Enchanting

di P h o e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Atto I: Partenza improvvisa. ***
Capitolo 3: *** Atto II: L'accademia. ***
Capitolo 4: *** Atto III: Una prigione piacevole. ***
Capitolo 5: *** Atto IV: Un ballo esagerato. ***
Capitolo 6: *** Atto V: La storia di Noche. ***
Capitolo 7: *** Atto VI: Sentimenti confusi. ***
Capitolo 8: *** Atto VII: Disperazione. ***
Capitolo 9: *** Atto VIII: Chiarimenti. ***
Capitolo 10: *** Atto IX: La libertà negata. ***
Capitolo 11: *** Atto X: Un cuore incompreso. ***
Capitolo 12: *** Atto XI: Una lieve melodia. ***
Capitolo 13: *** Atto XII: Il sentimento svelato. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Enchanting
Prologo
 
 
 


L'amore esiste e resiste.
E' quello che non subisce rinconquiste.
E' quello che non cambia nonostante il cambiamento.
E anche dopo quell'attimo di smarrimento, ritrova il cammino.
Perché l'amore è grande, ma anche vicino.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



«Signori!» Tolouse richiamò l'attenzione dei presenti in sala, battendo i palmi sulla tavola in quercia e alzandosi dalla sua postazione «Ve ne prego, mantenete la calma!»
Ma nessuno sembrava intenzionato a dargli ascolto. In quel momento gli tornarono alla mente i ricordi di suo padre, ormai andatosene da tempo, che lo avvertiva di quanto potesse dilungarsi e complicarsi l'antica riunione tra i sovrani di Riverouth per le sorti future del Regno.
Erano ormai diverse ore che si erano seduti intorno a quella tavola rotonda, ma a Tolouse parve che fossero passati anni interi. E a dirla tutta cominciava veramente a spazientirsi. Era consapevole che quelle poche ore avrebbero stabilito le sorti delle sue bambine e degli altri principi ancora troppo piccoli per comprendere il significato di quella riunione, però se avesse potuto in quel momento avrebbe volentieri posto fine a quell'ardua scelta con una bella votazione a bigliettini.
Ma in fondo non era la cosa giusta da fare.
Al culmine, afferrò il suo bicchiere di vino bianco e cominciò a sbatterlo sul tavolo.
Finalmente le urla si erano disperse insieme a quel rumore e tutti guardavano Tolouse con un espressione mista tra lo sconcertato e l'indignato.
Senza badare ai silenziosi borbottii di Madame Camelia, riguardo al suo brusco modo di fare, Tolouse proseguì: «Allora, come potete ben notare, siamo qui da più di quattro ore e non abbiamo ancora cavato un ragno dal buco.» lanciò quindi una breve occhiata a sua moglie Elza, la regina continuava a spostare il suo sguardo da un capo all'altro della tavola «quindi dato che nessuno si decide a prendere conclusioni, comincerò io.»
Di sottecchi osserò Aaron, il quale sembrava perfettamente cosciente della prossima richiesta.
«Se non sbaglio il vostro primo genito è maschio, Aaron» parlò infatti assottigliando lo sguardo di giada. 
«Per me sarebbe un vero onore avere come genero una principessa del Paese di mezzo» concordò Aaron con un lieve cenno del capo.
Camelia ed Elza tuttavia non condividevano affatto l'idea di diventare Parenti, ma tutto sommato alla Regina del paese del Sud poteva andare peggio: se fosse rimasta come ultima scelta la figlia di Yamul, allora sì che si sarebbe messa veramente le mani tra i capelli.
«Vi propongo la mia primo genita, Rein.» propose Tolouse «E' nata un'ora prima a distanza della sorella, che ne dite?»
«Mi sembra ragionevole» annuì l'altro.
La decisione fu suggellata da una vigorosa stretta di mano in cui erano racchiuse le sorti di Rein, la principessa del Paese di mezzo e Bright, il principe del Paese del sud.  Elza e Camelia avrebbe tanto voluto dire la loro opinione al riguardo, ma alle donne non era permesso intromettersi, esse potevano prendere la decisione definitiva solo se non vi era più alcun Re a governare un determinato Paese.
Omendo porse la carta ad Aaron e poi a Tolouse perché potessero firmare.
Quando la penna scivolò sull'ultima lettera, Il Re del Paese di mezzo sospirò: le sorti per il futuro di Rein erano state decise, indietro non si tornava più.
Camelia agitò il suo ventaglio, lanciando occhiate di sufficenza ad ogni Re e Regina, che arduo compito averla come parente! 
Elza era sempre stata una donna paziente e comprensiva, ma avrebbe dovuto saldare per bene i suoi nervi per poter controllare i propri modi con quella donna. 
Inoltre, trovava questa storia dei matrimoni combinati assurda e categoricamente egoistica. Questa legge era stata sancita da mille anni, ma ancora lei non ne capiva il motivo. Ricordava ancora quando i suoi genitori le avevano detto di dover sposare un uomo che neppure conosceva, inizialmente era andata su tutte le furie, ma col passare del tempo e grazie ai modi gentili ed educati di Tolouse era riuscita ad aprirsi e ad innamorarsene, fino a volerlo sposare di propria volontà.
Certo, lei era stata parecchio fortunata, ma cosa sarebbe successo se le sue bambine si fossero opposte? Se avessero dovuto arrivare all'altare con l'amarezza dipinta sul volto? Sicuramente lei si sarebbe sentita la madre peggiore di tutti i tempi.
Avrebbe veramente voluto parlare, dire ciò che pensava, ma sfortunatamente non le era concesso.
«...Mio figlio Shade» Elza si riprese completamente dai suoi irremovibili pensieri, quando Moon Maria concluse la sua frase.
«Cosa?» gli sfuggì quel flebile suono dalle labbra, attirando l'attenzione del marito, che accorgendosi dell'aria assente della moglie, le fece la cortesia di ripetere: «Stavamo discutendo su Fine»
Fine, dunque Tolouse voleva predere queste difficili decisioni subito? Probabilmente era distrutto dal baccano che ogni tanto andava ad insinuarsi tra quelle mura, però Elza continuava a sentire come se lo stomaco avesse improvvisamente assunto la forma di un bel fiocco.
«Che ne pensi, Elza?» domandò Tolouse, cogliendo completamente impreparata la Regina. 
Le aveva realmente domandato se fosse d'accordo? No, se fosse stato per lei avrebbe strappato i fogli che Omendo stava compilando e avrebbe urlato a squarcia gola: «No, che non sono d'accordo, ognuno dovrebbe essere libero di decidere il suo futuro e di cambiare il proprio destino. Nessun cuore dovrebbe appartene a qualcuno che non si conosce, nessuno dovrebbe prendere decisioni per altri.»
Ma naturalmente tutto ciò sarebbe rimasto un suo pensiero segreto. Quindi si limitò ad annuire, per lo meno Moon Maria era ceramente più cortese di Camelia.
«Dunque è deciso!» proclamò Tolouse stringendo la mano di Moon Maria, unica Regina del Paese del Nord «Fine sarà promessa a Shade.»
La penna delineò anche per Fine quel immutabile destino.
 
 
 
Elza precedette il marito, tornati finalmente da quell'infernale assemblea.
Subito fu accolta dalle sue bambine, che le corsero incontro, aggrappandosi alla sua ampia gonna, lei le accolse tra le sue braccia, stringendole forse e sè. 
Forse più per perdonare se stessa per aver appena scritto il futuro delle sue bambine, che per altro.
«Bambine mie...» mormorò con le guance contro quelle delle sue gemelline, di solo quattro anni.
Rein si staccò raggiante e guardò la mamma sorridendo «Mamma, sai che prima io e Fine stavamo giocando al cavaliere e alla principessa nel castello incantato?» raccontò con la voce innocente di un bambino.
La madre sorrise «Ma davvero? E scommetto che Fine era il cavaliere che doveva compiere mille fatiche per salvare la sua principessa» stette al gioco
«Veramente al cavaliere è venuta fame prima di aver anche solo compiuto un passo» Rein guardò storto sua sorella, la quale alzò convulsamente le spalle.
«Non si può compiere una missione a stomaco vuoto» si difese «e poi non mi piacciono tutte quelle smancerie da innamorati»
Rein fece una smorfia «Ma un giorno dovrai pur sposarti!»
Fine e Rein erano gemelle, ma l'impronta genetica era veramente scarsa, se non fosse stato per i lineamenti e per l'esile corporatura, nessuno avrebbe mai detto che fossero gemelle.
«Non per forza» ribattè Fine caparbia «l'amore è una cosa per stupidi»
«Fine!» la riprese Camelot lanciandole un occhiata di rimprovero «ti sembra il linguaggio adatto ad una principessa?!»
«Io invece un giorno spero di trovare il vero amore, anzi vorrei che un principe azzurro mi venisse a prendere e mi portasse a galoppo nel suo castello incantato» s'intromise Rein cominciando ad immaginarsi la scena per intero e facendo sbuffare Fine, che la pensava in modo completamente differente.
Elza sentì gli occhi pizzicarle, e dovette fare uno sforzo disumano per non lasciarle uscire. Ascoltando i discorsi delle sue bambine si sentì una pessima madre, se fossero state delle comuni persone forse a quest'ora si sarebbe permessa di concordare i loro discorsi, ma non poteva permettersi di mentire così spudoratamente, alle sue bambine poi.
Come avrebbe accontentato la sognante bambina che desiderava essere accompagnata per tutta la vita dall'amore vero e puro e la caparbia sorella che non ne voleva assolutamente sapere di matrimoni e fidanzamenti?
 
 
 
 
 
 
 





 

 
 
N/A
Eccomi qui con una nuovissima Long-fic.
Allora, so che ho ancora da occuparmi del Segreto della Fenice, però visto che manca ancora molto alla fine di quella fan fiction ho deciso di cominciare questa.
Sarà una storia comunque antica e molto romantica, un po' più tranquilla dell'altra.
Spero che il prologo vi abbia incuriosito.
Un bacione da Alice.

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Capitolo 2
*** Atto I: Partenza improvvisa. ***


Enchanting 
Atto I: Partenza improvvisa.
12 anni dopo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Che cos'è questa storia?!» sbraitò la principessa Fine con la fronte corrugata.
Elza sospirò, non si poteva certo dire che era andata come sperava. Erano ormai passati 12 anni da quell'assemblea, ma la Regina del Paese di mezzo aveva preferito non rivelare subito alle sue bambine il loro terribile destino, voleva vederle giocare serene e non passare l'infanzia a domandarsi del perché di ciò.
Ma come pensava, la rivelazione non era stata per niente accolta a braccia aperte, anzi, per la Regina vedere la sua primo genita in lacrime con il viso in mezzo alle mani, che scuoteva la testa disperata e la gemella minore che urlava e inveiva sulla questione, era davvero disastroso.
Rein, seduta sul divano non riusciva ad alzare la testa e anche con le grida di Fine si potevano chiaramente sentire i suoi singhiozzi soffocati.
Elza lo sapeva che tutto questo avrebbe solo crepato il loro rapporto famigliare e si pentì di non aver rivelato sin da subito la verità alle sue bambine.
«Ragazze è complicato...» cercò di spiegarsi la madre, ma Fine sembrava non ragionare più. Era addirittura diventata del colore dei suoi capelli, rosso acceso.
«Non è complicato!» le urla della principessa dai capelli rossi rimbombarono per tutto il castello, tant'è che i camerieri, dal baccano che stava provocando Fine, si distrassero dai loro compiti giornalieri. E alcuni sussurrii curiosi andarono a fare capolino sulle bocche del personale.
«Il fatto è che tu non vuoi dirci la verit-» Fine si bloccò dinanzi al padre che fece la sua entrata nel grande salone, probabilmente disturbato dalle urla della figlia.
Lanciò un occhiata che zittì Fine e guardò Rein seriamente dispiaciuto. Forse Tolouse non l'avrebbe dato a vedere mai, però era sinceramente mortificato per tutta questa storia e in fin dei conti capiva la reazione di entrambe. Avrebbero dovuto dire la verità sin dall'inizio.
«La verità è questa: siete state promesse rispettivamente al principe Bright, del Paese del Sud.» addocchiò per un istante Rein, per poi rivolgersi a Fine: «E al principe Shade, del Paese del Nord.»
Fine, nonostante il rispetto che nutriva per il padre fece quasi per ribattere, ma Tolouse le lanciò un'ennesima occhiataccia.
«Lascerete Riverouth  e partirete per Southend, dove vi aspetta il grande istituto "Southend high accademy" là vi insegeranno tutto ciò che vi servirà in futuro per governare con saggezza e prosperità. La partenza è prevista tra una settimana» fece un profondo sospirò e assunse un espressione benevola «sentite, capisco che per voi è tutto nuovo e mi rincresce non avervi rivelato da subito la verità, ma non volevamo caricarvi di questo peso quando eravate solamente delle bambine.»
«Ci avete mentito» singhiozzò Rein, con le ginocchia al petto «tutte quelle volte che dicevate che l'amore vero prima o poi sarebbe arrivato, o tutti quei racconti romantici che ci leggevate prima di andare a letto. Erano tutte menzogne.»
Tolouse ed Elza riconobbero che, sfortunatamente, Rein aveva ragione. Avevano mentito, però a fin di bene.
«Queste sono le regole» proclamò il padre rivolto ad entrambe «non si può pensare di cambiare una legge che è in vigore da più di mille anni.»
«Io non mi sposerò, non potete costringermi!» Fine uscì di corsa dal salone, seguita dai richiami di Tolouse che le ordinava di rimanere, ma fu tutto inutile.
Non pianse, non aveva mai pianto, ma sentì un grande groviglio nella gola soffocarle il respiro, era forse la consapevolezza che non aveva via d'uscita?
Da quella litigata, entrambe si chiusero in se stesse per una settimana intera. I discorsi in famiglia erano morti ancor prima di poterli formulare, le cene erano povere per le due principesse che mangiavano poco e niente e le giornate trascorrevano silenziose in camera, sotto le coperte. Le lezioni che Camelot teneva per loro ogni giorno, furono respinte.
Elza, durante quel lasso di tempo continuò a piangere tra le braccia del marito, sentendosi una madre indegna e continuando a ripetere che la sua famiglia era andata a rotoli per un pezzo di carta.
Tolouse condivideva l'idea che tutto ciò era sbagliato, ma cos'altro poteva fare?
Così, senza alcun potere tra le mani di cambiare almeno qualcosa, strinse la moglie a sè come per infonderle fisicamente il conforto che a parole non riusciva ad esprimere.



Sfortunatamente non vi fu alcun cambiamento, dopo quella settimana, e il fatidico giorno della partenza arrivò senza che nessuno potesse impedirlo.
Fine aprì lentamente gli occhi, che si ferirono a contatto con i raggi del sole.
Si stiracchiò, sbadigliando rumorosamente. Camelot le aveva ripetuto almeno centinaia di volte che emettere quei suoni in modo così evidente non era affatto principesco, ma a lei poco importava. Da quando era nata, la loro Governante aveva sempre cercato di cambiare i modi di fare di Fine, tra le due era l'unica che si escludeva dalle lezioni di etichetta, e le uniche volte che partecipava lo faceva a malavoglia.
Ora sapeva, però, che se fosse andata in quell'Accademia non avrebbe più potuto comportarsi come le pareva.
Quando la vista cominciò a focalizzarsi, notò sua sorella seduta sul materasso, le dava le spalle. I capelli turchesi ricadevano perfettamente sulla coperta, il letto era in ordine.
«...Rein?» quello che uscì dalla bocca di Fine fu solo un lieve soffio, niente enfasi quel giorno, nel chiamare la sorella.
Sapeva che giorno era oggi e probabilmente Rein soffriva più di Fine, o addirittura più di Fine, sua madre e suo padre messi insieme.
Poco più in là notò la valigia celeste, accanto alla ringhiera del letto. E tutto ciò che costituiva l'orgoglio di Fine, in quel momento, crollò come in balia di un terremoto.
Notò il braccio di Rein alzarsi velocemente e raggiungere il viso. Si asciugò rapidamente le lacrime, alla sorella non poteva nascondere niente, e si voltò con un sorriso più forzato di un bambino che mangia la verdura.
«Sono...sono sicura che non sarà poi così male» provò. E quello cos'era? Un tentativo di autoconvinzione? «ti aspetto in salone, la mamma ha detto che partiremo fra due ore, comincia a fare la valigia.»
Rein sollevò a fatica il suo bagaglio e si affrettò ad uscire, ancora con quel sorriso dipinto sulle labbra.
Il rumore della porta che si chiudeva, fu come un cannone che ti trapassa da parte a parte.
Era la fine.


La stazione pullulava di persone.
Adulti in abiti eleganti ed eccessivi che camminavano senza guardare in faccia nessuno, dediti al proprio lavoro o alla famiglia. Bambini attaccati alle lunghe gonne delle madri e studenti della Southend high accademy.
Fine si guardò intorno spaesata, mentre Rein sembrava conoscere il posto, anche se probabilmente non c'era mai stata. Lei, al contrario della sorella, si manteneva più moderata, più calma e più posata, per risultare una principessa modesta ma allo stesso tempo elegante. Inoltre, Rein conosceva diverse lingue oltre a quella madre, sapeva andare a cavallo e conosceva tante di quelle danze tutte diverse tra loro, che solo nominarle a Fine veniva mal di testa.
Al contrario, Fine, non era per niente preparata. Le lezioni che gli aveva impartito Camelot fin dalla tenera età, lei aveva preferito saltarle, perciò ora non sapeva nemmeno le basi per comporre un buon valzer.
Per lei tutto questo era un salto nel vuoto.
«Questo è il vostro» osservò Elza riferendosi al treno. Il davanti aveva un enorme scritta, proprio sul muso: "Southend" ed era così splendente e ben curato che per occhi nuovi, quello poteva facilmente essere un treno usufruito solo per gli studenti dell'accademia.
Rein emise un silenzioso sigulto, seguito da un lungo sospiro. Non voleva lasciare il suo Regno e sposare qualcuno che non conosceva solo per uno stupido pezzo di carta, lei aveva sempre desiderato innamorarsi sinceramente del suo futuro marito, non fare finta per dovere.
D'un tratto avvertì una stretta intorno alla sua mano, sussultò, voltandosi subito verso la sorella. I suoi occhi cremisi esprimevano determinazione «Insieme?» mormorò con un lieve cenno del capo, che bastò ad incoraggiare l'ormai perduta Rein.
«Insieme.» concordò quest'ultima annuendo.
Non erano sole e non lo sarebbero mai state.












N/A
Il primo capitolo l'ho scritto! 
Mi hanno fatto davvero piacere le recensioni che mi avete lasciato nel prologo, grazie di cuore : )
Spero che andando avanti vi possa piacere, sempre.
Un bacione da Alice.

 
 

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Capitolo 3
*** Atto II: L'accademia. ***


Enchanting 
Atto II:  L'accademia.
 










Fine boccheggiò.
Finalmente il viaggio era giunto al termine, dopo quattro stancanti ore sedute sullo stesso sedile, Fine e Rein sentirono il bisogno di sgranchirsi le gambe. Rein, in particolare avvertì la necessità di riposarsi, perché oltre alla nausea di essere su un mezzo di trasporto, aveva dovuto tenere a bada anche sua sorella la quale non faceva altro che domandare quanto mancasse o alzarsi e abbassarsi dal sedile.
Si ritrovò a domandarsi come si sarebbe comportata Fine, quali atteggiamenti avrebbe riservato ai professori e a questo Shade.
Quando finalmente il comandante del treno annunciò l'arrivo e le gemelle avvertirono le ruote con bordino rallentare sempre di più, entrambe avvertirono una fitta allo stomaco.
Era ora.
Appena scese, Rein si sistemò la modesta gonna che la loro sarta di corte aveva provveduto a cucire appositamente per il viaggio, e riacquistò la sua elegante postura. Fine, invece, scatenò qualche brusio tra la folla che attendeva il proprio treno, a causa del mondo in cui teneva il suo bagaglio. Più che una giovane principessa e la sua valigia, ricordava un cavernicolo che si trascina dietro la carne morta di qualche animale.
Rein si posò una mano sulla fronte, imbarazzata «Fine un po' di modo, sei una principessa.»
Fine la guardò stralunata «questo affare pesa un quintale!» brontolò sbuffando come una teiera.
Rein si astenne dal replicare. Ci avrebbero pensato i suoi professori a riprenderla se ne fosse capitata l'occasione, il fatto era che Fine si era sempre esclusa dalle lezioni principali di etichetta e questo preoccupava la sorella, che si sarebbe dovuta sorbire tutte le lamentele da parte sua per via di una postura poco regale o di un inchino ripreso dai professori.
«Andiamo» la interruppe Fine stessa, cominciando a dirigersi verso l'accademia.

Man mano che si avvicinavano, le gemelle furono catturate dall'enorme struttura reale. A Fine ricordò vagamente il suo castello a Riverouth, ma sei volte più grande e con un immenso cancello che si ergeva fiero proprio davanti alle mura.
Fine fece scorrere lo sguardo sulla moltitudine esagerata di studenti che si avvicinavano all'immensa costruzione, e si ritrovò a domandarsi quanti Regni esistessero che ancora lei non conosceva e soprattutto se tra quella fitta concentrazione di ragazzi c'era anche il suo...futuro marito.
Avvertì un senso di riluttanza nei riguardi di quella parola, ma poi capì che tutti quegli studenti erano lì per il suo stesso motivo, per il fatto che il loro destino era già scritto.
«Sai, da quello che ho sentito dire...il principe Shade è molto richiesto» ammiccò Rein fissando un punto indefinito davanti sè «addirittura pare che la regina Yamul avesse proposto uno scambio a nostro padre, affinché sua figlia Mirlo potesse sposare il principe. Aveva cominciato ad invaghirsene e a fare i capricci, ma papà ha rifiutato.»
Fine sembrò rapita dalla storia della sorella, ma poi si riprese, e sbuffò «Per quello che m'importa! Che se lo tenga pure, tutto ciò che voglio è una vita serena.»
«Saresti comunque stata promessa a qualcun'altro, almeno così hai la certezza che sia un bel ragazzo» replicò Rein con spiccato interesse.
Fine sollevò la valigia e proseguì, senza rispondere. Era davvero la bellezza a mandare in tilt il cuore e la mente di una ragazza?
No, lei non era il tipo da innamorarsi del solito damerino di corte.
Assolutamente.

«Dunque, piano due, stanza otto» mormorò Rein fissando i cartelloni assorta.
Giunte finalmente all'interno, Rein aveva voluto precipitarsi ai cartelloni, mentre Fine l'aveva seguita spaesata da tutta quell'immensità. 
Le alte colonne che sostenevano l'atrio, regalavano un contrasto piacevole al colore dei muri giallo albicocca. All'entrata si affacciava un ampia scalinata, che probabilmente portava alle infinite stanze e camere da letto che quel castello nascondeva, ricoperte da un elegante tappeto rosa antico e le pareti erano arricchite con variopinti ritratti e quadri che per Fine fu impossibile coglierne il significato.
Sopra alle teste degli alunni che si erano recati nell'ingresso principale, si ergeva fiero un lampadario a candelabro, accuratamente arricchito di diamanti sparsi quà e là.
Fine sembrò persa dinanzi a tutta quella maestosità, tant'è che non sentì la sorella che la stava chiamando.
«Fine, Fine ma ci sei?» scoccò due volte le dita davanti ai suoi occhi e finalmente la sorella si riscosse.
«Si, mi stavo solo guardando in giro...» spiegò, ricevendo il piano e il numero di stanza dove avrebbe dovuto alloggiare.
Fine fissò la sorella supplicante di non lasciarla, non voleva obbedire a quel supplizio, non voleva abbandonarsi così ad un destino che non le apparteneva, ed improvvisamente avvertì un nodo in gola. Rein fissò la sorella senza sapere bene come intervenire, forse per il fatto che anche lei condivideva la stessa idea di Fine in proposito.
L'unica cosa che le riuscì, fu appoggiare una mano sulla spalla a Fine e attirarla verso di sè «vedrai che andrà tutto bene» sussurrò carezzandole amorevolmente i capelli rossi «andrà tutto bene...»


Piano quattro, stanza due.
Fine barcollò leggermente di fronte alla stanza che Rein le aveva attribuito. Aveva dovuto separarsi dalla sorella, perchè tra qualche ora si sarebbe svolta la cerimonia di inizio anno e non avevano molto tempo a disposizione per disfare i bagagli.
Si perse osservando i pochi studenti che la superavano o si fermavano a qualche camera sul suo stesso piano, ma trovò quello spettacolo solo un mezzo per combattere le proprie paure. Paure, che sciocchezza! Fine non aveva paura di niente.
Non si sarebbe fatta comandare da nessuno, tutto questo non la spaventava. Ma allora...perché la sua mano, mentre si avvicinava al pomello giallo, tremava?
Svuotò la mente e finalmente spalancò la porta, ritrovandosi davanti alla camera più bella che avesse mai visto: Grandi tendaggi che coprivano le alte vetrate, che chiamarle finestre sarebbe risultato assurdo. Un tappeto rosa simile a quello che aveva visto giù nell'atrio, spalmato sul pavimento, sotto a quell'immenso letto matrimoniale che avrebbe potuto ospitare tranquillamente l'intero personale che lavorava nel suo castello.
Nello stesso salone dove vi era il grande letto, Fine notò due porte dello stesso colore, ma non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsi alla maniglia che qualcuno uscì proprio da una di quelle due porte.
Seguirono diversi minuti di silenzio. Fine contemplò la figura maschile davanti a lei, era un ragazzo, doveva aver avuto solo qualche anno in più della principessa, però la superava tranquillamente in altezza di due teste, aveva il fisico erculeo ma slanciato, le ampie spalle che si sposavano benissimo con l'elegante finanziera senza maniche e la camicia bianca sotto di essa. I capelli, di un insolito cobalto, sembravano voler risaltare apposta gli occhi del medesimo colore, ma non avevano bisogno di essere risaltati, erano già così dannatamente magnetici e profondi di per sè.
Fine si riscosse subito, battendo più volte le palpebre, quando lui ammiccò un sorrisetto divertito.
«Scusatemi, ma credo che abbiate sbagliato stanza» declamò subito, con il tono più gentile che le uscì. Era impossibile che avesse sbagliato stanza, Rein le aveva dato le giuste indicazioni, sicuramente ci doveva essere un errore o molto più semplicemente lui non aveva letto bene il numero della stanza.
Ma lui non sembrò voler togliersi quel sorrisetto dalle labbra che a Fine cominciava a dare sui nervi e finalmente parlò «Voi dovete essere Fine, giusto?» come diavolo faceva a conoscere il suo nome? «Non ho sbagliato stanza, non so se avete avuto modo di leggere il regolamento o vi siete informata sulle norme scolastiche, ma i promessi sposi devono alloggiare nella stessa camera per prendere confidenza.»
Cosa cosa cosa?! Fine non capì più nulla... e poi per quale motivo la sua voce si era inclinata in modo spaventosamente malizioso a quel prendere confidenza?
Lo guardò di sbieco, ritornando indietro sulle sue parole. E improvvisamente una scintilla si accese in lei.
«Ma allora voi...?»
«Si, sono Shade» sorrise, facendo un elegante baciamano.








N/A
E anche il secondo capitolo è fatto!
Oddio, grazie mille per tutte le recensioni che mi avete lasciato nel capitolo precedente :)
Fatemi sapere se qualcosa non vi convince.
Un bacione da Alice.

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Capitolo 4
*** Atto III: Una prigione piacevole. ***


Enchanting 
Atto III:  Una prigione piacevole.
 
 







Shade.
Dunque Fine avrebbe dovuto passare il resto della sua vita con lui. La principessa si ritrovò a sbuffare, perché per quanto desiderasse trovare in lui qualche difetto per lamentarsene con il padre e protestare contro questo matrimonio, non riuscì a trovare nulla di imperfetto in lui, nemmeno un neo fuori posto.
Forse, nei suoi più profondi pensieri logici riusciva per fino a capire del perché Mirlo se ne fosse invaghita, ma la ragione prevaleva sempre: non ci si può innamorare di una persona solo in senso estetico, prima o poi si sarebbe stancata di osservarlo e avrebbe cercato qualcosa di più...qualcosa come il suo carattere.
Sfortunatamente però oltre a quella bellezza magnetica sembrava anche abbastanza educato, evidentemente avevano trovato qualcuno di troppo perfetto e irreale per lei, come minimo se lo sarebbe dovuto meritare Rein o qualche altra principessa dalla sublime grazia, e non lei che non sapeva nemmeno da dove iniziare per un semplice valzer.
Come scottata, quindi, ritirò la mano e lo fissò dispiaciuta «I-io credo...» prese un lungo respiro e svuotò la mente cercando di non guardarlo negli occhi «Io credo che ci sia stato un errore...»
Shade inclinò la testa di lato, rialzandosi dalla posizione in cui era e sovrastando di nuovo Fine in altezza «Nessun errore» si affrettò a rispondere, risoluto «Tu sei Fine, io sono Shade. I tuoi genitori e mia madre hanno firmato il nostro futuro, il nostro matrimonio è già scritto.»
Fine s'irrigidì, avvertendo una sensazione soffocante stritolarle il petto e prima che potesse anche solo accorgersene le lacrime le salirono agli occhi. Non aveva mai pianto prima d'ora, e non aveva di sicuro intenzione di cominciare ora, lei era forte e non voleva causare altri problemi nei quali ci sarebbe sicuramente andata di mezzo Rein solo perché era sua sorella.
Si asciugò velocemente gli occhi e si voltò, alzando le valigie e portandole sul letto «D'accordo» pronunciò arrendevole con voce rotta.
 
 
Quando Rein aprì a sua volta la porta della camera, l'arredo che le si parò davanti la lasciò senza fiato. Ogni camera in quell'accademia era uguale alle altre, ma per i nuovi studenti quelle pareti, quei tendaggi e quel letto erano unici, tant'è da lasciar senza fiato per fino reali dal sangue blu.
Si ritrovò a pensare che, se non fosse stato per quel matrimonio forzato, si sarebbe anche potuta divertire, in fin dei conti le lezioni di Camelot per lei erano come uno svago, soprattutto imparare a suonare l'arpa, scoprire nuovi balli sempre più difficili tra loro ma emozionanti e andare a cavallo.
Persa nei suoi pensieri non si accorse che qualcuno le era spuntato alle spalle, ancor prima che lei potesse varcare la soglia di quell'incantevole camera.
«Buon giorno» salutò garbatamente il ragazzo «quei bagagli mi sembrano fuori dalla portata di una principessa, volete che li porti io?»
Rein rimase muta come un gamberetto a fissare i lineamenti del giovane, in tutta la sua vita mai aveva visto una tale bellezza: I capelli biondo grano che ricadevano sul viso morbidamente regalando ai lineamenti già perfetti una linea dolce, gli occhi cremisi, quasi più rossi di quelli della sorella, in contrasto con la carnagione chiara. Il fisico alto e il portamento raffinato.
Tentò in qualche modo di riprendere il suo contegno e, facendo appello a tutte le sue forze, parlò: «No, grazie...è tutto a posto.» poi notò che esitava davanti a lei «dovete entrare qui?»
«Beh, a meno che non vogliate lasciarmi dormire qui sul pavimento, ve ne sarei molto grato» sorrise di rimando, alzando di poco le spalle «E prima che possiate presentarvi, io sono Bright.»
Rein lasciò cadere la valigia, che fortunatamente atterrò in piedi, essendo solo a pochi millimetri sollevata da terra.
 
 
«Che cosa te ne fai di tutta questa roba?» domandò Shade avvicinandosi allo scaffale dove Fine aveva riposto tutti i suoi libri.
Sin da bambina, Fine era sempre stata attratta dai racconti che la Regina Elza raccontava loro prima di andare a dormire, ascoltava quelle storie con evidente interesse, mentre Rein la pregava di spegnere le luci e dormire per via delle lunghe lezioni di etichetta che la sfinivano.
Ma Fine era disposta a tutto pur di continuare l'ora del racconto.
Da quel momento aveva scoperto di avere una grande dedizione per la lettura, quello sarebbe sicuramente stata la sua via di fuga durante quel periodo tanto odiato.
Probabilmente però, Shade non aveva intenzione di lasciarla stare, considerato che era la sesta volta che rileggeva la stessa riga. A quel punto chiuse il libro e prese un profondo respiro «Tutta questa roba mi aiuta a distrarmi» spiegò con una nota di fastidio nella voce «E mi fareste un grande favore se mi lasciaste continuare in pace.»
«Anche voi mi fareste un grande piacere se cominciaste a darmi del tu» replicò mentre una scintilla divertita attraversava i suoi occhi blu come nemmeno l'universo sapeva essere.
Fine fece per controbattere, ma qualcuno spalancò la porta entrando senza nemmeno bussare. Bei modi.
Prima che entrambi potessero anche solo pensare di aprir bocca, un uomo di mezza età dal portamento regale e dall'aria fiera, un'anziana paffuta con quattro strati di vestiti addosso e una giovane donna, che doveva aver avuto al massimo trent'anni, imitarono un raffinato inchino portandosi la mano sull'addome.
«E questi da dove escono?» si ritrovò a pensare Fine, probabilmente doveva avere un espressione da pesce lesso mentre li fissava.
Erano tutti e tre molto stravaganti, l'uomo sembrava avere l'aria di un maggiordomo diligente, uno di quelli che appena infrangi una regola sono lì per rimproverarti. Teneva il mento alto e i lunghi baffi neri sembravano abbinati apposta al panciotto che indossava, anche quello del medesimo colore.
L'anziana signora invece ispirò fiducia a Fine, era alta solo la metà del maggiordomo e di fianco a lui faceva quasi ridere, ma i pomelli rosa sulle guance e le labbra sottili erano veramente adorabili, per non parlare dei quattro (o cinque?) strati di vestiti che non coprivano di certo il suo fisico rotondo.
Gli occhi della principessa finirono per ultimi sulla giovane donna. Le ricordava sua madre, se la si guardava da diverse prospettive, era alta quasi quanto Shade, ma non lo sarebbe stata se sopra la sua testa non ci fosse stato quel groviglio inimitabile di capelli tutti intrecciati tra di loro in un'insolito, ma raffinato, chignon.
«Vi diamo il benvenuto alla Southend high accademy» parlò l'anziana signora in un caloroso sorriso «io sono Miss. Rosemary, la vostra sarta personale, suppongo che ve ne abbiano già parlato prima.»
Cosa? Fine si perse.
«Certo, non si preoccupi» rispose Shade per entrambi, dandole del 'lei' sebbene avesse nemeno la metà dei suoi anni.
«Magnifico!» squittì entusiasta battendo le mani «lui è Mrs. Wood, si occuperà dei vostri desideri e dell'ordine nella vostra camera, e per finire lei è la signorina Halley, l'acconciatrice.»
«Un momento!» Fine interruppe quel momento «non ne sono stata informata...»
Ma Miss. Rosemary si avvicinò quasi saltellando «non dovete preoccuparvi principessa: ogni coppia viene servita e riverita, è il regolamento» poi cambiò discorso «Oh! ma guardate quant'è bello questo piccolo bocciolo, guardate che incarnato bianco e candido!» la rotonda signora girò intorno a Fine, tutta entusiasta, misurandole la vita, i fianchi e per fino il collo.
Fine la osservò confusa e si domandò quanto personale lavorasse in quell'accademia, se per ogni coppia di principe e principessa erano assegnati rispettivamente un maggiordomo, un'acconciatrice e una sarta.
La signora Rosemary lasciò Fine per andare da Shade, e anche in quell'occasione si complimentò con il ragazzo per la sua innaturale bellezza fuori dalle regole «Ci sono capitati proprio due bei giovincelli!» continuava a ripetere, provocando l'imbarazzo del maggiordomo, che sebbene mantenesse costantemente quell'espressione rigorosa.
«Vi è stato consegnato l'orario?» domadò l'acconciatrice Halley, scacciando dalla tasca un foglio che ad occhio e croce doveva essere lungo almeno quanto una gamba.
C'era un orario? Per la precisione: Fine non si era persa durante tutto quel discorso, non aveva la benché minima idea di quale fosse il suo posto in tutto questo.
Ancora una volta però Shade la salvò «Si, non si preoccupi» rispose lanciando un occhiata scaltra a Fine, che arrivò benissimo a segno, colpendola. Lei in tutta risposta avvampò.
«L-l'ho preso anch'io! Che credi?!» urlò accigliata senza nemmeno accorgersi di aver dato del tu a qualcuno che conosceva solo da poche ore e che in quel momento aveva ammiccato un sorrisetto irritante e si stava pure permettendo di ghignare!
«Coraggio non litigate» Miss. Rosemary interruppe la divertente discussione «Per il benvenuto di questo pomeriggio vi porterò degli abiti sobri, non troppo sgargianti, mentre per il ballo di questa sera...dovrei avere qualcosa della vostra misura.»
Shade e Fine si limitarono a salutarli, quando fu ora di lasciarsi, con un breve cenno del capo, anche se Fine avrebbe volentieri voluto abbracciare quella paffuta signora dai pesanti vestiti e dal brillante carattere, ma anche lei si limitò a sorridere.
La porta non ebbe nemmeno il tempo di chiudersi che Fine, subito, tempestò Shade di domande.
«Oh, santo cielo! Cos'è questa storia dell'orario? E in che senso 'per il ballo di stasera'? Quando cominciano le lezioni?»
Shade si ritrovò ad indietreggiare «Una cosa per volta» disse tirando fuori la lunga lista «dunque, questo è l'orario previsto dal regolamento. Le lezioni cominciano alle 9.00 del mattino e terminano alle 12.00, prima dell'arrivo nelle aule viene la colazione che si terrà al piano inferiore, alle 8.00. Dalle 12.00 alle 13.00 ti lasciano un ora di pausa per riporre i libri o eventualmente prepararti per il pranzo. Fin qui ci sei?» domandò per sicurezza, notando lo sguardo assente di Fine, ma contro ogni aspettativa la principessa annuì subito «Alle 15.00 cominciano le lezioni pomeridiane e terminano alle 18.00. Per le 20.00 è prevista la cena, dopo quell'ora hai tutto il tempo libero che desideri, ma personalmente io lo sprecherei per farmi un buon sonno, visto le giornate che ci aspettano.»
La bocca di Fine si restrinse ad una perfetta O.
Non sapeva che ci fosse un orario, dovevano essere molto rigidi se avevano programmato tutto questo. Quindi non avrebbe avuto molto tempo per lei, anzi probabilmente non ne avrebbe avuto per niente, i suoi occhi magenta si posarono sullo scaffale che, probabilmente, a fine anno avrebbe visto tutto impolverato. 
Chissà Rein come l'avrebbe presa, forse ne era già al corrente.
Non lo diede a vedere, ma la sua delusione precipitò rovinosamente a terra, era rinchiusa tra quelle mura, si sarebbe dovuta sposare con qualcuno che non amava ed ora si aggiungeva pure il fatto che dovesse sottostare alle regole di quell'accademia. A questo punto avrebbe preferito di gran lunga ritirare il suo diritto ad essere principessa e vivere una vita normale anche se in povertà.
Sprofondò sul letto, senza curarsi di Shade e cominciò a fissare un punto indefinito davanti a sé.
«Coraggio, non puoi esserti ribellata più di me» si riscosse solo quanto sentì Shade sedersi a sua volta sul letto e parlarle, come se si conoscessero da sempre.
Lentamente voltò la testa, fissandolo senza capire.
Lui rise, aveva un sorriso meraviglioso «voglio dire che appena mia madre mi ha informato che mi sarei dovuto sposare con una principessa che non conoscevo e che sarei dovuto partire per quest'accademia, ho scatenato un vero putiferio.»
Perché le stava raccontando tutto questo? Voleva consolarla?
«Ero disperato, sul serio, pensavo che mi sarei dovuto sposare con Mirlo»
A quel punto Fine si dimenticò dei suoi pensieri e scoppiò a ridere. Allora era vero che la Regina Yamul aveva proposto lo scambio, povero Shade chissà che spavento. Tutti ritenevano Mirlo la principessa più regale e raffinata del Regno, ma Fine pensava che nessuno l'avrebbe veramente voluta, per via dei suoi modi arroganti e della sua aria maniacale.
Ora probabilmente doveva odiarla per averle rubato Shade, anche se 'rubare' non era esattamente la parola giusta, date le circostanze.
Forse era al sicuro finché quell'arpia non veniva a scoprire il numero della sua camera, se l'avesse trovata come minimo l'avrebbe strangolata e inevitabilmente Fine si portò una mano sul collo.
«Grazie al cielo non è andata così, per quanto possa risultare incredibile la cosa, ho quasi sorriso quando ho saputo che non mi sarei dovuto sposare con lei» rivelò con quel sorriso, che rivolto verso Fine ebbe un effetto del tutto immediato: le mozzò il respiro «E tutto sommato sono capitato con una ragazza diversa dal solito»
Fine aggrottò la fronte «mi trovi strana?»
«No, intendo che sei particolare. Non ti sei illuminata quando Miss. Rosemary ti ha parlato dei suoi abiti e soprabiti, ti piace leggere e da quello che ho potuto conoscere in te sono sicuro che non hai mai provato un passo di danza, dico bene?»
Fine arrossì, girando la testa di lato, di fronte alla pura verità, e Shade si trattenne a stento dal ridere. Da cosa lo aveva capito? Forse si era già fatto un'idea di lei, forse un idea negativa.
Inevitabilmente abbassò il capo, intristita.
«E sai una cosa, credo che se non fossi stata promessa a me avrei comunque provato a conoscerti» concluse infilandosi le mani nelle tasche ed uscendo dalla stanza.
Fine rimase per una decina di minuti seduta sul letto a fissare la porta da dove Shade era uscito.










N/A
Eccomii!
Ho scritto il 4 capitolo! Yep!
Spero vi piaccia, secondo voi ci sono troppi dialoghi?
Fatemelo sapere! 
Un bacione da Alice.


 

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Capitolo 5
*** Atto IV: Un ballo esagerato. ***


Enchanting 
Atto IV:  Un ballo esagerato.







L'antico orologio appeso al muro avvisò Shade e Fine dell'ora.
La principessa inveì per la terza volta contro i lacci del vestito, solo i preparativi per quella sera l'avevano sfinita. Aveva dovuto sottostare agli orari previsti dal regolamento e si era dovuta sbrigare a lavarsi - grazie al cielo le camere erano fornite di due bagni - per organizzarsi aveva per fino calcolato il tempo che ci avrebbe messo per indossare l'abito che la signora Rosemary le aveva portato. 
Naturalmente era un vestito tanto bello quanto fuori dalla norma, Fine lo avrebbe mirato e rimirato per ore, ma si era rifiutata categoricamente di indossarlo. Aveva tentato di dissuadere la sarta, ma non c'era stato nulla da fare. 
Ed ora eccola lì, dentro ad un vestito anche troppo esagerato per lei. 
Inoltre era riuscita appena a respirare un «Soffoco!» poiché il corsetto che le era stato stretto intorno al busto le toglieva il respiro, a che cosa le serviva stringere il ventre in quel modo? Era già magra di per sè...
Rosemary le aveva fatto segno di non parlare e senza che Fine potesse anche solo pensare di protestare, l'anziana sarta le aveva infilato il panier, ampio forse 5 o 6 metri, chi lo sapeva. Fine aveva smesso di contare gli strati di stoffe che le erano state infilate e guardando altrove aveva cercato di pensare a qualcos'altro che non fosse quanto caldo avrebbe dovuto patire tra qualche ora.
I suoi occhi scarlatti osservarono furtivi Shade che simulava un nodo alla cravatta perfetto. A differenza sua non aveva avuto bisogno di essere aiutato, ma del resto lui non doveva di sicuro indossare quello che avevano rifilato a lei, e per questo Fine lo invidiò: anche lei avrebbe volentieri voluto indossare una giacca da smoking nera e un paio di calzoni del medesimo colore, chissà quanto doveva essere morbida e confortevole la camicia che portava sotto.
Naturalmente anche quel completo da sera risaltava la sua disarmante bellezza, la signora Rosemary non aveva perso occasione per ricordarglielo.
«Finito!» squittì quest'ultima tirando l'ultimo laccio.
Fine fece per alzarsi ma Miss. Halley la bloccò per le spalle «Io non ho ancora finito!» le ricordò.
Oh già, si era dimenticata dell'acconciatura. Si sentì soffocare dinanzi alle attenzioni della sarta e dell'acconciatrice, era seriamente sul punto di esplodere. Come se non bastasse, oltre al vestito che sembrava geloso dell'aria che respirava, la principessa sentì le ciocche di capelli tirarsi, fino a farle venire il mal di testa.
Sperò con tutta se stessa che di balli o ricevimenti quell'accademia ne organizzasse pochi.
Il dolore al capo cessò, e quando avvertì uno strano fastidio alle guance si trattenne a stento dallo starnutire.
«Un po' di colore alle guance e...sei perfetta!» esclamò sorridente l'acconciatrice passandole un'insopportabile pennello sulle guance. 
L'aiutarono ad alzarsi dalla sedia e finalmente Fine poté guardarsi allo specchio. Dischiuse di poco la bocca quando guardò la sua immagine riflessa, forse tutta quella sofferenza era valsa a qualcosa: non si era mai vista così bella, non sembrava nemmeno lei. 
L'abito che indossava era qualcosa che Fine non si sarebbe mai sognata di mettere, tuttavia quando realizzò che era proprio dentro a quella meraviglia di stoffe e balze dovette ricredersi: la signora Rosemary aveva fatto veramente un ottimo lavoro. La vita era perfettamente fasciata, risaltando il seno, la quale scollatura ne mostrava l'evidente taglio, gran parte della scapola era lasciata scoperta e le maniche arrivavano a metà braccio per poi aprirsi come una rosa in primavera in diverse balze molto curate nel dettaglio. La scollatura e gran parte della parte superiore erano arricchite da una serie di venature in rilievo, appena visibili. A partire dalla vita, esplodeva la gonna, che da sola occupava lo spazio di due persone, ma Fine la trovò ugualmente incantevole: tutte quelle balze e quei merletti la facevano apparire raffinata e per nulla esagerata.
I capelli erano legati in un complicato chignon, dal quale ricadevano due boccoli che andavano a posarsi sulle spalle scoperte della fanciulla. Miss. Halley aveva avuto la pazienza di infilare accuratamente delle piccole roselline di un rosa pallido simile al colore del vestito, vicino allo chignon.
Nessuno dei suoi vestiti - e nemmeno tutti insieme - avrebbero potuto competere con quello splendore.
«Grazie, è sublime...» riuscì a sussurrare piano, per l'emozione. La signora Rosemary e Miss. Halley sorrisero soddisfatte.
Fine fece per voltarsi, incrociando lo sguardo di Shade. Il ragazzo buttò un occhiata a tutta la figura impreziosita della principessa e sorrise compiaciuto, porgendole i guanti «Sembri una bambolina.»
Fine riuscì a mascherare il suo imbarazzo con il colore che Miss. Halley le aveva imporporato sulle guance, ma non riuscì a non fremere dinanzi a quel complimento. Afferrò i guanti a testa china e se li infilò, prima d'ora nessun uomo si era mai disturbato per elogiarla.
In verità era lei che non si era mai disturbata per abbellirsi in quel modo, ma rimaneva comunque il fatto che non si sarebbe mai aspettata un complimento da un così bel ragazzo, né tanto meno da Shade.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla mano del principe, che la stava invitando a seguirlo. 
«Vogliamo andare?»


Il salone era gremito di studenti, tutti nei loro maestosi abiti. 
Fine si guardò intorno a disagio: era tutto così grande e nuovo, il salone da solo poteva raggiungere le dimensioni del suo castello, escludendo il fatto che era tutto concentrato in un'unica sala. Le finestre quella sera erano completamente scoperte dai tendaggi che aveva visto quella stessa mattina, rivelando una splendida luna che rischiarava l'ambiente con i suoi raggi deboli. 
Le scale erano interamente ricoperte da un tappeto rosso con delle rifiniture d'oro, calpestato dal via vai degli studenti.
In un angolo del salone scoprì un banchetto colmo di prelibatezze come fragole al cioccolato, pasticcini alla cannella e chi più ne ha più ne metta.
E per concludere, Fine notò al centro della pista già alcune coppie danzare. Ne rimase catturata dall'innata bravura: ogni coppia sembrava volare, i piedi venivano mossi con una tale disinvoltura che non potevano essere poggiati sul pavimento, dovevano sicuramente usufruire di qualche magia.
«Che meraviglia» si lasciò sfuggire, affascinata.
Shade la osservò un'ennesima volta, non riusciva proprio a guardare altrove. Legiadramente la condusse lungo la scalinata e quando giusero ai piedi di essa, qualche ragazzo lì nei dintorni si voltò per osservare Fine e quest'ultima si ritrovò per la seconda volta ad affondare la testa nel vestito, in imbarazzo come non mai.
«Ti guardano tutti» le sussurrò piano Shade, per rincarare la dose. Simpatico.
«E' semplice curiosità» lo corresse lei, evitando di mostrare il suo imbarazzo «andiamo, credo di aver visto mia sorella.»
Non ne era sicura, ma la chioma celeste di Rein era inconfondibile e unica, non poteva sbagliarsi. Avrebbe tanto voluto sbracciarsi, ma trovò quel gesto inopportuno e maleducato in mezzo a tutte quelle persone che probabilmente dovevano avere la puzza sotto al naso e in tutta sincerità non avrebbe voluto essere etichettata con qualche soprannome ridicolo già il primo giorno.
«Hai una sorella?» domandò Shade inarcando il sopracciglio, perplesso.
«Una gemella, per la precisione.»
«Wow!» sbottò etusiasta.
Si aiutò, alzandosi di poco la gonna e finalmente la raggiunse. Le toccò piano la spalla, portava un meraviglioso abito a torta con un colletto a balze sul retro del collo, mentre i capelli erano schiacciati sulla nuca con un cerchiello e diversi boccoli che ricadevano intorno.
Quando si voltò, Fine realizzò di non essersi sbagliata, era proprio Rein! Ed era bellissima.
Gli occhi acquamarina s'illuminarono in meno di qualche secondo «Fine!» quasi urlò dallo sgomento, poi si calmò buttando l'occhio prima sull'abito della sorella e infine sul ragazzo che le stava accanto «sei incantevole. Voi, invece dovete essere Shade, molto piacere io sono Rein, la sorella di Fine.» disse poi con voce cristallina imitando un raffinato inchino al cospetto del principe.
Era proprio vero quello che si diceva in giro: Shade racchiudeva tutto ciò che una donna poteva desiderare, probabilmente Fine doveva essere invidiata da molte principesse.
Shade, come da copione, fece anche a Rein un modesto baciamano, proprio come aveva fatto quella mattina con la sua futura sposa, e in quel momento la principessa dai capelli celesti fu affiancata da un ragazzo dall'aspetto affascinante.
A differenza di Shade, però lui portava uno smoking bianco con un foular legato appena sotto al collo. I lineamenti gentili si sposavano alla perfezione con quegli occhi scarlatti, non era di certo un ragazzo ordinario.
«Lui è Bright» lo presentò Rein, mentre quest'ultimo si piegava in un ennesima riverenza.
Fine spalancò letteralmente la bocca. Bright?! 
Decisamente non se lo aspettava, insomma non era certamente un brutto ragazzo, Rein non poteva avere alcunché di cui lamentarsi, sembrava anche gentile se i lineamenti non ingannavano.
«Fine, mi concedi l'onore di questo ballo?» Shade interruppe le presentazioni, porgendo la sua mano alla principessa che arrossì fino alla punta delle orecchie «scommetto che stai fremendo dalla voglia di danzare.»
Maledetto! Lo sapeva benissimo che non aveva la benché minima idea da dove cominciare anche solo per un valzer, eppure si era permesso! Fine strinse i pugni per non cancellare in modo teatrale quel sorrisetto irritante sul volto di Shade.
Avrebbe veramente voluto vedere l'impronta della sua mano sulla guancia del principe, ma evitò per non dare troppo nell'occhio. Sul punto di rispondere, per lo meno a tono, una ragazza si fiondò letteralmente sul braccio di Shade e lo strattonò, gesto che precedette diversi urletti fastidiosi.
Fine la riconobbe: Mirlo! 
Le sembrava passata un eternità dall'ultima volta che aveva avuto modo di vederla, già allora aveva faticato a sopportare le sue irritanti battute fuori luogo, ed ora vederla lì mentre si strusciava in modo inappropriato addosso a Shade le fece capire che non era cambiata poi così tanto.
Shade, da parte sua, la guardava tra l'incredulo e lo scocciato e questo portò Fine a sghignazzare.
Quando finalmente si staccò, i suoi occhi porpora cominciarono a fissare Shade ammaliata «Principe Shade! Vi ho cercato per tutta la serata. Com'è andato il viaggio?»
«Abbastanza bene.» si limitò a rispondere lui.
Rein si avvicinò alla gemella «ma lei non ha il suo principe?» domandò sottovoce per non farsi sentire.
«Non ho idea di chi sia lo sfortunato amante» Fine alzò le spalle con noncuranza. Tutta quel parlare la stava annoiando, e si sentiva sempre più a disagio in mezzo a tutta quella folla, avrebbe volentieri voluto fare un giro su quelle ampie terrazza e ammirare la luna per tutta la serata.
Decise di allontanarsi quando vide Shade parlare ormai animatamente con Mirlo, dopo l'ultima occhiata che quest'ultima le aveva scoccato Fine preferì non entrare in una discussione da donne gelose, così prese la prima via libera tra gli studenti e arrivò ai margini della festa, poco lontano dal banchetto.
Si guardò attorno: la sala sembrava essersi riempita in maniera esagerata, ecco perché sentiva l'aria mancarle. Figurarsi se Mirlo avesse incalzato una discussione, come minimo non ne sarebbero uscite senza una bella strigliata di capelli, nel modo più assoluto avrebbe rinunciato a qualsiasi impiccio quella sera, anche a costo di lasciare il suo quasi marito nelle mani di una megera.
Si appoggiò stremata contro al muro, cercando di non pensare alla confusione, ma il suo meritato riposo venne interrotto da un vociare litigioso, alla sua destra.
«Ve lo chiedo per favore, fratello, lasciatemi suonare!» urlò un giovane dalla chioma riccia e castana, contro un ragazzo che probabilmente doveva avere qualche anno in più di Shade.
«Ti ho detto di no, Noche!» replicò seccato, il maggiore, tirandosi su gli occhiali dal naso con un gesto stizzito. A giudicare dall'aspetto trafelato, nonostante l'impeccabile postura, dovevano essere diversi minuti che litigavano «se proprio vuoi fare colpo su di lei, per lo meno trova un'altra scusante e con questo abbiamo chiuso il discorso.»
Fine seguì con gli occhi curiosi la figura del ragazzo dai capelli grigi allontanarsi, per poi tornare sulla figura del fratello minore, che teneva in mano un violino, stringendolo convulsamente. Valutò se fosse il caso di andare là e magari parlare, consolarlo, e quando lo vide lanciare a terra lo strumento musicale si precipitò da lui senza nemmeno pensarci.
Lo vide scivolare a terra disperato, portandosi le mani tra i capelli, le faceva un po' pena.
«Buona sera» parlò, attirando l'attenzione del giovane.
Lui la guardò seccato, probabilmente non era il momento adatto, ma Fine insistette «non ho potuto fare a meno di notare la vostra discussione...»
«Vi prego di non impicciarvi, è una giornataccia, se siete in cerca di pettegolezzi potete anche girare i tacchi» bofonciò nervoso, quando anche Fine s'inchinò.
«Non sono in cerca di pettegolezzi, non vi preoccupate, però se volete posso ascoltarvi, la festa è terribilmente noiosa e sono sicura che con il vostro violino avreste saputo animarla» sorrise dolcemente, mentre il ragazzo fissava la sua delicata bellezza, interdetto.
«Dovete scusarmi, sono stato un maleducato» abbassò la testa per poi rialzarla dopo qualche istante e sorridendo si presentò: «Mi chiamo Noche.»





 


N/A
Sono riuscita ad aggiornare in tempo record!
No, il fatto è che ho visto quante recensioni mi lasciate e vi ringrazio, mi fate sempre felicissima :)
Al prossimo capitolo, quindi.
Un bacione da Alice!

 

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Capitolo 6
*** Atto V: La storia di Noche. ***


Enchanting 
Atto V:  La storia di Noche.









Fine si costrinse ad alzare di poco le complicate balze di quel vestito e si adagiò a terra, all'altezza di Noche.
Dal momento in cui l'aveva visto le era sembrato un bravo ragazzo, probabilmente lui sarebbe stata la sua prima amicizia in quel posto, naturalmente dopo Shade. 
Fine voltò la testa -o per lo meno ci provò, considerando il corsetto che le impediva ampi movimenti- e setacciò con lo sguardo l'intero salone, era incredibile di come nel giro di poche ore quella stanza si fosse riempita. La pista da ballo occupava gran parte di quell'immenso salone, e la maggior parte degli studenti si accalcava attorno alle linee di confine, ammirando incantati le coppie che si liberavano in tutta la loro grazia in quei complicati balli che per un momento portarono invidia nel cuore della principessa.
Ballare non l'aveva mai attirata in particolar modo, inoltre trovava che fosse una pratica completamente inutile.
Aveva sempre preferito esprimersi in tutt'altro modo, leggendo per esempio. Fine avrebbe passato intere giornate immersa tra le righe dei libri, ogni storia l'affascinava e puntualmente lei veniva trascinata dalla curiosità di quello che sarebbe successo in futuro tra quelle storie scritte a mano.
Lei trovava che la lettura fosse il suo mondo.
E allora perché, mentre osservava altre principesse volteggiare tra le braccia dei loro cavalieri, avvertì una sensazione di moto nello stomaco che le si arrampicava su per la gola e al contempo le provocava un formicolio ai piedi?
«...E questo è il motivo per cui ho litigato con mio fratello, poco fa.» Noche concluse il discorso alla quale Fine non aveva ascoltato nemmeno mezza parola.
Quando la principessa lo guardò inclinando la testa di lato, lui sospirò. Sembrava il sospiro di una persona che ti conosce da anni. «Non avete ascoltato una parola di quello che ho detto, vero?»
Fine avvampò, abbassando lo sguardo.
«Non vi preoccupate» si affrettò a dire, Noche. «Noto con piacere che il ballo vi affascina.»
«Oh, no!» Fine sembrò riprendersi completamente «in realtà preferisco leggere e quando ero bambina non seguivo affatto le lezioni di etichetta, però ora vedendo la grazia che muove i piedi esperti di quei principi, mi incuriosisco.»
Gli occhi di Noche si inchiodarono su di lei, per qualche istante. Non se ne sarebbe mai accorta, era troppo impegnata a fissare i ballerini al centro della pista. 
Per un momento il suo corpo sembrò obbligarlo a portarla al centro del salone e mostrarle come si componeva anche solo un semplice valzer, ma ancora prima che la sua mente potesse spedire l'ordine, Noche ritirò ogni idea. Infondo la conosceva da poco e quel gesto poteva risultare sfacciato.
Quando Fine individuò dei capelli cobalto spiccare in mezzo a quei colori tetri, il gemito strozzato che le sfuggì di bocca non passò inosservato agli occhi di Noche.
Shade stava conducendo sulla pista da ballo Mirlo, con una tale eleganza che alcune coppie nei dintorni smisero di ballare per guardarli. In effetti erano davvero una bella coppia, lei era alta la giusta altezza che occorreva a Shade, non certamente paragonabile alla statura ridotta di Fine.
Inoltre il vestito di Mirlo sembrava accidentalmente abbinato a quello di Shade.
Constatò con piacere, comunque, che quella che la stava scuotendo dentro non era gelosia -come quella che aveva letto in molti libri, in cui la protagonista spingeva via l'arpia di turno per accalappiarsi il suo uomo- ma il semplice e vivido desiderio di essere al posto di Mirlo per provare a scivolare lungo quella distesa ramata che era il pavimento lucido.
Fine non capì se la legiadria di Mirlo era dovuta agli anni di esperienza o alla bravura innata di Shade. Probabilmente Mirlo doveva aver studiato molto duramente per muoversi in quel modo, pareva quasi un cigno, ma era davvero sicura che per fino una pasticciona come lei sarebbe riuscita a combinare qualcosa di buono tra le braccia di Shade.
La sua presa sembrava così salda, che Fine si costrinse a constatare la temperatura per assicurarsi che la mano di Shade non si fosse congelata sul fianco di Mirlo, ma questo non era assolutamente possibile.
Dischiuse la bocca, assaporando quell'amaro e lontano desiderio di avere altrettanta grazia.
«E' lui?» domandò Noche, interrompendo il filo di pensieri della principessa. «Il vostro futuro marito, intendo.»
Fine annuì con un breve cenno del capo, senza togliere gli occhi di dosso a Shade e Mirlo, che sembravano circondati da un miliardo di piccole stelle che si allineavano tra di loro.
Sentì Noche ghignare scocciato. «E perché sta ballando con un'altra che non siete voi?»
«Perché io non so ballare.» Fine rispose sinceramente, sforzando un sorriso nella sua direzione. «Ma ditemi: dov'è la vostra lei?»
Noche sembrò cambiare espressione almeno sei volte in una frazione di secondo. Da stupefatto, per la rivelazione del non saper ballare, passò ad imbarazzato e infine si incupì, cercando di nascondere i suoi occhi glauchi nella penombra.
Fine si pentì subito della domanda che aveva posto, forse aveva toccato un tasto dolente.
«Oh, vogliate scusarmi, non era mia intenz-» fece per alzarsi, mortificata come mai lo era stata, ma il ragazzo la trattenne per un polso, finalmente guardandola negli occhi.
«Basta con il voi, dammi pure del tu.» disse esibendo uno dei suoi mezzi sorrisi impacciati. «Non vedo perché non dovrei parlartene, infondo è una storia interessante.»
Fine ritornò al suo postò, spostando di lato i merletti e le balze della gonna per stare più comoda.
«Dunque...» cominciò, alzando gli occhi al cielo, come un narratore di favole. «Tutto è cominciò qualche anno fa. Devi sapere che mio fratello è presidente del consiglio studentesco, mio zio è il vicepreside e mio padre il preside, mia madre invece lavora semplicemente come segretaria. Io vivo qui da prima che mia madre potesse anche solo pensare di mettermi al mondo. Ho imparato tutto quello che un Re deve sapere riguardo alle norme che occorrono per un Regno fiorente e rigoglioso, sin da bambino mi è sempre piaciuto suonare il violino e mio padre non perse occasione per insegnarmi le basi, poi col tempo migliorari.» lo sentì tirare un profondo sospiro. 
«Fu l'anno scorso che conobbi Lemon. La principessa del Pianeta Tawaih, la conobbi proprio come conobbi te, qualche minuto fa, lei mi sentì suonare il violino e mi implorò di continuare anche quando entrò nella stanza. Annoiata dalla festa e dal suo futuro marito si era allontanata dalla stanza e mi trovò. Il suo carattere grintoso e determinato mi colpì come un raggio di sole tra le nuvole. Col tempo imparai a conoscerla e ad amarla, ma dentro di me sapevo che non avrebbe mai potuto funzionare, lei era qui per un'unica ragione. Quando mi dichiarai, ormai sicuro che anche lei provasse lo stesso sentimento che nutrivo io, in tutta risposta Lemon mi urlò in faccia con le lacrime agli occhi e scappò via, provai ad inseguirla ma era sparita dalla mia vista.» proseguì Noche, mentre Fine avverì la mano pulsarle dal desiderio si consolarlo, ma si trattenne.
«La incontrai diverse volte anche dopo, ma lei cambiava sempre strada o mi evitava, convincendo me e lei che entrambi, l'uno per l'altra, eravamo diventati invisibili. Le mie speranze non crolleranno mai, io tutt'ora la amo, ma non posso fare nulla in proposito.»
Fine non riuscì a vederlo, ma sentì come se i denti di Noche si fossero scontrati tra di loro avessero cominciato a digrignare sonoramente. Era veramente una storia triste e vera, probabilmente la più vera che Fine avesse mai sentito o letto.
Inizialmente anche lei si era giurata di contrastare il volere del padre, ma poi incassando ogni sconfitta aveva rinunciato al suo sogno di vivere in libertà. 
Ora però sentendo parlare in un modo così deciso e determinato Noche, Fine avvertì di nuovo quella sensazione di ribellione scorrergli nelle vene, si ora la sentiva chiaramente.
«Innamorarsi non è mai una colpa, ricordalo.» disse Fine con voce morbida, sfiorando appena il braccio di Noche.
Noche ebbe appena il tempo di sorridere, che Shade li aveva già raggiunti con ampie falcate e guardava Fine con un espressione mista tra l'esasperato e l'arrabbiato.
«Fine!» esclamò con il vestito di quest'ultima che gli copriva le punte delle scarpe «che cosa ci fai qui?»
«Me ne sono andata» rispose lei arricciando il naso in una smorfia «e poi non mi sembrava che vi siate dato tanto da fare a cercarmi.»
Per un attimo a Fine sembrò di scorgere l'ombra di un mezzo sorriso adornare le labbra del principe, ma tutto svanì insieme alla sua frase. «Non ti trovavo, eri sparita...» il tono si addolcì abbastanza da essere notato «in ogni caso, non importa.»
«D'accordo.» annuì lentamente, accettando la mano di Shade che l'invitava ad alzarsi dal pavimento. «La festa è conclusa? Possiamo andare?»
«Non esattamente» rispose, facendo ruotare i suoi occhi oltremare su Noche, che si alzò a sua volta, inchinandosi in un educata riverenza, la quale venne ignorata maleducatamente. «Il preside deve fare un annuncio, poi se vuoi possiamo ritirarci nella nostra camera.»
Fine fu scossa da un brivido quando Shade pronunciò quel "nostra", non suonava affatto bene, non le piaceva per niente che quell'aggettivo possessivo precedesse la parola "camera."
Cercò di non arrossire, girandosi verso di Noche.
«Lo so a cosa stai pensando» parlò Shade con una tale noncuranza, che Fine sebbene fosse voltata dalla parte opposta poteva scommettere tutti i suoi beni che il ragazzo avesse alzato le spalle. «E una principessa non dovrebbe pensare a queste cose.»
Noche, sbalordito, spalancò la bocca mentre Fine era diventata così rossa che da un momento all'altro avrebbe potuto eruttare lava incandescente dalla bocca, dal naso e...perché no, anche dalle orecchie.
Si voltò, trattenendosi dal prenderlo a pugni. «Tu...tu...tu sei la persona più...»
La voce del preside si sovrappose a quella di mille e passa studenti, tutti intenti nelle loro faccende. I suoni, in quel grande salone rimbombarono, portando un silenzio irreale.
Il preside era un uomo di mezza età, alto e magro il giusto per la sua età. Portava un lungo abito giallo e nero, con parecchie rifiniture e un cappello, che sembrava più che altro un copricapo da pirata, solo in miniatura, con una grossa piuma viola sul retro.
La sua figura alta e imponente era addolcita da un paio di lunghi baffi dello stesso colore dei capelli.
Non assomigliava nemmeno un po' a Noche, pensò Fine confrontando i tratti del ragazzo con quelli del padre. Probabilmente aveva preso tutto da sua madre.
«Benvenuti studenti!» parlò a gran voce, allargando le braccia, mentre le luci scintillavano in salone. «Come ogni anno, mi auguro che ognuno di voi dia il massimo in ogni disciplina per uscire da queste porte come dei Sovrani disciplinati e giusti.»
Fine arricciò il naso, pensando che non sarebbe rimasta con le mani in mano mentre delle persone a lei estranee le dicevano cosa fare, come comportarsi e chi sposare. Lei non era il tipo di ragazza che obbediva agli ordini se non li gradiva.
Il vicepreside, lo zio di Noche prese la parola: «Naturalmente ci aspettiamo da voi obbedienza e niente ribellioni, quindi non infrangete il regolamento o sarete severamente puniti.»
Fine fu costretta ad ascoltare l'intero monologo, finché la festa non terminò.



Sulla strada del ritorno, Fine notò che molti studenti prendevano la loro stessa strada verso il dormitorio, ma poi s'accorse che la loro salita continuava, forse al piano superiore o forse a due piani di distanza da loro.
Di notte, il corridoio e le scale sembravano cantine buie. A intervalli regolari, deboli candelabri a muro illuminavano il sentiero. Fine, per quanto fosse curiosa di esplorare quel posto, non desiderò mai di finire in quei corridoi in piena notte da sola.
Arrivati di fronte alla loro camera, Shade estrasse da una tasca un mazzo di chiavi dorate, le stelle che le avevano consegnato a lei. Ed aprì la porta.
«Sei stanca?» domandò Shade con voce neutra mentre chiudeva la porta con un calcio.
Fine si sedette sul letto, con la testa tanto pesante che sarebbe potuta crollare da un momento all'altro. E pensò alla fatica che la stava aspettando per togliere quel vestito, a quel pensiero ogni forza di volontà l'abbandonò.
«Un po'.» rispose dirigendosi verso il bagno e chiudendosi la porta alle spalle.
Ci volle quasi più di mezz'ora per levarsi di dosso quelle stoffe e dieci minuti per togliere quelle sotto. Con abili mani si tolse tutti i fermagli che Miss. Halley le aveva fermato sulla nuca e infine si lavò la faccia, per levarsi di dosso il trucco.
Avvertì la piacevole sensazione di libertà, dentro la sua lunga e amata camicia da notte, come un uccellino rimasto in gabbia per anni che finalmente può prendere il volo. 
Si guardò allo specchio, perdendosi nei suoi pensieri. Pensò a Noche, all'ingiustizia alla quale era costretto ad obbedire. Come si poteva costringere due persone a sposarsi forzatamente? Dalla storia del suo nuovo amico capì che anche Lemon era divisa in due fronti: Il suo dovere e il suo amore.
Fine desiderò ardentemente andare fino infondo a questa storia, capire del perché obbligavano in questo modo le persone.
Ma in quel momento era troppo stremata per delle ricerche, avrebbe calcolato il tempo che le serviva e si sarebbe data presto da fare nelle ore buche.
Fine si stroppicciò nervosamente la camicia da notte, quando si sdraiò a letto.
Non che avesse paura che Shade ne approfittasse di lei senza il suo consenso o altro -era sicura che non si sarebbe mai permesso- ma non aveva mai dormito con un ragazzo nello stesso letto e in queste tipo di situazioni era inevitabile pensar male, anche se non avrebbe dovuto.
Buttò un occhio ai libri sullo scaffale alla sua destra, mentre Shade guardava i tendaggi del letto dal basso, con le braccia dietro la nuca ed un espressione vaga. 
La principessa desiderò immergersi nella lettura per avere altro a cui pensare, in quel momento. Ma la mano si bloccò sul manico della candela adagiata sul comodino e con un soffio la spense.
Nessuno osò fiatare, ma entrambi sapevano di essere più svegli di una sentinella in pieno giorno.
Fine sgombrò la mente da ogni pensiero e cercò di immaginarsi la sua famiglia, Rein -che probabilmente in questo momento era nella sua stessa situazione- e riepilogò a memoria tutti i libri che aveva letto fino ad ora.
Dopo una ventina di minuti, Fine cadde in un profondo sonno, anche se poco prima di perdere conoscenza le era sembrato che una voce alla sua sinistra le sussurrasse una parola, come una corta e dolce poesia da assaporare.
«Buona notte, Fine.»





 


N/A
Allora! Visto che ho aggiornato, ci ho messo un po' perché il capitolo è abbastanza lungo ^w^
Mi aspetto le vostre recensioni, ditemi come vi sembra.
Un bacione da Alice.


 

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Capitolo 7
*** Atto VI: Sentimenti confusi. ***


Enchanting 
Atto VI Sentimenti confusi.






Il sole irruppe violentemente nella camera da letto di Shade e Fine, attraversando impetuosamente la preziosa persiana e andando a colpire le palpebre del principe. Quest'ultimo mugugnò qualcosa sotto le coperte, rotolando dalla parte opposta e schiacciandosi la faccia contro il cuscino.
Non pensava che la mattina sarebbe arrivata così presto, fino a poco fa -ci avrebbe giurato- era ancora notte.
Si mise a sedere, contro l'imbottitura della testiera, e si guardò attorno. Era tutto come quando era arrivato: l'ampio tappeto schiacciato a terra, la porta del bagno chiusa senza nemmeno una macchia d'olio sulla maniglia e i pesanti tendaggi.
Notò, però, che di fianco a questi tendaggi c'era Fine.
Shade si stroppicciò gli occhi e mise a fuoco: la ragazza stava cercando di centrare con precisione il buco della tazza con del thè. 
Si sorprese quando squadrò il suo abbigliamento. Portava un insolita e semplice camicetta color avorio, con delicate rifiniture dorate sulle maniche corte a palloncino, i bottoni del colletto combaciavano perfettamente gli uni con gli altri senza che nessuno venisse trascurato. A lato, vicino alla clavicola era ricamato con preicisione lo stemma della scuola.
Sotto, invece, portava una gonna a pieghe, bordeaux, che -pensò Shade- calzava a pennello con il colore dei suoi occhi.
Le calze erano un sottile strato al di sotto della gonna, e adottavano quasi il colore della pelle.
Quando Fine si accorse che Shade era sveglio, ci mancò poco che il set da thè con tutte quelle prelibatezze appoggiatevi sopra non finisse per aria. Gran parte dell'infuso bagnò un croissant alla crema e macchiò la tovaglietta, per fortuna -si disse- ne aveva portate due.
Fece per piegare di nuovo il busto e concludere quello che prima stava facendo, ma Shade si era già alzato e con poche falcate l'aveva raggiunta, strappandole di mano la teiera, prima che combinasse altri disastri.
«Ehi-»
«Eviterei volentieri un disastro al parquet.» l'interruppe Shade, nonostante tutto, con un tono delicato. «Grazie, comunque.»
Fine abbassò lo sguardo sulle scarpe, cercando di ricordare l'ultima volta che il silenzio l'aveva resa così impacciata. Lei viveva con il silenzio, passava pomeriggi interi immersa nella lettura e nel più religioso dei silenzi e per lei il non parlare non era mai stato un problema, ora invece...
«Non dovresti scomodarti» disse Shade. «Per la colazione, intendo. Effettivamente non avresti nemmeno dovuto portarla in camera.»
Fine arrossì. «Sono abbastanza mattiniera» rivelò senza nessun'emzione in particolare «non mi andava di rimanere a letto, quindi ho girato un po' per la scuola e be', la cuoca e suo marito sono due persone squisite.»
Shade addentò la morbida superficie del croissant, osservandola di sottecchi. Fine era davvero singolare, non avrebbe mai pensato che esistessero principesse dedite alla lettura, incapaci di ballare o che -addirittura- si dessero il fastidio di andare a prendere la colazione e, notò con piacere, anche la divisa scolastica.
Solitamente, quelle che lui aveva avuto modo di conoscere, erano cordiali, composte e nel caso di Mirlo, altezzose.
Fine invece era diversa. Nessuno l'aveva mai fatto sentire così a suo agio, così...a casa. Probabilmente -si disse- non avrebbe dovuto provare questi sentimenti, lei era la sua futura moglie, era colei che avrebbe dovuto fargli battere il cuore, invece percepiva la sua vicinanza come qualcosa di piacevole e non di frastagliato, confuso, come l'amore doveva essere.
«Mancano ancora più di due ore all'inizio delle lezioni, che cosa vuoi fare?» domandò Fine sdraiandosi sul letto, mentre le braccia cadevano sopra la testa.
Shade staccò le labbra dalla tazzina e con un movimeto brusco afferrò la divisa scolastica che lei stessa era andata a ritirare da Miss. Rosemary e si avviò verso il bagno.
«Niente.» rispose secco. «Esco, vado a fare una passeggiata.»


La sala da pranzo era un via vai di studenti che trasportavano assonati i loro vassoi colmi di delizie mattutine.
A file erano disposti sei tavolate lunghe -Fine non avrebbe saputo dirlo con precisione- ma almeno quanto una nave, ricoperte da pesanti tessuti quali erano le tovaglie, nonostante tutto, raffinate e ricamate a dovere e circondate da sedie che suscitarono i borbottii infastiditi di alcune principesse che li reputavano inappropriati ad un vero reale.
Fine sbuffò, domandandosi quali sarebbero stati i danni anche se i loro regali deretani non si poggiavano su un tessuto setoso e foderato da miglior sarto del Pianeta, che disgrazia!
Probabilmente se si fosse espressa e avesse detto la sua a quest'ora sarebbe già a girovagare per la stazione, espulsa dalla scuola alla parola "deretano." Quindi preferì rimanere in silenzio e guardare in parte divertita i capricci di quelle viziate.
Affianco a lei il posto era vuoto. 
Avrebbe dovuto esserci seduto Shade, anche se aveva già fatto colazione avrebbe potuto comunque presentarsi, per educazione se non altro. Ma invece di trovare la forza per alzarsi e andare a cercarlo, il suo corpo rimase immobile. Ripensò al suo grazie, così gratificante e all'ostilità nel suo tono di voce quando si era congedato, da allora non l'aveva più visto.
Aveva detto qualcosa di sbagliato?
«Buon giorno.»
Fine sobbalzò. Non si era nemmeno resa conto che Rein si era seduta davanti a lei e le teneva la mano, sorridendo. Ogni pensiero sfumò, aveva proprio voglia di rivedere sua sorella, dopo tutto il movimento degli ultimi giorni. Si, insomma! Era passata solamente una settimana da quando era stata informata che avrebbe dovuto sposare un completo estraneo, trasferirsi momentaneamente in un'Accademia e dormire nello stesso letto con un ragazzo.
Probabilmente se non ci fosse stata Rein, sarebbe impazzita.
«Buon giorno.» rispose al sorriso, ma abbassando lo sguardo notò che il tavolo era vuoto. «Non mangi?»
«Bright ha insistito per portarmi la colazione.»
«Oh!» fu l'unica cosa che uscì dalle labbra di Fine. E ancora una volta eccolo ripiombare quel fastidioso silenzio, nonostante i mormorii di sottofondo degli studenti.
«Shade non c'è.» notò Rein, chinandosi in avanti con uno strano basso tono. 
«No, non c'è.» confermò la sorella. «Come ti trovi con Bright?»
Rein si raddrizzò esibendo uno dei suoi raggianti sorrisi, quando mostrava quell'espressione -pensò Fine- poteva solo significare che aveva molte cose da raccontare e -grazie al cielo- poco tempo per ascoltare. «Oh, sapessi!» cominciò «è così gentile con me, è come se lo conoscessi da una vita!»
Fine appoggiò i gomiti sul tavolo e si resse la testa con le mani, Rein quando parlava era come una litania e sentire le parole uscire a raffica dalla sua bocca era come se qualcuno le stesse cantando la ninna nanna e lei fosse distesa a letto, e non dormisse a due giorni.
Una tortura, pensò.
Però era stata lei a farle quella domanda e tutto sommato voleva sapere se la sorella era felice, se era più felice di lei.
Dal momento in cui erano venute a sapere che si sarebbero dovute sposare con due perfetti sconosciuti, Fine non aveva potuto fare a meno di pensare a Rein prima di sé stessa. Aveva tentato di immaginarsi come si sentisse distrutta internamente, per una persona come lei, che crede ancora nell'amore vero e puro e le paure di Fine erano fondate: mai nella sua vita aveva visto Rein rannicchiarsi sotto delle coperte e non uscirne per un intera settimana se non per gli indispensabili bisogni fisici -che, diciamo la verità- glieli imprimeva Fine stessa.
E fu grata al cielo che il futuro marito di sua sorella sarebbe stata una persona così gentile ed educata come Bright.
Naturalmente anche Shade sembrava educato e disponibile, ma c'era un qualcosa dentro i suoi occhi che portava Fine a mantenere le distanze, qualcosa che ancora non era riuscita a decifrare. Shade e Bright erano due principi, eppure erano così diversi.
Se Bright poteva essere letto come un libro aperto, Shade era un mucchio di incomprensibili pagine bianche.
«Fine!» esclamò una voce, sebbene il suono venisse oppresso dai pensieri della principessa.
Quando si voltò, al posto di Shade era seduto Noche, le stava sorridendo.
«Noche» sorrise Fine con altrettanto entusiasmo, cercando di non cadere per il poco sonno. Era mattiniera, si, però sentiva comunque il sonno impossessarsi dei suoi muscoli.
Il ragazzo sgranocchiò un biscotto, senza prima averlo inzuppato nel latte bollente. «Hai impegni oggi pomeriggio?»
Fine lo guardò come se le avesse appena raccontato di avere un pinguino domestico in camera che gli lavava il bagno con lo spazzolino del vicepreside. Era ovvio che aveva impegni, dopo che Shade le aveva elencato tutti gli orari scolastici non sapeva nemmeno se avesse avuto il tempo di andare al bagno, figurarsi per un pomeriggio tra amici!
Cercò comunque di non sembrare scortese. «Be', a parte l'orario.»
«Io parlavo del tempo libero tra una lezione e l'altra.» precisò con una smorfia, quando s'accorse che il cesto che conteneva i boscotti era vuoto.
«No.» rispose Fine «non ho nulla da fare.»
Noche fischiò. «Magnifico! Allora, che ne diresti se ti mostrassi la biblioteca?»
Improvvisamente Fine sembrò risvegliarsi. Le avevano appena proposto di entrare nell'unico posto in cui si sarebbe veramente sentita a casa o era solo un illusione? Si voltò completamente verso il ragazzo, che ancora cercava con lo sguardo un cesto di biscotti, e ci mancò poco che non urtasse la sua tazza colma di latte.
Gli occhi le brillarono. «Certo...certo!» ripeté più volte, battendo una mano sul tavolo.
Né Fine, né Noche se ne accorsero, ma una ragazza, a due tavoli di distanza da loro li stava osservando silenziosamente.




 


N/A
Sono finalmente riuscita ad aggiornare questa storia!
Sono felice che sia già nelle seguite di 16 persone, mi fa piacere!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Al prossimo!
Un bacione da Alice.

 

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Capitolo 8
*** Atto VII: Disperazione. ***


Enchanting 
Atto VII Disperazione.
 







«Dunque, siamo nella stessa classe» constatò Fine, silenziosamente felice.
Rein aveva insistito per arrivare dieci minuti in anticipo nell'aula, così avrebbero potuto prendersela con comodo e magari evitare seccanti impicci. Inoltre, la gemella maggiore si era organizzata annotandosi la sua classe e quella di Fine, realizzando con piacere che le avevano inserite nella stessa aula. 
Meglio così, si disse, avrebbe potuto aiutare Fine qualvolta si sarebbe trovata in difficoltà.
Fine dal canto suo, non poteva che compiacersene, anche se avrebbe volentieri voluto finire in classe con Noche, ma Rein le aveva spiegato che questo non era possibile.
Primo perché i ragazzi venivano inseriti in classi di soli maschi e le ragazze in classi da sole femmine, così da poter concentrarsi rispettivamente sulle norme riguardo alle dame e sulle norme riguardo ai cavalieri.
E secondo perché Noche era in quella scuola da molti più anni di loro e sicuramente doveva frequentare corsi di cui nemmeno Rein aveva mai sentito parlare. 
Così Fine, con un lungo e affranto sospiro, si era arresa. 
«A quanto pare» Rein annuì.
Oltre a quei pensieri si aggiungeva anche Shade, era tutta la mattina che la principessa rimuginava su di lui. Non si era presentato a colazione e in quel momento le pulsavano i piedi nel desiderio di correre da lui e domandargli per quale motivo la evitava o le rispondeva in modo lapidario. Eppure, si ricordò, con Mirlo era sempre impeccabile ed educato anche se in segreto Fine sapeva che Shade piuttosto che vivere il resto della sua esistenza affianco ad una donna del genere, si sarebbe volentieri impiccato.
Anche se la presenza di Mirlo non sembrava scocciarlo poi così tanto.
Si strinse il libro che teneva tra le braccia contro al seno, appurando che una parte di lei non poteva che capirlo. Si insomma, non che gli avessero assegnato la principessa più raffinata e preparata dell'accademia, forse per lui: un principe galante, con quel fascino da ribelle e quell'attrazione che gli permetteva di avere ai piedi qualunque donna, lei sarebbe sempre rimasta dieci gradini indietro.
Avvertì le lacrime bruciarle la gola e pizzicarle gli occhi, una strana sensazione di paura e disperazione sembrava farsi spazio in lei a colpi di lama.
Era forse questa la paura di non essere abbastanza?
«Fine!» esclamò Rein, quache passo più avanti voltandosi abbastanza in fretta da inquadrare l'intera scena.
Immersa nei suoi pensieri aveva lasciato che fossero le gambe a guidarla e, purtroppo, non stava guardando avanti. I piedi le si intrecciarono a quelli della figura davanti a sé e inevitabilmente avvenne la fantomatica caduta.
Fine finì col sedere a terra, ma la ragazza nell'ultimo momento riuscì a reggersi al corrimano d'oro appoggiato alla parete, evitando una figuraccia.
Quando Fine alzò lo sguardo per scusarsi s'accorse che, probabilmente, quella a cui era finita addosso doveva essere una stundentessa del terzo anno. Portava la sua stessa divisa scolastica, eppure si notava anche da laggiù l'evidente uso che ne aveva fatto, la gonna dal bel bordeaux era diventata semplicemente rosso chiaro, tendente al rosa e le scarpe portavano quegli amati graffi che si possono trovare solo su un paio di scarpe usate molto.
Tutto sommato però, era una bella ragazza. Il viso ovale, incorniciato da due occhi blu simili ad una mareggiata invernale, il naso dritto e lungo, la bocca curvata in una smorfia di disappunto.
«Che modi!» esclamò sovrastando Fine, che nel frattempo si era alzata, con la sua spiazzante statura «vogliate farmi la cortesia di stare più attenta la prossima volta, chiaro?»
Fine ritirò ogni proposito di chiederle scusa. D'accordo che le era finita addosso e che probabilmente, dalla sua espressione non doveva essere una bella giornata, ma non era assolutamente sua intenzione rincarare la dose del suo malumore.
Alcuni studenti, arrivati da poco, seguirono con gli occhi l'alto tono di voce di quella ragazza e alcune studentesse bisbigliarono qualcosa con le bocche dietro le mani, ridendo e sgignazzando, tutto sommato, compostamente.
Fine strinse i pugni, odiando improvvisamente tutto ciò che costituisse quell'accademia, dalla più lontana colonna al più innocente degli studenti, tutto. Ogni volta che tentava di fare un passo avanti ne faceva due indietro ed inoltre non si trovava lì di certo per una buona causa.
Avrebbe voluto risponderle a tono, urlarle in faccia e sfogarsi di tutte quelle emozioni che si era tenuta dentro da qualche giorno a questa parte, ma alla fine reprise ogni istinto. Un gesto del genere le avrebbe sicuramente costato l'anno ed inoltre quella che aveva davanti era un ragazza più grande, avrebbe dovuto portare rispetto.
Quindi, senza riuscire a scusarsi, abbassò il capo e la ragazza la superò sbuffando.



Fine sbuffò, reggendosi la testa con le mani.
L'aula, dal momento in cui era entrata, le era apparsa più somigliante ad una sala da pranzo: ampi banchi disposti impeccabilmente a file, arricchiti da tutto ciò di cui uno studente ha bisogno per prendere appunti, un taccuino in pelle dello stesso colore della gonna scolastica, un buco a lato del banco contenente un barattolo in legno intagliato con lo stemma della scuola che includeva una decina di penne di ultima generazione e qualche piuma e per concludere, affianco a quest'ultimo era appoggiato un vasetto di inchiosto nel quale intingere le piume.
Il materiale di sicuro non mancava, come la noia d'altronde.
Dopo quell'ultimo imprevisto, Rein le continuava ad incalzare di essere in ritardo e che come minimo una punizione non gliela toglievano nemmeno a pregare e Fine si era ritrovata a sorridere compiaciuta quando, entrando in classe, non avevano trovato anima viva. 
Si erano trovate davanti alla loro futura classe di teoria. L'ampia lavagna posizionata a centro muro, completamente pulita senza nemmeno una traccia di gesso, i banchi larghi posizionati a file da cinque con le rispettive sedie foderate con tessuti bianchi e un ampia finestra a vetrata con un rilievo in marmo.
Continuando a guardarsi intorno, avevano preso posto in centro aula. Ogni banco era separato dall'altro con una distanza di pochi centimetri e Fine avrebbe volentieri attaccato il suo a quello della sorella, ma purtroppo aveva realizzato concretamente che le gambe erano fissate al pavimento.
«Miss. Fine!» squittì l'insegnante, alzando il mento della principessa con la bacchetta che teneva in mano «vogliate farmi la cortesia di prendere appunti!»
Madame Henimway era un'anziana signora dallo stravagante naso a punta e dai vaporosi capelli arancio. Era una di quelle donne alla quale piaceva nascondere la propria età, avrebbe detto loro madre a bassa voce, se solo si fosse trovata lì in quel momento.
«Chiedo perdono-»
«E togliete quei gomiti dal tavolo» continuò con un tono di voce controllato «schiena eretta, non scomponetevi, una principessa mai si permette comodità in pubblico.»
Fine, senza voltarsi, acchiappò dalle risatine e dai sussurri delle sue compagne le parole: "sgraziata" o "disonore" e fu come se qualcuno le avesse stretto il cuore fino a fermarlo. Non avrebbe pianto, non ora, non lì, ma sentì ugualmente gli occhi umidi e il vivido desiderio di scoppiare, naturalmente anche in quell'occasione si trattenne. L'unica cosa che poteva fare di fronte ad un insegnante o ad un suo superiore era scusarsi e abbassare il capo e fare quello che le era stato ordinato.
Si trattenne, ma per quanto ancora avrebbe resistito?



Quando la campana suonò, Fine schizzò fuori dall'aula dedicando appena qualche attenzione a Rein.
«Vai in libreria con Noche, giusto?» domandò lei, alzandosi.
Fine annuì. «Sì, ci vediamo a pranzo»
E detto questo imitò un andatura svelta, evitando di correre. Era vietato
Andare in biblioteca era l'unica cosa che l'avrebbe distratta da questo suo primo vero giorno, si sentiva come un sacco straripante, solo che al posto di oggetti lei era colma di un po' tutto. Le regole in primis, a detto suo, un'insegnante dovrebbe portare pazienza con i nuovi arrivati, invece l'unica cosa che era stata capace di fare era imbottire il suo povero cervello di norme, regole sull'etichetta e riprenderla anche solo per il suo tono di voce.
Eppure Fine era consapevole che sicuramente una punizione bella e buona non gliel'avrebbe tolta nessuno nel momento in cui sarebbe scoppiata, perchè prima o poi sarebbe scoppiata.
Ed era anche abbastanza duro per lei dimenticarsi della faccenda del matrimonio, era qualcosa di cui proprio non riusciva a capacitarsi.
Sì, una visita alla biblioteca le avrebbe proprio fatto bene.
Quando svoltò l'angolo si trovò quasi a sbattere contro Noche, che la stava aspettando con il busto appoggiato al muro e quella sua solita espressione assente. Chissà se stava pensando a Lemon.
«Ehi, dove corri?» domandò divertito.
«Non stavo correndo, stavo camminando velocemente» precisò Fine, non del tutto sicura di ciò che stava dicendo.
Noche le scopigliò la frangia, un gesto che non le aveva mai fatto nemmeno Rein, e sorrise «d'accordo, entriamo?»
Fine dischiuse la bocca.
L'immensa distesa di libri che le si era presentata davanti nel momento in cui aveva varcato la soglia l'aveva lasciata sbigottita, davanti all'ingresso. 
L'entrata era l'epicentro delle varie scaffalature riposte in ordine alfabetico, a destra i volumi partivano dalla A fino alla M e a sinistra dalla N alla Z, tuttavia in ogni sezione si trovavano solo uno o due generi di volume, che proseguivano per lettera nelle sezioni dietro.
Al centro era posizionata una scrivania con un grosso libro al centro e una penna con dell'inchiostro.
«A che cosa serve?» domandò Fine avvicinandosi, senza riuscire a contenersi.
Noche le si affiancò. «Questo è il registro. Quando prendi in prestito un libro devi registrarlo qui dentro con la data in cui l'hai ritirato e con quella in cui lo devi restituire (un mese al massimo), inserendo anche la tua impronta digitale.» spiegò aprendolo «vedi? Oggi questo ragazzo dovrebbe consegnare un libro di astronomia, mentre questa ragazza un dizionario di inglese.»
«Capito!» esclamò Fine, contenta come una bambina al parco giochi.
Si diresse verso una scalinata che portava al piano superiore e cominciò a girovagare tra le scaffalature con Noche alle calcagna. 
Il ragazzo la osservò contento di averla resa felice. La capiva, aveva capito dal momento in cui lei si era seduta a terra che la sua sofferenza somigliava molto alla sua, sebbene la ragione di quella sofferenza fosse diversa. 
Non aveva mai invidiato tutti quei principi e quelle principesse costretti a sposarsi forzatamente con una persona a loro sconosciuta, quindi non avrebbe potuto mai capire Fine, però in qualche modo nemmeno lui poteva essere libero di amare la persona che amava e questo era un punto che li accomunava.
Fine era l'unica persona, oltre a Lemon, che si era mai interessata alle sue emozioni, Noche le vedeva come una sorta di luce in mezzo alle tenebre.
Come una via di fuga da questo mondo falso e corrotto.
Guardandola, Noche capì di sentirsi come un fratello maggiore, di proteggerla e di renderla felice, qualvolta si fosse sentita triste.

Ti voglio bene, Fine.





 


N/A
Ehilà! Eccomi con un nuovo capitolo di questa storia, sapete che mi piace scriverla?
Hahah, ho detto una cosa ovvia, però mi diverto veramente!
Va bene, al prossimo capitolo.
Un bacione da Alice.

 

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Capitolo 9
*** Atto VIII: Chiarimenti. ***


Enchanting 
Atto VIII Chiarimenti.






La giornata, si annotò Fine, passò tutto sommato abbastanza velocemente.
La visita alla biblioteca le aveva proprio fatto bene, Noche era riuscito in quel pomeriggio in cui erano stati insieme ad infonderle un senso di benessere rigeneratore che, probabilmente, le sarebbe tornato utile nei giorni di malumore che avrebbe dovuto passare rinchiusa in quelle mura.
Erano rimasti là dentro per un ora buona, Fine aveva insistito per mandare Noche a pranzo mentre lei continuava la sua gita tra quelle scaffalature impolverate, ma lui si era rifiutato con un tono che non ammetteva repliche. E alla fine, Fine si era arresa, congedando l'argomento con un alzata di spalle.
Per quanto le riguardava, a suo parere quell'ora era stata la più piacevole da quando era arrivata in quell'Accademia.
Naturalmente anche passare del tempo con Shade era piacevole, ma Fine non riusciva ad essere completamente se stessa con lui. In qualche modo la sua presenza la rendeva nervosa e più impacciata di quanto già non lo fosse di per sé, non sapeva mai come comportarsi considerando che lei in questioni come l'etichetta, il protocollo era un vero disastro, mentre lui poteva tranquillamente saltare dieci lezioni di seguito ed essere ugualmente impeccabile.
Forse, considerò, Noche aveva più punti che li eguagliava, nonostante abitasse in questo posto fin dalla tenera età e conoscesse tutte le regole per filo e per segno, sapendole recitare a memoria. In qualche modo Fine sentiva più vicino Noche di qualsiasi altra persona in quella struttura.
Aveva finalmente trovato un amico.
 Inoltre Fine, avrebbe veramente desiderato aiutarlo a superare la faccenda con Lemon, si vedeva lontano un miglio che gli mancava. Sebbene, al momento abitassero sotto lo stesso tetto, Fine ogni qualvolta che Noche le sorrideva riusciva a scorgere nei suoi occhi un barlume di amarezza e questo -ne era più che sicura- era causato dall'allontanamento con Lemon.
La principessa arricciò il naso. Se fosse stata al posto di Lemon, avrebbe quantomeno provato a parlare con Noche e chiarire la faccenda, naturalmente non sarebbe mai scappata come aveva fatto lei.
Se c'era qualcosa che i libri le avevano insegnato era: mai scappare. Rischia, buttati, dai il meglio di te, ma non scappare mai. 
Perché il personaggio che scappa è sempre quello che alla fine trova guai sicuri e Fine, sin da piccola, aveva imparato ad assimilare la questione con calma e coraggio. 
Era anche per questo motivo che non era scappata di fronte a tutto questo. E non l'avrebbe mai fatto.
Fine arrivò davanti alla porta della sua camera, stranamente, trovandola aperta. 
Strano, pensò, considerando che Shade le aveva fatto mille e passa raccomandazioni sui rischi e pericoli di lasciare una porta tranquillamente aperta. "Piuttosto" aveva detto "la finestra" e Fine si era ritrovata per l'ennesima volta ad alzare le spalle con noncuranza di fronte ad un discorso che non le interessava.
La stanza, al suo interno, era completamente vuota. 
Fine cercò con lo sguardo Shade, ma probabilmente doveva essere già in aula di pratica. 
Rein le aveva spiegato che le lezioni erano divise in due, nell'Accademia: Le lezioni di teoria, che si svolgevano rispettivamente in classi separate dai ragazzi e le lezioni di pratica invece, venivano svolte in saloni simili ad ampi padiglioni, nei quali i professori insegnavano ai futuri sovrani l'arte della danza, le regole per un buon inchino e le leggi per una buona educazione.
Fine alzò gli occhi al cielo, non sarebbe stato così facile stare al passo con Shade.


Le descrizioni di Rein non sbagliavano: L'aula nella quale gli alunni venivano educati alla corretta formazione di un buon nobile era enorme. A Fine ricordò vagamente un'antica chiesa pittoresca.
Il soffitto ad arco era dipinto dalle migliori mani -a detto suo- con dorate rifiniture pregiatissime che si sposavano alla perfezione coi colori tenui della navata principale. Ai lati erano disposti, ad intervalli regolari, alte colonne color panna che sostenevano l'imponente struttura.
Il pavimento, a differenza delle mura, era in stile mosaico, ampiamente elaborato.
Il contrasto che quell'esteso salone provocava alla principessa, era impressionante: l'aria profumava di delicatezza e di sensibilità, ma le lunghe colonne, i pesanti tendaggi rosso carminio e l'immenso lampadario a candelabro che si ergeva fiero sopra le testa degli studenti, tradiva ogni aspettativa.
Una signora, bassa e grassoccia, si apprestò davanti agli studenti in subbuglio battendo le mani, come se stesse ricordando il ritmo incalzante di una canzone. Portava i capelli a caschetto, con una modesta frangia piatta e il viso era costellato da una miriade di lentiggini, concentrate principalmente in mezzo al naso che portava fieramente all'insù.
Fine cercò ancora una volta la famigliare chioma cobalto di Shade e lo trovò in terza fila. Sobbalzò, cominciando a raggiungerlo, facendosi largo tra le persone e quando arrivò alle spalle, gli sfiorò il braccio.
«Shade...» sussurrò sottovoce.
Lui si voltò in automatico, squadrandola come se vedesse Fine per la prima volta. «Fine» mormorò di rimando.
«Ti ho cercato dappertutt-»
«Buon pomeriggio, principi!» la buffa voce dell'insegnante interruppe Fine, portandola all'ascolto. «Anzi, forse dovrei dire "buon inizio anno." Io sono Madame Price Taylor. Sarò la vostra coordinatrice di danza, vi aiuterò a migliorare le vostre qualità principali e a tirare fuori il vostro lato regale.»
La donna si voltò verso le figure che sbucarono da una delle colonne, affiancandola. 
Un ragazzo ed una ragazza. Il primo portava una zazzera di capelli ribelli, dello stesso colore della donna, i lineamenti del viso parevano imprevedibili, ma sotto certi aspetti, dolci. La ragazza, invece, aveva i capelli legati in una lunga treccia portatata davanti ed un paio di occhi da tigre.
Entrambi si somigliavano parecchio.
«Loro sono Jared e Marie, i miei figli» disse Madame Price, conducendo i due ad un elegante inchino. «Loro rappresenteranno la parte figurativa delle lezioni che terrò per voi.»
Seguì qualche minuto di silenzio, nei quali Fine contemplò le due figure. 
A prima vista potevano sembrare amichevoli, anche se gli occhi della ragazza non ispiravano particolarmente fiducia alla principessa, il ragazzo aveva i contorni del viso più morbidi e l'aria di chi sarebbe stato disposto ad aiutarti faticosamente durante il periodo scolastico.
Lui e Madame Prince si somigliavano parecchio, probabilmente la ragazza doveva assomigliare a suo padre.
Nonostante l'aria severa però, rimaneva ugualmente di una bellezza disarmante, i lineamenti del viso ben scolpiti, gli zigomi alti e gli occhi a mandorla di un verde muschio. Il fisico era formoso, niente a che vedere con l'esile corporatura di Fine, che invidiava le belle forme da donna, quelle che nei libri facevano impazzire gli uomini.
Ed effettivamente, tutti gli occhi maschili erano puntati su di lei. E Fine notò, anche Shade la stava guardando, ma con poco interesse. Probabilmente le lezioni che sarebbero seguite per lui erano facili come una filastrocca per bambini e ancora una volta Fine si ritrovò ad abbassare lo sguardo, piccola di fronte a tutto e a tutti. Alla disarmante eleganza di Shade, all'ineguagliabile bellezza di Marie e a quel posto che la faceva sentire una formica in mezzo al deserto.
«D'accordo!» proseguì Madame Price battendo per l'ennesima volta le mani. «Cominceremo con le basi per un inchino.»


Fine si buttò a capofitto sul materasso, una volta chiusa la porta non si era nemmeno posta il problema che qualcuno avrebbe potuto vederla. 
Era distrutta, probabilmente gli occhi le avrebbero ceduto ancor prima di riuscire a mettersi la sua beneamata vestaglia da notte. Fortunatamente Mrs. Wood aveva dato una passata alla loro camera, altrimenti -maniaca dell'ordine com'era- si sarebbe messa a riordinare la camera anche a costo di farsi venire due belle borse sotto agli occhi.
La lezione non era andata poi così male, l'inchino non era mai stato per lei un problema, non quanto il ballo o le regole per la buona educazione a tavola e a lungo andare...
Jared e Marie si erano offerti di mostrare alla classe il semplice procedimento e Madame Price aveva battuto di nuovo le mani, constatando che tutti sapevano eseguire correttamente un inchino. Non era così difficile, per fino i contadini avrebbero eseguito correttamente un inchino, per i cavalieri era necessario portarsi una mano sul petto, piegando il busto in avanti. A differenza loro, invece, per le dame era sufficiente abbassare lievemente il capo e alzare di poco le gonne da terra, per evitare che queste venissero sporcate, nel momento in cui le ginocchia si piegavano.
Ma questa semplice formalità era risultata difficile a Fine, considerando che Shade era stato capace solo di ammiccare sorrisetti alquanto furbi ed eloquenti, i quali non facevano altro che sviare l'attenzione della principessa o metterla in tensione.
All'inizio aveva pensato ad un possibile errore nel movimento delle ginocchia o probabilmente piegava troppo la testa, poi però, capì che non era niente di tutto ciò: lo stava facendo apposta!
E di nuovo Fine si era ritrovata a domandarsi chi fosse Shade. Era e rimaneva un mucchio di incomprensibili pagine bianche, come un libro non ancora in vendita che lei, però, avrebbe veramente voluto leggere.
Prima era gentile e disponibile, poi si irritava inutilmente e la evitava ed ora ci scherzava su? 
A Fine girò improvvisamente la testa. Più passava il tempo e meno lo capiva.
Un rumore improvviso la riportò alla realtà, tramite un sobbalzo. Rotolò sul fianco e ciò che vide la destabilizzò completamente: Shade si trovava di fronte alla sua piccola "zona lettura" con addosso solamente un paio di pantaloni larghi, probabilmente del pigiama.
Fine inevitabilmente percorse con gli occhi la linea delle spalle larghe e della schiena scavata, colorata da quella pelle dorata semplicemente irresistibile.
I capelli scompigliati dalla doccia che doveva essersi appena fatto ricadevano sbarazzini sulle guance e sul collo. 
Con i piedi nudi e quel fisico slanciato, pensò Fine con la bocca leggermente dischiusa, gli mancavano solo delle belle ali candide che sbucavano dalla schiena e si aprivano maestose.
Un angelo.
«Fine» la chiamò «Ehi Fine, posso prendere in prestito un libro?»
La principessa sbatté lentamente le palpebre, chiudendo la bocca -per educazione se non per altro- mai una voce l'aveva risvegliata così bruscamente da un bel sogno. Fu come una secchiata d'acqua gelida. Ma che diamine gli era preso? 
Da sempre aveva desiderato segretamente che l'amore arrivasse come un imprevisto, per poi sbocciare in qualcosa di grande. Come l'amore tra Romeo e Giulietta, il romanzo che aveva letto, era stato uno dei primi e ancora non se ne dimenticava. Conosceva a memoria quasi tutte le battute, ogni verso.
E Romeo sarebbe potuto rientrare nei canoni di ragazzo perfetto per Fine, l'amore che aveva dimostrato a Giulietta poteva anche essere finito in una tragedia, ma l'amore e l'odio erano un eterno circolo instancabile ed entrambi si alternavano a vicenda senza mai perdere il ritmo.
A Fine non era stato riservato questo tipo di trattamento, ma era sicura che prima o poi l'amore sarebbe arrivato anche per lei.
Ma non in questo modo, non con Shade.
«Ma sei impazzito?!» urlò senza preoccuparsi del fatto che una principessa non urla mai. «Ti prenderai un raffreddore!»
A grandi passi -per quanto la sua statura potesse concederglielo- raggiunse Shade.
«Fine, attent-»
Il libro, prima caduto al suolo, intralciò Fine facendola inciampare sui suoi stessi passi. Accadde tutto così velocemente, ma così intensamente che Fine riprese tutta la scena nella sua mente: incurante del libro a terra, involontariamente lo calpestò scivolandoci sopra e slittando in avanti. Shade l'afferrò per un polso, attutendo la sua caduta. Se non fosse stato per lui, Fine sarebbe andata a sbattere il viso contro la mensola in legno.
Fine si scontrò con il petto di Shade, completamente scoperto ed inevitabilmente avvertì il suo cuore pulsante.
Il silenzio regnò per diversi minuti.
Fine, nonostante la vergogna e l'imbarazzo, non desiderò allontanarsi da Shade. La sua pelle calda era una medicina per ogni tensione, il battito cardiaco del suo cuore pareva una dolce sinfonia e il suo profumo assomigliava vagamente alla marreggiata invernale, mischiata all'aroma delle salsedine. 
Era tutto così maledettamente sbagliato da renderlo giusto.
«Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri?» mormorò Fine, a fiato corto.
Shade esitò. «Non sarò Romeo» disse rivelando una cruda realtà che Fine aveva pensato di trasformare in illusione, per un momento. «Ma tu sei sicuramente la mia Giulietta.»



 


N/A
"Chi sei tu che così avvolto nella notte inciampi nei miei pensieri?" Citazione tratta dal libro Romeo e Giulietta.
Momenti Fluff, momenti fluff ovunque!
Hahah, sono sicura di aver raggiunto l'apice della dolcezza dopo questo capitolo!
Va beh, vi saluto che è tardissimo e domani ho scuola :)
Un baciotto al gelsomino da Alice.

 

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Capitolo 10
*** Atto IX: La libertà negata. ***


Enchanting 
Atto IX La libertà negata.







«Fine?» due dita schioccarono davanti agli occhi della principessa chiamata in causa. «Fine, sei con noi?»
Come da comando, Fine sbatté gli occhi, guardandosi intorno spaesata come se non avesse mai visto la sala da pranzo nella quale in quel momento tutti erano riuniti per la solita, silenziosa colazione. 
La principessa fissò Rein come se l'avesse vista per la prima volta quella mattina, il suo sguardo era velato di confusione e stupore. Noche si piegò in avanti per capire cos'avesse quella mattina, ma finché lei non avrebbe sputato il rospo, nessuno sarebbe mai arrivato alla conclusione che Shade l'aveva completamente mandata in disordine. 
Se prima i suoi pensieri erano disposti ordinatamente come i libri in una libreria curata e strutturata, in quel momento tutto sembrava buttato alla rinfusa come in una discarica. 
Fine fu di nuovo scossa dalle parole e dal tono di voce che Shade aveva usato la sera prima, definendola: "la sua Giulietta." Tutto le risultava così incredibilmente irreale che, più le parole risuonavano nella sua testa -annebbiandole addirittura i pensieri- più per lei era difficile crederci.
Non aveva potuto fare altro che rimanere paralizzata tra le sue braccia dopo quell'ultima frase, era diventata improvvisamente sorda alla sua stessa mente che le urlava di togliersi di lì e Fine aveva sempre dato ascolto al suo sesto senso, non si era mai affidata al cuore. Il cuore tradiva, il cuore portava al dolore sicuro. Era una lezione che aveva assimilato dai libri, anche questa.
Eppure non era stata capace di muovere le gambe per fare due passi indietro, anzi se l'avesse fatto probabilmente si sarebbe ritrovata stesa a terra con le gambe ridotte ad una gelatina.
E quando lui l'aveva rimessa al suo posto, Fine non era nemmeno riuscita a sussurrare un semplice: "Grazie." Era rimasta a fissarlo come solo le cose più straordinarie erano state fissate. Ma Fine si disse che, probabilmente lui era straordinario, lo era sempre stato.
Quel suo modo di attirare a sé anche la più cocciuta delle donne, il portamento elegante messo in risalto dal fisico che lei aveva avuto la fortuna di vedere la sera prima, il lineamenti del viso così ben definiti da sembrare quasi scolpiti dalle più abili mani artigiane e gli occhi che, come due buchi neri ti inghiottono e ti conducono verso il buio. Verso quel qualcosa che Fine ancora non aveva messo in luce.
Per un momento, per un solo momento da quando era partita per quell'Accademia, aveva sperato di trovarsi una persona tranquilla da dominare, un uomo non troppo problematico, invece il suo desiderio le si era proprio ritorto contro, anche se sin dal primo istante aveva capito che non sarebbe mai riuscita a reggere il confronto o a farlo sottostare, quindi aveva optato per ignorarlo e dedicargli le più umili attenzioni.
Nonostante questo si era ritrovata disarmata, a scalciare nell'invano tentativo di uscire dalla sua tela. Tutto questo la mandava in bestia ed era da ieri notte -nella quale non aveva chiuso occhio- che rimuginava sul fatto di non essersi tolta di lì come invece, la sua mente comandava.
Avrebbe dovuto, si ripeté per l'ennesima volta, ogni donna con un minimo di autocontrollo avrebbe dovuto. Ma la vera domanda era: poteva una donna parlare di autocontrollo in presenza di Shade?
No, evidentemente no.
«Scusatemi, ieri notte non ho dormito per niente» mentì, passandosi la mano sulla fronte per alleviare il mal di testa.
«Mi sembri un po' pallida, sicura di star bene?» domandò Noche premuroso, addentando un biscotto alla pasta frolla.
No, non stava bene per niente.
«Si, non ti preoccupare» ed ecco la seconda menzogna di quella mattina. Addocchiò rapidamente anche Rein, per assicurarsi che si fosse bevuta la sua bugia, considerando che la gemella si accorgeva del malessere di Fine anche da una semplice ruga prounciata sulla fronte.
Ed in effetti la stava fissando diffidente, probabilmente aveva capito che non era la febbre il motivo della sua disattenzione e Fine pregò tutti i santi purché Rein non iniziasse a tempestarla di domande, non oggi almeno.
Cercò di evitare quindi il suo sguardo indagatore e spostando gli occhi notò Shade, seduto a qualche tavolo di distanza da loro.
"Strano che non l'ho visto" pensò Fine notando che, però, il ragazzo non era da solo. Proprio di fronte a lui era seduta Mirlo, che ammiccava falsamente risatine altezzose, portandosi quando serviva la mano alla bocca. 
Fine pensò che il suo comportamento fosse così commediante da far quasi venire il voltastomaco. La viziata principessa alternava le risate a esagerati movimenti delle mani come per farsi notare da Shade. 
Il ragazzo, con le lunghe dita incrociate sul tavolo, sembrava annoiato e Fine si ritrovò ad esultare contro ogni sua aspettativa. Perché avrebbe dovuto esultare del fatto che Shade trovava Mirlo noiosa?
Probabilmente trovava noiosa anche lei, però questo poco importava. Il cuore di Fine fece una capriola al pensiero che a Shade non importava quasi niente di Mirlo e anche quello non sarebbe dovuto succedere. Che cosa le stava accadendo? Lei non avrebbe dovuto interessarsi ai canoni di ragazza perfetta per Shade.
Quando però, Shade allungò la mano verso quella di Mirlo, il cielo sembrò crollare sopra la testa della principessa che aveva visto perfettamente tutta la scena, anche se non avrebbe voluto.
Fine represse l'incontrollabile istinto di andare da Shade e versargli la tazza di latte sopra i capelli. Ora era tutto così chiaro e limpido che avrebbe potuto disegnarlo su un foglio: Shade stava giocando. Anzi, più precisamente Shade aveva sempre giocato e Fine capiva solo ora -dopo intere giornate passate a crogiolarsi per cercare di capirlo- che tipo di persona era, e la verità aveva un insolito sapore amaro.
Pensò tristemente che, per un così bel ragazzo come lui era davvero uno spreco. Questo suo comportamento non l'avrebbe portato molto lontano, anche perché in simili circostanze nelle quali si trovavano non aveva molta via di fuga.
Naturalmente non aveva bisogno di cercarle le donne per averle ai piedi, per questo Fine trovava il suo comportamento disgustosamente inutile.
Comandata quindi da uno strano impulso, si alzò dirigendosi a grandi passi verso la sedia di Shade.
C'era qualcosa nel modo in cui stava reagendo totalmente differente dall'ultima volta che aveva visto Shade insieme a Mirlo, come un barlume di luce nuovo di zecca. Non pensava che sarebbe mai arrivata ad intervenire vedendo insieme due persone che, tra l'altro non avrebbero dovuto avere alcun valore nella sua vita.
Da quando era piccola niente se non i libri era mai stato custodito così gelosamente da Fine, come avrebbe voluto fare con Shade in quel momento.
Probabilmente centrava la faccenda di ieri sera, centrava il fatto che quelle mani che ora stavano sopra a quelle di Mirlo, la sera prima erano sui suoi fianchi e di conseguenza -anche se non avrebbe dovuto pensarlo, ma ormai aveva smesso di pensare a quello che avrebbe o non avrebbe dovuto fare- erano sue.
«Shade» la sua voce uscì così strozzata che per un momento temette che le corde vocali l'avessero abbandonata. Si portò una mano alla gola, ingoiando saliva in abbondanza per distruggere il groppo che le si era formato improvvisamente.
Dov'era finito tutto il coraggio che poco prima l'aveva spinta a muoversi?
Lui si voltò, come da comando e la fissò, cambiando espressione. Fine esitò, sentendo su di sé lo sguardo rovente di Mirlo che se avesse potuto, le avrebbe volentieri lanciato addosso le sue adorabili scarpette principesche e quello del ragazzo che, per farla passare, aveva dovuto ritirare la sedia, schiacciandosi contro al tavolo.
«Possiamo parlare?»


Il corridoio dell'Accademia che collegava la sala da pranzo al grande salone per poi subentrare nelle diverse aule di teoria era praticamente deserto, senza contare il rapido via vai di quei pochi professori dediti alle loro questioni scolastiche.
Fuori dalla finestra il tempo era instabile, nessuno sarebbe stato in grado di dire se avrebbe piovuto o se fosse spuntato il sole, ma il buio era così intenso da dare l'idea di essere in piena notte.
Fine tornò su Shade, stroppicciandosi nervosamente la gonna della divisa che quella mattina si era infilata alla peggio maniera.
Le sue gambe si erano mosse così improvvisamente, spinte da una forza di possessività inarrestabile, che ora le parole che cercava di far uscire le morivano in gola per la poca preparazione che si era fatta di quel discorso.
Gli aveva chiesto di parlare in privato, ma cosa poteva dirgli?
«Allora?» Shade incrociò le braccia al petto, assumendo la sua solita aria controllata «che c'è?»
Fine si morse il labbro inferiore. «E-ecco io...»
«Tu?» la incalzò, impaziente.
Il fatto che le mettesse tutta questa fretta l'agitava e la innervosiva solamente, aveva per caso fretta di continuare quello che stava facendo con Mirlo? Si domandò se la considerasse una seccatura per averlo interrotto proprio sul più bello, evidentemente non gliene importana nulla di lei o di quello che doveva dirgli, forse avrebbe dovuto inventarsi una scusa da quattro soldi o congedare l'argomendo con un secco: "Non importa."
Ma sapeva che Shade le avrebbe estratto la verità, quindi tanto valeva parlare ora.
«Perché fai così?» Fine si maledì subito per la domanda posta, con tutti i modi che aveva per cominciare un discorso serio, lei aveva trovato il peggiore.
Shade alzò un sopracciglio. «Così come?»
«Così...così.» rispose semplicemente, lasciando che il dubbio s'impadronisse dell'espressione del ragazzo. «Non so, non ti capisco. Prima fai il gentile, poi sembra che la mia presenza ti rechi fastidio, poi sembri quasi carino nei miei confronti e alla fine mi eviti e dedichi la tua attenzione a qualcun'altra.»
Aveva parlato tutto d'un fiato, cercando di concentrarsi magari sul naso o sulla fronte del ragazzo per evitare di guardarlo negli occhi, perché se l'avesse fatto era sicura che avrebbe perso il filo del discorso, ed era già abbastanza problematico per lei esprimere così apertamente le sue emozioni.
Shade portò il peso sul fianco destro, la sua espressione da sbalordita era diventata divertita.
Ma cosa c'era di divertente in tutto ciò?
«Gelosa?» domandò.
Ah, questo.
Fine rimase completamente senza parole. Tutto quello che aveva provato fino a pochi minuti prima, tutte le emozioni di possessività che l'avevano spinta a parlargli a quattr'occhi potevano tradursi in un unica parola: Gelosia.
Ma poteva veramente considerarsi gelosia? Era veramente quel tipo di gelosia che due persone innamorate nutrono verso l'altra vedendo la propria metà con qualcun'altro? Fine non ne era del tutto convinta, considerando che conosceva Shade da pressapoco una settimana, per quanto ne sapeva l'amore sbocciava dopo mesi e mesi e la gelosia -o quantomeno quella vera- non poteva essere quella che aveva provato lei qualche minuto fa.
Fine fece per rispondere, ma Shade fu più veloce.
«Senti Fine, quello che è successo ieri sera non prenderlo alla lettera.» sembrava stesse facendo uno sforzo enorme per non esprimersi troppo rudemente «E' vero, noi siamo promessi e credo che entrambi non possiamo fare niente per evitarlo, ma non ci amiamo e abbiamo la completa libertà di frequentare le persone che vogliamo.»
In altre parole le stava dicendo che avrebbero anche potuto sposarsi ed avere rispettivamente un amante? No, non l'avrebbe accettato, lei non era quel tipo di donna. Le salì il violento impulso di prenderlo a botte, urlando e piangendo per il modo in cui aveva espresso le sue malsane idee.
Dunque avrebbe dovuto essere promessa ad un uomo, senza mai la garanzia di potersi sposare legalmente, che la tradiva? Fine sentì le lacrime premere per uscire, domandandosi che cosa c'era di sbagliato nella sua vita.
«Quindi se noi ci sposassimo e io avessi un altro uomo a te non darebbe fastidio?» la principessa guardava a terra per non dare a vedere gli occhi lucidi.
Shade esitò qualche secondo di troppo, dopo di che rispose: «No.»
Una parte di Fine sarebbe voluta crollare a terra e sfogarsi, piangere come mai aveva fatto. Una parte per il fatto che aveva appena scoperto di tenere a Shade, ma lui non ricambiava per niente, mentre l'altra parte per il fatto che avrebbe condotto una vita nella più completa solitudine, considerato che lei non si sarebbe comportata come invece lui avrebbe fatto.
Però non poteva impedirglielo.
Alzò quindi la testa, sforzandosi di sorridere, anche se quello che le era uscito non poteva essere considerato pienamente un sorriso.
«D'accordo.»




 

N/A
Buona sera EFP!
Eccomi con il nuovo capitolo, scusate il ritardo, ma la scuola mi tiene così occupata che non riesco nemmeno a leggere il mio amato libro!
Beh, spero comunque che vi piaccia questo capitolo, anche se è molto crudo.
Aggiornerò presto, promesso!
Un bacione da Alice.


 

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Capitolo 11
*** Atto X: Un cuore incompreso. ***


Enchanting 
Atto X Un cuore incompreso.







Fine lanciò volgarmente la cartella, contenente tutti i libri che le occorrevano nelle ore di teoria, a terra incurante del fatto che metà del contenuto slittò in tutte le direzioni. Se qualche insegnante o addirittura Madame Rosemary l'avessero vista, una punizione non gliel'avrebbe tolta nemmeno il preside, ma quello non era proprio il momento di comportarsi da principessa garbata, considerando che ne aveva già abbastanza di una che continuava a girare intorno a Shade come una calamita.
Tutto stava diventando troppo esasperante per la principessa. Non che desiderasse incatenare Shade a sé per l'eternità, però uno di questi giorni -nei quali sarebbe presto scoppiata- avrebbe ricordato ai due disperati amanti che c'erano delle regole da rispettare, ognuno era promesso a qualcun'altro, altrimenti cos'erano venuti qui a fare?
Fine si maledì nuovamente per aver dato il consenso a Shade di comportarsi come più preferiva con le donne. Lei non era certamente il tipo da obbligare le persone a sottomettersi alla sua volontà, però un minimo di rispetto se lo spettava. Era vero, non si amavano e probabilmente non avevano nulla in comune -considerando rispettivamente il modo in cui la pensavano su queste cose- ma non avevano scelta e sebbene una parte di Fine desiderasse ancora uscire dal grande cancello dal quale la settimana prima aveva varcato la soglia, si ripeté che avrebbe dovuto lasciare questo pensiero un desiderio ancora irrealizzabile e a considerare maggiormente la parte restante, quella che le suggeriva di andare da Shade.
In realtà Fine non stava dando per niente ascolto a se stessa, era come se da qualche giorno a questa parte vagasse a vuoto. 
Si buttò sul grande letto matrimoniale, trovandolo insolitamente comodo e si passò una mano sulla fronte, distrutta mentalmente e fisicamente. Le lezioni non erano nulla di leggero e, sebbene si trattasse solo di teoria, gli insegnanti insistevano perché ogni studente mantenesse una postura corretta e regale. Per non parlare dei quaderni che non dovevano avere una macchia d'inchiostro di troppo, perché venissero sequestrati e mai più riconsegnati. In poche parole dovevano trattare il materiale come l'oro.
Era giusto, aveva annuito Rein ricevendo un'occhiataccia dalla sorella che la pensava in modo differente, chissà quanto spendono per procurare il materiale a tutti. Ma Fine non era d'accordo: nessuno studente venuto all'Accademia era realmente intenzionato a sposarsi, molte persone se l'erano data a gambe, vivendo una vita da fuggiaschi, quindi non spettava agli allievi il compito di procurarsi il minimo indispensabile per gli appunti.
Ripensando a questo, le tornò alla mente le ricerche che avrebbe dovuto fare già da giorni sul motivo di questi matrimoni combinati. 
Era tutta colpa di Shade, che non faceva altro che distrarla!
Si domandò come arrivare alla biblioteca, l'ultima volta che c'era stata aveva chiesto ad alcuni studenti di passaggio dove si trovasse, ma che strada avrebbe dovuto prendere ora che si trovava nel dormitorio? 
Involontariamente spostò gli occhi sulla mensola in alto, dov'erano riposti i libri che non avrebbe letto poiché ormai conosceva la storia così bene da saperla raccontare per filo e per segno, e un pensiero si fece spazio tra gli altri: Mrs. Wood qualche giorno fa aveva portato la piantina della scuola in caso qualcuno avesse bisogno di indicazioni e Shade -sicuro di non averne bisogno- l'aveva riposta proprio là sopra, appoggiata a qualche suo libro.
Naturalmente con l'altezza che sua madre le aveva concesso non sarebbe mai arrivata a prenderla, così addocchiò la sedia più vicina e, trascinandola, la portò sotto la mensola.
«Dovrei farcela...» mormorò tra sé e sé, calcolando la sua altezza e quella dello scaffale.
Mise i piedi sulla stoffa pregiata -per fortuna aveva avuto il buon senso di togliersi i mocassini- e controllò che non crollassero le gambe in legno. Non avrebbero dovuto cedere, la principessa costituiva per la sedia un peso piuma. E finalmente salì con entrambi i piedi.
«Che cosa stai facendo?» domandò la voce di Shade alle sue spalle, il quale era rientrato solo in quel momento.
Fine roteò gli occhi, cercando di scacciare il fastidioso pensiero che probabilmente il suo ritardo era dovuto alle moine che doveva essersi scambiato con Mirlo, mentre lei -la sua futura moglie- aveva un valido bisogno di lui, che sarebbe tranquillamente riuscito a prendere la piantina sullo scaffale sollevandosi in punta di piedi o in casi estremi, saltando.
«Sto cercando la piantina della scuola.» rispose stizzita senza nemmeno voltarsi, non sarebbe stata solo una nuova tacca sulla sua cintura come il resto delle donne che gli andavano dietro, né un trofeo impolverato lasciato su uno scaffale per anni.
«Non puoi rimandare? E' pericoloso.»
Fine a quel punto si voltò, rossa per la rabbia. «No, che non rimando! E non far finta di preoccuparti per la mia incolumità, ieri sera mi hai dato prova dell'esatto contrario!»
La piccola mano della principessa arrivò alla base della mensola, sforzandosi di tendere di più il braccio, non ci arrivava completamente e doveva esplorare ancora tutta la superficie. Cominciò a passarci la mano sopra e qualche libro cadde a terra. 
Se l'avesse vista sua madre in quel momento, l'avrebbe ripresa sul fatto che i libri si trattano come figli, ma lei aveva disperato bisogno di quella piantina e il tempo stringeva, aveva ancora il pomeriggio occupato dalle lezioni di pratica ed era sicura che quella sera non sarebbe riuscita a concentrarsi sulla lettura per la stanchezza divoratrice che l'avrebbe assalita.
«Non ci arrivo...!» imprecò, comprendendo che le punte dei piedi non bastavano.
Cominciò quindi a fare piccoli saltelli, sotto lo sguardo attonito ed incredulo di Shade, che non intendeva spostarsi di lì. Se Fine fosse dovuta scivolare e cadere, almeno le avrebbe attutito la caduta e nel peggiore dei casi si sarebbero provocati solo qualche livido, se non fosse arrivato in quel momento e le fosse successo quello a cui stava pregando non accadesse da qualche minuto, probabilmente Fine avrebbe rischiato di battere la testa e svenire.
No, non voleva proprio pensarci.
Quella ragazza era assolutamente un incosciente, chiunque con un minimo di buon senso sarebbe andato a domandare una scala o avrebbe preso qualcosa di lungo per tirare giù l'oggetto in questione, Fine doveva sempre gettarsi nel pericolo ad occhi chiusi o prendere la strada più tortuosa.
Un ennesimo saltò realizzò i penseri del principe: Fine atterrò male con un piede sulla sedia e perse l'equilibrio. Shade si sentì diventare come il colore delle lenzuola e il pochi attimi tese le braccia verso Fine, che lanciò un veloce urlo, barcollando all'indietro e cadendo.
Il tonfo fu secco e conciso, probabilmente qualcuno al piano inferiore li aveva sentiti, ma l'importante per entrambi era stare bene.
Fine aprì gli occhi, sentendosi la vita avvolta da due braccia ed un respirò bollente le solleticò il collo, non riuscì bene a farsi un quadro generale della situazione, considerando che tutto ciò che si ricordava era il ragazzo che dietro di lei le intimava di lasciar perdere, poi il salto e poi lo spavento.
«Sto cominciando a pensare che tu lo faccia apposta a finirmi addosso» sussurrò Shade con il viso immerso nei capelli di Fine.
Inspirò profondamente, ed un profumo di fiori di ciliegio gli inondò le narici, fu la sensazione più bella che mai provò.
Ma durò solo qualche istante, prima che Fine si alzasse da quella posizione più veloce di quanto Shade avrebbe mai potuto immaginare e i loro occhi si incrociarono per pochi secondi, ma sembrò un'eternità.
Sguardi scandalizzati partivano dagli occhi di Fine, rossa come nemmeno i suoi capelli al sole sarebbero mai stati e poi le campane rimbombarono all'interno dell'Accademia, segnando il cambio dell'ora.
E la principessa scappò fuori.


Fine osservava da dietro una delle imponenti colonne della sala di pratica, le numerose coppie intente a prestare attenzione a Madame Price Taylor, la quale spiegava come eseguire un ballo tradizionale di quelle parti.
La principessa scivolò lungo la colonna bianca, decisa a non uscire dal suo nascondiglio. Come le era solo potuto venire in mente di guardarlo negli occhi, quando si era alzata? Anzi: come aveva potuto permettersi di arrossire in quel modo di fronte a lui?
Fin ora aveva fatto in modo di controllare le sue emozioni, aveva compreso che tutto ciò che Shade le provocava era un bisogno di rispetto reciproco e non gelosia, oppure il fatto di pretendere un minimo di gratitudine per essersi presentata in quell'Accademia, tutto sommato molto educatamente nei suoi confronti, e non essere scappata come invece in passato avevano fatto molte donne determinate a non obbedire a questa legge, come credeva lei.
Quindi perché si sentiva ancora le guance infiammate e il battito cardiaco irregolare? Era come se avesse percorso per cinque volte tutta la scuola in corsa e soffrisse d'asma. 
E a maggior ragione non sarebbe dovuto succedere, per il semplice fatto che se si fosse dovuta sposare con un uomo, si sarebbe sposata con qualcuno di calmo e moderato, Shade invece era come un tifone, che ti scombussola le emozioni ed è impossibile tornare quelli di una volta.
E tutto questo faceva male.
«Niente lezioni oggi?» una voce la riportò alla realtà. Alzò lo sguardo, distrutta da tutte le emozioni che Shade le aveva messo in confusione, e riconobbe il figlio di Madame Price Taylor, Jared.
Fine non l'avrebbe mai detto, ma pareva a tutti gli effetti un principe, per la postura e il modo di fare che aveva.
«No» rispose semplicemente la principessa, tornando a fissare il pavimento che sembrava molto più interessante di qualsiasi altra cosa a parte Shade. Non aveva intenzione di dare spiegazioni a nessuno, nemmeno a Rein.
Tutto ciò che desiderava era affogare nella sua solitudine e ritrovare il tempo di leggere un buon libro, che quella prigione le aveva tolto.
«Be', qualsiasi sia il problema io penso che si possa risolvere» Jared guardò verso il variopinto soffitto. «E se il problema è il vostro matrimonio, conosco un rimedio per tutto.»
Fine alzò la testa. «Anche per un cuore incompreso?»
E Jared sorrise, illuminando ciò che le colonne coprivano con la loro imponente ombra. «Certo.»





 


N/A
Ehilà! Tutto bene?
Mi sono messa a scrivere il capitolo l'altro ieri, ma non l'ho finito per la stanchezza e be'...eccolo qui!
Spero come sempre che vi piaccia ed un grazie immenso a tutte le persone che stanno seguendo, recensendo o solo leggendo la storia!
Un bacione da Alice.

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Capitolo 12
*** Atto XI: Una lieve melodia. ***


Enchanting 
Atto XI Una lieve melodia.








Fine fissò per qualche secondo la mano tesa verso di lei di Jared.
Non aveva idea di quello che passasse per la mente del giovane, ma qualcosa nei suoi occhi le suggeriva di fidarsi e lasciarsi guidare. In fin dei conti, anche se avesse ballato con lui, che cosa ci sarebbe stato di male? Assolutamente niente, nessun professore l'avrebbe ripresa e si sentiva assolta da ogni questione setimentale, Shade le aveva dato libero arbitrio.
E dopo tutto, si sentiva anche un po' stanca di essere l'unica a rispettare le regole, se a Shade fosse importato qualcosa di lei, sarebbe già venuto a cercarla.
Quindi accettò di buon grado l'invito, senza poter evitare di imbarazzarsene. La mano di Jared si chiuse attorno alle dita di Fine e la pricipessa avvertì un calore estraneo attraversarle il braccio.
Le sue dita, constatò Fine, erano molto diverse da quelle di Shade: sottili e delicate, ma grandi, così da non tradire i tratti maschili. Nonostante questo, però, esse riuscivano ad intrappolare le dita della fanciulla come una morsa indistruttibile.
Jared la invitò a seguirlo e Fine abbassò il capo, sorridendo, libera come mai si era sentita da quand'era arrivata in quell'Accademia. Non indossando un abito da sera, alzò lievemente la gonna della divisa scolastica, provocando la risata divertita del ragazzo che nel frattempo l'aveva condotta in centro sala, sotto lo sguardo attonito dei presenti.
Notando le occhiate curiose di Madame Price Taylor, Jared le si avvicinò, sussurrandole qualcosa all'orecchio. La madre storse il naso e Fine si domandò se quello che stesse facendo fosse giusto, forse era proibito, però non se la sentiva proprio di ballare con Shade, non dopo quello che era successo, non sentendosi in difficoltà fra le sue braccia.
Contro ogni suo principio morale, lo cercò con gli occhi e dopo aver passato ogni viso conosciuto in quella sala, lo trovò. Era in piedi, di fianco a Marie e i suoi occhi cobalto le penetrarono senza pietà il cuore, così violentemente che Fine fece mezzo passo indietro, abbassando lo sguardo. Non avrebbe dovuto sentire quel senso di colpa sovrastarla e tentò invano di ricacciarlo, ma fu del tutto inutile, l'unica cosa che riuscì a fare fu girarsi nuovamente, in attesa di Jared.
Perché doveva sempre farla sentire come uno straccio? Era come se fino adesso fosse stata lei a fare tutto quello che più preferiva, come se non avesse mai dato retta ad una regola e tutto questo l'aveva percepito solo da una semplice occhiata ricevuta da Shade.
Shade riusciva a farla sentire uno zerbino anche quando la colpa ricadeva su di lui.
Madame Price Taylor sorrise comprensiva, annuendo e Fine capì che per questa volta avrebbe chiuso un occhio. Grazie al cielo che all'Accademia c'erano anche professori come lei.
«Coraggio ragazzi, formate delle coppie, ripeteremo l'esercizio di ieri!» battè nuovamente le mani, come seguita da un ritmo e poi rivolgendosi a sua figlia aggiunse: «Marie, per oggi ballerai con Shade.»
Marie lanciò a Shade un rapido sguardo d'intesa e senza dargli il tempo di porgerle la mano, la ragazza si diresse da sola al centro della pista, voltandosi una volta al centro, per sorridergli. E Shade la seguì, senza però riuscire a contenersi dall'addocchiare malamente Fine, che nel frattempo aveva già imitato un legiadro inchino, elegante come pochi.
Shade avvertì il remoto fastidio al pensiero della naturalezza di Fine che riusciva a sbocciare con chiunque, escluso lui. Tante volte aveva visto Fine ridere e scherzare insieme a Noche, il ragazzo seppur conoscedola da poco tempo era riuscito a guadagnarsi la sua spontaneità e fiducia, era riuscito dove nemmeno Shade era ancora arrivato e questo non poteva che irritarlo, considerando che le donne con lui avrebbero attaccato bottone con qualsiasi insulso pretesto.
Lo sapeva, l'aveva visto guardando gli occhi sognanti di Mirlo mentre parlava e gesticolava animatamente con lui, raccontandogli delle solite vecchie storie da principessa innamorata qual'era. Lo vedeva in quel momento dal sorriso nascosto di Marie, notava il modo in cui le donne gli lanciavano segretamente messaggi provocatori, anzi, glielo facevano notare.
E spesso questo costituiva un problema. Ma Fine...era come se ergesse uno scudo invisibile solo ed esclusivamente per lui, come se avesse paura di innamorarsi.
Non riusciva proprio a leggere attraverso i suoi occhi scarlatti, non capiva quale comportamento avrebbe dovuto usare con lei.
Non la capiva e basta.
Ed era per questo motivo che in quel momento non riusciva a togliere gli occhi di dosso a lei e a Jared, non capiva proprio come facessero gli altri a guadagnarsi la sua inaccessibile fiducia, che sembrava così incustodita per gli altri e così preziosa per lui.
Assottigliò lo sguardo quando la mano di Jared scese, all'insaputa di Fine, dal fianco alla schiena, quasi sulla fine di essa. Mentre Fine continuava a sorridere nell'incoscienza, probabilmente il ballo nascondeva ciò che erano gli evidenti pensieri del ragazzo.
Shade trovò la calma necessaria per non reagire, nonostante tutte le donne che avrebbe potuto avere, non si era mai permesso di mancare di rispetto a nessuna, trovava ripugnante che un uomo approfittasse del corpo di una donna.
Soprattutto se quella donna era ingenua come Fine.
Fortunatamente il ballo terminò presto e Shade sciolse ogni contatto con Marie, che rimase immobile a fissarlo. Con una rapida scusa si dileguò, dirigendosi verso Fine. Non poteva permettere che Fine continuasse a sorridergli in quel modo, non dopo quello che aveva letto negli occhi di Jared.
Senza nemmeno darle il tempo di slegarsi dal ragazzo, né di voltarsi, l'afferrò saldamente per un polso e la trascinò con sé.


I corridoi brulicavano di insegnanti con il loro caffè tra le mani e il quotidiano, non ancora letto a causa delle lezioni. Alcuni studenti si trascinavano stancamente verso l'ala nord, dove c'era la biblioteca, con una decina di libri in bilico tra le braccia.
Shade comprese che iniziare un discorso -che si sarebbe sicuramente trasformato in discussione- nel bel mezzo dei corridoi non avrebbe fatto altro che attirare occhiate curiose, così si diresse verso la porta più vicina, senza sapere bene come cominciare la conversazione che a breve si sarebbe tenuta.
«Shade lasciami, mi stai facendo male!» si lamentò Fine, cercando di aprire la morsa avvolta attorno al suo polso, molto diversa dal tocco delicato che aveva usato Jared mentre la conduceva in pista.
Fine fu sopraffatta dalla paura, da quando era arrivata lì non aveva mai visto Shade perdere il controllo in quel modo, almeno non da portarlo ad interrompere un'intera lezione, qual'era il problema? Non le sembrava di aver fatto nulla di male, non se la sentiva di ballare con lui e quindi?
Non capì il motivo di quell'interruzione, non era forse lui quello che le aveva garantito via libera? 
Nonostante questo, non trovò la forza di ribellarsi, anche perché sarebbe stato del tutto inutile.
Shade aprì la porta e una vasta distesa di strumenti musicali -grandi e piccoli- gli si parò davanti. L'aula di musica.
Fece entrare Fine e si richiuse la porta dietro, lì nessuno li avrebbe disturbati.
Fine, esasperata, diede un violento strattone al braccio, liberandosi. Fece qualche passo indietro, sotto lo sguardo imperturbabile di Shade e lo fissò come solo una madre infuriata col figlio poteva fissare.
«Si può sapere perché?!» urlò, puntandogli il dito contro «Perché prima mi dici una cosa, poi ne fai un altra? Che c'è sei gelos-»
«Prima di tutto freniamo l'immaginazione, bambolina» precisò Shade, con un autocontrollo che avrebbe prima o poi fatto impazzire Fine. «Non mi stupisce che tu non ti sia accorta di come Jared abbia palesemente avuto un contatto diretto con il tuo didietro, chissà a che pensavi, come al solito d'altronde.»
Fine scattò immediatamente all'indietro, con la bocca spalancata tanto da formare un perfetto ovale. Non riuscì a formulare un pensiero coerente, non voleva credere che quel ragazzo tanto gentile che l'aveva invitata alla lezione, avesse approfittato di lei.
Non riuscì nemmeno ad immagiarsi la scena descritta da Shade.
«Non è vero» sibilò scrutandolo per bene, nella speranza di trovare qualcosa che tradisse la sua irremovibile aria sicura. «Stai mentendo.»
Shade sciolse la braccia che prima teneva incrociate ed assottigliò lo sguardo «Non mi credi?»
«No.»
«Non avrei nessun motivo per essere geloso, te l'ho garantito ieri. Quindi perché dovrei mentirti per una cosa del genere?» domandò cambiando tono ed espressione, quasi come se volesse cercare il filo che l'avrebbe condotto alla fiducia di Fine, a quella che non era riuscito nemmeno ad intravedere. «Non posso sopportare che un uomo approfitti di una donna, per questo sono qui, altrimenti non avrei interrotto la lezione inutilmente.»
Fine si rilassò, portandosi una mano sulla fronte. A chi doveva credere? Jared era stato così gentile che non avrebbe potuto nemmeno dubitare per un secondo di lui, però era anche vero che lo conosceva da solo mezz'ora, che cosa le garantiva che quella che indossava non fosse solo una maschera per far cadere ai suoi piedi le donne per poi approfittarsene?
Shade, inoltre, sembrava così sincero. 
Sembrava quasi che i suoi occhi stessero scavando faticosamente un buco attraverso il suo cuore, per portarla alla verità.
Fine si sentì mancare, da un po' tutto. Dallo sguardo straziante di Shade su di sé, dall'ansia per tutta questa faccenda del matrimonio e dalla fatica che stava dedicando alle lezioni.
Avvertì il nauseante bisogno di rigurgitare quello che si era tenuta dentro da settimane, ma si trattenne. Con grande sforzo si appoggiò al pianoforte a coda, di fianco a lei e si sedette.
«Non lo so, Shade...è tutto così confuso...» flebili singhiozzi rupperò la voce di Fine «...non so più a cosa pensare, non so più a cosa credere
Si portò le mani davanti al viso, vergognandosi delle sue stesse lacrime. Si era ripromessa che non avrebbe più pianto, che non avrebbe mai pianto, eppure eccola lì, di fronte a qualcuno che conosceva soltanto da poche settimane, a sfogare un pianto per troppo represso.
E si maledì mentalmente, avrebbe potuto aspettare, avrebbe potuto reprimere ancora una volta le lacrime e andare da Rein per sfogarsi, lei era l'unica che riuscisse a capirla, era sua sorella.
Ma era come se qualcuno avesse tagliato la corda che teneva racchiuse in un sacco tutte quelle lacrime e l'effetto che ottenne, fu soltanto di scoppiare come un vulcano, spento per troppi anni.
Si sentì terribilmente egoista per non essere riuscita a trattenersi, tutti gli studenti in quell'Accademia erano lì per il suo stesso motivo, eppure non aveva mai visto nessuno di loro scoppiare, come invece stava capitando a lei in quel momento. Non di fronte al proprio futuro marito, che probabilmente ora doveva sentirsi in colpa come pochi.
Shade si abbassò alla sua altezza, come avrebbe fatto qualunque padre protettivo nei confronti della figlia e la fissò con due occhi consapevoli del danno che avevano appena provocato, anche se Shade costituiva per Fine un 40% dei problemi che erano arrivati insieme alla notizia del matrimonio.
Nonostante questo però, non l'aveva abbandonata. Probabilmente qualcun'altro se ne sarebbe andato di fronte a questa scenata, invece lui era...rimasto.
«Ehi» sussurrò sottovoce, cercando il viso della principessa, aldilà delle mani e dietro ai capelli. «Ehi, non piangere, guardami.» 
Un umido occhio scarlatto comparve da dietro le mani della fanciulla e Shade approfittò del momento per sorriderle. «Mi dispiace, Fine. Avrei dovuto essere più delicato, il fatto è che non posso sopportare di vedere un uomo che approfitta di una donna, men che meno di te, che sei più ingenua di una bambina. Mi perdoni?»
Fine a quel punto spostò entrambe le mani, fissandolo con gli occhi gonfi e sgranati, mai l'aveva visto mostrarsi così vulnerabile, fu come scoprire qualcosa di nuovo, non ancora inventato e fu una sensazione magnifica.
Gli concesse finalmente un sorriso, un sorriso che Shade aspettava da quando era arrivata in quell'Accademia, uno di quei sorrisi che regalava spesso a Noche o a Rein, anzi fu il sorriso più luminoso che fin ora le aveva visto in viso.
Se lo annotò mentalmente, avrebbe voluto farne un ritratto e appenderlo a muro, ma probabilmente come richiesta sarebbe stata troppo strampalata.
Così si alzò, posizionandosi di fianco a Fine, che si spostò perplessa.
«Shade, cosa stai fac-»
Fine non fu in grado di terminare la frase, poiché Shade le intimò gentilmente il silenzio, alzando il coperchio tastiera del pianoforte a coda che avevano davanti. L'innumerevole fila di tasti che si parò davanti agli occhi della principessa, la lasciò completamente senza fiato.
Non era mai stata una grande amante della danza, ma la musica l'affascinava. Quando suo padre o sua madre suonavano a lei o a Rein una melodia, anche semplice, lei ne rimaneva catturata e quella miriade di tasti bianchi e neri fu come un tuffo nel passato.
Tuttavia non aveva mai imparato a suonare nemmeno un breve assolo, nonostante i continui richiami di Camelot.
Shade appoggiò delicatamente le mani sui tasti, muovendo le dita nella più legiadra danza, ma questa volta fu la musica a muoversi per comando delle mani, anziché il contrario, come invece accadeva nella danza, dove i corpi si muovevano per comando della musica.
Lentamente la melodia si distese e Shade continuò a suonare con assoluta sicurezza dei suoi movimenti, componendo una dolce sinfonia che entrò nel cuore della principessa, racchiudendole l'anima.
Fine chiuse gli occhi, inebriandosi di quel momento come se una volta terminato, anche il suo respiro sarebbe cessato.
Quanto detestava se stessa per aver anche solo lontanamente pensato di poter sostituire le mani di Shade con quelle di Jared, non c'erano altre dita che avrebbe voluto sentire sulle sue guancie, sulla sua schiena o tra i suoi capelli, se non quelle di Shade.
Così poco le aveva percepite e così tanto ancora le desiderava.
Non sogava su di sé altri occhi se non quelli penetranti e fissi di Shade, avrebbe preferito i suoi ad un paio di occhi sempre allegri, con il rischio di essere felice anche solo per un suo sorriso.
Fine si appoggiò alla sua spalla, aspirando il suo profumo di menta forte e neve.
«Non sapevo che sapessi suonare il pianoforte» mormorò.
Shade sorrise «Questa melodia è del tutto nuova, ho improvvisato pensando a te. »
E per la prima volta, Fine avvertì un nuovo, estraneo sentimento farsi largo nel suo cuore, a cui non seppe dare un nome.






 

N/A
Ragazuole!
Ri-eccomi con il nuovo capitolo :)
Scusate il ritardo, ma i capitoli di Enchanting sono molto lunghi, quindi ci impiego un po' a scriverli.
Va beh, spero che come sempre vi piaccia!
Un bacione da Alice!

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Capitolo 13
*** Atto XII: Il sentimento svelato. ***


Enchanting 
Atto XII Il sentimento svelato.







Il sole inondò violentemente la stanza, colpendo ogni angolo.
Fine inspirò profondamente, spostando anche l'ultimo tendaggio presente nella camera e sorridendo compiaciuta dal sole accecante che si presentava già a quell'ora della mattina. 
Domenica, si disse con profondo sollievo, l'unico giorno della settimana in cui gli studenti erano astenuti dalle pesanti lezioni e assolti da ogni compito riguardante il matrimonio o il protocollo. L'unico giorno in cui la loro responsabilità veniva lasciata libera.
In particolare, Fine sentì di doversi svagare quel giorno, se fosse rimasta in quella camera che ormai profumava dello stesso identico aroma di sempre, non avrebbe retto per un'altra settimana. Inoltre, Madame Price Taylor l'aveva informata che l'orario si sarebbe intensificato con il passare del tempo, per abituare gli studenti alle responsabilità che ha un sovrano del suo Paese.
Al solo pensiero Fine si sentì mancare.
Poi un pensiero le sfiorò la mente. Si voltò, con le mani ancora sul tessuto della tenda, e fissò il letto dove Shade ancora dormiva. Probabilmente non doveva essere stata una settimana leggera nemmeno per lui, considerando che non era bastato nemmeno il sole sfavillante di quella mattina per destarlo dai suoi sogni ancora inaccessibili per la principessa.
Un lato di lei si sentì egoista per aver scaricato in quel modo la sua tensione su Shade, il giorno precedente e non se la sentì di svegliarlo proprio mentre dormiva così beatamente. Si avvicinò con cautela, con lo stesso passo di un gatto di notte e s'inginocchiò all'altezza del letto, perpendicolarmente al viso del principe.
Lo studiò a fondo, senza perdersi un minimo particolare di quel viso d'angelo rilassato. Le lunghe ciglia nere, a contrasto col sole mattutino, proiettavano ombre sotto agli occhi, i lineamenti rilassati, morbidi come nemmeno quelli di un neonato sarebbero potuti essere e la bocca leggermente dischiusa.
Fine incrociò le braccia sul materasso e vi ci appoggiò la testa sopra, fissandolo come quando sua madre aveva regalato a lei e a Rein quel meraviglioso Carillon, il quale aprendosi svelava la bambola di una ballerina in porcellana che si muoveva circolarmente, a ritmo con la melodia.
Ed istintivamente, i suoi pensieri formularono un filmato, in cui la principessa vide tutto quello che avevano passato assieme in quella settimana, ormai conclusasi. Ogni gesto, ogni parola a partire dalla più insignificante alla più rilevante.
Era vero, Noche le era stato accanto ed era la prima persona di cui si era fidata ciecamente da quando era arrivata, ma Shade...Shade aveva acceso quella scintilla che ora stava crescendo a poco a poco, diventando una fiamma ardente. Era come se qualcosa le dicesse, nonostante la popolarità di Shade tra le ragazze, di buttarsi fra le sue braccia, di buttarsi e non pensare a nulla, in sua presenza avvertiva solo lui ed un enorme sfondo bianco dietro.
Come se Shade fosse l'unica via, l'unica strada e al mondo non ci fosse nient'altro.
Eppure non era mai stata una ragazza sola, come invece molte autrici dei suoi libri si ostinavano a rappresentare. Insieme a lei c'era sempre stata la sua famiglia, Rein in particolare, la sua fidata gemella, con la quale aveva condiviso per fino l'anima. Noche, non lo conosceva da molto, ma c'era sempre stato nel momento del bisogno e dopotutto chi l'avrebbe considerato una cattiva persona?
Ma Fine, in quella vasta scelta di persone care, di parenti, vedeva solo Shade, Shade e un'immensa distesa bianca.
Lentamente chiuse gli occhi ed immaginò di trovarsi nel suo palazzo, assorta dalla melodia di quel Carillon e comandata da un irrefrenabile impulso, immerse la mano nei capelli di Shade.
Santa Grace, da quanto desiderava farlo.
Dal momento in cui aveva visto Shade, aveva sempre desiderato immergere la mano tra quegli spettinati filamenti cobalto, per constatarne la morbidezza ed ora che ne aveva avuto la possibilità, poteva ritenersi soddisfatta.
Avrebbe potuto continuare così per ore, ma Shade emise un rantolo di fastidio e Fine, come risvegliata da un sogno ad occhi aperti, ritirò la mano e, in men che non si dica, era già uscita dalla stanza.


La porta si aprì, rivelando una chioma celeste, immersa in un sobrio abito color conchiglia che Fine non vedeva da molto tempo.
«Fine» Rein parve quasi sorpresa di vedere sua sorella. «Sei già sveglia.»
Fine teneva gli occhi incollati al pavimento, era inutile negarlo e dopotutto per sua sorella era un libro aperto. «Possiamo parlare?»
Fine raccontò per filo e per segno quello che le stava accadendo quest'ultima settimana, tutto sembrava stesse passando come un treno in corsa, così veloce che per Fine fu come cercare di proseguire in linea retta dopo aver ruotato su se stessa così tante volte da non saper più distinguere nemmeno la terra dal cielo.
Era come se Shade le avesse messo a soqquadro il suo piccolo mondo, rovesciando completamente quel poco che le era rimasto.
Rein l'ascoltava senza parlare, aveva preferito appartarsi in un luogo solitario e l'aveva invitata ad entrare in camera, approfittando del fatto che Bright era sceso a ritirare qualche libro su cui studiare.
Il sentimento che sua sorella nutriva verso Shade era chiaro come l'acqua, ma la cosa risultò a Rein così strana che non riuscì nemmeno a realizzarla.
Ad un certo punto della storia Fine scoppiò in lacrime, disperata.
«Rein ti prego, devi aiutarmi!» singhiozzò, aggrappandosi al vestito di Rein e guardandola con quegli occhi scarlatti, lucidi per le lacrime.
La gemella la guardò compassionevole, era la maggiore, poiché era nata qualche minuto prima di Fine e per tanto era suo dovere consolarla nel momento del bisogno, anche se quelle lacrime, le lacrime di Fine erano del tutto nuove agli occhi di Rein, che non aveva mai visto la sorella scoppiare in quel modo a piangere.
Ricordò le parole della mamma, poco prima di partire: "Proteggetevi a vicenda" aveva detto.
«Fine» la chiamò dolcemente, poggiandole le mani sulle esili spalle. «Quello che tu ora stai sentendo, quel sentimento che si fa largo nel tuo cuore quando sei con Shade, quel desiderio di esclusività nei suoi confronti, quella volontà di protezione che nutri verso di lui, anche se non necessaria, si chiama amore.»
«Amore?» Fine sembrò cadere dalle nuvole, eppure ne aveva letti tanti di romanzi che contenevano storie d'amore anche molto passionali.
Rein sorrise. «Esatto, non c'è una definizione per questa parola. L'unica cosa che senti sono la mente e il cuore in contrapposizione, lo stomaco sottosopra, che sembra quasi una teca colma di farfalle e il cuore tamburellante, come se battesse solo per lui.»
Fine si portò una mano sulla fronte, sconvolta. 
Non avrebbe mai pensato che sarebbe successo tutto questo, non avrebbe mai pensato che sarebbe caduta nella rete di Shade come il resto delle ragazze che gli stava dietro. Sin da bambina, leggendo i romanzi e le storie d'amore, si era sempre promessa che non si sarebbe innamorata, non avrebbe ripetuto l'errore di tutte quelle donne che donavano anima e corpo al loro amato, lei si era sempre sentita diversa, non quel tipo di persona che si innamora del bel ragazzo di turno.
Anche perché non avrebbe mai potuto funzionare, a parte la storia del matrimonio, questo non era un libro, era la realtà.
«Ma...è passato così poco tempo...» cercò di farsi sentire, ma tutto ciò che uscì dalle sue labbra, fu poco più di un semplice respiro.
«L'amore non conosce tempo, né età» disse Rein cristallina. «Ascolta Fine, se lo ami diglielo e basta, il destino vi ha ormai legati, siete spos-»
«NON DIRLO!» urlò alzandosi di scatto dal letto, facendo sobbalzare Rein e cadere un cuscino. «Non dire quella parola! Noi non siamo legati e io non appartengo proprio a nessuno!»
«E' vero, non appartieni a nessuno» anche lei alzò il tono di voce, per farsi valere. «Però tu e Shade vi appartenete a vicenda, non puoi negare il fatto che un giorno vi sposerete, come me e Bright e come tutte le persone che ora sono sotto questo tetto!»
Fine strinse i pugni e fece combaciare i denti fra di loro, non lo sopportava, non poteva sopportarlo.
Quindi, senza sapere bene cosa rispondere, uscì dalla stanza e da quell'Accademia che aveva cambiato la sua vita nel corso di una sola settimana.


 

N/A
Ehilà, ragazze e ragazzi :)
Ho aggiornato finalmente anche questa storia, Santa Grace, che pazienza!
La scuola mi sta ammazzando.
Va beh, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, ditemi se qualcosa non vi piace o non vi convince.
Un bacione da Alice!

 

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