Ragnarok

di Volleydork
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo su due personaggi che smaschereremo più avanti nella storia ***
Capitolo 2: *** Di brutti risvegli e spiacevoli notizie (ovvero, arriva la fine del mondo) ***
Capitolo 3: *** Quando si scopre che Zeus e compagnia bella hanno figliato ***
Capitolo 4: *** E Tristan sembra voler rinnegare la sua discendenza, ma poi ci ripensa ***
Capitolo 5: *** Per convincerlo ad aiutarci, la figlia del “teatrale” deve essere rapita ***
Capitolo 6: *** Lune che ti prendono per il culo quando meno te lo aspetti ***
Capitolo 7: *** Tra cene e sbronze le cose vanno a rotoli come i Regina (non finiscono mai) ***
Capitolo 8: *** Io che scopro di avere tendenze suicide ***
Capitolo 9: *** Al confronto con questo, rubare una carta di credito è una ragazzata ***
Capitolo 10: *** Sarebbe meglio non essere una testa calda, ma così è tutto più semplice ***
Capitolo 11: *** Ci sono cose che vorrei non scoprire e altre che non dovrebbero accadere ***
Capitolo 12: *** In birra veritas ***
Capitolo 13: *** In cui scopro di poter fare la fine di un arrosto ***
Capitolo 14: *** La mia resa dei conti (o di come Fenrir perse parte della coda) ***
Capitolo 15: *** Perché a questo punto un lieto fine era dovuto, no? ***



Capitolo 1
*** Prologo su due personaggi che smaschereremo più avanti nella storia ***


Prologo su due uomini che poi smaschereremo più avanti nella storia


I due uomini si avvicinarono alla reggia dorata. Erano chiaramente fratelli, ma uno dei due aveva l'aria più vecchia e carica di risentimento. Erano anni, secoli, che progettavano quel piano, ora era arrivato il momento di metterlo in atto. Si sarebbero ricordati di loro, alla fine. Dopo la nascita dell'uomo erano scomparsi, avevano quasi cessato di esistere, perché quel loro maledetto fratello era salito sul trono e la razza umana si era dimenticata di loro.
Avrebbero pagato, tutti.
In fondo era semplice. Bastava che credessero che la colpa fosse di quel cretino di Loki. Che razza di buffone. Non era neanche riuscito a fare le cose per bene e l'avevano catturato. Non li avrebbero mai scoperti, né Odino, né quel branco di imbecilli al campo.
“Sei sicuro che non incolperanno noi?”, chiese il più giovane.
“Tranquillo. Faremo in modo che la storia si ripeta. Non penseranno a noi. Non l'hanno mai fatto”, gli assicurò l'altro, amareggiato.
Il fratello giovane ripensò rabbrividendo alla tortura che Loki aveva dovuto subire per centinaia di anni, ma poi si fece coraggio e raddrizzò le spalle.
“D'accordo, ti seguo”.
Strinse la pianta che teneva tra le mani.
Mai più nell'ombra – pensò – Mai più”.


Di tutto questo erano ignari i ragazzi di Campo Nord. In particolare noi sposteremo l'attenzione su Selina Potter, di anni sedici, corti capelli castani che si è tagliata da sola, occhi verdi, bassa e muscolosa, che in quel momento stava beatamente dormendo nel suo capanno e credeva che quella sarebbe stata un'estate come tutte le altre.








Angolo dell'autrice:

Perché ogni storia che si rispetti ha un prologo e questa è (o vorrebbe essere) una storia che si rispetti. È inoltre la terza long che pubblico nella sezione di Percy Jackson e immagino che alcuni di voi ne abbiano avuto abbastanza di me, ma ho la maledizione di non essere sufficientemente creativa da fare cose originali, ma abbastanza fantasiosa da creare in continuazione nuovi personaggi. E quindi sono qui, per l'ennesima volta.
Mi piace pensare però di aver messo qualcosa di più in questa storia. E poi mi sono affezionata troppo ai personaggi per buttarli via e non pubblicarla.
Attenzione: La nostra eroina di turno è un po' scurrile, una sorta di incrocio tra uno scaricatore di porto genovese e un wrestler, quindi aspettatevi un po' di termini poco gentili (per usare un eufemismo).
Inoltre cerco sempre di non fare Mary Sue, quindi fatemi sapere cosa ne pensate di questo risultato.

 

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Capitolo 2
*** Di brutti risvegli e spiacevoli notizie (ovvero, arriva la fine del mondo) ***


Di brutti risvegli e spiacevoli notizie (ovvero, arriva la fine del mondo)

 

 

Il giorno in cui incomincia la storia è il nove giugno, sabato, ore otto e cinquantatré. Il sole filtrava dalle tende della Capanna 1, quella di Odino. Io ero la sua unica occupante. Non so perché mio padre non avesse più di un figlio, ma Odino è un dio abbastanza particolare. Basti dire che gli piace girare il mondo nei panni di un vecchietto. Mi rigirai nel letto beatamente, assaporando la tranquillità della casa vuota.
Poi entrò Luna.
Avete mai provato ad essere svegliate dalla figlia del dio della guerra? Non è una bella esperienza, ve lo garantisco. Luna Cox, figlia di Tyr, cominciò a saltare sul mio letto, provocandomi una certa quantità di contusioni.
“Sel! Svegliati!”
Gettai uno sguardo alla sveglia e mi rintanai sotto il lenzuolo.
“Luna, non sono nemmeno le nove!”, mi lamentai.
“E allora? Il campo estivo è cominciato!”
Mugugnai qualcosa sulle stupide figlie di Tyr e le tirai un cuscino, che lei schivò con facilità. Dopodiché sradicò le coperte in fondo al letto e diede uno strattone, lasciandomi scoperta. Protestai debolmente, ma alla fine mi alzai.
“Dai, alzati! Con me è arrivato anche Adam, se fai in fretta lo vedi senza quel koala di Abby attaccata”.
Aveva detto la parolina magica. Schizzai in piedi, afferrai i vestiti e, dopo essermi chiusa in bagno e vestita, corsi fuori dalla casa. Ed eccolo lì, all'entrata del campo: Adam Harris.
“Ciao, Adam!”, gridai sventolando un braccio nella sua direzione.
Lui mi sorrise in risposta. Cribbio, perché era così bello? Alto, atletico, capelli rossi e occhi verdi. C'era solo una pecca in lui: era fidanzato. Con una delle mie migliori amiche.
“Adam!”, gridò una ragazza alle mie spalle.
Questa mi superò e gli volò tra le braccia, stampandogli un bacio sulle labbra. Abigail Lamper, figlia di Freya. Era difficile competere con lei: fisico da fotomodella, capelli ricci biondi, occhi blu e un carattere solare che piaceva a tutti, che infatti si chiedevano come facesse ad essere mia amica, essendo io il suo esatto contrario: ero scontrosa, diffidente e sempre pronta ad attaccare briga. Come se non bastasse, a darmi l'aspetto di una teppista ci si metteva anche una cicatrice che mi attraversava la parte destra della faccia, dalla fronte al mento, un ricordino che mi aveva lasciato Fenrir a sei anni, quando uccise mia madre sulla strada verso Campo Nord.
“Scusa, Selina, non ti ho neanche salutata”, disse Abigail con aria mortificata, dopo essersi staccata dal fidanzato.
“Non stare a scusarti. Vedi la mia faccia tutti i giorni, la sua no”.
Luna ci raggiunse.
“Allora? Per quanto è rimasto al Campo Nord senza Abby attaccata?”
“Appena trenta secondi”.
I due fidanzati risero.
“Accidenti. Ehi, guarda, è arrivato anche Tristan! Ciao, Tristan!”, esclamò Luna.
Il ragazzo ci vide e sorrise. Era il migliore amico di Adam, aveva un anno in più di me, ed era figlio di Loki, di conseguenza un gran combina guai. Non era un cattivo ragazzo, intendiamoci. Solo non potevi fidarti di lui quando aveva un petardo in mano: non si sapeva mai dove avesse intenzione di metterlo. E aveva un senso dell'umorismo tutto suo. Lo salutai con un cenno di una mano e lui, ricambiando il saluto, si diresse verso il suo capanno. Vedendo Adam ed Abby avvicinarsi, il mio cuore accelerò i battiti e pregai di non stare arrossendo.
“Allora, oggi cosa si fa?”, chiese Adam.
“Prima di tutto vai a sistemarti nel tuo capanno, poi vediamo”, risposi.
Abby accompagnò Adam, ma io non li seguii. Andai invece nella casa di Odino a cambiarmi la maglietta del campo, una t-shirt verde con la scritta Campo Nord in grassetto, perché quella che avevo indossato era sporca di terra: una piccola rissa in cui mi ero infilata il giorno prima con un figlio di Thor. Purtroppo fu poco saggio non controllare l'armadio, prima di aprirlo completamente: non appena spalancai l'anta, un ragazzo saltò fuori, mi caricò in spalla e mi gettò sul letto, facendomi il solletico. Mi rotolai di lato e finimmo entrambi sul pavimento. In qualche modo riuscii a scrollarmelo di dosso e ad alzarmi in piedi, mentre il ragazzo rimase sulle assi di legno, seduto a gambe incrociate. Tristan Morris.
“Tu-tu.... maledetto!”
Lui rise.
“Lo sai perché mi piace tanto farti questo genere di scherzi”. Si alzò in piedi, chiaramente godendo del fatto di essere quasi venti centimetri più alto di me.
“Perché ti piace farti picchiare?”, ringhiai.
“No - piantò i suoi occhi grigi nei miei - Perché non li sai ricevere. E questo rende tutto più divertente”.
I suoi capelli neri formavano una tenda sottile tra noi due, quasi l'unica cosa che mi divideva da quel sogghigno. Ero tentata di dargli un pugno, ma lasciai perdere: avevo tutta l'estate per dargliele. Mi limitai a scostarlo di lato.
“Ti dispiace uscire? Dovrei cambiarmi”.
“In effetti mi dispiacerebbe un po'”, rispose sdraiandosi sul mio letto.
Lo guardai storto.
“Ma di che ti preoccupi? Non c'è mica così tanto da vedere”, sottolineò in tono tranquillo.
Alla fine dovetti cacciarlo fuori a calci. Quando uscii dal capanno, trovai Luna ad aspettarmi.
“Non fai colazione con i tuoi fratelli?”
“Preferisco tenerti compagnia”.
Luna era... lunga. Non c'era altro modo per descriverla. Sembrava avessero preso una persona normale e l'avessero passata sotto un rullo compressore: alta quasi uno e ottanta, lungo naso dritto, lunghe dita affusolate, braccia e gambe muscolose e lunghe, capelli lunghi, biondo platino. Gli occhi no, erano tondi e grandi, con le sopracciglia che le davano un'espressione sempre un po' malinconica.
Ai pasti non eravamo divisi in base ai capanni, ma ci potevamo sistemare a qualsiasi tavolo volessimo. Di solito io e Luna arrivavamo per prime e ci mettevamo in un angolo, poi ci raggiungevano Adam, Abigail e Tristan. Si mangiava rigorosamente all'aperto, tranne quando c'era brutto tempo. In quel caso ci spostavamo in un grosso tendone chiuso. In quanto ai capanni, eravamo divisi in base a chi fosse il tuo genitore divino. Quando venni riconosciuta, alcuni mi chiesero se non mi sarei sentita sola, e allora avevo sofferto un po' per la solitudine, ma adesso ringraziavo di avere un angolo tutto mio, soprattutto quando sentivo Adam o Tristan che urlavano nel tentativo di tenere in riga i fratelli.
Stavo pensando a cosa avremmo potuto fare quel giorno, masticando sovrappensiero un toast, quando un vassoio venne pesantemente appoggiato davanti al mio.
“Posso?”, chiese una voce ben nota.
“No, non puoi”, replicai girandomi verso Tristan.
“D'accordo”, rispose, e si sedette.
“Tristan! – Luna soffocò una risatina – Dai, lasciala in pace. L'estate è appena cominciata”.
“Non posso rimanere mica indietro con il lavoro. Sono almeno nove mesi che non ci vediamo”.
“Nove bellissimi mesi”, mormorai.
“Ehi, è libero qui?”
“Certo!”, esclamai facendo spazio ad Adam e Abby.
“Per me non ti sei spostata”, brontolò Tristan.
“Tu non te lo meriti”.
Allora, oggi cosa facciamo? È sabato, siamo liberi di fare quello che ci pare”. Adam era sempre entusiasta quando si trattava di fare qualche attività. Dopotutto era quasi un metro e novanta di muscoli, ci sarebbe mancato che non avesse voglia di usarli.
“Io voglio fare un tuffo nel lago”.
“Tu non hai voce in capitolo, Tris”.
“Da quando?”, disse il ragazzo, inarcando un sopracciglio.
“Da quando sei saltato fuori dal mio armadio”, risposi.
Ad Abigail andò di traverso il pancake per le risate.
“Questa è nuova!”, esclamò dopo aver bevuto qualche sorso d'acqua.
“Già, fresca di stamattina”, dissi con aria cupa.
“Un momento indimenticabile”, sospirò Tristan. Gli tirai un calcio sotto al tavolo.
La colazione andò avanti più o meno così.
“Ragazzi, – ci chiese Luna, mentre portavamo i vassoi alle cucine, – qualcuno di voi ha intenzione di partecipare al primo torneo della stagione?”
“Ma neanche per sogno, – Tristan la guardò come se gli avesse chiesto se si sentiva sessulamente attratto da una mucca. – Per farci battere da quelli che passano qui tutto l'anno? Datemi almeno una settimana per ripassare”.
“Sel? Tu e Abby state qui tutto l'anno”.
Scossi la testa.
“Dai! Hai più esperienza chi chiunque altro in questo campo! Nessuno è qui da più tempo di te”.
“Scusate, ragazzi”.
Aveva parlato Elliott, il capo del campo. Teneva la mano sulla spalla di una bambina minuta di circa nove anni con i capelli castano chiaro e gli occhi a metà tra il verde e il castano.
“Lei è nuova, si chiama Philippa. Potete mostrarle il campo?”
“Certamente! – disse Abigail – Vieni, Philippa!”
“Elliott, – intervenne Luna, – non puoi dire qualcosa a Selina? É qui da dieci anni e non ha ancora partecipato a un torneo!”
Elliott mi squadrò con i suoi occhi castano-dorati. Elliott era figlio di Heimdall, il guardiano del ponte Bifrost. Era un uomo sulla cinquantina con la pelle color cioccolato che aveva ricevuto il dono dell'immortalità dal padre perché si prendesse cura del campo. Ovviamente non era stata una cosa facile, aveva dovuto portare a termine più missioni per guadagnarsela, ma alla fine ci era riuscito.
“Devi provare, – disse. – Non è possibile non ti sia ancora iscritta a uno”. Il suo tono era morbido, ma autoritario.
“E va bene! – sbottai – Parteciperò al torneo di questa sera!”
Elliott si allontanò con l'aria soddisfatta. Abigail la prese per mano. Portammo la piccola Philippa a vedere le case per prima cosa. Erano un'infinità, ognuna dedicata ad un dio diverso. Per esempio, la prima era per Odino, la seconda a Frigg, la terza a Thor e così via. Poi passammo di fianco ai tavoli del pranzo, l'armeria e infine le mostrammo le attività che si svolgevano al Campo.
“Là c'è l'ippodromo e l'arena per la scherma, lì il tiro con l'arco, l'arrampicata e i percorsi sugli alberi, e più in là puoi vedere le stalle e la voliera”, elencò Abigail, indicando le varie costruzioni.
Philippa, subito soprannominata Pip, guardava tutto con occhi meravigliati. Per concludere il giro, la portammo a passeggiare nella foresta ai confini del Campo.
“E... e voi di chi siete figli?”, ci chiese con voce emozionata.
“Io di Odino, – le spiegai, – Abigail invece di Freya, Tristan di Loki, Luna di Tyr e Adam di Thor”.
Pip, se era possibile, spalancò gli occhi ancora di più.
“Thor? E hai il martello come il supereroe?”
Adam rise.
“Io combatto con un martello, anche se non è quello magico di mio padre”.
Detto questo, staccò il martello, che si portava sempre dietro, dalla cintura e lo fece vedere a Pip, che prese l'arma tra le mani tremanti per l'emozione e la sventolò un po' in giro al grido di "PER ASGARD!".
Intanto si era fatto mezzogiorno. Tornammo al campo, per lasciare Pip in custodia ai rappresentanti del capanno per i ragazzi non ancora riconosciuti. Passando di fianco all'arena, andai a scrivere il mio nome sul tabellone dei partecipanti. Ero l'ultima a iscrivermi dei dieci che potevano partecipare. Prima di andarmene diedi un'occhiata ai nomi e imprecai: si erano iscritti anche Joseph e Alyssa, fratello e sorella, figli di Thor. Erano grandi e grossi e avevano la fama di andare pesanti nei duelli. Ed era una fama del tutto meritata. Li avevo visti più volte nell'arena.
Pip venne riconosciuta quella sera a cena. Le germogliarono i piselli che aveva preso come contorno e così la misero nel capanno dodici, quello di Jord, dea della terra. Ricordai quando ero stata riconosciuta io: era accaduto circa una settimana dopo il mio arrivo al Campo, la cicatrice era ancora ben visibile nonostante l'idromele. Stavamo assistendo a un torneo, quando vennero a posarsi sulle mie spalle due corvi. Così fu chiaro che mio padre era Odino.
Appena ebbi finito di mangiare andai nell'armeria a prendere l'ascia, con cui combattevo da una vita, scudo, elmo e un pettorale. Entrando trovai Alyssa che si infilava il pettorale. Mi rivolse un sorriso di scherno.
“Finalmente ti degni di partecipare, Potter?”
Non risposi.
“Se sarò contro di te, sappi che non sarò gentile”.
“Lo sei mai stata?”, borbottai mentre se ne andava.
Dopodiché corsi all'arena. Stavano già iniziando i duelli quando arrivai. Mi sedetti su una panchina negli spogliatoi, insieme agli altri partecipanti. Mi sistemai nervosamente l'elmo mentre aspettavo il mio turno.
“Selina Potter e Bobby Stewart!”
Eccoci”, pensai.
Bobby era un ragazzino di tredici anni che sconfissi con facilità. Passai tutti i turni successivi, fino a quando non arrivai al duello conclusivo della serata, che avrebbe decretato il vincitore di quella serata.
“Selina Potter e Alyssa May!”
Entrai nell'arena, prendendo una lancia appoggiata alla parete. Ero sudata e stanca, ma sapevo che Alyssa non doveva essere in condizioni migliori delle mie.
“Preparati, Potter, – mi bisbigliò Alyssa in un orecchio. – Non credo che la polvere abbia un buon sapore, ma ne mangerai parecchia quando ti scaraventerò giù da cavallo”.
Non dissi niente, altrimenti mi sarebbero usciti insulti. E questo poteva costarmi un'ammonizione. Lei si soffiò via dalla faccia una ciocca di capelli rossi e montò in sella. Dalla parte opposta dell'arena mi aspettava il mio cavallo. Mi avvicinai a passi lunghi e gli salii in groppa, imbracciando la lancia. Non appena partì il fischio d'inizio, spronai il cavallo verso la mia avversaria, mirando al suo scudo: era vietato colpire il corpo del cavaliere con la lancia.
Ero assolutamente decisa a non lasciare che Alyssa vincesse per l'ennesima volta. A un paio di metri di distanza da lei, deviai la punta della sua lancia con lo scudo e lasciai che la mia si infrangesse sul suo. Lo scontro fu tale che Alyssa volò giù dalla sella. Se non avessi deviato la lancia sarei finita io a terra. Scesi velocemente da cavallo e staccai l'ascia dalla cintura. Alyssa intanto si era rialzata in piedi e, con gli occhi ardenti di rabbia e umiliazione, sguainò la spada. Abbattei la mia arma sul suo scudo con tutta la forza che avevo e lei rispose con un affondo che parai facilmente. Dovevo disarmarla per vincere, ma, purtroppo, non riuscii nel mio scopo. Incastrando con la sua spada la mia ascia, me la fece saltare via dalle mani.
“Alyssa May è la vincitrice del torneo!”, annunciò Elliott.


Il mattino dopo il risveglio fu più piacevole di quello del giorno prima. Mi vestii con tutta calma e andai a colazione verso le nove e mezza. Trovai già al tavolo Luna e Abigail.
“Come mai tutta sola?”, chiesi ad Abigail.
“Adam dorme ancora, non mi va di svegliarlo se è stanco. In fondo è in vacanza. Tu, piuttosto, complimenti per ieri sera, anche se non sei riuscita a vincere!”
“Grazie, Abby. Però la prossima settimana tocca a te”.
"Vedi che sei perfettamente in grado di partecipare ai tornei? Devi smettere di fare la modesta!", mi rimproverò.
"Abby, io non faccio la modesta: non avevo nessuna voglia di partecipare al torneo, tutto qui".
Lei sospirò esasperata, mentre io mi guardavo in giro alla ricerca di Philippa, che vidi in compagnia di un paio di suoi fratelli. Incrociai anche lo sguardo di Alyssa che era a un tavolo con Joseph e qualche altro ragazzo. L'occhiata che mi lanciò era così carica di soddisfazione e disprezzo che potei sentirla bruciare tra le mie sopracciglia.
“Oggi ho voglia di andare un po' ad assiderarmi nel lago, chi è con me?”, disse Luna.
“Io ci sto”, risposi. Se l'avesse proposto Tristan avrei rifiutato di nuovo.
“Anch'io”, aggiunse Abigail.
Aspettammo i ragazzi per andare al lago. Adam e Tristan arrivarono poco dopo insieme, confabulando sottovoce. Tristan sembrava prestare particolare attenzione a quello che gli diceva l'amico, annuendo di tanto in tanto.
“Forza, pigroni! Non ho intenzione di sprecare una giornata ad aspettarvi”, esclamò Luna appena furono più vicini. Tristan fece una smorfia e andò a fare colazione seguito da Adam. Quando finalmente ebbero finito, tornammo ai capanni per metterci i costumi e prendere gli asciugamani.
“Chi si tuffa per primo? L'acqua è gelata”, chiese Abigail, che, seduta sul pontile, dondolava i piedi con indecisione.
“Oh, che frignoni! Vado io per primo!”
Detto questo Tristan si tuffò. Fu subito seguito da Luna e Adam. Io e Abigail rimanemmo sedute sul pontile. Con la coda dell'occhio guardai Abigail. Cavolo, era perfetta: gambe magre, pancia piatta, collo sottile... I suoi sette anni di allenamento al campo non avevano portato troppi cambiamenti sul suo fisico, a differenza di me. Ero un incrocio tra uno stambecco e un culturista. No, sto esagerando. Però era vero che l'unica cosa notevole che si poteva osservare sul mio torace erano gli addominali.
“Sempre tutto bene tra te e Adam?”. Cercai di mantenere un tono più noncurante possibile.
“Tutto a posto. Sono così felice quando lo rivedo. É triste potersi sentire solo per telefono nove mesi l'anno”. Accompagnò la risposta con un sorriso a trentadue denti. Io gettai sovrappensiero un'occhiata a Tristan e Adam. Erano quella che si dice una strana coppia: Adam era alto e muscoloso, a volte un po' impulsivo e poco sveglio, mentre Tristan era magro e asciutto, con gli occhi grandi e il mento affilato, sempre riflessivo e quasi crudele nel fare scherzi.
“Hai ragione. Hai più sentito tuo padre?”
“Sì, qualche volta. É ancora in Kazakistan per lavoro. Dice che tornerà tra un paio di mesi e rimarrà per qualche settimana”.
“Allora l'anno prossimo torni a casa?”
“No, non penso. Al massimo chiedo di allontanarmi per una settimana o due, per passare un po' di tempo insieme... Dov'è Tristan?” La voce di Abigail tradiva un certo allarme, e non potevo darle torto. Non ero l'unica vittima degli scherzi di Tristan, che dopo aver scoperto che Abigail era terrorizzata dagli insetti di ogni tipo, le aveva fatto trovare una decina di ragni nel letto.
Guardai in acqua, ma Tristan non si vedeva da nessuna parte. Stavo per alzarmi, quando delle mani gelate si appoggiarono sulla mia schiena e su quella di Abigail e ci spinsero in acqua. Riemersi rabbrividendo.
“Tristan!”, gridai vedendolo seduto sulle assi del pontile che rideva come un pazzo. Mi dimenticavo sempre di come fosse silenzioso.
“Tristan, sei un vero bastardo!”, disse Abigail, ma stava ridendo anche lei, sollevata del fatto che non si era trovata un lombrico sulla schiena.
“Degno di suo padre”, rincarò la dose Adam.
“Adesso però torni in acqua!” Lo afferrai per una caviglia e lui si lasciò trascinare, cadendomi pesantemente addosso. Tornai in superficie fissandolo con aria truce.
“Ragazzi, – disse Luna mezz'ora e una ventina di tentativi di affogamenti di Tristan dopo, – possiamo uscire? Sto andando in ipotermia”.
Ci salutammo e tornammo ai nostri capanni. Mi vestii e mi infilai sotto le coperte per riscaldarmi. Il lago era così freddo che i piedi mi erano diventati rossi. Chiusi gli occhi qualche minuto e quando li riaprii Tristan era sdraiato accanto a me.
“Cosa ci fai qui!?”
“Non gridare, ti prego”, si lamentò lui.
“Esci dal mio letto!” Ero a dir poco furiosa e anche parecchio imbarazzata: voi come vi sentireste se vi trovaste un ragazzo nel letto?
“Calmati, sono venuto qui perché i miei fratelli mi hanno riempito di miele il cuscino”.
“Niente che tu non ti sia meritato”, osservai cercando di spingerlo giù dal materasso.
“Mamma mia, come sei permalosa”.
“Un tizio si infila nel mio letto e tu dici che sono permalosa?”, esclamai.
“Io non sono un tizio”.
Ricaddi sul cuscino.
“Sai una cosa? Chi se ne frega. Puoi stare qui. Ma se mi tocchi ti tiro un pugno”.


Lunedì iniziarono ufficialmente le attività del campo. A colazione vennero distribuite le liste delle attività della settimana alle varie case. Notai, molto sollevata, che per prima cosa avevo il turno in lavanderia: si trattava solo di riempire e svuotare lavatrici. Essere l'unica occupante di un capanno non ti sollevava dalle attività più pesanti come pulire le stalle o lavare i piatti dopo i pasti.
"Ciao, Aurvandil", salutai un elfo entrando nell'ambiente umido e caldo.
L'elfo mi sorrise di rimando. Piccola precisazione: al campo vivevano gli elfi chiari, creature protettrici della natura, che ci davano una mano a gestire tutte le attività.
“Oggi ti tocca la lavanderia”.
Detto questo mi mise tra le braccia un cesto di vestiti bagnati.
“Questi vanno nell'asciugatrice”.
Stavo aspettando che gli abiti finissero di asciugare, quando arrivò di corsa Sarah, rappresentante della capanna due, quella di Frigg, la moglie di Odino.
“Potter? Elliott ha convocato un'assemblea urgente. Devi venire subito”.
“Cosa succede?”
La seguii attraverso il campo.
“Stanotte ho fatto un sogno”.
La sua affermazione mi innervosì: Frigg è una dea in grado di vedere nel futuro e non c'è da scherzare con i sogni dei suoi figli.
“E che sogno era?”
“Balder moriva di nuovo, – disse con voce grave. – E Ragnarok ricominciava prima del tempo”.











***

Angolo dell'autrice:

Eccomi qua!
Non aspettatevi che aggiorni tutti i capitoli così in fretta, ok? Era solo per mettere un po' di sostanza dopo il prologo. E se a qualcuno interessa, la piccola Pip era una scusa per presentare un po' il campo e le sue attività, quindi non comparirà più nei prossimi capitoli.
Per Tristan in particolare ho cercato di essere coerente con la personalità del padre che si ritrova, un po' mitigata però dalla sua parte umana.
Nel caso qualcuno non conoscesse tutti gli dei citati nel capitolo e non avesse voglia di andare a consultare Wikipedia, ecco una scheda sui sopracitati dei:

- Odino: il padre degli dei e dio della magia, della poesia e dei viandanti. Gli piaceva viaggiare per il mondo sotto mentite spoglie mettendo a prova i re e gli uomini. Gli manca un occhio perché l'ha donato alla fonte della conoscenza per accrescere il proprio sapere. Si porta sulle spalle due corvi (Huginn e Muninn) che lo tengono informato su tutto ciò che accade nel mondo e ha con sé la testa del gigante Mimir che gli rivela molte cose degli altri mondi. Ha appreso la conoscenza delle rune magiche stando appeso all'albero dei Nove Mondi, Yggdrasill, per nove giorni

- Frigg: la moglie di Odino, dea del matrimonio e della famiglia. Aveva poteri divinatori, sembra, caratteristica che trasmise al figlio Balder, che vide più volte la propria morte in sogno. Per impedire che questo accadesse, fece giurare a tutti gli oggetti, inanimati e animati, di non far del male a Balder, tranne una pianta di vischio, con il quale Loki uccise Balder. La conseguenza della sua morte sarà Ragnarok, la fine del mondo degli dei

- Thor: direi che è il dio che ha bisogno di meno spiegazioni. Figlio di Odino e Frigg, era il dio del tuono, e girava il mondo con un carro trainato da due capre. Combatteva con il famoso martello Mjollnir e aveva un paio di guanti di ferro e una cintura che accrescevano la sua forza

- Loki: figlio di un gigante dei ghiacci, era il dio dell'inganno malvagio e crudele, padre del lupo Fenrir, del serpente Midgardr, e del cavallo a otto zampe di Odino, Sleipnir. Spesso, però, era compagno delle avventure di Thor e in più occasioni ha aiutato gli dei con la sua astuzia

- Freya: era una divinità guerriera e dea dell'amore e della fertilità. Viaggiava su un carro trainato da grossi gatti blu

- Tyr: era dio della guerra, della giustizia e del diritto. Incarnava la figura di un guerriero maturo ed esperto, riflessivo e pronto al sacrificio personale. Infatti perde il braccio per catturare Fenrir con l'inganno: il lupo si sarebbe lasciato legare da delle corde magiche solo se un dio gli avesse donato un braccio

- Heimdall: è il guardiano del Bifrost, il ponte arcobaleno, che collega i mondi tra loro. Ha i sensi così fini che anche di notte vede come se fosse giorno e sente l'erba crescere. Ha un corno che suonerà all'inizio di Ragnarok e che è così potente che si sentirà in tutti i nove mondi

- Balder: dio buono e bellissimo, rappresentava il sole. Muore ucciso da Loki, ma tornerà dal regno dei morti quando inizierà la fine del mondo.

Un ultima cosa: l'idromele in realtà era una bevanda magica che dava ispirazione ai poeti, ma qui mi sono permessa di rimaneggiare un po' la storia, giusto per fare qualcosa di diverso dal solito nettare e ambrosia.

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Quando si scopre che Zeus e compagnia bella hanno figliato ***


Quando si scopre che Zeus e compagnia bella hanno figliato



Le assemblee si tenevano nella casa del Custode, cioè di Elliott. Trovai lì Tristan e Adam. Luna ed Abigail non erano ancora arrivate.
“Sarah ti ha detto tutto?”, mi chiese Adam mentre mi sedevo.
Annuii. In quel momento arrivarono di corsa Abigail e Luna. Elliott chiese silenzio. Erano presenti tutti i rappresentanti dei capanni, cioè coloro che si erano distinti tra i fratelli e le sorelle per qualche capacità.
“Vi è già stato comunicato il motivo per cui siete qui”, cominciò.
Annuimmo tutti.
“Sarah ha visto in sogno la morte di Balder, lo stesso modo in cui è stata annunciata la prima volta. Vi ricordate la storia? Per l'assassinio di Balder, Loki venne incatenato sui monti, con un serpente che gli colava veleno sul petto. Ma alla sua liberazione, desideroso di vendetta, scatenerà Ragnarok, guidando le armate di Muspell, la terra dei Giganti di Fuoco, su Asgard e sulla terra. Fenrir ucciderà Odino, Midgardr, il serpente che cinge il mondo, e Thor si uccideranno a vicenda. E da quella distruzione nascerà una nuova era. Ma stavolta non possiamo permettere che accada. Sarah, nel sogno hai anche visto quando avverrà l'assassinio di Balder?”
La ragazza chiuse gli occhi, riflettendo.
“Era notte. E... Balder dormiva. In una foresta. C'era luna nuova, luna nera, – riaprì gli occhi. – Accadrà tra un mese. La cosa strana è che c'era anche Fenrir”.
"Fenrir? – rifletté Adam – Ma dovrebbe essere ancora incatenato".
"Qualcuno deve averlo liberato prima del tempo", propose Sarah.
"Loki", suggerì cupamente Alexander, figlio di Hel.
Gettai un'occhiata a Tristan con la coda dell'occhio. Teneva le dita intrecciate sul tavolo e le fissava intensamente, senza dire una parola. Doveva essere difficile essere figli di un dio che, sebbene fosse necessario all'ordine cosmico, era un vero figlio di puttana.
Rimasi in silenzio anch'io, riflettendo su quello che aveva detto Adam. Era vero, Fenrir si era liberato molto prima di Ragnarok, ben dieci anni prima, il momento giusto per attaccarmi mentre arrivavo al campo. Non avevo detto a nessuno come mi ero davvero fatta la cicatrice sul viso, avevo raccontato che un Jotunn avesse ucciso mia madre. Sospettavo però che Elliott sapesse tutto, anche se non me ne aveva dato conferma.
"Il vero problema, – continuò Elliott, – è che, a quanto ha capito Sarah nel sogno, Ragnarok non dovrebbe ancora accadere, il corno di Heimdall non aveva suonato. Come se qualcuno stesse accelerando tutto il processo. Perciò dobbiamo fermarlo".
“Ma come facciamo a fermare il Ragnarok? – intervenne Brian, capo del capanno di Eri – La prima volta non ci sono riusciti neanche gli dei!”
“Non ci sono riusciti i nostri dei”, lo corresse Elliott. Il modo in cui lo disse mi diede una strana sensazione.
“Cosa intendi, Elliott?”, mormorai.
“Che c'è un modo per fermarlo”.
Mi sporsi in avanti verso di lui, appoggiando i gomiti sul tavolo.
“Spiegati meglio”.
“Chiederemo aiuto. Le divinità norrene non sono le uniche”.
Magda della casa di Vor era incredula.“Vuoi dire che esistono altri... campi?”
“Sì. Un altro campo. Altri semidei. Altri dei. Greci, per la precisione. Si chiama Campo Mezzosangue”.
Ricaddi pesantemente sulla sedia. Attorno a me i ragazzi cominciarono a confabulare tra di loro.
“Silenzio!”, ordinò Elliott.
Tutti tacquero.
“Dove si trova questo campo?”, chiese Abigail timidamente.
“Nella baia di Long Island, vicino a New York. Ho intenzione di mandare qualcuno di voi a parlare a loro e ai loro dei. Dobbiamo decidere chi guiderà questa... ambasceria”.
Concluse la frase e mi fissò. Anche gli altri si girarono verso di me.
“Ehi, non guardate me!”, esclamai nel panico.
“Non piantare grane, Selina. Sei tu la più adatta”, disse Tristan con fermezza.
“Ma io non posso! Non ho mai neanche mai avuto dei fratelli minori a cui fare da capo!”
“Selina, sei al campo da più tempo di chiunque altro. E sei figlia di Odino. Sei fatta per il comando”, aggiunse Luna.
“Ma...”
Non sapevo più cosa dire. Elliott mi tolse dall'imbarazzo.
“Comunque ne riparleremo questa sera nell'arena, dobbiamo informare anche gli altri di quello che sta succedendo. L'assemblea è sciolta”.
Prima di lasciarmi andare mi prese da parte.
“Selina, rifletti sul guidare questa missione. Gli altri non seguirebbero nessun altro a parte te”.
“Ma perché io? Non sono carismatica o gentile e non mi sono mai distinta per coraggio o cose del genere!”
“Ma sei quella meglio allenata e sei quella con più esperienza. Selina, sono dieci anni che vivi qui. Ti hanno sempre vista e, che tu lo sappia o no, tutti sanno chi sei. Inoltre, sei figlia di Odino, il padre degli dei”.
"E se invece mandassimo Luna? Tutti vogliono bene a Luna".
"Quindi vorresti mettere a capo la figlia del dio della guerra e rimanere in secondo piano? Non pensi che farebbe loro una strana impressione vedere la figlia del capo degli dei al seguito di qualcuno? – fece una pausa – Dobbiamo essere credibili, Selina. Non mandare per prima la figlia di Odino sarebbe sciocco".
Mi allontanai in silenzio. Non tornai alla lavanderia, ma mi andai a sedere sul molo sul lago Eire, cercando di trovare il coraggio di accettare il compito che mi volevano affidare.
Un vecchietto si sedette accanto a me, canticchiando un motivetto in una lingua sconosciuta. Indossava un vecchio mantello logoro e un cappello a tesa larga, si aiutava a camminare con un bastone e gli mancava un occhio. Tornando a parlare in inglese, disse:
“Piccola Elena tutta impettita, di bianco mi sembri vestita. Ma il tuo naso rosso rosso, che fa? Più lunga la sua vita sarà, sempre meno a te ne rimarrà. Chi è Elena?"
“Si tratta di una candela, non è vero, papà?”
Il vecchietto mi guardò sorridendo.
“Esatto, figlia mia, esatto. E hai anche indovinato chi ero io, complimenti”.
“Non è difficile, considerando che sei l'unico dio che va in giro a fare indovinelli”.
Due corvi si vennero a posare sulle spalle di mio padre.
Ehi, bella!”, disse uno dei due nella mia testa.
“Ciao, Muninn”
Muninn, smettila di fare lo scemo con la figlia del capo! Vuoi che cominci a darci miglio come l'ultima volta? Ciao, Selina”.
“Ciao, Huginn. Papà, come mai questa visita improvvisa?”
“E me lo chiedi pure?”
“Sei qui per convincermi ad accettare di guidare l'ambasciata”.
“Sì”.
“Ma non ci riuscirò! – protestai – Non sono in grado di andare d'accordo con i miei compagni del campo, figurarsi convincere un gruppo di sconosciuti ad accettare di seguirci in una missione suicida!”
“Selina, – disse mio padre, – non è un caso se tu sei l'unica occupante del capanno uno. Troppi ragazzi adatti a tenere il potere? Sarebbe un pasticcio. Anche se non te ne rendi conto, essere la guida dei tuoi amici è ciò a cui sei più adatta”.
“Ti sbagli”, ribattei.
“D'accordo, mi sbaglio. Non ti disturberò più”.
Detto questo, scomparve. Rimasi da sola ancora qualche minuto, poi mi raggiunse Tristan.
“Credevo mi avresti buttata nel lago”, sospirai.
“C'è un limite a tutto. Hai deciso?”
Annuii.
“Guiderò l'ambasciata”.
“Ti rendi conto che quasi sicuramente ti faranno guidare anche la missione?”, sottolineò lui.
“Lo so”.
Tristan mi tirò un pizzicotto.
“Ahia! Ma che fai?”
"Volevo vedere se eri sveglia. Sei proprio un bel tipo, sai? Tutti i ragazzi del campo sognano di essere a capo di questa missione e tu volevi rifiutare, – si interruppe. – Sei così pigra da non aver voglia di guidare la missione?"
"Non sono pigra. Ho una paura fottuta di assumermi delle responsabilità".
Tristan tolse scarpe e calze e mise i piedi in acqua.
“Senti, – incominciai, – tu sei l'unico di cui non so niente della sua vita fuori dal campo. So del padre di Abby che è sempre in giro per lavoro, della madre di Adam che è una professoressa universitaria e della madre di Luna che lavora in un ospedale psichiatrico. Perché tu non parli mai di tua madre?”
Lui grattò via distrattamente dal pontile un po' di vernice, arrossendo vistosamente.
“Il fatto è che la mia famiglia è... un po' strana”.
“Cosa vuoi dire?”
Si mosse a disagio.
“Tu sai che Loki è in grado di assumere varie forme e occasionalmente cambiare sesso”.
Non essendo una grande osservatrice, non mi accorsi che parlare gli costava immensa fatica.
“Sì, e quindi?”
Tristan fece una pausa, sempre più rosso.
“E quindi... mio padre è mia madre”.
Ok, non avevo capito un cacchio.
“Puoi ripetere, scusa?”
Lui gemette.
“Cosa c'è da capire? Loki era sotto forma di donna, ha incontrato mio padre e sono nato io”.
A momenti mi cadde la mascella. Sapevo che Loki era un dio strano, e che aveva partorito Sleipnir sotto forma di giumenta, ma non credevo gli fosse piaciuto così tanto da farla diventare un'abitudine.
“Comunque... – tentai di mantenere un tono leggero. – Che lavoro fa tuo padre?”
“Il modello”.
“Oh”.
“E se lo conoscessi capiresti come Loki potesse essere interessato a lui”.
“Non molto simpatico?” "Ed estremamente figo?", aggiunsi mentalmente. Se aveva fatto venire voglia al dio di riattraversare tutto il travaglio pur potendo risparmiarselo, doveva essere un bel pezzo d'uomo.
“È un bastardo fatto e finito. Sia a casa che sul lavoro”.
“Non lo conosco, ma ti inviterei a non esagerare”, lo rimproverai.
“Non sto scherzando. Ha un altro figlio oltre a me, avuto da una collega, che gli assomiglia un sacco. Quest'anno sono tentato di rimanere qui”.
Io impallidii.
“Cazzo, no! Non posso sopportarti per tutto l'anno!”
Lui sorrise.
“Hai ragione, finiremmo per ammazzarci a vicenda”.
Inclinai di lato la testa, notando una cosa sul suo orecchio.
"Ti sei fatto fare un orecchino? Come sei effeminato!"
Lui si toccò il lobo istintivamente.
“Quando ho detto a mio padre che mi sarebbe piaciuto avere un orecchino, mi ha proibito di farlo. Il giorno dopo l'avevo di già”.
Si alzò in piedi, battendomi una mano sulla spalla.
“Io torno ai percorsi sugli alberi, ho lasciato i miei amati fratellini là. Ci vediamo stasera nell'arena”.
“Torno anch'io in lavanderia. Aurvandil ha bisogno di aiuto”.

La sera, dopo cena, venimmo radunati nell'arena. La maggior parte dei ragazzi era già al corrente di tutto, ma Elliot spiegò di nuovo la situazione. Un bisbigliare nervoso si alzò dalle file quando parlò del Campo Mezzosangue.
“Abbiamo deciso, – continuò Elliott, riportando silenzio, – di mandare un gruppo di ragazzi a questo campo, per vedere se possono aiutarci. Selina, – si rivolse verso di me, – accetti di guidare i tuoi amici fino a Campo Mezzosangue?”
Io mi alzai in piedi.
“Accetto”.
“Bene. Scegli pure chi ti accompagnerà”.
Mi guardai in giro, alla ricerca dei miei amici. Per prima cosa, mi girai da Abigail, che sedeva con il gruppo dei figli di Freya.
“Vorrei che venisse con me Abigail Lamper, Luna Cox e Adam Harris”.
Guardai il gruppo dei figli di Loki. Tristan mi fissava con un'espressione impenetrabile.
“E voglio che venga anche Tristan Morris”.
Si alzarono delle proteste. Joseph diede voce a quello che pensavano tutti.
“Lui e i suoi fratelli sono i figli dell'assassino! Come puoi pensare di poterti fidare?”
Mi morsi le labbra: era ciò che avevo temuto. Ma Tristan pensò da solo a difendersi.
“Noi non siamo responsabili delle azioni di nostro padre, né le appoggiamo, Joseph. E inoltre, ricorda che Loki ha più volte aiutato tuo padre nelle sue avventure, quindi pensaci due volte prima di parlare contro di noi”.
Joseph tacque.
“Allora saranno questi i tuoi compagni, Selina?”, disse Elliott
“Sono loro”.
“Bene. Partirete domani mattina all'alba, con i figli di Sleipnir. Preparate stasera quello che vi servirà per il viaggio”.

Il mattino dopo lasciammo il campo. Io mi portavo dietro, a parte vestiti di ricambio, la mia ascia. Adam aveva con sé il martello, Luna una spada, Abigail arco e frecce e Tristan due lunghi pugnali. La prudenza non era mai troppa, avremmo potuto imbatterci in qualche mostro durante il viaggio. I figli di Sleipnir con cui viaggiavamo, erano, appunto, figli o discendenti del cavallo di Odino, e non c'erano animali più veloci di loro.
In qualche ora raggiungemmo New York, che mi lasciò estasiata con tutti i suoi grattacieli, e nel primo pomeriggio eravamo alla baia di Long Island. Lasciammo i cavalli ai piedi della collina sulla cui cima stava l'ingresso del campo. A guardia di questo stava un grosso drago, attorcigliato ad un albero, che ci lasciò passare senza problemi. Aveva sentito che eravamo semidei. Mi bloccai prima di entrare.
“Coraggio”, mi incitò Abigail.
Ma non mi ero fermata per paura. Mi ero fermata perché era la prima volta che vedevo l'oceano. Guardai quella distesa luccicante di acqua e inspirai a pieni polmoni l'aria che sapeva di alghe. A quel punto entrai. La prima persona che vidi fu un uomo coperto di occhi. Avanzai verso di lui a grandi passi.
“Abbiamo bisogno di vedere il direttore di questo campo, – dissi in tono sicuro. – Il mio nome è Selina Potter, vengo da Campo Nord e sono figlia di Odino”.
L'uomo strabuzzò tutti gli occhi, il che fu uno strano spettacolo, poi ci fece cenno di seguirlo e ci guidò verso una costruzione a quattro piani dipinta d'azzurro, sotto il cui portico stavano seduti un uomo in sedia a rotelle che ci guardò sorridente, ma sorpreso, e un quarantenne con capelli neri e ricci che giocava a carte con tre ragazzi mezzi capre. Satiri, evidentemente.
“Vi do il benvenuto al Campo Mezzosangue, ragazzi, io sono Chirone. Se siete riusciti ad entrare, dovete essere semidei. Non siete accompagnati da un satiro-guida?”
Il tizio sulla sedia a rotelle, che a quanto pare non era nient altri che Chirone l'addestratore di eroi, si sporse a guardare alle nostre spalle.
“No, – replicai perplessa, – non siamo accompagnati da un... satiro-guida. Io e i miei amici veniamo da Campo Nord. Siamo semidei figli delle divinità norrene. Mio padre è Odino”.
Chirone ci guardò a bocca aperta, mentre attorno a noi si radunava un gruppetto di ragazzi incuriositi. L'uomo che giocava a carte interruppe la partita e ci guardò scettico. Doveva essere un dio, perché sentivo una certa aura di potere. A causa della mia agitazione, cominciarono a venirmi scintille tra i capelli. Mio padre è anche dio della magia, e quando sono molto nervosa accadono cose strane. Le spensi imprecando. Dieci anni al campo e non riuscivo ancora a controllare i miei poteri.
“Ci stai prendendo in giro, ragazzina?”, mi chiese il presunto dio in tono petulante.
“No, signore”, rispose Luna con educazione.
“Bene”. E riprese a giocare.
Chirone ci invitò a fare un po' di spazio e si alzò in piedi. In effetti ero curiosa di sapere che fine avesse fatto la parte equina dell'uomo: l'aveva solo nascosta in una sedia a rotelle. Com'è che non ci avevo pensato?
Forse vi starete chiedendo come facevo a sapere tutte quelle cose sulle sulla mitologia greca. Il merito era tutto di Luna e della sua passione per qualsiasi argomento astruso. Tipo poesia o cose del genere. Quanta gente conoscete che ha letto tutto lo Zibaldone di Leopardi?
"Seguitemi".
Ci guidò nella casa e ci fece sedere attorno a un tavolo da ping pong. Io gli dissi tutto: di Campo Nord, degli elfi, del sogno di Sarah e di Ragnarok.
"Per questo dobbiamo impedire l'uccisione di Balder, – conclusi. – Altrimenti Loki, quando si libererà dalle catene, guiderà, desideroso di vendetta, le armate di Muspell, i giganti di fuoco, contro Asgard, la dimora degli dei, e sulla terra. Senza dover affrontare quell'esercito, i nostri dei potranno avere una possibilità in più di sconfiggere Fenrir e Midgardr, il serpente che cinge il mondo".
Il centauro annuì.
“In questo caso bisogna organizzare un consiglio. Ma prima devo chiamare le Cacciatrici. Se le contatto adesso, dovrebbero essere qui per domani”.
Inclinai la testa di lato.
“Cacciatrici?”
“Ragazzine immortali che scelgono di rifiutare la compagnia dei maschi, per seguire la dea Artemide nelle sue avventure”.
Chirone si chinò verso un satiro, mormorandogli qualcosa all'orecchio e quello uscì dalla casa di corsa. Poi si rivolse di nuovo a noi.
“Gli ho chiesto di andare a chiamare Annabeth, capo della casa di Atena. Lei vi spiegherà qualcosa di questo campo”.
La ragazza arrivò poco dopo. Era bionda, alta e con tempestosi occhi grigi. Speravo che l'altezza media al Campo Mezzosangue fosse minore rispetto a quella di Campo Nord, ma rimasi delusa da quella stanga di un metro e ottanta. Perché, cacchio, perché ero l'unica semidea alta un metro e cinquantasei?
“Piacere, Selina Potter”, dissi porgendole una mano.
“Annabeth Chase. Siete nuovi?”
“In un certo senso”, convenne Adam.
“Annabeth, – intervenne Chirone, – ti spiegheranno i ragazzi il motivo per cui sono qui. Tu mostra loro il campo”.
La ragazza annuì e ci condusse fuori. Appena scendemmo dal portico, chiese:
“Da dove venite?”
“Campo Nord”, rispose Abigail.
Annabeth corrugò la fronte.
“Non ho mai sentito parlare di questo campo”.
“Neanche noi del vostro, – le assicurai. – Ci ha spiegato qualcosa il capo del nostro campo”. Non so perché mi fossi sentita obbligata ad assicurarle che anche noi non sapevamo niente. Forse erano stati quel lampo irritato negli occhi e la mano che si serrava sul pugnale legato alla cintura. Forse.
La bionda si piazzò davanti a me a braccia incrociate e mi studiò il viso.
"Che c'è?", chiesi diffidente.
"Brutta cicatrice. Come te la sei fatta?"
"Un gigante dei ghiacci".
Annabeth annuì, dopo di che ci portò nel mezzo di un gruppo di case a forma di omega. Dovevano essere più o meno tante quante le nostre.
“Alla fine della guerra con i Titani abbiamo costruito le case per tutti gli dei minori. Ne sono venute fuori parecchie di più delle originali dodici, – spiegò Annabeth. – Voi quante ne avete?”
“Tante pure noi”, risposi.
Annabeth poi ci portò a vedere le varie attività del campo. Erano più o meno uguali alle nostre, solo senza la voliera, i percorsi sugli alberi e un piccolo ippodromo. Gettai un'occhiata al pugnale che la ragazza portava al fianco.
“Di che metallo è fatto?”, chiesi ad Annabeth.
“Bronzo celeste, – rispose. – Perché, le vostre di cosa sono fatte?”
Le porsi la mia ascia.
“Ferro dei Nibelunghi, un antico popolo di nani”.
Annabeth toccò la lama con l'aria affascinata.
“Ditemi di più del vostro campo. Chi è il capo?”, chiese.
“Elliott. È figlio di Heimdall, guardiano di Bifrost, il ponte che collega i Nove Mondi. Ha ricevuto l'immortalità dopo aver recuperato le mele di Idhunn, che garantiscono eterna giovinezza agli dei...”
“Eterna giovinezza? Scusa, ma gli dei non sono immortali?”
“Non i nostri. Infatti moriranno nel Ragnarok, la fine del mondo, e Balder verrà assassinato da Loki. I nostri dei possono morire”.
“Che strano”, commentò Annabeth a mezza voce.
“E nella foresta del nostro campo vivono gli Elfi Chiari”.
“Sembra di ascoltare la trama di un libro fantasy”.
“Be', tutto il fantasy si ispira alla mitologia norrena”.
Finito il giro nel campo, Annabeth ci stava riportando alla Casa Grande, quando venimmo intercettati da una ragazza robusta con capelli castani che si rivolse ad Annabeth.
“Ehi, Testa d'Uovo, hai visto Prissy? Aveva detto che avremmo duellato questo pomeriggio”. La ragazza aveva una voce potente e aggressiva.
“No, Clarisse, non so dov'è. Come vedi, sono un po' occupata”, sbottò la figlia di Atena lievemente scocciata.
Clarisse ci guardò, critica.
“Ancora dei nuovi? Bene, ci sarà da divertirsi. In particolare con te, – mi pungolò con un dito sul petto. – Quanti anni hai, scricciolo? Non te ne darei più di dodici”.
“Ne ho sedici, e se fossi in te non farei tanto la sbruffona, – risposi, punta sul vivo. – Infatti sono dieci anni che mi alleno al mio campo”.
“Alzi parecchio la cresta, piccola come sei. Ma di che razza di campo parli?”
“Campo Nord, e io sono figlia di Odino”.
“Sì, come no, e mia madre è una gorgone. Annabeth, ma da dove salta fuori questa sciroccata?”
Adam fece un passo avanti.
“Lasciala stare, non sta raccontando balle. Campo Nord esiste davvero, io sono Adam, figlio di Thor”.
Clarisse ci guardò, non del tutto convinta. Io invece avevo acquistato sicurezza non appena Adam si era fatto avanti per difendermi. Mi aveva fatto dimenticare per un attimo che era pazzamente innamorato della mia migliore amica.
“E voi altri? – disse Clarisse rivolgendosi ad Abby, Luna e Tristan – Chi sono i vostri genitori?”
Tristan si inchinò con aria beffarda.
“Tristan Morris, figlio di Loki, dio dell'astuzia”.
Gli pestai un piede.
"Fai poco lo spiritoso", gli sibilai in un orecchio.
“Abigail Lamper, figlia di Freya, dea guerriera dell'amore e della fertilità”, disse Abby con un sorriso luminoso. Luna strinse la mano a Clarisse, presentandosi per ultima.
“Luna Cox, figlia di Tyr, dio della guerra e della giustizia”.
Clarisse le batté compiaciuta una mano sulla spalla non appena sentì questo.
“Figlia del dio della guerra, eh? Mi piace!”
Inarcai un sopracciglio davanti a quell'improvviso cambio di atteggiamento. Alla fine Annabeth riuscì a riportarci alla Casa Grande. Ci accolse Chirone sulla soglia.
“Ho contattato Artemide, lei e le sue Cacciatrici saranno qui per domani mattina”.
Quella sera a cena Chirone ci fece stare al tavolo con lui. Scoprii che potevo chiedere qualsiasi tipo di bibita al bicchiere e quello si sarebbe riempito da solo. Chiesi una limonata, come quelle che faceva mia mamma, quasi tutte zucchero e limone e poca acqua.
“Ehi, ragazzi”, disse Tristan per richiamare la nostra attenzione.
“Cosa vuoi, Tris?”, chiese Adam, che teneva un braccio attorno alla vita di Abigail.
“Voglio solo fare un brindisi...”
Luna fece una smorfia.
“Tristan, da quando fai queste cose?”
“...a Selina, – continuò lui imperterrito – visto che oggi non ha ucciso nessuno al Campo Mezzosangue. E speriamo non lo faccia domani”.
Gli tirai una patatina.
Dopo cena Chirone ci fece sistemare in alcune stanze vuote al secondo piano della Casa Grande. Mi misi in pigiama e mi sdraiai a letto, cercando di prendere sonno, ma la tensione della giornata me lo impediva, quindi rimasi i miei buoni tre quarti d'ora a fissare il soffitto nel buio. Alla fine decisi che tanto valeva farsi un giro per la casa. Uscii dalla camera in punta di piedi e camminai silenziosamente lungo il corridoio, fino a quando passai di fronte alla camera di Tristan, nella quale la luce era ancora accesa. Socchiusi la porta e misi la testa dentro. Tristan alzò lo sguardo dal libro che aveva in mano e mi fissò attraverso gli occhiali.
Occhiali?!
Sì, aveva indosso in paio di occhiali dalla montatura sottile, che si sfilò per guardarmi in faccia.
“Da quando porti gli occhiali?”, mormorai.
“Da sempre, genietto. Solo che li metto solo per leggere”.
Rimasi in piedi sull'uscio.
“Be'? – mi fece cenno di venirmi a sedere accanto a lui – Entra”. Mi richiusi la porta alle spalle e mi avvicinai al suo letto, sedendomici poi pesantemente.
"Non riesci a dormire?"
"No".
“Nervosa?”
“Non sai quanto. Domani dovrò anche parlare in consiglio”, sospirai.
"Che impressione ti ha fatto il campo?"
"Buona. Sono stata un po' confusa da Clarisse".
"Anch'io. Vuoi dormire qui?"
Me lo chiese con una naturalezza tale che non trovai niente di strano in quella proposta. Annuii. Lui si spostò per farmi spazio e mi infilai sotto alle lenzuola. Mi addormentai qualche minuto dopo.














***

Angolo dell'autrice:

Ed ecco qua il nuovo capitolo!
Ho ricevuto delle recensioni tanto adorabili nello scorso capitolo, che mi sono sciolta. Certo, adesso ho il terrore di deludere chi mi ha lodato. Sentite, io farò del mio meglio.
Sto anche cercando di scrivere con il gatto quasi sdraiato sulla tastiera, credo che voglia essere coccolato.
Queste note d'autore sono un po' penose, ma sono riuscita a trascinarmi al computer dopo una tristissima domenica passata a letto per la nausea. Perdonatemi se non sono in forma.
Piccola scheda degli dei: Hel era figlia di Loki e dea degli inferi, Vor era la dea della saggezza ed Eri era un'ancella di Frigg e dea della medicina.
E quel simpaticone di Odino si divertiva a fare indovinelli ai mortali. Chi aveva capito che era la candela, la piccola Elena?
Be', non mi resta che augurarvi una buona lettura!

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Capitolo 4
*** E Tristan sembra voler rinnegare la sua discendenza, ma poi ci ripensa ***


E Tristan sembra voler rinnegare la sua discendenza, ma poi ci ripensa





Il giorno dopo mi svegliai con il sole negli occhi. Li aprii e mi misi a sedere stiracchiandomi.
"Buongiorno, pigrona", mi disse una voce familiare.
Mi girai verso Tristan che si stava finendo di vestire.
“Se non ti sbrighi, faremo tardi a colazione”, mi ricordò.
Mugugnai qualcosa in risposta e tirai svogliatamente le gambe fuori dalle lenzuola. In quel momento si spalancò la porta della camera e apparve Luna sulla soglia.
“Tristan! Hai visto-”
Le morirono le parole in gola, vedendomi, e arrossì.
“Ah, sei qui, Selina...”
Richiuse la porta con delicatezza. Guardai Tristan inarcando un sopracciglio.
“Direi che mi stava cercando.”
“Direi anch'io. Adesso alza le chiappe dal mio letto e vatti a vestire.”
Non avevo nessuna voglia di rispondergli per le rime, e comunque non avevo una risposta pronta. La mattina il mio cervello faceva fatica a connettere.
Tornai in camera mia e mi vestii, indossando la maglia del nostro campo e pantaloni da montagna marroni troppo grandi che dovevo stringere in vita con una cintura. Dopodiché corsi verso le scale, scontrandomi con Abigail che arrivava dalla parte opposta. Ci capitava spesso di urtarci, pestarci i piedi e così via. Io perché non facevo mai troppo caso a quello che mi stava intorno. Abigail invece era affetta da quello che chiamavo “Morbo di Bella Swan”: sembrava avere troppe ginocchia, era tanto scoordinata che una marionetta al suo confronto sembrava Svetlana Zakharova. Per continuare la lista dei suoi pseudo difetti, posso dire che provava un odio viscerale e ingiustificato verso la lettura e altre attività sedentarie che non fossero il pettegolezzo e che sapeva essere davvero priva di tatto.
"Scusa, Abby", borbottai lasciandola passare.
"Figurati", trillò lei.
Scendemmo a fianco a fianco in silenzio, poi una volta fuori Abigail si girò verso di me con fare deciso.
"Senti, ma cosa ci facevi nella stanza di Tristan, Sel?"
Cosa dicevo della mancanza di tatto?”
La guardai stupita.
"Cosa vuoi che facessi, sono solo andata a dormire da lui. Facevo fatica ad addormentarmi".
Abigail mi fissò in modo strano.
"Sì, sì, va bene... Ma almeno immagini che hai fatto una cosa molto da fidanzatina?"
Deglutii.
"Cosa intendi?"
"Andare a dormire da lui? Suona... romantico."
"Siamo solo amici!" protestai.
Mi lanciò una strana occhiata e poi andò a colazione. La seguii affrettando il passo. Ripensando alle sue parole, capii che effettivamente avevo fatto una cosa davvero ridicola. Ma era più forte di me: Tristan era davvero solo un amico. Non provavo altri sentimenti per lui. Quelli erano per Adam.
"Ma tu questo non lo sai, Abby, e non voglio che tu lo sappia."
A colazione feci tutto il possibile per sedermi lontano da Tristan. Mentre mangiavamo, Chirone ci disse che le Cacciatrici sarebbero arrivate a momenti, e che le avremmo aspettate nell'arena di scherma, dove si sarebbe svolto il consiglio. Lo ascoltai con attenzione, sentendo lo stomaco che mano a mano si stringeva per la tensione. Appena finita la colazione, arrivarono al campo le Cacciatrici, guidate da una ragazza sui sedici anni con gli occhi blu elettrico e i capelli neri. Chirone allora chiese ai capi delle case di radunarsi nell'arena di scherma, poi ci guidò personalmente fino al luogo del consiglio. Si piazzò al centro, facendoci cenno di rimanere accanto a lui. Feci scorrere lo sguardo sui ragazzi, che ci fissavano con curiosità o diffidenza. Notai che la Cacciatrice con corti capelli neri e occhi blu se ne stava in disparte con due sue compagne.
Chirone mi diede un colpetto su una spalla, invitandomi a parlare. Mi schiarii la voce e ripetei tutto il discorso che avevo fatto il giorno prima. Alla fine avevo la gola secca.
"Per questo abbiamo bisogno del vostro aiuto, – conclusi. – Da soli i nostri dei non riusciranno mai a sconfiggere Fenrir e Midgardr e le armate di Muspell da soli. Non ci sono riusciti la prima volta. Se avessimo qualcuno che protegge la terra mentre-"
"Scusa, ma quindi ci va di mezzo anche la terra?" chiese un ragazzo con i capelli neri seduto accanto ad Annabeth.
"Sì. Loki non si accontenterà di distruggere la dimora degli dei, brucerà anche la terra, guidando i Giganti di Fuoco."
"Accidenti", commentò il ragazzo.
"Secondo la leggenda si salveranno solo una coppia di uomini che daranno vita a una nuova stirpe di uomini. Ma non dovrebbe accadere adesso."
"E quando allora?" chiese Clarisse, provocante.
"Non lo so, ma non è questo che importa."
Mi passai nervosamente una mano sui dieci bracciali che portavo al polso, uno per ogni anno che avevo passato al campo. Incrociai lo sguardo di Abigail che alzò un pollice in segno di approvazione.
"Ma scusate, – intervenne una ragazza asiatica con lunghi capelli neri e pesantemente truccata, – come facciamo a sapere che non ci state raccontando una balla? Cinque sconosciuti si presentano al campo e ci dicono di essere figli di Odino, Thor, Loki... Con tutto il rispetto, sembra che siate usciti da un fumetto."
"Cosa vuoi dire, Drew?" chiese Annabeth.
"Insomma, non ci hanno neanche dato prova dei loro poteri."
Avanzai minacciosa. Quella ragazza, che avevo catalogato come figlia di Afrodite, voleva una prova dei miei poteri?
"Vuoi che ti faccia vedere di cosa sono capace?" ringhiai a denti stretti.
"Sel, la diplomazia?" mormorò Luna in tono urgente.
"'Fanculo la diplomazia."
Stavo per fare la cazzata del secolo, cioè incenerire Drew, ma venni fermata dalla mano di Tristan che mi afferrò per una spalla.
"Selina, calmati", mi ordinò.
Guardai Drew con aria di sfida, ma mi diedi una calmata. Tristan fece un passo avanti.
"Scusate la mia amica, sapete, è molto sotto pressione. Il suo compito è molto importante, e ha dovuto accettarlo un po' forzatamente, ma al campo non ci fidavamo a mandare qualcun altro se non lei."
Era la prima volta che sentivo Tristan usare i suoi poteri e ne ero ipnotizzata. Era così persuasivo che con quelle poche parole aveva ottenuto l'attenzione di tutti. Gli lanciai uno sguardo d'ammirazione e lui rispose strizzando un occhio.
"E poi, dovreste sapere bene come sia difficile sopportare il peso delle responsabilità, quando da te dipende il destino del mondo. Non è vero, Percy Jackson?"
Tutti si girarono verso Percy, il ragazzo accanto ad Annabeth, con aria stupita e meravigliata. Sapevo cosa si stavano chiedendo: come diavolo fa a conoscere Percy? Infatti me lo stavo chiedendo anch'io. Ma avevo imparato che non era il caso farsi troppe domande con Tristan e le sue conoscenze, sembrava sapere tutto di tutti.
"Abbiamo bisogno di qualcuno di voi che ci accompagni sull'Olimpo e convinca le divinità greche ad aiutarci. Allora, lo farete o no?" chiese alla fine Tristan.
Fu Annabeth a parlare.
"Io dico di sì. Voialtri?" domandò rivolta agli altri capi delle case.
Quando Percy diede il suo consenso, tutti lo seguirono a ruota. Stabilimmo che quella sera avremmo deciso chi ci avrebbe portati sull'Olimpo. Mentre Tristan mi passava di fianco gli bisbigliai nell'orecchio: ti devo parlare. Aspettai che tutti uscissero dall'arena, poi mi rivolsi verso di lui, seduto in un angolo, per terra. Gli andai incontro con passo deciso, lo afferrai per il colletto della maglia, facendolo alzare in piedi e lo fissai negli occhi.
"Come cazzo facevi a sapere di quel Jackson? Cos'altro sai di questo campo, Tristan?" sibilai.
Lui mi guardò con aria serafica.
"Selina, tu ti rendi conto che passo appena tre mesi l'anno al campo, mentre gli altri nove li passo a New York? Dopo aver visto un paio di scuole saltare in aria per quel ragazzo, Percy, ho deciso che era il caso di saperne di più. Tutto qui".
Avrei voluto prenderlo a schiaffi. Sembrava avere la situazione in pugno, sembrava essere lui quello che attaccava, e non quello che era stato afferrato per la maglietta e rudemente tirato in piedi.
Lasciai andare Tristan, che tornò a sedersi per terra.
"Perché non mi hai mai detto niente?" brontolai.
"Non mi andava." Scrollò le spalle con noncuranza.
"Argh! – mi misi le mani nei capelli in un gesto disperato – Sei impossibile! A volte mi chiedo se sei davvero mio amico!"
Lui inarcò un sopracciglio.
"Amico? A quanto ricordo, tu hai sempre paragonato il nostro rapporto a quello che ha una persona con il suo raffreddore cronico. Non quella che definirei un'amicizia."
"Una pacifica convenienza, è vero. Oddio, anche sul pacifica avrei dei dubbi..."
Cambiai bruscamente discorso.
"Cos'altro sai di questo campo?"
Tristan si picchiettò il mento con l'indice, fingendo un'espressione pensierosa.
"Vediamo... Percy e Annabeth stanno insieme, l'ex capo della casa di Ermes ha tradito i suoi compagni per passare dalla parte di Crono durante la guerra contro i Titani e alla fine è stato quello che ha salvato tutti, Zeus, Poseidone e Ade non dovevano avere relazioni con le mortali, ma sono saltati fuori i figli di ognuno dei tre un po' alla volta..."
"Ok, basta così", esclamai massaggiandomi una tempia.
Tristan mi guardò con un sorriso soddisfatto.
"Come hai fatto a scoprire tutto questo?" chiesi sospirando.
Lui si infilò un cappello e sparì da sotto i miei occhi.
"Tristan!" gridai colta di sorpresa.
"Tranquilla, sono qui", disse ricomparendo.
"Come hai fatto a scomparire?"
Lui mi porse il cappello, un semplice berretto verde militare.
"Me l'ha passato mio padre, l'ha fregato a Sigfrido giocando a poker."
"Nel Valhalla giocano a poker?" chiesi inarcando un sopracciglio.
"Già, e dovresti vedere le scommesse sui cavalli."
"Ci sei stato?"
"No, mi ha detto tutto-"
"Tuo padre, sì, – finii la frase al posto suo. – E quindi hai passato l'inverno a spiare Percy e il resto della banda?"
"L'inverno e gran parte della primavera", specificò.
"Ehi, piccioncini!"
Mi girai verso l'entrata dell'arena, sentendo la potente voce di Clarisse, seguita dai suoi fratelli. La fulminai con un'occhiata.
"Che c'è?" esclamai scontrosa.
"Ci dobbiamo allenare, fareste meglio ad alzare le chiappe", rispose lei.
Io e Tristan non ci muovemmo di un millimetro. I fratelli di Clarisse cominciarono a diventare curiosi su come avrebbe reagito la ragazza, che si stava tingendo di un'interessante sfumatura magenta. Decisa ad andare per le spicciole, Clarisse mi venne incontro e si piazzò a qualche centimetro dal suo naso.
"Senti, Saliera, sarete anche qui per la salvezza del mondo, ma non siete di questo campo, quindi adesso tu e il tuo amichetto Tristezza andate via o vi riempio tanto di calci che non riuscirete ad andare al cesso per un mese."
Tristan si alzò con serenità spazzolandosi i pantaloni.
"Va bene, donna guerriera, non c'è bisogno di fare tutto questo casino. Non ho intenzione di minare la tua reputazione davanti ai tuoi fratelli."
A me non poteva fregare di meno di rovinare la reputazione di Clarisse, ma non potevo permettermi di mettere in crisi i rapporti tra i campi. Potevo però togliermi una piccola soddisfazione.
"Tranquilla, vado anch'io. Ma prima, - dissi incrociando le braccia sul petto, - voglio sfidarti a duello."
Tristan non diede tempo a Clarisse di rispondere: mi afferrò per un braccio e mi trascinò via, scusandosi con un: “Mi è sembrato che Adam ci chiamasse, dobbiamo andare.”
Quando fummo fuori dall'arena, mi divincolai dalla sua stretta.
“Perché mi hai portato via!?” esclamai.
“Selina, sai cosa significa lasciare perdere?” mi chiese Tristan esasperato.
“Certo che lo so!”
“Hai mai provato a farlo?”
"Lo faccio molte più volte di quanto tu non creda." Incrociai le braccia sul petto.
"Ah sì?" Tristan inarcò un sopracciglio con aria sarcastica.
"Sì. Hai idea di quante volte rinunci a picchiarti? E comunque perché non mi hai lasciata sfidare Clarisse?"
Dovevo proprio sembrare una bambina capricciosa, perché lui sospirò con l'espressione di un genitore che spiega per l'ennesima volta una cosa al figlio.
“Perché chiunque delle due avesse vinto, vi sareste arrabbiate l'una con l'altra, e non voglio che succeda. Vorrei che entrasse nel nostro gruppo.”
“Cosa!? Neanche la conosci!”
Lui sbuffò sul limite di perdere la pazienza.
“Devo ripeterti che conosco meglio di te questo campo? So di Clarisse, nella guerra contro i Titani ha sconfitto un dragone da sola.”
Feci una smorfia e cominciai a dirigermi verso la Casa Grande. Dietro di me sentii i passi di Tristan che accelerava per stare al passo.
"C'è qualcun altro che vuoi nel nostro gruppo?"
"Percy e Annabeth, ovviamente."
Come se li avessimo evocati, ce li trovammo davanti che discutevano con un ragazzino sui tredici anni con i capelli neri e spettinati, vestito con jeans neri e una giacca da aviatore.
"Nico, è troppo pericoloso! Stiamo parlando della fine del mondo!" gridò Percy.
"Anche i Titani avrebbero potuto distruggere il mondo, ma sei stato parecchio sollevato quando sono arrivato con mio padre!", ribatté il ragazzino, che evidentemente si chiamava Nico.
"Percy ha ragione, è un territorio che non conosciamo neanche noi. Non vogliamo metterti in pericolo", intervenne Annabeth in un tono che non ammetteva repliche.
Nico strinse i denti, ma non rispose.
"Voglio anche lui nel gruppo", mi disse Tristan in quel momento indicando Nico.
I tre litiganti si girarono verso di noi, Nico parecchio sollevato, Annabeth e Percy con uno sguardo omicida negli occhi che mi fece venire voglia di strangolare Tristan. Gli strinsi un braccio fino a quando non mugolò per il dolore.
"Tristan, l'hai fatto apposta?" ringhiai tra i denti.
Lui riuscì a tirare fuori un sorriso.
"In parte", mormorò.
"Come dicevano Annabeth e Percy, stiamo per imbarcarci in una missione suicida e tu vuoi che un ragazzino ci segua?"
"Quel ragazzino, – ribatté lui, usando lo stesso tono che avevo usato io, – è figlio di Ade e uno dei più potenti semidei che questo campo abbia mai avuto. Nico, perché non ci fai vedere di cosa sei capace?"
Nico sorrise, felice di poter mostrare le sue capacità. Sguainò una spada di metallo nero che portava al fianco e la piantò nel terreno, creando una spaccatura da cui uscirono dei guerrieri scheletro armati. Feci un salto indietro per la sorpresa, pronta ad attaccarli ma quelli come erano arrivati, tornarono nel loro buco nel terreno, che si richiuse in un attimo.
"Allora? Avevo ragione? Può essere molto d'aiuto."
Annuii lentamente. Chirone, che dal poligono di tiro con l'arco aveva sentito il rumore del terreno che si spaccava, arrivò al trotto.
"Tutto bene ragazzi? Ho sentito un- santo centauro! – esclamò vedendo il segno della spaccatura – Cosa è successo qui?"
"Oh, sono stato io! Ho solo pestato il piede con un po' troppa forza. Seriamente, il terreno è davvero poco solido qui", disse Tristan con allegria. Si diresse verso la Casa Grande, lasciandosi alle spalle un attonito centauro e tre semidei perplessi. Stavolta fu il mio turno di accelerare il passo per stargli dietro.
"Ah, e ovviamente sarei molto felice se veniste anche voi due", aggiunse Tristan girandosi verso Percy e Annabeth mentre ci allontanavamo.
"Abbiamo intenzione di far incazzare qualcun altro?" domandai.
"Io no. Spero che Luna e Abigail siano riuscite a parlare con Talia Grace. La Cacciatrice", specificò vedendo la mia faccia perplessa.
"Vuoi dirmi che sono l'unica rimasta all'oscuro delle tue intenzioni? Perché immagino tu abbia spiegato anche ad Adam chi vuoi che venga con noi al campo."
"Ops, mi sono dimenticato di dirlo solo a te", disse lui non troppo dispiaciuto.
"Non ti preoccupare, mi sto abituando."
Sotto il portico della Casa Grande trovammo Abigail che parlava con Talia Grace.
"Selina! – mi venne incontro, seguita dalla Cacciatrice – Lei è Talia Grace, figlia di Zeus. Talia, lei è Selina, di cui ti stavo parlando."
La Cacciatrice mi strinse la mano, dandomi la scossa quando le nostre dita si toccarono. Ci scrutammo qualche secondo in silenzio. Come mi capitava spesso con gli sconosciuti (e anche con i conoscenti) non sapevo bene cosa dire. Tristan, pur immaginando che si sarebbe perso l'occasione di ridere del mio imbarazzo, andò a cercare Adam, che a detta di Abby era stato preso in ostaggio dalle figlie di Afrodite. Lei non sembrava particolarmente toccata dalla cosa.
"Allora, – cominciò Talia incrociando le braccia, – anche tu figlia del capo degli dei?"
Annuii.
"Spero che andremo d'accordo. Abigail mi ha detto che mi vorreste nel gruppo che vi seguirà al vostro campo".
Annuii di nuovo.
"Io ci sto".
"Bene".
Cercai di tirare fuori un sorriso, ma dovette venire fuori una specie di smorfia. Fui sollevata quando Talia tornò dalle sue compagne Cacciatrici.
"Senti...", mi rivolsi a Abigail guardando la schiena di Talia che camminava verso la casa otto.
"Mh?"
"Ma Tristan sta bene?"
Abigail mi fissò senza capire.
"Cos'ha fatto?"
"Cosa non ha fatto, vorrai dire. Da quando è tornato al campo si comporta in modo strano, non mi provoca come al solito. E per la cosa di ieri sera... – arrossii mio malgrado – Non mi prende in giro quanto pensavo avrebbe fatto. Anzi, non lo fa proprio! Quindi mi chiedevo se per caso non ha qualcosa..."
Abigail sembrava voler dire qualcosa, ma rimase in silenzio.
"Non lo sai quindi?"
Scosse la testa.
"Mi dispiace".
"Oh, non importa".

Quella sera, in onore di noi nuovi arrivati, disputammo una Caccia alla Bandiera. Per quanto mi riguarda, avrebbero potuto risparmiarselo, ma evidentemente era una tradizione. Squadra rossa e squadra blu. La bandiera nemica da conquistare. Divieto di ferire i nemici. Ok, potevo farcela.
Luna decise che io, lei e Tristan saremmo stati con la squadra blu, mentre Adam e Abigail si allearono con la squadra rossa. Della squadra blu facevano parte, tra le altre, la casa di Atena e Ares, mentre i nostri avversari erano la casa di Ermes e di Apollo. Non sto a elencare tutte le case, ci vorrebbe troppo tempo. E sinceramente non so neanche quante ce n'erano. Visto che eravamo i nuovi arrivati, anche se non esattamente dei novellini nel combattimento, ci lasciarono in seconda fila a difendere la bandiera.
Prima dell'inizio della Caccia, mentre indossavo l'armatura, vidi Tristan che discuteva con il capo della casa di Ermes, di cui in quel momento mi sfuggiva il nome. Sembrarono raggiungere un qualche accordo, quindi si separarono. Cominciai a innervosirmi: conoscevo troppo bene Tristan per credere che stesse facendo due chiacchiere piacevoli con un nuovo amico, ma non feci domande. Covavo il desiderio di sbagliarmi su di lui per una volta.
Clarisse invece doveva aver trovato in Luna una potenziale nuova amica, perché volle portarla con sé in pattuglia. Luna accettò di buon grado la proposta e io dovetti mandare giù un bel boccone amaro, primo perché se avessi fatto vedere a Clarisse come combattevo forse avrebbe preso anche me, secondo non avevo alcuna voglia di passare la sera da sola. O in compagnia di Tristan. Non sapevo tra le due cose quale fosse la peggiore.
Suonò il corno che dava inizio alla partita. Tristan si arrampicò su un mucchio di massi chiamato Pugno di Zeus (a me sembrava più un mucchio di cacca, e a quanto avevo sentito non ero l'unica a pensarlo). Io rimasi ai piedi della roccia, accucciata tra due massi, e di tanto in tanto lanciavo occhiate apprensive verso l'alto, controllando che Tristan fosse sempre al suo posto.
Stavo prendendo in considerazione l'idea di tagliarmi le unghie dei piedi con l'ascia per passare il tempo, quando sentii che qualcuno si stava avvicinando. Scattai in piedi, l'arma stretta tra le mani. Vidi i miei avversari: un ragazzo e una ragazza, armati il primo di arco e frecce, la seconda con una spada. Mi avventai su di loro senza lasciargli il tempo di reagire. Erano abituati a un combattimento fatto di schivate e affondi fulminei, per questo la mia carica furiosa li lasciò spiazzati, dandomi la possibilità di disarmare la ragazza. Il ragazzo stava cercando di allontanarsi per incoccare una freccia, ma lo raggiunsi con due balzi e gli feci volare l'arco via dalle mani. I due batterono in ritirata.
"Fuori due!"
Andai ai piedi del Pugno di Zeus e chiamai Tristan.
"Tutto a posto lassù?"
Non ricevetti risposta. Nervosa, feci un giro attorno ai massi per vedere dove si era andato a nascondere. Ma dovetti constatare che era scomparso. Dove poteva essere andato con la bandiera? In quel momento diedi un calcio a un elmo abbandonato tra l'erba. Un elmo con un pennacchio blu. Lo raccolsi con mani tremanti. Sopra Tristan aveva scritto: SORPRESA!!! ;D.
Sentii sopra la mia testa il rumore di rami spezzati. Alzai lo sguardo, desiderando più che mai di sentire il collo di Tristan stretto tra le mie mani. Lo vidi che saltava da un ramo all'altro con la bandiera stretta in una mano.
"TRISTAN!", ruggii.
Lui abbassò lo sguardo, mi vide, fece un sorriso e continuò a saltare tra i rami. Volevo tirarlo giù da quei maledetti alberi, ma non avevo la più pallida idea di come fare. Mi limitai a seguirlo, insultandolo di tanto in tanto. Ebbi l'occasione di fermarlo solo quando fummo vicini al torrente che segnava il confine tra i due territori nemici, perché in quella zona gli alberi si diradavano, così che Tristan si trovò senza la possibilità di andare avanti. Mi guardò con il volto che non lasciava trapelare emozioni e si sedette su un ramo.
"A quanto pare siamo in una situazione di stallo", notò.
"Già, traditore".
"Sei arrabbiata per via del fatto che ho cercato di scappare con la nostra bandiera nel tentativo di consegnarla agli avversari?"
"Ma secondo te?"
Sperai che la mia voce grondasse sarcasmo come volevo facesse.
"Non vedo il motivo di prendersela tanto." Mise le braccia dietro alla testa, appoggiandosi al tronco.
"Si può sapere perché l'hai fatto?"
"Non lo so, – constatò con serenità. – Forse perché mi piace semplicemente fare casino, che ne dici di questa spiegazione?"
"Dico che non mi soddisfa, ma posso capire, trattandosi di te."
Rimanemmo un po' in silenzio, io che fissavo Tristan e Tristan che fissava il cielo e ogni tanto esclamava frasi tipo: "ah, ecco la cintura di Orione!"
Mi resi conto che la sua spiegazione era più che plausibile se si teneva in considerazione la natura di Loki, cioè il Gran Rompicoglioni di Asgard. Loki non agiva per il proprio profitto, faceva danni perché gli piaceva, anche se alla fine le cose per lui si mettevano male. L'assassinio di Balder, per restare in argomento: perché farlo? Non gli aveva portato nessun beneficio. Anzi...
Non so quanto rimanemmo in quella situazione, ma ne uscimmo solo quando vedemmo un paio di ragazzi della nostra squadra correre verso di noi con la bandiera avversaria e il corno che segnava la fine della partita suonò.

 

 

 






***

Angolo dell'autrice:

Non so se domani avrò il tempo di mettere il nuovo capitolo, quindi anticipo di un giorno, per la vostra gioia (ma come sono buona!).
Trovate che il comportamento di Tristan sia ambiguo? Contraddittorio? Se è così, sappiate che è voluto, non è a causa della mia inettitudine di scrittrice. Più avanti voglio trovare un modo di dare un po' di spazio agli amici di Selina, perché mi sono accorta che fin'ora ho parlato solo di lei e Tristan. Ma non credo che mancheranno le occasioni.
E così ho presentato tutto il gruppetto che seguirà i nostri eroi! Cinque della parte greca per bilanciare la parte norrena. Io vi avverto: non riesco a fare Talia IC. Ci provo, badate. Ma mi viene sempre troppo... troppo qualcosa. Lettrice avvisato, mezzo salvato dallo shock di trovarsi una Talia, troppo seria, o troppo affettuosa, ecc, ecc...
Una piccola precisazione: Drew è il capo della casa di Afrodite che ha preso il posto di Silena, lo dice Riordan in The Lost Hero.
E se vi è piaciuto potete anche lasciare un commentino!
A presto!

P.S. E ringrazio tutti quelli che recensiscono già.



 

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Capitolo 5
*** Per convincerlo ad aiutarci, la figlia del “teatrale” deve essere rapita ***


Per convincerlo ad aiutarci, la figlia del “teatrale” deve essere rapita





Il mattino dopo lasciammo il campo per andare sull'Olimpo con Percy, Annabeth, Nico, Talia e Clarisse, che aveva accettato di venire solo dopo che Luna le aveva chiesto personalmente di unirsi a loro. Non avevo fatto parola con nessuno del tentativo di Tristan di sabotare la Caccia alla Bandiera, e fortunatamente nessun altro a parte me si era accorto della sua fuga. Non sapevo che casino sarebbe venuto fuori se l'avesse scoperto la squadra avversaria. L'avevo però minacciato di rinchiuderlo in uno sgabuzzino se avesse tentato di nuovo qualcosa del genere. Con mia somma soddisfazione l'avevo visto impallidire: Tristan soffriva di claustrofobia e una volta da piccolo uno dei suoi fratelli più grandi l'aveva tenuto chiuso nell'armadio delle scope per un pomeriggio intero. Era stato uno scherzo crudele, ma dato che per il Capanno di Loki fare scherzi crudeli era all'ordine del giorno, non mi ero stupita più di tanto quando me l'aveva raccontato.
Mentre attraversavamo New York, Annabeth mi spiegò che gli dei avevano spostato la loro modesta dimora sull'Empire State Building, e un po' della storia della guerra contro i Titani dell'estate prima. Mano a mano che andava avanti con il racconto, intuii in base a quale criterio Tristan aveva deciso chi ci avrebbe accompagnati. Percy: il leader della guerra a cui era stata offerta l'immortalità. Annabeth: la figlia della dea più difficile da convincere a fare qualcosa, che forse avrebbe dato ascolto alla figlia, visto che era stata la spalla di Percy per tutta la guerra. Nico: il figlio dell'asociale dio dell'oltretomba, uno dei Tre Pezzi Grossi e il meno incline a collaborare. Talia: figlia del dio delle centrali elettriche, nonché il capo di tutti gli dei (sposato con la sorella, yuck!). E Clarisse, a cui sarebbe toccato convincere Ares, il dio della guerra che odiava Percy. In pratica ci serviva ognuno di loro per trascinare gli immortali nella nostra avventura. Il resto degli dei era quello più incline a collaborare (va be', a parte Dioniso, ma una volta conquistata la maggioranza, contavo avrebbe ceduto).
Una volta che Annabeth ebbe finito di raccontarmi tutto, mi guardai alle spalle per vedere cosa facevano gli altri: Luna era stata presa d'assalto da Clarisse e dalla su irruenza, Abigail chiacchierava con Nico, Talia e Percy sembravano litigare per qualche motivo a me ignoto (anche se Tristan mi aveva assicurato che erano amici) e Adam e Tristan erano in fondo alla fila che confabulavano. Di nuovo.
Non che fossi gelosa, ma non mi avevano mai escluso dalle loro discussioni. Alla fine Tristan sembrò ammettere qualcosa che fece irritare Adam. Il rosso afferrò l'amico per la collottola sotto i miei occhi allibiti e lo trascinò in cima alla fila accanto a me e Annabeth.
“Selina, scusa, Tristan ha una cosa da dirti.” Detto questo lasciò andare l'amico.
Guardai il figlio di Loki perplessa.
“Volevo scusarmi per ieri sera, durante la Caccia. È stata una cosa stupida e inutile quella che ho fatto,” borbottò. Adam annuì soddisfatto e si mise a chiacchierare con Annabeth.
“Maltrattato dal mio migliore amico, bella roba,” si lamentò Tristan massaggiandosi il collo.
“I sensi di colpa ti hanno fatto confessare il tuo simpaticissimo scherzo di ieri?”
“Più che altro mi ha minacciato di darmi uno scappellotto se non gli avessi spiegato il motivo della tua ramanzina di stamattina. E sai che sventole tira quel ragazzo.”
Alla reception dell'Empire State Building, Percy chiese la chiave per accedere al seicentesimo piano del palazzo, che venne consegnata senza troppe storie. Aspettammo di trovare un ascensore vuoto e ci infilammo dentro, una decina dei semidei più potenti dei due campi. Mi stupii che non fosse ancora saltato in
aria tutto a causa dei mostri. Nella cabina dell'ascensore si diffuse in sottofondo “Only You” dei Platters. La canzone era così straziante che l'istinto fu quello di guardarmi intorno cercando qualcosa con cui uccidermi. In effetti c'era l'imbarazzo della scelta, ma quando decisi di porre fine alle mie sofferenze con il martello di Adam, le porte si spalancarono. Rimasi a bocca aperta nel vedere l'Olimpo, immobilizzata dopo essermi appesa alla cintura del mio amico nel tentativo di prendergli il martello.
“Sel, che stai facendo?” Adam era abbastanza perplesso e non potevo dargli torto.
Arrossì e balbettai una scusa che doveva essere “volevo uccidermi” ma uscì come “vavlgh”. Lasciai bruscamente andare i pantaloni di Adam e mi affiancai a Talia.
L'unica parola che poteva descrivere l'Olimpo era: divino (e grazie al cavolo, penserete voi, è la dimora degli dei). Talia, che si era posta alla guida del gruppo, ci guidò verso la sala del consiglio degli dei, sulla cima del monte. Dentro la sala, seduti nei rispettivi scranni, c'erano Era, Zeus e Artemide.
“Divina Artemide.” Talia si inginocchiò in direzione della dea, poi verso il padre. “Padre.”
Zeus fece un cenno soddisfatto per il rispetto delle formalità della figlia e attese che noi la imitassimo. Poi attaccò con l'interrogatorio e a quel punto fu il mio turno di spiegare per l'ennesima volta chi fossimo e per quale motivo avevamo scomodato “sua maestà Cuorcontento II, detto Elettroshock ”, come l'avevo soprannominato io. E ci tengo a sottolineare le maiuscole.
Quando finii tutto il mio bel discorso (ne avevo davvero le palle
piene di ripeterlo), Elettroshock mi fissò con aria pensierosa e decretò. “Dobbiamo convocare un consiglio.”
Ma dai.”
“Artemide, chiama tuo fratello e di' a Ermes di cercare gli altri. E fai venire anche Ade.”
Mentre attendevamo tutta la famigliola, feci una passeggiata nei giardini dell'Olimpo. Non riuscivo a capire perché gli dei passassero la maggior parte del loro tempo in giro, quando avevano una casa così bella. Così come non capivo la voglia di mio padre di gironzolare per il mondo, invece che stare ad Asgard tranquillo.
E a controllare che sua moglie non lo tradisca.”
Girava la storia che durante un periodo d'assenza particolarmente lungo di Odino, Frigg si fosse divertita con i fratelli Vili e Ve. Certo, la fonte era Loki, non particolarmente attendibile come fonte quindi, ma non si poteva mai sapere. Le dee di Asgard avevano dei caratterini niente male.
Quando finalmente tutti gli dei furono radunati, mi toccò ripetere per l'ennesima volta la storia (perché, ovviamente, Zeus non poteva scomodarsi a spiegare lui quello che gli avevo detto cinque minuti prima).
Alla fine Atena mi fissò con uno sguardo penetrante e diffidente.
“Così vorreste il nostro aiuto?”
E quella è la dea della sapienza?”
“Sì, se poteste proteggere la terra dagli attacchi dei giganti di fuoco, per i nostri dei sarebbe più facile sconfiggere Fenrir e Midgardr.”
La dea appoggiò il mento su una mano, riflettendo.
“Potremmo, – dichiarò, – ma dobbiamo riflettere attentamente prima di decidere.”
Mi trattenni dallo sbuffare.
L'unico che sembrava seriamente propenso ad appoggiarci era Ares, forse per la prospettiva di avere la possibilità di menare un po' le mani. Afrodite, che in precedenza era concentrata e laccarsi le unghie, si era distratta ad ascoltarmi e aveva finito con il dipingersi un dito di rosso. Apollo aveva le cuffie dell'iPod nelle orecchie e non aveva sentito la parola. Ermes stava cercando di sistemare un pasticcio con le poste divine dal suo caduceo, trasformato in un cellulare. Dioniso sembrava deciso a ubriacarsi con la Diet Coke, a giudicare da quanta ne stava bevendo. Ade, che era stato relegato su uno sgabello raccattato da qualche parte, ci fissava annoiato. Nel complesso la situazione mi faceva venire voglia di prendere a craniate il pavimento di marmo e offrirmi come sacrificio umano se avessero accettato.
Artemide, l'unica attenta, mi fece una domanda che evidentemente per lei era fondamentale.
“Quindi la terra verrà devastata dal fuoco, con le foreste, gli animali e tutto quanto?”
“Devastazione totale,” confermai.
La dea arrossì di collera e batté un pugno sul bracciolo dello scranno.
“Non possiamo permetterlo!”
“Artemide, comprendo la tua rabbia, ma dobbiamo analizzare la situazione...”
“Se fosse per te, Atena, noi non combineremmo mai niente!” replicò stizzita Artemide.
Apollo si tolse una cuffia e osservò con interesse la furia della sorella.
“E i cereali? – chiese Demetra – A loro piacciono i cereali?”
“Loro odiano i cereali,” risposi sarcastica. Demetra fece una smorfia di disapprovazione.
Ci vorrebbe qualcosa per farli smuovere... Ma cosa?”
Visto che non avevo poteri di divinazione o di controllare le creature, quello che accadde dopo fu davvero una coincidenza. Fatto sta che mentre gli dei si arrabbiavano gli uni con gli altri, e Atena cercava di riportare l'ordine, al fianco di Talia comparve un uomo. L'uomo afferrò la cacciatrice per la maglietta, si trasformò in un aquila gigantesca e volò fuori dalla sala portandosi dietro Talia scalciante. Adam e Annabeth si lanciarono all'inseguimento dell'aquila, ma quella era già volata via sotto gli sguardi sconvolti degli dei. Mi girai con rabbia verso Atena e gli altri.
"Come potete vedere, non abbiamo tempo per riflettere! L'Olimpo non vi proteggerà da queste creature! Dovete decidere adesso: ci aiutate o no!?"
Mi resi conto troppo tardi del tono che avevo usato e, soprattutto, a chi mi ero rivolta. Mi aspettavo di passare il (breve) resto della mia esistenza in una scatoletta di cibo per gatti, ma quando Atena parlò, fu per dare il suo appoggio alla nostra missione.
Va bene, – disse, – io dico che dobbiamo aiutarli.”
Artemide annuì soddisfatta.
“Anch'io li appoggio.”
Ares cambiò posizione con aria annoiata.
“Se ci fosse stato solo Jackson non avrei voluto aiutarvi, ma visto che mia figlia è coinvolta...”
Zeus batté un pugno sul bracciolo dello scranno.
“Mia figlia rapita! Non posso tollerare un affronto simile! Vi aiuteremo!”
“Per quanto mi riguarda, – esordì Ade con voce strascicata, – tua figlia può anche morire, caro fratello. Ma vedo che hanno ritenuto che mio figlio potesse essere di aiuto. Posso dirmi d'accordo a dare loro il nostro appoggio.”
Quasi tutti gli altri dei votarono a favore.
Chiunque tu sia, tu che hai rapito Talia, meriti un tempio.”
Lasciai che fosse Atena a pianificare la difesa, dopo aver indicato i punti in cui avrebbero potuto arrivare i giganti di fuoco. Bifrost è il ponte principale, ma con l'andare del tempo si erano aperte delle porte tra i nove mondi, come se il tessuto che li teneva separati si fosse consumato e avesse bisogno di essere ricucito.
Mentre scendevamo in ascensore, notai che Tristan era stranamente silenzioso e cupo.
“Tutto bene?” gli chiesi.
“Ne parliamo dopo,” mi rispose, brusco.
Fuori dall'Empire State Building, Tristan accelerò il passo, le mani sprofondate nelle tasche dei jeans e le spalle ingobbite. Io e Adam, lasciando indietro Luna, Abigail e gli altri, lo raggiungemmo. Adam gli mise una mano sulla spalla.
“Tris, cosa c'è?”
“Quello era Loki.” Sembrava così abbattuto che quasi mi fece tenerezza. Ci tengo a sottolineare il quasi.
“Ne sei sicuro?”
“Sì.”
“Tristan, – ero lievemente perplessa, – credevi davvero che Loki non c'entrasse niente con tutto questo?”
“Non che lo credessi, – mormorò, – ma speravo che avesse imparato qualcosa dalla punizione che gli hanno inflitto secoli fa.”
Gli battei una mano sulla spalla.
“Su, gli tirerò tanti calci in culo che dopo gli dei avranno pietà di lui e non lo puniranno un'altra volta.”
Lui sorrise.

Raggiungemmo Campo Nord quella sera. Percy, Annabeth, Nico e Clarisse non avevano voluto saperne di tornare al Campo Mezzosangue, quindi li avevamo scarrozzati (o meglio, visto che eravamo a cavallo, scavallati) con noi al campo. Potete immaginare come diventarono, ben presto, l'attrazione del momento. I più piccoli si avvicinavano con aria intimidita e curiosa, i più grandi stavano a distanza e li scrutavano con diffidenza. L'unica tra i più grandi che si avvicinò fu Sarah, dopo essersi sistemata i folti capelli biondi, e tese una la mano verso Percy, con un gran sorriso stampato sul volto.
“Piacere! – trillò – Sarah Sibilla Watson, rappresentante della casa di Frigg! E tu sei...?”
Percy le strinse la mano con aria incerta.
“Percy Jackson, figlio di Poseidone.”
Annabeth evidentemente sentì il bisogno di proteggere il proprio territorio.
“E io sono Annabeth Chase, figlia di Atena. La sua fidanzata,” e concluse la presentazione con uno sguardo di sfida. Se Sarah rimase delusa, lo nascose bene. Cercando di fingere un'autorità che non avevo, battei le mani e feci cenno ai ragazzi del Campo di fare spazio.
“Su, per favore, fateci spazio! Abbiamo bisogno di Elliott! Sarah, dov'è?”
Sarah stava per rispondermi, ma venne bruscamente interrotta da Alyssa, che aveva attraversato la folla senza neanche aver bisogno di sgomitare.
“Alla fine ce l'hai fatta, Potter. Non posso credere che pur con la tua codardia, li abbia convinti.”
Aprii la bocca per rispondere a tono, quando Clarisse si parò davanti alla figlia di Thor.
“Non ti conosco, – esordì la figlia di Ares, – ma su tutte le cose che potevi dire su questo scricciolo, che sia una vigliacca era l'ultima! Non so come sia qui al vostro campo, ma da noi non sono tante le persone che hanno il coraggio di sfidarmi, e sono il capo della casa di Ares, mica una figlia di Demetra qualunque!”
Clarisse era qualche centimetro più piccola di Alyssa, ma in quel momento appariva piuttosto minacciosa. Io e Abigail ci scambiammo un'occhiata sgomenta. Luna mi tirò una leggera gomitata per attirare la mia attenzione e mi sorrise con aria complice.
“Le hai detto tu di trattarmi bene?” Sussurrai commossa.
Luna annuì. Dovetti reprimere l'istinto di abbracciarla davanti a tutti.
Alla fine della sfuriata, Alyssa guardò Clarisse con aria di sufficienza e se ne andò. La figlia di Ares tornò al fianco di Luna, con l'atteggiamento di una guardia del corpo: braccia incrociate, sguardo fisso davanti a sé, gambe leggermente divaricate.
“Credevo avresti fatto il confronto con una figlia di Afrodite,” dissi.
Clarisse scosse la testa.
“L'ex capo della casa di Afrodite era la mia migliore amica.”
“Era? Cosa le è successo?”
“È morta.”
Forse avrei fatto meglio a tapparmi la bocca.

Elliott ci accolse nella sua casa. Era una sorta di baita a due piani, con uno scantinato misterioso in cui nessuno all'infuori di lui aveva il permesso di entrare. Gli spiegai quello che era successo, del rapimento di Talia, e quando ebbi finito, lui si massaggiò il mento con aria preoccupata.
“Vi devo far andare ad Asgard.”
“E tu sapresti come farci arrivare là, Elliott?” chiesi incerta.
Elliott sospirò e ci fece cenno di seguirlo, prese un mazzo di chiavi e si diresse verso le scale che portavano nello scantinato. Lo seguimmo senza dire una parola. Abigail mi lanciò un'occhiata nervosa. La porta della cantina venne aperta cigolante, lasciando uscire una ventata di aria fresca e puzzolente di muffa.
“Woah! – esclamai – Elliott, da quanto tempo non entravi qua?”
“Tanto, troppo. Ma era pericoloso.”
Immaginai chissà quali pericoli potesse nascondere una cantina umida (feroci vini diventati aceto o crudeli vecchi libri di scuola). Non era di tutto quello. Il pericolo stava in una vecchia porta di legno dai cardini arrugginiti, su cui era stata attaccata una targhetta d'ottone.

 

Per Asgard.


Mi si mozzò il fiato in gola, così come ai miei amici. Percy e gli altri non erano particolarmente colpiti, loro erano abituati ad andare e venire dall'Olimpo come e quando volevano. Ma per uno di noi andare ad Asgard era un grandissimo privilegio.
“Elliott... – mormorò Abigail – Hai nella tua cantina un portale che conduce ad Asgard?”
L'uomo annuì. Io aprii la bocca un paio di volte, alzai le braccia, le feci ricadere lungo i fianchi.
“Andiamo,” dissi alla fine.
“Sel, ti prego aspettiamo almeno domani, ho il culo a pezzi!” si lamentò Abigail.
Guardai stupita la ragazza: Abigail era molto contenuta nel linguaggio, a differenza mia, e doveva essere davvero distrutta per usare parole del genere. Non mi lasciai però corrompere da quel suo bel faccino.
“Abby, sono già passati quattro giorni, ci rimane meno di un mese per evitare che Balder venga ucciso.”
“Dubito che abbiamo bisogno di ventisei giorni per raggiungere Asgard,” replicò scettica.
Strinsi i denti. Abigail sapeva essere una persona meravigliosa, ma quando si impuntava su qualcosa diventava più testarda di un mulo e non cedeva neanche quando era palesemente dalla parte del torto. In cui, in quel momento, non si trovava, stando a sentire Elliott.
“Partirete domani,” affermò.
“Elliott!” protestai.
“Abigail ha ragione, dovete riposarvi e prepararvi per il viaggio. E devo avvertire mio padre del vostro arrivo.”
“Bene.” Affondai le mani nelle tasche e salii in fretta le scale. Appena uscii dalla casa di Elliott, una mano mi si posò con delicatezza sulla spalla. Mi voltai di scatto, trovandomi di fronte il viso di Tristan. Non avevo neanche sentito che mi stava seguendo.
“Che c'è?” domandai brusca.
“Volevo solo dirti che anche secondo me dovremmo partire subito. Non sappiamo cosa potrebbe accadere a Talia.”
Gli rivolsi uno sguardo irritato.
“Ieri rubi la bandiera da sotto i miei occhi e oggi mi dai ragione in una discussione. Sii coerente, Tristan! Già faccio fatica a capire le persone normali.”
Tristan mi guardò ferito, poi sul suo viso comparve il suo solito sorriso storto.
“E adesso cosa ti diverte tanto?”
“Niente, solo che ti sei calata bene nella parte del capo.”
Spalancai la bocca, non sapendo se prendere l'insinuazione come un complimento o un'offesa.
“Cosa intendi?”
“Non sopporti che le tue decisioni vengano contrastate, vero?”
Di nuovo non sapevo cosa rispondere, così girai sui tacchi e andai nel mio capanno. Non avrei mai ammesso che aveva ragione.
Quella sera, dopo cena, mi ritirai sul molo a guardare le stelle. Ripensai alla proposta di Abigail di partire il giorno dopo, e immaginai che non doveva essere stata dettata puramente dalla stanchezza. Forse sentiva il bisogno di salutare il campo. Riflettei seriamente sul fatto che, se non avessimo impedito l'assassinio di Balder, tutto il nostro mondo sarebbe stato distrutto. Non ci sarebbero stati più i boschi, il campo, i miei amici... Mi sentii quasi schiacciata dall'angoscia di perdere tutto quello che avevo conosciuto, di morire.
Avevo solo sedici anni e dovevo compiere una missione che poteva salvare il mondo. Capii come aveva dovuto sentirsi Percy. Poco dopo arrivò Luna.
“Ehi,” disse sedendosi accanto a me.
Non risposi.
“Sei ancora arrabbiata con Abby?”
“Non mi sono arrabbiata con lei, ero solo un po' irritata. A volte è così testarda.”
Luna annuì.
“Ho fatto una gaffe con Clarisse oggi, non è vero?”
“Non si è scocciata, stai tranquilla.”
“Non voglio che mi rubi la mia amica.”
“Non lo farà,” mi rassicurò Luna.
“Cosa è successo alla sua amica?”
“Si chiamava Silena Beauregard. È andata in battaglia al posto di Clarisse perché lei si rifiutava di combattere e per rimediare a quello che aveva fatto.”
“Cosa aveva fatto?”
“Era stata una spia di Crono. Il suo fidanzato è stato ucciso dal titano nonostante avesse promesso di risparmiarlo.”
Tacqui e rimasi a osservare l'acqua scura.

Il mattino dopo ci preparammo alla partenza. Si era già sparsa la voce che Elliott avesse un portale verso Asgard, sperai che a nessuno venisse la malaugurata idea di farsi un viaggio di piacere. Prima di partire, Sarah prese da parte Luna. Mentre parlava, vidi Luna impallidire, poi scosse la testa nonostante le proteste di Sarah e tornò al mio fianco.
"Selina." Elliott mi fece cenno di aprire la porta. Presi un profondo respiro e misi una mano sulla maniglia. Abigail e Luna venivano subito dopo di me, seguite a loro volta da Percy, Annabeth, Nico e Clarisse. Tristan e Adam chiudevano la fila.
Immaginavo che dalla porta sarebbe scaturita una luce dorata e accecante, invece tutto quello che mi aspettava era buio. Mi girai verso gli altri.
"Andiamo."
E attraversammo la soglia, diretti verso Asgard.

















***
Angolo dell'autrice:


Oh, yeah, Talia è stata rapita. Non che ne sia contenta. Però quei quattro dovevano avere un motivo per andare ad Asgard, sennò tornavano tranquilli al campo, e che cavolo! A proposito della musica di sottofondo in ascensore, non so cosa pensate voi di Only You, ma a me non piace molto. Invece amo The Great Pretender!
Non sapete quanto stia amando scrivere di Tristan e Selina! Mi piacciono troppo quei due! Selina si sta abituando a essere il capo, forse suo padre in fondo aveva ragione... E Catnip, hai visto che sto cominciando a raccontare un po' la storia degli altri? Stai tranquilla che darò loro la debita importanza!
Che ne dite del consiglio degli dei, li ho fatti abbastanza... deosi(?) ? Forse dovrebbero essere comunque un po' più interessati, ma, cielo, già importa loro poco dei loro figli semidei, figurarsi i semidei altrui.
Vi ringrazio voi tutti che recensite, seguite, leggete, mi fa sempre molto piacere vedere che trovate la mia storia interessante!

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Capitolo 6
*** Lune che ti prendono per il culo quando meno te lo aspetti ***


Lune che ti prendono per il culo quando meno te lo aspetti





Mi guardai intorno: eravamo in una foresta. Una bella foresta. Le piante crescono bene nel reame degli dei. Sarà l'aria pulita. Clarisse fece qualche passo avanti, guardandosi intorno con aria non particolarmente ammirata.
“Niente di particolare,” osservò.
“Aspetta di vedere la reggia dorata, – sospirò Abigail con aria sognante. – Mia mamma ha detto che è un posto bellissimo.”
Mi guardai intorno, rendendomi conto che non avevo la più pallida idea di dove andare. Mi ero dimenticata di chiedere un navigatore a Elliott. Dal fondo della fila partì un fischio e girandomi, notai con esasperazione che la fonte del suono era Tristan.
“Tristan! – esclamai – Siamo in un luogo sconosciuto, nelle vicinanze potrebbero esserci mostri, e tu lanci un fischio!? Tanto valeva correre in giro urlando: ehi, non vedo l'ora di farmi sbudellare, c'è qualche essere assetato di sangue in giro?”
Lui mi guardò inarcando un sopracciglio, con espressione sarcastica.
“Se aspettassi qualche secondo, capiresti perché ho fischiato,” e si mise a braccia incrociate a fissare nel vuoto. Quando cominciai a sentire i passi di qualcuno (o qualcosa) che si avvicinava, presi Tristan per un braccio e gli sibilai:
“Se è un mostro, ti mando a farti uccidere e intanto scappo.”
“Sta' tranquilla.”
Non ero tranquilla per niente, ma lui sembrava a suo agio. Strinsi nervosamente il manico dell'ascia appesa alla cintura, gettando un'occhiata agli altri. Luna e Abigail sembravano solo perplesse, Adam era tranquillo, i ragazzi del Campo Mezzosangue non sapevano bene cosa potesse succedere. In quel momento lo sconosciuto uscì dalla foresta.
Se avete visto Il Signore degli Anelli, potete immaginare quale sia stata la mia reazione. A momenti mi lanciavo sullo sconosciuto senza aver visto di chi si trattava, e grazie al cielo Tristan mi fermò, perché altrimenti avrei tirato un colpo d'ascia ad Heimdall, il guardiano del ponte Bifrost.
“Grazie di essere venuto, Heimdall,” disse Tristan.
“Mio figlio mi ha avvertito del vostro arrivo.”
Non era un caso se lo chiamavano “il più candido tra gli dei”: i capelli erano quasi bianchi, lunghi e folti, gli occhi di un azzurro ghiaccio tanto chiaro da fare impressione, la pelle candida. Al fianco era legato il mitico corno che avrebbe suonato all'inizio di Ragnarok e ci guardava con serietà, e nonostante sembrasse abbastanza giovane, lo sguardo era quello... be', quello di un uomo che ha visto tutto. Dopotutto era così, niente sfuggiva alla vista di Heimdall.
“Heimdall, – continuò Tristan, – mio padre ha usato di recente i passaggi tra i mondi?”
Il dio annuì e Tristan imprecò.
“Dove è andato?”
“Loki è a conoscenza di tutti i passaggi alternativi al Bifrost, ma non riesce a sfuggire al mio sguardo. Si è diretto a nord, verso le montagne. Procedete verso la reggia dorata, superatela e salite sui monti. So che ha una casa, lassù.”
“Grazie.”
Io non avevo spiccicato parola per tutto il colloquio, troppo impegnata a fingere di non aver appena cercato di attentare alla vita di uno degli dei più importanti di Asgard. Feci un veloce inchino, imitata dagli altri del gruppo, e seguii Heimdall, che ci guidò verso la reggia.
Asgard era un posto tranquillo, non incontrammo creature ostili mentre attraversavamo il bosco. Dopo aver recuperato Talia dalle grinfie di Loki, avremmo dovuto andare nella reggia e offrire la nostra protezione a Balder, nel caso in cui non fossimo riusciti a dissuadere Loki dai suoi propositi. Ammesso che fosse davvero lui l'assassino. Oh, accidenti! È difficile risolvere i casi di assassinio quando sono già stati portati a termine, figurarsi prima di avere un cadavere e un'arma del delitto!
In qualche ora trovammo la reggia. Abigail non si era sbagliata, era davvero magnifica: aggrappata sulla cima di una collina, circondata da un'immensa cinta muraria dorata, con un giardino interno e poi la reggia vera e propria. Si potevano individuare anche da fuori i vari palazzi in cui era divisa la rocca: Yalir, il palazzo di Ullr, il dio arciere, Himinbjorg, il palazzo di Heimdall da cui partiva la strada principale del Bifrost, e tutti gli altri.
Heimdall ci salutò sul cancello per entrare nelle mura che circondavano la reggia e noi continuammo per la nostra strada. Guardai con aria sconsolata la strada che ci aspettava, un'impervia scalata sui monti del mondo degli dei. Che, tra parentesi, avevano un mucchio di modi per trasformarsi in animali e volatili vari, e quindi non avevano bisogno di farsi tutti i viaggi a piedi. Avrei potuto provare a chiedere se Freya poteva prestarmi il suo carro, essere sballottata in giro da un paio di giganteschi gatti sembrava una prospettiva migliore. Vedendo la mia espressione sconfortata, Abigail mi tirò una leggera gomitata e sorrise incoraggiante, dirigendosi con sicurezza nella direzione indicata da Heimdall. Sapeva che il mio principale problema con le lunghe camminate non era la mancanza di resistenza, ma la noia. La seguii per mettermi al suo fianco, e non sfigurare davanti ai ragazzi del Campo Mezzosangue lasciando che uno dei miei, tra virgolette, subordinati si mettesse alla guida del gruppo.
“Speriamo che Loki non abbia fatto niente a Talia,” si augurò Abigail.
“Davvero. Non sarebbe un inizio promettente per la missione.”
“Non la conosco ancora bene, ma mi sta abbastanza simpatica. Siete molto diverse, tu e lei.”
“Perché?”
“Be', – esordì, – prima di tutto è molto sicura di sé, cosa che tu non sei, mi hai detto tu stessa di non sentirti tale. Poi è diventata luogotenente delle Cacciatrici di Artemide senza pensarci due volte, mentre per convincere te a guidare la missione sono dovuti intervenire Elliott, Tristan e tuo padre anche se quello ha ancora a che fare con l'essere sicure di sé. Avete in comune però che esprimete le vostre idee sulla gente con una certa veemenza, tu per difenderti, lei per attaccare”
Mi sistemai meglio lo zaino sulle spalle.
“Hai ragione, non mi sono mai distinta per sicurezza al Campo.”
“No, quello per cui ti distinguevi era il linguaggio colorito.”
Feci una smorfia.
“Non è colpa mia, sono stati i fratelli di Tristan a portarmi sulla cattiva strada,” mi lamentai. Fino ai nove anni ero stata una bimba innocente e alquanto ingenua. Poi un paio di figli di Loki, Brad e Philip, mi avevano iniziata al mondo del turpiloquio, un pomeriggio in cui Tristan era troppo occupato a tirare palle di fango alle figlie di Frigg che facevano il bagno nel lago. Quando si era reso conto di ciò che avevano fatto Brad e Philip, si era parecchio incazzato. Era un ragazzo che, nonostante i suoi difetti, non usava mai le parolacce, e sentirmi imprecare come uno scaricatore di porto l'aveva lasciato alquanto sconvolto. Brad e Philip avevano passato la notte successiva chiusi in uno dei box delle stalle, insieme a Polpettone, uno stallone impressionante nero come il carbone.
In quel momento si avvicinò Nico, guardandosi in giro con aria curiosa. Constatai con una punta di irritazione che anche un tredicenne mi superava in altezza.
“Non immaginavo che il mondo degli dei fosse così...” osservò pensieroso Nico.
Così come?” chiesi.
“Così normale.”
Mi diedi un'occhiata in giro, ammettendo che Nico aveva ragione: l'Olimpo era molto più spettacolare.
“Sono però certa che la reggia di Asgard non ha niente da invidiare all'Olimpo,” ribattei sentendo il dovere e il bisogno di difendere la dignità della dimora di mio padre e gli altri dei.
“Non ne dubito.”
“Tu sei il figlio di Ade, giusto?” intervenne Abigail.
“Sì.”
“Anche tu sei figlio unico? Mi sembrava che Tristan avesse accennato a una sorella...”
Lo sguardo di Nico si incupì d'improvviso e io tirai una gomitata ad Abigail nelle costole, per ricordarle che doveva imparare a non dire tutto quello che le passava per la testa.
“So che significato aveva quella gomitata, ma ti ricordo che sei la prima a non saper tenere a posto la lingua,” mi ricordò la bionda. In tutta risposta la ignorai.
“Avevo una sorella, sì,” confermò Nico.
“È... morta?” chiesi con cautela.
“Sì.”
Calò il silenzio. Gettai un'occhiata al ragazzino.
“Ti andrebbe di raccontarmi qualcosa di lei?” proposi timidamente.
Lui rifletté qualche secondo con lo sguardo perso nel vuoto, poi prese un profondo respiro.
“Bianca era appena diventata una Cacciatrice di Artemide. Io e lei abbiamo vissuto per quasi settant'anni nel Casinò Lotus, un albergo in cui non si invecchia e non si percepisce il passare del tempo.”
“Quindi vieni dagli anni quaranta?”
“Esatto.”
“Come Capitan America!” esclamai. Nico mi guardò senza capire e gli feci cenno di lasciar perdere, imbarazzata.
“Nostro padre ci ha chiuso là dentro dopo che Zeus ha ucciso nostra madre nel tentativo di uccidere me e Bianca. Circa un anno dopo essere usciti Percy ci ha trovati e prima di arrivare al Campo Mezzosangue Bianca si è unita alle Cacciatrici. È morta durante la sua prima missione.”
Finito il racconto ricadde nel silenzio più completo. Gli battei una mano sulla spalla, non sapendo bene come tirarlo un po' su di morale.

Quella sera ci accampammo in una piccola grotta. Accendemmo un fuoco solo per avere un po' di luce, anche di sera l'aria era tiepida e piacevole. Stabilimmo di fare turni di guardia per assicurarci che non si avvicinassero creature ostili. Per prime rimanemmo sveglie io e Clarisse. Mi sedetti all'ingresso della grotta, da cui potevo godere di una fantastica vista della vallata. Anche nel buio della sera il Bifrost risplendeva dei colori dell'arcobaleno.
Sgranocchiai distrattamente un biscotto secco e bevvi un po' d'acqua, tenendo d'occhio il paesaggio circostante, poi trovai una posizione comoda e osservai la luna sorgere. Clarisse rimase di fianco al fuoco, per controllare che non si spegnesse. Pochi minuti dopo sembravano tutti addormentati, quando dalla grotta uscì Tristan, più pallido del solito e molto agitato.
“Tristan, cosa c'è?” chiesi incuriosita.
“Claustrofobia. La grotta è troppo piccola, mi sento schiacciato.”
Si sedette al mio fianco.
“Ti dispiace se dormo qua fuori? Non riuscirei a chiudere occhio là dentro."
“N-no, stai pure.”
Mi allontanai automaticamente da lui.
“Se vuoi me ne vado,” mi ricordò con una punta di irritazione.
“Scusa, ma devi avere qualcosa di contagioso.”
“Cosa vuoi dire?”
“Sei gentile in modo preoccupante in questo periodo, ci deve essere qualche virus in giro.”
“Come sei simpatica,” disse tagliente.
Non gli risposi, ma tornai a guardare la valle.
“Va bene, mi allontano,” sospirò Tristan.
“Ecco, vedi!?” esclamai. Lui sussultò per la sorpresa.
“E adesso cosa c'è?”
“Siamo amici – riflettei un attimo – credo... Comunque, siamo più o meno amici da sette anni, e da quando ti ho conosciuto non ti sei fatto problemi a darmi fastidio, a importunarmi o mettermi in situazioni imbarazzanti, non puoi diventare all'improvviso un mezzo santo e pretendere che accetti la cosa senza farmi domande! Non capisco cosa ti è preso in questo periodo!”
Tristan non disse niente, ma sembrava che gli avessi dato uno spunto su cui riflettere. Lo lasciai a perdersi nei suoi pensieri e tornai a guardare il cielo. La luna nel frattempo era sorta. La osservai per un po', la sua luce gialla aveva il potere di calmarmi sempre.
Non in quel caso.
Infatti, mentre la osservavo, mi accorsi che c'era qualcosa che non andava.
Calmati, Selina, calmati, – mi ordinai sentendo crescere il panico, – ricordati il detto, come faceva?”
Richiamai alla memoria il vecchio detto sulla luna. Ma era proprio ciò che temevo. Mi aggrappai al braccio di Tristan per non rotolare a terra, attanagliata da una nausea improvvisa.
“Sel, tutto bene?”
Scossi la testa.
“Tristan, guarda la luna,” sussurrai.
Lui guardò verso il cielo.
“Ti ricordi il detto? Gobba a ponente, luna crescente...”
“Gobba a levante, luna calante.”
Spalancò gli occhi, capendo cosa mi aveva terrorizzato. La gobba illuminata della luna era a levante e a giudicare da quanto era coperta ci rimanevano più o meno quattro giorni prima che Balder venisse ucciso.

Quando finii il mio turno di guardia, svegliai Annabeth e Adam, che avevano quello dopo. Dissi con un filo di voce ad Adam quello che avevo scoperto. Vidi un lampo di panico attraversargli lo sguardo nel momento in cui gli spiegai la storia della luna, ma riuscì a mantenere un certo sangue freddo. Mi mise le mani sulle spalle, nel tentativo di tranquillizzarmi.
“Selina, calmati. Adesso dormi e domani mattina avvertiamo gli altri, va bene?”
Annuii e mi misi in un angolo, ma di dormire non se ne parlava proprio. Ero sveglia come se avessi dormito otto ore e non riuscivo neanche a tenere gli occhi chiusi. Guardai Tristan e Adam discutere, seduti all'entrata della grotta. Pochi minuti dopo Tristan si sdraiò per terra e si mise a dormire. Inutile dire quanto ero invidiosa della sua calma.
Dovetti addormentarmi ad un certo punto, perché chiusi gli occhi che era ancora buio e quando li riaprii era sorto il sole. Mi tirai in piedi stiracchiandomi. Purtroppo il fisico aveva risentito del sonno perso.
“Selina!” Luna e Abigail mi si avvicinarono con l'espressione preoccupata.
“È vero quello che ha detto Tristan?” chiese Luna.
“Purtroppo sì,” gemetti.
Abigail si mise una mano sulla fronte.
“Oh, mamma,” sussurrò.
“Già.”
“Ma come è possibile che sia passato già così tanto tempo?” domandò la figlia di Freya.
“Forse è come se la stessimo guardando allo specchio...” propose Luna.
“Potrebbe essere.”
Ci guardammo in silenzio. Era necessario andare a recuperare Talia, anche per parlare con Loki.
Facemmo una veloce colazione e ci rimettemmo in marcia, contando di raggiungere la casa di Loki entro quel giorno stesso. Prima di mezzogiorno trovammo il fiume sulle rive del quale era costruita la casa del dio. Lo seguimmo fino a quando arrivammo in vista di una casetta che ricordava una baita di montagna, vecchia, ma ancora in buone condizioni. La casa di Loki. Non aveva scelto un brutto posto per isolarsi dagli altri dei, decisamente: ci eravamo lasciati alle spalle la foresta già da un po', il sentiero si inerpicava tra i prati coperti di arbusti e il fiume aveva l'aria fresca e pulita. Un piccolo angolo di paradiso. Non si poteva dire lo stesso dell'inquilino della baita.
Mentre ci avvicinavamo alla casa, si alzarono i suoni di quello che aveva tutta l'aria di essere un litigio.
“Se non mi dici perché mi hai rapita, giuro che ti fulmino!”
“Taci, odiosa mortale! Mi hai fatto pentire delle mie azioni, e non sono tanti quelli che ci riescono!”
“La cosa non può che farmi felice, sai?!”
“Guarda che ti faccio fare un altro giro in cielo, ho visto che soffri di vertigini!”
“Sporco rapitore!”
“Stupida centrale elettrica!”
“Crepa!”
“Non posso!”
“Vogliamo provare!?”
Prima di rischiare un deicidio, azione che Talia sarebbe stata in grado di portare a termine, bussai alla porta; l'istinto era quello di bussare timidamente, ma con ogni probabilità non mi avrebbero sentito, troppo occupati a scannarsi verbalmente. Così tirai dei vigorosi colpi alla porta di legno. Le voci all'interno della casa tacquero.
La porta si spalancò all'improvviso e mi trovai davanti un uomo spaventosamente simile a Tristan, con i capelli biondo scuro e gli occhi grigi: Loki, che in quel momento aveva un'aria piuttosto folle dopo essere stato messo a prova dalla lingua assai poco diplomatica di Talia.
“Sì?” sbottò il dio.
“Dobbiamo parlarle,” dichiarai.
Lui mi guardò un po' troppo a lungo, poi fissò gli altri.
“Ciao, papà,” lo salutò Tristan con scarso entusiasmo.
Il dio vide il figlio e sorrise, il sorriso più falso che abbia mai visto.
“Tristan, figlio mio! Entrate pure, ragazzi,” e si spostò dalla soglia per lasciarci spazio. Misi un piede dentro casa con cautela, aspettandomi una secchiata di acido muriatico o cose del genere, ma riuscii ad attraversare l'ingresso indenne. In quella che sembrava la cucina trovai Talia, in posizione di attacco, con uno dei due pugnali stretto tra le mani. Si rilassò un poco nel vedermi e rinfoderò l'arma quando vide arrivare Abigail.
“Talia, tutto a posto?” chiese Abigail alla Cacciatrice.
“Tutto a posto, più o meno,” rispose tagliente fulminando Loki con un'occhiataccia. Il dio strinse denti e pugni, chiaramente sul punto di strangolarla.
“Papà, – si affrettò a dire Tristan per evitare un omicidio, – come mai hai rapito Talia?”
Loki scosse la testa con l'aria delusa.
“Ti facevo più sveglio, Tristan.”
Il ragazzo sospirò.
“Rispondimi e basta, va bene?”
“D'accordo. Anche se sono sicuro che ci sei già arrivato da solo. Ho rapito questa odiosa ragazzina, perché quella mandria di diffidenti si decidesse ad aiutarvi nella vostra missione, ecco perché. Se non l'avessi fatto, probabilmente eravate ancora là a discutere.”
Calò il silenzio.
“Quindi... – chiese Tristan con incertezza e una punta di speranza – non hai intenzione di uccidere Balder?...”
“Ma secondo te vi aiuterei a fermarmi?”
“Può anche essere,” commentò Adam. Loki gli gettò un'occhiataccia e Abigail gli sussurrò: “Prova ad evitare queste uscite, in futuro.”
Il dio riportò la sua attenzione sul figlio.
“Hai ragione, non ho nessuna intenzione di uccidere Balder, non dopo quello che mi hanno fatto passare gli altri dei. Hai idea di come sia passare qualche secolo legato a una lastra di pietra tagliente, nudo, con un serpente che ti cola veleno addosso? Ne ho avuto abbastanza, non ho intenzione di ripetere l'esperienza! Meno male che c'era Sigyn, benedetta moglie. Mi ha reso sopportabili tutti quegli anni...”
Mi imbarazzai leggermente a sentire il dio parlare con quella che doveva essere tutta la dolcezza di cui era capace. Guardai Luna che si strinse nelle spalle con espressione intenerita.
“Ma se sei innocente, perché hai rapito Talia? Non le conveniva semplicemente lasciare che la fine del mondo accadesse?” chiesi.
“Perché per una volta che non ho fatto niente, non mi va che gli altri dei mi accusino. Non ho liberato io Fenrir, che adesso vaga a piede libero nel mondo alla ricerca di Odino e i suoi figli, - quando fece quell'osservazione mi toccai istintivamente la cicatrice. Gli altri non notarono il mio gesto, - E poi scommetto che appena morirà Balder saranno tutti qui a bussare alla mia porta, con intenzioni assai poco amichevoli. Ah, quasi dimenticavo: sai con cosa erano fatte le corde con cui ero legato? Erano fatte delle budella di mio figlio Narvi. Che cosa simpatica, eh?”
“Non basterebbe dire che è davvero innocente, stavolta?” insistei.
“Secondo te mi crederebbero? E non voglio che nessuno faccia certe cose al posto mio! Sono io il dio delle bugie e degli inganni, e a chiunque mi abbia preso il posto deve essere ricordato chi ha il dovere di diffamare gli dei e ingannarli!”
Guardai Tristan in modo interrogativo e lui alzò gli occhi al cielo. A Loki non piaceva che gli si rubasse il lavoro, evidentemente. Un lavoro di cui non c'era molto di cui andare orgogliosi, pensai. Ma doveva essercisi affezionato.
“E adesso potresti lasciare andare Talia e assicurarci che non ti metterai in mezzo a questa faccenda mentre cerchiamo di fermare un assassino sconosciuto? Non ti chiedo di aiutarci, ma almeno non ti immischiare, papà...”
Loki sospirò.
“D'accordo.”
“Come se la sua parola valesse qualcosa,” bisbigliò Luna ad Abigail.
“Bene. Possiamo andare?” Tristan sembrava non vedere l'ora di lasciare la casa del dio.
“Andate, andate e fate in modo che non debba mai più vedere quella odiosa mortale. E vedete di trovare chi ha intenzione di uccidere Balder, prima che vengano a prendermi e ”
Lasciammo la casa di Loki insieme a Talia, finalmente di nuovo tra noi. Mentre ci allontanavamo guardai il cielo, pregando di fare in tempo a raggiungere Asgard e salvare Balder.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Angolo dell'autrice:

*fa capolino da dietro l'angolo* sono un po' in ritardo...
Allora, cosa ne dite? In realtà questo capitolo non mi ha particolarmente soddisfatta, a parte l'incontro con Loki. Non sapevo bene come concluderlo, e di solito mi piace lasciare qualcosa in sospeso. Comunque la storia della luna la spiegherò nel prossimo capitolo, non è stata fatta a caso.
Sono qui che scrivo, e intanto guardo la neve fuori dalla finestra, coccolo il gatto, ascolto musiche natalizie, e penso proprio che andrò a farmi una bella camomilla. Nell'attesa del Natale. Ma quanto è bello Natale? Io lo amo, le feste natalizie sono il mio periodo preferito dell'anno!
Ah-ehm, tornando al capitolo: un applauso a Madama Pigna, che aveva indovinato il perché del rapimento di Talia! *partono applausi registrati* Mi dispiace aver cancellato questo capitolo dopo che aveva già lasciato una recensione, ma mi sono accorta che avevo completamente dimenticato di scrivere una parte... Sono un disastro. Perdonami, Madama!
Ho deciso che in ogni capitolo metterò un “momento” dedicato ai ragazzi del Campo Mezzosangue. Questo era il momento di Nico, il prossimo non lo so. Potrei tornare su Clarisse più avanti, prima voglio mettere quelli su cui non ho detto niente. Adesso che ci penso potrebbe essere Percy, l'ho un po' ignorato dall'inizio della storia...
Ho già un'idea abbozzata per il prossimo capitolo, e vi avverto: tenetevi forte, comincia l'azione vera e propria! Fatti sconvolgenti ci saranno!
Ecco, dopo aver detto questo sarete tutti delusi quando leggerete il prossimo capitolo, mi sono tirata la zappa sui piedi...
Grazie a tutti voi lettori, recensori, seguitori(?) che accompagnate Selina & Co nelle loro avventure! Un bacio!

 

 

 

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Capitolo 7
*** Tra cene e sbronze le cose vanno a rotoli come i Regina (non finiscono mai) ***


Tra cene e sbronze le cose vanno a rotoli come i Regina (non finiscono mai)




Scendere, si sa, è più facile che salire. Infatti il viaggio di ritorno fu molto più veloce rispetto all'andata. Dovemmo comunque passare un'altra notte all'addiaccio, sempre in una grotta, per la gioia di Tristan che si mise di nuovo a dormire all'esterno. Anche quella sera mi offrii di fare il primo turno di guardia, stavolta insieme a Talia, che si piazzò all'entrata della grotta di fianco a me e scrutò il cielo.
"Cos'è questa storia della luna?" chiese a un tratto.
Sobbalzai, non mi ero aspettata quella domanda improvvisa. Mi schiarii la voce.
"In realtà non lo so bene neanch'io, ieri mi sono accorta che era quasi del tutto scura. La conosci la storia della gobba? Era dalla parte opposta rispetto a come era sulla terra, quindi ho immaginato che fosse vicina la luna nuova. Forse però la storia della gobba non c'entra niente..."
Guardai Talia, che aveva inarcato con molta teatralità un sopracciglio nell'ascoltare il mio fiume di parole. Era proprio figlia di Zeus.
"La conclusione del discorso è che non lo sai?"
"Più o meno," borbottai. Capivo perché stava simpatica a Abigail, aveva un po' il mio modo di fare, brusco e diretto. Proprio per questo mi trovavo a disagio: io ero una persona molto insicura, e a volte la mia insicurezza mi portata ad assumere atteggiamenti bruschi. I miei amici lo sapevano e non si scocciavano troppo nei miei momenti più scontrosi. Ma con gente che si comportava nel mio stesso modo ero a disagio, perché non mi sentivo in grado di difendermi.
"Senza offesa, eh," mi disse Talia, stendendo le gambe davanti a sé.
"Non mi sono offesa."
"Sembrava di sì."
"Ti sei sbagliata."
"Se lo dici tu."
Tacemmo entrambe e tornai a guardare il cielo, mordendomi l'interno delle guance mentre cercavo la luna. La trovai.
Ma appena la vidi saltai in piedi.
"Ma che cazzo le prende?!"
Eccola lì quella maledetta, che si degnava di mostrarci ben metà della sua faccia. Luna si sporse dall'entrata della grotta e mi guardò perplessa.
"Sel, cosa succede?" chiese con voce assonnata.
"Guarda!" esclamai puntando un dito accusatore contro il satellite.
Luna strizzò le palpebre un paio di volte per cacciare il sonno, guardò il cielo e sgranò gli occhi.
"Ma cosa?..." mormorò.
"Non lo so, ci sto capendo sempre meno in tutta questa storia e vorrei non aver mai accettato questa maledetta missione! Accidenti a voi che mi avete convinta!" gridai.
"Sel, stai tranquilla," cercò di calmarmi Tristan, che si era svegliato di botto durante il mio sfogo.
"E accidenti anche a te che ti addormenti così in fretta, ma come fai?!"
Ormai avevo svegliato tutti, che in quel momento mi fissavano allibiti e sonnolenti.
"Senti, – Tristan mi appoggiò entrambe le mani sulle spalle per tenermi ferma, – adesso tu vai a dormire. Sto io di guardia con Talia. Entro domani siamo ad Asgard e chiederemo spiegazioni agli dei. Ok?"
Annuii e gli presi le mani per toglierle dalle mie spalle.
“D'accordo, ma non è necessario che mi mettiate tutti le mani addosso.”
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
“Perdonami per aver cercato di rassicurarti. Dai, va' a dormire.”
Mi infilai nella grotta e mi accoccolai di fianco a Luna, stesa in un angolo insieme a Clarisse. Appoggiate alla parete opposta c'erano Annabeth e Abigail, addormentate una contro l'altra. Chiusi gli occhi e mi misi ad attendere il sonno.

“Sel, sveglia.”
Nel dormiveglia mi girai su un fianco e agitai una mano in aria per mandare via chiunque stesse cercando di svegliarmi. Quel qualcuno non desistette dal suo proposito e mi scrollò.
“Sel, se non ti alzi, ti sveglio con le cattive e sai che posso essere molto perfido.” A quel punto riconobbi la voce di Tristan. Socchiusi le palpebre per abituarmi alla luce del giorno. Tristan era chino su di me e mi fissava con insistenza.
Però... – pensai con il cervello ancora offuscato dal sonno – sono belli i suoi capelli, la mattina.”
Non appena registrai quello che avevo pensato, scattai come una molla, tirai una testata in mezzo alla fronte del ragazzo e mi misi in piedi.
“Scusa, Tris,” dissi nel vederlo massaggiarsi la testa con aria sconvolta.
“Non è niente,” mormorò. Si rimise in piedi e uscì dalla grotta.
Distolsi lo sguardo da lui arrossendo. Ma che razza di pensieri mi venivano? Volevo gettare al vento anni di cordiale odio facendomi venire quelle idee? Scossi furiosamente la testa e uscii, stiracchiandomi i muscoli indolenziti. Non era proprio comodo dormire sulla pietra. Fuori trovai Luna e Abigail che chiacchieravano con Talia, Annabeth e Clarisse, Nico che provava a combattere con il martello di Adam e Tristan da parte con Percy, immerso in un racconto. Mi avvicinai a Luna.
“Avreste potuto svegliarmi prima,” feci notare loro.
“Ci abbiamo provato, ma non davi segni di vita,” rispose Abigail.
La mattina è molto difficile svegliarti,” continuò Luna. Mi morsi le labbra. Facevo fatica la sera ad addormentarmi, e la sveglia la mattina era una fatica comparabile a quelle di Eracle.
“Andiamo?” chiese Talia.
“Andiamo.” Mi mossi in direzione dei ragazzi e li chiamai.
Nonostante avessimo tutti le gambe dolenti, la discesa non durò molto. Al mio fianco avevo Talia, che aveva tutta l'aria di essere il capo, o comunque il secondo in carica.
“Puoi anche stare con i tuoi compagni,” le proposi a disagio.
“Preferisco stare qui.”
Tacqui qualche secondo.
“E così tu eri un pino,” dissi dopo un po', per fare conversazione.
Talia fece una smorfia.
“Lo sono stata. Per sei anni.”
“Com'è stato?”
Ancora prima di vedere l'occhiata che mi rivolse, avevo voglia di scavarmi una fossa e nascondermici dentro.
“Strano,” rispose.
"E cos'hai fatto prima di diventare un pino?" continuai imperterrita.
"Non sei obbligata a fare conversazione."
"Se non vuoi rispondere basta dirlo."
Ci chiudemmo entrambe in un silenzio ostinato. Solo un paio di minuti dopo Talia sospirò e disse:
"Sono scappata di casa a dodici anni."
Non feci commenti, rimasi ad ascoltare il suo racconto.
"Mia mamma... be', beveva un po' troppo, per usare un eufemismo. È morta qualche anno fa in un incidente. Non la sopportavo, e il sentimento era reciproco, così me ne sono andata. Qualche tempo dopo ho incontrato Luke. Io, lui e Annabeth abbiamo vagabondato insieme per quasi due anni. Poi, mentre stavamo raggiungendo il campo siamo stati attaccati dai mostri e prima di morire mio padre mi ha trasformato in un pino."
Il nome di Luke mi diceva qualcosa, l'aveva menzionato Tristan al Campo Mezzosangue.
"Luke era il ragazzo che vi ha traditi durante la guerra, giusto?"
Talia annuì cupamente.
"Già. Lui."
"Ma poi alla fine è stato lui a uccidere Crono, sbaglio?"
"Non sbagli. A quanto mi è stato detto, si è ricordato della promessa che aveva fatto ad Annabeth quando era ancora una bambina: saremmo stati una famiglia, cosa che era mancata a ognuno di noi tre. E in un momento di lucidità si è ucciso per salvarci."
"Non avrebbe potuto lasciare che lo uccideste?"
"Si era immerso nello Stige per accogliere lo spirito di Crono. Il fiume rende immortali, ma lascia un punto vulnerabile, a conoscenza solo di chi si è bagnato nello Stige."
Quando ebbe finito il racconto, rallentò e si andò ad affiancare ad Annabeth. Mi guardai in giro per vedere se qualcuno dei miei amici avesse visto che ero rimasta sola e venni notata da Adam. Stranamente non stava chiacchierando con Tristan, in quel momento impegnato in una fitta conversazione con Abigail. Inarcai un sopracciglio con aria sarcastica nel vederli, non erano mai stati particolarmente in confidenza, ma da come confabulavano sembrava fossero amici e confidenti da una vita.
“Hai tentato di fare amicizia con Talia?” mi chiese Adam con la sua voce profonda.
“Il tentativo non ha avuto molto successo, sto inanellando una gaffe dopo l'altra,” mi lamentai.
Mi tirò una pacca su una spalla.
“Non ci pensare. Senti, nel caso in cui trovassimo chi ha intenzione di uccidere Balder, cosa faremmo? Lo fermiamo?”
“Con le buone o le cattive,” confermai.
“Sarebbe stata molto più semplice la situazione se fosse stata colpa di Loki.”
“L'unico che può davvero dirsi felice di questo è Tris. Mi porteresti un po' sulla schiena? Mi fanno male le gambe.” Cercai di impietosirlo facendo una smorfia e massaggiandomi i polpacci. Non pensate male, non ci stavo provando con il fidanzato della mia migliore amica. Solo che fino da piccola avevo l'abitudine a farmi portare in giro da Adam quando ero stanca dopo gli allenamenti, lui era sempre stato abbastanza forte da farlo.
Adam si chinò leggermente sulle ginocchia per permettermi di salire e io gli saltai sulla schiena.
“Grazie!”
“Figurati.”
Gettai le braccia attorno al suo collo e mi tenni saldamente mentre ricominciava a camminare.
“Piuttosto...” dissi cambiando discorso.
“Sì?”
“Tu sai cos'ha Tristan in questi giorni? Si comporta in modo strano.” Avevo la vaga impressione di star diventando vagamente ossessiva su questo argomento, ma la cosa mi intrigava davvero e da sola non capivo niente. Immaginavo che ci fosse un segreto intorno alla faccenda, e non fosse solo una questione di disturbi gastrici, e contavo di fare leva sulla incontrollabile sincerità di Adam. Quel ragazzo non sapeva tenere segreti, gli sembrava un'ingiustizia nascondere le cose alle altre persone.
“No, non lo so...” rispose con incertezza.
“Davvero non lo sai? Sei il suo migliore amico, credevo ti dicesse certe cose.” Mi sentii un po' meschina nel vederlo così combattuto.
Proprio quando stava per cedere, un semideus ex machina venne un suo soccorso.
“Sel, ma non ti vergogni a sfruttare Adam in questo modo?” mi rimproverò scherzosamente Tristan. Gli feci una linguaccia.
“Hai paura che disturbi il tuo amichetto, che vieni subito a difenderlo? Guarda che Adam si sa difendere da solo.”
“Selina ha ragione, Tris, e questo mi ricorda che sento il bisogno di scaricarti, Potter.”
“Uffa.”
Scesi dalla schiena di Adam e ripresi a camminare, notevolmente riposata.

Arrivammo ad Asgard nel tardo pomeriggio. La reggia dorata scintillava nella luce del tramonto, uno spettacolo incredibile. Attraversammo i cancelli delle mura e attraversammo il giardino interno, una vera e propria foresta. Richiamai l'attenzione di Abigail.
“Potrebbe essere questa la foresta che ha sognato Sarah.”
Lei si guardò intorno e annuì.
Camminammo almeno dieci minuti prima di raggiungere la reggia vera e propria. Salimmo la scalinata d'ingresso, attraversammo il corridoio principale e trovammo Valaskjalf, il palazzo in cui era situato il trono di Odino. Lì trovammo mio padre, seduto su Hlidskjalf, il suo trono.
“Heimdall mi aveva avvertito del vostro arrivo,” esordì Odino. Il suo tono era freddo, molto diverso da quello che usava quando veniva a trovarmi al campo.
“Padre, dobbiamo parlare con gli altri dei. Abbiamo scoperto che Loki si dichiara innocente.”
Odino mi guardò a lungo, poi si alzò in piedi.
“Chiamerò un'assemblea. Fatevi trovare tra poco nel Vinglof.”
“Aspetta!” esclamai. Mio padre mi guardò con aria interrogativa.
“La luna – feci una pausa – in queste sere abbiamo osservato che non segue le varie fasi. Ieri era mezza, due sere fa era quasi completamente coperta. Come mai?”
“Con l'avvicinarsi di Ragnarok le fasi della luna diventano irregolari. Questo perché Hati, il lupo che insegue Mani, si avvicina sempre di più, fino a quando non lo divorerà. L'ombra della luna è l'ombra provocata da Hati.”
“Ma allora perché per noi sulla terra non è così.”
“Oh, quello ha a che fare con tutta la questione della scienza e della religione. Forse se tutti gli uomini adorassero ancora me e gli altri dei, allora vedereste anche voi le fasi irregolari. Ma da quando la gente non crede più nel nostro culto, i mondi si sono come separati.”
“Ok, grazie della spiegazione.”
Odino uscì dalla sala, lasciandoci soli. Mi girai verso gli altri.
“Andiamo.”
La sala del consiglio era in fondo al corridoio principale, un'enorme stanza dorata. Sulla parete opposta a noi c'era una vetrata e all'esterno un balcone che si affacciava su uno strapiombo. Davanti alla finestra erano posizionati due troni per Odino e Frigg e lungo le altre pareti erano stati allineati i troni delle altre divinità, alcuni dei quali erano già occupati. Vidi Ullr che sistemava dietro al suo scranno gli sci ancora umidi di neve, vidi Sif, sua madre, seduta accanto a lui e intenta a sistemarsi la chioma. La dea trattava i suoi capelli con particolare cura da quando le erano ricresciuti, dopo che Loki glieli aveva tagliati. Arrivò Freya, sotto forma di aquila, e si tolse il mantello che le permetteva di trasformarsi, riprendendo l'aspetto umano. Scrollò i lunghi capelli dorati che le cadevano oltre la vita e si sedette, raddrizzando l'elmetto di ferro calato sulla testa e appoggiando da una parte la lancia. Può sembrare strano che una dea dell'amore vada in giro armata, ma Freya era molto diversa da Afrodite e aveva l'abitudine a guidare le Valchirie nelle battaglie. Appena ci vide salutò con entusiasmo Abigail.
“Scusate.”
Ci spostammo dall'ingresso per far passare il dio che aveva richiamato la nostra attenzione, Freyr, gemello di Freya, accompagnato dal suo cinghiale d'oro, Gullinbursti. L'animale meccanico seguì mite il proprio padrone e si accucciò ai piedi del trono. Mano a mano la sala si riempì. Solo quando tutti i troni furono occupati, tranne quello di Loki di fianco a Thor, Odino e Frigg entrarono nella sala e si andarono a sedere nei loro scranni.
“Spiegate – cominciò mio padre – il motivo del vostro viaggio.”
“Padre, sulla terra, mentre parlavamo con le divinità greche, Talia, la figlia di Zeus è stata rapita – gettai un'occhiata verso gli altri dei. – Rapita da Loki.”
Quando conclusi la frase si alzò un coro di insulti. Mio padre riportò il silenzio battendo a terra la lancia, Gungnir.
“Quando siamo andati a recuperarla, Loki ci ha detto che l'ha fatto per aiutarci ad ottenere l'appoggio di Zeus e gli altri dei, e ha dichiarato di non voler uccidere Balder una seconda volta, ma che qualcuno sta agendo al posto suo per far ricadere la colpa su di lui.”
“E voi vi fidate della sua parola?” chiese rabbiosamente Idunn. La dea non si era dimenticata di quando Loki l'aveva fatta rapire dal gigante Thiazi.
“Sappiamo che non possiamo fidarci di Loki – affermai tentando di mantenere un tono sicuro – ma ci ha aiutati a convincere gli dei greci ad offrire il loro appoggio.”
Con metodi tutti suoi,” ammisi mentalmente.
Noi gli concediamo almeno il beneficio del dubbio,” conclusi.
Idunn aveva l'aria poco convinta, ma tacque.

E adesso perché siete qui?” chiese Frigg.
Perché sappiamo quando verrà ucciso Balder.”
Gli dei si guardarono gli uni con gli altri, mentre Frigg si alzava e veniva verso di noi.

E avete immaginato che non lo sapessi?”
Sgranai gli occhi e abbassai lo sguardo. Quando avevo deciso di venire ad Asgard non avevo tenuto in conto che anche Frigg sarebbe stata a conoscenza del destino del figlio.
Frigg mi prese il mento tra due dita e mi fece sollevare la testa.

Avete fatto bene. Avevo visto in sogno la morte di mio figlio, ma non sapevo quando sarebbe accaduto.”
Tirai un profondo sospiro di sollievo e la dea tornò a sedersi.

Quando accadrà?” chiese mio padre.
Una notte di luna nuova,” risposi.
Odino rimase pensieroso qualche secondo, il mento appoggiato a una mano.

Balder – disse infine – tieniti lontano dal vischio, in questi giorni. E stai sempre nel palazzo, non uscire per nessun motivo.”
Il dio annuì con aria mite e strinse la mano alla moglie Nanna. Aveva l'aspetto di un ventenne, con capelli biondi che toccavano le spalle, una barba leggera e gli occhi verdi.

Tu e i tuoi compagni passerete la notte qui, poi tornerete nel vostro mondo – stabilì Odino. – Il consiglio è terminato.”

Quella sera gli dei organizzarono un banchetto, a cui avemmo l'onore di partecipare. Prima di cena riuscii anche a farmi un bagno. Due notti all'addiaccio non ti lasciano proprio pulita.
A tavola venne servito un cinghiale intero arrosto, selvaggina, verdure bollite condite con il burro, patate e idromele. Io e i miei compagni eravamo seduti a una delle estremità della tavolata. Durante la cena Nanna se ne andò dicendo che si sentiva stranamente assonnata e si ritirò nel palazzo di suo marito, Breidablik.
Verso la fine del pasto metà degli dei cantava ubriaco sventolando in aria i boccali e l'altra metà russava collassato con la testa nel piatto. Thor stava raccontando di come aveva ottenuto il martello, trovando molto divertente, in particolare, la fine, quando Loki, per non farsi tagliare la testa da un nano per aver perso una scommessa, ricordava a questo di aver scommesso la testa ma non il collo. Gli unici commensali ancora sobri erano le dee, a parte Freya che stava cercando di infilarsi la coppa vuota come un elmo, Odino, che rideva ascoltando il coro dei parenti ubriachi, Balder e Tyr, il padre di Luna. Anch'io avevo la testa piuttosto leggera a causa dell'alcool e credo di aver tentato un paio di volte di affettare un pezzo di fagiano con il tovagliolo. Percy, dopo aver scoperto che l'idromele era alcolico, l'aveva sottratto a Nico.
Quando tutte le portate furono esaurite, tutti gli dei si ritirarono nei loro palazzi e ci dirigemmo nelle nostre stanze. Stavo per mettermi a letto, ma in quel momento si alzò un trambusto dal corridoio. Uscii dalla camera mentre passava Balder di corsa.

Nanna è scomparsa, aiutatemi a trovarla!” gridava a chiunque incontrasse.
Balder, cosa succede?” chiese Thor, mostrando tutta la sua grande capacità intuitiva.
Nanna non è nelle sue stanze, e sembra non esserci mai entrata. Il letto è ancora in ordine,” spiegò il dio cercando di mantenere la calma.
Thor si grattò la testa con aria pensierosa.

Dove pensi che sia?”
Non lo so! Dovete aiutarmi!”
Sif spostò di lato Thor e cercò di rassicurare il dio.

Stai tranquilla, Balder, sarà uscita a prendere una boccata d'aria. Adesso mandiamo qualcuno a cercarla.”
In quel momento dal giardino giunse un urlo. Un urlo di donna.

Nanna!” gridò Balder riconoscendo la voce della moglie. Corse verso l'uscita del palazzo e andò in giardino.
Balder, fermati!” urlai correndo dietro di lui. Lo seguii attraverso il giardino, a piedi scalzi e disarmata. In effetti fu una cosa abbastanza stupida non fermarmi a prendere l'ascia, ma avevo agito d'impulso.
Persi di vista Balder troppo presto. Il giardino era buio, le stelle erano luminose ma non abbastanza da permettermi di vedere più in là di qualche centimetro. Mi fermai a guardare il cielo per vedere se c'era la luna. Non era da nessuna parte. Era luna nuova quella sera.

Merda,” commentai.
Mi inoltrai tra gli alberi per seguire quella che speravo essere la direzione presa da Balder. In quel momento si alzò un secondo urlo femminile, seguito da quello di un uomo. Venni assalita dal panico.

Balder!” gridai. Non era una grande idea attirare l'attenzione su di me, sola e disarmata, ma la priorità era salvare Balder e per farlo dovevo scoprire dove si trovava. Mi fermai a riprendere fiato e rimasi in ascolto di qualche rumore: sentii un fruscio alle mie spalle. Mi girai di scatto. Distinsi nell'oscurità la figura massiccia di un essere grosso quanto un cavallo. L'essere emise un lungo e basso ringhio, che mi fece gelare il sangue nelle vene.
Fenrir...” sussurrai.
Il lupo fece un paio di passi verso di me.

Ci vediamo di nuovo, figlia di Odino.” Sentivo la sua voce bassa e profonda nella mia testa. Questo accadeva a causa del legame che avevamo: Fenrir e Odino erano destinati a scontrarsi durante Ragnarok e in quanto figlia di Odino, Fenrir era un nemico naturale anche mio.
Indietreggiai, sperando di inciampare in qualche bastone o sasso da lanciargli. Invece finii direttamente tra le braccia di un uomo, che mi tappò la bocca con una mano e con l'altro braccio mi bloccò tenendomi saldamente per il busto.

Tranquillo, Fenrir – disse l'uomo con voce melliflua – avrai tempo di giocare con questa bambina. Adesso dobbiamo andarcene.”
Il lupo emise un altro ringhio e si allontanò nella foresta, diretto all'ingresso delle mura. Mentre se ne andava sentii i rumori dei passi dei miei amici che arrivavano di corsa. Con un gesto veloce, l'uomo mi lasciò andare e, prima che potessi gridare, mi assestò un colpo sulla nuca con un oggetto duro e pesante, forse l'elsa della spada. Svenni.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Angolo dell'autrice:

Avevo promesso l'azione, ed ecco che arriva l'azione. Oh, povero Balder... Che ne dite, ho descritto bene la scena? A me sembra di sì.
Io
adoro gli dei norreni. Secondo me dovevano essere dei festaioli pazzeschi. Per questo li immagino bene a tenersi a braccetto e cantare tutti ubriachi fradici. Ullr era il dio forse dell'inverno, non si sa con certezza, Sif era la moglie di Thor a cui per scherzo Loki aveva tagliato i capelli, Freyr era il gemello di Freya, anche lui dio della fertilità e della bellezza. E poi c'è FreyaIo la adoro. Forse alcuni la immaginano un po' come Afrodite, ma in realtà sono molto diverse: Freya è spesso rappresentata con l'elmo, l'armatura e la lancia (un po' come Atena) anche se la parte inferiore è costituita da una gonna, guidava in battaglia le Valchirie e portava nel suo palazzo metà delle anime dei guerrieri morti sul campo di battaglia. Era sposata con Odr, che amava tantissimo. Ogni volta che il dio partiva, Freya si disperava e piangeva lacrime dorate. Non ho tentanto di farla strafiga a tutti i costi, era davvero un peperino.
Balder invece doveva essere un coccolone. Era il più buono tra gli dei e sua moglie Nanna, quando è stato celebrato il rito funebre di Balder è morta dal dolore.
Che bello, sono arrivate le vacanze! Così avrò molto più tempo per scrivere! *controlla il diario con i compiti* Ok, scherzavo.
Niente, chiudo qui le note di autore e vi auguro un felicissimo Natale! Mangiate tanto pandoro e panettone, mi raccomando!
A presto!




 

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Capitolo 8
*** Io che scopro di avere tendenze suicide ***


Io che scopro di avere tendenze suicide




Mi svegliai qualche ora dopo, la nuca ancora dolente. Ero sdraiata sul mio letto, nella reggia di Asgard. Alzai una mano per tastarmi la testa e controllare se ci fosse un bernoccolo, e qualcuno mi mise nel palmo un sacchetto di ghiaccio che fino a un attimo prima aveva premuto contro la nuca. Aprii gli occhi e mi trovai davanti Tristan.
"Perché – mugolai mentre prendevo il sacchetto si ghiaccio – da qualche giorno, ogni volta che mi sveglio ci sei tu che mi fissi?"
"È solo un caso, te lo assicuro." Il suo tono era serio e nervoso. I ricordi della sera prima mi colpirono come una doccia fredda.
"Balder è..."
Tristan annuì. Mi morsi la lingua, abbattuta.
"Che idiota," commentai acidamente. Mi guardai intorno. "Dove sono gli altri?"
"Nella sala del consiglio. Immagino stiano discutendo se cercare di riportare l'anima di Balder indietro dagli inferi."
"Non ti va di assistere? Sarebbe potuta rimanere Abigail, o Luna."
Lui scosse la testa.
"La situazione non è delle migliori di là, e in quanto figlio del precedente assassino non penso sia per me una buona idea partecipare alla discussione. E non mi piacevano gli sguardi che mi lanciavano alcuni dei."
Sbuffai.
"Ancora questa storia? Son dei bei testoni!"
Lui si strinse nelle spalle.
"Piuttosto, dove eravate tutti mentre io inseguivo Balder?"
Tristan si alzò in piedi e mi fece cenno di seguirlo. Mi portò nella reggia di Heimdall. Il dio era in piedi in mezzo alla sala e faceva la guardia a una gabbia coperta da un panno, nella quale si agitava un essere.
"Tristan – disse Heimdall quando ci vide entrare – non è sicuro per lei."
"Cosa non è sicuro?" chiesi.
Tristan indicò la gabbia.
"Lì dentro c'è il tuo doppelganger."
Osservai la gabbia che aveva smesso di agitarsi, come se la nostra presenza avesse calmato la creatura. Era una dei primi mostri che studiavamo al campo, i doppioni malvagi di ogni essere umano. Se un uomo avesse visto il suo doppelganger, la visione della propria controparte malvagia l'avrebbe perseguitato per il resto della sua vita. Prima che potessi dire qualcosa, il doppelganger parlò.
"Tristan? Sei tu?" Per poco non mi venne un colpo: la voce era identica alla mia.
"Ti prego, Tristan, liberami! Sono io, Selina," piagnucolò l'essere.
Se non avessi trattenuto il ragazzo, probabilmente sarebbe andato a prendere a calci la gabbia, vista la rabbia che l'aveva pervaso. Lo afferrai per un braccio.
"Stai calmo," intimai. Sembra strano, ma mi venne quasi da ridere.
"Cosa c'è di tanto divertente?" chiese Tristan confuso e irritato.
"Niente, – spiegai soffocando una risata, – ma è la prima volta che sei tu a perdere il controllo e io a dirti di stare tranquillo. Di solito sono io quella che da di matto." Ripensai imbarazzata al mio sfogo di due giorni prima di fronte alla luna. Tristan mi fissò con aria vacua.
"Tristan, chi c'è con te?" Il doppelganger non demordeva.
"Nessuno," rispose lui, recuperata la calma.
"Ah, bene! Mi sembrava di aver sentito qualcuno che aveva la mia stessa voce. Che strano, eh?"
"Già. Davvero strano."
Sentii il bisogno di uscire da quella sala. Ero inquietata da quel mostro, dal modo in cui parlava e di come sembrasse sicuro di essere me. Avevo l'impressione che se avessi passato troppo tempo ad ascoltarlo avrei cominciato ad avere dubbi sulla mia identità. Tristan a quel punto mi mise una mano sulla spalla e mi guidò fuori dalla sala.
“Inquietante, eh?” commentò quando fummo fuori.
“Il motto di quei mostri deve essere mentire, sempre e comunque. Un po' come te,” conclusi.
“Dai, non sono così terribile.”
“No – gli diedi una spinta amichevole – sei anche peggio.”
In risposta lui mi diede un pizzicotto su un fianco.
“Parla quella che cercava di convincermi di non aver dipinto di rosa i miei vestiti con indosso i pantaloni sporchi di vernice.”
“Avevo otto anni! – mi passai una mano tra i capelli – Tornando al doppelganger, è a causa sua che non siete riusciti a raggiungermi? Vi ha guidati da qualche altra parte?”
Tristan annuì.
“Dopo aver recuperato le armi, siamo usciti di corsa e abbiamo visto te, o meglio, il tuo doppione che correva dalla parte opposta al punto dove ti abbiamo trovata.”
“Lo stavate inseguendo come una mandria di pecore?”
“No, non lo stavamo inseguendo come una mandria di pecore, ma abbiamo seguito più o meno la direzione in cui l'abbiamo visto scappare. Non avevamo altri riferimenti.”
“E poi come avete fatto a trovarmi, allora? E ad essere certi che io fossi... l'originale?”
“Il secondo urlo di Nanna. Ti abbiamo trovata svenuta poco lontana dal corpo di Balder. A quel punto era abbastanza ovvio che l'altra fosse il doppelganger. Inoltre..." Si interruppe imbarazzato.
"Inoltre cosa?" Cercai di guardarlo negli occhi, ma evitava il mio sguardo, come de fossi una gorgone.
"Ti ricordi quando ti ho fatto sedere su delle puntine, una volta?"
"Sì." Mi feci circospetta.
"E ti sono rimasti i segni."
Corrugai la fronte mentre cercavo di capire cosa significasse quello che mi aveva appena detto, poi sgranai gli occhi.
"Hai detto di controllare che..."
Lui spostò il peso da un piede all'altro, palesemente in imbarazzo, e annuì. Abbandonai le braccia lungo i fianchi.
"Non potevi inventarti qualcos'altro?" sussurrai.
"Non mi è venuto in mente niente che potesse darci la certezza che fossi davvero tu."
Mi appoggiai al muro e infilai le mani in tasca.
"A chi hai detto di controllare?" In realtà non morivo dalla voglia di saperlo, ma ne sentivo il bisogno.
"Ho chiesto che lo facessero o Luna o Abigail."
"E?"
"Luna."
Sospirai.
"Il doppelganger non aveva quei segni?"
"No, hanno controllato."
“E Heimdall? – chiesi – Non ha visto niente?”
“C'era qualche magia che gli ha impedito di vedere quello che stava succedendo. Stanno cercando di capire quale possa essere.”
Feci per andare nella sala del consiglio, ma mi bloccai.
"Tristan."
"Sì?"
"Tutto questo era una trappola," riflettei.
"Sì."
"Ma come facevano a sapere che proprio io sarei corsa a inseguire Balder? Dovevano esserne certi per andare a prendere il mio doppelganger."
Lui si morse il labbro inferiore, assorto.
"Non ne ho idea. Avranno consultato le Norne?" suggerì.
Annuii.
"Probabile. E per Nanna? Sapevano anche che sarebbe andata via dal banchetto prima degli altri?"
Tristan scosse la testa.
“Abbiamo controllato il suo boccale. Qualcuno aveva messo del sonnifero nel suo bicchiere prima di cena.”
“Porca puttana! Ma è possibile che non se ne sia accorto nessuno!?”
Lui si strinse nelle spalle.
“Evidentemente sì.”

La sala del consiglio era un inferno. Gli dei si urlavano gli uni contro gli altri cosa avrebbero dovuto fare, mentre mio padre cercava di riportare il silenzio. I miei compagni erano in un angolo che si guardavano sconsolati. Mi guardai in giro, pensai a Tristan in corridoio che non partecipava al consiglio per timore delle loro reazioni, vidi Nanna in un angolo con gli occhi rossi e una benda stretta attorno a un avambraccio, forse dove l'avevano ferita per farla urlare, e mi sentii all'improvviso arrabbiata e frustrata. Non avevamo impedito che Balder si facesse uccidere, non avevamo prove per capire se Loki era davvero innocente o no – non smettevo di ripetermi che ero stata un'idiota a non dirgli di venire ad Asgard –, Fenrir mi voleva morta, e Tristan per colpa di suo padre non assisteva al consiglio.
Presi un profondo respiro, mi misi le mani a coppa attorno alla bocca e urlai.
“EHI!”
Qualcuno tra gli dei più vicini mi guardò con aria interrogativa, ma gli altri andarono avanti a gridarsi contro. Urlai di nuovo, stavolta fino a che non mi fece male la gola e tutti furono in silenzio a guardarmi, nella maggior parte dei casi allibiti. Battei le mani.
“Allora – incominciai facendo qualche passo verso il centro della sala – visto che tutta questa situazione è un bel casino, direi che prima cosa smettiamo di fare casino anche qua dentro. Mi ricordo che la prima cosa che mi hanno insegnato a scuola è che si parla a turno, alzando la mano. Non è così difficile. Poi – mi piazzai in mezzo alla sala e feci lentamente un giro su me stessa – c'è un ragazzo qua fuori che non partecipa al consiglio, perché è figlio di Loki, e teme le vostre reazioni se dovesse mettere piede in questa sala. Vogliamo smettere con questa storia? Lui non ha colpa, e non sappiamo neanche con certezza se Loki è, di fatto, l'assassino. Vediamo invece di fare proposte serie per riportare tra noi Balder. Ci son proposte serie? Non voglio sentire cose tipo: prendiamo uno a caso e lo distruggiamo. Allora?”
In fondo alla sala vidi che i miei compagni. La gamma di espressioni era alquanto variegata: Luna sembrava sul punto di svenire, Abigail aveva una mano premuta sulla bocca e mi guardava ammirata, Adam alzò un pollice un segno di approvazione, Talia aveva la faccia da “perché non ci ho pensato io a fare così?”, Annabeth e Percy sembravano confusi, come se si stessero chiedendo se avevo il permesso di comportarmi in quel modo. Nico sembrava intimorito, non capii se dal mio sfogo o dalle occhiate che mi stavano mandando gli dei.
“Quindi – dissi guardando mio padre – mi sembra che nessuno abbia niente da dire.” Si erano tutti rifiutati di alzare la mano per parlare e si erano chiusi in un mutismo ostile.
“Io direi che possiamo provare a fare come l'ultima volta. Andremo a prendere l'anima di Balder da Hel.”
“L'ultima volta non ha funzionato.”
Aveva parlato Tyr, il padre di Luna. Si alzò in piedi, i capelli castani sciolti sulle spalle e i penetranti occhi azzurri fissi su di me. Mi passai la lingua sulle labbra.
“Ed era, per di più, quello di cui stavamo discutendo, prima che tu interrompessi il consiglio."
“Be', mi sembrava che non si stesse arrivando da nessuna parte con quel consiglio. Quindi siete d'accordo? Possiamo provare a riportare l'anima di Balder dal regno dei morti?”
Tyr gettò un'occhiata a Odino, che si alzò in piedi a sua volta.
“Possiamo provare. Se c'è qualcuno-”
“Noi! – esclamai – Io e miei compagni possiamo farlo.”
Odino rifletté qualche secondo e annuì.
“Va bene, andrete da Hel.”
“Aspetta, Odino!”
Mi girai verso il dio che aveva parlato: Njord, il dio del mare.
“Cosa c'è, Njord?”
“Questa ragazza non può parlarci in questo modo e passarla liscia! Siamo dei e tu sei suo padre! Dovresti punirla!”
Qualche altro dio appoggiò Njord. Io li fissai a testa alta, mascherando la tensione. Fortunatamente mio padre era troppo affezionato a me per volermi vedere spappolata sul pavimento della sala del consiglio, così intervenne a pararmi il culo. Batté con forza la lancia per terra.
“Se qualcuno osa toccare mia figlia lo sbatterò fuori da Asgard e lo manderò a Jotunheim!” gridò.
Controvoglia gli altri dei tacquero.
“Adesso andate a dormire. Domani mattina, o meglio, tra qualche ora, Heimdall vi farà andare negli Inferi.”

La riunione non si concluse con il mio sbudellamento, e questo fu un successo. Quando io e i miei amici ci trovammo fuori dalla sala, Luna mi afferrò per le spalle.
“Sei completamente pazza!? – sbraitò scuotendomi con violenza – Ti avrebbero potuta uccidere!”
“Se avessi provato qualcosa del genere sull'Olimpo, mi avrebbero polverizzato seduta stante,” disse Percy.
“No, Testa d'Alghe, saresti sopravvissuto anche a quello.”
“Hai il fondo schiena talmente grande che mi chiedo come facciano a starti quei pantaloni,” commentò Talia. Nico ridacchiò.
Io intanto continuavo a sorbirmi la ramanzina di Luna, su come fossi stata scriteriata, sulla saggezza e su quella cosa che si chiama riflettere prima di agire, di cui mi ero allegramente infischiata. Quando ebbe finito barcollai lungo il corridoio, improvvisamente esausta. A metà strada sentii i miei amici seguirmi e mi appoggiai al muro. Da una nicchia saltò fuori Tristan.
“Senti – incrociò le braccia sul petto – devo fare l'abitudine a queste crisi di nervi o è solo una cosa temporanea?”
“Mmh, lasciami in pace...”
Mi aggrappai alla sua spalla, sul punto di addormentarmi.
“Qualcuno mi deve avermi somministrato un sonnifero.”
“È stata una lunga giornata.”
Prima che potessi fermarlo, mi fece mettere un braccio sulle sue spalle e si chinò per prendermi le gambe. Mi trovai tra le sue braccia, inerte e paurosamente poco desiderosa che mi lasciasse andare.
“Porca vacca, Sel, sei una falsa magra,” sbuffò Tristan mentre mi portava in camera.
“Va' a quel paese, sono tutti muscoli.”
Dopo ebbi solo la vaga sensazione di essere scaricata (non mi aspettavo che Tristan fosse delicato) su un letto molto morbido.
Partimmo poi quella mattina, gli zaini riforniti di cibo asgardiano. Andammo nel Heimdall e, col suo permesso, mettemmo piede per la prima volta sul vero ponte Bifrost. Ci aspettava Hel.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***


Angolo dell'autrice:

Sono in tremendissimo ritardo, ma sono stata via, mi dispiace. Che bella Copenaghen... Scusate, bando alle ciance. Stiamo per arrivare da Hel. Non succede molto in questo capitolo, ma ho spiegato bene come si è svolto l'assassinio di Balder (qualcuno aveva già espresso perplessità sull'ubicazione degli altri, mentre Selina inseguiva Balder). Scusate se non è lungo quanto gli altri, ma essendo un capitolo di transizione non mi dilungo più di tanto. Per adesso ricalco le orme del mito, ma già nel prossimo capitolo c'è una variazione, che io reputo abbastanza interessante...
Selina non poteva fare la scenata agli dei e passarla troppo liscia, ringraziate il paparino che è, forse, un po' troppo indulgente a volte con la figlia.
Mi piace tanto scrivere le scene tra Selina e Tristan! Quindi spero piaccia a voi leggerle quanto a me piace scriverle!
Adesso vado a combattere la tristezza di tornare a scuola con una tavoletta di cioccolato.

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Al confronto con questo, rubare una carta di credito è una ragazzata ***


Al confronto con questo, rubare una carta di credito è una ragazzata




Nonostante fosse molto sottile, il Bifrost dava l'idea di essere solido. I colori dell'arcobaleno pulsavano debolmente mentre ci camminavo sopra. Mi avvicinai al bordo, badando di non cadere, e guardai Yggdrasill. Mi stupii nel constatare che le descrizioni dei poeti antichi coincidevano con il reale aspetto dell'albero: sotto di me, tra le radici dell'albero, si vedeva Nidhoggr, il serpente che si scambiava continuamente insulti con l'aquila che abitava in alto tra i rami. La vista del serpente era parzialmente ostruita dalla terra, o Midgardr. Un po' più in alto sull'albero rispetto alla terra c'erano Muspell, il regno dei giganti di fuoco, e Alfheim, il regno degli elfi e dove si trovava il palazzo di Freyr. E fortuna che non soffrivo di vertigini. Il cielo attorno a Yggdrasill era scuro e disseminato di stelle.
"Guarda il regno di Hel – indicò Abigail – non sembra un posto allegro."
Gli Inferi, situati in basso vicino alle radici, erano circondati da una cortina di nuvole nere e violacee, dall'aspetto nocivo.
"Mai che una missione si svolga su Alfheim?" brontolai.
"Allora? Andiamo?"
Mi riscossi al suono della voce di Clarisse. Si erano tutti incantati a guardare lo spazio e Yggdrasill; tutti tranne Talia, che aveva assunto un'interessante sfumatura verdolina.
"Stai male?" le chiesi.
Lei mi lanciò un'occhiata che doveva dissuadermi dal portare avanti l'argomento, ma Percy, alle sue spalle, mimò con le labbra: "vertigini."
In tutta la mia grande intelligenza, non mi trattenni dall'esclamare:
"Ah, è vero! Loki aveva detto che la figlia di Zeus, il signore dei cieli, soffre di vertigini! – soffocai una risata – È assurdo tanto quanto me astemia*! E pensare che credevo di aver visto tutto, quando Abby mi ha detto di essere allergica ai cosmetici!"
"Non ricordarmelo," borbottò Abigail. Abigail si sarebbe anche messa un po' di matita, ma l'unica volta in cui ci aveva provato, si era trovata gli occhi gonfi come due prugne.
L'occhiataccia che mi riservò Talia dopo la mia uscita fu tanto intensa che mi bruciacchiò le sopracciglia. Mi strofinai la fronte imprecando e mi misi in marcia lungo il Bifrost. Tristan mi mise un braccio attorno alle spalle e mi disse in tono confidenziale:
"Selina? Dopo aver fatto queste uscite, non chiederti perché continui a fare gaffe, va bene? Se invece si tratta proprio di un caso patologico, possiamo vedere se è possibile metterti un filtro alla lingua, così in futuro eviterai queste figuracce."
Per risposta gli tirai una manata sullo stomaco, a metà tra l'offeso e il divertito.
"Che donna violenta," si lamentò lui, massaggiandosi la pancia.
Fortunatamente la strada per adesso era una, ma non sapevo come me la sarei cavata a un bivio. Non contavo di trovare cartelli dell'autostrada e dubitavo che un navigatore avrebbe avuto la cartina di Yggdrasill. Ciononostante, marciai fiduciosa lungo il Bifrost. Chiacchierai un po' con Luna, dopo averla sottratta a Clarisse.
"Ti ho un po' ignorata in questi giorni, scusa," mi disse.
"Non ti devi scusare di nulla. Ma ho questa domanda che mi ronza in testa da quando abbiamo lasciato il campo."
"Spara."
"Cosa ti ha detto Sarah?"
Luna deglutì e non rispose, mantenendo il volto impassibile.
"Luna?"
"Niente di importante. Solo che potrei avere un incidente alla mano destra. Sai, come mio padre." Fletté le dita della mano con una certa difficoltà. I figli di Tyr facevano fatica a usare la mano destra a causa dell'amputazione che aveva subito loro padre. Infatti erano tutti mancini.
"Tu credi a Loki?" chiese cambiando discorso.
Inarcai le sopracciglia.
"In realtà non so bene cosa credere. So che è malvagio, ma quando siamo andati a recuperare Talia mi è sembrato sincero. Sempre che non sia semplicemente un grande attore. Ma la voce dell'uomo che mi ha colpito ieri sera... non era la sua. Sono confusa," conclusi.
Luna stava per dire qualcosa, ma venne bruscamente interrotta da un muro di pelo che si frappose tra noi due. Questo mi urtò con forza e mi fece cadere a terra. Mi rialzai e mi misi a gattoni, giusto in tempo per vedere Abigail correre dietro all'animale agitando le braccia.
"Ratatoskr! Ratatoskr! Fermo!" gridò.
Lo scoiattolo gigante** non sentì subito il richiamo, ma alla fine si fermò e si girò a guardarci, annusando curioso l'aria. Abigail rischiò di inciampare nei suoi piedi mentre lo raggiungeva, poi si appoggiò al fianco dell'animale per riprendere fiato. Gli disse qualcosa e l'animale sembrò capire. Ci fece cenno di avvicinarci.
"Ecco il nostro passaggio per Hel!" disse quando la raggiungemmo.
I ragazzi del Campo Mezzosangue guardarono Ratatoskr con gli occhi sgranati.
"E questo cos'è?" mi sussurrò Percy in un orecchio.
"Ratatoskr, il messaggero dell'albero cosmico. Il suo compito è di riferire i messaggi tra il serpente Nidhoggr e l'aquila che abita sulla cima di Yggdrasill."
Dopo la mia risposta partì un telefono senza fili che passò per Annabeth, Nico, Talia e Clarisse, sebbene quest'ultima avrebbe anche fatto a meno della spiegazione. Abigail ci fece cenno di salire sulla schiena di Ratatoskr.
"Ti capisce?"
"Ho usato il linguaggio delle rune," spiegò.
Salii in groppa allo scoiattolo. Ero un po' impacciata dall'ascia. Subito dietro di me si mise Percy e gli altri del Campo Mezzosangue, in fondo rimasero i miei amici. Feci appena in tempo ad aggrapparmi al pelo dell'animale che questo partì a tutta birra verso il regno di Hel. Alle mie spalle si alzò un urlo di quelli che si sentono sull'otto-volante, ma non identificai la fonte.
"Senza mani!"
"Adam, sei pazzo!?"
"Scherzavo, Abby."
Avrei voluto dire qualcosa di sarcastico su Adam che proponeva di suicidarci in massa nello spazio, ma avevo paura che se avessi aperto la bocca, le guance mi si sarebbero sformate come quelle di un bulldog.
Il viaggio durò poco, grazie alla velocità di Ratatoskr. Lo scoiattolo ci lasciò all'entrata del regno e andò a riferire a Nidhoggr il messaggio dell'aquila, che, a quanto sentii, era qualcosa di poco gentile su sua madre. L'alfabeto runico veniva naturale a noi di Campo Nord come il greco ai ragazzi del Campo Mezzosangue. Gli dei avevano cominciato a usare le lingue della terra, ma creature come Ratatoskr, che non avevano mai lasciato Yggdrasill, usavano ancora il linguaggio runico.
Mi girai verso l'entrata del regno di Hel, presi un profondo respiro ed entrai.

Vento. Fu questa la prima cosa che sentii. Poi vidi la nebbia. Il regno di Hel si stendeva davanti a me, freddo e spoglio come l'avevano descritto. Il terreno era nero come terra bruciata. Da lontano giungevano le urla dei dannati sulla spiaggia Nastrond, costretti ad attraversare a nuoto il fiume Slidhr, i cui flutti non sono acqua dolce ma coltelli aguzzi e spade affilate. Mossi qualche passo nella nebbia, rabbrividendo per il freddo e l'angoscia che permeava quel luogo. Tirai fuori dallo zaino la felpa e la infilai, strofinandomi vigorosamente le braccia per compensare i jeans al ginocchio e le gambe esposte al vento.
“Selina...?” Percy mi si avvicinò.
“Sì?”
“Ma noi come facciamo effettivamente a sapere che Ragnarok non deve accadere? Se tutto si sta ripetendo, non dovrebbe essere impossibile da fermare?”
“Lo sappiamo, Percy, perché la fine del mondo sarà annunciata da tre terribili inverni in cui non splende il sole e altri tre in cui ci saranno terribili guerre. Se fosse accaduta anche solo una di queste due cose, credimi, ce ne saremmo accorti.”
“Oh.”
Si fissò i piedi. Mentre pensavo a cosa dire per portare avanti una conversazione decente, Nico saltellò davanti alla fila, totalmente a suo agio.
“Nico sembra più contento qui che sulla terra,” osservai.
“È figlio di Ade. Probabilmente a volte si trova meglio con i morti.”
“Tu sai nuotare?” gli chiesi d'improvviso.
“Certo – rispose confuso – perché?”
“Niente, solo che dopo aver sentito di Talia che non sopporta le altezze, mi aspettavo un figlio di Poseidone che non sa nuotare. Ehi!”
“Cosa?”
“Che stupida, sono...” borbottai.
“Cosa?” ripeté Percy.
“Hai freddo?”
Prima che potesse rispondere, gli misi le mani sulle braccia e dissi sottovoce la parola fuoco. Subito le mie mani si scaldarono, così come il resto del mio corpo, e strofinai le braccia di Percy per riscaldarlo. La pelle d'oca che gli si era venuta passò. A volte mi dimenticavo che potevo usare la magia, anche se era molto stancante.
“Se hai ancora freddo, avvertimi, che ti riscaldo.”
“Come hai fatto?” Aveva gli occhi pieni di gratitudine.
“Magia,” spiegai.ù
Mano a mano che procedevamo nella nebbia, si facevano più forti le urla dei dannati. Quando alle nostre orecchie giunse anche un rumore metallico, capimmo di essere vicini alle rive del fiume Slidhr. Non riuscii a reprimere un gemito d'orrore quando lo vidi. La riva su cui ci trovavamo noi era intonsa, ma quella opposta era coperta del sangue di coloro che l'avevano attraversato. Ancora più in là si vedeva il mare e sulla riva un dragone, chiamato come il serpente tra le radici di Yggdrasill, Nidhoggr, sbranava i corpi degli spergiuri, gli assassini e gli adulteri. A poca distanza era situato un tetro cantiere navale, in cui esseri mostruosi strappavano le unghie a ciò che restava dei cadaveri e con quelle costruivano una nave che sarebbe stata varata alla fine del mondo. Senza fermarmi troppo a guardare, passai oltre. Di tanto in tanto ci imbattevamo nell'anima di qualche uomo morto di malattia o nel proprio letto. Erano uomini che in vita non avevano mai commesso crimini gravi, ma non erano stati abbastanza buoni da andare a stare ad Alfheim dopo la morte. I loro sguardi erano cupi e vuoti, andavano in giro senza una meta. Controllai che i miei compagni fossero tutti presenti, perché temevo che non avremmo ritrovato nessuno in quella nebbia. Adam, Abigail e Tristan stavano avendo una fitta conversazione, molto concitata, da quanto potevo capire. Abigail sobbalzò quando vide che li stavo fissando e cambiò immediatamente tono. Tornai a fissare la nebbia davanti a me, fino a quando qualcuno mi mise un braccio attorno alle spalle. Alzai uno sguardo interrogativo e sarcastico su Tristan, ma non negai a me stessa che quel gesto mi tirò su il morale, dopo la vista di tutte quelle anime e le torture a loro inflitte.
“Non chiedere,” disse lapidario.
Corrucciai la fronte, confusa, ma nel sentirlo rabbrividire per il freddo nonostante la felpa, non potei fare a meno di ripetere quello che avevo fatto con Percy, e mi riscaldai come una stufetta.
“Wow,” esclamò lui.
“Ringrazia la magia di Odino.”
“Mai pensato di fare la stufa a tempo pieno d'inverno? Il bucato si asciuga molto più lentamente a dicembre.”
Ridacchiai.
“Sai, se ti limitassi a questo tipo di battute, potrei anche evitare di prenderti a pugni, a volte. Che gusto ci trovi nel prendere per il culo la gente tutto il tempo?”
Tristan si strinse nelle spalle.
“Mi viene naturale. Una delle poche cose in cui sono bravo. Non sai quanto mi devo sforzare in questo momento per non fare commenti sulla tua spiccata sensibilità e acume. Sempre riguardo all'uscita su Talia.”
“E perché non lo fai?”
Lui dovette credere di aver fatto un qualche passo, perché si zittì all'istante e assunse un'espressione impenetrabile.
“Perché sei mia amica e una delle poche persone al campo che non mi disprezza per chi è mio padre. E non voglio farmi odiare anche da te. Non troppo, almeno.”
Appoggiai la testa alla sua spalla.
“Ammetto che a volte mi stai parecchio sulle palle, semplicemente perché sembri consapevole di ferire le persone ma lo fai comunque. Però sai essere bravo anche tu, perché non ti comporti sempre così?”
“Te l'ho detto, non è nella mia natura.”
“Selina.”
Luna interruppe il dialogo tra me e Tristan per indicare una spaccatura nel terreno, in cui si stavano infilando due anime.
“Non mi sembravate molto attenti a cercare l'entrata verso la dimora di Hel,” ci rimproverò. Tristan mi tolse velocemente il braccio dalle spalle.
“Scusa, Luna,” mormorai.
“Comunque sarebbe il caso di andare,” aggiunse. Abbassai lo sguardo, imbarazzata dal rimprovero della ragazza, e mi infilai nella spaccatura, grande appena per farci passare. Andai per prima, seguita subito dopo da Nico, gli altri del Campo Mezzosangue, e infine dai miei amici. Presi una torcia dallo zaino e illuminai la strada, altrimenti immersa nel buio. L'umidità formava pozzanghere sul terreno e rendeva difficile non scivolare. Quando finalmente il passaggio si allargò per diventare una grotta disseminata di stalattiti e stalagmiti, facemmo il nostro primo incontro sgradito. Nella grotta stava infatti di guardia Garmr, il cane infernale con il petto coperto di sangue rappreso, a testimonianza di quanti avevano cercato di fuggire.
“Cerbero è più carino...” commentò Annabeth con un filo di voce.
“Già, dubito che lui giocherebbe con una palla rossa di gomma,” aggiunse Percy. Li guardai con gli occhi sgranati in cerca di spiegazioni, ma Luna mi afferrò per un braccio e mi trascinò attraverso la grotta.
“Non distraiamoci,” ordinò. Luna diventava estremamente intransigente quando la situazione diventava seria.
Garmr ci lasciò passare: non era compito suo fermare i vivi che cercavano di andare da Hel. II sentiero stavolta era affiancato da un altro fiume, Gyoll. Non era fatto di spade e coltelli, ma il rumore dei suoi flutti sembra riecheggiare le invocazioni strazianti dei trapassati. Mi misi le mani sulle orecchie non appena le sentii: preghiere e urla, disperate implorazioni dei dannati che chiedevano di essere salvati. Guardai Tristan con gli occhi imploranti e lui mi venne vicino come prima.
Dopo una camminata di circa mezz'ora, raggiungemmo un ponte d'oro, nota stonata in tutta
quell'oscurità, sospeso sopra un abisso in cui si gettava il fiume Gyoll. Dall'altra parte del ponte c'era Modhgudhr, la fanciulla che controllava che i morti avessero il tipico aspetto dei... be', dei morti. Non appena ci vide il volto spento si accese di collera.
Voi non potete passare,” sibilò.
“Modhgudhr, ti prego, dobbiamo parlare con Hel,” supplicai, chinando leggermente la testa.
“I vivi non possono passare,” ripeté.
“Ti prego.”
Ci squadrò con aria ostinata.
“Perché siete qui?”
“Dobbiamo recuperare l'anima di Balder.”
Sentito questo, la ragazza si lasciò sfuggire un sorrisetto.
“Ah... capisco. Allora passate pure.”
Si spostò di lato per lasciare libera la strada.
“Non mi piace,” sussurrò Tristan.
“Perché ha cambiato idea troppo in fretta?”
Lui annuì. “Ci deve essere sotto qualcosa.”
“Dobbiamo comunque parlare con Hel.”
Attraversammo così la porta dorata del regno di Hel. Oltre la soglia, si estendeva il lago sotterraneo
Amsvartnit, al centro del quale si trovava l'isola di Lyngi, su cui avrebbe dovuto essere incatenato Fenrir. Adesso era decisamente disabitata.
Il palazzo di Hel era una costruzione scura, spoglia, oblunga come una bara.
“Fallanda forad,” disse Luna mentre oltrepassavamo la soglia.
“Cosa?” domandò Annabeth.
“La soglia. Si chiama così, vuol dire Tagliola.”
“Un buon augurio, non c'è che dire,” commentò Percy.
Dentro la sala era lievemente illuminata da torce appese alle colonne. In fondo vidi Ganglo “la Lenta”, la serva di Hel. Ci avvicinammo.
“Ganglo,” dissi, e mi inchinai leggermente.
“Si?” domandò quella con aria annoiata.
“Dobbiamo vedere Hel.”
Ci fece cenno di seguirla e ci guidò attraverso il palazzo, fino alla sala principale, Eljudnir, “Umida”. Lì ci aspettava Hel. Teneva la testa china verso il pavimento, i boccoli biondi gettati davanti al viso. Una delle due braccia era coperta da un mantello di velluto viola, l'altra era scoperta a rivelare la pelle candida e perlacea. Era vestita con un abito leggero, sempre viola, lungo fino ai piedi.
“Hel.” Mi inginocchiai, imitata dai miei compagni.
La dea ridacchiò.
“Sapevo che sarebbe venuto qualcuno. Ho sentito della morte di Balder.”
“Dobbiamo chiederti di lasciarci portare via la sua anima,” spiegai.
“Ah sì?”
A quel punto si alzò, gettando indietro i capelli e facendo cadere a terra il mantello. Sapevo che aspetto aveva Hel, ma anche così fu impressionante: metà del viso era in putrefazione, l'occhio era privo di palpebra, la pelle era sparita e in alcuni punti si vedevano le ossa bianche sotto la carne. Anche il braccio e metà del corpo era nelle stesse condizioni. L'altra metà del corpo era normale e persino bello. Gli occhi erano di un blu violaceo, le dita sottili ed eleganti, i capelli morbidi acconciati in modo da nascondere la parte del cranio decomposta.
“Mi dispiace annunciarvi, cari semidei e caro fratellastro – aggiunse rivolta a Tristan – che non posso aiutarvi in alcun modo. Si da' il caso che l'anima di Balder non è qui e non c'è mai stata.”
“C-cosa vuoi dire?” balbettai.
“Che qualcuno l'ha rapita.”


* Odino non mangiava mai, ma si nutriva esclusivamente di idromele. Selina non è da meno.
** Dubito che Ratatoskr corresse sul Bifrost, ma vi prego, passatemela.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

Angolo dell'autrice:

Sorpresa! Balder non c'è! Ok, mi odierete tanto per il fatto di chiudere il capitolo così, ma, be', devo tenere alta la tensione.
A proposito.
Ragazzi... otto preferiti. Otto preferiti. Otto preferiti. Io-io... *corre in bagno a piangere di gioia*
Grazie, davvero, grazie! A voi che preferite, ricordate, seguite e leggete, mi fate davvero tanto felice!
Non sono molto in vena di scrivere note d'autore, in realtà ho solo voglia di gettarmi a letto quindi chiuderò qui. Solo un'ultima cosa...

TI AMO, PROF DI LETTERATURA!

Ooook, non sono pazza, ma adoro la mia prof. Sul serio è una donna fantastica.
Al prossimo capitolo, bellezze!




 

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Capitolo 10
*** Sarebbe meglio non essere una testa calda, ma così è tutto più semplice ***


Attenzione: Per ragioni di trama mi sono vista costretta a cambiare il titolo del prologo. Solo per avvertirvi.

 

Sarebbe meglio non essere una testa calda, ma così è tutto più semplice




Mi dispiace annunciarvi, cari semidei e caro fratellastro – aggiunse rivolta a Tristan – che non posso aiutarvi in alcun modo. Si da' il caso che l'anima di Balder non è qui e non c'è mai stata.”
C-cosa vuoi dire?” balbettai.
Che qualcuno l'ha rapita.”

Guardai Hel con aria vacua.
"Eh?" chiesi.
Hel sospirò.
"L'anima di Balder è stata rapita, ottusa semidea. Devo ripeterlo?"
Abbassai lo sguardo.
"Merda," osservai con la mia tipica raffinatezza.
"Sono d'accordo," concordò Abigail.
Tornai a guardare la dea.
"Hel, hai idea di chi possa averla rapita? Se si è dispersa da qualche parte?"
Lei si strofinò la fronte con la mano sana.
"Che sia dispersa è ovvio. Ma, ragazza, passo ogni istante della mia quasi immortale vita in questo posto. Credi che possa sapere nei dettagli quello che accade all'esterno?"
"Sapevi della morte di Balder," sottolineai.
"Io e le anime abbiamo un rapporto particolare. Le sento quando si separano dai corpi. Il figlio di Ade dovrebbe saperlo."
Nico la guardò sorpreso.
"Come...?"
"Porti un anello con un teschio, la maglia con gli scheletri e hai una spada di ferro dello Stige. Il messaggio è abbastanza esplicito."
Il ragazzino chiuse la bocca.
"Non ho idea di dove sia l'anima di Balder continuò la dea ma una cosa posso dirvela: le Norne sanno qualcosa."
"E chi te l'ha detto?" dissi in tono inquisitorio.
"Anime. Uomini morti che nel loro viaggio per raggiungere gli Inferi le hanno viste discutere con tre uomini."
"Tre?" esclamai.
Hel annuì.

Andate da loro, forse possono darvi delle risposte,” ci incitò.
Annuii con veemenza.

Andremo dalle Norne.”
Mi alzai in piedi velocemente, quasi travolgendo Luna, inginocchiata alle mie spalle. A metà strada dall'uscita dalla sala, mi ricordai di congedarmi con cortesia. Guardai Hel e mi inchinai.

Grazie del suo aiuto, divina Hel.”
Lei fece un sorriso spento.

Di niente.”

Al ponte d'oro ci aspettava Modhgudhr. Strinsi gli occhi irritata quando la vidi.

Tu sapevi che Balder non era arrivato," insinuai.
Lei annuì senza staccare gli occhi da una tavoletta per gli appunti su cui aveva segnato i nomi di tutti i morti in arrivo.
"Deve essere molto triste stare qua sotto, se il più grande divertimento è far perdere tempo alla gente,” sibilai.
Modhgudhr si strinse nelle spalle.

Anche i più spiritosi non hanno voglia di fare battute, quando arrivano qui. Mi arrangio come posso,” spiegò.
Ripensai al sorriso spento di Hel e alla malinconia nella sua voce quando stavamo uscendo dalla sala e mi resi conto che, in effetti, passare tutto il tempo con i dannati non doveva essere uno spasso.

Oh, be' – commentai – poteva andarti ancora peggio.”
Modhgudhr mi guardò con aria interrogativa.

Potevi essere uno dei dannati.”
Detto questo attraversai il ponte, seguita dai miei compagni. Il viaggio per uscire all'aria aperta durò lo stesso tempo dell'andata, ma da una parte era più difficile perché la strada era abbastanza in pendenza, dall'altra più facile, perché una cosa è dirigersi verso il cuore del regno dell'oltretomba, mentre ad andartene sei molto più motivato.
"Tu come spiegheresti che ci sono due regni dei morti?"
Sobbalzai e alzai lo sguardo su Annabeth, che mi squadrava con i suoi profondi occhi grigi. Boccheggiai in cerca di una risposta che non avevo.
"I-io... non lo so..."
Lei si mordicchiò un'unghia fissando il terreno mentre camminava. Rimase in silenzio per qualche minuto, durante i quali un paio di volte mi toccò afferrarla per un braccio affinché non andasse a sbattere contro le pareti del tunnel.
"Potrebbe essere che una parte siano semidei figli di divinità norrene, e i loro parenti, o uomini che per il loro comportamento sono più vicini alla mentalità degli dei germani-"
La interruppi bruscamente.
"E se fosse semplicemente un caso che parte delle anime vada in un posto e l'altra in un altro?" sbuffai.
Annabeth mi guardò con aria pensierosa e schioccò le dita.
"Non ci avevo pensato."
Alzai gli occhi al cielo e mi accorsi che eravamo arrivati all'uscita della grotta. Ci inerpicammo uno alla volta all'aria aperta e ci guardammo in giro, incerti su cosa fare.
"Andiamo a parlare alle Norne?" propose Abigail.
Annuii: non avevamo altra scelta.

Tornammo sul Bifrost. Eravamo tutti ancora parecchio scossi dalla visione dei corpi straziati dei dannati. Gettai un'occhiata in basso, tra le radici di Yggdrasill, dove Nidhoggr giaceva attorcigliato. Le Norne da quell'altezza non erano altro che tre puntini.
Ciononostante eravamo già abbastanza in basso, non avevamo bisogno che Ratatoskr ci desse un passaggio. Annabeth aveva l'aria di non essersi ancora messa il cuore in pace sulla questione dei due mondi infernali, ma mi mancava la voglia di sostenere una conversazione minimamente seria con lei e il suo cervello, sicura che la mia autostima ne sarebbe uscita distrutta. Le mie capacità intellettive erano il minimo indispensabile che si richiede a un guerriero che deve cavarsela anche nella natura – e deve sapere che non deve mangiare quelle piante, a meno di non voler avere un mal di pancia molto brutto, diciamo terminale. Tra tutti i ragazzi del Campo Mezzosangue, probabilmente quello con cui mi sarei sentita più a mio agio era Percy. Non avevo passato molto tempo con lui, ma avevo questa impressione dall'inizio del viaggio. In un momento di improvvisa socialità, mi avvicinai a lui.
Mi schiarii la voce.

Contento di tornare all'azione? Ho sentito che hai avuto parecchio da fare durante la guerra con i Titani.”
Lui si guardò in giro prima di rispondere.

Se mi avessi fatto questa domanda al campo ti avrei detto che ne avrei fatto a meno... Ma devo ammettere che sono troppo abituato a cacciarmi nei pasticci per apprezzare un lungo periodo di tranquillità.”
Sorrisi.

Qual è il guaio più grande in cui ti sei cacciato?”
Fammi pensare – fece una pausa. – Forse quando sono scappato dal campo tre anni fa con Annabeth e Tyson per-”
Tyson?” lo interruppi.
Il mio fratellastro. É un ciclope.”
Oh. Allora non è tanto strano che Tristan sia il fratellastro di un lupo, una dea, un serpente gigante e tre streghe.”
Percy mi rivolse uno sguardo impressionato.

Loki è il padre di tutta quella gente?”
Sì.”
Caspita.”
"Sai, invece il mio fratellastro è Thor," gli dissi con un certo orgoglio.
"Quindi in pratica Adam è tuo nipote?" chiese Percy divertito.
La sua domanda mi spense come una candela.
"Quindi una ipotetica relazione tra noi sarebbe incesto?" pensai.
Non ci avevo mai pensato, l'avevo sempre adorato come una rimbambita. Percy si accorse del mio cambiamento d'umore.
"Ho detto qualcosa che non va?"
Scossi la testa.
"No, stai tranquillo. Come mai siete scappati dal campo? Ti ho interrotto mentre raccontavi."
"Allora..." Percy riprese il filo del discorso. "C'era stato un casino per l'avvelenamento dell'albero di Talia, quello che protegge i confini del campo, e hanno incolpato di questo Chirone, che è stato costretto ad andarsene per essere sostituito da Tantalo. Quando poi Tantalo ha dato a Clarisse l'impresa per andare a salvare Grover – il mio amico satiro – io, Annabeth e Tyson abbiamo deciso di scappare dal campo per trovare Grover al posto di Clarisse.”

Poca fiducia nelle capacità della ragazza?”
Penso che se fossi rimasto al campo e Grover non fosse stato salvato, non avrei mai potuto perdonarmelo. Senza contare che probabilmente sarei morto.”
Aggrottai le sopracciglia, perplessa.

Primo: credevo fosse Annabeth la tua ragazza. Secondo: va bene avere grandi passioni da ragazzini, ma uccidersi a tredici anni per un innamoramento mi sembra eccessivo.”
Percy scoppiò a ridere.

No, sarei morto per il legame empatico che io e Grover abbiamo,” disse cercando di soffocare le risate.
Continuo a non capire. E non ridere!” protestai imbarazzata.
Scu-scusa!”
Riuscì a calmarsi prima di avere un attacco al cuore.

Scusa davvero, ma mi hai fatto venire in mente che una volta una figlia di Afrodite ha fatto un disegnino di me e Grover abbracciati sulla spiaggia, spiegando che per lei saremmo stati una bella coppia.”
Sorrisi mettendomi una mano sulla fronte.

Oh, lo conosco quel tipo di ragazze. Non riesco neanche a contare tutte le volte in cui Abby ha cercato di spiegarmi perché Sherlock Holmes e Watson sono fatti uno per l'altro. Però devi spiegarmi questa storia del legame empatico.”
Si tratta di una sorta di connessione mentale che i satiri possono instaurare con un semidio. Percepiamo i pensieri uno dell'altro, ma se uno dei due muore, rischia di morire anche l'altro.”
Ah.”
Percy spostò una ciocca di capelli che gli era finita davanti agli occhi.
"Cambiando discorso, cosa hai intenzione di fare da adulta? Resterai al campo a fare l'istruttrice o andrai al college?"
Piegai la testa da un lato mentre riflettevo.
"Istruttrice no, sono assolutamente incapace di insegnare e ho molta poca pazienza. Non l'ho detto a nessuno - e in effetti non so perché lo sto dicendo a te -, ma il mio sogno è quello di aprire un ristorante."
"Davvero?"
Ora che finimmo la chiacchierata, eravamo arrivati ai piedi del gigantesco albero cosmico. Paradossalmente l'erba che cresceva attorno alle radici non era proporzionata alle dimensioni di Yggdrasill, altrimenti ci saremmo trovati a dover attraversare una foresta.
"Cosa cercate?"
Come un sol uomo ci girammo tutti verso la voce, che apparteneva a un'ossuta bambina sui dieci anni dal viso cavallino, con i capelli rossi intrecciati di fiori e i penetranti occhi azzurri. Sedeva a gambe incrociate su un grosso masso e faceva collane di fiori. Indossava un vestito da contadina medievale, di grezzo tessuto marrone pieno di toppe, aveva i piedi scalzi e dalla tasca del grembiule spuntavano numerosi fili di diversi colori.
"Ogni tanto le mie sorelle mi lasciano venire a distrarmi qui. Lavoro tanto, sapete," spiegò mentre tornava al suo svago.
"Sei una delle Norne, vero?" chiese Annabeth.
La bambina inclinò la testa da un lato.
"Hai ragione, sono Urdr."
Saltò giù dal masso con un movimento goffo.
"Volete venire a parlare con le mie sorelle? Vi posso portare da loro."
Senza aspettare la nostra risposta si incamminò verso l'albero. Ci affrettammo a seguirla. Non impiegammo tanto tempo a raggiungere le Norne. Ormai le potevo vedere lavorare all'arcolaio, quando ci trovammo ad affrontare fisicamente il nostro primo nemico. A qualche decina di metri dalle Norne, Urdr fece uno scatto e raggiunse le sorelle e, con una velocità di cui non credevo fosse capace un essere di quelle dimensioni, Nidhoggr strisciò alle sue spalle, bloccandoci la strada. Pur avendo solo due zampe, era molto agile, e la testa del mostro era grande quasi come la mia camera da letto al campo. I suoi enormi occhi gialli ci scrutarono senza emozioni.
"Non vi preoccupate, non dovete ucciderlo! Basta che lo colpiate nel punto giusto e vi lascerà passare!" gridò Urdr.
"Puoi anche dirci quale punto dobbiamo colpire?" chiese Percy.
Udii la risata della bambina da dietro il drago.
"Secondo voi?"
Il figlio di Poseidone non rispose e tolse il cappuccio a Vortice. Anch'io impugnai la mia ascia Alle mie spalle sentii gli altri sguainare le proprie armi. Abigail fece qualche passo indietro, incoccando una freccia sull'arco, e Luna le si affiancò per proteggerla nel caso in cui Nidhoggr l'avesse attaccata direttamente. Gli altri si disposero in linea di fianco a me. Vidi Tristan andare vicino ad Annabeth. Giusto, i due cervelloni si dovevano consultare su quale fosse il punto da colpire del serpente. Che lo volesse ammettere o no, Tristan aveva un gran cervello. Solo lo usava nel modo sbagliato.
Stranamente il serpente non aveva ancora fatto niente per attaccarci, si limitava a fissarci sibilando minaccioso.
"Non può essere così semplice," sibilò Nico di fianco a me.
Mi girai verso Abigail.
"Prova a colpirlo."
Lei annuì e scoccò la freccia, mirando a uno degli occhi. Prima che potesse colpirlo, il serpente di spostò, e attaccò Clarisse, che si era posizionata alla fine destra della fila. La figlia di Ares si scansò e cercò di contrattaccare, ma l'animale stavolta riuscì a colpirla con una zampa, reggendosi goffamente sull'altra. Intanto Adam, che si trovava di fianco a Clarisse, aveva vibrato un colpo sul collo di Nidhoggr, che quello sembrò a malapena sentire. Quando il ragazzo attaccò di nuovo dopo che il serpente ebbe colpito Clarisse, il serpente dovette rendersene conto. Si girò furioso verso Adam e cercò di morderlo. Il figlio di Thor scansò l'attacco saltando da un lato e lasciando così scoperto Nico. Il figlio di Ade venne subito affiancato da Talia, Percy e Annabeth. Intanto Abigail bersagliava Nidhoggr di frecce. Cercai di avvicinarmi alla testa del mostro per affrontarlo, ma venni trattenuta da Tristan.
"Che c'è?" esclamai.
"Il serpente non si fa problemi ad alzare la testa e a mostrare il petto, probabilmente il suo punto debole si trova sulla testa. Dobbiamo salirgli in groppa," mi spiegò in tono concitato.
"E una volta saliti, come facciamo a capire dove colpire?"
"Si tratta di un punto in cui molti devono averlo già ferito, ci sarà qualche cicatrice," mi spiegò.
"D'accordo."
Girammo alle spalle di Nidhoggr mentre gli altri lo tenevano occupato. Tristan intrecciò le dita per fare una sorta di gradino con cui darmi la spinta e saltare più in alto possibile. Poi mi sarei dovuta ancorare al corpo dell'animale con l'ascia. Non il migliore dei piani, ma era il massimo che si potesse ideare mentre si era attaccati da un serpente gigante. Come previsto non raggiunsi la schiena dell'animale e dovetti piantargli l'ascia nella carne per non cadere. La cosa non lo lasciò indifferente. Nidhoggr emise un verso di dolore e cercò di scrollarsi di dosso me. Quando si fu calmato tentai di arrampicarmi, ma riuscii a farlo solo quando Tristan venne nuovamente a farmi da gradino lasciando che appoggiassi i piedi sulle sue spalle.
Mi trovai a strisciare sulla schiena dell'animale fino a raggiungere la testa. Che mi alzassi in piedi era escluso. Mi guardai un po' in giro e alla fine notai una cicatrice al centro della nuca. Mi ci avvicinai, attenta a non cadere, e vibrai un colpo. L'animale di immobilizzò e cominciò a strisciare via. Mi lasciai cadere giù dal mostro a corpo morto. Una cosa stupida, a pensarci a posteriori: avrei potuto uccidermi atterrando sulla mia ascia. L'impatto con il terreno fu meno duro di quando mi aspettassi. In effetti non colpii il terreno, ma andai a finire su Tristan che non aveva visto che mi ero lasciata cadere dal serpente e stava raggiungendo Adam.
"Ahia!" si lamentò.
"Scusa, Tris."
Ero completamente sdraiata su di lui, petto contro petto, e non potei fare a meno di ridacchiare.
"Ma che fai, arrossisci?" lo presi in giro.
Lui mi fece cadere a terra senza troppi complimenti e si allontanò a testa bassa. Mi si avvicinò invece Abigail, che mi porse una mano per farmi alzare in piedi. Talia ci passò di fianco a passo svelto, come se il combattimento di prima fosse stato una semplice passeggiata.
"Allora, andiamo a parlare con le Norne?" ci incitò mentre ci passava di fianco.
Rimasi immobile un attimo, poi feci un breve scatto per raggiungerla.
"Ti chiederei di non minare la mia già scarsa autorità, Talia. So che sei abituata ad essere il capo, ma per qualche motivo qua il capo sono io," sibilai tra i denti.
Lei sbuffò.
"Mi sembrava te la stessi prendendo un po' comoda con il tuo fidanzatino."
Mi ghiacciai.
"Cosa hai detto?"
"Fidanzatino?"
"Sì. Quello. Non so che idea ti sei fatta, ma io e Tristan non stiamo assieme."
Lei inarcò un sopracciglio.
"Sensibile all'argomento? Non insinuavo niente, volevo sono prenderti in giro."
"Bene."
Appena finimmo di parlare, ci trovammo di fronte alle Norne. Urdr era seduta da una parte, in mezzo a un mucchio di fili di tutti i colori possibili. Le altre due sorelle erano più vicine. Verdandi aveva l'aspetto di una donna sulla trentina, i lineamenti uguali a quelli di Urdr, stessi capelli e occhi. A differenza di Urdr indossava un abito medievale di stoffa pregiata, azzurro con le maniche larghe. Skuld era una vecchia vestita di stracci. Sembrava di vedere la stessa persona in tre fasi diverse della vita. Fu Verdandi a rivolgermi la parola.
"Non riceviamo visite così spesso come in questo periodo," osservò.
"Non abbiamo molto da chiedervi - esordii. - Vogliamo solo sapere chi è venuto da voi per ultimo. Tre uomini, non è vero? Chi erano?"
Verdandi mi guardò con aria vacua.
"E se non rispondessi?"
"A loro avete fatto sapere cosa avrei fatto la sera in cui Balder è stato ucciso e a me non volete dire chi è stato a chiedervelo?"
"Loro erano persone molto più importanti di voi."
Persi la calma. Avevo appena affrontato Nidhoggr, ero stata negli inferi e avevo un disperato bisogno di farmi una doccia. NOn avevo volgia di perdere tempo con una divinità lunatica. Presi l'ascia e appoggiai la lama sul collo di Verdandi con un movimento fulmineo.
"Di solito non mi piace usare le minacce per far parlare la gente. Per di più tu sei immortale e non posso ucciderti. Ma posso farti soffrire comunque," la minacciai.
Lei corrugò le sopracciglia, quasi oltraggiata dal gesto.
"Va bene, parlo" disse alla fine.
Abbassai l'ascia.
"Chi erano?"
Verdandi mi fissò negli occhi.
"Muspell, sotto le sembianze di un uomo. E Vili e Ve, i fratelli di Odino."





 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:


Bastonatemi, tiratemi dietro i peggiori insulti, tiratemi i pomodori. Vi capisco. E non ho scuse per essere in ritardo di un mese. Semplicemente avevo voglia di fare altro piuttosto che scrivere. E quando ho deciso di riprendere la mia musa mi ha abbandonato.
Per di più in questo periodo ci sono un sacco di personaggi che pretendono la mia attenzione, anche se non ho ancora pubblicato le storie in cui compaiono.
Inoltre sono stata vittima di un'overdose di sentimenti che mi hanno azzerato le già scarse capacità cerebrali. Sono andata alla fiera del fumetto per la prima volta nella mia vita e ho comprato l'anello del potere di Sauron, ho scoperto Glee e ho guardato tutta la prima serie, ho scoperto Sherlock BBC e l'ho guardato. Ho preso atto dell'esistenza della Klaine, la Johnlock e la CrissColfer. Perché se Darren Criss è etero, io sono figlia di Zeus (si dipinge le unghie. Io non mi dipingo le unghie).
Passando al commento del capitolo: credo che la metà di voi avesse già capito chi fossero i colpevoli, ma la mia piccola, ottusa Selina non c'era ancora arrivata.
L'aspetto delle Norne me lo sono inventato, ci sono delle immagini dell'epoca, ma ho preferito lasciar correre n po' la fantasia.
Mi aspetto che dopo questo mostruoso ritardo nessuno recensisca, un po' per ripicca un po' perché si è dimenticato di questa storia. Vi ringrazio in anticipo se avrete voglia di recensire nonostante il ritardo.

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Capitolo 11
*** Ci sono cose che vorrei non scoprire e altre che non dovrebbero accadere ***


Ci sono cose che vorrei non scoprire e altre che non dovrebbero accadere




"Ehi, Selina."
Alzai lo sguardo dal fuoco su Abigail. Erano passati due giorni dall'incontro con le Norne. Dopo che ero riuscita a far dire a Verdandi chi aveva rapito l'anima di Balder, le avevo chiesto dove si fossero diretti Vili e Ve e quali fossero i loro piani. Alla fine la dìsir* mi aveva rivelato che, mentre Muspell era tornato nel regno dei giganti del fuoco, Vili e Ve erano andati nella fortezza di Utgard-Loki. In precedenza questa si trovava sulla terra, in Asia, ma visto l'aumento della popolazione e, di conseguenza, delle probabilità che venisse scoperta dagli uomini, i giganti avevano deciso di spostarla su Jotunheim. Dove ci trovavamo in quel momento.
"Tutto bene?" insistette Abigail.
"Sì... sì, sto bene. Perché me lo chiedi?"
"Hai fissato il fuoco per un quarto d'ora senza dire una parola. Mi stavo preoccupando."
"Sto bene." Tornai a fissare il fuoco. Continuavo a pensare al gesto di Urdr poco prima che ce ne andassimo, quando aveva preso uno dei fili, uno di colore giallo pallido, l'aveva guardato con intensità e poi aveva gettato un'occhiata verso Luna. Ormai avevo capito che quei fili erano le vite degli uomini, non ci voleva un genio.
"Selina."
Era stata Luna a chiamarmi, stavolta.
"Sì?"
"Abbiamo deciso i turni di guardia. Io e Talia andiamo per prime, poi tu e Nico, Tristan e Adam, Percy e Abigail e infine Clarisse e Annabeth. Ti va bene?"
Annuii e senza dire una parola mi andai a sdraiare in un angolo della grotta in cui ci eravamo accampati. Prima di andare su Jotunheim eravamo tornati velocemente ad Asgard per riferire agli dei tutto quello che avevamo scoperto e Odino, una volta mandato giù il fatto che i suoi fratelli stavano complottando per distruggere il mondo, era andato ad avvertire i ragazzi a Campo Nord. Mentre eravamo al palazzo degli dei, avevamo fatto scorta di abiti pesanti, in vista del viaggio nel regno dei giganti di ghiaccio.
Mi avvolsi meglio nella giacca pesante che indossavo e mi addormentai quasi all'istante. Luna mi svegliò circa un'ora e mezza dopo. Mi stropicciai gli occhi; odiavo avere i turni in mezzo. Ovviamente non potevo sempre rifilarli ai miei amici, ma mi davano sempre l'impressione di dormire meno del solito. Mi misi a sedere davanti al fuoco, di fianco a Nico, che cercava di rimanere sveglio.
"Dormi pure," gli dissi l'ennesima volta che, sul punto di addormentarsi, batté la testa contro la mia spalla.
"Non ho bisogno di dormire," cercò di protestare il ragazzino.
"Sì, che ne hai bisogno. Sei esausto."
"Oh, smettetela di trattarmi come un bambino. Lo fate tutti. Lo fa pure Percy, che sembra non ricordarsi che alla mia età aveva già portato a termine due imprese. Ai vostri occhi sono sempre piccolo."
Mi mordicchiai il labbro inferiore.
"Hai ragione. Ma il fratello minore è piccolo per sempre."
"Hai fratelli minori? Da come parli sembra che tu sia la sorella maggiore di qualcuno." Nico inclinò la testa da un lato. Scossi la testa.
"No, niente fratelli minori. Ma ho un fratello maggiore. Quando sono arrivata al campo lui non veniva più con regolarità, andava al college e tornava una settimana o due durante l'estate per farsi un po' di vacanze. Solo tre o quattro anni anni fa ha smesso di venire."
"Come si chiama?"
"Riley."
Nico tornò silenzioso; io ravvivai il fuoco rigirando i rami con un bastone. Il resto del nostro turno di guardia passò senza grandi chiacchierate, fino a quando, finalmente, arrivò il momento di svegliare Tristan e Adam. Io scossi il figlio di Loki con impazienza: morivo di sonno e non avevo voglia di essere gentile.
Prima di tornare a dormire, Nico disse qualcosa ad Adam, che sorrise e gli scompigliò i capelli. Mi sdraiai a terra nel punto in cui mi ero addormentata in precedenza, dando le spalle al fuoco. Ma non riuscivo ad addormentarmi.
"E che cazzo..." pensai, esasperata.
Stavo per cambiare posizione, quando Adam chiese a Tristan:
"Dorme?"
Tristan mi si avvicinò. Io finsi di dormire: Adam sapeva perché Tristan si comportava in modo strano e sembrava che fossero sul punto di fare una discussione privata. Non avrei perso l'occasione di origliare per nulla al mondo.
"Dorme," confermò Tristan.
Tornò di fianco ad Adam.
"Hai provato a seguire i nostri consigli ed alleggerire un po' la mano su battutine e cose varie?"
"Sì..."
"E?"
"L'unico cambiamento è che ora pensa che abbia qualche malattia contagiosa." Tristan sospirò. "Adam, è troppo ottusa."
"Devi avere pazienza. Almeno adesso lascia che ti avvicini, no?"
"Sì. Continuo a chiedermi perché non mi ha preso a pugni quando le ho messo un braccio attorno alle spalle."
"Perché aveva paura e il tuo gesto le ha fatto capire che ti stavi preoccupano per lei e volevi rassicurarla."
"Un braccio attorno alle spalle può dire tutto questo?" Il tono di Tristan era incredulo.
Adam rise.
"Lo fa, credimi."
Mano a mano che la conversazione era andata avanti, avevo sgranato sempre di più gli occhi, fino a che questi non avevano raggiunto dimensioni inumane.
"Non so se capirà, Adam. Ti assomiglia troppo.”

Cosa intendi?”
Intendo che nemmeno tu ti sei mai accorto della cotta che ha per te da almeno un anno.”
Non so come fosse possibile, ma mi sembrò di arrossire e sbiancare nello stesso tempo. Credevo di essere stata abbastanza discreta e adesso scoprivo che la mia cotta era di dominio pubblico. Dovetti fare un grosso sforzo per non saltare in piedi gridando come faceva a saperlo.

Come fai a saperlo?” chiese Adam.
Già come fai?”
Devi saper leggere le persone se vuoi trovare i loro punti deboli.”
Non mi sembra però che tu abbia sfruttato questa conoscenza.”
Ho un cuore anch'io, non farei un tiro mancino del genere a una persona a cui tengo.”
Il tuo cuore non ti ha impedito di umiliare Beatrix facendole credere di piacere a Brody e consigliandole di dichiararsi pubblicamente,” sottolineò Adam.
Non era obbligata a darmi ascolto,” ribatté Tristan.
Non so perché il mio corpo scelse proprio quel momento per finire il turno e decidere che aveva bisogno di dormire. A rigor di logica, quelle scoperte avrebbero dovuto lasciarmi tanto sconvolta da non permettermi di prendere sonno, ma è evidente che sono incapace di seguire le leggi che regolano i normali esseri umani. O forse non avevo ancora metabolizzato la cosa.
L'ultimo pensiero prima di addormentarmi fu:

Vorrei davvero non sapere certe cose.”

Il giorno dopo fu Percy a svegliarmi. Mi tirai in piedi stiracchiando la schiena.

Non mi abituerò mai a dormire all'addiaccio...”
Nonostante l'aria fosse fredda, fuori dalla caverna splendeva il sole e i raggi filtravano attraverso i rami dei pini. Facemmo una veloce colazione e riprendemmo il cammino, iniziato il giorno prima, verso il castello di Utgard-Loki.
"Dormito bene?"
Alzai lo sguardo su Tristan e sorrisi prima di rispondergli, ma d'improvviso mi ricordai della conversazione che avevo origliato. Mi bloccai con la bocca semiaperta e sbattei le palpebre un paio di volte.
"Sì. Sì, ho dormito bene." Abbassai la testa schiarendomi la gola. "Ho solo fatto un po' di fatica ad addormentarmi dopo il turno di guardia."
Lo guardai e osservai un lampo di panico passargli negli occhi.
"E volevo dirti qualcosa a proposito di questo..."
Tristan mi bloccò la strada e mise le mani davanti a sé.
"Selina, qualunque cosa tu abbia sentito ieri-"
"Selina!"
Mi sporsi oltre la spalla di Tristan, ignorando il resto del suo discorso, e vidi che Luna indicava qualcosa tra gli alberi. Mi avvicinai alla ragazza e notai che da dove si trovava lei poteva vedere un castello, sprofondato tra il verde .
"Quello è il castello di Utgard-Loki?" domandò Annabeth.
"Molto probabilmente, sì," rispose Luna.
Ci rimettemmo in cammino, stavolta consapevoli del percorso da seguire.
"Annabeth! - Esclamai mentre riprendevamo il viaggio. - Hai raggiunto una spiegazione per i due mondi infernali?" Accompagnai la domanda con un enorme sorriso e la bionda mi scrutò, perplessa dalla mia improvvisa curiosità. Non mi importava molto che Annabeth avesse o no chiarito i suoi dubbi, il motivo di tanta espansività era che non volevo continuare il discorso con Tristan, perché sapevo che o la sera prima aveva detto la verità e adesso avrebbe cercato di farmi credere di aver capito male, o voleva solo prendere in giro sia me che Adam. Il che non sarebbe stato una sorpresa. Quindi da quel momento avrei cercato in ogni modo di non parlare con lui di certe cose.
Raggiungemmo il castello in qualche ora. La costruzione principale era circondata da una cinta di mura di pietra scura. Tutto era costruito in materiali scuri. Le porte erano di ebano, probabilmente residuo del tempo in Asia, solide e incutevano timore. Ci tenemmo a debita distanza, nascosti tra gli alberi, per aspettare la sera e poi introdurmi nel castello con Nico per cercare se e dove avevano nascosto l'anima di Balder. Molto probabilmente il figlio di Ade avrebbe potuto percepire la presenza dell'anima e stabilire la sua ubicazione, e ritenevo fosse meglio andare in pochi. Dopotutto dovevamo essere furtivi, non prendere d'assalto la fortezza
Dopo un'attesa che sembrò interminabile, il sole tramontò. Quando fu completamente buio e quasi tutte le luci dentro il castello spente, io e Nico ci avvicinammo furtivamente alle mura. Girammo alla ricerca di un punto in cui entrare, che trovammo dopo qualche minuto: un canale di scolo. Visto che tutta la costruzione era stata fatta a misura di gigante, non fu difficile per me e Nico strisciare attraverso le sbarre del canale, ma rimase comunque un'esperienza spiacevole. Le fogne erano state scavate completamente sottoterra, introdursi all'interno del castello non era difficile; la parte più complicata stava nel trovare un passaggio che portasse nelle stanze principali. Come prima opzione avrei tentato di introdurmi dalle cucine, nelle quali di certo c'era qualche canale che portava alle fogne, i bagni erano una seconda scelta nel caso le cucine fossero ancora occupate dai servi che finivano di lavare piatti e pentole.
"Selina?"
"Sì?"
"Questi che giganti sono? Voi parlate spesso di giganti di ghiaccio e di giganti di fuoco, questi di che razza sono?"
"Nessuna. Sono giganti e basta."
"Ah. Grazie."
Io e Nico vagammo per una buona mezz'ora, fino a quando alle nostre narici non giunse l'odore acre del sangue, segno che ci stavamo avvicinando alla stanza in cui venivano macellati gli animali, con ogni probabilità dotata di un canale di scolo. La mia ipotesi venne confermata quando la luce della torcia sul soffitto illuminò una griglia. Non c'era nessuna luce all'interno della stanza, segno che era vuota.
Misi la torcia tra i denti, intrecciai le dita e feci cenno a Nico di usarmi come gradino per raggiungere la griglia, sollevarla e introdursi nelle cucine. Il ragazzino spostò con fatica la grata e io feci del mio meglio per aiutarlo ad arrampicarsi. Quando fu salito, prese dallo zaino una corda e la calò nella fogna. Mi ci aggrappai con tutte le mie forze e salii anch'io. Tenni la torcia bassa mentre illuminavo il locale per capire dove si trovava l'uscita. La individuai.
Il corridoio era rischiarato qua e là da torce con la luce fioca. Spensi la mia elettrica, pur tenendola sempre a portata di mano nella tasca dei miei pantaloni, ormai ridotti in uno stato pietoso. Sentii Nico battermi su una spalla. Mi girai verso di lui e lo vidi guardarsi in giro con sguardo febbrile.
"Che c'è?" mormorai.
"La sento. L'anima di Balder. Deve essere al piano di sopra, più o meno in questa stessa zona."
"Perfetto."
Cercammo le scale che conducevano al piano superiore, sempre furtivi e silenziosi. Per quanto mi impegnassi, non ero silenziosa quanto Nico, che invece si muoveva come un gatto.
Al piano di sopra si stendeva un corridoio, su cui si affacciavano le porte di varie stanze. Lungo le sezioni di parete che separavano le porte alternativamente erano stati appesi arazzi e montate armature gigantesche.

Riesci a capire in che stanza si trovi Balder?”
Nico annuì. Mi superò, procedendo con cautela, e si fermò davanti a una porta che era stata per magia portata a dimensioni umane. Doveva per forza trattarsi della stanza in cui dormivano Vili e Ve.

Qui.”
Presi un profondo respiro e infilai una mano nello zaino, da cui tirai fuori il lubrificante spray per oliare preventivamente cardini e maniglia ed evitare brutti scherzi. Quando mi sembrò di aver oliato a sufficienza i meccanismi, misi via lo spray e aprii la porta con tutta la delicatezza di cui ero capace; la stanza in cui entrai era quasi completamente buia, con l'unica eccezione di quello che sembrava un grosso barattolo per conserve appoggiato sul baule ai piedi di uno dei due letti, quello più vicino alla finestra. Il barattolo in questione pulsava di una debole luce azzurrina. Entrai nella stanza, col busto chino in avanti, i passi attutiti dal folto tappeto steso a terra e mi diressi verso il baule, pregando mio padre e tutti gli altri dei, compreso Loki, che nessuno si svegliasse. Nico era rimasto fuori a controllare che non si avvicinassero guardie. Presi il barattolo, tornai indietro, chiusi la porta della stanza e tirai un sospiro di sollievo.
Mostrai a Nico il barattolo con aria trionfante. Da vicino vedevo che la debole fonte di luce dentro il contenitore di vetro aveva la forma del volto di Balder, con gli occhi chiusi, come se fosse addormentato. Lo misi nello zaino e tornammo nelle cucine. Non potevo fare a meno di gongolare tra me e me. Avevamo avuto fortuna e tutto era andato liscio come l'olio, ma nonostante l'ottimismo che mi pervadeva, mi trovavo ancora nella tana del nemico. Attraversammo velocemente i canali di scolo e riuscii a rilassarmi davvero solo una volta usciti dalle mura.
Pensavo che avremmo trovato quasi tutti i nostri compagni addormentati tranne chi montava la guardia, ma quando arrivammo erano tutti svegli e alquanto agitati. Mi accorsi subito di cosa non andava.

Dov'è Tristan?” chiesi allarmata.
Lo vorremmo sapere tutti,” rispose Luna.
È scomparso durante il nostro turno di guardia – spiegò Talia. – Mi sono allontanata per... questioni personali, appena un paio di minuti, e quando sono tornata il ragazzo era scomparso.”
Il tono con cui pronunciò ragazzo mi fece capire che il vero significato della parola era bastardo, o qualcosa di molto peggiore.
"Quando è successo?"
"Circa un'ora fa."
"Ha portato via qualcosa?"
"Solo il suo zaino."
Mi guardai in giro, sentendo il cuore sprofondare. Speravo che non avrebbe fatto una cosa del genere, speravo di tornare e mostrargli l'anima di Balder, sfidandolo a trovare qualche commento tagliente da fare. Tirai fuori dallo zaino il barattolo contenente l'anima di Balder senza entusiasmo e lo porsi agli altri. Percy lo prese, entusiasta.
"L'hai trovata!" esclamò.
Annuii senza trasporto.
Da quel momento in poi le cose andarono storte.
Annabeth strinse gli occhi in direzione del castello.
"Mi sa che si sono accorti del furto," fece notare, agitata.
Ci girammo tutti verso la fortezza, che aveva cominciato a prendere vita. Molte luci di erano accese nelle stanze e da dove eravamo noi si potevano sentire le grida di rabbia dei giganti che si erano accorti del furto. Clarisse si lasciò scappare un paio di improperi.
"Scappiamo?" propose Abigail.
"Assolutamente."

I giganti non erano facili da seminare. Con un passo ne coprivano almeno una decina dei nostri e pur essendo molto stupidi, avevano un ottimo fiuto. Ci misero poco a raggiungerci. Mentre scappavamo, Luna aveva preso l'anima di Balder dalle mani di Percy e l'aveva ridata a me.
"Comunque vada, tu scappi con questa e la riporti ad Asgard, hai capito?"
"Non senza di voi."
"Allora non hai capito. Tu vai e basta. Non ti curare di noi."
"Non puoi costringermi."
Luna, ormai senza fiato, non rispose. Aveva gli occhi lucidi, ma sul momento lo imputai all'aria fredda della notte. Dopo poco tempo i giganti ci raggiunsero. Mi fermai al fianco di Luna per affrontarli, ma la ragazza mi spinse via e caddi a terra.
"Te ne vuoi andare!?" gridò.
Sguainò la spada e si mise in posizione di difesa. Venne immediatamente affiancata da Clarisse con la sua Spietata, la lancia. Mi rialzai in piedi. Sapevo di dover portare al sicuro l'anima di Balder, ma al tempo stesso non sopportavo di lasciare scientemente i miei compagni in pericolo e scappare. Mi giungevano intanto alle orecchie i suoni di combattimenti in cui erano coinvolti gli altri. Vidi Clarisse partire all'attacco e tentare di colpire il gigante allo stomaco, un colpo che fu però deviato facilmente.
Anche Luna attaccò. Il colpo andò a segno, disegnando una lunga linea rossa sul ginocchio del gigante. Questo urlò e tentò di tirare una mazzata alla cieca. Luna fu veloce ad abbassarsi, non abbastanza Clarisse, che finì contro un albero. Io osservavo il combattimento allontanandomi lentamente. Mi stavo mordendo tanto l'interno delle guance che cominciai a sentire il sapore del sangue. L'unica cosa che riuscii a convincermi a scappare fu un gigante che uscì all'improvviso dalla foresta. Schizzai come una scheggia.
Il gigante era veloce, troppo; l'unico modo che avevo di seminarlo era farlo passare nei punti più fitti della foresta. Dopo un po' sentivo i polmoni scoppiare e la milza che minacciava un ammutinamento, ma la forza di volontà riusciva a farmi andare avanti. Andai avanti a zig-zag fino a quando non mi trovai all'improvviso sulla cima di una scarpata. Non riuscii a fermarmi in tempo e rotolai giù, ferendomi mani e viso. In fondo a questa scorreva un ruscello. Ci caddi dentro, sbattendo la testa sulle pietre, e una volta che mi fui ripresa dalla botta, ripresi la fuga correndo dentro all'acqua, nel tentativo di mascherare le tracce.
Semplicemente, ad un certo punto le gambe mi cedettero. Caddi in ginocchio nell'acqua, ansante. Mi guardai alle spalle, ma il gigante non c'era più. Sentii un suono lontano, come di un corno che emetteva un rumore quasi animalesco. Poi tutto divenne silenzioso. Non sentivo più in lontananza i rumori delle mazzate dei giganti. Non riuscii a combattere la tentazione e tornai indietro.
Non mi piacque per niente quello che trovai. Giunsi dove avevo lasciato Luna e Clarisse. La figlia di Ares non c'era più. E Luna era stesa a terra, immobile.
Corsi al suo fianco e la scossi per una spalla.

Luna?”
La ragazza non rispose. Sentii il panico pervadermi.

No, Luna, cazzo! No!”
La feci rotolare su un fianco. Solo in quel momento vidi la ferita: una mazzata del gigante l'aveva raggiunta alla testa, colpendole in pieno la tempia.

Luna...”
I pezzi si sistemarono nella mia mente: l'avvertimento di Sarah, la palese agitazione di Luna dopo il loro breve colloquio, lo sguardo che le aveva lanciato Urdr, a Luna prima che ce ne andassimo. Lei che piangeva durante la fuga.
Cominciai a singhiozzare. Era un pianto incontrollato, quasi isterico. Abbracciai la ragazza morta, stringendola convulsamente, e pregai che la mandassero nel Valhalla, perché lo meritava più di chiunque altro. Presi un fazzoletto di stoffa – me ne portavo sempre dietro uno – lo bagnai con l'acqua della borraccia e pulii la ferita come meglio potevo, la vista ancora offuscata dalle lacrime. La ringraziai con voce rotta dal pianto per il suo sacrificio e le posai un bacio sulla fronte. Non c'era niente di romantico in quel gesto, era solo il mio ultimo saluto. Avrei voluto poter fare qualcos'altro, scavare una tomba o costruire una pira, ma entrambi richiedevano tempo e strumenti adatti. Inoltre non potevo rischiare che il fumo e la luce del fuoco richiamassero l'attenzione dei giganti. La sdraiai sulla schiena, le intrecciai le dita attorno all'elsa della spada e la lasciai lì. Non potevo fare altro.
Lo zaino sembrava diventato dieci volte più pesante. Scossa dai singhiozzi, camminai nella foresta per raggiungere il Bifrost e tornare ad Asgard, in cerca di aiuto per liberare i miei amici.
Non feci caso al fatto che ero di nuovo troppo vicina al bordo della scarpata. Mi lasciai scivolare giù, fisicamente e psicologicamente senza più forze. Battei la testa contro un sasso, nella caduta. Un attimo prima di svenire pensai:

Tristan, dove sei?”

 


* divinità minore che ha un collegamento con la morte

 

 

 

 

 



 

Angolo dell'autrice:

 

Facciamo un gioco: chi mi odia di più? Potete tirarmi tutto quello che volete, tanto c'è uno schermo che mi protegge.

Ok, non ho molto da dire. Sappiate solo che questo scherzo non è stato frutto di un momento di crudeltà passeggera, ma era tutto pianificato fin dall'inizio. Non so se questo renda la cosa migliore o peggiore, in realtà.

Io vi invito sempre a recensire, ma vi ringrazio sempre anche se la preferite, ricordate, seguite, o leggete e basta.

Ciao a tutti!



 

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Capitolo 12
*** In birra veritas ***


In birra veritas
 
 
 
Mi svegliò la sensazione di bagnato sulla fronte. Aprii debolmente gli occhi. Era giorno, la mattina inoltrata, stando a quanto potevo vedere tra le palpebre socchiuse. Di nuovo qualcuno mi bagnò le tempie. Abituata alla luce, spalancai gli occhi.
L'ultima persona che mi aspettavo di vedere era Tristan. Sembrava molto preoccupato e... era senso di colpa quello che vidi passare nel suo sguardo?
“Selina...”
Feci quello che avrei dovuto fare molto tempo prima: con un urlo belluino mi lanciai su di lui, lo ribaltai a terra e gli strinsi le mani attorno al collo, con il sincero intento di strozzarlo.
“Dov'eri, dove!?” urlai.
La sua risposta consistette in un rantolo soffocato.
"Se mi strozzi, non posso parlare," gemette.
Lo lasciai andare controvoglia. Tristan si mise in ginocchio e tossì, tentando di riprendere fiato.
"Perché te ne sei andato?"
"Mi salterai al collo di nuovo, se te lo dico."
"Dimmelo e basta."
Lui fece un profondo respiro.
"Non avevo più interesse a continuare la missione."
Strinsi i pugni e sentii i muscoli del collo irrigidirsi.
“Il mio scopo fin dall'inizio era avere la certezza che mio padre era innocente. Quando le Norne ci hanno confermato che lui non è coinvolto, ho deciso che potevo andarmene.”
“E non potevi andartene quando eravamo ad Asgard?” sbottai polemica.
Lui si mise una mano dietro al collo, imbarazzato.
“Ero... combattuto.”
“Buono a sapersi. Perché sei tornato indietro?”
Tristan socchiuse la bocca, forse incerto su cosa rispondere.
“Per... – iniziò, ma subito si interruppe e scrollò le spalle. – Così. In fondo mi sentivo in colpa.”
“La cosa mi fa felice,” replicai acida. Lo fissai furibonda per qualche secondo e poi gli gettai le braccia al collo, scoppiando in lacrime.
"È morta, Tristan! Luna è morta! Sei un idiota, un idiota e uno stronzo!"
Lui mi appoggiò timidamente le mani sulla schiena, impaurito che potessi staccargli le braccia se mi avesse toccato.
"E abbracciami decentemente, quanto meno, visto che ti piaccio."
Rimasi abbarbicata a lui un minuto buono, mentre entrambi ignoravamo quello che avevo appena detto, poi mi alzai in piedi e lui mi imitò. Appena fu in posizione eretta, gli mollai un ceffone. Tristan mi guardò con uno sguardo indecifrabile.
“Te lo meriti. Gli dei sanno quanto te lo meriti.”
Il figlio di Loki abbassò lo sguardo senza dire niente. Durante la fuga avevo messo nello zaino il barattolo con l'anima di Balder. Lo tirai fuori.
"Dobbiamo portarla ad Asgard," disse Tristan.
Scossi la testa.
"Ci metteremmo troppo. Dobbiamo trovare un modo per mandarla dagli dei senza andare da loro."
"Servirebbe un Ermes."
Fissai l'erba, riflettendo.
"Huginn e Muninn?"
Alzai lo sguardo su Tristan, perplessa.
"Tu sei in contatto mentalmente con loro, no? Non puoi chiamarli da qui?"
Spalancai la bocca.
"Tristan, sei un genio!" esclamai.
"Oh, grazie."
Frugai furiosamente nello zaino per qualche minuto, alla ricerca di una cosa che mi aveva dato mio padre. La trovai: era una piuma nera di corvo, precisamente una piuma di Huginn. La strinsi tra le dita e chiusi gli occhi, pensando intensamente al corvo.
"Sel?" Tristan non capiva cosa stavo facendo. Ignorai il suo insistente sguardo perplesso e rimasi immobile fino a quando sentii un frullare di ali che si avvicinava. Huginn si posò sulla mia spalla.
"Carino che tu ti sia ricordata di chiamarmi, dopo che ti ho lasciato la mia piuma."
"Fai poco lo spiritoso, ho bisogno del tuo aiuto."
"Ok, sto buono."
Tirai fuori dallo zaino una corda, ne tagliai una parte con un coltellino multiuso e intrecciai una sorta di cestino in cui mettere il barattolo con l'anima di Balder. Legai poi il tutto alle zampe del corvo, che protestò debolmente quando si rimise in volo, e lo guardai sparire all'orizzonte.
"Se me lo stai per chiedere, la piuma mi permette di rimanere in contatto telepatico con Huginn anche a grandi distanze, proprio perché Huginn è Pensiero."
"Lo immaginavo," disse Tristan.
Mi incamminai senza dire una parola verso il castello dei giganti.
"Sel, dove vai?"
"A vedere se trovo indizi su cosa è successo agli altri."
"Sperando che stiano tutti bene."
Mi sentivo arrabbiata. Non in modo specifico con Tristan, arrabbiata in generale. Letteralmente incazzata con il mondo. Tirai un calcio a un sasso con furia e lo guardai rotolare lontano e finire nel ruscello.
"Sai dirmi per quanto sono rimasta svenuta?" chiesi al figlio di Loki.
"Immagino tu sia svenuta la sera dell'attacco dei giganti. Direi un bel giorno e mezzo, allora."
"Cazzo."
"E se pensi che siano ancora tutti al castello, ti sbagli. Ho controllato prima di trovarti, e la fortezza è disabitata."
Salii su per il pendio della scarpata, tenendomi alla larga da dove avevo lasciato Luna. Mentre mi aggiravo nei luoghi in cui avevano combattuto i miei compagni, calciai per errore un piccolo oggetto che tintinnò andando a sbattere contro un sasso. Lo raccolsi: era l'anello con il teschio di Nico.
"Tristan?"
Il ragazzo venne al mio fianco.
"È l'anello di Nico?"
Annuii. "Deve averlo fatto cadere mentre i giganti li portavano via."
"Come nel Signore degli Anelli. Forse ha letto quel libro."
"Perché proprio lui?" sbottai, irritata senza motivo.
"Be', è suo il primo oggetto che abbiamo trovato. Davo per scontato che l'idea fosse sua."
Mi chinai a terra e cominciai a cercare tra l'erba altri segni lasciati indietro a segnare la strada da seguire per trovare gli altri. Le condizioni già pietose del mio vestiario peggiorarono ulteriormente a forza di strisciare nell'erba.
"Selina!"
Mi alzai e corsi da Tristan, che, in ginocchio qualche metro davanti a me, stringeva con aria trionfante un cerchietto d'argento.
"Questo è di Talia."
La direzione che dovevamo seguire era quindi quella che portava al castello e, ipoteticamente, proseguiva oltre... verso le montagne. Il cuore di Jotunheim.
"Dobbiamo sbrigarci. Li hanno portati a Nifheimr," mormorai.
 
Procedendo con il viaggio trovammo, mano a mano, tutti gli oggetti che i nostri amici avevano seminato per la strada: i bracciali di Adam e Abigail, le collane con le perline di Percy, Annabeth, Clarisse e Talia e altre cose non strettamente necessarie che avevano potuto lasciare indietro. Smettemmo di trovarli in giro solo quando ci inoltrammo nuovamente nella foresta, ma sarebbero stati inutili: i giganti, grossi com'erano, avevano in più punti strappato rami e lasciato impronte nel terreno umido, tracce eloquenti del loro passaggio. Mentre ci facevamo strada tra gli alberi, avevo la netta impressione di aver perso la capacità di vedere i colori, tranne che il verde. Era ovunque: cespugli del sottobosco, aghi di pini, persino sui tronchi il muschio aveva mangiato quasi del tutto il marrone.
Quando ormai stava per calare il sole e sentivamo entrambi le gambe a pezzi, trovammo, in mezzo a una radura, una capanna in buone condizioni e apparentemente disabitata.
"Se è vuota, è una vera botta di culo," esclamai vedendola.
"Già, una vera botta di fortuna, e non ci sono alte probabilità che sia occupata da qualche creatura sconosciuta ed affamata," aggiunse Tristan, sarcastico.
"Oh, taci. Se non la esploriamo non lo sapremo mai."
Ci avvicinammo con cautela: era fatta su misura per i giganti - ovviamente - e sembrava essere stata abbandonata da poco. Forse si erano uniti al gruppo che andava a nord, verso Nifheimr. Inginocchiata sotto una finestra, sbirciai dentro la stanza: tutto quello che vidi fu un tavolaccio di legno grezzo e lavorato male, una dispensa, un camino pieno di cenere e braci spente e un secchio gettato in un angolo. Non c'erano segni di vita, il che poteva determinare con certezza l'ipotesi che quella casa fosse disabitata, visto che ormai era ora di cena. Attraverso la porta socchiusa della dispensa vidi un cinghiale morto, quindi si escludeva anche la possibilità che il gigante fosse andato a caccia.
"Proviamo a entrare?" proposi.
"Tanto al massimo ci facciamo sfondare la testa da un gigante arrabbiato."
Tristan si avvicinò alla porta d'ingresso. L'entrata era bloccata da un semplice catenaccio. Il ragazzo mi chiese se potevo prestargli il coltellino multiuso e glielo porsi. Trafficò per un paio di minuti con il lucchetto del catenaccio fino a quando qualcosa scattò e la serratura si aprì.
"Grazie per avermi mostrato chi è stato a impossessarsi del mio diario, a scassinarne il lucchetto e appendere le pagine più salienti alla bacheca del campo. Non che avessi tanti dubbi," dissi mentre mi riprendevo il coltellino.
"Non c'è serratura che tenga, quando ci sono io in giro."
Sgusciai cautamente dentro l'abitazione e rimasi in ascolto di possibili rumori, ma tutto sembrava tranquillo. Io e Tristan esplorammo la casa, costruita su due piani; al piano di sopra si trovava la camera da letto. Per un gigante doveva essere una dimora molto modesta, ma visto che erano alti quattro metri, per noi gli spazi erano più che abbondanti.
"Vado a vedere se possiamo farci qualcosa per cena," disse Tristan tornando al piano inferiore. Io rimasi ancora un po' nella stanza da letto. Oh be', "letto" era forse una definizione troppo generosa. I giganti non sono conosciuti per la loro abilità nell'artigianato. In effetti questo tipo di case venivano costruite solo quanto non trovavano grotte. Il letto era costituito da un enorme sacco riempito di paglia e foglie secche e la coperta consisteva nella pelle di quello che a prima vista sembrava un cervo, un cervo molto grosso che in generale non mi avrebbe fatto piacere incontrare mentre passeggiavo nella foresta.
Spalancai la finestra e mi arrampicai sul tetto a bearmi degli ultimi raggi di sole. Qualche tempo dopo sentii Tristan chiamarmi e un odore di carne arrostita avvicinarsi.
"Selina, cosa ci fai sul tetto?"
Non risposi e aspettai che si venisse a sedere di fianco a me. Non mi disturbai neanche a dargli una mano quando lo vidi in difficoltà nel cercare di non far cadere il piatto con la carne e un boccale di birra.
"Grazie per l'aiuto," sibilò sarcastico.
"Di niente," risposi prendendo con le mani un boccone. "Cos'è?"
"Cinghiale. Non c'erano posate nella cucina. Spero non ti disgusti dividere piatto e boccale con me."
"Non più di tanto."
Una volta finito di mangiare buttai il piatto in casa (tanto era di legno, non si sarebbe rotto) e presi qualche sorsata di birra.
"L'hai trovata nella dispensa?"
"No, l'ho fatta magicamente apparire dal nulla."
"Cretino."
"Guarda che è birra di giganti. Vacci piano," mi ricordò Tristan.
Mi strinsi nelle spalle e andai avanti a bere. Dopo un po' Tristan mi tolse il boccale dalle mani e fece qualche sorso.
"Se non sei abituato, è un po' troppo forte per te," lo avvertii, ma mi ignorò.
Rimanemmo a fissare il cielo farsi scuro e coprirsi di stelle e costellazioni sconosciute. Tristan aveva avuto l'accortezza di accendere la lampada a olio nella camera da letto. Pur essendo in due non riuscimmo ad arrivare alla fine del boccale di birra, nonostante l'impegno.
“Sai – cominciò dopo un po' Tristan, in balia dell’alcool – anch’io ho cercato di fare quella cosa delle tre certezze, come te.”
Mi sfuggì un singhiozzo.
“Come sai delle mie tre certezze?”
“Me l’hai detto tu una sera in cui sono state coinvolte notevoli quantità di alcolici. Come questa. Comunque, anch’io ho cercato di avere le mie tre certezze. La prima, risalente a qualche tempo fa, era che tu non avresti mai confessato ad Adam la tua cotta. E su questo avevo ragione.”
Ero certa di avere le guance rosse, non so se per la birra o l’imbarazzo, e ridacchiai.
"Ormai per colpa di Percy la mia passione si è spenta."
"Cos'è successo?"
"Mi ha fatto venire il dubbio che Adam potrebbe essere considerato mio nipote."
Tristan assunse un'espressione vacua.
"Oh, cielo. Non ti bastava essere un'alcolizzata, devi fare anche incesto, Selina?"
Gli diedi una spinta, ridendo.
“La seconda era che tu mi odi.”
“Anche se non ne sono più certa neanch’io,” ammisi, resa sincera dall’alcool.
“La terza è che non avrei mai avuto il coraggio di fare questo,” e si sporse in avanti e mi baciò. Fu semplicemente un toccarsi di labbra. Subito Tristan si staccò e rimase con la fronte incollata alla mia, lo sguardo basso e le guance rosse. Avevo il cuore in tumulto e mi sembrava di poter sentire anche il suo. Non avevo mai dato troppo peso alle faccende sentimentali, ma più di una sera mi era capitato, sola nel mio capanno e senza fratelli o sorelle, di desiderare di avere qualcuno a fianco da abbracciare, e mi resi conto che forse potevo trovare quel qualcuno in Tristan. Rimanemmo così per un minuto buono, poi lui si allontanò, schiarendosi la gola e scusandosi.
“Non fa niente,” farfugliai, confusa e imbarazzata.
Tristan si alzò e rientrò dalla finestra. Barcollava, ma cercava di nasconderlo.
“Vieni a dormire?” chiese mentre entrava.
Mi alzai malferma sulle gambe e sgusciai in casa, chiudendo la finestra dietro di me. Senza neanche guardare in faccia il ragazzo, mi infilai sotto la pelle di cervo e chiusi gli occhi. Tristan spense la lampada a olio per terra di fianco al materasso e si infilò a letto pure lui.
 
Il mattino dopo mi svegliai che Tristan ancora dormiva. Mi stiracchiai, le tempie pulsanti per colpa di un mal di testa da dopo sbronza. Controllai l'ora: le sei e quarantasei. Mi infilai calze e scarpe e scesi silenziosamente le scale, recuperando il piatto del gigante. Per la colazione mi scatenai con la fantasia: cinghiale arrosto. Era l'unica cosa che si trovava nella dispensa del gigante, la carne di cinghiale. Accesi il fuoco e aspettai pazientemente che la carne fosse pronta. La misi in un piatto e cominciai a mangiare seduta per terra. Tristan si svegliò poco dopo; scese le scale massaggiandosi la testa.
"Ogni volta mi ricordo degli effetti del dopo sbronza solo quando è troppo tardi," si lamentò sedendosi accanto a me e allungando una mano verso il piatto.
Aspettai che dicesse qualcosa riguardo alla sera prima, ma visto che non diceva niente, decisi di gestire la cosa da sola.
"Tristan, non vuoi parlare un po' di ieri sera?"
In risposta ricevetti uno sguardo perplesso.
"Ieri sera?"
"Non ti ricordi di ieri sera?" insistei, il cuore che batteva a mille.
Scosse la testa. Mi presi il viso tra le mani con un gesto sconsolato.
"O stai facendo finta, o non te lo ricordi davvero, e tra le due cose non so quale sia quella che mi fa incazzare di più," dichiarai.
"Te lo giuro, Sel, non me lo ricordo. Dovevo essere più partito di quanto sembrasse."
Feci un profondo respiro.
"Oh, non importa. In fondo non è successo niente. Niente – presi lo zaino e mi diressi verso l'uscita della capanna. – A parte che mi hai dato il mio primo bacio, quando ero ubriaca e sul tetto della casa di un gigante."
Sentii il tonfo dello zaino di Tristan che cadeva a terra.
"L'ho fatto?"
Annuii e uscii dalla capanna. Ripresi la strada che stavamo seguendo il giorno prima. In silenzio Tristan mi affiancò.
"Selina?..."
"Stai zitto, stai zitto. Ti prego, non dire una parola, perché l'unica volta in cui sei riuscito a fare qualcosa di buono eri sbronzo e non posso trascinarti in giro ubriaco come una spugna tutto il tempo, perché mi hai fatta sentire in pace con me stessa, senza che avessi bisogno di dimostrare nulla a nessuno e perché ho bisogno di te. Quindi non rovinare questo momento," dissi tutto d'un fiato.
"Volevo solo dirti che ti stavi dimenticando la giacca," spiegò Tristan sorridendo.
Gli strappai di mano la giacca e scoppiai a ridere come un'isterica.
"Dei, che figura!" esclamai. Tristan non disse niente, continuando a sorridere. Mi calmai quasi subito.
"Adesso cambierà qualcosa tra noi?" gli chiesi.
"Non più di tanto, spero solo ci insulteremo un po' di meno. Posso anche smettere di darti fastidio, visto che ormai siamo una coppia."
"Quindi il tuo scopo iniziale era prendermi per sfinimento?"
"Più in meno. In realtà non sapevo proprio come gestire la cosa. Ho dovuto chiedere aiuto a Abigail e Adam per capire come comportarmi," confessò Tristan.
Spalancai la bocca. "Quindi anche Abigail macchinava alle mie spalle?"
"Non macchinava, Sel. La cosa è nata dal fatto che una sera, a una festa, ho raccontato tutto ad Adam e, cosa di cui non vado molto fiero, credo di aver pianto un po'," continuò.
Mi portai una mano davanti al volto per nascondere un sorriso. “Pianto?”
“Ti ricordo che sono io quello che si commuove davanti ai film, non Adam. Il giorno dopo Adam mi ha consigliato di chiedere aiuto a Abigail, per queste cose. E così è iniziata la nostra macchinazione.”
Stavo per ribattere, quando tacemmo entrambi: ci trovavamo in una zona della foresta in cui la vegetazione cambiava, gli abeti dai tronchi marroni coperti di muschio erano sostituiti pian piano da alberi grigi come il metallo, i cespugli sembravano grovigli di filo spinato. Eravamo arrivati alla Foresta di Ferro, la regione abitata dalle donne Troll.
Ci inoltrammo nel sottobosco con cautela, attenti a fare il meno rumore possibile e pronti a impugnare le armi. Non c’erano segni di vita e non un rumore si alzava dai rami degli alberi. A un tratto nel silenzio si levò un verso mostruoso.
Kludde*!”
Io e Tristan ci scambiammo uno sguardo preoccupato. Poco dopo il verso suonò ancora, stavolta più vicino. Ci mettemmo schiena contro schiena, le armi in pugno. Per un po’ non si sentii più niente, poi mi giunse alle orecchie uno scalpiccio di zoccoli e mi vidi venire addosso un cavallo scheletrico, nero come il carbone: un Kludde. Gli occhi gli brillavano come fiammelle azzurre. La creatura ci superò entrambi con un balzo e cadde davanti a Tristan, tentando di colpirlo con gli zoccoli. Lui si difese alzando i pugnali sopra di sé. La bestia si allontanò e fece un paio di giri attorno a noi, prima di attaccare di nuovo. Più di una volta provammo ad avvicinarci di scatto, ma era troppo veloce per essere presa così.
Tornò all’attacco: mi venne addosso di corsa e nel tentativo di schivarla inciampai e caddi a terra. Mentre correva via, Tristan ferì il Kludde sulla coscia. Mi rialzai in piedi recuperando l’ascia.
“Stavolta lo becco io.”
La creatura ci osservò un po’ da lontano, trotterellando avanti e indietro.
“Facciamo che a chi capita, capita?”
La bestia tornò all’attacco la terza volta. Ero pronta ad attaccarlo, ma all’ultimo curvò di lato e si avventò su Tristan. Lui lo colpì ancora, come la prima volta solo superficialmente. Il Kludde sembrava irritato: forse non era avvezzo a prede che opponevano tanta resistenza. Ci guardava da lontano, sbuffando sonoramente dalle narici. Alla fine decise di tentare il tutto per tutto. Ci corse incontro e si impennò, agitando selvaggiamente gli zoccoli. Un colpo andò a segno e Tristan venne scaraventato a terra, stringendosi la spalla. A quel punto mi infilai sotto la pancia del Kludde e sferrai un colpo d’ascia verso l’alto, centrandolo in pieno. L’animale urlò e cadde su un fianco, morto. Ripresi fiato e mi precipitai da Tristan.
"Fammi vedere dove ti ha colpito," gli intimai, preoccupata. Gli scostai la maglia dalla spalla e vidi che il livido aveva già cominciato a formarsi. Presi in fretta dallo zaino dell'idromele e gli porsi la borraccia.
"Grazie," borbottò Tristan. Aspettammo qualche minuto che il livido venisse riassorbito per effetto dell'idromele, poi ci rimettemmo in cammino.
Il resto del cammino fu tranquillo, a parte un paio di incontri con qualche Hemann, spiriti silvicoli che si chiamavano a vicenda emettendo lunghi gridi simili a versi di uccelli. Non erano aggressivi. Il viaggio fino a Nifheimr durò altri due giorni. All'alba del terzo uscimmo dalla Foresta di Ferro: davanti a noi si stendeva una valle coperta di ghiaccio. Per miglia non crescevano piante, solo un'immensa distesa di neve. In lontananza si scorgeva la figura del castello dei Giganti di Ghiaccio.
Eravamo arrivati nel cuore di Jotunheim.
 
 
 
 
* Lo so che potrebbe far ridere come nome, ma è davvero una brutta bestiaccia, quella
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:

Vi faccio credere che aggiornerò presto, eh? Seriamente, gli dei
(leggi: i professori) sono contro di me. Questo è un periodo infernale (ma immagino non sia una sorpresa, visto che andate a scuola anche voi). E si è anche rotto il portatile di mio papà, che generalmente è il computer che uso per scrivere, visto che quello fisso lo lascio sempre a lui quando torna la sera.
Comunque... Siete contenti per Selina e Tristan? Io sì, non ne potevo più di farli girare attorno alla cosa.
E poi: dodici preferiti e ventiquattro che seguono. Voi mi volete morta. Grazie davvero, se leggete, seguite, preferite, ricordate e recensite. Se non fosse per voi non so se avrei lo stimolo per continuare.
Buona lettura!



 

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Capitolo 13
*** In cui scopro di poter fare la fine di un arrosto ***


In cui scopro di poter fare la fine di un arrosto
 
 
 
Mi avvicinai al petto di Tristan e allungai le mani verso il fuoco. Le fiamme crepitavano e ondeggiavano al vento gelido di Nifheimr, mentre fuori dalla grotta calava la notte. Da ormai tre giorni avanzavamo nel gelo e nella neve e mano a mano il castello dei Giganti di Ghiaccio si faceva sempre più vicino. Purtroppo, mano a mano, le provviste si facevano anche sempre più scarse.
Il ragazzo mi passò un braccio attorno alla vita. "Giuro che, quando torniamo a casa, non mi lamenterò più che ho freddo."
Sorrisi. "Se torniamo," aggiunsi.
"Sii ottimista."
"Scusa, non me la sento."
Ero particolarmente laconica quella sera. Tristan rispettò la cosa e tacque. Il giorno dopo nevicava. Nevicava da quando eravamo arrivanti al cuore del regno dei Giganti di Ghiaccio. Il bianco era davanti, dietro e di fianco a noi. Tristan mi strofinò le braccia per farmi caldo.
“Smettila, sai che posso fare quella cosa della stufa.”
“Allora falla e non lasciarci qui a congelare.”
“Va bene. Anche se rischiamo di morire annegati, sprofondando in una buca scavata dal mio calore.”
Mormorai 'fuoco' nel linguaggio delle rune e sentii un piacevole tepore diffondersi nel mio corpo. Istintivamente Tristan mi strinse con più forza.
“Tris, non sono fatta di gomma, se fai così mi soffochi,” protestai. Lui borbottò qualche scusa con la bocca affondata tra i miei capelli. Qualche minuto dopo ci addormentammo, stesi davanti al fuoco che andava spegnendosi.
Speravo che il sonno mi avrebbe portato un po' di sollievo; invece anche quella notte sognai Luna. Capitava ormai da giorni: regolarmente la mente mi riproponeva ricordi alterati o mondi alternativi in cui lei non aveva fatto altro che far finta di morire e tornavamo insieme al campo. Era una questione psicologica, me l'aveva spiegato lei stessa quando avevamo undici anni: le avevo raccontato che ogni tanto sognavo mia mamma che tornava da qualche posto dicendo che era tutto uno scherzo. Quella notte Luna venne a tenermi un discorso sull'influenza dei gamberi nella letteratura occidentale, e nonostante il discorso fosse tanto assurdo da indurmi in un'altra occasione alle risate, la mattina dopo mi svegliai con le lacrime agli occhi (cosa che, dopo tutto, mi accadeva da giorni, ormai). Me le asciugai con un gesto rabbioso. Se Tristan lo notò non lo diede a vedere, ma mentre facevamo colazione mi batté una mano sulla schiena.
Riprendemmo la strada verso la reggia dei Giganti. Finalmente, mentre calava la sera, arrivammo sotto le mura del castello dei Giganti. Niente fossato, niente muro di cinta. Non c'era mai stato molto nel regno dei Giganti di Ghiaccio che potesse rappresentare una minaccia (a parte i Giganti di Ghiaccio).
"E se ci muovessimo?" chiese Tristan, impaziente.
"Un attimo! Sto pensando a come faremo entrare, non a cosa mangerò per cena!"
"Oh, cielo, ci stai ancora pensando?" Senza aggiungere altro cominciò a girare attorno al castello. Lo seguii, fino a quando lo sentii esultare sottovoce. Vidi che tirava fuori dallo zaino una corda con un rampino, appostato sotto una finestra.
"Aspettami davanti alle porte del castello, ti vengo a prendere," disse cominciando a far roteare il rampino. Lo osservai sparire dentro una finestra e mi andai ad acquattare dietro un mucchio di neve, attendendo (con poca pazienza) qualche segno di Tristan. Mi sarei fatta torturare prima di ammetterlo ad altri, ma ero un po' preoccupata. Mi aveva pure lasciato il suo zaino.
 
***
 
Rotolai sul pavimento di ghiaccio e per prima cosa mi guardai intorno alla ricerca di un posto dove nascondermi. Quindi sgattaiolai sotto una panca e controllai che il corridoio fosse vuoto: solo una guardia sull'angolo, evidentemente troppo stupida per accorgersi del ragazzo appena saltato da una finestra.
"Ricorda: il passaggio dall'altra parte è chiuso. Niente vie di fuga."
Sgusciai lungo la parete del corridoio, una mano stretta sull'elsa di un pugnale, il passo leggero. La guardia era di profilo. Alta possibilità di essere notato. A pochi metri dal gigante, questo si voltò e, vedendomi, emise un verso di sorpresa. Scattai, tentando di non perdere la presa sul ghiaccio, e con un gesto fulmineo lo colpii alle ginocchia. Il gigante cadde in ginocchio e a quel punto lo sgozzai. La pelle bianca, dalla sfumatura quasi azzurrina, fu percorsa da rivoli di sangue bluastro.
Stavo per rimettere nel fodero il pugnale, quando arrivarono di corsa due guardie.
"Giù le armi!" gridò la prima, puntandomi contro una lancia. Sospirai per il fastidio e decisi di ricorrere al mio talento per tirarmi fuori dai guai. Lasciai cadere il pugnale sporco di sangue e alzai le mani sopra la testa.
"State tranquilli, sono disarmato," dissi in tono rilassato.
"E quello, allora?" chiese la guardia, puntando la lancia verso il secondo pugnale che avevo appeso alla cintura.
"Oh, questo! Ma questo non è un pugnale, non vedete?" Feci per prenderlo e mostrarglielo, ma il Gigante mi intimò di non toccarlo.
"Fermo dove sei!"
"Sssh," dissi portandomi un dito davanti alla bocca. "Non dovete gridare tanto, c'è gente che non deve essere disturbata qua in giro. Non lo vedete? –‏ E indicai il gigante morto –‏‏ Sta dormendo."
Le due guardie spostarono lo sguardo da me al cadavere e poi di nuovo su di me e corrucciarono la fronte, confusi dal potere della mia voce.
"Non ti credo..."
"Vieni a controllare, allora."
Entrambe si avvicinarono.
"Non mi sembra proprio il caso di fare tanta confusione per chiamare altre guardie, sta solo riposando."
Una volta che la prima guardia si fu inginocchiata a terra, estrassi il pugnale e glielo piantai nella schiena, uccidendola sul colpo, poi mi girai di scatto verso la seconda.
"Incredibile come si addormenti in fretta la gente, vero?" esclamai. Il gigante mi fissò in silenzio, sotto shock. "Forse è il caso che tu mi conduca fuori dalla porta principale."
"Cosa?" biascicò la guardia, con lo sguardo stralunato.
"Fuori. Sono un intruso. Devi condurmi fuori. Non è il caso che tu allerti gli altri, sono talmente insignificante... Cerchiamo di non farci notare, va bene?"
Nascosi i cadaveri e mi lasciai guidare nel castello, osservando attentamente gli ambienti attorno a me e cercando di memorizzare passaggi e percorsi. Quasi tutti gli arredamenti erano di legno scuro e varie sfumature di blu e azzurro. In un paio di occasioni ci infilammo in passaggi segreti nascosti dietro specchi e armadi. (Passaggio dello specchio: terza chiave del mazzo, lunga e sottile. Porta direttamente all'entrata del castello.) Durante il percorso riuscii a farmi dire dov'erano tenuti gli ostaggi: nei sotterranei. Era probabile, ma temevo in una botta di originalità da parte dei giganti e di scoprire che li avevano chiusi in chissà quale torre.
"Ehi – esclamai prima di uscire dal passaggio segreto – non dovresti mandare via le guardie? Sai, sarebbe noioso perdere tempo a spiegare chi sono, visto che devi solo portarmi fuori."
Il gigante annuì in uno stato ormai semi-catatonico e io mi sporsi per verificare che ci fossero effettivamente delle guardie davanti all'ingresso (e infatti c'erano).
"Basta che vai da loro e dici: il re ha detto di andare a controllare che le spade in armeria siano tutte state affilate.
Ripetendo la frase mentre la diceva il gigante, mi assicurai che le due guardie fossero persuase abbastanza da andarsene senza fare domande scomode. Appena sparirono dietro l'angolo uscii dal mio nascondiglio, aspettai che il gigante aprisse la porta e poi lo uccisi. Con un pezzetto di spago feci un nodo sulla chiave che apriva il portone e mi diressi ad affrontare quella che ormai consideravo la mia (incazzatissima) ragazza, che avevo lasciato al freddo ad aspettarmi.
 
***
 
Guardai Tristan arrivare, battendo il piede per terra e tenendo le braccia incrociate sul petto, nella perfetta interpretazione della madre che osserva il figlio disobbediente.
"Mi spieghi tutta questa messinscena?" sbottai mentre si avvicinava.
Per risposta mi sventolò davanti un mazzo di chiavi.
"La messinscena è stata fatta per queste, per la conoscenza dei passaggi segreti del castello e per sapere la via d'uscita."
Afferrai al volo le chiavi.
"E adesso cosa facciamo?" gli chiesi. "Hai seminato cadaveri ovunque."
"Quello che vedi tu è uno solo, quindi dire che ho seminato cadaveri è esagerato. Quanto al cosa fare, pensavo di andare a proporre una grigliata con gli altri giganti. Selina, ma me lo chiedi?"
"Mi riferivo al gigante morto, cretino. Lo buttiamo nel fossato?"
Tristan si strinse nelle spalle; lo presi come un cenno d'assenso e insieme scaricammo il corpo sull'acqua ghiacciata, poi lo coprimmo alla bell'e meglio con la neve. Entrando nel castello, seguii Tristan nella rete di cunicoli che, mi spiegò, gli era stata mostrata dal gigante. Scendemmo ogni scala che incontrammo sulla nostra strada.
Ci fermammo sentendo delle voci provenire dall'altra parte del muro.
"Non solo vi siete fatti fregare da un gruppo di ragazzini, ma non avete neanche catturato quelli a cui eravamo interessati," esclamò in tono derisorio un gigante.
"Non c'è bisogno di discuterne ancora!" protestò un altro.
"Ma non ne avete ancora discusso con me. Quindi vi hanno sottratto l'anima di Balder e il figlio di Loki e la figlia di Odino vi sono scappati? Su tre l'unico che avete preso è questo qui." Si sentì un tintinnio di catene.
Mi allontanai dal muro e mi girai verso Tristan. "Adam è qui."
Lui si irrigidì e fissò prima me, poi il muro, con gli occhi spalancati. “Non riesci a passare attraverso il muro?”
“Prima dobbiamo aspettare che gli altri giganti se ne vadano.”
Rimanemmo entrambi con le orecchie incollate alle pietre della parete. La discussione andò avanti ancora qualche minuto, poi i rumori cessarono.
“Non puoi, tipo, vedere attraverso il muro?” bisbigliò Tristan.
“Scegli: o guardo o attraverso il muro. Non mi sono allenata a fare a lo sforzo mentale che richiede la magia,” gli risposi con una punta di irritazione.
“Allora tentiamo la fortuna?”
“Penso sia quello che abbiamo fatto finora.”
Presi un profondo respiro, afferrai Tristan per un braccio e feci un passo attraverso il muro. Dall'altra parte fu il turno di Tristan di sorreggermi. Sembro una mammoletta, ve lo concedo. Ma immaginate di fare quattro ore di studio, non interrotto. Aggiungete il fatto che mi allenavo poco (quindi era come fare quattro ore di studio dopo un mese di inattività). Il risultato è uno studente rimbambito e alquanto esausto. Le mie condizioni erano quelle.
Tristan mi lasciò andare quasi subito per correre verso la cella in cui, vidi, erano rinchiusi Adam e Abigail. Cercò freneticamente la chiave delle celle, fece scattare la serratura e si precipitò all'interno. Abigail venne svegliata dal rumore ed emise un debole grido.
“Tristan...”
Non indossava più la giacca, solo la felpa, aveva le mani rosse dal freddo, profonde occhiaie sotto gli occhi e un labbro spaccato. Era brutta. Adam non era in condizioni migliori: qualcuno gli aveva procurato un grosso livido sullo zigomo, anche lui era senza giacca e sembrava provato da mancanza di sonno. Aiutai Abigail ad alzarsi in piedi, poi, d''istinto, mi tolsi il giubbotto e glielo misi sulle spalle. Lei se lo strinse addosso con un gemito di gratitudine. Tristan fece lo stesso con Adam.
“Dove sono Percy e gli altri?” chiesi ad Abigail.
Lei indicò tremante un corridoio perpendicolare al nostro. “A destra. Ma Luna?” Non risposi, e scattai mezzo trascinando la ragazza. Trovammo gli altri in un'altra cella, tutti insieme. Annabeth e Percy dormivano appoggiati uno all'altra, Talia e Nico guardavano nel vuoto con aria assente e Clarisse camminava su e giù con passo frenetico. Fu la prima a vederci: si gettò contro le sbarre della prigione e prima che potesse dire niente con uno 'sssh!' ansioso e irritato la tenni a bada. Tristan aprì la cella, mentre Talia e Nico svegliavano gli altri due.
“Facciamo in fretta – mormorò Abigail con un filo di voce – tra poco i giganti torneranno.”
“Conosci i loro orari?”
Abby annuì con lo sguardo angosciato.
“Sel? – Mi girai verso Tristan – Non riesci a trovare l'entrata per il passaggio segreto?”
Guardai la parete mordendomi il labbro inferiore per l'angoscia. Posai una mano sulla pietra fredda e chiusi gli occhi cercando di capire se c'era un modo per sentire la presenza di un passaggio segreto. Dopo qualche minuto di estenuante attesa per gli altri, sentii di trovarmi in una zona più fredda. Feci un passo a destra.
Freddo.”
Tornai di un passo a sinistra.
Freddissimo.” “Tristan, passami le chiavi.”
Tastai velocemente le pietre del muro, trovai una fessura e infilai la chiave che Tristan aveva usato per entrare nei passaggi segreti. La chiave girò, qualche meccanismo scattò e una parte del muro ruotò su se stessa. Ci infilammo nel corridoio di corsa e richiudemmo il passaggio dietro di noi. Mentre cercavamo la strada verso l'uscita, chiesi ad Abigail cosa fosse successo a loro dopo la cattura.
“Selina, Luna dov'è?” insistette lei. Non risposi, ma rimasi a fissare dritta davanti a me un punto nel vuoto, senza pensare a nulla. Poco dopo sentii Abigail singhiozzare. Clarisse mi si avvicinò.
“Vuoi sapere di Luna, non è vero?” sussurrai. Lei non ebbe neanche bisogno di chiedere. Serrò la mandibola con gli occhi pieni di rabbia e tristezza. Ricordai cosa mi aveva detto Luna su di lei: la sua migliore amica era morta nella guerra contro i Titani; e cercai di immaginarmi quanto dovesse essere duro per lei questo secondo colpo. A quanto avevo capito aveva pochi amici. Volevo fare qualcosa per confortarla, ma mi sembrò ridicolo che lo scricciolo del gruppo cercasse di consolare una ragazza grossa come un armadio.
“È ad Asgard, adesso,” dissi. “Glielo devono, con quello che ha fatto.” “Come se contasse qualcosa, per me.” Intanto Clarisse lottava per trattenere le lacrime. Tristan aveva messo al corrente gli altri della notizia. Adam si avvicinò ad Abby, che si stava asciugando le lacrime, e le passò un braccio attorno alle spalle.
“Dobbiamo passare a prendere le loro armi,” mi ricordò Tristan. Annuii distrattamente. In un tentativo goffo di tirarmi su il morale, mi diede un bacio sulla guancia. Sorrisi nella sua direzione e lui ricambiò. Una volta finita l'avventura avrei dovuto ringraziare Adam e Abigail.
“Selina, puoi controllare se siamo nell'armeria?” mi chiese il figlio di Loki fermandosi.
Con uno sforzo guardai attraverso il muro. “Non ci siamo ancora – dissi – andiamo più avanti.”
“Aspetta. È meglio se io vado a cercare l'armeria da solo, mentre voi mi aspettate qui.”
“Sei sicuro? E se ti scoprono?”
“Devo correre il rischio. Conviene di più fare così che uscire tutti allo scoperto.”
“Fai in fretta – intervenne Abigail – tra poco i giganti verranno a controllare se siamo ancora in cella.”
“Vi tenevano sotto stretta sorveglianza,” osservai. Lei annuì cupamente.
“Un paio di giorni fa hanno deciso che non ci avrebbero lasciato dormire fino a quando non gli avremmo detto dove eravate.”
Tortura psicologica. Sono diventati raffinati i giganti,” pensai con acidità.
Tristan richiamò la mia attenzione. “Riesci a farmi passare dall'altra parte?”
Lo presi per mano e, richiamando le forze, lo accompagnai attraverso il muro. Prima di scomparire, disse: “Quando tornerò, batterò tre volte contro la parete. Se entro un quarto d'ora non torno, scappate.” Non dissi niente per non fare la figura della piagnucolona, ma dentro pregavo con tutte le mie forze che non gli accadesse niente. Mi sedetti a terra e contai i minuti. Letteralmente: il mio orologio aveva un cronometro. Al mio fianco Abigail si addormentò in un minuto netto, così come Adam. Nico si appoggiò al muro con noncuranza e fece per portarsi una mano all'altezza del fianco, in un riflesso istintivo, ma la spada con c'era. Così, facendo finta di niente, la sprofondò in tasca.
È stata tua l'idea di gettare i vostri oggetti personali per creare una traccia da seguire?” gli chiesi.
Lui annuì. “Ha per caso il mio anello?” mi domandò in tono speranzoso.
Frugai un po' nel mio zaino e restituii a ciascuno quello che aveva lasciato per strada, poi tornai ad affogare nella mia angoscia. Cosa avremmo fatto una volta usciti dal castello? Adam, Abigail e gli altri erano troppo esausti per scappare, senza contare che non avevamo più cibo. Avevo bisogno di mettermi in contatto con Heimdall. Forse potevo contare sul suo udito finissimo, ma ci avrebbe sentiti da un mondo all'altro?
"Annabeth."
La figlia di Atena si voltò di scatto verso di me.
"Sì?"
"Sai perché i Giganti cercavano me e Tristan?"
Scosse la testa.
"Io lo so." Abigail si era svegliata. "Avevano bisogno del sangue dei tre figli degli dei più importanti: Odino, Thor e Loki. Serve a loro per risvegliare Midgardr, che adesso dorme sul fondo dell'oceano, ed è lì dalla rinascita del mondo dopo il primo Ragnarok."
"Come fai a saperlo?"
"Ne hanno parlato mentre mi credevano addormentata. Selina, è vitale che almeno uno di voi tre si salvi e scappi, quando avranno scoperto la nostra assenza."
"Allora sarà Adam – risposi – io Tristan non lo lascio indietro." Controllai l'orologio: erano passati tredici minuti. Il cuore accelerò i battiti.
"Tristan, torna, anche se non hai trovato le armi!"
In quel momento sentii tre colpi. Scattai in piedi, feci passare un braccio attraverso il muro e trascinai Tristan verso di me, stringendolo in un abbraccio.
"Siamo passati troppo in fretta dalla fase 'ti odio e non voglio neanche toccarti' a quella di ragazza eccessivamente apprensiva, non trovi, Selina?"
Non risposi, ma lo strinsi forte e lo lasciai andare. Ognuno riprese le sue armi e guidammo in fretta il gruppo verso l'uscita, intanto discutevo con Tristan su cosa fare per farci aprire un varco da Heimdall.
“Lo chiamiamo,” disse lui con semplicità.
“Funzionerà?” chiesi.
“Comunque non abbiamo altra scelta. Se non ci sente, la missione è fallita, perché non possiamo certo sperare di sfuggire ai giganti in questa landa desolata con due che stanno dormendo in piedi. Se ci sente, allora siamo salvi. Non vedo altre alternative.”
Non potemmo continuare il discorso perché Abigail, gli occhi rossi per il pianto, venne in cima alla fila per tirare un ceffone a Tristan. Tornò subito al fianco di Adam, mentre Tristan si girava verso di me, contrariato.
“Non hai neanche provato a difendermi.”
“Te lo meritavi, lo sai.”
“Lo so, è questo che mi scoccia.”
“Sei immaturo.”
“Dimmi qualcosa che non so.”
Grazie al senso dell'orientamento di Tristan raggiungemmo l'uscita del castello. Appena prima di uscire dal passaggio segreto Tristan si girò verso gli altri.
“Ragazzi, vi devo chiedere di correre. C'è un posto dove nascondersi abbastanza vicino, ma è tassativo che non ci facciamo vedere. Da lì poi chiameremo Heimdall, sperando che ci senta. Altrimenti la missione finisce qui.”
“Possiamo fidarci di te?” sbottò Talia.
“Potete,” le assicurai. Lei mi guardò un po' scettica.
“Non abbiamo tempo per discutere. Io vado ad aprire la porta principale.” Così si congedò. Si diede un'occhiata in giro, corse fuori con al chiave giusta già in mano e spalancò il portone. Tutti gli corremmo dietro, nella neve. Li guidammo in un piccolo nascondiglio e da lì ci mettemmo a chiamare Heimdall con tutta la nostra voce, sperando che ci sentisse prima lui dei giganti. In quel momento questi dovettero accorgersi dell'assenza dei loro prigionieri, perché suonò l'allarme, che in parte coprì le nostre grida. Il portone si spalancò e dei giganti uscirono di corsa, guardandosi intorno e annusando l'aria. Fortunatamente non eravamo sottovento, quindi avrebbero fatto molta fatica a sentire il nostro odore.
Improvvisamente si sentì un rombo e a un centinaio di metri da noi comparve un buco nero delle dimensioni di una porta.
“Andiamo!” urlai.
Pur con il vantaggio sui giganti riuscimmo tutti quanti a saltare dentro il passaggio appena prima che uno di questi ci raggiungesse. Il portale si chiuse subito dietro di me, ma mentre lo attraversavo inciampai e mi trovai sdraiata a pancia in giù su un tappeto di erba fresca. Rialzandomi vidi gli altri occupati ad abbracciarsi gridando “ce l'abbiamo fatta!”. Ricaddi a sedere, debole per il sollievo che provavo.
“Siamo vivi,” mormorai.
Guardandomi intorno, però, mi accorsi che qualcosa non andava: non riconoscevo il posto, non sembrava Asgard.
“Tristan,” lo chiamai. Lui si girò verso di me.
“Non siamo ad Asgard.”
Lui corrugò la fronte e si guardò intorno.
“Hai ragione,” disse infine.
Lo feci notare agli altri, che cominciarono a guardarsi attorno perplessi. Clarisse sembrava sul punto di dire qualcosa, ma venne interrotta dall'arrivo di un corvo a me familiare.
“Muninn!” esclamai vedendolo.
Ciao, tesoro. Mi dispiace ma non porto buone notizie.”
“Cosa è successo?”
Heimdall vi ha mandati qui su Alfheim perché Asgard è stata attaccata dai giganti di fuoco e tuo padre sta combattendo contro Surtr, perché Fenrir non si è visto in giro. Pensiamo che ti stia cercando.”
I miei amici avevano sentito solo metà del dialogo, ma la mia faccia doveva dire molte cose, perché mi guardavano angosciati.
Cosa è successo?” chiese Nico.
Deglutii. “Asgard è stata attaccata.”
Ci fu un momento di panico. Quando gli altri si furono calmati, Abigail chiese: “Cosa facciamo?”
Adesso tu e Adam dormite, che ne avete bisogno.”
Intendevo riguardo ad Asgard!”
Be' – mi grattai la nuca – direi che è il caso che i figli diano una mano ai genitori, no?”
La mia proposta riscosse il favore generale. Mi stupii che dopo tutto quello che avevano passato, fossero ancora entusiasti di mettersi in azione. Per noi di Campo Nord era, molto probabilmente, l'attaccamento verso quella che ritenevamo anche un po' una seconda patria, oltre alla terra. Forse Clarisse era ansiosa di vendetta. Ma Nico, Percy, Talia e Annabeth? Come mai avevano ancora tanta energia?
Lo chiesi a Percy mentre Adam e Abigail dormivano. Lui mi guardò stupito.
Come perché? Siamo diventati amici, no? Questo basta a farci sentire legati ad Asgard.”
Tacqui, con la sensazione di aver fatto una figuraccia. Mentre si allontanava, pensai che mi sarebbe piaciuto combattere al loro fianco.
Ma Fenrir mi sta aspettando e ha voglia di giocare con me. Non posso deluderlo.”

 
 
 
 
 
 
 
 
***
Angolo dell'autrice:
 
Questo capitolo è stato un parto, e non lo nascondo. Purtroppo ho affrontato un periodo di totale abbattimento emotivo perché mi sono innamorata sul serio di un mio amico, che è gay, e poi ho cercato di fingere di avere una vita sociale (che in effetti sono riuscita a farmi). In ogni caso vi ringrazio se avete la pazienza di aspettare i nuovi capitoli, perché sono una persona un po' incostante (si è notato, eh?), ma se voglio finire una cosa, ci riesco, pur con i miei tempi.
Vabbè, basta giustificazioni.
Vi lascio col nuovo capitolo. Spero di riuscire ad aggiornare ad agosto, spero, perché vado in un posto dove è difficile prendere la linea.
Ciao a tutti e buona lettura!

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Capitolo 14
*** La mia resa dei conti (o di come Fenrir perse parte della coda) ***


La mia resa dei conti (o di quando Fenrir perse parte della coda)
 
 
 
Non avrei voluto lasciare i miei compagni sul campo di battaglia senza avvertirli, ma sapevo che avrebbero cercato di fermarmi o di venire con me. E avevo il presentimento che Fenrir volesse farla finita con la mia famiglia partendo da me. Non si era presentato in battaglia, non ancora quanto meno, e in quella battaglia lui e mio padre avrebbero dovuto affrontarsi in un duello mortale. Quando si passava alla guerra, la mia ottusità scemava un po' e diventavo abbastanza lucida.
Avrai tempo di giocare con questa bambina.”
L'aveva detto pure Vili, o Ve. Avevo avuto l'impressione di vederli affrontare Heimdall. Loki non l'avevo individuato, ma ciò significava che probabilmente non era neanche dalla parte del nemico. Non si era mai sicuri con Loki.
Facendomi strada tra i rami trovai uno spiazzo nella foresta. Conoscevo abbastanza bene quel luogo da ritrovarlo senza troppa difficoltà. Era un po' vicino a Campo Nord, ma in quel momento era quasi vuoto: Elliott aveva portato i volontari a combattere ad Asgard insieme agli dei, e di volontari ce n'erano stati parecchi. Chi per patriottismo, chi per dimostrare il proprio valore, chi per senso di giustizia... Poi c'erano quelli che andavano semplicemente perché ci andavano gli altri, e non volevano fare la figura dei codardi; questi li ritenevo i più stupidi di tutti. Se in battaglia non hai un motivo per combattere, o diserti o sei il primo a farti ammazzare. Ovviamente i meno esperti e i ragazzini troppo piccoli erano strati lasciati al campo in compagnia di alcuni responsabili.
Mi sedetti a terra e presi tre sassi. Sul primo disegnai la runa chiamata àss, la runa della saggezza, perché mi desse la saggezza di Odino e creasse forza dall'esperienza. E di esperienze ne avevo fatte parecchie negli ultimi tempi. Sul secondo sasso disegnai naudh, la runa della prova, perché mi desse la resistenza necessaria in tempi difficili e mi aiutasse a non arrendermi. E sull'ultimo sasso disegnai Tyr, la runa della vittoria, che da la vittoria attraverso il sacrificio. Questa rappresentava la giustizia e l'onore. La disegnai pensando a Luna e a quelli che erano, molto probabilmente, già morti e quelli che sarebbero morti. Dopodiché presi i tre sassi e li nascosi in un cespuglio. Se avessero avuto qualche effetto, l'avrei sentito solo nel momento in cui avrei avuto bisogno della saggezza, della resistenza e della vittoria.
Infine presi un ultimo sasso e vi disegnai sopra la runa della tempesta, hail, che rende visibile il nemico; mi serviva a farmi trovare da Fenrir.
Mi sedetti di fronte al sasso e attesi.
Non dovetti aspettare molto: qualche fruscio di foglie sempre più vicino, poi finalmente Fenrir venne allo scoperto. Il pelo grigio era sporco, arruffato, un orecchio era in parte strappato e le lunghe zanne erano giallastre e sporche. E, come se non bastasse aveva le dimensioni di un cavallo. Nel complesso non era l'aspetto di un simpatico cucciolo che ti porteresti a casa.
Ciao, figlia di Odino.” Non aveva voce, tutto quello che sentivo era un ringhio prolungato nella mia testa che il mio cervello traduceva quasi istantaneamente.
Fenrir.”
Carino il posto che hai scelto. Ci siamo già stati, ricordi?” Mosse la testa da una parte all'altra, guardandosi in giro.
Ricordo bene, Fenrir.” Non potevo mica dimenticarlo. Immagini come il sangue di tua madre che bagna il terreno tendono ad incollarsi nella tua testa. “Perché hai deciso di affrontarmi da sola?”
Fenrir fece un gesto che interpretai come una scrollata di spalle.
Voglio avere la strada spianata per quando ucciderò tuo padre. Qui almeno lui non potrà sbucare fuori all'improvviso. Tu, per quanto insignificante, potresti darmi fastidio.”
Annuii. “Capisco.”
Era una strana sensazione, come quella di due amici che si incontrano dopo tanto tempo e, una volta finite le domande consuete, non sanno come portare avanti la conversazione. Con la sola differenza che noi ci eravamo rivisti per cercare di ammazzarci a vicenda. Posai nervosamente la mano sull'impugnatura dell'ascia.
La finiamo?”
Lui non rispose; mi ero aspettata qualcosa del genere. Alzai di scatto l'ascia in gesto di difesa e saltai di lato mentre Fenrir mi saltava addosso con le fauci spalancate. Lo sentii atterrare alle mie spalle. Mi girai, il cuore a mille. Sentivo un brivido lungo la schiena: cos'era? Adrenalina? Desiderio di combattere? Ah, già: terrore.
Non vincerai nessuna battaglia, evitando il nemico,” mi provocò Fenrir. Purtroppo per lui, ero troppo tesa e agitata per rispondere alle provocazioni. Non a parole, quanto meno.
Corsi verso di lui, l'ascia sollevata sopra la testa e il lupo si mise in posizione di attacco. Puntavo tutto sulla mia resistenza e sullo sfinirlo a forza di piccole ferite e finte. Quando fui abbastanza vicina da sferrare un attacco, abbassai l'arma, ma invece di tentare di colpire il muso, come avevo dato l'impressione fosse la mia intenzione, mirai alla zampa per azzopparlo. Fenrir se ne accorse e fu lesto a spostarsi.
Anche tu sei veloce a scansarti,” dissi indietreggiando. Il lupo ringhiò.
Il muso schizzò ancora una volta in avanti. Sarà stato grande e grosso e con delle zanne da far impallidire un grizzly, ma almeno avevo il vantaggio di avere due mani per reggere più di un arma e di avere maggior mobilità con le braccia che lui con il muso. Schivai le fauci una volta, due volte. Alla terza mi afferrò tra i denti un lembo della maglia e la lacerò, ma non mi ferì.
Già stanca?”
Anche stavolta non risposi, ma non per tensione: avevo capito che rispondere alle provocazioni non mi avrebbe aiutato, l'avrebbe solo divertito di più. Senza dire niente indietreggiai velocemente il terrore dipinto in faccia. Questo sembrò gasarlo, e balzò in avanti per raggiungermi. Non aveva capito che stavo simulando, né che era un modo per strisciargli alle spalle. Appena staccò le zampe da terra, smisi di indietreggiare e raggiunsi gli arti posteriori. Non fece in tempo a rimettersi bene in equilibrio dopo il salto, che abbassai l'ascia, mozzandogli di netto la punta della coda. Fenrir, consapevole della vicinanza di Campo Nord, trattenne un ululato di dolore e si girò verso di me, gli occhi iniettati di sangue.
Questa volta la fuga fu reale e non dovetti simulare alcuna espressione impaurita. Arretrai e tentai di difendermi nello stesso tempo, ma andai a inciampare su una radice. Contemporaneamente, Fenrir mi colpì con una zampata, facendomi volare via dalle mani l'ascia. Disarmata, continuai a strisciare all'indietro. Nella fuga andai a finire nel cespuglio in cui avevo nascosto i miei tre sassi. Afferrai quello con su disegnata la runa della saggezza e lo scagliai verso il lupo. Lo mancai, ma almeno riuscii a distrarlo un attimo per rimettermi in piedi e recuperare gli altri due sassi.
Difendersi da uno dei più pericolosi mostri mitologici a sassate. Epico.
Con il sasso della runa di Tyr, lo colpii su un occhio. Fenrir, irritato, sferrò un colpo alla cieca che non riuscii a schivare. Gli artigli mi aprirono una grossa ferita sul ventre. Mi piegai in due, la vista offuscata dal dolore, un braccio stretto attorno alla vita. Con l'altro mi trascinai dentro un cespuglio, mentre Fenrir era ancora mezzo accecato e stordito dal colpo. Le forze mi mancavano già prima della ferita, adesso mi sentivo svenire. Non avevo il coraggio di guardare il braccio che sentivo bagnato e viscido di sangue. Ma, peggio di tutto, sentivo che stavo per rinunciare.
Fu allora che sentii per la seconda volta il potere delle rune che avevo disegnato. Con uno sforzo mi alzai in piedi, recuperai l'ascia e tornai allo scoperto. Tanto era questione di secondi e Fenrir mi avrebbe ritrovata. Lo vidi chiaramente sogghignare mentre venivo verso di lui, sfinita, ferita e insanguinata.
Sarà un piacere raccontare a Odino di come ti ho sventrata,” ringhiò.
Per un attimo mi girò la testa. “Ancora pochi minuti – pensai – ancora pochi minuti, il tempo di ucciderlo e poi posso morire.”
Avanzai con tutta la decisione possibile con un taglio sul ventre, ma il lupo fermò la mia avanzata azzannando l'aria a pochi centimetri dal mio viso. Barcollai, e ci mancò poco che ricadessi all'indietro. Fenrir ripeté il gesto di prima.
Sta giocando!” mi resi conto. MI sentii furiosa. “Non è giusto, non posso finire come il pupazzo di un mostro. Non dopo quello che ho fatto! Ho recuperato l'anima di Balder con Nico, ho salvato i miei amici, ho dimostrato che Loki è innocente... Non posso morire così dopo che Luna ha dato la mia vita per me!”
Con queste parole nella testa, afferrai l'ascia con due mani e la scagliai con tutta la forza che mi era rimasta verso Fenrir mentre questo si avvicinava per finirmi. Colto alla sprovvista, non si spostò: l'ascia lo colpì in pieno, in mezzo alla fronte. Stramazzò al suolo senza un lamento.
A quel punto caddi anch'io a terra sfinita. Sentivo le palpebre pesanti.
Non chiudere gli occhi,” mi dissi. Sapevo cosa sarebbe successo.
Resistetti qualche minuto, poi tutto divenne buio.
 
Quando riaprii gli occhi, mi si parò davanti un paesaggio idilliaco. Prati verdi, boschi di abeti e betulle, un ruscello di acqua limpida. Il cielo era azzurro intenso, libero da nuvole, e nonostante il sole, c'era un'aria fresca che spirava tra gli alberi. Occasionalmente questa immagine spariva, si oscurava mentre nelle mie orecchie risuonava il rumore di una pulsazione. Mi guardai le mani e mi spaventai vedendole quasi trasparenti.
Cominciai a notare qualche figura nel prato. Sembravano familiari. Una di queste, vedendomi, mi venne incontro.
Selina?”
Riconobbi i capelli biondo oro.
Sarah?”
La figlia di Frigg annuì. “Non sono durata molto in battaglia. Ma tu non dovresti essere qui.”
Ah no?”
Altra pulsazione, altro momento di buio.
Sarah scosse la testa. “Troppo presto. Non è così che va a finire per te.”
Venimmo interrotte dall'avvicinarsi di un'altra figura: era Alexander, il rappresentante della casa di Hel. Pardon, l'ex rappresentante.
Questo è il Valhalla?” chiesi, sentendomi stupida mentre facevo la domanda.
Sì, è questo,” rispose Alex.
Altra pulsazione.
Li guardai, e scorsi in lontananza la figura di Joseph, figlio di Thor.
Non vorrei che foste morti,” mormorai.
Poteva andare peggio. Solo che sono triste per mio padre,” rispose Sarah in tono malinconico.
Altra pulsazione. Si stavano facendo più frequenti. Questa volta il buio durò più a lungo, e mi sembrò di sentire dei rumori. Qualcuno che chiamava il mio nome.
Ma adesso devi smettere di parlarci,” continuò la figlia di Frigg.
Uh?” borbottai confusa.
Ignoraci. Stiamo ostacolando il tuo ritorno. Guardati le mani.”
Il mio copro, che si era fatto via via più definito, aveva ricominciato a svanire.
Cosa succede?!”
Selina”
Mi schiacciai le tempie. “Qualcuno mi chiama.”
E tu rispondi.”
Selina”
Come?” insistetti.
Di nuovo la vista svanì. Le pulsazioni si fecero più lunghe, più forti, più intense.
Selina!”
Chiudi gli occhi.”
Selina!”
 
Buio. Caldo. Dolore. Coperte.
Aprii gli occhi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
Angolo autrice:
 
Fresca di vacanze e nuove conoscenze, torno per fare la sborona che conosce il significato delle rune e mi trovo una scusa per dimostrarlo. Scherzi a parte, sono contenta di riuscire ad aggiornare in tempi decenti, a differenza del capitolo scorso.
Mentre scrivevo, mi sono resa conto che quasi un anno esatto fa ho iniziato a scrivere questa storia, proprio al mare dove sono ora. Ho perso il conto di quante volte ho riscritto il primo capitolo e di quante volte ho ricreato i personaggi, principalmente Selina e Tristan. Mi viene un po' di malinconia, anche perché questo è il penultimo capitolo, sempre che il prossimo non diventi troppo lungo da dover essere spezzato in due parti.
Comunque vi faccio sapere che le recensioni sono sempre ben accette :)

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Capitolo 15
*** Perché a questo punto un lieto fine era dovuto, no? ***


Perché a questo punto un lieto fine era dovuto, no?
 
 
 
Misi a fuoco il soffitto. Era completamente fatto d'oro e anche abbastanza familiare. Sentivo qualcosa di pesante premermi le gambe, ma ero troppo debole per alzarmi. Mi guardai intorno, mentre pian piano mettevo a fuoco la stanza. Non ero morta, questo era certo. La visita fatta al Valhalla era impressa a fuoco nella mia testa. Fu la prima cosa che mi ricordai, la seconda il corpo di Fenrir steso al suolo. Sentii una scossa lungo la schiena.
La battaglia!”
Feci per tirarmi su di scatto, ma un dolore lancinante al ventre mi costrinse a ricadere all'indietro. Chi si era accomodato sulle mie gambe protestò debolmente nel sonno. Alzai la testa quel tanto che bastava per gettare un'occhiata e riconobbi una familiare testa di capelli neri. In quel momento entrò una dea bionda e robusta, vestita di bianco: Eri, la dea guaritrice. Vedendomi sveglia mi fece cenno di stare tranquilla.
“Sei rimasta incosciente per due giorni. Quando ti hanno trovata eri allo stremo delle forze e la ferita ti aveva fatto perdere molto sangue. Lui – disse indicando Tristan – non si è mai allontanato. Credo sia crollato un paio d'ore fa dopo due notti insonni. Lo metto più comodo.”
Detto questo, sollevò Tristan con un po' di fatica e lo mise su un divanetto, poi tornò da me.
“Sono venuta a cambiarti le bende,” spiegò e mi aiutò a mettermi seduta. Mentre scopriva la ferita, distolsi lo sguardo e attesi che finisse il bendaggio.
“Voi guerrieri – disse mentre mi stendevo – alle prese con le armi tutto il giorno, ma quando si tratta di gestire il sangue siete impressionabili.”
“Cosa è successo?” Non ci fu bisogno che specificassi.
“Abbiamo vinto. I giganti sono stati ricacciati su Muspelheim e il ponte d'arcobaleno è stato ricostruito, tagliando fuori sia i giganti di fuoco che quelli di ghiaccio. Vili si è pentito durante la battaglia e ha affrontato il fratello Ve, e si sono uccisi a vicenda. Zeus e gli altri dei hanno fatto un buon lavoro nell'impedire che i giganti raggiungessero la terra.”
“Abbiamo subito molte perdite?”
“Qualche caduto tra i ragazzi del campo. I greci sono tutti a posto, a parte qualche ferita. Odino li ha trattenuti per ringraziare anche loro in una cerimonia ufficiale, che si terrà appena ti sarai rimessa.” Mi sistemò il cuscino con un gesto materno e uscì dalla stanza silenziosamente. Rimasi sola, in compagnia di un Tristan esaurito. Mi dissi di lasciarlo dormire, visto tutto il sonno che aveva perso. Questo proposito durò una mezz'ora, poi, visto che non riuscivo a riaddormentarmi e mi annoiavo, presi un rotolo di bende dal comodino e lo tirai a Tristan, centrandolo in fronte. Lui si svegliò di soprassalto. Vedendomi, gli occhi gli si riempirono di una gioia e un sollievo che non avrei creduto fosse possibile per uno come lui. Si avvicinò in pochi passi al letto; solo in quel momento notai una fasciatura attorno al polso.
“Gli altri stanno bene?” chiesi subito.
Lui annuì. “L'unico che si è beccato la ferita peggiore è stato Adam, ma Eri si sta prendendo cura anche di lui.” Prese la sedia su cui si era addormentato e la avvicinò.
“Tu stai bene?” chiesi indicando il polso.
“Tutto bene, solo un taglio.”
A quel punto si sporse verso di me e mi tirò un colpetto sulla testa.
“E questo cosa significa?” sbottai sorpresa e offesa.
“Che sei una maledetta testona e una scema. Potevi almeno avvertirmi.”
“Era una cosa tra me e Fenrir,” dissi in mia difesa.
“Questo non ti giustifica. Credevi che avrei cercato di fermarti? Se mi avessi detto che volevi sistemare la cosa da sola, non ti avrei seguito contro la tua volontà. Però forse non ti avrei temuta morta per tutta la battaglia, ti avremmo trovata prima e ti saresti risparmiata la visita al Valhalla.”
Distolsi lo sguardo, imbarazzata. “Scusa,” borbottai.
“Cosa scusa? Di esserti quasi fatta ammazzare? Non importa. Quello che ti chiedo è di avere un po' di fiducia nei tuoi amici.”
“Va bene. Abbiamo finito con la ramanzina?”
In risposta lui mi abbracciò. “Sono contento che tu sia viva, adorabile testona.”
“Smettila di insultarmi,” esclamai a metà tra il riso e le lacrime.
“Me lo devi. Dopotutto mi hai detto molto di peggio, tu.”
Ricambiai la stretta.
“Ma come fai a sapere della mia visita al Valhalla?”
La sua risposta venne interrotta dall'ingresso di mio padre. Ci staccammo velocemente, ma Tristan non riuscì a risparmiarsi l'occhiata di disapprovazione e gelosia paterna.
“Eri mi ha detto che ti sei svegliata, così sono passato a vedere come stavi.”
Tristan si alzò per lasciare il posto a Odino, che da parte sua fece apparire una sedia dall'altra parte del letto e si accomodò.
“Se stasera ti senti abbastanza in forze da lasciare il letto, potremmo celebrare domani la cerimonia di ringraziamento verso voi ragazzi. Ma visto che non vogliamo svenimenti in mezzo alla sala, se non ti senti in grado, dillo e rimandiamo, va bene?”
Annuii.
“Bene,” ripeté lui.
Si alzò e fece per uscire dalla stanza. Si fermò un'ultima volta sull'uscio.
“Penso di potervi lasciare soli senza problemi. Vero?” disse rivolto a Tristan con particolare enfasi.
“Si, padre degli dei,” rispose lui rigido come un tronco di legno. Solo a quel punto Odino uscì.
“Come ha preso la morte di Vili e Ve?” chiesi.
“Era un po' abbattuto, ma non si poteva capire molto. È piuttosto imperscrutabile.”
“Non hai ancora risposto alla domanda di prima: come fai a sapere della mia visita al Valhalla?”
“Questo non te lo dico. Ti basti sapere che ho scambiato due chiacchiere con un uccellino.”
Detto questo si alzò, dicendo che andava a farsi una dormita, e mi lasciò a riflettere.
 
Il mattino dopo si svolse la celebrazione. Tutti gli dei, chi più acciaccato, chi meno, si erano sistemati nella sala dei troni, Vinglof. Erano presenti anche Hel e Loki. Venni a sapere che, anche se non l'avevo visto, aveva partecipato anche lui alla battaglia. Odino fece tutto un lungo discorso sul valore degli dei, e dei loro figli, e li ringraziò a uno a uno.
Venne il momento di ringraziare noi ragazzi. Per prima venne chiamata Talia, che ricevette da Freya un mantello di piume come quello della dea che le permetteva di tramutarsi temporaneamente in un'aquila.
“Spero che possa esserti utile,” disse.
Poi fu il turno di Clarisse. Tyr le donò una lancia forgiata dai nani su suo ordine.
“Non ha poteri particolari – spiegò – non è elettrificata o cose del genere, ma sappi che quando la userai, giustizia non sarà solo una parola. Sa cosa è bene che accada.”
Clarisse prese la lancia con riconoscenza, in quanto donata dal padre della sua amica. Per un attimo mi sembrò di vedere una figura in piedi di fianco al trono di Tyr, ma fu solo un momento.
A Nico venne concesso di muoversi a suo piacimento attraverso il regno di Hel dalla dea stessa e gli fu offerta la possibilità di evocare le sue creature infernali.
Poi fu il turno di Annabeth, alla quale mio padre donò una piuma di Huginn e una di Muninn, perché le permettessero, una di entrare in contatto telepatico con i suoi amici, l'altra di memorizzare più cose, come una sorta di memoria esterna.
Per ultimo dei ragazzi greci venne chiamato Percy, a cui il dio del mare Njord donò un tridente.
“Con questo – disse – puoi star certo che i mostri marini, quanto meno quelli della nostra mitologia, ti obbediranno ciecamente.”
Per primo tra noi di Campo Nord venne chiamato Adam. Thor si alzò dal suo trono per parlare. “A te, Adam, do la possibilità di venire con me a caccia di giganti, in qualunque occasione vorrai;” dichiarò in tono solenne.
Perfino io dovetti trattenere un sorriso. Percy e i suoi compagni sembravano perplessi e un po' divertiti. Sembrava sciocco, ma effettivamente per un figlio di Thor, andare a caccia di giganti con il padre, era il più grande onore esistente.
Il dio tornò a sedersi e si alzò Freya, tenendo in braccio due palle di pelo. Abigail fece qualche passo avanti. “Abigail, a te dono i figli dei due gatti che trainano il mio carro. Abbi cura di loro.”
Abigail prese in ciascuna mano un cucciolo, gli occhi pieni di tenerezza e gratitudine, e tornò in riga con i due che cercavano di farsi le unghie sulla sua maglietta.
A quel punto Tristan si portò al centro della sala, osservando di sottecchi Loki, ancora stravaccato sul suo trono. Il dio si alzò pigramente.
“Tristan, a te giuro di rispettare la richiesta che mi hai fatto: non ostacolerò più le imprese degli dei, non renderò più i miei figli dei reietti. Lo giuro su mia moglie Sigyn, la dea della fedeltà.”
Ero stupefatta. Automaticamente feci il gesto di pulirmi un orecchio, incredula. Loki mi guardò male e si rimise a sedere, mentre Tristan tornava al mio fianco.
“Selina,” mi chiamò mio padre. Feci qualche passo avanti, tenendomi il più ritta possibile, combattendo contro la mia abituale postura ingobbita.
“Io e gli altri dei abbiamo discusso a lungo, e abbiamo deciso quale sarà il nostro dono nei tuoi confronti, in quando guida dei tuoi compagni e colei che ha ucciso il lupo Fenrir. Chiedici una cosa qualsiasi, e noi la esaudiremo.”
Alle mie spalle, i miei compagni trattennero il respiro. Potevo avere qualsiasi cosa. Chiesi un momento per rifletterci. Specificai che non era quello il mio più grande desiderio.
Cosa potevo chiedere? Non di certo l'immortalità; i nostri dei erano sempre stati responsabili nei confronti dei loro figli quindi non avevo bisogno che si occupassero di più nei nostri confronti; non potevo chiedere che qualcuno venisse riportato in vita perché era una cosa impossibile per qualsiasi dio...
Riflettei bene. Poi decisi.
“Ho scelto ciò che voglio chiedervi.”
Gli occhi di tutti gli dei erano puntati su di me. Presi un profondo respiro, aspettandomi tutte le reazioni possibili.
“Voglio poter fare un corso di cucina.”
Calò il silenzio. Alcuni dei erano ancora immobili a guardarmi, alcuni si scambiavano occhiate perplesse. Il silenzio venne rotto da Loki, che cominciò a ridere come un matto.
“Vi ha spenti tutti quanti! Una ragazzina alta quanto un puffo che riesce a far tacere tutti gli dei in
un colpo solo! Ah, questa è memorabile,” concluse asciugandosi una lacrima.
Cercai di mantenere la mia dignità e fissai mio padre fisso negli occhi.
“Selina, sei sicura?” chiese lui confuso.
“Sicurissima. Ci ho riflettuto, e non c'è qualcosa che desidero di più. A parte che alcune persone vengano riportate in vita, ma questo non è possibile per alcun dio. Il nostro campo è a posto, non abbiamo bisogno che siate più attenti ai vostri figli. E il mio più grande sogno è aprire un ristorante, ma se non so cucinare la vedo un po' difficile. Sono sicura.”
“Non c'è nient'altro che vorresti?” insistette Thor.
“Adesso che ci penso, vorrei che qualcuno facesse qualcosa per le tubature della lavanderia, visto che nessun mortale sembra in grado di sistemarle,” aggiunsi.
Loki cadde dal trono dalle risate.
 
Durante la festa mi tenni in disparte. Gli dei avevano allestito un buffet di dimensioni esagerate, e ora si stavano servendo in abbondanza di ogni pietanza. Al centro della sala un gruppo di divinità minori suonava melodie allegre. Io, una volta preso un bicchiere di birra, mi ero rintanata in un angolo, temendo che la mia richiesta potesse aver offeso qualche dio più orgoglioso. Tristan venne ad appoggiarsi al muro al mio fianco.
“Sei incredibile,” disse. Non c'era traccia di ironia o rimprovero nella sua voce.
“Lo pensi davvero?”
“Sì. Non hai chiesto altro che di poter soddisfare il tuo sogno. Tuo padre ti dedica attenzione, hai dei buoni amici, non ti senti trascurata, ti sei ricreata la tua vita al campo nonostante tu abbia perso tua mamma così piccola. Sei felice e soddisfatta e forte, e questo è ciò che più ammiro di te. Nonostante la tua aria perennemente scontrosa, queste cose si notano.”
Arrossii. “Smettila di prendermi in giro,” borbottai.
“D'accordo, adesso mi incazzo. Non puoi reagire così dopo lo sforzo che ho fatto per aprirmi, va bene?”
Ridacchiai. “Va bene, signor Sincerità.”
“Adesso che mi viene in mente: ci sono un paio di persone che desiderano vederti.”
Lo osservai scomparire tra la folla e mi concentrai sul mio riflesso nella birra. I capelli avevano cominciato a ricrescere e mi davano fastidio sugli occhi. Decisi che li avrei lasciati diventare lunghi, per una volta.
“Selina!”
Alzai lo sguardo e vidi Tristan tornare... seguito da Luna. Per poco non lasciai cadere il bicchiere a terra.
“Lu-lu....”
Tristan mi batté una mano sulla spalla. “Vi lascio sole. Ricordati solo di non abbracciarla.”
Rimasi a bocca aperta a fissare lo spettro della mia amica, che ricambiò lo sguardo.
“Hai intenzione di stare così ancora per tanto?”
Scossi la testa. “Luna...”
“Ti sei ripresa dalla ferita?” chiese.
“Quasi,” risposi automaticamente.
“Non ho voluto che mi vedessi, temevo che ti avrei impedito il ritorno dagli altri. Già è stato difficile staccarti da Sarah e Alex. Sono contenta di vederti più o meno a posto.”
Uscii dal mio stato confusionale. “Tu come stai?”
“Bene, tutto sommato. Certo, mi mancate un po', ma sapevo che vi avrei rivisto in questa occasione, così mi sono messa il cuore in pace. Come vedi, una volta ogni tanto ci potremo incontrare.”
“Ma io invecchierò.”
Fece un gesto distratto con la mano. “Ah, non cominciare a lamentarti di questo. Invecchiare è meglio. Tu e Tristan state insieme?”
Annuii. “Da qualche giorno. Ci siamo dovuti ubriacare per dichiararci.”
“Molte volte va così, credimi.”
“Senti, ma è vero che nel Valhalla i guerrieri combattono tutto il giorno e la sera si riuniscono a banchettare insieme? A me non è sembrato.”
“Balle. Per la maggior parte del tempo sono tutti occupati a riposarsi. Sai chi ho incontrato lì?”
“Non ne ho idea.”
Luna indicò una persona tra la folla: era uno spirito di una donna vicina ai quarant'anni, piccola e nervosa, con i capelli tagliati a spazzola, e ai piedi un paio di anfibi.
“Mamma!” gridai.
La donna mi sentii, si girò verso di me e fece un enorme sorriso.
“La mia ranocchia!”
Mi si congelò il sorriso sulle labbra. Gli anni nel Valhalla non avevano cancellato il soprannome con cui mi chiamava quando avevo cinque anni. Mia madre si avvicinò velocemente e mi squadrò dalla testa ai piedi.
“Quanto sei cresciuta, mamma mia! Vorrei poterti abbracciare, ma sono un po' incorporea per farlo. Tuo padre mi ha detto che avevi la stoffa del leader, anche se sei troppo scontrosa o troppo pigra per farlo. Ogni tanto facciamo una chiacchierata insieme passeggiando nel Valhalla. Mi sono fatta raccontare un po' di cose anche dalla tua amica – continuò mettendo una mano sopra la spalla di Luna – ma sono anche venuta a sapere che adesso hai un ragazzo! Se quel bastardo prova a spezzarti il cuore, giuro che gli cavo gli occhi. Spero sia un bravo ragazzo, ma ho fiducia a priori nel tuo giudizio.” Tacque, interrompendo il fiume di parole.
“Non sapevo fossi andata nel Valhalla,” riuscii solo a mormorare.
“Ah, quindi ritieni che una madre che muore per la vita di un suo figlio non sia un'eroina? Oh, cielo...”
Continuammo ad andare avanti a chiacchierare fino alla fine della festa. A fine giornata venne il momento per noi di tornare sulla terra. Heimdall ci fece salire sul Bifrost e ci fece arrivare direttamente al campo, dove venimmo accolti da una folla festosa. Tristan cercò di defilarsi, ma i suoi fratelli e sorelle più piccoli lo trascinarono in giro per il campo pieni d'orgoglio. Tentai più volte di fermare l'entusiasmo generale, che in quel momento sovrastava il dolore per la perdita degli amici, ma riuscii nel mio intento solo quando crollai addormentata tra le braccia di Alyssa, cosa che non avrei mai fatto in qualsiasi altra occasione.
Mi svegliai il mattino dopo nel mio capanno. Uscendo venni a sapere che Percy e i suoi amici si erano fermati per la notte, visto che erano esausti quanto me. In quel momento si stavano preparando per la partenza. Un paio di ragazzi della casa di Frigg stavano facendo vedere a Percy, Annabeth e Talia come sellare i cavalli che li avrebbero riaccompagnati a casa. Clarisse stava chiacchierando con alcuni figli di Tyr. Nico era seduto sotto un albero, un po' in disparte, con una figlia di Hel dai capelli castani legati in una treccia e gli occhi azzurri. Alla loro partenza era presente tutto il campo. Li abbracciai a uno a uno, in particolare mi trattenni di più da Percy e Clarisse.
“Qualche volta ci rivedremo tutti quanti,” dissi.
“Ci conto,” ribatté Percy.
Quando se ne furono andati, vidi la stessa figlia di Hel seduta sotto lo stesso albero di prima. Aveva le gambe raccolte contro il petto e la testa appoggiata alle ginocchia. Mi avvicinai a lei senza essere sentita.
“Qualcuno – dissi in tono distratto. Lei alzò di scatto la testa – ha dimenticato qui un sacchetto di dracme greche. Sono interessanti, sai? Se ne getti una in un arcobaleno e reciti una formula particolare, puoi metterti in contatto con altre persone senza attirare i mostri come mosche. Ah, e Nico mi ha detto che ha intenzione di viaggiare un po' nell'ombra, in questo periodo. Sai cos'è? Spero che possa insegnartelo, sembra divertente.”
Me ne andai lasciando la ragazza perplessa. Sperai che capisse il messaggio che volevo mandarle.
Trovai Tristan sdraiato sul molo, in un certo senso il posto in cui era iniziata tutta la nostra avventura, dove avevo accettato di guidare i miei compagni verso il campo greco. Sembrava passata un'infinità di tempo.
“Ehi.” Mi sedetti di fianco a lui.
“Ciao,” rispose fissando l'acqua.
“Cosa facciamo?”
“Niente.”
“Niente?”
“Niente – ripeté mettendosi a sedere e stiracchiandosi. – Abbiamo fatto fin troppo in questi giorni. Oggi non ho voglia di fare niente. Ho chiesto ad Alice di occuparsi dei fratelli per oggi ancora. Così posso dedicarmi a te.”
“Oh, ma che dolce,” dissi in tono ironico. Gli stampai un bacio sulle labbra. “Hai visto dove sono finiti Adam e Abby?”
“Credo stessero cercando un posto dove sistemare i cuccioli di gatto. Tuo padre si è fatto sentire per il corso di cucina?”
“Non ancora. Ma ho sentito che nella notte le tubature della lavanderia si sono riparate misteriosamente.”
Tristan fece un sorriso storto. “Ma dai, che strano.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
Angolo autrice:
 
Fine. Credevo che questo capitolo venisse più lungo. Ma va benissimo così. Ammetto che mi mancano un po' le parole. Mi fa una strana impressione pensare di avere iniziato questa storia un anno fa. Mi sembra ieri il giorno in cui ho cominciato a fare gli schizzi del campo, dei personaggi, elencare le attività, rompere le scatole a mio padre per farmi raccontare cose sulla mitologia norrena... Ho pensato, in un momento di scioccante sadismo,di far morire i miei due protagonisti (no, mettete giù i coltelli: non l'ho fatto). Ci sono stati momenti in cui dovevo riflettere ore su una sola frase e volte in cui la sensazione era quella che bastasse lasciare i personaggi andare per conto loro, cose se la storia si scrivesse da sé, e nonostante la mia incostanza, sono arrivata alla fine.
Passiamo ai ringraziamenti, che mi viene la malinconia.
Prima di tutto quelli che hanno messo la storia tra i preferiti: Annabeth28, call me ryuzaki, Caspersky_98, Cat_Demetra, dubhealex, Effie Malcontenta Weasley, eltanininfire, Ginevra Gwen White, Gotribute, Guy Fawkes V, Madama Pigna, Re Luigi, Reyna Weasley, roby_lia, Talia8 e xisthemoment.
I tre che hanno messo la storia tra le ricordate, Greedo, JustAGirl e _Simmiu_Zoe_Jackson_
Quelli che l'hanno seguita, Alaxeia, Alyssia98, Artemis97, Arya373, BlackKay97, Blue Sun, Blue_Flames, boscoiattolo, charblack, Crepa, Dafne Rheb Ariadne, DaughterOfAthena, Demon Heart, epoibho_woman, GiorgiSereFiction1001, ladyselena15, lallaverdesmeraldo_03, Mattyfm, mavim, Moony_1445, Sakura Zoe, Sissi SeaweedBrain, Tinkerbell92, Victorie_94, Xalea_89, _perchabeth2000_ e __RememberToSmile__. Alcuni che avevano la storia sia tra le seguite che le preferite li ho omessi in una delle due categorie. Se mi sono dimenticata di qualcuno, fatemelo notare.
E infine tutti quelli che si sono presi la briga di recensire, Mad Lucy, Effie Malcontenta Weasley, Tinkerbell92, Fantasia2000, Madama Pigna, eyesoffire (e spero che tu non cambi più nome), Ginevra Gwen White, Gotribute, BlackKay97, Xalea_89, Eris_Malfoy e xisthemoment.
 
Progetti Futuri (non penso sia spam, visto che quello di cui parlo non è neanche ancora stato pubblicato)
Questa è l'ultima storia che pubblico nella sezione di Percy Jackson, e vi dico subito che non ci saranno sequel, perché non avrei idea di cosa inventarmi. Penso sia giusto lasciare i personaggi dove devono rimanere, cioè nella storia in cui hanno preso vita. Ovviamente continuerò a seguire le storie che sto seguendo e a recensire, non scompaio del tutto.
Per quanto riguarda il futuro, penso ci sarà il silenzio per un po' di tempo, perché mi sto dedicando a sei o sette storie originali che vorrei portare avanti con calma e avere le idee chiare su come andranno a finire prima di pubblicarle, altrimenti rischio di iniziare l'ennesima cosa che non porto a termine.
Le storie sono quasi tutte romantiche, a parte un giallo che ho già iniziato e forse un altro giallo con la stessa protagonista. Non saranno lavori di grande qualità visto che sono le prime storie romantiche con cui mi cimento, ma se qualcuno ha voglia di darmi delle dritte, sono ben accette. So per certo che la prima che pubblicherò sarà ambientata a Londra e avrà come protagonisti un'aspirante attrice di musical e un attore di teatro.
 
Detto questo, vi saluto e vi ringrazio per l'entusiasmo che avete dimostrato. Non penso sarei riuscita a finire questa storia senza di voi :)
 
A presto!

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