La ricerca della felicità di marthiachan (/viewuser.php?uid=61784)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Dopo
aver terminato la
mia precedente ff “Tornare a casa”, non sono riuscita a smettere
di scrivere. In parte perché c'era ancora così tanto da dire, e in
parte perché sono decisamente impazzita per questa serie, per questo
fandom e per tutto ciò che vi è collegato. Doveva essere solo
un'altra ff, magari con un paio di capitoli, niente di impegnativo. E
invece mi sono trovata con undici capitoli e una cinquantina di
pagine word. Non scrivevo così tanto in così breve tempo da anni.
Comunque, spero che
quello che ho scritto non sia troppo assurdo. Ho cercato di attenermi
il più possibile alla serie e al canone, ma non so quanto possa
esserci riuscita. Probabilmente troverete che ho reso i personaggi in
maniera errata, e di questo me ne scuso, ma ho davvero fatto del mio
meglio.
Spero, comunque, che
vorrete leggere ciò che la mia mente malata ha partorito e darmi la
vostra opinione.
Buona lettura.
La
ricerca della
felicità
Prologo
Tutti i quotidiani del
30 Marzo riportavano la notizia della mia resurrezione. Quello
di seguito è forse l’articolo che riporta meno scorrettezze.
La Resurrezione
di Sherlock Holmes!
Il finto suicidio di
un genio.
Tre anni fa, la
notizia che Sherlock Holmes, geniale Investigatore Privato o, come
ama definirsi, Consulente Investigativo, fosse solo un abile
truffatore che risolveva casi da lui stesso ideati, aveva spaccato in
due l’opinione pubblica. In tanti erano stati disgustati dalla
notizia, ma qualcuno dei suoi ammiratori aveva continuato a credere
in lui, l'Eroe del Reichenbach. Il suo successivo suicidio, però,
sembrava solo confermare le accuse a lui fatte e aveva spazzato via
anche quel poco di seguito che gli era rimasto. Quando il suo
imbroglio è stato scoperto, il suo pubblico sentendosi tradito gli
si è rivoltato contro. Per settimane, i media hanno discusso su un
personaggio che è stato definito “psicopatico” e “perverso”
per il modo in cui aveva ideato terribili crimini efferati solo per
avere la possibilità di risolverli davanti a un pubblico stupito e
adorante. Dopo pochi mesi nessuno parlava più di lui. Così come era
stato inizialmente portato sulla cresta dell’onda del successo e in
seguito dell’infamia, è stato presto sepolto nel dimenticatoio.
Oggi, dopo tre anni, tutto quello che credevamo di sapere su Sherlock
Holmes è stato stravolto.
Durante una
conferenza stampa a Scotland Yard, in cui erano presenti le più alte
cariche della nostra polizia, tra cui il Commissario Capo Lestrade,
che tre anni fa gestì il caso del suicidio di Holmes, è stato
rivelato che il geniale Consulente Investigativo, non solo era
innocente di tutte le accuse, ma è ancora vivo. Dopo aver sentito
annunciare ciò dalla voce entusiasta di Lestrade, lo stesso Sherlock
Holmes è apparso di fronte all’intera sala. Il mutismo è calato.
Dopo tutto questo tempo, il famoso Investigatore è apparso immutato,
si potrebbe giurare che indossi persino gli stessi vestiti
dall’ultima volta che è apparso sui tabloid.
Non ha detto molto,
in effetti, Mr. Holmes si è solo seduto osservando con estrema
attenzione tutti i giornalisti presenti, facendoli sentire inadeguati
e colpevoli delle accuse formulate in passato. Il Commissario
Lestrade ha quindi spiegato la situazione.
Il famoso Consulente
Investigativo è stato ingaggiato dal governo britannico per
sgominare una potente rete criminale con base a Londra ma che operava
in tutta Europa. Per fare ciò, è stato necessario rendere Mr.
Holmes invisibile, quindi sono state fornite false informazioni ai
media in modo che la sua immagine pubblica venisse distrutta
totalmente e, in seguito, è stato inscenato il suo plateale suicidio
per permettere che a tempo debito venisse completamente dimenticato.
In questa maniera, Sherlock Holmes ha potuto agire nell’ombra e
svolgere la sua missione senza l’intromissione di un pubblico.
Alla
domanda se la sua missione sia stata portata a termine con successo,
Mr. Holmes ha risposto in maniera vagamente offensiva, come da sua
abitudine. “Ovviamente. Altrimenti non sarei qui a perdere tempo in
una conferenza stampa.”
Abbiamo domandato al
Consulente se proprio tutti, compresa la polizia di Londra ma anche i
suoi parenti e amici, fossero all’oscuro di tutto ciò, e lui ha
risposto con laconico “Si”.
Il Commissario Lestrade ha aggiunto
che per motivi di sicurezza nazionale era importante che solo pochi
selezionati incaricati del governo fossero a conoscenza della
missione e questo ha comportato che persino lui stesso ne fosse
escluso.
Quando è stato annunciato che ci sarebbe stato il tempo
solo per un’ultima domanda, abbiamo domandato cosa avrebbe fatto
ora Mr. Holmes. La risposta è stata diretta e definitiva, come
sempre nello stile del geniale Investigatore. “Farò quello che ho
sempre fatto, il mio lavoro. Sono sempre l’unico Consulente
Investigativo al mondo.” Dicendo ciò si è alzato in piedi e ha
lasciato la sala senza aggiungere un saluto mentre digitava qualcosa
sul suo cellulare, probabilmente già concentrato su un nuovo
misterioso caso. È un sollievo per tutti sapere che un simile genio
è dalla parte della giustizia e che continuerà a lavorare per
rendere il mondo migliore.
E così sono tornato
in vita. Ora, dopo qualche giorno di prevedibile caos e
curiosità da parte dei media, tornerò alle mie solite attività. O
almeno ci proverò visto che molte cose sono cambiate.
Tutte in effetti.
Io e John non abitiamo
più insieme. La sua casa non è lontano da qui, ma sarà tutto
inevitabilmente diverso.
Mrs. Hudson ora
vorrebbe davvero essere la mia governante, ma non può a causa
dei suoi problemi di salute.
Lestrade è stato
promosso e non è più un agente attivo sul campo, quindi dovrò
rassegnarmi a lavorare con qualcun altro.
Mycroft si sente in
colpa per ciò che è successo e la sua eccessiva apprensione nei
miei confronti è ancora più noiosa.
E Molly si è
fidanzata. Non è più disponibile a fare gli straordinari in
obitorio solo per assistere me.
La mia vecchia vita non
esiste più, devo costruirmene una nuova.
Dovrò ricostruirla da capo.
Le mie abitudini e i
miei legami precedenti sono stati distrutti.
Detesto doverlo fare.
Vorrei solo tornare ad avere quello che avevo tre anni fa. Perché,
anche se non l’ho mai ammesso, in un modo assurdo e inspiegabile
per tutti ma assolutamente logico per me, ero felice.
Voglio riavere
quello che ho perso.
Voglio essere di
nuovo felice.
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Capitolo 2 *** 1 ***
1
L'ultima settimana è
stata davvero irritante. Ogni volta che uscivo di casa, giornalisti e
fotografi erano fuori ad aspettarmi. Non ho avuto nessun caso e ho
dovuto passare le giornate a casa a guardare la TV con Mrs. Hudson.
Davvero noioso.
Quando, di notte,
riuscivo a scappare non visto, non sapevo dove recarmi. Avrei potuto
andare da John, ma avrei spaventato lui o la sua fidanzata.
Due giorni fa, sono
andato al Barth's sperando di distrarmi con qualche esperimento, ma
prima di arrivarci ho visto Molly uscirne a braccetto con un uomo.
Sono rimasto fermo dall'altro lato della strada a osservare.
Uomo sui 40 anni,
vestito elegantemente, lavora in ufficio, probabilmente nella city.
Ha un autista per
recarsi in ufficio ma per gli appuntamenti galanti utilizza la sua
auto sportiva che ha comprato solo sei mesi fa.
E vi stava salendo
insieme a Molly Hooper.
NO.
Ho attraversato la
strada in tutta fretta e mi sono fermato a pochi passi da Molly
proprio mentre lei si stava sedendo.
“Sherlock!” ha
esclamato sorpresa rialzandosi. “Cosa fai qui?”
“Stavo venendo al
Barth's.”
“Mi spiace, ho
cambiato il turno con un collega, non posso aiutarti stasera. Se vuoi
possiamo parlarne domani mattina.”
“Non sono qui per un
caso.”
“No? E allora... Hai
bisogno di qualcos'altro?” ha domandato con tono premuroso.
Sì. Ho bisogno che
tu esca da quell'auto. Ho bisogno che mandi via questo ricco cafone
che, tra l'altro, non ti renderà mai felice e che ha dei pesanti
debiti di gioco.
“Sono scappato dai
giornalisti.”
“Oh, capisco. Mi
spiace, ma stasera non posso proprio aiutarti, ma se vuoi puoi usare
il mio laboratorio.”
Nel frattempo, il suo
fidanzato aveva girato intorno all'auto e mi si era piazzato davanti,
guardandomi con irritazione.
“Chi è lei?”
“Preferisco non
utilizzare il tuo laboratorio se non ci sei tu. I tuoi colleghi
potrebbero essere fastidiosi.”
“Allora mi spiace,
dovrai attendere domani.”
“Chi è lei?”
ha continuato a chiedere l'uomo con un forte accento del nord, sempre
più irritato.
“Oh, mi spiace
William. Lui è Sherlock Holmes. Sherlock, lui è William Milton, il
mio fidanzato.” ha spiegato Molly sorridendo imbarazzata pur
cercando di sembrare naturale.
“Sherlock Holmes?
L'investigatore?”
“Consulente
Investigativo.” ho precisato senza degnarlo di uno sguardo.
“E cosa vuole un
consulente investigativo dalla mia fidanzata?” ha chiesto
utilizzando un tono di disprezzo.
A quel punto mi sono
voltato e l'ho guardato in faccia.
Gli occhi stretti in
due fessure. Una vena del collo che pulsava. La mascella serrata in
maniera innaturale. Le mani che si stringevano sino a far sbiancare
le nocche. Un uomo con dei problemi a gestire la rabbia.
“Io conosco Molly da
molto tempo prima che lei entrasse nella sua vita. Collaboriamo
insieme. Lei è la migliore patologa della città. La mia
patologa. Ed è mia amica. La mia amica. Ho tutto il
diritto di parlarle. O di desiderare la sua compagnia nei momenti di
solitudine. Lei, nonostante sia il suo fidanzato, non può certo
impedirmelo. Pensi piuttosto a trovare i soldi per pagare i suoi
debiti di gioco.”
Avevo appena finito la
frase quando un pugno mi ha colpito in pieno viso, spaccandomi il
labbro.
Ovviamente.
Un uomo rabbioso e
violento. Perché Molly frequentava un uomo simile?
“William!” ha
urlato lei spaventata.
Mi sono ritrovato a
terra, in men che non si dica mi sono rialzato, pronto a restituire
il colpo e a fargli davvero molto male, ma mi sono ritrovato davanti
Molly con sguardo implorante.
“No, ti prego
Sherlock, no.” mi ha pregato quasi in lacrime.
Mi sono ritrovato a
guardare i suoi occhi lucidi e a notare quanto fossero grandi
rispetto al resto del viso.
Troppo grandi.
Sproporzionati.
In un attimo avevo
perso il desiderio di restituire il pugno a quell'uomo. Non so come,
ma gli occhi sproporzionati di Molly mi avevano calmato.
Con un movimento secco
mi sono allontanato da lei.
“Fossi in te lo
lascerei. Può anche sembrare un buon partito ma è pieno di debiti
di gioco ed ha un problema con la gestione della rabbia. Ed è
violento. Potrebbe farti del male durante una banale discussione.
Ora, se non ti dispiace, vado a farmi medicare.”
E così dicendo mi sono
allontanato senza voltarmi, dirigendomi al Barth's.
Mi sono introdotto nel
laboratorio di Molly alla ricerca del disinfettante. Ero furioso.
Quel tizio mi aveva colpito! Solo perché avevo svelato alla sua
fidanzata che lui non era la moderna versione del Principe Azzurro?
Come si era permesso? John spesso mi aveva detto che il mio modo di
fare poteva scatenare qualcosa del genere, ma era la prima volta che
mi succedeva sul serio.
Pochi minuti dopo,
Molly mi ha raggiunto. Sembrava sconvolta.
Respiro accelerato.
Guance arrossate. Il trucco degli occhi leggermente sbavato per delle
lacrime. Il suo petto continuava ad alzarsi e riabbassarsi. Aveva
corso per raggiungermi.
“Perché sei qui?
Intendo, sul serio.” ha detto con tono che poteva essere definito
come autoritario.
“Avevo bisogno di
qualcuno con cui parlare.”
“Perché io? Perché
non John?”
“Non volevo
spaventare la sua fidanzata a quest'ora di notte. E pensavo che tu
fossi di turno stanotte.” ho spiegato con sufficienza visto che per
me era fin troppo ovvio.
“Mi dispiace per
William.”
“Quell'uomo è
pericoloso.”
“No, non lo è. Sta
andando da un terapista per i suoi problemi e non gli capitava una
cosa del genere da mesi, ma sai, tu tendi davvero a mettere alla
prova le persone. Era così dispiaciuto di aver ceduto alla sua
rabbia che ha annullato il nostro appuntamento e se n'è andato
mortificato. Mi ha pregato di farti le sue scuse.”
Così dicendo si è
tolta la giacca e mi ha raggiunto, ha preso del disinfettante dal
mobiletto accanto a me e mi ha fatto cenno di sedermi in modo da
potermi medicare.
Avrei potuto protestare
che non avevo bisogno del suo aiuto, ma non l'ho fatto. Mi sono
seduto e lei è rimasta in piedi davanti a me, i nostri visi alla
stessa altezza, e ha potuto quindi concentrarsi sulla mia ferita al
labbro.
E io... Io ho potuto
osservarla ancora.
Le sopracciglia
aggrottate, osservava la mia ferita con estrema attenzione, come
quando fa le autopsie.
Non avevo di fronte
la dolce Molly ma la Dottoressa Hooper.
E sinceramente non
saprei dire quale delle due preferissi.
Entrambe speciali.
Entrambe importanti.
Entrambe mie amiche.
“Sai, so dei suoi
debiti di gioco, ma ha smesso. E a breve riceverà un'eredità e li
estinguerà. È un brav'uomo, nonostante quello che ritieni di aver
dedotto.”
“Ti tratta bene? Sei
felice?” le ho chiesto d'impulso.
Lei si è fermata, con
la mano a mezz'aria, e mi ha fissato perplessa.
“Sì, certo.”
“Tu lo ami? Lo ami
davvero?”
“Se non lo amassi non
lo sposerei.”
“E allora perché non
me ne hai mai parlato? Perché ho dovuto scoprirlo da solo?”
Lei ha poggiato il
disinfettante e si è seduta in uno sgabello di fronte a me. Teneva
lo sguardo basso, imbarazzata.
“Sherlock, il nostro
rapporto, quello che tu hai poco fa definito come amicizia,
non è un vero rapporto, e credo che tu lo sappia. Non è amicizia
essere semplicemente la scialuppa di salvataggio di qualcun'altro.
Non è amicizia essere considerata solo quando hai bisogno di me. Non
è amicizia essere il bersaglio dei tuoi repentini e assurdi cambi
d'umore. Io non sono tua amica, sono uno strumento che tu
utilizzi. Come il tuo cellulare o il tuo violino. Sono uno strumento
con uno scopo, nient'altro.
E in questi mesi, il
mio scopo è stato quello di tenerti informato sui tuoi amici. I
tuoi veri amici. Rispondevo a tutte le tue domande. Eppure tu non
hai mai chiesto di me, di cosa mi capitava. Mai.” Si è
fermata per un secondo alzando gli occhi al cielo per ricacciare
indietro le lacrime e sospirare. “Avrei voluto esserti amica,
davvero. Avrei fatto qualsiasi cosa per te. E ancora lo farei e lo
rifarei mille volte. Ma l'amicizia non può essere a senso unico. Non
posso essere sempre io quella che... dimostra di tenerci. Tu
non lo fai mai. Mai una volta mi hai scritto per chiedermi “come
va?”, mai una volta ti sei preoccupato di quello che ho passato
dopo la tua “morte”. Quando sei venuto a trovarmi la scorsa
settimana, hai notato subito l'anello, so che lo hai fatto, ma
non hai detto nulla, non hai chiesto nulla. Era ovvio che non ti
importava. Dopo i discorsi di circostanza, che riguardavano
principalmente solo te, sei fuggito via. E questo non è un
problema per me, sei tu, sei sempre stato così, e non mi ha mai
disturbato. Quello che mi disturba è che tu, di punto in bianco,
inizi a lamentarti se io non ti racconto spontaneamente fatti della
mia vita che in realtà non ti interessano. Mi disturba se devo
sentirti giudicare le mie scelte. Non ne hai il diritto.”
Era la prima volta che
Molly mi parlava così a lungo, e senza balbettare una sola volta.
Tutto quello che aveva
detto era vero, apparentemente. Ma non significava che io non tenessi
a lei.
“Forse è vero, sei
solo uno strumento, come il mio cellulare e il mio violino.” ho
detto alzandomi dallo sgabello e avvicinandomi a lei sino a esserle
di fronte e costringendola ad alzare il viso per riuscire a vedermi
in volto. “Ma tu sai bene che sono strumenti molto importanti e
senza i quali io non posso vivere. Alla stessa maniera, io non
posso vivere senza di te, Molly Hooper.”
L'ho vista sobbalzare
un secondo per la sorpresa. E poi sorridere.
“Ma sono pur sempre
uno strumento. Sono certa che non consideri John uno strumento.”
“In realtà in
passato l'ho paragonato più volte al teschio che ho sul camino.”
Lei è scoppiata a
ridere. Non penso di averla mai vista ridere così. Spontanea.
“Molly, io posso
essere un disastro a dimostrare il mio affetto. Al diavolo, so
bene di esserlo! Il punto è che, il mio modo di dimostrarlo può
essere anomalo. Anticonvenzionale. Strano.”
Lei mi osservava
concentrata, aggrottando le sopracciglia come qualche minuto prima
quando mi stava disinfettando il labbro. Cercava di capire.
“Avrei potuto
chiedere a Mycroft un resoconto dettagliato di quello che succedeva a
John o a Mrs. Hudson o a Lestrade, ma l'ho chiesto a te. Perché
volevo comunicare con te. Volevo che fossi tu il mio legame con
la mia vecchia vita, e nessun altro. Perché sei la mia unica vera
amica.”
“Oh, Sherlock...”
ha mormorato lei in lacrime prima di gettarsi fra le mie braccia.
Mi sono irrigidito per
qualche secondo, non sapendo bene come comportarmi.
Abbracciala! Avrebbe
detto John, e così ho fatto.
E in quella maniera mi
sono ritrovato i suoi capelli proprio all'altezza del mio viso, del
mio naso, e ho respirato il suo profumo. Vaniglia e cocco.
Quando lei si è
allontanata da me, il suo viso era rigato di lacrime e il trucco era
colato ovunque, anche sul mio cappotto, eppure credo di non averla
mai vista così bella.
Questo non è da me.
Non mi interesso a queste cose.
Tre anni fa le avrei
semplicemente elencato i difetti del suo fidanzato e avrei ignorato
tutti gli altri discorsi. Non avrei passato del tempo a discutere di
amicizia e sentimenti. Tantomeno avrei lasciato che mi
abbracciasse. E di sicuro non avrei pensato a quanto fosse bella o
a quanto avrei voluto annusare la sua pelle senza l'ostacolo dei
vestiti.
Cercando di ritrovare
la mia fredda compostezza, mi sono allontanato il più possibile da
lei.
“Grazie, Molly
Hooper. Buonanotte e rifletti se sia davvero il caso di dividere la
vita con quell'uomo. Ripeto: è pericoloso.”
Lei non ha replicato.
Ha solo annuito e io me ne sono tornato a Baker Street.
CONTINUA
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Capitolo 3 *** 2 ***
Per Sherlock è arrivato il momento di fare qualcosa. La noia lo assale
e in quei momenti anche il caso più banale può essere preso in
considerazione. Soprattutto se lo porta a lavorare nuovamente con il
suo migliore amico.
Mentre i personaggi principali ovviamente non mi appartengono, i
personaggi secondari e il caso affrontato in questo capitolo sono
completamente miei, quindi me ne prendo tutte le eventuali colpe.
Buona lettura.
2
Questa mattina, John è
venuto a trovarmi. Stavo bevendo una tazza di tè mentre leggevo il
giornale alla ricerca di un caso, uno qualsiasi, che potesse
distogliermi dalla noia mortale in cui stavo sprofondando.
“Finalmente i
giornalisti si sono stancati di appostarsi qui sotto.” ha esordito
entrando nella stanza.
Ho abbassato il
giornale e l'ho guardato stupito.
“Hai tagliato i
baffi.”
“Sì.” ha
confermato sedendosi sulla sua poltrona. “Qualcuno mi ha
fatto notare che erano ridicoli. E anche Mary trova che stia meglio
senza.”
Ho nascosto una risata
alzando il giornale davanti al mio viso.
“Come vanno i
preparativi per il matrimonio?”
“Bene, bene. A questo
proposito...”
“No.”
“Scusa?”
“Non ti farò da
testimone.”
“Non mi pare di
avertelo chiesto.”
Ho abbassato il
giornale guardandolo perplesso. Ridacchiava. Mi stava
prendendo in giro?
“E allora chi sarebbe
il tuo testimone?”
“Mia sorella.”
“Cosa? Tua sorella?
D'accordo che è lesbica, ma non può essere lei il tuo testimone di
nozze!”
“E allora chi
suggeriresti? Ovviamente tu ti autoescluderai visto che mi hai
appena detto che non vuoi farlo.”
“Mike Stamford.”
“Non ci sarà al
matrimonio. Sua madre è molto malata e sta seguendo delle cure
sperimentali in Svizzera. Non può lasciare il suo capezzale neanche
per un giorno.”
“Lestrade.”
“Gliel'ho già
chiesto, ma dato che ha appena divorziato non se la sente.”
Ho sospirato. Tutto ciò
stava diventando ridicolo.
“Tu vuoi che io mi
offra volontario, vero?” ho chiesto rendendomi conto che era
l'unica spiegazione possibile.
“Non capisco.”
“Non vuoi chiedermi
di essere il tuo testimone, vuoi che io mi offra. Vuoi che ti
implori.”
“Non so di cosa stai
parlando.”
“Come se potessi
mentirmi!” ho urlato alzandomi e lanciando il giornale per aria.
“Beh, questi giochetti non funzionano con me, John. Vuoi tua
sorella come testimone? Fai pure! Tra l'altro non capisco perché ne
parliamo, io non sono neanche invitato alle nozze.” ho concluso
avvicinandomi alla finestra e dandogli le spalle.
“Sì che lo sei. Non
hai un invito solo perché sino alla scorsa settimana eri morto, ma è
ovvio che sei invitato. Sei il mio migliore amico. Qualunque cosa
significhi oggi.”
Mi sono voltato e l'ho
osservato.
“Se è così, cosa
volevi dirmi poco fa?”
“Esattamente questo.
Volevo invitarti di persona alle mie nozze. Sarei onorato se tu ci
fossi. Non avevo intenzione di chiederti di essere il mio testimone
perché sapevo bene che avresti rifiutato. Non sono stupido.”
“Capisco.” ho detto
abbassando lo sguardo. “Faccio fatica con queste cose.”
“Lo so.” ha
concluso alzandosi dalla poltrona. “Ora è meglio che vada. Devo
aprire lo studio tra dieci minuti. Quindi ci sarai, vero?”
“Non mancherei per
niente al mondo.” ho replicato con un sorriso complice che John ha
ricambiato.
Dopodiché ho afferrato
il violino e ho iniziato a suonare la marcia nuziale. John è
scoppiato a ridere e se n'è andato.
È tornato qualche ora
dopo. Stavo suonando il violino nel vano tentativo di sopportare la
noia che mi stava inghiottendo. Ho sentito i suoi passi veloci sulle
scale. Sembrava impaziente.
“Bentornato John.”
ho detto senza smettere di suonare.
“Potrei avere un caso
per te.” ha esclamato con aria entusiasta.
Ho interrotto subito.
Mi sono seduto abbracciando il mio violino e, usando l'archetto, ho
fatto cenno al mio amico di sedersi di fronte a me.
“Dimmi.”
“Un mio paziente.
Qualcuno si è introdotto in casa sua e ha rubato degli oggetti.”
“Di valore?”
“No, è questa la
cosa strana. Hanno rubato cose banali, come un ombrello, una sciarpa
e un cappello, un pettine per capelli e alcune fotografie.”
Ho poggiato il violino
e unendo le mani davanti al volto mi sono proteso verso di lui.
“Chi ritraevano le
foto?”
“Lui quando era più
giovane.”
“Da solo?”
“Sì.”
“Ne sei sicuro?”
“Sì.”
“Voglio parlare con
lui.”
John ha sorriso
compiaciuto.
“Lo immaginavo. Sarà
qui tra poco.”
Ho annuito e mi sono
alzato nuovamente, ricominciando a suonare il violino.
John si è alzato e mi
ha raggiunto poco dopo, posizionandosi di fronte a me, impedendomi di
concentrarmi. Ho dovuto smettere.
“Cosa c'è, John?”
“Oggi ho parlato con
Molly.”
“Ah, sì?” ho
domandato vago.
“Sì. Mi ha detto che
non approvi il suo fidanzato. Che c'è stata quasi una rissa.”
“Non è esatto. Quel
William mi ha colpito.”
“E tu non vedevi
l'ora di rispondere riempendolo di botte.”
“Volevo solo
difendermi, John. Non vedo cosa ci sia di strano.”
“Ma hai cambiato idea
quando Molly ti ha implorato. E mi ha anche detto che le hai detto
cose bellissime, come il fatto che lei è la tua unica vera amica.”
“Qual è il punto?”
“Il punto è
Molly. Avevo capito che la consideravi solo una dipendenza
affettiva. E invece tu tieni molto a lei. Più di quanto tu
stesso pensi. E che lo ammetti o no, sei geloso del suo fidanzato.”
“Non sono geloso.
Lui è un uomo violento e pericoloso. Ho solo cercato di metterla in
guardia. È un'ottima patologa, sarebbe un peccato perderla.”
“Certo, sarebbe un
peccato, come se perdessi il tuo cellulare o il tuo violino.”
“Ti ha raccontato la
conversazione parola per parola?”
“Più o meno. Era
molto colpita.”
“Forse ho esagerato,
ma volevo farle capire che la mia era una preoccupazione sincera. Non
volevo intendere nient'altro.”
“Certo. Come no. Sai,
Sherlock, sarebbe tutto molto più semplice per te se ogni tanto
ammettessi di avere torto. Di esserti sbagliato.”
“Non vedo perché
dovrei, visto che non mi capita quasi mai.”
John ha alzato le
sopracciglia con fare malizioso. Stava per dire qualcosa quando ha
suonato il campanello.
Il paziente di John,
Mr. Thompson, è un uomo di mezza età che lavora come dirigente per
una compagnia internazionale che produce bibite gassate.
Ci tiene a sembrare
più giovane di quello che è. Cerca di nascondere i suoi
capelli bianchi e va regolarmente a correre per evitare di prendere
peso. È divorziato e non ha figli. È un uomo dall'aspetto comune.
Non troppo alto, capelli castani e occhi verdi. Fisico né magro né
grasso. Né barba né baffi. Niente di particolare. Niente che salti
all'occhio. Un uomo come tanti e che può passare inosservato
ovunque.
John lo fa accomodare
sulla poltrona e l'uomo inizia a raccontarmi la sua storia.
“È iniziato tutto
una settimana fa. Per prima cosa è sparita una delle foto in sala.
Ritraeva me il giorno della mia laurea. Poi una foto del mio
matrimonio. L'unica che avevo in effetti. Ritraeva solo me, ecco
perché la mia ex moglie non l'ha portata via. Poi sono spariti
ombrello, cappello e sciarpa. E infine il mio pettine e un'altra
foto. Mi ritraeva alla partenza di una maratona l'anno scorso.”
“Una maratona?”
“Sì, per
beneficienza. Sono arrivato ventesimo. Considerato che alla partenza
eravamo duecento, non mi posso lamentare. Sono solo un dilettante,
dopotutto.”
“Proceda.”
“In merito alle foto,
ho pensato le avesse spostate la donna delle pulizie, Mrs. Smith, ma
lei ha giurato di non averlo fatto. Pensava fossi stato io a
spostarle per qualche ragione. Per l'ombrello, la sciarpa e il
cappello, ero convinto di averli lasciati a lavoro, ma non era così.
Credo che qualcuno si sia introdotto in casa mia, ma non ho idea del
perché né tantomeno del motivo che può spingere a rubare dei
banali oggetti e delle fotografie.”
“Ha qualche altra
prova del fatto che c'è stato un estraneo in casa? Non so,
impronte?”
“No, purtroppo. Ma
forse lei potrebbe notare qualcosa che mi è sfuggito. Vuole venire a
dare un'occhiata?”
Il caso non era dei più
brillanti mi sia mai stato sottoposto, ma ero davvero, davvero,
disperato. Quindi, cercando di non apparire troppo entusiasta, ho
acconsentito, per la gioia di Mr. Thompson.
Ci siamo diretti in
taxi presso l'appartamento di Mr. Thompson. E durante il tragitto ho
potuto rivolgergli altre domande.
“Oltre a Mrs. Smith,
ha altri domestici?”
“No.”
“Altre persone
frequentano la casa? Amici? Amiche? Amanti?”
“No, cosa vuole
insinuare?”
“Lei non ha figli
legittimi, ne ha forse qualcuno illegittimo?”
“No! Ma cosa...”
“Qual è esattamente
il suo lavoro? Come dirigente, che compiti ha?”
“Non credo di poter
rivelare ciò, è riservato.”
“Lo immaginavo. Lei
si occupa dei nuovi prodotti immessi sul mercato, giusto? La
concorrenza pagherebbe bene per avere accesso a queste informazioni.
Mi sbaglio?”
“No, ha ragione. Io
mi occupo di valutare e approvare i nuovi prodotti. Ovviamente,
rivelare queste informazioni sarebbe spionaggio industriale, quindi
si tratta di notizie altamente riservate.”
“Capisco.” ho detto
concludendo il discorso mentre il taxi si fermava di fronte a un
elegante palazzina in centro.
Siamo scesi dall'auto e
all'ingresso ci attendeva una donna sulla quarantina, dai lunghi
capelli rossi legati in una treccia e dal viso pallido.
Grembiule, è la
governante, Mrs. Smith. Nessun anello. Non è sposata. Non è mai
stata sposata, ma ha un figlio. Illegittimo quindi. Occhi arrossati,
ha pianto. Guarda il suo principale con adorazione. Ne è innamorata.
“Buongiorno, Mrs.
Smith.” l'ho salutata prima ancora che ci venisse presentata. “Suo
figlio è in casa?”
Lei ha sussultato,
portandosi una mano al petto.
“Figlio?” ha
chiesto Mr. Thompson confuso.
“Sì, suo figlio. Il
ragazzo di circa vent'anni per cui Mrs. Smith ha cucinato e per il
quale passa la notte in lacrime. Si è di nuovo messo nei guai?”
“Io... Io non so di
cosa parla.” ha mentito con voce tremante. “Mr. Thompson, che
cosa vuole quest'uomo da me?”
“Non si preoccupi,
Mrs. Smith, quest'uomo sta solo indagando sui furti avvenuti in
casa... E ovviamente sta esagerando.”
ha spiegato il padrone di
casa guardandomi con astio.
Anche lui è
innamorato di lei.
Li ho temporaneamente
ignorati e mi sono diretto all'interno della casa. Nella sala ho
identificato subito il punto in cui erano presenti le foto scomparse.
Ho curiosato intorno e alla fine ho trovato ciò che cercavo.
Impronte. Dita
sporche di olio. Troppo grandi per essere quelle di Mrs. Smith.
Troppo sottili per essere quelle di Mr. Thompson. Erano proprio sul
mobile in cui erano esposte le foto. Di lato, come se chi ha preso le
foto si sia temporaneamente appoggiato al mobile per osservarle.
“Mrs. Smith, vorremo
parlare con suo figlio. Dove si trova?”
“Io non so di
cosa...”
“La prego, smetta di
mentire. Nessuno la ritiene responsabile dei guai che combina suo
figlio, ma se continua a nasconderlo dovremo considerarla una
complice. Inoltre, se davvero ama Mr. Thompson, non consentirà che
suo figlio lo metta nei guai. Mi sbaglio?”
Il viso della donna ha
perso colore, mentre il viso del padrone di casa è avvampato.
“Mr. Holmes, sta
esagerando. Non le consento di fare queste assurde supposizioni. Mrs.
Smith le ha già detto che non sa di che parla.” ha obiettato Mr.
Thompson.
“Oh, sì che lo sa.
Sa perfettamente di cosa parlo.” ho detto avvicinandomi a
loro e fissando la donna negli occhi.
Lei è scoppiata a
piangere coprendosi il viso con le mani.
“Oh, Mr. Thompson, mi
dispiace così tanto...” ha ceduto infine. “George è sempre
stato un ragazzo difficile, è cresciuto senza un padre, e quando mi
ha chiesto di ospitarlo non ho potuto negarglielo...”
“Non capisco...” ha
replicato lui guardandola con affetto.
“George ha visto le
sue foto e ha creduto di essere suo figlio... Temo le abbia prese per
ricattarla.”
“Dove si trova ora?”
“Non lo so... Ha
detto che sarebbe diventato ricco ed è uscito. Credevo fosse venuto
a cercarla in ufficio, Mr. Thompson.”
Ho sorriso brevemente.
Esattamente come pensavo.
“Andiamo. Mr.
Thompson, ci conduca al suo ufficio.” l'ho invitato mentre mi
dirigevo già fuori dall'appartamento.
Dopo un silenzioso
tragitto in taxi, siamo scesi di fronte al grande edificio che
costituisce la sede dell'azienda in cui lavora Mr. Thompson.
“Buongiorno, Mr.
Thompson.” ha detto la guardia all'ingresso. “È tornato?”
Mi sono fermato
immediatamente e ho osservato il portiere. John e Mr. Thompson sono
rimasti alle mie spalle.
Sessant'anni.
Fumatore. Sovrappeso. Diabetico, ha appena mangiato un cheeseburger,
pur sapendo che non dovrebbe. Sposato da più vent'anni. Tre figli.
Vicino alla pensione. Nell'insieme, un onesto lavoratore. Non mente.
“Tornato? Quando ha
visto Mr. Thompson l'ultima volta?”
“Un'ora fa.”
“Come era vestito Mr.
Thompson un'ora fa?”
“Aveva un lungo
cappotto scuro, cappello, sciarpa e ombrello...”
“E non ha notato
niente di strano?”
“No. È salito di
corsa, mi ha a mala pena salutato, ho creduto fosse di fretta. Non mi
ero accorto fosse uscito, devo essermi distratto...”
“Non si è distratto.
Semplicemente non è mai uscito.”
“Cosa, ma allora...”
Ignorandolo, siamo
saliti in fretta e furia all'ultimo piano dove c'era l'ufficio di Mr.
Thompson. Ed eccolo lì. Il piccolo furfante che frugava tra i
documenti.
Mrs. Smith non aveva
né ammesso né negato che il padre di suo figlio fosse Mr. Thompson,
ma era evidente che non era così. Sì, avevano una certa affinità,
ma non erano parenti. Ci sono cose in genetica che sono molto
semplici. Tratti fisici che si possono avere solo se ereditati
direttamente da un genitore. E il colore degli occhi di George Smith
non era stato ereditato da sua madre, né da Mr. Thompson. Quindi,
nonostante quello che questo ragazzo credeva, Mr. Thompson non era
suo padre.
“Hai trovato quello
che cercavi, George?” ho domandato appena fatta irruzione
nell'ufficio.
Il ragazzo si è
bloccato tenendo le mani cariche di documenti a mezz'aria. Quando ha
riconosciuto Mr. Thompson si è irrigidito. E poi, con un rapido
scatto, ha lanciato in aria i documenti ed è scappato. L'ho seguito
immediatamente, correndo dietro di lui evitando sedie, scrivanie e
pilastri disseminati in tutto l'ufficio. Sarà anche un ragazzo di
vent'anni, ma io ho le gambe più lunghe. L'ho raggiunto e bloccato
poco prima che imboccasse le scale.
Quando Mr. Thompson e
John sono arrivati, gli tenevo i polsi dietro la schiena usando una
sola mano, mentre con l'altra facevo partire una telefonata.
“Lestrade? Ciao, so
che non ti occupi più tu di queste cose, ma ho qui un ladruncolo che
cercava di fare dello spionaggio industriale. Puoi mandarmi qualcuno
dei tuoi agenti meno irritanti?”
Mezz'ora dopo lo
stavano portando via ammanettato.
“Io non capisco.
Perché?”
“Voleva ricattarla
credendo di essere suo figlio, ecco il perché del furto delle foto e
del pettine, aveva bisogno di prove fotografiche e genetiche. In
attesa del risultato del test del DNA, che ovviamente sarà negativo,
ha comunque pensato di sfruttare la vostra somiglianza per introdursi
nel suo ufficio e appropriarsi di documenti riservati da vendere alla
concorrenza. Pensava che avrebbe potuto guadagnarci parecchio.”
“Quindi la sciarpa,
il cappello e l'ombrello...”
“Servivano ad entrare
nell'edificio facendosi passare per lei. Quel ragazzo non sarà un
genio, ma non è nemmeno stupido.”
“E Mrs. Smith...”
“Lei è innocente, ma
è una madre. Non poteva denunciare suo figlio, ma si sentiva in
colpa, soprattutto perché è follemente innamorata di lei. Dal
momento che lei ricambia, dovrebbe sposarla e avere dei figli prima
che sia troppo tardi. Ora se non le dispiace, torno al mio placido
appartamento. Addio.”
Prima di ottenere
risposta avevo fermato un taxi e ci stavo salendo. Seguito qualche
secondo dopo da John.
“Sono un po'
arrugginito, puoi spiegarmi come hai fatto?” ha chiesto appena il
taxi è partito.
“Avevo l'idea che si
trattasse di un figlio segreto già prima di arrivare a casa di Mr.
Thompson, ma avevo creduto che fosse davvero suo figlio
illegittimo. Comunque, è bastato uno sguardo a Mrs. Smith per capire
che era una madre addolorata. Oggi ha cucinato frittelle, certo non
per Mr. Thompson, ma per qualcuno che lei considererà sempre un
bambino. Suo figlio. Gli occhi rossi di pianto facevano
capire che il suo bambino era un mascalzone, e di sicuro non
era la prima volta che la faceva piangere. Le impronte oleose vicino
alle foto erano di una terza persona che mangia patatine fritte,
quindi un ragazzo.”
“E del
travestimento?”
“Perché rubare una
sciarpa, un cappello e un ombrello? Per camuffarsi con qualcosa di
riconoscibile di Mr. Thompson.”
“E il test del DNA?”
“Pettine con capelli.
Prove genetiche.”
“E le foto invece...”
“Le foto erano la
prova della somiglianza. Qualsiasi giornale ci avrebbe creduto.”
“Tu però hai capito
subito che non possono essere parenti.”
“Mrs. Smith e Mr.
Thompson hanno gli occhi verdi, George ha gli occhi neri. Basta una
minima preparazione in genetica per capire che il padre deve essere
un altro. Mi deludi, John, sei un medico.”
“Sono un medico, ma
non sono riuscito a vedere il colore degli occhi prima che scappasse
via correndo come un pazzo. E in ogni caso, ero distratto da altro.
Tu invece in due secondi avevi già radiografato ogni cosa. Mi ero
scordato di quanto potessi essere veloce con le tue deduzioni.”
Ho sorriso brevemente e
non ho replicato. Mi mancavano i complimenti sinceri di John.
Arrivati a Baker
Street, appena entrati abbiamo sentito Mrs. Hudson ridere allegra.
Non era sola.
Una giacca blu era
appesa all'ingresso e profumava di frutti esotici. Una donna. Mary,
la fidanzata di John.
Senza attendere di
appurare che avevo ovviamente ragione, mi sono diretto direttamente
al piano di sopra, mentre John ha raggiunto le due donne.
Mi sono tolto la giacca
e ho preso il mio violino, continuando a suonare ciò che avevo
interrotto nel pomeriggio.
È stato davvero bello
tornare a lavorare. Ed è stato
ancora più bello farlo con John. Non
era un caso particolarmente difficile o affascinante, ma è stato un
inizio. Mi ha aiutato ad affrontare la noia di oggi e mi ha
riportato John. Devo essere grato a quel delinquente di George Smith.
Ho sentito John salire
le scale, da solo per fortuna.
“Mrs. Hudson ha
preparato il tè, vuoi scendere? Vorrei che conoscessi Mary.”
“Sarò il tuo
testimone di nozze, se lo vuoi.” ho detto tutto d'un fiato,
continuando a suonare rivolto alla finestra.
Lui non ha replicato.
Il silenzio è durato quasi un minuto, poi ho sentito che si sedeva
sulla sua poltrona.
“Pensavo non
volessi.”
“Ho cambiato idea.”
“Perché?”
A quel punto mi sono
voltato, ho poggiato il violino e mi sono seduto di fronte a lui.
“Perché sei il mio
migliore amico e per te è importante. E perché nemmeno tu vorresti
tua sorella come testimone...”
“Io ed Harry andiamo
molto d'accordo ultimamente.”
“Ma continui a non
fidarti di lei perché temi possa ricominciare a bere.”
“E' vero, ma non è
solo questo. Andiamo d'accordo, ma non è il mio migliore amico. Lei
o chiunque altro poteva andare bene se non ci fossi stato tu, ma
tu ci sei. E, sì, non te l'ho chiesto perchè sapevo avresti
rifiutato, ma ho sperato davvero che tu ti offrissi volontario.
Quindi, grazie.” ha concluso con un sorriso e gli occhi lucidi.
Ancora tutta questa
emotività, riuscirò a uscire vivo da quel matrimonio?
“Bene allora. Lo
farò. Mi vestirò appropriatamente e farò un discorso fasullo e
sentimentale come è d'uso in queste occasioni.”
“No. Non
voglio che fingi. Se farai un discorso, e chiaramente non sei
obbligato a farlo, sii sincero. Non mi importa quello che si fa di
solito.
Voglio che tu sia te stesso.”
“Sei sicuro? Sai che
posso essere...”
“Un vero stronzo?
Sì, lo so. Ma sei uno stronzo amico mio, quindi so che ti
comporterai bene, pur essendo te stesso.”
Ci siamo fissati per
qualche secondo, come sfidandoci, e poi siamo scoppiati a ridere
entrambi. In quel momento, Mary ha fatto capolino dalla porta.
“Toc toc, è
permesso?”
“Mary! Certo, vieni,
vi presento.” ha detto entusiasta John prendendola per mano e
portandola di fronte a me. “Mary, lui è Sherlock Holmes, il mio
migliore amico e testimone di nozze. Sherlock, lei è Mary Morstan,
la mia bellissima futura sposa.”
Magra,
eccessivamente. Denti curati ossessivamente. Ha un passato di
disturbi alimentari. Bulimia. Probabilmente a causa della scarsa
autostima inculcatale dalla madre, ormai defunta.
Ho fatto un cenno di
saluto con il capo, mordendomi la lingua per non dire quello che
pensavo.
“Oh, sì, so chi è
Sherlock Holmes. John mi ha parlato tanto di lei e, ovviamente, avevo
letto gli articoli sui giornali. Di persona ha un aspetto migliore.
Non è molto fotogenico.”
Ho aperto la bocca per
replicare ma John mi ha fermato immediatamente.
“Allora, andiamo a
bere questo tè!” ha annunciato trascinando Mary lontano e
lanciandomi un'occhiata ammonitrice.
Ho lasciato perdere e non ho detto nulla. Solo per fare piacere a John.
Ma temo che sarà
difficile riuscire a comportarmi bene al loro matrimonio.
CONTINUA
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Capitolo 4 *** 3 ***
Sherlock si annoia, quindi accetta di seguire un caso anche se lo
ritiene banale.
Questo capitolo forse non è particolarmente ricco di eventi, ma lo
considero un capitolo di "assestamento", in quanto Sherlock deve
adattarsi lentamente a come le cose sono cambiate nella sua vita.
Anche qui i personaggi non mi appartengono, e nemmeno il caso che
affronta Sherlock, in quanto ispirato al
racconto “L'avventura dei faggi rossi” presente all'interno della
raccolta “Le avventure di Sherlock Holmes” di Sir Arthur Conan
Doyle, di cui ho cambiato solo i nomi dei personaggi perché non li
ricordavo.
3
Negli ultimi giorni ho
rasentato la follia. Non avevo nulla da fare. Il mio cervello super
eccitato non riusciva a darsi pace. Avevo bisogno di un caso! Anche
se piccolo e insignificante, ne avevo disperatamente bisogno. Non
potevo più lasciarmi divorare dalla noia.
Noia.
Noia.
Noia!
Poi, stamattina,
qualcuno ha suonato il campanello. Ero così rassegnato dalla mia
situazione che non avevo neanche indossato gli abiti, ma andavo in
giro con indosso solo il pigiama.
Ho pregato Mrs. Hudson
di fare entrare chi era la porta, chiaramente un cliente dal modo di
suonare, e nel frattempo sono andato a ricompormi.
Quando sono tornato
nella stanza, vestito di tutto punto, ho potuto vedere chi era il mio
cliente.
Si
trattava di una donna.
Trent'anni. Non
sposata. Vestita con classe ma non lussuosamente. Niente gioielli né
altro che potesse indicare provenisse da una famiglia ricca, ma
qualcosa nel suo portamento faceva pensare che fosse stata educata
per essere molto più di quello che era. Una semplice bambinaia.
“In cosa posso
aiutarla?” ho detto entrando nella stanza a sedendomi di fronte a
lei.
“Oh, lei deve essere
Mr. Holmes!”
“Ovviamente. E lei è...?”
“Anne Church. Spero
di non disturbarla, ma ho bisogno di un consulto.”
“Chi le ha fatto il
mio nome, Miss Church?”
“Io ho letto di lei
sui giornali. E ho letto il blog del suo amico, il Dr. Watson.”
“Allora, in cosa
posso aiutare una bambinaia?”
Lei si è irrigidita e
mi ha guardato sorpresa, poi ha sorriso.
“Immagino di non
dovermi stupire, lei è all'altezza della sua fama.”
Ho annuito e le ho
fatto cenno di proseguire.
“Sì, sono una
bambinaia e lavoro presso Mr. e Mrs. Jackman occupandomi di loro
figlio. Jack ha cinque anni ed è un bambino molto dotato. Lavoro per
loro da sei mesi, ma nell'ultimo periodo sono successe cose strane.”
Lei ha esitato,
guardandosi intorno e poi ha continuato abbassando la voce.
“Due settimane fa,
sono stata svegliata in piena notte da un urlo di donna. Mi sono
alzata e sono corsa di sotto a vedere cosa succedeva. Ho visto Mr.
Jackman che chiudeva frettolosamente la porta dello scantinato.
Quando gli ho chiesto che cosa fosse quell'urlo, ha detto che sua
moglie aveva avuto un incubo. Non ha spiegato però perché avesse
chiuso la porta vedendomi arrivare. E poi, Mrs. Jackman dorme al
piano di sopra, quindi, se avesse avuto un incubo, come poteva suo
marito capirlo dal piano terra? Lo trovai strano, ma non ci feci caso
più di tanto. Da allora, però, la notte continuo a sentire il
pianto di una donna e quella porta è stata chiusa a chiave e nessuno
può entrarci tranne Mr. Jackman. Quando ho chiesto come mai lo
scantinato non fosse accessibile, Mr. Jackman mi ha lanciato uno
sguardo terribile che mi ha fatto accapponare la pelle. Per un attimo
ho creduto che mi avrebbe ucciso. Poi, forse capendo il mio terrore,
ha sorriso in maniera ambigua e mi ha detto che lo scantinato è
pericolante ed è stato chiuso per la sicurezza di tutti. Ovviamente
non gli ho creduto. La scorsa notte, quando ormai tutti dormivano,
sono scesa al piano terra, mi sono avvicinata alla porta e ho sentito
delle voci al suo interno, di un uomo e di una donna. Sembravano
essere nel pieno di una discussione animata e, infine, la donna ha
urlato, apparentemente di dolore, e mi si è gelato il sangue nelle
vene. Un minuto dopo ho visto Mr. Jackman uscire dallo scantinato e
chiudere la porta a chiave. Stava per risalire le scale e poi si è
fermato. Mi ha visto. Mi ero nascosta dietro la porta della
cucina, ma mi ha visto. Presa dal panico ho detto che ero andata a
bere un po' di latte. Lui mi ha fatto un sorriso che sembrava una
minaccia e poi è salito di sopra augurandomi buonanotte. Inutile
dire che non ho dormito affatto e stamattina all'alba sono scappata
via. Quell'uomo mi terrorizza.”
“Ha fatto bene a
fuggire. Ha detto a qualcuno che veniva qui?”
“No, ma Mrs. Jackman
ha letto con me gli articoli che parlavano del fatto che lei era
ancora vivo e potrebbe ipotizzare che io mi sia rivolta a uno
specialista come lei.”
Ho annuito e mi sono
alzato in piedi, facendo qualche passo avanti e indietro. Caso
piuttosto banale, ma sempre meglio di niente.
“Miss Church, resti
qui sino a che non le darò il permesso di andarsene. Non ha dormito
stanotte. Di sopra c'è una stanza vuota nella quale può sistemarsi
e riposare. Nel frattempo io mi occuperò del suo caso.”
“Grazie, Mr. Holmes,
grazie.”
“Non è nulla. Lei
però prometta di non lasciare questa casa, qualunque cosa accada.”
“Lo prometto.”
Sembrava convinta.
Le ho chiesto
l'indirizzo di Mr. Jackman e, dopo aver avvisato Mrs. Hudson che Miss
Church si sarebbe trattenuta, sono uscito di casa. Dal taxi ho
scambiato degli sms con Lestrade e ho scritto a John invitandolo a
raggiungermi. Dieci minuti dopo mi trovavo di fronte alla casa di Mr.
Jackman.
Era una vecchia casa,
di uno sbiadito color verde bottiglia, con un giardino quasi
completamente abbandonato sul retro. Se non fosse stato per le luci e
le tende alle finestre, si sarebbe potuto pensare che fosse
disabitata.
Mentre facevo le mie
deduzioni, un uomo robusto di mezza età ne è uscito. Camminava
veloce e con aria stizzita. Doveva essere Mr. Jackman e doveva essere
seccato per la scomparsa di Miss Church. In pochi minuti aveva
raggiunto la metropolitana ed era scomparso. Poco dopo è arrivato
Lestrade con alcuni agenti in borghese. Nessuna traccia di John.
“Non pensavo saresti
venuto, commissario.”
“Quando si tratta di
te, preferisco esserci. Sei sicuro di quello che mi hai scritto?”
“Sì, come mi hai
confermato tu stesso, Mr. Jackman ha una figlia di un precedente
matrimonio. Lui ha potuto gestire l'eredità della figlia sino alla
maggiore età, ma prima che diventasse maggiorenne ha pagato un
medico per farle diagnosticare una forma di schizofrenia e chiuderla
in un istituto, in modo che lui potesse continuare a gestire la sua
eredità come suo tutore. Due settimane fa, sua figlia è stata
dimessa da un altro medico. Allora lui l'ha portata a casa e da
allora la tiene segregata nello scantinato contro la sua volontà.”
“Sei sicuro? La
falsificazione di una diagnosi simile e il rapimento sono accuse
gravi, sei sicuro che sia colpevole?”
“Sì, ma mi rendo conto
che hai bisogno di prove. Hai portato ciò che ti ho chiesto?”
“Certo.” ha
confermato consegnandomi un sacchetto.
Ho tirato fuori una
tuta da operaio del gas. Ho tolto il cappotto e l'ho indossata sopra
i miei vestiti. Ho completato il tutto con un berretto.
“Abbi cura del mio
cappotto. Torno in dieci minuti.”
Sono andato
direttamente al portone e ho suonato. Mi ha aperto la padrona di casa
personalmente.
“Buongiorno signora.
Sembra ci sia una fuga di gas, posso entrare a verificare?”
“Certo, prego.”
“Stia fuori casa, per
sicurezza.” l'ho invitata.
Lei era un po'
perplessa, ma poi ha preso per mano suo figlio ed è andata in
giardino.
Non particolarmente
intelligente, ma protettiva con il suo bambino.
Ho trovato subito la
porta dello scantinato e, ovviamente, era chiusa. Ho cominciato a
prendere la serratura a calci e, dopo alcuni minuti, ha cominciato a
cedere. Infine, ho dato una spallata e la porta ha ceduto. La luce
era accesa e riuscivo a vedere un letto sfatto in un angolo.
“Miss
Jackman? Miss Jackman, è qui?”
Ho visto una ragazza,
magra e pallida, spuntare da dietro un pilastro. I suoi vestiti erano
semplici, ma sporchi e laceri. In un lato della stanza gli avanzi dei
miseri pasti che le portavano.
“Sono venuto a
portarla in salvo.”
“Mi riporterà in
istituto?”
“No, la porterò
ovunque lei voglia. Lei è libera.”
Inaspettatamente, la
ragazza mi è venuta incontro e mi ha abbracciato. È stata una
strana sensazione, nessuno mi aveva mai mostrato gratitudine in
questa maniera.
Mi sono staccato da lei
e l'ho presa per mano, portandola via dallo scantinato. Eravamo
appena usciti quando è rientrato Mr. Jackman. Ci ha guardato e i
suoi occhi si sono iniettati di sangue per la rabbia che provava. Sua
figlia ha gridato mentre lui correva verso di noi come una furia. È
stato tutto piuttosto rapido. Quando è arrivato a un metro da me,
l'ho accolto con un pugno facendolo cadere all'indietro. Era ancora a
terra a lamentarsi, mentre io portavo Miss Jackman fuori, tra le
braccia di una poliziotta in borghese.
Lestrade non ha esitato
ed è entrato nella casa scortato da quattro agenti. Pochi minuti
dopo ne sono usciti con Mr. Jackman ammanettato.
Soddisfatto, mi sono
tolto la divisa da finto operaio e ho rimesso il mio cappotto. Prima
di andare via, sono passato a vedere come stava la ragazza.
“Sono certo che ora
andrà tutto bene. Ci sarà un processo, dovrà solo dire la verità,
e suo padre pagherà per quello che le ha fatto.”
“Grazie,
Mr. …?”
“Holmes,
Sherlock Holmes. Deve ringraziare Miss Church, la bambinaia
del suo fratellastro, che ha capito che stava succedendo qualcosa di
grave.”
“La ringrazi da parte
mia, Mr. Holmes.”
“Certo, Miss
Jackman.”
“Mi chiami Isabel.”
Le ho sorriso e l'ho
salutata con un cenno del capo e poi mi sono allontanato.
Sono entrato nello
studio di John, nella sala d'aspetto c'erano alcune persone. Quando
si è aperta la porta per far uscire una paziente incinta, mi sono
infilato dentro prima che potesse farlo un uomo ottantenne.
“Sherlock!” mi ha
rimproverato il mio amico mentre chiudevo la porta dietro di me. “Non
puoi fare così, i miei pazienti...”
“Oh, andiamo,
quell'ottantenne non morirà nei prossimi dieci minuti.”
John ha sbuffato e poi
si è seduto alla sua scrivania.
“Deve trattarsi di
qualcosa di importante se sei capitato qui come un tornado.”
“Hai letto il mio
sms?”
“Sì, e allora?”
“Pensavo avresti
voluto essere presente.”
“No, Sherlock, te l'ho detto. Non è
più come prima. Ogni tanto posso anche accompagnarti, ma non posso
essere sempre presente. Ho degli altri impegni ora.”
“Capisco. Allora non
scriverai più nemmeno il tuo blog?”
“Pensavo odiassi il
mio blog.”
“Non lo odio, e penso
mi sia utile per trovare clienti, quindi devi continuare.”
“D'accordo, allora
appena possibile pubblicherò quello che è successo con Mr.
Thompson, va bene?”
“Ok, e se domani
verrai da me a colazione avrai modo di conoscere i dettagli del caso
di oggi.”
“D'accordo. Verrò
con Mary.”
Ho fatto una smorfia.
“Non puoi venire da solo?”
“No. E non voglio.”
“E va bene...” ho
acconsentito sbuffando mentre mi alzavo per andarmene.
“Sherlock?” mi ha
chiamato mentre avevo la mano sulla porta. “La prossima volta
prendi appuntamento.”
Ci siamo guardati per
qualche secondo e poi siamo scoppiati a ridere entrambi.
CONTINUA
|
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Capitolo 5 *** 4 ***
In
questo capitolo Sherlock dovrà affrontare un nuovo caso e non solo.
Da questo punto in poi la mia mania per il romanticismo ha preso il
sopravvento, quindi probabilmente il "mio" Sherlock non sarà molto IC...
Spero di non avere esagerato.
Il caso che affronta Sherlock in questo capitolo me lo sono inventato,
quindi se fa schifo è solo colpa mia.
Buona lettura.
4
Finalmente, dopo giorni
e giorni di noia, un caso!
Un vero caso!
Non persone scomparse o
stupidi furti, ma un vero caso d'omicidio!
Ieri notte ho ricevuto
una chiamata di Lestrade. Mi ha invitato a recarmi sulla scena di un
crimine. Una donna uccisa.
Era chiusa nel suo
appartamento. Il corpo è stato trovato dal suo compagno quando è
rientrato da lavoro. Il cadavere era seduto nella sua poltrona. Sul
viso un'espressione di angoscia e dolore. Di per sé questo non
sarebbe un caso particolare, se non fosse che è la quarta donna
trovata morta nella stessa maniera.
Sono arrivato sulla
scena trovando il solito Anderson con l'aria seccata. Probabilmente
pensava di non vedermi più sulle sue scene del crimine, ma se lui
continuava a dimostrarsi così inetto non avevo scelta.
Inoltre, è molto
divertente vederlo annaspare con il suo piccolo cervello sottosviluppato.
Appena entrato in casa
ho sentito l'odore di candeggina. L'assassino sapeva fare il suo
lavoro, aveva cancellato qualsiasi possibile traccia di DNA. Mi sono
avvicinato al corpo della donna e ho osservato con attenzione il
cadavere.
Nessuna ferita.
Nessun veleno o droga nel sangue. Emorragia petecchiale. È stata
soffocata, come le altre vittime. Nessuna impronta, nessuna traccia.
La casa era pulita in maniera maniacale, come se l'assassino si fosse
occupato personalmente di pulire la scena. Il corpo si era irrigidito
nel momento della morte, dando quindi un quadro esatto di come era in
quel momento. Il viso atteggiato a una smorfia di dolore, le mani
artigliate alla poltrona, le unghie conficcate nel bracciolo.
Sembrava essersi battuta, forse sotto le unghie sarebbe stato
possibile trovare tracce di DNA. Sui suoi vestiti non c'erano indizi,
tranne il suo evidente cattivo gusto.
Mi sono guardato
intorno. La porta di casa è stata trovata chiusa quindi ho osservato
il balcone. Si trovava al primo piano, qualcuno sufficientemente
atletico poteva essere riuscito ad arrampicarsi. Nessuna impronta
nemmeno lì. L'assassino era bravo.
Ho girato per casa e
alla fine ho trovato ciò che cercavo. Gli stracci e i detergenti per
le pulizie. La candeggina era lì, accanto al secchio e a un paio di
guanti di gomma usati di recente.
“Anderson, dimmi che
non sei stato così idiota.” ho urlato verso gli uomini della
scientifica.
“Che cosa vorresti
dire?” ha risposto lui sulla difensiva come sempre.
“I guanti.
Sono stati controllati?”
“I guanti?”
“Sì, i
guanti.”
“Non capisco...”
“Questo è ovvio, perché
sei un idiota. L'assassino ha pulito tutto prima di andarsene, e
indovina cosa ha usato?” ho detto indicando i guanti.
“Ma come fai a sapere
che è stato l'assassino a pulire e non la vittima prima della sua
morte?”
“Perché se così fosse ci sarebbero state le impronte
di come l'assassino si è arrampicato sulla grondaia e poi è entrato
in casa. Non essendoci, significa che le pulizie sono state fatte
dopo, prima che andasse via, quando la donna era già morta. Ripeto:
dimmi che non sei stato così idiota. Negli altri omicidi, c'era lo
stesso odore di candeggina?”
“Sì.”
“Ma non avete
controllato i guanti o gli altri attrezzi per la pulizie.”
“No.”
“Bravo,
Anderson. Hai appena raggiunto un nuovo picco di stupidità. Fate
analizzare l'interno dei guanti, e reperite anche le prove degli
altri casi. Portate tutti i cadaveri al Barth's, voglio che li
analizzi Molly Hooper, altrimenti chissà che cosa combinerete
voi...”
E così dicendo me ne
sono andato tornando a casa.
Appena superata la
porta d'ingresso, ho sentito la voce di Mrs. Hudson che parlava e
rideva.
“Ma sì, ti dico che
è rimasta qui a dormire! Era una cliente, una ragazza molto carina,
si chiamava Anne Church. Le ha dato la stanza di John. La mattina
dopo lei è andata via, ma io l'ho trovata comunque una cosa molto
strana da parte sua. Sherlock non ha mai permesso a estranei di
passare la notte qui. Tranne forse per quella donna, quella Irene, ma
su di lei non mi esprimo perché sono una signora... Comunque, forse
in questi tre anni ha imparato a gestire le donne...”
Mi sono avvicinato alla
sua cucina e sono rimasto sull'uscio a osservarla mentre spettegolava
su di me. Se non si fosse trattato di Mrs. Hudson credo che sarei
stato furioso. Quello che volevo sapere era chi c'era dall'altra
parte del telefono.
Non era John, questo
era chiaro.
Mi sono schiarito la
voce e lei si è voltata, arrossendo per essere stata colta in fallo.
“Oh, Sherlock,
caro... Sei già tornato?”
“Sì, Mrs. Hudson.
Posso sapere a chi racconta con tanto entusiasmo ciò che mi
riguarda?”
“Ecco, io...”
In quel momento ho
sentito distintamente il click della conversazione che veniva chiusa
dall'altro capo del telefono.
“Non importa. La
prossima volta può anche raccontare che Miss Church mi ha scritto
dicendomi che si trasferisce in Francia dal suo fidanzato.”
E così dicendo sono
salito al piano di sopra.
Come durante ogni mio
caso, non ho dormito. Ho passato la notte a riflettere con l'aiuto
del mio amato violino. Questo serial killer è particolare. Soffoca
le donne. Tutte donne di estrazione diversa, zone diverse, età e
aspetto diverso, non hanno niente in comune. Cosa lo spinge? È
intelligente, molto intelligente, sa bene come eliminare le sue
tracce, ma forse con i guanti ha commesso un errore. E forse sarà
così che lo prenderò.
Alle cinque del
mattino, ho messo via il mio violino, ho indossato il mio cappotto e
mi sono recato al Barth's. Di passaggio, mi sono fermato a prendere
due tazze di caffè da portar via e poi sono rimasto all'ingresso
dell'obitorio ad aspettare.
Non ci è voluto molto,
quasi come se fossimo sincronizzati, pochi minuti dopo ho visto la
minuta figura di Molly uscire dalla metropolitana. Indossava dei
semplici jeans e una felpa azzurro chiaro. Niente più strani colori
o vestiti eccessivamente larghi e informi. Purtroppo. Ho
sempre pensato che fosse una piacevole nota di colore nel grigiore
dell'obitorio.
Aveva il viso
pallido e gli occhi cerchiati, e non solo perché era l'alba. Era
stanca e sembrava aver pianto. Perché? Se quel suo fidanzato
le aveva fatto del male io...
Me la sono ritrovata di
fronte e l'ho fermata immediatamente.
“Buongiorno, Molly.
Caffè?”
“Oh, Sherlock!” ha
sussultato sorpresa. “Cosa fai qui a quest'ora?”
“Ti
aspettavo, ovviamente. Ecco il tuo caffè. Nero con panna e niente
zucchero, giusto?”
“Sì, giusto. Ma...
Non mi hai mai portato il caffè.”
“Ne sono
consapevole.”
“Di cosa hai bisogno
oggi, Sherlock?” ha chiesto afferrando la tazza di cartone e
avviandosi all'interno dell'ospedale.
“Ti dovrebbero essere
arrivati dei cadaveri, quattro. Un serial killer. E anche dei
campioni da esaminare.” ho spiegato seguendola.
Non mi capita spesso di
dover essere io a seguire qualcuno. Per avere delle gambe così
corte, Molly riesce ad essere davvero veloce.
“Questo spiega il
caffè. È un tentativo di corruzione, giusto Sherlock? Ma sono quasi
certa di avere altri casi da gestire, quindi potrei non farcela a
esaminare i tuoi.”
“Non hai altri casi.
Quelli che avevi li ho fatti trasferire ai tuoi colleghi.”
“Cosa?” ha
esclamato fermandosi e guardandomi sorpresa.
Vedevo la sua
carotide pulsare. Il suo petto si sollevava rapidamente. Rabbia.
“Ho pensato fosse
meglio che fossi libera di...”
“Tu ti sei
intromesso nella gestione del mio lavoro? Io non lavoro così. Non
faccio in modo che altri debbano occuparsi dei miei casi. Non è
professionale.”
“Ma loro lo fanno con te.”
“Loro
possono fare ciò che vogliono, ma io non mi comporto così. Inoltre,
così sembra che io abbia qualche agevolazione collaborando con il
grande Sherlock Holmes. Come se io fossi una privilegiata.”
L'ho osservata con
attenzione. Non l'avevo mai vista così fiera e orgogliosa.
Per l'amor del
cielo, era splendida.
“Capisco. Perdonami,
Molly Hooper.”
Lei ha sospirato e ha
ripreso a camminare con passo deciso dirigendosi al suo laboratorio.
“Per questa volta
esaminerò quei campioni e quei cadaveri, ma si farà a modo mio.”
“Scusa?”
“A
modo mio. Tu puoi assistere ma non puoi toccare nulla se non sono
io a darti l'autorizzazione.”
“Ma...”
“Niente ma.
Prendere o lasciare.”
“In passato abbiamo sempre fatto a
modo mio e non è mai stato un problema.”
“Le cose sono
cambiate. Allora? Accetti le mie condizioni?”
Ho esitato per un
secondo. Questa donna così minuta, così remissiva e dolce, mi stava
guardando con autorità dal suo metro e cinquantacinque centimetri.
Avrei potuto ribattere che non ero obbligato ad accettare perché ero
stato incaricato del caso direttamente da Scotland Yard, quindi non
avevo bisogno della sua autorizzazione, ma non l'ho fatto. Ho
semplicemente annuito.
“Bene.” ha
confermato lei riprendendo a camminare.
“Comunque, non ti ho
portato il caffè per corromperti. L'ho fatto perché sapevo che
questa settimana hai fatto tre volte il doppio turno.”
“Hai di nuovo spiato
i miei turni?”
“Sì, anche se non ne avrei avuto bisogno. Ti
si legge in faccia. Come so che hai passato la notte in lacrime.”
Lei si è fermata
proprio nel momento in cui poggiava la mano sulla maniglia della
porta del suo laboratorio. Improvvisamente, ha perso tutta la sua
sicurezza. Ha tenuto lo sguardo basso e ha sospirato.
“È stato lui? Ti ha
fatto del male?” ho domandato sinceramente preoccupato.
“No. William non mi
ha fatto nulla. Non lo vedo da lo scorso week end. È all'estero per
lavoro.”
“Allora, cosa...?”
ho chiesto sentendomi stranamente confuso.
Perché in presenza
di Molly finisco per sentirmi sempre così stupido?
“Ci sono cose della
mia vita che non conosci e che, sinceramente, non ti riguardano,
Sherlock. Ora, scusami, ma ho quattro cadaveri da analizzare, grazie
a te.”
E così dicendo è
entrata nel suo laboratorio e ha sbattuto la porta dietro di sé.
Era arrabbiata. Di
nuovo. Con me. Cosa avevo detto? Ho semplicemente cercato di essere
gentile, le ho chiesto come andava, se stava bene, le ho anche
portato il caffè! Cosa avevo sbagliato?
Molly non mi ha più
rivolto la parola per tutto il giorno. Mi ha permesso di assistere
alle autopsie, ma a mala pena ha emesso dei monosillabi. Non ha
pronunciato il mio nome, mai. Quando doveva mostrarmi
qualcosa, me la indicava.
Generalmente non amo le
chiacchiere inutili, quindi il silenzio per me è davvero d'oro. In
questo caso, però, non era solo silenzio.
Era mutismo.
Una presa di
posizione.
Un rifiuto.
Molly mi stava
rifiutando.
Non era mai accaduto
prima, e non mi piaceva.
Alla fine delle
autopsie siamo passati ad analizzare i campioni inviati da Scotland
Yard e, senza che avessi bisogno di specificarlo, Molly ha esaminato
eventuali residui sotto le unghie delle vittime, comprese quelle che
erano state già analizzate.
Apprezzo il fatto
che sia così scrupolosa.
È per questo che è
la migliore.
È per questo che è
insostituibile.
Era comunque molto
stanca, quindi mi ha consentito di analizzare alcuni campioni e,
finalmente, abbiamo trovato qualcosa.
“Cellule epiteliali!”
ho esclamato soddisfatto. “Abbiamo del DNA.”
“Altre cellule
epiteliali sotto le unghie dell'ultima vittima.” ha replicato lei
con tono piatto.
È stata la prima frase
di senso compiuto che ha pronunciato dalla mattina. Ora credo di
capire come si sente John quando sono io a comportarmi così.
Da un successivo esame,
abbiamo riscontrato che il DNA presente nei guanti e sotto le unghie
era di una donna, ma di sicuro non apparteneva alla vittima.
Un serial killer donna.
“Bene. Forse avremo
un nome entro oggi.”
“Forse.” ha
commentato lei conservando i campioni negli appositi contenitori
sterili. “Ora, dato che ho finito, vado a casa. Sono esausta.”
“Molly...” ho detto
cercando di fermarla mentre si metteva la giacca.
“No, Sherlock,
lasciami stare. Te ne prego.” mi ha chiesto con tono implorante,
senza guardarmi negli occhi.
Ho annuito. Era meglio
aspettare che le passasse, poi le avrei parlato e le avrei spiegato
che il suo comportamento era decisamente illogico.
“Buonanotte.” ha
detto lei e ha lasciato il laboratorio lasciandomi solo e, di nuovo,
confuso.
Una volta consegnato i
risultati a Scotland Yard, sono passato allo studio di John. A
quell'ora lui è sempre impegnato con le scartoffie, quindi è solo e
possiamo parlare. Passo spesso da lui in quell'orario. Ormai si
aspetta la mia visita.
“Un serial killer
donna. Raro. Affascinante.” gli ho detto sedendomi di fronte
a lui.
“Bene, non ti sarai
annoiato.” ha replicato senza nemmeno alzare lo sguardo da i suoi
documenti.
“Molly è arrabbiata
con me, ma non so il perché.”
John finalmente ha
alzato lo sguardo, arcando un sopracciglio. Ancora quello sguardo
malizioso.
“Smettila, John. Usa
il cervello, non fare come tutti gli altri. Molly è la mia patologa.
Se è arrabbiata con me, non collabora. Inoltre, siamo... amici.
Non è mia intenzione rovinare la nostra proficua relazione.”
“Proficua
relazione?” ha domandato John tentando di non ridere.
“Sì. Ci aiutiamo a
vicenda, ci sosteniamo e, in alcuni momenti, ci confidiamo. Non
dovrei definirla una proficua relazione?”
“E quando sarebbe
stata l'ultima volta che tu hai aiutato lei?” ha chiesto divertito
mentre io gli lanciavo sguardi glaciali. “Davvero ti confidi con
lei? Tu che ti confidi con qualcuno?” ha detto con tono incredulo.
“Oh, John, che
meraviglioso senso dell'umorismo che possiedi! Potrei anche ridere se
solo avessi un quoziente intellettivo pari a quello di una scimmia!”
John ha fatto una
smorfia, seccato, ed è tornato a leggere i suoi documenti.
“È vero, non mi
capita spesso di poter essere d'aiuto a Molly, ma non significa che
non lo farei in qualsiasi momento. E quando dico che mi confido,
intendo dire che ogni tanto le esprimo i miei dubbi. Le mie
inquietudini. Come faccio con te. O con il teschio.” ho continuato
spiegando meglio cosa intendevo.
“Bene, quindi la
povera Molly è passata dall'essere pari al tuo cellulare o al tuo
violino a essere pari al tuo teschio.”
“No, è passata a
essere pari a te.”
John non ha replicato,
mi ha guardato incuriosito e poi ha scosso la testa.
“Povera Molly, non è
facile capirti, anche se credo che ce la metta tutta. Se tu fossi un
uomo normale, ammetteresti che lei non è solo un'amica. Tu non puoi
comportarti con lei come ti comporti con me. Lo capisci?”
“Siete entrambi miei
amici.”
“No. Io sono tuo
amico. Lei è qualcosa di diverso.”
“Non essere sciocco,
John. Non attribuirmi triviali atteggiamenti da soap opera.”
“Ti attribuisco
atteggiamenti di un uomo emotivamente infantile. Un uomo che non ha
mai imparato a comportarsi con le donne, soprattutto quelle a cui
tiene.”
Mi sono alzato in piedi
di scatto, ho poggiato i palmi sulla sua scrivania chinandomi verso
di lui e l'ho fissato.
“John, io so come
comportarmi con le donne, ma questo non è l'argomento in
discussione. Io voglio capire perché Molly ce l'ha con me. Voglio
capire cosa ho detto di sbagliato per rendere la mia migliore
amica fredda e scostante.”
“Sul fatto che tu
sappia come comportarti con le donne, mi devo fidare della tua
parola. In merito a Molly, probabilmente avrai fatto qualcuna delle
tue fin troppo precise deduzioni che l'hanno fatta sentire a
disagio. Magari su qualcosa che lei voleva tenere segreto.”
Mi sono raddrizzato.
John ha ragione. Non era arrabbiata sino a che non ho dedotto che ha
passato la notte in lacrime. E lei ha detto che non dipendeva da
William. Per qualche ragione, non voleva che sapessi questo fatto.
“Vado a parlare con
Molly.” ho concluso uscendo dallo studio in tutta fretta.
Mezz'ora dopo, ero di
fronte all'appartamento di Molly. La luce della sua finestra era
soffusa, ma ancora presente. Stava sicuramente per andare a dormire.
Sono entrato dal
portone mentre un altro inquilino usciva e mi sono diretto
immediatamente al terzo piano.
Ho suonato il
campanello. Nessuna risposta. L'ho suonato nuovamente, più a lungo.
Ho sentito qualche rumore. Ombre dietro la porta. Lo spioncino si è
oscurato per qualche secondo.
“Molly, ho bisogno di
parlarti. Non costringermi ad abbattere la porta.”
La porta si è aperta
leggermente, ma era presente ancora la catena. Molly indossava un
pigiama di colori sgargianti.
Almeno quando dorme
è ancora se stessa.
E poi ho visto i suoi
occhi.
Ancora rossi. Ancora
lacrime.
“Sherlock, sono molto
stanca. Stavo andando a dormire. Passa domani al Barth's.”
“No, devo parlarti.
Ora.”
Lei ha sospirato. Poi
ha richiuso la porta per togliere la catena, ha riaperto e mi ha
fatto entrare. Mentre richiudeva la porta mi sono guardato intorno.
Tv accesa. Un dvd di
un film sentimentale in pausa. Una ciotola di patatine. Una birra.
Cioccolato. Una coperta sul divano. Molly era depressa. Perché?
“Allora, cosa c'è di
così urgente?”
“Qualsiasi cosa abbia
detto di sbagliato oggi, mi dispiace. Non era mia intenzione
offenderti. A quanto pare stai passando un periodo difficile.
Perdonami.”
Lei ha sbuffato e si è
seduta sul divano, facendomi cenno che potevo sedermi sulla poltrona
di fronte.
“Sherlock, il fatto
che tu sappia tutto delle persone non ti da il diritto di parlarne.”
“Volevo essere
gentile. Magari persino premuroso.”
Lei è scoppiata a
ridere, ma i suoi occhi sono rimasti tristi.
“Sherlock, non è da
te. Lascia stare.”
“No, aspetta. Perché
non sarebbe da me? Io posso farlo. Sono in grado di gestire questo
genere di cose.”
“No, non lo sei. Non hai filtri, non sai
quando fermarti.”
Ha ragione. Io non so
mai quando è il momento di stare zitto. Me lo dice sempre anche
John. Devo sempre avere l'ultima parola.
“Forse è vero. Ma
vorrei davvero sapere cosa ti fa piangere.”
Lei ha abbassato lo
sguardo, e quando lo ha rialzato, i suoi occhi erano lucidi.
“Sherlock, non posso
parlarne, e di certo non con te.”
“Perché?”
“Perché
riguarda la mia vita, le mie scelte, il mio futuro.”
“Intendi il tuo
futuro marito?”
“Sì.” ha confermato dopo un profondo
sospiro con voce tremante. “Non sono sicura delle mie scelte. Ho
paura di aver fatto degli errori di valutazione.”
“Allora avevo ragione
io? Lui non ti rende felice.”
“Ti sbagli. Lui mi
rende felice, ma io non posso rendere felice lui.”
Sentimenti.
Questo genere di cose sono troppo complicate, soprattutto per me.
“Io non posso
renderlo felice perché ci sarà sempre qualcun'altro che amerò più
di quanto amo lui.”
Avrei voluto ribattere,
ma forse per la seconda o terza volta in tutta la mia vita, non
sapevo cosa dire.
“E se quella persona
venisse da me e mi dicesse “fuggi con me”, non esiterei un
istante a dire a William “addio”. Questo non capiterà mai, ma io
lo sto per sposare sapendo che passerò il resto della mia vita
sperando che capiti. Come potrei renderlo felice con queste
premesse?”
Una parte di me mi
stava dicendo di andarmene. Sfuggire tutto questo sentimentalismo.
Restare significava illudere Molly, e combinare molti più danni di
quanto avessi ipotizzato qualche ora prima.
Ma c'era un'altra parte
di me che voleva restare. Che voleva abbracciarla. Accarezzarla e
baciarla. Perché nessuno al mondo, nessuno, mi ha mai amato
tanto quanto lei. E nessuno mi ha mai fatto sentire così
emotivamente instabile.
“Non dovresti
sposarlo. Interrompi il fidanzamento. Subito.” ho detto cercando di
ignorare la confusione che mi stava travolgendo. “Lui non è un
uomo adatto a te, in ogni caso.”
“Nessuno lo è.
Significa quindi che dovrò passare la vita da sola?”
No. Tu hai me. Avrai
sempre me.
“Essere soli non è
così male come sembra. Io sono solo e sto benissimo.”
“Tu non stai bene
solo, Sherlock. Se così fosse, tu non avresti bisogno di andare da
John quasi ogni giorno. O di prendere il tè con Mrs. Hudson. O di
venire al laboratorio del Barth's per combattere la noia. Tu non
stai bene solo.”
Ancora una volta, lei
mi leggeva dentro. Ancora una volta, Molly Hooper mi lasciava senza
parole. Ancora una volta, avrei voluto cedere e seguire il mio
istinto.
“Allora, forse,
potremmo essere soli insieme. Cosa ne pensi?” ho detto prima di
rendermi conto di cosa esattamente le mie parole significassero.
Molly ha sussultato.
Le labbra dischiuse
e gli occhi spalancati per la sorpresa. Rossore alle guance e pupille
dilatate. Carotide pulsante. Petto che si solleva velocemente.
“Sherlock, stai
scherzando, vero?” ha detto con voce rauca.
Al diavolo,
tanto valeva andare sino in fondo.
“No. Sono serio.”
Mi sono alzato, le ho
preso la mano e l'ho costretta ad alzarsi, a starmi davanti.
Ci separavano meno
di cinque centimetri. I suoi occhi fissi sui miei. Il suo
petto si alzava sempre più velocemente e riuscivo a intravedere una
sagoma sensuale attraverso il sottile tessuto del suo pigiama.
“Molly, qualsiasi
cosa accada, non sarai sola. Perché potrai sempre contare su di me,
come spero di poter sempre contare su di te. Forse saremo le persone
più sole al mondo, ma avremo sempre l'un l'altro.”
Lei mi ha guardato per
qualche secondo, come interdetta. Poi si è alzata sulle punte e mi
ha baciato. Un piccolo, delicato, casto bacio sulle labbra.
Per un attimo sono rimasto pietrificato. Poi, ho smesso di pensare,
l'ho stretta a me e l'ho baciata dando sfogo a tutta la passione che
avevo tenuto a bada da quando ero tornato.
Lei mi ha allacciato le
braccia al collo, rispondendo alle mie effusioni, e per qualche
secondo ho creduto che avremo potuto fonderci in un'unico essere, poi
si è improvvisamente staccata e si è allontanata da me.
E ho sentito freddo.
Mi stava rifiutando
di nuovo.
“Mi dispiace,
Sherlock, non posso.”
“Non capisco.”
“Pensavo che avrei
potuto mandare tutto all'aria per te, ma non ci riesco. Non così.
Devo prima parlare con William. Devo essere sincera. Lui merita
almeno questo.”
Non potevo nascondere
il mio disappunto.
“Non devi nulla a
quell'uomo.”
“Sì, invece. Tu forse non riesci a capirlo, ma
gli devo almeno questo. Devo essere onesta.”
“Allora mi hai
mentito. Avevi detto che bastava una mia parola e tu... Non era vero,
dunque.”
“Era vero. È vero. Ma voglio essere
corretta.”
“Va bene, Molly
Hooper. Capisco quando vengo rifiutato. Torna pure da lui. E, ti
prego, dimentica tutto quello che è successo stasera. Ci vedremo
al Barth's quando sarà necessario.”
E così dicendo ho
lasciato il suo appartamento senza voltarmi indietro.
CONTINUA
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Capitolo 6 *** 5 ***
Questo capitolo prosegue sulla scia pseudo-romantica del precedente, e
ci fornisce quindi una visuale "emotiva" del nostro amato Sherlock. Per
quanto emotivo possa essere uno come lui...
Comunque, non so quanto sarà IC, quindi se ho esagerato, perdonatemi.
Buona lettura.
5
È
passata una
settimana da quando ho risolto il caso del serial killer donna.
Conosceva le donne
uccise perché le vedeva passare tutti i giorni davanti al suo
negozio d'abbigliamento. Nessuna di loro era sua cliente e, nella sua
mente disturbata, era un grave affronto. Le tracce rinvenute nei
guanti e sotto le unghie dell'ultima vittima sono state decisive.
Lestrade era entusiasta.
Per quanto riguarda me,
invece, dopo quella sera mi sono chiuso in casa. Non ho voluto
nessuna compagnia oltre al mio violino. Ho spento il cellulare. Non
ho dormito se non per qualche ora sul divano. Non ho mangiato, ho
solo bevuto qualche tazza di tè. Ho mandato via John quando è
venuto a vedere come stavo, probabilmente invitato da Mrs. Hudson.
Ma stamattina è
tornato all'attacco.
“Lasciami in pace,
John.”
“Posso sapere almeno
cos'hai, prima di andarmene?”
“No.”
“D'accordo. Possiamo
prendere una tazza di tè insieme?”
“L'ho già preso.”
“Ok. È solo perché
non hai un caso? Ti annoi?”
“Io mi annoio
sempre, John, soprattutto perché ho sempre a che fare con
degli idioti.”
“Ovviamente.
Immagino di rientrare nel gruppo degli idioti.”
Ho sospirato e ho
poggiato il violino. Mi sono seduto in poltrona invitandolo a sedersi
di fronte a me.
“Cosa vuoi sapere,
John?”
“Voglio sapere perché
non mangi, non dormi e non esci da casa da una settimana.”
“Ho bisogno di
riflettere.”
“Su cosa?”
“Molte cose. Non voglio
annoiarti con ragionamenti che non capiresti.”
“Ah.” ha
esclamato con tono seccato. “Scusa se il mio intelletto
inferiore non capisce quello che può passare nella testa del
grande Sherlock Holmes.”
Si è alzato per
andarsene, evidentemente seccato.
“Il mio intelletto è
così inferiore che non ho affatto collegato la tua apparente
depressione con il fatto che una settimana fa hai discusso con Molly
Hooper. Sei venuto da me lamentandoti che lei era arrabbiata con te,
poi sei andato da lei. Dopodiché, hai iniziato la tua pantomima
da violinista depresso. Forse non sono un genio come te,
Sherlock, ma non sono stupido.”
“John, non ho mai
detto che tu lo sia. È solo che ho bisogno di riflettere a modo mio
su alcune cose.”
“Certo. E quelle cose sarebbero
i sentimenti che tu odi, perché ti inquinano il cervello. E
che non sai gestire visto che emotivamente hai più o meno sei anni.”
“Io non...”
“Oh,
ti prego, smettila! Ammetti una volta per tutte di avere delle
debolezze, non ti renderebbe meno grande ai miei occhi, anzi, mi
farebbe capire che sei migliorato in tre anni!” ha urlato furioso.
“Sai che ti dico? Fai come vuoi. Vuoi morire di fame? Va
bene. Vuoi rovinare la tua vita? Va bene. L'importante è che il
prossimo sabato tu sia pronto a essere il mio testimone come mi hai
promesso. E se, magari, evitassi di preoccupare troppo Mrs. Hudson
nel frattempo, te ne sarei grato.”
E così dicendo è
andato via sbattendo la porta.
Accidenti, il
matrimonio. È questo sabato? Così presto?
Devo fare da testimone.
Devo fare un discorso.
Rivedrò Molly. Con
il suo odioso fidanzato.
Non so se sono pronto.
Oh, per l'amor del
cielo! Certo che sono pronto! Sono Sherlock Holmes!
Sarò in grado di
incontrarla, salutarla e proseguire oltre. Il tutto riuscendo a non
colpire ripetutamente quell'uomo che la terrà a braccetto.
Ho deciso di smettere
di pensare a Molly Hooper e mi sono dedicato al mio discorso da
testimone.
Dio mi aiuti, non ho
idea di cosa dire.
Posso parlare di John,
di quanto lui sia un brav'uomo, un amico leale, ma non ho idea di
cosa dire in merito al suo matrimonio. Ho visto Mary una volta e
mezza, e non mi ha fatto una grande impressione. Cosa dovrei dire?
John mi ha chiesto di essere me stesso, di essere sincero, ma non
stronzo.
Ecco, sull'ultima
parte potrei avere dei problemi.
Ho deciso di scrivere
qualcosa, in modo da dare un senso logico ai miei pensieri.
John Watson è il
migliore amico che si possa avere. Leale e comprensivo. Mi ha anche
salvato la vita...
NO.
Così sembra un
epitaffio.
Quando ho conosciuto
John Watson...
NO.
Io e John Watson...
NO.
Santo cielo, che
compito assurdo e inutile!
Come se non sapessero
già tutti che John è forse l'unico brav'uomo rimasto in tutta
l'Inghilterra.
Forse mi alzerò,
proporrò un brindisi, e dirò solamente “ A John”.
Forse sarebbe meglio.
Ah, già, c'è anche
Mary.
“A John e Mary”.
Persino nel proporre
uno stupido brindisi rischio di essere stronzo. Ma perché mi sono
offerto di essere il testimone?
Perché John è
l'unico amico che abbia mai avuto, e ci tiene molto.
Esatto. Il mio unico
amico. Devo impegnarmi, a costo di mordermi la lingua per non
dire cose sconvenienti, per non deluderlo.
Ho passato l'intera
giornata a rimuginarci su e, alla fine, qualcosa è venuto fuori.
Probabilmente non sarà un grande discorso, ma è sincero e non
troppo offensivo, credo.
Prima di conoscere
John Watson, non avevo amici. Quando è entrato nella mia vita ha
portato con sé alcune fastidiose abitudini, ma anche l'opportunità
per me di avere una vita sociale. Non sono mai stato bravo a farmi
degli amici, ma John me lo ha insegnato. Confesso di non essere
ancora l'uomo più amato di Londra, ma ora ho degli amici. Pochi, ma
importanti. E questo lo devo a John. E per questo gli sarò sempre
grato. Non posso quindi che augurargli tutta la felicità che
desidera accanto alla sua affascinante sposa.
Non ne sono molto
soddisfatto. Ho dovuto dire troppo di me. E alla fine avrei potuto
dire parecchie cose su Mary, ma mi sono limitato a usare un termine
diplomatico. Affascinante.
Non è né un
complimento né un offesa.
Comunque, questa è la
traccia su cui dovrò parlare sabato. A meno che non decida di
improvvisare. E in quel caso rischio di essere davvero, davvero,
uno stronzo.
Vorrei evitare di farmi
prendere a pugni da John il giorno del suo matrimonio.
Ho guardato l'orologio.
Erano passate ore dalla visita di John. Ero curioso di sapere se era
ancora arrabbiato con me.
Ho acceso il cellulare
e immediatamente hanno iniziato ad arrivarmi gli sms arretrati di
tutta la settimana. Quasi tutti erano di John, in cui mi chiedeva
come stavo. Uno di Lestrade per aggiornarmi sulla conclusione del
caso. Due di mio fratello che mi chiedeva se avessi ricominciato a
prendere sostanze stupefacenti e che mi invitava a suonare qualcosa
di meno deprimente.
E, poi, uno di Molly.
Non ti ho rifiutato.
MH
Ho fissato il display
per un minuto intero. Data e ora erano di una settimana prima, subito
dopo esser scappato via dal suo appartamento.
Sei ancora
fidanzata? SH
Ho scritto senza
pensarci su troppo. Il suo messaggio aveva aperto uno spiraglio. E
cominciavo a sentire una strana sensazione al petto. Speranza?
Forse. Ma prima dovevo capire cosa aveva deciso di fare con il
suo fidanzato. Non mi interessava nient'altro.
Pensavo non ti
saresti più fatto sentire. William non è ancora tornato
dall'estero. Voglio lasciarlo di persona, non per telefono. MH
Il mio telefono era
spento. Lo porterai al matrimonio? SH
Non credo. Non
voglio stare con lui. Voglio stare con te. MH
Mi auguro tu non ti
riferisca solo al giorno del matrimonio. SH
No, mi riferisco a
tutta la vita. MH
Non so come mi sono
sentito leggendo quelle parole. Penso che l'unica definizione possa
essere felice. Ed è qualcosa che credo di non avere mai
provato. O, almeno, non in situazioni simili. Tutti i rapporti che ho
avuto in passato con il genere femminile sono finiti con un rifiuto
da parte loro.
Tranne con La Donna,
ma quello è un caso diverso. Lei è diversa.
E poi arriva Molly. Che
non mi rifiuta. Mai. Nemmeno quando la ferisco. Nemmeno quando
sono davvero insopportabile. Nemmeno quando la accuso di avermi
rifiutato.
Lei con il suo
atteggiamento prima dolce e remissivo, poi orgoglioso e risoluto, mi
manda in confusione, facendomi sentire davvero stupido. E poi c'è
quella cosa che solo lei riesce a fare. Leggermi dentro. Credo
che abbia conquistato un posto speciale nel mio cuore nel momento
esatto in cui mi ha rivelato questa sua capacità.
Il mio cuore. A
quanto pare ne ho uno. Alla fine Moriarty aveva ragione.
Ho ripreso il cellulare
e per prima cosa ho mandato un messaggio a John.
Mi spiace per
stamattina. Non ti preoccupare. Sabato sarò all'altezza. Ho già
preparato un discorso. SH
Lo so. JW
Ho sorriso leggendo la
laconica risposta del mio amico e poi ho scritto un altro messaggio,
questa volta per Molly.
Tutta la vita è un
periodo molto lungo. Sei sicura di riuscire a sopportarmi per tutto
quel tempo, Molly Hooper? SH
Sicurissima. E tu
sei certo che non cambierai idea? MH
Ho già cambiato
idea una volta su di te. Non la cambierò nuovamente. Non sarebbe
logico. SH
Allora non devo
essere gelosa se ospiti giovani clienti per la notte nella vecchia
stanza di John? MH
Sono scoppiato a
ridere. Ecco con chi spettegolava Mrs. Hudson. Era Molly.
Non ho potuto fare a
meno di domandarmi se non fosse stata quella conversazione a
istigarle dei dubbi sul suo futuro fidanzato, portandola a passare la
notte in lacrime.
Certo che no. Anche
perché non capiterà più. SH
Bene. Venerdì
William tornerà a Londra e gli parlerò. Sabato mattina, al
matrimonio, sarò libera. MH
Non vedo l'ora. SH
Sentendomi finalmente
meglio, sono sceso al piano di sotto per cenare con Mrs. Hudson. Era
felice che fossi nuovamente d'appetito, ma mi ha sgridato per
l'aspetto terribile che avevo, quindi mi ha spedito a farmi una
doccia e a sbarbarmi immediatamente. Avrei anche potuto ribellarmi, e
invece le ho dato un bacio sulla guancia e ho obbedito.
CONTINUA
|
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Capitolo 7 *** 6 ***
Ecco un altro capitolo. Grazie a tutti coloro che stanno leggendo
questa long fic e a quelli che l'hanno inserita tra le seguite.
Come vedete non vi faccio attendere molto perché la storia è già
conclusa quindi non ho problemi ad aggiornare ogni giorno.
Spero che il "mio" romantico Sherlock vi piaccia.
In questo capitolo, mentre Sherlock deve organizzare all'ultimo minuto
l'addio al celibato di John, è perennemente in ansia per Molly.
Buona lettura.
6
Questa mattina mi sono
alzato all'alba, di ottimo umore.
Ho fatto una ricca
colazione con Mrs. Hudson e poi ci ha raggiunto John. Stavo ancora
leggendo il giornale e gustando il mio Earl Grey quando è
arrivato.
“Oh, caro! Come va?
Sei emozionato?” l'ha accolto con entusiasmo Mrs. Hudson guidandolo
verso una sedia e mettendogli in mano una tazza di tè fumante.
“Sì, beh, certo. Non
mi sembra vero.” ha balbettato con un sorriso assolutamente
stupido.
E poi l'ho osservato.
Era vestito semplicemente e aveva portato con sé un borsone,
voluminoso ma leggero.
Abiti. Almeno due
cambi. Avrebbe passato la notte a Baker Street.
Ho ricordato poi quella
stupida tradizione dell'addio al celibato. E ovviamente avrei dovuto
occuparmene io, il testimone.
Mentre John era ancora
impegnato a farsi vezzeggiare da Mrs. Hudson, tramite il mio
cellulare ho fatto una breve ricerca su internet sui luoghi più
adatti per questo genere di tradizioni.
“Allora, che progetti
abbiamo oggi?” mi ha chiesto con sguardo entusiasta.
“A cosa ti
riferisci?”
“Domani mi sposo. Cosa prevede il mio addio al
celibato?”
“Stasera andremo in un locale adibito al consumo
d'alcol. Pare ci siano anche delle ballerine esotiche.
Probabilmente saranno delle semplici spogliarelliste. Ci sarà anche
Lestrade.”
“Oh, tutto qui?” ha
domandato con tono palesemente deluso.
“Avrei dovuto
organizzare qualcos'altro?”
“Beh, speravo che
avresti fatto in modo di rendere indimenticabile la mia ultima
giornata da scapolo.”
L'ho fissato confuso.
“Non capisco cosa ti
aspettassi.”
“Dato che il mio
testimone è una persona molto particolare, mi aspettavo
qualcosa di originale.”
“Mi spiace, ma non
sono molto bravo con queste cose.”
“Lo so. Va bene.
Faremo una serata tra uomini con birra e spogliarelliste. Sarà
divertente. Viene qualcun'altro oltre a Lestrade?”
“No. Chi altro avrei
potuto invitare? Non mi pare tu abbia altri amici uomini.”
Ha fatto una smorfia e
ha sbuffato.
“Forse avresti potuto
domandare... Ti avrei dato una lista di nomi.”
“Non vedo
perché. Se fossero stati tuoi amici me li avresti fatti conoscere.
Evidentemente non lo sono.”
“Non ne ho avuto
l'occasione ma non significa che...”
“Tuttavia, non
importa. Credo che un momento di passaggio così importante per te
sia da condividere solo con i tuoi veri amici.”
“Quindi, tu e
Lestrade. Nessun altro?”
“Volevi che invitassi anche Mycroft?
Io te lo sconsiglio vivamente, è noioso.”
Ha sbuffato nuovamente,
poi si è alzato e ha preso il suo borsone.
“D'accordo. Porto di
sopra le mie cose. Non posso comunque passare la notte con Mary
stanotte, è la tradizione.” e così dicendo è sparito salendo le
scale.
Quando finalmente sono
rimasto solo, Mrs. Hudson stava lavando i piatti, ho afferrato il mio
cellulare e ho mandato un messaggio a mio fratello.
Mi serve la lista
degli uomini invitati al matrimonio di John. SH
Cosa ti fa pensare
che io ce l'abbia? MH
Ti prego, Mycroft.
Non offendermi. Attendo il file. SH
Due minuti dopo ho
ricevuto un messaggio con un allegato. C'era una lista di nomi,
numeri di telefono e persino data di nascita e fedina penale.
Subito dopo è arrivato
anche un altro messaggio.
Sono invitato anche
io al matrimonio. Significa che posso venire anche all'addio al
celibato? MH
Io eviterei se fossi
in te. Che ne sarebbe della tua dieta? SH
Mycroft non ha
risposto, era ovviamente infastidito, e io ho iniziato a mandare sms
di invito per l'addio al nubilato.
Una volta terminato, ho
mandato un messaggio a Molly.
A che ora avrai
concluso? SH
Non lo so. Lui sarà
qui oggi pomeriggio e poi non so quanto mi ci vorrà. Perché? MH
Voglio vederti. SH
Domani. MH
Non voglio
aspettare. SH
Non fare il bambino
viziato. MH
E se passassi al
Barth's? SH
Meglio di no. Ho
bisogno di riflettere su come dirglielo. Tu saresti una distrazione.
MH
D'accordo. Ma
tienimi informato. SH
Certo. Ti avviserò
quando sarà finita. MH
Stai attenta. Non mi
fido di lui. SH
Stai tranquillo. MH
Non so perché, ma non
ero affatto tranquillo. Molly stava per rifiutare un uomo con grossi
problemi a controllare la rabbia. Ero davvero preoccupato.
Talmente preoccupato,
che ho mandato un messaggio a mio fratello.
Ho bisogno che metti
sotto sorveglianza Molly Hooper. Per la sua sicurezza. Oggi stesso.
SH
E quale sarebbe la
ragione? Oltre al fatto che sei geloso del suo fidanzato, ovviamente.
MH
Quell'uomo è un
violento. E lei lo sta per lasciare. Assicurati che sia al sicuro e,
per ogni evenienza, chiamami. SH
Sarà fatto. Ma
voglio venire all'addio al celibato. MH
Fai come vuoi. La
tua presenza non verrebbe notata in ogni caso. SH
Ho messo via il
cellulare. Per la sicurezza di Molly potevo anche permettere a mio
fratello di partecipare a quella stupida tradizione. John avrebbe
capito.
L'addio al celibato
sembrava essere un successo. Erano venuti tutti, o almeno così
sembrava. Non avevo la più pallida idea di chi fosse tutta quella
gente, ma John era entusiasta di vederli.
Il locale era
estremamente banale. Boccali di birra e donne che mettevano in mostra
ogni parte del loro corpo.
Io non me ne
interessavo. Continuavo a controllare il cellulare in attesa di un
messaggio di Molly. Era tardi e ancora non aveva scritto. Continuavo
a guardare mio fratello dall'altra parte del tavolo. Anche lui aveva
un'aria annoiata e, ogni volta che lo guardavo, sfruttava l'occasione
per allontanarsi a fare una telefonata.
Al suo ennesimo ritorno
al tavolo l'ho intercettato.
“Notizie di Molly?”
“Va tutto bene.
Stanno ancora parlando.”
“Sono passate ore... Sei
sicuro?”
“Sì, il mio uomo li controlla.”
Non ero comunque
tranquillo. Sono tornato al mio posto, accanto a John che era
completamente ubriaco e che guardava estasiato le ballerine.
“John, dovrei
portarti a casa. Domani ti sposi.”
“Ancora un ballo.” ha
mormorato incomprensibilmente.
“No. Andiamo.”
L'ho preso di peso e
l'ho trascinato in un taxi. Prima di partire ho guardato Mycroft e
lui ha annuito. Entro dieci minuti eravamo a Baker Street. C'è
voluto più tempo, però, per trascinare John su per le scale e
infilarlo a letto.
Quando, finalmente,
avevo concluso il mio compito di testimone, ho potuto preoccuparmi
d'altro.
Sul cellulare ancora
nessun messaggio.
Sono uscito di casa e
ho preso il primo taxi. Entro cinque minuti ero di fronte a casa di
Molly. La luce alla sua finestra era ancora accesa. Vedevo le loro
ombre camminare avanti e indietro. Lui non voleva accettare il
rifiuto. Non voleva lasciarla in pace.
Dovevo fare qualcosa
per smuovere la situazione.
Sono entrato nel
palazzo e ho fatto i tre piani di scale. Mi sono fermato di fronte
alla porta. Li sentivo discutere a voce alta.
“No, William. È
finita. Quanto ancora ne dovremo discutere? Io non ti amo e non sono
adatta a te.”
“Molly, non puoi
lasciarmi, sei troppo importante per me. Ti prego, ti renderò
felice...”
“Ti ho già detto
che non dipende da te... Ora vai via. Ti prego.”
“No, non voglio
andarmene. Dobbiamo sposarci!”
“Non ci sarà nessun
matrimonio.”
La conversazione
proseguiva su questo tono da ore, a giudicare dalla nota esasperata
nella voce di Molly. Le ho mandato un messaggio.
Se ti sta
importunando, lo butto fuori a calci. SH
Ho sentito
distintamente la suoneria del messaggio e la pausa durante la quale
Molly lo ha letto.
“Allora c'è
qualcun'altro, vero? È quel Sherlock Holmes?”
“Sì, è lui. Ora
vai via.” ha confermato lei, ormai al limite.
Poi ho sentito un suono
strozzato. La stava aggredendo!
Ho iniziato a prendere
a calci la porta. Sempre più forte, sino a che la serratura non ha
ceduto. Sono entrato nell'appartamento e ho visto Molly a terra,
William stringeva le mani attorno alla sua gola, soffocandola. Il
viso di Molly cominciava a diventare livido. Senza perdere tempo, ho
dato un calcio all'uomo e appena si è rialzato ho aggiunto un pugno
che lo ha fatto cadere a terra. Dopo ciò, mi sono chinato su Molly.
Respirava. Stava
bene. Aveva le lacrime agli occhi. Sul collo i lividi lasciati dalle
mani di quel bruto.
L'avrebbe pagata. Molto
cara.
Mi sono voltato verso
di lui e gli ho dato un altro pugno. Dopo ciò l'ho tirato su
bloccandogli un braccio dietro la schiena.
“Tu ora vieni con me
alla polizia.”
“No, Sherlock, no, ti
prego.” mi ha implorato Molly.
“Deve pagare per
quello che ti ha fatto.”
“Se lo denunciassi dovrei
testimoniare. E non voglio. Mandalo via e basta.”
Ho annuito e l'ho fatto
voltare per guardarlo in faccia.
“Se ti avvicini di
nuovo a lei, di te non troveranno più nemmeno il DNA. Ora sparisci.”
ho concluso buttandolo fuori dall'appartamento.
Lui ha esitato un
attimo e poi è scomparso.
Mi sono avvicinato a
Molly e l'ho abbracciata. Tremava. Si era davvero spaventata.
“Molly...”
“Lo
so. Mi avevi avvisato. Avrei dovuto darti ascolto.”
“Sì, è vero, ma non
intendevo dire questo.”
“Allora, cosa?”
“Prepara una valigia
con il necessario per la notte e per il matrimonio. Tu vieni a Baker
Street con me.”
Mi ha guardato confusa,
forse un poco divertita.
“Perché?”
“Perché ho dovuto
abbattere la tua porta. Non saresti al sicuro stanotte.”
Lei si è voltata verso
la porta come se si rendesse conto solo il quel momento di come ero
entrato nel suo appartamento.
“Hai ragione.” ha
accettato voltandosi a guardarmi.
E poi ha sorriso.
E qualcosa nel mio stomaco ha cominciato a contorcersi.
Le ho circondato il
viso con le mani e mi sono chinato su di lei.
Volevo baciarla.
Immensamente.
Poi, però, ho
ricordato l'uomo di Mycroft che osservava. E che, per inciso, non
aveva fatto nulla per aiutare Molly.
“Andiamo, sii rapida.
È piuttosto tardi e tu hai bisogno di una notte di sonno per
superare lo shock.” ho detto allontanandomi da lei.
Lei si è messa a
ridere e si è diretta in camera da letto esclamando ironicamente
“Sissignore!”
CONTINUA
|
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Capitolo 8 *** 7 ***
Eccoci a un nuovo lungo capitolo. Direi il più romantico di tutti. Sia
perché è arrivato il momento del matrimonio di John, sia
perché Sherlock si lascerà andare con Molly. Questo probabilmente
non rientra molto nel personaggio, e mi scuso se ho esagerato, ma dal
mio punto di vista, Sherlock in privato potrebbe essere molto
diverso. In pubblico può anche continuare a essere il solito
genio freddo e arrogante, ma in privato, con una persona che ama,
sarebbe un uomo differente... O almeno è così che lo immagino.
Inoltre, come avrete notato, nelle mie ff tutti parlano tantissimo.
Adoro i dialoghi, non posso farci niente. E questo capitolo ne è pieno.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Buona lettura.
7
Svegliarmi con una
persona accanto, non rientra nelle mie abitudini. Quando ho aperto
gli occhi questa mattina, ho impiegato qualche secondo per capire
dove ero e con chi ero.
Per un attimo mi è
sembrato un déjà-vu. Ho creduto di essere ancora in
Australia con Irene. Ma quello non era il profumo di Irene.
Quando ho realizzato
che ero a casa mia, a Baker Street, e che i capelli castani che mi
cadevano sul viso profumavano di cocco e vaniglia, non ho avuto più
nessun dubbio.
Molly.
La mia patologa.
La mia migliore
amica.
La mia Molly.
Si era addormentata
stringendosi a me. Così piccola che a mala pena riuscivo a percepire
il suo peso sul mio petto.
Decisamente troppo
piccola. Forse negli anni della crescita non ha assunto sufficienti
vitamine. O, più probabilmente, è una caratteristica genetica.
Dovrei vedere i suoi genitori per fare un confronto adeguato.
Tuttavia, le sue proporzioni sono totalmente di mio gusto.
Mi sono girato
leggermente, rimanendo su un fianco, in modo da poter avere il viso
di fronte al suo.
Dormiva in maniera
serena. Il suo respiro era regolare. Il suo viso disteso. Unica nota
stonata in quel pacifico quadro, i lividi che le erano rimasti sul
collo.
Ho accarezzato con un
dito la pelle delicata su cui erano rimasti quei segni di violenza.
A quel breve contatto,
ha aperto gli occhi.
“Buongiorno.” ha
detto sorridendo.
“Buongiorno. Per caso
hai avuto carenze vitaminiche durante l'infanzia?” le ho chiesto
ripensando alle mie supposizioni precedenti.
Lei mi ha guardato
perplessa e poi è scoppiata a ridere.
“No, Sherlock, ma
grazie per aver chiesto!”
“Oh.” ho balbettato
rendendomi conto che probabilmente non era una domanda da fare di
primo mattino. “Ecco io...” ho cercato di scusarmi.
“Non importa,
Sherlock. Scommetto che eri immerso in qualche tua deduzione.”
“Sì, infatti.”
“Su
di me?”
“Sì.”
“Bene.” ha detto
lei con un sorriso prima di avvicinarsi ulteriormente e di posare un
bacio sulle mie labbra. “Puoi dedurmi quando e quanto vuoi.”
Oh, Molly.
L'ho stretta a me e
l'ho baciata con più passione. Avrei voluto restare con lei, in quel
letto, per tutto il giorno.
Ma c'era un
matrimonio. Era il mio migliore amico a sposarsi. E io ero il
testimone.
“Dovrei andare a
svegliare John. Avrà i postumi della sbornia, quindi non sarà molto
reattivo.” ho mormorato contro le sue labbra, decisamente poco
entusiasta all’idea di dovermene allontanare.
“Certo, è vero.”
ha confermato con un sospiro così profondo da farmi valutare l'idea
di rinunciare per sempre all'amicizia di John.
Qualche secondo dopo,
si è allontanata da me e si è alzata dal letto, raccattando i suoi
abiti abbandonati disordinatamente sul pavimento.
“Dove è finito il
mio reggiseno?” ha chiesto all'improvviso mentre frugava in ogni
angolo della stanza.
“Se ben ricordo non
lo portavi.”
“Sul serio? Ero
convinta di sì...”
“Ne sono certo.” ho confermato cercando
di non mettermi a ridere.
“Ok, allora una cosa
in meno da recuperare.” si è rassegnata aprendo il suo borsone e
tirando fuori della biancheria pulita e il suo vestito per il
matrimonio.
“Mi piace quel
vestito.”
Lei si è voltata a
guardarmi e ha sorriso, arrossendo.
Come se per lei un
banale complimento fosse più imbarazzante di quello che è successo
tra noi stanotte.
“Davvero?”
“Sì.” ho detto
alzandomi anche io dal letto e raggiungendola. “Il giallo tenue fa
risaltare il colore della tua carnagione e il taglio è adatto alla
tua conformazione fisica.”
“Suppongo sia un
complimento, quindi... grazie.” ha replicato con tono ironico.
“Sai, antichi modi di dire come “sei bellissima” sono sempre
validi.”
Ho sbuffato. “Sarebbe
così banale.”
Lei ha riso e poi si è
allontanata da me per andare a fare una doccia, ma non prima di
lanciarmi uno sguardo malizioso.
Sarebbe illogico
sprecare tutta quell'acqua per fare la doccia una sola persona.
Quindi l'ho seguita.
Un'ora dopo eravamo
entrambi lavati, profumati e molto soddisfatti.
L'ho osservata mentre
si metteva il vestito e non ho potuto fare a meno di chiedermi se
Molly fosse sempre stata così. Era cambiata negli ultimi tre anni? O
forse ero stato io a non darle la giusta importanza? Probabilmente
era così. Quando l'ho conosciuta l'ho catalogata come persona
insignificante e non mi sono mai preoccupato di rivedere la mia
opinione.
Complimenti,
Sherlock. Hai sprecato anni della tua vita.
Ho spazzato via quei
pensieri e ho tirato fuori il mio abito dall'armadio. Non morivo
certo dalla voglia di indossare una cravatta, ma non avevo scelta.
“Indosserai quello?”
ha chiesto lei sbirciando dallo specchio che aveva di fronte mentre
si infilava il vestito.
“Sì, certo. Perché?”
“Non so. Avevo l'idea
che non ti saresti mai vestito come gli altri. Chissà perché, ma
immaginavo che avresti indossato il tuo solito completo nero. Non con
la camicia bianca, però, anche se è quella che trovi più comoda. E
neanche con quella viola, la tua preferita. Ero convinta
avresti messo la camicia nera. Forse perché è la mia preferita.
Sono proprio sciocca, vero?” aveva detto tutto ciò senza nemmeno
alzare lo sguardo su di me, concentrata sulla cerniera sul suo fianco
che faticava a chiudere.
L'ho raggiunta e l'ho
chiusa per lei, per poi farla voltare verso di me.
“Molly Hooper, c'è
qualcosa di me che non sai?”
“Un mucchio di cose.
E ho intenzione di scoprirle tutte.” ha detto alzandosi sulle punte
e baciandomi.
Quando, a malincuore, sono riuscito a
staccarmi da Molly, sono andato nella camera di John. Era in uno
stato pietoso e puzzava come una fabbrica di whisky.
L'ho tirato su di peso,
ignorando le sue lamentele incomprensibili, e l'ho portato in bagno,
gettandolo vestito sotto il getto d'acqua fredda. Ha imprecato in
maniera davvero fantasiosa. Credo che se lo avesse sentito Mrs.
Hudson gli avrebbe lavato la bocca con il sapone.
Ci è voluto un po'
perché ritrovasse la sua lucidità.
“John, hai quindici
minuti. Se non tarderai troverai una tazza di caffè fumante ad
aspettarti.” l'ho avvisato mentre lasciavo il bagno.
Dopo esattamente
quattordici minuti e trenta secondi, John è spuntato in salotto con
addosso il suo accappatoio e con la faccia di un colorito
giallo-verdognolo tipico dei postumi di una sbronza.
“Non ricordo nemmeno
come sono tornato a casa.” ha esordito sorseggiando il suo caffè.
“Ti ho trascinato
io.”
“Ero così
malmesso?”
“Sì.”
“Dimmi che non ho
fatto qualcosa di stupido.”
“Non mi pare. Hai
solo bevuto e osservato le spogliarelliste per tutto il tempo.”
“Ma, ho sognato,
oppure ho sentito la voce di una donna in casa?”
Mi sono nascosto dietro
le pagine del giornale mentre cercavo la risposta più consona da
dare.
“Una donna?” ho
chiesto per prendere tempo.
“Sì, non potrei
giurarci ma sembrava...”
“Buongiorno John!”
lo ha salutato Molly arrivando in quel momento dal piano di sotto.
“Molly! Sei qui! Così
presto?” ha esclamato John sorpreso e, apparentemente,
sospettoso.
“Sì, sto aiutando Mrs. Hudson. Con la sua anca fa
fatica a indossare il suo abito e poi serviva qualcuno che vi
portasse di sopra i biscotti.” ha spiegato appoggiando un
vassoietto sul tavolo.
“Grazie, davvero, grazie.” ha detto lui con tono confuso. “Sherlock, tu
non
ringrazi?”
“Certo. Grazie
Molly.” ho detto senza abbassare il giornale che mi nascondeva il
volto.
“Sempre socievole,
vero?” ha commentato sarcastico il mio migliore amico. “Comunque
sei davvero splendida stamattina, Molly. Con quell'abito sei
bellissima.”
“Grazie. Il taglio
è adatto alla mia conformazione fisica e il colore fa risaltare la
mia carnagione.”
“Sì... certo.” ha
replicato John perplesso, ovviamente non poteva capire cosa
intendesse Molly.
Senza che lui lo
notasse, ho abbassato leggermente il giornale e ho ammiccato nella
sua direzione. Lei ha sorriso ed è tornata al piano terra da Mrs.
Hudson.
Nonostante le mie
pessimistiche previsioni, siamo riusciti a partire puntuali da Baker
Street. Mrs. Hudson ha chiamato due taxi, uno per lei e Molly che ci
ha preceduto, e il secondo per noi.
Appena saliti, John ha
cominciato ad agitarsi. Muoveva mani e piedi continuamente.
“John.” ho provato
a interromperlo, inutilmente. ”John.” ho ripetuto alzando
leggermente la voce. “John!” l'ho chiamato per la terza
volta, finalmente destandolo dal suo torpore. “Smettila.” ho
detto con il tono più autoritario che possiedo.
“Scusami, è solo
che... Dio, sto per sposarmi!”
“Sì, ora hai chiarito
l'ovvio.”
“Intendo dire... Ma perché lo sto facendo? Cosa mi
è passato per la testa? Rovinerò tutto... Sarò un disastro. Mary
scoprirà presto che sono un fallimento come uomo, come medico e come
compagno, e mi lascerà. Come tutte le altre.”
“Non essere sciocco.
Lei sa già tutte queste cose e sta con te nonostante ciò.”
John mi ha fissato stupito e, apparentemente, offeso. “Sai cosa
voglio dire...”
“No, Sherlock. Ti
prego illuminami.”
“D'accordo, John. Se
è questo che vuoi.” ho acconsentito sbuffando. “Conosci Mary da
quasi due anni e da un anno siete fidanzati. Quindi, lei ha avuto
modo di osservarti e studiarti e se ha accettato di sposarti
significa che ti ritiene all'altezza delle sue aspettative. Ritiene
che sarai un buon marito. In caso contrario, non avrebbe accettato la
tua proposta di matrimonio. Deve aver capito di avere trovato
l'ultimo brav'uomo di tutta Londra e non avrà voluto farselo
scappare.” ho concluso con tono ironico.
“Lo pensi
davvero?”
“Cosa?”
“Che io sia l'ultimo brav'uomo di
tutta Londra?”
“Certo. L'ho sempre
pensato.”
“Grazie.”
Per un minuto è sceso
il silenzio. Ma mancava ancora un bel tragitto per arrivare alla
chiesa.
“Non mi hai mai detto
cosa pensi di Mary.”
“L'ho vista solo una
volta e mezzo.”
“Che per te è fin
troppo.”
“John, ti prego.”
“Sherlock, ci tengo a
saperlo.”
Ho fatto un sospiro.
Non solo rischiavo di essere esonerato come testimone, cosa che tra
l'altro mi avrebbe deluso solo in parte, ma rischiavo di essere
malmenato in taxi dal mio migliore amico. Avrebbe anche potuto
smettere di essere il mio migliore amico, se non dosavo le parole.
“Cosa vuoi
sapere?”
“Quello che pensi.”
“Penso che sia una
donna molto fragile. Ha avuto un'infanzia difficile a causa di una
madre ipercritica che ha minato la sua autostima. Per questa ragione
ha avuto dei seri disturbi alimentari, per i quali è stata anche in
terapia. Dopo la morte della madre è riuscita a trovare un
equilibrio, ma è comunque un candelotto pronto a esplodere da un
momento all'altro. Fai attenzione, potrebbe essere eccessivamente
nevrotica, anche se essendo una donna non è così anomalo...”
John si è messo a
ridere.
“Le tue conclusioni
sono sempre affascinanti, ma io voglio sapere cosa pensi di lei.
La tua opinione in merito, non cosa hai dedotto osservandola per un
minuto e mezzo.”
“La mia
opinione?”
“Sì. Lei ti piace?”
Ho guardato John
confuso. Perché gli interessava se lei mi piaceva o no? Cosa avrebbe
cambiato? Non era necessaria la mia opinione per la buona riuscita
del suo matrimonio, quindi perché ci teneva tanto?
“Non
capisco.”
“Sherlock, sei il mio migliore amico. Sei una delle
persone a cui tengo di più a questo mondo. Voglio solo sapere se
andrai d'accordo con l'unica altra persona a cui voglio bene quanto
ne voglio a te.”
Avrei potuto dire tante
cose, ma sinceramente non sapevo da che parte cominciare. Non è una
cosa che mi capita normalmente. Ho riflettuto qualche secondo prima
di trovare la frase giusta.
“Penso che possiate
essere una coppia equilibrata. Avete lo stesso desiderio di mettere
al mondo una famiglia. Lei è paziente e non è stupida, o almeno non
più della media. Credo sia una compagna adeguata per te.”
“Compagna
adeguata?”
“Sì, non va bene?”
“No, no, va bene.
D'altra parte solo tu riesci a trovare simili termini per definire i
rapporti umani. Come era quel termine che hai usato la scorsa
settimana? Proficua relazione. E parlavi della tua amicizia
con Molly... Sei davvero unico, amico mio.”
“Ne sono consapevole.
Quindi sei soddisfatto della mia opinione?”
“Sì, certo.
Grazie. Comunque, sapevo dei suoi disturbi alimentari, di sua madre e
della terapia. Sono un medico, ne abbiamo parlato.”
Siamo rimasti in
silenzio per un minuto. Ormai mancava poco alla chiesa,
fortunatamente.
“A che ora è
arrivata Molly stamattina?” ha chiesto all’improvviso John, come
ricordandosene per caso.
Ecco. Sapevo che prima o poi l'argomento
sarebbe stato sollevato.
“Non ho guardato
l'orologio.”
“Era molto
presto.”
“Credo di sì.”
“L'ultima volta che
abbiamo parlato di Molly è stato il giorno in cui facevi il
violinista depresso. Poi, senza una ragione apparente, ti è passata.
Mi sono perso qualche passaggio?”
Ho preferito ignorare la
domanda guardando fuori dal finestrino, ma John non è uno che si
arrende.
“Molly oggi avrebbe
dovuto portare il suo fidanzato, ma è venuta sola. Giusto?”
“Vedo che gli effetti
della sbornia stanno passando. Cominci persino a notare la presenza o
assenza delle persone.”
“Sherlock, cosa è
successo?”
“Nulla di cui ti debba preoccupare. Siamo
arrivati.”
Grazie a Dio.
Il viaggio in taxi
più lungo che abbia mai fatto. E sono anche stato in auto con un
tassista serial killer.
Non vedevo l'ora che la
giornata finisse.
La cerimonia è stata
semplice e breve. Per fortuna. Tutta quell'esposizione di
sentimenti mi stava davvero facendo impazzire. Tutte quelle donne che
piangevano... Era come essere intrappolati in un incubo.
L'unica cosa che mi ha
fatto stare meglio, durante tutta la cerimonia, è stato poter
rivolgere il mio sguardo a Molly. Lei non piangeva. Sorrideva.
E guardava me, non
gli sposi. Era come se fosse lì solo per me.
Durante il ricevimento
non ho avuto modo di avvicinarmi a lei. Era sempre requisita da Mrs.
Hudson e, in alcuni casi, da Lestrade. In realtà mi infastidiva che
lui le stesse così vicino. Lei però non sembrava ascoltarlo troppo.
Era sempre occupata a tenere stretto il foulard intorno al collo per
nascondere i lividi, e i suoi occhi mi cercavano. Continuamente.
Quando è arrivato il
momento del mio brindisi, sono riuscito a seguire la traccia che
avevo scritto, ma ho leggermente modificato la fine. Ho sostituito
“affascinante sposa” con “adorabile sposa”. Sapevo che John
lo avrebbe apprezzato. Infatti, alla fine del brindisi mi ha
abbracciato, facendomi sentire decisamente inadeguato. Non sapendo
bene come reagire a quel contatto fisico indesiderato, gli ho dato
una pacca sulla spalla e finalmente lui si è staccato. Aveva gli
occhi lucidi e per mascherarlo è andato a ballare con sua moglie,
lasciandomi finalmente solo.
Ma la pace non è
durata a lungo.
“Bel discorso,
fratello.” ha esordito Mycroft comparendo alle mie spalle.
“Sembrava così spontaneo e sincero.”
“Era
sincero.”
“Ma non spontaneo, giusto? Quanti discorsi hai
scritto prima di scegliere questo?”
Ho evitato di
rispondere. Detesto che mio fratello mi controlli così da vicino.
Spiare. Il termine giusto è spiare.
“Ti interessa sapere
cosa è successo all'ex fidanzato della Dottoressa Hooper?”
Mi sono voltato a
guardarlo, incuriosito e un tantino preoccupato.
“Cosa intendi? Molly
non desidera che sia sporta denuncia.”
“Lo so, ma non sarà
necessario. È stato fermato per guida in stato di ebrezza e
perquisito. Nell'auto aveva un quantitativo di droga del valore di un
piccolo stato.”
“Non era ubriaco. E non è uno
spacciatore.”
“Tu dici? Eppure le prove sono schiaccianti.”
“Mycroft, perché lo
stai facendo?” ho domandato rivolgendogli uno sguardo
indagatore.
“Perché non sopporto chi mette le mani addosso a
una donna. Senza contare che la dottoressa Hooper sembra aver fatto
breccia nel freddo cuore del mio fratellino. Mamma ne sarebbe
entusiasta. Inoltre, ritengo sia un valido elemento ed è stata
fondamentale nell'inscenare la tua morte. Le dobbiamo molto.
Credo potrebbe esserci ancora utile in futuro. Ho pensato fosse
meglio occuparmi della sua incolumità.”
Mio fratello non ha
nessun interesse a combattere la violenza sulle donne, né si
preoccupa della mia situazione sentimentale. Ha solo colto
l’occasione per allungare le sue malefiche spire su Molly.
Come se io glielo
lasciassi fare.
“Comunque,” ha
aggiunto poco dopo, “la porta del suo appartamento è stata
sistemata, quindi se lo desidera stanotte può tornare a casa sua.
Sempre che tu voglia lasciarla andare.”
“Mycroft, devi
smetterla di spiarmi. Non sei meglio di un guardone.”
“Tranquillo, so
quando distogliere lo sguardo.”
Ne dubitavo fortemente.
“Comunque, questa
informazione per il momento è... riservata.” ho precisato
poco dopo.
“Quindi non hai
ancora informato John.”
“Attendo il momento
opportuno.”
“Capisco. Bene, da me
non lo verrà a sapere di certo. Ora è meglio che vada. È stata una
cerimonia davvero deliziosa, ma affari di stato mi attendono. Saluta
la felice coppia da parte mia. E, naturalmente, dai i miei
omaggi alla Dottoressa Hooper.”
Finalmente,
l'ingombrante presenza di mio fratello si stava allontanando.
Al centro della sala,
John e Mary stavano ballando applauditi da tutti. Mrs. Hudson
continuava a piangere in un angolo. E Molly stava ballando con
Lestrade.
Cosa?
Lestrade?
Ho attraversato la sala
e li ho raggiunti, toccando la spalla di Greg.
“Credo che questo
ballo sia mio.”
Molly ha sussultato e
Lestrade sembrava in imbarazzo.
“Ecco io...”
“Molly lo ha promesso
a me.”
“Sherlock, potresti aspettare il prossimo?” mi ha
implorato lei, apparentemente cercando di dirmi qualcosa con lo
sguardo che non capivo.
“No.”
“Ok, allora io vado.
Non è un problema.” ha detto Greg lasciando Molly e
allontanandosi. “Non sapevo che tu sapessi ballare.” ha detto
ridendo prima di sparire dietro un gruppo di persone.
Senza attendere oltre,
ho preso Molly fra le braccia e abbiamo iniziato a ballare qualcosa
che sembrava un valzer.
“Sherlock, non
avresti dovuto essere così scortese con Greg.”
“Ti stringeva. Non mi
piaceva.”
“Stavamo solo
ballando.”
“Lo so. Non mi piaceva.”
“Greg è molto
depresso da quando ha divorziato. Cercavo solo di essere cortese. Mi
spiaceva vederlo in un angolo a rimuginare sul suo matrimonio
fallito.”
“So anche questo. E
so anche che aveva notato che non porti più l'anello di
fidanzamento. Stava cominciando a pensare che la tua cortesia fosse
qualcosa di più. E dopo, con qualche bicchiere in corpo, avrebbe
provato a baciarti. Tu lo avresti rifiutato e lui sarebbe tornato a
casa imbarazzato e più depresso di prima. Credimi, è meglio se sono
intervenuto.”
Lei ha sospirato. Non
sembrava contenta.
“Non ho fatto bene?
Ho evitato una situazione spiacevole per te e una figuraccia per
Lestrade.”
“Lo so. Avevi buone
intenzioni. Ma i tuoi modi non sono stati molto carini. Così sei
sembrato solo un cane che marca il territorio.”
“Un cane?”
“Sì.
Sembravi solo geloso.”
“Io...” ho iniziato
non sapendo bene come proseguire. “Io non sono geloso! E se
lo fossi non mi comporterei come un cane!”
“L'hai appena fatto.
Ci mancava solo che pisciassi negli angoli.”
Mi sono bloccato nella
pista da ballo e l'ho osservata scioccato.
“Cosa?”
Non riuscivo a credere
che Molly mi parlasse in quel modo.
“Hai capito
benissimo. Sono certa che quel tuo geniale cervello conosce le
abitudini canine in merito alle proprietà. O è una di quelle cose
che, non essendo utile per il lavoro, hai deciso di non sapere?”
Si stava burlando di
me. Era evidente. Voleva portarmi ad ammettere che ero geloso.
Tremendamente geloso. Ed era vero, ma non avevo intenzione di
confessarlo.
“Molly Hooper, sono
perfettamente consapevole di quali sono gli atteggiamenti canini, ma
non posso credere che tu mi stia paragonando a un animale.”
“Oh,
sì, lo sto facendo. E lo rifarò, quindi abituati.” ha insistito
con finto tono irato, ma che in realtà era divertito.
Era evidente che si
tratteneva dal ridere.
“Tu non puoi...”
“Non
posso? Non posso fare cosa? Io posso fare quello che voglio, quindi
stai molto attento a quello che dici, Sherlock Holmes.” mi ha
sfidato con sguardo malizioso.
“Non puoi dirmi una
cosa del genere e pensare di passarla liscia.” ho replicato sullo
stesso tono.
Lei è scoppiata a
ridere.
“Intendi punirmi?”
ha domandato con tono suadente.
Ho avvicinato il viso
al suo orecchio, dandole un piccolo bacio sulla nuca e poi le ho
sussurrato “Oh, sì. Con immenso piacere.”
CONTINUA
|
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Capitolo 9 *** 8 ***
Eccoci a un altro romantico capitolo.
Perché il rapporto tra Sherlock e Molly non è sicuramente un rapporto
convenzionale, soprattutto a causa di Sherlock e delle sue bizzarre
idee in merito, quindi ho ritenuto necessario un capitolo in cui
vediamo come affrontano determinati discorsi di coppia.
Buona lettura.
8
Fortunatamente, John è
partito la sera stessa del matrimonio per il suo viaggio di nozze e
Mrs. Hudson è andata a passare il week end da sua sorella, perché
sarebbe stato davvero imbarazzante averli per casa mentre io e Molly
sfruttavamo quei giorni per approfondire il nostro rapporto.
Ed è stato davvero
molto appagante.
Alla fine del week end
mi sentivo bene. Era come se ogni parte del mio corpo fosse
incredibilmente ricettiva, ma allo stesso tempo non provavo
quell'insoddisfazione tipica che mi portava a cercare dei mezzi per
tenermi impegnato, a qualunque costo.
Avevo provato qualcosa
di simile solo quando assumevo droghe, ma quell'effetto era molto più
effimero e molto meno piacevole. L'effetto della droga Molly
Hooper, invece, era piacevole sotto ogni aspetto. Non aveva
effetti collaterali e il suo effetto era decisamente di maggiore
durata. O almeno lo era sino a che lei restava con me.
Ecco perché vederla
preparare la valigia per tornare al suo appartamento mi metteva
decisamente in allarme.
“Non è necessario
che tu vada.” ho detto cercando di non sembrare troppo insistente.
Ero ancora a letto,
avvolto solo da un lenzuolo, e la osservavo piegare e conservare le
sue cose dentro alla sua valigia.
“Sì, invece. Domani
mattina alle sei inizia il mio turno in ospedale.” ha risposto lei
senza nemmeno voltarsi.
“Puoi comunque
passare la notte qui.”
“E con quali vestiti dovrei andare a
lavoro? Con l'abito del matrimonio? O con il pigiama? Devo tornare a
casa. Hai detto che la porta è sistemata, quindi non ho motivo per
non farlo.”
La porta. Accidenti a Mycroft, per una volta
poteva anche non essere così efficiente.
“Dovresti portare un
cambio di abiti qui, così non saresti costretta a tornare al tuo
appartamento nel cuore della notte.”
“Non è il cuore della
notte. Sono solo le otto di sera.” ha replicato lei con tono
divertito.
“Comunque, vengo con
te. Passerò la notte da te.”
“Come? Perché?” ha chiesto
con tono confuso voltandosi finalmente verso di me.
“Perché due giorni
fa sei stata aggredita e mi sentirei più tranquillo se potessi
occuparmi di te.”
“Non ho bisogno di un
baby-sitter.” ha detto sempre con il suo tono ironico.
“Non
oserei mai propormi come tuo baby-sitter.”
“Allora come vorresti
proporti?”
“Pensavo a come tuo personale dispensatore di
piacere sessuale.”
Molly ha riso mentre
chiudeva la cerniera della sua valigia con un unico fluido movimento.
“Sherlock, non hai
bisogno di passare ogni istante con me per questo. Non sarebbe
logico. E la logica è il tuo forte.”
“Infatti. La cosa più
logica sarebbe che tu vivessi qui.”
“Come?” ha
domandato sorpresa voltandosi a guardarmi. “Dici sul serio?”
“Certo. Non ha senso
che tu o io facciamo avanti e indietro tra i nostri appartamenti. E
poi trovo che svegliarmi con te accanto sia molto piacevole.”
Lei ha deglutito e ha
fatto qualche passo verso di me, per poi fermarsi quando era così
vicina che avrei potuto toccarla solo allungando un braccio.
“Sherlock, pensavo
che dovessimo mantenere la nostra relazione segreta, almeno per il
momento.”
“Non sarebbe un
problema. Ufficialmente tu prenderesti la stanza di John, come mia
coinquilina, anche se in realtà la useresti al massimo come
guardaroba. Agli altri sembrerà solo che tu volessi risparmiare
sull'affitto e abitare più vicino al Barth's. E, per quanto mi
riguarda, avere la mia patologa preferita sotto il mio stesso tetto
agevolerebbe il mio lavoro. Nessuno ci troverebbe qualcosa di
strano.”
“Sherlock...”
“Non voglio dover
avere nuovamente discussioni come queste. Casa mia o casa tua?
È una totale perdita di tempo.”
“Sherlock, stai correndo
troppo.” ha cercato di obbiettare con tono serio.
“No, sto
ottimizzando i tempi.”
“Il significato è lo stesso.”
“No,
in realtà...”
“Sherlock! Santo cielo, fermati e rifletti!”
mi ha interrotto prima che potessi replicare. “Non dobbiamo avere
fretta. La nostra relazione è iniziata da appena due giorni, è
troppo presto per vivere insieme.”
“Perché?”
“Perché prima
dovremmo conoscerci meglio, frequentarci per un po' per conoscere i
rispettivi pregi e difetti, e solo in seguito decidere se siamo
adatti a vivere insieme.”
“Io ti conosco già
perfettamente. E tu conosci me. Quello che dici non ha senso.”
“Sherlock, non è una
gara. L'importante non è fare le cose in fretta, ma farle bene.
Capisci?”
“Sinceramente no. Io
so già che andrebbe bene. Tu non ne sei convinta?”
Cominciavo a
preoccuparmi. Molly sembrava terrorizzata dalla mia proposta, mentre
io pensavo che avrebbe gradito e che ne sarebbe stata addirittura
entusiasta.
Mi sono alzato e mi
sono posizionato di fronte a lei, in modo da poter studiare le sue
reazioni.
“In effetti, no. Temo che potrebbero esserci delle
difficoltà ad adattarci l'una alle abitudini dell'altro. E io non ho
mai vissuto con un uomo, eccetto mio padre.”
Occhi lucidi. Fiato
corto. Carotide pulsante. Era terrorizzata.
“D'accordo. Allora
faremo un programma in modo da poterti adattare gradatamente.” ho
proposto cercando di andarle incontro. Di agevolarla.
“Un
programma?”
“Certo. Poco alla volta ti abituerai.”
“Io
non credo che sia una buona idea. Non si possono programmare certe
cose.”
“Certo che si può.”
ho confermato avvicinandomi a lei. “E stanotte vengo a casa tua.
Così comincio subito ad osservare e memorizzare le tue abitudini nel
tuo ambiente naturale.”
“Sherlock, non sono
un maledetto panda!”
“No, ovviamente. Non
ne hai né la dimensione né la peluria, ma sei comunque una specie
rara.”
“Non sei divertente.”
“Non volevo essere
divertente. Voglio davvero passare la notte con te.”
Lei ha sbuffato e poi
ha riso.
“D'accordo. Solo
stanotte, però. Non voglio che ci impantaniamo in un rapporto
simbiotico. Sarebbe una rovina.”
“Simbiotico?”
“Sì,
quel genere di rapporto in cui due personalità si fondono in una. E
la conseguenza è che nessuna delle due sopravvive.”
“So bene cosa sia una
simbiosi. Succede solo a chi ha due personalità deboli e un
quoziente intellettivo sotto la media.”
“No, Sherlock. Può
succedere anche quando una delle due personalità è talmente forte
da assorbire e annullare l'altra.”
“Tu hai paura che io ti
annulli?” le ho domandato capendo solo in quel momento cosa
intendeva.
“Succederebbe,
Sherlock. Tu non ti rendi conto, ma la tua personalità soggioga
chiunque ti stia intorno. Guarda il povero John! Sino a che viveva
con te non è mai riuscito a portare avanti una relazione. E sai
perché? Perché tu assorbivi tutta la sua attenzione, tutte le sue
energie. L'unico motivo per cui John è riuscito a sposare Mary è
che quando l'ha conosciuta tu eri... lontano. Perché tu sei
così, tu travolgi tutti.”
“Quindi mi stai
accusando di essere solo un egoista che assorbe le energie altrui.”
ho concluso sentendo un certo fastidio invadermi.
Non Molly.
Lei non può fare un errore simile. Lei mi conosce meglio di chiunque
altro.
“No, Sherlock, tu non
sei egoista, ma senza che tu ti renda conto tendi a... stregare
gli altri.”
“E tu non vuoi essere
stregata.”
“Io sono già
stregata da te, ma voglio continuare a essere indipendente. Non
mi vorresti se fossi solo una bambola senza più una personalità
propria. Aiutami a non perdermi nella tua magia.” ha confessato con
sguardo implorante.
Mi stava pregando di
darle tempo. Nient'altro. Sono stato in grado di aspettare tre
anni per tornare a casa, posso dare del tempo a Molly.
“Non so se ho capito
tutto quello che vuoi dire, ma ci rifletterò su.” ho acconsentito
infine chinandomi a baciarla. “Domani, però. Stanotte voglio stare
con te.”
“D'accordo. Ma da domani torniamo alle nostre solite
abitudini. Ognuno a casa sua. E ognuno al suo lavoro. Spero di essere
stata chiara.”
“Trasparente.”
CONTINUA
|
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Capitolo 10 *** 9 ***
Benvenuti a un nuovo capitolo.
Questo è il penultimo capitolo, il successivo sarà l'epilogo della
storia.
Sherlock sta raggiungendo un certo equilibrio, nella sua vita privata
con Molly e sul lavoro, grazie anche a un'alleanza inaspettata. Il caso
che affronta in questo capitolo è ispirato a “L'avventura
del costruttore di Norwood” presente all'interno della raccolta
“Il ritorno di Sherlock Holmes” di Sir Arthur Conan Doyle.
Non so se sono riuscita a rendere bene l'indagine perché ci sono delle
cose che sono poco credibili con le tecniche moderne, ma ho
fatto del mio meglio. Ovviamente, me ne assumo tutte le eventuali colpe.
Ringrazio tutti coloro che stanno leggendo e recensendo la mia long
fic, che tra l'altro credo sia la più lunga che abbia mai scritto.
Grazie e buona lettura.
9
Come voleva Molly,
abbiamo ripreso la nostra routine. Viviamo le nostre giornate
separatamente, incontrandoci solo al Barth's come prima, però
qualche volta l'accompagno a casa e mi fermo da lei per un po'. Non
tutta la notte, però. Lei preferisce che per il momento ognuno
abbia i propri spazi. Immagino sia giusto così, ma devo ammettere
che mi secca terribilmente non controllare la situazione.
Nel frattempo, ho fatto
il mio meglio per tenermi impegnato. Ho iniziato diversi esperimenti
scientifici. E ho composto. Ma questo non è stato sufficiente. Senza
la benefica presenza di Molly a calmarmi, ero nervoso.
Iperattivo. Annoiato.
Avevo bisogno di
lavorare. Avevo bisogno di un caso.
Quando alla fine è
arrivato, avrei preferito non fosse su richiesta di mio fratello.
Si è presentato una
mattina a Baker Street mentre terminavo di comporre una melodia. L'ho
sentito salire le scale lentamente, sapevo benissimo che era lui, il
suo modo di camminare e il suo dopobarba sono inconfondibili.
“Delizioso motivo,
fratello. Lo stai componendo per qualcuno in particolare?”
“Cosa vuoi, Mycroft?”
“Non posso
semplicemente passare a vedere come stai?”
“Ti prego.”
ho detto voltandomi verso di lui. “Non penserai davvero che io ci
creda?”
Lui ha riso e si è
seduto sulla poltrona, guardandosi intorno.
“Vedo che sei senza
un caso da molto tempo. E che la Dottoressa Hooper non passa la notte
qui da diversi giorni. Devi essere terribilmente annoiato.”
“Mi tengo impegnato
con dei progetti personali.”
“Oh, sì. I tuoi esperimenti e le
tue composizioni. Non sono abbastanza però, giusto?”
Ho sospirato e mi sono
seduto in poltrona, davanti a lui.
“Cosa vuoi, Mycroft?”
“Vorrei proporti un
caso. Il figlio di un mio amico è sospettato d'omicidio. Le prove
sembrano essere schiaccianti, ma lui sostiene la sua innocenza.”
“Perché dovrei
interessarmene? Se le prove sono schiaccianti probabilmente è
davvero colpevole, a che scopo perdere del tempo?”
“Te lo chiedo come
favore personale.”
“Perché non ci pensi
tu? Hai tutte le risorse per sbrogliare la faccenda.”
“Non voglio rischiare
di essere coinvolto. Occupo una posizione troppo... appariscente.”
“Allora ammetti che
il tuo ruolo nel governo britannico è più importante di quello che
vuoi far apparire.”
Mio fratello ha sorriso
mostrando i denti, con un espressione davvero pericolosa. Come uno
squalo.
“Sherlock, questo
caso mostra alcune particolarità interessanti. Dovresti almeno
sentire di cosa si tratta. O almeno leggere ciò che è riportato sul
giornale di stamattina. Io ci ho trovato alcune stranezze. Il resto
potrai scoprirlo parlando con il sospettato, Andrew McFarlane.”
“Non credo che lo
farò.”
“Vuoi continuare con
questa faida infantile?”
“No, in realtà non voglio allungare
la lista dei debiti che hai nei miei confronti.”
“Mi pare di
avere abbondantemente riparato al danno fatto.”
“Non credo proprio.
Ho perso tre anni della mia vita a causa tua. Sei molto
lontano dal riparare.”
“Allora consideralo un favore
personale, in cambio del servizio reso alla Dottoressa Hooper.”
“Servizio che non è
stato richiesto. Dovevi solo tenerla sotto sorveglianza, il resto è
stato di tua iniziativa.”
Mycroft è rimasto in
silenzio, osservandomi. Non sapeva o non voleva rispondere.
“Per favore,
Sherlock. Dai almeno un'occhiata al caso. Se non è di tuo interesse,
va bene. Ti chiedo solo di considerarlo.”
Mi sono rialzato e ho
riabbracciato il mio violino.
“Ci penserò, ma non
farci troppo affidamento.”
“D'accordo.” ha
concluso sbuffando e alzandosi dalla poltrona. “Nel caso tu decida
di occupartene, saresti così gentile da informarmi?”
Non ho risposto e ho
ricominciato a suonare. Mio fratello ha alzato gli occhi al cielo e
se n'è andato senza aggiungere altro.
Non appena ho sentito
chiudersi il portone, sono andato alla ricerca del giornale di oggi.
E ho trovato immediatamente il caso di cui parlava.
Efferato
omicidio! Giovane avvocato agli arresti.
Nella notte di ieri
si è consumato un terribile crimine nella periferia di Londra.
Ciò che
inizialmente sembrava essere l'incendio di una vecchia legnaia, si è
rivelato essere la scena di un brutale omicidio.
Poco dopo la
mezzanotte, la legnaia situata nella proprietà di Mr. Jones, un
costruttore in pensione, ha preso fuoco. Durante le operazioni per
spegnere l'incendio, non è stato possibile trovare il proprietario,
nonostante a quell'ora di notte sia normalmente nel suo letto a
dormire. Dopo un'attenta ricerca, sono state ritrovate delle tracce
di sangue nel suo studio, in particolare sopra il manico di legno di
un elegante ombrello.
In seguito, tra i
resti della legnaia bruciata, sono stati rinvenuti i resti di un
corpo smembrato carbonizzato che è stato possibile identificare solo
dagli abiti. Le analisi del DNA sono ancora in corso, ma si ritiene
appartenesse a Mr. Jones.
La governante, Mrs.
Harris, una volta interrogata, ha confermato che Mr. Jones aveva
ospitato quella sera un giovane avvocato, Mr. Andrew McFarlane, e che
egli si era presentato proprio con quell'ombrello. In seguito, Mrs.
Harris non aveva avuto modo di vederlo andare via perché si era
ritirata per la notte molto presto.
Non sono state
rinvenute altre impronte digitali o di scarpe nello studio, e i
documenti di Mr. Jones erano sparsi ovunque. In base a queste prove
evidenti, è stato spiccato un mandato di cattura per Mr. Andrew
McFarlane, che è stato messo agli arresti questa notte.
Il caso era piuttosto
stano in effetti. Perché mai il giovane avvocato avrebbe dovuto
uccidere il suo cliente? E perché farlo a casa sua, in quell'orario,
quando poteva benissimo essere identificato dalla governante? E
perché usare il suo ombrello e poi lasciarlo lì? E che dire della
legnaia bruciata? Era tutto decisamente illogico.
Senza attendere oltre,
ho chiamato Lestrade e ho ottenuto immediatamente il permesso di
recarmi presso la scena del crimine a dare un'occhiata.
Meno di un'ora dopo ero
lì. La polizia teneva ancora sotto controllo la zona. I nastri erano
ancora presenti. Mi sono presentato all'agente di guardia che mi ha
fissato come se vedesse un fantasma.
“Fallo passare,
Lewis.” ha ordinato una voce di donna purtroppo a me molto
familiare.
L'agente mi ha fatto
passare e poco dopo mi sono trovato di fronte al sergente Donovan.
“Sally, quanto
tempo.”
“Già. Non posso
certo dire che tu mi sia mancato.”
“Il sentimento è
reciproco. Lestrade ti ha informato?”
“Sì, puoi curiosare,
abbiamo già fatto i nostri rilievi. Non capisco perché tu sia qui
in effetti. Non c'è nulla da fare. McFarlane è colpevole.”
“Sally, non dovresti
tirare delle conclusioni affrettate, rischi di rovinare gli
ingranaggi arrugginiti del tuo cervello.” le ho detto entrando
nella villa. “Che cosa avete rilevato dalle analisi del DNA?”
“Niente di fatto.
Pare che fosse troppo compromesso per ricavare qualcosa di utile.”
“Chi ha fatto le
analisi?”
“La squadra di Anderson.”
Ovviamente.
“Sarebbe possibile
richiedere un secondo parere? Sono certo che la Dottoressa Hooper al
Barth's sarebbe in grado di fare di meglio.”
“Non so se questo
possa essere...”
“Lestrade approverà.”
Donovan ha annuito e si
è allontanata leggermente per telefonare al commissario capo.
Nel
frattempo ho osservato la stanza. Il sangue era poco, decisamente
troppo poco. Quel cadavere non aveva sanguinato molto. Forse
era ancora vivo quando è stato chiuso nella legnaia? I documenti
sparsi in giro non presentavano niente di importante. Di rilevante,
c'era la copia di un'assicurazione sulla vita con beneficiario un
certo Mr. Cornelius, ma non era specificato chi fosse.
Dopodiché, sono andato
a parlare con la governante, Mrs. Harris. Non ne ho ottenuto molto,
in verità. La donna ha confermato ciò che riportava il giornale.
Il suo sguardo era
basso e mai fisso su un punto. Continuava a stringere i pugni. Il suo
naso era arrossato in punta, dovuta al fatto che il suo corpo reagiva
a quello che stava dicendo. Mentiva.
Ho fatto finta di nulla
e l'ho lasciata andare. Poi sono tornato dal sergente Donovan.
“Ho bisogno di
parlare con il sospettato.”
“Non credo che
sia...”
“Cosa ti ha detto Lestrade?”
“Ha detto che hai
carta bianca.”
“Perfetto. Portami da
McFarlane.”
Quando siamo arrivati a
Scotland Yard per prima cosa ho visto una donna in lacrime,
identificandola immediatamente come Mrs. McFarlane, la madre del
sospettato.
“Ho già parlato con
i poliziotti. Mio figlio è innocente!” ha detto quando le ho
domandato se potevo farle qualche domanda.
“Io non sono un
poliziotto. Suo marito ha chiesto la mia consulenza tramite mio
fratello. Sono Sherlock Holmes.”
La donna ha sussultato
leggermente e poi i suoi occhi si sono spalancati. Speranza.
“Ma certo! Mi
perdoni, non l'avevo riconosciuta.”
“Cosa può dirmi su Mr.
Jones? Lo conosceva?”
La donna si è rabbuiata immediatamente.
“Lo conoscevo anni
fa. Eravamo fidanzati, ma poi quando ho capito che razza di uomo
fosse, l'ho lasciato. Godeva nel torturare gli animali. Gatti, cani,
conigli... Che razza di essere fa del male a delle creature indifese?
Dopo averlo lasciato ho conosciuto mio marito. Il giorno del mio
matrimonio, quel demonio di Jones mi ha inviato una mia foto in cui
la faccia era stata sfregiata con un coltello. Mio figlio sapeva
questa storia e non aveva mai avuto niente a che fare con lui. Non so
in realtà perché avrebbe dovuto recarsi nella sua casa. Non si
conoscevano nemmeno.”
“Capisco. Ha
domandato questo a suo figlio?”
“Non ne ho avuto l'occasione.”
Quando mezz'ora dopo,
mi sono trovato fronte ad Andrew McFarlane, ho capito che non poteva
essere stato lui a uccidere quell'uomo.
La sua altezza, la
sua conformazione fisica, la sua palese insufficienza toracica,
indicavano che non era in grado di dare un colpo mortale con un
bastone o, come in questo caso, con un ombrello.
Ho parlato comunque con
lui, avevo bisogno della sua versione dei fatti.
“Mr. Jones è venuto
l'altro ieri nel mio studio, portando con se una brutta copia di un
testamento. Voleva che venisse trascritto in forma legale. Mentre lo
facevo mi sono reso conto che il beneficiario di tutto ero io. Non
capivo il perché, era la prima volta che vedevo quell'uomo. Sapevo
che aveva conosciuto i miei genitori in passato, ma sapevo anche che
non erano in buoni rapporti, quindi perché mai avrebbe dovuto fare
una cosa simile? Lui si è giustificato dicendo che voleva farsi
perdonare per i modi che aveva avuto in passato e mi chiese di non
rivelare a nessuno del testamento sino a che non fosse stato lui a
darmi l'autorizzazione. Non vedevo perché negare questa richiesta.
Mi ha invitato a casa sua per cena, in modo da mostrarmi alcuni
documenti. Mi sono recato da lui, effettivamente con
quell'ombrello, un regalo per la mia laurea. Dopo alcune ore di
lavoro, quando me ne stavo andando, però, non riuscivo più a
trovarlo. Mr. Jones mi disse che lo avrebbe fatto cercare l'indomani
e che me lo avrebbe fatto avere al più presto. E così me ne andai.
L'indomani mattina, leggendo i giornali, ho scoperto cosa era
avvenuto. Non ho idea del perché, ma qualcuno sta cercando di
incastrarmi.”
Era la stessa
conclusione a cui ero giunto io quella mattina. Ora avevo bisogno di
prove scientifiche.
Avevo bisogno di
Molly.
Mi sono recato al
Barth's, portando con me le sue patatine preferite e una tazza di
caffè fumante. L'avevo avvisata con un sms che probabilmente sarei
passato in laboratorio, ma quando mi ha visto è rimasta comunque
sorpresa.
“Non ti aspettavo
così presto.”
“Lo so. Ho bisogno del tuo aiuto per un caso.
Sei occupata?”
“Devo solo finire le scartoffie. Di cosa si
tratta?”
“Sembrerebbe un omicidio. Ci sono dei resti
carbonizzati da cui Scotland Yard non è riuscita a estrarre del DNA,
ma sono certo che tu potresti.”
Lei ha sorriso in quel
suo modo particolare, arricciando il naso e mordendosi il labbro
superiore. Fa sempre così quando le faccio dei complimenti.
“Posso provare.” ha
accettato alzando le spalle.
Un'ora dopo eravamo
entrambi occupati a osservare delle cellule al microscopio. Ancora
nessun risultato valido. Doveva pur essere rimasta una traccia, se
pur minima, da cui rilevare del DNA!
Mentre passavo a un
altro vetrino, ho gettato un'occhiata a Molly.
Era concentrata.
Seria. Affascinante.
“Hai impegni dopo?”
le ho chiesto guardando nel mio microscopio.
“No, e tu?”
“Finito
con questo dovrei occuparmi di far arrestare un criminale, ma credo
di poterlo fare anche domani mattina.”
Lei ha riso, sempre
continuando a studiare il suo campione.
“Magari questa sera
potremmo fare qualcosa di diverso.”
“Qualcosa di diverso?
Intendi che non vuoi che mi infili nel tuo letto?”
“Intendo che, forse,
potremmo avere un vero appuntamento. Sai, in un ristorante.
Che ne pensi?”
Ho alzato lo sguardo e
l'ho osservata. Lei continuava a non distrarsi.
“Sì, forse. Potremmo
andare da Angelo. È un piccolo ristorante italiano, molto riservato.
Io di solito ci vado quando sto indagando, ma la clientela è
principalmente composta da coppie in atteggiamenti romantici, quindi
dovrebbe andare bene.”
“Sì, può andare.”
ha accettato lei voltandosi finalmente a guardarmi. “E magari dopo
potrei essere io a infilarmi nel tuo letto. Cosa ne pensi?”
“Mi
sembra un'ottima idea.”
“Bene.”
Entrambi siamo tornati
ai nostri campioni di cellule carbonizzate e in meno di un'ora
avevamo il nostro risultato, che confermava le mie teorie e
scagionava Andrew McFarlane.
Ho scritto
immediatamente un sms a Lestrade.
Ho le prove
dell'innocenza di McFarlane. Manda uno dei tuoi agenti a ritirarle al
Barth's. Domani mattina dovrò rivedere la scena del crimine. SH
E poi un secondo a mio
fratello.
McFarlane è
innocente. Domani il caso sarà risolto e lui rilasciato. SH
Come da copione,
nemmeno un grazie. Fratello ingrato.
Dopo aver consegnato le
prove nelle mani di un agente, io e Molly siamo andati fuori a cena
insieme per la prima volta.
E mi è piaciuto.
La mattina dopo mi sono
svegliato con lei accovacciata addosso. Come un koala che si
aggrappa a un albero. I suoi capelli morbidi e profumati erano
sparpagliati coprendo il suo viso. Le sue labbra erano appena
appoggiate sul mio collo, in maniera apparentemente casuale.
Ho guardato l’orologio.
Era presto. Non volevo svegliarla. Apprezzavo troppo la sua
vicinanza. Ed erano giorni che desideravo svegliarmi di nuovo accanto
a lei. Finalmente me lo aveva concesso, quindi dovevo assolutamente
gustarmi appieno quella sensazione. In realtà, avrei voluto restare
tutto il giorno in quel letto con lei, ma non mi era possibile.
Dovevo concludere il mio caso. E per la prima volta non avevo nessuna
voglia di farlo. Decisamente questo non era da me.
Mi sono messo su un
fianco e l’ho stretta a me, e questo l’ha svegliata.
“Buongiorno.”
“Buongiorno.
Voglio che tu venga con me sulla scena del crimine.”
Lei ha riso, come fa
sempre quando le faccio proposte inaspettate.
“Sherlock, preferirei
di no. Io sono a mio agio nel mio laboratorio, ma in una scena del
crimine sarei davvero fuori posto.”
“Saresti con me. E
poi sei più intelligente di tutti quegli agenti messi insieme, non
hai nulla di cui imbarazzarti.”
“Preferisco di no,
davvero. Ma grazie per avermelo chiesto.” ha detto avvicinandosi a
me e baciandomi sul naso in una maniera che penso qualcuno potrebbe
definire tenera.
“Non mi va di andarci
e speravo che con te lo avrei fatto più volentieri.”
“Mi
spiace, ma devi andarci da solo. Però, se può farti sentire meglio,
io resterò qui ad aspettarti con ansia.” ha aggiunto con tono
malizioso.
“E cosa farai mentre
mi aspetti?”
“Curioserò in giro.”
“Come?” ho
domandato perplesso.
“Sì, potrebbe essere la mia unica
occasione di scoprire i tuoi segreti.”
“Non ho segreti,
non per te. Ma se c’è qualcosa che vuoi sapere, basta
chiedere.”
“Ok, allora passerò il tempo a pensare a delle
domande da farti. Va bene?”
Ho annuito e mi sono
chinato a baciarla, stringendola più forte a me. Un secondo dopo ero
rotolato sopra di lei.
“Pensavo dovessi
andare sulla scena del crimine.”
“C’è ancora tempo. E poi
mi diverte far arrabbiare Donovan.” ho replicato ridendo e
concentrandomi su attività più interessanti.
“Ti aspetto da due
ore!” ha esordito Donovan con tono stizzito mentre scendevo dal
taxi.
“Se ben ricordo, io e
Lestrade non abbiamo parlato di orari.”
“Lestrade pensava che
saresti venuto di primo mattino, per concludere al più presto questo
caso.”
“Ho avuto bisogno di riflettere. So che tu non sei
abituata a farlo, ma alcuni di noi usano la materia grigia
all’interno del nostro cranio.”
Lei ha sbuffato e poi
si è incamminata all’interno della casa.
“Hai ricevuto i
risultati delle analisi?”
“Sì, ma non cambia nulla. Forse
quello non era il cadavere di Jones, ma non significa che McFarlane
sia innocente. Il cadavere potrebbe essere altrove.”
“Non c’erano tracce
che potevano suggerire il trasporto del corpo altrove.”
Ho dato nuovamente
un’occhiata alla stanza in cui sembrava essersi compiuto il
delitto, nulla era cambiato.
Ho controllato il
corridoio al piano terra. Era lungo circa venti metri. Dopo ciò,
sono salito al primo piano e lì, invece, il corridoio era più
corto, di almeno cinque o sei metri. Sono entrato nella stanza in
fondo, quella che, teoricamente doveva confinare con il lato
est della casa ma, affacciandomi alla finestra a nord, capì subito
che non era possibile. E questo confermava le mie teorie.
Sono uscito dalla
stanza e ho chiamato Donovan.
“Ho bisogno di un
accendino.”
“Io non fumo.”
“Il
poliziotto che ieri non voleva farmi passare, sì. Fallo venire qui
assieme a un altro agente. Subito.”
Cinque minuti dopo i
due agenti e Donovan mi hanno raggiunto nell’ultima stanza in
fondo. L’agente Lewis mi ha fornito il suo accendino con il quale
ho acceso un piccolo fuoco nel cesto della carta straccia.
Mentre le fiamme
aumentavano e cominciava a sollevarsi del fumo, io e gli agenti ci
siamo messi spalle al muro nell’angolo nord della casa. L’allarme
antincendio ha iniziato a suonare poco dopo e, sotto gli occhi
stupiti di Donovan e dei due poliziotti, la parete accanto a noi si è
aperta, mostrando un passaggio e una camera segreta. Ne è uscito un
uomo piccolo e rugoso, che si guardava intorno con occhi spaventati.
Mi sono piazzato
davanti a lui, spaventandolo.
“Salve, Mr. Jones. Ha
un bell’aspetto per essere morto.”
L’uomo ha tentato di
rinchiudersi nuovamente dentro la sua camera segreta ma l’ho
bloccato impedendoglielo. L’ho afferrato e portato di fronte a una
Donovan stupefatta.
“Arrestalo.”
“No! Il mio era solo
uno scherzo!” ha cercato di difendersi l’uomo.
“Con quale
accusa?” ha domandato Donovan ignorandolo.
“Questo dovresti
valutarlo tu, sono certo che fingersi morto per far accusare qualcuno
di omicidio possa essere considerato un reato. Senza contare la frode
assicurativa.”
“Frode
assicurativa?”
“Certo. Aveva una polizza sulla vita con
beneficiario Mr. Cornelius, che altri non è che il nostro Mr.
Jones.”
L’uomo è sbiancato
quando ha capito che il suo gioco era finito e mi ha lanciato uno
sguardo minaccioso.
“Non mi guardi così,
Mr. Jones. Non poteva pensare di farla franca. Non era credibile che
fosse morto lasciando così poco sangue in giro. Per non parlare
delle carcasse nella legnaia che abbiamo identificato come carcasse
animali. Il fuoco non ha distrutto tutto il DNA. La chiave del
mistero è stata Mrs. McFarlane, sua ex fidanzata di cui voleva
vendicarsi, che mi ha rivelato la sua antica mania di torturare
animali indifesi.”
Donovan ha ammanettato
l’uomo comunicandogli i suoi diritti e poi lo ha dato in custodia a
uno degli agenti.
“Non posso crederci…
Abbiamo arrestato un innocente, e non avevamo nemmeno un cadavere!”
“Ovviamente.
Dimmi, Donovan, quanti casi irrisolti avete avuto negli ultimi tre
anni?”
“Non li ho contati.”
“Io sì. Sono cinquecento
ottantasette. Un bel numero vero? Senza contare l’arresto di
innocenti come McFarlane.”
“Dove vuoi arrivare?”
“Vuoi fare carriera,
vero Donovan? E non perché ti sei inginocchiata davanti ai tuoi
capi…”
“Certo che voglio
fare carriera. Qual è il punto?” ha insistito lei ignorando la mia
allusione.
“Il punto,
Sally, è che dovresti imparare a considerare le mie parole oro
colato. Ti è chiaro?”
Lei ha deglutito. Si è
sforzata di contenere la rabbia che le stavo provocando e infine ha
annuito.
“Bene. Questo sarà
il primo successo della tua fulgida carriera. Io me ne vado. Ho altro
da fare.”
E così dicendo ho
raggiunto il taxi che mi aspettava di fronte alla casa.
“Aspetta! Non intendi
prenderti il merito?”
“No, lo lascio a te.”
Ho detto sedendomi nel taxi.
Lei mi ha raggiunto e
si è chinata per parlarmi attraverso il finestrino.
“Senti, per quello
che è successo tre anni fa… Mi dispiace. Non potevo immaginare
che…”
“Avrei preferito che
ci pensassi prima, ma chiaramente pretendo troppo. Comunque, non ti
preoccupare. Ormai è tutto risolto.”
“OK. E grazie ancora
per oggi.”
Ho alzato le spalle e
ho chiesto all’autista di dirigersi a Baker Street mentre il
sergente Donovan restava a guardare il taxi in partenza.
Quando sono arrivato a
casa mi sono trovato davanti Mrs. Hudson con un’aria sorpresa.
“Oh, buongiorno caro.
Non mi ero accorta che fossi uscito.”
“Come mai è così
stupita?” ho chiesto sospettandone il motivo.
“Ho sentito dei
rumori di sopra. Passi, acqua che scorreva…”
“Oh... Sono
uscito poco fa, quindi sicuramente ero io.” ho mentito iniziando a
salire le scale.
“Ma non ti ho visto
scendere le scale!”
“Mrs. Hudson, la
porta non è l’unico modo per uscire da questa casa.” ho risposto
vagamente, lasciandola sola e confusa a farsi delle domande.
Non che la cosa mi
preoccupi. Il mio comportamento scatena spesso delle domande.
Quando sono arrivato di
sopra mi sono guardato in giro. Molly non era in sala, né in cucina,
né in bagno. Sono andato diretto in camera da letto e l’ho trovata
di fronte allo specchio, con indosso solo un asciugamano avvolto
intorno al corpo, mentre era concentrata a fare una treccia con i
suoi lunghi capelli castani.
Mi sono appoggiato allo
stipite della porta con fare casuale, e sono rimasto a osservarla.
Dopo qualche secondo ha alzato lo sguardo, mi ha visto attraverso lo
specchio e mi ha sorriso.
“Sei tornato,
finalmente.” ha esordito finendo in quel momento di legare i
capelli.
“Sono stato via solo un’ora.” ho replicato con fare
casuale avvicinandomi a lei e posizionandomi alle sue spalle.
In realtà, a me è
sembrata un'eternità.
“A me è sembrato
molto di più.” ha replicato lei dimostrando di aver percepito
quell'arco di tempo nello stesso modo.
Oh, Molly.
Le ho avvolto le
braccia intorno al corpo, poggiando il viso sull’incavo della sua
spalla. I nostri visi erano uno accanto all’altro e vederli insieme
riflessi nello specchio era davvero strano.
Piacevole.
“Se fossi venuta con
me non ti saresti annoiata.”
“Come ti ho detto, la
scena di un crimine non è il posto adatto a me.”
“Ma potresti
farmi da assistente.”
“Io sono una
patologa, il mio posto è in laboratorio. E posso assisterti al
meglio solo facendo quello che so fare bene.”
“Lo so, è solo che…”
“Ti manca John,
vero?” mi ha interrotto sorridendo.
Mi sono raddrizzato
infastidito. Era così evidente? O era solo perché si trattava di
Molly?
“John tornerà tra un
paio di giorni dal viaggio di nozze. Perché dovrebbe mancarmi?”
ho replicato sulla difensiva.
“Perché era il tuo compagno di
avventure, oltre che il tuo migliore amico.”
“Non ho bisogno di
lui. Posso lavorare benissimo anche da solo e credo di averlo
pienamente dimostrato. È solo che con John era tutto più…
gratificante.”
“Gratificante?”
ha chiesto lei voltandosi verso di me, ma restando avvolta nelle mie
braccia.
“Sì, gratificante.
Prima di John, ogni volta che esponevo le mie deduzioni, ricevevo in
cambio irritazione e insulti o, nel migliore dei casi, indifferenza.
Tutti si sentivano offesi da ciò che riuscivo a capire da pochi
banali dettagli. John, invece, era così affascinato dai miei metodi
da non riuscire a trattenersi dal complimentarsi a voce alta. Nessuno
mi ha mai fatto sentire così… speciale.”
Lei si è alzata sulle
punte, ha posizionato le sue mani intorno al mio viso e mi ha baciato
delicatamente sulle labbra.
“Mi dispiace.”
“A
me non è dispiaciuto.”
“Non mi riferivo al
bacio.” ha replicato ridendo. “Mi riferivo al fatto che in tutti
questi anni non ti ho mai detto quanto le tue deduzioni fossero
geniali. Non ti ho mai detto quanto le trovassi affascinanti. Certo,
spesso e volentieri mi facevi arrabbiare, ma solo perché sembravi
non voler dedurre la cosa più ovvia, quello che provavo per te. Ma
avrei dovuto dirti quanto ti trovavo speciale.”
L’ho baciata. Ora ero
io a essere dispiaciuto.
“Non è stata colpa
tua. Facevo di tutto per allontanarti da me. Non sapevo come gestire
quello che sentivo quando eri presente. E pensavo che essendo
brutalmente sincero tu forse avresti smesso di essere così
gentile e carina con me… Ma mi sbagliavo. Tu mi hai sempre
perdonato.”
“Non potevo farne a
meno.”
“Una volta mi ha
detto “dici sempre cose orribili” ed è stato allora, per la
prima volta, che mi sono reso conto di quanto potessi ferirti.”
“Oh, certo… Quella
volta. È stato quel natale. Poi dopo ti sei scusato e mi
hai baciato sulla guancia. Proprio qui.” ha concluso
indicandosi la guancia destra con il dito indice. “Per giorni ho
ripensato a quel bacio. Era la prima volta che tu mi toccavi, la
prima volta che ti avvicinavi a me, la prima volta che sei stato
gentile. E dopo di allora è cambiato tutto. Hai continuato a dire
quello che pensavi, ma hai smesso di essere crudele.”
“Molly, non ho
l’abitudine di dire “mi dispiace” o “perdonami” molto
spesso. Neppure con John. Forse perché lui non si arrabbia mai
veramente con me, salvo casi eccezionali. Invece, con te mi sono
scusato molte volte. E non ti ho mentito quando ti ho detto che hai
sempre contato. Tu sei sempre stata importante per me, anche
quando non me ne rendevo conto.”
Lei mi ha abbracciato e
baciato con trasporto, l’ho stretta a me e l’ho trascinata sul
letto, posizionandomi sopra di lei.
Dopo un minuto mi sono
fermato , colto da un pensiero.
“Quando mi hai detto
che John non ha mai avuto delle relazioni prima che me ne andassi, lo
pensavi davvero? Credi sia stata davvero colpa mia?”
“Sì,
ma credo che conoscere te sia stata la cosa migliore che potesse
capitargli. Oltre al fatto che sei stato un amico fantastico, la tua
interferenza gli ha consentito di conoscere Mary, il vero
amore della sua vita.”
Mi ha sorriso e mi sono
chinato a baciarla ancora.
“Mrs. Hudson ha
sentito dei rumori. Meno male che non può più fare le scale o ti
avrebbe trovato qui.”
“Sarebbe stato davvero imbarazzante
visto che stavo andando in giro nuda.”
“Nuda? Mentre io non
ero presente?”
Lei ha riso e mi ha
baciato mettendo le mani fra i miei capelli.
Adoro quando lo fa.
“Posso sempre
sacrificarmi e girare nuda per casa ancora per un po’, ma solo se
sei pronto a farlo anche tu.”
“Per
questo sono sempre pronto.”
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Capitolo 11 *** Epilogo ***
Eccoci all'ultimo capitolo, forse il più sentimentale di tutti.
Sherlock deve ammettere con se stesso, e anche con tutti gli altri,
quanto sia cambiato negli ultimi tre anni. E questo comporterà delle
confessioni e una certa vulnerabilità da parte di Sherlock, soprattutto quando si confronterà con John.
Grazie a tutti quelli che sono arrivati sino a qui.
E, se non vi ho annoiato abbastanza, sappiate che sto lavorando ancora
su questa ff, ma questa volta dal punto di vista di Molly.
Buona lettura!
Epilogo
Ieri John è tornato
dal suo viaggio di nozze.
Avevo detto a Molly che
non sentivo la sua mancanza solo perché era in viaggio di nozze, ma
non era vero. Mi dispiace aver mentito a Molly, ma ci sono cose
che non mi piace ammettere, neanche con lei. E poi, comunque, lei lo
sa. Posso negare quanto voglio, ma lei riesce sempre a leggermi
dentro.
Ero così felice di
rivedere John che ho organizzato una specie di cena di bentornato
per la coppia. In realtà, Mary mi interessava molto poco, ma non
potevo proprio far finta che lei non esistesse.
Ormai era sua
moglie, dovevo accettarlo, anche se non mi piaceva.
In breve, ieri sera ho
invitato John e Mary, naturalmente Molly e Mrs. Hudson e anche
Lestrade, per una cena nel mio appartamento.
Molly si è offerta di
cucinare, con l'aiuto di Mrs. Hudson, io in quanto incapace di
preparare qualsiasi cosa di diverso dal tè, ho semplicemente
partecipato economicamente alla cena, pagando gli ingredienti
necessari. E, nel pomeriggio, mi sono impegnato a riassettare la sala
su consiglio di Mrs. Hudson.
Non permetto a nessuno
di toccare le mie cose, quindi sono costretto a metterle in ordine
per conto mio.
L'altra faccia della
medaglia.
Dopo aver letteralmente
portato in braccio Mrs. Hudson dal piano terra, lei ha cominciato
a riordinare la cucina e a lamentarsi del disordine. Molly ci avrebbe
raggiunto di lì a poco una volta finito il suo turno in ospedale,
quindi eravamo soli.
“Mio caro ragazzo,
non puoi tenere la cucina in questo stato. Perché non mi permetti di
mandarti Miss Barry? Potrebbe venire una volta alla settimana e darti
una mano.”
“Non desidero estranei per casa.”
“Lo so, ma sarebbe
solo per qualche ora...”
“No, Mrs. Hudson.”
“Va bene,
va bene. Sai che me ne occuperei io se potessi, ma purtroppo fare le
scale per me è off limits. A proposito, sei stato un tesoro a
portarmi in braccio.”
“Si figuri, Mrs. Hudson, lei è leggera
come un fuscello.”
Lei ha riso ed è
tornata a occuparsi della cucina. Era di buon umore e non sapevo se
avremo avuto altri momenti per parlare prima della cena.
“Mrs. Hudson, forse
in futuro la cucina sarà più in ordine.”
“E come, caro?
Pensi di occupartene personalmente?”
“No, ecco, intendevo che
forse potrebbe occuparsene Molly.”
“Oh.” ha detto lei
bloccandosi per un secondo lievemente sorpresa. “E perché dovrebbe
farlo?”
“Le ho proposto di prendere la camera di John. Per lei
sarebbe un risparmio e sarebbe più vicina al Barth's. Inoltre, il
suo attuale appartamento non può certo definirsi sicuro, né vale
l'affitto che paga.”
“Ma certo, sarebbe una bella idea.”
“Per
il momento ci sta pensando, ma potrebbe capitare da un momento
all'altro.”
“Certo, certo.” ha
commentato lei sorridendo in maniera maliziosa.
Ovviamente non avevo
parlato con abbastanza nonchalance, perché Mrs. Hudson aveva capito.
“Mrs. Hudson, so cosa
sta pensando.”
“Io? Io non penso a
niente. Mi fa piacere se quella cara ragazza viene a vivere qui, sai
che l'adoro. E sono contenta che abbiate appianato i vostri dissapori
e che ora siate così vicini.”
“Beh, ecco noi...
Siamo buoni amici.”
“Certo, caro. È
quello che intendevo.”
Mi sono ritrovato a
guardare Mrs. Hudson perplesso. Lei sapeva. E non mi riferivo
solo agli ultimi avvenimenti. Lei sapeva tutto. Sapeva che,
anche quando non me ne rendevo conto, anche quando ero crudele e
freddo con Molly, in realtà c'era dell'altro. Me l'aveva anche detto
appena tornato a Londra. Mi aveva detto che ero come un bambino alla
prima cotta. Non aveva tutti i torti. E forse era arrivato il
momento di dire le cose come stavano.
“Mrs. Hudson, in
realtà, io e Molly siamo più che amici. Da qualche settimana la
nostra relazione si è... evoluta. Ho chiesto a Molly di
vivere con me, ma non come semplice coinquilina.”
Lei si è avvicinata a
me e mi ha abbracciato, stringendomi così forte da togliermi il
fiato. Quando si è staccata aveva gli occhi lucidi.
“Mio caro Sherlock,
sono così felice per te. Per entrambi. Siete una coppia deliziosa.”
“Ma... Come...” ho
balbettato come una persona con dei deficit nel linguaggio.
“Non pensavi di
potermi nascondere certe cose, vero? Avrò anche una certa età, ma
sono stata giovane anche io, e grazie al cielo non sono ancora né
cieca né sorda!” ha concluso ammiccando e confermando il mio
sospetto che ci avesse visto o sentito insieme.
Avrei voluto ribattere
qualcosa ma, prima che potessi farlo, mi ha dato un buffetto su una
guancia ed è tornata a pulire la cucina canticchiando felice, come
se niente fosse accaduto.
Io ho ricominciato a
riordinare tutti i miei documenti e quando, mezz'ora dopo, è
arrivata Molly, era tutto in perfetto ordine.
Si è avvicinata per
salutarmi e darmi un rapido e discreto bacio sulla guancia, ma io ho
intercettato le sue labbra e l'ho stretta a me in un bacio molto più
intenso.
“Ma...” ha
obbiettato lei indicando Mrs. Hudson.
“Lo sa già, e ci da
la sua benedizione.”
“Oh, bene. Avevamo bisogno della sua
benedizione?”
“No, ma pensavo ti facesse piacere sapere che
lei è felice per noi.”
“Certo. Quindi ora lo
dirai anche a John?”
“Sì, appena mi sarà possibile.”
“Bene,
perché penso che sia della sua benedizione che mi devo
preoccupare, giusto?”
“Non devi. John ti adora.”
Lei ha sorriso e ha
raggiunto Mrs. Hudson in cucina e hanno iniziato a preparare la cena.
Non potendo essere di
ulteriore aiuto in cucina, ho iniziato a suonare il violino, sia per
fornire un sottofondo musicale alle mie due donne preferite,
sia per riflettere.
Dovevo parlare con
John, possibilmente in privato. Dovevo dirgli di Molly, ma non solo.
Dovevo scusarmi per come mi ero comportato con lui in passato
assorbendo tutta la sua attenzione, e anche nel presente sentivo di
aver tralasciato qualcosa. Non ho mai veramente accettato Mary, non
l'ho mai considerata veramente importante. E questo non è il
comportamento di un amico. Non il comportamento che John si aspettava
dal suo migliore amico.
Mentre stavo
concludendo una melodia, John e Mary sono entrati nell'appartamento.
“Wow, non credo di
aver mai visto questo posto così in ordine. A cosa dobbiamo tale
onore?” ha esordito John con tono sarcastico.
“Ovviamente al vostro
ritorno.” ha detto Mrs. Hudson lanciandosi verso di loro per
abbracciarli.
Così ha fatto anche
Molly, mentre io sono rimasto per un attimo in disparte. Solo quando
la girandola di baci e abbracci e terminata, mi sono avvicinato a
John.
“Bentornato.” ho
detto semplicemente tendendogli una mano che lui ha stretto.
Poi ha sorriso e mi ha
dato una pacca sulla spalla. In quel momento si è avvicinata anche
la sua neo moglie.
“Grazie per questo
invito, Sherlock. Ti abbiamo portato un souvenir dalla Grecia.”
“Grazie, Mary. E
bentornata anche a te.” ho replicato avvicinandomi a lei e dandole
un affettuoso, se pur breve, bacio sulla guancia.
Sia lei che John erano
stupiti e mi hanno guardato con gli occhi spalancati.
“Sherlock, cosa...”
ha iniziato a dire il mio migliore amico, ma l'ho interrotto subito.
“John, hai lasciato
delle cose nella tua vecchia camera. Vieni, te le mostro.” ho detto
dirigendomi al piano di sopra.
Lui mi ha seguito,
fortunatamente da solo. Non potevo fingere affetto per Mary troppo a
lungo.
“Qui c'è il borsone
che hai lasciato la sera prima del tuo matrimonio, e qui ci sono
alcuni libri e oggetti che non hai mai portato via.” ho spiegato
indicando gli oggetti con un gesto della mano.
“Sì, beh, non ho
mai avuto fretta di tornare qui, lo sai.”
“Lo so. Ora, però, è
necessario che tu liberi la stanza. Potrebbe essere occupata a
breve.”
“Occupata?”
ha chiesto aggrottando le sopracciglia, confuso e potrei giurare che
fosse persino irritato.
“Sì. Ho proposto a
Molly di venire a vivere qui. Non ha ancora accettato, ma credo che
presto lo farà. La sua attuale casa le costa troppo, non è sicura
ed è distante dal Barth's. Inoltre, per me sarebbe un grande aiuto
averla sempre qui, a mia disposizione.”
Lui ha ha annuito e poi
è scoppiato a ridere.
Non era una risatina
ma una risata incontrollabile.
Scomposta.
Rideva talmente
tanto che ha dovuto sedersi.
“Non capisco tutta
questa ilarità.” ho detto confuso osservandolo.
“Tu... Che
convivi con Molly. Direi che c'è molto, molto, da ridere.”
“Perché?”
“Perché lei è
innamorata di te. E, nonostante quello che cerchi di far credere al
mondo, tu provi qualcosa per lei. E ora che lei non è più
fidanzata, forse pensando di avere l'occasione di farti avanti, la
inviti a vivere con te.”
“Io non ho bisogno di
simili sotterfugi.”
“Ah no? Allora sei
perfettamente in grado di andare al piano di sotto da quella donna
che ti venera e dirle che sei innamorato di lei?” ha
domandato alzandosi in piedi e facendo un passo verso di me.
Mi sono avvicinato a
lui per poterlo guardare negli occhi e ho sorriso divertito.
“Sono perfettamente
in grado. Non ho bisogno di sotterfugi perché la relazione tra me e
Molly in questo momento è perfettamente equilibrata e sincera.”
“Equilibrata e
sincera? Cosa significa?”
“Significa che non
nascondo nulla a Molly. Né sul mio lavoro, né su di me.”
“Intendi dire che voi
due...”
“Abbiamo una relazione sentimentale, o una storia
come si usa dire banalmente oggi. Tra l'altro trovo che sia un modo
davvero orribile di definire una relazione. Da l'impressione di
qualcosa di finito, concluso, passato. Non credi?”
John si è seduto
nuovamente. Era sorpreso. Teneva la bocca spalancata, le dita a
coprire le labbra come a voler impedire a un suono di uscirne. Gli
occhi assenti, persi nel vuoto.
“John, ti senti
bene?”
“Sì, sì, certo...” ha replicato ridestandosi. “È
solo che... Non credevo che avrei mai assistito al giorno in cui
Sherlock Holmes avrebbe detto di avere una relazione
sentimentale.”
“Sì, beh, lo sai.”
“Sì, lo so. Mi
avevi detto che le ragazze non erano esattamente il tuo settore. E
che ti consideravi sposato con il tuo lavoro. Hai persino rifiutato
Irene Adler che ti mangiava con gli occhi e che, lasciamelo dire,
era una donna bellissima anche se alquanto calcolatrice. E a te
piaceva. Ti piaceva davvero. Eppure non l'hai voluta. E ora
eccoti qui, a dirmi che hai una relazione con la piccola dolce Molly.
Devi ammettere che è davvero difficile da credere. Soprattutto per
me, perché ti conosco, e so quanto tu sia arrogante e orgoglioso.”
“Negli ultimi tre
anni sono successe molte cose. E io sono cambiato. Forse non in
maniera così evidente, ma sono cambiato.”
“In meglio,
mi pare.”
“Lo spero.”
John si è rialzato e
si è avvicinato. Non sono riuscito a evitare che mi abbracciasse. Le
sue esternazioni d'affetto sono davvero una seccatura, ma non mi sono
scansato, ho lasciato che fosse lui a staccarsi quando lo ha ritenuto
opportuno. E per fortuna lo ha fatto dopo pochi secondi.
“Sono molto felice
per te, amico mio. Molly è una donna adorabile e tu sei davvero
fortunato. Non farla impazzire troppo, ok?”
“Io non... Perché
pensi che la farei impazzire?” ho chiesto non capendo a cosa si
riferisse.
“Oh, beh, è solo una mia impressione.” ha risposto
con una risatina.
“Ovviamente farò del
mio meglio.” ho detto camminando avanti e indietro per la piccola
stanza. “C'è ancora qualcosa che dovrei dirti.”
“Oh, buon
Dio, non avrete già deciso di sposarvi? O magari lei è già
incinta?”
“No!” ho
smentito disgustato. “Non ritengo che il matrimonio sia
l'evoluzione naturale di ogni relazione, anche se per te è così. E
in merito a una gravidanza, ti assicuro che il ciclo mestruale di
Molly è perfettamente regolare e che utilizziamo le dovute
precauzioni.”
“Oh, Gesù... Sai, non è necessario che
tu mi fornisca tutti questi particolari.”
“Allora perché hai
chiesto?”
“Erano domande retoriche. Comunque, cosa vuoi
dirmi ancora?”
Ho preso fiato e mi
sono seduto. Potevo farcela. Scusarmi non è una cosa che mi
riesce bene né è una cosa che amo fare, ma in alcuni casi è
davvero necessario.
“Quando noi vivevamo
insieme, tu non hai mai avuto una relazione che sia durata più di
qualche settimana. Molly ritiene sia colpa mia. Perché assorbivo
tutta la tua energia e attenzione, impedendoti di farti una tua vita.
Ovviamente, da parte mia non era intenzionale, quindi me ne
scuso. E mi scuso anche se non ho dato la giusta importanza a Mary
quando me l'hai presentata. Non mi sono comportato da buon amico.
Perdonami.”
Anche John si è seduto
e mi ha guardato pensieroso. Sembrava sinceramente interessato a
quello che stavo dicendo, come quando gli rivelavo la conclusione di
un caso.
“Qualcos'altro?”
“Sì,
mi scuso anche di averti lasciato credere che fossi morto per tre
anni. So di averlo già fatto, ma so anche che tu non vuoi e non
puoi dimenticare ciò che ho fatto. Spero che un giorno ci
riuscirai.”
“Sherlock, ti ho
già perdonato. Sono stati tre anni difficili, ma sapere che tu
sei vivo e, soprattutto, sapere che quello che hai fatto era un atto
altruistico, mi ripaga del dolore che ho provato. Davvero, amico. Va
tutto bene.”
“Allora perché non vuoi tornare a lavorare con
me?” ho domandato con forse un'eccessiva nota di tristezza,
“Perché
ora ho delle responsabilità. Ho preso degli impegni. E, comunque, ti
ho detto che lavorerò ancora con te, solo non tutte le volte.”
Ho annuito
sufficientemente soddisfatto e mi sono alzato per uscire dalla
stanza.
“Bene, torniamo di
sotto. Sono contento di aver chiarito ogni dettaglio.”
“Anche
io. E sono davvero felice per te. Io e Mrs. Hudson facevamo il tifo
per te e Molly da sempre.”
“Davvero?” mi sono incuriosito.
“Sì, era così ovvio
che tu provassi qualcosa per lei, solo che non sapevamo se te ne
saresti reso conto e, soprattutto, se saresti riuscito a
dimostrarlo.”
“Quindi anche tu
ritieni che i miei atteggiamenti nei suoi confronti fossero
rivelatori?”
“Ma certo. Ci mancava solo che le tirassi le
trecce.”
“Molly non porta le trecce. A volte si fa una
treccia. Singolare.”
“Era un modo di dire.
Intendo dire che sembravi un bambino alla prima cotta che cercava di
attirare la sua attenzione facendole i dispetti.”
“Ancora
questo paragone! Io non sono uno stupido bambino e so benissimo
come comportarmi con le donne!”
John ha alzato un sopracciglio
con un sorriso malizioso come a voler dire che non ne era affatto
convinto.
“Al diavolo.
Torniamo di sotto o ci daranno per dispersi.” ho concluso
avviandomi per le scale.
Nel frattempo, con una
bottiglia sotto il braccio, era arrivato Lestrade. Stava salutando
con trasporto Molly e Mary. La sua cura nel vestirsi e il suo
dopobarba mi dicevano che stava frequentando una donna. E questo non
poteva che farmi piacere, così magari avrebbe smesso di gironzolare
troppo attorno alla mia donna.
“Oh, Greg, è
fantastico, quando ce la fai conoscere?” ha chiesto Molly
confermando la mia deduzione.
“Non so, è ancora presto. Sai,
non voglio affrettare le cose.”
“Fai bene, potrebbe scappare
scoprendo che frequenti gente come noi.” ha scherzato John
passandogli accanto.
Tutti hanno riso di
cuore. Poi Lestrade mi ha visto e si è avvicinato a me.
“Ho parlato con
Donovan. Davvero le consenti di prendersi il merito dei casi a cui
collabori?”
“Non ho bisogno di visibilità, non più. E non
per casi così banali.”
“Non era un caso banale.”
“Lo era. E, comunque,
sai che non lo faccio per avere dei riconoscimenti.”
“Lo so.
Donovan era davvero colpita. Pensava la odiassi e invece così la
aiuterai con la sua carriera.”
“Greg, tu ora sei commissario
capo, non sei più un agente attivo, quindi avevo bisogno di
qualcun'altro a cui affidarmi per le indagini sul campo. E,
nonostante Sally Donovan non sia mai stata una delle persone che
preferisco, ho deciso di fare un accordo con lei che sarebbe andato a
vantaggio di entrambi.”
“Capisco. Beh,
Donovan non è particolarmente simpatica, questo te lo concedo, ma
tra gli agenti con cui ho lavorato è la più sveglia. Non potevi
scegliere di meglio.”
“Lo so.”
Finalmente la cena era
servita e ci siamo seduti tutti a tavola. Sono stati fatti dei
brindisi, principalmente in onore del fatto che eravamo nuovamente
tutti insieme. Ovviamente il riferimento era alla mia morte,
ma ufficialmente era per il ritorno di John e Mary dal viaggio di
nozze.
Quando tutti hanno
smesso di brindare e pensavano solo a gustare i deliziosi piatti
preparati da Mrs. Hudson e Molly, mi sono alzato in piedi, con il
bicchiere in mano.
“Vorrei dire
qualcosa.” ho esordito e tutti mi hanno osservato con aria
interrogativa.
“Non sono bravo in
queste cose, ma c'è qualcosa di cui vorrei rendervi partecipi.”
Ho tossito per
schiarirmi la voce, che improvvisamente sembrava voler sparire.
“Tre anni fa, ho
dovuto abbandonarvi, e ho dovuto farlo nel peggiore dei modi. So di
avervi dato un grande dispiacere, e vi assicuro che anche per me è
stato davvero doloroso. Mi siete mancati tutti. Mi mancava la mia
vita. Mi mancavano i miei amici. Mi mancava essere felice.”
ho fatto una pausa per deglutire e li ho osservati mentre tutti loro
sembravano quasi commuoversi. “So che il mio criterio di felicità
non è uguale a quello degli altri, ma io ero felice. Quando sono
tornato, però, mi sono reso conto che avevo perso tutto. La mia
vecchia vita era stata spazzata via. Temevo che non sarei stato mai
più felice. Invece, ora eccoci qua. Tutti insieme. Come una
famiglia. Ho di nuovo tutti voi, i miei migliori amici, e anche
molto di più. Per esempio, ora ho anche una nuova amica.” ho detto
facendo un cenno verso Mary e suscitando un sorriso in John. “Ho
dei nuovi collaboratori per il mio lavoro, come dicevo poco fa a
Greg.” ho aggiunto indicando Lestrade che ha alzato il bicchiere
verso di me come risposta. “E, soprattutto, ho finalmente quello
che mi è mancato in tutta la mia vita. L'amore di una donna
speciale.” ho concluso sorridendo verso Molly che è arrossita.
Mentre Mrs. Hudson e
John ridevano complici, Mary applaudiva e Lestrade sussultava
sorpreso, ho poggiato il mio bicchiere e mi sono avvicinato a Molly
per darle un bacio.
Un lungo,
inequivocabile bacio di passione.
Nessuno poteva più
mettere in dubbio quello che c'era fra noi dopo quel bacio. Nessuno
poteva più dire che io non fossi in grado di comportarmi con le
donne.
E nessuno avrebbe
potuto dire che la mia vita fosse infelice. Perché io ero felice.
Completamente.
Come non lo ero mai
stato.
FINE
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