L'Impiccione

di Leopoldo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Lezione 1. Dilemma Morale ***
Capitolo 3: *** Lezione 2. Sapere è potere ***
Capitolo 4: *** Lezione 3. L’importanza del mezzo di comunicazione. ***
Capitolo 5: *** Lezione 4. Come funziona il giornalismo moderno ***
Capitolo 6: *** Lezione 5. L’informato può anche essere informatore ***
Capitolo 7: *** Lezione 6. Anonimato, notizie errate, pregiudizi e credenze infondate, diffamazione volontaria ***
Capitolo 8: *** Lezione 7. Le vecchie istituzioni affrontano i nuovi sistemi d’informazione solo quando si sentono minacciate. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L'Impiccione

 

Prologo.

 

Quando, in un pomeriggio in cui le lezioni sono finite e non ci sono allenamenti di nessun team o club, incontri due giocatori della squadra di football con in mano dei bicchieri ricolmi di granita e ti chiami Quinn Fabray, hai due possibili scelte.

Tiri fuori un’anima eroica e ti fai colpire oppure scappi a gambe levate, sperando che loro ginocchia si spezzino per auto-implosione. Anche perché se ciò non succede, è difficile che una ragazza, per di più non una campionessa negli sport, possa seminare gente che passa le giornate a correre.

 

Come negli ultimi tre anni in cui ha scelto la seconda opzione, le ginocchia dei giocatori di football rimangono perfettamente integre. Al contrario, lei, dopo essere stato acchiappata e sbattuta contro gli armadietti, lo è un po’ meno.

 

“Proprio non ce la fai a smettere di scrivere quelle stronzate sul tuo stupido giornalino, vero?”

 

“Ti credi tanto brava solo perché prendi di mira le Cheerios e noi giocatori. Se pensi di essere tanto coraggiosa, perché scappi sempre?”

 

Studia attentamente i due ragazzi, domandandosi se siano le letterman, rosse con le maniche panna e la grossa M del McKinley stampata sul lato del cuore, che indossano con tanta fierezza a renderli così stupidi. Molto probabilmente no, sono stupidi perché hanno il cervello grande quanto un’arachide.

“E voi che attaccate una ragazza sempre in due o tre o in gruppo sareste coraggiosi?”

 

Quinn è fondamentalmente una persona intelligente con un unico immenso difetto: l’intimo bisogno di dire sempre quello che pensa. E, in una scuola pubblica in cui i professori sono troppo frustrati dalle loro vite anche solo per fare lezione come si deve, una lingua che non riesce a tenere a freno la caccia e la caccerà sempre nei guai.

 

Anche questa volta, nonostante i due si scambino uno sguardo confuso che dura un paio di secondi, decidono comunque di tirarle addosso il contenuto di ghiaccio e colorante dei bicchieri.

 

Freddo. È questa la sensazione che gli arriva per prima ogni volta. Il viscido slush delle macchinette che il geniale preside Figgins ha fatto installare a scuola, semplificando e non poco il lavoro dei bulli, le cola tra i corti capelli biondi e sul viso sporcando gli abiti e provocandole, come sempre, una terribile pelle d’oca.

 

“Ti conviene evitare di infilare le tue stupide accuse nel prossimo numero di quella merda buona solo per pulirsi il culo, altrimenti è la volta buona che ti pestiamo sul serio”

 

Le verrebbe da rispondere ‘Così finalmente vi faccio sbattere in riformatorio, stupidi scimmioni’ ma è troppo impegnata a togliersi la granita dagli occhi, centrati perfettamente nonostante gli occhiali, per farlo.

 

“Spero che il messaggio quotidiano ti sia arrivato forte e chiaro. Smetti di scrivere di Marley e delle Cheerios solo perché sei invidiosa e vai a trovarti qualcuno con abbastanza coraggio da scoparti, asse da stiro con gli occhiali

 

La vergogna arriva sempre, di solito dopo i commenti che fanno prima di andarsene.

Non ha avuto un grande rapporto con il proprio corpo sin dall’infanzia quando, per combattere la totale mancanza di interesse o di dolcezza nei suoi confronti da parte dei genitori, ingurgitava di tutto.

Crescendo ha finalmente imparato che, prima di pretendere amore dagli altri, bisogna amare prima di tutto sé stessi e, scoprendo tra l’altro di avere un’enorme forza di volontà, si è rimessa in forma.

L’affetto dei genitori, però, non era comunque arrivato e gli insulti che le rivolgono perché non ha così tanto seno, perché non fa sport o qualsiasi altro commento generico sul suo corpo, lasciano comunque sempre il segno.

 

Sospira, rassegnata, riacquistando pian piano la vista. Quella roba brucia da morire ed è piuttosto sicura che nessuno l’abbia mai provata ad ingurgitare sul serio. Si limitano a lanciarla, come fanno le scimmie con la loro cacca.

 

Ci sarebbe un modo per far finire tutto questo. Smettere di scrivere sul ‘L’impiccione’, il giornalino scolastico.

“Piuttosto abbandono il liceo” mormora tra sé e sé, camminando per il corridoio in cerca di un bagno che non ricorda dov’è visto che in questa parte della scuola non passa quasi mai. “Quel giornale è tutto

Per lei, sì, ma anche per molti studenti vittime quotidianamente di una stupida e continua voglia di dimostrare chi è il più forte.

 

Arriva alle scale senza aver trovato il bagno così, stufa, decide di andare in quello in cui si rifugia di solito, l’unico in cui le serrature delle porte funzionano ancora.

È al primo piano, vicino a quella che anni prima era l’aula canto e ora è la ‘sala prove invernale’.

Sorride, pensando al suo primo articolo. Una traballante inchiesta su quanto fosse costato al McKinley accontentare le folli richieste dell’attuale insegnante responsabile del Glee Club, tra cui la costruzione di una sala prove esterna alla scuola e molto più grande della precedente, aveva avuto un successo clamoroso e non solo tra gli studenti.

 

Scende le scale rapidamente, facendo prima un salto al piano terra per prendere il cambio dal suo armadietto.

Quasi muore d’infarto mentre, nel momento esatto in cui sta infilando la camicia e i pantaloni della tuta nella tracolla che tiene sempre al sicuro lì dentro, vede due figure spuntare nel corridoio, poco lontano dal punto in cui si trova.

 

Fortunatamente per lui sono solo i Puckerman che, nonostante siano due ragazzoni alti e decisamente muscolosi, sono anche perfettamente innocui.

Alza la mano, ricambiando il saluto timido di Noah, il fratello maggiore.

Se non fossero così fermamente presi dal loro credo religioso da non vedere altro, probabilmente li troverebbe persino simpatici. Ma lei, da anni ormai, odia tutto ciò che riguarda le religioni.

 

Una volta raggiunto finalmente il bagno dà un’occhiata in giro per assicurarsi che nessuno la veda e, dopo aver tirato fuori un mazzo di chiavi dalla tracolla, entra.

 

Tecnicamente sarebbe un bagno riservato ai professori e per entrare gli insegnanti dovrebbero chiedere le chiavi ad uno dei bidelli.

In pratica, però, potrebbe aver preso le chiavi dal ripostiglio del primo piano e potrebbe aver fatto fare una copia in ferramenta, riportando il mazzo al suo posto prima che qualcuno riuscisse ad accorgersene. Proprio per questo è meglio usare il condizionale e rimanere nel mondo del probabile, cercando anche di stare attenti che nessuno veda uno studente entrare.

 

Ripulirsi dallo schifo è sempre un’impresa ardua. Se si aspetta troppo quella roba si attacca alla pelle e ai capelli e solo un lungo bagno caldo può essere d’aiuto, senza considerare gli aloni colorati che lasciano sui vestiti. Se vivesse in una famiglia normale, probabilmente a quest’ora l’avrebbero già sommersa di domande su come finisca un giorno sì e uno no con il tornare a casa da scuola con la camicia o i jeans sporchi. Meglio così, forse.

 

Afferra l’asciugamano dalla tracolla, lo bagna e si sistema davanti allo specchio, cercando di togliere più slush che può dalla chioma bionda. Le piacerebbe dire che il taglio corto che porta da un paio d’anni a questa parte è stato scelto perché le dona un pizzico di malizia in più, però non è la verità. Lo ha fatto perché non ne poteva più di perdere un’ora ad asciugarseli sotto il getto degli erogatori di aria calda per le mani dei bagni. Eh, cavolo, quei cosi nemmeno funzionano bene!

 

Una volta fatta quest’operazione si sfila lentamente la camicia a scacchi neri e bianchi che indossa sopra la maglia azzurra, cercando di non far cadere la granita sui jeans che sembrano essere puliti e immacolati. Un miracolo, insomma.

Poi, però, nota il colletto completamente zuppo della t-shirt ed abbassa il capo, esausta, togliendosi anche quella.

“Quantomeno ho salvato il reggiseno” commenta ironica, lanciando la maglietta a terra con un gesto frustrato.

 

Il passo successivo è togliersi gli occhiali e procedere ad un’attenta pulizia del viso e del collo, sperando davvero di non aver sporcato altro.  

 

È quando si sta infilando la roba pulita, dopo essere passata con i capelli di nuovo sotto all’acqua corrente ed esserseli asciugata al meglio delle sue possibilità, che li sente.

 

Rumori soffocati, prolunganti e ripetuti nel tempo. Si guarda intorno, un po’ incuriosita e un po’ allarmata, rendendosi però conto fin da subito di essere davvero sola nel bagno.

 

Rimane in silenzio per diversi secondi, provando a capire cosa siano e da dove vengano. Poi, uno arriva più forte degli altri. Sono gemiti femminili.

“Qualcuno si sta proprio divertendo, eh” ridacchia tra sé e sé, infilando la camicia bianca ed allacciandosi rapidamente i bottoni. 

 

Quello che non riesce a capire è da dove provengano. Il bagno è vuoto, eccezion fatta per lei, e l’unica aula o stanza nelle vicinanze è l’aula canto che, a rigor di logica, dovrebbe essere chiusa a chiave. Quando è ancora bel tempo o non fa troppo freddo, infatti, il Glee prova all’aperto in modo da allietare le orde di studenti che li amano, e quando è inverno si trasferiscono nella struttura voluta fortemente dalla loro insegnante.

Stupidi leccaculo è, come al solito, l’unico commento che le viene da fare pensando alle folle adoranti che assistono alle loro esibizioni. 

 

Si ricorda che in teoria anche il bagno in cui si trova lei dovrebbe essere chiuso a chiave, così fa l’unica cosa che un essere umano può fare trovandosi nelle sue stesse condizioni: s’impiccia.

 

C’è una piccola porta in fondo al bagno che dà su uno stanzino, una specie di ripostiglio con dentro carta igienica, spazzoloni, sapone e tanta altra roba conservata per i professori e che non viene mai messa negli altri bagni per risparmiare..

 

La apre, non trattenendosi dal sorride malignamente quando le viene in mente che da qui può accedere direttamente all’aula canto. E usando la stessa chiave che apre la porta del bagno che dà sul corridoio. Oh, come è bello studiare in una scuola che non ha nemmeno i soldi per due serrature diverse.

 

Infila la chiave nella toppa, cercando di far scattare il meccanismo più silenziosamente che può. I gemiti comunque aumentano di intensità e fungono efficacemente da copertura. Arrossirebbe per certo se non fosse così concentrata.

Apre la porta con la stessa cautela, creandosi lo spazio sufficiente ad infilare la testa.

 

Si aspetta di trovarci chiunque, da Santana Lopez che intrattiene qualche Cheerio a uno della squadra di football con una Cheerio passando per uno studente a caso con una Cheerio –già, ha un’enorme considerazione delle cheerleader.

Di certo non si aspetta quello spettacolo.

 

Scioccata è il termine giusto.

 

Si tira indietro e si appoggia al muro.

Non può essere vero. No, non sta decisamente vedendo quello che sta vedendo. Lo slush deve averle bucato il cervello e le sta provocando serie allucinazioni, non c’è altra spiegazione logica. Dopotutto ci sono altissime probabilità che quella roba sia tossica.  

 

Si passa una mano sul volto, si massaggia gli occhi con i pugni e prova anche a darsi un pizzico. Niente, è sveglia e apparentemente lucida.

 

Di conseguenza, quelli che ha davanti agli occhi sono … loro. Cioè, lei è … lei e lui … cazzo, non può essere lui. Ma è decisamente lui. Non è un abbaglio o un errore perché ha la vista sfuocata visto che gli occhiali che porta e che ha lasciato sul lavandino non servono assolutamente a niente. Ha dieci decimi per occhio, sono esclusivamente un vezzo estetico. E un buono schermo di protezione per lo slush. Forse più la seconda cosa, ecco.

 

È troppo furba e scaltra, nonostante non sia ancora riuscita a trovare un modo per sfuggire al bagno al mirtillo quotidiano, per non rendersi conto di avere tra le mani una bomba della portata del Watergate, se non che questa potrebbe avere conseguenze molto più devastanti. È La notizia con la l maiuscola, quella che ogni giornalista insegue per tutta una carriera, a volte senza mai trovarla.  

 

Tira fuori il suo iPhone dalla tasca, lo sblocca e attiva la fotocamera. Toglie il flash, lo fa sporgere dalla porta e scatta una, due, tre, quattro foto.

Di certo non basta questo, non se il fine ultimo è quello di avere un po’ di potere.

Sposta il selettore da foto a video e inizia a registrare.

Due clip da tre minuti l’uno dovrebbero essere sufficienti, sempre ammesso che lo spettacolo non finisca prima.

 

La tiratura de ‘L’impiccione’ potrebbe appena essere decuplicata.

 

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Molto spesso, essere intelligenti al liceo –detta in altro modo, tentare di aprire un libro di tanto in tanto– può rendere la vita di uno studente un vero inferno.

Epiteti come secchione, testa d’uovo e quattrocchi –la triste sorte di molte di queste persone è anche avere difetti alla vista– volano come i fuochi d’artificio il quattro luglio.

Tutti coloro con una media abbastanza alta ci sono passati, ci passano e ci passeranno fino alla fine del mondo. O alla scomparsa degli idioti. Più probabile la prima, uh?

 

Brittany Susan Pierce sembra invece essere immune a questa sorta di rito di passaggio. E la natura, diciamocelo, ci ha messo ampiamente lo zampino.

Perché oltre ad averle donato un QI ben oltre la media, ha fornito a questa simpatica senior lunghi e morbidi capelli biondi, meravigliosi occhi blu, musetto adorabile, sorriso contagioso, corpo da modella e gambe chilometriche. Basta?

Ah, no, aspettate. C’è anche un carattere estremamente dolce, premuroso e cordiale che rende impossibile per chiunque odiarla.  

 

 

“Mi scusi, rappresentante Pierce

 

Abbandona immediatamente i libri che stava sistemando nel suo armadietto rivolgendo un sorriso smagliante e tutta la sua attenzione alla persona che ha preso l’abitudine di disturbarla praticamente ogni giorno.

“Dimmi, Noah” fa con tono forzatamente cordiale. Convincerlo a chiamarla semplicemente Brittany sarebbe un’impresa già praticamente persa in partenza e non è nelle condizioni psicofisiche per intraprenderla, non dopo un’intensa giornata di scuola.

 

“Io e mio fratello Jake volevamo ringraziarla per aver accolto la nostra richiesta di adeguare il menù della mensa alle esigenze religiose di tutti”

 

“Non c’è bisogno di darmi del lei, sono una studentessa come voi” tenta nella maniera più gentile che conosca, sperando di non risultare infastidita. E, fidatevi, persino una come lei lo può essere, se sottoposta ad uno stress continuo. 

 

Il ragazzo, Noah Puckerman, un marcantonio di un metro e ottanta tanto minaccioso nell’aspetto quanto buono nelle intenzioni, fa no no con la testa come se l’altra abbia appena detto la più grande cavolata mai partorita.

“Lei ricopre un ruolo di rilievo, tutti dovrebbero darle del lei” 

 

A questo punto dovrebbe fare qualcosa ma, con sommo terrore, si accorge di non potere rispondere in alcun modo per evitare di trasformare la chiacchierata in un dibattito infervorato sulla decadenza della società moderna dovuto alla mancanza di rispetto dei giovani verso le istituzioni. Nessun modo.

Perché deve rimanere a scuola ogni giorno fino alle cinque, ben due ore oltre la fine dell’orario di scuola, per sistemare scartoffie e valutare proposte? Perché deve sempre essere così zelante?

 

“Beh … non è così … insomma, io credo che …” balbetta in enorme difficoltà, chiedendosi cosa le serva avere 149 di QI –nella scala Cattel, la media mondiale è circa di 100, un quoziente intellettivo superiore a 140 è considerato alto, uno superiore a 160 rende geni– quando non riesce nemmeno ad evitare i rompiscatole.

 

Sta per cedere allo sguardo critico di Noah Puckerman quando i suoi occhi cerulei  scorgono qualcosa spuntare da dietro un angolo. È una visione, un supereroe oppure una squadra di assassini professionisti?

 

Santana! Fermati un secondo, ti devo parlare di quella cosa!”

Forse il piano non è il più geniale della storia dell’umanità eppure, non appena i due fratelli sentono nominare la ragazza che sta camminando proprio alle loro spalle, si fanno da parte aprendosi come il Mar Rosso di fronte a Mosè.

“Scusatemi tanto, ragazzi, ma devo proprio andare. Questioni da rappresentante”

 

Non aspetta nemmeno una risposta perché tanto sa già di aver raggiunto lo scopo. In due falcate raggiunte la ragazza che ha appena chiamata Santana, la prende a braccetto e inizia a parlare a voce alta di una certa sospensione che è stata revocata.

 

“Di che diavolo parli?” sussurra la ragazza, un misto tra lo sconvolto e l’arrabbiato, fulminando Brittany con uno sguardo incendiario. “Chi ti ha dato il permesso di toccarmi?” aggiunge minacciosa, ben consapevole di essere parecchio intimidatoria.

Di solito, quando lo sguardo, i capelli rasati da una parte, tagliati piuttosto corti dall’altra con meches rosse e l’orecchino con croce pendente al lobo destro non bastano, la sua lingua tagliente aiuta e non poco ad allontanare gli scocciatori.

 

Puckerman. Discussione infinita. Aiuto” mormora Brittany prima di ridere come se Santana abbia appena fatto una battuta e sparare ad alta voce un forzatissimo “Ah, tu e il Preside! Si potrebbe scrivere un libro su di voi!” non appena passano vicino ai due fratelli.

 

Noah guarda Jake, il fratello minore ricambia e, all’unisono, girano i tacchi e si dirigono più lontano possibili da quella che definiscono senza tanti giri di parole ‘Satana’ Lopez. Non è difficile capirne il perché.

 

Solo quando è sicura che i due non torneranno lascia andare il braccio tremendamente rigido della ragazza, facendo anche un passo indietro. Vorrebbe alzare lo sguardo e incontrare i suoi occhi color pece ma ha tanta paura.

E poi, dettaglio non trascurabile, tenendo la testa bassa in questo modo ha una visuale più che discreta di quel paio di gambe snelle e perfette, avvolte in un paio di jeans neri e stretti che le rendono davvero giustizia.

 

“Tranquilla, non ho fratture alle gambe. Puoi smettere di farmi la radiografia”

 

Brittany alza gli occhi di scatto, incrociando il ghigno divertito di Santana. “N-non … stavo … insomma, non-”

 

“Sì, sì, certo” la deride interrompendola, incrociando le braccia sopra alla canotta bianca che le fa da vestito. “Ora che abbiamo chiarito il punto, mi piacerebbe sapere che diavolo ti è preso”

 

“Non sapevo come fare per uscire da quell’incubo” si giustifica cercando comunque di evitare il contatto oculare. “Scusa non ho pensato a … a … lo sai

 

Santana sbuffa sonoramente passando una mano tra il ciuffo rosso che le ricade sulla fronte.

“La cosa non mi stupisce più di tanto”

 

“Come? Quale cosa?” chiede aggrottando le sopracciglia e accettando finalmente di guardarla negli occhi. Pessima mossa.

Perché le iridi di Santana Lopez sono nere e paurose come una notte senza stelle ma al tempo stesso così belle e magnetiche da sembrare capaci di attirare a sé tutto come un buco nero.

 

“Che mi hai rivolto la parola dopo anni in cui mi ignori di proposito solo perché dovevi tirarti fuori dai guai”

 

E le sue parole sono lame capaci di tagliare tutto, persino il suo sorriso gentile.

Brittany apre la bocca e la richiude subito, lo stomaco intorcinato in una morsa e la terribile sensazione di colpa che non riesce mai a togliersi totalmente di dosso.

 

Poco meno di tre anni fa, queste due erano una coppia di amiche inseparabile, una mora e una bionda, talmente affiatate da sembrare sorelle. Facevano le cose assieme dal momento in cui si incontravano la mattina a quando si salutavano la sera, si raccontavano tutto e si volevano un bene dell’anima.

 

Sembra impossibile che quelle due adolescenti ora siano diventate le due quasi donne ferme in mezzo al corridoio, una sprezzante nella sua rabbia e nella consapevolezza di avere la ragione dalla propria parte, l’altra semplicemente annichilita.

 

Santana picchietta con insistenza la punta della lingua sul piercing a forma di anella che si trova nell’angolo sinistro del labbro inferiore, aspettando una minima reazione da parte di Brittany.

 

Quando però capisce che la bionda non farà altro che continuare a fissare il pavimento e tenere le braccia distese lungo il corpo decide di averne abbastanza.

 

“Non cambi mai, vero?” la pungola un’ultima volta, giocandosi la carte dell’uscita di scena ad effetto. “Passa il tempo ma resti la solita codarda di sempre” conclude sorridendo come fanno i serial killer una volta chiusa la loro preda nell’angolo, ben conscia di non aver mancato il bersaglio grosso.

 

Solo quando è sicura che Santana se ne sia andata davvero si concede il lusso di lasciarsi andare ad un singhiozzo lungo e profondo. Uno solo però, perché lei è la rappresentante dei junior –a meno di clamorosi ribaltoni, quest’anno lo diventerà per i senior– e deve mantenere sempre un certo tono formale. Passa la mano sugli occhi e sulle guance bagnate da qualche lacrima, imponendosi di tornare razionale.

 

Mentre torna all’armadietto per finire di sistemarlo, la sua mente fatica a trovare un solo punto su cui Santana abbia torto.

Ha violato la legge che si era autoimposta e che ha funzionato perfettamente negli ultimi due anni, ha agito senza pensare e, cosa più importante, non può impedire alla Skank di avercela con lei.

Quando dice che non cambierà mai ha perfettamente ragione: non imparerà mai ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni. Con lei il suo QI di 149 è perfettamente inutile, questo è certo.

 

Sospira, triste, raccogliendo le sue cose ed avviandosi al parcheggio del McKinley. Ci sono ancora due o tre macchine, quasi sicuramente di studenti che sfruttano le ore post-lezione per sfuggire agli agguati dei giocatori di football -o addirittura delle cheerleader- e terminare con calma le loro cose.

Il bullismo, nonostante l’impegno che ha messo in ogni anno in cui è stata rappresentante degli studenti del suo anno, continua ad imperversare senza controllo.

Il preside ha le mani legate visto che i motivi per cui la scuola non è ancora crollata su sé stessa per la mancanza di denaro sono le donazioni e le vittorie dei Titans e del Glee Club.

I professori, senza girarci troppo attorno, se ne fregano altamente. Anzi, molti di loro le hanno raccontato che alla loro età facevano di molto peggio e, citandoli, ‘tutto sommato non siamo venuti su troppo male’.

 

L’unica persona che fa qualcosa di concreto è Quinn Fabray con il suo giornalino scolastico. Raccoglie le denunce anonime di coloro che subisco queste angherie e le pubblica, sperando che, leggendo ciò che fanno, i bulli provino un briciolo di vergogna e smettano. Non è molto, forse, ma è più di quanto tutte le altre persone dell’istituto a cui interessi il problema facciano o abbiano mai fatto.

 

Sospira, aprendo la serratura del catenaccio che tiene la sua bicicletta agganciata proprio a quella di Quinn che, sicuramente, starà scrivendo un nuovo articolo.

 

Purtroppo, esattamente come Figgins, lei ha le mani legate. Andare contro alla cricca equivale a firmare un biglietto di sola andata per sfigato-landia e dire addio al suo ruolo di rappresentante, l’unica voce del suo curriculum scolastico che interessa sicuramente a tutti i college a cui desidera andare una volta finito il liceo.

 

Inforca la bici e sospira di nuovo, pedalando più velocemente possibile verso casa. Si è vergognata abbastanza di ciò che è diventata, per oggi.

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Come al solito, non ho la minima idea di come cominciare le note.

Dunque … innanzitutto, grazie per essere arrivato fin qui, amico/a lettore/rice. Se ti stai chiedendo cos’è la roba che hai appena letto, beh … è un tentativo abbastanza pretenzioso di usare i protagonisti di Glee per affrontare un argomento che mi sta interessando parecchio ultimamente: i mass media, il controllo delle notizie e i social network.

Non mi limiterò a questo, però.

Come avrete notato dall’avviso AU e OOC, i personaggi sono diversi –chi più o chi meno– da come appaiono nel telefilm. Vero. Quello che voglio fare, però, non è semplicemente prendere ad esempio Santana e trasformarla in una Skank.

Vorrei tentare di prendere alcuni personaggi, lascare loro il proprio passato per come lo conosciamo da Glee –magari con qualche licenza a fini della trama–  e, modificandone una sola sfumatura, ottenere qualcosa di drasticamente diverso. Un enorme what if per ognuno di loro, ecco.

Ce la farò? Eh, speriamo :)

 

Il rating per ora è giallo, quasi certamente decollerà fino al rosso. Tematiche delicate è sia per il bullismo che per ciò di cui si parlerà in seguito. Conto di usare più personaggi possibili, non tutti però perché uno, non saprei gestirli,  e due, alcuni non li trovo per niente interessanti –sia nel telefilm che, nel caso li inserissi in qualche modo, nella storia.

Non ho messo alcuna coppia perché l’attenzione sarà incentrata per la maggior parte sulla storia e sui personaggi, ma molto probabilmente se ne formeranno –o verranno introdotte già formate.

 

Spero che vi sia piaciuto e, per qualsiasi cosa, vi rinnovo l’invito a lasciare un commento o un messaggio privato. Sarò lieto di rispondervi il più presto possibile.

 

Fondamentale: vorrei ringraziare una persona senza cui questa storia sarebbe morta in una cartella abbandonata. Grazie, davvero, perché mi hai dato una scarica immensa di sicurezza. Le tue opinioni sono state e sono ancora molto importanti! Grazie di cuore!

 

E … nulla. non so quando aggiornerò perché ho altre cose in stand-by e il tempo per scrivere è sempre meno, però … spero a prestissimo!

Grazie a chiunque sia giunto fin qui.

Pace. 

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Capitolo 2
*** Lezione 1. Dilemma Morale ***


Lezione 1. Dilemma morale.

 

Non avrebbe mai pensato, mentre il cellulare tremava appena tra le mani immortalando quei preziosi cinque minuti, che un semplice video avrebbe potuto farla sentire così potente ed al tempo stesso così ansiosa da non farla dormire la notte.

 

Per la prima volta in tre anni, non è riuscita a scrivere un articolo pur avendo tra le mani un materiale decisamente di qualità. Infatti ha rivisto quelle due clip almeno una decina di volte, senza considerare il centinaio di volte in cui si è messa a zumare le foto per controllare che si capisca bene di chi si tratti, e la risposta è sì, si capisce perfettamente. Nessuno potrebbe mettere in dubbio la veridicità delle sue immagini.

 

Il problema è un altro, ben più complesso.

Da un lato, quello irrazionale, c’è la paranoia che si è impossessata di lei non appena ha acceso la televisione, complice la tv via cavo che ha deciso di mandare in onda tutti i thriller d’azione e polizieschi mai prodotti, e l’ha costretta a dipingere nella sua mente scenari catastrofici in cui l’FBI fa irruzione in casa sua e la arresta, condannandola ad una ventina di anni di reclusione, o in cui viene assassinata a sangue freddo da spietati sicari reclutati da chissà chi.

Dall’altro, però, c’è qualcosa di più concreto.

È davvero disposta a sputtanare pubblicamente due ragazzi che probabilmente hanno un sincero legame sentimentale tra loro senza nemmeno la correttezza di avvisarli prima? Solo per vendicarsi su dei bulli che, tra l’altro, quei due non sono nemmeno?

 

Per non parlare del fatto che, pubblicando le immagini sul giornalino, andrebbe sicuramente incontro ad una denuncia per violazione della privacy, se non  peggio. E, senza quelle immagini, l’articolo sembrerebbe una mera calunnia, gossip da quattro soldi senza né capo né coda.

 

Da qui, poi, nasce un altro problema: è davvero questa la direzione che vuole imprimere a ‘L’Impiccione’? Dopo tutta la fatica che ha fatto per trasformalo nell’unico mezzo fornito agli studenti per denunciare gli atti di bullismo subiti?

 

 

“Terra chiama Quinn. Terra chiama Quinn

 

Sobbalza contro l’albero a cui è appoggiata, impiegando qualche secondo prima di rendersi conto che la mano appoggiata alla sua spalla non appartiene ad un’ex agente del KGB diventato mercenario ma alla sua migliore amica. 

“S-scusa … ero sovrappensiero” mormora, sistemandosi gli occhiali da vista meglio sul naso con apparente nonchalance.

 

“Già, l’ho notato” ridacchia divertita lei, giocherellando con la forchetta e il contenitore zeppo d’insalata che tiene appoggiato alle gambe scoperte. “Forse sbaglio, ma oggi sembri più strana del solito”

 

“Non so di cosa tu stia parlando” fa spallucce Quinn, simulando un tono tranquillo. “Sto mangiando il mio pranzo con la mia migliore amica, seduta sul prato della scuola, come ogni altro giorno”

 

Lei, una ragazza minuta con una coda da cavallo bruna, ridacchia, portandosi una forchettata alla bocca.

“Uh-uh …” borbotta dopo aver mandato giù il boccone “… certo, ci credo tantissimo. Sei nervosa. E agitata. E non fai altro che guardarti intorno. E in nome della Divina Barbra, credi davvero di poter mentire a me? Oh, signorinella, non so cosa-”

 

“Ok, Rach, rallenta” la interrompe Quinn, stringendole leggermente il polso per farsi dare retta. “Non ti sembra di esagerare?”

 

“Mi stai dando della bugiarda?”

 

Si passa una mano tra i corti capelli biondi, sospirando, perché sa perfettamente cosa succederebbe se rispondesse di sì.

“Dormo poco ultimante, sono solo un po’ stanca” tenta, buttando lì qualcosa che possa indurre l’amica a cambiare discorso.  

 

“Come mai?” chiede infatti lei, pigolando come si fa quando si parla ai bambini, facendolo pure sorridere.

 

“Dopo quasi tre anni di agguati con le granite, spinte ed insulti inizio ad essere stufa. Più passa il tempo più mi sento …” sospira, voltandosi appena per guardare il McKinley che si staglia alle loro spalle “… disarmata

 

La brunetta non dice niente. Il che, per Rachel Corcoran, è molto più che strano. Anche se le ha già detto tanto in diverse occasioni e apparentemente non ha senso tornare a ripetersi, lei non è una di quelle persone che rinuncia ad esporre il proprio punto di vista una volta di più.

 

Forse, per questa volta, non ha davvero nulla da dire.

Si limita ad avvolgerle le braccia intorno al corpo e a stringerlo a sé, appoggiando il capo sulla sua spalla.

 

E, sempre per questa volta, Quinn non potrebbe chiedere altro. Sorride letteralmente di cuore mentre il dolce ed indefinito miscuglio di odori dello shampoo e delle creme che Rachel usa nel suo quotidiano rito mattutino gli pizzica il naso, approfittando della posizione dell’amica per allacciare le mani sulla sua schiena, sopra la divisa rossa e bianca delle Cheerios.

 

Già, una cheerleader. È terribilmente ironico che la sua migliore amica appartenga proprio al gradino della scala sociale del McKinley che odia di più. Ma Rachel è diversa, l’aveva capito subito. È uno spirito affine al suo perché, come lei, sa perfettamente cosa voglia dire sentirsi sopraffatti e sperduti in un posto a cui non si appartiene.  

 

Lei era stata l’unica a dargli una mano quando la prima granita si era abbattuta inesorabile sulla sua faccia, l’unica a rivolgerle la parola e la prima a consigliarle come evitare certi posti e certe persone per non essere presa troppo di mira. Il tutto, nonostante la divisa che indossa.

 

Per questo mangiano fuori dalle mura scolastiche, evitando il luogo peggiore in cui trovarsi se si appartiene al gradino sbagliato della scala sociale: la mensa. Lo fanno da quando sono diventate amiche, il quinto o sesto giorno del loro primo anno. E ora sono entrambe senior.

 

“Ora ti va di dirmi cosa veramente ti innervosisce così tanto?”

 

Quinn sospira, strofinando la guancia sulla testa dell’unica persona che sembra conoscerla davvero a questo mondo. “Sto lavorando ad una cosa che … ecco … potrebbe rovinare la reputazione di una persona che sta sulla cima della piramide”  

 

Rachel abbandona la presa sull’amica e si allontana quel tanto che basta per permetterle di vedere quanto i suoi occhi nocciola siano sgranati per la sorpresa.

“Sei seria?”

 

“Ho detto potrebbe, condizionale” mormora incerta. Parlarne con lei sarebbe senz’altro d’aiuto perché la aiuterebbe a liberarsi di un peso. Tuttavia, c’è un grosso ma che la frena.

Mettersi contro uno qualsiasi della piramide e soverchiare la scala sociale, è l’ultima cosa che una persona sana di mente farebbe. Anzi, l’ultima a cui addirittura penserebbe. Non vorrebbe per alcun motivo mettere  una persona a cui vuole molto bene e che, tra l’altro, non c’entra, in una situazione così spiacevole.

 

“Allora? Che aspetti a dirmelo?”

 

“Uhm … io …” indugia, prendendo poi la decisione che in questo momento le sembra migliore “… è ancora in fase di stallo, ma ti prometto che appena sarà pronto te ne parlerò”

 

Rachel aggrotta le sopracciglia, mettendo il broncio confuso che anticipa di poco il nervoso e rabbioso restringimento delle labbra. “Da quando mi tieni nascosto qualcosa?”

 

“Non è così” si difende subito, sforzandosi e non poco di sostenere il suo sguardo terribilmente minaccioso. “È solo che … beh, non vedo il senso di parlarti di una cosa che al momento non è niente di più di una bozza, ecco”

 

La cheerleader non risponde subito. Si prende un paio di secondi per riflettere, annuendo con l’aria di chi non è minimamente intenzionato a lasciare la presa, prima di dimostrare una volta di più come per lei Quinn sia un libro aperto.

“Non è una cosa per cui potresti peggiore la tua situazione a scuola, vero? Perché vorrei ricordarti che non hai proprio bisogno di dar loro un altro pretesto per slushiarti. Basta il giornalino”

 

Lo so

 

“Avresti dovuto rispondermi no, tranquilla, non è così!” esclama indignata, pizzicandogli il braccio lasciato scoperto dalla maglietta a mezze maniche. “Sei impazzita?”

 

“Non è una cosa che avrei fatto se non mi fosse piombata addosso per caso, ok?” borbotta dolorante, massaggiandosi il punto arrossato dal pizzico. “E sto ancora valutando. Non ho la minima intenzione di peggiorare le cose”

 

“Ma-”

 

Quinn la interrompe subito, appoggiandole la mano sulla bocca per tappargliela. “Non farò alcuna stronzata. Sto … valutando” ripete per l’ennesima volta come se non riesca a dire altro, sforzandosi di non sorridere per il modo in cui sta cercando di proteggerla.

 

Lo sguardo di Rachel preannuncia ancora tempesta ma, per chissà quale miracolo, il cellulare della ragazza inizia vibrare e, pochi secondi dopo, le note di ‘Creep’ dei Radiohead  la obbligano ad rimandare un secondo le sue lamentele.

 

La voglia di sorridere di Quinn si spegne un secondo dopo. Non c’è bisogno che le dica chi è, può benissimo dedurlo dal modo in cui l’intera mimica facciale e corporea dell’amica cambi repentinamente. Qualsiasi traccia di combattività sparisce dal suo volto e il corpo si irrigidisce talmente tanto che può sentirlo pur non toccandola.

“Marley vuole che ci … uhm, troviamo subito. D-devo andare”

 

“Ci vediamo dopo, ok?” prova di tranquillizzarla, mordendosi un labbro mente la osserva raccogliere le sue cose alla bene e meglio, totalmente impacciata.

 

“S-sì, ok. Ti mando un messaggio io”

 

Più la figura di Rachel si allontana verso la scuola, più la rabbia cresce dentro Quinn. Le Cheerios sono veleno per la sua amica: la emarginano, la umiliano e la pungolano durante gli allenamenti, ben consapevoli che non può semplicemente andarsene dalle cheerleader. E perché questo trattamento? Perché è sua amica.

 

La mano scivola istantaneamente nella tasca dei jeans e le dita si stringono intorno al suo cellulare. Forse anche a questo la sua arma segreta potrebbe porre rimedio, molto meglio di quanto abbiano fatto fin’ora i suoi stupidi ed inutili articoli di denuncia. Ha solo bisogno di qualcuno di fidato con cui parlare.

 

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Solitamente, Brittany pranza in mensa con gli amici e i compagni di club, dispensando una parola e un sorriso a chiunque si avvicini al suo tavolo.

Oggi, però, non è assolutamente giornata. Troppo afflitta e cupamente pensierosa anche solo per far finta di essere contenta di non poter consumare un panino in tutta tranquillità.

 

Inutile nasconderlo, uno dei pensieri principali che le frullano nel cervello è quello che è successo con Santana il pomeriggio precedente. E non solo.

Ieri sera infatti, come fa sempre quando è triste per qualcosa, ha deciso di noleggiare un dvd dell’unico attore al mondo in grado di farle dimenticare persino il proprio nome: Ryan Gosling.

 

Il film di per sé non è stato male, forse non ha seguito la trama con la dovuta attenzione per evidenti distrazioni, ma una cosa le ha dato uno spunto di riflessione aggiuntivo che l’ha costretta a rigirarsi nel letto tutta la notte senza riuscire a prendere sonno.

Perché il film parla di una fantomatica campagna elettorale atta ad aggiudicarsi il posto di candidato alle elezioni presidenziali del partito Democratico e di cosa i due senatori in corsa siano disposti a concedere al senatore di uno stato chiavo pur di assicurarsene i voti.

Cosa c’entra questo con lei?

 

Detto così, praticamente nulla. Però, qualche anno fa, qualcuno di cui non ricorda il nome –o se fosse maschio o femmina, tra l’altro– le aveva detto, scherzando, che vederla in mezzo agli altri studenti gli –o le– dava l’idea di avere a che fare con un Presidente degli Stati Uniti in miniatura.

Lei aveva sorriso, come suo solito quando non le viene in mente nulla di gentile da dire, ma quel –o quella– tale aveva continuato dicendo che c’era la campagna elettorale, lo staff e persino gli stati chiave, che però al liceo sono quelli popolari e le rispettive compagnie. 

Aveva riso, tanto anche, dicendogli –o le– di smettere di guardare così tante serie tv.

 

Ci ha ripensato la scorsa notte, tra una giravolta e l’altra sotto le coperte, e la cosa l’ha fatta sentire ancora più colpevole.

Non solo chiude gli occhi sulle prepotenze perpetrate sui più deboli quotidianamente, accampando per sé stessa la scusa che succede in ogni scuola ed è colpa del modo di pensare americano in cui il più forte deve sempre e comunque ricordarlo agli altri, ma è realmente scesa a patti per ottenere le sue cariche e quei crediti necessari al suo percorso universitario.

 

Nessun club può usufruire degli spogliatoi femminili vicino al campo da football ad esclusione dei Cheerios; nessun club può utilizzare l’aula canto posta all’interno dell’edificio scolastico ad eccezione del Glee; tutti i club sono obbligati ad autofinanziarsi per mancanza di fondi, ad eccezione dei Cheerios, dei Titans e del Glee; tutti i club, in caso di necessità di un mezzo di trasporto per trasferte extrascolastiche, possono noleggiare il pulmino del liceo, ovviamente a pagamento, ad eccezione dei Cheerios, dei Titans e del Glee.

Ecco, questi sono i provvedimenti proposti da Figgins e che lei, di anno in anno, si è occupata di promuovere e votare.

D’altronde, se Parigi val bene una messa, un posto al MIT vale benissimo l’annullamento della propria coscienza morale per quattro anni, no?

No?

 

 

“Secondo te sono una brava persona?”

 

 Il ragazzo seduto di fronte a lei al tavolino del Lima Beans ridacchia, estremamente divertito, salvo poi smettere subito non appena Brittany lo fissa con i suoi occhioni azzurri e il broncio da cucciolo ferito che mette su quando è triste.

“Sei seria?” chiede, la voce particolarmente acuta, osservandola annuire mestamente. “Da quando ti fai di questi problemi?”

 

La ragazza sprofonda nella sedia, incrociando le braccia sul tavolo ed nascondendoci la testa in mezzo. Odia quando sembra una bambina spaurita.

 

“Che succede, B?” insiste, sfiorandole il braccio con un paio di carezze. “Sei preoccupata per le elezioni di quest’anno?”

 

“Oggi era il giorno dell’iniziazione delle Cheerios” borbotta, la voce ovattata dalla ‘gabbia’ in cui si è nascosta. Sbuffa, tirandosi su in modo da specchiarsi negli occhi cerulei del ragazzo. “Rubano i vestiti alle primine e li lanciarno nel campo da football per vedere chi ha il coraggio di andare a prenderli da nuda. Ti sembra normale, Kurt?” 

 

“No” conferma lui, serio. “Non mi sembra normale e non ne ho mai capito lo scopo. È per questo che sembra che ti abbiano rapito Lord Tubbington?”

 

Brittany annuisce, non riuscendo ad impedire al labbro inferiore di piegarsi verso il basso. È un gesto che non può controllare e che odia, perché la fa sembrare infantile, ma spesso non riesce nemmeno ad accorgersi che lo stia facendo, si imbroncia e basta.

“A volte mi chiedo perché nessuno faccia niente. Poi mi chiedo perché io non faccia niente. E alla fine mi trovo a pensare al perché gli studenti che non riesco ad aiutare continuino a votarmi invece che mandarmi a quel paese”

 

“Ho una teoria, a riguardo” mormora il ragazzo, sistemandosi il colletto della letterman dei Titans che si abbassa in continuazione e gli pizzica il collo. “Marley Rose, Nick Sheridan e la professoressa Corcoran hanno detto ai loro compagni di club, o studenti, di votarti. Gli altri lo fanno perché sono un branco di pecore senza capacità di pensiero autonomo”

 

“Brutalmente onesto” mormora colpita, non riuscendo ad impedire alle labbra di distendersi in un sorriso.

 

Andiamo, è per questo che mi ami” le fa l’occhiolino, buttando poi lo sguardo verso i camerieri per farsi dire a che punto è la loro ordinazione. “Io comunque voterei lo stesso per te. Forse gli altri no, però loro hanno la discriminante di non capire un cazzo” si prende una pausa per reprime una risata. “Saresti comunque la migliore lì in mezzo, lo so per certo”

 

La sua relazione con Kurt Hummel dura ormai da più di un anno e mezzo e nemmeno questa volta è stata una scelta priva di interesse. Lui, kicker dei Titans e figlio di uno dei membri della Camera dei Rappresentati per lo stato dell’Ohio, l’aveva pregata a lungo di mettersi insieme. Dopo aver valutato le varie opzioni, aveva accettato, e a conti fatti non è stata un’idea così malsana. Anzi, è di sicuro la migliore che abbia avuto da quanto ha varcato l’ingresso del McKinley.

 

“Avevo bisogno di sentirmelo dire” ammette, sorridendo per il modo piuttosto buffo in cui Kurt si pavoneggia. “Grazie”

 

“È la pura verità, tesoro” le sorride di rimando, allungando una mano sul tavolo per appoggiargliela sul braccio. “L’unica cosa su cui potrei avere qualcosa da ridire è che, non so, magari la prossima volta potresti dirmi cosa ti turba prima di finire … in un posto dove ci mettono un quarto d’ora a scaldarti un panino!” urla alla fine, attirando l’attenzione di un paio di camerieri e di praticamente tutti i clienti.

 

È quasi tentata di parlare con lui anche del suo incontro/scontro con Santana ma, se con la storia del voto le parole di Kurt sono state un efficace se pur breve palliativo, non lo possono essere in questo contesto.

Non gliene parlerà questa volta come non l’ha fatto fin’ora. Sa che erano amiche e ora non lo sono più, fine della storia.

Anche su questo punto, allo stesso modo in cui lo è su molti altri, Kurt si è dimostrato e si dimostra ancora migliore della maggior parte dei ragazzi con cui ha avuto a che fare. Lui, come Brittany ha imparato a sue spese, sa bene che spesso è meglio avere a che fare con una frase non detta che con una brutta realtà.

 

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“… è già la terza volta che i bagni dei maschi del secondo piano diventano terreno di caccia dei soliti idioti con la letterman dei Titans –al momento non sappiamo ancora se si tratti di giocatori veri e propri o di impostori” si prende una pausa, cercando di non ridere. “Fare qualcosa è troppo, signor Preside? Mettere un bidello nel bagno anziché lasciarne tre a ciondolare tutto il giorno in mensa è ‘un’altra spesa che sfora il budget della scuola’, come dice sempre quando non sa come giustificarsi?” il ragazzo muove la rotella del mouse verso il basso, ridacchiando. Si volta ad osservare Quinn, intenta a guardare qualcosa sul suo iPhone. “Sento puzza di convocazione nell’ufficio di Figgins” sorride, scuotendo il capo divertito quando la ragazza alza le spalle.

 

“Non lo farà mai, ha troppa paura di dire qualche cazzata come suo solito e di vedersela pubblicare il giorno dopo”

 

Mike Chang, il ragazzo dai tratti orientali intento a leggere l’ultima fatica giornalistica di Quinn sul computer della redazione de ‘L’impiccione’ –in realtà un angolino ricavato nell’aula di informatica–, annuisce sempre più deliziato dalla piega che sta prendendo la giornata.

Riprende a leggere mentalmente il resto dell’articolo e, una volta finito, lo copia dal documento di Word per sistemarlo nel programmino che usa per impostare le pagine del giornalino.

 

Non è propriamente uno dei componenti del gruppo che lavora con Quinn, gruppo che tra l’altro conta al suo attivo zero persone, ma è lui che ha dato a ‘L’impiccione’ la sua grafica accattivante ed è sempre lui che ne gestisce la tiratura.

 

La ragazza lo osserva silenziosa mentre usa la chiave che gli appartiene in quanto presidente del club d’informatica per accendere la stampante ed iniziare la stampa delle copie da distribuire domani.

Non ha un grande rapporto con questo ragazzo, pur collaborandoci da ormai due anni. Pochi interessi in comune, poca voglia di chiacchiere di entrambi … funziona così, no?

Per questo non ha mai capito perché Mike, uno dei ragazzi più intelligenti e rispettati del McKinley –dove rispettato sta per esente da lanci di granita–, abbia deciso di sua iniziativa di darle una mano ed effettivamente lei non ha mai sentito il bisogno di chiederlo. Fin’ora.

“Perché fai tutto questo?”

 

Mike si volta verso di lei, un’espressione sinceramente incuriosita dipinta sul volto. Si prende il suo tempo, appoggiandosi con il sedere su uno dei banchetti dell’aula più vicini a Quinn ed infilando le mani nei pantaloni della tuta.

“Come mai questa domanda così all’improvviso? Sono due anni che ti do una mano” ghigna furbescamente, osservandola con i suoi occhi a mandorla dalle iridi scure.

 

“Voglio solo capire cosa spinge uno degli studenti più apprezzati della scuola ad aiutare una delle meno … gradite, diciamo così, in assoluto” scrolla le spalle, fingendo di non essere rimasta colpita da come Mike abbia subito centrato il punto.

 

“Potrei risponderti in tanti modi, però mentirei” mormora lui, senza smettere per un secondo di sorridere. “La verità è che mi annoio”

Prima che Quinn possa rispondere, però, Mike riprende a parlare.

“Informatica, decatlon accademico, club di dibattito, per non parlare dei testi universitari che studio dal primo anno per entrare ad Harvard …” mormora, stavolta senza sorridere “… almeno dandoti una mano smuovo la mia routine. E le facce di quelli che sanno che sono io a stampare il giornalino ma non possono dire niente perché se no smetto di passare loro le soluzioni dei test? Sono impagabili

 

“Sei … sei completamente fuori di testa” farfuglia Quinn, a corto di parole e anche un po’ a disagio. D’altronde, cosa si poteva aspettare? Un filantropo? Un eroe silente?

 

“Disse quella a cui sembra piacere sguazzare nella granita” ridacchia Mike, ghignando ancora. Il suono della stampante che libera un’altra pagina del giornalino e l’accatasta sopra le altre fa da intermezzo, prima che il ragazzo parli di nuovo. “Allora, risolto questo tuo dubbio esistenziale, possiamo passare alla parte in cui mi dici quello che devi chiedermi?”

 

Quinn apre la bocca e poi la richiude, chiedendosi perché si stupisca ancora di fronte a quello che, a tutti gli effetti, è l’individuo più sagace della scuola. L’idea che aveva di lui è completamente svanita in un secondo, un misto di curiosità e di apprensione le aleggia intorno riguardo a quello che ha appena detto ma … ma non ha semplicemente altri a cui chiedere.

Prende il telefono dalla tasca, lo sblocca, apre la cartella immagini e glielo porge. “Faccio prima a fartelo vedere”

 

Se non sapesse cosa stia guardando Mike e dovesse indovinarlo dalle smorfie della sua faccia e dalle sue reazioni, probabilmente Quinn scommetterebbe su un documentario sulle formiche.

Persino mentre il rumore ovattato dalla registrazione dei due amanti approfitta di una pausa della stampante per riempire l’aula di informatica, l’espressione del ragazzo asiatico è terribilmente neutra, fredda, distaccata.

“Interessante” è l’unico commento che fa, porgendo il cellulare alla sua proprietaria, in un tono ancora più innaturalmente piatto. “Come te li sei procurata?”

 

“Per puro caso” risponde dopo qualche secondo di sbigottimento. “Mi stavo cambiando dopo un agguato a colpi di granita e mi ci sono … praticamente scontrata” spiega, picchiando i palmi uno sull’altro per simulare uno schianto. Gesticola parecchio quando è nervosa, sì.

 

“E cosa vorresti farne?”

 

“I-io …” tentenna, prendendo tempo ancora una volta per la sorpresa della fredda lucidità di Mike “… io pensavo di usare quelle cose per … insomma, Ryder Lynn è il ragazzo di Marley, quindi la sua immagine di perfetta cheerleader immacolata potrebbe-”

 

“Se il tuo intento è colpire la Rose …” la interrompe, incrociando le braccia al petto e massaggiandosi il mento con fare pensieroso “… sei completamente fuori strada. Rendendo noto a tutti che il suo ragazzo le mette le corna, ovviamente dopo un po’ di prese per il culo, otterresti esattamente l’effetto contrario. Finirebbe con il passare per una vittima, cosa che in questo particolare contesto effettivamente è”

 

Quinn inarca le sopracciglia, totalmente spiazzata dalle parole di Mike. Si aspettava sdegno, incredulità, consigli sul lasciar perdere. Invece la sta … consigliando su come agire?

Anche perché, da quello che dice, è evidente che abbia pensato a più conseguenze di quelle  a cui abbia pensato lei. A questo risvolto, per esempio, non aveva minimamente pensato.

 

“Senza considerare che, rendendo pubbliche quelle immagini, violeresti la privacy di due minorenni e staresti pure condividendo materiale pedopornografico”

 

“… oh

Se alla privacy aveva anche pensato, al resto proprio no. Lui però come cavolo fa a sapere queste cose senza nemmeno consultare un libro o Google?

 

Mike ghigna, ancora, e stavolta un brivido percorre la schiena di Quinn, un misto tra il terrore di cosa sarebbe potuto succedere se, anziché pensare prima di agire, avesse preparato il suo dannato articolo su quei due con tanto di foto, e alla inquietante lucidità di Mike.

 

“E se ti dicessi che, in linea puramente teorica, esiste un modo ancora più efficace per beccare Marley? Forse non solo lei, comunque”

 

“C-come?”

 

“Usando, invece che le foto e il video, il fatto stesso di sapere dell’esistenza della tresca di quei due per … beh, conoscere qualcosa su Marley & Co. che loro non vogliono si sappia in giro”

 

Quinn sbatte le palpebre un paio di volte, cercando di capire se quello che le sta capitando sia o meno frutto di qualche suo sogno strano. Ne ha fatti di molto peggio ad essere onesti, quindi non si meraviglierebbe troppo.

Questo, però, sembra parecchio realistico, anche se ha evidentemente qualcosa che non va: Mike Chang sembra completamente uscito di senno o, comunque, sembra essere un’altra persona rispetto al ragazzo taciturno e apparentemente timido che pensava fosse fino a dieci minuti fa.

“Mi stai proponendo di ricattare Ryder?”

 

“E anche Tina Cohen-Chang, se è per questo” scrolla le spalle, lo stesso tono di chi sta ordinando un caffè al bar. “È pur sempre una Cheerio, giusto? Chi meglio del ragazzo e di una compagna di squadra possono conoscere cose scabrose su di lei?”

 

“C’è un limite a tutto, cazzo! Sei impazzito?!”

 

“Senti, mettiamo le carte in tavola” sbotta lui, un po’ scocciato, ma sempre senza alzare troppo la voce. “Quello che fai per questa scuola è impagabile, forse nemmeno se lo meritano, però, diciamocelo francamente, è inutile. I bulli continuano ad imperversare e forse solo uno o due hanno smesso davvero. Questo è il momento in cui devi essere onesta con te stessa: cosa sei disposta a fare per aiutare gli studenti presi di mira?”

 

“Non questo! E il mio giornale non sarà perfetto, ma almeno faccio qualcosa di giusto senza rovinare le altre persone!”

 

“Questo è esattamente quello che farei io se fossi in te. Esiste un modo giusto, come dici tu, di fare le cose che non porta da nessuna parte. E uno sbagliato, o disonesto, che però porterebbe quasi certamente ad un risultato”

 

La stampante deposita l’ultimo foglio sul mucchio con inaspettato tempismo, permettendo a Quinn di uscire dall’aula d’informatica con l’aria sdegnata e le copie de ‘L’Impiccione’ nella tracolla. Certe proposte malsane non meritano nemmeno di essere degnate di una risposta.

 

Ricattare delle persone? Ma in che mondo crede di essere Mike Chang? A furia di annoiarsi, come dice lui, deve essersi calato qualcosa di pesante in infermeria.

Per quanto quello che aveva in mente di fare lei fosse una cosa abbastanza riprovevole, questo è di gran lunga peggio. E fuori da ogni legge, morale e non.

 

Si dirige a passo svelto verso l’uscita posteriore della scuola, quella che da sul campo da football, dove ormai Rachel dovrebbe aver terminato l’allenamento ed essere già pronta per tornare a casa.

 

Prende il cellulare –da cui, ormai ha deciso, cancellerà quelle foto e quei video buttandosi quella malsana idea alle spalle– per controllare l’ora, decidendo poi di aumentare il passo ancora di più quando si accorge di essere addirittura in ritardo. Di parecchio, anche.

 

Gira l’angolo, aggrottando le sopracciglia. È molto strano che Rachel non le abbia mandato alcun messaggio per dirle di muoversi o, in alternativa, non la sia venuta a prendere nell’aula d’informatica.

 

Le basta arrivare all’aperto, vedere decine di capi d’abbigliamento vari sparpagliati per il campo e due Cheerios sugli spalti intente ad armeggiare con una reflex per capire. È quel giorno dell’anno.

 

Usando la tracolla, le spalle e le braccia come stampelle e trasformandosi tra l’altro in una specie di appendiabiti ambulante, raccoglie uno dopo l’altro tutti gli indumenti, ignorando gli ululati che quelle stupide bamboccie in gonnellino rosso e bianco le rivolgono.

Quando in un groviglio di stoffa zuppo -si spera- d’acqua riconosce il vestito smanicato blu con la gonna fino la ginocchio che ha regalo a Rachel per lo scorso Hanukkah, qualcosa scatta dentro di lei.

 

Si infila, leggermente barcollante, le passaggio che conduce negli spogliatoi, incrociando alla fine una ragazzina del primo anno –non ha bisogno di chiederlo, lo sa è basta– avvolta in tre o quattro asciugami, probabilmente l’unica coraggiosa da girare nuda per la scuola o l’unica ad essersi stufata di aspettare.

 

Le scarica addosso un bel po’ del suo bagaglio, registrando a malapena il debole sorriso e l’ancora più debole “Grazie” che la ragazza le rivolge, prima di avviarsi verso lo spogliatoio femminile pestando i piedi.

 

Superata la soglia, i suoi occhi saettano da un angolo all’altro della stanza, passando oltre i corpi più o meno nudi di cinque o sei ragazzine del primo anno, finché non intravede quello che cerca.

 

Lascia andare a terra i vestiti –tranne il suo– e scatta immediatamente verso la figura minuta rannicchiata su una panchina e stretta attorno ad un borsone rosso per cercare evidentemente di coprirsi il più possibile, colpendo tra l’altro con la tracolla una ragazza. È decisamente troppo incazzata per farci caso.

Rach

 

“Oggi era il giorno del test delle matricole” mormora Rachel, abbozzando un sorriso mentre piega verso l’alto il viso per guardare Quinn negli occhi. “Credo che quella che è uscita con gli asciugamani, Allyson mi pare, abbia un futuro tra le Cheerios”

 

Quinn stringe i pugni più che può, evitando di dire qualcosa di sconveniente mordendosi il labbro inferiore.

“Il tuo vestito è fradicio” mormora digrignando i denti, la rabbia che sale incontrollata. Non è un caso che l’abbiano fatto proprio prima dell’uscita del giornalino. A lei, poi, che matricola non è più da tre anni.

“Vado a prenderti il cambio che tengo nell’armadietto e torno, ok? Tu aspettami qui”

 

È davvero sorprendente come a volte bastino dieci minuti e un attacco d'ira per cambiare completamente il nostro modo di vedere le cose. Perché esiste un limite a tutto, persino a quanta cattiveria gratuita si può sopportare prima di reagire.

Da questo momento in poi, per Quinn Fabray questo limite è stato ampiamente superato.

Da questo momento in poi, userà qualsiasi mezzo a sua disposizione per colpire chi si diverte a tortura psicologicamente e fisicamente il prossimo. Qualsiasi mezzo.

 

Non attende la risposta di Rachel per fiondarsi verso la porta e non aspetta nemmeno di essere fuori dallo spogliatoio per prendere fuori il cellulare e inviare un sms a Mike.

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Il titolo fa cagare, lo so, è che non sono proprio capace di trovarne di belli. Eh va beh …

 

Non ho molto da dire ad essere onesto. Ho introdotto altri tre personaggi che mi porterò sicuramente avanti fino all’ultimo capitolo e di cui impareremo molto di più già dal prossimo capitolo. Tra parentesi, sono curioso di sapere cosa ne pensate di Mike. Consiglio: non lasciatevi ingannare e aspettatevi l’inaspettato, solo così non avrete sorprese :)

Ah, quasi dimenticavo. Il film di cui parla Brittany è ‘Le idi di Marzo’, 2011, per la regia di George Clooney –che recita pure.

 

Se avete domande, obiezioni, consigli, dubbi o altro, sentitevi liberi di scriverlo in una recensione o per messaggio privato.

 

Ringrazio coloro che hanno letto lo scorso capitolo, che hanno lasciato un commento per dirmi le loro impressioni e hanno messo la storia tra le seguite.

In più, è doveroso per me rinnovare ancora il ringraziamento che ho scritto nelle note dello scorso capitolo! Ancora grazie!

 

E … nulla. Non so quando aggiornerò di nuovo, molto probabilmente non prima di un paio di settimane, per motivi vari di cui so che non vi interessa nulla, quindi evito di scriverli :)

Alla prossima!

Pace.

 

P.S.: se vi va, ditemi anche chi pensavate che fossero le persone in aula canto. Sono curioso! 

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Capitolo 3
*** Lezione 2. Sapere è potere ***


Lezione 2. Sapere è potere: bisogna sempre ottenere fonti affidabili.

 

Un paio di studenti, i soliti ritardatari che con ogni probabilità dovranno rinunciare al budino, gli passano a fianco mentre cammina per i corridoi ormai deserti.

 

Fa finta di ignorarli, mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Per nessun motivo al mondo vuole dare nell’occhio, per nessun motivo al modo qualcuno deve sapere dove sta andando. Perché?

 

Le dita stritolano il foglietto che si è ritrovato nell’armadietto ancora di più, se possibile, la rabbia che non accenna a scemare. Sta anche sudando, cosa piuttosto insolita visto che già da qualche giorno ha iniziato a fare più fresco, tanto da rendere la letterman piuttosto utile per coprire le braccia. Non è difficile capire il perché visto il messaggio che quel pezzetto di carta contiene.

 

-Ore 12.30. Dietro le tribune del campo. So cosa hai fatto giovedì scorso-

 

All’inizio aveva pensato che fosse uno scherzo, magari di uno dei suoi compagni di squadra. Ipotesi che ha escluso subito visto che nessuno sa di lui e Tina, anche e soprattutto perché, se così non fosse, probabilmente avrebbe già dovuto affrontare la furia di Marley.

 

E se fosse essere stata Tina a lasciarglielo? Ok, non è propriamente il tipo di persona che farebbe una cosa del genere, però non si sentono da quel pomeriggio e, forse, ha solo cercato un modo per attirare la sua attenzione.

 

Ha provato anche a capire se fosse o meno una scrittura conosciuta ma, dopo la fatica che ha fatto per leggerlo tutto –cinque o sei volte, giusto per avere sicurezza di aver letto bene– ha rinunciato.

 

Più si avvicina al campo da football, più la situazione gli sembra assurda. E, inutile negarlo, gli fa venire l’ansia. Qualcuno potrebbe averli visto davvero.

 

Camminare facendo il disinvolto non gli sta riuscendo per niente bene dato che ogni tre passi si guarda intorno preoccupato, alla ricerca di qualche suo compagno idiota pronto a fargli il solito scherzone da bambini delle elementari.

 

Abbozza una risatina nervosa mentre taglia per gli spogliatoi, in modo da risparmiare qualche metro. Si ferma dopo qualche passo, sperando ancora nel vedere spuntare Francis o Jordan, magari con addosso qualche maschera da scheletro.

 

Nulla, solo silenzio che non fa altro che far crescere la sua agitazione. Chi cavolo ha scritto quel dannato biglietto?

 

Si passa una mano sulla fronte, leggermente sudata, quasi sicuramente per colpa del caldo tremendo che c’è negli spogliatoi. 

Riprende la sua marcia verso il campo, oltrepassando gli armadietti e la porta che sbuca nel piccolo corridoio che porta verso l’esterno, lo stesso percorso che fa ogni partita insieme ai suoi compagni Titans.

 

Una volta all’aperto, però, non si dirige come al solito verso il terreno di gioco, ma cammina verso destra in modo da raggiungere il luogo indicato dal biglietto.

Inizia a guardarsi intorno, preoccupato, finché una voce richiama la sua attenzione.

 

“Ryder! Ehi!”

 

Un ragazzo è in piedi, più o meno a metà delle gradinate, intento a passarsi un pallone da football da una mano all’altra.

“Mike?” mormora, confuso. "Che diavolo ci fa lui qui?

 

“Sei arrivato, finalmente” gli sorride, apparentemente divertito. “Pensavo di doverti mandare un altro messaggio”

 

Ryder apre la bocca un paio di volte, allibito. Mike Chang, quello che passa i compiti ai senior? Che diavolo … lui?

“È tuo questo?” farfuglia, sempre più confuso, mostrando il biglietto che ha stretto fin’ora nella mano.

 

“Sì, l’ho scritto io” risponde Mike senza nemmeno guardarlo, continuando a giocherellare con l’ovale. “Non mi piace girare intorno alle cose, perciò sarò diretto. So che tradisci la tua ragazza con Tina Cohen-Chang”

 

Negare, sempre negare, solo negare, anche di fronte all’evidenza. È questo che le ha detto di fare Tina nel caso Marley avesse annusato qualcosa.

“C-cosa?” balbetta, estremamente agitato, appallottolando il biglietto e lanciandolo ai piedi di Mike per simulare indignazione, magari anche un briciolo di sicurezza. “Non dire assurdità!”

 

“Capisco” annuisce il ragazzo asiatico, fermando il pallone sotto l’ascella e prendendo qualcosa dalla tasca della tuta. “Non scherzavo comunque. Ti ho visto in aula canto, giovedì scorso, verso le … uhm, quattro e mezza direi. Evidentemente non mi hai notato ma ti posso capire, eri molto impegnato”

 

Negare ancora.

“Senti, Mike, non so cosa tu abbia creduto di vedere ma-”

 

“Ops” sorride Mike, facendo scivolare a terra l’oggetto che ha preso dalla tasca. È una foto che Ryder si affretta a raccogliere, non potendo trattenersi dall’emettere una specie di verso soffocato nel vedere cosa ritrae. Ed ora?

 

“Perché mi stai facendo questo?” farfuglia, spaventato. “Cosa … c-cosa … cosa ti ho fatto?” balbetta, agitando la foto.

 

“Tu? Nulla” scrolla le spalle Mike, divertito. “Infatti non ce l’ho con te. E nemmeno con Tina” lo rassicura, quasi. “Ce l’ho con Marley e le sue vigliaccate. Hai presente, no? Sicuramente sì” 

 

 “Cancella quella foto, per favore. Non hai idea di cosa succederebbe se la facessi girare per la scuola”

Ce l’ha con Marley? Quindi da lui cosa diavolo vuole? Non riesce a capire.

 

“Beh, probabilmente no. Però …” si picchietta l’indice sul mento, molto teatralmente “… forse tu perderesti qualche privilegio, in fondo sei il miglior wide receiver della squadra e di certo non possono cacciarti” sorride, prima di lanciare la palla con un movimento improvviso.

Ryder l’afferra al volo, lasciando cadere la foto e mettendo in mostra i riflessi e la presa che lo rendono così tanto popolare.

Mike ghigna, ancora, agitando la mano nel più classico dei ‘tanta roba’ prima di riprendere a parlare. “Tina, invece … una Rachel 2.0? Magari con più granitate giornaliere?”

 

“Lei lasciala fuori!” grida, la rabbia che prende il sopravvento in maniera incontrollata. Oramai, agli occhi di Mike, è chiaro su cosa puntare per farlo cedere: Tina.

 

“Mi piacerebbe davvero tanto, te lo giuro” mormora il moro, agitando un pugno verso l’alto. “Asian power” ridacchia, facendo imbestialire Ryder ancora di più. “C’è il piccolo problema che se la tagliassi o la oscurassi sarebbe molto più difficile dimostrare che la ragazza che ti stai facendo non sia Marley”

 

Ryder abbassa lo sguardo a terra, furioso, sforzandosi di pensare in maniera razionale. Non è una persona particolarmente sveglia, però chiunque al suo posto capirebbe cosa bisogna fare per uscire da questa situazione. “Farò qualsiasi cosa” mormora, stringendo i pugni nelle tasche della letterman.

 

“Anche tradire la tua attuale ragazza?” lo pungola Mike, piuttosto gratuitamente. “Oh, che sbadato, perdona la pessima scelta di parola”

 

Inghiottisce il boccone amaro e stringe i denti, sforzandosi di ignorare l’ultimo commento. “Cosa devo fare?”

 

“Quanti segreti conosci su Marley?” mormora Mike, dopo qualche secondo di silenzio, il tono piuttosto serio. “Io li voglio sapere tutti”

 

“Mi stai … ricattando?”

Quello che sta succedendo è al di fuori di ogni logica. Anche ora, dopo averlo detto ad alta voce, fatica a credere che stia capitando davvero.

 

“Ricatto è un parolone esagerato, dai. Diciamo che sto facendo un favore a te e tu ne stai facendo uno a me. Uno scambio equo”

 

Il ghigno stampato sul suo volto non fa che gettare sale sulla ferita, eppure, nonostante l’adrenalina della rabbia che gli scorre in corpo, si rende perfettamente conto di avere le mani legate. Se la cosa venisse fuori, la vita di Tina nel liceo sarebbe finita.

“Parli di vigliaccate di Marley, ma questo che stai facendo è la stessa identica cosa” ringhia a denti stretti, il classico ultimo guizzo del pesce preso al lamo prima di arrendersi e farsi portare a riva.

 

“Che vuoi che ti dica? Sono un eroe oscuro” ridacchia per l’ennesima volta, e Dio solo sa quanta voglia abbia Ryder di dargli un pugno sul muso. Poi, però, Mike gli si avvicina, l’espressione decisamente seria, e gli appoggia un registratore nella mano che non tiene il pallone. “Voglio che entro la prossima settimana su questa cassetta ci sia inciso tutto quello che Marley non vuole si sappia su di lei. Lascialo qui lunedì mattina, prima delle lezioni”

 

Gli batte amichevolmente una mano sulla spalla e passa oltre, lasciandolo con un bel mucchio di gatte da pelare. E un pallone da football, sì.

Tradire Marley –di nuovo- o rovinare la vita di Tina? Non è una decisione poi così difficile se si è innamorati.

 

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Mike Chang è decisamente un ragazzo inquietante.

Non si sarebbe mai sognata di dirlo fino a due giorni fa, ma quel ragazzo piuttosto introverso e silenzioso si è rivelato una mente criminale. E sì, non sta esagerando nemmeno troppo.

 

Il piano che hanno elaborato insieme è piuttosto complesso, pieno di alternative e piani B. Sembra quasi che Mike si aspetti una guerra senza quartiere, cosa ben lontana dall’obiettivo che Quinn si è prefissata: far abbassare la cresta a Marley Rose.

Degli altri le interessa il giusto perché, fondamentalmente, continua ad essere convinta che per fermare i giocatori di football basti il suo giornale.

 

Mike, però, è stato irremovibile. O tutti, o nessuno. E, per colpire tutti, le ha detto, ‘sono necessarie informazioni dettagliate e, soprattutto, di prima mano’.

Ancora una volta, Quinn non è riuscita a capire fino in fondo il comportamento di Chang. Agisce infatti come se si aspetti di trovare per ogni persona uno scheletro nell’armadio talmente orribile da indurla a fare di tutto pur di tenerlo nascosto.

Siamo liceali, cosa ti aspetti di trovare?’ gli ha detto con un sorriso, ottenendo come risposta un ghigno. ‘Niente. Il punto è per spaventare i liceali basta persino l’ombra di un segreto’

A quel punto, non riuscendo ancora a capire il punto, ci ha semplicemente rinunciato e ha deciso di aspettare l’evolversi della situazione facendo ciò che dice Mike. La rabbia per l’umiliazione subita da Rachel è ancora troppo in circolo per fare diversamente.

 

Altrimenti non avrebbe alcun motivo di essere chiusa in uno dei bagni femminili del secondo piano, notoriamente territorio delle Skanks, a respirare fumo passivo ed aspettare che Santana Lopez si degni di rivolgerle la parola, mentre dovrebbe essere a lezione di Scienze.

 

Da almeno cinque minuti, ovvero da quando ha aperto la porta e si è infilata dentro, ignorando l’urlaccio che la skank le ha lanciato dietro, la latina la sta fissando con astio, prendendo brevi boccate dalla sigaretta e rilasciando il fumo sempre nella sua direzione. Inutile dire che è da cinque minuti che sta tossendo come se avesse l’asma.

 

“Fabray” la saluta infine in tono neutro, spegnendo il mozzicone che tiene in mano nel lavandino. “Qualunque cosa tu voglia, fai in fretta. Le altre mi aspettano al ritrovo” aggiunge, indicando con lo sguardo la porta in maniera piuttosto eloquente.

 

Ci vuole qualcosa ad effetto per trattenerla il tempo sufficiente per parlare, lo sa. E visto che è in ballo, tanto vale osare.

“Ho bisogno di te”

 

Come previsto, Santana incrocia le braccia al petto, inarcando un sopracciglio senza nascondere un certo sorrisetto compiaciuto. “In senso biblico?”

 

Forse avrebbe dovuto prevedere anche questo.

“N-no!” balbetta, arrossendo come una bambina di dodici anni. “Ho bisogno di … di quello che sai

 

Il sorrisetto compiaciuto si tramuta in un’espressione incuriosita. In più, Santana inizia a pizzicarsi con la lingua il piercing al labbro, segno evidente che sta pensando a qualcosa.

“Riguardo a cosa?”

 

“Voglio sapere tutto sulle Cheerios e i membri del Glee”

Lo dice scandendo bene le parole e mantenendo il contatto visivo con le iridi scure della latina, cercando di farle capire subito che non sta scherzando.

 

Se la richiesta di Quinn l’ha sorpresa, però, Santana non lo dà a vedere. Annuisce un paio di volte, senza smettere per un secondo di torturarsi il piercing. “E cosa vorresti sapere di preciso? Immagino non dove si allenano o quante volte alla settimana provano”

 

“Voglio sapere tutto, soprattutto quello che loro non vogliono si sappia in giro”

Non ha la minima idea di dove le sia uscita una frase del genere, però fa fatica a non sentirsi soddisfatta quando vede gli occhi di Santana spalancarsi e le sue sopracciglia sollevarsi. È difficile parlare con una persona a cui fondamentalmente non interessa nulla, eppure non le sta riuscendo troppo male.

 

“Così adesso ti vuoi mettere a scrivere gossip?” sorride Santana, pungolandola di proposito.

 

“Forse sì, forse no” scrolla le spalle, fingendo indifferenza. Sa bene quanto alla latina piaccia provocare le persone e, inspiegabilmente, come riesca sempre a sapere dove colpire. Forse è per questo che Mike ha chiesto espressamente di lei. “Non ho mai detto che lo scriverò sul mio giornale” aggiunge cautamente, facendo ruotare gli occhi a Santana.

 

“Ah no? Peccato allora” la prende in contropiede, prendendo dal lavandino la cicca spenta per buttarla nel water più vicino. “Ho appena perso ogni interesse per questa conversazione” le fa seccata, sparendo per qualche secondo in uno dei cubicoli del bagno.

 

“No, aspetta!” la richiama, mordendosi il labbro inferiore non appena si rende conto che la situazione le sta sfuggendo dalle mani.

“Io … io voglio dare ai bulli di questa scuola la loro stessa medicina”

Il rischio che Santana possa spifferare le loro intenzioni in giro c’è, è inutile negarlo, ma ormai si è già esposta troppo per tirarsi indietro.

 

“Ah sì? E credi che un po’ di pettegolezzo ripaghi anni di umiliazioni?” schiocca la lingua la latina, scuotendo il capo. “Sei ancora più sciocca di quanto pensassi”

 

“Sei stata sia nel Glee che nelle Cheerios” riprende Quinn, facendo finta di non aver colto l’insulto della skank. “Nessuno conosce meglio di te quelle persone. Dammi una mano, per favore. Dai una mano a questa scuola” 

 

Stavolta Santana la ignora con tutta la semplicità di questo mondo, raccogliendo il pacchetto di sigarette che era appoggiato proprio sul lavandino di prima e passandole a fianco senza degnarla di un ulteriore sguardo.

 

“Non ti interessa proprio niente delle persone che stanno male e soffrono per colpa di quattro idioti?” tenta l’ultima carta, quella della disperazione, riuscendo quantomeno ad arrestare Santana prima che riesca ad aprire la porta.

 

“Onestamente? No, un cazzo” le risponde la latina, dandole ancora le spalle.

 

“Sei davvero una stronza senza cuore, Santana” sibila tra i denti Quinn, osservando la ragazza uscire dal bagno.

Sospira, passandosi una mano tra i corti capelli biondi resi ancora un po’ appiccicosi dalla granita che le hanno tirato circa un’ora fa.

Per il piano di Mike avere una persona come Santana a cui rivolgersi è fondamentale, perciò-

 

La porta del bagno si riapre con un cigolio stridulo dei cardini arrugginiti, mentre un tornado rosso e nero si abbatte su un’inerme Quinn.

“Sentimi bene, perché non ho intenzione di ripeterlo” esala inferocita Santana, puntando il dito dritto contro il petto della bionda. C’è solo rabbia nei suoi occhi e violenza nelle sue parole.

“Tu credi di essere una specie di eroina in questa scuola, non è vero? Beh, sai qual è la verità? Che non frega un cazzo a nessuno di te e del tuo giornalino del cazzo! Non ti hanno ancora obbligata a smettere non per paura, ma perché non ne hanno motivo! Nessuno legge il tuo stupido giornale, a nessuno frega un cazzo dei tuoi articoli piagnucolosi! Smettila di atteggiarti a salvatrice della patria, perché non sei altro che una piccola stronzetta masochista piena di sé!”

 

Paralizzata, umiliata, devastata, annichilita … ci sarebbero tanti modi con cui definire lo stato d’animo di Quinn mentre fissa negli occhi -nonostante tutto- una Santana ansimante per la sfuriata.

 

“Credi che scrivendo stronzate gossip migliori la situazione, non è vero? No, faresti solo un piacere a quelli che stanno nascosti all’ombra dei quattro idioti, come li chiami tu” riprende, senza però urlare, un ghigno divertito stampato sul volto. “È il sistema scolastico che fa schifo, è il modo di pensare della massa che è sbagliato. Credi di cambiarlo con quella carta che non si può nemmeno usare per spazzarsi il c-”

 

Slap.

 

Si è mossa ancor prima che potesse rendersene conto, completamente in automatico, e, delle due, Quinn è decisamente la più colpita dalla sua stessa azione.

Osserva più volte la propria mano, colpevole, e la guancia arrossata che Santana si sta coprendo con le mani.

“I-io …” balbetta, incerta. Perché l’ha fatto? Perché l’ha schiaffeggiata? In un attimo il ricordo delle parole che la latina le ha appena riversato addosso ricompare, cancellato per qualche istante dallo shock del colpo proibito “… vaffanculo, stronza!” ringhia, colpendo addirittura Santana con una spallata per guadagnare la porta e fare una bella uscita drammatica.

 

Qualsiasi cosa abbia in mente di fare Mike con Santana, dovrà farla per conto suo. Quinn, con quella maniaca psicopatica, ha chiuso per sempre. Nessuno può permettersi di insultare il suo giornalino.

 

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L’immagine che vede riflessa nello specchietto che tiene sempre nell’armadietto per le situazioni di emergenza è decisamente la cosa più simile ad un vampiro che abbia mai visto.

“Che schifo” mormora Brittany, massaggiandosi con i polpastrelli la pelle sotto gli occhi. Almeno sa a cosa deve questo pallore cadaverico.

 

Per lei non riuscire a dormire è un cruccio che non si può ignorare. E il problema non sono di certo gli accenni di occhiaie che le sono spuntate dopo le ultime tre notti insonni.

L’essere sempre lucida, solare e attiva, il dover fare diecimila cosa al giorno e la pressione di dover entrare a tutti i costi al MIT sono fardelli che risucchiano praticamente ogni energia del suo corpo e, senza l’azione ristoratrice del sonno, non passerà molto tempo prima che crolli durante una lezione. Non può permetterselo, non lei.

 

Chiude l’armadietto con un sospiro, strofinandosi gli occhi con il dorso della mano. Almeno se riuscisse a farseli diventare rosso fuoco, nessuno noterebbe tutto il resto del viso.

 

Purtroppo c’è solo una cosa che può fare per cercare di riacquistare il riposo perduto: parlare con Santana e vedere se può fare qualcosa.

Certo, potrebbe anche rinunciare alla candidatura a rappresentante dei senior. Sarebbe sicuramente un gesto nobile che le alleggerirebbe di molto la coscienza. Il problema, però, è che non è indispensabile e quindi a nessuno importerebbe. Tra i ragazzi popolari ce ne sono sicuramente almeno due o tre da piazzare al suo posto, tranquillamente in grado di prende i suoi stessi voti e a cui non dispiacerebbe beccare qualche credito in più per mettere la propria firma su qualche foglio.

Sì, deve assolutamente trovare cinque minuti di tempo per chiedere scusa a Santana. O, quantomeno, provarci.

 

Conosce abbastanza bene le abitudini delle Skank del McKinley per sapere dove può trovarle. A metà mattinata si concedono una pausa sigaretta nel bagno del secondo piano; pranzano sulle scalinate che portano ai tavoli della mensa all’aperto per evitare di avere altre persone tra i piedi; passano gran parte del pomeriggio –lezioni comprese– sotto agli spalti del campo da football, vera e propria terra di nessuno, totalmente al di fuori della giurisdizione scolastica.  

 

Forse potrebbe saltare la riunione del club di dibattito e raggiungere le Skank dalle gradinate, sperando ardentemente di poter almeno avvicinarsi a Santana. Non ha preparato nulla circa a cosa le dirà, anche e soprattutto perché ogni scenario ipotetico che si è costruita in testa finisce con la latina che la manda a quel paese con tutta la rabbia di questo mondo.

 

È così presa dai propri pensieri che quando una mano le sia appoggia sulla spalla nemmeno se ne accorge, continuando a camminare verso il club di dibattito come se niente fosse.

 

“Brittany!”

 

Si volta perplessa, risvegliata dall’urlo atroce che ha sentito alle sue spalle. Una bella Cherioo con la coda castana è in piedi a pochi passi dal lei e la sta fissando, un cipiglio perplesso dipinto sul volto dai tratti delicati. Ha addirittura le mani sui fianchi, segno inconfutabile di quanto sia nervosa.

“Cosa?” farfuglia Brittany, confusa, reggendo lo sguardo particolarmente duro della cheerleader.

 

“Non mi hai sentita?” chiede con uno sbuffo, scuotendo la testa con fare teatrale quando la bionda le fa segno di no. “Ti sto inseguendo da quando hai chiuso l’armadietto … va beh, lascia perdere” concede, agitando la mano come se stesse scacciando una mosca. “Hai un minuto?”

 

Brittany si morde un labbro, pensierosa. “Veramente dovrei trovarmi con gli altri del club di dibattito. Sono pure in ritardo”

 

La cheerleader scrolla le spalle, sorridendo malignamente. “Meno male che non hai nulla da fare di importante, allora” ridacchia, prendendola a braccetto con tutta la tranquillità di questo mondo. “Dunque … vorrei parlarti de ‘L’impiccione’”

 

“Ancora quell’inutile giornalino?” tenta di sminuirlo, sperando di cambiare argomento in fretta. Non le piace proprio il modo in cui questa conversazione è cominciata. “Non lo legge nessuno”

 

“Questo non lo so” le fa cautamente la ragazza castana, ruotando la testa per guardarla dritta negli occhi. “Però il fatto che continui a scrivere articoli implica che qualcuno gli dia l’input per farlo, no?”

 

Marley Rose agli occhi di qualcuno che non la conosce sembrerebbe sicuramente una ragazza dolcissima. Ogni tratto del suo viso, il suo sorriso e persino le sue iridi azzurre sono i testimoni della sua presunta purezza. Eppure, non si diventa capo cheerleader addirittura durante il primo anno se non si dimostrano capacità al di sopra dell’ordinario.

E con questa ragazza, non solo l’impressione inganna, ma lo stereotipo della cheerleader stupida non ha il minimo senso di esistere.

È furba, parecchio anche, sa cosa vuole e come ottenerlo e, cosa più importante, è decisamente una persona vendicativa.

 

Per questi motivi Brittany si morde la lingua prima di dire qualcosa del tipo ‘se con input intendi qualche smutandata o qualche agguato nei bagni, allora hai ragione’. Si limita ad annuire, fingendo di essere sorpresa dal ragionamento di Marley.

 

“Perché non lo facciamo chiudere? Tanto è un club con un unico iscritto, non ha motivo di rimanere aperto”

 

“Non pesa sul bilancio scolastico visto che tutti i materiali sono forniti dall’unico iscritto” spiega Brittany, non potendo fare a meno di chiedersi come mai la Head Cheerleader si sia presa la briga di venire a parlarle direttamente e, apparentemente, senza un vero motivo.

 

“Siamo sicuri? Beh, farò le mie ricerche” sorride, senza staccarsi un attimo dal braccio di Brittany. Sembra proprio che non abbia la minima intenzione di lasciarla andare e questo, alla bionda, non piace per niente. “In ogni caso, voglio che tu lo faccia chiudere”

 

Ah, ecco cosa vuole da lei. Almeno su questo non la coglie del tutto impreparata.

Se avessi un buon motivo, non avrei nulla in contrario a farlo. Solo che nello statuto del McKinley è presente una norma che prevede per alcuni club l’obbligo di essere sempre presenti” cita a memoria, trattenendo a stento un sorriso trionfante. “Per ottenere alcune sovvenzioni statali per la cultura, credo. Comunque il giornalino è uno di quelli”

 

“Oh, ma questo lo so perfettamente”

Le labbra di Marley si schiudono e si aprono un sorriso a trentadue denti, così luminoso e amabile da far dimenticare per un secondo a Brittany con chi abbia a che fare.

Noi chiuderemo quello, sì, e per compensare la perdita ne apriremo un altro” mormora, lei sì con aria trionfante, fermandosi in mezzo al corridoio e tirando il braccio della bionda per farla girare verso di lei. “Tu farai questo per noi e noi, in cambio, ti daremo sia il ruolo di rappresentante che la presidenza del nuovo giornalino”

 

Noi. Non è un caso che l’abbia ripetuto così tante volte. Come sempre, dietro alla facciata con cui si trova a dialogare, si trovano gli altri due lati del triangolo del potere del McKinley.

“Io non … ho già molti impegni” mormora, prendendo tempo per pensare.

 

“Uscirai dal club di dibattito” praticamente le ordina, autoritaria. “Anche perché non c’è bisogno di dirti che Blaine o chi per lui sarebbe molto felice di prendere il tuo posto, giusto?”

 

“No, direi di no”

 

Marley annuisce soddisfatta, sfilando il braccio da quello di Brittany. “Ricordati che le elezioni per i rappresentanti degli studenti sono tra due settimane, perciò regolati” le mormora, fredda, prima di andarsene in un vorticare di gonna rossa e bianca e coda di cavallo.

 

Brittany rimane immobile ancora per diversi istanti, lo sguardo fisso al pavimento. Non solo dovrà dare un dispiacere ad una delle poche persone che non se lo merita ma, agli occhi di Quinn, sembrerà pure che lo farà per mero tornaconto personale.

 

Per non parlare dell’assurda tempistica con cui hanno deciso di intervenire. Perché ora, dopo tre anni di azione? Perché non prima?

La sua mente, decisamente annebbiata dalla rabbia, riesce a pensare solo a due cose. O si sono rotti le scatole e hanno deciso di intervenire o, e questo è mille volte peggio, hanno qualcosa di grosso che bolle in pentola e non vogliono ‘L’impiccione’ tra i piedi.

 

Alza la testa all’improvviso, illuminata da un’idea che potrebbe portare quantomeno a qualche risposta.

Kurt deve sapere qualcosa. Non sarà il più importante studente del McKinley ma, quello che gli manca in popolarità tra le mura scolastiche, lo compensa con ciò che gli dice suo padre, uno dei più facoltosi finanziatori del liceo.

 

Santana, una volta ancora, dovrà aspettare.

 

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“Che carina la mia bella imbronciata nel bosco”

 

“Divertente, Rach” borbotta Quinn continuando a muovere il cucchiaino tra i resti della banana split -per due persone, tra l’altro- che ha trangugiato senza ritegno. La discussione con Santana l’ha depressa e intristita a tal punto che solo i dolci del Lima Bean e la compagnia della sua migliore amica possono aiutarla.

 

“Allora non scherzavi” le sorride leggermente preoccupata la Cheerio, due milk-shake freschi sul tavolo prima di prendere posto su una delle sedie libere. “Sei davvero in codice rosso. Cosa è successo?”

 

“Ho avuto un incontro del terzo tipo con …” si ferma, prendendo un sorso “… Santana Lopez”

 

“E come sarebbe successo?” chiede Rachel, abbastanza incuriosita. Lei ci parla ogni tanto, una volta al mese più o meno, ed hanno fatto parte dei Cheerios insieme prima che la latina se ne andasse e si rasasse e vestisse a quel modo. Quinn, invece, che le sappia non ha motivo di parlarle.

 

“Un favore ad un amico” mente, sfruttando la cannuccia per coprire la faccia. “Meglio non sapere, fidati”  

Ha deciso di non dire niente a Rachel del piano che lei e Mike stanno mettendo a punto. Mentirle è un prezzo che è disposta a pagare volentieri pur di tenerla al sicuro. E non solo da ulteriori umiliazione ma soprattutto da Chang, secondo cui essendo lei una Cheerio potrebbe fornire informazioni di prima mano.

Ci è voluto un po’ a convincerlo che nessuna delle sue compagne di squadra si confida con Rachel per paura che poi lo vada a spifferare proprio a lei e che finisca su ‘L’Impiccione’, ma alla fine ce l’ha fatta.

 

“Cosa ti avrebbe detto di così terribile?”

 

“Che il mio giornalino è inutile e io lo faccio solo per soddisfare il mio ego” bofonchia, abbattuta semplicemente dal dover ripensare a quella sfuriata. “Non queste esatte parole, però il concetto era quello”

 

“È una stronza, ignorala” prova di tranquillizzarla Rachel, appoggiando una mano sulla sua.

 

“E se avesse ragione? Non è la prima che me lo dice”

 

“Tu sei così, punto” dichiara la Cheerio con un tono che non ammette repliche. “Non ce la faresti a farti i fatti tuoi come fa il resto del McKinley. In più, sei tutto fuorché inutile”

 

“Ah sì?” mugugna dopo un altro sorso di milk-shake.

 

“Sì. Avere qualcuno che ti ascolta aiuta sempre, fidati”

C’è uno strano luccichio nei suoi occhi nocciola, qualcosa che Quinn non riesce a capire.

“A proposito … prima di andare a casa, ho parlato con Noah Puckerman. Tra una cosa e un’altra, è venuto fuori che vorrebbe parlare con te”

 

“Riguardo a cosa?” si risolleva dalla sua posa afflitta, facendo ridere Rachel.

 

“Suo fratello Jake. Marciano parecchio sul fatto che è mezzo ebreo e mezzo di colore” le spiega, giocherellando con la cannuccia del milk-shake che non ha ancora praticamente toccato. “Secondo lui quello che fai è importante”

 

“Dici?” sorride Quinn, nonostante cerchi di non farlo vedere a Rachel.

 

“Te lo ripeto. Ad alcune persone basta sapere che c’è qualcuno disposto ad ascoltarle”

 

Ma sì, forse Rachel ha ragione. Chi è Santana Lopez per giudicarla? Nessuno.

Quello che fa lo fa esclusivamente per vocazione personale e continuerà a farlo indipendentemente da Mike Chang e i suoi piani diabolici, su questo è stata irremovibile.

Finché ci sarà lei al McKinley, ‘L’Impiccione’ continuerà a battersi contro tutto e contro tutti.

 

 

Chissà cosa ne pensa a riguardo Brittany.

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

È un orario folle, dovrei essere fuori di casa da almeno un’ora e mezza ma, visto che sarò via fino a lunedì e il capitolo era quasi finito, mi dispiaceva molto lasciarlo a marcire lì per quattro giorni.

 

Sono parecchio di fretta, perciò chiedo anticipatamente scusa se mi è scappato qualche refuso. Se ce ne sono molti, una volta tornato a casa li sistemerò, giuro :)

 

Che dire del capitolo? Beh, abbiamo Ryder e di nuovo Santana, per non parlare di Marley. La fisionomia dei personaggi si sta ultimando, mi piacerebbe sapere che ne pensate.

Per quanto riguarda la trama, siamo ad un punto di svolta: in una specie di parallelismo, ci sono tre personaggi alle prese con tre scelte che avranno ripercussioni decisamente importanti. Chissà cosa succederà.

 

Ringrazio chi ha letto questo e gli altri capitoli, chi ha lasciato un commento, messo tra ricordati e seguiti. Vi invito come al solito a contattarmi per qualsiasi dubbio o suggerimento.

 

Mi auguro di poter scrivere il prossimo capitolo entro settimana prossima ma, come per questo, non posso promettere nulla.

Alla prossima!

Pace. 

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Capitolo 4
*** Lezione 3. L’importanza del mezzo di comunicazione. ***


Lezione 3. L’importanza del mezzo di comunicazione: prima di decidere, pensare sempre a chi ci si vuole rivolgere.

 

 

Wow.

È difficile per una persona come Quinn rimanere senza parole, ma … wow.

 

Era abbastanza sicura che Marley Rose avesse qualche segreto piuttosto imbarazzante ben celato tra le pieghe del suo gonnellino rosso e bianco, ma, fino a qualche minuto, fa non avrebbe assolutamente mai pensato a nulla del genere.

 

Sposta i suoi occhi nocciola dal registratore a Mike, stranamente serio, poi di nuovo sul registratore.

“Pensi che sia tutto vero?”

 

Ryder ha cantato. Un’opera intera, a dirla tutta. Quinn era certa che il ragazzo non avrebbe mai tradito l’head cheerleader più stronza che il McKinley abbia mai visto. Come sugli scheletri nell’armadio di Marley, Mike aveva ragione ed è finita con il doversi ricredere.

 

“Ci sono forti probabilità che lo sia” ammette il ragazzo asiatico, massaggiandosi il collo. “In fondo, quello che dice è abbastanza verosimile. Che le Cheerios non ingurgitino cibi solidi non è un segreto. Sono sicuro che persino Rachel te l’abbia detto, per cui- ”

 

“No, aspetta un secondo” lo interrompe Quinn, indicando con l’indice il registratore. “Lì non dice che non mangia cibi solidi, parla di ben altro, di qualcosa di molto più grave

 

“So per certo che alcune cheerleader si ficcano due dita in gola dopo pranzo” scrolla le spalle Mike, provando a fare il finto tonto. Quanto però lo sguardo gelido di Quinn si abbatte su di lui, è costretto a chinare il capo e sospirare. “Va bene, ho capito. Non tireremo fuori disturbi alimentari vari o malattie”

 

“Non dirlo come se mi stessi facendo un favore” scuote il capo la bionda. “La tua mancanza di scrupoli è davvero agghiacciante”

 

“Stai parlando di una persona che usa quotidianamente la propria posizione sociale per terrorizzare, umiliare e comandare a bacchetta individui deboli che sa non essere in grado di ribattere” le fa notare Mike, sempre aggrappato alla sua perfetta logica. “Bisogna colpire duro, non dare carezze, altrimenti l’unico effetto che otterrai sarà farla incazzare di più”

 

Ha pensato molto a questa faccenda durante il weekend nel tentativo di mettere a tacere i propri sensi di colpa e legittimare ciò che vogliono fare. Alla fine è arrivata alla conclusione che si tratta, né più e né meno, di una legge del taglione applicata al liceo: tu sfotti me, io sfotto te. Solo che il ‘me’ ingloba più della metà degli studenti del McKinley, il ‘te’ più o meno una ventina. Colpirne pochi per aiutare tanti, giusto?   

Questo, però, non la fa sentire affatto meglio. Mike, al contrario, sembra sempre più in un brodo di giuggiole.

 

“Ok” concede alla fine con un sospiro. “Ma …” interrompe la sua esultanza, alzando una mano aperta nella sua direzione “… useremo questa cosa solo in caso di emergenza”

 

“Bulimia uguale polizza sulla vita, ricevuto” ghigna Mike e, ancora una volta, Quinn sente un brivido lungo la schiena. Cosa stanno facendo? Perché più si addentra all’interno di questa storia e più sembra sbagliata?

“Usare la storia dei buoni ricevuti dalla Coach Holliday per comprarsi vestiti firmati che altrimenti non si potrebbe permettere avrebbe sicuramente un discreto eco” aggiunge il ragazzo, ruotando su sé stesso insieme alla sedia dell’aula d’informatica.

 

“Peccato solo che non possiamo dimostrarlo” gli fa notare Quinn.

 

“Basterebbe la voce”

 

“La maggior parte delle voci sono false ed inventate ad arte” alza un sopracciglio la ragazza, intuendo già dove Mike stia andando a parare.

 

“Se qualcuno avesse convinto Santana a fare due chiacchiere con me, probabilmente avremmo abbastanza materiale da non dover inventare” fa spallucce l’asiatico. “Inoltre, pur essendo bugie, contengono in gran parte un fondo di verità”

 

“Non metteremo in giro cavolate”

 

“Quinn” mormora Mike, alzandosi in piedi e facendo un paio di passi verso di lei per poterle parlare a quattr’occhi. “Potresti proporre qualcosa tu anziché dire solo non facciamo questo, non facciamo quello? Vorrei ricordarti, tra l’altro, che la faccia con Ryder l’ho messa io, quindi quello che rischia di più è il sottoscritto”

 

“Nessuno ti ha chiesto di farlo” lo punge Quinn, mordicchiandosi nervosamente il labbro. “Per non parlare del fatto che sono stata io a beccare quei due”

 

“Se fosse stato per te, quelle foto ora non esisterebbero nemmeno più” le ricorda Mike, sorridendo. Poi, con notevole arte teatrale, sospira e china il capo, scuotendolo un paio di volte. “Vuoi davvero cambiare le cose in questa scuola? Perché mi stai facendo venire parecchi dubbi”

 

“Esistono dei limiti che non intendo varcare” ribatte Quinn, evitando di alterarsi dopo la provocazione del ragazzo. “E che non varcherai nemmeno tu”

 

“Sembri parecchio confusa, lo sai? Cambi idea con una velocità spaventosa” mormora Mike, fingendo di pensare a qualcosa. “Ogni volta che prendi una posizione, arriva qualcosa che te la fa cambiare” le ricorda, facendole capire implicitamente di starsi riferendo a quello che è successo a Rachel. “Perché, invece, non la smetti e basta? Pensi che non appena inizieremo a mettere in giro quello che sappiamo non ci saranno ripercussioni? E, in quel caso, cosa farai? Ti nasconderai dietro ai tuoi limiti invalicabili o, come hai fatto fin’ora, reagirai d’istinto e ci passerai sopra?”

 

Prendi e porta a casa, Lucy Quinn Fabray. Non è così sciocca da negare quello che Mike le ha appena detto, fondamentalmente perché è vero. Il fatto che un ragazzo che conosce di sfuggita e con cui fino a una settimana non ha mai parlato approfonditamente fa lo sappia meglio di lei, comunque, è davvero inquietante e al tempo stesso un pochino avvilente.

 

“Scusami, sono stato brusco” ammette Mike dopo un breve ed imbarazzante silenzio, anche se c’è qualcosa nel suo tono di voce che non è poi così convincente. “Vieni, ti faccio vedere una cosa”

 

Quinn annuisce, prendendo una sedia e sistemandosi vicino al computer che il ragazzo sta accendendo.

 

“Questo weekend ho pensato parecchio alla tua richiesta di non mettere in mezzo ‘L’impiccione’” comincia Mike, aprendo Chrome su Google. “Forse le tue motivazioni sono diverse dalle mie, però sì … avevi ragione, tirare in ballo il giornalino è stupido”

 

“Sono contenta di sentirtelo dire” sorride genuinamente la bionda, appoggiandogli una mano sulla spalla. Sicuramente non condivide le sue motivazioni, ovvero l’obbligo di mantenere ‘L’Impiccione’ su uno standard elevato senza farlo diventare un mero settimanale di gossip scolastico, però al momento si può accontentare.

 

“Stavo cazzeggiando su Facebook …” riprende il ragazzo “… e, mentre sfogliavo le immagini di una pagina che dovrebbe far ridere, ho trovato questo”

Digita rapidamente una parola sul motore di ricerca, premendo subito invio.

“Insegreto è un sito di condivisione anonima di segreti, come suggerisce il nome” sorride, ruotando la rotellina del mouse per far scorrere la pagina. “Ad esempio … da piccolo desideravo così tanto essere un mago che i miei genitori scrissero per me una lettera da Hogwarts, con scritto che avrei dovuto avere 18 anni per entrare perché la scuola era diventata troppo pericolosa per via di Voldemort. La scrissero a mano, copiando i caratteri del film, e la fecero spedire da un nostro amico di famiglia che vive in Inghilterra. Quando l'ho trovata l'altro giorno ho pianto per un’ora buona” legge, voltandosi poi per osservare Quinn che sta sorridendo.

 

“È una cosa tenerissima” mormora la giovane, ripensando a quanto desiderasse anche lei, non troppi anni fa, andare ad Hogwarts. Ed è meglio evitare rivangare quanto ami Harry Potter e come abbia consumato i libri a furia di leggerli.

 

“Già. Lo penserei anche io se non avessi letto decine di post su incesti, sesso orale e roba varia” ghigna, riducendo la pagina ad icona. “Quello che mi ha interessato, però, è la forma anonima. Chiunque può accedere al sito e pubblicare il proprio segreto, vero o falso che sia”

 

“… ok. E questo cosa c’entra con noi?”

 

“Noi vogliamo far sapere agli studenti di questo liceo chi siano in realtà coloro che se stanno al di sopra di tutti. Giusto?”

 

“Bene, fin qui ci sono” annuisce Quinn, sforzandosi al massimo di capire dove voglia andare a parare.

 

“Quali sono i siti che tutti gli adolescenti frequentano, ora?” le chiede Mike, prima di aggiungere. “Esclusi quelli vietati ai minori, ovviamente”

 

“Mm” mugugna, riflettendo. “Twitter, Facebook, Tumblr?”

 

“Esatto. Per avere la diffusione massima delle nostre … informazioni, diciamo, la logica imporrebbe di creare un profilo su uno o magari tutti questi social network. C’è un solo problema: su questi siti, la privacy non esiste. Si può risalire al fondatore di una pagina in battito di ciglia, per non parlare della facilità con cui si può essere segnalati, bannati o, peggio, denunciati”

 

Il pensiero di Mike Chang viaggia a circa trenta miglia orarie più veloce del suo. Ha capacità di ricerca e di previsione di cause e effetti delle proprie azioni spaventose persino per una come lei.

Nonostante questo, è bene ricordare che non è esattamente l’ultima arrivata.

“Per questo mi hai parlato di quel sito? Vuoi crearne uno anche tu e fare in modo che le immagini vengano condivise da altri utenti sui social network?”

 

“Esatto” annuisce il ragazzo, evidentemente compiaciuto dell’intuizione di Quinn. “Ci sto già lavorando, però prima di iniziare seriamente volevo sentire il tuo parere”

 

Seguendo il piano di Mike, non dovrebbe smettere di scrivere ‘L’Impiccione’, potrebbe continuare a fare ciò che le piace aiutando gli altri e, molto probabilmente, allontanare da sé i sospetti. Non avrebbe mai potuto pensare, da sola, ad una cosa così intricata ed elaborata. Però …

“Come faremo a far conoscere il sito? Nel senso …” si mordicchia il labbro, cercando di trovare le parole giuste “… ci dovrà essere il primo a condividere il sito su Facebook, tanto per fare un esempio. Certamente non può essere uno di noi due”

 

“Ho un paio di profili fake che uso per i giochi” ghigna Mike. “Per non parlare di quelli che si dimenticano il loro account Facebook collegato quando vengono qui per le lezioni d’informatica” aggiunge con l’aria tronfia di chi gongola per le proprie idee.

 

“Ok, mi hai convinta” mormora Quinn, ancora un pochino inquieta. C’è un ultimo dubbio che si muove tra i suoi pensieri. “Tu, però, hai parlato di condivisione anonima. Vuol dire che saranno anche gli altri a postare segreti?” attende che Mike abbia annuito prima di riprendere a parlare. “Che senso ha? Non dovremmo essere solo noi a farlo?”

 

“Dipende” risponde prontamente Mike, tamburellando le dita sul legno del ripiano su cui è appoggiato il computer. “Se il nostro scopo è solo quello di umiliare coloro che umiliano, allora ha ragione tu, dovremmo essere solo noi a postare cose mano a mano che ne scopriremo ancora. Ma il mio scopo è far sapere agli studenti di questa scuola che coloro che considerano Dei in realtà non sono altro che bugiardi di carne ed ossa, con punti deboli e segreti come tutti”

 

Per un momento, agli occhi di Quinn Mike sembra una sorte di eroe, giunto al McKinley per salvare gli oppressi e combattere gli oppressore. Poi, però, si ricorda del ricatto a Ryder, di cosa dovranno ancora fare, e la sensazione passa. A sostituirla arriva addirittura il timore che quel ragazzo timido creda davvero di essere un eroe oscuro, una sorta Batman con la maschera di Guy Fawkes di Anonymous.

 

“Hai mai visto ‘Robin Hood’, il film con Russell Crowe uscito un paio di anni fa?” la desta dai suoi pensieri Mike. “Mi è venuta in mente una frase che rispecchia bene quello che secondo me dovrebbe essere il nostro obiettivo” torna su Google, preme qualche tasto e apre un’immagine, scivolando appena indietro con la sedia per permettere a Quinn di vedere.

 

-Ribellarsi e ribellarsi ancora, finché le pecore non diverranno leoni-

 

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Uno dei difetti più grandi delle due stampanti –tra l’altro più anziane di tutti gli studenti della scuola- che il Preside Figgins ha acquistato circa due anni fa dopo decine e decine di richieste è che hanno entrambe una delle testine danneggiate.

 

In particolare, la stampante della Segreteria, utilizzabile solo dal personale e dai professori, lascia una striscia bianca a circa metà foglio, in corrispondenza del punto in cui la sua testina non riesce più ad assorbire colore dalla cartuccia.

Non è per nulla raro imbattersi in una comunicazione della Presidenza o in un test in cui mancano alcune lettere.

 

La stampante dell’aula di informatica, invece, lascia una striscia nera lungo il bordo destro del foglio.

 

Purtroppo per Quinn, per l’occhio attento di Brittany è stato impossibile non notare quello stesso segnaccio scuro su ognuna delle copie de ‘L’Impiccione’ che le sono capitate tra le mani.

Purtroppo per Quinn, Brittany ha anche scelto la strada più semplice per ottenere la possibilità di andare al MIT.

 

“Mm” mugugna il Preside Figgins, massaggiandosi il mento per tentare di nascondere il sorrisone che gli si sta dipingendo sulle labbra. “Signorina Pierce, mi sta dicendo che il giornalino scolastico fa uso di materiale di proprietà esclusiva del McKinley, contravvenendo in questo modo al proprio statuto e a quello dell’Istituto?”

 

Si prende qualche istante per zittire la vocina interiore che le dice di fermarsi finché può, prima di sospirare un flebile “È così”

 

“Si tratta di furto di materiale scolastico, è un’accusa grave” borbotta il Preside, un uomo sulla sessantina di origini indiane, pakistane o comunque di quell’aria geografica, tanto debole di carattere quanto opportunista.

 

Per questo Brittany ha dovuto pensare a tutto prima di presentarsi nel suo ufficio per parlargliene. Se Figgins sente odore di problemi di qualsiasi natura, di solito scappa.

“Tecnicamente l’unico modo per far funzionare la stampante è usare la tessera che hanno a disposizione solo gli studenti del club d’informatica” spiega Brittany, con la stessa lentezza di chi parla con un bambino piccolo. “Qualcuno le ha fatto diversi favori ma, visto che le tessere sono tutte uguali, è impossibile stabilire con certezza chi”

 

La realtà è lei sa benissimo chi sia l’anima pia che aiuta Quinn Fabray: Mike Chang, suo compagno in diverse attività extrascolastiche.

Tutti lo sanno, tra l’altro, perché non ne ha mai fatto segreto, rinfacciandolo spesso agli stessi giocatori di football colpevoli degli atti gravi denunciati nel giornale.

Probabilmente lo stesso Figgins ne è al corrente ma nessun Preside oserebbe metaforicamente torcere un capello ad uno dei due studenti –l’altro è proprio Brittany- la cui media scolastica è fonte di una particolare sovvenzione statale.

 

“In questo caso non posso fare altro che espellere la signorina Fabray dal giornalino scolastico” riflette l’uomo, osservando poi Brittany con gli occhi spauriti. “Se lo facessi, però, il giornale scolastico resterebbe senza iscritti ed è … u-una … una risorsa importante per la scuola”

 

“Mi offro volontaria per assumere la Presidenza del club del giornalino” abbozza un sorriso la biondina, anticipando qualsiasi altro motivo di possibile dubbio dell’uomo che le sta seduto di fronte. “Ho già trovato tre o quattro persone disposte ad aiutarmi in modo da riuscire a mantenere la media di un’edizione ogni settimana”

 

“Molto bene” annuisce Figgins, visibilmente più sereno e tranquillo. “Si vede proprio che ha la stoffa del leader visto come si assume le responsabilità durante i momenti di difficoltà” ridacchia, prendendo un’agendina da un mucchio di foglio ed iniziando a scriverci.

 

“Mi dispiace abbandonare il club di dibattito, però, in tutta onestà, sono molto eccitata dall’idea di affrontare questa nuova avventura” farfuglia, vergognandosi da sola delle parole che dice non appena le escono dalla bocca. Strizza persino gli occhi, auto-maledicendosi mentalmente, ma il Preside è talmente impegnato a scrivere che nemmeno se ne rende conto.

 

“Molto bene” ripete Figgins e, per qualche strano motivo, Brittany non riesce a togliersi dalla testa l’immagine del Preside che, non appena uscirà dal suo ufficio, si metterà a ballare sulla scrivania per festeggiare la scomparsa di una delle peggiori spine del fianco che abbia avuto nella sua lunga carriera alla guida del McKinley. “Entro un paio di giorni mi occuperò di convocare la signorina Fabray per informarla della mia decisione. Dopodiché, sarà libera di insediarsi nella nuova aula che metterò a disposizione al giornalino, visto che mi sembra di capire che sarete in parecchi”

 

Ogni parola si incastra in gola e lì muore, costringendo Brittany a limitarsi ad annuire. Probabilmente nemmeno se si mettesse a taccheggiare in un centro commerciale e venisse beccata dalla sicurezza si vergognerebbe come sta facendo in questo momento.

 

“Se non ha altro da dire, può andare” la invita, nemmeno troppo gentilmente. Sembra davvero in procinto di esplodere dalla gioia.

 

“Grazie per avermi ascoltata, signor Preside” mormora a voce bassissima, alzandosi dalla sedia e raggiungendo la porta senza il coraggio di voltarsi.

 

È da un bel po’ che non si sentiva così male con sé stessa dall’essere sull’orlo delle lacrime e, contando anche l’incontro con Santana, le è capitato due volte in poco meno di due settimane.

 

Si ferma in mezzo al corridoio, appena fuori dalla Presidenza, inviando un sms a Marley per informarla di aver compiuto il suo dovere e uno a Kurt per sapere se ha una lezione importante o se, sfruttando il fatto di essere il suo vice-rappresentante, può svignarsela per farle compagnia.

Si sente particolarmente vulnerabile ultimamente e la situazione non le piace nemmeno un po’.

 

Alza gli occhi dallo schermo appena in tempo per vedere due iridi scure intente a fissarla. È Santana, insieme al suo gruppetto di Skank, e sta camminando nella sua direzione.

 

Il contatto tra i loro sguardi non dura molto. Giusto un paio di secondi dopo, infatti, Santana lo distoglie per parlare con una delle sue ‘amiche’ e passa oltre, senza una parola o un gesto qualsiasi.

 

È esattamente come Brittany si è comportata fin’ora e come si comporterebbe a parti invertite, eppure, nonostante questa consapevolezza, non fa meno male.

Sembra quasi che le conseguenze delle sue scelte abbiano deciso di chiedere il conto tutto in una volta, pesando sulle sue spalle e sul suo stomaco senza concederle tregua.

 

Esattamente come quel giorno, si passa rapidamente una mano sul volto per togliere qualche lacrima sfuggita al suo controllo e se ne va nella direzione opposta a quella di Santana, sperando ardentemente di non trovare nessun studente a zonzo per i corridoi.

Ne andrebbe della sua reputazione.  

 

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Dopo averci pensato tutto il weekend, l’ha fatto.

Domenica sera, prima di andare a letto, ha preso il registratore di Mike, ha raccontato tutto quello che sa di Marley e questa mattina, una volta arrivato a scuola, ha lasciato quell’aggeggio infernale dove gli è stato detto di farlo.

 

Si sente un traditore, un bastardo, una merda per questo? Sì, parecchio anche. Nonostante tutto, lui e Marley ‘stanno insieme’ da quasi un anno ormai ed ha imparato in qualche modo a volerle bene.

 

Ed è stato proprio il numero di volte in cui lei ha dimostrato di volergliene, praticamente meno delle dita di una mano, il motivo per cui alla fine ha optato per cedere al ricatto. Quella volta ha scelto lui solo perché Nick era già impegnato, lo sa lui come ogni altro individuo del McKinley, e lei non ha mai detto o fatto nulla per provare il contrario.

È algida e autoritaria sia in pubblico che in privato e, se a qualcuno potrebbe anche andare bene così, Ryder non è dello stesso avviso.

Tina, al contrario, fa l’unica cosa che ha sempre desiderato in una ragazza: lo fa sentire apprezzato.

Avrebbe già lasciato Marley per mettersi con lei se non fosse certo, con notevole cognizione di causa, che non lascerebbe passare nemmeno un giorno prima di scatenare la sua terribile vendetta.

 

 

“Sembri distratto oggi”

 

Ryder, con una nonchalance frutto di mesi di esperienza, distoglie lo sguardo da Tina e sorride a Marley, seduta al suo fianco nei tavoli della mensa riservati all’elite del liceo.

“Sono solo molto concentrato sulla partita di venerdì”

 

Un mormorio di consensi si leva dalla parte del tavolo dove sono appollaiati i giocatori di football e persino capitan Nick solleva il suo cartone di latte –mai, e dico mai, prenderlo in giro per questo- a mo’ di brindisi verso di lui.

 

Tra tutte le reazioni avute dalla sua stupidaggine, quella che gli fa venire di più i brividi lungo la schiena è la risata piuttosto finta e forzata di Marley.

Si volta verso di lei, disorientato, e lo stupore aumenta nel momento in cui la trova sorridente come mai l’aveva vista prima.

“S-sei … raggiante” butta lì, sforzandosi in tutti i modi di non farla sembrare una domanda di un individuo sconvolto.

 

“Grazie per averlo notato” cinguetta lei in tono particolarmente dolce … dolce? Lei?

 

Si trova a deglutire a fatica quando Marley sposta la sedia verso di lui, gli avvolge un braccio con le proprie e appoggia la testa sulla sua spalla, lasciandosi andare ad un sospiro di pura beatitudine.

A sbigottirlo, ovviamente, non è il gesto in sé quanto l’irrazionale terrore che, proprio dopo averla tradita, alla fine Marley si possa davvero trasformare in una fidanzata apprezzabile.

 

L’incredulità dura però molto poco, giusto il tempo di permettere alla capo cheerleader di piazzargli davanti alla faccia il telefonino e di sussurragli “Leggi, ma non fare commenti ad alta voce. Voglio che sia sicuro prima di dirlo a tutti”

 

Ryder strizza gli occhi, sforzandosi di fare il più in fretta possibile. Da quando ha scoperto di essere dislessico ha fatto enormi passi avanti ma, in situazioni come questa in cui è palesemente nervoso, è come se fosse ancora fermo al livello a cui era in prima liceo.

Da questo punto di vista, però, Marley non ha mai fatto nulla per fargli pesare la sua situazione o rinfacciargli le sue difficoltà. Ha sempre rispettato i suoi tempi di lettura molto più lunghi del normale, cercando di aiutarlo il più possibile. E lui se ne ricorda ora, dopo averla pugnalata alle spalle.

È quantomeno ironico come funzioni la mente umana, no?

 

 Ci mette almeno un paio di minuti ma, alla fine, si sente sollevato. C’è un motivo se è così euforica e, stranamente, non riguarda lui.

-Figgins ha accettato, entro un paio di giorni risolverà tutto. Quinn è fuori dai giochi- mittente, Brittany P..

 

“Fatto?”

 

Annuisce, rivolgendo poi uno sguardo incerto a Tina che, almeno in questo momento, è completamente girata dalla parte opposta rispetto a lui. Molto male.

 

“Che ne dici? Non è fantastico?” bisbiglia la ragazza, in modo da farsi sentire solo da Ryder, senza abbandonare la presa sul braccio.

 

“Era ora che qualcuno la facesse smettere” mormora senza metterci nemmeno un briciolo di convinzione. Tanto non farebbe alcuna differenza visto che Marley è talmente al settimo cielo che sarebbe impossibile per lei accorgersene.

 

“La mia più grande vittoria” aggiunge infatti la terribile capo cheerleader, sospirando di nuovo d’estasi.

 

Ryder ha sempre odiato gli eccessi dei suoi compagni di squadra e mai, nemmeno una volta, ha preso parte a quelli che loro autodefiniscono ‘scherzetti innocenti’. In tutta onestà, non è mai riuscito a capire perché agire in questo modo verso persone che, senza quelle bastardate, probabilmente li idolatrerebbero come campioni. Per lui, essere osannati batte cento volte a zero l’essere temuti e odiati.

 

Dopo l’ennesimo sospiro soddisfatto, Marley lascia andare il braccio del Titan, permettendogli di ricominciare a mangiare.

 

È a metà del suo budino al cioccolato che realizza qualcosa che, fino a quel momento, non aveva preso in considerazione.

Quinn Fabray sarà anche la sola iscritta del giornalino ma, come tutti sanno, non è la sola che ci lavora. L’altro è proprio Mike Chang, il ragazzo a cui ha consegnato non più tardi di quattro ore fa tutto il materiale necessario per perpetrare la proprio vendetta su Marley. O, volendo proprio colpire alla cieca, anche su di lui e su Tina.

 

Appoggia la mano sulla bocca, il cuore che batte a mille. E adesso?

Guarda alternativamente la sua ragazza e la sua amante, sforzandosi di mantenere la calma. Potrebbe aver appena pugnalato Marley alle spalle per niente.

Merda!

 

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He left no time to regret
Kept his lips wet
With his same old safe bet
Me and my head high

 

Santana canticchia a bassa voce una delle sue canzoni preferite, prendendo di tanto in tanto un tiro dalla sigaretta che tiene tra le dite. È seduta al posto del guidatore della sua macchina da almeno venti minuti ma, contrariamente a ciò che accade normalmente, questo notevole ritardo non la infastidisce.

Se la persona che sta aspettando ci sta mettendo più di quanto avesse preventivato, vuol dire semplicemente che ha davvero trovato qualcosa di interessante.

 

Un paio di secondi dopo aver gettato la cicca fuori dal finestrino, lo sportello del lato passeggero si spalanca e una ragazza piuttosto minuta con i capelli castani chiaro raccolti in una coda si tuffa all’interno dell’abitacolo, un’espressione totalmente neutrale stampata sul volto.

 

“Alla buon’ora” mormora Santana, senza usare il solito tono pungente, abbassando il volume dello stereo. “Sentito qualcosa di interessante?”

 

Ci sono moltissimi modi per sapere cosa succede tra le mura del McKinley, tanti quante sono le persone a cui piace farsi i fatti degli altri –il che, in un liceo qualsiasi di qualsiasi nazione, corrisponde a circa l’ottanta percento del corpo studentesco.

 

Quando Santana vuole sapere qualcosa, senza correre il rischio di farsi raccontare qualche cavolata, c’è una sola persona di cui si fidi ciecamente: Sugar Motta.

 

“Ho parlato con quelli del Glee. Loro, come al solito, sono fuori dal mondo e non sanno nemmeno in che anno siamo” inizia la ragazza, prendendo fuori dalla tasca anteriore della felpa blu abbastanza sformata che indossa un pacchetto di tabacco sfuso. “Allora ho provato con qualcuno del club d’informatica. Anche lì nulla” continua, infilando la mano in una delle tasche dei pantaloni alla ricerca evidentemente di una cartina.

 

“Stai perdendo colpi?” ghigna Santana, quasi rapita dall’abilità delle mani di Sugar. Tabacco, cartina, filtro … se dovesse prepararsi le sigarette ogni volta come fa lei molto probabilmente avrebbe già smesso di fumare da un pezzo.

 

“Ero quasi tentata dall’importunare qualche Cheerio, magari proponendo in cambio un paio di minuti da sole con te …” farfuglia, alcuna traccia di battuta nella voce, prima di portarsi la cartina arrotolata intorno al tabacco alla labbra per chiudere il paglino “… ma alla fine mi è bastato chiedere a Daniel, quello della squadra di football con cui faccio coppia per le ricerche di letteratura”

 

“E?”

 

Hanno preso il giornalino” commenta, lapidaria, sistemando tutto il suo armamentario nelle rispettive tasche ed estraendo un vecchio zippo color bronzo.

 

Santana assimila in silenzio la notizia, abbassando il finestrino per permettere all’altra di soffiare il fumo fuori.

 

La praticità e l’essere autosufficiente in ogni situazione sono i motivi, oltre ovviamente all’innata capacità di far parlare i sassi pur essendo loquace esattamente come una statua, per cui trova Sugar particolarmente piacevole.

 

Agli occhi degli altri non è che una Skank che almeno ha la decenza di vestirsi con abiti normali, seppur da reparto ‘tutto ad un dollaro’ dei discount.

Su di lei, però, Santana la pensa diversamente. Pur frequentando lei e il suo gruppo di amiche, Sugar non è una di loro. Non tanto perché non veste strano, non ha i capelli colorati o piercing in posti ambigui. No, quello non fa di una persona una Skank.

 

Sugar non è come lei per il semplice fatto che non ha scelto di essere un reietto schifato da tutti, non ha voluto di sua iniziativa fare combriccola con una che mangia le lettiere dei gatti e una che pomicia con chiunque abbia un camion.

Ci si è semplicemente ritrovata in mezzo, nessun’altra possibilità di avere amici veri, e si è adeguata. Stranamente, la ammira molto, per questo.

 

“Brittany Pierce c’entra qualcosa, vero?” mormora, quasi distrattamente, riemergendo dalla valanga dei suoi pensieri.

 

“Credo gestirà il nuovo Impiccione riveduto e corretto, però non ne sono sicurissima. Daniel non è stato precisissimo su questo”

 

“Capisco” annuisce, sempre piuttosto pensierosa. Ecco cosa ci faceva dal Preside. Pugnalava alle spalle Quinn Fabray. Per aiutare chi, però? È per questo motivo che ha sguinzagliato Sugar. “E come mai questa manovra così improvvisa? Che hanno in mente?”

 

“Una spesa folle per sistemare il campo e rifare le gradinate”

 

Teoricamente avrebbe senso, se non fosse per un microscopico dettaglio.

“Sbaglio o le hanno rifatte quando eravamo al secondo anno?”

 

“Dicono che l’impresa del padre di Nick Sheridan abbia un po’ di problemi” risponde Sugar, sempre in maniera concisa, osservando con particolare attenzione le macchine ferme nel parcheggio del McKinley.

 

No, ok, ora non ha davvero il minimo senso. “Stai scherzando?”

 

“Questo è quello che dicono” scrolla le spalle Sugar, gettando via quel che rimane del suo paglino.

 

Santana aggrotta le sopracciglia, sinceramente presa alla sprovvista dalla piega degli eventi. Vedendo Brittany quasi in lacrime fuori dall’ufficio del genere aveva pensato immediatamente a qualcosa di parecchio grosso, ma questo è al di sopra di ogni scenario plausibile o probabile. O forse è solo lei che si fa troppi viaggi mentali? 

“Tu che ne pensi?”

 

“Che ci sta” le risponde Sugar, quasi a bruciapelo. “Insomma, dopo il casino che ha fatto scoppiare le altre volte in cui hanno fatto un giochino del genere, è perfettamente logico che non vogliano avere Quinn Fabray tra i piedi”

 

“Ha senso” concede Santana, quasi sollevata dal sentirsi dire ciò che pure lei ha pensato.

 

“Quest’anno Nick andrà al college” riprende Sugar. “Uno molto serio a giudicare da quanti osservatori vengono ad ogni partita dei Titans, e non credo si possano permettere il rischio che qualcuno decida finalmente di dare retta a quello che dice la Fabray”

 

“E, anche se non fosse tenuto per le palle, Figghy sborserebbe comunque con piacere, considerando poi quanto prenderà di premio una volta che Sheridan sceglierà dove andare a giocare il prossimo anno” completa Santana, ritrovandosi perfettamente nelle parole dell’altra.

 

Sugar semplicemente annuisce, guardando per la prima volta in direzione del volto di Santana.

 

Tutto torna, ogni pezzo si incastra alla perfezione e il solito meccanismo gira che è una meraviglia. I soliti ci guadagnano, Quinn Fabray paga il conto della sua onestà.

Le piacerebbe dire che non si sarebbe mai aspettata che Brittany prendesse parte, seppur evidentemente a malincuore –per quello che ha potuto vedere qualche ora fa-, ad una roba del genere. Eppure non è così: continua ad affrontare delle scelte drastiche ed a percorrere sempre la strada peggiore.

 

E se ci fosse altro ancora? Cosa voleva da lei Quinn quando è venuta a disturbarla nei bagni?

 

Gira le chiavi nel quadro e mette in moto, fissando Sugar finché questa non si mette la cintura di sicurezza.

“Stasera ceni da me. Pizza, offro io”

 

Le proteste di Sugar, sempre restia ad accettare doni di qualsiasi tipo, vengono interrotte dalla brusca retromarcia che Santana impone al suo SUV nuovo di pacca. Si aggrappa con tutte le sue forze al sedile, talmente terrorizzata dalla guida della latina –che tra l’altro riparte in sgommata- da non accorgersi che stia ridendo tra sé e sé.

 

C’è solo un modo per scoprire cosa volesse Quinn: andare da lei e chiederglielo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Ok, questo capitolo arriva un po’ più tardi rispetto a quanto mi fossi prefissato –avrei voluto finirlo ieri, purtroppo però la Nazionale mi ha incatenato alla tv- ma spero di rifarmi con il contenuto.

Direi che ci siamo, quasi tutte le carte sono scoperte e, con Sugar, ho esaurito i personaggi che farò entrare in questa storia. O forse no … anche perché del Glee non ho fatto vedere ancora nessuno :) coffcoff Blaine coffcoff.

Ah, tra parentesi, Nick Sheridan non è un personaggio da me creato. Ho preso il tizio biondo che compare nella puntata di San Valentino delle terza stagione e in quella in cui Dave Karofsky -:(- tenta il suicidio. Probabilmente sarà il più IC di tutti, io gli ho solo dato un cognome a caso.

 

Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno commentato, letto, messo tra preferiti, seguiti e da ricordare. Siete tantissimi e … boh, grazie!

Come ho già detto nel primo capitolo, questo è un esperimento. Perciò, se avete dubbi, domande, se qualcosa vi fa storcere il naso mi farebbe molto piacere saperlo.

 

Ci sono un paio di precisazioni doverose.

I personaggi che non compaiono in questo capitolo, ovvero Rachel, Kurt, Puck e Jake, quasi sicuramente compariranno nel prossimo. A parte quelli fondamentali, per gli altri cercherò di usare un sistema di rotazione in modo da farli vedere più o meno tutti in ugual misura.

Il sito Insegreto esiste, è in italiano e vi consiglio di buttarci un occhio se volete ammazzarmi dalle risate. Sono cose palesemente inventate e alcune sono cafonate da far venire la pelle d’oca, ma secondo me ce ne solo alcune che sono delle perle e dietro cui si cela dell’impegno comico non indifferente. Inoltre, quel ‘segreto’ che legge Mike esiste, l’ho preso da lì.

Secondo, il frammento di canzone che canticchia Santana è Back to Black di Amy Winehouse, la versione censurata che porta alla fine della seconda stagione.

L’età dei personaggi è una delle licenze che mi sono preso e di cui parlavo nel prologo. Quelli presenti nelle prime tre stagioni sono tutti senior, Ryder, Jake e Marley sono junior.

Altre cose non mi vengono in mente ma, come ho scritto sopra, sentivi liberissimi di chiedere.

 

A meno di miracoli, il prossimo aggiornamento arriverà non la settimana prossima, ma quella dopo ancora.

 

Quindi … grazie per essere arrivati fin qui!

Alla prossima!

Pace.  

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Capitolo 5
*** Lezione 4. Come funziona il giornalismo moderno ***


Lezione 4. Come funziona il giornalismo moderno: disinformazione, incompetenza e servilismo.

 

 

“Cominciavo a non sperarci più, sinceramente, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Una valutazione da uno a dieci?”

 

“Mm …” mormora Brittany, lisciandosi nervosamente una ciocca di capelli mentre pensa attentamente a che parole usare per non ferire i loro sentimenti “… io ci darei un bel sette. Dopotutto è la nostra prima edizione, no? Possiamo solamente migliorare”

 

È stata necessaria una settimana di lavoro intenso, praticamente tre ore ogni pomeriggio dopo scuola, per realizzare sei pagine a colori con tanto di immagini e pseudo articoli sufficientemente interessanti da non far morire di noia gli studenti che l’avrebbero poi dovuto leggere.

Un’epopea vera e propria, considerando che nessuno dei nuovi membri della redazione de ‘Il Chiacchierone’ ha mai anche solo pensato a come si realizza un giornalino scolastico.

 

Oltre alla presidentessa Brittany, infatti, si sono aggiunti al club Artie Abrams, uno dei senior del Glee club, Daniel Bolton, unico senior dei Titans –a parte Kurt, di cui ha preso il posto dopo il suo rifiuto- ad avere la media del B+ in grammatica e lettura, e Dottie Kazatori, una Cheerio del secondo anno con il terribile vizio di usare la parola ‘tipo’ quasi in ogni frase.

Esatto, c’è un rappresentante per ognuno dei gruppi che contano e no, non è per niente un caso.

 

“L’articolo che hai scritto su Figgins è una bomba” commenta con tono apparentemente sincero Artie, picchiettando l’indice sulla piccola anteprima che hanno deciso di mettere in prima pagina.

 

Già, ha dovuto fare un’intervista al Preside. In cambio lui si è impegnato a trasformare una parte della vecchia aula canto, dopo aver ovviamente chiesto il permesso alla Professoressa Corcoran, nella sede del nuovo giornalino, fornendo addirittura un computer portatile abbastanza recente e una tessera per usare la stampante del club d’informatica.

“Beh … uhm, grazie” farfuglia senza convinzione, sforzandosi quantomeno di sorridere.

 

Almeno lei non ha dovuto scrivere un articolo interamente dedicato a Nick Sheridan, come ha dovuto fare il povero Daniel, o uno sulla regolamentazione dei pompon nelle competizioni ufficiali, come Dottie, o uno sulle difficoltà di creare una coreografia come Artie.  

 

Il resto del giornale è letteralmente riempito –non sapevano cosa altro scrivere- da foto più o meno inerenti agli argomenti trattati. In prima pagina, nonostante possano stare tranquilli che nessuno butterà il loro lavoro in un cestino per paura di finirci subito dopo per mano di un giocatore di football, hanno avuto la brillante idea di mettere una foto di gruppo delle Cherioos intente ad ammiccare all’obiettivo.

Brittany si era opposta ma Dottie, anche se sarebbe meglio dire Marley, è stata irremovibile. E non è stato troppo difficile capire il perché. Esiste forse qualcosa di meglio di schiaffare una foto abbastanza provocante in prima pagina per riacquistare adorazione e prestigio agli occhi degli studenti dopo essere state massacrate dal lavoro di Quinn?

 

Già, Quinn … hanno impiegato appena una settimana per disintegrare tre anni e passa di lavoro tanto onesto quanto importante. Questo, tra parentesi, è anche il motivo per cui Kurt ha deciso di rinunciare a darle una mano in questa ‘cosa’. Le ha pure detto di andare a parlarle per chiederle quantomeno scusa ma, dopo che la Fabray non si è presentata a scuola per due giorni di fila a seguito della decisione di Figgins, ha iniziato a sentirsi troppo in colpa perfino per guardarla in faccia, figurarsi rivolgerle la parola.

 

“Quindi ora che abbiamo la prima copia che facciamo?” chiede Dottie, dopo aver sfogliato il giornale ed averlo passato agli altri due ragazzi in modo da poterlo ammirare. “Dovremmo tipo stamparne cento copie, no?”

 

“Prima dobbiamo decidere come tenere le pagine unite” fa notare Daniel, cercando immediatamente conferme nello sguardo di Brittany. Il Titan è decisamente quello che ha preso più seriamente la vicenda, bisogna dargliene atto.

 

“Io userei una pinzatrice come avevamo detto l’altro giorno” interviene Artie, decisamente il più pratico e, al tempo stesso, quello più scocciato dall’essere nel club nonostante faccia di tutto per non darlo a vedere –come l’uscita sull’articolo di Figgins, ad esempio.

 

“Ma no, dai, così fa schifo” obietta Dottie, facendo una specie di smorfia disgustata. “Sembrerebbe una cosa fatta tipo in fretta e furia. O che non siamo stati capaci di fare di meglio”

 

“Potresti andare alla sede del ‘The Lima News’ e chiedere se per favore ci pensano loro a stampartelo come un giornale vero” la prende in giro Artie, facendo ridacchiare Daniel e imbestialire la Cheerio che, infatti, gli rivolge uno sguardo di fuoco. O meglio, ci prova, visto che ha il volto di una bambola asiatica e non farebbe paura nemmeno ad un neonato.

 

Quella prima di noi li stampava sui fogli più grandi e poi li piegava” borbotta la ragazza, incrociando le braccia al petto con fare offeso.

 

Brittany, fino a quell’istante persa nel mondo dei suoi pensieri, si ridesta, posando le sue iridi azzurre sulla figura di Dottie.

È incredibile come loro abbiano deciso –non lei o Artie o Daniel, ma probabilmente quelli che stanno sopra di loro– di cancellare completamente Quinn e il suo lavoro.

Non nominare mai il suo nome o quello del suo giornalino è solo una parte della campagna che hanno messo in atto: ne fa parte anche l’aver bandito dall’aula di informatica i ‘fogli più grandi’, ovvero in formato A2, usati dalla bionda per dare una maggior somiglianza con un vero giornale.

 

“Andranno benissimo i punti di una pinzatrice” mormora alla fine Brittany, decidendo di interrompere una delle discussioni più inutili a cui abbia mai partecipato. “Qualcuno porti la chiavetta in aula di informatica. Prima abbiamo quelle copie, prima possiamo andare a casa”

 

“Io non sono capace” ammette Dottie dopo essersi resa conto che la sua nuova presidentessa la sta fissando piuttosto intensamente.

 

Finalmente Brittany distoglie lo sguardo, dandosi mentalmente della stupida per l’essere sempre così persa tra le nuvole, guardando gli altri ragazzi per cercare di dare un significato alla lunga occhiata che ha lanciato alla Cheerio.

 

“Ci penso io” le sorride Daniel, appoggiando la copia di prova che stava ancora sfogliando su una della sedie dell’ex aula canto per dirigersi al portatile e staccare la chiavetta.

 

“Hai ancora bisogno di noi o possiamo andare?” chiede invece Artie, controllando per la settantesima volta in un’ora il cellulare, quasi certamente nella speranza che il tempo inizi a trascorrere il triplo più veloce.

 

“Andate pure” mormora Brittany, mettendo tutta la sua forza di volontà nell’incurvare le labbra in qualcosa che assomigli ad un sorriso. Manca una sola settimana e tutto il peso degli eventi che le stanno capitando le sta rendendo molto più che difficile mantenere la sua solita solarità. “E grazie ancora per il vostro aiuto”

 

Artie le fa ‘ok’ con il pollice prima di raccogliere il suo zaino, issarselo sulla spalla e fuggire dall’aula a gambe levate. Dottie fa più o meno la stessa cosa solo che uscendo non si porta dietro solo le sue cose ma anche la copia di prova.

Una volta sulla soglia si gira e fa ciao con la mano, sparendo subito dopo in uno svolazzare di gonnellino.

 

Che lo porti alla sua head cheerleader per un ulteriore controllo non è minimamente in dubbio. Persino Daniel le lancia un’occhiata enigmatica, tornando poi al lavoro sul portatile.

 

Il termine discrezione non fa assolutamente parte del suo vocabolario -insieme probabilmente ad un altro migliaio di parole, ma questo è un altro discorso- e più di una volta Brittany si è chiesta come mai Marley abbia mandato proprio lei per una cosa a cui evidentemente tiene così tanto.

L’unica spiegazione logica che nella testa della bionda può giustificare una scelta del genere è che Dottie abbia perso la conta.

 

Sospira, aprendo il proprio portatile per dedicarsi a ciò che la sta obbligando a fare tutto questo. Il dibattito tra i candidati è alle porte e mancano solo sette giorni –nove, contando anche sabato e domenica- alle elezioni vere e proprie.

 

Apre il file di Word dove ha iniziato a buttare giù il proprio discorso, bloccandosi immediatamente dopo una parola, cosa che le accade ogni volta che prova a scriverlo.

Si conosce abbastanza bene da sapere che la situazione non migliorerà con l’avvicinarsi alla data fatidica, anzi, peggiorerà solamente.

 

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Quando Figgins le aveva comunicato di aver preso la decisione di espellerla dal giornalino scolastico per furto, il mondo le era crollato addosso. Aveva pianto, aveva urlato, aveva insultato Mike e ignorato le chiamate e gli sms di Rachel per quasi tre ore di fila.

 

La rabbia e la delusione erano tali che Quinn è stata a tanto così dall’abbandonare il McKinley e chiedere il trasferimento in un altro liceo.

 

Può sembrare una reazione esagerate e forse lo è, ma vedersi strappare dalle mani una cosa su cui si hai lavorato per anni e che riesce sempre a gratificarti nonostante tutti ti remino contro è colpo al cuore che non si augura nemmeno al peggiore dei propri nemici.

 

Per due giorni Quinn non era riuscita a trovare né la forza né il coraggio di mettere piede a scuola, terrorizzata dall’idea di scoppiare in lacrime nel vedere le facce sorridenti di quei bastardi –Cheerios e Titans sicuramente- colpevoli di averla fatta cacciare dall’unica cosa che avesse un senso nella sua orribile vita liceale.

 

Poi, però, qualcuno le aveva ricordato che ‘L’Impiccione’ non è solo la carta su cui viene stampato, ma le idee ed il lavoro che c’è dietro. Qualcuno le aveva detto per l’ennesima volta che la cosa migliore di ciò che fa è l’ascoltare le persone e farle sentire meno sole.

Qualcuno che per lei c’è da sempre, come Rachel, e qualcuno che è entrata nel suo mondo da pochissimo.

 

 

“Ok, ci siamo” sorride all’amica seduta al suo fianco, alzandosi dal suo sedile per prenotare la fermata. “Noah e suo fratello abitano … oddio, Rach!” 

La scena della minuta cheerleader che ondeggia per colpa di una brusca frenata dell’autobus e per poco non finisce per schiantarsi con il muso sullo schienale del sedile davanti al suo è troppo oltre per comportarsi da amiche educate e non scoppiarle a ridere in faccia.

 

“So benissimo dove abitano” borbotta Rachel, il viso bordeaux dalla vergogna, sistemandosi nervosamente le pieghe del golfino ed avvicinandosi a Quinn, intenta a cercare di non soffocare di fronte alle porte dell’autobus. “Siamo amici da quando eravamo piccoli”

 

“Hai intenzione … di fare finta che … non sia mai successo niente” ansima la bionda cercando di respirare. “Non è così?”

 

“Esatto” mormora Rachel, gettando un’occhiata oltre la propria spalle per controllare se gli altri passeggeri la stia fissando. Qualcuno sì, in effetti, ma non tanti quanti se ne aspettasse visto che l’autobus è praticamente pieno. “E ti sarei grata se evitassi di ricordarmelo da qui alla fine dei miei giorni”

 

“Farò del mio meglio” sorride Quinn, ricevendo una spinta molto poco gentile dall’amica. “Ehi, tu al mio posto faresti molto peggio”

 

Rachel prova a fare una faccia indignata, salvo poi cedere immediatamente e arrendersi all’evidenza dei fatti. “Ok, forse hai ragione”

 

“Forse, eh” ridacchia, scendendo non appena le porte dell’autobus si aprono. “Attenta a non inciampare mentre esci” la prende in giro, una volta di più, scappando non appena Rachel inizia ad inseguirla.

 

C’è una strana euforia nell’aria, una sensazione di leggerezza nel cuore e nella testa di Quinn. L’essere stata ‘liberata’ da ‘L’Impiccione’ originale per darne vita ad uno nuovo l’ha paradossalmente resa più sicura di ciò che sta facendo, quasi come la fenice che risorge più forte dalle ceneri della sua morte.

Sembra strano, ma è esattamente così.

 

Fortunatamente Rachel si stanca presto di inseguirla, nonostante sia decisamente più atletica di lei, e Quinn, anche per farsi perdonare anticipatamente per tutte le volte che tirerà fuori la storia dell’autobus in futuro, le porge gentilmente il braccio, iniziando a chiacchierare del più e del meno mentre percorrono i pochi metri che le separano dalla casa dei Puckerman.

 

“Siamo arrivate, Noah abita qui”  dice ad un certo punto la Cheerio, indicando con un cenno del capo un palazzone abbastanza alto, ad occhio e croce di almeno quattro piani.

 

Quinn annuisce semplicemente, seguendo l’amica dentro al portone già aperto del condominio.

 

“Abita al secondo piano” le comunica con il solito tono saccente che ha quanto sa qualcosa che è certa la bionda non sappia, avviandosi con decisione verso le scale.

 

“Ma c’è un ascensore, qui” borbotta mestamente Quinn, già provata dalla fuga precedente, prima di venir letteralmente trascinata per un braccio da Rachel per quattro rampe di scale.

 

“Come fai ad essere così pigra?” chiede retoricamente la brunetta, dirigendosi immediatamente verso l’appartamento giusto con la sicurezza di chi conosce davvero bene il posto. Suona il campanello e bussa un paio di volte, voltandosi poi verso l’amica alle sue spalle non appena la sente schiarirsi la gola. “Cosa?”

 

“Quante volte hai detto che sei stata qui?” inarca con eloquenza un sopracciglio Quinn. C’è per caso qualcosa che non ha dimenticato di dirle?

 

Prima che Rachel abbia il tempo di rispondere o, per meglio dire, di svicolare dall’argomento come solo lei sa fare, la porta dell’appartamento si spalanca e la figura massiccia di Noah fa capolino.

“Buon pomeriggio, ragazze” le saluta con un sorriso, prima di farsi da parte. “Prego, entrate”

 

“Permesso” fanno all’unisono, entrando nell’appartamento. C’è una specchiera, proprio di fronte alla porta, che fa anche da attaccapanni.

 

Quinn si osserva incuriosita intorno, seguendo la sua deformazione professionale e notando immediatamente una bambina seduta ad un grande tavolo alla sua destra. Alza la mano, sorridendo quando la piccola risponde al suo saluto.

Il soggiorno è abbastanza grande e fa anche da sala da pranzo e da cucina. Alla sua sinistra c’è un divano enorme e un televisore della generazione precedente a quelli piatti.

 

“Jake è in camera sua, ti sta aspettando” fa Noah a Quinn, dopo essersi chiuso la porta alle spalle ed aver raggiunto le ragazze. “Io stavo … uhm, aiutando mia sorella a fare i compiti” mormora, quasi in imbarazzo, indicando la bambina.

 

“Volete una mano?” gli sorride Rachel, che nel frattempo ha raggiunto la sorella di Noah per regalarle un bel abbraccio.

 

“Mi farebbe molto piacere” ammette il ragazzo, ricordandosi poi il motivo della loro visita. “La stanza di Jake è di là, è la prima a sinistra. Fai pure come se fossi a casa tua”

 

Quinn rivolge una lunga occhiata a Rachel, che però questa non coglie, prima di annuire ed avviarsi verso l’unica porta del soggiorno.

Davanti a lei si apre un corridoio piuttosto lungo ma stretto e, come le ha detto Noah, si rivolge verso la sua sinistra.

 

La porta della stanza è aperta e può vedere Jake sdraiato sul materasso più basso di un letto a castello, intento a leggere un libro con le cuffiette nelle orecchie.

Bussa, per educazione e per farsi sentire, sorridendo al ragazzo quando questi si accorge di lei.

“Permesso?”

 

“Entra pure” farfuglia, togliendosi velocemente le cuffiette e sistemando iPod e libro più in fretta che può. “Ehm … ciao” mormora, vagamente in imbarazzo,

 

“Ciao a te. Come andiamo?”

 

“B-bene, grazie”

 

Jake Puckerman le è sembrato fin da subito un ragazzo molto educato, gentile e piuttosto introverso. Nonostante il poco tempo che ha avuto per conoscerlo, ha avuto modo di confermare le sue impressioni iniziali, sviluppando rapidamente ed inaspettatamente una sorta di affetto ed istinto protettivo nei suoi confronti.

Ad esempio, con tutte le altre persone che sono venute da lei per ‘denunciare’ qualche atto di bullismo è stato sufficiente una chiacchierata per scrivere un articolo. Con lui, invece, vuole essere sicura che sia tutto a posto.

 

“Allora …” inizia, cercando di rompere il ghiaccio “… io ho trascritto al meglio delle mie possibilità quello che ci siamo detti. Vorrei che lo leggessi e che mi dicessi cosa ne pensi”

Anche questo, per lei, è inusuale.

 

“Ok”

 

“Bene” sorride Quinn, prendendo fuori dalla tracolla il proprio portatile. Si appoggia al primo piano solido che trova, una scrivania, e lo accende. Fatto questo, apre la cartella con tutti gli articoli che ha scritto e apre quella relativa a Jake, porgendo poi il suo computer al ragazzo. “Ecco qui. Vorrei che fossi totalmente sincero riguardo quello che ho scritto. Qualsiasi cosa non ti piace, io la cambierò”

 

Mentre Jake legge, Quinn ne approfitta per guardarsi intorno. La camera, grande più o meno quanto la sua, ospita quasi sicuramente entrambi i fratelli. Ci sono diversi libri appoggiati alla scrivania, un computer, una Xbox, una pila di giochi –più o meno una decina, forse meno- e un paio di joystick.

 

Sa molto poco di loro a dire il vero, la maggior parte delle cose grazie ai racconti di Rachel. Sa che non se la passano benissimo economicamente, ed effettivamente l’appartamento sembra troppo piccolo per il numero di persone che ospita. Oltre ai tre fratelli, infatti, vivono in questa casa la madre di Noah e la madre di Jake –sono fratelli visto che hanno lo stesso padre, uno stronzo che li ha abbandonati, tra l’altro.

Sa che frequentano assiduamente la Sinagoga, praticamente ogni volta che ne hanno la possibilità, e che sono molto attivi nel centro ricreativo ebraico del Rabbino Menz. 

 

“Io l’ho trovato … uhm … molto … profondo” mormora Jake, facendo voltare Quinn verso di lui.

 

“E sei d’accordo con quello che ho scritto?” chiede, incoraggiante.

 

“Sì, pienamente” sospira Jake, evitando lo sguardo della ragazza. “Quando mi chiamano oreo, toast leggermente bruciacchiato o … che ne so, cappuccino kosher … loro non capiscono che è orribile sentirsi tante cose, ma non appartenere a nessuna”

 

“Ti posso capire” cerca di fargli forza, appoggiandogli una mano sulla spalla. “Posso mettere questo articolo nella prossima edizione del mio giornalino?”

 

“Certo” annuisce con vigore Jake, prima di esitare un attimo. “Posso chiederti una cosa, però?”

 

“Tutto quello che vuoi”

 

“Perché continuare? Insomma, ora non hanno più motivi per coprirti di granita. Perché dargliene un altro?”

 

Quinn non ci mette più un secondo a rispondere per il semplice fatto che ora conosce meglio sé stessa di una settimana fa.

“Perché qualcuno deve dare voce a chi non ha la possibilità di parlare. E a me piace farlo più di qualsiasi altra cosa al mondo”

 

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“Fammi un sorriso. Oppure dimmi cosa c’è che non va. A te la scelta”

 

Le guance gli si imporporano immediatamente di rosso mentre distoglie lo sguardo dalle iridi color miele del ragazzo che gli è seduto di fronte.

“Smettila, Blaine

 

“No che non smetto” borbotta Blaine Anderson, il leader del Glee club del McKinley, allungando una mano sul tavolo per appoggiarla su una delle sue. “Sei strano e se nemmeno un dolcetto al miele e un latte scremato del Lima Bean riescono a tirarti su, io non so davvero cosa fare”

 

Kurt arrossisce di più, se possibile, osservando la propria mano intrecciata a quella dell’altro. È quasi tentato dal lasciarla lì, se non fosse per il fatto che si trovano in un bar piuttosto frequentato e non può permettersi alcun tipo di rischio. 

“Non sono strano, sono solo preoccupato per Brittany” mormora, ancora in imbarazzo, ritraendo rapidamente la mano ed appoggiandola sulla propria gamba, lontana dalla grinfie di Blaine.

 

“Si è stancata di farti da ragazza di copertura?”

 

“Abbassa la voce!” sibila Kurt, dopo essere rimasto un attimo interdetto dall’innocenza con cui ha pronunciato quelle parole. “Sei impazzito?”

 

Una delle cose che meno sopporta di Blaine è questa sua natura inclinazione alla noncuranza. Sembra davvero vivere in un mondo tutto suo e, come è appena successo, dimentica che c’è un motivo se ha una relazione fittizia con Brittany e se loro due si vedono di rado e quasi mai in pubblico.  Spesso si comporta in un modo così senza senso che ogni volta Kurt è tentato dal chiedergli se per caso sia stupido.

Ma … sì, ci sono parecchi ma che giocano a suo favore.

 

“Scusami” borbotta Blaine, mettendo in mostra l’espressione da cucciolo bastonato che fa parte delle frecce nella sua faretra di essere con cui è impossibile stare arrabbiati più di dieci minuti. “Pensavo fosse per quello”

 

“No, non riguarda quello” mormora Kurt, il tono di voce molto più rilassato. “Riguarda il fatto che ha abbandonato il club di dibattito e ora dirige il nuovo giornalino”

 

“Quale giornalino?”

 

Come volevasi dimostrare.

“Quello di Quinn Fabray” risponde, con un sospiro, dopo aver rotato gli occhi al cielo. “Lo sai che il Preside l’ha espulsa dal vecchio giornalino ed ora ne hanno creato un altro, vero?”

 

Blaine ci pensa un po’ su prima di farfugliare un disarmante “Veramente no”

 

“Beh, ora lo sai” sospira ancora Kurt. La cosa buffa è che continua a sorprendersi ogni volta che lo fa, nonostante ormai sappia perfettamente che tutto ciò che circondi Blaine gli è estraneo, musica a parte. “Il fatto è che a Brittany piaceva il club di dibattito e … uff, sono molto preoccupato per le decisioni che sta prendendo”

 

“Non capisco una cosa” rimugina Blaine, sorseggiando il suo cappuccino. “Perché ha lasciato il club di dibattito se le piaceva?”

 

“Le hanno chiesto di farlo e non ha potuto dire di no” sospira Kurt, riflettendo ad alta voce senza però sviscerare l’argomento nella sua totalità. Quasi sicuramente sarebbe fiato sprecato. “Solo che queste scelte hanno tutte un prezzo e non so se lei sia in grado di portarne avanti il peso ancora per molto”

 

“Gliene hai parlato? Brittany non mi sembra una persona che non ascolta i consigli altrui, soprattutto se vengono da te” spiega con tutta la sua semplicità di cui è capace, concludendo il suo discorso con un sorriso fiducioso.

 

Kurt ricambia quel sorriso istantaneamente, rifugiandosi poi nel suo latte scremato non appena la situazione diventa troppo fraintendibile ad un occhio esterno.

“L’ho fatto diverse volte, in effetti. Il problema è che lei rimane convinta che non ci sia altro modo per raggiungere il suo grande obiettivo. La ammiro per la sua forza, lo sai, ma la mia paura è che la sua caparbietà la porti a dimenticare la parte migliore di lei, quella dolce ed umana”

 

“Se non ascolta te che sei il suo ragazzo …” si prende una pausa, facendogli l’occhiolino per farli vedere quanto stavolta sia stato bravo a reggere il gioco “… chi potrebbe ascoltare?”

 

“Una persona effettivamente c’è” mormora Kurt, abbassando lo sguardo al tavolino per la consapevolezza di quanto sia difficile quello che ha in mente di fare. “Al momento, però, sono sicuro al cento percento che non sia disponibile ad aiutarla”

 

“Se questa persona vuole bene a Brittany, non c’è indisponibilità che tenga. Se ci tiene, ci tiene” fa Blaine con una certa sicurezza che fa sorridere Kurt. “Almeno, io la penso così”

 

“Lo terrò a mente”

 

L’unica persona in grado di influenzare Brittany così tanto da farle dubitare delle proprie decisione pur non parlandole da almeno due anni c’è davvero. Santana Lopez, la Cheerio e solista del Glee club diventata Skank dal giorno alla notte senza apparenti motivazioni valide.

 

Il suo timore più grande non è addentrarsi nel territorio delle Skanks e rischiare di essere mangiato vivo, cosa comunque umanamente comprensibile, quanto la quasi certezza che Santana non solo non aiuterebbe Brittany se glielo chiedesse ma le darebbe addirittura addosso.

 

Non ha la minima idea di quello che è successo tra quelle due visto che la sua ‘ragazza’ non ha mai voluto dirgli niente, eppure così tanto odio può essere motivato solo da un rapporto davvero forte ed intenso finito poi nel peggiore dei modi.

 

“Sei così tenero mentre ti preoccupi per lei, sai?”

 

Kurt si muove appena sulla sedia, cercando di trovare le parole per esprimere la strana sensazione che gli ha preso lo stomaco non appena ha abbandonato il groviglio dei suoi pensieri per incastonare le sue iridi azzurre in quelle chiare di Blaine.

 

“Ti bacerei qui, ora, se solo potessi” continua il leader del Glee, la testa appoggiata su una mano e il tipico sguardo perso che lo contraddistingue in molte occasioni.

 

“B-blaine-”

 

“Lo so, lo so” lo interrompe lui, anticipando le sue potreste. “Volevo solo che lo sapessi”  

 

Potrà anche non essere il ragazzo più sveglio del mondo o quello più attento a ciò che gli succede intorno, ma Blaine Anderson ha sicuramente abbastanza pregi da aver fatto dire a Kurt, per la prima volta in vita sua, ‘mi sono innamorato’.

 

Nonostante questo e nonostante il netto miglioramento della sua vita da quando Blaine è entrato a farne parte, esistono decine e decine di motivi per cui nessuno può sapere di loro.

 

C’è però una sola persona che permette loro di godersi anche una sola serata di intimità alla settimana, una sola persona che l’ha aiutato nel momento del bisogno e continua a farlo senza chiedere nulla in cambio: Brittany.

 

Quanto può valere un morso di una Skank inviperita e fuori controllo o una serie di fantasiosi insulti di Santana in confronto della felicità che lei ha contribuito a portargli?

Nulla.

 

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Essere un adolescente di questi tempi è dura. Molto, molto dura.

 

Il problema principale, oltre alla totale assenza della benché minima traccia di voglia di studiare ed una quantità spropositata di ormoni impazziti in circolo nell’organismo, è costituito dalla difficoltà di creare veri rapporti di amicizia.

 

“Non si può andare avanti così” sbuffa, abbandonando il joystick della sua Xbox sulla scrivania e rivolgendo le sue attenzioni sul computer.

 

Se i tuoi amici ti dicono di trovarsi alle 18.30 online era una partita ad Halo e alle 18.46 nessuno si è ancora fatto vivo, come si fa a mantenere la calma?

 

Scuote il capo per la frustrazione, aprendo Internet Explorer ed accedendo alla sua pagina Facebook. Apre la chat, esalando una specie di grugnito quando vede che nessuno dei suoi amici è connesso.

 

Ed ora?

 

Sposta il suo sguardo alternativamente dallo schermo del televisore che mostra il menù principale di Halo al monitor del computer, aperto sulla home di Facebook.

Potrebbe fare una bella partita da solo mentre aspetta gli altri, non dovrebbe poi metterci troppo, oppure gironzolare sul sito più impiccione della storia dell’umanità e vedere cosa si dice in giro, facendosi un po’ dei fatti degli altri.

Un’altra scelta bella tosta, non c’è che dire.

 

Alla fine opta per aspettare gli altri su Facebook.

Dopo aver controllato di nuovo se ci sia qualcuno in chat inizia a scorrere la rotella del mouse verso il basso, leggendo di sfuggita i post dei suoi amici virtuali.

Qualcuno condivide canzoni, qualcuno post filosofici alla ricerca di un paio di mi piace, qualcuna … oh, beh, qualcuna posta foto di sé in bikini o in atteggiamenti provocanti, sempre ovviamente per avere qualche mi piace. Non che la cosa gli dispiaccia, comunque.

 

Un paio di post più sotto, la sua attenzione viene catturata da qualcosa di particolarmente bizzarro.

Un certo ‘Joseph Hart’, un tale senza immagine del profilo che chissà per quale motivo ha tra gli amici, ha condiviso il link per un sito chiamato ‘The dark side of McKinley’, accompagnandolo con un lunghissimo ‘hahahahahaha’ e una faccina sorridente.

 

“Che cavolo è?” borbotta tra sé e sé, piuttosto incuriosito. Cosa c’è di meglio di un sito sconosciuto quando si ha del tempo da perdere?

Controlla ancora una volta se per qualcuno abbia deciso di farsi sentire prima di cliccare sul link per aprire la nuova pagina.

 

Sullo schermo compare un pagina bianca con i bordi rossi e, in alto, la scritta ‘The dark side of McKinley’. Poco sotto c’è uno spazio vuoto dove campeggia la didascalia ‘Inserisci il testo’ e, ancora più un basso, compiano diversi commenti.

 

“Anche se è un po vecchia, una botta alla coach Holliday ce la darei volentieri” legge ad alta voce, ridacchiando dopo qualche secondo di attenta riflessione. Non tanto per la forma sgrammaticata, quanto per il fatto che, in effetti, anche lui la pensa così. Vicino al commento ci sono due pollici, uno rivolto verso l’alto e uno abbassato, e un numero -8-preceduto da un più. “Funzionerà più o meno come YouTube” mormora tra sé e sé, cliccando sul pollice in alto. Automaticamente, il +8 diventa +9.

 

“Figgins ha così tanta autorità nella scuola che, quando deve firmare una circolare, chiede prima il permesso”

Si lascia scappare una risata forzata, rendendosi conto di non averla capita. La rilegge un paio di volte salvo poi, dopo aver visto che il commento ha solo due pollici in alto e quindi non è colpa sua se non riesce a coglierne il lato umoristico, passare a quello dopo.

 

Ce ne sono in tutto otto, alcuni molto divertenti altri meno.

Quasi per sbaglio, mentre scorre il sito verso l’alto, clicca su ‘Inserisci il testo’ e apre una nuova schermata.

“Benvenuti su ‘The dark side of McKinley’. Siete stanchi anche voi di leggere il pattume de ‘L’Impiccione’ e siete già sicuri che il nuovo giornalino scolastico farà schifo? Bene, anche noi. Perché allora non condividere da soli e in forma del tutto anonima le cose che davvero ci interessano e che non possiamo/vogliamo dire ad alta voce? Non serve nemmeno iscriversi! L’unica cosa che ti chiediamo, gentile utente, è condividere il link del sito su Facebook, Twitter o qualsiasi altro social network in modo da farci crescere … non è per niente una cosa stupida” mormora di nuovo ad alta voce, un sorriso sghembo sul volto. Clicca su ignora alla domanda ‘Hai letto il nostro regolamento?’ e, piuttosto soddisfatto di sé, copia l’url del sito.

 

Torna su Facebook e spamma il link in chat a tutti i suoi amici online, aggiungendo anche di ‘andare a dare un’occhiata’ perché è un sito divertente.

 

Da qualche parte, in una villa altolocata del quartiere bene di Lima, Mike Chang sta stappando lo spumante per festeggiare la vittoria.  

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Chiedo scusa, non sono riuscito a fare il miracolo. In compenso, farò di tutto per pubblicare il prossimo entro domenica in modo da mantenere la media di un capitolo a settimana!

 

Oltre a ciò … beh, ormai stiamo per entrare nel vivo. I fili sono tesi, non rimane che tirarli e far muovere i burattini :D

 

Per dovere di cronaca, devo dire un paio di cose:

1. Dottie Kazatori è la schiavetta asiatica di Tina nella quarta stagione;

2. Daniel Bolton è un personaggio di mia invenzione che non avrà alcun ruolo rilevante durante la storia, è un semplice riempitivo numerico;

3. Joe Hart, il nostro povero e piccolo Joe, è un profilo fake di Mike. Lo so, è triste, ma per usare un personaggio devo avere un minimo di storyline e, visto che rasta man non ne ha, non potevo fargli fare alcun ruolo;

4. Il ragazzo che gioca all’Xbox nell’ultima parte del capitolo è uno dei personaggi originale di Glee che non comparirà mai più nel resto della storia. Perché? Perché lo odio. E non penso sia impossibile capire chi sia.

5. Come vi sembra Blaine? È la prima volta che scrivo di lui, per il semplice fatto che non lo reggo, assolutamente per nulla, quindi vorrei sapere che ne pensate. Sono stato indeciso fino all’ultimo se inserirlo o meno ma, alla fine, non avevo altri personaggi da inserire.

 

Bona, non mi viene in mente altro. Se però a voi sorge qualche domanda, potete tranquillamente chiedere. Risponderò più che volentieri.

 

Per il resto mi sembra doveroso ringraziare chi commenta, chi legge, chi ha inserito la storia nei preferiti, seguiti, da ricordare. Grazie mille!

 

Spero a presto!

Pace. 

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Capitolo 6
*** Lezione 5. L’informato può anche essere informatore ***


Lezione 5. L’informato può anche essere informatore: internet e la nuova frontiera della condivisione di notizie.

 

 

Esistono tante cose capaci di colpirti all’improvviso e buttarti giù, sia letteralmente che metaforicamente parlando.

 

Tra tutte, probabilmente il tradimento è la peggiore perché, oltre all’impossibilità di prevederlo, viene perpetrato da coloro che dovrebbero esserti fedeli.

 

Fedeli compagne di squadra, nel caso di Marley Rose.

Ragazze di età compresa tra i diciotto e i quindici anni con cui ha condiviso per anni allenamenti, vittorie, camping estivi, pranzi, feste e che considerava amiche sincere.

Persone gentili e simpatiche che ha ascoltato, fatto ridere, istruito usando più il bastone che la carota ma sempre con il fine ultimo di fare il loro bene.

 

Ed ora?

 

Da un paio di minuti è bloccata sulla soglia della porta dello spogliatoio femminile, la bocca spalancata e la gola stretta in una morsa che le rende faticoso respirare. Motivo?

Ogni armadietto è tappezzato di fotomontaggi della sua testa sul corpo di una donna obesa e di foto di sua madre. Il che vuol dire solo una cosa: loro sanno.

 

“C-come … voi …” balbetta incoerentemente, paralizzata dal terrore provocato dal semplice riemergere dei ricordi di cosa le è successo le altre volte.

I suoi occhi azzurri si spostano spaventati da un volto all’altro ma, in ognuno di essi, non trova altro che derisione.

 

“Sai, ho sempre pensato che tu fossi la classica persona che si ficca due dita in gola per essere la più in forma di tutte” la schernisce Aubrey, la sua biondissima vice head, emergendo dal gruppo di Cheerios che le si sono radunate davanti. “Non pensavo certo che lo facessi per non diventare come lei

 

Avrebbe dovuto aspettarselo da Aubrey visto che non le ha mai nascosto la sua invidia per il titolo che le ha strappato con merito nonostante sia più giovane di un anno.

Le altre, invece … eppure sono lì, una vicina all’altra, con qualcosa che riconosce perfettamente in mano.

 

“Sei stata bravissima a mascherarlo per tutto questo tempo. Però qualcuno ti ha sgamata. E io, con questi occhi, ti ho vista mentre ti facevi scaricare da tua madre addirittura a due quartieri da qui” afferma puntandosi l’indico destro sotto l’occhio. Intorno a lei, le altre annuiscono compiaciute.

 

Marley si lascia trascinare dagli eventi senza ribattere o difendersi. Non vale nemmeno la pena provare. È condannata, è finita. E l’unico pensiero che riesce ad elaborare la sua testa è un’unica e semplice preghiera ‘Non di nuovo, per favore. Non di nuovo, per favore

 

“Ci hai punite per ogni stronzata, per ogni piega nella divisa, minuto di ritardo agli allenamenti o dolce mangiato di nascosto. Ora basta, non sei più intoccabile. Il tuo regno del terrore finisce qui”

 

“È finita!” urla qualcuno alle spalle di Aubrey, prontamente zittita dal resto del gruppo.

 

“Hai presente quando aspetti tanto un momento e poi quando arriva … puff, ti sembra che non ripaghi minimamente l’attesa. Beh, non è questo il caso!”

 

Crolla in ginocchio non appena la prima granita le arriva addosso. È stanca, all’improvviso, e le gambe non la reggono più. Tutti gli anni che ha speso per costruire la propria immagine, la fatica che ha fatto per mantenere il segreto … svaniti. Ogni cosa è svanita in meno di un secondo.

 

“Vorrei passare l’anno che mi rimane in questa topaia a torturarti sfruttando le tue debolezze come hai fatto con noi però, in fondo, è anche merito della tua voce se abbiamo vinto gli ultimi due campionati nazionali”

 

Potrebbe continuare ad insistere per un’altra ora, Marley non risponderebbe comunque.

La sua mente è troppo occupata a riesumare i ricordi dei ragazzini che l’hanno tormentata per anni con i loro ‘Figlia di balena!’, ‘Come mai tua mamma non ti ha ancora mangiata?’, ‘Come hai fatto a non morire schiacciata quando eri piccola?’, ‘Diventerai come lei, cicciona!’ ed affini, per ascoltare la ridicola scenetta di Aubrey.

 

Sta anche tremando, di certo non è colpa del ghiaccio che attraversa il tessuto sottile di poliestere e scende lungo la pelle.

Con che coraggio andrà a casa a dire a sua madre che è successo di nuovo?

 

“Facciamo così. Tu lascerai le Cheerios subito e noi, in cambio, ti facciamo la solenne promessa che non ti umilieremo tutti i giorni” ridacchia Aubrey, incarnando perfettamente l’immagine di una persona che si sta godendo la propria vendetta. Si rivolge poi alle sue compagne di congiura. “Che ne dite? Facciamo una volta alla settimana? Giusto per non farle dimenticare quello che ci ha fatto?”

 

Un boato di approvazione si leva dal fondo dello spogliatoio e raggiunge le prime file come un'onda che si prepara ad investirla.

 

“Sei appena stata ufficialmente sollevata dal tuo incarico di capo cheerleader. Addio, Marley Rose”

 

Aubrey è la prima a superarla, appoggiandole una mano tra i capelli appiccicosi come si fa con un cagnolino che è stato particolarmente bravo.

Dopo di lei, una alla volta sfilano le altre Cheerios, riversandole addosso, oltre che lo slush dei loro bicchieri, l’enorme mole di frustrazione che hanno covato dentro di loro a causa sua.

Da un certo punto di vista, per Marley è molto meglio così. Il ghiaccio fa appena il solletico se paragonato a quanto possano ferire le parole.

 

L’ultima granita l’ha colpita da qualche minuto ormai quando sente distintamente il rumore di scarpe che schiacciano lo slush che ricopre il pavimento. C’è ancora qualcuno nello spogliatoio.

 

Si passa velocemente le mani sugli occhi, cercando di ripulirli al meglio delle sue attuali possibilità.

Pizzicano un sacco e, non appena prova ad aprirli, è costretta a richiuderli immediatamente per il bruciore. Tuttavia non demorde. Deve sapere chi è l’ultima, quella che ha aspettato per infierire. È l'orgoglio quello che la sta guidando in questo momento.

 

“Chi sei?” farfuglia, sputacchiando colorante e ghiaccio.

 

“Rachel”

 

Il suo corpo, fino a questo momento teso come la corda di un violino, si rianima improvvisamente. Si rimette in piedi, ignorando anche il male alle ginocchia.

La vista è ancora abbastanza sfuocata ma può vedere chiaramente le figura della ragazza che più di tutte ha tormentato in piedi di fronte a lei, qualcosa di indistinto in mano.

“Avanti, fallo”

 

Esistono tante cose capaci di colpirti all’improvviso e buttarti giù.

 

Stavolta non sono tradimenti o atti di bullismo, umiliazioni o schiaffi roventi.

Stavolta è un asciugamano che viene porto con gentilezza e una voce squillante, nonostante un leggero tremolio, che sussurra “Mi dispiace, so come ci si sente”

 

Da qualche parte dentro di sé, Marley riesce a trovare la forza di aspettare che Rachel sia uscita dallo spogliatoio prima di crollare.

 

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“Hai scoperto qualcosa su questo sito?”

 

Nell’ultima settimana al McKinley, parallelamente alla frenetica corsa all’ultimo voto per la scelta dei rappresentanti degli studenti, era scoppiata una nuova moda: condividere su Facebook o su Twitter le storielle divertenti riguardanti la scuola contenute nel sito ‘The dark side of McKinley’.

 

Lì per lì Santana non ci aveva neppure fatto caso nonostante l’insistenza di Sugar nel farle leggere ogni singolo ‘segreto’. Il fatto è che all’inizio la maggior parte di quelle storielle riguardava cavolate da adolescente in preda ad una crisi ormonale.

I ‘Mi farei questa, questo, quella, quello’ e così via si sprecavano e, di conseguenza, alla skank quel sito non poteva interessare di meno.

 

Poi però qualcuno aveva pubblico qualcosa riguardo a Marley e su quanto si vergognasse dell’obesità di sua madre, tanto addirittura da farsi lasciare ad un paio di quartieri di distanza dalla scuola pur di non farsi vedere in sua compagnia.

 

Negli ultimi giorni a quella ‘condivisione’ anonima ne sono seguite altre finché oggi non è successo quello che è successo durante l’allenamento delle Cheerios.

Cose troppo succulente per non attirare definitivamente l’attenzione di Santana Lopez.

 

 

“Nel messaggio di benvenuto si parla di noi, quindi possiamo dedurre che ci siano più persone dietro” le risponde Sugar, facendo scorrere lo zippo contro i suoi jeans per accenderlo e poi spegnerlo subito dopo. “O forse no, magari è un depistaggio. Inoltre nel regolamento c’è anche un riferimento ad un moderatore, dato che si dice chiaramente che ‘prima di essere pubblicati, tutti i commenti saranno sottoposti a controlli per evitare un eccesso di volgarità o possibili diffamazioni’”  

 

“Tutto qui?” mormora Santana, una punta di delusione nella voce, prendendo un tiro dalla sigaretta che regge nella mano sinistra.

 

“Ci sono forti probabilità che il primo ad aver condiviso un commento su un social network sia anche in qualche modo legato al creatore” aggiunge immediatamente Sugar, quasi indispettita dal tono dell’amica. “Peccato che per gli utenti non ci sia modo di scoprire quante volte ogni commento sia stato condiviso e quando, quindi è una ricerca manuale da fare sul profilo Facebook o Twitter o Tumblr di ogni singolo studente della scuola”

 

Troppo lungo. Lei ha bisogno di sapere subito.

“Beh, qualcuno questo sito deve averlo pur creato, no?” nota la skank, usando la mano libera per stuzzicarsi il piercing al labbro. “Che ne dici? Non mi sembra una cosa alla portata di tutti. Si potrebbe partire da lì”

 

“Ignorando il fatto che qualcuno potrebbe esserci arrivato per cultura personale o chiedendo ad un amico estraneo al McKinley …” mormora Sugar, facendole notare nemmeno troppo velatamente quanto sia un’idea stupida “… la ricerca si ridurrebbe al club di informatica ed ai senior. Non proprio cinque o sei persone, eh”

 

Santana inarca il sopracciglio, scambiando con l’amica uno sguardo scettico. “Io sono una senior e non lo so fare”

 

“Non so cosa dirti” scrolla le spalle la ragazza dai capelli castani senza alzare lo sguardo dai proprio jeans. “Creare un sito è il test di fine terzo anno degli iscritti alle lezioni di informatica e visto che è un insegnamento obbligatorio ...” lascia in sospeso la frase in maniera tattica, sogghignando sotto i baffi.

 

Sugar sa benissimo infatti che Santana quel test non l’ha fatto o, meglio, l’ha consegnato al professore ma senza averci mai messo mano. E il motivo per cui lo sa è che glielo fece lei.

Nessuno prende in giro i suoi metodi d’indagine.

 

La latina rimugina un secondo, prendendo tempo portandosi la sigaretta alle labbra come fa sempre quando vuole cercare di controllarsi. Solo che non ha nessun modo di ribattere.

“Ok, è la mia idea è stupida e non porta da nessuna parte” sbuffa, ravvivandosi il ciuffo. “C’era bisogno di prendersela così tanto?”

 

Arriva all’improvviso, proprio durante le risate di scherno di Sugar e nel momento in cui ha scollegato il cervello, l’illuminazione che ha cercato disperatamente negli ultimi tre giorni.

È una specie di flashback in diretta, un ricordo cronologicamente nemmeno troppo lontano nel tempo e abbastanza importante che però ha dovuto accantonare nell’ultima settimana per questioni di priorità.

 

Si blocca, fissando il vuoto, mentre le labbra le si incurvano autonomamente in un sorriso vittorioso.

“Ho avuto un’intuizione, Sugar” mormora stranamente tranquilla, sforzandosi in realtà con tutta sé stessa di non esplodere la propria soddisfazione in maniera tutt’altro che discreta. “Conosco qualcuno che stava tramando qualcosa, che ha i mezzi per creare un sito e soprattutto ha pure il movente

 

Sugar, seduta a gambe incrociate a terra, abbandona finalmente il suo adorato zippo e, impregnata di curiosità, degna finalmente la latina di uno sguardo in volto.

 

Prima che Santana riesca ad aprire di nuovo bocca per spiegarle ciò che ha ricordato, un urlo particolarmente acuto proveniente dalle spalle della skank la obbliga ad interrompersi.

“Santana Lopez!”

 

La skank si volta nonostante sappia già di chi si tratti –solo una persona in tutta la scuola ha una voce così-, fulminando con le sue iridi scure il ragazzo con la letterman dei Titans e il ciuffo castano che si sta avvicinando verso di loro a passo svelto.

“Dimmi che non è quella parodia di un giocatore di football” sibila rivolgendosi a Sugar con un tono abbastanza alto da farsi comunque sentire da lui. 

 

“Ehi! Ti ho sentita!”

 

Santana ruota gli occhi verso l’alto, scocciata, voltandosi di nuovo verso l’amica che è già scattata in piedi, pronta a sparire alla velocità della luce. “Ne parliamo dopo, ok?”

Attende che Kurt Hummel sia abbastanza vicino per rivolgersi a lui, un’espressione che promette battaglia dipinta sul volto.

“Per favore, potresti smettere di strillare? La tua voce è già abbastanza fastidiosa al naturale, fidati”

 

“Sempre dolce come una bustina di veleno” commenta lui, scuotendo appena il capo. “Ho bisogno di parlarti di una cosa”

 

Santana, mettendo in mostra una notevole abilità recitativa, finge di pensarci su, salvo poi esclamare un sentito “No, non sembreresti etero nemmeno se ti vedessi fare sesso con una donna nell’atrio e , il mio gay radar continua ad impazzire ogni volta che mi cammini a meno di cento metri”

 

Questi due senior non si conoscono poi così bene, hanno poche lezioni in comune e zero attività extrascolastiche condivise –cosa piuttosto ovvia visto che Santana non fa parte di alcun club.

 

Santana, però, non lo sopporta lo stesso e non perde mai occasione di pizzicarlo, soprattutto dopo aver scoperto che la sessualità per Kurt è davvero un nervo scoperto.

Non è nemmeno difficile capire il perché di questo astio. Lui può fare una cosa che, nonostante l’odio e la rabbia, Santana vorrebbe fare con tutta sé stessa.

 

“Puoi ascoltarmi un solo secondo?” tenta di riprende il discorso Kurt, non trattenendo però dal commentar in maniera pungente. “Poi prometto che resto un’ora intera ad ascoltare le tue buffonate. Lo giuro-”

 

“Sulla tua collezione di PlayMacho?” ghigna Santana in un innocente sfarfallio di ciglia.

 

Il kicker della squadra di football si massaggia la fronte per mantenere la calma, cosa che non gli riesce quasi mai con la skank nei dintorni. “Non hai intenzione di ascoltarmi, vero?”

 

“Sono così palese?” mormora ancora con ironia la latina, facendo addirittura sfoggio di un broncio. “Cavolo, devo allenarmi ad essere più sottile”

 

C’è una sola cosa che può far smettere Santana e farla rimanere in silenzio il tempo sufficiente per riuscire a spiegarle cosa c’è che non va. E Kurt la conosce bene.

“Riguarda Brittany”

 

Come da programma, la skank si irrigidisce all’istante. Abbassa lo sguardo, solitamente fisso negli occhi dell’avversario di turno per intimidirlo, lasciando cadere a terra la cicca ormai terminata per prenderne subito un’altra dalla tasca dei pantaloni aderentissimi.

“Ti manda lei” commenta, abbastanza piatta da sembrare disinteressata, dopo un tiro di sigaretta.

 

“No. Però c’entra con il motivo per cui ti ho cercata. Sono molto preoccupato per lei” ammette Kurt, quasi contento di essere finalmente riuscito a parlarle. “Come te, del resto”

 

“Oh, sì, ancora una volta mi hai beccata” ringhia, stavolta con molta rabbia e poca ironia. Non ha la minima voglia di finire in una discussione del genere, specialmente se la controparte nella conversazione è lui. “Non ci dormo letteralmente la notte … Kurt, fatti un favore. Lascia perdere”

 

“Io non so cosa sia successo tra voi due e non ho nemmeno intenzione di scoprirlo” inizia cautamente il ragazzo, facendo istantaneamente inarcare un sopracciglio a Santana. “Però ti posso dire quello che so. Che a te freghi o meno, Brittany sta soffrendo tantissimo per quello che è obbligata a fare. E, che a te freghi o meno, sei ancora la persona a cui dà più retta”

 

La skank annuisce un paio di volte, evitando accuratamente le iridi azzurre di Kurt. Di solito è brava a fingere ed a mascherare le proprie sensazioni dietro ad una cortine di pungente sarcasmo e indiscriminata irritazione. Quando c’è di mezzo lei, però …

“Su una cosa hai perfettamente ragione. Non me ne potrebbe fregare di meno”

 

“Lo capisco-”

 

“No, tu non capisci” riprende Santana, impedendo a Kurt di dire una sola parola. “Lei è così da sempre. Fa una cosa, piagnucola, se ne frega delle conseguenze e tira dritta per la sua strada. Spero che tu te ne accorga prima di essere lasciato indietro come ha fatto con me ed altre dieci persone prima di te”

 

Non appena si rende conto di ciò che ha detto, la skank si rifugia dietro la sua solita sigaretta. Si porta anche il braccio libero al petto, forse in un irrazionale gesto di difesa. Fa male anche solo pensarci ma, bontà sua, Kurt è abbastanza dotato di tatto o abbastanza intelligente da non infierire.

 

“Quando vi siete scontrate nei corridoi si è sentita malissimo” fa infatti dopo qualche istante di incertezza. “Mi ha chiesto una trentina di volte se secondo me fosse una brutta persona”

 

Santana si morde la lingua prima di lasciarsi andare ad un malinconico ‘Lo faceva anche con me’. Ancora una volta prende un tiro, gli occhi che si muovono in ogni direzione tranne che davanti a sé.

“Immagino tu le abbia risposto di sì. E che, dopo averti fatto un sorriso, non abbia più tirato fuori l’argomento” attente che l’espressione sicura sul volto di Kurt si mascheri in una decisamente spaesata prima di riprendere. “Già, la conosco meglio di te a quanto pare. Non è intelligente solo perché ha un QI alto o perché non sbaglia mai un testa a scuola” gli fa in maniera piuttosto sibillina, lasciando cadere a terra l’ennesima cicca e schiacciandola con i pensanti anfibi. “Ti conviene stare più attento

 

Quando ormai si è già voltata per andarsene, convinta di aver sganciato la sua solita ‘dura verità spezza gambe’, una mano le si appoggia sulla spalla.

 

“Se devo farlo in ginocchio, lo farò” mormora Kurt alle sue spalle. Santana non si gira, ma comunque annuisce per fargli capire di andare avanti. “Ma ti prego, ti prego, parlale. Se le vuoi ancora bene come credo, non puoi permetterle di farsi così tanto del male”

 

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“Dimmi che non c’entri”

 

Rachel Corcoran che si arrabbia apparentemente senza motivo non è una novità per Quinn. Glielo ha visto fare tante di quelle volte che oramai è immune ad ogni sua scena madre, uscite melodrammatiche comprese.

 

Rachel che l’aspetta al termine delle lezioni e la trascina per un braccio in uno stanzino vuoto, iniziando poi a fissarla con astio e con le mani appoggiate ai fianchi per diversi minuti senza dire una parola invece lo è.

 

“Rach …” mormora Quinn, in un misto di confusione e apprensione “… cosa?”

 

“Dimmi che non c’entri con quello che stanno facendo a Marley”

 

Oh, quello.

La pubblica umiliazione, la caduta della Regina. L’unico rimpianto che ha riguardo al ‘grande avvenimento’ di cui tutti parlano è non avervi potuto assistere. Ovviamente questo Rachel è meglio che non lo sappia.

“Beh … io …” comincia, passandosi la mano tra i colti capelli della nuca “… ecco … diciamo di no

 

Rachel, però, non è la prima persona che passa.

“Ora dimmelo di nuovo” sibila, quasi al limite della rabbia. “Però senza balbettii. E guardandomi negli occhi” aggiunge, stringendo il mento di Quinn per tenerla ferma in modo da incastonare i suoi occhi nocciola in quelli più chiari della bionda. “Se scopro che mi stai dicendo una bugia, giuro sulla divina Barbra che non ti rivolgerò mai più la parola”

 

“Ok. la verità. Io … io non …” balbetta, facendo stringere a Rachel gli occhi in due fessure tanto sottili quanto minacciose “… hai ragione, niente balbettii. Io non ho nulla a che vedere con quello che hanno detto in giro di Marley”

Non è la verità, ma non è nemmeno una balla. È un’omissione di verità, ecco.

 

La Cheerioo la scruta per diversi istanti, cercando di cogliere qualche segno di bugia. Alla fine, comunque, sembra convincerci, tanto che lascia la presa e tira un grosso sospiro di sollievo.

“Meno male”

 

Le piacerebbe molto fermarsi qui, con Rachel contenta e la sua testa ancora attaccata al collo. Peccato che non possa semplicemente farlo. Deve sapere che in parte è anche colpa sua, per quanto sappia già in partenza che non approverà mai e, nel caso la cosa degenerasse, farebbe una delle sue scenate. Lo deve alla loro amicizia, semplicemente.

“C’è un ma” mormora, cautamente, facendo scattare immediatamente la brunetta sull’attenti. “Ti prego, non dare di matto. Lasciami spiegare, per favore”

 

Questo sarà mica quella cosa a cui stavi lavorando, vero? Quella … quella storia che mi hai raccontato tempo fa durante pausa pranzo”

 

“Sì” annuisce, affrettandosi ad alzare una mano non appena Rachel scatta verso di lei per tempestarla di urla.

“È difficile, ok? Perciò … ehi, smettila di usare il tuo sguardo ‘ti sto giudicando’” tenta di coprirle il volto, cosa che le rende difficile persino respirare al meglio. Ovviamente la brunetta le prende la mano e la tira verso il basso, fulminandola come solo lei sa fare.

Bene. Diciamo che ho involontariamente assistito ad un … uhm … lo definirei incontro sessuale tra due persone che teoricamente non dovrebbero conoscersi in quel modo. Per ora non posso farti i nomi”

 

Vede nitidamente Rachel combattere interiormente tra la voglia di sapere chi fossero quelle persone e l’intenzione di tirarle fuori tutta la verità. Alla fine, comunque, la brunetta sospira un poco convinto “Vai avanti”

 

“E ne ho parlato con una persona … di cui ovviamente non posso svelarti l’identità … che in maniera quasi del tutto autonoma è arrivata a quello per cui tu sei incazzata”

 

“Chi sono queste persone?” la fulmina Rachel ancor prima di essere riuscita a finire la frase.

 

“Non posso dirlo” sospira Quinn, ben sapendo quel che sta per succedere.

 

“Lucy Quinn Fabray! Non azzardarti!” le intima, puntandole un dito con tutta la carica teatrale di cui dispone. Normalmente avrebbe già ceduto da un pezzo. Stavolta, però, non può.

 

“Non posso, Rach. Nemmeno se ti arrabbiarsi a tal punto da decidere di non parlarmi per un mese. È una cosa che sicuramente finirebbe con il metterti nei guai e io non ho la minima intenzione di correre un rischio del genere”

 

“Ma-”

 

“Niente ma. Ti ho già raccontato troppo. Sappi solo che le ultime cose che sono uscite non dipendono da me. Ero troppo presa da me stessa e dal giornalino per preoccuparmene. Ho sbagliato, lo so, dovevo tenerlo sotto controllo

 

Le ultime parole le sono uscite tutte attaccate, quasi abbia avuto fretta di sputarle via e togliersi un grosso peso. Non parlarne con Rachel è stato un grande fardello, questo sì, e anche ora non potrà farlo completamente ma almeno potrà contare sul suo sostegno indiretto. Giusto?

 

Rachel, però, indietreggia di un paio di passi, reclinando appena il capo per guardarla meglio in faccia.

“Chi sei tu?”

 

“C-come?” balbetta Quinn, colta in contropiede.

 

“Chi sei tu? Dov’è la mia migliore amica?” soffia, le guance arrossate piene di rabbia, infilando una mano nel borsone delle Cheerios dove tiene il cambio per tirarne fuori una pagine de ‘L’Impiccione’. “Dov’è la persona che combatte ogni giorno per salvare la dignità delle persone in questa scuola?”

 

Avrebbe dovuto immaginarsi una reazione del genere.

“Stiamo parlando di Marley Rose-”

 

“È una persona, Quinn”

 

Da qualche parte dentro la bionda, qualcosa si torce. È il modo in cui l’ha detto, quel fare ovvio di chi non capisce come si faccia a dimenticarsi certe cose, o forse semplicemente quello che ha detto.

Fatto sta che è costretta a deglutire un paio di volte prima di rispondere.

“Una persona che ne ha fatte soffrire e continua a farne soffrire decine e decine ogni giorno”

 

Dalla bocca di Rachel esce un versetto ironico, a cui la ragazza aggiunge diverse movimenti negativi col capo.

“Come credi che si comporterebbe qualsiasi altra Cheerio se fosse al suo posto? Non lo vedi? Non riesci a capirlo che è solo una pedina? È una vittima, una persona ferita e sola come tutti noi” sussurra le ultime parole e Quinn sa perfettamente di non poter replicare in alcun modo.

“Sono profondamente delusa ed estremamente indignata dal tuo comportamento. Credo che dovresti delle scuse a Marley”

 

Ormai il gioco è fatto, tutto è in moto e non dipende più da lei. Ciononostante, anche se potesse fermarlo, non lo farebbe. C’è qualcosa che non perdonerà mai a Marley.

“Non lo farò. Non dopo aver passato anni a sentire persone distrutte fisicamente e psicologicamente da lei. Non dopo aver visto come ti ha trattata per tutto questo tempo” afferma con tutta la forza che possiede, reggendo lo sguardo duro di Rachel.

 

Rimangono così per diversi secondi finché la brunetta abbassa il capo, sconfitta e delusa. Raccoglie la borsa, se la issa sulla spalle e lascia ricadere il foglio che ha stretto tra le dita per tutta la discussione a terra, esattamente ai piedi di Quinn.

“Bene. Se è così che la pensi, non disturbarti più a venirmi a prendere la mattina. Verrò a scuola in autobus”

 

Finisce sempre in questo modo una discussione con una persona cara. Entrambe le parti perdono qualcosa. Nella fattispecie, la loro tradizione di quattro anno di andare a scuola assieme. Ogni giorno, con il sole, con la pioggia o con la neve.

 

“Oh, andiamo Rach. Rachel! Rachel aspet-” il richiamo di Quinn termina nell’esatto momento in cui la porta dell’aula si richiude pesantemente alle spalle di una furente Rachel Corcoran.

La bionda sospira, passandosi la mano sul volto provato dal litigio. Chiude gli occhi, cercando in tutti i modi di non prendere a calci la prima cosa che le capiti a tiro.

“Fantastico”

 

La cosa ironica è che se non fosse stato per Rachel e il battesimo delle primine, probabilmente Quinn avrebbe addirittura cancellato tutto. Riderebbe se non fosse così incazzata con sé stessa da volersi prendere a pugni in faccia da sola.

 

“Tutto bene? Ti ho sentita urlare dal corridoio”

 

Tempismo pessimo, non c’è che dire.

Le sue iridi verdi nocciola si sollevano immediatamente da terra e si fissano sul ragazzo che ha appena fatto capolino nella stanza, trasmettendogli così tutto l’odio che prova verso di lui in questo istante.

“Non è il momento Mike! Non è proprio il momento!”

 

Mike alza subito le mani in segno di resa, abbastanza furbo da sapere che fuggire è l’unica mossa saggia quando si ha a che fare con una donna arrabbiata.

 

In un istante di lucidità, però, Quinn si rende conto che, per quanto lo stia odiando, l’unico modo per risolvere con Rachel è proprio lui.

“Aspetta!” lo richiama, prima di vederlo scomparire dietro la porta. “Hai visto che è successo a Marley?”

 

“Divertente, vero?” ridacchia Mike, infilando le mani in tasca. “Ero sulle gradinate a gustarmi la scena. Uno spasso, davvero, peccato solo non aver avuto nulla a portata di mano con cui riprenderlo”

 

Quinn rimane spiazzata un secondo, rendendosi conto che quello che ha appena detto è lo stesso che pensava lei fino a cinque minuti fa. Scuote la testa, obbligandosi a rimanere concentrata sull’obiettivo.

“No, è stato umiliante e orribile. Abbiamo superato il limite. È ora di finirla”

 

“Finirla? Guarda che abbiamo appena cominciato”

 

“No. Basta” ripete Quinn, sperando di risultare credibile. “Non costringermi a dire a tutti che ci sei tu dietro a quel sito”

 

“Ahi” commenta apaticamente Mike, simulando una smorfia di dolore. Per l’ennesima volta, quel ragazzo e le sue espressioni riescono a farle venire i brividi lungo la schiena. “Lo sai che ti rispetto e credo che tu sia una delle persone migliori di questo buco, vero? Bene. Perché se così non fosse non avrei alcuna remora. Invece, stando così le cose, per ora mi limito ad avvertirti e sconsigliarti vivamente di minacciarmi”

 

Forse Mike Chang è un grande bluff, forse è solo un grande attore o più semplicemente ha visto troppi film di supercattivi. Qualunque sia la verità, è dannatamente credibile in ogni cosa dica.

“Lo farò solo se costretta” riesce a farfugliare Quinn dopo diversi secondi di difficoltà.

 

“In quel caso dovrò difendermi e credo proprio che tu non abbia propriamente il coltello dalla parte del manico” fa qualche passo verso di lei, il solito ghigno stampato in faccia. “Lascia che ti spieghi. Punto primo, sarebbe la mia parola contro la tua, una ragazza che ha sempre avuto problemi con l’autorità e a cui, guarda caso, hanno appena chiuso il giornalino. Punto secondo, potremmo domandare a Santana cosa le sei andata a chiedere. Chissà cosa direbbe”

 

“Sei stato tu a mandarmi da lei!” reagisce d’istinto, in preda alla frustrazione, senza nemmeno rendersi conto di essere di nuovo –dopo Rachel- nella condizione di non poter ribattere in alcun modo.

 

“Già, ma questo tu non glielo hai detto. O sbaglio?” ghigna, di nuovo, annuendo compiaciuto quando Quinn apre e chiude la bocca senza riuscire ad articolare un singolo suono. “Ecco, appunto. Non so cosa tu abbia detto a Rachel, però a giudicare dal modo in cui è uscita credo di aver capito che in qualche modo ti ritiene responsabile. Immagino di quello che è successo a Marley, visto che proprio per quello hai iniziato questa conversazione”

 

In gergo tecnico, Quinn Fabray è stata appena fottuta alla grande.

“Sei un bastardo” mormora, sconfitta, abbassando il capo in segno di resa totale.

 

“Lo diventerò esclusivamente se tu mi costringerai ad esserlo. Ti vuoi tirare fuori? Fallo, non ho nulla in contrario. Vuoi sputtanarmi? Fallo, però sappi che in questo caso sarei pronto a tirarti addosso più fango di quanto possa farlo tu. Tutto qui”

 

Avrebbe dovuto cancellare quelle foto e quei video, ormai è certo. Sospira, visto che ha le mani talmente legate da non poter fare altro.

 

“Come immaginavo. A presto, Quinn”

Un profondo senso di disgusto le serpeggia nello stomaco, accompagnato da una rabbia cieca che non ha mai provato prima. Peccato che non possa prendersela con nessun altro all’infuori di sé stesa. La cosa peggiore? Ne è perfettamente consapevole.

 

-Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione-

 

A Brittany le persone che fissano un appuntamento e poi arrivano tardi non piacciono per niente. Se la persona in questione non fosse Kurt, quasi certamente se ne sarebbe già andata.

 

Continua a spostare i suoi teneri occhi azzurri dal telefono, appoggiato sul tavolino, alla porta del Lima Bean, sperando ardentemente di vederlo spuntare da un momento all’altro.

Nonostante l’intenzione di aspettarlo per ordinare, l’insistenza della cameriera che ha continuato a ronzarle attorno dal primo momento in cui si è messa a sedere l’ha obbligata alla fine a cedere ed a prendersi il suo solito cioccolato caldo.

 

Ha sempre odiato ordinare in mancanza di tutti gli ‘invitati’ ma, considerando sia il ritardo sia l’arietta fredda che ha cominciato a soffiare dopo pranzo, alla fine non l’è andata troppo male.

 

Afferra il cellulare e lo sblocca, controllando di nuovo tra i messaggi ricevuti. Ancora nulla.

 

A questo punto non può più aspettare. Domani c’è l’ultimo dibattito con gli altri candidati alla corsa alla carica di rappresentante dei senior e, soprattutto, la votazione. Deve rileggere gli appunti, deve scaricare la tensione e assicurarsi di riposare le otto ore necessarie a non farla sembrare un vampiro.

-Dove sei? Sono davanti al Lima Bean che ti aspetto da almeno dieci minuti-

Sms inviato alle ore 17.58 a Kurtie.

 

La risposta è immediata ma, a differenza delle sue aspettative, il mittente è un numero che non è tra quelli memorizzati.

-Sono Santana. Sono nel parcheggio dall’altro lato della strada. Ti aspetto-

 

Solleva istantaneamente lo sguardo dal cellulare alla porta più vicina, ricordandosi solo dopo averlo fatto che è quella laterale che dà sui tavolini all’esterno.

 

Torna a leggere il messaggio, parecchio confusa, giusto per controllare se per caso ci sia qualche errore. No, ha letto bene. Dice proprio Santana.

 

In una specie di stato di trans si alza dal tavolino, ricordandosi di prendere il cellulare solo perché ce l’ha in mano, raggiunge l’uscita principale ed inizia a guardare nella direzione indicata dal messaggio finché non trova l’oggetto della sua ricerca.

 

Ci sono poche macchine, è vero, ma il SUV nuovo fiammante della latina non è uno di quei mezzi che può passare inosservato. Senza contare che vede pure Santana, appoggiata con la schiena alla sua vettura, intenta come al solito a fumare una sigaretta.

 

Attraversa la strada in un lampo, emozionata come poche volte in vita sua per il semplice fatto che, dopo anni di separazione forzata, per la prima volta Santana l’ha cercata ed ora, addirittura, sta per parlarle a quattr’occhi.

 

Paradossalmente, non appena le arriva di fronte e la skank si accorge di lei, puntandola immediatamente con le sue iridi scure, si trova senza parole.

Le succede poche volte, stranamente quasi sempre con lei.

 

Santana la fissa per il tempo necessario a finire la sigaretta, muta come un pesce, facendole poi un cenno con la testa dopo aver gettato la cicca a terra.

“Sali. Qui fuori fa troppo freddo per i miei gusti”

 

Ormai dirle ‘ciao’ sarebbe abbastanza fuori luogo e ‘come stai?’ risulterebbe persino peggio, per non dire offensivo, quindi, ancora una volta, Brittany rimane in silenzio mentre apre la portiera e si accomoda sul sedile del passeggero.

 

La prima cosa che nota, a parte che il riscaldamento è acceso, è lo sguardo confuso che Santana sta rivolgendo alle sue braccia. O, meglio, agli scaldamuscoli che ha messo alle braccia per combattere il freddo, la sola cosa che aveva con sé a scuola per evitare di congelare.

 

Balbetta qualcosa che per fortuna nemmeno lei riesce a sentire talmente è bassa la propria voce, stringendo le braccia al petto per cercare di nasconderle alla vista di Santana. E dire che prima, mentre ordinava la sua cioccolata, si sentiva persino alla moda sfoggiando i suoi scaldamuscoli rosa shocking.

 

“L’unico motivo per cui sono qui …” incomincia la latina, salvandola da un prolungato ed imbarazzante silenzio “… nonostante l’istinto mi gridi di andarmene a tavoletta senza voltarmi indietro, è che la tua ragazza …” si interrompe, notando la sua faccia perplessa “… Kurt, è venuto a piagnucolare da me stamattina”

 

Kurt che va da Santana? Bizzarro, quantomeno. Certo, in parte spiega come mai sia stato lui a dirle di farsi trovare per le cinque e quaranta al Lima Bean.

“Cosa voleva da te?”

 

“Che ti facessi una semplice domanda” sospira la skank, voltandosi di tre quarti nella direzione di Brittany che, più per imitazione che per altro, fa lo stesso. “Cosa cazzo stai facendo?”

 

La bionda abbassa immediatamente lo sguardo, evitando in questo modo un contatto diretto con lei. Si imbroncia subito dopo, sforzandosi poi di mantenere un’espressione normale. Il risultato è uno stropiccio di labbra che fa inarcare un sopracciglio a Santana.

“Solo cavolate. Tante, tantissime. Non passa giorno senza che mi debba vergognare per qualcosa”

 

La latina non dice nulla. Fa scivolare una mano verso la tasca anteriore della felpa nera che indossa per prendere una sigaretta ma, prima che possa anche solo raggiungerla, Brittany le dà un colpetto.

 

Il gesto sorprende la latina almeno quanto la bionda visto il modo in cui si fissano reciprocamente. Una volta, quando ancora erano amiche, Brittany faceva i salti mortali per non farla fumare. È buffo come l’istinto funzioni seguendo regole proprie, no?

 

“Marley mi ha obbligata a far chiudere il giornale di Quinn, altrimenti loro non mi avrebbero fatta votare come presidentessa dei senior” riprende Brittany a macchinetta, sperando di alleggerire in qualche modo la tensione.

 

Santana, per la seconda volta, non dice una sola parola. E la cosa non fa altro che metterla ancora di più sotto pressione.

 

“Mi dispiace anche per quella volta nei corridoi. Mi dispiace per un sacco di cose. E hai ragione tu, come al solito. Non imparerò mai a pensare alle conseguenze prima di fare qualcosa” spara a raffica la bionda, quasi disperata per il silenzio prolungato della skank. “Perché non dici niente?”

 

“Aspettavo che mi dicessi qualcosa che non so, magari qualcosa di diverso dalle tue patetiche scuse” risponde finalmente Santana con brutale e disarmante semplicità. Sono parole dure e, per quanto siano poche, colpiscono Brittany con lo stesso impatto di una valanga.

Evidentemente la latina si accorge di essere stata come al solito eccessivamente velenosa, quindi si affretta ad aggiungere anche “Ammettere di avere un problema comunque è un buon primo passo, no?”

 

Sembra una banalità di poco conto, invece riesce comunque a strapparle un timido sorriso.

“L’ho sentito dire anche io” ammette la bionda, sollevando lo sguardo dalle mani che ha torturato per l’ansia da quando ha messo piede in macchina fino per incontrare il volto dell’amica. Dire che Santana stia sorridendo sarebbe eccessivo ma almeno dà l’idea di una tranquillità ritrovata rispetto al solito grugno incavolato.

 

Forse è proprio per questo cambiamento rispetto al trattamento che si sono riservate reciprocamente che Brittany riesce a dire “Mi perdonerai mai per quello che è successo?”

Potrebbe non rispondere, anzi, sicuramente non la farà, tuttavia potrà dire di averci provato.

 

Per una volta, però, Santana decide di sorprenderla.

“Perché no?” scrolla le spalle, tracciando una serie di linee con le unghie sul volante. “In fondo non sei stata la prima persona a voltarmi le spalle nel momento del bisogno e certamente non sei stata l’ultima”

 

Eccolo lì, tanto per cambiare, quell’eterno senso di colpa.

“Se potessi tornare indietro-“

 

“Risparmiatelo” la blocca subito, scuotendo nervosamente la testa. Un istante dopo ruota il capo verso di lei, un sorriso amaro dipinto sul volto. “So benissimo che ti comporteresti allo stesso modo anche se tornassi indietro”

 

Santana non è Kurt. Lei dice la verità ad ogni costo, anche se fa male, soprattutto se fa male. Non sa cosa voglia dire ‘indorare la pillola’ e quando vede un varco attacca. Era così anche quando erano amiche, figurarsi ora che non vede l’ora di colpire per fare, non solo a lei ma ad entrambe, più male possibile.

“Lo so, ma o è così o niente” mormora con la voce incrinata, la mano sinistra che trattiene a stento la destra dall’aprire lo sportello per farla andare via.

“Papà è stato licenziato tre mesi fa e non ha ancora trovato un altro lavoro, quindi non posso nemmeno permettermi il lusso di una borsa di studio parziale. Devo avere i voti più alti e più crediti possibili, altrimenti non sarò nemmeno presa in considerazione. Io devo andare al MIT, costi quel che costi”

 

“Costi quel che costi, già” riprende Santana, passandosi un paio di volte la mano sulle labbra. “Credi che valga la pena sacrificare ogni cosa in nome del tuo futuro? Non ti rendi conto di essere diventata un robot? Come ti fa sentire sapere che un giorno, quando ti volterai, vedrai dietro di te tutti gli stronzi che hai pugnalato e usato per raggiungere il tuo fottuto obiettivo?”

 

Brittany si morde un labbro, fermandosi solo quando sente un sapore vagamente metallico sulla lingua.

“Mi vergogno molto, te l’ho già detto, ma non posso più tornare indietro”

Per una volta i suoi occhi azzurri non si abbassano di fronte a quelli color pece di Santana perché questa è una di quelle rare volte in cui sa esattamente cosa rispondere e, soprattutto, sa che non può esimersi dal farlo. Santana non vuole sapere cosa non vada, come stia o cosa la preoccupi. No, vuole solo banchettare con quel che è rimasto della sua  dignità.

“Mi manchi tu, mi manca la nostra amicizia e il legame che avevamo creato. Vuoi che ti dica che eri il mio mondo? Che vivevo e respiravo solo per te? È questo che vuoi sentirti dire, no? Ti piace farmi sentire una merda, vero? Bene! Sono la causa di tutti i tuoi mali, la creatura peggiore del mondo, una stronza che si diverte a manovrare gli altri! Ti basta o ne vuoi ancora?”

 

Da qualche parte durante la sua sfuriata si è messa a piangere ma riesce a rendersene conto solo quando una lacrime le cade sulla mano. La osserva un paio di secondi, quasi ipnotizzata, prima di fare quello che il suo istinto le aveva suggerito diversi minuti fa.

 

Registra appena il rabbioso ‘Esci dalla mia cazzo di macchina’ con cui l’apostrofa Santana e ancor più vagamente gli epiteti spagnoli molto poco gentili che le rivolge dopo aver richiuso la portiera alle sue spalle.

 

È difficile, quando ci si sente soli, immaginare di finire con l’esserlo ancora di più.

Eppure è esattamente questo che prova Brittany mentre inizia a correre, seguendo semplicemente il marciapiede senza nemmeno rendersi conto se sia o meno la direzione giusta di casa sua.

 

È esattamente come se uno dei pochi ponti emotivi che le siano rimasti fosse appena crollato insieme alle sue speranze di non diventare mai un freddo ed insensibile robot.

Esatto, è così che l’ha definita Santana ed è per quello che, inaspettatamente, la rabbia ha superato la vergogna ed ha trovato il modo di esplodere.

Risultato? È come se le stesse sanguinando il cuore.

 

Perché non esiste un limite al male che possono farsi due persone che si vogliono bene come se ne volevano loro.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore:

 

What’s up guys? Come andiamo?

 

Ce l’ho fatta! In ritardo di più di una settimana, ma non fa niente, vero? Scusate.

 

Tra lavoro part time, tre –e dico tre, in sei giorni, di cui una venerdì e una sabato- feste di laurea ed improvvisate varie ho potuto scrivere solo ieri ed oggi. Spero di essere riuscito comunque a fare un buon lavoro!

 

È probabilmente il capitolo più lungo di questa storia –fino a questo momento- e stranamente non ho quasi nulla da dire.

A parte il fatto che Aubrey è un personaggio inventato e che, esattamente come il tizio del giornalino dello scorso capitolo, non avrà un ruolo marginale. È solo un riempito numerico.

Per una scelta personale –non mi piace per niente lasciare un personaggio in balia degli eventi- il prossimo capitolo sarà molto incentrato su Marley. C’è da capire meglio cosa le è successo e se e come reagirà. Sarà così più o meno ogni volta che un personaggio subirà un colpo come quello che ha ricevuto lei.

 

Altro non mi viene in mente, perciò … ringrazio coloro che leggono, che recensisco e inserisco la storia nelle tre categorie che non mi va di ripetere tutte le volte. Grazie :)

 

Ecco, mi stavo dimenticando. Si tratta di una semplice curiosità personale: qualcuno legge i libri o segue la serie di Game of Thrones?

 

Ora, dopo aver inserito questa mini parentesi, mi congedo da voi!

A meno di clamorosi intoppi, alla prossima settimana!

Pace. 

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Capitolo 7
*** Lezione 6. Anonimato, notizie errate, pregiudizi e credenze infondate, diffamazione volontaria ***


Lezione 6. Anonimato, notizie errate, pregiudizi e credenze infondate, diffamazione volontaria: ecco alcuni dei problemi dei mezzi d’informazione di internet.

 

 

Come si diventa la coach di un team di cheerleading vincente?

 

Questa fu la prima domanda che le posero quando, al suo secondo anno da responsabile delle Cheerios, riuscì a portare a casa il titolo nazionale. Un’impresa talmente insperata e improbabile che, nonostante sia molto più esperta e abbia alle spanni molti più anni di prove, ancora non è riuscita a ripetere.

Alla giornalista che le fece quella domanda, comunque, disse semplicemente ‘Non lo so’.

 

Perché? Beh, fondamentalmente perché Holly Holliday, la coach sopracitata, si è laureata per diventare professoressa di Letteratura o, in alternativa, di Storia Americana.

Di certo il suo sogno non era insegnare stupide coreografie scopiazzate da Youtube o vecchi VHS ammuffiti ad un branco di ragazzine/oche.

Come dicono in molti, però, piuttosto che niente, è meglio piuttosto. È un detto che deve aver sentito anche lei a giudicare da quanto ora non possa fare a meno che condividerne il significato.

 

D’altronde la sua vita post college era già stata un duro colpo al suo ‘sogno’ di fare l’insegnante. Aveva iniziato a girare tutti gli Stati Uniti, sballottata di qua e di là come un pacco a cercare di inculcare qualche nozione nelle testi di studenti che, essendo lei una semplice supplente, non avevano alcuna intenzione di stare ad ascoltarla. Poi una pazzoide/fervente donna di chiesa/pugile in erba l’aveva stessa con un colpo solo, mettendo fine in questo modo non solo al suo occhio destro, ma soprattutto al suo sogno.

A quel punto era stato facile accettare la proposta del Preside Figgins –e della professoressa Corcoran- di prendersi cura delle ragazze scartate dal Glee allenando le Cheerios. Nessuna persona sana di mente avrebbe rifiutato una cattedra a tempo praticamente indeterminato piovuto dal cielo durante l’ennesima supplenza senza senso in Ohio.

 

Ormai sono passati otto anni dalla sua assunzione e quasi sette anni da quel giorno di improvvisa gloria e, oggi come allora, la risposta a quella domanda è sempre la stessa.

Non so cosa cavolo sto facendo

 

Infatti nessuna persona in pieno possesso delle proprie capacità mentali avrebbe lasciato in disparte, anzi, praticamente sullo sfondo della coreografia –o alla base della piramide-, una ragazza con un talento del genere.

 

 

“Uno spettacolo incredibile” applaude, sinceramente commossa, avvicinandosi per abbracciare colei che le permetterà di vincere il suo secondo titolo nazionale. “Hai una voce incredibile, Rachel

 

La brunetta ricambia timidamente il gesto affettuoso della sua coach, balbettando qualche timido ringraziamento.

La coach che le chiede di cantarle il testo modificato di ‘Fergalicious’ –numero che farà da apertura alle Locali di cheerleading- faceva sicuramente parte di uno scherzo.

La coach che le fa i complimenti dopo averla ascoltata con finto trasporto non può che confermare i suoi timori.

 

“L’ho già detto che sei incredibile?” ripete Holly, stringendole le spalle con appena una punta di possessività. “Come mai non ti sei proposta nemmeno una volta per fare da voce alle nostre coreografie? Sei … incredibile

 

“Non pensavo di essere abbastanza brava” ammette in tutta sincerità. Perché sì, non è vera -o finta- modestia. Rachel Corcoran non ha la minima cognizione delle sue doti canore. Anche e soprattutto per ‘merito’ di qualcuno che glielo ha ricordato ogni giorno da praticamente sempre.

 

Amica mia …” mormora la Coach Holliday con lo stesso tono di chi vuole confessare un segreto, dandole un paio di amichevoli pacche con il gomito “… se ti fossi presentata prima saresti stata la voce solista a mani basse. Le altre non valgono la tua voce nemmeno messe tutte assieme”

 

“Grazie” farfuglia, imbarazzata. Per un attimo solo riesce ad immaginarsi al posto di Marley nelle innumerevoli coreografie che hanno provato in questi anni e sorride. Le piacerebbe, negarlo sarebbe una colossale bugia.

Poi però le altre Cheerios, intente a fare un giro di campo, le passano alle spalle e il solo rumore delle scarpe sulla pista di atletica è sufficiente a ricordarle che esiste una bella differenza tra sogni e realtà. Nessuno la accetterebbe come solista.

 

“Che ne diresti di diventare capitano?”

 

Rachel sbianca di botto e spalanca gli occhi dal terrore.

“Oh no, assolutamente no. La prego, questo no” farfuglia nervosamente agitando le mani in aria quasi a scacciare fisicamente l’idea dalla testa della coach. Ci sono troppi motivi per rifiutare una cosa del genere, davvero troppi. “Tina è un’ottima head cheerleader. Ed ha una voce bellissima” aggiunge e, anche se alla fine lo pensa veramente, sembra davvero un modo per togliersi da un pasticcio.

 

“Sì, ha una bella voce” concede Holly, controllando sul cronometro da quanto le altre ragazze stiano correndo. “Però le manca quel qualcosa che fa la differenza tra l’essere brave e l’essere speciali, quella marcia in più … le manca quello che hai tu, Rachel”

 

“Veramente io … non so”

Lei? Speciale? Fatica davvero a crederlo. Purtroppo non ha fiducia nelle persone che si accorgono degli altri così all’improvviso e proprio quando le migliori cheerleader sono più impegnante in una guerra fratricida per il comando che ad allenarsi.

 

La coach Holliday le appoggia una mano sulla spalla dopo qualche secondo di silenzio, costringendola in questo modo ad alzare lo sguardo su di lei.

Le sta sorridendo in modo tenero, affettuoso e gentile, cosa che le ricorda terribilmente l’unica persona che solitamente le rivolge quel tipo di sorrisi: Quinn.

“Il compito di noi insegnanti dovrebbe essere quello di aiutare i nostri studenti a crescere e a coltivare i propri talenti” comincia, sospirando e massaggiandosi la tempia con la mano libera. “Mi rendo conto di non averti prestato sufficientemente attenzioni e di questo ti chiedo scusa. Però meglio tardi che mai, no?”

 

Per la seconda volta è quasi tentata dal crederle. Per la seconda volta, però, non ci riesce. Ha imparato a sue spese che quando le cose sembrano andare troppo bene, c’è di sicuro qualcosa sotto.

“Se proprio non si fida di Tina, credo che sia io che le mie compagne ci troveremmo meglio se chiedesse in prestito alla professoressa Corcoran una delle sue coriste” mormora in tono sommesso, quasi sconfitto, stupendo parecchio la coach a giudicare dal modo in cui aggrotta la fronte.

 

“Non devi rispondermi subito” si sforza di dirle nonostante sia evidente la sorpresa nel suo volto e persino nel suo tono di voce. “Pensaci un paio di giorni, ok?”

 

“V-va bene” annuisce, stropicciandosi le labbra per lo strano senso di inutilità che la colpisce con la forza di un ciclone. “Grazie per l’opportunità”

 

“Mi piacerebbe prendermi il merito di questa scoperta, ma la verità è che ho seguito il consiglio di un biglietto anonimo che ho trovato ieri mattina sulla scrivania del mio ufficio” confessa Holly, facendole poi l’occhiolino. “Hai qualcuno che crede in te, mi pare di capire. Forse dovresti farlo anche tu”

 

Un bigliettino anonimo di qualcuno che crede in lei. È molto più facile che fare due più due. Quinn.

 

“Ora vai a bere, sciacquati la faccia e poi torna qui” ridacchia all’improvviso Holly, cosa che fa spesso in effetti, sempre in maniera inopportuna, dandole anche un’amichevole pacca sul sedere. “Dobbiamo ripassare le coreografie”

 

E se fosse una proposta vera? Se non fosse uno scherzo?

 

Il dubbio attraversa la mente di Rachel mentre sta aprendo la porta degli spogliatoi.

Potrebbe essere l’occasione giusta per il riscatto che agogna da quando è stata scartata ai provino per il Glee il primo anno. Oppure potrebbe essere un buon modo per mettersi in ridicolo ancora una volta.

 

Sospira, combattuta, passandosi l’acqua fredda del rubinetto sul viso.

Deve parlare assolutamente con Quinn. E chiederle scusa.

 

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Secondo il piano originale, una volta tolta dai piedi Marley Rose la maggiore preoccupazione di Mike sarebbe dovuta essere quella di mantenere il ruolo di head cheerleader completamente instabile.

 

Fino a due settimane fa non avrebbe immaginato che a fare tutto il lavoro ci avrebbero pensato addirittura le stesse Cheerios.

Si sono azzannate alla gola l’una con l’altra mettendosi fuori gioco da sole, a conti fatti meglio di quanto avrebbe potuto fare lui, usando sia il suo sito che le più classiche ‘voci di corridoio’.

 

Aubrey si era dimessa tra le lacrime dopo appena tre giorni da capitano, rifiutandosi comunque di abbandonare le Cheerios.

Nei dieci giorni seguenti la sua dipartita, erano ascese al ruolo di capitano ben dieci ragazze diverse. Tutte, nessuno esclusa, erano state sputtanate in qualche modo e con una cattiveria tale che, un paio di volte, persino lui era rabbrividito.

 

Alla luce degli ultimi avvenimenti Mike si è reso conto che, nel suo piano originale, si è dimenticato di inserire una variabile fondamentale: l’animo umano. Al mondo non c’è nulla che possa più bramoso, feroce e crudele di esso.

Meglio per lui.

 

 

Cammina nei corridoi della scuola con grande tranquillità, un sorriso enorme stampato in volto. Non si divertiva tanto da anni e, con il suo nuovo ‘passatempo’, studiare tomi di seicento pagine per i test di ammissione ad Harvard è diventato persino piacevole.

 

Mancano ancora una decina di minuti a Studi Sociali quindi non ha una meta precisa. Certo, tecnicamente ora che Quinn si è praticamente tirata indietro gli servirebbe una mano ma, a conti fatti, sbandierare in giro il fatto di essere il creatore de ‘The dark side of McKinley’ sarebbe solo un rischio inutile. Resta il fatto che gli piacerebbe, eccome se gli piacerebbe.

A tempo debito, però …

 

La sua attenzione viene catturata da una ragazza piuttosto slanciata con i lunghi capelli biondi raccolti in una treccia.

Sorride, perché la riconoscerebbe anche ad occhi chiusi: l’unica persona della scuola con cui potrebbe passare il tempo senza annoiarsi, l’unica che lo supera come media scolastica.

 

“Incontri interessanti oggi in corridoio” la saluta, spuntandole all’improvviso alle spalle. Si appoggia con la schiena agli armadietti, ghignando per il modo in cui l’ha fatta sobbalzare per lo spavento.

 

“Oh, Mike” ansima Brittany, la mano appoggiata al petto per controllare i battiti. “Mi hai quasi fatto venire un infarto” si prende un attimo per riprendersi, rivolgendogli finalmente il suo solito sorriso. “Come va?”

 

“Abbastanza bene. Volevo farti i complimenti per la tua ricandidatura” sorride mellifluo, stringendole vigorosamente la mano. “Sono sicuro che sarai una straordinaria rappresentante per noi senior”

 

“Grazie” sorride Brittany, raggiante.

 

Non che ci fossero tante possibilità di avere qualcun altro per quel posto visto che nessuno dei suoi sfidanti era una minaccia, ma a Mike lei piace particolarmente come persona, perciò è davvero contento per lei.

“La tua assenza si sente molto al club di dibattito” le fa l’asiatico, approfittando del momento per tastare il terreno per un’idea che gli è passata per la testa qualche giorno fa.

 

“E a me mancate voi” ammette la bionda, sospirando esausta.

 

“Il livello è sceso talmente tanto che sono tentato dal lasciarlo anche io” aggiunge, facendola sembrare una battuta. “Magari vengo a darvi una mano al giornalino”

 

“Sarebbe bello, davvero. Siamo completamente in alto mare” mormora Brittany affranta, continuando a sistemare il suo armadietto. “Siamo in ritardo di due settimane con il giornalino e sarebbe piuttosto umiliante smettere dopo un solo numero, no?”

 

Mike ride, un po’ forzatamente a dire il vero, tanto che Brittany lo guarda in modo strano.

“Perdonami, però mi sembra davvero strano che tu mi voglia nel tuo gruppetto. Io non ho mai scritto nulla” tenta di rimediare, riuscendoci a giudicare dal modo in cui la ragazza scrolla le spalle.

 

“Abbiamo perso un membro pochi giorni fa, siamo addirittura sottonumero” spiega Brittany, aggiungendo poi, prima che Mike possa chiedere chi “Una Cheerio del secondo anno che è scappata ad un certo punto urlando ‘Dottie è un’elfa libera!’” gracchia con voce particolarmente acuta, agitando le mani per renderle più forte l’idea.

 

“Non si chiamava Dobby?” chiede il ragazzo, cercando di ricordare qualcosa che ha letto anni fa.

 

“Già, ma lei si chiama Dottie” gli spiega Brittany. “O era una gran fan di Harry Potter, oppure viveva davvero male l’essere iscritta al mio club”

 

Mike ride, stavolta sinceramente divertito.

Pochi istanti dopo, però, è costretto ad alzare la testa. Qualcosa attira la sua attenzione dall’altra parte del corridoio.

 

“Beccati questo promemoria, stracciona!”

 

Una ragazza è appena stata slushiata e, a giudicare dal fatto che sia circondata da Cheerios e dall’epiteto che le hanno rivolto, è sicuramente Marley.

 

Muove le sue iridi scure qualche metro più in là, notando Ryder Lynn, il wide receiver dei Titans, intento a fare la stessa cosa che sta facendo lui: fissarlo.

Gli fa un cenno a mo’ di saluto, gesto sufficiente a farlo scappare via di gran carriera.

 

“Hai un asciugamano, per caso?” chiede Mike a Brittany, anche lei abbastanza toccata dalla scena a cui hanno appena assistito.

 

“Una vecchia maglietta” mormora, senza nemmeno guardarlo, estraendo dall’armadietto una t-shirt dall’aspetto vissuto. “Non chiedere, non so nemmeno io da quanto tempo è lì”

 

Mike non risponde. Si limita ad annuire ed afferrare la maglia, avvicinandosi a passi svelti verso la ragazza intenta a togliersi quella roba appiccicosa dagli occhi.

Serve una mano?”

 

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Ripetere un gesto tante volte può finire con il renderlo scontato, meccanico, banale.

 

Rachel Corcoran ha attraversato la strada che passa davanti al McKinley per raggiungere il parchetto di fronte ogni giorno di ogni anno passato al liceo da quando ha conosciuto Quinn.

 

Per lei, però, pranzare con la sua migliore amica è sempre stato qualcosa di speciale, un divertente intermezzo in otto ore monotone e buie.

Non l’ha mai data per scontata, nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio.

 

Probabilmente perdere questo piccolo frammento della loro routine è stato il lato peggiore della loro furiosa litiga. Più del non parlarsi e dell’ignorarsi, molto più di andare e tornare da scuola insieme.

 

Per questo fatica a trattenere una sorta di magone quando la vede seduta sotto il loro albero, intenta a divorare quello che quasi certamente è un panino con il bacon.

 

“Sei qui”

Le parole le escono a fatica tanto è felice di trovarla esattamente nello stesso posto di sempre. Può sembrare esagerato emozionarsi in questo modo per una cosa così, eppure non lo è.

 

“Sei sorpresa?” chiede Quinn, inarcando il suo solito sopracciglio dopo aver deglutito il boccone. “Sei tu che mi hai mandato un sms chiedendomi di venire qui” le ricorda, come se ce ne fosse bisogno, avvolgendo il suo panino nella carta e rinfilandolo nella tracolla.

 

“Mi dispiace di aver ignorato i tuoi messaggi e le tue chiamate” le fa con una certa fretta, come se volesse togliersi il peso. “Ero molto molto molto arrabbiata”

 

“L’avevo intuito” prova a scherzare la bionda, battendo la mano vicino a sé per invitare Rachel a sedersi.

 

La brunetta scuote rapidamente il capo. Deve prima parlarle di cose davvero importanti e la prima nella sua lista è …

“So quello che hai fatto”

 

Quinn corruga la fronte, sinceramente sorpresa, passandosi lentamente una mano sul braccio per smorzare il nervosismo che evidentemente l’ha presa.

“Non so di cosa tu stia parlando“ ammette assumendo un’espressione vagamente confusa, addirittura forse colpevole.

 

“So quello che hai fatto con la Holliday” le viene incontro Rachel, ricambiando all’istante il sorriso che si dipinge sul viso di Quinn. “E ti ringrazio infinitamente”

 

“Ho solo fatto scivolare un foglietto anonimo sulla sua scrivania. Non è niente di che”

 

Rachel scuote il capo ancora. No, non è vero. Per lei è qualcosa che significa molto più di un miliardo di parole e gesti, esattamente ciò di cui ha sempre avuto bisogno e che ha sempre trovato in lei. 

“Tu credi in me”

 

“Sì” annuisce Quinn, convintissima. “Io credo in te sopra ogni altra cosa”

 

“Non era una domanda” precisa subito a scanso di equivoci. “Lo so bene. Quello che fai per me … quello che fai sempre, soprattutto quando non sono io a chiedertelo … sei impagabile, Quinn”

 

“Mi stai chiedendo scusa?” le chiede la bionda con un sorriso furbo, ottenendo come punizione un calcetto sul piede.

 

“No, affatto. Sono ancora furiosa” le comunica con tono deciso e le guance piene, nella sua tipica espressione offesa, puntandole il dito contro. “Però …” si calma improvvisamente, allacciando le mani dietro la propria schiena ed iniziando a mugugnare con voce insicura “… però mi sono messa nei tuoi panni. Ho pensato a cosa avrei potuto fare di diverso. Alla fine sono giunta alla conclusione ch avrei tenuto tutto per me, quasi sicuramente. Sarei rimasta immobile”

 

“Avresti fatto la cosa giusta” concorda Quinn, ma non è questo quello che l’amica le sta dicendo.

 

“No. Cioè, sì. Ma solo in parte”

Rachel prende un sospirone, chiudendo gli occhi ed iniziando a gesticolare per aiutarsi. “Io sto ferma ad aspettare che le cosa accadano, tu fai in modo che succedano. Io ti ammiro molto per questo, lo sai. Vorrei avere anche io la tua forza”

 

“Credo sia solo stupidità”

 

Finalmente Rachel decide che è il momento di sedersi. Appoggia il borsone da allenamento a terra e, tenendo ferma la gonnellina da Cheerios, si piega aggraziatamente in basso, prendendo posto esattamente al fianco di Quinn.

“Senza Marley o chi per lei a dare ordini, i giocatori di football hanno smesso di tirare granite” sorride all’amica, stringendole una mano tra le sue per trasmettergli quanto sia elettrizzata. “Due settimane senza essere slushiata! Ti rendi conto? Non solo io … tutti!”

 

Quinn abbassa il capo, mantenendo comunque sorriso e contatto di sguardi.

 

“E ieri all’allenamento la coach mi ha offerto il ruolo da solista e di capitano! Mi ha notata, capisci?”

 

C’è più di semplice euforia in Rachel. C’è gioia, c’è felicità, c’è un profondo senso di liberazione. Il fatto che sia bastato così poco per liberare queste cose fa capire piuttosto bene quanto fossero strette le catene che le hanno tenuto le ali tarpate per tutto questo tempo.

 

“Ruoli che tu non hai ancora accettato, per questo sei qui” ridacchia Quinn, pentendosi non appena si accorge degli occhi di Rachel ridotti a due fessure. “Oltre a fare pace, ovvio” si affretta ad aggiungere, provando ad intenerirla con uno sfarfallio di ciglia.

 

“Ti sei salvata per il rotto della cuffia, Fabray”

 

Ridono entrambe, sollevate enormemente dal fatto di riuscire a scherzare come prima dopo quello che è successo.

Che sarà mai una lite e un silenzio reciproco di due settimane, direte voi. Beh, dipende.

Litigano più volte di quanto sembri ad un occhio esterno ma si tratta per la maggior parte delle volte di bisticci che, nei casi peggiori, si risolvono dalla sera alla mattina, il tempo di una dormita. 

Non si sa mai come persone che si conoscono da anni possano reagire ad un momento di difficoltà.

 

Il resto lo lasciano fare ai gesti.

 

Quinn prende dalla tracolla una piccola tovaglia e la stende davanti a loro, prendendo poi il panino che stava mangiando prima e una bottiglietta d’acqua.

Rachel si tira le gambe, ora avvolte nei calzettoni rossi e bianchi per combattere l’ormai prossima stagione invernale, al petto, appoggiando sulla tovaglietta la sua classica insalata mista di verdure, conservata fino a questo momento in una delle tasche del borsone delle Cheerios.

 

È quasi fatta.

 

“Giusto per la cronaca, sappi che io ho ufficialmente chiuso con quella persona. Mi sono chiamata fuori una volta per tutte” commenta quasi casualmente tra un morso e l’altro al suo panino, osservando con la coda dell’occhio eventuali reazioni di Rachel. “Quello che è successo a Marley è stato orribile e mi sento in colpa. Detto questo, però, sappi che non le chiederò scusa”

 

La Cheerio prende nota e annuisce, continuando a pranzare come se niente fosse.

 

“Mi dispiace un casino di averti aggredita in quel modo, non ne avevo alcun diritto. È che … boh, averla vissuta in prima persona mi ha colpita in un modo che non credevo possibile” mormora Rachel una volta finita l’insalata, tirandosi il gonnellino il più possibile oltre le ginocchia per coprirsi. “Ho reagito male e d’istinto, senza mettermi per un secondo nei tuoi panni”

Si volte completamente verso Quinn, sorridendole furbescamente.

Per la cronaca, ora ti sto chiedendo scusa”

 

La bionda le da’ un’amichevole spintarella, iniziando a ridere di gusto per il modo in cui quasi la fa crollare comunque a terra.

 

“Dovresti accettare la proposta della Holliday” se ne esce Quinn con tono decisamente serio dopo qualche minuto di scambi di finte minacce e spinte piuttosto blande.

 

Rachel sperava che dicesse qualcosa di simile per fugare i suoi dubbi.

“E se mia madre-”

 

“Tua madre non capisce un cazzo” la blocca Quinn, correggendo il tiro –ma non troppo- non appena la vede spalancare gli occhi per lo stupore. “Perdonami, è la verità. Quale persone sana di mente scarterebbe da un coro una voce come la tua?”

 

“Al provino ho steccato” farfuglia con la voce rotta dal ricordo di quell’orribile giorno del primo anno in cui non è riuscita a cantare quello che è praticamente il suo inno, ciò che più la rappresenta al mondo: ‘Don’t Rain on my Parade’.

Le sale sempre un orribile groppo alla gola quando ripensa allo sguardo di disapprovazione di sua madre.

 

“Poteva fartelo rifare o, al massimo, accettarti gli anni successivi” controbatte Quinn, appellandosi ad una logica sensata. “È solo gelosa

 

Rachel non aggiunge altro, preferendo evitare il solito dibattito su quanto sia madre sia pessima con lei. Lo sa già, non c’è bisogno di ricordarlo ogni volta.

“Quindi se tu fossi al mio posto …” butta lì dopo aver rimuginato, lasciando la frase in sospeso per farla completare alla sua migliore amica.

 

“Accetterei, inviterei mia madre alle Locali e le farei vedere cosa vuol dire essere Rachel Corcoran

 

Sa sempre cosa dire, non c’è nulla da fare.

Rachel le crolla addosso per abbracciarla un istante dopo, ridacchiando alle timide proteste di Quinn su quanto sia pesante. Le è mancata da morire la sua migliore amica, cavolo.

 

Dopo qualche minuto di totale pace e relax, sono costrette ad alzarsi in piedi. Inizia a fare davvero freddo e, cosa forse più importante, le lezioni pomeridiane stanno per cominciare.

Quinn infila rapidamente la sua roba nella tracolla, imitata dalla Cheerio.

 

Quando ormai sono pronte a tornare verso l’edificio scolastico, però, Rachel la tira per un braccio e la obbliga a girarsi verso di lei.

“Non voglio sapere cosa hai fatto esattamente e chi è quella persona che ti ha aiuta. Non mi importa. Però d’ora in poi niente più bugie e segreti, ok?”

 

Promesso

 

-Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione--Glee--Glee--L'Impiccione-

 

Vergogna e sensi di colpa vengono spesso usati dalle persone in modo sbagliato.

Anziché prendere esempio dai propri errori per evitare di ripeterli in seguito, molti li accampano come scuse per non comportarsi nella maniera evidentemente più giusta.

 

Anche Ryder Lynn l’ha fatto. Ha usato a lungo la vergogna per aver ‘venduto’ Marley a Mike Chang e i sensi di colpa per come le altre Cheerios l’hanno pugnalata a tradimento per evitare di parlarle e, anche se le probabilità che servano a qualcosa siano prossime allo zero, chiederle scusa.

 

Ma il Titan, a differenza di molti compagni di squadra, è un ragazzo fondamentalmente buono. Una mente po’ lenta, questo sì, che però sa bene quale sia la cosa giusta da fare –almeno in questa occasione, s’intende.

 

Dopo averci rimuginato a lungo è riuscito a raccogliere tutto il coraggio necessario a prendere la macchina e guidare fino a casa Rose, complice anche l’ennesima slushiata ai danni di Marley che ha visto questa mattina nei corridoi del McKinley.

 

Prende un lungo respiro prima di bussare alla porta.

Casa Rose è una piccola villetta a schiera in uno dei vecchi quartieri residenziali di Lima Est. Non è troppo grande ma, visto che l’ha visitata parecchie volte, può affermare con molto certezza che è accogliente. Nonostante lei, sì.

 

Ad accoglierlo è Millie Rose, la mamma di Marley, una donna decisamente grassa –obesa, ma Ryder non l’ha mai pronunciata quella parola per non mancarle indirettamente di rispetto- che è tanto gentile ed amorevole da mediare da sola alla freddezza della figlia.

“Oh, Ryder! È da un po’ che non ci si vede. Come procede a casa?” l’accoglie con entusiasmo, come sempre, rivolgendogli un sorrisone. “Prego, accomodati”

 

 “Tutto bene” ricambia il suo sorriso entrando in casa. “E lei come sta, Millie?”

 

“Non c’è male” ammette la donna, chiudendo la porta alle sue spalle ed avviandosi abbastanza lentamente verso il soggiorno. “Qualcosa da bere? Da mangiare?”

 

È la cordialità fatta persona, è innegabile. Spesso si è chiesto come potesse essere davvero sua madre.

“No, grazie, sono a posto così” rifiuta educatamente, buttando uno sguardo piuttosto esplicito alle scale. “Marley è in casa?”

 

“Di sopra” conferma la donna, facendogli un segno con la testa per dargli il permesso di salire.

“Ryder?” lo richiama quando ormai è già salito di diversi gradini, facendolo voltare. “Non sono affari miei ma … tutto ok tra voi due?”

 

“Sì, certo”

Gli dispiace molto mentire, soprattutto ad una persona come lei. Tuttavia, almeno in questo caso, è convinto che sia meglio omettere la verità.

Millie ama così tanto sua figlia che sicuramente soffrirà moltissimo una volta scoperto che si sono lasciati –anche se le cose non sono andate proprio così- e, ancora peggio, quello che le sta capitando a scuola.

Ancora una volta, Ryder non può fare a meno di chiedersi se Marley se lo meriti davvero.

 

Si ritrova davanti alla sua stanza in pochi passi.

La porta è aperta e gli permette di avere una visuale perfetta di lei: è stesa sul letto e gli da la schiena, i lunghi capelli castani che ricadono senza ordine sul materasso.

Vederla così, abbracciata a quello che probabilmente è un cuscino, la rende ai suoi occhi in un modo che credeva impossibile fino a qualche settimana fa: vulnerabile.

 

È quasi tentato dall’andarsene, mandando a quel paese tutti i suoi buoni propositi, quando la voce di Marley lo fa sobbalzare.

“Entra. E chiudi la porta”

 

Più spaventato che sorpreso, Ryder ubbidisce.

Nel frattempo Marley si alza dal letto e, senza spostare i suoi penetranti occhi azzurri da quelli del Titan, si sistema rapidamente i capelli in una coda.

 

“Non sono un’indovina” borbotta stiracchiandosi dopo aver notato lo sguardo ancora perplesso di Ryder. “Ti ho sentito parlare con mia madre”

 

La ragazza si alza in piedi, fronteggiandolo, e, anche indossa solo una maglia decisamente grande –le arriva alle ginocchia quasi, certamente appartiene a sua madre-, non c’è più traccia di vulnerabilità.

 

“Perché la Cohen-Chang?” sibila in tono estremamente duro, incrociando le braccia al petto.

 

“Non mi sembra il caso, Marley” deglutisce a fatica Ryder, scambiando erroneamente la freddezza di Marley per un tentativo ben realizzato di mascherare una sorta di gelosia che, visto di chi stiamo parlando, si riduce ad una questione di ‘possesso’ più che di emozioni.

 

“Non credere che stia penando per te” scuote il capo Marley, abbozzando addirittura una specie di sorriso maligno. “Sapevo che vedevi un’altra, non sei certo così furbo come credi. Non me ne fregava prima, non me ne frega adesso”  

 

“Vuoi sapere perché lei?” sbotta Ryder, forse per la prima volta nella loro relazione, allargando le braccia per indicarla. “Per questo! Tu mi svilisci sempre, non ti è mai importato di me. Lei invece mi fa sentire bene, apprezzato, voluto”

 

La ragazza lo scruta per qualche secondo con il suo solito modo di fare volutamente glaciale, scrollando infine le spalle come se non le possa fregare di meno.

“Bene. Ora vattene”

 

Ryder annuisce e si volta per uscire dalla camera. Ha già appoggiato la mano sulla maniglia quando si ricorda di quello che deve fare.

“Sono venuto qui per dirti una cosa e non me ne andrò prima di averlo fatto”

 

Marley sembra sinceramente stupita dal gesto improvviso del Titan, quasi non si aspettasse un atto di ‘coraggio’ da lui.

“Avanti, allora” lo invita, sedendosi sul bordo del letto ed accavallando le gambe nude.

 

Non saprebbe dire perché ma, per un istante, il ragazzo è sicuro che lei sappia già.

Fa un paio di passi verso di lei, scacciando mentalmente l’idea in quanto impossibile, prendendo il solito grande respiro prima di vuotare il sacco.

“Sono io la persona che per prima ha messo in giro la storia di tua madre”

Anche questa non è la vera verità, eppure mettere in mezzo Mike Chang potrebbe ancora non essere una buona mossa. Ha pochi dubbi che il sito sia suo e, considerato che ora Tina è l’head cheerleader, è ancora più esposta. Non può correre rischi.

 

“Ok” mormora Marley con una totale noncuranza. Rimane a fissare le reazioni di uno stralunato Ryder per diversi secondi, senza muovere nemmeno un muscolo, prima di fare un cenno verso la porta. “C’è altro?”

 

“N-n-on vuoi chiedermi il perché?” chiede lui, spiazzato totalmente. Si aspetta decisamente qualcosa di diverso, qualche urla e persino un pugno. invece, per la seconda volta, Marley gli dà la netta impressione di sapere già ogni cosa.

 

“Dovrei?” fa spallucce di nuovo la sua ex fidanzata.

 

“Come è possibile che proprio tu non sei incazzata per una cosa del genere?”

 

Ti sopravvaluti, come sempre” lo gela, accavallando le gambe dall’altra parte come se ogni sua mossa sia stata già calcolata. “Sei un fidanzato molto peggiore di quanto tu creda. Inoltre sei davvero uno sciocco se credi di avermi fatto male”

 

“Non è così?” chiede, stavolta ironico, indicando con la mano la divisa abbandonata a terra, sotto il letto.  

 

Con il piede, Marley la caccia più indietro possibile, facendo poi uno schiocco con le dita per far alzare la testa di Ryder e parlargli guardandolo dritto negli occhi.

“Sono abituata ad essere ferita” afferma con un tono che si userebbe con un tonto e, probabilmente, si è trattenuta a stento dall’aggiungere idiota alla fine della frase.

“Fin dalle elementari ho sempre avuto a che fare con persone che mi prendevano in giro. Per mio padre, per i miei vestiti da povera, per mia madre cicciona. Durante le medie lei lavorava addirittura nella mia stessa scuola, quindi puoi immaginare in che condizioni andavo a lezione giorno dopo giorno. Non dormivo più, avevo crisi di panico e di pianto … ci siamo trasferite sei volte e ho cambiato undici istituti prima di riuscire a trovare un minimo di pace. Due mesi dopo era già tempo di trovare un liceo”

 

Ovviamente Ryder non poteva aspettarsi una cosa del genere. Rimane imbambolato qualche secondo, la bocca spalancata per la sorpresa, una vaga sensazione alla bocca dello stomaco.

“N-no-n lo sapevo” balbetta, sistemandosi nervosamente il ciuffo che gli ricade sulla fronte. “È per questo che ti vergogni di tua madre?”

 

“Vergognarmi?” ride –già, ride- di gusto Marley, appoggiandosi al letto per non cadere all’indietro o in avanti. “Io la amo. La amo” ripete due volte, giusto per essere sicura che abbia capito. “Vorrei avere un decimo della sua forza di volontà. È stata lei a chiedermi di fare finta che non esistesse”

 

Lei?”

 

“Non voleva più vedermi stare male. Ho solo fatto in modo che ciò non potesse più accadere” si alza in piedi, fronteggiandolo di nuovo e, pur essendo molto più bassa di lui, la differenza di altezza non si nota per nulla. “Ora vai a piagnucolare dalla tua Tina e chiediti chi è il cattivo e chi la vittima tra di noi”

 

Ryder non ha ovviamente la forza di controbattere. China il capo ed esce dalla camera di Marley il più rapidamente possibile, rivolgendo un appena udibile “Arrivederci” alla signora Millie prima di scappare fuori da casa Rose.

 

Ancora una volta, non appena raggiunge la macchina, gli piovono addosso vergogna e sensi di colpa. Non ha mai capito Marley anche se, se fosse del tutto onesto con sé stesso, dovrebbe ammettere che semplicemente non ci ha mai provato.

In ogni caso, ormai il dado è tratto e l’unica cosa che gli rimane da fare è buttarsi questa storia alle spalle, sperando di non commettere gli stessi errori con Tina e che Marley, dopo aver abbandonato quella che apparentemente era una maschera, non provi a vendicarsi.

 

Povero illuso.

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore.

 

Quasi puntuale, stavolta!

 

Il capitolo è un po’ un filler se lo analizziamo solo dal punto di vista della trama principale ma ho lasciato diversi indizi sparsi per il capitolo :)

Inoltre mi sembrava giusto tirare un attimo le fila di alcuni personaggi.

 

Ho introdotto il primo adulto della storia –non ritengo Figgins un  adulto, già- e non poteva che essere Holly Holliday. Mi piace troppo, sia lei che Gwyneth :)

 

Per la prima volta avete avuto modo di vedere cosa intendo con What if dei personaggi. Anche nella serie tv la madre di Marley si offre di lasciarla qualche isolato prima e di non dire in giro che sono parenti. Qui, però, Marley si è buttata a capofitto nella storia.

Sarebbe come dire … cosa sarebbe successo se Marley avesse seguito il consiglio di sua mamma ed avesse agito per proteggere entrambe dalle persone?

Che ne pensate? Fatemelo sapere, le vostre opinioni sono molto importanti.

 

A proposito, ringrazio coloro che hanno letto lo scorso capitolo, che hanno lasciato un commento per dirmi le loro impressioni e hanno messo la storia tra le seguite.

Se avete domande, obiezioni, consigli, dubbi o altro, sentitevi liberi di scriverlo in una recensione o per messaggio privato.

 

Detto questo, il prossimo aggiornamento potrebbe arrivare in tempi più brevi.

Conto di pubblicare tre capitoli prima del venti, visto che poi sarò a Parigi e per un po’ non potrò aggiornare o scrivere.

Speriamo di riuscirci –incrociamo le dita!

 

Alla prossima!

Pace. 

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Capitolo 8
*** Lezione 7. Le vecchie istituzioni affrontano i nuovi sistemi d’informazione solo quando si sentono minacciate. ***


Lezione 7. Le vecchie istituzioni affrontano i nuovi sistemi d’informazione solo quando si sentono minacciate.

 

Holly era certa che, dopo il casino scoppiato con quel cavolo di sito e il tiro al piccione fatto dalle sue Cheerios, sarebbe stata convocata nell’ufficio del preside, quantomeno per fornire qualche dettaglio in più sull’accaduto.

 

Di certo non si aspettava che fosse la professoressa Shelby Corcoran a convocarla, senza avvisare Figgins a giudicare dalla faccia sorpresa che ha fatto quando se le è viste piombare davanti.

 

È da almeno cinque minuti che la coach Holliday lo osserva, studiandone ogni minima reazione, mentre viene inondato da una caterva di lamentele e reclami da parti di Shelby. L’unica dei presenti nell’ufficio a non essere minimamente toccata dalla cosa, tra l’altro.

 

“Perché non dice nulla?”

 

Figgins sospira, sollevato dalla fine di un monologo che avrebbe potuto durare molto di più, ed appoggia i gomiti sulla scrivania per sostenersi il mento.

“Non posso fare nulla” ammette in tono talmente sereno e con una tranquillità tale da riuscire a strappare un sorrisetto a Holly, prontamente nascosto dietro la mano.

 

“Ma come è possibile?” esclama stizzita Shelby, che ancora non si è seduta da quando ha messo piedi nell’ufficio. “Su un sito internet denigrano i suoi studenti, infangano la reputazione del suo liceo e lei non fa nulla?”

 

“Si tratta di un semplice social network” si intromette Holly, quasi impietosita di fronte a quella che sembra una carneficina più che una discussione.

 

“Tu stanne fuori” ribatte la donna, puntandole minacciosamente un dito contro. “Ti ho chiamata perché ci sono di mezzo le tue ragazze ed invece tu sembri fregartene più di tutti”

 

“Chi credi che abbia condiviso quei segreti?” sbotta la bionda coach delle Cheerios, infastidita da un’accusa del tutto infondata. Ok, non vincerà il premio di insegnante migliore dell’anno, ma addirittura insinuare che se ne freghi delle sue allieve è troppo.

Loro. Solo loro sanno così tante cose sulle proprie compagne. Lo hanno fatto per un posto al sole e la colpa di questa folle corsa al massacro non è certo mia”

 

“Mi stai accusando di qualcosa?” sibila, appoggiando le mani sui fianchi e guardandola stringendo gli occhi a due fessure.

 

“No” scolla le spalle Holly, un sorrisetto ironico dipinto sul volto. “Tu invece? Ti senti accusata? Coda di paglia?”

 

“Signore, per favore” interviene finalmente Figgins, allungando le mani nella direzione delle due donne per separarle idealmente. “Se dovete discutere di questioni personali, questo non è né il luogo né il momento adatto”

 

“Non sono questioni personali” ribatte Shelby con un cipiglio troppo furibondo per far sembrare vere le sue parole. Se ne accorge anche lei visto il modo in ci china il capo subito dopo. “Scusi se l’ho interrotta”

 

“Tornando al sito, come le ho già detto, non posso fare nulla. Sono pronto a tutelare gli interessi dei miei studenti se saranno loro a decidere di agire per vie legali. L’istituto e la sua reputazione non sono in alcun modo tirati in ballo”

 

Shelby scuote il capo diverse volte, allargando le braccia per rimarcare il suo sdegno.

“Si chiama ‘The dark side of McKinley’!” urla, quasi, voltandosi verso Holly per cercare un appoggio per la sua Crociata. La guarda negli occhi solo un secondo, tempo sufficiente a ricordarle come la coach non sia dalla sua parte, prima di tornare a fissare Figgins con sempre maggiore animosità. “Più di così cosa dovevano fare?”

 

“Non c’è alcuna offesa diretta a questo istituto. Un paio di notizie, se così le possiamo chiamare, riguardano me” sorride l’uomo al solo pensiero, come se fosse una cosa su cui scherzare. Con davanti una donna furente per quel motivo, poi.

“Mi hanno fatto sorridere, se devo essere sincero. E qualcuno anche a lei, Holly, se non ricordo male”

 

“Oh, sì” annuisce lei, sorridente in maniera del tutto esagerata. Certo, le hanno praticamente dato della vecchia, ma ora è troppo concentrata sul far arrabbiare Shelby per rimarcarlo. “Qualcuno che mi trova attraente nonostante l’età. Sono stati carini, seppur a modo loro”

 

“Se le associazioni dei genitori-” riprende l’insegnante del Glee Club senza nemmeno degnare Holly di uno sguardo, prima di venir bruscamente interrotta da Figgins.

 

Se e quando verranno qui, io sarò pronto ad ascoltarli” ribadisce in tono duro, sbattendo una mano sulla scrivania. “Come le ho detto poco fa, comunque. Mi sta ascoltando?”

 

Holly quasi scoppia a ridere in faccia a Shelby, sia per il sarcasmo di cui è intrisa la domanda del preside, sia per la faccia allucinata della donna, spiazzata quanto lei da questo improvviso atto di virile fermezza.

Ah, conoscere una persona da otto anni e non averla ancora affatto compresa.

 

“Forse è lei che dovrebbe ascoltare me” mormora in tono incerto Shelby Corcoran, facendo un paio di passi verso la porta. “Anche se, a quanto pare, non vuole farlo. Bene” getta un’occhiataccia ad entrambe le persone presenti nell’ufficio, prima di afferrare la maniglia della porta. “Quando questa cosa le esploderà addosso, perché è garantito che succederà, voglio solo che si ricordi che glielo avevo detto”

 

“Buona giornata anche a lei” la saluta Figgins, anche se ormai la donna se ne è già andata sbattendo la porta e, tra l’altro, facendo sobbalzare sulla sedia l’anziana segretaria del preside.

 

Holly rimane al suo posto ancora qualche secondo, prendendosi il suo tempo per capire come mai un uomo solitamente cauto e remissivo come quello che ha di fronte, all’improvviso dimostri di avere due cosiddetti piuttosto notevoli sotto la cintura, in più nei confronti dell’unica persona nella scuola con cui è sconsigliabile farlo.

Poi, con una scrollata di spalle, decide che non c’è niente di male a chiederlo direttamente a lui.

“Io rischio il posto e lei di perdere tre quarti dei fondi annuali che ha a disposizione. Ci siamo svegliati coraggiosi questa mattina o c’è altro?”

 

“Privacy e libero uso di internet sono argomenti spinosi che portano a problemi spinosi” risponde con tono pacato l’uomo, intento a compilare un paio di documenti. “Diciamo che, anche se volessi, questo non è il momento migliore per fare causa ad un sito”

 

Oh, certo.

“Lei è una persona estremamente furba” gli sorride e si alza in piedi, certa ormai che non ci sia più nulla da fare nell’ufficio.

 

“Se lo fossi, quella donna non sarebbe mai finita con l’insegnare qui” afferma tra il serio e il faceto Figgins, strappandole una sincera risata. “Ora, se non le dispiace, devo occuparmi dei problemi veri di questa scuola. Buona giornata”

 

“Anche a lei”

Holly si ferma sulla porta, voltandosi per fare al preside una domanda che ha dalla prima volta in cui l’ha visto. Perché non farla oggi, visto che sembra così ben disposto alle chiacchiere?

“Sa che non ho la minima idea di quale sia il suo nome?”

 

“Gli studenti mi chiamano Figghy. Mi piace”

 

“Allora buona giornata, preside Figghy” lo saluta lei, abbastanza perplessa, uscendo dall’ufficio e rivolgendo un cenno alla segretaria.

Fa qualche passo nel corridoio deserto per via delle lezioni, incontrando una persona che sapeva con assoluta certezza la stesse aspettando. “Che strano uomo, eh?”

 

“Chissene frega di quell’idiota” sibila Shelby a bassa voce. “Tu, piuttosto … ti fa davvero così schifo Lima da desiderare così ardentemente di andartene?”

 

“È una minaccia?” alza le sopracciglia Holly, per nulla impressionata. Un pugno in faccia da una studentessa rende temerario chiunque, è scientifico.

 

“Sai bene che basta una sola parola e torni a fare la pellegrina. È un dato di fatto

 

“Tutto questo astio non c’entra con quel sito” se ne esce la coach, optando per mostrare tutte le carte in tavola. “Riguarda Rachel, non è così? Ti infastidisce così tanto che l’abbia scelta come corista?”

 

“Mi infastidisce che ragazze con del talento si siano messe fuorigioco da sole per una tua negligenza” ribatte Shelby, orgogliosa, senza però mantenere il contatto visivo con lei. “Se ora sei costretta a puntare su di lei, dovresti farti qualche domanda”

 

Costretta?” ride di gusto Holly, scuotendo il capo. “Hai presente come canta tua figlia?”

 

“Chi credi che le abbia insegnato?” mormora, alzando il mento in maniera altezzosa.

“Le ho trasmesso ogni mia conoscenza, l’ho spronata a dare il massimo, le ho fornito gli insegnanti migliori. Ha una voce maestosa” si prende una pausa, mentre uno strano luccichio attraversa i suoi occhi scuri come un lampo. Dura un momento, però.

Avrebbe potuto elevarsi sopra l’ordinario se non fosse così debole

 

“C’è più forza in lei di quanto tu creda. E mi dispiace un sacco che sia io, la sua coach, a dirlo e non sua madre”

 

Shelby la osserva con durezza, replicando poi con altrettanta durezza.

“Si bloccherà come fece durante il provino per entrare nel Glee. Non ha l’energia mentale per sopportare la pressione. Anche tu, come Figgins, scoprirai che avevo ragione troppo tardi”

 

Detto questo, l’insegnante del Glee passa oltre Holly e se ne va.

 

La coach riprende a camminare subito, direzione sala dei professori, rimuginando tra sé e sé circa quello che è appena successo.

“Ora capisco perché non si è fatta avanti prima” mormora a bassa voce, delusa. Non da Rachel, non da Shelby, ma da sé stessa.

 

Ha dimenticato da tempo il perché volesse fare l’insegnante e cosa volesse dire per lei avere questo sogno. Forse, però, non è ancora troppo tardi per rimediare.

 

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Chiunque abbia frequentato un liceo sa perfettamente quanto sia facile sapere tutto di tutti, spesso indipendentemente dal fatto che lo si voglia.

Le persone parlano, anzi straparlano, quasi esclusivamente di fatti che non li riguardano e non è difficile, magari anche solo per caso, scoprire che si trattava solo di fuffa, stronzate senza né capo né coda.

 

Sugar lo sa bene, per questo riesce sempre a trovare quello che cerca.

Il primo passo che fa sempre quando vuole sapere qualcosa è prendere queste notizie di quinta o sesta mano ed ignorarle completamente, perché spesso essere messi sulla pista sbagliata da queste informazioni può essere fatale.

 

Il secondo passo della sua infallibile tecnica è andare su internet. Si può scoprire qualsiasi cosa di chiunque semplicemente googolando il suo nome e cognome su un motore di ricerca. Non può esistere privacy –o è troppo scarsamente protetta- in un sistema che nasce con lo scopo di trasmettere in maniera rapida ed efficiente informazioni/dati di persone separate da migliaia di chilometri di terra ed acqua.

 

Se fosse così facile, però, potrebbero farlo tutti.

Bisogna ovviamente sapere dove cercare ma spesso nemmeno questo non è sufficiente.

 

Quello che la rende così migliore di tutti nel riuscire sempre a sapere quello che stava cercando è ben altra cosa: lei riesce a far parlare le persone, indipendentemente dalla loro posizione nella ‘piramide sociale’ scolastica e da quale sia il loro gradi di conoscenza.

 

E quale posto migliore per fare due chiacchiere se non la mensa?

 

 

Scivola rapidamente tra i ragazzi e le ragazze in fila, agitando la busta di plastica con dentro un paio di sandwich quando una delle addette alla mensa le borbotta qualcosa sul rispettare l’ordine.

 

Inizia a scrutare i tavoli alla ricerca di ciò che l’ha portata qui.

Le Cheerios sono frantumate in almeno sei tavoli e, visto quanto sono precipitate nella scala sociale, non possono offrirle nulla che le possa servire.

 

Le poche che si salvano stanno con Tina Cohen-Chang assieme ai Titans nei tre tavoli capeggiati da Nick Sheridan e, anche se teoricamente potrebbero sapere qualcosa, immischiarsi con loro quando sono assieme a quel branco di scimmioni sarebbe un suicidio.

 

Per non parlare del fatto che se Daniel, di gran lunga il più acuto lì in mezzo, non sa nulla, allora nessuno a parte Nick potrebbe esserle d’aiuto. Anche qui finirebbe certamente male.

 

Finalmente trova qualcuno d’interessante.

 

Si avvicina lentamente, aspettando che lui la veda per essere sicura di non capitare in un brutto momento.

 

In realtà non è lui il primo a notarla. È il suo amico nonché compagno di Glee che la scorge e, non appena se ne accorge, gli rifila un paio di gomitate non troppo gentili per fargli alzare gli occhi dal piatto.

 

“Disturbo?” sorride abbastanza educatamente Sugar –non troppo, non è mica una bugiarda-, facendo cenno alle sedie libere.

 

MmgmghSffugarf …” mugugna Artie Abrams, cercando di mandare giù il boccone che ha in bocca il più velocemente possibile. “Vieni” sussurra poi con un filo di voce. “Siediti pure”

 

“Blaine” saluta lei, rivolgendosi all’ ‘amico’ che, però, non sembra gradire troppo l’evolversi degli eventi.

 

“Come mai non sei con le altre Skank a mangiare bambini?”

Ed essendo Blaine Anderson e privo del filtro bocca/cervello, non aspetta nemmeno che si sia seduta per esternare la cosa.

 

“Non sono una Skank, sono un’amica di Santana” sospira, stanca dei continui riferimenti alle sue ‘frequentazioni’.

Finge persino di non accorgersi dei segni piuttosto eloquenti che Artie sta facendo a Blaine per fargli capire di non comportarsi così con lei.

 

Che ad Abrams lei piaccia non è un segreto. Anzi, non può negare di marciarci, magari flirtando un pochino, quando ha bisogno di sapere qualcosa da lui.

Cosa che sta per fare anche adesso, in realtà.

 

“Scusalo. È nato così, un po’ tocco, ma una volta che lo conosci è quasi simpatico”

 

Sugar sorride, più per l’espressione prima confusa e poi offesa di Blaine che per le parole di Artie.

“Non c’è problema” alza le spalle, fingendo noncuranza. “Se non sbaglio presto ci saranno le Locali. Come vanno le prove? Siete nervosi?”

 

“Io canterò un assolo” esclama entusiasta Blaine, prima di essere costretto ad un urletto di dolore, probabilmente a seguito di un calcio ben assestato di Artie.

 

“Ovviamente lui porterà un assolo. Lui porta sempre un assolo” sbuffa il ragazzo dai capelli castani. “Le prove vanno bene, siamo sicuramente pronti. Oggi, però, la Corcoran sembrava posseduta”

 

Posseduta?”

 

“Avevamo un’ora di prove questa mattina e, oltre ad essere arrivata in ritardo, praticamente non ci ha fatto fare nulla” le spiega Artie mentre lei prende un sandwich dalla busta.

 

“Di solito ci spreme un’ora intera” aggiunge Blaine, stavolta senza parlare a sproposito. “Quando abbiamo una lezione del Glee alla mattina, quasi non riusciamo ad arrivare interi alla pausa pranzo”

 

“Forse aveva altro a cui pensare” tenta Sugar, prima di addentare con gusto il suo panino. Questo si che è interessante.

 

“Il che sarebbe ancora più strano” mormora Artie dopo aver mandato giù un altro boccone.

 

“Lei è un martello pneumatico che picchia su di noi per farci arrivare ad essere perfetti” spiega Blaine con una buffa metafora, rappresentandola anche con le mani. “Quell’altro deve essere davvero importante per distrarla dal suo obiettivo

 

“Vincere ad ogni costo” pensa ad alta voce Sugar, ottenendo la conferma dai due ragazzi che annuiscono all’unisono.

 

“Beh …” inizia cautamente Artie, abbassando il tono di voce “… prima della lezione la Corcoran mi ha preso da parte e mi ha strigliato perché secondo lei non mi sto impegnando abbastanza nel giornalino della scuola” mormora, gettando poi un’occhiata eloquente a Sugar. “Come se io fossi uno scrittore. Io voglio ballare e cantare, mica vincere un Pulitzer”

 

“E lei cosa c’entra con il giornalino?”

 

Sugar sorride, osservando l’espressione crucciata di Blaine. Non immaginava che la sua presenza al tavolo avrebbe reso così tanto più facile il suo ‘lavoro’, eppure ora si mette a fare per lei anche le domande giuste.

 

“Immagino sia l’insegnante responsabile” mormora Artie, dando però l’impressione di essere incerto sull’argomento. Perché non sa la risposta o perché non vuole che si sappia?

 

“Se non sbaglio dovrebbe essere la Martin, quella vecchiaccia di letteratura che insegna ai junior ed a noi senior” lo corregge Sugar, dipingendosi sulla faccia un’espressione innocente.

 

“Per sapere cosa vuole la professoressa Corcoran da te basta che ci dici esattamente cosa ti ha detto” afferma con convinzione Blaine, ormai girato completamente verso l’amico.

 

Questi prova a fargli capire che non è il caso con un paio di smorfie che ovviamente il leader moro del Glee club non coglie. Sugar invece sì e questo non fa altro che confermare i suoi sospetti.

 

Sospirando, Artie osserva per qualche istante la ragazza. Sta pensando se parlare o no, potrebbe scommetterci la macchina che non ha che è così.

“D’accordo” si arrende alla fine  lui. “Mi ha chiesto di scrivere degli articoli contro quel sito che sta distruggendo le Cheerios”

 

Blaine apre la bocca per parlare ma si ferma subito, concentrandosi in maniera concitata sul suo cellulare che ha iniziato a vibrare sul tavolo.

 

“Credo che sia più o meno come cercare di spegnere un incendio con un bicchiere d’acqua” scherza Sugar, facendo sorridere Artie.

 

“Parli come Anderson, ora?”

 

Fa finta di ridere, prendendo in realtà tempo per capire se possa spingersi oltre.

Ha bisogno di qualche conferma circa l’identità del o degli ideatori del sito sul McKinley, visto che brancola ancora nel buio e la cosa, è innegabile, le dà parecchio fastidio.

“Chi credi che ci sia dietro?”

 

“Quinn Fabray?”

 

“No, non penso. Ha sempre avuto il suo stile nonostante tutto e tutti. Ed è opposto a quello che usa quel sito”

Sono le esatte parole che ha detto a Santana quando le ha parlato dei suoi sospetti. Forse ha un ruolo, questo potrebbe essere visto che è andata a cercare la latina per proporle proprio una cosa del genere.

Per lei, però, potrebbe essere solo una semplice informatrice.

 

Ha dei sospetti di cui non ha parlato nemmeno a Santana perché non sa che reazione potrebbe avere. Qualcuno di abbastanza in alto per essere protetto da eventuali rappresaglie e di abbastanza piazzato nei posti giusti da sapere certe cose. Brittany Pierce, ad esempio.

 

“Però è strano che quel sito abbia aperto proprio dopo che il preside l’ha espulsa dal giornalino” ribatte Artie con fare ovvio.

 

“Come è strano che abbia ripreso comunque a scrivere il suo Impiccione”

 

“Depistaggio?”

 

“Sembriamo quasi due detective dei polizieschi” ridacchia Sugar, decidendo che ormai il limite è stato superato. Ora sembra veramente sospetta.

Ok, la raccolta d’informazioni non è andata come previsto ma in certe cose la pazienza regna tiranna. In più, sa che la Corcoran si sta muovendo, quindi la faccenda si sta facendo davvero seria.

“Se per caso volessi vederti provare, cosa dovrei fare?” aggiunge in tono incerto, apparendo sicuramente timida ed emozionata agli occhi del ragazzo. Getta un’occhiata a Blaine, intento a messaggiare con la linguina di fuori, segno che è concentrato al massimo su altro. Meglio così.

 

Questa è una di quelle discussioni della cui esistenza non deve essere informato nessuno.

E se c’è una cosa di cui Sugar è sicura è che, per far dimenticare ad un ragazzo qualsiasi cosa detta in precedenza durante una conversazione, basta iniziare a flirtarci, nemmeno troppo pesantemente.

Magia? No, ormoni adolescenziali maschili.

 

Mi piace un sacco come ti muovi

 

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Poche settimane fa non avrebbe mai pensato di finire ad osservare le prove delle Cheerios dagli spalti del campo di football. Con un sorriso immenso dipinto sulle labbra, tra l’altro.

 

Prima, quando Rachel era solo una delle cheerleader alla base della piramide, mentre aspettava che finisse l’allenamento per accompagnarla a casa, lei faceva altro. Scriveva, incontrava persone per i suoi articoli, andava nell’aula d’informatica per stamparli. Qualsiasi cosa, persino farsi correre dietro da quei misogini bastardi dei Titans, piuttosto che rimanere lì a guardare l’umiliazione pubblica della sua migliore amica.

 

Ora, però, il mondo è andato sottosopra.

Lei è lì, Rachel è diventata la solista delle Cheerios e le altre ragazze, nonostante i suoi timori, sembrano averlo accettato. Forse il fatto che abbia la voce migliore anche di ogni ragazza e ragazzo del Glee club ha aiutato.

 

 

“Ti piace la Corcoran?”

 

Quinn sobbalza per lo spavento, voltandosi destramente sorpresa verso la fonte di quella voce.

Santana Lopez le sorride nella sua maniera maligna, seduta a qualche seggiolino di distanza da lei ed intenta ad indicare con dei cenni espliciti del capo il centro del campo.

 

“Non che mi interessi veramente” si precipita ad aggiungere, forse per via dell’espressione stralunata di Quinn. “Ma, sai, mi serve un buon modo per rompere il ghiaccio visto che l’ultima volta che abbiamo parlato mi hai colpita con una sberla devastante”

 

Oh, quella volta. Prima d’allora non aveva mai schiaffeggiato nessuno, nonostante avesse avuto parecchie altre occasioni in cui si era riuscita a fermarsi solo all’ultimo.

C’è evidentemente qualcosa in quella Skank che le fa salire la rabbia più in fretta delle altre persone. Ora, ripensandoci, non va molto fiera del suo gesto.

“Mi dispiace”

 

“Oh, non farlo. Se me ne avessero dati di più quando me lo meritavo, probabilmente ora non sarei così” mormora in modo criptico, facendo inarcare un sopracciglio a Quinn. “Quindi? Ti piace Rachel?”

 

Strane persone, strane domande, dice un detto.

“Credo che sia la persona migliore di questo posto. Perciò sì, mi piace molto”

 

“Perdonami, ho scoperto recentemente di essere poco chiara” fa ironica Santana, sostenendo la testa con una mano per guardare Quinn direttamente negli occhi. “Sei innamorata di quel barattolo da caffè con il naso di Mr. Potato appiccicato sopra?”

 

“Non sono fatti tuoi” digrigna i denti e stringe i pugni, pronta a farle ingoiare quegli insulti nel caso provi a farne ancora. “Ma ti posso dire questo: le voglio incredibilmente bene. E non accetto che la si prenda in giro”

 

“Chiedevo, non c’è bisogno di scaldarsi tanto” ridacchia Santana, facendola innervosire di più se possibile. “Sai, non sei per niente male” scherza, facendole l’occhiolino.

 

“Mi spiace darti questa delusione, ma non lo sono”

 

Santana fa uno strano sorriso complice, limitandosi ad avvicinarsi in modo da mettersi a sedere nel sedile vicino a quello in cui si trova Quinn.

“Ora direi di passare alle cose serie. Ti va?” mormora a bassa voce, dopo aver data un’occhiata in giro.  

 

“Se proprio insisti” risponde nervosamente la bionda, sentendosi ancora più a disagio.

 

“Tu mi hai chiesto, quella volta in bagno, se volevo unirmi a te in un misterioso progetto. Poco dopo nasce un sito che ha lo stesso scopo di cui mi hai parlato tu. Credi nelle coincidenze, Quinn?”

 

Male. Molto male. Questo non se lo aspettava proprio.

Che fare? Dire una balla, dire una mezza verità o sputtanare Mike? In fondo, per quanto non abbia apprezzato il modo, è riuscito a fare quello che lei stessa si era prefissata come obiettivo.

“Anche se fosse, ormai non ha più importanza” farfuglia prendendola alla larga, sperando ardentemente che Santana sia solo incuriosita e non veramente interessata alla cosa.

 

“Io credo che ne abbia, invece”

 

“Perché queste domande?” sbotta Quinn, sentendosi costretta all’angolo. “Cosa te ne frega?”

 

“Voglio sapere cosa sta succedendo. Chi ha detronizzato la Rose, chi ha messo al suo posto la Cohen-Chang, chi ha fatto quel sito e perché” elenca contando con le dita con le labbra strette in un ghigno. “Come mai all’improvviso Rachel Corcoran sia diventata una star”

 

Da qualunque angolazione la si guardi, lei è colpevole. Se ne è resa conto dopo le parole di Mike e ogni volta che qualcuno tira fuori l’argomento con lei emergono sempre nuove prove del suo coinvolgimento.

“Già … chi mai vorrebbe dare a Rachel un posto al sole a parte me?”

 

“Esatto” annuisce Santana, accavallando le gambe mentre prende una sigaretta dalla tasca. “Tutti qui dentro sono convinti che ci sia tu dietro a quel sito. Tranne me, ovviamente” mente, anche se questo Quinn non lo può sapere. “E quando avranno bisogno di un capro espiatorio a cui accollare il conto di quel macello che sta capitando, indovina chi useranno?”

 

“La faccenda ha già raggiunto il suo picco, non ci saranno altri casini”

È davvero così? Non lo sa. Da quando ha detto a Mike di lasciarla fuori, lui l’ha presa davvero in parola. Non le manda più sms, la ignora per i corridoi. E se da un lato la cosa non può che farle piacere, dall’altro invece le mette addosso una strana agitazione.

 

“Dici? Te lo auguro. Perché la Corcoran … non la tua, la madre … si è messa in caccia, lo so da fonti certe. Per ora solo tramite il giornalino, ma non credo che passerà molto tempo prima che decida di scatenarti contro i giocatori di football”

 

“Credo che ci voglia più di qualche sospetto per accusare qualcuno” mormora Quinn, anche se non ci crede nemmeno un po’.

 

“Ti propongo un patto” le fa Santana dopo una risatina. “Tu mi dici chi c’è dietro questa storia ed io, in cambio, ti garantisco che nessuno oserà alzare un solo bicchiere di granita su di te”

 

Quinn apre la bocca, chiudendola subito dopo. Sembra una trappola e, cazzo, è così stanca di tutti questi trucchetti, patti e sotterfugi.

“Addirittura? Satana Lopez mi farà da angelo custode?” tenta con evidente sarcasmo.

 

“Hai presente chi siamo noi Skank? Hai presente chi sono io?”  

C’è un lampo di sicurezza e ferocia nelle iridi scure della latina che Quinn non può proprio ignorare. Loro sono intoccabili, non certo per la loro posizione nella piramide sociale. Lo sono perché nessuno vorrebbe mettersele contro.

 

È quasi tentata di accettare ma …

“Come faccio a sapere che la Corcoran sta veramente per mettersi in caccia. E che sta davvero per puntare me?”

 

“Tra qualche giorno uscirà sicuramente la seconda copia del nuovo giornalino scolastico. Se quello che dico è vero, ci saranno solo articoli che sottolineano la pericolosità di quel sito” le spiega con assoluta tranquillità Santana, accendendosi finalmente la sigaretta.

“Se così sarà … beh, sai dove trovarmi

 

 Sarà la stanchezza della situazione in cui si è ficcata da sola, sarà la voglia di uscire del tutto senza più doverci finire in mezzo o sarà semplicemente la sicurezza delle sue parole, ma alla fine non riesce a tacere.

“Santana, aspetta un secondo”

 

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Uno dei più grandi pregi di Blaine, nonché uno dei motivi principali per cui prova un sentimento così forte per lui, è la sua estrema dolcezza.

La ritrova nel suo carattere, tanto per cominciare, nei suoi gesti, nel modo in cui gli parla e nei suoi messaggi. Ed anche nei baci, sì. Sono soffici, delicati e morbidi come le sue labbra.

 

Ecco, essendo il suo primo ragazzo, non ha molti altri termini di paragone –eccezion fatta per un accidentale bacio a stampo con Brittany durante il loro secondo anno-, eppure Kurt è piuttosto sicuro che quello di Blaine è il modo in cui gli piace essere baciato.

 

In questo momento, però, mentre sono avvinghiati nel letto di Kurt, questa certezza sta venendo meno.

Perché Blaine si è tolto i vestiti praticamente ancor prima di entrare nella sua camera e lo sta baciando con foga e desiderio, cosa che non gli sta affatto dispiacendo.

Certo, un mutamento così improvviso sembrerebbe vagamente sospetto. Ma questa è una di quelle situazioni in cui bisogna fregarsene e fare finta di niente, no?

 

No. Per questo si odia un poco quando, dopo avergli afferrato il viso tra le mani, lo allontana per trovare la risposta ai suoi quesiti.

“Come mai … mm … questa foga?” farfuglia Kurt, mordendosi le labbra mentre prova con tutto sé stesso a tenere a distanza un sempre più confuso Blaine.

“N-non che mi dispiaccia, eh, ma … mm … come mai?”

 

Il leader del Glee gli rivolge un sorriso radioso, prima di rotolare fuori dall’intreccio di gambe e sdraiarsi di schiena sul letto. Sembra molto divertito.

“Ho passato tutta la pausa pranzo a vedere Sugar Motta flirtare con Artie”

 

“Come sei arrivato da quel momento a questo?” inarca un sopracciglio Kurt, dubbioso, appoggiandosi su un fianco mentre con la mano muove i ricci mori del ragazzo.

 

“Credo sia per …” indugia un attimo Blaine, specchiandosi negli occhi azzurri di Kurt “… autoaffermazione?”

 

Scoppia a ridere immediatamente, crollando sul corpo del suo ragazzo per via del precario equilibrio. Solleva piano la testa giusto per incrociare l’espressione incerta di Blaine che, comunque, sta sorridendo di rimando.

“Che carino che sei quando cerchi di imparare termini nuovi”

 

“… ehi!” esclama, fintamente arrabbiato, scrollandoselo di dosso. “Va a quel paese, Kurt” gli dice sorridendo, gli occhi color miele che lo fissano incantati.

 

Kurt si rimette su un fianco, allungando la mano per stringere quella che Blaine ha già avvicinato al suo corpo. Sin incontrano a metà, come sempre, ed intrecciano le dita senza sentire il bisogno di dire o fare nulla.

 

È questa l’unica cosa che vorrebbe di più Kurt dalla sua vita. La possibilità di essere spontaneo con Blaine anche in pubblico, di poter godersi la loro intimità senza il terrore di essere scoperti.

 

Ed è a questo che si riconduce la sua paura più grande. Non l’essere giudicato dalle persone o dai suoi compagni di scuola, non il poter essere preso di mira dai suoi compagni Titans.

A lui, di questo, importa il giusto. Anche perché tra un anno sarà al college, New York se sarà abbastanza fortunato, e non è così ipocrita da dire che questo non influisca.

Il problema vero è un altro, cioè …

 

Scatta a sedere con la velocità di Flash quando un paio di colpi di clacson squarciano il silenzio della camera.

Oh no” mormora, spaventato, correndo alla finestra. “Oh no! Oh no!” ripete con tono sempre più acuto e terrorizzato, infilandosi le mani nei capelli per la disperazione

 

“Che succede?”

 

Si volta verso Blaine, fissandolo con gli occhi spiritati.

“Papà è tornato” farfuglia, rabbrividendo al solo pensiero. Afferra da terra la maglietta che il suo ricciolino gli ha sfilato pochi minuti fa lanciandola via e la infila rapidamente, addosso ancora lo sguardo perplesso di Blaine.

“Fortunatamente di solito passa a salutare Maggie”

 

Quindi? Non capisco” mormora imbronciandosi mentre si mette a sedere sul letto. “ Di solito sei contento quando torna da Washington”

 

Kurt chiude gli occhi e conta mentalmente fino a cinque, recitando a memoria i perché non gli ha ancora spaccato un comodino in testa.

“Cosa fa un adolescente quando ha la casa libera?” chiede retoricamente, ruotando gli occhi al cielo. “Vestiti, per favore” gli intima, rendendosi conto che l’altro è ancora in boxer.

 

“Uhm …” mormora, assorto, allungandosi sul letto per afferrare i pantaloni “… quello che stavamo facendo noi?”

 

“E io, tecnicamente, con chi dovrei farlo?”

 

“Brittany!”

 

“Non è un quiz a premi” sibila Kurt, abbastanza furente, continuando ad osservare nervosamente fuori dalla finestra. “E vestiti, maledizione!” sbotta, voltandosi verso Blaine e trovandolo intento a controllare l’orlo dei pantaloni.

“Dovrei essere con Brittany in questo momento. E dov’è?”

 

“A meno che non sia nascosta in un armadio-”

 

“Blaine” lo zittisce, usando un tono così calmo da fargli gelare il sangue nelle vene.

“Siamo sull’orlo di una catastrofe, non puoi diventare improvvisamente un umorista in un momento come questo”

 

“Ci sono mille motivi per cui due ragazzi si trovano a casa da soli” mormora Blaine in tono lamentoso, infilando i calzini e poi i pantaloni.

 

“Mio padre ha un fucile e nessuna paura di usarlo, perciò se hai in mente qualcosa è meglio che tu la tiri fuori subito”

 

“Oh” deglutisce a fatica il leader del Glee, scattando velocemente a raccogliere scarpe, maglietta e papillon. “Videogame?”

 

“Vedi console in questa camera oppure mi hai mai visto con un joystick in mano?” chiede, ancora una volta retoricamente, gettando un’altra occhiata all’esterno. Vede il Suv di suo padre spuntare, segno che è già andato a salutare Maggie, la signora che vive nella piccola villetta di fianco alla sua e che si occupa di lui quando il signor Hummel è a Washington.

 

“Compiti!” esclama all’improvviso Blaine.

 

“Compiti?” mormora schifato Kurt, prima di iniziare a valutare seriamente la cosa. “Compiti …” ripete, prima di lanciarsi sul ragazzo e lasciargli un rapido bacio a stampo sulle labbra “… sei un genio, Blaine”

 

Lo aiuta ad infilare le braccia nella maglietta prima di fiondarsi verso il suo zaino per estrarre un libro a caso ed un paio di quaderni, aprendoli sopra la scrivania.

 

Ha appena spostato una pila di riviste da un pouf indaco per usarlo come seconda sedia quando il vocione di suo padre fa capolino dal piano di sotto.

“Kurt! Sono a casa!”

 

Kurt si guarda intorno per controllare che non ci sia niente che non vada. Dà una rapida sistemata alle lenzuolo poi, soddisfatto, apre la porta della camera per rispondergli.

“Di sopra, papà! Sto studiando con un amico!”

 

Dà un’occhiata rapida alle sue spalle, notando Blaine, seduto sul pouf, intento a sfogliare davvero i libri. Un sorrisetto orgoglioso gli si dipinge sulle labbra.

 

“Figliolo”

Si trova stritolato nell’abbraccio di suo padre prima di rendersene conto. Lo ricambia con forza, appoggiandogli la testa al centro del petto. Hanno un legame profondo che gli incarichi politici di suo padre non sono riusciti minimamente a scalfire.

“Ero stanco e ho deciso di tornare a casa prima. Volevo farti una sorpresa”

 

“Sono molto contento che tu sia qui” ammette in tutta sincerità, ricevendo un paio di pacche sulle spalle mentre si allontana. “Papà, lui è Blaine, un mio compagno di scuola”

 

Blaine è già in piedi e si avvicina con la mano pronta per stringere quella del padre di Kurt. Per qualche ignoto –ma meraviglioso- motivo ha scelto di non mettersi il papillon.

A giudicare dal modo in cui suo papà lo studia, però, deve trovare la sua maglietta aderente e i suoi pantaloni con il risvolto alla caviglia comunque bizzarro.

 

“Burt Hummel” mormora asciutto, continuando a studiarlo. Come fa sempre con ogni persona, si ricorda mentalmente Kurt per non dare di matto.

 

“Blaine Anderson. Piacere di conoscerla”

 

“Sei anche tu nella squadra di football?” gli chiede l’uomo, incuriosito, facendo sbiancare Kurt.

 

“Oh, no signore” sorride Blaine, scuotendo il capo un paio di volte.

 

“Chiamami Burt”

 

“Burt, d’accordo. Purtroppo non ho per niente il fisico per giocare in nessun ruolo e sono troppo lento per fare il wide receiver” spiega con grande tranquillità, facendo sfoggio di una cultura sportiva ignota a Kurt fino a pochi istanti fa.

“Avrei provato per il ruolo di kicker, peccato che sia irraggiungibile”

 

“Simpatico” ridacchia Burt –sì, ridacchia- rivolgendosi poi a Kurt. “Cosa stavate studiando?”

 

“Lo stavo aiutando con … uhm … francese” balbetta appena, sperando di non risultare eccessivamente nervoso.

 

“Già, sono negato per quelle cose” s’intromette Blaine. “Me la cavo meglio in chimica, però, e perciò in quello gli do una mano io”

 

“Uno scambio equivalente, ottima mossa” annuisce Burt, appoggiando poi una mano sulla spalla del figlio. “Maggie e Ed vengono a cena qui, stasera, con i marmocchi. Potresti invitare anche la tua …” indugia, sforzandosi di ricordare “… Brittany” 

 

Prima di rispondere, Kurt getta una rapida occhiata a Blaine, assicurandosi che non se la sia presa.

“Glielo chiederò subito” mormora dopo aver notato come il suo vero ragazzo stia ancora sorridendo.

 

“Dille per le otto e trenta. Ora vado a farmi un bel bagno rigenerante” afferma con tono improvvisamente stanco, allentando il nodo della cravatta. “Blaine, è stato un piacere”

 

“Anche per me, Burt” lo saluta calorosamente Blaine, senza smettere per un secondo di sorridere.

 

Solo quando suo padre inizia a far scorrere l’acqua e chiude la porta del bagno, Kurt sente il nervosismo e la tensione accumulato in cinque minuti infernali scivolargli addosso.

“Da quando sei un appassionato di football?”

 

“Vengo a vedere tutte le tue partite, un minimo mi sono dovuto informare” spiega con semplicità, rivolgendogli ancora un sorriso enorme.

 

“Si può sapere che hai da sorridere così?”

 

“Genitori che arrivano a casa e quasi beccano i figli in atteggiamenti compromettenti” spiega divertito. “Abbiamo vissuto il più classico dei cliché delle coppie adolescenziali. Non sei contento?”

 

Kurt gli dona un sorriso ed un bacio rapido sulle labbra.

Certe volte è sicuro che, anche solo per quanto ha fatto e sta facendo ancora per lui, Blaine meriterebbe una relazione alla luce del sole.

Il problema, però, rimane. Non può fare a suo padre una cosa del genere. Non può offrire ai suoi rivali politici un’occasione per usarlo contro di lui. Gli vuole troppo bene per farlo.

Per il momento, può andare bene anche così.

 

“Dai, andiamo a far finta di aiutarci a vicenda con i compiti”

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autore:

 

In ritardo, tanto per non essere banali. Ok, facciamo così: io non fisso più una data, altrimenti capitano sempre mille sfighe. D’ora in poi quando arriva il capitolo, arriva :)

A proposito di aggiornamento, ringrazio coloro che hanno letto lo scorso capitolo, chi ha lasciato un commento per dirmi le proprie impressioni e coloro che hanno messo la storia tra le seguite. Me molto stupito e contento.

 

Sul capitolo in sé non ho molto da dire. Abbiamo conosciuto un po’ meglio Shelby e il ‘what if’ di Rachel e abbiamo conosciuto a grandi linee il ‘what if’ di Kurt.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

 

In più, nella prima parte, quella in cui Holly e Figgins parlano, il preside ad un certo punto dice che non è il caso di tirare fuori problemi di privacy in un momento come questo.

Il riferimento è al casino che è scoppiato negli USA con le dichiarazioni di Edward Snowden, un ex membro di diversi gruppi di intelligence che ha denunciato diversi ‘attentati’ del governo alla Privacy dei cittadini con controlli sui computer, intercettazioni, etc. Se non sapete di cosa parlo, vi consiglio di darci un’occhiata ;)

 

Il sito e il perno della trama sembrano momentaneamente in standby ed in parte è così. Mi sto concentrando più sui personaggi, ma non fatevi ingannare: il meccanismo è sempre in moto e qua e là ho disseminato qualche indizio.

 

Se per caso tra voi lettrici e lettori si annida qualche fan di Kurt e Blaine, sappiate che, se per caso la loro parte vi ha fatto schifo, mi dispiace. Mi sono trovato nella bellissima situazione di dover introdurre Burt e di non avere altro modo per farlo. Spero non sia troppo orribile, ci ho messo tanto impegno :)

 

Alla prossima, che mi auguro sia prima del 20. Altrimenti se ne riparlerà per i primi di Settembre.

 

Per questo motivo, ho deciso di mettervi qualche anticipazione del prossimo capitolo:

-Marley alle prese con la sua nuova realtà;

-I Titans in azione per la prima volta;

-Santana incontrerà una persona per un confronto.

 

Grazie per essere giunti fin qui!

Pace. 

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