bambino in adozione. Pensai alla fine con fermezza.
Probabilmente avrei dovuto dirlo a Harry però. Raccontargli la mia decisione e anche... dargli l'ecografia. Come diavolo avrebbe reagito? Beh, almeno non aveva più alcuna intenzione di uccidere il mio bambino. Il nostro bambino.




Occhio a me!

Penso che questo capitolo sia uno dei miei preferiti. Insomma, un po' per tutto. La preoccupazione di Louis e, dopotutto, anche di Harry per il loro bambino, la tensione e la discussione tra Louis e Harry, la loro reazione dopo aver visto l'immagine del bimbo apparentemente sano... vi giuro, mentre traducevo l'ho fatto per tutto il tempo con un sorriso sulle labbra.
Beh, era ora comunque che Harry si convincesse che Louis non è uno psicopatico che pensa di avere un bambino dentro la pancia. Anche se per ora la reazione non è stata delle migliori, ma è comprensibile.
Bene, spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto e che siate curiose di leggere anche il prossimo!
Mi sono resa conto di non avervi ringraziate nel capitolo precedente e dovrei davvero vergognarmi. Siete fantastiche, sia quelle che perdono del tempo per lasciarmi una recensione, sia quelle che aggiungendo la storia tra le preferite/seguite/ricordate, sia quelle che leggono in silenzio. Diciamo che mi fa comunque molto piacere che qualcuno è interessato a leggere quello che sto traducendo.
Grazie mille a tutte ragazze!
A prestissimo,

Giulia.

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Capitolo 6
*** No one had told me that sweating was a side-effect of being pregnant. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 6



Nessuno mi aveva detto che la sudorazione è un effetto collaterale della gravidanza.

Dopo aver preso la mia decisione di dare il bambino in adozione, una volta nato, trascorsi l'intero fine settimana a casa nel mio letto, pensando ai prossimi giorni della mia vita. Sarei diventato grosso e ciccione, la gente mi avrebbe guardato e giudicato, mamma avrebbe urlato e avrebbe pianto, Owen mi avrebbe preso in giro e avrebbe riso, Ian avrebbe urlato e sarebbe scappato e Harry... Harry era tutta un'altra cosa. Il vantaggio era che non avrebbe dovuto avere alcuna responsabilità sul bambino, sarebbe potuto probabilmente essere felice, il problema era... beh, non c'era. Io la pensavo così, almeno.
Rimasi a casa tutta la settimana successiva, felice che il malessere mattiniero stava finalmente iniziando a scomparire. Quando mi svegliai la mattina del venti Novembre, rimasi a letto, non sentendo alcun bisogno di correre in bagno per la prima volta negli ultimi due mesi. Piansi di sollievo - i miei frequenti attacchi di pianto dovevano ancora fermarsi - ma poi mi ricordai che il dottor Hayes mi aveva detto del dolore alla schiena, il dolore all'inguine, del prurito ai piedi e delle smagliature, e poi mi misi a piangere di nuovo stavolta per la disperazione.

Lunedi 22  Novembre
Quattordici settimane


Era un Lunedi quando mi svegliai tardi e mi guardai allo specchio, che mi resi conto di essere veramente in gravidanza. Capii anche che avrei dovuto comprare dei nuovi e più grandi vestiti. Il mio stomaco era leggermente sporgente e nessuna delle camice e dei maglioni che possedevo riusciva a nasconderlo. Due settimane fa poteva sembrare un po' di sovrappeso, ma non più. Non che la mia pancia fosse così grande, ma piuttosto era... tonda, e se avessi indossato l'abbigliamento sbagliato, tutti sarebbero stati in grado di vederlo. Dopo aver provato più o meno ogni camicia, ogni maglietta e ogni maglione nel mio armadio, scelsi una maglietta taglia unica che di solito usavo come pigiama e decisi che avrei indossato la giacca tutto il giorno.
Tale piano si rivelò presto una brutta idea. Avevo raggiunto in tempo le mie prime due lezioni, Inglese e Chimica, stavo sudando come un maiale e mi sentivo estremamente disgustoso. Nessuno mi aveva detto che la sudorazione è un effetto collaterale della gravidanza. Alla quarta ora la campanella suonò annunciando che fosse ora di pranzo, saettai fuori dalla classe e mi diressi verso il bagno più vicino. Avevo bisogno di uscire da quel maledetto cappotto prima di sciogliermi e scomparire dal resto del mondo.
I corridoi era affolati, come sempre, e mi imbattei in un bel po' di persone mentre camminavo. Il mio cervello stava iniziando ad annebbiarsi e la mia vista era un po' sfocata, così quando girai l'angolo, finì direttamente su qualcuno.
"Scusa," dissi prima di cercare di vedere chi fosse.
I miei occhi si spalancarono e inghiottii.
"Oh io - io non volevo, mi dispiace, non avevo visto fossi tu," balbettai.
Harry mi guardò e vidi i suoi occhi balzare per qualche secondo sul mio stomaco.
"Si, certo, come vuoi," disse.
Strinsi la mascella e guardai le persone in piedi dietro di lui, Liam, il ragazzo dai capelli neri e il ragazzo biondo, dei quali non conoscevo i nomi. Tutti e tre mi guardavano con espressioni diverse. Liam mi stava guardando semplicemente pensieroso, il biondo aveva le sopracciglia alzate in modo scettico e un po' protettivo e quello dai capelli neri mi guardava divertito. Così tutti ne erano a conoscenza. Harry glielo aveva detto. Ottimo, davvero ottimo. C'erano quattro ragazzi della mia scuola che sapevano fossi un mostro abnorme, quattro ragazzi che lo avrebbero poi senz'altro detto agli amici, alle loro fidanzate, ai genitori e, alla fine, lo sarebbe venuto a sapere tutta la città ed io sarei stato preso in giro per tutto il tempo che avrei vissuto lì. Sentii il mio viso diventare rosso, il mio battito cardiaco aumentare la frequenza e la famigliare sensazione di nausea ritornare fino alla gola.
"Devo andare," mormorai prima di spingermi oltre loro e praticamente correre verso la porta del bagno che era a pochi metri di distanza davanti a me.
"Cazzo," Mi uscii dalla bocca una volta che avevo individuato il bagno, entrato, strappato il mio cappotto e gettato quello a terra. Dopo essere stato intrappolato all'interno di quel tessuto troppo caldo per molte ore, l'aria fresca sulle mie braccia nude mi fece sentire meravigliosamente fresco e asciutto.
Deglutii e misi le mani sul lavandino di fronte a me, presi un paio di respiri profondi per cercare di calmare il mio cuore e portarlo ad un battito regolare. Harry aveva parlato ai suoi amici di me, senza dubbio ridendo mentre l'aveva fatto, raccontando a loro del ragazzo che sosteneva di avere scopato con lui ad una festa e così era incinto di suo figlio. Riuscivo ad immaginare le loro facce sprezzanti, ridendo mentre sapevano di avere un nuovo, e piuttosto succoso, pettegolezzo. Le lacrime di umiliazione sgorgarono dai miei occhi, che non cambiarono nulla, ma mi fecero arrabbiare con me stesso, che ancora una volta piangevo senza un motivo.
"Che cazzo ho fatto per meritarmi questo?" Piansi in silenzio con me stesso. Chiusi gli occhi e l'immagine dello sguardo di pietà del biondo e il sorriso di quello dai capelli neri apparirono nella mia testa.
Poi successe di nuovo.
Lo stesso dolore che avevo provato circa una settimana prima, improvvisamene, mi colse di sorpresa e rimasi a bocca aperta, stringendo il lavandino in modo da riuscire a rimanere in piedi. Se possibile, mi faceva ancora più male della volta prima, come se la mia pancia fosse stata perforata più volte da un pugno di ferro. Urlai quando una contrazione particolarmente dolorosa attraversò il mio corpo e caddi a terra, una mano ancora intorno al bordo del lavandino e l'altra sul mio stomaco. Quello non poteva essere normale. Non importava quello che aveva detto il dottore, quello non poteva essere normale. Il mio respiro andava e veniva in rapidi ansiti che presto si trasformarono in singhiozzi. Cosa diavolo avrei dovuto fare? Nessuno sapeva che fossi lì e, anche se lo avessero saputo, non avrebbero potuto fare nulla per aiutarmi senza che io dicessi loro quello che mi stava succedendo, e di certo non glielo avrei detto.
La mia presa sul lavandino scivolò quando dovetti mettere la mano sul pavimento per mantenermi seduto e il cambio di posizione causò ancora più dolore. Non importava quanto cercassi di trattenere gli urli, un grido sfuggì dalle mie labbra e mi fece stringere gli occhi. Le lacrime che prima erano iniziate a scendere per l'umiliazione e la rabbia, in quel momento erano versate per l'angoscia e la paura, e insieme a loro i lamenti e i singhiozzi.
Proprio quando il dolore mi stava consumando e pensai di stare per svenire, sentii la porta del bagno venire aperta e riuscii a girare la testa appena in tempo per vedere Liam e l'amico di Harry dai capelli neri abbracciati, e le loro labbra attaccate appassionatamente. Se non fossi stato così vicino dallo svenire, avrei urlato per la sorpresa.
Ci vollero un paio di secondi prima di rendersi conto che non erano da soli nella stanza. Liam era stato il primo a vedermi e per un attimo mi guardò in preda al panico per essere stato sorpreso, ma poi i suoi occhi si spalancarono e la sua presa contro l'altro ragazzo si allentò.
"Cosa c'è che non va?" Chiese confusamente l'altro ragazzo.
Liam fece un cenno con la testa verso di me senza dire una parola e il ragazzo si voltò.
"Oh," disse e i suoi occhi castani si spalancarono a tal punto da farmi credere che stessero per trasformarsi in palline da tennis.
Stavo per pronunciare delle scuse, ma proprio in quel momento il dolore raddoppiò improvvisamente e lasciai sfuggire un forte singhiozzo involontario chiudendo di nuovo gli occhi.
"Ehi, amico, stai bene?" Sentii chiedere dal ragazzo di cui non conoscevo il nome. 
"Ovviamente no," disse Liam.
"Si, ma... cosa hai fatto?"
L'unica risposta che riuscii a dare fu una frizione stretta al mio stomaco.
"E' - scusa, ma questo è vero?" Chiese Liam dopo pochi secondi di esitazione e sentii il tono incredulo della sua voce.
Riuscii a guardare in alto e tentai di guardarlo.
"No, è tutta una messa in scena," soffocai.
"Non in quel senso, volevo solo dire - "
"Liam, questo probabilmente non è il momento di chiedersi che cosa è vero e cosa non lo è," disse il ragazzo prima di avvicinarsi a me. Si chinò e mise una mano sulla mia schiena.
"Riesci - uhm, riesci a stare in piedi?" Chiese poi, un po' esitante.
Scossi la testa, anche se il dolore era diminuito e riuscivo a parlare di nuovo.
"N - no, fa male," dissi, tenendo sempre una mano sulla pancia.
"Credo davvero che dovresti alzarti in piedi, amico," disse il ragazzo.
"Non ci riesco!" fui costretto a dire.
"Fa davvero troppo male."
"Capisco, ma non puoi sederti per terra in questo modo. Ecco, ti aiuto io," disse, quando si alzò e mi tese la mano.
"Liam vieni qui, aiutami," aggiunse poi.
"Ma - "
"Liam, per l'amor di Dio."
Con un sospiro, Liam si avvicinò a noi e posò una mano sulla mia vita.
"Solo... cerca di stare in piedi, noi ti aiuteremo," aveva detto il ragazzo quando strinse la presa sul mio braccio.
"Conto fino a tre, va bene?"
Annuii, e mi preparai per il dolore che sapevo mi avrebbe colpito appena mi sarei alzato.
"Okay, uno, due e tre."
Usai la mano che non tenevo sul mio stomaco e mi spinsi dal pavimento il meglio che riuscii, mentre Liam e il ragazzo, il cui avevo davvero bisogno di imparare il nome, mi tirò su. Il secondo in cui mi trovai in piedi, il dolore si intensificò e urlai prima di inciampare ed essere preso tra le braccia del ragazzo moro. 
"Wow, sul serio, cosa succede?" Chiese mentre mi teneva per la schiena per impedirmi di cadere a terra.
"Pensavo che Harry ve lo avesse detto," dissi, il suono della mia voce rauco.
"Beh, si, ma... in realtà quello che ha detto non ha alcun senso," disse Liam con un'espressione di confusione sul volto.
"Lui ti ha detto che sono incinto, credo," dissi, guardandolo interrogativamente.
Lui annuì e sbuffò.
"Beh, lo sono, per quanto folle possa sembrare."
"Non puoi essere serio!" Disse Liam, gli occhi spalancati.
"Tu sei un ragazzo!"
Fissai Liam prima di togliermi di dosso le mani dell'altro ragazzo, ignorando il lieve dolore che colpì il mio basso ventre, e feci un passo indietro per poter guardare entrambi.
"Prima di tutto, quale diamine è il tuo nome?" Dissi acidamente, guardando il ragazzo dai capelli neri.
"Zayn," disse, guardandomi un po' sorpreso dal tono ostile della mia voce.
"Okay, allora... Zayn, Liam, " dissi.
"Non voglio sprecare il mio tempo a cercare di convincere le persone che non sanno che io sono davvero incinto, specialmente dal momento che non è affar vostro, ad essere sincero."
"Non c'è bisogno di arrabbiarsi," disse Zayn.
"E tu forse hai ragione sul fatto che non sia affare nostro, ma considerando che sei presumibilmente incinto del figlio del nostro migliore amico, potresti almeno darci una spiegazione."
"Sono incinto del figlio del tuo migliore amico, smettila di parlarne come se non fosse reale," sputai.
"E io - io non so cosa vuoi che ti spieghi," aggiunsi, la mia voce che passò da acida a esasperata.
"Prima di tutto: come? Com'è possibile?"
"Non ne ho idea. Non ho... ancora fatto nessun test e nessun esame per cercare di ottenere alcune risposte a questo, e non sono sicuro di volerlo sapere."
Entrambe le loro espressioni diventarono scettiche e io sospirai.
"Scusa, ma che cazzo vuoi che ti dica o faccia?"
"Non lo so, solo - hai qualche tipo di prova?" chiese Liam; la sua voce faceva capire che era convinto che non avrei potuto fare nulla per dimostrare quello che stavo dicendo. Non potevo crederci. Aver mostrato loro la mia pancia non era abbastanza e avrei dovuto fare altro.
"Oltre al mio stomaco che diventa sempre più grande ogni giorno? No, non ho alcuna prova."
Aspetta un secondo.
"No, in realtà..." Mi interruppi prima di piegarmi sulle ginocchia e cominciare a cercare nelle tasche della mia giacca. Mi ricordai che non avevo più fatto nulla con le foto del sonogramma che avevo messo lì dentro una settimana prima. La mia mano trovò entrambe le foto e tirai fuori una delle due prima di alzarmi di nuovo e tenderla a Liam e Zayn.
Zayn allungò una mano e la prese, esitante. Mi guardò con apprensione per un paio di secondi prima di rivolgere il suo sguardo verso il basso e guardare la foto.
"E' - uhm... cos'è?" Chiese Liam dopo un po'.
"Quella è la cosa che ha fatto diventare il mio stomaco così," dissi prima di afferrare i bordi della mia maglietta in modo che il tessuto aderisse completamente, senza lasciare niente all'immaginazione.
"E no, non è solo un aumento di peso," aggiunsi, quando vidi la bocca di Liam aprirsi, ovviamente per protestare.
"Non stavo per dire questo," disse, mordendosi il labbro leggermente.
"Anche io posso capire che non si tratta di sovrappeso, non sono cosi stupido. E' solo... strano, impossibile, lo sai?"
"Si, informami su questo," dissi mentre lasciai alla maglietta di ritornare alla sua forma normale.
"Sono andato dal dottore pensando di avere un virus intestinale o qualcosa del genere e dopo ho fatto l'ecografia della mia pancia ed improvvisamente c'era un bambino sullo schermo, come cazzo pensi che mi sia sentito?"
"Scioccato, immagino."
"Più o meno."
"Allora quanti - voglio dire... quando?"
"Tra quattordici settimane," lo interruppi.
"Non ho chiesto al medico quando dovrei... partorire, ma ho fatto i calcoli e dovrebbe essere nel mese di Maggio."
Zayn annuì.
"Wow - questo è... bello?" Mi domandò sorridendo.
"Non esattamente, no," dissi.
"Ci saranno un sacco di voci e non sarà divertente."
"Probabilmente," disse Liam.
Esitò un po'.
"Hai intenzione, beh, di tenerlo?"
"Non ho intenzione di abortire se è questo che vuoi dire... ma stavo pensando di darlo in adozione."
"Se hai intenzione di darlo via quando nascerà, perchè non sbarazzarsene ora?" Chiese Liam, sembrando confuso.
Deglutii guardando la mia pancia e misi le mani su di essa.
"Perchè non riesco ad ucciderlo così," dissi.
"E' come... non so, ma non posso abortire, ci ho pensato, ma mi sono reso conto che non c'è modo per convincermi a farlo."
"Ha senso, immagino," disse Zayn.
"Ma Harry lo sa?"
"Cosa?"
"Che non hai intenzione di abortire."
"No, non gliel'ho detto."
"Beh, dovresti farlo."
"Okay... perchè?"
"Perchè era un po' sconvolto quando è venuto da noi lo scorso Venerdì, dicendoci che stavi pensando di abortire."
Alzai le sopracciglia.
"Era... sconvolto? Pensavo che non gli importasse."
"A quanto pare si. Abbastanza da non piacergli il fatto che tu volessi sbarazzarsi del suo bambino non ancora nato, almeno," disse Zayn stringendosi nelle spalle.
"E' anche il mio bambino ed è il mio corpo che ha a che fare con questa cosa."
"Si, ma non puoi prenderti cinque minuti per avvisarlo che non hai intenzione di abortire?"
Sospirai.
"Ho intenzione di dirglielo,  calmati. E' solo un po' difficile visto che l'ultima volta che l'ho visto, prima di incontrarlo oggi, è stato quando è schizzato fuori dall'ufficio del medico senza nessuna spiegazione."
"Come ho già detto, era sconvolto."
"Si beh, ma io non sapevo questo fino a due minuti fa no?"
"Avresti dovuto aver qualche idea."
"Forse, non lo so," dissi e mi strinsi  nelle spalle. "In ogni caso glielo dico, va bene? Devo solo trovare un modo per contattarlo."
"Potrei darti il suo numero, potresti mandargli un messaggio o chiamarlo, o altro," Suggerì Liam.
Sorrisi.
"Sarebbe bello, grazie."
"Dammi il telefono, salverò il numero per te," disse, e tese la mano. Presi il telefono dalla tasca dei pantaloni e glielo porsi.
"Quindi sei - voglio dire, sei... gay, o cosa?" Chiese Zayn mentre Liam era impegnato a digitare sul mio cellulare.
Alzai le sopracciglia.
"Non mi conosci nemmeno e mi fai domande del genere?"
"Beh, come ho già detto, sei incinto del bambino del nostro migliore amico, quindi deve essere successo in qualche modo."
"Uhm, si, ma Harry non è gay ed è riuscito a convincermi di questo."
Zayn alzò un sopracciglio e mi guardò con aria interrogativa.
"Harry non è gay?"
"Uhm, lo è?" Chiesi insicuro.
"Lui dice di no, ma... beh, noi non crediamo che sia così," Mi disse Liam consegnadomi il cellulare.
"Oh... okay," dissi, non essendo in grado di trovare una risposta migliore.
"Allora tu lo sei?"
"Eh?"
"Gay."
Mi sentii a disagio e mi morsi il labbro inferiore.
"Si, lo sono," dissi alla fine. "Per favore non andare in giro a dirlo a tutti, non ho bisogno di essere umiliato ulteriormente."
"Ulteriormente?"
"Si, voglio dire... credo che voi, Harry e il ragazzo biondo l'abbiate già detto a tutti i vostri amici e alle vostre amiche o a chi altro questo," puntai la mia pancia. "Perciò davvero non voglio dare un altro motivo alla gente per sparlare di me."
Mi lasciai sfuggire una breve risata priva di umorismo.
"Sono stato invisibile praticamente per tutta la mia vita e quando la gente mi nota, è perchè sono incinto. Un anno fa non avrei mai pensato che mi sarebbe successo."
Sia Liam che Zayn sollevarono le sopracciglia verso di me.
"Pensi davvero che lo abbiamo detto a qualcuno?" Chiese Zayn.
"Uhm, si?"
"Beh, noi non lo abbiamo detto e non abbiamo intenzione di farlo ora. Come hai detto tu, non è affare nostro, ma tuo. E di Harry, immagino."
"Oh," dissi, sollevato. "Grazie."
"Prego," disse Liam, con un debole sorriso. "E comunque, se anche lo dicessimo agli altri, dovresti avere delle informazioni per farlo a tua volta, no?"
Arricciai la fronte, in confusione.
"Tipo cosa? Tutto quello che so di voi sono i vostri nomi e... che giocate a calcio."
"E che stiamo insieme."
"Cosa? Ma io... oh."
Avevo completamente dimenticato come li avevo visti prima che mi notassero.
"Avevo... dimenticato."
"Beh, tu ora sai di noi e nessun altro lo sa, quindi... se mai noi dicessimo di te in giro, hai uno dei modi più peggiori per ricambiare." Disse Zayn.
"Non direi a nessuno di voi, neanche se voi diceste a qualcuno di me."
"Perchè no? Se dovesse venire fuori che noi stiamo insieme, probabilmente tutti smetterebbero di parlare di te," disse Liam, "Senza offesa," aggiunse in fretta.
"Nessuna offesa," dissi con un'alzata di spalle.
"E io non lo direi a nessuno perchè... voglio dire, non sono una persona cattiva. Inoltre io non conosco nessuno in questa scuola e nessuno mi conosce, quindi, anche se provassi a dirlo a qualcuno, nessuno mi crederebbe."
"Oh... beh buono a sapersi," disse Zayn pensieroso.
"Se non vi dispiace che lo chieda, siete tutte e due gay, o...?" Mi interruppi, guardandoli interrogativamente.
"Nessuno di noi lo è in realtà," disse Liam, guardando Zayn.
"Siamo solo... non so veramente."
"Gay per l'altro?" Suggerì utilemente.
Zayn sorrise storto.
"Qualcosa del genere."
"E state insieme? Come una coppia?"
Entrambi annuirono.
"Oh... da quanto tempo?"
"Dieci mesi, tre settimane e cinque giorni," rispose Liam con orgoglio e Zayn sbuffò.
"Da tanto tempo, allora."
"Sembrano cinque minuti," disse Liam e mise un braccio attorno alla vita di Zayn.
"Si beh, fate attenzione che nessuno di voi rimanga incinto," dissi, cercando di allentare la tensione d'amore che era improvvisamente calata nella stanza.
"Simpatico," Sbuffò Zayn.
Sorrisi.
"Ma nessun altro sa di voi? Neanche Harry o quel ragazzo Irlandese biondo?"
"Niall."
"Eh?"
"Il ragazzo Irlandese biondo, si  chiama Niall."
"Giusto. Ma loro sanno di voi?"
Entrambi scossero la testa.
"Mia sorella maggiore lo sa, ma solo perchè ci ha scoperti a baciarci un paio di mesi fa." disse Liam.
"Lei va bene penso, ma per i miei genitori sarebbe troppo... beh, abbiamo deciso di non dirlo a nessuno, per ora."
"Oh. Credo che fare coming out non sia una delle opzioni possibili... non con la cosa del calcio e... altro." dissi.
"Non è un opzione, no," ridacchiò Liam.
"E comunque, a noi va bene così, tra pochi mesi finiremo il liceo, poi andremo al college, fuori città, quindi saremo molto più liberi."
"Quindi voi volete stare insieme?"
"Assolutamente," ha detto  Liam, tirando Zayn più vicino e stampandogli un bacio casto sulla tempia che, con mia sorpresa, lo fece arrossire.
Sorrisi.
"Che bello."
Singhiozzai un po' e loro due mi guardarono incuriositi.
"Scusate, è solo che... quanto è triste che io conosca meno il padre di mio figlio che i suoi amici?"
"Il padre? Quindi tu cosa sei? La madre?" Chiese Zayn e Liam sorrise.
Mi strinsi nelle spalle.
"Non ne ho idea, ma hai capito."
"Si, ho capito, ma... potresti conoscerlo se volessi," disse Zayn.
"Harry?"
Zayn annuì e mi sorrise.
"Non penso, noi non siamo esattamente... non so, non ci vedo insieme," dissi.
"State per avere un bambino," disse Liam.
"Si, un bambino che è il risultato di un a scopata mentre eravamo ubriachi," mormorai. "Non è esattamente un motivo per un'amicizia, tanto meno per qualcosa in più."
"Per ora, però," Sbuffò Liam.
"Sarebbe bello sapere che Harry abbia qualcuno che lo ami."
"Amore? Penso che tu stia fantasticando un po' troppo," dissi con un debole sorriso.
Si strinse nelle spalle.
"Si può sempre sperare."
"Lui non mi sembra il tipo di ragazzo che possa avere una relazione in ogni caso," dissi.
Zayn sorrise storto.
"Che tipo di ragazzo ti sembra allora?"
Sospirai.
"Non lo so, mi è sembrato il tipo di persona che vorrebbe tipo, non so, andare con una nuova persona ogni sera, capito?"
Con mia grande sorpresa sia Liam che Zayn scoppiarono a ridere.
"Uhm, okay... perchè ridete?" Chiesi.
"Niente, scusa, è solo... mi piacerebbe vedere Harry andare con una persona diversa ogni sera," disse Liam una volta che riuscì a smettere di ridere.
"Voglio dire, probabilmente potrebbe se volesse - Dio sa quante ragazze vorrebbero entrare nei suoi pantaloni - ma non è da lui. Si impegna in un rapporto e poi ci rimane fino a quando non c'è più speranza per salvarlo, sai? In realtà una volta ha detto che non avrebbe mai fatto sesso con qualcuno per cui non provare dei sentimenti."
"Davvero?"
"Si," disse Zayn "Lui ha avuto due relazioni da quando lo conosco, tutte e due durate per più di un anno. Anche se, ad essere onesto, credo che il motivo per cui siano finite è perchè lui non ne era davvero innamorato. Gli voleva bene, ma non era innamorato di loro, se capisci cosa intendo, per questo nessuno di noi gli crede quando dice di non essere gay... beh, tutte quelle ragazze erano bellissime, dolci, divertenti e praticamente perfette per lui."
"Se sembravano perfette, non significa che lo fossero davvero," dissi, pensando ad Eleanor e che se fossi stato etero, sarei stato molto probabilmente innamorato di lei, perchè, a parte il fatto che aveva una vagina al posto del pene, aveva tutte le qualità che mi piacevano in una persona.
"Ovviamente no."
"Ma... lui ha scopato con me a quella festa comunque, e vi posso assicurare che non c'era amore nel modo in cui noi... lo abbiamo fatto," dissi, aggrottando la fronte leggermente.
"Gli ubriachi non tendono ad essere molto dolci nelle scopate," Sospirò Zayn.
"Si, lo so," mormorai, dopo aver di nuovo ripensato al fatto che ho dato a Harry la mia verginità. Beh, non proprio, ma è sembrato visto che era stata la mia prima esperienza con un ragazzo. Ad ogni modo, lo trovavo ancora piuttosto deprimente.
"Stai bene?" Chiese Liam.
"Eh?"
"Stai bene? Sembra che tu ti fossi estraniato dal mondo per un secondo."
Sorrisi.
"Sto bene."
"Sei sicuro?"
"Si," dissi con fermezza "Harry ha... voglio dire, quando ha avuto la sua ultima fidanzata?" Chiesi, cercando di portare i loro pensieri su qualcos'altro.
"La sua ultima vera relazione è finita all'inizio del mese di Giugno, il suo nome era Vicky, o Victoria, stavano insieme dall'anno scorso, quindi erano un po' scossi quando è finita," disse Zayn.
"Oh, e lui non ha più avuto nessuna relazione da allora?"
"Beh, non proprio," dichiarò Liam, esitante.
"Oh, beh, non so se dovrei dirtelo io questo, ma lui sta uscendo con questa ragazza, Lauren, dall'inizio della metà di Luglio e so che sono più che amici, ma non sono sicuro di quanto più lo siano."
"Quindi c'è una ragazza nella sua vita?"
"Si, credo. Lei è una puttana totale però, perciò non capisco cosa ci veda in lei."
"Un bel viso e un corpo flessibile?" Suggerì Liam.
"Non è da Harry, lo sai," sbuffò Zayn.
Liam si strinse nelle spalle.
"Forse i suoi ormoni hanno finalmente avuto la meglio su di lui. Voglio dire, lui non ha fatto niente da... beh, da quando lui e Vicky si sono lasciati."
Tossì un po'.
"Si, lo ha fatto."
"Ok, certo, prima di quel giorno," disse, roteando gli occhi.
"Però, anche Lauren era a quella festa, quindi se fosse attratto da lei, penso che la sarebbe andata a cercare piuttosto che venire da te, senza offesa."
"Vuoi proprio che Harry sia gay, vero?" Chiese Zayn sorridendo a Liam.
"Io non voglio che lo sia, penso che lo sia."
"Si, lo penso anche io, piccolo, ma fino a che non vuole parlarci di questo, perchè non lo lasciamo stare?"
"Va bene," brontolò Liam.
Sorrisi ai loro battibecchi.
"Probabilmente sarò il primo a dirvi questo, ma siete davvero carini insieme," dissi.
"In realtà tu sei la seconda persona ad avercelo detto," rispose Liam con un sorriso "Mia sorella ce l'ha detto."
"Aha. Beh, dovrei andare ora, ho matematica e non posso mancare alla lezione se non voglio essere bocciato quest'anno," dissi ed entrambi annuirono.
"E dirò ad Harry del fatto che non voglio abortire il bambino," aggiunsi mentre prendevo la mia giacca da terra e la appoggiavo sul mio braccio.
"Bene. E' stato... un piacere conoscerti, suppongo," disse Liam.
Sorrisi.
"Ci vediamo in giro, credo, e se non ci vediamo... beh, anche per me è stato un piacere conoscervi," dissi, mentre andavo verso la porta.
"Ci vedrai qui intorno," disse Zayn "E per quanto riguarda quelle voci per cui eri preoccupato, cercheremo di trattenere la gente dal parlare troppo."
"Senza offesa, ma non penso che si possa fare molto per questo," dissi con una scrollata di spalle.
"Fidati di me, alcune persone ci guardano come se fossimo degli dei, ed è abbastanza folle quello che possiamo fargli credere."
"Wow, non sembravi affatto presuntuoso," Sospirò Liam.
"Scusa, ma è vero," disse Zayn in sua difesa.
"Si, forse."
"Beh, se davvero potreste evitare che alcune persone scoprano... la verità, sarebbe grande, lo apprezzerei," dissi, con la mano sopra la maniglia della porta.
"Faremo del nostro meglio." Mi assicurò Liam.
Sorrisi un'ultima volta e pronunciai un rapido "grazie" prima di spingere la maniglia verso il basso e uscire dalla stanza. Una volta nel corridoio, mi appoggiai al muro e scossi la testa, incredulo. Avevo appena avuto un incontro con due degli atleti più famosi della scuola? Due atleti, anche se nessuno dei due era lui, con i quali avevo bisogno di parlare.




Occhio a me!

Sono una persona orribile, lo so, e mi merito tutti i vostri insulti e le vostre delusioni.
Come se non bastasse, vorrei tanto avere una scusa per non aver postato questo capitolo prima, ma non ce l'ho. Potrei dare la colpa allo studio, ma questo non basterebbe visto che avrei potuto benissimo dedicare un po' di tempo la sera per tradurre questa bellissima storia (che tra l'altro l'autrice ha finito di scrivere pochi giorni fa), ma non l'ho fatto. La cosa divertente poi è che questo capitolo era tradotto per più della metà, quindi non mi sarebbe costato niente finire e pubblicarlo... e invece...
SCUSATEMI!
Beh, che dire, giuro che per il prossimo capitolo non ci metterò così tanto! Ogni sera traducerò un po' dei capitoli e cercherò di pubblicarli il prima possibile :)
Scusate se non mi dilungo tanto, ma sono di fretta che ho la lezione di canto e sono in ritardo! Mi farò perdonare la prossima volta! ;)
A presto,


Giulia.
 

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Capitolo 7
*** My situation was just glorious, wasn't it? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 7



La mia situazione è piuttosto grandiosa, vero?

Venerdì 26 Novembre
Quattordici settimane e quattro giorni


I giorni di scuola sembravano essere i più lunghi della settimana e quando arrivava il Venerdì, riuscivo a stento a rimanere sveglio per tutta la giornata. Non che io di solito prestassi molta attenzione alle mie lezioni, ma tendevo a tenere almeno gli occhi aperti. Quella settimana però, riuscii ad addormentarmi per tre volte ed ero finito per essere sgridato tutte e tre le volte. Non conoscevo niente di gravidanze oltre quello che il dottor Hayes e il dr. Wright mi avevano detto, quindi non sapevo se la stanchezza fosse un altro effetto collaterale di essa o ero soltanto più pigro del solito. Volevo saperlo per certo però, quindi fu per quello che mi trovai sdraiato sul mio letto - come al solito - quando tornai a casa quel pomeriggio, il mio telefono attaccato contro l'orecchio mentre aspettavo che il dottor Hayes mi rispondesse.
"Ufficio del Dr. Hayes," disse una familiare voce femminile dopo una ventina di squilli.
"Oh, hey, grazie a Dio l'ho trovata," dissi, emettendo un  sospiro di sollievo "Sono Louis... uhm, Tomlinson."
"Oh, certo, ciao," disse, e sentii il sorriso nella sua voce "Cosa posso fare per te?"
"Mi stavo chiedendo se è normale sentirsi stanchi, circa...per tutto il tempo. Mi sono addormentato tre volte durante le lezioni di questa settimana perchè non sono riuscito a restare sveglio, anche se dormo più che sufficientemente la notte. Quindi, che vuol dire questo?"
"La stanchezza è del tutto normale," iniziò "La ragione è perchè semplicemente viene spesa un sacco di energia del tuo corpo per aiutare la crescita del bambino. Probabilmente continuerai a sentirti stanco per tutto il resto della gravidanza, ma dovrebbe migliorare entro le prossime due settimane. Intanto assicurati di riposare molto, anche solo un sonnellino una o due volte al giorno, e di andare a letto un po' prima del solito. Inoltre, dovresti cercare di mangiare 3/400 calorie in più di quelle che assumi."
"Mangiare ancora di più? Mi sento già più grasso di una mucca," gemetti.
"La cosa più importante è mantenere in buona salute il tuo bambino, no?"
Sospirai.
"Si. Ok, quindi devo riposare molto e mangiare di più, vero?"
"Più o meno si. E fai in modo che le calorie in eccesso che assumi non siano caramelle e patatine, d'accordo?"
"Si, ho capito," canticchiai.
"Beh, a parte questo, sarebbe un bene sia per te che per il bambino fare una passeggiata una volta al giorno. Non molto lunga, ma solo un breve giro intorno all'isolato vi farà sentire molto meglio a tutti e due."
"Queste cose sulla gravidanza richiedono un bel po' di attenzione per me stesso, non è vero?
"Lo fanno sicuramente," disse dall'altra estremità della linea "Visto che sei qui, potrei chiederti se hai deciso di tenere il bambino o no."
"Oh. Ehm, si ho... stavo pensando che potrei portare avanti la gravidanza e poi darlo in adozione," dissi esitante, un po' preoccupato che mi avrebbe detto che il piano non fosse terribile.
"E hai pensato a questo quindi?"
Annuii, ma poi mi resi conto che non poteva vedermi.
"Si," dissi "Oh, beh, credo di si, almeno. Non posso abortire, non sarò in grado di farlo, ma non posso tenerlo, così... ho pensato che l'adozione sarebbe una buona... opzione."
"Sembra una soluzione molto ragionevole," disse ed io respirai di sollievo "Ma se è questa la situazione, probabilmente dovremmo fissare un appuntamento per un nuovo controllo."
"Oh, si, certo. Quando dovrei venire?"
"Beh, considerando le circostanze alquanto insolite qui, non abbiamo ancora fatto il controllo, quindi abbiamo bisogno di farlo il prima possibile."
"Va bene, in cosa consiste?"
"Mi sto facendo un sacco di domande sulla tua storia medica e altro, quindi dovrò misurare la tua altezza e il tuo peso, controllare per l'HIV, la sifilide e l'epatite B, e possiamo anche controllare il tuo bambino per la sindrome di Down e le altre possibili condizioni."
"Sembra che richiederanno abbastanza tempo"
"Potrebbero, si."
"E' qualcosa in cui... dovrà essere presente anche Harry?" Chiesi, aggrottando le sopracciglia nervosamente.
"Sarebbe una buona idea se lui sia lì visto che il bambino ha la metà dei suoi geni, ma non è necessario."
"Bene, bene. Ma dopo questo controllo, quanto spesso avrò bisogno di venire?"
"Normalmente si fa il controllo a sedici settimane, diciotto settimane, ventotto settimane, trentaquattro settimane e trentotto settimane, ma visto che sei un ragazzo, in realtà preferirei se tu potessi venire una volta ogni due o tre settimane fino alla trentaseiesima, e poi vorrei vederti ogni settimana prima del parto."
"Wow, spesso eh?"
"Sta a te decidere naturalmente, ma penso sia meglio prevenire che curare."
"No, va bene, verrò tutte le volte che vuole," dissi in fretta. "Non ho idea di cosa fare, quindi non mi resta che ascoltare le sue parole per... beh, tutto."
"Se le cose stanno così, allora vorrei prendere un appuntamento per... vediamo... Lunedì 6 Dicembre alle 10.00. Va bene per te?"
"Si, penso che vada bene."
"Se poi non ti dovesse andare bene, devi solo chiamarmi e sposteremo l'appuntamento ad un altro giorno, va bene?"
"Si, okay, grazie."
"Nessun problema."
"Beh, uhm... grazie, c-ci vediamo tra un paio di settimane, credo," dissi goffamente.
"Non c'è problema, ti auguro una buona giornata Louis."
"Grazie, anche a lei."
Sospirai e misi il mio cellulare sul comodino. Sembrava proprio che avrei avuto un sacco di appuntamenti dal medico da quel momento in poi. Beh, come aveva detto il dottore, meglio prevenire che curare. Se il mio bambino sarebbe morto improvvisamente solo a causa della mia poca voglia di fare i controlli, non mi sarei mai potuto perdonare. Wow, stavo diventando veramente pessimista. Mentre giacevo lì, sentivo le mie palpebre sempre più pesanti e prima di avere il tempo di pensare a qualcosa di più coerente, caddi un calmo e tranquillo sonno.

Quando mi svegliai era già buio e gemetti chiedendomi per quanto tempo avessi dormito. Mi resi conto che ancora una volta ero finito con le mani appoggiate protettive sullo stomaco e mi chiesi come diavolo potevo sentirmi così attaccato a quella piccola creatura quando questa non aveva nemmeno quattro mesi di vita.
Mi misi a sedere lentamente, stropicciandomi gli occhi e sbadigliando. Il mio cellulare era appoggiato sul comodino, dove l'avevo lasciato prima, e sospirai ricordando che ancora non avevo usato il numero di Harry che Liam aveva salvato sul mio cellulare quattro giorni prima. Aveva bisogno di sapere che non avevo intenzione di abortire, Liam e Zayn avevano ragione. Potremmo non conoscerci particolarmente bene - o del tutto -, ma quello era anche il suo bambino e lui meritava almeno di sapere quello che stava succendendo, soprattutto dopo la sua reazione all'ufficio del dottore.
Il mio cellulare mi disse che erano le 7 e mezzo di sera, e pensai velocemente che non sarei riuscito a dormire quella notte. Cliccai nella lista contatti e rapidamente trovai il numero che stavo cercando.
Harry Styles
Chiamata o messaggio? Non mi piaceva particolarmente parlare per telefono dato che non potevo usare il linguaggio del corpo e le espressioni del viso mentre comunicavo, ma mandare un messaggio sembrava altrettanto stupido, come rompere con qualcuno tramite un messaggio. Poi ancora, era meglio una telefonata? Forse... no, pessima idea. O forse no. Forse potevo inviargli un messaggio e chiedergli di incontrarci da qualche parte il giorno dopo? Era Sabato dopotutto e non avrebbe avuto scuola o altri impegni del genere, giusto? Giusto.

Hey, hai tempo per incontrarmi da qualche parte domani? Digitai subito. Lo riguardai un paio di volte, decidendo che andava bene, prima di inviarlo.
Ci vollero solo un paio di minuti prima che il mio telefono squillasse, annunciando un messaggio in risposta.

Vaffanculo Lauren.

Mi accigliai.
Chi è Lauren?

Okay, non sei Lauren, chi sei allora?

Louis.

Ok. Perchè vuoi incotrarmi? Per dirmi cosa si prova ad uccidere il proprio bambino?

La mia bocca si aprì. Ok, era veramente incazzato con me. E pensava che avessi già abortito, quindi Liam e Zayn non gli avevano detto niente.

Non esattamente e no, non è quello. Non voglio avere questa conversazione per messaggio, perciò, puoi o non puoi incontrarmi domani? Risposi.

Se è solo per farmi vedere le immagini di com'era il bambino quando l'hanno tirato fuori da te, allora no, non posso.

Cazzo, qual'era il suo problema?

Smettila di essere un coglione. E no, non è per questo che voglio incontrarti.

Bene, quando e dove?

Starbucks a mezzogiorno?

Bene.

Almeno c'erano alcuni vantaggi nel vivere in una piccola città; quando si dice 'vediamoci allo Starbucks', non era seguito da un 'a quale dei trecento Starbucks nella zona ti stai riferendo?'. No, c'era un solo Starbucks nella città e questo rese le cose un bel po' più facili di quanto lo sarebbero state se stessimo vivendo a Londra o in qualsiasi altra città.
Appoggiai il cellulare sul comodino e mi stesi sulla schiena, le mie mani ancora una volta appoggiate sulla mia pancia. La pace non durò a lungo perchè solo dieci secondi dopo che mi ero sdraiato, la mia porta si spalancò e Owen entrò. Non ebbi nemmeno tempo di reagire che lui si fermò proprio davanti alla porta guardandomi con un sopracciglio alzato.
"Amico, seriamente, cosa diavolo sta succedendo al tuo stomaco ultimamente?" Chiese. Oh, che osservatore.
Mi guardò torvo ed io lasciai cadere le mie mani lungo i fianchi.
"Sto diventando grasso," dissi acidamente.
"Uhm, okay, certo," disse, scuotendo la testa come se, ovviamente, volesse dire 'stronzate'.
"C'è qualcos'altro che vuoi dirmi oltre ad insultarmi?"
"Mamma sta andando al supermercato, voleva sapere se vuoi qualcosa."
Ci pensai su un paio di secondi prima di rispondere.
"Uhm, si," dissi. "Una scatola di Ritz, un po' di mele, qualche banana, un succo d'arancia e... oh, un po' di cioccolata."
"Sul serio?"
"Cosa?"
Owen sbuffò.
"Non c'è da stupirsi se stai diventando grasso."
"Mi farai venire i complessi, lo sai."
"Si, ne sono sicuro. Va bene, quindi cracker, mele, banane, succo d'arancia e cioccolata?"
Annuii.
Sorrise brevemente prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta. Per un fratello minore, Owen non era poi così male. Un po' troppo onesto a volte, certo, ma sapeva quando stare zitto ed essere serio. E' davvero sorprendente quanto possono essere diversi due fratelli, anche se la differenza di età è di soli due anni. Mentre io ero tranquillo, autonomo, più o meno non avevo nessun amico, e non facevo nulla di particolare dopo la scuola, Owen era l'esatto contrario. Lui era molto popolare nella sua scuola da quando giocava per la squadra di calcio, aveva un gruppo di amici, cosa che avevo notato visto che portava a casa un nuovo amico ogni giorno - o così mi sembrava - e anche se aveva solo quindici anni, era già riuscito ad avere tre fidanzate. Era stato quasi imbarazzante per me, il fratello maggiore, sentirmi così inferiore a lui, ma... beh, questo era quello che ero.

Sabato 27 Novembre
Quattordici settimane e cinque giorni


Mi ci volle un po' per vestirmi quando mi svegliai la mattina successiva alle 11.00. Ero dovuto andare a comprare nuovi vestiti perchè le uniche cose che possedevo che non mostravano il mio stomaco - oltre ai pantaloni della tuta e delle grandi t-shirt - erano... beh, non ne avevo in realtà. Avrebbe funzionato in quel momento perchè era inverno, che significava molti strati di vestiti, e perchè non ero ancora così tanto grosso, ma questo fino a Maggio e da allora sarei diventato molto più grande e fuori sarebbe diventato troppo caldo per un cappotto pesante.
In quel momento avevo un altro problema però. Dovevo incontrare Harry dopo circa un'ora e non avevo niente da mettermi. Non che sentissi il bisogno di vestirmi per lui, ma indossare pantaloni della tuta in pubblico andava contro i miei principi. Dopo un sacco di lamenti e un paio di gemiti disperati, finii con un vecchio paio di jeans abbastanza larghi intorno ai fianchi e una felpa grigia, decidendo che il mio cappotto e una grande sciarpa avrebbero nascosto il mio stomaco abbastanza bene.
Tempo di farmi una doccia,fissare i capelli, vestirmi e fare una colazione veloce, l'orologio segnava già le 11.55 ed io distavo circa quindici minuti dallo Staubucks, ciò significava che ero in un ritardo impressionante. Era troppo freddo per andare in moto e mi sentivo troppo grasso per attraversare l'intera città a piedi. Inoltre avrebbe potuto non essere un bene per il bambino lo stress e la corsa nello stesso tempo.
Quindi per questo arrivai allo Sturbucks quindici minuti prima di mezzogiorno, trovando Harry già seduto ad un tavolo vicino alla finestra, con una tazza bianca in mano, mentre guardava distrattamente le persone che passavano fuori sulla strada. Sorrisi nel vederlo perchè mi sembrava la scena di un qualche video musicale. Mi avvicinai al tavolo e lui alzò gli occhi, offrendomi un piccolissimo sorriso come saluto. Beh, almeno non aveva urlato. Ancora.
"Hey, scusa il ritardo, ho avuto una... cosa da affrontare," dissi mentre mi siedevo nella sedia di fronte alla sua. Notai una seconda tazza appoggiata sul tavolo, piena di qualcosa che non potevo vedere a causa della panna nella parte superiore.
"E' tua?" chiesi, annuendo verso la tazza.
"Non esattamente, ho ordinato per te," disse con una scrollata di spalle.
"Per me?" Chiesi stupidamente, un po' sorpreso.
"Si, fa freddo fuori e - beh, è una sorta di scusa per essere stato una testa di cazzo ieri. Ero di cattivo umore e mi sono sfogato su di te, mi dispiace," disse, offrendomi un altro debole sorriso.
"Oh... io pensavo fossi arrabbiato con me dopo il... sai," dissi esitante.
"Lo ero e lo sono ancora un po', credo."
"Grazie comunque," dissi "Ma non credo che dovrei bere caffeina perchè... sai," aggiunsi, indicando vagamente il mio stomaco.
"Cosa? Pensavo che - tu non hai - voglio dire, pensavo che tu avessi intenzione di... abortire. Pensavo lo avessi già fatto," disse, guardandomi sorpreso.
"No, non l'ho fatto. Non ho mai detto di aver intenzione di farlo, ho detto che lo stavo considerando," dissi.
"E?"
"E cosa?"
"Hai... deciso?" Chiese, guardandomi come se avesse paura di sentire la risposta.
"Uhm, in realtà si," mormorai, armeggiando con le mie mani nervosamente "Non ho intenzione di abortire, andrò fino in fondo alla gravidanza per poi darlo in adozione una volta nato."
Mi guardò in silenzio per qualche secondo prima di annuire lentamente.
"Credo sia meglio che ucciderlo," disse.
"Ho pensato così, si," dissi seccamente.
"Cosa ti ha fatto cambiare idea però?"
Sospirai.
"Non ho mai deciso che avrei abortito, era solo un'opzione, che non mi è piaciuta fin da subito. Era solo qualcosa che andava preso in considerazione."
"Giusto."
Lo guardai pensieroso per qualche secondo prima di porre la domanda che avevo avuto nella testa nelle ultime due settimane.
"Perchè quel giorno, nell'ufficio del medico, hai reagito in quel modo?"
"Cosa intendi?" Chiese con calma dopo aver bevuto un sorso del suo drink.
"E' solo che... quando ti ho parlato di questo, avevi detto che non ti sarebbe importato quello che avrei fatto - se avessi tenuto il bambino o no - e nello studio del medico, ti sei alzato improvvisamente e hai praticamente lasciato la stanza dopo che ho detto che stavo anche considerando di abortire. Perchè lo hai fatto?"
Sembrava un po' a disagio quando rispose.
"Io - beh, io non ci credevo affatto quando tu me lo avevi detto, ed in quel momento è stata la prima cosa che mi è saltata in mente di fare, capito?" disse. "E' stato abbastanza... diverso quando, sai, ho visto la piccola cosa su quello schermo."
"Si, ho capito cosa intendi," dissi. "Quindi, okay, fammi capire bene: tu non vuoi che io abordisca?"
"Pensavo che avessi detto che hai intenzione di tenerlo," disse, guardandomi in evidente confusione.
"Ho intenzione di tenerlo, ma mi sto chiedendo se tu non vuoi veramente che io abortisca o se semplicemente ne sei indifferente."
Si grattò la nuca e si scompigliò i capelli ricci.
"Credo di non volerlo - voglio dire, è il tuo corpo, perciò spetta a te la decisione, no? Io non posso dire molto ad essere onesto."
"Non era questa la mia domanda."
Lui strinse le labbra e si appoggiò completamente allo schienale della sedia.
"Io non voglio che tu abortisca," disse. "Io non sono contro l'aborto, l'ho già detto, ma penso che... sono contro l'aborto del, beh, del mio... bambino."
"E' stata la prima cosa che ho pensato anche io quando l'ho saputo," dissi con un sorriso.
"Si, sono... contento che lo terrai."
"Non lo terrò veramente, però."
"No, ma almeno vivrà. E' meglio di niente."
"Si suppongo."
Restammo entrambi seduti in silenzio per un paio di minuti e mentre Harry stava sorseggiando il suo drink, io mi guardavo intorno cercando di pensare se ci fosse altro da dirgli in quel momento visto che era calmo e tranquillo.
"Posso farti una domanda?" Disse lui rompendo il silenzio, risparmiandomi di pensare a qualcosa da dire.
"Certo, dimmi," risposi.
"Suonerà un po' scortese, ma... come puoi essere così sicuro che il bambino sia mio?"
I miei occhi si spalancarono e sentii un leggero rossore sulle mie guance. Mi sarei aspettato questa domanda prima o poi, ma onestamente speravo di non arrivare mai a parlarne. Quella conversazione sarebbe diventata imbarazzante se lui mi avesse costretto a dire la verità.
"Io, uhm... lo so e basta, credimi," dissi dopo essermi preso un paio di secondi per pensare a cosa dire. Non volevo davvero dire a Harry Styles, che probabilmente faceva sesso più spesso di quanto io mi cambiavo i calzini, che era stato il primo ragazzo con il quale avevo mai fatto sesso. Sarebbe stato fin troppo umiliante.
Lui aggrottò la fronte.
"Non che tu non sembra affidabile o altro," disse esitante. "Ma non ti conosco molto bene e, scusa, ma puoi darmi la colpa per voler sapere tutto con certezza? Tutta questa situazione è un po' folle, se non l'avessi notato."
Forzai una breve risata.
"Si, l'ho notato," dissi.
"Quindi...?"
Mi morsi il labbro e mi guardai intorno. Tutti i tavoli del locale erano occupati per lo più da persone anziane e famiglie. Se glielo avessi detto, avrebbero pututo sentirmi alcuni bambini sui tre anni ed alcuni pensionati di ottant'anni.
"Possiamo andare a fare una passeggiata? Il dottore ha detto che camminare mi farebbe bene....così," mi interruppe.
"Non finchè non mi dici come lo sai che-"
"Te lo dirò, ma preferisco non farlo qui dove tutti possono ascoltare quello che stiamo dicendo," lo interruppi guardandolo implorante.
Lasciò vagare lo sguardo per la stanza e poi sospirò.
"Va bene, va bene," disse mentre si alzava dalla sedia.
Uscimmo dal negozio e ci fermammo fuori nel marciapiede affollato.
"Da che parte?" Chiese Harry che mi stava guardando interrogativamente.
"Non importa, facciamo solo... un giro," dissi prima di mettere i miei piedi di nuovo in movimento ed iniziare a camminare lungo la strada. Certo, c'erano un sacco persone di troppo, ma c'erano anche così tanti suoni che nessuno sarebbe stato in grado di ascoltare la nostra conversazione.
"Okay, allora, stavamo dicendo; come fai ad essere così sicuro che io sia il... uhm, padre?" chiese dopo che stavamo camminando in silenzio per un paio di minuti. Avevamo raggiunto la fine della piccola strada ed eravamo entrati in un piccolo parco posto al centro della città. Era molto più tranquillo lì e, con mia grande sorpresa, quasi senza persone. Il parco era così piccolo che comprendeva solo un grande prato con un paio di alberi sparsi tutt'intorno, ma mi era sempre piaciuto.
"Beh, ne sono sicuro, perchè... non ci sono molti altri candidati," dissi, gli occhi incollati a terra mentre parlavo.
"Okay... come mai?"
Presi un respiro profondo.
"Non-non ridere di me, okay?" dissi mordendomi il labbro mentre lo guardavo negli occhi nervosamente. Luì annuì e ricambiò lo sguardo curioso.
"Uhm, si, beh, tu eri... la mia prima volta," mormorai. "E lo sei fin d'ora."
La sua bocca si aprì leggermente in una silenziosa 'o' ed improvvisamente sembrò dispiaciuto.
"Mi dispiace," disse.
"Per cosa?" Chiesi confusamente.
Sorrise storto.
"So di essere un po' troppo rude quando faccio sesso da ubriaco, quindi... scusami."
"Oh... va bene," dissi, non volendo dirgli che si, era stato davvero molto rude.
"Non proprio. Probabilmente ti ho fatto male, vero?" Chiese, leggermente accigliato.
"Io - no - voglio dire, si, un po', ma va bene così, sono sopravvissuto e tutto, perciò..."
"Sono ancora dispiaciuto," disse. "La prima volta non dovrebbe essere dolorosa e ubriaca ad una festa."
"Non sapevo che fossi così corretto e moralista," dissi.
"Pensavo che avessi avuto una chiacchierata con Liam e Zayn e che loro ti avessero detto un bel po' su di me," disse con un sorriso.
Diventai di nuovo rosso.
"Oh, te l'hanno detto," dissi.
"Si, l'hanno fatto. Perciò cosa ti hanno detto esattamente su di me?"
Mi strinsi nelle spalle.
"Diverse cose."
"Tipo...?"
"Beh, mi hanno detto che non fai 'avventure' di una notte, solo fidanzate," dissi, sentendomi un po' a disagio.
"Aha. Quindi?"
"Quindi... perchè l'hai fatto con me?"
Sembrava che la mia bocca avesse deciso che pronunciare ogni pensiero nella mia testa fosse una buona idea, ed io avrei voluto scomparire in un fosso quando quelle parole uscirono.
"Sono solo un essere umano," disse semplicemente.
"Se non ti dispiace che te lo chieda," dissi esitante, "cosa vuoi dire?"
Mi rivolse un sorriso ironico prima di rispondere.
"Che sono un ragazzo di diciotto anni che ha gli stessi bisogni di tutti gli altri."
"Quindi hai deciso di chiacchierare con il ragazzo più solitario della scuola ad una festa, farlo ubriacare e scopartelo."
"Oh, no - io-io non intendevo questo," disse con gli occhi spalancati per l'ovvio senso di colpa e per il leggero orrore.
"Certo che intendevi questo," dissi. "E' tutto okay, però, io non sono arrabbiato con te o altro."
"Non sei arrabbiato?" Chiese incredulo.
"No, non si può dire che io lo sia."
"Perchè no? La maggior parte delle persone lo sarebbe."
"Credo che non mi piacciano... le altre persone."
Lui non rispose, mi rivolse appena un sorriso mentre continuavamo a camminare. Dovevo ammettere che, per essere un'atleta, non era poi così male. Stare con lui era piuttosto piacevole a dir la verità. Chi se lo sarebbe mai aspettato?
"Quindi, solo perchè io pratico uno sport devo essere un coglione?"
 I miei occhi si spalancarono. Se avessi detto quelle cose ad alta voce? Harry mi guardava con un sorriso e un sopracciglio alzato e tossii goffamente. Si, avevo detto quelle cose ad alta voce.
"Mi dispiace, non volevo dirlo ad alta voce," mormorai.
"Ho approfittato di te, e tu mi hai chiamato coglione. Ora siamo pari," disse con un sorriso.
"Quindi tu pensi che essere chiamato coglione equivalga ad essere stato messo incinto? Hai una prospettiva strana della vita Harry Styles," dissi.
"Stavo parlando di quello che era successo, non delle sue conseguenze."
"Giusto. Okay, siamo pari."
Ancora una volta cadde il silenzio. Eravamo già arrivati alla fine del parco quando notai una panchina ad un paio di metri alla nostra sinistra e tirai un sospiro di sollievo. Mi faceva male la schiena a causa della camminata che avevamo fatto fino a quel momento - quasi due chilometri a piedi contando sia quelli di adesso che quelli da casa fino al bar.
"Hey, possiamo sederci laggiù? Sono un po'... stanco," dissi.
"Stanco? Abbiamo camminato solo per quindici minuti o qualcosa del genere," disse rivolgendomi uno sguardo curioso.
"Incinto, ricordi?"
"Oh si, certo, scusami," disse mentre iniziammo a camminare verso la panchina. "E' colpa di quelle cose che aveva detto il dottore? Sai, i... dolori di stomaco, il mal di schiena e tutto il resto."
Ero un po' sorpreso che avesse effettivamente prestato attenzione a quello che aveva detto il dottor Hayes, ma non lo dissi.
"Si, mi fa male un po' la schiena," dissi mentre entrambi ci sedemmo nella panchina tinta di bianco. "Non molto, ho solo camminato un po' troppo credo."
"Ma a parte questo stai bene, vero?"
"Si, sto bene."
"Beh, sono... contento. E lui - voglio dire lei - o... quello - Dannazione! Anche il bambino sta bene?"
Sorrisi.
"Anche il bambino sta bene, almeno per quanto ne sappia io."
"Oh. E' solo che, sai, Zayn e Liam mi hanno parlato dell'episodio nel bagno, come ti hanno trovato, voglio dire."
Abbassai lo sguardo quando sentii le mie guance arrossire.
"Erano solo alcune contrazioni o qualcosa del genere, non è niente di cui preoccuparsi."
"La stessa cosa che hai chiesto al dottore?"
"Si, praticamente la stessa," dissi con un'alzata di spalle.
Harry mi guardò con un pizzico di preoccupazione.
"Ma non ti aveva detto che... uhm, erano causati da stress o altro?" chiese.
"Io- beh, si," dissi lentamente. "Quindi?"
"Niente, solo- non so, eri a scuola, quindi cosa ti ha stressato così tanto?"
Merda.
"Niente di particolare," dissi, cercando di sembrare disinvolto.
"Sei sicuro?"
Annuii.
"Si," dissi con fermezza.
Esitai un po' prima di continuare.
"Ma... posso farti una domanda?"
"Vai avanti."
"Okay, uhm... sei- voglio dire, è solo che, sai, il motivo per cui siamo qui è perchè mi hai messo incinto, giusto?"
"Si?" Disse lentamente, un sorriso divertito stava tirando gli angoli della sua bocca.
"E questo è successo perchè... noi abbiamo- beh, mi hai scopato, no?" balbettai.
"Wow, sei davvero delicato," disse con uno sbuffo divertito.
"Ma si. Percio?"
"Si, perciò... tu mi hai scopato e io- beh, tralasciando i recenti avvenimenti, sono ancora abbastanza sicuro di essere un ragazzo, perciò tu sei... sei gay?"
"Pensavo che Liam e Zayn ti avessero detto che io ho avuto principalmente fidanzate. Ragazze," disse.
"Si- si, me l'hanno detto, ma - "
"Harry?"
Sia io che Harry alzammo lo sguardo e vidi una bella ragazza con i capelli lunghi e rossi in piedi a pochi metri di distanza da noi. Il suo viso si illuminò in un sorriso quando i suoi occhi incontrarono quelli di Harry e si avvicinò a noi.
"Oh, hey, Lauren," disse Harry, un sorriso luminoso sul volto.
"Ehi, che succede?" chiese lei, sorridendogli dolcemente.
"Niente di speciale, sto facendo un giro," disse, gesticolando verso di me, ma senza guardarmi.
"Giusto, hey," disse, guardandomi da testa a piedi un paio di volte prima che la sua espressione diventi un po' disgustata. Mi resi presto conto che quella rossa era probabilmente la ragazza che Liam e Zayn pensavano fosse una troia. Non che io le abbia dato colpa per la sua espressione; i vestiti che aveva addosso erano orribili.
"Il tuo nome è... come ti chiami?" aggiunse, alzando le sopracciglia verso di me.
"Io - uhm - è... -"
"Louis," disse Harry, interrompendo la mia vergognosa parlata balbettante.
"Giusto, Louis."
Seguì un imbarazzante silenzio fino a quando Harry tossì e si alzò in piedi.
"Okay, allora vogliamo andare? Casa mia è vuota per una o due ore," disse, ma quando alzai lo sguardo, lui stava guardando Lauren, non me. Certo.
"Si, andiamo," disse allegramente.
"Vai avanti intanto, io ti raggiungo," disse prima di lasciare un casto bacio sulle sue labbra.
"Non metterci troppo o vedo di fare altro," disse con un sorriso allusivo prima di voltarsi ed allontanarsi.
Distolsi lo sguardo dal mio grembo, che avevo abbassato sentendomi come se stessi invadendo la loro conversazione, e poi guardai Harry di nuovo ed incontrai i suoi occhi, ancora una volta su di me.
"Scusami," disse. "Devo andare. E' solo che -"
"No, è tutto ok," dissi in fretta. "Lei è la tua ragazza?"
"Lo sta diventando" Disse un con sorriso.
"Bene. Okay, faresti bene ad andare da lei, io starò... seduto qui," dissi, cercando di ricambiare il sorriso.
"Sei sicuro? Potrei accompagnarti a casa."
Certo, come se volesse essere visto con me.
"No, va bene," dissi.
"Beh, non stare seduto qui troppo a lungo, è un po' freddo, non fa bene nè a te nè al-" si guardò intorno, apparentemente controllando che  non ci fossero persone nelle vicinanze prima di finire "per il bambino."
"Non preoccuparti, me ne andrò tra poco."
Lui annuì e mi offrì un sorriso prima di voltarsi. Ma prima che facesse tre passi, si voltò di nuovo.
"Ehi, potresti... chiamarmi o mandarmi un messaggio prima di andare al prossimo appuntamento dal medico?" disse.
"Uhm, certo," dissi incerto. "Perchè?"
"Oh, pensavo che potrei venire con te," disse, improvvisamente nervoso.
"Davvero?" Chiesi sorpreso.
"Già. Voglio dire, se non ti dispiace."
"No, non mi dispiace," dissi in fretta. "Ho già preso un appuntamento per il sei dicembre alle dieci, in realtà. E' un Lunedì e so che è scomodo per la scuola e tutto, ma -"
"No, va bene. Credo di avere fisica che sarò felice di saltare, quindi... si, non c'è problema."
"Ci sarai quindi?" Dissi e non potei evitare il tono di speranza nella voce.
Lui annuii.
"Si, ci sarò."
Un sorriso trovò la sua strada verso il mio volto.
"Bene."
"Bene? Quindi mi vuoi lì?" chiese, inarcando le sopracciglia in modo provocante.
"N- no, è solo, sei l'unico che lo sa tranne i medici e... ho bisogno di qualcuno che mi dica che va tutto bene, assicurarmi che il mio stomaco non sembra... grosso e altre cose, capito? Inoltre, sei l'unico con cui posso parlare veramente riguardo questo e credo che- io abbia bisogno di parlare con qualcuno, è una cosa troppo grande anche per me."
Harry alzò di nuovo le sopracciglia,  ma questa volta per dire tipo 'cosa diavolo stai dicendo? Io non voglio essere quel tipo di ragazzo per te" e sentivo la mia faccia diventare sempre più rossa.
"Scusa, scusa," mormorai, imbarazzato cercando di cancellare i miei pensieri.
"Non è che devi starmi vicino per sentirmi lamentare o cose del genere, mi dispiace, non volevo dire quello che sembrava volessi dire, questo non è un problema che devi affrontare tu o tutti gli altri, è un mio problema anche se tu fai parte di esso, anche se non dovresti far parte di questo, perchè tu sei tu e tu sei popolare ed io sono solo quello strano, il tipo tranquillo che non ha amici... e la gente sparlerebbe se ti vedessero con me, capisco perfettamente, perciò va bene e -"
"Cazzo, calmati," mi interruppe con una breve risata. "Potrai essere strano, ma non sei esattamente tranquillo."
Inghiottii.
"Mi dispiace."
"E' -"
"Harry vieni o no?"
Lauren era in piedi ad una ventina di metri da noi ed anche in lontananza, vidi l'espressione infastidita e impaziente sulla sua faccia.
"Si, due secondi piccola," rispose prima di voltarsi e guardarmi di nuovo. 
"Mandami un messaggio va bene?" Mi disse poi.
"Per che cosa? Ti ho già detto quand'è l'appuntamento."
"Si, beh, se vuoi... parlare o qualcosa del genere," disse.
"Oh. Giusto. Ok, io... lo farò," dissi esitante.
"Bene. Okay devo andare, ma ci vediamo il sei Dicembre."
Annuii e sorrisi brevemente prima che lui si voltò e si allontanò. Una volta assicurato che non avrebbe potuto più sentirmi, sospirai e mi pizzicai il solco del naso tra i miei occhi. Ero riuscito ad umiliarmi in qualsiasi modo possibile ed era solo passato un pomeriggio. Vidi Harry e Lauren allontanarsi, Harry con il braccio intorno alla vita stretta di lei che stava appoggiando la testa sulla sua spalla. La mia situazione era piuttosto grandiosa, vero? Ero un ragazzo incinto del bambino di un altro ragazzo che aveva una fidanzata che non mi conosceva affatto ma che sembrava odiarmi. Oh, si. La situazione stava diventando sempre più divertente.



Occhio a me!

Bene, bene... finalmente eccomi qui. Questo capitolo è stato terribile da tradurre giuro! Ci ho messo abbastanza, ma di sicuro meno dello scorso capitolo!
Cosa abbiamo qui... non so voi, ma io amo questo capitolo. Insomma, finalmente si ha una conversazione decente tra Harry e Louis e... ammettiamolo, non so chi tra i due è il più dolce! Ovviamente alla fine, come tutte voi credo, avrei voluto uccidere sia Lauren che Harry ma, va beh.
Da qui in poi vi avviso che i capitoli saranno sempre più belli, io non so davvero come faccia la scrittrice, è semplicemente fantastica ed io amo tradurre questa sua magnifica storia, non smetterò mai di ripeterlo.
Volevo ringraziare tutte le ragazze che hanno recensito e tutte quelle che stanno leggendo in silenzio. Tuttavia vi invito a lasciare qualche recensione, mi farebbe davvero piacere sapere le vostre impressioni sulla storia e cosa ne pensate!
Bene, detto questo vi saluto e... al prossimo capitolo! :D

Giulia.


IMPORTANTE: PER CHI PENSA CHE IO NON ABBIA CHIESTO IL PERMESSO ALL'AUTRICE PRIMA DI TRADURRE, PUO' ANDARE ALLA FINE DEL PRIMO CAPITOLO E VEDERE CON I SUOI STESSI OCCHI CHE L'HO FATTO :)

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Capitolo 8
*** It just weird, you know? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
____________
 
Capitolo 8



E' solo strano, sai?
 
Non sfruttai l'offerta di Harry di mandargli un messaggio se avessi avuto bisogno di parlare, anche se avevo avuto veramente bisogno di parlare con qualcuno. Il motivo per cui non l'avevo fatto era perchè pensandoci ero giunto alla conclusione che me l'aveva offerto solo perchè si sentiva dispiaciuto e voleva essere gentile. Era come quando da piccolo ricevevi un biglietto d'invito per un compleanno ma sapevi che il motivo per il quale l'avevano fatto era perchè era stata invitata tutta la classe. Nessuno ti voleva davvero lì, era solo un invito di cortesia.
Così non gli mandai nessun messaggio e non l'avevo praticamente più visto, tranne quando passavamo nel corridoio e io cercavo sempre di non aver nessun contatto visivo con lui, risparmiandogli la fatica di dover salutare o qualsiasi altra cosa si sentisse in obbligo di fare. La sua vita sociale non avrebbe dovuto soffrire solo perchè avevo deciso di di tenere il mio bambino.
E per questo, la prossima volta che parlai con lui fu quando ci incontrammo all'ufficio del medico poco più di una settimana dopo il nostro discorso nel parco.

Lunedì 6 Dicembre
Sedici settimane


Arrivai in ufficio trenta minuti prima di quanto fosse necessario quel Lunedi. Avevo preso il giorno libero da scuola e andare in giro per casa senza avere niente da fare mi aveva fatto sentire incredibilmente inquieto, così alle nove e mezza del mattino, ero seduto su una sedia piuttosto scomoda, in attesa che avrebbero chiamato il mio nome. C'erano due donne sedute lì, sembravano entrambe sulla trentina, entrambe incinte ed entrambe con il loro marito a fianco. Tutti e quattro continuavano a guardarmi con curiosità, chiedendosi senza dubbio che cosa ci facessi lì, soprattutto senza una ragazza al mio fianco. Mentre i minuti passavano e non smettevano di guardarmi, la mia pazienza per l'attesa dell'arrivo di Harry stava raggiungendo il limite. Se quello era ciò che succedeva in quel momento, quando ancora non era possibile capire che fossi incinto a causa dell'enorme maglione e della giacca che stavo indossando, cosa sarrebbe successo da lì ad un paio di mesi?
Quando mancarono cinque minuti al mio appuntamento, sentii la porta a vetri nella sala d'attesa aprirsi e quando alzai gli occhi notai un Harry infreddolito camminare verso di me.
"Cazzo, si congela di fuori," disse quando si fu seduto sulla sedia accanto alla mia. I suoi ricci erano coperti da un cappello ed aveva una sciarpa blu scura avvolta intorno al collo. Dovetti ammettere che sembrava molto adorabile.
"E' quasi Natale, si suppone che sia freddo," dissi.
"Cos'hanno in comune il freddo e il Natale?" Chiese mentre si toglieva il cappello e si scompigliava i ricci.
Mi strinsi nelle spalle.
"Non lo so, ma un Natale freddo e bianco è molto meglio di un Natale caldo e piovoso."
"Bene, ti darò quello."
"Grazie."
"Quindi non hai mai avuto bisogno di parlare?"
"Cosa?"
"Ti avevo detto di mandarmi un messaggio se avessi avuto bisogno di parlare, ma non me l'hai mai inviato."
"Oh, quello. No, pensavo fossi impegnato con... Lauren o il calcio o le feste o qualcosa del genere," dissi, mentendo solo per metà.
"La mia vita di tutti i giorni non è molto piena, quindi non preoccuparti se hai voglia di parlare," disse con un sorriso sincero.
"Per ora. Tutta questa faccenda la devo affrontare io, non dovresti soffrirne anche tu," dissi.
Lui alzò le sopracciglia.
"Correggimi se sbaglio, ma credo di esserne il cinquanta per cento responsabile."
Mi strinsi nelle spalle.
"Si, beh, se io non fossi stato completamente pazzo, avrei appena avuto un aborto e tu non avresti avuto il cinquanta per cento di responsabilità."
Sorrise prima di chinarsi in avanti e mettermi una mano sul ginocchio.
"Io non voglio che tu abordisca, ricordi?" Disse. "E non è molta responsabilità visto che hai intenzione di darlo in adozione, lo sai. Quindi, se hai bisogno di parlare con qualcuno, o hai bisogno di qualcosa veramente, non esitare a chiamare o a mandarmi un messaggio, va bene? Voglio che tu lo faccia."
La mano che aveva messo sul mio ginocchio mi fece sentire nervoso per qualche strano motivo e deglutii, cercando di allievare il leggero fastidio allo stomaco.
"Io - uhm- non voglio darti fastidio con i miei lamenti e i miei discorsi noiosi, non c'è bisogno che tu lo faccia. Dovresti solo... vivere la tua vita e-"
"Balbetti molto quando sei nervoso, vero?" mi interruppe.
"Scusa," mormorai.
"Non sei tanto noioso come pensi di essere," continuò ed io sbuffai.
"Tu non mi conosci veramente, no?"
Lui sorrise e scosse la testa, apparentemente esasperato.
"Non proprio, no, ma ad essere onesti posso immaginare modi peggiori di passare i miei pomeriggi e le mie serate che parlare con te."
"Oh... io- grazie, credo," dissi, sentendo un leggero rossore strisciare sulla mia faccia quando pensai di trascorrere le serate con Harry. Dovetti darmi uno schiaffo mentale, ovviamente lo stava dicendo solo per essere educato.  Per fortuna la nostra conversazione finì lì, quando una voce familiare chiamò il mio nome ed entrambi alzammo lo sguardo. Vedemmo il dottor Hayes in piedi, sulla porta di una stanza diversa da quella in cui ero stato per i primi controlli.
"Ciao," disse lei con un sorriso una volta dentro l'ufficio. "Sono contenta che sembri ancora in buona salute."
Sorrisi.
"Si, anche io," dissi, quando inziai a guardarmi intorno per la stanza. C'erano un sacco di grafici e immagini di diverse cose che, per quanto riuscii vedere, avevano a che fare con la gravidanza. Accanto al tavolo degli esami c'era una macchina ad ultrasuoni molto simile a quella nello studio del dottor Wright, solo che quella sembrava un po' più moderna.
"Questo ufficio è un po' diverso," commentai mentre mi sedetti sulla sedia accanto alla scrivania in cui era seduta la dottoressa.
"Dal momento che sono un ostetrica mi sembra giusto avere delle decorazioni sui muri legate alla gravidanza," disse con un sorriso mentre guardava alcuni documenti sulla sua scrivania. Battè le mani e poi alzò lo sguardo dai documenti per portarlo su me e Harry. "Sono contenta di vedervi qui," disse, "Tutti e due."
Sentii Harry muoversi un po' a disagio nella sedia accanto alla mia. "E' un po' colpa mia se lui è qui ora, perciò..." biascicò con una risata nervosa.
"Si, beh, non sono qui per darvi lezioni di vita," disse con un sorriso confortante rivolto ad Harry, "Ora, come avevo già detto, ci sono un po' di esami che voglio fare oggi," continuò, ora guardando di nuovo me, "Inizierò con delle veloci domande sulla condizione medica di entrambi, poi faremo il resto delle cose, okay?"
Annuii e, con la coda dell'occhio, vidi Harry fare lo stesso. Il Dr Hayes aprì una cartella sulla sua scrivania e tirò fuori alcuni fogli bianchi e una penna. La vidi scrivere il mio nome e la data.
"Okay, quindi, c'è qualcuno nella vostra famiglia che ha qualche tipo di allergia?"
Scossi la testa e sentii Harry pronunciare un veloce "no".
"Nessuna condizione genetica?"
Scossi la testa ed Harry fece lo stesso.
"Nelle vostre famiglie ci sono stati casi di diabete o di altri disagi riguardanti lo stile di vita?"
Ancora la stessa reazione.
"Beh, molto bene. Ora, Louis, se vuoi alzarti e toglierti le scarpe e la giacca, misurerò il tuo peso e la tua altezza."
Mi sentii arrosire ancora. Come minimo sarei pesato una centinaia di chili... minimo. "E' necessario?" Chiesi.
"Sfortunatamente, si," disse con un sorriso simpatico, come se mi avesse letto nella mente.
Sospirai, ma mi alzai dalla sedia, mi tolsi le scarpe e mi sfilai la giacca che appoggiai sulla sedia. Poi mi voltai verso Harry e lo guardai implorante. "Non ridere se dovessi pesare duecento chili," dissi.
"Ti rendi conto che anche se pesassi duecento chili, cosa che dubito fortemente, sarebbe dovuto al fatto che sei incinto e non perchè sei grasso, vero?" disse.
"E' la stessa cosa," mormorai e lui alzò gli occhi al cielo.
"Non riderò, lo prometto."
Gli lanciai un ultimo sguardo sospettoso prima di dirigermi verso la bilancia dove il Dr. Hayes mi stava aspettando.
"Devo solo...?"
"Devi solo salire sulla bilancia," disse con un cenno del capo.
Presi un respiro profondo prima di fare un passo sulla bilancia, pensando che probabilmente questa esperienza mi avrebbe portato ad un disturbo alimentare.
I numeri elettronici andarono su e giù per qualche secondo prima di fermarsi e farmi singhiozzare in silenzio.
"Settantuno chili e quattro," disse, mentre scriveva i numeri sul foglio che si era portata dietro dalla scrivania.
Settantuno chili e quattro. Il mio cuore affondò come una roccia nell'acqua. "Oh, mio Dio," gemetti.
"Quanto pesavi prima di rimanere incinto?" Chiese.
"Sessantasette chili," dissi cupo.
"Perciò hai guadagnato tre chili e quattro," dichiarò. "Tutto normale e sano."
"Normale e sano," ripetei scettico.
"Molte persone hanno guadagnato molto più peso alla loro sedicesima settimana, perciò non hai nulla di cui preoccuparti."
"Continuo a sentirmi grasso."
Lei sorrise. "Non preoccuparti, molto di questo peso in più lo perderai non appena avrai partorito. Ora, se vuoi venire qui, misurerò la tua altezza," disse mentre si spostava un po' di fianco dove c'era un metro attaccato al muro.
Ancora un po' depresso per l'aumento di peso, mi spostai verso il muro e mi misi proprio sotto il metro.
"Vediamo..." disse lentamente e la sentii armeggiare con qualcosa sopra la mia testa.
"Un metro e settantacinque centimetri."
Sentii Harry sghignazzare e lo guardai acido.
"Mi avevi detto che non avresti riso," dissi.
"Non per il tuo peso, ma non hai detto nulla riguardo alla tua altezza," ridacchiò. "Sei molto piccolo."
"Come se tu fossi molto più alto di me." Lo sfidai.
"Sono quasi un metro e ottanta," disse indignato.
"Oh, si, certo."
"Beh, Louis," disse il Dr Hayes mettendo fine alla mia conversazione con Harry, "data la tua altezza e il tuo peso prima della gravidanza, hai un corpo apparentemente normale e sano. Fai qualche tipo di esercizio?"
"Non proprio," dissi. "Vado a correre ogni tanto. E vado un bel po' di volte a camminare, ma niente di estremo."
"E tu?" Chiese, stavolta guardando Harry.
"Io?" chiese confusamente. "Non sono io quello incinto."
"No, ma i tuoi geni sono la metà del bambino," disse lei, divertita dallo sguardo del ragazzo.
"Oh, beh..." si grattò la nuca. "Sono nella squadra di calcio della scuola, quindi ho sei ore di allenamento a settimana. Vado a correre ogni giorno a parte la Domenica e, se ho tempo, faccio sollevamento pesi un paio di volte a settimana. Sono in una forma abbastanza buona."
Non riuscii ad evitare un sorpreso "wow" e lui mi sorrise.
"Impressionato?"
"No, solo... no," mentii in fretta, un po' imbarazzato per la mia reazione.
Il suo sorriso si allargò ma non disse nulla.
"Entrambi sembrate essere perfettamente sani e giovani, ragazzi," disse il dottore e andò di nuovo a sedersi sulla scrivania. La seguii e anche io mi sedetti sulla sedia per poi infilarmi le scarpe.
"Okay, oggi farò qualche altro test. Non credo sia necessario, ma è una procedura comune."
"Che genere di test?" chiesi.
"Per l'HIV, la Sifilide e l'Epatite B. E potrei anche controllare il bambino per la sindrome di Down. E un'analisi delle urine per individuare eventuali rischi di diabete e infezioni renali."
"Wow, sono tanti," dissi, pensando che non sapevo nemmeno cosa fosse la metà di quello che aveva detto.
"Come ho già detto al telefono, puoi decidere tu se fare questi test o no, ma io consiglio di farli."
"Si, lo so, facciamole," dissi in fretta. "Quanto ci vorrà?"
"Circa un'ora, prendere o lasciare."
Mi voltai verso Harry e feci una smorfia di scuse.
"Mi dispiace," dissi, "Non c'è bisogno che aspetti, puoi andare a casa o tornare a scuola o andare da qualche altra parte."
"No, va bene. Voglio aspettare," disse.
Mi sentii arrossire ancora una volta. Voleva aspettare?
"Ok, come vuoi," dissi.
"Non possiamo fare questi esami in quest'ufficio, dobbiamo andare al laboratorio, ma puoi unirti a noi Harry," disse il Dr. Hayes.
"Va bene per te?" Chiese, guardandomi con aria interrogativa.
"Si, certo," dissi in fretta, guadagnandomi un sorriso.
"Andiamo allora," disse il dottore mentre si alzava in piedi con una pila di cartelle sotto braccio.
"Se mi dice di spogliarmi, esci fuori dalla stanza," mormorai a Harry mentre camminavamo lungo numerosi corridoi con il Dr. Hayes ad un paio di metri davanti a noi.
"Oh, per favore, ho già visto molto di più."
"Ma se nemmeno ti ricordi!" mormorai. "Ed era piuttosto buio, perciò penso che in verità tu non abbia visto nulla."
"E allora come ho fatto ad infilare il mio cazzo?"
"Zitto."

Esattamente un'ora e undici minuti dopo eravamo di nuovo nell'ufficio del Dr. Hayes. In nessuno degli esami che mi aveva fatto era stato necessario togliere i vestiti, e ne fui grato, perciò Harry era rimasto accanto a me per tutto il tempo. E per qualche motivo lo trovai confortante.
"Dubito che ci sia qualcosa che non va in te o nel vostro bambino, ma ti farò sapere al nostro prossimo appuntamento," disse il medico, dopo che ci eravamo seduti di nuovo nelle sedie.
"Va bene," dissi. "Quando?"
"Sta a te decidere. So di aver detto di voler fare un controllo ogni settimana, ma se aspettiamo tre settimane sarò in grado di dire anche il sesso del vostro bambino."
La mia bocca si spalancò, "Il-Il sesso del bambino? Così presto?" chiesi debolmente.
"Probabilmente sembra presto perchè non sapevi di essere incinto fino a due mesi dopo l'accaduto, ma sei già di diciassette settimane ora ed è più di un terzo dell'intera gravidanza."
"Continuo a dimenticarlo," mormorai. "Okay, quindi... wow, il sesso del bambino. Ora mi sembra tutto più reale."
"Penso sia reale, già," disse Harry con un'alzata di spalle.
"Beh, si ma... sai cosa voglio dire," mi rivolsi di nuovo al medico, "ho solo una domanda da fare," dissi e lei annuì come a dire 'vai avanti'.
"E' che, insomma, ho guardato alcune foto su internet delle pance delle donne in gravidanza di 16-17 settimane e c'erano così tante immagini diverse, ma la maggior parte di queste erano... beh, la maggior parte delle pance che ho visto erano più piccole della mia."
"E sei preoccupato che ci sia qualcosa che non va in te," dichiarò con un piccolo sorriso.
"Si, un po'."
"Se sei preoccupato basta togliere la giacca e farmi dare un'occhiata."
"Sarebbe fantastico, grazie," dissi prima di togliermi la giacca e la maglia sotto di essa rapidamente. Solo pochi istanti dopo notai che Harry mi stava fissando. O, più precisamente, stava fissando la mia pancia. "Harry?" dissi, sentendomi a disagio.
"Oh, scusa, smetto, sembri un po'... non so, incinto," disse.
"Grazie?" Dissi esitante, non del tutto sicuro se fosse un complimento o meno.
Lui sorrise di traverso. "Era un complimento."
"Oh. Grazie allora."
Il Dr. Hayes si fece un po' più vicina a me e distolsi lo sguardo da lui. "Se lasci cadere le braccia lungo i fianchi, riesco a vedere meglio," disse.
Feci come mi aveva detto, cercando di non agitarmi troppo. Guardò la mia pancia per un paio di secondi prima di puntare di nuovo gli occhi nel mio viso.
"Sembra tutto normale, Louis, non c'è bisogno di preoccuparsi," disse.
"E' sicura?" Chiesi tristemente guardando la mia pancia.
"Assolutamente."
Sospirai ma poi sorrisi. "Va bene, grazie allora."
Harry ed io aspettammo lì solo per altri dieci minuti. Il Dr. Hayes mi aveva detto che le sarebbe piaciuto rivedermi Martedì 25 Gennaio quando avrei avuto più probabilità di sapere il sesso del bambino e, poi, ci trovammo fuori dall'edificio.
"Allora," disse Harry mentre camminavamo lungo il marciapiede coperto di neve nella strada di casa. "Conosceremo il sesso tra tre settimane."
"Noi? Tu vieni con me?" Chiesi sorpreso.
"Se non ti dispiace."
"No, va bene."
Ne seguì una breve pausa.
"Perciò conosceremo il sesso." disse Harry, rompendo il silenzio.
"Suppongo di si," dissi con un'alzata di spalle.
"Cosa vuoi che sia?"
"Non importa."
"Non sei curioso?" Chiese confuso.
"Certo che lo sono, ma..." Mi fermai. Sospirai e scossi la testa. "No, niente."
"Oh, andiamo, dimmelo."
"No, io-"
"Per favore? E' anche il mio bambino quello che stai portando, sai," disse con un sorriso.
"E questo significa che devo condividere tutti i miei pensieri con te?
"Non devi, ma penso che ti farebbe sentire meglio."
Presi un respiro profondo e calciai un paio di palle di neve frantumandole. "Ho solo... non voglio iniziare a pensare troppo a questo bambino, perchè facendolo mi sentire sempre più attaccato e io-io non voglio che succeda visto che dovrò darlo via appena nato. Sarebbe tutto più difficile di quanto già lo è ora."
"Penso che ti ci affezionerai in ogni caso, non importa quanto duramente tenti di non farlo."
"Grazie, mi aiuti molto." mormorai.
"Scusami."
"E' solo strano, sai?" dissi con un sospiro, "Ho questa vita dentro di me ma, una volta nato, lui o lei non lo saprà mai. Sarà portato via da me e non mi piace pensarlo. Crescerà con altri genitori e pensarlo mi rende un po' triste."
Harry restò totalmente in silenzio per qualche secondo prima di lasciarsi sfuggire una piccola risatina. "Vuoi sapere una cosa?" disse.
"Cosa?"
"Mi rende un po' triste anche a me."
"Davvero?"
"Già."
"Oh."
"Hm. Ma sai, anche se potresti non conoscere il bambino, saprai sempre che è la fuori. Sperando che viva la vita felice che tu avresti voluto per lui o lei. Forse un giorno i genitori adottivi gli parleranno di te e desidereranno trovarti. Non si sa mai."
Sorrisi leggermente. "Grazie, ma non sarà lo stesso. Lo sai."
"Si, lo so. Sempre, penso."
"Già."
"Non fa male essere curiosi, sai. Chiedersi di che sesso è il bambino non ti farà sentire più attaccato a lui comunque."
"Forse no, è solo un po', sai, deprimente." Ed era più deprimente di quanto potessi (o volessi) dire a parole. Una sensazione di disagio scoppiava nel mio stomaco ogni volta che pensavo di dare via il mio bambino dopo averlo tenuto per così tanto tempo dentro di me, crescendo attaccato a lui. E il più delle volte mi veniva una sensazione di nausea e una strana sensazione dolorosa nel petto.
"Si, lo so. Ma io sono ancora curioso," disse, e mise una mano sulla mia schiena. Non mi succedeva spesso di essere toccato in questo modo (triste, vero?) e il gesto mi fece trasalire un po'. "Scusa, scusa," disse e subito ritrasse la mano.
"No, va bene," dissi in fretta, non volendo offenderlo, "E' stato solo un po' inaspettato."
"Sicuro?"
"Si."
Camminammo in silenzio per un minuto o due prima di aprire di nuovo bocca.
"Allora, cosa vuoi che sia? Femmina o maschio?" disse.
"Io- Ha importanza?"
"Non proprio, suppongo, ma sono curioso," disse. "Facendo finta che tu non abbia intenzione di darlo via ma che lo volessi tenere, cosa vorresti che fosse?"
Mi strinsi nelle spalle e sospirai. "Finchè è sano, sono felice," dissi.
"Certo, ma è più felice pensare a se sia un ragazzo o una ragazza, quindi...?"
Gli lanciai una rapida occhiata, trovandolo mentre mi guardava con gli occhi verdi molto curiosi.
"Io credo che, se non stessi per darlo via, mi piacerebbe un maschio," dissi esitante.
"Hm, si, un calciatore, un piccolo maschietto," disse con un sorriso morbido sul viso. "Sarebbe stato bello."
"Anche tu vorresti un maschio quindi?" Chiesi, senza essere in grado di contenere la mia curiosità.
"Non avrebbe avuto importanza," disse. "Mi sarebbe andato bene in entrambi i casi, ma... si, un maschio sarebbe stato bello," aggiunse. "Anche una piccola bimba mi sarebbe piaciuto. Pensa, una piccola ballerina, vero?"
Sorrisi. "Si, sarebbe stato bello."
"Si, beh, forse un giorno," disse, il suo sorriso scomparso.
Un giorno. Non ora, non questo bambino, non con me. "Si, un giorno," Concordai, "Tu vuoi- voglio dire, vuoi dei bambini in futuro quando troverai la ragazza e sarai felicemente innamorato e tutto il resto?" Aggiunsi, cercando almeno un po' di nascondere il mio stato d'animo.
Una strana espressione si fece largo sul suo viso, ma scomparse in un secondo e fu sostituita da un sorriso. "Si, certo, preferibilmente non quando sono troppo vecchio però," Rispose.
"Non parlarmene," dissi con una piccola risata. "Mio zio non si è sposato fino ai cinquant'anni, penso che si sia sposato con una ragazza di trent'anni in meno, quindi lui ha avuto il suo primo bambino quando aveva cinquant'anni o giù di lì."
"Wow, un po' più vecchio rispetto a quando a me piacerebbe averlo quando inizierò una famiglia," disse, arricciando un po' il naso.
"Già, anche io. Non vorrei essere nemmeno troppo giovane però."
"Come ora?"
Gli rivolsi un triste sorriso e annuii. "Si, come ora."
Lui sorrise di rimando, ma poi la sua espressione tornò pensierosa e mi guardò con le sopracciglia corrugate, come se stesse pensando a qualcosa.
"Che c'è?" chiesi.
"Niente, solo... okay, non fraintendermi, ma tu sei gay, giusto?" disse.
"S-si," dissi esitante. "Per favore non dirlo a nessuno."
Mi fece un sorriso rassicurante. "Non lo farò, è solo che - io - beh, tu hai detto che vuoi una famiglia, così, voglio dire, ti piacerebbe o vorresti rimanere incinto di nuovo in futuro?"
"Oh," dissi, corrugando un po' la fronte, "Questa è- non è ho idea, ma questa è una bella domanda. Probabilmente dovre pensarci, penso, in modo che non finisca di nuovo in questa situazione."
"Si," concordò. "Pensi che lo vorrai avere di nuovo se potessi? Rimanere incinto, intendo."
"Intendi più tardi nella vita?" Lui annuì ed io mi morsi il labbro. "Non ne sono sicuro. Forse," dissi. "E' un po' strano- no, è davvero fottutamente strano, ma, non so. Ad essere onesto, sarebbe bello. Se non si tiene conto del mal di schiena, del peso in eccesso e il resto degli effetti collaterali."
"Giusto, giusto," mormorò, "Quindi lo riprenderai in considerazione?"
"Se troverò un ragazzo di cui mi innamorerò follemente, che voglia un bambino con me e che abbia una mente abbastanza aperta da accettare che il suo ragazzo può rimanere incinto, allora si, credo che lo prenderò in considerazione. Se posso rimanere di nuovo incinto ovviamente."
"Per quello che vale, penso che sarai un buon genitore," disse con un sorriso.
Gli sorrisi anche io e chinai un po' la testa per non fargli notare quanto fossi arrossito. "Grazie. Anche tu lo sarai," dissi guardandomi i piedi.
Non feci caso a quanto camminammo mentre la conversazione andava avanti, ma poi mi fermai e mi guardai intorno. La strada in cui ci trovavamo era vagamente familiare e sapevo di essere molto lontano da casa.
"Dove siamo?" Chiesi.
"Oh, mi dispiace, veramente io non so dove vivi e i miei piedi  hanno... trovato la strada per casa da soli, suppongo," disse con uno sguardo di scusa.
"Tu vivi qui?"
"Poche case più in là."
"Oh. Si, va bene, io... farei meglio a cercare una fermata degli autobus o altro, è troppo lontana per me casa mia da qui," dissi nervosamente, guardandomi attorno per vedere se c'era qualche fermata dell'autobus nelle vicinanze.
"Scusa, scusa, avrei dovuto chiederti dove vivi, avrei potuto accompagnarti a casa a piedi," disse Harry, sembrando arrabbiato con se stesso.
"E' troppo lontano per te da casa mia a casa tua a piedi," dissi sbuffando.
"Hey, sono in buona forma."
"Hey, sono solo minimo sette chilometri."
"Oh."
"Già."
"Quindi... dovresti andare a casa, huh?"
"Si, è troppo freddo per stare fuori," ridacchiai. "Quì c'è una fermata degli autobus o qualcosa di simile?"
"Sfortunatamente, no, in genere prendo la macchina per andare nei posti troppo lontani per arrivarci a piedi."
"Oh," dissi, mordendomi il labbro. Non volevo chiedergli di darmi un passaggio in macchina, ma che altra scelta avevo? Ma prima che potessi aprire bocca, lui iniziò a parlare di nuovo.
"Mi offrirei di riaccompagnarti a casa con la macchina," disse come se mi avesse letto nel pensiero, "ma la macchina di mia mamma è in revisione, perciò lei ha la mia e mi ha lasciato senza."
"Oh, no, non importa," dissi velocemente, agitando le mani in aria. "Cercherò... qualcos'altro."
"Tipo?"
Alzai le spalle. "Non so. Chiamerò un taxi o qualcos altro."
"Un taxi? Sei pazzo?" sbuffò. "Prendere un taxi in questa città è come subire una truffa."
"Sarò vittima di una truffa allora, sempre meglio che morire di freddo qui fuori."
"No, sai una cosa? Perchè non... vieni con me?"
La mia bocca si spalancò. Harry mi stava invitando in casa sua? "Io- io- uhm- v- venire con... te?" balbettai.
"Rilassati, non è la casa bianca sai," disse, ovviamente divertito dal mio improvviso nervosismo.
"Lo so, io- uh, scusa, solo... vuoi che io venga con te?" Chiesi, un po' più calmo ora.
"Si?" disse come una domanda e la sua espressione diventò insicura. "Non sei obbligato, però pensavo fosse meglio che spendere cento sterline per un taxi."
"Oh. Si suppongo."
"Quindi, vieni con me, possiamo fare qualcosa prima che mia madre ritorni dal lavoro verso le tre, poi ti porterò a casa. Va bene per te?"
Sospirai, esitando per qualche altro secondo prima di annuire.
"Okay," dissi, "grazie."
Uscire con Harry Styles. Sbuffai leggermente dentro di me.
E' triste pensare che ci è voluto qualcosa di così estremo come rimanere incinto per smuovere la mia vita sociale.



Occhio a me!

Woah! Incredibile ma vero: sono tornata!
Allooora, come ho già detto, questo è un periodaccio. Pensavo che oltre al 2013 se ne sarebbero andati anche i problemi ma... che povera illusa che sono! Volevo pubblicare ieri, ma, ovviamente, la sfiga del Venerdì 17 chi poteva colpire se non me? Giuro, sono in crisi. Stamattina poi, oltre ad essere l'ennesima giornata nera, sono uscite le bellissime foto di Harry e Kendall al concerto di ieri sera! Evvai!
......................... Meglio lasciar perdere.
Comunque, nonostante questo, sono riuscita a finire di tradurre questo benedetto capitolo (Yaaaay) che però non ho potuto ricontrollare e non ho di certo voglia di farlo ora visto che sto per addormentarmi sulla tastiera del computer. Ma o domani o dopodomani cercherò di fare del mio meglio per rileggerlo, perciò perdonate gli errori che sicuramente ci saranno.
Riguardo al capitolo, beh, c'è veramente poco da dire. Solo che... Louis e la sua depressione per l'adozione del bambino? Dio, ma quanto è dolce? E' dolce almeno quanto voi nelle vostre recensioni. Io giuro che vi faccio una statua ad ognuna.
Voglio ringraziarvi a tutte quante che, nonostante il miei ritardi pazzeschi, non perdete la voglia di leggere questa storia. In particolare ci tenevo davvero tanto a ringraziare le dodici ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo (dodici, veramente?). E' anche merito vostro se sono riuscita a finire di tradurre il capitolo sappiatelo.
Non so quando posterò il prossimo capitolo, ho deciso che d'ora in poi non farò più promesse, ma probabilmente se continuerete ad essere così tante e a lasciarmi recensioni così belle, non smetterò di certo di tradurre. Penso che anche l'autrice di questa storia sarebbe felicissima di tutti i complimenti. Devo dirglielo uno di questi giorni... :
Bene ragazze, me ne vado a nanna ora che sono veramente sfinita! 
Abbraccio virtualmente tutte le lettrici. :*

Giulia.

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Capitolo 9
*** I couldn't deny that it hurt a little. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
_____________

Capitolo 9



Non potevo negare di sentirmi un po' ferito.

Lunedì 10 Gennaio
Diciassette settimane


"E' un po' grande, lo so," disse Harry mentre mi portava in giro per la casa. Forse aveva notato la mia espressione incredula mentre camminavamo di corridoio in corridoio in quello che sembrava essere un labirinto senza fine.
"S- si, giusto un po'," dissi, il tono un po' intimorito, "quante persone vivono qui?"
"In questo momento mamma, papà e i miei due fratelli gemelli Adrian e Connor. Ma la mia sorella adottiva, Helen, e mio fratello adottivo, Carlos, vivono da soli. Sono entrambi nell'Uni ora, ma abbiamo comprato questa pensando di essere sette persone a viverci, per questo è così grande."
"Scusa, ma questa casa è grande abbastanza per ospitare quindici persone," dissi con una lieve risata.
"Probabilmente, si," Concordò con un sorriso," beh, questa è la mia stanza," aggiunse appena ci fermammo davanti ad una porta di legno bianco e la aprì.
Il primo pensiero che mi passò per la mente, una volta che misi piede dentro fu 'cazzo' perchè la camera era enorme. Probabilmente era come la mia camera da letto, la camera di Owen e il bagno messi insieme, ma allo stesso tempo era anche accogliente. Le pareti erano state dipinte in modo da avere un ambiente confortevole, di colore beige, e, appese al muro, c'erano numerose fotografie: alcune di queste mostravano delle persone, altre mostravano la natura e altre ancora oggetti casuali. L'unica cosa che tutte le foto avevano in comune è che erano girate tutte per ragioni artistiche. Mi chiesi per un attimo se il fotografo fosse Harry.
Un letto 'stile re' era posto contro il muro e numerosi cuscini, coperte e trapunte erano sparse sopra il materasso facendolo sembrare incredibilmente comodo, soprattutto in quel momento che ero esausto in ogni modo possibile.
"Vuoi sederti?" La voce di Harry fermò il mio treno di pensieri e lo guardai. Stava gesticolando verso il suo letto ed io lo guardai insicuro.
"T- tu vuoi che io mi sieda sul tuo... letto?" Chiesi incerto.
Lui scrollò le spalle con nonchalance, ma notai un sorriso divertito sulle sue labbra. "Oppure puoi sederti sul divano, se vuoi," disse ed indicò un divano di pelle nera sotto un'enorme finestra. "Ma stavi guardando il mio letto come se volessi fare sesso con lui, perciò ho pensato che ti sembrasse comodo. Come vuoi."
Sentii il rossore sulle guance rosa alle sue parole, "Va bene, posso sedermi sul divano," dissi, anche se la mia mente mi urlava di lasciare riposare il mio corpo stanchissimo nel comodissimo letto di Harry.
"Ma vuoi sederti sul letto, vero?" chiese, stavolta con un pizzico di presa in giro nella voce.
"Ho detto che va bene, mi siedo sul divano," dissi, il mio viso che diventava sempre più caldo ogni secondo che passava.
Sospirò esasperato, anche se stava ancora sorridendo, prima di balzare improvvisamente in avanti ed afferrarmi il braccio.
"Che stai facendo?" Chiesi mentre lui mi trascinava verso il letto.
"Metto fine alla discussione più stupida e inutile a cui io abbia mai partecipato," disse. Poi mi sorrise e prima di capire quello che stava facendo, caddi con la schiena sul letto.
Era ancora pià comodo di quanto sembrasse.
Sospirai e non riuscii a resistere alla tentazione di chiudere gli occhi alla bellissima sensazione della mia schiena dolorante appoggiata contro il materasso più morbido in cui avessi mai avuto la fortuna di stare.
"Il tuo letto è incredibile," Mormorai prima di zittirmi. Il suono della mia voce mi svegliò un po' e chiusi la bocca mentre mi appoggiavo sui gomiti e guardavo Harry che stava in piedi davanti al letto, guardandomi con un sorriso. "Scusami," dissi timidamente, "E' solo che è... davvero comodo."
"E sei stanco," disse con le sopracciglia alzate.
"Non è vero, sono solo-"
"Estremamente stanco."
Sorrisi leggermente sentendomi un po' imbarazzato da quanto fosse evidente. "Già. Mi dispiace, è solo che, sai, il mal di schiena e il resto," dissi.
"Va tutto bene. Puoi dormire se vuoi."
"Cosa?" Esclamai, "I- io non riesco a dormire n- nel tuo letto!"
"Certo che puoi."
"M- ma-"
"Rilassati, è solo un letto," disse, roteando gli occhi.
"Beh, si, ma non posso-"
"Si, puoi, perchè è il mio letto ed io ho detto che puoi," disse mentre roteava gli occhi. "Forza, appoggia la testa in uno dei tremila cuscini che ho e dormi un po'."
Mi morsi il labbro. Ero così tentato di accettare la sua offerta, ma... lui era- beh, non più solo un estraneo, ma non ci conoscevamo abbastanza per poter dormire nel letto dell'altro.
"Probabilmente è bene per il bambino se ti riposi un po'," disse, mentre continuai a guardarlo incerto senza dire niente.
Mi accigliai. "E' una buona carta da tirare in gioco."
Lui sorrise. "Ha funzionato, vero?"
Naturalmente ha funzionato. "Si."
"Ottimo! Quindi vai a dormire."
Sospirai, ma poi strisciai un po' più su nel letto in modo che la mia testa poggiasse su un enorme cuscino. In quei giorni la posizione più comoda in cui riuscissi a dormire era senz'altro sdraiato sulla schiena, quindi è così che mi misi; girato sulla schiena, occhi chiusi, mani incrociate sulla mia pancia e la testa girata di lato.
"Scusami, sono un po' noioso," dissi.
"Non sei noioso, rilassati," Lo sentii rispondere, "ti da fastidio se mi siedo accanto a te?" Aggiunse dopo una breve pausa.
"E' il tuo letto," mormorai stancamente.
Pochi istanti dopo sentii il materasso al mio fianco abbassarsi, ma non riuscii a trovare l'energia per aprire gli occhi e guardare dove si fosse seduto esattamente.
"Questo letto è davvero comodo," dissi, già mezzo addormentato.
"Dormi, Louis," fu la sua risposta, e anche l'ultima cosa che riuscii a sentire prima che la mia mente si scollegasse e che cadessi in un sogno profondo.

Quando mi svegliai, ero sdraiato nella stessa posizione di quando mi ero addormentato. Pochi secondi dopo avevo aperto gli occhi e non ricordavo dove mi trovassi. Ma poi alzai la testa verso l'alto e vidi la parte inferiore del mento di Harry proprio sopra di me.
"Hei," dissi intontito. Harry sussultò e lasciò quasi cadere l'Iphone che teneva tra le mani prima di abbassare lo sguardo verso di me.
"Cristo, mi hai spaventato," disse.
"Scusa," risposi con un sorriso, mentre mi misi a sedere normalmente con la schiena appoggiata alla tastiera del letto, come Harry. "Per quanto ho dormito?"
"Un paio d'ore."
"Oh. Che ore sono?"
Lanciò un rapido sguardo allo schermo del cellulare prima di rispondere. "L'una e mezza."
"E tu sei... seduto lì da quando mi sono addormentato?"
Sorrise. "Ho fatto un po' di compiti e negli ultimi trenta minuti ho giocato al cellulare," disse.
"Oh. Capito."
"Allora, come hai dormito?"
"Estremamente bene, questo letto è fant- oh!"
Le mie mani erano ancora appoggiate sulla mia pancia e, ad un tratto, di punto in bianco, sentii un leggeto movimento sotto il tessuto sottile della maglia che stavo indossando. Non faceva male, era solo... strano, mi faceva quasi solletico. Lasciai le mie mani nello stesso punto e una frazione di secondi dopo, successe di nuovo. I miei occhi si spalancarono. Erano...?
"Cosa? Cosa c'è che non va?" Chiese Harry, preoccupato.
"N- niente," balbettai, gli occhi incollati nella pancia, "Io- ecco- io- credo che siano... calci."
Guardai Harry e lo trovai con gli occhi spalancati. "Sta scalciando?" Chiese, suonando completamente stupito.
"Credo, si," mormorai, un sorriso che cresceva lentamente sul mio viso. Erano calci. Il mio bambino stava scalciando ed io ero stato in grado di sentirlo. Erano calci. C'era qualcosa in quell'accaduto che mi faceva sentire delirante, in qualche modo; incondizionatamente felice come non lo ero mai stato prima. Non era necessariamente migliore paragonato ai precedenti momenti felici della mia vita, ma era diverso, perchè c'era una vita dentro di me ed in quel momento potevo sentirla muoversi sotto le mie dita.
"Posso...?" Harry lasciò in sospesa la domanda e sollevò leggermente la mano, lasciando che si posasse sulla mia pancia.
"O- oh, si, certo," dissi in fretta. Gli afferrai la mano e la portai verso il punto in cui avevo sentito i calci. "Li senti?" Chiesi, dopo pochi secondi.
Lui scosse lentamente la testa, "No, non pen-" si fermò e la sua bocca si trasformò in una 'o' sorpresa. "Oh... L- lo sento ora," disse con tono morbido.
Sorrisi alla sua espressione affascinata e poi spostai lo sguardo verso la mia mano appoggiata sopra la sua, le dita intrecciate. Mi accorsi che la nostra posizione era piuttosto intima e sentii un bel po' di caldo salirmi fino alle guance. Se qualcuno fosse entrato in quel momento, avrebbe frainteso. Harry non era gay, almeno per quanto ne sapessi, e se qualcuno - tipo sua madre - fosse entrato, Harry avrebbe dovuto rispondere ad un sacco di domande. Per non parlare del fatto che la sua mano era appoggiata sulla mia pancia, cosa che non sarebbe normale nemmeno se fossimo stati fidanzati.
E poi c'era la strana sensazione di avere la sua mano a contatto con la mia. Quella perfida, strana sensazione in realtà non ci sarebbe dovuta essere. Non era la benvenuta. Se fosse stato qualsiasi altro ragazzo, allora andrebbe bene, ma quello era Harry. Harry, che era popolare, etero e un calciatore e chi avrebbe mai voluto una storia d'amore con me, che non sono nessuno?
Con tutto questo in testa, tolsi la mano da sopra la sua ed una sensazione di vuoto mi attraversò il corpo. Harry sembrò non farci caso, lasciando la sua mano appoggiata nello stesso punto, ancora un'espressione sorpresa e scioccata sul volto.
"Harry?" Dissi esitante quando dopo due minuti, non si era ancora mosso.
Spostò il suo sguardo fino a me. "Che c'è?"
"E' solo- la tua... mano è ancora s- sulla mia pancia," balbettai.
"Si, lo è," disse, scrollando le spalle come a dire 'e allora?'.
"Potresti spostarla?" Chiesi cautamente.
"Oh, si, certo, scusa," disse e ritrasse subito la mano.
Cadde un silenzio imbarazzante e ci volle un po' prima che uno di noi dicesse qualcosa.
"E' la prima volta che lo senti scalciare?" Chiese infine Harry.
Annuii.
"Perciò abbiamo avuto modo di sentire il primo calcio insieme?"
C'era una strana emozione nella sua voce che non riuscivo ad interpretare bene e quando lo guardai negli occhi, avevano una specie di... scintilla. Una scintilla di felicità che sembrava molto simile a quella che si dice essere una manifestazione fisica della felicità che avevo provato un paio di minuti prima.
Aspetta, cosa?
"Immagino che sia così," dissi, cercando di apparire indifferente, anche se probabilmente fallii miseramente.
"Non è fantastico?" Chiese.
Mi strinsi nelle spalle. "Certo, se lo dici tu," Essere sulla difensiva mi fece sembrare uno stronzo completo a quanto pare.
Lui aggrottò la fronte. "Non è fantastico?"
"Non importa, Harry, era solo un calcio," mormorai.
"Solo un calcio?" disse incredulo, "Non è solo un calcio, è il calcio del nostro bambino."
"Non dire così," lo contraddissi.
"Così come?"
"Come se fossimo una coppia e come se questa situazione fosse normale."
"Che importa se siamo o non siamo una coppia e se questa situazione non è normale? Il fatto è che quel bambino è tuo ed è mio e ha calciato: è abbastanza semplice."
Dovetti prendere un paio di respiri profondi per calmarmi quanto bastava per non urlargli contro. "E non importa, Harry, perchè... questa cosa non sarebbe nemmeno dovuta esistere se non mi avessi scopato da ubriaco in quella festa."
Fece una smorfia. "So di aver sbagliato, ma non vedo cosa c'entri ora."
"C'entra perchè- perchè non è giusto, niente di tutto ciò."
"Che vorresti dire?"
Scossi la testa e mi alzai dal letto. "Niente," dissi, "Guarda, devo tornare a casa, ho alcune cosa da fare. Mi limiterò ad andare a piedi in una qualsiasi fermata degli autobus o di qualsiasi altro mezzo."
"No, non lo farai. E' troppo lunga a piedi, soprattutto con questo freddo e con il fatto che sei incinto," disse, "Siediti e dimmi perchè stai improvvisamente andando fuori di testa."
"Non sto andando fuori di testa!" Dissi ad alta voce, muovendo le braccia, "E' solo che- io- se non fosse stato per il fatto che mi sentivo particolarmente eccitato quella notte, questo bambino non sarebbe esistito ed io non sarei qui!"
"Okay, quindi?"
Lo fissai, incredulo, sempre più irritato. "Quindi se niente di questa merda fosse accaduto, non conosceresti nemmeno il mio nome! Siamo nella stessa scuola da anni e tu non mi hai mai notato, Harry! Mai una volta che mi hai guardato o semplicemente scoperto la mia esistenza! E ora sono nella tua camera da letto e tu mi stai chiedendo un sacco di domande personali e non è giusto!"
Mi guardò con un espressione indecifrabile. "Quindi questo non ha a che fare con il bambino, ma con me e te?"
Presi un respiro profondo, desiderando di riuscire a calmarmi. Urlare non mi avrebbe portato da nessuna parte. "No," dissi dopo un breve secondo di silenzio, "E' che io non voglio forzarti ad essere gentile con me solo perchè hai messo incinto il povero ragazzo senza amici. Io ho un po' più di rispetto verso me stesso."
"Pensi che io sia gentile con te per pietà?" Chiese con le sopracciglia alzate.
"Quale altro tipo di ragione ci potrebbe essere? Non so se lo hai notato, ma io sono una specie di nessuno, a scuola nessuno ha la minima idea di chi io sia o quale sia il mio nome e, fino ad un paio di mesi fa, questo valeva anche per te."
"No, questo-"
"Oh, falla finita," sbottai, la rabbia mi stava crescendo ancora una volta ad una velocità inquientante, "Tu non ricordi nemmeno di avermi scopato, cosa pensi di sapere di me?"
"Io-"
"Voglio dire che so di non essere nessuno," lo interruppi duramente, "E va bene, mi hai usato, non c'è bisogno di dirmi un mucchio di bugie per farmi sentire meglio. Va bene così."
"Sei davvero estremamente fastidioso," disse senza mezzi termini.
Sentii il mio cuore affondare alle sue parole, e lo sentivo come se fosse affondato un po', ma cosa mi aspettavo? Gli avevo praticamente detto di odiarmi. Mi strinsi nelle spalle, cercando di non mostrare nessuna emozione. "Probabilmente è uno dei motivi per cui non ho nessun amico," dissi prima di dirigermi ferso la porta, che spalancai, ed iniziai a cercare la strada verso la porta d'ingresso.
La casa sembrava ancora più grande di prima e ben presto mi resi conto di stare andando nella direzione sbagliata. Ero entrato in una stanza di medie dimensioni, dove le pareti erano state dipinte di grigio scuro. C'erano tanti scaffali per tutta la stanza tutti riempiti con diversi tipi di macchine fotografiche, tre piedi in numerosi formati diversi, obiettivi, lampeggiatori e molti altri oggetti che non ero in grado di identificare. Ma ciò che attirò maggiormente la mia attenzione, erano tutte le foto di diverse dimensioni che coprivano praticamente ogni centimetro delle pareti non lasciando vuoto nessuno spazio. 
Erano tutte delle bellissime foto e riconobbi alcune di loro, uguali a quelle che avevo visto prima nella stanza di Harry. La maggior parte di queste ritraevano diversi paesaggi: foreste, montagne, laghi. Ma c'erano anche anche un bel po' di ritratti di persone che non conoscevo e altre erano semplicemente degli artistici primi piani di oggetti interessanti.
Avevo dimenticato che avrei dovuto cercare il modo di uscire di casa mentre ero lì, mentre ammiravo tutte le foto. E ancora una volta mi chiesi chi fosse il fotografo. C'era una foto in particolare che aveva attirato la mia attenzione. Era abbastanza grande, lunga almeno mezzo metro, e ritraeva in bianco e nero quello che sembrava essere un vecchio banco di legno. Si era creato un cratere nel legno - probabilmente a causa delle interperie- e l'acqua lo aveva riempito. La foto era un po' sfocata intorno ai bordi e i colori - o più precisamente le diverse sfumature di grigio - erano piuttosto scuri. C'era un'altra foto in bianco e nero accanto a quella e ritraeva le mani di qualcuno che sembrava essere piuttosto vecchio, almeno a giudicare dalla pelle rugosa. Per qualche ragione trovai intriganti quelle foto e non riuscii a fare a meno di rimanere lì ad ammirarle.
Improvvisamente sentii dei passi dietro di me e mi voltai incontrando lo sguardo di Harry. Mentre mi guardava la sua espressione era completamente vuota.
"Pensavo fossi andato a casa," disse con calma.
"S- si, lo stavo facendo, ma mi sono perso," balbettai.
"Quindi stai curiosando in  giro per casa mia?"
Il sangue si precipitò subito sul mio viso e scossi la testa con decisione. "No, io- io sono- io non- io non volevo... rubare o altro, i- io mi sono solo imbattuto in queste foto e sono molto belle, quindi stavo solo g- guardando e... nient'altro."
Un sorriso spuntò sul suo viso. "Rilassati, va tutto bene," disse, prima di lasciar vagare lo sguardo per la stanza, "ti piacciono le foto?"
Annuii, felice che non fosse arrabbiato con me. "Si, sono belle. Di chi sono?"
"Mie," disse fiero.
"Davvero?" Chiesi, anche se non sarei dovuto essere così tanto sorpreso visto che avevo visto anche le foto nella sua stanza.
"Si."
"Sono davvero impressionanti. Sei un fotografo quindi?"
"Solo un hobby, ma si, mi piace molto. E' un bel modo per esprimermi, tu ne hai?"
"Non proprio, no," ammisi con un piccolo sorriso, "in realtà io non ha nessun hobby artistico, ma... beh, tu sei veramente bravo con il tuo."
"Grazie."
"Dove le hai scattate tutte queste?" Chiesi, facendo un segno verso le foto dei paesaggi.
"Quali?"
"Tutte," dissi timidamente, grattandomi la nuca.
Lui sorrise di nuovo prima di avvicinarsi maggiormente alle foto a cui mi stavo riferendo. "Questa," disse e ne indicò una che rappresentava uno spettacolare tramonto, "E' stata scattata in questa piccola città di montagna nel nord della Francia questa estate. E' bello lassù, siamo andati tutti: io, mamma, papà e tutti i miei fratelli. E' stato fantastico."
"Posso immaginare," dissi mentre mi avvicinavo a lui, "Che mi dici di questa?" Aggiunsi, indicando quella che ritraeva un tramonto che sembrava molto diverso da quello di prima.
"Al mare in Germania, due estati fa. Non ricordo in quale parte della Germania, ma siamo andati solo io e mio padre. E' stato dannatamente fantastico anche lì."
"Vedo. Voglio dire, sembra che tu sia stato toccato da Dio o qualcosa del genere."
"Gran complimento," disse Harry con una risatina.
"E' una bella foto," dissi, "E cosa mi dici di tutte queste persone? Sono persone che conosci?"
"Improvvisamente sei molto ficcanaso," disse, alzando le sopracciglia verso di me.
"Oh, scusa, scusa, io- è solo che sono delle belle foto, perciò..."
"Stavo solo scherzando, tranquillo," disse con un sorrisetto divertito, "E si, loro sono persone che conosco. Pensi che io vada in giro a scattare foto a degli sconosciuti?"
"No, ma sarebbero potuti essere... non so, modelli o qualcosa del genere."
Lui sbuffò. "La fotografia è un hobby per me, non una cosa che faccio professionalmente."
"Come facevo a saperlo? Non so come funziona questa cosa dei fotografi."
"Okay, okay. Ma si, sono tutti amici e parenti. C'è n'è una di Zayn e Liam qui," disse e si spostò di un paio di passi a sinistra per poi puntare una foto, anche questa in bianco e nero. Ritraeva Liam e Zayn seduti a terra, il braccio di Liam sulle spalle di Zayn, e si stavano guardando a vicenda con sorrisi raggianti. Erano talmente carini che dovetti ricordare a me stesso di essere praticamente l'unico a sapere che in realtà erano più che amici.
"E' una folto molto dolce," dissi, "sembrano felici e... si, sono molto felici."
"Hm, si, a volte me lo chiedo," disse pensieroso.
"Cosa?"
Si strinse nelle spalle. "Se tra loro c'è... sai, più di una semplice amicizia platonica."
Oh. Perciò aveva dei sospetti, anche se non lo sapeva per certo. "Forse, chi lo sa?" dissi vagamente, "Perciò è una foto organizzata?" Aggiunsi, volendo allontanarlo dai suoi pensieri attuali.
"No, è stata scattata questa estate quando eravamo ad una partita di calcio. Eravamo appena usciti in questo enorme parco e, si, la scena sembrava fotografabile."
"Fotografabile? Non credo che esista questa parola."
"Si, si," disse, agitando la mano con non curanza. "Hai capito cosa intendo. E' stato un momento da fotografare perchè sembravano felici e, beh, se non sapessi che sono solo amici avrei detto che fossero innamorati."
Sorrisi un po'. "Quale sarebbe la tua reazione se lo fossero?" Dissi, distogliendo lo sguardo dalle foto per guardare lui, invece.
"Nah, finchè loro sono felici," disse con una scrollata di spalle, "siamo amici da tanto tempo, tutti e quattro: io, Zayn, Liam e Niall. Quindi se volessero stare insieme, allora sarei felice anche io. E poi, io non sono la giusta persona per giudicare, no?"
"Da cosa lo capisci?"
Emise una risata imbarazzante. "Per questo," disse e fece cenno verso la mia pancia.
"Oh, giusto," per qualche minuto mi ero dimenticato del bambino.
"Già."
Una domanda mi era nata improvvisamente nella mente, quello che gli avevo già chiesto una volta ma a cui non avevo ricevuto risposta. "Harry?" dissi timidamente.
"Hm?"
"Posso farti una domanda?"
"Certo."
"Prometti di non arrabbiarti, okay?"
"Prometto."
Strisciai i piedi sul pavimento, pensando se quella era una buona idea, prima di porla. "Sei gay?"
Dritto al punto.
Per qualche secondo non fece nulla ma mi continuava a guardare ed io iniziati a temere che fosse arrabbiato con me anche se aveva promesso di non farlo.
"Perchè me lo chiedi?" Disse infine.
"P- per ovvie ragioni, suppongo," dissi con calma.
Si passò una mano tra i capelli, lentamente, e si lasciò sfuggire un sospiro. "Okay, vedi, è che-"
Lo squillo di un cellulare lo interruppe e gemetti. Era davvero così difficile avare una risposta ad una domanda così semplice?
"Scusa, aspetta un secondo," disse in tono di scusa prima di tirare fuori il suo iphone dalla tasca dei pantaloni. Guardò lo schermo per un breve istante, un sorriso sul viso, prima di sollevare il telefono fino all'orecchio. "Hey, babe," disse poi.
Sospirai. Probabilmente era Lauren. Lauren che mi aveva interrotto nel bel mezzo di una conversazione già due volte. Sentii parlare dall'altro capo della linea, ma non ero in grado di capire le parole.
"No, sono in camera mia," disse Harry ed io aggrottai la fronte.
Perchè stava mentendo a lei?
"Si, io sono... solo," continuò, apparentemente rispondendo ad una domanda che la ragazza gli aveva posto, e la mia curiosità crebbe ancora di più. "Certo, ci vediamo lì tra una mezz'ora?" Pausa. "Va bene, ci vediamo allora, ciao," Riattaccò e rimise il cellulare in tasca prima di guardarmi con un'espressione che tradiva i suoi sensi di colpa.
"Perchè- perchè le hai mentito?" chiesi esitante.
"Che vuoi dire?"
"Le hai detto che eri solo ed io- io sono qui, quindi non sei veramente da solo, no?"
"Non potevo dirglielo," disse grattandosi la nuca, evidentemente a disagio.
Certo che non poteva. Se la gente sapesse che lui esce con me rovinerebbe senza dubbio la sua reputazione. Anche se questa cosa aveva un senso, non mi alleviò il fastidio che mi bolliva dentro.
"Okay, va bene," dissi, cercando di nascondere l'asprezza nella mia voce il meglio che riuscissi, "vado a casa, vai a vederti con la tua ragazza."
"Non è-"
"Non mi interessa. Vediti con lei, fai quel cazzo che ti pare," sbottai, "Non ti intralcerò la strada."
Senza aspettare una risposta, mi voltai e corsi fuori dalla stanza ignorando le suppliche di Harry con i 'Louis, andiamo'. Dopo essermi diretto nella direzione sbagliata per due volte, riuscii a trovare la strada per l'ingresso dove avevo lasciato le mie scarpe e la mia giacca. Sentii dei passi avvicinarsi da qualche parte lungo il corridoio e mi affrettai a scomparire fuori dalla porta prima che Harry potesse raggiungermi per cercare di spiegarsi.
In ogni caso non c'era niente da spiegare, non voleva che qualcuno sapesse che usciva con me. Anche se avevo capito perchè, non potevo negare di sentirmi un po' ferito; Ero fin troppo perdente per chiunque voleva uscire con me e, quando lo facevano, mentivano ad altre persone. Si, mi feriva. Era irrazionale, forse, o una reazione eccessiva, ma mi sentivo come se fossi stato respinto per non essere abbastanza buono, cosa che era sempre stata uno dei miei punti deboli. Tutte le mie emozioni si erano intensificate a causa della gravidanza, e tutto quello che sentivo in quel momento era un' accecante senso di rifiuto, di nullità e di solitudine.
E per questa ragione le lacrime cominciarono a scendere e soffocai piccoli gridolini che volevano uscirmi dalla bocca. Ancora una volta. E mi fece sentire terribilmente patetico e debole. E avevo dovuto mordermi il labbro per far smettere di tremare il mio mento. Perchè? Perchè? Perchè proprio ora, mentre ero fuori dove tutti potevano vedermi? Camminai fino alla fine della strada quando notai un muretto di mattoni. Le lacrime che cadevano dagli occhi mi avevano appannato la vista e per evitare di inciampare in qualcosa, mi sedetti sul muretto e posai i gomiti sulle ginocchia.
Se quella sera fossi stato a casa invece che andare a quella festa, la mia vita sarebbe stata cento volte più facile adesso e non avrei avuto a che fare con il grasso e la troppa emotività per le cose più piccole e il mal di schiena e - Harry. Harry, che avevo scoperto fosse un bravo ragazzo, un bravo ragazzo che mi aveva fatto formicolare le viscere come nessuno aveva mai fatto prima, ma che si vergognava anche di far sapere alla gente che stava uscendo con me.
Harry che, pur essendo un bravo ragazzo, mi aveva fatto sentire molto più patetico e inutile di quanto già non fossi.
Rimasi lì, piangendo in silenzio, per quelli che sembrarono secoli mentre i pensieri deprimenti e auto-commiserativi si agitavano nella mia testa. Non poco dopo la mia schiena cominciò a sentirsi seriamente male e il mio culo era gelido, perciò mi alzai in piedi per allungarmi un po'. Controllai il mio orologio. Due e quarantatre. Ottimo. Tempo che fossi arrivato a casa sarebbe stato più buio e ancora più freddo di quanto già non fosse. Mi sfiorò il pensiero di andare a cercare una fermata dell'autobus quando mi voltai, sentendo giungere alle mie orecchie una voce familiare.
"Vuoi morire di freddo o cosa?" Disse Harry mentre si avvicinava a passi veloci, le mani affondate nelle tasche della sua giacca enorme e sempre lo stesso cappello che copriva i suoi riccioli. Quando arrivò abbastanza vicino da riuscire a vedere la mia faccia, aggrottò la fronte. "Stai piangendo?" Chiese.
"Sono incinto, ho pianto tutto il tempo." Mormorai.
"Però di solito c'è una ragione per farlo, no?"
"Non necessariamente."
Lui aggrottò la fronte. "Ma questa volta si." Non era una domanda, ma risposi comunque.
"Come vuoi. Ad un ragazzo è permesso di piangere se vuole."
Sospirò e mi guardò con quella che sembrava essere pietà. "Quello che ho detto a Lauren, non era perchè - "
"Non ho bisogno di sentire questo, Harry," lo interruppi stancamente, "voglio solo andare a casa, ok?"
"Va bene, ma almeno permettimi di portarti a casa," disse dopo qualche attimo di esitazione, "Mamma è appena tornata a casa, perciò ora posso usare la macchina."
"No. Io- "
"Louis, per favore. Se dovessi morire congelato sulla strada di casa, non potrei mai perdonarmelo."
"Non dovevi vederti con Lauren?"
"Si, ma prima ti porto a casa."
Scossi la testa. "No, vai a vederti con lei, va bene."
"Oh mio Dio, tu sei il ragazzo più testardo e fastidioso che io abbia mai incontrato," gemette, "voglio portarti a casa, quindi me lo lasci fare per favore?"
"No, grazie," dissi, sentendomi di nuovo infastidito, "preferisco stare con persone che non si vergognano di me. Scusa se questo è troppo da chiedere."
La bocca di Harry si aprì e mi guardò con un'espressione sbalordita. "Vergognarmi di te? E' questo che pensi?"
"Che altro dovrei pensare quando trovi scuse con altre persone, proprio di fronte a me, perchè non vuoi che sappiano che sei con me?" Chiesi, agitando le braccia esasperato.
"Non è perchè mi vergogno di te, Cristo, è che- "
"Non preoccuparti," lo interruppi con calma, "So di non essere la prima scelta delle persone, ok? Sono consapevole di questo, ma sentirmelo dire davanti alla faccia è stata tutta un'altra cosa."
"Non mi vergogno di te, dannazione!" disse ad alta voce il secondo dopo che finii di parlare.
"Allora perchè le hai detto di essere da solo?"
"E' solo che tu - sei diventato un... argomento dolente, ok?"
Alzai le sopracciglia, confuso. " Un argomento dolente? Perchè?"
"Perchè lei pensa che ci sia qualcosa tra di noi."
Che non c'è, dovetti ricordare a me stesso quando il mio stomaco aveva fatto qualche capriola emozionato. "Oh, okay," fu tutto quello che dissi.
"Ecco perchè non le ho detto di essere con te. Sarebbe diventata gelosa e non c'è bisogno," disse, un sorriso esitante sulle labbra.
Non c'è bisogno. Il mio ultimo brivido di speranza gettato fuori dalla finestra. "Giusto, " dissi, annuendo come se fossi d'accordo.
"Okay, ora che abbiamo chiarito questo, mi permetti di darti un passaggio a casa?"
Sospirai, ma annuii. "Si suppongo."
"Andiamo allora."
Venti minuti più tardi, dopo un giro tranquillo in macchina, Harry si fermò nel vialetto di casa mia e spense la macchina.
"Allora," disse.
"Allora," ripetei.
"Stai bene?"
"Certo, perchè?"
"Sai, perchè sei... incinto e mi sembravi un po' sconvolto prima," disse con una scrollata di spalle.
"Oh. No, sto bene," risposi, cercando di ignorare la sensazione di disagio che lui fosse lì con me solo a causa del bambino.
"Bene, si, questo è... bene."
Seguì un silenzio imbarazzante in cui io armeggiai nervosamente con le dita, non del tutto sicuro di cosa fare o cosa non fare. Alla fine Harry tossicchiò e ruppe il silenzio.
"Guarda, forse è ora che vada, Lauren si starà chiedendo dove sono finito," disse.
"O - oh, si, scusa, ora scendo," dissi in fretta prima di togliermi la cintura di sicurezza. Mi sentii un po' a disagio mentre pensavo per la centesima volta che il grasso dovuto alla gravidanza, stava inziando a diventare piuttosto fastidioso. Quando, dopo pochi istanti, mi alzai in piedi con la mano ancora attaccata alla maniglia della portiera, pronto a chiuderla, Harry parlò di nuovo.
"Il prossimo appuntamento era per il venticinque Gennaio, giusto?" Dissi. Annuii. "Ci vediamo il venticinque Gennaio quindi."
Non a scuola, non fuori dalla scuola, ma nello studio del medico tra due settimane. Ecco dove voleva vedermi una prossima volta, non prima.
"Okay," mormorai cercando di nascondere la mia delusione, senza successo.
"Okay."
"Si, ciao," dissi prima di chiudere la portiera e incamminarmi verso casa. 
Era completamente silenzioso quando entrai in casa perciò urlai "mamma? Owen?" senza ottenere risposta. E mi resi conto che ancora a casa non c'era nessuno. Presi un bicchiere di succo di mela prima di andare in camera mia, come al solito, e mi sedetti sul letto con un sospiro.
Poche settiamane prima il mio unico pensiero era stato il bambino, e lo era ancora, ma c'era anche un'altro posto riempito da Harry. Forse semplicemente perchè, non importa il motivo che lo aveva spinto a farlo, era la prima persona che aveva mai veramente mostrato qualche interesse per me, oltre la mia famiglia e Eleanor. Era il primo ragazzo che aveva mai parlato con me e, quindi, la prima vera persona da cui fossi stato veramente attratto. Certo, c'era stata Eleanor, ma lei era una ragazza ed io ero gay, c'era sempre stato qualcosa che mancava tra noi due cosa che noi abbiamo capito solo dopo aver fatto sesso un po' di volte.
Ma con Harry... con Harry la cosa mancante tra me e Eleanor era più che presente. Quando eravamo usciti, quando mi guardava, quando mi sorrideva, ogni volta che era da qualche parte vicino a me, la sentivo. Anche la nostra esperienza fisica - che una qualunque persona normale avrebbe ritenuto assolutamente orribile e dolorosa - era stata incredibile. Avrei voluto che accadesse di nuovo, lo volevo così tanto, ma purtroppo quello era un desiderio che probabilmente non si sarebbe mai realizzato. 
No, tutto quello che c'era tra me e Harry - e tutto quello che ci sarebbe stato - non era altro che amicizia, basata probabilmente sul rimpianto, i sensi di colpa e su un bambino non ancora nato. Questo era tutto quello che c'era. Niente di più.



Occhio a me!

Amatemi.
Sono già qui come vedete, anche prima del previsto. E' che questo capitolo l'ho tradotto praticamente tutto durante un pomeriggio libero della Domenica sera. Dai, dovevo farmi perdonare in qualche modo :)
Ah e penso di essere arrivata alla conclusione che si, questo è decisamente uno dei miei capitoli preferiti. Insomma, qualcosina intanto si sta smuovendo tra i due no? (Louis è praticamente cotto di Harry). E tutte insieme, invece, odiamo Lauren che interrompe di nuovo i due piccioncini!
Volevo ringraziarvi a tutte quante che state leggendo questa storia, come sempre. Ammetto di esserci rimasta un po' male per le recensioni dimezzate, ma non per questo mi faccio demoralizzare. Perciò ringrazio tutte voi che in questo momento state leggendo questo piccolo angolino d'autrice.
In particolare ci tenevo tanto a ringraziare le sei persone che hanno recensito lo scorso capitolo ancora. Grazie mille ragazze. Ed un grazie speciale anche a Kebbobab che, finalmente, ho avuto l'onore di conoscere per bene e che mi sorprende sempre con la sua dolcezza.
Bene, detto questo...
HAPPY, HAPPY BIRTHDAY AL SIGNORINO STYLES CHE PROPRIO OGGI COMPIE 20 ANNI!
Non posso ancora crederci, è passato così in fretta il tempo :')
A presto con il capitolo 10 bellezze,

Giulia.

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Capitolo 10
*** Trying not to get too excited. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 10



Sto cercando di non essere troppo esaltato.

Martedì 11 Gennaio
Diciassette settimane e un giorno


"Scusa, perciò tu- tu sei- uscito con un atleta?"
Colpii Eleanor dietro la nuca e annuii. "Si, l'ho fatto, e ti prego di non farmelo ripetere una quarta volta, okay?"
Mi guardò con gli occhi spalancati e un sorriso sul volto. Eravamo nella sua stanza, sul suo letto, la mia testa era appoggiata sul suo grembo e una coperta mi copriva dal petto in giù. Le avevo detto di avere freddo, ma naturalmente era una scusa per non farle notare il rigonfiamento del mio stomaco.
"Va bene, non lo farò," disse, "ma questo significa che ora hai qualcuno con cui uscire? Oltre a me, intendo."
"Grazie per il tentativo di aumentare la mia autostima," borbottai.
"Ci ho provato un milione di volte e non funziona, perciò ci rinuncio," disse lei, alzando gli occhi al cielo, "Perciò è un amico?"
Mi strinsi nelle spalle senza troppa convinzione, non del tutto sicuro su cosa dire. No, lui non è proprio un mio amico, lui è solo il padre del bambino che sto portando, di cui io potrei avere o non avere una cotta. Optai per un "non lo so."
"Ma siete usciti insieme, no?"
Annuii.
"Quante volte?"
Questa conversazione stava diventando sempre più imbarazzante di minuto in minuto. Come avrei dovuto rispondere a tutte le sue domande? Io e Harry eravamo usciti insieme solo due volte, ma c'erano anche le visite dal medico di cui però non potevo parlare ad Eleanor. No? Avevo fatto un enorme errore quando le avevo parlato di Harry - me ne resi conto solo dopo e, purtroppo, era già troppo tardi per tornare indietro.
"Non lo so, forse tre volte," risposi dopo qualche secondo di esitazione.
"Tre volte?" Disse incredula, "quando avevi intenzione di dirmelo?"
"Scusa, scusa, è solo che me ne sono dimenticato credo," dissi, tentando un sorriso di scuse.
"Sei uscito con un ragazzo per tre volte e te lo sei dimenticato?" Sbuffò, "certo. Ora dimmi perchè non me l'hai detto prima."
"E' per questo motivo, lo giuro!"
"Non- aspetta un secondo..." disse l'utlima parte lentamente, stringendo gli occhi, "Louis Tomlinson, c'è qualcosa di più tra te e questo ragazzo?"
Le mie guance diventarono subito rosse ma scossi la testa, cercando di sviare il discorso il prima possibile. "No, no. Assolutamente no. Ha una fidanzata e, come ho già detto, non so nemmeno se possiamo considerarci amici."
Il sorriso ambiguo sul suo viso si trasformò lentamente in uno morbido e allungò la mano, iniziando a giocare con i miei capelli. "Ti piace, vero?" Disse.
Mi sentii diventare ancora più rosso e scossi la testa, questa volta più energicamente. "No, non mi piace," dissi tanto convincente quanto il mio piccolo cuginetto di tre anni che aveva giurato di non aver mangiato i biscotti, anche se il suo volto era pieno di briciole.
"Oh, hai una cotta per lui, sei così carino," Disse.
"El, per favore," gemetti, "Non ho una cotta per lui, okay? Lui è un semplice ragazzo, fine."
Lei scosse la testa e sospirò. "Lo sai che non ti credo, ma va bene, smetto di darti fastidio."
"Grazie, lo apprezzo," dissi, "ma non credo che tu sia onesta, comunque. Tutti sanno che non stai zitta fino a che non hai qualcosa da mettere in bocca."
La sua bocca si aprì e mi diede uno schiaffo sulla testa. "Sei disgustoso, non posso credere che spesse volte ho dormito nello stesso letto con te."
"Già, nemmeno io," rabattei, ridendo.
"Non puoi credere di aver dormito con me o di essere venuto a letto con me?"
"Entrambi," dissi con un'alzata di spalle, "Scusami, ma non ti trovo attraente. Non nel modo in cui vorrei almeno."
"Ahi, adesso chi è che sta abbassando l'autostima?"
Alzai gli occhi al cielo. "Tu sei una ragazza ed io sono gay, niente di personale quindi lo sai, abbiamo già parlato di questo."
"Lo so," disse con un sorriso, "Ma prenderesti mai in considerazione di rifarlo?"
"Cosa? Fare sesso con te?"
"Si."
Accennai una risata ed un cipiglio confuso apparve sul suo viso.
"Lo prendo come un no," disse fissandomi.
"Si, scusa, ma non credo che riuscirei a farmelo alzare per te," dissi e adesso era lei quella che stava ridendo.
"Un diciassettenne con disfunzione erettile," disse tra le risate.
"Non ho la disfunzione erettile!" Esclamai all'offesa, "sono perfettamente in grado di farlo ogni volta che ne ho voglia, ti ringrazio tanto."
Il suo volto si arricciò. "Ew, okay, finiamo ora questa discussione."
"Buona idea."
"Gia. Quindi, novità? Ho sentito che tua mamma si è fidanzata, cosa ne pensi?"
Lasciai un voluto (e forse esagerato) gemito.
Ian si era fermato a cena quasi ogni giorno da quando l'avevo conosciuto circa un mese prima, e trascorreva la notte a casa nostra più spesso. Anche se non aveva niente di sbagliato, non riuscivo a farmelo piacere. Era abbastanza attraente e di tanto in tanto faceva battute, ma apparte quello lui era così... noioso, così rigido e così freddo. Non mi piaceva particolarmente, ma ovviamente questo non l'avevo detto a mia mamma che sembrava così tanto presa da lui. Inoltre, c'era tutta la storia della mia gravidanza. Era stato abbastanza imbarazzante cercare di spiegare a mamma e a Owen i miei frequenti sbalzi d'umore, ma farlo con Ian?
"Si, lei sembra aver improvvisamente deciso che è giunto il momento di uscire di nuovo, quindi tutto ad un tratto ha fatto entrare Ian nella nostra vita," e non potei evitare il tono un po' contrariato nella voce.
"E tu lo odi?" Chiese con un sorriso.
Mi strinsi nelle spalle. "Non lo odio, ma proprio non mi piace."
"Perchè no?"
"Non lo so, non mi piace e basta."
"Alcune persone sono solo difficili da inquadrare, sai?"
"Si."
"Nient'altro di nuovo quindi? Oltre a tua mamma che si è fidanzata e la notizia di un tuo potenziale amico?"
"No," dissi, una mano si posò distratta sul lato della mia pancia, "Niente di così importante da essere considerato."

*

Passarono un paio di settimane e la mia schiena continuava a farmi male. Mi sentivo sempre più grasso di giorno in giorno, i miei sogni stavano incominciando ad essere veramente strani, ed avevo scoperto che era del tutto normale. Ian continuava a venire a cena e io non vidi Harry per niente, nemmeno a scuola. Dopo il giorno trascorso a casa sua speravo di ricevere un messaggio o una chiamata, anche solo per dire ciao, ma dopo una settimana passata completamente senza Harry, iniziai a sentirmi stupido per averci sperato.
Quindi praticamente ero tornato alla mia solita vita noiosa, nascondere il fatto che fossi incinto stava diventando sempre più difficile visto che la mia pancia iniziava ad essere molto evidente. Avevo dovuto indossare due o tre strati di vestiti, più il cappotto, e sembravo incredibilmente grasso. Era molto meglio che sembrare incinto comunque.

Lunedi 17 Gennaio
Diciotto settimane


Ero seduto al tavolo della mensa, cercando di mangiare il mio pranzo che - pur essendo un'insalata di pollo molto gustosa - in quel momento mi sembrava assolutamente rivoltante. Per un po' di settimane, frutta e verdura proprio non erano state di mio gradimento e ancora non accennavo a cambiare opinione. Il mio pranzo trascorreva calmo e tranquillo, come al solito, fino a quando avevo alzato lo sguardo e avevo trovato qualcuno in piedi di fronte al mio tavolo. Una ragazza con i capelli rossi che sembrava molto arrabbiata.
"Stai lontano da lui," sibilò Lauren, appoggiando le mani sul tavolo, chinandosi e guardandomi dritto negli occhi.
Battei le palpebre, vergognandomi di ammettere a me stesso che mi sentivo abbastanza intimidito da lei.
"D- da chi?" Chiesi nervosamente, senza guardarla negli occhi.
"Dal mio ragazzo," disse lei, accentuando il pronome 'mio'.
"Harry?"
"Quanti fidanzati pensi che io abbia?"
Le mie guance diventarono rosse e mi morsi il labbro. "Non parlo con lui da due settimane ormai," mormorai.
"Assicurati che rimanga così allora," sussurrò, "Qualunque cosa ti sta passando per la testa, lui non fa per te, capito? Lui è il ragazzo che tutti amano, tu sei il ragazzo di cui nessuno sa nemmeno il nome, vedi il problema? In più c'è il fatto che tu sei un ragazzo e lui non è gay. Così elimina la fantasia in cui tu e lui cavalcate verso il tramonto insieme, va bene? Non succederà mai perchè lui è mio."
Queste furono le ultime parole che pronunciò prima di alzarsi in piedi, poi mi scambiò un occhiataccia e se ne andò. La fissai fino a quando si avvicinò ad un tavolo dove vidi i capelli ricci di Harry di spalle e un gruppo di altri ragazzi e ragazze. Si avvicinò a Harry che girò la testa di lato per guardarla, facendole uno dei suoi sorrisi smaglianti prima di baciarla languidamente. Abbassai lo sguardo perchè, visto che non ero un masochista, non me la sentivo di infliggermi dolore inutile. Okay, 'dolore' era una parola esagerata, ma vedere Harry sorridere e baciare la ragazza che pochi secondi prima mi aveva minacciato, non mi rendeva sicuramente felice.
Guardai di nuovo la mia insalata, sentendo quasi i conati di vomito nel vederla, poi sospirai e mi alzai dalla sedia rendendomi conto che, stare seduto lì, non aiutava di certo la mia nausea. Gettai l'insalata nel cestino vicino all'uscita della mensa prima di mettermi lo zaino sopra la spalla e dirigermi verso il bagno più vicino per schizzarmi un po' di acqua in faccia in modo da calmarmi un po'.
C'era solo un'altra persona nel bagno. Zayn era in piedi davanti allo specchio occupato a fissarsi i capelli con una scatola che sembrava essere di gel sul lavandino accanto a lui. Il suo sguardò finì su di me quando sentì la porta aprirsi e sorrise. Cercai di restituirgli il sorriso anche se probabilmente non ci riuscii più di tanto. 
"Ehi," disse, quando mi misi davanti al lavandino di fianco a lui e girai il rubinetto.
"Ciao," risposi, senza guardarlo. Controllai la temperatura dell'acqua che scorreva, scoparendo poi giù per lo scarico, e sospirai quando il freddo a contatto con la pelle mi surriscaldò la mano. Dover indossare tanti strati di vestiti mi aveva fatto venire parecchio caldo dopo aver corso su e giù per le scale tutto il giorno per arrivare alle diverse classi. Mi gettai un po' di acqua sul viso e mi stropicciai gli occhi per cercare di mandar via le piccole vene rosse troppo visibili.
"Tutto bene?"
Puntai lo sguardo verso Zayn, che mi stava guardando un po' preoccupato, e tentai l'ennesimo sorriso.
"Si, solo che, sai..." Mi interruppi , guardandomi intorno per controllare che non ci fosse nessuno nella stanza.
"Non c'è nessuno qui," disse Zayn, come se mi avesse letto nel pensiero.
"Scusa, dovevo esserne sicuro," dissi, "ma si, sto bene, a parte la gravidanza e le altre cose, niente di grave, no?"
Lui sbuffò. "Certo. Come sta andando?" Chiese.
"Bene, suppongo."
"Hai voglia di parlarne?" Chiese, alzando le sopracciglia.
Mi sentii a disagio. "Non c'è molto da dire, davvero, sono stanco e sono grasso. Fine."
"In effetti sei un po' più grande, si," mormorò.
"Lo so," borbottai.
"E che mi dici di Harry?"
Mi accigliai involontariamente. "Che devo dirti su di lui?"
"Mi ha detto dell'appuntamento del medico e che sei uscito con lui dopo."
"Oh, quello. Ci siamo solo ritrovati lì e lui non mi avrebbe mai lasciato andare a casa a piedi, così mi ha fatto rimanere a casa sua finchè sua mamma non è tornata a casa in modo da potermi accompagnare in macchina. Niente di più."
"E' tutto?"
"Si, credo."
"Hai tralasciato la parte dei calci."
Oh. "Solo un calcio, niente di più," dissi con noncuranza.
"Sei un pessimo attore, lo sai?" Disse con un sorrisetto.
"Cosa?"
"Stai cercando di sembrare indifferente su qualcosa che sei tutto, tranne che indifferente. Non stai facendo un buon lavoro."
"Questi non sono affari tuoi, no?" Sbottai.
Alzò le mani in sua difesa, ma sorrise. "Stavo solo chiedendo."
Sospirai stancamente e portai le mani tra i capelli. "Scusami, è solo troppo."
"Posso notarlo. Hai bisogno di qualcuno con cui parlare?"
Si, ma la persona con cui volevo parlare era occupato con la sua ragazza stronza. "No, grazie. Sto bene."
"Sicuro?"
Annuii e sorrisi. "Si. Devo andare però. Ci sono alcune cose che devo fare e... altre cose."
"Certo. Ci si vede in giro allora."
Mi sorrise di rimando prima che uscissi dalla stanza e mi diressi verso la classe di chimica.

*

Quando tornai a casa quel giorno, andai in camera mia per indossare qualcosa di più comodo dei milioni di strati di vestiti che stavo indossando. L'unico problema era che nessuno dei miei vestiti riusciva a nascondere la mia pancia. Indossai una maglietta per vedere se potevo effettivamente indossarla, ma l'unica cosa che avevo concluso era che avevo assolutamente bisogno di nuovi abiti. Sapevo di avere circa centocinquanta dollari nel mio portafoglio - Grazie ai parenti troppo pigri per andare a comprare i regali lasciandomi così solo i soldi - e anche se in realtà avrei dovuto risparmiare quei soldi, spenderli per dei vestiti nuovi era senza dubbio meglio, altrimenti tutta la mia famiglia avrebbe avuto un diverso e inaspettato regalo di compleanno.
Con questo spaventoso pensiero in mente, mi ero rimesso i vestiti di scuola, avevo afferrato il portafoglio sul comò e poi ero andato al piano di sotto per informare mia mamma che stavo uscendo. Trovai sia lei, che Owen, che Ian in cucina, seduti al tavolo a mangiare qualcosa che sembravano dei pezzi di torta.
"Oh, ci sei!" Esclamò mamma una volta che mi vide sulla porta. "Siediti e senti un pezzo della torta di mele che Ian ha portato dalla California, è deliziosa!"
"Oh, sei stato in California?" Chiesi, cercando almeno di sembrare interessato.
"Solo per lavoro purtroppo, ma sono riuscito a trovare il tempo per prendere questa torta," disse con un sorriso, "dai retta a tua madre, è davvero deliziosa."
"Si, ne sono sicuro, grazie," dissi imbarazzato, "Ma ora devo andare. Sto andando a comprare nuovi vestiti."
"Era ora, stai diventando sempre più grasso giorno dopo giorno," sbuffò Owen con la bocca piena.
"Owen!" Lo rimproverò mamma e lo colpì sul braccio.
"E' tutto ok, so che sto ingrassando," dissi con un'alzata di spalle che sperai sembrasse abbastanza indifferente.
"Oh, no, Lou, chi ti ha messo questi pensieri in testa?" disse mamma,  guardandomi preoccupata, "non sei grasso, sei assolutamente normale!"
"Mamma sono ingrassato di quattro chili negli ultimi mesi. Sto diventando grasso, puoi dirlo."
Avevo cominciato a pesarmi due volte a settimana e quando il giorno prima ero salito sulla bilancia il mio peso era di settantadue chili spaccati, ovvero quattro chili in più. Si notava molto, lo sapevo.
"Come mai sei così tranquillo? Sei sempre stato un maniaco per quanto riguarda il peso," intervenne Owen.
Perchè sono incinto e le persone in stato di gravidanza ingrassano, è inevitabile. "Non lo so, ho altre cose per la testa in questo momento," risposi semplicemente.
"Ma perchè-"
"Okay, me ne vado prima che qualcuno abbia qualche altra osservazione affascinante sul mio corpo in costante crescita," Interruppi Owen rivolgendogli un'occhiataccia.
"Si, va bene caro," mi disse mamma prima che Owen avesse avuto la possibilità di riniziare a parlare.
"Ci vediamo stasera."

La strada per il centro commerciale era abbastanza breve, per fortuna, e quindici minuti dopo aver salutato la mia famiglia mi ritrovai in piedi in uno dei numerosi negozi di abbigliamento mentre stavo guardando ogni singolo capo di abbigliamento. Mi è sempre piaciuto lo shopping, davvero, ma avevo cambiato idea quando avevo dovuto analizzare ogni singolo vestito che vedevo, cercando di immaginare come mi stesse addosso per non mostrare il grasso. Provai camicia dopo camicia, maglione dopo maglione, felpe con il cappuccio, ma nessuna di queste andava bene per il mio 'nuovo' corpo.
Sarebbe stato tutto molto più semplice se fossi stato una ragazza, sarei potuto andare a vedere nel reparto d'abbigliamento per le donne in gravidanza e avrei avuto mille possibilità di scelta, ma no. Quanti sguardi strani avrei avuto addosso se avessi provato qualche maglia per la gravidanza nel camerino?
Troppi per i miei gusti, mi ero risposto.
I vestiti nella sezione della maternità erano tutti femminili, ricoperti di pizzo e piccoli disegni, comunque e nonostante la mia condizione attuale, avevo ancora un certo orgoglio maschile. Così continuai a guardare, continuai a provare vestiti nei camerini e continuai a sentire il bisogno di sbattere la testa contro il muro più vicino ogni tre minuti. Non importava quanto prendessi grande la maglietta - non importava che fosse una XXL - non era abbastanza grande, faceva ancora vedere il mio stomaco e no, non mi faceva sembrare grasso, mi faceva proprio sembrare incinto. Il mio obiettivo sarebbe stato quasi più facile se avessi avuto le tette perchè in quel caso la mia pancia non sarebbe sembrata così tanto sporgente. Gemetti interiormente. Se ora era così terribile, come sarebbe stato a Giugno?
Dopo più di un'ora ero sul punto di iniziare ad urlare e a piangere perciò decisi di andare a casa, magari avrei potuto cercare su internet dei vestiti per la gravidanza per gli uomini anormali. Ma proprio quando stavo per mettere al suo posto la camicia, una voce familiare non molto lontana attirò la mia attenzione e mi fermai.
"Non è per le donne, coglione!" Era Zayn.
"Come fai a saperlo?" Era Niall.
"E' una taglia M ed è enorme." Era Liam.
"Io sono d'accordo con Niall, è da donna." E quello era Harry.
Erano tutti e quattro qui e, a giudicare dal volume delle loro voci, erano da qualche parte dietro lo scaffale al mio fianco. Per qualche motivo, il pensiero mi fece andare in panico. Volevo uscire di lì. Veloce. Prima che chiunque di loro mi avesse visto. Che, in quel caso, mi porterebbe un bel po' di imbarazzo, anche se non sapevo che tipo di imbarazzo fosse, avere a che fare con esso nel momento in cui ero anche stanco e stressato sarebbe stato solo -
"Louis?"
Mi stampai rapidamente un sorriso sul viso, sperando che non sembrasse falso e teso come sarebbe stato veramente, prima di girarmi e alzare la faccia verso tutti e quattro; Niall aveva un sopracciglio alzato, Liam un sorriso gentile, Zayn un enorme sorriso e Harry un'espressione sorpresa.
"Ciao," dissi, con un po' di imbarazzo.
"Ciao," disse Harry, guardandomi ancora sorpreso, "stavamo cercando una camicia per Niall."
"Oh, okay."
Seguì un silenzio imbarazzante che poi fu rotto da Zayn.
"Quindi, supponendo che tu non sia qui per cercare una camicia a Niall, che cosa ci fai qui?" Chiese.
"Oh, solo- sai," dissi, sfregando i piedi contro il pavimento. Mi sentivo incredibilmente a disagio sotto i loro sguardi, ed il fatto che tutti e quattro sapevano la situazione in cui mi trovavo non aiutava.
"Non proprio, no," disse Liam con un sorriso storto.
"No, vero," dissi con una risatina nervosa, "No, sto solo... diventando troppo grande per i miei vestiti, così ho- ho pensato di comprarne alcuni nuovi prima che le cose diventino troppo evidenti."
Tutti e quattro gli occhi caddero sul mio stomaco ed io mi spostai un po'.
"Sei un po' più grande in effetti, si," disse Liam con un altro sorriso ironico dopo che ebbe distolto lo sguardo dal mio stomaco.
"Si, non me ne parlare," sospirai.
"Non mi sembra che tu abbia trovato tanto," disse Harry facendo cenno verso le mie mani vuote.
"No, io- beh, ad essere onesto stavo per sedermi e gridare, così ho pensato di tornare a casa," dissi e cercai di sorridere.
"Non può essere così difficile trovare dei vestiti," disse Niall rivolgendomi uno sguardo confuso.
"L- lo è quando si è a diciotto settimane di gravidanza e si sta cercando di trovare dei vestiti che sono in grado di nasconderlo quando si è un ragazzo." dissi piano dopo essermi guardato intorno per accertarmi che non ci fosse nessuno che avrebbe potuto sentire quello che stavo dicendo. "Non posso di certo andare a vedere nel reparto dell'abbigliamento per la gravidanza."
"Oh."
Seguì un silenzio imbarazzante e stavo per dire di dover ritornare a casa quando Niall aprì di nuovo bocca.
"Vai con lui ad aiutarlo," disse, rivolgendosi ad Harry.
Harry guardò dietro di lui, con la confusione dipinta sul volto. "Aiutarlo? Con cosa?"
"A trovare i vestiti, ovviamente. Con cosa se no?"
"Non so come trovare i vestiti per le persone in gravidanza."
"Penso che non lo sappia neanche lui."
"Va tutto bene, non- " iniziai, ma fui fermato da Zayn che alzò una mano.
"Per una volta Niall ha ragione," disse, "tu lo hai portato a trovarsi in questa situazione, quindi non dovresti aiutarlo?"
Harry sospirò e si voltò a guardarmi. "Vuoi una mano?"
Questo è stata, senza dubbio, una delle situazioni più imbarazzanti a cui avessi mai partecipato durante la gravidanza; era così dolorosamente ovvio che Harry non voleva aiutarmi, così scossi la testa, nonostante in realtà volessi dire di aver bisogno di aiuto. "No grazie, va bene così," dissi, forse un po' troppo stizzito.
Niall sospirò. "Si, certo, sei stato convincente. Vai ad aiutarlo, Harry."
"No, io- "
"Sei un terribile bugiardo, solo per fartelo sapere," mi interruppe dolcemente Liam.
Volevo lanciargli un'occhiataccia, ma tutto quello che ottenni fu un sospiro sconfitto. "Si, lo so."
"Quindi vuoi che ti aiuti?" Disse Harry con un debole sorriso.
"Io- beh, s- solo se non ti dispiace," mormorai, non volevo davvero costringerlo a fare qualcosa che non voleva.
"Non mi dispiace," disse prima di voltarsi e guardare ancora una volta i suoi amici, "Chiamatemi quando andate via, okay?"
"Si, certo," disse Zayn e gli diede una pacca sulla schiena.
"Ci vediamo più tardi, amico," disse Liam, mentre tutti e tre avevano iniziato ad allontanarsi.
"Buon divertimento," disse Niall alzando più volte le sopracciglia.
Una volta persi di vista, Harry si voltò di nuovo verso di me e sorrise. Un sorriso spontaneo sta volta. "Scusa," disse, "Hanno questa folle idea che noi due dovremmo uscire insieme per il bambino e altre cose. Basta ignorarli."
"Oh. Si, folle," dissi a disagio, puntando lo sguardo nel pavimento. I suoi amici avevano la folle idea che noi avremmo dovuto uscire più spesso ed andare d'accordo? Perciò lui non voleva farlo? Splendido. Il ragazzo aveva trascorso le ultime due settimane con me nonostante non avesse nemmeno voluto andare d'accordo.
"Non che io non voglia, ecco, essere amici," disse in fretta, come se mi avesse letto nel pensiero, "ne abbiamo già parlato l'ultima volta che siamo usciti, stai tranquillo."
"Si, grazie," mormorai, ma non riuscii ad evitare un sorriso.
"Evvai, stai sorridendo!" Esclamò, "Bene! Okay, quindi, hai bisogno di qualche vestito?”
“Oh, giusto,” dissi, scuotendo un po' la testa. Per un momento avevo dimenticato la ragione per cui mi trovavo lì.  “Tutti i vestiti che ho mostrano decisamente troppo la pancia, cosa che non voglio, perciò ho bisogno di magliette nuove e magari anche un paio di jeans se riuscissi a trovarli.”
“Che tipo di maglie? Tipo, t-shirt, camice con i bottoni, felpe, maglioni, o altro?”
“Sicuramente non camice con i bottoni,” dissi con una breve risata, “una o due felpe e un paio di maglioni, credo. Le magliette, ora che è inverno, non sono necessarie.”
“Si, potremmo ritornare qui non appena arriverà la primavera,” disse Harry con una piccola scrollata di spalle. Per lui era una semplice frase, mentre dentro il mio stomaco aveva fatto scoppiare un mucchio di farfalle. “Quindi, maglioni. Andiamo a cercarli,” aggiunse prima di voltarsi ed iniziare immediatamente a scrutare tutti i diversi scaffali.
Ci vollero almeno una ventina di minuti per raccogliere i vari vestiti e tante mie proteste - “No, non rosa,” “Niente polo,” “Niente che abbia la parola 'succoso' sopra,” “Questo no, vuoi farmi sembrare grasso?” “niente cose trasparenti,” “una camicia che lascia la pancia scoperta? Sei fuori di testa?” “questa no, niente con il colletto alla Dracula,” - prima che riuscissimo finalmente ad andare nei camerini. Harry si sedette su una sedia fuori dal camerino dove andai a provare almeno quindici maglie scelte da Harry. Le prima undici che avevo provato non andavano assolutamente bene, ma la dodicesima – un maglione bordeaux taglia XL con lo scollo a V – in realtà sembrava... accettabile. Si, sembrava accettabile.
“Non sento lamenti da un paio di minuti, hai trovato qualcosa che ti piace?” Risuonò la voce di Harry fuori dalla tenda.
“Si, penso di si,” dissi, cercando di riuscire a vedermi anche da dietro girando e rigirando il mio corpo.
“Ti dispiace se do un'occhiata?”
“Oh. Si, va bene, certo,” dissi lentamente, storcendo di nuovo il collo per vedere i miei muscoli contrarsi.
Aprì le tende con attenzione, come se avesse avuto paura di quello che avrebbe potuto vedere, prima di rendersi conto che non ci fosse nessun pericolo e le aprì quanto bastava per riuscire ad entrare. Smisi di allungare il collo per riuscire a vedermi meglio e invece guardai Harry, occupato a guardarmi da capo a piedi.
“Mi piace,” disse, dopo qualche istante.
“Si?”
“Si, sembri solo un po' grasso, ma non incinto.”
“Grazie?” dissi esitante, non del tutto sicuro se prenderlo come un complimento.
Lui sorrise. “Rilassati. Pensala così; sei in gravidanza di diciotto settimane, perciò se non ti sembri normale, pensa che sarebbe molto peggio se fossi veramente grasso.”
Decisi di ignorare quel commento e diedi un'ultima occhiata al mio riflesso.
“Quindi pensi che dovrei prenderla?” Chiesi poi.
Lui annuì.
“Okay,” dissi e cominciai a tirarmi su l'orlo del maglione. Harry non sembrò voler uscire dal camerino così tossii un po', “Harry? Potresti, ecco... uscire e permettermi di cambiarmi?”
“Oh, si, scusami,” disse in fretta, prima che sparisse dietro la tenda e mi lasciasse solo.
Non mi ci era voluto molto a provare il resto delle maglie e quando finalmente uscii dal camerino, avevo deciso di comprarne tre, il maglione bordeaux con lo scollo a V, un maglione grigio pesante e una semplice felpa nera. 
“Hai bisogno anche di un paio di jeans?” Mi chiese Harry una volta che avevamo rimesso a posto le maglie che non avrei comprato.
Gemetti e scossi la testa. “Avrei davvero bisogno di un paio, ma sono esausto, quindi dovrò risolvere il problema un'altra volta.”
“Sicuro?”
“Si,” dissi con fermezza, “L'unica cosa che voglio fare ora è pagare questi maglioni, andare a casa e stare sdraiato un'ora o due.”
Ci avvicinammo alla cassa e la nostra conversazione terminò per pochi minuti, mentre la cassiera passava tutti i maglioni ed io tiravo fuori il portafoglio per pagarli. Una volte che fummo usciti dal negozio, senza una destinazione precisa, Harry ricominciò a parlare.
“Vorrei, sai, pagare quei maglioni se tu vuoi,” disse, mentre stavamo passando davanti ad una panetteria.
“Cosa?” Dissi, guardandolo sorpreso.
“Se vuoi che io ti paghi quei maglioni-”
“Non ti permetterò di pagarmi i vestiti, Harry,” lo interruppi.
“Ti rendi conto che sono per metà responsabile anche delle spese aggiuntive che ti tocca fare, vero?”
Mi strinsi nelle spalle. “Non importa. E' un problema che devo affrontare io, non dovresti pagare anche tu per le mie scelte.”
“Abbiamo già parlato di questo,” disse sospirando, “Io non avrei voluto che tu abortissi, volevo tenerlo, quindi metà della resposabilità è davvero mia.”
“Non mi sarei mai aspettato che tu fossi cosi moralista,” sbottai prima di fermarmi.
“In che senso?”
“No, niente, lascia perdere, solo qualche... pregiudizio, ecco tutto,” dissi con un sorriso.
“Ah, intendi 'sei un calciatore perciò devi essere il solito coglione',” disse con tono divertito.
“Non il solito coglione,” mi difesi, “solo un brutto pregiudizio da parte mia, niente di più.”
“Va bene, va bene,” disse, sempre divertito, “sono serio, comunque; se hai bisogno di qualsiasi cosa – tipo cose materialiste – basta chiedere.”
Eravamo appena passati davanti ad un McDonald's e gli lanciai un piccolo sorriso. “Beh, visto che insisti tanto, puoi sempre prendermi un BigMac con le patatine fritte e una coca,” dissi.
Alzò le sopracciglia ed io abbassai la testa sentedo il rossore comparire sulle mie guance. “Se non ti dispiace,” dissi in fretta, “In questo caso, non è necessario che tu- “
“Rilassati, rilassati,” mi interruppe roteando gli occhi, “devi smetterla di essere così dannatamente insicuro di quello che dici, solo per fartelo sapere. E no, non mi dispiace, pensavo però che dovessi mangiare roba sana. Tipo insalate e carote.”
Feci un suono di disgusto, “Diventerai un buon marito per la tua donna incinta un giorno,” dissi, “e no, mangio quello che voglio, perché sono incinto e mi chiamano tutti i tipi di cibo. In questo momento, mi chiama un BigMac, patatine fritte e una coca cola.”
Lui sospirò, “Immagino quindi che mangerai un BigMac e delle patatine fritte allora,” disse mentre si voltava di novanta gradi per dirigersi al McDonald's.
“E una coca,” gli ricordai.
“E una coca.”
Dieci minuti più tardi eravamo seduti ad un tavolo, uno di fronte all'altro, con il mio BigMac menu davanti e Harry con-
“Un'insalata? Sul serio?” Dissi, con la bocca piena di hamburger.
Si strinse nelle spalle, ma sembrò soddisfatto quando guardò l'insalata davanti a lui. “Niente cibo spazzatura dal Lunedì al Venerdì,” disse, “regole del Coach.”
“Giusto, giusto. Continuo a dimenticare che giochi nella squadra di calcio,” dissi dopo aver deglutito il boccone, “Com'è?”
“Mi stai chiedendo informazioni sul calcio?” Chiese con le sopracciglia alzate.
“Beh, si,” dissi, con un po' di esitazione, “voglio dire, tu mi chiedi del bambino tutto il tempo ed il bambino è praticamente tutta la mia vita, come il calcio è tutta la tua vita. Più o meno.”
“Il bambino è un argomento che devo trattare, non credi?”
“No, se non vuoi,” mi strinsi nelle spalle.
“Beh, io voglio ed è per questo che ti chiedo di lui ogni volta,” disse e mi lanciò una rapida occhiata. “Perciò, come vanno ora le cose?”
Esitai un po', non del tutto sicuro se gli dovessi raccontare tutti i problemi o dovessi mentire. “Quale risposta vuoi?” Chiesi alla fine.
“La verità,” sembrava quasi preoccupato e mi sorrise ironicamente.
“Il bambino sta bene, se è di questo che sei preccupato,” dissi.
“E tu?” Chiese, dopo alcuni secondi di silenzio.
“Vuoi ancora che ti dica la verità?”
“Si.”
Sospirai e mi appoggiai allo schienale della sedia prima di iniziare a parlare. “Sono dannatamente stanco tutto il giorno, da quando mi sveglio la mattina, quando sono a scuola, durante il pranzo, quando torno a casa il pomeriggio e beh, praticamente tutto il tempo. E' sempre pià difficile nasconderlo a mia mamma e a Owen, mio fratello. Proprio prima che venissi qui oggi mi hanno chiesto il motivo del mio aumento di peso. Owen in particolare. Non sospetta niente di quello che sta succedendo realmente – o almeno così la penso io – ma sa che c'è qualcosa che non va. Spero solo che non dica niente a mia mamma perché sarebbe... un inferno, credimi. Loro non sanno nemmeno che sono gay e se venissero a scoprire che sono incinto? Sarebbe un disastro. Ormai non so più cosa rispondergli quando mi fanno domande perché inizia ad essere un po' ovvio che non è un semplice aumento di peso, non sono flaccido, o almeno penso... no, non lo so.”
Quando smisi di parlare, Harry mi guardava con le sopracciglia alzate e quello che sembrava essere divertimento.
“Scusami,” dissi, “Non volevo scaricare tutti i miei problemi su di te, hai altre cose a cui pensare.”
“Come ho già detto, i tuoi problemi sono per metà anche miei, quindi non preoccuparti.”
“Certo, però tu hai già molti altri problemi nella vita.”
“Non proprio,” disse, “sto vivendo una vita molto tranquilla, che tu ci creda o no.”
“Certo immagino,” dissi seccamente.
“Posso chiederti una cosa però? Non ha niente a che fare con te.”
Un po' colto di sorpresa, strinsi le labbra. “Si, certo.”
“Cosa ne pensi di Lauren?”
Dovetti metterci tutto l'impegno possibile per non alzare gli occhi al cielo. “Lauren? La tua ragazza?” Riuscii a dire con un tono neutro.
“Lei non è la mia ragazza, non ancora almeno, ma si, lei.”
“Io non la conosco,” dissi vagamente, “Perchè me lo chiedi?”
Si strinse nelle spalle e si morse il labbro a disagio, guardandomi. “Non c'è un motivo preciso. E' solo che Zayn e Liam continuano a ripetermi che è una troia e mi hanno praticamente sventolato la bandiera rossa davanti quando gli ho detto che volevo chiederle di essere la mia ragazza.”
“Oh, capisco,” rimasi un po' sorpreso da questa informazione improvvisa e non riuscii a pensare a qualcosa di più intelligente da dire. Spostai lo sguardo sul tavolo, deglutendo quando i miei occhi caddero sul cibo. Ed improvvisamente non mi sembrava pià così gustoso. Voleva chiedere a Lauren di essere la sua ragazza. La ragazza che mi aveva praticamente minacciato. Voleva chiederle di essere la sua ragazza. Si potrebbe dire che fossi un po' sconcertato, si. Giusto un po'.
“Louis, stai bene?”
Alzai gli occhi al suono della voce di Harry e sorrisi. Sorriso un po' forzato. “Sisi, alla grande,” dissi, forse con troppo entusiasmo.
Lui aggrottò la fronte. “Che c'è che non va?”
“Niente, niente,” dissi, agitando la mano.
Sospirò. “C'è chiaramente qualcosa che non va.”
“No, non è niente, tutto a posto,” insistetti.
“Louis, dai, dimmi.”
“Non è niente, va tutto bene, dico davvero.”
“Stai dicendo stronzate,” affermò, “Dimmelo.”
“Non è- “
“Si tratta di Lauren?”
Il mio sguardo cadde di nuovo sul tavolo automaticamente, e mi maledii interiormente per la mia scarsa capacità di riuscire a mentire. Sentii Harry sospirare.
“Quindi si tratta di Lauren,” disse, “saresti così gentile da dirmi se c'è qualcosa da sapere prima che le chieda di essere la mia ragazza?”
Era senz'altro una cattiva idea dirgli quello che mi aveva detto Lauren a pranzo quel giorno, ma come potevo non farlo mentre mi guardava in quel modo? Tutto disperato, implorante, carino e bellissimo e... ok, basta. “Probabilmente niente.” dissi.
“Se c'è qualcosa, mi farebbe piacere saperlo.”
Chiusi gli occhi per un momento, inviando una silenziosa preghiera alle potenze superiori lassù in alto, per poi parlare. “Solo qualcosa che è successo oggi a pranzo,” dissi, “lei è venuta al tavolo in cui ero seduto e... mi ha detto di stare lontano da te perché sei suo. Solo questo,” 'Solo quello che è necessario che tu conosca almeno' fu quello che non uscì dalla mia bocca.
“Lei... ti ha detto di stare lontano da me?”
“Si.”
“Oh,” disse semplicemente mentre masticava un pezzo di pomodoro, “mi dispiace.”
“No, è tutto a posto.”
“Sicuro?”
“Sicuro.”
“Perciò pensi che dovrei ancora chiederle di essere la mia ragazza?”
“Certo, se è quello che vuoi,” dissi, ignorando la vocina nella parte inferiore della mia testa che protestava come se non ci fosse un domani.
“Credo che lo farò, allora,” disse con un piccolo sorriso soddisfatto, “mi manca avere una ragazza.”
“Comprensibile, suppongo. Per quello che ne sappia.”
“Non hai mai avuto una ragazza?” Alzai le sopracciglia e lui sorrise scusandosi, “Scusami, non hai mai avuto un ragazzo?”
“Nè una ragazza, né un ragazzo, solo rapporti con entrambi, uno dei quali mi ha messo incinto,” dissi scuotendo la testa, chiedendomi perché stessi condividendo questi dettagli imbarazzanti della mia vita personale con un ragazzo quasi sconosciuto. Okay, forse non proprio uno sconosciuto, ma quasi.
Lui sorrise ironicamente. “Mi dispiace per quello. Probabilmente avrei pensato ad usare il preservativo se fossi stato stato almeno un po' consapevole di quello che stessi facendo.”
Prima di tutto se fossi stato cosciente non mi avresti scopato. “Io ero cosciente, ma non immaginavo di poter rimanere incinto perciò non mi sono preoccupato di un preservativo in quel momento,” dissi sobriamete.
“Ci sono comunque le malattie, sai.”
“Ehi, anche se ero cosciente, ero anche ubriaco.”
Sorrise debolmente, ma non disse nient'altro. “Ehi, a proposito,” disse dopo due o tre minuti di silenzio, “hai detto di aver avuto rapporti con due persone, ma io non ero stato il primo? O è successo dopo di me?”
Scossi la testa. “No, è successo prima, tipo un anno e mezzo fa ed è stato con una ragazza, quindi... sono abbastanza sicuro che il bambino non sia suo.”
“Credevo fossi gay.”
“In qualche modo ho dovuto scoprirlo, no?”
Non disse più nulla e mangiammo il resto del nostro pranzo in silenzio. Quando finimmo, ci alzammo dai nostri posti, buttammo via la spazzatura e uscimmo fuori dal McDonald's.
“Dovrei chiamare gli altri,” disse Harry una volta lontani dall'odore di hamburger e olio per friggere.
“Io dovrei tornare a casa,” dissi rapidamente per evitare incontri più imbarazzanti con Liam, Niall e Zayn.
“Si, va bene. Ma... ci vediamo nell'ufficio del medico martedi prossimo ,giusto?”
Annuii. “Si.”
“Conosceremo il sesso del bambino quindi,” disse, sorridendo ampiamente.
“Lo so,” dissi, contorcendomi un po', “sto cercando di non essere troppo esaltato.”
“Bene. Beh, io devo andare quindi... ciao.”
“Ciao.”
E così rimasi lì, a guardare la sua schiena mentre si stava allontanando, lasciandomi lì con un sacchetto pieno di vestiti in mano a pensare che quel giorno si era trasformato in qualcosa che non mi sarei mai aspettato.



Occhio a me!

Non ho assolutamente tempo di scrivere altro, perciò commenterò tutto quello che sta succedendo in un altro capitolo.
State diventando tantissimi e sono davvero felicissima di questo! Grazie mille a tutti ragazzi, davvero! Perdonate tutti gli errori che sicuramente ci saranno, appena avrò un minimo di tempo ricontrollerò il capitolo e lo metterò a posto!
Un bacione a tutte quante le mie lettrici e lettori (Se ci sono :P) e a presto con l'undicesimo capitolo!

Giulia.

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Capitolo 11
*** I don't know about you, but i'm kinda nervous here. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
_____________
 
Capitolo 11



Non so te, ma io sono un po' nervoso.

Le due settimane a venire passarono in una sfocatura di sonno, compiti, e con mamma che mi aveva consigliato di iniziare a fare qualche esercizio. A parte questo, erano state abbastanza calme e poco interessanti a parte l'essere continuamente tormentato da Owen per il mio peso. Avevo visto Lauren e Harry una volta mentre stavo facendo una passeggiata, ma per fortuna, Harry non mi aveva visto. Lauren si, però, e anche se non mi si era avvicinata, mi aveva lanciato uno sguardo sprezzante, qualcosa che mi aveva portato a pensare che Harry le avesse chiesto di essere la sua ragazza. Non riuscivo ad ammetterlo, ma per essere totalmente onesto, mi ero preso una bella cotta per un ragazzo etero che era evidentemente innamorato di qualcun altro. Una ragazza tra l'altro che gli avrebbe potuto dare tante cose che io non avrei mai potuto dargli. Tutto sommato i quattordici giorni passati che dividevano  la giornata di shopping con Harry e il martedì del controllo dal medico erano stati abbastanza noiosi.

Martedì 25 Gennaio
Diciannove settimane e un giorno


“E' bello vedervi di nuovo qui entrambi,” disse il dottor Hayes una volta che io e Harry entrammo nel suo ufficio e chiudemmo la porta.
Harry era arrivato appena in tempo, quel giorno, esattamente quando il Dr. Hayes aveva aperto la porta del suo ufficio per chiamarmi, Harry era spuntato dalla porta di ingresso con la neve a coprire i capelli ricci e le guance rosse fiammeggianti a causa del vento gelido fuori. Era bellissimo, però. Certo che lo era.
“Avete delle domande o possiamo iniziare?” Chiese mentre Harry aveva preso i nostri cappotti e li aveva appoggiati su un attaccapanni accanto alla porta.
“Penso che possiamo iniziare subito,” dissi con un'occhiata interrogativa verso Harry per vedere se lui avesse qualcosa da dire.
Con mia grande sorpresa, si. “Mi stavo chiedendo,” iniziò, un po' esitante, “con l'adozione e il resto, come funziona?”
Spostai lo sguardo verso il basso. Non mi piaceva pensare a quella parte di tutta questa situazione. Quel bambino sarebbe stato dentro di me per altri cinque mesi, e portarlo dentro di me per così tanto tempo per poi darlo via era un pensiero piuttosto deprimente.
“Harry, possiamo per favore parlare di questo... un'altra volta?” dissi, quasi supplichevole, prima che il Dr. Hayes avesse avuto il tempo per rispondere.
“Oh, si certo, scusa,” disse rivolgendomi uno sguardo di scusa.
La stanza rimase in silenzio per un paio di secondi prima che il Dr. Hayes parlasse di nuovo. “Okay, se nessuno di voi ha altre domande, puoi salire sulla bilancia, Louis,” disse.
Non dissi nulla, ma feci direttamente quello che mi aveva detto e poi sospirai quando la lancetta della bilancia segnò settantadue chili e uno.
“Quanto peserò al nono mese?” chiesi una volta seduto di nuovo nella sedia accanto a Harry.
Il dottore sii sedette a sua volta e mi rispose mentre scarabocchiò qualcosa su un foglio di carta davanti a lei. “E' diverso da persona a persona, quindi è difficile dirlo esattamente, ma a giudicare dal tuo peso iniziale e dalla tua altezza, direi intorno agli ottanta chili, più o meno.”
“Ottanta chili?” Gemetti, lasciando cadere la mia mascella.
“Rilassati,” disse Harry e posò una mano sul mio ginocchio, “Sei incinto, ricordi? Incinto, non grasso.”
“Lo so, lo so,” mormorai, cercando di ignorare la sensazione di formicolio scoppiata là, dove la mano di Harry era poggiata sulla mia gamba.
“Okay, bene, dovremmo passare all'ecografia ora,” disse il Dr. Hayes e interruppe altri commenti miei o di Harry che avremmo potuto aggiungere alla nostra conversazione.
“Credo che significhi che debba alzarmi e togliermi la camicia,” dissi.
“Non sembri molto contento, ma si.”
Sospirai, ma mi alzai.
“Si, dai, spogliati,” disse Harry con un sorriso.
Bloccai la mia lingua che fremeva per rispondergli mentre mi sfilavo il maglione e lo gettavo sulla sedia su cui ero seduto.
“E' sicura al cento per cento che sapremo il sesso del bambino ora?” Chiese Harry mentre si alzava e si avvicinava alla sedia più vicina al tavolo degli esami.
“Non direi proprio il cento per cento, più un novanta per cento,” rispose il dottore mentre spingeva una serie di pulsanti della macchina per riuscire ad accenderla, “Louis, vieni a sdraiarti qui, come al solito,” aggiunse e fece un cenno verso il tavolo degli esami.
Feci come mi aveva detto e saltai sul tavolo tenendo gli occhi puntati sul piccolo monitor dove sapevo di lì a poco avrei visto le foto del mio bambino. Il gel, del quale ormai mi ero abituato, era schizzato sul mio stomaco e feci una smorfia a contatto con il fresco.
“Stai bene?” Chiese Harry non appena il dottore aveva iniziato a spostare il trasduttore sulla mia pancia.
“Si, perché?” Chiesi.
Si strinse nelle spalle. “Non so te, ma io sono un po' nervoso.”
“Lo sei?” Chiesi, un po' sorpreso.
“Che tu ci creda o no, si. E se dovessimo scoprire che è un ermafrodita... o qualcosa del genere? E se avesse improvvisamente due teste o tre piedi? Considerando le circostanze, non mi stupirei se ci fosse qualcosa di sbagliato con lui. Voglio dire, noi non sappiamo nemmeno com' è fatto, perché non può essere fatto di due cose uguali no?”
“Sperma, Harry,” dissi, cercando di trattenere una risata divertita, “E speriamo solo che non sia deformato, ok? Sarà già segnato a vita se mai scoprirà da dove è venuto.”
“Bene,” disse il Dr Hayes lentamente prima che Harry avesse potuto rispondere e, quando voltai la testa per guardarla, vidi un sorriso sul suo volto. “Probabilmente si dovrebbe smettere di chiamarlo 'cosa' ed iniziare a dargli del 'lui'.”
Rimasi qualche secondo a guardarla, completamente sbalordito, ma poi il mio cervello si ricollegò alla bocca ed io la continuai a guardare con gli occhi spalancati. “E'... è un maschio?” Chiesi emozionato.
Lei annuii e sorrise prima a me, poi a Harry. “E' un maschietto. Complimenti.”
Voltai di nuovo la testa e guardai Harry, che mi stava guardando a sua volta con un sorriso e gli occhi che brillavano di grande felicità.
“Sto – voglio dire stiamo – cioè -” Balbettai, non completamente sicuro di quali fossero le parole adatte.
“Stiamo per avere un maschio,” Mi interruppe Harry con un sorriso dolce, “Un maschietto.”
Sorrisi. “E' quello che volevamo avere no?” dissi, “un maschietto... un amico, un calciatore.”
“Beh, come hai detto tu, finché è sano va bene.”
“Ed è un maschietto perfettamente sano,” affermò il dr Hayes.
“Un bambino perfettamente sano,” ripetei quasi in un sussurro, “Merda.”
“Questa sarà una bella cosa da dirgli no? Che quando hai scoperto il suo sesso, hai detto 'merda',” dichiarò Harry.
“E' un bel ricordo.” Ribattei.
“Certo, certo.”
Poi, all'improvviso mi ricordai che nessuno di noi due sarebbe stato in grado di dirglielo. Noi non saremmo stati in grado di dirgli niente. Non appena sarebbe nato, lo avrebbero portato via da me, tolto ad entrambi, e probabilmente non lo avremmo rivisto mai più.
“Credo che abbiamo visto abbastanza.” mormorai.
“Cosa?” Disse Harry confuso. Poi lanciò un rapido sguardo al mio viso e il suo sorriso vacillò. “Ehi, ehi, che c'è che non va?” Chiese, sembrando sinceramente preoccupato.
Mi sentivo già emotivamente instabile e le mie parole vennero fuori dalla mia bocca senza che io provassi nemmeno a fermarle. “E' solo che... non potremmo mai dirgli niente. Nascerà da me, ma poi sarà cresciuto da altre persone e non saprà mai chi siamo in realtà noi due. Non saprà mai delle sue origini... un po' insolite e non saremo mai soddisfatti di lui. Lo porteranno via da me appena sarà nato ed io odio pensarci. Lo odio così tanto.”
Finii il discorso con un profondo singhiozzo e Harry si sporse in avanti per prendere una delle mie mani tra le sue. Era molto più piccola rispetto alle sue, ma non ci feci molto caso in quel momento. La mia attenzione si concentrò sul fatto che Harry mi stesse effettivamente tenendo la mano e che il suo viso era a pochi centimetri dal mio. 
“Se non vuoi darlo in adozione, allora non farlo,” disse, “sta a te decidere se vuoi darlo via o meno e se deciderai di tenerlo, io sarò lì per te, okay?”
Scossi la testa debolmente. “Non è così facile,” dissi, “E la scuola? Che dire di mia mamma e di mio fratello? E la tua famiglia, i tuoi amici e la tua ragazza? E il resto delle persone di questa città? E l'università? Nessuno di noi due è pronto ad avere un figlio, Harry, e non stiamo insieme. E' tutto una cazzata.”
“Ci sono bambini che crescono con i genitori separati, sai,” disse dolcemente, “e non ho detto che sarà facile, ti stavo solo dicendo che se tu decidessi di non darlo in adozione, io non ti abbandonerei.”
Sorrisi tristemente. “Sei un bravo ragazzo ed io lo apprezzo, ma...” mi spensi e scossi la testa, “non funzionerà mai.”
“Beh, è sempre un'opzione, almeno da parte mia. Basta saperlo.”
Inghiottii la saliva ed annuii. “Grazie.”
Venti minuti più tardi eravamo sulla via del ritorno, fuori dall'edificio, entrambi in silenzio e persi nei nostri pensieri. O almeno sembrava che Harry fosse perso nei suoi pensieri a giudicare dallo sguardo vuoto puntato a terra. Io per primo avevo effettivamente, follemente e abbastanza stupidamente iniziato a considerare la possibilità di tenere il bambino. Tenerlo, crescerlo, arrivare a conoscerlo, e tutto il resto. Era completamente folle e spericolato, e avrebbe causato più problemi di quelli che avrebbe risolto, ma... il bambino non era più 'esso', era un 'lui' e questo rendeva tutta l'intera situazione molto più reale di quanto lo sembrasse un'ora prima.
“Tutto bene?” Chiese Harry dopo essersi fermato sul marciapiede al di fuori dell'edificio da cui eravamo appena usciti.
Feci spallucce. “Non lo so. Forse.”
“Stai considerando di tenerlo, vero?” Disse con un sorriso che adornava gli angoli della sua bocca.
“Sto cercando di non farlo,” dissi con un lamento, “perchè so di non potere, ma... è un piccolo maschietto, Harry, ho un piccolo maschietto dentro il mio stomaco,” continuai, premendo sul mio stomaco con prudenza, “e non mi piace l'idea che qualche altra persona lo cresca.”
Harry mi guardò senza dire niente e gemetti di nuovo.
“Scusa, sto sembrando completamente pazzo, vero?”
“No, non sembri pazzo,” disse con un sospiro, “Nemmeno a me piace.”
“Davvero?”
“Si, voglio dire, non ho il bambino dentro di me, ma è per metà mio e non mi piace l'idea di altre persone che lo crescano. Non voglio questo.”
Annuii solamente, sapendo che stavamo camminando su un territorio pericoloso con questa conversazione.
“Hai ancora un paio di mesi per decidere comunque,” disse chiaramente, quando divenne chiaro che non avevo intenzione di aprir bocca.
“Si, fortunatamente,” dissi.
“Mm.”
Rimanemmo lì in silenzio per un momento. 
“Hai qualcosa da fare adesso?” Chiese Harry.
“Oh. No, stavo pensando di tornare a casa e riposare un po',” dissi, felice per il cambiamento di argomento. “Tu?”
“Solo andare a casa.”
“Bene, bene.”
“Mm.” Mi guardò insicuro, come se ci fosse qualcosa che volesse dirmi, ed io lo guardai dubbiamente.
“Che c'è?”
“No, stavo solo pensando che... beh, sai, tu stai andando a casa come me, quindi stavo pensando che forse ti piacerebbe passare il tempo facendo altro?”
Sorrisi al suo nervosismo mal nascosto e cercai di nascondere il fatto che le mie interiora stessero facendo una danza della felicità. 
“Si, va bene,” dissi, “se non devi trascorrere del tempo con Lauren, ovviamente.”
“Se dovessi passare del tempo con Lauren non te l'avrei chiesto,” disse, il nervosismo rimpiazzato da un ghigno divertito che mi fece arrossire incredibilmente.
“Giusto,” borbottai, imprecando per la mia stupidità.
“Quindi, casa mia o casa tua?” Chiese, ed io fui felice che non si soffermò troppo sul mio ovvio imbarazzo.
“Casa tua è molto grande, in più mia mamma e mio fratello entreranno e usciranno dalla mia stanza tutto il giorno e-”
“Quindi pensi che dovremmo andare a casa mia?” Mi interruppe.
Mi morsi le labbra. “Se non ti dispiace,” dissi esitante.
“Niente affatto,” disse con un gesto della mano che indicava di seguirlo. Divenne presto chiaro che stavamo andando in direzione del piccolo parcheggio e venti secondi dopo, quando si fermò di fronte alla stessa Wolkswagen nera, capii di aver ragione. Mi riportò a casa sua, dopo l'ultimo appuntamento di tre settimane fa.
“Stamattina ero piuttosto pigro, quindi ho preso la macchina,” disse con un sorriso imbarazzato, interpretando correttamente il mio sopracciglio alzato.
Sorrisi leggermente mentre ci sedavamo in macchina, lui sul lato del guidatore e io sul lato del passeggero.
“Per cosa stai sorridendo?” Chiese mentre si piegava per allacciare la cintura di sicurezza.
“Niente, solo... non lo so, trovo divertente come le persone atletiche siano le più pigre quando si tratta di percorrere lunghe distanze,” dissi con un'alzata di spalle.
“Non è ovvia la spiegazione?” Disse inserendo la chiave nell'accensione, per far partire il motore.
“Lo è?”
“Si, noi atleti, così come tu la metti eloquentemente, spendiamo tutte le nostre energie allenandoci tutto il tempo, quindi ovviamente non vogliamo sprecare quel poco di energia che ci rimane camminando, okay?”
“Quindi mi stai dicendo che consumi così tanta energia allenandoti da non averne più per fare le cose di tutti i giorni come camminare?”
“Esattamente.”
“E' una filosofia orribile.”
“Questo è quello che mi aveva detto mia mamma quando le dissi che non avevo abbastanza energia per spostarmi dal soggiorno la scorsa settimana.”
La nostra piccola discussione continuò tipo per il resto del breve percorso in macchina verso casa di Harry, continuò quando uscimmo dalla macchina e continuò fino a quando entrammo nell'entrata della sala, e l'intero discorso finì con un “Va bene, siamo d'accordo di essere in disaccordo.”
“Non credo che ci sia qualcuno a casa,” disse Harry mentre camminava per casa, “vuoi qualcosa da mangiare o da bere?” Aggiunse mentre entrava in una enorme cucina.
“No, sto bene,” dissi.
Con mia sorpresa – e lieve offesa – sbuffò e mi guardò scetticamente con le sopracciglia alzate. “Non vuoi niente?”
Incrociai le braccia al petto. “No, non voglio niente.”
“Sei un bugiardo terribile, lo sai,” disse, mentre rovistava all'interno di un grande frigo, che era completamente pieno di cibo che appariva così succulento.
“Perchè pensi che voglia qualcosa?” dissi, cercando di apparire offeso e acido, anche se finì per uscire un mezzo broncio con gli occhi stretti.
“Perchè sei incinto e le persone in gravidanza desiderano sempre qualcosa,” disse semplicemente.
“Forse io no, forse io sono unico.”
“In primo luogo, il fatto che tu sia incinto ti rende già unico, non credi?” 
Schioccai la lingua fortemente e continuai a guardarlo ad occhi stretti, ma senza dire niente.
Fece spallucce. “Beh, io voglio qualcosa da mangiare, quindi farò un po' di pasta alla carbonara,” disse ed iniziò a tirare fuori dal frigo svariate cose. “Sei sicuro che non vuoi qualcosa?”
Gemetti dentro al solo pensiero della pasta. Dio. Pasta.
“Non mi guarderai come se fossi un maiale, vero?” Chiesi, guardandolo sospettosamente.
“Sai, sei incredibilmente lontano dall'essere deriso per il fatto di essere gay,” disse, “ma no, non ti guarderò come se fossi un maiale.”
“Non sono gay,” mi difesi, “non te ne saresti mai accorto se non te l'avessi detto io.”
“Va bene, non sei gay. Quindi, vuoi un po' di pasta o no?”
“Si, grazie,” dissi sconfitto.
Scoprii che Harry cucinava meglio di me. Non che questo dica molto; ero un buon cuoco, riuscivo a friggere uova e bacon, a fare un mac e formaggio e cose di base del genere senza bruciare niente, ma non sarei mai stato in grado di fare la pasta nel modo in cui lo aveva fatto Harry.
“Sposami Harry,” dissi mentre assaggiavo il primo boccone di pasta. Poi desiderai schiaffeggiarmi da solo per la scelta sbagliata di parole. “Scusa, non intendevo dire quello,” aggiunsi velocemente, “volevo dire- sai, questa pasta è davvero buona. La tua futura moglie non dovrà cucinare, quindi... c'è una nuova svolta per il vecchio stereotipo, suppongo.”
Sorrise solo al mio vago imbarazzo. “Sono contento che ti piaccia,” fu tutto quello che disse.
Finii la mia porzione in tempo da record e arrossii furiosamente quando realizzai che Harry era ancora a metà del suo piatto. In modo da non sembrare un maiale più di quanto già sembrassi, poggiai la forchetta e spinsi il mio piatto un po' in là, per segnalare di aver appena mangiato. Forse era un po' più evidente di quanto sperassi, visto che avevo mangiato il mio ultimo boccone di pasta un paio di minuti fa.
Harry sbuffò. “Hai ancora fame, vero?” Chiese.
Lo guardai a bocca aperta. “No!”
“E invece si,” disse con un alzata di spalle, “dai, dammi il tuo piatto,” aggiunse e prese in mano il suo.
“Non ho ancora fame,” dissi fermamente, “ho appena mangiato un intero piatto di pasta, davvero fantastica comunque, e sono completamente, al cento per cento pieno e- come fai a saperlo?”
Rise e afferrò il piatto che gli porsi. “Sembra che tu abbia ancora fare,” disse mentre metteva altro cibo nel mio piatto.
Lo guardai, sentendomi un po' in imbarazzo. “Come fai a leggermi come se fossi un libro aperto? E' imbarazzante,” brontolai.
"Rilassati, è solo che stavi guardando il mio piatto, così ho immaginato che ne volessi ancora un po'.”
“Oh, grazie allora.”
“Nessun problema.”
Quindici minuti più tardi, avevamo entrambi finito di mangiare ed io ero davvero pieno. Fin troppo. Ma tenni la bocca chiusa, non c'era bisogno che Harry pensasse che fossi un piagnucolone, oltre al fatto di essere un maiale e uno scherzo della natura.
Lavammo in fretta i piatti, nel frattempo riuscii a versare metà bottiglia di sapone sul pavimento, e dopo crollai sul letto incredibilmente comodo di Harry, come l'ultima volta che ero stato lì.
“Sto per addormentarmi di nuovo, sai,” dissi. 
E' davvero così comodo il mio letto?”
Sospirai contento della mia posizione, schiena appoggiata su una montagna di cuscini e le gambe stese.
“Non hai idea.”
“Mm. Oh, bene. Ehi posso farti una domanda? Potrebbe tenerti sveglio.”
“Dovrà essere una bella domanda,” dissi, “ma certo, spara.”
“Non voglio sembrare un completo stronzo, ma come mai sei sempre così solo?”
Sbattei velocemente gli occhi. Non del tutto sicuro su cosa dire, aprii e chiusi la bocca un paio di volte, prima che uscisse qualsiasi parola.
“I- io credo perchè non ho davvero, sai, nessuno con cui stare,” dissi esitante.
“Non hai nessun...?” Minimizzò, rifiutandosi di dire cosa davvero stesse pensando.
“Amici? No, nessuno oltre Eleanor, e lei non è nella nostra stessa scuola quindi... beh, questo significa che sono solo.”
Cercai di sembrare il più indifferente possibile, ma ancora una volta, Harry riuscì a vedermi dentro.
“Non ti piace.” Era un affermazione, non una domanda.
“Cosa vuoi dire?”
“Ti rende triste,” disse, “essere così solo.”
“Ovvio che non mi piaccia,” dissi con una risata priva di senso dell'umorismo, “a nessuno piace essere solo tutto il tempo. Non alla maggior parte delle persone, almeno.”
“Allora perchè non... sai, ti fai qualche amico?” Chiese, sembrando confuso.
Ovviamente doveva essere confuso. Lui era circondato da persone tutto il tempo, un mucchio di persone che volevano essere suoi amici, non aveva avuto esperienze o conoscenze per capire che non tutto era così semplice.
“Perchè le persone non vogliono stare con me,” dissi semplicemente.
“Ma- “
“Lascia perdere, Harry,” dissi con un sorriso stanco, “è così da anni e mi ci sono abituato. Comunque fra sei mesi finirò il liceo, quindi non importa.”
“Si beh, è deprimente vederti seduto tutto il tempo da solo, ogni giorno.”
“Tu... tu mi stavi guardando?” Chiesi, sentendo crescere un sentimento di felicità dentro.
Roteò gli occhi. “Non interpretarlo in maniera diversa, noto un sacco di persone.”
Ed ecco quanto era durata la mia momentanea gioia.
“Si,” dissi giocando nervosamente con le mie mani.
“Cosa c'è che non va?”
“Mm?”
“Sembri triste. Che succede?”
“Niente.”
Lui aprì la bocca, ovviamente per protestare, ma continuai a parlare, prima che riprendesse a farlo.
“Posso farti una domanda?”
Gesticolò con le mani come per dire tipo 'certo, qualsiasi cosa'.
“Okay, te l'ho già chiesto due volte, ma siamo stati interrotti prima di ricevere una risposta ogni volta, quindi volevo... chiedertelo di nuovo,” dissi, l'ultima parte un po' esitante. “Sei gay?”
Proprio come aveva fatto la prima e la seconda volta che glielo chiesi, il suo corpo si pietrificò e vidi la sua mascella contrarsi.
“Perchè sei così insistente nel ricevere una risposta riguardo questo?” Chiese dopo un po' di esitazione.
Alzai le spalle, sentendomi in difficoltà. “Non è un po'... ovvio?”
“Capisco quella parte, ma perchè sei così curioso di saperlo? E anche se dicessi di essere gay, mi faresti rompere con Lauren, così che tu possa subito metterti con me?” Il suo tono era stranamente duro e quello mi ferì più delle sue parole.
“Io- no! Certo che no,” mi sollevai un po', “ero solo curioso perchè- “
“Si si, ho capito,” sbraitò incurante, guardandomi con rabbia, “beh, non sono gay. Non lo sono, quindi le tue fantasie possono finire adesso.”
Boccheggiai. “Le mie fantasie?” Dissi incredulo, “Harry ricordi quando mi chiedesti se il fatto che tu fossi un' atleta, significasse automaticamente che saresti dovuto essere un coglione e al quale io risposi di no? Beh, ho cambiato idea. Sei un coglione. Un emerito coglione. E sai un'altra cosa? Potrei non aver nessun amico, ma se questo implica trascorrere del tempo con persone come te, piuttosto preferisco rimanere da solo.”
Mentre parlavo, mi alzai dal letto e mi ritrovai in piedi al fianco di Harry, guardandolo mentre era ancora seduto nella stessa posizione, che continuava ad osservarmi sempre con sguardo infuriato.
Scossi la testa sorridendo, privo di umorismo. “Davvero non so cosa, su questa terra, stessi pensando quando ho creduto che noi due forse avremmo potuto essere amici. Questo è quello in cui ho sperato, vero? Sono, e lo sarò per sempre, il ragazzo gay senza amici e senza- ow!”
Devo fottutamente smettere di agitarmi. Fu il primo pensiero che mi venne in mente, quando il familiare dolore acuto attraversò il mio addome. Mi avvolsi le braccia attorno allo stomaco per cercare di alleviare il dolore in qualche modo, ma ovviamente fu inutile. Le mie gambe si rifiutarono di farmi stare in piedi, e caddi a terra, ancora stringendo il mio stomaco.
Sentii Harry alzarsi dal letto e un paio di secondi dopo, era seduto accanto a me sul pavimento.
“Cosa succede?” Chiese, tutta la sua rabbia nella voce scomparsa e immediatamente sostituita da preoccupazione. 
“Fa male,” ansimai prima che il mio intero corpo si piegasse, e caddi di lato, quasi sdraiato sul grembo di Harry. Se non fossi stato impegnato sul fatto di voler sbarazzarmi dei dolori, mi sarei sentito incredibilmente imbarazzato.
“Va bene, cosa devo fare?” Chiese, ovviamente cercando di rimanere calmo, con una delle sue mani poggiata su una mia spalla e l'altra a giocare piano con i miei capelli.
“Niente,” soffiai fuori, afferrando la mia maglietta il più stretto possibile, per prevenire la fuori uscita di qualche suono potenzialmente imbarazzante. “Passerà.”
Le contrazioni – se è questo quello che erano – continuarono a lacerarmi, ma a differenza della prima volta che era accaduto, il dolore diminuì gradualmente. Cinque minuti più tardi, si arrestarono completamente e con esitazione, cercai di spostare le mie mani dalla pancia.
“Si è fermato?” Chiese Harry, con ancora le sue mani fra i miei capelli, accarezzandoli dolcemente.
“Si, è a posto adesso,” dissi tentando di alzarmi, ma Harry mi spinse di nuovo a terra.
“Non credo dovresti muoverti subito,” disse.
Girai la testa, guardando direttamente verso di lui, incontrando il suo sguardo. Mi guardò preoccupato, davvero preocuppato, e quello sguardo scombussolò qualcosa dentro di me. Il desiderio di alzare la mano e di toccare la sua faccia era irrefrenabile, ma non avevo dimenticato la discussione che avevamo avuto poco prima che io crollassi, e di mostrare qualsiasi forma di affetto proprio adesso, sarebbe stato probabilmente sbagliato. In realtà sarebbe stato sbagliato in qualsiasi momento quando si tratta di Harry.
“Posso sedermi, è tutto a posto,” dissi, cercando ancora una volta di ritornare alla mia posizione precedente.
“Non voglio che tu ti muova,” disse fermamente, “potresti fargli male. O farti male, e non voglio che succeda niente a nessuno dei due.”
“Stavamo litigando meno di dieci minuti fa, Harry, non dovrei essere... stretto sul tuo grembo ora,” dissi, “in questo momento non dovrei nemmeno essere incollato su di te, potrei farmi qualche fantasia.”
Sospirò e mi sorrise triste, mentre continuava a giocare con i miei capelli. Era bravo a giocare con i capelli, notai.
“Sono davvero dispiaciuto per quello,” disse, “è stato davvero inappropriato e si, sono un coglione. Mi hai solo fatto una semplice domanda e ti ho aggredito, scusami. L'intera storia-gay è diventata un argomento dolente negli ultimi giorni, e credo di essere... scoppiato.”
“Un argomento dolente? In che modo?” Chiesi, dimenticando di essere arrabbiato con lui.
“Liam e Zayn sono costantemente su di me, insistendo con questa storia, sul fatto che loro stanno aspettando il giorno in cui uscirò dall'armadio o qualcosa del genere e Niall scoppia a ridere ogni volta che loro lo fanno, come se fosse tutto un gioco. E Lauren... ogni volta, anche solo se nomino qualche ragazzo, inizia ad impazzire e cazzo, è estenuante!”
Non ero di aiuto, ma sorrisi un po', per la disperata espressione sul suo volto.
“E' da un paio di giorni che va avanti?” Chiesi.
“Si.”
“Come mai?”
Sospirò e si morse le labbra, come se fosse nervoso di quello che aveva detto.
“Credo... di aver parlato un bel po' di te ultimamente, con i ragazzi e con Lauren, e anche del bambino con loro, e penso che abbiano pensato che io abbia parlato troppo di te e mi hanno anche accusato di estraniarmi e di guardarti durante il pranzo e- “
“Probabilmente dovresti smetterla, o inizierò a fantasticare,” dissi. La mia voce era limpida e scherzosa, ma al di sotto dannatamente seria.
“Scusa,” borbottò, “ma si, adesso tutti, compresa la mia ragazza, al quale ho provato la mia eterosessualità più di una volta, pensa che io sia gay.”
“Okay, grazie, non credo di aver bisogno di altri dettagli riguardo questo,” dissi, muovendo un po' la mano per far capire di aver afferrato il concetto. Non avevo davvero bisogno di sentir parlare della vita sessuale di Harry e Lauren; era abbastanza doloroso sapere che ne avessero una.
“Non intendevo quello, pervertito,” grugnì e mi colpì la spalla, “intendevo che le ho chiesto di essere la mia ragazza, la bacio e beh si, le altre cose che hai detto, ma... la amo e non so cos'altro posso fare per dimostrarle che sono etero.”
“Beh, potrei offrirti di picchiarmi nei corridoi a scuola e chiamarmi frocio di fronte a lei, ma con il bambino e il resto non credo sia una buona idea,” dissi con una risata priva di umorismo.
“Non ti colpirei mai e non ti chiamerei mai frocio,” disse, “bambino o no.”
“No, ma vorresti chiamarmi idiota e scompigliarmi i capelli, apparentemente.”
“Mm si,” mormorò, “non dire a Lauren che ti ho detto questo perchè mi ucciderebbe, ma tu hai i capelli più morbidi dei suoi.”
“Grazie,” dissi sorridendogli, “e tu non dire a Lauren di questo perchè mi ucciderebbe, ma il suo ragazzo è troppo buono per lei.”
Ciò che volevo dire era oltre la mia comprensione, perchè nessuno di noi due, attualmente, aveva bisogno di altre ragioni per sentirsi in imbarazzo l'uno vicino all'altro. Fortunatamente, nonostante questo, non iniziò a gridare di nuovo e non si mise nemmeno a ridere. Mi osservò solamente per un po', mentre la sua mano giocava ancora con i miei capelli e alla fine un sorriso apparve sul suo viso.
“Grazie,” disse.
Ricambiai il sorriso un secondo prima di sbattere gli occhi un paio di volte, scendendo dalla mia nuvola rosa.
“Sto bene adesso, posso alzarmi di nuovo,” dissi.
“No, resta un- un altro po',” disse.
Alzai le sopracciglia in modo curioso e arrossii un po'.
“Perchè... vuoi che resti qui?” Chiesi esitante.
“Non c'è un motivo,” rispose apparendo un po' inquieto.
“Harry,” iniziai mordendomi le labbra nervosamente, “sai, non... ti giudicherò o altro, non importa quello che mi dici. Non lo dirò a nessuno, se è questo quello che ti preoccupa.”
Come se avessi qualcuno a cui dirlo.
“Non dirmi che vuoi parlare dell'argomento 'gay' di nuovo,” disse con un piccolo grugnito.
“No, non necessariamente,” dissi velocemente, non volendo che iniziasse a gridare di nuovo, “solo, sai, se c'è qualcos'altro.”
“Poi ho Lauren, Niall, Liam e Zayn.”
Cercai di fare il mio meglio per non essere offeso da queste parole.
“Si, va bene,” dissi con un vago sorriso, “beh, anche I- io sono qui, se... vuoi tuoi... non lo so, comunque,” aggiunsi balbettando un po'. “In pratica sei l'unico con cui posso parlare apertamente in questi giorni, quindi... si, non so.”
Mi sorride forzatamente e riprese a giocare con i miei capelli. Non avevo nemmeno notato che si fosse fermato prima.
“Ti ringrazio,” disse semplicemente.
Mormorai in risposta e la successiva ora e mezza rimanemmo nella stessa posizione finchè non mi addormentai, con la testa appoggiata sul suo grembo. Quando mi svegliai di nuovo, ero sdraiato sul letto di Harry, con lui addormentato al mio fianco.



HI FELLAS!

Qui è Ana che vi parla, l'altra ragazza che ha intenzione  di tradurre questa meravigliosa, perfetta, unica e chi più ne ha ne metta, benedetta storia. L'ho finita di leggere nel giro di pochi giorni perchè non ce la facevo più ad aspettare. Quindi, adesso mi dedicherò a tradurla insieme a Giulia (e non la ringrazierò mai abbastanza per avermi fatto conoscere questa storia).
Sottolineo il fatto che è la prima volta che traduco una storia in questo modo, quindi se ci sono errori madornali, perdonatemi immensamente.
Un bacio a tutte e a presto,

Ana.

ANGOLINO ANCHE PER ME

Ana è decisamente molto più veloce di me a tradurre i capitoli e, se questo ha tardato così tanto, è solo per colpa della mia lentezza a ricontrollare gli errori e a riuscire a pubblicarlo. Scusatemi!
Come la mia nuova collaboratrice ringrazia me per averle fatto conoscere la storia, allo stesso tempo io la ringrazio per essersi offerta ad aiutarmi a tradurla perchè avevo davvero bisogno di aiuto con tutti gli impegni che ho in questo periodo.
Su Whatsapp Ana mi ha detto di aggiungere I ringraziamenti a me per averle ricontrollato il capitolo, ma no, non c'è assolutamente bisogno. Io la devo ringraziare per l'impegno che si è presa ad aiutarmi e basta. Tradurre in due è decisamente meglio. E comunque, nonostante le mie correzioni, la sua prima traduzione è in ogni caso molto ma molto meglio della mia. Perciò ci vogliono tantissimi complimenti per lei perchè se li merita tutti.
Bene, quindi ci sentiamo nel prossimo capitolo gente, grazie mille per le recensioni (come sempre) e per tutte le visite, siete davvero in tantissime! Mi raccomando MI FIDO DI VOI: lasciate anche qualche recensione in questo primo capitolo di Ana, si merita tutti i complimenti. Non per forza qualcosa di lungo ed elaborato, anche solo un parere :)
Un bacione a tutti,

Giulia.

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Capitolo 12
*** You're gonna be the death of me, Harry Styles. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
___________________
 
Capitolo 12



Tu sarai la mia morte, Harry Styles.

 
Cadde un sacco di neve in un weekend della fine di Gennaio, ma, tipico dell'Inghilterra, ci mise molto tempo a sciogliersi completamente.  Sfortunatamente, arrivò il freddo prima che si sciogliesse del tutto, perciò si gelò e significò strade gelate. Io ero sempre me stesso e continuavo ad essere incinto, ed ero sinceramente preoccupato di cadere e di fare del male al bambino quando la mattina camminavo verso scuola, quindi finii per camminare così lentamente e così attentamente da arrivare in ritardo più o meno tutti i giorni alla prima lezione.
L'intera settimana era stata noiosa e stressante, riempita con compiti e notti in bianco. Molto spesso mi svegliavo nel mezzo della notte a causa dei calci del bambino, e senza contare quanto fosse fastidioso, finivo sempre per parlargli con tono rassicurante, qualche volta anche cantando, prima che smettesse. Quando la mattina dopo mi svegliavo, mi sentivo un completo idiota, ma tuttavia lo continuai a fare, notte dopo notte, e ad un certo punto era diventata una routine.
L'ultima volta che io e Harry eravamo andati dal dottore, avevo dimenticato di fissare un altro appuntamento, perciò dovetti chiamare il Dr. Hayes e chiederle quando sarei dovuto andare di nuovo. Mi segnò per Giovedi 9 Febbraio alle quattro e mezza, e pensai che probabilmente avrei dovuto dirlo ad Harry nel caso sarebbe voluto venire. E questo è il motivo per cui, il giorno dopo dell'appuntamento, mi ritrovai a camminare vicino al tavolo della mensa in cui Harry, Liam, Niall, Zayn e Lauren erano seduti.

Martedì  8 Febbraio
Ventuno settimane e un giorno


Non mi sentivo tanto nervoso quanto l'ultima volta in cui avevo dovuto avere una conversazione in quel tavolo, ritornando ai bei vecchi giorni quando avevo bisogno di parlare con Harry per dirgli che fossi incinto. Perfino ad un paio di metri di distanza, vidi Niall, Liam e Zayn mandare a Lauren piccole e irritate occhiate, ed io non avrei potuto saperlo, ma mi chiesi se lei si comportasse come una troia quando era con Harry ed il resto del gruppo. Se fosse così, non potevo fare altro che chiedermi per quale motivo Harry la volesse intorno. Nella mia mente non c'erano dubbi sul fatto che ci dovesse essere qualcosa di più, oltre al fatto che lei avesse un bel viso; a giudicare da quello che Liam e Zayn mi avevano detto su Harry, e dalla mia impressione di lui, non sembrava il tipo di ragazzo da mettersi con una ragazza solo per il suo aspetto esteriore.
E comunque, cosa ne sapevo io, giusto?
Quando arrivai vicino al tavolo, tossii un po' per attirare l'attenzione di Harry. Liam e Zayn alzarono lo sguardo e le loro espressioni irritate si tramutarono in un sorriso e Niall fece un segno. Lauren, d'altra parte, non sembrava troppo felice. Va a capire. Non disse niente, ma notai il braccio che fece scivolare attorno alla vita di Harry in modo possessivo e l'occhiata altezzosa che mi lanciò. Spostai i lo sguardo verso Harry, aspettandomi di ricevere un saluto amichevole da lui. Ma con mia sorpresa, mi guardò solo per pochi secondi e ignorò la mia presenza prima di concentrarsi di nuovo sul suo pranzo.
Un po' preso alla sprovvista dal suo scarso interesse per la mia presenza, mi morsi il labbro. “Harry?” dissi insicuro, “Posso parlarti un secondo?”
“No,” disse in risposta, tagliente e freddo, e senza guardarmi.
Il mio cuore smise di battere e guardai il pavimento per un attimo. “Perchè no?”
“Perchè ho detto di no.”
“Harry, ma che diavolo?” Sibilò Zayn.
Deglutii e mi sforzai di sorridere a Liam e a Niall che stavano entrambi lanciando uno sguardo furioso in direzione di Harry. “Va tutto bene, non è importante,” dissi prima di, senza ricevere risposta, indietreggiare ed allontanarmi, mordendo l'interno delle mie guance.
Perchè aveva reagito così? Gli avevo fatto qualcosa? Era arrabbiato per qualcosa che avevo fatto prima di Natale, quando mi ero addormentato con la testa sul suo grembo? Mentre camminavo lungo i corridoi verso Il mio armadietto, sospirai. E' stato stupido cercare di parlargli così, avrei dovuto mandargli un messaggio e pargliargli dell'appuntamento. Ma comunque, non potevamo considerarci amici ormai? Conoscenti almeno, e amici barra conoscenti implicherebbe di parlare l'uno con l'altro, giusto? Apparentemente non nel mondo di Harry. Lui non sarebbe dovuto essere così scortese, penso; se non voleva parlare con me, avrebbe potuto solo dirmi questo con un sorriso invece di trattarmi come se avessi fatto qualcosa per offenderlo.
Forse aveva davvero a che fare con le coccole sul suo grembo.
Il resto della giornata di scuola passò piuttosto velocemente e, come sempre, camminai verso casa da solo con passi lenti, per essere sicuro di non scivolare sul ghiaccio prima della fine della giornata. Questo probabilmente era qualcosa che avrei dovuto chiedere al Dr. Hayes domani; come fare con le strade scivolose. Non potevo continuare a camminare come un pensionato per i prossimi due mesi o più. C'era solo Owen quando tornai a casa e mi rivolse solo un veloce, “Hey”, prima di prestare di nuovo la sua attenzione alla TV dove stavano trasmettendo un episodio dei Simpson.
Ero totalmente esausto, come sempre, e visto che per una volta non avevo compiti, mi stesi sul mio letto il secondo dopo essere entrato nella mia stanza. Il materasso sembrava divinamente comodo e sospirai contento, pensando che se possibile, mi sarebbe piaciuto restare sul letto fino a quando il bambino non fosse uscito da me. Mi rigirai nel letto per un po' di secondi, cercando di essere comodo, prima di finire steso sul mio fianco, come facevo normalmente in quegli ultimi giorni. Circa una settimana prima realizzai che fosse la posizioni più comoda infatti, sul fianco con un braccio sotto la testa e l'altro posato sopra la mia pancia. Stavo diventando troppo grosso per riuscire a dormire sulla schiena e, ovviamente, stare steso sulla pancia non era un'opzione possibile. Non passarono molti minuti prima di essere sovrastato dal sonno, ma proprio mentre stavo per varcare il mondo dei sogni, fui svegliato dai familiari calci del bambino.
“Tu ami tanto calciare, vero?” Mormorai con un singhiozzo, ancora mezzo addormentato, accarezzando la mia pancia dolcemente, “Specialmente quando voglio dormire. No, solo quando voglio dormire, ultimamente. Comunque so che sei ancora vivo e probabilmente forte e sano almeno. Mi chiedo se hai ereditato tutti questi calci dal tuo papà. Lui da molti calci, gioca a calcio e tutto il resto.” Sospirai ancora quando Harry entrò nei miei pensieri. “Spero che non diventerai come lui,” dissi monotono, “E' stato uno stupido con me oggi ed io non so davvero perchè. Fa un po' schifo, sai... come- no, io-”
Dei colpi alla porta mi interruppero e stavo per dire, “Entra” quando la porta si aprì. Pensavo fosse Owen a bussare e stavo per urlargli di uscire, ma poi una oh- così familiare testa di capelli ricci apparve dalla porta ed i miei occhi si spalancarono dalla sorpresa.
“Ciao,” disse Harry, sembrando un po' nervoso, mentre passava attraverso la porta prima di chiudersela alle spalle.
“Ciao,” dissi, troppo sorpreso per riuscire a dire qualsiasi altra cosa.
La stanza divenne silenziosa ed io rimasi nella stessa, goffa, posizione. Il bambino stava continuando a calciare come un matto, ed iniziava a fare male un po', e feci il mio meglio per calmarlo con lente ed attente carazze con la mano.
Inutile dirlo, senza successo.
“Io volevo solo scusarmi,” disse alla fine Harry, agitando nervosamente le mani lungo I suoi fianchi.
Sbattei le palpebre. “Aha. Per...?”
“Il modo in cui ti ho trattato oggi,” rispose mentre camminava verso il mio letto e si sedeva vicino ai miei piedi.
“Perchè lo hai fatto?” Chiesi, girando la testa in modo da riuscire a guardarlo negli occhi. Volevo essere arrabbiato con lui, ma per qualche ragione non riuscivo ad esserlo.
“E' solo che... Lauren e il resto,” disse, guardandomi con un'espressione nervosa, “A lei davvero non piace che io e te siamo amici.”
“Oh. Non le hai detto  che noi siamo... ecco, solo amici e niente di più?” Chiesi, sentendomi un po' inquieto.
“Si, tipo un milione di volte,” disse con un sospiro esasperato, “Non vuole credermi.”
“Perciò hai deciso che essere uno stronzo con me è il miglior modo per dimostrarglielo?”
“Scusami, è stato stupido, lo so.”
Sospirai, ma poi gli rivolsi un sorriso. “Sono troppo stanco per essere arrabbiato con te, perciò sei perdonato. Ma per favore non farlo di nuovo. Se non vuoi che io ti parli quando siamo a scuola, basta dirmelo ora e ti lascerò in pace.”
“No, non è questo,” disse in fretta. Rimase in silenzio per un momento, ed aggrottò le sopracciglia, “E' solo che... beh, io- okay, mi sentirò un completo stronzo dopo aver detto questo, ma forse potremmo non, tipo, interagire tra di noi quando siamo in pubblico? E' che non voglio litigare con Lauren.”
“Si, no, certo, nessun problema,” dissi sprezzante, le mie parole in netto contrasto con i miei pensieri e la ferita nel mio petto.
Lui mi guardò preoccupato per un paio di secondi prima di pronunciare un tranquillo, “mi dispiace.”
“Va bene, davvero, non preoccuparti,” dissi con un sorriso forzato. Il bambino continuava a calciare – davvero, per quanto tempo riusciva a farlo? - e stava iniziando ad essere seriamente insopportabile. Senza pensare al fatto che Harry fosse seduto a meno di due metri da me, tenni lo sguardo fisso sulla mia pancia e sospirai esausto. “Perchè non smetti di calciarmi, piccolo?” dissi, “Sta iniziando a fare male.”
“Cosa?” Sentii dire da Harry, suonando un po' confuso. Spostai il mio sguardo e trovai lui a fissarmi sconcertato per un paio di secondi prima di capire a chi mi riferissi. “Oh, giusto,” concordò.
Non riuscii ad evitare una breve risata. “Cosa... hai pensato che io, steso qui, ti stessi chiamando 'piccolo'?”
“Non si sa mai.”
“Beh, posso assicurarti che ogni volta che mi sentirai chiamare qualcuno 'piccolo', sarà quasi certamente il bambino, non tu,” dissi con un sorriso storto.
“Hm, buono a saperlo,” mormorò, “Perciò... sta calciando?”
“Si, per tutto il tempo, soprattutto quando voglio dormire,” dissi con uno sbadiglio e mi girai sulla schiena per riuscire a vedere meglio Harry. “Non smetterà fino a quando non parlerò con lui per un po'. Sta diventando abbastanza irritante svegliarsi nel mezzo della notte e dover parlare al mio stomaco della mia giornata.”
“Forse lui vuole solo sentire la tua voce.”
“Difficile dirlo; le conversazioni tendono ad essere un po' unilaterali,” dissi secco.
Lui rise e strisciò un po' quando si sedette appoggiando la schiena contro il muro.
“Si, capisco. Che significano tutti questi calci comunque?”
Scrollai le spalle. “Non lo so. Prima che tu entrassi gli stavo parlando di- “ mi fermai, volendomi dare uno schiaffo per la mancanza di connessione tra il mio cervello e la bocca.
“Gli stavi parlando di...?” si spense Harry, alzando le sopracciglia interrogativamente.
Mi girai sul fianco di nuovo, sentendo le mie guance diventare rosa. “Niente, niente. Io stavo solo... no, niente.”
“Lou, dai,” si lamentò, dando una leggera gomitata ai miei piedi, “Voglio sapere di cosa parli con mio figlio.”
Era la prima volta che lo sentivo chiamare il bambino 'mio figlio' e mi fece crollare più di ogni altra cosa. “Gli stavo dicendo solo che... forse lui ha ereditato tutti questi calci da te, visto che... sai, giochi a calcio e il resto,” dissi, o forse 'balbettai' era molto più adatto.
“Aw,” sussurrò Harry, con un ghigno sul viso, “Gli stavi parlando di me.”
“Era solo un pensiero fugace,” mormorai, “Non volevo insinuare nulla.”
“Beh, perchè no? Sarebbe bello se si rivelerà essere un buon calciatore, non credi?”
“Non mi piace nemmeno il calcio, Harry, quindi non mi interessa,” dissi, un po' divertito, “E se lui si rivelerà essere un buon calciatore, nessuno di noi lo saprà comunque.”
Il suo sorriso vacillò velocemente, e lui annuì lentamente. “Si, giusto,” disse, suonando un po' pensieroso.
Il pensiero che avevo appena espresso sembrò turbare me tanto quanto lui, ma provai a tirare un po' su l'umore comunque, sorridendogli e dandogli un piccolo colpo nel braccio con il mio piede. “Tu avrai un altro figlio un giorno che potrai torturare per diventare un buon calciatore,” dissi.
“Si, ma- non, non lo so, è un po' diverso con questo bambino, giusto?” Disse con un piccolo sorriso che gli adornava il viso.
“Io, beh- si,” dissi con una piccola risatina, “Lui è stato concepito ad una festa da due genitori maschi che erano entrambi ubriachi e dei quali uno solo gay,” alzai le sopracciglia in sua direzione, “Perciò si, è un po' diverso con questo bambino.”
“Non intendevo questo,” disse mentre si passava lentamente le dita in mezzo ai capelli, “Non so te, ma lui è il mio primo figlio.”
“Si, lo so,” dissi, increspando appena le labbra, “Ma se lasciamo da parte il fatto che io sono un ragazzo, la nostra situazione non è poi così insolita. Tante persone rimangono incinta quando non sono pronte e piuttosto di abortire, scelgono di darlo in adozione – succede tante volte.”
“Lo so, ma...” sussurrò ed esitò per poco prima di aprire di nuovo bocca. “Sto iniziando a chiedermi se sia meglio abortire alla fine.”
I miei occhi si spalancarono. “C-cosa?” balbettai, “Harry, non posso- non voglio sbarazzarmi di lui, non posso farlo. Se non vuoi avere niente a che fare con lui o con me, va assolutamente bene, ma non voglio ucciderlo. Non voglio.” Inconsapevolmente strinsi la presa attorno alla mia pancia mentre parlavo, o forse consapevolmente; un tentativo di proteggere il bambino da un possibile pericolo che in realtà non si trovava lì.
“No, no, non è perchè non voglio avere niente a che fare con lui o con te,” disse pizzicandosi il ponte del naso, “E' solo che non mi- piace- pensare a questo, Louis. Lui nascerà e noi lo abbracceremo per cinque minuti e dopo sarà portato via da noi e non lo vedremo più. Vuoi davvero questo?”
Deglutii. No, era ovvio che non lo volessi, ma quale altre possibilità avevo? “No, ma non voglio nemmeno che lui muoia,” dissi, forzando di mantenere la voce calma, “E comunque, puoi smettere di dire 'noi'.”
“Cosa?”
“Puoi smettere di dire 'noi' visto che non stiamo avendo questo bambino insieme.”
Mi guardò, un espressione interdetta sul viso. “Non lo.. siamo?”
Gemetti. “Harry, per l'amor di Dio, se è questo il modo in cui parli di me a Lauren, pensi davvero che sia strano che lei sia gelosa?”
“Non parlo di questo con Lauren,” disse, “Non posso dirle che sei incinto, no?”
“No, ma è già abbastanza grave il fatto che tu mi abbia messo incinto, okay? Se tu mi stai intorno, trattandomi come se fossi il tuo ragazzo beh-”
“Ti sto trattando come se fossi il mio ragazzo?”
“Non lo so, non lo so,” sospirai, “Il punto è che tu mi hai messo incinto per un incidente e non voglio incolparti, ma in secondo luogo hai infilato il tuo cazzo nel mio culo-” arrossii furiosamente alle mie parole rozze. “-la tua parte in questa... cosa è finita.”
“Lo hai deciso ora questo, o cosa?”
“Cosa?”
“Quando hai improvvisamente deciso che io non posso fare parte di questo?”
“Non l'ho deciso improvvisamente, è solo che... è meglio così.”
“Perchè? Non capisco.”
“Q-questo rovinerà la tua relazione con Lauren.”
Mi guardò con ovvia incredulità. “Da quando ti interessa della mia relazione con Lauren?”
“Da quando- non lo so, ma non voglio distruggere niente tra voi due.”
“Lou,” sospirò, sfregandosi la fronte, “Tutto questo non ha senso. Cosa signica?”
“Te l'ho già detto, è-”
“Lo so, ti ho ascoltato,” mi interruppe, “Cosa ne dici di riprovare a spiegarmelo? Questa volta magari dicendo tutta la verità.”
Stavo per protestare di nuovo, ma il suo sguardo mi aveva fatto capire che non potevo più mentire. Aprii e chiusi la bocca più volte prima di gemere ad alta voce. “Come fai a leggermi sempre – sempre – come se fossi un libro aperto?”
“Forse sei solo facile da leggere,” mi disse con un sorriso.
“Si, forse,” brontolai.
“Quindi...?”
Mi puntellai sui gomiti e lo guardai per un paio di secondi, considerando la situazione, prima di rispondere, “Sta diventando un po' confuso, okay?”
“Che cosa?”
“Avere... te intorno per tutto il tempo, mi sta... incasinando la testa.”
Aggrottò le sopracciglia. “Perchè?”
“I-io non sono abituato ad avere persone intorno tutto il tempo, ecco tutto,” dissi e, beh, non era una completa bugia.
“Oh. Ma-”
“Guarda, è tutto okay,” lo interruppi, “sono solo incinto e... gli sbalzi d'umore. Ignorami.”
“Sei sicuro?” Chiese, “se vuoi che me ne vada, non c'è problema.”
“No, no,” dissi, forse con un po' troppo entusiasmo, “Va bene, ti voglio intorno.”
Un sorriso trovò di nuovo la strada sul suo viso. “Si?”
“Si.”
“Hm, okay quindi,” disse, sembrando contento, “Ora che abbiamo risolto questo, di cosa dovevi parlarmi oggi a scuola?”
Sbattei gli occhi, non capendo a cosa si riferisse per un paio di secondi prima di ricordare. “Oh, giusto, quello,” dissi, grattandomi la nuca, “Ho solo pensato di dirti che andrò dal dottore domani per un nuovo appuntamento.”
“Aha,” disse, sorridendo debolmente, “E vuoi che io venga con te?”
“Solo se vuoi,” dissi e scrollai leggermente le spalle per cercare di apparire più menefreghista di quanto lo fossi veramente.
“Bene. A che ora?”
“Quattro e mezza.”
“Oh,” disse, sembrando pieno di scuse, “Ho un appuntamento con Lauren alle quattro, scusami.”
“Va bene, non era necessario che venissi, ho solo pensato che fosse giusto dirtelo in caso volessi venire, ma va bene, starò bene,” Ma starei meglio con te lì, annuii con la testa.
“Mi dispiace,” disse di nuovo, e sembrava veramente dispiaciuto.
“Non preoccuparti,” dissi e gli rivolsi un piccolo sorriso, “E' un normale controllo comunque, niente di interessante.”
“La prossima volta verrò con te, lo prometto.”
“Va bene, Harry, non preoccuparti.”
Restammo entrambi zitti per un paio di minuti, ma Harry continuava a guardarmi come se avesse qualcosa da dirmi. Dopo qualche secondo aprì la bocca e parlò di nuovo.
“Posso farti una... domanda spiacevole?” disse.
“Dipende,” dissi, alzando le sopracciglia, “Quanto spiacevole?”
“Molto spiacevole.”
Alzai le sopracciglia insieme e dissi, un po' esitante, “Okay, spara.”
“Quello che voglio dire è, come farai per- voglio dire, farlo... nascere?” Chiese, contorcendosi in evidente disagio.
Feci una smorfia e mi spostai leggermente da dove ero seduto. La stessa domanda era passata anche nella mia mente più di una volta, ma l'avevo sempre allontanata in pochi secondi. Per quanto ne sapessi, c'era solo un'opzione ovvero quella di aprirmi la pancia e tirarmi fuori il bambino. Quanto suonava disgustoso? Beh, era abbastanza normale fare uscire i bambini eseguendo un taglio cesareo, ma l'idea sembrava ancora piuttosto disgustosa nella mia mente.
“Suppongo che tu non voglia farlo normalmente,” aggiunse lui quando non risposi.
Non riuscii a non ridere, nonostante l'immagine scolpita nella mia testa. “No, dubito visto che non ho, sai, una vagina,” dissi.
“Beh, no, ma-”
“Non ho intenzione di fare uscire un bambino dal culo inoltre,” dissi, continuando a ridere.
Lui fece una smorfia offesa per pochi secondi, ma poi venne sostituita da un sorriso. “Si, posso capire. Quindi eseguiranno un taglio cesareo?”
“Probabilmente,” dissi, “Posso chiederlo al dottore domani.”
“Puoi aspettare la prossima volta? Anche io... voglio saperlo.”
“Posso semplicemente dirti quello che mi dirà.”
“Beh, si, ma voglio sentire anche io.”
Lo guardai interrogativo. “Okay. Perchè?”
Alzò le spalle. “Non lo so. Ho solo pensato che potrei essere, sai, sarebbe bello essere lì nella stanza quando... lui nascerà, ecco-”
“Cosa?”
“Cosa?”
“Cosa?”
“Huh?”
Lo guardai a bocca aperta, tutto ad un tratto incredulo. “Tu vuoi essere lì, nella stanza insanguinata, quando io sarò grasso e disgustoso e probabilmente suderò come un maiale e mentre loro mi taglieranno per farlo uscire?”
“Avevo pensato di si, sempre che tu voglia,” disse con uno sbuffo.
“Preferirei che tu... stessi a casa e aspettassi una mia chiamata,” dissi a disagio.
“Cosa? No! Voglio essere lì, se non nella stessa stanza, almeno nell'ospedale,” protestò, sembrando un bambino che vuole un nuovo gioco.
“Perchè, Harry? Sarà disgustoso ed io piangerò e- no, non penso tu voglia vedere questo.”
“Si, ma io- sarà l'unica occasione per abbracciarlo.”
Battei le palpebre, preso in quello che aveva detto, e poi mi accigliai, perché okay, non avevo pensato a quello. “Mi dispiace, non ci avevo pensato,” mormorai.
“Si. Quindi, posso almeno essere in ospedale?”
“Certo,” sospirai, “Non sono sicuro di come... arriverò all'ospedale comunque,” aggiunsi, ora un po' pensieroso.
“Cosa intendi?”
“Beh, non posso guidare da solo quando dovrò andare all'ospedale e, a parte te, nessuno è a conoscenza della mia situazione.”
“Liam, Zayn e Niall lo sanno,” disse con un alzata di spalle.
“Si, ma non chiamerò loro per chiedergli di portarmi all'ospedale.”
“Allora chiami me e ti porterò io.”
“Non ti dispiace?”
“Se l'alternativa è che tu e il bambino muoriate, penso che farei bene ad accompagnarvi,” disse sobriamente, “Prima di dare inizio ad una discussione: non mi dispiace, mi piacerebbe essere lì quando succederà comunque, perciò... si, va bene.”
Esitai un po', ma poi annuii, pensando che non avessi poi così tante altre opzioni. “Si, va bene. Grazie.”
Lui sorrise brillantemente. “Ottimo! Okay, visto che siamo in tema di domande, ti dispiace se ti faccio un'altra domanda?”
“Vai avanti,”
“Alla fine dirai a tua madre e a tuo fratello di questo?”
Questo era qualcosa che mi aveva occupato la mente per tutto il tempo; ogni volta, seduto al tavolo da pranzo con loro, Owen lanciava un'occhiata alla mia pancia, ogni giorno mamma mi accennava il fatto che dovessi iniziare ad allenarmi. Praticamente tutte le volte che vedevo uno di loro. Sapevo che non sarei riuscito a nascondere la verità per molto tempo ancora, presto sarebbe stato evidente che non stessi solo ingrassando, e poi?
“Non lo so,” dissi alla fine.
Lui guardò il mio stomaco per qualche minuto, sembrando essere perso in pensieri profondi, prima di ritornare indietro e incontrare il mio sguardo. “So che quello che sto per dire potrebbe essere sconvolgente per una persona in gravidanza, ma... stai iniziando a diventare un po' grande, quindi per quanto tempo ancora pensi di essere in grado di nasconderlo?”
I miei gomiti iniziarono a fare male per trattenere su il peso del mio corpo e mi lasciai cadere sul cuscino lasciando uscire un sospiro. “Lo so, ma te l'ho già detto, Harry, la mia famiglia non sa nemmeno che sono gay, quindi come posso pensare di dirgli che sono in gravidanza?”
“Non lo so, Lou, non lo so,” disse Harry impotente con una scrollata di spalle, “Ma dovrai dirglielo prima o poi.”
“Si, ne sono consapevole,” borbottai.
Cademmo entrambi in un silenzio tranquillo e dopo di che caddi in una profonda riflessione su cosa fare in merito a mamma e Owen. Harry aveva ragione ed aveva solo detto ad alta voce quello che da giorni avevo pensato più di una volta nell'ultimo paio di settimane: non sarei stato in grado di nascondere la mia pancia ancora per molto. Ero più che a metà della gravidanza e tra uno o due mesi, non sarei più riuscito a nasconderlo a nessuno, soprattutto non alle persone che condividevano la casa con me, non importava quanti vestiti avrei indossato.
Fui trascinato fuori dal mio treno di pensieri, piuttosto brutalmente, quando improvvisamente sentii il bambino iniziare di nuovo a calciare.
“Oh, per l'amor di Dio,” borbottai, strisciandomi stanco una mano sulla faccia.
“Cosa?” Disse Harry dall'altra parte del letto.
“Sta di nuovo calciando,” risposi, incominciando di nuovo ad accarezzarmi lo stomaco, “Perchè non smetti di calciare? Trovi divertente sentirmi lamentare, o cosa?”
“Posso provare io?” Chiese Harry ed alzai di nuovo lo sguardo.
“A fare cosa?”
“Sai, provare a farlo smettere di calciare,” rispose con un'alzata di spalle.
“Oh,” dissi, un po' perplesso, “si, certo.”
Il suo volto si illuminò, si avvicinò immediatamente al letto per poi stendersi sul fianco accanto a me, appoggiato su un gomito. “Okay, come devo fare?” Chiese, guardandomi con troppo desiderio, prendendo in considerazione la situazione.
“Non lo so, provaci,” dissi, un po' distratto  dalla vicinanza tra i nostri visi. Avrei potuto inclinarmi di qualche centimetro ora ed i nostri nasi si sarebbero toccati e- no, non era una buona idea.
“Si, ma cosa fai in genere per calmarlo?”
“Non lo so, mi accarezzo lo stamaco e gli parlo.”
“Quindi vuoi che ti accarezzi la pancia come se fossi un cane?”
“Hey, sei stato tu ad offrirti di voler provare a farlo smettere di calciare,” dissi in mia difesa.
“Giusto, va bene,” disse, alzando la mano goffamente e fermandosi a qualche centimetro sopra la mia pancia. “Posso...?” Si spense interrogativo.
Si, si, ti prego, ti prego, ti prego! “Sicuro.”
Abbassò la mano e la lasciò riposare sul mio ombelico per un paio di secondi prima di iniziarla a muovere lentamente in dolci cerchi. Non so se fosse a causa di Harry o del suo modo di toccarmi, non ne ero sicuro, ma presto sentii tutto il mio corpo rilassarsi sotto il suo tocco. Dopo un minuto o due, Harry lasciò cadere la testa sul cuscino accanto a me ed il mio respiro restò bloccato in gola per un breve secondo quando sentii il suo, caldo sul collo. Non sembrava accorgersi di quanto fossimo vicini o del mio improvviso nervosismo quando cominciò a parlare.
“Probabilmente dovresti smettere di calciare il tuo papà, piccolo bimbo,” mormorò dolcemente, continuando a muovere la mano circolarmente. Sorrisi leggermente, non sicuro di cosa pensare di quella situazione, ma non dissi niente mentre aspettavo che continuasse. “Lui è la tua unica risorsa di vita in questo momento, quindi penso che dovresti iniziare a trattarlo meglio. Lui è anche un bravo ragazzo e non merita di essere calciato nella pancia costantemente. Non che non sia un bene che tu sappia calciare, perché lo è; potresti giocare a calcio – come me – o iniziare a fare karate o taekwondo, o qualcosa del genere. Ma sarebbe meglio se aspettassi a fare pratica fino a che, sai, non sarai più nella pancia del tuo papà. Non penso che tu voglia fargli ancora più male di quanto già gliene faccio io, perciò lascia perdere almeno un po' le arti marziali, va bene? Per favore?”
“Pensi che lui ti darà ascolto perché gli hai chiesto per favore?” Mormorai stanco con un sorriso, trattenendomi per non lasciarmi uscire un, “Aww.”
Girò la testa per guardarmi ed io deglutii di nuovo realizzando quanto fossimo vicini. Praticamente non c'era nessuna distanza, e se prima Harry non l'aveva notato, ora ero sicuro l'avesse fatto.
“Non so cosa abbia ascoltato o cosa no, come faccio a saperlo? Mi conviene provare e in caso fallire,” rispose con un ampio sorriso.
“Penso che lui abbia apprezzato il 'per favore',” dissi, “Ha smesso di calciare.”
“Davvero?”
Annuii e il suo sorriso tornò ancora più luminoso.
“Devo essere un sussurratore di bambini!”
Avrei voluto ridere, ma ero troppo stanco per farlo, così optai per un sorriso e un borbottato, “Si, sono sicuro che tu lo sia.”
“Stanco?” Chiese.
“Terribilmente. Stavo per addormentarmi quando sei arrivato, perciò sono in ritardo con la mia agenda.”
“La tua agenda?” Ridacchiò.
“Non sto mentendo.”
“Va bene, va bene,” disse e si alzò in un lento e fluido movimento, “Me ne vado e ti lascio dormire.”
“Puoi restare se vuoi,” sbottai e, okay, forse era arrivato il momento di collegare la bocca al cervello.
“Cosa? Vuoi che resti a guardarti dormire?” disse, “E' un sintomo che hai sviluppato con la gravidanza o ti è sempre piaciuto?”
“Oh mio Dio,” gemetti prima di girarmi di nuovo sul fianco e seppellire il mio viso, che ero sicuro fosse colorato di una sfumatura di rosa, nel cuscino, “Non intendevo questo,” dissi, con le parole smorzate.
“Lo so,” Lo sentii dire, con un sorriso nella voce, “E' solo che è incredibilmente divertente prenderti in giro; ti imbarazzi per niente.”
Alzai di nuovo la testa e lo guardai, pronto a protestare, ma poi arrivai alla conclusione che probabilmente aveva ragione, e il mio sguardo furioso si trasformò in uno di sconfitta. “Si,” dissi solo.
“Beh, non starò qui a guardarti dormire,” disse con un sorriso storto, “Ho un po' di cose da fare.”
“Si, va bene.”
Mi lanciò una strana occhiata. “Sembri triste,” mormorò.
Ecco ancora una volta il fastidioso libro aperto. “Non mi piace stare da solo,” mentii.
“Vorrei restare, ma ho davvero bisogno di fare alcune cose.”
“Va bene, Harry,” dissi, gesticolando con la mano, “Non devi fingere di sentirti in colpa.”
“Ma io mi sento in colpa, lasciando il mio bambino non ancora nato così,” disse con un singhiozzo drammatico.
“Vai,” dissi sbuffando.
“Va bene, va bene,” disse, “Ma prima siediti.”
“Perchè?” Mi lamentai, “Sono stanco.”
“Fallo e basta.”
Roteando gli occhi e sussurrando un basso 'prepotente', feci come mi aveva detto nonostante la mia poca convinzione. “Sono così grasso che ho bisogno di usare le braccia per riuscire a sedermi,” borbottai una volta metà in verticale, “Quindi, per quale motivo c'è stato bisogno che mi sedessi?”
La risposta arrivò in forma delle sue bracce avvolte intorno a me in un delicato abbraccio. Per un po' di secondi rimasi così sorpreso da rimanere fermo, a fissare il muro sopra la spalla di Harry, ma poi il mio corpo ritornò in vita e, anche se un po' nervoso, misi le braccia intorno al suo collo ricambiando l'abbraccio. Era solo un semplice abbraccio, ma sentivo il mio sangue scorrere attraverso le orecchie, il mio cuore battere molto più velocemente rispetto al solito contro la cassa toracica e respirai tremante, inalando il profumo delicato del suo shampoo.
“E' buono il tuo profumo,” mormorò, come se mi avesse letto nella mente, prima di – con mio grande disappunto – sciogliere l'abbraccio.
“Grazie, ma per cos'era?” Chiesi stupidamente dopo una breve pausa.
“Gli amici non posso abbracciarsi?”
“Oh, io- no, certo, gli amici possono... abbracciarsi,” dissi esitante, continuando ad essere un po' confuso.
“Bene!” disse vivacemente e saltò praticamente giù dal letto, “Ora devo andare però, quindi ci vediamo... quando ci vediamo.”
Giusto. Non dovevamo interagire tra di noi in pubblico. “Già. Ti mando un messaggio quando avrò il prossimo appuntamento se vuoi,” dissi.
“Grazie,” disse, iniziando a camminare indietro verso la porta, “Mi dispiace però,” aggiunse, prima di guardarmi preoccupato, “Che non possa, tipo, stare con te anche a scuola. E' davvero deprimente vederti solo tutto il tempo.”
Sorrisi. “Va tutto bene Harry, smettila di scusarti per questo.”
Mi sorrise semplicemente e mi rivolse un ultimo, “ciao,” prima di voltarsi, aprire la porta e lasciare la stanza. Sospirai, lasciando vacillare il mio sorriso e rillassandomi una volta che la seconda porta fu chiusa. Più tempo trascorrevo con Harry, più iniziavo a capire perché Lauren se lo tenesse così stresso; lui era bello, divertente, dolce, con un buon odore.
E sembrava essere il ragazzo che volevo disperatamente, ma che non avrei mai avuto.
“Tu sarai la mia morte, Harry Styles,” mormorai prima di chiudere gli occhi e addormentarmi quasi subito.



Occhio a me!

Ed eccomi di nuovo qui con il capitolo! Ora che siamo in due a tradurre, sicuramente l'aggiornamento della storia sarà molto più frequente (come aveva anche già accennato Ana). Contente?
Non so voi, ma la dolcezza di Harry  in questo capitolo è disarmante. Beh, la quiete prima della tempesta direi....
No, ok basta, non devo anticiparvi niente. Solo: tremate.
Bene, bene, sono suuuper felice che la storia vi piaccia e che siate così tante a seguirla! Non immaginavo che alla fine avrebbe avuto così tanto successo, anche perchè so che le Mpreg non piacciono a tutti. Nemmeno a me, prima di leggere questa storia, piacevano. Ora invece ne sono tipo drogata.
Beeene bene, detto questo... -1 al video di You and I, Yaaaaay!
Non mi resta che augurarvi una buona Pasqua a tutti quanti!!
A prestissimo,

Giulia.

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Capitolo 13
*** He's being a right jackass. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.

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Capitolo 13



E' davvero un idiota.

 
L'appuntamento del 9 Febbraio non fu per niente eccitante, tuttavia sentivo che in qualche modo fosse sbagliato essere lì senza Harry. Era stato con me agli ultimi due appuntamenti e quando mi ritrovai nell'ufficio senza di lui, mi resi conto quanto mi confortasse averlo vicino. Non che fossi a disagio senza di lui, ma era come se mancasse qualcosa di importante. La visita non durò più di un'ora e mezza, tutto sommato, e mi fu detto che tutti e quattro i ventricoli erano funzionanti, braccia e gambe erano intatti, e il bambino stava crescendo nel modo in cui avrebbe dovuto. Iniziavo a chiedermi se era il momento giusto per iniziare a fare qualche test per vedere se fosse possibile scoprire quale mutazione biologica sarebbe avvenuta al bambino appena nato, ma dopo pensai che avrei potuto davvero soffrire di qualche problema emotivo nel chiedere questo tipo di domande, così decisi di aspettare finché Harry non fosse stato con me.
Fu solo dopo aver lasciato l'ufficio del medico che mi resi conto di essere diventato un po'... dipendente da Harry. Il pensiero di dover fare tutto questo da solo per i prossimi quattro mesi mi fece sentire a disagio e mentre camminavo sul marciapiede verso casa, pensai che fosse una bella cosa il fatto che Harry fosse un ragazzo così dolce. Alla festa avrei potuto frequentare uno molto più stupido al posto di Harry, così nonostante la situazione, dovetti considerarmi abbastanza fortunato almeno per avere una persona che mi sostenesse.
Eccetto per il veloce messaggio inviato che diceva, 'nuovo appuntamento, Martedì 8 Marzo alle nove' ed aver ricevuto un veloce 'ci sarò' in risposta, non avevo più parlato con Harry da quel giorno che si era presentato in camera mia.
Abbastanza imbarazzato, capii che mi mancava dopo gli ultimi giorni, ma io sono io. Scelsi di ignorarlo e di continuare la mia vita pretendendo di non conoscere nessun Harry. Ricordai cosa mi aveva detto sul fatto di essere depresso nel vedermi solo tutto il tempo, così cercai di mangiare in qualche altro posto piuttosto che in caffetteria durante il pranzo; non volevo che si sentisse in colpa soltanto perché mangiavo il pranzo da solo ogni giorno. Ovviamente lo vidi nei corridoi di volta in volta, ma anche quando camminavamo uno a fianco dell'altro, fingeva di non sapere della mia esistenza; con il braccio avvolto intorno a Lauren oppure fianco a fianco con Liam, Zayn o Niall, mi superava come se niente fosse. Anche se acconsentii quando disse che non avremmo potuto interagire l'uno con l'altro a scuola, non avevo pensato che intendesse di ignorarci completamente. Apparentemento questo è quello che intendeva, nonostante mi ci fossi già abituato.

Venerdì 18 Febbraio
Ventidue settimane e quattro giorni


“Quindi per Lunedì vorrei che faceste gli esercizi quarantaquattro e cinquantatrè,” disse Ms. Henricksen guadagnandosi un coro di lamentele. Alzò la mano e la classe si calmò, “Lo so che pensate sembrino una quantità di esercizi inutili, ma questa è matematica e richiede un impegno maggiore rispetto alle altre lezioni che frequentate.”
Ero troppo stanco per preoccuparmi di lamentarmi o per reagire con una scusa per evitare di fare gli esercizi di matematica, così mentre Ms. Henricksen era impegnata a stressarci sull'importanza dei compiti, guardai fuori dalla finestra e pregai intensamente che gli ultimi cinque minuti di lezione scomparissero magicamente. Al pensiero che mancassero ancora quattro ore prima che la mia demoralizzante giornata finisse avevo a dir poco uno stato d'animo tremendo. Non ero arrabbiato o annoiato; ero triste, depresso e, nonostante fossi seduto in una classe con altre trenta persone, ero solo, così dannatamente solo.
Dall'ultima volta in cui io e Harry uscimmo, dieci giorni prima, non avevo parlato con nessuno. Chiaramente avevo parlato con mia madre, con Owen e con Eleanor, ma per ovvi motivi non ero stato in grado di parlare con nessun altro. In normali circostanze sarebbe stato del tutto normale vivere con la sensazione di solitudine, ma adesso, con il bambino che scalciava continuamente come a volermi ricordare di Harry e del fatto che avessi bisogno di parlare con qualcuno. No, mi correggo, avevo bisogno di parlare con Harry, perché lui era l'unico che sapeva tutto e al quale non avevo nascosto nulla.
I corridoi erano stra colmi quando uscii dalla classe e sospirai, sapendo che ci avrei messo dieci minuti ad arrivare al mio armadietto. Più di una volta qualcuno mi colpii allo stomaco ed ogni volta trasalii dalla paura, guardando colui che l'aveva fatto nel caso il bambino si fosse fatto male. Ma una volta arrivato al mio armadietto, sentii un paio di calci entusiasti, come se avesse notato la mia preoccupazione e malgrado la stanchezza e il cattivo umore, sorrisi un po'. Presi velocemente il libro di Inglese, visto che mi serviva per la lezione dopo pranzo, chiusi l'armadietto e mi diressi verso la panchina fuori, dove avevo mangiato il pranzo negli ultimi giorni. Era dietro la scuola, dove di solito non andava nessuno, e questo era il principale motivo per il quale sceglievo proprio quella panchina. Quando arrivai lì, tuttavia, sprofondai il viso nella sciarpa e mi strinsi nel giubbotto. C'era qualcun altro lì.
Liam e Zayn erano seduti lì, Zayn più o meno sdraiato sul grembo di Liam mentre stavano avendo una biascicata e sorridente conversazione, le parole interrotte ogni tanto con un bacio veloce. Si guardavano l'un l'altro talmente innamorati, da farmi rimanere lì in piedi ad ammirarli, forse un po' invidioso. Non mi ero accorto che si fossero entrambi voltati verso di me prima che Liam si schiarisse la voce.
“Per favore avvisa che ci sei,” disse con un sorriso ironico, “Mi hai quasi fatto venire un infarto.”
“Scusa, scusa,” dissi goffamente giocando nervosamente con le mani, “Ero solo- vi stavo per lasciare soli.”
Mi girai velocemente sui talloni per andarmene, ma il suono della voce di Zayn mi richiamò.
“Hey aspetta,” disse, e io gemetti dentro, desiderando che il mio imbarazzo sociale potesse scomparire una volta per tutte.
“Scusatemi, non avevo intenzione di, ecco... interrompere qualcosa,” dissi dopo essermi girato verso di loro, “Di solito qui non c'è mai nessuno, quindi immaginavo-”
“E' tutto a posto, stavamo solo parlando,” disse Liam con un'alzata di spalle, “Perchè sei qui dietro?”
“Perchè anche voi siete qui?” Risposi infantilmente.
Gli occhi di Zayn avevano un luccichio all'interno. “E' abbastanza ovvio il motivo, no?”
Nonostante l'aria fredda che mi circondava, sentii le guance riscaldarsi.
“Si, credo.”
“Quindi cosa ci fai qui fuori?”
“Niente di particolare,” dissi vagamente.
Entrambi alzarono le sopracciglia scetticamente ed io abbassai lo sguardo verso i loro piedi. “Credevo solo... di non dare fastidio a nessuno qui fuori,” borbottai, mentre si faceva strada l'imbarazzo per la spiegazione senza senso.
“Infastidire qualcuno? Perchè qualcuno dovrebbe infastidirsi se sei dentro?” Chiese Zayn.
“Sai,” dissi con un'alzata di spalle, i miei occhi ancora fissi a terra, “Da quando Harry non vuole più neanche, tipo, interagire quando siamo a scuola e... lui ha detto che vedermi solo tutto il tempo è come una sorta di depressione per lui ed io non voglio questo, quindi ho pensato di andare da qualche altra parte a mangiare in modo che non mi possa vedere.”
“Scusami ma... Harry non vuole interagire con te? Ma che diavolo significa questo?” Sentii Zayn chiedere.
Alzai lo sguardo e vidi che mi stava osservando accigliato.
“Solo a causa di, sai, Lauren,” dissi con quanta più nonchalance possibile.
Tutti e due gemettero nello stesso momento.
“Io onestamente non capisco cosa ci veda in lei,” disse Liam, sembrando per qualche motivo pensieroso, “Glielo ha chiesto lei di starti lontano?”
“No, no,” dissi velocemente, “E' stato Harry a non volerla turbare.”
“Quindi ha preferito farti andare in giro da solo e farti mangiare il pranzo qui fuori con temperature minime mentre sei in gravidanza?” Disse derisorio Zayn.
“E' tutto okay, davvero,” dissi, non volendo che uno dei due si arrabbiasse con Harry, “Non importa.”
“Continui ad essere un terribile bugiardo.”
“Io-” Iniziai a protestare, ma Zayn mi interruppe.
“Quand'è stata l'ultima volta che hai parlato con Harry?” Disse.
“Un po' più di una settimana fa,” risposi, “Perchè?”
“Quindi lui non ti ha... mai visto o parlato per un'intera settimana?”
“Beh, no,” dissi, iniziando ad essere un po' confuso, “Perchè me lo chiedi?”
“Perchè è davvero un idiota,” disse secco.
“Cosa?” Spalancai gli occhi verso di lui, “Perchè dici questo?”
“Non è evidente? Sei incinto del suo bambino e non si preoccupa nemmeno di parlarti per un'intera settimana; questo è un comportamento da idioti.”
“No, non lo è,” mi schierai contro, “Gli ho detto fin dall'inizio che non doveva per forza far parte della mia vita e di quella del bambino, quindi è tutto a posto. Sto bene da solo.”
“Se vuoi che qualcuno creda alle tue bugie, dovresti lavorare sulle espressioni facciali.”
Aprii la bocca, pronto a protestare, ma entrambi mi stavano fissando con uno sguardo vagamente compassionevole, così agitai la mano in aria. “Va bene, non sto proprio bene da solo,” dissi riluttante. “Quindi? Non ha niente a che fare con Harry.”
“Bene, quindi con cosa ha a che fare?” Chiese Liam.
“Non lo so, nulla in particolare.”
“Perchè continui a mentire?”
“Non sto mentendo.”
“Si invece, lo stai facendo.”
“Beh, che cazzo vuoi allora?” Esplosi, “Forse non sto bene perché sono incinto e sono esausto, stanco, solo e in un disperato bisogno di poter parlare con qualcuno, ma, dannazione, non posso farlo con nessuno perché sono incinto e sono un ragazzo e- oh mio Dio, non vuole smettere di scalciare!” Inspirai più volte per calmarmi, prima di appoggiare una mano sulla pancia. “Calmati ragazzino,” borbottai con la testa rivolta verso il basso, cercando di trattenere Liam e Zayn dall'ascoltare, “Sono solo stupido, non c'è nessun motivo di iniziare a scalciare di nuovo.”
Dopo un minuto o due si calmò, e quando alzai lo sguardo verso Liam e Zayn, sembravano entrambi totalmente confusi.
“Cosa significa questo?” Chiese Zayn.
“Gli piace un bel po' calciare,” dissi con un tenue sorriso.
“Lui? E' un maschietto?” Chiese Liam con un sorriso sorpreso.
“Harry non ve l'ha detto?”
Entrambi scossero la testa e il mio cuore affondò un po'. Harry non aveva trovato importante l'informazione sul sesso del bambino o abbastanza interessante da condividerla con i suoi amici? Va bene. Nessun problema.
“Beh si, è un maschietto,” dissi con un sorriso che sembrava un pochettino forzato.
“E' fantastico, no?”
“Credo. Ma non importa,” dissi, con un alzato di spalle, “L'ho darò comunque in adozione.”
“Giusto.”
“Si,” Esitai e mi spostai sui piedi, “Dovrei andare, la lezione sta per iniziare e... si.”
“Va bene,” disse Liam con un sorriso carico di preoccupazione, “Ma vedi, per quanto riguarda le cose che hai detto, sai, sul fatto di aver bisogno di parlare con qualcuno, dovresti fare uno squillo a Harry o inviargli un messaggio. Non è un cattivo ragazzo e sono pienamente sicuro che sarebbe felice, beh sai, nel poterti aiutare se glielo chiedessi.”
“Non voglio disturbarlo, ha già abbastanza cose a cui pensare senza avere a che fare con me.”
“Non ti ha detto che se hai bisogno di qualsiasi cosa, dovresti chiamarlo?”
“Io- come fai a saperlo?”
“Ce lo ha detto,” disse Zayn, “Parla un bel po' di te, sai. Eravamo curiosi se attualmente gli piacessi.”
Fece una pausa. “Sai, gli piaci.”
“Si, magari,” parlai ad impulso prima di pensare a cosa stessi dicendo. Dopo cinque secondi me ne resi conto e spalancai gli occhi, posando di scatto una mano sulla mia bocca. Entrambi, sia Liam che Zayn, mi guardarono sorpresi, ma nessuno dei due disse nulla. Deglutii ed abbassai lentamente la mano, girandomi per guardare tutti e due, supplichevole.
“Ti piace... Harry?” Chiese Liam esitante, come se fossero passati un milione di anni.
“No, certo che no,” dissi immediatamente, “Lui è etero e ha una ragazza, se mi piacesse sarebbe da stupidi.”
“Il cuore non sempre prova sentimenti comuni, purtroppo,” disse Zayn seccamente, “Guarda me e Liam.”
“E' diverso,” borbottai.
Zayn scoppiò in una fragorosa risata. “Si, perché siamo entrambi nella squadra di calcio dove tre quarti dei giocatori ci prenderebbero a calci nel culo se lo venissero a scoprire.”
Sospirai. “Non importa, va bene? Non mi piace Harry, non in quel senso.”
“Si invece.”
“No invece.”
“Tu-”
“Devo andare,” interruppi Liam prima di girarmi e iniziare a camminare nella direzione opposta. Ignorai i loro richiami per farmi tornare indietro, il mio cuore stava battendo all'impazzata nel petto; stavo quasi per farmi scoprire niente meno che dai migliori amici di Harry. Era sbagliato. Era completamente sbagliato.
E se glielo avessero detto? Dopo quello non avrebbe voluto avere definitivamente niente a che fare con me, neanche al di fuori della scuola. Mi avrebbe odiato per l'eternità. Sarebbe stato grandioso, no?

Sabato 19 Febbraio
Ventidue settimane e cinque giorni


Quando mi svegliai Sabato mattina, mi ci vollero un paio di secondi per capire cosa mi avesse svegliato, di certo non perché mi sentissi riposato. Poi sentii un urlo di mia madre provenire dal piano di sotto, subito seguito da un urlo altrettanto forte di Owen. Mentre mi strofinavo gli occhi per scacciare via il sonno, mi alzai lentamente, appoggiando una mano sul materasso come supporto, e cercai di capire le parole che erano appena state urlate dal piano di sotto. L'unica parola che riuscii a capire fu “Ian” e “pazzo” e un gemito e, beh, non era un buon segno.
Dopo essermi infilato un pantalone della tuta e un enorme felpa, uscii di fretta dalla mia camera, giù dalle scale e in cucina. Mamma e Owen erano seduti a tavola uno di fronte all'altro tutti e due con espressioni feroci.
“Che cosa succede?” Dissi, la voce un po' roca per via del sonno.
“Questa è esattamente la stessa cosa che ho detto questa mattina alle dieci quando due estranei si sono piazzati nel salotto, dicendomi di spostarmi dal divano perché dovevano portarlo via,” disse Owen aspramente.
Sbattei gli occhi un paio di volte. “Scusa, ma questo cosa significa?” Chiesi.
“Significa che se tu andassi adesso in sala, troveresti un altro divano e se andassi in camera di mamma troveresti un nuovo letto!”
“Cosa? Perchè?”
“Perchè Ian si trasferisce qui.”
La mia bocca si spalancò e mi girai all'istante verso mia madre. “Non sei seria, vero?” Chiesi incredulo.
Lei mi fissò con sguardo supplichevole che considerai come una conferma. Scoppiai immediatamente a ridere scuotendo la testa. “Conosci quell'uomo da... quanto? Quattro mesi?”
“Beh si, ma-”
“Sei fuori di testa, mamma?” Chiesi passando una mano tra i capelli, sforzandomi di rimanere calmo.
“Si, lo è, non so perché ti preoccupi più di tanto a chiederlo,” sputò Owen, “Non puoi dire seriamente che sarai felice per il resto della tua vita con Ian. E' l'uomo più noioso che avresti mai potuto trovare!”
“Non mi interessa se vi piace o meno,” disse mia madre con tono severo, “Non importa. Che vi piaccia o meno, a me piace. Verrà qui fra due giorni e questo è tutto. Se la cosa non vi piace, potete andarvene.”
“Hai appena ricevuto il premio per 'Mamma dell'anno',” sibilò Owen prima di svignarsela dalla cucina. Lo sentii camminare sbattendo i piedi sulle scale.
Mia mamma non disse una parola ed io ero ancora impegnato ad assimilare la nuova notizia appena ricevuta. Ian stava per venire a vivere con noi, ciò significava che ci sarebbe stata un'altra persona intorno che mi avrebbe visto molto, molto incinto tra un paio di mesi, quindi un'altra persona da affrontare. Era particolarmente imbarazzante visto che al primo incontro Ian mi aveva detto che non amava i bambini. Avevo il presentimento che se avesse scoperto che il figlio della sua amante (mi strozzai a quella parola) era incinto, non sarebbe di certo stato un piacere per lui.
“Vado in camera,” borbottai, passati un paio di minuti.
“Non pensi che sia arrivato il momento di iniziare a fare un po' di esercizio, Louis?” Fu la sua risposta.
Guardai in basso per una frazione di secondi. “Perché?” Chiesi equamente, anche se sapevo già la risposta.
“Hai messo su un po' di peso negli ultimi mesi,” disse senza troppi giri di parole.
Spalancai la bocca. “Io- caspita, grazie!” Dissi dopo lo shock iniziale.
“Lo sai benissimo, quindi perché non indossi qualche altro indumento e vai a correre?”
“Non pensi che ci sia qualcos'altro oltre al semplice fatto dell'andare a correre, qualcosa che avrei potuto fare già da tempo?” Sibilai, quando improvvisamente la mia rabbia iniziò ad uscire fuori, “Non posso farci niente, quindi non te ne deve fottere un cazzo!”
“Perchè stai gridando?” Chiese accigliandosi, “E che significa il fatto che non puoi farlo?”
“Hai mai pensato che forse non è solo un semplice aumento di peso, o sei troppo impegnata con Ian per pensare a qualcun altro, a parte te stessa?” Dopo aver urlato con rabbia queste ultime parole, mi girai di scatto per uscire immediatamente dalla cucina dirigendomi verso le scale in camera mia. Non ebbi nemmeno il tempo di sedermi sul letto e nascondere il volto tra le mani, che mi resi conto di cosa avevo appena fatto.
“Oh no, oh no, oh no,” borbottai nelle mie mani. Adesso mamma sapeva che non era solo un semplice aumento di peso a farmi sembrare un ippopotamo, questo significava che molto probabilmente lei avrebbe – senza alcun dubbio – iniziato a pensare a qualcos' altro. Non che avrebbe mai potuto pensare all'alternativa giusta, ma avrebbe, molto probabilmente, pensato qualcosa come il cancro. Il solo pensiero mi fece gonfiare lo stomaco, perché mi avrebbe sicuramente portato dal medico e avrebbe iniziato a porsi qualche domanda.
E questo sarebbe stato un disastro, minimo. D'altronde, avrei dovuto dirglielo prima o poi. Ma che dire di Owen? E... Gesù Cristo, cosa avrebbe detto Ian? Tutto questo era troppo per potersene occupare così presto. Mi infilai sotto le coperte e chiusi gli occhi, preoccupandomi per la millesima volta per quale motivo su questa terra meritassi tutto questo.
Ritornare a dormire si presentò una missione impossibile e dopo un'ora e mezza, mi arresi e riaprii gli occhi con un sospiro.
Tastai per cercare di trovare il mio cellulare sul comodino, lo afferrai e controllai l'ora. Undici e quaranta. Sarebbe stata comunque l'ora in cui mi sarei svegliato. Stavo per rimettere il cellulare sul comodino, quando mi venne in mente un'idea. Non volevo rimanere a casa oggi e adesso, più che mai, avevo bisogno di parlare con qualcuno. Preferibilmente quel qualcuno sarebbe dovuto essere Harry.
E lui mi aveva detto che se avessi avuto bisogno, avrei dovuto solamente chiamarlo. Giusto?
Passati un paio di minuti pieni di esitazione, andai nei contatti del mio cellulare, mi fermai su Harry Styles e schiacciai il pulsante 'chiama'. Il mio cuore stava battendo velocemente per il nervosismo mentre aspettavo che rispondesse. Passarono dieci, quindici, venti, venticinque squilli prima che lo facesse.
“Chiunque tu sia, sappi che ti ucciderò,” disse con una voce molto stanca ed irritata dall'altra parte.
“S-scusa, non sapevo stessi ancora dormendo, scusa scusa,” balbettai, volendo prendermi a schiaffi da solo.
“Louis?” L'irritazione scomparì immediatamente e lo sentii subito riprendersi.
“Si, ciao, scusa se... emm ti ho svegliato,” dissi.
“No, è tutto a posto,” disse velocemente, “Cosa succede?”
“Io- beh tu-tu hai detto che, sai... avrei potuto-, diciamo-”
“Louis.”
“Scusa,” dissi con una risatina nervosa. “E' solo che tu hai detto che avrei potuto chiamarti, beh sai, se... ne avessi avuto bisogno.”
“Si?” Disse lentamente.
“Beh, diciamo che... avrei bisogno di parlare con qualcuno,” dissi a bassa voce, mentre mi mordicchiavo il labbro inferiore.
“Oh, bene.”
“Solo se non ti da fastidio,” dissi in fretta, “sarebbe comprensibile se tu non avessi tempo o non volessi, ho solo avuto un brutto risveglio, o una brutta settimana attualmente, ed ho immaginato che avrei potuto- no, non importa, è una cosa stupida, torna a dormire, riattacco adesso e-”
“Dovresti smettere di fare questo,” mi interruppe, “Certo che voglio parlare. Dammi solo mezz'ora e sarò pronto.”
“Potremmo incontrarci da qualche parte, se preferisci. Non voglio stare a casa adesso,” dissi esitante.
“Si, certo. Vuoi venire qui oppure vuoi andare da qualche parte, o...?”
“Vengo a casa tua se per te va bene.”
“Si, certo. Quando arrivi?”
“Trenta minuti o poco più.”
“Okay, a dopo.”
“Si, ciao.”
“Ciao.”
Attaccai e mi alzai dal letto, poi camminai verso il mio armadio e presi qualcosa da indossare. Ormai d'abitudine, iniziai subito a dare un occhiata per qualcosa che avrebbe potuto nascondere la mia pancia, poi però mi resi conto che non era necessario nascondere la pancia, dal momento che ci sarebbe stato solo Harry a dovermi vedere senza giubbotto. Quindi afferrai un paio di jeans comodi e un maglione sottile, che due mesi fa mi andava largo, ma che adesso mi andava piuttosto stretto sullo stomaco. Mi girai e mi sporsi un po' in avanti verso lo specchio per darmi un'occhiata, e sorrisi un po'. Onestamente non pensavo che stessi così male adesso che la pancia non mi faceva sembrare più grasso. Certo, ora sempre strano vedere me stesso così indubbiamente incinto, ma non era male... o per lo meno io non la pensavo così.
Tuttavia indossai una felpa sopra al maglione – non avendo bisogno di mostrare la pancia a mia madre e ad Owen – mentre andavo in bagno per prepararmi.
“Sto uscendo,” dissi appena finii di sistemare i capelli e scesi di sotto in sala. Mamma era seduta con un giornale tra le mani dove, suppongo, fosse il nostro nuovo divano.
“Hai intenzione di prendere la macchina?” Chiese senza voltarsi.
“Si.”
“Va bene, torna a casa per l'ora di cena.”
“Perchè?”
“Perchè lo dico io.”
Non risposi nemmeno, roteai solo gli occhi prima di avvicinarmi all'entrata per prendere le mie scarpe e la giacca da indossare. Cinque minuti dopo ero seduto in macchina. Inserii la chiave nell'accensione e accesi il motore. Per qualche strana ragione, non sono mai stato in grado di guidare senza ascoltare la radio. L'unico problema era he la radio che c'era in macchina faceva schifo e trascorsi ben dieci minuti nel capire come funzionasse, prima di fermarmi finalmente nel vialetto della casa di Harry. Il viaggio fu abbastanza tranquillo e trascorsi l'intera andata a preoccuparmi su cosa dire ad Harry. Non avevo voglia di scaricare tutti i miei problemi su di lui e rischiare di sembrare un moccioso piagnucolone, ma d'altra parte, non volevo mentirgli, specialmente dal momento in cui l'avevo chiamato dicendogli che la mia vita stesse facendo schifo in quel momento.
Quando percorsi la via della casa di Harry, una persona mi venne incontro dalla direzione opposta in cui stavo guidando. Non ero lontano nemmeno dieci metri da quella persona quando la riconobbi. Lauren. Merda. Feci il mio meglio per nascondermi dietro il volante e per un secondo credetti di esserci riuscito con successo, ma appena mi raddrizzai di nuovo, lei alzò lo sguardo dal cellulare e mi lanciò un'occhiata attraverso il vetro davanti. Diedi una rapida occhiata alla sua espressione prima di ripartire, ma da quello che riuscii a vedere, capii che era parecchio incazzata. Aveva probabilmente intuito dove ero diretto e al sol pensiero mi sentii in colpa; Harry si sarebbe trovato nei casini per questo.
Parcheggiai la macchina di fianco a casa sua, non molto sicuro di quando fosse intelligente lasciare la macchina di fronte al garage nel caso a qualcuno servisse quel posto, e la chiusi prima di salire le scale di casa per arrivare al campanello. Ci volle un po' prima che qualcuno aprisse la porta, ma quando accadde, i miei occhi si spalancarono. Lì, davanti a me, c'era Harry con un paio di pantaloni di tuta consumati, pericolosamente abbassati verso il bacino, e nient'altro. La parte superiore del suo corpo era scoperta e dovetti calmare l'imminente voglia di rimanere ad osservare i suoi muscoli perfettamente tonificati.
“Ciao, finito di osservare?” Disse ridacchiando.
“I-io non stavo osservando,” mi difesi, ma il rossore che si faceva strada sul viso, probabilmente, mi tradii.
“Certo, non lo stavi facendo. Ma entra dentro, si congela lì fuori,” disse, ancora sorridendo, mentre si faceva da parte per farmi entrare. Lo ringraziai mentre lo superavo ed entravo nel tepore della casa. Rimasi lì, un po' imbarazzato per un paio di secondi prima che Harry ridacchiasse e mi chiedesse di togliere le scarpe e la giacca per farmi smettere di sentirmi nervoso. Con un tenue rossore sul viso, feci come mi disse, ma mi fermai appena stetti per slacciare la cerniera della felpa.
“C'è qualcun altro in casa?” Chiesi.
“No, perché?”
Senza ricevere risposta, abbassai la cerniera della felpa e gliela porsi, lasciandomi solo il maglione stretto che indossavo sotto. Ero un po' nervoso quandolo guardai, sperando che non mi avrebbe guardato strano o disgustato dalla vista. Ma l'unica reazione che ebbi fu un sorriso e un gesto con il quale mi indicava di seguirlo. Con un sospiro di sollievo, che sperai non avesse notato, appesi la felpa sull'attacca panni di fianco al mio giubbotto prima di seguirlo all'interno della casa.
“Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?” Mi chiese fermandosi sulla porta che portava alla cucina.
Mi venne in mente che non avevo fatto colazione e, nemmeno a farlo apposta, il mio stomaco emise un imbarazzante suono.
“Ho dimenticato di fare colazione,” borbottai come se fosse una risposta ad una domanda non fatta.
“Fantastico! Dammi l'opportunità di farti conoscere la mia bravura nel fare uova e pancetta,” disse con un enorme sorriso mentre si faceva strada in cucina, dandomi una meravigliosa vista della sua schiena muscolosa. Se fosse rimasto lì in piedi a cucinare, indossando niente di più di quello che aveva in quel momento addosso, ci sarebbe stato un grosso cambiamento che mi avrebbe fatto ritrovare, ad un certo punto, con una situazione imbarazzante nei pantaloni.
“Ehi Harry?” Dissi mentre mi sedevo su una delle sedie del tavolo.
“Mm?”
“Non andrai- voglio dire, a vestirti?” Chiesi balbettando leggermente.
“Non avevo intenzione di farlo,” disse mentre prendeva una confezione di uova e un pacco di bacon dal frigo.
“Oh, okay allora,” dissi imbarazzato, grattandomi il retro della nuca.
“Quindi, che cosa ti ha fatto deprimere in questo modo, tanto da portarti a chiamarmi?” Chiese. Era impegnato a sbattere una dozzina di uova in una pentola, senza guardarmi, ma sentii trasparire un piccolo sorriso nella sua voce.
“Solo... piccole cose, credo,” dissi.
“Tipo cosa?”
Sospirai prima di alzarmi dalla sedia e andare verso di lui per essere in grado di vederlo mentre parlavo. “Sono stato davvero solo ultimamente,” iniziai, appoggiandomi al piano cottura, “voglio dire, sono abituato ad essere solo, ma non ultimamente, avendo a che fare con un bambino non ancora nato e scalcia tutto il tempo, che mi impedisce di dormire la notte, quindi sono più esausto del solito e fa davvero schifo sapere che non mi parlerai a scuola, perché onestamente è il posto dove mi sento più solo, e questa mattina improvvisamente ho scoperto che il ragazzo di mia madre si trasferirà con noi e dopo mia madre mi ha detto, dal nulla, che pensa che io sia ingrassato troppo e che dovrei iniziare a muovermi, e per me è quasi come se mi avessero sparato, se inizio a considerare il fatto che lei sta pensando che il mio peso dipenda da qualcos' altro, quindi io, in pratica, le ho detto che non è per forza qualcosa per cui rimanere indifferenti, e adesso lei impazzirà completamente e mi trascinerà dal dottore e dopo tutto questo casino, tutto verrà scoperto!”
Alla fine ero vicino all'urlare e Harry poggiò la spatola che stava tenendo in mano, guardandomi, in parte triste e in parte preoccupato.
“Avresti potuto chiamarmi prima, lo sai,” disse facendo una breve pausa.
“No, non potevo!” Urlai, la vista annebbiata a causa delle lacrime, “Sei impegnato con i tuoi amici, con la tua famiglia, con la tua ragazza, le tue cose del calcio e Dio solo sa cos'altro, e tu mi hai detto di starti lontano e non voglio essere colui che ti incasina la vita, perché niente di tutto questo è un tuo sbaglio ed è solo un dannato casino ed io mi sento così fottutamente solo e non ce la faccio più! Sto diventando pazzo!”
Stavo piangendo disperatamente, le lacrime cadevano sulla mia faccia, e con mio stupore stavo sbattendo i piedi in pura frustrazione, non sapendo cos'altro fare. Volevo prendere a calci, colpire, urlare e qualsiasi altra cosa potessi fare, perché ero solo... io. Un ragazzo incinto che non aveva nulla per poter causare qualsiasi tipo di distruzione. A parte sulla vita di Harry. L'avevo incasinata per bene, a prescindere da quello che aveva detto.
L'espressione di Harry tornò ad essere estremamente preoccupata, e fece un passo verso di me, prudentemente, come se stesse camminando in un campo minato. 
“Va bene, va bene, vieni qui,” disse con cautela prima di fare un passo in avanti, circondandomi con le sue braccia e attirandomi a sé. Tentai di allontanarlo, con freddezza, ma preso mi lasciai andare nella sua forte stretta e permisi di farmi tranquillizzare dalle sue lente e dolci carezze sulla mia schiena.
“Dovresti lasciarmi,” inspirai per la sensazione di pace, odiando la pelle delle sue spalle.
Rimanemmo lì per quelli che furono un paio di minuti, finché non mi accorsi che il suo caldo, muscoloso, petto nudo fosse schiacciato molto vicino al mio e mi dimenai fra le sue braccia, fino a quando non mi lasciò e feci un passo indietro.
“Stai bene?” Mi chiese, con ancora le sue mani appoggiate sulle mie spalle.
Annuii, asciugando l'ultima lacrima che era rimasta sulle guance. “Si. Scusami per questo, non avevo intenzione di urlarti contro senza nessuna ragione.”
“In realtà stavo aspettando una crisi emotiva,” ammise impacciatamente, “Ho letto qualcosa sulle gravidanze e cose varie, e diceva che gli sbalzi d'umore e le voglie sono molto comuni.”
“Hai letto qualcosa sulle gravidanze?” Chiesi stupidamente, “Perchè?”
Fece spallucce. “Ho pensato che sarebbe stata una buona cosa, tipo, sapere cosa ti succede e il resto.”
“E' incredibilmente, ecco... dolce,” dissi con un timido sorriso.
“Credimi, non tutto quello che ho letto era così dolce,” disse con una smorfia.
“Non ho bisogno di spiegazioni.”
“Oh, quindi non vuoi sapere come sono i bambini che nascono quindici settimane in anticipo?” Disse cantilenando con un grande sorriso.
“No, ti ringrazio,” gli risposi allo stesso modo, “Specialmente dal momento che il nostro bambino dovrebbe nascere quindici settimane prima se andassi improvvisamente in travaglio adesso; non ho bisogno di altri motivo per impazzire.”
“Giusto, giusto,” disse, dopo che un sorriso apparve sulla sua faccia. “Ehi, hai detto il 'nostro bambino',” aggiunse subito dopo con calma.
“Oh si, l'ho fatto,” dissi, guardandolo nervosamente, “Scusa, non avevo intenzione di metterti a disagio o altro, è uscito fuori così.”
Non disse nulla, ma sul suo viso rimase un sorriso mentre le sue mani scivolarono dalle mie spalle e, con mia sorpresa, le posò sulla mia pancia. Guardai le sue mani, che erano appoggiate delicatamente sul mio stomaco, quasi in maniera intima, e mi morsi le labbra. Forse ero solamente io e il mio cervello pieno di ormoni che era in sovraccarico, ma la posizione era molto più intima rispetto ad una posizione tra due amici.
Con esitazione e molto, molto lentamente, feci scivolare una delle mie mani e la posai vicina a una delle sue. Il mio cuore stava battendo a milioni di chilometri orari al solo pensiero di cosa un minimo contatto avrebbe potuto causare, ma in qualche modo, il mio nervosismo per una volta mi concesse un po' di coraggio e permise alle mie dita di sfiorare il dorso della sua mano. Il secondo in cui la mia pelle fu a contatto con la sua, sussultò, e non soltanto con le mani, ma con tutto il corpo. Inciampò un paio di passi indietro e la mia faccia, che sentii immediatamente un po' calda, adesso bruciava dalla paura per quello che sarebbe potuto succedere, rabbia verso me stesso e per la mia stupida decisione, e per tutta l'umiliazione per aver pensato che forse Harry non ci avrebbe badato se non avessi toccato la sua mano con la mia, che forse sarebbe potuto anche piacergli e che forse sarei potuto anche piacergli io.
Stupidi ormoni.



HI FEL
LAS!

Eccomi qui con un nuovo capitolo e tanta poca voglia di prendere libri in mano e studiare per l'ultimo mese di scuola *esulta*
Come promesso ho iniziato a tradurre subito, e nel giro di tre giorni ho finito di tradurre questo, anche perché ho voglia di fare solo questo ultimamente, quindi, siete contente?! Oh YEAH.
Per quanto riguarda tutte le recensioni che ho ricevuto per il mio primo capitolo tradotto di questa storia, ringrazio immensamente tutti coloro che lo hanno letto e recensito, significa molto per me.
Sono anche molto contenta perché il numero dei lettori di questa storia sta salendo, non c'è cosa più bella.
Io e Giulia ci stiamo impegnando al cento per cento per poter aggiornare assiduamente, ma provate anche a pensare che anche noi siamo (fottutamente) immerse fra compiti e verifiche di fine anno, solo questo.
I love you guys, really.
A presto

Ana.

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Capitolo 14
*** How would you have liked it to be? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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CAPITOLO 14


 
Come avresti voluto che fosse? 

Sabato 19 Febbraio
Ventidue settimane e cinque giorni


Harry mi guardò in silenzio quando ebbi finalmente il coraggio di alzare gli occhi per incontrare i suoi. Le mie guance bruciavano e mi morsi così forte il labbro inferiore da sentire il sapore del sangue.
“Scusa, io m-m-me ne vado,” balbettai freneticamente, l'umiliazione in aumento che mi rese persino incapace di parlare normalmente. Gli lanciai un ultimo sguardo prima di girare i tacchi e uscire dalla stanza, con le gambe traballanti e instabili. L'imbarazzo che provavo poteva essere paragonato alla mortificazione; la mia bocca era asciutta, i miei occhi spalancati, le mani tremanti, e tantissime domande mi stavano fischiando nelle orecchie.
Perchè diamine lo avevo fatto? Perchè non avevo lasciato che mi accarezzasse la pancia senza pensare che lui intendesse altro? Erano per il bambino, non per me. Ovviamente non erano rivolte a me. Harry aveva una ragazza, una bellissima ragazza del quale era innamorato, perciò perché non avevo lasciato perdere? Perchè?
Raggiunsi l'ingresso e mi infilai una delle scarpe. Ero così perso nei miei tristi pensieri da non accorgermi nemmeno che non fossi più solo nella stanza prima che una mano si appoggiasse su una mia spalla. Mi lasciai sfuggire un grido di sorpresa e mi voltai, quasi colpendo Harry nel farlo.
“Scusa,” dissi, la mia voce molto più acuta del solito.
“Devi smetterla di scusarti per tutto,” disse, guardandomi con un debole sorriso.
“Io n-non intendevo, s-sai,” dissi e deglutii nervosamente.
“Va bene, è stato solo un po' inaspettato,” disse con un'alzata di spalle.
“Non capisco, non avrei voluto farlo, è stata solo... una reazione istintiva, suppongo,” Era una bugia, ma lui non aveva bisogno di saperlo.
“Va bene, davvero, ora togliti le scarpe e ritorna dentro,” disse prima di girarsi e sparire nella cucina.
Presi un profondo, sollevato respiro e chiusi gli occhi per un secondo. Rimasi in piedi lì per un po', aspettando che il mio corpo si calmasse e che la mia testa smettesse di porsi domande, prima di fare quello che mi aveva detto Harry. Era in piedi davanti ai fornelli quando entrai in cucina, mentre girava le uova e il bacon nella padella. Ed era ancora senza maglia. Mi sedetti nella stessa sedia in cui ero seduto poco tempo prima e sospirai mentalmente; aveva la più pallida idea di quanto fosse difficile per me guardarlo in quel momento, mentre stava in piedi lì slanciato e a petto nudo?
“Il cibo è pronto tra pochi minuti,” disse appoggiando la spatola e tornando a guardarmi.
Annuii. “Okay.”
“Non volevo farti andare via o altro, davvero non lo volevo,” disse dopo qualche minuto di silenzio.
“Non preoccuparti, è stata solo colpa mia. Siamo a posto.”
“Davvero?”
Annuii. “Ora, se posso ingerire del cibo nel mio sistema, sarebbe molto bello.”
“Questo posso farlo,” disse sorridendo mentre si voltava verso la padella.
Mezz'ora e un sacco di prese in giro sulle mie abitudini alimentari più tardi, eravamo in camera di Harry, ancora una volta sul suo letto. Non avendo la forza per stare seduto, ero sdraiato su fianco nella mia solita posizione con un braccio sotto la testa e l'altro appoggiato sul mio stomaco, mentre Harry era seduto con la schiena sulla tastiera e gli occhi rivolti verso di me.
“Stai bene?” Chiese.
Mi spostai leggermente per riuscire a guardarlo senza sforzare troppo il collo prima di sorridergli. “Si. Mi dispiace per avere urlato prima, non volevo farlo,” dissi. Esitai per un paio di brevi secondi prima di aggiungere, nervosamente, “E scusa per... sai, aver toccato la tua mano, non so davvero cosa mi sia preso.”
“Va bene, è stato solo un po' inaspettato.”
“Non succedera di nuovo.”
“No?”
“No,” dissi semplicemente.
“Capito. Okay allora.”
Sorrisi e stavo per appoggiare di nuovo la testa sul cuscino quando mi passò qualcosa per la mente. “Io... hey, Harry?”
“Hm?”
“Io... okay, non credo ti piacerà, ma ho visto... Lauren mentre stavo venendo qui e... anche lei mi ha visto,” mi morsi il labbro e lo guardai, in attesa di una reazione.
“Oh... beh merda,” fu quello che disse dopo una pausa.
“Mi dispiace davvero,” dissi, masticando una pellicina del mio labbro.
“No, è... tutto ok, credo,” disse, passandosi una mano tra i capelli, facendoli spostare in ogni direzione possibile, “dovrò passare una giornata intera o due a scusarmi, ma non è colpa tua, non preoccuparti.”
“Sono ancora dispiaciuto però,” dissi abbassando la mia voce di qualche tono, “Non voglio davvero causare problemi tra voi due.”
“Okay, voglio dire,” disse con un sorriso, “Lei è... un po' gelosa, ecco tutto.”
“Si, ho notato,” dissi, “Perchè lo è comunque? Solo perché pensa che passi troppo tempo con me?”
“Suppongo di si.”
“Oh... sembra un po', beh, esagerata,” dissi timidamente, non volendo farlo arrabbiare.
“Si, beh, mi sarebbe potuto scappare il fatto che sei gay,” disse, ora era il suo turno di essere nervoso.
I miei occhi si spalancarono e deglutii una volta prima di dire, balbettando un po', “Tu- oh, tu- okay, gliel'hai detto. Okay, va bene. Va bene.”
“Sono davvero, davvero dispiaciuto,” disse, con tono quasi implorante, “Mi è solo sfuggito e ti prometto che non lo dirà a nessuno, sono stato abbastanza chiaro sul fatto che deve tenere la bocca chiusa, quindi non lo scoprirà nessuno.”
“Io- si, v-va bene,” dissi, grattandomi la nuca. Non molte persone sapevano che fossi gay, praticamente nessuno in realtà, ed avere qualcuno come Lauren che lo sapesse prima della mia famiglia, non era esattamente la mia idea di un coming-out perfetto a dire il vero.
“Sei arrabbiato con me?”
“No, no, va tutto bene,” dissi subito e gli sorrisi.
“Non lo dirò più a nessuno, promesso.”
“E' tutto a posto, davvero.”
“Okay.”
Esitai qualche secondo prima di aprire di nuovo bocca, l'ansia che si era di nuovo impossessata del mio corpo. “Harry?”
“Si, Louis?”
“Guarda, te l'ho già chiesto tre volte, ma le prime due volte ci hanno interrotti prima che mi dessi una risposta e l'ultima volta ti sei un po'... arrabbiato,” iniziai, deglutendo nervosamente, “M-mi farebbe davvero piacere saperlo e visto che io voglio essere sincero con te, e beh, visto che tu mi hai scopato e- beh, ci deve essere stata una ragione per il quale lo hai fatto.”
“Perciò mi stai chiedendo se sono gay,” mi interruppe, “di nuovo.”
“Scusa, scusa,” dissi, il mio viso diventato rosso, “Voglio solo una... risposta, una volta per tutte.”
Con mio sollievo sorrise, e poi sospirò leggermente. “Okay, allora lo chiarirò una volta per tutte,” disse, “Io non sono gay, non sono bisessuale, non sono pansessuale o qualsiasi altra cosa che indichi l'essere attratto dai ragazzi.”
Deglutii per sbarazzarmi del grumo di pura delusione che mi era rapidamente salito in gola. “Bene, bene,” dissi, per fortuna riuscendo a mantenere un normale tono di voce.
“Per quanto riguarda il motivo per il quale ti ho scopato, non ne ho idea,” continuò, “La migliore ipotesi è che semplicemente ero molto ubriaco ed estremamente eccitato, non so davvero come altro spiegarlo altrimenti.”
Avevo quasi sperato che mentisse in modo che il grumo che avevo in gola non diventasse ancora più grosso, ma successe. Okay che Harry non fosse in nessun modo attratto dai ragazzi, ma non importava quanto sembrasse infantile e ingenuo, avrei voluto che mi avesse dato una... beh, una spiegazione più dolce del motivo per cui mi aveva scopato. Anche se fosse stata una menzogna, sarebbe stato meglio sentirmi dire che lo aveva fatto perché pensava che fossi bello o qualcosa di così dolce piuttosto di averlo fatto ubriaco e eccitato e fondamentalmente solo perché fossi stato il primo bersaglio più facile che aveva trovato. Sarebbe stata una bugia, ma almeno non mi sarei sentito così usato e... beh, disgustoso.
“Si, okay,” dissi alla fine, senza guardare più Harry negli occhi, avendo paura che la mia espressione mi avrebbe tradito.
“Sembri triste,” disse e lo sentii mettere una mano calda sulla mia guancia.
“No, è solo... è solo che è stato un modo schifoso per, intendo, perdere la verginità,” dissi con un'alzata di spalle e un sorriso poco convinto. Era solo per metà una bugia. E lui non aveva bisogno di saperlo, perciò stetti in silenzio a godermi la sensazione della sua mano calda a contatto con la mia pelle.
“Non proprio come la immaginavi, giusto?”
“Non esattamente, no,” dissi.
“Come avresti voluto che fosse?”
Battei le palpebre. “Cosa?”
“Come avresti voluto che fosse? La tua prima volta con un ragazzo, voglio dire.”
Aggrottai la fronte e alzai un po' la testa, facendogli spostare la mano. “Perchè me lo chiedi?” Dissi, guardandolo confuso.
“Solo per sapere, curiosità suppongo,” disse sorridendo dolcemente.
“Oh, okay,” Guardai per terra e nascosi un po' il viso prima di continuare, “Credo che sarebbe stato bello se avessi conosciuto il ragazzo, ed essere in un letto invece che in un prato e... beh, farlo, sai, un po' più dolcemente invece che sulle mani e sulle ginocchia. Ha fatto un po' male. E, beh, sarebbe stato bello ricordarlo così e forse, sai, svegliarsi con il ragazzo il giorno dopo invece che solo e con i postumi della sbornia.” Mi sentii un completo idiota dopo aver terminato il discorso e seppellii il viso ancora più in profondità del cuscino nel tentativo di nascondere il rossore che sentivo diffondersi lentamente sul mio viso.
Uno o due secondi dopo, sentii Harry sospirare rumorosamente e la sua mano ritornare nella precendente posizione sulla mia guancia. “Mi dispiace davvero che io ti abbia, beh, privato di tutto questo,” disse mentre muoveva la mano per giocare con i miei capelli.
“E' tutto okay,” dissi, rilassandomi al suo tocco, “Il ricordo è un po' confuso, perciò posso fingere di essere ancora vergine, se mi capiterà di incontrare un altro ragazzo un giorno.”
“Quando.”
“Cosa?”
Quando incontrerai un altro ragazzo, non se.”
“Oh. Giusto.”
Cadde un silenzio tranquillo subito dopo. Harry continuò a giocare con i miei capelli ed io continuai a cercare di far sparire la delusione che stavo provando. Ovviamente lui non era attratto da me, non sarebbe mai potuto esserlo. Okay. Potevo vivere con questo. Mi andava bene. Davvero. Solo che non era così. Ovviamente non era così.
“Sai, anche se non posso ridarti tutta l'esperienza dolce della prima volta, posso coccolarti almeno.”
Alzai gli occhi e corrugai la fronte. “Cosa?”
“Potrei coccolarti,” disse, guadandomi con una traccia di insicurezza sul volto, “Sai, se vuoi.”
Spalancando gli occhi verso di lui, chiesi, “T-tu vorresti fare le coccole con me?”
“Si, se vuoi.”
“Beh, io-io-no, cioè... va bene, ma non c'è bisogno,” balbettai, il mio cuore che batteva ai cento miglia all'ora.
Sorrise. “Okay, girati,” disse.
“Cosa? Perchè?”
“Perchè ci metteremo a cucchiaio,” disse lui, stendendosi su un fianco di fronte a me, “Perciò girati.”
“Ma noi- noi non possiamo-”
“Si, possiamo, ora girati prima che lo faccia io,” mi interruppe roteando gli occhi.
Inghiottii, sapendo che avrei fatto meglio ad alzarmi dal letto e ritornare a casa, ma naturalmente non lo feci. Con un sospiro, e un sacco di movimenti, mi girai in modo che la mia schiena fosse rivolta verso di lui, e lo sentii scivolare verso di me fino a quando non si trovò premuto con il petto sulla mia schiena. Ed il cavallo dei suoi pantaloni premuto sul mio culo. Okay. Inghiottii una volta, desiderando che il mio respiro ritornasse normale e il mio battito cardiaco si calmasse. Funzionò fino a quando lui mise un braccio intorno alla mia vita lasciando riposare la sua mano sopra la mia pancia.
“Calmati un po', Lou,” mormorò tra i miei capelli, “Sei troppo teso.”
“Scusa, io- beh, non sono abituato a questo,” risposi.
“Rilassati, non ho intenzione di farti male.”
“So che non lo farai,” dissi con un debole sorriso.
“Bene, allora calmati, okay? Sono solo coccole, niente di grave.”
Non per te, forse. “Si, va bene.”
Mi lasciai sfuggire un sospiro, accorgendomi di star trattenendo il respiro, e rilassai le spalle lasciandole cadere normalmente. Avere Harry premuto contro di me era meraviglioso e terribile allo stesso tempo e non avevo idea di come il mio corpo avrebbe reagito, sopratutto se il suo pene era così dannatamente vicino a dove lo volevo. Bene.
“Stai bene ora?” Mormorò dopo pochi minuti, la voce assonnata.
“Si, sto bene,” dissi in un sospiro.
Stettimo stesi in quella posizione per tanto, tanto tempo e alla fine ebbi il coraggio di alzare la mano ed intrecciare le dita con le sue.
Non aveva battuto ciglio questa volta.

Giovedì 24 Febbraio
Ventitre settimane e tre giorni


Ero in piedi davanti allo specchio a guardare la mia immagine riflessa nella mia camera da letto, maglietta gettata a terra ed una triste espressione sul volto. Era molto più deprimente vedermi senza la camicia visto che ogni smagliatura era così fottutamente visibile. Okay, non che ne avessi tante. Solo una, in realtà, ed era lunga quanto l'unghia del medio, per ora. La mia pancia era molto più evidente ora, con o senza una maglia, ed entro un mese o due, probabilmente avrei dovuto dirlo a mamma, Owen e – con mio grande disappunto – a Ian. Il mio intestino fece un salto di disagio al pensiero, ma trassi un respiro profondo e feci un piccolo cenno del capo alla mia riflessione,  come per incoraggiarmi.
“Ehi, Lou! Mamma dice che devi venire al piano di sotto, c'è qualcosa che vuole- Woha.”
Quasi inciampai nei miei stessi piedi a causa della fretta di rimettermi la felpa gettata con noncuranza sul mio letto, ma era troppo tardi. Aveva visto. Il mio respiro bloccato in gola per pura paura e non trovai il coraggio di girarmi per affrontare Owen. Merda, merda, merda. Cosa gli avrei detto? Come facevo a spiegare che il mio stomaco era gonfio, mentre il resto del mio corpo era tutto normale?
“Lou?” Disse timidamente dopo un lungo silenzio, “Cosa... cosa c'è che non va con la tua... pancia?”
“Niente,” gracchiai, “Lascia perdere, per favore.”
Sentii la porta chiudersi e per un momento pensai che per una volta mi avrebbe finalmente ascoltato, ma poi parlò di nuovo.
“Sei malato?” Chiese, “Perchè a dirla tutta non hai un bell'aspetto.”
“Sto bene, Owen,” dissi, “Lascia perdere, dì a mamma che sarò giù tra un paio di minuti.”
“No, Lou, che cosa-”
“Owen! Per l'amor del cazzo!” Lo interruppi ad alta voce, ancora senza guardarlo.
“Okay, scusa,” disse acidamente ed un paio di secondi dopo sentii la porta aprirsi e poi sbattere di nuovo.
Presi un profondo respiro tremante, rimanendo dov'ero fino a che il mio battito non fu ritornato ad un battito regolare, prima di mettermi una maglietta e di sedermi sul letto.  Non c'era pericolo che Owen sospettasse la verità sul mio stomaco anomalo, ma non era stupido e sapeva fin da subito che qualcosa non andava con me e il mio corpo. E se avesse detto a mia mamma ciò che aveva visto? Sarebbe stato terribile. Non ero pronto per farlo scoprire a lei ancora, avevo bisogno di un paio di settimane per prepararmi. Con un sospiro di sfinimento, mi alzai dal letto e andai al piano di sotto. Trovai mamma e Owen in cucina. Owen mi lanciò uno sguardo pieno di curiosità e fastidio, ma con mio grande sollievo, mamma sorrise.
“Com'è andata oggi a scuola?” Chiese quando mi avvicinai al frigo e tirai fuori un cartone di succo d'arancia.
Mi strinsi nelle spalle. “Come al solito,” dissi prima di portarmi il cartone alle labbra e prendere tre lunghi sorsi del contenuto.
“Ad essere sincera, Louis,” disse mamma, guardandomi con rassegnazione negli occhi, “Trovi impossibile utilizzare un bicchiere o una tazza come tutti gli altri?”
“Scusa,” dissi con un grande sorriso mentre mettevo il succo di nuovo nel frigo, “Owen mi ha detto che volevi parlarmi,” aggiunsi prima che avesse la possibilià di continuare il suo rimprovero.
“No, non era niente in particolare, volevo solo chiederti come stavi,” disse, “Non riesco a parlare più con te, sei sempre in camera o a scuola o chissà dove.”
“Sto bene,” dissi, “Sono molto pensieroso, ecco tutto.”
“Mi piacerebbe sapere se c'è qualcosa che non va, me lo diresti vero?” Forse ero solo paranoico, ma per un attimo giurai di aver visto il suo sguardo saetarre al mio stomaco. 
Tossii un po' a disagio, prima di forzare un sorriso. “Certo.”
Ma, appena mi voltai per lasciare la cucina, sentii lo sguardo di Owen bruciare un buco nel mio collo ed io sapevo molto bene che non sarei riuscito a mantenere questa facciata ancora a lungo.

Domenica 27 Febbraio
Ventiquattro settimane e sei giorni


“Allora... in pratica, sei fottuto?” Harry mi guardò con la bocca contratta in preoccupazione e la fronte aggrottata.
Sospirai ed annuii, cambiando leggermente posizione a causa del braccio sotto la testa che iniziava a farmi un po' male. “Più o meno, si.”
Eravamo sdraiati sul mio letto, io sul mio fianco e lui sulla schiena accanto a me. Owen era andato a giocare a calcio e mamma e Ian erano andati con lui, così per una volta la casa era vuota, motivo per il quale avevo chiamato Harry e gli avevo chiesto di venire. Non uscivamo insieme da più di due settimane e dato che ancora non parlavamo pubblicamente, non avevamo nemmeno parlato per due settimane. E visto che ero incinto ed avevo una cotta per Harry, ero riuscito a raccogliere il coraggio di chiamarlo, e ora eccoci qui.
Gli avevo appena raccontato del giorno in cui Owen era entrato nella mia stanza più di una settimana prima vedendo la mia pancia nuda, ed Harry aveva reagito con gli occhi spalancati e la bocca semi-aperta.
“Ma tua mamma lo sa?” Chiese.
“No, non penso.”
“Non pensi? Che vuoi dire?”
“Non lo so,” dissi con un sospiro, “Penso che stia... non lo so, iniziando a pensare che non sto ingrassando perché sono, beh, ingrassato.”
“Si, questo ha un senso,” fece un secondo di pausa e poi sospirò “Ma non vedo quale sia il problema.”
“Si, beh, il problema principale è che io non sono ancora pronto per dirglielo.”
“Ma hai intenzione di farlo alla fine?”
“Non credo di avere molta scelta, comunque. Forse non l'hai notato, ma sto diventando un tantino grande,” dissi, accarezzando il mio stomaco.
Sorrise. “Che tu ci creda o no, la pancia ti dona. Stai molto bene.”
Era un complimento del tutto innocente, ma le mie guance si tinsero comunque di un rosso brillante ed il mio cuore svolazzò allegramente. “Grazie,” mormorai, lo sguardo rivolto al materasso.
“Trovo un po' strano quanto sia facile metterti in imbarazzo,” disse con tono divertito nella voce.
“Non mi imbarazzo facilmente, solo che... non ho mai avuto a che fare con i complimenti,” dissi, alzando di nuovo gli occhi.
“No?”
Sorrisi ironicamente. “Non ho amici, ricordi?”
Il sorriso sul suo volto scomparve e la sua espressione diventò quasi... triste. “Davvero non capisco perché,” disse, “E' bello uscire con te. Avrei voluto, sai, conoscerti molto prima se lo avessi saputo.”
“Già... è un po' triste pensare che mi ci è voluta una gravidanza inaspettata prima di riuscire ad avere qualcosa di simile ad una vita sociale, eh?” Dissi, cercando di alleggerire un po' l'atmosfera.
“E' triste.” disse.
“Non dobbiamo iniziare di nuovo a parlare di questo, okay?”
“Di che cosa?”
“Su di me e le mie amicizie,” dissi, “Abbiamo già avuto questa conversazione ed abbiamo finito per urlarci contro.”
Sorrise storto. “Okay, non avremo di nuovo quella conversazione.”
“Grazie.”
“Di niente.”
“Hm. Allora... come va con Lauren?”
Alzò le sopracciglia. “Vuoi sapere quello che stiamo facendo io e Lauren?”
“Certo,” dissi, ignorando la voce nella mia testa che ripeteva bugiardo, bugiardo. “Io e te siamo... bhe-”
“Siamo amici,” disse, roteando gli occhi.
“Esatto, siamo amici e tu hai una ragazza, quindi non dovrei chiedere come sta andando tra di voi?” Chiesi con la voce un po' insicura.
“Si, credo,” disse, guardandomi con evidente divertimento, “Non mi sei sembrato molto interessato a Lauren, quindi...”
“Beh, io sono interessato a te,” i miei occhi si spalancarono pieni di orrore non appena le parole fuoriuscirono dalla mia bocca perché, beh, non avrei mai dovuto dirlo ad alta voce. Sentii divampare tutta la faccia e lasciai uscire un piccolo gemito, prima di voltarmi con la schiena rivolta verso Harry. “Scusami, non avrei dovuto dirlo ad alta voce,” dissi, la mia voce soffocata dal cuscino.
“E' davvero esilarante quanto facilmente ti imbarazzi,” disse ridendo.
“Mi imbarazzo solo quando la situazione lo richiede ed in questo caso richiede sicuramente un po' di imbarazzo,” mormorai.
“Perchè? Perchè hai detto che ti interesso?” Disse e lo sentii muoversi un po' dietro di me. “Sai,” continuò mentre aveva messo un braccio attorno alla mia vita e la sua mano aveva trovato la strada fino al mio stomaco, “Anche io sono interessato a te. A te e al piccolo senza nome.”
Mi morsi il labbro per evitare che il mio sorriso diventasse troppo ampio. Lui si interessava a me, aveva appena detto – senza mezzi termini – che gli importava di me. La sensazione familiare delle farfalle nello stomaco si impossessò del mio corpo e, invece di rispondere a parole, misi la mano sopra la sua e strinsi le nostre dita leggermente.
“Ehi, Lou,” disse dopo un breve silenzio.
“Si?”
“Hai mai... sai, pensato... al nome?” Disse esitante.
“Al nome?” Chiesi, un po' confuso.
“Si, per... il bambino.”
“Oh,” dissi, aggrottando un po' la fronte, “Considerando che lo daremo in adozione, non ci ho davvero pensato, no.”
“Giusto, l'adozione,” ripetè, in tono pensieroso.
“C'è qualcosa che non va?”
Si fermò per qualche secondo, ma poi lo sentii sospirare. “No, niente. Non hai pensato a qualche nome, quindi?”
“No. Perchè? Tu si?”
“Solo ad un po',” disse.
Sorrisi e strinsi un po' la presa nella sua mano. “Che cosa ti è venuto in mente?”
“Niente di particolare, solo che sarebbe bello dargli due nomi.”
“Hm, si,” concordai, “Anche io ho due nomi.”
“Si? Qual'è il secondo?”
“William,” dissi con una risatina, “E tu? Hai un secondo nome?”
“Forse.”
“E...?”
“Non te lo dico.”
“Perchè no?” Chiesi, spingendogli la gamba con un piede.
“Perchè è un nome stupido.”
“Il mio secondo nome è William, per l'amor di Dio,” dissi, “Quindi dimmelo.”
“Oh bene,” borbottò, “Ma se ridi, ti tiro i capelli, capito?”
“Capito.”
“Bene. Okay, il mio nome completo è – abbastanza ridicolo – Harry Edward Styles.”
“Non è ridicolo,” dissi, “Pensavo che avresti detto Jebediah o qualcosa del genere.”
“Esiste davvero quel nome?”
“Non lo so, l'ho sentito in un film una volta.”
“Per il bene dell'umanità, spero sinceramente che non esista davvero.”
“Sono d'accordo con te.”
“Grazie,” rise, “Okay, allora, visto che siamo in tema, come ti piacerebbe chiamare il bambino se lo tenessimo?”
Sospirai. “Stiamo davvero per parlare di nomi? Tutto questo è- è già abbastanza difficile ora.”
“Lo so ma io... voglio almeno fingere.”
“Fingere cosa?”
“Che noi lo, sai, terremo.”
Mi si formò in gola un piccolo nodo e scossi la testa una volta. “Io non- Harry non dirlo, per favore,” dissi con la voce rauca, dopo aver inghiottito una volta, “Per me è già abbastanza difficile così e non voglio inziare a sentirmi in colpa per la scelta migliore per me, te e il bambino. Quindi, per favore, non dire cose del genere, okay?”
“Okay, scusa, mi dispiace, lascio perdere,” mormorò, usando il pollice per accarezzare la mia mano dolcemente, “Sei stanco?”
“Sono sempre stanto.” risposi.
“Vuoi dormire un po'?”
“Ti dispiace?”
“Niente affatto,” canticchiò, “Anche io sono un po' stanco a dir la verità.”
“Oh,” dissi, deluso, “Torni a casa?”
“Potrei, ma pensavo di dormire un po' qui, se non ti dispiace,” disse.
La mia delusione fu subito sostituita dalla gioia e sorrisi a me stesso. “Non mi dispiace,” risposi.
Lui sospirò contento e strinse la presa attorno alla mia vita. Non ci vollero molti minuti prima che sentissi il suo respiro nella parte posteriore del mio collo, ma invece di trovarlo fastidioso e scomodo, lo trovai confortante nel sapere che Harry era lì, che dormiva premuto contro di me. Con un sorriso sugli angoli delle labbra e le dita ancora intrecciate a quelle di Harry, caddi in un sonno profondo.

Non passò più di un'ora prima che mi svegliassi di nuovo però, e mi chiedessi brevemente per quale motivo lo avessi fatto. Ancora non ero abbastanza riposato, quindi non era possibile che mi fossi svegliato da solo. Non c'era nulla di insolito nella mia stanza, il braccio di Harry era nello stesso posto di quando mi ero addormentato come il resto del suo corpo. Poi lo sentii. C'era qualcosa di duro premuto contro il mio, oh Dio. Oh Dio. No. Presi un profondo respiro per calmarmi, cercando di far sparire la crescente eccitazione dal mio corpo. Nel tentativo di... beh, fare qualsiasi cosa, mi dimenai un po'. Che si dimostrò essere un errore. L'azione non fece altro che far strofinare la durezza contro il mio culo e dovetti soffocare un gemito.
“Harry,” mormorai, la voce leggermente roca, “Harry,” chiamai di nuovo quando non ricevetti risposta, questa volta calciando la sua gamba con attenzione.
“Hm?” Borbottò mentre si spostava un po', costringendomi ancora una volta a soffocare un gemito.
“Tu- Io- è-” Taqui. Come diavolo avrei fatto a dirgli che la sua erezione stava sfregando sul mio culo? Non potevo proprio dire così. Beh, potevo, ma non l'avrei mai fatto.
Lui rimase in silenzio per due secondi e pensai quasi che sarebbe ritornato a dormire, ma poi tutto il suo corpo si irrigidì e si lasciò sfuggire un tranquillo, “Oh”. Nessuno dei due mosse un muscolo; non sapevo per quale motivo, ma io ero completamente mortificato e allo stesso tempo eccitato. Mi concentrai per regolare la respirazione il più possibile, sperando che lui non notasse niente di strano e che avrebbe fatto qualcosa al più presto, perché sicuramente io non l'avrei fatto.
Alla fine si mosse un po', per fortuna, ma non di distanza o addirittura spingendomi via. Quello che fece fu premersi ancora più vicino alla mia schiena mentre inziava a muovere la mano sulla mia pancia in movimenti circolari. Il mio respiro rimase bloccato in gola quando capii quello che stava facendo e mi morsi l'interno della guancia, respirando affannosamente con il naso. Fece scorrere la mano lentamente più giù dello stomaco, fino a raggiungere l'orlo del maglione sottile che stavo indossando, dove con le dita si infilò sotto il tessuto provando a salire.
“Questo va bene?” Sussurrò, le labbra a sfiorare il mio collo.
“Si, si,” ansimai, incapace di preoccuparmi di quanto stesse tramando il mio corpo sotto il suo tocco, mentre mi spinsi indietro contro di lui e intrecciai le nostre gambe.
Pur continuando a premersi contro di me, alzò ulteriormente il mio maglione fino a scoprire tutto il mio addome. In altre circostanze mi sarei sentito incredibilmente grasso in quella posizione, ma con le labbra di Harry ancora contro il mio collo, la sua erezione coperta a premere contro di me e la sua mano ad accarezzare il mio stomaco come se fosse la cosa più preziosa del mondo, non ero in grado di sentire altro se non l'eccitazione.
Mi sfuggì un gemito inaspettato quando lasciò un dolce bacio sul mio collo. Poi un altro e questa volta, inclinai la testa all'indietro per permettergli un migliore accesso, gemendo e tremando in attesa. Non avevo mai provato nulla di simile in vita mia, questo sentimento dolce e allo stesso tempo tortuoso di lussuria che fece infiammare tutte le mie viscere facendomi venire voglia di strapparmi i capelli dalla frustrazione.
Non avevo mai provato nulla di simile prima, ma quando i dolci baci di Harry si trasformarono in piccoli pizzichi e in piccoli morsi, pensai tra me e me che non mi sarebbe dispiaciuto abituarmici.
Portai indietro la mia mano in modo da riuscire ad afferrare i capelli di Harry, volendo sentire i suoi morbidi ricci in mano, volendo sentire veramente ogni parte di lui. Erano tanto morbidi quanto sembravano e li tirai dolcemente, cosa che sembrò apprezzare quando improvvisamente portò le anche in avanti, facendomi sentire perfettamente quanto fosse duro, e lasciandomi sfuggire un piccolo gemito. Fece scivolare le mani più in alto dove il mio maglione era arrotolato ed iniziò a muovere la mano sul mio petto. Il secondo in cui venne a contatto con i miei capezzoli, inarcai involontariamente la schiena e lasciai sfuggire un gemito improvviso a causa del piacere che mi percorse. I miei capezzoli erano sempre stati così sensibili? Sembrò che la mia reazione lo avesse incoraggiato e, quando trovò un capezzolo con le dita, iniziò a pizzicarlo leggermente, facendomi quasi soffocare con i miei stessi respiri nella fretta di esprimere il mio piacere. Continuò a pizzicarli, sfregarli e a strizzare il nocciolo ormai indurito e non ci volle molto tempo prima che il mio respiro fuoriuscisse in rantoli disperati.
“Toccami, toccami per favore,” gemetti supplichevole, tirando i suoi capelli con un po' più di forza, quando tutte quelle attenzione iniziavano a diventare troppo.
Lui non esitò e subito tolse la mano da dove stava giocando con il mio capezzolo per trasferirsi in basso, verso la cintura dei pantaloni. Slacciò rapidamente il bottone e la cintura dei miei pantaloni e tirò giù i boxer per poi avvolgere la sua mano attorno al mio cazzo gonfio e bagnato. La sensazione era incredibile e portai indietro gli occhi prima di riuscire a calmarmi abbastanza per spingere i miei fianchi in avanti per segnalargli del mio bisogno che muovesse la mano.
Stabilì un ritmo veloce, senza preoccuparsi di iniziare lentamente, e gliene fui grato; stavo già per finire e finire in quel momento sarebbe stato veramente penoso. Mentre Harry si spingeva verso di me mentre la sua mano si muoveva in sincrono, mi concentrai sull'attrito contro di lui, volendo che lui provasse lo stesso piacere che stavo provando io. Abbastanza imbarazzante, non mi ci volle più di un minuto o due per venire e mi svuotai completamente sulla mia mano e sul mio stomaco, gemendo senza fiato.
Dopo essere venuto, trascorsi un po' di tempo cercando di riprendere fiato. E non compresi quello che era appena successo fino a quando Harry non si spostò un po' dietro di me. Mi aveva masturbato... mentre si spingeva contro di me e mi succhiava il collo... perché l'aveva fatto? Poco prima non aveva detto di non essere attratto dai ragazzi? Me l'aveva detto, perciò che cosa era successo? Che diavolo era appena successo?
“H-Harry?” Dissi timidamente dopo un lungo silenzio.
Con un movimento improvviso ed inaspettato, spostò la mano ancora avvolta attorno al mio cazzo prima di sedersi di scatto. Un po' nervoso, mi girai, giusto in tempo per vederlo saltare fuori dal letto. Beh, non era di certo un buon segno.
“Harry-,” iniziai, guardandolo implorante.
“No, no, non posso farlo. Cazzo, non posso farlo,” mi interruppe freneticamente, lo sguardo rivolto ovunque tranne che su di me, “Questo non è mai successo, mai successo. Ho bisogno di andare a casa, non posso- non è- non è successo niente di tutto questo. Non è successo niente.”
Con queste parole senza senso, si voltò e corse fuori dalla stanza. Io rimasi lì, completamente immobile, per alcuni minuti prima di accorgermi dello sperma secco sulla mia pancia e mi resi di nuovo conto di quello che era appena successo. Perchè dopo questo era tutta un'altra storia. Cosa sarebbe successo? Mi avrebbe odiato? Non avrebbe più voluto parlare con me? Sospirai e mi alzai dal letto per andare in bagno. L'unica cosa che al momento sapevo per certo era che le cose si sarebbero complicate ancora di più.



Occhio a me!

No ragazze seriamente, voi dovete amarci per la fatica che stiamo facendo a pubblicare un capitolo ogni settimana almeno un quarto di quanto vi amiamo noi in questo momento. Parlavo giusto oggi con Ana, di quanto è bello leggere le vostre recensioni. Perchè ci sembrate noi mentre leggevamo per la prima volta questa storia. E' fantastico, giuro.
Bene, per quanto riguarda il capitolo... ehm ehm, quante si aspettavano la piccola scenetta rossa alla fine del capitolo? Quante ci sono rimaste letteralmente di merda? QUANTO E' STATO CRETINO HARRY AD ANDARE VIA?
Ok, calma, è solo una storia Giulia.
E comunque sappiate che questa ultima scena è stata una delle più difficili da tradurre; era tutto un casino ed avevo paura di non essere in grado di far capire bene la sequenza delle azioni, non so se mi spiego. Spero di aver fatto un discreto lavoro, alla fine. (Non chiederò mai più consigli a Ana perchè per lei tutto quello che traduco o faccio è perfetto ed io non so davvero più come fare con lei. Si, la amo).
No ma... Jebediah... solo a me fa ridere particolarmente questo nome? AHAHAHAHA tanta stima per l'autrice.
Coooomunque grazie mille per l'ennesima volta a tutte voi che state seguendo il nostro lavoro, non sappiamo davvero come ringraziarvi. Grazie mille a tutte le ragazze che recensiscono, anche più di una volta. Grazie a tutte quante, davvero.
Un bacione e a prestissimo,

Giulia.

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Capitolo 15
*** There was no response. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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CAPITOLO 15



Nessun segno.

Per un’intera settimana dopo l’incidente in camera mia, evitai Harry come se avesse la peste ed ero certo che anche lui avesse fatto la stessa ed identica cosa con me. Se lo vedevo fra i corridoi a scuola, mi voltavo e iniziavo a correre per andare da qualche altra parte, se lo vedevo a mensa, andavo via e cercare qualche altro posto per poter mangiare, se lo intravedevo da qualche altra parte fuori da scuola, mi nascondevo dietro qualche edificio o albero. Mi sentivo incredibilmente infantile e immaturo, ma sentivo anche che fosse la cosa giusta da fare; Harry mi aveva masturbato, malgrado il fatto che avesse una ragazza - che pareva come se stesse sempre con lui - e dopo averlo fatto, era praticamente fuggito dalla stanza borbottando in continuazione “non è mai successo”, quindi cosa dovevo fare?
Non avevo nessuna idea e così decisi di evitarlo a tutti i costi.
L’unico problema era che bramavo di poter avere qualche risposta su quello che era successo e siccome l’ultimo periodo della mia vita l’avevo vissuto solo in funzione di Harry - dopo averlo conosciuto -, negli ultimi giorni avevo iniziato a sentire la sua mancanza. Fu particolarmente triste e sconfortante andare ad un’altra visita senza di lui e avevo quasi sperato che si sarebbe presentato nonostante la nostra.. beh, qualsiasi cosa fosse, ma ovviamente non lo fece. Rimasi lì solo mentre il dott. Hayes eseguiva l’ecografia, facendomi domande sulla mia salute e altre svariate cose, ed era tutto così sbagliato. Volevo che Harry fosse lì con me, ma per colpa dei miei dannati ormoni, non ci fu. Okay, forse era stato lui ad iniziare, ma questo non migliorava niente.

Martedì 15 Febbraio. 
Ventisei settimane e un giorno


Arrivato alla ventiseiesima settimana, mi sentivo più ippopotamo che uomo, e sapevo che sia Owen, mamma e anche Ian avevano iniziato a notarlo. Nessuno di loro disse nulla a riguardo, ma vedevo le occhiate che ricevevo quando pensavano che non stessi guardando; Owen sembrava sospettoso, mia madre preoccupata e Ian confuso. Non potevo incolpare nessuno di loro e indipendentemente da quante bugie avrei potuto dire adesso, non si poteva nascondere il fatto che il resto del mio corpo rimaneva semi magro mentre il mio stomaco stava crescendo sempre di più giorno dopo giorno, e appariva strano. Lo faceva per davvero. Dopo aver ottenuto un bel po di strane occhiate nell’ora di ginnastica quando indossavo un enorme felpa mentre correvo intorno, chiaramente sentendo troppo caldo, e quando non mi tuffai in piscina dopo che tutti lo fecero, decisi semplicemente che avrei saltato l’ora di ginnastica finche tutto questo non fosse finito. Sapevo che dovevo dire la verità a mia madre e ad Owen entro le prossime settimane, ma per adesso, rimaneva un mio segreto. Beh, un segreto che altre sei persone ne erano conoscenza.
Nonostante non fosse molto di aiuto, infilai due maglioni, un enorme giubbotto e anche una sciarpa ingombrante quando andai a scuola quella mattina. Era solo il 15 di Febbraio e l’aria era ancora fredda così da permettermi di poter indossare molti vestiti, ma mentre camminavo lungo il marciapiede e sentii gli uccelli cinguettare dagli alberi, mi morsi il labbro con preoccupazione.
La primavera lentamente si stava avvicinando e quando le temperature avrebbero raggiunto dieci, quindici, venti e venticinque gradi, non sarei più stato in grado di nascondere la mia condizione con l’aiuto dei vestiti. Il resto della camminata la trascorsi pensando al modo in cui avrei potuto coprirmi nel corso dei mesi a venire, ma non mi venne in mente nulla e perciò fu aggiunta un’altra preoccupazione all’esorbitante catasta che avevo ammucchiato nella mia testa. 
Le due lezioni prima dell’ora di pranzo, matematica e storia, passarono più lentamente rispetto al solito, ero sul punto di addormentarmi. Cercai di rimanere sveglio e quando la campanella suonò dopo la mia ora di storia, che annunciava che era ora di pranzo, mi alzai con lentezza, movimenti pesanti. Il mio piano era quello di cercare di localizzare Harry entro trenta minuti a disposizione, prima che la mia prossima lezione iniziasse e per prima cosa mi diressi per gli armadietti per vedere se potesse essere lì. Quando arrivai, vidi un mucchio di gente, ma nessuno di loro aveva capelli ricci e un meraviglioso, perfetto sorriso sulla faccia. Con un sospiro, lasciai la zona armadietti e andai in mensa, nella speranza che fosse almeno lì. Ma no. Non lo trovai nemmeno lì e notai che mi rimanevano solo venti minuti. Calcolando che sarebbe potuto essere sul campo da calcio, uscii dalla mensa e oltrepassai parecchi corridoi. Proprio mentre entrai in un corridoio completamente vuoto e girai l’angolo, vidi camminare da lontano cinque persone, girati di spalle, a circa venti metri da me. Anche da lontano riconobbi  i capelli biondi di Niall, il taglio corto di Liam, il ciuffo all’in sù di Zayn, i ricci di Harry e.. i boccoli rossi di Lauren. Fantastico. Lauren era lì. Inspirai un paio di volte prima di dirigermi a passo spedito verso loro.
“Harry!” Gridai quando mi ritrovai a non più di dieci metri di distanza da loro.
Tutti e cinque si girarono nello stesso momento. Lauren mi fissò, Niall mi offrì un cenno con il capo, i volti di Liam e di Zayn si illuminarono con dei sorrisi e Harry.. Harry mi guardò e basta per un secondo prima di voltarsi continuando a camminare, così da rendere Lauren compiaciuta e felice. Il mio cuore affondò fino al mio stomaco, ma ciononostante continuai a seguirlo. 
“Harry, ho bisogno di parlarti,” dissi.
“Mi dispiace, perché io non voglio parlare con te,” mi rinfacciò, ancora camminando e ancora voltato di spalle verso di me. 
“Andiamo Harry, per favore.” 
“Vattene, non ho nulla da dirti.” 
“Ho davvero bisogno di parlarti.”
“Non mi interessa.”
“Per favore, solo cinque minuti.”
“Non accetti un fottuto no come risposta, vero?”
Deglutii, notando la rabbia nella sua voce.
“N-no.”
“Ma porca puttana!”
“Per favore.”
“No!”
“Harry, solo-”
E questo è quanto ottenni dalla mia supplica. La seguente cosa che accadde fu che Harry si girò sollevando un braccio e tre colpi furono tirati in tre punti diversi. Il primo un dolore pungente sulla guancia, poi un dolore pulsante sul naso e l’ultimo uno un po' più lieve sulla mascella. Indietreggiai barcollando di qualche passo fissando Harry in completo shock. Mi aveva picchiato. Mi aveva davvero picchiato. Mi aveva dato uno schiaffo sulla guancia, colpito il naso e la mascella. Faceva male fisicamente, si, ma tutto questo iniziò a farmi tremare il labbro e un paio di lacrime iniziarono a depositarsi sui miei occhi. Il ragazzo che era il padre del mio bambino, colui per cui avevo una cotta e che un mese fa mi aveva detto che gli importava di me, mi aveva colpito in faccia con tutta la sua forza.
Proprio nel momento in cui sentii urlare da Zayn un “ma che cazzo, Harry?”, Harry balzo in avanti, questa volta in direzione del mio petto. Con un riflesso, mi piegai per fare da scudo a me stesso, ma questo peggiorò la situazione. Capii solamente dopo che un suo pugno colpì.. il mio stomaco. L’orribile suono del colpo prima del dolore, e i miei occhi si spalancarono in puro terrore per un momento, ma poi un acuto dolore mi offuscò la vista per un secondo e con un grido spezzato, caddi a terra, coprendo il mio ventre in difesa da qualche altro colpo. Il dolore svanì velocemente, ma non ebbi il coraggio di muovermi; la paura era ancora presente. Mentre ero ancora accovacciato per terra con le mia braccia avvolte intorno a me stesso in segno di protezione, alzai lo sguardo incontrando quello di Harry, implorandolo silenziosamente di non continuare a colpirmi. 
“Fermati,” piagnucolai, “Per favore, fermati.”
“Erano solo un paio di colpi,” sentii sghignazzare Lauren, “Che cosa-”
“Lauren, chiudi quella cazzo di bocca e va via da qui,” sentii rinfacciarle Niall dietro di me.
“Scusami? Non credo tu abbia il diritto di-”
“Adesso!”
Dopo un paio di beffeggiamenti e parecchie imprecazioni, sentii il suono dei suoi tacchi schioccare sul pavimento mentre andava via con passi veloci. Non appena la porta sbatté chiudendosi, tre diverse voci iniziarono ad urlare cose differenti alla stesso tempo. 
“Sei pazzo?” disse Niall ad alta voce. 
“Cosa diavolo ti passa per la mente, Harry?” urlò Zayn.
“È incinto di più di sei mesi! Sei completamente fuori di testa?” gridò Liam.
I miei occhi erano ancora puntati su Harry che sembrava si fosse paralizzato completamente, fissandomi con un espressione di puro terrore in volto. Lo fissai di rimando, cercando di capire cosa fosse appena successo. Mi aveva davvero colpito, e non solo in faccia, ma anche sullo stomaco, rischiando di far del male a nostro figlio. Chi lo farebbe? Quale folle avrebbe mai potuto pensare di farlo? 
“Cosa diavolo c’è di sbagliato in te?” Sibilai mentre la rabbia offuscava i miei pensieri.
“N-non lo so,” balbettò. 
“Avresti potuto ucciderlo,” sussurrai intensamente, “Per quello che so, forse l’hai già fatto.”
Il mio cuore si strinse dolorosamente e morsi l’interno delle mie guance quando pensai a questa possibilità. E se fosse morto? E Se il mio bambino fosse morto? Il mio bambino.. no, lui non può essere morto, non può.
“Non lo perderò, Harry,” continuai, la mia voce rauca, “E se lo farò, giuro su Dio, che non ti perdonerò mai.”
Lui deglutì. “Per favore, non-”
“Stai zitto adesso,” Zayn interruppe ed improvvisamente sentii qualcuno afferrare la mia vita da dietro. 
“Dobbiamo portarti in bagno e ripulirti,” disse Liam dalla mia sinistra e girai la testa incontrando il suo sguardo.
“Hai sangue su tutta la faccia,” aggiunse come una spiegazione e mi rigirai verso di lui con sguardo confuso. Fu solo allora che mi resi conto del calore, una sensazione umida e appiccicosa che ricopriva la mia mascella e parte della mia guancia sinistra e mi resi conti che il mio naso aveva, molto probabilmente, iniziato a sanguinare quando il pugno di Harry lo aveva colpito.
“Credo sia una buona idea,” mormorai usando le gambe per darmi una spinta e rialzarmi dal pavimento mentre Liam stringeva la presa intorno al mio braccio e Zayn afferrava la mia vita. Mi girai verso Harry ancora una volta e lo vidi con un espressione colpevole in volto e un evidente paura negli occhi verdi. 
“Lou, io-” iniziò, la sua voce un po sommessa e insicura, ma scossi la testa per fermarlo.
“Non parlarmi,” borbottai.
Aprì la bocca, ovviamente per continuare la sua supplica, ma iniziai a parlare di nuovo prima che avesse la possibilità di farlo. 
“Sai, avrei potuto anche perdonare i colpi in faccia,” dissi, “Ma colpirmi nello stomaco mentre sono incinto di tuo figlio? Sei completamente fuori di testa?”
Non ebbe il tempo di rispondere - non che avessi voglia di sentire cosa volesse dire - prima che Liam strinse con più forza il mio braccio, segnalandomi ti iniziare a camminare.
“Niall, puoi...?” Zayn iniziò a camminare esitante, guardando Niall che stava fissando Harry con occhi increduli.
“Si, si, certo,” disse, ma senza ricambiare lo sguardo da parte di Harry. 
Con un ultimo deludente sguardo verso lui, permisi ai ragazzi di portarmi via verso il bagno più vicino che era un po' lontano rispetto all’ingresso. La mia mente era completamente annebbiata mentre camminavo e non ero in grado di formulare una frase sensata, la mia testa era occupata nel pensare solo una cosa: mi aveva preso a pugni.
L’attimo in cui entrammo in bagno, il mio intero corpo iniziò a tremare e se non fosse stata per la forte presa di Liam intorno il mio braccio e per la stretta di Zayn intorno alla mia vita, sarei caduto per terra. 
“Okay, okay, calmati,” disse Liam mentre lui e Zayn mi guidavano verso il muro per farmi appoggiare.
Con calma e lentamente, mi fecero sedere sul pavimento, le mie gambe completamente distese e la mia schiena appoggiata contro il muro. Entrambi si diressero verso i rubinetti, afferrarono un paio di fazzoletti inumidendoli prima con acqua, dopodiché vennero di nuovo verso me. Mentre iniziarono a ripulire il mio viso - entrambi nello stesso momento, facendomi sentire come un un bambino indifeso - rimasi seduto lì fissando davanti, oltre loro, chiedendomi se qualcuno avrebbe detto qualcosa. Non che non sapessi cosa dire a me stesso, ma il silenzio mi stava uccidendo. 
“Non ci credo che mi abbia davvero colpito,” dissi alla fine con voce tremante.
“Si, nemmeno io,” borbottò Zayn, “Il..il bambino sta bene?”
Guardai giù verso il mio stomaco, che appariva sempre lo stesso, e vi ci poggiai con cautela le mani sopra.
“Non lo so,” dissi, la mia voce a malapena udibile,“Oh Dio, e se- lui non può essere.. morto,” continuai, guardando Zayn con occhi supplichevoli, pregandolo di dire qualsiasi cosa, che tutto fosse apposto. 
“Non posso perderlo, non posso- non posso perderlo prima che sia nato; non posso, non posso, non posso.”
Liam e Zayn si guardano l’un l’altro per un momento, entrambi con sguardi che apparivano allo stesso modo persi e insicuri su cosa fare. Poi Liam spostò lo sguardo verso il mio stomaco stomaco, e poi di nuovo sul mio viso, i suoi occhi esprimevano insicurezza e un po’ di paura. 
“Per favore dimmi solo che lui sta bene,” pregai e nessuno di loro mostrò qualdiasi segno nel voler dire qualche cosa. 
“N-non sono io che posso dirlo,” Liam balbettò dopo quello che sembrava un’infinità di tempo, “Spero che lui lo sia ma io- io non ne sono sicuro.”
Contrassi la mascella, convincendo me stesso di non soccombere sulla mia crescente preoccupazione e sul terrore che mi si stavano formando nel petto. 
“Deve stare bene,” borbottai.
Abbassai lo sguardo là dove le mie mani erano posate sopra la mia pancia e mi morsi il labbro. 
“Devi stare bene,” dissi poi, con voce dolce e cauta, come se parlare ad alta voce avrebbe potuto fargli del male, “So che ti darò in adozione non appena nascerai e dopo non ti rivedrò mai più, ma non puoi morire adesso. Non morirai dodici settimane prima della tua nascita, mi senti? E specialmente non solo perché sono troppo.. cocciuto e stupido. Non permetterò che accada.” 
Parecchi minuti più tardi ero ancora seduto lì, la mia testa penzoloni, mentre Liam e Zayn continuavano a rimuovere sangue dalla mia faccia. Non dissi nient’altro e la stanza era completamente avvolta da un silenzio innaturale, eccetto per il rumore di gorgoglii che proveniva dalle tubature lungo il muro e il soffitto. Dopo un po', entrambi si alzarono e andarono verso il cestino, così buttandoci dentro fazzoletti arancioni. Alzai la testa dal mio grembo e li vidi in piedi verso i lavandini, sembrava stessero avendo una discussione a bassa voce su qualche cosa. Ogni tanto si giravano indirizzandomi, espressioni preoccupate e in un po curiose. Alla fine smisero di farlo e ritornarono di nuovo dove ero seduto e si inginocchiarono di fronte a me.
“Vorresti.. potresti per favore dirci per quale motivo è successo tutto questo? Chiese Zayn esitante.
“Cosa?” Chiesi sollevando entrambe le sopracciglia.
“Ti stai riferendo al fatto che avevo urgentemente bisogno di parlare con Harry? Oppure alla sua violenta e inaspettata reazione? O magari alla folle chiacchierata che ho avuto con il bambino ancora non nato?”
“Perché diavolo avrebbe dovuto prenderti a pugni?” disse Liam, la fronte aggrottata, “Conosco Harry da una vita, più o meno, e non gli ho mai visto tirare un pungo prima d’ora. Beh, non al di fuori di un campo da calcio, quindi perché avrebbe dovuto colpire proprio te che non hai fatto assolutamente nulla di sbagliato e che sei incinto del suo bambino?” 
Deglutii. Non potevo dire loro ciò che era accaduto quel giorno in camera mia. Se Harry era impazzito improvvisamente per quello che era successo, cosa avrebbe fatto se avesse scoperto che ne avevo appena parlato con i suoi migliori amici? Probabilmente sarebbe venuto da me con una spranga. 
“Non posso dirlo,” mormorai.
“Perché no?”
“Perché io- mi ucciderebbe, molto probabile,” dissi ridacchiando.
“Harry?” Chiese Zayn.
Annuii e sorrisi sarcasticamente.
“Non gli diremo nulla. Ma è stato di cattivo umore fino a lunedì scorso e sembrava un po’... spento. Ultimamente non sembrava più lui e, ci siamo preoccupati.”
Mi morsi il labbro e passai una mano fra i capelli. 
“È solo che.. Domenica scorsa è successa una cosa,” dissi dopo una lunga pausa.
“Cos’è successo?” chiese immediatamente Liam.
Scossi la testa.
“Non posso dirvelo. È una cosa che non vi riguarda e, umm, e questo non vuol dire nulla comunque.”
Non per lui almeno; per me significava parecchio.
“Per favore,” disse Liam, fissandomi con grandi occhi, “Vogliamo solo sapere cosa c’è che non va in lui.” 
“No, non posso dirlo. Chiedeteglielo a lui personalmente,” dissi fermamente.
“Ci abbiamo provato, ma ci ha solo detto di stare zitti,” disse Zayn con un debole gesto di mano. 
Rimase in silenzio per qualche secondo, dopo storse le labbra in maniera pensierosa e lanciò una piccola occhiata a Liam, prima di voltarsi di nuovo verso me.
“Voi.. umm.. vi siete baciati?” Chiese.
“No,” dissi immediatamente.
Beh, non era una bugia. Harry e io avevamo avuto due rapporti sessuali fino ad adesso, ma non ci eravamo baciati, non ancora.
“No, non ci siamo baciati.”
Sospirarono insieme.
“Non ci dirai cosa è successo, vero?” Disse Liam e io scossi la testa.
“Scusa, ma no.”
Zayn sospirò di nuovo, ma dopo sorrise.
“Okay, va bene.”
Si alzò e mi porse una mano così che io potessi afferrarla.
“Vieni qui, ti do una mano a rialzarti,” disse dopo.
Mi ci volle un po' di tempo, e un bel po’ di forza e un rotolare imbarazzante, ma alla fine ritornai di nuovo sui miei piedi. Sentii un dolore pulsante sul naso e sulla mascella. 
“Merda, fa male.” borbottai e sollevai una mano toccando dolcemente la mia guancia, “Quanto me l'ha dato forte?”
“Non sembrava essere così forte, ma immagino che faccia un po’ male, si.” disse Liam.
“Probabilmente avrai uno o due lividi.”
“Fantastico,” dissi con un sospiro, pensando al modo in cui avrei dovuto spiegare a mia madre che il livido non era causato da un’ amichevole rissa fra amici. Andai verso lo specchio e guardai il mio riflesso. Non era conciato poi così male, ma c’era con certezza un leggero gonfiore proprio sotto la mia bocca.
“Quanto è divertente il fatto che il mio corpo si sia già gonfiato, che dite?” Dissi, lanciando un’occhiata verso Liam e Zayn.
Entrambi sorrisero debolmente prima che venissero verso di me.
“Dovresti vedere un dottore per assicurarti che sia tutto a posto,” disse Liam con un cenno del capo verso la mia pancia. 
“Si, ho un appuntamento il primo di Marzo, ci penserò poi.”
“Mancano due settimane da adesso,” disse Liam accigliato, “Non credi che dovresti andare prima?”
“Se è morto, dubito che io possa fare nulla se vado oggi o fra due settimane.” Risposi bruscamente, sentendomi all’improvviso un po arrabbiato.
Entrambi si guardarono l’uno con l’altro per un paio di secondi prima che Zayn voltasse il suo sguardo verso me e sospirasse.
“La decisione è tua, ma.. facci uno squillo o qualcos’altro se succede qualcosa, che sia buona o cattiva, okay?” Disse.
“Non ho il tuo numero.”
“Lo salvo io per te, vieni, dammi il tuo cellulare,” disse Liam, afferrando la mia mano.
Esitai un po’, ma poi porsi il mio cellulare verso lui dalla felpa che stavo indossando e glielo diedi. Lo accettò e impiegò qualche momento pigiando qualche tasto mentre Zayn e io aspettavamo in silenzio.
“Fatto,” disse Liam e mi restituì indietro il cellulare, “Quindi chiama o invia un messaggio se succede qualcosa, va bene?”
Annuii. “Va bene.”
“Okay, bene,” disse Zayn.
“Adesso dobbiamo andare, abbiamo lezioni e altro, ma-”
“No, va bene,” Interruppi, gesticolando con la mano in modo sbrigativo, “Solo.. dite ad Harry che se vuole vedermi preferirei stesse lontano da me per adesso.”
Si guardarono l’un l’altro per un secondo, dopo di che Zayn si voltò verso di me e per qualche ragione, stavo sorridendo.
“Glielo diremo, ma... se davvero vorrà parlare con te, e sono più che certo che lo farà, a lui non importerà nulla del fatto che tu non voglia parlare con lui.”
“Si, beh, potete dirgli che gli darò un bel calcio nelle palle se dovesse avvicinarsi a me.”
“Non sarà di nessun aiuto nemmeno quello.”
Sospirai.
“Ditegli solo che non voglio vederlo, okay?”
“Si, va bene.”

Mercoledì 16 Febbraio.
Ventisei settimane e due giorni.


A quanto pare Zayn aveva ragione perché la sera dopo, qualcuno bussò alla mia porta e sollevai la testa dal cuscino.
“Entra,” dissi, alzando lo sguardo verso la porta.
Si aprì.. ed entrò Harry.
“Okay, ho cambiato idea,” dissi un secondo dopo che i miei occhi si posarono sullo sguardo preoccupato che aveva in volto.
“Non entrare. Vai via.”
“Ho bisogno di parlarti,” disse prudentemente mentre chiudeva la porta e faceva qualche passe verso il centro della stanza, ignorando ciò che avevo appena detto.
“No, non farlo,” dissi fermamente, “Fuori.”
Sospirò e venne verso di me sedendosi alla fine del letto. Per un paio di secondi, mi guardò solamente, con un evidente rimorso negli occhi.
“Mi dispiace,” disse alla fine.
Scoppiai a ridere, non essendo in grado di contenermi.
“Ti dispiace? Ma è fantastico, davvero, questo lo potrai dire al dottore quando andrò al mio prossimo appuntamento e non sarà in grado di rilevare il suo battito.”
La sua faccia sbiancò immediatamente.
“L-lui non è- Io n-non ho- lui-” balbettò, sembrando in grado di formulare solo parole senza senso.
“Non lo so,” risposi prima di posizionarmi sull’altro fianco, il viso rivolto al muro.
“Vai via e basta, Harry. Non voglio parlare con te adesso. O mai più, se questo andrà a finire nel modo sbagliato.”
“Tu non puoi dirmi che potrei o no aver ucciso mio figlio e dopo chiedermi di andarmene.”
“Si che posso, perché questa è casa mia e non ti ci voglio dentro, quindi fuori.”
La mia voce era sorprendentemente calma, ma le mie interiora andavano a fuoco, quasi bollendo dalla rabbia. Se non se ne fosse andato molto presto, ci sarebbe stata una grossa possibilità che avessi iniziato ad urlare e piangere. Uno o l’altro. Oltre al fatto di essere disumanamente incazzato con lui e di aver ricevuto un pugno in pieno stomaco e i lividi che si erano formati sulla mia faccia, ero anche spaventato a morte perché, nonostante fossero passato venti quattro ore dall’incidente, non avevo sentito nessun movimento nella pancia. Nemmeno un piccolo calcio. 
“Non intendevo farlo,” disse un po esitante, “Ho solo reagito d’impulso. Ero spaventato nel caso avresti iniziato a parlare.. su quello che è successo tra me e te, e dopo Lauren e gli altri ragazzi lo avrebbe saputo e io-”
“Quanto pensi che io sia scemo?” dissi, calmo come sempre, “Non avrei mai detto una parola a nessuno, specialmente non prima di averne discusso con te.”
Passarono un paio di secondi in completo silenzio e tutto quello che sentii fu il respiro di Harry, un po' accelerato rispetto al solito. Perché non se n’era andato? Volevo che se ne andasse. Non potevo guardarlo in questo momento, ancora meno dopo aver parlato con lui, ed era esattamente questo il motivo per cui avevo bisogno che andasse via.
“Avrei dovuto saperlo,” disse con calma, “Sei un bravo ragazzo, non avresti mai fatto una cosa del genere, avrei dovuto saperlo.”
“Non è questo il punto, Harry,” dissi, “Il punto è il modo in cui hai reagito. Anche se tu fossi stato sicuro al cento per cento che io avrei iniziato  a parlare proprio lì di fronte ai tuoi quattro amici e alla tua ragazza, non avresti dovuto colpirmi. Specialmente non in quel- no, non importa, questo lo sai già. Va solo via. Esci fuori di qui.” 
“Ma-”
“No, Harry. Vattene! Io.. ti farò sapere cosa è successo appena sarò uscirò dall’ufficio del dottore.”
“Voglio venire,” disse subito dopo.
Digrignai i denti, rotolai sulla schiena e mi sollevai sui gomiti per essere in grado di guardarlo in faccia.
“Quale parte del ‘non voglio vederti’, non ti è chiara?”
Si morse il labbro nervosamente.
“Ho capito, ma-”
“Bene, quindi puoi andare via e non parlare più con me fino a quando non sarò io a dirtelo.” 
“No, io-”
“Ma porca puttana!” Scoppiai, “Mi hai preso a pugni tre volte, poi hai continuato a colpirmi sullo stomaco, rischiando di far del male al mio bambino! Non puoi seriamente pensare che tutto ciò che io debba fare è perdonarti e fare finta che tutto sia a posto!”
“Io- è- lui e anche mio figlio comunque, lo sai,” borbottò.
“No, non lo è.” Sputai tutto ad un fiato, “Adesso fammi il cazzo di piacere ed esci fuori da qui prima che inizi ad urlare.”
Mi guardò con occhi tristi per un altro secondo, ma poi si alzò, si voltò e lasciò la camera. Non appena chiuse la porta, mi accasciai sul letto buttandomi sui cuscini ed emettendo un gemito. Ero stato troppo rigido con lui? Forse, ma ripensandoci, da quello che sapevo, il piccolo innominato avrebbe potuto essere morto. No, non poteva. Mi spostai un po' così da essere sdraiato  pancia in su sul letto, osservando il soffitto, mentre accarezzavo con lente carezze il mio stomaco. 
“Non sei morto,” sussurrai, gli occhi ancora puntati al soffitto sopra me, “Sei vivo, forte e felice, giusto?”
Nessun segno.



HI FELLAS!

Sento le vostre imprecazioni e lacrime da qui, e lo so lo so, vi comprendo perfettamente.
Questo capitolo è stato il più brutto da leggere, da tradurre e da assimilare.
Ci sono stati alcuni momenti in cui dicevo a me stessa ‘dai Ana devi tradurlo per loro, loro hanno bisogno di questo capitolo’, ed è anche per questo che adesso sono qui dietro al mio pc a rivedere per la milionesima volta errori (mi fa anche compagnia il mio bellissimo libro di filosofia aperto su Aristotele e il concetto si sostanza mm) e cose così.
Ringraziate sempre la mia cara Giulia, perché è lei che risistema i miei errori di traduzione, infatti vi chiedo perdono se qualche volta ci sono periodi che sembrano stati scritti da un bimbo di scuola elementare, sto ancora imparando.
Ritornando a parlare del capitolo voglio sapere cosa ne pensate, opinioni, sfolli, imprecazioni e chi più ne ha ne metta, perché questo è uno dei più brutti, forse il peggiore.
Mi deprimevo quando lo traducevo, quello stronzo di Harold (non ci credo, l’ho mandato a fanculo ahahaha) ma non perdete la speranza *occhiolino*.
Grazie mille ancora per le recensioni che scrivete, mi si scalda il cuore come una bimba ogni volta.
Vi voglio bene, perché queste si che sono vere emozioni.
Un bacione a tutte.

Ana.

*Mi intrometto un attimino sperando che Ana non mi accusi di averle rubato i meriti della traduzione perchè non lo farei mai. Ti voglio tanto bene lo sai*

Ok, vi starete chiedendo per quale motivo abbiamo deciso di pubblicare il capitolo così presto (con grande felicità immagino)... il fatto è che volevo prepararvi ad aspettare un pochino più a lungo per il prossimo. Io ce la sto mettendo tutta per andare avanti a tradurre qualcosina giorno per giorno, ma la prossima settimana ormai ho più ore di compiti in classe ed interrogazioni che di lezione. Un inferno, davvero. Perciò siate clementi se probabilmente pubblicherò il capitolo 16 nel weekend della prossima settimana. Colpa mia, non prendetevela con Ana, lei è bravissima al contrario mio.
So che è dura l'attesa, soprattutto ora che le cose iniziando ad essere più.... movimentate ecco. Ma la scuola sta per finire ed io non posso proprio mollare ora (anche se il mio cervello è morto definitivamente all'inizio delle vacanze di Pasqua.)
Un bacione a tutte ragazze e grazie ancora,

Giulia.

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Capitolo 16
*** I'm having a baby. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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CAPITOLO 16
 


Sto per avere un bambino.

Venerdì 18 Febbraio
Ventisei settimane e quattro giorni


Ero seduto nel tavolo della mensa della scuola, solo come sempre, il mento appoggiato nella mia mano e a pochi secondi dall'addormentarmi così. Il mio cervello stava iniziando a perdersi in pensieri insensati, quando qualcuno toccò la mia spalla facendomi tornare alla realtà.
“Huh?” Dissi, la voce un po' roca, mentre mi guardavo intorno smarrito prima di notare Liam, Zayn e Niall in piedi dietro di me.
“Stai bene?” Chiese Niall, “Sembrava che fossi sul punto di addormentarti.”
“Sto bene,” dissi, rivolgendogli un sorriso un po' forzato, “Sono solo stanco.”
“Ti dispiace se ci sediamo?” Chiese Zayn, indicando i posti vuoti di fianco a me.
“Certo che no,” dissi, e anche se ero un po' sorpreso, cercai di non darlo a vedere.
Liam e Niall si sedettero nel lato opposto del tavolo, mentre Zayn scelse la sedia proprio accanto alla mia. Poi cadde il silenzio mentre loro mi guardavano con sguardi curiosi e preoccupati. Dopo pochi secondi, sentendomi a disagio, tossii.
“C'è qualche problema?” Chiesi.
“Questo è quello che ci stavamo chiedendo noi,” disse Liam, “Non hai chiamato né mandato un messaggio a nessuno di noi per avvisarci del bambino.”
Spostai lo sguardo sul tavolo.
“Perchè non ci sono nuove notizie,” mormorai.
Erano passati tre giorni dal pugno di Harry contro il mio stomaco e da tre giorni non sentivo il bambino scalciare. Mercoledì notte, ero riuscito a dormire abbastanza bene, svegliandomi solo una volta. Poi tutto Mercoledì passò senza alcun movimento dalla vita dentro di me e la notte di Giovedì, avevo passato almeno tre ore a parlare con la mia pancia, implorando il bambino di darmi qualsiasi sorta di indicazione che mi facesse capire che fosse ancora vivo  e che stesse bene. Ma non successe niente e quando finalmente riuscii ad addormentarmi circa alle quattro di mattina, sognai bambole coperte di sangue che mi fissavano con sguardi assassini. Passò anche Giovedì, ma tutto nella mia pancia rimase calmo come sempre. A parte tutto quello che mangiavo, perché passai l'intero pomeriggio e l'intera sera di fronte al gabinetto, rigettando qualsiasi cosa avevo dentro. Quando arrivò l'ora di andare a dormire e non successe ancora niente, cominciai a piangere, e continuai a piangere tutta la notte mentre massaggiavo il mio stomaco gonfio e sussurravo dei disperati 'per favore'.
“Quindi...?” Chiese Niall.
“Quindi non ci sono nuove notizie,” dissi, più tranquillo che potessi, “Nessuna brutta notizia e... nessuna bella notizia.”
Zayn mi lanciò uno sguardo preoccupato. “Nessuna buona notizia,” ripetè, “Quindi non lo hai... sentito calciare o altro?”
Inghiottii per sbarazzarmi del nodo nella gola prima di guardare il tavolo e scuotere la testa.
“No, niente,” mormorai.
Nessuno disse niente per alcuni secondi e alla fine alzai lo sguardo, solo per vedere tre paia di occhi spalancati che mi stavano fissando.
“Devi andare dal dottore,” disse Liam.
Scossi la testa. “Non posso.”
“Perchè no?”
Tirai su con il naso, non permettendo alle lacrime di uscire.
“Perchè... cosa succede se- cosa succede se non è più vivo?” Sussurrai, “Se è veramente m-morto?”
“Sono sicuro che non lo è,” disse Zayn.
Scossi la testa. “Non puoi saperlo.”
“No, non posso, ma-”
“Ho bisogno che lui stia bene,” lo interruppi, “Deve stare bene, deve.”
Tutti e tre mi guardarono per un po' preoccupati fino a quando Zayn ruppe il silenzio.
“Lo ami davvero,” disse.
Aggrottai le sopracciglia. “Chi?”
“Il bambino.”
Abbassai di nuovo lo sguardo, questa volta accarezzandomi la pancia con piccoli tocchi per un paio di secondi prima di rialzare gli occhi e rivolgergli un debole sorriso.
“Certo,” dissi, “Non importa quanto sia innaturale e strana tutta questa situazione, il piccolo bambino rimane comunque mio, lui continua ad essere mio figlio. Certo che lo amo.”
“E' abbastanza strano e innaturale,” disse Liam con un sorriso ironico, “ma credo che possiamo capire come ti senti. Almeno un po'.”
Sorrisi di nuovo, ma poi il sorriso sparì in fretta.
“Forse dovrei iniziare a parlare al passato però. Era mio figlio. Non è nemmeno più in vita,” dissi.
“Cosa?”
Gemetti interiormente prima di alzare lo sguardo e trovare Harry in piedi ad un paio di metri di distanza dal tavolo mentre mi fissava, il terrore puro dipinto sul volto. Lauren era in piedi accanto a lui, ma era allegramente impegnata in una conversazione con una ragazza del quale non conoscevo il nome e non mi sembrava essersi accorta che il suo ragazzo era attualmente in uno stato di puro terrore.
Inghiottii e borbottai un rapido “devo andare” a Zayn, Liam e Niall prima di alzarmi dalla sedia maldestramente a causa della mia pancia. Senza rivolgere a Harry un'altra occhiata, uscii fuori dalla mensa il più velocemente possibile, ad essere onesti non molto veloce. Probabilmente tutti coloro che mi stavano guardando si stavano chiedendo perché stessi camminando come un pinguino handicappato, ma per una volta non mi importò più di tanto quello che la gente pensava di me.
Mi erano rimaste ancora due lezioni da seguire prima che la giornata finisse, ma non riuscivo a sopportare l'idea di rimanere ancora in quell'edificio abbandonato da Dio per due ore di Inglese e poi due ore di Geografia. Così, dopo aver preso lo zaino dall'armadietto, mi diressi verso l'uscita della scuola invece di andare verso la classe. Presi un respiro profondo quando misi un piede fuori all'aria fresca, le mie guance bollenti si raffreddarono leggermente quando una folata di vento gelido soffiò sul mio viso. Le strade erano ancora abbastanza gelate e ci misi un bel po' di tempo per tornare a casa, ma alla fine mi ritrovai davanti alla porta... solo per rendermi conto di aver lasciato le chiavi sulla scrivania della mia camera dove le avevo appoggiate il giorno prima. Gemetti dentro e stavo per tirare fuori il cellulare per chiamare mia madre quando-
“Louis!”
E le cose continuavano a peggiorare.
Quasi sul punto di piangere, con frustrazione, rabbia e fastidio, mi voltai e vidi Harry camminare verso di me con passi veloci.
“Non sono in vena ora,” dissi, non appena fui sicuro potesse sentirmi.
“Di cosa? Non sei in vena di prendere dieci secondi per dirmi che mio figlio è morto? Che l'ho fottutamente ucciso?” Disse ad alta voce, muovendo le braccia, quando mi raggiunse sul pianerottolo e mi guardò arrabbiato.
“Non ne sono sicuro,” dissi, incrociando le braccia al petto e puntando lo sguardo nelle assi di legno sotto i miei piedi. “Ti avevo detto che te l'avrei fatto sapere se l'avessi saputo.”
“Avresti potuto mandarmi un messaggio per informarmi di come stavano andando le cose!” Urlò e mi lasciai sfuggire un piccolo gemito; tutto quello stava diventando troppo ora. Oltre ad essere stanco, spaventato ed arrabbiato, mi stava anche sgridando.
“Non posso affrontare questo argomento proprio ora,” mormorai prima di voltarmi e premere il campanello, sperando che Owen, mamma o forse anche Ian avessero deciso di tornare a casa presto e che per qualche motivo avessero chiuso a chiave la porta.
“Si che puoi, cazzo!” Gridò e poi lo sentii afferrarmi un braccio.
Un gemito di spavento involontario fuoriuscì dalla mia bocca appena mi girò e, senza pensare, alzai la mano e lo colpì sul viso più forte che potevo. Funzionò, per così dire; lasciò la presa sul mio braccio ed indietreggiò di un passo o due, guardandomi perplesso.
“Non volevo farti male,” disse dopo un lungo silenzio, il tono di voce basso e sommesso.
“Lo hai fatto,” risposi, mentre stringevo i denti nel tentativo di sembrare più arrabbiato che triste e ferito, “Mi hai fatto male e con molta probabilità sei riuscito ad uccidere nostro figlio. Cosa devo dire per farti capire che non voglio più avere niente a che fare con te?”
“Ti capisco, davvero, ma-”
“Cosa sta succedendo?” Disse una voce da qualche parte sopra di noi interrompendo Harry a metà delle sue scuse. Alzai lo sguardo e, con mio grande sollievo, vidi Owen con la testa fuori dalla finestra della sua camera da letto che guardava me e Harry con gli occhi assonnati e i capelli arruffati.
“Perché non sei a scuola?” Chiesi.
“L'ho saltata.”
Probabilmente avrei dovuto dargli una lezione sul fatto che non si deve saltare la scuola, ma non ero davvero in vena di farlo.
“Puoi venire al piano di sotto ad aprirmi?” Chiesi invece, “Ho dimenticato le chiavi.”
Lui alzò gli occhi al cielo prima di sparire dalla mia vista.
“Louis, ho bisogno di ricominciare,” disse Harry implorante.
“E come hai intenzione di farlo?” Dissi con sarcasmo, “Scopandomi di nuovo e mettendo un altro bambino dentro di me una volta che avranno rimosso quello morto che ora è dentro di me?”
Fece una smorfia e lo vidi deglutire. “Non dire cose del genere.”
Proprio in quel momento sentii la serratura della porta scattare dietro di me e mi voltai appena in tempo per vedere la porta aprirsi. Non dissi una parola e non guardai Harry prima di superare Owen, che si trovava accanto all'entrata della porta e mi guardava con sguardo curioso.
“Cosa significa?” Chiese, non chiusi la porta dietro di me.
“Di cosa parli?” Chiesi mentre mi toglievo la giacca e le scarpe.
“Ho sentito la conversazione,” disse semplicemente.
Mi alzai in piedi e lo guardai nervosamente.
“Cosa... cosa hai sentito?” Chiesi esitante.
“Abbastanza da sentirti dire che quel ragazzo potrebbe o non potrebbe aver ucciso tuo figlio; il vostro. Il tuo e il suo,” mi guardò con la fronte aggrottata in confusione e le braccia incrociate, “Vuoi dirmi che significa?”
Scossi la testa e lo sorpassai per raggiungere la cucina.
“Non sono affari tuoi,” dissi mentre mi avvicinavo al frigo e lo aprivo.
“Scusa, ma quando mio fratello inizia a parlare di suo figlio, che a quanto pare ha con un altro tizio, credo di avere il diritto di una spiegazione,” disse con fermezza appoggiato al bancone mentre mi guardava intensamente.
“No, non hai il diritto per una spiegazione,” dissi prima di chiudere di nuovo il frigo dopo aver realizzato che niente di ciò che conteneva sembrava particolarmente invitante. “Non capiresti.”
“Sono sicuro che capirei molto di più di quello che ne capisco ora se mi dessi una spiegazione.”
“Non credo proprio.”
Lui aggrottò la fronte. “Louis, andiamo. Ha a che fare con quello che ti sta succedendo negli ultimi mesi?”
“Cosa?”
Sospirò e si alzò in piedi.
“Posso vedere che hai messo su peso, ma so che non sei semplicemente ingrassato, non sono così stupido. Ho visto il tuo stomaco, quel giorno quando sono entrato in camera tua. Perciò, cosa ti sta succedendo?”
Abbassai lo sguardo e trassi un respiro profondo. Era questo il momento in cui avrei dovuto confessare il mio segreto ad un'altra persona? Dovevo farlo? Ora? Non ero preparato, avevo programmato di aspettare un paio di settimane prima di dirlo. Ero qui ora, però, con mio fratello che aveva da poco compiuto sedici anni, che mi guardava preoccupato ma determinato, e sapevo che non sarei stato in grado di uscire da quella situazione.
“Okay, guarda,” dissi alla fine, “Se te lo dico, è necessario che tu abbia una mente aperta. Intendo veramente aperta, spalancata.”
Lui annuì lentamente. “Vai.”
“E devi promettermi di non dirlo a nessuno, nemmeno a mamma o a Ian.”
Lui annuì di nuovo. “Okay, lo prometto.”
“Sono serio Owen,” dissi, “E'... importante, non puoi dirlo a nessuno.”
“Ho capito, non lo dirò a nessuno, lo giuro.”
Chiusi gli occhi per un breve istante, ma poi annuì.
“Penso che dovremmo... sederci,” dissi con un piccolo sorriso, mentre lo guidavo fuori dalla cucina fino al salotto, dove mi sedetti sul divano e aspettai che Owen si unisse a me.
“Okay, spara,” disse appena si lasciò cadere sul lato opposto del divano.
“Uhm, si,” dissi, grattandomi la nuca nervosamente, chiedendomi da dove cominciare questa storia, “Okay, ti ricordi quando prima dell'inizio della scuola andai ad una festa e feci sesso con qualcuno sul prato? La mamma era un po' arrabbiata con me per questo, ricordi?”
Lui annuii. “Certo.”
“Si, quindi... ecco, io... b-beh, la persona con cui avevo fatto sesso era... non era esattamente... una ragazza,” dissi, balbettando leggermente, “Era un ragazzo.”
Alzò le sopracciglia, non per confusione, più come se volesse dire 'Okay, quindi?'
“Quindi sei gay,” disse semplicemente dopo pochi secondi, “me lo aspettavo.”
Aggrottai la fronte; non era esattamente la reazione che mi aspettavo.
“Uhm, okay,” dissi, “Quindi sei... d'accordo con questo?”
Si strinse nelle spalle. “Non importa, non sono affari miei in ogni caso.”
“Ma non pensi che sia strano...o... non so, disgustoso?”
Lui alzò le spalle, di nuovo. “Il fatto che preferisci i ragazzi? No. Il fatto che lo prendi nel culo? Un po'.”
Sentii il calore farsi strada sulle guance e abbassai lo sguardo.
“Va bene, credo,” dissi, senza preoccuparmi di iniziare una discussione sul fatto che avesse automaticamente capito che fossi io quello a stare sotto, “ma comunque non è... questo ciò che volevo dirti. Non esattamente.”
“Vai avanti allora.”
Annuii e presi un altro grande respiro; era arrivato il momento di rivelare il succo di tutta la situazione.
“Okay. Perciò, si, ho scopato con un ragazzo, Harry, il ragazzo che era fuori poco fa,” dissi, “E, uhm, ti... ricordi anche quest'autunno quando vomitavo tutto il tempo e poi mamma mi ha costretto ad andare dal dottore?”
“E' un po' difficile da dimenticare,” disse, “Ma avevi solo detto che si trattava di un virus o qualcosa del genere, no?”
“Ho mentito,” dissi semplicemente.
“Oh... allora di cosa si trattava?” Chiese, la preoccupazione ora ad oscurare tutto il resto, “Non hai, ecco, il cancro o qualcosa del genere, vero?”
Ridacchiai nervosamente.
“Uhm, no, ma... si, vedi, questo si potrebbe definire... uhm, strano.”
Mi fermai per un secondo. Pensando a come dirlo senza farlo sembrare ancora più pazzo di quanto già lo era. Con un'altra occhiata nervosa verso Owen mi alzai lentamente e poi iniziai a slacciarmi la felpa.
“Perché ti stai togliendo i vestiti?” Chiese, guardandomi confuso.
“Penso che questo si possa spiegare meglio se... te lo mostro,” mormorai, mentre iniziavo a togliermi il maglione con lo scollo a V che stavo indossando sotto la felpa. Gettai la maglia a terra e addosso non mi rimase nient'altro che una maglietta aderente. Lo sguardo di Owen era incollato al mio stomaco e vidi quanto i suoi occhi diventarono grandi e spaventati.
“Che diavolo sta succedendo, Lou?” Chiese con calma.
Con le mani un po' tremanti, mi tolsi anche la maglietta fino a lasciare scoperto completamente il busto. Ero completamente nudo ed ormai era terribilmente evidente anche a Owen che qualcosa non andava.
Misi la mani sulla pancia e guardai verso di essa mentre aprivo la bocca.
“Sono... sono incinto,” dissi allora, la mia voce appena udibile.
“Scusa, puoi ripetere?”
Presi un profondo respiro ed alzai lo sguardo.
“Sono incinto,” ripetei, questa volta più forte. Abbastanza forte da essere impossibile che Owen non avesse sentito ciò che avevo detto. “Sto per avere un bambino.”
Rimase il silenzio per tanto, tanto tempo. Owen mi fissava, senza battere ciglio, ed io non riuscivo a fare altro che continuare a guardarlo. Che cosa stava pensando? Mi avrebbe odiato? Avrebbe creduto a quello che gli avevo detto? Mi avrebbe chiamato frocio e sarebbe scappato?
“Tu... non sei serio, vero?” Chiese infine, con la voce un po' rauca.
“Vorrei non esserlo.”
Lasciò uscire una risata incredula e mi fissò con gli occhi spalancati. “M-ma non puoi essere vero!”
Sospirai e mi girai di novanta gradi in modo che mi guardasse il profilo.
“Guarda questa,” dissi allora, indicando la mia pancia abbastanza evidente, “In che altro modo vuoi spiegarlo?”
“Io... non lo so,” disse dopo pochi minuti di silenzio, “Ma tu non sei incinto, non puoi esserlo! Non hai una figa o qualsiasi altra cosa necessaria per avere un fottuto bambino! O, beh, non ne hai uno dentro di te almeno.”
“Non pensi che abbia già affrontato questo argomento con il dottore?” Lo derisi, “Nemmeno io ci credevo in un primo momento, ma- cazzo, ho fatto tre test di gravidanza, ognuno dei quali è risultato positivo, ho fatto parecchie ecografie e ho sia visto che sentito il battito del suo cuore, ho sentito i calci del bambino e- io- sono incinto, senza dubbio, perciò... fattene una ragione.”
“Fattene una ragione?” Ripeté incredulo, “Non puoi dirmi una cosa del genere e dirmi di farmene una ragione!”
“Lo so, lo so, mi dispiace,” dissi prima di sedermi di nuovo e prendere il cuscino per coprirmi un po', “So che sembra pazzesco e non sei la prima persone che ho dovuto convincere, ma non ti porterò dal dottore per  fartelo vedere di persona, va bene? Sono incinto, non sto mentendo. C'è un piccolo bambino dentro di me in questo momento e lui nascerà... un giorno del mese di Maggio.”
Sempre che non sia morto, sussurrò una voce sgradita nella parte posteriore della mia testa.
“Io... suppongo che mi limiterò a... crederti sulla parola allora,” disse dopo aver gettato l'ennesima occhiata al mio stomaco attualmente coperto dal cuscino, “Perché non verrò da dottore con te. Ma ti rendi conto di quanto tutto questo suoni pazzesco, vero?”
Alzai gli occhi al cielo.
“Si, lo so. Ma va... bene quindi?”
“Uhm, io... credo di si,” disse, facendola sembrare una domanda. “Non aspettarti che io mi metta a parlare alla tua pancia così presto, però.”
Alzai di nuovo gli occhi.
“Non me lo aspettavo. Avrei preferito che non lo avessi fatto a dire il vero.”
“Bene.”
“Già.”
“Quindi... cosa fare con... quello?”
“Lui,” lo corressi.
“Eh?”
“Il bambino. E' un maschio.”
“Oh... okay. Allora cosa hai intenzione di fare con lui? Avrai un aborto o cosa?”
Mi accigliai.
“No, assolutamente no. Lo darò in adozione.”
Lui annuì lentamente e si mosse leggermente.
 “Va bene.”
Nessuno di noi disse nulla per un po'. Owen stava guardando un punto fisso del muro, apparentemente assorto nei suoi pensieri e non potei non biasimarlo per questo, quindi lo lasciai in pace. Ero già molto contento che alla fine tutto era andato nel migliore dei modi. Mi aspettavo più risate, più shock, più 'sei pazzo!' - commenti e occhi più spalancati. Ma lui l'aveva presa sorprendentemente bene, e gliene fui eternamente grato.
“Quindi mio fratello è incinto,” disse alla fine, sorridendo timidamente, “Queste sono le ultime parole serie che mi sarei aspettato di dire.”
“Hm, si. Quindi cosa... voglio dire... cosa intendevi prima?”
Alzai le sopracciglia con aria interrogativa.
“Sai,” continuò, “hai detto quella cosa riguardo il bambino... morto.”
“Oh...” mormorai puntando lo sguardo verso il basso, “Si, lui è... non lo so.”
“Più in particolare?”
Mi morsi il labbro e deglutii, la paura degli ultimi giorni che si rifaceva viva in tutta la sua forza.
“Io, uhm, beh, mi hanno dato un pugno allo stomaco pochi giorni fa,” mormorai, “E non l'ho più sentito calciare o... muoversi da allora.”
Notai che cercava di capire quello che volessi intendere, ma era abbastanza ovvio che fosse in difficoltà.
“Cattivo segno?” Chiese dopo una breve pausa.
“Non lo so, in casi normali no forse, ma di solito scalcia come un matto e poi passano diversi giorni senza nessun segno? N-non può essere un buon segno.”
Mentre parlavo altre lacrime avevano iniziato a scendere sulle mie guance, e subito le scacciai via.
“Scusa,” aggiunsi, rivolgendo un sorriso di scuse a Owen.
“Nessun problema,” disse, nonostante sembrasse piuttosto a disagio, “Quindi perché stavi urlando contro a quel ragazzo?”
“Perché è stato lui a darmi il pugno.”
Owen aggrottò la fronte.
“Ma lui non sapeva che, voglio dire, tu eri...?”
Annuii. “Lo sapeva. Lo sa da mesi.”
“Allora perché lo ha fatto?”
“Perché ho detto qualcosa che lo ha innervosito,” lo interruppi, “Guarda, non voglio parlare di questo, okay? Sai cosa sta succedendo, quindi possiamo lasciar perdere?”
Continuò a guardarmi con un'espressione mista tra la preoccupazione e la riflessione qualche istante prima di rispondere.
“Io non so niente riguardo le gravidanze e il resto, ma sono abbastanza sicuro del fatto che dovresti andare a farti controllare da un dottore per verificare se è tutto a posto.”
“Ma se-”
“Se il bambino è veramente morto, non è sano per te continuare a tenerlo dentro,” disse, interrompendo le mie proteste.
“No, ma-”
“Lou, cazzo, non voglio che tu muoia su di me o cose del genere!” Esclamò, “Ho bisogno di te qui, non posso affrontare da solo mamma e Ian e tutta questa merda da solo, va bene?”
Inghiottii, notando la disperazione nella sua voce.
“Non sto per morire,” dissi, “Ed andrò dal medico tra un paio di settimane, poi vedrò. Va tutto bene.”
Lo sguardo che mi rivolse mi fece capire che non riusciva a credere alle mie parole ed io non potevo biasimarlo visto che nemmeno io ero tanto sicuro.

*

Il fine settimana passò con un sacco di chiamate e di messaggi da Harry. Non lessi nessuno dei messaggi e non risposi a nessuna delle chiamate, perché sapevo già quello che mi avrebbe detto. La rabbia verso di lui, scompari da Mercoledì, ma il bambino continuava a non dare segni di vita, e la mia paura si stava trasformando in vero e proprio panico. Dormivo pochissimo perché passavo le notti piangendo e implorando il bambino di iniziare a scalciare di nuovo, e qualche volta capitava che avessi forti mal di testa, e Giovedì vomitai dalla stanchezza.
Nonostante tutto questo, riuscii a sentire una sorta di sollievo nel fatto che ora anche Owen ne era a conoscenza, perché ora non dovevo più nasconderlo tanto quanto prima. Mi aiutava anche un po' troppo; mi portava la cena in camera in modo da non dover scendere al piano di sotto e dover fare delle interminabili conversazioni seduto al tavolo, veniva nella mia stanza almeno una volta al giorno per chiedermi se avevo bisogno di qualcosa, mi aiutava a trovare scuse con nostra madre per spiegare il motivo per cui ero così infastidito e di cattivo umore tutto il tempo. Tutto sommato era una buona cosa, e lui aveva mandato giù la notizia molto prima del previsto.
A scuola sembrava che Liam, Zayn e Niall avessero completamente abbandonato Harry durante il pranzo per sedersi con me, invece. Ad essere onesto trovai molto strano questo cambiamento, ma dovevo anche ammettere che era bello avere qualcuno con cui sedersi e non sentirsi soli tutto il tempo; in realtà era come se fossimo amici. Nessuno di loro mi chiese del bambino, ma avevo visto i loro sguardi – soprattutto quelli di Liam e Zayn – guizzare verso la mia pancia per tutto il tempo e più di una volta li avevo visti aprire la bocca e richiuderla subito dopo avermi rivolto lo sguardo. Volevano chiedermelo, ma per paura della risposta avevano scelto di non farlo, ed io gli ero molto grato per questo.
Lunedì Harry cercò di avvicinarsi durante il pranzo, ma appena lo vidi arrivare verso il nostro tavolo, mi affrettai ad uscire. Perdendomi tra la folla. Poi non lo vidi più fino a Venerdì della stessa settimana.

Venerdì 25 Febbraio 
Ventisette settimane e quattro giorni


Mi trovavo in libreria, mentre leggevo un libro sulla gravidanza, la donna seduta alla cassa mi mandava occhiate acide, che mi fecero sentire un po' a disagio, ma cercai di ignorarla. Normalmente avrei semplicemente comprato il libro, ma non avevo nessun posto in cui metterlo per essere sicuro che mia mamma non l'avrebbe trovato e non avevo intenzione di andare in biblioteca e chiedere alla bibliotecaria dove si trovassero libri sulla gravidanza. Così, mi trovavo in un angolo di quella piccola libreria, cercando di nascondermi il più possibile mentre leggevo di come le prime settimane dopo la nascita, il bambino tendesse a giocare continuamente. Non che quello contasse tanto visto che qualcun altro si sarebbe preso cura del bambino nelle sue prime settimane di vita, ma ero comunque curioso.
Avevo appena girato la pagina ed iniziato a leggere sull'alimentazione corretta di un neonato quando sentii qualcuno bussarmi sulla spalla e mi voltai talmente tanto in fretta da far cadere il libro per terra e quasi inciampai sui miei stessi piedi.
“Scusami, scusami,” disse Harry con un piccolo sorriso, “Non volevo spaventarti.”
Sbattei le palpebre.
“Io-uhm, cosa ci fai qui?” Chiesi.
“Stavo cercando qualcosa da leggere per la lezione di Inglese, ma sembra che non ci sia niente di classici,” disse.
“Oh... okay.”
Seguì un silenzio imbarazzante ed io guardai in basso, i miei piedi, per evitare il contatto visivo con lui.  Mi accorsi che il libro era rimasto ancora sul pavimento, perciò mi chinai per raccoglierlo. O almeno, beh, cercai di chinarmi per raccoglierlo. La mia pancia era talmente grande da essere difficile e scomodo piegarmi in qualsiasi posizione e mi lasciai sfuggire un sospiro di esasperazione prima di provarci di nuovo, questa volta accovacciandomi sulle ginocchia. L'unica cosa che successe, prima che riuscissi a prendere il libro con la mano, fu perdere l'equilibrio, cadere di lato, rilasciando un piccolo lamento ed atterrare sul mio culo.
Le mie guance si infiammarono quando mi resi conto che Harry era ancora in piedi proprio lì, ad osservare la mia imbarazzante caduta. Caduta causata dal tentativo di prendere un dannato libro! Ero improvvisamente diventato fisicamente disabile?
Alzai lo sguardo verso di lui e lo trovai fare lo stesso verso di me, con un sorriso ironico e gli occhi dolci.
“Qui,” disse e tese entrambe le mani.
“Non ho bisogno del tuo aiuto,” sbottai. Provai ad alzarmi da terra, ma si rivelò essere un'impresa impossibile e sospirai ancora una volta.
“Per favore,” aggiunsi, guardando Harry con un leggero broncio e tendendo le mani.
Allargò ancora di più il sorriso prima di prendere le mie mani e tirarle mentre io cercavo di spingermi con le gambe. Riuscii a buttare giù una piccola pila di libri posta sul pavimento al mio fianco, guadagnandomi un altro sguardo irritato dalla donna alla cassa, ma almeno ero di nuovo in piedi. Appena lasciò andare le mie mani, Harry si chinò e raccolse e raccolse il libro che avevo lasciato cadere lanciando una rapida occhiata alla copertina prima di rivolgermi un sorriso.
“Stavi leggendo un libro senza averlo comprato?” Chiese.
“Non posso semplicemente portarlo a casa, no? Mia mamma lo potrebbe trovare e poi sarebbe l'inferno.”
“Si, credo,” disse prima di ridarmi il libro.
Restò ancora in silenzio per qualche secondo, ma poi: “Hai... sentito qualcosa?”
Scossi la testa.
“No,” dissi, optando per non dirgli che ero rimasto sveglio ogni notte per una settimana, pregando qualunque forza suprema purché il mio bambino stesse bene.
“Sicuro?” Chiese e, nonostante il suo viso calmo come sempre, sentii un leggero tremito nella sua voce.
“Certo che sono sicuro,” dissi, “Senti, devo andare, ho-”
“Ti prego, Lou,” mi interruppe, “P-possiamo, beh, possiamo parlare?”
“Lo stiamo facendo.”
“Si, ma intendevo, ecco... se potevamo andare a casa tua o a casa mia per avere una vera conversazione.”
Mi pizzicai il ponte del naso e chiusi gli occhi per un secondo prima di rispondere.
“Guarda, io non sono... arrabbiato con te, ma fino a quando non so che il bambino sta bene, no.”
“Se provi a pensare anche solo per un secondo che a me non importa di quel bambino tanto quanto importa a te, hai davvero bisogno di andarti a fare controllare in un ospedale psichiatrico,” mi interruppe, “Se scopri che il bambino è veramente... andato, non ti biasimo per non voler più parlare con me, ma dal momento che ancora non sai nulla di certo, possiamo parlare, per favore? Ti prego.”
Guardai i suoi occhi imploranti, pensandoci su un paio di secondi prima di annuire.
“Okay, va bene, ma... possiamo andare a casa tua?”
Il suo viso si illuminò.
“Si, si, certo,” disse subito, “Vuoi che ti compri questo libro?” Aggiunse, “Posso tenerlo a casa mia, i miei genitori non andrebbero a curiosare.”
“Oh, no, va bene, non c'è bisogno-” iniziai, ma prima che avessi avuto modo di finire la mia protesta, aveva iniziato ad agitare le mani per fermarmi.
“Dammi,” disse e tese la mano.
“Harry, non c'è bisogno di comprarmi un libro,” dissi.
“Si, te lo prendo,” disse e prima che avessi avuto il tempo per reagire, aveva preso il libro dalla mia mano, si era voltato e si era diretto verso la cassa. Non ero nelle condizioni giuste per inseguirlo, quindi sospirai e lo raggiunsi a passi lenti.
La cassiera ci rivolse uno sguardo divertito quando Harry le porse il libro, ma non disse nulla. Dopo che Harry ebbe tirato fuori un paio di banconote dal portafoglio, li diede alla donna che gli consegnò poi il resto, uscimmo dal negozio.
“Quindi, casa mia?” Chiese mentre avevamo iniziato a camminare lungo la strada che era piuttosto affollata nonostante il tempo non fosse dei
migliori; il cielo era grigio, le strade erano piene di neve e di gocce di pioggia che ci stavano cadendo addosso.
“Si,” dissi semplicemente mentre cercavo di concentrarmi per non scivolare e cadere sul mio culo.




Occhio a me!

Ce l'ho fattaaaaaaaaaa! Giuro che questo capitolo è stato un parto. Non so se è così anche per voi, ma a me gli ultimi giorni di scuola tolgono tutta la voglia di vivere e di fare qualunque cosa che richieda uno sforzo mentale. Proprio per questo non ho nemmeno rispettato i tempi previsti per questo weekend e ho finito di tradurre il capitolo solo questo pomeriggio. Scusate per il leggero ritardo.
Bene, ho un po' d cose da dirvi.
1. Finalmente Louis si è deciso a vuotare il sacco con suo fratello! Un applauso per Lou, forza! La reazione di Owen grazie al cielo è stata abbastanza positiva ed è andato tutto bene! Nelle recensioni ho notato che la maggior parte di voi in questo momento sta odiando a morte Harold e vi capisco. Anche io e Ana abbiamo provato lo stesso arrivate a questo punto. Louis è fin troppo buono e coglione per averlo già perdonato dopo tutto quello che gli ha fatto. Altro che uno schiaffetto, fossi stata in lui un bel calcio nelle palle se lo sarebbe meritato tutto. Beh, povero Harold, l'autrice ce l'ha messa di tutta per farcelo odiare eh? Il nostro piccolo, dolce e indifeso Styles <3... beh, comunque non preoccupatevi, come diceva anche Ana, mancano più della metà dei capitoli e ne succederanno delle belle :)
2. Negli ultimi due capitoli abbiamo ricevuto ben 11 recensioni, tutte belissime, e nè io nè Ana potremo mai ringraziarvi abbastanza. Più la storia va avanti, più ci state trasmettendo lo spirito di continuare. In questi giorni la mia voglia di tradurre era veramente sotto lo zero, ma nonostante tutto sono riuscita a finire e l'unica cosa che mi ha dato la forza per farlo sono state le vostre bellissime recensioni agli ultimi capitoli e tutte le numerose visite. Siete tantissime, non possiamo crederci. Grazie.
3. Negli ultimi giorni ho ricevuto un messaggio da una ragazza che mi chiedeva il permesso per pubblicare la mia traduzione su facebook ma io le ho dovuto dire di no con grande dispiacere, anche perchè io amo la sua pagina. Quindi, lo dico una volta per tutte: non posso dare il permesso di pubblicare questa storia in qualsiasi altro sito o social network, l'autrice mi ha espressamente detto di non accettare più altre traduzioni. Non posso dare autorizzazioni senza il suo permesso, sarei veramente scorretta. E comunque, come dicevo anche a quella ragazza (ciao se anche tu stai leggendo, spero non te la sia presa! :)) chiunque di noi non vorrebbe che la propria storia viaggiasse tanto su internet, anche perchè c'è un sacco di gente pronta ad appropriarsi dei diritti di autore. Perciò non abbiatecela nè con me e Ana, nè con lei, vi prego.
4. Preparate i fazzoletti per il prossimo capitolo, ne avrete bisogno.
5. A quest'ora i ragazzi erano dentro l'arena di Verona che si stava preparando per esibirsi per la prima volta qui in Italia, vi rendete conto? 19.05.13 <3
6. Arrivederci belle donzelle, ci vediamo presto!

We love you all,

Giulia.

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Capitolo 17
*** I think I'd like to keep him. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 17

 
Penso che mi piacerebbe tenerlo.
 
Venerdì 25 Febbraio
Ventisette settimane e quattro giorni.


“Penso che i miei genitori siano a casa,” disse Harry appena varcammo la soglia di casa.
“Stanno andando in crociera per il fine settimana comunque, quindi andranno via fra un’ora o due, suppongo. “
“Oh va bene, certo,” dissi mentre mi toglievo le scarpe.
“Sono- o, emm devo tenere sopra il giubbotto?" Aggiunsi, guardandolo nervosamente.
“Nah, dirò loro che sono in camera e che ho un amico su, ci lasceranno soli,” disse semplicemente mentre appendeva la sua giacca ad un gancio e calciava le scarpe in un angolo.
“Aspettami in camera mia e sarò lì fra un paio di minuti.”
Mi spedì un lieve sorriso prima di girarsi per dirigersi in casa, e invece di continuare a camminare verso la fine del corridoio, dove sapevo esserci la sua camera, girò a sinistra e scomparì. 
“Va bene,” borbottai ad un’entrata vuota prima di togliermi il giubbotto, guardandomi intorno un po' nervoso nel caso qualcuno sarebbe apparso di colpo. Indossavo solo una felpa che non nascondeva la pancia così bene e se qualcuno mi avesse visto, avrebbe scoperto molto velocemente che qualcosa non andava. Entrai nella stanza di Harry senza incrociarmi con nessuno comunque, e fu quì che emisi un sospiro di sollievo una volta chiusa la porta dietro me. Mi diressi verso il letto e mi ci sedetti sopra, curvando un po’ le spalle e sentendo un po' la tensione scivolare via.
“Ma che cazzo..?” disse improvvisamente una voce da qualche parte verso la mia destra ed emisi un urlo saltando immediatamente in piedi e guardandomi intorno, alla ricerca di quella voce. Lo scoprii molto velocemente.. e sentii come se mi avessero appena versato un secchio di ghiaccio sulla testa. Lauren. Ovvio. Con tutta la fortuna che avevo avuto ultimamente, c’era da aspettarselo. 
“I- emm io non- è solo- io-” balbettai, tutto il mio corpo irrigidito.
“Cosa cazzo ci fai qui?” chiese, lanciandomi una di quelle sue occhiate gelide. 
“Emm, sto- sto aspettando Harry,” dissi esitante, gli occhi rivolti verso il pavimento. 
“Perché?” domandò.
“Perché m-mi ha detto di aspettarlo qui mentre.. parlava con i suoi genitori,” borbottai, maledicendomi per quanto indifesa e sottomessa la mia voce suonasse. Alzai lo sguardo di nuovo e la vidi in piedi ad un metro di stanza da me con una mano sul fianco. 
“Beh mi dispiace per te, perché doveva uscire con me oggi,” disse, “Quindi ti consiglio di tornare a casa o di andare al McDonald più vicino così da mettere su qualche altro chilo.”
Lanciò un’occhiata velenosa alla mia pancia e poi sorrise sprezzante.
“Sembra che tu sia sulla buona strada per essere definito ‘Il più grande perdente’  comunque.”
Mi morsi il labbro e cercai di pensare a qualcosa per rispondere, ma non ebbi il tempo di dire nulla prima che la porta si riaprisse. 
“Ho preso qualcosa-” iniziò Harry, cercando di non far cadere quella che sembrava una ciotola di patatine, ma si fermò quando riconobbe Lauren.
“Lauren?” disse poco dopo, bloccandosi e guardandola con palese confusione nello sguardo. 
“Cosa sta succedendo qui?” chiese lei, indicandomi.
“Siamo usciti,” disse Harry mentre camminava verso la sua scrivania appoggiandoci sopra la ciotola, “Perché sei qui comunque?”
“Avevi detto che dovevamo uscire oggi,” disse, allargando le braccia con esasperazione. 
“Ti ho detto che ti avrei scritto se avessi avuto tempo,” rispose lui, una traccia di impazienza nella voce.
“No, tu mi hai detto che saresti andato in libreria dopo scuola e che dopo saremmo potuti uscire. Considerando che sei andato via da più di due ore, ho immaginato che avessi finito, quindi sono venuta quì e tua madre mi ha fatta entrare. Sembra che tu mi abbia mentito comunque, perché l’ultima volta ho controllato, non vendono ciccioni perdenti in libreria.” 
Tossii un po’, cercando di prevenire un’altra litigata fra di loro a causa mia e cercando di ignorare i commenti sul mio peso.
“Devo andare,” borbottai prima che qualcuno avesse l’opportunità di dire altro.
“Stavo solo.. si, ci vediamo un’altra volta,” aggiunsi, continuando a non guardare nessuno dei due, prima di dirigermi verso la porta.
“No, resta Lou,” disse Harry con fermezza e quando alzai lo sguardo, i suoi occhi erano puntati verso Lauren e con mia grande sorpresa, sembrava arrabbiato.
“Non parlargli in quel modo,” disse lui, "E' meglio che tu vada. Ti scriverò quando non avrò nulla da fare.”
Lei lo guardò incredula.
“Uscirai con lui invece che con me?” chiese lei, “Questa è ciò che io chiamo pessima scelta.”
“Aha, e perché?”
“Non ti sembra ovvio, che dici?” 
Harry roteò gli occhi.
“Va via e basta Lauren. Ho cose da fare e ho bisogno di parlare con lui.”
“Si, e di cosa?”
“Non sono affari tuoi.”
Lei gli lanciò un’occhiata furiosa.
“D’accordo, ma non ti aspettare di ricevere più di un pompino per il resto della settimana,” disse bruscamente prima di girare i tacchi e scomparire dalla stanza, sbattendo con forza la porta dietro di sè. 
Deglutii, avevo appena causato un litigio tra Harry e Lauren semplicemente con la mia esistenza. Di nuovo. Quanto altro casino avrei causato se avessi reagito?”
“Mi dispiace,” sussurrai, non avendo il coraggio di guardare su e incontrare i suoi occhi, “Io- io non sapevo che fosse... io e-”
“È tutto apposto,” mi interruppe. “Non è colpa tua.”
Sollevai lo sguardo lentamente e mi sentii risollevato quando scoprii che mi stava sorridendo.
“Ho causato un litigio fra te e Lauren, di nuovo,” dissi, “Mi dispiace così tanto, non voglio intromettermi fra voi due in quel modo.”
“Lo so,” disse, “Ma è tutto apposto. Lei è una di quelle ragazze che.. reagiscono in modo eccessivo, non è colpa sua.”
“Si, l’ho notato,” dissi senza pensare. I miei occhi si spalancarono un po' quando mi resi conto di cosa avevo appena detto.
“Oh, scusami non avevo intenzioni di-”
“Rilassati,” ridacchiò, “Lo so che è tipo una stronza.”
Aggrottai la fronte, pensando che quella fosse una cosa poco carina da dire alla propria ragazza, ma decisi di non commentare. 
“Emm, va bene,” fu tutto quello che dissi. 
“D’accordo, vuoi sederti?” disse.
“Si, per favore,” dissi con un sospiro di sollievo, “La mia schiena mi sta uccidendo.”
Sorrise.
“Lo immaginavo; stai diventando parecchio grande.”
Guardai verso il basso di nuovo.
“Si, lo so. Lei mi ha appena detto che sono grosso. Due volte,” borbottai.
Sapevo di essere grosso, ma sentirselo dire direttamente in faccia era tutta un’altra cosa. 
“No, no, non sei grosso,” disse subito dopo, “Sei solo incinto, non è la stessa cosa dell’essere grasso.”
“Si, certo, pazienza,” brontolai prima di rialzare lo sguardo.
“Non sei grosso, va bene?” disse gentilmente.
“L’ho già detto, ma lo dirò di nuovo: Stai benissimo, la pancia ti dona.”
Tralasciando il mio pessimo umore, sentii arrossire le mie guance e un sorriso mi spuntò sulle labbra.
“Grazie,” borbottai.
Andò verso il letto e ci si sedette sopra.
“Andiamo siediti,” disse.
E così feci, camminandoci verso a passo lento, e spaparanzandomi al suo fianco. 
“Ti dispiace, ecco, se mi siedo normalmente?” Chiesi, gesticolando verso la tastiera, dove erano ammucchiati una dozzina di cuscini. 
“In effetti avrei preferito se lo avessi già fatto,” disse con un sorriso sbilenco. 
Ricambiai il sorriso prima di trascinarmi indietro con una serie di movimenti imbarazzanti, appoggiandomi così comodamente con la schiena sulla montagna di cuscini.
“Non ti dispiacerebbe se adottassi il tuo letto o altro?” Chiesi.
Sorrise.
“Certo che no,” disse mentre si muoveva per sedersi di fianco a me, “Qualsiasi cosa per renderti felice.”
Cadde il silenzio per un po' di tempo prima che lui riaprisse bocca.
“Quindi lui non ha ancora.. calciato o qualcos’altro?” Chiese. 
Guardai verso la mia pancia e vi ci appoggiai sopra le mani.
“Nemmeno un singolo calcio per più di una settimana fino ad adesso.”
“Se è davvero- beh, lo sai, sarebbe solo colpa mia.”
Non volevo rispondergli con un si, sarebbe colpa sua, ma non potevo negare ciò che aveva appena detto, quindi optai di non dire nulla. Rimanemmo in silenzio di nuovo, ma che durò solo per poco.
“Posso.. parlargli?" Mi chiese con calma. 
Alzai lo sguardo verso lui con sorpresa.
“Certo,” dissi esitante.
“Parla di tutto ciò che vuoi.”
“Intendo, emm, direttamente,” disse, indicando con un po di imbarazzo verso il mio stomaco.
Non avevo capito cosa intendessi con ‘direttamente’, ma annuii senza pensarci, pensando che non ci sarebbe stato poi nulla di così sbagliato se l’avesse fatto.
“Va avanti,” dissi.
Con lo sguardo ancora un po’ esitante, scivolò di fretta sul letto finche la sua testa non fu allo stesso livello del mio stomaco, prima di alzare lo sguardo verso me di nuovo.
“Pensi che potresti..togliere la felpa?” Chiese.
“Oh, emm certo,” dissi, sorprendendomi ancora di più. Mi alzai di poco e tolsi la felpa prima di buttarla a terra per poi sdraiarmi di nuovo nella posizione di prima. Puntò il suo sguardo verso il mio stomaco di nuovo e lo osservai con curiosità mentre allungava una mano un po' esitante per voler alzare la mia maglia. Ero ancora un po' confuso, non capendo cosa volesse fare, ma non protestai mentre continuava a farla salire sempre più su, su e su, finché non fu del tutto arrotolata sulla mia pancia, rivelando la pelle tesa e ancora liscia.
“Voglio solo.. parlare con lui, non faccio questo per infastidirti o altro,” disse Harry, sorridendo lievemente verso di me.
Come se ci fosse qualcosa di te che io trovi fastidiosa, pensai.
“Va bene,” dissi.
“Sei sicuro?”
“Si.”
Annuì e dopo procedette nel fare qualche cosa che fece sfrecciare il sangue in tutto il mio corpo e aumentare il battito del mio cuore. Mi si avvicinò tranqullo, appoggiando la testa proprio sopra la mia pancia per un paio di secondi, prima di scendere ancora più giù, in modo tale da appoggiare la guancia vicino al mio ombelico. La sua mano rimase vicino alla sua testa e sentii il suo respiro accarezzarmi la pelle, così da provocarmi un brivido.
“Ehi piccolo,” lo sentii mormorare dopo un momento di silenzio, “Stai bene, lì dentro?”
Fece una pausa per un secondo o due prima di continuare.
“Lo so che ti ho detto di non calciare così spesso l’ultima volta che abbiamo parlato, ma non intendevo che ti saresti dovuto fermare completamente. Un piccolo calcio adesso e ogni tanto sarebbe fantastico per far sapere al tuo papà e a me che stai bene. Lui ti ama un bel po, lo sai, e.. lo stesso io. Non volevo farti del male, sono solo stato un cretino e ho reagito in maniera esagerata in un momento in cui avevo perso il controllo di me stesso. Potresti dare un piccolo calcio? Solo uno, in modo da farci capire che sei ancora sano e felice lì dentro. Per favore?” 
La sua voce era incredibilmente dolce e le sue parole erano così sincere che sentii qualcosa fermarsi in gola. Senza nemmeno pensare, sollevai una delle mie mani e iniziai a passarla fra i suoi ricci. Con mio sollievo, non mi respinse nè si alzò in piedi. E non curandosene più di tanto infatti, non reagì e continuò a parlare con la stessa voce soffice..
“Mi sarebbe piaciuto tenerti, lo sai,” disse.
“Sarebbe stato stupendo crescerti, conoscerti, esser tuo padre. Mi sarebbe piaciuto. Ti avrei insegnato a giocare a calcio, come aggiustare macchine, tutte le solite cose che si vedono fare dai padri con i loro figli nei film. Anche se le circostanze qui sono un po' fuori dall’ordinario, questo non significa che non ti ami, lo sai questo, vero? Ti amo così tanto e se fossi stato un po' più vecchio e un po' più preparato per tutto questo, non avrei mai scelto di permettere a qualcun altro di crescerti.” 
Si fermò un altro volta e passarono un paio di secondi prima che io sentissi le sue labbra sfiorare con lievi baci il mio stomaco scoperto. Le mie interiora si attorcigliarono dalla felicità e dovetti prendere un lungo respiro per potermi calmare un po’. 
“Perché non calci, piccolo?” disse sussurrando pianissimo.
“Perché non fai nulla che ci possa dire che sei ancora vivo?”
Sentii qualcosa di caldo e umido percorrere la mia pelle e ci vollero un paio di secondi prima di rendermi conto che stava piangendo. Stava piangendo. Il mio cuore si strinse leggermente quando lo capii.
“Forse non puoi,” continuò, adesso così piano che a malapena riuscii a sentire le parole.
“Forse non ci sei più e non mostrerai mai più nessun segno di vita. Forse non avrai mai l’opportunità di crescere e di avere una vita. É per questo che non ti muovi? Perché non ci sei davvero più? E' per questo, piccolo?”
Lacrime silenziose continuarono a scendere lungo il mio stomaco e non trovai in me la forza di fare nulla se non continuare ad accarezzare i capelli di Harry e lasciarlo piangere in santa pace. Rimanemmo lì, in quell’esatta posizione, per oltre un’ora senza che nessuno di noi emettesse un singolo suono. Restammo semplicemente seduti lì e tutto questo appariva come uno sfogo per un grande dolore, come se fossimo in lutto per la perdita di un bambino ancora non nato.
Ma in quel momento.. sentii qualcosa. Un movimento leggero, come un lieve solletico sotto alla pelle dove era appoggiata la testa di Harry. Mi immobilizzai completamente; le mie mani smisero di giocare con i capelli di Harry e giurai di aver sentito il mio cuore smettere di battere per un momento. Sembrava che anche Harry avesse notato qualcosa perché alzò la testa lentamente e mi guardò con gli occhi rossi e gonfi. Il mio cuore si sarebbe ristretto ad uno sguardo simile, ma ero troppo occupato nel cercare di immaginare se avevo solo immagino ciò che avevo appena sentito o se- oh.
Eccolo ancora. Più forte questa volta.
E ancora. Ancora più forte.
“Io- lui.. è- u-un calcio,” balbettai, guardai Harry con occhi spalancati, “Sta-sta calciando.”
“Sei sicuro?” Chiese con voce rauca.
Annuii freneticamente e afferrai la sua mano per appoggiarla dove avevo sentito il calcio un momento prima.
“Si, si, l’ho sentito, proprio qui,” dissi.
Non accadde nulla per un paio di secondi e vidi Harry morsicarsi le labbra, evidentemente preoccupato, ma dopo accadde di nuovo e la sua espressione accigliata si trasformò in un sorriso.
“È vivo,” sussurrò.
“Si,” risposi.
“È vivo.”
Un suono che poteva essere una risata, o può darsi un singhiozzo, sfuggì dalla bocca di Harry e si sporse in avanti per posare un bacio sul mio stomaco di nuovo, prima di rialzarsi lentamente per fissarmi.
“Sta bene,” disse, raggiante, “Il nostro bambino sta bene.”
“Il nostro bambino?” Ci pensai su.
Il suo sorriso vacillò leggermente.
“Oh, scusa, non intendevo-”
“Va tutto bene,” dissi, “Credo che.. mi piaccia sentirlo dire.”
Il sorriso riapparve.
“Davvero?”
Annuii.
“Davvero.”
Trascorremmo una buona ventina di minuti sorridendo e biascicando frasi senza senso al mio stomaco prima che io riabbassassi la mia maglia e Harry si sedesse dritto di fianco a me. Non ero in grado di smettere di sorridere perché lui era vivo. Dopo essere stato preoccupato per più di una settimana, dopo essere stato sicuro al cento per cento che fosse troppo tardi e di aver quasi perso il mio bambino, adesso io sapevo che stava bene, che era vivo. 
“Sono- o, beh, sono.. perdonato?” chiese dopo aver trascorso un po' di tempo in silenzio. 
Feci una smorfia ed esitai un paio di secondi prima di rispondere con un calmo “no”.
La sua faccia cadde e guardò in basso, ma non disse nulla.
Sospirai.
“Mi dispiace,” dissi, “Non sono più arrabbiato con te, non lo sono più da un paio di giorni, ma.. sai molto bene che siamo molto fortunati che lui sia ancora vivo; questa cosa sarebbe potuta andare a finire in un modo completamente diverso ed i-io non posso dimenticarlo.”
“Ho capito,” disse sorridendomi debolmente, “Ma.. non sei più arrabbiato con me, vero?”
Scossi la testa.
“No, non sono più arrabbiato con te, solo un po'.. deluso, ecco.”
Annuì lentamente.
“Va bene, posso sopravvivere con questo,” disse dopo.
“Ma.. si, credo che dovremmo probabilmente parlare di ciò che ha causato tutto questo per prima cosa,” aggiunse con una breve pausa, “L’intera cosa nella tua stanza, intendo.” 
Oh giusto, quello. Mi ero quasi dimenticato, almeno in parte, ma adesso che mi ero ricordato di nuovo, sentii la mia faccia riscaldarsi in un attimo.
“Emm.. va bene,” ma alla fine dovetti rinunciare, “Va bene.”
“I-io davvero.. non so cosa dire riguardo a questa cosa,” dissi, giocando nervosamente con le mie dite.
“Credo di essere stato solo un po'.. non lo so, preso dal momento o cose così,” disse lui, “Non era una.. cosa che volevo fare, capisci?”
“Si, ho capito,” dissi, continuando comunque a non capirlo del tutto. Lo aveva fatto perché ero stato svegliato dalla sua voglia sbagliata di strusciarsi sul mio mio culo ed era stato lui l’unico ad aver iniziato l’intera cosa per giunta, quindi no, non avevo capito, non del tutto. Optai di non dire nulla comunque, non volevo aver a che fare con qualcosa che sarebbe potuta andare a finire male adesso che avevo appena finito di affrontare l’intera questione del mio-bambino-quasi-morto. 
“Siamo a posto comunque, vero?” Chiese, “Non ci sarà più nessuna stranezza o cose del genere?”
Il mio cuore si fermò per un attimo perché era abbastanza evidente che ciò che era accaduto l’altro giorno non aveva significato nulla per lui. Era stata una cosa lì per lì di quel momento, esattamente come quella volta in cui mi aveva scopato alla festa. Non che mi aspettassi che avesse un qualche significato per lui. 
Non del tutto. Solo.. un pochino. Forse.
“È tutto a posto,” dissi, ignorando la voglia di scoppiare a piangere.
“Bene,” disse lui, offrendo un sorriso, “Posso farti una domanda comunque?”
“Certo.”
“Perché mi hai permesso di farlo?” 
Aggrottai le sopracciglia.
“Cosa vuoi dire?”
“Beh, non ti sei opposto del tutto quando io.. ecco si. Come mai?” chiese lui, osservandomi con curiosità.
“I-io non lo so,” mentii nervosamente, “Credo sia stato solo il fatto che.. ero mezzo addormentato e penso di averti già detto che ultimamente sono un po'... emm stranamente... eccitato da quando sono incinto, quindi credo sia stata solo una reazione sbagliata da parte del mio cervello.”
Con mio sollievo, sembrò abbastanza convinto della risposta poiché iniziò a ridacchiare una volta che smisi di parlare.
“Va bene, credo che possa essere d’accordo su questo,” disse.
Arrossii un po', ma non dissi nulla. Ciò che avevo detto non era completamente una bugia, ma non era nemmeno la verità. La verità era che avevo permesso di farglielo fare perché lo desideravo già da tempo e perché avevo solo voglia di essere toccato da lui in quel modo. Ma lui non aveva bisogno di saperlo.
“Guarda, per quanto riguarda quello che ho detto prima,” disse dopo una breve pausa, “Non intendevo.. farti sentire a disagio o altro.”
“Cosa mi hai detto prima?” Chiesi.
“Sai, quando ho parlato con il bambino, ho detto che avrei voluto tenerlo,” disse, “Non avevo intenzione di metterti a disagio.” 
“Oh, emm.. va tutto bene, credo,” dissi esitante, “Non mi hai messo a disagio.”
“Non l’ho fatto?”
Feci spallucce col cuore spezzato.
“Non del tutto,” dissi poi emettendo un sospiro.
“Io- beh, sai anche a me sarebbe piaciuto tenerlo, ma non.. no, è il momento sbagliato e io non ho l’opportunità di prendermi cura di lui in nessun modo, non voglio essere un genitore single. Ma non lo sto dando in adozione perché ne ho voglia, questo voglio che ti sia chiaro.”
“Si, lo so,” disse, e giuro di aver sentito nella sua voce qualcosa simile alla delusione, “È solo che odio l’idea che qualcun altro lo cresca.”
“Non sprizzo gioia da tutti i pori neanche io, ma-”
“Perché allora non lo teniamo?” Mi interruppe.
Lo fissai per un paio di secondi prima di arrivare alla conclusione che forse stava scherzando e scoppiai a ridere.
“Si certo, non credi che dovremmo andare oltre, che dici?”
“Sono serio,” disse, “Credo che mi piacerebbe tenerlo.”
La mia mascella cadde. Voleva tenere il bambino? Nel vero senso di ‘tenerlo’? 
“I-io no, Harry, non possiamo,” balbettai.
“Nessuno di noi due è pronto per una simile responsabilità e non abbiamo nemmeno finito il liceo e mia madre e- no, non succederà, non succederà.”
“Lo so,” disse, guardandomi supplichevole, “Ma non voglio darlo in adozione, non voglio per davvero.”
“Nemmeno io!” Gridai, alzandomi tutto ad un tratto incredulo.
“Ma pensa al bambino; avrà una vita migliore con qualcun altro come genitori, qualcuno che dia a lui ciò di cui ha bisogno e che provveda ad assicurargli una vita felice e sana.”
“Non saranno mai per davvero i suoi veri genitori comunque,” disse con calma, non incrociando il mio sguardo.
“Loro si assicureranno di fargli trascorrere uno vita migliore.”
“Va bene ma- per favore, Louis, non possiamo prendere in considerazione questa cosa almeno per un secondo?”
Mi passai le mani fra i capelli e sospirai.
“Da dove è venuto fuori questo discorso?” Chiesi, “Non avevi mai detto di voler tenere il bambino prima d’ora, quindi che cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“Trascorrere una settimana pensando che lo avessi perso,” disse, alzando il suo sguardo di nuovo.
“Va bene, si, m-ma questo è diverso. Anche se lo daremo in adozione, non vuol dire che morirà.”
“No, ma non sarà mai più con noi.”
Lo fissai per due minuti interi prima di riprendere a parlare.
“S-sei serio,” dissi dopo, con voce esile, “Lo vuoi davvero..tenere.”
Lui annuì mordendosi il labbro.
“Si.”
“Harry, io- è bello che ti, emm, importi così tanto di lui, ma.. hai una minima idea di quanto le nostre vite potrebbero cambiare se non lo daremo in adozione?”
Volse lo sguardo a terra, ancora con quell’espressione da cucciolo bisognoso in volto, ed io continuai a parlare. 
“Manderemmo in rovina le nostre vite, prima di tutto; nessuno di noi due sarebbe in grado di finire gli studi o vivere una vita normale per almeno i prossimi otto anni. Seconda cosa, saremmo entrambi genitori single. Terzo punto, le nostre famiglie dovranno sapere la verità. Quarto punto, dovremmo per forza andare via da questa città perché, beh, ci saranno in giro troppe voci con cui fare i conti, sia per noi che per il bambino quando crescerà. Quinto, e da non tralasciare, incasineremo la sua vita come non mai; dovrebbe crescere con due genitori che stanno insieme, felici e tutte queste cose, non con due genitori che non stanno insieme fin dal principio.”
Inspirò pienamente e chiuse gli occhi per un secondo.
“Sapevo già tutte queste cose,” disse dopo, “Ma non possiamo prendere tutto questo in considerazione per un momento, alla fine di tutto?”
“No, Harry, io non-”
“Per favore,” mi interruppe, afferrando entrambe le mie mani fra le sue e guardandomi con grandi e supplichevoli occhi.
“Pensaci e basta.”
Pensaci e basta. Considerare di tenere il bambino e di crescerlo. Certo, questo era una cosa a cui pensare, nessun problema. Stavo per confermare un definitivo ‘no’, ma feci il grande errore di guardare Harry direttamente negli occhi. Mi stavano implorando, quasi più disperato e calmo del solito, il suo labbro era diventato bianco per il modo in cui lo aveva morso per tutto questo tempo e stringeva ancora le mie mani fra le sue. Erano calde e morbide e.. Gesù Cristo.
“V-va bene,” balbettai.
“Va bene,” ripetei, offrendogli un debole sorriso, "Ci penserò."
Sorrise raggiante prima di aggrapparsi inaspettatamente al mio collo, stringendomi in un abbraccio.
“Grazie,” mormorò nel mio collo.
“Emm certo, va benissimo nessun problema,” dissi, dandogli piccole pacche dietro la schiena in un modo abbastanza impacciato, cercando di ignorare il fatto che la mia faccia stesse andando letteralmente in fiamme. Con mio grande sollievo, e allo stesso tempo con grande delusione, si staccò prima che la cose andassero oltre e si rimise seduto, appoggiando la sua schiena alla testiera del letto di nuovo.
“Quindi, come va?” disse, sorridendomi lievemente.
Sollevai un sopracciglio.
“Cosa vuoi dire?”
“Intendo, è successo qualcosa in particolare ultimamente?”
“Emm, no, non credo,” dissi mentre mi spostavo un po' per mettermi in una posizione più comoda.
“Oh si, adesso Owen lo sa.”
“Del bambino?” Chiese lievemente sorpreso.
“Si, non avevo alternative.”
“Oh. Com’è andata?”
“Sorprendentemente bene se devo essere sincero, l’ha presa molto bene, anche se si comporta in un modo un po’ strano,” dissi muovendomi un po'. 
“Non posso biasimarlo per quello,” disse ironicamente.
“Credo proprio di no.”
“Mm. Quindi quando è previsto il prossimo appuntamento dal dottore?”
“Oh, Giovedì 1° Marzo alle nove di mattina.”
“Ti dispiacerebbe se venissi con te?”
“Mi piacerebbe se lo facessi in realtà.”
Mi guardò sorpreso.
“Davvero?” 
Le mie guance si colorano un po’, ma annuii non facendoci molto caso.
“Davvero.”
“Perfetto allora,” disse soddisfatto.
“Si.”
Esitai un po’ prima di iniziare a parlare.
“Emm, Harry?”
“Mm?” 
“Credi sia arrivato il momento.. non so, di cercare di capire come tutto questo.. sia possibile?” Chiesi nervosamente.
“Voglio dire, ho altre dieci o via di lì settimane di gravidanza, quindi..” 
Contrasse un po’ le labbra.
“A me non importa più di tanto, considerando il fatto che qui non sono io quello che.. beh, ma credo che sarebbe più rassicurante per te se lo sapessi.”
“Emm, si, mi piacerebbe,” dissi ridendo un po’, "Sarebbe abbastanza rassicurante sapere se una cosa del genere potrà accadere di nuovo a questo punto, nel caso non sia una cosa poi così sicura.”
Sorrise sarcasticamente.
“Comprensibile, suppongo.”
“Ci sono anche altre cose,” dissi mordendomi il labbro leggermente, “Ad esempio sono più che certo che dovrò fare un parto cesareo, ma mi chiedo se ci sia un’altra alternativa.. non sono particolarmente entusiasta al pensiero di avere la mia pancia aperta in due, sai?” 
Lui grugnì.
“Penso che nessuno sia felice pensando a quello. Ma parlando relativamente, quale altre opzioni si possono avere? Non voglio fare la parte di quello pessimista o altro, ma.. emm, non credo tu sia in grado di far uscire un bambino dal tuo culo. O dal tuo pene.”
“Oh si, questo è un pensiero davvero confortante,” dissi facendo una smorfia, “E lo so che non è possibile farlo, ma chi lo sa. Voglio sapere se ci sono altre possibilità.”
“Va bene, ho capito. Un'altra cosa: hai mai pensato come sia stato possibile che questo bambino sia venuto al mondo?”
“Non esattamente, no,” dissi con una breve risata.
“Beh, io ho.. cercato di pensarci,” disse nervosamente, “Ma niente che potesse avere un senso.” 
“Nulla di tutto questo ha senso,” dissi, “Quindi dimmi a cosa hai pensato.”
“Va bene, tu sai che un bambino prima di essere concepito non ha organi genitali, giusto?”
“Si..”
“Ecco, quindi stavo pensando, e se qualcosa.. fosse andato storto quando i tuoi genitali erano ancora in fase di creazione. Tipo, quando il tuo pene e i tuoi testicoli erano già stati scelti come tuoi organi di produzione, qualche organo di riproduzione femminile si è tipo, fuso insieme, mi segui?”
Mi accigliai lievemente ascoltando la sua ultima affermazione. Pareva come una cosa abbastanza folle e impossibile, ma d’altra parte, al momento tutta la mia vita era un’esperienza folle. 
“Credo che non sia.. la teoria più pazza per adesso,” dissi esitante, “Ma non credi che tu mi abbia solo indicato la possibilità che io abbia un utero, che dici?”
“Scusa,” fece una smorfia, “Mi dispiace di averlo detto, ma sono abbastanza sicuro che.. ovuli e roba varia debbano generarsi da qualche parte, quindi-”
“Forse sei tu quello che possiede degli ovuli,” risposi senza farci caso.
“Questo è impossibile, idiota,” disse e roteò gli occhi, “Gli ovuli sono per forza all’interno della persona in gravidanza, in questo caso tu.”
Aggrottai le sopracciglia, ma dopo sorrisi.
“Va bene, hai ragione, non vai in giro a sparare ovuli dal tuo pene.”
“Dannazione, no; produco solo sperma e questo è tutto.”
Scoppiai a ridere.
“Va bene, e comunque, dovremmo parlarne con il dottore e fare qualche esame prima di iniziare a teorizzare ed ipotizzare altre pazze insinuazioni.”
“Lo credo anche io. Lo vuoi sapere il 1° di Marzo?” chiese mentre spostava le mani dietro la sua testa, facendo schioccare la schiena ed emettendo un verso di piacere.
Feci spallucce.
“Nulla in contrario, credo. Sarebbe più facile per i medici scoprirlo mentre sono ancora incinto, suppongo.”
Spostai lo sguardo giù verso il mio stomaco e ci appoggiai sopra una mano.
“Cosa ne pensi, piccolo?” Dissi dopo, “Vuoi sapere in che modo sei venuto al mondo?”
Sentii un paio di calci entusiasti in risposta. 




HI FELLAS!

Mi scuso incredibilmente per la lunga e faticosa attesa, mi è dispiaciuto molto farvi aspettare così a lungo, ma ve lo dico come se fossi vostra sorella, queste sono state le due settimane più brutte della mia vita. Interrogazioni, minacce di debiti e cose varie.
Adesso posso dare un sospiro di sollievo e confermare il fatto che tradurrò molto più spesso, mettendomi d’accordo anche con Giulia.
Vorrei sottolineare anche un’altra cosa, e cioè il modo in cui noi due ci teniamo in modo particolare a questa storia. Giulia è la fondatrice in assoluto di questa che si può definire ‘opera tradotta’, io sono arrivata dopo un po', ma vi garantisco una cosa, ogni singolo capitolo tradotto è frutto di ore e ore su una sedia e vocabolario in mano.
Siamo sempre ragazze di diciassette anni che hanno una vita, e che con grande coraggio hanno cercato di tradurre in modo frequente in qualsiasi momento libero.
Sbagliando si impara, noi cerchiamo di fare il nostro meglio perché ve lo meritate, se non ci foste voi non credo saremmo ancora qui a scrivere ahahaha.

Detto questo PARLIAMO DI QUESTO CAPITOLO, COME ON.
Ho pianto per la seconda volta leggendo e traducendo questo capitolo perché.. si,dannazione! Harry ama il suo bambino, e per chi lo odiava ancora, che dite, avete cambiato idea? Un pochino dai.
Il suo modo di parlargli, di sussurrare al pancione di Louis, le lacrime, non vi hanno messo in una condizione tipo ‘give me a knife, for the love of God!?’. 
Non si può non si può, è più forte di me! Come faccio a non tradurre?! Devo farlo per voi, perché ho voglia di farvi provare le mie stesse emozioni.
E di certo si riuscirò perché si prospetta un’estate molto interessante per la sottoscritta, anche perché non posso prendere il sole a causa di una cura antibiotica e rimarrò qui a marcire nel mio paese in Puglia, che emozione.
Meglio per voi, godete ahahahahah
Ringrazio ancora (anche se non spetterebbe a me) le venti persone che hanno recensito l’ultimo capitolo, è una soddisfazione grande quanto una casa vederne così tante, sempre sempre sempre! 
Emm vorrei dire altro ma credo di aver rotto già abbastanza con parole che forse non interessano a nessuno, quindi concluderò brevemente: LOVE YOU ALL, EVERY SINGLE ONE OF YOU.
Un capitolo ogni settimana, e chi lo sa, anche di più, non prometto nulla ;) 
Un grazie da parte di entrambe, un bacio.

Ps Imploro perdono per eventuali errori del capitolo, l’ho tradotto in due giorni, RECORD.
Pss -7 ALLA FINE DI QUESTO INFERNO, COMMENTATE E SFOLLATE CON ME NELLA PROSSIMA RECENSIONE ANCHE DI QUESTE COSE, SARÒ PIÙ CHE FELICE DI FARLO.

Ana.

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Capitolo 18
*** Wanna go check out some toys? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
AVVISO: Per chi ancora non l'avesse capito, ora siamo due ragazze a tradurre, non una sola :)

 
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Capitolo 18



Vuoi dare un'occhiata a qualche giocattolo?
 

Martedì 1 Marzo
Ventotto settimane e un giorno

Quando mi svegliai quel primo marzo alle sette e mezza, la prima cosa di cui mi resi conto fu il bambino che scalciava. Di nuovo. Sembrava che il fatto di non aver dato nessun calcio per un'intera settimana lo avesse lasciato con un'estrema energia, visto che continuava a scalciare continuamente dallo scorso Venerdì. Non che mi importasse; dopo aver passato diversi giorni pensando che fosse morto, ero felice ogni volta che mi dimostrava di essere vivo.
“Si, si, ti sento,” mormorai stancamente mentre mi sedevo e mi strofinavo gli occhi. Continuò a calciare anche quando mi alzai dal letto per andare nel mio armadio alla ricerca di qualcosa da indossare e continuò anche quando uscii dalla mia stanza, entrai in bagno e accesi la doccia.
“Un giorno te la farò pagare per tutti questi calci,” dissi prima di sfilarmi la maglia gigantesca che avevo usato come pigiama nelle ultime due settimane.
“Potrei vietarti di andare alle feste quando sarai adolescente o rifiutarmi di farti portare una ragazza in camera con la porta chiusa. Se lo farò mi odierai, ne sono sicuro.”
Poi realizzai che probabilmente non gli sarei stato intorno quando sarebbe diventato adolescente e scossi un po' la testa per riportare indietro la mia sensibilità prima di entrare nella doccia e chiudere la porta a vetri.
“Sai, vorrei che potessi parlare con me,” dissi, mentre l'acqua calda scorreva sul mio corpo, “Tuo padre vuole che ti tenga ma... non lo so. Sarebbe più facile decidere se tu potessi aiutarmi.”
Un calcio fu tutto ciò che ottenni come risposta e sorrisi leggermente.
“Si, lo so, sto dicendo un sacco di sciocchezze. Ma... beh, tuo padre è un bravo ragazzo. Un bravo ragazzo che ha una non-così-brava ragazza. Lui è bello, divertente, intelligente... okay, beh, non sempre intelligente, ma è dolce e divertente e bello. Davvero bello.”
Rimasi così per quasi mezz'ora, a parlare della mia cotta per Harry non corrisposta con il mio stomaco, prima di capire che dovevo darmi una mossa, a meno che non volessi arrivare in ritardo all'appuntamento con il dottore. Dopo essermi infilato un paio di pantaloni di tuta - “quanto diventerò grasso prima di esplodere?” - e la più grande felpa che riuscii a trovare - “Le persone penseranno che voglia sembrare un rapper.” - Indossai un paio di Converse, avvolsi una sciarpa attorno al mio collo e mi diressi verso la porta. Il tempo era totalmente cambiato negli ultimi giorni e, al momento, il sole splendeva ed un leggero venticello soffiava tra i miei capelli mentre camminavo. Per una volta, il mio umore era abbastanza buono ed un sorriso aleggiò sulle mie labbra per l’intera andata verso l'ufficio del medico.
Harry era già lì quando entrai nella sala d'attesa, seduto su una sedia con il mento appoggiato in una mano e gli occhi chiusi. Non si sollevò e non aprì nemmeno una palpebra quando camminai fino a dove era seduto e sorrisi leggermente quando capii che si era addormentato. Non volendo svegliarlo, mi sedetti sulla sedia accanto alla sua e passarono cinque minuti prima che l’orologio segnasse le nove. Gettai una rapida occhiata al viso addormentato di Harry e sorrisi ancora una volta. Era sempre bellissimo, ma ora, a bocca semiaperta e le sopracciglia arricciate, era adorabile. Non ebbi la possibilità di godermi quella vista per molto tempo però, perché passò pochissimo tempo prima che la porta dell'ufficio del Dr Hayes si aprisse e il dottore mise fuori la testa.
“Non è un mattiniero, vedo,” disse lei con un sorriso e un cenno verso Harry.
Le sorrisi di rimando prima di alzarmi in piedi e mossi leggermente la spalla di Harry. Lui non reagì subito, così lo scossi di nuovo, un po' più forte questa volta.
“Mi alzo, mi alzo,” disse e si dimenò un po', a quanto pare ancora mezzo addormentato, finché si alzò in piedi e si grattò la testa.
“Stai bene?” Chiesi, piuttosto divertito dal suo modo un po' frenetico di svegliarsi.
“Si, si, sono solo... stanco,” disse con uno sbadiglio represso.
“Beh, se siete entrambi svegli, forse dovremmo iniziare?” Disse il Dr. Hayes, sempre sorridendo, e tenne la porta aperta per me e Harry.
L'ufficio sembrava lo stesso di sempre e mi tolsi la sciarpa mettendola poi nella sedia di fianco alla porta prima di sedermi su quella accanto alla scrivania.
“Vedo che ti stai abituando,” disse il dottore mentre si sedeva nella sua sedia davanti al computer.
“Probabilmente arrivato a questo punto dovrei esserlo,” dissi, “Vengo qui da un po'.”
“Beh, dovrai farlo ancora per un paio di mesi,” disse con gli occhi rivolti allo schermo del computer.
“Giusto, giusto.”
Harry era seduto sulla sedia accanto alla mia e con la coda dell'occhio, lo vidi reprimere un altro sbadiglio. Gli rivolsi un debole sorriso.
“Non hai dormito abbastanza ieri notte?” Chiesi.
“Sono stato sveglio fino alle 5.00 per un compito di Inglese,” disse.
“Pensavo fosse per Martedì prossimo, ma a quanto pare è per questo Martedì.”
“Probabilmente faresti meglio a prestare più attenzione in classe,” dissi e tirai fuori la lingua scherzosamente.
“Si, mamma,” disse e mi spinse leggermente.
“Hei, potrò anche essere incinto, ma non sono la 'mamma'.”
Lui ridacchiò.
“Okay, scusa papà.”
“Grazie.”
“Beh, ragazzi,” disse il dottore ed entrambi ci girammo per guardarla.
“Il tuo bambino ora è di ventotto settimane,” continuò ed io annuii, “Il che significa che, anche se dovesse nascere ora, potrebbe già sopravvivere. Sarebbe molto prematuro ovviamente, ma con qualche aiuto sarebbe in grado di sopravvivere; molti genitori trovano conforto nel sapere questo.”
“E' una sorta di sollievo,” dissi con un sorriso.
Lei mi sorrise di nuovo prima di di continuare.
“Ora, Louis, ho intenzione di controllare il tuo peso, la pressione sanguigna, l'urina e il battito cardiaco di oggi del bambino; va bene?”
Annuii di nuovo facendo però una smorfia al pensiero di dover fare di nuovo un campione di urina; queste cose erano piuttosto disgustose a mio parere.
“Okay, beh, allora puoi alzarti e per prima cosa controlliamo il tuo peso.”
Così lo feci, mi tolsi le scarpe – sbuffando un po' – e andai vicino alla bilancia, su cui mi misi in piedi. I numeri fecero avanti e indietro per un paio di secondi prima di fermarmi sul-
“Settantasette chili,” gemetti e abbassai la testa, “Non riavrò mai più il mio corpo.”
“E' tutto nella norma, Louis,” disse e la vidi scarabocchiare qualcosa sul taccuino che aveva in mano.
“Quando partorirai, probabilmente sarai intorno agli ottantadue chili, non di più.”
“Sono grasso, brutto e disgustoso,” mormorai mentre tornavo alla sedia su cui ero seduto prima e mi accasciai su di essa, guardando miseramente i miei piedi, “Nessuno mi vorrà di nuovo.”
Come se qualcuno mi abbia mai voluto.
“Louis, l'ho già detto un milione di volte che sei incredibile,” disse Harry e mi mise un braccio attorno alle spalle, “Non sei grasso, non sei disgustoso e non sei brutto, va bene?”
“Tu lo dici solo perché sei troppo dolce per dire la verità,” dissi acidamente.
“Beh, anche se fossi orribile, non te lo direi, perciò suppongo tu abbia ragione, ma-”
“Ormai ho perso ogni pezzo di fiducia in te che mi era rimasta Harry Styles,” lo interruppi, ma non riuscii a fare a meno di sorridere leggermente, “Perciò puoi leccare il culo a qualcun altro.”
Lui sorrise.
“Va bene, lo farò.”
Il resto del controllo passò piuttosto tranquillo; il dottore misurò la mia pressione sanguigna, constatando che era nella norma, avevo fatto la pipì in una tazza, cosa che Harry trovò molto divertente, e infine mi aveva fatto un'altra ecografia, che dimostrò che il bambino era perfettamente sano e il suo battito cardiaco era come doveva essere. Non dissi nulla riguardo al pugno di Harry contro lo stomaco, pensando che se avesse trovato qualcosa di anomalo nel bambino, l'avrei saputo. Per fortuna no ed ero sicuro di aver visto Harry inviarmi un'occhiata piena di sollievo quando il dottore mi consegnò un asciugamano per pulire il gel sulla pancia e ci disse che andava tutto bene.
“Quindi, se non avete altre domande, possiamo lasciarci,” disse quando mi misi di nuovo la maglietta e la felpa.
“In realtà,” dissi, camminando lentamente verso la sedia di fianco alla scrivania. “Io... mi stavo chiedendo se possiamo... uhm, guardare – o anche cercare di capire come è stato possibile concepire il bambino.”
Si appoggiò allo schienale della sedia e sorrise.
“Quindi vuoi sapere cosa c'è nel tuo corpo che ti permette di portare un bambino?”
Annuii.
“Si, sono un po' curioso e mi piacerebbe anche sapere se ci sarà la possibilità di rimanere di nuovo incinto in futuro.”
“Beh, non posso prometterti che saremo in grado di capire tutto,” disse, sporgendosi un po' in avanti, “Ma possiamo fare qualche test e qualche radiografia per vedere se riusciamo a scoprire qualcosa. Per fare le radiografie però dovremo aspettare che tu abbia partorito prima.”
“Oh, perché?” Chiesi, un po' deluso del fatto che avrei dovuto aspettare così tanto prima di ricevere delle risposte.
“Considerando che sei molto in là con la gravidanza e considerando che le radiografie verranno fatte in parti del corpo molto vicine a dove sta crescendo il bambino, esporlo a radiazioni potrebbe fargli del male, e credo che tu non voglia rischiare.”
“No, certo che no,” dissi, “Aspetteremo allora. Ma che tipo di esami faresti?”
“Beh, prima di tutto vorrei verificare se disponi di una quantità insolitamente elevata di estrogeni nel sangue e nelle urine, e mi piacerebbe anche eseguire un esame rettale per vedere se c'è qualcosa di anormale lì.”
“Un... esame rettale?” Chiesi nervosamente, “Che cosa... significa, esattamente?”
“Penso che ti infilerà un dito nel culo,” disse Harry.
“Per dirlo esplicitamente, si,” disse delicatamente il dottore.
“E' proprio quello che vorrei fare per cercare di risolvere questi dubbi.”
“No, va bene, lo farò,” dissi con un piccolo sospiro, “E' qualcosa per cui bisogna aspettare di partorire il bambino o...?”
“No, possiamo fissare un altro appuntamento il prima possibile, se vuoi,” disse, guardandomi con aria interrogativa.
“Meglio prima che dopo, suppongo.”
Lei sorrise ed iniziò a digitare sul computer.
“Beh,” iniziò, dopo pochi secondi.
“Possiamo fare un Venerdì tra due settimane, se per te va bene.”
“Il venerdì tra due settimane a che ora?”
“Ho posto alle dieci di mattina, all'una, alle due o alle cinque del pomeriggio, puoi scegliere.”
“Uhm, okay, credo sia meglio quello alle due e mezzo,” dissi.
“A dire il vero,” si intromise Harry ed io mi voltai a guardarlo, “Possiamo prendere quello delle cinque?”
“Possiamo?” Chiesi.
“Pensavo di venire con te, come sostegno morale,” disse.
“Io- tu- tu non puoi essere lì mentre-”
“Rilassati, sono sicuro che non è niente che io non abbia già visto prima.”
Gli lanciai uno sguardo torvo.
“Non mi interessa.”
“Oh, andiamo, voglio essere lì per un po' di sostegno emotivo.”
Sospirai e guardai di nuovo il medico.
“Suppongo che vada bene quello delle cinque allora.”
Lei sorrise e annuì.
“Molto bene, ti segno per il 18 Marzo alle cinque.”
Digitò qualcosa sul computer, lasciando la stanza in silenzio per un minuto o due prima di guardarmi.
“Quindi, avete altre domande?”
“Non esattamente,” dissi, ma poi mi morsi il labbro e guardai in giro per un breve secondo, “Però... beh, non è davvero- uhm, mi stavo chiedendo se- se è possibile, voglio dire, fare sesso e... cose del genere?”
Quando dissi 'fare sesso' pensavo piuttosto ad acquistare un vibratore e farne buon uso, ma dirlo era fin troppo imbarazzante, soprattutto con Harry seduto al mio fianco. Con mio sollievo, lui non commentò le mie ultime parole anche se con la coda dell'occhio lo vidi guardarmi.
“E' assolutamente sano per le donne in gravidanza avere rapporti sessuali, non vedo perché dovrebbe essere diverso per te, e penso sia giusto dire che non farai del male al bambino,” disse con un sorriso, “Anche se non consiglierei di provare posizioni molto intricate.”
Arrossii leggermente, ma lasciai sfuggire una risatina per cercare di nasconderlo.
“Capito.”
Dieci minuti più tardi stavo uscendo dall'ufficio con Harry alle mie spalle. Non mi resi conto del fatto che fosse diventato improvvisamente silenzioso e tranquillo fino a quando non fummo in strada, fuori dall'edificio.
“Qualcosa non va?” Chiesi, guardandolo con curiosità.
“No,” fu tutto quello che disse senza guardarmi.
Mi accigliai.
“Sicuro?” Chiesi.
“Si.”
“Oh... okay,” mormorai; era evidente che ci fosse qualcosa che non andava.
Scelsi di non approfondire la questione, quindi continuammo a camminare in silenzio. Ma poi, proprio mentre stavamo camminando nel parco in cui eravamo stati tre mesi prima, parlò di nuovo e, con mia sorpresa, sembrò quasi arrabbiato.
“Perché le hai fatto quella domanda?” Chiese.
Si era fermato e mi stava guardando con gli occhi socchiusi.
“Che domanda?” Chiesi confuso.
“La 'è possibile fare sesso' domanda.”
Il mio viso si tinse di rosso immediatamente.
“Io- non penso siano affari tuoi,” balbettai.
“Hai conosciuto qualcuno?” Chiese.
“Perché me lo chiedi? Non è affar tuo ciò che faccio in... questo ambito.” dissi.
“Ti sto solo facendo una domanda,” disse con una scrollata di spalle, “Perché non puoi semplicemente rispondere? Hai o non hai conosciuto qualcuno?”
Incrociai le braccia sul petto.
“Anche se fosse?”
“Davvero?”
“Anche se fosse?” Ripetei.
“Voglio solo sapere.” 
“Perché lo vuoi sapere?”
“Perché non puoi semplicemente rispondere alla mia domanda?”
“Forse l'ho conosciuto,” dissi con aria di sfida, pensando che tecnicamente non stessi mentendo; avevo incontrato qualcuno, l'unico problema era che lui non ricambiava.
I suoi occhi si strinsero ancora di più.
“Come cazzo è potuto succedere?”
Aggrottai la fronte.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire, cosa cazzo hai fatto per farti piacere così tanto da un ragazzo a tal punto da farci del sesso? Era disperato?”
Le rughe sulla mia fronte si incresparono ancora di più, mentre cercavo di capire ciò che intendesse. Poi capii ciò che stava dicendo e sentii il mio cuore cadere nello stomaco. Aveva appena detto che ero troppo grasso, troppo brutto e troppo disgustoso per chiunque avrebbe voluto fare sesso con me. Strinsi la mascella e mi morsi l'interno della guancia, tentando di trattenere il dolore e le lacrime di umiliazione che sgorgavano dai miei occhi. Era troppo tardi però, perché uscirono un paio di secondi dopo, lasciando strisce umide sulle mie guance fredde.
“Grazie,” sussurrai guardandomi i piedi prima di dargli le spalle e dirigermi velocemente verso l'uscita del parco più vicina. Con mio grande disappunto e imbarazzo le lacrime si rifiutavano di smettere di cadere; in realtà sembravano cadere sempre più velocemente ad ogni passo che facevo.
Cosa cazzo gli era passato per la testa per potermi dire una cosa del genere? Nello studio del medico, non più di venti minuti prima, era tutto a posto e mi aveva detto che ero 'incredibile'. Sembrava avesse cambiato idea improvvisamente però.
Voglio dire, cosa cazzo hai fatto per farti piacere così tanto da un ragazzo a tal punto da farci del sesso? Era disperato? Quelle parole mi fecero male al cuore, facendo arrivare il sangue alle orecchie e facendomi scoppiare una sensazione nauseante nello stomaco. Era stato già abbastanza brutto sentirsi dire da Lauren, che nemmeno mi piace, che ero grasso, ma sentirlo dire da Harry che mi piaceva, era stato anche peggio. Molto peggio a dir la verità.
Ero a venti metri di distanza da una delle porte di ferro che si affacciavano sulla strada quando sentii dei passi veloci dietro di me. Grazie ai miei occhi pieni di lacrime e, probabilmente, rossi e gonfi, scelsi di continuare a camminare e pregare che chiunque fosse non stesse progettando di rapirmi. Non ci volle più di un paio di secondi, prima che sentissi una mano sulla spalla.
“Scusami,” disse la voce di Harry dietro di me e, anche se a malincuore, mi voltai verso di lui.
“Perché hai detto quelle cose?” Mormorai tranquillamente mentre usavo la mia manica per asciugare le guance bagnate.
“Non lo so, mi dispiace, mi dispiace tanto,” disse e prima di aver finito di parlare, mi avvolse con le braccia e mi strinse in un abbraccio talmente stretto da giurare di aver sentito i polmoni esplodere. Tuttavia non mi tirai indietro, ma piuttosto mi lasciai affondare nel suo abbraccio e permisi alle mie braccia di trovare la strada dietro la sua schiena.
“Per favore non piangere, non volevo dirlo,” mormorò tra i miei capelli, “Non sei indesiderabile, Lou, tutt'altro, sei bellissimo e sorprendente e tutti vorrebbero scoparti, te lo giuro.”
Tutti tranne te.
Mi lasciai sfuggire una risatina, ignorando prontamente la voce fastidiosa nella mia testa.
“Si, okay, grazie,” dissi.
Si allontanò, lasciando però le braccia ferme intorno alla mia schiena.
“Per favore non essere arrabbiato con me,” disse supplichevole.
“Va bene,” dissi, sorridendogli ironicamente, “Ma perché hai detto-”
“Non lo so,” disse, interrompendomi, “Mi hai solo preso un po' alla sprovvista. Non sapevo che stessi vedendo qualcuno e pensavo che me lo avresti detto visto che siamo amici. Ero solo un po' sorpreso, tutto qui.”
Mi sentii un po' deluso perché per un brevissimo istante, mi ero concesso di sperare che la ragione per il quale aveva reagito in quel modo fosse stata la gelosia. Ora mi sentivo un po' stupido però; naturalmente non era geloso, aveva una ragazza ed era stato abbastanza chiaro sul fatto che non era gay.
“Si, ho capito,” dissi con un piccolo sorriso. “Ma... non ho conosciuto nessuno,” aggiunsi.
Lui aggrottò le sopracciglia.
“Allora perché hai chiesto se puoi fare sesso?”
Le mie guance si arrossarono di nuovo prima di rispondere.
“Beh, questa cosa potrebbe essere sconosciuta per te perché hai una ragazza e tutto il resto, ma per quelli come me che passano parecchio tempo soli, c'è questa cosa chiamata masturbazione,” dissi canzonatorio per trovare un rimedio al mio viso rosso fiammante mentre parlavo, ma a giudicare dal sorriso divertito sul suo viso, avevo fallito miseramente.
“Giusto,” disse, guardandomi un po' pensieroso, “Non capisco però perché dovresti far del male al bambino, non ti sta crescendo dentro il cazzo.”
Oh Dio, no.
“Io- uhm- non intendevo, beh, non sono-”
“Okay, cosa vuoi dirmi?”
“Non voglio dire niente,” dissi sinceramente.
Lui sorrise.
“Cosa stavi cercando di dirmi visto che balbettavi come un matto allora?”
“Niente, niente,” dissi in fretta, “Continuiamo a camminare.”
“Assolutamente no,” disse e rise, “Voglio saperlo.”
“E' imbarazzante, non voglio dirtelo!”
“Non può essere così terribile. Dai, dimmelo!”
“No,” gemetti.
“Ti prego?”
Gemetti di nuovo e guardai il cielo per un attimo prima di incontrare il suo sguardo, attualmente scintillante di curiosità e divertimento.
“Okay, allora,” dissi, vampate di calore sul mio viso per la milionesima volta quel giorno.
“Sono gay, giusto? E anche se non ho molte esperienze con questo genere di cose, so che mi piace molto... uhm, sai, avere-”
“Oh, oh, okay, ho capito,” mi interruppe alzando la voce, guardandomi più divertito che mai, “Ma... nonostante questo, non penso che tu possa far del male al bambino con le dita.”
“E' possibile usare altre cose oltre alle dita,” mormorai.
Un sorriso in piena regola spuntò sul suo viso e mi chiesi cosa ci trovasse di così divertente. Forse il mio viso rosso barbabietola.
“Ah,” disse, trascinando la parola, “Perciò vuoi metterti un giocattolo di plastica su per il culo.”
“Oh mio Dio,” mormorai. Se la mia faccia sarebbe diventata ancora più calda, avrebbe preso fuoco.
“Possiamo andare adesso?”
“Certo, certo,” disse, sorridendo felice.
Proseguimmo verso l'uscita del parco e per pochi secondi, pensai che avrebbe lasciato perdere la questione della mia masturbazione, ma poi, proprio quando facemmo un passo sulla strada affollata, aprì di nuovo bocca.
“Vuoi dare un occhiata a qualche giocattolo?”
“Giocattoli? Ti piacciono i giocattoli per bambini?” Chiesi, alzando le sopracciglia con aria interrogativa.
“Stavo pensando più a giocattoli per adulti,” disse alzando le sopracciglia più volte.
Rimasi confuso per un secondo, ma poi aprii la bocca.
“Non dirai sul serio, vero?” Chiesi con gli occhi spalancati.
“Si, ho sempre voluto dare un'occhiata alle cose che hanno, ma è strano farlo da solo e nessuno dei miei amici l'ha mai trovato interessante,” disse tranquillo, come se fosse una cosa normale.
“Allora vuoi andare a vedere se hanno qualcosa di interessante?”
“N- no, non voglio andare a vedere se hanno qualcosa di interessante!” Dissi, pensando che trovarsi in un sexy-shop con Harry sarebbe stata una buona occasione per avere un'erezione in pubblico.
“Vieni, ti regalo un giocattolo se ne trovi uno che ti piace.”
“Harry!”
Lui rise.
“Cosa? E' solo per divertimento. E per il piacere.”
“M- ma le persone ci guarderanno!”
“Uhm, no, non lo faranno,” sbuffò.
“Se sono lì, è per la nostra stessa ragione.”
“Beh, si, ma... siamo due ragazzi, penseranno che-”
“Useremo i giocattoli tra di noi, lo so,” disse, il sorriso sul suo volto incredibilmente ampio.
“Sarà divertente! Andiamo.”
“No!”
“Ti prego?”
“No.”
“Louis...”
“No.”
Nonostante le mie preteste, venti minuti più tardi eravamo in piedi davanti ad uno dei numerosi reparti all'interno dell'unico sexy-shop della città, io incredibilmente goffo e fuori luogo.
Harry al contrario sembrava essere totalmente a suo agio, mentre continuava a prendere diversi giocattoli, li tendeva verso di me per farmeli vedere, sghignazzando per via dello sguardo imbarazzato sul mio viso.
“Per cosa si dovrebbe usare questo?” Chiese mentre teneva in mano una cosa a forma di ufo blu, rigirandoselo tra le mani.
“Apparentemente è un... vibratore per clitoride,” dissi dopo aver gettato un rapido sguardo alla scatola in cui fino a trenta secondi prima era chiuso il giocattolo.
“Huh, magari lo comprerò per il compleanno di Lauren,” disse con una scrollata di spalle.
“Beh, è bello che ti fidi così tanto da ammettere che avete bisogno di giocattoli,” dissi, incapace di frenarmi; l'occasione era troppo perfetta.
Lui alzò gli occhi e rimise quella cosa nella sua scatola.
“Non ho detto che ne ha bisogno, ma sono sicuro che è bello avere qualcosa per quando non ci sono io a farlo. A quanto pare non sono tanto bravo ad usare le dita comunque; le sue parole esatte sono state 'sei un Dio con la bocca, ma solo un semi-Dio con le mani'.”
“Uhm, okay,” dissi, la sensazione di disagio crescente in me di nuovo.
“Suppongo che mi limiterò a lavorarci,” disse con una scrollata di spalle, “Comunque non è facile, no? Voglio dire, io non sono una ragazza, quindi non posso sapere davvero cosa piaccia di più e cosa piaccia di meno, quindi non mi resta che provare. Usare la bocca è il modo più semplice, si tratta solo di leccare e succhiare un po' ed è fatta.”
“Harry, ti prego, non ho davvero bisogno di sentire questo,” dissi con una smorfia.
Oltre a disgustarmi il sentir parlare dell'anatomia di una ragazza e cosa le farebbe piacere e cosa no, mi faceva male pensare che Harry fosse stato con delle ragazze. Ragazze che avevano tutte quelle cose che io non sarei stato mai in grado di dargli.
“Scusami,” disse.
“Mi sa che sarebbe un po' più facile essere gay.”
“Scusa?”
“Beh, se stessi con un ragazzo, saprei cosa fare e cosa non fare, no? Lui avrebbe le mie stesse parti, perciò sarebbe più facile.”
“Si... suppongo,” dissi esitante, non avendo un'altra risposta migliore da dargli.
“Come sono stato comunque?” Chiese, non appena entrammo in un altro reparto, questo riempito da dildi di tutte le forme, di tutte le dimensioni e di tutti i colori immaginabili.
“Come sei stato... con cosa?”
“Quando abbiamo scopato, come sono stato?”
Alzai le sopracciglia.
“Mi stai chiedendo di giudicare le tue prestazioni?”
Si strinse nelle spalle.
“Si immagino. Allora dimmi, sono stato terribile? Decente? Bravo? Qual'è il verdetto?”
“Uhm, un po'... violento,” dissi.
“Non mi ci è voluto molto tempo per venire comunque, quindi non sei stato male,” aggiunsi in fretta.
“Specifica 'violento'.”
“Oh, sai, solo... avresti potuto essere più dolce,” dissi vagamente.
“Ma non l'ho solo, sai, messo dentro, vero?”
Guardai per terra, non del tutto sicuro su cosa rispondere, ma sembrò che il mio silenzio bastasse come risposta e lo sentii sospirare un paio di secondi dopo.
“Gesù, mi dispiace,” disse.
“Va bene,” dissi sorridendogli.
“Ormai è successo e non è stato così male, rilassati.”
“Non importa,” borbottò.
“Resterà una brutta prima volta.”
“Non è stata brutta, solo un po' violenta.”
“Si, ma – oh mio Dio!”
Sussultai leggermente al suo repentino cambio di tono.
“Cosa?” Chiesi mentre lo guardavo avanzare un paio di passi e fermarsi proprio di fronte ad uno scaffale.
“Sto per comprarti questo come regalo di consolazione!” Disse ad alta voce, facendomi sussultare mentre mi guardavo intorno per assicurarmi che non ci fosse nessuno. 
“Non mi comprerai quello,” dissi, facendo del mio meglio per immaginare come sarebbe stato avercelo dentro di me.
“Perché no? E' tutto rosa e scintillante,” disse, guardandomi con interesse.
“Esattamente.”
“Cosa? Non ti piace rosa e scintillante?”
“Non sono una ragazza, Harry,” dissi.
Lui alzò gli occhi al cielo.
“E allora? Non dirmi che non lo trovi interessante.”
Non risposi a questo, lasciai semplicemente che il mio viso si riscaldasse di nuovo mentre guardavo il pavimento sotto i miei piedi.
“Io penso di si,” disse e prima che avessi la possibilità di protestare, mise il vibratore di nuovo nella scatola, la prese in mano e si diresse verso la cassa.
“Harry, non mi comprerai quella cosa,” sibilai mentre camminavo dietro di lui.
“Si, lo farò. Prendilo come un regalo di scusa per averti fatto perdere la verginità in quel modo non – bello,” disse da sopra la sua spalla.
“Ti ho detto che non c'è problema,” dissi, cercando – ma non riuscendo – a stare al suo passo.
“Non mi hai spezzato il culo a metà o cose del genere, non c'è niente di male.”
“Non importa, voglio comprartelo.”
Purtroppo aveva già raggiunto il registratore di cassa e messo la scatola sopra il ripiano, quindi era troppo tardi per altre proteste. E così avevo semplicemente fulminato Harry mentre la giovane donna scansionava il cartellino del prezzo.
“Vi potrebbe interessare anche qualche tipo di lubrificante?” Disse mentre passava lo sguardo da me e Harry.
“Oh, si, lubrificante,” disse Harry vivacemente.
“Ce l'hai a casa, tesoro?” Aggiunse, sorridendomi.
Avrei voluto tirargli uno schiaffo in testa, ma optai per sorridere dolcemente.
“Si, caro, ce l'ho il lubrificante a casa.”
“Eccellente!” Disse, la voce che indicava la migliore notizia dell'anno.
Il secondo dopo che eravamo usciti dal negozio, alzai la mano e la sbattei sulla parte posteriore della sua testa.
“Ey!” Disse, continuando comunque a sorridere ampiamente.
“Sei davvero incredibile,” dissi.
“Oh, lo amerai non appena lo avrai dove dovrebbe essere,” disse mentre mi tendeva la borsa.
Non dubitai delle sua parole, ma gli inviai comunque uno sguardo incredulo prima di accettare la borsa, ancora un po' esitante. Lui sorrise felice mentre iniziavamo a camminare di nuovo lungo la strada ed io lo guardavo con rassegnazione e divertimento.
Il ragazzo che mi piaceva mi aveva appena comprato un dannato vibratore senza pensare che ci fosse qualcosa di strano in questo.




Occhio a me!

Bene, bene, bene, chi non muore si rivede e...... FINALMENTE MAGGIORENNE! (La prima cosa che mi hanno detto tutti, il giorno del mio compleanno, è stata: ora puoi andare in prigione"... ma che???!! aahahahahahahaha)
Ho passato un compleanno veramente bellissimo ed il mio umore era salito alle stelle fino a quando ho iniziato a lavorare. E' stata la tragedia totale, avevo perso la voglia di fare tutto. La stagione non fa decisamente per me e per la mia voglia di non fare niente dalla mattina alla sera. Mi basta lo studio d'inverno.
Comunque ho risolto e piano piano mi sto riprendendo. E so anche che non ve ne frega niente ma vabbè. 
Passando al capitolo... ne parlavo giusto un po' di giorni fa con Ana. I capitoli più imbarazzanti toccano sempre a me, non è possibile AHAHAHAHAHA.
Però quanto è stato bello? Mi sono immaginata mentalmente (e anche piuttosto realisticamente) la scena dentro il sexy-shop. Insomma, ce li vedrei un sacco loro due lì dentro. Sarebbero uno spettacolo. Spero di non aver fatto troppo errori e di aver tradotto abbastanza bene (Ma dopo l'IMPORTANTISSIMA revisione di Ana, ce ne saranno sicuramente pochissimi).
Nonostante questo, ancora una volta il nostro Harold fa lo stronzetto e offende Louis. Non vuole proprio ammetterlo di essere geloso marcio. Compatiamolo tutte insieme...
Nelle recensioni precedenti ho notato che molte aspettate il momento in cui tra Louis e Harry andrà tutto bene... abbiate pazienza ragazze mie, abbiate pazienza.
Inoltre c'è una cosa che ha già accennato anche Ana nello scorso capitolo. Io accetto molto volentieri le critiche e il resto, sia io che Ana sappiamo di non essere perfette nella traduzione, ma ci mettiamo tutte noi stesse e se dovete lasciare una recensione per farci notare anche i minimi errori, potete davvero risparmiarvela ed iniziare a tradurre la storia da sole, visto che pensate di essere così tanto brave. E comunque ci sono modi e modi per criticare e una recensione che mi è stata lasciata mi ha dato parecchio fastidio, ma non importa. Io vi amo a tutte in ogni caso, ci tenevo solo a farlo notare :)
Siete tantissime ed io, quando ho iniziato a tradurre la storia, non mi sarei mai aspettata che sarebbe piaciuta così tanto. Probabilmente è stato anche merito di Ana, da quando è arrivata voi lettrici siete aumentate tantissimo.
Grazie.
Vi abbracciamo a tutte, una per una.
A prestissimo,


Giulia.
 
 

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Capitolo 19
*** I'd once thought that being ignored was bad. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction inglesi abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 19


 
Una volta pensavo che essere ignorato fosse brutto.
 

Nell’ultimo paio di settimane giuro di aver avuto la sensazione di diventare sempre più grande secondo dopo secondo. Sia mamma che Ian avevano smesso di rivolgermi occhiate sottili e incredule, lasciando il posto semplicemente a quelle piene di incredulità. Cercare di nascondere la verità per così tanto tempo sarebbe stato impossibile e mi resi conto di tutto questo quando una mattina di Marzo, in piedi di fronte al mio specchio, mi osservavo di profilo. Ero enorme. Ero davvero enorme. E quando andai da Owen pieno di fiducia per chiedergli se fosse in qualche modo una specie di immaginazione scaturita dalla mia depressione ed in realtà non fossi così enorme come pensavo, lui fece spallucce e disse “no, sei gigantesco” prima di dare una morso alla mela che aveva in mano, dopodiché ritornò in camera sua. 
Con il passare del tempo raggiunsi le trentesima settimana, abituandomi anche ai frequenti calci e riuscendo ad ignorarli durante la notte, facendocela così a dormire tranquillo. Il lato negativo, la mia schiena era costantemente dolorante, facendomi trascorrere così quelle cinque e otto lezione su cinque giorni a settimana in un vero incubo. Oltre anche al fatto di essere stato costretto a sospendere un paio di lezioni per andare a casa per potermi sdraiare un po’ sul letto, tutto ciò mi fece rimanere indietro in materie come matematica e chimica. I miei voti stavano peggiorando, il mio corpo stava diventando sempre più grande e la mia schiena mi faceva sempre male. Un lato positivo, Harry e io parlavamo quasi tutti i giorni, solo per telefono, ma chi se ne frega; parlavamo e quello era già abbastanza per me.
Un’altra cosa che mi rese un po’ triste fu che non appena Liam, Zayn e Niall scoprirono che il bambino stava bene e che io non ero più arrabbiato con Harry, ritornarono a sedersi con lui, Lauren e il resto dei loro amici a pranzo, lasciandomi da solo ancora una volta. Ormai mi ero abituato ad avere qualcuno che si sedesse con me e con cui parlare un po' durante le pause pranzo, ma improvvisamente rimasi da solo di nuovo e ammetto di essermi sentito più solo che mai. E non potevo farci niente se non che rivolgere qualche sguardo, tristi occhiate, verso il tavolo dove erano seduti tutti a parlare e a ridere. Comunque andava bene così, perché sapevo che molto presto sarei tornato a casa nel pomeriggio ed avrei così potuto dormicchiare un po’, con in testa il fatto di voler ricevere anche una sola chiamata o un messaggio da Harry. Quanto era triste sapere che una semplice telefonata avrebbe reso migliore la restante parte della giornata?

Giovedì 17 Marzo
Trenta settimane e tre giorni


Nel tardo pomeriggio, e come d'abitudine per quell’ora, ero sdraiato sul mio letto con il mio cellulare incollato all’orecchio e un sorriso felice sulle labbra.
Ti sei reso conto che queste nostre telefonate sono diventate un'abitudine ormai?” Chiese Harry dall’altra parte della linea.
Avrei voluto ridere. Ovviamente me ne ero reso conto. Erano trascorse ormai due settimane piene di telefonate alle cinque del pomeriggio; come avrei potuto non accorgermene? 
“Si, l’ho notato,” dissi.
Non pensi che sia strano?
Mi accigliai un po’.
“Cosa vuoi dire?”
Non lo so, non ho mai parlato al telefono così tanto, quindi credo sia un po’ strano che abbia improvvisamente iniziato a trascorrere ore a parlare con te ogni giorno.
“Umm okay,” dissi esitante, una sensazione di vuoto nel mio stomaco. “Possiamo smettere se vuoi.”
No, no non era questo che intendevo dire,” disse subito dopo. “Mi piace parlare con te.
Sorrisi un po’ mordendomi le labbra.
“Piace anche a me parlare con te.”
Si, lo so.
“Lo sai?”
Io- beh, so che sei.. ti ho visto a pranzo, sembravi un po’ solo.” 
“Oh.”
Si, ho visto che ogni tanto ci osservavi a pranzo, l’ho notato. Sembravi triste.
Oh. Lui lo sapeva.
“Mi dispiace,” dissi. “Non avevo intenzione di metterti a disagio o altro.” 
Non ho detto che mi hai messo a disagio,” disse divertito. “Ho solo detto che l’ho notato. E sembravi triste. Va tutto bene?
Feci spallucce, ma subito dopo mi resi conto che non avrebbe potuto vedermi e sospirai subito dopo.
“Mi sento solo un po’.. solo, credo,” dissi.
Oh.
“Si.” 
Seguì subito il silenzio e sentii che si stava muovendo da qualche altra parte dovunque fosse seduto. Deglutii nervosamente, sperando di non aver detto nulla di stupido, e stetti per scusarmi quando riprese subito a parlare. 
Vuoi passare un po’ di tempo con me a scuola?” Chiese.
“No, va bene così,” mentii.
Sei sicuro? Potrei sedermi con te a pranzo, almeno un paio di volte a settimana.
“No, sto bene da solo,” dissi, malgrado il mio cervello mi stesse gridando di dire di si, avrei apprezzato molto la sua compagnia un paio di volte a settimana.
So che stai mentendo.
“Non sto mentendo,” dissi con quella che sarebbe dovuta sembrare una risata.
“Non sono completamente indifeso, lo sai, sono perfettamente capace di divertirmi anche da solo.” 
Non ti credo, ma va bene,” meditò. “Parlando di cose che ti fanno divertire, hai provato la cosina rosa?
“La cosina rosa?” 
Si, uhm, mio padre è proprio dietro la porta in questo momento quindi non ho voglia di usare la parola x.
“Il- oh. Giusto, la cosina rosa,” dissi, la mia faccia iniziò a diventare rossa quando capii di cosa stesse parlando.
Mm, quindi l’hai provata?
“Harry, andiamo,” grugnii, comunque non molto capace di trattenere un sorriso.
Cosa? Voglio solo sapere se ha funzionato.
Certo che aveva funzionato, molto bene a dir la verità. In effetti, aveva funzionato così bene da essere stato costretto a premermi un cuscino in faccia nel prevenire che qualcuno sentisse i miei gemiti abbastanza rumorosi e imbarazzanti.
“Si, ha funzionato,” dissi. 
Mm bene,” disse e lo sentii sorridere mentre parlava, ma con mio grande sollievo, non cercò di impicciarsi più di tanto nel discorso. 
Quindi.. domani dobbiamo andare dal dottore, giusto?
“Esatto.”
Per dare un’occhiata al mio culo.
Di nuovo alle otto?
“Alle cinque.”
Vuoi andare direttamente lì dopo scuola? Potremmo andare a prendere qualcosa da bere o qualcos’altro prima.
“Credo che possa andare” dissi, non volendo far vedere che le mie viscere stessero saltando dalla gioia.
Perfetto allora. E.. sei d’accordo con il fatto che io esca con te, vero?
“Si, è tutto a posto,” dissi sorridendo. “Comunque se farai ancora un solo commento da signor so tutto io, ti picchio.”
Farò il bravo, promesso.
“Ti credo allora.
Bene. Quanto pensi ci metteremo domani?
“Non ne ho idea. Perché?”
Stavo pensando che dopo potremmo stare un po' insieme se non è troppo tardi. I miei genitori sono fuori città come al solito ed è venerdì e tutto il resto, quindi non ci sono compiti da fare, giusto?
Il mio sorriso iniziò a crescere sempre di più e il mio cuore a battere veloce dalla felicità.
“Si, niente compiti,” dissi in modo stupido.
Era un si quello?
“Si.”
Bene, ti preparerò qualcosa di unico.
“Non vedo l’ora,” dissi, pensando che lui non aveva la minima idea di quanto sarei stato in ansia per l’attesa. Gli sarebbero venuti i brividi se ne fosse venuto a conoscenza.

Venerdì 18 Marzo
Trenta settimane e quattro giorni 


Con i vari proposito di trascorrere un po’ di tempo insieme ad Harry per una buona parte della giornata, la mattina seguente mi svegliai di buon umore. Mi alzai quando suonò la sveglia, mi vestii, feci colazione, diedi un bacio sulla guancia a mia madre, sorrisi a Ian e arrivai a scuola abbastanza in anticipo, stupendomi di me stesso perché era la prima volta dopo tante settimane. Molta della neve si era sciolta, il sole aveva iniziato a splendere e parecchie cose andavano nel verso giusto quel giorno. Almeno fino all’ora di pranzo.
Entrai come al solito in mensa e mi accasciai al mio solito tavolo proprio vicino all’entrata, quando alzai lo sguardo per un secondo e vidi Harry venire verso di me dal suo solito tavolo. Pensavo che si stesse facendo strada per andare verso il bidone che era situato proprio di fianco al tavolo, ma con mia sorpresa, si sedette sulla sedia di fianco a quella dove ero seduto io, dopodiché iniziò a guardarmi. 
“Ciao,” dissi con un semplice sorriso. “Che succede?”
“Umm, io.. ho solo pensato che era giusto farti sapere che oggi non posso venire con te dal dottore,” disse. 
Il mio sorriso scomparve immediatamente e chinai la testa per un secondo prima di incontrare il suo sguardo. 
“Va bene,” dissi cercando di non far trapelare molto la mia delusione, sforzandomi di sorridere, anche se il sorriso apparì molto più come una smorfia. 
“Nessun problema, molto probabilmente sarebbe stato parecchio imbarazzante e disgustoso comunque, quindi... si. È meglio così.”
“Si, credo di si,” disse semplicemente mentre si rialzava di nuovo.
Alzai lo sguardo verso lui.
“Usciremo comunque dopo?” 
Si grattò la testa e lo vidi gettare uno sguardo verso il tavolo dove Lauren, Liam, Niall, Zayn e un’altra dozzina di ragazzi e ragazze erano seduti, prima di rivolgere lo sguardo di nuovo verso me. 
“No, ho un paio di cose da fare,” disse.
Come diavolo può il mio umore passare da felice e entusiasta a deluso, triste e mortificato in meno di due minuti?
“Okay,” dissi con lo sguardo rivolto verso le mie mani, le quali erano appoggiate sul tavolo.
“Scusa,” fu tutto quello che disse in risposta prima di allontanarsi, ancora una volta.
Non appena fui sicuro che non mi stesse più guardando, distolsi bruscamente lo sguardo dalle mie mani e lo rivolsi dove era seduto attualmente. Con mio grande orrore, più o meno l’intero tavolo mi stava fissando. Eccetto Harry, Niall che era impegnato a mangiare, e Liam e Zayn che guardavano avanti e indietro tra me e Harry con confusione dipinta sul volto, ognuno, inclusa Lauren, appariva soddisfatto in modo abbastanza astioso. 
Sapendo che se fossi rimasto seduto lì avrei permesso a tutti quanti di osservarmi, facendomi così sentire ancora più stupido, mi alzai e afferrai il mio zaino, dimenticandomi di non aver nemmeno mangiato, e uscii dalla mensa. I corridoi erano completamente vuoti, a eccezione di qualche professore occasionale che mi osservava con occhiate piene di stanchezza. Arrivai al mio armadietto e mi ci accasciai sopra in pace. Il mio buon umore era completamente sparito e rimpiazzato da un accumulo di tristezza e da un orribile, ma orribile delusione.
Mi diressi verso la lezione di inglese pretendendo di prestare attenzione quando in realtà la mia mente era molto lontana, pensando a una vita dove ero ignorato da tutti, dove ero ancora vergine, dove non ero incinto e dove Harry Styles era semplicemente uno dei tanti stupidi, anonimi atleti di questa scuola. Mi mancava quella vita, me ne resi conto mentre spostavo lo sguardo in basso verso il mio stomaco, che in questo momento era coperto da due felpe e una lunga sciarpa. Avevo anche pensato che essere ignorati fosse brutto, ma quando ci pensai di nuovo, sarebbe stato molto meglio essere ignorato piuttosto che essere costantemente deluso e giù di morale come in quei giorni. 
Mentre ero seduto e osservare il professore, senza prestare per davvero attenzione, ripensai a quando lui mi disse che voleva tenere il bambino, meravigliandomi se avesse cambiato il suo modo di vedere anche me. In realtà non avevo pensato di mantenerla come una promessa, ma... non avevo nemmeno rimosso completamente l’idea. Non del tutto, piuttosto come una via di mezzo.
Per quella che era la centesima volta quel mese, decisi di saltare le mie ultime due ore di lezione per andare a casa. Se avessi avuto un po’ di fortuna, avrei potuto fare un breve pisolino prima di andare dal dottore. Avevo appena varcato l’uscita percorrendo un paio di metri del giardino soleggiato di scuola, quando un paio di voci vennero riconosciute senza tanti sforzi dalle mie orecchie, e mi fermai di colpo, guardandomi intorno per vedere da dove provenissero. 
“-gli piaci, grandissimo cretino,” disse la voce di Zayn.
“Tu sei pazzo,” rispose Harry e lo sentii ridacchiare. 
Dopo essermi guardato intorno per un paio di secondi, mi resi conto che erano molto probabilmente proprio dietro l’angolo alla mia sinistra, ciò significava che non sarei potuto andare da nessuno parte se non se ne fossero andati via prima loro, ma non avevo davvero nessuna intenzione di interrompere tutte e due proprio nel bel mezzo di un litigio.
“Perché è così assurda la cosa?” Zayn disse.
“Perché i-io non lo so, è così e basta!”
“No, non lo è. Ha perfettamente senso e penso che te ne saresti reso conto anche tu se non fossi stato troppo impegnato a fare gli occhioni dolci a quella puttana che è la tua ragazza.” 
“Non parlare di lei in quel modo!”
“Lo sai che è la verità.”
“Beh, è un po’ puttana, ma la amo, va bene?”
“D’accordo, come vuoi. Ma non dimenticare il fatto che c’è qualcun altro a cui piaci.”
“Perché diavolo dovrei piacergli?”
Lui? C’era un ‘lui’ a cui piaceva Harry?
“Perché non dovrebbe, Harry?” Sospirò Zayn.
“Hai preso la sua verginità, adesso è incinto del tuo bambino, ci hai trascorso del tempo insieme e ci hai parlato parecchio ultimamente e per finire, credo che tu sia la prima persona in questa scuola ad essere stato così buono con lui e ad avergli prestato un po’ di attenzione.”
Chiusi gli occhi per un secondo. Stavano parlando di me. Stava parlando di me e del fatto che mi piaceva Harry. Zayn sembrava parecchio sicuro e mi chiesi come faceva a saperlo. Di solito era così intuitivo o ero io ad essere così prevedibile? In ogni caso non sembrava che Harry ci credesse, il quale era una buona cosa.. era buona, vero?
“Niente di tutto questo ha a che fare con il fatto che gli piaccio, Zayn, significa solo che ci siamo conosciuti in una situazione stupida e difficile che nessuno dei due avrebbe mai voluto vivere.”
“Ma il fatto che sembrava come se qualcuno gli avesse strappato il cuore fuori dal petto appena lo hai lasciato solo all’ora di pranzo, non c’entra nulla con questa situazione. Non c’entra nulla con il bambino, ma di quello che hai fatto tu a lui.”
Okay, apparentemente ero estremamente prevedibile.
“Che cosa gli hai detto comunque?” Zayn continuò dubbioso. 
“Quando?”
“A pranzo.”
“Niente, solo-”
“Harry, porca puttana, smettila di mentirmi!”
“Va bene, scusa scusa,” Harry sospirò.
“È solo che io- beh, mi ero offerto di andare con lui dal dottore oggi e dopo saremmo dovuti stare un po' insieme, ma poi Lauren mi ha chiesto se volevo andare da lei dopo scuola e di passare la notte insieme e non potevo dire no, quindi gli ho detto che ho dovuto rimandare.”
“Ma se avevi già dei piani con lui, perché hai detto di si a Lauren?”
“Beh sai benissimo che se avessi mandato a monte tutto con lei per stare con lui, mi avrebbe preso a calci. Inoltre, non è poi così questa gran cosa, era un appuntamento dal dottore e una piccola uscita dopo.”
“Forse avresti dovuto pensare al fatto che per lui era una cosa molto importante.”
“Perche?”
“Harry,” Gemette Zayn. “Lo vedi ogni giorno seduto al tavolo da solo ed ha sempre un espressione così triste; sono sicuro che non vedesse l’ora di trascorrere un po' di tempo con te oggi, di parlare apertamente con qualcuno di nuovo, e tu mandi tutto all’aria? Lo hai turbato. E molto probabilmente avrà abbastanza problemi da affrontare in questo momento della sua vita, come minimo rimanendo deluso ogni volta.”
“Va bene, si, ho capito, ma questo non significa che io gli piaccia.”
Si, invece,”
“Ti ho detto di no.”
“Perché ti ostini a non accettarlo?”
“Perché non è la verità.”
Ci fu una pausa, ma poi sentii Zayn sospirare.
“Sei stata la sua prima volta, Harry,” disse. “Ti ricordo quanto ti si era attaccata quella ragazza quando sei stato la sua prima volta.”
“Non è la stessa cosa.”
“Hai ragione, non lo è, perché non c’erano bambini coinvolti in questa situazione. Gli piaci, accettalo. Capisco che tutto questo ti spaventi perché lui è un ragazzo e il resto, ma.. non farlo scoraggiare mai più in quel modo come hai fatto prima, lo hai ferito.”
“Va bene, okay, sarò più buono.”
“Bravo. Quindi cancellerai il tuo appuntamento con Lauren, preferendo invece andare dal dottore con Louis?”
“No, non lo farò.”
“Harry...”
“Non posso, okay? Romperà con me se non le presto un po’ più di attenzione.”
“Va bene, fai quello che vuoi.”
“Grazie. Possiamo tornare in campo adesso?”
“Si, si.”
Fui sollevato che stessero andando in campo, dato che significava che non stessero entrando di nuovo a scuola, e quindi rimasi tutto il tempo lì fino a che non sentii i loro passi scomparire del tutto. Appena capii che erano abbastanza lontani da non farmi sentire, espirai rumorosamente senza nemmeno rendermi conto che stessi trattenendo il fiato.
“Cristo,” sussurrai a me stesso mentre iniziavo a camminare di nuovo, girando lo stesso angolo dove Harry e Zayn stavano discutendo un paio di minuti fa.
Non sapevo come avrei dovuto assimilare la conversazione che avevo appena origliato. Da una parte, Zayn sapeva che mi piaceva Harry, tuttavia, Harry si rifiutava di crederci. Dall’altra invece, Harry apparentemente non aveva avuto nessuno scrupolo di coscienza ad abbandonarmi per uscire con Lauren, ma d’altronde, questo provava che fosse un ragazzo fedele, la quale tecnicamente era una buona cosa. 
La casa era, come c’era da aspettarselo, vuota quando vi ci tornai e dopo aver cambiato i miei jeans con un paio di pantaloni del pigiama e le mie due felpe con un enorme maglione fatto a mano, mi sdraiai sul mio letto, raggomitolandomi su me stesso e sospirando profondamente. 
Ero più che sicuro di non aver mai avuto una così grande delusione come questa;  mi sentivo fisicamente distrutto, come se qualcosa stesse afferrando in una morsa i miei polmoni, facendomi così respirare con fatica. Ed era tutto così ridicolo, vero? Non era come se dovessi avere un appuntamento con Harry, avrei dovuto solo.. trascorrere del tempo con lui, e non avrei dovuto rimanerci così male. Chiusi gli occhi e respirai lentamente, cercando di far smettere al mio corpo di provare tali sentimenti.
“Stupida vita,” borbottai mentre giocavo con un filo appeso alla federa del cuscino.
“Stupida scuola, stupida mamma, stupido Ian, stupido Harry, stupido bambino-”
Un calcio.
Aprii gli occhi e sorrisi un po’, dando una carezza al mio stomaco.
“Scusa, non sei stupido,” sospirai. "Almeno, spero che tu non lo sia. D’altra parte, se hai ereditato il cervello di tuo padre, non posso prometterti nulla su come uscirà la tua intelligenza. Non che io sia tutto questo genio, ma sai cosa voglio dire.”
Trascorsi un altro paio di minuti parlando con il bambino, guadagnandomi un paio di lievi calci in risposta, prima di consentire alle mie palpebre di chiudersi e al mio corpo di cedere. Fu un sonno parecchio agitato perché continuavo a fare sogni su Harry e Lauren; Harry e Lauren che si tenevano la mano, Harry e Lauren che si abbracciavano, Harry e Lauren che si baciavano, Harry e Lauren che facevano sesso, Harry.. che sussurrava il mio nome mentre faceva sesso con Lauren? Harry che faceva sesso con me? E perché qualcosa stava toccando la mia fronte?
Aprii gli occhi esitante, non essendo sicuro al cento per cento di volermi svegliare del tutto. I miei occhi impiegarono un paio di secondi a inquadrare la situazione, ma quando lo feci, sentii una mano appoggiata sulla mia fronte che stava accarezzando gentilmente i miei capelli. Distolsi il mio sguardo verso l’alto, intravedendo lo stesso ragazzo che mi era apparso in sogno e con il quale stavo facendo sesso mezzo minuto fa. Era seduto  sullo spigolo del divano, e mi stava osservando con un lieve sorriso.
“Lou? Sei sveglio?” Harry chiese, guardandomi con aria interrogativa.
“Non ne sono sicuro,” biascicai, divincolandomi un po’, cercando di far sparire la sensazione di sonno. 
“Come ci sei arrivato fin qui?” Aggiunsi dubbioso.
“Tuo fratello.”
“Oh. E.. perché sei qui?”
“Mi sentivo in colpa per averti bidonato,” disse. “Ho pensato che sarebbe stato il caso di fermarmi e vedere se fossi tornato dal dottore, chiedendoti anche come è andato la visita.”
Strofinai gli occhi, sbattendo gli occhi con confusione.
“La visita?”
“Si, l’appuntamento con il dottore,”
“Ma io non sono-” iniziai confusamente, ma dopo la realizzazione mi colpii e gemetti. “Oh, merda, che ore sono?”
“Quasi le sette,” disse. “Ti sei dimenticato.. di andarci?”
“Mi sono addormentato, ho dimenticato di mettere la sveglia,” borbottai.
Sorrise e sporse la mano, iniziando di nuovo ad accarezzare i miei capelli.
“Sei distratto.”
“No, sono solo stanco,” dissi, silenziosamente godendomi le sue carezze. “Comunque, non sei uscito più con Lauren oggi?”
“Si, ma- aspetta, come fai a saperlo?”
I miei occhi si spalancarono un po’ quando ricordai che avrei dovuto far finta di non sapere che lui doveva uscire con Lauren.
“Ho provato ad indovinare,” dissi subito dopo. “Hai detto che eri impegnato, quindi ho dedotto che saresti uscito con le.”
“Giusto. Ma comunque, come ho detto, mi sono sentito in colpa per averti bidonato, quindi.. eccomi qui. Vuoi uscire con me adesso?”
Ero estremamente confuso, a dirla tutta, ma invece di cercare di ficcanasare e di ricevere qualche risposta, potenzialmente rischiando di mettere di cattivo umore Harry, mi alzai e sorrisi. 
“Si, fammi solo vestire,” dissi prima di scendere dal letto, alzandomi in piedi e stiracchiando le braccia, facendo scrocchiare in modo delizioso la mia schiena. 
“Bei vestiti comunque,” disse Harry da dove era ancora seduto sul letto.
“Sono incinto, posso indossare tutto ciò che voglio,” dissi e gli feci la linguaccia mentre andavo verso l’armadio.
“Vero, ma pantaloni di pigiama con un maglione di lana? Questo è un bollino rosso della moda.”
“Un bollino rosso della moda?” Grugnii. “Qualcuno qui ha visto più di una volta ‘Project Runway'.”
Roteò gli occhi e si alzò dal letto.
“Ho solo detto che il tuo abbigliamento è orribile.”
“Un gioco simpatico adesso.”
“Si, mamma,”
“Pensavo di averti detto che non avrei accettato il fatto di essere chiamata ‘mamma’”
“Scusa, papà.”
“Adesso ci siamo.”
Gli sorrisi per un breve momento prima di rigirarmi di nuovo e guardare dentro il mio armadio.
“Okay, cosa dobbiamo fare?”
“Huh?”
“Dobbiamo stare un po’ insieme, quindi rimaniamo a casa o usciamo da qualche parte o cosa?”
“Non lo so. Come ho detto prima, i miei genitori non sono in città e i miei fratelli sono dai miei nonni, quindi casa mia è vuota. Possiamo stare insieme lì, così ti preparerò quel piatto che ti avevo promesso.”
“Puoi metterci del bacon in questo piatto?” chiesi con un gran sorriso sul volto, girato di spalle.
“Mi andrebbe davvero un po’ di bacon.”
“Certo, posso metterci del bacon,” disse ridacchiando un po’.
“Fantastico. Bene, se dobbiamo stare insieme senza che ci sia qualcun altro, allora indosserò.. qualcosa di davvero comodo e brutto,” dissi distrattamente, i miei occhi impegnati a cercare una cosa su uno scaffale dell’armadio.
“Perché non lasci semplicemente i vestiti che hai addosso ora?”
“Stavo pensando di rimanere con questi pantaloni in realtà,” meditai mentre tiravo fuori dall’armadio un enorme maglione rosso.
“Ma credo che indosserò solo questo maglione, è troppo caldo per fare qualsiasi cosa, all’infuori che dormirci fino a tardi.”
“Bene, cambialo allora così usciamo prima che si faccia mezzanotte.”
“Si, si, calmati,” dissi prima di buttare il grande maglione rosso per terra, sfilando quello che indossavo in quel momento. Solo dopo che mi resi conto che non avevo nulla sotto e che avevo lasciato il mio corpo completamente... nudo. Chiusi l’anta dell’armadio e poi mi osservai nello specchio. I miei pantaloni del pigiama erano appoggiati in modo cadente sul mio bacino, rivelando l’elastico delle mutande, e il mio stomaco tanto, tanto rotondo, molto, molto grande e davvero, davvero incinto. Feci una smorfia all’evidenza quando rimasi lì, senza nulla che mi coprisse, e alzai lo sguardo un po’, incontrando così gli occhi di Harry nel riflesso.
“Mi chiedo come sarà la mia pelle appena la cosa uscirà fuori da me,” dissi con un semplice sorriso.
“Per favore non ti riferire a mio figlio come ‘cosa’,” disse mentre faceva qualche passo. “Lui sarà un tenero, urlante, bagnato, rosso come un’aragosta, piccolo bambino; lui non è una cosa.”
Scoppiai a ridere.
“Si, d’accordo, mi correggo; nostro figlio non è una cosa, è solo disgustoso.”
Sorrise felice e percorse un altro passo più vicino, adesso così vicino che la parte posteriore delle mie gambe toccavano il davanti delle sue.
“Sono felice che tu abbia capito,” disse prima di appoggiare entrambe le mani su di un lato della mia vita. Questa azione fu così inaspettata che emisi di colpo un urlo e mi contorsi un po', facendolo così ridacchiare animatamente.
“Ti sorprendi in questo modo ogni volta che qualcuno ti tocca?” Chiese.
Arrossii e guardai il mio riflesso, cercando di non soffermandomi così tanto sul fatto che apparissi orribile in questa posizione ora; la mia schiena era appoggiata sul suo petto, le sue mani erano poggiato sul mio stomaco nudo e tondeggiante ed entrambi avevamo un sorriso stampato in volto.
“No, non ogni volta,” dissi. “Solo.. il novantanove percento del tempo.”
“Questo è incredibilmente triste,” disse, spostando le mani in avanti.
“Gesù Cristo, non di nuovo questa conversazione,” dissi roteando leggermente gli occhi. “Sono un solitario, fine.”
“Non in quel senso,” disse. “Il punto è che nessun essere umano dovrebbe reagire con sorpresa se lei o lui vieni toccato ogni volta, in un modo o nell’altro.”
“Cercherò di smettere.”
“Bravo.”
Sorrisi. 
“Quindi, puoi farti più in la così ho la possibilità di finirmi di vestire o preferisci che rimanga mezzo nudo?”
“Qualsiasi cosa ti faccia sentire a tuo agio,” canzonò prima di farsi un po' più in là, premendo la sua guancia sul lato della mia testa.
“Ora mi sento a mio agio,” sputai fuori prima di avere il tempo di pensare. Le mie guance iniziarono a colorarsi di rosso immediatamente e strinsi forte gli occhi per un secondo prima di incontrare il suo sguardo.
“Scusa, io non- stavo solo.. scusa.”
Non rispose subito, ma non si mosse nemmeno. Tenne fisso lo sguardo nei miei occhi, nessuna espressione sul suo viso, e passati trenta secondi, apparve un po' nervoso.
“Ho parlato con Zayn oggi,” disse alla fine. 
Lo so, ho praticamente ascoltato l’intera conversazione. 
“Okay,” fu tutto quello che riuscii a gracchiare. “Aveva una.. teoria, credo che si possa definire così.”
Deglutii prima di mormorare un debole “okay,”. Il mio battito cardiaco stava aumentando notevolmente e il mio viso stava diventando sempre più caldo ogni secondo che passava. Infatti, il mio intero corpo si stava scaldando sempre di più ogni istante che passava ed ero quasi convinto che Harry potesse accorgersene poiché era appoggiato a me in quel modo e le sue mani erano posate sulla mia pelle scoperta. 
“Lou, odio chiederti questo, davvero,” disse, strofinando piano la sua guancia contro la mia. “Ma.. è- io ti piacc-”
“Dovremmo andare adesso,” lo interruppi di colpo prima di fare un passo di lato, forzando me stesso ad uscire dalla sua presa.
“Si sta facendo tardi e.. si, dovremmo andare,” continuai, la mia voce un tantino isterica anche alle mie orecchie.
Mi accovacciai e afferrai il maglione rosso che avevo buttato per terra qualche minuto fa e lo infilai velocemente. Harry era ancora nello stesso punto di prima e mi stava osservando. Con mio grande sollievo fece spallucce come se volesse dire ‘certo, qualunque cosa prima di offrirmi un sorriso.
“Va bene, andiamo allora,” disse.
Uscimmo dalla mia stanza e scendemmo in silenzio le scale prima di imbatterci con mamma e Ian all'entrata.
“Oh, ciao,” dissi stupidamente, quando alzai lo sguardo verso loro. “Dove state andando?”
“Fuori a cena,” rispose mamma prima di osservare Harry, che in qualche modo si trovava dietro me.
“E chi è lui?” Chiese poi con un sorriso.
“Oh, uhm, questo è Harry, è un mio amico.. di scuola,” dissi mentre gesticolavo in maniera imbarazzante indicando dietro la mia spalla. 
“È un piacere conoscerti, Harry,” disse mamma. “Adesso noi dobbiamo andare, abbiamo una prenotazione per le otto e molto probabilmente non saremo a casa prima di mezzanotte.”
“Ci mettete più di quattro ore o giusto il tempo di cenare?”
“Dopo dobbiamo incontrarci con un paio di amici per bere un paio di drink.”
“D’accordo. Io sto un po’ con Harry, ma tornerò a casa prima di voi, quindi.. si. Owen è a casa?”
“No, è andato a una festa e ha detto che rimane da Max questa notte.”
“Chi è Max?”
“Un nuovo amico molto probabilmente.”
Roteai gli occhi un po’; Owen cambiava amici così spesso, più di me quando cambio i miei calzini e onestamente non ho mai cercato di scoprire o di entrare a far parte della sua vita sociale. 
“Certo, okay.”
Mamma sorrise e sollevò la borsa sulla sua spalla.
“Bene, noi stiamo andando, quindi chiudi la porta quando vai via, va bene?” 
Annuii.
“Certo.”
Entrambi offrirono un veloce “ciao” prima di aprire la porta e uscire.
“Quindi, quella era tua madre e il tuo diabolico patrigno?” Disse Harry dopo che la porta fu chiusa.
“Esatto, erano loro,” risposi mentre mi infilavo le scarpe.
“Sembrano apposto.”
“Si, lo sono dai,” dissi con un’alzata di spalle.
“O, beh, mia mamma è okay, Ian è.. un ragazzo noioso che non credo nemmeno di conoscere, anche se ci vivo nella stessa casa.”
“Potrebbe essere peggio.”
“Credo di si,” dissi, comunque pensando che la mia vita non potesse andare peggio di così.




HI FELLAS!

Eccomi di nuovo qui con un altro entusiasmante capitolo!
Devo ammettere una cosa, e ultimamente lo ha notato anche Giulia, che tutti i capitoli tristi capitano a me, mentre quelli più.. imbarazzanti a lei ahahahaha 
Comunque, questo capitolo è uno yin yang di emozioni, perché si passa dall’essere sereni in tutti i sensi, lasciando poi il posto alla tristezza.
Odio quando Harry tratta in quel modo Louis, prima o poi aggiungo una frase alla storia dove entro e gli ficco un coltello nella mano (scherzo ovviamente).
I colpi di scena devono ancora arrivare, e fino ad allora godetevi questi capitoli in cui c’è sia un po’ di dolcezza, sia un po’ di angst non che genere fondamentale di questa storia. 
Ringrazio in fine tutte quelle ragazze che leggono, seguono e che lasciano una recensione;  sappiate che è sempre un emozione unica vedere così tanta gente affezionata a questa storia, sempre sempre sempre. 
Ringrazio anche coloro che leggono, ma non lasciano una recensione ;)
Inchiniamoci al cospetto dell’autrice di questo capolavoro, la dovranno fare santa un giorno eh già.
Detto questo vi auguro una buona lettura, e fatemi sapere se ci sono errori, va bene? Le critiche sono sempre ben accette.
Buon proseguimento di settimana e buon mare/gita/campeggio o casa (come me ahahahaha) a tutti!
Alla prossima.

Ana.

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Capitolo 20
*** You can never like me that way and it sucks. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction inglesi abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.

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Capitolo 20




Non potrò mai piacerti nel modo in cui tu piaci a me, e fa schifo.

Venerdì 18 Marzo
Trenta settimane e quattro giorni


Quando avevo chiesto a Harry di mettere un po' di bacon nel piatto che mi stava preparando, non dicevo sul serio. Apparentemente Harry la pensava diversamente però.
“Hai davvero preparato... hot dogs avvolti nel bacon, patate cotte al forno con bacon e insalata con bacon?” Chiesi esitante quando appoggiò di fronte a me un enorme piatto, con un ampio sorriso.
“Yupp,” disse mentre si sedeva accanto a me sul divano con il suo piatto in grembo. “Hai detto che volevi il bacon, perciò ti ho fatto un sacco di bacon.”
“Ho detto che mi andava il bacon, non che lo volessi.”
“Quindi non lo vuoi?”
“No, certo che lo voglio!” Esclamai, forse più forte del dovuto. “Sembra buono. E davvero grasso, probabilmente mangiandolo metterò su altri dieci chili. Ma sembra delizioso.”
“Delizioso?” Rise. “Cos'hai cinque anni?”
Alzai gli occhi al cielo.
“Mangiamo e basta.”
“Ti va di guardare un film?”
Mi strinsi nelle spalle.
“Certo, se ne hai uno bello.”
“Che ne dici di...” iniziò lentamente, mentre metteva il suo piatto sul tavolino e si avvicinava al televisore gigante accucciandosi poi di fronte ad esso.
“'Dirty Dancing'?” Finì e mi mostrò la copertina del DVD.
“Sul serio?” Ridacchiai. “E poi sarei io quello gay.”
“Cos'ha a che fare con l'essere gay?” Chiese confuso.
“Ballano. Questo è già abbastanza da gay.”
“Gli stereotipi della tua gente... è triste.”
Alzai le sopracciglia.
“Stai dicendo che ogni uomo gay fa parte della 'mia gente'?”
“Mi daresti un calcio se ti rispondessi di si?”
“Non ho voglia di alzarmi, perciò no. Però mi arrabbierei molto.”
“Beh, visto che non mi riferisco ad ogni uomo eterosessuale come un componente della mia gente, non ho intenzione di essere uno stronzo e dire che ogni uomo gay fa parte della tua gente,” disse mentre apriva il coperchio del DVD e metteva il disco nel lettore.
“Ottima risposta,” dissi con un sorriso prima di prendere un cucchiaio pieno di purè di patate, raccogliendo anche un paio di pezzetti di bacon.
“Grazie,” disse mentre si alzava e si avvicinava di nuovo al divano.
“Porca puttana, quanto è buono,” dissi con la bocca piena di cibo. 
“Hai un letto comodo, sei il padre del mio bambino e sai cucinare; sposami ti prego,” aggiunsi una volta mandato giù il boccone.
“Si, certo, una volta diventato gay,” disse.
Prese due telecomandi dal tavolo e premette un paio di pulsanti su entrambi, facendo accendere la televisione. Il suo sguardo era fisso sullo schermo e non notò il modo in cui il mio sorriso si spense e le mie guance si arrossarono alle sue ultime parole.
Una volta diventato gay. Giusto. Era strano, ma rimanevo deluso ogni volta che mi veniva in mente il fatto che Harry fosse etero; ogni volta che mi veniva in mente, mi lasciava con lo stesso peso nel petto e la stessa sensazione di soffocamento nel cuore. Ogni maledetta volta.
“Allora, un piatto pieno di bacon e Dirty Dancing; dimmi se questo non è il più bel Venerdì che tu abbia mai passato,” disse dopo aver premuto il pulsante di riproduzione sul menù del DVD.
“E' il più bel Venerdì che io abbia mai passato,” dissi sinceramente, anche se pensai che il motivo per il quale era il più bel Venerdì di sempre, fosse perché lui era seduto accanto a me, la sua gamba che sfregava contro la mia ad ogni suo movimento.
“Se non ti dispiace che te lo chieda,” aggiunsi e lui si voltò a guardarmi mentre masticava un pezzo di hot dog. “Perché non sei con Lauren?”
“Abbiamo litigato,” disse, roteando leggermente gli occhi.
“Oh... per cosa?” Chiesi, sperando in silenzio che non fossi io la causa.
“Per una cosa stupida,” disse, gesticolando con la forchetta in aria. “Cosa che ha a che fare con il fatto che quando usciamo insieme ho la testa altrove.”
Non sapevo cosa dire, così borbottai di nuovo un altro “oh” e continuai a mangiare. Rimanemmo seduti lì a mangiare e a guardare il film in silenzio per circa quindici minuti prima che Harry aprisse di nuovo bocca.
“Mi stavo chiedendo se c'è qualcosa tra Zayn e Liam,” disse.
Mi soffocai con il pezzo di salsiccia che avevo appena ingoiato e tossii un paio di volte prima di essere in grado di dire qualcosa.
“Uhm, cosa intendi?” Dissi allora, continuando a tenere gli occhi incollati al televisore temendo che avrebbe notato il mio nervosismo se avessi rivolto il mio sguardo verso lui.
“Non lo so, si comportano in modo strano ultimamente,” disse e, con la coda dell'occhio, lo vidi mettere il piatto quasi vuoto sul tavolo. “Sono andato da Zayn un paio di giorni fa e quando sono entrato in camera sua, lui e Liam si sono praticamente respinti come due calamite polari e... no, non lo so, mi sembrava un po' strano, e dopo questo ho iniziato a notare altre cose.”
La sensazione di disagio crebbe ulteriormente nel mio petto mentre parlava e mi mossi leggermente da come ero seduto, cercando di alleviare in qualche modo il disagio.
“Che- che tipo di cose?” Chiesi esitante.
“Piccole cose a dire il vero, ad esempio si guardano a vicenda più del necessario e si toccano un sacco. Non intimamente o cose del genere, ma semplicemente si toccano molto, con gambe, braccia e cose così.”
“Forse sei un po' paranoico,” dissi timidamente.
Alzò le sopracciglia e sorrise.
“Paranoico?”
“Forse, non lo so,” dissi.
“Credo sia possibile,” disse scrollando le spalle. “Continuo a pensare che ci sia qualcosa di più però.”
C'è qualcosa in più, ma non ho intenzione di essere io a dirtelo, pensai.
“Dovresti chiederlo a loro,” dissi.
Lui ridacchiò.
“Si, sarà molto divertente: Ehi, Liam, Zayn, mi stavo chiedendo perché ultimamente vi toccate a vicenda così tanto.”
“Ci sono modi meno espliciti per chiederlo, idiota,” ridacchiai.
“Si? Ad esempio?”
“Ad esempio, chiedendogli se va tutto bene, se c'è qualcosa che vogliono dirti o... non so, forse basta rassicurarli che nel caso stia succedendo qualcosa, dovrebbero sentirsi liberi di dirtelo perché qualunque cosa sia per te non sarà un problema.”
“Se hanno ucciso qualcuno, non penso che non ci sia nessun problema a dire il vero.”
“Sai cosa voglio dire.”
“Si credo,” fu l'ultima cosa che disse prima che la stanza divenne tranquilla di nuovo, ad eccezione dei suoni provenienti dal televisore.
Avevo già visto quel film una decina di volte e quindi non mi preoccupai di prestare il cento per cento dell'attenzione a ciò che stava succedendo nello schermo. La mia mente era occupata ad essere nervosa per Zayn e Liam e sul motivo per cui, anche se non ero particolarmente vicino a uno di loro, avevo giurato che non avrei detto a nessuno della loro relazione, e nella mia testa significava automaticamente che avrei dovuto cercare di non far sospettare nulla. Non ero riuscito a portare Harry totalmente fuori pista, ma Liam e Zayn probabilmente ci avrebbero riso sopra se Harry glielo avesse chiesto. Almeno speravo.
“Sai cosa non mi piace di questo film?” Disse Harry poco prima che il film finisse.
Lo guardai con aria interrogativa. 
“Cosa?”
“Che in realtà i personaggi non hanno personalità,” disse con aria pensierosa. “Sembrano così freddi e distanti per tutto il tempo, vero?”
“Molto perspicace,” dissi con un sorriso ironico. “Ma io non l'ho mai notato, no.”
“Huh, forse sono io,” disse. “Comunque, quando hai intenzione di prenotare un nuovo appuntamento con il dottore?”
“Non lo so,” mi strinsi nelle spalle.“Credo che mi limiterò a chiamare e a prendere il primo giorno disponibile.”
“Ti dispiace se vengo con te?”
“Saresti dovuto venire oggi, quindi no, non mi dispiace,” dissi.
“Non sei arrabbiato con me allora?”
Aggrottai la fronte.
“Arrabbiato con te?” Gli chiesi. “Per cosa?”
“Per averti piantato in asso prima.”
Mi strinsi nelle spalle non molto convinto.
“No, non sono arrabbiato con te.”
“Ma... perché no?”
Perché mi piaci maledettamente tanto da non poter essere veramente arrabbiato con te, o almeno non per tanto tempo.
“Non lo so, semplicemente... non lo sono. E comunque, ora siamo insieme, quindi è tutto risolto.”
“Beh, si, ma-”
“Cosa vuoi che ti dica?” Lo interruppi con una piccola risata, mentre appoggiavo sul tavolo il piatto vuoto. “Che sono furioso con te?”
Lui sorrise ironicamente.
“Suppongo di no. Sei solo... strano, non ti arrabbi per cose per cui la maggior parte delle persone si arrabbierebbe.”
Scelsi di prenderlo come un complimento e tornai a sorridere.
“Grazie.”
“Prego,” ridacchiò prima di mettere in bocca l'ultimo pezzo di salsiccia e poi mettere il piatto sul tavolo accanto al mio. Si sedette in una posizione diversa, si spostò in modo che il suo corpo fosse in un angolo tra il bracciolo e lo schienale del divano e le gambe stese sulla parte superiore del cuscino.
“Vuoi un po' di coccole?” Chiese improvvisamente, tendendo le braccia e separando un po' le gambe.
Alzai le sopracciglia, ma fiero di me stesso, non balbettai né farfugliai quando iniziai a parlare.
“Sul serio?” Fu tutto quello che dissi.
Lui sorrise.
“Si, dai, mi piace fare le divano-coccole.”
“Divano-coccole,” dissi divertito. “Non credo sia una parola.”
“Beh, ora lo è perché l'ho usata,” disse senza accettare repliche. “Allora, vuoi fare le divano-coccole o no?”
Esitai per un breve secondo, pensando che per il mio bene probabilmente avrei dovuto smettere di approfittare di ogni occasione per avvicinarmi a lui. Ma la mia forza di resistenza era come sempre troppo debole e, invece di rifiutare l'invito, gli rivolsi un piccolo sorriso prima di spostarmi verso di lui e sedermi tra le sue gambe. Poi però esitai un po'; voleva che mi appoggiassi al suo petto o cosa?
“Puoi appoggiarti, idiota,” ridacchiò, a quanto pare intuendo il motivo della mia esitazione.
“Scusa, scusa,” dissi mentre appoggiavo con attenzione la schiena. A causa della nostra differenza di altezza, la mia testa si poggiò perfettamente sulla sua spalla.
“Huh, è perfetto,” pensò mentre avvolgeva le braccia attorno al mio stomaco. “I nostri corpi combaciano perfettamente; bello no?”
Le mie guance si riscaldarono e tutto ciò che riuscii a dire in risposta fu borbottare un “si, bello”.
“Lo è,” disse alzando leggermente le spalle. “Stai comodo?”
Girai un po' la testa per riuscire a guardarlo negli occhi prima di rispondere.
“Si, sto comodo.”
Sorrise.
“Bene.”
Lasciai che il mio sguardo tornasse al film, ma non riuscii a guardarlo per molto tempo prima che Harry cominciasse di nuovo a parlare.
“Ci hai pensato?”
Lo guardai di nuovo, questa volta però confuso.
“Pensato a cosa?”
“Se sei o non sei disposto a tenerlo.”
Il mio stomaco fece un salto a disagio e la mia bocca si aprì in una 'o' silenziosa.
“No, non- non proprio,” dissi esitante.
Sospirò e vidi la sua bocca arricciarsi leggermente.
“Sai che dovrai prendere una decisione molto presto, vero?”
“Lo so,” dissi. “Ma... molto probabilmente alla fine deciderò di darlo in adozione, lo sai.”
Lui aggrottò la fronte.
“In realtà non lo sapevo,” disse. “Avevi detto che avresti tenuto in considerazione l'idea di tenerlo.”
“Ci sto ancora pensando,” dissi in fretta. “Ma sono ancora più propenso a darlo in adozione.”
Il suo cipiglio si trasformò lentamente in uno sguardo di delusione che mi fece sentire come il cattivo in un romanzo poliziesco.
“Ma lui è... nostro figlio,” disse. “Nostro figlio, non di qualcun altro.”
“Non è questo il punto,” dissi stanco. “Il punto è che dobbiamo considerare quale sarà la soluzione migliore per me, per te e per lui. E non credo che tenerlo sia quella migliore.”
“Io si invece.”
“Ma io no.”
“Bene, allora lo terrò io e tu rimarrai fuori da tutta questa storia.”
Lo guardai a bocca aperta, sorpreso dalla durezza improvvisa nella sua voce.
“Tu-tu non puoi, non puoi farlo,” balbettai.
“Sono abbastanza sicuro che vincerei una potenziale causa di custodia.”
“Tu... tu vorresti andare- non puoi dire questo,” dissi debolmente, fissandolo con gli occhi sbarrati.
“Non puoi essere così convinto di volerlo tenere.”
Deglutì sonoramente prima di annuire.
“E invece si. Non voglio che venga cresciuto da estranei, Louis, non voglio lasciare che accada.”
Battei le palpebre una, due, tre volte. Sapevo che volesse tenerlo, ma non sapevo che lo volesse così tanto da essere disposto ad andare in tribunale. Era talmente tanto convinto di voler crescere nostro figlio da coinvolgere giudici, avvocati e tribunali se necessario. Ero disposto a lasciare che accedesse? Sapevo già la risposta. No, non lo ero. Sapevo che non sarei stato in grado di lasciare che Harry crescesse il bambino senza essere coinvolto a mia volta. Se a crescerlo fossero stati due sconosciuti, non avrei avuto niente a che fare con loro, mentre io e Harry eravamo diventati amici e se fosse stato lui a crescere il bambino, avrei voluto sapere tutto il tempo dov'era. Lui sarebbe sempre stato nella mia vita, ma non come mio figlio, come figlio di Harry.
“Non è un'opzione possibile,” mormorai. “O lo cresciamo insieme, o nessuno di noi due. Ed io... io non posso credere che tu mi abbia messo in questa situazione.”
Il suo volto si rabbuiò e improvvisamente divenne confuso.
“Cosa intendi?”
Mi spostai un po' da dove ero seduto, mettendomi più comodo, prima di rispondere.
“Quello che stai dicendo è che o lo teniamo e lo cresciamo insieme, oppure hai intenzione di andare in un tribunale per prendertelo e fondamentalmente costringermi a veder crescere mio figlio senza far parte della sua vita. Ti rendi almeno un po' conto di che genere di decisione mi stai dando? Non è nemmeno una scelta, perché sai che non potrei mai scegliere la seconda.”
“Non volevo metterti in questa situazione,” disse. “Ma visto che la metti in questo modo, posso capire il tuo punto di vista.”
Sospirai e mi passai una mano tra i capelli.
“Dammi un altro paio di settimane per pensarci, okay?”
“Si, certo,” disse con un cenno del capo.
“Ma ti rendi conto che se decideremo di tenerlo, ci sono un milione di cose a cui dobbiamo pensare, vero?” Dissi. “Dobbiamo decidere come risolvere l'intera questione della custodia, dove andremo a vivere, come faremo per continuare gli studi, lavorare e prenderci cura di lui allo stesso tempo, quello che diremo alle nostre famiglie e ai nostri amici, cosa gli diremo quando diventerà grande, cosa-”
“Lo so, lo so,” disse con un sorriso storto. “Mi rendo conto di tutto questo, ma cosa ne dici di pensarci quando avrai preso una decisione?”
Annuii.
“Si, va bene.”
Lui sorrise e si sporse un po' più vicino per premere un rapido bacio sulla mia fronte. Dire che rimasi sorpreso è dire poco, e quando mi tirai indietro, non riuscii ad evitare un espressione sbalordita.
“Che c'è?” Disse curioso.
“N-niente,” dissi con tono di qualche nota più alto rispetto alla mia voce normale.
Lui mi guardò pensieroso per qualche attimo prima di chinarsi e baciarmi di nuovo la fronte. Questa volta le sue labbra indugiarono qualche secondo in più e le mie palpebre si chiusero. Era un semplice piccolo gesto da parte sua, ma mi fece battere il cuore come se mi avesse dato un vero bacio sulle labbra. Quando finalmente si tirò indietro, io continuai a tenere gli occhi chiusi, avendo paura per come avrebbe potuto reagire alla mia reazione un po' esagerata. Fatta eccezione per i suoni proveniente dal televisore, la stanza rimase tranquilla per molto tempo ed io continuavo a tenere gli occhi chiusi. Non avevo idea di cosa stesse facendo Harry, tutto ciò che sapevo era che lui era seduto dietro di me e che il suo viso era abbastanza vicino al mio.
“Lou?”
Mi lasciai scappare un imbarazzante gemito quando sentii il soffio del suo respiro sulle mie labbra e mi resi conto che era molto più vicino di quanto pensassi. Molto lentamente e molto titubante, aprii gli occhi ed incontrai i suoi verdi a soli pochi pochi centimetri di distanza dai miei. Ero abbastanza sicuro del fatto che non sarei stato in grado di dire niente, anche se ci avessi provato, quindi optai semplicemente per guardarlo, pregando che facesse qualcosa.
Con mio sollievo, lo fece.
Passarono un paio di minuti carichi di silenzio prima che lui sollevasse una delle sue mani e prendesse il mio viso con quella. Il mio respiro andava e veniva in profondi e rapidi sospiri e il solo pensiero che avevo in mente era 'mi sta per baciare?'. Con una mano che ogni tanto tremava, intrecciai le dita con la sua mano appoggiata sulla mia guancia prima di avvicinarmi di un millimetro per fargli capire che avevo bisogno che lui mi desse un segno di ciò che stava succedendo.
Sembrava aver compreso il mio suggerimento mentre si sporgeva in avanti e lasciò che le nostre fronti venissero in contatto. Il mio cuore ormai batteva talmente veloce che ebbi paura di avere un infarto nel caso mi avesse baciato.
“Posso farti una domanda Lou?” Alitò.
“Si,” sussurrai.
“Ti piaccio?”
A quel punto ero quasi sicuro al cento per cento che stesse per baciarmi, così non esitai per più di una frazione di secondo prima di pronunciare un “si” appena udibile.
E si dimostrò essere il più grande errore della mia vita dopo aver lasciato che Harry mi scopasse senza preservativo sette mesi prima.
Improvvisamente, mi sentii respingere e quando aprii gli occhi per vedere cosa stava facendo, trovai il suo volto molto più lontano rispetto a prima e un espressione di incredulità stampata su di esso.
“Zayn aveva ragione allora,” disse, la sua voce tornata normale, solo un po' più dura.
Mi ci volle un po' per capire quello che era appena accaduto, ma quando lo feci, i miei occhi si spalancarono, il mio cuore smise di battere e il grumo familiare di delusione e umiliazione riapparve nella mia gola. Aveva solo fatto... finta di baciarmi per riuscire a capire se la teoria di Zayn era corretta? Lo avevo fatto. Lo aveva dannatamente fatto. Ed io ci ero cascato ed ora lui lo sapeva. Sapeva che mi piaceva e non era felice di questo a giudicare dalla sua espressione. Senza dire un'altra parola, mi liberai dalle sue braccia con un paio di movimenti piuttosto violenti, mi alzai dal divano e corsi fuori dalla stanza prima che lui riuscisse a notare le mie guance in fiamme e i miei occhi vitrei.
Sapevo che se fossi andato nell'ingresso per prendere le scarpe e la giacca mi avrebbe raggiunto prima che avessi il tempo di uscire dalla porta, perciò mi incamminai verso l'enorme bagno che sapevo essere proprio lungo il corridoio. Per fortuna avevano la serratura nella porta e dopo aver fatto in modo che Harry non riuscisse ad entrare, andai verso le piastrelle che coprivano la parete di fronte alla porta e scivolai sul pavimento, portando le ginocchia fino al petto e seppellendo il viso tra di loro, per permettere alle mie emozioni di prendere il sopravvento.
Di tutte le situazioni umilianti in cui Harry mi aveva reso partecipe negli ultimi sette mesi, questa era sicuramente la peggiore. Oltre che umiliato, mi sentivo anche triste, stupido, ingenuo, patetico, immaturo e... confuso. Aveva fatto fottutamente finta di baciarmi, aveva accresciuto le mie speranze più di quanto avesse mai fatto prima, mi aveva fatto sperare che forse – per una volta – sarei stato fortunato con qualcosa nella mia vita, solo per confermare o confutare una teoria. Fottuto bastardo. Ora avrei potuto aggiungere anche 'rabbia' alla mia lista di emozioni.
'Dolore' era ancora il sentimento dominante però. Mi piaceva così tanto e lui sembrava trovarlo disgustoso; trovava disgustoso che piacesse ad un ragazzo, che questo ragazzo volesse essere il suo ragazzo, che volesse abbracciarlo, che volesse tenergli la mano, che volesse baciarlo, che volesse avere rapporti sessuali con lui. Perché io volevo tutte queste cose, lo volevo così tanto che mi si era spezzato il cuore nel pensare che lui non aveva mai voluto nulla di tutto ciò e che non sarei mai stato in grado di dargli quello che voleva. Non importava quanto tenessi a lui, non importava nemmeno che l'unica cosa che volessi era che lui fosse felice. Non potevo dargli quello che voleva e ciò di cui aveva bisogno.
Un piccolo singhiozzo trovò la via d'uscita dalla mia bocca che diede il via a quello che sembrò essere un diluvio di singhiozzi rumorosi. Strinsi con forza le mie ginocchia, premendole il più vicino possibile al mio corpo per quanto il mio stomaco permettesse, e cercai di fare più silenzio possibile.
Rimasi seduto lì per quelli che sembrarono anni, ma che in realtà non erano più di cinque minuti, e lasciai uscire tutto. Stavo per cominciare a conficcarmi le unghie nelle gambe attraverso i pantaloni, quando un improvviso bussare alla porta mi fece sobbalzare e fece si che i miei singhiozzi si fermassero prontamente.
“Ti prego, vieni fuori da lì,” disse la voce di Harry dall'altra parte della porta.
Non risposi, mi limitai a guardare la porta chiusa con gli occhi gonfi e appannati.
“Rispondimi,” continuò, quando si rese conto che non avevo intenzione di rispondere. “So che sei lì dentro.”
Fottuto genio, pensai amaramente.
“Non fare così.”
Non fare così come? Come se avessi appena calpestato il mio cuore?
“Louis, ti stai comportando come un bambino.”
Vaffanculo.
“Sai, questa è casa mia, potrei chiamare la polizia e dire che c'è uno sconosciuto nel mio bagno che si rifiuta di uscire.”

“Sono serio, se non esci da lì dentro entro i prossimi due minuti, chiamerò la polizia.”
Strinsi la mascella e chiusi le mani a pugno, rendendo le nocche bianche, prima di alzarmi lentamente da terra e camminare lungo il pavimento. Per un paio di secondi, restai solo a guardare la maniglia della porta, riflettendo se restare lì e lasciare che Harry chiamasse la polizia o uscire. Ma poi alzai la mano, girai la chiave nella serratura e aprii la porta.
“Graz-” iniziò, sorridendomi timidamente, ma prima che potesse finire, allungai la mano e lo spinsi violentemente facendolo indietreggiare di qualche passo. Il suo sorriso scomparve e fu sostituito dalla confusione.
“Che c'è che non va?” Chiese.
Poi alzò le sopracciglia confuso.
“Hai pianto?”
Strinsi gli occhi.
“Vaffanculo,” dissi a denti stretti prima di superarlo e dirigermi verso l'ingresso.
“Louis, andiamo, qual'è il problema?” Chiese, camminando dietro di me.
Non risposi, ma piuttosto mi concentrai per uscire di casa il più presto possibile. Una volta raggiunto il mio obiettivo, presi la giacca dall'attaccapanni e cerca di infilarmela il più veloce possibile prima di abbassarmi e prendere le mie scarpe.
“Puoi dirmi per favore qual'è il problema?” Ripeté Harry. Era in piedi accanto a me e potei sentire i suoi occhi guardarmi intensamente.
“Se non l'avessi capito, non ho alcuna intenzione di dirtelo,” sbottai mentre infilavo la prima scarpa.
“Ma io non... capisco,” disse insicuro.
“Questo non mi sorprende visto che sei la persona meno intelligente che io sia mai stato così sfortunato di incontrare,” mormorai arrabbiato. Avevo messo entrambe le scarpe e mi alzai in piedi in modo da essere faccia a faccia con lui.
Si stava mordendo il labbro, guardandomi confuso e colpevole.
“Servirebbe a qualcosa se ti dicessi che mi dispiace?” Chiese esitante.
Lasciai uscire una fredda risata incredula talmente diversa dalla mia che trasalii interiormente.
“No, non servirebbe.”
“Non puoi almeno dirmi che cosa ho fatto?”
“No.”
“Perché no?”
“Perché dovresti capirlo da solo.”
“Ma non ho capito, sono troppo stupido come anche tu mi hai gentilmente detto. Quindi, ti prego, dimmelo ed io farò del mio meglio per rimediare.”
“Non puoi rimediare,” dissi.
A meno che non diventassi gay e ti innamorassi di me.
“Forse posso.”
“No, non puoi.”
“Louis, cazzo, dimmi solo cos'ho fatto.”
“No.”
“Louis!”
“No!”
“Non costringermi a schiaffeggiarti, maledizione!”
“Fottiti!”
“Dimmelo!”
“Non capiresti!”
“Come fai a saperlo?”
“Perché non ti sei mai trovato nella mia situazione!”
“Quale situazione?”
Abbassai lo sguardo e trassi un profondo respiro per calmarmi; avere di nuovo quei dolori allo stomaco non avrebbe aiutato nessuno.
“Niente,” dissi quindi ai miei piedi. “Me ne vado. E non c'è bisogno che tu venga dal dottore con me ad ogni appuntamento e non chiamarmi domani né... mai. Considerami semplicemente fuori dalla tua vita.”
Stavo per girare sui tacchi e uscire dalla porta ma, prima che potessi farlo, mi aveva afferrato forte le spalle facendomi rimanere fermo sul posto.
“Non puoi semplicemente dire cose del genere e aspettarti che io le accetti senza ulteriori spiegazioni,” disse dolcemente.
Alzai lo sguardo ed inghiottii quando incontrai il suo sguardo.
“Si, posso.”
Scosse la testa e sorrise dolcemente.
“No, non puoi.”
Ci fu una breve pausa prima che parlasse di nuovo.
“Perché non vuoi dirmi che cosa ho fatto? Non ho intenzione di farti del male o anche solo arrabbiarmi. Te lo prometto.”
Chiusi gli occhi per un secondo e trassi un respiro profondo. Sapeva già che mi piaceva, lo sapeva per colpa della mia stupidità. Era già tutto rovinato, perciò cosa avevo da perdere dicendoglielo?
Sapendo che mi stessi probabilmente scavando la fossa da solo e che il secondo dopo in cui le mie parole sarebbero uscite dalla mia bocca non sarei più potuto tornare indietro, aprii la bocca.
“Io... pensavo che finalmente mi avresti baciato,” sussurrai. “Pensavo che finalmente volessi baciarmi.”
La sua espressione si pietrificò e, per un attimo, ebbi paura che mi avrebbe picchiato pur avendo promesso di non farmi del male.
“Tu- tu pensavi-” iniziò lentamente.
“Che finalmente mi avresti dato ciò che volevo,” lo interruppi, la mia voce più sicura del solito. “Ma ovviamente non lo hai fatto. Volevi solo controllare se Zayn aveva ragione sul fatto che allo stupido perdente piacessi. E ora sai che è così, ed io sono così fottutamente imbarazzato e ferito e deluso che non posso nemmeno descrivertelo. Perciò lasciami andare a fammi andare a casa.”
“No, Lou, io non intendevo-”
“Non avevi intenzione di ferirmi, giusto, giusto,” dissi freddamente. “Hai solo pensato che sarebbe stato un esperimento divertente, per giocare un po' di più con il mio cuore come se non lo avessi fatto già abbastanza.”
“La smetti di interrompermi prima che io riesca a finire le mie frasi?”
“No.”
“Louis, ti stai comportando come-”
“Lasciami andare!” Urlai, cercando di liberarmi della sua presa, ma senza alcun successo. “Hai già fatto abbastanza danni, non ho bisogno di-”
“Non sapevo che ti piacessi!”
Adesso era lui che urlava e il suo improvviso cambiamento di voce mi fece sussultare leggermente. “Ed io non capisco per quale motivo del cazzo sei stato così stupido da innamorarti di me quando ti ho detto un milione di volte che non sono un fottuto frocio!”
Nel sentire quello, i miei occhi si spalancarono e fu proprio in quel momento che la rabbia mi diede la forza necessaria per staccarmi da lui. 
“Non posso decidere di chi innamorarmi,” sibilai. “Ma mi hai appena aiutato a fare il primo passo per riuscire ad allontanarmi da te. Grazie.”
Con queste parole e un ultimo sguardo arrabbiato verso di lui, aprii la porta ed uscii fuori prima di sbatterla per richiuderla. Ma ancora una volta, fui fermato prima di mettere anche solo un piede verso il porticato. Sentii la porta aprirsi dietro di me e mi fermai a metà passo.
“Cosa c'è?” Dissi stancamente senza voltarmi.
“Io... io non volevo deluderti così tanto,” disse con cautela. “Non pensavo di piacerti davvero, pensavo che Zayn stesse diventando pazzo.”
“E a quanto pare, il pazzo sono io,” dissi. “E a quanto pare sono anche un fottuto frocio.”
“Non volevo dirlo.”
Sospirai prima di girarmi verso di lui.
“Tu dici e fai un sacco di cose che non intendi fare, Harry,” dissi. “Ed ogni volta io ho lasciato perdere perché mi piaci e perché voglio piacerti anche io. Ecco perché ho lasciato che mi masturbassi quella volta, perché io- inconsciamente ho pensato che l'avessi fatto perché volevi ed io- io volevo così tanto essere vicino a te in ogni modo possibile. Ma poi... sei uscito fuori di testa e per la milionesima volta mi hai ricordato che sono uno stupido ragazzo senza speranza con una stupida cotta senza speranza.”
Lo sguardo che mi rivolse non appena finii di parlare fu compassionevole. Senza dire nulla, mise fine alla piccola distanza tra di noi e avvolse la braccia intorno alla mia vita, racchiudendo il mio corpo in un caldo abbraccio.
“Non mi toccare,” protestai debolmente. “Non provare pietà per me, non ho bisogno della tua pietà.”
Le mie proteste erano state molto convincenti, soprattutto quando non feci nessun tentativo fisico per allontanarmi da lui. Mi ci vollero solo pochi brevi secondi prima di seppellire il viso nel suo collo e aggrapparmi alla sua maglietta mentre iniziavo a piangere.
“Andrà tutto bene,” mormorò dolcemente nel mio orecchio.
“Mi hai lasciato credere che, per una volta, avrei ottenuto ciò che volevo,” piansi. “Ma io non potrò mai piacerti nel modo in cui tu piaci a me, e fa schifo. Fa schifo e fa male e io ti odio, ed ora è ancora peggio perché mi hai quasi baciato e ho davvero pensato che volessi farlo, ma non l'hai fatto e tutto quello che volevi era testare una stupida teoria e significa che non l'hai fatto perché ci sono dei sentimenti reali, e mi hai fatto davvero male e mi hai messo in imbarazzo ed io ti odio fottutamente tanto e non è-”
“Lou, stai balbettando,” mi interruppe tranquillamente.
“Scusami,” mormorai, singhiozzando.
“Va tutto bene.”
Ci fu un breve silenzio poi:
“Vuoi che ti baci?”
Battei le palpebre ed il mio pianto si arrestò improvvisamente.
“Cosa?” Chiesi nel suo collo.
Lui non rispose e quando passò almeno un minuto, indietreggiai e lo guardai negli occhi.
“Cosa?” Ripetei.
Lui scrollò leggermente le spalle, nervoso.
“Vuoi che ti baci?” Chiese.



Occhio a me!

Zan zan zan zaaaaaan.
Non oso immaginare quello che ci direte non appena finirete di leggere questo capitolo. Sappiate tesori che la colpa non è né mia, né di Ana, l'autrice ha deciso di finire il capitolo in questo modo crudele, non noi.
Ma ci sarà o non ci sarà questo agognato bacio? Io lo aspettavo dal primo capitolo, non so voi.
Beh, per quanto riguarda questo. Il nostro piccolo Louis è un bambinone un po' troppo cresciuto, Harry da questo punto di vista ha ragione, ma ciò non toglie che ormai non sa più come gestire Harry (che a quanto pare è un tantino confuso. Ma giusto un tantino eh),
Questo capitolo è stato sofferto ragazze, non potete immaginare cosa mi è successo. Una delle cose più brutte di sempre. Avevo quasi finito di tradurre il capitolo (mi mancava proprio il pezzo finale) ed ecco che il mio computer decide di bloccarsi e di non salvarmi il documento.
Ho dovuto ritradurre tutto dall'inizio, VI RENDETE CONTO?
Solo io so quanto ho sclerato quel giorno. Sia io che Ana a dire il vero.
Per fortuna ormai è passato e, grazie a Dio, sono riuscita a finirlo di nuovo. E giuro che la prossima volta salvo ad ogni riga che traduco, a costo di metterci il doppio del tempo.
Bene, nonostante il piccolo intoppo, siamo riuscite ad aggiornare anche prima del previsto, spero lo apprezziate.
Mi scuso se non sono riuscita a rispondere a tutte le recensioni del diciottesimo capitolo, ma ultimamente sono parecchio impegnata. E molto, molto stanca. Mi scuso anche per gli errori trovati nei vari capitoli, ovviamente ci sono ragazze molto più brave di noi a tradurre, ma ce la mettiamo tutta.
Vi ringrazio a tutte come sempre che continuate a seguire questa bellissima storia che ormai (non ci posso credere!) è quasi un anno da quando l'ho iniziata a tradurre.
Un bacione a tutte e a presto,

Giulia.

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Capitolo 21
*** Things used to be a bit easier. ***


 ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction inglesi abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 21



Le cose erano un po’ più semplici.

Venerdì 18 Marzo
Trenta settimane e quattro giorni


“Io- perché mi stai c-chiedendo s-se voglio baciarti?” Chiesi balbettando un po’.
“Perché voglio sapere se vuoi baciarmi ovviamente.”
“Ma perché vuoi saperlo?”
“Puoi semplimente rispondere alla domanda?”
Aggrottai un po’ le sopracciglia prima di rispondere con un leggero tremolio nella voce.
“I-io pensavo che avessimo già stabilito che.. volessi farlo.”
“Vuoi baciarmi?”
Sentii il mio volto riscaldarsi lievemente e mi morsi leggermente il labbro prima di annuire sempre con molta calma, non fidandomi del tutto della mia voce nel caso che, usandola, mi avrebbe tradito.
“Allora ti bacerò,” disse semplicemente.
Mi ci volle un breve momento per pensare a ciò che aveva appena detto. Dopo averlo realizzato, la mia bocca si spalancò. 
“Tu- tu- cosa?”
Sorrise debolmente.
“Tu vuoi che io ti baci, quindi ti bacerò. È abbastanza semplice.”
“No, no, no,” dissi scuotendo la testa. “Non mi bacerai.”
“Hai appena detto che vuoi farlo.”
“Si, solo se lo avessi voluto anche tu,” dissi roteando gli occhi. “Non voglio che tu lo faccia contro volontà, è solo.. no, non sarebbe lo stesso.”
“Sono un bravo attore.”
“Non così bravo.”
“Non puoi saperlo.”
“Si invece.”
“Ti dico di no.”
“Si, lo so invece e non abbiamo nemmen- hmpfh.”
I miei occhi si spalancarono in una maniera ridicola e trascorsi mezzo secondo a capire cosa fosse successo, perché le mie parole erano state appena smorzate. La ragione era che Harry aveva ignorato le mie proteste e aveva premuto le sue labbra contro le mie. Ero troppo sorpreso, quasi scioccato, per poter tentare almeno di provare a godermelo, in verità dubito che me lo sia goduto fino in fondo perché era un bacio rigido, secco e un po’ scomodo e giuro di aver sentito lui agitarsi con disgusto.
Si allontanò piano un paio di secondi dopo e mi guardò con sorpresa e divertimento sul volto.
“Probabilmente sarebbe stato molto più facile per te goderti questo bacio se non ti fossi bloccato in quel modo, rigido come un attaccapanni.”
“H-ho detto che non volevo farlo,” borbottai, i miei occhi puntati direttamente in un punto sul suo orecchio.
“Si beh, i tuoi occhi mi hanno comunicato qualcosa di diverso,” disse. “Ci vuoi provare un’altra volta e questa volta baciandomi per davvero?” 
Deglutii.
“Siamo qui fuori,” dissi, senza ancora guardarlo negli occhi. “Chiunque potrebbe vederci.”
“Non mi interessa minimamente, ma se vuoi possiamo entrare.”
Non mi importava se qualcuno ci avrebbe visto, non per davvero; per quanto ne sapessi, nessuno che andava a scuola e nessuno che conosceva mia madre viveva da queste parti, quindi non c’era nessuna probabilità che qualcuno mi scoprisse. Ma Harry abitava qui, i suoi vicini potevano vederlo, i suoi genitori sarebbero potuti tornare a casa da un momento all’altro, i suoi amici o Lauren avrebbero potuto decidere di fermarsi.. non aveva davvero pensato a nulla di tutto questo?
“Io- non è giusto,” dissi. “Hai una ragazza e io non ti piaccio nemmeno e non-non voglio farlo.” 
“Beh, o così o niente,” disse senza troppi giri di parole. 
Serrai la mascella con evidente disappunto, ma sapevo anche che alla fine avrebbe avuto ragione. Questa era la mia unica occasione per capire davvero come ci si sentisse ad avere Harry tutto per me ed ero abbastanza forte da respingere tale opportunità?
“Entriamo dentro allora,” biascicai.
No, non ero forte abbastanza.
Sorrise debolmente prima di girarsi e aprire la porta, tenendola aperta  e aspettando che rientrassi nell’atrio. Uno strano silenzio avvolse tutta la casa una volta che rientrammo. Non era imbarazzante o teso, solo strano in un certo senso perché in pratica entrambi sapevamo che io gli avevo chiesto di baciarmi ed avevo acconsentito. La situazione era strana e non sapevo nemmeno se mi piacesse o meno. 
“Andiamo,” disse Harry con un piccolo sorriso,  dopo che furono passati un paio di secondi di silenzio. Mi offrì la sua mano e, con un po’ di esitazione, la accettai e gli permisi di farmi avvicinare al suo corpo. 
“D’ora in poi mi guarderai sempre in quel modo strano?” Chiesi, alzando lo sguardo verso lui con nervosismo.
Scoppiò a ridere e scosse la testa.
“Certo che no. Sono stupendo, è un miracolo che le persone non cadano come mosche quando mi vedono.” 
Sorrisi forzatamente.
“Non intendevo quello. Volevo dire.. sai, se adesso ci baciamo, dopo sarà sempre così imbarazzante?”
“No,” disse dopo un paio di secondi di esitazione. “No, dopo non sarà sempre così imbarazzante.”
Non ero del tutto convinto se credergli, perché pareva che non fosse convinto nemmeno lui in realtà, ma non protestai,  inspirai profondamente e dopo annuii.
“Va bene?”
“Si, va bene.”
Un sorriso apparve sul suo volto per un paio di secondi prima di aver avuto un momento di insicurezza, subito sostituito da qualcosa che assomigliava alla tristezza. Mentre lo stavo ancora guardando negli occhi, sollevò una mano esitante e la posò con dolcezza sulla mia guancia. Non era la prima volta che mi toccava in quel modo, ma adesso appariva in una maniera molto più intima, e chiusi gli occhi per poi sporgermi a mia volta verso di lui. Muoveva il pollice sempre delicatamente e sorrisi un po’ a quel gesto.
“Perché stai sorridendo?” Lo sentii sussurrare, e in quel modo ero in grado di sentire il suo respiro sulle mie labbra, sapevo che meno di un paio di centimetri ci separavano l’uno dall’altro.
“Mi sento bene,” risposi mentre sollevavo la mano e intrecciavo le mie dita con le sue. 
Non mi rispose - c’era davvero una risposta da dare in una situazione del genere? - tenne solo le sue dita sulla mia guancia e iniziò ad accarezzarla in modo lieve con lenti, nella mia testa ‘amorevoli’, movimenti. I miei occhi erano chiusi così da non permettermi di vedere quanto fossero distanti le mie labbra dalle sue o che espressione avesse il suo viso. Era come se ogni secondo passato contenesse un’eternità e giuro di aver sentito battere il mio cuore fin su la gola. Arrivò il momento in cui la mia mente iniziò a pensare tre cose nello stesso momento: primo, avevo paura del fatto che il mio nervosismo e la mia eccitazione avrebbero potuto in qualche modo far del male al bambino; secondo, la flotta di pensieri di quanto stupido potessi apparire con la bocca mezza aperta, il mento inclinato, gli occhi chiusi nell’attesa solo di quel bacio; terzo, mi chiedevo se Harry mi stesse prendendo solo in giro ancora una volta. 
Poi però sentii qualcosa di morbido e cauto posarsi sulle mie labbra ed improvvisamente l’istinto prese il controllo di tutto il mio corpo. Spostai il mento più in su, cercando di far vedere che avevo davvero, davvero, ma davvero voglia che lui aumentasse un po' la pressione. La mano che era posata sul mio viso scivolò leggermente e andò a posarsi dietro al collo, e permisi alle mie stesse mani, entrambe tremanti, di trovare la loro strada verso il suo bacino. Per un paio di secondi, rimanemmo lì, le nostre bocche che a malapena si toccavano, e per un momento fui certo che si sarebbe tirato indietro dicendo che aveva commesso un errore, ma poi le sue mani pressarono con un po’ più di forza sul mio collo, causando così un contatto più passionale e intenso fra le nostre labbra.
Imbarazzato com’ero aspettai un po’, dopo aver desiderato questo momento per quelli che parvero essere anni, anche il più piccolo e innocente dei movimenti delle labbra di Harry contro le mie mi fecero piagnucolare in modo bisognoso e premere vicinissimo a lui, ovviamente fin dove il mio stomaco lo permetteva. Aprii con esitazione la bocca, pregando che non stessi oltrepassando nessun limite, e rimasi parecchio sorpreso quando lui fece lo stesso. Trascorremmo diversi minuti a scambiarci lenti, gentili, boccheggianti baci che fecero contorcere le mie interiora così tanto da fare quasi male ed ero davvero terrorizzato di dover interrompere improvvisamente il bacio per colpa di un gemito. 
Ma proprio mentre stavo iniziando ad abituarmi ai continui battiti accelerati, sentii la sua lingua muoversi contro il mio labbro inferiore, e la tachicardia tornò ad essere una strana, calda, fondente sensazione che iniziando dal petto si sparse in tutto il mio corpo come un intrepido fuoco. Un altro gemito fuoriuscì dalle mia labbra prima che la mia lingua si toccasse con la sua. 
Non ero un baciatore esperto, dovevo ammetterlo, ma giudicando dal piccolo sospiro che emise Harry e dal modo in cui la sua lingua si fece strada sempre con un po’ più di coraggio, con cura e leccando deliziosamente l’interno della mia bocca, credetti di averlo fatto nel modo giusto. Le sue mani scivolarono dal mio collo, posandosi invece dietro la mia schiena, bloccandole con fermezza intorno a me e spingendomi sempre più vicino a lui, permettendomi così di posizionarmi sopra di lui. Mentre le nostre lingue continuavano a giocare lentamente e mollemente l’una con l’altra e le mie ginocchia diventavano sempre deboli minuto dopo minuto, lui emise un altro sospiro di contentezza, questa volta accompagnato da un pizzico di quello che parve essere un sospettoso lamento di piacere. Quel suono fece contorcere lievemente il mio cazzo nei pantaloni, facendolo così irrigidire un po’, e pregai in silenzio che lui non se ne accorgesse. 
Le sue mani si posarono sul mio petto e piano piano si posarono sul mio stomaco dove  iniziò a disegnare dolcemente dei ghirigori con i  pollici, come se lo stesse massaggiando, confortando, e quello fu tutto ciò che bastò per farmi uscire dal mio stato di confusione. Improvvisamente ricordai che lui mi stava baciando solo perché era talmente buono da darmi ciò che io avevo desiderato così ardentemente, nonostante il fatto che lui non fosse attratto da me e che non gli piacessi nemmeno, e che l’unico motivo per cui eravamo entrambi qui era perché ero incinto del suo bambino. Quindi dopo avergli permesso di baciarmi per un paio di secondi - o forse un’ora - mi resi conto della mia presa sulla sua vita e poggiai le mani sul suo petto per spingerlo via, cercando di ignorare quanto il mio cuore stesse protestando selvaggiamente  quando le nostre labbra si separarono. 
Mi ci volle qualche momento per riprendermi, cercando, e fallendo, di far calmare il mio cuore prima di avere il coraggio di guardarlo. Era a un metro e mezzo di distanza da me, le sue guance colorate leggermente di rosa, le labbra piene e uno sguardo incredulo in volto. Era un’ incredibile e meravigliosa vista e il mio petto iniziò a fare un po' male quando me ne accorsi. Mentre ci alzammo in piedi e ci guardammo l’uno con l’altro, la sua espressione iniziò a cambiare e alla fine si tramutò in quella che sembrò essere esasperazione, noia e rimorso. Il mio cuore smise di battere quando mi resi conto che si stava già pentendo di avermi baciato, non più di tre minuti dopo che era accaduto. 
“Scusami,” borbottai, rivolgendo lo sguardo verso il basso. “I-io devo andare. Scusami per.. beh, solo- solo scusa.”
Non gli rivolsi più lo sguardo, quasi spaventato di cosa avrei potuto vedere, prima di voltarmi, afferrare la maniglia della porta e praticamente ritrovarmi fuori casa. Non protestò, non disse nulla, quando chiusi la porta dietro di me ed iniziai a camminare lontano da quella casa il più velocemente possibile, con le braccia avvolte vagamente intorno alla pancia. 
La mia mente era un caos assoluto ed ero sicuro che la mia faccia rispecchiasse il mio stato d’animo. Harry ed io ci eravamo baciati. No, a dire il vero avevamo limonato; le sue labbra e la sua lingua erano state in stretto contatto con la mia per un paio di minuti e Cristo, era stato.. fantastico. Aveva ragione quando mi aveva detto di essere un buon attore perché se non lo avessi saputo, avrei davvero pensato che si stesse godendo il bacio un bel po’, così come avevo fatto io; il modo in cui le sue labbra erano state così dolci, così cariche di passione contro le mie, il modo in cui la sua lingua aveva trovato gentilmente la sua strada verso l'angolo della mia bocca, il modo in cui le sue mani mi stringevano come se fossi fatto di vetro. 
Raggiunsi la fine della strada e mi fermai lì, a venti metri da un supermercato dove vidi persone uscire ed entrare, e mi appoggiai contro un albero prima di emettere un sospiro mentre passavo una mano sul mio viso. Che diamine di casino avevo combinato? Che diamine, maledetto e fottuto casino. Aveva detto che le cose non sarebbero diventate così imbarazzanti fra noi due, ma io sapevo già che si sbagliava, lo sapevo fin dal momento in cui il bacio era finito. Sapeva che mi piacesse e non avrebbe mai ignorato tutto questo senza creare altro trambusto; ogni volta che lo avrei visto, avrebbe pensato ‘gli piaccio, piaccio a quel fottuto frocio’ e le cose non sarebbero mai ritornate come prima, mai più. Avrei voluto picchiarmi da solo per non aver tenuto la bocca chiusa quando mi aveva chiesto se mi piacesse, se lo avessi fatto avrei reso le cose molto più semplici. Saremmo potuti rimanere amici, avrei continuato ad avare la mia cotta e tutto il resto sarebbe stato normale. Ma no, dovevo andare avanti e permettere ai miei ormoni di prendere il controllo del mio corpo e della mia mente. Ovviamente. 
Con un sospiro pieno di irritazione verso me stesso, tirai fuori il cellulare dalla giacca e composi il numero di cellulare di mia madre, pensando che per nessuna ragione avrei fatto tutta quella strada a piedi fino a casa alle dieci e mezza di sera. Squillò un paio di volte e non rispose, ma dopo ricordai che era fuori a cena e il suo cellulare era probabilmente in modalità silenziosa, e così emisi un piccolo sospiro, schiacciando il tasto ‘fine chiamata’. Rimasi lì per un paio di secondi chiedendomi cosa fare prima di comporre il numero di Eleanor e portare il telefono all’orecchio, aspettando che rispondesse. Mentre aspettavo lì e osservavo avanti e dietro la strada completamente al buio, squillò e squillò ancora e ancora, ma Eleanor non rispose. Alla fine rispose solo la sua voce della segreteria telefonica e con un altro sospiro di esasperazione, abbassai il telefono e premetti il tasto ‘fine chiamata’, di nuovo, senza nemmeno preoccuparmi di lasciare un messaggio. 
Quindi mamma non rispondeva, Eleanor nemmeno, ritornare da Harry non era un opzione, bene, in pratica non avevo nessun’altra scelta se non quella di tornare a casa a piedi. Avrei dovuto camminare quasi otto chilometri alle undici di sera mentre ero incinto di sette mesi con indosso i pantaloni del pigiama. Il solo pensiero mi fece venir voglia di piangere dalla disperazione, ma ciò nonostante rimisi il telefono nella tasca e iniziai a camminare. 
Avevo solo camminato per un minuto e mezzo quando mi venne improvvisamente un’idea in mente, così smisi di camminare, mordendomi nervosamente il labbro. In questo momento non avevo energie e sufficienza per fare tutta quella strada a piedi fino a casa e... beh, avevo un' altra opzione che non avevo considerato. Ripresi il cellulare dalla mia tasca e iniziai a scorrere la rubrica finché non trovai una P. 
Liam Payne era stato salvato come contatto con entrambi il numero di cellulare e l’indirizzo e-mail.
Dubitai che si sarebbe arrabbiato se l’avessi chiamato, ma d’altra parte era notte inoltrata, quindi c’era anche la possibilità che stesso dormendo. Svegliare Liam perché avevo bisogno di un passaggio per tornare a casa era tutto tratte che invitante, ma non avevo altra scelta. Rimasi lì andando avanti e indietro, pensando ai pro e ai contro nella mia testa, e in fine chiudendo gli occhi per un secondo e pregando Dio che Liam non mi avrebbe visto come un moccioso viziato e bisognoso, schiacciai il tasto ‘chiama’. 
Ci mise più di venti secondi prima di rispondere ed iniziai a pensare che non avrebbe nemmeno risposto, quando sentii qualcuno dall’altra parte del telefono.
Pessimo momento,” disse la voce di Liam. Non sembrava che stesse dormendo, ma piuttosto come se fosse a corto di fiato e un po’ irritato.
“Oh, i-io.. scusa,” balbettai in modo stupido sentendo la mia faccia riscaldarsi.
Chi è?
“Oh, uhm, io- Louis,” dissi calciando un sasso in mezzo alla fine della strada.
Sentii qualcuno spostarsi e una voce smorzata dall’altra parte, non riuscendo a capire cosa stesse dicendo, prima che Liam riprendesse a parlare. 
È tutto apposto?” chiese, il fastidio subito sostituito dalla preoccupazione.
“Si, o no, in realta- beh si, ma non so- oh Dio, mi dispiace averti chiamato, avrei dovuto- no, non importa, lascia perdere e continua quello che stavi facendo, sono solo-”
E' tutto ok, qual è il problema?
Sospirai e passai una mano fra i capelli.
“Diciamo che sono.. bloccato a parecchi chilometri da casa e non ho nessuno che mi ci porti,” dissi debolmente. “Ed ero- uhm, senti, m-mi dispiace tantissimo chiedertelo, ma.. ci sarebbe la possibilità che tu- uhm, sai, mi venissi a prendere?”
Ancora una volta sentii lo stessa voce sommessa in sottofondo e sentii Liam borbottare “no, niente” prima che la sua attenzione ritornasse su di me.
Certo, posso venirti a prendere,” disse. “Dove sei?
“Uhm, due strade dopo casa di Harry,” dissi. “Proprio vicino a quel piccolo supermercato.”
Harry?” chiese un po’ confuso.
“Si.”
Ci fu una piccola pausa di nuova, prima di:
Avete litigato?” 
“No, non per davvero, solo- no, non era un litigio.”
Qualcosa non quadra comunque.
Non era una domanda. 
“No,” fu tutto quello che dissi. 
Lo sentii sospirare.
Va bene, aspetta fuori al negozio e sarò lì fra dieci minuti.
“Grazie Liam,” dissi. “Davvero grazie, non te lo avrei chiesto se-”
Non c’è nessun problema, Louis,” disse e lo sentii sorridere. “Solo non muoverti, va bene?”
“Si, va bene. E grazie ancora.”
“Nessun problema.”
Emisi un piccolo sospiro prima di attaccare, rimettere il telefono in tasca e guardarmi intorno per cercare qualche cosa su cui sedermi mentre aspettavo. C’era una panchina fuori dal supermercato e mi ci incamminai con passi pesanti, ancora una volta con le braccia avvolte intorno al mio stomaco e una piccola smorfia a causa del lieve dolore alle mie anche e alla schiena. Ricevetti un paio di occhiate cariche di divertimento da persone che entravano e uscivano dal negozio mentre ero seduto sulla panchina, e tra parentesi, ogni sguardo era indirizzato al mio stomaco, sapevo che la maggior parte di loro pensavano ‘che diavolo c’è di sbagliato in quel ragazzo?’, che in tutta onestà non era una cattiva domanda. Distolsi lo sguardo verso i miei piedi cercando comunque di ignorare tutte le occhiate strane. 
Rimasi così fino a quando una squillante voce femminile non pronunciò il mio nome e non ebbi nessuna scelta se non alzare lo sguardo e vedere chi fosse. Avrei voluto grugnire quando riconobbi la faccia, quella di Mary, un’amica di chiesa di mia madre - chiesa! - venire verso di me con un bambino all’apparenza di due anni in una mano e nell’altra una busta della spesa.
“Louis, è da anni che non vieni in chiesa con tua madre! Non ti ho visto per niente nell’ultimo anno! Come stai? Sei felice di avere un patrigno? Come sta Owen? Non vedo anche lui da parecchio tempo.”
Tutto questo lo disse in meno di dieci secondi mentre camminava verso di me e fermandosi proprio di fronte la panchina. 
Nonostante la voglia di non voler rivolgerle la parola, mi alzai e le offrii un sorriso.
“Ciao Mary,” dissi. “Come stai?”
“Oh bene bene,” disse con un piccolo sorriso che mi fece spaventare a morte. “Impegnata con tre giovanotti a casa, nessuno di loro ha intenzione di dormire la notte, e ovviamente Andrew è fuori per lavoro proprio in questo momento, ma non è nulla che io non possa affrontare. E invece te? Come ho detto, è da tanto che non ti vedo in chiesa.”
“Si, non ci vado più.. in chiesa ultimamente,” dissi cautamente.
Il suo sorriso si affievolì un po’.
“Non vai più in chiesa? Giovanotto, andare in chiesa è davvero importante per le persone della tua età, hai bisogno di chiedere perdono per i peccati che stai sicuramente commettendo.”
“Uhm, non credo.. che abbia peccato molto,” dissi strisciando il mio piedi sull’asfalto sotto di me e cercando qualcosa di più intelligente da dire.
“Ognuno pecca, Louis,” disse, assottigliando lo sguardo lievemente. “Tu specialmente.”
I miei occhi si spalancarono un po’. 
“Io- cosa vuoi dire?” Chiesi nervosamente.
“Con tutto quel peso che hai preso, credo che tu sia stato vittima di gola e avidità, e sono sicura che tu sappia che sono due dei sette peccati.”
Va bene, avrei voluto schiaffeggiare questa donna e l’unica cosa che mi fermò fu il fatto che una macchina aveva suonato il clacson proprio in quel momento e mi fece alzare lo sguardo. Con mio grande sollievo vidi il viso di Liam che si affacciava dal finestrino di un’ Honda rossa, e senza dire nessun’altra parola a Mary, mi incamminai a passo svelto, lasciandola lì con il suo bambino e la spesa. Girai intorno la macchina e pensai di dovermi sedere  sul sedile davanti, ma con mio sorpresa, vidi Zayn seduto lì, quindi mi sedetti sui sedili dietro e mi ci appallottolai proprio al centro, guardando nulla in particolare. 
“Beh, ciao,” disse Zayn alzando un sopracciglio una volta che sia lui e Liam si girarono e iniziarono a fissarmi.
“Non sembri felice. È stato così brutto il litigio con Harry?”
“Non ho litigato con Harry,” dissi sospirando. “È per quella donna con cui stavo parlando, era una moralista del cazzo.”
“Cosa? Una persona a caso è venuta verso di te e ha iniziato a giudicarti?” Chiese Liam con un sopracciglio alzato.
“No, è amica di mia mamma,” dissi con stanchezza.
“Aha. Ed è stata lei che ti ha messo questo buon umore addosso?”
Tentai un sorriso.
“Scusa, è solo che.. è stata una lunga giornata, avere puttane cristiane che spuntano dal nulla e iniziano a chiedere della tua vita mi ha fatto arrivare al limite, suppongo.” 
Gli sguardi che entrambi mi indirizzarono mi fecero preoccupare un po’ per un secondo, prima che mi voltassi di nuovo.
“Ci vuoi dire cosa è successo fra te e Harry e che cosa ha causato un non-litigio tanto che ti ha ridotto a chiamarmi nel bel mezzo della notte per farti venire a prendere?” Liam chiese, nonostante avesse un tono dolce e un’espressione accigliata.
Guardai in basso verso le mie mani, che riposavano sul mio grembo, e mi morsi il labbro. Dire a loro cosa fosse successo non era per niente invitante, ma rifiutarmi di non dire nulla dopo che entrambi erano venuti fin qui alle undici di sera solo per averli chiamati, mi sarebbe sembrato maleducato e irriconoscente. 
“Abbiamo riscontrato qualche.. divergenza,” dissi vagamente, ancora guardando le mie mani. “Ed era diventato un po’ scomodo suppongo, beh, non scomodo, ma un po’ imbarazzante.”
Andai un po’ piano dopo quello e anche se non stavo guardando nessuno dei due, giuro di averli visti conversare solo con i loro occhi. 
“E.. ti ha per caso parlato della conversazione che ho avuto con lui?”
Chiese poi la voce di Zayn e immediatamente la mia mente iniziò ad abbrancarsi tanto che lo fissai dritto negli occhi. Appariva un po’ più nervoso, un tantino preoccupato e un po’ irritato, e chissà per quale motivo, anche un po’ infastidito. 
“Lui.. beh, io l-lui ha detto.. qualcosa,” borbottai.
Zayn grugnì un po’ e si passò una mano nei capelli stranamente scompigliati. 
“Non dirmi che ha fatto lo stronzo,” disse.
“No, no è stato un.. no, è stato.. gentile,” dissi esitante, pensando che forse ‘buono’ sarebbe stata la parola meno indicata.
“È solo- no, non lo so.”
“Ti stai comportando davvero in maniera strana, amico,” disse Zayn con un sorrisetto ironico. “Non puoi semplicemente dirci cosa è successo? Non ti giudicheremo, lo sai.”
Avrei voluto tossire un po’ a quelle parole; avevo limonato con il loro migliore amico etero. Dire che non mi avrebbero giudicato appariva come una scommessa particolare nella posizione in cui mi trovavo.
“Non lo puoi dire se non sai nemmeno cosa è successo,” dissi, la mia voce un po’ sulla difensiva. “E non è- voglio dire, non è qualcosa con cui non posso convivere comunque, si sistemerà tutto.” 
Indirizzarono un paio di occhiate eloquenti l’uno con l’altro ancora una volta e quello mi fece domandare quanto avessero parlato loro di me, Harry e la nostra situazione quando erano soli; se erano riusciti a comunicare riguardo a tutto questo semplicemente guardandosi l’un l’altro, dovevano aver parlato parecchio, giusto? Per qualche strana ragione, il solo pensiero aveva suscitato in me una strana felicità.
“Senti, Louis,” disse alla fine Zayn.  “Liam e io siamo due dei migliori amici di Harry, ma questo non significa che assecondiamo tutto ciò che fa o come tratta le persone. Sappiamo che ogni tanto tende ad essere uno stronzo la maggior parte del tempo e spesso agisce e parla prima di pensare, sono sicuro che causerà maggiori problemi un giorno di questi. Ma comunque, il fatto che siamo suoi amici non significa che non possiamo esserli con te, e solo perché conosciamo Harry da più tempo e siamo più buoni con te che con lui, non significa che andremo subito a dirgli ciò che dici a noi. Credo che parlare con qualcun altro che non faccia parte della tua famiglia o con il ragazzo di cui sei innamorato sia meglio.”
Lo ascoltai con attenzione e forse con un po’ di diffidenza, all’ultima parte del discorso i miei occhi si spalancarono e rimasi a bocca aperta. 
“Io- tu- sono- non è come- non sono- innamorato di lui,” balbettai.
“Beh, ti piace molto però,” disse Liam semplicemente. “Ma d’altra parte-”
“Non mi piace,” lo interruppi mentre sentivo le guance farsi sempre più calde. “È un bravo ragazzo, ma a me non piace, state dicendo solo stronzate.”
“Non capisco per quale motivo ti stia dando tanto fastidio dirlo,” disse Zayn roteando gli occhi. “Solo il modo in cui lo guardi farebbe capire anche a una scimmia cosa provi per lui. Non possiamo biasimarti, sappiamo che può essere un affascinante figlio di puttana quando vuole e i suoi sguardi sono irresistibili, ma-”
“Basta, per favore,” scattai di colpo alzando entrambe le mani.
“Se mi piacesse Harry, e non mi piace, sarebbe solo affar mio, non vostro.”
“Se non ti piacesse, per quale motivo tutta questa questione ti ha fatto andare su di giri?”
Aprii la bocca. E la chiusi. E la aprii. Probabilmente assomigliavo a un pesce fuor d'acqua, ma non riuscì a pensare a nulla di intelligente da dire, quindi continuai ad apri e chiudere la bocca finché il buon senso non scosse i pensieri nella mia testa e tossii un po’. 
“Non è niente,” dissi debolmente.
Liam sospirò e mi rivolse un’ occhiata piena di compassione che mi fece sentire come un bambino di tre anni. 
“Perché non ce lo vuoi dire? Se non lo vuoi fare per te, allora fallo per Harry. Nelle ultime settimane era sempre giù di morale e noi ci siamo chiesti se avesse a che fare qualcosa con te. Quindi per favore se puoi dirci che cosa è successo ti promettiamo che non-”
Lo squillo di un telefono lo interruppe proprio nel bel mezzo del suo discorso e tirai un sospiro di sollievo mentalmente quando Liam prese il suo telefono dalla tasca dei jeans. Diede un attimo un’occhiata allo schermo del telefono, mi guardò per un secondo, per qualche ragione un po’ confuso, prima di rispondere alla chiamata e pronunciare un interrogativo “pronto?”
Non riuscii a capire nessuna delle parole dette dalla persona dall’altro capo del telefono o anche chi potesse essere, ma riuscii a sentire una voce disperata e forse arrabbiata. La mia mente era un po’ occupata con i miei problemi in quel momento e quindi non prestai molta attenzione a qualunque cosa stesse affrontando Liam con il suo interlocutore. Beh, almeno fino a che Liam non iniziò a parlare. 
“Harry, sei- Harry! Calmati, va bene?”
Me e la mia fortuna. Solo me e la mia fortuna. Nient’altro. 
“Scusami ma... cosa?” Liam continuò dopo un paio di secondi, i suoi occhi ora spalancati mentre si voltava verso Zayn, che lo stava fissando con lo stesso sguardo preoccupato sul volto.
“Harry, cosa significa che tu-”
Un maggiore discorso dall’altra parte del telefono.
“Va  bene, va bene, non ti chiedo più niente. E lui sta bene, mi ha chiamato per farsi venire a prendere, è proprio qui con me e Zayn.”
Silenzio.
“Glielo dirò.”
Silenzio.
“Si, okay, va bene.”
Abbassò lentamente il telefono dall’orecchio e lo rimise in tasca di nuovo prima di voltarsi verso di me e guardandomi negli occhi con un’ espressione piatta.
“Quindi vi siete baciati,” disse dopo, la voce neutra esattamente come la sua faccia. “Per davvero.”
Sentii il mio corpo surriscaldarsi e sentii anche le mie guance come se stessero andando a fuoco. Harry aveva detto a Liam che ci eravamo baciati, ciò significava che gli aveva anche detto il modo in cui lo avevamo fatto, il che mi faceva sembrare come un patetico e caritatevole caso. Certamente Harry trovava sempre il modo per umiliarmi, sia quando voleva, sia quando non voleva. Un talento interessante. 
“Si,” fu tutto quello che dissi. 
“Come è successo?” continuò un po’ incredulo.
Ero sicuro che mi sarei dovuto offendere dopo quello e giudicando dal cambiamento di espressione sulla sua faccia, sembrò riuscire a capire le mie emozioni.
“Non in quel senso,” aggiunse subito dopo. “Solo che.. beh Harry non è- o, sai, sospettavamo che lo fosse, ma ha sempre detto che non lo è, quindi non abbiamo-”
Quindi Harry non aveva detto il motivo a Liam? Questo mi lasciò un sentimento di gratitudine, facendomi amare Harry ancora di più di quanto già avessi fatto e sospirai interiormente alla mia stessa fottuta mentalità.
“Non è gay,” lo interruppi con calma. “Mi ha fatto solo un favore o una cosa del genere, non significa nulla.”
Non per lui almeno.
“Un.. favore?” Chiese Zayn lentamente. “Ti ha baciato per un favore? Perché mai avrebbe dovuto farlo?”
“Probabilmente perché si sentiva in colpa,” borbottai. “Ero un po’ turbato per un... motivo e ci siamo baciati... per caso.”
“Ha detto che avete limonato, non baciato,” disse Liam.
Feci spallucce tristemente.
“Comunque sia non significava niente.”
“Non significa nulla per te?” Chiese Liam, un sopracciglio alzato. “Sono sicuro che per lui significhi qualcosa e penso lo stesso anche per te.”
Mi morsi l’interno della mia guancia e abbassai lo sguardo verso il basso.
“Possiamo partire e basta? Sono molto stanco e voglio tornare a casa e dormire.”
Sentii Liam sospirare, ma ciononostante disse “va bene” e un paio di secondi dopo accese di nuovo il motore e voltai il mio sguardo verso il finestrino mentre la macchina si muoveva. Era fin troppo evidente che fossero a conoscenza della mia piccola.. cotta per Harry, quindi sapevo perché mi ostinassi a negarlo. Forse perché volevo un po’ più di rispetto nei miei confronti; non ne ho mai avuto, ma dopo che Harry era entrato a far parte della mia vita, si era rimpicciolito ancora di più. Ammettendo che Harry mi piacesse davvero davvero, avrei dovuto ammettere di essere stato stupido e ingenuo sperando che ci sarebbe potuto essere qualcosa fra noi due, e non avevo voglia di appare stupido e ingenuo, non volevo.
Probabilmente questa scelta di rifiutarmi di dirlo, era stata una mossa intelligente, anche se  la verità era pur sempre dolorosa. 
L’intera andata in macchina la trascorsi in completo silenzio fra i miei pensieri e non uscii da quel torpore finche la macchina non si fermò. Quando alzai lo sguardo e guardai fuori il finestrino, mi resi conto che ci eravamo fermati proprio fuori casa mia e aggrottai le sopracciglia confuso.
“Come sapevate dove abito?” chiesi guardando la nuca di Liam.
“Le pagine gialle,” disse subito dopo voltandosi verso di me. “Abbiamo cercato prima di venirti a prendere.”
“Oh.”
Mi mossi piano e stavo giusto per alzarmi e uscire dalla macchina quando Zayn iniziò a parlare. 
“Dovresti parlare con lui, Louis,” disse con calma. “Nessuno di voi andrà avanti se vi bloccate con questa merda, e si, sto parlando anche per lui. E inoltre, non è buono per il bambino che tu sia sotto stress continuamente.”
“I-io non posso.. parlare con lui,” borbottai. “Tutte queste cose mi faranno andare fuori di testa e i-io non ce la faccio più.”
“E non credi che le cose siano già nella merda così come sono?” Chiese. “Sei completamente innamorato di Harry. Harry potrebbe ricambiare il sentimento. Nessuno dei due fa niente perché tu sei troppo spaventato e troppo testardo. È un amore sprecato.”
Scossi la testa lentamente e mi morsi un po’ il labbro per un momento, prima di rispondere.
“Non prova i miei stessi sentimenti,” dissi.
“Ah, quindi ammetti di provare qualcosa per lui,” disse Zayn con un sorriso trionfante. 
Abbassai lo sguardo e mi avvolsi il petto con le braccia.
“Il punto è che la cosa è.. senza speranza e non voglio essere più il disperato della situaziona d’ora in poi. Tutto quello che voglio è far nascere questo bambino, darlo in adozione e diplomarmi. Questo è tutto ciò che voglio.”
“Questo... e anche Harry,” aggiunse Liam gentilmente.
“Come ho detto, non accadrà mai.”
“Non lo puoi sapere finche non gli parlerai.”
Roteai gli occhi, ma quel gesto mi apparve un tantino incerto.
“Me lo ha detto senza troppi giri di parole che i ragazzi non gli interessano, quindi si, penso di saperlo.”
“Tu non sei un ragazzo qualunque. Tu sei il ragazzo che porta in grembo il suo bambino, sono sicuro che la situazione sarebbe un tantino differente se tu fossi stato semplicemente un ragazzo qualunque.”
“Oh si, è meraviglioso,” ridacchiai, sentendo un sentimento di irritazione crescere dentro di me. “Se non avessi il suo bambino dentro, non avrebbe mai avuto nessun interesse per me, ma siccome lo sono, potrei interessargli, quindi in sostanza tutto ciò che gli interessa è solo il suo bambino, non sono nulla per lui. È così che vanno le cose. Fantastico.”
Gli occhi di Liam di spalancarono e sembrò mezzo scioccato e mezzo preoccupato. 
“Questo è quello che pensi?” Chiese. “Che a Harry importi di te solo per il bambino?”
Non risposi e Liam mi guardò con un’espressione incredula in volto.
“Se pensi questo allora sei pazzo,” disse. “Lui parla tanto di te, non solo del bambino, ma di te, di quanto tu sia incredibilmente altruista, di quanto sia impressionato del vederti portare avanti questa cosa della gravidanza senza nessun aiuto, di quanto trova affascinante il fatto che tu non riesca ad essere veramente arrabbiato con lui, di quanto tu sia adorabile mentre dormi, di-”
“Basta,” dissi, la voce difficilmente udibile. “Solo non- basta- fermati. Non voglio sentire nulla di tutto questo.”
Liam sospirò e si passo una mano fra i capelli corti.
“Voglio solo dire che lui si interessa anche di te e non solo del bambino.”
“Non importa,” dissi per quella che era la centesima volta quella notte. “Appena il bambino sarà fuori da me, Harry e io saremo fuori dalla vita dell'altro e le cose ritorneranno come erano prima. Fine.”
Si guardarono l’un l’altro per un breve secondo e vidi disperazione nei loro occhi.
“Va bene, se è questo quello che vuoi,” disse Zayn con calma dopo un breve momento di silenzio. 
“Lo è,” dissi fermamente, le mie parole in netto contrasto con i miei pensieri.
“Va bene.”
Rimanemmo così per un po’ e dopo un paio di secondi, emisi un sospiro. 
“Devo andare.. adesso,” biascicai. “Grazie per essere venuti e prendermi.”
Senza ricevere nessuna risposta, slacciai le cinture di sicurezza, aprii lo sportello e uscii con un paio di movimento impacciati. Appena richiusi lo sportello, la macchina ripartì lungo la via e rimasi lì a guardare mentre sparivano dalla mia vista. 
La casa era completamente al buio e tranquilla quando ci entrai dentro e mi diedi un cinque mentalmente per aver indossato la giacca dove si trovavano le chiavi di casa; molto probabilmente Owen non era ancora tornato a casa da quella festa e svegliare mamma o Ian non era una cosa che mi invitava molto. Mi affrettai a salire le scale senza fare nessun rumore, nel frattempo facendo qualche smorfia di dolore per la mia schiena indolenzita, le mie ginocchia e le mie caviglie, e quando finalmente entrai in camera, emisi un sospiro di sollievo. 
Mi spogliai velocemente e appoggiai il telefono sul comodino prima di infilarmi la solita maglietta gigante. Troppo stanco per preoccuparmi di indossare un pantalone del pigiama, mi infilai sotto le coperte e picchiettai il bordo della mia lampada, come al solito appoggiai il mio braccio sullo stomaco e per la prima volta mi permisi di pensare a tutto ciò che era successo quel giorno senza nessuna distrazione. Era un casino immenso di emozioni e pensieri, che mi fecero venire mal di testa, e anche se per poco tempo ci provai, mi arresi quasi subito.
“Le cose erano un po’ più semplici,” dissi a nessuno in particolare.
Spinsi un po’ le coperte di lato ed alzai leggermente la maglia così da essere in grado di parlare con la mia pancia scoperta. Mentre emettevo un altro sospiro avvilito, appoggiai la mano proprio sull’ombelico e iniziai ad accarezzarlo con dei piccoli movimenti circolari.
“Tutto si è trasformato in un casino totale,” borbottai stancamente. “Era già abbastanza brutto con Harry e me, ma adesso anche Liam e Zayn sono venuti fuori e hanno iniziato a mettermi stupidi pensieri in testa ed è tutto un.. casino. Rivoglio la mia vecchia vita indietro, lo sai?”
Calcio.
“No, non rivoglio te indietro,” continuai, adesso sorridendo leggermente. “Ma ultimamente mi stai creando un po’ di problemi. Non te stesso di se per se, ma tutto ciò che ha a che fare con te e con il tuo futuro. Non so ancora cosa farci con te, ma dopo tutto quello che è successo con Harry.. non lo so, forse non vuole più tenerti dopo tutto questo casino del bacio.”
Silenzio.
“Sto dicendo ancora un mucchio di stronzate, vero?” Dissi. “Probabilmente si. Dovresti esserti stancato di ascoltare tutti questi problemi un giorno si e uno no, mi dispiace.”
Calcio.
“Si, va bene, sto zitto adesso, ti lascio dormire. Dovrei anche io dormire un po’.”
Senza davvero pensarci, sollevai la mano verso le mia bocca e appoggiai le labbra sulle dita per un paio di secondi prima di abbassare la mano sullo stomaco e posarla con dolcezza su di esso. 
“Buonanotte piccolo,” sussurrai prima di stendere il braccio e spegnare la luce.
“Sogni d’oro.”



HI FELLAS!

Eccomi di nuovo qui con un altro e stravolgente nuovo capitolooooooooooo.
Prima di commentarlo però vorrei fare un’altra cosa, e cioè dirvi che questo capitolo sarebbe potuto essere stato  pubblicato anche venerdì, ma io e Giulia abbiamo deciso di non farlo per via dei due concerti dei ragazzi, quindi ecco svelata la ragione di questo piccolo ritardo.
Parlando del concerto, io non so se fra le ragazze che seguono la storia qualcuno ci sia andato, ma vorrei ringraziarvi lo stesso se ci siete state, perché io non mi sono mai commossa così tanto da un anno a questa parte, cioè dal diciannove maggio; sia voi che loro siete stati fenomenali e che dire di più?! Nulla, solo un grazie da tutte le fan italiane, davvero.
Parlo anche con quelle che non si sono andate, e lo dico perché anche loro dovrebbero essere fiere, sempre e comunque.
Io spero che non ve la siate presa se ho detto queste cose o nel caso vi abbia messo tristezza, perché quelle parole sono uscite dal cuore, va bene?
Io sono una fra quelle che è rimasta a casa, ma sono lo stesso fiera, complimenti.
Detto questo posso anche commentare questo capitolo oppure.. piangere e sbattere tutto fuori dalla finestra?
Dio, io non so voi, ma pur leggendolo per la seconda volta mi sono emozionata e ho tenuto il fiato sospeso a QUELLA SCENA in particolare.
DOPO TANTE RICHIESTE, BESTEMMIE E SINFONIE IN VERNACOLO VARIE, ECCO A VOI L’ATTESISSIMO BACIO.
Il tutto è stato smontato dopo con la fuga di Louis, e subito susseguita una scena che mi ha fatto venir voglia di spaccare tutto, ma come si fa?!
Respiriamo e respiriamo, forza *stringe in mano una pallina anti-stress*
Spero di ricevere tanti bei commenti dopo questa scena, perché.. sento i vostri scleri da qui, sappiatelo u.u
Aggiungo anche un’altra cosa, e cioè che d’ora in poi si entra nel vero epicentro ANGST della storia, vi ho avvisate, ci sarà di tutto e di più (e non l’ho fatto per caricarvi di ansia, solo preparatevi zan zan zaaaaan).
Come al solito vi ringraziamo entrambe per le recensioni e l’assiduità che ponete verso questa storia, è sempre un emozione, ogni santa volta, vi amiamo e amiamo anche l’autrice di questo capolavoro *si inchina*
Aaaah dimenticavo, io e Giulia abbiamo creato una pagina di twitter tutta per la storia, per chiunque voglia parlare, sclerare, chiedere e anche criticare, accettiamo tutto.
Qualche volta metteremo anche qualche piccoli spoiler (frasi o piccoli dialoghi di ogni capitolo che dovrebbe essere pubblicato), quindi non esitate a seguirci e a dire tutto ciò che volete, ribadisco il concetto che per noi è un enorme piacere farlo. 
Un bacio e a presto.

♡ @itbeatsfortwo_ ♡

Ps Il nick truzzo non è colpa nostra, cioè c’era solo quello ç-ç

Ana.

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Capitolo 22
*** Everything was gonna end up being just fine. ***


 ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction inglesi abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 22



Alla fine tutto sarebbe andato per il meglio.
 
Dopo tutto quello che era successo, lunedì un po' mi aspettavo una chiamata da Harry, o forse solo da Liam o Zayn, ma no. L'intero fine settimana passò tranquillamente ad eccezione delle urla disumane di mia madre quando Owen, Sabato pomeriggio, era tornato a casa barcollando dalla porta d'ingresso con le scarpe appese al collo, i capelli rasati da un lato e l'odore di alcool misto a vomito. Era stato messo in punizione per due settimane e aveva passato gran parte delle giornate a lamentarsi con me. Tutto quello che feci fu guardarlo con le sopracciglia alzate, accennare al mio stomaco e dire “stai zitto e apprezza la tua vita così com'è.”
Il mio umore fu cattivo per tutto il fine settimana ed era causato in particolare dal fatto che le montagne russe di emozioni che avevo provato Venerdì sembravano non sparire. Non era tanto il bacio ad avermi dato fastidio - sebbene ci avessi pensato per tanto tempo Domenica sera portandomi alla fine a prendere il vibratore rosa da dove l'avevo nascosto nel cassetto dei calzini ed usarlo per procurarmi un piacevole orgasmo -, ma più che altro tutte le cose che mi avevano detto Liam e Zayn.
“Dovresti parlargli, Louis.”
“Sei completamente innamorato di Harry. Harry potrebbe ricambiare i sentimenti. Nessuno dei due fa niente perché tu sei troppo spaventato e troppo testardo. E' un amore sprecato.”
“E' questo che pensi? Che a Harry importi di te solo per il bambino?”
“Lui parla tanto di te, non solo del bambino, ma di te, di quanto tu sia incredibilmente altruista, di quanto sia impressionato del vederti portare avanti questa cosa della gravidanza senza nessun aiuto, di quanto trova affascinante il fatto che tu non riesca ad essere veramente arrabbiato con lui, di quanto tu sia adorabile mentre dormi.”
C'era qualche possibilità che tutte quelle cose che avevano detto avessero qualche connessione con la realtà? C'era una possibilità, anche se piccola, minuscola, che a Harry... piacessi? Il bacio era stato fantastico, tanto da sembrare reale, tanto da sembrare che a lui stesse piacendo quanto a me.
Il modo in cui le sue mani mi stringevano e le sue labbra si modellavano perfettamente sulle mie... era tutto al cento per cento giusto e perfetto. Ma poi avevo pensato alla sua espressione quando era finito – irritata e pentita – e il mio momentaneo pezzo di speranza era scomparso e mi aveva lasciato ancora più confuso e più triste di prima.
Quando mi alzai Lunedì mattina, ero troppo affaticato, troppo stanco di tutto ed il mio umore era ancora talmente cattivo da non riuscire ad alzarmi dal letto solo per le lezioni di inglese, chimica, matematica e arte. Così rimasi nel letto tutto il giorno, dicendo a mia madre che non mi sentivo bene, e trascorrendo ore e ore a fare niente di produttivo e a fare del mio meglio per non pensare a tutto ciò che avesse a che fare con Harry.
Martedì lo passai nella stessa maniera.
Lo stesso Mercoledì.
E Giovedì.
Fu quando mi svegliai il Lunedì della settimana seguente che realizzai di aver passato un'intera settimana nel letto, indossando il pigiama e non facendo assolutamente niente per far si che la mia vita sembrasse un po' più produttiva di com'era in quel momento. Era stato difficile dormire la notte e mi stavo chiedendo quando cazzo avevo permesso al mio corpo di ridursi così. Non avevo fatto ancora nessun tentativo per migliorare la situazione con Harry, ma considerando che doveva ancora chiamarmi o mandarmi un messaggio, pensai che non era interessato a parlare con me. Non potevo biasimarlo.

Lunedì 28 Marzo
Trentadue settimane


Alle otto e mezza di quel Lunedì mattina, ritornai di nuovo a scuola dopo aver detto a mia madre che non avevo nessuna ragione di stare a casa e che dovevo andarci. Perciò ero seduto durante le due lezioni prima del pranzo, ma le mie palpebre erano pesanti e lo stesso il mio corpo, e facevo fatica a prestare attenzione a qualsiasi cosa stesse cercando di dire Ms. Keller riguardo J.D. Sallinger.
Ogni tanto, non molto prima che la campanella suonasse ed annunciasse l'inizio della pausa pranzo, mi addormentavo sulla sedia, il mento sulla mano e la bocca leggermente aperta. Non ero esattamente addormentato, non veramente, il mio subconscio riusciva a capire cosa stesse succedendo intorno, ma le parole che venivano dette non erano state registrate giustamente. Il mio mezzo-sonnellino non fu molto lungo comunque. Ad un certo punto, sentii qualcuno scuotermi la spalla dolcemente e quando riuscii ad aprire le mie palpebre pesanti, incontrai lo sguardo della mia insegnante a mezzo metro di distanza.
“Louis? Sei sveglio?” Chiese,  sotto gli occhiali le rughe attorno agli occhi preoccupati.
“Si, scusi,” mormorai, raddrizzandomi mentre mi passavo una mano sulla faccia. Mi guardai intorno e notai che se n'erano andati tutti, probabilmente per fare la loro pausa pranzo.
“Sono solo un po' stanco, non succederà di nuovo.”
“Va tutto bene?” Chiese mentre mi alzavo dalla sedia. “Sembri un po' fuori di te in questi ultimi mesi e la settimana scorsa non ci sei stato. C'è qualcosa che non va a casa?”
Avrei voluto dirle di andare all'inferno e che cosa stava succedendo nella mia vita non erano affari suoi. Naturalmente non lo feci. Era abbastanza vecchia e probabilmente le sarebbe venuto in infarto se glielo avessi detto. In aggiunta a tutto ciò che stava succedendo in quel momento, non avevo bisogno di affrontare anche un omicidio indiretto.
“Ho solo molto da fare in questo momento,” dissi, sorridendo nel miglior modo possibile. “Non sto dormendo molto ed altre cose, non c'è  niente di cui preoccuparsi.”
Lei annuii lentamente, ma qualcosa nei suoi occhi mi diceva che non mi credesse.
“So che voi ragazzi avete tante cose da affrontare ai giorni d'oggi; Dio sa che c'è più pressione sui giovani d'oggi rispetto a quando ero giovane io. Ma sai, non c'è niente di male nel voler essere aiutati quando le cose diventano particolarmente pesanti da affrontare da soli. Non c'è niente di sbagliato nemmeno nel voler parlare con qualcuno dei tuoi problemi.”
Gesù Cristo, Cosa stava succedendo in questi giorni che tutti mi consigliavano di parlare con qualcuno? La mia solitudine era davvero così ovvia? Anche ai miei insegnanti?
“Lo so,” dissi con un debole sorriso. “Ma non è niente, davvero.”
Lei annuii di nuovo.
“Molto bene. Ti lascio andare a pranzo allora.”
“Grazie,” dissi prima di rivolgerle un altro sorriso, raccogliere lo zaino da terra e fuggire dalla classe, non vedendo l'ora di allontanarmi da quegli occhi che mi guardavano come se sapessero qualcosa.
Essendo in gravidanza di trentadue settimane, ero fisicamente incapace di camminare o stare alzato per molto tempo, quindi visto che non ero in vena di stare in un posto con molte persone, optai per la caffetteria, sperando che ci fosse un tavolo libero.
Ovviamente non c'era.
Girai l'intera stanza, ricevendo un bel po' di sguardi strani da parte di persone dei quali non conoscevo i nomi e sentii un paio di sussurri come “strano” e “c'è qualcosa che non va in lui”. Feci del mio meglio per ignorarli tutti, ma le mie guance si scaldarono e non importava quanto il caldo mi facesse sentire debole, abbassai la testa e non incontrai gli sguardi di nessuno. Non c'erano tavoli liberi quindi, realizzai dopo essermi guardato intorno per un minuto e tornai indietro a testa alta, sperando che fosse caldo abbastanza da potermi sedere su una panchina del cortile della scuola.
Le porte che conducevano alla caffetteria erano a pochi metri da me quando sentii chiamare il mio nome da qualche parte e mi fermai, guardandomi intorno.
“Alla tua sinistra, Louis,” sentii dire dalla voce di Zayn.
Quando girai la testa nella direzione indicata, le mie interiora fecero un fastidioso salto e non seppi esattamente cosa fare. Zayn, Liam, Niall, Harry e Lauren erano tutti seduti ad un tavolo attaccato ad una delle grandi finestre, e a giudicare dai gesti delle mani di Zayn, voleva che mi avvicinassi.
Stavo per scusarmi e dire che avevo bisogno di fare una cosa, ma Liam aprii bocca nello stesso momento.
“Forza, vieni a sederti, sembri stanco,” disse, sorridendo gentilmente.
Chiusi gli occhi per un breve secondo e pregai silenziosamente Dio che non stessi per commettere il più grande errore da... beh, da quando Harry mi aveva baciato una settimana prima, prima di muovere di nuovo i piedi e raggiungere il tavolo con passi esitanti. Feci in modo di non incontrare né lo sguardo di Harry, né quello di Lauren quando li raggiunsi e mi focalizzai sullo sguardo di Liam, Zayn e Niall.
“Beh, siediti allora,” disse Niall con una piccola risata dopo che furono passati un po' di minuti in silenzio. Fece cenno alla sedia tra lui e Zayn e, dopo un altro secondo di esitazione, feci ciò che mi diceva di fare il mio corpo dolorante e mi sedetti sulla sedia, appoggiando lo zaino sul pavimento.
“Come vanno le cose?” Chiese Liam, guardandomi curiosamente. 
“Con te e con... le altre cose che ti riguardano,” aggiunse.
Sorrisi leggermente a quelle parole, sapendo molto bene a cosa si riferisse con 'le altre cose che ti riguardano'.
“Va tutto bene, sia io che tutto il resto.”
“Continui a non considerare la dieta vedo,” sentii dire da Lauren, la sua voce fredda e maliziosa, come sempre. “Dovresti farlo prima di ammalarti di diabete o altro.”
I muscoli delle mie spalle si tesero e guardai il tavolo, non fidandomi delle espressioni della mia faccia. Nessuno disse nulla per un bel po' di tempo, ma poi Niall si intromise.
“Perchè devi sempre essere così puttana?” Chiese.
“Stavo solo constatando un fatto ovvio,” sentii ridacchiare Lauren. “E' grasso, sono sicura che lo potete vedere tutti come me. Vero Harry?”
Mi irrigidii a quelle parole, aspettando la risposta.
“E' vero,” lo sentii dire alla fine.
Il mio petto bruciava dolorosamente, ma non feci e non dissi niente.
“Porca puttana, questa è una stronzata,” borbottò Zayn.
“Oh, non intrometterti,” Disse Lauren acidamente.
“Tu ti intrometti tutte le volte, quindi perché io non posso? Sei seduta qui, attacchi i miei amici e ti aspetti che io rimanga seduto a lasciartelo fare?”
“A te non è stato quasi rubato il ragazzo da un perdente grasso,” sbottò. “Vieni a riparlarne quando ti sarà successo, d'accordo?”
“Lauren, ti prego,” disse Harry con un piccolo sospiro. “Lascia perdere.”
“Bene, come vuoi.”
Il tavolo divenne di nuovo silenzioso ed io mi sentii sempre più a disagio ogni secondo che passava. L'aria era piena di tensione e giuro di averla sentita penetrare nel mio corpo, facendomi sentire ancora più a disagio. Quando furono passati cinque minuti e nessuno aveva ancora detto una parola, decisi che non ne potevo più e mi alzai di scatto.
“Me ne vado,” dissi rigidamente. “Quindi... si, ciao.”
Sentendomi di troppo, mi allontanai dal tavolo con le spalle tese, le ginocchia e le caviglie doloranti. Non avevo idea di dove stessi andando, ma ero sicuro come l'inferno di non voler stare in qualsiasi luogo in cui quei cinque avrebbero potuto vedermi. Decidendo che la cosa migliore da fare era sedersi fuori nel cortile, mi diressi verso l'uscita più vicina e passai un po' di secondi maledicendo le mie disabilità sociali.
Che Harry fosse arrabbiato con me era ovvio; mi aveva appena chiamato grasso, diretto, senza alcun rimorso, il che per me era una conferma, visto che il suo silenzio la scorsa settimana non mi aveva convinto abbastanza. Era arrabbiato con me e probabilmente non c'era niente che potessi fare. Poi ancora, forse era meglio così. Circa in sei settimane, il bambino sarebbe nato e Harry sarebbe stato fuori dalla mia vita, quindi si, probabilmente era meglio che avessimo smesso ora di fare ciò che stavamo facendo. Potevo andare all'ospedale da solo quando sarebbe arrivato il momento di farlo nascere, lo avrei dato in adozione, non dovendo più pensare di tenerlo, e poi-
“Hey.”
Scattai fuori dal mio treno di pensieri ed alzai lo sguardo. Harry era davanti a me, il mio zaino nelle mani e uno strano sconforto e preoccupazione dipinta sul volto.
Sbattei le palpebre ed esitai un po' prima di rispondere con un silenzioso “ciao”.
“Hai dimenticato lo zaino,” disse.
“Giusto. Grazie per... avermelo riportato.”
“Nessun problema.”
Si fermò per un secondo.
“Ti dispiace se mi siedo?” Chiese poi.
Scrollai le spalle. Sembrava che lui l'avesse preso come un si perché si sedette alla mia sinistra e mi guardò con occhi inespressivi.
“Scusa per Lauren,” disse cauto.
Alzai le sopracciglia.
“Non posso sopportare Lauren, Harry,” dissi. “Non mi interessa cosa pensa di me. A me interessa quello che pensi tu.”
“Scusa anche per quello. Non intendevo-”
Scossi la testa e alzai le mani.
“Lascia stare,” dissi, la mia voce più stizzosa di quanto volessi. Prima di quel momento non avevo realizzato di essere arrabbiato con lui; pensavo di essere solo triste e ferito, ma no. Ero anche arrabbiato e improvvisamente non riuscii a fermare il flusso di parole che stavano uscendo dalla mia bocca.
“Tutte le volte tu fai e dici cose che non avresti voluto, ma in quel caso perché le dici o le fai? Non avresti dovuto essere d'accordo con lei, Harry, potevi dire 'no, non è vero', ma hai scelto di agire come un fottuto zerbino. Forse non te ne sei accorto, ma fa fottutamente male sentirsi offendere più di una volta, e non importa se non intendevi quello che hai detto. Il punto è che nonostante tu sappia che io odi quando mi offendi, anche se lo fai solo in presenza di Lauren, lo continui a fare e questo mi porta a credere che ho sempre avuto ragione; non devo aspettarmi niente da te, non ti importa niente di me, almeno non abbastanza da ricordarti di schierarti dalla mia parte ogni tanto.”
“Anche tu puoi farti valere, sai,” disse, la fronte corrugata in fastidio.
“Ma la maggior parte delle volte non dovrebbe essere necessario, perché dovrei avere sempre te a difendermi. Nonostante non fossi d'accordo con quello che aveva detto lei, tu le dici sempre di esserlo e poi più tardi vieni da me a scusarti, come se andasse bene trattarmi come ti pare finché vieni a scusarti. Ma indovina un po? Non va bene.”
“E se io in realtà fossi davvero d'accordo con tutto quello che dice lei e ti stessi prendendo in giro quando ti vengo a dire che non è vero?” Disse, gli occhi freddi.
La rabbia svanì leggermente a quelle parole e alzai le sopracciglia, confuso.
“Non- non può essere” dissi esitante, cercando prima di tutto di convincere me stesso.
“Oh, non può essere eh?” Disse. “Come fai ad esserne sicuro? Dopotutto, non mi frega niente di te, no? Non mi interessi, quindi posso tranquillamente mentirti tutte le volte, trattarti come cazzo mi pare fregandomene dei tuoi sentimenti. Perchè mi dovrebbe importare?”
I miei occhi si spalancarono a quelle parole e strinsi i pugni in modo da non lasciare uscire suoni imbarazzanti, come patetici piagnucolii o un lamento avvilito. Non sapevo se la mia voce sarebbe rimasta forte se avessi provato a parlare, quindi tenni la bocca chiusa e guardai gli occhi freddi, chiaramente arrabbiati del ragazzo seduto al mio fianco.
“No, non mi importa di te,” continuò. “Ai miei occhi non sei altro che un perdente socialmente paralizzato che ho messo incinto, nonostante fossi uno stronzo omofobico.”
Divenni un po' confuso quando disse l'ultima parte, perché non suonava... giusta, suonava un po' strana.
“Cosa stai-” iniziai, ma lui cominciò a parlare di nuovo prima che io avessi potuto terminare la mia domanda.
“Mi interessa il bambino, solo lui, non mi importa un cazzo di te, dopotutto perché dovrebbe importarmene, giusto? Non c'è ragione per farlo. Voglio dire, anche se siamo usciti insieme ed abbiamo parlato molto in questi giorni, non mi importa di te, solo del bambino. Non c'è bisogno che mi prenda cura di te dopotutto, no? Non appena il bambino sarà nato, non avremo più niente a che fare l'uno con l'altro, giusto?”
Poi la realizzazione delle sue parole mi colpii in pieno e capii a cosa si stesse riferendo.
“Hai parlato con Liam e Zayn,” dissi con un sospiro.
“Si, l'ho fatto,” sputò. “Grazie per aver condiviso con i miei amici questi bei e confortanti pensieri, ma non aver detto niente a me.”
Dire che rimasi sorpreso dalla sua rabbia per questo argomento sarebbe un eufemismo, ma cercai di rimanere il più calmo possibile.
“Non è di certo una cosa che tu non sapessi, no?” dissi. “Noi non rimarremo amici dopo che il bambino sarà nato, è una scommessa del quale sono abbastanza sicuro, e so che l'unica ragione per il quale ti interessa di me è a causa del bambino, quindi-”
“Che il bambino sia la ragione per cui abbiamo iniziato ad uscire insieme non significa che sia la ragione per cui usciamo insieme, coglione!” Mi interruppe urlando, guardandomi intensamente.
“Cazzo, non capisco come fai ad essere così stupido! Mi interessa il bambino, si, ma mi interessi anche tu.”
“No, non è vero!” Gridai, fregandomene del fatto che fossimo in un luogo pubblico dove tutti avrebbero potuto sentirci. “Tu mi vedi come un caso dannatamente penoso, ecco tutto.”
“Non è vero!” Protestò. “Non ti vedo come un caso penoso, tu meno di tutti gli altri! Pensi che io ti abbia baciato perché mi dispiaceva per te?”
“Ovviamente lo hai fatto perché ti dispiaceva! Mi comportavo da bambino che piangeva per niente, e tu di solito sei un bravo ragazzo, quindi è naturale che ti sentissi dispiaciuto per me!”
Si alzò in piedi e guardò verso di me.
“Non ti ho baciato perché mi dispiaceva per te,” disse lentamente stringendo i denti.
E questa fu l'unica spiegazione che ebbi prima che lui si voltasse e andasse via, lasciandomi lì confuso e ancora piuttosto arrabbiato.

Martedì 29 Marzo
Trentadue settimane e un giorno


Quando tornai a casa da scuola il giorno successivo, completamente esaurito dopo essermi trascinato di classe in classe facendo del mio meglio per rimanere sveglio, e sentendomi un po' scorbutico, trovai – con mia piccola sorpresa – mia madre a casa, seduta in salotto a guardare la TV.
“Oh, ciao,” dissi, fermandomi sulla porta quando la notai. “Pensavo fossi a lavoro.”
“Lo ero,” disse, guardandomi con sguardo severo che mi fece sentire un po' inquieto. “Ma poi ho ricevuto una chiamata da Mary.”
“Da Ma- oh. Okay. Giusto. Mary.”
Mi schiaffeggiai internamente, urlando a me stesso per non aver agito in modo più diplomatico il giorno che avevo incontrato la puttana cristiana al supermercato.
“Si, Mary. Mi ha detto che sei stato scortese con lei.”
“Mi ha chiamato grasso e mi ha detto di andare in chiesa. Cosa ti aspettavi? Non ho quasi mai visto quella donna, e ad un certo punto lei arriva e mi dice come vivere la mia vita,” dissi, aprendo le braccia esasperato.
Mamma incrociò le mani in grembo e mi guardò con occhi stretti.
“Okay, questo è vero,” disse dopo una breve pausa. “Ma, Louis, so che ne sei a conoscenza, ma stai davvero mettendo su un sacco di peso ultimamente. Non pensi sia arrivato il momento di fare qualcosa?”
“Non sono affari tuoi, mamma,” dissi brevemente.
“Sono anche affari miei dal momento che sembra come se io non ti dia il giusto nutrimento,” ribatté. “Stai abbassando la reputazione di questa famiglia e non lascerò che questo accada, capito?”
“Si, va bene, grazie per avermi rinfacciato il mio malessere mamma,” sbottai. “E' bello da parte tua.”
“Essere in sovrappeso non è un bene nemmeno per la tua salute,” disse. “Te lo dico una volta per tutte: inizierai a mangiare sano e andrai a correre ogni giorno fino a tornare in forma. Ed inizierai proprio ora, non si discute.”
Andare a correre. Ogni giorno. Assolutamente no. Non solo ero in una forma orribile ed ero in possesso di un corpo terribilmente doloroso che crollerebbe se cercassi di correre per più di cinque metri, ma c'era anche la possibilità che facendolo ogni giorno avrebbe fatto del male al bambino. Dopo l'inferno che avevo attraversato quando credevo che il bambino fosse morto, sapevo che non avrei mai rischiato che accadesse di nuovo qualcosa di simile.
Nemmeno se avrebbe comportato di dire la verità a mia madre.
“No, io... va bene, posso cominciare a mangiare sano,” dissi nervosamente. “Ma non inizierò a correre. O anche solo a fare esercizio fisico.”
Lei aggrottò le sopracciglia, chiaramente irritata.
“Si che lo farai.”
“No, non lo farò.”
“Perché no?”
“Non posso.”
“Non è una buona ragione, Louis. Tu andrai fuori a correre proprio ora, che tu lo voglia o no.”
“Non posso, mamma. Non posso andare a correre.”
“Louis, se ti rifiuti di fare ciò che ti dico, io-”
“Non posso, mamma!” La interruppi gridando. “Non posso davvero, potrebbe essere pericoloso.”
“Pericolo andare a correre? Lo dubito. Ora vai e metti un paio-”
“Non posso andare a correre!”
“Louis! Non ho intenzione di continuare questa conversazione, quindi mettiti addosso i vestiti da ginnastica e-”
“No!”
“Louis!”
“No!”
“Ne ho abbastanza, Louis! Tu andrai-”
“Cazzo, sono incinto!”
Bene. Questo è stato senz'altro il modo più rapido in cui avrei potuto dirlo.
“Se vuoi inventarti una scusa, almeno fanne una credibile, no?” Mi derise lei.
“Non è una scusa,” dissi. “Sono inc-”
“Louis, per l'amor di Dio, puoi smettere di comportarti come un bambino? Ho capito che non vuoi allenarti, ma stare qui e provare a dirmi che sei incinto è decisamente troppo stupido.”
“Porca puttana, mamma!” Urlai. “Non mi è mai dispiaciuto andare a correre o fare esercizio, lo sai. Se davvero fossi stato semplicemente grasso, avrei-”
“Louis! Smettila con questa farsa.”
Strinsi la mascella.
“Mamma, ascoltami,” dissi lentamente, desiderando di non iniziare ad urlare a squarciagola per liberare la frustrazione che si era accumulata dentro il mio corpo. “Ho fatto sesso con un ragazzo nella metà di Agosto, il suo sperma è andato a finire da qualche parte dentro di me, non so perché né in che modo, quindi non chiederlo, ma tra circa sei settimane avrò un bambino, un piccolo maschietto più precisamente. Sono andato dal dottore più di una volta ed il bambino è sano e felice. Si, lo so che sembra incredibile. E no, non posso spiegarti com'è potuto succedere. Fine.”
Era stato molto interessante vedere la sua faccia passare dal suo normale colore al bianco lenzuolo in meno di tre secondi e come i suoi occhi si spalancarono e caddero poi sul mio stomaco. Personalmente, rimasi un po' sorpreso del fatto che non mi... sentissi nervoso; la mia mente non era riempita da pensieri di preoccupazione, il mio stomaco non si stava agitando, non mi stava scorrendo il sangue nelle orecchie. Niente. Mi sentivo completamente normale in realtà.
“Louis,” disse mamma dopo un lungo, lungo silenzio. “Io so per certo che tu non hai genitali femminili, quindi-”
“Come ho detto, non posso spiegartelo,” la interruppi.
“E so per cerco anche che tu non abbia mai fatto... sesso con un ragazzo. Non sei gay.”
Alzai le sopracciglia.
“Si, lo sono.”
Era semplice.
“No, non lo sei,” disse fermamente. “Sei un bellissimo ragazzo e so che molte ragazze lo apprezzano. So anche che ti stavi vedendo con Eleanor un po' di tempo fa e so per certo che voi avevate una relazione sessuale.”
“Prima di tutto, come fai a saperlo? Secondo, non so quando mi siano iniziati a piacere i ragazzi. Però ora lo so e non ho nessuna intenzione nel tornare ad interessarmi delle ragazze. Sono gay. Fattene una ragione.”
C'era qualcosa che era successo quel giorno, o la scorsa settimana, che mi aveva messo uno strano stato d'animo. Uno strano stato d'animo che mi infondeva molto più coraggio di quanto ne avessi mai avuto.
“Tu non sei-”
Okay basta.
“Mamma! Sono gay! Sono incinto! E non voglio mai più avere questa conversazione!”
Con queste forti e immature parole, uscii fuori dal salotto e mi diressi su per le scale fino ad arrivare in camera mia. Solo quando chiusi la porta dietro di me e mi appoggiai contro di essa realizzai ciò che avevo appena fatto. L'avevo detto a mia madre. Le avevo fottutamente detto di essere incinto. Stupido, stupido, stupido! Non era ora il momento giusto per dirle che avevo intenzione di far nascere il bambino; avrei potuto fare uscire la cosa fuori da me, avere già fatto tutte le cose riguardanti l'adozione e tornare a casa, facendo finta che fosse tutto normale. Ma era troppo tardi ormai.
Poi ancora, non sembrava che mi credesse, quindi forse sarebbe andato tutto bene? Forse avrebbe semplicemente preso le mie parole come una ribellione adolescenziale e una fervida immaginazione? Sarebbe stato bello, ma conoscendo mia madre probabilmente non sarebbe successo. Sarebbe andata in fondo a tutta la faccenda. L'unico problema era che lei aveva una mentalità piuttosto chiusa e non avrebbe mai accettato il fatto che io fossi incinto, non importava quante prove avrebbero indicato che era a tutti gli effetti la verità.
E poi c'era anche il fatto che avessi fatto coming out con lei, che le avessi detto di essere gay. Anche se lì per lì si era rifiutata di credermi, avrebbe potuto ripensarci, e quando lo avrebbe fatto... non avevo la minima idea di cosa sarebbe successo.
Il mio cuore era pieno di preoccupazione. Mi avvicinai al letto, mi stesi su un fianco, chiusi gli occhi e presi un respiro profondo. Qualunque cosa sarebbe successa, non poteva essere così terribile, no? La cosa peggiore che sarebbe potuta succedere era che mia madre si sarebbe rifiutata di parlarmi e di guardarmi, ma in ogni caso, non era poi così tanto terribile.
Probabilmente alla fine sarebbe andato tutto bene.
Mi addormentai subito dopo, abbastanza fiducioso della mia teoria. Alla fine tutto sarebbe andato per il meglio, anche se avrei dovuto prendere un paio di decisioni prima di arrivare alla fine.




Occhio a me!

Ok, calma. Si, siamo già qui per la vostra felicità.
Il capitolo era più corto del solito e ci ho messo esattamente tre giorni per tradurlo tutto ed è stato meglio così. Domenica, grazie al cielo, vado al concerto e per un po' di giorni (sia domani che i giorni successivi a Domenica) credo proprio di essere assente, se non fisicamente, almeno psicologicamente. Ho già sperimentato l'anno scorso a Verona, ma quest'anno le pre-emozioni sembrano ancora più amplificate e non capisco perché. Anche se il concerto di Verona avrà per sempre il primo posto nel mio cuore visto che è stata la prima volta che li ho visti dal vivo.
Quindi, ho deciso di tradurlo così in fretta per non farvi aspettare un'eternità dopo perché vi amo veramente tanto.
Per quanto riguarda il capitolo, giuro che mentre traducevo (no, non me lo ricordavo più) ho seriamente voluto baciare Louis con tutta me stessa. Sia per quello che finalmente ha detto a Harold, sia per quello che ha detto alla mamma. Ovviamente alla fine non è soddisfatto di ciò che ha fatto e si possono notare già i sensi di colpa che, puntuali, lo fanno crollare. Ma è stupido. Senza pensarci ha messo praticamente fine a due problemi principali. Harry gli ha praticamente urlato in faccia che quel bacio gliel'ha dato perché lo voleva anche lui e sua madre... beh... no okay, la sua reazione non è stata esattamente delle migliori, ma almeno si è tolto un peso. Tanto alla fine lo avrebbe scoperto in ogni caso.
Bene, so che dopo questo capitolo sarete ancora più curiose di sapere cosa succederà tra i due piccioncini e con la mamma di Louis, ma continuerà ad essere così ad ogni capitolo, fino a che non finità la storia. Quindi preparatevi.
Vi sto amando, o meglio, vi stiamo veramente amando tantissimo. Mi piacerebbe farvi vedere i nostri sfoghi su whatsapp ogni volta che leggiamo le bellissime recensioni che ci lasciate. Siete tantissime e non c'è soddisfazione più bella di questa, anche se ci stiamo limitando solo a tradurre la storia (che meritava veramente di essere conosciuta). E' da un po' che avevo in mente di inviare un messaggio all'autrice facendole vedere quante siete e dicendole che state apprezzando molto il suo lavoro, ma ancora non l'ho fatto. Un giorno di questi lo farò sicuro. Sarà contentissima.
Infine, anche io, come Ana, ci tenevo tanto a fare i complimenti a tutte quelle ragazze che hanno partecipato ai concerti di San Siro. Siete state fenomenali e giuro che mi sono venuti i brividi solo nel vedere le varie foto e ad ascoltare qualche video. Persino mia mamma si è commossa sentendo il telegiornale, pensate un po'. Avete reso sicuramente i ragazzi fieri di noi e sono sicura al cento per cento che alla fine verrà fuori un Dvd pezzesco. 
Detto questo, sia io che Ana vi ringraziamo di cuore, come sempre, e vi mandiamo un bacio grandissimo a tutte quante (anche alle dolcissime ragazze che ci hanno scritto su Twitter :D)
A presto.

Giulia.

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Capitolo 23
*** Why don't you want them to know? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.


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CAPITOLO 23



Perché non vuoi che lo sappiano?


Mercoledì 30 Marzo
Trentadue settimane e due giorni


L’ora di pranzo era troppo rumorosa a scuola. Più o meno questo era l’unico pensiero che avevo in testa mentre camminavo nei corridoi per andare verso il mio armadietto. Il mio zaino pesava all’incirca duecento chili e aggiungeva un ulteriore sforzo alla mia schiena già dolorante, ma stranamente quel giorno ero di buon umore. Mamma non aveva detto nient’altro sulla nostra litigata, nemmeno ieri o questa mattina, ed ero abbastanza contento. Okay, va bene, in realtà non mi aveva parlato per niente, o guardato se è per questo, ma almeno non c’erano state più urla e mi sembrava che non avesse detto niente nemmeno a Ian visto che si era comportato nello stesso modo di sempre durante l’ora di cena l’altra sera. 
Mi rincuorai un bel po’ quando potei togliermi il peso del mio zaino e di tutti i libri che avevo dentro, lasciando solo quello che mi serviva per la lezione dopo pranzo, sociologia. I corridoi erano affollati, ma come al solito, nessuno mi prestò attenzione quando iniziai a camminare di nuovo, procedendo verso la mensa per un pranzo veloce. 
“Ciao”
Disse improvvisamente una voce verso la mia sinistra che mi fece saltare con sorpresa ed emettere un urlo imbarazzante. 
“Scusa, non avevo intenzione di spaventarti,” disse Zayn con un sorrisetto ironico. 
“È tutto apposto,” dissi una volta che il mio cuore riprese a battere normalmente.
Gli lanciai un’occhiata curiosa.
“Che succede?” Chiesi quando passarono un paio di secondi e lui continuava a camminare al mio fianco come se fosse una cosa da tutti i giorni.
“Volevo solo chiedere se va tutto bene,” disse con dolcezza.
“Ho provato a cercarti ieri inoltre, ma sembrava che fossi scomparso dalla faccia della Terra.”
“Oh.. scusa,” fu tutto quello che pensai di dire.
“Nessun problema. Ma comunque, Harry è stato un completo cretino da Lunedì pomeriggio e mi chiedevo se tu avessi qualcosa a che fare con tutto questo.”
“Può darsi,” borbottai. 
“Ma in parte è colpa tua e di Liam,” aggiunsi, rimproverandolo leggermente mentre parlavo. 
Rimase sorpreso.
“Cosa? Come mai è colpa nostra?”
“Gli avete raccontato tutto quello che ho detto sul suo riguardo,” dissi. “tutto questo dopo che Liam mi aveva promesso che non sarebbe andato da Harry a dirgli ogni cosa che vi avevo detto.”
“Oh.. questo è vero, scusa,” disse apparendo un po’ imbarazzato. 
“Ma solo perché abbiamo pensato che fosse nostro dovere farglielo sapere; voglio dire, hai completamente frainteso tutto e abbiamo immaginato che ti avrebbe fatto, sai, capire che lui non prova solo.. compassione.”
“Non ha funzionato molto bene,” dissi stancamente. “Abbiamo iniziato a litigare e tutto è finito con lui che fuggiva.”
Scosse la testa con evidente esasperazione. 
“Siete entrambi due esseri umani completamente anormali, lo sai questo?” Disse. “Nessuno dei due parlerà apertamente l’uno con l’altro senza mentire su cose che vanno affrontate, ed entrambi avete un tempismo orribile e solo.. Gesù, mi sono stancato di vedervi distanti; non credo di voler sapere come sarebbe tipo assistere da vicino.” 
“Noi non siamo due esseri umani completamente anormali,” risposi.
“Solo che.. non comunichiamo molto bene, questo è tutto.”
“Questa è l’affermazione dell’anno,” ridacchiò
"'Non comunicate molto bene’.. si, okay.”
“È vero comunque” dissi sulla difensiva. “Ogni volta che stiamo un po’ insieme va a finire che litighiamo o in una situazione imbarazzante o altro, è come se non potessimo non litigare o essere imbarazzati. Forse c’è qualcosa di sbagliato con i nostri geni.”
“In questo caso, mi dispiace per tuo figlio.”
Sorrisi un po’ a quello.
“Si, il povero ragazzo finirà ad essere un anormale fenomeno da baraccone perché i suoi genitori non la smettono di litigare.”
“Duro inizio di vita.”
“Mm.”
“Il mio punto di vista è che penso che tu ed Harry non smetterete di litigare se non parlerete solo l’uno con l’altro dicendovi ogni cosa che ha bisogno di essere detta. Per esempio, tu hai bisogno di dirgli che provi dei sentimenti per lui prima che arrivi la frustrazione sul fatto che lui non sappia nulla che lui e il ragazzino, ti stia mangiando vivo.” 
“Non voglio dirglielo,” dissi, un po' irritato dal fatto che stessimo ritornando ancora una volta sullo stesso discorso dal quale, a mio parere, ci eravamo passati su una decina di volte.
“Non c’è più bisogno. Lui non li ricambia e renderebbe le cose solo strane.”
“Le cose sono già troppo strane e credo fortemente che un’altra confessione non cambierebbe nulla,” disse seccamente. 
“Non sarebbe una confessione,” dissi. “Lui lo sa già, credo, ma n-non glielo voglio specificare; sa qual è il punto saliente, ma non gliene importa. Questo è tutto quello che ho bisogno di sapere.”
Zayn si fermò improvvisamente, facendoci così guadagnare occhiate sprezzanti dalle persone intorno che stavano quasi per caderci sopra. Li gnorò comunque e preferii invece guardare me con occhi carichi di confusione. 
“Aspetta, cosa intendi con lui lo sa già?” Chiese. 
Avevo il talento di far uscire fuori cose per sbaglio quando non era il caso, vero? 
“È s-solo- no, niente,” balbettai. “Devo pranzare adesso, quindi-”
“No, no, no,” disse, scuotendo la testa con determinazione. “Non puoi dire cose del genere e dopo rifiutarti di specificare, le amicizie non funzionano in questo modo.”
Il mio cuore fece un piccolo salto di gioia quando sentii la parola “amicizia”, ma per non apparire del tutto.. beh, socialmente morto più di quando lo fossi, non commentai.
“È una lunga storia,” dissi dopo un paio di secondi di esitazione. 
“O, non è necessariamente lunga, ma abbastanza.. ridicola, credo. Imbarazzante.”
Mi occhieggiò con aria interrogativa per un momento o due prima di offrirmi un sorriso tenue. 
“Okay, vuoi uscire da qui allora?”
Era così importante?
“Cosa? Perché?”
“Possiamo prendere qualcosa per il pranzo nella caffetteria del cinema e dopo puoi raccontarmi tutta la stravagante storia di cui parli.”
“Ma farò- farò ritardo alle mie prossime lezioni,” dissi, pensando che ci sarebbero voluti più o meno quindici per raggiungere il bar che aveva accennato. “E comunque come ci arriviamo lì?”
“Con la macchina di Liam,” disse semplicemente. “Quindi che dici? Vuoi pranzare con me?”
Ci pensai su un momento, ma velocemente arrivai alla conclusione che se avessi accettato o no l'offerta, in un modo o nell'atro avrebbe scoperto la verità - sembrava che le persone ne fossero capaci in questi giorni. E in ogni caso, ero parecchio affamato e mangiare qualcosa che non provenisse dalla mensa della scuola sembrava parecchio invitante. 
“Si, okay, pranzerò con te,” dissi.
Il suo viso si illuminò.
“Si?”
Annuii, pensando a quanto fosse bello sapere che volesse pranzare con me. Beh, il motivo era perché voleva scoprire cosa fosse successo tra me ed Harry, ma non che mi importasse più di tanto. Potrei anche abituarmi all’intera cosa dell’avere amici.
“Okay, fantastico,” disse “andiamo allora.”
“Cosa? Adesso? Non devi prima cercare Liam per prendere le chiavi della sua macchina?”
“Lo chiamerò mentre usciamo,” disse mentre iniziava di nuovo a camminare. “Ho bisogno di parlare con lui comunque.”
Continuammo a camminare attraverso i corridoi e uscimmo dall’edificio senza urtare troppe persone, comunque notai che Zayn ricevette parecchie occhiate strane, probabilmente dovuto al fatto che stesse camminando con me fra tutti. La macchina di Liam era parcheggiata in un piccolo parcheggio dietro la scuola che veniva usato poco perché era quello più lontano dalla scuola.
“È un po’ paranoico,” rispose Zayn alla domanda che non avevo nemmeno chiesto mentre tirava fuori il suo cellulare dalla tasca.
“Liam, su ladri e cose così,” aggiunse come una spiegazione quando gli rivolsi un’occhiata confusa.
“In realtà ha questa idea che le persone sappiano che noi stiamo insieme, ma invece di attaccarci direttamente, un giorno preferiranno fare qualche danno ai nostri armadietti, alla sua macchina e così via dicendo. Ho cercato di dirgli che è pazzo, ma è come se non capisse.”
Sorrise e scosse la testa affettuosamente prima di appoggiare il cellulare all’orecchio. Non risposi, sorrisi solo di rimando e mi immersi nei miei pensieri. Loro - Zayn and Liam - rischiavano tantissimo con quello che stavano facendo. Essere in una relazione con qualcuno del tuo stesso sesso quando frequentavi ancora il liceo è sempre stato difficile e duro, e nessuno avrebbe il coraggio di fare un passo avanti ed i gay sarebbero stati sempre coraggiosi ai miei occhi. Ma per due ragazzi che faceva entrambi parte di una squadra di calcio e che stavano insieme? Saranno, senza alcun dubbio, presi a calci in culo se qualcuno mai lo scoprisse. 
Se fosse venuto fuori che i due stessero felicemente insieme e impegnati in una relazione per più di un anno, non importerebbe a nessuno se l’intera scuola li vedrebbe come eroi. Sarebbero stati visti come emarginati, cacciati via dalla squadra di calcio, molti dei loro amici avrebbero potuto tagliare la corda e il loro stato sociale avrebbe potuto affondare come un sasso in acqua. Malgrado questo, tuttavia loro avevano deciso di stare insieme. Non avevano pensato alle possibili conseguenze di ciò che stavano facendo, ma sembrava che si preoccupassero più l’uno dell’altro piuttosto di qualsiasi altra cosa delle loro vita sociale. Mi piaceva molto questa cosa. Era dolce, forse un po’ troppo travolgente.
“Sarà qui in un minuto,” disse Zayn portandomi fuori dal treno di pensieri.
Lo guardai stupefatto. 
“Uhm, cosa?”
“Liam, sarà qui fra un minuto con le chiavi,” ripetè sorridendo sarcasticamente “dove hai la testa?”
“Da nessuna parte, stavo solo... pensando,” dissi vagamente.
“Scommetto che lo hai fatto parecchio ultimamente,” disse sporgendosi verso la macchina e guardandomi con fronte corrucciata.
“Più o meno è l’unica cosa che ho fatto negli ultimi cinque mesi,” dissi ridacchiando. “È un po’ difficile non pensare, sai? Oltre a dover affrontare le normali cose come scuola, famiglia e.. provare dei sentimenti per qualcuno che non mi vuole, c’è anche il fatto che sono completamente responsabile di un’altra vita che cresce dentro di me . Quindi si, ho pensato parecchio ultimamente.”
“Comunque è tutto a posto, vero?”
“Considerano tutto quello che è successo ultimamente, sto bene, si,” dissi con un sorriso e un’alzata di spalle. “E quindi anche il bambino. Almeno riesco a dormire la notte, che è già qualcosa.”
Sorrise.
“Credo che sia così, si. Come.. o, beh, scusa se te lo dico, ma sei parecchio.. grosso-”
“Ma non mi dire,” lo interruppi con uno sguardo miserabile verso il mio stomaco, che, anche con un maglione, una felpa e una giacca, era sempre evidente. 
“Si, beh, è normale comunque,” disse in segno di scusa.
“Ma comunque, non è fastidioso essere sempre in giro tra tutte queste lezioni e cose varie?”
“Certo che lo è,” dissi roteando un po’ gli occhi. “Ma non ho poi così tanta scelta, a meno che non voglia essere bocciato.”
La ruga sulla sua fronte divenne ancora più profonda.
“Ho capito, ma le persone incinte di solito non devono stare a riposo quando arrivano a questo punto?”
“Uhm, no, solo se ci sono delle specie di complicazioni,” dissi, ricordandomi qualcosa che avevo letto un paio di settimane fa da un libro che mi aveva comprato Harry. “E nel mio caso tutto è nella norma. Beh, a parte il fatto che sono incinto ovviamente.”
“Immagino, ma.. non credo sia buono per te e per il bambino che tu sia stressato così tanto,” disse, mangiucchiandosi il labbro. 
“Non sono stressato,” dissi con una piccola risata.
“Vivo la mia vita nella maniera in cui dovrei farlo.”
“Non penso che al bambino piaccia come stai vivendo la tua vita,” disse con un piccolo broncio.
“Beh, se non gli piace, può dirmelo con un calcio o può farmi stare male con dolori molto forti,” dissi “fino a quando non mi dirà niente, continuerò a fare sempre quello che ho fatto.”
Sospirò rassegnato, ma dopo annuii.
“Okay, va bene,” disse “ma per favore, se succede qualcosa di brutto, vai dal dottore e chiama qualcuno immediatamente.”
Vidi lo sguardo preoccupato che aveva in volto e allora sorrisi debolmente.
“Sei preoccupato,” affermai. 
“Beh si, certo che lo sono,” disse. “Siamo amici e tu sei incinto e oltretutto chiaramente stressato, quindi certo che sono preoccupato.”
Le mie guance si riscaldarono leggermente dopo quelle parole e stetti per borbottare “grazie” quando sentii dei passi che si stavano avvicinando dietro me, e mi girai intravedendo Liam venire verso noi.”
“Eccoti qui,” disse Zayn prima di superarmi e avvolgere le braccia intorno a Liam, stringendolo in un forte abbraccio.
“Ci hai messo più di un minuto,” lo sentii borbottare nell’incavo del suo collo.
Fortunatamente, si staccarono l’uno dall’altro dopo un paio di secondi, così da evitare di avere la sensazione di essermi intromesso in qualcosa di personale. 
“Stai bene Louis?” chiese Liam, guardandomi con un braccio ancora avvolto intorno al girovita di Zayn.
“Sto bene,” dissi, chiedendomi quante volte mi avessero fatto quella domanda nell’ultimo mese.
Sorrise velocemente prima di rivolgere totalmente l’attenzione di nuovo verso Zayn.
“E tu come stai?” chiese poi, la sua voce un po’ più civettuola di quanto mi aspettassi. 
Zayn gli sorrise e vidi che la sua mano si face strada sul  suo bacino.
“Sto benissimo,” disse “e mi stavo chiedendo se sei ancora a favore per quella cosa di stasera.”
“Stai scherzando? Non aspetto altro da un mese,” disse Liam con un sorriso così tenero che fece contorcere le mie interiora; era davvero come se fossi in qualcosa di personale, anche se ero rimasto fermo lì, senza dire una parola.
“Anche se mi rompessi tutte e due le gambe all’allenamento, lo faremo lo stesso.”
Zayn ridacchiò per davvero a quelle parole - e mi trattenni per non ridere - e sporse la sua guancia un po’ di più così che le sue labbra sfiorassero quelle di Liam.
“Bene,” disse.
“Anche io non vedevo l’ora.”
“Lo so,” sussurrò Liam prima di azzerare le distanze e premere un gentile e profondo bacio sulle frementi labbra di Zayn. Durò solo un paio di secondi, ma notai subito come entrambi i loro corpi sembrarono rilassarsi appena le loro labbra si toccarono e le loro mani si cercarono in qualche modo l’un l’altra intrecciandosi lentamente. 
“Noi dovremmo andare,” sussurrò Zayn quando entrambi si staccarono. “Ma ci vediamo dopo alle sette? Ho un lavoretto da sistemare, quindi oggi non vengo all’allenamento. Diglielo al coach, va bene?”
“Si, certo,” rispose Liam dando un piccolo bacio al naso di Zayn prima di lasciare la presa nella sua mano e fare un passo indietro. Tirò fuori un mazzo di chiavi dalla tasca della giacca e lo diede a Zayn, che le accettò con un gentile inchino.
“Aggiornami se succede qualche cosa, va bene?” aggiunse.
“Certo,” disse Zayn con un ampio sorriso.
“Alla faccia della riservatezza,” borbottai.
“Ci vuole più di un cervello per capire il tuo modo di pensare,” disse Zayn con una noncurante alzata di spalle. 
Decisi di non rispondere e invece offrii un sorriso a Liam prima di dirigermi verso il lato del passeggero della macchina e aspettare che Zayn la aprisse. Gli sentii dire un veloce “ciao, amore” a Liam prima che un piccolo click che mi dicesse che aveva aperto la macchina.
“Quindi, pranzo,” disse una volta seduto dietro il volante e chiusa la porta. “Vuoi andare a quel bar o hai qualcos’altro in mente?”
“Finche hanno del cibo, sono felice,” disse dopo aver allacciato la cintura di sicurezza.
“O in verità, qualcosa di salato o di piccante andrà benissimo. Patatine. O.. tacos forse. Non lo so. Scegli tu.”
“Che ne dici se andiamo da TGI Friday’s e prendiamo un hamburger con contorno di patatine  croccanti e salate allora?” disse mentre azionava la leva del cambio e faceva partire la macchina.
“Si, per favore,” dissi con un gemito interno al solo pensiero di.. salate, piccanti, croccanti patatine...
“Forse dovresti lavorare un po’ su quell' espressione,” ridacchiò. “Cerca di non apparire come se stessi per avere un orgasmo quando ti porteranno le patatine, va bene?”
Stavo per dire che qualsiasi faccia stessi facendo in quel momento, probabilmente non era la mia faccia da orgasmo, ma ci ripensai prima di lasciarmelo fare. Fortunatamente. Il mio viso era ancora rosso e borbottai fuori un imbarazzante “va bene, va bene” in risposta.
L’andata in macchina verso Friday’s fu molto breve e quando entrammo all’interno del ristorante - o qualsiasi altro modo possa essere chiamato - non c’erano molte persone. Ero parecchio grato di ciò come se il fatto del condividere un pasto con Zayn non fosse necessariamente una cosa che volessi far sapere a tutti. Una graziosa cameriera bionda con una faccia dolce e un passo galoppante venne verso di noi per servirci e notai, con leggero divertimento, che stesse apertamente e spudoratamente dando un’occhiata a Zayn.
Lo notò anche Zayn a quanto pare, perché appena ci sedemmo su un salottino vicino alla finestra, e la cameriera prese i nostri ordini e andò via, scoppiò a ridere.
“Non credo emani la sensazione di essere gay allora,” disse. “Buono a sapersi, credo.”
“Credevo che non fossi gay,” dissi alzando le sopracciglia “pensavo fossi gay solo per Liam.”
Fece spallucce.
“Credo di si. Non ho bisogno di immaginare come sarebbe stare con un altro ragazzo che non sia Liam comunque, visto che non ho ancora programmato di farla finita con lui da un momento all’altro. Ma non lo so, forse potre stare con un altro ragazzo. È un po’ difficile da dire in questo momento.”
“Stai ancora decidendo se andare all’università allora?” chiesi, ricordandomi ciò mi avevano detto una volta sul fatto che volessero stare insieme dopo il liceo.
“Si, sicuramente,” disse con un lieve sorriso. “Noi non- o, sai, abbiamo trascorso così tanto tempo insieme furtivamente e roba varia adesso che abbiamo solo voglia di uscire e andare via, così da poter stare insieme come qualsiasi altra coppia senza esseri giudicati e tutte queste cose.”
“Deve essere fastidioso,” meditai. “Da quanto tempo state insieme?”
“Non tengo un vero e proprio conto come Liam,” disse con un sorriso sbilenco “ma circa un anno e tre mesi, credo. Il nostro primo anniversario è stato tre giorni dopo la vigilia di Natale, quindi.. si, circa un anno e tre mesi.”
“Un anno e tre mesi,” dissi. “È davvero tanto tempo trascorso in modo così soppiatto.”
“Beh, noi abbiamo in pratica.. non lo so, cazzeggiato e cose così mezzo anno prima di metterci davvero insieme, quindi è piuttosto come se fosse un anno e nove mesi.”
“Wow, quasi due anni interi a nascondersi allora,” dissi scuotendo leggermente la testa. “È davvero.. impressionante. Sono davvero sorpreso del fatto che non siate ancora stati scoperti da nessuno.”
“Ci siamo avvicinati un paio di volte, credimi,” disse. “Niall ha davvero una brutta abitudine di non bussare mai prima di entrare in una stanza e molte volte abbiamo dovuto inventare un paio di scuse non molto convincenti. Ad esempio per quale motivo, mentre lui entrava in camera, eravamo sdraiati mezzi nudi l’uno sull’altro. È troppo rilassato o pigro per pensare troppo su cosa vede o sente comunque, quindi dubito sospetti qualche cosa. Harry è l’opposto.. lui legge tutto e qualsiasi cosa e anche se ci ha visti quasi una volta, non penso di averlo convinto che non fosse nulla.”
“Si, lui.. lui in verità me ne ha parlato,” dissi muovendomi un po’ sul mio posto.
“Credo di averlo messo fuori pista,” aggiunsi velocemente quando gli occhi di Zayn si spalancarono in modo ridicolo.
“Ma mi ha detto che quando era entrato in camera, tu e Liam stavate praticamente rimbalzando l’uno sull’altro.”
Zayn sospirò e si pizzico la punta del naso.
“Credo che dovremmo iniziare a chiudere le porte, huh?”
“Non è una cattiva idea se non volete essere scoperti, no,” disse seccamente.
Feci una breve pausa, ma dopo iniziai a parlare di nuovo.
“Ma.. se mi permetti di dirlo,” iniziai esitante, guardando la sua reazione. “Non credo che a Harry o Niall importerebbe se faceste coming out. O, non conosco Niall molto bene, ma a Harry starebbe bene, ne sono sicuro.”
La cameriera arrivò con i nostri ordini poco dopo e mise una pausa alla nostra conversazione mentre appoggiava sul tavolo i due bicchieri di Coca che avevamo ordinato, mostrando un ampio - e dal mio punto di vista - ridicolo sorriso, dopodiché si allontanò scuotendo esageratamente i fianchi.
“No decisamente non emani nessuna sensazione di essere gay,” dissi guardandolo dopo con le sopracciglia alzate.
Ridacchiai prima di bere un sorso di Cola e deglutire. Passarono due o tre secondi e poi sospirò.
“Non è che siamo preoccupati sul fatto che loro potrebbero non essere d'accordo con tutto questo,” disse. 
Fui confuso per mezzo secondo prima di capire di  cosa stesse parlando.
“Oh, giusto,” dissi allora. “Allora perché non volete che lo sappiano?”
“La maggior parte delle persone che conosciamo riesce a perdere il controllo molto più semplicemente di noi,” rispose. “Non che lo direbbero a qualcuno per farlo apposta, ma sai.. potrebbero ubriacarsi ad una festa e subito dopo lo potrebbero urlare a chiunque oppure potrebbero parlarne in qualche luogo pubblico e qualcuno potrebbe sentirli per caso. Cose così. E comunque è solo ancora per un paio di mesi. Glielo diremo non appena ci saremo diplomati e tutto.”
“Beh, se può essere da consolazione, Harry mi ha detto già due volte che non gliene importerebbe se voi due steste insieme, quindi se reagisse male, molto probabilmente sarebbe perché glielo avete tenuto nascosto per così tanto tempo, non per l’attuale parte del fidanzamento.”
Sorrise.
“In realtà ci aspettiamo che si arrabbierà molto per questo, ma capiranno una volta che avremo spiegato tutto, ne sono sicuro.”
“Per il vostro bene, spero che sia così.”
“Cosa? pensi che loro non capiranno?”
Feci spallucce, sentendomi indifeso tutto ad un tratto. 
“Non lo so. Se foste state miei migliori amici e mi aveste tenuto una cosa del genere nascosta per così tanto tempo, mi sarei arrabbiato parecchio e sarei rimasto scioccato che non vi foste fidati di me per dirmelo. Ma poi di nuovo, credo che capirei una volta venuto a conoscienza delle ragioni.”
“Spero che lo facciano,” disse con uno sguardo apparentemente preoccupato ai miei occhi.
“Sono sicuro che lo faranno,” dissi cercando di fingere un sorriso di conforto.
“Com’è comunque?” chiesi, cercando di portare i suoi pensieri su qualcosa di più leggero.
Mi rivolse uno sguardo interrogativo.
“Com’è cosa?”
“Tu e Liam, la vostra relazione, avere un ragazzo. Tutto questo.”
“Oh” disse, la sua voce improvvisamente più morbida e un piccolo sorriso che sbucò agli angoli delle sue labbra. “È.. fantastico, praticamente.”
“Aha, così affascinatamente elaborato,” dissi, incapace di evitare un espressione divertita.
Guardò verso il basso per un paio di secondi, apparentemente immerso in pensieri profondi, ma poi alzò lo sguardo e sorrise in modo meraviglioso. 
“È davvero incredibile,” disse, giocando con le sue mani, che riposano sul tavolo. “Tu hai il miglior amico al mondo, ma ti fidi di lui come se fosse un membro della tua famiglia, capisci cosa intendo? Ed è come.. se tu avessi qualcuno che ti scopasse fino a perdere i sensi su un materasso finche non vedi le stelle e non ti senti più le gambe, come un amico-vantaggio o qualcosa del genere, ma allo stesso tempo qualcuno che ti porti a cena, che ti coccoli, che ti baci la fronte e che ti invii stupidi e dolci messaggi nel bel mezzo della notte senza alcuna ragione.” 
Si fermò lì e iniziò a ridere leggermente prima di continuare.
“Suona stupido, ma è davvero.. eccezionale. Avere qualcuno che conosci che ti ama e che si butterebbe difronte ai tuoi occhi sotto ad un autobus per te.”
“Suppongo che tu non voglia che accada comunque,” dissi sarcasticamente.
“Preferibilmente no, ma il punto è che io so che lo farebbe. È bello. Da un... macabro punto di vista.
“Hm, si. Come vi siete messi insieme comunque?” Non credo che nessuno di tutte e due sia sbucato dal nulla e abbia detto ‘hey, mi piaci, vuoi uscire qualche volta?’”
“No, non esattamente,” ci pensò su. 
“Noi.. beh, avevamo questa maratona di film con Harry e Niall durante le vacanze estive appena finito il nostro primo anno. Si era fatto parecchio tardi, tutti avevamo bevuto un paio di birre e Harry e Niall erano già svenuti. Liam e io eravamo tipo seduti insieme sul divano e non so come, ma entrambi ci ritrovammo l’uno sull’altro più o meno e alla fine finimmo per baciarci. Non andò molto oltre a quello, ma senza ombra di dubbio fu imbarazzante per un paio di settimane dopo, prima di avere un buon senso di sederci e di parlarne. Allora ci mettemmo d’accordo che era stato solo un errore da ubriachi e che avremmo dovuto dimenticarcene. Lo odiavo davvero, ma non ero in grado di alzarmi e dirgli che quel bacio mi era davvero piaciuto, quindi lasciai perdere, sai?”
“Qualcosa mi dice che questa non è la fine della storia.” 
“No, abbiamo iniziato a trascorrere più tempo insieme, in realtà non so chi abbia cominciato, ma comunque, di solito eravamo solo noi due, e un giorno è tipo.. successo, credo. Non ci fu nessun dramma o altro, ci baciammo di nuovo e basta, allora abbiamo parlato e abbiamo deciso di fare tutto con calma. E subito dopo Natale stavamo insieme. Non è di certo una storia così interessante come avevi immaginato.”
Sorrisi e feci spallucce.
“Non sempre tutto è così eccitante.” dissi. “È bellissimo anche con cose semplici. Non con troppi drammi e problemi e.. si.”
Il nostro cibo arrivò subito dopo, ma diedi solo un morso al mio hamburger - concentrandomi di non fare nessuna faccia da orgasmo - prima che Zayn parlasse di nuovo.
“Okay, me lo vuoi raccontare adesso? Cosa è successo fra te e Harry?”
Mi fissò con aria impaziente e io ingoiai la patatina che avevo appena messo in bocca prima di sospirare.
“Vuoi che te lo dica adesso?”
“Potrei avere qualche intrattenimento mentre mangio, quindi si grazie.”
Roteai gli occhi.
“Grazie per vedere i miei problemi come un intrattenimento,” dissi.
“Prego. Adesso svuota il sacco.”
E così glielo dissi. Gli raccontai della conversazione fra lui ed Harry che avevo origliato, gli dissi del discorso che avevo affrontato con Harry mentre eravamo a casa mia, di quanto avessi lavorato pur di evitarla, ma che poco dopo era ritornata a galla, di come lui aveva intenzione di baciarmi, ma che quella era solo per avere una risposta se mi piacesse o meno, di come avessi reagito chiudendomi poi in bagno e piangendo, di come avessimo litigato subito dopo finendo di nuovo a baciarci dopo tutto, come se fosse stata una sorta di premio di consolazione per quello che aveva fatto.
Quando finii di raccontare la storia senza fermarmi per oltre quindici minuti, Zayn mi guardava a bocca aperta. 
“Okay, prima di tutto,” iniziò, ancora con la stessa espressione. “Mi dispiace che tu abbia sentito la nostra conversazione.”
Scossi la mano sprezzante; quella non era più la parte che mi facesse preoccupare più di tanto.
“Seconda cosa,” continuò. “Non ci credo che è stato così idiota. Far finta di baciarti pur sapendo che ci fosse una possibilità che ti piacesse? È parecchio insensibile.”
“Questo è quello che pensavo anche io,” dissi, sentendomi un tantino miserabile quando ripensai a quel giorno. “Dopo si è scusato, ma lo fa sempre, sai? Fa le solite stronzate e poi si scusa, aspettando che dopo si sistemi tutto. È frustante.”
“Si, lo so,” disse, massaggiandosi la fronte. “È un’abitudine che ha sempre avuto.”
“Dovrebbe cercare di smetterla.”
“Dovresti dirglielo.”
“L’ho fatto. Lunedì.”
“Cosa? Ci hai parlato Lunedì?”
“Si, mi ha riportato lo zaino che avevo dimenticato in-”
“Oh, si, giusto, te lo dimenticasti sul tavolo in mensa.”
“Si. Quindi abbiamo iniziato a litigare e gli ho detto, o urlato, che doveva smetterla di dire e fare tutte quelle stronzate che apparentemente faceva senza accorgersene. In realtà non so nemmeno se abbia capito, ma alla fine gliel’ho detto.”
Mi fissò per qualche momento come se mi stesse valutando, ma dopo sospirò e si strofinò la mano sul viso.
“Guarda, io non- io non posso dire con sicurezza cosa sta accadendo nella testa di Harry tutto il tempo e ultimamente si è comportato in modo misterioso più del solito. Ma non penso che ti abbia baciato solo perché si sentiva in colpa. Non lo credo per davvero. Harry non va in giro a baciare tutti come una puttana che apre che le gambe e.. so che non mi crederai appena dirò questo, ma onestamente penso che abbia scelto di baciarti perché volesse farlo. Forse non era cosciente con se stesso al cento per cento, ma credo per davvero che ti abbia baciato perché prova i tuoi stessi sentimenti.”
“Tu sei pazzo,” dissi, le guance bollenti. “Se fosse stato così, me lo avrebbe detto quando ha scoperto che provo qualcosa per lui.”
“Non necessariamente. Ha una ragazza e insiste ancora che sia etero, quindi lui-”
“Zayn, per favore,” lo interruppi supplichevole. “Non voglio sentire questo, non ho bisogno di sentirlo, rende le cose solo peggiori. Ti ho detto cosa è successo adesso, quindi possiamo.. lasciar perdere?”
Mi rivolse un piccolo sorriso triste e annuii.
“Si, certo.”
Mangiammo il resto del nostro pranzo in un silenzio confortevole e non appena finimmo, l’orologio segnava quasi le due del pomeriggio e a quel punto decisi che era inutile tornare a scuola.
“Ti dispiacerebbe accompagnarmi a casa?” Chiesi mentre pagavamo il conto e tornavamo alla macchina. 
Mi indirizzò uno sguardo sorpreso. 
“Sicuro, ma non hai nessun’altra lezione?”
“Si, ma sono stanco e il mio corpo è tutto indolenzito,” dissi. “Credo abbia bisogno di sdraiarmi per un paio di ore.”
Il suo stupore si camuffò in preoccupazione.
“Sei sicuro di stare bene?”
“Si, ne sono sicuro.” dissi con un leggero sospiro di esasperazione. 
“È da tanto che non fai una visita dal dottore?”
“No mamma, non è da tanto.”
Sorrise appena.
“Sono serio.”
Arrivammo allora alla macchina e aspettai di rispondere non appena fummo entrambi seduti all’interno del veicolo e Zayn fece partire il motore.
“È da un po’,” ammisi.
“Sarei dovuto andare questo Venerdì, ma.. beh non è stato possibile perché mi sono addormentato, dimenticandomi di mettere la sveglia, e non ho più avuto modo di prefissarne un altro.”
“Fallo allora,” disse mentre usciva dal parcheggio e iniziava a percorrere la strada principale. “Seriamente, prenota un altro appuntamento il più presto possibile.”
“Gesù, sei assillante.” dissi con una piccola risata.
“Voglio solo il meglio per te e per il bambino.”
“Si, lo so. Grazie. Chiamerò il dottore non appena arrivo a casa.”
I suoi occhi erano rivolti sulla strada, ma lo vidi sorridere.
“Bene.”
Trascorremmo il resto di quel breve viaggio in macchina parlando di scuola, finali, progetti per l’università e cose così, e quando arrivammo difronte a casa mia, disse un veloce “stai attento, va bene?” prima di dare una piccola pacca sulla mia spalla.
“Si, certo,” dissi.
“E tu divertiti al tuo.. appuntamento?” aggiunsi, guardandolo curiosamente.
Sorrise in modo gioioso. 
“Si, stiamo andando ad un ristorante a Manchester.”
“Manchester?” chiesi sorpreso. “È tipo un’ora da qui.”
“In pratica zero possibilità di essere scoperti,” disse come una spiegazione. “E i suoi genitori e le sue sorelle sono fuori città inoltre, quindi dopo abbiamo casa tutta per noi.”
“Capito capito,” dissi, sentendo le guance riscaldarsi leggermente.
“Non pensare male, sicuramente finiremo con il vedere un film e addormentarci sul divano.”
Alzai le sopracciglia mentre ghignava.
“Okay, probabilmente no,” disse. “È da un po’ che non stiamo soli insieme, quindi-”
“Va bene, va bene,” lo interruppi, il mio viso sempre più caldo.
“Adesso devo andare, quindi.. si, ciao, buona serata.”
Stava ancora sorridendo malignamente quando uscii dalla macchina e lo vidi iniziare a ridere quando andò via. 
Ero di buon umore e stavo davvero sorridendo a me stesso quando mi avvicinai all’entrata di casa; mi ci stavo abituando a trascorrere un paio di ore con qualcuno che non facesse parte della mia famiglia o Eleanor senza prendermi in giro in un modo o nell’altro, e sembrava che Zayn si fosse divertito. Mi diedi un batti cinque mentale.
Ma dopo essere entrato in casa il mio buon umore scomparve così velocemente come.. beh, come qualcosa che scompare in fretta.
“Ciao mamma,” dissi non appena entrai in cucina dopo essermi tolto scarpe e giacca.
Era seduta al tavolo, leggeva un giornale e non mi guardò nemmeno quando mi sentii parlare, ovviamente non rispondendo al mio saluto, e il mio cuore sprofondò leggermente. Da quando era diventata così fredda con me? Non mi aveva parlato nemmeno ieri o questa mattina e... adesso era pomeriggio ed era ancora arrabbiata con me? Okay, un giorno non era poi così tanto, ma era tanto sentirsi ignorati totalmente tutto il giorno da tua madre. 
“Okay, allora vado,” dissi prima di girarmi e salire in camera. Afferrai il mio zaino da terra affianco alla scala e iniziai a salire lentamente. Della musica proveniva dalla stanza di Owen e invece di andare in camera, mi diressi verso la sua. Bussai un paio un paio di volte, ma la musica non si fermava e non ricevetti nessuna risposta, quindi bussai di nuovo.
E di nuovo. 
E di nuovo.
Quando bussai la sesta volta, la musica si abbassò un po’ e un brusco “cosa?” risuonò dall’altra parte della porta.
“Sono io,” dissi. “Posso entrare?”
“Oh, certo,” gli sentii dire, un po’ più calmo adesso.
Aprii la porta ed entrai, trovando Owen buttato a braccia aperte sul letto.. con una sigaretta accesa in mano, mentre faceva fuoriuscire il fumo dal naso?
“Tu fumi?” chiesi, alzando un sopracciglio mentre chiudevo la porta dietro di me e mi buttavo sulla poltrona affianco alla scrivania. 
“Non per davvero,” disse con un sospiro stanco. “Solo qualche volta quando sono stressato o altro.”
“Puoi essere stressato quando non sono qui allora? Il fumo non fa bene al bambino.”
“Oh, giusto,” disse, mettendosi dritto con un movimento lento e spegnendo la sigaretta in un posacenere sul tavolo al lato del letto.
“Che succede?” mi chiese quando si sdraiò di nuovo. 
“Ho detto tutto alla mamma e adesso mi odia,” dissi schiettamente, immaginando che non ci fosse nessuna ragione per girare intorno alla questione. 
“Aha, quindi è per questo che si comporta come una stronza da ieri.”
Feci spallucce senza speranza.
“Credo. Scusa.”
“Perché glielo hai detto allora? Sai com’è, sapevi che sarebbe finita male,” disse, comunque non sembrando arrabbiato, solo un po’ confuso.
“Non ho avuto molta scelta,” dissi. “Ha insistito che iniziassi a correre, ma ovviamente non posso farlo e non voleva cedere perché beh, è mamma, e sono andato su di giri gridandole che sono incinto. Non è finita così bene, e sa che sono gay inoltre. Non che abbia davvero creduto che fossi incinto. O che fossi gay per qualche ragione, ma comunque adesso è incazzata.”
Roteò gli occhi.
“Uno di questi giorni chiamerà un prete, ne sono sicuro,” disse. “Per cercare di esorcizzarti o qualcosa del genere.”
“Si, grazie per avermelo detto,” dissi facendo una smorfia, pensando comunque che la possibilità che mamma volesse esorcizzarmi non fosse poi così improbabile. 




HI FELLAS!
Eccomi qui con questo ATTESISSIMO capitolo.
Mi scuso immensamente con ognuna di voi per non aver risposto a tutte le recensione del 21° capitolo e per non essere riuscita a pubblicare il capitolo una settimana dopo quello di Giulia.
Lo ammetto, è un periodo orribile; ultimamente sono sempre un po’ giù, ma come sempre cerco di non farlo vedere, odio lamentarmi.
Quindi vi chiedo immensamente perdono, sarò molto più puntuale, ve lo meritate.
Adesso passiamooo alla storia: Louis cucciolo - gli amorevoli Ziam e quella faccia di culo Jay.
Confesso che Jay è il personaggio che più odio nella storia, e capirete anche il motivo molto presto ;)
Detto questo, se c’è qualche Ziam shipper nei paraggi apprezzerà molto questo capitolo, vero? Oh ci credo eccome pft. 
Diciamo che questo capitolo è di passaggio, la storia si evolverà un po’..? *zip*
A prestissimo e scusate ancora. 
Ps @itbeatsfortwo_ non osate a non contattarci su twitter, vi aspettiamo sempre :)
Un bacio 

Ana x.

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Capitolo 24
*** Good night, sleep tight. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 24



Buona notte, dormi bene.

Pensavo che mia madre avrebbe smesso di ignorarmi dopo tre giorni, quattro massimo, ma avevo totalmente sbagliato. Il resto della settimana passò in silenzio, o almeno mia madre era silenziosa; Owen e Ian mi trattavano nello stesso modo di sempre, cosa di cui gliene fui grato. Non che mi aspettassi qualcos’altro da Owen, ma ero un po' preoccupato che mia madre avrebbe potuto dire a Ian quello che le avevo detto, ma attualmente sembrava che avesse tenuto la bocca chiusa.
Come avevo promesso a Zayn, avevo prenotato un nuovo appuntamento con il dottore per Lunedì 4 Aprile ed era stato lì che mi aveva detto che stava andando tutto bene, ma che avrei dovuto stare a casa il più possibile. A causa di tutto il tempo che avevo trascorso a casa durante l'intero anno scolastico, avevo pensato 'beh, vaffanculo' ed ero rimasto a casa più o meno tutti i giorni tranne che per le lezioni di matematica, visto che sapevo di dovermi tenere al passo. La data dell'appuntamento con il dottore segnò anche la mia trentatreesima settimana di gravidanza.  Avrei voluto piangere quando mi aveva fatto salire sulla bilancia ed aveva misurato il mio peso di settantanove chili. Settantanove chili. Ma, come sempre, mi aveva assicurato che fosse del tutto normale e che sia io che il bambino stavamo benissimo. Prenotai un nuovo appuntamento per Lunedì 19 Aprile alle tre in punto e per un breve istante mi chiesi se io e Harry prima o poi avremmo fatto pace. Probabilmente no se le cose sarebbero rimaste come lo erano in quel momento.
Non chiesi nulla al dottore riguardo alla possibilità  di scoprire quale cambiamento aveva subito il mio corpo per essere in grado di tenere il bambino e nemmeno lei lo fece. Nonostante io e Harry litigassimo frequentemente, volevo che lui fosse lì nel momento in cui avrei dovuto fare tutti gli esami, motivo per cui avevo tenuto la bocca chiusa su quella questione in particolare. Ma poi ancora, volevo sapere cosa c'era di sbagliato nel mio corpo – era abbastanza necessario saperlo – e avevo paura che i dottori non avrebbero saputo darmi risposte non appena il bambino fosse nato. Mi erano rimaste solo sei o sette settimane di gravidanza e quando tornai a casa dal dottore quel giorno, considerai di chiamare Harry. Non ci pensai. Tirai fuori il cellulare e digitai il numero tre volte, ma il mio nervosismo ebbe la meglio ogni volta e, alla fine, in pura frustrazione, lanciai il cellulare in un lato della stanza e colpì il muro prima di cadere per terra e rimanere lì.
E poi c'era il problema dell'adozione. Questa era un'altra cosa di cui dovevo parlare ad Harry perché era lui quello a voler disperatamente tenere il bambino. Sapevo molto bene che tenerlo sarebbe stata una pessima idea, l'idea peggiore a dire il vero, ma... Cristo, un bambino quasi totalmente sviluppato era dentro di me! Lui scalciava e si muoveva, gli parlavo tutto il tempo e lui era mio; il mio bambino, mio figlio, non di qualche altra coppia. Era frustrante pensarlo e quando mi venne in mente l'ultima volta che avevo parlato con Harry di questo, aveva detto molto chiaramente di volerlo tenere, cosa che aumentava maggiormente la mia frustrazione perché mi aveva detto che l'unica cosa che mi impediva di compiere la più grande e più importante decisione della mia vita ero... io. Io ero l'unica cosa che mi fermava. Non ero più sicuro al cento per cento che Harry volesse ancora tenere il bambino, ma poi ancora, solo perché al momento lui era arrabbiato con me non voleva dire che avesse smesso di preoccuparsi del bambino, no? Probabilmente no. E la mia famiglia – mamma e Owen almeno – sapevano tutto, anche se mamma non ci credeva, quindi dipendeva solo da me ora. E questo mi spaventava parecchio.

Martedì 5 Aprile
Trentatré settimane e un giorno


Nel martedì della mia trentatreesima settimana, mi costrinsi ad andare a scuola, pensando che stare a casa non mi avrebbe aiutato a risolvere i miei problemi. Il mio stomaco era talmente grande da non esserci più nessun modo per poterlo nascondere bene, così misi semplicemente il solito maglione, misi una sciarpa attorno al collo ed immaginai che nessuno probabilmente avrebbe sospettato del fatto che stessi diventando grasso. Ricevetti molte occhiate strane, ma le ignorai il più possibile guardando ovunque tranne che a quelle persone ed andava tutto bene. Ero di umore piuttosto suscettibile, ma nonostante questo partecipai alle due ore di matematica (Cosa cazzo è sta merda?) alle due ore di storia (A chi cazzo importa della Cristianità diffusa in Europa?), mezz'ora di pranzo (il posto più rumoroso e disgustoso) e due ore di sociologia (perché qualcuno dovrebbe sentire il bisogno di scoprire perché le persone commettono crimini?)
Quando la campanella suonò e annunciò la fine della giornata, ero talmente stanco e scontroso da urtare le persone senza scusarmi come in genere facevo.
Notai Harry e Niall, entrambi con il borsone della palestra sulla spalla, pochi metri lontano da me quando uscii dalla scuola e cercai disperatamente di evitarli ritornando dentro l'edificio e rimanendo nascosto dietro le porte per un paio di minuti fino a quando non fui sicuro che se ne fossero andati. Sembrava che ultimamente il comportamento immaturo stesse diventando parte della mia vita quotidiana, quindi perché smettere?
Non c'era nessuno quando arrivai a casa quel pomeriggio e ne approfittai per svuotare il frigo di tutto ciò che mi sembrasse buono – se una macedonia di tre giorni fa poteva essere chiamata 'buona' – e dopo mi sedetti sul divano in una posizione totalmente inappropriata. Durante il giorno in televisione non c'era niente di bello da urlare 'woho', ma riuscii a trovare un programma abbastanza decente degli anni '90 e lasciai quello, troppo stanco per preoccuparmi di cercare un film in DVD.
Mamma e Ian tornarono a casa due ore dopo, mamma fregandosene della mia presenza come al solito e Ian sorridendo e chiedendomi se avessi passato una lunga giornata.
“Lunga, noiosa, stancante,” risposi con un'alzata di spalle.
“Mi ricordo la scuola superiore come qualcosa del genere, si,” disse ironicamente, guardandomi dalla porta del salotto. Fece una pausa di pochi secondi, avendo chiaramente altri pensieri in testa, prima di parlare di nuovo.
“Sai per caso cosa sta succedendo a tua madre ultimamente?”
Quindi lei non era una puttana solo con me e Owen, ma anche con Ian. Si era guadagnato un punto della mia simpatia.
“Abbiamo avuto un piccolo... litigio lo scorso Martedì,” dissi, sforzandomi di rimanere calmo e controllato. “Non ha niente a che fare con te, sta sfogando la rabbia contro di me anche su di te. Scusa.”
Sospirò.
“Lei sa come tenere il broncio, mh?”
“Probabilmente le passerà prima di Natale, ma non ti prometto niente.”
Lui scosse la testa in evidente esasperazione prima di voltarsi e sparire dalla mia vista.

*

Mercoledì passò nello stesso modo di Martedì e così anche Giovedì. Non ero molto sicuro di come rimediare a tutto ciò che stava succedendo; mamma, Harry, me stesso, il bambino, tutto. Era tutto un grande pasticcio, come sempre, e lo affrontai nello stesso modo della settimana prima: essendo leggermente scontroso e parlando tanto con me stesso e alla mia pancia. Le cose erano semplicemente... normali e irritanti e stupide a dire il vero, questo fino a Venerdì pomeriggio. Fondamentalmente quando tutto diventò ancora peggiore di quanto già non fosse.

Venerdì 8 Aprile
Trentatré settimane e quattro giorni


Ero tornato a casa un paio di ore prima ed erano quasi le sette del pomeriggio quando sentii un forte schianto dal piano di sotto che mi distrasse dal libro che stavo leggendo. Rimasi seduto per pochi secondi, ascoltando se ci fossero altri schianti, ma quando circa mezzo minuto passò in silenzio, alzai le spalle e tornai a leggere.
Il silenzio non durò più di un minuto però, ma sta volta non era il suono di qualcosa di rotto, ma un urlo. Alzai lo sguardo e alzai le sopracciglia. Non riuscivo a capire le parole che stava dicendo, ma sentii la voce di Ian che stava urlando e capii anche che fosse arrabbiato. O forse sarebbe meglio dire 'furioso'.
Un fugace e speranzoso pensiero di 'forse se ne andrà di qui' passò nella mente prima di darmi uno schiaffo mentale. Sentii la voce di mamma rispondere qualche secondo dopo agli urli di Ian, anche lei urlando, ma non così arrabbiata. Era, per quello che ne sapessi, la prima volta che mamma e Ian litigavano per qualcosa ed io non potevo aiutare ma non potevo non sentirmi un po' curioso del motivo della litigata. Conoscendo mamma, probabilmente in un modo o nell'altro era colpa sua.
Considerando che non riuscivo a capire nessuna delle parole che stavano dicendo, molto presto mi annoiai di sentire i loro discorsi e prestai di nuovo la mia attenzione al libro e continuai a leggere. Cercai di fare del mio meglio per ignorare le voce proveniente dal piano inferiore e ci riuscii abbastanza bene. Questo fino a che le parole non diventarono sempre più comprensibili e sempre più forti fino al punto da realizzare che entrambi avessero abbandonato il piano di sotto e fossero ora fuori dalla porta della mia camera. Cosa che mi fece diventare ancora più confuso; perché venire di sopra per litigare? L'unica stanza qui era la mia camera, la camera di Owen e un piccolo bagno, niente che potesse interessare né a Ian né a mamma.
Questo fu l'ultimo pensiero prima che la porta della mia camera venisse aperta e che Ian entrasse, la faccia rossa di rabbia e mamma dietro di lui, per qualche ragione spaventata. Non avevo mai visto Ian arrabbiato prima, avevo sempre pensato che fosse troppo apatico per arrabbiarsi, ma era abbastanza ovvio che fossi in torto. Non che volessi dirlo ad alta voce, ma a dire il vero sembrava terribilmente spaventoso. 
“Cosa sta succedendo?” Chiesi cauto, appoggiando il libro sopra il comodino a fianco del letto prima di guardare l'uomo furioso fermo ai piedi del mio letto, fissandomi.
“Cos'è questa cazzata di essere gay?” Sputò.
Sentii come se il mio intestino scomparisse e lasciasse un orribile vuoto e un' orribile sensazione. Per un bel po' di tempo, mentre non ero in grado di dire o fare nulla, fissai Ian con la bocca aperta come un pesce rosso. Mamma gliel'aveva veramente detto? Per quale ragione avrebbe dovuto dirglielo se nemmeno mi credeva? Spostai lo sguardo verso di lei, ma lei aveva gli occhi fissati da qualche parte dietro il mio orecchio e sembrava non aver alcuna intenzione di guardarmi negli occhi.
“G-gliel'hai detto?” Gracchiai alla fine, guardando intensamente mia madre, costringendola a guardarmi.
“Non cambiare argomento!” Urlò Ian, facendo saltare sia me che mamma.
Sbattei le palpebre un po' di volte prima di spostare lo sguardo sul mio grembo, non riuscendo a guardare a lungo Ian negli occhi.
“C-che io sia gay o no, n-non sono affari tuoi,” mormorai.
“Cazzo, certo che sono affari miei!” Ringhiò. “Pensi che io voglia vivere nella stessa casa di un finocchio?”
La mia testa scattò a queste parole e inghiottii a fatica.
“Beh, m-mi dispiace tu-” iniziai, ma prima che potessi finire la frase, lui continuò.
“Vivere con uno come te mette in cattiva luce tutti noi: me, tua madre e tuo fratello. Come se il fatto che tu abbia le dimensione di una balena non sia abbastanza grave, sei anche gay! Cosa pensi che diranno i vicini quando lo scopriranno, eh?”
“Loro non lo-”
“Cose come queste vengono sempre fuori, che tu lo voglia o no!”
“Beh, questo non ti riguarda e-”
“Certo che mi riguarda! E riguarda tua madre e tuo fratello allo stesso modo!”
Lo guardai, cercando di capire cosa volesse dire tutto questo. Ma la sua espressione non fece trapelare niente, era soltanto arrabbiata e rossa come prima e non mi lasciava capire una dannata cosa di ciò che gli stava passando per la mente.
“C'è... c'è un punto per tutto questo?” Chiesi esitante dopo pochi minuti di silenzio.
La sua mascella si serrò visibilmente e per un breve momento pensai a quanto fosse incredibile il fatto che un uomo che appariva così semplice e noioso potesse somigliare così tanto ad un orso grizzly arrabbiato.
“Si, c'è un punto per tutto questo,” disse, la voce talmente calma da spaventarmi. “Il punto è che è arrivato il momento che tu faccia una valigia e che te ne vada da questa casa.”
Sbattei le palpebre. Una. Due. Tre volte.
Fare la valigia?
Andare via da questa casa?
“S-scusa?” balbettai, il cuore che batteva veloce nella cassa toracica.
“Mi hai sentito,” disse. “Fai la valigia ed esci da questa casa nei prossimi trenta minuti.”
“Non- non penso tu possa sbattermi fuori da casa mia,” dissi, ma la mia voce era insicura e le mie labbra tremavano spaventate.
“Pensaci di nuovo,” sputò. “Questa casa è sia mia che di tua madre, cinquanta e cinquanta, ed io ho detto che te ne devi andare. Quindi vattene.”
“Se è cinquanta e cinquanta, suppongo che anche mamma debba dirmelo,” dissi, sentendomi un po' più sicuro ora. Per nessuna ragione mia madre avrebbe dato ragione ad un uomo conosciuto da meno di un anno cacciando suo figlio da casa. Per nessuna ragione.
“Ne abbiamo già parlato,” disse Ian prima che mamma potesse aprir bocca. “Siamo d'accordo sul fatto che farti andare via è meglio per tutti.”
La mia bocca si aprì leggermente e guardai mamma con gli occhi spalancati.
“M-mamma?” Sussurrai supplichevole. “T-t-tu non- non sei d'accordo con questo, vero?”
La vidi prendere un profondo respiro poi, ancora senza guardarmi, annuì.
“Ascolta Ian, Louis. Fai la valigia e esci da questa casa, senza brontolare. Sarà molto più facile per tutti.”
Giurai che il mio cuore sarebbe potuto uscire fuori dal petto e atterrare da qualche parte sul pavimento per quanto stesse battendo forte. Incapace di guardare ancora mia madre, abbassai lo sguardo e guardai le mie coperte, senza però prestargli realmente attenzione. Ero stato appena cacciato da casa mia da un uomo che un anno fa non sapevo nemmeno chi fosse. Mia madre aveva detto di essere d'accordo, ma per nessuna ragione lo avrebbe mai fatto. Non era di certo felice che io fossi gay, no, ma non mi avrebbe mai cacciato di casa di sua spontanea volontà.
Era tutta colpa di Ian, non avevo dubbi.
Il sangue mi scorreva nelle orecchie e non ero proprio sicuro di cosa provassi oltre allo shock. Ero arrabbiato? Forse. Mi sentivo tradito? Possibile. Ero spaventato? Sicuramente. Nessuno di questi sentimenti aveva senso però, loro erano solo... lì, prendendosi gioco di me, prendendosi il comando, dicendomi che la mia vita era appena diventata tre volte più difficile di quanto già non fosse.
“Okay,” sentii dire da me stesso dopo un lungo, lungo silenzio. “Okay, me ne andrò.”
E con questo mi alzai dal letto, sentendomi come se il mio corpo avesse iniziato una vita tutta sua, e presi il cellulare dal comodino di fianco al letto prima di superare Ian e mamma, fuori dalla mia camera, giù per le scale fino alla porta d'entrata. Mi misi un paio di scarpe e presi una giacca dall'attaccapanni, notando a mala pena mamma e Ian che mi stavano guardando dal corridoio, prima di uscire dalla porta e chiuderla dietro di me.
Non realizzai ciò che era appena successo fino a che non mi ritrovai in mezzo alla strada.
Ero appena stato cacciato da casa mia. Casa mia da almeno diciannove anni ed io ero stato cacciato. Non avevo nessun posto in cui andare, non avevo soldi, non avevo vestiti, non avevo cibo, niente. Ero completamente solo e senza un posto in cui stare. Erano circa le otto di sera, il cielo era scuro e piccole gocce di pioggia stavano cadendo dalle nuvole sopra di me, e sapevo bene di non poter rimanere fuori molto a lungo. Nonostante fosse Aprile, continuava a far freddo e la giacca che avevo indossato non era sicuramente una delle più calde. Inoltre, stavo indossando i pantaloni del pigiama. Se mi fosse venuta l'ipotermia sarebbe stato sicuramente un male per il bambino.
“Cazzo,” sussurrai a me stesso, cominciando a camminare lentamente.
Dovevo trovare un posto in cui stare per la notte e considerando di non aver il portafoglio dietro, non potevo permettermi nessun hotel. Avrei dovuto trovare qualcuno che potesse ospitarmi.
Eleanor sarebbe potuta essere un'opzione se non fosse per il fatto che la sua casa fosse di fianco alla mia – o quella che una volta era la mia casa – quindi non andava bene.
Per quanto non mi piacesse pensarlo, l'unica altra... opzione valida che avevo era di chiamare il ragazzo che nell'ultima settimana avevo evitato come la peste. Smisi di camminare per un minuto, avendo bisogno di pensare bene.
Chiamare Harry.
Chiamare Harry.
Pessima idea.
L'unica opzione.
Inopportuno.
Ancora l'unica opzione.
Possibilità di un duro rifiuto.
Questo non cambiava il fatto che rimanesse l'unica opzione.
Con un pesante grumo di nervosismo e di ansia nella gola, tirai fuori il cellulare dalla tasca ed esitante andai nella lista dei contatti. Mi fermai, il mio dito vicinissimo allo schermo, Quando raggiunsi Harry Styles, stavo per rinunciarci quando ricordai a me stesso – ancora una volta – che chiamare Harry era rimasta l'unica opzione a meno che non volessi passare l'intera notte sulla panchina di un parco. Solo il pensiero mi fece tremare e prima di aver l'opportunità di pentirmi, premetti il tasto verde e mi portai il cellulare all'orecchio.
“Uhm, ciao,” dissi goffamente.
Ciao? Per quale cazzo di motivo mi hai chiamato?
Sembrava irritato, anche un po' arrabbiato, e mi morsi il labbro.
“Ho... ho bisogno di un favore,” mormorai, sfregando i piedi sull'asfalto sotto di me.
Un favore,” ripeté. “Hai bisogno di un favore. Da me. Grandioso.
“Harry, ti prego,” dissi, cercando di deglutire quello stupido grumo nella gola che continuava ad essere presente.
Di cosa cazzo hai bisogno allora?
Presi un respiro profondo e pregai che non avrebbe semplicemente riso di me e riattaccato, prima di rispondere.
“Ho bisogno di un posto dove dormire stanotte.”
Ci fu silenzio per un paio di secondi.
Perché?
Mi feci scappare una piccola risata, nonostante non ci fosse niente di divertente.
“Perché sono stato appena cacciato da casa mia per essere gay.”
Ci fu di nuovo silenzio, questa volta un po' più a lungo. Sentii il suo respiro dall'altro capo della linea, perciò almeno sapevo che non avesse riattaccato.
Okay, bene,” disse alla fine. “Dove sei?
Sospirai di sollievo interiormente.
“Solo cento metri da casa mia.”
Sarò lì tra venti minuti.
“Grazie, davvero.”
Sicuro.
Con questo attaccò e mi lasciò ancora una volta da solo con i miei pensieri. Troppo stanco per stare ancora in piedi, mi sedetti sul pavimento, ignorando la sensazione bagnata e fredda a contatto con il mio sedere. Quando mi sedetti, tutto solo nel bel mezzo della strada di un piccolo quartiere, fu troppo facile perdermi nei miei pensieri e lasciarmi tuffare nella piscina di depressione che era sempre presente nella mia testa. Mi sforzai di pensare a cose più felici e più facili. Come la scuola. Quanto era triste che la mia vita era arrivata ad un punto da trovare la scuola come un aspetto positivo?
Cercai di non cambiare discorso comunque, pensando al compito di storia sul rinascimento che avrei avuto il successivo Martedì. Il rinascimento... la più stupida era di sempre. Fatta eccezione per l'illuminismo ed il vecchio medioevo. Okay, forse non era poi così stupido. Sicuramente c'erano un sacco di persone stupide però. Martin Lutero e la sua stupida riforma, Nicolò Copernico che si rifiutò di credere che i pianteti si muovevano in stupidi cerchi ellittici... persone stupide.
Mentre ero seduto lì a pensare alle stupide persone del Rinascimento, non notai i passi che si stavano rapidamente avvicinando a me. Non fino a quando non vidi, con la coda dell'occhio, qualcuno fermarsi al mio fianco.
“Non hai preso niente,” disse mamma, guardandomi con sguardo triste. Mi tese una borsa, come per mostrarmi qualcosa, per poi metterlo a terra accanto a me.
“Ti ho messo dentro qualche vestito, un paio di scarpe, il tuo portatile, un paio dei tuoi libri, le cose della scuola e il tuo portafoglio.”
Alzai semplicemente lo sguardo per guardarla, senza dire niente, senza nemmeno sbattere le palpebre.
Gli angoli della sua bocca si incurvarono leggermente.
“Mi dispiace tanto per tutto questo, Louis,” disse piano. “Non volevo che si arrivasse a questo.”
“Mi hai cacciato,” dissi, guardandola senza una particolare espressione sul viso. “Ti ho detto di essere gay e incinto e tu mi hai cacciato.”
Notai il modo in cui il suo viso si contrasse alla parola 'incinto', ma non commentò.
“Come ho già detto, mi dispiace,” disse. “Hai un posto in cui stare stanotte? Ti ho messo duecento sterline dentro il portafoglio, ma ne hai bisogno di altre per un hotel?”
“Non voglio niente da te,” dissi non ammettendo repliche, ritornando a guardare l'asfalto. “Grazie per avermi portato le mie cose. Puoi andare ora.”
Lei non disse niente, ma sentii un singhiozzo. Con la coda dell'occhio vidi i suoi piedi spostarsi e poi ci furono un paio di labbra pressate sulla mia testa.
“Ti voglio bene, tesoro,” disse. “Ti prego non odiarmi per questo.”
E poi se ne andò e probabilmente non sentii il mio 'troppo tardi, mamma' mormorato. Girai la testa e la guardai allontanarsi da me, lasciandomi lì da solo. Fu a quel punto che tutto l'accaduto mi colpii in pieno al massimo della forza e prima di rendermene conto, un fiume di lacrime corsero giù per le mie guance e dei singhiozzi soffocati sfuggirono dalle mie labbra.
Mia madre. La mia sola madre. La mia sola madre mi aveva cacciato fuori di casa senza sembrare pentita della decisione; Come aveva potuto farmi questo? Quale genitore farebbe una cosa del genere al proprio figlio? Non avevo ancora finito la scuola, non avevo lavoro e niente con cui mantenermi; lei lo sapeva, e mi aveva chiesto di andarmene di casa... solo perché ero gay. Lei mi aveva cacciato perché volevo un ragazzo invece di una ragazza. Ha deciso di schierarsi con un uomo che conosce da meno di un anno, ha tradito suo figlio, ha tradito me. Quale altro genitore lo farebbe? Lei non mi amava? Era questa la ragione? Che lei amasse Ian più di quanto amasse me? Se le cose stavano così, era solo perché fossi gay o era sempre stato così? C'era qualcosa in me che urlava 'impossibile da amare'?
E fu così che mi trovò Harry dieci minuti più tardi, raffreddato e triste mentre piangevo, per non parlare di depresso, triste e patetico.
“Oh, Lou,” sospirò quando uscì dalla macchina, parcheggiata sul lato della strada per poi camminare fino a dove ero seduto. “Sei un vero impiccio, lo sai vero?”
Alzai lo sguardo verso di lui e cercai di sorridere, probabilmente fallendo.
“Scusa per aver chiamato,” dissi, la mia voce leggermente rauca. “Non sapevo chi altro... contattare, quindi ho pensato... si.”
“Va tutto bene,” disse.
“Vieni, lascia che ti aiuti ad alzarti,” aggiunse e mi tese entrambe le mani.
Faticai un po' prima di riuscire ad alzarmi in piedi, nonostante l'aiuto di Harry, e mi scusai almeno un migliaio di volte nei trenta secondi che mi ci sono voluti per alzarmi.
“Scusami, scusami,” dissi quando riuscii a salire sui suoi piedi tentando di chinarmi e raccogliere la borsa poggiata a terra.
“Perché non lasci che la prenda io la borsa e non vai dentro la macchina?” Disse e con mio grande sollievo, c'era un piccolo sorriso sulle sue labbra.
“Sicuro?”
“E' solo uno zaino, Lou, quindi vai e siediti in macchina prima di farti del male. O farlo a me.”
Le mie guance diventarono leggermente rosse a quelle parole, ma feci quello che mi aveva detto ed andai a sedermi nel sedile del passeggero. Harry mi raggiunse pochi secondi dopo e dopo aver chiuso la porta, si girò leggermente sul sedile e mi guardò indagatore.
“Quindi siamo qui,” disse, alzando leggermente le sopracciglia. “Un po' inaspettato.”
“Si,” dissi. “Suppongo sia stata un po'... una merda a chiamarti ora quando ti ho ignorato per una settimana intera.”
“Un po' una merda, forse.”
“Mi dispiace.”
Mi sentii un po' inadeguato a dire un semplice 'mi dispiace', ma non ero molto sicuro su che altro dire senza sembrare un perfetto idiota.
Lui sospirò.
“Non siamo molto bravi con le semplici conversazioni, vero?” disse. “Finiamo sempre con lo scontrarci l'uno contro l'altro.”
Non potevo non essere d'accordo con questo.
“Si credo.”
Feci una pausa di un secondo prima di continuare.
“Ma... mi dispiace davvero per quello che è successo la settimana scorsa, non avrei dovuto dire quelle cose.”
“E' tutto ok,” disse, sorridendo lievemente. “Credo di avere un po' esagerato.”
“Quindi, è colpa di entrambi?”
“Suppongo di si.”
“E... siamo a posto ora?”
Lui increspò le labbra e annuì.
“Che ne dici se ne parlassimo dopo? Non ho detto a mia madre dove stessi andando, inizierà a chiedersi dove sono se non torniamo a casa presto.”
“Oh, si sicuro,” dissi, facendo un gesto a caso con la mano. “Andiamo.”
Sorrise ancora prima di girarsi sul suo sedile così da essere di fronte al volante, infilare le chiavi nell'accensione e far partire la macchina. Il ritorno verso casa sua passò in un silenzio confortante; io non sentivo il bisogno di parlare e fortunatamente nemmeno Harry. Sentii i suoi occhi su di me ad un certo punto, ma finsi di non notarlo e tenni fermo lo sguardo fuori dal finestrino.
Quando girammo nella via di casa sua, l'orologio segnava le nove e trenta di sera e, per la prima volta, riuscii a sentire quanto fossi stanco ed esausto. Era strano, davvero, quanto le cose erano successe rapidamente, e a dire il vero mi sembrava come se fossero passate almeno ventiquattro ore da quando Ian era piombato in camera mia e mi aveva ordinato di andarmene. Strano.
“Puoi entrare se vuoi, sai?” disse Harry quando aprì la porta d'ingresso di casa e si fermò dentro, guardandomi impalato sul portico.
“Oh, giusto,” dissi e mossi di nuovo i miei piedi. Una volta dentro e dopo aver chiuso la porta dietro di me, mi affrettai a togliere le scarpe e metterle vicino al muro prima di togliermi anche la giacca, appendendole all'attaccapanni libero contro il muro. Harry era fermo lì, vicino al muro mentre mi aspetta con la borsa in una mano e le chiavi della macchina nell'altra.
“Fatto?” chiese.
Annuii e sorrisi, felice.
“Bene. Vieni, ti faccio conoscere mia mamma.”
“Io- cosa?” dissi, il nervosismo a prendere di nuovo il controllo su di me. “Ma s-sto indossando i pantaloni del pigiama ed ho il culo tutto bagnato per essermi seduto sulla strada e-”
“A lei non importa,” mi interruppe. “Perciò vieni.”
Provai a protestare, ma invece di ascoltarmi, mi afferrò il braccio e praticamente mi trascinò per tutta la casa fino al salotto.
“So che dovrei sentirmi grato con te per avermi portato qui ora visto che sono senza una casa,” mormorai. “Ma non mi piaci ora.”
Lui non rispose, ma notai l'accenno di sorriso sul suo viso e per qualche ragione, nel vederlo mi sentii meglio. Entrammo nel salotto qualche secondo dopo e notai immediatamente la donna seduta sul divano mentre indossava un paio di pantaloni della tuta e i suoi capelli marroni raccolti in una crocchia sopra la testa. Se non fossi stato gay, probabilmente l'avrei trovata dannatamente attraente.
“Hey, mamma,” disse Harry mentre mi guidava verso il divano. Si fermò quando entrambi eravamo fermi di fianco al bracciolo.
La donna alzò lo sguardo e sorrise.
“Beh, ciao,” disse.
“Quindi, questo è Louis,” continuò tranquillo.
Le sue sopracciglia si alzarono immediatamente a questo e per un secondo diventai preoccupato, ma poi lei aprì la bocca e la mia preoccupazione ritornò al suo posto.
“Quindi sei il ragazzo che sta avendo mio nipote,” disse educata.
“Piacere di conoscerti,” aggiunse, allungando una mano.
Restai a guardarla per un secondo o due prima di essere in grado di radunare abbastanza attenzione e stringerle la mano.
“Io- uhm, si, ciao,” dissi stupidamente. “Non- Non sapevo tu... lo sapessi.”
“Probabilmente non lo saprei se non avessi visto la foto dell'ecografia sopra la scrivania di Harry l'altro giorno quando stavo lasciando i panni puliti proprio lì sopra,” disse. “E mi sono trovata in una situazione piuttosto imbarazzante quando gliene ho dovuto parlare, lascia che te lo dica.”
“E' stato molto più imbarazzante quando le ho dovuto raccontare tutta la storia,” si intromise Harry, sembrando più calmo del solito.
“Uhm, giusto, si,” dissi, graffiandomi la parte posteriore del collo solo per aver qualcosa da fare con le mani. “S-sono felice di sapere che sei d'accordo con queste... cose,” Continuai.
“Non c'è molto altro da fare, no?” disse, sorridendo leggermente. “Specialmente non da quando Harry mi ha detto che stai prendendo in considerazione di tenere il bambino invece di darlo in adozione.”
“Oh. Giusto.”
“Ti lascio andare ora,” disse. “Ti sto mettendo in imbarazzo.”
“Oh no, non è-”
Lei fece un cenno sprezzante.
“Va tutto bene, puoi dirlo.”
“Okay, bene,” disse Harry, afferrando di nuovo il mio braccio ed iniziando a tirarmi lontano. “Grazie mamma. Oh, e Louis starà qui stanotte.”
“Lo avevo dedotto,” disse lei, ritornando di nuovo con gli occhi sulla tv.
“Quindi, quella era mia madre,” disse Harry mentre iniziammo a camminare nel corridoio che sapevo conducesse alla sua camera.
“Sembra simpatica,” riflettei. “Molto... amichevole.”
“Si, lei è magnifica,” disse. “Anche mio padre più o meno.”
“Dov'è lui?”
“In viaggio di lavoro in Galles.”
“Lontano.”
“Lo so, davvero triste.”
Raggiungemmo la sua camera e lui aprì la porta, tenendola aperta per me e invitandomi ad entrare dentro, cosa che feci prima che lo facesse anche lui e chiudesse la porta.
“Allora, tu puoi dormire nella vecchia camera di Carlos,” disse mentre appoggiava il mio zaino sul pavimento di fianco alla porta. “Di solito la usiamo come camera degli ospiti e comunque il letto è fatto e tutto il resto.”
“Okay, grande,” dissi, cercando di non apparire troppo in disaccordo per il fatto che non avrei dormito nella camera di Harry. Poi ancora, probabilmente era meglio così. Calò il silenzio dopo questo, non un silenzio imbarazzante però, più che altro un po' teso.
“Quindi,” disse Harry camminando verso il suo letto e sedendosi sopra. “Vogliamo riprendere la nostra imbarazzante, ma inevitabile, conversazione ora o lo faremo domani? Sembri un po' stanco ad essere onesto.”
“Possiamo farlo, tanto vale farla finita,” dissi mentre, il più normalmente possibile, lo raggiunsi sul letto.
“Questo è ciò che ha detto lei.”
Sorrisi a quelle parole, ma non dissi niente.
“Okay,” disse, guardandomi con i suoi occhi caldi e gentili. 
“Riguardo a quella... cosa della scorsa settimana,” continuò. “Hai capito che tutte quelle cose per cui mi hai accusato non sono vere, no?”
“Quale parte in particolare?” Chiesi, pensando di averlo accusato di tante cose.
“La parte riguardo il fatto che mi importi solo del bambino e che ti abbia baciato solo perché mi dispiaceva per te.”
“Giusto, quella parte,” mormorai, guardando in basso. “Suppongo fossi solo un po'... confuso? Arrabbiato? Un po' ferito? Non lo so.”
“L'avevo capito,” disse velocemente. “L'avevo fatto, davvero, ma non è vero okay? Mi importa di te tanto quanto del bambino e non ti ho baciato per pietà. Ho bisogno che tu mi creda.”
Annuii.
“Va bene,” dissi. “Ti credo, penso. E' solo che... il modo in cui- in cui mi hai guardato dopo.. il bacio, non  è stato... bello, non è stato carino.”
“Come ti ho guardato?” Chiese, accigliandosi in confusione.
Sorrisi debolmente.
“Sembravi... irritato e arrabbiato e davvero, davvero schifato.”
Il suo cipiglio diventò più profondo a quelle parole.
“Mi dispiace,” disse. “Non me ne ero reso conto, e posso assicurarti che non avevo intenzione di farlo.”
Lo aveva fatto di nuovo. Non avevo intenzione di farlo, non volevo dirlo. Questa volta scelsi di non commentare però.
“Si, okay,” dissi solo.
“Siamo a posto con questo piccolo problema ora?”
Annuii.
“Si.”
Sorrise, sembrando felice.
“Bene. E... ricorda che a me importa di te,” disse, appoggiando una mano calda sopra il mio ginocchio. “Mi importa tanto di te.”
“Si, anche a me,” dissi senza pensarci. Le mie guance si arrossarono non appena mi resi conto di ciò che avevo detto, ma lui sembrò non accorgersene.
Sorrise per un secondo prima di appoggiare le braccia dietro di lui per alzarsi dal letto.
“Probabilmente dovremmo parlare un po' di più di questo, ma tu sei stanco, quindi penso sia ora di andare a letto.”
Il pensiero di un comodo letto e un paio di pantaloni del pigiama puliti erano più che benvenuti perciò mi alzai dal letto.
“Vado,” dissi.
Mi offrì un altro sorriso prima di avvicinarsi alla porta, prendere il mio zaino e scomparire dietro la porta. Lo seguii a ruota mentre camminava di pochi metri lontano da me lungo il corridoio e poi si fermò, aprì una porta ed entrò in una camera molto simile alla sua.
“Penso che dovresti sentirti a tuo agio qui,” disse indicando la stanza. “Il letto è uguale al mio, così almeno sono sicuro che ti piaccia.”
Ridacchiai.
“Non lo dubito.”
“Hm. Beh, io esco, ti lascio dormire e il resto,” disse e mise il mio zaino su una scrivania posta accanto al letto. “Se hai bisogno di me, sono nella mia stanza.”
Annuii, chiedendomi quanto gli sarei sembrato infantile e appiccicoso se gli avessi chiesto di coccolarmi un po'. Probabilmente molto più infantile e appiccicoso di quanto dovrebbe essere un diciottenne.
“Buona notte, dormi bene,” disse sorridendo dolcemente prima di dirigersi verso la porta e chiuderla con calma.



Occhio a me!

Eccoci qui, al ventiquattresimo capitolo.
Wow, ventiquattro sono tanti eh? Mi fa strano pensare che ne mancano ancora diciotto prima che la storia finisca. In confronto ai ventiquattro già tradotti mi sembrano pochissimi.
Okay, non potete immaginare quanto mi sia piaciuto tradurre questo capitolo. Si, forse non è uno dei più felici della storia, ma se da una parte Louis viene cacciato di casa dalla persona che dovrebbe amare i suoi figli più di qualsiasi altra persona al mondo, dall'altro abbiamo un Harry dolce che tira fuori la parte migliore di sé. Non so voi, ma mi sono sciolta nel momento in cui ha detto a Louis di tenerci tanto a lui. Non parliamo poi di quando Louis gli ha risposto.
Aaaaaaah ragazze ma quanto sono perfetti insieme? Più ci penso più me lo chiedo.
Poi ultimamente per una serie di eventi (si, anche il tweet di Harry) sto riaquistando quasi totalemente la sicurezza del rapporto speciale tra i veri Harry e Louis. Non so cosa stia succedendo ora tra i due, ma sono sempre più che sicura che almeno in passato qualcosa più di un'amicizia ci sia stata. Non mi sarei montata la testa in questo modo se non fosse così. Io spero solo che siano felici e che, alla fine, si saprà tutta la verità. In questo momento mi dispiace un sacco per quello che è accaduto a Louis con i Doncaster Rovers, ci tiente davvero tanto ed è come se avessero strappato un giocattolo dalle mani del bambino cinque secondi dopo averglielo dato. Potevano evitare almeno di dargli la speranza.
Okay, mi sto perdendo in argomenti che non c'entrano niente con la storia ma a cui ho pensato tanto negli ultimi giorni e di cui magari non ve ne frega nulla. Scusatemi.
Allora siete contente dell'aggiornamento anticipato? Ci dispiace tanto per il ritardo dello scorso capitolo, ma tradurre richiede parecchio tempo e non è così tanto facile come sembra. Soprattutto quando si hanno altri tremila problemi da affrontare. Quiindi scusate se ogni tanto faremo qualche giorno di ritardo, ma ricordate che ce la mettiamo tutta e che non ce ne andremo fino alla fine. Ci avrete tra i piedi fino al quarantaduesimo capitolo e, chissà, magari anche dopo con una nuova traduzione.
Sia io che Ana ci teniamo a ringraziare voi, ognuno di voi che continua a leggere questa storia e che continua ad apprezzarla. Significa tanto per noi. Significano tanto le recensioni, significano tanto tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate. Siete più di mille a seguire questa storia e siete stupendi.
Ah e poi vogliamo aggiungere un enorme grazie a tutte quelle ragazze che ci hanno scritto su Twitter, siete tutte dolcissime e perfette e non abbiamo più parole (Ok, no, stasera di parole ne ho avute e faccio un applauso virtuale a tutte quelle che sono arrivate a leggere fino a qui perché lo so di essere una palla delle volte).
MI DISPIACE, mi dispiace tantissimo di non aver risposto alle recensioni del ventiduesimo capitolo, ma siete tantissime e ultimamente ho avuto un sacco da fare e ho cercato di non trascurare la traduzione, trascurando però le vostre stupende recensioni. Sappiate che le ho (le abbiamo) lette tutte e venti con il cuore in mano. Vi amo. Prometto di rispondere a tutte quelle di questo capitolo.
Vorrei aggiungere una cosa che non ha niente a che fare con la storia, ma che ci tengo tanto a dire: devo tantissimo a questa storia, perché oltre ad essere una delle più belle che io abbia mai letto, mi ha dato l'opportunità di conoscere Ana. E' una delle persone più belle che io abbia mai avuto la fortuna di conoscere, c'è sempre per me e l'ho conosciuta proprio nel momento giusto. Penso che lei non si renda nemmeno conto di quanto le voglia bene e di quanto sia speciale, perciò ci tenevo a ricordarglielo una volta per tutte. Grazie per sopportarmi tutti i giorni <3
Basta, sto scrivendo troppo ragazze, fermatemi o scriverò più qui che nella traduzione AHAHAHAHA.
Twitter → @Itbeatsfortwo_ 
I really love you all guys.
See ya soon.

Giulia.

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Capitolo 25
*** I realised what he'd just said and my eyes widened. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
____________________
 
Capitolo 25



Mi resi conto di cosa aveva appena detto e io miei occhi di spalancarono.

Stare a casa di Harry si era dimostrato sorprendentemente facile e rilassante. I suoi genitori non facevano nessuna domanda, nemmeno quando passarono un paio di giorni, ma ero sicuro che Harry tenesse al corrente tutti considerando che più di una volta avevo ricevuto occhiate piene di comprensione da parte di sua madre e di suo padre che continuavano a dire “rimani qui fino a quando ne avrai bisogno”. Ero eternamente grato verso i confronti di entrambi e cercai di farglielo capire, ma quando passarono quattro giorni e non avevo ancora nessuna idea di cosa avrei fatto più più avanti, iniziai a sentirmi un po’ in colpa. Rimanere in una casa in cui tecnicamente non avrei dovuto esserci  senza essere nemmeno in grado di dare una mano a causa del fatto che fossi per metà disabile, mi fece sentire più che altro come un parassita. 

Mercoledì 13 Aprile
Trentaquattro settimane e due giorni


Una mattina ci trovavamo in cucina, mentre preparavamo una colazione veloce da mangiare prima di dover andare a scuola. Harry era attualmente impegnato a dare un’occhiata nel frigo, evidentemente in cerca di qualcosa da bere che non fosse latte, visto il lagnoso mormorio di “latte ovunque” che continuava a dire, ed io lo guardai dal ripiano da dove mi trovavo, mentre preparavo un paio di panini da portare a pranzo.
“Ehi, Harry?” dissi con esitazione.
“Hm?” rispose distrattamente, con ancora la testa nel frigo.
“È.. sei- voglio dire, è tutto a posto se sto qui?” chiesi mordendomi leggermente il labbro.
Si tirò su all’istante e mi guardò, la fronte corrucciata.
“Perché me lo chiedi?”
Feci spallucce.
“Non lo so, è solo che.. sai, occupo uno spazio in più, mangio il tuo cibo, non faccio niente per cercare di aiutare in qualcosa e credo che questo sia un po’ ingiusto.”
“Sei qui solo da quattro giorni,” disse apparentemente divertito. “E poi sei poco costoso, non preoccuparti.”
“Per ora,” dissi. “Dovrei cercare di dare una mano in giro, specialmente dal momento che non ho idea di quanto dovrò rimanere qui finché non sarò in grado di trasferirmi in un altro posto per vivere.”
Sorrise un po’ prima di chiudere lo sportello del frigo, venendo verso me e appoggiando entrambe le mani sulle mie spalle.
“Prima di tutto, sei quasi all’ottavo mese di gravidanza e preferirei se non facessi nulla che non sia strettamente necessario,” disse. “Quindi non ti permetterò di fare faccende domestiche o qualsiasi altra cosa ti venga in mente quando dici ‘dovrei fare almeno qualche cosa’.”
Dovevo ammettere che fare faccende domestiche suonava tutt’altro che invitante considerando che solo camminare era stancante e abbastanza noioso.
“Sei sicuro?” dissi tuttavia. “Potrei almeno aiutare con-”
“No, Lou,” mi interruppe in tono cantilenante, scuotendo la testa. “Devi solo rimanere seduto sul tuo dolce, piccolo culo finché il bambino non sarà nato così da non finire di far del male a lui o a te stesso. Inoltre la mamma ha detto così.”
“Cosa? Tua mamma ha detto che dovrei rimanere seduto sul mio dolce, piccolo culo?”
Sorrise sarcasticamente.
“No, ma mi ha detto che ti vede stanco e che quando le persone incinte appaiono stanche, dovrebbero riposarsi.” 
“Aha, quindi hai parlato di me con tua madre allora,” dissi, alzando le sopracciglia in modo allettante.
“Si, beh, dovevo consultarmi con qualcuno,” disse semplicemente. “E chi meglio di chi è rimasta incinta per due volte?”
“Bene, afferrato il concetto,” dissi.
Feci una pausa per un secondo e dopo emisi un sospiro.
“Guarda, sei stato fantastico e i tuoi genitori sono stati stupendi, ma onestamente non ho nessuna idea di quando sarò in grado di andare in un posto tutto mio. Potrebbero volerci settimane da adesso e non mi sembra giusto approfittarmi di voi e dell’ospitalità dei tuoi genitori per tutto questo tempo.” 
Harry sospirò e fece scendere le mani dalle mie spalle fino al mio stomaco, appoggiandole semplicemente lì. 
“Louis, ascoltami,” disse. “Sei incinto del mio bambino e voglio che entrambi siate al sicuro, va bene? E farti vivere nella mia stessa casa mi garantisce sicurezza, perché se accadesse qualcosa, sarei a meno di venti metri e siccome i miei genitori sapranno cosa sta succedendo, saranno lì ad aiutarti. Mi piacerebbe se rimanessi qui finché il bambino non sarà nato e preferirei che rimanessi anche qualche settimana dopo, se decideremo di tenerlo o no.”
Deglutii, il mio stomaco si attorcigliò a disagio alle ultime parole, ma quando mi guardò con quei suoi caldi, premurosi occhi e visto che le sue mani erano appoggiate in modo protettivo sulla mia pancia, in cuor mio non ebbi il coraggio di dirgli che ogni giorno ero sempre più propenso a dare in adozione il bambino.
“Sei sicuro?” dissi semplicemente. “Perché, sai, ci vorranno quasi due mesi prima che nasca e.. beh, due mesi sono tanto tempo per vivere in una casa in cui non dovresti.”
“Va tutto bene,” disse lentamente, mentre cercava di forzarsi di farmelo credere. “Ho parlato con i miei genitori e per loro va bene; papà ha detto che la nostra casa è rimasta vuota per troppo tempo da quando Carlos e Helen sono andati via comunque. In più, sai, è abbastanza eccitato per l’intera faccenda dell’avere un nipotino. Anche mamma lo è.”
“Davvero?” chiesi, leggermente sorpreso per questo. “Sono eccitati che il loro figlio abbia messo incinto un altro ragazzo da ubriaco ad una festa?”
Ridacchiò.
“Loro non sanno della festa, gli ho solo detto che sei un amico di Liam e che ci siamo incontrati a una partita e bla bla bla.” 
“E.. per loro questo va bene?” chiesi, sentendomi in qualche modo confuso. “Che il loro figlio etero abbia messo incinto un ragazzo?”
“Si, beh, come è stato affermato in precedenza, sono abbastanza tolleranti,” disse con un’alzata di spalle e un sorriso. “Non hanno chiesto niente, lo hanno solo... accettato per quello che è, suppongo.”
“Fa molto male sapere che i miei genitori non la vedano in questo modo,” dissi con una risata priva di umorismo. “Cioè, mia mamma e il suo ragazzo intendo.”
Il suo sorriso vacillo e fu subito sostituito da un espressione accigliata.
“Come fai a resistere tenendo in considerazione tutto questo comunque? Non te l’ho mai chiesto in realtà.”
“Mi sta.. bene,” dissi vagamente. “Considerando le circostanze almeno.”
“Ma..?”
“Nessun ‘ma’, dissi. “È solo un po’ dura quando tua mamma sceglie un ragazzo che conosce da meno di un anno al tuo posto, capisci?”
“Mi dispiace dirtelo ma come modello genitoriale è fottutamente orribile,” si lamentò. “I genitori dovrebbero mettere al primo posto i figli prima di ogni altra cosa, indipendentemente.. da ciò che si crede.”
“Sarai un bravo genitore,” dissi, sorridendo leggermente.
Sorrise luminosamente e dopo volse il suo sguardo verso il basso, guardando il mio stomaco.
“Forse lo sarò molto presto,” disse. “Cosa ne pensi, piccolo? Sarò un bravo genitore per te?”
“Tutto questo non è dolce?” disse una voce femminile prima che avessi il tempo di pensare a qualcosa per rispondere.
Ci voltammo entrambi e vidi la mamma di Harry ferma sulla soglia della porta che ci guardava con un sorriso.
“Non dovreste essere pronti per andare a scuola?” aggiunse curiosamente.
“Lo eravamo, ma dopo Louis ha iniziato ad andare fuori di testa sull’essere inutile,” disse Harry, ancora con le sue mani avvolte intorno al mio stomaco.
Stavo iniziando a chiedermi se nascondesse qualcosa ai suoi genitori; da quello che avevo visto negli ultimi giorni, non sembrava così. Per esempio, sabato a cena, aveva iniziato a farneticare su alcuni suoi pensieri riguardo Liam e Zayn e su come ultimamente si fossero comportati in modo strano e su quanto fosse certo che tra loro due ci fosse qualche cosa che ancora non gli avessero detto. Io optai di rimanere fuori da quella conversazione in particolare, trovando poco piacevole il fatto di mentire in maniera così spontanea a persone che mi stavano facendo rimanere con loro senza impicciarmi.
“Forse dovreste andare adesso,” disse mentre andava verso la macchina del caffè e iniziò a premere un paio di pulsanti, facendola accendere. “Le vostre lezioni iniziano fra dieci minuti.”
“Giusto, giusto,” disse Harry, e con un po’ di delusione, si allontanò da me.
Non appena impacchettammo i nostri panini e messi dentro i nostri zaini, ci infilammo le scarpe e i giubbotti e uscimmo di corsa dalla porta. O almeno, Harry correva mentre io camminavo il più velocemente possibile, cercando di mantenere il passo con lui sulla strada fin dove la macchina era parcheggiata. Inutile dire che fallii miseramente.
“Faremo tardi,” disse a metà strada da scuola. “Sono già le otto meno due minuti.”
“Hm iniziare lunghe conversazioni prima di andare a scuola non è stata una buona idea,” dissi, subito seguito da uno sbadiglio.
“Stanco?” chiese.
“Si,” dissi, sospirando un po’. “Ho trascorso metà nottata cercando di calmare tuo figlio. Giuro, ha ereditato i tuoi calci.”
“Per il tuo bene, spero che non calci così forte come io calcio i palloni,” disse seccamente.
“Non penso che i muscoli delle sue gambe siano così allenati, quindi no.” 
“Un giorno potrebbero esserlo.”
“Sperando che smetta di prendere a calci me allora.”
“Beh, non gli insegnerò a prendere a calci le persone,” ridacchiò Harry. “Palloni sicuro; persone no.”
“Prendere a calci persone potrebbe ritornare utile però,” ponderai. “Sai, se vuole iniziare a fare karatè o judo o qualsiasi cosa come queste.”
“Si, ma in quel caso, gli compreremo un sacco da boxe adatto; non voglio che faccia pratica con i suoi calci e colpi su di te.”
“Ti ringrazio,” ridacchiai. “Felice di sapere che sarai lì a proteggermi.”
“Sempre.”
Gli lanciai un’occhiata, ma il suo sguardo era rivolto sulla strada. Non era come se avesse appena dichiarato il tuo eterno amore per me; diamine, aveva solo detto una semplice parola che probabilmente non significava molto. Ma indipendentemente da ciò che intendesse, quell’unica parola aveva fatto battere il mio cuore velocissimo e tutto il corpo aveva iniziato a riscaldarsi dalla felicità, e mi aveva fatto ritornare in mente quel giorno in cui mi aveva detto, senza giri di parole, che non mi aveva baciato per compassione. Ero un po’ curioso su cosa significasse allora. No, cancellalo. Ero davvero fottutamente curioso su cosa significasse.
Questo probabilmente non era il momento giusto per avere una discussione comunque. 
“Come vanno le cose con te e Lauren?” chiesi invece, nel tentativo di portare la mia mente su qualcos’altro.
“Uhm bene, credo,” disse, “Almeno ha smesso di assillarmi sul fatto di trascorrere troppo tempo con te.”
“Suppongo non sappia che tecnicamente viviamo nella stessa casa allora,” dissi, guardandolo con aria interrogativa.
“No, questo non lo sa,” disse con un debole sorriso. “Sono più che sicuro che le verrebbe un infarto se lo scoprisse. O mi negherebbe di fare sesso per una settimana o minimo due.”
“Dura perdita,” dissi seccamente. “Ma... ma questa mattina hai detto che vuoi che rimanga con te minino fin quando il bambino non sarà nato e questo è fra un paio di mesi, quindi... cosa farai se vorrà venirti a trovare? Potrei stare nella mia- cioè la camera in cui dormo, ma non basta. È molto rischioso, vero?”
“Non lo so,” disse senza farci caso.
“Se vuole venire, ci penseremo allora.” 
Ci fermammo nel parcheggio della scuola proprio in quel momento e non risposi, pensando comunque che apparisse un po’.. distratto nello stesso modo in cui era stato profondamente preoccupato circa un paio di mesi prima. 
“Oh, comunque,” dissi quando scendemmo dalla macchina e iniziammo a camminare verso scuola. “Ho un appuntamento con il dottor Hayes Lunedì, vuoi venire con me?”
In tutta onestà ero un po’ spaventato che dicesse di no e che avesse altri piani o semplicemente che non avesse voglia, perché... beh, lo volevo lì, come tutte le volte che ero andato ad un controllo. 
Mi preoccupai per nessun motivo comunque.
“Si, certo,” disse. “Quand’ è?”
“Alle tre.”
“Devo saltare informatica allora,” disse semplicemente.
“Oh. Posso andare da solo se tu-” iniziai, ma scosse la testa e mi fece fermare.
“No, mi sta bene,” disse con un sorriso rassicurante. “E so che vuoi iniziare un litigio, ma non c’è problema. Davvero, mi sembrano anni che non vengo con te dal dottore comunque, quindi voglio venire.”
Sorrisi, evitando a me stesso di lanciare le mie braccia intorno al suo collo e abbracciarlo fin quando la sua testa non si fosse staccata, e annuii. 
“Okay,” dissi semplicemente. “Lunedì alle tre. Vuoi andare direttamente lì dopo scuola allora?”
“Probabilmente è meglio.”
“Mhm.”
Camminammo in silenzio per un paio di secondi mentre cercavo di trovare un buon modo di fargli la domanda che avevo intenzione di porgli.
“Uhm, Harry?”
“Si?”
“Posso farti una domanda?”
“Va avanti.”
“Perché?- cioè, è- beh, non sei.. non sei preoccupato che Lauren scopra che sto con te?” chiesi esitante. “Voglio dire, arriviamo a scuola insieme, andiamo via da scuola insieme, facciamo passeggiate insieme nel tuo quartiere ogni tanto, e lei potrebbe scoprirlo facilmente se un giorno verrà a farti una visita a sorpresa, ed è.. non lo so, eri molto più preoccupato riguardo la questione nel caso avesse scoperto che passassimo del tempo insieme, e adesso sembri quasi... indifferente. Non lo so.”
Mi lanciò un’occhiata di sbieco mentre continuavamo a camminare, ma si prese un paio di secondi prima di rispondere. 
“Non sono indifferente,” disse dopo, mentre si passava con lentezza una mano fra i capelli. “È solo che... non meriti di essere trattato come una merda solo perché la mia ragazza tende a reagire in maniera eccessiva molto spesso. Non hai fatto nulla di sbagliato e... no, non meriti di essere trattato come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Ti ho trattato male la prima volta che mi hai detto del bambino, ti ho trattato male dopo quella cosa nella tua camera, che era colpa mia comunque, ti ho trattato male dopo che ci siamo baciati, sempre per un mio sbaglio, e non meriti nulla di tutto questo. Quindi credo che stia cercando di.. fare pace in qualche modo.”
Stavamo quasi per voltare l’angolo che ci conduceva nel cortile della scuola, che molto probabilmente era pieno di persone nonostante le lezione fossero iniziate dieci minuti fa, e mi fermai di colpo guardandolo. Si fermò anche lui e mi osservò curiosamente.
“Cosa? Ho detto qualcosa di stupido?” chiese.
“No, no,” dissi velocemente. “Solo... grazie, suppongo.”
“Per cosa?”
“Per essere buono con me,” dissi debolmente.
Sorrise, quasi affettuosamente, e fece un passo verso me.
“Quando vuoi,” disse.
Lo guardai e la vicinanza tra i nostri corpi mi riportò immediatamente a quel giorno in cui ci baciammo. Per non fare nulla di stupido, abbassai lo sguardo sul pavimento.
“Ehi, che hai?” sentii chiedergli e dopo una mano che stringeva vagamente la mia. 
“Niente,” dissi, sforzandomi di alzare lo sguardo. 
“Sembri un po’ fuori di te,” disse, accigliandosi leggermente. “Sicuro che non abbia detto qualcosa di stupido? Non sarebbe la prima volta.”
“No, non hai detto nulla di sbagliato,” dissi con una piccola risata. “Giuro.”
Le sue dite si strinsero un po’ di più intorno alle mie.
“Okay,” disse. “Probabilmente dovremmo andare alle nostre rispettive lezioni, siamo già in ritardo.”
“Si, si,” borbottai, il mio umore precipitò immediatamente al sol pensiero delle tre ore di filosofia che mi aspettavano. 
“Nessuna lezione divertente oggi?” mi chiese con un luccichio divertito negli occhi. 
“Nessuna lezione è divertente in questi giorni,” dissi. “Ma okay, cercherò di farmi forza.”
“Questo è lo spirito,” disse allegramente. “Vuoi un abbraccio così lo spirito risplende ancora di più?”
Sorrisi un po’ a quelle parole.
“Certo, se davvero pensi che possa aiutare,”
“Lo penso per davvero,” disse, prima di lasciare la mia mano e appoggiare entrambe le braccia dietro la mia schiena avvicinandomi al suo corpo. A causa della pancia sporgente, c’era un limite in cui i nostri corpi sarebbero potuti stare vicini, e l’abbraccio era diventato un tantino imbarazzante per questo, ciò nonostante avvolsi le mie braccia intorno al suo collo e appoggia la guancia sulla sua spalla. 
“Il tuo stomaco è in mezzo,” borbottò nel mio orecchio, apparentemente stava pensando le mie stesse cose. 
Ridacchiai leggermente.
“Mi dispiace.”
“Nessun problema, è ancora bello abbracciarti.”
Cercai di non eccitarmi troppo riguardo a quello, preferendo piuttosto di godermi l’abbraccio il più a lungo a possibile.
“Beh ciao, interrompiamo qualche cosa?”
Saltai letteralmente indietro all’inaspettata voce che improvvisamente risuonò da qualche parte dietro me. Non appena ripresi il controllo del mio corpo, mi girai e vidi, con leggero imbarazzo, Liam e Zayn di fronte a me ed Harry che ci stavano osservando con sopracciglia alzate. 
“Che ci fate qui dietro?” chiese Harry, all’apparenza per niente infastidito, l’opposto di me. 
“Stavamo un po’ insieme, così” disse Zayn semplicemente.
“Saltate le lezioni?” chiese Harry con un sopracciglio alzato. “Posso aspettarmelo da te, Zayn, ma tu Liam? Hai deciso di diventare un teppista?”
“Credo che debba andare,” dissi prima che Liam ebbe la possibilità di rispondere. Mi allontanai da Harry e lanciai una veloce occhiata a Zayn e Liam, che mi stavano ancora guardando con sguardo piuttosto divertito. 
“Uhm... si, ci vediamo dopo Harry, ciao,” aggiunsi goffamente prima di superare tutti e tre di corsa, cercando disperatamente di andarmene. 
Giusto prima di voltare l’angolo, sentii Zayn parlare ad alta voce.
“Quindi, Harry, ci siamo imbattuti in qualche cosa qui?”
Non riuscii a capire se Harry rispose, ma gli sentii borbottare qualcosa e la parola “pazzo” era inclusa. Ed è così che il mio buon umore precipitò in una fossa di disperazione ancora una volta. Stavo incominciando a chiedermi se fossi masochista, considerando il fatto che dopo tutto questo tempo, cercavo di non far perdere le speranze a me stesso quando si trattava di Harry, e per cosa esattamente? Solo per farle precitate subito dopo? Si, ero senz’altro masochista in un certo senso. 
La mia giornata fu, come previsto, incredibilmente lunga e noiosa. Dopo le tre ore di filosofia, pranzai velocemente. Considerai di andare a cercare Harry così da non dover mangiare solo, ma non appena entrai in mensa, lo vidi seduto al tavolo con il braccio avvolto intorno alla vita di Lauren, ridendo per qualcosa di stupido che uno dei suoi amici aveva pena detto e all’apparenza sembrava parecchio felice, e immaginai che non sarei morto se avessi mangiato il mio pranzo da solo. Lo avevo già fatto più o meno ogni giorno sin da quando avevo iniziato la scuola, non c’era nessun bisogno di dare fastidio ad Harry che stava pranzando allegramente, solo perché avevo voglia di sentirmi un tantino meno solo per venti minuti. 
Saltai le due ore di educazione fisica che avrei dovuto fare dopo pranzo, per ovvi motivi, e mi sedetti nella biblioteca della scuola e cercai di fare qualche compito che avevo ammassato per un’intera settimana. Riuscii a farne metà e mi diedi una pacca sulla spalla prima di andare a lezione di tedesco. Fortunatamente mancava solo un’ora alla fine della giornata, quindi non appena la campanella suonò alle tre del pomeriggio e la signora Walton finii di assegnarci i compiti, mi alzai dalla sedia, uscii dall’aula e mi diressi verso l’uscita che era molto vicina dove Harry aveva parcheggiato la macchina quella mattina. 
Con mio sollievo, era già fuori di fianco alla macchina quando arrivai lì. La sensazione di sollievo ritornò indietro perché Lauren era anche lì, spiaccicata su Harry.
Le loro labbra erano praticamente incollate insieme e a meno che la mia vista mi stesse prendendo in giro, stavano spingendo i bacini l'uno contro l’altro. Mi fermai di colpo, perché non ero certo di cosa fare e anche perché improvvisamente sentii il mio cuore restringersi come un palloncino che si stava sgonfiando.
Passarono un paio di minuti ed ero fermo ancora lì, a venti metri da tutte e due, e con molta probabilità apparivo come un’idiota. Quando finirono e si staccarono uno dopo l’altro, ebbi paura nel caso Lauren mi avrebbe scoperto, ma fortunatamente, invece di venire verso me, schioccò un bacio veloce sulle labbra di Harry, mi volto le spalle e sapendolo, iniziò a dirigersi verso il campo da calcio. Aspettai un altro paio di secondi, finché non la persi di vista, prima di riprendere a camminare.
Harry alzò lo sguardo e sorrise quando mi trovai a un paio di metri da lui.
“Ehi,” disse.
“Stai bene?” aggiunse facendosi un po’ più vicino.
“Si, perché?” dissi, la mia voce un po’ troppo alta dal solito.
“Sembri un po’ strano, tutto qui,” disse con aria interrogativa.
“Sto bene,” dissi, agitando la mano con disinvoltura. “Dovremmo andare?” 
“Oh, certo,” disse, ancora osservandomi con leggera curiosità mentre faceva il giro verso l’altra parte della macchina.
Il ritorno a casa fu silenzioso. Non avevo voglia di parlare, soprattutto perché ero stanco, ma anche perché il mio petto faceva ancora male alla vista di Harry e Lauren abbracciati pochi minuti prima. Era ridicolo comunque, vero? Sapevo bene che stessero insieme, quindi perché dovevo far vedere che facesse così male? A quanto pare in questi giorni ero un tantino suscettibile.
“Sembra che a casa non ci sia nessuno,” disse Harry non appena entrammo in casa quindici minuti dopo. Andammo in salotto e poi in cucina, entrambe vuote.
“Mi sa che ci tocca preparare la cena da soli allora.”
“Penso che andrò a stendermi per un paio di ore,” dissi. “Quindi non preparare niente per me.”
“Mi farai preparare la cena solo soletto?” chiese, finto offeso.
“Scusa,” dissi con un piccolo sorriso. “Sono stanco e divento subito irritabile quando non dormo un po’.”
“Bene, nonno, vai a fare un sonnellino,” disse, facendomi la linguaccia.
“Grazie,” dissi ridendo. “Svegliami verso le sei, okay?”
“Si, certo,” disse. “Buon riposo,”
Gli sorrisi brevemente prima di uscire dalla cucina e andare verso la camera che silenziosamente riferivo come ‘mia’ negli ultimi giorni. I pantaloni del pigiama che avevo lasciato questa mattina a terra era ancora lì e non appena chiusi la porta, sbottonai i jeans che avevo indossato per tutto la giornata e li sfilai. Il tessuto di flanella di cui erano fatti i pantaloni del mio pigiama poggiavano sulle mie gambe più o meno in modo celestiale e quando cambiai la mia felpa, il mio maglione e la maglietta per il solito gigantesco maglione di lana, ero già addormentato. Comunque scoprendo il letto, emisi un sospiro di contentezza non appena mi sdraiai sul mio lato e appoggiai una mano sul mio stomaco. 
“I giorni stanno diventando sempre più lunghi, non credi?” borbottai assonnato. “Non credo tu abbia il senso del tempo, ma chi lo sa, forse noti la differenza tra il giorno e la notte. Io lo so. Il giorno è quando tutto è stancante e brutto, e la notte e quando sono felicemente addormentato.”
Scalciò leggermente a quello e sospirai.
“Beh si, eccetto quando scalci, si,” dissi. “Pensi di poter star fermo per un paio di ore così il tuo papà può riposare un po’?”
In risposta ricevetti un piccolo calcio, ma con mio grande sollievo, rimase fermo dopo quello.
“Ti ringrazio,” canticchiai felicemente e subito dopo mi addormentai.
Quando mi svegliai di nuovo, la camera era notevolmente al buio rispetto a quando mi ero addormentato, comunque non così al buio come lo sarebbe stata fra una o due ore. Il mio corpo era ancora mollemente addormentato e non avevo il coraggio di raccogliere l’energia per far alzare il mio corpo, quindi rimasi sdraiato a guardare nulla in particolare. Il silenzio non durò molto comunque, perché solo un paio di minuti dopo, sentii la porta aprirsi e voltai il mio sguardo verso essa.
“Lou?” sentii chiedere dalla soffice voce di Harry. “Sei sveglio?”
“Più o meno,” risposi e lo sentii ridacchiare un po’. Dopo le luci del soffitto furono accese e sentii come se i miei occhi stessero andando a fuoco.
“Troppa luce,” gemetti mentre sprofondavo la mia faccia nel materasso.
“Scusa,” disse e lo sentii chiudere la porta e avanzare verso il mio letto.
“Ti ho portato un po’ da mangiare,” aggiunse.
A quello guardai su, sbattendo un paio di volte gli occhi così da far abituare le pupille alla luce, e distolsi lo sguardo di fianco al letto dove si trovava Harry con un piatto di cibo fra le mani. 
“Mi sento come se stessi in un hotel,” dissi colpevole prima di alzarmi, gemendo leggermente alla rigidità della mia schiena. 
“Non c’era bisogno che mi portassi da mangiare lo sai, non sono del tutto disabile.”
Si sedette di fianco a me e mi porse il piatto per prenderlo,
“È stata mamma che mi ha detto di portartelo,” disse. “Ha detto qualche cosa su quanto sia importante per una persona incinta mangiare correttamente e regolarmente.”
“Per adesso no,”dissi prima di accettare il piatto e spostarmi un po’ così che la schiena fosse appoggiata sulla catasta di cuscini della testiera. 
“Sarei venuto in cucina a mangiare come una normale persona.”
“Mangia questo dannato cibo, va bene?” disse, ma c’era un espressione divertita sul suo viso e un leggere luccichio nei suoi occhi. 
Gli sorrisi di rimando per un secondo prima di prendere la forchetta dal piatto e iniziare a mangiare.
Il cibo era meraviglioso, come sempre, e non impiegai più di dieci minuti a lucidare il piatto. Mi resi conto del mio mezzo essere un maiale, specialmente da quando Harry rimase lì seduto e guardarmi tutto il tempo, ma in verità, sapevo di apparire grasso, e molto probabilmente non rimase sorpreso dal modo veloce in cui divorai tutto.
“Lo prendo come se fosse ottimo,” disse divertito quando misi l’ultimo pezzo di patate in bocca e ingoiai. 
Le mie guance si riscaldarono leggermente, ma cercai di sorridere.
“Si. Tua mamma è una buona cuoca.”
“Dovresti dirglielo, sarebbe felice di sentirlo.”
“Lo farò,” dissi mentre appoggiavo il piatto vuoto sul comodino.
“Bene,” canticchiò.
Ci fu una breve pausa nel frattempo che mi sistemavo più comodamente, sedendomi correttamente con la schiena appoggiata al muro. Quando riprese a parlare di nuovo, la sua voce diventò improvvisamente nervosa e così anche la sua espressione.
“Lou?”
Lanciai un’occhiata al suo viso e il mio cuore sprofondò; un Harry nervoso non portava mai nulla di buono.
“Si?”
“Credo...  credo che ci siano un paio di cose di cui dovremmo parlare,” disse, guardandomi con le sopracciglia curvate in segno di preoccupazione. “Intendo parlare davvero.”
Deglutii, giusto un po’ mentre il mio nervosismo saliva.
“Che... ?” chiesi esitante. “Che tipo di cose?”
“Beh, principalmente due cose a dire il vero,” disse mentre si graffiava il retro del collo.
“Per prima cosa, l’intera questione... ‘mi piaci’, e secondo... se lo farai o meno, beh, il fatto del tenere il bambino.”
Okay, quindi lui voleva discutere riguardo ai due più grandi problemi che io abbia mai dovuto affrontare in tutta la mia vita. Voleva discutere di queste due cose proprio adesso. Certo. Okay. Nessun problema.
“Proprio- proprio adesso?” squittii.
“Non c’è rimasto molto tempo,” disse con un esitante alzate di spalle.
“Credo di no,” dissi a disagio. “Ma... c’è- voglio dire, okay, la seconda cosa è qualcosa di cui dovremmo molto probabilmente discutere, ma abbiamo proprio bisogno di parlare di... me e- beh, quello?”
“Attualmente viviamo nella stessa casa e so per certo che provi qualcosa per me,” disse. “Quindi, si, credo sia necessario parlarne.”
Mi accigliai.
“Se per me stare qui è un problema, posso-”
“Non ho detto che sia un problema, ho solo detto che abbiamo bisogno di parlare.”
“Perché Harry?” chiesi stancamente. “Di certo non mi intrufolerò nel tuo letto di notte e inizierò a strusciarmi su di te, se è questo che ti preoccupa.”
“Ovviamente non è questo a preoccuparmi,” sospirò. “Ma è solo che- beh, se vivessi nella stessa casa con una persona per cui provo dei sentimenti e che ho oltretutto baciato e di cui porto il suo bambino in grembo, mi sentirei strano, a disagio e ansioso. Non ti da.. minimamente fastidio tutto questo?”
Feci spallucce in modo poco convinto.
“Non lo so,” dissi. “Non ho mai avuto tempo di sedermi e pensarci su. Non per davvero. In questo momento sono davvero grato che tu mi stia permettendo di rimanere qui e che io non stia facendo casino provandoci con te.”
Mi guardò con aria interrogativa per un paio di secondi prima di rispondere.
“Okay,” disse allora. “Ma se portassi Lauren qui una notte, come- ti seccherebbe?”
Lo odierei con ogni singola fibra del mio essere e molto probabilmente trascorrerei la notte a piangere. 
“Io- beh, non mi entusiasmerebbe,” dissi esitante “Ma non morirei nemmeno. Dovresti vivere la tua vita nel modo in cui l’hai sempre fatto, non pensare in che modo mi sentirei per ogni cosa che fai o dici.”
“Adesso sei davvero ridicolo,” disse roteando gli occhi. “Ovviamente mi importa su come tu possa sentirti in base a ciò che dico o faccio.”
“Ci credo, ma-”
“Lou, ascoltami,” mi interruppe. “So come ti senti, okay? Ho provato sentimenti anche io per persone che non mi hanno mai dato una possibilità e- oh Cristo, faceva schifo ed è uscito fuori in modo sbagliato, scusa.”
Sorrisi, ma in modo forzato e il mio cuore si incrinò ancora una volta.
Ho provato sentimenti anche io per persone che non mi hanno mai dato una possibilità.
Okay, quello ero davvero duro.
“È tutto okay,” dissi. “Possiamo cambiare discorso adesso?”
“No, non possiamo.”
“Perché no?”
“Louis?”
“Cosa Harry?” dissi con un esasperante e leggermente isterica risata. “Cos’altro c’è da dire? Sapevo già che fossi totalmente etero e mi faccio ancora ammaliare da te perché, così come ha detto Zayn, sei stato il primo ragazzo con cui abbia fatto sesso, sei il padre del mio bambino e sei stata l’unica persona di sempre che mi abbia trattato in modo gentile e che mi abbia degnato un minimo di attenzione. Mi sono innamorato di te perché tutto questo è solamente stupido da parte mia e so anche che, se tu fossi gay, non vorresti stare con qualcuno come me. L’ho sempre saputo questo, ma non ci ho mai fatto caso e adesso ne pago le conseguenze. Fine.” 
Mi stava guardando quando smisi di parlare e quando realizzai cosa avevo appena detto, il mio viso iniziò a riscaldarsi e con un paio di movimenti goffi, mi spinsi fuori dal letto e mi alzai in piedi. 
“Non scappare,” disse Harry prima di decidere cosa fare. Girai giusto in tempo la testa per vederlo alzarsi e venire di fronte a me.
“Non puoi scappare ogni volta che ci avviciniamo ad avere una conversazione normale.”
Abbassai lo sguardo verso il pavimento.
“Scusa,” biascicai.
“Va tutto bene,” disse, sentendo un sorriso nella sua voce. “Adesso, ti piacerebbe guardarmi negli occhi?”
Sospirai un po’, ma feci ciò che mi disse e alzai lo sguardo.
“Felice?”
Sorrise di nuovo e annuì. 
“Si, ti ringrazio,” disse.
Per un paio di secondi, mi guardò solo, cercava di dire qualche cosa, ma alla fine sospirò.
“Solo... okay, i-io ho una ragazza” disse allora. “Ho una ragazza e la amo, ma...ma se lei non ci fosse, tu... tu-”
Si interruppe lì e chiuse gli occhi per un secondo.
“Se lei non ci fosse, tu non saresti la mia ultima scelta, okay?” finì con voce calma e salda.
Battei gli occhi uno, due, tre volte. Dopo mi resi conto di cosa aveva appena detto e i miei occhi si spalancarono. Ma prima che avessi il tempo di dire o fare qualche cosa, si voltò immediatamente e andò verso la porta. Si fermò per mezzo secondo quando vi ci arrivò e pregai che tornasse indietro e spiegasse l’ultima cosa che aveva detto, ma no; il mezzo secondo di pausa finì e dopo andò via e io rimasi lì da solo in stanza, mi sentii ancora più confuso e disperato di prima.



HI FELLAS!

Una settimana dopo ecco il mio capitolo bello e pronto. Devo dire che mi meraviglio da sola perché l’ho tradotto in meno di due giorni, sia la mattina alle cinque che la notte quando non dormivo *cerca di non piangere*
Ultimamente non riesco a trovare pace, ma devo dire che tradurre questo capitolo mi ha fatto compagnia.
Detto questo vorrei subito commentarlo, questo in modo particolare.
Allora, questo capitolo è ciò che non tutti si aspettavano, tra queste persone faccio parte anche io, perché appena letto il precedente (quello dove quella baldracca di Jay fa andare via Louis da casa) pensavo che quello seguente sarebbe stato un ammasso di pianti e depressione; mi sbagliavo. 
Louis da quel che si capisce è il solito pacioccone che si fa film mentali per ogni singola cosa (amo e odio il carattere che ha in questa storia, sappiatelo) e Harry.. beh Harry è cambiato un po’, non lo pensate anche voi? Dopo tutto quello che è successo, forse adesso potranno confrontarsi in modo più diretto, senza andare a finire sempre a dover discutere in modo così cruento, ma.. purtroppo ancora una volta qualche cosa deve pur succedere. 
Amo in modo particolare la scena in cucina, è davvero tutto molto dolce, e poi amo Anne, c’era da aspettarselo? ahahahahah
Voglio sapere cosa ne pensate anche voi, il mio punto di vista è relativo perché voglio sapere il vostro! Quindi recensite e recensite.
Mmm credo che mi sia espressa fin troppo ç-ç 
Io continuerei a farlo all’infinito, ma voi avete anche un cervello da portare avanti piuttosto che ascoltare le mie cazzate *alza i pollici*
Comunque grazie mille per ogni singola recensione, per ogni persona che legge e per tutto alla fine, se non ci foste voi non sapremmo davvero cosa fare.
E ringrazio sempre la mia ‘compagna di avventure’, la mia Giulì, a cui voglio un bene infinito, grazie per tutto. Senza questa storia non l’avrei mai conosciuta, la porto sempre nel mio cuore anche per questo. 
Noi vi aspettiamo sempre su twitter, sapete dove trovarci, capito? A qualsiasi ora.
Ah piccola premessa: la vera storia inizia solo adesso ;) 
Twitter → @Itbeatsfortwo_ 
You’re always in my heart, bear hug to everybody x.

Ana.

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Capitolo 26
*** You're not gonna run off, are you? ***


 
ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 26


 
Non stai scappando, vero?

“Lou, arriverai in ritardo se non ti alzi dal letto!”
Volevo morire. Volevo sul serio morire. Beh, forse non esattamente, ma sicuramente per un momento mi sarebbe piaciuto. Per ovvie ragioni non avevo dormito molto la notte scorsa e la mia testa stava rielaborando sempre le stesse parole fino a farmi sentir male.
“Ho una ragazza e la amo, ma... se lei non ci fosse, tu... tu non saresti la mia ultima scelta, okay?”
Okay? Okay? Pensava che dopo aver detto cose del genere sarebbe stato tutto okay? Se lo pensava, aveva torto, perché era tutt'altro che okay. Dopo aver passato le ultime tre settimane o giù di lì a dirmi che lui fosse totalmente etero, era improvvisamente arrivato e mi aveva detto che l'idea di me e lui insieme non era completamente impossibile? Chi cazzo pensava di essere per dire cose del genere? Da dove gli era venuto? Non intendeva farlo o era un tentativo per consolarmi? Se così fosse, probabilmente sarei scoppiato a piangere perché aveva detto che tra noi non era totalmente impossibile. Avrei dovuto parlare con lui più tardi, ma in questo momento dovevo alzarmi dal letto e vestirmi se volevo arrivare in orario alla mia prima lezione.
Quindici minuti e una veloce colazione dopo, eravamo in strada per andare a  scuola. Harry non aveva detto molto da quando avevamo lasciato la casa, ma era ancora presto e probabilmente era un po' stressato visto che avevamo solo poco più di cinque minuti per arrivare a scuola. Dopo che passarono un paio di chilometri e non aveva ancora detto una parola, decisi di farlo io; per nessuna ragione sarei stato tutto il giorno nell'incertezza, non quando si trattava di questo argomento.
“Harry?” Dissi, guardando il suo profilo.
“Hm?” Rispose, distrattamente.
“Non abbiamo abbastanza tempo per parlare bene di questo ora,” dissi. “Ma possiamo almeno chiarire qualcosa, quindi... ciò che hai detto ieri sera-”
“Oh, cazzo, dovevo chiamare Lauren,” mi interruppe, come se non avesse ascoltato niente di tutto ciò che avevo detto. Senza nemmeno rivolgermi un'occhiata – okay, beh, stava guidando – prese il suo cellulare da sopra il cruscotto.
Mentre premeva qualche tasto sullo schermo e poi se lo appoggiava sull'orecchio, lo guardai, un po' confuso. Perché si rifiutava di ascoltare quello che volevo dirgli? Doveva davvero chiamare Lauren proprio ora? Non poteva aspettare che finissi di parlare?
Poi mi balenò in mente un pensiero e avrei voluto sbattere la testa contro il finestrino. Era possibile che avesse deciso che la scorsa notte non fosse accaduto niente? Era possibile che quello fosse il suo modo di affrontare tutto questo? Al pensiero sentii la rabbia ribollire dentro di me e spostai lo sguardo dritto davanti a me incrociando le braccia al petto ed emettendo un leggero sbuffo di fastidio.
Appena arrivammo a scuola e parcheggiamo la macchina, ero davvero arrabbiato, cosa che potrebbe essere stata un po' ridicola visto che non sapevo se la mia teoria era realmente corretta, così scesi dalla macchina e mi diressi verso la scuola senza guardarlo.
“Mancano ancora un paio di minuti prima dell'inizio della prima lezione,” sentii dire da Harry dietro di me, sembrando confuso. “Non c'è bisogno di correre.”
“Non importa,” risposi seccamente, senza preoccuparmi di tornare indietro o anche solo di fermarmi.
“Cosa c'è che non va adesso?” Chiese.
A quella parole mi limitai a soffocare una risata.
Passai il resto della giornata infastidito e quando mi imbattei in Liam durante la pausa pranzo e lui mi rivolse un sorriso ed un “ciao”, io lo guardai solo prima di allontanarmi. Mi comportavo come un bambino capriccioso e lo sapevo, ma veramente, qualcuno potrebbe biasimarmi? La mia cotta, del quale avevo trascorso la maggior parte del tempo pensando di non avere alcuna sorta di possibilità, ieri sera mi aveva detto che forse c'era, ma quel giorno sembrava come se volesse dimenticare di aver affrontato quell'argomento. E mi faceva incazzare tantissimo. Pensava davvero che per me andasse bene che lui giocasse così con i miei sentimenti? Fottuto bastardo.
Quando la giornata finì, mi incamminai verso la fermata del bus invece che verso il parcheggio, decidendo che per nessuna ragione sarei stato quindici minuti seduto in macchina vicino a Harry. Mi pentii della decisione abbastanza in fretta però, perché l'autobus era pieno di gente in quel momento e finii per dover stare in piedi, tenendomi ad un palo di metallo appiccicato ad una donna di mezza età in sovrappeso in una posizione molto scomoda. Sentii il mio telefono vibrare più di una volta durante i venti minuti che ci vollero per raggiungere la fermata in cui sarei dovuto scendere, ma lo ignorai. Ignorai anche gli sguardi infastiditi  che ricevevo dalle persone intorno.
Un'altra cosa che ignorai fu Harry quando arrivai a “casa”. Andai dritto in camera “mia”, rivolgendo solo un sorriso e un “ciao” a Anne quando la vidi dal corridoio, ma ignorai il sorriso che mi rivolse Harry seduto al tavolo della cucina a mangiare un piatto di quella che sembrava essere pasta. Non passò inosservato lo sguardo confuso che mi rivolse, ma volevo a tutti i costi mantenere l’espressione acida. Riuscii a tenerla per un impressionante quantità di tempo – beh, impressionante per i miei standard almeno – anche se quando l'orologio segnò le 20:00 la mia rabbia si era parecchio affievolita, mi ero ritrovato a roteare gli occhi per il mio comportamento infantile. Inviai un messaggio di scuse a Liam per essere stato scortese con lui, ma decisi di non andare da Harry a scusarmi e andai a letto sentendomi come un marmocchio immaturo quella notte.

Venerdì 15 Aprile
Trentaquattro settimane e quattro giorni


Quando mi svegliai Venerdì mattina, non ero riuscito a calmare la mia rabbia e la giornata passò allo stesso modo di quella precedente. Harry cercò di parlare con me durante la colazione, ma io lo ignorai prontamente e presi l'autobus per la scuola, che non fece altro che procurarmi uno stato d'animo ancora peggiore perché, beh, l'autobus alle sette e mezza del mattino non è il massimo. Cercò di avvicinarsi a me nell’ora di pranzo, ma mi allontanai, sentendomi il suo sguardo confuso fisso dietro il mio collo; era seriamente confuso? Quanto cazzo era stupido? Sembrava che poi lo avesse capito, però, perché non aveva cercato di chiamarmi una volta finita la scuola e, proprio come il giorno prima, presi l'autobus per tornare a casa. A cena quella sera, sembrava come se ne avesse avuto abbastanza visto che – potrei avergli lanciato un 
paio di occhiate acide durante il pranzo – prima di aver mangiato nemmeno metà del piatto, si alzò dal tavolo mormorando a mezza voce “beh, avvisami quando hai finito di comportarti come una puttana” e lasciò la stanza.
“Che sta succedendo?” Chiese Anne, guardandomi interrogativa.
“Noi abbiamo... avuto una discussione,” dissi con un debole sorriso.
“Harry è triste,” Disse Connor, il fratello di Harry, guardandomi con i suoi grandi occhi blu.
“Lo so,” dissi con un finto sorriso, sentendo perdere la tensione sul mio viso quando guardai l'espressione confusa e triste sul viso del piccolo ragazzo. “E' colpa mia.”
“Allora devi andare e renderlo felice,” disse determinato Adrian, il gemello di Connor. “Se sei stato tu a farlo diventare triste, devi farlo ritornare felice.”
Mi sentii un po' indifeso di fronte allo sguardo dei due ragazzini e guardai Anne, chiedendole silenziosamente aiuto. Con mio sollievo, lei mi sorrise, sembrando un po' divertita.
“Mangiate la cena, ragazzi, poi potete guardare un po' la TV quando avete finito,” disse.
Questo sembrò distrarli; le loro facce si illuminarono alla parola 'TV' e poi iniziarono di nuovo a mangiare riempiendosi la bocca con il cibo.
Il resto della serata la passai steso sul mio letto guardando il soffitto, chiedendomi per quale motivo esatto fossi così arrabbiato con Harry. Okay, aveva ignorato il mio tentativo di conversare ieri mattina, ma forse lui aveva davvero bisogno di chiamare Lauren; la sua vita non doveva girare il cento per cento intorno a me solo perché vivevamo nella stessa casa in questo momento. Perciò, come la notte scorsa, finii per realizzare che mi stessi comportando come un bambino, ma, sempre come la sera prima, optai per non fare niente. Mi addormentai con i vestiti addosso quella sera, sopra le coperte e con un leggero cipiglio in viso.

Sabato 16 Aprile
trentaquattro settimane e cinque giorni


Quando mi svegliai, la prima cosa che realizzai fu che non fosse già mattina. Attualmente, non sembrava nemmeno prossima la mattina considerando che la stanza era avvolta nel buio e che, quando guardai fuori dalla finestra, vidi la luna alta nel cielo e le stelle brillare ancora. Con un gemito e un rumoroso scricchiolio della schiena, mi alzai e cercai il mio cellulare alla cieca sul comodino. Mi ci vollero pochi secondi per trovarlo e, quando lo feci, riuscii a farlo cadere sul pavimento. Ma alla fine mi ritrovai con il dispositivo in mano.
Ero un po' sorpreso di vedere l'orologio segnare solo l'una e cinque perché non mi sentivo particolarmente stanco nonostante sapessi di essermi addormentato non più di due ore prima. Accesi la luce appesa al muro accanto al mio letto prima di stendermi sul fianco. Nonostante fosse tardi, non mi sentivo molto stanco. C'era un assillante sentimento di disagio nel retro della mia testa che in pratica mi diceva di afferrare la maniglia e agire in base alla mia età, non come se avessi quindici anni di meno.
Ancora un po' esitante, aprii la casella dei messaggi nominata Harry Styles sul mio cellulare e scrissi una sola parola.

Sveglio?

Esitai un altro minuto prima di pensare 'beh, qual'è la peggior cosa che potrebbe succedere?' e premetti il tasto 'invio'. Ci vollero solo pochi secondi prima che il mio cellulare vibrasse per segnalare un nuovo messaggio.

Si. Finito di essere arrabbiato con me?

Penso di si. Posso venire da te?
Sbuffai interiormente alla mia scelta di parole. Posso venire da te. Era una porta ad una decina di metri di distanza dalla mia, non una corsa attraverso tutta la città.

Certo.

Beh, almeno non sembrava arrabbiato.
Mi alzai dal letto, ringraziandomi mentalmente per aver messo un paio di pantaloni del pigiama e un enorme maglione prima di addormentarmi, ed uscii nel buio e silenzioso corridoio fuori dalla mia stanza.
“Si,” disse la stanca voce di Harry dall'altro lato della porta quando bussai, piano, per non svegliare nessun altro.
Aprii lentamente la porta e allungai prima la testa, solo per assicurarmi che non stesse per tirarmi un libro o qualcosa di simile. Fortunatamente no.
“Ti sei svegliato, eh?” fu tutto quello che disse. Era seduto sul suo letto sotto le coperte, il computer di fronte a lui e la sua parte superiore del corpo scoperta. Non amava il pigiama apparentemente.
“Come fai a sapere che dormivo?” Chiesi mentre facevo un passo dentro la camera e chiudevo la porta.
Appoggiò il computer al suo fianco e scrollò le spalle.
“Sono venuto a controllarti prima, eri piuttosto addormentato.”
“Oh... sei venuto a controllarmi,” dissi, sfregando i piedi sul pavimento.
“Solo per essere sicuro che andasse tutto bene, sei stato piuttosto agitato negli ultimi giorni, non volevo che facessi qualcosa di stupido che avrebbe poi ferito te e il bambino.”
“Non ho fatto niente di stupido,” dissi tagliente. “A parte essermi comportato come un bambino capriccioso da Martedì mattina intendo.”
Sorrise debolmente a quelle parole.
“Vuoi spiegarmi il motivo allora?”
Roteai gli occhi.
“Come puoi non riuscire a capirlo senza che te lo spieghi?”
“Mi... dispiace?” Disse timidamente, il sorriso barcollante.
“Ovviamente,” dissi con lieve stizza.
“Puoi dirmi cosa sta succedendo allora? Perché francamente, vivere nella stessa casa con qualcuno incazzato con me è una vera rottura di palle.”
Aggrottai le sopracciglia per un momento o due prima di camminare verso il letto e sedermi ai piedi di esso.
“Perché ti comporti come se non fosse successo niente?” Sbottai poi.
Mi gettò uno sguardo confuso.
“Perché mi comporto come se non fosse successo cosa?”
“Martedì sera,” dissi. “Tu stavi parlando e hai detto-”
“Oh, quello,” disse e, con mia grande confusione e una leggera esitazione, lasciò uscire una piccola risata. “E' per quello che sei così sconvolto?”
“Beh, si...” dissi esitante.
Lui ridacchiò di nuovo.
“Io non volevo insinuare niente,” disse semplicemente. “Era solo un... impulso del momento, sai? Eri sconvolto e non mi piace vederti sconvolto, perciò ho pensato che provare a tirarti su il morale fosse una buona idea.”
Lo guardai.
Lo guardai per tanto tempo.
Poi il mio sguardo diventò uno sguardo incredulo.
Poi il mio sguardo incredulo diventò furioso.
Poi il mio sguardo furioso diventò un urlo.
“Sei fottutamente serio?” Urlai alzandomi di nuovo in piedi. “Sei seduto qui e stai continuando a prenderti gioco dei miei sentimenti, dopo quello che ti ho detto quando ci siamo baciati? Sei un coglione del cazzo, Harry!”
“Non volevo-”
“Certo che volevi!” Lo interruppi, continuando a gridare. La mia rabbia stava crescendo sempre di più fino alla radice del mio stomaco mentre urlavo ed ero pericolosamente vicino a lasciarla sfogare attraverso i miei occhi sotto forma di lacrime. “Questa volta non c'è nessuna cazzo di scusa perché tu hai detto espressamente che l'idea di noi due come una coppia non era totalmente impossibile! Lo hai detto espressamente ed ora mi vieni a dire che era solo un'altra bugia e non c'è una dannata cosa che tu possa dire per migliorare la situazione! Ancora una volta ti sei preso le mie speranze e, ancora una volta, le hai lasciate crollare! Come cazzo puoi pensare che tutto questo possa andare bene? Non va bene per un cazzo! Cosa diresti se il ragazzo che ti piace tanto giocasse con te in questo modo?”
Finalmente traboccarono fuori le lacrime cosa che mi fece diventare ancora più arrabbiato.
“Hai la minima idea di come ci si senta, Harry? A farsi calpestare il cuore ancora e ancora? Non ci si sente molto bene, posso dirtelo io! Stavo già abbastanza male quando sapevo che non potevo averti e quando non sapevi che mi piacessi, ma ora- ora lo sai e mi hai dato finte speranze per due cazzo di volte! Come puoi essere così freddo? Se pensi ancora che lasci perdere, dopo tutto questo, considerati di tenere-”
“In nome di Dio, cosa sta succedendo qui?”
Sussultai al suono della voce stanca dietro di me e mi voltai. Anne era ferma lì, indossando una vestaglia e facendo rimbalzare lo sguardo da me a Harry con occhi interrogativi e irritati.
“Niente,” dissi, asciugandomi in fretta le guance bagnate. “Niente, stavo solo- torno nel letto, scusa per averti svegliata.”
E con questo la superai ed uscii dalla porta. Una volta in camera mia, sbattei la porta e mi lasciai cadere sul letto.
“Fanculo, fanculo, fanculo,” sibilai mentre colpivo ripetutamente il materasso. “Stupido, fottuto, dannat-”
“Louis?”
Fermai i miei mormorii incoerenti e guardai verso la porta, dove vidi Anne. L'irritazione era scomparsa dal suo viso ora e così anche la stanchezza. Ora invece sembrava essere totalmente confusa e un po' preoccupata.
“Posso entrare?” Chiese.
Singhiozzai, ma nonostante questo annuii e mi sedetti sul letto in modo da stare comodo. Lei chiuse la porta prima di camminare verso di me e sedersi al mio fianco, guardandomi con lo stessa preoccupazione che era solita usare mia madre. Era solita è la parola chiave. A lei non importava più di me.
“Vuoi dirmi che cosa sta succedendo? E non provare a dirmi che non è successo niente perché Harry, per la prima volta nella sua vita penso, mi ha mandata al diavolo e poi mi ha sbattuto la porta in faccia.”
“Scusa,” mormorai. “Stiamo avendo qualche problema.”
“L'avevo capito da sola questo, caro,” disse dolcemente. “Puoi spiegarmi un po' meglio?”
Esitai. Avrei dovuto dirle tutto? Non che lei avrebbe giudicato, non era quel tipo di persona, da quanto avevo avuto modo di constatare la settimana prima. Ma rimaneva comunque la madre di Harry, non la mia, sicuramente avrebbe preso le sue difese in tutto questo e c'era una grande possibilità che poi avrei dovuto lasciare la casa e-
“Qualunque cosa mi dirai, non ho intenzione di cacciarti di casa.”
Okay, perciò apparentemente aveva anche la mente aperta.
“Non puoi dirlo visto che non sai ciò che è successo,” dissi malinconico.
Lei sorrise ironicamente.
“Sei vicino all'ottavo mese di gravidanza del mio nipotino e innamorato di mio figlio,” disse. “Qualunque cosa mi dirai, ti prometto che non ti butterò fuori di casa.”
I miei occhi si spalancarono leggermente.
“Come fai a sapere-”
“Ho solo guardato come ti comporti con lui. Sei molto facile da leggere.”
“Oh,” mormorai mentre sentivo le guance diventare rosse.
“Se ti può consolare, penso che lui provi i tuoi stessi sentimenti.”
“Certo,” dissi con una risata priva di umorismo. “E' per questo motivo che prima stavamo litigando: lui non prova gli stessi sentimenti.
“Ora mi spiegherai meglio,” disse lei dopo avermi rivolto uno sguardo indagatore per pochi secondi.
Sospirai.
“Lui- è solo- beh, è stato un po'... coglione per due volte su tutta questa questione.”
“Con 'tutta la questione' immagino si intenda il fatto che ti piaccia, suppongo.”
“Si.”
“Okay, continua.”
“Lui è- okay, per farla breve, per due volte mi ha fatto credere che gli piacessi, ma tutte e due le volte è stato solo... uno scherzo,” dissi solennemente. “La seconda volta è stata Mercoledì sera. Mi aveva detto espressamente, che un po' gli piacessi, ma ora gli ho chiesto qualcosa riguardo questo e lui mi ha praticamente detto che è stato uno scherzo, motivo per cui gli stavo... urlando.”
Lei scosse la testa e sospirò.
“E' un bravo ragazzo, ma ora vorrei davvero schiaffeggiarlo,” disse. “E lo ha fatto per due volte?”
“Si.”
“Non posso biasimarti allora per essere così arrabbiato,” disse. “Gli parlerò domani mattina.”
“Oh, no, per favore non-”
“No, gliene parlerò, non può continuare a fare cose del genere e aspettarsi che poi non ci sia nessuna conseguenza,” disse fermamente prima di alzarsi in piedi. “Oltre a te, voi due state per avere un figlio che state ancora pensando di tenere e di crescere, e non può di certo farcela se non riesce nemmeno a mantenere il controllo. Ha anche una ragazza che bisogna tenere in considerazione, quindi... no, domani gli parlerò.”
Avrei voluto protestare perché, Gesù, era un po' imbarazzante che la mamma di Harry parlasse con lui al posto suo, ma lo sguardo determinato negli occhi della donna mi fece capire che sarebbe stato inutile, così mi limitai ad annuire tristemente.
“Va bene, grazie,” dissi.
Lei sorrise ed iniziò ad incamminarsi verso la porta.
“Vado a dormire ora e penso che faresti meglio ad andare anche tu.”
“Si,” dissi, abbastanza d'accordo, per poi sbadigliare.
“Buona notte,” disse lei, in piedi, con la mano sulla maniglia della porta.
“Dormite bene tutti e due,” aggiunse prima di aprire la porta e uscire dalla stanza.
Dopo di che mi ci vollero pochi minuti per riaddormentarmi, ancora una volta sopra le coperte.

*

Una volta svegliatomi, il sole splendeva fuori dalla finestra e faceva entrare una lumonosa – fin troppo luminosa, pensai – luce che invase tutta la stanza. Controllai l'orologio sul mio cellulare e sospirai leggermente quando vidi che erano già le 12.30 e che avevo praticamente sprecato metà della giornata a dormire.
“Beh, almeno siamo entrambi ben riposati,” dissi, accarezzando il mio stomaco mentre mi alzavo e mi stiracchiavo. Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori, constatando che il tempo era effettivamente perfetto; il sole splendeva, il cielo era azzurro e da quello che riuscivo a vedere da dove mi trovavo, non c'era vento.
“Forse dovremmo andare a fare una passeggiata oggi,” dissi distrattamente, ancora con una mano sulla pancia e gli occhi fissi fuori dalla finestra.
“Cosa ne pensi piccolo?”
I soliti piccoli calci allegri fu quello che ottenni come risposta e sorrisi.
“Non  vedo davvero l'ora che tu esca da dentro di me così da poter finalmente comunicare normalmente invece di prendermi a calci.”
Altri calci.
“Si, si, lo so, probabilmente sei comodo e al caldo là dentro, inutile uscire nel mondo reale, vero?”
Dieci minuti più tardi mi ero tolto i pantaloni del pigiama e il maglione per dormire e li avevo sostituiti con un paio di pantaloni della tuta e un altro enorme maglione. Mi lamentai un po' quando mi guardai nello specchio, chiedendomi il motivo per cui mi prendessi ancora la briga di vestirmi; ero grasso e orribile, non importava ciò che indossassi. Con un ultimo sguardo amaro al mio riflesso, mi diressi fuori dalla stanza per poi andare in cucina a fare colazione.
Mi mancavano solo un paio di metri per arrivare alla porta della cucina, quando sentii la voce di Harry e automaticamente mi fermai. Origliare le conversazioni di altri era piuttosto scortese, ma Harry sembrava turbato e la curiosità ebbe la meglio.
“Non è così semplice, mamma,” disse con un sospiro.
“Si, Harry, è così semplice,” sentii la risposta ferma di Anne. “Vai da lui, siediti e parlate di tutto ciò di qui c'è bisogno. E intendo proprio tutto.”
“Ogni volta che cerchiamo di parlare di tutto questo, finiamo con l'urlarci a vicenda. E non finisce mai bene, mai.”
“Allora ci provi di nuovo e, questa volta, dovresti cercare di mettere tutte le carte sul tavolo,” disse. “Ho la sensazione che ci sia ancora qualcosa che non hai mai detto.”
“Si, io-”
“No, tu niente. Ho sentito il modo in cui Louis ti ha urlato ieri sera e mi ha detto quello che è successo, e so che non sei stato del tutto onesto con lui, e dovresti imparare ad esserlo.”
“Ma è-”
“Harry, tesoro, quel povero ragazzo è sconvolto, sta male ed è innamorato, tutto per colpa tua e del tuo orgoglio. Devi imparare a mettere da parte l'orgoglio per essere in grado di fare le scelte migliori per tutti, compreso te stesso, e per non fare del male alle persone a cui vuoi bene. Gli hai dato speranza per due volte, a giudicare da quello che mi ha detto lui, ed entrambe le volte ti sei preso gioco di lui dicendogli che fosse uno scherzo. Perché lo hai fatto? Non sarebbe meglio dirgli la verità e mettere fine a tutti questi problemi?”
Il silenzio seguii quelle parole e sentii il mio cuore battere nella gola. Era abbastanza chiaro che non avrei dovuto sentire quella conversazione ma in quel momento non avrei fatto marcia indietro per nessuna ragione, non quando erano così vicini a parlare delle domande a cui desideravo avere delle risposte oneste.
“Non sono gay, mamma,” disse, ma la sua voce era debole in contrasto con le sue parole.
“Questo non riguarda il fatto di essere gay o no,” disse lei con un sospiro. “Questo riguarda il fatto di essere onesto con lui e con te stesso di ciò che provi veramente.”
“Ma ho detto di non essere-”
“Il fatto che tu prova dei sentimenti per lui non significa che tu sia gay, significa che hai trovato un essere umano meraviglioso e gentile che è riuscito a raggiungere il tuo cuore. Il sesso non ha nulla a che fare con questo.”
“Non sono nemmeno pansessuale, mamma.”
“Perché ti preoccupi così tanto di essere etichettato?”
“Perché sono al liceo ed ogni cosa viene etichettata.”
“Beh, allora porta fuori il tuo culo dalla scuola superiore e cresci. Il mondo non gira intorno ad un gruppo di etichette e certamente non gira intorno al tuo orgoglio e alla tua stupidità. Tu andrai a sederti e avrai una lunga, lunga chiacchierata con Louis entro le prossime ventiquattro ore, Harry Styles, altrimenti sarai te ad essere cacciato fuori da questa casa.”
“Mamma!”
“Niente 'mamma',” disse. “Parlerai con lui e le cose sulla quale dovete discutere sono queste: i tuoi sentimenti, i suoi sentimenti, il futuro esito di questi sentimenti, il vostro bambino, anche se alla fine deciderete di non tenerlo e come risolvere le cose se lo manterrete. Non si discute.”
Rimasero in silenzio ancora per un po', ma alla fine il suono di una sedia che raschia il pavimento giunse alle mie orecchie e mi fece ritornare alla realtà. Con il cuore che ancora batteva irregolare e i pensieri confusi nella testa, feci muovere le mie gambe e risistemato il mio viso in quella che sapevo fosse una normale espressione, entrai in cucina. Harry era in piedi accanto al tavolo con la schiena rivolta verso di me, ma Anne era seduta e, quando mi notò, sorrise.
“Buongiorno,” disse, il suo viso che non lasciava sfuggire niente della conversazione che avevano appena avuto. Era una brava attrice.
Harry si girò e quando i suoi occhi incontrarono i miei, di allargarono leggermente.
“Oh... ehi,” disse a disagio.
Prima che avessi il tempo di rispondere, o reagire in qualsiasi modo, aprì di nuovo la bocca.
“Devo – uhm – devo fare una cosa oggi, quindi... ci vediamo più tardi, suppongo.”
E con quelle parole un po' goffe, mi superò e scomparve dalla mia vista.
Battei le palpebre e guardai Anne.
“Hai sentito, vero?” Disse tranquillamente prima di bere un sorso di caffè.
Non era proprio una domanda, ma risposi comunque con un piccolo 'si'.
“Sei ancora arrabbiato con lui?”
Mi sedetti di fronte a lei e sospirai.
“Non lo so,” dissi. “Sento che dovrei esserlo, so che dovrei esserlo, ma... no, solo un po'. Non posso essere veramente arrabbiato con lui per tanto tempo, ed è piuttosto fastidioso.”
“L'amore tende ad agire in questo modo,” disse.
Non mi preoccupai di protestare al fatto che si fosse appena riferita a quello che provavo per Harry con il termine 'amore'.
“Pensavo dovesse intensificare tutte le emozioni,” dissi invece. “Inclusa la rabbia.”
“Solo un po', forse,” disse con un sorriso storto. “In realtà non mi sembri il tipo di ragazzo da sfuriata.”
“No, credo di non esserlo,” dissi. “A volte vorrei esserlo però, renderebbe le cose più facili non essere un totale... zerbino.”
“Non sei uno zerbino, caro,” disse. “No, a giudicare dal modo in cui gli stavi urlando ieri sera eri tutt'altro.”
Sorrisi.
“Ho i miei momenti, solo che non durano molto a lungo.”
“È la definizione di un momento.”
Non avevo alcuna risposta a questo, quindi sorrisi.
“Beh, visto che hai sentito la nostra piccola conversazione, presumo anche che tu sia pronto per una bella discussione oggi,” disse dopo una breve pausa.
Strinsi le labbra ed annuii.
“Si, certo. Più tardi potrei uscire per fare una passeggiata, ma a parte questo non vado da nessuna parte, quindi... sarò qui, suppongo.”
“Sei pronto quindi? Per il grande e terribile discorso?”
“No,” dissi sinceramente. “Ma le cose non miglioreranno fino a che non ci decidiamo a farlo. E la questione del bambino ha bisogno di essere affrontata al più presto comunque, considerando che dovrebbe nascere verso la fine di Maggio. Manca solo poco più di un mese ormai.”
“Sei molto più maturo di Harry,” disse seccamente.

*

Poche ore più tardi mi feci una doccia, indossai un paio di pantaloni della tuta puliti e un – enorme – maglione pulito e mi stavo incamminando verso l'ingresso per mettere un paio di scarpe ed uscire per andare a fare quella passeggiata che avevo pensato di fare da quando mi ero svegliato. Mi ero appena infilato una scarpa quando sentii dei passi avvicinarmisi da dietro e mi voltai appena in tempo per vedere Harry varcare la soglia e appoggiarsi allo stipite della porta.
“Stai uscendo?” Chiese.
“Solo per una passeggiata,” dissi, evitando il suo sguardo.
“Ti dispiace se vengo con te?”
“Preferirei se non venissi, a dire il vero,” dissi.
“Ma noi... abbiamo davvero bisogno di parlare,” dissi e sentii l'incertezza nella sua voce. “Voglio dire che- ecco... ho davvero bisogno di parlare con te.”
Chiusi gli occhi per un secondo prima di guardarlo.
“Lo so, ma ho bisogno di schiarirmi un po' le idee prima. Torno tra mezz'ora. Parleremo dopo.”
Lui mi guardò per un momento, quasi con sospetto.
“Non stai scappando, vero?”
“Sono incinto di otto mesi e indosso un paio di pantaloni della tuta. Dove pensi che arriverei anche se cercassi di scappare?” Chiesi seccamente.
“Non molto lontano, credo,” disse con un sorriso.
“Esatto,” dissi, appena infilata la scarpa, poi mi raddrizzai. “Torno presto, okay?”
“Si, okay.”
Annuii e gli offrii un sorriso, forse un po' teso, prima di voltarmi, aprire la porta ed uscire di casa. Mentre mi dirigevo verso la strada, pensai che la prossima volta che sarei uscito da quella porta, sarebbe stato tutto un bel po' diverso.



Occhio a me!

Okay, la prima cosa da fare è senz'altro scusarmi. So di essere in ritardo e mi dispiace davvero tanto, ma mi sono resa conto di essere ad Agosto e che tra meno di un mese ho il recupero del debito e mi sono lasciata un po' prendere dal panico. Probabilmente sarà tutta ansia inutile, perchè per una materia è difficilissimo che boccino, ma ho paura lo stesso e quindi la mia voglia di tradurre si è ridotta notevolmente, così come il tempo. Nonostante questo però lo continuo e lo continuerò a fare per voi. Il capitolo 28 lo inizierò a scrivere già un po' oggi e ferò un pezzo ogni giorno così da riuscire ad essere puntuale al mio prossimo aggiornamento.
Bene, il capitolo. Diciamo che qui succede tanto e niente. Si sono costruite un po' le fondamenta per il prossimo capitolo che penso piacerà a tutte almeno quanto è piaciuto a me e Ana. Anne si sta rivelando essere un angelo, totalmente l'opposto di Jay, ed io avrei fatto la stessa identica cosa se Louis mi fosse venuto a dire del comportamento di mio figlio. Ci voleva Anne per far smuovere la situazione su, se no quei due non avrebbero combinato niente. Vedremo se effettivamente avverrà questa fatidica discussione tra i due................ non immaginate quanto mi stia trattenendo per non anticiparvi niente, aaaaaah! Calma Giulia, Ana ha già iniziato a tradurre il capitolo e sicuramente farà un ottimo lavoro, quindi calma. Non siete le uniche che non vedono l'ora di leggere i capitoli. Io e Ana prima di postarli, una volta finiti di tradurre, li inviamo all'altra per controllare gli errori e vi giuro che ogni volta che tocca a me controllare il capitolo tradotto da Ana, mi sembra di riprovare almeno la metà delle emozioni provate la prima volta che ho letto la storia. Ed è super bello, davvero.
Continuate a lasciarci delle recensioni stupende e noi le apprezziamo sempre di più. Sappiamo di non essere perfette nella traduzione, ma voi ci date almeno un briciolo di speranza che sia così. Intanto noi stiamo cercando di migliorare sempre di più. (A parte in capitoli come questi che tradurre diventa peggio di un parto visto che la voglia è quasi totalmente assente).
Mi fermerei ancora a parlare con voi, ma devo sbrigarmi ed andare a pulire i vetri dal solotto prima che torni mia mamma da lavoro, altrimenti mi fucila.

Twitter → @Itbeatsfortwo_ 
Un bacione e a prestissimo,

Giulia.

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Capitolo 27
*** A cake sounds nice. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 27

 

Una torta suona bene.

Sabato 16 Aprile
Trentaquattro settimane e cinque giorni 


Vagai su di giri per il vicinato per oltre un’ora, ignorando il dolore alle caviglie e il mal di schiena e cercando di darmi forza per far placare il turbine di pensieri che avevo in testa. La mia rabbia dalla scorsa notte era già scomparsa, ciò mi faceva arrabbiare con me stesso per non essere in grado di arrabbiarmi.
Un minimo uso della parola ‘arrabbiato’, davvero.
Mi sentivo anche confuso riguardo la conversazione fra Harry e Anne che avevo sentito quella mattina, perché le parole che erano uscite fuori dalle loro bocche mi avevano fatto quasi credere che... beh, che forse a Harry... piacessi, quello era -come Liam e Zayn avevano cercato di dirmi più di una volta - spaventoso. Se fosse stato così allora.. okay, insomma sarebbe stato fantastico. Non che fosse spaventoso lui, certo, ma il fatto che io gli piacessi. D’altronde, conoscendo Harry, c’era un’alta possibilità che non lo avrebbe mai ammesso, malgrado il fatto che sua madre lo avesse minaccia di cacciarlo di casa se non avesse messo tutte le carte in tavola. C’era anche un’altra possibilità che l’intera cosa fosse solo uno scherzo, e che quella conversazione che avevo origliato quella mattina fosse solo un fraintendimento della mia contorta immaginazione. Non che questa teoria avesse molto senso, ma d’altra parte, niente lo era al momento, quindi perché no?
Ma con questi pensieri alquanto inquietanti e da giro capo nella mia testa, iniziai a camminare di nuovo verso casa. Mi ci vollero un paio di minuti prima di arrivarci e quando lo feci, rimasi fuori la porta con la mano sulla maniglia per almeno cinque minuti., ripensando avanti e indietro riguardo alcune cose che non erano coerenti nemmeno nei sogni, riguardanti angurie e carta da parati che avevo fatto quando avevo cinque anni. Alla fine roteai gli occhi e mi diedi uno schiaffo mentale in faccia prima di aprire la porta ed entrare dentro.
Era un po’ ridicolo forse, il modo in cui ero così nervoso per il fatto di dover fare solo una semplice chiacchierata con il ragazzo che ormai conoscevo da più di un anno adesso. D’altronde, la chiacchierata non era poi così semplice, sarebbe stato di tutto ma non semplice. ‘Imbarazzante’ era una parola-chiave. ‘Lunga’ era un’altra. ‘Cruciale’ ne era una terza, perché da quello che avevo sentito dire da Anne a Harry riguardo la conversazione, avrebbe dovuto includere anche la discussione su cosa avremmo dovuto fare con il bambino. Era questo il momento in cui avremmo dovuto prendere una decisione finale? Adesso? Se così fosse, avevo una forte sensazione che tutta questa situazione non sarebbe finita bene, soprattutto non se Harry fosse stato ancora irremovibile sulla decisione di mantenere il bambino perchè... beh, ero ancora più propenso a darlo in adozione. Il pensiero mi fece venire un grumo di tristezza in gola,  ma mi forzai di farlo tornare indietro mentre percorrevo tutta la casa alla ricerca di Harry.
Non era in cucina, dove trovai Anne, Connor e Adrian, che erano seduti sul tavolo con un vasto assortimento di fogli e pastelli sparsi tutti intorno a loro, e non riuscii a trovarlo nemmeno in salotto, questo mi fece credere che fosse in camera sua. 
Bussai tre volte quando raggiunsi la sua porta e allora aspettai. E aspettai. E aspettai. Quando passarono almeno venti secondi e non sentii nessun suono, provai un’altra volta. Niente nemmeno questa volta. Corrugai la fronte, un po' confuso. Non era andato da nessuno parte, giusto? Aveva detto che voleva che parlassimo e io gli avevo detto che sarei tornato prima che si facesse troppo tardi. Cercai di bussare un’altra volta, ma non ricevetti ancora nessuna risposta. Pensando che per qualche motivo si fosse addormentato e che questa fosse la ragione per cui non aveva risposto, aprii la porta esitante ed entrai in camera. 
Esattamente due secondi e cinque fu il tempo che impiegai per pentirmi della scelta che avevo fatto.
Non che quello che vidi di fronte a me in quel momento fosse qualcosa su cui non avessi fantasticato per un paio di mesi, ma ritrovarmelo inaspettatamente davanti agli occhi in un momento che non ti saresti mai aspettato, era un tantino inquietante. Era seduto su una sedia di fronte alla scrivania, mettendomi in bella mostra il suo profilo, i suoi occhi erano chiusi e aveva le cuffie. La parte insolita però era che i suoi pantaloni fossero sbottonati, che le sue mutande fossero abbassate un po’ e che la sua mano fosse avvolta in una forte stretta intorno al suo cazzo duro e davvero bello. La parte ancora più sorprendente era che il porno sul display del suo laptop non era qualcosa che un ragazzo etero avrebbe voluto vedere. 
Non sembrava che mi avesse sentito o che mi avesse visto entrare e di questo ne fui grato, perché non potevo fare altro se non rimanere lì e osservare. E forse sbavando anche un pochettino. Il suo respiro andava e veniva in ansimi incontrollati, il che fece risvegliare il mio cazzo all’interno dei pantaloni, ma questo non mi toccò minimamente. Riuscii solo a focalizzarmi su quel ragazzo che era seduto a meno di dieci metri da me e che si stava avvicinando sempre più ad un orgasmo distruttivo. I miei occhi erano incollati sulla cappella rosea - era dannatamente circonciso – dal quale fuoriusciva del liquido pre-seminale che subito dopo scompariva a metà sotto le sue dita ogni volta che la sua mano andava su e giù e.. porca puttana, questo non era per niente buono. 
Improvvisamente, e prima che avessi il tempo di reagire, Harry volse la testa di lato e - con mio immenso orrore – aprì gli occhi. Le mie interiora si gelarono, il mio cuore sussultò e un disgustoso sapore di bile invase la mia gola. Per quella che sembrò un’eternità, ci fissammo l’un l’altro, io sentendomi mortificato e lui, beh, allo stesso modo. Dopo iniziò a sbattere gli occhi e fu in quel momento che si risvegliò.
“Merda, scusa,” squittii prima di precipitarmi verso la porta e sorprendentemente correndo - correndo - nel corridoio e in camera mia. 
Non appena chiusi la porta dietro di me, mi sdraiai sul letto con la faccio rivolta verso il muro e raggomitolato con un animale. I miei sentimenti erano abbastanza incasinati in quel momento. Mi sentivo eccitato per ovvie ragioni, mi sentivo imbarazzato per essermi imbattuto in qualcosa come quello, mi sentivo mortificato per essere stato scoperto ad osservare, mi sentivo confuso sul... porno che lui stava guardando e mi sentivo incazzato che avesse scelto di farsi una fottuta sega, invece che avere la conversazione che aveva intenzione di avere con me, non meno di due ore fa. 
Allora rimossi il sentimento di rigetto che si era propagato dentro me e immediatamente sentii come se il mio corpo pesasse dieci volte di più. Forse avrei dovuto prenderlo come un suggerimento. Forse lui era attratto da ragazzi in un modo o l’altro, ma forse lo aveva fatto solo nella speranza che lo scoprissi in modo da capire che anche se gli piacevano i ragazzi, io non piacevo a lui,
Okay, dovetti anche ammettere quanto la mia teoria fosse insensata, irrealizzabile e che non avrebbe avuto senso in nessun modo.
Non ancora però.
Strappai miserabilmente un filo che pendeva dalle lenzuola e sospirai. Forse Harry doveva aver una ragione, forse l’intera questione del ‘lasciarmi vivere qui’ si sarebbe rivolta in qualcosa di strano alla fine.
Prima che avessi il tempo di sprofondare ancora di più nel mio lago di depressione, il suono della porta che si apriva raggiunse le mie orecchie e gemetti interiormente. Non c’era bisogno di voltarmi per sapere chi fosse. La porta si chiuse e poi un paio di passi avanzarono lentamente verso me. 
“Lou? Stai bene?”
Presi in considerazione, per un secondo, la possibilità di far finta di dormire, ma mi resi conto che molto probabilmente non avrebbe portato nulla di buono. 
Non alla fine almeno.
“Si,” borbottai.
“Mi... mi dispiace che tu abbia visto quello,” disse, sembrando nervoso.
“Colpa mia,” dissi piattamente.
“Si, beh, avrei potuto chiudere la porta almeno.”
“E io avrei potuto trattenermi di ficcanasare nella tua camera.”
Lo sentii ridacchiare un po’, ma pareva forzato.
“Suppongo allora che sia colpa di entrambi. Di nuovo.”
Non risposi a quello e la stanza divenne silenziosa. Io, per conto mio, non avevo idea di cosa dire, ma uno di noi doveva pur dire qualcosa per sbarazzarsi di questa stupida tensione che si era instaurata troppo spesso, ultimamente.
“Hai... visto?” disse infine, adesso sembrando ancora più nervoso di prima.
“Visto cosa?” chiesi.
“Il- il mio- beh, il... portatile.” 
Chiusi gli occhi per un secondo, pregando che qualcosa o qualcuno mi facessero scomparire magicamente da questo posto, prima di sospirare e rispondere con un brusco:
“Che ti ho visto masturbarti con un porno gay? Si, l’ho fatto.”
“Non era- voglio dire, io non-”
“Risparmiatela,” lo interruppi, ma non ero arrabbiato, non questa volta. Mi sentivo solo... avvilito e stanco, molto stanco di questo costante stato di confusione e di perplessità in cui mi trovavo.
“Non ho bisogno di una spiegazione. Dopotutto, ho solo scoperto il ragazzo che negli ultimi tre mesi mi ha assicurato che fosse etero, masturbarsi difronte a un video di due ragazzi che lo stavano facendo, e questo dopo avermi detto delle cose che un ragazzo etero non avrebbe dovuto assolutamente dire al ragazzo che prova dei sentimenti per lui, e dopo che proprio questo presunto ragazzo la scorsa notte mi ha detto che fosse solo uno scherzo.”
Mi fermai lì per un secondo e presi un lungo respiro.
“Non è... solo- se non vuoi, sai, spiegarmi nulla, okay, ma solo... smettila di incasinarmi a riguardo, okay?”
“Voglio darti una spiegazione,” disse, la sua voce gentile.
“O almeno, voglio provarci. Non posso garantirti che farò un buon lavoro.”
Un po’ esitante, mi voltai per essere in grado di vederlo. Era lontano un metro o un po’ di più 
dal letto e mi guardava con un leggero cipiglio in volto mentre si mordeva le labbra, in quello che pareva essere nervosismo. 
“Non devi se non ne hai voglia,” dissi.
“No, i-io devo,” disse con un espressione che mi diceva che stesse cercando di convincere di più se stesso che me.
“Fatti un po’ più in la,” aggiunse mentre faceva un passo avanti.
Non mi preoccupai di chiedere a cosa si riferisse quella richiesta, feci solo come mi disse e trascinai il mio corpo in modo che la mia schiena poggiasse contro il muro e le mie braccia avvolte intorno al mio stomaco. Sdraiato di schiena non era una posizione molto comoda, perché mi faceva sentire come se la mia pancia fosse una vera e propria montagna e, beh, non mi piaceva sentirmi come una montagna. Nonostante quello, rimasi in quella posizione e guardai verso l’altro giusto in tempo per vedere Harry sdraiarsi di fianco a me, anche lui di schiena, con le sue mani avvolte dietro la testa. La distanza fra entrambi era notevole, anche comoda per me, così se mi fossi spostato di lato non sarei finito sopra di lui o non sarei rimasto schiacciato in modo imbarazzante contro di lui, così questo fu quello che feci, mi misi in una posizione che mi permetteva di incontrare il suo sguardo, senza sentirmi una montagna. Almeno una cosa era andata bene.
“Okay, quindi... spiegazione,” disse, guardandomi con occhi pieni di ansia.
“Si, spiegazione.”
Fece cadere le sue braccia di lato prima di voltarsi, la sua testa allo stesso livello della mia.
Chiuse gli occhi e si pizzicò la punta del naso per un secondo, prima di indirizzare ancora una volta il suo sguardo verso di me.
“Non so nemmeno da dove iniziare,” disse, mordendosi l’interno della sua guancia.
“L’inizio è sempre un buon punto per iniziare.”
“Giusto, l’inizio,” meditò.
“Okay, l’inizio. La festa.”
“Okay, quindi davvero dall'inizio.”
“Si.”
“La festa. Giusto. Okay.”
Inspirò profondamente, chiuse gli occhi per un altro secondo e dopodiché iniziò a parlare.
“Sono stato disonesto con te riguardo a tante cose, ma una cosa su cui sono stato completamente onesto è che non ricordo davvero niente di quella notte. Cioè, beh, almeno non fino a un certo punto. E ti credo quando mi dici che abbiamo scopato, ma è- è- tu- tu non eri... tu non eri il primo ragazzo con cui lo facevo.”
Le mie sopracciglia si alzarono e la mia mascella cadde.
“Tu- pensavo- il- cosa?” farfugliai.
“Tu... tu sei stato il mio terzo ragazzo a dire la verità,” disse, apparendo sempre più ansioso ogni minuto che passava.
“M-ma allora- se- allora perché non hai- perché non lo- io-”
Mi interruppi, contrassi la mascella per un momento per connettere e poi parlai di nuovo.
“Scusa, ma come hai... se sei andato a letto con altri due ragazzi prima di me, come puoi ancora farmi credere e sostenere il fatto che sei etero? Magari per te stesso?”
“Te lo spiegherò,” disse. “Andai in un club a Manchester con Liam, Zayn e Niall un paio di volte durante l’estete. Ho incontrato questo ragazzo, e adesso non ricordo nemmeno il suo nome, ma ero ubriaco ed ero strafatto e sono finito con il fotterlo in un bagno. In pratica è successa la stessa identica cosa anche con il secondo ragazzo e mi sono sentito fottutamente disgustoso entrambe le volte, lo sai? Non durante l’atto, ma il dopo, perché non sono gay, non sono mai stato attratto dai ragazzi, e poi ad un certo punto sono stato con due diversi ragazzi nel giro di un mese, quando intorno c’erano un mucchio di ragazze con cui mi sarei potuto mettere insieme molto semplicemente. C’era anche da dire che all’epoca mi trovavo nel periodo in cui dovevo mettermi insieme a Lauren, così è stato solo un enorme, fottuto casino.” 
Mi ritrovavo in un faticoso ragionamento dovuto a tutto questo, ma che diavolo? Tuttavia annuii, non volendo fermarlo.
“Questo accadde intorno alla fine di luglio e via di lì, trascorsi una settimana e qualcosa di più solo nel cercare di dimenticare tutto e funzionò molto bene finché non iniziai ad uscire con Lauren tutto il tempo e mi innamorai di lei, fingendo che tutto ciò successo in quel club fosse stata solo una circostanza del momento. Ovviamente non ricordo di aver dormito con te alla festa, quindi appena è iniziata nuovamente la scuola, mi sono scordato più o meno dell’intera faccenda e tutto è tornato alla normalità. Ma dopo sei apparso tu e mi hai detto cosa fosse successo, sul bambino, e ogni singola cosa è sprofondata di nuovo nella merda.”
“Scusa,” dissi, non sapendo cosa dire.
“Non ti  sto incolpando, idiota,” disse con un tenue sorriso. “Ma mi ha fatto ritornare di nuovo in uno stato di confusione ovviamente. Ma quando il bambino è iniziato a diventare una parte così grande della mia vita, Lauren ed io ci siamo messi insieme seriamente, e l’intera questione 'gay' è stata messa da parte per un po’ di tempo. Inizialmente non trovavo nessuna attrazione nei tuoi confronti, ero solo spaventato che ad un certo punto forse sarebbe successo, così avevo messo da parte tutto il resto.”
Ruppi il contatto visivo con lui a quel punto, e voltai lo sguardo verso il basso mentre sentivo calare sopra di me un sentimento di delusione.
“Oh, okay,” fu tutto quello che riuscii dire.
“Ma,” continuò e mi risollevai di morale, sentendo un bagliore di speranza apparire nel mio petto. “Dopo ci fu l’incidente in camera tua e... le cose si incasinarono un’altra volta.”
“Si, con l’intera cosa ‘hai quasi ucciso nostro figlio' e tutto il resto,” borbottai.
Gli angoli della sua bocca si curvarono verso il basso dopo quello.
“Si.”
Ci furono due secondi di pausa prima che continuasse.
“E- beh per farla breve: Pensare che gli avessi fatto del male o quasi averlo ucciso, e di conseguenza perdere te, mi portò a pensare ed... è iniziato a diventare- cioè, ho iniziato a chiedermi se ci fosse una possibilità che in verità tu mi piacessi.”
“E- cosa hai- e in conclusione?” chiesi esitante, guardandolo con occhi spalancati e carichi di speranza che riflettevano ciò che stata succedendo nella mia testa.
Annuì.
“Si. Pensavo che i sentimenti con il passare del tempo sarebbe scomparsi e ancora una volta, le cose sarebbero tornate alla normalità. E poi-”
“Harry, per favore,” lo interruppi, la mia voce si ruppe leggermente alla fine. “Non ho bisogno di sentire tutta la storia, solo- solo per per favore... dimmi se sei stato sincero Mercoledì notte, quando mi hai detto che- che non sarei stata la tua ultima scelta se fossi stato single. Questo è tutto ciò che ho bisogno di sapere.”
Fu preso alla sprovvista e trascorse un momento o due semplicemente a guardarmi dritto negli occhi, prima di rispondere.
“L-lo ero. Ero sincero,” disse e dopo deglutii sonoramente.
Lo aveva detto alla fine. Finalmente. Definitivamente. Era semplicemente un caos totale, ma tuttavia mi fece venir voglia di piangere di gioia. Per evitare di farlo, gli offrii un sorriso traballante.
“Non manderai tutto a monte adesso, vero?” chiesi, leggermente imbarazzato del tremolio nella mia voce.
“No,” disse fermamente. “No, io ho... fatto abbastanza invece, non meriti di dover sopportare tutta la mia merda. Quindi no, non manderò tutto a monte.”
“Okay,” dissi, sorridendo ancora come un’idiota; non mi pareva che avessi voglia di smettere di farlo. “È- cioè, per l’esattezza cosa... significa, quindi?”
“Significa ciò che ho detto,” rispose. “Che se fossi single, allora qualcosa di non platonico... sarebbe potuto nascere tra noi due.”
Giusto. Se fosse single. Ciò che non era. La mia felicità si sbiadì un po’, quando quel pensiero mi colpì in pieno. 
“Buono a sapersi, suppongo,” dissi.
“Buono a sapersi?” disse, alzando le sopracciglia. “Questo è tutto ciò che hai da dire?”
“Beh, io- come hai detto, qualcosa sarebbe potuto nascere tra noi due se tu fossi single, ma non lo sei, quindi... si. Non ho molto da dire, credo.”
“Non mi vuoi chiedere se c’è una possibilità che rompa con Lauren per stare con te?”
“Cosa? Lo faresti?” Parlai senza riflettere, prima di fermarmi.
“No, ma pensavo che me lo chiedessi,” disse con una semplice alzata di spalle.
Il mio momentaneo imbarazzo fu messo da parte e subito sostituito dall’esasperazione e aggrottai aspramente le sopracciglia.
“Perché ti preoccupi così tanto di mettere in mezzo cose come quelle, se alla fine ci rimango male lo stesso?”
“Scusa,” disse con un sorriso di scuse.
“Si.”
La stanza divenne silenziosa, ma durò solo per qualche momento, prima che Harry iniziasse a parlare di nuovo.
“Ma... sappi solo che mi piaci, okay?” Disse, guardandomi con occhi pieni di affetto.
“Non romperò con Lauren, ma mi piaci molto comunque. Sei... sei bellissimo, forte, dolce, intelligente, fantastico e... se te lo stavi chiedendo, il bacio di quel giorno mi è piaciuto parecchio. Era un bel bacio, un bacio fantastico.”
Sentirgli dire quelle cose mi fece venir voglia di strapparmi i capelli in pura frustrazione e, allo stesso tempo, mi fece venir voglia di rattoppare il mio povero cuore. Dopo averci girato intorno per così tanti mesi a pensare che non sarei mai piaciuto ad Harry, adesso avevo scoperto che gli piacevo ma che, allo stesso tempo, non saremmo potuti andare oltre all’essere amici perché lui non avrebbe rotto con la sua stupida, noiosa puttana di ragazza che sembrava non piacere a nessuno. Era frustante da dire.
“Si, lo era,” dissi semplicemente, sorridendo debolmente.
Allungò una sua mano e la posò sulla mia, poggiata a sua volta sul mio stomaco, e intrecciò le nostre dita. Chiusi gli occhi e mi permisi di godere di quell’emozione per un po’, immaginando come questo gesto sarebbe potuto essere se in tutta questa situazione non ci fosse stata Lauren e se avessi potuto avere Harry tutto per me.
“Forse dovremmo... cambiare argomento?” chiese dopo un bel po’ di tempo e aprii gli occhi di nuovo.
“Certo,” dissi, pensando comunque che non è che avessimo parlato di quello poi così tanto. 
“Uhm, okay, nuovo e anche più difficile argomento: Scegliere l’adozione o non scegliere per l’adozione,” disse. Con mia leggero entusiasmo, non spostò la mano.
“Giusto,” borbottai, guardandolo con nervosismo.
“Ci hai pensato ancora, riguardo a questo?”
Risi un pochettino a quello.
“Partorirò fra poco più di un mese, Harry,” dissi. “Certo che ci ho pensato.”
“E?” disse, guardandomi in attesa, speranzoso.
Era dannatamente orribile essere l’unico a dover mettere fine a quella speranza e a quella aspettativa nei suoi occhi, ma sapevo di non avere scelta.
“I-io non posso,” dissi, la mia voce non più di un sussurro. “Non possiamo tenerlo. Non- non voglio.”
Fu ancora più brutto di come mi aspettavo, vedere quel luccichio morire proprio difronte ai miei occhi. Le sue labbra tremarono un po’, le sue sopracciglia si accartocciarono miseramente e la presa che aveva intorno la mia mano, diminuii. 
“Tu non lo vuoi tenere,” biascicò dopo una lunga pausa.
Scossi la testa e lo guardai supplichevole, chiedendogli silenziosamente di non essere arrabbiato con me.
“Per favore, non odiarmi,” dissi.
“Non ti odio,” disse con un piccolissimo sorriso, che comparì sulle sue labbra. “Ma... ma c’è- c’è qualche possibilità che tu possa cambiare idea?”
Scossi la testa un ‘altra volta.
“No,” dissi. “I-io odio farlo, davvero, ma non voglio rovinare né la mia vita né la tua, oppure essere colui che te ne ha data una miserabile. Voglio fare qualcosa mentre sono ancora giovane, Harry, e voglio che tu faccia lo stesso, piuttosto che mandare all'aria tutta la tua vita per una scopata da ubriaco che non sarebbe mai dovuta accadere.”
“Non manderei tutto all’aria per una scopata da ubriaco,” disse, il modo in cui la sua voce uscii era quasi supplicante.  “Non manderei all’aria nulla, ma se potessi, lo farei per mio figlio e il ragazzo a cui tengo molto. Manderei all’aria tutta la mia vita per quello, Lou.”
Dovetti fermarmi per un paio di secondi per ricacciare le lacrime dentro, prima di rispondere.
“Ci hai pensato per davvero?” chiesi con voce roca. “Hai mai pensato cosa significherebbe per te e per Lauren, per la tua relazione in futuro e per, beh, tutto?”
“Certo che ho-”
“Non credo che tu lo abbia fatto,” lo interruppi. “L'ho già detto, ma se lo tenessimo, le nostre vite verrebbero messe completamente sottosopra per tanti, tanti anni da adesso e saremmo legati ad una vita piena di responsabilità.”
“Ci ho pensato un milione di volte,” disse, la speranza riapparve di nuovo nei suoi occhi.
Alla fine ruppi il contatto con i suoi occhi e guardai verso il basso.    
“N-non posso,” dissi dopo. “Daremo in adozione il bambino e, facendolo,gli daremo una vita felice e sana.”
Lo sentii inspirano un profondo e tremolante respiro. 
“Okay,” disse allora, la sua voce si spezzo sulla ‘a’. “Okay.”
Guardai verso l’alto ancora una volta e incontrai il suo sguardo.
“Mi dispiace,” dissi con voce a malapena udibile.
“È tutto okay,” disse, afferrando la mia mano un po’ più forte. “Almeno lo terremo in braccio per un po’ dopo che sarà nato, giusto?”
Il pensiero di quello mi fece venir voglia di gemere con disperazione e tristezza, ma ciononostante sorrisi e annuii.
“Si.”
Mi offrii un piccolo sorriso, ma non disse nulla, e così ci immergemmo in un tranquillo silenzio.
Vedere di fronte ai miei occhi quanto scioccato fosse rimasto Harry, al pensiero di non poter e crescere il bambino, era straziante, per usare un eufemismo, ma sapevo che stavo facendo la cosa giusta. Lo sapevo. Era la decisione più giusta e questo lo sapevo. Ne ero sicuro al cento percento. Nessun dubbio.
“Louis?” disse Harry alla fine.
“Si?”
“Possiamo- potrebbe... potrebbe essere un po’ strano se per esempio, fingessimo?” chiese nervosamente. “Solo per un po’?”
“Fingere cosa?” dissi, guardandolo dubbioso.
“Che alla fine decidessimo di tenerlo.”
“Io- cosa? Perché- perché dovremmo fingere di... tenerlo?” chiesi, guardandolo con occhi spalancati.
“Così e basta,” disse con un tenue sorriso.
“Ma io-”
“Per favore Lou, fammelo credere solo per un paio di minuti,” disse interrompendomi delicatamente. 
In vita mia non avrei mai capito in che modo questa finzione avrebbe potuto aiutarlo, ma non potei rifiutare. Sostanzialmente dopo avergli negato l’opportunità di poter conoscere suo figlio, non potevo negargli più niente. Almeno non in questa situazione.
“Okay,” dissi. “Okay, credici se vuoi.”
Sorrise, pienamente questa volta, e avvicino il suo corpo un po’ di più al mio, così che le nostre gambe si sarebbero potuto attorcigliare le une con le altre. 
“Vuoi pensare a qualche nome?” chiese dopo.
“Cosa?”
“Nomi. Per il bambino. Qualche idea?”
Avrei voluto dirgli che pensare ai nomi per il bambino avrebbe assolutamente mai e poi mai migliorato la situazione, ma i suoi occhi brillavano e il suo sorriso era contagioso e non potevo fare nient’altro, se non sospirare e farmi coinvolgere a mia volta. 
“In realtà no,” dissi. “Tu?”
“Non lo so,” disse contemplando. “Penso di avertelo già detto prima, ma due nomi sarebbero troppo fighi.”
“Questo rende le cose ancora più difficili.”
“Cosa vuoi dire?”
“Invece di doversela vedere con un solo, dobbiamo farlo con due. E tutte e due dovrebbero anche combaciare.”
“Si credo,” disse semplicemente. “Continuo a volere due nomi però. Io ho due nomi, tu hai due nomi, adempirebbe il tutto se nostro foglio avesse due nomi, non pensi?”
“Se la metti così, si, certo,” meditai. “Okay, e due nomi siano.”
“Si?”
“Mhm.” 
“Fantastico,” disse, sorridendo immensamente. 
Si fermo per un secondo.
“Cosa ne pensi di Carter?”
“Carter,” ripetei. “Un po’ strano. Perché questo nome?”
“Era quello di mio nonno,” disse. “È passato a miglior vita due anni fa, e credo che voglia solo averlo... in suo onore. Era un uomo fantastico e penso che meriti di più dell’orribile lapide che mio zia e mio zio gli hanno fatto e un occasionale mazzo di fiori.” 
“Oh,” dissi con un sorriso. “Carter. Penso che mi piaccia, ma credo che dovremmo usarlo come secondo nome perché... beh, mi dispiace dirlo, ma dandogli ‘Carter’ come primo nome, verrà preso in giro dal primo giorno di scuola superiore.” 
“Certo,” ridacchiò. “Okay, Carter è il nome numero due allora. Qual’è il primo?”
“Non lo so. Cosa ci va con Carter?”
“Harry.”
“Harry? Vuoi dare a tuo figlio il tuo stesso nome?” grugnii. “Fa molto diciannovesimo secolo.”
“Harry ci sta bene con Carter comunque, devi ammetterlo.”
“Beh si, ma non credo che lo chiamerei Harry solo per questo.”
“Beh,” brontolò. “Penso che non verrai chiamato Harry Carter, piccolo,” aggiunse dopo aver abbassato il suo sguardo sulla mia pancia e aver usato la sua mano libera per dargli dei leggeri colpetti.
“Non Harry Carter,” concordai. “Qualche suggerimento?”
“Cosa ne dici di Louis?”
“Oh andiamo,” gemetti. “Non lo chiameremo nemmeno come me. Non si discute. In più, Louis Carter sembra ridicolo.”
“Okay.”
“Hai qualche altra brillante idea? Lo vuoi chiamare come tuo padre o tuo fratello, chissà?”
“Ehi ehi vacci piano,” disapprovò. “Okay, niente più nomi di parenti allora. Cosa ne dici di... Nathan?”
“Nathan Carter.”
Assaporai la combinazione per un paio di secondi, prima di arricciare il naso e scuotere la testa.
“Suona bene, ma ‘Nathan’ mi fa pensare solo a One Tree Hill.
“Era un bel ragazzo comunque, quello che interpretava Nathan.”
“Non è questo il punto. Immagina, ogni volta che lo sgriderò, mi sembrerà come se lo stessi facendo al Nathan di One Tree Hill,” dissi. “Scusa, ma è un no per Nathan.”
Sospirò.
“Okay, fatti venire in mente qualcos’altro allora.”
Trascorsi un bel po’ a pensare ad ogni singolo nome da ragazzo maschio che avessi sentito fino ad adesso, prima di-
“Cosa ne pensi di Samuel?”
“Samuel?”
“Si.”
Samuel Carter? Vuoi che gli sciacquino la testa nel water, o cosa?”
Roteai gli occhi. “Ho capito, non ti piace.”
“Un nome da nonno è già abbastanza, scusa,”
“Mm, si, suppongo,” mormorai. “Bene, un altro allora.”
“È difficile,” disse aggrottando la fronte. “Non pensavo che scegliere un nome fosse così difficile.”
“Non lo sarebbe se avessi fatto tutto da solo,” dissi con un sorriso sarcastico. “Ti saresti dovuto fermare a Harry Carter.”
“Sarebbe stato troppo figo,” disse. “Saremmo stati Harry e Harry junior.”
“‘Harry junior’ ... suona come se stessi parlando del tuo pene.”
“Se stessi parlando del mio pene, io sarei stato Harry junior e il mio pene sarebbe stato Harry.”
Arricciai il naso.
“Questo è... non lo so, disgustoso.”
“Scusami?” disse, facendo finta di offendersi. “Stai chiamando il mio prezioso-”
“Okay, non dire più niente,” lo interruppi. “Possiamo tornare a parlare di nomi?”
Ghigno brillantemente dopo quello.
“Perché? Pensavo che volessi il mio ca-”
“Harry!”
“Scusa. Okay, nomi.”
“Ti ringrazio,” dissi, prendendomi un secondo così che la mia faccia tornasse a un colorito normale, prima di continuare.
“Che ne dici di Aidan?”
“Il nome?”
Roteai gli occhi.
“No, la mia insegnante di musica del quarto anno. Si, il nome.”
“Aidan Carter,” constatò. “Sai una cosa? Stranamente mi piace.”
“Si?”
“Come Carter è un po’ insolito, ma è bello variare un po’, vero?”
Sorrisi.
“Si, lo penso anche io. Aidan Carter allora?”
“Si, Aidan Carter,” disse, ricambiando il sorriso. 
“Fantastico.”
“Mm. Per quanto riguarda il cognome?”
Corrucciai la fronte.
“In realtà non ci avevo ancora pensato,” dissi. “Come funziona con i bambini che hanno genitori con cognomi diversi?” 
“Di solito non hanno entrambi i cognomi o solo quello del padre?”
“Suppongo che qui il padre sia tu,” dissi, alzando un sopracciglio.
“Beh, in modo tradizionale, si,” disse. “Voglio dire, sei tu che sei incinto.”
“Credo di si. Quindi... avrà il tuo di cognome?”
“Nah,” disse con una leggere alzata di spalle. “Credo che debba avere anche il tuo. Due cognomi non hanno mai fatto male a nessuno.”
“Suppongo di no,” dissi, sorridendo debolmente.
“Quindi verrà chiamato Aidan Carter Tomlinson Styles? Un po’ uno sciogli lingua, vero?”
“Non c’è bisogno che usi tutto il nome comunque, potrà usare il suo primo nome e il cognome, se vuole. Ma credo che il suo nome per intero debba essere tutti e quattro i nomi, si.” 
Sorrisi di nuovo, questa volta ampiamente.
“Okay allora,”
Posai il mio sguardo sul mio stomaco, dove le mia dita e quelle di Harry erano ancora intrecciate insieme.
“Cosa ne pensi del tuo nome, piccolo?” chiesi allora. “Ti piace?”
Non ricevetti nessuna risposta, ma sorrisi lo stesso.
“Ci hai ascoltati parlare per tanto tempo, vero?” disse Harry dolcemente. “Non mi sembra più il caso di infastidirti. Non ti biasimo.”
“Forse si è addormentato,” sussurrai.
“I bambini dormono quando sono nella pancia?... beh, non in un utero in questo caso, ma penso che tu abbia capito.”
“Certo che lo fanno,” ridacchiò. “Pensi che rimangano svegli ventiquattro ore su ventiquattro?”
“Non lo so,” dissi impotente. “Come potrei sapere cose del genere?”
“Leggendo il libro che ti ho regalato secoli fa,” disse con un sopracciglio alzato e un sorriso divertito che spuntò agli angola della sua bocca.
“L’ho letto, ma non diceva niente sulle abitudini dei bambini mentre dormono,” dissi in difensiva. “Tu hai qualche risposta, visto che sai tutto?”
“Si, lo so in realtà,” disse, guardandomi ancora divertito. “Apparentemente i bambini non ancora nati dormono tra le quindici e le diciotto ore al giorno, come un neonato.”
“Dalle quindici alle diciotto ore al giorno? È impossibile che questo qui dorma così tanto; queste solo le ore in cui scalcia non in cui dorme.” 
“Forse è in ottima salute e non ha bisogno di dormire.”
“Si, è così.”
Ridacchiò, ma non disse nulla. Dopo un paio di secondi, impallidì e subito dopo il ghigno venne sostituito da un espressione ansiosa. Un altro momento di assoluto silenzio, poi parlò di nuovo.
“Uhm, guarda, per... per quanto riguarda la cosa di quando mi hai scoperto,” iniziò. “Era solo-”
“Non voglio davvero nessuna spiegazione,” lo interruppi. “Mi hai detto che ti piaccio, ciò significa che non sei completamente contro l’idea di stare con un ragazzo, che spiega anche il... porno gay e-”
“Si, ma io-”
“Harry per favore, ti ho scoperto mentre di stavi masturbando, non è la fine del mondo.”
Potrebbe essere la fine della mia sanità mentale però.
Mi guardò con le sopracciglia corrugate e labbra contratte, apparentemente come se stesso cercando di capire e cercare qualche cosa da dire. Dopo un paio di secondi la sua espressione sparì.
“Okay, se ne sei sicuro,” fu tutto quello che disse.
“Si, ne sono sicuro,” dissi fermamente.
“Mm, okay,”
Poi, un evidente ghigno gli apparve di nuovo in volto.
“Ti è piaciuto?”
Non avevo bisogno di chiedere a cosa si stesse riferendo; la mia faccia immediatamente divenne rossa e iniziò a riscaldarsi sempre di più, come il sole, e mi sforzai per non nascondere il mio viso nel cuscino.
“Harry andiamo,” dissi, cercando di ridacchiare un po’. 
“Lo prendo come un si allora,” disse, il suo ghigno crebbe in modo spropositato. 
“Smetti di fare il rompiscatole,” borbottai.
Mi sorrise mentre sollevava sua mano, che adesso non riposava più sul mio stomaco, e l’appoggiava gentilmente sulla mia guancia.
“Sei stanco?” chiese allora.
“Non molto, stranamente,” dissi.
“Beh, io sono sicuro di esserlo,” disse, sbattendo le palpebre stancamente. “Vuoi coccolarmi e dormire?”
“Tu vuoi coccolarmi?” Chiesi esitante.
Il suo sorriso vacillò e la mano che era poggiata sulla mia guancia, scese leggermente.
“Non... vuoi?” chiese esitante.
“No, no, certo che voglio,” dissi velocemente, non volendo finire di nuovo a litigare. “Ho solo immaginato, sai, con tutta la questione che... ti piaccio e che tu piaci a me e tu che hai una ragazza e-”
“Possiamo ancora coccolarci, idiota,” ridacchiò, la sua mano ritornò di nuovo sulla mia guancia. “E lei ora non entrerà qui dentro, quindi non c’è bisogno che ti preoccupi così tanto nel caso ti prenda a calci in culo o altro.”
Alzai le sopracciglia.
“Pensi che la tua ragazza mi possa prendere a calci in culo? Grazie tante.”
“Fa karaté tesoro, e tu sei incinto.”
Le mie guance si colorarono di rosso, e il mio cuore fece un salto extra a quel nomignolo, ma optai di non commentare.
“Bene, allora forse lei potrebbe prendere il mio culo a calci,” dissi semplicemente.
“Si, potrebbe. Mi ha già preso a pugni una volta. Fa un male cane.”
“Aw, la spaventosa ragazza ti ha pestato?”
“Si, lo ha fatto.”
Mi misi a ridere.
“Sembra che ti sia ripreso molto bene.”
“Suppongo di si,” disse semplicemente. “Quindi, riguardo la cosa ‘coccole e dormire'?”
Non potevo mettere in discussione nient’altro - oltre all’evidenza - e con una silenziosa alzata di spalle dissi ‘certo, perché no?’.
La sua faccia si illuminò all’istante.
“Allora vieni qui,” disse, capovolgendosi di schiena e indicando il suo petto.
“Ti ho già detto che sono un buon cuscino,” aggiunse quando lo osservai con leggera confusione.
“Harry, hai presente di che taglia sia il mio stomaco ultimamente?” chiesi, alzando le mie sopracciglia nella sua direzione.
“L’unico modo in cui possa funzionare e mettermi a cucchiaio.”
“Stronzata,” disse semplicemente.
“Forza, sdraiati.”
Ancora un po’ dubbioso in che modo ci saremmo riusciti, trascinai il mio corpo verso il suo, e occhieggiandolo brevemente e con esitazione, poggiai la testa sul suo petto. Il mio stomaco premeva scomodamente sul suo fianco e sbuffai un po’, seccato. 
“Vedi?” dissi con un cipiglio irritato in volto che, molto probabilmente, lui non era in grado di vedere. “È in mezzo.”
Lo sentii ridacchiare un po’ e avrei voluto schiaffeggiargli la spalla per aver riso di me, ma prima che lo facessi, la pressione sulla mia pancia scomparì immediatamente e mi resi conto che si era spostato un po’ di lato, così adesso il suo corpo ero disteso in diagonale sul letto.
“Sono un fottuto genio,” canticchiò.
“Adesso c’è spazio per te, per me e per la tua enorme-”
“Ehi!”
“Beh, lo hai detto tu stesso.”
“È diverso sentirselo dire da altri.”
“Okay, scusa. Rifaccio la frase. Adesso c’è spazio per te, per me e per il nostro piccolo non nato.”
“Ti ringrazio.”
“Prego.”
Sorrisi un po’ a me stesso e strofinai la mia faccia sul suo petto, mentre avvolgevo le braccia intorno a lui meglio che riuscissi.
“Avevi ragione,” biascicai. “Sei davvero un ottimo cuscino.”
Optai di non menzionare il fatto che avesse un profumo fantastico, inoltre.
“Mm, lo so,” disse e sentii un sorriso nella sua voce. 
Un breve momento di silenzio ci avvolse.
“Ehi, abbiamo appena avuto una lunga e produttiva conversazione, e nessuno ha iniziato ad urlare.” disse poi, la voce morbida.
“Che traguardo,” ridacchiai. Sentii una delle sue mani iniziare a fare su e giù dietro la mia schiena lentamente e sospirai dalla contentezza; questo si che era bello.
“Penso che lo sia,” disse. “Dovremmo preparare una torta o qualcos’altro dopo, per festeggiare.”
“Mm, una torta suona bene,” borbottaii, iniziando a sentire la stanchezza invadere il mio corpo. “Adesso sono stanco comunque, quindi possiamo mettere in gioco la carta del dormire?”
“Certo,” disse e dopo sentii premere un paio di labbra sulla mia testa. 
Ci fu una breve pausa quando sospirai dalla felicità e strofinai il mio viso ancora una volta contro il suo petto, ma poi iniziò a parlare di nuovo.
“Mi piacerebbe fare tutto questo un’altra volta, solo... da qualche altra parte.”
Era una frase uscita ad istinto, ma tuttavia capii cosa intendesse, e mi bloccai.
“Si, beh hai una ragazza,” Dissi alla fine.
Lo sentii sospirare un po’, prima di pronunciare un silenzioso “si, ce l’ho.”
Non risposi e lui non aprii più bocca di nuovo, e dopo un paio di minuti mi ero già addormentato, sentendomi più felice rispetto ad altre oltre. Ma allo stesso tempo, c’era uno strano sentimento di vuoto nel mio petto.
Oppure forse non era poi così strano. 



HI FELLAS!

Eccomi qui, in anticipo questa volta.
Non ho aspettato più di tanto a tradurre questo sconcertante, travolgente e... inaspettato capitolo.
Abbiamo un Louis con buone intenzioni, e un Harry che non sa “tenere le mani al proprio posto” *coff coff*.
Chi lo avrebbe mai detto eh? Che il nostro Harry sarebbe stato beccato in pieno fallo (la scena ha imbarazzato anche me..).
Ma poi dopo, tutto assume una piega diversa: la confessione dei sentimenti di Harry a Louis.
Forse è stata una delle scene più belle della storia, non lo pensate anche voi? Il nostro piccolo Tomlinson è lì, indifeso ma forte abbastanza da confessare ciò che prova anche lui. Stanno crescendo anche loro, un bambino fa questo e altro.
Il nostro caro non nato.
Hanno deciso di darlo in adozione, ma pensate davvero che Harry rinunci a qualcosa di così importante così facilmente? Io non credo, ma di cose ne devo ancora succedere; vedremo cosa accadrà.
Detto questo devo confessarvi una cosa, cioè che tradurre un capitolo (questo tredici pagine di traduzione in tre giorni, I’m so damn crazy..) è più semplice che scrivere in questo spazio finale. 
Non so mai che cosa dire, rileggo e correggo ahahahah 
Quindi mi scuso se non sono così esperta a farlo, dovete solo sapere che noi vi ringraziamo con tutte noi stesse per seguire/recensire/commentare mentalmente ogni singola volta. 
Vi vogliamo bene, a ogni singola ragazza/o (oh yeah) che la legge, merita questo e altro. 
Ah dimenticavo, ringrazio ufficialmente alcune delle ragazze che ad ogni capitolo, ci fanno emozionare e crepare con le loro chilometriche recensioni, loro sono: _DarkNightmare, DontForgetWhoYouAre e Giulia_Choppers.
Un bacione grande grande, okay? Un ringraziamento spazialeeeee(?) ahahahaha<3
Ovviamente tutte le altre ragazze che non ho citato non sono messe in disparte, anche voi siete nel nostro cuore, d’accordo? Un abbraccio anche a voi<3
Ho finito credo, fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima x.
Twitter → @Itbeatsfortwo_ 

Ana.

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Capitolo 28
*** So all in all, things are actually...okay. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.

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Capitolo 28



Quindi, tutto sommato, le cose ora andavano... bene.

Dopo il grande discorso tra me e Harry, il giorno seguente passò in relativo silenzio. Un po' mi aspettavo che le cose cambiassero radicalmente ora che entrambi avevamo confessato i nostri sentimenti per l'altro, ma in realtà non era cambiato niente.
Di tanto in tanto c'era qualche scambio di sguardi, un po' più profondi di quanto lo erano stati la settimana scorsa, e i sorrisi che ci scambiavamo contenevano le poche parole non dette. Ma a parte questo, tutto era come era sempre stato. Mi chiedevo se Harry avesse detto ad Anne quello che era successo tra noi, ma me lo chiesi solo per un giorno perché a giudicare dal sorriso che, difficile da passare in osservato, si formò sul viso della donna durante la cena il giorno dopo, arrivai alla conclusione che si, sapeva. Non che mi desse fastidio, ma per me era un concetto difficile da accettare quello che un adulto intorno a me sapesse dettagli personali sugli aspetti privati della mia vita.
Entrambi andammo al controllo Lunedì, e non successe niente fuori dall'ordinario – eccetto che il mio peso di trentacinque settimane fosse di settantanove chili e che fossi scoppiato a piangere prima che il dottore mi rassicurasse che tutto quel peso, o almeno la maggior parte, sarebbe scomparso una volta che il bambino sarebbe nato. Non avevamo parlato della questione del metodo del parto, ma l'avevo tirata fuori e avevamo deciso che sarei andato ad un altro appuntamento la settimana successiva – il 25 Aprile alle cinque in punto – e che avremmo discusso di quel problema.
Harry ed io passammo qualche serata nel suo letto, facendoci le coccole e guardando film nel suo computer. Era bello passare del tempo con qualcuno senza nessun problema e nessun dramma per una volta, ma non potevo negare che passare almeno tre ore appiccicato al ragazzo del quale avrei potuto o non avrei potuto essere totalmente innamorato, senza fare niente che andasse oltre le semplici coccole, mi faceva sentire terribilmente frustrato. Frustrato e con il disperato bisogno di... qualunque cosa. Considerando il fatto che il vibratore che Harry mi aveva comprato una volta era rimasto sepolto nel cassetto della casa di mia mamma, ero stato costretto ad accontentarmi della mia mano e, beh, a causa della grandezza del mio stomaco, non riuscivo a portare le dita dove le avrei volute avere. Ma lasciando perdere la frustrazione sessuale causata dalle nostre serate-film, per nessuna ragione avrei smesso di farle, così scelsi i piccoli momenti di coccole seguiti da una rapida, piagnucolante masturbazione appena la porta della mia stanza si chiudeva alle mie spalle.

Martedì 21 Aprile
Trentacinque settimane e tre giorni


Il Martedì era orribile. Fu la conclusione al quale ero giunto una volta messi i piedi dentro casa e una volta lasciata cadere la borsa sul pavimento dell'entrata del corridoio. Avevo cominciato la giornata esausto e così continuavo ad essere; il fatto che Harry mi avesse detto che non poteva portarmi a casa perché sarebbe uscito con Lauren proprio dopo scuola non aiutava molto. E così avevo dovuto prendere l'autobus, che peggiorò ancora di più la situazione. Quindi Martedì fu orribile, ma comunque, lo erano tutti gli altri giorni eccetto i Sabati e le Domeniche. A più di trentacinque settimana di gravidanza io ero... beh, ero grosso. Mi sarei già dovuto sentire grosso da qualche settimana prima, ma ora ero... eccessivo. Mi sentivo più grande di quanto effettivamente ero, che era una sorta di sollievo, ma quando provavo a guardare la mia immagine riflessa nello specchio, mi diventava dolorosamente ovvio che il mio corpo non era più piccolo e leggermente rotondo come lo era stato negli ultimi tre mesi.
Lasciai uscire uno sbuffo irritato prima di distogliere lo sguardo dallo specchio, togliermi le scarpe e incamminarmi verso la cucina dove sentii il suono familiare di pentole e padelle. Ma poi vagai con lo sguardo nella cucina, più per abitudine che per altro, e immediatamente desiderai di poter ritornare tre minuti indietro nel tempo e non permettere a me stesso di entrare nella cucina.
Harry era seduto al tavolo e, seduta sulle sue gambe con le labbra attaccate alla sua guancia, c'era Lauren. Non sapevo bene cosa fare perché per quanto ne sapessi Lauren non sapeva che io vivevo lì e, beh, probabilmente vedermi in piedi nel mezzo della cucina senza intenzione di andarmene, sarebbe sembrato un po' sospetto.
“La cena sarà pronta tra un'ora circa,” sentii Anne dire prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa e prima che Harry e Lauren mi notassero. Mi guardarono entrambi e, con mia sorpresa, Lauren non espresse nessuna sorta di confusione. Tutto ciò che fece fu rivolgermi uno sguardo acido prima di riportare la sua attenzione su Harry. Lui, con mia ancora più grande sorpresa, mi sorrise come se non ci fosse niente di strano in quella situazione.
“Uhm, si, ottimo,” dissi distrattamente, in risposta all'ultima affermazione di Anne.
“Come mai sei tornato a casa così tardi?” Mi chiese. “Perchè non ti sei fatto dare un passaggio da Harry?”
“Bella domanda,” dissi rivolgendo un veloce sguardo torvo in direzione di Harry. Tutto quello che fece in risposta fu staccare gli occhi da Lauren quanto bastava per rivolgermi un sorriso di scuse. Non lo ricambiai.
“Beh, sembri un po' stanco ora,” continuò Anne, che non sembrava essersi accorta della mia improvvisa irritazione. “Perchè non vai a stenderti dopo pranzo?”
“Oh, uhm, certo, se non hai bisogno di aiuto,” dissi, ignorando la voce nella mia testa che mi stava dicendo di andare dritto nel letto e rimanerci per sempre. O almeno per le prossime ore.
“Vai e riposati,” disse con un piccolo sorriso. “Ho paura che cadrai per terra se resterai ancora per tanto tempo in piedi.”
“Quindi oltre ad essere grasso, non è nemmeno capace di stare in piedi?” Sentii sussurare da Lauren, ma non abbastanza forte da farlo sentire ad Anne.
“Va bene, grazie,” dissi con un sorriso un po' forzato prima di voltarmi ed uscire dalla cucina, verso la mia camera.
Una volta giunto nella privacy della mia stanza, mi stesi sul letto e chiusi gli occhi con uno sbuffo.
Harry non aveva detto che lui e Lauren sarebbero usciti? L'ultima volta che avevo controllato, per 'uscire' non si intendeva casa sua. E se comunque stava venendo a casa, perché non poteva darmi un semplice passaggio? Okay, probabilmente era a causa di Lauren, ma non importa. A parte il fatto di sentirmi un po' arrabbiato con Harry, mi sentii molto più depresso dal fatto che avrei dovuto probabilmente pranzare con Lauren quel giorno e questo le avrebbe dato più opportunità per commentare il mio peso, o almeno per lanciarmi occhiatacce di disprezzo dall'altra parte del tavolo.
Nonostante questi incoraggianti pensieri non mi ci vollero più di pochi minuti per cadere in un sonno profondo.
Fui svegliato da Connor più o meno un'ora dopo e, ancora un po' assonnato e lontano dall'essere riposato, lo seguii in cucina dove , come mi aspettavo, Lauren era seduta in una sedia di fianco ad Harry. Entrambi sembravano essere impegnati in una conversazione molto più interessante del mio arrivo e nessuno dei due mi guardò. Fu così anche per gran parte della cena, con l'eccezzione di due o tre fredde occhiate che ricevetti da Lauren e l'occhiata di scuse da Harry. Per fortuna tutti quelli intorno al tavolo stavano parlando e Connor e Adrian stavano facendo il solito trambusto, quindi non dovetti preoccuparmi di chi avrebbe potuto accorgersi del leggero senso di amarezza che mi si era impiantato nella bocca dello stomaco. Mi alzai dalla sedia appena ebbi finito di mangiare e riuscii ad urtare il tavolo con il mio stomaco facendolo, guadagnandomi un'altra occhiata derisoria da Lauren. Dopo aver proferito un veloce 'scusate', misi il mio piatto nella lavastoviglie e mi sbrigai ad uscire dalla stanza prima che potessi fare altro che mi avrebbe poi causato imbarazzo.
Quando entrai di nuovo nella mia stanza, notai che il mio cellulare, che avevo lasciato sul comodino, stava lampeggiando e segnalando un nuovo messaggio o una chiamata persa. Una volta preso in mano, notai che c'erano entrambe. La chiamata persa era, con mia sorpresa, di Owen, e così anche il messaggio. Non avevo più sentito Owen da quando avevo lasciato casa, cosa che trovai molto strana visto che lui avrebbe dovuto sicuramente notare che non ero più lì. Ma poi iniziai a pensare che forse aveva parlato con mamma e Ian e aveva deciso che ero un mostro anormale dopotutto e che lui stesso non aveva più voluto avere qualsiasi contatto con me. Il pensiero mi fece sentire abbastanza depresso perché in pratica significava che non avevo più una famiglia, o almeno non vicino a me.
Leggermente curioso, aprii il messaggio e lessi le due parole.

Dove sei? Stai bene?

Non ebbi nessuna reazione, ma il fatto che avesse provato a contattarmi per due volte significava che non mi odiasse. Invece che inviargli un messaggio in risposta, composi il suo numero e spinsi 'chiama'. Non ci vollero più di uno squillo prima che sentissi rispondere alla chiamata dall'altro capo della linea.

Lou?” Disse immediatamente la voce di Owen.
“Si, ciao,” dissi.
Dove sei? Perchè non torni a casa da, tipo, due settimane?
“Cosa? Mamma e Ian non ti hanno detto niente?” Dissi, sentendomi un po' sorpreso.
Non mi hanno detto che cosa? Tutto quello che mi hanno detto è che non devo essere in contatto con te e poi hanno eliminato il tuo numero, tutti i messaggi e tutte le chiamate dal mio cellulare e quindi non avevo più il tuo numero memorizzato, così ho dovuto chiamare Eleanor per riaverlo. Quindi che sta succedendo?
Okay, se non altro c'era una spiegazione per cui non avevo avuto nessuna sua notizia. Era una sorta di sollievo.
“Purtroppo non sono così tanto sorpreso che ti abbiano vietato di contattarmi,” mormorai. “Loro- o, beh, in particolare Ian, mi ha cacciato di casa.”
Cosa?
“Apparentemente il fatto che io sia gay si riflette male su di noi,” dissi con una risata priva di umorismo. “Quindi mi hanno cacciato.”
E mamma era d'accordo?
“Si.”
Fottuta puttana! Le farò-
“No, non lo farai,” lo interruppi. “Va tutto bene, perciò tu non farai proprio niente. Io e mamma non siamo mai stati particolarmente uniti ed io-”
Resta comunque tua madre, idiota! Lei dovrebbe proteggerti da qualunque cosa.
“Si, beh, sembra che qualcuno abbia dimenticato di dirglielo.”
Un battito di silenzio passò tra di noi prima di:
Quindi non.... tornerai a casa?” Chiese tranquillamente Owen.
“Anche se lo volessi, non avrei scelta considerando che mi hanno detto di andarmene di casa, quindi no, non tornerò a casa.”
Dove starai allora?
“Da Harry.”
Il ragazzo che...?
Roteai un po' gli occhi.
“Il ragazzo che mi ha messo incinto, si.”
Oh. E va... tutto bene, giusto? Non sei- voglio dire, tu e... il bambino e il resto, va tutto bene?
“Si, va tutto bene,” dissi, ora sorridendo all'ovvio nervosismo e la preoccupazione nella sua voce.
Fantastico, si. Bene.
“Come vanno le cose a casa? Stai bene?”
Come sempre,” rispose. “Mamma la solita stupida e Ian il solito noioso, banale rompiscatole.
“Sembra tutto bene,” mormorai. E poi ci fu una piccola pausa prima che lui dicesse di nuovo qualcosa.
Quando, sai... partorirai o farai qualsiasi cosa per fare uscire il bambino?
“Uhm, se fosse come le normali gravidanze, dovrei partorire verso il sedici Maggio,” dissi esitante, ripensando al calcolo che aveva fatto quel Lunedì il Dr. Hayes. “Quindi penso che partorirò intorno a quei giorni.”
Non partorirai nel modo comune, vero?
“Mi ricordi Harry quando me l'aveva chiesto,” dissi con un sorriso ironico. “Ma non penso che possa riuscire a tirare fuori un bambino dal culo e anche se potessi, penso che non lo farei, quindi no, non partorirò normalmente.”
Quindi farai il cesareo?
“Suppongo di si. Ne parlerò con il dottore Lunedì, quindi lo saprò bene allora.”
Hm, okay. Fammi sapere come va, okay?
“Si, sicuro,” dissi, decidendo di non chiedergli perché volesse saperlo.
Devo andare ora, ho allenamento tra mezz'ora, ma presto ti chiamerò di nuovo. Solo... non chiamarmi tu per primo. Voglio dire, sarebbe spiacevole se mamma o Ian fossero intorno, no?
“Un po' forse,” dissi seccamente.
Si, beh, sono dei rompiscatole.
“Molto maturi.”
Dopo circa un altro minuto trascorso a commentare e con un “stai bene, okay?” di Owen, riattaccai e ancora una volta mi lasciai trasportare dai pensieri. Non ero in vena di analizzare tutte le cose di cui preoccuparsi, così chiusi gli occhi e cercai di addormentarmi di nuovo. Ma solo pochi secondi dopo qualcuno bussò alla porta ed io sospirai internamente, pensando che fosse Harry che volesse spiegarsi. Dissi “si?” e aspettai che la porta si aprisse. Con mia piccola sorpresa, non apparve il viso di Harry sulla soglia, ma quello di Anne.
“Posso entrare?” Chiese.
Mi alzai dal letto e appoggiai la schiena al muro, lamentandomi leggermente per la scomoda sensazione.
“Si, certo.”
Entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di lei prima di camminare verso la sedia di fronte alla scrivania e sedersi su di essa.
“Quindi,” disse poi, rivolgendomi uno sguardo indagatore. “Va tutto bene?”
Sorrisi ironicamente, sapendo molto bene che lei aveva captato il mio disagio durante il pranzo.
“Lauren ed io non andiamo molto d'accordo,” dissi.
“Non penso che lei vada d'accordo con qualcuno che non sia Harry,” disse seccamente.
Si fermò per un secondo.
“Ma a parte questo, va tutto bene?”
“Come sempre suppongo,” dissi. “Stanco, dolente e il resto, ma niente di più.”
“Ti capisco,” disse con un debole sorriso. “Ma parlando di questo, hai mai considerato l'idea di uno studio autonomo invece che andare a scuola fino a che il bambino non sarà nato?”
Caddi in silenzio un momento, sentendomi un po' confuso.
“Studio autonomo?” Chiesi. “Cosa... cosa c'entra questo?”
“Per essere sicuri che sia tu che il bambino siate sani, senza rischi inutili.”
“Vado solo a scuola,” dissi. “Non corro in un edificio bruciato.”
“Ma sei all'ultimo mese di gravidanza,” disse. “Ciò significa che tutto potrebbe essere catalogato come un rischio certo. Andare a scuola non è strettamente necessario, non quando puoi studiare da solo a casa. Ed io sarei molto felice se tu stessi qui invece che andare a scuola.”
“Ma non posso semplicemente abband-”
“Non la abbandonerai,” mi interruppe gentilmente. “Ci tornerai non appena avrai partorito e sarai in grado di preparare tutti gli esami finali. Potrei parlare con la scuola se per te sarebbe meglio.”
“No, non è questo, è che... beh, non lo so, mi sentirei come se stessi abbandonando anche se tecnicamente non lo starei facendo. E comunque, dovrei stare qui un intero mese senza fare niente se non stare seduto e aspettare? Sarebbe noioso.”
“Louis, ascoltami,” disse lei con un piccolo sorriso. “Non so come sia strutturato il tuo corpo visto che sei in grado di portare un bambino, ma quello che so è che a questo punto potresti andare in travaglio senza saperlo. Vuoi davvero che questo accada quando sei seduto in una classe di venti persone che non hanno la minima idea di quello che sta succedendo e che non hanno la minima idea di cosa fare? Stare a casa dove almeno ci sono delle persone che possono portarti rapidamente all'ospedale sarebbe molto più sicuro sia per te che per il bambino, e un po' anche per me. Non ti forzerò di smettere di andare a scuola se non vuoi farlo, ma sono abbastanza sicura di aver ragione quando dico che sarebbe più sicuro se tu lo facessi.”
Avrei veramente voluto protestare perché, nonostante essermi sentito ridicolarmente stanco e dolente nelle ultime settimane, il mio piano non avrebbe mai previsto di lasciare la scuola o comunque prendermi una breve pausa da essa. Con tutte le cose anormali che mi erano successe recentemente, andare a scuola era l'unico aspetto della mia vita che era rimasto. Ma il punto di vista di Anne non era sbagliato e nonostante sapessi che stare a casa così tanto tempo sarebbe stato noioso, il pensiero di aver la possibilità di stare sul letto e rilassarmi, mi tentava. Inoltre, pensare che avrei potuto mettere in pericolo il mio bambino se avessi continuato ad andare a scuola, non mi piaceva per niente. E il pensiero di andare in travaglio nel bel mezzo della classe mi piaceva ancor meno.
“Okay,” dissi con un sospiro. “Okay, starò- starò a casa fino a che il bambino non sarà nato.”
Lei sorrise e giuro di aver visto le sue spalle abbassarsi un po' in sollievo.
“Bene,” disse. “Chiamerò la scuola per te e gli dirò ciò che sta succedendo, va bene?”
“Cosa? Non gli dirai-”
“Gli dirò semplicemente che hai un virus contagioso, non preccuparti.”
“Oh. Okay, grazie.”
“Nessun problema,” disse prima di alzarsi.
Dopo essersi alzata restò a guardarmi per un breve secondo.
“Va tutto bene tra te e Harry?” Chiese alla fine.
“Si, stiamo bene,” dissi con un sorriso, non sentendo il bisogno di fare un dramma di ciò che era successo quel giorno.
“Gli hai parlato di tutti i tuoi problemi, vero?”
“Si, ora sa tutto.”
“Beh, ottimo. Mi dispiace oltrepassare questo confine, ma hai parlato con tua madre o con il tuo patrigno recentemente?”
Abbassai lo sguardo.
“No. Sono loro ad avermi cacciato di casa, quindi sta a loro chiamarmi non a me. Non che lo faranno comunque.”
“Sono sicura che ti manchino però.”
Alzai di nuovo lo sguardo e scrollai le spalle.
“Non proprio. Non sono mai stato particolarmente vicino a mia madre e Ian... no, lui non mi piacerà mai. Ho parlato con mio fratello appena prima che tu entrassi, quindi... sto bene, va tutto bene.”
“Oh, hai un fratello?” Chiese, sembrando sorpresa.
“Si,” dissi, sorridendo debolmente. “Owen. Ha sedici anni e andiamo abbastanza d'accordo. La maggior parte del tempo, almeno.”
“Hm, Harry ha sempre voluto avere un fratello minore quando era piccolo, ma ha dovuto aspettare fino a sedici anni,” disse lei con una piccola risata.
“E' abbastanza bello vivere con qualcuno vicino alla tua età,” risposi. “A volte un po' irritante forse, ma così è come dovrebbe andare, no?”
“Penso di si,” disse, continuando a sorridere.
“Si.”
“Beh, ti lasciò solo ora,” disse. “Ti lascio ritornare a ciò che stavi facendo prima che ti interrompessi.”
“Veramente non stavo facendo nulla,” dissi con un'alzata di spalle. “Penso che farò un pisolino ora; sono stremato.”
“Allora vai a dormire,” disse fermamente. “Io chiamo la scuola per dirgli che da ora in poi non ci andrai più, okay?”
“Si, va bene.”
“Bene. Ora vai a dormire.”
Quindici minuti dopo, è quello che avrei fatto. Ero steso sulla schiena, con la bocca mezza aperta -  cosa che avrei rimpianto una volta sveglio un paio di ore dopo con la lingua secca -, le mani appoggiate in modo protettivo sul mio stomaco e la testa leggermente girata di fianco.
Non ho mai sognato molto mentre dormivo, ma per qualche ragione quel giorno sognai. Non c'era niente che avesse un senso, davvero, solo un miscuglio di colori e suoni e altro, ma mi lasciò uno strano sentimento di sconforto, come se fosse successo qualcosa di brutto. Quando mi svegliai, mi girai sul fianco e capii immediatamente il motivo.
Gli stessi dolori che avevo provato qualche volta durante la gravidanza, e del quale ormai mi ero dimenticato, mi colpirono con tutta la loro forza e fui troppo impegnato ad ansimare e a stringermi lo stomaco per chiedermi perché stesse succedendo proprio in quel momento. L'ultima volta che mi era successo mi ero spaventato, ma non era niente in confronto a quello che sentivo ora; orribili pensieri riguardo il bambino morto e di dover rimuovere chirurgicamente dalla mia pancia il suo piccolo corpo senza vita mi frullarono nella testa e mi portarono ad arricciarmi su me stesso e far fuoriuscire orribili e disumani singhiozzi dolorosi. Avrei dovuto chiamare qualcuno per venire ad aiutarmi, ma non riuscii a formulare parole coerenti e tutto quello che successe quando ci provai fu un respiro soffocato non appena l'ennesima contrazione mi attraversò tutto il corpo.
Ma poi, proprio come era cominciato, finì. Ero steso lì, ansimante, fissando il soffitto con gli occhi bagnati e ancora abbracciando il mio stomaco scoperto. Rimasi così per circa dieci minuti prima di aver la forza – e il coraggio – di sedermi e asciugarmi le lacrime scivolate sulle guance. Mi spostai un po' in modo che le mie gambe penzolassero fuori dal bordo del letto, poi mi guardai lo stomaco e misi una mano su di esso.
“Stai bene lì dentro, piccolo?” Chiesi, sorprendendomi di quanto la mia voce suonasse roca. “Non ti sei fatto male, vero?”
Con mio grande sollievo, mi rilasciò qualche calcio ed io sospirai.
“Sarebbe meglio se chiedessi al dottore di questo, vero?” Dissi. “Non voglio che ti succeda qualcosa di male.”
La risposta furono altri calci e come sempre quando succedeva, non riuscii ad evitare di sorridere.
“Lo so, lo so, ti amo anche io,” mormorai, accarezzandomi la pancia distrattamente.
Rimasi seduto per un po' di minuti, non volendo che il mio corpo mi facesse passare un altro momento di inferno, borbottando al mio stomaco niente in paricolare e chiedendogli un segno di vita ogni tanto, che mi diede. Ogni volta. Il bambino non era ancora nato, ma già faceva ciò che gli dicevo. Sorrisi leggermente a quello; forse era un segnale che una volta cresciuto non sarebbe diventato un completo testa di cazzo.
Alla fine decisi che, visto che i dolori non si erano più fatti sentire, non lo avrebbero più fatto, e così mi alzai – facendo attenzione però – e feci un passo incerto in avanti, per controllare che non sarebbe successo nulla di male. Anche se tutto sembrava di nuovo come prima, ci vollero altri cinque minuti prima di trovare il coraggio di iniziare a muovermi allo stesso ritmo di una persona normale. Ma quando lo feci, uscii dalla mia stanza.
Non ero sicuro di dove avessi l'intenzione di andare, ma qualcosa nella parte posteriore della mia testa mi aveva detto che avrei dovuto dire a qualcuno di queste specie di crampi prima che potessero diventare fatali. Il mio primo pensiero fu quello di andare da Harry, ma poi mi ricordai che Lauren probabilmente era ancora lì e, beh, non avevo intenzione di dirle i problemi del mio bambino. Per nessuna ragione. Così, invece che andare verso la camera da letto di Harry, mi incamminai nella direzione opposta verso il salotto dove pensai di trovare Anne.
Era seduta sul divano insieme a Connor e Adrian, guardando una specie di programma per bambini che stavano giocando alla TV, ma lei spostò lo sguardo non appena entrai nella stanza.
“Vuoi unirti a noi?” Chiese, indicando verso la TV mentre mi sorrideva ironicamente.
“Uhm, si, certo,” dissi distrattamente mentre mi dirigevo verso il divano e mi sedevo accanto a Adrian. Passai un po' di tempo solo a guardare lo schermo, non guardandolo veramente, prima di aprire bocca.
“E'... o, posso chiederti una cosa?” Dissi, guardando Anne.
Lei girò la testa di novanta gradi ed incontrò il mio sguardo. Forse la mia faccia lasciava intravedere qualche sorta di sentimento che non riuscii a nascondere, perché i suoi occhi diventarono improvvisamente preoccupati ed usò il telecomando per abbassare il volume della televisione.
“Qual'è il problema?” Chiese.
Gettai un rapido sguardo ad Adrian e Connor, non del tutto sicuro se dovessi parlare di questo di fronte a loro, ma Anne agitò appena la mano con noncuranza.
“Le loro menti sono lontane dalla terra, non importa,” disse e, dopo aver gettato un rapido sguardo alle loro facce concentrate, mi convinsi abbastanza.
“Allora, uhm... hai presente le contrazioni e... tutto il resto?” Dissi nervosamente. “Perchè- uhm, come funzionano?”
Aggrottò la fronte.
“Cosa intendi?”
“Quanto... quanto dovrebbero essere dolorose?”
“Ne hai avute?” Chiese lei, spalancando gli occhi in quella che sembrava preoccupazione.
“Io- io penso di si?” Dissi, mordendomi il labbro. “O, non so se erano quelle, ma facevano davvero, davvero male. E' successo un paio di volte nei primi giorni di... tutto questo, e ultimamente mi ero dimenticato di averle avute, ma poi è successo di nuovo proprio ora e- non può essere un buon segnale, vero?”
“Non lo so,” disse lentamente. “Non so cosa succede nel tuo corpo, quindi ovviamente non so cosa provoca questi dolori, ma avere dolori quando si è in gravidanza non è mai un buon segno. Sai se il bambino sta bene?”
“Si, sta bene,” dissi, guardando velocemente il mio stomaco. “Ha scalciato pochi minuti fa, ma sarebbe comunque meglio chiedere al medico, vero?”
“Hai un appuntamento Lunedì, no?”
Annuii e lei continuò.
“Dovresti chiedere al tuo medico allora. Non penso che sia qualcosa di grave visto che il bambino ha scalciato, però, quindi cerca di non preoccuparti troppo.”
“Pensavo che i genitori dovessero preoccuparsi,” dissi, sorridendo leggermente.
Lei ricambiò il sorriso.
“Hai ragione,” disse. “A proposito di questo... non ho chiesto a Harry una cosa, ma avete deciso se tenere il bambino quando avete avuto quella lunga chiacchierata?”
Spostai lo sguardo per un attimo, prima di rispondere borbottando:
“Si, noi... lo daremo in adozione.”
Lei strinse le labbra ed annuii.
“Penso che sia la decisione giusta.”
Ci fu un momento di silenzio e poi:
“Non riesco ad immaginare Harry in quel modo comunque.”
Scossi la testa.
“No, lui voleva tenerlo, crescerlo e... si, tutto il resto.”
“Me l'ha detto,” disse con un sorriso di conforto. “Settimane fa, prima che tu venissi qui, mi aveva detto che sperava tu decidessi che l'adozione non sarebbe stata la decisione migliore. Suppongo non sia stato così.”
“No, è... distruggerebbe la mia vita, la sua vita e probabilmente anche la vita del bambino e beh, non voglio che accada. Non è che io voglia farlo, sai? Ma è la cosa migliore da fare, lo so.”
Mentre stavo parlando, non riuscii ad evitare di sentirmi come se stessi cercando di convincere me stesso invece che lei. Misi da parte quei pensieri e avvolsi le mani intorno al mio stomaco.
“Beh, se questa è la decisione che ti fa felice, lo sono anche io,” disse facilmente.
“Ma... saresti felice allo stesso modo se avessi deciso di tenerlo?”
“Come ho detto: se questa decisione ti rende felice, lo sono anche io.”
Sorrisi.
“Tutti i genitori dovrebbero essere come te.”
Lei si limitò a sorridere in risposta e poi cademmo in un comodo silenzio. Rimasi seduto lì a guardare l'insensato programma per bambini per quasi mezz'ora prima di scusarmi e tornare in camera mia e sdraiarmi sul letto con gli occhi chiusi.
Per una volta la mia mente non era piena di sentantotto diverse sfumature di preoccupazioni ed era una sensazione talmente meravigliosa che mi sembrò di non provarla da anni. Alcune domande erano ancora un po' fastidiose nel retro della mia testa, si, ma nessuna di loro era abbastanza grande da farmi venire mal di testa. Non dovevo preoccuparmi della salute del bambino visto che sembrava essere sano e felice; non dovevo preoccuparmi di Harry tanto come una volta perché, anche se non ci sarebbe mai stato niente tra di noi, almeno sapevo per certo che per lui ero più di un semplice amico; non dovevo preoccuparmi che mia mamma scoprisse della mia gravidanza perché, beh, lo sapeva... anche se la sua reazione è stata un po' dolorosa.
Quindi, tutto sommato, le cose ora andavano... bene. Benissimo direi. Tra due mesi, tutto quello sarebbe finito; mi sarebbe piaciuto trovare un nuovo posto dove vivere, mi piacerebbe rimanere amico di Harry e il bambino avrebbe avuto una vita sicura e felice tra le braccia di qualcun altro.
Beh, quella era una parte della mia vita con cui ancora dovevo venire a patti.



Occhio a me!

Allora, non posso soffermarmi tanto perché oggi sono di fretta, ma dobbiamo darvi delle spiegazioni per lo spaventoso ritardo.
Questa settimana Ana è partita per una 'vacanza' se così si può chiamare (alla fine è stata tutt'altro che una vacanza, non siamo nemmeno riuscite a vederci nonostante l'opportunità capitava a portata di mano) ed abbiamo deciso di prenderci una pausa di una settimana. Perchè anche se io avessi finito prima di scrivere il capitolo, lei non sarebbe riuscita né a correggerlo, né ad andare avanti con il suo, quindi abbiamo preso questa decisione.
Ad Ana dispiace tantissimo di non essere riuscita a rispondere alle recensioni dell'ultimo capitolo ma, come ho già detto, non ne ha avuto la possibilità. Sappiamo che siete impazienti e sappiamo quanto sia snervante l'attesa, ma ci sono alcune settimane in cui proprio non possiamo permetterci di scrivere. Io la prossima settimana ho l'esame di recupero del debito, perciò fino a Giovedì non toccherò la traduzione per niente, vedrò di darmi da fare nei giorni dopo comunque. Per quanto riguarda i capitoli futuri invece, con l'imminente inizio della scuola (uccidetemi vi prego) non possiamo più promettervi un capitolo a settimana, spero riusciate a capire. Nononstante questo però faremo come abbiamo sempre fatto prima che iniziasse l'estate, cercando di fare il possibile per non allungare drasticamente i tempi.
Bene, per quanto riguarda il capitolo, abbiamo di nuovo la comparsa di Lauren (ragazze arrendetevi, è ancora viva purtroppo) e le bellissime conversazioni tra Louis e il fratellino e quella con Anne che, non so voi, io ho amato con tutto il mio cuore in ogni capitolo.
Ormai mancano solo due mesi al parto eh? I tempi si stringono. Sono in ansia anche io, giuro ahahahahaha.
Vorrei aver il tempo di ringrarvi una ad una, ma mio padre sta iniziando ad arrabbiarsi visto che devo andare a fare un giro con la macchina (si, scuola guida è una vera palla) quiiindi, vi ringraziamo come al solito tutte per il sostegno che continuate a darci, per tutte quelle ragazze dolcissime che ci scrivono su twitter e quelle che ci recensiscono.
Scusate se non siamo sempre perfette in tutto.

Twitter → @Itbeatsfortwo_ 
Alla prossima,

Giulia.

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Capitolo 29
*** I'm a great kisser. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
__________

Capitolo 29




Sono un ottimo baciatore.

Lunedì 25 Aprile
Trentasei settimane


“Gesù, perché ci metti così tanto?” gridò Harry.
Erano quasi le quattro e mezza di pomeriggio ed Harry, non appena uscito da scuola, era venuto direttamente a casa per prendermi e portarmi allo studio del dottore. Apparentemente pensava che impiegassi troppo tempo per prepararmi, perché era lì fermo nel corridoio da oltre cinque minuti, che tamburellava il piede contro il pavimento. Aggrottai le sopracciglia mentre uscivo dal bagno e mi dirigevo verso l’entrata per poter infilare un paio di scarpe.
“Scusami se sono incinto e un tantino più lento rispetto a chiunque altro,” dissi mentre mi sedevo sulla sedia che era poggiata contro il muro, infilandomi un paio di Vans consumate ai piedi.
“Puoi dare la colpa al tuo sperma se ti da così tanto fastidio.”
“Scusa, scusa,” disse. “È stata una lunga giornata.”
“Puoi solo accompagnarmi se vuoi,” dissi, accigliandomi leggermente. “Se sei stanco, non sei costretto a venire con me.”
“Non sono stanco,” disse, sorridendo vagamente.
“Ma faremo tardi, se te e il tuo culo non vi date una mossa.”
“Mancano ancora venti minuti all' appuntamento,”  aggiunsi, ciò nonostante mi alzai e andai verso la porta, Harry mi seguì. Ci incamminammo fin dove la macchina era parcheggiata difronte al garage ed entrambi prendemmo posto al suo interno, io in verità non così comodo, prima che Harry infilasse la chiave, facendola ruotare nel nottolino così da mettere in moto il motore, e inoltrandoci in strada. Passarono dieci secondi di silenzio, prima che iniziasse una nuova conversazione.
“Quindi, oggi è il giorno in cui scopriremo con esattezza in che modo il bambino uscirà da te,” disse con indifferenza mentre girava a sinistra e usciva dalla strada statale.
“Metti in discussione cose in un modo ammirevolmente espressivo, Harry,” 
“Lo so, è un dono. Seriamente comunque.”
Sospirai e feci spallucce, sentendomi tutt’ad un tratto un po’ triste.
“Si, lo decideremo oggi,” dissi. “Ma dubito che ci sia un’altra opzione oltre al cesario, siccome non posso partorire nel solito modo.”
“Non sarebbe divertente comunque? Potrei essere lì e tenerti la mano mentre spin-”
“Harry!”
I suoi occhi erano diretti sulla strada, ma notai il suo ghigno sproporzionato stampato su tutta la sua faccia. 
“Cosa? Potremmo avere un vero e proprio momento da famiglia così, sarebbe fantastico. Sai, qualcosa da condividere con le nostre famiglie e i nostri amici.” 
Ruotai gli occhi.
“Stai delirando se pensi che possa davvero spingere un bambino fuori dal mio culo. E sei ancora più matto se pensi davvero che io possa dirlo a qualcun altro.”
“E ci risiamo con l’avere fin troppe speranze,” disse, fingendosi deluso.
“Scusa.”
“Dovresti esserlo, solo per aver distrutto il sogno di una vita.”
“Si, sono sicuro che l’intera questione sia qualcosa che hai sempre desiderato fare,” dissi e, nonostante il tono di voce cinico, non riuscii a far a meno di sorridere.
“Certo che lo è,” disse semplicemente.
“Fin da quando ero bambino, fantasticavo sul giorno in cui avrei messo un ragazzo estraneo incinto. È un sogno che ricorre con esattezza a quando avevo cinque anni.”
“Sarà stato un anno terribile per te.”
“Oh no, era fantastico, ho dato il mio primo bacio e tutto.”
Gli indirizzai un’occhiata e sorrisi un po’ all’espressione serena che aveva in volto.
“Un bacetto dietro la casetta all’asilo nido non conta come primo bacio, Harry.”
Sospirò, apparentemente esasperato.
“Non potresti farmi rivivere quel piccolo momento di felicità per almeno cinque secondi?”
“Non ho mai detto che è stato il bacio della mia vita,” disse, stranamente un tantino pensieroso. “Ma è stato il mio primo bacio, quindi è un bel ricordo.”
Arricciai un po’ il naso.
“Non ricordo il mio primo bacio come il più bello della mia vita,” meditai. “Fu solo un ammasso di denti e saliva e la sua lingua su tutta la mia faccia.”
“Beh, si, ma è stato un bacio vero,” motivò. “Parlavo di quei teneri baci che ci si scambiano quando si è bambini. Sai, quando ti ritrovi ad un metro di distanza l’un l’altro e cerchi di abbassare il tuo viso in un modo abbastanza imbarazzante, finché, le tue labbra non si incontrano.”
Mi accigliai un po’ a quello perché, a dire la verità, non avevo idea di che diamine stesse parlando.
“Non ho mai fatto una cosa del genere,” ammisi. 
“Cosa? Seriamente?”
Apparve sorpreso.
“Prima non avevo poi così tanti amici, rispetto ad adesso,” dissi. “In verità, avevo meno amici prima. Adesso ho te, Eleanor e, suppongo, Liam e Zayn, almeno.”
“Ma all’asilo? Eri un bimbo, perché non avevi nessun-”
“Stessa cosa di adesso,” dissi, cercando di apparire il più indifferente possibile.
“Alle persone non piaccio e basta.”
“Ma questa non è-”
“Oh mio Dio, stiamo davvero avendo questa conversazione?” lo interruppi. “Lo abbiamo fatto almeno un milione di volte.”
Diede un’occhiata alla corsia di laterale.
“Scusami.”
“Va tutto bene, è un argomento che mi fa venire la nausea.”
“Si, lo so, mi dispiace di metterlo sempre in discussione,” disse delicatamente allungando la mano per poggiarla sulla mia, che come al solito riposava sul mio stomaco. Aggrovigliò con dolcezza le dita attorno alle mie e diedi una piccola stretta, prima di sciogliere la presa.
“Quindi quando è stato il tuo primo bacio?” chiese allora, il suo tono di voce ritornò di nuovo mezzo scherzoso.
Contrassi le labbra cercando di ricordare, ma ero, sinceramente, incapace di ricordare con esattezza il giorno.
“Non ne sono sicuro,” dissi, strofinandomi la nuca.
“Voglio dire, so che è stato con Eleanor, considerando che è stato l’unica persona che abbia baciato prima di te, ma non sono-”
“Aspetta, sono stato il tuo primo bacio?” mi interruppe e quando mi voltai verso di lui, notai che fosse estremamente compiaciuto con se stesso.
“Ho dato il mio primo vero bacio prima che arrivassi tu, grazie mille,” dissi, la mie guance un po’ arrossate.
“Ma era una ragazza e tu sei gay, quindi-”
“Quei baci erano veri comunque, cretino.”
“Non te li puoi godere nettamente.”
“Era una ottima baciatrice, mi è piaciuto baciarmi con lei.”
“Ma tu sei gay e lei è una ragazza, quindi ti sarebbe piaciuto di più baciare me che lei, giusto?”
La mia faccia iniziò a riscaldarsi sempre di più dopo quello. 
“Beh, io- non l’ho... odiato,” borbottai.
“Quindi il mio bacio è stato meglio del suo?”
Gli lanciai di lato un paio di occhiate accigliate, prima di voltare completamente il mio sguardo difronte e rispondendo con un semplice “si”.
“Lo sapevo,” disse, risuonando un po’ troppo orgoglioso. “Sono un ottimo baciatore.”
“Si, una buona cosa per esserne così orgogliosi.”
Dopo un paio di minuti accostammo nel parcheggio difronte l’ufficio del dottore ed uscimmo dalla macchina. C’erano altre cinque persone che erano sedute in sala d’attesa quando entrammo nell’edificio, e tutti quanti si girarono verso noi quando il rumore dei nostri passi risuonò in tutta la stanza. Smisi di camminare ed alzai nervosamente le sopracciglia, mentre guardavo l’uomo e le quattro donne presenti in sala. Era quasi divertente come ognuno di queste cinque persone guardò per primo Harry, poi me e per ultimo il mio stomaco, quasi in cinque sincronizzati movimenti d’occhio. 
“Mi sento come quel bambino strano che si presenta sempre alle feste di compleanno in ritardo e che compare nel mezzo del taglio della torta o qualcosa del genere,” sussurrò Harry nel mio orecchio, mentre posava gentilmente una mano dietro la mia schiena, esortandomi silenziosamente di continuare e camminare.
Alzai lo sguardo verso lui e gli sorrisi debolmente, ma non dissi nulla, prima di riprendere il passo e dirigendomi verso le sedie che erano il più lontano possibile da tutti. Con un piccolo sospiro, crollai sulla sedia che era posizionata in un angolo e nell’angolo del mio occhio, vidi Harry sedersi di fianco a me.    
“Ehi, stai bene?” chiese, picchiettando il mio ginocchio con il suo e osservandomi ansiosamente. 
“Sto bene, non presto molta attenzione, sai,” dissi con un sorriso ironico.
Con mio leggera sorpresa, avvolse un suo braccio intorno alle mie spalle e mi sorrise dolcemente.
“Mancano solo pochi minuti alle cinque, ci chiameranno presto.”
“Grazie a Dio,” dissi, guardando l’uomo  che mi stava ancora osservando.
“Quell'uomo lì continua a fissarmi e mi sta sta facendo venire i brividi.”
“Ignoralo e basta.”
Sospirai.
“Si, si.”
Fortunatamente passò solo un minuto prima che la dottoressa Hayes uscisse dal suo studio e pronunciasse il mio nome, localizzandomi con lo sguardo e poi offrendomi un sorriso, prima di rientrare dentro al suo studio. 
Harry si alzò dalla sua sedia e mi porse entrambe le sue mani, così che io potessi afferrarle.
“Forza,” disse.
Alzai le braccia e le sporsi in avanti, permettendogli così di farmi sollevare dalla sedia, barcollando un pochino una volta che mi ritrovai in piedi.
“Non vedo l’ora che questa cosa esca da me,” borbottai mentre stiracchiavo i miei piedi e lasciavo le mani di Harry.
“Stai iniziando ancora una volta a riferirti a nostro figlio come una cosa?” chiese divertito.
“Si, beh, mi ha trasformato in un andicappato, ormonale, strambo in sovrappeso,” dissi in modo scorbutico mentre entravamo nell’ufficio, ed Harry chiuse la porta dietro di se. 
“Manca meno di un mese, sopravviverai,” disse.
Emisi un piccolo sospiro, ma fermai la nostra conversazione lì. Ci sedemmo sulle sedie difronte la scrivania della dottoressa Hayes ed entrambi alzammo lo sguardo verso lei.
“È un piacere rivederti di nuovo, Harry,” disse.
Gli sorrise brevemente, prima che si voltasse verso me. 
“E tu come stai?”
“Oh, sai,” dissi con un piccolo gesto della mano. “Mi espando sempre di più ogni giorno che passa e urino tutto il tempo, ma per il testo è tutto okay, credo.”
“Credi?”
Contrassi le labbra per un momento.
“C’è stata questa... cosa che è successa Giovedì,” dissi esitante.
Si accigliò un po’ e si appoggiò alla sedia, osservandomi con aria interrogativa.
“Non ne sono pienamente sicuro,” dissi.
“Voglio dire, se dovessi indovinare, direi che fossero contrazioni, ma... non so nemmeno se sia possibile e se anche lo fosse, qualsiasi cosa abbia provato era fin troppo dolorosa per essere semplici contrazioni. O almeno credo.”
“Cosa?” esclamò Harry.
“Perché non me lo hai detto?”
Mi girai verso di lui e incontrai un paio di occhi spalancati e pressoché terrorizzati.
“Eri impegnato con Lauren,” fu tutto ciò che dissi primi di voltarmi di nuovo verso il dottore.
“È stata la prima volta che ti è successo?” chiese, ancora accigliata. 
“No, è successo un paio un paio di volte nei primi mesi, ma me n’ero tipo dimenticato prima di Martedì, e il bambino stava scalciando e tutto il resto, quindi non ho pensato che fosse qualcosa di cui preoccuparsi molto.”
“Puoi descrivere il dolore?”
“Uhm, erano come... fitte, credo,” dissi tentennando un po’.
“E' stato davvero tremendo. Quello che voglio dire è che, a malapena riuscivo a muovermi.”
Annuii lentamente e trascorse un secondo e qualcosa di più fissandomi, prima di alzarsi dalla sedia. 
“Credo che dovremmo fare un’ecografia, giusto per essere sicuri che sia tutto apposto,” disse mentre oltrepassava la scrivania ed andava verso l’ecografo, che negli ultimi sei mesi avevo iniziato a conoscere parecchio bene.
Venti minuti dopo concludemmo che non ci fosse nulla di preoccupante né per me né per il bambino, che il mio peso fosse nella norma e che le mie caviglie non erano poi così gonfie rispetto ai normali standard, il tutto fu un grande sollievo, ma non una sorpresa. Mi preoccupava un po’, comunque, che non fosse stata trovata nessuna anormalità, perché non potevo sapere quale fosse il problema, come sarebbe potuto essere possibile fare qualcosa? 
“Penso che l’unico modo per poterlo scoprire sia capire in che modo tutto questo sia iniziato in primo luogo,” disse quando ebbi dato voce alle mie preoccupazioni. “Senza sapere in che modo il tuo corpo è strutturato all’interno, è praticamente impossibile venire a capo con qualsiasi tipo di teoria.”
“Certo, sicuro.”
“Vuoi ancora scoprirlo? So che avevamo prenotato un appuntamento tempo fa per fare qualche test, ma lo hai cancellato e non hai mai più parlato di prenotarne un altro. È ancora qualcosa con cui vuoi avere a che fare o hai cambiato idea?”
Mi morsi il labbro e guardai Harry, chiedendo silenziosamente aiuto.
“Cosa?” disse, alzando un sopracciglio con dubbio. 
“Hai qualche... ripensamento?”
“Che li abbia o meno sei tu che farai i test no?” chiese.
Annuii e mi indirizzò un’occhiata confusa.
“Pensavo che volessi svelare questo mistero.”
“Si beh, ma-”
Mi interruppi da solo a quel punto notando come non avessi nessuna scusa e sospirai prima di voltarmi di nuovo, e annuire verso il dottore.
“No, voglio scoprirlo,” dissi.
“Possiamo prenotare un nuovo appuntamento?”
“Certo,” rispose.
“Considerando che ti rimangono solo un paio di settimane prima della fine della gravidanza, consiglio di farlo il più presto possibile, preferibilmente questa settimana se sei d’accordo.”
“Ho smesso di andare a scuola finche il bambino non sarà nato, quindi sono disponibile a farlo in qualsiasi momento.” 
“Beh in tal caso... potrei farlo Mercoledì alle undici, se ti sta bene?” 
“Si, va bene.”
La stanza divenne silenziosa tutt’ad un tratto mentre finiva di battere al computer alcune cose e vidi Harry che non smetteva di muovere le mani al mio fianco. Mi girai e lo osservai e rimasi sorpreso di vederlo con la fronte aggrottata, in quel che pareva fosse pensosità.
“Che succede?” chiesi.
“Mi stavo chiedendo se fosse possibile che io venga con te Mercoledì,” disse distrattamente. “Ma non riesco a ricordare cosa ho da fare alle undici.”
“È-”
“Voglio venire con te, non cercare di farmi cambiare idea,” mi interruppe prima ancora di dire qualcosa.
Sorrisi in po’.
“Okay,” dissi semplicemente e contraendo leggermente le labbra in risposta. 
Qualche secondo dopo, il dottore smise di scrivere e iniziò a parlare di nuovo.
“Quindi,” disse puntualizzando. “Dovremmo discutere dei vari possibile metodi di parto.”
“Ci sono davvero varie possibilità?” chiese Harry.
Sorrise forzatamente.
“No, a dire il vero no.”
Mi agitai un po’ sul mio posto. 
“Posso fare un’ipotetica domanda?” chiesi allora. 
“Va avanti.”
“Sarebbe possibile per me, tipo, sa... farlo nel modo naturale?”
Alzò lievemente le sopracciglia, evidentemente sorpresa.
“Sei rimasto incinto, diciamo...”
“Ficcandogli su per il culo il mio cazzo ed eiaculando all’interno il mio sperma, si,” disse Harry superficialmente. “Vai avanti.”
Gli indirizzai un’occhiataccia, ma non dissi nulla.
“Non dovresti mettertelo necessariamente in questo punto di vista così crudele,” disse solennemente. “Ma essenzialmente, si, e considerando questo, potrei supporre ipoteticamente che sarebbe possibile partorire in quel modo.”
Feci una smorfia.
“Comunque sarebbe doloroso, vero?”
“Attualmente non sono sicura al cento per cento se sia possibile,” disse. “Ovviamente non conosco la condizione del tuo retto e del tuo ano, ma sono abbastanza sicura che non si dilaterebbero nel modo in cui lo faccia la vagina di una donna, in modo tale da far spazio al bambino. Quindi anche se provassimo a farlo in quel modo, andrebbe a finire che il bambino morirebbe e che tu dovresti essere sottoposto ad un intervento per riparare la pelle lacerata, nervi morti e muscoli distrutti.”
“Okay, scegliamo l’altra opzione,” dissi, il mio intestino vorticò a disagio e il sapore di bile aumentò sempre di più in gola a causa di quello che stava dicendo. 
“Quindi il parto cesareo è l’unica alternativa?”
Annuii.
“È l’unico modo sicuro almeno, ed è anche l’unica via per far si che entrambi, te e il bambino, stiate bene successivamente.”
“Allora immagino che affetteremo un po’ di pancia,” dissi, cercando di sorridere anche se la bile iniziava ad innalzarsi su per la mia gola, al sol pensiero di me stesso aperto in due. 
Onestamente, chi supererebbe una cosa così macabra come se nulla fosse? Era qualcosa che apparteneva a film horror, non ad una condizione di salute del ventunesimo secolo.
“È completamente sicuro,” disse con un sorriso confortante, apparentemente si era accorta del mio lieve disagio. 
“I parti cesarei sono stati sempre svolti, quindi non ti preoccupare.”
“Ci sono delle controindicazioni, comunque, non è vero?”
“Sarai sottoposto comunque ad un importante intervento chirurgico, quindi si, ci sarà qualche tipo di controindicazioni.”
“Tipo?” chiesi ansioso.
“Beh, come prima cosa molto probabilmente sarai un tantino nauseato all’incirca per quarantotto ore, dopo che l’intervento verrà eseguito,” disse.
“E rimarrai in ospedale per un paio di giorni. Inoltre, evidentemente sentirai un po’ di dolore per la prima settimana o poco più, e presumibilmente non sarai in grado di fare nulla se non stare sdraiato per un paio di giorni, e avrai una cicatrice da incisione nel basso ventre, cosa che sarà abbastanza infiammata e intorpidita all’inizio. E ovviamente dopo l’intervento ci saranno un paio di ore dove non potrai né bere né mangiare, affinché la tua circolazione sanguigna non si fermi o che non si formino coaguli di sangue, sarai anche incoraggiato a camminare un paio di volte al giorno. Inoltre-”
“Credo di avere afferrato il concetto,” la interruppi con un cipiglio miserabile in volto; nulla di tutto ciò che aveva appena dettomappariva particolarmente gioioso.
“Dopo essere diventato grasso, andicappato e disgustoso, diventerò semplicemente andicappato e disgustoso.”
“Smettila così tanto di preoccuparti così tanto del tuo aspetto esteriore,” disse Harry dolcemente.
“Non sei grasso e non sei disgustoso, sei incinto e sei bellissimo, okay?”
Le mie guance si riscaldarono e voltai il mio sguardo verso il basso.
“Certo, come vuoi,” fu tutto ciò che dissi in risposta.
“Bene, adesso che abbiamo stabilito questo,” disse il Dottor Hayes con un sorriso. “Mi piacerebbe farti un paio di domande. Molte persone incinte con cui ho avuto a che fare, hanno preferito rispondere a queste domande senza la presenza del proprio partner, quindi forse preferiresti se Harry uscisse?”
“Non è esattamente il mio partner,” dissi. “Ma, uhm... che tipo di domande mi vuole fare?”
“Qualcuna riguardo ai movimenti intestinali e urinari, possibili riguardo a emorragi-”
“Okay, Harry esci fuori,” dissi mentre sentivo la mia faccia diventare rossa come un pomodoro.
“Cosa? Perche? Non sono-”
“Non c’è bisogno che tu rimanga qui per questo,” dissi.
“Ma-”
“Harry, mi sento già abbastanza volgare nel rispondere a queste domande senza te seduto al mio fianco, riguardo al mio- beh, a quello, quindi apprezzerei molto se te ne andassi.”
Sorrisi speranzoso.
“Per favore?” 
Roteò gli occhi, ma riapparve il sorriso di prima non appena fu in piedi.
“Fammi sapere quando hai finito,” disse.
Annuii e sorrise di nuovo, mi diede un leggere scossone alla spalle e poi uscì.
“Posso dire che la... dinamica fra voi due è cambiata un bel po’ dalla prima volta che siete venuti qui insieme,” disse una volta che Harry chiuse la porta dietro sè e lasciandoci tutte e due soli in stanza. 
Non riuscii a non farlo e sorrisi.
“Si, ci siamo avvicinati un po’ di più, suppongo. Sono stato cacciato di casa da mia mamma e dal suo ragazzo, quindi sono stato da Harry un bel po’.”
Si accigliò.
“Sei stato cacciato?”
“Non hanno apprezzato molto il fatto che io sia gay,” dissi con un sospiro.
Notai il modo in cui le sue labbra si contrassero in quella che ero sicuro fosse rabbia, ma quando iniziò a parlare, la sua voce era calma come sempre.
“Nessun genitore dovrebbe cacciare i propri figli da casa, indipendentemente da quale orientamento sessuale seguano.”
“Sembra che tutti, eccetto mia madre e Ian, la vedano da quel punto di vista,” dissi. “Ma mi sta bene, l’ho superato.”
Diciamo. 
Mi guardò con dubbio.
“Ne sei sicuro?”
Sorrisi e annuii.
“Si.”
Annuì lentamente, ma non appariva al cento percento sicura.
“Bene, se ne sei sicuro,” disse. “Ma non esitare a farmi sapere se hai bisogno di aiuto, okay?” 
Sorrisi ancora, questa volta in riconoscenza.
“Lo farò. Grazie.”
Mi sorride di rimando.
“Bene, adesso passiamo alle domande allora,” disse.
“Ne parla come se fossero gradevoli,” dissi, arricciando un po’ il naso.
“Si, beh, non ogni singolo aspetto dell’essere incinto è pura gioia.”
“In realtà non ne ho trovato nemmeno uno che possa essere definito pura gioia, se devo essere onesto.”
“Oh, sono sicura che tu abbia sorriso un paio di volte quando hai sentito il bambino scalciare.”
Beh, questo non potevo negarlo, quindi sorrisi ancora e diedi una leggere scrollata di spalle.
“Okay, quindi, le sgradevoli domande,” disse.
“Tu non l’ hai ancora messo in discussione, ma molte persone incinte tendono a sperimentare alcuni problemi di minzione e di movimenti intestinali in questa fase delle loro gravidanze, quindi qualcuno di questi ti suonano familiari?”
Il mio viso iniziò a bollire e volsi lo sguardo verso il mio grembo, borbottando qualche cosa sulla possibilità di avere uno o due problemi. E andò avanti così all’incirca per dieci minuti - lei che mi faceva domande e io che arrossivo mentre cercavo di rispondere. Quando alla fine disse che aveva tutto ciò di cui aveva bisogno, diedi un sospiro di sollievo mentale e alzai di nuovo lo sguardo.
“Beh, non sei il peggior caso che io abbia incontrato fino ad adesso,” disse con i suoi occhi diretti allo schermo del suo computer.
“Ma ti prescriverò lo stesso un medicinale che ti aiuterà con i movimenti intestinali e una pomata per le emorragie, se questo può darti sollievo.”
“Uhm, si, io- grazie,” borbottai.
“Nessun problema. Inoltre, hai avuto a che fare con qualche bruciore di stomaco?”
Scossi la testa e lei annuì, apparentemente soddisfatta.
“Bene, penso che abbiamo finito,” disse.
“Quando verrai Mercoledì, non penso che ci sarà bisogno di fare un’ecografia o qualche altro tipo di accertamento, quindi invece di venire qui, potresti andare direttamente in ospedale.”
“In ospedale?” chiesi.
“Non mi aveva detto di andare lì, l’ultima volta che abbiamo prenotato un’appuntamento.”
“Ti ho voluto qui perché dovevamo fare i soliti accertamenti,” disse.
“Adesso non ne abbiamo più bisogno, quindi puoi andare direttamente all’ospedale ospedale.”
“Sarà lei che effettuerà i test?”
Annuii.
“Si, ma qui non ho la strumentazione necessaria, che è anche il motivo per cui ho bisogno che tu vada in ospedale.”
“Quindi all’ospedale,” dissi. “Mercoledì alle undici, giusto?”
“Esatto.”
“Quindi... per oggi abbiamo finito?”
“A meno che tu non abbia altre domande, allora si, per oggi abbiamo finito. Le prescrizioni dovrebbero già essere nel database della farmacia, quindi potresti già andare e prendere i vari farmaci adesso, se vuoi.”
Non avevo nessun’altra domanda da fare e questo fu quello che le dissi prima di alzarmi dalla sedia, ringraziandola e uscendo dalla stanza. Harry era seduto su una sedia proprio lì fuori, ma quando mi vide, si alzò.
“Posso rientrare?”
“Per oggi abbiamo finito,” risposi mentre iniziavo a camminare verso la porta d’uscita.
“Oh. Quindi possiamo ritornare a casa?”
“Uhm, beh, dobbiamo andare in farmacia a prendere certe... cose,” dissi, sentendo le guance riscaldarsi in imbarazzo un’altra volta.
Aspettò fino a quando non uscimmo ed entrammo in macchina prima di rispondere e, quando lo fece, la sua bocca si arricciò in un ghigno e la sua voce risuonò così divertita da apparire quasi compiaciuta.
“Ti senti un tantino costipato, Lou?” disse mentre si allacciava la cintura.
“Oh mio Dio, possiamo andare e basta, per favore?” borbottai.
“Non c’è nulla di cui vergognarsi,” cantilenò, con ancora quello sperduto, merdoso ghigno spiaccicato in faccia.
“Parecchie persone hanno questi tipo di problemi.”
“Harry, smettila per favore.”
“Il mio fantastico nonno aveva gli stessi problemi prima di morire, sai?”
“Possiamo parlare di qualcos’altro?” 
“Quindi hai bisogno di mangiare cibi particolari?”
“Non ho davvero voglia di parlare di questo.”
“Tipo crusca e strani yogurt?”
“Puoi lasciar perdere?”
“Quindi è come se tu sia completamente-”
“Harry! Puoi ascoltarmi solo per un fottuto momento? Non voglio parlarne, quindi sta zitto!”
La risata nei suoi occhi si sbiadì e il suo sorriso scomparve.
Deglutii e abbassai lo sguardo sul mio ventre, leggermente imbarazzato per la mia piccola crisi di nervi. 
“Scusa,” borbottai. “Non- possiamo solo andare? Per favore?”
“Si, certo,” disse, la sua voce risuonò quasi piatta.

*

Più tardi quel giorno, dopo essere andati in farmacia, dopo aver cenato - un avvento che è passato con un paio di occhiate imbarazzanti tra me ed Harry - e dopo aver fatto il mio solito pisolino, ero seduto sul letto, cercando di finire di studiare qualche cosa. Studiare indipendentemente appariva molto più semplice di come lo avessi immaginato, ma ben presto iniziai ad apprezzare le letture  e le spiegazioni che i professori fanno durante le loro lezioni. E come volevasi dimostrare, alla fine sono molto utili. Stavo giusto rinunciando a cercare di fare un compito di biologia, con il quale ci avevo passato la bellezza di mezz’ora, quando sentii la mia porta aprirsi e alzai lo sguardo.
Harry era lì sulla soglia della porta, aveva mano quelli che sembravano essere un paio di DVD, un pacco di patatine nell’altra e un piccolo sorriso aleggiava sulle sue labbra.
“Vuoi vedere un film?” chiese.
A quel punto fui felice di avere una scusa per allontanarmi dai libri, così sospirai e sorrisi di rimando.
“Si,” dissi.
“Vieni qui, aiutami ad alzarmi,” aggiunsi e sporsi le mani in avanti.
“Sei come un pensionato,” ridacchiò e si sporse verso me afferrandomi le mani con le sue. “Incapace di fare tutto senza aiuto.”
“Tua madre non ti ha insegnato a essere educato?” dissi io mentre, con l’aiuto di Harry, mi alzavo dal letto.
“Si, lo ha fatto, scusami,” disse, dando una piccola pacca al mio stomaco. 
“Mamma, papà, Connor e Adrian sono andati a fare visita a mia zia e a mio zio, quindi possiamo usare la TV in salotto se vuoi,” aggiunse.
Feci spallucce.
“Il tuo letto è più comodo per sdraiarsi, rispetto al divano,” dissi. “Ma se ti piace stare di più in salotto, ti seguo.”
“Andremo in camera mia allora,” disse e poi si girò e lasciò la stanza prima che avessi il tempo di dire, che se davvero voleva davvero vedere i film in salotto, mi stava anche bene. Sorrisi leggermente tra me e me e scossi la testa in puro affetto, prima di seguirlo in camera sua.
“Ho una cosa da dirti,” disse mentre entravo in camera e chiudendo la porta dietro di me. “Quell’abbigliamento che indossi proprio adesso forse è il più adorabile che ti abbia mai visto indossare.”
Guardai verso il basso per vedere esattamente cosa stessi indossando e dopo alzai le sopracciglia verso lui.
“Indosso un maglione extra large fatto a mano e un paio di pantaloni di pigiama rimboccati nei calzini, e tu pensi che sia adorabile?”
“Si, ti fa sembrare piccole e carino,” disse semplicemente. “Adesso vieni e siediti.”
“Piccolo e carino,” ripetei. 
Mi sedetti di fianco a lui e cercai di darmi una mossa finchè non mi sistemai nella mia solita posizione, con la testa poggiata sulla sua spalla. 
“Peso il doppio di te al momento. Cosa diavolo ti fa pensare minimamente che io sia piccolo e tenero?” dissi allora.
“Non lo so,” disse e, di lato, lo vidi che teneva in mano il telecomando del lettore DVD e subito dopo schiacciò il pulsante ‘play’.
“Lo penso e basta.”
Risi un po’ a quello, ma non risposi in nessun altro modo. La stanza divenne silenziosa per un paio di minuti, mentre il film iniziava ad apparire sullo schermo. Non avevo nessun idea di che film fosse, ma dopo un po’ arrivai alla conclusione che fosse un film d’azione e che contenesse la maggior parte degli attori più famosi di Hollywood. Harry avvolse il suo braccio intorno a me, uno intorno alla mia spalla e l’altro sul mio stomaco, e la calorosa e tenue sensazione mi fece venir voglia di addormentarmi propri lì. Cercai di rimanere sveglio comunque, ma fu con una piccola battaglia che il film divenne completamente senza senso e molto lontano dall’essere abbastanza interessante per avere la mia attenzione.
“Harry?”
“Mm?”
“Perché hai scelto di vedere questo film? È ridicolo.”
Cosa?
Scandalizzato.
“Come puoi dire una cosa del genere? È fantastico!”
“Nemmeno una singola cosa ha senso.”
“Sono solo quindici minuti.”
“Davvero?”
“Si.”
“Wow. È peggio di quello che mi aspettassi allora.”
“Sei senza speranza,” grugnii.
“Vuoi vedere un altro film? Ne ho altri due.”
“Na, va bene cosi,” dissi. “Mi addormenterei in un modo o nell’altro.”
“Molto bene allora.”
Passarono poco più di dieci minuti di silenzio prima che aprissi di nuovo bocca.
“Mi dispiace che ti abbia gridato contro prima,” dissi, guardandolo con occhi supplichevoli.
Incontrò il mio sguardo e sorrise sarcasticamente,
“È apposto, sarei dovuto stare zitto quando me lo hai chiesto la prima volta comunque.”
“Si, avresti dovuto,” borbottai. “Ma sono ancora dispiaciuto. Non avevo intenzione di urlare o di fare altro, è solo- voglio dire, mi sento strano e grasso e disgustoso e brutto, non ho davvero molta voglia di discutere riguardo a cose che ti farebbero pensare a me in un modo ancora più nauseante, capisci?”
“Lou,” gemette, apparentemente esasperato.
“Non sei strano, grasso, disgustoso, a nessuno e certamente non a me. Infatti, ti trovo assurdamente bello, okay?”
Una calda sensazione di stupidità e di gioia iniziò a diffondersi in tutto il mio corpo e le mie guance si colorarono leggermente di rosa.
“Grazie,” biascicai e prima di avere la possibilità di fare o dire qualcos’altro, alzai il mento verso l’alto e diedi un bacetto sulla sua guancia. 
Sorriso di traverso e mi strinse a lui un po’ di più, strofinando il naso nei miei capelli.
“Nessun problema,” sussurrò.
Sorrisi di rimando per un secondo prima di fargli capire di farsi un po’ più in là. Lui fece così, ma apparve un tantino confuso.
“Voglio solo sedermi in maniera differente,” spiegai, prima di girarmi con l’aiuto di entrambe le mani e le braccia, e alla fine riuscii a sedermi in mezzo alla sue gambe con la schiena appoggiata al suo petto e la testa inclinata dietro e di lato, in modo tale da avere il suo corpo pienamente visibile. Non sembrò che avesse problemi con la nuova posizione, notando che avvolse immediatamente le sue braccia intorno al mio stomaco e ritornando così a strofinare il naso fra i miei capelli. 
“Sei un bravo coccolatore, Harry,” sospirai. “Lauren è fortunata.” 
“Non è molto il tipo da coccole,” borbottò fra i miei capelli. “Lo è un po' troppo, non lo so comunque, non ama le coccole.”
“Come è possibile che a qualcuno non piacciano le coccole?” chiesi, aggrottando le sopracciglia. “È piacevole e confortevole e caloroso, cosa c’è che non possa piacere?”
“Non chiedermelo,” borbottò. “A me piacciono.”
Ci fu un breve silenzio prima che iniziasse a parlare di nuovo, questa volta con voce più calma e quasi dolce.
“Specialmente con te.”
Sbattei gli occhi ed esitai un secondo o due prima di voltare la mia testa di lato e poi alzare lo sguardo, giusto abbastanza da riuscire a guardarlo negli occhi.
“Sai,” dissi. “Dire cose come queste a me, potrebbero essere interpretato anche come un tradimento per la tua ragazza.” 
“Non se lo si pensa come un gesto amichevole.”
Contrassi le labbra e scossi un po’ la testa.
“Questo è un po’ difficile dal momento che tu mi piaci e io ti piaccio.”
“Penso che mi stia bene.”
“Probabilmente perché io sono innamorato di te, mentre tu hai solo una piccola cotta per me,” dissi prima di potermi fermare. Mi ci vollero un paio di secondi prima di realizzare le parole che erano appena uscite dalla mia bocca e, quando lo feci, i miei occhi si spalancarono, più in sorpresa che di qualsiasi altra cosa. 
Innamorato?
Avevo appena detto a Harry di essere di lui?
Apparentemente si, a giudicare dallo sguardo di puro terrore sulla sua faccia.
Quando avevo deciso di essere innamorato di lui? Certamente non ero cosciente o lo avevo fatto apposta, questo era sicuro. Questo probabilmente non era il momento giusto per rovistare nel mio cervello per cercare e per far saltare fuori una risposta sensata, anche perché Harry era ancora lì che mi guardava in un modo strano, come se sarebbe stato meglio se gli avessi confessato di essere incinto di in alieno, piuttosto che essere innamorato di lui. 
“Tu... tu sei innamorato di me?” chiese alla fine, la voce esitante e forse anche un po’ scettica.
Beh, quella non era esattamente la reazione che avevo sperato.
“Scusa,” biascicai, guardando verso il basso. “Non avevo intenzione-”
“Sei innamorato di me?” mi interruppe. 
“I-io non-”
“Rispondi e basta.”
Guardai verso l’alto di nuovo e fu lì che incontrai gli occhi di Harry solo a un paio di centimetri lontani dai miei. Avevano un’insolita ed intensa espressione e non ero pienamente sicuro di cosa gli avesse resi così. Mi morsi il labbro e deglutii una, due, tre volte.
“Io... credo di si,” dissi, imprecando silenziosamente per il tremolio nella mia voce.
“Non sono- cioè, non ci ho... davvero pensato, continuai nervosamente. “Ma suppongo che lo sia... io- sono innamorato di te.”
Non disse nulla, mi guardava solo, con la stessa intensità negli occhi.
Quando fu passato almeno un minuto e non aveva ancora dato nessun segno di voler parlare, volsi il mio sguardo verso il basso.
“Mi dispiace,” dissi alle mie mani. “Non avrei dovuto dire nulla, tornerò in camera mia e ti lascerò-”
“Sta zitto e guardami.”
Mi accigliai un po’ a quella inaspettata e grezza interruzione, ma ciononostante lo feci. Lo stesso sguardo era ancora presente nei suoi occhi, ma c’era anche qualcos’altro, qualcosa di lontanamente calmo e affettuoso.
“Smettila di trovare una scusa per qualsiasi cosa tu dica,” disse dolcemente, mentre sollevava la sua mano e l’appoggiava sulla mia guancia, avvolgendola gentilmente.
“Quando dici qualcosa intendo, continua a sostenerla.”
Se non fosse stato per il tono gentile della sua voce e l’immanente e amorevole sguardo nei suoi occhi, la sua ultima affermazione sarebbe potuta essere leggermente ostile.
“Scusa,” dissi. “Non tu- no, non importa, è solo un argomento un po’ imbarazzante, credo.”
“Nulla dell’essere innamorato è imbarazzante,” disse con un sorriso.
Ridacchiai.
“Sembri mia nonna.”
“Lo prendo come un complimento,” disse. “I nonni tendono ad essere saggi.”
“Si, e vecchi.”
“Confido nella parte della saggezza.”
Sorrisi di nuovo e alzai la mano, mimando il suo gesto. Restammo seduti lì per un po’, senza parlare, guardandoci negli occhi l’un l’altro prima che io aprissi bocca.
“Non pensi davvero che tutto questo sia strano?” chiesi, guardandolo curiosamente. “Che stiamo... attualmente parlando di come ci- beh, cosa proviamo l’un l’altro e che stiamo così vicini e stretti-”
“Non penso che sia strano se nemmeno tu lo pensi,” mi interruppe semplicemente.
“No, mi... mi sta bene,” dissi, comunque un tantino esitante.
“Ma non completamente,” disse, osservandomi dubbiamente.
Feci spallucce.
“E solo un po’- non lo so, non frustante, non noioso, ma forse un po’, sai, demoralizzante sapere che non importa quanto possiamo parlare l’un l’altro e coccolare e trascorrere insieme del tempo, non potrò mai veramente toccarti o stare con te in quel senso che vorrei. Non posso averti nel modo che vorrei.”
“Si, lo so,” disse con leggere sospiro.
“Lo sai?”
“Anche a me piaci, Lou,” disse. “E frustra anche a me sapere che non possiamo farci niente.”
Se solo scaricassi quella puttana della tua ragazza, potremmo fare qualche cosa. 
“Le cose sono semplicemente così,” dissi.
Mi mossi per cercare di tornare a vedere il film, ma pressò la sua mano con un po’ più di forza contro la mia guancia, chiedendomi di mantenere gli occhi fissi nei suoi. Per qualche ragione, si stava mordendo le labbra, all'apparenza in modo nervoso, e sollevai le sopracciglia dubbiosamente.
“Forse potrebbe funzionare,” iniziò lentamente. “Cercare solo di... uscire dai nostri schemi.”
“Uscire dai nostri schemi?” chiesi e non riuscii a non mostrare la mia incredulità.
“Ti dico che sono innamorato di te e tu vuoi uscire-”
“Non in quel senso,” mi interruppe. “Solo, sai, forse non farebbe male provare e... non lo so, fare qualcosa.”
“Cosa? Vuoi che ti faccia un pompino in modo da capire se davvero ti piaccio oppure per capire se dopotutto è solo pietà?”
“Non c’è bisogno che ti difenda in quel modo,” disse, stringendo gli occhi.
“Sei stato tu che-”
“No, ho fatto una supposizione, sei tu che hai pensato nel modo sbagliato.”
Aggrottai le sopracciglia per un momento, ma dopo mi resi conto che aveva ragione e borbottai un piccolo “scusa”.
“Sei impossibile, lo sai vero?” disse con un sorriso divertito.
“Lo so, lo so,” sospirai.
“Ma sono incinto, mi è permesso essere impossibile.”
“Oh si, usa quel povero bambino come una scusa,” ridacchiò.
“È vero, comunque.”
Sorrise di nuovo, questa volta in modo più affettuoso, e sollevò uno delle sue mani per avvolgerla intorno alla mia guancia. 
“Beh, non importa quanto tu sia impossibile, mi piaci ancora,” disse e, prima di capire qualcos’altro, si chinò e mi baciò velocemente. Fu prima che mi accorgessi di cosa stesse succedendo e dovetti sbattere più volte le ciglia in modo da rendermene conto. 
Poi si rimise come prima, in parte nervoso, in parte divertito e mi morsi le labbra, pensandoci su una o due volte, prima di mimare la sua stessa azione premendo le mie labbra in un casto e innocente bacio sulle sue labbra. Quando mi sporsi indietro, lo sguardo divertito che aveva in faccia era scomparso, ma quello nervoso era più pronunciato rispetto a prima mentre mi guardava negli occhi. Lo fissai, silenziosamente implorandolo di fare ciò di cui avevo dannatamente voglia, ma sapevo anche che fosse una cattiva idea, una bruttissima idea. Si fece più vicino e tenni le palpebre spalancate, aspettando che facesse la prima mossa - doveva aver capito ciò che volevo, quindi decise di fare la prima mossa e di precedermi. 
Ci fu un tenue tocco di labbra, uno sfioramento, come se mi stesse assaporando, cercando di capire quanto potesse osare in un bacio, che a dire il vero non ci sarebbe dovuto nemmeno essere. Comunque la cosa sul fatto del baciare qualcuno con cui hai sempre voluto farlo sapendo che ricambia i tuoi stessi sentimenti, era davvero molto sensata; pensare che forse ad un certo punto potresti buttarti giù dalla finestra, e rimpiazzando il tutto con ogni singola emozione che non potevi permetterti di avere; desiderio, brama, lussuria. E amore.
Pertanto ci vollero solo due secondi per avvicinarmi e premere le mie labbra sulle sue e per aprire la mia bocca, silenziosamente chiedendogli di ricambiare il bacio, cosa che fece. Trascorremmo un paio di minuti a scambiarci lenti ed innocenti baci a bocca aperta, ma dopo la sua lingua fece un piccolo contatto con la mia e fu come se qualcuno avesse premuto l’interruttore e tutta l’aria fosse drasticamente cambiata. Io risposi immediatamente in anticipo e i nostri dolci baci si trasformarono in disperati scontri di labbra, lingue e denti che ci fecero gemere rumorosamente, e mi sporsi indietro in modo tale da avvicinarmi a lui. Entrambe le nostre mani si posarono sul mio stomaco, mentre premevo la mia schiena sul suo petto, e le sue mani andarono verso il basso finche non si fermarono proprio sulla fascia dei pantaloni del mio pigiama. Afferrai la sua mano e, senza alcun indugio, la guaidai verso il basso finche non fu completamente distesa sulla protuberanza dei miei pantaloni. 
Il suono che emisi nel bacio quando premette la sua mano con cura fu così disperato, così bisognoso, e la reazione di Harry fu di premere la sua mano ancor più fermamente e di ruotare i suoi fianchi contro il mio basso schiena. Iniziò a massaggiarmi sopra i pantaloni e i boxer, ed io piagnucolai leggermente, aggrappandomi al suo maglione mentre muovevo il bacino in sincronia con la sua mano.
Avere la mano di qualcun altro su di me - avere la mano di Harry su di me - mi fece sentire incredibilmente bene, specialmente dopo aver vissuto con un orribile, sperduto da Dio, sentimento imprigionato di frustrazione sessuale per quelli che parevano essere quindici decenni. Avevo voglia di farglielo sapere, portando la mano intorno al rigonfiamento dei suoi pantaloni, ma prima di andare oltre, ruppe il bacio, in un modo piuttosto brutale, e ritirando la sua mano.
Fece rimanere la sua fronte contro la mia, respirando profondamente.
Appoggiò la testa contro la mia, respirando pesantemente.
“Okay, okay,” ansimò.
I miei occhi rimasero chiusi ed il mio respiro era irregolare quanto il suo, ma lo sentii comunque deglutire una, due, tre volte prima di aggiungere balbettando:
“Probabilmente dovremmo- si, okay.”
Inspirai profondamente un po' di volte, disposto a riportare il respiro al normale e a far scomparire l'erezione.
“Dovrei- dovrei scusarmi?” Chiesi, guardandolo ansiosamente. Lui spostò entrambe le mani sul mio stomaco, come se due minuti prima non mi avesse masturbato attraverso i pantaloni.
“Ovviamente no,” disse. “Ma faremmo meglio a fermarci prima di... beh, superare il confine e fare qualcosa che non dovremmo.”
Annuii velocemente.
“Già, buona idea,” dissi, forse un po' superficialmente perché avevo la sensazione che noi avessimo già superato la linea e fatto definitivamente cose che non avremmo dovuto fare.




HI FELLAS!

Posso confessare che ho paura di scrivere questa nota finale? Si, perché il mio è stata una assenza non del tutto giustificata, ma i motivi ci sono eccome. 
Quindi se spiego sarà meglio per tutti.
È successo tutto in vacanza, perché con mia grande fortunata, ho subito un furto nell’appartamento in cui alloggiavo insieme alla mia famiglia. Scrivendo mi tremano le mani, perché la cosa più brutta è che in questo appartamento ci avevo trascorso un paio di minuti prima che succedesse il tutto, quindi loro erano dentro.
In viaggio avevo portato anche il computer, infatti avevo iniziato già a tradurre questo capitolo, e le mie intenzioni erano anche quelle di rispondere a tutte le meravigliose recensione che avete dato al ventisettesimo capitolo. Purtroppo è successo questo e... sono rimasta un po’ scossa. 
Giulia mi ha aiutato a superare questa cosa, anche perché mi hanno rubato la borsa, per l’altro all’interno c’era il biglietto con cui sarei dovuta andare a trovarla. 
Insomma, è questo che ha posticipato la pubblicazione di questo capitolo, infatti mi scuso con ogni singola persona che in questo momento sta leggendo questo scempio ahahah.
A me dispiace anche ritardare il lavoro che fa Giulia, lei è un razzo a tradurre, quindi mi scuso anche con lei. Ma soprattutto vorrei chiedere perdono a tutte, davvero, comprese ogni singola persona che ha recensito lo scorso capitolo che ho tradotto:
IMetYouInTheToilet; Giulia_Choppers; bea98zb; _DarkNightmare; Anden; Valeeeuio; louisandharry4_ever; hazza_boobear; Lux_Twirler; WriterInLoveWithYou; eleZHLLN; DontForgetWhoYouAre; ilove1Dever; Demi_Lovato_One_Direction; _larryshugs; __staystrong; louisamy.
Sappiate che ho letto ogni singola recensione, e do un ‘ebfwbv’ per tutto.
Detto questo vorrei parlare di qualcosa di più bello, e cioè questo capitolo pieno di dolcezza e.. con un po’ di smut!
Chi non vedeva l’ora di assistere a dei sani momenti di docenza sul divano da parte di Harry eh?! IO SONO SUPER CONTENTA, NON SO VOI.
Ma la scena che mi ha fatto rimanere come un pesce, è stata la parte del bacio, perché... beh andiamo lo sapete il perché! 
Ricordo che quando lessi per la prima volta questo capitolo, mi ripreso solo dopo un giorno ahahahaha (*coff* le scene sessuali tra gay sono un mio punto debole...................)
Bene, dopo essermi sputtanata davanti a tante belle persone, credo che sia arrivato il momento di fare una domanda ben precisa: cosa ne pensate di quello che è appena successo mm? Perché alcune di voi sono delle maghe quando si tratta di indovinare ahahaha
Quindi scrivete tutto tutto nelle recensioni, e questa volta risponderò sul serio.
Emm credo sia arrivato il momento di smettere di scrivere, diventerete vecchie di questo passo, già.
Ah ultima cosa: io il 10 inizio la scuola, quindi addio pacchia...... *sadness*
Crede che le pubblicazioni avverranno almeno una volta ogni due settimane, quindi vi chiediamo di capire almeno un po’, ma sono sicura che lo farete<3
SPARISCO, SPARATEMI ALTRIMENTI (??????)
Un bacio grande grande e a presto x.
Twitter → @Itbeatsfortwo_ 

Ana.

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Capitolo 30
*** Can you at least give me a reason? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
__________

Capitolo 30



Puoi almeno darmi una spiegazione?

Lunedì 25 Aprile
Trentasei settimane


Appoggiò la testa contro la mia, respirando pesantemente.
“Okay, okay,” ansimò.
I miei occhi rimasero chiusi ed il mio respiro era irregolare quanto il suo, ma lo sentii comunque deglutire una, due, tre volte prima di aggiungere balbettando:
“Probabilmente dovremmo- si, okay.”
Inspirai profondamente un po' di volte, disposto a riportare il respiro al normale e a far scomparire l'erezione.
“Dovrei- dovrei scusarmi?” Chiesi, guardandolo ansiosamente. Lui spostò entrambe le mani sul mio stomaco, come se due minuti prima non mi avesse masturbato attraverso i pantaloni.
“Ovviamente no,” disse. “Ma faremmo meglio a fermarci prima di... beh, superare il confine e fare qualcosa che non dovremmo.” Annuii velocemente.
“Già, buona idea,” dissi, forse un po' superficialmente perché avevo la sensazione che noi avessimo già superato la linea e fatto definitivamente cose che non avremmo dovuto fare.

“Già... uhm, vuoi- non so, guardare un film?” Non l'avevo mai sentito impacciato e nervoso prima d'ora e non ero sicuro se ridere divertito o chinare la testa con vergogna. Forse fare entrambe le cose sarebbe stata una buona alternativa.
Tossii leggermente.
“Penso... penso che andrò in camera mia,” dissi e mi allontanai dolcemente così che le sue mani scivolassero dal mio stomaco e cadessero nel materasso.
“Perché?” Chiese. Potei giurare di aver sentito la disapprovazione nella sua voce. “Ci siamo solo baciati, non c'è bisogno di farne un dramma.”
Roteai gli occhi mentre mi alzavo goffamente dal letto.
“Si, ci siamo baciati,” dissi dopo essermi voltato per guardarlo. “Con la lingua. E sono abbastanza sicuro che la tua mano fosse sul mio pene e allo stesso modo sono abbastanza sicuro di aver sentito il tuo pene contro di me.”
Mi guardò per un momento e poi alzò le sopracciglia.
“Sei arrabbiato con me?” Chiese poi.
“No, non sono arrabbiato,” dissi, pensando che probabilmente ci fosse una traccia di esasperazione nella mia voce. “Solo- no, non lo so, non so come mi sento o come dovrei sentirmi.”
“Beh, ovviamente ti è piaciuto baciarmi,” disse con un vago cenno verso i miei pantaloni.
“Certo che mi è piaciuto, ma non è questo il punto.”
“Qual'è il punto allora?”
“Il punto è che hai una ragazza e sembra che tu non ti faccia nessuno scrupolo a limonare con me.” Sbattè più volte le palpebre e la piega sulla sua fronte divenne più profonda.
“Quindi tu pensi che sia moralmente sbagliato, da parte mia, tradire la mia ragazza, giusto?” Chiese.
“A me non interessa cosa è giusto o sbagliato per quanto riguarda lei,” sbottai prima di riuscire a fermarmi.
I miei occhi si spalancarono e stavo per scusarmi, ma poi mi ricordai quello che Harry mi aveva detto non più di un'ora prima sul fatto di dover mantenere il mio pensiero quando dicevo qualsiasi cosa. Pensavo davvero ciò che avevo appena detto, quindi non mi scusai.
“Mi importa di cosa è sbagliato e di cosa è giusto per quanto riguarda me,” dissi invece mentre lo guardavo direttamente negli occhi.
“Cosa?” Sembrava interdetto. “Tu volevi baciarmi, ed è ovvio, quindi che cosa c'è che non va?”
Lasciai uscire un piccolo sbuffo.
“Ci si sente un po' come essere sfruttati,” dissi. “Sai che provo qualcosa per te e a te va bene baciarmi e possibilmente andare oltre, ma hai una fidanzata che, ovviamente, per te è più importante di quanto lo sia io.”
Rimase in silenzio per pochi secondi, apparentemente concentrato a pensare.
“Che vuoi dire con questo?” Chiese poi, guardandomi a dir poco confuso.
Non per la prima volta, mi ritrovai a domandarmi sinceramente su dove fosse la sua intelligenza.
“Significa che sei stato irrispettoso nei miei confronti, nei confronti di come mi sento e, beh, anche nei confronti della tua ragazza,” dissi seccamente.
“Sai che mi piaci, quindi perché è così strano che io voglia baciarti?” Chiese.
Sembrava che anche lui si stesse per arrabbiare ora perché la piega di confusione sulla sua fronte si era trasformata in una di esasperazione e la sua voce aveva un leggero sottofondo di amarezza.
“Non sto dicendo che è strano, sto solo dicendo che o baci me, o baci Lauren, non puoi avere entrambi.”
“Perché no?”
Gemetti.
“Perché, come ti ho già detto, stai tradendo lei e sei irrispettoso nei miei confronti!”
“Quindi stai dicendo che: o rompo con Lauren o perdo te?”
“No, sto dicendo che tu stai con Lauren, quindi tu ed io non dovremmo... fare niente che esca dalla normale amicizia.”
Mi fermai per un secondo prima di aprire di nuovo bocca.
“E andava tutto bene fino ad una ventina di minuti fa.”
“Stai incolpando me per quello che è appena successo?”
“Hai iniziato tu.”
Lui increspò le labbra.
“Tu non mi hai esattamente respinto. Ora, se non mi fossi trattenuto, sono abbastanza sicuro che avremmo avuto le mani l'uno nei pantaloni dell'altro.”
Sentii le mie guance scaldarsi, ma non ruppi il contatto visivo con lui.
“Sei stato tu ad iniziare e non avresti dovuto farlo.”
“Beh, puoi farmene una cazzo di colpa?” Esclamò, la sua voce si alzò tutto d'un tratto di dieci toni. “Ho perso in conto di quante volte siamo stati appiccicati l'uno contro l'altro la scorsa settimana e tu sei bello e sei tutto raggiante e mi sei intorno tutto il tempo ed io- io ti voglio! Ti voglio, okay? Sono umano e-”
“Se mi vuoi così tanto allora rompi con Lauren e poi potrai avere da me tutto quello che vuoi!”
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
“Non romperò con Lauren,” Disse tranquillamente alla fine.
Morsi l'interno delle mie labbra per un secondo, inghiottendo il ridicolo magone di disappunto nella gola, e poi annuii.
“Allora non puoi fare ciò che ti pare solo perché ti piaccio,” dissi.
Lui annuì in risposta.
“Okay,” fu tutto ciò che disse.
Inghiottii ed annuii un'altra volta prima di girarmi sul posto e muovermi per uscire dalla stanza. Ero quasi arrivato alla porta quando il suono della sua voce mi richiamò indietro.
“Posso almeno dare la buonanotte ad Aidan?”
Sospirai, volendo dirgli “no”, ma non ero senza cuore, quindi mi girai e camminai verso il letto fermandomi di fianco ad esso girato verso Harry. Lui si mosse fino al limite del letto così che i suoi piedi toccassero per terra e mi lanciò un veloce sguardo titubante prima di alzare le mani e posarle entrambe dolcemente sulla mia pancia.
Si appoggiò lì, così vicino che la sua guancia ormai sfiorava il materiale del maglione che stavo indossando.
“Buonanotte piccolo,” mormorò. “Fai il bravo con il tuo papà, va bene? Non causargli alcun dolore o sconforto a meno che non sia assolutamente necessario per la tua salute. Okay? Ti amo. Dormi bene.”
Rimase lì per un altro secondo prima di allontanarsi ed alzare lo sguardo verso di me. Le sue sopracciglia erano corrucciate miseramente e stava ancora tenendo le mani sul mio stomaco non mostrando alcun segno di volerle tirare indietro.
“E' tutto okay tra di noi, giusto?” Chiese dolcemente. “Non roviniamo di nuovo tutte le cose.”
“E' tutto okay,” dissi, pensando che la mia voce fosse un po' troppo fredda e rigida perché suonasse totalmente convincente.
Quindici minuti dopo ero tornato in camera mia e, anche se mi resi conto che l'orologio segnava solo le nove e un quarto, mi misi la mia maglietta enorme per dormire e mi nascosi sotto le coperte. Anche se la stanza era buia, i miei occhi erano aperti e guardavano l’oscurià, tutto ciò che ero in grado di vedere.
Harry aveva ammesso di volermi, aveva ammesso di volermi abbastanza da non avere problemi a tradire la sua ragazza. Poi però, questo cosa significava? A dire la verità, non ero sicuro di dove fosse la sua moralità, ma avevo la sensazione che non fosse esattamente ai più... onorevoli livelli. E ovviamente non gli piacevo abbastanza da rompere con Lauren per stare con me comunque.
Sospirai frustrato e sollevai per un secondo la testa per aggiustarmi il cuscino.
Era abbastanza ovvio che quando avevamo avuto la nostra 'grande conversazione', non avevamo parlato di tutti i nostri problemi, cosa che, ad essere onesti, avevo sospettato. L'intera situazione era un po' più chiara ora rispetto a prima della nostra conversazione, ma nel corso di un'ora, mi era diventato ovvio che facevo bene ad essere sospettoso riguardo al fatto che Harry ed io avevamo ancora cose su cui discutere. Da soli questi problemi non erano particolarmente urgenti o importanti, ma ammucchiati insieme erano abbastanza gravi da averci portato a litigare di nuovo. Il pensiero di riavere un'altra lunga conversazione non era molto allettante e forse non era nemmeno necessario. Dopotutto il bambino sarebbe nato in non più di quattro settimane, e forse sarebbe stato meglio tagliare Harry fuori dalla mia vita dopo.
Il pensiero era ridicolmente impossibile e lo sapevo, ma era bello dire a me stesso che se avessi voluto, avrei potuto lasciare quel posto e continuare la mia vita senza Harry.
Era bello provare a convincere me stesso che continuavo ad avere pieno controllo della mia vita.
Sapevo, però, che era solo una grande bugia.

Martedì 26 Aprile
Trentasei settimane e un giorno


Ogni tanto mi domandavo se Anne avesse un sesto senso quando si trattava di me ed Harry perché, la mattina seguente, il secondo dopo che Harry era andato a scuola, suo padre era andato a lavoro portando con sé Connor e Adrien per portarli all'asilo, Anne si era seduta al mio fianco sul divano del salotto, dove stavo mangiando la mia colazione, e mi stava fissando con le sopracciglia alzate.
“E adesso per cosa avete litigato tu ed Harry ?” Domandò senza mezzi termini.
Diedi solo un morso al mio panino prima di allontarlo rapidamente e rispondere.
“Chi ti ha detto che abbiamo litigato?”
“Il fatto che nessuno dei due ha detto una parola all'altro durante i dieci minuti che siete stati in cucina insieme.”
“Non sono di tante parole la mattina,” dissi, cercando di apparire il più convincente possibile.
Per niente sorpreso, sembrò che avessi fallito, almeno giudicando dal sospiro di esasperazione che emise lei.
“Fammi indovinare: ha a che fare con il bambino o con quello che provate l'uno per l'altro.”
Avrei voluto protestare, ma sapevo che sarebbe stato inutile come asciugare i capelli sotto una cascata.
“Bingo sulla seconda,” dissi invece, la mia voce più un mormorio che altro.
Mi offrì un sorriso triste.
“Non è facile, eh?”
“Cosa non è facile?”
“Non poter decidere sui tuoi sentimenti, specialmente quando passi più o meno ogni secondo a meno di dieci metri lontano dall'altro. So che è frustrante per entrambi, non è difficile da dire considerando che nessuno dei due è particolarmente sottile.”
Le mie guance si riscaldarono un po' ed abbassai lo sguardo.
“Immagino di si,” fu tutto quello che dissi in risposta.
Lei non disse di nuovo niente per qualche momento, ma sentivo i suoi occhi su di me e sapevo che erano pieni di preoccupazione e di compassione.
“E' successo qualcosa tra voi due?”
“No,” dissi velocemente. Probabilmente un po' troppo velocemente.
“Niente?”
Sembrava scettica.
“No, niente,” squittii, rifiutandomi di incontrare il suo sguardo.
“Sei sicuro?”
“Assolutamente. Va tutto bene, non è successo niente.”
“Stai mentendo,” disse divertita dopo un secondo di pausa. “Ma okay, non ti chiederò più niente se non ti va di parlarne.”
Sorrisi, ma continuai comunque a non guardarla.
“Grazie.”
“Di niente,” disse genuinamente prima di raggiungere il telecomando sul tavolino e accendere la televisione.
Restammo seduti lì per un po', semplicemente guardando i reality show senza senso in silenzio; era rassicurante, calmante, e mi permise di riposare la testa senza dovermi preoccupare di qualcosa in particolare.
Il silenzio tra noi due non era sconfortevole o impacciato, ma piuttosto uno che mi permetteva di sapere che non dovevo dire niente, ma che, se l'avessi fatto, lei sarebbe stata lì ad ascoltarmi. Era una bella sensazione, ad essere onesto dovevo proprio ammetterlo. Non che avessi intenzione di dire qualcosa, ma era bello avere la certezza di poterlo fare senza ottenere in risposta sguardi strani e prese in giro.
“Tu e Harry andrete di nuovo dal dottore domani, vero?” Chiese mentre una ragazza – Charlotte, ero abbastanza sicuro si chiamasse – aveva iniziato a piangere a causa del fatto che era innamorata di Gary, ma Gary non ricambiava il sentimento.
Annuii.
“Si, faremo qualche esame e cose del genere.”
“Per scoprire come funziona il tuo corpo?”
“In pratica, si.”
“Sei nervoso?”
Sorrisi storto e lanciai una rapida occhiata verso di lei.
“Un po',” dissi. “Non necessariamente per gli esami, ma più che altro per ciò che potrebbe uscirne fuori.”
Mi sorrise dolcemente in risposta.
“Non può essere così male. Non hai mai avuto strane esperienze prima che tutto questo accadesse, no?”
Scossi la testa.
“Beh, allora questa è una prova in cui puoi stare abbastanza tranquillo e che non ti dia problemi in alcun organo vitale almeno.”
“Beh, in entrambi i casi, qualcosa che non va ci deve essere,” dissi con una risatina nervosa. “Non sono stato biologicamente creato per essere in grado di portare un bambino, ma eccomi qui, perciò... c'è qualcosa fuori dall'ordinario, non penso si possa ancora discutere su questo.”
“Che sia una cosa fuori dall'ordinario non vuol dire necessariamente che sia sbagliato,” disse semplicemente.

*

Quel pomeriggio Harry ritornò a casa da scuola alle tre in punto, stanco e scontroso a giudicare dal modo in cui aveva ignorato Anne quando gli aveva chiesto cosa voleva per cena. Io non ero riuscito a fare altro che stare seduto sul letto con la musica nelle orecchie e un libro nelle mani per tutto il giorno.
Apparentemente essere in gravidanza ti faceva sentire incapace di agire come un normale essere umano.
Alzai lo sguardo verso Anne da dove ero seduto sul tavolo della cucina con il libro di storia di fronte a me, e alzai le sopracciglia interrogativamente. I suoi occhi guizzarono verso la porta della cucina da cui era appena scomparso Harry, e poi di nuovo nei miei.
“Ha avuto una brutta giornata immagino,” disse. La sua voce era leggera, ma i suoi occhi contenevano una certa preoccupazione.
“Ti dispiacerebbe andare da lui e chiedergli se va tutto bene?”
“Oh, io-”
“Andrai a parlare con lui in ogni caso, comunque,” mi interruppe. “Non puoi posticipare.”
Si, lei aveva davvero un sesto senso. Con un sospiro e qualche silenziosa maledizione trattenuta nello stomaco, mi alzai in piedi e uscii dalla stanza. La porta della camera di Harry era chiusa quando arrivai davanti e rimasi lì, senza fare niente per qualche secondo; l'ultima volta che ero piombato in camera sua quando la porta era chiusa, l'avevo visto guardare un porno gay e non avevo alcun desiderio di
rivivere di nuovo quell'esperienza. Non che non fosse stata una bella vista, ma sarebbe stata comunque imbarazzante.
Quindi sollevai una mano e bussai una, due, tre volte, sperando di non interromperlo in mezzo a qualcosa di estremamente personale.
Non ricevetti alcuna risposta e provai di nuovo.
E ancora.
Aggrottai un po' le sopracciglia, pensando che fosse improbabile e un po' spiacevole che avesse già acceso il computer e tirato giù i pantaloni, visto che erano passati solo cinque minuti da quando aveva lasciato al cucina. O almeno pensavo. Forse era stato così schivo perché Lauren gli aveva dato buca o qualcosa del genere. Sesso pubblico, prese in giro, sembravano essere cose che Lauren, - e ad essere sinceri anche Harry – sarebbe arrivata a fare. Tuttavia sospirai e alzai la mano per spingere verso il basso la maniglia della porta e aprirla, anche se lentamente, per essere sicuri.
Ma dopo aver aperto completamente la porta, sbirciando dentro prima di tutto con la testa, potevo definitivamente dire che non c'era niente di vietato ai minori che avesse spinto Harry a non rispondere al mio bussare. Sorrisi dolcemente mentre chiudevo la porta dietro di me e mi fermai ai piedi del letto, dove lui era steso sulla schiena mentre russava ogni tanto con la testa abbandonata di lato. Trovai affascinante il fatto che fosse riuscito ad addormentarsi in non più di pochi minuti.
Stando attento a non svegliarlo, mi sedetti nel bordo del letto e lo guardai. Il suo petto roseo si muoveva in un lento e regolare ritmo ed i suoi capelli erano un nido di riccioli aggrovigliati sparsi intorno alla testa come un'aureola. E ovviamente era bello. Come sempre.
Normalmente non si dovrebbe trovare il russare un tratto adorabile e attraente, vero? Beh, peccato, perché per me lo era.
Cambiai leggermente posizione, sorreggendo il mio stomaco con un braccio attorno ad esso.
“Sembra che tuo padre sia stanco, piccolo,” dissi piano mentre guardavo il suo viso totalmente rilassato.
Un po' esitante, lasciai che la mia mano scivolasse lentamente sulla sua guancia. Sembrava così pacifico così, così a proprio agio con tutto il mondo e senza una singola preoccupazione ad annebbiare la sua mente. Non l'avevo mai visto prima così, o almeno in quel momento non mi veniva in mente, e realizzarlo mi fece intristire.
Non l'avevo mai visto totalmente a proprio agio perché tutto quello che gli portavo erano problemi e preoccupazioni. A causa mia sarebbe diventato padre, a causa mia gli erano venuti dubbi sulla propria sessualità e a causa mia stava avendo problemi con la sua ragazza.
Tutto per colpa mia.
Giurai che il mio cuore fosse pieno di colpa, tristezza e amore, e mi morsi il labbro per fermare me stesso dal fare uscire qualsiasi suono. Una ciocca di capelli cadde sui suoi occhi ed io li spostai dolcemente, lasciando che il palmo delle mie dita venisse a contatto con la sua pelle. Ora, molto più di quanto avessi mai fatto, realizzai quanto mi facesse male il fatto di non poter avere Harry. Mi sentivo come se dell'acido filtrasse dentro le piccole crepe del mio cuore, procurandomi delle fitte al petto e la gola soffocante e dolente.
Non ebbi più tempo per soffermarmi sulla questione perché la mia mano venne improvvisamente afferrata un secondo dopo e gli occhi di Harry si aprirono. Sbatte le palpebre un paio di volte, a quanto pare per mettermi a fuoco.
“Speravo fossi Lauren,” disse poi, con un piccolo sospiro.
Aggrottai un po' le sopracciglia e il mio cuore fece un salto spiacevole.
“Scusa, sono solo io,” dissi con un debole sorriso mentre ritiravo la mano ancora appoggiata sulla sua fronte.
“Si, riesco a vederti,” disse mentre si alzava lentamente. “Ancora non sono cieco.”
“Beh.... bene,” dissi tagliente.
Non stava guardando me, ma il muro dall'altra parte del letto, e non sembrava avere intenzione di spostare gli occhi da lì. Lo presi come un segnale che non avesse ancora dimenticato la nostra mezza litigata della sera prima. Mordendomi nervosamente il labbro, cercai un modo sottile per tirare fuori la faccenda ma, beh, non ero mai stato particolarmente sottile.
“Non mi piace litigare con te,” fu tutto quello che mi uscii quando alla fine decisi di aprir bocca.
Voltò lo sguardo verso di me con un espressione confusa.
“Abbiamo litigato?”
“Io- beh, non sul serio credo, ma sai ciò che è successo ieri sera e tutto,” dissi, sfregando nervosamente il bordo del mio maglione.
“Oh,” disse, sembrando perplesso. “Pensavo fossimo d'accordo che andava tutto bene, no?”
Avrei voluto discutere sul fatto che c'erano ancora delle tensioni irrisolte tra di noi quando avevo lasciato la stanza la notte scorsa, ma sembrava che lui fosse già di cattivo umore e non volevo essere io a peggiorare la situazione.
“Ne parleremo più tardi, okay?” fu tutto quello che dissi.
“Non sapevo ci fosse ancora qualcosa sui cui parlare,” disse stancamente. “Ma sono troppo stanco per discutere, quindi va bene, ne parleremo dopo.”
“Okay.”
Lui annuì e poi sospirò di nuovo.
“Quindi, c'è una ragione per il quale sei seduto qui e guardarmi dormire, o pensi solo che io sia bello?”
“Tua mamma mi ha detto di venire a controllare che stessi bene.”
“Quindi non sono bello?”
“Non c'entra niente.”
“Va bene.”
“Quindi stai bene?”
Alzò le spalle.
“Sto bene.”
“Si, sei convincente,” dissi, alzando le sopracciglia interrogativamente verso di lui.
Alzò di nuovo le spalle.
“Ho litigato con Lauren.”
Era sbagliato che le mie interiora fecero una danza di gioia?
“Oh... riguardo cosa?”
“Te.”
Aggrottai le sopracciglia.
“Per me? Perché?”
“Non lo so,” disse con un sospiro. “E' passato un po' da quando le ho detto che stai qui e aveva detto che non gli importava, ma oggi sembrava aver deciso che non le andasse bene. Non lo so. La logica femminile.”
Corrugai la fronte.
“Prima di tutto, perché gliel'hai detto? Non me l'hai mai detto.”
“Pensavo solo che fosse meglio così,” disse. “Prima o poi lo sarebbe venuta a scoprire in ogni caso, quindi ho pensato che avrebbe ridotto i danni.”
“Quindi hai deciso di innestare la bomba prima che esplodesse?”
“In pratica si.”
“Aha. E quale scusa ti sei inventato? Non penso tu le abbia detto la verità.” Sorrise.
“Non penso che l'avrebbe presa tanto bene,” disse. “No, le ho solo detto che sei stato cacciato di casa per ragione a me sconosciute e che non avevi nessun altro posto in cui andare e che è stata mia mamma a chiederti di restare.”
“Certo, incolpa tutti ma non te stesso,” dissi, però con un sorriso.
“Beh, non volevo innervosirla più del necessario.”
“Ma oggi ha deciso che non le va bene che io stia qui, giusto?”
Gemette prima di affondare la testa nei cuscini e pizzicarsi il ponte del naso.
“Già. Ha detto qualcosa sul fatto che non va bene che tu stia qui perché sei strano ed altro.”
“Qualcosa mi dice che lei non abbia usato esattamente la parola 'strano',”  dissi seccamente.
“Forse,” disse con un sorriso triste. “Ma il punto è che ora è arrabbiata con me.”
“Cosa che porta te ad essere arrabbiato.”
“No, non sono arrabbiato,” disse, sembrando un po' pensieroso. “Solo stanco suppongo. Stanco di litigare con lei per qualsiasi cosa per cui non ci sarebbe bisogno litigare.”
Annuii semplicemente per mostrargli il mio consenso, ma poi mi resi conto di una cosa e mi fermai a metà cenno del capo.
“Quindi...” iniziai lentamente, trascinando fuori le parole. “Hai litigato a causa mia?”
Lui mi indirizzò una strana occhiata.
“Beh, si, questo è quello che ti ho detto mezzo minuto fa.”
“Non le piace che io stia qui, e voi avete litigato per questo.”
“Si. Che stai-”
“Quindi ti sei schierato dalla mia parte?” Lo interruppi con un sorriso crescente sul viso mentre il mio cuore svolazzava felice.
“Non sei d'accordo con lei ed avete litigato perché mi stava insultando?”
Sbattè le palpebre e poi alzò le sopracciglia.
“Penso di si?”
Nonostante la sua confusione e la sua ovvia difficoltà a capire cosa quello significasse per me, non riuscii ad evitare di stringerlo in un abbraccio.  Mi rotolai sul fianco, il mio stomaco pressato contro il suo fianco e il mento sepolto nella parte inferiore del suo torace.
Un sospiro soffocato uscì dalla sua bocca quando il mio stomaco si scontrò contro di lui e lo sentii tossire.
“Sei troppo grande per poterti gettare addosso a me in questa maniera Lou,” grugnì.
La mia unica risposta fu di spostarmi di lato così che la mia guancia si posasse sul suo petto, chiusi gli occhi e sorrisi felice.
Per qualsiasi persona a caso che avesse assistito alla scena la mia reazione sarebbe sembrata un po' troppo esagerata, ma dopo aver passato parecchi mesi guardando Harry criticarmi sempre e essere d'accordo con le critiche di Lauren su tutti i miei cambiamenti, sapere che ora si era schierato dalla mia parte mi fece sentire... incredibilmente bene. Mi faceva sentire come se non fossi completamente solo, mi faceva sentire molto più importante  e meno non voluto, ed era tutto molto più che benvenuto.
“Sei felice che io abbia litigato con la mia ragazza?” Mormorò nei miei capelli dopo pochi secondi.
“Non che hai litigato con lei, ma sono felice per la ragione per cui hai litigato con lei,” dissi sinceramente.
“Ma che amico di supporto,” sbuffò.
Sollevai la testa per guardarlo e sorrisi a stento.
“Sto facendo del mio meglio.”
Alzò una mano ed incastrò le dita dolcemente tra i miei capelli mentre mi sorrideva.
“Lo so,” disse e notai quanto fosse diventata dolce la sua voce. “E lo apprezzo. So che non è facile.”
“Cosa non è facile?” Chiesi, lasciando le mani sul suo petto.
“Vedermi insieme a lei.”
Spostai lo sguardo in basso e mi morsi il labbro, cercando di uscirmene con qualcosa che non suonasse troppo stupido. Non che quello che aveva detto non fosse vero, perché lo era, ma perché aveva fatto un'affermazione come quella? Non aveva ancora capito che mi metteva in una posizione imbarazzante? Se gli avessi detto che non c'era nessun problema, avrebbe capito che stavo mentendo, ma se avessi confermato quello che aveva detto, sarebbe sembrato come se volessi spingerlo a rompere con lei. Non che io avessi obiezioni in quel caso, ma... bene.
“Va bene,” disse lui prima che io avessi tempo di uscirmene con una buona risposta. “Non piacerebbe nemmeno a me se ti mettessi con qualcuno.”
“Non preoccuparti,” dissi con una risata ironica. “Non penso che accadrà presto.”
Lui increspò le labbra ed attese un momento.
“Sarebbe strano se dicessi che sono contento?”
“Un po',” dissi, ma le mie guance diventarono rosse di felicità e non riuscii a trattenere dal sorridere. “Quindi vuoi che io viva la mia vita da solo, privo di affetto e in castità, è così?”
Gli angoli della sua bocca si alzarono verso l'alto.
“Na. Credo che meriti un po' meglio di così.”
“Un po' meglio di così? Wow. Grazie. Le prospettive della mia vita futura sembrano buone vedo.”
“Okay, okay, bene,” disse, fingendosi esasperato, mentre mi colpiva la cima della testa. “Meriti un ragazzo che ti fornisca tanti piccoli bambini e una casa in campagna con un recinto bianco e un albero di mele nel cortile e tutto il resto. Felice ora?”
“Che mi fornisca tanti piccoli bambini?” Ridacchiai. “Pensi che io voglia rimanere incinto tutto il tempo?”
“Un po' di tempo fa mi hai detto che se avessi incontrato il ragazzo giusto, avresti considerato di nuovo la gravidanza,” disse.
“Già, beh, questo prima che avessi sperimentato la-” Mi interruppi lì arrossendo, poi tossii.
“Prima di aver sperimentato tutti gli effetti collaterali,” dissi invece, la voce tremante.
Fortunatamente lui non sembrò voler deridermi.
“Quindi non rimarrai più incinto?” Chiese curiosamente.
Sospirai.
“Non lo so,” dissi. “Forse.”
“Forse?”
“Se avrò un ragazzo che sarà veramente, veramente innamorato di me e che morirebbe pur di avere un bambino con me, allora penso che potrei prenderlo in considerazione. Non è poi così male, solo... non lo so, ci sono un sacco di effetti collaterali.”
“E se io te lo chiedessi?”
“Cosa?”
“Se io, tra dieci anni, ti chiedessi di avere un altro bambino con me. Cosa mi diresti?”
Durante gli ultimi mesi, avevo sentito spesso Harry uscire con con delle sorprendenti domande e affermazioni, ma questa... questo era tutto un nuovo livello di sorpresa. Per non dire strano. Era impazzito per chiedermi che cosa avrei detto se mi avesse chiesto di aver un altro bambino con lui? Perché? Questa situazione era come quando aveva finto di volermi baciare solo per dimostrare o confutare una sua teoria? Mi aveva chiesto se avessi voluto avere un bambino con lui solo per controllare se i miei sentimenti erano davvero autentici?
“S-s-scusa?” Balbettai infine.
“E' una domanda semplice,” disse con una leggera alzata di spalle.
“Mi hai chiesto se voglio avere un altro bambino con te. Non c'è niente di semplice in questo.”
"Non ho chiesto se lo vuoi,” disse, roteando gli occhi. “Tu hai detto che se trovassi un ragazzo che ami veramente, prenderesti in considerazione un'altra gravidanza, e la notte scorsa mi hai detto di essere innamorato di me, quindi-”
“Questo non significa che io voglia avere un altro bambino con te, idiota,” lo interruppi con una risata che non riuscii ad evitare.
“Intendevo in futuro, tra dieci anni, non in questo momento.”
“Beh, si, ed io ti ho chiesto se tra dieci anni prenderesti in considerazione di avere un altro bambino con me.”
A questo punto i miei pensieri erano ancora più confusi. E ancora, Harry quando era entrato nella conversazione?
“Io veramente non... capisco quello che stai dicendo,” dissi esitante. “Sono incinto del tuo bambino, ma non lo terremo, ed ora mi vieni a chiedere se in futuro avrei un altro bambino con te? È folle. Per non parlare del fatto che hai una ragazza che, sono sicuro, sarebbe felice di crescere vostro figlio un giorno se glielo chiedessi. E se non lei, allora tante altre ragazze lo vorrebbero, e potresti fare tutto nel modo tradizionale mostrandolo alla tua famiglia e ai tuoi amici, andare in un negozio di vestiti per donne in gravidanza, guardare insieme dei giochi per il bambino, esserne fiero e felice e tutto il resto, invece che... beh, questo.”
Stavo sorridendo, le labbra leggermente piegate, ma il cuore batteva dolosamente contro la mia cassa toracica ed aveva un lieve bruciore nel petto. A dire il vero fisicamente mi faceva male pensare a Harry mentre usciva con delle ragazze, sistemarsi con una di loro, avere una famiglia, avere una vita perfetta e felice con una persona che non fossi io e con un bambino che non era il nostro.
“Non intendevo questo, Lou,” disse dolcemente. “Io sono orgoglioso e felice di come sono le cose ora, okay?”
Non riuscii ad evitare di deriderlo.
“Come?” Chiesi. “Tutta questa situazione è folle e non c'è niente di normale. Non posso-”
“Per amor di Dio, Lou,” mi interruppe. “Sono felice ed orgoglioso e voglio che tu lo accetti. Sono orgoglioso di te per essere venuto a patto con tutto questo, sono orgoglioso di te per essere riuscito a pensare chiaramente nonostante tutta la merda che è successa, e sono felice di star sperimentando tutto questo con te.”
“Ma... come?” Chiesi, accigliandomi tristemente verso di lui. “Da quando è iniziato tutto questo, ho rovinato ogni aspetto della tua vita. Hai litigato con la tua ragazza per causa mia, so che hai un sacco di domande dai tuoi amici, hai dovuto dire ai tuoi genitori di aver messo incinto un ragazzo, hai dovuto lasciare la scuola per venire dal dottore con me ed ora non c'è nemmeno una parte della tua vita che non è stata invasa da me. Sto persino in casa tua, per peggiorare la situazione.”
Sembrò un po' pensieroso, guardandomi con occhi indagatori che mi fecero sentire un po' a disagio dove ero ancora steso al suo fianco con il mento e le mani appoggiate sulla parte superiore del suo stomaco.
“Pensi di essere una palla al piede per me, vero?” Chiese.
I suoi occhi erano colmi di divertimento e le sue labbra si contrassero leggermente, come se stesse per sorridere.
“Penso di si?” Dissi esitante.
“Beh, allora,” disse. “Suppongo che io debba dirti che tu non sei affatto una palla al piede. Mi piace averti intorno, mi piace la tua compagnia e apprezzo il fatto di averti intorno tutto il tempo perché almeno posso tenerti d'occhio.”
“Ma Lauren è-”
“Oh, fanculo Lauren, chi se ne frega di lei?”
I miei occhi si spalancarono a quelle parole e sbattei le palpebre confuso. Sembrò passare qualche secondo prima che Harry realizzasse ciò che aveva detto perché la sua bocca si aprì in una piccola 'o' ed abbassò lo sguardo per non incontrare i miei occhi.
“Io- Harry?” Dissi nervosamente.
“Scusa,” disse, continuando a tenere lo sguardo rivolto verso il basso. “E' venuto fuori un po'... duro.”
“Un po'?” dissi incredulo. “Hai appena detto che non ti importa della tua ragazza.”
“No, no, ho solo-”
Si interruppe e prese un profondo respiro prima di alzare di nuovo lo sguardo ed incontrare il mio.
“E' uscito nella maniera sbagliata. Ovviamente mi importa di lei, intendevo solo che... che lei non ha niente a che fare con questa situazione tra me e te e lei è irrilevante quando ne parliamo.”
“Tu- Harry, Cristo, stai per avere un bambino con me,” dissi, guardandolo con un espressione esasperata. "Il fatto che lei non ha niente a che fare con la situazione,  non vuol dire che è irrilevante. Specialmente non quando tu- beh, quando entrambi siamo a conoscenza dei sentimenti che proviamo l'uno per l'altro.” Ci fu una piccola pausa in cui restammo semplicemente a guardarci.
“Quello che non sa non può ferirla,” disse infine.
Sospirai.
“Bene,” dissi, non esattamente d'accordo con ciò che aveva detto.
“Stai bene?”
“Si. Perché?”
“Sembra come se tu abbia qualcosa da dire.” Avevo qualcosa da dire, ma non sapevo se dirlo era la cosa migliore da fare.
“E' che- voglio dire- perché...” iniziai balbettando nervoso.
Deglutii una volta e provai di nuovo.
“E' solo che- stai con Lauren perché vuoi stare con lei o perché- perché tu, non so, senti di dover provare qualcosa?” Non avevo nemmeno il coraggio di guardarlo negli occhi mentre parlavo, spaventato di ciò che avrei potuto vedere. Invece posai lo sguardo sulle mie mani, ancora appoggiate sul suo petto, concentrato a trovare una scusa per correre fuori dalla stanza. Stette in silenzio per tanto tempo, talmente tanto che giurai di sentire il suo battito cardiaco e il sangue che scorreva nelle vene.
“Ovviamente sto con lei perché lo voglio,” disse alla fine, la voce calma, silenziosa e stranamente fredda. “Perché non dovrei?”
Mi morsi il labbro.
“Credo solo... ho pensato che- che tu non saresti stato con lei se... se le circostanze fossero state diverse.”
Ci fu di nuovo silenzio per un bel po' di tempo prima di ricevere risposta.
“Voglio stare con lei, Lou,” disse poi, la voce bassa, ma ora in maniera triste.
“Mi piaci molto, ma voglio stare con lei.” Mi morsi di nuovo il labbro, sta volta per farlo smettere di tremare. Impiegai un paio di secondi prima  di riprendere abbastanza controllo per iniziare a parlare di nuovo.
“Ma perché?” Chiesi, quasi sussurrando. “Tu- tu hai detto di sapere che è troia e hai detto di volermi e sai anche che io ti voglio, quindi perché? Puoi almeno darmi una spiegazione? Per favore?”
Lo sentii muoversi leggermente e poi prendere un profondo respiro.
“Voglio semplicemente stare con lei. Ho le mie ragioni,” disse poi e ci fu un senso di finalità nella sua voce che mi disse che la discussione era finita.
Per ora.



Occhio a me!

Eccoci qui, alla fine ce l'abbiamo fatta a postare oggi :)
Ci credete se vi dico che dopo una settimana di scuola sono già stanca? Mi viene male pensare che prima della prossima estate dovranno passare nove mesi. Comunque, vado avanti pensando a tutte le cose belle che ci saranno di qui a Natale (Si, il film e l'abum dei ragazzi fanno parte di queste cose). Parlando di Fireproof... ci credereste se vi dicessi che non riesco a smettere di ascoltarla? Incredibile.
Mi dispiace non potermi fermare molto a parlarvi del capitolo oggi (tanto Harold è sempre la solita testa buca che continua a sostenere di amare Lauren follemente nonostante si voglia scopare Louis in ogni modo possibile, cosa che ormai hanno capito tutti. Persino il piccolo Aidan <3) ma sono un sacco di fretta ed in teoria mi ero promessa che avrei tralasciato per oggi questo angolino per poi farlo un altro giorno, ma sono testarda, perciò sono ancora qui a scrivere. Però è meglio che mi dia una mossa, perciò vi ringrazio semplicemente una a una, anche da parte di Ana ovviamente, per il sostegno che continuate a darci capitolo dopo capitolo. Speriamo che vi piaccia anche questo :)
Ci sentiamo presto, la prossima volta giuro che mi soffermerò un po' di più.
Alla prossima,

Giulia.

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Capitolo 31
*** I don't agree with you. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 31


 
Non la penso come te.

Mercoledì 27 Aprile
Trentasei settimane e due giorni 


Dopo quella conversazione avvenuta fra me e Harry, non riuscì a prendere sonno. Pensieri su Lauren, Harry e me stesso vorticavano nella mia testa, a tal punto che mi fecero venire un’emicrania. Combinato perfettamente con il bambino che non smetteva, sotto nessuna circostanza e non importava con quanta calma gli avessi parlato, di calciare, il risultato di una notte insonne. Quindi quando quella mattina mi alzai alle nove, ero ben lontano dall’essere riposato e non appena presi posto a tavola in cucina per fare colazione, non volevo fare nulla se non che ritornare a letto. 
“Notte dura?” chiese Anne mentre si sedeva a tavola al mio fianco con una tazza di caffè e una ciambella.
“Non ha smesso di calciare,” dissi, seguito senza esitazione da uno sbadiglio.
“Allora dovresti stenderti, manca ancora un’ora e mezza prima dell’appuntamento.”
“Non posso, devo fare la doccia, vestirmi e tutto.”
Aggrottò la fronte.
“Sei sicuro?”
“Se sono sicuro di aver bisogno di fare una doccia e di vestirmi? Si, definitivamente,” dissi con un piccolo sorriso.
Mi sorrise di rimando, ma il tutto si sbiadì molto presto e ancora una volta sembrò preoccupata. 
“Non mi piace molto il fatto che ti stressi così tanto con Harry, viste le tue condizioni adesso che mancano meno di quattro settimane al parto.”
“Come sai che-”
Mi bloccai a quel punto, chiusi gli occhi per un secondo e scossi la testa.
“Non importa.”
“Le mura sono parecchio sottili,” disse senza esitazione in risposta alla domanda che non avevo chiesto. 
La mia mente immediatamente iniziò a rivivere tutte le conversazioni che avevamo avuto io ed Harry, i loro argomenti, e- beh, la mia vita privata, e sentii tutto il mio viso riscaldarsi dalla vergogna.
“Oh,” fu tutto ciò che riuscii a dire.
“Non ti preoccupare,” disse. “Non ho sentito nulla, ma ti ho sentito parlare un bel po’ e non sembrava fosse qualcosa di piacevole.”
“Abbiamo discusso di un paio di cose,” spiegai. “È solo- beh, non ha importanza di cosa iniziamo a parlare, finiamo sempre per litigare riguardo a qualcosa di poco piacevole. O almeno di qualcosa che lascia tensione o imbarazzo.”
“E di chi è la colpa?”
Sospirai.
“Di entrambi. Sono il primo che mette in discussione queste cose, ma lui è quello che le ingigantisce.”
Strinse le labbra soprappensiero e diede un sorso al caffè.
“Non riesco a capire per quale motivo non riusciate a sedervi per cercare di trovare una soluzione. È chiaro quali siano i problemi, quindi non è poi così tanto difficile risolverli.”
“In teoria, è semplice,” borbottai. “Ma è difficile farlo in questo momento. Apparentemente non c’è nessun problema, sono solo i miei desideri e i suoi a non riuscire ad essere combinati.”
“Pensavo che entrambi foste d’accordo sui sentimenti che provate l’uno per l’altro,” disse con una piega in mezzo alle sopracciglia.
“Si, prova sentimenti più forti per Lauren,” dissi, cercando di sorridere. Parecchio sicuro che di aver fallito. “Vuole stare con lei, non con me.”
Aprì bocca, apparentemente per protestare, ma continuai prima che andasse oltre.
“E a me sta bene,” dissi. “Non ho mai... sperato che lui volesse stare con me in quel modo, sono anche parecchio sorpreso che provi qualcosa per me che vada oltre la semplice amicizia.” 
Era ovvio che ci fosse qualcosa che volesse dire, c’era questo sguardo nei suoi occhi come se volesse liberarsi di qualcosa, ma non aprì bocca, mi fissò solo con uno sguardo compassionevole. Passarono un paio di secondi allo stesso modo prima che tossissi un po’, scusandomi, borbottando qualcosa riguardo al fatto che dovevo fare una doccia.
Mi alzai, dirigendomi verso la porta ed ero sul punto di varcare la soglia quando il suono della sua voce mi fece voltare di nuovo.
“È come se ti fossi arreso,” disse, indirizzandomi uno sguardo valutativo.
Non ero sicuro se prenderla come un insulto o semplicemente come un’osservazione, perciò questo mi rese un tantino nervoso sul modo in cui avrei dovuto rispondere.
“Non sto... rinunciando,” fu la risposta esitante che stavo aspettando. “Sto solo accettando il fatto che lui non mi voglia, non voglio essere una di quelle persone odiose che non riescono a... rinunciare e a lasciar in pace la persona di cui si è- la persona per cui si prova determinati sentimenti, in modo da renderla felice.”
“E tu sei sicuro di essere felice?” chiese dopo un breve momento di silenzio.
“Io- beh, si,” dissi lentamente.
Aggrottai un po’ la fronte, notando l’espressione vuota che aveva in volto e anche quello strano sguardo negli occhi.
“Non vuoi...” iniziai lentamente, scandendo le parole con prudenza. “Non vuoi che lui stia con Lauren?”
Apparve un piccolo sorriso agli angoli della sua bocca.
“Voglio che sia felice,” fu la vaga risposta che ricevetti prima che si alzasse dalla sua sedia, si avvicinasse al lavandino e svuotasse all’interno la rimanenza del caffè.
“Dovrei andare e prepararmi per andare a lavoro,” aggiunse. Con queste parole, appoggiò la tazza vuota in dispensa, varcando con pochi passi la cucina, dandomi una leggera stretta alla spalla e poi oltrepassò il corridoio e scomparì dalla mia vista.
Rimasi lì un altro po’, guardando nulla in particolare e cercando di immaginare se intendesse davvero ciò che aveva appena detto. Pensava davvero che Harry non fosse felice con Lauren? Che pensasse che lui fosse più felice con me? Che volesse per davvero che io e Harry stessimo insieme? Oppure ero solo talmente disperato nel voler cercare un po’ di supporto da parte di qualcuno su ciò che provavo per Harry da permettere così alla mia immaginazione di fantasticare? Pensieri del genere occupavano la mia mente mentre rimanevo lì e quando alla fine mi risvegliai e lanciai un’occhiata all’orologio appeso al muro, che segnava le dieci e un quarto, mi maledissi da solo prima di sfrecciare in bagno - se barcollare potesse essere inteso come correre - per fare una doccia veloce. 
Mi spogliai velocemente, lanciando i miei pantaloni della tuta e il mio maglione in un mucchio nell' angolo e poi diedi un’occhiata al mio riflesso, sospirando un po’ e appoggiando le mani sul mio stomaco.
“Stai diventando sempre più grande lì dentro, piccolo,” borbottai. “Non pensi che sia ora di uscire fuori?”
Un piccolo calcio mi fu dato in risposta e sospirai ancora.
“Si, lo so. È ancora un po’ presto, vero?”
Il mio stomaco era la causa di uno o due inconvenienti quando arrivava il momento di fare una doccia. Ero un urtare continuo contro il vetro e quasi sempre rischiavo di scivolare ogni volta che mi alzavo sulle punte per raggiungere la mensola dove c’erano le bottiglie dei bagnoschiumi. Per questo motivo impiegai qualche minuto in più, rispetto al solito, per finire di fare la doccia, ma alla fine la feci ed uscii dal box, avvolgendo un asciugamano intorno alla mia... beh, da qualche parte fra la vita e il bacino, ed uscii dal bagno per cercare di trovare un abbigliamento accettabile da indossare. “Accettabile” in questi giorni, comunque, quando arrivava il momento di vestirsi, si intendeva un paio di pantaloni da ginnastica e una magliette non troppo sgangherata.
E così, mentre rimanevo immobile in quella posizione di fronte allo specchio della mia camera per dieci minuti, alzai lo sguardo e non esitai a chiedermi come diavolo facesse Harry a ignorare il mio aspetto. Perché onestamente, a nessuno sarebbe mai venuto in mente di trovarmi attraente in questo momento nel modo in cui apparivo. L’unico conforto che ero in grado di trovare in questo momento, era che mancasse meno di un mese prima che il bambino sarebbe uscito fuori da me. 
Fuori da me e dalla mia vita. 
Sussultai un po’ a quel pensiero indesiderato che mi aveva appena invaso il cervello, ma non potevo negare che ciò non fosse così. Non che avessi capito in che modo funzionasse il processo di adozione, ma ero pienamente sicuro che il bambino mi sarebbe stato tolto più o meno subito dopo che sarebbe nato. O forse no? L’adozione non dovrebbe essere un processo così forzato, non con me e Harry, e non con i servizi sociali, quindi forse ci avrebbero permesso di tenerlo per un po’, uno e due giorni perlomeno, prima di darlo in adozione? Forse questa era una cosa che valeva la pena chiedere alla dottoressa.
Puntuale, proprio in quel momento, sentii bussare alla porta.
“Lou?” sentii domandare dalla voce di Harry da fuori.
Risposi con un veloce “si” e un momento dopo, la porta si aprì e Harry entrò dentro. Appariva terribilmente stanco, quella fu la prima cosa che notai, e mi accigliai un po’.
“Stai bene?” chiesi mentre chiudeva la porta dietro di se.
“Sembri un po’... strano.”
Sorrise debolmente mentre camminava verso il letto e ci si sedeva sopra.
“Non sarebbe strano dire che questo è stato il giorno più lungo della mia vita, nonostante sia stato in piedi per tre ero e mezzo o un po’ di più?” Chiese.
Il mio cipiglio divenne ancora più profondo e mi avvicinai per sedermi di fianco a lui.
“Cosa è successo?” chiesi, guardandolo e cercando di capire se da quella espressione sarei riuscito a capire qualcosa.
“Non lo so nemmeno io,” borbottò. “Lauren è ancora arrabbiata con me, con il Giapponese è uno schifo e Zayn e Liam a quanto pare hanno litigato e sembra che ad entrambi stia sul cazzo l’un l’altro. Litigano per qualsiasi cosa, anche in informatica e comunicazione. Fanculo, non si guardano nemmeno, e Liam continua a darmi queste risposte stizzose monosillabiche per ogni cosa che gli chiedevo durante le nostre lezione di giapponese.”
Una sgradevole sensazione di vuoto mi si formò nel petto e cercai con tutto me stesso di non far trapelare la preoccupazione. 
“Perché hai detto che fai schifo in giapponese?” chiesi, cercando di non dilungarmi sull’argomento Zayn-e-Liam.
“Perché faccio schifo,” disse con una breve risata. “Mi sembra logico.”
“Sono sicuro che tu non faccia schifo,” dissi con esitazione.
“Sono sotto la media, Lou,” disse. “Quindi si, faccio schifo.”
Sembrava così sconfitto e disperato che il mio cuore balzò un po’ nel petto e uno strano mix di compassione e di tristezza mi avvolse. Con un po’ di esitazione, sporsi la mano e feci scorrere sulla sua guancia le nocche delle mie dita. Con mio grande sollievo, non si allontanò e ripetei quel gesto.
“Andrà tutto bene,” dissi dolcemente. “Anche se non ce la farai, andrà tutto bene lo stesso.”
Girò un po’ la testa verso di me e un sorriso tentennante apparve sulle sue labbra non appena i suoi occhi incontrarono i miei.
“La tua mano è morbida,” fu tutto quello che disse.
Ridacchiai un po’.
“Grazie, credo.”
“Tipo come quelle delle ragazze.”
“Okay, momento finito,” dissi, roteando un po’ gli occhi prima di far scivolare la mano sul fianco.
“Beh, è stato un bel momento.”
“È durato per due interi secondi,” dissi, ma non riuscii a non sorridere.
“Si, beh lo è ancora,” disse e con mio sollievo, sorrise di rimando.
“Dovremmo andare comunque, ci voglio più o meno venti minuti per arrivare all’ospedale da qui.”
“Oh giusto, quello” dissi; per un momento mi ero completamente dimenticato di cosa dovessi fare oggi.
“Si, quello,” disse prima di alzarsi, porgendomi una mano. Una volta che fui in piedi, mi occhieggiò da sopra a sotto ed emise un grugnito.
“Questi tuoi abbigliamenti giorno dopo giorno diventano sempre più eleganti.”
Le mie guance si riscaldarono un po’ per l’imbarazzo e volsi il mio sguardo verso il basso, tirando un tantino l’orlo della maglia.
“È un po’... difficile trovare qualcosa da indossare che mi stia bene in questi giorni,” borbottai miserabilmente.
“Ehi, stavo solo scherzando,” disse con una piccola risata prima di avanzare di un passo e avvolgermi in una specie di abbraccio.
“Aidan è in mezzo,” aggiunse con un’altra risata come spiegazione alla domanda che non avevo fatto. “Gli abbracci normali non sono più possibili.”
Ridacchiai e appoggiai la testa contro la sua guancia per un secondo prima di allontanarmi. 
“Ritornerò a una taglia normale presto,” dissi.
“Sarà strano,” disse pensieroso.
“Non sono mai stato, sai, completamente in forma, ma non ero nemmeno particolarmente grasso. E la mia pelle non era così disgustosa. E il mio culo non era poi così grande.”
“La tua pelle è a posto,” disse roteando gli occhi.
“E il tuo culo mi piace,” aggiunse e immediatamente mi diede una pacca che mi fece squittire in modo imbarazzante e fare piccolo salto.
“Okay, andiamo,” dissi una volta che mi ripresi di nuovo, ignorando quel ghigno merdoso che aveva in faccia. 
Qualche minuto più tardi eravamo in macchina e ci stavamo incamminando per la nostra strada. L’ospedale era situato in un cazzo di luogo sperduto e nella direzione opposta all’ ufficio della dottoressa, e quando sbirciai l’ora sul contachilometri, mi resi conto che avremmo fatto tardi.
“Sei nervoso?” chiese Harry dopo qualche minuto di strada, accompagnati solo dalla voce della radio che ci risuonava nelle orecchie. 
Voltai la testa di novanta gradi per guardare il suo profilo.
“Per gli esami intendo.”
Mi voltai di nuovo e riflettei su quella domanda per un paio di minuti.
“Non lo so,” dissi sinceramente.
“Sono nervoso per i risultati, ma non credo che siano gli esami a farlo.”
“Ma lei ha detto che ti avrebbe infilato un dito su per il culo,” disse, apparendo un tantino confuso. “Non sei preoccupato per quello?”
“Ho cose più grandi a cui pensare.”
Mi ci vollero uno o due secondi prima di realizzare ciò che avessi appena detto e quando lo feci, sentii la mia faccia diventare completamente di un rosso acceso.
“Non ti permettere di commentare,” aggiunsi.
“Non lo farò,” disse, ma sentii un accenno di risata nella sua voce e sapevo molto bene che non sarebbero passati nemmeno trenta secondi prima che se ne uscisse con un commento spiritoso.
“Ma okay, non che avessimo stabilito qualcosa,” aggiunse. “Quali altri test pensi che ti faranno?”
Feci spallucce, silenziosamente sollevato che avesse rinunciato a parlare dell’argomento precedente.
“Non lo so, ma credo che nessuno di loro sarà particolarmente piacevole.”
E oh, ero pienamente consapevole che fossi proprio io. 
Quando arrivammo all’ospedale, erano le undici meno cinque e trascorremmo ben dodici minuti nel capire dove dovessimo andare, quindi quando finalmente arrivammo nella stanza degli esami che ci avevano indicato alla reception, ci trovammo difronte la dottoressa Hayes, che stava sorridendo, un dottore dall’aspetto disperato che si presentò come David, e un’acida infermiera che non si prese la briga nemmeno di presentarsi. Mi stava osservando in maniera alquanto curiosa, comunque. 
La prima cosa che accadde fu che l’infermiera infilò immediatamente un ago nel mio braccio e procedette nel prelevare così tanto sangue che, quando finì e sfilò l’ago, ero abbastanza sicuro che nel mio braccio non era rimasto più sangue. Harry era seduto di fianco a me che accarezzava la mia mano avanti e indietro come se volesse cercare di confortarmi. Stava funzionando a dire il vero. 
Dopodiché mi fu data una boccetta in cui avrei dovuto urinarci all’interno, una cosa come quella - come al solito – sembrò divertire Harry. Era davvero un qualcosa di estremamente imbarazzante e irritante dover fare pipì in una boccetta quando il mio stomaco era così grande da non riuscire nemmeno a vedere il mio pene senza dover prima fare salti mortali, ma in qualche modo ci riuscii, uscii dal bagno e porsi la boccetta all’infermiera. Non credo fosse molto contenta di avere le mie urine in mano. 
Fu dopo quello che la dottoressa Hayes e David condussero me e Harry in un’altra stanza per gli esami - l’infermiera non venne, fortunatamente.
“Okay, Louis,” disse David dopo aver chiuso la porta e aperto un armadietto, tirando fuori varie cose.
“Se cortesemente puoi togliere tutto a partire dalla vita in giù e infilare questo-” mi porse una vestaglia ospedaliera azzurrina “-e sdraiarti su quel lettino alla tua sinistra, possiamo iniziare.”
Iniziare.
Feci una piccola smorfia prima di voltarmi verso Harry.
“Non c’è davvero... bisogno che tu stia qui,” dissi.
“Sono venuto con te, no?” disse, sorridendomi tranquillamente. “Resterò, ti terrò la mano e tutto il resto.”
Alzai un sopracciglio e lui sorrise semplicemente, così optai di non far andare oltre la questione. Invece mi sfilai la maglietta dalla testa e indossai la vestaglia per prima cosa, poi mi tolsi i pantaloni da ginnastica e i boxer, sfilandoli entrambi. Nonostante non fosse poi una cosa di così grande importanza, e guardandola da quel punto di vista, ero visibile agli occhi di tutti, mi sentivo incredibilmente nudo in quella posizione, indossando solo una vestaglia che mi arrivava all’altezza del ginocchio e un paio di calzini. Guardai Harry e notai che stesse cercando di non scoppiare a ridere, ed io aggrottai le sopracciglia.
“Non ti è permesso ridere di me,” dissi, la mia voce un tantino acida.
“Non sto ridendo,” disse, sollevando le braccia in segno di finta resa. “Ma sei assurdamente adorabile vestito in quel modo. Davvero.”
Non ebbi l’opportunità di rispondere, poiché David iniziò a parlare di nuovo subito dopo e mi chiese di sdraiarmi al di sopra del lettino, il quale era posizionato al centro della stanza. Con un cipiglio pieno di esasperazione in faccia, feci ciò che mi aveva detto. Vidi Harry andare verso un mucchio di sedie di plastica nell' angolo, ne prese una e la posizionò vicino al tavolo, dove si sedette e mi guardò con un sorriso sbilenco. 
“Non sembri felice,” disse.
Gli sorrisi in modo poco convincente.
“Tu lo saresti stato?”
“No, crepo proprio di no. Finirà presto comunque, e una volta che avremmo finito qui ti porterò fuori a pranzo.”
Il mio sorriso si allargò un po’.
“Portarmi fuori?”
“Se vuoi si.”
“Mi sento tipo uno schifo,” dissi. “Quindi potresti farmi qualcosa a casa invece? Sei un bravo cuoco.”
Sorrise felicissimo.
“Certo, se è questo ciò che vuoi.”
Non riuscimmo a parlare molto dopo, perché la dottoressa Hayes si fermò alle mie spalle con una scatola piena di strumenti, un paio di guanti e un tubetto che presumibilmente era lubrificante.
“Okay, Louis, porta le ginocchia più che puoi verso il petto,” le sentì dire mentre infilava i guanti.
“Così possiamo iniziare.”
Emisi un lieve sospiro e alzai lo sguardo verso Harry, che mi guardava di rimando con occhi caldi e compassionevoli. Senza dire niente, sporse la mano e intrecciò le nostre dita in un silenzio rassicurante. Il suono di un coperchio che veniva aperto e una sostanza gelatinosa che sapevo benissimo fosse lubrificante, raggiunse le mie orecchie, e indirizzai ad Harry un’occhiata nervosa che lo spinse a stringermi un po’ di più la mano.
“Sarà un tantino freddo e sgradevole,” sentii dire dalla dottoressa Hayes dietro di me, dopodiché la vestaglie venne tirata ancora un po’ più su e immediatamente mi sentii ancora più esposto e vulnerabile di quanto lo fossi stato in tutta la mia vita.
“Okay,” fu l’unica risposta che diedi, la mia voce un sussurro.
Sussultai un po’ quando il gel freddo e appiccicoso entrò in contatto con la pelle infiammata e sensibile intorno alla mia entrata, ma ci volle qualche secondo per capire che non avesse ancora infilato nulla dentro di me, e ciò che stava facendo in realtà era solo... cosa stava facendo per l’esattezza?
“Le tue emorroidi, da quel che vedo, sono a posto. Sono a malapena visibili.”
Oh. Quindi era quello che stava facendo. Deglutii e contrassi la mascella. L’imbarazzo che mi inondò al pensiero che Harry avrebbe sentito tutto questo era così brutto, che non solo la mia faccia si accese di un rosso vivo, ma le lacrime iniziarono a farmi pizzicare gli occhi e volgere lo sguardo verso il basso contro la superficie del tavolo, in modo tale da non avere più un contatto visivo con lui.
La prima intrusione fu dolorosa. Fu orribile, in effetti, ed era una sensazione completamente diversa rispetto a quando lo facevo da solo. Oppure rispetto al cazzo di Harry. Anche quello è stato meno doloroso. Forse perché ero schifosamente ubriaco, così da eliminare l’ottanta percento dell’attuale dolore che avrei dovuto provare. Storsi un po’ il naso e spinsi ancora più a fondo la faccia contro il lettino, così che Harry non mi vedesse. A quanto pare se ne accorse, comunque, perché nonostante non disse nulla, iniziò ad accarezzare gentilmente con il pollice avanti e indietro il retro della mia mano. 
Per un po’ rimasi lì, abituandomi lentamente al dolore e cercando di non pensare troppo a cosa stesse succedendo lì dietro. Ma dopo, immediatamente e con mia grande sorpresa, una sensazione, quasi un formicolio, strana si irradiò su tutta la spina dorsale, facendomi sobbalzare involontariamente. Senti emettere dalla dottoressa un ‘mm’, in modo quasi... confuso.
“David, ti dispiacerebbe venire qui un momento?” le sentii dire e okay, quello non significava nulla di buono.
“Cosa- cos’è- c’è qualcosa che non va?” chiesi nervosamente, cercando di voltare la testa in modo tale da riuscire a vederla.
“Non ne sono sicura,” fu l’unica risposta che ricevetti. Sentii David posizionarsi dietro di me e il suono di guanti infilati raggiunse le mie orecchie, il che mi fece avvilire pensando che l’intera città saprà cosa succede all’interno del mio sedere.
Un paio di minuti e un dito più tardi, questa volta più lungo e sottile, si insinuò dentro di me esplorandomi, e allo stesso tempo quella sgradevole sensazione di prima mi colpì la spina dorsale, facendomi così tramare involontariamente. Sentii i due dottori chiacchierate fra loro dietro di me, ma non fui in grado di capire una singola parola di quello che stessero dicendo e avevo una sensazione che non farsi sentire fosse loro intenzione. 
“È difficile essere certi senza aver fatto una radiografia,” disse.
“Non possiamo fare dei raggi,” rispose la dottoressa Hayes.
“Siamo troppo avanti con la gestazione, il rischio di far male al bambino è molto elevato.”
“A cosa ci servono i raggi?” chiese Harry proprio nel momento in cui aprii bocca per chiedere lo stesso.
La stanza divenne tutt’ad un tratto silenziosa e volsi il mio sguardo verso Harry, l’unico che riuscissi a vedere al momento, disperato per una qualsiasi indicazione su cosa stesse succedendo. Non stava guardando me, comunque, ma il suo sguardo era rivolto verso i due dottori e la sua espressione era nervosa quasi quanto la mia. Passò quella che parve essere un’eternità senza che nessuno facesse nulla ed ero quasi sul punto di iniziare ad urlare che qualcuno dicesse qualcosa, quando sentii un rumore di passi spostarsi intorno al tavolo e un secondo dopo, entrambi i dottori erano difronte al lettino che mi guardavano verso il basso con sguardi indecifrabili con il quale nascondevano le loro emozioni. 
Deglutii aspramente, alzai la testa verso l’alto su entrambi con occhi spalancati e rapidamente la mia bocca si seccò.
“È...” iniziò esitante la dottoressa Hayes. “È impossibile per noi saperlo per certo prima di aver effettuato una radiografia, ma...beh, cercherò di renderlo il più eloquente possibile.”
Fece una pausa di pochi secondi e volse il suo sguardo di lato, guardandosi con David, prima di rivolgere di nuovo il suo sguardo verso di me e continuare.
“Sembra che tu, oltre a tutte le normali parti che compongono il sistema rettale, tu abbia... beh, un’altra apertura, se si può dire così.”
Feci svolazzare gli occhi una volta.
Due volte.
Tre volte.
E qualsiasi altra parola esista per dire che lo avessi fatto quattro volte.
“U-un- cosa-”
“Come ho detto, è impossibile per noi affermarlo con certezza, non prima di aver preso sotto esame una lastra,” mi interruppe velocemente. “E non possiamo farlo finché il bambino non sarà nato.”
Mi morsi il labbro da non permettergli di farlo tremare violentemente, forzando me stesso di non accasciarmi e iniziare a singhiozzare.
“Ma cosa vuol dire che io ho un’altra... ha capito?” chiesi, facendo avanti e indietro con lo sguardo su entrambi.
“Non lo sappiamo,” disse David.
“Tutto ciò che sappiamo in questo momento è che il tuo retto non è formato interamente come quello-” indicò un disegno appeso al muro che, apparentemente, mostrava l’interno di un posteriore da ogni punto di vista “-ma tutte le parti normali sono ancora intatte.”
Non appena volsi il mio sguardo su di lui con un misto fra orrore e confusione, andò verso la figura e iniziò a spiegare.
“Vedi questo?” chiese indicando un qualcosa che ai miei occhi appariva come una disgustosa spugna rosa. Annuii e continuai.
“Qui è dove la prostata è collocata. Se fossi una donna, al posto di una prostata, avresti una vagina proprio lì.”
Beh, non mi stava piacendo dove tutto questa stava andando a parare, ma non dissi nulla, annuii solamente per mostrare che avessi capito. Non che lo avessi fatto per davvero.
“Infatti tu hai una prostata, ovviamente, ma vedi questo?”
Indicò a questa cosa triangolare a forma di campana proprio sopra la spugna che apparentemente era la prostata, e ancora una vola annuii.
“Questa è la tua vescica. Adesso, dagli esami che abbiamo appena effettuato, possiamo dire che hai una sorta di apertura qui-” indicò un altro punto del retto proprio al di sopra della prostata “-quello biologicamente parlando non dovrebbe essere qui.”
Subito un silenzio tombale avvolse tutta la stanza, e io stavo cercando di capire cosa avesse appena detto David e non avevo nessuna intenzione di dire qualcosa.
“Quindi il suo buco del culo è diviso in due?”
“Il suo retto,” iniziò David, indirizzando un’occhiata di rimprovero verso Harry. “Non è necessariamente diviso in due, no. Ma se pensi al retto come una via del tutto orizzontale e spianata, ci si può accorgere che in quello di Louis ci sia una piccola rientranza che tecnicamente non dovrebbe essere lì.”
“Ma cos' è questa... piccola rientranza?” chiese Harry curiosamente. “E perché non è riuscito ad accorgersene quando... si insomma, si è infilato le dita proprio lì?”
Ci sono state delle situazioni nella mia vita in cui, giuro su Dio, avrei voluto ammazzare qualcuno. E questo era definitivamente uno da aggiungere alla lista.
“Non c’è nessun altro modo per noi di scoprire altro prima che il bambino non sarò nato, ma dopo potremmo effettuare una radiografia,” disse la dottoressa Hayes, sorridendomi in modo confortante.
“E comunque non sarà stato in grado di accorgersene prima, possibilmente perché è estremamente piccolo e anche perché non è poi così facile da raggiungere, a meno che non si dia direttamente un’occhiata fuori dall’ordinario.”
La dottoressa si girò verso di me.
“Te ne sei mai accorto prima d’ora?”
Scossi la testa e annuì premurosamente per un momento prima che il suo sorriso riapparisse.
“Bene, penso che sia sicuro dire che qualsiasi cosa sia, è qualcosa che ha a che fare con la tua gravidanza.”
Deglutii a vuoto, ancora una volta dovetti sforzarmi di rimanere calmo, prima di emettere una piccola risata. Uscì fuori come un tremolio e forse un tantino isterica, ma almeno non ero scoppiato a piangere.
“Beh, abbiamo fatto progressi allora,” dissi.
Sorrise di rimando.
“Sicuramente. Una volta che il bambino sarà nato, possiamo prendere un appuntamento in laboratorio e così fare delle radiografie, se vuoi.”
Annuii immediatamente.
“Si, voglio farlo.”
Annuì prima di far uscire fuori un piccolo notebook e una penna dalla tasta del suo camice e e la vidi scrivere qualcosa velocemente.
“Bene, credo che sia tutto per oggi,” disse una volta che ripose di nuovo notebook e penna in tasca.
“Se non avete nessun’altra domanda,” aggiunse, guardando avanti e indietro fra me ed Harry.
Scossi la testa, ma Harry sembrava essere un tantino pensieroso e un momento dopo, aprì bocca.
“Avete qualche teoria per quale motivo quella cosa in più sia lì?” chiese.
Vidi che i dottori si scambiarono un paio di occhiate.
“Non penso possiamo uscircene fuori con delle supposizioni prima di poter avere la possibilità di capirne di più,” disse David. 
“Ma avete almeno una teoria?” sollecitò Harry.
Storse le labbra e fissò il pavimento per un momento.
“Non penso possiamo... del tutto eliminare la possibilità che qualche componente del sistema riproduttore femminile sia coinvolto.”
Sistema riproduttore femminile? Contrassi la mascella in modo assurdo, forzando letteralmente me stesso di non scoppiare a piangere e singhiozzare disperatamente di paura e frustrazione. Quando finità tutto questo? E, per la milionesima volta, cosa avevo fatto per meritarmi questo? Ero innamorato di un ragazzo che non mi voleva. Ero un ragazzo ed ero incinto. Ero un ragazzo ed era possibile che avessi componenti dell’apparato riproduttore femminile da qualche parte su per il mio culo. Ero uno scherzo della natura, non c’era alcun dubbio che lo fossi.
Non biasimo se sia mia madre e Ian mi abbiano cacciato da casa. Non biasimo nemmeno Harry per il fatto che non mi voglia. Non biasimo nessun altro se nessuno non mi abbia mai voluto.
Quindici minuti dopo mi ero rivestito ed ero di nuovo in piedi per ringraziare i dottori e lasciare lo studio, quando la dottoressa Hayes iniziò subito a riparlare. 
“Louis, non hai più parlato riguardo a prendere un appuntamento per l’agenzia d’adozione,” disse.
“Hai cambiato idea e hai deciso di tenerlo dopotutto?”
Notai il modo in cui il corpo di Harry divenne rigido immediatamente al mio fianco e io abbassai la testa verso il basso e la scossi.
“No, i- non abbiamo cambiato idea,” dissi.
“Oh.”
Parve sorpresa.
“Bene, allora abbiamo davvero bisogno di iniziare questa questione. Quando si da in donazione un neonato, il processo di solito inizia tre o quattro mesi prima delle fine della gravidanza, ma tu non ne hai mai proferito parola e così io stavo andando avanti incurante di nulla e avevo dato per scontato che entrambi aveste cambiato idea o lo avessi fatto da solo.”
Scossi la testa un’altra volta, ma questo volta stavo guardando lei.
“No, non abbiamo... iniziato nulla,” dissi. “Ma... come funzionano queste cose?”
Sorrise.
“Non sono molto pratica con queste cose in verità, ma posso fissare un appuntamento per te con una mia amica che lavora in un’agenzia di adozione. Non giudicherà assolutamente nulla e tuo figlio alla fine si ritroverà in mani sicure.”
Come un segnale, un paio di piccoli calci furono sferrati e sembrava come se avessi appena ricevuto un pugno al petto; era come se sapesse di cosa stessimo parlando, come se sapesse che stessimo per prendere un appuntamento su come trovargli un altro paio di genitori. Con tre persone che mi circondavano, non ci tenevo tanto ad iniziare a parlare con il mio stomaco, così invece mi sistemai per avvolgerlo con entrambe le mani in modo rassicurante. 
“Okay,” dissi con un sorriso forzato. “Solo- cioè, potresti chiamarmi quando avrete fissato un appuntamenti?”
“Certo,” disse e giudicando dal suo tono di voce, sembrava come se avesse captato i miei pensieri.
“Quindi, abbiamo finito per oggi?” chiesi.
“Quasi,” disse. “Abbiamo bisogno di fissare un altro appuntamento per la prossima volta. Sei libero la prossima settimana? Lunedì, forse?”
Poco dopo quando io e Harry eravamo di nuovo in macchina per ritornare a casa e dopo aver fissato un appuntamento lunedì alle tre, il silenzio intorno a noi divenne di nuovo intenso e pesante, e sapevo già il perché. 
“Quindi lo daremo davvero in adozione?”
Ed eccoci qui.
Sospirai.
“Lo sapevi. Ne abbiamo parlato e abbiamo acconsentito.”
“Lo so.”
Si fermò per un secondo.
“Ma pensavo forse che avessi cambiato idea.”
Scossi la testa.
“No.”
Lo vidi deglutire, il suo pomo d’Adamo andò su e giù.
“Sarà difficile,” disse tranquillamente. “Dover... darlo via come se nulla fosse.”
“Non lo stiamo facendo come se nulla fosse,” borbottai.  “Ci ho pensato molto e so che è la cosa migliore da fare. Tu eri d’accordo con me e non cambierai idea adesso, non quando manca così poco alla fine.”
“Io non riesco a capire con che coraggio tu voglia dar via il tuo bambino in quel modo.”
“E io non riesco a capire in che modo tu sia così menefreghista e non pensare nemmeno ad un secondo a lui. Lui è il motivo per cui sto facendo tutto questo, perché voglio dargli una bella vita, perché voglio che cresca con dei genitori che possano dargli tutto.”
“Non importa quanto speciali siano, non saranno mai i suoi veri genitori.”
“Oh cresci! Solo perché non lo hanno concepito, non significa che non lo ameranno e se ne prenderanno cura come se fosse biologicamente loro. Il solo motivo per cui tu lo voglia tenere è per una tua idea e lo è.”
“E l’unico motivo per cui tu non voglia tenerlo è perché non ti importa abbastanza di lui per voler essere suo genitore.”
Il respiro mi si bloccò in gola, i miei occhi si restrinsero, e un’equa porzione di rabbia e di dolore si insinuò dentro di me, facendo così accumulare lacrime nei miei occhi per quella che era la centesima volta quel giorno. Ancora una volta riuscii a farle tornare indietro, comunque. 
“Non ti permettere di dire una cosa del genere, Harry,” dissi, la mia voce fredda, ma anche tremolante con sentimenti repressi al suo interno.
“Sono l’unico qui che ha un essere umano che sta crescendo dentro di se,  sono l’unico che lo sente scalciare, sono l’unico che gli parla, che canta con lui, che lo fa calmare e tranquillizzare ogni notte, e sono l’unico che deve sopportare tutta questa merda che mi circonda, cosciente del fatto che non importa quanto lo ami e non importa quanto voglia tenerlo, io non sarò mai in grado di dargli la bella vita che merita. Quindi non te ne uscire con questa stronzata e non ti permettere di insinuare che non mi importi di lui, Harry. Non ti permettere nemmeno per un fottuto secondo.”
Il resto del ritorno in macchina fu trascorso in silenzio e l’istante esatto in cui Harry svoltò la via di casa, saltai fuori dalla macchina e iniziai ad incamminarmi verso casa, con l’intenzione di andare il più lontano possibile da Harry. Cioè, beh, ‘il più lontano possibile’ significava camera mia. Ma ovviamente la porta era chiusa, e siccome che l’unico ad avere le chiavi era Harry, non ebbi altra scelta se non quella di aspettarlo, così da aprire per me. Il secondo dopo che lo fece, comunque, mi catapultai virtualmente lontano da lui e verso la mia stanza, ignorando il suo supplichevole “Lou...”
Era una vergogna che non avessi nemmeno le chiavi per chiudere la porta della mia stanza perché, davvero non avevo nessuna intenzione di essere in compagnia da un momento all’altro. Fortunatamente mancavano ancora un paio di ore prima che qualcuno ritornasse a casa e se fossi stato estremamente fortunato, Harry se ne sarebbe andato per seguire l’ultima lezione di scuola della giornata. 
Mi sdrai sul letto con cura, raggomitolandomi di lato con la schiena rivolta verso la porta e stringendo forte il mio stomaco, poi emisi un profondo sospiro.
“Pensa che a me non importi nulla di te, piccolo,” biascicai. “Questo è quello che il tuo papà pensa di me, che sono così senza cuore da non importarmene nemmeno di te.”
Deglutii per rimuovere il groppo in gola che si era formato.
“Non lo penserai un giorno, vero? Che io... ti abbia dato via perché a me non importasse nulla di te? So che molto probabilmente tu non mi stai sentendo e se lo stai facendo, non mi capiresti, ma ti amo tanto e v-voglio che tu lo sappia. Per l’amore che provo per te, vorrei tenerti e crescerti e conoscerti, ma sarebbe così da egoisti se lo facessi. Non ho nemmeno finito il liceo, non ho un lavoro, non ho soldi, non ho nemmeno amici che mi possano aiutare e non ho nemmeno una famiglia che mi stai accanto. Avresti una vita miserabile con un genitore come me e questo è- questo è quello che fa schifo più di qualsiasi altra cosa, sapere che non sarei un buon padre per te, che non sarei in grado di tener cura di te.”
 “E adesso il tuo papà inoltre pensa che non ti voglia. E questo fa male. Fa davvero male sapere che non si fidi di me nel fatto che io sia una buona persona,  perché lo sono, so che lo sono. Forse sono un fenomeno da baraccone, ma non sono senza cuore e non sono un criminale. Non quando ci sei di mezzo tu, e nemmeno quando c’è di mezzo lui. V-vi amo entrambi allo stesso modo. Ma il problema è che entrambi non lo saprete mai; tu non lo saprai perché probabilmente non avrò l’opportunità di dirtelo, e Harry non lo saprà mai perché sembra... sembra che non voglia saperlo. Lo sa, ma credo che non voglia capire per davvero e sembra che non abbia nemmeno nessun desiderio di scoprirlo.”
Un paio di calci vennero dati in risposta ed emisi una risata strozzata.
“A volte mi chiedo se davvero tu riesca a sentirmi quando parlo con te perché ogni volta che lo faccio inizi a calciare,” dissi.
“O forse anche perché tu voglia un po’ di pace e tranquillità, e calciare è il tuo unico modo per dirmi di stare zitto.”
Mi fermai lì, feci una breve pausa solo per ammirare il mio stomaco, vedere quanto fosse rotondo e... gravido, e il semplice modo in cui il mio braccio aderisse su di esso. Stavo per aprire di nuovo bocca quando le mie orecchie captarono un suono e voltai il mio sguardo dietro le mie spalle.
Harry era lì, appoggiato allo stipite della porta e un piccolo, impercettibile cipiglio era lì in mezzo alle sue sopracciglia. Mi rovesciai dall’altra parte e lo fissai ansiosamente per un secondo.
“Da quanto tempo sei lì?” chiesi.
“Da abbastanza tempo,” fu tutto ciò che disse. Passarono un altro paio di secondi di silenziose occhiate prima che si spostasse dalla stipite della porta e iniziasse a camminare verso il mio letto. Si fermò lì, occhieggiandomi per un momento prima di sedersi immediatamente e procedendo a sdraiarsi di lato. Il suo stomaco sfiorava il mio e i nostri visi erano solo a un paio di centimetri l’uno dall’altro, sforzandoci di mantenere un contatto visivo.
“Mi dispiace,” disse dolcemente, i suoi occhi supplichevoli. “Mi dispiace per... beh, lo sai.”
Sospirai un po’ e volsi il mio sguardo verso il basso.
“Quante volti ti aspetti che io ti perdoni, Harry?”
“Non mi aspetto che tu mi perdoni, ma ho bisogno che tu sappia che mi dispiace.”
Sospirai un’altra volta e dopo alzai lo sguardo verso lui.
“Sai, se questa fosse stata la prima volta che mi avessi detto qualcosa... fuori linea, avrei detto che fosse okay e che avremmo potuto sorvolarci,” dissi.
“Ma tu- ogni volta che sei turbato, arrabbiato, triste o qualcosa del genere, qualche commento superfluo esce sempre fuori e ogni volta che succede, chiedi scusa. Ed è una cosa bella che tu capisca che hai appena detto o fatto qualcosa di stupido e che riguardi te, ma devi smetterla di farlo. Non è giusto, nessuno di questi scivoloni che ogni volta fai sono giusti e, un giorno, ti ritroverai nella merda per colpa loro.”
“Lo so,” borbottò. “So che devo... pensare di più prima di parlare, ma solo- mi dispiace, okay? Per ogni commento cattivo che ti ho fatto in passato, mi dispiace davvero.”
Sorrisi debolmente.
“So che sei-” 
Guardai verso il basso giusto in tempo che la sua mano raggiungesse la mia ed emisi un sospiro di contentezza quando intreccio le nostra dita e fece posare le nostre mani sul mio stomaco. Trascorremmo un paio di minuti semplicemente sdraiati in quel modo, guardando l’un l’altro e senza che nessuno proferisse una singola parola.
“Non ti... non ti perdonerò questa volta,” dissi alla fine.
Non parve stupito affatto, un tantino deluso forse, ma non sorpreso.
“Okay,” disse semplicemente e strinse le nostre dita ancora più forte.
“Dire che non mi importa di mio figlio, Harry?”
Gli indirizzai uno sguardo incredulo.
“È un po’ troppo fuori linea che- non lo so nemmeno. Credimi quando dico che voglio tenerlo, lo voglio così dannatamente, ma so che non sarebbe la migliore decisione da fare per te, per me o per lui, e desidero che tu la veda da questo punto di vista.”
“Non sono d’accordo con te,” disse cautamente, come se stesse cercando di non pestare i miei piedi. “Non sono d’accordo con te affatto. Penso che possiamo dargli perfettamente una vita meravigliosa, e non sto dicendo questo perché non riesco a sopportare il fatto di darlo a qualcun altro; lo dico perché onestamente credo che sia vero.”
Scossi la testa, ma fu un gesto indifferente e lo sguardo che gli indirizzai era supplichevole.
“Harry, per favore,” sussurrai raucamente.
Scosse la testa, impedendomi di continuare.
“Lascia perdere tutto il resto per adesso,” disse. “Non voglio litigare di nuovo, non adesso.”
Lasciar perdere tutto il resto per quanto tempo esattamente? Meno di un mese a partire da adesso, il bambino sarà nato. Meno di un mese era tutto quello che rimaneva per la fine di questo... qualsiasi modo esista per definirlo, ed era così dolorosamente evidente che avessimo ancora due o tre questioni da chiarire.
“Ce ne occuperemo dopo che avremmo visto il dottore, okay?” aggiunse.
Pensai fra me stesso che posticipare questo probabilmente non era una buona idea, non a questo punto, ma ero stanco, mi sento come se volessi dormire e piangere o forse entrambi, e non volevo che Harry si arrabbiasse o che si turbasse con me, quindi annuii e risposi con un sussurro “okay”.
Sorrise e avvicino il suo viso ancora un po’ più vicino al mio, sfiorando in modo esitante con le sue labbra al di sopra delle mie per un secondo o due, facendomi bloccare il respiro in gola, prima di sporgersi e unire le nostre labbra. Non durò molto, ma la mano che stava ancora tenendo stretta la mia, si posò sulla mia guancia e il bacio di se per se fu così dolce e gentile che una lacrime scivolò giù dalla mia guancia, posandosi sul materasso.
“Dormi, amore,” biascicò e baciò ancora una volta le mie labbra.
Con una strana sensazione di soddisfazione che eruppe dalla bocca del mio stomaco, mi affrettai ad abbassarmi e ad appoggiare la mia faccia sotto alla guancia di Harry, posando la mia mano libera sul suo petto.
Dormire sembrava essere una cosa giusta.
Il resto di quel discorso non proprio. 



HI FELLAS! 

Direi che di tempo ne è passato parecchio dall’ultima volta, in effetti...
Dovrei scusarmi per la milionesima volta, ma come dice Louis, non se ne può proprio più ahahahahah
Ovviamente colpa della scuola, anche perché non ho avuto un attimo di respiro dal 10 settembre, cose da pazzi! Comunque è inutile lamentarsi, la pacchia non durerà poco.
PASSANDO A QUESTO CAPITOLO: SIAMO GIÀ AL 31°, DOV’E ANDATO A FINIRE IL TEMPO?! 
Io muoio, soprattutto negli ultimi, perché ci saranno sorprese sorprese e sorpreseeeee (non tutto rosa e fiori lalalalala).
Detto questo mi faccio schifo sola nel dover lasciare uno spazio autrice/traduttrice/fessa con questa schifezza, ma vado di fretta!
Commentate e scrivete tutto nelle recensioni, e vi risponderò lì!
AH!
 UN GRAZIE MILLE SEMPRE A TUTTI COLORO CHE CI SEGUONO, COMMENTANO E SFOLLANO CON QUESTA STORIA, VI AMO SIETE LA MIA LIFE(???) E BACI BACI DA ELEFAAAAANTE (cosa diamine sto scrivendo...).

A presto x.

Ana.

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Capitolo 32
*** I'm saying it because I want you to be happy. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 32



Lo sto dicendo perché voglio che tu sia felice.

Martedì 28 Aprile
Trentasei settimane e tre giorni


Quando mi svegliai Martedì mattina, avevo una fastidiosa sensazione allo stomaco. Per un momento non mi ricordai della conversazione poco piacevole tra me ed Harry del giorno prima, ma poi mi inondò la consapevolezza di quello che era successo e chiusi di nuovo gli occhi lasciando uscire un lungo sospiro.
Il fatto che io e Harry non saremmo mai riusciti ad avere una conversazione ragionevole riguardo i nostri problemi proprio perché li mettevamo da parte, mi faceva sentire ancora più seccato e frustrato di quanto lo fossi mai stato. Mancava meno di un mese alla  ipotetica data in cui il bambino sarebbe dovuto nascere e ora, dopo aver vissuto pensando che Harry ed io fossimo d'accordo di dare in adozione il bambino, aveva deciso di non avere intenzione di farlo.
Erano le dieci di mattina ed ero già di cattivo umore.
Con un piccolo lamento a causa del male alla schiena, mi alzai e lasciai cadere le gambe fuori dal bordo del letto. Rimasi seduto lì per un po' di tempo, sfregandomi gli occhi e dando al mio stomaco qualche solita carezza del buon giorno, prima di alzarmi in piedi e- oh.
Sbattei le palpebre e guardai in basso dove le mie mani erano rimaste poggiate sul mio stomaco, il panico piombò istintivamente nella mia mente. C'era una sorta di lieve dolore a contrarre il mio basso ventre, come se una spugna dentro di me fosse stata spremuta ripetutamente più di una volta. La sensazione non era proprio dolorosa – forse solo un pochino -, ma era spiacevole e mi lasciò con una fastidiosa sensazione di disagio nel retro della mente, che avevo già provato una settimana prima. La sensazione era simile ma cento volte meno dolorosa. Grazie a Dio. Ma ancora, non poteva essere un buon segno, vero? O forse era normale sperimentare qualche strana sensazione così in là con la gravidanza? 
Così in là nella gravidanza.
Inghiottii.
Mancavano circa due settimane ormai, e poi tutto sarebbe... finito. Se ne sarebbe andato.
Questi erano gli stessi tipi di pensieri che mi avevano invaso la mente il giorno prima, così scossi la testa velocemente non sentendo il bisogno di entrare in un argomento che non avrebbe fatto altro che portarmi ad un livello di tristezza ancora più basso, molto più consono ad un funerale che ad un giorno qualsiasi nella vita di un ragazzo incinto di otto mesi.
Era un po' ridicolo comunque, vero? Ora ero l'unico ancora irremovibile sul fatto di dare in adozione il bambino; Harry aveva detto chiaramente che non voleva farlo, e che avrebbe voluto tenerlo e crescerlo, quindi l'unico 'ostacolo' qui ero io. Ero l'unico a pensare che fosse la decisione giusta, e quindi sentivo di non avere il diritto di sentirmi triste per il fatto che, tra due mesi, la mia vita sarebbe stata al cento per cento libera dal bambino. Con una semplice conversazione, ero riuscito a capovolgere l'intera situazione. Era un pensiero piuttosto spaventoso.
Ma era stupido. Dopo tutto il tempo passato cercando di far capire a Harry che dare il bambino in adozione sarebbe stato meglio per tutti, sarebbe stato stupido – per non dire egoista – andare da lui e dirgli che avevo cambiato idea. Non che avessi cambiato idea comunque; continuavo a pensare quello che avevo detto riguardo il bambino, Harry e me stesso. Sarebbe stato meglio se lo avessimo dato in adozione.
O, beh, per il bambino sarebbe stato decisamente meglio, e così lo sarebbe stato anche per Harry e per me, fisicamente parlando, ma sapevo che sarei stato male per tantissimo tempo dopo che il processo di adozione sarebbe stato completato. Ed ero abbastanza sicuro che per Harry sarebbe stato lo stesso.
Ma dare via il bambino rimaneva comunque la decisione migliore.
Sospirai e guardai in basso, verso il mio stomaco.
“Spero davvero che tu non finisca per odiarmi un giorno,” dissi piano.
Non intercettai nessun calcio, ma la stessa sensazione fastidiosa mi colpì di nuovo lo stomaco e mi accigliai leggermente. Rimasi nella stessa posizione per un po' di minuti, aspettando che succedesse qualcosa, ma no. Non si verificò più nessuna spiacevole o fastidiosa scossa ed io scossi un po' la testa, esasperato.
“Ti stai prendendo gioco di me, mm?” dissi e diedi al mio stomaco un altro piccolo schiaffo prima di incamminarmi – o dondolarmi – verso il mio armadio per vestirmi.
Passai la giornata seduto sul mio letto, appoggiato sopra una montagna di cuscini, leggendo e cercando di lavorare su qualche capitolo del mio libro di Inglese. Ogni tentativo si rivelò essere noioso e monotono, avevo iniziato a ripetere “vai avanti, vai avanti,” tenendo presente che mancavano meno di due mesi al diploma e che, se non avessi voluto finire la mia carriera scolastica con l'insufficienza nel cinquanta per cento delle mie materie , non avevo altra scelta che leggere.
E leggere.
E leggere.
Quando l'orologio segnò che erano quasi le quattro del pomeriggio, sentii un debole rumore della porta di casa venire aperta e poco dopo chiusa, e, pensando fosse Harry ad essere tornato da scuola, mi alzai dal letto ed uscii dalla stanza. Mi depressi constatando che, per camminare normalmente, avevo dovuto tenere una mano sulla mia schiena.
Con mio grande disappunto, non fu Harry che trovai all'entrata ma Anne, Adrian e Connor.
“Oh, ciao,” dissi quando i miei occhi incontrarono i suoi. “Pensavo... pensavo fosse Harry.”
“E' tornato a casa con Liam dopo scuola,” mi rispose mentre aiutava Adrian – o forse era Connor – a slacciare i lacci delle scarpe.
Le mie spalle crollarono e risposi con un mormorato “oh”. Non che fossi particolarmente impaziente di terminare la conversazione che avevamo iniziato la scorsa notte, ma per l'amor di Dio, ero stato da solo tutto il giorno e mi ero sentito solo. Io e Harry forse avevamo avuto una semi-litigata, ma lui continuava ad essere una buona compagnia. E mi continuava a mancare. Solo un pochino, però.
“Sarà a casa verso le sette,” disse lei, e c'era un sorrisino accennato sul suo volto che mi fece capire che sapeva quello che stavo pensando.
Annuii, continuando però a sentirmi un po' depresso, e stavo quasi per girarmi e ritornare nella mia stanza quando notai le borse della spesa piene ai suoi piedi.
“Hai bisogno di aiuto con quelle?” Dissi, facendo cenno verso di esse.
Almeno la mia educazione era rimasta intatta.
L'accenno di sorriso si tramutò in un vero e proprio sorriso a quelle parole, e scosse la testa.
“Sembra che sia già difficile per te stare qui in piedi, quindi no, faccio da sola.”
“Oh, ma io-”
“Vai e siediti da qualche parte,” mi interruppe e mi lanciò uno sguardo che diceva chiaramente “Sono stanca di discutere di queste cose con te.”
Chinai un po' la testa, ma sorrisi.
“Okay, ma fammi sapere se hai bisogno del mio aiuto per qualcosa.”
“A meno che la casa non vada a fuoco, non ti farò fare niente che abbia a che fare con lo sforzo fisico,” disse. “E questo è tutto.”

*

Alla fine, Harry non tornò a casa alle sette.
O alle otto.
O alle nove.
O alle dieci.
Quando si avvicinarono le undici ed ero sul punto di addormentarmi mentre ero seduto sul mio letto, presi il cellulare, trovai “Harry Styles” nei miei contatti e spinsi il tasto 'chiama'.
Louis? Tutto bene?” fu il saluto che ricevetti dopo qualche squillo.
“Si, sto bene,” dissi, la mia voce riempita di stanchezza.
Okay, quindi... perché mi hai chiamato?
Giocai un po' con l'orlo del mio maglione.
“Niente, mi stavo solo... sai, chiedendo perché non fossi già a casa.”
Sono da Liam. Mamma non te l'ha detto? Le avevo detto di dirtelo.
“Si, no, me l'ha detto,” dissi velocemente. “Ma ha detto che saresti tornato a casa alle sette, cosa che ovviamente... non hai fatto, quindi...”
Oh. Le ho mandato un altro messaggio per dirle che sarei rimasto qui per la notte. Immagino che non ti abbia avvertito.
Il mio cuore perse un battito a quelle parole e tossii.
“No, suppongo non lo abbia fatto.”
Esitai per un secondo.
“Quindi non ti vedrò fino a domani pomeriggio?”
Mi sa fino a domani sera.
Sembrava sentirsi colpevole.
Ho una partita di calcio alle cinque, e dopo ho intenzione di uscire con Lauren. Potrei andare a casa sua dopo e stare con lei fino a Sabato, quindi, uhm, si.
La sensazione che provai dentro il petto non potevo descriverla in nessun modo se non con un mix di disappunto, tristezza e solitudine, e dovetti inghiottire un paio di volte prima di rispondere.
“Oh, okay,” dissi, un piccolo tono di sconfitta si appiccicò alla mia voce.
Oh, no, Lou, mi dispiace,” disse implorante. “Avrei dovuto dirti che-
“No, no, va bene,” lo interruppi, cercando di far capire che stessi ‘bene’. “Non è che tu debba dirmelo ogni volta che vai da qualche parte.”
Beh, mi sento come se dovessi farlo, specialmente quando vado via per la notte,” disse. “Abbiamo le nostre cose, le nostre conversazioni e tutto il resto prima di andare a dormire, e avrei dovuto dirti che non sarei tornato per... beh, per la notte.
“Va tutto bene, Harry, davvero,” dissi, sta volta con un piccolo sorriso però. “Ti vedrò Sabato, quindi. O almeno credo.”
Si, assolutamente,” disse. “Faremo qualcosa di divertente, okay?
“Divertente?” Domandai scettico. “Riesco a mala pena a camminare.”
Okay, bene, ma possiamo almeno fare qualcos'altro piuttosto che stare in una delle nostre stanze.
“Aha. Tipo cosa?”
Tipo... Uscire e andare a mangiare qualcosa, andare a vedere un film, fare un picnic al parco, o... si, qualcosa di bello e semplice che non sia molto faticoso per te.
“Sempre positivo. Ma... si. Un picnic mi piacerebbe. Sempre se il tempo ce lo permetterà. E se porteremo un po' di cuscini. E se troveremo un albero sotto il quale io possa stendermi. E se possiamo guidare fin lì.”
Lo sentii ridere: era un suono caldo che fece sorridere anche me. Probabilmente mi faceva sembrare come un cucciolo malato d'amore.
“Sono sicuro che possiamo arrangiarci,” mormorò.
Ci fu un breve silenzio.
Quindi, perché sei ancora sveglio? In genere vai dormire alle dieci.
Le mie guance si riscaldarono leggermente.
“Ti stavo solo, sai... aspettando,” dissi esitante.
Lo sentii sospirare leggermente, e poi il suono di alcuni passi contro il pavimento di legno raggiunsero le mie orecchie. Passarono un paio di secondi ed io avevo iniziato ad essere un po' nervoso per il fatto che magari avesse interpretato male le mie parole, ma poi sentii di nuovo la sua voce.
Mi manchi anche tu,” disse semplicemente.
Il sangue mi inondò di nuovo il viso, ma stavolta per la felicità.
“Non ho mai detto che mi manchi,” dissi, prendendolo in giro.
No, ma so che è così. Non è poi così difficile capirti, nemmeno quando parliamo al telefono.
Stavo per ribattere con un commento sarcastico, ma prima che ci riuscissi, sentii una voce diversa dall'atro capo del telefono.
Harry? Perché sei scappato?
La voce suonava spaventosamente come quella di Liam. Cosa che avrebbe senso considerando che Harry era a casa sua.
“Ti sei allontanato da lui per dirmi che ti manco?” Chiesi, alzando le sopracciglia che lui non poteva vedere. Parliamo dello spreco dei muscoli facciali.
“Scusa,” disse. “E' solo che-
“Lo so, va bene,” dissi sorridendo. “Dovrei andare a letto comunque. Salutami Liam.”
Lui è un miserabile testa di cazzo comunque,” brontolò Harry, subito seguito da un indignato “ehi!” da Liam.
Beh, lo sei,” disse Harry acidamente. “E non mi dici nemmeno perché.
Perché non sono affari tuoi.
Sono il tuo fottuto migliore amico!
Questo non vuol dire che non mi è permesso avere segreti.
Certo che no, ma quando questo segreto ti rende così irritato, ho la sensazione che sia-
Posso parlare con Louis?
Tu- cosa? Perché?
Perché voglio parlare con lui.
Lui sa cosa sta succedendo?
Non sembrava per niente scandalizzato.
Se lui sa qualcosa su di te che io non so, mi offenderò seriamente.
Ovvio che lui non sa niente,” disse Liam, la bugia uscì fuori tranquillamente. “Ma voglio parlare con lui. Per favore?
Va bene, puttana presuntuosa,” brontolò Harry. 
Apparentemente Liam vuole parlare con te,” aggiunse, ora parlando di nuovo con me.
“Si, ho sentito,” dissi seccamente. “Passagli il cellulare.”
“Sei felice di liberarti di me, vero?
“Si.”
Bene.
Lo sentii ridere brevemente.
Ci vediamo Sabato allora, e faremo il nostro picnic?
“Si.” Esitai per un secondo.
Non vedo l'ora.
“Nemmeno io,” disse, un sorriso apparente nella sua voce.
Dai la buona notte ad Aidan da parte mia e digli che mi dispiace di non essere lì per dirglielo di persona.”
“Certo.”
Okay. Buona notte, dormi bene,” disse dolcemente.
“Anche tu,” risposi con un piccolo sospiro.
Ci fu qualche rumore, poi sentii Harry borbottare un silenzioso “Non parlare per molto, stare alzato fino a tardi non fa bene né a lui né al bambino” che probabilmente non avrei dovuto sentire e poi fu la voce di Liam che sentii dall'altra linea.
Ehi,” disse. “Come va?
“Bene, io sto bene,” dissi sprezzante, desideroso di agganciare in modo tale da poter andare a letto. “Apparentemente non si può dire lo stesso di te, però.”
Ancora una volta il suono di passi contro il pavimento in legno fu tutto quello che riuscii a sentire, poi una porta che veniva aperta, poi chiusa, e poi iniziò a parlare.
Molto.
Zayn è una testa di cazzo,” disse senza mezzi termini.
Apparentemente tenere per se i propri problemi non era uno dei punti forti di Liam.
Abbiamo sempre detto che lo avremmo tenuto per noi fino al nostro diploma e tutto, ma ora, tutto all'improvviso, lui vuole dirlo. Dice che ora manca poco, potremmo anche fare coming out ora così da non finire per sembrare due bugiardi quel giorno che saremo costretti a dirlo a tutta la città e a tutti i nostri amici qui intorno, perché lui è sicuro che quel giorno sta per arrivare. Ed è stato una testa di cazzo su tutto perché gli ho detto tante volte che non voglio fare coming out prima di essere ormai distanti da questo posto. Non mi sentirei sicuro se lo facessimo, e ho provato a dirglielo, ma lui ha continuato ad insistere e alla fine è finito tutto con me che gli dicevo di andare a farsi fottere se questo era ciò che pensava, e lui mi ha risposto che se era questo ciò che pensavo, allora avrei fatto meglio a stargli lontano.
Presi un respiro profondo e mi pizzicai il ponte del naso, cercando di ragionare su tutte le informazioni che mi aveva dato.
“Non avete... rotto, vero?” dissi alla fine.
Non lo so,” disse, colpevole e un po' disperato. “V-voglio dire, spero di no. Non sono- o, è solo che- preferirei fare coming out immediatamente piuttosto che perderlo, capisci? Non posso perderlo, davvero non posso. Non so cosa farei senza di lui, è troppo... troppo anche solo da pensare.
Fu straziante e triste sentire quanto fosse orribile tutta questa faccenda, e mi chiesi se anche io avrei finito per essere così alla fine, quando il mio cervello si sarebbe reso conto una volta per tutte che ciò che c'era tra me e Harry non si sarebbe mai potuto trasformare in qualcosa di reale. Ero abbastanza certo che questo non sarebbe successo presto, comunque.
“Non so davvero cosa dire,” dissi. “Ma... parla con lui. Forse può sembrare stupido e ingenuo, ma parlare di solito può risolvere questo tipo di situazioni.”
Si, ma... e se mi lascia?
“Non ti lascerà.”
Non puoi saperlo.
“Sono quasi sicuro.”
Come?
“Perché ho sentito il modo in cui parla di te, come se tu fossi appeso alla luna e alle stelle e come se fossi un santo. Non ti lascerà.”
Non puoi comunque-
“Okay, ascolta,” lo interruppi stancamente. “Tu sei stato il primo a dirmi, un po' di tempo fa, che avevo bisogno di parlare con Harry quando avevo dei problemi con lui, quindi ora ti rilancio indietro il tuo stesso avviso: parla con Zayn. Parla con lui e cerca di rimediare a tutta questa merda prima che sia troppo tardi.”
Potrei o non potrei essere in possesso di un po' più schiettezza del solito in quel particolare momento, perché quando iniziò a protestare ancora una volta, pronunciai un secco “ciao Liam” e poi riattaccai.
Beh, cosa posso dire? Ero stanco.

Venerdì 29 Aprile
Trentasei settimane e quattro giorni


Il mio Venerdì lo passai in uno stato di... beh, estrema solitudine. Senza nemmeno avere la prospettiva di vedere Harry. Non mi preoccupai di alzarmi prima di mezzogiorno, e preoccupandomi solo di farmi una doccia per dare una ripulita al mio nido piuttosto unto di capelli e per recuperare un po' di rispetto per me stesso. Funzionò, in un certo senso, fino a quando mi lasciai ancora una volta cadere sul mio letto, con indosso i miei pantaloni della tuta ed il mio maglione, ed avevo una pila di libri di fianco a me. Poi ritornai alla mia vita che si era più o meno ridotta ad essere spesa su un letto con i miei libri di scuola. La mia vita prima del bambino e di Harry sarebbe anche potuta essere anti-sociale, ma almeno ero stato in grado di fare qualunque cosa avessi voluto fare – nella linea della ragione – cosa che sicuramente non avrei potuto fare in quel momento.
Fino all'ora di pranzo, verso le due, non accadde nulla di interessante. Stavo andando in cucina a farmi qualcosa da mangiare, e avevo appena preso un pacchetto di formaggio a fette dal frigo quando, di riflesso, lasciai cadere il formaggio sul pavimento e afferrai il mio stomaco con entrambe le mani, fissandolo. Quelle stesse contrazioni simili a quelle che avevo provato il giorno prima erano tornate, anche se ora un po' più prominenti. Ancora non erano dolorosissime, sempre più fastidiose, ma... mi fecero ancora diventare nervoso, quasi spaventato.
Mi morsi le labbra e rimasi lì, guardandomi lo stomaco con gli occhi spalancati per venti secondi buoni, prima che i dolori finissero.
Forse era qualcosa di cui avrei dovuto preoccuparmi? Se questo si fosse verificato ogni giorno, allora forse si. O forse, come avevo pensato ieri, era normale avere un paio di strane sensazioni quando si era così tanto in là in gravidanza. Mentre ero lì non successe più nulla, inghiottii l'ansia, ciò mi diede un leggero senso di rassicurazione e lasciai cadere sui fianchi le mani. Non era successo niente di nuovo. E non avrebbe assolutamente aiutato parlarne a Harry; sarebbe andato fuori di testa e avrebbe insistito che io facessi solo Dio sa cosa per essere al cento per cento sicuro che non ci fosse nulla di grave e... no, era totalmente inutile.
Distolsi lo sguardo dallo stomaco, ma questa volta fino a terra dove il formaggio si era sciolto, e sospirai tristemente. Non c'era nessun altro a casa e volevo davvero il formaggio alla griglia, con irritazione e un sacco di brontolii incoerenti sul fatto di essere grasso, mi accovacciai e-
Prontamente caddi sul mio culo. Il peso del mio culo era troppo per permettere alle mie gambe di gestirlo quando non ero dritto in piedi, a quanto pare. Rimasi seduto lì per cinque minuti buoni, fulminando con lo sguardo il formaggio e poi il mio stomaco, prima di raccogliere abbastanza forza di volontà per rialzarmi in piedi – questa volta con il formaggio in mano. 
Dopo che ebbi finalmente finito di mangiare il mio pranzo, trovai la strada verso la mia stanza e ritornai alla mia solita posizione sul letto, con i miei libri, i miei fogli e le mie penne. E lì rimasi fino a quando Anne tornò a casa da lavoro alle cinque ed un'ora dopo venne a dirmi che la cena era in cucina se avessi avuto fame.
Se avessi avuto fame.
Avevo quasi riso ad alta voce a quelle parole.
La cena fu silenziosa, ma buona e tranquilla, e pensai dentro di me a quanto fosse strano che non mi sentissi fuori luogo insieme alle persone con il quale ero seduto al tavolo che conoscevo da non più di un paio di settimane. Ed era particolarmente strano il fatto che non mi sentissi fuori luogo a star seduto ad un tavolo da pranzo con la famiglia di Harry senza che lui fosse presente. Era davvero bello, però, e anche se potrebbe suonare triste, mi sentivo più a casa e più gradito in questo tavolo piuttosto di quello in cui mi sedevo quando ero a casa di mia madre dopo che era errivato Ian.
Un pisolino sembrò una buona idea una volta finita la cena ed il mio stomaco era riempito di purè di patate, pollo alla griglia e insalate, e più o meno un secondo dopo che la mia testa toccò il cuscino, mi addormentai profondamente, finendo nel mondo dei sogni. O 'terra dei sogni' sarebbe stato più adatto visto che in realtà non avevo sognato niente.
Non mi svegliai fino a quando l'orologio segnò le nove e quarantacinque e, tutto quello che feci, fu sostituire i miei vestiti con la mia maglietta di pelo e i pantaloni del pigiama, ed andare sotto le coperte invece che sopra e mi addormentai quasi subito.
La fantastica vita della gravidanza.

Sabato 30 Aprile
Trentasei giorni e cinque giorni


La volta dopo che mi svegliai, qualcuno era apparentemente stato nella stanza, perché le luci sopra il comodino di fianco al letto, che ero perfettamente sicuro di aver lasciato accese, erano state spente, ed i miei vestiti, che avevo lasciato in una pila sul pavimento, erano piegati sopra la mia scrivania.
Passai venti secondi buoni chiedendomi che cosa mi avesse svegliato, perché ero sicurissimo non fosse stata la mia sveglia – uno sguardo fuori dalla finestra mi aveva confermato che era ancora  notte e quand'era stata l'ultima volta che mi ero alzato di mia spontanea volontà nel bel mezzo della notte?
Probabilmente otto mesi prima.
Rimasi confuso per un po' di tempo, e stavo quasi per chiudere gli occhi e ritornare a dormire quando ci fu un tonfo rumoroso seguito da un colpo ancora più forte che proveniva da qualche parte fuori dalla porta. Sentendomi un po' nervoso, tolsi le coperte dal mio corpo, rabbrividendo appena quando l'aria fresca nella stanza venne a contatto con la pelle delle mie braccia, mi alzai dal letto e attraversai la stanza.
Il corridoio fuori era vuoto, per quanto potessi dire, quando mi fermai fuori, ma le luci del soffitto erano accese, cosa che non succedeva mai durante la notte, e questo confermò che i suoni che avevo sentito non erano stati solo frutto della mia immaginazione. Con piccoli passi esitanti, pensando che sarebbe stato un po' scomodo se avessi dovuto camminare su... beh, Dio sa che cosa, iniziai a camminare lungo il corridoio, anche se non ero esattamente sicuro cosa stessi cercando.
Quando arrivai vicino alla cucina, sentii il suono di posate essere mosse, poi il frigo venire aperto e poi un altro rumore seguito da un flusso di maledizioni provenienti da qualcuno che sembrava tanto essere-
“Harry?”
Era in piedi, la schiena rivolta verso di me, ma al suono della mia voce, si girò ed incontrò il mio sguardo con un paio di occhi grandi e davvero... lucidi.
“Ehi,” disse suonando stranamente triste. “Ti ho svegliato?”
“E' tutto okay,” dissi mentre camminavo fin dove si trovava, in piedi di fianco al frigo aperto. “Perché sei a casa? Pensavo che fossi con Lauren stanotte.”
Prese un cartone di succo e chiuse il frigo prima di girarsi e appoggiarsi al bancone.
“Beh, sai, i piani cambiano e tutto il resto, non possono andare sempre come vuoi. Che cazzo di schifo.”
Era quasi sul punto di farfugliare, ed io alzai le sopracciglia leggermente verso di lui, verso i suoi occhi lontani, le guance stranamente rosse e i capelli scompigliati. E poi sospirai non appena realizzai.
“Sei ubriaco,” constatai.
“Si.”
Beh, era stato facile.
“Schifosamente ubriaco, a dire il vero.”
Sospirai di nuovo.
“Come mai?”
“Perché ho bevuto, ovviamente.”
“Ma non mi dire. Perché, esattamente, avresti bevuto?”
“Perché avevo voglia di farlo.”
“Non ami bere.”
Le sue spalle si alzarono e fece un passo di lato, però aggrappandosi velocemente al bancone.
“Non oggi,” mormorò.
Mi sfregai la faccia con le mani, iniziando ad essere un po' preoccupato, e feci un passo di lato per riuscire a guardarlo bene in faccia.
“Va tutto  bene?” Chiesi. “A parte il fatto che sei ubriaco, intendo.”
Scrollò semplicemente le spalle, continuando a guardarmi triste.
“E' successo qualcosa? Hai... perso la partita o altro?”
“No, abbiamo vinto.”
“Allora cosa-”
“Penso... penso che andrò a dormire ora,” mi interruppe, continuando però a sembrare un po' esitante, e senza dire un'altra parola, prese il cartone del succo di frutta e lasciò la cucina, apparentemente dimenticando di spegnere qualsiasi luce.
Ancora con le sopracciglia alzate, mi preoccupai di abbassare l'interruttore delle luci sul muro, lasciando la stanza al buio eccetto per i numeri digitali rossi del fornello che mi indicavano che erano le tre e mezza del mattino, e poi mi incamminai verso la stanza di Harry. Quando ci arrivai, lo trovai seduto sul letto, guardandosi intorno con occhi stanchi e gli angoli della bocca rivolti verso il basso. Chiusi silenziosamente la porta in modo da non svegliare nessun altro, e questo lasciò la stanza quasi nella totale oscurità, facendomi notare come ad Harry non sembrava importare se le luci fossero accese o meno.
Annaspai lungo il muro con una mano per un momento prima di trovare l'interruttore delle luci.
“Pensavo che saresti andato a dormire,” dissi.
Spostò il suo sguardo verso di me lentamente e gli ci volle un po' per mettermi a fuoco.
“Si,” disse con un sospiro profondo prima di alzarsi in piedi e togliersi prontamente i pantaloni, lasciandoli cadere ai suoi piedi. In qualche modo riuscì ad inciampare su di essi quando cercò di sedersi sul letto, e atterrò maldestramente sul pavimento.
“Fanculo,” mormorò prima di alzarsi goffamente e provando una seconda volta a liberarsi dei pantaloni. Sta volta con successo.
Io rimasi lì a guardarlo, sentendomi divertito, curioso e leggermente scosso, mentre lui si toglieva i calzini e la maglietta e mentre mi rivolgeva un'occhiata pietosa.
“La mia vita è stupida,” disse poi, improvvisamente. “E'... stupida. Non è più felice o... bella come lo era prima.”
Il mio cuore sprofondò, perché sembrava un sacco come se stesse per dirmi quanto gli avessi incasinato la vita. Tuttavia mi incamminai verso il letto e mi sedetti di fianco a lui, sentendo che le mie gambe avrebbero ceduto se fossi rimasto in piedi ancora a lungo.
“Hai ancora Lauren,” tentennai, alzando di pochissimo le sopracciglia.
“Questo è stupido,” farfugliò mentre sfiorava l'orlo dei suoi boxer. “Lei è spregevole con tutti tranne che con me, e non mi piace. Ed è così fredda e... disinteressata. Non parla e non fa mai niente di buono, solo compere, sistemarsi i capelli e fare sesso. E ho capito che ha dei bei capelli, quindi deve curarli per farli rimanere tali perché i capelli brutti non vanno bene, sono... brutti. E mi piace fare sesso perché è bello e mi fa sentire bene, ma solo con le persone che mi piacciono e Lauren non mi piace più, perché è spregevole e fredda e disinteressata, ed è triste perché una volta era buona e... non era fredda ed era più interessante.”
Mentre parlava, i miei occhi si spalancarono sempre di più, e quando si fermò,  la mia mascella era altrettanto spalancata.
A lui non piaceva più Lauren? Certo, mi aveva detto che sapeva fosse spregevole e tutto il resto, ma pensavo che vedesse in lei qualcosa che tutti noi non riuscivamo a vedere. Apparentemente no, se quello che aveva appena detto era vero.
“Se- beh, se le cose stanno così allora perché... perché non la lasci?” Chiesi esitante.
Sapevo che era un po' scorretto porgli quella domanda, pur sapendo che non volesse che io venissi a conoscenza della risposta, ora che era ubriaco e non aveva il solito autocontrollo, ma era una domanda su cui desideravo tanto avere una risposta, ed ora avevo effettivamente l'opportunità di averla. Ero un po' egoista, forse, ma dopo tutta la merda che avevo passato ultimamente per colpa di Harry, mi sentivo come se avessi il diritto di giocare la carta dell'egoismo.
Le sue sopracciglia si aggrottarono, facendolo apparire incredibilmente triste e cucciolo, e rimase seduto lì a guardarmi in silenzio per tanto tempo prima di rispondere sconfitto in un soffio di voce:
“Perchè ho paura.”
Questa non era la risposta che mi aspettavo, quindi alzai le sopracciglia.
“In che senso?”
“Se rompo con lei, non mi sarà rimasto più... niente, nessuno che io possa, sai, amare per tutti quelli che mi vedono.”
Strinsi la mascella, sentendomi un po' irritato da quelle parole.
“Continuerai ad avere me,” dissi, cercando di ridurre la durezza nella mia voce al minimo.
“Non posso amare te per tutti quelli che mi vedono,” mormorò. “È come se... Lauren fosse l'unica cosa nella mia vita rimasta... etero.” Sbattei le palpebre.
“Etero?”
Abbassò lo sguardo.
“Lei è l'unica cosa rimasta nella mia vita ad essere... cento per cento eterosessuale.”
Non potei evitare di sentirmi ancora più confuso.
“E'... E' questa l'unica ragione per cui stai con lei?” Chiesi. “Perché non vuoi essere gay?”
“Non sono gay,” borbottò. “Solo che... mi piacciono gli uomini. Occasionalmente.”
“Occasionalmente,” ripetei. “Quindi tu non vuoi essere gay occasionalmente, e questo è il motivo per cui-”
“E le persone ne parlerebbero,” mi interruppe, sembrando non aver capito niente di ciò che avevo detto. “Se rompessi con lei, lo verrebbero a sapere tutti e loro non possono venirlo a sapere perché sarebbe un disastro, ed i miei amici mi odierebbero e poi la mia squadra mi odierebbe sicuramente, e forse anche i miei genitori, e non posso lasciare che loro mi odino perché io non sono come te, ho bisogno di persone intorno.”
“Non sono sicuro se debba sentirmi offeso o lusingato,” dissi. “Ma Harry, nessuno ti odierebbe se dicessi di essere attratto sia dalle donne che dagli uomini, non i tuoi amici e certamente non i tuoi genitori. E chi se ne frega della squadra? Hai appena giocato la tua ultima partita, quindi cosa importa quello che pensano?”
Un triste broncio fu tutto quello che ottenni in risposta, e sospirai.
“Voglio solo che tu sia felice, okay?” dissi. “E se non sei felice con Lauren, penso che dovresti lasciarla.”
“Tu dici questo solo perché mi ami e perché mi vuoi tutto per te,” disse, però non con cattive intenzioni, solo come un dato di fatto.
Inghiottii.
“No, lo sto dicendo perché voglio che tu sia felice,” mormorai. “Con o senza di me, voglio solo che tu sia felice.”
“Anche io voglio essere felice,” disse stanco, chiudendo gli occhi ed  inclinando leggermente la testa. “Voglio davvero essere felice.”
Sorrisi debolmente.
“Dovresti sdraiarti ed andare a dormire,” dissi. “A meno che tu non voglia cadere sul pavimento.”
“Buona idea,” mormorò, ancora con gli occhi chiusi.
Rimase seduto lì per altri pochi secondi prima di sospirare ed alzarsi in piedi, il suo corpo sembrava diventato come quello di uno zombie. Mi alzai insieme a lui, solo per sicurezza, e spostai le coperte di lato per fare spazio a Harry. Per un secondo sembrò essere un po' confuso su cosa fare dopo, ma poi cadde sul letto, prima la faccia, e si mosse fino ad appoggiarsi sul cuscino con le braccia aperte come le stelle marine.
Stavo per coprirlo e lasciare la stanza quando lui aprì un occhio e mi guardò.
“Puoi restare qui,” disse mentre batteva debolmente la mano sul letto, nel posto di fianco a lui. “C'è spazio per tutti e tre.”
Per qualche ragione non riuscii a non pensare che non fosse giusto, probabilmente sarebbe stato più saggio da parte mia dire di no e avrei fatto meglio a tornare nella mia stanza, ma ero stanco ed Harry sembrava così triste e sapevo che dormire tra le sue braccia era comodissimo. Molto più comodo che dormire nel letto da solo.
“Si, okay,” dissi, e procedetti nel sedermi sul bordo del letto e stendendo le gambe sopra prima di sdraiarmi totalmente, circondando la pancia con un braccio per supportarla.
Harry era sdraiato sullo stomaco, ma il suo viso era rivolto verso di me ed i suoi occhi, che sembravano sempre più stanchi ogni secondo che passava, mi guardavano.
“Sei sempre dolce, Lou,” disse mezzo addormentato. “Con me e con tutti gli altri. A parte quando merito che tu faccia lo stronzo. E succede spesso, ma va bene perché me lo merito. È un bene che... cerchi di difenderti. Non lo facevi prima, ma ora lo fai, ed è un bene per te. Non per me, perché sei arrabbiato con me, ma va bene comunque, perché significa che un giorno troverai qualcuno che ti tratterà bene, perché non gli permetterai di trattarti male. È un bene, mi piace.”
Beh, okay, questo era davvero triste.
“Tu non sei così male, Harry,” dissi dolcemente, sorridendogli debolmente. “Ogni tanto mi fai arrabbiare, ma sei un bravo ragazzo.”
Ritornò a sorridere.
“E continui ad amarmi, vero?” disse, sembrando un po' nervoso. Alzai una mano e intrecciai le mie dita con le sue, stringendole piano.
“Si, continuo ad amarti.”
“Bene... meno male,” sospirò.
Continuò  a guardarmi per un po', come se stesse pensando a qualcosa.
“Sei bello, Lou,” disse poi. “Sei così bello, e... piccolo. Sei davvero piccolo, e delicato, e bello e piccolo. E delicato. Mi piace questo di te, che sei piccolo, che ti adatti a me come uno di quei materassi morbidi. E' dolce.”
Feci uscire una risata soffocata, più un sussurro, e risposi arrossendo con un semplice “grazie”.
“Di niente,” disse, la sua voce solo un sussurro. 
“Sei tipo... il mio bambino, sai?” continuò, guardandomi con occhi pesanti. “O... il mio bambino attuale è qui-” Lasciò che una mano andasse ad accarezzare il mio stomaco.
“-Ed io lo amo così tanto, perché è mio figlio, sai? Ma... tu sei il mio bambino, ed amo tanto anche te.” Le sue palpebre si chiusero dopo, ma lui continuò a parlare, però ora più in mormorii dei quali non riuscii più a comprendere le parole.
“E so che non sono stato... molto buono con te e ti ho trattato male, non che lo meritassi, ma... quando avrò rotto con Lauren, spero... spero che tu sarai ancora qui, e che continuerai a volermi.”



Occhio a me!

Eccolo quì, anche il 32 è andato. Mancano esattamente 10 capitoli alla fine ed io non ci posso credere (si, dopo c'è il sequel, ma It beats for two è It beats for two dai).
Sono qui a pubblicare il capitolo prima di mettermi a studiare fisica; domani compito nel quale andrò di merda, yay!
Mi dispiace di aver ritardato così tanto a pubblicare, ma sono stata sommersa da interrogazioni e compiti in sti giorni e la sera non avevo la forza nè fisica nè mentale per mettermi a pubblicare il capitolo. Oggi finalmente ho trovato un momentino libero e ne ho subito approfittato.
Non so voi, ma io questo capitolo lo amo particolarmente: un Louis solo soletto che ha voglia della compagnia del suo Harry che se ne va a dormire da Liam senza nemmeno avvisare il padre di suo figlio, un Liam preoccupato che è incazzato con Zayn ma che lo ama tantissimo nonostante tutto e un Harry che dice a Louis che gli manca. Harold, che ti succede? L'ultima parte poi, ci mancava poco che mi sciogliessi. FINALMENTE L'HA AMMESSO. Si, era ubriaco fradico, ma FINALMENTE HA AMMESSO CHE DI LAUREN NON GLIENE FOTTE UN CAZZO. Okay, scusate il linguaggio non appropriato ma questa volta ci sta davvero. Mi piace molto di più l'Harold patatino nell'ultimo pezzo che quello cretino che non capisce niente che c'è stato in tutti i precedenti capitoli. Andiamo... ma tutte le paroline dolci che ha detto a Louis? Aaaaah se le è meritate tutte, una per una. Dovrebbero farlo Santo a quel povero ragazzo, altrochè.
Ma il piccolo Aidan vuole venire fuori o no? :D
Bene, volevo ringraziare tutte voi, belle donne, che continuate a seguire la storia e a sopportarci. Sopportare sia noi che i nostri ritardi, vi amiamo tanto davvero.
Grazie a tutte quelle che ci scrivono qui, su Twitter e anche a quelle che perdono un po' del loro tempo per continuare a seguirci. Un bacione a tutte.
A presto,

Giulia.

 

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Capitolo 33
*** You know what I'm talking about. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 33 



Sai di cosa sto parlando.


Sabato 30 Aprile
Trentasei settimane e cinque giorni


Inutile dirlo, il resto della notte, per quanto riguarda me, fu trascorso fra un sonno irrequieto e dormiveglia pensieroso, e silenziosamente osservando un Harry svenuto. Sembrava così rilassato, come chiunque altro mentre dorme, ma in mezzo ai suoi occhi c’era una ruga che non era lì l’ultima volta che lo avevo visto dormire, e mi turbò, facendomi sentire come se lo avessi forzato a fare un mucchio di cose che lui non avrebbe mai voluto sapere. 
A dire la verità, comunque, nulla di tutto ciò che mi aveva detto mi sorprese più di tanto. Beh, eccetto la parte dello stare con Lauren solo perché aveva paura di dichiararsi gay se le cose non sarebbero poi andate tanto bene con lei. Ma dall’altra parte, tutto ciò che mi aveva detto era un mucchio di verità che già conoscevo. A dire il vero non è che io ne fossi già a conoscenza, ma era come se il mio subconscio lo sapesse, e tutto quello che aveva detto Harry con chiarezza, era stato estratto con semplicità dal mio subconscio, aprendosi del tutto. 
Era strano che non avesse fatto nulla per negarlo, comunque. Era strano. Era strano, era sbagliato, confondeva, snervava, e tutti quei pensieri e le immagini mentali mi facevano girare la testa. Qualcuno di quei pensieri erano anche speranzosi. 
Aveva detto che desiderava che fossi ancora nei paraggi quando avrebbe rotto con Lauren e sperava che lo volessi ancora, quando quel giorno sarebbe arrivato. Forse stavo andando avanti troppo velocemente, ma sembrava che avesse detto in maniera così dannatamente spudorata che volesse davvero stare con me. Stupido, forse, far crescere le mie speranze quando si trattava di Harry - tutte le speranze che fino ad ora avevo avuto per quanto riguarda quel campo, apparve come se si fossero stroncate non appena furono emerse dalla mia mente, ma era difficile non farlo.
Era più o meno impossibile a dire la verità.

*

Quella mattina, quando mi svegliai, ero da solo e, a giudicare dal lato freddo dove era steso Harry, sembrava che si fosse alzato già da un pezzo. Diedi un’occhiata all’orologio e scoprii che era quasi l’una, sospirai con lieve esasperazione sul fatto che in pratica avessi già sprecato mezza giornata, quando poi avevo così tante cose da fare.
Rimasi sdraiato lì per un po’, osservando il muro e cercando di non far svolazzare troppo la mente - non avevo intenzione di pensare troppo agli eventi di quella notte. Non prima di averne parlato con Harry a riguardo, e cercato di capire se ciò che mi aveva detto era la verità oppure era solo una cazzata da sbronza uscita dalla sua bocca. Speravo con tutto me stesso che non fosse la seconda opzione, ma cosa ne sapevo io? Alcune persone dicono la verità quando sono ubriache, altri se ne escono fuori con bugie. La scorsa notte era stata la prima volta che avevo visto Harry completamente ubriaco - se non si conta la notte in cui tutta questa situazione ha avuto inizio -, quindi da quello che sapevo, sarebbe potuto starci benissimo sia in un opzione che nell’altra.
Alla fine, dopo aver pensato parecchio senza uno scopo ben preciso, mi ritrovai fuori dal letto e andai in cucina, dove vi trovai tutti i cinque componenti della famiglia Styles seduti intorno al tavolo da cucina con piatti, bicchieri e tazze difronte a loro. Apparentemente nel mezzo di quella che era una tarda colazione e un pranzo anticipato. 
Harry era seduto alla fine del tavolo con mezzo viso nascosto fra le braccia. Sarei scoppiato a ridere alla vista di tutto ciò se non fosse stato per il fatto che aveva un aspetto orribile. 
O almeno, beh, i suoi occhi mostravano quello. 
“Stai bene?” chiesi mentre mi dirigevo verso la sedia libera fra lui ed Adrian.
“Sbronza,” fu la rauca risposta che ricevetti, prima che alzasse lentamente la testa e mi guardasse con occhi spenti. 
“Come mai hai dormito nel mio letto questa notte?” chiese dopo. 
Le mie guance si riscaldarono e abbozzai un sorriso. Il risultano che ne uscì fu una smorfia nervosa, nonostante, e lo sapevo, fossi più che certo che questo significava che non ricordasse nulla della notte scorsa. Affatto. Fantastico. 
“Me lo hai chiesto tu,” dissi. “Sei tornato a casa alle tre e mezza, hai fatto un po’ di rumore, mi sono svegliato, ti ho trovato nella cucina, hai parlato di un sacco di cose senza senso, ti ho portato a letto e mi hai chiesto di dormire lì con te.”
Sbatté gli occhi, come se solo rielaborando la piccola quantità di informazioni che gli avevo dato, gli avesse fatto venire un tremendo mal di testa, e allora scosse la testa emettendo un grugnito, portandosi una mano fra i capelli. 
“Mi sento come un vecchio burrito in una piscina calda.”
Tutti rimasero zitti per un secondo, anche Connor e Adrian, osservando la scena avanti e indietro con lo sguardo, prima che Anne emettesse un secco “tutto questo non ha senso lo stesso, Harry.”
“Nemmeno questo fottuto mal di testa,” disse con voce rauca. “Oppure questa disgustosa sensazione di calore nel mio stomaco.”
“Smettila di bere così tanto e tutto si sistemerà,” disse suo padre.
“Non bevo poi così tanto.”
“No, non bevi quasi mai,” disse Anne. “Ma quando lo fai, ti atteggi come se partecipassi a una competizione per bere tanto più alcool nel minor tempo possibile.”
“Vivere la vida loca,” borbottò, e prontamente lasciò cadere la mano nella tazza di cereali di Connor. 

*

Come previsto, quel giorno non ebbi la possibilità di parlare pienamente con Harry. Non appena quella che era una bizzarra colazione finì, si alzò dalla sedia, non offrendo a nessuno nemmeno un’occhiata di un secondo oppure una spiegazione di dove stesse andando e, un paio di secondi dopo, quello che sentimmo tutti fu una porta che veniva chiusa. I suoi genitori scossero la testa, apparentemente esasperati, e procedendo poco dopo a pulire il tavolo e a preparare Connor e Adrian per una festa di compleanno alle due e mezza. 
Mi ci volle solo mezzo secondo, e una sbirciatina nella camera di Harry, per scoprire che era ritornato a letto, sdraiato con le braccia spalancate sulle coperte e con un po’ di saliva che gli colava sulla guancia. Probabilmente non avrei dovuto trovare un rivo di saliva attraente. Rimasi lì ed osservai la sua forma dormiente per un paio di secondi, prima di spegnere la luce sul suo letto per liberarlo dal tormento di dover essere svegliato un’altra volta con una luce di 60 watt sparata negli occhi.
Abbassai l’interruttore per la luce, voltandomi per lasciare la stanza quando all’improvviso un movimento brusco al di sotto dello stomaco mi fece bloccare immediatamente e automaticamente abbassai lo sguardo verso il basso, occhi spalancati. Le stesse sensazioni di dolore che avevo provato sia ieri che sabato, attraversarono di nuovo il mio corpo, un tantino più intense, ma non dolorose al massime. Mordicchiai l’interno della mia guancia e appoggiai una mano al di sotto dello stomaco, stringendo lievemente la presa. 
“Stai bene, vero?” sussurrai, non volendo svegliare Harry. “Non ti sei fatto... male per qualche motivo, vero?”
Non successe nulla per un po’, oltre ad un paio di lievi contrazioni che mi fecero sobbalzare un po’. Deglutii nervosamente e stavo per iniziare ad incamminarmi di nuovo quando percepii una serie di lievi calci all’interno del mio stomaco, così emisi un sospiro di immenso sollievo.
I calci continuarono per un po’, ma così anche le fitte, e il fatto che fossero aumentate di intensità rispetto a ieri, in realtà non placava la mia preoccupazione. Non osai muovermi finché tutto non ritornò di nuovo alla normalità, e visto che ci vollero ben dieci minuti, rimasi lì in piedi al buio nel bel mezzo della stanza, probabilmente sembrando un idiota.
O almeno io mi sentivo un perfetto idiota.
Sabato passò e quella notte prima di riaddormentarmi, mi ricordai del picnic che io e Harry avremmo dovuto fare quel giorno. Mi rattristò un pochino che non avessimo fatto nemmeno quello. 
Quando sabato mattina mi svegliai, Harry non era a casa, e quando lo chiesi ad Anne dove fosse, sperando astutamente, lei mi disse che era uscito con Niall, Zayn e qualche altro ragazzo della squadra di football, dicendomi che sarebbe tornato a casa prima dell’ora di cena. 
Arrivò il momento di cenare e la cena passò, comunque, ed Harry non si presentò. Quando quella sera andai a letto non sapendo ancora nulla su dove fosse, iniziai a pensare che, nonostante avesse dimostrato di non ricordarsi nulla riguardo sabato notte, mi stesse evitando perché ricordava, dopotutto. Se questo era davvero quello che stava facendo, non potevo non pensare che stesse affrontando la situazione in una maniera incredibilmente immatura. Evitarmi? Davvero? Vivevamo nella stessa casa, per l’amor di Dio! E cosa pensava esattamente riguardo all’informazione da sbronza che mi aveva dato? 
Mossi la testa sul cuscino leggermente e poggiai una mano sul mio stomaco, pregando silenziosamente che la mattina seguente fosse a casa e che mi trattasse normalmente, visto che domani alle tre saremmo dovuti andare ad un appuntamento della dottoressa Hayes. Dire che non sarei voluto andarci da solo sarebbe stato una minimizzazione. In verità, e per essere completamento onesto, ero intenzionato di mandare tutto a monte se Harry avesse deciso di non venire. 
Non era una cosa impossibile che mi rendessi più autonomo nei suoi confronti. 
Quella notte mi addormentai con una sensazione di ansia principalmente per due motivi. Prima di tutto per i dolori, o qualsiasi altro modo ci fosse per definirli. Secondo, a causa della visita del giorno seguente.

Lunedì 2 Maggio
Trentasette giorni


Colazione la mattina seguente fu un qualcosa di lento e tranquillo che coinvolse solo me, il bambino e i miei pensieri visto che Harry era a scuola, Anne e Robin erano a lavoro, e Connor e Adrian erano all’asilo. Mi ci ero abituato a trascorrere molte ore della giornata da solo ultimamente, ma non giustificava il fatto che fosse lo stesso incredibilmente noiosa e solitaria come cosa. Anne lavorava a casa ogni tanto, certo, ma questo non cambiava molto le cose. E quindi io trascorrevo gran parte del tempo parlando con il bambino; gli raccontavo delle storie di quando ero piccolo, gli parlavo di Owen, gli parlavo di Harry e anche di Liam, Zayn e Niall. Gli parlavo anche un pochettino dell’adozione, del suo futuro, della mia curiosità di come le cose si sarebbero evolute alla fine di tutto questo e dove avrei sperato che lui si trovasse fra vent’anni.
“Forse sarai una persona che amerà l’arte,” mormorai, ero sdraiato sul divano di fronte alla TV, la testa appoggiata su un paio di cuscini e una delle mie gambe pendente di lato, indossando i miei solito pantaloni da ginnastica e un maglione di lana. 
“Forse sarai un pittore. O un fotografo, chissà, come Harry. Oppure l’arte non ti interesserà per niente; forse ti piacerà di più fare sport, cantare, recitare, la natura, la letteratura, la politica, filosofia, oppure i motori. Le possibilità sono tante, non lo pensi anche tu? Qualsiasi cosa sceglierai di fare con la tua vita, spero davvero tanto, per il tuo bene, che non erediterai il cervello di tuo padre e il mio... anormale sistema di riproduzione. Non che lo scoprirai comunque, a meno che tu non sia gay e... il resto lo sai. Si. Ma spero che tu non finisca ad avere un bambino troppo presto e di dover affrontare tutto questo, come me. E come Harry. Fa parecchio schifo.”
Sorrisi debolmente.
“Nonostante questo, e nel modo più assurdo che possa apparire, sono un po’... felice che tu sia arrivato nella mia vita. Mi hai fatto diventare grasso e sei la causa dei miei dolori ogni tanto e mi hai costretto a lasciare la scuola, ma è sempre bello averti qui con me. Non avrei mai creduto che un giorno sarei arrivato a dirlo per davvero, sai?”
Scalciò parecchio forte dopo quello, e ridacchiai un po’.
“Credevo. Ma, beh, l’ho detto adesso. È bello averti qui, ti voglio bene. Parecchio..”
Rimasi sdraiato lì ancora per un po’ finche quella posizione non divenne scomoda e quindi dovetti girarmi in modo che le mie gambe non si addormentassero e che il mal di schiena non mi uccidesse. L’orologio segnava l’una e mezza in quel momento e sospirai, sentendomi un tantino impaziente e sperando con tutto me stesso che Harry tornasse a casa presto, così da non rimanere seduto ad aspettare tutto solo qualcosa a cui non volevo nemmeno andarci. 
Le fitte,  ormai di routine giornaliera, iniziarono di nuovo verso le due, ed inspirai profondamente, facendo del mio meglio per diminuire la tensione che sentivo, sollevando un po’ il maglione e accarezzando il mio stomaco con entrambe le mani. 
“Andiamo piccolo,” sospirai. “Smettila, sta iniziando a far davvero male adesso.”
Era vero; oggi le fitte apparivano davvero come se fossero delle vere e proprie fitte, e non come quelle contrazioni sgradevoli che mi avevano fatto contorcere un po’. No, adesso erano davvero dolorose. Non molto, non così tanto da dover emettere qualche verso o altro, ma abbastanza da far incrementare il mio nervosismo. Erano anche un tantino strane oggi; ieri la sensazione era stata costante per un paio di minuti consecutivi, ma adesso erano tipo mezzi secondi di dolore, un minuto di niente, dopo dieci secondi di fitte, poi dopo tre minuti di niente, e andando avanti così con questo andamento irregolare. 
Tutto questo era estremamente... stancante.
Non avere nemmeno la men che minima idea di cosa stesse succedendo,  e questo non placava i miei nervi. Andò avanti così per quindici minuti o qualcosa in più, prima che mi voltassi cambiando posizione e... ed ecco. Il dolore cessò.
Emisi un leggere sospiro di sollievo, ma era dannatamente falso che non mi calmò.
“Qualche volta mi piacerebbe che tu parlassi,” dissi tranquillamente, abbassando lo sguardo sul mio stomaco dove le mie mani erano ancora poggiate e continuavano ad accarezzarlo con lievi e rassicuranti ghirigori. 
I seguenti venti minuti passarono senza che nulla accadesse, e quando sentii la porta d’ingresso aprirsi alle due e mezza e la voce di Harry urlare “Lou? Sei in salotto?”, chiusi gli occhi per dieci secondi, ringraziando i piani alti per la decisione di Harry di venire con me. 
“Si, sono qui,” risposi e, dopo un po’, apparve sulla soglia della porta, capelli in disordine e pantaloni bagnati.
“Sta piovendo,” disse come a rispondere all’occhiata curiosa che gli avevo indirizzato. “Vado e cambiarmi e dopo possiamo andare.”
“Però prima aiutami ad alzarmi, per favore,” dissi stancamente, sporgendo in avanti le braccia in modo tale che lui le afferrasse.
Sorrise, ma affettuosamente, mentre veniva verso il divano e afferrava le mie mani. Cercai di alzarmi il meglio che potessi con l’aiuto delle mie gambe mentre lui tirava le mie di braccia, sbandando e inciampando e imprecando un po’, fui in piedi e abbassai il mio maglione dove si era sollevato un po’. 
“Sta diventando dura, mm?” chiese, scrutandomi con preoccupazione.
“Cosa sta diventando dura?” 
“Beh... vivere.”
Sorrisi forzatamente.
“Sto bene, Harry, un altro paio di settimane e tutto sarà finito comunque.”
“Non lo sappiamo per certo, giusto?”
Mi accigliai.
“Cosa vuoi dire?”
Fece spallucce, ai miei occhi indifeso. 
“Diciamo che, sai, partorirai con un taglio cesareo, ma in realtà non abbiamo nemmeno fissato un appuntamento. E se dovessimo aspettare un altro mese a causa di... non lo so, in mancanza di chirurghi o altro?”
“Se è così, questo povero bambino rimarrà bloccato qui dentro ancora un po’ di tempo, e non penso sia salutare per lui,” dissi. “Sono sicuro che prestabiliremo una data per il cesareo oggi, Harry. Andrà tutto bene.”
Sembrava che avesse altri argomenti su cui discutere, ma dopo un momento di silenzio, annuì.
“Okay, bene, ma se oggi non fissiamo una data, inizierò a sclerale, è giusto che tu lo sappia.”
“Sclera quanto vuoi,” dissi, roteando gli occhi. “Ma adesso dovresti andare a cambiarti se non vuoi che arriviamo in ritardo.”
Alla fine facemmo ritardo perché indossare un paio di jeans apparentemente era più complicato di quello che si possa immaginare, giudicando almeno dai ringhi di frustrazione di Harry. Quindi, nel momento in cui entrammo nello studio della dottoressa, l’orologio segnava dieci minuti dopo le tre, così entrambi ci dirigemmo verso la porta della dottoressa Hayes ed io sporsi la mano per bussare. 
“La prossima volta, indossa un paio di pantaloni della tuta come me,” borbottai verso lui, a bassa voce così che le persone che erano in sala non potessero sentire. 
“Scusami se ho voglia di apparire bello per tutte quelle persone che posano i loro sguardi sulla mia graziosa forma.”
“Non c’è nulla di grazioso, ti ho visto ballare.”
“Cosa? Quando?”
“Nella tua camera una settimana fa. Eri tutto tranne che grazioso, permettimi di dirtelo.”
“Sono bravo a-”
Non andò oltre a quello poiché la porta dello studio si aprì e la dottoressa Hayes apparve di colpo di fronte a noi.
“Siete in ritardo,” disse con un sorriso. “Per la prima volta, credo.”
“Emergenza moda,” disse Harry apertamente.
“Ah, certo,” disse secca. “Bene, venite dentro così possiamo iniziare.”
Si mise di lato e ci fece entrare prima di chiudere la porta ancora una volta e sedersi sulla sua solita sedia dietro la scrivania. Mi sedetti anche io sulla mia solita sedia, e così fece anche Harry. 
“Quindi, ci stiamo avvicinando,” disse, incrociando le gambe. “Restano più o meno due settimane adesso.”
Fui in grado di rispondere solo con un lieve “si”, e continuò.
“Prima di immergersi in altri discorsi, vi avviso che avete un appuntamento con l’agenzia d’adozione,” disse. “Ho ricevuto un messaggio questa mattina presto, quindi non ho voluto disturbarti chiamandoti per fartelo sapere, ma hanno prestabilito un appuntamento per questo Giovedì 5 Maggio all’una.”
La mia mascella si spalancò.
“Così presto?” chiesi esitante. “Credevo che ci volesse di più.”
“Di solito dovrebbe essere così,” disse con tono solenne.  “Ma date le circostanze e dato che tu sei così avanti con la gravidanza, hanno deciso di farti saltare la fila.”
“Oh, io- bene, è una cosa buona, credo,” dissi, mordicchiandomi nervosamente il labbro inferiore.
“Lo è?” chiese Harry rigidamente.
“Si, Harry,” risposi, nel suo stesso modo. “Lo è.”
“Okay allora, volevo chiarire.”
Non era felice, lo capii senza nemmeno guardarlo.
“Bene, okay, adesso che ci siamo tolti questo pensiero,” disse la dottoressa Hayes, sembrando un tantino a disagio nel dover assistere alle nostre divergenze. “Credo che sia arrivato il momento di parlare un altro po’ riguardo al tuo cesareo.”
Almeno avevo avuto ragione quando avevo presunto l’argomento di cui avremmo dovuto discutere oggi.
“C’è così tanto da dire a riguardo?” chiese.
“In realtà no,” disse. “Quello che dobbiamo fare è fissare una data per l’intervento.”
Giuro che sentii Harry emettere un sospiro di sollievo, e sorrisi un po’.
“Si, certo,” dissi. “Come... cioè, cosa dobbiamo fare?”
“Beh, di solito quando fissiamo un taglio cesareo, preferiamo che la persona incinta sia nello stadio iniziale del travaglio prima di iniziare l’intervento,” iniziò a spiegare. “Ma visto che non sappiamo se entrerai mai in travaglio naturalmente, dobbiamo solo fissare una data, preferibilmente una che superi la tua trentanovesima settimana di gestazione.”
Annuii e basta per mostrare che avessi capito.
“Quindi c’è una...  data in particolare che preferisci o meno?” 
“Cosa? Posso sceglierne una?” chiesi, lievemente sorpreso da questo improvviso potere. 
“Non abbiamo poi così tanti fattori da aggiungere a causa di tutte queste circostanze che si aggiungono al fatto che tu sia un uomo invece che una donna,” disse. 
“Sarà lei che eseguirà l’intervento?” chiese Harry, guardandola confuso “Pensavo che i chirurghi si occupassero di questo incarico.”
Scosse la testa.
“Le ostetriche solo le uniche che si occupavo di tagli cesarei, quindi si, io sarò quella che lo farà.”
“Oh,” dissi, sentendomi confuso quanto Harry. La mia pancia verrà tagliata; non dovrebbe essere fatto da un chirurgo e non da un dottore? Optai per non chiederglielo, comunque - non c’era nessun bisogno di insultare nessuno.
“Okay, quindi, okay, una data.”
Guardai Harry, alla ricerca di qualche consiglio, almeno uno o due.
“Qualche idea?”
Arricciò un po’ le labbra, apparentemente con lo stesso pensiero in testa, ma dopo fece spallucce.
“No, non è ho idea. Sarebbe figo se potessimo scegliere un mese e tutto, ma... beh, un giorno o l’altro non fanno differenza, giusto?”
Sospirai.
“Credo di no.”
Rivolsi di nuovo il mio sguardo alla dottoressa Hayes.
“Controlli quando è possibile e cercheremo di metterci d’accordo con quello che uscirà dalla vostra lista d’attesa.”
“Siete terribili a cooperare,” disse mentre iniziava a scrivere nel suo computer, digitando qualche cosa e andando avanti e indietro con lo sguardo sullo schermo del computer. L’ufficio rimase silenzioso mentre digitava e pigiava e dava un’occhiata, ma alla fine riprese a parlare.
“Bene, si da il caso che Martedì 24 Maggio alle due e mezza sia un ottimo orario per me. Per voi va bene?”
Martedì, 24 Maggio alle due e mezza. Meno di tre settimane a questa parte. Il sol pensiero mi fece venire la nausea e portai le mani fra i capelli, silenziosamente assimilando il fatto che fra meno di tre settimane, avrei potuto avere mio figlio fra le braccia.
“Okay,” dissi alla fine, la mia voce all’apparenza stridula e un pochino terrorizzata.
Qualcuno poteva biasimarmi? 
Harry appoggiò una mano sul mio braccio e girai la testa per guardarlo, trovando i suoi occhi direttamente puntati nei miei e un lieve sorriso ad adornargli le labbra.
“Andrà tutto bene, rilassati,” disse e mi diede una leggera stretta prima di allontanarsi.
“Quindi il 24 Maggio vi va bene?” chiese la dottoressa.
“Si,” Harry e io dicemmo all’unisono, e fu lì che sollevai le sopracciglia verso lui.
“Ci sarai?”
“Mi sembra di aver discusso secoli fa riguardo a questo,” disse. “Ma si, verrò con te. E non c’è bisogno di nessun tipo di protesta.”
“Bene, come vuoi,” dissi, ondeggiando la mia mano incurante. “Se hai voglia di vedere... quella cosa disgustosa che faranno, prego.”
“Grazie.”
“Di nulla.”
Rivolsi di nuovo il mio sguardo alla dottoressa Hayes, facendo spallucce in risposta alle sopracciglia alzate che aveva indirizzato ad entrambi. Sorrise un momento, ma subito dopo ritornò professionale e chiuse le mani sulla scrivania e mi guardò.
“Dovrei informarvi che c’è una percentuale di rischio riguardo a questo,” disse. “I parti vaginali sono statisticamente più sicuri rispetto a quelli cesarei, ma ovviamente non dobbiamo prendere in considerazione questo con te. E c’è anche il fatto che non sappiamo per l’esattezza come sia strutturato il tuo corpo all’interno.”
“E cosa... cosa vuol dire questo?” chiesi.
“Significa che nonostante siamo pianamente consapevoli su come procedere un taglio cesareo su una donna, perché sappiamo come il suo corpo sia fatto al suo interno, non abbiamo quel vantaggio con te. Non siamo sicuro al cento per cento dove il bambino stia crescendo, e non siamo nemmeno sicuri al cento per cento dove mettere le mani.”
Se prima mi sentivo nauseato, non c’era paragone su come mi sentissi in questo momento.
“Io- quindi- è come- potreste... uccidere sia me che il bambino?”
“No, Dio, no,” disse velocemente, sventolando una mano. “No, non fino a questo punto, ma sto solo dicendo che l’intervento non potrebbe svolgersi in maniera regolare rispetto a quello di una donna.” 
“Ma... nessuno morirà, giusto?” chiese Harry, e beh, sembrava totalmente terrorizzato.
“C’è sempre un certo rischio quando ci si sottopone ad un intervento,” disse, indirizzando sia a me che ad Harry un sorriso confortevole. “Ma sono piuttosto sicura che nessuno morirà.”

*

Non appena uscimmo dallo studio mezz’ora dopo e dopo aver stabilito un altro appuntamento per il Lunedì successivo, Harry esplose.
“È piuttosto sicura che nessuno morirà!” esclamò ad alta voce tant’è che uno stormo di uccelli su di un albero emise una serie di suoni prima di prendere il volo, scomparendo dietro il cielo nuvoloso.
“Harry, calmati,” dissi una volta che fummo in macchina.
“Non mi posso calmare, cazzo!” urlò, colpendo lo sterzo ripetutamente, sembrando un pazzoide. “Non ha garantito che tu ed Aidan non morirete! Potreste morire entrambi, Lou! Potreste morire entrambi!”
“Per favore, calmati,” dissi supplichevole, guardandolo con gli occhi spalancati. “Nessuno di tutte e due morirà, staremo entrambi bene.”
“Non puoi promettermi questo!”
“Non puoi promettermi nemmeno tu che non morirai fra dieci minuti,” dissi dolcemente.
“Non mettere in ballo questa merda di carta, Lou! Come pensi che mi sentirei se tu o Aidan moriste, mm?”
“N-non lo so Harry,” sospirai. “E nemmeno lo scopriremo, perché entrambi staremo completamente e al cento percento bene. Io ed Aidan, staremo bene.”
Tutto il suo corpo stava tremando a causa di qualche emozione che non ero in grado di capire, e i suoi occhi erano senza controllo quando incontrarono i miei. Era terrorizzato dall’idea che il volante si sarebbe potuto rompere a causa della potenza con il quale lo stava stringendo, e a dire il vero in quel momento riuscivo a sentire il modo in cui stava digrignando i denti. Dopo quella che parve un’eternità, iniziò a calmarsi, comunque, ed improvvisamente il suo volto assunse un espressione di terrore. Tanto spaventato, quasi come se volesse iniziare a piangere.
“Non posso perdervi, okay?” disse in modo burbero. “Non posso perdere Aidan, perché è mio figlio e nessuno vuole perdere i propri figli, nessuno. E non posso perdere te, perché sei il mio- sei il mio Louis, e ho bisogno che tu mi stia intorno. Non voglio che tu muoia o che tu sparisca dalla mia vita. Anche dopo che sarà nato Aidan e quando sarà- e quando sarà con qualcun altro, ho bisogno di te nella mia vita. Puoi promettermi questo? Che non scomparirai?”
L’espressione sul suo volto e il suo tono di voce mi fecero ricordare di Sabato notte e quanto disperato e piccolo apparisse allora. Aveva quasi lo stesso aspetto di adesso, non così spento e biascicante però. Sembrava un buon momento per parlare di quella notte, ma all’apparenza sembrava già così giù di morale adesso che non volevo essere colui che lo avrebbe fatto stare ancora più male. 
Quindi preferii annuire.
“Si, questo posso promettertelo,” dissi. “Non scomparirò dalla tua vita.”
Il ritorno a casa trascorse in totale silenzio; non uno spiacevole, ma uno pensoso. Vidi il cipiglio sul volto di Harry, il che stava a significare che fosse in un profondo pensiero, e non potevo biasimarlo visto che avevo voglia di andare in un posto tranquillo e perdermi nei miei pensieri. Non potevo scegliere di farlo, comunque, perché non appena mettemmo piede dentro casa fummo chiamati da Anne che era in cucina, dicendoci che eravamo arrivati a casa giusto in tempo per la cena. 
Non appena la cena finì, tuttavia, mi catapultai in camera e mi sdraiai sul letto, di schiena una volta ogni tanto, e osservai il soffitto. Non sapevo nemmeno cosa fosse, ma nella mia testa era come se ci fosse un esplosione di pensieri, preoccupazioni e sentimenti.
Cercando di non pensare troppo per non far aumentare il mal di testa, mi girai di lato e chiusi gli occhi.
Come al solito, mi addormentai immediatamente. 

Martedì 3 Maggio
Trentasette settimane e un giorno


“Sei... davvero incinto.”
Sollevai le sopracciglia verso Harry.
“Scusami?” 
Eravamo entrambi stesi sul letto, come al solito, ed eravamo in quella posizione più o meno da tre ore, fin da quando era tornato da scuola alle tre.
“No, non in senso negativo,” disse velocemente. “Solo... sei così incinto adesso. È una cosa fantastica.”
“Sono talmente enorme che mi sento un andicappato,” mi presi in giro. “Non c’è nulla di fantastico in questo, te lo posso assicurare.”
“Se la mettiamo così, sei l’andicappato più carino che conosca,” disse, dando un colpetto con il suo piede alla mia gamba.
“E quante persone andicappate conosci?” 
Sorrise e si sdraiò di schiena, guardano il soffitto.
“C’è una ragazza nel mio corso di Giapponese. La parte sinistra del suo corpo è semi paralizzata o qualcosa del genere. Sembra un po’ strana.”
“Non essere maleducato,” dissi e gli schiaffeggiai la spalla pigramente. “Parlando del corso di Giapponese, come sta andando? Stai ancora andando male?”
“Forse no. Ho parlato con la mia professoressa e credo che cercheremo di lavorarci su insieme. Se riesco a passare, il voto che ne uscirà non sarà buono.”
“Beh, meglio di essere bocciato è,” ponderai. 
“Credo,” fece spallucce. “Quindi, siccome siamo già nell’argomento scuola, come va per te, con le lezioni a casa e tutto?”
“Riuscirò a passare l’esame di maturità,” dissi semplicemente. “Quindi non sono preoccupato, non molto.”
“E dopo che avrai passato l’esame di maturità?”
“Dopo che avrò passato il mio esame di maturità?”
“Università e roba varia. Quali sono i tuoi piani?”
Abbassai lo sguardo verso il basso, sentendomi tutt’ad un tratto imbarazzato.
“Pensavo di... posticipare,” dissi esitante. “Sai, prendermi un anno per lavorare, mettere da parte un po’ di soldi e cose così, e dopo ritornare ad occuparmi della mia educazione una volta che avrò preso il controllo della mia vita.”
“Non hai il controllo della tua vita adesso?”
“Andiamo,” dissi roteando gli occhi con impazienza. “Quest’anno scolastico è stato da pazzi. Sento come se la mia vita di un anno fa fosse scomparsa completamente, non ho avuto molto tempo di pensare ad altro all’infuori del bambino, di te e di andare bene in tutte le materie. Tutto quanto è stato... trascurato sin dal momento in cui ho scoperto del bambino e non c’è più nemmeno un aspetto della mia vecchia vita, al momento, che sia minimamente stabile. Se dovessi iniziare l’università, molto probabilmente mi ritirerei prima di Natale. Non ho energie a sufficienza per pensare ad atri studi in questo momento, quindi credo lascerò perdere, per il momento. “
Per qualche ragione sul suo volto aleggiava un’espressione leggermente infuriata, e vedevo il modo in cui la sua mascella si contraeva e rilassava. 
“Non sei serio, vero?” chiese piattamente.
Mi accigliai.
“Si, lo sono.”
“Allora sei un’idiota.”
I miei occhi si spalancarono e portai le ginocchia leggermente verso lo stomaco.
“Scusa?”
Sbuffò e si mise seduto, scrutandomi con occhi stretti.
“Mi avevi detto che uno dei motivi per cui non vuoi tenere Aidan,” iniziò. “Era quella di avere l’opportunità di apprendere una buona educazione. E adesso sei seduto qui e mi stai dicendo che non vuoi più andare all'università?”
“Andrò all'università, ma aspetterò un anno prima,” dissi, aggrottandogli le sopracciglia. “Credimi quando ti dico che non rinuncerei a mio figlio per un'educazione che nemmeno sono certo di ottenere. So per certo che andrò all’università, solo che non ci andrò quest' autunno. Non farne una grande dramma, Harry; sono così stanco di litigare con te, specialmente su questo argomento.”
La rabbia sul suo viso scomparì lievemente, ma riuscivo ancora a vederne un po’ nei suoi occhi e nel modo in cui si mordeva le guance, come se volesse calmarsi.
“Lo sai che non sono d’accordo con la ‘nostra’ decisione di darlo in adozione,” disse con calma. “Sono completamente contro, in realtà, e desidero che tu possa cercare di vedere le cose dal mio punto di vista, invece di essere sensibile e maturo riguardo a questo.” 
“È un discorso in cui si deve essere sensibili e maturi,” sospirai. “E spero che tu riesca a vedere un pochino anche dal mio punto di vista.”
“Certo che lo capisco, non sono stupido,” disse. “Ma quello che non capisco è perché sei così fermamente convinto con la tua opinione riguardo al fatto che non possiamo dare ad Aidan una bella vita.”
“Io- perché siamo noi, Harry. Non è un opinione, è un fatto.”
“Perché?” chiese.
Senza aspettare una risposta, si sdraiò di fianco a me, guardandomi intensamente, e continuò.
“Hai appena detto a te stesso che non andrai all’università quest’anno, giusto?”
Un po’ esitante, annuii, e lui sorrise brillantemente, all’apparenza pienamente soddisfatto con se stesso.
“Okay, comunque se tu non andrai all’università,” continuò. “Ne ho parlato parecchio con mamma e mi ha detto più di una volta che ci permetterà di restare qui, con o senza bambino, e ci aiuterà in tutti i modi possibili. Se non andrai all’università, puoi vivere qui alternando tra il lavoro e il badare Aidan, mentre io alterno lo studio, il lavoro e anche badando Aidan durante il tempo libero che ho a disposizione. Ho già un po’ di soldi da parte in banca, così quando il tuo anno di riposo sarà passato, entrambi avremo abbastanza soldi messi da parte per poter andare a vivere da qualche altra parte, ed Aidan avrà poco più di un anno allora, quindi possiamo portarlo in un asilo e possiamo trovargli una baby-sitter. In questo modo possiamo alternarci tra lo studio, il lavoro e l’accudire Aidan.”
Sembrava così preso da se stesso ed entusiasta una volta che finì di parlare, tant’è che non riuscii a fare altre se non ridere, il che lo fece esaltare ancora di più.
“Ti rendi conto di quanto assurdo suoni questa cosa?” chiesi, ridendo ancora. “È fottutamente da pazzi!”
Il suo sorriso barcollò un po’.
“È un piano che potrebbe andare a buon fine, Louis. E non incolparmi di essere spericolato e impulsivo, perché ho parlato con mamma, ho parlato con papà, ho fatto le mie ricerche e ho letto cose a riguardo di persone che hanno fatto più o meno la stessa cosa. Potrebbe funzionare.”
Rimasi a bocca aperta, perché era completamente pazzo.

No?
“Harry, io- apprezzo il fatto che tu abbia impiegato del tempo per pensare a tutto questo,” dissi, mordendomi il labbro. “Ma-”
“No, Lou! No!” mi interruppe sonoramente, adesso con un smorfia di disperazione dipinta sul volto. “A meno che tu non abbia una valida ragione in questo momento, mi devi promettere che considererai questa cosa, perché l’unico motivo per il quale vuoi dare in adozione Aidan è perché sei spaventato che non possiamo fargli trascorrere una bella vita, e se seguiamo questo piano che ti ho appena detto, avrà una bella vita.”
Pensava davvero che questo piano potesse andare a buon fine, vero? Dovevo ammettere che non fosse il peggior piano che avessi mai sentito, ma questo non giustificata nulla. C’erano domande a cui esigevo delle risposte. Per non menzionare il fatto che mi sentivo leggermente arrabbiato con lui per essere riuscito a farmi considerare una cosa del genere, quando prima ero così sicuro con la mia decisione iniziale. 
“Okay, ascolta,” dissi, passandomi una mano sulla faccia e poi guardandolo. “Sei assolutamente sicuro al cento percento che tua madre ci faccia stare qui per un anno intero?”
Annuì con fervore.
“Si, sono sicuro al cento percento, puoi chiederglielo anche tu.”
Deglutii e chiusi gli occhi.
“Ed esattamente dove hai pensato di andare a studiare se rimarrai a casa?”
“Manchester,” disse immediatamente. “É stata la mia prima scelta quando ho inviato i miei moduli.”
“È ad un’ora da qui.”
Fece spallucce.
“Lo so. Studierò il più possibile a casa, oppure quando torno a casa nei weekend e per le vacanze o in qualsiasi altro momento in cui ho tempo.”
“Hai la men che minima idea di quanto sarà stancante per te?” chiesi incredulo.
Fece di nuovo spallucce.
“Ce la farò.”
Inspirai ed espirai profondamente, per qualche ragione mi sentii tutt’ad un tratto spossato.
“E inoltre lavorerai?”
“Quando avrò tempo,” disse. “La mamma di Niall è la direttrice di quel negozio all’angolo da Starbucks e ha detto che c’è sempre qualcosa da fare lì, quindi posso andare quando voglio e lei mi troverà qualcosa da fare.”
“Hai davvero pensato a tutto questo?”
“Certo che l’ho fatto. Questo è il mio ultimo tentativo per farti cambiare idea.”
“Giusto. Okay, quindi... quando quest’anno sarà passato, tu vuoi che noi due - tu ed io - andremo a vivere insieme?”
Il pensiero era bizzarro ma allo stesso tempo liberatorio, per non parlare della meravigliosa sensazione invitante e confortevole.
Ma anche fottutamente spaventosa.
“Si.”
“E come pensi che andrà con Lauren e tutto?”
Dovevo chiederglielo, no?
La sua faccia si contorse un po’ a quello, ed io per un momento feci una smorfia.
“Lascia che mi preoccupi io di quello.”
“Harry-”
“Louis per favore. Non è necessario che lei sia aggiunta in quest’argomento.”
Questo sarebbe stato un ottimo momento per riportare in ballo la sue confessioni da sbronza - con calma, quello si - ma eravamo nel bel mezzo di una conversazione molto più importante rispetto ad un paio di affari d’amore adolescenziali. Più avanti si vedrà.
“Bene, okay,” dissi quindi, con un sorriso incurante. “Ma davvero vuoi andare a vivere insieme?”
“Le persone all’università hanno un compagno di stanza,” disse. “Non con un bambino e una storia così... incasinata, ma ciò non significa che non può funzionare. Adesso viviamo insieme, no? Non con il bambino, ma siamo lì.”
Pensai con me stesso all’idea di me e Harry vivere insieme, da soli. Sarebbe stata dura - letteralmente - ma optai di non commentare, non volendo aggiungere altra legna da ardere alla nostra discussione.
“Si, adesso viviamo insieme,” dissi. “Ma con tua mamma che frena tutte le merde tra noi due. Non ci sarà quando andremo via, quindi come pensi di evitare quando qualcuno si scoccerà dell’altro a un certo punto?”
Sarebbe stato impossibile che la mia domanda lo offendesse, visto che gli avevo già fatto intendere che non gli importava abbastanza né di Aidan e né di volermi intorno, anche quando le cose erano difficili. Ma no. Dovevo sperimentare l’altra sua faccia - e speravo di non doverlo mai fare -, ma avevo il presentimento che lui fosse uno di quei ragazzi che prendevano una decisione e poco dopo si pentivano e decidevano di darsela a gambe. Se era davvero serio riguardo al fatto di voler tenere Aidan, avevo bisogno di sapere, con il cento percento di certezza, che non mi avrebbe lasciato.
Mi guardò, con un espressione in volto senza emozioni per parecchio tempo, ma dopo un po’ emise una risata indignata.
“Perché, non importa quanto mi possa arrabbiare con te, non potrei mai abbandonare Aidan,” disse semplicemente. “E non potrei mai lasciare nemmeno te.”
Per qualche stupida ragione non fui in grado di rispondere, quella era tutta la rassicurazione di cui avevo bisogno per quel all’argomento in particolare. Guardai in quei suoi occhi vividi e speranzosi per un momento, sorridendogli poi debolmente.
“Ti... rendi conto quanto sia da pazzi questo piano, vero?” chiesi. “Probabilmente manderemo tutto a puttane prima di quattro mesi.”
Sorrise sarcasticamente.
“Ne dubito. E comunque, ci proverò.”
Chiusi gli occhi e inspirai profondamente, costringendo me stesso a non alzarmi dal letto e ad uscire fuori dalla stanza in pura angoscia. 
“Okay, guarda,” dissi, la mia voce un tantino instabile. “Abbiamo un incontro con l’agenzia d’adozione Giovedì, vediamo cosa hanno da mostrarci, e dopo ci sederemo e parleremo di nuovo di questo. Okay?” 
Annuì subito.
“Si, certo, nessun problema,” disse, apparentemente entusiasta. “Quindi cambierai idea? Non sei poi così convinto nel darlo in adozione?”
“Il tuo piano... non era uno dei peggiori che avessi ascoltato,” dissi lentamente.  “E so anche che altre persone hanno fatto la stessa cosa, crescere un bambino e studiare allo stesso tempo, quindi è- credo che potrebbe funzionare. Ma l’adozione è ancora un opinione ben valida, molto più valida del tuo piano, giusto per chiarire le cose.”
“Almeno non sei così ostinato nel darlo in adozione,” disse delicatamente. “Quindi grazie.”
Sospirai, ma dopo gli offrii un sorriso.
“Nessun problema.”
La quiete duro’ un po’, mentre eravamo sdraiati e ci guardavamo l’un l’altro, entrambi più o meno privi di espressioni. Mi stavo iniziando a chiedere se stava per baciarmi ancora - Dio sapevo che non mi sarei opposto in quel caso - ma dopo riaprì bocca.
“Mi dispiace per Sabato mattina,” disse con calma.
Alzai un sopracciglio.
“Sabato mattina?” 
“Quando sono tornato a casa ubriaco. Mi dispiace.”
Pensavo che sarei stato io quello che avrebbe messo in discussione questo argomento, ma gli fui eternamente grato di dover risparmiarmi la goffaggine di quella richiesta. Ero un tantino confuso, comunque. 
“Per... per cosa ti stai scusando per l’esattezza?” gli chiesi con una risatina.
“Per tutte le cose che ho detto,” disse, guardandomi con occhi pieni di risentimento.
Sbattei gli occhi, sentendomi ancora più confuso.
“Le... cose che hai detto?”
“Sai di cosa sto parlando. Ho parlato parecchio quella notte e ho detto un mucchio di cose che probabilmente ti hanno confuso un casino, e mi dispiace per quello.”
La mia bocca si aprii in una ‘o’ silenziosa e mi leccai il labbro pensierosamente.
“Pensavo che non ti ricordassi nulla,” dissi.
“All’inizio no, ma poi tutto mi è ritornato in mente.”
“Oh.”
Esitai, non del tutto convinto di potergli fare quelle domande che avrei voluto chiedergli.
“Quindi... ti ricordi.”
Mi morsi il labbro.
“Perché hai detto che sei-”
“Non mi sento... in vena di discuterne in questo preciso momento,” mi interruppe delicatamente. “Ne parleremo presto, promesso, non adesso. Se per te va bene.”
Annuii.
“Certo.”
Ero un tantino deluso perché, non c’era altro che volessi così intensamente all’infuori dell’avere delle risposte riguardo a quelle restanti domande che avevo su Harry e sui sentimenti che provava per me. 
Ma per una volta non dovevo dubitare più sul fatto che mi avrebbe deluso e che mi avrebbe lasciato confuso e con il cuore spezzato. 




HI FELLAS!

Eccoci al trentatreesimo capitolo, ricco e gravido di cose WAAAAAAAAA!
Sembro una disagiata ma è tutta colpa del capitolo.
L’ho tradotto nel bel mezzo di una settimana ‘da pazzi’, perché nella prossima non avrei avuto nemmeno un minuto per farlo, quindi eccomi qui *bacio bacio*
Passarei subito a commentarlo perché... QUANTE COSE SONO SUCCESSE?
Harry che impazzisce e si preoccupa per Louis, Louis che non sa cosa fare (zitto zitto, quanto mi dispiace uff) e... il fatto dell’università e tutto il resto? 
STIAMO SCHERZANDO?
Senza parole, il piano sembra perfetto ma quella testa di coccio di Louis non è poi così convinto. Come andrà a finire eh? Io vorrei sapere i vostre filmini mentali a riguardo, mi piacerebbe leggere cosa vi immaginate AHAHAHAHAH mi divertirei un casino. 
Ah comunque vorrei avvisarvi di una: per chiunque andasse a leggere o paragonare il capitolo tradotto con quello originale, vi avverto, sono state cambiate piccole cose per invertire e rendere più scorrevole alcuni periodo (quanti morti al vento mentre traducevo...), questo è tutto.
Ci sentiamo per recensioni e twitter, quando volete!
MA SOPRATUTTO, UN GRAZIE INFINITE E TUTTE SEMPRE E SEMPRE!
Vi vogliamo tanto bene (come sono dolciosa wa) 
A presto x.

Ana.

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Capitolo 34
*** We'll make a decision together. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.

PS. PER CHIARIRE DUE QUESTIONI IMPORTANTI: RICORDIAMO PER L'ENNESIMA VOLTA CHE SIAMO IN DUE A TRADURRE LA STORIA DA UN BEL PO' DI CAPITOLI E CHE ABBIAMO TUTTA L'INTENZIONE DI TRADURRE ANCHE IL SEQUEL :)
 
___________________

Capitolo 34



Prenderemo una decisione insieme.

Era tipico che i miei ormoni, dopo essere stati abbastanza tranquilli per un periodo piuttosto lungo, mi avrebbero colpito di nuovo con tutta la loro forza quaranta minuti prima di andare all'agenzia di adozione. Quel giorno o il giorno precedente non era successo niente di emotivamente scatenante, così, quando mi trovai davanti al mio armadio, occupato a cercare una maglietta che sembrasse meno logora e disgustosa di quelle che ero solito indossare, con mia grande sorpresa, venni colpito da un'ondata di disperazione e tristezza. Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi, come se tutta l'energia mi avesse lasciato, e mi guardai allo specchio, catturato dal riflesso della parte superiore del mio corpo nudo.
E questo bastò.
Realizzai quanto fossi diventato incredibilmente grasso e disgustoso, ed iniziai a piangere – enormi lacrime rotolavano giù lungo le mie guance e con una smorfia patetica contorsi il viso. Senza nemmeno preoccuparmi di indossare una camicia, afferrando invece una coperta dal letto e avvolgendomela intorno alle spalle, uscii dalla stanza, i miei passi rimbombavano stranamente pesanti, come se stessi calpestando qualcuno. La porta della stanza di Harry era aperta e per mia grande gioia, frustrazione, felicità, disperazione e tristezza, lo vidi nel bel mezzo di una scelta di vestiti, esattamente come me mezzo minuto prima, ed ovviamente non stava indossando nient'altro che un paio di boxer neri.
Stavo ancora piangendo e mi sentivo miserabile come sempre, e quindi cercai di ignorare la sua semi-nudezza e decisi di entrare comunque.
Alzò lo sguardo dalle due magliette che stava tenendo in mano quando oltrepassai la soglia esitante e, per mezzo secondo, sorrise, ma il sorriso barcollò quasi immediatamente e fu sostituito da un'espressione preoccupata.
“Cosa c'è che non va?” Chiese, lasciando cadere entrambe le magliette sul pavimento ed avvicinandosi di un passo a me, non sembrando molto turbato dal fatto che fosse quasi totalmente esposto.
“Non sei malato, vero?” continuò prima che avessi il tempo di dire qualcosa. “C'è qualcosa che non va con il bambino? Stai bene? Aspetta, non sei in travaglio, vero? Devo chiamare-”
“No! Non sono in travaglio!” Lo interruppi, urlando e battendo i piedi a terra tanto quanto le mie lacrime sgorgavano dai miei occhi. “Sono semplicemente grasso e disgustoso e non provare a dirmi che non lo sono, perché lo sono, e lo sai!”
Rimase lì in silenzio per un momento, sembrando piuttosto esterrefatto dalla mia improvvisa esplosione, prima di scuotere la testa e sorridere dolcemente. “Stai diventando pazzo, Lou.”
Questa non era sicuramente la cosa giusta da dire.
“Oh, quindi sono pazzo, vero?” sibilai, fulminandolo. “Beh, vaffanculo allora, Harry, perché è colpa del tuo sperma se sto diventando pazzo! E' colpa tua, è tutta colpa tua! E' colpa tua se sono grasso ed è colpa tua se sono pazzo, ed io non voglio essere grasso e pazzo perché nessuno vuole le persone che sono grasse e pazze! E sono anche un frocio che potrebbe o non potrebbe avere un fottuto utero su per il culo! Come cazzo tu sia riuscito a trovare quell'utero con il tuo cazzo non posso saperlo, ma è certamente colpa tua! Stavo lì a quattro zampe e non ho avuto voce in capitolo su ciò che stava succedendo, quindi è tutta colpa tua Harry, e ti odio!”
Il mio respiro andava e veniva in sospiri rapidi per tutto il tempo in cui gli avevo urlato ed il mio corpo tremava di rabbia e disperazione, ma non importava quanto mi sentissi arrabbiato, ero ancora abbastanza in me per ricordarmi di non poter continuare così a meno che non avessi voluto crollare in un impeto di dolore viscerale. Con questo in mente, abbassai lo sguardo e deglutii. Harry non disse nulla, sembrava capire ciò che stavo facendo, ma vidi i suoi piedi nudi spostarsi leggermente, come se fosse nervoso.
Non potevo davvero biasimarlo.
Dopo un po', smisi di tremare ed il mio respiro era quasi tornato normale.
Alzai lo sguardo di nuovo, incontrando quello di Harry, e deglutii ancora una volta.
“Scusami,” sussurrai, sentendo nient'altro che vergogna ora, mentre guardavo nei suoi occhi e vedevo la confusione, la preoccupazione e il dolore che gli avevo procurato. “Non- non volevo... esagerare così. Scusa.”
Comparve un sorriso storto sul suo viso e, senza dire niente, si fermò dietro di me allacciando le braccia intorno al mio petto – più o meno l'unica parte di me che riusciva a circondare probabilmente.
“Va tutto bene,” disse, la sua guancia premuta su un lato della mia testa. “Sono gli ormoni a parlare, vero?”
“Si,” sospirai. “Ovviamente niente di tutto questo è colpa tua.”
“Non ho usato il preservativo.”
“Avrei potuto pensarci anche io; tu eri più ubriaco di me, avrei dovuto prendermi io la responsabilità di farlo.”
“Non penso che ti aspettassi di essere messo incinto comunque, quindi-”
“Avrei potuto prendere la STD.”
“Non ce l'ho.”
“Non lo sapevo allora.”
Borbottò qualcosa, divertito, per poi affondare il naso tra i miei capelli.
“Penso che la colpa non sia di nessuno dei due,” disse. “Un po' di tutti e due, forse, ma nessuno di noi poteva sapere che sarebbe successo tutto questo, nemmeno nei nostri sogni più selvaggi. Sta andando bene comunque, no? Lo stiamo facendo bene?”
 Mi appoggiai a lui per quanto riuscissi, per paura di cadere all'indietro se avessi esagerato e annuii. “Si, lo stiamo facendo bene.”
“E tu? Stai bene?”
“Perchè me lo chiedi?”
Sbuffò fuori una risata soffocata, soffiandomi il suo respiro caldo sui capelli come un venticello. “Perchè sei venuto qui poco fa, piangendo, perché apparentemente sei enorme e disgustoso.”
Arrossii un po', ed ero grato di sapere che lui non potesse vedermi in faccia. “Come hai detto tu, sono gli ormoni a parlare.”
“Sicuro?”
Chinai la testa e mi morsi il labbro. “Forse no.”
Sospirò tra i miei capelli e lo sentii lasciare un bacio lì. 
“Lou,” disse, in un soffio. “Ti ho detto più volte che non sei né grasso né disgustoso, e lo penso davvero.”
Stavo per aprir bocca e protestare moderatamente, ma lui continuò prima che ne avessi l'occasione.
“Non iniziare a lamentarti e a protestare ancora ora,” disse, anche se dolcemente. “Ai miei occhi, Louis Tomlinson, sei bellissimo, hai capito? Ed il fatto che tu sia incinto del mio bambino ti rende ancora più bello.”
Le sue labbra premettero dolcemente sulla pelle proprio sotto il mio orecchio, ed io deglutii ancora, questa volta per evitare che il calore che stava ribollendo nelle mie parti basse diventasse insostenibile.
“Probabilmente non lo capisci da solo, ma sapere che stai portando il mio bambino, mi sta facendo impazzire.”
Lasciò un altro bacio nello stesso punto, ed io sospirai soddisfatto, lasciando che il mio corpo si rilassasse tra le sue braccia.
“E' eccitante, terribilmente eccitante.”
Un altro bacio che questa volta durò un po' di più, facendo accelerare il battito del mio cuore. Le sue braccia allentarono la stretta intorno al mio corpo e le sue mani strisciarono lungo i miei fianchi, finendo per fermarsi sui miei gomiti coperti dalla coperta. Lentamente, quasi esitante, le fece scivolare più in alto fino a fermarsi sulle mie spalle. Restammo fermi così per un po' di tempo; il mio cuore batteva terribilmente veloce nella cassa toracica e le mie mani tremavano leggermente con qualcosa che sembrava essere anticipazione o nervosismo.
“Non stai indossando una maglia sotto questa coperta, vero?” Chiese, la sua voce un po' più graffiante del solito.
Inspirai debolmente, e poi scossi la testa. Non successe niente per un po' di secondi, ma poi sentii le sue dita afferrare leggermente la coperta e strattonarla un po' verso il basso, come se avesse voluto togliermela di dosso. Feci appena resistenza, ma lui tirò di nuovo.
Apparentemente voleva togliermela di dosso.
“Harry, per favore no,” mormorai, cercando di fare del mio meglio per ignorare la scossa che mi percorse il corpo al pensiero di avere il suo petto nudo a contatto con la mia schiena. “Sono troppo-”
“No, non lo sei,” mi interruppe a corto di fiato, sfiorandomi il collo con le labbra. “Sei stupendo, eccitante, sexy, desiderabile, e mi stai davvero facendo impazzire semplicemente esistendo.”
Gemetti a malincuore a queste parole, un'altra scossa di eccitazione partì dal punto in cui le sue labbra tracciavano sentieri studiati su e giù per il collo, fino al mio cazzo. Scelsi di fidarmi delle sue parole: smisi di opporre resistenza e lasciai che facesse scorrere la coperta verso il basso, fino ad arrivare ai miei fianchi e lasciarla cadere a terra in un mucchio intorno ai miei piedi. Un brivido mi percorse tutto il corpo, questa volta a causa dell'aria fredda che mi circondò improvvisamente, ma la sensazione non durò per più di mezzo secondo prima che sentissi la pelle morbida e calda del suo petto e dello stomaco, stamparsi deliziosamente contro la mia schiena dolorante. Il lamento che lasciai uscire fuori era abbastanza forte da farlo sembrare quasi un gemito, e chinai la testa verso il basso con lieve imbarazzo.
Lui sembrò non essersene accorto, e fece invece scivolare le mani in basso, questa volta per appoggiarle sul mio stomaco, dove iniziò a sfregarle lentamente facendo dolci cerchi con i pollici. Chiusi gli occhi ed inspirai profondamente, senza nemmeno più preoccuparmi di cercare di tenermi sotto controllo – era abbastanza evidente che non sarebbe servito a niente, specialmente quando ritornò di nuovo con le labbra sul mio collo, questa volta più deciso. Le tenne lì ancora per qualche istante, come a darmi la possibilità di protestare, ma quando non dissi e non feci niente di niente, cominciò a succhiare la pelle in quel punto.
Succhiare.
Mi stava succhiando il collo, come se volesse marchiarmi. Mentre i secondi passavano e il mio respiro diventava sempre più frenetico, e lui continuava a succhiare e a mordere la pelle sensibile senza sembrare che avesse la minima intenzione di smettere, realizzai che mi stava marchiando. La realizzazione mi fece uscire un silenzioso gemito e un sospirato, “Harry”, ed il mio cazzo si irrigidì nei pantaloni.
“Bello,” mormorò tra un morso e l'altro. “Bello, bellissimo, così incinto, praticamente stupendo.”
Girai la testa, sentendo il bisogno di guardarlo negli occhi, per accertarmi che non mi stesse prendendo per il culo. Lo spettacolo che vidi avrebbe potuto farmi venire all'istante. Le sue pupille erano piene di lussuria, molta più lussuria di quanta fosse possibile avere per delle così piccole azioni, le sue labbra erano rosse e leggermente gonfie per essere state attaccate alla mia pelle per così a lungo ed i suoi capelli, erano in qualche modo scompigliati come se si fosse appena svegliato. Lo vidi deglutire e chiudere gli occhi, abbastanza ovvio che lo fece per cercare di calmarsi, prima di allontanare la mano dal mio stomaco e fare un passo indietro.
“Cosa- cosa c'è che non va?” chiesi, la mia voce piccola, quasi spaventata.
Con mio sollievo, sorrise.
“Niente, niente,” disse. “Ma non... non abbiamo tempo per-  beh, dovremmo vestirci se non vogliamo arrivare in ritardo.”
Per un momento non riuscii a capire di cosa stesse parlando, ma poi ricordai il motivo per cui inizialmente ero entrato in camera sua e cosa era impegnato a fare prima di questo, e guardai in malo modo niente in particolare.
“Oh,” dissi. “Quello.”
Lui stava ancora sorridendo. “Stai bene?”
Gli offrii un mezzo sorriso in risposta. “Si, certo.”
“Ma...?”
“Niente ma.”
“Stai mentendo,” iniziò, roteando gli occhi. “Ed io ho intenzione di farti dire la verità prima o poi, ma ora dobbiamo andare a vestirci ed uscire di casa prima di arrivare in ritardo all'appuntamento.”

*

Arrivammo all'agenzia di adozione solo pochi minuti prima di mezzogiorno. Era una vecchia costruzione, un'edificio in legno bianco a tre piani, ma il segno sopra ad una porta d'epoca era moderno ed i fiori nei vasi sotto il portico erano colorati e curati, come un quadro perfetto in ogni particolare.
“Mi ero immaginato qualcosa di più... freddo,” Harry scrollò le spalle mentre ci fermavamo davanti alla porta d'entrata, la aprivamo ed entravamo. “Non una cosa che sembra essere stata presa dalla storia del BBC-drama”
“Mi piace,” dissi mentre mi guardavo intorno nella grande stanza in cui ci trovavamo. “Mi fa sentire quasi a casa.”
Lanciai uno sguardo alla moderna scrivania della reception alla mia sinistra.
“Ad eccezione della scrivania.”
C'era una fila di sedie posta lungo il muro di fronte alla scrivania, ed io camminai verso quelle, sedendomi, tenendo una mano sulla schiena mentre lo facevo e facendo attenzione a non ribaltarmi. Harry mi seguì lentamente rimanendo in piedi finché non mi fui seduto, pronto a prendermi in caso fossi caduto a terra.
Era una cosa dolce.
“Stai bene?” chiese preoccupato dopo essersi seduto sulla sedia di fianco alla mia, guardandomi con qualcosa che poteva sembrare sospetto. “Sta bene la tua schiena?”
Gli sorrisi.
“Sto bene, Harry, smettila di preoccuparti così tanto.”
Sbuffò.
“Scusami se non voglio che tu ti faccia male da solo.”
Il mio sorriso si allargò ancora di più.
“Non mi farò del male da solo,” dissi.
“Questo è ciò che dice ogni persona in gravidanza, e poi ad un tratto sono stesi per terra,” brontolò.
“Non cadrò per terra,” dissi, roteando gli occhi. “E anche se succedesse, ti ho tutto il tempo intorno, e sono sicuro che mi aiuteresti di nuovo ad alzarmi.”
“Certo che lo farei, ma continuo a preferire che tu stia in piedi.”
“Farò del mio meglio.”
Rimanemmo seduti lì per almeno altri venti secondi prima che una porta a fianco della scrivania vennisse aperta, e comparisse una donna, gli occhi esperti puntati su di me. Sembrava essere una donna sulla trentina, di origine orientale, capelli neri e ricci sopra le spalle, con indosso una giacca e una gonna rigorosamente nere.
“Louis Tomlinson?” disse.
Mi alzai, il nervosismo che si stava insinuando lentamente dentro di me. Non che fosse strano, considerando ciò che stava per succedere. Piuttosto esitante, camminai verso di lei con Harry proprio dietro di me.
“Si,” dissi, tendendo una mano. “Ciao.”
Lei la prese e la strinse in una presa leggere ma sicura.
“Ciao,” disse. “Sono Ilana, mi è stato assegnato il tuo caso. Se tu e il tuo... partner volete venire con me, possiamo iniziare.”
Con questo, si voltò e si incamminò verso la stanza da cui era uscita con passi veloci, il rumore dei tacchi a spillo che risuanava contro il pavimento. Avevo come l'impressione che non fosse molto contenta di avermi qui, ma forse stava semplicemente prendendo le cose professionalmente. O forse era stranita dal fatto che dovesse avere a che fare con il bambino di un ragazzo incinto.
Se questo era il caso, non potevo proprio biasimarla.
Con Harry ancora dietro di me, seguii Ilana dentro la stanza, non tanto sorpreso di vedere una stanza abbastanza grande e luminosa, il soffitto alto, un grande tavolo e numerose sedie attorno ad esso nel mezzo della stanza. Lei era già seduta ad un'estremità del tavolo, una pila di fogli di fronte a lei e un paio di occhiali in mano. Non alzò lo sguardo quando Harry chiuse la porta dietro di noi, o quando ci sedemmo sulle sedie che erano dal lato opposto a dove si trovava lei. Qualcosa mi diceva che non fosse il tipo di donna a cui piace avere un contatto stretto con i suoi clienti, e sembrava che Harry avesse avuto la stessa impressione a giudicare dall'occhiata che mi rivolse una volta seduto.
“Quindi, Mr. Tomlinson,” disse, continuando a tenere gli occhi fissi sui fogli. “Quando mi hanno detto che avrei avuto a che fare con un caso piuttosto difficile, mi aspettavo che tu fossi una ragazzina di quattordici anni, non un ragazzo diciottenne.”
Il tono nella sua voce risuonò un po' freddo, e giurai di essere riuscito a sentirmi mentre rimpicciolivo sulla sedia.
“Beh, le cose accadono,” fu la sola risposta a cui riuscii a pensare.
Lei alzò gli occhi e ci regalò un sorriso sottile che non comprendeva anche gli occhi.
“Così sembra,” disse. “Ti dispiace dirmi quando sarà la data del parto?”
“Oh, uhm, 24 Maggio,” dissi.
“24 Maggio,” ripetè, lanciando una veloce occhiata al mio stomaco. “Solo tre settimane da oggi.”
Non risposi, accennai semplicemente un sorriso. Sorriso che lei non ricambiò.
“Beh, la prima cosa,” disse. “E' che non è sicuro che troveremo velocemente una casa per il vostro bambino. Sarebbe stato più facile se foste venuti qui un po' prima e non aveste aspettato l'ultimo minuto.”
Abbassai lo sguardo.
“E' stata... una decisione difficile da prendere,” mormorai alle mie mani.
“In ogni caso, ci vorrà almeno mezzo anno prima che dei genitori possano essere scelti,” disse, non sembrando aver ascoltato quello che le avevo detto. O forse semplicemente non le importava. “Quindi ciò che succederà al vostro bambino appena nato, è che sarà portato in un orfanotrofio. Ed il coso starà lì fino a che non verranno trovati i giusti genitori.”
“E' un maschio,” trillò Harry, sembrando abbastanza irritato.
Lei lo guardò con occhi inespressivi.
“Scusami?” disse, con voce affabile.
“Il bambino,” disse Harry. “E' un maschio, quindi puoi smettere di chiamarlo cosa.”
Lei sorrise, ma era fredda e mi fece indietreggiare internamente.
“Non è importante che sia maschio o che sia femmina, la procedura è sempre la stessa,” disse. “Prima di tutto vi farò qualche domanda sulle vostre condizioni di salute e quelle della vostra famiglia, se non è un problema.”
Senza aspettare che rispondessimo, continuò.
“Qualcuno di voi due o nei familiari più stretti ha avuto problemi cardiaci – o altri disagi?”
Scossi la testa e Harry rispose con un uno sbrigativo “no”.
“Ci sono diabetici o qualsiasi altro problema derivante dallo stile di vita nella vostra famiglia?”
No.
“Disagi riguardanti l'intestino o i reni?”
No.
“Un episodio di cancro, tumore o cisti?”
No.
“Abuso di alcool e droga o narcotici?”
No.
“HIV o altre malattie sessuali?”
No.
“Alzheimer o demenza?”
No.
E così andammo avanti per quelli che sembrarono anni; Ilana ci faceva delle domande, sembrando voler essere da qualsiasi parte tranne che qui, e Harry ed io rispondavamo, io silenziosamente e Harry maleducatamente. Avrei voluto tirargli un calcio per provare almeno a farlo comportare civilmente, ma a dire la verità, capivo perfettamente perché si stesse comportando in quel modo, perché si vedeva chiaramente che quella donna non era felice di averci lì. Speravo che non fosse sempre così con tutte le altre coppie, ma comunque, se non lo era, significava semplicemente che a lei non piacessimo né io né Harry. No, non è che a lei non piacesse Harry o non le piacessi io. A lei non piaceva che io fossi incinto.
Stupida troia.
Non potevo biasimarla se pensava che la cosa fosse strana, ma ero sicurissimo di poterla biasimare per comportarsi così distaccata, miserabile-
“Okay, con questo è tutto allora,” disse, interrompendo il mio treno di pensieri. “Cosa che mi porta al secondo problema della lista."
Piegò entrambe le stanghette degli occhiali lentamente e li appoggiò sulla scrivania prima di incrociare le braccia sul tavolo di fronte a lei, e rivolgere ad entrambi uno sguardo di sufficienza prima di continuare. “Sei un uomo che sta portando un bambino, Signor Tomlinson, cosa che per molte coppie potrebbe sembrare un po'... scoraggiante. Sono sicura che tu capisca questo.”
“Il bambino è perfettamente sano e normale,” disse Harry. “Non dovrebbe importare che Louis sia un ragazzo.”
“Ma importa,” disse lei fermamente. “Dipende da voi ovviamente, ma se volete che troviamo una famiglia per il vostro bambino il prima possibile, vi consiglio di farlo anonimatamente.”
Lanciai una breve occhiata a Harry, i quali occhi irritati erano diretti verso Ilana.
“Che significa?” le chiesi.
“Significa che i genitori adottivi non avranno la minima idea di chi voi siate e non potrete incontrarli personalmente.” disse. “Tutto avverà tramite noi, e le uniche cose che i genitori sapranno di voi sono quelle che avranno un effetto diretto con il vostro bambino. Non sapranno chi siete o altro. Come ho detto, siete voi a dover scegliere, ma questo è ciò che vi consiglio.”
Mi morsi il labbro, scavando nella pelle di esse. “Vorrebbe dire che... non ci sarebbe nessun modo di influenzare il futuro? E se... lui volesse venire a cercarmi?”
“Se volete, potreste firmare una carta in cui si afferma che se un giorno lui dovesse venire qui e chiedere informazioni su di voi, potrà averle, ma solo lui, non i suoi genitori adottivi o altri.”
Guardai di nuovo Harry, e questa volta aveva lo sguardo abbassato.
“Pensi che vada bene?” Gli chiesi piano.
“Suppongo di si,” disse, stringendo le labbra dubbioso. “Ma non puoi sapere se lui verrà mai a carcarti.”
Sospirai, chiudendo gli occhi per un momento.
“Non ho intenzione di interferire nella sua vita se procederemo con l'adozione Harry,” dissi. “Se lo faremo, mi tirerò fuori dalla situazione totalmente, e non tornerò indietro a meno che non sarà lui a fare il primo passo.”
Strinse la mascella nello stesso modo in cui faceva sempre quando non era contento di qualcosa che avevo detto o avevo fatto. Ci vollero un paio di secondi di silenzio prima che lui rispondesse. “Ma stiamo ancora tenendo in considerazione il mio piano, vero?”
Risposi con un breve cenno del capo prima di tornare a guardare Ilana, che ora aveva un'espressione impaziente sul viso.
Troia.
“Se lo dessimo in adozione,” dissi. “I genitori sarebbero obbligati a dirgli di essere stato adottato?”
Lei scosse la testa. “No, non sarebbero obbligati, ma noi avvisiamo sempre i genitori adottivi di informare i bambini ad un certo punto, quindi è molto possibile che lui lo verrebbe a sapere.”
Annuii lentamente, metabolizzando l'informazione. “Ma se lo facessi in anonimo, loro non saprebbero che il bambino è... biologicamente mio, giusto?”
“No.”
“Okay. E... quali- quali sono i diritti di Harry in tutto questo?”
“Ho qualche diritto?” aggiunse Harry.
“Dipende,” disse lei. “Il tuo nome sarà scritto nel certificato di nascita?”
“Penso di si,” disse, guardandomi interrogativo.
Sospirai, ma annuii.
“In questo caso, il bambino non potrebbe essere dato in adozione se tu non firmassi,” disse. “Quindi il tuo consenso sarebbe necessario per noi per continuare con l'adozione.”
Il mio cuore affondò come una roccia nell'acqua a quelle parole, e una voce compiaciuta nel retro della mia testa diceva “Suppongo che in questo caso, tu non possa fare niente”. Ci sarebbe stato bisogno del consenso di Harry se avessi voluto dare il bambino in adozione. Che regola stupida era? Okay, forse non era così stupida, ma in questa particolare situazione lo era sicuramente, visto che io e Harry avevamo esattamente due opinioni opposte.
“E se-se noi non fossimo d'accordo?” dissi, la mia voce rauca. “Se uno di noi volesse darlo in adozione e l'altro no?”
Lei appoggiò la schiena alla sedia ed incrociò le braccia al petto.
“Vi consiglierei vivamente di arrivare ad un compromesso,” disse. “Altrimenti il tribunale prenderebbe una decizione al posto vostro, potrebbero decidere di darlo in adozione o di farlo restare con Harry, in base a quale sarebbe la decisione migliore. In ogni caso sarebbe un lungo ed infinito processo.”
Sbattei le palpebre. Poi la fissai.
Non potevo crederci. Era una cosa folle. Era ingiusto.
Appoggiai i gomiti sul tavolo e affondai la testa nelle mani, inspirai tremante e chiusi gli occhi. Sentii Ilana mescolare i fogli, probabilmente diventando di nuovo impaziente, ma in quel momento non poteva importarmene di meno. Il suono della sedia di Harry raschiare leggermente contro il pavimento raggiunse le mie orecchie e, un momento dopo, la sua mano si poggiò delicatamente sulla mia spalla.
“Ci penseremo,” disse la sua voce dolce nel mio orecchio. “Non ti forzerò a fare niente, okay? Ne parleremo quando arriveremo a casa.”
Lo stesso desiderio di iniziare a piangere che mi aveva colpito quella mattina, si ripresentò con tutta la sua forza, e mi morsi l'interno delle labbra così forte da sentire il sapore del sangue sulla lingua per riuscire a mantermi composto.
Mi ci volle un po' prima di riprendere il controllo su me stesso ed essere in grado di continuare la conversazione senza scoppiare a piangere, ma alla fine ce la feci e sollevai la testa, trovando gli occhi di Harry ad alcuni centimetri di distanza dai miei.
“Si, va bene, quando arriviamo a casa,” dissi, annuendo rapidamente.
Lui annuì di rimando e sorrise. “Non preoccuparti, okay?”
“Un po' difficile non farlo.”
Riportai l'attenzione su Ilana, ricordando a me stesso di non aggrottare le ciglia o fare qualche smorfia quando vidi quanto sembrava infastidita. “Quindi se noi fossimo d'accordo sul darlo in adozione, cosa succederebbe esattamente?”
“Come ho già detto, non appena il bambino sarà pronto dopo che sarà nato, sarà portato all'orfanotrofio, e starà lì fino a che non troveremo dei genitori disposti ad adottarlo. Una volta trovati, incontreranno il bambino e spediranno una richiesta al tribunale. Qualcuno del tribunale verrà ad incontrarti e dirti cosa comporta esattamente dare il tuo bambino in adozione. Per fare in modo che la procedura vada avanti, dovrete firmare un documento e, se lo farete, rinuncerete a tutti i vostri diritti in quanto genitori. Dopo di questo, niente di ciò che accadrebbe sarebbe più sotto la vostra responsabilità.”
“Quindi... fino a che quel documento non sarà firmato, potremo ancora cambiare idea?” Chiese Harry.
“In teoria si.”
Lo sentii sospirate di sollievo, e non riuscii ad evitare di fare lo stesso. Anche se noi avessimo iniziato con la procedura, avremmo potuto cambiare idea fino ad un bel passo avanti del processo. La mano di Harry era ancora appoggiata sulla mia spalla e la strinse dolcemente, infondendomi stranamente un certo senso di calma e rassicurazione.
“Detto questo,” disse lei. “Per fare in modo che questo processo avvenga il più presto possibile, dovremmo metterci al lavoro immediatamente.”
La mano di Harry mi strinse un po' più forte a quelle parole, e sentii crescere dentro di me un po' di tensione. 
Metterci al lavoro immediatamente? Cosa significava esattamente?
“Quindi, c'è qualche aspetto in particolare che preferireste che i vostri potenziali genitori adottivi avessero?”
Oh. Quindi era questo ciò che intendeva con 'metterci al lavoro immediatamente'.
Guardai Harry, la quale espressione era mutata in una pensierosa. Non durò molto, comunque. 
“Che abbiano abbastanza risorse economiche stabili per dare a lui ciò di cui ha bisogno,” disse.
“Questo sarà uno degli aspetti su cui ci accerteremo sicuro, con o senza la vostra richiesta,” disse. “Altro?”
Guardai le mie mani sul tavolo per un momento. 
“Solo che...” tossii leggermente. “Solo che se lui dovesse diventare gay, bi, pan  o chissà che altro, loro lo accettino senza problemi. Non voglio che si ritrovi nella stessa situazione in cui mi sono ritrovato io, quindi... se tu potessi trovare qualcuno al quale non importa di questo, sarebbe bello.”
Per la prima volta, la sua espressione si ammorbidì un pochino, ed annuì. “Ovviamente,” disse scrivendo qualcosa sui fogli di fronte a lei. Poi alzò di nuovo lo sguardo, prima verso Harry, poi verso di me. “Qualcos'altro?”
Harry scosse la testa, e dopo un momento di silenzio, io feci lo stesso.
“Fino a che loro gli daranno una vita felice e saranno buoni con lui, sono felice.” Dissi.

*

Quella sera, più tardi, io e Harry eravamo intrecciati sul mio letto, le mie gambe tra le sue, la mia guancia sul suo petto, e le sue mani intrecciate intorno a me. Era abbastanza caldo nella stanza, o forse ero solo colpa del mio maglione pesante, e c'era una dolce musica che proveniva dal computer di Harry, che era posto sopra il comodino di fianco al letto. Questi due fattori combinati fecero in modo che la mia testa diventasse più pesante minuto dopo minuto, e sembrava che anche a Harry facesse lo stesso effetto perché sentii il suo respiro diventare regolare per un po', e sorrisi assonnato.
Toccai il punto in cui le linee tra la realtà e il mondo dei sogni avevano iniziato a combaciare quando mi svegliai di soprassalto.
“C'è qualcosa che non va?” Chiese Harry assonnato, apparentemente disturbato dal mio salto.
Non risposi immediatamente, perché quelle strane sensazioni nel mio stomaco erano ritornate, ma ora in forma più ridotta, come la prima volta in cui era successo.
“No, niente,” dissi, esitante. “Solo un sogno.”
Mormorò qualcosa e strinse la presa delle braccia intorno a me. “Riguardo a cosa?”
“Far nascere il bambino dal mio culo.”
“Bello.”
“Mhm.”
Strisciò più indietro, contro la pila di cuscini che aveva portato con sé dalla sua stanza un paio di ore prima, trascinandomi con sé.
“Quindi, riguardo a ciò che è successo questa mattina,” disse poi, la bocca seppellita nei miei capelli. “Cos'è successo?”
“Ho pianto, tu mi hai abbracciato, mi hai baciato il collo, mi sono eccitato,” mormorai, capendo che non c'era bisogno di girarci tanto intorno questa volta.
Lui ridacchiò. “Posso dirtelo, diventi sempre molto rilassato quando ti ecciti. Tutto... floscio.”
Silenzio.
“Beh, non proprio tutto floscio, ovviamente, ma-”
“Harry!” Un barlume di fastidio allo stomaco mi impedì di continuare subito, ma riuscii ad ignorarlo – la maggior parte – dopo aver superato la sorpresa iniziale. “Non volevo che succedesse, okay? E' solo che... io... beh, non ho una- una-”
“Vita sessuale?” Propose lui.
Arrossii, ma annuii. “Già. E non ne ho una da molto, molto tempo, ed è stato con una ragazza, quindi non si può esattamente definire tale, e quel- il- il coso che mi hai comprato è rimasto a casa di mia madre e non so se l'hai notato, ma sono incinto, e ultimamente sono un po'... uhm, un po'-”
“Eccitato?”
“Sei terribilmente utile oggi,” borbottai, le guance che diventavano ancora più rosse. “Ma si, ed io- ed io non volevo- sai- come- si, e mi dispiace, quindi-”
“Ti stai davvero scusando per esserti eccitato?” mi interruppe con una risata che suonava abbastanza incredula e un po' divertita.
Scrollai le spalle, sentendomi imbarazzato e indifeso, non tanto sicuro si quale dei due sentimenti fosse dominante. “No, solo per... essermi, lo sai, quando eri- eri... mezzo nudo e... le altre cose.”
Sembravo un bambino di due anni, e mi maledii per questo, ma Harry rise semplicemente.
“Potresti non averlo notato,” mormorò. “Ma anche io mi ero eccitato.”
Un'altra fitta di dolore mi attraversò lo stomaco, ma coprii l'accaduto tossendo e chinando la testa mentre un'altra ondata di calore mi divampò nel viso. “Non l'ho notato,” dissi. “Fino a... beh, fino a quando non ti ho guardato.”
“Fino a quando non mi hai guardato?” chiese canzonatorio. “Com'ero poi?”
Sorrisi leggermente a quelle parole, senza riuscire a non essere troppo sentimentale quando sentii la sensazione di svolazzamento che si diffondeva nel mio petto e in tutto il corpo. 
“Eri...” Ci riflettei per un secondo. “Eccitante.”
“Eccitante?” Sembrava sorpreso.
Girai la testa di lato, seppellendo la faccia nel suo maglione per evitare che vedesse le mie guance rosse. “Già,” dissi, la mia voce soffocata dal tessuto del suo maglione.
“Mi piace quando mi fai i complimenti,” sussurrò. “E' bello, mi fa sentire felice.”
“Lo terrò in mente per quando sarai triste.”
“Cercherai di tirarmi su il morale dicendomi quanto sono eccitante?”
“Funzionerebbe?”
“Dipende.”
“Da cosa?”
“Da quanto si spingeranno oltre i complimenti.”
“Huh?”
“Pensi di metterli anche in pratica? Di mostrarmi perché pensi che io sia bello?”
I miei occhi si spalancarono comicamente quando realizzai cosa stesse chiedendo, e istintivamente alzai la testa per incontrare il suo sguardo. Non c'era niente nella sua espressione che indicasse che stesse scherzando o che si stesse prendendo gioco di me, ed i miei occhi si spalancarono ancora di più – se possibile.
“Cosa?” squittii. “Mi staresti- voglio dire, vuoi- io- tu- tu vuoi- con... me?”
Forse non mi guardava divertito dieci secondi prima, ma sicuramente lo stava facendo ora. 
“Sei davvero adorabile, lo sai?” chiese. “Diventi tutto nervoso e imbarazzato quando parli di sesso.”
Gli rivolsi semplicemente un'occhiata acida come risposta, ed il suo sorriso si allargò.
“Ma per rispondere alla tua domanda,” continuò. “Certo che lo voglio, pensavo lo sapessi.”
Sbattei le palpebre, pensieroso. “Anche se sono in questo... stato?” chiesi curioso, facendo cenno verso il mio stomaco.
“Sei in vena di complimenti oggi, vero?” disse, con un sorriso però, prima di darmi un bacio lascivo sul collo. “Ma si, anche nel tuo stato attuale. Soprattutto nel tuo stato attuale, a dire il vero.”
“Sarebbe molto più divertente quando sarò ritornato alla mia forma normale,” sbottai.
“Più divertente?” disse e fece uscire una risata. “Quale sorta di strana immagine hai in testa ora?”
“Non intendevo- oh, smettila! Volevo solo dire- sai cosa volevo dire,” borbottai, armeggiando con le mie mani.
“Si, amore, so cosa intendi,” disse prima di lasciare uscire una risatina e aggiungere: “Non mi dispiacerebbe fare cose strane con te, comunque. Te l'ho detto in caso dovessi cambiare idea.”
“Aha,” dissi, fingendomi pensieroso. “Di quali cose strane stiamo parlando?”
“Non lo so, cosa ne pensi di un costume da cheerleader?”
“Su di te?”
“Su di te starebbe meglio.”
“Okay, quindi indosserò un costume da cheerleader. Che altro?”
“Frustino e manette?”
“Assolutamente. Panna montata e ganci anche?”
“Ovviamente.”
Una fugace immagine di me curvato sopra un tavolo, con addosso un costume da cheerleader, mentre Harry mi sculaccia con una frusta mi balenò in mente ed il rossore tornò con la sua piena forza, questa volta accompagnato da un colpo di tosse e una risata.
“Non penso di essere pronto per questo tipo di scappatelle,” dissi, con ancora tracce di risata sul viso. “Specialmente non quelle che coinvolgono fruste e ganci.”
“E riguardo al costume da cheerleader? Staresti davvero bene, ci scommetto.”
“Non indesserò un costume da cheerleader per te, Harry. Mi dispiace.”
Si imbronciò. “Ma saresti eccitante.”
“Prendimi come sono o scordati tutto,” dissi con un piccolo sorriso, scostandomi i capelli dal viso.
Il bronciò venne sostituito da un sorriso storto. “Effettivamente penso che ti prenderò così come sei,” disse.
“Effettivamente.”
“Si, che tu ci creda o no.”
“No.”
Il sorriso si spense leggermente, lasciando posto a qualcosa di simile ad un sorriso ma più triste, e si sporse più vicino, premendo la fronte contro la mia. Chiusi gli occhi e sospirai piano, in attesa che lui facesse qualcosa.
“Scherzi a parte, però,” disse dopo un secondo, il suo respiro che soffiava sulla mia faccia. “Ti voglio, in ogni modo possibile. Mi piacerebbe prenderti qui e ora-”
Sbuffai una risata.
“Ma non sarebbe giusto, né corretto, non con... non con lei ancora in mezzo.”
Notai il modo in cui la sua voce si tese quando aveva detto la parola 'lei', e una sorta di malefica felicità mi riempì il petto. Non c'era bisogno che lui lo sapesse.
“Va bene,” dissi invece. “Ed è un bene che tu, sai, ti renda conto che sarebbe sbagliato. Sono contento.”
“Vedi? Mi hai aiutato a crescere,” disse, e sentii il sorriso nella sua voce. “Mi stai insegnando ad essere migliore.”
“Non sei mai stato da meno,” dissi. “Solo un po' sconsiderato. Che ancora sei, ma non così spesso come prima.”
“Tutto grazie a te,” mormorò, sempre sorridendo riuscii a sentire. “Quindi grazie. Per non essertene fregato.”
Sospirai e aprii gli occhi, spostandomi un po' indietro per riuscire a guardarlo bene. “Sono stato tentato, credimi.”
“Si, ti credo,” disse sinceramente. Sospirò leggermente dopo quello ed entrambi restammo in silenzio, senza dire o fare qualcosa per un po', se non ascoltare la musica che stava ancora risuonando a basso volume dal computer portatile.
“Quindi quella donna all'agenzia d'adozione era una troia.”
Rise ad alta voce a quelle parole. “Merda no. Ad un certo punto ho pensato che ci avrebbe cacciati fuori a calci in culo.”
“Si. Aveva le sue ragioni però,” lo guardai con sguardo indagatore. “Abbiamo ancora un po' di tempo per pensarci in teoria.”
“Dobbiamo decidere il più presto possibile in ogni caso,” sospirò. “Non voglio rimandare ogni volta solo perché ne abbiamo l'opportunità, l'attesa non farà bene a nessuno dei due.”
“Lo so,” mormorai. “Ma... okay, guarda, il 24 ho intenzione di fare il taglio cesareo, quindi con questo: dobbiamo aver deciso prima che il bambino nasca, e dopo questo, abbiamo una settimana per cambiare idea. D'accordo?”
Lui annuì. “Si, va bene. Sembra... giusto, credo.”
Tenni gli occhi fissi su di lui prima di guardare verso il basso.
“Hai sentito quello che ha detto, però,” dissi. “Se non sei disposto a firmare i documenti, non c'è nulla che io possa fare comunque.”
“Non ho intenzione di forzarti di tenerlo, Lou,” disse. “Prenderemo una decisione insieme, una con il quale saremo a nostro agio entrambi. Ma tu devi continuare a pensare anche a cosa vorrei io, ed io devo fare lo stesso con te. D'accordo?”
Sorrisi debolmente e alzai la mano per intrecciare le dita con le sue appoggiate ancora sulla mia pancia. “Si,” dissi. “D'accordo.”



Occhio a me!

Bene, eccomi qui finalmente.
So che su Twitter avevo detto che avrei postato il capitolo il weekend scorso, ma per una cosa o per un'altra (come sempre, sono un disastro lo so) non sono riuscita a farlo. Poi durante la settimana scorsa non sono riuscita di sicuro visto che ho avuto quattro compiti in classe più una interrogazione (i professori sarebbero da uccidere tutti quando non si mettono d'accordo, davvero).
Cooomunque. Sto scrivendo queste note e ho finito di scrivere il capitolo con il sottofondo di Fool's gold. Quanto è fottutamente bello FOUR?
Ecco, se inizio argomento 'nuovo album' rischio di scrivere un papiro e di tralasciare la cosa più importante: il capitolo.
Per quanto riguarda questo capitolo, mi è piaciuto particolarmente tradurlo. Okay, lo ammetto: soprattutto mi è piaciuto tradurre la prima parte che non mi ricordavo esserci tra l'altro. Infatti ho quasi pensato che (FINALMENTE!) avrebbero scopato, e che forse quando avevo letto la storia avevo saltato questo capitolo, ma poi mi è crollato tutto addosso non appena Harry si è fermato.
WHY? Cioè, era il momento perfetto capite? E' stata molto... intensa quella parte e sono sicura che l'autrice voleva ucciderci tutte tenendoci con il fiato sospeso mentre scriveva tutte le scene così lente. Una lentezza disarmante, davvero, ho rischiato di andare in iperventilazione mentre traducevo (Ana può confermare visto che in quel momento mi sono un po' sfogata con lei).
Louis come sempre si dimostra essere il solito patatino in preda agli ormoni e alla gravidanza. Vi giuro lo amo.
Per quanto riguarda la piccola parte all'agenzia di adozione invece, l'ho odiata con tutta me stessa. Non mi piace nemmeno sentir parlare di dare il piccolo Aidan in adozione, Louis è proprio un testone. Per una volta, UNA FOTTUTA VOLTA, che Harold dice una cosa sensata come quella di tenere il bambino e crescerlo insieme, quel cretino di Tomlinson si rifiuta? Ragazze seriamente, 'sti due sono proprio fatti l'uno per l'altro anche in 'sta storia oltre che nella vita reale.
Pensando alla vita reale, mi è venuto in mente l'episodio di qualche settimana fa che mi procura una strana sensazione soltanto a ripensarci. Il Louis Tomlinson reale è un vero e proprio Coglione. Ma Coglione con la C maiuscola. I Tweet che ha scritto dopo tutti i rumors sulla sua maglia con il simbolo dell'Apple.
Raga voglio dire, lasciando perdere quelle pazze che per qualsiasi minima cosa collegano sempre tutto ai Larry (a volte esagerano dai, rendiamocene conto), quel cretino è passato nel torto non appena si è rivolto in quel modo ad un articolo che, tra l'altro, non aveva nemmeno insinuato niente. Sempre la solita dolcezza del cazzo di Louis Tomlinson. Vi giuro, nonostante io lo ami con tutta me stessa (si, il mio rapporto speciale tra i ragazzi ce l'ho con lui), a volte vorrei veramente strozzarlo con le mie mani. Ma alla fine se non fosse così deficiente e non mi facesse così incazzare con la sua aria da strafottente, non sarebbe il mio Louis Tomlinson. Questo non toglie che non mi è piaciuto per niente ciò che ha scritto e ancora adesso continuo a volerlo strozzare con le mie stesse mani.
Detto questo, alla fine del capitolo Harold ha quindi ammesso di voler fare sesso con Louis. Un applauso a Harry Styles gente! La... fantasia di Louis vestito da Cheerleader. Ehm ehm... meglio non parlarne okay? Harold biricchino. 
Bene, mi manca solo da ringraziarvi tutte. Avevo detto che in questo spazio mi sarei dedicata a rispondere alle recensioni a cui non ho risposto nel trentaduesimo capitolo, ma mi sembra di avervi rotto già abbastanza le palle per oggi, quiindi. Se per favorino scriverete anche una piccola recensione qui, prometto che risponderò ad una ad una stavolta, senza tralasciare nessuno.
Vi amiamo ragazze davvero, siete sempre gentilissime e... grazie. Grazie davvero per tutto. Anche per sopportare i nostri ritardi.
Un bacione a tutte sia da me che dalla mia collega impegnatissima con lo studio di storia in questo momento.
Alla prossima,

Giulia.

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Capitolo 35
*** Lauren's not welcome here anymore. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 35



Lauren quì non è più la benvenuta.
 
Sabato 7 Maggio
Trentasette settimane e cinque giorni


Sabato mattina mi svegliai con il suono di persone che... gridavano? Un tantino confuso, mi alzai gemendo miserabilmente per quanto mi facesse male la schiena, e guardai verso il basso, allontanando le coperte dal mio stomaco.
“Uno splendido modo per svegliarsi, non lo pensi anche tu piccolo?” chiesi stancamente, accarezzando il mio stomaco e senza fare molto caso per capire chi stesse gridando. Qualche minuto dopo fui in grado di capire che erano Anne ed Harry, cosa che mi sorprese un po’; da quando Anne gridava? E da quando Harry discuteva con sua madre? Ero lì da un mese ormai, e questa era la prima volta che sentivo Anne gridare. Ed era la prima volta che sentivo Harry gridare a qualcun altro all’infuori di me.
Beh, questo era un tantino triste, no?
Non volendo interferire su ciò che stava succedendo, rimasi a letto, accarezzando il mio stomaco e cercando di capire qualsiasi parola che stavano dicendo. Mi fece sentire un po’ in colpa - qualsiasi cosa su cui stavano discutendo non era affar mio -, ma ehi, nessuno doveva saperlo.
Ci volle un po’ più del previsto per far si che le urla cessassero, ma alla fine avvenne e un paio di secondi dopo sentii la porta di Harry sbattere.
“Non ci si annoia mai,” dissi alla stanza mentre sporgevo all’infuori del bordo del letto le gambe e le facevo stiracchiare il più possibile, facendo schioccare le ginocchia deliziosamente. Mi alzai in piedi, reggendomi al letto, abbassando un po' la maglia dove si era alzata che faceva vedere una piccola parte del mio basso ventre. 
“È una buona cosa che presto sarai grande abbastanza per uscire da lì dentro,” commentai. “Altrimenti dovrò trovare vestiti più grandi.”
Senza preoccuparmi di indossare altri vestiti, uscii dalla stanza e mi diressi direttamente da Harry. Esitai quando mi ritrovai difronte alla porta, non del tutto sicuro se avrebbe voluto parlare con me. Oppure se avrebbe voluto farlo con chiunque altro, per quella ragione. Non sarei rimasto seduto in camera mia da solo senza fare nulla tutto il giorno, comunque, quindi bussai un paio di volte alla porta.
La risposta arrivò immediatamente in maniera forte e stizzosa “Lo so okay? Adesso sparisci!”
Mi accigliai leggermente, ma supposi che pensò che fossi Anne che stava bussando, e optai per tentare di nuovo aggiungendo un veloce “sono io”.
Questa volta non ci fu nessuna risposta, nemmeno dopo venti secondi. Un breve pensiero mi balenò in testa: forse la questione riguardava anche me. Il mio cuore fece un doppio salto al solo pensiero. E se fossi dovuto andare via? E se avessero pensato che la migliore scelta fosse quella che io dovessi andare via? In quel caso, sarei stato fottuto perché non avevo nessun altro posto dove andare, e a quel punto sarebbe stato troppo tardi, non avevo nessun posto in cui vivere. Le cose stavano seriamente-
“Scusa,” ero talmente perso nella miriade di pensieri spaventosi che non mi accorsi che Harry aveva aperto la porta e adesso era lì poggiato contro di essa in un paio di vecchi jeans e anche una vecchia maglia.
“Ti abbiamo svegliato?” aggiunse. 
“No,” dissi velocemente.
Alzò un sopracciglio, chiaramente non credendomi.
“Beh, si,” ammisi, “ma è tutto okay. Cosa succede? E tutto a posto? Riguarda me? Devo andare via?”
“Si, certo,” disse, all’apparenza come se solo l’idea fosse insensata, “mamma vorrebbe cacciare prima me di te. No, non ha nulla  a che fare con te, non ti preoccupare.”
“Oh, okay, bene,” dissi con un sospiro di sollievo.
Un momento di silenziose passò, e mi morsi il labbro. 
“Quindi... se non sono io, chi è allora? Non c’è bisogno che tu me lo dica, sai, solo se vuoi. O se te la senti. Per quel che ne o è una cosa buona parlare quando si è tristi.”
“Sei solo un bastardo curioso,” rispose, comunque con un sorriso e un luccichio scherzoso negli occhi. “Ma siccome me lo stai chiedendo, penso che sia sicuro dire che mamma odia Lauren adesso.”
Quella era l’ultima cosa che mi sarei aspettato di sentire, e la mia faccia decise di mostrarlo facendo cadere leggermente la mascella senza il consenso del mio cervello. Non ero mai stato così convinto che Anne apprezzasse particolarmente Lauren, ma non aveva mai nemmeno espresso il suo disprezzo in modo così diretto. Almeno non in mia presenza.
“Io- perché? Cosa è successo?” chiesi.
“Non hai messo incinta anche lei, vero?” aggiunsi in un banale tentativo di scherzare.
“Improbabile,” disse secco. “No, questa mattina presto Lauren è venuta qui, verso le cinque, e ha lanciato un sasso alla finestra di Connor. Si è rotta, tutti i pezzi di vetri sono andati a finire sul suo letto, e quando questa mattina si è svegliato, si è girato e alcuni pezzi sono andati a finirgli sulla schiena. Papà è con lui al pronto soccorso adesso.”
“Oh mio Dio, sei serio?” chiesi con una mano poggiata sulla bocca e gli occhi spalancati. “Sta bene?”
“Si, starà bene,” sospirò, “ma ha bisogno di punti ed è spaventato a morte dagli aghi, quindi un’ora fa papà ha chiamato perché Connor stava piangendo e voleva Adrian, e si rifiuta anche solo di avvicinarsi ad un ago finché Connor non sarà lì, quindi adesso mamma deve andare fin lì e- si. Penso che sabato la serata-cinema sia rimandata.” 
Da quando in qua si faceva la serata-cinema?
Scossi la testa e gli passai una mano sulla faccia, incredulo di sentire ciò che era appena successo. Lauren era così meschina. Era fredda. Era cinica. Era maleducata. Era senza cuore. Era una puttana. Ne ero a conoscenza fin dal primo momento in cui l’avevo incontrata, ma adesso potevo aggiungere anche ‘pericolosa’ alla lista. Lanciare un sasso alla finestra era spiacevole già di suo, ma lanciarlo alla finestra di un bambino di tre anni? 
Quale persona farebbe una cosa del genere? 
Quella persona che Harry aveva scelto di avere come ragazza apparentemente.
“Perché diavolo avrebbe mai fatto una cosa del genere?” domandai confuso. “Cosa ha potuto mai farle Connor?”
“Esistere,” rispose come se niente fosse. "I bambini non le piacciono molto.”
“Perché non sono sorpreso?”
Sorrise.
“No, ma davvero, ad essere onesto penso che abbia... non credo che fosse la finestra di Connor che mirava.”
“Allora cosa stava mirando?”
“Me o te,” disse semplicemente.
“Io- cosa? Perché?” chiesi confusamente. “Voglio dire, so che non le piaccio, ma-”
“Ho avuto una discussione con lei ieri,” disse. “È andata parecchio male."
“Ieri,” ripetei. 
Harry era andato a casa di Lauren dopo scuola il giorno precedente, ma era ritornato a casa la sera con il solito umore, e non aveva pronunciato una parola riguardo all’aver avuto una discussione con lei quando avevamo avuto la nostra solita chiacchierata notturna. “Non hai detto niente.” 
Fece spallucce svogliatamente.
“Non volevo scocciarti, hai già abbastanza da affrontare.”
“Harry, andiamo,” dissi. “Se sei incazzato con Lauren, sono felice.”
“Sei un amico,” ridacchiò.
Spostò il suo braccio dietro la vita e sporse la testa indietro, emettendo un forte gemito apparentemente di sforzo mentale. Passarono un paio di secondi prima che volgesse di nuovo lo sguardo verso il basso e curvasse le spalle. “Vuoi entrare e sederti?”
Fu solo allora che notai quanto mi facesse male la schiena, in quelli che erano stati approssimativamente dieci minuti in cui erano rimasto lì in piedi e, prima che potessi fermarmi, mi scappò un piccolo piagnucolio.
“Okay, forza,” disse Harry senza nessun indugio mentre faceva un passo avanti e afferrava con una presa delicata i miei fianchi. Mi fece sdraiare sul letto e non mi lasciò finché non fui seduto in modo sicuro fino all’estremità del letto.
La porta rimase aperta ed Harry si appallottolò al mio fianco, prendendo un profondo respiro. Rimanemmo lì seduti in silenzio, io non pensando a nulla ed Harry guardando fuori dalla finestra con occhi stanchi e la bocca curvata leggermente verso il basso.
“Quindi,” dissi, sollevando la testa. “Posso farti una domanda?”
“Spara.”
“Come fai a sapere che è stata Lauren a lanciare il sasso?” esitai per un momento. “Non... non eri con lei, vero?”
“Cosa?” chiese, all’apparenza come se non si aspettasse di ricevere una domanda del genere, se lo sguardo con gli occhi spalancati che mi aveva indirizzato era da prendere in considerazione.
“No, certo che non ero con lei!” Del tutto scandalizzato, e se la situazione non fosse stata così seria,,avrei potuto prenderlo anche in giro. 
“Allora come facevi a sapere che era lei?” chiesi invece.
“L’ho chiamata questa mattina e le ho chiesto se ne sapeva qualcosa.” Contrasse le labbra in modo scontento. “Era stranamente calma. Sapevo che doveva uscire per bere la scorsa notte, il che spiega il motivo per cui abbia colpito la finestra di Connor invece della mia o della tua. Sono sullo stesso muro, ed era ubriaca, quindi... la conosco - se non fosse stata dispiaciuta, avrebbe negato tutto nel momento stesso in cui la stavo accusando.” 
Pensai fra me e me che non era tipico che una persona a caso volesse lanciare un sasso alla finestra nel bel mezzo della notte per nessun motivo in particolare, e specialmente in questa città. Nessun crimine era stato commesso da queste parti, e se pure fosse così, era stato solo un ragazzino che rubava una barretta di cioccolato dal supermercato. Non avevo nessuna intenzione di difendere Lauren comunque, quindi annuii.
“Ha senso, suppongo,” dissi. “Quindi, cosa... cosa accadrà adesso?”
“Devo parlare con lei, devo chiarire tutto.”
Il mio cuore precipitò un po’ e abbassai lo sguardo.
“Quindi dovrai- oh. Giusto. Certo.”
Era ingenuo da parte mia aver sperato che dicesse di dover rompere con lei?
“Non posso lasciare in sospesa la questione, no?” chiese frustato.
Indipendentemente dal fatto che fosse qui, non ero sicuro che si stesse rivolgendo direttamente a me.
"Sarebbe potuta andare a finire molto peggio di una visita dal pronto soccorso, e io- no, devo parlare con lei.” Disse.
“Si, l’ho capito,” dissi, annuendo per mostrare il mio punto di vista.  “Cosa ha detto tua mamma, comunque? Sembrava parecchio arrabbiata.”
“Lo era,” disse con una risata priva di umorismo. “Credo di non averla mai vista così arrabbiata prima d’ora. Cioè, forse quando avevo dodici anni e mi beccò bere da una delle bottiglie di vino rosso di papà fuori dalla porta. Ma comunque era parecchio sicura sul fatto che Lauren non è più ben accetta qui, quindi non devi più preoccuparti di rivederla un’altra volta. Non da queste parti almeno.”
“Beh, è già qualcosa,” aggiunsi.
“Si.”
Feci svolazzare le sopracciglia, contrassi il labbro di lato e inizia a giocare con le dita senza nessun senso. Un paio di giorni prima mi aveva detto che avremmo parlato della sua chiacchierata da ubriaco - aveva usato anche testuali parole - e quanto tempo sarebbe passato prima di poter  risentire di nuovo la parola “presto” per quanto riguarda tutto questo? Mi sembrava che fosse un buon momento per discuterne, ma ad essere onesto, era anche spaventoso. E se tutto quello che mi aveva detto era solo una presa in giro? Oppure se era stata solo una chiaccherata da sbronza? O se lo pensava per davvero ma dopo aveva cambiato idea? D'altra parte non potevo dubitare per sempre, non importava quanto spiacevole potesse essere la verità.
Con quello in mente e una voce determinata nel retro della mia testa che mi invogliava dicendo “fallo, fallo, fallo,” inspirai profondamente ed emisi un insicuro “ehi, Harry?”
“Si?” 
“Posso- so che molto probabilmente non avrai voglia di discuterne proprio in questo momento,” iniziai esitante, continuando a fissarlo nervosamente, “ma solo che... ho bisogno di sapere se- se tutte quelle cose che hai detto quella mattina, quando eri ubriaco, le intendevi per davvero. Del tutto? Oppure erano solo, non so, cazzate?”
Non sospirò, gemette o si colpì sulla fronte, ma soltanto dal modo in cui mi guardava, capii che voleva farlo. Non perché fosse arrabbiato, non necessariamente, ma perché avevo scelto di toccare questo argomento in un momento sbagliato. D’altronde non avrebbe avuto importanza quando ne avremmo discusso, sarebbe stato sempre un brutto momento. 
“Hai ragione, non mi sento in vena di parlarne proprio in questo momento,” disse dopo un momento di esitazione. “Ma okay. Solo- va bene se lo faccio un po’ velocemente?”
“Certo,” dissi, comunque un tantino dubbioso, non essendo del tutto sicuro sul cosa intendesse con “farlo un po’ velocemente”. 
“Okay, allora sintetizzerò tutto in una frase,” disse, sporgendosi un tantino per guardami bene negli occhi. “Ricordo ogni cosa che ho detto - sfortunatamente -, e intendevo per davvero tutto ciò che ho detto.”
Sorrisi, mordendomi il labbro inferiore per evitare che il mio viso si aprisse a metà.
“Tutto?” Chiesi, quasi spaventato di far riemergere di nuovo le mie speranze, per poi farle placare di nuovo.
“Si, tutto,” confermò.
“Anche-”
“Tutto.”
“Si, ma per-”
“Tutto, Lou,” mi interruppe. “Ogni singola parola.”
“Permettimi di chiederti una cosa,” dissi ad alta voce, alzando le mani. Lui sorrise e annuì come per dire “forza”. 
“Intendevi davvero quella parte, sai, in cui avresti rotto con Lauren?”
“Oh, no, non intendevo quella parte sul serio.”
Il mio cuore fece un tuffo così anche la mia faccia, ma prima di andare avanti, Harry scoppio a ridere.
“Si, intendevo sul serio anche quella parte, fesso,” dissi. “Come ho detto, dicevo sul serio su ogni singola cosa.”
Il sorriso sul mio viso riapparì, questa volta accompagnato da un suono di una mezza risata isterica e un mezzo lamento.
“Okay, questo è- si, okay fantastico,” dissi debolmente, non essendo ingrado di uscirmene con qualcosa di diverso.
“Quindi adesso possiamo tralasciare questo per il momento?” chiese. “Credo che abbiamo altre cose da affrontare ora. Tipo me che devo discutere con Lauren. E noi che siamo stati invitati a casa di Zayn domani per festeggiare il fatto che lui e Liam si siano rappacificati, apparentemente.” 
Alzai le sopracciglia.
A causa di tutto quello che era successo ultimamente fin dal giorno in cui avevo parlato con Liam a telefono, mi ero completamente scordato riguardo a quelle discussioni che stavano affrontano tutte e due, il che mi fece sentire tremendamente in colpa. Non volevo essere quel tipo di persona presa talmente tanto dalle proprie cose che si dimentica delle persone che gli sono intorno e soprattutto dei problemi che hanno.
“Bene, grazie a Dio,” dissi con calma.
“Si,” si accigliò. “Si, è una cosa buona, ma mi domando ancora se ci sia qualcos’altro che non mi stiano dicendo. È come se ci fosse.”
“Come mai?”
“Prima di tutto il litigio,” disse. “Amici normali non litigano in quel modo. Non i ragazzi almeno. E, seconda cosa, perché ci abbiano invitato per festeggiare il fatto che si siano rappacificati. Questo è strano. Un amico di un ragazzo non lo farebbe.”
Sorrisi facendo di tutto per non far trapelare nulla, perché parlandoci chiari, avrei voluto ridere sguaiatamente e raccontargli ogni cosa. “Se ci sarà qualcos’altro da dirti, sono sicuro che la condivideranno con te quando ne sentiranno la necessità,” dissi invece.
“Suppongo di si. Spero solo che non abbia dato loro l’impressione che li giudicassi se ci fosse... qualcosa.”
Sfortunatamente, con il suo modo di essere, non potevo dire per certo che non lo avesse fatto. Se lo aveva fatto, non intendeva farlo di sua spontanea volontà, da quello che sapevo, ma non si poteva escludere nulla. 
“Da' loro solo un po’ di tempo, Harry.”
“Si, si,” disse sdegnosamente. “Il punto, comunque, è che domani andiamo da Zayn alle sei per una pizza, birra e Wii.”
Esitò, indirizzandomi un’occhiata ansiosa. 
“Se sei d’accorso ovviamente.”
“Non credo lo sia per la Wii,” dissi, volgendo il mio sguardo sul mio stomaco per un secondo, “e non sono sicuro nemmeno per le birre.”
“La pizza va bene comunque, giusto?” chiese speranzoso. “Andiamo, voglio che tu venga.”
“Certo che verrò,” dissi, cercando di nascondere il sorriso soddisfatto trattenuto fra le mie labbra. “Non rinuncerò ad un’opportunità per avere un po’ di pizza. In più, è da un po’ che non vedo Zayn e Liam adesso. Verrà anche Niall?”
“Come se si perdesse un’occasione per prendere a calci in culo Zayn alla Wii,” ridacchiò.
“E non voglio certo perdermi una cosa del genere,” attestai, “quindi verrò definitivamente.”
“Bene,” sorrise. “Ma fammi sapere immediatamente se sei stanco o se stai male oppure se c’è qualcosa che non va, okay? Promettimelo!”
“Sei diventano ansioso,” commentai.
Mi rivolse un’occhiata che mi fece capire di prenderlo con serietà, e sospirai.
“Ma si, te lo prometto.”
“Grazie.”
“Non c’è di che.”
Sorrise e si appoggiò sui cuscini dietro di lui, chiudendo gli occhi.
“Credo che debba andare da Lauren per fare una chiaccherata con lei adesso,” disse. “Ma cosa ne dici se al mio ritorno facessimo quel picnic che avremmo dovuto fare una settimana fa?”
Sorrisi sorpreso.
“Pensavo che te ne fossi dimenticato.”
“Certo che non l’ho fatto,” disse. “Altre cose sono andate di mezzo. Quindi che ne dici? Parlerò con Lauren, poi andrò a prendere un po' di cose da mangiare al ritorno - tramezzini, succo, biscotti, croissant, un po’ di frutta-”
“E cioccolata.”
“Cioccolata?”
“Non fare domande ad una persona incinta, Harry. Il risultato potrebbe essere fatale.”
“Okay, cioccolata sia.”
“Bravo ragazzo.”
“Woof woof.” Ghignò. “Ma okay, è tutto programmato allora. Sarò di ritorno per le quattro, e andremo al parco, okay?”
Annuii.
“Certo. E... cerca di non spaccarle la mascella o altro quando la vedrai, okay?”
“Io non picchio le ragazze,” disse. “Comunque devo ammettere che avrei voluto farlo un paio di volte ultimamente.”
Sorrisi leggermente.
“Credo di doverti consigliere di contenerti. Ti prenderebbe a calci in culo in un modo o nell’altro, no? Una volta mi hai detto che fa karatè.”
“E io gioco a calcio. Posso calciare.”
“Sono sicuro che tu possa farlo,” dissi, picchiettandogli velocemente il ginocchio. “Adesso alzati, vestiti ed esci fuori.”
“Mi stai cacciando fuori dalla mia stessa stanza?” chiese con un sopracciglio alzato nella mia direzione. “Perché non esci tu?”
“Perché sto programmando di restare qui finché non tornerai,” dissi. “Non posso scomodarmi spostandomi proprio adesso che sono comodo. Ed è stato il tuo urlare che mi ha svegliato, quindi ricambia prestandomi il tuo letto per un paio di ore.”
“Come se non trascorressi il cinquanta percento del tuo tempo qui comunque,” disse mentre si alzava dal letto dirigendosi verso l’armadio. Con la sua spalla rivolta verso di me, fece un passo avanti per togliersi e sfilarsi i suoi vecchi jeans e la maglia da sopra la testa, concedendomi un’ottima vista del suo fondoschiena. Era davvero carino. Le mie guance diventarono un tantino rosa, ma i miei occhi rimasero posati su di lui mentre tirava fuori dall’armadio una maglietta e un paio di jeans puliti per infilarli, e quando si voltò verso di me per guardarmi, aveva un sorriso stampato in faccia che mi diceva che sapeva che lo avevo fissato.
“Okay, se hai finito di guardarmi,” iniziò. “Adesso uscirò per fare altro oltre al fatto di essere fissato come se fossi un bocconcino.”
Le mie guance si colorarono ancora più di rosa.
“Non stavo fissando.” 
Chiaramente non di credette, e io mi schiarii la gola prima di aggiungere: “Stavo solo... guardando di sottecchi.”
“Se hai voglia di guardare un altro po’ di sottecchi,” disse mentre si dirigeva verso la porta. “Potresti cercare di indovinare la password del mio hard disk di google. Ci sono un paio di miei nudi salvati da qualche parte.” Con quello e un noioso ghigno, fece un passo fuori dalla porta e la chiuse, lasciandomi con una bocca mezza aperta e una sensazione crescente di  eccitazione nello stomaco. 

*

Aveva detto che sarebbe tornato alle quattro, ma erano appena le tre e un quarto quando ritornò a casa. Prima di quel momento, avevo avuto il tempo di riposare un po’, fare una doccia impacciata, - con la porta aperta, perché apparentemente Anne ed Harry erano d’accordo che io avessi grandi probabilità di poter cadere e svenire incosciente, quindi era importante che arrivassero velocemente da me se fosse successo - prepararmi qualcosa da mangiare che consisteva in patate super fritte e pudding al cioccolato e di sedermi sul divano difronte la TV per mangiarlo. Avevo appena infilato in bocca il primo boccone di patatine quando sentii la porta principale aprirsi. Dopo una breve occhiata all’orologio del lettore DVD, arrivai alla conclusione che si trattasse del resto della famiglia di ritorno dal pronto soccorso.
“Sono troppo pigro per alzarmi, ma tutto bene?” di conseguenza chiesi, la testa oltre la mia spalla per essere in grado di vedere l’entrata. 
“Tutto bene,” arrivò la voce di Harry dall’entrata un secondo prima che apparisse. “Nessuno è stato ferito fisicamente, ma Lauren è pazza, si è rifiutata di scusarsi e sembrava del parere che causare dei tagli profondi nella schiena di un bimbo di tre anni fosse okay.” 
Si sedette al mio fianco con un sospiro e uno sguardo incredulo e arrabbiato in viso.
“Cosa ci trovavo in lei, Lou?” chiese allora. 
“Non ne ho idea,” risposi onestamente e infilai un cucchiaio di pudding in bocca.
“Si, nemmeno io,” brontolò. “Voglio dire, lei- lei non è stata sempre così cattiva, no? Non poteva esserlo. Per favore dimmi che non è sempre stata così cattiva. Per favore.”
Arricciai la bocca cinicamente e alzai leggermente il sopracciglio, incredulo, verso di lui. 
“La ragazza ha trascorso gli ultimi sei mesi a prendermi in giro, criticandomi e sostanzialmente mettendoci tutta se stessa per togliermi quella mezza stima che ho” dissi seccamente. “Quindi non credo di essere la persona giusta per chiedere se era così cattiva o meno.”
Feci una breve pausa. 
“Ma dal momento che me lo stai chiedendo: Si, è stata sempre così cattiva.”
Gemette e si passò una mano sul viso. “Liam, Niall e Zayn mi avevano detto fin dall’inizio che non era... beh, non era carina, ma io ho- non lo so nemmeno. Mi piaceva. Non solo dal suo aspetto, ma perché io... era diversa da chiunque altra, non così appiccicosa e roba del genere, più disinvolta e rilassata. Mi piaceva all’inizio, era facile, rilassante. Ed era brava a letto, non posso non ammetterlo.”
“Per favore non mi dire che sei rimasto con lei così tanto tempo solo perché era una buona scopata,” commentai. “So che alcuni ragazzi sono così, ma per favore non dirmi che tu ne fai parte, non adesso che sembravi esser diventato un essere umano decente.” 
“Certo che non l’ho fatto,” disse, all’apparenza un tantino offeso. “Non faccio sesso con lei da, non so nemmeno io, tipo anni.”
Sollevai le mie sopracciglia sorpreso. E forse gioendo?
“No?”
“No,” confermò.
“Oh. Okay allora.”
Afferrai un’altra patatina e la stanza si avvolse di nuovo in un piacevole silenzio eccetto per i rumori che provenivano dalla TV mentre masticavo e ingoiavo.
“Cosa... cos'è successo allora? Sei ancora...?” Feci rimanere in sospesa la domanda nell’aria, ma sembrò capire cosa intendessi. 
“Si, no, non ho rotto,” disse.
“Perché no?” chiesi. “Hai appena detto che-”
“Non è semplice, Lou.”
“Ma perché no?”
“Louis, per favore.”
Non riuscii a fare a meno di offendermi e di indirizzargli un’aspra occhiata.
“Non dire 'per favore' a me!” dissi ad alta voce. “Se c’è davvero un altro motivo per il quale vuoi stare ancora con lei dopo questo, credo davvero che mi sia meritato invece una chiara e lecita spiegazione invece di avere te seduto lì e-”
“Lo sa, okay?” mi interruppe bruscamente.
Con un inaspettato movimento, si alzò in piedi e guardò me verso il basso.
“Sa tutto riguardo- riguardo a quei ragazzi con cui ho scopato quest’estate.”
Sbattei gli occhi uno, due, tre volte, assimilando l’informazione, e dopo sospirai sonoramente. 
“Ti ha ricattato, è così?” chiesi. “Lo ha fatto per parecchio tempo? È perché-”
“No, no, non sapevo che lo sapesse fino ad un’ora fa,” disse scuotendo la testa fermamente. “Ma mi ha fatto capire che se avessi rotto con lei, lo avrebbe detto a tutti.”
Lentamente, poggiai forchetta e coltello nel piatto, appoggiandoli di conseguenza  sul tavolo difronte a me. Per un po’ di tempo lo osservai semplicemente, dubbiosamente e giudiziosamente. 
“E per quanto tempo hai in mente di rimanere nascosto a tutto il mondo, Harry?” chiesi con calma. “Liam, Zayn e probabilmente anche Niall , già sospettano che tu sia gay, o almeno bisessuale, e loro desiderano che tu faccia uno sforzo dicendo la verità, quindi non è che loro ti giudicheranno. E sai anche benissimo che non lo farà nemmeno la tua famiglia, quindi non capisco di cosa tu sia così tanto spaventato.”
Lentamente e quasi impercettibilmente, scosse la testa come per dirmi che non avevo capito.
Ci volle un minuto pieno prima che le sue spalle di rilassassero e gli occhi si chiudessero.
“Non voglio essere attratto dagli uomini, Lou,” disse tranquillamente. "Voglio essere attratto da sole ragazze e donne, voglio sistemarmi con una ragazza, sposarmi con una ragazza ed avere una famiglia con una ragazza. Questo è il modo in cui mi sono sempre  visto, ed è dura rendersi conto così d'un tratto che il modo in cui hai sempre visto la tua stessa vita è stata solo una bugia. Non voglio che le cose cambino, e se inizierò a dire alle persone che mi piacciono gli uomini, beh, tutto sembrerà ancora più reale.”
“È già reale, Harry,” dissi, la mia voce acuta più di quanto avessi immaginato. “E avere te lì a dirmi che odi il fatto di essere attratto dagli uomini, fa male, perché io so che provi qualcosa per me, e quindi sembra come se tu ne sia disgustato sull’esserlo dagli uomini, il che lo fa apparire come se fossi disgustato da me.” 
I suoi occhi si spalancarono in modo ridicolo, e immediatamente si rimise seduto al mio fianco, adesso più vicino di prima, le nostre cosce si sfioravano. 
“Questo non è quello che intendevo,” disse. “È solo che non mi sono mai immaginato innamorato con un ragazzo. È così nuovo, nonostante sia quasi un anno che sia iniziato, ed è ancora spaventoso. Non sono spaventato di quello che le altre persone possano pensare di me, no davvero, questo non è la cosa più difficile; la parte più dura è di dover accettare il fatto che questo sono io. So che mi piacciono i ragazzi tanto quanto le ragazze, e questo mi sta bene, ma ho bisogno di accettarlo come una parte effettiva di me stesso invece che vederla come un... difetto. Non ha nulla a che fare con te, lo giuro.”
Questo era un nuovo aspetto che non avevo considerato prima, e annuii.
“Io... io speravo che me lo avresti detto prima, avrebbe reso molto più semplice per me capire cosa stessi pensando. E nemmeno io avevo questa pazza voglia di uscire allo scoperto, ma non ne sono più spaventato, non come lo ero almeno. Il punto è che ho capito che tu vuoi del tempo per pensarci, ma... tieni in mente mentre lo fai che le persone a te vicine non ti giudicheranno. Se proprio dovessero farlo, ne saranno risollevati.”
Finalmente un sorriso apparve sul viso, e dopo volse lo sguardo sul suo ventre per un momento. 
“Si, lo so,” dissi e alzò di nuovo lo sguardo. “Ma permettimi di farti una domanda, okay?”
“Va avanti.”
“Quanto tempo aspetterai prima che io esca allo scoperto?” chiese. “Hai già aspettato per parecchio tempo, hai dovuto affrontare anche i miei sbalzi di umore e tutto, quindi quanto tempo aspetterai ancora?”
Sorrisi appena. “Non ti salterò addosso non appena romperai con Lauren comunque,” dissi. “Abbiamo così tanti argomenti da chiarire dopotutto, e c’è un bambino da considerare e altro, quindi non sento la necessità di far affrettare le cose. Prima pensa a te stesso, e dopo possiamo pensare a noi stessi.”
Annuì lentamente mentre osservava niente in particolare, ma sembrava che stesse pensando a qualcosa. Andò avanti così per mezzo minuto prima che si mordesse le labbra concisamente, indirizzando di nuovo il suo sguardo verso di me e sorridendomi.
“No, sai cosa? Voglio fare un patto,” disse. 
“Un patto?” chiesi sorpreso. “Che tipo di patto?”
“C’è un ballo scolastico il 17 Giugno,” disse. “E' fra un mese più o meno. Allora il bambino sarà nato e, se tutto andrà secondo i nostri piani, dovremmo decidere cosa fare con lui.”
Una vaga speranza iniziò a formarsi nel mio petto, ma timoroso di averlo frainteso, non feci nulla all’infuori di annuire per dargli la possibilità di farlo continuare.
Inspirò intensamente.
“Mi piacerebbe portarti,” dissi. “Al ballo. Se ci vuoi andare con me ovviamente.”
Vere lacrime iniziarono a formarsi nei miei occhi non appena le parole fuoriuscirono dalla sua bocca, e dopo proseguii dicendo “si”, che venne fuori in un imbarazzante urlo. Qualcuno non si emozionerebbe solo perché gli è stato chiesto di andare ad un ballo, giusto? Scelsi di dare la colpa agli ormoni. A dire la verità, quando ci penso, probabilmente sono stati davvero gli ormoni.
Principalmente.
“Dovrei intendere quel verso così attraente come un si?” chiese, i suoi occhi luccicavano. 
“Si certo, si,” dissi in maniera diretta, strofinandomi gli occhi velocemente prima che le lacrime fuoriuscissero e colassero sul mio viso. “Certo che voglio venire con te.”
Il suo viso si illuminò con un sorrisetto.
“Fantastico,” disse. “Quindi, si, dammi tempo solo fino al 17 Giugno, e Lauren sparirà. Probabilmente prima dovrei dirlo ai miei genitori, a Liam, a Zayn e a Niall, comunque.”
Annuii.
“Si, mi sembra giusto. Quando-”
“Non lo so, ma prima del 17 Giugno,” mi interruppe.
“Quindi,  a partire dal 17 Giugno, siamo... cosa?”
Arricciò il naso pensosamente.
“Non lo so,” disse. “Ma ci penseremo, okay?”
Annuii; se mi stava portando al ballo, ero dannatamente sicuro che non avrebbe fatto storie riguardo a qualcosa di così futile come a voler chiarire cosa fossimo. 
“Si, sono d’accordo con tutto.”
“Grande!” esclamò. “Adesso cosa ne dici di andare al parco a fare un picnic, si?”
Indirizzai un misero sguardo al mezzo piatto di patatine e di pudding al cioccolato prima di spostarlo sul piatto e chiedere “possiamo insacchettare anche quelli?” facendo cenno con il dito.
Lanciò un’occhiata veloce.
“Questo è fottutamente disgustoso,” commentò. “Ma va bene, possiamo insacchettarlo.”

*

Il tempo era bello quel giorno - il cielo era blu e il sole brillava -, e il parco era pieno di famiglie e coppie felici quando arrivammo. Mi sentivo un completo idiota mentre camminavamo sul vasto prato, passando davanti a numerose persone che mi rivolgevano strane occhiate, in cerca di un albero dove avremmo potuto sederci in modo tale da avere un qualcosa su cui appoggiarmi. 
“Stai bene?” chiese Harry dopo di aver camminato per un paio di minuti.
“Si, sto bene,” dissi. “E' solo che non esco da tanto tempo. È bello. L’aria fresca e tutto. È tipo bello vedere persone che non sono dottori o dipendenti di agenzie di adozioni maleducati anche.”
Si mise a ridere.
“Quella donna era davvero una puttana; pensi che possiamo richiedere qualcun altro?”
Feci spallucce.
“Non lo so. Non capisco perché la dottoressa Hayes ci abbia fatto andare da lei.”
“Ha detto che era una sua amica, no?”
"Si, e che non avrebbe giudicato in nessun modo.”
“Credo che si sbagliasse.”
“Si. Non sono sorpreso comunque.”
“Cosa? Come mai?”
“È stata la prima persona comunque a venire a conoscenza di tutto questo senza accettare la verità. Sono sorpreso che non sia accaduto prima.”
Abbassò lo sguardo in basso indignato.
“Non c’è nulla da non accettare qui, sei solo-”
“Un ragazzo incinto,” dissi in modo sconcertante. “È strano, Harry, posso notarlo anche io.”
Camminammo quasi verso la fine del parco fini ad allora, e stavo giusto per dire che ci saremmo dovuto arrangiare senza albero, quando improvvisamente Harry si bloccò di colpo. Mi fermai anche io e lo guardai curiosamente, sorpreso di trovare i suoi occhi spalancati e la bocca allo stesso modo. 
“Cosa?” chiesi. 
Senza dire nulla, sollevò una mano e indicò un punto di fronte a noi sul prato. 
Sentendomi un tantino frastornato e senza avere il tempo necessario di pensarci cosa sarebbe potuto essere quello che lo aveva impressionato tutt’ad un tratto, mi voltai per vederlo con i miei stessi occhi.
“Oh,” allora sussurrai, un pesante grumo di strano vuotò colmò nel mio petto, facendomi sentire come se stessi per soffocare. Quello che Harry aveva indicato erano due persone che venivano verso di noi. ‘Due persone’ significava mamma e Ian. Stavano camminando mano nella mano, sorridendo e ridendo, e qualcosa a quella vista mi fece sentire incredibilmente triste. Non mi interessava molto di Ian, ma il fatto che mia madre apparisse spensierata, felice e libera... feriva. Non sembrava che il fatto di non vedermi per un mese la irritasse più di tanto, e-
“Oh Dio,” pronunciai in modo strozzato, stringendo una mano sulla bocca e deglutendo aspramente, scongiurando me stesso di non iniziare a piangere nel bel mezzo di un parco affollato. Si stavano avvicinando a noi, e sapevo che non c’era nessun altro modo per tornare indietro e andare via. In un paio di secondi ci avrebbero visti. Non ero esattamente in un momento per poter affrontare una cosa simile. Solo Dio sapeva cosa avrei fatto.
Harry si avvicinò a me, poggiò una mano confortevole sulla mia spalla e biascicò un basso “rilassati, andrà tutto bene, solo calmati” sussurro.
Apparentemente aveva notato quanto mi fossi irrigidito. Accade tutto come se stessi vivendo a rallentatore; si avvicinavano sempre di più, camminando dritti continuando a sorridere e ridendo come prima. Per mezzo secondo, sembrò come se ci stessero superando, perché erano distanti da noi solo due metri e ancora non ci avevano visti. Ma dopo, nel momento in cui i loro corpi si allinearono parallelamente ai nostri, due metri alla nostra sinistra, mia madre volse la testa indietro nel bel mezzo di una risata, e i nostri occhi si incrociarono. Proprio come aveva fatto un minuto prima Harry, si fermò di colpo e mi guardò. 
“Cosa succede?” chiese Ian, ovviamente non avendoci ancora adocchiati.
Mia madre non rispose, continuò a guardami. Ian trascorse più di due secondi confuso prima di seguire i suoi occhi e-
“Oh, ciao Louis.”
Ciao Louis? Era serio? Probabilmente. I robot malvagi non erano in grado di scherzare. 
“Non hai perso nemmeno un po’ di peso, da quel che vedo,” continuò. "Semmai, sembra che tu sia peggiorato.”
Indirizzò un’occhiata sdegnosa a Harry.
“Ma sei riuscito a trovare un fidanzato.”
Lottai per tenere sotto controllo il viso, ma non riuscii a non far tramare il labbro o a quel grumo di non diventare ancora più grande, causando al mio respiro di fuoriuscire in brevi e deboli conati. C’era un rumore continuo nella mia testa che faceva apparire tutt’intorno - bambini che giocavano, uccelli che cinguettavano, persone che ridevano, macchine in movimento - come se fosse tutto lontano da me. Non mi ero mai sentito così prima d’ora - quest’anima lancinante, sangue che ribolliva, mente intorpidita dalla sfiducia, sconfitta, umiliazione, odio e tristezza - e non avevo nessuna intenzione di provare qualcosa del genere mai più. La tristezza e la sconfitta erano dirette a mia madre, perché nonostante avesse al suo fianco Ian, quando mi avevo cacciato da casa, io le volevo bene ed era orribile che fossimo così distanti. La restante parte delle emozione era rivolta a Ian comunque, perché era tutta colpa sua. Se non fosse piombato nelle nostre vite e non avesse distrutto tutto, starei ancora vivendo nella casa a cui appartenevo.
“Come... come sta Owen?” riuscii a pronunciare dopo aver passato un bel po’ di tempo in silenzio.
“Si è trovato una ragazza,” disse Ian, e giuro di aver sentito nella voce un tono beffeggiante e malizioso.
“Oh,” dissi. “È una buona cosa per lui. Salutalo da parte mia.”
Ian mi rivolse un sorriso stretto in risposta, e senza dire un’altra parola, iniziò a camminare di nuovo, trascinando con se mamma che mi guardò da dietro la sua spalla mentre andavano via e mi offrì un sorriso tentennante che non ricambiai. 
Il mio corpo rimase rigido come un palo finche non fu più possibile vederli, dopodiché svoltarono e scomparvero, ed io improvvisamente mi sentii come un palloncino che veniva sgonfiato. Barcollai di lato, dovendomi aggrappare ad Harry e un lieve piagnucolio fuoriuscì dalla mia bocca.
“Ehi Lou? Stai bene?” chiese immediatamente, apparentemente preoccupato, quasi spaventato. 
“No, si-, io-, no, p-penso di voler tornare a casa,” sussurrai, afferrando la sua maglia come se la mia vita dipendesse da essa. “Per favore?”
“Si, certo,” disse mentre stringeva la presa intorno alla mia vita. “Andiamo, possiamo farlo un’altra volta se vuoi.”
Non risposi, mi feci solo guidare lungo il prato fin dove la macchina era parcheggiata.
Il primo periodo trascorso in macchina passo in completo silenzio; Harry aveva gli occhi diretti verso la strada, la stretta intorno al manubrio era ferrea, ed ero io che non avevo idea di cosa dire anche se avrei voluto dire qualcosa. Fu in quel momento, mentre accostò ad una pompa di benzina, che improvvisamente una dolorosa fitta percosse il mio basso schiena, facendomi emettere un sorpreso “oh!” e appoggiare istintivamente una mano sul mio stomaco. 
Immediatamente Harry volse il suo sguardo verso di me.
“Cosa c’è?” chiese, la sua voce un tantino irrequieta. 
Deglutii e presi un respiro prima di scuotere la testa, tuttavia senza incontrare il suo sguardo.
“Niente, ha solo scalciato,” mentii.
Harry era già sulla buona strada per svenire a causa della preoccupazione; non c’era bisogno di dirgli qualcosa che sarebbe statp ancora più terrificante.
Lo sentì emettere un sospiro di sollievo.
“Fammi sapere se c’è qualcosa che non va, okay? Anche se pensi che sia una sciocchezza.”
“Certo, ovviamente.” Il senso di colpa per avergli mentito non affievolì la montagna di emozioni che già mi stavano percuotendo. 
Il resto della famiglia ritornò a casa non appena varcammo la porta di casa, ma a causa di quello che era successo, non erano di buon umore. Quello, insieme a quello che avevamo sperimentato io ed Harry, fu il risultato della categoria di ‘cene orribili’ visto che nessuno si scocciava di parlare o altro, all’infuori di masticare il cibo in bocca.
Pensai fra me e me che nessuno si era preoccupato di preparare la cena.
Il resto della giornata mia e di Harry fu trascorso a letto, alternando tra l’appisolarsi, dormire e parlare sotto al cielo che non aveva nessun senso. Sapevo che voleva chiedermi come stavo, entrambi riguardanti il bambino e anche mia madre e Ian, ma tenne la bocca chiusa. Cosa di cui gliene fui grato - se me lo avesse chiesto, avrei dovuto mentirgli, cosa che non volevo fare.
E quella fu la ragione del motivo per cui fui eternamente grato di ritornare nella mia camera, sano e salvo sotto le coperte prima che l’orologio segnasse le undici. L’orologio digitale del mio telefono segnava due minuti prima delle undici quando la stessa sensazione dolorosa che avevo sentito in macchina, mi colpì di nuovo; l’intensità era più o meno la stessa di prima, ma questa volta durò di più, all’incirca per quattro o cinque secondi per essere preciso. Mi morsi il labbro e appoggiai la mano sul mio stomaco, osservandolo ansiosamente.
“Puoi scalciare un po’, piccolo?” sussurrai. “Voglio solo sapere se stai bene lì dentro.”
Non arrivò nessuna risposta, e mi accigliai leggermente. Non accadde più nulla dopo quello comunque, quindi chiusi gli occhi e cercai di addormentarmi. Si dimostrò un’impresa impegnativa, ma all’incirca dopo un’ora, ero verso la via del mondo dei sogni. Il problema fu che proprio in quel momento fui svegliato di nuovo brutalmente dalla stessa serie di dolori, rendendomi più o meno conto che fossero simili a delle piccole fitte. Erano dolorose, non così dolorose da sentire la necessità di raggomitolarmi su me stesso o qualcos’altro a livello fisico che mi indicava che stessi agonizzando. 
Non poteva essere qualcosa di così brutto, vero?
“Per favore piccolo,” borbottai stancamente, accarezzando la mano di lato al mio stomaco. “Mi serve solo un calcio che mi faccia calmare un po’."
Non ricevetti ancora nessuna risposta comunque, e sospirai. Ancora una volta cercai di riaddormentarmi, ma questa volta lo trovai ancora più difficile da fare. 
Passò un’altra ora prima che un calcio interrompesse il mio tentativo di appisolarmi, e aprii gli occhi sporgendomi.
“Ti ringrazio,” sospirai. “Pensi che potremmo- oh!”
Un’altra serie di piccole fitte mi percossero, adesso comunque non localizzate dietro la schiena, ma anche allo stomaco. Durò più o meno cinque secondi prima di affievolirsi nel nulla, lasciandomi con un’immediata e crescente sensazione di paure e ansia.
Mi addormentai alla fine, ma tutto questo dopo due ore e dopo altre due serie di dolori.



HI FELLAS! 

Questa volta desidero commentare in modo diverso, perché ho parecchie cose da dire (sopportatemi, vi voglio bene) perché, dopo la lettura di questo capitolo ognuno avrà un viso cereo, gola secca e occhi spiritati, quindi non perdo altro tempo. 
Nessuno, e ripeto nessuno, credo si sarebbe mai aspettata una cosa del genere, o sarebbe meglio dire ‘cose?
Lauren che lancia un sasso ad una finestra sbagliata e.. fa ferire uno due gemellini? Un evento sconcertante. Ma credo sia servito a far stare sulle scatole, una volte per tutte, Lauren ad Anne. 
Quello che accade dopo forse è ancora più bello/non ci sono aggettivi/meraviglioso, c’è una confessione, dei chiarimenti che cambiano il corso di tutta la storia; il nostro Harry ha fatto tanti passi da gigante, lo ha fatto solo per colui a cui tiene così tanto e anche per il suo piccolo Aidan. Traducevo sorridendo e con le lacrime agli occhi, non biasimatemi, sembrava quasi incredibile assistere ad una scena così familiare e intima, facendomi dimenticare quello che.. ci sarebbe stato dopo.
Purtroppo. 
Ian ed Johannah. 
Solo nominandoli vorrei lasciar perdere tutto e cancellare tutto. Ma non è possibile. 
Ho provato le stesse sensazioni di Louis: abbandono, tristezza e frustrazione. 
Una madre non avrebbe mai fatto una cosa del genere al proprio figlio che ha fatto nascere e  che ha cresciuto, mai. Sfortunatamente, e a malincuore, devo confessarvi che le cose non miglioreranno fra madre e figlio, ed è tremendamente triste. Tutta questa tristezza viene placata da una persona che per il nostro Louis è tutto. 
Wow. Questo capitolo è stato uno dei più intensi che io abbia mai tradotto, ed è stato meraviglioso farlo. Dovete sapere che mentre si traduce in mente ti balenano tante immagini ed emozioni indescrivibili, o per lo meno con questa storia è sempre così ahahaha. 
Siamo al trentacinquesimo e ho una sensazione che mi stringe il petto; sette (compreso epilogo) alla fine di questa storia che ha rapito in tutti i sensi molte persone.
Forse non è il caso di ribadire questo concetto triste, vero? Siamo sotto Natale e tutto luccica, brilla ed emana emozioni memorabili. Ma soprattutto è il primo Natale che festeggio con voi, e ringrazierò la mia Giulia e voi che mi avete fatto sentire così ogni singolo giorno  passato a scrivere e a parlare con qualcuno che definisco ‘piccola famiglia’,
Grazie dal profondo del mio cuore. 
Spero di essere ancora qui a scrivere l’anno prossimo, di augurarvi un altro ‘buon Natale’ a tutte voi.
Dopo tante parole commoventi (si, come no)  direi che è arrivato il momento di salutarvi e di augurare buon Natale anche se in ritardo e buone feste a tutte, anche alle vostre famiglie! 
Noi ci sentiamo non per forza all’anno nuovo, ma sommersa nei compiti come sto adesso non so se tradurrò. Ma.. mai dire mai! 
Scrivetemi qui o su twitter, sappiate che ci sarò.
Un bacio e ancora buon Natale e tutte (strafogatevi) ♡ 
A presto x.

Ana. 
 

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Capitolo 36
*** How long have you known? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 36



Da quanto tempo lo sai?

Domenica 8 Maggio
Trentasette settimane e sei giorni


Fu con un guaito, un lamento e un brontolato “stupido bambino” che mi alzai dal letto la mattina dopo. Avevo passato la notte in uno stato di totale agitazione, e anche se avevo avuto, a volte, un' ora per dormire, fu così: un'ora di sonno, un'ora di veglia, un'ora di sonno, un'ora di veglia, ed ero andato avanti così per l'intera nottata. Inutile dire che fossi di cattivo umore quando feci la doccia quella mattina. O forse 'mattina' era il termine sbagliato da usare visto che era mezzogiorno passato. Harry doveva ancora svegliarsi quando entrai in cucina per trovare qualcosa da mangiare per colazione, ma Connor, Adrian e Anne erano lì, seduti al tavolo con un cesto di panini e diversi tipi di condimenti sparsi sul tavolo.
Senza salutare come facevo normalmente, mi accasciai sulla sedia e posai lo sguardo sul tavolo, sospirando penosamente. Rimasi seduto così per un po', sforzandomi di far rimanere gli occhi aperti e cercando di non cominciare a piangere in pura disperazione. Dio sapeva quanto lo volessi fare.
“Sei stanco?” chiese la voce di Connor dopo che fu passato qualche minuto di silenzio.
Alzai gli occhi per guardarlo e feci del mio meglio per sorridere. Spaventare un bambino solo per un po' di dolori non poteva essere una scusa per dirgli che avevo passato una brutta nottata.
“Si, un po',” dissi.
“Perché?” chiese immediatamente, spalancando innocentemente gli occhi verso di me. “Ti fa male anche la schiena?”
Era stato parecchio strano il modo in cui con quel commento mi avesse fatto sentire a casa, ed il mio sorriso si allargò ancora di più – se fosse possibile. A quel punto probabilmente sembrava più una smorfia.
“Un po',” risposi vagamente prima di riportare in fretta lo sguardo verso il tavolo. Stare seduto lì e mentire ad un bambino di tre anni non mi faceva sentire proprio bene.
Con la coda dell'occhio, vidi Anne mettere giù sul piatto il bagel* che stava per portare alla bocca. Pregando che non avesse intenzione di iniziare a chiedere una serie di domande, la guardai e le sorrisi.
“Va tutto bene,” dissi prima che avesse il tempo di dire qualcosa. “Ha semplicemente scalciato tutta la notte come un pazzo.”
Il sospetto nei suoi occhi non scomparve totalmente, sbiadì solo un po', ma ora almeno un sorriso storto contornava la sua bocca. 
“Prova a trovare un po' di conforto nel fatto che tra due settimane sarà tutto finito,” disse. “Quando ero incinta di Harry, era di quasi due settimane di ritardo ed ero quasi pronta ad urlare contro di lui pur di farlo uscire di lì.”
Riuscii a forzare una risata – o almeno sembrava tale – e mangiucchiai distrattamente un'unghia.
“Beh, lui dovrebbe uscire il ventiquattro Maggio,” dissi. “Quindi non c'è nessun ritardo. Grazie a Dio.”
Lei sorrise di nuovo, prese un morso del bagel e cadde il silenzio mentre masticava e lo ingoiava. Il mio appetito era improvvisamente e inaspettatamente scomparso, ed il cibo che era stato messo circa distante un metro e mezzo da me, sembrava più rivoltante che appetibile. Guardandolo con disgusto, decisi che saltare la colazione sarebbe stata un'idea intelligente visto che non avevo alcuna intenzione di far ricominciare la nausea.
“Quali sono i tuoi piani per la giornata?” chiese Anne curiosa. “Harry ha detto qualcosa riguardo al vedersi con alcuni amici.”
Stavo per rispondere, quando sentii qualche passo dietro di me e, un attimo dopo, un paio di mani sulle spalle. 
“Ci vediamo con Liam, Zayn e Niall mamma,” disse la voce di Harry. “Usciamo verso le cinque e mezza.”
Voltai la testa di lato e guardai verso di lui, rivolgendogli un sorriso, uno vero questa volta.  Lui sorrise a sua volta e mi offrii un 'buongiorno' prima di chinarsi e, con mia leggera – o immensa – sorpresa, premere le labbra sulla mia guancia per un breve secondo. Sbattei le palpebre verso di lui con aria interrogativa, ma lui mi sorrise di nuovo prima di sedersi sulla sedia di fianco alla mia e allungare la mano per prendere un bagel. Le mie guance si erano leggermente scaldate al segno d'affetto inaspettato e, a giudicare dallo sguardo un po' stupito di Anne, che stava fissando Harry e me, mi fece capire che lei se lo aspettasse ancora meno di me. Harry non sembrò accorgersene però, o forse scelse di ignorarla, e, invece di dare una spiegazione, mangiò semplicemente il bagel con un piccolo sorriso giocoso negli occhi.
“Okay, quindi starai bene, Louis?” chiese Anne quando sembrò rendersi conto che Harry non era intenzionato a dare alcuna spiegazione.
Sbattei le palpebre, confuso.
“Starò bene con cosa?”
“Stasera.”
“Oh, si, certo,” dissi, agitando la mano con noncuranza. “Altrimenti, mi limiterò a tornare a casa, non preoccuparti.”
“Prova a dire una cosa del genere quando con te ci vive una persona in gravidanza,” si intromise Harry. “Più facile a dirsi che a farsi, credimi.”
“Beh, è capitato che sia io ad essere quello in gravidanza,” gli dissi. “Quindi penso che debba essere io a determinare se sto bene.”
O forse non dovrei; il fatto che avevo avuto fitte di dolore praticamente ogni ora per tutta la notte e avevo scelto di non dirlo a nessuno, non era proprio da persone responsabili, vero? Ma, ad essere onesti, non volevo che loro si preoccupassero per qualcosa per cui non valeva la pena farlo. Ero incinto di quasi nove mesi, quindi era ovvio che sentissi un po' di dolore; nulla di anormale, giusto?
“Non mi fido molto,” mormorò. “Ma fino a quando mi farai sapere se c'è qualcosa che non va, seguirò te e il tuo desiderio di essere una signorina indipendente.”
“Signorina indipendente,” ripetei. “Grazie Harry. Mi stai facendo sentire molto mascolino.”
“Non sarai mai mascolino, incinto o no,” ridacchiò e si guadagnò uno sguardo di disappunto da Anne e uno schiaffo dietro la testa da me.
“Penso che andrò a sdraiarmi un po',” dissi ed allontanai la sedia dal tavolo. “Ho bisogno di dormire un po' prima di-”
Mi fermai lì perché il mio corpo aveva deciso che solo allora era arrivato il momento di creare l'ennesima contrazione, attraversandomi tutto il corpo. Dovetti lottare con tutto me stesso e utilizzare ogni centimetro di autocontrollo di cui ero in possesso per essere in grado di mantenere un’espressione seria, ma nonostante ciò, sia Anne che Harry spalancarono gli occhi verso di me, chiaramente sospettosi e preoccupati. Non appena la prima contrazione finì, dopo circa venti secondi, sorrisi e scossi la testa.
“Sta scalciando,” offrii come una spiegazione. “E l'ha fatto talmente tanto spesso nelle ultime dodici ore, che adesso sta iniziando ad essere un po' doloroso.”  
“Non ti ha incrinato le costole, vero?” chiese Anne.
“È possibile? Pensavo che succedesse solo nei film.”
“E' possibile,” dichiarò. “Quindi lo ha fatto?”
Scossi la testa.
“No, non ha incrinato niente, sono solo un po' ammaccato, ecco tutto. ”
Non mi faceva sentire bene mentire faccia a faccia, ma non volevo farli preoccupare quando non ce n'era motivo. Ignorando i loro continui sguardi di apprensione, mi alzai e andai via il più velocemente possibile prima che il mio corpo mi avrebbe fatto qualche altro brutto scherzo. Circa il secondo in cui arrivai nella mia stanza e chiusi la porta, dovetti stringere i denti e le mani in un pugno per non fare uscire nessun suono mentre le interiora del mio stomaco e della schiena si contraevano. Camminai – o barcollai sarebbe il termine più corretto – verso il letto e mi lasciai cadere su esso, rannicchiandomi e cercando di controllare la respirazione.
Mentre giacevo lì, nella mia testa cominciò a formarsi un pensiero. Era stato un anno totalmente ridicolo e scossi la testa, respingendolo immediatamente, perché qualunque cosa stesse succedendo non poteva essere ciò che il mio subconscio stava pensando. Non era possibile. Ma poi le mie interiora si strinsero di nuovo e la mia teoria mi balenò in mente ancora più forte di prima, aggrappandosi come una scimmia al suo albero preferito.
Non era possibile che fossi... in travaglio, vero?
Tutto il mio corpo tremò di inquietudine al pensiero, e guardai in basso.
“Sei consapevole che è un po' troppo presto per venire fuori, vero?” chiesi, odiando il modo in cui la mia voce tremava. “Dovresti restare lì ancora un paio di settimane. Abbiamo pianificato tutto, ricordi?”
Il quel momento, più che mai, desiderai disperatamente che lui fosse in grado di darmi una chiara indicazione di ciò che stava succedendo invece di limitarsi a scalciare. Chi è quell'idiota di un potere superiore che ha deciso che i bambini non devono essere autorizzati a comunicare prima di uscir fuori all'aria aperta? Che senso ha? Sarebbe stato un po' inquietante farli parlare, ma sarebbe stato così difficile per Dio, Allah o Buddha o per chiunque altro, permettere ai bambini di conoscere il codice Morse o qualcosa del genere? Scalciano molto – almeno il mio lo faceva -, almeno avrebbero potuto utilizzare i calci come dei messaggi di un qualsiasi tipo di codice. Poi però sarei dovuto essere a conoscenza a mia volta dell'alfabeto Morse, cosa che non sapevo. Sarei stato disposto ad impararlo però, se questo significava poter sapere con certezza per tutto il tempo ciò che diceva il bambino.
Mi addormentai dopo non più di pochi minuti, solo per essere svegliato di nuovo quarantacinque minuti più tardi da un nuovo ciclo di contrazioni. Andò avanti così per molto, molto tempo e mi chiesi tristemente se quello era ciò che avrei dovuto sopportare fino al ventiquattro Maggio – se questo era il caso, non riuscivo ad immaginare che cosa sarei diventato. Probabilmente qualcosa tipo Hitler o una mamma orso. 
Forse mi stavo immaginando le cose – non mi sarei sorpreso in quel caso – ma quando l'orologio segnò quasi le 4:00, avrei potuto giurare che le contrazioni stavano iniziando ad essere sempre più frequenti. Non di molto, ma abbastanza da accorgermene. Provai a riaddormentarmi per quella che sembrava essere la centesima volta, desiderando che la mia mente si rilassasse e smettesse di pensare ai dolori. Era un po' difficile considerando che oltre ad essere diventati più frequenti, avevano anche iniziato ad essere più forti; abbastanza forti da farmi sussultare leggermente ed emettere un piccolo sospiro ogni volta.
“Cazzo,” gemetti mentre mi stringevo forte lo stomaco. “Non stai davvero pensando di uscire adesso, vero?”
Ancora stringendo il mio stomaco, mi voltai dall'altra parte, di fronte al muro, nella speranza di calmare i dolori anche solo un po', ma l'unico risultato che ottenni fu... beh, nessuno. Se non altro non erano peggiorati. Un crescente senso di nausea aveva iniziato a nascere nel fondo della mia gola, e non ero sicuro se esso fosse causato direttamente dai dolori, oppure dall' ansia causata da essi. In entrambi i casi, si aveva a che fare con i dolori.
Almeno c'era qualcosa che sapevo per certo.
Non riuscii a fare altro che prenderlo come una vittoria.
Alle quattro e diciassette, iniziò un nuovo ciclo, della durata di circa venti secondi questa volta – li avevo contati – e tenni gli occhi ben chiusi per tutto il tempo, facendo finta che avrei sentito meno male se non avessi visto nulla.
Fu proprio in quel momento che mi ricordai che io e Harry saremmo dovuti andare da Zayn in poco più di un'ora. Il solo pensiero mi fece stringere il petto di ansia, perché non mi sarebbe stato possibile nascondere il piccolo problema per tutta la serata. O forse si. Ci pensai. Saremmo potuti andare, rimanere per un'ora o due, e poi avrei potuto dire a Harry dormito per niente e che quindi ero stanco, per poi chiedergli di tornare a casa. Non mi piaceva molto il fatto di prendermi gioco di lui in questo modo, ma quali altre scelte avevo?
Dirgli che potresti essere in travaglio è un'opzione, disse una vocina dentro la mia testa.
“Non sono in travaglio,” mormorai a nessuno che mi ascoltasse. “Non è fisicamente possibile.”  
Come lo sai?
“Non sono in travaglio,” ripetei, questa volta un po' stizzito. “Non posso essere in travaglio, il bambino dovrebbe nascere il ventiquattro Maggio e sarà così. Non succederà ora, e questo è il mio corpo, quindi sono io quello che decide. Fine.”
Guardai torvo il muro, dandomi uno schiaffo in faccia mentale per star parlando con voci immaginarie nella mia testa. No, in realtà stavo discutendo con voci immaginarie nella mia testa. Ero abbastanza sicuro che facendo questo genere di cose sarei potuto finire in un ospedale psichiatrico dove ti fanno mangiare una serie di pillole che ti fanno sentire come una scimmia affamata per un anno o due. 
Non volevo apparire come una scimmia affamata per un anno o due.
Così, naturalmente, iniziai a parlare con il mio stomaco. Almeno non parlavo con me stesso, non tecnicamente.
Passarono altri venticinque minuti prima che tornassero i crampi, quando ormai ero talmente preso dal mio monologo con il bambino da rimanere senza fiato, piegai le ginocchia fino al petto e le mie dita scavarono nella pelle del mio braccio.
Facendo del mio meglio per non lasciarmi sfuggire alcun suono – tipo un lamento o un singhiozzo – mi morsi forte il labbro inferiore, sentendo colare il sangue che leccai e ingoiai senza nemmeno pensarci. Venti secondi dopo era tutto finito, permettendomi di respirare tranquillamente e permettendomi di rilassare le sopracciglia aggrottate in parte per preoccupazione e in parte per dolore.
Ma andava tutto bene. Tutto fantastico, davvero.
Alle 5.20, qualcuno bussò alla mia porta e la piccola testa di Adrian comparve all'interno, gli occhi curiosi alla ricerca dei miei. Cercai di forzare un sorriso, ma un nuovo crampo mi colpì proprio in quel momento, e finii per fare una smorfia e contrarre il viso invece.
“Harry mi ha detto di chiederti se sei pronto ad andare,” mi disse Adrian. I suoi occhi erano grandi e curiosi, e mi chiesi se avesse notato il mio non-proprio-sano stato fisico.
“Ha detto che si deve solo vestire e che poi potete andare a giocare alla Wii e a mangiare con Leem e Zayn e Nayl.”
Riuscii ad emettere uno sbuffo di risata a quelle parole ed usai ogni traccia di forza rimasta nel mio corpo per sedermi e far cadere le gambe oltre il bordo del letto. Il movimento mi provocò un piccolo aumento del dolore e chiusi gli occhi, mordendomi l'interno della guancia. Aspettai che passasse prima di riaprirli e guardare Adrian, che ora sembrava ancora più curioso.
“Digli che sarò pronto tra poco,” dissi. “Devo solo... cambiarmi la maglia prima.”
Con un saltello felice e uno sbattito di porta, se ne era di nuovo andato e mi sfregai una mano sul viso, in silenzio, dicendomi di calmarmi. Forse se fossi riuscito a rilassarmi e smettere di preoccuparmi, i dolori sarebbe svaniti prima.
Era una buona teoria.
Mi tolsi la maglietta e indossai un maglione largo che non ero proprio sicuro da dove arrivasse – ero sicuro di non averlo comprato. Rimasi in piedi nello stesso punto per pochi secondi, solo per essere sicuro di non stare ancora male, prima di prendere un profondo, profondo respiro, raddrizzarmi il meglio che riuscissi, inghiottire il grumo di disagio che era rimasto bloccato apparentemente in modo permanente nella parte posteriore della mia gola, e uscire poi dalla stanza.
Harry era già nel corridoio, occupato a mettersi le scarpe, e alzò lo sguardo, sorridendo quando mi vide.
“Pronto?” chiese alzandosi in piedi e dimenando un po' i fianchi per tirarsi su i jeans.
Annuii velocemente e feci del mio meglio per sorridere.
“Si, certo,” dissi.
Mi fermai per  un secondo. 
“Quanto tempo ci vuole per arrivare?”
“Solo circa dieci minuti,” disse e mi rivolse uno sguardo interrogativo. “Perché? Va tutto bene?”
“Sono semplicemente dolente come al solito, Harry,” mentii tranquillamente mentre mi infilavo un paio di vecchie Converse – per nessun motivo mi sarei abbassato per riuscire ad infilarle più facilmente.
Sembrò essere abbastanza soddisfatto della mia scusa, e non disse nulla fino a quando non fummo entrambi seduti in macchina e allacciati la cintura di sicurezza. Ovviamente con uno o due sospiri frustrati.
“Posso chiederti una cosa?” chiese improvvisamente dopo aver guidato per un minuto o due.
Lo guardai. “Da quando chiedi il permesso?”
“E' un po'... personale, credo,” disse e mi rivolse un'occhiata veloce.
Mi accigliai pensando ai vari possibili tipi di domande personali che mi avrebbe voluto chiedere.
“Ha per caso a che fare con... strane funzioni corporee, vero?”
“Strane funzioni corporee?” Ridacchiò. “E quali sarebbero?”
“Niente, niente,” dissi in fretta, leccandomi distrattamente le labbra. “Che cosa stavi per chiedermi allora?”
Sembrava ancora un po' compiaciuto – il bastardo probabilmente sapeva molto bene ciò che volevo dire con 'strane funzioni corporee'-, ma non commentò ulteriormente sulla questione.
“Riesci ancora a masturbarti?”
“Se riesco a- tu- cosa?”
Sembrò ignorare totalmente il mio balbettio, e fece spallucce con noncuranza. Il piccolo sorriso giocoso sulle sue labbra non mi passò inosservato, però.
“Sono solo curioso,” disse con un tono di voce che mi fece capire fosse stanco. “Il tuo stomaco è abbastanza grande, quindi riesci almeno a vedere il tuo-”
“Oh mio Dio, ti prego taci,” lo interruppi. “Non devo per forza essere in grado di vederlo per raggiungerlo, no?”
Una risata sorpresa fuoriuscì dalle sue labbra.
“Interessante,” Fu l'unica risposta che diede.
“Interessante,” ripetei. “Hai delle strane prospettive di vita a volte. Qualcuno te l'ha mai detto?”
Ridacchiò bonario.
“Si, certo, circa tre volte a settimana.”
“Perché è vero,” dissi. “Non si dovrebbero trovare interessanti i miei problemi di masturbazione.”
“Beh, ad essere onesti, trovo tutto ciò che ti riguarda interessante, non solo i tuoi problemi di masturbazione,” disse semplicemente. “Ma naturalmente i tuoi problemi di masturbazione sono la parte più interessante.”
“Si, grazie,” dissi e roteai gli occhi.
“E il vibratore che ti ho comprato?”
“Perché questo improvviso interesse per questa parte della mia vita?” rigirai la domanda.
Sorrise. 
“Perché mi sento interessato a questa parte della tua vita ora,” disse, sembrando particolarmente soddisfatto di se stesso per qualche strana ragione. “Per questo ho intenzione di farti questo genere di domande. Molte.”
“Mi stai dicendo che mi farai domande del genere per molto tempo?”
“Certo.”
“Bastardo pervertito.”
“Si, quindi come sta il vibratore che ti ho comprato?”
Incrociai le braccia sul mio stomaco e abbassai la testa non appena sentii il rossore farsi strada sul mio viso.
“È a casa di mamma. E anche se ce l'avessi, non penso che sarei in grado di raggiungere il... o almeno con le dita non ci riesco,” okay, non era necessario esprimere anche l'ultima parte.
“Hai le dita troppo corte, Lou?” sorrise.
“Le mie dita vanno benissimo, grazie mille.”
Il sorriso si spense due secondi dopo, ed ora mi guardava con un'espressione seria.
“Scherzi a parte, però, stai bene in quel reparto?”
“Nessuno è mai morto di frustrazione sessuale,” dissi tranquillamente. “Sto bene, non preoccuparti.”
“Nessuno è mai morto, ma diventa fastidioso a lungo andare,” disse, guardandomi veramente preoccupato.
C'era qualche parte della mia vita di cui non era preoccupato in quel momento?
“Ed io non voglio che tu sia a disagio.”
“Sei davvero preoccupato sul fatto che io non abbia abbastanza orgasmi,” dissi. “E' incredibile.”
“Gli orgasmi sono sani,” disse sulla difensiva.
“Ne avrò più di uno, una volta che il bambino sarà fuori.”
Lo vidi aprire la bocca a metà strada, come se fosse sul punto di dire qualcosa, ma la chiuse di nuovo velocemente e sorrise. Ero abbastanza certo che stesse per fare un commento rozzo, ma che alla fine avesse deciso di lasciar cadere la questione.
Si fermò davanti ad una casa di medie dimensioni poco dopo, e parcheggiò davanti ad una vecchia macchina rossa che sembrava aver visto giorni migliori.
“Faranno meglio ad avere la pizza pronta,” disse Harry dopo essere uscito fuori dalla macchina e averla chiusa. “Sto morendo di fame, e potrei ricorrere al cannibalismo se non ci sarà nient'altro da mangiare in casa.”
“Sei un ospite delizioso,” dissi seccamente mentre camminavo verso la casa.
“Almeno mi faccio la doccia, mi rendo presentabile e ho un buon odore.”
Mi accigliai e giocherellai con il maglione. “Ti stai riferendo a me?”
“Cos- no, certo che no,” disse con gli occhi spalancati. “Sto solo dicendo che alcune persone vanno a casa d'altri sembrando delle merde e profumando come tali, mentre io, al contrario, sono bello e ho un buon odore. Oh beh, almeno sono decente.”
Si fermò davanti alla porta d'ingresso che avevamo raggiunto e batté un paio di volte su di essa prima di aprirla ed entrare dentro, senza aspettare nessuna conferma che potesse entrare.
“Non si usa aspettare che qualcuno ti dica di entrare?” chiesi mentre lo seguivo.
“Nah,” alzò le spalle, sembrando particolarmente a proprio agio. “Abbiamo smesso di farlo qualche anno fa, è solo una stupida abitudine senza senso.”
“Si, dillo alla polizia quando verrai arrestato per violazione di proprietà privata.”
“Contrariamente alle credenze popolari, non sono così stupido, Lou,” disse tranquillamente. “Non mi farei mai scoprire, fidati.”
Stavo per dirgli che quelle parole mi confortavano quando una scossa di avvertimento nel mio basso ventre mi disse che sarei dovuto arrivare ad un bagno o a qualsiasi altra stanza con una serratura piuttosto rapidamente se non volevo che Harry scoprisse il mio piccolo... problema.
“Uhm, dov'è il bagno?” chiesi.
“Perché? Va tutto bene?” chiese in fretta. Era abbastanza divertente con quanta velocità passasse dall'essere totalmente tranquillo a fuori di testa.
“Ho bisogno di fare pipì, Harry,” dissi lentamente, preoccupandomi di aggiungere un po' di esasperazione nella voce. “Il tuo bambino è seduto sulla mia vescica, quindi se potessi semplicemente indicarmi la direzione del bagno prima che me la faccia addosso, sarebbe fantastico.”
Le sue guance arrossirono appena.
“Oh, giusto,” disse e si schiarì la gola. “Da quella parte.”
Non perdendo altro tempo, camminai il più velocemente possibile verso la porta che mi aveva indicato e la aprii. Senza ulteriori indugi, mi affrettai a chiuderla dietro di me e mi sedetti sul pavimento in modo che le mie gambe non cedessero una volta che i dolori sarebbero di nuovo ricominciati.
Si rivelò essere una saggia decisione.
Questa volta arrivarono più potenti di prima e mi premetti il braccio sopra la bocca in modo che nessuno potesse sentire le mie piccole grida patetiche. Se non fosse stato per il fatto che ero seduto in un angolo con delle pareti appoggiate dietro di me e sui lati, mi sarebbe piaciuto cadere su un fianco ed arricciarmi su me stesso.
Beh, ero arricciato su me stesso dove ero seduto, ma almeno non ero steso per terra.
Un po' di dignità mi era rimasta.
Passarono almeno cinque minuti prima che fossi in grado di rialzarmi in piedi, tempo in cui le mie lacrime mi avevano macchiato tutta la faccia. Su gambe tremanti, mi avvicinai al lavandino ed aprii il rubinetto, lasciando scorrere l'acqua per alcuni secondi in modo che diventasse abbastanza fredda prima di spruzzarmela in faccia. Inutile dire che non aiutò molto a calmare i miei nervi. Non mi venne concesso più tempo per preoccuparmi, comunque, perché mi distrassero dei colpi alla porta seguiti subito dopo dalla voce di Harry: “Lou, sei lì dentro?”
Chiusi gli occhi.
“Si,” dissi con tutta la calma che riuscii a raggruppare. Rimasi lì per un altro po' di tempo, dando al mio cuore la possibilità di rallentare i battiti e al colorito della mia faccia di ritornare normale, prima di dare un cenno di incoraggiamento al mio riflesso, andare verso la porta e aprirla.
“Ci hai messo un sacco a fare pipì,” fu l'unico commento di Harry.
“Si, beh, come ho detto prima, non riesco a vedere il mio pene, quindi cosa ti aspettavi?” risposi.
“Allora come hai fatto ad evitare di fare pipì sul pavimento?”
“Istinti animali.”
“Quindi non hai fatto pipì sul pavimento?”
“Un gentiluomo non lo dice mai.”
“E invece i gentiluomini con un bambino nella loro pancia?”
“Nemmeno loro.”
“Ma loro non sono veri gentiluomini, loro sono più... gentiluominiincinti o uominiincinti**”
Volevo roteare gli occhi verso di lui e scoppiare a ridere, ma proprio in quel momento entrammo in quello che pensai fosse il salotto e non ebbi la possibilità di fare qualsiasi cosa prima che tre “whoa!” vennero urlati in contemporanea. Notai Liam, Zayn e Niall spaparanzati su un ampio divano ad una estremità della stanza e tutti e tre mi stavano guardando con gli occhi spalancati.
“Sei sempre stato così grande o è successo qualcosa dall'ultima volta che ci siamo visti?” chiese Niall, gli occhi incollati al mio stomaco. Zayn schiaffeggiò la parte posteriore della sua testa e Liam gli rivolse uno sguardo incredulo e si affrettò ad aggiungere: “Non è che stai male o altro, è solo che-”
“No, sono grosso, e ho un aspetto orribile,” dissi subito, mentre camminavo verso una grande sedia e mi sedevo su di essa con un movimento sgraziato delle braccia e un grugnito trattenuto quando la mia schiena toccò il morbido del cuscino.
“E' un po' sensibile su questo argomento,” spiegò Harry che mi aveva fatto venir voglia di alzarmi e dargli un pugno.
“Non sono sensibile,” sbottai. “Sto solo affermando alcuni fatti evidenti.”
“E' anche pieno di ormoni comunque.”
“Smettila di parlare come se non fossi qui,” grugnii acidamente ed incrociai le braccia al petto con fare protettivo intorno al mio stomaco.
Niall e Harry sorrisero, e Zayn e Liam sorrisero come lo si fa ad un bambino. Fu proprio allora che notai gli sguardi un po' esitanti e nervosi nei loro occhi, e non mi ci volle più di circa mezzo secondo per ricomporre i pezzi e ricordarmi il motivo per cui eravamo lì tutti insieme. Molto probabilmente fu inutile il capitombolo ansioso che fece il mio cuore, ma lo fece. Nessuno di loro guardava nella mia direzione – sembrava che i loro occhi non fossero rivolti a qualcosa in particolare in realtà – e quindi non riuscii a capire se la mia teoria fosse giusta o sbagliata.
“Come va in generale, comunque?” chiese Liam curioso. “Fatta eccezione per il fatto che sei pieno di ormoni e sensibile sull'argomento dell'apparenza.”
“Oltre a questo, va tutto bene,” mentii e mi strinsi nelle spalle. “Per quanto si possa stare bene, suppongo.”
“Sei sicuro?” chiese Niall. “mi sembri un po'... pallido.”
Se pensava che fossi pallido ora, mi avrebbe dovuto vedere una quindicina di minuti prima.
“No, no, sto bene,” dissi subito scuotendo fermamente la testa. “Solo che non ho dormito bene in questi giorni, sai.”
“Non hai dormito stanotte?” esclamò Harry e praticamente balzò dal suo posto a due più lontani accanto al divano. “Perché non me l'hai detto? Saremmo dovuto restare a casa, non avrei dovuto-”
“Ho fatto un pisolino prima,” lo interruppi alzando la voce e alzando le mani per far smettere la sua parlantina. 
Le sue spalle si incurvarono leggermente e mi sorrise.
“Hai bisogno di rilassarti, oppure ti verrà un infarto uno di questi giorni," dissi.
“Oh, quindi è così per tutto il tempo?” disse Zayn. “Pensavo lo fosse solo quando non poteva tenerti gli occhi addosso ogni secondo.”
Liam e Niall ridacchiarono divertiti e Harry arricciò le labbra infastidito.
“Se metteste voi una ragazza incinta, allora vorrei vedere come vi comportereste quando sarebbe così vicina al parto,” disse.
Notai come le guance di Liam si colorarono leggermente di rosa e il modo in cui Zayn inghiottì leggermente, ma né Niall né Harry sembrarono accorgersene.
“Non sono così stupido da scopare senza preservativo,” disse Niall con un gesto noncurante della mano.
“Senza offesa,” aggiunse con lo sguardo su di me.
“Come fai a sapere che non ti ho salvato il culo lanciandoti un preservativo due secondi prima che tu venissi?” disse Harry e alzò le sopracciglia.
“Non l'hai fatto,” rise Niall. La stanza rimase in silenzio per un secondo prima che il suo sorriso cadde e la fronte si corrugasse.
“Non l'hai fatto, vero?” disse poi, i suoi occhi che saltavano su noi quattro.
“Se l'avessi fatto, nessuno lo deve sapere,” disse semplicemente Harry e allungò le braccia sopra la testa.
“Confortante,” disse Liam seccamente.
“Almeno ti ho salvato dal finire nella mia stessa situazione.”
Non appena le parole uscirono fuori dalla sua bocca, i suoi occhi si spalancarono e si spostarono verso di me, portandosi una mano davanti alla bocca come se potesse magicamente cancellare tutto ciò che aveva detto. Lentamente la abbassò di nuovo.
“Cazzo, mi dispiace Lou,” disse in tono quasi supplichevole. “Non intendevo questo, tu sai che io amo il bambino e amo te, è semplicemente scivolato fuori e-”
“Infarto, ricordi?”
“Scusa,” disse con un mezzo sorriso provvisorio.
“Per tua fortuna, sono abituato agli insulti,” gli dissi. “e non ho intenzione di piangere di fronte ad altre persone comunque.”
Sorrise. “Quindi ti saresti messo a piangere se fossimo stati a casa?”
“Beh, ho molti ormoni in circolo, ricordi?”
Passarono altri cinque minuti di leggere conversazioni inutili prima che accadesse qualcosa. Questa cosa, però, furono due problemi che accaddero nello stesso momento ed era molto discutibile dire che si trattasse di una buona cosa.
No, in realtà non era discutibile.
Era una brutta cosa. Contrazioni. Nessuna discussione.
La prima cosa che accadde fu una scossa di familiare dolore nel mio basso ventre. Che mi fece lamentare leggermente, perché non erano passati nemmeno quindici minuti dall'ultima volta. Non indossavo un orologio, ma non era passato molto dall'ultima volta che era successo. Un sentimento che assomigliava tanto al panico entrò nella mia mente e proprio mentre stavo per annunciare di dover andare in bagno, successe la seconda cosa: Zayn parlò.
E sembrava essere serio.
“Quindi... io e Liam abbiamo fatto pace,” disse il tono in cui parlò fece capire che stava cercando il più possibile di risuonare tranquillo quando la questione del quale stava per parlare era tutt'altro che tranquilla. Non ero sicuro che tirar fuori l'argomento di punto in bianco fosse una mossa saggia o meno. Ma comunque, io che ne sapevo?
“Ma non mi dire,” mormorò Niall, non sembrando molto interessato all'argomento.
Quando nessun altro disse niente, Zayn guardò prima noi, poi Liam.
“Non volete sapere su che cosa?” disse.
“Come vuoi,” disse Harry. “Qualcosa mi dice che ce lo dirai comunque.”
“Ma non siete curiosi?” chiese Liam mentre armeggiava con le sue mani e li guardava sconcertato.
Harry si lasciò sfuggire una risata incredula.
“Dici sul serio?” Gridò ad alta voce. “Ve l'ho chiesto due volte al giorno da quando è iniziato, ma nessuno mi ha mai detto niente se non che non fossero affari miei e che voi aveste il diritto di avere segreti.”
“Beh, infatti ce l'abbiamo,” disse Zayn.
Harry alzò un sopracciglio ed incrociò le braccia. “Ma quindi ora non volete più mantenere il segreto, giusto?”
“Per quanto riguarda questo, si.”
Ci fu silenzio per un po' ed io cercai di mantenere un'espressione seria, mentre il mio stomaco iniziava a contrarsi sempre più intensamente secondo dopo secondo, per non creare sospetto negli altri quattro ragazzi nella stanza. Non potevo chiudere gli occhi e le orecchie, però, quindi era un po' difficile ignorare le parole che venivano dette.
“Ditecelo allora, se alla fine avete deciso che di noi vi potete fidare,” disse Harry.
Pregai in silenzio che la rabbia che avevo sentito nella sua voce fosse solo frutto della mia immaginazione.
Zayn e Liam si scambiarono una rapida occhiata.
“Non è che non ci fidiamo di voi,” disse Liam con attenzione, come se non volesse calpestare nessun dito. “Volevamo solo mantenere questa cosa tra di noi.”
“Tenere per voi cosa, esattamente?” domandò Niall, guardandoli rilassato e spensierato come sempre. Che bellissima qualità di cui essere in possesso.
Un'ondata di nervosismo si schiantò su di me perché ero abbastanza sicuro che fosse quello, ed il nervosismo mi fece aumentare le contrazioni tutto ad un tratto. Un bel po'. Proprio mentre lasciai uscire un gemito che sperai nessuno avesse sentito, e mentre affondai le unghie nella pelle delle mie braccia, Liam emise un rapido – e inutilmente forte - “Abbiamo litigato perché Zayn voleva uscire allo scoperto e io no.”
Divenne molto, molto silenzioso a quelle parole. Giurai di poter fisicamente sentire l'ansia irradiata da Zayn e Liam da dove erano seduti, e Harry e Niall sembravano essere stati colpiti da una slitta. Inghiottii, non abbastanza sicuro su dove guardare, e sperando disperatamente che qualcuno avrebbe aperto di nuovo bocca prima che lasciassi uscire un altro suono di dolore, questa volta che tutti avrebbero potuto sentire.
“Uscire allo scoperto,” disse Niall alla fine, inespressivo e con la voce priva di emozioni. “Uscire allo scoperto nel senso...?”
“Nel senso tradizionale del termine,” si intromise Zayn. Sia lui che Liam sembravano piuttosto sollevati, probabilmente a causa del fatto che nessuno aveva iniziato ad urlare.
Gli occhi di Harry erano fissi in grembo dove erano appoggiate le sue mani, intrecciate. Il suo viso era privo di qualsiasi emozione e, per quanto ne sapessi, pensai che non avesse compreso una sola parola di ciò che era stato detto negli ultimi cinque minuti.
“Da quanto tempo?” Chiese poi con calma.
I volti ritornarono nervosi dopo quelle parole e vidi Zayn afferrare tremante la mano di Liam.
“Circa due anni,” borbottò Zayn, la voce così bassa e flebile che ero stato appena in grado di sentirlo.
Harry inspirò profondamente.
“Due anni,” ripeté.
Per qualche secondo rimase seduto totalmente immobile ma poi praticamente rimbalzò sul divano e li guardò.
“Due anni?” Ripeté, questa volta più forte. “Due fottuti anni! Sei serio?”
Sembrava come se il nervosismo aumentasse sia la forza che la frequenza dei dolori, perché la sola vista di Harry lì, alto e arrabbiato, mi fece sussultare di nuovo con una nuova e rapida – e dolorosa –serie di contrazioni. Non sembrava che qualcuno si fosse accorto di me, e ringraziai Dio per questo mentre un singhiozzo soffocato mi venne strappato dalla gola e gli occhi iniziarono a bagnarsi perché iniziava ad essere veramente doloroso.
“Non ha niente a che fare con te,” disse Liam supplichevole. “Solo che non volevamo-”
“Voi sapevate per quanto tempo ho lottato con questa cazzo di merda da mesi!” gridò. “E mai una volta avete pensato che sapere che due dei miei migliori amici erano nella stessa situazione mi avrebbe potuto essere di aiuto e di conforto? Siete fottutamente incredibili.”
Okay, si, ora era davvero arrabbiato e sentii le scosse nel mio stomaco e nella parte bassa della schiena peggiorare ogni secondo. Le mie mani tremavano di paura e mi stavo mordendo il labbro talmente forte da farlo sanguinare, con molta forza di volontà riuscii a tacere. Non mi ci volle molto tempo per rendermi conto che non sarei stato in grado di stare zitto per molto tempo ancora però, quindi mi spostai un po' in avanti sulla sedia, nel tentativo di alzarmi ed andare in bagno. Tutto ciò però mi causò ulteriori dolori.
“Mi dispiace Harry, davvero,” disse Zayn piano. “Non ha niente a che fare con te o con chi altro, a dire il vero, semplicemente non volevamo dirlo a nessuno per non causare qualche dramma.”
“Quindi non lo sapeva nessuno?” sembrava scettico. “Due anni e nessuno lo ha mai scoperto?”
“Beh, non esattamente,” Liam si strinse nelle spalle. “Solo mia sorella e Louis.”
Sbattei le palpebre.
Oh cazzo.
Era davvero necessario dirglielo?
Zayn si stava chiedendo la stessa cosa a quanto pare, perché guardò Liam con gli occhi spalancati e vidi Niall sorprendersi. Senza ulteriori indugi, Harry posò lo sguardo su di me, ed il mio cuore smise di battere quando capii che fosse arrabbiato con me. Mentre un'altra serie di contrazioni mi attraversarono il corpo, non mi presi nemmeno la briga di nascondere nulla, semplicemente strinsi gli occhi e piagnucolai in agonia.
“Lo sapevi?” chiese Harry a denti stretti, non sembrava aver notato il fatto che non stessi molto bene.
Non risposi, e feci un debole tentativo di alzarmi in piedi. Si rivelò essere più o meno impossibile.
“Aiutami, per favore,” mormorai e tesi le mani.
“Lo sapevi?” chiese bruscamente, ignorando completamente la mia richiesta di aiuto.
“Harry, per favore,” sussurrai.
Il mio interno si contrasse ancora una volta e piansi mentre le lacrime sgorgarono dai miei occhi, ancora una volta. Cominciava a fare un po' troppo male per i miei gusti. I miei precedenti sospetti sull'essere in travaglio ritornarono, e questa volta non riuscii a scacciarli via. Tutto quello che feci fu pronunciare un debole e tremante: “Aiutami, ti prego.”
Lui non reagì subito – non disse nulla e non fece nulla. Dopo pochi secondi sentii Liam mormorare “porca puttana Harry,” e, con la coda dell'occhio, vidi Zayn alzarsi in piedi e dirigersi verso di me.
“Quì,” disse Zayn e allungò una mano per prendermi. Liam fece lo stesso e mi guardò dall'alto offrendomi un dolce, anche se traballante, sorriso prima di prendermi la mano e farmi alzare in piedi.
Mi ci vollero pochi secondi per capire di aver fatto un terribile, terribile errore.
Se avessi pensato di aver provato dolore prima, non era niente contro i crampi e le sensazioni simili alla nausea che mi contorcevano le viscere in quel momento. Possibile che stessi morendo? Probabilmente si. Oh Dio, e se stessi morendo? Almeno mi sarei liberato da quella prigione di dolore al quale ero condannato.
“No,” soffocai quando entrambi stavano per lasciarmi le mani. “Cadrò se mi lasciate andare.”
“Puoi rispondere alla mia cazzo di domanda ora?” Esclamò Harry da dove stava in piedi accanto a Zayn. “Sapevi o non sapevi quello che stava succedendo tra loro due?”
“Si, cazzo, lo sapevo!” gridai, seguito subito dopo da un singhiozzo e una oscillazione di lato mentre il mio stomaco si contraeva, ancora una volta.
“Whoa, ehi, è tutto a posto?” chiese Zayn proprio mentre Harry gridava: “Allora perché cazzo non me l'hai detto?” E mi afferrò troppo rudemente il gomito.
La mia mente era in sovraccarico mentre cercava di metabolizzare tutto ciò che stava succedendo in una volta – interrogatorio preoccupato di Zayn, mano rassicurante di Liam che stringeva la mia e Harry che mi urlava contro. Era troppo da gestire e, quando si aggiunsero anche le contrazioni che mi colpirono ancora, ancora e ancora e la sensazione simile a panico che i dolori portavano con sé, qualcuno avrebbe potuto incolparmi per aver iniziato a piangere piuttosto profondamente, barcollare di lato e cadere sul pavimento?
Sdraiato sul fianco con un braccio avvolto strettamente intorno al mio stomaco e il mio respiro che andava e veniva in continuazione, il respiro ansimante, continuai a piangere e le contrazioni continuavano a venire. Non passò più di un mezzo momento prima che delle mani mi avvolsero e la voce di Harry, improvvisamente svuotato di tutta la rabbia, iniziò a chiedermi una serie di domande frenetiche al quale non riuscivo a dare significato.
“Lou? Lou, mi senti?” gli sentii chiedere. “Lou, piccolo, stai bene?”
“Fa male,” dissi senza fiato tra i singhiozzi.
“Sono gli stessi problemi che hai avuto le altre volte?” Dire che sembrava terrorizzato probabilmente sarebbe un eufemismo.
Scossi la testa e mi arricciai ulteriormente su me stesso. Non aiutò ad alleviare i dolori, ma almeno mi sentivo meno esposto.
“Allora cosa-”
“Travaglio,” sussurrai senza fiato e senza pensarci troppo. “Il bambino, io- fa male- non è- travaglio- bisogna- Oh Dio!”
Era tutto tranquillo prima che un suono isterico venne fuori da qualcuno che ero abbastanza sicuro si trattasse di Harry.
“Sei in travaglio?” Aveva praticamente urlato. “Da quanto tempo lo sai?”
Di tutti gli scenari del mio travaglio che avrei potuto immaginare, questo non era compreso. Sembrava tutto sbagliato e non ero per niente pronto e la paura lo faceva sembrare dieci volte peggio di quanto realmente fosse.
“Ieri,” sputai fuori.
“Da ieri? Per quale cazzo di motivo non me l'hai-”
“Ero troppo impegnato a cercare di non andare fuori di testa!” gridai istericamente, seguito subito da un gemito disumanamente forte come “Oh cazzo, fallo smettere!”
“M-ma come?” gridò Harry. “Non sarebbe dovuto succedere oggi, sarebbe dovuto-”
“Non credo sia importante quando cazzo sarebbe dovuto succedere!” urlai. “Perché per la madre fottutamente Santa di Satana, per la figa e per tutto ciò che c'è di male in questo fottuto mondo! - fatto sta che sono abbastanza sicuro che lui voglia uscire ora!”

 
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*Per chi non lo sapesse, il bagel è una pasta lievitata, a forma di grosso anello (tipo le ciambelline), bollita in acqua e poi cotta al forno. Praticamente un particolare tipo di pane, deve essere buonissimo. 

** “Gentlepregmen or preglemen”: non sapevo proprio come tradurli in italiano. Raga non è colpa mia se quel cretino di Harold si inventa le parole!!



Occhio a me!

Oooooh ed eccoci già qui, con il primo capitolo del 2015.
Okay, a volte ci mettiamo mesi interi per tradurre un capitolo, ma vi giuro che quando succede è perché proprio non possiamo fare altrimenti! Però ogni tanto ci mettiamo sotto anche noi e riusciamo a pubblicare anche in così poco tempo e lo so che in questo caso ci amate di più.
RAGA. RAGA. SIAMO AL 36ESIMO CAPITOLO E AIDAN STA FACENDO GLI SCHERZI.
Vi giuro che, mentre traducevo il pezzo in cui Harry si stava arrabbiando con Louis perché non gli aveva detto di Zayn e Liam, ho seriamente pensato di morire di ansia; mi sembrava di essere al posto di Louis. Ma immaginatevi essere a casa altrui, insieme ad altre quattro persone che stanno affrontando un argomento così delicato mentre si sta morendo lentamente di dolore, con il ragazzo che vi piace che vi sta urlando contro ed i suoi amici che stanno cercando di calmarvi. Vi giuro, Louis è stato fin troppo bravo a non dare totalmente di matto in questo caso.
Harold si è dimostrato essere ancora una volta il cretino che è stato per tutta la storia. COME FAI A NON ACCORGERTI CHE IL CRISTO DI RAGAZZO DI CUI SEI INNAMORATO ANCHE SE NON LO VUOI AMMETTERE STA SOFFRENDO COME UN CANE? Seriamente, è proprio cretino. Okay che per lui deve essere stato un bel colpo sapere che i suoi migliori amici stanno insieme da due anni, ma arrabbiarsi con Louis per non avertelo detto? Seriamente? C'è è ovvio che se non l'ha fatto vuol dire che gliel'avevano chiesto Liam e Zayn. Chiunque l'avrebbe nascosto al posto di Louis, su.
Eeeeeeh Harold, Harold, non imparerai mai.
Poi la parte del masturbazione? Seriamente Harold? AHAHAHAHAHA
Vi giuro che sono in ansia esattamente come la prima volta che ho letto la storia. Anche perché é più di un anno che non la rileggo e mi sono praticamente dimenticata tutto! Quindi è come se fosse la prima volta anche per me, a parte per alcune scene.
Non ci posso credere che Aidan stia nascendo, davvero, mi sembra ieri quando ho iniziato a tradurre il capitolo della festa in cui ha avuto inizio tutto e quando Louis ha detto a Harry di aspettare un bambino nel bagno della scuola.
Ah, che nostalgia. Sarà terribile finire la storia. Poi non oso immaginare quando finirà anche il sequel.
Addio proprio.
Bene, siccome oggi è il 3 Gennaio, voglio fare gli auguri a tutti e sperare che ognuna di voi passi un bellissimo 2015 pieno di sorprese e cose belle (anche se io, per me stessa, sto già perdendo le speranze).
Grazie mille per tutte le belle parole che ci lasciate sempre, ve lo diciamo da 36 capitoli ormai. Siete tantissime e non potremmo desiderare lettrici migliori di voi. 
Al prossimo capitolo che si spera sempre arrivi presto.
Un bacione enorme,
Giulia.

P.S Per gli ultimi capitoli (il prossimo e dal 40 in poi) abbiamo deciso di tradurre metà capitolo ognuna, perché giustamente gli ultimi sono i più belli e i più importanti e in questo modo almeno siamo contente entrambe :)


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Capitolo 37
*** You're mine. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 37



Sei mio.


Domenica 8 Maggio
Trentasette settimane e sei giorni


Pur ritrovandomi nel bel mezzo di una situazione stressante, era insolito che sotto normali circostanze riuscissi a fregarmene più di tanto.  Infatti alcune volte è come se nella mia si inneschi un meccanismo che mi fa vivere tutto in un modo facile e veloce. In questo caso, comunque, il mio pensiero era rivolto parecchio allo stress del momento, non che ci fosse molto da fare a dire il vero, eccetto che inginocchiarmi lì ansimando, gemendo, piangendo e bestemmiando. 
Passati un paio di minuti di puro panico, Harry raccolse abbastanza forza mentale per prendere il cellulare e chiamare la dottoressa Hayes, che sembrava gli avesse detto di chiamare un’ambulanza visto che, iniziò subito ad urlare “quale diavolo è il numero dell’ambulanza, ditemelo!?” per poi procedere bestemmiando al suo cellulare per non avere il numero salvato.
Non riuscii a capire quanto tempo passò dal momento in cui caddi sul pavimento all’arrivo dell’ambulanza; tutto ciò che sapevo era che non avevo mai sentito tanto dolore in tutta la mia vita, e che adesso comprendevo tutte quelle donne di quei reality show in TV che urlavano e bestemmiavano come marinai quando erano in travaglio, perché, a dire il vero, era parecchio somigliante a quello che stavo passando in quel momento. Era vero anche che non riuscivo nemmeno ad urlare, quindi tutte le imprecazioni uscivano fuori con dei singhiozzi e gemiti agonizzanti. 
Sembrava che Harry fosse terrorizzato quasi quanto lo fossi io, ma mi stringeva forte la mano, sussurrandomi flebili e rassicuranti “andrà tutto bene”. Non riuscivo a trovare l’energia necessaria per dire o fare qualcosa per indicargli che lo avevo sentito, ma ciò nonostante apprezzai lo stesso la sua presenza. Molto di più di quanto potessi farlo con chiunque altro. 
Ad un certo punto, subito dopo essere stato sollevato e poggiato su di una barella di qualche genere, svenni. Indipendentemente se fosse stress o dolore o qualsiasi tipo di sedativo che mi aveva iniettato senza che me accorgessi, non lo sapevo; tutto ciò di cui ero a conoscenza era che quando mi svegliai, ero steso di schiena in una stanza molto luminosa.
Le pareti erano bianche, il soffitto era bianco, le lenzuola che mi avvolgevano erano bianche e la giovane infermiera, in piedi sul lato destro del letto con una cartella fra le sue mani, era bianca. Oh, beh, almeno era vestita tutta di bianco. Etnicamente parlando era un po’ troppo abbronzata e aveva degli occhi troppo scuri per essere bianca. Messicana forse. O spagnola. 
Sbattei un paio di volte le palebre in modo tale da permettere che i miei occhi si abituassero all'improvvisa luce, ma ciò avvenne prima che strillassi a gran voce e arpionassi le mani sul mio stomaco, mentre una serie di violente contrazioni scuotevano con eccessiva potenza il mio corpo. Accadde ancor prima che qualcuno sulla mia sinistra stringesse con gentilezza la mia mano, strofinando il pollice sul polso. Girai la testa, improvvisamente avvolto da una sensazione di debolezza per chissà quale ragione, e vidi Harry seduto su di una sedia, la schiena protesa in avanti e il viso pallido. Non ero poi tanto sorpreso a dire la verità. 
“Ehi,” disse dolcemente, offrendomi uno sorriso sbilenco e un’altra strizzata alla mano, “stai bene?”
“Fa male,” grugnii accigliato.  La mia raffinatezza aveva raggiunto il culmine oggi, senz’alcun dubbio. 
“Si, credo di averlo capito,” disse. “Hai urlato un bel po’ mentre dormivi. Sembrava che stessi morendo.”
“Penso che lo stia facendo,” dissi. 
Come un segnale, un’altra contrazione mi colpì subito dopo, facendomi emettere un imbarazzante stridio sotto forma di singhiozzo. Andò avanti così all’incirca per mezzo minuto prima che cessasse, nello stesso momento in cui delle lacrime iniziarono a scendere dai miei occhi. 
“Va tutto bene, non stai morendo,” disse Harry rassicurante, una volta che mi fui rilassato di nuovo. 
L’impressione che davano le sue parole non era molto rassicurante vista l’espressione terrorizzata sul suo viso e la sua pelle fosse diventata ancora più pallida.  Inoltre adesso il pallore iniziava ad assomigliare all’interno di una mela verde. 
“Odio la mia vita,” dissi quelle parole in modo strozzato e asciugandomi con foga e stizza le guance bagnate con il retro della mano. 
Gli angoli della sua bocca si sollevarono un po’. 
“Finirà presto, non ti preoccupare.”
“Non ti è permesso di dirmi di non preoccuparmi o di stare calmo o di rilassarmi o qualsiasi altra cosa come quella, finché non avrai sperimentato tutto questo su di te,” dissi di secco. Passò un momento di silenzio e mi indirizzò un paio di sopracciglia sollevate verso di me. Sembrava quasi divertito, l’insaziabile bastardo. 
“Scusa,” aggiunsi dopo. 
“Ti direi di non preoccuparti. Ma non mi è permesso farlo,” commentò ironicamente, e io sorrisi un tantino in risposta.  Aprì la bocca, per dire qualche cosa, ma proprio in quel momento strillai piangendo e con sorpresa, arpionai le dita sulla sua mano, mentre un’altra serie di contrazioni si abbattevano su di me. Rimasi senza fiato boccheggiando alla ricerca di aria e piangendo silenziosamente quando finì tutto una quarantina di secondi dopo. La smorfia di disperazione e tristezza di Harry mi diceva che lo turbava un bel po’ non essere in grado di aiutarmi in qualche modo. 
Riuscii a ricavare un po’ di conforto alla realizzazione di ciò. 
“Cazzo,” ansimai, la mascella tremava. “Per quanto tempo dovrò sopportare tutto questo?”
“Non molto, signor Tomlinson,” disse una voce femminile alla mia destra,  ed io sobbalzai voltando la testa; mi ero completamente dimenticato dell’infermiera che era in camera. Mi sorrise gentilmente. Almeno non sembrava una tipa che giudicava, e se anche lo fosse, lo nascondeva bene. Mi piaceva quella cosa. 
“Vado a chiamare la dottoressa, quindi aspetta qui per un po’, torno subito.”
“Come se fossi in grado di andare da qualche parte,” dissi quando uscì dalla stanza  e chiuse la porta. 
“È brava,” disse con un’alzata di spalle. “Ci ho parlato un po’ prima che ti svegliassi.”
“Si? Riguardo a cosa?”
“Riguardo al fatto che… entro mezzanotte sarò papà.”
Morsi l’interno della guancia e annuii lentamente, assimilando la notizia. 
“Quindi io sono davvero in... sai, allora?” 
“Si, sei in travaglio,” disse, confermando la domanda che non avevo chiesto. “Non sono del tutto sicuri in quale fase tu sia, visto che... beh, è un tantino difficile dire se le tue acque si siano rotte o meno, ma faranno il cesareo lo stesso. Non vogliono rischiare.”
“Sicuramente… buono,” dissi con fare distratto. Ci fu un momento di silenzio che fu brutalmente interrotto da un gemito, da un urlo e da un “CAZZO!” detto da me, mentre una particolare serie di acute contrazioni iniziò di nuovo. 
“Odio vederti così,” sospirò Harry dopo altri numerosi pianti, singhiozzi, urla e bestemmie. “Stai male, e io sono quì e… mi sento un po’ inutile.”
“Non fa niente,” dissi, la mia voce stranamente roca. “Non credo saresti in grado di aiutarmi in alcun modo comunque.”
“Ciò non significa che non desidererei farlo,” borbottò con un espressione triste in volto. 
“Sai, non dovrei essere io qui a confortare, ma ho come la sensazione di doverlo fare,” dissi con un sorriso sarcastico.
Ricambiò il sorriso, ma non coinvolse anche i suoi occhi. 
“Scusami.”
Sospirai e diedi una leggera strizzata alla sua mano. “Andrà tutto bene, Harry. Nessuno si farà del male o.. morirà.”
“Non è quello,” disse mordendosi il labbro inferiore. “E' solo che… non abbiamo ancora deciso nulla. Riguardo al bambino e all’adozione e tutte quelle cose. Avremmo dovuto avere un altro paio di settimane, ma adesso non le abbiamo più e io- è troppo presto. E se per caso il bambino non è ancora pronto? Non sono nemmeno nove mesi, è troppo piccolo, no?”
Preferii non dirlo ad alta voce nel caso mi avesse sentito, ma un Harry preoccupato era, a mio parere, un Harry molto dolce e attraente. 
“Non è troppo piccolo,” dissi. “Non avrebbero deciso di farlo nascere se fosse così. E ci penseremo dopo per l’adozione, solo- lasciamo passare questo giorno, okay?”
Sembrava pieno di dubbi, ancora preoccupato, e per un momento era come se volesse protestare. Ma dopo arricciò le labbra e annuì. 
“Si, okay,” disse. 
“Ti ringrazio.” esitai per un secondo e mi mangiucchiai le labbra prima di sollevare un po’ la guancia. 
“Cosa?” quella fu la reazione che ricevetti. 
Sorrisi in modo esitante, sperando che riuscisse a capire cosa stessi chiedendo. Giudicando dalla sua occhiata confusa, non sembrava che ci fosse arrivato. 
“Harry, andiamo,” mi lamentai, un rossore iniziò ad estendersi su tutto il viso perché, okay, era imbarazzante. Non era nemmeno da me chiedergli di dover essere baciato. 
“Oh.” ed eccolo lì uno sguardo di comprensione e un sorriso compiaciuto. “Vuoi una sbaciucchiata, Lou? Non è così?”
“Non sei per niente divertente,” attestai bruscamente. “Hai delle palle, comunque, giocare con- oh cazzo, quando finirà questa cazzo di merda?” 
“Sei così affascinante, specialmente con i vari usi che dai alla parola ‘cazzo’.”
Non ero in grado di fare molto, all’infuori di piagnucolare e grugnire in risposta, ma promisi di rompergli la testa contro il muro una volta che quest’incubo  sarebbe finito. Emisi un grugnito dentro di me. Come se avessi il coraggio di fare del male alla sua faccia. Era troppo carina. 
“Stai bene?” chiese una volta che quei quaranta secondi o meno furono passati.
“Meravigliosamente,” borbottai.
Sospirò e sporse una mano per asciugare delle lacrime che scendevano sulla mia guancia. “Stai piangendo.”
Quando si dice afferma l’evidenza. 
“Si, beh, sto soffrendo parecchio in questo momento,” sbottai secco. “Penso mi sia consentito di piangere senza che tu mi prenda in giro.”
“Non ti sto prendendo per niente in giro,” disse con una piccola risata.
“Si invece,” dissi aspramente spingendo via la sua mano dalla mia con un brusco strattone. “Mi stai prendendo in giro e non è giusto, perché non è colpa mia se il tuo bambino tutt’ad un tratto ha deciso di essere stanco di aspettare lì dentro al buio e di voler uscire subito, quindi gradirei infinitamente se tu tenessi la bocca chiusa e se mi lasciassi- hmpf.”
Quando avevo detto di voler essere baciato, non avrei mai pensato che si sarebbe avventato violentemente sulle mie labbra infilando la sua lingua nella mia bocca, ma okay. Non ero in vena di ribattere. Non avevo abbastanza energia per fare nulla all’infuori di alzare la mia mano e posarla sulla sua guancia, mentre ricambiavo il bacio meglio che potevo. Se mai qualcuno fosse entrato, il bacio non sarebbe apparso poi così impressionante. Comunque questo non voleva dire che non lo fosse. Il fervore iniziale si affievolì molto velocemente, e il bacio si ridusse ad un lento e gentile processo – effettivamente con lingua – che mi fece dimenticare per un po’ tutto quello che stava succedendo. 
Poco dopo si ritrasse per quello che, a mio parere, fu troppo poco tempo, e glielo feci capire con un leggero piagnucolio, cercando di sporgermi in avanti per afferrare di nuovo le sue labbra. 
“Inizierai di nuovo a gridare fra un paio di secondi, e preferirei che tu non mi mordessi la lingua,” fu la spiegazione che mi offrì con un sorriso provocante.
Nemmeno un secondo dopo essere ritornato al mio stato di quasi-non dolore, la porta si aprì ed entrarono l’infermiera e la dottoressa Hayes.
“Beh, non è una sorpresa questa?” disse retoricamente, con un sorriso in faccia. “Mi stavo giusto preparando per uscire a cena, ed è allora che ho un ricevuto una telefonata da un collega che mi ha informando che il signor Tomlinson era stato ricoverato e che era sicuro al cento per cento che tu fossi in travaglio.“
Ricambiai il sorriso svogliatamente. “Le cose accadono e… basta,” fu la mia risposta poco convincente. 
“Apparentemente è così,” disse mentre si sfilava la giaccia e la appendeva sul muro. “Nessuno ti ha spiegato che cosa faremo?” aggiunse dopo, e io scossi la testa.  “Bene, sinteticamente, ti verrà fatta un‘anestesia in modo tale che tu non veda, senta o percepisca nulla, e dopo verrai sottoposto al taglio cesareo per assicurarci che tu e il bambino stiate bene.”
“Mi drogherete?” chiesi esitante, mangiucchiandomi ansiosamente una pellicina del labbro, “Non sarà pericoloso per il bambino?”
“È perfettamente sicuro, non preoccuparti,” disse con un sorriso rassicurante. “Di solito usiamo l’anestesia locale in modo tale da permetterti di rimanere sveglio durante l’intervento, ma date la inusuali circostanze, farti addormentare è la migliore opzione rispetto a quella di farti rimanere sveglio.” 
Fece una pausa. “A meno che tu non abbia nulla in contrario, certo.”
“No, no, va bene,” dissi velocemente. 
Una sensazione di nausea iniziò a farsi strada su per la gola, e volsi lo sguardo sul mio ventre coperto, dove riposava la mia mano intrecciata con quella di Harry. Realizzai allora quanto fosse piccola la mia mano in confronto alla sua.
“Molto bene,” disse con un tono effettivo. “Presto ti porteremo in sala operatoria e ti prepareremo, dopodiché dovremmo essere in grado di iniziare l’operazione fra non meno di quaranta minuti, okay?” 
“Okay,” dissi in un sussurro. 
Poco dopo lasciò la stanza, non prima di aver sussurrato qualcosa all’infermiera, che la seguì uscendo dalla stanza con lei. 
“Cazzo,” piagnucolai non appena chiusero la porta.
“Ehi, ehi, non impazzire adesso,” disse Harry con voce calma, mentre mi stringeva la mia mano in un modo confortevole. 
“Io non, io- solo- quaranta minuti, Harry, cazzo,” tirai su con il naso e asciugai una lacrima sulla guancia. “Ho paura.”
“Lo so,” disse e sospirò sommessamente, “ma non abbiamo molta scelta, no?”
Rimanemmo in silenzio per un paio di secondi, ma poco dopo emisi un singhiozzo strillando e afferrai violentemente la mano di Harry, mentre le mie interiora si contraevano ancora una volta, lasciandomi nulla tranne che una cascata di lacrime e di maledizioni. E il bambino.
Non appena finì, meno di un secondo di pausa dopo, Harry iniziò a parlare di nuovo. E questa volta non stava parlando con me.
“Sei grande e forte abbastanza per uscire adesso, piccolo,” sussurrò dolcemente. Mi asciugai un paio di lacrime dalle guance e dagli occhi, e dopo posai il mio sguardo su Harry, il quale era intento a fissare con intensità il mio stomaco. Sorrisi debolmente a quella vista. 
“Un paio di settimane in anticipo, si, ma grande abbastanza da poter venire fuori,” continuò, “Ti vedremo finalmente, e probabilmente ti sentiremo anche, se quello che ho imparato sui bambini negli ultimi mesi sarà vero anche per te.” 
Alzò lo sguardo su di me e mi offrì un ghigno in risposta al mio cipiglio. “Okay, non così grande, ma mi mancherà averti lì dentro una volta che sarai uscito.”
Una sensazione di sconforto pervase tutto il mio petto e iniziai a far sfarfallare gli occhi un paio di volte, in modo tale da non versare altre lacrime. 
“Si, anche a me,” sussurrai, ma era così flebile che dubitai Harry lo avesse sentito. 
Rimanemmo così per un paio di minuti, Harry che blaterava frasi dolci senza senso e io che lo guardavo mentre lo faceva, prima che due infermiere e un dottore entrassero senza preavviso. Harry alzò immediatamente la testa e io diedi un sospiro mentale; era troppo chiedere un momento di tranquillità.
“Allora, come andiamo?” chiese il dottore mentre si avvicina verso il letto. Senza aspettare una risposta, continuò. “Siamo pronti per iniziare, Signor Tomlinson, quindi se cortesemente si sdraiasse di schiena, inizierò a preparare l’attrezzatura.”
Spalancai gli occhi, cercando di assimilare la notizia che mi era stava appena data. Quel ragazzo parlava fin troppo veloce. 
“Io- attrezzatura? L-lo farete- adesso?”
“Oh, no, no, non si preoccupi,” disse in modo rassicurante, nonostante sembrava che stesse pensando a tutt’altro, e questo guastò un po’ la cosa, “No, le farò solo l’anestesia adesso.”
Vidi Harry lanciarmi un’occhiata nervosa, ricambiandolo allo stesso modo. 
“Per…  per quanto tempo sarà sotto l’effetto dell’anestesia?” chiese. 
“All’incirca tre ore, più o meno,” rispose il dottore mentre armeggiava con una serie di cavi, una grossa macchina, la quale appariva come una piccola maschera antigas e qualche filo di ferro. Tutti insieme sembravano formare uno strumento di tortura. 
“Tre ore?” ripeté Harry dubbioso, “pensavo la procedura durasse solo un’ora.”
“Normalmente è così, ma non ne siamo molto sicuri dato che qui, il Signor Tomlinson, non è una donna.” il suo tono di voce risuonò autorevole date la circostanze, e non ero sicuro se essere risollevato o impaurito.
Harry appariva nervoso come sempre, ma questa volta non disse nulla. Invece tenne gli occhi fissi su di me e strofinò dolcemente il pollice avanti e indietro sulla mia mano. Ero il primo che stava cercando di trattenersi per non scoppiare in una serie incontrollata di singhiozzi, perché tutto questo stava accadendo così in fretta e io non mi sentivo assolutamente pronto per tutto questo, quindi cosa-
Qualcuno potrebbe far uscire questo cazzo di bambino fuori da me prima che uccida qualcuno?” strillai tutt’ad un fiato accompagnato da un urlo disumano, mentre ancora una volta un’altra serie di contraddizione percorreva il mio corpo. Notai lo sguardo di pietà che mi rivolse Harry, e io gli ringhiai contro. 
“Non mi guardare il quel fottuto modo, pezzo di merda! Io- CAZZO! Ti uccideremo non appena tutto questo sarà finito, lo giuro cazzo!”
Tutto divenne silenzioso un paio di secondi dopo non appena la contrazione finì, eccetto per il suono del mio respiro mentre cercavo di riprendere fiato. Poi il dottore aprì bocca, e se mezzo minuto prima avevo in mente di uccidere Harry, non era nulla in confronto a quanto volessi uccidere adesso il dottore.
“Potrà non essere una donna, ma di sicuro strilla come se lo fosse,” disse tutto contento.
Dopo quello non fu detto molto, solo un paio di occhiate acide indirizzate al dottore da  parte mia e qualche altre furiosa da Harry. Solo dopo un’altra serie di contrazioni e un sonoro “ahia!” da parte di Harry quando artigliai le mie unghie nel suo braccio, il dottore – non poteva presentarsi visto che mi avrebbe drogato? – finalmente girò il letto e volse il suo sguardo su di me.
“Ho parlato con la sua ostetrica e mi ha detto che non soffre di nessuna allergia e che non prende nessuna prescrizione medica, giusto?” chiese. 
Annuii. 
“E non ha mai avuto un tumore, ictus, collasso renale o emorragia, giusto?”
Annuii di nuovo, ma iniziavo a sentirmi a disagio. Cioè, ancora più a disagio di quanto già lo fossi. 
“Perché me lo chiede?”
“È una procedura standard, giusto per essere sicuro che tutte le informazioni che mi sono state date siano corrette,” rispose semplicemente. Dopodiché battè le mani in un gesto fin troppo gioioso per i miei gusti. 
“Bene, credo sia tutto,” disse. “Dovremmo iniziare?”
Una sensazione pungente di nausea risalivì su per la gola, ma deglutii e annuii velocemente.
“Si, certo,” squittii. Un modo per rendermi ancora più maschile. Era sicuramente un'effetto della situazione arrivati a questo punto. 
“Fantastico!” Da dove usciva tutto questo entusiasmo? Si voltò verso Harry e sorrise piano. 
“Dovrebbe salutare il suo compagno qui, non lo vedrà di nuovo per un paio di ore.”
“Salutarlo…?” disse Harry esitante, “Non posso entrare con lui?”
Scosse la testa. “Non diamo il permesso di entrare quando il paziente è sotto l’effetto di anestesia totale, mi dispiace.”
Non mi era mai parso troppo entusiasmante l’idea di avere Harry che mi vedeva mentre venivo affettato, dovevo ammetterlo, ma adesso che eravamo qui, e dopo aver recepito il messaggio che non sarebbe potuto entrare lì dentro con me, non potei evitare la sensazione di incredibile solitudine e incapacità. Le mie labbra iniziarono a tremare un po’ mentre spostavo i miei occhi in quelli di Harry, notando la stessa tristezza come nei miei.
“Credo ci rivedremo dopo allora,” dissi tremante, non essendo in vena nemmeno di abbozzare un sorriso.
Mi guardò in modo preoccupante per più di un secondo, prima di alzarsi. 
“Si.” Si morse le labbra. “Andrà tutto bene, ti aspetto, promesso.”
“Lo so, è tutto a posto,” dissi frettolosamente; l’ultima cosa che volevo in questo momento era che Harry si sentisse colpevole su qualcosa che non era nemmeno un suo sbaglio.
Con lieve sorriso tramante, porse in avanti la sua mano e mi spostò la frangia prima di piegarsi, e di premere un dolce bacio sulla mia fronte.
“Ci vediamo presto,” disse quando si sollevò. Guardò in basso verso il mio stomaco per un secondo, “Entrambi.”
Mi indirizzò un piccolo sorriso e lasciò la mia mano, evidentemente perché forse era ora di andare, e di mio mi sporsi in avanti issandomi fuori dal letto per riafferrare la sua mano. 
“Aspetta finché non mi addormento, per favore?” dissi supplichevole, tenendo in fuori la mano affinché lui l’afferrasse.
Giurai di aver visto per un secondo il suo mento tremare leggermente, ma durò solo per un momento prima che la sua faccia assumesse di nuovo un’espressione normale. Fece un passo in avanti verso il letto e intrecciò le nostre dita. 
“Certo,” disse con un sorriso tentennante. 
Apparentemente quello era il tempo concessoci da parte del dottore, poiché tossicchiò, ed io voltai il mio sguardo su di lui. Era in piedi con una mascherina fra le mani, sporgendola un po’ in avanti in modo tale che io capissi che era arrivato il momento.
“Ho bisogno che lei si stenda adesso,” disse in modo calmo.
Feci come mi fu detto con un piccolo aiuto da parte di Harry, e un paio di grugniti. Sarà un tantino triste non avere più il bambino all’interno del mio stomaco, si, ma sarà altrettanto dannatamente risollevante. Volsi lo sguardo giù, e usai la mano che non era intrecciata con quella di Harry per accarezzare lentamente il rigonfiamento. Non volevo iniziare a mormore cose sdolcinate senza senso al mio bambino ancora non nato con un paio di estranei in stanza, quindi optai per una carezza e una sorriso adorante. 
“Okay, si sdrai in modo tale che la testa sia ben appoggiata, sollevi un po’ il mento,” iniziò a spiegarmi il dottore, “e faccia in modo che il corpo si rilassi, nessun muscolo teso o altro, va bene?”
Emisi un profondo respiro e feci come mi disse, sollevando il mento in modo che i miei occhi fossero rivolti verso il soffitto, sforzandomi di prendere una serie di respiri profondi, così da rilassare le spalle tese e mandare via la sensazione fastidiosa che avevo in petto. Non potevo più vedere Harry, non nel modo in cui ero sdraiato, e mi spaventava, visto che era ridicolo dato che avevo ancora la sua mano intrecciata con la mia in un silenzio rassicurante. 
“Appoggerò questa maschera sulla sua bocca e sul naso adesso,” disse il dottore mentre faceva un passo in avanti entrando nella mia visuale, “e quando lo farò, ho bisogno che lei respiri profondamente e inizi a contare da uno fino a dieci, okay?”
Okay’? 
In che modo voleva che rispondessi a quello? ‘No, non è okay, preferirei che smettessimo di fare ogni singola cosa’? Non diedi voce alla mia noia, annuii solo in modo breve e tranquillo, preparando me stesso mentalmente per… beh, per tutto quello che avrei dovuto provare. Probabilmente non molto se la conoscenza che avevo su queste cose era esatta. 
Era estremamente a disagio nello stare sdraiato in quel modo di schiena, fissando dritto in faccia uno sconosciuto, mentre appoggiava una maschera sulla mia faccia. Una maschera di plastica che consideravo ancora come uno strumento di tortura.
Per ovvie ragioni, tutto divenne offuscato dopo quello, e non ci volle molto – non riuscì nemmeno a contare fino a ‘sei’ – che la mia visione iniziò sfocarsi e la mia mente si annebbiò con un velo nero di incoscienza.
Forse stavo immaginando cose – non sarebbe stato strano date le circostanze, giusto? – ma subito dopo essermi assopito, immaginai di aver sentito la voce dolce e profonda di Harry, la quale adesso era invasa da un tono ansioso, biascicare un leggero: “Andrà tutto bene, amore.”
Sorrisi dentro di me. Forse si era trasmesso anche sulla mia faccia, non ne ero sicuro. 
Amore?
Amore.

Mi piaceva.
Mi piaceva davvero. 

*

Ci sono persone in questo mondo che possono ricordare un momento, un giorno, una fase, o uno scenario della loro vita e dire: “Qui è quando tutto è cambiato, in meglio o in peggio.” Per alcuni si tratta di esperienze religiose, per altri di raggiungere premi a cui si ambiva da tanto tempo, per altri di cogliere l'occasione o fare qualcosa di cui hanno paura, per altri di trovare l'amore della loro vita, per altri di scoprire una parte sconosciuta di se stessi, per altri di morire per l'amore di qualcuno, per altri ancora guadagnare fama e popolarità.
Per altri è la nascita di una nuova vita.
Dire che il processo di risveglio fu bello e tranquillo sarebbe una bugia. Fuori da un sentimento di completa incoscienza e oscurità, piccoli luccichii, suoni e luci iniziarono ad apparirmi. Non avevano alcun senso, erano semplicemente lì, e non facevano nient'altro se non dirmi che ero ancora vivo. Passò un po' di tempo – non avevo idea quanto esattamente, e non ci pensai molto a dire il vero perché, seriamente, a chi importava? - prima di capire che non c'era davvero nessun suono, ma solo un debole brusio di voci e passi che arrivavano da chissà dove.
Non aprii gli occhi, non trovai il motivo per farlo e non ne avevo la forza. Ed ero spaventato su quello che avrei potuto vedere. Non avevo subito nessuna perdita di memoria, cosa per cui fui molto felice, ma questo non voleva dire che tutto il peso di quello che era successo mi avesse già colpito. Mi ricordavo di essere andato in travaglio, mi ricordavo di aver parlato con Harry nella camera d'ospedale, mi ricordavo di aver parlato con un dottore troppo felice e mi ricordavo di aver respirato attraverso una maschera.
Dieci, nove, otto, sette, sei.
Ora ero cosciente, o almeno a metà dal diventarlo, cosa che probabilmente significava che il chirurgo non aveva fatto niente di sbagliato. O forse si. Forse erano passati parecchi giorni e mi stavo svegliando solo ora da un lungo coma. Beh, se questo era il caso, cosa c'era di male?
Il bambino, ecco cosa. E se qualcosa fosse andato storto e il bambino fosse morto? E se tutti stavano aspettando che mi svegliassi così da potermi dire che io starò bene, ma che non sono stati in grado di salvare il bambino? Un consumante e schiacciante sentimento di totale vuoto e smarrimento mi travolse al solo pensiero, e se avessi trovato l'energia per farlo, avrei iniziato a piangere.
Non che io volessi stare cosciente-ma-con-gli-occhi-chiusi per sempre, ma in quel momento aprire gli occhi era meno invitante che avere un'altra gravidanza.
E questo la diceva lunga.
Ma poi ci fu un suono. Un piccolo, piccolissimo suono che sembrò arrivare da molto, molto lontano, ma allo stesso tempo da qualcuno vicino a me. Non sapevo come classificarlo; un pianto? Un sussurro? Un lamento? Dei singhiozzi? Dei guaiti? Qualcosa di questo tipo. Ma era tipo... un piccolo suono, sembrava quasi rotto, non uno doloroso, solo totalmente e completamente indifeso e pieno di mancanza per qualcosa.
Lentamente, molto lentamente, e esitando, alzai di poco lo palpebre, osservando attraverso la piccola fessura, cercando di intravedere quello che mi circondava per vedere se riuscivo a riconoscere qualcosa senza guardare totalmente. Tutto quello che vidi, però, fu una stanza – non la stessa di prima – con dei muri dipinti di miti sfumature di rosa, blu, verde e giallo. Non vidi nient'altro, e non ero sicuro se la cosa fosse buona o meno.
“Lou?” Aprii le palpebre un po' di più, perché quella voce la riconobbi come quella che avevo amato negli ultimi sette mesi.
“Lou? Piccolo? Puoi sentirmi?” Sentivo la testa pesante e sentii un po' di nausea, ma questo non mi fermò dal girare la testa dal lato in cui avevo sentito provenire la voce di Harry. Non ero sicuro se la mia voce avrebbe funzionato bene se avessi provato ad usarla, anche se avevo la sensazione che sarebbe stata roca e debole.
“Preferisco 'tesoro',” mormorai, e si, la mia voce suonava roca e debole. I miei occhi non avevano niente in particolare su cui focalizzarsi, ma vidi la sagoma della figura di Harry seduto in una sedia accanto al letto.
“Oh Dio, sei sveglio? Sei lì? Puoi sentirmi? Puoi vedermi? Ti senti bene?”
Sembrava che stesse per esplodere di emozione e provai a fare una specie di sorriso.
“Si, sono sveglio,” dissi debolmente. Sbattei le palpebre lentamente, languidamente, e sollevai lo sguardo il più possibile, riuscendo a mettere a fuoco la faccia di Harry. La prima cosa che notai fu che non c'erano lacrime visibili sulle sue guance, o qualsiasi altro segno di tristezza, e sentii come se il mio cuore si fosse liberato di dieci chili di peso extra.
“Come ti senti?” chiese dolcemente, avvicinandosi leggermente.
“Nauseante,” dissi con voce rauca. “Gola secca.”
“Vuoi un po' di acqua?” 
Annuii con gratitudine. Cercò qualcosa nel comodino di fianco al letto e un secondo dopo appoggiò un bicchiere sulle mie labbra. 
“E' qui, apri un po' la bocca,” disse mentre mi appoggiava gentilmente una mano sulla testa, spostandomi qualche ciocca di capelli. Mi ci vollero vari tentativi e finii con metà bicchiere d'acqua sulle coperte d'ospedale che mi coprivano il petto, ma alla fine riuscii a bere un po' di sorsi dell'acqua tiepida.
Provai di nuovo a sorridere, ma sentii come se i miei muscoli facciali dovessero lavorare il doppio del solito, e lasciai stare, optando invece per un “grazie”. Non disse niente, ed entrambi restammo in silenzio per un po' di tempo. Guardandolo in faccia, mi morsi il labbro; perché non mi diceva niente riguardo al bambino? Perché non lo stava tenendo? Perché non era lì? Era davvero successo qualcosa dopo tutto?
Deglutii con la gola secca. “Harry?” provai.
Lui sorrise. “Si?”
“Come- io- dove- dove- dov'è- il- il b-bambino?” balbettai, le sopracciglia corrugate e il labbro tremante per la paura della risposta.
Senza una parola e nemmeno una qualsiasi espressione che potesse dirmi a cosa stesse pensando, si alzò dalla sedia e camminò lungo la stanza con passi veloci. Io non avevo la forza per girare la testa e vedere ciò che stava facendo o dove stava andando, ma questo non mi fermò dal cadere in uno stato di totale terrore in attesa di ciò che stava per succedere.
Ci vollero solo pochi secondi prima che Harry riapparisse nel mio campo visivo, ma questa volta stava... stava tenendo qualcosa tra le braccia.
O meglio qualcuno. Un minuscolo fagotto di copertina blu.
I miei occhi si spalancarono comicamente e fissai Harry, che ora aveva un sorriso più luminoso di cento soli.
“Guarda chi ha finalmente deciso di svegliarsi piccolo,” sussurrò, ora con lo sguardo rivolto verso il basso. “E' il tuo bellissimo papà.”
Si sedette di nuovo sulla sedia e spostò leggermente il fagottino così che fosse steso sulle sue braccia invece che contro il suo petto.
Non vedevo niente se non la copertina blu, ma non ero stupido. Lacrime scesero rapidamente dai miei occhi mentre guardavo la piccola creatura lì, e le lasciai cadere, senza nemmeno provare a ricacciarle indietro questa volta.
“Sta- sta bene?” Sussurrai dopo un momento di silenzio.
“E' perfetto,” mormorò Harry mentre accarezzava la coperta su e giù con un dito. “Assolutamente perfetto, nessun difetto, nessun problema, niente. E' bellissimo ed è sano.”
“Bene,” sospirai di sollievo; stava bene, il mio bambino stava bene, contro ogni previsione lui stava bene. C'erano così tante cose che sarebbero potute andare male, c'erano così tante cose che sarebbero potute accadere, ma niente. Andava tutto bene. Stava bene. 
“P- posso tenerlo?” dissi supplichevole. “Per favore, ho bisogno di vederlo.”
Lui non disse niente, ma il sorriso che mi rivolse era colmo di affetto e felicità e questo era davvero tutto quello che avevo bisogno di sapere. Con un movimento accurato, strinse la presa attorno al fagottino e lo sollevò leggermente.
“Sto per lasciarti ora, starai bene, okay?” sussurrò. 
La risposta arrivò in forma di un piccolo suono simile a quello che avevo sentito prima, e ci mancò poco che scoppiassi a singhiozzare.
“Harry, ti prego,” sussurrai, stendendo le mie braccia tremanti. Sembrò aver notato la mia quasi disperazione, perché non perse più tempo ma si alzò in piedi e si avvicinò di qualche passo al letto. Sembrava come se avesse paura di far cadere il piccolo essere umano nelle sue braccia, perché quando si abbassò su di me, aveva un'espressione concentrata in viso e il suo naso era corrugato con dispiacere.
Era incredibilmente strano, dopo aver parlato per sette mesi senza averlo visto o sentito, tenerlo finalmente tra le mie mani. Strano, ma allo stesso tempo incredibile. Letteralmente. Trovai difficile credere che fosse reale. Io, Louis Tomlinson, di quasi diciannove anni e decisamente uomo, avevo prima concepito, poi portato in grembo questo bambino per nove mesi. Ed era stupendo.
Chi non avrebbe avuto difficolta a crederci?
Una minuscola faccia fu tutto ciò che videro i miei occhi, il resto del bambino era nascosto dalla copertina, ma fu più che sufficiente. I suoi occhi erano chiusi, il suo naso leggermente corrugato e la pelle rosa; un rosa chiaro che mi ricordava le notti di primavera, i baci e i deliranti, incondizionati amori. Il sentimento che salì lungo il mio corpo era impossibile da descrivere; era come se mi fossi innamorato, un amore totalmente diverso da quello che sentivo per Harry, e allo stesso tempo molto più veloce del normale.
La descrizione giusta potrebbe essere 'amore a prima vista'. Era amore a prima vista perché questo piccolo essere umano era mio; lo avevo portato dentro di me per nove mesi, avevo parlato con lui, l'avevo sentito, attraversato così tanti momenti con lui e per lui, e ora era qui, un fagottino nelle mie braccia, ed era mio.
“Ciao piccolino,” dissi mentre facevo scorrere un dito lungo il lato del suo faccino. “Ti ricordi di me? Sono quel lunatico che ha parlato e si è lamentato con te negli ultimi sette mesi.”
Lui non aprì gli occhi, ma lo sentii dimenarsi un po' dentro la copertina, e la vista mi fece leggermente soffocare le parole. 
“E' bello vederti finalmente e non solo sentire i tuoi calci tutto il tempo. Ed è bello vedere che sei talmente... perfetto, considerando tutte le cose.”
“E' perfetto,” dichiarò dolcemente Harry da dove era seduto nel bordo del letto.
Lo guardai con gli occhi pieni di lacrime, e annuii.
“Si, lo è.”
Abbassai di nuovo lo sguardo e tirai su con il naso, scuotendo un po' la testa.
“Il mio piccolo bimbo,” sussurrai, la voce appena udibile. “Sei così, così bello e sei mio,” deglutii. “Sei mio.”
“E mio,” disse Harry e, prima che riuscissi a vedere ciò che stava facendo, allungò le gambe sopra il letto, e si girò in modo da sedersi al mio fianco, la schiena contro il cuscino. Appoggiò attentamente un braccio attorno alle mie spalle, e mi diede un piccolo bacio sul lato della testa prima di sorridermi. “E' anche mio.” Mi allineai a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla, attento a non disturbare il bambino che stava dormendo tra le mie braccia, prima di rispondere.
“Si, è anche tuo,” dissi poi a bassa voce. “E' nostro.”



HI FELLAS!

IO NON CI CREDO! NON CI CREDO! QUESTO CAPITOLO È ARRIVATO! SONO QUI, IN CARNE ED OSSA CHE SCRIVO A VOI DOPO QUELLI CHE SONO STATI MESI DI ANSIA E TRISTEZZA PER QUESTA MERAVIGLIOSA STORIA.
Avevamo perso la speranza, ci sentivamo vuote e rimuginavamo sul fatto che non saremmo mai più state in grado di farvi scoprire in che modo sarebbe nato il piccolo Aidan. Ma un vecchio detto dice sempre di non perdere la speranza, ed è stato forse quello a farci rivedere la luce. 
Non ringrazierò mai abbastanza quella ragazza che ci ha procurato una copia della storia (tramite sempre la sua meravigliosa amica), mai e poi mai. Un grazie immenso va anche a loro, quindi tutto il nostro amore per voi. 
Nonostante lo sfollo iniziale, ci siamo precipitate a tradurre la restante parte che ci era rimasta. Impegni e scuola, come sempre, rovinano sempre tutto, ma dato che martedì apposta di prendere un nove in storia prenderò cinque, ricompensa tutto ahahah faccio sempre tutto con il cuore. 
Ho altro da dire mm… forse- AIDAN È NATO, NATO NATOOOOOOOOOOOOOO WOOOO BRASIL LALALA DON’T BELIEVE JUST WATCH! 
CI AVRESTE MAI CREDUTO? IO ANCORA NO..
Auguri ai nostri papà! Sono la cosa più bella del mondo, e immaginarli così mi fa commuovere sempre come una scema, non biasimatemi. 
Dopo tanta sofferenza da parte del nostro Louis, finalmente ha dato alla luce un bellissimo maschietto, e con la gioia dei suoi papà, finalmente è li, nelle loro braccia. Ma… dite che rimarrà con loro? Harry ci ha ricordato che c’è ancora di mezzo la questione dell’adozione, quindi boh. Un altro paio di casini intratterrà le vostre giornate, tranquille ;)
Santa miseria, mi piacerebbe scrivere ancora un po’ in questa “HI FELLAS!”, sui ragazzi nella vita reale o su altro, ma il tempo stringe e manca ancora la nota della mia Giulì. 
Esatto, questo capitolo lo abbiamo tradotto metà e metà; lo faremo ancora dopo i due seguenti capitoli!
 Detto questo grazie infinite per tutto il tempo che avete aspettato, davvero. Ci avete dimostrato che tenete a questa storia in un modo incredibile, quindi sarete ricompensate. 
Let’s love each other. Flowers! Flowers! (cit.<3)
A te la parola Giulì! * voce da telegiornale *

Ana. 


***


I'm Here.

Salve a tutte, siamo in linea da Milano dove è stato ucciso- Ah no scusate, mi ero fatta prendere troppo dalle ultime parole di Ana, niente telegiornale.
Ehm ehm...
Okay ragazze, in questo momento vorrei non dire niente e piangere tutta l'acqua che ho in corpo perché questo, nella sua semplicità, è uno dei capitoli più belli di sempre; non solo perché è finalmente nato il piccolo Aidan dopo ben 36 capitoli, ma perché finalmente, dopo tanti ostacoli, siamo ancora qui con voi e abbiamo ancora la storia tutta intera grazie al cielo. Vi giuro che non è mai stato così tanto gratificante pubblicare un capitolo come questa volta.
Manca così poco alla fine e questi capitoli godeteveli tanto perché sono veramente stupendi, ho un ricordo speciale solo per loro.
Non ho molto da dire se non ringraziare per l'ennesima volta tutte voi che continuate a seguirci e che continuate a recensirci dopo tutti i casini. Come ha già detto Ana, questo capitolo (come succederà anche con il 40, il 41 e il 42) lo abbiamo tradotto 'a metà' diciamo. Sono i più importanti e i più belli e giustamente entrambi ci teniamo a contribuire nella loro traduzione.
Spero ci siate ancora tutte nonostante ormai siano passati praticamente tre mesi, o almeno una buona parte.
Ci vediamo al prossimo capitolo che (ahimè) penso arriverà durante le vacanze di Pasqua. Sicuramente non prima perché a doverlo tradurre sono io che Venerdì parto per Barcelona con la scuola (ancora non posso crederci!) quindi non potrò lavorare sulla storia. Ma durante le vacanze di Pasqua appena torno ci sarà tempo.
Un grazie immenso va a tutte le ragazze che ci hanno scritto su Twitter, quelle che ci hanno recensito negli ultimi due avvisi e tutte quelle che ci hanno contattato per inviarci la storia andata persa. Un grazie sincero di cuore a tutte, davvero.
Un bacione,

Giulia.


PS. Ci scusiamo per eventuali errori ma non abbiamo avuto molto tempo per rileggerlo nei particolari; lo faremo presto :)

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Capitolo 38
*** But why can't I hold him? ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla vecchia e cara Blindfolded (che ha deciso bene di scomparire nel nulla insieme alla storia).
 
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Capitolo 38

 
Ma perché non posso tenerlo?

 
Non mi accorsi di aver avuto un intervento chirurgico prima di svegliarmi la mattina dopo. Ero stato un po' preoccupato la sera prima, cosa che mi aveva portato a guardare il bambino per ore ed ore, e l'effetto dell'anestesia non era ancora scomparso totalmente quando ero andato a dormire attorno all'una di mattina, quindi esso eliminò un po' del dolore che avevo sentito.
Quello che mi svegliò quella mattina fu il suono di voci silenziose che stavano parlando da qualche parte nelle vicinanze, e qualcosa – Dio sa cosa – mi fece trasalire e svegliare con un lamento di panico.
Era abbastanza possibile che fossi diventato un pochino paranoico. Non che fosse chissà quale grande sorpresa; avevo avuto segnali di questo anche la notte scorsa, quando un'infermiera era venuta per prendere il bambino così che potessi andare a dormire, ed io avevo risposto iniziando a lamentarmi e a piagnucolare come se il mondo stesse per finire e soffocando una piccola, rotta domanda: “Lo stai portando via da me, vero?”
“Lo stanno solo portando via per la notte in modo che tu possa dormire,” aveva detto Harry. “Sarà qui domani quando ti sveglierai, non preoccuparti.”
“Ma perché non posso tenerlo? Non sono stanco,” piagnucolai. Era assolutamente una bugia – mi sentivo pronto a svenire per lo sforzo -, ma avevo avuto il bambino solo per qualche ora e non ero pronto a darlo già via a qualcun altro.
“Si, lo sei,” disse Harry con un sorriso storto. “Puoi passare più tempo con lui domani, ma ora hai bisogno di dormire.”
Alla fine vinse lui, ovviamente, con l'aiuto del Dr. Hayes e l'infermiera, e quando presero il bambino e lasciarono la stanza, stavo di nuovo piangendo.
Harry sospirò.
“Oh Lou,” disse, suonando un po' esasperato mentre mi circondava con le braccia e mi portava più vicino a lui. “Sarà solo in fondo al corridoio, nessuno te lo porterà via, te lo prometto.”
Quando mi svegliai, in ogni caso, e sentii nel silenzio da qualche parte delle voci preoccupate, non potei evitare di pensare che fosse arrivato qualcuno per portare via il bambino dopo tutto. Tipo l'agenzia di adozione. Oh Dio, e se loro lo avessero portato via senza dirmi niente?
Aprii gli occhi, e con lo sguardo catturai la figura di Harry ed Anne in piedi ai piedi del letto.
“Dov'è lui?” chiesi con voce roca e stanca. Entrambi girarono immediatamente la testa, e il viso di Anne si illuminò subito con un sorriso.
“Come ti senti?” chiese mentre si avvicinava al fianco del letto. “Dolorante immagino.”
Sbattei le palpebre. “No, a dire il vero no,” dissi esitante.
“Prova a muoverti un po',” disse con un espressione che la sapeva lunga.
Ero abbastanza confuso su cosa si stesse riferendo, ma feci ciò che mi aveva detto. Mi mossi leggermente e-  oh. Mugolai di disagio perché, okay, si, in effetti sentivo un po' di dolore nella parte inferiore dello stomaco. Come avevo potuto dimenticarmi di tutta questa parte la notte scorsa? C'era qualcosa di strano in me su cui ancora avevo scelto di non soffermarmi.
“Passerà presto,” disse lei confortante. “Il dottore ha detto che il dolore si trasformerà in fastidio tra qualche settimana.”
Fastidio? Mi accigliai. Non sembrava divertente. Avevo problemi più urgenti a cui pensare comunque.
“Dov'è il bambino?” dissi, guardando prima Anne poi Harry, la quale espressione tramutò da normale ad estasiata in un secondo.
“E' proprio un bene che tu ti sia svegliato,” disse. “Perché è ora di mangiare, e ora puoi farlo tu.”
Il sollievo che sentii avendo la certezza che nessuno me lo aveva portato via durante la notte fu devastante, e chiusi gli occhi per un secondo prima di fare un profondo sospiro.
“Stai bene?” chiese Harry, guardandomi preoccupato.
Annuii velocemente. “Si, sto bene,” dissi.
Ci fu silenzio per qualche momento ed io tossii, schiarendomi la gola.
“Allora è ora di mangiare?” dissi. “Quindi? Vuoi che lo allatti al seno?”
Sogghignò. “Certo se avessi delle tette che producono latte. Mi piacerebbe guardarti farlo.”
“Niente tette e niente latte, mi dispiace,” dissi seccamente.
“Indovina chi continuerà ad userare il biberon allora?” disse con un sospiro.
“Chi continuerà ad usare il biberon?” dissi confusamente. “Gli hai già dato da mangiare prima?”
“E' nato dodici ore fa,” disse divertito. “Pensi che avrebbe potuto sopravvivere così tanto tempo senza cibo?”
Diventai subito taciturno. Il primogiorno e già mi ero dimostrato essere un cattivo genitore.
“Certo che no,” dissi, un leggero rossore mi attraversò il viso. “Solo che non ci ho... pensato.”
Feci una pausa. “Quindi chi... gli ha dato da mangiare?”
“Io,” disse Harry, sembrando davvero fiero. “E non ho sbagliato niente.”
“Hai fatto schizzare il latte su tutta la sua faccia e sulla tua mano,” commentò Anne. “E non so come tu abbia fatto visto che la bottiglia è stata fatta apposta per essere a prova di schizzo.”
Gli lanciò un occhiataccia. “Era la prima volta, cosa ti aspettavi? Non avevo mai usato un biberon prima.”
“Beh, nessuno si è fatto male e questo è quello che conta,” disse lei con un debole sorriso.
“Quindi ha mangiato abbastanza?” chiesi prima che Harry potesse rispondere con un commento indecente.
Harry ridacchiò. “Oh, mangia abbastanza, è come se cercasse di succhiare l'intero biberon.”
Si zittì per un momento, e la sua espressione si ammorbidì. “E si addormenta con quello in bocca, completamente esausto. Non ha molte energie.”
“Anche tu ti sei addormentato con lui tra le braccia, quindi anche tu sei carente di energie,” disse Anne, ora con uno sguardo di disapprovazione rivolto verso di lui.
“Non dormo da ventiquattro ore,” disse in sua difesa. “Che cosa ti aspetti?”
“Non dormi da ventiquattro ore?” esclamai, spalancando gli occhi verso di lui. “Ma che cazzo, Harry! Vai e casa e dormi!”
“Oh, rilassati, sto bene,” disse sprezzante con un movimento casuale della mano.
Strinsi le labbra.
“Beh, non sei autorizzato a tenere il bambino fino a che non avrai dormito,” dissi. “Potrebbe cadere lui o potresti cadere tu o qualcosa di questo tipo, e poi si farà male.”
Per un secondo sembrò rimanere totalmente interdetto, ed iniziai a preoccuparmi che avrebbe iniziato ad urlarmi contro, ma poi sorrise ampiamente sembrando per qualche ragione contento.
“Visto? Siamo già sommersi dai tipici problemi da genitori,” disse.
Sembrava così felice e ottimista ora che non avevo potuto ricordargli che noi non avremmo avuto l'opportunità di essere genitori ancora a lungo. Sembrò che i pensieri di Anne fossero sulla mia stessa lunghezza d'onda però, perché mi rivolse un'occhiata piena di significato, ed io gli risposi con un triste piccolo sorriso.
Quando ebbi di nuovo il bambino tra le braccia, l'orologio segnava quasi mezzogiorno e, a quanto detto da Harry, l'ultima volta che gli avevano dato da mangiare erano state le nove e mezza.
“E' affamato o cosa?” chiesi alla giovane infermiera che me lo aveva portato. Il bambino stava piagnucolando e i suoi occhi, che ora erano aperti, erano pieni di lacrime e guardavano in alto senza focalizzarsi su qualcosa in particolare. Era normale?
“Probabilmente è affamato,” disse. “Di norma bisognerebbe dargli da mangiare ogni due/tre ore, quindi è ora di dargli di nuovo il biberon.”
Arrivò con un biberon pieno di quello che sembrava essere latte – o 'miscuglio' era probabilmente il termine più appropriato – e mi sorrise. “Vuoi farlo tu, vero?”
Annuii vigorosamente, ed il suo sorriso si allargò in un espressione compiaciuta.
“Non so bene come...farlo però,” dissi mortificato quando mi allungò il biberon.
Lo accettai esitante, ma poi lo tenni semplicemente fermo in aria. “Devo tipo, tenergli la testa o-”
“Assicurati solo che la tettarella sia sempre piena di latte così che lui non mandi giù troppa aria,” disse. “Gli farà venire mal di pancia, cosa che decisamente non vogliamo. Ed inclina leggermente il biberon in modo che per lui sia più facile bere.”
“Lui deve restare così?” Chiesi, guardando in basso dove il bambino era steso tra le mie braccia con la testa un po' più alzata rispetto al resto del corpo. Stava indossando una tutina blu con un piccolo orso stampato sopra e un piccolo cappello sulla testa. Le mani erano strette in due pugni e le gambe, con le ginocchia piegate, erano sospese in aria.
Se io fossi rimasto steso in quella maniera a lungo, mi sarebbero venuti i crampi ai muscoli.
L'infermiera non ebbe l'occasione per rispondere prima che improvvisamente, e senza nemmeno alcun avviso, i piccoli e miserabili singhiozzi si trasformarono in un vero e proprio pianto. O 'urli' era la parola migliore. Spalancai gli occhi verso l'infermiera.
“Che cosa ho fatto?” chiesi disperato. “Mi odia?”
“E' solo affamato tesoro, non preoccuparti,” disse con un sorriso tranquillo.
“Mi odia,” mi lamentai. “Mi odia per non avergli dato da mangiare.”
Guardai in basso verso di lui e lo guardai tristemente.
“Mi dispiace piccolo, mi dispiace,” dissi. “So che sei affamato, ma sono veramente una frana in queste cose e non so cosa fare.”
“Fai solo ciò che ti ho detto e andrà bene,” disse tranquilla l'infermiera. “Inclina la bottiglia in modo che la tettarella sia piena di latte e poi appoggiala sopra le sue labbra, lui sa già cosa fare.”
Sconsolato per averlo già fatto piangere, presi la bottiglia e la inclinai appena, mettendoci qualche secondo per capire quanto dovessi inclinarla esattamente per fare in modo che si riempisse. Quando lo capii, i suoi pianti divennero ancora pià forti e disperati, ed ebbi la tentazione di iniziare a piangere a mia volta perché ero davvero così terribile a prendermi cura del mio stesso bambino?
Fu un grande sollievo quando, però, appoggiai esitante la tettarella del biberon sopra le sue labbra e lui immediatamente tirò su i piccoli pugni per cercare di aggrapparsi alla bottiglia, ed iniziò a succhiare. Sorrisi un po' al suo entusiasmo. Harry aveva ragione – sembrava che volesse succhiare l'intera bottiglia. Tutti i bambini erano così o solo lui?
Preferii pensare che fosse unico.
“Per quanto devo farlo andare avanti?” chiesi dopo che passarono uno o due minuti e lui stava continuando a mangiare come se non ci fosse un domani.
“Si fermerà da solo quando sarà pieno,” rispose l'infermiera. “ma puoi provare ad allontanare il biberon ora e vedere la sua reazione.”
Lo feci, ma la risposta arrivò in forma di singhiozzo, qualche lacrima e un dimenarsi di mani in aria, e non ci misi più di un secondo prima di rimettere il biberon tra le sue labbra. Non c'era bisogno di farlo piangere di nuovo.
“Non penso abbia finito,” commentai.
Come previsto, Harry aveva ragione anche sul fatto che il bambino si sarebbe addormentato con il biberon in bocca. Continuò a succhiare felicemente per un po', ma quando era ormai arrivato alle ultime gocce, iniziò a rallentare e notai le sue palpebre diventare sempre più pesanti. Rimasero solo una o due gocce quando i suoi occhi si chiusero completamente e le sue mani persero la forza, ed io sorrisi goffamente alla vista.
“Penso sia sicuro dire che ha finito ora,” dissi dolcemente mentre allontanavo il biberon e lo appoggiavo sul comodino di fianco al letto. Continuando a sorridere, lo accarezzai dolcemente sulla testa e giù sul petto dove sentii il suo cuore battere forte, rassicurante, sotto le mie dita.
“Devo chiederti di lasciarlo ora,” disse l'infermiera, ed io alzai lo sguardo, le sopracciglia alzate.
“Perché?” chiesi. “Non lo darai via a qualcun altro, vero?”
Lei ridacchiò a quelle parole e scosse la testa.
“No, ovviamente no,” disse. “Ma ora tu andrai a fare una piccola passeggiata e non sei ancora in grado di camminare e tenerlo allo stesso tempo.”
“Andare a fare una passeggiata,” dissi dubbioso. “Come? E' fastidioso solo stare sdraiato qui.”
“Lo so, ma ti riprenderai molto prima se ti alzi e permetti al tuo sangue di circolare meglio, e questo aiuterà la prevenzione di stitichezza e il coagularsi del sangue.”
Non ebbi bisogno di altri discorsi persuasivi oltre a quelli – non avevo voglia di ritornare alla cosa della stitichezza ora che se ne era andata da un po' di giorni. Quindi, quindici minuti dopo, ero in piedi con lo sguardo rivolto verso il mio stomaco, che sembrava essere tanto grande quanto lo era il giorno prima.
“Perché è ancora così grosso?” mi lamentai mentre attraversavo la porta che dava sul corridoio, Harry aggrappato al mio braccio sinistro e l'infermiera a quello destro. Anne era rimasta dentro la stanza a prendersi cura del bambino. “Ora il bambino è fuori, quindi il mio stomaco non sarebbe dovuto tornare alla sua forma normale?”
“Sfortunatamente, non funziona in questo modo,” disse lei. “Ci vorranno sei settimane per il tuo... beh, non so esattamente cosa sta succedendo all'interno del tuo corpo, ma se fossi una donna, ci vorrebbero sei settimane prima che il tuo utero ritorni alla sua forma originale, e anche dopo questo, ci vorrebbe un po' e un sacco di esercizio prima che i tuoi muscoli addominali ritornino come erano prima della gravidanza.”
Il mio cuore perse un battito, e gli angoli della mia bocca si incurvarono verso il basso. Voltai la testa verso Harry e gli rivolsi uno sguardo avvilito.
“Dovremmo andare al ballo il 17 Giugno,” dissi tristemente. “E manca solo un mese. Sarò orribile e tutti rideranno di me.”
“Non sarai orribile,” disse con un sorriso. “Tu-”
“Si, lo sarò,” lo interruppi. Strinsi la mascella per un momento. “Non verrò, dovresti portare Lauren al posto mio.”
“Non essere ridicolo,” disse, roteando gli occhi. “Ne riparleremo quando sarà il momento, va bene?”
Non avevo abbastanza energie per discutere con lui, quindi voltai la testa ed iniziai a camminare lentamente.
Il resto della giornata la passai a letto con il bambino tra le braccia e Harry seduto – o steso – al mio fianco sul letto con un braccio attorno alle mie spalle e l'altro accarezzado le braccia, le gambe e la pancia del bambino. Erano quasi le nove di sera e Anne era andata a casa per la notte; era andata a casa presto quella sera e ritornata con Connor e Adrian che erano diventati entusiasti alla vista del bimbo appena nato, e anche se le cose erano diventate un po' strane quando avevano chiesto da dove fosse arrivato, era stato bello avere la loro compagnia per un'ora o due.
“Ho ricevuto un messaggio da Liam prima,” disse Harry stancamente tra i miei capelli dove aveva seppellito la faccia. “ha detto che lui, Zayn e Niall verranno a farci visita domani. Va bene per te?”
“Ma certo,” dissi con gli occhi fissi sul bambino addormentato nelle mie braccia. Esitai per un secondo. “A te va bene invece? Per quanto io mi ricordi, le cose sono finite un po'... male tra voi tre ieri.”
“Non vuol dire che io mi perda l'occasione di mostrare mio figlio,” disse con un enorme sorriso.
Inclinai la testa di lato.
“Seriamente Harry,” dissi. “Sei ancora arrabbiato con loro?”
Lasciò cadere il sorriso e abbassò lo sguardo per un secondo.
“Non sono arrabbiato con loro,” disse poi. “Sono solo... deluso che non me l'abbiano detto prima.”
“Volevano solo essere sicuri che nessun altro lo scoprisse,” dissi. “Non aveva niente a che fare con te.”
“Lo so, lo so,” disse sconsolato. “E' solo che- mi avrebbe aiutato sapere per certo che non mi avrebbero giudicato se io... beh, lo sai. Loro sapevano bene che per me era difficile accettare tutto quello, quindi è solo così- frustrante che loro abbiano deciso di tenere tutto per loro stessi.”
“Loro lo sapevano?” dissi. “Non gli hai mai detto di essere attratto dai ragazzi, no?”
“Non gliel'ho mai detto, ma lo sapevano bene.”
Alzai le sopracciglia e mi leccai le labbra inconsciamente.
“Okay, solo per mettere le cose in chiaro,” dissi lentamente. “Sei arrabbiato con loro per non essersi fidati abbastaza di te da dirti di loro, quando nemmeno tu ti sei fidato abbastanza di loro da dirgli di te stesso?”
Il suo viso si ghiacciò leggermente, e lui mi rivolse uno sguardo senza emozioni. Non stava per iniziare ad urlarmi contro ora, vero? Non quando il bambino era lì tra le nostre braccia, già addormentato. Contrassi le labbra ed attesi una risposta.
“Odio quando hai ragione,” fu tutto quello che disse alla fine.
Sorrisi, sollevato, e nascosi la testa sotto il suo mento. “Sii gentile con loro domani, okay?”
“Sono sempre gentile.”
“Ne sono sicuro.”
“Mhm,” divenne silenzioso per un piccolo momento. “Quindi tu sapevi di loro?”
Mi irrigidii appena per un secondo, ma tramite la sua voce sentii che non mi stava giudicando né accusando, e quando non mi impose di alzare lo sguardo e guardarlo negli occhi, lo presi come un buon segno.
“Si, lo sapevo,” risposi.
“Da quanto? Hanno deciso semplicemente di dirtelo?”
“No, io... ero nel bagno della scuola e loro sono entrati mentre si baciavano, quindi non avevano molta altra scelta se non dirmelo suppongo,” dissi, e non riuscii ad evitare un tono di scuse nella voce.
“Oh,” voltò di lato il viso in modo da appoggiare la guancia sulla mia testa. “Quando è successo?”
“Molto tempo fa,” dissi. “Qualche settimana prima di Natale penso.”
“Me lo hai tenuto nascosto per così tanto tempo?”
Sospirai. “Non era il mio il segreto da dire, Harry.”
“Suppongo di no.”
Silenzio. “Quindi siamo a posto su questo?”
Lui ridacchiò e sentii un piccolo bacio ad un lato della mia testa. 
“Tutto a posto,” disse. “Penso che abbiamo cose molto più importanti su cui discutere comunque.”
“Tipo cosa?”
“Il bambino Lou,” disse tranquillamente. “Cosa abbiamo intenzione di fare?”
Avrei dovuto aspettarmi che prima o poi questo discorso sarebbe spuntato fuori, ma con tutto quello che era successo nelle ultime ventiquattro ore non ci avevo... pensato molto. Forse avevo solamente soppresso quel pensiero, chi lo sa? Il punto era che non ci avevo pensato, non avevo permesso a me stesso si pensarci forse, ma ora Harry mi aveva messo faccia a faccia con il problema ed io non avevo altra scelta che rispondere. 
“Io- dobbiamo parlare di questo proprio ora?” chiesi, la voce piccola. “E' tardi e sono stanco, non penso sia il momento giusto per discuterne.”
“Non ci sarà una prossima volta,” mormorò. “E' nato ora, è qui-” strisciò gentilmente il pollice lungo il viso del bambino “-e noi torneremo a casa martedì a meno che non succeda qualcosa, quindi dobbiamo prendere una decisione prima di allora.”
Martedì.
Tra due giorni da ora. No, non erano nemmeno due giorni completi, solo uno e mezzo. Pensare che in un giorno e mezzo il bambino sarebbe potuto essere portato via da me per sempre mi fece uscire un involontario singhiozzo contro il collo di Harry, e scossi la testa. 
“E' troppo difficile,” sussurrai. “Non- io- io non posso semplicemente lasciare che loro lo prendano, ma io- sarebbe così egoista da parte mia tenerlo.
“Non sarebbe egoista.”
“Si, lo sarebbe,” soffocai fuori. “Perché io- io non potrò dargli una buona vita e tutto ciò che si merita. Voglio che lui abbia la più bella vita possibile, ma non l'avrà con me come suo genitore, non importa quanto io voglia tenerlo.”
Non ne ero sicuro, ma giurai di averlo sentito tirare su con il naso leggermente. Ci volle un po' di tempo prima che mi arrivasse una risposta.
“Tu lo ami,” disse serio. “E anche io lo amo, e, cazzo, non posso proprio pensare di darlo via, non così presto.”
Non riuscii nemmeno a provare a rispondere; mi faceva male la testa, il cuore, lo stomaco ed ogni altra singola parte di me al pensiero della decisione che ero costretto a prendere in poche ore. Piansi silenziosamente nel collo di Harry e mi avvicinai il più possibile a lui mentre stringevo la presa delle braccia attorno al bambino.
“Possiamo dargli una buona vita, amore, sai che possiamo,” mormorò. “Ti ho già detto il mio piano; ha senso ed alla fine andrà tutto per il meglio.”
“Non stiamo nemmeno insieme Harry,” dissi miserabile. “Ma proviamo qualcosa l'uno per l'altro, e tu continui a voler vivere insieme e crescere un bambino. E' una follia e qualcuno si farà del male ad un certo punto.”
“Perché?”
“Huh?”
“Perché qualcuno si farà del male ad un certo punto?”
“Perché vivremo insieme,” dissi con voce rotta. “Ed io ti amo, ma ad un certo punto tu inizierai ad uscire con qualcuno e li porterai a casa e a quel punto io vi vedrò e ti sentirò fare sesso, e non posso- non posso farlo perché mi è già successo di vederti con qualcuno per tanto tempo, e mi ha fatto male, e se iniziassimo a vivere insieme mi innamorerei ancora di più di te e tutto finirebbe nella merda, specialmente visto che c'è anche un bambino coinvolto, e non posso fare questo a me o a lui.”
Avevo parlato talmente in fretta che mi mancava il respiro quando mi ero finalmente fermato, ed ero abbastanza sicuro che se avessi guardato l'espressione di Harry, lo avrei visto attonito.
“Di che cosa cazzo stai parlando?” era totalmente attonito, ora lo sapevo per certo.
Non risposi e lui ridacchiò leggermente. “Quando ho detto che  volevo che vivessimo insieme, intendevo farlo come coppia.”
Smisi di tirare su con il naso e mi agitai tra le sue braccia. 
“Come coppia?” squittii.
“Si. Voglio dire, ovviamente ci sono un sacco di cose da capire e non possiamo semplicemente immergerci in una relazione subito, ma possiamo prendercela con calma, concentrandoci nel mettere a posto le nostre vite e vedere ciò che ci aspetta,” fece una piccola pausa e ridacchiò. “Pensavi davvero che avremmo vissuto insieme come amici quando è ovvio che siamo molto di più di questo?”
Scrollai le spalle e lui ridacchiò di nuovo. “Non funzionerebbe mai, persino io, con la mia intelligenza limitata, lo capisco.”
Soffocai una risata.
“La tua intelligenza non è limitata,” dissi. “A volte non ti si attiva la mente semplicemente.”
“Si, beh, è la stessa cosa,” disse semplicemente.
Ci fu silenzio per un po' di tempo prima che lui facesse uscire un sospiro. “Il punto è che non uscirei mai con nessuno arrivato a questo punto, per nessuna ragione.”
Esitò un po'.
“Ho te,” disse poi piano, “E ti amo.”
Aveva già detto prima queste tre parole, ma era sempre stato un commento frettoloso e non una vera e propria confessione. Questa, però, sembrava essere proprio una confessione, ed io sorrisi debolmente a me stesso prima di alzare la testa e voltare lo sguardo in modo da riuscire a guardarlo negli occhi. Certe cose è meglio dirle guardando il diretto interessato negli occhi.
Questa sembrava proprio una di quelle cose.
“Si,” dissi dolcemente. “ti amo anche io.”
I suoi occhi luccicavano di felicità, e non esitò a lungo prima di avvicinarsi e stamparmi un leggero bacio sulle labbra. Era durato solo pochi secondi, ma era stato abbastanza da far impazzire il mio cuore e lasciarmi con le farfalle nello stomaco.
Non dimmo o fecemmo niente di più di quello perché la porta si aprì e l'infermiera – che avevo scoperto chiamarsi Sydney – entrò nella stanza. Sembrava un po' perplessa quando gli occhi le caddero su di noi, ed io arrossii quando realizzai che probabilmente la nostra posizione poteva essere un po' compromettente.
“Scusate per l'interruzione,” disse con un sorriso che mi disse che sapesse molto bene quello che stava succedendo. “Sono solo passata a chiedere se volete che lo porti via ora.”
Guardai in basso verso il bambino tristemente. Non volevo che lo portassero via, non ora, ma allo stesso tempo ero stanco, così stanco che sapevo mi sarei addormentato di lì a poco, e non volevo che questo succedesse con lui ancora tra le mie braccia. 
“Si, okay,” dissi e mi spostai leggermente in modo da riuscire a tenerlo meglio mentre lo alzavo. Era ancora profondamente addormentato, sembrava una bambola di pezza nelle mie mani, e gli stampai un dolce bacio sulla testa, mormorandogli un “notte piccolo,” prima di darlo a Sydney.
“E io? Perché non posso dargli la buonanotte?” disse Harry, sembrando scandalizzato.
“Tu hai un corpo ben funzionante, puoi alzarti e farlo ora,” dissi.
Scosse la testa con finta indignazione.
“Mi dice che mi devo alzare,” borbottò mentre lo faceva. “quando mi ero già messo comodo e tutto.”
Il suo processo della buonanotte non fu così veloce come il mio; passò due minuti buoni ad accarezzare ogni parte possibile del corpo del bambino addormentato, accarezzandogli la schiena e le braccia, e mormorando una serie di dolci: “Dormi bene, piccolino, stai bene, si?”
Volevo prenderlo in giro per quello, perché, davvero, come poteva un bambino mettersi in pericolo? Sembrava così preso, però, così fuori dal mondo, talmente perso nei suoi pensieri che non ebbi il coraggio di fare o dire niente per interromperlo. 
Quando Sydney se ne andò con il bambino tra le braccia, Harry ritornò nella posizione precedente sul letto al mio fianco, e non esitai nell'avvicinarmi a lui e chiudere gli occhi. Aveva uno strano profumo, a dire il vero, probabilmente dovuto dal fatto che era stato qui per ventiquattro ore, avendo a che fare con vari liquidi che gli sono caduti addosso, senza avere l'opportunità di farsi una doccia dopo.
“Penso che dovresti andare a casa,” dissi con un debole sbadiglio. “Fai uno strano odore e dovrai essere esausto.”
“Non ti lascio qui,” disse. “Voglio essere qui in caso succeda qualcosa.”
“E quindi? Non hai intenzione di lavarti o dormire?”
“Posso dormire qui con te, no?” Sembrava divertito per qualche ragione a me sconosciuta.
“Il letto è abbastanza piccolo,” commentai, non proprio convinto; a dire il vero non volevo che se ne andasse. Volevo che si facesse una doccia, però.
“Sopravviveremo,” disse e lo sentii stiracchiarsi.
Lasciai uscire un sospiro di sconforto quando si alzò dal letto, forzandomi ad usare il cuscino.
“Non guardarmi così,” mi rimproverò quando gli rivolsi uno sguardo tradito. “Vado a farmi una doccia, almeno non soffocherai nella mia puzza.”
“Nella tua puzza?” sbuffai. “Puzza di latte e cacca semmai.”
Incrociò le braccia la petto. “Ho dovuto cambiargli il pannolino e mia mamma non ha voluto aiutarmi, è stata ferma lì a guardarmi e a ridere. Mi sono sentito tradito.”
“Si, dalla cacca del bambino.”
Cercò di tenere lo sguardo minaccioso, ma l'angolo della sua bocca si inarcò.
“Come vuoi,” disse. “Tu stai qui e fai un buon sonnellino, io vado a farmi una doccia, va bene?”
Sorrisi ampiamente. “Certo. Assicurati di eliminare tutta la... puzza.”
Lui sorrise semplicemente in risposta e si voltò proprio quando mi ricordai di una cosa. “Hey, hai almeno qualcosa da metterti?”
Si girò con uno sguardo confuso stampato in faccia. “Cosa vuoi dire?”
“Io- beh, se dormirai qui, hai bisogno di qualcosa da metterti, no?”
Alzò le spalle. “Pensavo di dormire nudo, in genere lo faccio.”
“Harry! Siamo in un ospedale, non puoi-” notai il sorriso nascente sul suo viso, e chiusi la bocca inviandogli un'aspra occhiata.
“Mamma ha portato qualche vestito per me quando è venuta con Connor e Adrian,” disse semplicemente. “Ha anche portato un paio di pantaloni del pigiama.”
“Hai pantaloni del pigiama?” Ero piacevolmente sorpreso.
“No, penso sia uscita e li abbia comprati,” disse con sguardo pensieroso. Rimase lì per qualche altro secondo prima di voltarsi per la seconda volta e camminare verso la porta, aprirla e scomparire.
La stanza cadde in un silenzio tombale, davvero silenziosa e davvero fredda quando non c'era nessuno a tenermi compagnia, e realizzai che questa era la prima volta che rimanevo da solo da ieri mattina. A pensarci bene, era la prima volta da nove mesi. Guardai in basso verso il mio stomaco, che era coperto da uno strato di bende, e i lati della mia bocca si inarcarono verso il basso quando mi resi conto che non c'era più niente lì dentro, solo uno stomaco da persona in gravidanza che non era più in gravidanza.
Non avevo nemmeno nessuno con cui parlare ora.
Forse era ridicolo, perché non è che ricevessi qualche risposta quando parlavo con il bambino settimana dopo settimana, ma almeno lui era lì ad offrirmi un calcio o un movimento ogni tanto, facendomi capire che non fossi totalmente solo. Ora lui non c'era, però. Non era nemmeno tra le mie braccia, era in qualche stanza senza di me, tutto solo e senza nessuno che lo stringesse e che si prendesse cura di lui. Okay, forse questo era un po' esagerato, ma lui continuava a non essere lì con me dove sarebbe dovuto essere.
Quando Harry ritornò, i capelli bagnati ed indossando un paio di pantaloni del pigiama di flanella con degli scacchi blu e neri – senza intimo a quanto sembrava – io ero ridotto ad un piagnucolante, pasticcio di lacrime, arricciato su me stesso e con il viso sepolto nel cuscino.
“Lou?” disse cauto mentre si avvicinava al letto. “Cosa c'è che non va?”
Alzai lo sguardo e tirai su con il naso. 
“Lui non è qui,” dissi, suonando come se mi fossi gelato tutto ad un tratto.
Lui si avvicinò e si sedette sul bordo del letto, guardandomi con sguardo preoccupato. “Chi non è qui?”
“Il bambino,” risposi. “Non è qui, è tutto solo e... non è qui con me.”
“Non è da solo, Lou,” disse lui con un piccolo sorriso mentre appoggiava le gambe sul letto e si metteva comodo. “Ci sono altri bambini lì, e le infermiere sono lì per dargli da mangiare e cambiarlo e tutto il resto, sta bene.”
“Si, ma non è qui,” piagnucolai. “Dovrebbe essere qui, con noi, non con degli estranei. Si prenderanno anche cura di lui e tutto, ma non è dove dovrebbe essere.”
Lo guardai e fui un po' sorpreso di vederlo guardarmi a sua volta con le sopracciglia aggrottate e un'espressione affabile sul viso.
“Odio davvero infierire quando sei giù di morale,” disse cautamente mentre passava una mano tra la mia – probabilmente unta – frangia. “Ma quello che hai appena detto è ciò che sto cercando di dirti da un sacco di tempo e ciò che tu hai rifiutato di ammettere.”
Mi calmai un pochino e aggrottai la fronte. “Che vuoi dire?”
“Ti sto dicendo da mesi che voglio tenerlo perché l'idea di altre persone che lo crescono mi fa male e che lui dovrebbe stare con noi. Questo è quello che hai appena detto anche tu, lo sai.”
“Io- non è-  no, non è quello che ho detto,” protestai debolmente. “Volevo semplicemente dire che... voglio lui con me adesso, non in una stanza diversa dove non posso vederlo.”
La sua espressione mutò in una di esasperazione. “Odio davvero essere io quello a dirtelo, piccolo, ma... guardati.”
Fece una pausa, guardando la mia espressione sconcertata, per poi sospirare.
“Sei quasi diventato isterico e stai piangendo perché lui è a dieci metri lontano da te. Come pensi ti sentirai quando lui se ne andrà con un'altra coppia e tu non potrai vederlo mai più?”
“Non- non dire così,” dissi, scuotendo la testa lentamente e rifiutandomi di incontrare il suo sguardo. “Non è- io- non voglio parlarne Harry, ti prego.”
“Ti stai contraddicendo,” disse. “E questo non aiuta, perché dobbiamo prendere una decisione il prima possibile qui.”
Mi morsi tremante il labbro inferiore impedendo a me stesso di iniziare a piangere di nuovo.
“Smetti di forzarmi,” dissi poi, la voce quasi totalmente assente. “Non voglio pensarci, tanto meno parlarne.”
“Porca puttana, Lou!” esclamò. “Quello che stai facendo ora è rifiutarti di affrontare ciò che dobbiamo affrontare!”
“Avevo già affrontato questo argomento, ma poi tu sei arrivato e ti sei rifiutato di accettare che volevo darlo in adozione!”
Strinse i pugni. “Questo non cambia il fatto che tu sarai totalmente a pezzi se lo daremo via.”
“Stai dicendo questo solo per ottenere ciò che vuoi,” dissi freddamente, guardandolo negli occhi con aria di sfida.
Lui annuì lentamente, come se stesse elaborando le mie parole.
“Okay, quindi non è vero?” disse. “Starai bene se lo daremo in adozione?”
Abbassai lo sguardo e deglutii. Non diedi nessuna risposta perché ero abbastanza sicuro che la mia voce si sarebbe rotta se avessi provato a parlare. Invece scossi la testa e incrociai le braccia in modo protettivo attorno a me stesso.
“Non starai bene, Lou,” disse piano dopo un lungo, lungo silenzio. “Sarai devastato. Non lo sto dicendo solo perché voglio tenerlo, lo sto dicendo perché non riuscirò a sopportare di perderlo e di vedere te depresso allo stesso tempo. Non voglio vederti soffrire così, e so che anche tu sai che soffrirai a lungo se lo daremo all'agenzia di adozione.”
Ovviamente che avrei sofferto, lo sapevo perfettamente, ma questo non cambiava il fatto che non potevo pensare solo a me stesso in questa situazione. Era troppo grande, troppo costoso, troppo importante per me prendere in considerazione anche i miei sentimenti.
“Sarebbe troppo egoista da parte mia tenerlo, Harry,” sussurrai.
“Non sarebbe egoista, non quando sappiamo che possiamo prenderci cura di lui,” si agitò per un momento prima di stendersi al mio fianco e appoggiare la sua fronte contro la mia. “E non sei egoista nemmeno per pensare al tuo bene, lo sai.”
Si fermò lì e lo sentii deglutire prima di continuare. “Ho... ho paura che tu finirai clinicamente depresso se lo dessimo via, e... mia madre è d'accordo con me.”
Sbattei le palpebre, e mi allontanai un po' in modo da riuscire a guardarlo per bene. “Cosa-”
“Ne abbiamo parlato prima mentre stavi facendo la doccia,” si interruppe cautamente. “E lei è d'accordo con me che tu... impazziresti se continuassimo con l'adozione.”
“Non puoi saperlo,” dissi, ma uscì fuori appena udibile. “Forse starò meglio dopo pochi giorni.”
“Forse,” disse. “Ma ne dubito.”
“Grazie per la fiducia,” mormorai.
Lui sorrise e mi sfiorò la punta del naso con la sua. “Ne riparleremo domani quando mia madre sarà qui, okay? Forse sarà più facile prendere una decisione con un adulto presente.”
Annuii silenziosamente e mi feci più avanti in modo da rannicchiarmi su di lui. 
“Pensi che potremmo... sai, andare lì e prenderlo?” mormorai contro il suo petto. “Nel senso, pensi che potremmo tenerlo qui con noi stanotte?”
“Vado a chiedere,” rispose e baciò velocemente la mia fronte prima di alzarsi dal letto e scomparire attraverso la porta. Non ebbi il tempo di immergermi nella mia solitudine questa volta, perché lui fu di ritorno in meno di tre minuti con Sydney, che stava spingendo la piccola culla di vetro di fronte a lei.
“Non riesci a stargli lontano a lungo, huh?” disse lei con un piccolo sorriso.
Mi misi a sedere sul letto velocemente, trasalendo un pochino al dolore proveniente dalla ferita nel mio stomaco, ed allungai il collo per vedere il bambino.
“Non sforzarti,” disse Harry con un accenno di risata mentre prendeva il bambino e se lo avvicinava al petto. Mentre Sydney spostava la culla ad una estremità del letto e lasciandola ad un metro di distanza dal comodino, Harry si avvicinò e tornò a sedersi al mio fianco. Allungai immediatamente le braccia, dicendo silenziosamente ad Harry di appoggiarlo lì. Con un sorriso e una piccola occhiata al bambino, Harry lo lasciò attentamente a me, e lo cinsi con una mano attorno al sedere e l'altra dietro la sua testa.
“Hey, piccolo,” mormorai dolcemente. “Scusa per tutte queste manovre.”
Lui, ovviamente, non disse o non fece niente visto che continuava ad essere profondamente addormentato, ed io sospirai felice.
“Mi sei solo mancato, ecco tutto,” aggiunsi piano mentre lo appoggiavo sulla mia spalla. Lui fece un piccolo suono e sentii le sue manine, che erano ancora chiuse in due pugni, appoggiarsi sul mio petto, ma continuava a dormire.
Almeno non lo avevo fatto piangere due volte in un giorno.




I'm Here.

Okay, mi faccio piccola piccola e mi inginocchio davanti a tutte voi lettrici straordinarie.
SCUSATEMI. So che avevo detto che avrei aggiornato la settimana scorsa e non mi sono nemmeno fatta più sentire, ma vi giuro che è stata tutta colpa della scuola e di alcune cose che sono successe.
In ogni caso ora sono qui, finalmente.
Mi dispiace tanto anche di non aver risposto a tutte le ragazze che ci hanno scritto su twitter, ma non ho avuto tempo di entrarci praticamente per niente e in ogni caso non avrei saputo dirvi a quando sarebbe slittato l'aggiornamento. Spero mi perdoniate.
Ora, innanzitutto mi scuso anche per gli errori madornali che sicuramente ci saranno, ma, visto che l'ho appena finito e voi non vi meritavate di aspettare ancora a lungo l'aggiornamento, il capitolo non è passato sotto la supervisione di Ana, quindi pietà!
Non so voi, ma io ho seriamente rischiato di sciogliermi a terra dall'inizio alla fine del capitolo. Non so chi mi fa più tenerezza, se Aidan, Louis o Harry. Sono la famiglia più bella del mondo non si discute. Non so come Louis possa anche solo pensare di dare via quella bestiolina, è una delle cose più belle del mondo ragazze :'''')
Bene, detto questo vi ringraziamo immensamente per tutto. Per essere rimaste nonostante i recenti casini, per continuarci a seguire anche su twitter, per tutti i complimenti che ci fate, per le bellissime recensioni. Davvero grazie, non vi meritiamo. UN'INFORMAZIONE: QUALCUNO PER CASO HA SALVATO ANCHE ALTRE STORIE DELL'AUTRICE? ANCHE UN'ALTRA RAGAZZA STA CERCANDO UNA DELLE STORIE CANCELLATE: "CAN YOU SEE THE SIGNS". SE QUALCUNO LE AVESSE, POTRESTE CONTATTARMI? GRAZIE MILLE.
Non mi soffermo molto che devo correre a studiare storia che domani mi aspetta un bel compito in classe :)
Un bacione a te, piccola ma grande lettrice che sei arrivata fino a qui.

Giulia.
 

 

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Capitolo 39
*** Okay. ***


ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla vecchia e cara Blindfolded (che ha deciso bene di scomparire nel nulla insieme alla storia).
 
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Capitolo 39



Okay.

Lunedi 10 maggio 

“Quindi tu non hai davvero partorito?” Niall mi fissò con occhi che esprimevano un profondo senso di delusione. 
“No, non ho partorito nel vero senso della parola,” risposi monotonamente e lanciai un’occhiata piena di disprezzo verso Harry. Sembrava che trovasse alquanto esilarante l’intera scena a cui stava assistendo. 
Niall contrasse le labbra pensieroso per un momento poggiando la schiena contro la sedia. 
“Nah, credo che non avrebbe causato soltanto qualcosa di bello,” disse con noncuranza. “Ti avrebbe spaccato il culo e tutto il resto.”
“Credo che adesso Niall debba darci un taglio,” disse Liam ad alta voce da dove era seduto ai piedi del letto, con al suo fianco Zayn. Notai che i due non era seduti molto vicini, e mi chiesi se non fosse perché non volessero turbare Harry. Li aveva trattati normalmente fin dal primo momento in cui avevano messo piede nella stanza mezz’ora prima, comunque, e non potevo sperare altro se non che continuasse a comportarsi in quel modo. Avevo un bambino che dormiva fra le mie braccia, quindi, se Harry avesse iniziato ad urlare, probabilmente il risultato che sarebbe venuto a crearsi sarebbe stato al quanto fastidioso. 
“Cosa? Stavo solo facendo una domanda,” disse Niall.
“Si, abbiamo sentito tutti,” disse Liam apertamente. 
Niall roteò gli e occhi e bevve un sorso dalla bottiglia di Coca che aveva in mano. 
“Quindi quell’infermiera che era qui prima…?” disse poco dopo aver bevuto, guardando avanti e dietro tra me e Harry.
“Si chiama Sydney ed ha ventotto anni ed è sposata, pervertito,” disse Harry sghignazzando.
“Forse volevo farle la corte,” rispose con un sorriso provocante. “Farla sentire una donna piena d’incanto e altro.” 
“Non sei nemmeno in grado di onorare te stesso,” disse Zayn senza giri di parole. 
“Non c’è nessun bisogno di essere così irriverente. Non possiamo essere tutti innamorati come voi quattro, sai”.
Il silenzio che venne a crearsi nella stanza era gravido di tensione, e durò un paio di secondi prima che Zayn iniziasse a parlare. 
“Lo fai sembrare come se tutti e quattro fossimo in una relazione perversa senza fine.” 
Sia Liam che Harry emisero dei suoni di disgusto, e io arricciai il naso. 
“Sarebbe meglio non andare oltre,” disse Liam, ed Harry annuì approvando. 
“Si, io rimarrò incollato a Louis,” disse lanciando delle occhiate di lato verso di me. 
Il mio viso si aprì in un enorme sorriso dopo quella frase, ma non  dissi nulla. 
“Lo farai, mm?” disse Zayn con un sopracciglio alzato e un leggero luccichio d’ironia negli occhi, “Cosa mi dici di Lauren allora? Giudicando da come ci ha aggredito facendoci una miriade di domande riguardo dove ti trovassi oggi a pranzo, deduco che tu non abbia ancora rotto con lei.”
“Ci sto lavorando,” rispose, “Dopotutto non che sarà poi così scioccante per lei, dato che ultimamente le cose non andavano poi così bene tra noi due. A dire il vero, sono notevolmente sorpreso sul perché non ci abbia dato un taglio lei per prima con tutta questa faccenda.”
“Tutto questo prima del ballo?” disse Niall con una risata, “È fuori discussione che rischi di andarci sola.”
“Beh sicuramente non ci andrà nemmeno con me, se è per questo,” disse Harry stiracchiandosi le braccia al di sopra della testa ed emettendo un suono appagato. 
“Le darai buca poco prima?” chiese Zayn con un subdolo sorriso, “Le darai zero possibilità di cercare qualcun altro?”
Harry ricambiò il sorriso allo stesso modo. 
“Qualcosa del genere.”
“Non c’è bisogno che tu sia così crudele, sai,” commentai.
“Come se non ti piacerebbe vederla tutta sola e arrabbiata.”
Cercai di fare del mio meglio per non sorridere, probabilmente fallendo palesemente dato l’enorme sorriso soddisfatto che mi rinfacciò Harry. 
“Se la prenderebbe solo con me,” dissi, “e mi piacerebbe non essere preso a calci in culo da una ragazza.”
“Ti proteggerò io, non ti preoccupare,” disse Harry semplicemente e ricevendo tre risate sguaiate in risposta. 
“Potrebbe prendere anche te a calci in culo, Harry,” disse Niall, e Liam e Zayn annuirono assecondandolo. 
“Come ti pare, sono un fottuto uomo, posso farcela contro di lei,” disse stringendo fortemente le braccia al petto.
“È okay se si dicono certe parole di fronte al bambino?” chiese con curiosità Zayn prima che qualcuno continuasse la discussione riguardo la virilità di Harry. O sulla scarsità, dipende. 
Diedi una veloce occhiata verso il basso.
 “Sta dormendo profondamente,” dissi. “E anche se non fosse così, dubito che riuscirebbe ad apprendere qualcosa.”
“Si, ma ho sentito che i bambini hanno cervelli che sono come spugne,” disse con una lieve espressione preoccupata in volto, “ Tipo, assorbono tutto ciò che viene detto dalle persone intorno a loro.”
“Credo che questo valga per i bambini un po’ più grandi,” disse Harry. “Sai, tutti quelli che fanno qualcos’altro oltre a mangiare, dormire, piangere e fare cacca.” 
Gli altri tre risero, ma io gli indirizzai uno sguardo indignato e strinsi il bambino un po’ più vicino al mio petto.
“Non ha nemmeno due giorni; cosa ti aspetti che faccia?”
“Che pianga di meno.”
“Non sei divertente.” Sentii il bambino agitarsi un po’ e un momento dopo emise un lieve vagito. Un piccolo piagnucolio seguito da una serie di piagnucolii più forti. 
“Guarda cos’hai fatto,” dissi con un sospiro, mentre iniziavo a cullarlo avanti e indietro fra le braccia con lenti movimenti. 
“Lo hai fatto agitare.”
“Non credo mi abbia capito,” disse Harry, ma con un espressione appena dubbiosa. 
Gli aggrottai soltanto le sopracciglia prima di iniziare a sussurrare una serie di “ssh, va tutto bene piccolo, è tutto okay, non voleva dirlo per davvero”. 
Era sorprendentemente straziante sentirlo piangere in modo così miserabile e triste, e non potevo far altro che prendermela con Harry, il che era certamente ridicolo, perché ovviamente il bambino non stava piangendo a causa di quello che aveva detto. 
Almeno così sembrava. 
Ancora una volta, cosa ne sapevo io di bambini?
Praticamente niente. 
Quando il pianto iniziò ad affievolirsi, e il bambino si addormentò sulla mia spalla, Harry si sedette vicino a Liam e a Zayn, e tutti e tre si immersero in una conversazione che, visti gli sguardi, sembrava riguardasse una cosa seria. Dall’altra parte Niall stava usando il suo cellulare. Fu nel bel mezzo del discorso di Liam, quando il bambino emise il suo ultimo vagito, che si fermò tutt’ad un tratto dopo aver detto “da allora”. Tutti e tre avevano delle espressioni abbastanza serie in volto, quella di Harry un misto fra rabbia e stanchezza, e quelle di Liam e Zayn erano anche cariche di rimorso, per questo non mi ci volle molto per fare due più due, e capire di cosa stessero parlando. 
“Forse… dovreste finire questa conversazione fuori,” dissi esitante, guardando avanti e dietro fra tutti e tre. 
“No, è tutto okay,” disse Harry. La sua mandibola leggermente contratta rispetto al solito, comunque, ed io di mio gli indirizzai un’occhiata scettica.
“Non stiamo bene,” disse Liam e questo provava che il mio fugace sospetto fosse esatto. Si alzò in piedi e offrì una mano a Zayn, che l’afferrò con un sorriso, poi entrambi spostarono il loro sguardo su Harry. Quest'ultimo ricambiò con un espressione sprezzante – quasi infantile, secondo la mia opinione – per un paio di secondi, prima di emettere un impaziente ringhio dicendo “bene” per poi uscire dalla stanza sbattendo con forza i piedi senz’alcun indugio. Vidi Zayn roteare gli occhi prima che lui e Liam seguissero a ruota Harry. 
Cadde un silenzio imbarazzante non appena la porta fu di nuovo chiusa, e io mi morsi il labbro distrattamente. Non che Niall non mi piacesse, non del tutto, ma non avevo mai avuto una vera e propria conversazione con lui, non avevamo mai parlato, e adesso mi ritrovavo improvvisamente da solo con lui, in una stanza di ospedale mentre avevo fra le braccia un bambino. 
Qualcuno avrebbe potuto dire che mi sentivo un tantino fuori luogo. 
“Insomma, com’è stato?”
Beh, almeno non sembrava avesse problemi con l’intera situazione. 
Gli rivolsi un’occhiata curiosa. “Com’è stato cosa?”
Si sistemò meglio contro lo schienale della sedia – un altro po’ più giù e sarebbe scivolato – e fece spallucce noncurante. 
“Essere incinto.”
Ci pensai su un paio di secondi. 
“Non lo so,” dissi con onestà. Era la prima volta che qualcuno mi faceva quella domanda in modo così diretto, strano per quanto possa sembrare, e francamente non sapevo cosa rispondere.
“È stato strano,”  dissi alla fine. “Ed estenuante. Per non dire fastidioso, disgustoso e doloroso a volte.”
“Penso che la parola chiave sia ‘strano’ in questo caso,” disse mentre si massaggiava la nuca, “non per essere, sai, maleducato o altro, ma ho pensato che ci stessi prendendo fottutamente per il culo per parecchio tempo.”
“Non posso di certo biasimarti per quello, credo.”
“Do ancora di matto pensandoci, se posso essere sincero,” disse, apparendo tutt’ad un tratto a disagio, “Voglio dire, tu sei un ragazzo e due giorni fa sei entrato in travaglio proprio di fronte  a me. Non è molto… normale, sai?”
Sentii le mie guance riscaldarsi, e piegai la testa in modo tale che non si notasse. 
“Mi dispiace,” dissi.  “E no, non è normale, ma è successo.” 
Appoggiai la mia guancia su di un lato della testolina del bambino e sorrisi piano, e niente in particolare. “E ho questo piccolino come prova e come ricordo.”
“Si,” disse con un mormorio, e io alzai lo sguardo. “E' stupendo. Dorme parecchio comunque; sarò più d’aiuto quando sarà grande abbastanza da gironzolare con una palla fra i piedi.”
Sorrisi per un secondo prima che mi tornasse in mente che, quando il bambino sarà in grado di giocare con una palla, non avrò certezza se in quel momento stia ancora con me, e sentii letteralmente il mio viso spegnersi tutt’ad un tratto. 
“Scusa,” disse Niall porgendomi uno sguardo pieno di scuse, “So che voi ragazzi non avete ancora decise cosa fare.”
“Va tutto bene,” dissi e forzai un sorriso.
“Va bene, che ne dici di cambiare argomento? Non sono bravo con le situazioni sentimentali,” disse alzandosi un po’ di più. Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che già aveva riaperto bocca. 
“Quindi tu e Harry andrete al ballo insieme?”
“Mi ha chiesto di andarci insieme ed io ho risposto di sì.” Esitai per un secondo. “Al momento.”
Alzò un sopracciglio critico. “Gli darai buca?” disse.
“No!” risposi sonoramente. 
Mi ritrassi un tantino e diedi una sbirciatina verso il basso, nel caso avessi svegliato il bambino. Era ancora beatamente nel mondo dei sogni, quindi riappoggiai di nuovo lo sguardo su Niall, mordicchiandomi la guancia. 
“No, non… non gli darò buca, credo solo che non sia una buona idea per me che io ci vada.”
Aggrotto la fronte. “Perché diamine no?”
“Perché... perché si.” dissi vagamente.
Sbuffò infastidito. “Qualunque sia la ragione, sicuramente è una stronzata.”
“Cos- scusami?”
“Hai l’abitudine di, tipo, svalorizzare te stesso, detto da Harry, quindi provando ad indovinare posso confermare e dire che è ciò che stai facendo proprio adesso.”
“N-non sto svalorizzando me stesso,” rinfaccia debolmente.
L’occhiata che m’indirizzò non mi diceva che fosse del tutto convinto, facendomi così arrossire ancora una volta. Questa fu la fine della nostra piccola conversazione, perché un momento dopo la porta si aprì ed entrò, non Harry, Zayn e Liam come avevo pensato, ma Sydney, che teneva in mano un biberon e il suo solito sorriso sul viso.
“Credo sia l’ora della pappa,” disse facendo un passo avanti verso il letto passandomi il biberon senza ulteriori domande. Ridacchiai dentro di me su come stesse cercando di non notare le così non-indifferenti occhiate che Niall le stava indirizzando. 
La presi come una cosa buona il fatto che lasciò la stanza poco dopo, invece di aspettare e vedere in che modo facessi mangiare il bambino – apparentemente pensava che fossi in grado di farlo da solo senza fare un casino. Questo aumentò la mia autostima. 
Trovai assolutamente tenero, anche mezzo addormentato, il fatto che iniziò a succhiare dalla tettarella non appena lo appoggiai sulla sua bocca, mantenendo la bottiglia con piccole mani ancora inesperti. 
“È un mangione,” commentò Niall dalla sua sedia, “Tutti i bambini sono così?”
“No, apparentemente questo qui è assurdamente affamato,” dissi sorridendo in basso verso il bambino, con occhi ancora mezzi chiusi, e sentendomi enormemente fiero. 
“Sarà uno di quei bambini cicciotti e teneri,” disse con un ghigno, “Sai, uno di quei bambino che gattonano sulle gambe e braccia” aggiunse come spiegazione non appena vide la mia espressione seccata.
“Buffo che sono sempre i bambini più cicciottelli quelli a crescere e diventare poi magrissimi. Avresti dovuto vedere me, ero una palla di grasso finche non ho compiuto cinque anni, a guardami adesso.” Indicò le sue gambe semi magre e il suo stomaco piatto, ed io sorrisi sarcasticamente.
“Di solito i calciatori tendono a essere magri in generale comunque.”
“Mmm.” Si sgranchì le gambe e sospirò. “Con un sacco di corsa e tutte quelle cose, bruciamo quasi tutte le calorie che assimiliamo.”
Gli lanciai uno sguardo d’invidia, pensando che se avessi voluto sbarazzarmi di tutto quel grasso extra sulle mie cosce e sullo stomaco, sarei dovuto morire di fame e allenarmi, finche non sarei svenuto un anno e mezzo dopo. Oh, le meravigliose e gloriose prospettive della vita.
Gli altri tre tornarono in stanza un paio di minuti dopo e, dopo aver capito che nessuno di loro si era pestato l’un l’altro o arrabbiato, lo presi come un segno che tutto si era sistemato per il meglio.
“È tutto a posto,” annunciò Harry. Beh okay allora. 
“Niente più sentimenti repressi?” dissi ironico.
“No, niente più sentimenti repressi,” disse apertamente prima di spostare il suo sguardo verso di me.
“Oh, è già arrivata l’ora della pappa?” disse allora, ed io sbattei le palpebre.
“Credo che sia ovvio chi sia il papà e chi la mamma qui,” sghignazzò Zayn.
Avevo ben chiaro su cosa si riferisse, e sfortunatamente non c’era nulla che potessi fare per negarlo. Harry era il dolce papà che si dimenticava di tutto e niente, e chi, nonostante avendo buone intenzioni, tendeva a incasinare parecchie cose. Io, dall’altra parte, ero la mamma che cercava di fare le cose nel modo giusto, ma che allo stesso tempo diventava isterica dovuto al fatto di voler fare tutto con troppa precisione. 
Era passato solo un giorno e mezzo e avevamo già stabilito i nostri ruoli. 
Incredibile.
“Dobbiamo andare adesso,” disse Liam, “il coach ha richiesto la nostra presenza per un incontro alle sei per Dio solo sa quale ragione.” 
“Non ha chiesto che venissi anch’io?” chiese Harry.
“No, gli abbiamo spiegato che avevi da fare con la tua famiglia, quindi sei libero.” 
Harry annuì e sorrise pieno di gratitudine. “Grazie”
Se ne andarono subito dopo, non appena aver offerto un veloce “ciao” a me e a Harry, e non un così veloce “ciao” al bambino. Non appena furono fuori dalla porta, Harry emise un sonoro grugnito e balzò sul letto. Si mise nella sua solita posizione con un braccio intorno alle mie spalle e l’altra sullo stomaco del bambino, scuotendo la testa incredulo.
“Com’è possibile che i miei amici diciannovenni siano più estenuanti di un bambino appena nato?” chiese in modo retorico. 
Lo osservai curiosamente. “Sei sicuro che sia tutto a posto?”
“Si davvero, è tutto a posto,” disse con un sorriso genuino. Annuii impercettibilmente in risposta, perché sentivo il movimento del biberon farsi sempre più debole, e quando guardai verso il basso, il bambino si era appena addormentato. Il biberon era quasi vuoto e lo appoggiai sul comodino vicino al letto.
“Ha una bella vita,” sospirò Harry, fingendo di essere invidioso. 
O almeno pensavo fosse solo finzione. 
“Tutto quello che fa è mangiare e dormire. Voglio farlo anch’io.”
“Aspetta non appena avrai novant’anni, forse potrai farlo allora,” risposi.
“Si. Forse. Mi accudirai?”
“Certo. Con un biberon e tutto.”
“Ottimo.”
Trascorremmo i successivi minuti in un silenzio confortevole. Stavo giusto per dire quanto fossi stanco e chiedere a Harry se voleva tenere il bambino per una o due ore, ma non appena aprii bocca, lui fece lo stesso e parlò prima di me.
“Ti arrabbi se ti dico che ho fatto una cosa?” disse.
La sensazione, adesso fin troppo familiare negli ultimi mesi, d’irrequietezza nel mio stomaco riapparve e aggrottai le sopracciglia, impaziente di sapere cosa avesse fatto. 
“Cos’hai fatto?” chiesi. Ad essere sincero, ero convinto per metà che avesse incontrato qualcun altro o che avesse cambiato idea riguardo al fatto di crescere il bambino come una coppia, entrambe ridicolmente improbabili come aspettative, ma che facero battere il mio cuore incredibilmente veloce. 
“Non l’ho davvero fatto- okay, si, ho fatto qualcosa,” disse, gesticolando nervosamente con le mani, “e non ho idea di come tu possa reagire?”
“Che ne dici se prima me lo dici e poi decido in che modo reagire?”
“Okay, basta che non darai di matto, per favore.”
Diciamo che avevo il presentimento che non fosse cambiato e che avesse iniziato a frequentare qualcun altro. 
“Non darò di matto,” promisi. 
“Va bene, okay,” disse con un sospiro. “Potrei aver... chiamato tuo fratello.”
Tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, quello era l’ultimo dei miei pensieri. “Mio- cosa? Perché?”
“Non lo so, ho pensato che sarebbe stato carino che qualcuno della tua famiglia venisse a farti visita.” disse, sorridendo di sbieco come per dire ‘per favore, dimmi che va bene?’
“Visita?” ripetetti dubbiamente ignorando il suo sorriso, “Sta venendo qui?”
“Si, ha… ha detto che sarebbe venuto verso  le sei o sette.”
Lanciai una veloce occhiata all’orologio sul muro.
“Tipo adesso,” feci notare con un lieve sospiro, “non avresti potuto dirmelo un po’ prima?”
Mi sorrise di nuovo in quel modo. “Scusa?”
Scossi la testa. 
“Sei fin troppo impertinente, nessuno te lo hai mai detto?”
“Non sei arrabbiato con me allora,” disse con un sorrisetto. 
“No, non sono arrabbiato,” dissi. “Non ho nulla contro Owen. In parte. Non lo vedo da secoli.” 
“Lo so, ed è per questo che l’ho chiamato.”
“E come hai fatto ad avere il suo numero?”
Fece spallucce. “Ho preso il tuo cellulare.”
“Maleducato. E se avessi avuto degli scatti di me nudo?”
Alzò un sopracciglio intrigante. 
“Hai degli scatti di te nudo sul tuo cellulare?”
Ovvio che no. “Forse. Chi lo sa?”
Aggrottò le sopracciglia e sollevò un dito per poggiarlo sulla punta del mio naso. 
“Se mai ci fossero degli scatti di te nudo, ovunque si trovino, stanne certe che sarebbero miei.”  
Spostai via il suo dito e sorrisi. “Meglio iniziare allora.”
“Oh, lo farò,” disse, “credimi.”
E gli credetti.
Rimanemmo di nuovo in silenzio e, onestamente, non mi importò più di tanto. Era bello trascorrere del tempo insieme, tutti e tre, in pace, senza che nessuno parlasse o discutesse di qualcosa. C’erano tante cose da chiarire, non me ne ero dimenticato, ma era fin troppo facile fingere che tutto andasse bene e che niente sarebbe cambiato, quindi lo feci. 
Non appena l’orologio segnò le sei e mezzo sentii Harry russare leggermente e, subito dopo essermi girato, con mio grande stupore, notai che si era addormentato con la testa piegata di lato. Il bambino si era appena svegliato e, guardando verso il basso, gli sorrisi. 
“Penso che il tuo papà sia stanco,” dissi accarezzando piano il suo pancino, facendogli così emettere un vagito che arrivò dritto al mio cuore. Risi leggermente, “Sei un amore quando non piangi, lo sai?” Dissi mentre lui dimenava le braccina in aria.
“Meglio provare a pensare qualcosa per la prossima volta, pensi di riuscire a urlare a pieni polmoni, mm?” 
Un altro vagito fu tutto ciò che ricevetti come risposta.
Continuai a fargli il solletico sulla pancia, che gli causarono tanti piccoli stridii, tant’è che dopo nemmeno dopo dieci minuti stava già dormendo. Apparentemente ero l’unico che riusciva a rimanere sveglio. Addormentarmi mentre avevo il bambino in braccio non sembrava essere la migliore delle idee, e comunque non volevo nemmeno svegliare Harry, quindi rimasi nella stessa posizione di prima senza muovermi di un centimetro. 
Stando così non potevo far altro che pensare.
Era questo che mi aspettava se avessi tenuto il bambino?
Era questo che si provava ad avere una propria famiglia?
Era questo ciò che il futuro aveva in serbo per me? 
Spostai lo sguardo per primo verso Harry, e vidi quanto era rilassato, il suo petto si abbassava ritmicamente, e il suo respiro andava e veniva in leggere sbuffate. Appariva così in pace con se stesso. Poi mi voltai verso il bambino; era ovvio che fosse tranquillo. Era un neonato, non aveva nulla a cui pensare, non aveva nessuna ragione per non esserlo. Nessuna ragione che al momento conoscesse. 
Avere l’opportunità di vivere un momento così non… non era poi così brutto. Il pensiero al momento era stupendo. Avere le braccia di Harry avvolte intorno a me e il bambino tra le braccia, mi faceva provare una sensazione di serenità, di sicurezza, di conforto, di calore e di amore che non avrei trovato sicuramente da tutte le parti, nemmeno se avessi cercato a fondo nella speranza di provare e di riuscire a trovarla. 
Un colpo alla porta mi fece uscire dai miei pensieri, e riuscii ad alzare la testa per vedere chi fosse. Apparve per prima la faccia di Owen e poi il resto del corpo, all’apparenza un po’ nervoso. Sorrise non appena mi vide. 
“Bella stanza,” fu la prima cosa che disse mentre i suoi occhi vagheggiavano per la stanza, osservando le pareti colorate. Era ancora sotto la soglia della porta, la mano sulla maniglia, e io non avevo ancora fiatato. 
“È… voglio dire è- stai bene?” chiese esitante. 
“Sto bene, sì,” dissi sorridendo a stento. “Che fai? Hai intenzione di rimanere tutto il giorno lì impalato?”
“Oh io- no,” disse. Si morse il labbro per un secondo e poi volse la testa per un momento. Lo sentii biascicare qualche cosa a qualcun altro al di fuori della porta e dalla mia vista, e io non esitai ad aggrottare la fronte in netta confusione. 
“Sii buona,” percepii, la sua voce un tantino più severa tutt’ad un tratto, prima che si voltasse a guardarmi. 
“Non ti arrabbiare, okay?”
“Arrabbiarmi per cosa poi?” chiesi.
A quello non ricevetti nessuna risposta. Non una risposta a voce almeno. Entrò dentro, ma invece di chiudere la porta, la lasciò aperta. Stavo per chiedergli di chiuderla, ma le mie parole si bloccarono in gola, sostituite invece da un’ondata di ansia. 
“Che cosa ci fai tu qui?” chiesi debolmente, fissando mia madre che dalla sua stessa espressione sembrava nervosa quasi quanto me. Quasi. 
Si fermò ad un paio di metri dal letto, e mi rivolse un’occhiata di supplica. 
“Non ti vedo da un mese,” disse esitante. “Pensavo sarebbe stato-“
“La colpa è tua,” la interruppi, notevolmente sorpreso che la mia voce fosse rimasta intatta.
Annuì. “Lo so. E non sono venuta qui per chiederti di perdonarmi, volevo solo essere sicura che stessi bene.” 
I suoi occhi si posarono sul bambino che avevo fra le braccia, e la vidi immediatamente sbiancare. Non disse nulla; non commentò nulla sul fatto che suo nipote fosse lì a nemmeno tre metri di distanza. Era ancora incredula su qualcosa a cui non aveva mai creduto, o semplicemente non le importava nulla?
“Sto bene,” dissi poco dopo cercando di mantenere il tono di voce impassibile. Esitai un momento prima di aggiungere un dolce “e anche lui.”
Mi calmai di nuovo e desiderai che Harry si svegliasse. Ma da quel che potevo capire, era immerso ancora in un sonno profondo, quindi dovetti affrontare l’intera questione tutto da solo. Forse era meglio. 
La mascella di mia madre si contrasse leggermente mentre serrava le labbra, riuscendo sempre a mantenere la stessa espressione.
“Sono contenta,” disse rigida. 
Spostai lo sguardo verso il basso e mi morsi il labbro. Era terribilmente difficile fronteggiare indigeribili situazioni come questa quando i ricordi erano ancora vividi nella mente. Si era rifiutata di accettare la verità quando le avevo detto di essere gay, aveva scelto il suo ragazzo, che a mala pena conosceva, invece di me, di suo figlio, cacciandomi da casa nonostante le avessi detto di essere incinto. Era a conoscenza di tutto questo, lo sapevo, e avevo cercato di assimilarlo da un mese a questa parte. Non le importava assolutamente nulla di me. Non abbastanza almeno, non abbastanza da fare ciò che un genitore avrebbe dovuto fare in una situazione come questa. Era passato un mese, dopotutto, e dentro la mia mente in subbuglio, mi era balenato in mente, per la maggior parte delle volte di notte, che lei un giorno mi avrebbe accettato di nuovo, e avrebbe capito che aveva un figlio gay che, effettivamente, poteva rimanere incinto e che aveva un figlio tutto suo. 
Giudicando da come si stava comportando adesso, nei confronti del bambino, non voleva accettarlo. Non le importava nulla così come un mese fa, e faceva male. Faceva fottutamente male.
“Okay, se… se questo era tutto ciò che volevi dirmi allora puoi andare via adesso,” dissi con calma.
“Louis, non posso-“
“Non farlo, mamma,” la interruppi fissandola con occhi carichi di disprezzo. “Non farlo e basta. Non hai nessun diritto di venire qui e…  fare tutto quello che stai facendo. Mi hai cacciato da casa perché al tuo benedetto fidanzato non riusciva a digerire il fatto di vivere sotto lo stesso tetto insieme ad una persona omosessuale.”
La sua mascella si contrasse maggiormente, e io vagamente pensai se si potessero rompere i denti sfregandoli violentemente l’un l’altro. Se cosi fosse, i denti di mia madre erano già a rischio. 
“Non sei gay, Louis,” disse. “Non ti ho cresciuto così, quindi non provare nemmeno a-“
“Ovvio che non mi hai cresciuto per essere gay,” digrignai fra la labbra. L’unico motivo per cui non stessi urlando era solo perché non volevo svegliare il bambino, e dopotutto anche perché la tristezza e l’umiliazione che avevo provato l’ultima volta che l’avevo vista, era svanita. Oltre le colline e le montagne. Adesso c’era solo rabbia che si faceva strada dentro di me, che mi faceva bruciare il petto e che mi faceva ribollire il sangue nelle orecchie, lasciando al suo passaggio una voglia matta di urlare, prendere a calci e lanciare qualcosa, un sentimento quasi piacevole. 
“Sono gay per scelta mia. Non ha niente a che fare con te o con qualcos’altro, solo con me. Non è qualcosa che ho scelto, fa parte di me, e non puoi fare un cazzo per farla svanire.” 
“Ma di questo non puoi esserne cer-“
“Lo so per certo,” scattai. 
“Ma come, Louis? Se davvero pensi che tu sia gay, allora cosa-“
“Vedi questo ragazzo che dorme?” La interruppi. I suoi occhi si posarono per un breve secondo su Harry e poi furono di nuovo su di me prima che annuisse piano. 
“Lo hai incontrato solo una volta, ma non credo che tu ti ricorda di lui. Il suo nome è Harry, e si nota che è un ragazzo.” Deglutii, mentalmente dandomi una pacca per la prontezza. 
“Ho un bambino con lui e lo amo.” Aggrottai le sopracciglia lentamente verso lei.
“Ti può bastare come prova?” 
Non mi guardò nemmeno per parecchio tempo, ed io ritrassi lo sguardo senza battere ciglio. Vidi con l’estremità dell’occhio Owen che si stava dimenando sulla sedia, non badai a lui più di tanto. 
“Non approvo nulla,” disse finalmente. “E non credo nemmeno che tu sia gay, dato che tu ed Eleanor avete avuto… una sorta di relazione, e so anche che si è trattato di livello fisico.” 
“Si, e non ho tratto nessun momento di piacere da tutto ciò,” dissi piatto.
“Non tutto nella vita deve dare piacere per essere giusto,” mi rinfacciò di rimando.
“No mamma, sono più che sicuro che il sesso debba essere piacevole,” dichiarai, subito seguito da una leggero colorito rosa in faccia. 
“Allora forse non hai provato abbastanza.”
“Credo di aver goduto abbastanza nel fare sesso con Harry.” 
Tutto questo stava prendendo una brutta piega.
Emise un lungo respiro e mi rivolse un'occhiata infastidita. 
“Non sono venuta qui per discutere della tua… vita sessuale.”
“Allora smettila di girarci intorno. Sono gay, accettalo oppure vattene.”
Fece cadere le braccio di lato e la sua espressione si affievolì leggermente. 
“È chiaro che tu non abbia intenzione di tornare a casa.”
Risi sarcasticamente.
“Ho un bambino,” dissi. “In che modo vuoi che spieghi a Ian questa cosa?”
“Tieni quella cosa?” Chiese, ignorando la mia domanda. 
“Lui,” la corressi, “E n-non lo so. Probabilmente no. Forse. Non abbiamo ancora deciso.”
Fece un passo avanti verso il letto e piegò in avanti il collo per riuscire a vedere oltre i cuscini il bambino. Un leggere sorriso si aprì sul suo viso. 
“È bellissimo,” disse. “Assomiglia a te quando eri bambino.”
“Beh, cinquanta percento dei suoi geni sono miei,” dissi delicatamente. “Credo che questo spieghi… tutto.”
Non credo volesse rispondere anche a quello, dopodiché la stanza fu immersa da un silenzio sconcertante. Insostenibile e imbarazzante direi. Incapace di dire altro, fui immensamente grato quando sentii Harry muoversi un po’ dopo aver pronunciato un assonnato: “Che cosa succede?” tutto divenne silenzioso di nuovo e dopo un po’ un altro: “Oh. Ciao.” 
Se il silenzio precedente che si era sparso per tutta la stanza era imbarazzante, non era nulla in confronto a questo. Era come se riuscissi a sentire in sottofondo dei grilli. Rumorosi oltretutto. 
“Me ne vado,” disse mia madre, rompendo il silenzio. Indietreggiò di qualche passo, e notai come si stesse contorcendo le mani.
“Fammi sapere se hai bisogno di qualche cosa, okay?”
“Tu fammi sapere quando Ian svanirà dalla tua vita,” risposi velocemente. Mi bloccai per un secondo prima di aggiungere: “e anche quando avrai deciso di ritornare ad essere mia madre.”
Il suo viso si incupì, aprì bocca per dire qualcosa, ma la chiuse poco dopo. Ripetè quel movimento ben due volte prima di tossire lievemente. 
“Ciao per adesso,” disse dopo essersi voltata, uscendo velocemente dalla porta e facendo riecheggiare il ticchettio degli stivali sul pavimento. 
Non appena la porta fu chiusa, Owen emise un sonoro sospiro. 
“Ti sono cresciute le palle!” disse ad alta voce, facendo voltare me ed Harry per zittirlo. 
“Scusate,” aggiunse sussurrando. “Ma seriamente, non ti avevo mai visto fronteggiarla in quel modo prima d’ora, è tipo una… rivoluzione.”
“Una rivoluzione,” ripetei. “Grazie per l’interpretazione. Quindi cosa, faccio parte della gente comune, oppure delle alte autorità?”
“Della gente comune ovviamente,” disse scrollando le spalle mentre si avvicinava verso il letto, sedendosi alla fine di esso. Si sporse indietro poggiandosi sui gomiti, e fissandomi interrogativo.
“Quindi non tornerai per davvero più a casa?” chiese.
“Perché dovrei?” chiesi retoricamente, “Anche se nullla di… tutto questo-“ indicai me e il bambino “-fosse successo, sarei andato via fra uno o due mesi circa.” 
“Andrai all’università?” Sembrava sorpreso, e non sapevo se esserne offeso o meno.
Scossi la testa. 
“Quest’anno è stato come una montagna russa, quindi no. Io… non ho energia e forza a sufficienza per intraprendere qualcosa del genere al momento.” 
Dopo quelle parole sembrò essere però ancora più dubbioso. “Cosa farai adesso?”
Mi girai verso Harry. Un lieve sorriso aleggiava agli angoli della sua bocca e la stanchezza era ancora presente nei suoi occhi, ma non disse nulla. 
“Non abbiamo ancora deciso se tenere il bambino,” dissi voltandomi verso Owen. “E quindi non posso- decidere cosa fare dopo.”
La sua bocca prese la forma di una ‘o’ e annuì leggermente. 
“Non ha un nome?” fu tutto ciò che chiese, il che fu gratificante.
Sorrisi a stento. 
“No, lui.. lui ha un nome tecnicamente,” dissi. “E' solo un po’ strano usarlo quando non- quando non sappiamo ancora quale sarà il nome che gli verrà data per il resto della sua vita.”
“Quindi negli ultimi giorni come lo avete chiamato…?”
“Bambino…?”
Indirizzò un’occhiata non sorpresa.  
“Questo è orribile e degradante. Per non dire violazione dei fondamenti dei diritti umani.”
Aggrottai la fronte. “Cosa-“
“Tutti hanno un nome.”
“Ma guarda un po’ chi è diventato intelligente tutt’ad un tratto,” dissi alzando le sopracciglia.
“Ian è uno stronzo. Devo pur passare il tempo con qualcosa, oltre a fare torte o guardare film con lui e mamma la sera.” 
Il suo sguardo la diceva lunga; litigate, numerosi ed esasperanti sospiri, una serie di non volute torte di mela dalla California tipiche da Ian. 
“Stupido coglione,” borbottai tra me e me, “sta cercando di creare una famiglia perfetta per te, vero?”
“Ci prova,” disse Owen con noncuranza, “Non sta funzionando molto bene, comunque. Non ho il giusto temperamento per essere un uomo di famiglia.”
“Parlamene un po’,” chiesi secco.
“Credo che lui e mamma vogliano avere un bambino.”
Chiusi gli occhi fin troppo stanco di sentire cose del genere e mi passai la mano sulla faccia, gemendo stancamente. 
“Cosa vuole adesso?” Owen fece spallucce deluso a riguardo, e io sghignazzai completamente privo di umorismo. 
“Questa famiglia è un fottuto casino e non è nemmeno divertente. Se avranno un fottuto bambino, allora questo bambino avrà una zia o una zio che sarà più piccolo di lui.”
“Si. E io me la dovrò vedere con mamma incinta,” grugnì spazientito. “È già insopportabile così. Per non parlare che è già a metà dei suoi quarant'anni. Si può avere bambini anche quando si è così vecchi?”
Feci spallucce non sapendo cosa rispondere.
“Diavolo, non lo so. Non lo capisco Ian, sai? Sono sicuro che abbia detto che non voleva avere figli, troppo casino e altro apparentemente.”
“Non lo vedo molto come Signor Papino Paziente, no,” ribadì Owen schioccando la lingua.
Piegai la testa di lato e strinsi le labbra. “Come fai a resistere?”
“Con mamma e Ian?”
“Anche su altre cose, si,”
“Sto bene,” disse semplicemente, “gli piaccio direi, mi prega come se fossi un fottuto santo per giocare a calcio. Non ci è ancora arrivato al fatto che è uno stronzo, comunque.”
Avere Owen dalla mia parte su questo, in un certo senso, mi dava un certo sollievo. Avevo Harry, si, e avevo la sua famiglia che mi supportava come se non ci fosse un domani, ma Owen faceva parte della mia di famiglia. Mi è stato accanto per un’intera vita, e tutt’ora era ancora presente, rimanendo al mio fianco nelle situazioni più difficili che riguardavano la nostra famiglia. Era confortante saperlo. 
“Non ti spingere oltre con lui,” lo misi in guardia. “Non andrà a finire bene se un giorno decidesse di cacciarti di casa.” 
“No, lo so, non sono stupido,” sogghignò. “Non come te.”
“Sto meglio dove mi trovo ora comunque, credimi,” dissi, non senza rivolgergli un’occhiataccia per il commento-stupido.
“Mm si,” disse pensierosamente, “sembra che te la stia cavando bene, con… sai, il bambino e l’intera… cosa. Sembrate una famiglia.” Si mise a sedere meglio e i suoi occhi si spostarono da me e Harry un paio di volte. 
“State tipo insieme voi due oppure ancora ci state lavorando?”
“Ehm ci stiamo lavorando,” disse Harry, parlando per la prima volta. “me la devo vedere con una fidanzata fuori di testa prima di tutto.”
“Fidanzata fuori di testa?” Ghignò. “Quanto fuori di testa?”
“In tutti i sensi possibili,” disse Harry.
Il ghigno di Owen si ingrandì ancora di più. 
“Vuoi dire anche…?” chiese vagamente incuriosito.
“Si, anche in quel senso.” Lo sentii tossicchiare ridendo. “In pratica quella è l’unica cosa buona che ha.”
“Ottimo. È sexy?”
“Owen, sta zitto,” dissi prima che Harry avessi la possibilità di rispondere.
“Stavo solo chiedendo,” disse roteando gli occhi.
“La curiosità ammazza il gatto.”
“Non credo si riferisse a quel tipo di cose, ma piuttosto a cose tipo-“ Si interruppe da solo in quel punto strofinandosi il naso, non essendo del tutto sicuro se fosse preoccupazione o disgusto. La causa era che il bambino –Aidan, dovetti ricordare a me stesso – emise uno di quei piagnucolii che si sarebbero trasformati ben presto in sonori pianti. 
“Adesso non iniziare ad urlare, per favore,” dissi dolcemente. “Ti sei comportato benissimo oggi, non mandare tutto a monte adesso, okay?” Dimenò le braccia per uno o due minuti piagnucolando un altro po’, ma senza lacrime e senza scalciare come un pazzo. Al contrario, rimase lì in silenzio con quei suoi occhietti che vagavano alla ricerca di qualcosa per tutta la stanza, mentre un filo di saliva pendeva dal lato sinistro della sua bocca. Gli poggiai una mano sullo stomaco e con l’altra giocavo con le sue manine, sorridendo.
“Visto?” dissi, “è molto meglio così, no?”
Non rispose con nessun verso se non che sbavando. Mentirei se non dicessi che trovavo la scena al quanto tenera.
“Perché i bambini sbavano così tanto?”
Apparentemente Owen non era dello stesso parere.
“È piccolo, non può farne a meno,” dissi sulla difensiva. “E tu non sei nella posizione di parlare,” aggiunsi, “Tu sbavavi come un matto quando avevi tre anni.”
“Beh, ero piccolo e non potevo farne a meno, giusto?” Ghignò alla risposta secca che gli avevo rinfacciato un momento prima, prima di alzarsi dal letto. “Credo che sia ora di andare.”
“Cosa? Di già?” chiesi rimanendoci male. “Sei arrivato circa mezz’ora fa, e non hai ancora preso il bambino in braccio.”
“Pensavo che avesse un nome.”
“Okay, non hai nemmeno preso in braccio Aidan.”
“Aidan,” ripetè, testando la parola in bocca. “Penso che mi piaccia.”
“Bene, sono contendo ma non hai ancora pre-“
“Facciamo un’altra volta,” mi interruppe, “Ho bisogno di una preparazione mentale.” 
Non mi diedd la possibilità di rispondere – forse fu meglio così – prima che continuasse.
“Guarda, ho un sacco di cose da fare, quindi devo andare, ma verrò a farti visita presto, e forse allora lo prenderò in braccio.”
“L’ultima volta hai detto la stessa cosa, il che è stato all’incirca due settimane fa, e non hai chiamato per davvero,” dissi imbronciato.
“Wow,” sghignazzò. “Ti sei trasformato sul serio in una ragazza.”
“Non te ne stavi andando?”
Dopo quello se ne andò di fretta, comunque non prima di aver dato una carezza sulla testa di Aidan, facendo ridere sia me che Harry. 
“Fanculo,” furono le sue ultime parole e,  quando lasciò la stanza e chiuse la porta, Harry ed io non avevamo ancora smesso di ridere. 
“Grazie,” dissi quando rimanemmo di nuovo in silenzio. 
“Per averlo chiamato?”
“Mmm. Diciamo che mi ero dimenticato… non lo so, quanto mi mancasse.”
“Mm, si.” Passò un momento di esitazione prima di: “È venuta anche tua madre, del resto. Mi dispiace che stessi dormendo.”
“Non importa,” rispodi. “Non è successo... niente. Assolutamente niente.”
“Avete litigato?”
“No, non era un vero e proprio litigio,” dissi con una scrollata di spalla indifferente. “Piuttosto lei che si è rifiutata di accettare il fatto che io sia gay, accettando vagamente l’esistenza di Aidan, ed io che le rispondevo a dovere.”
“Se l’è meritato,” disse. 
Mi accigliai, e lui storse le labbra. “Mi dispiace, ma se lo merita, ha scelto un altro invece che te. Non è per niente giusto.”
Il mio viso si incupì e sospirai. “No, so che non lo è. Comunque è sempre mia madre. Su questo non posso farci nulla.”
“Almeno Ian non è tuo padre.”
“Tu si che sai proprio come risollevare su il morale ad una persona.” Feci una piccola pausa prima di scoppiare a ridere.
Fece uno strano verso in risposta. 
“Domani pomeriggio saremo a casa,” disse nel bel mezzo del discorso uno o due minuti dopo.
Annuii e pronuncia un semplice “mm”. Non che non avessi capito dove volesse arrivare con tutto questo, era palese arrivati a questo punto, in ogni caso ne stava parlando in modo vago e di conseguenza io non risposi.
“Oggi non abbiamo parlato con mia madre.”
Ed eccola quella speranza.
“No, non lo abbiamo fatto.”
“Sei a conoscenza del fatto che dobbiamo parlarne, vero?”
“Non per forza,” mi difesi. “Possiamo decidere una cosa adesso e poi dopo potremmo sempre cambiare idea.”
“Sarà tutto più difficile.”
“Ma almeno abbiamo più-“
“No.”
“Harry andiamo, ci darebbe la possibilità di-“
“No.”
“Non essere così testardo, sto solo dicendo che-“
“No!”
“Oh ma che cazzo, potresti ascoltarmi solo-“
“No, Lou! Non accadrà.” Il suo tono era irremovibile – non arrabbiato, ma irremovibile, e qualcosa mi disse che da quel tono non ci sarebbe stato nessun cedimento.
“Ti voglio bene, lo sai che è così, ma hai rimandato questa cosa fin troppe volte.”
“Non la sto rimandando,” protestai, “Stavo solo aspettando di avere un altro paio di settimane per decidere.”
“Ma non abbiamo un paio di settimane per farlo,” disse, “Dobbiamo faro adesso, questo è quanto.”
“Ma hai sentito cosa ha detto la signora dell’agenzia d’adozione,” ci provai almeno. “Ha detto che nulla sarà confermato finché non firmeremo entrambi quel documento.”
“Non posticiperò questa conversazione più di quanto lo abbia già fatto,” disse scuotendo la testa. “In teoria non dobbiamo mangiarci la testa per forza, ma voglio che finisca qui. Sono stato in ansia fin troppo tempo e non posso sopportarlo più, quindi prenderemo una decisione adesso, prima di andare via da questo ospedale.” Si morse il labbro e mi fissò con occhi pieni di dolore. “Non insistere, per favore.”
Presi un profondo respiro e guardai verso il basso, fermandomi sul materasso su cui eravamo seduti.
“Ho paura,” dissi allora, la mia voce debole e tesa. “Cosa accadrà se prenderemo la decisione sbagliata, mandando così tutto a monte?”
“Se mai ci accorgeremo di aver fatto qualcosa di sbagliato, di questo ce ne occuperemo dopo, ma ho bisogno che entrambi prendiamo in considerazione qualcosa di specifico,” disse esitante. 
“Se sei così sicuro che qualsiasi decisione presa possa essere riparata, allora perché adesso ne vuoi prendere una così tutt’ad un tratto?”
“Perché ho bisogno di avere un minimo senso di sicurezza.” Sentii sussurrare dopo che avesse tossito, continuando poi con tono dolce e gentile. 
“Sai già cosa voglio, e sai anche tu che abbiamo un piano da mettere in atto.”
“Si, ma non è-“
“E sappiamo entrambi cosa tu voglia.”
Era in processo di aprir bocca protestare, per dirgli che si sbagliava e che non avevo idea di cosa volessi, ma quale sarebbe stato il punto della questione? Aveva ragione, e lui era già a conoscenza che io sapessi che aveva ragione, ma questo non cambiava il fatto che ci fossero parecchie cose su cui discutere. Non avevo nemmeno diciannove anni, ma dovevo già prendere una decisione su qualcosa che avrebbe completamente cambiato la mia vita. Se fossi stato un ragazzo della mia età, sarei stato impegnato sulla decisione di cosa fare all’università, e nonostante quella sia un importante decisione da prendere nel corso della propria vita, non sarebbe mai stato così costante e irrevocabile come la decisione di tenere un bambino. 
Se avessi deciso di darlo in adozione, il sol pensiero mi avrebbe torturato per il resto della mia vita, lasciandomi senza pace fino alla fine dei miei giorni. Ne sarei uscito distrutto e consumato chissà per quanto tempo, in costante pensiero, senza mai dimenticarmene. Se invece avessi deciso di tenerlo, mi sarei dovuto caricare la responsabilità e il possibile rimorso di aver rovinato non solo la mia di vita, ma anche quella di Harry e del bambino. 
Quindi quale decisione far dominare? Meglio la sensazione di eterno rimorso e perdita, oppure l’infinita responsabilità  e la possibilità di rovinare la mia vita e quella di altre persone? 
“Si, lo so,” dissi finalmente, deglutendo impercettibilmente. “Ma questo non vuol dire che lo renda più semplice.”
“Ma dobbiamo farlo.”
Annuii deglutendo ancora una volta. 
“Lo so.”
La stanza fu avvolta di nuovo dal silenzio, il suono dei nostri respiri era tutto ciò che si riusciva a sentire. Poco dopo lui sospirò pesantemente di nuovo.
“Non ti odierò, sappilo,” sussurrò. “Se tu decidessi davvero di darlo in adozione, non ti tormenterò.”
“Hai già fatto un casino per tutta questa questione.”
“Perché sapevo che non volevo davvero darlo in adozione,” rispose. “Ma se tu mi dicessi con onestà che non lo vuoi tenere, accetterò la tua scelta e vorrò stare ancora con te.”
I miei occhi si umidirono appena, ma cercai di contenermi. Iniziare a piangere non avrebbe risolto nulla. 
“Lo farai?”
Si mosse sul letto per sistemarsi meglio, così che la mia testa poggiasse sotto la sua guancia.
“Si,” disse accarezzando dolcemente la mia guancia. 
Tirai su con il naso e annuii. 
“Okay,” fu tutto ciò che riuscii a dire, e quelle furono le ultime parole che vennero pronunciate quel giorno. 

Martedì 11 Maggio

Fu con il viso corrucciato e un cappotto zuppo d’acqua poggiato sul braccio che Anne entrò in stanza alle tre di pomeriggio del giorno dopo. Avevo di nuovo i miei vecchi vestiti addosso – se i pantaloni di tuta e una delle mie magliette extra-large si potessero definire “usuali” – al posto della camicia blu dell’ospedale che indossavo da Domenica pomeriggio, ed ero seduto sopra le coperte e non sotto. Aidan stava dormendo nelle mie braccia, di nuovo, mentre Harry era seduto dall’altra parte del letto con i miei piedi poggiati sulle sue gambe, intento a farmi un massaggio rilassante. 
Cercai di ricordare a me stesso, ogni tanto, che emettere versi di piacere sarebbe stato veramente umiliante. 
“Vedo che ve la cavate bene,” disse mentre chiudeva la porta e si avvicinava alla sedia vicino alla finestra. 
“Abbastanza bene dai,” disse Harry, “Apparentemente gli stanno facendo male i piedi.”
“Ehi, ti sei offerto tu,” dissi puntandogli un dito contro.
“Questo non giustifica il fatto che ti sia lamentato fino ad ora.”
“Ho espresso finemente il mio parere un paio di volte. Non erano lamenti.” chiarì.
“Come dici tu, tesoro.”
Gli feci la linguaccia e lui in risposto mi colpì il piede, facendomi emettere uno squittio. Ovviamente lo colpì violentemente di rimando sulla gamba.
“Quindi,” disse ad alta voce Anne, battendo forte le mani per avere attenzione. “L’unica ragione per cui mi volevate qui, era perché volevate che io vi vedessi flirtare l’uno con l’altro?”
Le mie guance divennero bollenti e abbassai lo sguardo, ma Harry non perse tempo a dare il contraccolpo.
“Ovvio che no,” disse. “Quale ragazzo ha voglia di far vedere a sua madre in che modo flirta?”
“Hai fatto cose molto strane in passato,” disse secca incrociando le braccia al petto.
“Beh, i miei giorni selvaggi e ribelli sono finiti adesso.”
“Bene. Era un vero incubo.”
“Ero un angelo,” controbatté. “Un bellissimo angelo.”
“Eri un bastardo.”
“Sei tu che mi hai cresciuto, quindi se ero un bastardo – il che non è vero, te lo dico – è colpa tua.”
“Beh si, non c’è molto da fare quanto i tuoi fiorellini non ancora sbocciati decidono di trasformarsi in ribelli.”
Senza nemmeno dargli l’opportunità di rispondere, schioccò la lingua e continuò, “Quindi qual è il vero motivo per cui mi volevate? Sono curiosa.”
Harry si voltò verso di me e alzò le sopracciglia come per chiedere: ’Sei pronto?’ Io alzai miseramente le spalle, spostando poi lo sguardo verso il basso ad osservare il mio dormiglione. 
“Okay,” disse Harry, schiarendosi la gola. “Abbiamo in un certo senso… bisogno del tuo aiuto per decidere cosa- o, sai, in che modo dobbiamo muoverci da adesso.”
Non mosse ciglio. “E dov’è il problema?”
“Il problema è che Lou è al cento per cento sicuro che sarebbe un gesto totalmente menefreghista tenere Aidan e che crolleremmo miseramente se lo facessimo,” disse senza nemmeno un singolo momento di esitazione. 
Anne si volse verso di me con un cipiglio interrogativo in volto. 
“Perché pensi che accadrà questo?” chiese.
“Non lo so. Non-“ mi bloccai per un secondo. “Non è che per forza crolleremmo miseramente, ma ho paura di incasinare le cose.”
“Tutti i genitori si sentono in quel modo,” disse, le sue labbra curvate in un lieve sorriso. “Specialmente con il loro primo figlio. Avresti dovuto vedere me quando ho avuto Harry; credo di aver cercato di mandare tutto all'aria ben tre volte, ma invece non è stato così, quindi non avevo nessun motivo per cui farlo.”
“Si, ma in questo caso è diverso,” soppesai, “Non sei gay e non eri al liceo quando è nato lui.”
“No, ero nel bel mezzo dei miei studi universitari,” disse diretta. “Ho dovuto lasciare l’università per prendermi cura di lui. I miei genitori erano furiosi e nessuno dei miei amici poteva aiutarmi perché anche loro erano impegnati con gli studi, compreso Robin.”
Mi leccai le labbra assente. “I miei genitori già mi odiano per quello che sono... beh, mio padre non sa cosa stia accadendo nella mia vita da due anni a questa parte, ma mia madre mi odia.” Mi acciglia. “Ma il punto è che non ho stabilità nella mia vita, e non voglio essere uno di quei genitori che non riescono mai a concludere un cazzo e che trasmettono i loro fallimenti ai loro figli.”
Con uno sguardo penserioso, si appoggiò di schiena contro la  sedia e mi scrutò per un paio di secondi. “Questo è l’unico motivo per cui vuoi dare in adozione Aidan?”
“Io- si, ma… è un buon motivo,” dissi esitante, lievemente sorpreso dalla sua reazione. “No?”
“Dimmelo tu,” disse. Il modo in cui mi si stava rivolgendo in quel momento, mi ricordava quello di uno psichiatra piuttosto che la madre del mio… beh,  la madre del padre del mio bambino.
“Non lo è,” affermò Harry piatto. Smise di massaggiarmi i piedi ed io di conseguenza non feci passare nemmeno un secondo, prima di mettermi a piagnucolare agitando i piedi, così da intimargli di continuare. Lui ghignò per un momento, ma non disse o fece nulla prima di iniziare di nuovo a muovere le dita in lenti cerchi, e io sorrisi tutto contento. 
“Tutti noi sappiamo cosa tu voglia, Harry, quindi la tua opinione non è necessaria,” disse Anne, indirizzandogli uno sguardo di rimprovero prima di voltarsi di nuovo. “Desiderare una bella vita per il tuo bambino è un motivo più che giusto, ma potresti mettere i tuoi stessi sentimenti in gioco in questa situazione.”
“E se io non volessi?” dissi disperatamente, “Cosa accadrebbe se-“
“E cosa accadrebbe se alla fine tutto finisse per il meglio?” mi interruppe. “Cosa accadrebbe se tutte e tre trascorrereste una vita bellissima e prosperosa insieme?”
Mi morsi il labbro e deglutii. “E se così non fosse?”
“Allora sarebbe dannatamente facile per te cambiare idea sul non darlo in adozione, piuttosto che cambiare idea e decidere così di farlo.” 
Impiegai un paio di secondi per capire cosa significasse quella frase, aggrottando la fronte e fissando il muro difronte al letto. Alla fine mi arresi e le indirizzai uno sguardo confuso.
Lei sorrise e si raddrizzò sulla sedia. “Se tu decidessi di darlo in adozione, ti accorgeresti poi che quella è stata una cattiva decisione perché non sarà difficile; tecnicamente parlando, non ci vorrebbe molto a darlo in adozione ad un agenzia. Ma se tu decidessi di farlo firmando quei tipo di documenti, e dopo capiresti che quella decisione presa era sbagliata, tu… beh, sono onesta, saresti fottuto.” 
Annaspai con la bocca ben tre volte, ogni volta con una nuova tesi da esporre, ma tutte e tre le volte morirono sul nascere prima che raggiungessero le mie labbra, mentre piano piano riuscii a metabolizzare tutto quanto, perché- 
“Non la penso così.” Poggiai il mio sguardo verso il basso. Come mai nonostante tutti i dibattiti avuti insieme ad Harry, non ero mai riuscito a vedere la situazione da questo punto di vista? Questo ottuso poteva essere Harry? Ovviamente le parole di Anne avevano un senso logico a tutti gli effetti, senza niente da , nonridire, dal mio punto di vista almeno. 
Avremmo potuto darlo in adozione e sarebbe stato irreversibile, permanente. 
O l’avremmo potuto tenere con noi, con l’aggiunta di poter cambiare idea un qualsiasi giorno con il passare degli anni, se avessimo voluto. 
Certo, se Harry non fosse stato così ostinato sul prendere decisoni prima di lasciare l’ospedale, avremmo potuto decidere se darlo in adozione e inoltre avremmo potuto avere un altro po’ per dirgli addio e prepararci. Ma non c’era verso di far cambiare idea a lui. Non mi avrebbe mai fatto uscire da questo posto senza aver avuto una risposta, ed io ne ero pienamente consapevole. 
Abbassai lo sguardo sul bambino, osservando con attenzione come il suo petto si alzava e abbassava dolcemente, come la sua bocca era leggermente aperta e come le sue mani chiuse si poggiavano sulle mie gambe. 
“Sei parecchio felice qui, vero?” dissi dolcemente. “Non ti frega molto di me, mm?” 
Non ricevette nessuna risposta ovviamente, e di conseguenza alzai lo sguardo su Harry. 
“Perché decidere cosa fare con questa merda è così difficile?” chiese debolmente.
“Sei un essere umano come tutti, ecco perché,” ridacchiò, nonostante questo non placasse il mio nervosismo che si stava espandendo e si stava facendo sentire in tutte le sue sfaccettature. In questa situazione non era per niente d’aiuto.
“Quale… quale pensi sia la decisione più saggia da prendere?” chiesi voltandomi verso Anne. 
Sorrise a stento ma quel sorriso sparì dopo tre secondi, rimpiazzato da uno contemplativo.
“Io non…” vacillò mordendo il labbro poco dopo, “Non penso sia una buona idea darlo ad un’agenzia d’adozione. Hai legato troppo con lui. Non hai voglia di darlo a nessuno all’infuori di te, nemmeno di notte, e non immagino nemmeno come reagiresti se fosse dato a qualcun altro permanentemente.”
“Ma se-“
“Starà bene,” mi interruppe gentilmente. “Ci sarò io ad aiutarti e lo farà anche Robin. Non sei solo.”
La mia guancia venne scossa da un tremolio e dovetti rompere il contatto visivo con lei, focalizzando i miei occhi su Aidan invece. Cercai di immaginarlo, ad immaginare di darlo ad Ilana –  o a qualcun altro che avesse la stessa espressione di ghiaccio e senza cuore – e non essere in grado di fare nulla mentre veniva portato via, piangendo disperatamente sulla spalla di una persone senza sentimenti e guardandomi con occhi che urlavano tradimento e solitudine. Il solo pensiero mi portò un groppo in gola, ed emisi un sospiro tremolante e doloroso mentre cercavo di trattenere le lacrime, rifiutandomi di far emergere le mie emozioni nonostante stessero straripando da ogni singola parte del mio corpo, sia dentro che fuori, senza darmi la possibilità di respirare normalmente.
Con dita tremanti, accarezzai una delle sue manine, sentendo la bellezza indescrivibilmente soffice al tatto, che trasmetteva innocenza e bisogno. Era così… piccolo. Troppo piccolo, troppo fragile per me affinché qualcuno se ne prendesse cura per sempre. Tutt’ad un tratto le sue mani si mossero, nonostante stesse ancora dormendo, e prima di saperlo, le sue dita strinsero con forza un mio dito. Non fui in grado di pensare più a nulla dopo quello, e dolcemente sfiorai il mio viso con quella manina stretta, sfiorando il naso e con lentezza giù, lunga tutta la mia guancia. 
Con ansia ed esitazione, spostai il mio sguardo su Harry. Un espressione di pure panico in volto, e nonostante stesse ancora massaggiando i piedi, era più un gesto automatico che consenziente a questo punto. Ci fissammo l’un l’altro per un intero minuto, senza cambiare espressione e senza alcuna emozione in volto. Ci guardammo all’infinito, finché io non aprii bocca.
“Tu… è- mi devi solo promettere,” sussurrai con occhi stretti, “Ho bisogno che tu mi prometta che noi… che noi staremo bene.”
Lentamente si spostò verso di me e un po’ di panico svanì.
“Staremo bene,” disse dolcemente. “Te lo prometto.”
“Promesso?”
“Promesso.”
I suoi occhi erano sinceri e anche la sua voce, ed io a quella promessa ci credetti. Trovai difficili non farlo. Mi morsi il labbro forsennatamente prima di sbattere gli occhi, spostandolo così lo sguardo sul bambino. 
“Okay.” Biascicai allora. “Okay.”
I suoi occhi si spalancarono in modo ridicolo. 
“Okay?” ripetè, la sua voce solo un miscuglio di isterismo. “Cioè intendi…?”
Alzai lo sguardo e cercai di sorridere, ma credo che il risultato fu qualcosa che si avvicinava ad una smorfia per qualche maschera di Halloween. Sentivo battere il mio cuore lungo tutta la gola, che mi portava ad una spiacevole sensazione di qualcosa che si aggirava fra nausea e dolore. Era una sensazione terribile. Ero così spaventato sulle mie certezze, talmente disperato da volermi aggrappare a qualcosa, e anche capace di poter sentire battere il mio cuore così forte, con la certezza che non fossi ancora morto a causa dello stress, qualcosa del genere. 
Non appena mi accorsi degli occhi spalancati di Harry e delle guance arrossate, presi un bel respiro e annuii. I suoi occhi si spalancarono ancora di più – grandi quanto delle palle da tennis - e la sua mascella si aprì in una ‘o’. Strinsi i denti per un secondo e annuii ancora, questa volta velocemente, prima di rispondere con voce tremante.
“Si,” sussurrai. “Si. Si. Si.”



HI FELLAS!

Non so nemmeno come iniziare dato che sono passati... secoli dall'ultimo capitolo *feelinglikecacchetta*
Tutto questo dovuto:
-scuola
-assenza di linea per due mesi
-un mese di mare stressante
Dato che questo commento è last minute, gradirei qualche bel commento vostro, perché ho intenzione di rispondere a tutti come si deve.
Vorrei anche ringraziare tutti, questo è il mio ultimo capitolo di questa storia tradotto sola soletta (capitolo infinito) e ho pianto come una fessa appena finito. Ho pensato tante cose belle, soprattutto ai miei due mentori: Harry e Louis.
Un bacione e un abbraccio immenso da parte mia, passate una bella estate e a presto.
Hugs and kisses!

Ana x.




Here we are.

Bene, bene... chi non muore si rivede mmh? Okay, quando sono arrivata alla fine del capitolo (dopo averlo corretto) mi aspettavo il solito angolino scritto da Ana ma questa volta non è stato così, per questo avevo deciso di riscriverlo (ma lei poi me l'ha inviato su whatsapp quando ormai avevo già scritto tutto questo papiro, quindi ho deciso di non cancellarlo. Perdonateci se ci saranno scritte le stesse cose).
So che è passato tantissimo tempo dall'ultima volta che abbiamo pubblicato e mi sento molto in colpa, anche perché sia su twitter che su efp abbiamo ricevuto un sacco di solleciti di continuare a pubblicare il prima possibile, proprio per questo voglio essere totalmente sincera con voi; a parte il problema alla rete che ho avuto in sti giorni (vi giuro, non riuscivo nemmeno a scaricare che il capitolo che mi aveva inviato Ana e allo stesso tempo non poteva nemmeno pubblicarlo direttamente lei senza correzioni, perché è partita per una piccola vacanza in un paesino vicino a dove abita e la connessione va e viene anche lì) quindi ho dovuto aspettare che la linea con Telecom si ristabilisse e poi trovare la voglia di leggere e correggere tutto il capitolo. Non penso poi di averlo proprio corretto al massimo del potenziale, anche perché l'ho fatto in giorni alterni. La mia mancanza di voglia è stata dettata dal lavoro, spero mi capiate: lavoro tutte le mattine dalle 8 alle 15, ed è praticamente come andare a scuola.
Cooomunque eccoci qui finalmente, non ci siete ancora liberate di noi e non vi libererete così facilmente.
In questo capitolo non succede niente di esilarante, ma è necessario per lo svolgimento della storia come avrete visto; Louis e Aiden sono le cose più tenere che possano esistere su questo mondo e finalmente si sta avvicinando la pace. Chi mi aiuta a costruire una statua per Anne? Senza di lei questi due cretini non sarebbero andati da nessuna parte. Forse se mettessimo insieme il cervello di Harold con quello di Louis ne verrebbe fuori quasi uno intero dai.
Bene, detto questo vi ringraziamo immensamente per il supporto, sempre indispensabile in questi casi e vi auguriamo di passare una bellissima estate rilassante (ci vuole proprio!). Il prossimo capitolo non possiamo dirvi con certezza quando verrà pubblicato, vi terremo aggiornate su twitter in ogni caso. La cosa certa è che in un modo o nell'altro termineremo la storia, compresa del sequel, state tranquille.
Grazie per chi è ancora qui e non si è stancato di seguirci.
Un bacione sia da me che da Ana che si sta godendo pienamente il mare a differenza mia che sgobbo (ti voglio bene tesoro <3)
A presto,

Giulia. 

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