Wild Wild Day di kymyit (/viewuser.php?uid=36835)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** .2 ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
Note:
Questa fic era inizialmente nata come one shot, ma essendo molto lunga
(circa 17-18 pagine) alla fine ho deciso di dividerla in capitoletti. E
quindi ecco a voi il primo. Aggiornerò quanto prima. Questa
storia mi ha preso molto tempo e ho sclerato per diverse ore,
perciò spero che sia, se non perfetta, almeno piacevole e
scorrevole. Uno dei capitoli sarà un po' forte per la
violenza, ma non sapevo se mettere tutto a rating rosso per questo,
magari quando ci si arriva, giudicherete voi e provvederò.
Buona lettura e a fine capitolo per parte delle note.
Il cuore pompava ossigeno al ritmo sfrenato dei carri da corsa nelle
arene, l’adrenalina inibiva il dolore e la paura, ma non la
razionalità. Penguin ansimava costringendosi invano a
rallentare la foga della respirazione, come se questa potesse tradirlo.
Doveva ragionare, calmarsi, riflettere, capire…
Se solo avesse avuto un attimo di tregua per pensare!
Doveva assolutamente individuare Rutherford prima che questi riuscisse
ad aprirgli un buco da qualche altra parte.
Si appoggiò al muro, sospirando a denti stretti, diede una
rapida occhiata al braccio sinistro e masticò
un’imprecazione colorita.
“Perdo troppo sangue.” pensò preoccupato
“E non vedo Kirachan da qui.”
Se era ancora alle sue spalle, da dietro quella parete Rutherford non
poteva vedere lui, ma di contro Penguin non riusciva a vedere Killer
che era…
Strinse il pugno sul calcio della pistola.
“Stai calmo, è di Kirachan che stiamo
parlando.” Si disse, affacciandosi appena oltre il muro.
Di nuovo quel rumore soffocato, come un soffio.
Sibilante, letale.
Un proiettile strisciò sull’angolo della parete a
pochi millimetri dal suo viso, esattamente all’altezza degli
occhi, e rimbalzò diversi metri più in
là. I frammenti del muro colpito schizzarono ferendogli il
viso. Penguin ebbe appena il tempo di abbassare le palpebre, il dolore
fu lancinante. Si lasciò scappare un grido e
rischiò di cadere a terra.
L’occhio perdeva sangue, tantissimo sangue. Non poteva
rendersi conto dell’entità del danno in quel
momento. Era ferita solo la palpebra? O anche il bulbo?
Tentò di ripulirsi del sangue, ma un secondo proiettile lo
colpì di striscio alla guancia, paralizzandolo
più per la sorpresa che per il dolore.
Lo sparo proveniva da davanti a lui, dall’interno della sua
parte di barricata.
Rutherford l’aveva raggiunto!
-Su, bravo, getta l’arma e alza le mani.- gli disse
l’uomo, sempre col suo cazzo di stuzzicadenti stretto fra le
labbra. Caricò nuovamente la pistola e gliela premette alla
gola, spingendolo contro il muro.
-Non farmi sprecare ancora proiettili.-
Penguin alzò piano le mani, senza ancora lasciare
l’arma. Respirò piano.
-Ti ho colpito.- disse sorridendo.
Rutherford si accorse solo in quel momento di un taglio di striscio sul
dorso della mano.
-Però… complimenti. Hai vinto qualcosa?-
-Non saprei, cosa offre la casa?-
-Dipende, puoi permetterti una sedia a rotelle?- propose quello,
sollevando il cane dell’arma. Penguin aprì le dita
della mano, in un tacito segnale.
-Te lo ripeto, amico.- disse serio -Il capitano non verrà a
salvarmi.-
-Questo lo vedremo. Forza, moccioso, lascia cadere l’arma.-
Penguin obbedì.
Tutto iniziò quella stessa mattina.
I Pirati del Cuore e i Pirati di Kidd erano sbarcati a Fort Alamos, una
piccola isola in stile occidentale dal clima autunnale, per procurarsi
viveri, materiali, medicinali e abiti nuovi. Sarebbero rimasti
là per soli quattro giorni, dopodiché avrebbero
fatto rotta per un’isola invernale più a ovest.
Erano attraccati in momenti differenti ai poli opposti
dell’isola per non destare troppi sospetti nelle
autorità locali. Avrebbero fatto scorta e se ne sarebbero
andati. Tutto liscio.
Niente risse, niente distruzioni, massacri, esplosioni, niente di
niente.
Killer e Penguin si erano incontrati in una drogheria. Il medico stava
contrattando col proprietario sul prezzo delle arance e sembrava anche
una discussione accesa.
-Capisco che siano d’importazione, ma sono prezzi
stratosferici. Signore, fammi lo sconto del cinquanta percento!-
L’uomo, sulla settantina, non sembrava proprio cedere alle
sue insistenze e Killer ebbe come una rivelazione. Poteva essere un
maestro! Unico conoscitore al mondo della tecnica arcana per
contrastare lo sguardo melenso del pinguino deluso!
Doveva apprendere la tecnica e farne tesoro, assolutamente.
Al termine della contrattazione, il pinguino deluso si
ritrovò con uno sconticino irrisorio di una manciata di
Berry. Killer aspettava pazientemente il suo turno di ordinare la merce
e non riuscì a trattenere una risatina divertita quando il
droghiere si alterò.
-Mi stai prendendo in giro, giovanotto?-
Penguin inarcò le sopracciglia e fece un sorrisino idiota.
-No signore, i miei genitori avevano molto senso
dell’umorismo.-
Quello non parve convinto, perciò il medico si
frugò nelle tasche della tuta e gli mostrò un
documento.
-Su, su, era uno scherzetto, ecco qui la mia carta
d’identità.-
Nel vederla, l’occhiata di disapprovazione
dell’uomo si sciolse in uno sguardo sconsolato alla
“Questi giovani d’oggi… ”
Killer ebbe il buon senso di usare un nome falso fin da subito e
sbrigò le sue commissioni, accordandosi per ritirare la
merce il giorno seguente alle nove in punto. Quando uscì dal
negozio, trovò Penguin seduto sui gradini a rigirarsi i
pollici.
-Ping huin?!-gli domandò trattenendo una risata.
-Sono per metà orientale, da parte di madre.-
ribatté quello mostrando la lingua. -Molti lo trovano
più convincente di Penguin. Almeno ho più
fantasia di te, Kira Quinn, il ricercato super sexy.-
-Irritato perché il tuo charme da cerbiatto morto ha fatto
cilecca?-
-Chi, io? No, al mondo ci sarà sempre quello che ti
metterà in difficoltà, Kirachan, ricordalo.
Altrimenti poi come affino la tecnica degli occhioni da pinguino
deluso?-
Risero entrambi. Faceva uno strano effetto vedersi in abiti civili, in
incognito.
Era quasi divertente.
E poi, Killer si trovò a chiedersi se fosse vera quella cosa
della madre orientale. Penguin l’aveva detto con quel tono
dal quale non potevi non metterti in guardia. Eppure… i suoi
occhi erano molto scuri e sottili. Non erano proprio a mandorla,
però il suo sguardo era sempre stato molto particolare.
Magnetico. Kidd diceva che quello di Law lo era, ma lui non la pensava
in questo modo. Lo sguardo di Law gli faceva paura, i suoi occhi erano
grigi e metallici come lame di un bisturi: letali.
Quelli di Penguin erano pozzi neri che ti costringevano ad essere
guardati, alla ricerca di qualche riflesso. Non gli facevano paura, ma
forse perché lui aveva tutta un’altra concezione
del terrore.
Poteva dormire abbracciando un orsosauro a mo’ di peluche e
non poteva sostenere lo “spaventoso” sguardo di
Penguin, che a detta di molti era davvero strano?
Probabilmente, il Massacratore scrollò le spalle, era solo
di parte, ecco perché gli piaceva così tanto. E
perché stava quasi bevendosi quella balla colossale.
Decise, perciò, di non fare domande, altrimenti Penguin
avrebbe risposto col suo sorriso strafottente e gli avrebbe dato delle
delicate pacche sulla testa, prendendolo in giro su quanto fosse un
bravo bambino lui, Kirachan, che credeva a tutto.
-Stavo scherzando, sai, prima.- gli fece il moro spiazzandolo.
-Eh?-
-Mia madre era del nord, come mio padre.-
-Lo immaginavo.-
-Ma per un attimo ci hai creduto, vero, Kirachan?-
-Nemmeno per un po’, Ping.- ribatté lui dandogli
una manata sul collo e lasciandogli in regalo un bel segno rosso.
Penguin quasi cadde a terra per il colpo ricevuto.
-Sei violento.- si lamentò massaggiandosi per poi darsi
all’inseguimento del compagno, senza smettere di importunarlo
con tutto il suo amore e tutta la sua “cattiveria”.
Una volta fatti tutti gli ordini necessari, i due pirati si fermarono
in un saloon a prendere qualcosa da bere e fu lì che
entrarono nel mirino di Rutherford detto Hellhound.
Già il soprannome era indice della sua
pericolosità, in più incuteva un certo timore del
prossimo per la sua notevole stazza, la falda del cappello a celargli
gli occhi penetranti e l’incredibile destrezza con la quale
sparava. Si diceva che era talmente veloce, che riusciva a bersi
qualcosa prima che la vittima si accorgesse di essere stata colpita. La
sua mira era infallibile, se voleva, uccideva al primo colpo e, peggio
di ogni altra cosa, quando si fissava un obiettivo, cascasse il mondo
riusciva ad ottenere quello che voleva.
Fu Penguin a notarlo per primo e fece un cenno col capo a Killer. Il
Massacratore si voltò appena, per poi distogliere nuovamente
lo sguardo.
-Facciamo finta di nulla.- suggerì.
Penguin annuì, dopotutto non erano in tenuta da delinquenti
e Killer senza maschera poteva spacciarsi tranquillamente per un bel
fustacchione biondo.
-Dovresti fare qualcosa per quei capelli, sono troppo riconoscibili.-
disse però il moro con aria seria -Posso provare a farti una
nuova pettinatura?-
-No.- disse quello a denti stretti, sulla difensiva, terrorizzato solo
al pensiero che quello mettesse le manacce nella sua folta chioma a
scopi offensivi.
-Sono un marchio di fabbrica, tutti tremano solo a vedere il tuo
cespuglio, se mi lasci fare... -
L’occhiataccia del biondo lo mise a tacere. Penguin
alzò le mani in segno di resa e si rimise a bere come un
angioletto. Tacitamente decisero di aspettare che Rutherford si
togliesse di mezzo da solo.
Non era improbabile che si trovasse lì per caso.
Purtroppo era una possibilità irrisoria.
L’uomo sedeva all’entrata della locanda,
seminascosto in un angolo dal quale poteva tenere sott’occhio
tutti gli avventori e persino il personale. Probabilmente era a caccia
di qualcuno.
Forse aveva notato le loro navi e aveva pensato di mettere le mani su
un cospicuo bottino. I due pirati rimasero seduti a lungo, ostentando
tranquillità e conversando più o meno
tranquillamente, per tenere un basso profilo. Non osavano alzarsi dai
loro posti o alzare troppo la voce per paura di essere notati.
All’ingresso dovevano essere stati visti assolutamente,
perché probabilmente Rutherford era già
lì, nel suo angolino. Non restava che sperare di non essere
i suoi obiettivi e aspettare che alzasse i tacchi.
-Merda… - Penguin schioccò la lingua contro il
palato, mal celando la sua irritazione. -Mi scappa, e adesso?-
Killer non rispose, ma guardò nuovamente in direzione del
cacciatore di taglie.
-Sembra se ne sia andato.- disse trattenendo il sollievo.
Rimasero ancora per diversi minuti, non si sa mai il ceffo fosse
semplicemente andato ai servizi e poi, appurato che la via era libera,
si decisero a pagare il conto. Poi, invece di uscire per
l’entrata principale, optarono per l’uscita dalla
finestra del bagno.
-Avremmo dovuto farlo prima di pagare.- disse Penguin mentre Killer si
calava all’esterno. -Il caffè costicchiava.-
-Finché c’è quel tizio in zona.-
rispose Killer legandosi i capelli -Meglio non fare stronzate.-
-Siamo scappati dalla finestra del bagno come ladri, questa io la
chiamo una stronzata.-
-Abbiamo pagato il conto.- rispose il Massacratore.
-Appunto!-
-Ad ogni modo, meglio controllare che quello non sia
appostato fuori dal locale.-
Il retro del saloon si affacciava su uno stretto vicolo deserto
delineato da una fila di edifici, per lo più in legno, ma
alcuni erano più recenti ed erano costruiti con mattoni e
cemento.
I due si affacciarono appena allo stretto passaggio fra il saloon e un
altro locale per studiare la situazione. Non si vedeva molto,
purtroppo, ma Rutherford non sembrava nei paraggi. I due si mossero
rapidi, proseguendo per il lungo corridoio di fabbricati. Il vociare
allegro delle persone nella piazza arrivava attutito. Il silenzio
incombeva e con questo la paura di trovarsi davanti il cacciatore di
taglie.
Se ne raccontavano tante su di lui. Nessuno era mai sfuggito alla sua
cattura, se voleva ucciderti ti uccideva, se sopravvivevi era
perché era lui a volerlo.
E si diceva anche che negli ultimi tempi dava la caccia ai novellini
nel Nuovo Mondo.
Non c’era da stupirsi che Killer fosse preoccupato. Penguin
però lo era molto di più. Inconsciamente strinse
la pistola che portava nella fondina sotto la giacca. Sovrappensiero,
quasi si ribaltò all’indietro sbattendo contro la
schiena del compagno. Killer neppure si scusò per essersi
impalato in mezzo alla strada e il medico non protestò, non
ne ebbe il tempo. Le parole gli morirono in gola quando vide, oltre il
corpo muscoloso dell’altro, Rutherford camminare verso di
loro, la falda del cappello calata sugli occhi e le pistole ai fianchi.
In silenzio, lentamente, i suoi passi non facevano rumore, era come
un’apparizione dall’inferno, un guardiano sputato
dalle budella della terra per trascinare fra le fiamme i dannati. [1]
I due pirati non osarono muovere un muscolo, colti da un terrore quasi
primordiale.
Se ci fossero stati Kidd e Law, avrebbero potuto risolvere la cosa, ma
loro erano persone relativamente normali. Rutherford, si diceva, non
aveva mangiato nessun frutto e aveva sconfitto uomini dotati dei poteri
con taglie altissime.
Era terribile.
Killer, col cuore in gola, cercò di far scattare la sicura
della custodia che portava in spalla. Nello stesso istante in cui la
clip scattava, Penguin lo afferrò per la manica della
maglietta, trascinandolo a terra.
Un proiettile gli si conficcò nel braccio.
Si lasciò sfuggire un sonoro gemito e cadde.
-Penguin!- esclamò Killer.
Una pioggia di proiettili gli sferzò le braccia, il viso e
le gambe. Il Massacratore si protesse come meglio poté,
senza però muoversi di un passo.
Perché dietro di lui c’era Penguin.
-Attento!- gli gridò questo.
Rutherford era sparito.
Killer si guardò intorno, agitato, poi la vide.
Un’ombra scura s'ingrandiva davanti ai suoi piedi.
Accadde tutto in pochissimi secondi. Il cacciatore di taglie
sparò da sopra le loro teste e il Massacratore
usò la custodia per parare i proiettili. Hellhound sorrise
scoprendo i denti e atterrò con forza su quello scudo
improvvisato, facendo perdere l’equilibrio al pirata. Killer
tentò di restare saldo ma, esattamente come il nemico
sperava, inciampò sul corpo di Penguin e cadde.
-Merda!- imprecò rialzandosi rapidamente -Passami le lame.-
ordinò al compagno che era più vicino alla
custodia.
-Io non lo farei.- disse una voce alle sue spalle paralizzandoli
entrambi. Killer si voltò appena.
La fama di quell’uomo era oltremodo meritata.
Rutherford appariva calmo e rilassato, aveva quella tipica aria da uomo
che ne ha viste tante e non si stupisce più di niente. Si
passò lo stuzzicadenti da una parte all’altra
della bocca e sollevò il cane della pistola, puntata alla
testa bionda del Massacratore.
-Se vuoi un consiglio, ragazzo, tieni le mani in alto, dove posso
vederle. Vivo o morto, a me non cambia nulla.-
-Se fosse vero.- disse Killer -Non staremmo a parlare.-
-Oggi mi sento magnamino.-
Il Massacratore strinse i pugni e i denti per qualche secondo, poi
obbedì. Alzò le mani lentamente per poi, a
sorpresa, gettarsi all’indietro. Facendo perno sulle braccia,
tentò un calcio rovesciato allo stomaco del nemico.
Le sue gambe però, colpirono il vuoto.
Rutherford aveva previsto quella mossa, spostandosi di lato. Killer
sbarrò gli occhi e soffocò un grido. La pelle
delle braccia si lacerò, strappata da proiettili silenziosi.
Penguin riuscì a schivare i colpi, ma fu ferito di striscio
in diverse parti del corpo.
Quello che meravigliò maggiormente il Massacratore
però, non era quella contromossa.
Come la pioggia di proiettili di poco prima, anche quei colpi erano
anormali. Erano decisamente troppi per essere partiti da due sole armi
e in quel momento le braccia del cacciatore di taglie non si erano
mosse di un millimetro, inoltre probabilmente usava uno di quegli
aggeggi chiamati silenziatori, perché quando i due pirati
potevano avvertire i proiettili, questi sfrecciavano già a
pochi centimetri dalla loro pelle.
Killer cadde nuovamente a terra e si rimise in piedi, iniziava a
perdere la pazienza. Penguin si mise accanto a lui, in silenzio,
ferito, ma ancora in condizioni di nuocere.
-E’ da un po’ di tempo che vi ho messo gli occhi
addosso.- disse il cacciatore di taglie caricando una delle pistole.
-Conosco perfettamente ciò di cui siete capaci e anche quali
sono le vostre debolezze.-
Il suo sguardo scorse dal pirata biondo a quello moro. Penguin
deglutì, mentre un’ansia terribile gli
attanagliò lo stomaco.
In quel momento capì che le cose sarebbero finite male,
molto male.
Killer scattò per primo. L’offesa è la
miglior difesa. Doveva agire, rapido, mortale. Non aveva indossato
ancora le sue fide lame, le sue ali di morte, ma i suoi pugni erano
devastanti.
Era un assassino nato.
Un assassino con un cuore.
Rutherford sparò.
Penguin schivò di lato e istintivamente restituì
il colpo che però stracciò solo il mantello
dell’altro. Un proiettile lo colpì di striscio
alla coscia, lacerandogli i pantaloni e la pelle.
Faceva troppo male per essere un colpo di striscio.
Killer calciò le sue lame e le afferrò al volo
azionando il comando di rotazione. Con una falciata quasi
colpì il nemico, ma questi sparò di nuovo.
Ma non a lui.
Penguin!
Avrebbe ucciso Penguin!
Killer visse quel momento quasi a rallentatore e fece l’unica
cosa che il suo corpo slanciato verso il nemico gli permise di fare.
Col piede si spinse all’indietro e allungò il
braccio verso il compagno. Spasmodicamente. Col terrore dipinto nello
sguardo rimasto impassibile di fronte a tanti massacri.
Anche Penguin vide quelle immagini scorrere lentamente davanti ai suoi
occhi e non le avrebbe mai dimenticate.
Vide il proiettile schizzare sulla lama di Killer a pochi centimetri
dalla propria fronte. Lo vide deviare contro la parete e poi, per la
velocità e la forza impresse, rimbalzare contro
l’angolo.
Vide un fiore rosso sbocciare fra i capelli dorati dell’uomo
che amava e, in quel momento, il mondo si fermò del tutto.
Killer cadde, in silenzio, sollevando una nuvola di polvere.
Note:
[1] Gli
Hellhound sono cani soprannaturali di solito in guardia negli inferi e
col
compito oltre che di guardiani, di cacciare le anime in fuga o di
proteggere
tesori. Ci sono molte leggende e superstizioni, in molte è
semplicemente un
cane infernale, un’emanazione maligna e io ho voluto puntare
su questo.
Leggendo su wikipedia mi sono fatta l’idea di una belva che
compare dal fumo
nero e, leggera e letale, si fionda sulle sue vittime (pauraaaaa). E
con questa
immagine in mente ho pensato ad un Rutherford altrettanto silenzioso,
leggero e
letale.
Le note circa Rutherford finiscono momentaneamente qui. Il resto le
avrete a fine fic, per non guastarvi il gusto della lettura.
Il nome Rutherford è più o meno casuale. Un mio
nuovo personaggio ha questo cognome, perciò mi è
rimasto appiccicato in testa e trovavo ci stesse bene con
l'ambientazione. Riguardo all'ambientazione in sè, volevo
una storia un po' western, ecco spiegato il titolo che è
ispirato anche a un film western steampunk uhuhuhu.
Kira Quinn è una storpiatura di Killer Queen, credo fosse
ovvio, mentre Ping Huin... io non credo che Huin esista come nome
cinese X°D
Al prossimo aggiornamento!!
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Capitolo 2 *** .2 ***
Penguin rimase incredulo, per pochi secondi, a guardare quello
spettacolo assurdo con occhi sbarrati.
“No…” mentì a se stesso
“Non sta accadendo…”
Killer era una divinità del sangue, uno sgusciante
predatore, era il Massacro stesso che s’insinua fra gli
uomini e banchetta con le loro carni e il loro sangue.
Non si può uccidere un’entità
divina… ma Killer era umano e in quel momento Penguin lo
ricordò. Rammentò quella scomoda
verità e ne rimase profondamente sconvolto,
perché era così ovvia da essere stata trascurata.
Cadde in ginocchio, accanto a lui e afferratolo per la maglietta,
iniziò a scuoterlo.
-Ehi, non fare scherzi sai, eh! Kirachan, se volevi vendicarti per lo
scherzetto di ieri, hai scelto il momento sbagliato.-
Ma Kirachan non rispose, il capo ciondolò, volgendosi di
lato. I suoi occhi restarono socchiusi, persi nel vuoto.
-No… - Penguin scosse la testa, restio a crederci.
Hellhound rimase in silenzio per qualche secondo, come a gustarsi il
proprio operato, poi mosse alcuni passi verso le sue vittime.
-Dev’essere bello avere amici potenti pronti a morire per
salvarti la vita. Sei un tipo fortunato.- disse, serio. Penguin gli
scoccò un’occhiataccia cupa di sottecchi.
-Ora.- aggiunse, lanciandogli poi un lumacofono -Vediamo di chiudere
questa storia nel modo più veloce possibile.-
In quel momento il moro capì quale fosse il piano di
Rutherford e sorrise infidamente.
-Mi dispiace, ma il capitano non verrà. A differenza di
Eustass, lui non vede la necessità di accorrere per spaccare
il culo in due a chi infastidisce i suoi uomini, vecchio. Fossi in te,
mi cercherei campo di atterraggio, perché quando quella
testaccia rossa sarà qui, non ci sarà
nascondiglio che tenga in questo mondo.-
-Non chiedo di meglio, lo aspetto. Ora però chiama il tuo
capitano, chissà che anche lui non voglia unirsi al suo
compagno.-
Il tono con cui sottintese quell’ultima parola
raggelò il pirata.
Lui sapeva.
Sapeva ogni cosa di loro.
Deglutì, senza togliere gli occhi di dosso al cacciatore di
taglie. Come uscire da quella situazione spinosa?
-Se anche venisse, in una remota ipotesi,- concesse -credi davvero che
ne usciresti vivo? Hai idea di che mostri siano quei due?-
Il sogghigno di Rutherford bastò più di mille
parole: più forti erano, meglio era. Era sprezzante della
morte.
-Sei uno che ha capito tutto della vita, tu, eh?- domandò
sorridendo a sua volta il pirata. I suoi occhi scuri lanciavano
però dardi d’ira verso il nemico. -Non temi la
morte ma la accetti, complimenti. Pochi riescono a farlo.-
Rutherford si avvicinò, lentamente, senza smettere di
tenerlo sotto tiro.
-E tu? Non temi tu la morte?-
-Se.gre.to.- rispose il pirata scandendo bene le sillabe.
C’era quasi... click, mentre pronunciava quel
“gre” tirò il cane della pistola. -Te lo
dirò quando ti avrò ucciso.- rispose mentre le
labbra si schiusero in un largo sorriso a trentadue denti. Un sorriso
che era ciò che di più falso si potesse vedere. I
suoi occhi ardevano d’ira e desiderio di vendetta, le labbra
esibivano un ghigno mostruoso scoprendo i denti come fossero le zanne
di una belva pronta a uccidere.
Scattò.
Un proiettile lo colpì di sorpresa, paralizzandolo
più per lo sbigottimento che per il dolore.
Rutherford non era caduto nel suo trucchetto da quattro soldi e lo
aveva anticipato di una frazione di secondo.
Il colpo di Penguin schizzò troppo a sinistra e il
proiettile s’incastrò in un muro alle spalle del
cacciatore di taglie. Quello neppure si scansò dalla
traiettoria, gli era bastato semplicemente colpire il pirata di
striscio al polso.
-Ugh!-
Penguin strinse la pistola fra le mani, unico appiglio contro la
sofferenza.
Faceva un male cane!
-Ragazzo, sto perdendo la pazienza.- disse minaccioso Rutherford
spostando lo stuzzicadenti da un lato all’altro della bocca.
Il suo tono cupo lasciava intendere la perdita ormai prossima della
pazienza. Il cacciatore mosse un passo verso la sua vittima e Penguin
indietreggiò.
Per un attimo ripensò a quando la ciurma era agli albori,
quando nessuno li prendeva sul serio. Lui, Shachi e gli altri volevano
correre nel Nuovo Mondo e mostrare a tutti di che pasta fossero fatti.
Ma di fronte a mostri come Rutherford detto l’Hellhound, uno
come lui che speranze aveva?
Non aveva più neppure parole per schermare la propria paura!
Come poteva competere con uno come lui che, non solo era forte al punto
da competere con i possessori dei Frutti (aveva sentito di un Rogia
abbattuto da lui), ma che era anche estremamente intelligent...
un’idea folgorò il pirata.
Un’idea estremamente suicida.
Fidandosi del suo istinto si alzò e corse verso Rutherford
più veloce che poté.
Quello sparò diversi colpi, tutti mirati a ferirlo, ma non a
ucciderlo. Penguin gli si portò sempre più vicino
e prese a correre disordinatamente a zigzag.
Hellhound storse le labbra, in una smorfia infastidita, senza smettere
di sparare. Il ragazzo aveva una testa davvero dura ed era incurante
del pericolo che correva. Sembrava che tentasse
d’intercettare le traiettorie dei proiettili, rendendogli
complicato l’idea di ferirlo soltanto.
Il cacciatore di taglie digrignò i denti.
Il moccioso aveva colto il punto debole della sua strategia, ma non
sarebbe riuscito a sfuggirgli. Con ferocia, l’uomo
sferrò allora un colpo al laccio contro il pirata, mentre
questi, ormai al suo fianco, tentava di scartare sulla sua destra.
Penguin colse al volo l’occasione e saltò.
Puntò i piedi sul braccio del nemico e usò la sua
stessa forza per farsi respingere all’indietro.
Dopo un attimo di sbilanciamento e sorpresa, Rutherford riprese a
sparare contro di lui, ma senza successo. Era agile, il pirata.
Tanto agile da sfruttare la velocità impressagli dal colpo,
il suo sbilanciamento e la sua confusione, per tentare la fuga sui
tetti. Penguin diede fondo a tutte le sue risorse per protrarre quella
fuga suicida.
Grazie al salto riuscì ad aggrapparsi a una scala e senza
perdere un solo secondo si arrampicò di gran carriera sulla
facciata dell’edificio, riuscendo a risalire sino al tetto.
E, nonostante lo sforzo fosse estremamente notevole,
l’adrenalina gli permise di portare a compimento
l’azione e continuare a correre e correre e correre.
Schivò alcuni proiettili che venivano dal basso, neppure lui
seppe come, e continuò a fuggire, a correre e saltare da un
tetto all’altro, senza una direzione ben precisa.
Voleva solo mettere maggiore di stanza fra lui e il suo aggressore,
passo dietro passo.
Ad un certo punto, si accorse che i proiettili non sfrecciavano
più nell’aria.
“Perché?” si domandò, ma non
smise di correre, magari anche Hellhound aveva iniziato ad arrampicarsi
e voleva coglierlo di sorpresa. Continuò a correre, tremendo
solo al pensiero che se avesse guardato alle sue spalle, se lo sarebbe
ritrovato dietro a pistole spianate, magari vicinissimo, con dipinta
sul volto la stessa espressione con la quale aveva liquidato Killer.
Udì tre spari consecutivi in lontananza e poi nuovamente
il silenzio.
Il cuore gli salì in gola per lo spavento.
Si fermò e guardò in direzione del luogo in cui
aveva lasciato il corpo di Killer. Strinse i pugni incurante del dolore
agli arti e represse a stento l’istinto di vomitare, urlare e
piangere. Forse avrebbe fatto tutte e tre le cose insieme, in preda
alla disperazione e alla rabbia, ma non poteva!
L’Hellhound aveva smesso di seguirlo per un solo motivo: quei
tre spari, che aveva voluto fargli sentire, erano la colonna sonora che
accompagnava il triplo colpo di grazia.
Penguin ricacciò indietro le lacrime con tutta la sua forza
di volontà e strinse i pugni fino a scarnificarsi i palmi
delle mani. I denti si serrarono sul labbro inferiore fino a ferirlo.
“E’ Killer, stiamo parlando di Killer.”
si ripeté mentalmente, maledicendo il cacciatore di taglie e
soprattutto se stesso.
Perché era debole e perché l’aveva
abbandonato.
Non aveva protetto il suo corpo.
Aveva sperato che Rutherford si limitasse a seguirlo e
invece… sforzandosi di non tornare indietro, si
calò dall’edificio, con fatica e, una volta a
terra, s’appoggiò ad una parete, stremato.
-Kirachan… - si lasciò sfuggire un lamento penoso
e una lacrima riuscì a sottrarsi al suo controllo,
rigandogli la guancia impolverata, tracciando nello sporco un
inconfondibile segno di debolezza. Si ripulì alla bene e
meglio col dorso della mano. Pensò che forse era davvero il
caso di trovare Law e chiedergli aiuto. Ma anche se il capitano fosse
giunto in suo, in loro, soccorso, se anche Kidd fosse accorso per
vendicare la sconfitta del suo vice, avrebbero avuto davvero speranza
contro quel mostro?
Tentò di fare mente locale.
Quell’uomo non aveva dimostrato capacità derivanti
dai Frutti, che potesse usare l’Ambizione?
E quale Tonalità?
L’Armatura? Probabile, i suoi proiettili non erano normali.
L’Osservazione? Molto probabile, spiegava praticamente tutto.
Il pirata degli Hearts barcollò e per un attimo cedette allo
sconforto.
Se davvero Rutherford era in grado di utilizzare entrambi i Colori
dell’Ambizione, le cose si facevano ancora più
difficili di quanto non fossero. Si guardò intorno, alla
ricerca disperata di qualsiasi cosa potesse aiutarlo a venire a capo di
quella lotta impari. Ma non c’era nulla che potesse
assisterlo.
Penguin era un uomo relativamente normale. Aveva la forza di resistere
all’Ambizione del Re Conquistatore e padroneggiava
discretamente la Tonalità dell’Armatura.
Evidentemente, però, la sua Ambizione non era sufficiente.
Non gli erano rimasti neppure molti proiettili nei quali infonderla.
Si frugò fra le tasche e caricò l’arma.
Non vi erano altre vie d’uscita da quella situazione di
merda, in più si era ficcato in un vicolo cieco e non aveva
più la volontà di muovere un muscolo.
Probabilmente sarebbe morto, ma di certo non avrebbe chiamato Law!
Però doveva reagire.
Killer si era sacrificato perché lui vivesse e chi era
Penguin per tradire così le aspettative del suo uomo?
Trasse un profondo respiro e si rivolse lo sguardo
tutt’intorno, guardingo.
Per quello che sapeva, Rutherford poteva benissimo essere nascosto
dietro di lui in attesa che crollasse a terra esausto. Ma forse era
ancora con Killer, intento a sbeffeggiare i suoi resti…
Si fece coraggio e camminò con la schiena attaccata alla
parete di un edificio. Strisciò in silenzio con il cuore in
gola, sperando che quel maledetto sputato dall’inferno non
spuntasse come un fungo, come se non attendesse null’altro
che lui s’affacciasse a cercare via di scampo.
Il cuore pompava ossigeno al ritmo sfrenato dei carri da corsa nelle
arene, l’adrenalina inibiva il dolore e la paura, ma non la
razionalità. Penguin ansimava costringendosi invano a
rallentare la foga della respirazione, come se questa potesse tradirlo.
Doveva ragionare, calmarsi, riflettere, capire…
Ed è qui che il nastro si riavvolge fino
all’inizio, che la nostra attenzione ritorna a quel momento.
-Te lo ripeto, amico.- disse il pirata, serio -Il capitano non
verrà a salvarmi.-
-Questo lo vedremo. Forza, moccioso, lascia cadere l’arma.-
Penguin obbedì.
Lasciò cadere la pistola. Questa cadde ai piedi del
cacciatore di taglie e l’impatto col suolo fece partire il
colpo. Rutherford si ritrasse di scatto, stringendo i denti. Lo
stuzzicadenti si spezzò e le due metà caddero a
terra, mentre l’uomo si stringeva spasmodicamente la mano
sulla ferita alla coscia.
Penguin gli elargì un sorrisetto di sfida, compiaciuto.
“Alla fine te l’ho fatta.” fece per
pronunciare, prima che con un forte pugno alla gola l’uomo
gli togliesse le parole di bocca e il respiro. Il medico cadde sulle
ginocchia, i suoi occhi lacrimarono per il dolore, tutto il suo corpo
urlava e lui non riusciva ad emettere un suono, neppure un alito di
fiato. Si sentì come una tartaruga rovesciata che tenta
disperatamente di rigirarsi. Poggiò la testa sul terreno
polveroso, pregando qualunque divinità che il respiro gli
tornasse, pregando che Rutherford non lo uccidesse mentre boccheggiava
penosamente ai suoi piedi.
Hellhound lo afferrò per i capelli, sollevandolo da terra e
gli ficcò la canna della pistola in bocca.
-Adesso basta giocare, d’accordo?-
Se ne avesse avuto la forza, Penguin gli avrebbe sputato dritto dritto
sui denti.
-D’accordo?!- lo strattonò il cacciatore di taglie.
Lui emise un verso d’assenso.
Fu sollevato di poter nuovamente respirare, il suo petto faceva su e
giù, l’ossigeno si faceva strada nei suoi polmoni
con impeto tale da tramortirlo per il dolore.
-Perfetto. E adesso… - l’uomo gli estrasse
l’arma dalla bocca e lo colpì con forza alla nuca,
costringendolo in ginocchio ed annientando così le sue
ultime resistenze. -Metti le mani dietro la schiena.- gli
ordinò puntandogli la pistola alla tempia.
Penguin obbedì.
Che umiliazione.
Rutherford gli legò le mani e i piedi, allacciando poi fra
loro i fasci di corde.
Lo prese nuovamente per i capelli e lo trascinò nel vicolo,
lontano da occhi indiscreti e lo scaraventò contro il muro
con forza.
-Forza, dammi il numero di lumacofono.- ordinò fermo,
puntandogli contro la pistola.
Penguin poté intravvedere da sotto la manica la pelle scura
del braccio dell’altro.
-4…1…0…6…0…0….6….0…1…4…-pronunciò
stentatamente, a capo chino.
Law sarebbe stato così deluso di lui.
Insinuare che Kidd e Law si trovassero insieme come a seguire il buon
esempio dei loro uomini, sarebbe una speculazione basata sul semplice
ripetersi di tale “coincidenza”. Ma di fatto,
sì, erano insieme e stavano bevendo nella sala comune del
sottomarino.
Uno, due bicchieri, tre… Law fissava con preoccupazione il
pomo d’Adamo di Kidd fare su e giù mentre quello
si tracannava, uno dietro l’altro, boccali su boccali di
liquore.
-Adesso basta.- fece strappandogli l’ennesimo prima che
facesse sparire il suo contenuto in quel pozzo senza fondo del suo
stomaco.
-Lasciami bere, Law, sono veramente incazzato.- rispose quello,
leggermente brillo -Quello stronzo coi denti a tastiera mi uccide.
Attenta alla mia sanità mentale. E’ peggio di te!-
esclamò scuotendolo, per poi sussultare a causa del
singhiozzo. -E quell’altro?! Quel mago da strapazzo
è un sadico di merda con uno strano senso
dell’umorismo! Tu credi che non ce l’abbia, ma lui
e quella testa di cazzo si sono messi d’accordo per farmi
uscire di testa!- disse riprendendo a strattonare il compagno.
Law non ribatté subito. Che Uminari fosse una piaga
dell’umanità lo sapeva, che Kidd fosse
così masochista da obbedire sempre a mamma Killer, pure. Ma
allearsi con i novellini peggiori dell’epoca comportava una
dose veramente bassa di autoconservazione e zero rispetto per se stessi.
Hawkins non stava agli scherzi (e, Kidd aveva ragione, aveva uno strano
concetto di senso dell’umorismo) e Apoo era nato per scassare
la minchia al prossimo. Stranamente Kidd si era trovato nel mezzo a
compensare il lato serio dell’uno e quello lavativo
dell’altro. Apoo mordeva e fuggiva, Hawkins era capace di
ammazzarti per davvero poco, tenere insieme un’alleanza del
genere era estenuante, molto più che assecondare Mugiwara e
i suoi.
Lui almeno ci rimediava quattro risate e buon cibo, pur a scapito della
propria compostezza e della propria sanità mentale, ma
Kidd…
-Mi scoppia la testa… - protestò il Capitano
sdraiandosi a peso morto con la testa sulle sue ginocchia, come un
bambino troppo cresciuto. Un bambino di almeno tre metri con una folta
pelliccia rossa e un arto di metallo di chissà quanti
quintali. Il Chirurgo della Morte sospirò sorridendo e gli
levò i goggles dalla testa, riponendoli sul tavolo accanto
alla mappa che stavano consultando.
Gli carezzò la folta chioma, beandosi della sua morbidezza.
Potevi dire a Kidd che puzzasse di morte, ma non che fosse sporco. Ci
teneva moltissimo alla sua immagine e si curava maniacalmente, gli
piaceva questo lato di lui.
-Povero piccolo Capitano, i bambini grandi ti maltrattano?- disse
sogghignando. Kidd aprì un occhio e storse le labbra
sputando uno sgraziato -Aah?!-
-Vuoi che venga a difenderti da quei cattivoni?- il chirurgo
continuò a scompigliargli la folta chioma rossa, senza
smettere di ficcare il coltello nella piaga.
-Ma la vuoi finire?- protestò il Capitano, ma Law lo
interruppe, chinandosi su di lui per baciarlo sulle labbra.
-Ok, scherzavo. Spero quei due non ti bistrattino più di
quanto faccia io. Non vorrei perdere l’esclusiva.-
-Tranquillo, come rompi tu, non rompe nessuno.- sogghignò
Kidd e Law sorrise appena, per poi dedicarsi nuovamente alle sue
labbra. Quel secondo baciò durò più
del primo e fu più approfondito, Kidd stava per ricambiare,
quando il lumacofono bianco, anch’esso sul tavolo,
squillò.
E a giudicare dai versi urgenti dell’animale, doveva essere
qualcosa d’importante.
Il chirurgo alzò appena lo sguardo, seccato.
L’apparecchio non smetteva di squillare e
l’espressione dell’animaletto era molto familiare.
E preoccupante.
Tanto che Law decise di rimandare il bacio. Kidd mormorò una
mezza maledizione contro lo stronzo che osava interromperli (il solito
stronzo d’un pinguino) e si rimise a sedere, lottando contro
un leggero capogiro da sbronza.
-Pronto?- rispose Law -Penguin?-
Dall’altro capo del lumacofono tutto taceva.
-Penguin?-
-Trafalgar Law.- disse una voce che non conosceva e, a giudicare dalla
sua espressione interdetta, neppure Kidd -Il mio nome è
Rutherford, sono un cacciatore di taglie.- fece una pausa, come se
immaginasse lo sgomento sui volti dei due pirati che si guardarono con
aria interrogativa e preoccupata. Poi riprese, senza nascondere un
certo gusto in ciò che diceva.
-Ho appena catturato uno dei tuoi uomini. A meno che tu non voglia
andare a recuperare la sua testa alla base locale della Marina,
raggiungici col tuo amico.-
Il Chirurgo della Morte era rimasto basito e oltremodo turbato da
quelle parole e, come Penguin prima di lui, molto colpito dal tono
usato per calcare il tono sulla parola “amico”.
Inoltre, guardò Kidd, come faceva quello a sapere con chi
era e che relazione ci fosse fra loro?!
Rutherford… Rutherford l’Hellhound!
Conosceva quel nome!
Non conoscerlo era da ignoranti e stolti! Era davvero una creatura
leggendaria, non quanto Gold Roger o Barbabianca, ma giravano certe
voci su di lui…
Nonostante razionalmente Law ritenesse che molte storie fossero
gonfiate, udire quel nome gli provocò un brivido di freddo
lungo la spina dorsale. S’impose di mantenere la sua
proverbiale calma.
-Non correre troppo, amico.- gli rispose con la solita flemma
strafottente -Fammi parlare col mio uomo, prima.-
-Il ragazzo non ha molta voglia di parlare, forse si vergogna un
po’.- rispose il cacciatore di taglie con una risatina, poi,
dall’altro capo della cornetta, i due capitani udirono un
gemito strozzato.
-Era Penguin, ne sei convinto adesso?- chiese Rutherford sogghignando,
mentre a terra, piegato in due dal dolore per il calcio ricevuto in
pieno stomaco, il moro lo fissava in tralice augurandogli di finire
squartato come un cane.
-Sei un cacciatore di taglie o un sequestratore da due soldi?-
domandò Law fra i denti -Cosa vuoi di preciso?-
-La taglia sulle vostre teste.- rispose quello, candidamente, come se
tagliare il collo a entrambi fosse una passeggiata. -E gradirei foste
collaborativi, non perdeste valore, com’è successo
al Massacratore. -
Kidd inorridì a quelle parole.
-Tu bastardo, che cosa- saltò in piedi, ma Law gli impose di
calmarsi frapponendo un braccio fra lui e il lumacofono.
-Dove e quando?- domandò impedendo a Kidd di aggiungere
altro. Lui non era da meno furioso, ma certe situazioni imponevano
calma e sangue freddo. Il nemico all’altro capo
dell’apparecchio avrebbe gustato ogni attimo di disperazione
che sarebbe riuscito a strappare loro.
Rutherford, infatti, sorrise compiaciuto per quella reazione e Penguin,
nel guardarlo, si chiese se il suo giudizio nei confronti del
cacciatore di taglie non fosse stato affrettato. Forse non vedeva per
nulla la vita nel modo giusto. Forse quel maledetto era solo malato.
Come poteva minacciare quei due così, senza un tremito nella
voce, con lo sguardo di chi sta discutendo per la cena con sua moglie e
non con due pazzi criminali?!
Tossì, sputando sangue al suolo.
-Capitano… - biascicò a denti stretti.
“Aiutami!” avrebbe voluto gridare, ma non lo fece.
-Non venire. Posso cavarmela da solo.-
Hellhound sbuffò e sorrise ancora, trovando davvero patetico
quel moto d’orgoglio.
Penguin però lo ignorò, così come
ignorò le lacrime che gli bruciavano gli occhi.
-Questo bastardo ha ucciso Killer, devo vedermela da solo con lui!-
Kidd strinse i pugni.
Killer era morto?
Killer?!
Law tacque, tenendo lo sguardo fisso sul lumacofono, strinse i denti e
contenne la sua rabbia con uno sforzo sovrumano quando udì
distintamente il rapitore colpire il suo compagno. In quel momento
desiderò uccidere quel bastardo maledetto trapassandolo da
parte a parte, squartandolo in più tranci di carne
sanguinolenti, immaginò le morti più atroci e
sarebbe corso immediatamente a mettere in atto la sua vendetta se
Penguin non l’avesse esortato supplicante.
-Capitano!-
-D’accordo.- rispose allora, il chirurgo, a capo chino
-Pensaci tu.-
E ciò detto, senza aggiungere altro, riagganciò
la cornetta.
Gli tremavano le mani.
Kidd rimase attonito.
-Ehi, ma che--Fa silenzio, Eustassya.- lo redarguì il
Chirurgo della Morte mettendosi a sedere sul divano -Fai silenzio e
lasciami concentrare.-
Kidd avrebbe voluto trascinarlo fuori dal sottomarino e pure in fretta!
E non solo perché voleva accertarsi della presunta dipartita
di Killer.
Non voleva crederci!
E, sotto sotto, era preoccupato anche per Penguin. Fece per
ribattere, quando con un gesto della mano, Law gli impose nuovamente di
cucirsi le labbra e poi gli fece cenno di sedersi. I suoi gesti
così seri e perentori lo costrinsero di malavoglia ad
obbedire, seppure con immensa frustrazione. Gettandosi sul divano, al
Capitano non restò che attendere con le braccia
incrociate al petto, soffocando sul nascere il suo desiderio di sangue.
Il Chirurgo della Morte emise un sospiro appena percettibile e si
concentrò.
-Lo senti, Capitano?- gli chiese atono.
Kidd strinse gli occhi, liberò la mente, si
concentrò a fondo.
-Sì.- rispose per poi cercare lo sguardo
dell’altro. Law sorrise appena, poi si alzò e con
un gesto secco fece roteare la sua Nodachi, la sua Kikoku, il Pianto
del Demone.
Oh, sì, qualcuno avrebbe pianto lacrime salate quel giorno.
Note:
Dunque, questa è stata una delle parti più
difficili da scrivere. Come fare in modo che Penguin sfuggisse a
Rutherford? Quel pazzo ne sa una più del diavolo, ma come
avete notato, anche il nostro pinguino u.u
Riguardo a Ruth: I tre colpi di grazia fanno riferimento a un fatto
inquietante. Si dice che se si odono abbaiare tre volte creature come
gli Hellhound, è probabile che la fine sia ormai prossima.
Pauraaaaa!! >_<
E, infine, dico, io ci credo che Apoo lo bistratta a Kiddino:
è il più piccolo del gruppo!!
X°°°D il solo pensiero mi uccide!!
Dunque, spero che anche questo cap vi sia piaciuto e che vi piaccia
anche il prossimo.
Riguardo al numero di Law, ho giocherellato coi numeri, fare 'ste cose
ti fa sentire un po' Oda XD
E beh, questa storia per me è stata complicata
perché tendo a svelare subito troppe informazioni, spero di
essere riuscita a gestirle bene stavolta, per il bene della suspense u.u
Baci e abbracci!!
|
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Capitolo 3 *** 3. ***
Avvertimento:
violenza, schifida violenza, ho cercato di contenermi, ma potrebbe
comunque fare schifo a qualcuno, per il resto, godetevi quest'ultimo
capitolo ^_-
-Allora, ragazzo, il terrore ti ha fatto impazzire
all’improvviso?-
Rutherford si ficcò in bocca l’ennesimo
stuzzicadenti, agitandolo freneticamente con la lingua per controllare
i nervi che quel pirata incosciente gli aveva fatto perdere.
Raramente l’uomo si trovava a perdere la pazienza e stimare
al tempo stesso qualcuno. Normalmente le sue vittime si pisciavano
addosso e lo supplicavano in ginocchio ma quel ragazzo, quel Penguin
aveva addirittura insistito per vedersela con lui di persona. Possedeva
coraggio da vendere e incoscienza a palate, il tutto condito dal
desiderio di vendetta per la morte del suo amante.
Ora, lui in genere non vedeva di buon occhio le checche: erano
schifosamente emotive… ma quello lì era
particolarmente irritante. I suoi occhi lo squadravano come se volesse
assassinarlo, ma al tempo stesso era capace di rendere quel suo sguardo
imperscrutabile, semplicemente terrificante.
Penguin lo fissava ancora, lo fissava da quando aveva riattaccato e
rideva.
Anche mentre gli rifilava qualche calcio o gli rammentava quale fosse
la sua situazione, lui non smetteva di fissarlo, come potesse penetrare
in lui con quei suoi occhi scuri e perforanti.
Turbato, Rutherford ruppe il contatto visivo.
Era rimasto semplicemente allibito: Trafalgar Law aveva riattaccato!
Così, su due piedi, aveva abbandonato uno dei membri cardine
della sua ciurma. E quello non ne sembrava preoccupato, anzi, se la
rideva eccome. Improvvisamente tutto il terrore che lui rappresentava
sembrava essere diventato una grandiosa barzelletta.
-Allora?!- domandò il cacciatore di taglie, imprimendo
troppo astio nel tono di voce.
Penguin scosse le spalle, soffocando a stento un accesso di risa.
-Te l’avevo detto che non sarebbe venuto.-
-Già, sembrerebbe.- disse, lentamente, Hellhound, scandendo
le parole e scrutandolo con estrema attenzione, quasi lo temesse. Si
chinò su di lui e continuò studiarlo come se
potesse vivisezionarlo con lo sguardo. Penguin resse quel confronto
silenzioso, ma ne rimase turbato a sua volta.
Gli occhi di Rutherford erano neri come la pece, come i suoi, ma a
differenza di essi, non mostravano alcuna espressione in quel momento,
né poteva scorgervi alcun riflesso che desse loro vita.
-Perciò adesso potrei ucciderti.- disse -A quanto pare non
mi servi più.-
Il pirata deglutì.
-Oppure potrei costringere il tuo capitano a venire, se non per
salvarti,- gli fece scorrere lentamente la pistola lungo il corpo e si
fermò all’altezza dello stomaco -almeno per porre
fine alle tue sofferenze.-
Penguin si tirò su a sedere ben dritto, con notevole sforzo
e non smise di fissare l’altro negli occhi.
-Lascia che ti dica due cose sul mio capitano, allora.-
s’inumidì le labbra con la lingua, e le storse
appena per il sapore metallico del sangue colato dal naso. Aveva dolori
dappertutto e l’adrenalina se n’era andata a farsi
benedire, lasciandolo fiacco come uno straccio.
-Lui non verrà, perché non si spreca se non
c’è bisogno.- disse sogghignando e alzò
le spalle scuotendo la testa -Lui si fida di me.-
-Allora mi dispiace che abbia sbagliato i calcoli.- disse il cacciatore
di taglie iniziando a premere, lentamente, il grilletto.
-Ma certo, spara pure.- continuò Penguin -Dammi pure il
colpo di grazia, tre colpi, come hai fatto con Kirachan. Ma mi
raccomando, caricali bene, sono un tipo ambizioso anche io.-
Rutherford rimase interdetto.
-E a quanto pare, anche più di te.- continuò il
moro, parlando a raffica -Stavolta hai sbagliato i calcoli, zietto.-
A giudicare dalla reazione dell’altro, Penguin ritenne di
averci preso eccome. Mai come in quel momento le cose gli erano state
più chiare. Non erano solo congetture, poteva sentire
esattamente come stavano le cose e non riusciva proprio a reprimere un
ghigno sardonico di fronte a quello che sarebbe stato il suo assassino.
Aveva scoperto il segreto di Rutherford detto l’Hellhound, il
cane infernale. Il cacciatore di taglie sputato dagli inferi che
seguiva i dannati finché non li trascinava nelle viscere
della terra, dov’era pianto e stridore di denti.
Che sarebbe finito all’inferno Penguin lo sapeva, ma
preferiva entrarci da solo, non scortato dallo zerbino del diavolo.
-Ehi, zietto.- tentò un ultimo strattone alle corde che lo
imprigionavano, inutilmente -Ci vediamo di sotto.-
Sogghignò.
Rutherford, irritato all’estremo, fu seriamente sul punto di
premere il grilletto, quando percepì un movimento
disordinato alle sue spalle. Si voltò rapidamente e
sparò un colpo silenzioso. Il proiettile
s’incastrò nel muro di fronte.
L’uomo si guardò a destra, a sinistra, poi
alzò il capo e allora lo vide e i suoi occhi, per la prima
volta, si spalancarono per il terrore.
-Tu?!- esclamò Rutherford alla vista di un fantasma
più spaventoso di un diavolo sputato dall’inferno.
Killer il Massacratore, dai capelli dorati zuppi di sangue scarlatto,
precipitava su di lui, silenzioso e letale. Un angelo della morte
disceso allo scoccare dell’ora designata con le sue ali
metalliche, falci fatali.
Quando il silenzio fu rotto dal loro acuto stridio, per il cacciatore
di taglie era già la fine. Killer calò le sue
lame mortali con forza, quasi spezzando le braccia del nemico che
parò il colpo, ma contenne a stento la sua potenza.
Il pirata scattò all’indietro, solo per rigettarsi
verso l’avversario con più accanimento di prima.
Hellhound sparò innumerevoli volte. I proietti sfrecciarono
silenti dalle armi che stringeva fra le mani e dal suo mantello e
sempre fece centro, ma i proiettili scalfivano appena la pelle nera e
indurita, lucente come metallo, dell’uomo dedito al massacro.
Il cacciatore di taglie indietreggiò, d’un tratto,
intimorito dalla rabbia con cui quello lo incalzava, indomabile. Le
urla rabbiose di Killer erano terrificanti.
Penguin trattenne il fiato di fronte a quello scontro.
Quasi non ci credeva e non sapeva fino a che punto gioire di quello
sviluppo della vicenda. Da un lato l’uomo che amava grondava
di sangue, nonostante gran parte del suo corpo fosse nero e irrobustito
dalla Tonalità dell’Armatura, i proiettili di
Rutherford l’avevano colpito.
E quest’ultimo, pur perdendo il suo innaturale sprezzo per il
nemico, riusciva a tenere testa quella furia. Probabilmente,
considerate le condizioni disastrose di quegli, avrebbe potuto persino
avere nuovamente la meglio su di lui.
Killer tentò nuovamente di colpirlo con le sue lame rotanti,
ma ancora una volta l’uomo resse all’assalto. I
loro muscoli si contrassero spasmodicamente, poteva vederle, Penguin,
le vene pulsare selvaggiamente sui bicipiti del compagno e il sudore
grondare copiosamente dalla fronte del cacciatore di taglie. Il suo
sguardo tagliente era turbato, alla ricerca di una soluzione. E sarebbe
stata solo una questione di tempo, il medico non poteva permetterlo.
Quando Rutherford aprì il mantello, quando fu per sparare
nuovamente i suoi colpi misteriosi, Penguin si gettò contro
le sue gambe, con tutto il peso del proprio corpo spossato. Anche lui
usò l’Armatura e con quelle sue ultime forze, con
quel suo gesto dettato dall’istinto e dalla disperazione, gli
fece perdere l’equilibrio.
Rutherford spalancò gli occhi ancora di più,
colto alla sprovvista, ma reagì.
Sparò.
Sparò.
Sparò.
La terzina di grazia colpì il pirata biondo in piena fronte.
Ma il volto di Killer era mutato.
I suoi denti sporchi di sangue risaltavano sulla pelle completamente
nera del volto e si strinsero quasi scricchiolando per lo sforzo. Le
lame del Massacratore, le sue falci di morte straziante affondarono nel
corpo dell’uomo.
Penguin riuscì a sottrarsi alla sua furia rotolando oltre le
gambe del compagno, e lo fissò attonito e timoroso al tempo
stesso.
Il Massacro era iniziato.
Non aveva mai osservato Killer in certi frangenti. Non amava
particolarmente vedere le persone sbudellarsi, ma in quel momento non
riusciva a staccare gli occhi da lui.
In quel momento capì cosa lo attraeva di lui: Killer era
bellissimo proprio perché terrificante. Era una bestia
tenuta in gabbia, costretta da se stessa alla razionalità,
che sfogava i suoi istinti più infimi nel combattimento. I
riverberi rossastri del tramonto rendevano la scena irreale
riflettendosi sulle lame, sul sangue, sui capelli biondi scomposti da
quella sorta di danza votiva agli dei della carneficina.
Rutherford urlava e urlava e urlava. Tentò di reagire
sparando dal suo mantello, ma Killer lo falciò di netto,
spruzzando sangue ovunque. Solo allora Penguin scoprì il
trucco dietro il mantello. Era così ovvio.
C’erano decine e decine di armi da fuoco collegate a un
dispositivo: il cacciatore di taglie poteva far sparare quella che
voleva quando voleva.
Ma al medico non importava già più.
Le armi erano ormai ridotte a meri rottami e
Rutherford… aveva smesso di sentirlo, non udiva
null’altro che Killer. E non sapeva se aver paura di lui,
perché era bellissimo, eppure così terrificante.
Il sangue dell’Hellhound schizzava ovunque, addosso a lui,
sul terreno, sulle mura; rivestiva il corpo di Killer come una tuta
liquida, una sottile guaina di morte.
Un fendente solcò l’aria, un muro fu tranciato di
netto e collassò su se stesso.
La testa del cane infernale rotolò per qualche metro sul
terreno, alla sua destra, lo stuzzicadenti giaceva abbandonato nella
polvere.
Rutherford era proprio morto, pensò Penguin.
Rimase a fissare il suo capo che rotolava al tramonto per qualche
secondo, prima che i gemiti furiosi del compagno riattivassero la sua
attenzione.
L’Hellhound era stato scagliato all’inferno dal
quale proveniva, ma Killer non smetteva di accanirsi su di lui,
riducendo a brandelli sanguinolenti ciò che restava del suo
cadavere.
-Kirachan… - il moro esitò. Forse non era il caso
di attirare su di se il compagno scatenato: Killer aveva perso
totalmente il controllo di sé. Che avrebbe fatto
così legato se gli si fosse rivoltato contro?
Però doveva fermarlo, non poteva stare fermo a guardarlo
mentre si faceva male da solo. Non smetteva di sanguinare e urlava come
una bestia ferita, in trappola, disperata.
-Killer!- lo chiamò con decisione. -Kirachan!!- lo
chiamò ancora e ancora, ma Killer non sentiva la sua voce,
non vedeva nulla. Colpiva, uccideva, cancellava ripetutamente dalla
faccia della terra chi aveva osato sparare contro Penguin. E
quest’ultimo poteva leggere nel suo cuore solo urla
strazianti, come di un bambino sperduto in preda alla disperazione.
-Sono qui.- gli disse, sporgendosi verso di lui -Kirachan, vieni
qui... -
Il Massacratore si fermò di scatto e cercò
l’altro, sperduto, con gli occhi dilatati rivoltati nelle
orbite.
-Kirachan… - la sentì, finalmente, quella flebile
supplica. I suoi occhi sbarrati e completamente bianchi si restrinsero,
lentamente, fino a socchiudersi. Le pupille tornarono al loro posto.
Finalmente lo vide e quella visione lo placò.
Barcollò verso di lui, velocemente, e con movimenti
frenetici e sconnessi lo liberò dalle corde.
-Kirachan… - Penguin gli prese il viso fra le mani tremanti.
-Oh… Dio… Oh, Dio, sei vivo davvero… -
balbettò non riuscendo a trattenere più le
lacrime e lo strinse forte a se. Killer ricambiò
l’abbraccio, in silenzio.
Rimasero stretti per molti minuti, finché Penguin non
sentì allentare la presa delle braccia forti del compagno
sul suo corpo.
-Killer… - impallidì e lo scosse un poco -Ehi.-
L’altro si accasciò su di lui.
Il sangue non aveva smesso di defluire neppure per un istante e il
Massacratore era ormai una maschera cerea sporca di rosso e terriccio.
°
Quando Law entrò nella sua stanza, Penguin lo
seguì con lo sguardo.
-Come sta?- domandò senza celare la propria apprensione.
-Si sveglierà fra qualche ora.- rispose Law, porgendogli
delle pastiglie -Ti aiuteranno a riposare. -
-Non posso mettermi a dormire, capitano.- protestò lui,
tentando di alzarsi dal letto, ma le gambe lo tradirono cedendo sotto
il suo peso. Ricadde a sedere sul materasso ed emise un verso
sconsolato.
-Devi provarci, hai subito un forte shock emotivo, poi col risveglio
dell’Osservazione hai bisogno di meno stress possibile.-
-Sì, ma… -
Law rimase a guardarlo. Lo faceva sempre quando voleva che prendesse le
medicine ed era davvero inquietante perché era capace di
seguirti anche in bagno finché non cedevi e
t’imbottivi di farmaci disgustosi.
Che purtroppo erano per il tuo bene.
Penguin cedette.
-Però… tutto bene davvero?-
-Sì. Anche se è stato un azzardo operarlo in
quelle condizioni.-
-Già. Chissà che mi è preso.-
Il Chirurgo della Morte gli versò un bicchiere
d’acqua e glielo porse insieme alle pastiglie.
-Volevi salvargli la vita.- rispose -Ora dovrai assumerti la
responsabilità delle tue azioni.-
Penguin lo fissò sottecchi.
-Già. Ma non so quanto ci vorrà prima che si
rimetta del tutto.-
-One Piece non scappa.-
Penguin sorrise, Law usava spesso quella frase quando si trattava di
rallentare la corsa verso il grande Tesoro. Lui era convinto che si
sbagliasse, prima o poi qualcuno l’avrebbe trovato prima di
loro lo One Piece, ma non glielo disse mai. Il capitano sapeva essere
molto convincente, era difficile non lasciarsi trascinare dal suo
entusiasmo.
-E il caro Eustass?-
-Non ha fatto molte storie, credo fosse preoccupato per te.-
Penguin trasalì.
-Per me? Sicuro che non fosse troppo sbronzo? Mi pareva barcollasse
prima.-
Law si concesse una risata.
-Questo resti fra noi.-
-Ovviamente.-
-Ad ogni modo, non è stato molto corretto da parte tua
venire. - protestò ancora il medico ostentando un pizzico
d’orgoglio.
-Ah, sì? Tu hai detto al Capitano di non venire, non a me.-
Penguin annuì sorridendo appena.
-Già, se vogliamo puntualizzare.-
Il medico, alla fine, prese le sue medicine come un bravo bambino e si
stese sul letto.
-Quando si sveglierà, mandami a chiamare, per favore.-
-Aha.- Law fece per uscire dalla stanza quando il compagno lo
chiamò.
-Capitano… - non riuscì a trattenersi,
cercò di cacciare via le lacrime ma non vi riuscì
-Grazie… grazie per averlo salvato… e per essere
venuto... -
Il Chirurgo della Morte rimase a fissarlo per qualche secondo,
sorridendo dolcemente.
-Sono fiero di te.- disse prima di lasciarlo al suo riposo.
Quando lui e Kidd erano arrivati sul posto, erano rimasti basiti da
ciò che avevano trovato.
Erano appena a metà strada quando avevano percepito
un’aura spaventosa, come di una bestia furiosa, un mostro
terrificante e scatenato che li atterrì.
E quando poi avevano visto il corpo massiccio del Massacratore
accasciato su quello di Penguin, coperto di sangue, quando misero a
fuoco l’intera scena e inquadrarono il corpo del cane
infernale e la sua testa abbandonata come spazzatura, quando avevano
visto tutti quei brandelli di carne sparsi per la strada, compresero
esattamente cos’era successo.
Un tempo a Law non sarebbe importato nulla di Killer. Sarebbe stato un
normale paziente sul suo tavolo operatorio, ma
quell’operazione era stata davvero difficile da eseguire.
Il Massacratore aveva ben quattro proiettili conficcati nel cranio,
incastrati nella scatola cranica, altri tre avevano danneggiato le
ossa, ma non le avevano spaccate. Nessuno di questi aveva intaccato il
cervello, perché l’Armatura li aveva ostacolati.
In compenso non era una ferita da sottovalutare e il suo intero corpo
era stato devastato dai proiettili. Aveva lividi, ferite più
o meno profonde e qualche osso rotto. Una delle costole spezzate di
pochi millimetri non gli aveva trafitto il cuore.
Killer era forte, aveva spinto il suo corpo ad uno sforzo
estremo ed era poi collassato fra le braccia del compagno. Quando poi
il suo cuore aveva ceduto sotto i ferri per lo stress accumulato, Law
aveva davvero sudato freddo: Penguin aveva voluto assistere.
Anzi, lui voleva assolutamente operare Killer, ma il chirurgo glielo
aveva categoricamente impedito.
Già era un’operazione che comportava rischi troppo
elevati, eppure quello non aveva voluto sentirne.
-Sei troppo agitato, troppo coinvolto. Potresti commettere un errore
madornale che gli costerà davvero la vita.-
-Allora fallo, tu, capitano!-
Solo quando il chirurgo accettò di farsi carico di quel
fardello il medico desistette, ma pretese di restare a guardare, ad
assistere fino alla fine. Aveva trattenuto il fiato, si era divorato le
unghie delle mani e aveva pregato.
Esatto.
Penguin ogni tanto pregava, ma solo quando doveva affrontare momenti
così terribili da desiderare che qualcuno di ultraterreno
intervenisse per aiutarlo.
E in quel momento sentì che nonostante Law fosse il Chirurgo
della Morte, un essere capacissimo, intelligentissimo, abilissimo,
quasi un mostro della medicina, come l’esperienza gli aveva
insegnato, il suo capitano era anche umano. E avrebbe potuto fallire.
Perciò aveva giunto le mani, stringendole fino a far
sbiancare le nocche, mentre lo squillo acuto
dell’elettrocardiografo si spegneva.
Qualcuno dall’alto parve ascoltarlo: il suono ritmato riprese
pochi secondi dopo, regolare.
Quando Killer si svegliò, si rese conto di non riuscire a
muoversi bene e s’agitò.
La mano ferma di Penguin si strinse intorno alla sua.
-Tranquillo, è solo l’effetto dei farmaci.- gli
disse.
Il biondo si calmò all’istante quando lo vide e si
rilassò sul materasso. Rimase a fissarlo in silenzio, con le
parole imprigionate sulla punta della lingua.
-Non stai mentendo?- osò domandare.
-E’ una condizione momentanea.- sorrise Penguin -Tornerai
come nuovo, ricercato super sexy.-
Il Massacratore si concesse uno sbuffo divertito, poi si
guardò intorno, spaesato.
-Che cos’è successo? Dov’è
Rutherford?-
Il medico parve incupirsi, per cui il Massacratore ebbe un brutto
presentimento.
-Non saremo in una nave della Marina?!- s’agitò
nuovamente.
-No.- lo tranquillizzò subito il moro, spingendolo
delicatamente contro il materasso. -Non ricordi nulla?-
Il Massacratore ci pensò su qualche secondo, poi scosse il
capo.
-Pazienza, non è un bel ricordo.- concesse
l’altro, girandosi i pollici. Al che il biondo
inarcò un sopraciglio.
-Pen, che cos’è successo?-
-Non mi storcerai una confessione con quegli occhietti da gattino,
Kirachan.- si oppose ruotando lo sgabello girevole e dandogli le spalle
col labbro inferiore sporto comicamente.
-Vuol dire che chiederò a Trafalgar.-
Penguin gli lanciò un’occhiata in tralice e sporse
maggiormente il labbro.
-Sei venuto a salvarmi.- disse dopo una pausa. -Anche se eri
incosciente.-
Killer sbuffò nuovamente.
-Questo l’avevo capito. Ho di guardia delle comari.- disse.
Quando si era svegliato, aveva sentito qualcuno parlare fuori dalla
porta, però non era riuscito a capire chi fosse, a causa
delle ferite e dello stordimento da anestesia.
-E hai sentito di come ti ho portato in braccio fino al sottomarino?-
-Hai fatto due passi, poi è dovuto intervenire Kidd.-
-Che cazzo di pettegoli!- protestò stizzito il moro e Killer
scoppiò a ridere, anche se il dolore al petto, martoriato
dai proiettili di Rutherford, lo fece smettere immediatamente.
-Ti porterò degli antidolorifici.- disse premurosamente il
medico.
-E prima? Prima che è successo?-
-Quello che succede sempre quando si fa incazzare il Massacratore.
L’hai ucciso.- disse serio rigirandosi fra le mani un tubo di
metallo. Era il silenziatore di una delle armi del cacciatore di
taglie. Un oggetto particolarmente utile per gettarlo via, come il
resto delle armi rimaste integre.
-Solo?- indagò il biondo. Odiava dover estorcere le parole a
Penguin con le pinze. Dire che in quel momento preferiva esserci lui
sotto torchio era assurdo, ma, davvero, era spiacevole vedere
l’altro, di solito così allegro e chiacchierone,
sputare quattro parole in croce a malapena.
-Come l’ho ucciso?- domandò e il suo tono non
ammetteva evasioni.
Penguin si morse il labbro.
-L’hai fatto a pezzi.- sputò d’un fiato
-Macellato. I brandelli di carne hanno inceppato le lame, sono da
buttare. Ciò che resta di quel tipo è in
obitorio, giù. Se vuoi prenderti la gloria.-
-Se vogliamo.- ribatté quello -Se vuoi, anzi, io non mi
ricordo neppure che è successo.-
Penguin scosse le spalle.
-Non m’importa molto la gloria, ma facciamo pure
metà e metà. Credi che terranno conto di questo
quando mi alzeranno la taglia? Ovviamente vorrei anche una foto
migliore, tipo con questa posa.- esclamò sottolineando il
mento con indice e pollice, senza smettere di sfoggiare quel suo
maledetto sorriso da schiaffi.
-Credo che se andassimo a domandare di persona forse sì.-
Killer fece una smorfia divertita.
-Se mi accompagni tu, forse riesco anche a diventare una nuova leva.-
Parlottarono ancora qualche minuto di cose futili, poi il Massacratore
non riuscì più a evitare di tornare sul discorso.
-Hai avuto paura?-
-Tanta.- ammise Penguin. -Quello era davvero un osso duro.-
-Di me.- puntualizzò -Dicono che fossi in pessime
condizioni.-
-Impresentabile. Non chiedere la mia mano conciato così,
perché Law è molto selettivo coi miei
pretendenti.-
-Penguin… - lo redarguì il Massacratore, al che
il moro si arrese e si grattò la testa.
-Sì. Fa una certa impressione vederti
così… scatenato... - fu il suo momento di
ammutolire Killer con un gesto della mano -Però io so che tu
sei così. Per questo m’interessi.- Si
chinò su di lui e gli baciò le labbra
delicatamente -Sapevo dall’inizio a cosa andavo incontro.
Sei… mi piace il contrasto fra il te calmo e…
beh, quello… non riuscivo a toglierti gli occhi di dosso,
nonostante la scena fosse decisamente troppo forte per me
ma… tu sei Killer. Tu sei stupendo quando sei te stesso.-
Non trovava le parole giuste per esprimere tutte le sensazioni
discordanti che provò in quel momento, però non
riusciva a togliersi dalla testa la prepotente visione di Killer
completamente rivestito di sangue, immerso nel riverbero del tramonto,
mentre i suoi capelli ondeggiavano nell’aria smossa dalle sue
falci mortali. Un Killer che sull’orlo della morte
l’aveva cercato, inconsciamente, e l’aveva
strappato a una lenta agonia. Un Killer che aveva percepito arrivare,
dapprima ritenendolo solo una vana speranza, poi una prepotente
realtà. Allora aveva capito di aver appreso la
Tonalità dell’Osservazione.
In ogni caso, se Killer non fosse accorso in suo aiuto, sarebbe stato
impossibile per lui riuscire a sopravvivere e Rutherford avrebbe loro
aperto i cancelli di Impel Down o avrebbe steso sotto i loro piedi il
tappeto rosso verso il patibolo.
Penguin cercò di comunicare tutto questo al suo uomo
raccontandogli ogni cosa, ma l’imbarazzo fra ambo le parti
era palpabile. Ad ogni modo ebbero tutto il tempo che vollero.
Due giorni dopo, come previsto, Killer volle tornare sulla sua nave e
Penguin lo seguì.
Il Massacratore fu trasportato da un’imbarcazione
all’altra in barella tramite una passerella, nonostante le
sue proteste, ma il medico, il suo deficientissimo medico personale,
non volle saperne di farlo camminare.
-Stai buono, Kirachan, o farò pressioni sul vostro cuoco per
levarti la pastina.-
I pirati di Kidd si lasciarono sfuggire delle risatine divertite.
Accompagnarono i due nella cabina del Massacratore e deposero
quest’ultimo sul suo letto. Quello protestò ancora
un po’, ma Penguin fu perentorio: si sarebbe preso cura di
lui finché non si sarebbe rimesso totalmente in sesto.
Intanto, sul ponte, Kidd e Law si accordavano sulle ultime cose e si
salutavano.
-Grazie ancora per Killer.- disse il Capitano.
-Grazie a lui per Penguin.- rispose il Chirurgo della Morte.
I convenevoli non erano il loro forte, ma in quel momento la loro
complicità ebbe la meglio sui modi schietti. E poi non
dovevano mica nasconderlo a nessuno. Anche volendolo, la loro relazione
ormai era roba pubblica, ci mancavano solo le riviste di gossip.
Fu Kidd ad aprire le danze, afferrando il viso del compagno e
baciandolo con foga, cercando la lingua con la sua e Law non
poté non accettare l’invito. Un coretto di
“ooooh” si levò nell’aria,
subito messo a tacere dalle occhiate demoniache dei due.
Quando la nave salpò, Penguin non poté fare a
meno di notare quanto l’atmosfera sulla nave di Kidd fosse
differente dall’aria che si respirava sul sottomarino.
C’erano tizi più violenti, irritabili, maliziosi,
stronzi se vogliamo usare le parole forti, e tutti vestivano in modo
assurdo o indecoroso. Per di più c’erano quei due
stangoni di Heat e Wire che a vederli da vicino lo mettevano in
soggezione.
-Ehm… ciao ragazzi… - li salutò
uscendo sul ponte e trovandoseli improvvisamente davanti. -Che
c’è?- chiese intuendo come non avessero
propriamente buone intenzioni nei suoi confronti. I due si guardarono
complici, poi lo fissarono.
-Nulla nulla.- disse Wire posandogli una mano enorme sulla spalla.
-Ma se stai su questa nave, pinguino, devi adottare i nostri costumi.-
rispose Heat.
-Devo mettere pelliccia e giarrettiera?- domandò preoccupato
il medico.
Per tutta risposta i due lo trascinarono sottocoperta e a nulla
servì il suo continuo appellarsi al Massacratore. Il
maledetto duo pipistrello-bambolone voodoo gli strappò la
tuta di dosso e lo rivestì (o meglio, svestì) di
tutto punto. Riuscì a salvare solo il proprio capello, ma,
come temeva, quegli stronzi gli rifilarono calze a rete e giarrettiera.
E un paio di calzoncini aderenti bianchi.
In compenso ebbe la certezza che quella visione fosse molto gradita a
Killer.
-Sai, credo che potrei prendere in considerazione l’idea di
trasferirmi qui.- annunciò al compagno.
Ovviamente, se fosse stato vero, a Kidd sarebbe venuto un infarto.
FINE
Note:
Signori e signore, siamo giunti al termine di
quest'avventura. Spero vi sia piaciuta, perdonate i contenuti
abbastanza forti alla fine.
Vediamo, che dire, infine, su Ruth: pur avendo voluto creare un
personaggio quasi sovrumano alla fine ho deciso che fosse semplicemente
umano. Intelligentissimo, sì, perché sa sfruttare
le angolazioni dei colpi, possiede strani aggeggi, è ben
allenato, conosce le sue vittime. E’ uno che sa il fatto suo.
Ma è umano.
Com’è umano Killer… beh, a volte su di
lui ho dei dubbi, ma sono dettagli.
Ho pensato che mettere contro due umani relativamente normali un
fruttato molto potente potesse essere troppo. Non voglio dire che loro
siano deboli, c’è sempre l’Haki, come
avete visto. Ma la mia prima idea era quella di dargli un Rogia,
insomma, non era il caso u.u
In più: lui possiede solo l’Ambizione
dell’Armatura. Non quello dell’Osservazione.
Perché non gli importa di possederlo. Per lui non dico che
è un gioco, ma è quasi una passione viscerale
affrontare avversari di un certo calibro e leggere nelle loro menti o
cose simili, diminuirebbe il gusto della vittoria. Perciò
non si è mai curato di questo lato.
Di contro, ho deciso di farlo sviluppare a Penguin in seguito allo
shock, come accade a Koby, perché spinto dal desiderio di
rendersi conto se Kirachan fosse davvero morto.
Questa storia è stata un autentico parto, perciò
grazie per avere letto fin qui e… beh, se ci sono cose che
non vi tornano, dite pure.
Kiss kiss!!
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