Smooth

di Nereisi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo primo ***
Capitolo 2: *** capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** capitolo terzo ***



Capitolo 1
*** capitolo primo ***


Smooth
 

                                                                          << And if you say this life ain't good enough
                                                                                 I would give my world to lift you up
                                                                                   I could change my life to better suit your mood
                                                                                   'Cause you're so smooth >>
                                                                                        Carlos santana – smooth
                                                      
 
Ulquiorra camminava con calma per i corridoi di Las Noches, i muri bianchi gli sfilavano davanti agli occhi in un’inespressività senza fine.
Alle sue spalle, due arrancar di basso rango spingevano il carrello contenente il pranzo per l’umana.
D’altronde, era l’unica creatura che aveva bisogno di cibarsi in tutto l’Hueco Mundo.
 
Finalmente, l’Espada giunse davanti alla stanza della ragazza. Senza troppe cerimonie aprì la porta e il mantello si sollevò un poco a causa della corrente d’aria.
L’umana era di nuovo davanti alla finestra, a fissare quel cielo fasullo, forse sperando in un’alba che non ci sarebbe mai stata; le mani giunte e lo sguardo spento.
 
Appena sentì il rumore della porta si ridestò, cercando con gli occhi lo sguardo del Cuarto, cercando di dargli un flebile saluto; ma, da parte sua, nessuna reazione.
 
<< mangia, umana. >>
 
A quell’appellativo Ulquiorra vide un lampo indispettito passare per gli occhi della ragazza, ma sparì subito. Lei sospirò, volgendo di nuovo lo sguardo alla pseudo-luna.
 
<< Orihime, mi chiamo Orihime. >>
 
Per tutta risposta, l’Espada si limitò a fissarla, cercando di indurla a mangiare con lo sguardo. Ma lei faceva finta di non guardarlo.
L’Espada si appoggiò allo stipite della porta, infilando i pugni nelle tasche e reprimendo l’impulso di cacciarle il cibo giù nella gola a forza.
 
<< perché esisti, donna? >>
 
Questo ormai era diventato un colloquio monotono. Sempre le stesse domande, sempre le stesse risposte. Parole pronunciate in una litania atona a causa delle troppe volte passate a ripeterle. Parole che avevano il solo scopo di minare la sua volontà, di farle perdere ogni attaccamento alla ribellione…e alla sua vita passata.
 
Mentre ella si girava, la sua voce non tremò, nel suo sguardo non c’era il dubbio.
 
<< per servire Aizen-sama e adempiere ai suoi desideri. >>
 
Aveva esitato solo per un istante.
 
Che donna dall’incredibile forza di volontà.
 
<< e cosa si aspetta da te Aizen-sama? >>
<< che mangi, resti in vita e che me ne stia buona in questa prigione senza dare noie fino a quando avrà bisogno di me. >>
<< esatto. Quindi, mangia. >>
 
Sospirando, Orihime si diresse verso il carrellino e alzò il coperchio che copriva le pietanze.

 
 
Dopo che la ragazza ebbe finito di mangiare, i due  arrancar portarono via il carrello.
Il Cuarto fece per voltare le spalle, ma sentì resistenza, e un calore inaspettato gli circondò il polso. Uno sprazzo di sorpresa animò il suo volto inespressivo, che ritornò subito normale.
Si girò a fissare la mano di Orihime, aggrappata alla sua.
Sembrava stupita anche lei del suo gesto.
 
<< ti serve qualcosa? >>
 
Con uno scatto lei ritrasse la mano e se la portò al petto.
 
<< non andare. Resta qui. >>
 
Nella testa dell’Espada vorticavano mille domande, così tante e così varie, tutte causate da qual piccolo gesto, da quella piccola voce… da quella piccola umana.
 
<< non mi è concesso. Io sono qua per sorvegliarti. Sono il tuo carceriere. On dimenticarlo. >>
<< però Aizen-sama mi vuole in salute, giusto? >>
 
Ulquiorra asserì.
 
<< allora credo che non gli farebbe piacere se impazzissi, vero? >>
<< non vedo perché dovresti impazzire. >>
 
La ragazza fece qualche passo indietro, allargando le braccia per indicare la stanza.
 
<< ogni creatura vivente ha bisogno di qualcosa. Noi umani abbiamo bisogno fondamentalmente di tre cose: il cibo per il corpo, qualcosa per tenere impegnata la mente e dei rapporti per lo spirito e l’anime. E per non impazzire. >>
<< non vedo cosa c’entro io. >>
 
Lei si avvicinò.
 
<< sono tutto il giorno sola in questa stanza. L’unica persona che vedo sei tu….>>
 
L’Espada rimase impassibile.
Lei lo guardava con occhi speranzosi.
Ma tutto quello che ottenne fu il candido mantello del Cuarto che le svolazzò davanti al naso, mentre lui, mani in tasca, si incamminava verso la porta della stanza.
 
Orihime cadde in ginocchio, sforzandosi di non piangere e di darsi un contegno.
 
<< per favore…. >>
 
Quel flebile sussurro carico di tristezza e malinconia giunse alle  orecchie di Ulquiorra più rumoroso di un tuono, inducendolo a fermare i suoi passi.
 
Non sentendo più il rumore dei passi dell’Espada, Inoue alzò la testa.
Ulquiorra era fermo. Poi il suo mantello riprese a svolazzare.
 
<< Vedrò cosa posso fare. >>
 
La porta si chiuse.
Orihime sorrise.
Si sedette sul divano.
E aspettò.

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Capitolo 2
*** capitolo secondo ***


       Capitolo Secondo
                                                                                                                                               - And it’s just like the ocean
                                                                                                                                                                   Under the moon
                                                                                                                  It’s the same as the emotion when I got you
                                                                                                                                                        You got the kinda lovin’
                                                                                                                                                  Oh, you can be so smooth
                                                                                                                                        Give me your heart, make it real
                                                                                                                                                       Or else forget about it –
                                                                                                                                                  Carlos Santana – Smooth
 
 
 L’ imponente fortezza, silenziosa durante la notte così come durante il giorno, avvolgeva i suoi ospiti con le sue fredde mura, mute testimoni di segreti non detti.
Tra i tanti ammassi di anime che fingevano il riposo, soltanto una solitaria memoria restava sveglia con la pace nel cuore.
Orihime era nella sua stanza a fissare come sempre la pallida luna dell’Hueco Mundo, facendosi investire dal cono luminoso passante per la finestra, unica fonte di luce di quella camera.
Las Noches illuminante dalla luce notturna era affascinante. Rendeva quella specie di prigione un po’ meno spaventosa; in quanto pervadeva ogni cosa con la sua pacifica calma.
Sebbene sapesse fin troppo bene che quella non era la vera Luna, ma una mera imitazione di quella presente nel suo mondo, Orihime era certa che, chissà per quale strano fenomeno, guardando quella luna finta, magari, da qualche parte, uno shinigami dai capelli arancioni potesse stare ricambiando il suo sguardo; come se quel finto astro fosse una specie di tramite che li unisse.
La verità era ben differente.
Essendo quella sottospecie di sfera lattiginosa l’unica cosa che le era familiare in quella dimensione pullulante di Hollow, ci si aggrappava disperatamente, rendendola una delle due ancore di salvezza che le davano la forza di non arrendersi e di continuare a sopportare la prigionia inflittagli da Aizen.
“Una delle due” perché, appunto, sono due le cose che tenevano la Fullbringer in vita.
Una era la Luna.
L’altra…
 
<< Il tuo pasto, donna. >>
 
Annunciato dalla sua atona voce, la porta si aprì e fece la sua comparsa Ulquiorra, con al seguito i due arrancar che spingevano il carrellino contenente la sua cena.
La Fullbringer nascose tra i capelli il sorriso che le increspò le labbra e si girò, fronteggiando l’Espada con gioia mal nascosta.
 
<< Buongiorno. >>  disse, cercando di indurgli un sorriso. Cosa che, ovviamente, non accadde.
<< Mangia. >>  disse lui per tutta risposta, indicando con un cenno del capo i piatti fumanti.
 
Una volta tanto, la rossa non si fece pregare e si sedette sul divanetto, poggiando i piatti sul tavolino e legandosi i lunghi capelli con un elastico per non farli andare dentro alle pietanze.  Masticò il cibo in silenzio, guardando di sottecchi il suo custode, che a sua volta fissava la ragazza per assicurarsi che mangiasse.
Quando ebbe finito, gli arrancar sparecchiarono, caricarono tutto sul carrello e si dileguarono dalla porta.
Ulquiorra rimaneva fermo al centro della stanza. Orihime, incuriosita da quello strano comportamento (di solito seguiva a ruota i due Hollow), non aspettò molto prima di chiedergli cosa ci fosse che non andava.
Lui la fissò in silenzio per un po’; poi fece un cenno del capo e le diede le spalle, incamminandosi verso la porta, infilandola. La Fullbringer restò da sola nella stanza. Mosse timidamente piccoli passettini incerti verso la porta spalancata che il Cuarto aveva lasciato dietro di sé. Non sapeva cosa fare. In fondo, quella porta aperta poteva essere un incito a uscire tra le righe, no? L’Espada non era di certo così stupido da commettere un errore grossolano come quello.
Appoggiandosi allo stipite della porta Orihime fece capolino con la testa, saggiando i dintorni con lo sguardo. Nessun nemico in vista. Stringendosi convulsamente i polsi al petto per la tensione, fissò la mattonella quadrata laccata di bianco davanti al suo piede come se, pestandola, saltasse fuori Aizen in persona per ricacciarla tra le mura della sua stanza, da sola. Di nuovo.
Scosse la testa come per scacciare quell’orribile possibilità e, facendosi coraggio, con un’espressione risoluta sul volto, pestò con forza, forse anche eccessiva,  quell’innocente mattonella che di male non aveva fatto niente. Non successe nulla. La ragazza, rassicurata, tirò un sospiro di sollievo, portando anche l’altro piede fuori dalla prigione. Cominciò a guardarsi intorno. Non era mai stata fuori dalla sua stanza, dopotutto.

<< Hai paura del pavimento del corridoio? >>

La Fullbringer sobbalzò, girandosi di scatto. Ulquiorra era apparso silenziosamente alle sue spalle. Non un rumore aveva tradito la sua presenza.
Torturandosi le mani, la rossa provò a spiegare, incespicando sulle parole e finendo inevitabilmente per balbettare, terrorizzata ma al contempo fiduciosa della sua reazione.

<< Ah…eh… l-la po… la p-porta era aperta… così… io… pensavo… credevo… insomma… che fosse un incito a uscire! >> completò tutto d’un fiato, la voce un po’ stridula.

Il Cuarto rimase in silenzio, fissandola con i suoi occhi inespressivi. Dopodiché, quello che sembrava un guizzo divertito sfrecciò fulmineamente nei suoi occhi, talmente veloce che Orihime non fu nemmeno tanto sicura di averlo visto. Poi, l’Espada si girò, scrutandola con la coda dell’occhio.

<< Spero per te che tu non abbia pensato che avessi lasciato la porta aperta per sbaglio. >>

Orihime lo fulminò, per quanto le fu possibile, con lo sguardo, sentendosi presa per una stupida.

<< C-certo che lo sapevo! Cosa credi?! È per questo che sono uscita! >>
<< Mh. >> continuava a squadrarla. Calò un silenzio imbarazzante, che Orihime cercò di riempire dondolandosi sul posto o torturandosi le mani. Poi, Ulquiorra fece di nuovo lo stesso cenno del capo che aveva fatto poco prima, e si incamminò lungo il corridoio.
La ragazza questa volta non ebbe dubbi.
Lo seguì immediatamente.
 
                                                                                         ***
 
Camminarono in silenzio, percorrendo quei corridoi che sembravano  un labirinto laccato di bianca indifferenza. Orihime, timorosa di chiedere la loro destinazione, non fiatò.
Ma quando vide che alla fine  del corridoio si intravedeva un rettangolo luminoso, probabilmente l’uscita, si innervosì. Cosa stava per accadere? Era qualcosa di pericoloso? Le era permesso farlo, oppure questa era un’eccezione al patto fra lei e Aizen? E se così fosse, le vite dei suoi amici erano in pericolo? Non avevano più bisogno di lei? La stava liberando?
Molte altre ipotesi si rincorsero una dietro l’altra nella testa di Orihime, che si era impensierita tanto da non notare che, sia lei sia Ulquiorra erano già stati inghiottiti dalla luce: erano all’esterno.
L’Espada rimise in tasca la mano che aveva casualmente lasciato a penzoloni di fianco al corpo e si girò verso la rossa, studiandone le reazioni.
La ragazza, occhi leggermente spalancati e con la bocca semiaperta per lo stupore, puntava lo sguardo  sul paesaggio circostante, scrutandolo prima con meraviglia, poi con brama famelica;  come se avesse ormai dimenticato come fosse bello un panorama senza quelle scomode e fastidiose sbarre di mezzo.
Poi, come se si fosse dimenticata una cosa importante, si affrettò a volgere lo sguardo al cielo, dove il finto astro la illuminava con la sua pallida luce falsa, ma benefica. Incredibilmente sollevata, gli occhi le si fecero umidi.
 
<< Sei felice? >>
 
La domanda a secco la sorprese. Si girò verso  il Cuarto abbozzando un sorriso.
 
<< U-Uhm… >>
A disagio, nascose il viso fra i capelli.
Dopo essersi velocemente asciugata le lacrime con la punta del dito, prese a osservare il paesaggio con più calma. A quanto pareva, Las Noches era circondata da un deserto di cui non riusciva a scorgere la fine.
Come ogni deserto d’altronde. Questa normalità la rassicurò.
Ma, guardando più attentamente, Orihime scorse le sfumature della sabbia che, chissà, forse per il riflesso della luna o perché era emotivamente scossa, la portarono a pensare che quel deserto –
 
<< Sembra un oceano… >> si sorprese persino lei di quelle parole che, sottovoce e in punta dei piedi, le erano sfuggite dalle labbra. Guardò Ulquiorra di sottecchi, aspettando una sua reazione.
Lui non si scompose più di tanto, ma era comunque curioso  di quella constatazione del tutto fuori luogo alla situazione << Cosa? >>
Orihime avvampò, imbarazzata. << Bè, sì, cioè… voglio dire… >> gesticolò freneticamente << che… ehm… le dune assomigliano molto a delle onde…. No? >> terminò con un urletto di due ottave più alto che di calmo aveva ben poco.
 
L’Espada la fissò per un tempo che le parve interminabile, per poi rispondere con un semplice “ non mi sembra ”.
Orihime restò interdetta per un po’, poi sospirò, rassegnata.
 
<< Tu non hai fantasia >> recriminò.
 
E, per la prima volta da quando lo conosceva, la Fullbringer vide un’espressione di sincera sorpresa sul volto di Ulquiorra. Era la prima volta che trapassava un emozione nel suo viso scarno! Riusciva quasi a intuire quello che stava pensando: “ cosa fa credere a questa donna che io sia tenuto ad avere fantasia o anche solo a sapere cosa sia?? ”
Decise di non farglielo notare. Chissà, magari, se avesse continuato a dimostrare inconsciamente i propri sentimenti, l’avrebbe fatto più spesso e finalmente avrebbe ammesso di possedere  dei sentimenti!
 
Reprimendo un sorriso, la ragazza si sedette sulla sabbia, raccogliendo le gambe al petto.
Fece cenno a Ulquiorra di sedersi vicino a lei.
Sorprendentemente, l’Espada si avvicinò; ma non si sedette: piegò solamente le ginocchia, rimanendo in equilibrio sui talloni.
Orihime non insistette oltre: era già tanto per quel momento. Le bastava.
Rimasero così per un po’; poi la rossa ruppe il silenzio.
 
<< Grazie. >>
 
Lo sapeva per cosa lo stava ringraziando. Non aveva intenzione di impegnare quel poco di voce che le era rimasto per spiegargli le ragioni della sua gratitudine. Era intelligente, ci sarebbe arrivato, giusto? E non gli importava niente se la considerava solo una stupida umana e quel gesto di gentilezza era un ordine di Aizen! Quello che è fatto è fatto e lei era una persona educata e aveva fatto solo quello che c’era da fare in quel frangente. Sì, non aveva fatto niente di male, sì, era nel giusto e NO, non si sarebbe girata per vedere la solita faccia senza espressione che le stava sicuramente fissand-
 
<< Prego. >>
 
E invece si girò eccome.  Ed eccome se c’era quella faccia senza espressione che la stava fissando.
Ma, chissà perché, Orihime si sentì irrimediabilmente felice a guardare senza paura o vergogna quell’essere tanto potente dritto negli occhi.
 
Rimasero così per un tempo indeterminato, umana e Espada; l’uno di fianco all’atra, aventi come sfondo la vastità di quell’oceano-deserto.
 
 
 
 
Fu un leggero “tup” e un peso che si poggiò sulla sua spalla che avvisarono Ulquiorra che l’umana si era addormentata.
Senza perdere ulteriore tempo, l’Espada la prese in braccio e fece dietro-front, rientrando nella fortezza.
Già da qualche minuto aveva notato che la ragazza tremava per il freddo; il deserto di notte aveva un’escursione termica notevole; ma lei, stoicamente, pur di restare all’esterno non aveva aperto bocca, finendo per addormentarsi. Se si fosse ammalata sarebbe stata una sua responsabilità, ma aveva comunque voluto saggiare la sua volontà.
La testa della ragazza poggiava sul suo petto, cosicché i capelli, ancora legati, gli solleticavano il naso.
Ma fece finta di niente.
Passò invece alla contemplazione del viso della ragazza che, come se fosse a casa sua, nel suo letto, e non in braccio a un demone il un mondo parallelo, si accoccolò meglio nel suo semi abbraccio farfugliando parole a caso e producendosi in espressioni stupide che Ulquiorra vide per la prima volta sul suo volto e che lo sorpresero profondamente. Non credeva che la ragazza avrebbe mai fatto simili espressioni in sua presenza. Forse si sentiva al sicuro tra le sue braccia. Questo pensiero lo turbò un poco.
 
Raggiunta la stanza, depose la ragazza sul letto e la coprì col lenzuolo.
Formulando un pensiero che lo soprese, sfilò l’elastico dai capelli dell’umana, ritenendo che forse le avrebbe dato fastidio nel sonno.
Le sistemò alcuni capelli intorno al viso ma, nel movimento, le sue dita le sfiorarono le labbra, e lei si svegliò.
E, con una goffaggine e un’ingenuità che solo il sonno sa dare, intrappolò il freddo dito di Ulquiorra nelle sue dita calde e il suo sorriso luminoso in quella buia stanza abbagliò l’Espada.
 
<< Buonanotte Ulquiorra >>
 
Il demone restò paralizzato. “ Ulquiorra “.
Non “ tu ” o qualsiasi altro pronome.
“ Ulquiorra ”.
Per la prima volta aveva sentito il suo nome pronunciato da quelle labbra, e suonava bene. Molto bene.
A disagio, masticò un “ Buonanotte ” che sorprese di nuovo tutti e due e poi scivolò fuori dalla stanza, lasciando un’umana felice ad addormentarsi, mentre la luna, indifferente a tutto, continuava, come sempre, a illuminare Las Noches e i loro destini.         







angolino dei funghi                      
*anf anf* 
ragazzi finalmente ce l'ho fatta! non ci speravo più nemmeno io!
ebbene sì, finalmente, dopo decadi di muffa, questa ff è tornata alla luce con il tanto atteso seguito!
e allora? ve lo aspettavate? che qualcosa stia cambiando nel cuore (sempre se ce l'ha) di Ulquiorra? che sia l'influenza di orihime?
lasciatemi un commentino, ne? dai, che è lungo, mi merito qualcosina, no? ;)

com al solito ringrazio chi ha messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate e chi ha lasciato tenere recensioni *agh! il diabete*
smooth appartiene a Carlos Santana, mentre Bleach e i suoi meravigliosi personaggi a Tite Cubo. agli autori tutti i crediti!

hasta la vista, ciurmaglia! al prossimo capitolo!
animelover                                                               

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Capitolo 3
*** capitolo terzo ***


Capitolo Terzo
 
 
 
Quel giorno, a Las Noches stava succedendo qualcosa. Orihime lo sentiva dall’eccitazione che pervadeva l’aria, dalla tensione che aveva fatto smettere di frinire i grilli del deserto della morte.
Stava succedendo qualcosa, ci scommetteva la testa.
La fortezza, di solito così silenziosa, non aveva perso la sua quiete, ma era una quiete agitata, pronta a svanire in qualsiasi momento.
Lo scalpiccio che proveniva dall’altro lato della porta era un chiaro indizio del fatto che gli Arrancar si stavano muovendo.
 
Cosa stava per accadere?
 
Orihime si torturava le mani, frustrata, perché di nuovo non poteva fare niente.
Le sarebbe bastato sapere cosa stava succedendo, si sarebbe calmata un po’ anche solo sapendolo. Non avrebbe potuto comunque lasciare la stanza, ma sarebbe stato già qualcosa.
Continuò a percorrere il perimetro della sua stanza, innervosendosi sempre di più col passare del tempo. Con la curiosità che continuava a crescere, si mise perfino accucciata sulla porta, cercando di captare i bisbigli contenuti che di sussurrava chi passava per il corridoio.
Las Noche sembrava essersi trasformata in un alveare, pronto a unirsi contro il nemico in difesa del miele.
Orihime quasi si strozzò con le risate quando provò a immaginare il suo carceriere travestito da ape, tornando serie l’esatto momento dopo, rendendosi conto che la sua testa non sarebbe più stata al sicuro sul suo collo se il sopraccitato carceriere fosse venuto a sapere quella fantasia.
 
Non riuscendo a sentire niente di quello che stava succedendo oltre la porta tranne dei passi che stavano scemando di intensità, la ragazza riprese a camminare lungo il circuito che aveva precedentemente adoperato.
La tensione e la frustrazione furono aumentati dal ticchettio dei suoi stessi tacchi.
Di tanto in tanto si fermava, convinta di aver udito un soffio di conversazione; per poi riprendere a camminare, con rassegnazione e ulteriore tensione che le si accumulavano nel corpo.
non ci sarebbe stato da stupirsi, quindi, se avesse assalito il primo malcapitato che fosse entrato da quella porta per sommergerlo di domande. E così fu.
Ma di certo Ulquiorra non si aspettava di venire accolto con un “ Allora?! Che c’è?! ” entrando nella camera dell’umana.
Non se lo aspettava, giudicando dal passo indietro e dall’espressione confusa e sorpresa sul volto.
 
Inoue Orihime, 15 anni, umana, aveva fatto fare un passo indietro ad un Espada. Il Cuarto, a essere precisi. E confondendolo, per di più.
 
La ragazza quasi non credeva ai propri occhi, molto più sorpresa di lui. Finalmente aveva visto un’emozione su quel volto!
 
Ulquiorra si riprese in meno di due secondi (che bastarono alla ragazza per imprimersi a fuoco quell’immagine) e ritornò al suo solito viso inespressivo.
 
<< Vieni. >>  proferì << Il tuo posto non è più in questa stanza. >>
<< Perché? Cosa sta succedendo? Come mai c’è tanta agitazione? Io- >>
 
Una deflagrazione interruppe le sue parole l’aria si riempì di sibili.
Orihime traballò sul posto a causa delle scosse, e stava quasi per cadere; se non fosse stato che l’Espada la sorresse per lo stomaco, un’espressione di fredda irritazione in volto.
 
<< Tsk. Sono già arrivati. >>
<< Arrivati? >>
 
E poi, successe.
La luce lunare che veniva dalla finestra che illuminava il volto del suo interlocutore facendolo sembrare ancora più pallido di quanto già non era si oscurò di colpo, disegnando un’ombra sul suo viso. Si girò di scatto. Ed era lì. Proprio lì, in mezzo alle sbarre della finestra, stagliato contro la luna contrastando i suoi raggi, incarnandosi in essi, i lembi del suo bankai che svolazzavano intorno alla sua figura, facendolo apparire come un angelo delle tenebre.
Kurosaki Ichigo.
 
E la ragazza restò così, a guardare aggiungersi altre figure scure di fianco  a lui. I suoi amici erano venuti, erano venuti per lei, a salvarla.
Eppure, la cosa che atterrì di più non fu il pensiero dei pericoli ai quali si erano e si sarebbero dovuti esporre per arrivare a lei, ma il pensiero che per un momento aveva pensato che lei, proprio lei che era prigioniera, stava bene dove stava.
 
                                                                     ***
 
 
In colpa. Si sentiva tremendamente in colpa per il pensiero che aveva appena partorito.
Era solo una persona meschina per averlo pensato. Pazza, senza ombra di dubbio, ma meschina.
Era talmente immersa nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno del luccichio metallico alle sue spalle.
 
Ulquiorra sfoderò silenziosamente la spada, e in un battito di ciglia il filo della lama apparve pericolosamente vicino al collo di Orihime. La ragazza poté vedere il riflesso dei suoi occhi nel piatto della spada, che in una frazione di secondo si posizionò di taglio.
 
<< Seguimi. >>
<< Cosa sta- >> la lama le premette leggermente sulla guancia
<< Non ti è concesso fare domande. Il tuo compito, ciò che ti trattiene qui, sta per compiersi. Seguimi. >>
<< Ma- >> e stavolta non si interruppe per un avvertimento da parte dell’Espada. Lesse per la prima volta un’emozione non nascosta nei suoi occhi, ed era così intensa da pietrificarla sul posto.
Dolore.
Ulquiorra stava soffrendo.
Un’emozione così intensa che faceva quasi male guardarla.
Lesse la sua preghiera silenziosa e l’accettò.
 
Stirò le labbra in un triste sorriso. << Va bene, indicami la via, Ulquiorra. >>
E, come la sera precedente, gli occhi del Cuarto si spalancarono per l’inaspettato saluto.
Si ricompose in fretta. Rinfoderò l’arma e si girò di spalle, dirigendosi verso la porta con passo lento  cadenzato, quasi solenne. Lei lo seguì.
 
 
 
Fu condotta in una stanza particolare, scura, il pavimento illuminato a tratti da piccole lucine.
Ulqiorra si fermò e si fece da parte, rivelando il contenuto della stanza. Al cento di quest’ultima, un piedistallo alto poco più di un metro proiettava un raggio di luce conica verso il soffitto.
Un piccolo cubo luminescente galleggiava in mezzo a quella luce.
 
<< Cosa devo fare? >> domandò lei, non avendone idea; ma non ricevette risposta.
<< Ulquiorra cosa devo- >> un colpo secco alla nuca le bloccò le parole in cola, facendole perdere i sensi.
L’Espada, ancora con la mano piazzata di taglio dietro al suo collo, la sorresse con l’altro braccio, controllando tutte le funzioni vitali per assicurarsi di non aver esagerato con la forza.
Era solo un’umana, dopotutto.
 
Dal pavimento, dietro al piedistallo, emerse un letto di pietra. Ce la distese sopra, sistemandole un’ultima volta i capelli, soffermandosi leggermente sulle sue labbra con un dito, carezzandole leggermente la guancia. Lei, ancora incosciente, si agitò. Probabilmente stava cercando di svegliarsi; e anche se non sorrideva sembrava avere un sonno sereno.
Ulquiorra saggiò la morbidezza delle sue labbra con la punta di un dito.
L’espressione di dolore tornò sul suo volto.
 
<< Mi dispiace… Orihime. >>
E la sua mano ritornò dov’era solita stare: sul suo fianco. Lontano dal tepore di quel corpo.
 
Lei si irrigidì, il sorriso scomparve dal suo volto e le lunghe ciglia non seppero trattenere una lacrima, che rotolò giù lungo il suo collo.
Sembrava quasi cercare di nuovo il freddo contatto del suo dito.
L’Espada fu tentato, ma qualcuno bussò alla porta e lui tornò alla sua compostezza.
Raggiunse la porta e l’aprì, facendo entrare due Arrancar inferiori, che precedevano… Aizen.
Quest’ultimo gli rivolse uno sei suoi sguardi affilati, per poi sorridergli.
 
<< Ottimo lavoro. Puoi andare. Sai cosa fare, adesso. >>
 
E, senza aggiungere altro, infilò la porta.
Il Cuarto restò solo nel corridoio, a guardare la porta che si chiudeva.
 
<< Mi… sarebbe piaciuto avere… più tempo… >> il suo sussurro lo udì soltanto lui, perché oramai i battenti si erano chiusi, separandolo dall’unica umana che aveva ritenuto interessante in tutta la sua vita.
 
 
Deciso, diede le spalle alla stanza e s’incamminò con passo solenne, incontro al suo prossimo compito.
Non si voltò indietro.
 
 
                                                                       ***
 
La Fullbringer riprese conoscenza con delle esplosioni come sottofondo.
Si tirò a sedere, confusa. Provava una strana sensazione, si sentiva svuotata.
Si guardò intorno, cercando di capire dove fosse. Si trovava nella stanza dove Ulquiorra l’aveva condotta poco prima, per poi farla svenire; ma c’era qualche differenza.
Non c’era nessun pilastro al centro della stanza, e il fascio di luce, insieme a quello strano cubo luminescente, erano scomparsi con lui. Le pareti erano annerite e per tutti e quattro i muri della stanza correva una crepa larga almeno venti centimetri, distante da terra due metri.
Quando scese dal letto di pietra, vide con orrore che per terra giacevano i resti di due arrancar, orribilmente decapitati proprio all’altezza della crepa.
Terrorizzata, richiamò il suo scudo e cercò di curarli; ma qualsiasi  cosa li avesse feriti era molto più potente di lei: il reiatsu rimasto sulle ferite non le permetteva di curare i malcapitati.
D’un tratto le fu chiaro chi era il possessore di quel reiatsu. Aizen.
 
 
Altre esplosioni disturbarono il flusso dei suoi pensieri: erano vicine. Molto, troppo.
Finalmente capì che quelle esplosioni erano probabilmente causate dai combattimenti dei suoi amici, venuti in suo soccorso.
Decise che se continuava a stare dove stava non si sarebbe di certo resa utile.
 
Con un’espressione risoluta, corse verso la porta e la spalancò. Un’abbagliante luce verde le ferì gli occhi, seguita immediatamente da un’ombra prepotente; infine, l’onda d’urto di qualcosa la scaraventò per terra.
Prontamente si rialzò; e davanti ai suoi occhi apparvero le due persone che meno avrebbe voluto vedere scontrarsi.
 
<< Kurosaki-kun! >> chiamò, cercando di fargli notare la sua presenza. Lui si girò di scatto, i capelli arancioni che svolazzavano al vento
<< Inoue… >> rispose, incredulo.
 
Un sorriso carico di sollievo si fece strada sul viso di lei, mentre qualche lacrima di commozione le sfuggiva dagli angoli degli occhi.
Rendendosi conto troppo tardi di aver commesso un errore, il sostituto shinigami non fu abbastanza veloce per parare l’attacco a sorpresa dell’altro combattente; Orihime invece se n’era accorta, e riuscì a frapporre il suo scudo.
Ulqiorra le lanciò un’occhiata tagliente, irritata e accusatoria, alla quale la ragazza non seppe rispondere se non con uno sguardo triste e colpevole.
 
<< Inoue non metterti in mezzo! >> le gridò Ichigo, preoccupato di coinvolgerla.
<< Esatto, non ti intromettere,donna. >> gli fece eco il suo rivale, calcando sull’appellativo col quale era solito chiamarla, ma che in quel momento sembrava così fuori luogo.
 
E poi fu scontro aperto.
 
                       
                                                                        ***
 
 
I ricordi e le sensazioni di quella battaglia le si mescolavano nel cervello in un ingorgo senza fine, lasciando la sua coscienza a naufragare su lidi lontani. Il suo corpo agiva e reagiva in base all’istinto e all’input del momento.
 
Flash e spezzoni del combattimento le si affacciavano alla mente ogni tanto.
 
Il nero di Kurosaki-kun e del suo bankai, la devastazione incontrollata del Getsuga Tenshou.
Il bianco abbacinante di Ulquiorra e il suo pallore, il preciso raggio verde del suo Cero.
Spade che si scontrano, una maschera, l’urlo dell’Hollow, schianti, esplosioni, delle ali che all’improvviso si spiegano, una figura che sembra incarnare la luna stessa, talmente affascinante da avere paura di starle vicino.
Il vento carico di propositi omicidi che le onde d’urto del combattimento le sbattevano in faccia, urla, fendenti, altre esplosioni, il lampo di un Cero, Ichigo con un buco nel collo. Ichigo morto.
Ichigo risorto, risorto da lei, Orihime. Le sue lacrime, il suo pianto, una creatura maligna che ululava alla notte, distruzione.
Ulquiorra che inseguiva la creatura.
Ulquiorra che le sussurrava in modo appena percettibile che era troppo vicina, quando le passò di fianco mentre volava inseguendo la bestia. Mentre inseguiva Kurosaki-kun.
 
E in una frazione di secondo, Ulquiorra non c’era più.
Ulquiorra spazzato via, Ulquiorra inesistente.
 
Inoue Orihime riacquistò conoscenza in una frazione di secondo.
Fece in tempo solo per vedere gli ultimi strascichi del Cero della creatura esaurirsi fra le sue corna, pria che quest’ultima si girasse a guardarla.
La bestia veniva verso di lei. Kurosaki-kun aveva intenzioni ostili verso di lei.
Non poteva crederci.
Ma, soprattutto non riusciva a credere  che Ulqiorra non fosse più.
 
E infatti, sebbene con gli arti atrofizzati, si precipitò da non si sa dove per porre un freno alle azioni scellerate della creatura che somigliava spaventosamente ad un Hollow e, perché no, a salvarla.
 
E i flash ricominciarono.
Ma la seconda volta non fu lo stesso.
Perché, pur sapendo che l’Espada era il suo carceriere e che la creatura in realtà era Kurosaki-kun, pur sapendolo, il suo istinto le gridava di rivolgere il suo scudo contro il suo salvatore, a favore del suo carceriere.
 
 
Poi, tutto fu buio.
E quando riaprì gli occhi, vide i due antagonisti in piedi, l’uno di fronte all’altro.
 
In trepidante attesa, la ragazza non riuscì a trattenersi dall’avvicinarsi ai due contendenti.
Chi aveva vinto?
 
E all’improvviso, lo Shinigami collassò sulle proprie gambe, cadendo in ginocchio, stremato.
 
<< Kurosaki-kun! >> urlò lei, preoccupata.
 
Poi i suoi occhi corsero al supposto vincitore. Si stava fissando la mano, la faccia ancora nascosta dai capelli. Non aveva l’aria di un vincitore.
 
E infine lo notò. Dal suo corpo si levava una strana polverina, che si dissolveva nell’aria come fumo. L’Espada portò anche l’altro braccio davanti ai suoi occhi, prima di voltarsi in silenzio verso di lei.
La mano sinistra non c’era più.
Come della sabbia secca si stacca dal castello di sabbia lasciato al sole, il corpo del Cuarto si disgregava, ma lui non faceva nemmeno un lamento.
 
Restarono lì, a fissarsi in uno scambio di sguardi che tutto diceva a tuto taceva, mentre il suo corpo continuava a corrodersi e scomparire, in attesa di qualcosa.
 
E finalmente, lui alzò il braccio ancora intero, tendendo la mano verso di lei.
 
<< Hai paura di me, donna? >> le chiese, con uno sguardo malinconico
Lei, contrariamente ad ogni aspettativa ed a ogni logica, rispose di no, tendendo anch’ella la mano, negli occhi uno sguardo di rassegnato rimprovero. << Orihime. Mi chiamo Orihime. >>
Le dita si tesero ancora un po’ di più alcune per assaporare di nuovo quel tepore così piacevole e vivo, altre per ristorarsi nella placida freddezza delle compagne.
La Fullbringer si decise a colmare la distanza e finalmente poté stringere fra le dita… un turbinio di polvere. Vide con orrore che oramai il l’Espada si stava disfacendo davanti ai suoi occhi in modo irreversibile. Allungò ulteriormente il braccio, cercando di afferrarne la rimanente parte; ma il Cuarto, come fumo stazionante su un luogo senza vento, appena fu sfiorato dall’aria mossa dalle dita di lei, si disperse.
 
E la ragazza restò inorridita a guardare Ulquiorra guardarsi il braccio con interesse, e poi guardò lei, come se avesse appena pensato qualcosa di grande importanza.
Troppo debole per esplicare il pensiero, fu solo in grado di sillabare una parola, un nome, con il suo ultimo respiro, sorridendo leggermente, come se la trovasse un’ottima parola da portare con sé all’altro mondo.
 
Orihime
 
Il turbinio dei granelli divenne totale e lo avvolse completamente, facendo restare al suo posto solo il suo ricordo.
Ulquiorra non c’era più. Era scomparso, e stavolta per sempre. Non sarebbe tornato.
Il mondo si fermò, per un istante; prima di riprendere, lentamente, il suo percorso, assieme con lo scorrere delle volute di fumo nell’aria, uniche reliquie rimaste dell’Espada numero quattro.
 
Ed Orihime non poté fare a meno di piangere, e di pensare che per la prima volta non era per niente felice della vittoria di Ichigo.
 
 
 
 
 
                                                                                                                        Well I´ll tell you one thing
                                                                                                 If you would leave it be a crying shame
                                                                                                              In every breath and every word
                                                                                                              I hear you name calling me out
                                                                          Out from the barrio, you hear my rhythm on the radio
                                                                                You feel the turning of the world so soft and slow
                                                                                                                 Turning you round and round
                                                     

 
Angolo Autrice
Beh… che dire. Eccoci qui. Siamo giunti alla fine di “Smooth”.
Questa è la mia prima fanfiction a più capitoli che viene conclusa, quindi sono un po’ emozionata.
Anche se non ha avuto molto successo sono comunque felice di averla scritta e di aver potuto leggere delle recensioni dolcissime e cariche di complimenti.
Come avrete ovviamente notato, ho leggermente modificato tempistica e eventi della battaglia finale tra Ichigo e Ulquiorra, altrimenti il capitolo sarebbe venuto troppo lungo e non sarei più riuscita ad aggiornare. Se non si fosse capito, il “cubo” sarebbe l’hogyoku XD
Mi sono sempre chiesta: ma che diavolo, perché Orihime non ha usato i suoi poteri per riportarlo in vita?! Questo dilemma mi corrode l’anima. Forse potrei farne una ff a riguardo…. Uhm…. Fatemi sapere se vi interessa!  :)
 
Quindi, ora che siamo giunti alla fine… che dire… grazie.
Grazie a coloro che hanno recensito, a chi ha messo la storia fra la preferite, le seguite o le ricordate, alle visualizzazioni e al supporto che mi date.
Grazie veramente.
Spero di essere riuscita a provocarvi dei sentimenti (?), scrivendo questa storia.
 
Alla prossima
La vostra Animelover

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