Aniimo

di Nivees
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** – Inferno ***
Capitolo 2: *** – Purgatorio ***
Capitolo 3: *** – Paradiso ***



Capitolo 1
*** – Inferno ***


 


«Molti son gli animali, a cui s'ammaglia,
e più saranno ancora, infin che il veltro
verrà, che lo farà morir con doglia.»
 – Divina Commedia; Inferno. Canto I.
 
C'era qualcosa che non andava, in quello che vedeva.
Lungo la strada abbandonata – desolata – regnava solo il puro caos. Case distrutte e macerie regnavano in un luogo ormai dimenticato da Dio stesso, raso al suolo da un potere troppo grande per essere contrastato, troppo veloce per poter essere evitato. Dall'alto della sua posizione, Allen Walker osservava lo scempio che aveva davanti, appollaiato elegantemente sui più alti resti di un edificio, evitando di guardare con accuratezza i corpi riversi a terra e il sangue che macchiava le pareti. Non era ancora abituato a quello spettacolo, non era ancora abbastanza forte per poter sopportare. Rimase semplicemente con l'espressione impassibile di qualcuno che ormai aveva perso ogni speranza per un futuro migliore, gli occhi offuscati ancora dal fumo delle esplosioni da poco terminate. 
Ma c'era qualcosa che non andava, ed era inutile cercare di ignorare quel fastidioso brivido che aveva lungo la schiena: si sentiva osservato, anche se non riusciva a capire chi fosse, né da dove provenisse lo sguardo. Poco importava, al momento; Allen era lì solo in missione, il suo scopo era di distruggere tutto ciò che trovava davanti. Tutto e tutti, per poter ricreare poi lui stesso quell'umanità libera dai dispiaceri, dal dolore e dalla sofferenza. 
Quindi fu per questo che, senza alcun minimo indugio, scattò verso terra estraendo le sue armi migliori, pronto ad attaccare colui che aveva inevitabilmente attirato la sua attenzione.
Per poterlo spazzare via da quel mondo sudicio, e liberarlo così dal peccato originale.
 
«Amor, che a nullo amato amar perdona,
mi prese dei costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.»
 – Divina Commedia; Inferno. Canto V.
 
Sapeva di poterlo trovare lì.
I soccorsi ormai erano arrivati troppo tardi per poter salvare quella città ormai rasa al suolo. Non c'era nulla, né nessuno da portare al sicuro; il loro intervento sarebbe stato vano, stavolta. Bookman Jr., o anche comunemente detto Lavi, osservava con estrema rabbia la scioccante verità davanti a lui, che era costretto a registrare come un nuovo paragrafo di un libro di storia. I corpi riversi a terra, le mura imbrattate di sangue, il cielo coperto da quel fumo grigiastro che non accennava a sparire. Di appoggiò poco stabile su di una rovina, per non cadere rovinosamente a terra, poi si portò una mano tra i capelli, sperando che le scene e ciò che lo fronteggiava sparisse in fretta.
Lo aveva trovato, ma non aveva concluso proprio niente di quello che aveva programmato. In qualche modo, Lavi aveva sempre sentito che gli ultimi attacchi erano opera sempre della stessa persona, e non poté fare a meno di associare la figura ad Allen. Allen il traditore – come ormai veniva additato all'Ordine. E aveva deciso di vederlo, di poter dire di aver visto con il suo stesso occhio che era lui il colpevole, di poter portare delle prove a suo sfavore – o a suo favore, perché Lavi aveva sperato fino all'ultimo di sbagliare, una volta tanto.
Non era andata affatto come voleva. Aveva visto Allen guardarlo con sufficienza per poi attaccarlo e l'unica cosa che poté fare fu ghignare per nascondere qualsiasi paura e delusione e contrattaccare a sua volta.
Non ne uscì né vincitore né perdente; aveva visto Allen sgranare gli occhi, come se fosse riuscito finalmente a vedere dopo tanto tempo, poi sparì così come era apparso, con la coltre di fumo più densa fattasi nell'aria circostante.
 
«Ivi con segni e con parole ornate
Isifile ingannò, la giovinetta,
che prima l'altre avea tutte ingannate.»
 – Divina Commedia; Inferno. Canto XVIII.
 
«Allora? Come mai sei tornato così presto?».
Allen alzò gli occhi verso il suo interlucutore. Tyki Mikk avanzava tranquillamente per la stanza immersa nel buio, seguito dalla piccola Road che gli donava un sorriso sornione somigliante più ad un ghigno malizioso. Si limitò ad un semplice sospiro quasi impercettibile, guardando poi fuori dalla finestra ed esclamando: «Ho finito prima del previsto».
Non aggiunse altro, e benché la risposta avesse dovuto soddisfacerli, non sentì i loro passi allontanarsi. Allen era ancora così poco abituato a quell'ambiente e a tutta quella situazione in generale; nonostante adesso fosse un Noah – non un Noah qualsiasi, lui era diventato potente quanto lo era il Conte, o forse anche di più – non passava giorno in cui smetteva di pensare alla sua vecchia vita da Esorcista, dalle persone che gli erano accanto e da ciò che lui stesso era. Guardò di sottecchi i due Noah, poco curante di quello che stavano facendo, e non riuscì a non mettere a confronto le due schiere di nemici. 
E nella sua mano, nascosta sotto le braccia a conserte, un pezzo di stoffa sanguinante venne stretto con più insistenza di quanto aveva fatto fino a quel momento, quando vide la figura di Lavi principalmente nei suoi pensieri, e sentendosi in colpa per non avere avuto la forza di liberarlo.
 
«Ma se presso al mattin del ver si sogna,
tu sentirai di qua da piccol tempo
di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.»
– Divina Commedia; Inferno. Canto XXVI.
 
Aprì gli occhi molte ore dopo averli chiusi.
L'ultime cose che ricordava era la scomparsa di Allen, se stesso che si era appoggiato al muro, stanco e affaticato sia fisicamente che mentalmente, e un leggero mal di testa prima di serrare le palpebre, concedendosi un po' di agognato risposo.
Era su di un letto; guardandosi le braccia, poté notare di essere bendato, quindi le ferite leggere che si era procurato andando da solo sconsideratamente in un campo di battaglia erano state curate da qualcuno. E lo capì ben presto, limitandosi solo a guardarsi intorno senza nemmeno studiare l'ambiente circostante.
«Lavi? Sei sveglio? Stai bene?».
Alzò lo sguardo verso Lenalee seduta accanto al suo capezzale, che lo guardava con un'espressione divisa tra il preoccupato e il sollevato. Dietro di lei, Yuu restava in piedi di fronte alla finestra, apparentemente poco interessato. Lavi annuì, sorridendo alla ragazza per poterla rassicurare, concedendosi solo il lusso di lamentarsi un po' per il dolore alla testa.
«Baka Usagi, che fine ha fatto la tua fascia?».
Preso alla sprovvista, Lavi si toccò i capelli fiammanti, non trovando alcun ostacolo che li tendeva quasi magicamente verso l'alto. E senza quasi rendersene conto, ricordo quello che aveva sognato giusto fino a pochi minuti prima: Allen che gli strappava la bandana dalla testa e poi spariva attraverso una luce strana, probabilmente un gate.
Credeva fosse solo un sogno. Poteva essere ancora considerato tale?
«L'ho solo persa in battaglia, Yuu-chan».



Okay, ci sarebbero tantissime cose da dire su queste flash/pocopiùchedrabble. Molto nonsense, nonché stupide, ma mi piacciono a modo loro. (?)
Penso che comunque la base si sia capita: Allen è il nuovo Conte del Millennio, i suoi "seguaci" sono Road e Tyki e bla bla. Questa è una trama già trita e ritrita, LO SO, ma non era questo che mi premeva descrivere. Bene o male, queste qui erano solo da preannuncio diciamo a ciò che accadrò nelle prossime quattro flash - che verranno domani eh, in onore al compleanno di Lavi chemimancatantomadovecazzoè - quindi non allarmatevi se non vi torna qualche cosa, è tutto voluto. E poi perché questa è la LAVEN WEEK! Quindi, io dovevo scrivere qualcosa, non potevo starmene con le mani in mano. 
Comunque, alcune chiarificazioni su perché ho aggiunto alcune citazioni da Dante (che saranno pure nelle altre eh! Quindi aspettatevele!): la prima, è un riferimento alla "profezia del veltro" che quando avrebbero cacciato la "lupa", l'Italia sarebbe stata liberata. Qui Allen vuole liberare il mondo MA OKAY.
Nella seconda, il riferimento è a quello che dice Francesca: intende che chi è amato non può non amare a sua volta. Riferimento al perché Allen si è fermato nell'attaccare Lavi - Lavi lo ama e lui non può non amarlo quindi non gli fa del male. Spiegazione spiccia, ma voi avete capito tutto, veeeero? Terza, riferimento all'imbrogliare seducendo. Capirete nelle prossime puntate! Questa era criptica, lo so. Nella quarta, c'è il riferimento che chi fa sogni la mattina presto, sono sogni premonitori e/o avvenimenti di per certo già accaduti. Questa era facile, sì.
Ecco, finito con le spiegazioni (inutili perché ho spiegato male ma tant'è), vi ringrazio per aver letto questa sciocchezzuola veramente stupida e me ne vado. Tanto domani sarò di nuovo qui per il secondo episodio, yep! E se lasciaste una piccola recensione, mi rendereste felice :3 Salut! Niv

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Capitolo 2
*** – Purgatorio ***


 


«Vapori accesi non vid'io sì tosto
di prima notte mai fender sereno
né, sol calando, nuvole d'Agosto.»
Divina Commedia; Purgatorio. Canto V.

 

Il sole stava calando, il cielo stava diventando sempre più scuro, sempre più cupo.
Lavi aveva letto in un libro, non molto tempo prima, che nelle prime ore della sera il cielo veniva attraversato da stelle cadenti quasi invisibili – solo un occhio allenato poteva coglierle e chi, meglio di lui, era più azzeccato per quel ruolo? Lui credeva fermamente alla maggior parte delle cose scritte sui libri che era solito leggere, quindi non si stupì nemmeno quando, senza nemmeno accorgersene, quella stessa sera si ritrovò appoggiato al davanzale della finestra, con lo sguardo puntato in alto alla ricerca di almeno uno solo di quegli astri che erano capaci di esaudire desideri.
Dopo quella stessa mattina – o era quella prima? – non aveva più saputo niente di Allen. L'unica cosa che di cui era a conoscenza era che gli altri erano andati in missione, senza di lui che era ferito – per così dire – e che probabilmente lo avevano incontrato. Forse si erano combattuti. Forse Allen si era pentito di averlo lasciato in vita e adesso stava facendo fuori un Esorcista dopo l'altro. Non era da Allen ma... ormai doveva aspettarsi di tutto.
E rimpiangeva terribilmente di non essere uscito lui stesso, si essere rimasto buono in quella stanza ad aspettare chissà cosa, invece che andarlo a cercare. Quindi guardò con insistenza il cielo terso sopra di lui ed espresse un desiderio – e poco importava se quelle strisce luminose erano solo uno scherzo della sua mente, che disperava così tanto di vederlo; tentare, in quel caso, bastava.
«Avanti, voglio vederlo un'ultima volta. Chiedo troppo, forse?».

 

«non ringhiò sì, né si mostrò acra
Tarpeia, come tolto le fu il buono
Metello, per che poi rimase macra.»
– Divina Commedia; Purgatorio. Canto IX.

 

Qualcuno mancava, in quella marmassa di gente.
Gli occhi saettavano veloci tra i volti dei presenti, non riuscendo a guardare il tutto in modo impassibile come si era autoimposto di fare. Strinse i pugni, non vedendo alcuna capigliatura rossa spiccare tra quella massa di peccatori e subito mille pensieri si fecero largo nella sua mente, dal peggior degli avvenimenti che gli potesse essere successo a quello più preoccupante.
E dire che aveva partecipato a quella missione solo con l'unico scopo di poterlo incontrare, adesso che sapeva che non era presente a quell'attacco persino la voglia di portare a termine il suo scopo era sparita. Stizzito dunque, si girò verso Tyki, «Lascio a te il compito, io me ne vado».
«Sembri scocciato. Qualcosa è andato come non volevi, Conte?» ghignò l'altro alle sue parole, avvicinandosi a lui prima che potesse entrare nel gate alle sue spalle.
Allen lo guardò con sufficienza. «Non c'è colui che cercavo. Questo è quanto».
«Oh, ma questo si può benissimo porre rimedio, Conte». Tyki si fece ancor più vicino, piegandosi leggermente in avanti in una specie di inchino e posò una mano sul cuore. Il ghigno sulle sue labbra non era ancora sparito, «Dammi l'ordine di andare a prenderlo, e io andrò fino in capo al mondo pur di portartelo».
«Fallo», quasi non attese nemmeno che finisse di completare la frase che subito gliel'ordinò, «Portalo nell'Arca, qui finisco io. Vivo, mi raccomando».
Accennando un cenno d'assenso, sparì seguito dalle sue Tease. E mentre comandava ad alcuni Akuma di attaccare, un dubbio si radicò nella sua mente, non appena si rese conto che non gli aveva detto il nome di Lavi, e nonostante ciò Tyki sembrava sicuro di cosa stesse facendo.

 

«Adhaesit pavimento anima mea
sentì dir loro con sì alti sospiri,
che la parola appena s'intendea.»
– Divina Commedia; Purgatorio. Canto XIX.

 

«Il Conte chiede di te, guercio».
Lavi fissava il Noah, seduto per terra. Per lo spavento, non appena gli era apparso davanti, era caduto e aveva anche preso una bella botta al di dietro, ma le parole dell'uomo di fronte a lui fermarono qualsiasi lamento in gola. L'occhio smeraldino lo guardava smarrito e confuso: il Conte? Il conte era sparito da tempo ormai, tutte le persone dell'Ordine erano a conoscenza di ciò. Che Tyki intendesse... Allen?
«E... e quindi? Dov'è?» chiese, rimettendosi poco stabilmente in piedi.
«Devo portarti da lui, ovviamente. Non è consigliabile che il Conte metta piede qui, dopotutto» spiegò spiccio, fumando tranquillamente una sigaretta presa poco prima, incurante del fatto di essere in un territorio nemico. Nemmeno il tempo di poter chiedere qualche altra informazione a riguardo, che il Noah lo prese per un polso e avvicinò il viso al suo, parlandogli direttamente sulle labbra: «Allora? Mi seguirai o mi darai filo da torcere? Il Conte mi ha espressamente chiesto di portarti vivo da lui, ma sai... gli incidenti di percorso succedono a volte...».
«V–verrò, non uccidermi» chiarì subito, alzando le mani. Anche perché, detto proprio sinceramente, non vedeva l'ora di rivedere Allen, e quello sembrava l'unico modo per farlo.
«Quindi sei pronto a tradire i tuoi amici, pur di vedere il Conte?».
Lavi si morse il labbro a quelle parole. Non voleva tradirli – insomma, non era né il momento né c'era un motivo valido che il suo vecchio avrebbe accettato – però... voleva vedere Allen. Quindi si limitò ad annuire, guardandolo seriamente e aspettando che lo portasse dove doveva.
E quando sparirono avvolti dalle Tease, l'ultima cosa che vide fu Lenalee e Yuu che lo guardavano stupiti, tendendo una mano verso di lui.

 

« – Ricordivi – dicea – dei maledetti
nei nuvoli formati, che satolli
Teseo combatter coi doppi petti.»
– Divina Commedia; Purgatorio. Canto XXIV.

 

Il sangue sui suoi guanti lo disturbavano alquanto, mentre a passo di carica avanzava attraverso i corridoi poco illuminati dell'Arca. Aveva sentito dagli Akuma che Tyki era tornato insieme a qualcuno, e voleva proprio vedere chi avesse portato – se fosse stato Lavi, comunque, i suoi sospetti sarebbero stati fondati, ma li avrebbe messi da parte almeno per un po'.
Allen spalancò la porta della sala, sporcando la suddetta di sangue. Portò lo sguardo sui presenti, e la sua attenzione fu irrimediabilmente attratta da quei capelli accesi, da quell'occhio brillante e da quel sorriso che, però, in quel momento non illuminava il suo volto. Senza cambiare espressione e poco preoccupato del pavimento che si sporcò del sangue che gocciolava dai suoi guanti imbrattati, si avvicinò con sicurezza al trio davanti a lui.
«Tyki, Road» chiamò i due Noah, stabiliti ai lati dell'Esorcista, «Andatevene».
Road prese per mano Tyki e insieme a lui saltellò via, canticchiando: «Il Conte vuole stare solo con l'Esorcista~», chiudendo poi la porta dietro le loro spalle.
Allen non tolse gli occhi da Lavi, il quale si guardava attorno un po' spaesato e in imbarazzo.
Non ricambiava lo sguardo.
«Lavi?».
Il rosso sorrise, «Finalmente posso parlarti senza rischiare di essere attaccato» ridacchiò agitato, portandosi una mano tra i capelli liberi da qualsiasi vincolo, «Quindi Allen... cosa stai facendo?». Finalmente lo guardò, diventando terribilmente serio, serio come mai Allen lo aveva visto prima di allora. «Finirai con il perdere, Allen. Adesso, sei tu il nemico. Non stai più lottando dalla parte del bene».





Eccomi qui con la seconda raccolta di quattro flash/pocopiùchedrabble. Scusate se mi sono ridotta quasi all'ultimo momento, ma ho avuto un sacco da fare quest'oggi, ma non perdiamoci in convenevoli! Inizio con il spiegare anche queste quattro, che anche qui il messaggio è parecchio criptico.
Allora, nella prima penso che il significato sia chiaro: Lavi sta esprimendo un desiderio seguendo quel che dice un vecchio detto letto dentro un libro. Nelle parole della Divina Commedia, si parla di "Vapori accesi". Sono le stelle cadenti, secondo la parafrasi della mia prof. E io mi sono fidata. ù.ù Nella seconda, si parla di come Allen usi Tyki per poter avere Lavi. Nella terzina dantesca, si parla appunto di quando Cesare pagò dei mercanti per poter eseguire meglio la sua dittatura (so che non si capisce, spero che almeno se lo spiego poi vi sembrerà tutto più chiaro!). Nella terza, più che altro c'è il riferimento alla frase in latino, che tradotta sarebbe "L'anima mia aderì alla terra". Ovvero, divenne peccatrice. E' quel che succede a Lavi, dato che pur di rivedere Allen non combatte tradendo i suoi compagni all'Ordine. E nell'ultima, infine, si parla che i "nemici sono sempre vinti", come i maledetti (i centauri) sono stati vinti da Teseo. E' quello che Lavi tenta di dire ad Allen, che perderà. Insomma, il succo è questo, spero sia chiaro. ç.ç
Anyway, non ho altro da aggiungere. A parte ringraziare infinitamente l'unica persona che ha recensito e messo nelle seguite la storia e quelle anime silenziose che l'hanno messa anche loro nelle seguite. Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento! Anche ai lettori silenziosi, ovviamente! Con questo vi saluto con un abbraccio e TANTI AUGURI LAVI perché non dimentichiamoci che oggi è il compleanno del nostro coniglio preferito e disperso. E se lasciaste una piccola recensione, mi rendereste felice :3 Salut! Niv

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Capitolo 3
*** – Paradiso ***


«O buon Apollo, all'ultimo lavoro
fammi del tuo valor sì fatto vaso
come dimandi a dar l'amato alloro.»
Divina Commedia; Paradiso. Canto I.

 

Cosa si era aspettato, dopotutto, da quell'incontro?
Le parole di Lavi continuavano a ronzargli nella mente come fossero mille zanzare fastidiose, ed era inutile cercare di cacciarle via perché continuavano a tornare sempre, più persistenti di prima, più dolorose di prima. Si chiuse nella sua stanza, dopo aver parlato con lui, indignato e incredulo con l'ordine di non voler vedere nessuno fino a data destinarsi. Voleva restare solo, in quel momento. Non voleva vedere nessuno, né tantomeno Tyki o Road. Non era dell'umore giusto per poter vedere i loro ghigni, non avrebbe retto il tutto.
Strinse la fascia dell'Esorcista tra le dita, sporcandola così del sangue che ancora non era riuscito a pulirsi dai guanti, e lacrime amare scesero dai suoi occhi senza nemmeno che se ne accorgesse. Teneva così tanto a Lavi, dunque? Talmente tanto che quelle semplici parole – non veritiere, assolutamente false poiché era lui dalla parte del bene dato che aveva il compito di liberare l'umanità – avevano ridotto il nuovo Conte del Millennio in quello stato? Possibile?
Dopo quelle parole, Allen si arrese. Era inutile cercare di convertire Lavi alle sue idee e alle sue speranze, non sarebbe mai stato dalla sua parte. Portarlo nell'Arca era stato un terribile errore. Adesso, cosa gli era rimasto? Solo quell'inutile pezzo di stoffa diventato così tanto importante per lui, l'unica cosa che poteva tenere stretto tra le mani appartentente alla persona che amava. Quindi rimase lì, a singhizzare in silenzio, mordendosi le labbra quasi a sangue per non emettere nemmeno il minimo suono.
Almeno, questo finché non bussarono alla porta.

 

«E come in fiamma favilla si vede,
e come in voce voce si discerne,
quando una è ferma e l'altra riede.»
– Divina Commedia; Paradiso. Canto VIII.

 

Continuava a bussare, ma Allen non rispose, né tantomeno gli aprì la porta.
Sospirò, quasi arrendendosi – ci avrebbe provato più tardi, magari quando si sarebbe calmato sarebbe ritornato di sua spontaea volontà a cercarlo e a parlargli. Almeno, lo sperò ardentemente.
Ma nel momento esatto che decise di abbandonare il fronte di quella porta, questa si aprì lentamente, rivelando un Allen dai capelli sconvolti e gli occhi rossi.
«Tu... tu non puoi dirmi che ciò che faccio è sbagliato. Io lo sto facendo per il bene dell'umanità capisci?! Io... lo sto facendo anche per te, per poterti far vivere in un mondo meno corrotto, meno sudicio, dove tu sia degno di vivere. Riesci a capire questo, Lavi?» sibilò, con voce leggermente rotta ma con un sguardo freddo ed impassibile, che quasi gli fece paura.
Di primo impatto avrebbe senz'altro detto che no, quello non poteva essere lo stesso Allen di prima, che ormai il ragazzo che conosceva e che amava fosse sparito inghiottito dal Noah dentro di sé. Ma, a ripensarci bene, Allen non stava facendo altro che fare quello che aveva sempre fatto: salvare l'umanità. E poco importava se i modi erano cambiati, se le idee anche; ciò significava che dentro lui era sempre lo stesso, giusto? Sorrise leggermente più calmo a quei pensieri, tanto da avere persino il coraggio di alzare una mano e accarezzargli una guancia.
«Sai» continuò Allen, dopo attimi di silenzio dove rimase semplicemente a godersi la sua carezza, ad occhi chiusi, «Se due voci cantano con parole diverse, e con melodie distanti tra loro, la differenza si nota. Se invece cantano insieme la stessa canzone, riescono persino a sembrare una sola, bellissima voce». Allen aprì gli occhi, «Capisci ciò che voglio dirti, Lavi?».
Tutto ciò che fece a quelle parole, però, fu solo distogliere lo sguardo. Aveva capito bene cosa l'altro intendesse, ma aspettò ugualmente che glielo confermasse, in un ultimo barlume di speranza di non dover fare una decisione proprio in quel momento.
«Unisciti a me. Lotta insieme a me, Lavi».

 

«onde Beatrice, ch'era un poco scevra,
ridendo, parve quello che tossìo
al primo fatto scritto di Ginevra.»
– Divina Commedia; Paradiso. Canto XVI.

 

Gliel'aveva chiesto, anche se temeva la risposta.
Allen sapeva già cosa avrebbe replicato, e non si stupì nemmeno più di tanto quando l'occhio brillante di Lavi si abbassò, privandogli della sua vista. Infondo lo aveva capito anche da quello che aveva detto non appena l'aveva incontrato, lui credeva che fosse dalla parte del male quindi non avrebbe mai lottato con lui. Erano destinati a scontrarsi per sempre, finché uno dei due non si sarebbe arreso. O sarebbe deceduto.
E come volevasi dimostrare, dopo pochi istanti Lavi mormorò: «Non posso, Allen».
«Lo... lo sapevo. Non preoccuparti. Almeno... ho tentato». Anche se gli disse questo, sentì lo stesso uno strano nodo alla gola e le lacrime offuscargli la vista. Abbassò la testa, coprendosi il viso con i capelli candidi e togliendo, a malincuore, la presa che Lavi aveva sul suo viso. «Ti aprirò un gate, adesso... Così torni a casa».
Gli diede le spalle, ma non ebbe il tempo di fare niente dato che venne preso per un polso e tutto ciò di cui si rese conto furono le labbra di Lavi sulle sue e i suoi occhi che non riuscirono più a trattenere quelle gocce salate, che andarono a bagnare la loro unione.
«Da domani saremo nemici» sussurrò con voce rauca sulle sue labbra, con un sorriso un po' triste. Allen annuì e sospirò, asciugandosi con un gesto stizzito le lacrime e aprendo il gate. Dopo che Lavi sarebbe andato via, sarebbe tornato tutto alla normalità. Come se non fosse accaduto niente.
E mentre lo vedeva sparire attraverso quella luce bianca, non poté fare a meno di stringere ancora di più tra le dita quell'inutile pezzo di stoffa.
«Siamo nemici già da questo momento».

 

«All'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disiro e il velle,
si come nota ch'egualmente è messo,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.»
– Divina Commedia; Paradiso. Canto XXXIII.

 

Ancora, le macerie erano ciò che più dominava quel posto.
Lavi, dall'alto della sua posizione, guardò quello scempio che non gli era affatto nuovo, con l'occhio impassibile di chi ormai non vede altro da tanto tempo, così tanto che dopotutto non gli faceva quasi più alcun effetto. Al suo fianco, corpi martoriati, mutilati e privi di vita giacevano ai suoi lati; alcuni corpi erano di Esorcisti a cui aveva voluto bene, con cui aveva passato la maggior parte del suo tempo come se fossero una grande famiglia allargata.
Ma in realtà, non era così.
Immobile su quella rovina, con lo sguardo rivolto verso l'alto, guardò come Lenalee e Kanda stessero combattendo contro il Conte, e di come, impassibile, li vide perire pochi attimi dopo. Quella guerra l'avevano vinta i Noah. Ormai erano tutti morti, tutti adesso erano in quel mondo migliore che lo stesso Allen voleva ricreare.
E adesso era il suo turno, ovviamente. Era stato lasciato per ultimo, era rimasto l'unico Esorcista ancora in vita, ma ormai ancora per poco.
Vide Allen sorridere alla sua vista, ed iniziare a cadere in picchiata verso di lui, pronto ad attaccare.
Lavi sorrise di rimando, attivando la sua Innocence pronto per il contraccolpo.
Non se ne sarebbe andato – e non lo avrebbe lasciato – di sicuro senza combattere.





E questo è quanto.
Innanzitutto, chiedo umilmente scusa a chi si aspettava il capitoli ieri (anche io me lo aspettavo ieri, se vi può consolare (?)) ma purtroppo il mio lavoro di domenica è persino peggio che in settimana, quindi ho dovuto per forza di cose rimandare ad oggi. Mi dispiace un sacco! Spero che almeno sia valsa la pena di aspettare. ^^ E so bene anche che la Laven Week è terminata ma... boh, facciamo finta che finisca oggi dai, volevo terminare di pubblicare alla fine della settimana, ci tenevo ><
Bien, veniamo a noi. Anche qui c'è bisogno di qualche chiarimento of course, dunque iniziamo: nella prima il riferimento è all'alloro, pianta amata da Apollo appunto perché, secondo il mito, Dafne fu trasformata in alloro per poter scampare all'amore di Apollo. Insomma, questo non c'entra niente con la flash, è solo un riferimento ad un oggetto caro - in questo caso la fascia di Lavi. Nella seconda, la spiegazione è proprio dentro la flash: è la storia delle voci in poche parole. XD Nella terza, c'è il riferimento al bacio tra Ginevra e Lancillotto, bacio tra due amanti che non si possono amare eccetera. E il bacio di Allen e Lavi mi ha ricordato tantissimo questa, neh. Infine, se devo essere sincera, nell'ultima non c'entra assolutamente (o quasi) niente. Sono gli ultimi quattro versi di tutta la Divina Commedia, quindi mi è sembrato carino metterli alla fine della raccolta. 
Perché, ebbene sì gente, è finita così. Fa schifo? Forse, ma ho preferito lasciare tutto in sospeso perché non volevo far morire nessuno (né Lavi né Allen in questo caso, perché gli altri hanno già tutti lasciato le penne sicché) e niente. Questo è tutto. uwu Oh, prima che me ne dimentico, se ci avete fatto caso non ho mai detto il colore degli occhi di Allen: ho lasciato l'immaginazione a voi. Io li immagino ancora argentei, ma dato che adesso è un Noah è probabile che siano dorati. Insomma, immaginate come volete!
E detto questo, ringrazio vivamente tutte le persone che hanno letto questo sclero, chi ha recensito (GiulyRabePro e B Rabbit - poi rispondo a tutte le recensioni, eh!) e a chi ha messo nelle seguite. Grazie mille veramente e spero tantissimo alla prossima! E se lasciaste una piccola recensione anche a quest'ultimo capitolo, mi rendereste felice :3 Salut! Niv

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